Sospiri d'Estate

di _Sherazade_
(/viewuser.php?uid=243036)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Indice ***
Capitolo 2: *** #1 - Dancing in the moonlight ***
Capitolo 3: *** #2 - Ti dono il mare ***
Capitolo 4: *** #3 - Sinfonia Estiva ***
Capitolo 5: *** #4 - The Ice Queen and the Blood Mark ***
Capitolo 6: *** #5 - Un tesoro prezioso ***
Capitolo 7: *** #6 - Il chiosco del Signor Coniglietto ***
Capitolo 8: *** #7 - Un temporale all'improvviso ***
Capitolo 9: *** #8 - Quella magica notte d'Estate ***
Capitolo 10: *** #9 I Figli del Vento ***
Capitolo 11: *** #10 - Posso chiamarti Pomodorina? ***
Capitolo 12: *** #11 - Il caldo abbraccio delle Onde ***
Capitolo 13: *** #12 - Sotto l'ombrellone ***
Capitolo 14: *** #13 Vuoi essere il mio sole? ***



Capitolo 1
*** Capitolo Indice ***


Image and video hosting by TinyPic
L'intera raccolta partecipa alla "Seasons challenge" indetta da Jadis sul forum di EFP
Capitolo indice di questa raccolta disomogenea:

# 1 - Dancing in the Moonlight

Genere: Romantico, Sentimentale
Capitoli: One shot
Tipo di coppia: Het
Categoria: Storie originali - Fantasy
Rating: Verde

Stagione: Estate
Prompt: scelta libera - Luna

# 2 - Ti dono il mare

Genere: Commedia, Romantico
Capitoli: One shot
Tipo di coppia: Het
Rating: Verde
Categoria: Storie originali - Fantasy
Extra: Prequel de "La corte dei demoni". Una piccola shot dedicata ai due personaggi secondari della mia long.

Stagione: Estate
Prompt: Mare

#3 - Sinfonia Estiva

Genere:  slice of life
Capitoli: Drabble
Tipo di coppia: Nessuna
Rating: Verde
Categoria: Storia originale – Generale

Stagione: Estate
Prompt: Sole

Storia partecipante al contest " War of Drabbles " indetto da Alexalovesmal
Team: Oro, Azzurro e Verde

#4 - The Ice Queen and the Blood Mark

Capitoli: One shot
Tipo di coppia: Het
Categoria: Storie originali - Fantascienza
Genere: Introspettivo, Science-fiction, Drammatico
Rating: Giallo
Avvertimenti: Tematiche delicate, Furry

Stagione: Estate
Prompt: Afa - Condizionatore

#5 - Un tesoro Prezioso
Genere: Slice of Life - Commedia

Capitoli: Flashfic
Tipo di coppia: Het
Categoria: Storie originali - Generale
Rating: Verde

Stagione: Estate
Prompt: Anguria, Festa

 

#6 - Il Chiosco del Signor Coniglietto

Genere: Slice of Life - Commedia
Capitoli: Flashfic
Tipo di coppia: Het
Categoria: Storie originali - Generale
Rating: Verde

Stagione: Estate
Prompt: Chiosco/Bar

#7 - Un temporale all'improvviso

Genere: Slice of Life - Commedia
Capitoli: Oneshot 
Tipo di coppia: Het
Categoria: Storie originali - Generale
Rating: Verde

Stagione: Estate
Prompt: Scelta libera - Temporale estivo

#8 - Quella magica notte d'Estate

Genere: Songfic, Sentimentale, Slice of Life
Capitoli: One shot
Tipo di coppia: Het
Categoria: Storie originali - Romantico
Rating: Verde

Stagione: Estate
Prompt: Stelle Cadenti - "Estate" (Negramaro)

#9 -  I Figli del Vento

Genere:  Sentimentale, Slice of Life
Capitoli: One shot
Tipo di coppia: Het
Categoria: Storie originali - Romantico
Rating: Verde

Stagione: Estate
Prompt: Vela, "Il mare è senza strade, il mare è senza spiegazioni" (Alessandro Baricco)

#10 - Posso chiamarti Pomodorina?

Genere:  Sentimentale, Slice of Life
Capitoli: Flashfic
Tipo di coppia: Het
Categoria: Storie originali - Commedia
Rating: Verde

Stagione: Estate
Prompt: Scottatura, Costume

 

# 11 - Il caldo abbraccio delle Onde

Genere:  Generale, Slice of Life
Capitoli: Double Drabble
Tipo di coppia: Het
Categoria: Storie originali - Introspettivo
Rating: Verde

Stagione: Estate
Prompt: Onde, Surf
#12 - Sotto l'ombrellone

Genere:  Generale, Slice of Life
Capitoli: FlashFic - 267 parole
Tipo di coppia: Nessuna
Categoria: Storie originali - Introspettivo
Rating: Verde

Storia partecipante a "The Seasons Challenge" indetta da Jadis_ sul forum di Efp.
Stagione: Estate
Prompt: Spiaggia, Lettino, Caldo

#13 - Vuoi essere il mio Sole?

Genere:  Fluff, Slice of Life
Capitoli: OneShot
Tipo di coppia: Het
Categoria: Storie originali - Romantico
Rating: Verde

Storia partecipante a "The Seasons Challenge" indetta da Jadis_ sul forum di Efp.
Stagione: Estate
Prompt: Girasole

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** #1 - Dancing in the moonlight ***


Genere: Romantico, Sentimentale
Capitoli: One shot
Tipo di coppia: Het
Categoria: Storie originali - Fantasy
Rating: Verde

Storia partecipante a "The Seasons Challenge" indetta da Jadis_ sul forum di Efp.
Stagione: Estate
Prompt: scelta libera - Luna
 



 
Dancing in the moonlight




Guardai il lago davanti a me.
Era così calmo... ne ero ipnotizzata, soprattutto dal riflesso della Luna.
Il mio sguardo cercò allora l’astro che brillava alto nel cielo, sembrava fissarmi. All'inizio ebbi quasi l'impressione che si stesse beffando di me, poi, però, riconobbi lo sguardo amorevole e materno dell'astro, mio protettore.
Amavo e odiavo al tempo stesso la Luna.
E ancora una volta il mio cuore era diviso in due: da una parte c’era il dovere, dall’altra Silke.
- Lo so che ti diverti lassù, mia cara. Ma è grazie a te che sono in questa situazione; mi hai messo te questo marchio! – dissi indicando la voglia a forma di luna all’altezza del chakra del cuore.
Mi voltai, dirigendo lo sguardo verso il paese, dal quale provenivano gli schiamazzi per la grande festa della Luna Blu, aspettandomi quasi di vederlo apparire. Silke, il mio grande amore da sempre. Anche se lui non lo sapeva, io lo amavo, e non riuscivo a soffocare questo forte sentimento.
Ma il mio era un amore che non potei mai rivelare, quello che per alcuni era un dono, per me si era rivelato una maledizione.
Fin dalla nascita il mio destino era stato segnato, non c'era niente che potessi fare per evitare quello che i numi avevano scelto per me.
Nata in Luglio, sotto il segno del Cancro e dell’influsso della Luna.
E poi quel segno divino, la voglia a forma di luna. Senza contare quella dannata premonizione di mia madre, quella visione.
Aveva incontrato la Dea Selene in un sogno, poco dopo avermi concepita. La Dea le disse che ero una predestinata, e che la mia vita sarebbe stata legata al tempio a lei dedicato. Un giorno sarei diventata sacerdotessa.
A soli sei anni venni affidata alle cure delle sacerdotesse del tempio, e da lì cominciò il mio addestramento. Avevo dovuto abbandonare tutto: la famiglia, le amicizie e Silke. Eravamo cresciuti insieme, e anche se aveva qualche anno più di me, eravamo sempre andati d’accordo.
Sono passati quindici anni da allora, e sono quello che volevano: la grande sacerdotessa del tempio.
Amata e riverita da tutti.
Ma non era questo ciò che volevo.


Le sacerdotesse devono vivere in funzione del tempio e della Dea. Non possono avere relazioni, non possono sposarsi o vivere storie d’amore, devono rimanere pure, intatte.
Ogni volta mi sforzavo di tenere dentro di me il mio dolore di quella solitudine.
Ma riuscire a nascondere agli altri quel profondo turbamento, era addirittura peggiore.


Vorrei solo essere normale.


Ogni volta che potevo, andavo a rintanarmi nel mio guscio, lontana da sguardi indiscreti o, come dice spesso Ashlin, la mia migliore e unica amica, ergevo un muro invalicabile attorno a me. Uno di quei muri con tanto di torrette e vedette che non lasciano passare proprio nessuno.
Giocherellai come sempre con la collana che mi era stata donata il giorno in cui venni promossa come sacerdotessa madre del tempio, a soli quattordici anni.
Fu in quell’occasione che potei rivedere tutti i cari che avevo perso, compreso Silke.
La collana era in argento e aveva un ciondolo fatto con la pietra di luna. Avrei voluto odiare quello che era il segno della mia costrizione: entrambi rimandavano alla Dea e al mio dannato segno. Il mio legame con loro era molto forte, più di quanto avessi voluto.
Non potevo però odiarlo. Ricordo le parole di Silke il giorno in cui mi rivide: - Sei bellissima, Aleara, e questa collana riesce a renderti giustizia!
Ricordo che cominciai a balbettare per l'emozione, e ancora oggi il cuore batte all'impazzata quando mi rifugio in quel lontano ricordo.
Riuscivo a sentire in lontananza le risate, la gioia per la festa. E pensavo a Silke, che di sicuro stava ballando con una delle tante ragazze che sognava e sperava di essere scelta dal bel guerriero come sua sposa.
Vi avevo partecipato all’inizio solo perché rientrava nei miei doveri, ma non riuscivo a reggere la vista di tutte quelle persone che si divertivano. Non sopportavo vedere le fresche spose, che quella sera avevo unito in matrimonio coi fortunati sposi.
Quella era la sera dell'anno in cui era più propizio sposarsi, e io, in quanto sacerdotessa, ero tenuta a celebrare quelle unioni.
Li invidiavo, e non potevo sopportare di vedere la loro felicità, quando la mia era stata negata.


Ciò che sento non riesco a gestirlo, e perché diamine devo piangere?


Mi asciugai in fretta le lacrime.
Mi sarebbe piaciuto essere un Leone, o un Acquario. Segni forti, che non imponevano marchi a caso a ignari infanti.
Invece ero stata concepita per essere un sacerdotessa lunare. Per essere una cancerina sensibile, lunatica, suscettibile… incarnavo perfettamente i difetti del mio segno.
L’unica cosa buona ereditata dal segno, era quella corazza che mi impediva di crollare.


Continuai a fissare il lago e il riflesso azzurro dell'astro luminoso; d’impulso mi ci buttai. Volevo farmi una nuotata, per potermi lavare via tutto quello che sentivo, tutto quello che avevo dentro. Avevo bisogno di sfogarmi e di annegare il dolore.
Nuotai a lungo e finalmente riuscii a trovare un po’ di serenità. Nuotare aveva quell'effetto catartico su di me.
Corsi verso il tempio e, senza farmi scorgere da nessuno, raggiunsi le mie stanze per mettermi addosso qualcosa di asciutto.
Cercai di tornare all'ingresso del bosco, ma qualcuno mi stava aspettando.
Dietro al tempio trovai Silke sui gradini.
- Che fine avevi fatto? – mi chiese prima ancora che potessi passargli accanto.
- Mi stavo annoiando... - mi giustificai, - e poi il mio compito l’ho portato a termine. La mia presenza non era più necessaria. – cercai di tagliare corto, non avevo voglia di parlare del motivo che mi aveva portata ad allontanarmi.
- Ti posso assicurare che ci sei mancata. – disse lui con la solita dolcezza che mi stringeva il cuore. Si avvicinò a me, ma d'istinto mi ritrassi.
- Non sarei stata di compagnia, avevo… altri pensieri per la testa. – non potevo certo dirgli che m’infastidiva vederlo attorniato da tutte quelle belle ragazze.
Feci per andarmene quando lui mi afferrò la mano. Rimaneva sempre qualche scalino più in basso, non si avvicinava, mi teneva semplicemente stretta così.
- Davvero non capisci ciò che intendo? Devo forse intendere che non capisci ciò che provo? – il cuore mi era balzato in gola. Batteva così forte che avevo paura che lui lo sentisse.
Non riuscivo a parlare, ero felice e nello stesso tempo sorpresa. Poi però mi arrabbiai, di certo stava scherzando, non poteva essere vero ciò che diceva.
- Non prenderti gioco di me Silke. Non farlo! – dissi con rabbia.
- Non mi sto prendendo gioco di te, io ti… - gli tappai la bocca con la mano.
- Non osare dirlo. - ero arrabbiata, ero triste ed ero amaramente felice. - Sai bene che non possiamo. Anche se io provassi quel qualcosa per te, sarebbe impossibile. – la mia voce divenne un flebile sussurro. Avrei voluto abbracciarlo, ma forse era meglio così.
- Siamo nati sotto gli astri sbagliati, Silke. Forse non dovremmo più vederci... - dissi col cuore che mi si stava per spezzare.
Feci per andarmene quando sentii una lieve spinta, che mi fece cadere tra le sue braccia.

 
Siate felici insieme


La collana che portavo al collo si spezzò, e la voglia scomparve.
Io e Silke ci guardammo negli occhi, e arrossimmo.
Il vento portò fino a noi le dolci note di un lento, Silke mi prese per mano conducendomi così verso il lago, mentre la musica sembrava seguirci.
Attorno a noi si erano riunite una moltitudine di lucciole.
- Vuoi ballare? – mi chiese lui.
- Solo se questo sarà il primo di molti altri.
Sorridendo, ballai con lui fino al mattino, e mentre il sole sorgeva e il lago rifletteva non solo il suo riflesso, ma anche quello mio e di Silke. Finalmente insieme.



 
  L'angolo di Shera ♥

Dopo parecchi anni, ecco che riprendo questa storia, dandole qualche ritocchino, perché comunque, a volte un'ulteriore revisione non fa male.
Il succo della storia è sempre quello, ho giusto aggiustato quel qualcosa che non mi convinceva del tutto :D
Ho convertito questa OneShot, da semplice Storia singola e Raccolta. Probabilmente diventerà una raccolta disomogena, nel qual caso, apporterò le dovute modifiche, facendo il capitolo indice, ma fino ad allora, terrò le cose esattamente così come sono :D



A presto

Shera♥

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** #2 - Ti dono il mare ***


Genere: Commedia, Romantico
Capitoli: One shot
Tipo di coppia: Het
Rating: Verde
Categoria: Storie originali - Fantasy
Extra: Prequel de "La corte dei demoni". Una piccola shot dedicata ai due personaggi secondari della mia long.

Storia partecipante a "The Seasons Challenge" indetta da Jadis_ sul forum di Efp.
Stagione: Estate
Prompt: Mare
 

Ti dono il mare

Erano passati già due anni dal nostro primo incontro nella foresta, e ancora non avevo avuto il coraggio di accettare il suo invito. Avevo troppa, troppa paura di volare. E se fossi caduta? Se lui non fosse riuscito a riprendermi in tempo?
Già dovevamo tenere nascosto il nostro amore, quelli della Corte non ci avrebbero mai capiti, se poi ci avessero visti quelli del villaggio, avremmo decretato la nostra fine.
- Dai, non ci scoprirà nessuno. - insistette lui. Mai io ero irremovibile.
- No, Ael, è troppo pericoloso.
Lui, però, era ancora più cocciuto di me, si trasformò in drago e si rifiutò di riprendere sembianze umane fino a che non lo avessi accontentato.
- Ael! Se qualcuno dovesse vederti...
- Se tu non ti sbrighi, accadrà nel giro di venti minuti. Stanno venendo qui dal villaggio. Non ho visto bene chi fosse, ma sappi che sta arrivando qualcuno. - La sua vista speciale gli permetteva di arrivare fino ai margini della foresta. Quasi sicuramente era la vecchia Nilda, veniva ogni sabato a chiedermi delle lozioni e rimedi per il suo terribile raffreddore.
- Allora? Cosa aspetti? - chiese lui sorridendo: aveva vinto. Lo sapeva di avere vinto.
Rassegnata, e spaventata, salii sulla sua schiena, cominciando a pregare gli antichi Dei.
- Ael, se dovessi morire, sappi che ti tormenterò fino alla fine dei tuoi giorni. - il drago rise, e spiccò il volo.
Il vento che mi sfiorava la pelle era caldo; sentii gli uccelli che parlavano fra di loro, probabilmente Ael aveva disturbato la loro tratta. Io continuavo a rifiutarmi di aprire gli occhi, anche se avevo una certa curiosità.
A parte gli uccelli e i demoni che sapevano volare, quante creature potevano vedere il mondo dall'alto.
L'uomo no di certo, e io ero probabilmente la prima a poterlo fare.
- Una volta, - cominciò il drago, - mi dicesti che non vedevi l'ora di spiccare il volo. Lo ricordo bene, è stato durante uno dei nostri primi incontri. - disse lui con una certa nostalgia. - Dicevi che invidiavi me e gli uccelli, che liberi, potevamo librarci in alto, senza dover rendere conto a nessuno.
- Sì, è vero. - Ricordavo con piacere quei giorni. Allora non sapevo nulla dei demoni e della loro società. - Ora però ho paura, mio caro. - dissi stizzita. - Un conto è immaginare, un conto è vivere davvero queste cose. Tu ci sei abituato, mentre io, qui, rischio di essere spazzata via. Stai andando troppo veloce!
- Apri gli occhi, la vista è spettacolare! – m’incitò lui.
- Non ci penso nemmeno. Voglio scendere, Ael! – piagnucolai e mi appiattii sulla sua schiena. Non avevo mai avuto tanta paura in vita mia.
- Amber, aprili! Ti prometto che non te ne pentirai.
- L’avevi detto anche l’ultima volta. - borbottai. - Fidati di me, non te ne pentirai. - lo scimmiottai. - Avevi voluto fare tu il bucato, per provare. Mi ero offerta di darti una mano, ma tu mi dicesti che sapevi quello che stavi per fare. - Ael bofonchiò qualcosa. Lo sapeva che avevo ragione. - E cosa è successo poi?
- Tutta la biancheria è diventata rosa. - concluse lui. - Volevo dare un po' di colore alle lenzuola... era tutta una cosa calcolata. - si difese lui, ma tanto lo sapevamo entrambi che era stata una sua svista. Gli avevo ripetuto più volte che quel vestito non aveva preso bene il colore e che doveva lavarlo a parte.
Il drago azzurro roteò su se stesso, e io ero quasi sul punto di perdere la presa.
- Ael, ma sei impazzito?– gli diedi una forte pacca sul fianco.
- È così che tratti il tuo fidanzato? – chiese fingendosi risentito.
- Ti tratto così solo quando te lo meriti – avevo il cuore in gola. - E se fossi caduta?
- Ti avrei ripresa. Ovvio! - disse lui. - Non permetterei mai che la mia fidanzata si facesse male.
- Comincio ad avere i miei dubbi.
- Suvvia... - ridacchiò lui. - Ora, perché non mi fai il favore di aprire gli occhi? Era da mesi che aspettavo questo giorno per darti il mio regalo. Non puoi deludermi.
- Regalo? Che regalo? - chiesi incuriosita. “Se non ti decidi ad aprire gli occhi, non lo saprai mai.” disse lui. Io adoravo le sorprese. Presi coraggio e aprii gli occhi, rimanendo così senza fiato.
- Oh mio Dio! È stupendo Ael, dissi abbracciandolo. Non avrei mai pensato che potesse essere così! - guardai estasiata gli alberi sotto di noi, e all'orizzonte riuscivo a vedere il mare. Non l'avevo mai visto.
Ero così contenta che cominciai a piangere per l'emozione.
- Ael... potevi anche dirmelo.
- Non sarebbe stata più una sorpresa! Allora, che te ne pare?
- Dire che è bellissimo è riduttivo. - sentii lui ridere. Sapeva che quello era un sogno che si avverava: avevo sempre desiderato volare e vedere il mare. Io ero felicissima, e lui era orgoglioso di sé, per essere riuscito a darmi qualcosa di speciale e per aver fatto avverare un mio sogno.
Per le regole restrittive della sua gente, noi non potevamo stare insieme. Nonostante conoscessimo entrambi i rischi, avevamo deciso comunque di non rinunciare a noi; riuscire a ritagliarci momenti come quello era difficile, ma non impossibile.
Il caldo solo d'Agosto stava già per entrare nella sua fase calante, e il cielo assunse quell'inconfondibile sfumatura dorata che solo i cieli estivi possono regalare.
- Riesci ad avvicinarti di più alla spiaggia? - chiesi ad un certo punto. - Credi che rischiamo di farci vedere? - avevo una gran voglia di sentire l'aria salmastra, di camminare a piedi nudi per sentire la sabbia e di bagnarmi nel mare.
- Ho già controllato: è un'area sicura. - mi rassicurò lui.
Il drago azzurro sfrecciò nel cielo, fino a che non giungemmo in spiaggia.
Dall'alto il mare sembrava ricoperto di tanti diamanti, non avevo mai visto nulla del genere; quando invece toccammo terra, la grande distesa di acqua sembrava essere fatta d'oro.
Ael riassunse forma umana, e, come se fossimo stati dei bambini, ci rincorremmo per tutta la spiaggia.
- Non mi prendi! - gridai io mentre correvo verso la piccola insenatura.
- Tu credi davvero di sfuggirmi? - rise lui. - Io sono il drago più veloce del mondo, non puoi davvero credere di riuscire a seminarmi! - Ael mi corse incontro e mi agguantò, facendomi ruzzolare sulla sabbia con lui.
Lo baciai, ancora e ancora, fino a non aver più fiato.
- Ti amo, Ael. - dissi emozionata. Lui mi scostò una ciocca castana che era sfuggita coprendomi il volto.
- E io amo te, mia dolcissima Amber. - continuammo a baciarci, fino a quando non sentii l'acqua fresca che ci bagnava i piedi.
- È l'alta marea. - mi disse lui. - Si sta alzando. - poi ebbe un'idea.
- Ascoltami, Amber, dato che la giornata non è ancora finita... che ne dici di andare sott'acqua? Ti piacerebbe?
- Ma... ma io non so nuotare. - dissi spalancando gli occhi. - Non posso andare sott'acqua.
- Non preoccuparti: penserò a tutto io. - disse lui. Si alzò in piedi e riassunse le sembianze di drago. - Salta su. - non sapevo cosa volesse fare, ma feci quanto mi chiedeva, del resto mi aveva già sorpresa moltissimo.
- Ael si alzò in volo, e si avventurò parecchi metri lontano dalla riva.
- Ael... adesso cosa devo fare? - chiesi titubante, guardando il mare calmo sotto di noi.
- Prendi un bel respiro, mi raccomando. - non ero ancora pronta, ma Ael era già pronto, e si tuffò. Il drago soffiò, e una bolla d'aria mi coprì la testa.
- Con questa bolla d'ossigeno sarai in grado di resistere anche sott'acqua. - mi spiegò lui. - Non potremo rimanere moltissimo, ma almeno riuscirò a farti vedere qualcosa.
L'acqua era tiepida, anche se, di tanto in tanto, arrivavano alcuni correnti più fresche. Non avevo mai immaginato che le profondità marine potessero nascondere così tanti tesori.
Vidi nuotare a pochi metri da noi un folto gruppo di pesci coloratissimi, non più grandi di un'anguria. Più distanti ancora c'erano dei pesci più grossi e notai anche delle strane piante marine, tutte colorate.
- Ael, cosa sono quelle?
- Si chiama corallo. Nel nostro mare è difficile da trovare, per questo ho dovuto volare per parecchi chilometri.
- Non me ne sono proprio accorta. - dissi stupita. - Come hai fatto ad arrivare qui in così breve tempo.
- Sono il drago più veloce del mondo, ricordi? - disse Ael sorridendo.
Rimanemmo a lungo in contemplazione delle tante meraviglie che offriva l’ambiente marino, fino a che non giunse il tempo di uscire.
Il sole era calato, e mi era venuta una gran fame... ma Ael aveva pensato a tutto.
A riva aveva nascosto l'occorrente per la nostra cena: arrivammo a riva e lui preparò il fuoco su cui arrostire i pesci che avrebbe pescato.
Dopo avermi lasciata in spiaggia per sistemarmi, si rituffò per procurarci la cena. Non rimase a lungo in acqua, e non appena uscì, mi sorrise mostrando il frutto della sua pesca.
Non era una cena ricercata, ma per me era senza dubbio squisita. La luna era alta in cielo, le stelle brillavano più del solito, e la fresca brezza della sera, era una dolce carezza che ci avvolgeva dolcemente.
- Grazie, amore mio.
- Buon compleanno, Amber.
Sotto i raggi della luna, ci scambiammo ancora una volta le nostre promesse d'amore eterno.
Sapevamo che il nostro mondo, presto o tardi, sarebbe stato sconvolto, sapevamo che ci avrebbero scoperti e che non ci avrebbero lasciati in pace... ma fino a quel momento, avremmo goduto di ogni singolo istante.




 
L'angolo di Shera♥

Anche questa revisione giunge a termine, e posso eliminare la vecchia versione, che, per quanto ci fossi affezionata, aveva parecchi difetti (nonostante mi avesse portata al secondo posto sul podio del vecchio concorso per il quale era stata scritta... mamma mia, è passata un'eternità O_O).
Ael ed Amber sono due personaggi già noti, se conoscete le vicende della mia long "La corte dei demoni", come accennavo nello specchietto sopra la storia.
Adoro questa coppia! Già ai tempi della conclusione della prima versione della long, avevo in mente un prequel, una long incentrata sul loro amore impossibile - o quasi.
Mi venne data l'opportunità di scrivere questa shot per un contest del vecchio Writer's zone, forum che ai tempi frequentavo, e... niente, questi due mi son rimasti nel cuore.
Per la nuova challenge, ho pensato bene di riesumare questo lavoro, dargli una svecchiata, aggiungendo riferimenti alla long, e presentarla.

Se da questa lettura voleste avvicinarvi alla corte, sappiate che, purtroppo, la storia dei due non viene ampliata moltissimo, infatti sono le spalle dei veri protagonisti, ma saranno di fondamentale aiuto.

Detto questo, ci sentiamo, grazie per le visite e se volete lasciare un commento, una critica, o dei consigli, sarò ben lieta di accoglierli.
Un abbraccio

Shera♥

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** #3 - Sinfonia Estiva ***


Genere: Slice of Life
Capitoli: Drabble
Tipo di coppia: Nessuna
Rating: Verde
Categoria: Storia originale – Generale


Storia partecipante a "The Seasons Challenge" indetta da Jadis_ sul forum di Efp.
Stagione: Estate
Prompt: Sole


Storia partecipante al contest " War of Drabbles " indetto da Alexalovesmal
Team: Oro, Azzurro e Verde


 
Sinfonia Estiva



Correvo scalza fra i campi dorati, sfiorando le spighe mature del grano, lasciando che il vento mi sfiorasse la pelle e scompigliasse i lunghi capelli castani.
L'Estate stava per volgere al termine, un'altra volta.
Alzai gli occhi ammirando un'ultima volta le meraviglie della stagione calda, beandomi di quel cielo azzurro e limpido.
Mi sdraiai sull'erba che splendeva sotto ai caldi raggi del sole e chiusi gli occhi.
Mi lasciai cullare dal dolce suono del vento, da quella ninna nanna meravigliosa che si veniva a creare da quel delicato fruscio.
Appoggiai l'orecchio al suolo e per un attimo mi parve di sentire il cuore pulsante della Terra.
Sorrisi e mi addormentai.

 

Questo banner è opera di Alexalovesmal, premio per essermi classificata al 2°, 3° e 4° posto coi vari team.
Trovate a questo link la classifica completa

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** #4 - The Ice Queen and the Blood Mark ***


Capitoli: One shot
Tipo di coppia: Het
Categoria: Storie originali - Fantascienza
Genere: Introspettivo, Science-fiction, Drammatico
Rating: Giallo
Avvertimenti: Tematiche delicate, Furry

Storia partecipante a "The Seasons Challenge" indetta da Jadis_ sul forum di Efp.
Stagione: Estate
Prompt: Afa - Condizionatore


 
The Ice Queen and the Blood Mark

 
Sembravano passati secoli dall'ultima vacanza, ma quell'afa mi stava uccidendo. Il condizionatore era rotto e quel caldo insopportabile mi aveva costretta a prendere la decisione di lasciare la città.
Era quasi una settimana che non dormivo, per il caldo e l'afa mi ero persino procurata un ventilatore, ma non era la stessa cosa. Passavo le notti a girarmi e rigirarmi nel letto, avevo la faccia così sfatta che nemmeno tre mani di fondotinta riuscirono a nascondere il terribile stato in cui mi ero ridotta.
La situazione sembrava sempre più critica, così mia zia paterna Letizia mi venne in soccorso, offrendomi una vacanza. Lei disse che non se la sentiva di partire per via di alcuni controlli medici dei quali si era scordata; io sospettavo invece che quella fosse una scusa, e che lei avesse acquistato il biglietto apposta per me.
Non ero entusiasta all'idea di partire, ma dato che l'unica fronte di refrigerio aveva tirato le cuoia, e dato che i tecnici sarebbero stati in vacanza per altre due settimane, non potevo lasciarmi sfuggire l'occasione. Avevo parecchi giorni di ferie in arretrato, e lo stress dato da caldo e mancanza di sonno, stavano facendo calare il mio rendimento.
I miei capi furono ben felici di accordarmi un paio di settimane di vacanza.


La notte prima della partenza non era stata molto diversa dalle precedenti, con un'unica differenza: l'insonnia non era dovuta solo dall'afa infernale che si insinuava in casa, ma anche dall'agitazione per il volo. Io e gli aerei non eravamo grandi amici.
Mi alzai ancora prima del suono della sveglia, mi vestii un po' svogliatamente prendendo i primi capi che mi capitarono a tiro, agguantai la valigia e mi soffermai a guardare la mia figura riflessa allo specchio dell'ingresso.
Regina di Ghiaccio... ecco come mi chiamavano i miei colleghi, per via del mio carattere schivo e dei miei meravigliosi occhi chiarissimi.
Qui non c'entra la modestia, i miei occhi sono l'unico tratto di me che posso dire di aver adorato fin dall'infanzia, durante anche gli anni bui dell'adolescenza.
Regina di Ghiaccio... se lo fossi stata davvero, avrei di certo trasformato la mia casa in un igloo. Ma invece no, ero una normale ragazza che pativa terribilmente l'estate.
Un problema viscerale: quando arrivava la stagione estiva e il primo caldo, io stavo male, tanto da dovermi perfino assentare un paio di giorni dal lavoro.
Uscii in strada, in attesa di veder comparire l'auto di mia zia, che mi avrebbe accompagnata all'aeroporto.


- E mi raccomando: goditi questa vacanza! - disse lei aiutandomi con il bagaglio.
Quel sorriso sornione che le si era stampato sul volto, mi aveva fatta preoccupare. Dopo l'ultima cena da lei organizzata, ero restia ad andarla a incontrare sotto invito.
Aveva organizzato una cena per noi due, e, proprio per caso, quella sera era sopraggiunto un impegno imprevisto. La cena sembrava essere rovinata, ma il vicino di casa, un bel ragazzo celibe di trentacinque anni, si era gentilmente offerto di farmi compagnia.
La serata era stata piacevole, ma già dopo i primi scambi di battute avevo capito che quello non era il ragazzo che faceva per me.
La delusione sul volto di zia Letizia, quando le raccontai l'esito della serata, mi diede piacere. Nessuno poteva permettersi di mettere becco nella mia vita privata, neppure la mia amatissima zia!
L'improvvisa morte del mio condizionatore, mi aveva fatto pensare che non fosse solo una malaugurata coincidenza, ma che dietro a tutto ci fosse il suo zampino.
Conoscendola, sperava che in vacanza potessi trovarmi un ragazzo, non faceva altro che ripetermelo: “Mia cara, stai invecchiando, più aspetti e meno occasioni avrai per trovarti un buon marito!”
Io però stavo bene da sola, perché nessuno riusciva a superare il mio efficiente, quanto inappagabile, metro di giudizio. Ero esigente, e non intendevo accontentarmi di un uomo qualunque pur di non stare sola.
Così come nella vita privata pretendevo molto, così anche nel mio lavoro.
Ero efficiente, e i miei capi erano contenti del mio operato; sia le mie colleghe che i miei colleghi mi schernivano per il mio essere distaccata e fredda. Mi riusciva difficile comprendere il perché di tanto astio, ma finché potevo lavorare in santa pace, non mi curavo delle loro critiche.
Ero sola, dedita unicamente al mio lavoro; non avevo amici o conoscenti con cui passare il venerdì e il sabato sera. Agli occhi della gente questo mi rendeva patetica e degna di essere compatita. Odiavo che la gente mi compatisse. Io ero felice della mia vita, esattamente così come era.
Una delle mie colleghe più anziane, segretaria di uno dei capi, Luisa, coetanea di mia zia, preoccupata per certe voci che giravano, aveva deciso di avvisare subito Letizia, e la donna aveva cercato in ogni modo di tirarmi fuori dal mio “guscio”, per rendermi una persona accettabile per il resto del mondo.
Dopo un infinito numero di insuccessi, speravo che si fosse stancata di cercarmi incessantemente un compagno o una compagnia con cui uscire. Dimenticavo, però, l'incredibile tenacia che contraddistingueva i membri della nostra famiglia.


L'aereo si era staccato dalla pista, e io sentii una stretta al cuore, mi mancava l'aria.
Il volo fu tranquillo e, una volta che l'aereo si stabilizzò, riuscii a rilassarmi... fino al momento della discesa per l'atterraggio. Affondai così saldamente le unghie nel bracciolo che cominciai a temere che non sarei più riuscita a staccarle. La gentile hostess, una ragazza di si e no venticinque anni, si preoccupò per me, consigliandomi una tecnica di respirazione che funzionò alla perfezione.
Se al lavoro mi avessero vista così sfatta e agitata, non l'avrebbero più finita di prendermi in giro.
Inspirai profondamente e chiusi gli occhi, cercando di non pensare a nulla.
Rimpiangevo quasi la terribile afa dalla quale ero fuggita e la mia adorata casa che era diventata un insopportabile forno.
Mi ero estraniata a tal punto che non mi accorsi nemmeno dell'atterraggio. Non mi accorsi nemmeno dell'avviso del pilota che ci invitava a scendere ordinatamente.
- Siamo arrivati, signora. - mi chiamò la gentile hostess. Rimasi un po' stupita nel sentirmi dare della “Signora”. Apparivo così vecchia agli occhi degli altri?
Mi stiracchiai e mi apprestai a scendere. Mia zia mi aveva procurato il viaggio, e io avevo accettato in preda alla disperazione, ma non mi ero preoccupata di controllare la destinazione. Se avessi saputo dove stavo andando, avrei chiesto di sostituire quella vacanza anche con una bettola dispersa chissà dove.


Da quando, nel 2107, avevano scoperto come riportare in vita le creature partendo dal materiale genetico, erano state rianimate un sacco di creature strane.
Fallirono più volte, ma alla fine trovarono la formula perfetta, riportando sulla Terra le creature più temibili mai esistite: i Dinosauri.
Tenerli a bada non fu cosa semplice, ma una volta scoperto l'ormone giusto, furono in grado di ammansire anche il temutissimo T-rex, rendendolo un cucciolone di dimensioni extra-large.
Cominciai a chiedermi cosa si aspettasse mia zia con quella vacanza. Quello era un luogo di villeggiatura pensato soprattutto per le famiglie... Sperava forse che riuscissi ad accalappiare qualche vedovo con prole? Io odiavo i bambini... mi aveva mandata laggiù con l'intento di punirmi per essermi comportata “male”?
Non sapevo cosa mia zia avesse in testa quando aveva comprato il biglietto, ma, non potendo tornare a casa prima di una settimana, non potevo far altro che cercare di godermi la vacanza.
Sbuffai e, una volta ritirato il bagaglio, me ne andai all'accettazione.
Dopo aver compilato i moduli, un giovane di poco più di vent'anni mi accompagnò al mio bungalow.
- Ho visto che la sua è una vacanza regalo. - disse il ragazzo.
- Sì, mia zia riteneva opportuno regalarmene una, dato che a casa faceva troppo caldo e dato che il mio condizionatore si è guastato. - dissi guardandomi intorno. Vidi in lontananza dei bambini giocare con un triceratopo e i suoi cuccioli. Per qualche strano motivo provai come una sensazione di tenerezza di fronte a quella scena. Era insolito per me, ma sorrisi.
- Anche qui fa molto caldo, dall'una alle tre non si respira per colpa dell'afa, ma, proprio per questo, ogni struttura è dotata di un ottimo impianto di condizionamento, e la piscina offre l'occasione perfetta per rinfrescarsi.
Non amavo le piscine, troppa gente, ma il caldo non mi lasciava altra scelta: mi sarei adeguata facendo qualche sorriso e qualche battuta, ma solo se necessario.
- Sua zia le ha fatto proprio un bel regalo: ha pagato per il pacchetto deluxe. - non sapevo cosa comportasse, ma la brochure che mi avevano consegnato appena scesa dall'aereo, e i fogli col programma giornaliero che mi avevano dato alla reception, avrebbero risposto ad ogni domanda.
- Bene, siamo arrivati. - disse fermandosi di fronte a uno splendido bungalow in legno scuro. La struttura era grande, probabilmente era pensata per famiglie di quattro o cinque persone, la tettoia di quasi due metri copriva perfettamente il tavolino: avrei potuto cenare all'esterno, godendo dell'aria fresca della sera.
- Se non vuole cucinare, offriamo un servizio take-away dai nostri ristoranti, o se vuole può venire lei stessa nella struttura principale. - mi guardai attorno, e notai subito un piccolo campo da calcio, cominciando a temere per la salute delle mie povere orecchie.
- Mi dica, fino a che ora possono adoperare quel campetto?
- Non si preoccupi. Lo chiudiamo alle otto, e lo riapriamo la mattina dopo le nove e mezza. - Avrei preferito che la struttura chiudesse prima, ma nel caso avrei fatto uso dei tappi per le orecchie. Poteva andarmi peggio.
- Le auguro un buon soggiorno. - disse lui lasciandomi le chiavi e assicurandomi che avrei potuto chiamare la segreteria in un qualunque momento per qualsiasi necessità.

Appena entrata nel bungalow mi appoggiai alla porta, lasciandomi scivolare a terra. Mia zia non lo sapeva, nessuno lo sapeva: da tempo avevo cominciato ad andare da uno psicologo. Nonostante la mia vita lavorativa fosse soddisfacente, ero stata sull'orlo di un esaurimento, e sia il lavoro che la mia vita privata ne erano state compromesse.
Cosa mi era preso, e perché? Mi sentivo così male, così spossata e affaticata.
Mi piaceva quello che facevo per vivere, eppure... eppure a volte avrei voluto trovarmi altrove. A volte invidiavo la vita semplice delle persone che mi circondavano.
Arrivavano a casa, dalle loro famiglie, si rilassavano, a volte si sfogavano, ma erano sempre circondate da coloro che amavano. Io ero sola invece.
Avevo scelto io di vivere a quella maniera, ma a volte rimpiangevo la strada che avevo abbandonato per intraprendere quella solitaria via che mi stava cominciando ad andare stretta.
A volte, quando nessuno mi guardava, mentre passavo davanti agli uffici, mi soffermavo per qualche secondo ad osservare le foto di famiglia dei miei colleghi. Le guardavo, e per qualche secondo, per qualche microscopico istante, immaginavo di essere io una di quelle donne ritratte, felici della vita che avevano scelto.
Razionalmente, io non volevo una famiglia, non volevo figli... eppure a volte desideravo l'opposto di quello che sapevo non essere adatto a me.
Mi sfuggì una lacrima, la asciugai in fretta, guardandola sulle mie dita e mi asciugai in fretta la mano. Piangere e compatirmi non sarebbe servito a nulla.
Mi alzai e andai subito al frigorifero dove sapevo che avrei trovato delle bottiglie di acqua e un po' di frutta. Trovai anche un biglietto:


Che questa vacanza possa risollevarti.
Datti da fare o invecchierai triste e sola.

Due righe in croce che zia Letizia mi aveva lasciato. Non sapevo se sorridere di fronte alla gentile offerta della vacanza che mia zia aveva pagato, o se sentirmi depressa per la seconda frase. Era davvero essenziale che io mi accasassi?
Non potevo prometterle che avrei trovato la felicità, era impossibile promettere una cosa sulla quale non avevamo il benché minimo controllo, però avrei potuto provarci. Potevo solo prometterle che avrei tentato di rilassarmi e divertirmi... forse, un giorno, avrei davvero trovato la mia felicità.


Mi feci portare una pizza, approfittando della veranda e dell'aria fresca della sera. Dopo aver sopportato quel caldo insopportabile, quell'afa opprimente, quella fresca carezza sembrava essere quasi il dolce tocco di un angelo. Forse quella vacanza si sarebbe rivelata migliore di quanto non avessi previsto.
Rimasi fino a tardi di fronte al bungalow, era buio, e la luce dei lampioni era quasi fastidiosa. Stavo per andarmene a dormire quando vidi un piccolo tirannosauro che vagava nel vicino bosco. Il piccolo sembrava spaesato.
Per qualche strano motivo sentii che dovevo avvicinarmi, e con cautela mi incamminai verso di lui. Grazie all'ormone che veniva continuamente spruzzato nell'aria e messo nel loro cibo, sapevo che la creatura non mi avrebbe aggredita, ma si trattava pur sempre di un dinosauro, e io ne avevo comunque paura. La creatura si era fermata fra i cespugli, guardandomi come se fossi stata l'unica persona su tutta l'isola in grado di aiutarlo.
Si lasciò avvicinare, e mi mostrò una grossa scheggia che gli era rimasta conficcata nella zampa. Soffriva moltissimo, e io potevo realmente essergli d'aiuto: si trattava solo di levargli una scheggia.
Corsi verso il bungalow, chiedendogli di restare dov'era, e poco dopo tornai con del disinfettante. Il piccolo si era un po' agitato, specie quando gli versai il liquido sulla zampa, ma poi mi ringraziò a modo suo, leccandomi tutta la faccia.
Sentii un forte ruggito, e poco dopo ci raggiunsero tre tirannosauri adulti, dovevano essere i parenti del piccolo.
- Non abbiate paura. - dissi io con calma. - Il vostro piccolo sta bene adesso, l'ho aiutato a togliere questa. - dissi mostrando la scheggia.
Il mio nuovo amico si strusciò contro le zampe di quella che doveva essere la madre, emise dei versi e il grosso animale mi parve che mi sorridesse. Forse era solo un effetto della luce della luna, ma quello mi era proprio parso un sorriso.
Un inquietante e dolce sorriso di gratitudine.
Tornai nella mia casetta, e sprofondai, stranamente soddisfatta, in un profondo sonno. Era da parecchio tempo che non mi sentivo così bene.

Venni svegliata da un tremore incontrollato del letto; all'inizio non capivo se stessi sognando o meno, ma poi mi fu tutto chiaro: terremoto. Qualsiasi catastrofe naturale mi terrorizzava e, al contempo, mi affascinava.
Le pareti tremavano, e sentii il lampadario del salotto crollare a terra: dovevo lasciare quella casa al più presto!
Spalancai la porta finestra ed uscii di corsa, senza curarmi dei miei effetti personali: la mia vita era di certo più importante di un telefono e di pochi altri oggetti di valore.


Se fosse stato solo un terremoto, non avrei provato quella morsa di terrore che mi assalì non appena vidi cosa stava realmente capitando.
Fuori dal mio bungalow, sembrava che si fosse scatenata l'apocalisse, uno scenario degno dei migliori film catastrofici. Frotte di astronavi riempivano il cielo, le prime che atterrarono distrussero i meravigliosi e imponenti alberi secolari che costeggiavano il villaggio turistico.
Avevo il cuore che galoppava, era una situazione paradossale. Mi chiesi se non stessi sognando, ma capii in fretta che quello non era un sogno.
Non appena vidi quegli strani esseri gelatinosi puntare contro di noi quelle che sembravano essere delle pistole, capii subito che quello non voleva essere un incontro pacifico e che se non avessi trovato un riparo, di me non sarebbe rimasto più nulla.
Avrei voluto scappare, ma le mie gambe erano bloccate sul posto, non riuscivo più a staccarle dal terreno. Le sentivo pesanti, come se fossero fatte di cemento armato.
Era come se mi fossi ritrovata in uno dei miei peggiori incubi. Uno di quelli in cui sai di essere in pericolo e non riesci, in alcun modo e per quanto tu lo desideri, a scappare.
Alcuni degli ospiti del villaggio, corsero nella mia direzione e uno di loro mi urtò, facendomi riprendere il controllo del mio corpo. Dovevamo fuggire verso il folto della foresta, là dove dimoravano i dinosauri, forse lì ci saremmo potuti salvare.
Corsi assieme agli altri superstiti del massacro che gli alieni stavano compiendo alle nostre spalle, e vidi allora spuntare i dinosauri.
Sembravano inferociti, e puntavano verso gli invasori e gli ufo. Le armi aliene non avevano effetto sulle preistoriche bestie, e, infuriati come erano, i dinosauri riuscirono a annientare la minaccia, facendo fuggire i pochi sopravvissuti.
La gente esultava sollevata, gente sconosciuta che si abbracciava sorridente e piangente. Un senso di sollievo riuscì a rasserenare tutti noi, ma dopo qualche minuto, ci sentimmo distrutti per le ingenti morti. Noi eravamo sopravvissuti a tutto quello, ma gli altri, poverini, chissà quale atroce sofferenza avevano provato sotto ai raggi letali degli alieni invasori.
Sentimmo un ruggito, seguito da un altro, e da un altro ancora.
I dinosauri sembravano arrabbiati, e si rivoltarono contro di noi.
Dagli altoparlanti giunsero notizie poco rassicuranti: con l'arrivo degli alieni l'equilibrio dell'isola era stato alterato, e così anche ciò che permetteva ai proprietari di tenere sotto controllo i dinosauri. Ce ne voleva per mandare in tilt il tutto, ma quei maledetti alieni con le loro onde cosmiche, con il materiale che proveniva da un'atmosfera che non era la nostra, avevano mandato tutto a rotoli.
La gente fuggiva in preda al terrore, ed era del tutto inutile: quelle bestie possenti e feroci, avrebbero fatto di tutti noi il loro pasto. I predatori si avventavano non solo contro di noi, ma anche verso i dinosauri erbivori, contro chiunque gli si parasse sulla strada.
Anche se sapevo che era inutile, non potevo restarmene lì ad aspettare che uno di loro giungesse e mi divorasse. Scappai da sola verso l'ignoto, correndo disperata sbattendo contro i rami e le foglie degli alberi del bosco. Speravo di arrivare dall'altra parte dell'isola, dove c'erano le barche, e di trovare ancora qualcuno. Potevamo ancora salvarci, così speravo io.
Sembrava che nessuna bestia mi stesse seguendo, avendo tanta gente nell'area principale del resort, non avrebbero perso tempo a inseguire una preda insignificante come me, così pensai, e non potevo sbagliarmi di più. Non sapevo quanto ancora mi restava da camminare, ma trovai dei tirannosauri a sbarrarmi la strada. La mia corsa era giunta al termine.
Ero spaventata, ma riconobbi quelle enormi bestie: erano gli stessi dinosauri che avevo visto prima che quella che doveva essere una rilassante vacanza, si trasformasse in un incubo.
Sentii un ruggito, e uno di essi, uno di quelli adulti, mi si avvicinò, scrutandomi con quei luccicanti occhi rossi. Sentii il suo caldo fiato addosso e tremai.
Non volevo morire, non così giovane, non così.
Chiusi d'istinto gli occhi, in attesa che la bestia mi dilaniasse, ma nulla di quello che temevo accadde.
Aprii gli occhi e il dinosauro dagli occhi rossi scoprii che mi stava ancora fissando con curiosità. Mi stava studiando, ne ero certa. Forse mi aveva riconosciuta, e stava pensando di risparmiarmi la vita.
Abbassò il muso abbastanza da poter avere gli occhi alla stessa altezza dei miei, e si allungò per sfiorarmi il corpo tremante.
Non so per quale strana ragione, ma io allungai la mano e gli sfiorai il muso verdognolo.
Il tirannosauro alzò la testa al cielo e ruggì così forte che dovetti tapparmi le orecchie, il verso, ne ero certa, venne udito in tutta l'isola.
Mi guardò per un istante e cadde a terra; dopo di lui si accasciarono al suolo anche tutti gli altri. Scossi da delle convulsioni, i loro corpi mutarono, prendendo aspetto umano.
Io li fissai sbigottita, non sapendo cosa fare, come comportarmi.
Mi chiesi se anche nell'altra parte dell'isola i dinosauri fossero mutati.


Era quasi l'alba, il cielo era chiaro e quegli strani uomini non si muovevano. I loro corpi non erano più scossi dalle convulsioni.
Mi avvicinai incuriosita, e lui, il tirannosauro che mi si era avvicinato prima, era diventato un bel giovane muscoloso dai capelli verdognoli e selvaggi. Mi accovacciai per guardarlo meglio, mi venne istintivamente da sorridere. Dormiva beato, come se niente di ciò che era accaduto, fosse realmente successo.
Non capivo cosa potesse essere accaduto, ma sapevo che non avrei avuto risposte standomene lì a guardare quegli uomini e quelle donne nude che fino a poche ore prima erano stati i dinosauri che avevano tentato di ucciderci.
Dovevo cercare aiuto, speravo che qualche scienziato dei laboratori dell'isola, fosse sopravvissuto e che avesse qualche risposta per quanto era successo. Cercai di rialzarmi, ma la sua mano mi afferrò la caviglia.
- Non andare. - sussurrò lui, con un occhio semi aperto.
Non sapevo se essere più sorpresa del fatto che si fosse trasformato o se essere stupita dal fatto che lui parlasse la mia stessa lingua.
Lui si mise a sedere e mi guardò con dolcezza, invitandomi a sedere accanto a lui. Seppur titubante, io lo accontentai.
Fu questione di un attimo, affondò il viso fra i miei capelli, lo sentii inspirare profondamente per inalare il mio profumo, e poi sentii un dolore acuto al collo: qualcosa di viscido che lo sfiorava. Rabbrividii, cercando poi, inutilmente, di divincolarmi; lui non mi avrebbe lasciata più andare. I suoi denti erano affondati nella mia carne e lui, per evitare che io gridassi, mi aveva tappato la bocca con la mano.
Furono pochi secondi d'angoscia, e quando mi lasciò libera lo fissai con odio e terrore.
- Che diavolo credevi di fare? - gridai inferocita. Lui si leccò soddisfatto l'angolo della bocca, sporco ancora del mio sangue.
- Mi ringrazierai quando prenderemo il controllo di questo mondo. - disse guardando i suoi compagni che stavano riprendendo conoscenza. - Il marchiò che ti ho lasciato sul collo, è la prova inconfutabile che tu sei mia! - rabbrividii per il modo in cui parlava di me. Dalle sue parole e dal suo tono, sembrava che fossi una sua proprietà. - Nessuno ti farà del male. - lui si alzò, e mi tese la mano.
- Questo mondo non vi appartiene più. - sorrise guardandomi con aria di superiorità. - Sta per avere inizio la nostra era.
Mentre il sole si ergeva alto in cielo, la calda brezza mi scostò i capelli, rivelando il marchio che l'uomo-dinosauro mi aveva appena lasciato, sporco ancora del sangue versato.
Non sapevo cosa sarebbe accaduto da lì in avanti, ma sapevo che quella estate afosa, avrebbe per sempre cambiato la mia vita.



 
L'angolo di Shera♥


Finalmente ce l'ho fatta! Questa storia è nata da un sogno, un incubo per meglio dire.
Avevo pubblicato ai tempi la storia, ma non ero del tutto sodisfatta, così l'ho riscritta e riscritta ancora, fino a che non mi son ritenuta soddisfatta.
Questo è il risultato della mia mente assolutamente malata XD.
Nell'originale, la storia finiva proprio come nel mio sogno: la "Regina di Ghiaccio" e il suo dinosauro-uomo, che si stanno godendo una bella serata in un hotel di lusso. Stanno per concedersi un momento romantico, quando l'incantesimo finisce, e il dinosauro perde il controllo, tornando man mano alla sua forma originale, lasciando così la protagonista alla fine orribile che l'attende...
Questa volta ho voluto concederle un momento meno triste.
Spero via piaccia, a presto


Shera♥

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** #5 - Un tesoro prezioso ***


Genere: Slice of Life - Commedia
Capitoli: Flashfic
Tipo di coppia: Het
Categoria: Storie originali - Generale
Rating: Verde

Storia partecipante a "The Seasons Challenge" indetta da Jadis_ sul forum di Efp.
Stagione: Estate
Prompt: Anguria, Festa

 
Un tesoro prezioso
 
 
La sua missione era la cosa più importante, avrebbe dovuto proteggere il tesoro anche a costo della vita.
Silvia passeggiò avanti e indietro, tenendo d'occhio il prezioso e osservando in ogni direzione, cercando di mantenere sempre la calma e il sangue freddo. Bastava un attimo, che si distraesse per anche solo un secondo, e il tesoro sarebbe potuto sparire. Se fosse accaduto, come avrebbe potuto fronteggiare i suoi capi? Tutti contavano su di lei e sulla sua guardia, non poteva deluderli.
Silvia teneva stretto a sé il prezioso fucile, dono del padre, il suo più valido alleato in una guerra senza fine.
Quanto ancora avrebbe dovuto aspettare prima che la riunione finisse così che si decidesse di spostare il tesoro in un reparto più sicuro?
 
«Soldato Silvia,» disse la donna sulla trentina uscendo di casa, «come procede il turno di guardia?» la donna cercava di rimanere seria, ma di fronte alla figlioletta che faceva la guardia di fronte alla fontana di casa, non era semplice.
«Generale Mamma, la situazione è sotto controllo!» rispose la bambina, imitando i soldati così come li aveva visti nei film che tanto le piacevano. Cercò di essere il più simile possibile a loro, ma nello spostare il fucile da una posizione all'altra, finì col darsi la canna del giocattolo sul naso. Sua madre si lasciò scappare un risolino, ma la bambina fu impassibile.
La bambina aveva atteso con ansia il momento in cui avrebbero portato via il "tesoro", una gigantesca anguria, fin da quando lei e la madre avevano acquistato il frutto quella stessa mattina. L'intera famiglia si era riunita nella bella casetta di montagna per festeggiare Ferragosto, organizzando la solita festa; il caldo torrido che aveva colpito anche la loro zona le aveva spinte ad acquistare qualcosa con cui potersi rinfrescare. Quando Silvia e la madre avevano fatto ritorno dal negozio, avevano subito immerso il frutto nella fontanella che si trovava subito fuori dalla loro casetta, lasciando che la fresca acqua di sorgente, mantenesse il frutto fino alla fatidica ora.
«Mio prode soldato, grazie al Vostro infaticabile lavoro, il tesoro è giunto illeso fino ad ora, e per questo sarai promossa di grado.» annunciò la madre, togliendo l'anguria dalla vasca della fontana. La bambina le salterellò accanto, eccitata e ansiosa di mettere la mano su quello che era il suo frutto preferito.
«La fetta più grande spetta a me, vero?» chiese la piccola facendole gli occhi dolci.
«Ma certo, soldato.» rise la donna, «Ve lo siete guadagnato!» la bimba lanciò un gridolino, facendo strada alla madre che rideva, trasportando quel preziosissimo tesoro.


 
L'angolo di Shera♥


Salve a tutti, torno ad aggiornare questa raccolta, con un nuovo esercizio del libro sui consigli per la scrittura narrativa.
In questo caso veniva richiesto di scavare nella propria memoria e di raccontare tre episodi della propria infanzia, usando però altri personaggi, narrando il tutto in terza persona.
Io ho voluto narrarvi di questo, e presto posterò anche gli altri due. Da piccola ricordo che mi divertivo tantissimo a giocare con l'anguria che prendavamo per Ferragosto, spingendola in profondità nella fontana, contando i secondi in cui riuscivo a resistere (quell'acqua era ghiacciata 365 giorni l'anno). E sì, mi divertivo anche con un piccolo fucile, giocattolo ovviamente, e la vecchia pistola di mio padre (se mia zia non li ha buttati, dovrebbero esserci ancora da qualche parte).

E niente, ho condiviso questo vecchio ricordo con voi, un po' modificato, ma non così distante dai miei vecchi giochi di bambina nelle calde giornate estive.

A presto

Shera♥

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** #6 - Il chiosco del Signor Coniglietto ***


Genere: Slice of Life - Commedia
Capitoli: Flashfic
Tipo di coppia: Het
Categoria: Storie originali - Generale
Rating: Verde

Storia partecipante a "The Seasons Challenge" indetta da Jadis_ sul forum di Efp.
Stagione: Estate
Prompt: Chiosco/Bar


Il Chiosco del Signor Coniglietto


«Sei stata molto brava oggi» disse Mariangela alla piccola Rachele. La bambina non aveva fatto i capricci come al solito e anzi, le aveva dato una mano a lavare i piatti. Durante l'ora del silenzio, un periodo di due ore durante le quali veniva richiesto agli ospiti del campeggio di non fare troppo rumore, se ne era rimasta buona a colorare l'album che la madre le aveva comprato il giorno in cui erano arrivate al mare.
La piccola tendeva spesso a spingersi lontano dalla riva, complice anche la bassa marea di quei giorni, cercando l'acqua un po' più profonda, e la povera Mariangela era costretta a seguirla e a sgridarla. Quel giorno però, Rachele aveva seguito alla lettera i limiti della madre, e per questo le era stato concesso un premio a sua scelta.
«Mamma, fa tanto caldo, mi prenderesti un gelatino?» la bambina la guardò con quei suoi occhioni color nocciola, ricordandosi dopo qualche secondo la formula magica per indurre un adulto a darle retta: «Per favore!» la supplicò. Mariangela rise nel vedere la bambina così tenera e acconsentì.
«Va bene. Dimmi, vuoi i gelati del campeggio o quelli del chiosco giallo?»
«Voglio il gelato del Signor Coniglietto. Sì!» rise la piccola Rachele. La madre la fissò non sapendo a cosa la piccola si riferisse. Non c'era alcun chiosco con dei conigli.
«Rachele, qual'è il chiosco del Signor Coniglietto?» La donna pensò a qualche festa, dove magari il personale si era dipinto la faccia, nel campeggio vicino facevano spesso feste a tema e giochi per bambini. «È forse il chiosco del campeggio Onda Marina?» La piccola scosse energicamente la testa.
«No, mamma. Guarda laggiù,» disse indicando in direzione del chiosco giallo, a pochi metri da loro. «Non lo vedi il Signor Coniglietto? Guardalo, è proprio sul tetto!» Mariangela strinse gli occhi per mettere meglio a fuoco la figura, ci volle qualche istante, e poi scoppiò a ridere. Rachele la fissò chiedendosi come mai la madre trovasse tanto divertente il Signor Coniglietto.
«Possiamo andarci, mamma?»
Il “signor Coniglietto”, come lo chiamava Rachele, altro non era che il tubo di scarico dell'aria condizionata. I tubi che uscivano sulla tettoria ricordavano le orecchie di un coniglietto, da lontano sembrava quasi di scorgere il musetto dipinto dell'animaletto.
«Ma certo, piccola. Certo!» quasi tra sé e sé disse anche: «Questa la devo proprio raccontare a tuo padre!»  



 
L'angolo di Shera♥

Quando ho accettato questa Challenge mi ero prefissata di arrivare all'inizio dell'autunno se non con la lista completata, almeno a metà... dite che ce la farò in questi pochi giorni?
Tra i prompt ufficiali e quelli bonus, che sono 22 in totale, sono arrivata a 10 dei canonici e a 3 dei bonus, quindi 13 in totale, non è un'impresa impossibile dato che la prossima storia ne conterrà due di prompt e un'altra è in arrivo.
Ho aggiunto anche l'indice come primo capitolo della storia ^^, e preso parte a nuovi contest.
Questa settimana poi verranno pubblicate di sicuro altre due storie, il 21, in teoria, e il 23 se non ricordo male.
Spero potranno piacervi ♥

Riguardo questa storia, sto continuando gli esercizi del mio libro, e questo è il secondo racconto tratto da uno dei miei ricordi.
Sì, il Signor Coniglietto "esiste", e continuano a prendermi in giro per questo. Non era un chiosco il luogo incriminato, ma un centro commerciale; ancora oggi quando passo per quella strada cerco i miei "coniglietti". Sì, son vergognosa XD.
È mai capitato anche a voi di vedere in qualche oggetto qualcos'altro?
Per il momento per oggi è tutto, un abbraccio

Shera♥

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** #7 - Un temporale all'improvviso ***


Genere: Slice of Life - Commedia
Capitoli: Oneshot 
Tipo di coppia: Het
Categoria: Storie originali - Generale
Rating: Verde

Storia partecipante a "The Seasons Challenge" indetta da Jadis_ sul forum di Efp.
Stagione: Estate
Prompt: Scelta libera - Temporale estivo

Un temporale all'improvviso




«Manca ancora tanto, mamma?» chiese la piccola Alessia.
«Siamo quasi arrivati. Porta ancora un po' di pazienza, tesoro», le rispose la madre.
Dopo quasi un anno avrebbero rivisto Rita e la sua famiglia.
Da quando, cinque anni prima, le due bambine si erano conosciute al campeggio Soleil a Riccione, erano diventate inseparabili, ed era sempre un trauma doverle separare al termine delle ferie.
Non solo le piccole, ma anche le rispettive famiglie si erano legate, a tal punto da continuare a sentirsi anche dopo la fine del soggiorno al mare. La famiglia di Rita abitava in una piccola cittadina che dava sul lago d'Iseo, avevano una piccola casetta nel borgo storico, e un discreto magazzino con annesso garage. Con molto impegno e fatica, erano riusciti ad adattare il magazzino e a trasformarlo nella "residenza estiva". Non era grande, ma per le loro esigenze era più che sufficiente, sfruttandolo anche per invitare i loro amici e preparare gustose grigliate.
In quel bel giorno di metà Luglio, le due famiglie si erano organizzate proprio per potersi vedere dato che le date delle ferie non coincidevano quell'anno. Non si sarebbero trovati al mare, ma nulla vietava loro di rimediare con una gita al lago e un pranzetto succulento.
 
Non appena l'auto si fermò davanti all'ingresso della residenza estiva, la piccola Alessia balzò fuori, sorridendo e chiamando a gran voce l'amichetta, che subito corse fuori dall'ex magazzino.
«Alessia! Finalmente siete arrivati!» esultò Rita.
Neanche il tempo di dire qualcosa alle piccole che queste erano già sparite per raccontarsi le rispettive esperienze dell'anno scolastico appena concluso, dei giochi e dei primi amori.
La giornata era partita nel migliore dei modi, ma già qualche nuvola aveva cominciato a sporcare il cielo.
«Dite che verrà a piovere?» chiese Angela, la madre di Alessia.
«È probabile». La madre di Rita, Candida, spiegò che durante l'estate era frequente il repentino cambio di tempo, ma disse anche che quando veniva a piovere, spesso durava solo pochi minuti. Quelle che si affacciavano all'orizzonte, erano nuvolette da poco conto, se anche avesse piovuto, sarebbe stato per poco.
 
Dopo pranzo le due famiglie fecero una lunga passeggiata, arrivando ai margini del bosco.
«Mamma, c'è la caccia al tesoro in oratorio. Possiamo andarci?» chiese Rita. Le due madri si scambiarono un'occhiata: anche se piccole, le bambine erano piuttosto mature, e il paese era piccolo e tranquillo.
«Va bene, ma state sempre vicine e tornate alla residenza estiva per le sei. Va bene?» le due bambine corsero via ridendo, salutando a malapena i genitori.
Le due amiche corsero con tutta la loro forza verso il campo sportivo e Alessia rimase a bocca aperta: c'erano un sacco di giochi e il castello di legno che a lei piaceva tanto. Nell'oratorio del suo paese non c'era uno spazio giochi bello come quello, in realtà era già tanto se c'era qualche corda e qualche pallone.
Alessia e Rita si stavano divertendo moltissimo, ma Rita voleva giocare anche coi suoi amichetti di scuola, e così finì col mettere da parte Alessia, che ci rimase un po' male.
Senza che se ne rendessero conto, il cielo si era già oscurato, e Alessia udì un suono in lontananza.
«Rita, dici che verrà a piovere?» chiese la piccola un po' preoccupata.
«No, non ti preoccupare» le rispose l'altra mentre un altro tuono, più forte del precedente, sovrastò le loro voci. «Al massimo facciamo una corsa alla casa principale. È qui vicino!» la rassicurò Rita, ma Alessia non era del tutto convinta.
Una delle responsabili del centro, prese il megafono, chiamando a raccolta tutti i bambini e annunciando loro che avrebbe presto avuto inizio il torneo di calcetto. Rita era felicissima, era da sempre una bambina molto sportiva e adorava il calcio.
«Che fai, Alessia», chiese la bimba vedendo che l'amichetta se ne stava tornando alle altalene, «tu non vieni?»
«Lo sai che non mi piace il calcio, Rita».
«Dai, vieni che ti diverti!» Rita la prese per mano, trascinandola verso il campetto da calcio, ma Alessia si impuntò.
«Perché invece non continuiamo a giocare al castello? Ci stavamo divertendo così tanto».
Vedendo che le bambine stavano quasi per litigare, una delle responsabili cercò di farle ragionare.
«Perché non fate così: tu, Rita, vieni a giocare a calcetto, e la tua amica rimane qui.» Alessia però non era completamente d'accordo.
«Le nostre mamme però ci hanno detto di non separarci.» disse la piccola Alessia.
«Tanto sono qui al parchetto. Tu aspettami qui al castello, ci vediamo dopo!» Rita era già sparita, e Alessia non riuscì più a divertirsi. Scambiò poche parole con i bambini, era troppo triste e amareggiata per divertirsi.
Tuonò ancora e cominciò a gocciolare.
Alcuni bambini se ne andarono, lasciando la costruzione e raggiungendo le madri nell'area coperta. Alessia non sapeva cosa fare: Rita le aveva detto di aspettarla lì, ma il castello non le avrebbe offerto un riparo perfetto, e presto, con l'alzarsi del vento, l'acqua l'avrebbe di certo bagnata.
Una delle madri, vedendo che la piccola non si muoveva, si avvicinò, allungandole l'ombrello e dicendole che l'avrebbe scortata fino alla tettoia. Alessia vide in lei una persona gentile, ma aveva promesso che non si sarebbe mossa, inoltre i suoi genitori le avevano sempre detto di non seguire mai uno sconosciuto.
«No, grazie. Devo aspettare la mia amica».
E Alessia aspettò mentre la pioggia diventava più forte. La bambina era preoccupata, e, vedendo che Rita non arrivava più, nonostante il torneo di calcetto fosse stato interrotto, decise di tornare alla residenza estiva.
Spaventata, ma soprattutto scocciata per essere stata abbandonata, la bambina corse via velocemente, ripercorrendo le stradine del paese e raggiungendo l'ex magazzino. Provò a chiamare per vedere se i genitori avevano fatto ritorno, ma non giunse alcuna voce dalla struttura.
La pioggia sembrava sul punto di acquietarsi, ma Alessia si trovava comunque da sola, senza qualcuno accanto, senza sapere quando i genitori sarebbero tornati da lei, senza sapere quando avrebbe smesso di piovere, sempre che smettesse.
La bambina allora ricordò che il padre aveva aperto l'auto prima di uscire per la passeggiata, ma non ricordava se l'avesse anche chiusa, così provò ad aprire la portiera. Questa si aprì e Alessia vi si rifugiò.
Aveva un po' di freddo, e prese il maglioncino che era rimasto nell'auto dalla loro ultima gita in montagna. Alessia cominciò a piangere, e in quel momento qualcuno picchiettò sul vetro: era una bambina che abitava di fronte alla residenza estiva di Rita.
«Perché te ne stai qui tutta sola?» le chiese la bambina e Alessia le raccontò tutto quanto.
«Ciao, io sono Melissa. Vuoi venire con me nel mio giardino? Oramai ha quasi smesso di piovere, su vuoi possiamo giocare insieme!» Alessia era sul punto di accettare, ma se si fossero spinte fino in casa e i suoi genitori fossero arrivati, lei non li avrebbe visti.
«Mi spiace, ma non posso. Presto arriveranno i miei genitori e io devo farmi trovare qui».
«Se dovessi cambiare idea basta che citofoni. Va bene?» Alessia annuì, un po' dispiaciuta perché avrebbe tanto voluto uscire dall'auto.
Alessia attese per quella che le sembrò un'eternità, guardando in direzione della strada principale e, quando finalmente vide i suoi genitori, gli corse incontro in lacrime. Anche i suoi genitori erano scossi: erano stati all'oratorio, dove avevano trovato solo Rita che stava giocando con gli altri bambini. Quando cercarono Alessia, la signora che si era offerta di scortare Alessia al riparo durante il temporale disse loro di averla vista correre via durante il breve temporale, e che probabilmente era tornata a casa.
A quelle parole, Angela fu certa che la piccola fosse davvero tornata alla residenza estiva, ed era anche certa che la bambina fosse oltremodo spaventata.
Vedendola così preoccupata, Angela e il marito non ebbero il cuore di sgridarla per essersene andata senza dire nulla.
«La prossima volta, però, cerca Rita, o un punto di riferimento. Eravamo tutti preoccupati per te» le disse la madre.
Alessia sorrise, asciugandosi l'ultima lacrima e, proprio in quel momento, il sole fece capolino bucando una delle nubi.
«Hai visto?» disse Angela, «Hai smesso di piangere e anche il maltempo se n'è andato.»
«Ha piovuto per colpa mia?» Angela rise, scompigliandole con dolcezza i capelli.
«No, il sole si era andato a riposare dietro le nuvole e, vedendoti un po' infreddolita, ha deciso di spostarle per poterti riscaldare e per poter meglio godere del tuo magnifico sorriso». Alessia rise per quella spiegazione, e tornò da Rita, scusandosi per essersene andata e per aver fatto un po' i capricci.
Avevano ancora un po' di tempo per giocare e, vedendo Melissa che giocava da sola nel suo bel giardino, le piccole la chiamarono e passarono insieme il resto del pomeriggio.
Le nuvole erano state spazzate via e il sole era tornato a splendere alto in cielo.



 
L'angolo di Shera♥

E con questa si conclude la piccola serie di storie dell'infanzia.
Quanto narrato è successo a Maggio/Giugno del 1997, lo ricordo bene perché mio fratello aveva pochi mesi. Io e "Rita", questo ovviamente è un nome inventato, eravamo molto amiche, ma non così legate. Quando mi lasciò sola per andare a giocare con gli altri suoi amichetti, ammetto che rimasi un po' contrariata: alla fine, noi ci vedevamo qualla volta all'anno, se anche in quella misera occasione mi preferiva gli amici di tutti i giorni, io che andavo a trovarla a fare?
Quando cominciò a piovere io non sapevo cosa fare: non conoscevo nessuno e della mia amica non c'era traccia (troppo intenta a giocare per preoccuparsi di me. Credo mi avesse pure dimenticata -.-); feci allora l'unica cosa sensata: tornare indietro dove ero certa che i miei sarebbero andati.
Non avevo aspettato nemmeno che venisse a piovere più forte, non appena il cielo si era oscurato e aveva cominciato a gocciolare, me ne ero già andata.
I miei non erano poi così preoccupati: in montagna mi è successo più di una volta di girare da sola, era un ambiente tranquillo e mi avevano spiegato più volte cosa fare in caso di necessità.
L'unica grossa differenza sta nel finale: non era stata una bambina ad offrirmi di andare da lei, ma il padre. Vedendomi spaventata e chiusa in macchina, lui e la figlia si avvicinarono, chiedendomi perché me ne stessi lì da sola e... niente. Da brava bambina sapevo che non si doveva mai dar retta agli sconosciuti, e quindi rimasi buonina in macchina.
Dopo poco arrivarono i miei genitori e quelli di "Rita", tornai a giocare con la mia amica e la cosa finì lì U_U.
Spero di pubblicare presto nuove storie.
Spero che anche questa vi sia piaciuta. Alla prossima

Shera♥

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** #8 - Quella magica notte d'Estate ***


Genere: Songfic, Sentimentale, Slice of Life
Capitoli: One shot
Tipo di coppia: Het
Categoria: Storie originali - Romantico
Rating: Verde

Storia partecipante a "The Seasons Challenge" indetta da Jadis_ sul forum di Efp.
Stagione: Estate
Prompt: Stelle Cadenti - "Estate" (Negramaro)


Quella magica notte d'Estate

 
Non senti che
tremo mentre canto
è il segno di un'estate che
vorrei potesse non finire mai.



Estate - Negramaro




Quella sarebbe stata l'ultima sera, la mia vacanza era dunque giunta al termine e io provavo un enorme senso di vuoto nel cuore.
Non ero neanche riuscita ad avvicinarmi, neanche riuscita a dirgli un semplice “Ciao, io sono Rebecca”. Lo ammiravo da lontano e ogni volta che il suo sguardo passava in rassegna la spiaggia, posandosi per caso su di me, io cercavo stupidamente di nascondermi.
Se avesse scoperto che lo spiavo avrebbe di certo pensato che ero una spostata, un stupida, una bambinetta...
Ma non potevo farci nulla: Eros aveva scoccato una delle sue letali frecce nel momento stesso in cui avevo posato lo sguardo su di lui la prima volta.
Mi accontentavo di poterlo ammirare da lontano, anche se sapevo di essere invisibile ai suoi occhi, così come al resto del mondo, come era sempre stato del resto.
Mi ero spesso sentita sola in mezzo alla folla ma dopo tanti anni oramai ci avevo fatto il callo. L'indifferenza della gente non mi turbava più e anzi, a tratti ne ero pure felice perché così nessuno poteva più ferirmi o prendermi di mira.
In vacanza avevo provato a scrollarmi di dosso quella ragazza timida e impacciata, ma la sua ombra malefica mi seguiva ovunque, e io ero oramai rassegnata a starmene isolata come al solito.
La mia sola consolazione era il lettore mp3, dono che i miei genitori mi avevano fatto il giorno del diploma. La musica era l'unica consolazione in quel solitario mondo che mi ero costruita.


La notte era già calata, e la fresca aria della sera riusciva a cancellare il fastidio del caldo delle ore diurne. Scesi in spiaggia per poter salutare un'ultima volta la luna, che solo in quel luogo mi sembrava così bella e grande.
Accesi il lettore mp3 e cominciai a canticchiare, non accorgendomi di non essere più sola. Quando la canzone finì, sentii un fruscio dietro di me e mi voltai di scatto, trovandomi davanti a Jason.
«Scusa, non volevo spaventarti» disse lui con la voce più bella che avessi mai udito.
«Non fa nulla, tanto stavo per tornare in campeggio» gli risposi imbarazzatissima, pronta a tornare sui miei passi e a sotterrarmi sotto al fresco lenzuolo di lino.
«Aspetta... ti andrebbe di farmi compagnia? Io sono Jason, tu sei Rebecca, giusto?» Come faceva a spare il mio nome? Non mi sfuggì la sua voce tremula e mi chiesi se anche lui fosse timido quanto me. «I miei amici sono andati in centro e io sono rimasto appiedato. Domani partiamo e i miei volevano fare una cena tranquilla al ristorante.»
«Anche voi partite domani?»
«Sì, purtroppo la vacanza è finita... Tu di dove sei? Ti ho vista sempre tutta sola e mi chiedevo se questo fosse il tuo primo anno in campeggio».
«Abito in Brescia città. Questo non è il primo anno che veniamo, ma di solito mio padre aveva le ferie a fine Giugno, quest'anno ha cambiato il periodo e così eccoci qui.» lui era ancora più bello da vicino, i capelli lunghi e scuri raccolti in una coda sembravano lisci e setosi. «Tu invece?»
«Anche noi siamo di Brescia... strano che non ci siamo mai visti»
Cominciammo così a parlare del più e del meno, non accorgendoci del tempo che inesorabile era trascorso. Ci stavamo divertendo insieme, tanto che mi sentii in colpa per non averlo mai salutato in quelle due settimane. Se lo avessi fatto avremmo di certo passato dei bei pomeriggi in compagnia.
«Guarda!» disse indicando il cielo «Stelle cadenti!»
Il cielo venne attraversato da una miriade di stelle cadenti, chiusi gli occhi e mi focalizzai sul mio desiderio. Quando riaprii gli occhi notai che Jason non stava fissando il cielo ma me: che gli sembrassi una sciocca a credere a quella vecchia favoletta?
«Tu non esprimi un desiderio?» chiesi tremante.
«Non è un vero è proprio desiderio».
«Di che si tratta?»
«Vorrei solo poter conservare per sempre il ricordo di questa sera e di quest'estate» lo fissai stupita. Si stava forse riferendo al nostro incontro?
«C'era una ragazza che mi piaceva molto, ma non avevo avuto mai il coraggio di avvicinare perché mi sembrava molto sulle sue, distante quanto la luna che brilla nel cielo...» il suo viso era così vicino al mio che i nostri nasi si sfiorarono. «Poi la vidi una sera correre in spiaggia e potei finalmente udire la sua voce di sirena che cantava all'astro luminoso. Ebbi così un chance per conoscerla, l'unica probabilmente.»
«Forse anche lei voleva conoscerti» le parole mi uscirono a fatica, i nostri occhi lucidi si incontrarono e le nostre labbra si sfiorarono.
Col cuore che mi batteva forte in petto, con le labbra che si schiudevano in un altro bacio, sapevo che non avrei mai scordato quell'Estate e quella magica notte.



 
L'angolo di Shera♥

E con questa torniamo al mio solito genere romantico ♥ ♥ ♥
Un po' mi mancava e così eccoci qua. Ultimamente mi ero un po' distanziata dalle mie storie zuccherose, dovevo rimediare.
Volevo anche arrivare a metà lista "Estate" prima dell'inizio dell'autunno e, con questa storia, mi mancano solo 10 prompt... vediamo quanto mi ci vorrà: qualche storia l'ho già in mente, ma vedremo quanto tempo richiederanno: questa doveva essere una triple drabble...
Domani, FINALMENTE, posso anche pubblicare una delle storie dei contest che permettevano la pubblicazione solo a ridosso della fine degli stessi e domani tocca a Not so Bad, Not so Mad. Tematica: Game of Thrones.
A voi l'ardua sentenza ^^
Spero che la storia vi sia piaciuta, al solito, se avete commenti o altro, sarà un piacere riceverli.

Un abbraccio
Shera♥

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** #9 I Figli del Vento ***


Genere:  Sentimentale, Slice of Life
Capitoli: One shot
Tipo di coppia: Het
Categoria: Storie originali - Romantico
Rating: Verde

Storia partecipante a "The Seasons Challenge" indetta da Jadis_ sul forum di Efp.
Stagione: Estate
Prompt: 
Vela, "Il mare è senza strade, il mare è senza spiegazioni" (Alessandro Baricco)


I Figli del Vento






 
Primo giorno di ferie.

 
Mi sedetti ancora una volta sulla banchina ad osservare i velisti che lasciavano la riva per raggiungere l'area a loro designata per potersi allenare.
Era così tutti gli anni: passavo ore a guardarli, li ammiravo mentre si muovevano agilmente fra le onde, spinti dal caldo vento che soffiava e gonfiava le loro vele.
Sembravano così liberi, così spensierati... Figli del Vento, così si facevano chiamare.
Ma io ero troppo paurosa per farmi avanti, per provare anche io a volare sul mare.
Mi limitavo ad ammirare chi aveva abbastanza coraggio da abbandonare dubbi e paure, lasciandosi trasportare dal vento e dalle onde.
«Cosa fai qui tutta sola?» mi chiese un biondino abbronzato e dalla corporatura atletica. Era uno dei ragazzi del corso di vela, lo riconobbi dopo pochi secondi.
«Osservo... semplicemente. Mi piace il mare» dissi con sincerità. Fin da piccola, il mare aveva avuto un effetto calmante su di me. L'acqua, in generale, mi era sempre piaciuta: adoravo nuotare! Durante l'inverno mi dovevo accontentare delle piscine, ma era sempre meglio di niente.
«Non è vero» disse lui facendomi accigliare. «Tu ti stai compatendo».
«Come prego?»
«Tu vorresti provare, ma non hai il coraggio per farlo. Tu hai paura e stai trovando dentro di te delle scuse per non farlo.»
«Non sapevo di avere a che fare con uno psicologo o con un mentalista» risposi sarcastica.
«Non serve un genio per capirlo: ogni anno ti siedi in questo punto e ci guardi...» Contro la mia stessa volontà, sentii le guance arrossarsi violentemente. E dire che ero certa di essere sempre stata molto discreta. «È evidente che vorresti provare, ma qualcosa ti frena. Hai paura del giudizio degli altri?»
«Non è quello! È che... beh... non credo che siano affari tuoi!» risposi stizzita, anche se me ne pentii immediatamente: in fondo lui non stava facendo nulla di male. Si era però rivelato fin troppo invadente per i miei gusti.
«Non so quanti giorni di ferie ti rimangono, ma puoi ancora approfittarne: ho giusto appena finito uno dei corsi individuali e avrei un posto libero. La prima lezione è gratuita» disse facendomi l'occhiolino, allontanandosi dalla banchina e lasciandomi sola.


Passai i successivi tre giorni a rimuginarci sopra.
Lo faccio o non lo faccio”, quello era il mio tarlo fisso. Nonostante i modi del biondino mi avessero lasciata perplessa, come ogni anno avevo la tentazione, sempre più pulsante, di iscrivermi a quel dannato corso di vela. Ogni anno era la stessa storia, e, quando mi decidevo, arrivava l'ultimo giorno e non potevo più farci nulla. L'anno seguente si ripeteva la stessa identica sequenza, e io non riuscivo più a venirne a capo.
In quei giorni, continuavo a sognare di fare vela, all'inizio andava tutto per il meglio e mi divertivo ma ad un tratto si scatenò una terribile tempesta. Feci di tutto per tornare a riva, ma il mare e il vento fortissimo, mi fecero perdere il controllo del mezzo, caddi e mi sentii trascinare a fondo. I polmoni mi si riempirono d'acqua e un improvviso bruciore mi consumò il cuore. Mi svegliavo sempre di soprassalto, sudata e ansante, col batticuore che sembrava non volersi più placare.
Volevo provare la vela, ma avevo troppa paura di sbagliare, di trovarmi in un pasticcio così grande da non trovare più una via di fuga e di rimanere completamente spiazzata e inerme.
Le mie erano paure irrazionali, non ci trovavamo nell'oceano; c'erano state trombe d'aria, ma quelli erano giorni tranquilli, non correvo alcun pericolo. Io lo sapevo, ma la mia irrazionalità aveva preso il sopravvento.
«Lo sai che il posto è ancora libero?» Stavo passeggiando per il lungomare leggendo un libro. Non mi ero proprio accorta che quel ragazzo mi avesse seguita.
«Mi fa piacere» dissi distrattamente, continuando a camminare e a leggere insistentemente quell'unico paragrafo. Ero così nervosa che non capivo una sola parola di quello che leggevo.
«Ti piace Baricco? Conosco molto bene quel libro: “Il mare è senza strade, il mare è senza spiegazioni.”» disse lui citando una delle frasi più conosciute del romanzo “Oceano mare”.
«Non pensavo fossi un tipo da “Baricco”».
«Ed è questo il tuo problema, ti lasci fermare dalle apparenze. Io sono convinto che ti piacerebbe moltissimo fare vela, perché hai un estremo bisogno di staccare la spina» disse prendendomi per mano, trascinandomi verso l'area dei surfisti e dei velisti.
«Io ho cominciato a fare vela quando avevo si e no quindici anni. Mio padre insisteva perché facessi uno sport, uno qualunque, e io scelsi la vela, pensando che mio padre avrebbe ceduto lasciandomi in pace. Ero sempre stato il classico ragazzino dedito unicamente allo studio e ai videogames. Non avevo molti amici e i miei genitori erano preoccupati per me. Ammetto che all'inizio non erano convinti della mia scelta, speravo che non me lo avrebbero permesso e invece mi dovetti ricredere. Pur di farmi uscire dal mio “bozzolo” avrebbero accettato di tutto». Lui parlava di quel periodo con estrema naturalezza, mentre io non sarei mai riuscita a farlo. Io ero ancora ingabbiata nelle mie insicurezze.
«Anche se all'inizio ebbi delle difficoltà, come è logico, mi trovai ad amare questo sport. Amavo stare in acqua, amavo nuotare, e so che lo ami anche tu: nuoti molto bene da ciò che ho visto!» Cominciai a temere che quel ragazzo fosse uno stalker. «La vela per me rappresenta la perfetta unione fra aria e mare. Quando percorro questa immensa distesa d'acqua, sento che non c'è niente che non possa fare, nessun ostacolo c'è sul mio cammino e mi sento libero. Proprio come dice Baricco», disse picchiettando la copertina del mio libro, «Il mare non ha strade da percorre, tutto il mare è a nostra disposizione, e non c'è null'altro da dire: dobbiamo solo lasciarci guidare dai due elementi. Quando segui le onde, quando diventi un tutt'uno col vento, tu non esisti più: ed è una delle cose più belle!» I suoi occhi brillavano mentre mi raccontava della sua esperienza. Sentii una specie di morso allo stomaco, anche se era un po' inquietante quel ragazzo, aveva un che di magico. Il modo in cui mi parlava, il modo in cui sorrideva, il modo in cui raccontava della sua passione, mi stavano ispirando.
«Lì c'è il camerino, e questa è la tua tuta: dovrebbe andarti bene», disse porgendomi l'indumento. Non avevo mai accettato, eppure mi diressi senza fare storie nel camerino.
La tuta aderì al mio corpo come una seconda pelle; era una strana sensazione, incredibilmente piacevole.
«Non mi hai ancora detto il tuo nome» dissi raggiungendolo.
«Io sono Leonio, ma gli amici mi chiamano León. Tu invece sei?» incredibile il fatto che non ci fossimo ancora presentati. Ero stata tentata dall'idea di dargli un nome falso, ma qualcosa in me mi diceva di fidarmi e di lasciarmi guidare.
«Matilde».
«Tilde, dunque». León sorrise e cominciò a spiegarmi con calma e pazienza qualche nozione basilare. Non era semplice, ma io lo ascoltavo con attenzione, e quando mi mostrò come stare sulla tavola mi sentii davvero felice. Anche senza entrare in mare fu piuttosto divertente, e ciò mi spinse a comprare il pacchetto base. Il terzo giorno, León mi guidò in mare, anche se ero ancora titubante.
«Non avere paura, io sarò sempre qui in caso di bisogno»
Guidata dai suoi consigli, mi lasciai trasportare, lasciando che il vento portasse via con sé i dubbi e le paure.
La vecchia Matilde se n'era andata, lasciando il posto a una nuova figlia del Vento.


 
L'angolo di Shera♥


Sera, con questo per oggi la chiudo qui... spero XD.
Questa storia è scritta da una persona che non sa e che non ha mai provato a fare vela, se ci sono inesattezze fatemelo pure notare, non mordo.
Da anni vedo ragazzi e ragazze nella mia spiaggia, prepararsi per fare di tutto: vela, kitesurf, surf e altro; non ho mai praticato, ma ammetto che questi sport hanno un fascino tutto loro.
Dato che nella mia lista di prompt c'era Vela, ho pensato di approfittarne.
Non è uno dei migliori racconti che io abbia scritto, ma mi è piaciuto farlo ^^. Come al solito: commenti, critiche, consigli ecc. sono sempre ben accetti.
Spero vi sia piaciuta, un abbraccio

Shera♥

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** #10 - Posso chiamarti Pomodorina? ***


Genere:  Sentimentale, Slice of Life
Capitoli: Flashfic
Tipo di coppia: Het
Categoria: Storie originali - Commedia
Rating: Verde

Storia partecipante a "The Seasons Challenge" indetta da Jadis_ sul forum di Efp.
Stagione: Estate
Prompt: Scottatura, Costume


 
Posso chiamarti pomodorina?




«Ahi! Mi fai male!» non riuscii a trattenere il dolore di fronte a quel freddo tocco.
Il mio aguzzino era divertito dalla terribile situazione in cui mi trovavo.
«Sii più delicato per favore», lo supplicai, mentre un'altra terribile fitta mi attraversava la schiena dolorante.
«Te la sei andata a cercare, mia cara. È inutile lamentarsi adesso!» mi rispose lui, incurante del mio dolore. «E dire che di solito sei proprio tu a preoccuparti per questo genere di cose». Per lui era facile scherzare, ma per me non c'era nulla di divertente in ciò che mi era capitato.
Per un giorno, anzi no, per quel solo pomeriggio nel quale eravamo stati un po' più avidi del solito, il danno scaturito era stato di una portata immane.
«Sii sincero... com'è?» chiesi preoccupata. Seguirono lunghi minuti di silenzio durante i quali Antoine mi osservò con attenzione.
«Finché tieni il costume non si nota così tanto.» stava trattenendo le risate a malapena. Gli tirai un bel destro sul braccio, tanto forte da fargli scappare un gemito.
«Ok, ok... la scottatura si nota, il segno del costume è alquanto evidente. Hai pelle così rossa che sembra ti abbiano spalmato la pelle con una crema al pomodoro» sbuffai, prendendo dalla valigia un abito leggero che non mi facesse troppa pressione sulla pelle offesa dal sole.
Ero sempre stata previdente contro le scottature: dopo la prima volta che mi ero bruciata, ben undici anni prima, non mi ero più mossa senza una bella dose di crema sulla pelle.
Per la schiena era sempre stato un problema, da sola era per me impossibile riuscire a coprirla tutta, ma avevo chiesto al mio fidanzato di spalmarmi una bella dose per evitare qualsivoglia problema... ma non era stato abbastanza.
Quel giorno era letteralmente esploso il caldo, e i raggi solari avevano bruciato la mia pelle delicata.
«Mi terrò il segno del costume fino al prossimo anno» sbuffai sconsolata.
«Su, su. Ti trovo splendida comunque», disse Antoine baciandomi teneramente sulla fronte.
«Prima di andare a dormire ti chiederò un'altra passata di crema... è il minimo» borbottai infilandomi un vestito leggero.
«Posso chiamarti pomodorina?» chiese Antoine guardandomi con occhi da cucciolo. Lo fulminai con lo sguardo e mi incamminai verso il bagno.
«Tesoro? Bambolina... Principessa?» mi chiamò lui preoccupato. «Ti amo, piccina. Stavo solo scherzano. Lo sai, vero?»
«Lo so» dissi voltandomi per mostrargli il mio viso imbronciato, anche se a malapena ci riuscivo. Anche se mi prendeva in giro, anche se a volte esagerava, lui era sempre il mio adorato Antoine, e non l'avrei cambiato con nessuno al mondo. «Ti amo anche io.»


 
L'angolo di Shera♥


Nuovo aggiornamento e nuova flash.
A chi non è mai capitato di scottarsi? A giugno questa ingrata sorte è toccata pure alla sottoscritta; vi assicuro che mi riempio sempre di crema, ma quel giorno, a quanto pare, non ne ho messa abbastanza. Siamo riusciti a scottarci tutti e tre e, a sentire i gestori del market, non siamo stati gli unici. Quel pomeriggio era letteralmente scoppiata l'Estate.
Ho passato i successivi dieci giorni a tirare madonne e a riempirmi la schiena di gel calmante doposole. La crema che mi hanno consigliato, il Doposole Delice Ice della Mil Mil (la si poteva tenere in frigorifero), è stato un vero toccasana.
Per ora è tutto, se riesco completerò la drabble che ho in mente. Vediamo se riesco a combinare qualcosa.

Oramai siamo agli sgoccioli: -6 prompt ^^, spero di riuscire a combinare qualcosa di buono

Un abbraccio

Shera♥

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** #11 - Il caldo abbraccio delle Onde ***


Genere:  Generale, Slice of Life
Capitoli: Double Drabble
Tipo di coppia: Het
Categoria: Storie originali - Introspettivo
Rating: Verde

Storia partecipante a "The Seasons Challenge" indetta da Jadis_ sul forum di Efp.
Stagione: Estate
Prompt: Onde, Surf

 

Il caldo abbraccio delle Onde




Il momento che attendo sempre con maggior ansia è quello in cui poggio la tavola sul mare.
È da lì che tutto ha inizio.
Nuoto con lei, mi spingo a largo e aspetto. Aspetto lei: aspetto l'onda.
Quando la vedo arrivare, il mio cuore smette per un attimo di battere.
Il mio sguardo la segue ammirato, e il cuore riparte, veloce come non mai.
Il momento è giunto, so già cosa fare.
Il mio corpo sa come muoversi, aspetta trepidante quel momento.
L'onda è grande, l'onda è forte... se non sai come muoverti, l'onda ti travolgerà.
Ma io ho imparato a domarla, ho imparato a seguirla, ho imparato ad amarla.


Le onde che mi avvolgono, creano un meraviglioso tunnel nel quale solo io posso passare. Mi sento una privilegiata, mi sento speciale.
Le onde mi accolgono e mi mostrano un mondo tutto nuovo.
Veloce, con la mia fedele tavola, attraverso quella dimensione segreta che si è aperta per me.
Il tempo a mia disposizione è breve, ma ne vale sempre la pena.
Veloce, con la mia fedele tavola, abbandono dietro di me ogni insicurezza, ogni incertezza, acquistando una sicurezza che non pensavo di possedere.
A volte vorrei potesse durare in eterno.
Ne assaporo ogni singolo istante, continuo la mia infinita danza con le onde, godendo del loro caldo, meraviglioso abbraccio.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** #12 - Sotto l'ombrellone ***


Genere:  Generale, Slice of Life
Capitoli: FlashFic - 267 parole
Tipo di coppia: Nessuna
Categoria: Storie originali - Introspettivo
Rating: Verde

Storia partecipante a "The Seasons Challenge" indetta da Jadis_ sul forum di Efp.
Stagione: Estate
Prompt: Lettino, Caldo, Spiaggia


Sotto l'ombrellone


Il vento caldo del primo pomeriggio ha un effetto quasi soporifero.
So che è presto, ma la voglia di scendere in spiaggia è così forte che non posso resistere a quel dolce richiamo.
Mi copro con un bel prendisole e il cappellino di paglia, raccolgo il lettino e raggiungo la riva.
Il passaggio è difficoltoso: la sabbia scotta incredibilmente, e i duecento metri che mi separano dalle fresche acque sembrano non finire mai.
Ma io resisto: resisto al vento caldo che mi scompiglia i capelli, resisto alla sabbia rovente e ai raggi del sole che sembrano volermi piegare.
Affretto il passo, corro quasi, anche se è pesante trasportare quel lettino. Non appena arrivo, apro in fretta l'ombrellone e mi sistemo.
Nel giro di poco, il calore sembra essere meno pressante, riesco anche a godermi quella poca ombra che l'ombrellone riesce a concedermi.
È ancora presto per farmi il bagno, così, stendo il telo sul lettino e mi sdraio.
Non c'è molta gente, e la poca che c'è non fa troppo rumore.
Chiudo gli occhi e sento il dolce suono delle onde che si infrangono a riva, sento le voci dei gabbiani che volano sopra di noi, sento la brezza marina, quell'odore inconfondibile, e l'aria sembra essersi fatta più fresca.
Comodamente sdraiata, mi sento già più rilassata e comincio a sentire una certa pesantezza alle palpebre.
Non è la classica sonnolenza che il calore estivo stimola, ma è quel senso di appagamento che ci porta a distenderci e a godere del momento.
Mi sento scivolare dolcemente in un sonno ristoratore, cullata dal suono dell'Estate che sta per finire.



 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** #13 Vuoi essere il mio sole? ***


Genere:  Fluff, Slice of Life
Capitoli: OneShot
Tipo di coppia: Het
Categoria: Storie originali - Romantico
Rating: Verde

Storia partecipante a "The Seasons Challenge" indetta da Jadis_ sul forum di Efp.
Stagione: Estate
Prompt: Girasole
 

Vuoi essere il mio Sole?
 



Raggiungimi al ristorante per le otto. A dopo
Ti amo”



Così recitava il biglietto che Riccardo mi aveva fatto trovare sul tavolino: il tempo di farmi una doccia e lui era già sparito, lasciandomi sola nella nostra stanza d'albergo.
In effetti mi aveva accennato il fatto che voleva prendere l'aperitivo con gli amici: quella era per noi l'ultima serata di villeggiatura e, dato che molti degli amici che ci eravamo fatti nel corso degli anni abitavano molto lontani dalla nostra città, Riccardo ne aveva voluto approfittare. Avrebbe anche potuto portarmi con sé però, pensai un po' sconsolata.
Lui, mi aveva intimato di fare con calma, al nostro ritorno avremmo avuto parecchie questioni di cui occuparci. Per non parlare della normale ripresa del lavoro.
Entrambi amavamo il nostro lavoro, io ero commessa in una profumeria, mentre lui lavorava in aeroporto come addetto check-in. Lavoravamo sodo da qualche anno e, dopo tanto tempo, avevamo finalmente preso una casa in affitto.
Oramai stavamo insieme da quasi dieci anni e solo da un anno e mezzo convivevamo. Temevamo che sarebbe stata dura, invece vivere insieme non aveva peggiorato il nostro rapporto, ma lo aveva portato ad un livello superiore.
Mi preparai con calma e, quando furono quasi le otto, scesi nella hall dell'hotel e poi imboccai il corridoio che portava al ristorante.
«Vanessa!» mi chiamò Vladimir, uno dei camerieri. Lo conoscevo da parecchi anni e eravamo da sempre in buoni rapporti. «Riccardo ti aspetta nella terrazza in spiaggia. Ha prenotato il Gazebo», disse facendomi l'occhiolino.
Il nostro hotel dava direttamente sulla spiaggia e il famoso Gazebo era una piccola struttura in legno a una decina di metri dal ristorante: una piccola oasi privata riservata per le cene importanti.
Era quasi come avere un piccolo angolo della spiaggia tutto per noi, il che rendeva il tutto ancora più meraviglioso.
Mi sorprese non poco quel piccolo gesto romantico da parte di Riccardo. Non che non fosse romantico, tutt'altro, ma non era neppure il nostro anniversario... a volte lui mi faceva delle sorprese così, dal nulla, e io lo amavo un po' di più anche per queste cose.
Melissa, una delle nuove cameriere, mi accompagnò lungo il percorso in pietra che attraversava la spiaggia, e io rimasi a bocca aperta: la struttura bianca era stata adornata con leggerissime tende color dell'oro e, tutt'intorno, erano stati messi dei vasi con dei meravigliosi girasoli. Io adoravo quel fiore, non era il mio preferito in assoluto, ma, nella sua diversità, io lo trovavo splendido.
«Principessa», disse Riccardo facendo capolino, «piaciuta la sorpresa?»
«E me lo domandi?» chiesi guardandomi intorno estasiata. «Qual'è la ragione di tanta romanticheria? Hai qualcosa da farti perdonare?» lo squadrai sorridendo. I suoi occhi mi fissavano estasiati mentre mi diceva che aveva fatto preparare per noi un menù davvero speciale.
Ci servirono subito l'antipasto: dell'ottimo carpaccio di salmone con crostini e ricotta.
«Questo mi ricorda qualcosa...» dissi sogghignando.
«E non è ancora finita, mia cara». Divorai con calma l'ottimo pesce che ci avevano servito. Il sole era quasi calato e Melissa era tornata per accendere le candele.
Arrivò così anche il primo piatto: dei tonnerelli cacio e pepe.
«Amore, mi stai forse dicendo che vorresti tornare a Roma?» quei due piatti erano uno dei ricordi più preziosi della nostra vacanza a Roma di qualche anno prima. La vacanza in sé era stata davvero stupenda, ma una delle cose che ricordavamo con più piacere era il ristorante del nostro campeggio.
«Non esattamente» mi rispose invitandomi a mangiare prima che la pasta si raffreddasse. Era tutto incredibilmente squisito.
Seguì ancora la tagliata di cavallo e per finire, un delizioso tiramisù al tè verde.
«Con questa cena volevo ringraziarti per questi nove anni e mezzo insieme, facendoti preparare alcuni dei tuoi piatti preferiti». Sentii un groppo in gola, lasciai cadere il cucchiaino nel dolce e mi alzai per andarlo ad abbracciare.
«Sei un tesoro, piccolo mio!» dissi con le lacrime agli occhi.
«Non è ancora finita, amore» mi fece spostare e chiamò Vladimir che portò un vassoio con sopra una scatolina a forma di girasole. Lui mi guardò mentre porgeva il vassoio a Riccardo, e se ne andò sorridente.
Io non ci stavo capendo nulla, o meglio, intuivo cosa stesse per accadere, ma non poteva succedere per davvero. Non ne stavamo parlando da un bel po', ci dovevamo finire di sistemare: avevamo ancora la camera da letto da finire di arredare e c'erano ancora un sacco di cose da sistemare per la casa... Voleva davvero chiedermelo?
Si inginocchiò e con gli occhi lucidi me lo chiese.
«Come il Girasole che si piega cercando di cogliere ogni singolo frammento di luce che il Sole elargisce ogni giorno, io seguo te, che irradi la mia vita di una luce meravigliosa. Con te son cresciuto e diventato uomo... so di essere tante volte infantile e immaturo, ma, accanto a te, mi sento migliore, so di poter essere migliore. Vanessa, amore mio, tu hai dato un senso a una vita che altrimenti sarebbe stata sprecata. Io, senza di te, mi spegnerei, la vita per me non avrebbe più alcun significato... vuoi diventare il mio Sole per sempre?» Non riuscivo a smettere di piangere, gli gettai le braccia al collo e dissi fra i singhiozzi: «Sì, scemotto mio, a patto che tu diventi per sempre il mio di Sole! Mio amore, senza te sarei persa, non troverei nemmeno la forza di alzarmi dal letto o di pettinarmi i capelli. Quando ci sei tu, mi sento più bella, mi sento migliore... Non lasciarmi mai, piccino, perché ti amo e non posso più fare a meno di te!» ci baciammo, come avevamo fatto mille altre volte ancora, e sentimmo poi uno scroscio di applausi: erano i nostri amici e lo staff del ristorante.
«Congratulazioni!» gridò Alessandra, una cara e vecchia amica, porgendomi un grosso mazzo di girasoli. Dopo di lei anche altri si avvicinarono per farci i loro migliori auguri, ma io ero quasi sorda a tutti loro, perché ero persa. Persa a guardare quello splendido uomo al quale avevo sempre saputo, che sarei rimasta accanto fin da quel freddo pomeriggio di Gennaio in cui gli avevo chiesto per la prima volta di uscire.
Già sapevo che l'avrei amato per sempre, e che quella luce che avevo intravisto, sarebbe diventata sempre più forte e splendente.



 


L'angolo di Shera♥

Con questa storia si conclude la mia prima raccolta!
Ammetto che il prompt Girasole è stato uno di quelli che non sapevo proprio come sfruttare e allora ho pensato a qualcosa di romantico.
Penso sia sottinteso, ma lo dico comunque, mi sono ispirata alla mia storia.
I dialoghi non sono poi così diversi da quelli che io e il mio moroso facciamo: sì, sono schifosamente smielata XD.
Non siamo arrivati ancora alla proposta, non viviamo nemmeno insieme, sfortunatamente, ma ci amiamo e vogliamo costruirci un futuro insieme. Spero che questa storia possa riflettere, almeno in parte, quello che sarà il nostro futuro.
Dico in parte perché non mi serve il Gazebo o mille-mila fiori... mi basta stare con lui ♥.
Mentre scrivevo sentivo un groppo in gola... l'amore è una cosa meravigliosa, se hai qualcuno di meraviglioso con cui condividerla.
Questa storia è anche un enorme ringraziamento a lui, al mio amore, per tutto quello che fa per me, per l'amore che ogni giorni mi dimostra, perché c'è sempre, perché mi fa capire quanto io sia importante per lui, perché mi ama esattamente così come sono, con pregi e difetti.
Grazie, mio dolcissimo principe.
Ti amo♥

Per il momento è tutto, grazie per aver seguito.

Un abbraccio
Shera♥

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1381829