Cronache di Firenze e altri posti

di La Mutaforma
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pura casualità ***
Capitolo 2: *** Incarichi a livello familiare ***
Capitolo 3: *** Artisticamente scorretto ***
Capitolo 4: *** La legge (non) è uguale per tutti ***
Capitolo 5: *** Ringrazio il gonfaloniere, rifiuto l'offerta e vado avanti ***
Capitolo 6: *** Agli artisti rinascimentali piace prendere in giro gli assassini ***
Capitolo 7: *** Vieri preferisce le cortigiane al David ***
Capitolo 8: *** A Ezio non riescono a fare il naso giusto ***
Capitolo 9: *** le galline nuotano nell'arcobaleno ***



Capitolo 1
*** Pura casualità ***


Agosto, secondo millennio, Agrigento 

 

“Smollami il controller, ultima delle giocatrici!” si lamentò Morgana, riemergendo da un grande pacco di patatine. Aveva i riccioli neri completamente arruffati, i capelli inutilmente domati in una treccia confusa, puntellata di residui di patatine, come se ci si fosse tuffata a capofitto.

Cosa che in effetti aveva fatto.

“Hai le mani salate, mi rovini i tasti” rispose secca Parcifal, senza staccare gli occhi dallo schermo luminoso. La compagna si alzò silenziosamente dal divano, attraversando il buio corridoio e ricomparve dalle ombre dopo pochi minuti.

“Mi sono lavata le mani con l’acqua del cesso, ora passami il controller, voglio zompare un po’ sui tetti”

Parcifal sospirò, lasciandole il joystick.

“Vedi di non far sfracellare il povero Ezio”

“…no”         

“L’ultima volta ti sei lanciata dalle mura e per un soffio Ezio non si è fatto la cartella”

Morgana fece un basso risolino, saltellando sulle tegole e i comignoli, mentre si mangiava la punta della lunga treccia arruffata.

“Sembra un coniglio dopato”

Sembri un coniglio dopato”

“Se tuo padre ci trova ancora qua davanti a quest’ora a giocare chiama il primo ospedale psichiatrico e ci spedisce entrambe”

Parcifal rifletté silenziosamente su quella possibilità, costringendo in una coda i capelli lisci e castani.

“Naa, penso che dormirà fino a mezzogiorno”

Morgana fece un sorrisino, facendo saltare Ezio da un’altezza spropositata.

“Ottimo”

Con un tonfo sordo, Ezio ricadde sul pergolato di un’abitazione, perdendo metà della barra d’energia.

 

“Fa caldo qui”

Morgana si sollevò stancamente, mantenendosi la testa con una mano mentre riemergeva da quella che doveva essere un’invasione di patatine fritte.

No, di paglia.

Figo. Il padre di Parcifal si ha messe a dormire in un fienile?

No, in un carro di paglia.

Quando riaprì i suoi grandi occhi scuri quello che vide le fece scappare un gemito sorpreso. Quello che le si parava davanti agli occhi sembrava un borgo di epoca rinascimentale. Ma, contrariamente ad ogni aspettativa, quello aveva tutta l’aria di essere davvero un borgo di epoca rinascimentale.

Si sollevò dalla paglia, ritrovando sul petto il vecchio libro di storia medievale che proprio quella sera stava consultando insieme a Parcifal per qualche illuminazione a proposito della famiglia de’ Pazzi.

“To’! Eccoti qua libricino mio” fece la ragazza, stringendoselo al petto, ricordandosi quante volte lo aveva accarezzato, strappato, supplicato, sulla strada che portava a scuola. Strinse gli occhi, con un lungo sospiro.

“Beh, non è esattamente dove speravo di trovarmi. Immagino che sia un sogno” si disse lei fiduciosa, saltando dal carro di fieno e atterrando a piedi nudi sul lastricato della strada.

La gente intorno a lei non sembrava curarsi della presenza di una sedicente sedicenne in pigiama; indi, spinta dalla curiosità, cominciò a passeggiare per le strade. Dall’altra parte del viale riconobbe un’alta e robusta fanciulla come lei in abiti da camera e infradito.

Difficile non notarla, visto che era l’unica in pigiama tra decine di signorine con lunghe gonne e camicette ricamate.

“Parcifal! Che ci fai nel mio sogno?”

“Potrei farti la stessa domanda”

Improvvisamente la strada sembrò farsi più confusa e trafficata e voci sconnesse ruppero il pacifico chiacchiericcio delle donne al mercato.

“Guardie, prendetelo!”

Parcifal e Morgana si scambiarono una rapida occhiata, allarmante.

“Qui si mette male!” gridarono le due ragazze all’unisono, cominciando a correre alla cieca lungo i vicoli intricati della città. Incespicando sul lastricato della strada, le due amiche si presero per mano, nascondendosi dietro la bottega di un artigiano.

“Odio i soldati” sospirò sommessamente Morgana, col fiatone, premendosi una mano sul petto che si sollevava in mille avidi respiri.

“Sembra che la situazione si sia calmata” osservò Parcifal, sporgendosi dal muro: la strada era quieta e silenziosa, come se non fosse successo niente.

“Benedetta inciviltà, non smetterò mai di lodarla abbastanza” fece Morgana, sistemandosi la frangia arruffata e prendendo qualche passo in avanti.

Di colpo, una figura cadde a pochi centimetri da loro, perfettamente in equilibrio con un ginocchio poggiato a terra.

“Ma sei matto o cosa?! Lanciarti così da un tetto!” gridò Morgana, spaventata, scattando all’indietro, cercando la mano dell’amica.

La figura si sollevò da terra e si mostrò a loro, rivelando il volto fresco e giovane di un ragazzo di bell’aspetto, vestito secondo la moda dell’epoca e con i capelli castani legati sulla nuca.

“Ezio…”

“…Auditore…” sospirarono senza fiato le due ragazze, completandosi a vicenda.

Il ragazzo sorrise gentilmente, esibendosi in un lieve inchino.

“Esattamente, madonne”

Morgana trattenne un gemito sorpreso, tirando il gomito della compagna.

“Ti prego, non svegliarmi” mormorò sottovoce lei, ridacchiando. Parcifal sorrise a sua volta osservando Ezio.

“Scommetto che eri tu quello che prima stavano inseguendo le guardie”

“Come fate a saperlo?” chiese Ezio, perplesso e accorgendosi degli stravaganti abiti che le due ragazze indossavano.

“Già, come fai a saperlo?” ricalcò Morgana, parandosi di fronte a lei.

Parcifal arrossì, grattandosi la testa.

“Ehm, niente, dicevo così per dire!” poi tirò l’amica più vicino “Siamo finite in Assassin’s Creed II, non lo capisci? Siamo all’inizio del gioco, quando Ezio scappa da casa Vespucci!”

“Questa è decisamente la cosa migliore che ci poteva capitare!” sbottò sarcasticamente la compagna, voltandosi con un sorrisino innocente verso Ezio Auditore.

“Non vi ho mai visto a Firenze, né ho mai visto gente indossare abiti come i vostri. Siete per caso straniere?” chiese educatamente Ezio, osservando le loro t-shirt, quasi imbarazzato alla vista delle loro gambe scoperte dai pantaloncini.

“Ehm, veniamo da molto lontano, ci siamo perse e non sappiamo come tornare indietro!” mentì Morgana, cercando di essere il più convincente possibile.

Passò un attimo, in cui entrambe le ragazze mantennero il fiato sospeso, osservando lo sguardo indecifrabile di Ezio. Poi sorrise, cordiale.

“Potete venire in villa Auditore, se avete bisogno d’aiuto. Ho una sorellina a casa, sarebbe felice di ricevere visite!”

Le due ragazze si scambiarono un rapido sguardo d’intesa e seguirono il giovane Auditore lungo le strade della Firenze rinascimentale.

 

Firenze, 1476, un giorno soleggiato

 

Villa Auditore aveva un bel cortile ampio, in pietra, decorato dalle piante di Maria, madre di Ezio.

Il ragazzo le fece entrare silenziosamente nella stanza di sua sorella, Claudia, che in quel momento era intenta a ricamare un fazzoletto. Aveva un’espressione strana, assorta, come se avesse in mente dei tristi pensieri.

“Buonasera, Claudia”

“Ezio! Accidenti a te, perché non bussi mai?!” poi notò le due ragazze al suo fianco “Sei un essere spregevole! Non ti permetterò di tradire Cristina qui, nella mia stanza, con due sconosciute!”

Morgana e Parcifal arrossirono vistosamente, cercando di nascondere il loro imbarazzo, e prendendosi a gomitate a vicenda.  

“Non dire sciocchezze, Claudia! Sono solo amiche. E hanno bisogno di aiuto”

Claudia si alzò dalla poltroncina, squadrando le due ragazze.

“Siete di Firenze?”

“No. Siamo straniere. Ci hanno derubate” mentì Morgana, grattandosi la chioma incolta e completamente arruffata.

“Ora capisco. Beh, non potete andare in giro così”

“Purtroppo non mi sono portata un ricambio” rispose sagacemente Parcifal, stringendosi nella t-shirt gialla. Claudia sorrise e i suoi occhi scuri brillarono di gioia.

“Posso darvi io dei vestiti! Oh, sarebbe così divertente! E’ da tantissimo tempo che non gioco così con le mie amiche!” disse la ragazzina, tuffandosi in un armadio e tirando da lì un paio di lunghi abiti da castellana, come voleva la moda dell’epoca.

“Spiacente, non potrei mai indossare vestiti così! Non saprei nemmeno infilarmelo!” disse Morgana, fingendo dispiacere. Quando sei abituato a portare jeans e t-shirt tutti i giorni il solo pensiero di indossare un abito lungo ti fa quasi rabbrividire.

In effetti, non doveva essere la cosa più comoda del mondo.

Ezio tossicchiò educatamente, per richiamare l’attenzione.

“Ho dei miei vecchi vestiti. Indubbiamente sono più agevoli. Potete indossare quelli”

Le due ragazze si scambiarono una chiara occhiata d’intesa, sorridendosi a vicenda.

 

Parcifal si allacciò la mantella sotto il mento, soddisfatta, facendo una piroetta sotto gli occhi insoddisfatti di Claudia.

“Molto bene. Adesso va meglio”

“Sembri un uomo” osservò Claudia, con un sospiro, pensando a quanto sarebbe stato bello arricciare i capelli di Parcifal, invece di vederli legati sulla nuca con un nastro.

“E’ ovvio. Indosso vestiti da uomo”

“Ehm, scusatemi madame, ma io avrei qualche problema” fece Morgana, sbucando da una porta, con la camicia di Ezio che le pendeva storta dalle spalle, aderente sul seno di certo più ingombrante del giovane Auditore che a vederla in quel modo si passò una mano sul volto, soffocando una risatina. 

Claudia sospirò, esasperata, cercando di sistemarle la casacca.

“Non ci siamo. Forse è meglio che riprenda quel vestito” fece la ragazzina, con un vago sorriso soddisfatto. Quindi, recuperò il vecchio abito porpora e la agguantò per il braccio, forte quasi come il fratello maggiore.

“Ehm… Parcifal? Questo sarebbe il momento in cui corri a salvarmi!”

La ragazza rise di gusto, nascondendosi le labbra con la mano.

“Divertiti!”

“Fanculo”

Dieci minuti dopo Morgana aveva i capelli arricciati quasi decentemente, una collana che le circondava il collo e un lungo, lunghiiiiiissimo vestito da donna. Osservò il suo riflesso nello sfarzoso specchio nella stanza di Claudia e non poté trattenere una smorfia di puro disgusto.

“Non fai tanto schifo” commentò Parcifal, lapidaria.

“Fottiti”

Ezio sorrise, inchinandosi davanti alle due ragazze. “Vi trovo molto graziosa, Morgana”

I suoi grandi occhi scuri brillarono vivacemente, emanando mille bagliori rossastri, mentre pronunciava un balbettante “Grazie, ser Ezio”.

Parcifal attese che il giovane Auditore voltasse lo sguardo, per poi afferrare per un orecchio la compagna.

“Fai schifo, sei la schifezza delle schifezze, smettila di fare gli occhi languidi a Ezio”

“Non posso farci niente, è più forte di me”

“E’ la schifezza ad essere più forte di te!” replicò, schiacciandole la punta dello stivale sul piede. Morgana trattenne a stento un insulto, e la loro attenzione fu catturata dal vago sospirare di Claudia, seduta sul suo letto, ad accarezzare le lenzuola.

“Claudia, cosa c’è?” chiese Ezio, così premuroso con la sorellina. Morgana si inginocchiò ai piedi del letto, ripiegando stancamente il lungo vestito, e prendendo le mani della ragazza.

“Cosa ti prende, signorina Claudia?”

I suoi occhi si gonfiarono di lacrime, e raccontò tutto.

 

“Mascalzone disgraziato figlio di puttana!” esclamò Ezio, indignato.

“Ser Ezio!” lo richiamò Parcifal, trattenendolo per il gomito.

“Ma che stronzo!” esclamò Morgana, scuotendo la testa e abbracciando la piccola Claudia in lacrime.

“Morgana!”

“Scusa, ti ho promesso mille volte che non avrei più detto parolacce, ma stavolta non mi sono potuta trattenere!” si scusò Morgana, stringendo le mani di Claudia tra le sue.

Ezio fremette d’ira, stringendo un pugno.

“Giuro che gliela farò pagare a quel Duccio! Ora vado a sistemarlo io!” disse il ragazzo, che fumava di rabbia, mentre si dirigeva verso l’uscita. Parcifal allungò una mano, come a volerlo fermare, ma la compagna la fermò sorridendo con un gesto della mano.

“Lascialo stare Parcifal, è normale che sia arrabbiato…”

Lei annuì silenziosamente, arrendendosi mentre osservava il ragazzo fuggire via verso la strada, con chissà quali funeste intenzioni per la testa.  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

­_Inutile spazio vuoto che nessuno legge [RosTheElphe]

Olè. Non so come questa folle idea mi sia venuta, non so per quale motivo la mia adorata compagna/amica/sorella/figlia/paziente abbia accettato, ma abbiamo deciso di rovinare il fandom con questa storia brutta.

Snif snif. Dopo aver letto Assassin’s Creed (e averci giocato, grazie Blazethecat31!) di certo non potevo restare nell’angolo del silenzio di tutti i fans. Dovevo fare qualcosa.

….sì, mi piace un sacco perdere tempo inutilmente. Passo la palla alla mia cara collega per il prossimo capitolo, ciao carote!

 

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Capitolo 2
*** Incarichi a livello familiare ***


Ci fu un breve silenzio dopo che Ezio sbatté violentemente la porta durante la sua uscita, pronto a picchiare il traditore che aveva osato spezzare il cuore alla povera Claudia.

 

“Le hai spezzato il cuore!”
“E io adesso ti spaccherò la faccia!”

 

Parcifal amava ricordare quella scena.

“Questo palazzo è immenso! Quante persone ci vivranno dentro?” esclamò quest’ultima per dare un po’ di vivacità all’attuale situazione.

“Io, i miei genitori, i miei tre fratelli e una decina di servitori…” rispose distrattamente la giovane Auditore, con la testa appoggiata alla mano, ancora immersa nei pensieri degli abbracci di quel ragazzo che fino al giorno prima considerava fedele e che ora le stava prendendo di santa ragione da suo fratello.

“Tre fratelli? Ma non eravate solo tu  ed Ezio?” irruppe Morgana, fingendo incredulità. In realtà  sapeva benissimo di Federico e Petruccio, ma dire che sapeva tutto sulla loro famiglia avrebbe destato sospetti, MOLTI sospetti, avrebbero corso il rischio di venire scambiate per spie della famiglia de’ Pazzi, tanto per dirne una.

“Oh, no! Ci sono anche Federico, il più grande di tutti, e Petruccio, il più piccolo” si accasciò stancamente sul letto, prendendo un cuscino e affondandoci dentro con la testa.

“Possiamo conoscerli?” chiesero all’unisono le due ragazze, con gli occhi colmi di desiderio, impazienti di conoscere tutto il resto della famiglia. Non sapevano come fossero finite dentro al gioco, ma dovevano assolutamente godersi ogni momento, di certo una situazione così non sarebbe mai più capitata.

“Credo che Federico sia fuori, ma Petruccio è sempre a casa. La sua stanza è subito a sinistra. Oh, e fate attenzione a non farvi vedere da mio padre….” la voce di Claudia arrivò attutita alle orecchie di Parcifal e Morgana, ma non era difficile capire che era ancora frustrata. Le due uscirono socchiudendo delicatamente la porta, ritrovandosi nei corridoi del primo piano decorato da quadri di ogni genere.

“In questa casa non conoscono il detto prendi l’arte e mettila da parte” fece notare Parcifal, che in quel momento avrebbe preferito trovarsi in una grotta buia piuttosto che sorbirsi tutti quei dipinti di cui lei mai ne aveva compreso i significati e la bellezza, da gran intenditrice d’arte come NON era.

“La porta deve essere questa”

“Allora che aspetti? Dovresti tipo bussare o robe così”

Morgana fece quanto chiesto dall’amica, ricevendo come risposta un attutito “chi è?” dall’altra parte della stanza.
Senza nemmeno aver risposto entrarono, ritrovandosi una stanzetta colma di statuette in marmo rappresentanti volatili di ogni genere, uccelli impagliati e un piccolo scrigno di legno sul comodino con una piuma intagliata al centro. Petruccio era affacciato alla finestra; e sentendo la porta che si chiudeva si girò di scatto.

“Chi siete?” domandò tutto impaurito, alzandosi la camicia gialla fin sotto il naso. Era la prima volta che vedeva estranei entrare nella sua stanza.

“Amiche di Ezio, non preoccuparti” sorrise gentilmente Parcifal, scompigliandogli i lunghi capelli scuri. All’inizio il piccolo sembrò turbato da tale gesto, ma subito dopo sorrise, e uscendo il volto dalla camicia le strinse la mano.

“Auditore, Petruccio”

“Io sono Parcifal, e la ragazza dietro di me si chiama Morgana. Devo dire che la tua stanza è davvero molto…decorata” lasciò la stretta, intravedendo la statua di un’enorme aquila vicino all’armadio.

“Adoro gli uccelli, la loro libertà e il modo in cui la esprimono. E’ la cosa che desidero di più, ma purtroppo non la posso avere…la mia famiglia potrà anche essere ricca, potrà comprarmi quello che voglio, ma non potrà mai permettermi di uscire di casa” intonò Petruccio con fare triste e lo sguardo abbassato. Morgana si interruppe dal guardare il curioso scrigno sul comodino e si aggiunse alla conversazione.

“Perché non puoi essere libero?” gli chiese, poggiandogli una mano sulla spalla.

“Il dottore dice che mi ammalo troppo facilmente, e che per non rischiare di prendermi una brutta malattia devo rimanere in casa. Però c’è una cosa che devo fare assolutamente: uscire di casa, aspettare il ritorno di Ezio e chiedergli di prendermi quelle piume sparse sui tetti. Venire, ve le faccio vedere” prese le ragazze per mano e si avvicinò alla finestra, indicando loro la presenza di alcune piume di aquila incastrate fra le tegole. Morgana per vederle meglio si arrampicò sul parapetto, sporgendo pericolosamente il corpo.

“Morgana, scendi immediatamente!” l’ammonì l’amica, cercando di contagiarle la sua paura per le grandi altezze e non farle più fare cose del genere.

“Dovresti provare anche tu! E’ una figata assurda!” si sentiva l’intero corpo sospinto dal vento, come se stesse volando, ma sentì mancare subito la frescura perché Parcifal, presa da un attacco di panico, la prese di forza per le gambe, rovinando insieme a lei sul lettino, e iniziando a prendersi a parole.

“Ma che fai? Mi hai fatto male!”

“Stavi per cadere, ti ho visto!”

“E’ stata una tua impressione”

“Ma rischiavi di cadere!”

“Cazzo Parcifal, non vedi che sono ancora viva? Smettila di lamentarti”

Grazie a uno schiaffo dato per ovvi motivi la faccia di Morgana si tinse di rosso. Ma di più colpiva l’espressione di Petruccio che aveva assistito a tutta la scena.

“Madonne…va tutto bene?”

“Non farci caso, facciamo sempre così. E chiamaci semplicemente con i nostri nomi; non siamo né adulti e nemmeno nobili” ridacchiò la riccioluta, nell’intento di alzarsi dal letto -sperando di non averlo distrutto cadendoci di sopra- e di mettersi a posto il vestito. Si avvicinò di nuovo alla finestra, intravedendo una figura con la camicia insanguinata correre verso il palazzo: Ezio era  tornato.

“Bentornato ser Ezio!” urlò lei cercando il suo sguardo, in mezzo a tanti altri che si girarono distrattamente verso l’origine dell’urlo per capire da dove provenisse, in mezzo al chiasso generale. Lui si limitò a salutare, sorridente come al solito, ma subito dopo si udì una sonora voce che non poté che sentire e riconoscere, e si precipitò all’ingresso della villa dove un Giovanni dallo sguardo severo lo stava impazientemente aspettando.

“Dov’eri finito, Ezio? Avevo bisogno di te per consegnare un messaggio molto importante! Eri ancora a casa di Cristina? O hai avuto altri contrattempi con Vieri? La macchia di sangue sembra un segno evidente.

“Padre, voi sapevate…?”

“So tutto. Dunque, dove ti eri cacciato?”

“Dovete sapere che…abbiamo ospiti in casa. Due ragazze straniere che avevano bisogno di aiuto” il viso di Giovanni si contorse in un’espressione di stupore, che non poté che far rabbrividire il povero Ezio.

“Non pensate a male, dovevo farlo, avevano bisogno d’aiuto” immaginava già gli schiaffi che gli avrebbero percosso il viso -che come diceva Federico “è la cosa più preziosa che ha”-. Come previsto l’uomo dai lunghi capelli castani alzò una mano, ed Ezio chiuse forzatamente gli occhi, pronto a ricevere la manata. Ma essa tardava ad arrivare, e li riaprì, ritrovandosi la mano del padre sulla spalla che gli stava dando una dolce pacca, come di solito fanno i padri con i figli, e un fiero sorriso stampato in faccia.

“Sei proprio come me quando avevo la tua età. Questa sera a cena farò la conoscenza delle due ragazze. Spero che gradiscano la nostra cucina”

“Lo faranno di certo padre”

“Ora va’ da tua madre, ti stava cercando. Io devo parlare con il gonfaloniere Alberti riguardo a una questione importante. Dopo avrò bisogno di te, e vedi di non scappare questa volta” detto questo si diresse dentro casa, nel suo studio. Ezio si sentì finalmente libero di raggiungere Petruccio e le due ragazze, ma notò tra la folla un uomo robusto, vestito elegantemente, che si faceva spazio tra la folla dirigendosi verso di lui.

“Voi dovreste essere il figlio di Giovanni Auditore. Mi presento: sono Umberto Alberti, gonfaloniere di Firenze” gli porse cautamente la mano, come fa ogni galantuomo con le dita ornate di anelli, il giovane accettò di buon grado il saluto, indicando poi la porta dello studio del padre, riferendo inoltre che era già dentro ad aspettarlo. Umberto si diresse nel cortile, ricordandosi infine di aver altro da dire, e girò di poco il collo mentre ancora camminava.

“Se avete bisogno di qualsiasi cosa fatemi visita, sarò lieto di aiutarvi” disse con un sorriso malizioso, infine tornò sui suoi passi.

“Ezio, vieni qui!” lo richiamò Petruccio, di nuovo affacciato alla finestra. Il fratello si apprestò a scalare il muro della casa, raggiungendolo, sotto gli occhi sognanti di Morgana e Parcifal che si erano avvicinate spingendosi a vicenda.

“Che succede?”

“Voglio quelle piume. Quelle incastrate sulle tegole”

“A cosa ti servono?”

“E’ un segreto!”

“…va bene, ma promettimi che se questa sera uscirò con Federico tu non dirai niente a nostro padre”

“Va bene fratello!”

Ezio si calò fino a quando i suoi piedi non sentirono la terra sotto, dopodiché salì sul palazzo vicino recuperando le piume con estrema facilità. Tornò subito a casa, passando dal cortile questa volta, e trovò sua madre che stava ornando una parte del muro con nuove piante rampicanti.

“Buongiorno, madre”

“Ezio, dovresti venire con me in città. Devo andare a prendere dei quadri dal mio artista di fiducia, ma non credo di potercela fare da sola” si girò stancamente, e notò la camicia sporca di Ezio, che risvegliò subito il suo senso di madre che tiene più agli abiti dei figli che ai figli stessi.

“Vai immediatamente a cambiarti d’abito, figliolo. Sarebbe un disonore per te e per la nostra famiglia farti vedere in giro così. Ti aspetterò, ma affrettati.”

“Certo, madre” entrò di corsa in casa, passando subito dalla stanza di Petruccio per dargli il tesoro da poco raccolto.

“Grazie Ezio!” lo abbracciò il piccolo, e con le piume in mano le mise con cura dentro il suo scrigno di legno.

“Vado a cambiarmi, nostra madre ha chiesto il mio aiuto. Ma ancora non mi hai detto a cosa ti servono le piume”

“Vedrai, vedrai…” rispose Petruccio con un sorriso malizioso, mentre il fratello si apprestava a raggiungere la sua stanza.

 

 

 

 

 

 

 

 

_E ora tocca a me scrivere un paio di note dell’autore [blazethecat31]
Ebbene si, non so come ho fatto, ma sono riuscita a scrivere questo aborto di capitolo. Malamente, ma ce l’ho fatta.
Sicuramente vi sarete accorti che nel primo capitolo mancava qualcosa rispetto alla trama originale (ovvero Giovanni che fa la sua bella ramanzina), mentre in questo vi siete ritrovati la parte dimenticata un po’ mischiata ad altro, un po’ inventata da me; il motivo è semplice:
ROS SI E’ SCORDATA DI SCRIVERE QUEL PEZZO DI STORIA E HO DOVUTO RIMEDIARE IO.

Bene, dopo averla umiliata davanti a  voi -nonsoquanti- lettori, dico che il mio turno è finito, ergo passerò il tempo a leggere il Credo dell’Assassino che ho saggiamente stampato su foglio e attaccato alla porta della mia stanza.

 

Dove altri uomini seguono ciecamente la verità, ricorda:
Nulla è reale.

Dove altri uomini sono limitati da moralità o legge, ricorda:
Tutto è lecito.

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Capitolo 3
*** Artisticamente scorretto ***


Maria Auditore era quel tipo di donna che si sarebbe potuta considerare una paladina dell’arte. O in alternativa, un mecenate al femminile.

Aveva buon occhio, buon gusto e una passione sfrenata per la ricerca di nuovi autori da sponsorizzare.

In effetti, era proprio per questo motivo che aveva reclutato Ezio, che non era esattamente entusiasta.

Si trattava di uno ancor per poco sconosciuto Leonardo da Vinci -ho già sentito questo nome da qualche parte, aveva detto sagacemente Parcifal, mostrando tutto il suo grande interesse per l’arte-

In quel tempo, Leo era un giovane artista -incompreso, probabilmente- secondo l’occhio acuto di madonna Maria pieno di talento. Secondo il parere infallibile di Morgana, solo un graffitista incompreso.

E detto da lei che studiava architettura con tanta voglia di imparare non poteva che essere vero.

Mah, sai che interesse. Chi lo avrebbe mai detto che questo sconosciuto a più -e anche ai meno- sarebbe diventato il più grande vanto d’Italia dopo la pizza e la brioche con il gelato? Intanto, le due continuavano a preferire il gelato, pur non sentendo la necessità di spoilerare l’inimmaginabile futuro alla cara signora Auditore.

Ezio ovviamente moriva dalla voglia di andare a scegliere e trasportare un carico di tele fino a casa, tanto che avrebbe preferito di gran lunga una sana scazzottata con Vieri.

Chiunque messo alla scelta avrebbe deciso così. Ma Maria era una donna precisa e ferma nelle sue decisioni, quindi trascinò il figlio e le due ragazze per strada.

“Ti rendi conto Parcifal?” fece la riccioluta, con occhi sognanti “Il mio sogno di medievista a tempo perso si realizza!”

“Mi piacerebbe capire perché ti sei portata dietro il libro…” osservò Parcifal, adocchiando il volume di storia medievale tra le sue braccia.

“Non mi separerei mai da questo schifosissimo libro con le date sbagliate scritto da due drogati e commercializzato da una casa editrice il cui simbolo è una pecora morta*. Cioè, probabilmente sarebbe meglio usato come carta da parati e carta da forno, però capisci, è il mio libro di storia!” esclamò, enfatizzando il suo campo sperimentale. Parcifal sbuffò con noia, pensando che comunque durante l’anno precedente Morgana non aveva fatto altro che lamentarsi di quanto il suo professore fosse esigente.

“Il posto è questo” disse enfatica Maria, indicando una bottega non diversa dalle altre. I tre si voltarono verso di lei e Ezio bussò tranquillamente, senza sforzarsi di nascondere il suo palese disinteresse.  

Ad aprire venne un giovane uomo dall’aria indecifrabile, a metà tra il comico e il nervoso, che le due ragazze interpretarono come una specie di ghigno soddisfatto. Tuttavia aveva un viso giovane e la tipica espressione di uomo d’arte. Tipica, eh. Nessuna delle due avrebbe saputo ben descriverla.

In fin dei conti, però, si sarebbe potuto considerare un bel ragazzo, pieno di doti creative    -oh si, certamente, per come portava quel cappello- e con degli occhi molto espressivi.

Espressivi di nulla, perché sembrava portare dentro chissà quali divertentissimi segreti che non si sarebbero potuto interpretare nelle pieghe del suo volto. Contento lui.

“Madonna Auditore! Che piacere vedervi!” fece quello, inchinandosi e baciando la mano alla donna. Morgana emise un gemito sorpreso, meravigliata di quanto magnifica fosse l’epoca in cui era capitata se il baciamano andava ancora di moda.

“Salve, mio buon Leonardo. Vorrei presentarti mio figlio, Ezio. E i suoi amici”

“Sono una femmina” convenne lapidariamente Parcifal, ad occhi stretti.

L’artista rivolse una lieve occhiata di scarso interesse alle due ragazze, e tese la mano al giovane Auditore.

“E’ un piacere fare la vostra conoscenza” disse, con un sorriso esageratamente entusiasta. Morgana diede una gomitata nel fianco della compagna, senza staccare gli occhi dall’artista ammiccante.

“Parcifal, puoi rinfrescarmi la memoria, per favore? Ti risulta che Leonardo da Vinci avesse delle attitudini poco ortodosse?”

“Sei tu quella che studia architettura. Comunque mi sembra di sì”

La ragazza tacque per un attimo, raggelata.

“Tieni Ezio sott’occhio. Non mi fido”

“Tranquilla, gli guarderò le spalle”

“Brava”

Il breve battibecco fu interrotto dalla voce di Maria che entrava nello studio dell’artista. La sala era ben illuminata, piena di tele spesso incomplete, e tutto era immerso in un gran disordine.

C’era odore di olio e altre cose.

“E’ quasi migliore della galleria d’arte ad Agrigento, non pensi?” fece Parcifal, ammirata, studiando con sguardo distratto le immagini sulle tele.

“Se ne sgraffignassi una?” fece Morgana, allungando le dita su un dipinto.

“Ti taglierei la mano”

“Siamo a Firenze, non a Gerusalemme. Quando entriamo nel primo Assassin’s Creed a fare compagnia ai lebbrosi ne avrai tutto il diritto”

“Ottimo” convenne la ragazza, trascinandola via per tenere d’occhio Ezio, per motivi evidenti a chiunque, tranne che allo stesso.  

 

Non fu semplice trascinare via Maria da quello che secondo il suo punto di vista era un meraviglioso paradiso -o un grande affare, chissà- ma comunque in qualche modo Ezio riuscì a convincere la madre che quindici tele sarebbero bastate.

“Per il momento” rettificò la donna, affidando il prezioso carico al figlio “Non rovinarle”

“Altrimenti ti sgraffierà tutto il tuo bel faccino” rincarò Morgana, prima di ricevere uno strattone da parte dell’amica. Tuttavia, quella minaccia restava sempre la più temibile per ser Ezio; indi, funzionava sempre.

Quando arrivarono a Villa Auditore, Ezio entrò in casa per posare la catasta di tele che fin a quel momento aveva trasportato. Morgana fece per seguirlo, trotterellando sulla sua scia, quando la compagna la afferrò per una spalla.

“Non mi va che fai la spocchiosetta con Ezio. È già abbastanza stressante guardarti fare gli occhi dolci ai baristi e ai commercianti di qualunque sesso e età per avere sconti su quello che vuoi”

“Come sei drammatica! Non faccio la spocchiosetta, cerco solo di fare amicizia!”

“Madonne” fece Ezio, comparendo alle loro spalle e catturandole tra le sue braccia “Allora, che ne pensate di Firenze?”

Parcifal si liberò le spalle dal suo braccio robusto, mugugnando chissà cosa tra sé e sé. Morgana invece si trattenne sotto la sua spalla ridacchiando.

“E’ bellissima, ser Ezio. E’ stato così gradevole passeggiare con voi per la città”

“Vi prego, madonne, datemi del tu. Avremmo pressappoco la stessa età”

“Va bene, Ezio” fece Morgana con un sorriso.

Il giovane Auditore aveva completamente dimenticato la mano penzolante e il braccio sulla spalla della ragazza.

Un secondo.

E poi fu il macello.

 

“Morgana, l’ho sempre detto e adesso te lo ripeto: sei troppo violenta!” osservò Parcifal mentre Ezio si massaggiava la guancia e il labbro gonfio.

Morgana strinse le braccia al petto, nervosa, voltandosi il viso.

“Ti chiedo umilmente scusa, madonna Morgana, giuro che è la prima volta che lo faccio senza intenzione” si scusò Ezio, esaminando il danno.

“Penso che sia sincero, Morgana” disse l’altra ragazza, tenendosi come al solito in disparte. La riccioluta, fece un lungo sospiro e tese svogliatamente un fazzoletto ricamato ad Ezio, prima di andare dentro casa senza aggiungere verbo.

 

Ritornati a casa, nemmeno il tempo di accomodarsi che Giovanni Auditore venne verso di Ezio con aria misteriosa.

“Figlio mio, potresti raggiungermi nel mio studio, per favore?” chiese l’uomo, con la voce che tremò di nervosismo. Ezio si inchinò gentilmente alle due ragazze e seguì il padre nello studio, mentre le due amiche preferirono aspettare in corridoio.

“Dici che sono stata troppo severa con Ezio prima?”

“Dico”

“Sai, questo sarebbe uno di quei momenti in cui dovresti consolarmi e coccolarmi”

“L’unica persona che meriterebbe di essere coccolata sarebbe Ezio, in verità” la corresse Parcifal, schietta, nascondendo un sospiro sognante.

“Fanculo”

“Però liberami da un dubbio” fece la ragazza “Da dove lo hai preso il fazzoletto?”

Morgana cercò di nascondere il suo pallore, voltando lo sguardo.

“Il vestito di Claudia non ha le tasche”

“Indi?”

“…non sapevo dove metterlo…”

Nello studio di Giovanni si sentì solo lo schiocco di un manrovescio ben assestato. Quando Ezio uscì con alcuni documenti che si stava infilando nella borsa di cuoio vide Morgana che si massaggiava una guancia arrossata.

“Dove vai Ezio?” chiese Parcifal, con aria innocente.

Sì, lo schiaffo se l’era infatti autoinflitto Morgana stessa.

“Devo fare una commissione per mio padre...” mormorò il ragazzo, dubbioso. Parcifal si aggrappò al suo braccio, decisa.

“Vengo con te. Non ti lascio andare da solo. Sembra troppo importante”

“Non lo so madonne… potrebbe essere pericoloso… io stesso non riesco a capire il senso di questa richiesta…”

“Dove devi andare?” chiese Morgana, avvicinandosi.

“A consegnare questi documenti e ritirare una lettera per mio padre” sospirò “E va bene, se proprio insistete vi porterò con me. A patto che siate indiscrete”

Parcifal si calò il cappuccio del mantello sul viso e uno strano sorrisino scintillò all’ombra del tessuto.

“Andiamo”

 

Purtroppo Ezio non aveva considerato solo un piccolo inconveniente: ad accompagnarlo in quella missione erano due gentili pulzelle e non suo fratello maggiore.

Infatti, appena arrivò in strada saltò sul davanzale di una finestra e cominciò a saltellare sui funghi sui tetti.

Morgana saltò un cancello, tenendosi tra le mani l’orlo della lunga gonna, ma si fermò su un davanzale, notando che sarebbe stato impossibile per lei continuare ad arrampicarsi con quei vestiti.

Parcifal la osservò dalla strada, con sguardo inespressivo.

“Questo è uno di quei momenti in cui venderei l’anima al diavolo per avere un paio di jeans e delle scarpe da ginnastica”

“Non mi vorrai dire che avevi davvero intenzione di seguirlo!” fece la ragazza di sotto, con gli occhi sgranati.

“Ovvio” Morgana si calò dalla finestra, atterrando apparentemente senza danni sulla strada a pochi passi dall’amica “Vuoi provare tu?”

La ragazza rispose con un lungo silenzio.

“Dimenticavo che tu sei paragonabile ad un criceto paralitico”

Parcifal la guardò con odio, stringendo gli occhi. Prima che potesse prenderla a schiaffi, Morgana si voltò di spalle, osservando Ezio che saltava da un tetto all’altro.

“Te l’avevo detto io che sembrava un coniglio dopato”

“Dai, seguiamolo” propose Parcifal, cominciando a correre in direzione di quelle abitazioni che Ezio stava sorvolando.

Camminarono a lungo, quasi un’ora, girando per vicoli e stradicciole popolate perlopiù da mercanti-ladri, cortigiane truccate vistosamente e mendicanti vestiti di stracci.

Morgana stava diventando parecchio nervosa.

“Appena me lo ritrovo tra le mani lo prendo a schiaffi, poi gli tiro i capelli, poi…poi…!!”

“E poi?” fece una voce maschile alle sue spalle.

“Ser Ezio!” esclamarono le due ragazze, spaventate. Auditore sorrise gentilmente, mentre si inchiava al loro cospetto “Per favore, solo Ezio”

“Ezio” riprese Parcifal, amareggiata “ti sei completamente dimenticato di noi!”

“Vi chiedo perdono, ero perso nei miei pensieri… non riesco a capire questa storia… mio padre, il signore Lorenzo, il gonfaloniere, non ci capisco davvero nulla!”

Morgana fece un sorriso comprensivo e gli accarezzò una spalla.

“Stai tranquillo Ezio. Andiamo a casa adesso, vedrai che si sistemerà tutto”

Si incamminarono verso villa Auditore nel primo buio notturno. 

 

 

 

 

 

 

­_Inutile spazio elfico [RosTheElphe]

Hola! (Ok, questa è l’ultima parola spagnola che dirò) Contrariamente ad ogni aspettativa questa fanfic sta andando avanti! Alziamo le mani al cielo per Ezio!

Non so chi la stia leggendo a parte me e Blazethecat31 (ma molto probabilmente sia noi sole per davvero) ma ringrazio comunque i lettori dei nostri deliri.

Se qualcuno se lo sta chiedendo (ma chi?!) no, non siamo completamente(?) squilibrate. Amiamo Assassin’s Creed II e abbiamo tanta voglia di divertirci dopo tante fanfic depresse (che nonostante tutto continueremo a scrivere, è questo il nostro scopo)

Ringrazio Blazethecat31 di avermi svegliata nel meglio del sonno per avvisarmi che il suo secondo capitolo era finito (la pagherai per questo, sappilo)

Spero che continuerete a seguirci! A presto!

*descrizione molto accurata del mio libro di storia di cui non scrivo i nomi dei due incapaci che sono stati così bravi da scrivere un libro di storia medievale così schifoso.

I ringraziamenti speciali vanno a chi ha adottato questo libro in un liceo classico. 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** La legge (non) è uguale per tutti ***


La ragazza con addosso i vestiti da uomo era evidentemente rattristata, non tanto perché non era stata capace di arrampicarsi su una trave posta a pochi centimetri dalla sua testa, più che altro per ciò che sarebbe successo poco dopo.

L’atmosfera notturna di una Firenze che piano piano si stava riempendo di lanterne, dei sospiri di Parcifal che nessuno sentiva, di stelle, e di uomini che si accingevano ad avviarsi alla Rosa in Fiore era serena e silenziosa, lo stesso silenzio che si percepisce durante una situazione di calma apparente, che precede cambiamenti imminenti.
E in questo caso, anche terribili.
Ma non bisogna scordare che Ezio aveva uno sguardo vigile, e notò lo stato d’animo della ragazza prima che Morgana potesse fare altrettanto, che nel frattempo si stava guardando intorno alla ricerca di punti di riferimento, monumenti, qualsiasi cosa potesse dimostrare quanto scritto sul suo libro di poco valore -e a differenza dell’amica evitò comportamenti depressi di ogni genere, nonostante fosse anche lei a conoscenza dell’intera vicenda-. Ogni tanto impazziva dicendo frasi come “ciao gattino, insegnami a zompare sui tetti come fa il mio amico qua davanti” o “se solo il mio professore di storia fosse qui…”

“Madonna Parcifal, qualcosa vi affligge?” domandò cortesemente Ezio -che questa volta camminava con i piedi per terra-, mentre la sua mano le toccò con dolcezza la spalla -e non andando oltre-. Questa volta Parcifal accettò di buon grado il gesto, continuando a mantenere il passo, cercando lo sguardo dell’amica che di sicuro avrebbe saputo cosa fare, ma che purtroppo era impegnata a guardare altro.

“Sto bene, sono solo stanca” si limitò a dire, lasciò la presa di Ezio e si diresse verso la sua compagna medievista, che era completamente immersa nel suo mondo. C’era un solo modo per farla tornare alla “realtà”.

“Ultima delle medieviste, siamo quasi arrivate” l’abbracciò da dietro, impedendole i movimenti delle mani -e quindi anche la lettura del libro.

“Mollami Parcifal, vai a sbavare dietro ad Ezio, io qua sono occupata” la rimproverò lei, allontanandola dando piccole gomitate dalla poca forza ma dal non indifferente fastidio.
Arrivarono davanti alla villa, meno vivace del solito, il che fece insospettire il giovane Auditore.

“C’è troppo silenzio…che siano usciti tutti?” si avvicinò lentamente alla porta, socchiudendola, e intravedendo il grande salone in disordine: mobili rovesciati, tende strappate, sedie distrutte, -e purtroppo per la povera Maria-quadri sfigurati.
I tre si affrettarono ad entrare, ritrovandosi davanti un’impetuosa Annetta armata, che puntava verso di loro.

“Annetta, calmati. Sono io, Ezio! Cos’è successo qui?” sbottò lui. Le ragazze dietro bisbigliavano qualcosa riguardo all’andare da qualche parte, e alla svelta, ma in quel momento la cosa gli importava ben poco.

“Ser Ezio! Hanno rapito vostro padre e i vostri fratelli!”

“Dov’è Claudia? E mia madre?”

“Siamo qui, Ezio…nostro padre, Federico e Petruccio sono stati portati via. Li hanno portati al Palazzo della Signoria!” Claudia sbucò fuori da uno dei tanti tavolini semidistrutti, con evidenti tracce di violenza. Teneva la mano di una Maria completamente diversa di quella di qualche ora prima: tremante, confusa, non osava proferire parola.

“Ezio…credo che Maria e Claudia starebbero meglio in un posto diverso da questo” interloquì Parcifal, ricordando esattamente la scena; i pugni serrati, la voce cupa, lo sguardo chinato.*

“Giusto…Annetta, puoi portarle da qualche parte?”

“Certo, da mia sorella!” per un istante un lieve sorriso di speranza si dipinse sul volto di Ezio, ora sapeva che le rimaste sarebbero state al sicuro, rimanevano i prigionieri da salvare.

“Presto, andiamo al Palazzo!” la voce di Morgana echeggiò nella sala, come se fosse stata lei  dare il via all’operazione, ma determinò lo stupore del ragazzo.

“Davvero volete venire? Fuori sarà pieno di guardie che staranno cercando me”

“Vogliamo aiutarti, Ezio! Ci penseremo noi alle guardie” entrambe con gli occhi dolci, pronte a distrarre le guardie, attesero il consenso di Ezio, che arrivò subito dopo, così presero a camminare, lasciando le due donne nelle mani della cameriera -e si era capito che sapeva difendersi-.

“Come farete a non farmi vedere dalle guardie?”

“Semplice, appena le vedremo ti avviseremo…”

“…e ci gireremo dall’altra parte” si completarono le due amiche, stringendosi l’occhio a vicenda. Ma rabbrividirono subito dopo, era già arrivato un gruppo di soldati in pattuglia, e li avevano visti.

“E’ lui! E’ il giovane Auditore! Catturiamolo! E anche i ragazzi che sono con lui!”

“Sono una femmina, maledizione!” sbuffò Parcifal, già seccata dalla vicenda dello scambio dei sessi, ora ci mancavano solo le guardie.

“Mi conviene aggiungere che la copertura è saltata” continuò l’altra ragazza.

“E quindi?” chiesero all’unisono Parcifal ed Ezio.

“Quindi…SI SCAPPA!!!!” partirono in una corsa sfrenata, all’inizio in formazione disordinata, ma poi Ezio prese la testa del gruppo, guidandole verso il loro obbiettivo.

“Appena giriamo l’angolo tuffiamoci senza indugi, intesi?” urlò a perdifiato il capogruppo, prendendo le due per il braccio.

“Cosa?”

“Ora!!!” proprio come detto, il giovane si buttò subito alla sinistra di un muro, dove le guardie non potevano vederlo, trascinando l’ingente peso delle ragazze dentro un’oscura capanna abbandonata subito dietro l’angolo-naturalmente sapeva della sua esistenza-; le finestre semidistrutte coperte da stoffe ormai inutilizzabili.
Rimasero tutti con il fiato sospeso, gli inseguitori erano proprio davanti a loro.

“Dove sono finiti?”

“Hanno girato l’angolo, poi non li ho visti più!”

“Stregoneria! Saranno stati corrotti dall’incantesimo di una strega!”

“Taci! Tu e la tua fissazione per la magia…si saranno arrampicati sui tetti, senza dubbio. Andiamo a controllare” quello che sembrava essere il capo guidò i suoi uomini verso una scaletta poco vicino, dileguandosi poi nella nebbia creata dai comignoli colmi di fumo. Via libera.

“Se ne sono andati…” finalmente si poté di nuovo respirare a pieni polmoni, anche se quella baracca era talmente polverosa che tale pratica sembrava sconsigliabile.

“Davanti al Palazzo non ci sono nascondigli, forse sarebbe meglio se voi aspettiate qui, visto che devo anche arrampicarmi fino alla cima. Nessuno verrà a cercare qua dentro, potete stare tranquille” si assicurò che non ci fosse nessuno nei paraggi e ripartì, in tutta la sua velocità ed eleganza e Morgana e Parcifal lo guardavano, vomitando fiotti di arcobaleni.

“Ricordi cosa succede ora?” sentenziò Parcifal, con fare da superiore.

“Certo. Ezio zompa fino alla cella di Giovanni, gli viene detto che sono stati arrestati per tradimento e che bisogna tornare a casa per andare a prendere quell’abito figo che tu hai comprato su internet tale e quale. Peccato che quando Ezio si cambierà d’abito quei cretini della UBISOFT censureranno la scena. E poi andrà a consegnare dei documenti all’ultimo dei gonfalonieri che naturalmente NON userà per scagionare la povera famiglia. Maledetta ingiustizia templare”

“Veramente avremo la possibilità di spiarlo…”

“Proposta allettante, Parcifal. Proposta allettante…”

Continuando a fantasticare su quel gran bel fisico di Ezio, quest’ultimo tornò con tutte le informazioni sopracitate. Stanco, ansimante, ma ce l’aveva fatta.

“Si va” intonò solenne facendo uscire le ragazze dal rifugio, tornando senza troppi intoppi a Villa Auditore.

“Mio padre aveva detto che qui c’è una porta” mentre il ragazzo pensava Parcifal si appoggiò goffamente su “un muro a caso”, facendo scattare un meccanismo che lo fece subito sparire sotto il pavimento.

“Come hai fatto a sapere dov’era?

“Bah… la solita fortuna”

La scena si concluse in una risata di gruppo, mentre Ezio si apprestava ad aprire lo scrigno posto alla fine della stanza perfettamente simmetrica!!!!!. Prese gli abiti e la spada, scordandosi completamente della presenza delle sue spasimanti proprio dietro di lui, troppo preso dai suoi pensieri.

Peccato che quando si sfilò la camicia, rimanendo a petto nudo –ed era possibile notare la tartaruga sul suo addome, per non parlare di altro…- non poterono fare a meno che sospirare sonoramente, distogliendolo da ciò che pensava, ma sembrava essere in grado di controllare la situazione.

“Ehm…cosa ci fate ancora qui?”

Silenzio.

“…vi ho appena fatto una domanda”

Occhi languidi. Ezio. Senza. Camicia. Figata assurda. Movimenti resi impossibili da tale bellezza.
Solo queste parole vagavano nelle loro menti in quel momento.

“Dovrei cambiarmi…” l’imbarazzo stava iniziando a prendere possesso di lui, inesorabilmente.

Ancora nessuna risposta.

Ezio sospirò, si avvicinò a loro e le accompagnò fuori dalla stanza segreta, per poi rientrare e chiudendola dietro di sé.

“Ci stai ancora pensando?”

“Sai benissimo che è così”

“Che ne dici di dare una sbirciatina?”

“La cosa non è da te…ma comunque ci sto”

“Ci penso io alla porta segreta, ma appena inizierà a togliersi i pantaloni mi leverò di torno…una quattordicenne di sani principi non dovrebbe vedere certe cose prima di una certa età”

“Va bene…”

Arrivate a vedere dove potevano arrivare cercarono un posto dove sedersi per non destare sospetti.
Quando uscì dalla stanza era un Ezio completamente nuovo quello che si trovarono davanti. L’assassino che avrebbe fatto tremare i tiranni dell’Italia rinascimentale era abbigliato di tutto punto, unica eccezione per la lama rotta.

“Morgana, Parcifal, abbiamo dei documenti da consegnare” annunciò, calandosi il cappuccio.

 

 

 

 

_Il delirio, il delirio più totale [blazethecat31]

*Ricordate quell’asterisco messo verso il terzo quarto del capitolo? Se no andate a rileggerlo.

 

 

Fatto? Avete capito cosa ho combinato? Ebbene si, ho usato per una battuta lo stile dello scrittore dei romanzi di questa saga, Oliver Bowden, non so se ne avete mai sentito parlare.
Comuuuuuuuuuuunque, finalmente questo quarto capitolo è terminato, forse all’inizio sarò stata un po’ drammatica, ma alla fine, tra un arcobaleno e l’altro, spero di essere riuscita a farvi scappare qualche sorriso, proprio come ho fatto con la mia collega/sorella-e-tutto-il-resto che stava sputando un polmone da quanto rideva via cornetta (questo grazie ai miei monologhi da logorroica)

 

Ros, a te la linea!

 

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Capitolo 5
*** Ringrazio il gonfaloniere, rifiuto l'offerta e vado avanti ***


Le strade, di ogni città e paese -e in questo caso, anche di ogni epoca- dopo il tramonto diventano possibili covi di malviventi e ritrovi di assassini.

Ma questo forse sarebbe stato meglio non dirlo…

Lasciata Villa Auditore, Ezio e le sue amiche si diressero verso l’abitazione del gonfaloniere Uberto Alberti.

“Statemi vicino e non fate rumore, vedrete che andrà tutto bene; il gonfaloniere è molto amico di mio padre, sistemerà tutto” sussurrò Ezio, più a se stesso che alle due ragazze, troppo impegnate a tremare di paura e a non calpestare i topi. Che schifo.

Bussò alla porta della sfarzosa abitazione, con il volto che esprimeva chissà quanti mesti pensieri.

“Buonasera signor gonfaloniere”

“Ezio! Che ci fai qui a quest’ora della notte?!” fece quello, chiaramente sorpreso.

“Signor gonfaloniere, hanno arrestato mio padre e i miei fratelli” mormorò il ragazzo, con la voce ferma nonostante la chiara preoccupazione che gli adombrava il viso “Queste lettere sono l’unico mezzo per salvare la mia famiglia…confido in lei, signor gonfaloniere”

L’uomo prese rapidamente i documenti tra le grosse dita e fece un sorriso di circostanza.

“Dormi pure sonni tranquilli, ragazzo mio. Ci penserò io a tuo padre e ai tuoi fratelli…oh, a proposito di sonno, devi essere stanco! Ti andrebbe di restare tu e i tuoi amici nella mia residenza?”

“Sono una femmina!” sbottò duramente Parcifal, sentendo di nuovo la sua femminilità messa in discussione “No, non possiamo!”

Morgana sgranò gli occhi “Non possiamo?”

Ezio annuì lentamente “Vi ringrazio, ma mi vedo costretto a declinare l’offerta”

Il gonfaloniere fece una strana espressione, poi sorrise. “Va bene, Ezio, non ti tratterrò oltre. Buonanotte”

Ezio si congedò, prendendo per il gomito le due ragazze e allontanandosi in silenzio.

Appena furono lontani a sufficienza, Morgana si abbandonò ad un sospiro sfiancato.

“Sono stanca…Peccato non essere rimasti!”

“Non fare l’imbecille” la rimproverò l’amica, secca.

“Tranquilla, Morgana. Casa mia è ancora disponibile. Resteremo lì per stanotte” disse Ezio con un vago sorriso. Le due ricambiarono il suo sguardo, e si aggrapparono ognuna ad un suo braccio spaventate da un topo che tagliò loro la strada (o forse no?)

Vabbe’. Ezio non sembrò infastidito.

 

Giunti a Villa Auditore, i tre ragazzi si sedettero nel disordine della prima sala, senza dirsi nulla. Morgana si avvicinò ad Ezio e si poggiò una mano sul braccio, sorridendogli.

“Sta tranquillo. Vedrai che si sistemerà tutto” sussurrò la riccioluta per rassicurarlo, e lui fece uno stanco sorriso, come se non confidasse molto in quelle parole.

“Ne sono sicuro. Voi siete stanche, andate a dormire. Domani sarà una giornata faticosa” disse infine con un sorriso.

“E tu?” chiese Parcifal, sollevandosi da terra.

“Resto di guardia. Potrebbero tornare dei soldati di ronda. Non mi fido. Dopo quello che è successo alla mia famiglia penso che sia d’obbligo essere molto discreti…”

“Hai ragione” convenne Parcifal, strofinandosi gli occhi “Riposati. Ci vediamo domani” e detto questo si allontanò verso il piano superiore. Morgana sembrò esitare, tra la scala e la schiena di Ezio.

“…sicuro di non volere compagnia?” chiese lei, con voce sottile.

“Tranquilla, è sicurissimo!” fece Parcifal, agguantandola prontamente per una spalla e trascinandola via tra lamentele e insulti.

 

La mattina dopo uscirono come niente fosse, con gli uccellini che cantavano e le cortigiane che sfilavano per le strade. Insomma, un locus amenus -per gli ignoranti che non studiano latino, fregatevi, nel Rinascimento andava molto di moda- per tutti i gusti.

Camminando verso la piazza cittadina, i tre sentirono un vago frastuono di voci e di passi.

Morgana sgomitò nella folla, facendo spazio a forza di calci e di strattoni.

“Cos’è? Una festa popolare?” chiese Parcifal, innocentemente, tirando una gomitata ad un uomo che urlava al suo fianco.

“Non vedo niente, c’è troppa gente” si lamentò Morgana. L’amica fece un sorrisetto tra sé e sé, afferrandola per la vita.

“Mettiti sulle mie spalle, sono come Chrona” nonostante le chiare lamentele e la riluttanza di Morgana, la ragazza si dovette necessariamente sistemare sulle larghe spalle dell’amica, cercando di aguzzare la vista nella folla.

“Allora?” chiese Parcifal, sbuffando sotto il suo peso.

“Non so come comportarmi”

“Cosa vedi da lì?” chiese Ezio, apprensivo. Morgana strinse gli occhi, maldicendosi per non avere con sé i suoi occhiali. Lentamente, la ragazza mise a fuoco un grosso palco di legno, e delle figure, tra cui riconobbe quella del gonfaloniere Uberto Alberti.

“E’ il gonfaloniere!”

Aguzzò la vista meglio che poté, poi impallidì.

“E poi? Cosa vedi Morgana?” chiese Parcifal, ansiosa. La ragazza tremò e quasi cadde dalle sue spalle.

“E’… tuo padre, Ezio! E i tuoi fratelli!” gemette lei, con gli occhi sbarrati.

“Che cosa?! Non posso crederci!” gridò Ezio, correndo verso il palco, facendosi strada come meglio poté tra le persone. Morgana e Parcifal non ebbero il tempo di fermarlo, perché sentirono un tonfo secco prima del grido strozzato di Giovanni Auditore.

Morgana si coprì il viso con le mani per non guardare.

“Ti ucciderò per questo!” gridò Ezio, disperato, mentre un paio di guardie lo fermavano prontamente per le braccia. Le due ragazze corsero in sua direzione, spaventate.

“Scappiamo Ezio! Non possiamo più restare qui adesso!” gridò Parcifal, prendendogli con decisione la mano. Ezio rivolse un attimo lo sguardo alla forca, poi annuì, poco convinto, cominciando a correre e a guidare le due ragazze lontano dai soldati.

Una freccia di striscio riuscì a fare un piccolo taglio sulla manica del vestito di Morgana.

“Sbaglio o la sua mira sta migliorando?”

“Dobbiamo seminarli!” disse Ezio, afferrando ognuna per il gomito “Non possiamo tenerli dietro fino a casa della sorella di Annetta. Non posso permettere che accada qualcosa a mia madre e a Claudia”

“C’è solo una soluzione!” fece Morgana, bloccandosi in mezzo alla strada. Prese un grosso respiro, e reggendosi la lunga gonna e sollevandola all’altezza delle ginocchia, prese la rincorsa e saltò sul davanzale di una finestra.

“Morgana! Che fai?! Scendi subito, ti sfracellerai!” gridò Parcifal, apprensiva. Goffamente, la ragazza si afferrò con le mani al tetto sopra di lei, issandosi in su con molta difficoltà, pur essendosi sempre ritenuta una brava scalatrice.

Guardò di sotto: Ezio e Parcifal la stavano fissando, il primo con uno sguardo incuriosito, la seconda con gli occhi colmi di terrore.

“Mi fissi la gonna, Ezio?”

“Io?! Non lo farei mai!” fece il ragazzo, imbarazzato.

“Allora, MUOVITI! L’unica via è per i tetti. Da qui correremo verso la Rosa in Fiore, o come cavolo si chiama”

Ezio fece per saltare, ma l’altra ragazza lo trattenne per la camicia.

“Che c’è?”

Lei rimase in silenzio, arrossendo vistosamente.

“Ah Ezio, quello che Parcifal vorrebbe dirti, ma ormai è chiaro che ha dei gravi problemi di comunicazione, è che non si sa arrampicare!” disse Morgana, ridacchiando.

“Sei un’ottima amica!” sbottò quella, sbuffando.

Ezio buttò un occhio al vicolo, da cui proveniva un rumore di passi affrettati.

“Ad ogni modo, non abbiamo perdere tempo!” disse velocemente il ragazzo, afferrandola per la vita e prendendola in braccio.

“Eh, che fai?! Mettimi giù, mettimi giù!!” si lamentò quella, dimenandosi.

Inutilmente, perché Ezio aveva una presa decisa e saltò grazie a degli appigli invisibili  e reggendosi con una mano sola. Quando si dice coniglio dopato…

“Sarebbe meglio se ti facessi disonorare in silenzio, Parcifal, altrimenti chiederò a Paola di prenderti tra le sue ragazze” suggerì Morgana, reggendosi la gonna mentre saltava da un comignolo all’altro.

“Vi detesto entrambi! Io soffro di vertiiiiiiiigini”

 

La Rosa in Fiore era un posto che le due ragazze avrebbero potuto definire un YouPorno del passato. Solo più reale.

Madonna Paola era una donna gradevole, molto bella, con un elegante portamento che la distingueva dalle altre cortigiane.

I fatti dimostrarono che in effetti c’era qualcosa per cui Paola era diversa dalle altre.

Ovviamente Ezio aveva molto da pensare: sua madre era paralizzata dal dolore, sua sorella si trovava in uno stuolo di donnine poco raccomandabili -i cattivi esempi!- suo padre e i suoi fratelli erano stati uccisi sotto falsa accusa.

Anche se dimostrava la forza e la tenacia del suo carattere, era difficile non notare il suo sguardo mesto e la disperazione nei suoi occhi.

Parcifal gli si avvicinò, sorridendo, imbarazzata.

“Mi dispiace molto. Sappi che ti sono vicina” disse lei, prendendogli la mano. Ezio ebbe solo il tempo di sorridere, prima che un gruppetto di cortigiane accerchiasse la ragazza e la trascinasse via.

“Che bel ragazzino! A te adesso ci pensiamo noi!” cinguettarono in coro, ridacchiando.

“Sono un femmina! Sono una dannata femmina!!”

In un angolo, Morgana fece un sorrisetto soddisfatto, accanto a Paola.

“Grazie madonna. Ora imparerà che a Morgana non si frega mai il ragazzo. MAI”

 

Ovviamente, dopo le dovute spiegazioni -e il recuperamento di Parcifal, pare che su questo punto le ragazze di Paola fossero rimaste parecchio deluse, poverine- Ezio ebbe il tempo di osservare con più attenzione lo strano oggetto ritrovato nel baule nella stanza segreta di suo padre.

Era una lama, una specie di arma, rotta per giunta, ma che Parcifal osservava vomitando arcobaleni con sguardo disinteressato.

“Che si fa?” chiese Morgana, con tono casuale.

“Credo che converrebbe andare da qualcuno che sappia riparare quest’arma… potrebbe risultarti utile, Ezio” suggerì Parcifal, con un sorriso.

Ezio rimase interdetto per qualche istante, poi fece un sorrisetto tra sé e sé.

“E io so chi possa ripararla…”

 

 

 

 

 

 

_ sempre più inutile spazio elfico [RosTheElphe]

Oplà, ecco un altro bellissimo capitolo finalizzato a distruggere a rivedere la storia di Ezio Auditore. Ad ogni modo, dopo aver concesso alla mia collega il capitolo figo con la scena della tunica -ovviamente quelli della Ubisoft hanno immaginato che il pubblico femminile (e anche quello maschile) si sarebbe scandalizzato a vedere Ezio che si cambiava d’abito, che volponi- mi sono consolata con la parte del patibolo, cosa per cui sono ancora sotto choc. Chi bazzica sull’inutile profilo della sottoscritta avrà notato le varie fanfic sulla morte di Petruccio e Federico (Federico!!! Il preferito di mia mamma!!) quindi questo capitolo un po’ mi spettava di diritto.

Intanto, ho permesso a Parcifal di avere il suo momento di gloria con Ezio che se la porta in braccio -hai letto tutte le lettere della frase Blazethecat31?- mentre io mi trascino dietro tre chili e più di cotone e merletto. Chi del pubblico mi concede un paio di pantaloni?

Non è un caso che quando zompiamo sui tetti e Parcifal si lamenta vi sia tornata in mente una reminiscenza di Hercules; è uno spudoratissimo plagio di Meg, odiatemi.

Ah, una novità inutile: visto che siamo arrivate al 5 capitolo (grande risultato ragazzi, grande risultato) parto con un gioco idiota, alla mia maniera insomma: visto che in 5 capitoli si sono un po’ rivelate queste due fanciulline(?) quando lascerete i commenti (per chi lo farà, ovviamente) potrà specificare da chi delle due cooprotagoniste vuole ricevere una risposta ad eventuali domande-saluti-precisazioni-errori etc.  

Anche se il profilo è dell’inutile elfo, c’è anche una micetta che partecipa alla fanfic, e mi sembra giusto che anche Parcifal abbia la sua parte.

Detto questo, commentate in tanti!!

A presto, carote!

 

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Capitolo 6
*** Agli artisti rinascimentali piace prendere in giro gli assassini ***


 

I tre si accinsero ad oltrepassare la porta d’ingresso, abbandonando quella casa del piacere cosparsa di tende attaccate ai muri, gente ubriaca e cortigiane che sfilavano con abiti non poco scollati, ma vennero subito bloccati da Paola, proprio davanti all’uscio.

“Non potete uscire, sapete che siete ricercati dalle guardie di tutta Firenze?”

“Come sarebbe? Anche noi?” domandò pallida Parcifal, puntando il dito prima verso sé stessa, poi verso l’amica.

“Si, le guardie del gonfaloniere credono che siate complici del reato che secondo loro avete commesso” fece lei, cupa, facendoli tornare nel salone per poi farli accomodare su un tavolino.

“I maledetti Templari sbucano dalle fottute pareti…” si disse Morgana, a bassa voce, digrignando i denti. Fortuna che nessuno l’aveva sentita.

“Non possiamo rimanere qui per sempre. Devo preparare la mia vendetta contro Alberti, e per farlo questa…lama deve essere aggiustata!” irruppe Ezio, sbattendo i pugni contro il tavolo, facendo tentennare tutte le persone all’interno della stanza, immergendosi poi in un monologo interiore.

“Ho provato a fermarlo….ma c’erano troppe guardie…”

“Ezio, non vi terrò qui in eterno. Solo il tempo necessario per insegnarvi alcune cose”

“Insegnerai ad uccidere? Anche alle ragazze?”

“Non ad uccidere, vi insegnerò a sopravvivere, a tutti e tre” sorrise Paola, portando i suoi ospiti nel piccolo cortile dietro la casa.

Entrambe sapevano già cosa sarebbe successo, precedettero quindi le spiegazioni e si infilarono in mezzo ad un gruppo di ragazze, senza destare attenzione.

“Per prima cosa vi insegnerò a confondervi tra la folla, è un buon metodo per aggirare le guardie quando vi vedono. Raggiungete un gruppo di persone e mettetevi al centro, camminando normalmente. Non mostrare nervosismo in questi casi è fondamentale…” avrebbe continuato a ciarlare per ore se non si fosse accorta di una certa presenza, anzi due, che veniva a mancare.

“…ma dove sono finite le tue amiche?” si girò di colpo, vedendo solamente le sue ragazze che ridacchiavano sonoramente come loro solito; si avvicinò ad uno dei gruppi.

Niente.

O almeno, così sembrava.

Morgana stava allegramente imitando le mosse delle cortigiane, non proprio in senso pratico, ma qualcosa del genere, e le stava riuscendo bene -chissà, magari le sarebbe stato utile durante qualche mercatino dell’usato- , mentre la sua amica aveva semplicemente lo sguardo chinato, cercando di non incrociare lo sguardo di nessuno, altrimenti l’avrebbero scambiata di nuovo per un “dolce ragazzino”; e sinceramente della cosa ne aveva più che abbastanza. Paola fece per andare a cercare altrove, preoccupata, quando sentì Ezio dire “dunque siete già riuscite a ingannare l’occhio della vostra insegnante? E brave”.

“Erano davvero nel primo gruppo?”

“Si madonna Paola, erano in mezzo a noi! E abbiamo retto loro il gioco” sogghignò una di loro.

Ma non per questo Paola si sarebbe fatta prendere alla sprovvista.

“Bene, vedo che avete già imparato. Che ne diresti di diventare una delle mie ragazze? Sembri avere i requisiti giusti” tagliò corto lei, avvicinandosi a Morgana.

“VENDETTA!” enfatizzò Parcifal, con voce satanica (?) facendo digrignare all’amica i denti dalla rabbia, ma non troppo visibilmente.

“Eh…cioè…mi piacerebbe…in un certo senso….ma io non ho esperienza con le arti carnali”

Parcifal si alzò sulle punte, raggiungendo l’orecchio di Auditore e bisbigliando qualcosa, qualcosa che trasformò l’ansia del ragazzo in un’espressione che andava tra il divertito e il non convinto.

“Secondo il mio parere i vestiti delle cortigiane di Paola vi donerebbero assai”

“Pensaci bene Morgana, se andassi in giro con quegli abiti potresti levarci i soldati più insistenti di mezzo” ammiccò l’amica, sorridendo maliziosamente -cosa abbastanza inusuale-.

“Facciamo che mi provo l’abito e poi ci penso. L’idea di levarsi di mezzo le guardie così non è male…” che tradotto nella sua lingua significa “se a Ezio piace io non ho nulla in contrario, qualunque cosa accada”

“Va bene, seguimi allora”

 

Per farla breve, dopo un buon quarto d’ora di attesa le due uscirono -col cavolo che Parcifal entrava di nuovo là dentro- e Morgana non sembrava più Morgana, chiunque avrebbe fatto fatica a riconoscerla. L’abito era sul verde scuro, lungo, attillato ma non troppo, sembrava potesse andare bene anche per saltare e arrampicarsi entro alcuni limiti. Inoltre non sembrava scomodo, a differenza degli altri. Chissà dov’era finito il vestito di Claudia.

“Come sto?”

“Sembri più magra”

“Zitta ultima, non dicevo a te”

“Se volevi conoscere il mio giudizio…concordo con la tua amica”

“Proprio ciò che volevo sentire, Ezio”

 

Partirono per  un giro di prova. O le guardie erano cieche o erano già diventati tutti esperti nel mimetizzarsi, e i civili non provarono fastidio.
Probabilmente nel Rinascimento la gente era abituata a ritrovarsi un assassino, una cortigiana e una “bambina” alta un metro e sessantacinque nella propria comitiva.

“Molto bene, ora utilizzeremo la mimetizzazione per fare molto di più. Vi insegnerò a rubare”
A Morgana iniziarono a brillare gli occhi, aveva una certa passione e abilità per i furti, da quelli di dolci presi di nascosto dal vassoio ai big money -si fa per dire-, ed era proprio ciò che stavano andando a prendersi. Non fu molto difficile derubare delle persone che tenevano i loro fiorini sempre nella stessa tasca.
Parcifal era brava con il joystick, ma non “realmente”, infatti fu l’unica a venire sgamata più di una volta, e che fu costretta a sfruttare le sue discrete conoscenze sul combattimento per levarsi di mezzo l’uomo appena derubato.
Era muscolosa, le mosse le sapeva. Cosa si poteva desiderare di più?

 

 

“Vi ho insegnato tutto ciò di cui avete bisogno, siete liberi di andare ora” li congedò Paola con un inchino, mentre si accarezzava la lunga treccia bruna.

“Ti ringrazio infinitamente Paola. Però ora ho da chiederti una cosa: perché aiutare proprio noi, dei prefetti sconosciuti?”

“Anche io conosco la sofferenza e il tradimento, caro Ezio…” e detto questo si tirò indietro la manica del vestito, scoprendo il braccio pieno di lividi e graffi.

“Faremo tesoro dei tuoi insegnamenti, Paola!” fecero le due ragazze, abbracciandola dolcemente.

Ma sì, dopotutto anche lei faceva parte della Confraternita.

Usciti dalla casa si sedettero su una panchina, riposandosi un po’ e contando i soldi arraffati -naturalmente era come se non ci fossero-, dopodiché raggiunsero subito la bottega di Leo.

 

“Ezio, che piacere rivederti! Certo non mi aspettavo una tua visita dopo ciò che è successo…” lo salutò il pittore-inventore-uomocheprovaanchetroppasimpatiaperaltriuomini, abbracciandolo anche con troppa foga; non gli diede nemmeno il tempo di parlare, in pochi attimi lo aveva fatto deprimere di nuovo e lo stava soffocando, naturalmente per lui non esisteva la presenza delle ragazze. Che genio…

“Leo, non dovresti dirgli queste cose… piuttosto dovresti aiutarci a riparare quest’arma” interloquì Parcifal, leggermente -ripeto, LEGGERMENTE- nervosa per il comportamento di quest’ultimo.
Naturalmente per lei la formalità era un optional, lo aveva “visto” così tante volte quando stava da sola in quella villa a tre piani comunemente definita come “casa di papà” davanti allo schermo piatto a giocare in compagnia di un cane e un gatto malnutriti che litigavano continuamente.

“Oh, perdonate la mia indecenza. Lasciatemi fare un po’ di spazio” si avvicinò ad un tavolino di legno e prese a spostare gli oggetti che erano lì sopra, creando uno spiraglio di tavolo da lavoro.

“Dai Ezio, fagli vedere la lama” fece Morgana, mentre stava utilizzando lo strumento fondamentale che ogni cortigiana deve avere.
No, non la voglia di accoppiarsi con tutti in qualsiasi momento, ma l’invenzione migliore di tutte dopo il tostapane –che oltretutto a quei tempi non esisteva, quindi era l’invenzione migliore di tutte-.
Un meraviglioso ventaglio ornato di merletti e quant’altro.

Ezio la mise sul tavolo, dandogli il tempo di esaminarla.

“Sembra un oggetto molto sofisticato…non ho mai visto niente di simile. Credo di non poter fare niente senza…” Parcifal si avvicinò di colpo, non dandogli il tempo di finire la frase, e tirò fuori dalla polsiera una vecchia pergamena che aprì con molta cautela.

“Perfetto! Grazie mille…”

“Mi chiamo Parcifal. Scusa per come mi sono comportata l’altra volta, ma ero un po’ scombussolata per il viaggio che ho fatto. Nel mio paese ho sentito parlare di te, sei più popolare di quanto credi. Inoltre so che noi abbiamo qualcosa in comune”

“Ovvero?”

“Scrivere al contrario, anche io sono mancina. Ora ti lascio lavorare” incredibile ma vero, era da molto che sognava di potergli dire qualcosa del genere. Tornò dall’amica, cercando insieme a lei una sedia, sapeva che ci sarebbe stato un bel po’ di tempo prima di finire con l’arma, Leonardo era anche famoso per la sua velocità nel finire i lavori.

“Dammi il ventaglio, sai com’è andare in giro con la camicia?”

“Ci pensavi prima, la prossima volta che andiamo da Paola ti fai vestire come me”

“Ma anche no. Non ci penso nemmeno ad andare in giro con le gonne, lunghe o corte che siano”

“Non sono gonne, sono abiti lunghi. Ora ho capito perché ti scambiano per un maschio”

“Senti, sto cercando di dimenticare questa faccenda, mi farebbe piacere non parlarne”

 

 

“Notevole…se trasponiamo le lettere e ne scegliamo una ogni tre…”
Trascorsero una bella manciata di ore a dormire sulle proprie sedie, con le teste appoggiate alle spalle di Ezio, e la cosa era stata fatta inconsapevolmente. Sentire i monologhi di Leo dava un certo senso di sonnolenza, al quale nessuno dei tre si poté sottrarre.

“Fatto, l’ho finita!”

“Eh… finita cosa?” Nello svegliarsi il ragazzo si mosse, causando una paurosa reazione a catena che fece svegliare entrambe le ragazze, stavano così bene messe in quel modo.

“La lama. Ho tradotto la pergamena e mi ha indicato esattamente cosa fare. Ora..”

“…ora Leonardo dovrà tagliarti l’anulare” dissero contemporaneamente le due.

“…dovrò tagliarti l’anulare. La lama è stata pensata per garantire la dedizione di chiunque se ne serva. Mi duole farlo, ma è così che deve essere” prese una mannaia da chissà dove, e lo accompagnò al tavolo, posizionando il dito. Morgana si avvicinò, avvinghiandosi al braccio di Ezio come solo un dolce gatto in calore sa fare, anche se lei non era un gatto in calore.

“Cosa stai combinando?!”

“Ora c’è il MIO momento di gloria”

Ezio non ci stava facendo nemmeno caso. Chiuse forzatamente gli occhi e diede il suo consenso, per poi sentire un secco zac, ma niente dolore. Riaprì gli occhi, l’anulare era ancora lì.
Naturalmente Morgana lo sapeva, faceva solo la finta inconsapevole.

“Scherzavo, Ezio. L’arma è stata modificata apposta per tenersi il dito, e questo vale anche per te” ridacchiò lui, lasciando la mannaia conficcata sul tavolo. Certo che gente ordinata come lui non si trova ovunque.

 

Poi si sa come andò a finire. Ezio rimase colpito dal meccanismo, Leo gli chiese se aveva altre pergamene e lui rispose di no, ma promettendogli che se ne avesse trovate altre gliele avrebbe portate.
E poi arriva la classica guardia rompiballe.

“Per ordine della Guardia Fiorentina, aprite la porta!”

“Arrivo! Voi aspettate qui”
Incredibile, aveva interpellato anche le ragazze.

“Sei tu Leonardo da Vinci?” sbottò il soldato fuori dall’uscio della bottega.
“Sì, sono io”
“Vieni, devi rispondere a qualche domanda” lo accompagnò nel vicolo sul retro, ripassandosi a mante il quesito.

“Qual è il problema?”

“Un testimone afferma di avervi visto frequentare dei nemici della città”

“C-cosa? Io? Frequentare? Assurdo!”

“Quand’è stata l’ultima volta che hai visto o parlato con Ezio Auditore?”

“Chi?”

“Non fare il finto tonto! Sappiamo che eri amico della famiglia! Ora ti aiuto a ricordare” lo spinse con violenza, facendolo rovinare per terra, e iniziò a prenderlo a calci.

 

“Ezio, Leonardo ha bisogno di te! Devi uccidere la guardia con la lama!” urlò Morgana, accompagnandolo verso il vicoletto.
Fu un istante, un solo minuscolo istante. Da che la guardia lo stava pestando di santa ragione a che si ritrovò a stramazzare al suolo con un buco nello stomaco, nel vero senso della parola.

 

 

 

 

_...oh, siamo già in onda? [blazethecat31]

Questa volta non credo di avere molto da dire, chiedo semplicemente perdono per l ritardo, il fatto è che durante la settimana ho avuto un sacco di idee da poter inserire nelle note deliranti dell’autore o per portare la storia avanti, ma la maggior parte di queste mi venivano mentre aspettavo l’autobus, e non posso portarmi un notebook a scuola, in Sicilia il tasso di furti è abbastanza alto, sapete? Non so se da voi è possibile portarsi in giro il pc in mano senza che un malintenzionato vi butti a terra e ve lo rubi da sotto il naso, ditemi cosa ne pensate se volete.
Altra cosa importante da dire,  prima ho fatto una descrizione del nuovo vestito di Morgana piuttosto poco nello specifico, quindi rimedio mettendo un disegno, sempre che l’html sia d’accordo con me. Naturalmente il disegno l’ha fatto Ros, a cui passo il testimone.

 

Certo che Paola l’ha tirata a lustro…oh, e ricordatevi che il vestito è verde scuro.

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Capitolo 7
*** Vieri preferisce le cortigiane al David ***


Madonna Paola li accolse con calore, circondata da un piccolo stormo di cortigiane.

“Ho cominciato a temere il peggio” confessò Paola, con un sorriso.

“Perdonateci, madonna” disse Morgana, con un piccolo inchino.

“A Leonardo piace parlare… con Ezio…” aggiunse Parcifal, nervosa.

Ezio sembrò non curarsene, al punto tale che alle due venne da chiedersi se in fondo non fosse consenziente. Dopo quello che si diceva di Altair e Malik…

“Guardate qui, madonna!” fece il giovane Auditore, facendo scattare la lama dal bracciale. Le reazioni furono le più disparate: dal sorriso ammirato di Paola alla bava arcobalenosa di Parcifal, dal battito di mani di Morgana alla fuga delle cortigiane spaventate.

Poverette.

“Notevole Auditore, notevole” fece Piton Paola, piena di entusiasmo.

“Ho sentito che in questi giorni si fa una bella festicciola paesana dalle parti di Santa Croce, o cose del genere…” azzardò Morgana, accarezzandosi la treccia con tono casuale. A Paola brillarono gli occhi.

“Ecco cosa dovevo comunicarvi! Come ha detto la vostra amica, messere, domani ci sarà un grande evento nel chiostro di Santa Croce. La presentazione del David commissionato dalla famiglia Medici!” spiegò la donna, raggiante.

“Non mi sembra il momento per occasioni mondane questo…” osservò Ezio, cupo.

Parcifal gli smollò una gomitata nel fianco. “Rifletti, Ezio! Ci sarà il fiore della nobiltà di Firenze! Anche il gonfaloniere ne prenderà parte e…”

“…e allora avrai la tua vendetta!” conclusa Morgana, enfatica. L’altra la osservò con odio.

“Mi. Fai. Finire. La. Fottuta. Frase?!”

“Non è una cattiva idea. Purché tu agisca in silenzio” gli ricordò la donna, seria. Il ragazzo annuì non troppo vivacemente, ripensando agli avvenimenti drammatici che l’avevano condotto fino a quel punto.

Morgana ruppe il silenzio con la solita eloquenza -a vanvera-   

“E allora? Su, dobbiamo tirarci a lustro per la grande serata! Ezio vai subito a farti un bagno, Parcifal sistemati quei capelli assurdi e per l’amor del cielo mettiti una camicia più larga! Per un attimo un passate ha ipotizzato che tu fossi una sottospecie di donna!”

Morgana quando dettava ordini era peggio di un generale fascista.

“Ma io sono una dannata donna!”

Lei non se ne curò, e la spinse via.

 

Per tutti i comuni passanti che vedevano una bella cortigiana in mezzo a due(?) giovanotti incappucciati il primo pensiero vola ovviamente alle orge private che organizzavano i gentili magnati maniaci sessuali che detenevano il potere. 

Stranamente, non era così.

“Non vedo niente con questo cappuccio sugli occhi!” si lamentò Parcifal.

“Niente devi vedere”

“Ragazze, poche chiacchiere” fece Ezio, nervoso “Questa è Santa Croce. Aspettami Alberti, la tua fine è vicina”

 

Ovviamente nessuno si chiese che ci facesse una cortigiana in mezzo a tante nobildonne. A pensarci bene, Morgana era una cortigiana educata, ma poco raffinata, e il suo modo morboso di stringere il braccio di Ezio appoggiò quella che era la sua mascherata.

“Più tardi dovrai mollarmi il braccio”

“Perché?” fece lei, lagnosa.

“Come faccio a far scattare la lama?”

La ragazza gli lasciò a malincuore il braccio, nascondendosi nelle pieghe del vestito color smeraldo.

“Credo che ci siamo. Quelli sono Lorenzo e Alberti. È il mio momento, devo seguirli” disse Ezio, con un profondo sospiro. Parcifal gli prese la spalla.

“Veniamo con te!”

“Preferirei stare da solo. Devo essere il più silenzioso possibile”

“…stai insinuando che non siamo silenziose?” replicò Morgana, con gli occhi stretti.

“Dal modo in cui schiamazzi!” Parcifal le diede una botta sulla spalla “Va bene Ezio, noi resteremo qui a tenere d’occhio la situazione”

Lui sorrise.

“Quando avrò finito, non potrò tornare a prendervi. Appena vedete caos correte subito da Paola, non fermatevi per nessuna ragione e non mi aspettate. Chiaro?”

Parcifal lo guardò tristemente, sentendo quanto nervosismo c’era nella sua voce. Annuì.

“Bene” le accarezzò distrattamente la spalla prima di sparire tra la folla di invitati.

Le due ragazze lo osservarono muoversi furtivo, e Parcifal fece un sospiro, preoccupata.

“Di’” cominciò Morgana, mettendo le mani sui fianchi “Come mai ha accarezzato solo te?”

“Sono più figa e meno cagacazzo”

“Questa me la paghi!”

Aveva già alzato la mano per schiaffeggiarla, ma qualcuno gliela afferrò con galanteria.

“Buonasera madama”

Morgana sgranò gli occhi, e si voltò verso l’amica. “E’ quel cazzone di Vieri!”

“Buonasera messere…” rispose lei, lievemente infastidita, cercando di liberare la mano.

“Scusa compagno” disse Vieri, impertinente, rivolgendosi a Parcifal “Ti dispiace se ti rubo la fanciulla per pochi minuti? Il tempo di una chiacchierata”

Ma Vieri non era venuto per contemplare il David?

Un vago rumore di ciance e strilli vari giunse dal fondo della sala.  

“Spiacente amico, sarà per un’altra volta!” fece Parcifal, afferrando Morgana per il gomito  trascinandola via dal chiostro correndo. In pochi minuti il posto si riempì di soldati.

“Ma che cazz, Ezio non doveva agire in silenzio?!” fece la ragazza, guardandosi attorno.

“Ti pare che nessuno noti un cadavere?” le fece eco Morgana, stringendole la mano.

Improvvisamente, una paio di mani forti la afferrarono con decisione per le spalle. Lei sobbalzò e voltandosi mollò un ceffone all’impertinente che aveva osato toccarla.

Con tutta probabilità Vieri, o un soldato…

“Ezio?!”

“Che ho fatto stavolta?” si lamentò lui, massaggiandosi la guancia colpita.

“Pensavo fosse Vieri!”

“Non avevi detto che non saresti tornato a prenderci?” gli ricordò Parcifal, stranita.

“E voi non avevate promesso che sareste corse a casa? E che c’entra quel buono a nulla di Vieri?!”

“Dopo ti spieghiamo” conclusero le ragazze, affrettandosi verso la Rosa in Fiore.

 

Ritornate alla casa-del-piacere, Ezio raccontò ciò che aveva scoperto da Alberti e mostrò loro la lettera che aveva trovato.

Era evidente che la sua famiglia si era fatta parecchi nemici a Firenze oltre ai Pazzi.

Dopo qualche oretta trascorsa a giocare con la lama celata a fare allenamento nel cortile, Parcifal gli si avvicinò, notando il suo sguardo visibilmente turbato.

“Ezio… credo che sia il momento di parlare con tua madre e tua sorella…”

Il ragazzo sospirò.

“Lo so… è solo che… non ho il coraggio…”

Lei sorrise.

“Morgana è già di là. Io… preferisco restare qui”

Ezio la guardò e capì. Indi, si diresse verso la stanza di Claudia e sua madre.

Parcifal, con le mani sulle orecchie, aspettava di sentire i singhiozzi della ragazza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

_commento inutile [Ros The Elphe]

Heilà! Dannati templari-lustrascarpe dei Pazzi! In questi giorni avevo poca ispirazione, ma sentire ridere la mia collaboratrice per telefono è la cosa più grandiosa di questa fanfic in generale.

Dopo l’incontro con Vieri, Morgana sta cominciando a riconsiderare l’ipotesi di diventare una vera e propria cortigiana…credo…

Ad ogni modo, lancio la palla a blazethecat31 che vi renderà tutti più allegri con l’arrivo a Monteriggioni (io già so su cosa punterai, ultima!)

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Capitolo 8
*** A Ezio non riescono a fare il naso giusto ***


“Ezio, dove andremo ora?” singhiozzò Claudia, avvinghiata al fratello, le lacrime gli stavano imbrattando tutta la camicia figa di Giovanni.
Povera Maria, le sarebbe anche toccato lavarla oltre che percorrere un lungo viaggio, tutto questo senza proferire parola, era come portarsi in giro una donna in coma perfettamente in grado di camminare e pregare.

“Dobbiamo andarcene da qui, Firenze non è più casa nostra. Andremo a Monteriggioni, abbiamo un parente lì. Vi do il tempo di fare le valigie, poi partiremo” fece lui, lo sguardo cupo, le braccia che stringevano sempre di più la sorella.

Dopo il bel discorsetto Ezio e Morgana tornarono in cortile, dove videro Parcifal cercava in tutti i modi di arrampicarsi sui sovrastanti giardini pensili, ma invano, era caduta diverse volte, aveva le mani rosse per i numerosi appigli che aveva preso male.
Sarebbe stata dura per lei continuare se non avesse imparato a zompare sui tetti.

“Cos’è questa, una nuova forma di masochismo?” ridacchiò Morgana, vedendola aggrapparsi malamente sulla sporgenza.

Anche Ezio rimase leggermente divertito; si avvicinò alla ragazza cercando di darle qualche dritta.

“Non ha senso cercare di salire dove non ci sono muri che agevolano la scalata. Prova a sfruttare la colonna. Guarda, ti faccio vedere” con una piccola rincorsa camminò su detta colonna per pochi istanti, per poi aggrapparsi dolcemente alla cima.

“Lo fai sembrare così facile…io non so camminare sui muri”
Fortuna che entrambi avevano le braccia lunghe.

“Ti ci abituerai un giorno, per ora cercherò di aiutarti io” si inginocchiò e le tese le mani, che raggiungevano la sua testa, lei le prese con decisione, e facendo forza sulle gambe notò che stava camminando in verticale.

“Guarda Morgana!! Sto imparando a zompare sui tetti!”

“Non perdere mai la concentrazione quando ti arrampichi, anche la cosa più semplice potrebbe andar male se non fai attenzione”

Con tanta fatica riuscì ad arrivare in cima, felice ma stanca.

“I did it? I DID IT!!! Ultima, mettiti qua sotto, voglio provare a fare una cosa”

“Parlate inglese?”

“Per quel poco che sappiamo, sì”

Morgana fece quanto chiesto, rossa d’invidia.
“Cosa tipo dovrei fare ora?”

“Devo scendere, mi devi aiutare”

“Non dire cretinate, calati e non avrai bisogno del mio aiuto”

Parcifal si inginocchiò davanti al bordo, saldandosi con le mani, dopodiché con tanta ma tanta pazienza iniziò a sporgersi sempre di più, fino a restare a penzolare sopra il cortile.

“Muoviti, non abbiamo tempo per giocare agli assassini, dobbiamo togliere la diffamazione dal cognome di Ezio”

“Che intendi?” fece quest’ultimo, buttandosi direttamente piuttosto che restare aggrappato, anche Parcifal scese, finalmente.

“Non possiamo andarcene da qui senza far perdere le nostre tracce, prima o poi ci cercheranno altrove, quindi dobbiamo fare in modo che la città si dimentichi di noi”

“Come possiamo fare?”

Parcifal finalmente interloquì.
“Strappando i manifesti dove è segnata la tua taglia, corrompendo i banditori che parlano male di te o uccidendo dei funzionari corrotti. Ai manifesti ci pensiamo noi, tu occupati del resto”

Il viso del ragazzo si fece un po’ preoccupato.
“Sicure di poter andare in giro da sole? Anche voi siete ricercate”

“Tranquillo, sfrutteremo gli insegnamenti di Paola” Morgana ammiccò, e con l’amica si diresse verso i vicoletti.

“Sta bene, ci vediamo qui fra un’ora”

 

 

 

“Sbaglio o non riescono a fargli il naso giusto?” domandò ironicamente Morgana alla vista di uno dei manifesti, attaccato sul muretto di un tetto per di più.

“E che ne so, devo ancora salire”

La “cortigiana” si sporse dal bordo della casa, notando l’amica di sotto che cercava qualche appiglio che naturalmente non sarebbe riuscita a tener stretto prima di cadere.

“Genio, c’è una scala dall’altra parte”

Parcifal calò la testa, consapevole della brutta figura.

“Arrivo…”

Nel frattempo l’altra strappò il pezzo di carta, un quarto della città non avrebbe più riconosciuto Ezio anche se probabilmente era l’unico vestito in quel modo in tutta Firenze.

“Allora, che ne pensi?”

“Che diamine c’è scritto sopra?”

“E’ latino, se il viaggio nel tempo e nello spazio non mi ha fuso il cervello dovrebbe voler dire qualcosa come  morto o vivo o robe così”

“Non si smette mai di imparare”

“Non dirlo a me”

Naturalmente la conversazione non sarebbe potuta andare avanti senza il buon arciere di turno con l’arco teso.
“Scendete giù o vi colpisco!”

“Credo sia meglio fare come dice lui” osservò la ragazza con il cappuccio, vedendolo pronto a scoccare la freccia.

“Se non ti vuoi ritrovare un pezzo di legno conficcato nella giugulare direi che dovremmo seguire il suo consiglio”

Tornate in strada, tra i borseggiatori, i contadini con le casse di frutta tra le mani -guai a farle cadere- e le guardie che osservavano Morgana con fare non raccomandabile le due presero in considerazione di iniziare a prender mano alle armi quando sarebbe stato necessario.
Il problema è che mancavano i big fiorini.

“Credi sia una buona idea convincere Ezio a comprarci una spada? O anche un pugnale potrebbe andare bene…” fece Parcifal, mentre cercava qualche fabbro che magari sarebbe stato disposto a fare uno sconticino per delle ragazze vogliose di andare a far stragi di templari.

“Se riuscissimo a racimolare un po’ di soldi da sole magari possiamo comprarcela noi una spada”

“Non credo che i fiorini presi dalla gente bastino per due spade…oh, guarda, un manifesto!” lo strappò come se niente fosse, attirando così una guardia di passaggio, fortunatamente non troppo corazzata o armata.

“Che intenzioni hai tu?” si avvicinò minacciosamente, prendendo poi Parcifal per il bavero della camicia.

“Pensavo che quel pezzo di carta attaccato al muro non fosse a norma…” improvvisò la ragazza, messa sulle punte perché il soldato la stava tirando su sempre di più.

“Quel pezzo di carta serve a informare la plebe come te che c’è un assassino in libertà”
Non si era nemmeno accorto di Morgana, che cosa strana.

“Credo che la mia amica abbia imparato la lezione, ora però lasciatela andare, buon uomo” fece quest’ultima, gli occhi languidi e la voce dolce.

L’uomo la scagliò via, facendola rovinare a terra, e per poco non andava a finire in mezzo a un gruppo di passanti.
Brutta cosa farsi calpestare.

“Ho fatto quanto chiesto buona donna, spero vivamente che non ci riprovi più, altrimenti la prossima volta finirà nelle acque del fiume con un mattone legato piuttosto che in mezzo alla polvere” sghignazzò la guardia, allontanandosi.

“Questa me la paghi!” Rialzandosi, Parcifal partì alla carica cercando vendetta, ribollendo di rabbia. Fortuna che il braccio di Morgana era abbastanza forte da tenerla ferma.

“Non ci pensare, un giorno morirà anche lui. Torniamo indietro, Ezio avrà già finito”

 

 

“Cosa sei riuscito a fare?”

“Ho ucciso un funzionario corrotto e…ho avuto il tempo di seppellire i miei cari”

“Fai scendere Maria e Claudia, possiamo andare”
Auditore fece quanto detto, non sapendo però come facesse Morgana a sapere che nessuno in città l’avrebbe più riconosciuto, né come fosse stata capace di rimanere impassibile davanti a quello che aveva detto.

In ogni caso, non fu un problema superare le porte principali.

“Ezio, torneremo mai a casa?” chiese rassegnata Claudia.

“Non lo so…”

“Ci metteremo tanto per arrivare?”

“Non lo so”

“Sopravvivremo a tutto questo?”

“Non lo so!”

“…hanno avuto una degna sepoltura?”

D’istinto stava per dire un altro “non lo so!”, ma comprese il messaggio in tempo.

“Sì…l’hanno avuta”

 

“Io non ci penso nemmeno ad andare a piedi” sbottò Parcifal, tornando indietro verso la stazione di posta.

“Che intenzioni hai?”

“Voglio un cavallo”

Prese le redini di un destriero a caso, salendo con fatica.

“Tu non vieni?”

“Dammi il tempo di salire, io devo sedermi con le gambe tutte da un lato”
Non si sa come, ma riuscì nell’intento, riuscendo pure a tenersi ai fianchi dell’amica grazie alla schiena da contorsionista che si ritrovava.

“Ma sai governare un cavallo?”

“…no, e non so nemmeno come sto facendo a farlo andare lento”

Ma si sa, i cavalli vengono continuamente punzecchiati dalle mosche, una delle quali si posò dal lato di Morgana, vicino alla coda del cavallo.

“Vai via maledetto insetto rompipalle” gli insetti la rendevano parecchio nervosa, per questo la scacciò con una manata, dando così un colpo anche al quadrupede.

Non l’avesse mai fatto.

All’improvviso partirono al galoppo, con Parcifal che cercava di spostare il peso del corpo per virare; non sapeva se il metodo giusto era quello, ma l’importante era il risultato.

“Ci vediamo a Monteriggioni, Ezio! La strada la conosciamo!”

 

 

 

…dovrei tipo chiedervi scusa_[blazthecat31]
Frustatemi, lapidatemi, affogatemi come voleva fare la guardia di prima, fatemi ciò che volete, ma sappiate che ci sono stati un po’ di casini, i quali mi hanno impedito di scrivere (molti dei quali legati alla non-voglia di stare chinata sulla tastiera)…ma meglio tardi che mai, no?
Se proprio volete nelle recensioni potete aggiungere qualche bestemmia rivolta a me anche se il regolamento lo vieta, ma io sono una masochista come ormai “molti” di voi avranno capito, quindi io e solo IO ve lo permetto (ammesso che le recensioni arrivino, ci sto perdendo le speranze…)

Che altro dire, scusatemi per il ritardo, e spero che Ros non faccia il mio stesso errore.

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Capitolo 9
*** le galline nuotano nell'arcobaleno ***


“Però ammettilo, è stato divertente!” commentò Parcifal, scendendo goffamente da cavallo.

“Sì, sì, stupendo, però adesso fammi scendere prima che rovini la tappezzeria!” gemette Morgana, verde in volto, mentre si tappava la bocca con la mano.

Ezio sopraggiunse proprio mentre cercava di razzolare al suolo mentre Parcifal teneva per le briglie la povera bestia.

“State bene madonne?”

“Mai stata meglio. Ora per piacere, avrei bisogno di un momento di privacy…”

“De che?” fece eco Ezio.

“Intende dire che vuole stare da sola perché deve vomitare anche i polmoni”

“…insieme a tutto quello che ho mangiato nelle ultime dodici ore. Se volete scusarmi…” fece Morgana, tenendosi la testa con una mano.

“Non così velocemente!” irruppe una voce dal sentiero.

Improvvisamente c’era un manipolo ben fornito di spade/pugnali/balestre/tante belle cosine, capeggiato da quello che sembrava un temibile aristocratico squattrinato senz’arte né parte.

Ah no, era solo Vieri.

“E questi da dove sono usciti?” esclamò Parcifal, stravolta.

“EZIO!”

“VIERI!”

“Ah, meno male che c’è questo scambio di battute. Non ricordo mai i nomi” fece Morgana, che lentamente stava riacquisendo il suo normale colorito.

Vieri puntò il dito contro di lei.

“Tu sei la ragazza dell’altra volta!”

“No, mi stai confondendo con qualcun altro” fece Morgana, ancora intontita.

“Amico, lei è la mia ragazza” fece (Ezio?) Parcifal, stringendo rabbiosamente i pugni. Vieri fece uno sguardo sprezzante, e si rivolse ai suoi uomini.

“Uccideteli tutti, non risparmiate le donne”

“Grazie tante” commentò Morgana, mentre Parcifal la teneva sott’occhio, nervosa.

Ezio si parò di fronte a loro, facendo scattare il meccanismo nel polso.

“Ragazze, state indietro, e aiutate mia madre e mia sorella”

Morgana fece un paio di passi indietro, prendendo Claudia tra le braccia.

“Tranquilla Morgana, non ricordi?”

“Non ricordo cosa?”

“Adesso! Arriva…”

“No, non arriva”

“Starà arrivando”

“Parcifal, ho la nausea. STA ZITTA”

Non si accorse nemmeno che Vieri era stato messo in fuga da un gruppo di uomini che era accorso a dare manforte ad Ezio. Il capo, un uomo alto e grosso, stava parlando con Ezio. A vederlo da vicino notarono che aveva una vistosa cicatrice sull’occhio sinistro, che in un videogioco sarebbe risultata affascinante, ma che in realtà faceva non poca impressione.

“Come, non ti ricordi? Sono io!”

“Oh Signore” gemette Parcifal, prendendosi il viso in una mano.

“…Zio Mario!”

Un abbraccio di quelli che non dimentichi, di quelli che ti lasciano mille lividi sulla schiena e che ti incurvano le costole.

“Non vedo funghi qui intorno…” fece Morgana, guardando i dintorni.

“Nipote mio! Quanto tempo!” Mario mollò Ezio e fece una carezza ai capelli di Claudia. Poi adocchiò le due ragazze al fianco dei giovane Auditore.

“Amici tuoi?”

“Ma @#?! sono una femmina! Perché nessuno lo capisce?!” gridò Parcifal.

La cosa forte era che nessuno la ascoltava quando urlava. Indi, il suo sesso restava sempre un mistero.

“Ad ogni modo, giovani” concluse zio Super Mario “Siete tutti invitati nella mia villa a Monteriggioni”

“Ci mancherebbe” commentò aspra Morgana, mentre tutti si avviavano sul sentiero che portava alla cittadella. Lei e Parcifal si attardarono alla coda della fila, a qualche passo dai soldati.

“Dì un po’, immagino che quando hai detto a Vieri quello che hai detto parlassi in vece di Ezio, vero?”

“Ehm, veramente pensavo solo a difenderti da Vieri…”

Silenzio.

“Che c’è?”

“Senti, tu avviati, che mi è tornata la nausea…”

 

Monteriggioni era un grigio parco divertimenti.

Ovviamente solo per chi amasse guerreggiare e lustrare lame.

Per loro, era il posto più bello della Terra, visto che allora le fumetterie non esistevano. Saranno inventate nel XX secolo da qualche simpaticissimo mandorlato balocco con i capelli piastrati.

Bancarelle in ogni angolo, venditori con voci da tenori decantavano le lodi della loro merce.

“Sembra Napoli in giorno di mercato” osservò Morgana, sgomitando tra la gente.

“Scusi signora!” fece Parcifal, dopo aver pestato il piede ad una signora tutta indaffarata con le sue ceste.

“Ammazzi la gente: calma totale. Fai cadere una cesta: destino infame, è la devastazione più devastante!” osservò Morgana.

L’occhio cadde su una bancarella sporca e schifosa.

“Oh, una spaaaaadaaaa…”

*Siano pregati i lettori di leggere col massimo della pucciosità*

“Mi sto impantanando nell’arcobaleno” gemette Ezio, osservando zio Mario che annegava lentamente nella bava arcobaleno “si può sapere che succede?!”

“Ezio, guarda!” Parcifal gli tirò la manica della tunica “è bellisshima”

“Moltisshimo” confermò l’altra.

“CE LA COMPRI EZIO?”

“Andate a lavorare…”

“COSA?!”

“Avrei un’altra soluzione!” disse Zio Mario, miracolosamente sopravvissuto al tentato annegamento “Superate l’addestramento. Avrete tutto quello che desidererete”

 

Le galline di Monteriggioni non amavano sguazzare nell’arcobaleno bavoso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

_elfo inutile consapevole di aver scritto un capitolo inutile

No, seriamente, l’ho scritto perché non ce la facevo più. La mia scuola sta pensando di mandarmi al manicomio (cosa che presto farò) e tempo per pensare cose divertenti non ne ho proprio avuto. Indi, divertitevi col massimo del patetico.

Lascio l’ingrato compito a blazethecat31 di rendere questa fanfic più innovativa e più divertente.

VI ADORIAMO!

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