Le gambe non mi reggevano
più…eppure continuavo a correre, senza sentire stanchezza, senza che mi
passasse anche solo per un istante per la mente l’idea
di fermarmi.
“Và
via!Vattene,presto!”
“No” Ne urlai diversi di seguito,
non volevo farlo, non volevo lasciarlo lì.
Ma uno sguardo,uno
solo, dopo tanti “Và, corri”, agghiacciante, mi fece iniziare questa corsa
impacciata e lenta che continuavo anche quando sentivo di non farcela più.
Anzi, proprio allora mi appellavo a tutte le mie forze, a quello sguardo serio,
severo, che nascondeva una maschera contratta dalla paura, ma che io vedevo
benissimo. Paura non per sé stessi, ma… E più di tutto
mi appellavo a quel battito che faceva da eco al mio. Quel battito debole ma
forte che sembrava affannato anch’esso, forse a causa del mio sforzo..
Mi fermai. D’improvviso mi fermai
pensando che forse nella mia decisione di andare oltre le mie forze non stavo facendo del male solo a me stessa. Appoggiata ad un
albero mi sfiorai quella pelle così in tensione che sembrava strapparsi da un
momento all’altro, al primo tocco. E quasi come una risposta al mio segnale sentii… C’era e aveva bisogno di me, che avrei dovuto fare
la scelta giusta non solo per me, ma per entrambi. Una cosa estremamente
difficile da fare.
Alzai lo
sguardo, tra i rami intravidi il monastero. Non potevo più aspettare,
non potevo rischiare… Mi si presentavano davanti
scelte per salvare chi amavo ma che contemporaneamente mettevano a rischio
l’altro mio amore. Sembrava che dovessi obbligatoriamente rinunciare a
qualcosa, che non potessi salvare entrambi, ma forse l’immagine di un fantasma,
di qualcuno che esisteva solo nella mia mente, dentro
di me, sì, ma lontano dai miei occhi, era più debole dell’immagine di due
grandi occhi dorati. Scelsi così, in un secondo, istintivamente, e non so dire se oltre a quella ci sarebbero potute essere altre
scelte più giuste, ma in quel momento non potevo certo appellarmi alla ragione.
Corsi ancora, senza ascoltare il mio fiatone, e i battiti dei due cuori, uno
più forte dell’altro, e le gambe stanche e impedite.
Caddi sulle ginocchia alle porte
del monastero, non capivo più niente, mi sembrava di non riuscire più a
respirare, l’aria bruciava terribilmente attraversando la mia gola come se essa
mi venisse attraversata da un ramo di rovi. Credo che
qualche bonzo si sia avvicinato per dirmi che non
potevo stare lì, perché le donne non sono ammesse… Credo, perché di quei
momenti non ricordo molto, ma ne ho quasi la certezza perché iniziai ad urlare
se non sbaglio proprio quando qualcuno mi prese per un braccio. Lo chiamavo a
squarciagola, consumando così il poco fiato che ero
riuscita a riprendere.
“Sanzo!” Non so neanche io quante
volte gridai questo nome.
Apparve, finalmente, era accorso in tutta fretta, tanto che aveva la parte
superiore della veste abbassata e aveva indosso la solita maglietta a collo
alto nera smanicata.
“Che ci fai qui?!?”
Mi si avvicinò, fece allontanare i bonzi
che si mossero timidamente ad un suo gesto deciso. Mi aggrappai a lui con le
mie ultime forze, poggiai le mani sulle sue spalle, mi sentii sorreggere da due
mani forti intorno alla vita, ma non potevo stringermi a lui più di tanto.
“Che cos’è successo?!
Ce la fai a parlare, hei!”
E nonostante volessi
rispondergli, nonostante aprissi la bocca da essa
uscivano solo sibili ansanti. Mi fece portare da bere, appena ebbi un filo di
voce parlai: “Goku!” Ma commisi l’errore di volermi alzare e dopo aver
pronunciato quel nome sentii scivolar via dal mio corpo ogni forza. Ma in quei pochi istanti prima dell’incoscienza provai
paura. Non per me e neanche per Goku. Vidi un piccolo viso, con due guance
paffute e colorite, poi l’attenzione si spostò su due grandi occhi che
guardando più intensamente scoprii del colore del tramonto, come i morbidi
capelli del resto.
Mi svegliai di scatto e di fronte
a me, che mi fissavano, due occhi viola.
“Sanzo!”
“Stai calma ma
sei pazza nelle tue condizioni ad agitarti così?”
“Sanzo, ascoltami” mi alzai a
sedere sul letto dove mi trovavo distesa “Goku. Vieni, dobbiamo andare da Goku..”
“Cos’è successo
a Goku?”
“Non c’è tempo, vieni” feci per
alzarmi
“Ferma! Come te lo devo spiegare..” si interruppe, forse a causa
dello sguardo che dovevo avere in quel momento; o forse perché a lui non piace
preoccuparsi per gli altri. Chissà.
“Ciò che fai è a tuo rischio e
pericolo” si fermò solo un istante in attesa di un mio
cenno, poi proseguì “Portami da Goku”.
La discesa fu leggermente
migliore dell’andata in salita. Sentivo il giovane bonzo che mi seguiva e che a
volte era costretto ad adattare il passo alla mia
andatura; forse, anzi, no, sicuramente, lui sarebbe stato già molto più avanti
di me, ma lo stavo guidando io, quindi… Per colpa mia, Goku..
No. Cercai di far più veloce che
potevo, con le mani che reggevano il rigonfiamento sul ventre come a volerne
alleggerire il peso. Credo che mi abbia chiesto, a un
certo punto “Ce la fai?”, ma non ricordo bene, è passato tanto tempo. Non è da
Sanzo effettivamente.
Non c’era.
Tracce di sangue, oggetti
distrutti sparsi per terra, le mura della piccola casetta danneggiate,
e anche la vegetazione tutt’intorno segnalava una
recente battaglia. Ma lui non c’era. Scoppiai in un
pianto disperato.
“Stupida, non piangere. Lui non
muore nemmeno se l’ammazzi. Che cos’è successo?”
“Cerchiamolo, Sanzo”
“E’ perfettamente inutile
agitarsi adesso. Dimmi che cos’è successo, se c’è una
battaglia in corso lo percepirò di sicuro”.
Non so perché, in fondo sentivo
un istinto che mi vietava di fermarmi, che mi imponeva
di cercarlo, ma rimasi zitta e ferma. Quegli occhi. Anche Goku tante volte ne era rimasto affascinato, lo era tuttora.
“Sanzo, salvalo”
“Si salverà da sola, quella
stupida scimmia”
Volevo reagire, sennò allora che
ero andata a chiamarlo a fare?
“Cos’è successo?”
Glielo spiegai.
“Sicari?”
“Ci ho pensato anch’io, ma di
chi? E poi cosa potrebbero volere da noi?”
Silenzio. Mi misi una mano sul
ventre gonfio.
“Quanto manca?” Gli sentii
pronunciare queste parole mentre guardava altrove.
“Poco più di un mese” Chinai il
capo.
“Come lo chiamerete?”
“Non lo sappiamo. Non abbiamo
idea. Bisogna pensare a un nome da maschio e uno da
femmina, ma…non abbiamo idea”
Silenzio di nuovo.
Mi carezzavo la pancia
istintivamente, chissà se stava bene. Scoppiai a piangere di nuovo,
improvvisamente.
“Se Goku non tornasse..”
“Tsk” venni interrotta dalla voce di lui, ma continuai
imperterrita
“Se non tornasse..io..
Perché si deve soffrire così? L’amore fa soffrire, soffrire e basta, vorrei svegliarmi domani e non avere più nessuno da amare e
che mi ami, perché gli altri poi soffrono.. Se Goku non tornasse sarebbe colpa
mia..”.
Mi aspettavo
una risposta, la volevo fondamentalmente. Ma
Sanzo non si mosse. Non fiatò. Solo un po’ i suoi capelli si mossero cullati
dal vento, coinvolti nella sua delicata danza, sollevati e poi giù
delicatamente sulla fronte e sulla nuca rosee. Si intravedeva
a tratti il pallino rosso nel mezzo della fronte; anche Goku aveva del rosso in
mezzo alla fronte prima, un rigagnolo di sangue che partiva da sotto la frangia
e si divideva in due rami affiancando i due lati del naso e poi scendendo ai
lati delle labbra… Quei capelli biondi che brillavano ai pochi raggi che
passavano dai rami sembravano d’oro, proprio come..
Lo fissavo, ora che ci ripenso sono sicura di averlo fissato per diversi minuti.
Chissà se ci ha fatto caso; sicuramente sì, e
sicuramente lo infastidivo. Ma per tutto il tempo ha
mantenuto un’espressione seria e persa nel cielo con gli occhi viola
leggermente strizzati per contrastare la forte luce.
Era bello. Bellissimo, davvero.
Non era la prima volta che lo pensavo, o che lo notavo. Ma
era la prima volta che mi chiedevo come avessi fatto a non innamorarmi
perdutamente di lui. Forse perché non me lo ha mai permesso.
Non aprendo il suo cuore, non volendo più amare, non volendo più nessuno da
proteggere.. O forse non l’avevo voluto abbastanza io?
Forse il suo cuore ferito sta aspettando inconsciamente solo..
Si girò di scatto, prese la
pistola con la mano sinistra e con la destra mi bloccò contro l’albero al
quale, seduta, appoggiavo la schiena. Puntò la pistola all’altezza del mio
ombellico.Non capivo.
“Non ti ho mai sopportato. Lo
sapevo che avresti causato solo guai. Non hai la forza necessaria per
difenderti perciò devi esser difesa e rendi più debole
chi ti sta accanto. Sai, avevi ragione, prima. Sarebbe
bello svegliarsi e non avere più nulla. Se la pensi
così è giusto che tu abbia paura, ma se non lo pensi sul serio il tuo tremare
non ha senso”
Continuavo a non capire. Ma i suoi occhi gelidi non mi permettevano di chiedere spiegazioni.
La pistola scivolò sul versante destro della pancia.
“Un colpo, e sarai esaudita. Così
lui morirà e tu se sarai abbastanza forte da sopravvivere non avrai più niente per cui preoccuparti”
“Goku” Mi uscì il suo nome dalle
labbra come d’istinto.
Una goccia mi percorse il viso.
Mi chiesi se avessi ricominciato a piangere, ma non ero io, era il cielo. Ci
misero pochi secondi le nuvole sopra di noi a struggersi in un pianto
disperato. E in altrettanti pochi secondi io e Sanzo ci ritrovammo
bagnati fradici. I capelli di lui, appesantiti
dall’acqua, gli aderivano alla fronte e gli coprivano gli occhi, si vedevano
solo come due pietre violacee che spuntavano tra una ciocca dorata e l’altra. Ma Sanzo chiuse gli occhi, poco dopo, e vidi che stringeva i
denti come se si stesse sforzando di reagire a qualcosa. La pioggia gli bagnava
particolarmente il viso perché molta più acqua scendeva ora lungo le sue guance
da sotto la frangia, anche se l’intensità della pioggia non era mutata molto.
E allora
capii. Sì, capii tutto. Una fitta mi colse al torace mentre
dallo sguardo di Sanzo capivo. Aspettava solo l’occasione di dirlo.. Non credendo nelle sue intenzioni di uccidermi cercavo il
perché di.. eccolo, ecco il perché. Credo mi si siano inondati quasi subito gli
occhi di lacrime, o forse era solo la pioggia che mi
scorreva sul viso, o forse entrambi.
“Se io
morissi nulla cambierebbe, ma se io vivessi qualcosa potrebbe cambiare, vero,
Sanzo?” Io stessa non credevo a quelle parole, però. Mi fissava immobile.
Annuì. Ma so che in quel momento lui stava rivivendo una scelta simile a quella
che stavo per prendere io.
Per salvarmi…
Il dolore di chi rimane non è
descrivibile…
O forse sì, da
due intensi occhi viola, perennemente persi nel vuoto. Stava soffrendo
anche lui, forse. Anzi, sicuramente. Ci pensai in quel preciso istante. E in quell’istante presi la mia
scelta.
“Mia e sua” Pensai guardandomi il
pancione. Mi balenò un nome nella mente, ora sapevo come si sarebbe chiamato,
ora aveva un nome. Ancora per poco.