De l'ombre à la lumière

di Juliet96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Notte di stelle e di sorprese ***
Capitolo 2: *** Najla ***
Capitolo 3: *** Non lasciarmi solo ***
Capitolo 4: *** Sono davvero così importante? ***
Capitolo 5: *** Nell'ombra del palazzo ***
Capitolo 6: *** Prova d'amore ***



Capitolo 1
*** Notte di stelle e di sorprese ***


Notte di stelle e sorprese
(Capitolo 1)

 

Era una bella notte, quella notte. O meglio, lo sarebbe stata se non ci fossero stati tutti quei problemi a coprire come un velo la tenera luce delle stelle. In un altro momento mi sarei fermata così volentieri ad ammirarle, come tante volte avevo fatto da ragazzina. Ma io, Hadiya[1}, grande sacerdotessa e serva fedele della mia regina, la grande Cleopatra VII d’Egitto, quella notte avevo altro a cui pensare, e non erano le stelle.
Erano trascorsi solo pochi giorni dalla celebrazione del matrimonio tra la mia regina e suo fratello, Tolomeo XIII, unione voluta dal grande condottiero Giulio Cesare, che credeva così di ristabilire l’ordine nella nostra terra. Tutto sembrava perfetto, un giorno nato per rimanere scritto nella storia, un momento che sembrava infinito e meraviglioso per me, con il mio paese finalmente in pace. Eppure, dopo quel singolo attimo, quei pochi giorni che me ne separavano sembravano essere scivolati via tra le mie dita come la sabbia del deserto.
Se avessi solo saputo cosa sarebbe accaduto...Più ci ripensavo e più la scena si ripresentava chiara nella mia mente: il mio fedele amico Apollodoro[2] che si gettava ai piedi della regina, supplicandola di essere clemente con i contadini di cui si era fatto portavoce, i quali a causa del magro raccolto non riuscivano a pagare le tasse. Poi lei, fiera e bellissima come sempre, che facendolo alzare da terra lo rassicurava e ordinava che quelle tasse fossero imposte invece agli alti dignitari che potevano versarle, scatenando la stizza di questi ultimi. Ed improvvisamente, la luce maligna che brillava negli occhi di Potino, uno dei consiglieri più avidi di potere, mentre velocissimo trascinava a sé Tolomeo, prendendolo alla sprovvista.
Rabbrividii rivedendolo mentre estraeva fulmineo un pugnale dalla ricca tunica e, approfittando di un attimo di esitazione di Cleopatra, sconvolta quanto me, colpiva alla schiena il giovane faraone, lasciandolo infine scivolare in terra, appena un secondo prima di essere condotto via dalle guardie nello stesso momento in cui noi sacerdoti correvamo ad occuparci del ragazzo.
Se solo lo avessi fermato in tempo…Ma come? Come avrei potuto immaginare che quel consigliere fosse avido di potere al punto tale da tentare di fare del male al nostro nuovo sovrano? Insomma, in fondo non era più di un ragazzino che per giunta si era sempre lasciato plasmare, anche se mi dispiace dirlo, dalle astute mani di quel traditore!
Come se non bastasse, oltre al giovane faraone ferito che sarebbe stata già una sufficiente preoccupazione, ora anche la mia piccola protetta, Najla[3] , era scomparsa e non si trovava da nessuna parte.
Najla viveva con me ormai da sedici anni, cioè da quando, poco più che neonata, i suoi genitori l’avevamo portata da me e mi avevano pregata di accoglierla per istruirla e crescerla come loro, due poveri contadini, non avrebbero mai potuto permettersi di fare. Guardando nei loro occhi avevo capito quanto sincero fosse il desiderio di poter dare un futuro migliore alla loro bambina e non esitai ad accettare adottando la piccola, alla quale avevo finito per affezionarmi come fosse stata la mia stessa figlia.
Per questo mi trovavo a vagare cercandola per il palazzo vuoto, fatta eccezione per qualche guardia, in quella notte, accompagnata solo dai miei pensieri.
Passai accanto alla stanza di Tolomeo e tesi l’orecchio. Silenzio. Anche troppo, a dire il vero. Quantomeno avrei dovuto sentire il suo respiro agitato, come avevo fatto nelle ultime notti passate accanto a lui cercando di aiutarlo senza grande esito. Spaventata mi precipitai dentro e la scena che vidi fu veramente incredibile.
La luce pallida della luna filtrava da una piccola finestrella illuminando debolmente la stanza. Seduta accanto al letto una ragazza con la pelle ambrata e i capelli scuri raccolti in una lunga treccia vegliava sul sonno tranquillo del giovane sovrano d’Egitto, accarezzandogli di tanto in tanto la testa.
Riconobbi immediatamente quella figura, senza nemmeno bisogno di vederla in viso, poichè la conoscevo da quando, sedici anni prima, i suoi genitori me l’avevano affidata e soprattutto perchè si trattava della stessa figura che andavo cercando ovunque ormai da ore
- Najla, che cosa ci fai tu qui?-

 

Angolo dell’autrice

Bene, innanzitutto vi ringrazio per aver letto questo primo capitolo della mia storia…
È la prima volta che mi cimento in una storia orginale di tipo storico quindi non so come possa essere andata ma vabbè.
In origine era una fanfic ispirata al musical francese “Cleopatre la derniere reine d’Egypte” ma poi, visto che la mia fantasia alla fine lavora su una via tutta sua e la storia originale non è quasi nemmeno citata ho eliminato anche quella parte e ho scelto di spostarla qui.
Chiedo perdono agli amanti della storia egizia, ma mi sono presa delle belle libertà riguardo ai personaggi (i caratteri li ho inventati del tutto, anche se l’aspetto di Tolomeo XIII corrisponde a quello dell’artista che lo interpreta, alias Mehdi Kerkouche) quindi magari non li troverete come li avete immaginati. Ad ogni modo ho cercato di mantenermi fedele alla storia per quanto riguarda usi, costumi, ambienti e descrizioni varie, per rendere la scena credibile, salvo rare eccezioni.
Che dire, spero mi lascerete una recensione, qualsiasi tipo di commento mi fa più che piacere quindi…Scrivetemi!
Ciao a tutti e al prossimo capitolo!!

Giulia/Juliet96

 

Note

[1] Hadiya è un nome egiziano reale e significa “dono” o “guida verso il giusto”. I nomi non sono scelti a caso ma si rifanno, nella maggior parte dei casi, ad un caratteristica del personaggio che porta quel nome o al suo ruolo (metto i significati in modo che possiate capire il perché).
[2] Si tratta di Apollodoro Siciliano, che rivedremo anche più avanti. È lo stesso amico che nella storia vera consegnò a Cesare il tappeto nel quale Cleopatra si era fatta avvolgere per arrivare sana e salva da lui.
[3] Anche Najla è un nome egiziano/arabo e vuol dire “Dialogo segreto”. Adesso può sembrare che non c’entri, ma più avanti capirete perché l’ho scelto…
[4] Il titolo della storia viene dalla canzone del musical che ho citato nel mio commento, ovvero quella che accompagna la scena del matrimonio tra i due fratelli descritta all’inizio.

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Capitolo 2
*** Najla ***


Najla

(Capitolo 2)

-Najla, cosa ci fai tu qui? Se ti avessero trovata le guardie? Voglio una spiegazione!- dissi, cercando di mostrarmi severa e autoritaria, nonostante, devo ammettere, ciò che avevo davanti agli occhi mi inteneriva non poco.
Lei si voltò di scatto, spaventata dalla mia comparsa improvvisa.
-Hadiya, maestra, io...- mormorò confusa, forse cercando di trovare una giustificazione convincente.
-Una delle ancelle doveva portare l'olio per le lampade, ma poi la principessa, cioè, la regina, l’ha chiamata e così mi ha chiesto di aiutarla…- -Questo ancora non mi spiega come tu sia arrivata in questa stanza! Ti rendi conto di cosa sarebbe potuto succedere se ti avessero scoperta qui da sola? Sai meglio di me che la pena per chi osa guardare in viso il faraone è la condanna a morte!-
-Sì, capisco ma…La verità è che passando per i corridoi l’ho sentito lamentarsi e affacciandomi ho visto che era solo…Non so come mi sia venuto in mente, ma non potevo lasciarlo da solo, senza nessuno accanto a lui.
-Avrei dovuto immaginare che potessi essere qui. Non sai negare il tuo aiuto a nessuno non è vero?-
Lei arrossì lievemente –Forse. Ma con lui è diverso, non lo so cosa mi sia passato per la testa.
In effetti io stessa avevo notato qualcosa di diverso, di strano nel vederli, come se qualcosa sfuggisse alla mia comprensione.
Anzi, a ben ripensarci non era nemmeno la prima volta che capitava.
Pur non essendosi mai parlati né visti avevo sempre avuto l'impressione che ci fosse qualcosa tra Tolomeo e Najla che non riuscivo a spiegarmi, una sorta di legame misterioso.
Avevo cominciato a crederlo diversi anni prima, tredici per l’esattezza, un giorno pochi mesi dopo la nascita di Tolomeo.
Era successo tutto a causa di una mia promessa: in qualità di grande sacerdotessa ero stata una dei pochi privilegiati a cui era stato permesso di vedere subito il tanto atteso erede maschio, ma con mio grande dispiacere non avevo potuto portare con me Najla, nonostante lei desiderasse con tutto il cuore venire con me e così, affidandola ad un’altra giovane sacerdotessa, le avevo detto non appena avessi potuto l’avrei portata a conoscere il principino che tanto desiderava vedere.
E l’occasione era arrivata: un po’di tempo dopo anche al popolo fu permesso di accedere al palazzo in via del tutto eccezionale, per rendere omaggio al nuovo nato.
Tutti, nobili, consiglieri, servi ed ancelle, si recavano alla sala dei ricevimenti e così ci andai anch'io, insieme alla mia piccola, alla quale avevo fatto promettere di non aprire bocca fintanto che ci fossimo trovate al cospetto del sovrano d'Egitto, Tolomeo XII, che sarebbe rimasto lì per tutto il tempo.
Quando venne il nostro momento mi avvicinai in silenzio alla culla, con la piccola che mi seguiva docilmente, attaccata all'orlo della mia tunica.
Una volta arrivategli davanti Najla si sporse per guardarlo meglio e lui, che fino a un quel momento stava sonnecchiando, aprì gli occhi neri, fissandola curioso, come a chiedersi chi fosse quella bimbetta, che non pareva dimostrare assolutamente tutto il timore e la reverenza di tutte le altre persone presenti che, intimorite dallo sguardo del faraone, quasi non osavano avvicinarsi.
Hete allora tese la manina paffuta e, come se fosse la cosa più naturale del mondo, sfiorò delicatamente la guancia del bambino nella culla.
Io feci per trascinarla via, temendo una reazione da parte del re, il quale però non fece nulla, limitandosi a sorridere bonariamente a Hete.
Ora, vedendo quella scena ripetersi a tredici anni di distanza, tra una Najla ormai sedicenne e quello che nel frattempo era diventato il nuovo faraone, mi chiesi se davvero dietro a quel gesto si celasse in realtà un sentimento più profondo...

 

 

 

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Capitolo 3
*** Non lasciarmi solo ***


Non lasciarmi solo

(Capitolo 3)

-Vieni, è ora di andare- dissi dopo un po’, rivolta a Najla che ancora stava seduta accanto a Tolomeo, con la mano tra i suoi capelli. –Non vorrei che arrivasse qualcuno…-
Lei annuì e si alzò lentamente, lanciando un’ultima occhiata al ragazzo, quasi non volesse separarsene.
Ad un tratto lui aprì gli occhi e si guardò attorno con aria confusa, come se non sapesse dove si trovava, fissò perplesso Najla ed infine si rivolse a me –Hadiya, chi è lei? Cosa ci fate voi qui?- mormorò assonnato.
-È tutto a posto, stai tranquillo. Lei è Najla, diciamo che è mia figlia adottiva- spiegai rapidamente, mentre la ragazza al mio fianco chinava leggermente la testa, improvvisamente intimidita.
-Sei tu che mi sei rimasta vicino prima?- Quella domanda, posta con così tanta semplicità, fece arrossire ancora di più Najla, che indietreggiò un poco prima di riuscire a balbettare qualcosa di vagamente simile a una risposta.
-Ssss…si- disse alla fine, mentre io la rispingevo in avanti.
Solo allora ritrovò un po’ di coraggio e si mosse cautamente verso di lui, quasi temesse che il ragazzo che fino a poco prima stava così amorevolmente accarezzando potesse, per una qualche ignota magia o maledizione, trasformarsi in un coccodrillo del Nilo pronto ad attaccarla.
Lui parve leggerle nel pensiero e sorrise di quell’esitazione –Su, non avere paura, non ho intenzione di farti nulla di male- la esortò –Sono il faraone, mica un cobra velenoso, vieni avanti!-
A quelle parole i loro sguardi si incrociarono per un istante ed entrambi sorrisero. –Volevo solo ringraziarti, sei stata davvero gentile a venire da me-
La mia protetta arrossì nuovamente ed abbassò gli occhi.
*Ecco, ci risiamo* pensai. Gettai lo sguardo fuori dalla finestra, vidi la luna ormai alta nel cielo e mi resi conto solo allora di quanto tardi fosse. –Dovremmo andare- dissi.
Tolomeo alzò gli occhi, spostando lo sguardo da me a Hete, ancora immobile nel punto in cui l’avevo lasciata e poi, con una nota di supplica nella voce che mai in tutti quegli anni avevo sentito, mormorò, rivolto a lei –Per favore non lasciarmi solo…Sono sempre solo qui, a volte ho paura…Stavo così bene con te, ti prego rimani qui…-
In quel momento non so bene cosa si risvegliò nella mia timidissima figlia adottiva, forse una sorta di istinto materno, forse quella strana armonia che sentivo tra loro, fatto sta che si ridestò di colpo dal suo torpore e inginocchiandosi di nuovo accanto al giovane sovrano sussurrò –Io non posso rimanere qui a lungo…Se mi trovassero qui cosa diremmo? La legge non lo permette…Se lo vuoi però posso rimanere qui finché non ti sarai riaddormentato…- tacque di colpo, sconvolta da ciò che era uscito dalla sua bocca…Ma era stata proprio lei a parlare?
-Ma tornerai ancora vero? Me lo prometti? Troveremo un modo perché tu possa stare qui, ma ti prego, non lasciarmi da solo…- -Lo prometto- concluse lei infine.
-Ah, un’ultima cosa…- soggiunse lui, sorridendo –Chiamami Tolomeo. Sono così stanco di tutto questo cerimoniale di corte!
[1]
Si sorrisero ancora, poi lui si accoccolò sul letto mentre Najla lo accarezzava e poco dopo scivolò nuovamente nel sonno tranquillo di poco prima.
Mi alzai, seguita da Najla, ed insieme ci riavviammo alle nostre stanza senza dire una parola

***

La sera dopo, di ritorno dal tempio, trovai Najla seduta a guardare con aria pensierosa un papiro che teneva sulle ginocchia. Per quanto lo fissasse intensamente però, era chiaro che l’oggetto dei suoi pensieri non era certo quel che stava leggendo ma che anzi, la sua mente era occupata da ben altro.
Mi avvicinai e la chiamai per nome più volte, inutilmente.
-Si può sapere cosa c’è di così interessante in quel papiro che ti assorbe a tal punto da non farti nemmeno sentire che ti sto chiamando?!- esclamai divertita.
-Hadiya, sei qui!- fece lei sorpresa, quasi sollevata nel vedermi. – A dire la verità non stavo leggendo- confessò –pensavo- -E a che cosa?- -A Tolomeo, cioè, al faraone…Gli avevo promesso di tornare da lui, ma oggi quando sono arrivata, le guardie non hanno voluto saperne di farmi entrare. Questo l’avevo previsto, perciò avevo preparato un messaggio da lasciargli- così dicendo accennò ad un piccolo rotolo di papiro fermato con un nastrino molto simile a quelli che usava per raccogliersi i capelli –ma si sono rifiutati anche di consegnarlo per me…Che cosa penserà? Oh Hadiya, sono così preoccupata!-
-Suvvia piccola, non aver paura, sono certa che capirà. Domani torneremo insieme e parlerò io con le guardie. Ora però vai a dormire. Domani sarà una giornata intensa.- la rassicurai. –Forse hai ragione, magari è meglio così. Buonanotte.-
La salutai e mi ritirai anch’io nella mia stanza, senza nemmeno immaginare quanto fondata fosse la preoccupazione di Najla.

 

 

 [1] Ok, non so bene come ci si dovesse comportare davanti al faraone, ma questo mi sembrava un buon pretesto per non dover scrivere il dialogo in registro formale, lo ammetto…Sarebbe diventato tutto molto più complicato da gestire.

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Capitolo 4
*** Sono davvero così importante? ***


Sono davvero così importante?
(Capitolo 4)

 

-Sacerdotessa Hadiya, sacerdotessa Hadiya, vi prego, svegliatevi!- la voce che mi chiamava concitata pareva arrivare da un luogo infinitamente lontano. Aprii gli occhi e, sebbene fossi ancora addormentata, riconobbi all’istante nel giovane che mi aveva svegliata una delle guardie  che avevo visto qualche giorno prima davanti alla stanza di Tolomeo.
-Ayman[1], che cosa succede? Come mai sei così sconvolto, avanti, parla!- lo esortai.
-Le condizioni del faraone sono molto peggiorate sacerdotessa, la ferita si è riaperta ma lui non vuole saperne di farsi curare, non lascia che nessuno gli si avvicini!- . Quelle parole attraversarono la mia mente alla velocità della luce, ridestandomi completamente –Cosa?!- - Vi giuro che sto dicendo la verità, ma ora venite, vi prego!-. Mi alzai e lo seguii, lasciandomi guidare da lui attraverso sale e corridoi, fino a raggiungere la stanza di Tolomeo.
Non feci nemmeno in tempo ad entrare che un uomo, forse una sorta di medico, mi corse incontro, non meno agitato della guardia –Sacerdotessa, per fortuna siete qui, cercate di farlo ragionare voi, io non so che fare! Come posso essere d’aiuto se non posso nemmeno toccarlo?- -Ho capito, ho capito!- lo interruppi –Vedrò che posso fare-.
Tolomeo era rannicchiato su un fianco e. Mi inginocchiai accanto a lui, ma prima che potessi dire qualsiasi cosa lui mi anticipò –Ti hanno mandata loro, vero Hadiya? Ma non hanno ancora capito?- –Capito che cosa?- -Che devono lasciarmi andare…- sussurrò lui debolmente –io non ce la faccio più Hadiya, sono stanco…Questa vita non mi ha riservato che delusioni. Sono stato abbandonato da tutti coloro che amavo, chi credevo volesse il mio bene in realtà complottava alle mie spalle…- -Ma non è questo il modo! Cosa risolveresti così?- replicai scioccata, intuendo i suoi pensieri.
-Speravo che almeno tu riuscissi a capirmi…Perché devo continuare a soffrire così? Perché non volete semplicemente lasciarmi stare? Io non voglio più rimanere qui, voglio raggiungere i miei genitori, dovunque siano andati!- terminò, ricominciando a piangere.
Nonostante l’agitazione generale, tutto ad un tratto come un fulmine mi venne in mente cosa dovevo fare e chiamai a me un’ancella –Corri nelle mie stanze, trova Najla, mia figlia, e portala qui, fa’ più in fretta che puoi- le ordinai –Certo mia signora- rispose lei, e neanche il tempo di finire la frase era già sparita fuori dalla porta tuffandosi nel labirinto di scale e saloni del palazzo reale.
Tornò prima ancora che riuscissi a rendermene conto, trascinandosi dietro una Najla dall’aria ancora vagamente insonnolita e un po’confusa.
-Hadiya, cosa sta succend…- si interruppe, posando lo sguardo su Tolomeo.
-Bambina mia, grazie agli dei sei arrivata in fretta! Vedi se puoi fare qualcosa, se almeno tu riesci a farti ascoltare- e le spiegai a grandi linee la situazione. –Non so cosa dovrei poter fare io dove tutti voi saggi non avete potuto nulla, ma farò del mio meglio- -Credi in te stessa e saprai cosa devi fare, perché gli dei guideranno il tuo cuore e i tuoi gesti- fu la mia risposta. Lei annuì rassicurata e si avvicinò al giovane sovrano.
-Cosa succede? Perché stai piangendo?- gli domandò, prendendogli la mano, che però lui ritrasse di scatto, scostandosi come scottato –Vattene Najla, tu e tutti gli altri!- gridò –speravo che almeno tu fossi diversa, invece sei uguale a tutti gli altri- concluse amareggiato –Non capisco cosa tu voglia dire- rispose Najla, cercando di mantenersi calma nonostante non si aspettasse una simile reazione –Intendo dire che come tutti gli altri anche tu mi hai abbandonato, anche tu…- -Oh piccolo…- si lasciò sfuggire lei, che cominciava a capire –Ti giuro che non era mia intenzione lasciarti da solo, in fondo te l’avevo promesso, ma non mi hanno lasciata entrare né in alcun modo avvicinarmi a te- -Tu menti!- -No, non è vero- intervenne inaspettatamente Ayman –questa ragazza me la ricordo, è venuta ieri sera e voleva vedervi, o almeno portarvi un messaggio, ma noi avevamo ricevuto l’ordine di non far avvicinare nessuno e noi abbiamo dovuto obbedire- spiegò, quasi vergognandosi del troppo zelo con cui aveva eseguito gli ordini.
-Stai dicendo quindi che quello che lei dice è vero?- chiese Tolomeo, ora più confuso che mai –Sì mio signore, lei mi ha supplicato di lasciarla entrare, ma siamo stati irremovibili. Cercate di capire, avrebbe potuto essere chiunque-
-Lo vedi Tolomeo? Non sei solo qui- riprese la parola Najla –Guarda Ayman, Hadiya, guarda me. Siamo tutti qui per proteggerti e non ti abbandoneremmo mai- -Davvero?- domandò lui speranzoso –Davvero. Ma ora lasciati aiutare, prima che sia troppo tardi-.
Gli fece segno di aggrapparsi al suo collo e poi lo sollevò, facendolo scivolare dolcemente contro di sé, in modo che il medico potesse occuparsi della ferita.
Tolomeo si agitava un poco, gemendo per il dolore, ma Najla lo calmava prontamente ogni volta, cullandolo fra le sue braccia come un bambino piccolo.
-È fuori pericolo- sentenziò infine l’uomo, una volta terminato il suo compito.
Io tirai un sospiro di sollievo. –Ti senti meglio ora?- disse Najla sorridendogli, mentre gli scostava alcune ciocche disordinate dalla fronte e ripuliva delicatamente il kajal sbavato dalle lacrime.
-Molto meglio ora che ti ho di nuovo qui con me- mormorò lui tranquillo, stringendosi ancora un po’di più a lei.
-Sono davvero così importante per te?- si chiese fra sé e sé la ragazza, innocentemente – Più di quanto tu possa immaginare.  In tutti questi anni sei stata l’unica a dimostrare affetto sincero nei miei confronti e ad essermi vicina in questo modo e te ne sono infinitamente grato. Ti voglio bene Najla- disse lui in un sussurro, mentre in silenzio tutte le persone nella stanza, me compresa, uscivano una ad una, lasciandoli soli, teneramente abbracciati l’uno all’altra.

 

Note dell’autrice (se le state leggendo…vuol dire che proprio mi volete bene! Grazie!! )

[1] Ayman in egiziano, almeno da quanto ho trovato in giro, significa “fedele”, aggettivo che rispecchia il personaggio e l’idea che volevo dare di lui.

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Capitolo 5
*** Nell'ombra del palazzo ***


Nell’ombra del palazzo…

(Capitolo 5)

 

Uscii dalla stanza. Tutta la gente, passato il pericolo, era tornata alle sue attività abituali ed i corridoi di quella zona isolata del palazzo erano di nuovo deserti. Mentre camminavo verso le mie stanze però, mi parve di udire delle voci conosciute.
Non erano più che dei sussurri, ma capii subito che provenivano da dietro l’angolo. Mi avvicinai cautamente al muro, insospettita: la mia esperienza mi aveva insegnato che chi sussurra e si nasconde nell’ombra molto spesso trama qualcosa…
Posai l’orecchio sulla parete per ascoltare meglio e subito riconobbi quella voce, capendo come mai mi era parso di conoscerla: Potino!
Quell’essere immondo, viscido più degli stessi serpenti al servizio d Seth[1] ! In genere, come sacerdotessa, mi sforzavo di fare del mio meglio nel cercare sempre un lato buono in chi mi trovavo di fronte e nel vedere oltre le apparenze, ma dopo quanto aveva fatto francamente proprio non ci riuscivo. Più ci pensavo e più non arrivavo a capacitarmi di come un uomo simile fosse riuscito ad assurgere alla carica di consigliere.
La sua voce però non era l’unica: stava parlando con qualcuno, un giovane forse, che non riuscivo a riconoscere.
-Sai- stava dicendo il consigliere –è necessario agire al più presto, prima che la regina emetta il suo giudizio su di me. Anche se sono abbastanza certo di riuscire a sfuggire una condanna anche questa volta. Mi sono procurato degli appoggi, non so se riesci a capirmi…- -Capisco eccome- proseguì la voce sconosciuta –ma ad ogni modo sono d’accordo con te. Il giovane faraone è ancora debole e di conseguenza un bersaglio molto più facile in questo momento. Sarà un gioco da bambini dargli il colpo di grazia. Se solo non ci si fosse messa quella dannatissima ragazzina, sempre lì con lui…-
-Najla…- pensai. Mi sporsi appena un poco fuori dal mio nascondiglio dietro l’angolo e finalmente li vidi, Potino e un giovane…Ma certo! Come avevo fatto a non capirlo subito? Quello era Najib[2}, il rampollo di una delle famiglie nobili più influenti e più ricche della corte, figlio di un alto dignitario nonché promesso sposo ad una delle sorelle del faraone e della regina…Ciò stava a significare che qualora a Cleopatra e Tolomeo fosse “casualmente” accaduto qualcosa lui avrebbe avuto buone possibilità di salire al trono d’Egitto e Potino con lui...
No, non sarebbe successo! Avrei fatto qualsiasi cosa per impedirlo, per il bene del mio Paese, dei due sovrani poco più che bambini che avevo visto crescere con i miei occhi ed anche per la mia piccola Najla, troppo vicina al giovane Tolomeo per non cadere anche lei vittima di quell’intrigo.
Dovevo sbrigarmi, questo era certo. Ogni minuto sprecato poteva essere un’occasione in meno per salvarli e le possibilità erano già scarse. Ma nell’ombra del palazzo, dove si nascondevano gli esseri più spregevoli ed assetati di potere, in chi mai avrei potuto riporre la mia fiducia? Ma certo, Apollodoro!
Il siciliano era partito pochi giorni prima per la sua terra natale ed ora avrebbe dovuto trovarsi all’incirca a metà strada secondo la via più breve, non molto lontano dal palazzo. Sarebbe stato sufficiente fargli arrivare un messaggio affidandolo ad una delle mie guardie, affinché potesse aspettare Tolomeo alla foce del Nilo e scortarlo in un luogo sicuro.
Una volta nel mio appartamento scrissi immediatamente la lettera che consegnai ad Ayman, scongiurandolo di raggiungere al più presto il mio amico. Lui, intuita la gravità della situazione, non si fece pregare e si offrì di partire all’istante, sfruttando i giorni di congedo che gli erano stati offerti per visitare la sua famiglia.
Ero sollevata ma il mio compito non era ancora giunto al termine, ora bisognava avvisare i due ragazzi.
Li trovai addormentati vicini e li svegliai per spiegare loro come stavano le cose.
-Ma lui non potrà mai farcela a partire da solo, Hadiya! – obbiettò Hete prendendomi da parte – Non lo hai visto?- disse indicandomi Tolomeo che, nonostante fosse migliorato molto rapidamente con lei al suo fianco, ancora non si era ripreso del tutto. –Lo so benissimo figliola, è per questo che ho deciso di affidartelo. Partirai con lui.- -Che cosa?- -Hai capito bene. Mi serve qualcuno di cui potermi fidare in tutto e per tutto e chi è meglio, che sei per me come una figlia? – le spiegai -E poi nemmeno tu sei al sicuro qui, legata come sei a lui. – aggiunsi sottovoce.
-E sia allora- sospirò lei, stringendo il ciondolo a forma di occhio di Horus[3} che portava al collo, l’unico ricordo che le era rimasto della sua famiglia d’origine. –Quando partiremo?- -Questa notte stessa. Con il buio sarà più facile nascondervi. Tanto sarà sufficiente seguire il corso del fiume. Alla foce troverete Apollodoro, che vi aspetterà per condurvi in un luogo sicuro.-.

A mezzanotte tutto era pronto. Ero riuscita a trovare un cammello e vi avevo caricato sopra il necessario per il viaggio.
Diedi la mia benedizione ai due ragazzi, poi strinsi a me Najla e le diedi un bacio sulla fronte. – Ti prego, abbi cura di lui e di te stessa – le raccomandai –ti ho cresciuta come se fossi figlia mia, non voglio che ti accada nulla- -Lo farò- tagliò corto lei, cercando di trattenere le lacrime mentre montava in groppa all’animale.
Prima che partissero presi uno dei fermagli che adornavano la mia acconciatura e lo posi sulla testa di Najla.
- Ecco, prendi questo- le dissi –voglio che tu abbia qualcosa che ti ricordi di me quando sarai lontana…-. Lei mi guardò commossa, poi si sciolse i capelli e mi diede anche lei il nastro che vi portava intrecciato. Quante volte quand’era piccola avevo rifatto quella treccia…Ci tenevo che la mia bambina fosse sempre in ordine.
Si voltò come se volesse tornare indietro, poi fortunatamente si riscosse prendendo le redini –Non ti dimenticherò mai Hadiya, ma ora dobbiamo andare. Grazie per tutto quello che hai fatto per me, per noi…-
Li seguii con lo sguardo finché non diventarono un puntino all’orizzonte appena rischiarato dalla luna, pregando la dea Iside, protettrice delle madri e dei figli affinché li proteggesse.

Da quella volta non li ho più rivisti…

 

 

Note
[1] Seth era il fratello di Osiride, che si contrapponeva a lui. La leggenda racconta che lo uccise due volte (dopo la prima la sposa Iside lo riportò in vita) ed è per questo che Osiride è il guardiano del regno dei morti e Seth passa come personaggio infido, maligno e traditore (wow…)

[2] Anche qua il nome non è scelto a caso. Non trovando ovviamente un nome che portasse un significato negativo, ho scelto questo che vuol dire “di nobile stirpe”, dato che è nobile.

[3] L’occhio di Horus, legato appunto a questa divinità, era un amuleto che si diceva tenesse lontani i malvagi. In pratica Najla sta chiedendo protezione al dio.



 

 

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Capitolo 6
*** Prova d'amore ***


Prova d’amore

(Capitolo 6)

 

Viaggiarono per molte ore, seguendo il corso del fiume, senza fermarsi mai, con il solo scopo di mettere quanta più distanza possibile tra loro e il palazzo reale.
Il disco di Ra, prima si era alzato nel cielo e poi era andato scendendo sempre più verso l’orizzonte.
I due ragazzi continuavano ad avanzare ma intorno a loro non si vedeva anima viva.
Ormai stava calando nuovamente il buio e Tolomeo, nonostante continuasse a negare ostinatamente, appariva sempre più stanco. Proseguire in quel modo sarebbe stato impossibile e per questo Najla, ignorando le sue proteste, stava già pensando a come avrebbero potuto accamparsi, quando scorse in lontananza una piccola luce tremolante.
Avvicinandosi si resero conto che la luce proveniva da una piccola casetta. Chi mai avrebbe potuto vivere in quel posto nel bel mezzo del nulla?
Bussarono alla porticina e subito aprì loro un’anziana signora, avvolta in un lungo vestito bianco orlato di blu. Doveva essere stata una donna molto bella da giovane, a giudicare dalla luminosità dei suoi occhi e da alcune ciocche color nero corvino che ancora si intravedevano tra i capelli ormai quasi completamente bianchi.
-Chi siete?- domandò loro. –Siamo due giovani egiziani che cercano riparo per la notte- rispose Najla, guardando verso Tolomeo con aria vagamente preoccupata. –Entrate pure, dunque, vi ospiterò molto volentieri- li invitò la donna, con un grande sorriso. Lasciò che Tolomeo entrasse, poi, dopo che lui si fu spostato, fermò Najla, prendendola per la mano.
-Fanciulla cara, posso farti una domanda?- -Ma certo signora, mi dica pure- -Tu vuoi molto bene al quel ragazzino vero? Sei forse innamorata di lui?-. Najla arrossì. –Innamorata? Forse…Cioè, non lo so, sono molto affezionata a lui, questo sì- sorrise. –Lo immaginavo. C’è una cosa molto importante che devi sapere allora. Vedi, purtroppo su questa casa pende un incantesimo, per questo vivo da sola: qualunque ragazza passi la notte qui con la persona che ama, se la tocca o la sfiora appena rischia di ferirla come se avesse artigli al posto delle dita.- -Come possiamo fare?- -Non so come aiutarti figliola. Credimi, se potessi lo farei, ma non conosco rimedio e purtroppo la mia casa ha una sola stanza…Stai molto attenta-
Detto questo se ne andò, lasciando Najla sconvolta a rimuginare su come avrebbe potuto comportarsi per non fare del male a Tolomeo. Non avrebbe sopportato di vederlo soffrire ancora, tantomeno per colpa sua.
L’anziana donna mostrò loro dove sistemarsi e Tolomeo, stremato, si addormentò subito sul giaciglio che avrebbe dovuto condividere con la sua giovane compagna di viaggio.
Fu una notte terribile per Najla: persino nel sonno il ragazzino cercava la sua vicinanza e lei doveva spostarsi di continuo, terrorizzata all’idea di sfiorarlo, finchè esausta si addormentò sul pavimento.
Quando si risvegliò, alle prime luci dell’alba come era sua abitudine, trovò la signora già in piedi. Quella, vedendo il suo viso stanco, le fece segno di andare a sedersi con lei ad un tavolo nell’altro angolo della stanza e poi le disse sottovoce: -Sai, ti ammiro molto. Pur di proteggere colui che ami hai resistito tutta la notte alla tentazione di avvicinarti a lui, per quanto lui ti chiamasse e per questo meriti di sapere la verità. In realtà non c’è nessuna maledizione su questa casa, si tratta solo di una mia invenzione- confessò. –Ma perché lo avete fatto?- chiese Najla sbalordita. –Ti chiedo di perdonarmi. Desideravo solo mettere alla prova il tuo amore. Quando avete bussato alla mia porta ho visto quel sentimento nei tuoi occhi, come ti ho detto, ma l’ho visto anche nei suoi. Ho visto come si affidava a te completamente e ho capito quanto ti sia profondamente legato. Anch’io ho amato così una volta. Ero innamorata di un uomo, che però mi tradì per un’altra, abbandonandomi qui da sola con il figlio che avevo avuto da lui. Volevo solo assicurarmi che quel ragazzo non dovesse soffrire come ho fatto io, capire che tipo di persona fossi, fin dove saresti arrivata per lui. Ti prego, perdonami-
-Non preoccupatevi, capisco- disse lei. –Sei una ragazza dolce e giudiziosa- continuò la donna –Quel ragazzo è fortunato ad averti con sé-.
In quel momento, Tolomeo si alzò, e vedendole sedute insieme sorridenti chiese loro di cosa stessero discutendo.
-Nulla, davvero nulla- risposero le due, scambiandosi uno sguardo complice e commosso.

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