William prima di tutto

di Harukichi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio ***
Capitolo 2: *** La realtà non sempre piace ***
Capitolo 3: *** A volte ciò che si crede perduto ritorna ***
Capitolo 4: *** Tumulto per la tragedia ***
Capitolo 5: *** Arrivederci ***



Capitolo 1
*** L'inizio ***


Nel 1566, a Londra, la peste, che dilagava in ogni dove, ha fatto chiudere tutti i teatri, ma un uomo, che senza di esso, si sente vuoto e perso, si ritrova, insieme a degli amici fidati, in una taverna nascosta dall’oscurità della notte, a raccontare la storia di come lui abbia scoperto cosa significa amore e il dolore che esso porta con sé come suo fedele scudiero.
Da dietro l’uscio si ode una voce,che decisa, spicca e decanta queste parole:
“Non sia mai ch’io ponga impedimenti
all’unione di due anime fedeli. Amore non è amore
se muta quando scopre il mutamento,
o tende a svanire quando l’altro s’allontana:
oh no! Amore è un faro sempre fisso
Che sovrasta le tempesta e non vacilla mai;
è la stella che guida ogni barca,
il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza.
Amore non è soggetto al tempo, pur le rosee labbra
e gote dovranno cadere sotto la sua curva lama:
Amore non muta in poche ore o settimane,
ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio.
Se questo è un errore e mi sarà provato,
io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato.”

L’uomo dopo aver concluso, si avvicina alla luce di una candela, che fino a quel momento lo aveva illuminato appena, e inizia a parlare: “ Amici che siete riuniti qui intorno a me” con aria solenne si rivolge al piccolo pubblico seduto sulle minute seggiole mal messe, che ad ogni minimo movimento scricchiolano,
 “ Questo non è un sonetto del Famoso e Incredibile Shakespeare” decanta quel nome e quanta enfasi pone sugli aggettivi, come se facessero anch’essi parte del nome, “ No di certo, bensì è ciò per cui io, William, vivo e credo, e sempre così è, è stato e sarà.” Si nota da subito che è un attore, con quanta classe e maestria ammalia il pubblico che, illuminato da una flebile luce data dalle candele, rimane a bocca aperta, affascinato dalla sua bravura.
 L’uomo che tiene il pubblico in pugno continua il suo discorso come se non si accorgesse dello stupore che man mano cresce nelle persone: “È inutile pensare che questo sia ciò che il Grande Maestro Shakespeare, che nome altisonante vedete, pensa e decanta con aria spavalda, no, no, no, sono tutte frottole, e a pensarci bene mi viene anche da sorridere, immaginandolo!” il suo labbro si arriccia al pensiero di ciò che sta dicendo e dopo una piccola pausa, accrescendo così la voglia del pubblico di proseguire, continua: “ Non è il grande genio di Shakespeare che crea e lascia tutti a bocca aperta. No, son io e questo l’ho scritto per me e per chi crede in ciò in cui credo io, e per tener sempre vivo, ciò che ho capito dalla vita e che non scorderò mai.” Si sente il vociferare che fa capire all’artista di esser riuscito ad irretire il suo pubblico, così con un leggero sorriso, nascosto nell’ombra, ricomincia a parlare, sedendosi su di una seggiola che, con gran rumore, attira l’attenzione del pubblico ancora stupito per questo suo esordio.
 “Vi racconterò la mia vita, come meglio riesco, e vi prego non pensate a me come tutti fanno, prendetemi semplicemente come un uomo che racconta la sua storia attorno ad un fuoco e che apre il suo cuore a chi veramente ama e sa amare, come io fino ad adesso credevo di saper fare.”
William, questo è il suo nome, comincia la sua storia con lo sguardo rivolto verso l’alto, come se stesse ricercando nella sua mente un ricordo importante per iniziare: “ Avevo diciassette anni, quando per la prima volta mi innamorai veramente, sì perché sino a quel  momento avevo sempre creduto di amare, ma che sciocco che ero, non sapevo cosa volesse dire. Solo dopo quell’incontro capii realmente il vero significato della parola Amore.” Fa una piccola pausa e con sguardo assorto continua a raccontare: “ Come stavo dicendo, avevo diciassette anni e in un giorno di pioggia mentre guardavo dalla finestra di casa mia, vidi la figura più bella che potessi immaginare di vedere e non solo mi lascio senza respiro ma scorsi dalla finestra del secondo piano, dove si trovava la mia stanza, i suoi occhi su di me e come un bambino mi nascosi dietro la tenda per non farmi vedere, sentendo un fuoco che ardeva da dentro che in un lampo fece avvampare il mio volto.” Si sofferma a pensare a quel momento e prosegue: “ Ancora dietro la tenda sentii bussare alla porta della camera e la voce della mia nutrice, che ancora abitava con me per aiutarmi, mi disse con voce squillante che c’era una certa signorina Hughes mi cercava. Io capii subito che si trattava di quella figura angelica che aveva bussato alla mia umile dimora qualche secondo prima e dopo essermi schiarito la voce, risposi alla signora Ann che sarei sceso subito e avrei ricevuto la signorina e di farla  accomodare. Presi di fretta la giacca che di solito indossavo nelle grandi occasioni, e quella lo era di sicuro, mi guardai allo specchio per vedere se il colorito del mio volto era tornato normale, e dopo la conferma dello specchio, aprii la porta e scesi le scale; davanti a me seduta comodamente sul mio divano che non le rendeva giustizia c’era l’angelo che avevo visto alla finestra. Mi accostai a lei e con delicatezza le baciali la mano, non so come descrivere quel momento, la sua pelle era così liscia e calda che mi lascio stupido, sapete c’è una diceria in giro che dice che  le mani sono lo specchio del cuore e tutte le donne a cui  io avevo fatto la corte fino a quel momento avevano sempre avuto le mani gelide e uno sguardo algido che rispecchiavano un cuore altrettanto freddo. Lei no, aveva le mani ed uno sguardo caldo che mi sciolsero appena lo incrociai; sicuramente il suo cuore era altrettanto caldo. Dopo quella scoperta mi alzai e mi sedetti sulla mia poltrona e con aria cortese chiesi per quale ragione una signorina di così bell’aspetto era venuta a bussare alla mia porta, sapete la galanteria è sempre stato un mio grande pregio, lei con un caldo sorriso accettò la mia lusinga e rispose che voleva commissionarmi un’opera teatrale. Lì per lì rimasi un attimo sorpreso che lei mi conoscesse e se ne accorse così spiegò che suo zio Lord Hughes le aveva parlato di me, quando disse quel nome capii subito, dovete sapere che Lord Hughes era un mio grande amico e non avevo la minima idea che avesse una nipote di tal spesso, così sorrisi alla ragazza e chiedi quale opera dovessi scriverle aggiungendo il mio solito patto che nessuno avrebbe dovuto leggere l’opera prima che l’avessi terminata neanche chi me l’aveva commissionata; la signorina mi guardò un po’ stupita ma acconsentii e mi lasciò un grazioso sacchettino di velluto con lo stemma della casata Hughes pieno di monete, io la ringraziai ma le spiegai che io avrei preso il mio compenso solo dopo aver finito l’opera, ma lei insistette e non potendole resistere accettai ormai conquistato dal suo sguardo.”
William guarda il pubblico e nota che tutti hanno uno sguardo sognante segno che stava riuscendo a spiegarsi nel migliore dei modi. Guarda fuori dalla piccola finestrella della taverna e nota che il buoi stava ingoiando ogni piccola parte della via e così guardando il pubblico dice: “ Mi dispiace interrompere il mio racconto ma si è fatto molto tardi, è il caso che tutti noi andiamo a riposare e domani sera ci ritroviamo qui alla stessa ora, se volete che io continui a raccontare” appena terminata la frase dal pubblico si sente la voce di un uomo alto e distinto dire: “ Credo di parlare a nome di tutti  se dico che continueremo con grande piacere il racconto domani e tutti i giorni che le serviranno per raccontarci la sua storia”, il resto del pubblico è della stessa idea e se man mano che la gente scema, William si sente sempre più pieno di orgoglio ma crede di sbagliare a pensarla così.
Una volta che tutta la gente è uscita anche lui, dopo aver ringraziato il proprietario si allontana immerso nell’oscurità per raggiungere la sua umile dimora.





Note: ciao a tutti, sono nuova e fino ad ora ho sempre letto, recensito e anche betato storie ma non ne ho mai scritta una, o almeno non l'ho mai scritta e poi messa su un sito, perciò siate clementi. Sarei molto felice se mi lasciaste dei commenti per poter migliorare.
Buona lettura, speriamo. (che stupida ho dato l'augurio alla fine del capitolo, vabbè mi avete capito no!)
Harukichi <3










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Capitolo 2
*** La realtà non sempre piace ***


William, mentre torna a casa dopo la serata appena finita, ricorda come è riuscito ad ammaliare il pubblico, si sente sempre più orgoglioso di sé e sente che la nuova forza lo pervade, ebbene si l’orgoglio lo riempie e si sente fiducioso dell’avvenire.
Entra dalla porta sul retro per non svegliare nessuno e soprattutto per non svegliare sua moglie, non vuole che scopra che se ne va in giro con la peste che gira per la città e, soprattutto, non  vuole che lo scopri a divulgare la sua arte a gente di basso rango che non possa permettersi di pagarlo, ma William tante volte glielo diceva: in questo periodo non si trovava molta gente disposta a pagare per rallegrarsi e lui si sente  incompleto se non può esibirsi o scrivere. Così si vede costretto a farlo di nascosto per non far preoccupare la moglie. Moglie, anche lui pensando a quella parola sorride, quella non è sua moglie, no è una donna con cui vive e ha stretto un patto dove c’è scritto che è sua moglie, ma non è la donna che lui avrebbe voluto sposare,  ha dovuto subire quel matrimonio per salvarsi dalla bancarotta , e quante volte si dispera per averlo fatto “Perché ho ceduto hai soldi, perché l’ho sposata” si ripeteva di continuo ma sapeva che non l’aveva fatto solo per i soldi l’aveva fatto per dimenticare, per dimenticare una persona, sì una persona di cui fino a poco prima aveva decantato la bellezza e il cuor gentile e caldo. Ebbene sì ogni volta che pensa o parla di lei sente il cuore e la mente che combattono, senza sosta nel tentativo di avere ragione. Il cuore gli dice di non smettere di amarla e di credere in lei, ma la sua testa tenta di dimenticare e di nascondere ogni cosa sia avvenuta in quel periodo. Per tutta la serata è riuscito a tenere a bada la mente e a continuare a parlare con il cuore. Si sente però male al quel pensiero perché per tutto il tempo del suo racconta ha creduto di essere sposato con Elisabeth, sì l’ha detto, ha detto quel nome che da anni aveva paura di pronunciare,  forse è perché ne ha parlato per tutta la sera, ma si sente molto deluso quando aprendo la porta della camera patronale vede che nel letto si trova Diane: sua moglie. Lo sconforto di quella scoperta lo distrugge e dopo essersi cambiato, nel modo più silenzioso e veloce, si mette nel letto accanto alla moglie e aspetta che arrivi Morfeo, intanto pensa ad  Elisabeth e alla sua figura leggiadra e graziosa che come un’ombra gli appare davanti agli occhi. Non aspettava altro e Morfeo arriva a portarlo con sé.
Il mattino dopo all’alba si sveglia e con un’aria un po’ stralunata, si guarda attorno e vede che Diane non è nel letto, si alza e scendendo le scale sente Ann che in cucina si sta già dando da fare con la colazione e ripensa a quella cara vecchina che non l’ha mai abbandonato  da quando aveva pochi mesi fino ad ora.
William non si ricorda dei momenti senza di lei, è stata più di una semplice nutrice, è stata madre, amica e confidente, l’ha consolato nei momenti di sconforto e l’ha redarguito quando era giusto farlo. Le deve molto e purtroppo le sue finanze non gli permettono di darle una dimora migliore e le cure che ha bisogno, ma ogni mattina quando lui si sveglia lei è già in piedi che con un grande sorriso lo accoglie con un tè caldo e il pane caldo. E infatti, come ogni mattina, Ann gli porta la sua solita tazza di tè, ma lo guarda con sguardo accusatore e dice, additandolo : “ Dove sei stato ieri sera? Ti ho sentito tornare a casa e come mai sei uscito così tardi? Era già buio!” William sa che lei lo fa per il suo bene e con sguardo basso gli confessa tutto, gli racconta della taverna e che è riuscito a dire il nome di Elisabeth; Ann lo guarda con occhi dolci ma severi e gli dice che lei non dirà nulla alla signora ma la prossima volta che avrebbe fatto un’azione così avventata avrebbe dovuto riferiglielo; lui annuisce e con fare dolce la abbraccia come solo un figlio fa con propria madre.
Dopo quel momento William le chiede dove sia Diane e lei con aria assorta, ripensando a quello che la signora le aveva detto prima di uscire vestita di tutto punto, rispose che era andata da una sua amica la signora Thompson che l’aveva invitata a colazione. A William sembrava strano che la moglie, ogni volta che si riferiva a lei così rabbrividiva infatti preferiva chiamarla semplicemente Diane, fosse uscita di prima mattina invitata da una sua amica e per di più non ricordava quel cognome, però non ci fece troppo caso e andò a prepararsi.
Dopo essersi fatto una doccia gelata, purtroppo l’acqua calda bastava solo per uno e, ovviamente, Diane era arrivata prima di lui, si veste e guardandosi allo specchio si vede invecchiato e ricorda che quella giacca era quella che Elisabeth, adesso riusciva a dire quel nome quasi senza problemi, gli aveva regalato per la riuscita della sua ultima opera teatrale.
Finisce di prepararsi e scende da basso, dopo aver salutato Ann con un dolce bacio sulla guancia, esce e va spedito al teatro dove ha fatto tutte le sue rappresentazioni, come tutti i giorni, per vedere se l’hanno riaperto e ogni giorno si delude, infatti anche oggi e chiuso e nessuno accenna a riaprirlo. Rattristato dalla notizia scorge tra la gente della piazza in cui c’era il mercato, mercato era dire tanto mercato solo qualche piccola bancarella e altrettanta poca gente, Diane che parla con una donna, una donna che pensa di conoscere, ma non aveva voglia di incontrare sua moglie e si incammina verso casa.
Arrivato, saluta di nuovo Ann e si congeda nelle sue stanze.







Note: ciao a tutti! ringrazio le persone che hanno recensito il primo capitolo, sono mooooolto felice!!! Devo fare un ringraziamento speciale a deanian_99 per il suo aiuto, ha corretto tutti i miei errori! Mi scuso per il fatto che il capitolo è corto, anche se deanian_99 ha detto che va bene! In questo capitolo la storia di William non va avanti ma credo sia importante come capitolo.
Speriamo di non deludere le aspettative di nessuno!
Harukichi <3

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Capitolo 3
*** A volte ciò che si crede perduto ritorna ***


William, una volta ritiratosi nelle sue stanze, come un preda al panico, cerca affannosamente qualcosa nella cassettiera davanti al letto; ad un certo punto si immobilizza, pietrificato da ciò che sta guardando; le lacrime cominciano a segnare il suo viso, dalla cassettiera estrae un sacchetto, sembra un banalissimo sacchettino di seta ma guardandolo con occhio attento si scorge lo stemma della casata Hughes.
Ora tutto ritorna alla mente di William, gli era sembrato fino a quel momento che raccontare la sua storia a quella cerchia ristretta gli avrebbe fatto bene, lo avrebbe liberato da lei, invece no, vedere quel sacchetto significava che era esistita e che tutto ciò che in quegli anni aveva cercato di nascondere a se stesso è vero.
Si lascia cadere sul letto e affonda il viso, ormai bagnato da lacrime che erano sempre rimaste dentro di lui, nel cuscino. Rimane lì per parecchio tempo, nella sua mente un turbinio di informazioni e ricordi girano vorticosamente senza riuscire a fermarli, non può, non vuole, non deve, deve riuscire a reagire, in tutti quegli anni aveva vissuto passivamente e si era ripromesso tante volte che non avrebbe più pensato a lei, ma mentiva, mentiva a se stesso sapendo di mentire.
All’imbrunire, arriva Ann, che con un colpetto alla porta, avvisa William che la cena si sarebbe servita a pochi minuti e che avrebbero avuto ospiti, William si risveglia da quella sorta di turbinio e si stupisce del fatto che ci sarebbero stati ospiti.
Prende la sua giacca migliore, quella di Elisabeth, e , dopo essersi guardato allo specchio per constatare di non avere nulla fuori posto, apre la porta e scende le scale.
Ann lo saluta con un sorrido dolce e gli riferisce che la signora sarebbe arrivata tra breve con gli ospiti, lui le domanda se conosceva chi sarebbe arrivato e lei, scusandosi, risponde che di non conoscerli, anche se la signora le aveva detto che erano persone importanti e che sia lei e William si sarebbero dovuti vestire in un modo più elegante possibile e sfoggiare la poca argenteria che avevano ancora in casa.
William continua a essere molto stupito per quelle richieste e dopo aver ringraziato la cara signora per la sua cortesia si appresta a  preparare il camino.
Sta sistemando i ciocchi di legno con l’attizzatoio e aumenta la fiamma con il mantice, quando sente delle voci in sala da pranzo e Diane che lo chiama con  uno strano tono affabile che non aveva mai avuto, se no quando gli aveva detto “sì” sull’altare davanti al pastore; lui poco dopo si affaccia alla porta della sala per dire che aveva preparato il camino ma le parole gli si bloccano in gola, sente il suo cuore fermarsi e una fitta lancinante lo trafigge,  si sente svenire, la vista si offusca e il suo colorito svanisce. Di fronte a lui Elisabeth, con uno sguardo sconvolto guarda il suo conoscente che si lascia cadere al suolo; di fretta Ann tenta di farlo rinvenire non capendo la ragione del suo malessere, Elisabeth spaventata dalla reazione di William accorre e va ad aiutare la signora Ann, in tutto questo Diane rimane impassibile e guarda il Generale Thompson nel tentativo di capire se aveva fatto una cattiva impressione o meno.
William si risveglia sul divanetto in salotto, è confuso, ricorda solo di aver visto Elisabeth ha crede sia un sogno, quando però senta le sua voce, così dolce e melodiosa, domandargli con tanta premura come si sentisse, non aveva dubbi era lei e si chiese cosa ci facesse a casa sua. Elisabeth ancora un po’ scossa per l’accaduto si avvicina a William, facendolo sussultare, erano anni che i due non si trovavano così vicini ma in un attimo si sentono, entrambi come se quegli anni fossero spariti. Lui la guarda negli occhi, i suoi bellissimi occhi verdi che lo hanno sempre fatto poetare; lei scorge il suo sguardo e timidamente lo guarda negli occhi, le si arrossano le gote e con voce ancor più melodiosa di prima sussurra: “Scusami Will, forse non era il caso che venissi” con voce quasi rotta dal pianto, si alza dal divanetto, dove lui era disteso; William si alza di scatto e con coraggio le prende la mano e la bacia, sente ancora quel calore che la contraddistingueva e sente quel suo profumo così intenso e dolce che per un momento lo portano indietro nel tempo.
Intanto nella sala accanto si stanno per servire i primi piatti e quando notano che Elisabeth e William stanno arrivando, un sorriso li accoglie. Lei si siede di fianco al marito e lui a capo tavola, come è giusto che sia. Dopo aver posto qualche domanda a William per sapere come stava e la cagione del suo malessere, alle quali risponde non comprendere neanche lui, Diane presenta gli ospiti a William dicendo: “William caro, questi sono il signor e la signora Thompson” e rivolgendosi al generale dice: “Generale Thompson, lei certo conoscerà mio marito William Shakespeare, è un grande drammaturgo e poeta, ne avrà sentito parlare di certo”,William si stupisce di sentire quelle soavi parole uscire dalla bocca di Diane, non ricorda quando era stata l’ultima volta che l’aveva sentita dire William caro, o forse non glielo aveva mai detto. Per tutta la cena, la conversazione, è un continuo botta e risposta tra il generale e Diane, mentre Elisabeth e William rimangono in silenzio e ogni tanto si lanciano sguardi furtivi.
La cena termina e gli ospiti vengono accompagnati all’uscio da William e Diane, Elisabeth ringrazia Diane per la cena meravigliosa e la ringrazia per l’ospitalità ricevuta e velocissima si inchina a William ringraziandolo e dicendo che era stato un onore sedere alla stessa tavola di un così illustre uomo; William, confuso all’idea che Elisabeth si fosse presentata come se non lo conoscesse, ringrazia il generale e Elisabeth dicendole che era lieto di aver fatto la sua conoscenza e che sicuramente ci sarebbero state altre cene.
Rientrati in casa, Diane si rivolge come suo solito a lui e gli comunica che sarebbe andata subito a dormire in quanto la serata era stata molto stancante. Lui risponde che sarebbe arrivato tra breve e si siede nella sua comoda poltrona davanti al camino, ripensa alla serata appena strascorsa e l’imponente orologio dietro di lui suona le ventuno in punto, William si risveglia dai suoi pensieri e si prepara per uscire, deve andare dal suo pubblico che lo aspetta ansioso di sentire la sua storia.
Furtivo si dirige verso la porta sul retro ma viene intercettato da Ann che con sguardo ammonitore gli impedisce il passaggio, lui cordialmente gli spiega che doveva andare e lei lo lascia passare.
Si dirige verso la solita taverna, in quello stretto vicolo oscuro che non prometteva nulla di buono e vede che c’è già il piccolo pubblico che si sta preparando e reclama la sua presenza.
Entra dal retro e pensa ad un’ entrata ad effetto per apparire sul palco e lasciarli stupiti.
Sa cosa fare e inizia:

“Quali lacrime di Sirene devo aver bevuto
stillate da alambicchi immondi come inferno,
 per dar paura alle speranze e speranze alle paure,
 sentendomi sconfitto in ogni mia vittoria!
Quali misere colpe può aver commesso il cuore,
quando si credeva al sommo d’ogni gioia!
Come vagavan fuori dalla orbite i miei occhi

nell’eccitazione di delirante febbre!
O vantaggio del male: ora solo riconosco
che sempre il bene è dal male reso migliore
e che l’amore infranto, ricostruito a nuovo,
cresca ancor più bello, più forte e ben più grande.
Così mortificato, ritorno all’amor mio,
e dal mal guadagno tre volte quel che ho perso.”

Illuminato da una fioca luce si mostra al pubblico dopo aver decantato queste parole e guarda i volti delle persone che rimangono allibite da quell’entrata così particolare e inaspettata.
“Signori, grazie di essere qui anche quest’ oggi, ne sono molto lieto, queste mie parole che or ora avete udito, sono parole che scrissi per lei, Elisabeth”. È la prima volta che nomina questo nome davanti al suo pubblico e si sente avvampare ripensando alla serata appena trascorsa con lei ma prosegue dicendo: “ Sì, dopo qualche settimana di nostra conoscenza, dovuta all’opera che mi aveva commissionato, incominciai, su sua richiesta, a chiamarla per nome; sapete era la prima volta che qualcuno, dopo avermi commissionato un’opera,  veniva a trovarmi quasi tutti i giorni per chiedere come procedeva il lavoro e con quanta insistenza, io le ho sempre risposto che non le avrei detto nulla fino a quando l’opera non fosse stata pronta e arrivata al termine. Ma lei continuava a tornare e, dopo qualche tempo, cominciammo a vederci anche senza quella banale scusa, avevamo capito che cosa provavamo l’uno per l’altra e io, a quel punto, cominciai non solo a scrivere la sua opera ma anche a scrivere queste parole che vi ho decantato poco fa, non ero io a volerlo, era il mio cuore che ricolmo di amore, amore vero, parlava apertamente e lasciava che la mia mano scrivesse questo. Io le leggevo le mie composizioni e lei ne rimaneva sempre colpita e desiderava poterle avere, ma sapete, ancora oggi anche se non possiedo più quei miei scritti, ricordo tutto ciò che le scrissi e perché rimase marchiato a fuoco nel mio cuore e nella mia mente.”
Il pubblico è catturato dalle sue parole, le donne hanno il volto mosso a compassione per quella povera anima che sta aprendo il suo cuore e gli uomini, anche se non vogliono mostrarlo apertamente, sono molto colpiti dalla capacità che un solo uomo ha di esprimere tanto amore in così poche parole come aveva fatto lui.






Note: ciao a tutti! scusate per il ritardo ma il mio capo ha deciso di non farmi dormire, mi ha dato un lavoro esagerato che mi ha dato che non mi ha lasciato neanche respirare, scusatemi davvero tanto!! Farò in modo che non capiti più.
Comunque ringrazio tutti quelli che mi seguono e che recensisco, ho seguito i consigli che mi sono stati lasciati per quanto riguarda la grandezza del carattere, spero che così vada bene.
Ho notato che io e la Storia abbiamo un rapporto molto strano infatti ,i più attenti di voi, si saranno accorti che non ho dato dei riferimanti storici veri, perchè nel 1566 Shakespeare ha solo 2 anni e, secondo la mia storia non è così, quindi mi scuso per questo enorme errore dato dalla mia ignoranza e spero che continuiate a leggere anche se non ho dato dei veri riferimenti storici.
Detto questo vi ringrazio ancora tutti per aver atteso che aggiornassi!!
Ciao
Harukichi <3



 

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Capitolo 4
*** Tumulto per la tragedia ***


William guarda il pubblico soddisfatto e prosegue nel suo racconto: “Senza che ce ne accorgessimo era arrivato l’inverno e il termine che era stato deciso per l’opera era alla fine dell’anno. Io stavo ancora lavorando al personaggio femminile, non so come spiegarlo, ma lo avevo plasmato ad immagine e somiglianza di Elisabeth e ne ero contento; sapete l’opera che mi era stata richiesta era una tragedia, ad Elisabeth non interessava come avrei impostato la storia voleva semplicemente che io scrivessi questa tragedia già adattata per il teatro, mi era sempre stato congeniale scrivere tragedie, dato che sapevo cos’era il dolore, dopo aver perso mia madre. In quel periodo di conoscenza con Elisabeth, ho scoperto di saper scrivere anche riguardo il vero amore, si certo sono sempre stato capace di scrivere storie d’amore ma non ci mettevo sentimento perché non ne ero coinvolto ma con Elisabeth le parole fluivano direttamente dal cuore e raggiungevano la penna.
La tragedia proseguiva e i nostri incontri erano sempre più ravvicinati e prolungati, andavamo a Greenwich Park nelle giornate non troppo fredde e ci ritrovavamo in questa taverna con una fumante tazza di tè e conversavamo per ore e ore, il tempo sembrava infinito con lei. Le recitavo i miei componimenti, era sempre molto felice di ascoltarli ma mi rimproverava dicendo che non dovevo perder tempo e dovevo concentrarmi sulla tragedia ed io la rassicuravo sempre dicendole che quei piccoli componimenti non toglievano tempo all’opera e che stava proseguendo bene.
Continuammo a vederci per tutto l’inverno ed ero entrato in un turbinio di emozioni e soprattutto stavo rivoluzionando la mia vita: di giorno stavo con Elisabeth e di notte creavo, componevo e continuavo a scrivere, solo alle prime luci dell’alba mi infilavo nel mio letto per poche ore, ma neanche in quei momenti la mia mente cessava un attimo di pensare a lei.
La fine dell’anno si avvicinava, mancavano solo due settimane ed io ero all’ultimo atto, quello cruciale e mi stavo impegnando molto per riuscire a soddisfare l’esigenze artistiche che Elisabeth mi richiedeva.”
Dal pubblico proviene una voce flebile ma decisa che interrompe la narrazione di William dicendo: “ Perdonate l’interruzione e vi prometto che questa sarà l’unica, ma non ha ancora pronunciato, neanche una volta, il titolo della tanto agognata tragedia, possiamo conoscerlo od ostacolerebbe il proseguimento del vostro raccontare?”; William sorpreso da quella domanda, ma ancor più da chi gliela poneva: un uomo alto e ben distinto con un bastone da passeggio tutto  ornato con il pomolo dorato, gli risponde: “ Non le dirò il titolo bensì vi citerò una parte del prologo e credo che voi, milord, riuscirete benissimo a comprendere di che opera sto parlando” e così dicendo inizia:


“Nella bella Verona,
dove noi collochiam la nostra scena,
due famiglie di pari nobiltà;
ferocemente l’una all’altra oppone
da vecchia ruggine nuova contesa,
onde sangue civile va macchiando
mani civili. Dai fatali lombi
di questi due nemici ha preso vita
una coppia di amanti
da maligna fortuna contrastati
la cui sorte pietosa e turbinosa
porrà, con la lor morte,
una pietra sull’odio dei parenti.
Del loro amore la pietosa storia,
al cui terribil corso porrà fine
la loro morte, e dei lor genitori
l’ostinata rabbiosa inimicizia
cui porrà fine la morte dei figli:
questo è quanto su questo palcoscenico
vi rappresenteremo per due ore.
E se ad esso prestar vorrete orecchio
pazientemente, noi faremo in modo,
con le risorse del nostro mestiere,
di sopperire alle manchevolezze
dell’angustia di questa nostra scena.”

  Conclude così e il signore che aveva posto la domanda, rimasto in piedi fino alla fine del brano, ringrazia William dicendo che aveva capito di che opera si trattasse e che non lo avrebbe più interrotto. William allora torna a raccontare.

 





Note: ciao a tutti! Sono sempre più contenta di vedere le vostre recensioni e ringrazio tutti quelli che stanno seguendo la storia, anche senza commentare, lo apprezzo molto! Mi scuso per il capitolo corto ma non ho molto tempo, purtroppo!  Spero vi piaccia e se c'è qualcosa che non vi torna o trovate degli errori non esitate a dirmelo, così posso migliorare!
Ciao e buona lettura! (ok continuo a sbagliare a scriverlo alla fine, ma fa sempre piacere leggerlo! XD)
Harukichi <3


















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Capitolo 5
*** Arrivederci ***


A casa Thompson i preparativi per il viaggio stanno creando un po’ di confusione, il maggiordomo sta coordinando le domestiche che, goffamente, si muovono senza poter vedere , per colpa della grande quantità di bagagli che hanno tra le braccia.
Il Generale Thompson saluta ancora una volta la sua giovane moglie con un casto bacio sulla guancia e dà le ultime direttive al capo della servitù per gestire la residenza in sua assenza; intanto Elisabeth guarda tutto lo scenario da una graziosa poltrona del salotto che le permette di vedere tutta la sala, il marito sta parlando con Reginald e lei si sente quasi  felice di sapere che per più di due settimane non rivedrà  il marito ma sobbalzando dalla poltrona rinsavisce e capisce che quel pensiero non avrebbe dovuto più farlo. Proprio in quel momento, le appare l’immagine di  Will, non sa perché ma è come se, da dopo la cena a casa Shakespeare, ogni cosa che fa e ogni oggetto le ricordi Will e il suo passato.
Non vuole ricordare.
Deve respingere quei ricordi e non deve farsi sopraffare dalle emozioni.
Ora è una donna sposata e non può permettersi di pensare ad un altro uomo. Guarda assorta nel vuoto nel tentativo di dimenticare Will, ma non riesce, prova a pensare al suo matrimonio avvenuto pochi mesi prima: la felicità dei suoi parenti, David sorridente all’altare sorpreso per lo splendore del suo vestito, il ricevimento pieno di balli e di gioia.
 In quel momento  si spegne il luminoso sorriso che aveva nel pensare al suo matrimonio, ripensa agli invitati e ricorda di non aver mandato l’invito a Will, proprio per non farlo soffrire, e poi riflette sulla  cena avvenuta il giorno prima e alla sua reazione quando l’aveva vista.
 Era svenuto, forse sarebbe stato meglio inviargli l’invito, così sarebbe stato pronto.
 Mentre lei rimuginava tutto ciò, David le si avvicina e le dice: “ Cara, ho appena finito,  devo andare. Spero che non ti sentirai sola durante la mia assenza.”.
La guarda con occhi teneri e lei non sapendo cosa dire: “ Vai pure caro, non mi sentirò sola ci sono delle mie amiche a cui non ho fatto visita, dopo il matrimonio, andrò da loro.”
 Lui, allora, sollevato dalla sua risposta chiama Reginald, che prende i bagagli, e se ne va, pronto ad affrontare il suo viaggio.
Elisabeth lo saluta per l’ultima volta dalla finestra con un malinconico sorriso, forse non dovuto dalla partenza del marito.
Adesso deve trovare il modo di distrarsi per non pensare a Will. Sale le scale, entra nella sua camera e dopo essersi specchiata prende una spilla dal portagioie, la osserva attentamente e dopo averla appuntata al petto, esce dalla camera e si dirige alla cappelliera.
 Informa le domestiche che uscirà e che tornerà prima di pranzo, la cameriera le porge guanti e ombrellino ricamati in pizzo e la saluta cordialmente prima che lei esca; si scambiano un sorriso tiepido e si avvia.
Cammina per un po’ per la cittadina e raggiunge Greenwich Park, si siede su una panchina nell’ombra di un grande corbezzolo. Il suo sguardo vaga alla ricerca di qualcosa e ad un certo punto, gli occhi scorgono qualcosa tra le venature del legno e senza neanche accorgersene sussurra due lettere “E”, “W”.
Non sa spiegarselo ma lo sguardo si vela e delle calde lacrime le rigano il delicato viso tinto di un naturale rosa pesca.
Da lontano una figura le si avvicina dicendo: “ Signora Thompson? Si sente bene? Ha bisogno di qualcosa?”.
A Elisabeth viene porto un fazzolettino di seta con la sigla “D.S”, lei lo prende e si asciuga le lacrime e vede il volto della donna che le sta rivolgendo quelle domande e capisce che è la signora Diane. Non può dirle che piange per aver visto le incisioni nel legno di Will fatte per lei, non può dirle che dalla serata passata a casa sua non fa altro che a pensare a lui, non può dirle tutto questo e decide di mentire: “Sa signora Shakespeare” dicendo quelle parole una morsa le chiude lo stomaco “ mio marito è partito e non tornerà prima di due settimane e mi sento sola e so che soffrirò molto per la sua mancanza.”
La signora Diane cerca di consolarla vedendola così afflitta e la invita a pranzo, Elisabeth tenta di declinare ma vistasi costretta accetta, sperando di non vedere Will, e si scorda di informare le cameriere.
 
 
 Note: Ciao a tutti!!! Si non sono morta, ho avuto un bel po' di problemi lavorativi e non solo, infatti non avevo idea di come continuare la storia, ma Deanian_99 mi ha dato la forza di continuare ( GRAZIE MILLE!!!) spero che vi piaccia e se vi va lasciatemi una recensione ( piano con gli insulti XD).
Noterete che Elisabeth si siede sotto un corbezzolo e ho fatto attenzione al fatto che il corbezzolo (nome assai divertente che ho sempre associato ad un esclamazione!) è un albero nativo di Londra ( o così diceva la mia fonte) e vi lascio anche l'immagine ( mi piace molto come albero!)
http://www.londontrees.co.uk/strawberrytree1.JPG
Ciao e al prossimo capitolo, si spera che non ci voglia così tanto tempo!
Harukichi <3









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