Lo farò.

di buonanotte
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nonostante ciò. ***
Capitolo 2: *** un pianto convulso ***



Capitolo 1
*** Nonostante ciò. ***


-Lo farò.- le disse, pur essendo certo che non sarebbe mai stato così, nemmeno se il mondo si fosse voltato a rovescio, nemmeno se un giorno si fosse svegliato ed avesse il visto che il cielo aveva lasciato il posto ad un'unica, sconsolata distesa di fango.

Sapeva che non sarebbe mai stato per lei, che non avrebbe mai rappresentato il porto quiete nelle sue notti insonni. Sapeva che sarebbe rimasto come un fantoccio di stracci nelle sue mani, che nulla avrebbe potuto colmare lo spazio che li separava. Questo era l'ultimo passo prima dell'infinito, la distesa d'immenso sconforto di una speranza fulminata dal sole.

Sapeva bene che l'amore non sempre è abbastanza, che per loro non ci sarebbe stata alcuna soluzione. Si stava gettando ad occhi chiusi in un vortice di silenzi, di fughe, di mistero, di segreti, ondate taciturne di dolore che lo avrebbero distrutto, già scorgeva quel mare di attesa, di angoscia che non conosceva risacca. Eppure, lui era lì.

Era stato facile compiere un solo passo oltre il ciglio, ed ora che il vuoto era sotto i suoi piedi non sentiva alcun rimorso, solo il tremante sospiro di un incerto futuro sul volto esangue.

Aveva una donna tra le sue braccia, una donna vera, profumata, intensa, i cui occhi avevano guardato ogni angolo del mondo, occhi che avevano visto dolore, isteria, distruzione, folli corse alla salvezza. Occhi che non sapevano riconoscere la speranza.

-Lo farò.- le disse -Avrò fiducia in te. Tanta fiducia quanto amore.-

Inspirò, sapendo che non gli sarebbe mai stato concesso di giungere a tanto.



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Capitolo 2
*** un pianto convulso ***


Un pianto convulso la scuoteva, inarrestabile, un attimo prima era tranquilla, silenziosa, acqua cheta, un attimo dopo osservandola si aveva l'impressione che qualcuno dietro di lei avesse afferrato saldamente le sue spalle e le agitasse, che rivoli invisibili di energia si muovessero senza alcun controllo in lei. Le lacrime scorrevano lungo le sue guance, lungo il suo collo, i muscoli tesi disegnavano sul suo profilo una linea colma di angoscia, come se tutto il suo corpo stesse anelando a qualcosa che si trovava fuori dalla sua portata, troppo lontano perchè potesse essere raggiunto con la mente o con le mani.

Sulla panchina nascosta dietro al fitto fogliame di un'acero, Usagi osservava Setsuna disperarsi, impotente, raggelata, incapace persino di tendere le dita in suo aiuto.

-Perchè stai piangendo? Perchè sei fuggita dalla conferenza?- chiese senza ottenere alcuna risposta. In quel momento, le parole sembravano così inadeguate, talmente fuori luogo quei suoni, che Usagi chiuse le labbra disorientata da quella sensazione assurda ed incomprensibile che rapidamente si era impadronita di lei, senza scampo.

I minuti passarono lentamente, interminabili. Quando si calmò, l'aria tiepida del pomeriggio aveva lasciato il posto alla brezza fresca della sera. Usagi era rimasta senza parole, lasciando che solo il silenzio occupasse lo spazio seppur esile che le separava. Avrebbe voluto sfiorarla, abbracciarla forse, ma non poteva avvicinarsi. Si sentiva come se stesse osservando un quadro, come se i suoi occhi fossero fissati su di una scena lontana nello spazio e nel tempo, ed aveva l'impressione che se anche avesse allungato il suo braccio verso di lei non avrebbe incontrato altro che il nulla, e che la scena si sarebbe dissolta in un refolo di aria stantia e polverosa, in un pulviscolo di nostalgia e dolore dei tempi antichi, come se quel pianto avesse attraversato i secoli per giungere fino lì, fino a lei, per travolgerla all'improvviso.

-Peronami, principessa.- disse, e la sua voce ruppe il vetro invisibile che era stato posto tra loro. -Perdonami, avrei voluto essere sola, ma non potevo allontanarti.-

-Avresti voluto allontanarmi, mentre io avrei voluto esserti più vicina.-

-Dovremmo tornare a casa, saranno tutti preoccupati per noi.-

-Non voglio andare via prima che tu mi abbia detto perchè stavi piangendo. Io sono qui per te.-

Setsuna alzò il viso, i suoi occhi granata fissati nel blu di quelli di Usagi.

-Principessa.- disse allora, la voce tenue, fioca, come quella di un insegnante di fronte all'allievo preferito. -Mia dolce principessa, ti chiedo perdono. Non avrei dovuto mostrarti questo momento ignobile. Non accadrà più, tuttavia, non attendere da me spiegazioni. Non le avrai.-

-Perchè? Perchè ti scusi? Pensi di non avere il diritto di soffrire?-

-Non è il momento delle parole, principessa. Tu sei così fresca e giovane, ci sono così tante cose che ancora devi imparare, che ancora non sai. Guardami, principessa, guarda i miei occhi. Io sono vecchia ormai, anche se l'apparenza può ingannare, e sono stanca. Un tempo, molto tempo fa, ero come te, e so quanto sia difficile avere pazienza quando si ha l'impressione di trovarsi di fronte a qualcosa di importante, quando si ha il desiderio di fare qualcosa in più, ma ti prego, sii ragionevole, dimentica ciò che hai visto, e và via ora. So cosa pensi, ma non temere, posso prendermi cura di me stessa senza aiuto. Ci sono cose più nobili che meritano la tua attenzione.-

-Perchè non vuoi parlare?-

-Mi è stato insegnato ad onorare il silenzio.-

Poco dopo, quando Usagi fece ritorno a casa, si sentiva sfibrata, nonostante non avesse fatto altro che rimanere ferma ad osservare. Seduto al tavolo di cucina, Mamoru la aspettava.

-Usa-chan, dove sei stata? Sei sparita, ero preoccupato.-

-Sono stata al parco, con Setsuna.-

Mamoru la osservò con sguardo inquisitore, poco convinto da quella scarna, enigmatica risposta.

-Al parco con Setsuna.-

-Già.-

-Quindi mi saprai dire perchè ha lasciato la conferenza.-

-Io... è stato solo un mancamento. Era accaldata, aveva bisogno di un po' d'aria.-

-Usa-chan, siamo in novembre.-

Usagi si avvicinò a Mamoru e lo strinse forte. Inspiegabilmente brividi frequenti attracersavano il suo corpo. Quella breve conversazione, seppur incomprensibile per certi versi, aveva lasciato in lei un freddo profondo e pregnante, una paura sottile, la sensazione incombente di un pericolo ignoto. Stretta a Mamoru, Usagi pianse senza conoscerne la ragione, traendo forza dal calore delle sue stesse lacrime.

Anche Setsuna era rientrata a casa. I suoi tentativi di rendersi presentabile avevano dato scarso frutto, e per quanto cercasse di rendere ferma la sua voce, i segni scuri lasciati dal mascara sul suo viso, l'abito stazzonato, l'acconciatura disfatta erano più eloquenti di molte parole.

-Ehilà.- la accolse la voce allegra di Michiru -Come è andata la conferenza?-

-Bene.- rispose lei, e cercò di allontanarsi dallo sguardo dell’amica senza lasciarle cogliere alcunché del suo aspetto.

-Setsuna.- replicò lei tuttavia -Cosa è successo?-

-Nulla, Michi-chan. Assolutamente nulla.-

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