De l'ombre à la lumière di Juliet96 (/viewuser.php?uid=76775)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Notte di stelle e di sorprese ***
Capitolo 2: *** Najla ***
Capitolo 3: *** Non lasciarmi solo ***
Capitolo 4: *** Sono davvero così importante? ***
Capitolo 5: *** Nell'ombra del palazzo ***
Capitolo 6: *** Prova d'amore ***
Capitolo 1 *** Notte di stelle e di sorprese ***
Notte
di stelle e sorprese
(Capitolo
1)
Era
una bella notte,
quella notte. O meglio, lo sarebbe stata se non ci fossero stati tutti
quei
problemi a coprire come un velo la tenera luce delle stelle. In un
altro
momento mi sarei fermata così volentieri ad ammirarle, come
tante volte avevo
fatto da ragazzina. Ma io, Hadiya[1}, grande
sacerdotessa e serva
fedele della mia regina, la grande Cleopatra VII d’Egitto,
quella notte avevo
altro a cui pensare, e non erano le stelle.
Erano trascorsi solo pochi giorni dalla celebrazione del matrimonio tra
la mia
regina e suo fratello, Tolomeo XIII, unione voluta dal grande
condottiero
Giulio Cesare, che credeva così di ristabilire
l’ordine nella nostra terra.
Tutto sembrava perfetto, un giorno nato per rimanere scritto nella
storia, un
momento che sembrava infinito e meraviglioso per me, con il mio paese
finalmente in pace. Eppure, dopo quel singolo attimo, quei pochi giorni
che me
ne separavano sembravano essere scivolati via tra le mie dita come la
sabbia
del deserto.
Se avessi solo saputo cosa sarebbe accaduto...Più ci
ripensavo e più la scena
si ripresentava chiara nella mia mente: il mio fedele amico Apollodoro[2]
che si gettava ai piedi della regina, supplicandola di essere clemente
con i
contadini di cui si era fatto portavoce, i quali a causa del magro
raccolto non
riuscivano a pagare le tasse. Poi lei, fiera e bellissima come sempre,
che
facendolo alzare da terra lo rassicurava e ordinava che quelle tasse
fossero
imposte invece agli alti dignitari che potevano versarle, scatenando la
stizza
di questi ultimi. Ed improvvisamente, la luce maligna che brillava
negli occhi
di Potino, uno dei consiglieri più avidi di potere, mentre
velocissimo
trascinava a sé Tolomeo, prendendolo alla sprovvista.
Rabbrividii rivedendolo mentre estraeva fulmineo un pugnale dalla ricca
tunica
e, approfittando di un attimo di esitazione di Cleopatra, sconvolta
quanto me,
colpiva alla schiena il giovane faraone, lasciandolo infine scivolare
in terra,
appena un secondo prima di essere condotto via dalle guardie nello
stesso
momento in cui noi sacerdoti correvamo ad occuparci del ragazzo.
Se solo lo avessi fermato in tempo…Ma come? Come avrei
potuto immaginare che
quel consigliere fosse avido di potere al punto tale da tentare di fare
del
male al nostro nuovo sovrano? Insomma, in fondo non era più
di un ragazzino che
per giunta si era sempre lasciato plasmare, anche se mi dispiace dirlo,
dalle
astute mani di quel traditore!
Come se non bastasse, oltre al giovane faraone ferito che sarebbe stata
già una
sufficiente preoccupazione, ora anche la mia piccola protetta, Najla[3]
,
era scomparsa e non si trovava da nessuna parte.
Najla viveva con me ormai da sedici anni, cioè da quando,
poco più che neonata,
i suoi genitori l’avevamo portata da me e mi avevano pregata
di accoglierla per
istruirla e crescerla come loro, due poveri contadini, non avrebbero
mai potuto
permettersi di fare. Guardando nei loro occhi avevo capito quanto
sincero fosse
il desiderio di poter dare un futuro migliore alla loro bambina e non
esitai ad
accettare adottando la piccola, alla quale avevo finito per
affezionarmi come
fosse stata la mia stessa figlia.
Per questo mi trovavo a vagare cercandola per il palazzo vuoto, fatta
eccezione
per qualche guardia, in quella notte, accompagnata solo dai miei
pensieri.
Passai accanto alla stanza di Tolomeo e tesi l’orecchio.
Silenzio. Anche
troppo, a dire il vero. Quantomeno avrei dovuto sentire il suo respiro
agitato,
come avevo fatto nelle ultime notti passate accanto a lui cercando di
aiutarlo
senza grande esito. Spaventata mi precipitai dentro e la scena che vidi
fu
veramente incredibile.
La luce pallida della luna filtrava da una piccola finestrella
illuminando
debolmente la stanza. Seduta accanto al letto una ragazza con la pelle
ambrata
e i capelli scuri raccolti in una lunga treccia vegliava sul sonno
tranquillo
del giovane sovrano d’Egitto, accarezzandogli di tanto in
tanto la testa.
Riconobbi immediatamente quella figura, senza nemmeno bisogno di
vederla in
viso, poichè la conoscevo da quando, sedici anni prima, i
suoi genitori me
l’avevano affidata e soprattutto perchè si
trattava della stessa figura che
andavo cercando ovunque ormai da ore
- Najla, che cosa ci fai tu qui?-
Angolo
dell’autrice
Bene, innanzitutto vi ringrazio per aver letto questo primo capitolo
della mia
storia…
È la prima volta che mi cimento in una storia orginale di
tipo storico quindi
non so come possa essere andata ma vabbè.
In origine era una fanfic ispirata al musical francese
“Cleopatre la derniere
reine d’Egypte” ma poi, visto che la mia fantasia
alla fine lavora su una via
tutta sua e la storia originale non è quasi nemmeno citata
ho eliminato anche
quella parte e ho scelto di spostarla qui.
Chiedo perdono agli amanti della storia egizia, ma mi sono presa delle
belle
libertà riguardo ai personaggi (i caratteri li ho inventati
del tutto, anche se
l’aspetto di Tolomeo XIII corrisponde a quello
dell’artista che lo interpreta,
alias Mehdi Kerkouche) quindi magari non li troverete come li avete
immaginati.
Ad ogni modo ho cercato di mantenermi fedele alla storia per quanto
riguarda
usi, costumi, ambienti e descrizioni varie, per rendere la scena
credibile,
salvo rare eccezioni.
Che dire, spero mi lascerete una recensione, qualsiasi tipo di commento
mi fa
più che piacere quindi…Scrivetemi!
Ciao a tutti e al prossimo capitolo!!
Giulia/Juliet96
Note
[1]
Hadiya è un nome
egiziano reale e significa “dono” o
“guida verso il giusto”. I nomi non sono
scelti a caso ma si rifanno, nella maggior parte dei casi, ad un
caratteristica
del personaggio che porta quel nome o al suo ruolo (metto i significati
in modo
che possiate capire il perché).
[2] Si tratta di Apollodoro Siciliano, che rivedremo anche
più avanti. È lo
stesso amico che nella storia vera consegnò a Cesare il
tappeto nel quale
Cleopatra si era fatta avvolgere per arrivare sana e salva da lui.
[3] Anche Najla è un nome egiziano/arabo e vuol dire
“Dialogo segreto”. Adesso
può sembrare che non c’entri, ma più
avanti capirete perché l’ho scelto…
[4] Il titolo della storia viene dalla canzone del musical che ho
citato nel
mio commento, ovvero quella che accompagna la scena del matrimonio tra
i due
fratelli descritta all’inizio.
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Capitolo 2 *** Najla ***
Najla
(Capitolo
2)
-Najla,
cosa ci
fai tu qui? Se ti avessero trovata le guardie? Voglio una spiegazione!-
dissi,
cercando di mostrarmi severa e autoritaria, nonostante, devo ammettere,
ciò che
avevo davanti agli occhi mi inteneriva non poco.
Lei si voltò di scatto, spaventata dalla mia comparsa
improvvisa.
-Hadiya, maestra, io...- mormorò confusa, forse cercando
di trovare una
giustificazione convincente.
-Una delle ancelle doveva portare l'olio per le lampade, ma poi la
principessa,
cioè, la regina, l’ha chiamata e così
mi ha chiesto di aiutarla…- -Questo
ancora non mi spiega come tu sia arrivata in questa stanza! Ti rendi
conto di
cosa sarebbe potuto succedere se ti avessero scoperta qui da sola? Sai
meglio
di me che la pena per chi osa guardare in viso il faraone è
la condanna a
morte!-
-Sì, capisco ma…La verità è
che passando per i corridoi l’ho sentito lamentarsi
e affacciandomi ho visto che era solo…Non so come mi sia
venuto in mente, ma
non potevo lasciarlo da solo, senza nessuno accanto a lui.
-Avrei dovuto immaginare che potessi essere qui. Non sai negare il tuo
aiuto a
nessuno non è vero?-
Lei arrossì lievemente –Forse. Ma con lui
è diverso, non lo so cosa mi sia
passato per la testa.
In effetti io stessa avevo notato qualcosa di diverso, di strano nel
vederli,
come se qualcosa sfuggisse alla mia comprensione.
Anzi, a ben ripensarci non era nemmeno la prima volta che capitava.
Pur non essendosi mai parlati né visti avevo sempre avuto
l'impressione che ci
fosse qualcosa tra Tolomeo e Najla che non riuscivo a spiegarmi, una
sorta di
legame misterioso.
Avevo cominciato a crederlo diversi anni prima, tredici per
l’esattezza, un
giorno pochi mesi dopo la nascita di Tolomeo.
Era successo tutto a causa di una mia promessa: in qualità
di grande sacerdotessa
ero stata una dei pochi privilegiati a cui era stato permesso di vedere
subito
il tanto atteso erede maschio, ma con mio grande dispiacere non avevo
potuto
portare con me Najla, nonostante lei desiderasse con tutto il cuore
venire con
me e così, affidandola ad un’altra giovane
sacerdotessa, le avevo detto non
appena avessi potuto l’avrei portata a conoscere il
principino che tanto
desiderava vedere.
E l’occasione era arrivata: un po’di tempo dopo
anche al popolo fu permesso di
accedere al palazzo in via del tutto eccezionale, per rendere omaggio
al nuovo
nato.
Tutti, nobili, consiglieri, servi ed ancelle, si recavano alla sala dei
ricevimenti e così ci andai anch'io, insieme alla mia
piccola, alla quale avevo
fatto promettere di non aprire bocca fintanto che ci fossimo trovate al
cospetto del sovrano d'Egitto, Tolomeo XII, che sarebbe rimasto
lì per tutto il
tempo.
Quando venne il nostro momento mi avvicinai in silenzio alla culla, con
la
piccola che mi seguiva docilmente, attaccata all'orlo della mia tunica.
Una volta arrivategli davanti Najla si sporse per guardarlo meglio e
lui, che
fino a un quel momento stava sonnecchiando, aprì gli occhi
neri, fissandola
curioso, come a chiedersi chi fosse quella bimbetta, che non pareva
dimostrare
assolutamente tutto il timore e la reverenza di tutte le altre persone
presenti
che, intimorite dallo sguardo del faraone, quasi non osavano
avvicinarsi.
Hete allora tese la manina paffuta e, come se fosse la cosa
più naturale del
mondo, sfiorò delicatamente la guancia del bambino nella
culla.
Io feci per trascinarla via, temendo una reazione da parte del re, il
quale
però non fece nulla, limitandosi a sorridere bonariamente a
Hete.
Ora, vedendo quella scena ripetersi a tredici anni di distanza, tra una
Najla
ormai sedicenne e quello che nel frattempo era diventato il nuovo
faraone, mi
chiesi se davvero dietro a quel gesto si celasse in realtà
un sentimento più
profondo...
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Capitolo 3 *** Non lasciarmi solo ***
Non
lasciarmi solo
(Capitolo
3)
-Vieni,
è ora di andare- dissi dopo un
po’, rivolta a Najla che ancora stava seduta accanto a
Tolomeo, con la mano tra
i suoi capelli. –Non vorrei che arrivasse
qualcuno…-
Lei annuì e si alzò lentamente, lanciando
un’ultima occhiata al ragazzo, quasi
non volesse separarsene.
Ad un tratto lui aprì gli occhi e si guardò
attorno con aria confusa, come se
non sapesse dove si trovava, fissò perplesso Najla ed infine
si rivolse a me –Hadiya,
chi è lei? Cosa ci fate voi qui?- mormorò
assonnato.
-È tutto a posto, stai tranquillo. Lei è Najla,
diciamo che è mia figlia
adottiva- spiegai rapidamente, mentre la ragazza al mio fianco chinava
leggermente la testa, improvvisamente intimidita.
-Sei tu che mi sei rimasta vicino prima?- Quella domanda, posta con
così tanta
semplicità, fece arrossire ancora di più Najla,
che indietreggiò un poco prima
di riuscire a balbettare qualcosa di vagamente simile a una risposta.
-Ssss…si- disse alla fine, mentre io la rispingevo in avanti.
Solo allora ritrovò un po’ di coraggio e si mosse
cautamente verso di lui,
quasi temesse che il ragazzo che fino a poco prima stava
così amorevolmente
accarezzando potesse, per una qualche ignota magia o maledizione,
trasformarsi
in un coccodrillo del Nilo pronto ad attaccarla.
Lui parve leggerle nel pensiero e sorrise di quell’esitazione
–Su, non avere
paura, non ho intenzione di farti nulla di male- la esortò
–Sono il faraone,
mica un cobra velenoso, vieni avanti!-
A quelle parole i loro sguardi si incrociarono per un istante ed
entrambi
sorrisero. –Volevo solo ringraziarti, sei stata davvero
gentile a venire da me-
La mia protetta arrossì nuovamente ed abbassò gli
occhi.
*Ecco, ci risiamo* pensai. Gettai lo sguardo fuori dalla finestra, vidi
la luna
ormai alta nel cielo e mi resi conto solo allora di quanto tardi fosse.
–Dovremmo andare- dissi.
Tolomeo alzò gli occhi, spostando lo sguardo da me a Hete,
ancora immobile nel
punto in cui l’avevo lasciata e poi, con una nota di supplica
nella voce che
mai in tutti quegli anni avevo sentito, mormorò, rivolto a
lei –Per favore non
lasciarmi solo…Sono sempre solo qui, a volte ho
paura…Stavo così bene con te,
ti prego rimani qui…-
In quel momento non so bene cosa si risvegliò nella mia
timidissima figlia
adottiva, forse una sorta di istinto materno, forse quella strana
armonia che
sentivo tra loro, fatto sta che si ridestò di colpo dal suo
torpore e
inginocchiandosi di nuovo accanto al giovane sovrano
sussurrò –Io non posso
rimanere qui a lungo…Se mi trovassero qui cosa diremmo? La
legge non lo
permette…Se lo vuoi però posso rimanere qui
finché non ti sarai riaddormentato…-
tacque di colpo, sconvolta da ciò che era uscito dalla sua
bocca…Ma era stata
proprio lei a parlare?
-Ma tornerai ancora vero? Me lo prometti? Troveremo un modo
perché tu possa
stare qui, ma ti prego, non lasciarmi da solo…- -Lo
prometto- concluse lei
infine.
-Ah, un’ultima cosa…- soggiunse lui, sorridendo
–Chiamami Tolomeo. Sono così
stanco di tutto questo cerimoniale di corte! [1]
Si
sorrisero ancora, poi lui si accoccolò sul letto mentre
Najla lo accarezzava e
poco dopo scivolò nuovamente nel sonno tranquillo di poco
prima.
Mi alzai, seguita da Najla, ed insieme ci riavviammo alle nostre stanza
senza
dire una parola
***
La
sera dopo, di ritorno dal tempio,
trovai Najla seduta a guardare con aria pensierosa un papiro che teneva
sulle
ginocchia. Per quanto lo fissasse intensamente però, era
chiaro che l’oggetto
dei suoi pensieri non era certo quel che stava leggendo ma che anzi, la
sua
mente era occupata da ben altro.
Mi avvicinai e la chiamai per nome più volte, inutilmente.
-Si può sapere cosa c’è di
così interessante in quel papiro che ti assorbe a
tal punto da non farti nemmeno sentire che ti sto chiamando?!- esclamai
divertita.
-Hadiya, sei qui!- fece lei sorpresa, quasi sollevata nel vedermi.
– A dire la
verità non stavo leggendo- confessò
–pensavo- -E a che cosa?- -A Tolomeo, cioè,
al faraone…Gli avevo promesso di tornare da lui, ma oggi
quando sono arrivata,
le guardie non hanno voluto saperne di farmi entrare. Questo
l’avevo previsto,
perciò avevo preparato un messaggio da lasciargli-
così dicendo accennò ad un
piccolo rotolo di papiro fermato con un nastrino molto simile a quelli
che
usava per raccogliersi i capelli –ma si sono rifiutati anche
di consegnarlo per
me…Che cosa penserà? Oh Hadiya, sono
così preoccupata!-
-Suvvia piccola, non aver paura, sono certa che capirà.
Domani torneremo
insieme e parlerò io con le guardie. Ora però vai
a dormire. Domani sarà una
giornata intensa.- la rassicurai. –Forse hai ragione, magari
è meglio così.
Buonanotte.-
La salutai e mi ritirai anch’io nella mia stanza, senza
nemmeno immaginare
quanto fondata fosse la preoccupazione di Najla.
[1] Ok, non so
bene come ci si dovesse comportare davanti al faraone, ma questo mi
sembrava un
buon pretesto per non dover scrivere il dialogo in registro formale, lo
ammetto…Sarebbe
diventato tutto molto più complicato da gestire.
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Capitolo 4 *** Sono davvero così importante? ***
Sono
davvero così importante?
(Capitolo
4)
-Sacerdotessa
Hadiya, sacerdotessa Hadiya,
vi prego, svegliatevi!- la voce che mi chiamava concitata pareva
arrivare da un
luogo infinitamente lontano. Aprii gli occhi e, sebbene fossi ancora
addormentata, riconobbi all’istante nel giovane che mi aveva
svegliata una
delle guardie che
avevo visto qualche
giorno prima davanti alla stanza di Tolomeo.
-Ayman[1], che cosa succede? Come mai sei
così sconvolto, avanti,
parla!- lo esortai.
-Le condizioni del faraone sono molto peggiorate sacerdotessa, la
ferita si è
riaperta ma lui non vuole saperne di farsi curare, non lascia che
nessuno gli
si avvicini!- . Quelle parole attraversarono la mia mente alla
velocità della
luce, ridestandomi completamente –Cosa?!- - Vi giuro che sto
dicendo la verità,
ma ora venite, vi prego!-. Mi alzai e lo seguii, lasciandomi guidare da
lui
attraverso sale e corridoi, fino a raggiungere la stanza di Tolomeo.
Non feci nemmeno in tempo ad entrare che un uomo, forse una sorta di
medico, mi
corse incontro, non meno agitato della guardia –Sacerdotessa,
per fortuna siete
qui, cercate di farlo ragionare voi, io non so che fare! Come posso
essere
d’aiuto se non posso nemmeno toccarlo?- -Ho capito, ho
capito!- lo interruppi
–Vedrò che posso fare-.
Tolomeo era rannicchiato su un fianco e. Mi inginocchiai accanto a lui,
ma
prima che potessi dire qualsiasi cosa lui mi anticipò
–Ti hanno mandata loro,
vero Hadiya? Ma non hanno ancora capito?- –Capito che cosa?-
-Che devono
lasciarmi andare…- sussurrò lui debolmente
–io non ce la faccio più Hadiya,
sono stanco…Questa vita non mi ha riservato che delusioni.
Sono stato
abbandonato da tutti coloro che amavo, chi credevo volesse il mio bene
in
realtà complottava alle mie spalle…- -Ma non
è questo il modo! Cosa
risolveresti così?- replicai scioccata, intuendo i suoi
pensieri.
-Speravo che almeno tu riuscissi a capirmi…Perché
devo continuare a soffrire
così? Perché non volete semplicemente lasciarmi
stare? Io non voglio più
rimanere qui, voglio raggiungere i miei genitori, dovunque siano
andati!-
terminò, ricominciando a piangere.
Nonostante l’agitazione generale, tutto ad un tratto come un
fulmine mi venne
in mente cosa dovevo fare e chiamai a me un’ancella
–Corri nelle mie stanze,
trova Najla, mia figlia, e portala qui, fa’ più in
fretta che puoi- le ordinai
–Certo mia signora- rispose lei, e neanche il tempo di finire
la frase era già
sparita fuori dalla porta tuffandosi nel labirinto di scale e saloni
del
palazzo reale.
Tornò prima ancora che riuscissi a rendermene conto,
trascinandosi dietro una Najla
dall’aria ancora vagamente insonnolita e un
po’confusa.
-Hadiya, cosa sta succend…- si interruppe, posando lo
sguardo su Tolomeo.
-Bambina mia, grazie agli dei sei arrivata in fretta! Vedi se puoi fare
qualcosa, se almeno tu riesci a farti ascoltare- e le spiegai a grandi
linee la
situazione. –Non so cosa dovrei poter fare io dove tutti voi
saggi non avete
potuto nulla, ma farò del mio meglio- -Credi in te stessa e
saprai cosa devi
fare, perché gli dei guideranno il tuo cuore e i tuoi gesti-
fu la mia
risposta. Lei annuì rassicurata e si avvicinò al
giovane sovrano.
-Cosa succede? Perché stai piangendo?- gli
domandò, prendendogli la mano, che
però lui ritrasse di scatto, scostandosi come scottato
–Vattene Najla, tu e
tutti gli altri!- gridò –speravo che almeno tu
fossi diversa, invece sei uguale
a tutti gli altri- concluse amareggiato –Non capisco cosa tu
voglia dire-
rispose Najla, cercando di mantenersi calma nonostante non si
aspettasse una
simile reazione –Intendo dire che come tutti gli altri anche
tu mi hai
abbandonato, anche tu…- -Oh piccolo…- si
lasciò sfuggire lei, che cominciava a
capire –Ti giuro che non era mia intenzione lasciarti da
solo, in fondo te
l’avevo promesso, ma non mi hanno lasciata entrare
né in alcun modo avvicinarmi
a te- -Tu menti!- -No, non è vero- intervenne
inaspettatamente Ayman –questa
ragazza me la ricordo, è venuta ieri sera e voleva vedervi,
o almeno portarvi
un messaggio, ma noi avevamo ricevuto l’ordine di non far
avvicinare nessuno e
noi abbiamo dovuto obbedire- spiegò, quasi vergognandosi del
troppo zelo con cui
aveva eseguito gli ordini.
-Stai dicendo quindi che quello che lei dice è vero?- chiese
Tolomeo, ora più
confuso che mai –Sì mio signore, lei mi ha
supplicato di lasciarla entrare, ma
siamo stati irremovibili. Cercate di capire, avrebbe potuto essere
chiunque-
-Lo vedi Tolomeo? Non sei solo qui- riprese la parola Najla
–Guarda Ayman, Hadiya,
guarda me. Siamo tutti qui per proteggerti e non ti abbandoneremmo mai-
-Davvero?- domandò lui speranzoso –Davvero. Ma ora
lasciati aiutare, prima che
sia troppo tardi-.
Gli fece segno di aggrapparsi al suo collo e poi lo sollevò,
facendolo
scivolare dolcemente contro di sé, in modo che il medico
potesse occuparsi
della ferita.
Tolomeo si agitava un poco, gemendo per il dolore, ma Najla lo calmava
prontamente ogni volta, cullandolo fra le sue braccia come un bambino
piccolo.
-È fuori pericolo- sentenziò infine
l’uomo, una volta terminato il suo compito.
Io tirai un sospiro di sollievo. –Ti senti meglio ora?- disse
Najla
sorridendogli, mentre gli scostava alcune ciocche disordinate dalla
fronte e
ripuliva delicatamente il kajal sbavato dalle lacrime.
-Molto meglio ora che ti ho di nuovo qui con me- mormorò lui
tranquillo,
stringendosi ancora un po’di più a lei.
-Sono davvero così importante per te?- si chiese fra
sé e sé la ragazza,
innocentemente – Più di quanto tu possa immaginare. In tutti questi anni sei
stata l’unica a
dimostrare affetto sincero nei miei confronti e ad essermi vicina in
questo
modo e te ne sono infinitamente grato. Ti voglio bene Najla- disse lui
in un
sussurro, mentre in silenzio tutte le persone nella stanza, me
compresa,
uscivano una ad una, lasciandoli soli, teneramente abbracciati
l’uno all’altra.
Note
dell’autrice (se le
state leggendo…vuol dire che proprio mi volete bene!
Grazie!! )
[1]
Ayman in
egiziano, almeno da quanto ho trovato in giro, significa
“fedele”, aggettivo
che rispecchia il personaggio e l’idea che volevo dare di lui.
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Capitolo 5 *** Nell'ombra del palazzo ***
Nell’ombra
del palazzo…
(Capitolo
5)
Uscii
dalla stanza. Tutta la gente,
passato il pericolo, era tornata alle sue attività abituali
ed i corridoi di
quella zona isolata del palazzo erano di nuovo deserti. Mentre
camminavo verso
le mie stanze però, mi parve di udire delle voci conosciute.
Non erano più che dei sussurri, ma capii subito che
provenivano da dietro
l’angolo. Mi avvicinai cautamente al muro, insospettita: la
mia esperienza mi
aveva insegnato che chi sussurra e si nasconde nell’ombra
molto spesso trama
qualcosa…
Posai l’orecchio sulla parete per ascoltare meglio e subito
riconobbi quella
voce, capendo come mai mi era parso di conoscerla: Potino!
Quell’essere immondo, viscido più degli stessi
serpenti al servizio d Seth[1]
! In genere, come sacerdotessa, mi sforzavo di fare del mio
meglio nel
cercare sempre un lato buono in chi mi trovavo di fronte e nel vedere
oltre le
apparenze, ma dopo quanto aveva fatto francamente proprio non ci
riuscivo. Più
ci pensavo e più non arrivavo a capacitarmi di come un uomo
simile fosse
riuscito ad assurgere alla carica di consigliere.
La sua voce però non era l’unica: stava parlando
con qualcuno, un giovane
forse, che non riuscivo a riconoscere.
-Sai- stava dicendo il consigliere –è necessario
agire al più presto, prima che
la regina emetta il suo giudizio su di me. Anche se sono abbastanza
certo di
riuscire a sfuggire una condanna anche questa volta. Mi sono procurato
degli
appoggi, non so se riesci a capirmi…- -Capisco eccome-
proseguì la voce sconosciuta
–ma ad ogni modo sono d’accordo con te. Il giovane
faraone è ancora debole e di
conseguenza un bersaglio molto più facile in questo momento.
Sarà un gioco da
bambini dargli il colpo di grazia. Se solo non ci si fosse messa quella
dannatissima ragazzina, sempre lì con lui…-
-Najla…- pensai. Mi sporsi appena un poco fuori dal mio
nascondiglio dietro
l’angolo e finalmente li vidi, Potino e un
giovane…Ma certo! Come avevo fatto a
non capirlo subito? Quello era Najib[2}, il
rampollo di una delle
famiglie nobili più influenti e più ricche della
corte, figlio di un alto
dignitario nonché promesso sposo ad una delle sorelle del
faraone e della
regina…Ciò stava a significare che qualora a
Cleopatra e Tolomeo fosse
“casualmente” accaduto qualcosa lui avrebbe avuto
buone possibilità di salire
al trono d’Egitto e Potino con lui...
No, non sarebbe successo! Avrei fatto qualsiasi cosa per impedirlo, per
il bene
del mio Paese, dei due sovrani poco più che bambini che
avevo visto crescere
con i miei occhi ed anche per la mia piccola Najla, troppo vicina al
giovane
Tolomeo per non cadere anche lei vittima di quell’intrigo.
Dovevo sbrigarmi, questo era certo. Ogni minuto sprecato poteva essere
un’occasione in meno per salvarli e le possibilità
erano già scarse. Ma
nell’ombra del palazzo, dove si nascondevano gli esseri
più spregevoli ed
assetati di potere, in chi mai avrei potuto riporre la mia fiducia? Ma
certo,
Apollodoro!
Il siciliano era partito pochi giorni prima per la sua terra natale ed
ora
avrebbe dovuto trovarsi all’incirca a metà strada
secondo la via più breve, non
molto lontano dal palazzo. Sarebbe stato sufficiente fargli arrivare un
messaggio affidandolo ad una delle mie guardie, affinché
potesse aspettare
Tolomeo alla foce del Nilo e scortarlo in un luogo sicuro.
Una volta nel mio appartamento scrissi immediatamente la lettera che
consegnai
ad Ayman, scongiurandolo di raggiungere al più presto il mio
amico. Lui,
intuita la gravità della situazione, non si fece pregare e
si offrì di partire
all’istante, sfruttando i giorni di congedo che gli erano
stati offerti per
visitare la sua famiglia.
Ero sollevata ma il mio compito non era ancora giunto al termine, ora
bisognava
avvisare i due ragazzi.
Li trovai addormentati vicini e li svegliai per spiegare loro come
stavano le
cose.
-Ma lui non potrà mai farcela a partire da solo, Hadiya!
– obbiettò Hete
prendendomi da parte – Non lo hai visto?- disse indicandomi
Tolomeo che,
nonostante fosse migliorato molto rapidamente con lei al suo fianco,
ancora non
si era ripreso del tutto. –Lo so benissimo figliola,
è per questo che ho deciso
di affidartelo. Partirai con lui.- -Che cosa?- -Hai capito bene. Mi
serve
qualcuno di cui potermi fidare in tutto e per tutto e chi è
meglio, che sei per
me come una figlia? – le spiegai -E poi nemmeno tu sei al
sicuro qui, legata
come sei a lui. – aggiunsi sottovoce.
-E sia allora- sospirò lei, stringendo il ciondolo a forma
di occhio di Horus[3}
che portava al collo, l’unico ricordo che le era rimasto
della sua famiglia
d’origine. –Quando partiremo?- -Questa notte
stessa. Con il buio sarà più
facile nascondervi. Tanto sarà sufficiente seguire il corso
del fiume. Alla
foce troverete Apollodoro, che vi aspetterà per condurvi in
un luogo sicuro.-.
A
mezzanotte tutto era pronto. Ero
riuscita a trovare un cammello e vi avevo caricato sopra il necessario
per il
viaggio.
Diedi la mia benedizione ai due ragazzi, poi strinsi a me Najla e le
diedi un
bacio sulla fronte. – Ti prego, abbi cura di lui e di te
stessa – le
raccomandai –ti ho cresciuta come se fossi figlia mia, non
voglio che ti accada
nulla- -Lo farò- tagliò corto lei, cercando di
trattenere le lacrime mentre
montava in groppa all’animale.
Prima che partissero presi uno dei fermagli che adornavano la mia
acconciatura
e lo posi sulla testa di Najla.
- Ecco, prendi questo- le dissi –voglio che tu abbia qualcosa
che ti ricordi di
me quando sarai lontana…-. Lei mi guardò
commossa, poi si sciolse i capelli e
mi diede anche lei il nastro che vi portava intrecciato. Quante volte
quand’era
piccola avevo rifatto quella treccia…Ci tenevo che la mia
bambina fosse sempre
in ordine.
Si voltò come se volesse tornare indietro, poi
fortunatamente si riscosse
prendendo le redini –Non ti dimenticherò mai
Hadiya, ma ora dobbiamo andare.
Grazie per tutto quello che hai fatto per me, per noi…-
Li seguii con lo sguardo finché non diventarono un puntino
all’orizzonte appena
rischiarato dalla luna, pregando la dea Iside, protettrice delle madri
e dei
figli affinché li proteggesse.
Da
quella volta non li ho più rivisti…
Note
[1] Seth era il fratello di Osiride, che si contrapponeva a lui. La
leggenda
racconta che lo uccise due volte (dopo la prima la sposa Iside lo
riportò in
vita) ed è per questo che Osiride è il guardiano
del regno dei morti e Seth
passa come personaggio infido, maligno e traditore (wow…)
[2]
Anche qua il nome non è scelto a
caso. Non trovando ovviamente un nome che portasse un significato
negativo, ho
scelto questo che vuol dire “di nobile stirpe”,
dato che è nobile.
[3]
L’occhio di Horus, legato appunto a
questa divinità, era un amuleto che si diceva tenesse
lontani i malvagi. In
pratica Najla sta chiedendo protezione al dio.
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Capitolo 6 *** Prova d'amore ***
Prova
d’amore
(Capitolo
6)
Viaggiarono
per molte ore, seguendo il
corso del fiume, senza fermarsi mai, con il solo scopo di mettere
quanta più
distanza possibile tra loro e il palazzo reale.
Il disco di Ra, prima si era alzato nel cielo e poi era andato
scendendo sempre
più verso l’orizzonte.
I due ragazzi continuavano ad avanzare ma intorno a loro non si vedeva
anima
viva.
Ormai stava calando nuovamente il buio e Tolomeo, nonostante
continuasse a
negare ostinatamente, appariva sempre più stanco. Proseguire
in quel modo
sarebbe stato impossibile e per questo Najla, ignorando le sue
proteste, stava
già pensando a come avrebbero potuto accamparsi, quando
scorse in lontananza
una piccola luce tremolante.
Avvicinandosi si resero conto che la luce proveniva da una piccola
casetta. Chi
mai avrebbe potuto vivere in quel posto nel bel mezzo del nulla?
Bussarono alla porticina e subito aprì loro
un’anziana signora, avvolta in un
lungo vestito bianco orlato di blu. Doveva essere stata una donna molto
bella
da giovane, a giudicare dalla luminosità dei suoi occhi e da
alcune ciocche
color nero corvino che ancora si intravedevano tra i capelli ormai
quasi
completamente bianchi.
-Chi siete?- domandò loro. –Siamo due giovani
egiziani che cercano riparo per
la notte- rispose Najla, guardando verso Tolomeo con aria vagamente
preoccupata. –Entrate pure, dunque, vi ospiterò
molto volentieri- li invitò la
donna, con un grande sorriso. Lasciò che Tolomeo entrasse,
poi, dopo che lui si
fu spostato, fermò Najla, prendendola per la mano.
-Fanciulla cara, posso farti una domanda?- -Ma certo signora, mi dica
pure- -Tu
vuoi molto bene al quel ragazzino vero? Sei forse innamorata di lui?-.
Najla
arrossì. –Innamorata?
Forse…Cioè, non lo so, sono molto affezionata a
lui,
questo sì- sorrise. –Lo immaginavo.
C’è una cosa molto importante che devi
sapere allora. Vedi, purtroppo su questa casa pende un incantesimo, per
questo
vivo da sola: qualunque ragazza passi la notte qui con la persona che
ama, se
la tocca o la sfiora appena rischia di ferirla come se avesse artigli
al posto
delle dita.- -Come possiamo fare?- -Non so come aiutarti figliola.
Credimi, se
potessi lo farei, ma non conosco rimedio e purtroppo la mia casa ha una
sola
stanza…Stai molto attenta-
Detto questo se ne andò, lasciando Najla sconvolta a
rimuginare su come avrebbe
potuto comportarsi per non fare del male a Tolomeo. Non avrebbe
sopportato di
vederlo soffrire ancora, tantomeno per colpa sua.
L’anziana donna mostrò loro dove sistemarsi e
Tolomeo, stremato, si addormentò
subito sul giaciglio che avrebbe dovuto condividere con la sua giovane
compagna
di viaggio.
Fu una notte terribile per Najla: persino nel sonno il ragazzino
cercava la sua
vicinanza e lei doveva spostarsi di continuo, terrorizzata
all’idea di
sfiorarlo, finchè esausta si addormentò sul
pavimento.
Quando si risvegliò, alle prime luci dell’alba
come era sua abitudine, trovò la
signora già in piedi. Quella, vedendo il suo viso stanco, le
fece segno di
andare a sedersi con lei ad un tavolo nell’altro angolo della
stanza e poi le
disse sottovoce: -Sai, ti ammiro molto. Pur di proteggere colui che ami
hai
resistito tutta la notte alla tentazione di avvicinarti a lui, per
quanto lui
ti chiamasse e per questo meriti di sapere la verità. In
realtà non c’è nessuna
maledizione su questa casa, si tratta solo di una mia invenzione-
confessò. –Ma
perché lo avete fatto?- chiese Najla sbalordita.
–Ti chiedo di perdonarmi.
Desideravo solo mettere alla prova il tuo amore. Quando avete bussato
alla mia
porta ho visto quel sentimento nei tuoi occhi, come ti ho detto, ma
l’ho visto
anche nei suoi. Ho visto come si affidava a te completamente e ho
capito quanto
ti sia profondamente legato. Anch’io ho amato così
una volta. Ero innamorata di
un uomo, che però mi tradì per
un’altra, abbandonandomi qui da sola con il
figlio che avevo avuto da lui. Volevo solo assicurarmi che quel ragazzo
non
dovesse soffrire come ho fatto io, capire che tipo di persona fossi,
fin dove
saresti arrivata per lui. Ti prego, perdonami-
-Non preoccupatevi, capisco- disse lei. –Sei una ragazza
dolce e giudiziosa-
continuò la donna –Quel ragazzo è
fortunato ad averti con sé-.
In quel momento, Tolomeo si alzò, e vedendole sedute insieme
sorridenti chiese
loro di cosa stessero discutendo.
-Nulla, davvero nulla- risposero le due, scambiandosi uno sguardo
complice e
commosso.
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