Good Bye, Life.

di Domino_Tabby_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Butler ***
Capitolo 2: *** The Servants ***
Capitolo 3: *** The Devil ***
Capitolo 4: *** The Nightmare ***
Capitolo 5: *** The Destiny ***
Capitolo 6: *** The Waltz ***
Capitolo 7: *** Good Bye, Life ***



Capitolo 1
*** The Butler ***


Salve a tutti, rieccomi. Prima di tutto vorrei dire che questo capitolo l'ho letto mentre ascoltavo il Soundtrack di Black Butler che metterò a fine pagina, per chi volesse leggerlo ascoltandolo.
A voi la Storia:




Un rifiuto, ecco come mi sentivo.

Giacevo inerme sul ciglio della strada, sporca e affamata, aspettando nient' altro che la morte, così a porre fine alle mie sofferenze eterne.

 

Mi chiamo Charlotte, un nome piuttosto nobile per una del mio rango.

Faccio, o forse dovrei dire facevo, parte di una famiglia composta da una madre e cinque figli, compresa io.

Si gioiva quando mia mamma riusciva a portare a casa soltanto una mera pagnotta vecchia e secca.

 

Sono cresciuta troppo in fretta, badando ai miei fratelli minori, che poi quando sono cresciuti mi hanno lasciato sola.

 

Mary è diventata pure servitrice di un ricco mercante” pensai.

Io invece ero finita sulla strada.

 

Non volevo fare la fine di mia madre, vedova, che per lottare la fame doveva vendere il suo corpo a uomini sconosciuti.

 

Non lo farò mai.”

Mi rannicchiai a terra, nell'oscurità, coprendomi il viso e cercando di spazzare via il rimorso e la disperazione.

 

Da quanto non mangiavo? Giorni?

 

Non piansi, era inutile. Avevo sprecato le mie lacrime troppe volte.

Le preghiere non bastavano per sopravvivere.

 

Odiavo la notte, odiavo il buio: non sai cosa ci puoi trovare dentro.

 

Sentii qualcosa di bagnato picchiettarmi la guancia, proprio sopra ad un taglio che mi ero fatta in qualche modo.

Ero piena di ferite in tutto il corpo.

 

Incurante della pioggia non mi mossi per cercare un rifugio.

 

Aspettavo la morte, che sembrava osservarmi dall'alto e ridere alla vista di una povera ragazza che si rovina la vita.

 

Avrei voluto prendere un pugnale e conficcarmelo nel petto, almeno avrei posto fine alle mie sofferenze.

 

Nessuno mi può capire perché nessuno ha mai provato.

Io sono un rifiuto lasciato sul ciglio della strada, calpestato da tutti e ignorato.

Una cartina che aspetta il giorno in cui il vento la spazzerà via.

 

Sono così fragili gli esseri umani.”

 

Chiusi gli occhi blu, nella speranza che il mio cuore si fermasse nel sonno.

 

Non badai alla carrozza che si fermò davanti a me, non badai all'uomo che ne uscì, non badai quando si avvicinò e mi fissò intensamente.

 

Non badai.

 

Magari mi avrebbe lanciato un penny o mi avrebbe insultato, o meglio ancora, mi avrebbe preso a calci ...ma non mi importava.

 

Lanciai un' occhiata al signore.

Aveva i capelli corvini e degli occhi color rubino.

Il nero con cui era vestito sembrava confondersi con quello delle tenebre.

 

-Mi scusi se la disturbo, volevo porle una domanda.- la sua voce era di un tono così gradevole che quasi mi addormentai cullata dal suo suono.

 

Anche lui non sembrava preoccuparsi della pioggia che gli appiccicava i capelli alla fronte.

 

Mi misi a sedere, gli occhi rivolti verso il cielo.

Di certo non si sentiva tutti i giorni che un passante si metteva a parlare con una stracciona.

 

-Mi dica pure, tanto ormai è la mia fine qui.- ridacchiai, stanca.

 

-Perché vuole marcire in questo posto?-

Sobbalzai.

 

Chi è lei?” avrei voluto urlargli, se avessi avuto almeno un briciolo di forza.

 

Per un istante i nostri occhi si incrociarono ed io arrossii.

-Io non ho un lavoro, non ho una famiglia, non ho una casa. Non credo di essere degna di vivere in questo mondo.- sussurrai abbassando gli occhi.

 

L'uomo mi tese la mano coperta dal guanto.

Sfoggiò un sorriso ammaliante che mi fece venire la pelle d'oca.

I ritratti del suo viso erano così...perfetti.

 

-Le andrebbe di diventare la cameriera della casa Phantomhive? Avrete alloggio, cibo ed uniforme gratuito.-

 

Una proposta di lavoro nel bel mezzo della notte da un perfetto sconosciuto vestito di nero.

 

-Io non so fare niente.- dissi alzandomi in piedi.

Lui si portò un mano al mento e rise lievemente.

 

-Tutti hanno una dote.-

 

Non so perché, ma accettai, forse perché ero frastornata e stanca.

Quell'uomo era la mia unica salvezza dalle grinfie malefiche del mondo.

 

Senza farsi problemi mi caricò sulla carrozza, aiutandomi a salire.

I sedili erano così comodi che mi sembrava di essere seduta su un letto di piume.

 

-Non mi ha ancora detto il suo nome.-

 

-Io sono il maggiordomo del conte Phantomhive, Sebastian Michaelis.-

 

Quelle parole mi ronzarono in testa.

-Wilkinson, Charlotte Wilkinson.- dissi socchiudendo gli occhi.

-Non mi menta, signore, lei chi è veramente?Un inviato della regina?-

 

Lui scosse la testa, facendo ondeggiare i capelli neri come l'inchiostro.

 

-Sono solo un mero maggiordomo.-

 

Non ricordai più nulla perché sprofondai in un sonno profondo come gli abissi del mare, cullata da quella voce cristallina.

 

-***-

 

 

Un torpore piacevole teneva il mio corpo avvolto con dolcezza.

Le ferite sembravano stare meglio.

 

Dormivo beatamente in un letto caldo e confortevole.

Mi rigirai tra le coperte, stropicciandomi gli occhi.

 

Tossii un paio di volte, guardandomi intorno, ancora quasi assopita.

Ero in una stanza con un letto singolo .

Al lato c'era una scrivania ed un armadio in legno.

 

Non era molto grande ma per me, che ero abituata a spazi piccoli e angusti sembrò di essere in paradiso.

 

In fondo alla cameretta ardeva della legna in un minuto caminetto. Dopo un po' ricordai tutto.

 

Ero scesa dalla carrozza insieme al signor Sebastian, che mi aveva portato in quella camera.

Poi ebbi una fitta alle tempie e...buio totale.

 

Probabilmente erano le ferite.” pensai mettendomi a sedere.

I miei capelli marrone chiaro erano sciolti e addosso avevo una camicia da notte bianca.

 

Chi mi ha cambiata...?”

 

-Si è svegliata, finalmente.- mi soffiò in un orecchio una voce soave.

 

Mi girai di scatto, trovandomi faccia a faccia con il maggiordomo vestito di nero, che aveva piantato gli occhi rossi nei miei.

 

-M-mi scusi, io...- balbettai cercando di alzarmi dal letto.

Fu come se fossi stata trapassata da mille lame.

 

Feci un gemito mentre l'uomo mi rimboccava le coperte, mettendomi distesa.

 

-Le sue ferite sono gravi. Inizierà i lavori appena saranno guarite. Il mio padroncino non tollera che i servi lavorino in condizioni discutibili.-

 

P-padroncino?” annuii, con una smorfia di dolore.

Sebastian portò la mano destra alla bocca, sfilandosi il guanto candido.

 

Si sedette sul bordo del letto e mise la mano prima sulla mia fronte.

 

Arrossii violentemente, mentre il mio cuore batteva all'impazzata.

Quando mi tastò il collo rabbrividii.

 

-Mmh..mi sembra proprio che abbia la febbre..- dichiarò alzandosi e infilandosi il guanto.

 

Boccheggiai in modo buffo, fintanto il maggiordomo si porto una mano alle labbra e ridacchiò.

 

-Si riposi.- sussurrò prima di andarsene, chiudendo la porta alle sue spalle.

 

Io annuii, sapendo perfettamente che l'uomo non mi aveva visto.

 

Dove sono finita?”



SPAZIO AUTORE:
Salve a tutti. Spero il capitolo vi sia piaciuto. Siccome ho già in corso molte fanfiction (che vi invito a leggere e recensire se volete.) credo che aggiornerò poco frequentemente.
-Tappy


 

Soundtrack:

http://www.youtube.com/watch?v=WYa8t6kh4OA

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Capitolo 2
*** The Servants ***




Fortunatamente, dopo un paio di giorni mi ripresi.

Non completamente, ma almeno ero in grado di fare le pulizie e le faccende domestiche.

 

-Charlotte, credo sia opportuno fare conoscenza della servitù.- mi disse il maggiordomo Sebastian il primo giorno.

 

Avevo già fatto amicizia con il vecchio servitore Tanaka, che avvolte veniva a farmi compagnia bevendo il té insieme a me.

 

A dirla tutta la magione era un posto molto tranquillo, a differenza del modo e stile di vita che avevo in precedenza.

Mi sembrava di essere in paradiso.

 

Cibo e alloggio gratuiti, non contando che Sebastian aveva cominciato a darmi lezioni.

 

La prima volta lo guardai a bocca aperta, strabuzzando gli occhi.

-Io...apprendere?- avevo ripetuto incredula.

 

-Se un servitore del casato Phantomhive non sapesse almeno leggere non sarebbe degno di tale nome.- rispose il moro ,in compenso.

 

Io avevo annuito e basta, scoprendo poco dopo che egli era un insegnate a dir poco spartano.

 

Il giorno dopo mi svegliai da sola, e non con il solito aiuto del maggiordomo.

 

A pensarci bene veniva spesso in camera mia, quasi come se...gli piacesse.

 

Misi fuori dalle coperte un piede scalzo, rabbrividendo al contatto con il legno del pavimento freddo.

 

Cercai di tirarmi su a sedere, ma una fitta lancinante mi colpì al petto, in mezzo ai seni.

 

Con un gemito mi abbandonai sul letto, premendomi una mano sul cuore mentre ero percossa da scosse in tutto il corpo.

 

La stanza sembrò vorticare tutto intorno, mentre una goccia di sudore mi bagnava la fronte.

 

Come era venuto, il dolore scomparve piano, lasciandomi quasi senza fiato, a fissare la stufetta.

 

Mi appoggiai cautamente sul bordo del letto, avendo paura che da un momento all'altro le fitte potessero ricominciare.

 

Ripresi a respirare regolarmente, togliendomi la camicia da notte e chiudendo la porta a chiave.

 

Dal petto fino al fianco destro mi scendeva una lunga cicatrice, ancora un po' arrossata.

 

Non ricordai come me l'ero procurata, ma in compenso quando la fissavo sembrava farmi ancora più male.

 

Non ci badai molto, e mi vestii con gli abiti da cameriera, mentre mi facevo una coda alta.

 

Uscii dalla stanza, scoprendo che la villa era immersa nel silenzio più totale.

 

Balzai indietro quando sentii una forte esplosione provenire da quella che doveva essere la cucina.

 

Ma che diavolo succede?” pensai correndo nella direzione da cui avevo sentito il suono.

 

-Vedo che ti sei svegliata, gradirei accompagnarti in cucina a conoscere i servitori.-

 

-S-signor Sebastian! H-ha sentito anche lei quella esplosione? Cos'è stato?- esclamai trovandomi di fianco all'uomo.

 

Egli si limitò a sorridere, inclinando di lato il capo.

-No preoccuparti, dev'essere stato il cuoco, Bardroy.-

 

Ancora un po' confusa lo seguii, tenendo gli occhi sbarrati fissi su di lui.

Quasi arrivati a destinazione mi fermai di colpo.

 

-Charlotte, ti senti male?- le parole del moro mi arrivarono come lontanissime mentre mi accasciavo a terra senza respiro.

 

La fitta al petto era ricominciata.

La sensazione fu più forte e dolorosa di prima, come se qualcuno dapprima mi avesse strappato il cuore poi mi avesse gettato un secchio di ghiaccio sulla testa.

Feci un lungo gemito prima che tutto sfocasse dalla mia vista e sparisse.

Sapevo di essere cosciente, ma era come se un lungo velo nero mi avesse coperto gli occhi.

 

Gridai dalla paura.

Era come se fossi diventata cieca da un momento all'altro.

Non ricordo se svenni o no, ma riesco ancora adesso a precepire la sensazione di essere immersa completamente nel buio.

 

Poi tutto si schiarì, diventando prima una massa informe di colori, fino a formare bene tutto.

 

Mi accorsi di stare piangendo con gli occhi sbarrati, stringendo i pugni convulsamente.

 

Sebastian probabilmente mi aveva portato in cucina, siccome mi ero ritrovata su una sedia.

 

Oltre a lui c'erano una ragazza forse della mia età con degli occhiali rotondi e i lineamenti orientali, accanto a lei un ragazzino biondo con un cappellino di paglia mi fissava a bocca aperta, infine un uomo con una sigaretta in bocca si stava pulendo le mani sul grembiule, senza però distogliere gli occhi dalla mia figura.

 

-Charlotte?- era la voce soave del moro.

-Per caso hai delle gravi ferite sul corpo?-

 

-Eh?- balbettai. -Io ho una cicatrice sul petto...-

 

-Mi sai dire a quando risale?-

 

Corrucciai la fronte.

-I-io...non ne ho idea, mi dispiace.- dissi alzandomi in piedi.

 

-Piacere di conoscervi, io sono Charlotte.- mi presentai ai servitori facendo un breve inchino.

 

Cambiai discorso per togliere dalla mente il ricordo del dolore che avevo provato.

 

Loro sembrarono entusiasti di avere una nuova compagna.

Finny, il ragazzino che faceva il giardiniere, mi mostrò i fiori che preferiva di più mentre Bard, il cuoco, fu felice di presentarmi tutte le sue armi di quando era soldato.

 

In poco tempo cominciai ad apprezzarli tutti, nei loro difetti e pregi.

Io e il signor Tanaka, quando trovavamo del tempo libero ci sedevamo in cucina e sorseggiavamo del buon té.

 

Nei primi giorni conobbi il padroncino.

All'inizio rimasi un po' confusa: non si vedeva tutti i giorni un ragazzino di tredici anni che faceva il Conte.

 

Non lo vedevo spesso, a differenza di Sebastian, che sembrava essere la sua ombra nera come la cenere.

 

Quasi mi faceva pena, il piccolo Ciel.

Già ad una tenera età gli era stato affidato un compito pesante, per quelle piccole braccia.

 

Devo ammettere però che era un buon padrone, di quelli che apprezzano il tuo lavoro e ti pagano come dovuto.

 

Un giorno, il maggiordomo mi raggiunse in camera e mi porse un libro rilegato in pelle.

-Devi fare esercizio di lettura, Charlotte.- mi disse accennando un sorrisetto.

 

Io lo ricambiai.

-Grazie signor Sebastian. Spero di migliorare grazie ai libri.-

 

Lo posai sulla scrivania in legno.

-Oscar Wilde mi ha sempre appassionato.- mormoro l'uomo prendendomi le mani tra quelle sue, ricoperte dai guanti candidi.

Il cuore cominciò a battermi veloce.

 

Arrossii lievemente, rivolgendo lo sguardo in basso.

Erano piuttosto soliti quei suoi gesti...e ciò mi preoccupava.

 

Abbassandosi alla mia altezza e avvicinando il viso fece un ghigno.

-Spero sia di tuo gradimento.- bisbigliò.

 

Mi scostai e mi sedetti sul letto, sfregandomi le mani.

-Ah, che freddo! Si vede che sta arrivando l'inverno, non credi?- cambiai discorso.

 

Egli sembrò deluso.

-Certamente.- mormorò aprendo la porta. -Dopo aiuta Mei Rin con il servizio da tavola per il bocchan.-

 

Io annuii, mentre lo vedevo allontanarsi.

Chissà perché...si comporta così nei miei confronti...”



SPAZIO AUTORE:
Salve a tutti.
Se state leggendo questo significa che avete letto pure il capitolo, quindi vi ringrazio tantissimo, per me significa moltissimo!
Spero avete gradito anche questo capitolo, che io credo mi sia venuto male, contando che io odio sempre ciò che scrivo.
Spero ci potremo rivedere al prossimo capitolo!
(Toh, guardate, ho cominciato 4 frasi con la lettera "S"!!)

-Tappy

 

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Capitolo 3
*** The Devil ***


-Aaah! Cosa ho fatto! Il Signol Sebastian si allabbielà siculamente!-

Dal salotto, si sentì prima un tonfo, poi la voce della cameriera Mey Rin che si rimproverava da sola.

 

Decisi di andare a soccorrerla, quasi esasperata.

I domestici della magione erano piuttosto distratti, e spesso ne combinavano di tutti i colori, per tanto ero sempre io o il maggiordomo vestito di nero che aggiustavamo tutto.

 

Mi affacciai alla porta in legno massiccio, pronta psicologicamente alla vista dell'immenso disastro nella stanza.

 

Rimasi piuttosto sorpresa quando vidi che non c'era neanche l'ombra di sporco.

 

-Mey Rin, cosa succede?- le chiesi scostandomi dal viso una ciocca castana.

 

Lei mi guardò con le lacrime agli occhi, tirando su con il naso.

-I-io ho fatto cadele la pleziosa statuina in olo del padloncino nell'acqua spolca pel pulile...- singhiozzò portandosi i palmi delle mani agli occhi.

 

Le rivolsi un sorriso apprensivo, mentre mi inginocchiavo accanto alla ragazza.

 

-Non fare così, la recupereremo e la laveremo, vedrai. Su, andiamo che se ci becca Sebas- fui interrotta bruscamente da dei passi che si avvicinavano dietro di noi.

 

Mi si raddrizzarono i peli dallo spavento.

-Beccare cosa?- il moro ci scrutava con uno sguardo pieno di rimprovero.

 

La mia compagna sobbalzò e io mi girai di scatto.

-Niente!- esclamai -Su, Mey Rin, andiamo!-

 

Detto ciò ci precipitammo fuori dal salotto, correndo a più non posso con l'acqua nel secchio che oscillava pericolosamente.

 

Trassi un sospiro di sollievo quando ci chiudemmo alle spalle la porta della camera riservata ai servitori.

 

Presi il secchio e lo svuotai nel lavandino, sentendo un leggero tintinnio.

Vidi subito la statuetta d'oro del bocchan.

 

Infatti era piuttosto sporca, quindi presi uno straccio e cominciai a strofinarla.

 

-Ah, non va via...- bisbigliai con un po' di rabbia.

Intanto la cameriera era seduta al tavolo e mi fissava con gli occhi lucidi.

 

-Chalotte...mi hai aiutato...- sussurrò fissando il pavimento.

Io ridacchiai, alzando gli occhi al cielo.

 

-E' così che si fa tra amiche.-

 

Mey Rin mi guardò stupita.

-A-amiche?- chiese torturandosi una codina.

 

-Si, amiche. Noi...lo siamo vero?- protesi in avanti il braccio per vedere meglio se l'oggettino luccicava.

 

-Guarda! E' pulito!- esclamai felice.

 

-Allola andiamo a limettello al suo posto.- rispose balzando in piedi.

Facemmo cura a non farlo cadere o sporcare di nuovo, posizionandolo esattamente dove si trovava all'inizio.

 

-Fatta!- dissi con un sorriso a trentadue denti.

Mi stiracchiai le braccia con un brontolio.

 

-Vado a farmi un té...-

Dal giardino, si sentì un pianto infantile.

 

Alzai gli occhi al cielo, crollando sul pavimento.

Ero esausta, come potevo sopportare ancora i disastri di Finny?

 

Mey Rin mi mise una mano sulla spalla.

-Adesso vado io da lui, in cambio di quello che hai fatto pel me.-

poi annuendo aggiunse: -Pelché noi...siamo amiche, Chalotte!-

 

Adoravo il modo in cui pronunciava il mio nome, era così carina.

Io feci un sorriso stanco, poi mi alzai in piedi.

 

-Allora, io vado.- dissi avviandomi in cucina, da Bardroy.

 

Sentii i suoi passi dietro di me, mentre camminavo tra gli immensi corridoi, ornati di dipinti e statue di busti.

 

Aprii la porta della mia camera, abbandonandomi sulle coperte fresche.

Chiusi gli occhi per un secondo, pensando a quanto mancasse per l'ora di dormire: ero stanca morta.

 

Quando andai in cucina scoprii che il té era finito.

-Ma datemi una pausa, cazzo!- non ce la feci più e a passi pesanti andai in giardino, a prendere le erbe per fare la tisana.

 

Il mio cervello era ormai fuso.

Arrivata ad un punto isolato del immensa serra mi lasciai cadere sull'erba morbida.

 

Fissai il cielo che stava diventando arancione: stava arrivando la notte, e con sé quel buio che tanto odiavo.

 

Mi coprii gli occhi blu con una mano, mentre con l'altra torturavo un filo d'erba.

 

Pian piano mi assopii, con una leggera brezza che mi scompigliava i capelli bruni.

 

Non ho idea per quanto dormii, però quando aprii gli occhi impastati di sonno era già calata la sera.

 

La luna sembrava un faro acceso e illuminava le tenebre molto più del solito, cosa che mi diede un certo sollievo.

 

Quando cercai di alzarmi qualcosa mi bloccò.

-S-signor...Sebastian?-

 

Il moro era a cavalcioni su di me, il suo viso a pochi centimetri dal mio non tralasciava alcuna emozione.

 

-Ti sei svegliata.- mi soffiò in un orecchio, facendomi rabbrividire.

 

Il cuore cominciò a pulsarmi all'impazzata, mentre milioni di domande mi vorticavano nella mente.

 

Cosa sta facendo?”

 

-Si..si tolga per favore!- balbettai furiosamente.

Lui fece un sorriso di scherno.

 

-E perché dovrei? Infondo ti piace, ammettilo.- le sue parole mi parvero così suadenti e dolci.

 

-Non vorresti solo...dimenticare?- la sua voce era come una melodia su cui potevi danzare, delicata e divina.

Il Diavolo Seduce la preda con dolci parole

e la trascina nelle tenebre

affinché la preda non scorga il volto della belva

in agguato dietro di lei...

con scaltrezza...soavemente...segretamente.

 

Una strana sensazione di tepore piacevole mi avvolse, mentre egli mi cingeva i fianchi con le mani.

Le sue labbra sfiorarono le mie.

Ero come incantata, mentre inconsapevolmente cadevo nel tranello del demone.

 

All'ultimo ripresi il senno e mi scansai, facendo alzare il maggiordomo.

Il suo profilo sembrava fondersi con la notte.

 

Senza pensarci due volte mi precipitai in camera mia, evitando il moro che mi chiamava.

 

Chiusi la porta dietro di me ansimando e chiusi a chiave la porta.

Presi il libro e cominciai a leggere la prima pagina.

 

Questo...me l'ha dato lui.”

lo chiusi di netto, rimettendolo al suo posto.

Non avevo per niente voglia di leggere, quindi mi cambiai e mi misi sotto le coperte, cercando di dormire.

 

Fu tutto invano, solo dopo un bel po' caddi in un sonno profondo.


SPAZIO AUTORE:
Ok, eccomi ancora qui, con un capitolo fresco fresco.
Come sempre mi scuso per gli orrori grammaticali, siccome non ho avuto tempo per correggere.
Spero vi sia piaciuta anche questa schifezza qua!
Ringrazio tutti i lettori, recensori e quelli che hanno messo la storia tra le seguite!
Vi adoro, alla prossima!
-Tappy

 

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Capitolo 4
*** The Nightmare ***


 

Stavo correndo in un prato, mentre lacrime calde mi solcavano il viso.

Abbassai lo sguardo e lanciai un grido quando vidi che l'erba era nera e sporcata di un liquido rosso.

Non mi ci volle molto per capire che era sangue.

Di tanto in tanto erano sparsi cadaveri di persone qua e la, mezzi distrutti e in putrefazione, che emanavano un odore vomitevole.

 

Sentii il ruggito della bestia dietro di me, il motivo per cui stavo scappando, e ricominciai a correre.

Il campo terrificante sembrava infinito, e mi mancava il fiato quando ci pensavo.

 

Mentre sfrecciavo inciampai in qualcosa (credo fosse un cadavere) e caddi per terra, o meglio, caddi in acqua.

Mi ritrovai in un lago, mentre affondavo sempre di più.

Era gelido e io ero nuda.

 

La cicatrice enorme che andava dal mio cuore al fianco destro si aprì lentamente mentre scendevo giù, sempre più giù.

Pensai davvero che quella fosse la mia fine, quindi chiusi gli occhi, nell'attesa che il fiato mi mancasse.

 

Charlotte...

 

Qualcuno stava sussurrando il mio nome

Una voce mostruosa.

 

Charlotte...

 

Sembrava venire da proprio davanti a me.

 

Apri gli occhi, Charlotte.

 

No, non volevo aprire gli occhi, sapevo già che qualcosa di orripilante mi attendeva.

 

Sentii delle mani rugose che mi toccavano la cicatrice.

Urlai di dolore quando queste la aprirono sempre di più.

Aprii gli occhi e...

 

-AAAAAH!- spalancai le pupille, stringendo convulsamente le coperte.

-BASTA!- gridai.

 

-Charlotte..?-

Sobbalzai quando mi ritrovai faccia a faccia con Sebastian.

 

Avevo il cuore che pulsava a mille e grondavo di sudore freddo.

In bocca avevo un sapore amaro, mentre tremavo.

 

-L-le mani...le mani m-mi hanno p-preso...- balbettai scoppiando a piangere.

Tra un singhiozzo e l'altro il maggiordomo mi diede delle gentili carezze sulla testa.

 

-Era solo un sogno, Charlotte.- sussurrò al mio orecchio.

Io tirai su con il naso e annuii.

 

Quando mi fui calmata mi misi in piedi.

-Adesso a lavoro, oggi abbiamo il Signor Lau come ospite.-

 

Una scossa mi percosse la colonna vertebrale.

-Sebastian?- chiesi con voce calma.

 

Lui si girò, la mano sulla manopola.

-Si?-

 

-Io avevo chiuso la porta a chiave.-

Il moro non lasciò il sorriso di prima.

 

-Era aperta quando sono venuto.- mentì egli.

Lo capii subito. Era bravo a dire bugie, ma io ne sapevo molto di più di lui.

 

-Ah, ok.- per quella volta lasciai perdere, avrei scoperto prima o poi perché mi aveva mentito, e perché la porta non era chiusa a chiave.

 

Quando se ne fu andato misi il vestito da cameriera e andai a svolgere i miei compiti.

 

Verso l'ora del Té una carrozza si accostò al cancello.

Il signor...come si chiamava? Ah sì, il signor Lau deve essere arrivato.”

 

Nell'androne Sebastian mi diede l'ordine di avvisare il padroncino nel suo ufficio.

Mi avviai a passi spediti.

 

Arrivata alla porta enorme dello studio mi fermai di colpo.

Avevo avuto pochi contatti con il conte, di solito era Sebastian sempre al suo fianco, e lo vedevo di rado.

 

A malapena mi ricordavo il suo volto e ora venivo di colpo a chiamarlo.

Bussai leggermente sul legno massiccio.

 

-Avanti.- disse una voce giovane, quasi seccata.

-Bocchan, è arrivato il signor Lau. Il signor Sebastian mi ha detto di chiamarla.- risposi entrando e inchinandomi.

 

-Mmmh...si...- borbottò il ragazzino scrutando con l'occhio dei fogli.

Non mi ricordai che aveva una benda sull'occhio destro.

Stavo per andarmene quando Ciel mi chiamò.

 

-Mi dica, bocchan.-

 

Lui non mi degnò neanche di uno sguardo.

-Ti...trovi bene qui?-

 

Rimasi piuttosto stupita a quella sua domanda.

-Prego?- domandai. -Temo di non aver capito, mi scusi.-

 

Lui alzò l'occhio blu oceano al cielo, sbuffando.

-Io ti ho salvato dalle strade di Londra, è stato un mio ordine che ho dato a Sebastian, e mi stavo chiedendo se ti turbasse qualcosa: la servitù, la villa o che cosa ne so io.-

 

Scossi la testa, facendo ondeggiare la coda.

-La ringrazio molto, ma non c'è nulla al momento che mi turbi.-

 

Ma che vuole 'sto qui? Se non mi sbrigo a pulire poi Sebastian mi uccide!”

 

Lui fece un ghigno.

-Sappi però che se vorrai potrai ritornare alla vita che avevi sempre, se solo me lo chiedi.- incrociò le braccia al petto.

 

Mi sta prendendo in giro questo stronz...intendo, questo moccioso? Chi si crede di essere?!”

 

-Sono felice che mi abbia dato la possibilità di scegliere, bocchan. Spero passi una buona giornata, arrivederci.-

 

Mi inchinai e chiusi la porta alle mie spalle.

Una volta fuori ebbi la tentazione di sbattere un piede sonoramente sul pavimento.

 

-Chi si crede di essere quel bamboccio!?- dissi a bassa voce, avviandomi in cucina, a pulire.

 

Borbottando insulti cominciai a sciacquare le posate, il servizio da té e i piatti.

Può sembrare strano, ma lavare mi faceva scaricare tutta la rabbia.

 

Dopo un paio d'ore il cielo cominciò a tingersi di un arancione che pian piano sfumava, tramutandosi in viola per poi lasciare spazio al grigio e al nero.

 

All'ora di cena mi sedetti al tavolo, insieme agli altri servitori.

-Dov'è Finny?- chiese Bard addentando un pezzo di pane.

 

Mey Rin alzò le spalle e io la imitai.

Dopo neanche un secondo si sentì un tonfo vicino alla porta che dava al giardino, seguito da un pianto infantile.

Ci precipitammo fuori all'istante.

 

-Finny? Tutto ok?-

Il biondo era disteso per terra, il viso sporco e delle ferite sui bracci.

 

-Io..s-sono..scivolato e ho rotto un vaso, e mi sono ferito con i cocci!- esclamò tra le lacrime.

 

La cameriera lo aiutò a rialzarsi, mentre io corsi a prendere le fasce e le medicazioni.

 

Si mise seduto su una sedia mentre gli disinfettavo le ferite e i graffi.

Sorrisi pensando a quante volte avevo fatto questa stessa azione con i miei fratelli minori.

 

Chissà dove sono adesso...mi mancano...”

 

-Che sbadato che sei, dovresti vedere dove metti i piedi.- dissi soffiandogli il naso.

-Ma quanti anni hai?- chiesi ridacchiando.

 

Lui si portò un indice alle labbra.

-Mmmh...ne ho..quindici! O sedici...non ricordo. So solo che sono più piccolo di te!-

 

Anche se ha tra i quindici e sedici anni sembra che ne abbia almeno sette...”

 

Gli diedi un buffetto sulla guancia mentre mi sedevo al tavolo.

Presi al volo un pezzo di pane e lo addentai avidamente.

 

La sera mi ritirai in camera e presi il libro che mi aveva dato Sebastian.

Passai la mano sulla copertina in pelle.

In caratteri dorati era scritto il titolo : “Le rose di Annabeth”

 

-Sembra una novella romantica...-bisbigliai.

 

In una sola notte arrivai quasi alla fine del libro.

Più volte , leggendo, arrossii.

Non ero abituata a generi come questo, e lo trovai un po'...rosso.

Non che ci fossero scene esplicite, però in tutta la mia vita avevo letto solo romanzi filosofici, di avventura e cose varie ma non mi ero mai cimentata in questo settore.

 

Fuori era già notte inoltrata e le stelle splendevano come gemme quando sentii un leggero bussare alla porta.

Mi alzai, per andare ad aprire.

 

Chi è a quest'ora? Ormai è quasi mezzanotte...”

SPAZIO AUTORE:
Salve a tutti, spero vi sia piaciuto anche questo capitolo.
Quando ho visto che delle persone hanno messo la storia tra le Preferite e le Seguite vi giuro che volevo spiccare il volo dalla felicità.
Sono davvero contenta che apprezziate la mia storia!
Adieu
-Tappy

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Capitolo 5
*** The Destiny ***


Socchiusi la porta, scrutandovi fuori.

Avevo ancora la catenina che chiudeva la serratura attaccata.

 

-Chi è?- sussurrai.

-Io.- riconobbi subito la voce del maggiordomo, perciò lo feci entrare.

 

Egli entrò a passo felpato, le mani lungo i fianchi.

Con un accenno di sorriso vide il libro sul letto.

 

Ero ancora rossa e piuttosto imbarazzata per quello che avevo letto, quindi rivolsi lo sguardo al pavimento.

 

-Charlotte, è tardi.-

Io continuai a guardare altrove.

 

-Stavo leggendo, mi scusi.-

A quelle parole sembrò come se un'idea gli fosse balenata in mente.

Con un sorriso sornione mi guardò negli occhi, abbassandosi leggermente alla mia altezza.

 

-E dimmi, ti è piaciuto il romanzo?-

Il mio cuore perse un battito.

Inghiottendo saliva e con una morsa allo stomaco trovai il modo di articolare una frase.

 

-L-loro...si sono ...baciati.- balbettai rispondendo.

Il moro inarcò le sopracciglia mentre agli angoli della sua bocca si formava un sorrisetto.

 

Che anche lui abbia letto il libro?”

 

-Ma perché sei tutta rossa? Non mi dire, non hai mai baciato nessuno?-

Il cuore quasi mi si fermò, poi cominciò a battere così forte che quasi temetti che anche lui potesse sentirlo.

 

Sebastian era così vicino che potevo sentire il suo respiro sul collo.

Un brivido mi percosse, mentre la morsa allo stomaco si faceva sempre più dolorosa.

 

Scossi la testa.

L'espressione del moro si fece più seria.

 

-Allora dammi la possibilità...di insegnarti.-

Prima che potessi fermarlo le sue labbra erano sulle mie.

 

Era una sensazione...così bella.

Fece scivolare le mani sui miei fianchi mentre premeva ancora il suo corpo sul mio, eliminando la distanza.

 

Aveva delle labbra così morbide e belle che non volevo mai più staccarmene.

 

Un po' stordita mi staccai da Sebastian.

Mi guardava con un espressione che non riuscii a definire.

 

Indietreggiai, però caddi sul letto. Il maggiordomo si mise a cavalcioni su di me.

Con sorpresa mormorai un leggero “oh” e lui ne approfittò per baciarmi una seconda volta, introducendo la sua lingua che esplorava la mia bocca.

 

Istintivamente gli strinsi la camicia convulsamente.

Ci staccavamo uno dall'altro solo per riprendere fiato.

 

-Hai capito adesso come si fa?- chiese con un po' d'affanno.

 

Io annuii mentre lo prendevo per il colletto per un nuovo bacio.

Egli mi cinse ancora di più i fianchi.

 

Non avevo idea di ciò che stavo facendo, tanto meno di quello a cui stavo andando contro.

 

-***-

 

Mi svegliai con un gemito dal sonno profondo.

Mi rigirai tra le coperte calde, coprendomi gli occhi.

Guardai l'orologio segnava le sei di mattina.

 

Mentre mi rigiravo il mio piede incontrò qualcosa di freddo.

Sobbalzai e mi voltai dall'altra parte.

 

Sebastian stava aprendo pian piano gli occhi.

Le sue labbra formarono un sorriso.

 

Quelle sue labbra che tu hai baciato.”

Toccai istintivamente le mie, ridisegnandole con il mignolo.

 

-Buongiorno, Charlotte.- bisbigliò stringendomi i fianchi nudi.

Io sobbalzai di scatto.

 

Ricordai il bacio, ricordai la sensazione magnifica, ricordai ciò che facemmo dopo...

 

A stento trattenni le lacrime.

Avevo deluso mia madre, avevo deluso me stessa.

 

Ricordai le parole di mia mamma quando ero piccola.

 

-Charlotte?-

-Si madre?-

-Non innamorarti mai.-

-Perché, madre?-

-Gli uomini sono solo dei barbari, ti faranno soffrire se te ne innamori.-

-Certo madre, non lo farò.-

 

E invece, mi ero innamorata di quell'uomo dai capelli neri come la pece e gli occhi rossi come il sangue.

 

-Charlotte?- sussurrò.

Gli presi le mani e le strinsi nelle mie, rivolgendogli un sorriso malinconico.

 

Mi strinsi a lui, appoggiandogli la testa sul petto.

 

Ma chissene frega.”

 

-***-

 

Il giorno dopo il moro stava camminando per i corridoi immensi della villa.

Di certo era bella, ma non come certe costruzioni che aveva visto lui nella sua lunga vita da demone, pensò.

 

Il bocchan l'aveva convocato nel suo ufficio, per chissà quale motivo.

Non aveva ricevuto nessuna lettera da Sua Maestà e non erano programmati balli e feste, nessun ospite doveva venire, la Funtom andava a meraviglia e allora...cosa poteva turbarlo così tanto?

 

Bussò tre volte alla porta ed entrò con un inchino.

-Mi ha chiamato padroncino?-

 

Il tredicenne aveva i tacchi appoggiati sulla scrivania e le braccia incrociate al petto.

Per la sua giovane età portava un aspetto molto maturo quel giorno.

 

-Sebastian, cosa hai intenzione di fare?-

Il maggiordomo corrugò la fronte.

-Cosa intende padroncino?-

 

Ciel si alzò di scatto in piedi e sbatté con forza le mani sulla scrivania.

-Non fare il coglione con me! Sai esattamente di ciò che parlo, cretino!-

 

Il Demone fu tentato di sbuffare e rivolgere gli occhi al cielo, ma si trattenne subito.

 

-La ragazza, Charlotte, cosa vuoi farne di lei?- chiese il Conte con una punta di impazienza nella voce. -La ami giusto? La vuoi trasformare in una come te?-

 

Quello che seguì fu un lungo silenzio.

-Se ella me lo permetterà lo farò. Il suo destino dipende da lei stessa.-

 

Detto questo il maggiordomo uscì dalla stanza, ritrovandosi dinuovo in corridoio.

 

Cosa sceglierai, Charlotte?”


SPAZIO AUTORE:
Buonsalve a voi! L'altro giorno mentre ero su proprio questo sito mi avete quasi fatto venire un infarto: due recensioni in un giorno!
Forse starete pensando che non è chissà cosa ma per me, vi assicuro che lo è.
Mi fate ogni giorno sempre più felice e non ho idea di come ringraziarvi (forse scrivendo i capitoli? ah ah).

Spero che anche questo capitolo di "Good Bye, Life" vi sia piaciuto.
Alla prossima,
-Tappy

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Capitolo 6
*** The Waltz ***


Le gambe mi tremarono alla vista di quella bestia orribile.

Cercai di urlare ma non uscì nessun suono dalle mie labbra.

Non riuscivo a muovermi, ero intrappolata nell'oscurità.

 

Il demone si avvicinò sempre di più alla mia figura terrorizzata e mi tese una mano.

 

-Mi ami adesso, Charlotte?-

La gola mi si fece secca all'istante.

 

Sapevo che era un sogno, e volevo svegliarmi subito, ma quella bestia in un modo o nell'altro non me lo permetteva.

 

Alla fine aprii gli occhi e mi alzai di scatto in avanti con il busto, ansimando e sudando freddo.

 

Prima, però, che potessi reagire mi colpì una fitta al petto e tutto si oscurò, come quella prima volta.

 

Avevo gli occhi spalancati, eppure vedevo solo il buio, quel nero che odiavo tanto.

 

Quel nero che mi ricordava tremendamente Sebastian.

 

Chiusi gli occhi, non notando alcuna differenza, mentre il cuore mi pulsava a mille e stringevo le coperte fino a fare sbiancare le nocche.

 

Quando li riaprii il velo scuro si era tolto, ed era stato rimpiazzato da quello delle lacrime.

 

Il cielo già di prima mattina era grigio ed austero, prometteva maltempo.

La cicatrice al torace mi pulsava tantissimo, quasi impedendomi di respirare.

 

Con riluttanza mi alzai in piedi, barcollando , e cominciai a prepararmi.

Quel giorno andai fuori con Finny, aiutandolo con i fiori.

 

Mi stava insegnando come riconoscere certe piante dalle altre, ma le sue parole mi arrivavano distanti.

 

Ripensavo al sogno e al mostro orribile.

Eppure quella bestia era come se la conoscessi, pensai.

 

Scacciai il pensiero agitandomi una mano davanti al viso, come se un insetto mi stesse infastidendo, ma ebbi scarsi risultati.

 

Mentre tagliavo le rose mi tagliai con una spina.

-Ahi!- esclamai portandomi l'anulare alle labbra.

 

-Charlotte, ti sei fatta male?- mi chiese il ragazzino.

Io feci una smorfia.

 

-Mi sono ferita con una spina.-

 

Lui sembrò illuminarsi.

-Vado a prenderti una benda!- disse nello stesso istante in cui si precipitò dentro la villa.

 

Io continuai il lavoro, con il dito ferito in bocca.

Era piuttosto difficile lavorare senza una mano.

 

-Dovresti metterti i guanti, la prossima volta.-

Sobbalzai.

 

- Signor Sebastian, non credevo fossi qui.-

-Infatti sono appena arrivato.-

 

Si mise in ginocchio accanto a me e mi prese gli arnesi dalle mani.

-Oh cielo ma come stai facendo il tuo lavoro? Devo sempre insegnarti tutto io?-

 

Cominciò a mostrarmi come usare gli utensili in modo giusto, evitando di ferirmi una seconda volta.

 

-E quando sarebbe stata un'altra volta in cui mi hai insegnato qualcosa, scusa? Oltre a leggere e scrivere intendo...-

 

Il moro mi rivolse un'occhiata maliziosa.

-Ma come, non ricordi quella sera?-

 

Io diventai rossa, spostando lo sguardo sui fiori.

-Ovvio che me la ricordo.- borbottai.

 

-Quindi non guasterebbe una interrogazione no?-

Il cuore mi andò a mille.

 

-Ah..io..-

Nel preciso istante in cui egli si era avvicinato Finny ritornò con un papiro di bende.

 

-Charlooote! Ho preso le bende, spero bastino!- gridò da lontano.

 

Il maggiordomo sbuffò e se ne andò via.

-Finny, credo che queste bende siano troppe per un solo dito.-

 

Il biondo si portò una mano alle labbra.

-Infatti mi sembrava di aver esagerato. Vado a rimetterle al loro posto allora!- e se ne andò dinuovo.

 

Mentre lo vedevo allontanarsi una mano mi rivolse in su il capo, mentre delle labbra si appoggiavano sulle mie.

 

Diventai rossa ancora, mentre fissavo il moro nei suoi occhi color sangue.

 

-T-tu..- balbettai.

-Dovresti sapere che io sono un educatore spartano, e se dico interrogazione così sarà.-

 

-Come hai fatto a sbucarmi alle spalle?-

Lui sorrise e si portò una mano al petto.

-Se un maggiordomo della casa Phantomhive non saprebbe sbucare alle spalle silenziosamente non sarebbe degno di tale nome.-

 

Io sorrisi.

-Hai ragione.-

 

-Charlooooote! Adesso ho preso una benda piccola, va bene?-

Finny per poco non si spalmò sull'erba.

 

Lo aiutai a tirarsi su.

-Certo, adesso bastano, vero Sebast..tian?-

Il maggiordomo vestito di nero era sparito nel nulla.

 

Dopo aver sbrigato le altro faccende, non trovando niente da fare, andai a bere del té giapponese con Tanaka-san.

 

Strinsi tra le mani la tazza calda, fissando le foglie che galleggiavano, quasi con ammirazione.

 

Cercai di immaginarmi il Giappone: sarebbe stato bello vederlo un giorno.

Si diceva che fosse bellissimo, ricco di alberi e fiori.

 

-Tanaka, tu sei mai stato in Giappone?-

L'anziano mi rispose solamente con un “oh oh oh”.

-Non credi che sarebbe bello visitare posti lontani?- sospirai, togliendomi una ciocca castana dal viso e portando la tazza alle labbra.

 

Guardai fuori dalla finestra: il cielo si stava tingendo di arancione, mentre piccole gocce scendevano silenziosamente.

 

Ecco una cosa che mi piaceva: la pioggia.

Così malinconica ma romantica, triste ma misteriosa, monotona ma musicale.

Trovavo così bella la musica che produceva, unendo quei tanti piccoli schizzi e spruzzi.

 

Un tuono risuonò nel cielo, ora nero dalle sfumature blu.

Restai a fissare le goccioline che cadevano sul vetro per tanto tempo, pensando a niente e a tutto, alla vita e alla morte, all'amore e all'odio.

 

Ad un certo punto mi addormentai, la fronte appoggiata alla finestra fredda, e sognai dinuovo quella bestia.

OK, scusatemi se mi intrometto a questo punto. Volevo solo dire che io questa parte l'ho scritta ascoltando la Soundtrack della seconda serie di Black Butler "Danse Macabre" e secondo me ci sta pure bene, e quindi qui vi do' il link [
http://www.youtube.com/watch?v=R6w_3oKsh5g&feature=endscreen&NR=1 ]

 

Ero in una stanza da ballo buia. Le porte erano state chiuse e io , ansimando, cercavo invano di aprirle, sbattendo e cercando forzare le serrature.

 

Avevo un vestito galante. Era rosso come il sangue, sporco e strappato sugli orli.

I capelli che prima mi erano stati ben acconciati erano disfatti.

Un Valzer movimentato risuonava tra le pareti come un canto di morte.

 

Gridai e urlai ma nessuno mi sentiva, ero sola nell'immenso salone.

Pensai che sarei morta lì dentro, quando una voce soave mi chiamò.

 

-Charlotte, io ti posso salvare.-

Scossi la testa.

 

-Fidati di me, vieni qua.-

Seguendo le istruzioni di quella voce misteriosa mi avvicinai da dove proveniva con esitazione.

Non riuscivo quasi a camminare.

 

La musica si fece più forte, finché le luci si accesero fioche, lasciando la sala non completamente buia.

 

-Danza, e vieni da me.-

Dall'ombra sbucarono dame e gentiluomini, che cominciarono a ballare gioiosi, invitandomi ad unirmi a loro.

 

Fui inondata di felicità mentre prendevo la mano ad un giovine uomo e cominciavo a danzare.

 

Tra risate e battiti di mani la musica si fece sempre più forte, mentre quella voce dall'altro capo della sala da ballo mi chiamava.

 

-Danza, Charlotte, e vieni da me. Danza come se nulla importasse, sii un demone delle tenebre, danza.-

 

Arrivai finalmente dalla voce.

Mi girai e cacciai un urlo.

 

Le luci si spensero di colpo, illuminando solo il corpo a cui apparteneva quel suono.

 

Era la bestia che avevo visto in sogno l'altra volta, e sembrava molto più terrificante.

Mi rivolse un sorriso, scoprendo i canini aguzzi.

 

Improvvisamente la sua immagine si contrappose a quella di Sebastian, facendomi rimanere confusa.

 

Avevo le gambe immobilizzate, incapace di muovermi.

Ero impotente, e ciò mi frustrava.

 

-Mi ami adesso?- disse l'ibrido con voce metallica e mischiata a quella del moro.

 

-Mi ami?- ripeté tendendomi una mano.

Io mi tappai le orecchie ma non servì a niente.

Le sue parole mi rimbombavano in testa.

 

-Mi ami? Mi ami? Mi ami? Mi ami? Mi ami? AMAMI!-

 

Lanciai un grido disperato.

Mi svegliai di colpo, spalancando gli occhi blu.

 

Davanti a me c'era il maggiordomo.

-Grazie al cielo, io...- mi interruppi guardando i suoi occhi.

Erano uguali a quelli del mostro.

 

Solo in quell'istante capii che Sebastian era il mostro.

Mi accasciai a terra, singhiozzando impaurita.

 

-Io sono così, Charlotte.- sussurrò il demone fissandomi per terra.

-Esattamente così.-



SPAZIO AUTORE:
Per prima cosa devo dire che mi sono divertita molto a scrivere la parte del sogno, non ho idea del perché, probabilmente perché la musica ci stava troppo bene.
Intanto vi ringrazio tutti tantissimo, vi adoro letteralmente.
Siete magnifici, quando leggete e recensite.
Ho visto che il primo capito è arrivato a oltre 100 visite...(e qua viene la parte in cui faccio il ballo della vittoria.)
Non so davvero come ringraziarvi.
Adieu,
-Tappy

 

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Capitolo 7
*** Good Bye, Life ***


Salve a tutti. Per prima cosa annuncio che questo sarà il capitolo conclusivo.
Ringrazio tutti quelli che mi hanno seguito fino ad adesso <3



Una persona normale si sarebbe alzata e avrebbe riso, pensando fosse uno scherzo.

Una persona normale si sarebbe alzata e si sarebbe messa a correre via.

Una persona normale sarebbe scoppiata a piangere, ma io...non sono una persona normale.

 

Ti puoi confondere tra la folla con il tuo aspetto esteriore, uguale a quello di tutti, ma solo te stesso sa che dentro sei diverso, e io lo sapevo.

 

Dopo tutte le cose che avevo passato, la fame, il dolore, la gioia, la solitudine, la paura, non ero più una qualsiasi giovane donna comune.

 

Io rimasi lì a fissarlo nei suoi occhi indemoniati.

-Hai paura?- mi chiese senza muoversi di un passo.

 

I tuoni risuonavano per tutta la villa immensa, spezzando e squarciando il cielo notturno coperto di nuvole uniformi nere.

 

Scossi la testa, decisa come non mai.

Fui io che feci il primo passo verso di lui, rimettendomi su un po' traballante.

 

Non piangevo più, ma gli occhi mi bruciavano tremendamente.

Sfiorai con il palmo della mano la sua guancia, per poi accarezzargli il viso.

 

-Sono un demone, devi avere paura.- era immobile come una statua.

Io continuai ad accarezzarlo.

 

-No, io ti amo.-

Solo a quel punto Sebastian mi rivolse un sorriso, scoprendo i canini leggermente appuntiti.

 

-Tu ami il maggiordomo che sono adesso, non il vero me.-

-Io mi sono innamorata del vero te, quello che si rivela quando non è al servizio.- ribattei.

 

Lo abbracciai, un po' titubante, quasi avessi paura che si potesse trasformare in quella bestia orribile da un momento all'altro.

 

Premetti il viso sul suo petto, inspirando il suo odore familiare.

Il moro mi scostò i capelli di fronte e cominciò a pettinarli dolcemente con le dita.

 

-Non mi importa ciò che sei, tu per me sarai sempre Sebastian.-

 

Mi baciò la fronte per poi stringermi ancora di più a se stesso.

I suoi occhi ritornarono quelli che avevo sempre visto.

Poi mi raccontò tutto, di come Ciel l'aveva evocato, del patto stipulato e soprattutto del fatto che poteva stipularne uno anche con me.

 

-Potresti vivere per l'eternità, insieme a me.- mi disse con voce suadente in un orecchio.

 

Quelle parole mi rimbombarono in testa.

Come in una fiaba, 'e vissero felici e contenti per l'eternità'...” pensai.

 

Infatti non era male come idea, mi bastava solo desiderarlo ed era fatta.

 

-Tu mi ami?- chiesi rivolgendo lo sguardo al pavimento.

 

Lui non disse niente.

Mi prese per le spalle e mi sbatté al muro, mentre il mio cuore cominciava a pulsare sempre più forte.

 

Mi baciò, schiudendo le labbra, introducendo la sua lingua nella mia bocca.

Mi cinse i fianchi sempre di più mentre cominciava a mordicchiarmi il labbro inferiore.

 

-Si.- mi bisbigliò in un orecchio.

 

Rimanemmo in silenzio per quelle che sembravano ore, finché ad un certo punto decisi di rompere quella pace.

 

-Sebastian, io voglio fare un contratto con te.-

Le sue pupille si dilatarono, colorandosi di un porpora sinistro e tetro, mentre l'iride assomigliava a quella di un felino.

Agli angoli delle sue labbra si formò un ghigno.

 

-Ma prima devi dirmi perché mi hai salvato da quel vicolo.-

Il suo sorriso si spense quasi subito, i suoi occhi ritornarono gli stessi.

 

-Io, ti ho visto una sera, mentre sbrigavo certe commissioni, e mi sentivo..attratto dalla tua anima, dal tuo viso, da te. Non pensavo ad altro e così il padroncino mi ha permesso di raccogliervi dalle grinfie della morte.-

 

Rimasi a riflettere per un po'.

Ero piuttosto sbalordita dalla azione del bocchan.

Non era facile capire cosa passasse per la testa a quel marmocchio.

 

Inghiottii bile, mentre stringevo i pugni convulsamente.

-Sebastian.- dissi solo il suo nome, ma egli capì all'istante.

 

Chiusi gli occhi e cominciai a respirare affannosamente.

Fui trasportata in un turbinio di penne nere, mentre la voce del demone mi pareva essere lontanissima.

 

-Yes, my lady.-

 

Per pochi secondi smisi di respirare.

Come un formicolio mi pervase tutto il corpo, per poi sparire lentamente.

 

Aprii gli occhi ma non ero nella sala dei servitori.

Ero nella sala da ballo, quella del sogno.

 

Una luce calda illuminava la stanza, mentre suonava una musica lenta che non avevo mai sentito.

Era come se riproducesse il canto degli uccelli nella foresta.

 

Le persone ballavano un lento, guardandosi negli occhi e facendo volteggiare i vestiti lunghi e galanti.

 

Un gentiluomo mi tese la mano, come per invitarmi alla danza.

Accettai, posando la mia mano ricoperta da un guanto nella sua.

 

L'orchestra cambiò melodia, riproducendo quel Valzer diabolico del sogno.

Volteggiai e ballai insieme a quel giovane uomo.

 

Risi e scherzai, godendomi la festa.

Avevo la sensazione che il ballo fosse stato tenuto per me, che ero io la stella di tutto.

 

Passarono ore , forse giorni, ma io non mi stancavo mai di ballare e divertirmi.

 

L'orchestra aveva riprodotto ogni volta un brano diverso, come se ne sapesse ad infinità.

 

Ad un tratto una voce raccapricciante riempì la stanza.

-Sei tu la stella di questa notte pazza.- disse rivolta a me.

 

Con un sorriso quasi psicopatico presi i due pugnali che un cameriere mi stava porgendo.

Senza esitazione mi fiondai sul gentiluomo con cui avevo ballato e gli conficcai l'arma nel petto.

Feci così con tutte le persone presenti, disegnando un tappeto rosso sangue per terra, accorgendomi che nessuno opponeva resistenza.

 

 

Li squarciai tutti, rompendo quell'involucro chiamato 'corpo'.

Li colpii finché non sentii tutte le loro ossa fare un sonoro crack.

Ero al limite della pazzia.

 

Ridendo come una ossessa mi accasciai a terra, mentre le risa diventavano singhiozzi.

 

-Cosa ho fatto?- sussurrai.

Avevo la faccia sporca di sangue, completamente rossa.

Chiusi gli occhi azzurri, maledicendomi mille e mille volte, finché non sentii una mano posarsi sulla mia spalla.

 

Mi girai e vidi Sebastian con un ghigno in viso.

Si tolse il guanto e senza esitazione posò il palmo sulla mia fronte, tirandomi leggermente la testa indietro.

 

Fu come essere trafitta da cento spade contemporaneamente.

Il mio corpo sembrò bruciare.

 

Urlai dal dolore con tutto il fiato che avevo in gola, pregando il maggiordomo di finirla, che mi faceva male, troppo male.

Svenni dal dolore nell'istante in cui una ondata di vento piacevole mi investì in piena faccia.

 

Quando mi risvegliai non ero più nella sala da ballo, non avevo nemmeno il vestito strappato e macchiato.

Mi trovavo vicino al tavolo dove avevo stipulato il patto, distesa a terra.

Il moro mi guardava con un sorriso.

 

Mi sentivo potente come non mai, agile e forte, in grado di fare qualunque cosa.

Ero diventata un demone.

 

Mi alzai in piedi e mi appoggiai al tavolo.

-Come ti senti?-

 

Io lo fissai nei suoi occhi indemoniati.

-Nuova.- risposi secca.

Mi guardai nello specchio vicino alla porta.

 

I miei occhi erano color porpora e i canini erano molto sporgenti.

-Sebastian, ho fame.-

 

Egli ghignò.

-La prima anima divorata non si dimentica mai.- sussurrò prendendomi la mano.




SPAZIO AUTORE:
Mi sembra quasi impossibile che la fic sia finita.
Mi sono davvero affezionata a Charlotte, sinceramente.
Non so davvero come ringraziarvi per aver letto e recensito la storia.
Voi non avete idea di come io mi sento onorata.
Ringrazio tutti quelli che hanno messo la storia tra le seguite\ricordate\preferite e\o hanno recensito.
Spero ci rivedremo! <3
-Tappy :3


 

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