Carl Head

di carlhead
(/viewuser.php?uid=263159)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inseguimento (Parte Prima) ***
Capitolo 2: *** L'inseguimento (Parte Seconda) ***
Capitolo 3: *** Luci della ribalta ***
Capitolo 4: *** I due professori ***
Capitolo 5: *** Alla ricerca di Zone ***
Capitolo 6: *** Arena Dominators ***
Capitolo 7: *** Nel nome dell'ignoto ***
Capitolo 8: *** Ombre dal passato ***
Capitolo 9: *** Luke Lase ***



Capitolo 1
*** L'inseguimento (Parte Prima) ***


Erano i primi di Agosto del 2010, quando Carl Head, agente segreto della CIA, si lanciò dentro la sua Camaro azzurra all’inseguimento di Lawrence Zone, pluriomicida, capo di un’organizzazione criminale chiamata The Swindle, tra le larghe vie di San Francisco. Al posto del passeggiero saltò Mark Myrock, fidato assistente, oltre che allievo, di Carl Head, che era prossimo alla pensione. Infatti, con oltre 50 criminali arrestati e più di una decina di organizzazioni criminali sventate, era di gran lunga il più qualitativo agente della CIA. In mano l’anziano agente stringeva la sua fidata Desert Eagle, che mai fallì un colpo nelle estenuanti missioni di cui fu lei la protagonista. Myrock imbracciava un piccolo fucile di precisione, da lui appositamente modificato: era un tiratore scelto, per questo Head lo prese nella sua speciale squadra, 6 anni prima. Purtroppo quella fu l’unica disfatta dell’agente originario di Seattle, infatti della squadra speciale, la migliore, solo loro due sopravvissero alla furia omicida di The Swindle. Head doveva vendicare i suoi uomini, e doveva farlo prima che Zone raggiungesse l’aeroporto, dove sicuramente sarebbe stato accolto dal resto della sua squadra. Non andava bene questo. Non potevano fallire due volte. In Mozambico fu davvero un incubo: Head non voleva farlo, non è stata colpa sua, forse gli anni, forse i riflessi calati, forse...ma basta pensare al passato, doveva vendicare i suoi errori e tutte le vite che per lui furono spezzate. Eccolo: l’aeroporto! Lawrence esultava, nell’altra auto, ma cercava di contenersi: ormai era esperto, “mai cantare vittoria”, ne aveva passate tante. L’ultimo, lungo, interminabile rettilineo e poi la libertà. Già, come se Head, attaccato come un parassita, non l’avesse seguito in capo al mondo, e Lawrence lo sapeva, certo. E li vide! Prima che loro vedessero la sua Desert Eagle fuoriuscire dal finestrino e colpire, proiettili estremamente precisi, nonostante l’auto fosse in movimento e l’arma fosse priva di mirino. Nel frattempo Mark puntava alle gomme del veicolo di Zone, mancandole. La velocità era troppo alta, non ci sarebbe mai riuscito, ma Head aveva centrato quelli di The Swindle che si nascondevano dietro il guardrail. Quell’uomo era sempre più imprevedibile e stupefacente, per Mark, il giovane Mark, appena trentottenne, contro i cinquantatrè anni del suo collega, che festeggiava quel giorno, 11 Agosto, il suo compleanno. L'aeroporto era ormai a pochi metri e Lawrence abbandonò il veicolo e si diresse, armato, all'ingresso, correndo verso un'ala nascosta, quell'ala da cui si poteva accedere alla zona degli aerei privati. Head era dietro, ma con lo sguardo non lo abbandonava mai. Head era il suo chiodo fisso, il suo peggior incubo. Voleva liberarsene, eccome se voleva! Ma non ci riusciva, quell'uomo era troppo intelligente, troppo scaltro, troppo esperto. Lo vedeva, il suo aereo. Costantemente seguito dai suoi uomini, e dietro da Head, aprì una porta metallica, e si trovò, dunque, al principio della pista. Tutti lo videro affrettarsi per raggiungere il suo velivolo, mentre colpi di pistole echeggiavano nell'aria. Head doveva sbrigarsi, il tempo stringeva. La frustrazione colpì Head, nel momento in cui il portellone dell'aereo di Zone si chiuse alle sue spalle, e il velivolo era già in movimento davanti ai suoi occhi. Doveva abbandonare l'idea di...no! Non poteva ripetersi quello che era successo in Mozambico, non doveva. Ora doveva rimediare. Quindi i due corsero dentro l'aeroporto, poi uscirono dall'altra parte, corsero in macchina e via al quartier generale della CIA. Tutto ancora poteva cambiare. [continua]

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** L'inseguimento (Parte Seconda) ***


carlhead L'INSEGUIMENTO (Parte Seconda)

Fu più rapida la traversata di ritorno dall'aeroporto fino al quartier generale. " Capo, non voglio ripetere l'errore del Mozambico. Gli altri sono morti a causa nostra, e... " "...a causa mia" , aggiunse Carl Head, ma Myrock, del tutto disinteressato dalle parole del suo capitano, che in quel momento era al volante della solita Camaro azzurra, proseguì " ...non voglio ripetere l'errore. Un giorno tu non lavorerai più. Chi porterà avanti le tue imprese? " " Per questo ti ho preso come allievo, insieme al resto dell'Arena Dominators, ma sei rimasto solo tu. Tu dovrai portare avanti ciò che ho iniziato io, e non mi sembra che fallendo in due occasioni contro lo stesso criminale, ti stia dando il buon esempio " . Myrock tacque. Sapeva che non doveva opporsi a ciò che Head sosteneva. L'esperienza, infatti, del suo compagno era decisamente superiore, testimoniata dalla sua età, dai capelli, ormai bianchi, che coprivano il suo capo, quasi completamente. Ma sicuramente il tratto che distingueva Carl, oltre alla sua estrema e simpatica ironia, era la sua " s " , più vicina ad una " f " , tratto particolare, che l'agente sapeva usare a suo favore, anche nelle sue innumerevoli avventure amorose. Insomma, era un tocco in più alla sua già insuperabile eleganza, a cui si aggiungeva l'assenza della " r " , per alcuni un difetto, per Head, ovviamente, un ulteriore pregio.

" Mark, dobbiamo assolutamente scoprire, il prima possibile, dove è diretto quell'aereo "
" E' per questo che mi hai fatto correre senza apparente motivo dentro l'aeroporto? In più mi ero anche scordato dove avevamo lasciato la macchina "
" Evita l'ironia, non si deve scherzare in queste occasioni. Piuttosto, chiama la centrale, dì loro che stiamo tornando, e che devono farmi sapere la direzione di quel dannatissimo aereo prima che io possa dire " Numero di ossidazione " "
" Ed ero io che dovevo evitare l'ironia! "

Head entrò, seguito da Myrock, nel grande studio che aveva in casa, abbandonò il suo gilè, nel quale nascondeva ogni sorta di arma, sulla sedia alla destra dell'ingresso, dopodiché chiuse la grande porta alle sue spalle. Percorse il lungo tappeto rosso, preludio alla scrivania di legno di quercia, sulla quale le pratiche di lavoro erano ormai ammassate da tempo. Myrock lo precedette e si accomodò su una sedia " per i clienti " , mentre Head sulla sua personale, dall'altro lato del tavolo. Pensieroso, ma in gran parte malinconico,  raccolse il suo volto tra le mani, strofinandosi gli occhi, poi esordì; " Non possiamo fallire ancora. No, mi rifiuto di credere che mi sia sfuggito un'altra volta. Mi rifiuto. " . La risposta di Myrock giunse quanto meno rapida, accompagnata da un gesto con le braccia che lasciava intendere a Head di dimenticare ciò che era successo, e pensare a ciò che sarebbe stato, o ciò che sarebbe dovuto essere: " Lascia perdere. Pensiamo a raggiungerlo, ora. Non sappiamo dove sia diretto, questo lo so, ma so anche che chi lavora al quartier generale mette anima e corpo in quello che fa, e lo fa dannatamente bene, quindi ci diranno come rintracciarlo. Ora dai, alzati, ci aspettano alla CIA. " . Detto ciò, sostituì il suo caratteristico gilè di color marroncino con una giacca nera,  gli occhiali scuri Ray-Ban, un salto al bagno per sciacquarsi il viso dopo il tesissimo inseguimento, dunque uscì di casa, sempre accompagnato dall'inseparabile Myrock. Chiuse il cancello del cortile alle sue spalle, ed entrambi salirono nel veicolo, stavolta accuratamente parcheggiato davanti la sua abitazione. Pensieri e riflessioni affollavano la mente dell'agente Carl Head, mentre lo sguardo fisso di Myrock sulla strada non lasciava trasparire alcuna emozione.

Pochi minuti dopo, una Camaro azzurra entrava nel garage sotterraneo del quartier generale della CIA, parcheggiando sul fondo, affianco alle scale e all'ascensore. Da essa, poi, ne uscirono due uomini, Carl Head e Mark Myrock, agenti speciali della squadra Arena Dominators. Entrando, Head salutava tutti gli agenti e i segretari. Tutti lì lo conoscevano come il migliore, addirittura nell'ultima missione prima del Mozambico aveva ottenuto il titolo di " Top Gun " ,  anche se dal disastro in Africa, abbandonò l'azione per 6 anni. Voleva prendersi una pausa, dopo quello che era successo. Ed ora era tornato, sempre allo sfrenato inseguimento di Zone, e finalmente lo aveva trovato, ma la felicità si era immediatamente tramutata in tristezza: gli era sfuggito di nuovo. " Salve, signor Head, abbiamo iniziato le ricerche per scoprire la direzione dell'aereo di Zone, se vuole seguirmi..." annunciò un tecnico informatico, e immediatamente condusse Head e Myrock verso uno stretto corridoio buio che svoltava a destra. Stretto sì, ma decisamente lungo, il corridoio, freddo, seguiva una dritta traiettoria per terminare dinnanzi a una spessa porta metallica. Il tecnico inserì una grande chiave nella altrettanto grande serratura e la girò per quattro volte, dopodichè spinse con energia la porta, che si aprì su un grande stanzone bianco. I tre capitarono alla presenza di un'altra decina di tecnici, intenti a lavorare ai loro computer. Su un tavolo, al centro, erano ammassati dei fogli stampati: il tecnico che era con Myrock e Head prese il primo e lo mostrò al Top Gun. Lui lo lesse accuratamente: era un ristretto rapporto sulle analisi che gli studiosi avevano eseguito sul volo dell'aereo di Zone. Secondo quel pezzo di carta, ora, il suo acerrimo rivale si trovava in Spagna, a Barcellona. Head lasciò cadere a terra il foglio e disse al compagno: " Mark, muoviamoci " . Quindi, avendolo preso da un braccio, lo tirò fuori dalla stanza, e attraversando di corsa il corridoio,  tornando nella sala principale, corse nell'ascensore e tornò nel garage. Fortunatamente la caratteristica Camaro azzurra era parcheggiata lì vicino. Quindi si catapultò in macchina, come fece anche Myrock, e, con una sgommata, partì rapidamente, diretto al suo studio: doveva prendere le ultime cose, prima di intraprendere quella che riteneva essere la sua ultima missione.

" Prendi immediatamente qualche arma. Ci può tornare utile un M4, qualche stordiente e... "  " Capo, stiamo andando in un centro abitato, te ne rendi conto? " " Non ho detto che le useremo "  . Head prese il gilè, dopo averlo riempito di caricatori, l'immancabile Desert Eagle, e, insieme con Myrock, uscì di corsa da casa, direzione: aeroporto, un'altra volta...

[continua]



NdA: L'INSEGUIMENTO, non un vero inizio per Carl Head, ma solo un preludio a quello che lo attende veramente. Questa storia è dedicata a Fabrizio, al professore, e a Giulia.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Luci della ribalta ***


carlhead EPISODIO III:
LUCI DELLA RIBALTA

"Bienvenidos, bienvenidos" si sentiva nella hall dell'albergo. Head si voltò: un simpatico barcellonese in giacca e cravatta li attendeva all'uscita. "Bien, voi siete el agente Carl Head, y el vostro compagno es el agente Mark Myrock, verdad?" "In persona, carissimo. E' un piacere conoscerti,  Lase mi aveva parlato benissimo di te. Il compianto Lase...hai saputo l'accaduto, vero?" "Sì, e ho anche saputo che vosotros ve disperate porque pensate che è colpa vuestra. Non preoccupateve, no es colpa vuestra. Ciò che è accaduto doveva accadere, volontà de Dios!" "Già" rispose Head, poco convinto dalle parole del nuovo amico. Niente poteva smuovere il suo animo travagliato dall'idea che la morte di Luke Lase,  Daniel Life, Harry Vamp e Pauline Snipers, gli altri componenti della Arena Dominators, fosse sopraggiunta a causa sua. Ogni notte, a rotazione, li sognava, uno per uno, e ognuno chiedeva giustizia contro Zone e la Swindle, mai nessuno, però, intendeva riversare i propri dissapori su Head per loro morte, solo una volta Lase lo incolpò, giurando vendetta: quella notte il Top Gun si svegliò di soprassalto e non riuscì più ad addormentarsi. Cercò di dimenticare "l'avventura contro Morfeo" con una lunga passeggiata sul litorale di San Francisco, in una fresca mattina di Primavera. Quella mattina i pensieri si erano affollati nella sua mente, ma non volevano andarse, avevano intenzione di rimanere nascosti, nei meandri più profondi o in superficie.  

"Non mi avrai mai, Head! Rassegnati!" Erano le ultime parole che il Top Gun ricordava aver udito dal suo acerrimo rivale, nella pista  dell'aeroporto di San Francisco. Non riusciva a cancellarle dalla sua memoria. E in quel momento le stava sognando. In realtà sognava la scena vissuta alcune ore prima, quando ancora si trovata nel Nuovo Continente. Ora era in Europa, a Barcellona, sull'autostrada, in un auto nera, e stava dormendo, poichè il fusorario lo aveva frastornato, e aveva bisogno di ripostare. Ma gli mancava dormire nel letto di casa sua, nella sua città, che varie volte aveva salvato dal crimine organizzato. Ora si trovava a difendere la città di qualcun altro, il Paese di qualcun altro. D'un tratto una voce lo smosse dai sogni: "Ma siamo dovuti tornare al quartier generale solo per leggere dove  è diretto quel menomato di Zone?" "No - rispose Head alla domanda del suo compagno - sul foglio c'è scritto altro, ma te ne parlerò a tempo debito" .

"Siamo arrivati, agente!" la voce del catalano che circa due ore prima li aveva prelevati dall'albergo in cui alloggiavano, si era fatta sentire dopo 120 minuti ininterrotti di automobile, per Head, 120 minuti di sogni travagliati su Lase, Zone e il Mozambico.  "Dove siamo arrivati?" pensò Head, fra sè e sè, e non fece in tempo a proporre la stessa domanda anche all'autista, che si trovò dinnanzi un altissimo edificio,  rivestito di vetrate accuratamente lavate. I due americani rimasero sbalorditi: sapevano che un autista catalano li avrebbe portati in un posto speciale, ma per ragioni di sicurezza non fu comunicato loro DOVE effettivamente sarebbero dovuti andare. Niente fuori dall'edificio raccontava cosa effettivamente si facesse al suo interno. Poterono solo entrare: un grande salone rosso, con una fontana al centro li accoglieva all'interno di quel palazzo. Dall'altra parte della stanza una signorina dava loro il benvenuto in inglese: "Buongiorno!" disse. "Buongiorno a lei" fu la risposta di Myrock, che in quel momento parlava a nome dei due, mentre Head studiava il posto, molto soddisfatto dall'arredamento. Ma niente, secondo lui, superava la sua villa a San Francisco: era davvero contento di come l'aveva tirata su, gli piaceva in particolar modo il suo studio. Si era ispirato a quello di Tony Montana in Scarface. Per Carl uno studio come quello era davvero accogliente, e ne voleva uno simile. Gli mancava quello che aveva lasciato a San Francisco, senza sapere se lo avrebbe ritrovato come prima.

"26, 27, 28, 29,...30." Myrock elencò uno per uno i numeri dei piani che l'ascensore perorreva, per poi fermarsi all'ultimo, il trentesimo. "Falla finita, per favore" Pronunciò Head con uno sguardo deluso. Ma in realtà si chiedeva cosa volessero: lui sapeva, a differenza del compagno, chi fossero coloro che li avevano convocati: erano i Servizi Segreti Spagnoli, il CNI (Centro Nacional de Inteligencia). Ma perchè proprio fuori dalla loro sede? Perchè non a Madrid? tutto stava per venire a galla. Nonostante il foglio che aveva ricevuto a San Francisco avesse parlato chiaro, ancora si poneva delle domande. Si aprì dunque una porta e ne uscì un uomo, anziano, non molto alto, che, senza pronunciare una parola, invitò i tre ad entrare e a sedersi sulle tre sedie, disposte dinnanzi la sua scrivania. Anche l'autista.

"Carl, Mark, piacere di conoscervi. Il mio nome è Marcos Pitrinos. Sono a capo dei servizi segreti spagnoli. Vi ho convocati per parlarvi del foglio che è arrivato, se non vado errato, ieri, al quartier generale della CIA, nella sede locale di San Fancisco. Sì, era diretto a voi. Ciò che è successo con Zone è di importanza internazionale, potrebbe scaturirne una guerra politica, fra i tre Stati" "Che è successo con Zone? Quali stati?" chiese immediatamente Myrock "L'aereo su cui Zone stava venendo qui non era il suo. Era, come Head probabilmente sa, dato che l'ho scritto nel famoso foglio, dell'ambasciatore spagnolo, che era di ritorno per una settimana in patria. Zone ha dirottato quell'aereo, portandolo ad atterrare in Italia, a Roma, nell'aeroporto di Fiumicino. Vi ho convocati qui, perchè ho intenzione di invarvi anche come mandati del CNI. So che dal Mozambico state cercando di riscattarvi, per questo ho scelto te. Perchè su un foglio: se Zone aveva in mano l'aereo dell'ambasciatore, era anche in grado, con un semplice tecnico, o un qualsiasi hacker, di entrare nel nostro sistema, nel vostro sistema, e appropriarsi delle comunicazioni, lo scritto era decisamente meglio, infatti era un fax mandato da una sede privata, crittografato, in modo che non potesse essere intercettato. Il prima possibile andate a Roma e rintracciate quell'uomo. E', ripeto, di importanza nazionale che voi riusciate a contenere i suoi atti criminali. Tenetelo d'occhio. Molto probabilmente ci rivedremo, fra qualche tempo, a Roma, o chissà dove, alla ricerca di Zone. Per adesso è tutto. Vi invito a lasciare oggi stesso Barcellona e salire sul primo aereo diretto a Fiumicino". Mentre la triade si allontanava, Pterinos aggiunse: "Ah, quasi dimenticavo: lavorate in segreto per due nazioni, non vorrei che gli Stati Uniti sapessero del nostro intervento e del vostro impegno con noi, quindi ho proceduto a rimediarvi nuove identità: Carl Head, assumerai il nome e nome in codice di Carlo Testa, la più fedele traduzione in italiano del tuo nome e del tuo cognome. Mentre tu, Mark Myrock, sarai chiamato con il nome e nome in codice Marco Mairocco, una versione italiana del tuo nome. Infine tu, Maxi Lupos, diventerai Massimiliano Lupi. E, rispettivamente, sarete professore di scienze, di lettere, e collaboratore scolastico del liceo classico Anco Marzio, di Ostia. Ora è davvero tutto, arrivederci

Carlo Testa, al secolo Carl Head, capì di avere un'ultima occasione di catturare il suo acerimo rivale, Lawrence Zone. Ora sapeva dove si trovava. Chissà se anche lui non avesse cambiato nome? Ma non c'era tempo per demoralizzarsi, le ricerce finali dovevano iniziare. Il neo-professor Testa, tornati all'albergo, quella notte si addormentò soddisfatto. Nessun incubo, solo sogni, bei sogni, luminosi sogni. Vedeva ora, grazie al CNI, le luci della ribalta.

[continua nel prossimo episodio: I DUE PROFESSORI]




Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** I due professori ***


carlhead1

RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI: 

Carl Head e Mark Myrock, agenti della CIA di San Francisco, all'ìinseguimento di Lawrence Zone, capo di un'organizzazione criminale chiamata The Swindle,  giungono all'aeroporto, ma Zone riesce a fuggire loro. Scoprono dunque che l'aereo di Zone è diretto a Barcellona, e, raggiunta la capitale catalana, vengono a conoscenza, tramite un generale del CNI, i servizi segreti spagnoli, Pitrinos, che in realtà l'aereo del loro nemico è stato dirottato: era l'aereo dell'ambasciatore spagnolo negli USA e, nel tratto di ritorno, è stato preso dai pochi della Swindle che erano con Zone, e dallo stesso capo della banda. Direzione: Fiumicino, Pitrinos, quindi, arruola i due anche nella missione spagnola, per evitare una guerra tra le tre nazione USA, Spagna e Italia, e assegna loro altre identità: Carl Head sarà Carlo Testa, professore di scienze, Mark Myrock diventerà Marco Mairocco, insegnante di lettere, mentre il loro autista a Barcellona, che li ha seguiti fino alla sede succursale del CNI per l'incontro con Pitrinos, Max Lupos, diventerà Massimiliano Lupi, collaboratore scolastico. Tutta la squadra è inviata al Liceo Classico Anco Marzio di Ostia.

CAPITOLO IV:

I DUE PROFESSORI

"Oh Love...oh love...won't you rain on me tonight?". Oh Love, nuovo singolo dei Green Day, si odeva dalla radio della Camaro blu, dopo che essa fu trasportata dall'imbarcazione fino a terra e poi messa su strada, dopo giorni e giorni che le gomme delle sue ruote non toccavano l'asfalto. L'auto sfrecciava tra le vie del quartierino della periferia della capitale. Ma questa volta conteneva tre persone: un autista e due passeggeri. Tutt'intorno sembrava una giornata qualunque, ma non era affatto così: era il primo giorno di lavoro di Carlo Testa, Marco Mairocco e Massimiliano Lupi. L'autista sembrava conoscere la città, gli altri due invece si guardavano spesso intorno, senza pronunciare parola, ma sorpresi di vedere una così differente città dalla loro originaria San Francisco. "Fortuna che per il procedimento di esercitazioni della CIA prevede uno studio delle tre lingue europee più importanti al di fuori dell'inglese: spagnolo, francese e italiano" proferì improvvisamente Head. rispose di conseguenza Myrock: "io ne so di lingue, e molto ho insegnato in Italia anni addietro. Mi vedo avvantaggiato". Max non pronunciò alcuna parola: si sentiva infatti inferiore di conoscenze linguistiche rispetto ai due compagni di avventura. Ma fortunatamente anche il piano del CNI prevedeva l'apprendimento dell'italiano, oltre all'inglese, anche se in maniera più superficiale. Era lì la sede centrale del Liceo Classico Anco Marzio: quel giorno non avrebbero conosciuto il, oppure la, preside della scuola: ad accoglierli ci sarebbe stato il, o la, vicepreside, che poi li avrebbe accompagnati nella sede succursale. Il parcheggio era interno alla scuola: scesero dal veicolo, mentre gli occhi attoniti degli studenti li scrutavano dalle alte finestre del primo piano, al piano terra invece si estendeva il lungo e bianco muro di confine della scuola: evidentemente oltre non ospitava alcuna classe, forse l'aula magna, proprio dove dovevano recarsi i tre. Attraversarono l'intero parcheggio, mentre gli sguardi degli studenti tornarono a dedicarsi alle lezioni dei professori, che, come immaginava Carlo, spazientiti, rimproveravano i loro allievi. Una porticina a destra dava sulla cupa e piccola aula magna della scuola. Era vuota. solo una simpatica signora mora, dagli occhi azzurri, sulla cinquantina, li accoglieva con un acceso sorriso. Si presentò ai tre: "Buongiorno! Piacere di fare la vostra conoscenza, il mio nome è Tamara Nalli, e sono la vicepreside. Vi accolgo io perchè il preside è al momento indisponibile. Recentemente infatti abbiamo avuto difficoltà, poichè il nostro storico preside, andato in pensione, è stato sostituto, ma il nuovo ancora non si è presentato a noi, per vari impegni. Quindi, fino a quel momento, qui gestisco tutto io" "Mi parete una signora simpatica, sicuramente gli studenti sono contenti di lei" fu la risposta di Mairocco, repentina. Nalli sorrise imbarazzata, e annuì con un cenno del capo. Poi proseguì: "Volevo presentarvi il resto del Consiglio di classe della sezione che vi abbiamo affidato, la D: professoressa Monica Graziano, di matematica; professoressa Elena Mangiarotti di inglese; professoressa Tiziana Goro, di educazione fisica; e professoressa Crespi, di letteratura italiana. Purtoppo l'insegnante di arte, ancora non è presente, dovrebbe essere designato a breve. Infatti la cattedra è vacante, saranno le graduatorie del Provveditorato a decidere chi dovrà insegnare educazione artistica nella sezione D". La schiera di professori, sorridenti, sorrise ai nuovi arrivati, che si presentarono: "Buongiorno, mi chiamo Carlo Testa e lui è Marco Mairocco, piacere nostro!". Fu proprio in quell'istante che si accorsero che Max, ormai Massimiliano, non era più con loro. Sicuramente sarà stato condotto a perlustrare la scuola dove avrebbe lavorato, infatti lui sarebbe rimasto lì in centrale a lavorare come collaboratore scolastico.
"Ora se volete seguirci ci spostiamo direttamente in succursale, dopo un breve tour della centrale" Concluse Nalli.

"Una bella scuola, non trovi?" pronunciò Myrock al compagno, in italiano perfetto. Rispose nella stessa lingua il compagno; "Sì, lo penso anche io. Anche lì in centrale non era male". Erano già da tempo giunti in succursale, e ora erano in colloquio con gli altri professori nell'aula a loro dedicata. O meglio, la riunione era conclusa, e da tempo. Erano rimasti lì per almeno un'ora. Senza parlare. Head ragionava su dove fosse Zone. "Perchè ci hanno mandati proprio qui?" pensava fra sè e sè: "di Zone non c'è traccia, neanche la minima. Ma allora perchè Pitrinos ha scelto proprio questa scuola?". Ma nel frattempo furono chiamati alla loro prima lezione.

"Prof. Marco Mairocco, IID...prof. Carlo Testa VD. Viene prima il secondo o il quinto, nel classico?" Marco disse. E rispose subito Carlo: "Scemo, nel classico italiano il secondo equivale al quarto anno, mentre il quinto al secondo anno. Questa cavolata è perchè loro vogliono il ginnasio, che sarebbero i primi due anni delle superiori, mentre le altre scuole no. Ancora niente ti è noto, ma ti verrà svelato a presto, nel frattempo non farti notare, tu". Svoltò a sinistra e proseguì sulle scale. Si trovò dinnanzi la classe quinto D. Entrò, un pò imbarazzato. Strabiliante era l'ordine degli alunni. Si guardò intorno: regnava un silenzio solenne, solo il canto degli uccelli al di fuori di quelle bianche e cupe mura, seppur arredate con cartelloni colorati e accesi. Notò immediatamente al primo banco alla sua destra un ragazzo da una folta capigliatura spettinata e caratteristica, affianco al quale sedeva un ragazzo particolare nell'aspetto e nel vestiario: anfibi e metalli coprivano il suo abbigliamento. Sorrise loro, ma nel farlo scorse un libro sul loro scrittoio. I due ragazzi se ne accorsero e pronunciarono queste parole: "Il Signore degli Anelli, professore, lo conosce?" "Certo. L'ho letto nella lingua originale. Davvero un capolavoro" e un altro sorriso, d'intesa, tra i due alunni e il professore. Lesse l'appello e scoprì che il ragazzo dalla folta chioma era Fabrizio Fioretti, mentre l'altro, il "punk", era Claudio Causio. "Io mi chiamo Carl...Carlo Testa, e sono l'insegnante...dunque, vediamo...ah sì! Di scienze! Con voi affronteremo la chimica quest'anno. Inizieremo col conoscervi un po' tutti". E ognuno raccontò qualcosa di suo, ma colpì il professore proprio lo stesso Fabrizio, e il suo compagno Claudio, che si definirono abili scrittori di storie; quindi ironicamente il professore rispose loro: "Casomai un giorno potreste raccontare di un professore che in realtà è un agente della CIA venuto nella scuola in segreto!". La classe scoppiò a ridere fragorosamente alle parole, dette per scherzo, del professore. "Ci faremo un pensierino!" confermarono i due ragazzi del primo banco.

Suonò la ricreazione, e Testa e Mairocco si ritirarono lontano dagli sguardi dei ragazzi per parlare di questioni personali. "Carl, dobbiamo assolutamente impegnarci a trovare Zone, questo pomeriggio. E' di vitale importanza!" "No" negò Head: "quest'oggi staremo a casa a riposarci. Domani pomeriggio ci dedicheremo alla ricerca di Zone: Testa e Mairocco, torneranno Head e Myrock per un pomeriggio" "Per più di uno, se vogliamo trovare Zone!" "Hai ragione Mark, hai ragione..."

la giornata scolastica terminò, non eccessivamente faticosa. I due tornarono a piedi verso la sede centrale, dove era parcheggiata la loro macchina. Entrarono dal cancello principale, svoltarono a destra e la Camaro era già in moto: al posto di guida sedeva Massimiliano. Carlo aprì lo sportello e piegò il sedile, per permettere a Marco di accomodarsi nei posti di dietro. Dopodichè montò anche lui e l'auto sportiva sfrecciò fuori dal cancello, ma questa volta i ragazzi non erano lì a guardarli andar via.

Pensieri vaghi affollavano la mente di Head quella notte, tanto che non riusciva ad addormentarsi. Aveva conosciuto due simpatici ragazzi, ma in contrario non trovò traccia di Zone. E come si sarebbe manifestato Pitrinos, che aveva promesso di tornare e di rincontrarsi con loro? Forse sarebbe stato lui il fantomatico professore di arte? O il preside? Ma il sonno sopraffece la curiosità, e gli ochi marroni di Head decisero che era giunto il momento di tornare a sognare, non più gli incubi, ma felici e fausti sogni. Ma troneggiava su di essi un'oscura ombra, apparentemente indistinta, ma si rivelò essere un incubo, il peggiore per Head, un incubo con un nome: Luke Lase.

[continua nel prossimo episodio:  ALLA RICERCA DI ZONE]

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Alla ricerca di Zone ***


RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI:

Partiti da San Francisco alla ricerca di una compagnia di criminali, quali la The Swindle, i due agenti della CIA, Carl Head e Mark Myrock, giungono dapprima in Spagna, a Barcellona, dove conoscono Marcos Pitrinos, agente del CNI, il quale li informa che in realtà Zone è in Italia, ad Ostia. Quindi i due accettano di collaborare con il CNI, insieme con l'autista che li ha condotti alla sede secondaria del CNI, Maxi Lupos alla ricerca del criminale per evitare una guerra internazionale fra USA, Spagna e Italia. Quindi i due agenti volano immediatamente a Roma, a Fiumicino. Da qui i tre muovono verso Ostia, dove dovranno, secondo le indicazioni di Pitrinos, lavorare come professori nel liceo Anco Marzio, sotto diverse identità: Head sarà Carlo Testa, Myrock sarà Marco Mairocco, e Lupos sarà Massimiliano Lupi. Qui Mark e Carl conoscono i loro colleghi, oltre che sringere amicizia con due alunni: Fabrizio Fioretti e Claudio Causio. Decidono dunque di seguire le tracce di Lawrence Zone, leader della Swindle. Ma un sogno perseguita il nostro eroe, un incubo direttamene dal Mozambico: si chiama Luke Lase.

 

CAPITOLO V:

ALLA RICERCA DI ZONE

 

Quel giorno Head si svegliò presto, dati i suoi nuovi impegni a scuola. Il giorno prima infatti aveva conosciuto il corpo docenti della classe nella qule avrebbe insegnato, e poi ache gli alunni della suddetta classe. Lo avevano colpito notevolmente due ragazzi del primo banco, di cui a malapena ricordava il nome: l'uno, il punk, forse si chiamava Claudio, ma aveva paura di sbagliarsi. L'altro, il suo compagno di banco, quel tipo con un'acconciatura davvero eccentrica, forse si chiamava Fabrizio, ma anche su di lui non aveva piene certezze. Dopo essersi alzato dal letto, con il sole che penetrava nelle tapparelle, irradiando la sua stanza, si vestì, indossando una camicia azzurra, un paio di jeans, delle comuni scarpe nere, e il suo immancabile gilet beige, ma questa volta vuoto di ogni arma: conteneva solo penne e foglietti. Scese le scale che davano nel cortiletto interno, oltrepassò il cancello che divideva il condiminio dalla strada, e salì sulla sua Camaro blu. L'auto partì sfrecciando da via Mar Rosso, per giungere in via dei Promontori, dove Marco Mairocco attendeva il collega. Quindi anche l'insegnante di lingue salì nel veicolo, che di nuovo partì, in direzione della scuola. "Oggi dunque andiamo a caccia di Zone, vero?" Marco interrogò Carlo, che rispose: "Sì, come stabilito. Max ci raggiungerà a casa mia dopo l'orario di lavoro. Vorrei tanto sapere se rivedremo Pitrinos". "Non pensarci, andrà tutto come lui aveva previsto, godiamoci questo secondo giorno di lavoro". Nel frattempo eran finalmente giunti nel grande piazzale della sede succursale dell'Anco Marzio, dove avevano infine parcheggiato l'auto. L'entrata secondaria era quella prevista per i professori, e da lì entrarono. Salutarono i colleghi, dunque raggiunsero la sala professori, dove presero i registri delle rispettive classi e lì si diressero, dopo essersi salutati. Questa volta era Mairocco a doversi presentare al VD: gli competeva questa classe, infatti, durante la prima e la seconda ora. "Buongiorno ragazzi!" esordì nella sua nuova classe. "Buongiorno!" fu la risposta in coro degli studenti. Anche Marco notò la coppia di primo banco, come fece il suo collega il giorno precedente. "Voi due, ragazzi, il professor H...Testa, mi ha parlato bene di voi, lo avete colpito notevolmente, complimenti!" "Grazie professore!" fu la risposta. Quindi Marco iniziò la sua prima lezione, sull'aoristo greco. I ragazzi, colpiti dal suo fascino, quasi pendevano dalle sue labbra, e lo ascoltavano con notevole interesse. Trascorse dunque la prima ora di lezione così. Poi tenne la sua lezione di latino sull'ablativo assoluto, e anche qui gli studenti erano molto presi dalle sue parole. Terminò la sua lezione e salutò gli studenti. Uscendo dalla classe incontrò Head, e così gli parlò: "Sai, ho conosciuto quei due ragazzi. Avevi ragione, sono in gamba. Se conoscono Ostia possono aiutarci a trovare Zone" "Mark, hanno 15 anni!" "Non fa niente, sono giovani, ma non stupidi. Penso che dovremmo cercare aiuto da ogni parte. In ballo c'è troppo, rischiamo la guerra" "Hai ragione su questo, ma non possiamo affidarci a due quindicenni. Ora fami andare, che ho lezione in ID" "Terzo anno, giusto?" "Vedo che hai studiato!"

La giornata scolastica continuò allo stesso modo, e terminò senza novità. All'uscita Head e Myrock incontrarono di nuovo la professoressa Nalli, che, dopo averli salutati, disse loro: "Buongiorno! Avete saputo? E' giunto il nuovo preside. Ora purtroppo è indisponibile, è impegnato in centrale con delle carte, essendosi appena insediato. Ma domani verrò qui, lo potrete conoscere" "Ah ottimo! Domani lo saluteremo, ma ora mi perdoni, siamo di fretta" "Come volete, a domani!". I due congedarono la collega così. Mai in tutta la missione fecero uno sbaglio così grande.

 

Giunse dunque il tanto atteso pomeriggio. Head e Myrock attendevano Lupos a casa di Head, come previsto. Lo spagnolo non si fece attendere e si presentò proprio in orario. si sedettero quindi tutti attorno al tavolo da pranzo di Head, al centro del quale vi era la cartina di Ostia. Iniziò a parlare il veterano della CIA, esponendo il suo piano: "Bentrovati. Ho studiato un piano d'azione per cercare Zone a tappeto su tutta Ostia. Myrock, tu cercherai nella zona di Ostia levante, più propriamente la parte di Castel Fusano e Cristoforo Colombo. Maxi, tu invece cercherai all'appagliatore, al porto, fino a piazza Anco Marzio. Io mi impegnerò nel resto." "Più precisamente, cosa dobbiamo cercare? Infatti è impossibile trovare subito Zone..." "Giusto. dobbiamo cercare informazioni. Avete una sua foto, qualcuno deve pur averlo visto!". Il piano di Head non faceva una pecca. Quindi scesero di nuovo nel cortile e saltarono immediatamente in macchina, direzione: stazione di Castel Fusano. Il tragitto era lungo, per giunta trafficato, quindi i tre ebbero l'opportunità di confrontarsi: "Certo che ci avrebbe fatto comodo l'aiuto di quei due ragazzi" "Mark, già ti ho detto che sono troppo piccoli per una questione così importante." "Di che parlate?" "Niente Maxi. Mark voleva arruolare nella nostra squadra due ragazzini di quindici anni." "A proposito, stiamo combattendo un'organizzazione con un nome, The Swindle. Noi come squadra non abbiamo un nome?" "Giusto, Carl, come ci chiamiamo?" "Non c'è tempo per queste buffonate" "Dai, anche Mark asseconda la mia idea!" "Ok, ok. Fatemi pensare...Hyper Company vi piace?" "Cool. Tu Maxi che ne pensi?" "Bello bello, ma se siamo solo in tre non è una vera e propria squadra" E nel frattempo giunsero alla stazione, dove Myrock scese dalla macchina. "Mark, questa è la tua zona. Cerca qualsiasi tipo di informazione su Zone. sono le 16:00, tornerò a prenderti per le 19:30" "Ok, Carl, a dopo" "Buona fortuna" "Anche a te, Maxi".

Mezz'ora dopo furono al complesso Vittorio, sede della biblioteca, di un teatro e di una chiesa. Davanti questa grande e antica struttura, si fermò la Camaro di Head. "Maxi, da qui all'appagliatore è la tua zona. Stessa cosa vale per te. verrò a riprenderti alle ore 20:00. Non lasciarti sfuggire nulla, ricorda di mostrare a tutti la foto che hai di Zone, o meglio, le foto." "Certo capo, non preoccuparti, mi impegnerò. A dopo e buona fortuna." "Anche a te."

Subito dopo, la Camaro di Head sfrecciò via, in fretta, come se fosse seguita da qualcuno. In effetti, il veterano era perseguitato dall'incubo di Lase, e, senza saperlo, aveva superato il limite di velocità. Fu immediatamente fermato da una volante, e, dopo spiacevoli commenti che preferiamo non riportare, Head accostò, e scese dal suo veicolo. "Problemi, agente?" disse. "Ha superato il limite, favorisca patente e libretto" "Agente, non si rende conto con chi sta parlando...lei è una recluta non è vero?" "Il mio ruolo, qualsiasi esso sia, supera di gran lunga il suo" "Non credo" e mostrò immediatamente il tesserino CIA: "Agente Carl Head, capo della divisione "organizzazioni criminali" della CIA, ufficiale dell'intero esercito dell'agenzia. 30 medaglie di riconoscimento, e ora lei mi sta impedendo di ottenere la trentunesima. Permette?" "Mi scusi signore, prego!" "Grazie mille, e non preoccuparti: stai facendo bene il tuo lavoro" "Grazie signore, arrivederci!". Quindi Head salì di nuovo in macchina e, sorridendo, pensò: "Dilettante."

 

Le sue ricerche lo condussero nell'affollatissima piazza Anco Marzio. La piazza, dedicata al quarto re di Roma e fondatore, secondo la tradizione, di Ostia, era di modeste dimensioni, ma tenuta accuratamente, soprattutto dai commercianti che su essa vedevano affacciarsi le loro vetrine. Head si trovò al centro, da una parte scorgeva il mare, dall'altra il piccolo luna park, eretto sulle fondamenta di un'antica stazione ferroviaria. Ai lati della piazza, si dislocavano due piccole vie, in direzione di altre due più piccole piazze. Ma il suo scopo non era una relazione sull'ambiente circostante, quindi ci limiteremo a raccontare le vicende del nostro eroe. Pe prima cosa entrò nel grande bar che dominava la piazza, e chiese subito al cassiere e al proprietario, che in quel momento era proprio lì, se avessero visto il suo uomo: "Questa è una sua foto. Vi siete per caso imbattuti in lui?" "No, mi dispiace. Certo che è un tipo losco. Ho sentito però che qualcuno ha visto un tizio del genere verso la stazione di Lido Centro. Sa, da buon barista mi capita di ascoltare le conversazioni altrui" "Non si preoccupi. Grazie comunque dell'aiuto, andrò lì. Arrivederci" "Arrivederci agente". Nel salutare il collega transatlantico, Head, come d'impulso, ripensò ai due studenti, al suo nuovo lavoro, e all'introvabile Zone. "Caspita, forse Maxi e Mark avevano ragione, forse sarebbe meglio ampliare la nostra squadra...Hyper Company...ma come mi è venuto in mente?" gli scappò quindi un sorriso. A Lido Centro nessuno aveva avvistato Zone, nè qualcosa di losco probabilmente riconducibile a lui. Così, la risposta fu sempre la stessa: "No, mi dispiace. Ma se noto qualcosa di particolare, vi farò sapere."

La ricerca fallì, o meglio, non raggiunse il suo scopo. Head tornò alla Camaro, parcheggiata sul lungomare dinnanzi a piazza Anco Marzio, aprì la portiera, salì e sfrecciò: era in ritardo all'appuntamento con Mark. L'auto azzurra correva sulla costa romana fino a raggiungere la stazione ferroviaria di Castel Fusano. Qui Myrock attendeva il suo compagno. "Era ora! Sei in estremo ritardo, che è successo?" "Niente, mi sono soffermato su alcune ricerche. Sali o no?" "Eccomi.". Di nuovo, in fretta e furia, l'auto blu sfrecciò via, per recuperare il ritardo con il terzo membro della compagnia. Solo venti minuti dopo la Hyper Company era al completo: anche Max ora era salito in macchina, e, verso le 20:00, era diretta a casa di Head per fare il punto della situazione.

 

"Non bastava l'assassinio del rappresentante delle Nazioni Unite, in Mozambico, ora anche questo probabile conflitto mondiale! Zone, sei un assassino, un criminale. Ma nessuno lo ha visto, finora, a Ostia!" "Cosa successe in Mozambico?" chiese Max. "Non è il momento" rispose immediatamente Head.

La notte calava sulla squadra dei disperati eroi. La crisi mondiale era vicina, e tutto gravava sulle loro spalle. Ma forse stava loro giungendo un piccolo aiuto, piccolissimo, che sarebbe però stato decisivo.

 

 

 

[continua nel VI episodio: ARENA DOMINATORS]

 

dedicato a Giulia e Fabrizio, per l'occasione editore dell'episodio.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Arena Dominators ***


CAPITOLO  VI:
ARENA DOMINATORS

 

Passarono i giorni, le settimane, ma non ci furono risvolti nelle ricerche. Head iniziò a demoralizzarsi, mentre trascorreva il prezioso tempo, sotto l’uggioso cielo invernale di Ostia. La squadra Hyper Company aveva addirittura perso l’entusiasmo anche a lavorare a scuola, poichè Swindle non si faceva più sentire. Anzi, i tre non sapevano neanche da dove partire: non conoscevano nè il numero, nè l’entità degli attuali membri di Swindle. Alcuni erano morti in Mozambico, Head se lo ricordava; altri si erano costituiti, altri ancora avevano fatto perdere le loro tracce. A quel che sapevano i due restanti Arena Dominators, della formazione originale dell’associazione a delinquere era rimasto solo Zone. Era dunque il 3 dicembre, quando, per l’ennesima volta, Head, Myrock e Lupos si dirigevano a scuola per lavorare, convinti sempre più di dover trascorrere così tutta la loro vita. La pioggia imperversava sul litorale romano, ma fortunatamente la Hyper Company era riuscita ad arrivare a scuola in tempo prima che si scatenasse il putiferio. Quel giorno Lupos faceva servizio nella loro sede, perchè Nalli voleva chiunque volesse avrebbe potuto conoscere il nuovo preside. Quest’ultimo infatti aveva dovuto ritardare il suo arrivo di ben 3 mesi, da quando Nalli aveva confermato a Head che invece sarebbe arrivato di lì a breve, diverse settimane prima. Dunque, tutto il corpo docenti e non docenti era nell’atrio interno del primo piano, in attesa di veder salire le scale il nuovo preside. Ed eccolo, finalmente: fluidi capelli neri, non molto lunghi, ma ben curati, occhi azzurri e taglienti come una spada affilata, infine un pizzetto nero circondava la sua bocca, che si espandeva in un sorriso apparentemente sincero. Non molto alto, portava il suo vestito nero con estrema eleganza. Non era un preside, e si vedeva. O meglio, Head se ne rese conto. “Signore e signori,” esordì la professoressa Nalli “vi presento il preside”. Quindi prese parola immediatamente l’elegante personaggio e parlò: “Buongiorno signori, mi chiamo Lorenzo Zona, e sono il vostro nuovo preside”. Head era sgomento. Quattro mesi di estenuanti ricerche, ed era lì, Zone era lì! Sarebbe stato il nuovo preside! Certo, aveva ritardato di quattro mesi il suo arrivo, ed Head ancora ricordava quel giorno, quando girarono l’intero quartiere alla ricerca del criminale. Pensava non l’avrebbe più trovato, e invece si presentò proprio davanti a lui. Il veterano si guardò intorno. Alcuni dei professori, dei tanti che erano giunti per conoscere finalmente il preside, gli rivolgevano lo sguardo. Egli era sicuro infatti che tra loro vi fosse anche qualche infiltrato di Swindle: il ritardo era dovuto a questo, credeva Carl, gli infiltrati avevano informato che i tre della Hyper Company lavoravano in quella scuola, allora lui si era insediato come preside, ma aveva deciso di non presentarsi subito, per vedere l’evolversi delle loro ricerche, sulle quali era informato da quei professori che in realtà erano della Swindle. Ma non riconobbe nessuno del Mozambico. Zone evidentemente sapeva che Head ricordava ogni volto di quel tragico episodio, quindi aveva deciso di mandare i nuovi arrivati. I tre agenti tentarono in ogni modo di mantenere calma e lucidità. Ma quando si sarebbe fatto vedere Pitrinos? Nel frattempo Nalli continuava a parlare, presentando il preside, mentre quest’ultimo e il Veterano si scambiavano continui sguardi di sfida. Ai due non importava tanto quello che stava dicendo la vice preside, quanto quello che avrebbe detto uno dei due, se davvero qualcuno avesse avuto il coraggio di parlare. Head non avrebbe potuto rivelare la sua identità: nonstante fosse un agente della CIA, praticare un’altra attività, per giunta statale, oltretutto in uno Stato che non fosse il suo, sotto falso nome, sarebbe stato gravissimo reato, quindi non avrebbe potuto arrestare il criminale, almeno un quell’occasione. Di contro, Zone non avrebbe potuto rivelare l’identità di Head, perchè altrimenti avrebbe messo a rischio la sua copertura, neanche avrebbe potuto licenziarlo, perchè non era nelle sue competenze di preside. Nessuno dei due sapeva che fare, se non guardare l’altro con un diabolico gigno sul volto. Gli altri due Hyper Company avvertivano la tensione nell’aria. Finalmente il lungo monologo di Nalli aveva raggiunto la conclusione, e alcuni insegnanti già si erano allontanati verso le loro aule, ma Zone, Head, Myrock e Lupos, insieme con Nalli, erano rimasti lì, a guardarsi. Finalmente Nalli prese di nuovo la parola: “Be’, io torno a fare lezione, voi potete chiacchierare quanto volete!” e sorridendo, senza sapere il pericolo che corresse, si girò e si diresse verso le lontane classi dell’ala ovest della scuola. Seguì un ulteriore silenzio, poi Head finalmente parlò: “Cosa volevi ottenere sequestrando quell’aereo? Devi consegnarti alle autorità, sei un pluriomicida!” e immediatamente, mantenendo la calma e il suo classico sorriso maligno, Zone rispose: “Carl, entrambi sappiamo che non possiamo fregarci: tu andresti in galera, ad arrestarmi, e anche io rischio le sbarre, se rivelassi la tua identità, o se proponessi un licenziamento per te. Tu vuoi sapere cosa voglio, o gli agenti spagnoli che ti hanno mandato in missione per conto loro? Di certo non la CIA, quegli esseri inutili pensano ancora che io sia ricercato solo come pluriomicida e per aver combinato quel disastro in Mozambico. No, non sono qui solo per fuggire, sono qui per vincere. Io non ti rivelerò cosa voglio qui, perchè non ti temo più. La vittoria è mia ormai, e lentamente ma inesorabilmente si avvicina” “Si può sapere che cosa vuoi ottenere con i tuoi piani?” “E’ semplice! La guerra! E la otterrò con quell’oggetto che sto cercando” Head rimase sbalordito, e al contempo incuriosit. Nè alla CIA, nè al CNI gli avevano comunicato questo misterioso intento del criminale, che invece si stava da solo rivelando all’agente. Quindi, Zone continuò a parlare: “Con la guerra saranno selezionati i paesi che potranno beneficiare del controllo sul mondo. Si ridimensioneranno i confini mondiali, economici e politici: sono stanco del controllo degli Stati Uniti, come lo era anche Master Grouch*, ma lui non è riuscito nel suo intento e io, come suo discepolo, devo portare a termine i suoi e quindi anche i miei ideali: L’America non può più dominare nel mondo, ci sta portando giù nel baratro, serve una rivoluzione economico-politica, che porterà nuovi domini nel mondo, e chi sarà in grado di prendere potere, sarà anche in grado di porre fine alla crisi” “Tu sei un folle! – intervenne Myrock, fermato da Lupos, dato che si stava lanciando contro Zone – come puoi pensare che la guerra risolva la crisi? Ne porterà una nuova, più catastrofica, e sicuramente da quella non riusciremo ad uscirne!” “Solo il tempo potrà dircelo. Di certo non permetterò che a comandare il Nuovo Paese Dominatore** ci sia qualcuno al di fuori di me. Perdonatemi, amici, ma ora per me è tempo di andare: ho impegni importanti, sono quattro mesi che ritardo il mio arrivo qui, sapete, mi ha fermato la vostra presenza” e con il suo solito ghigno abbandonò la piazzola dinnanzi alla porta d’uscita della scuola e lasciò sbigottiti i suoi avversarsi. Il suo grande carisma gli permise un’uscita di scena di classe.
 
“Oggi parleremo del numero di Avogadro. Tale numero corrisponde al numero di particelle contenute in una mole”. Il professor Testa già aveva iniziato l’ennesima lezione in quinto ginnasio, ma in realtà i suoi pensieri vagavano. Zone, Pitrinos, gli Hyper Company, l’oggetto che cercava Zone, il Nuovo Paese Dominatore affollavano la mente del Veterano della CIA. D’un tratto, mentre il professore di scienze proseguiva con la sua spiegazione, qualcuno bussò alla porta. Egli si aspettava di tutto, dal compagno Mairocco al preside Lorenzo Zona. La porta si aprì. I secondi trascorrevano lentamente e inesorabilmente per Carlo. Finalmente si materializzò una figura oltre la soglia. L’avvenimento sembrava tanto consueto, quotidiano e rapido agli studenti, quanto apatico per Testa. Una figura alta, quasi gobba comparve: portava sotto braccio il suo registro personale, mentre in mano una borsetta di pelle. La camicia bianca a quadretti azzurri era portata dentro i pantaloni, un paio di jeans. Esordì con un solenne: “Buongiorno!”.
Era Pitrinos.
 
“E’ entrato e si è presentato come insegnante di storia e filosofia, con il nome di Marco Pitrini. Ebbene anche lui si era preparato un ruolo qui in Italia. Mi ha detto che ci avrebbe raggiunti a casa nostra dopo l’orario di lavoro. Dobbiamo raccontargli molte cose”.
“Sì, Carl, hai ragione. Immagino che non sappia che il preside della nostra scuola sia Zone in persona, ma sa che il criminale cerca qualcosa. Penso che lui sappia anche cosa, dato che Lawrence ci ha confermato che in Spagna sanno tutto. Troppe cose ci sono state tenute nascoste, e solo Pitrini può risponderci”. Head e Myrock discutevano così, attendendo l’arrivo di Pitrinos. Sembrava che l’ora stabilita non giungesse mai, ma finalmente ecco il citofono. Fu Lupos ad aprire al quarto compagno. Lo spagnolo si presentò nuovamente con il suo caratteristico “Buongiorno!”, per poi sedersi al tavolo, insieme con gli altri. Poi iniziò a parlare: “Scusate il ritardo. Vi avevo detto che ci saremmo visti, e così è stato. Certo, magari non 4 mesi dopo il nostro ultimo saluto, ma l’importante è che finalmente ci siamo riuniti. Ora dobbiamo fare squadra, Zone va catturato e consegnato alle autorità, non possiamo permettere che un pluriomicida vaghi liberamente per le strade” ma intervenne immediatamente Head: “Zone è stato trovato, è il preside della scuola in cui lavoriamo, ma è immune, metteremmo a rischio anche noi stessi, perchè stiamo lavorando illegalmente. Egli stesso mi ha raccontato che tu sai che lui è alla ricerca di un oggetto che potrebbe cambiare il mondo. Zone vuole scatenare una guerra mondiale tramite quest’oggetto. Dunque, se sai, dimmi cosa è! È di vitale importante che tu ci informi, ne va delle sorti dell’umanità. In seconda battuta, noi abbiamo già fatto squadra anche senza di te. Abbiamo deciso di essere gli Hyper Company”. Dunque riprese la parola lo spagnolo: “All'interno della scuola ho altri due infiltrati, che si sono insediati poco prima di voi, all'incirca quando voi eravate da me a Barcellona. Loro si fanno chiamare professoressa Graziano e professor Brancardi. Sono italiani e non hanno avuto bisogno del cambio del nome.” Head ricordava che nell'entourage della sua classe, l’insegnante di matematica era proprio Monica Graziano, e non aveva mai potuto pensare che fosse anche lei un’infiltrata. Continuò Pitrinos: “Hyper Company, nati dalle ceneri degli Arena Dominators. Ma perchè non chiamarsi proprio Arena Dominators?” “Arena Dominators. Loro sono morti, non possono risorgere” rispose Head. “Noi saremo i nuovi Arena Dominators, non i vecchi, non i precedenti, i nuovi”. Head si guardò intorno. Gli sguardi degli altri due sembravano convincerlo. Quindi infine decretò: “E va bene, saremo i nuovi Arena Dominators! E che questo nome porti miglior fortuna a noi che ai nostri predecessori!” si costituì quindi, finalmente, una nuova formazione, quella finale, quella che si sarebbe scontrata con la Swindle, di cui non si sapevano ancora i componenti, quando sarebbe arrivata la resa dei conti. Dopo un lungo ma eloquente silenzio, Max Lupos prese la parola: “Carl Head, Mark Myrock, Max Lupos, Marcos Pitrinos, Monica Graziano e Paolo Brancardi: gli Arena Dominators. Hyper Company o Arena Dominators...” rispose sorridendo Pitrinos:
“Be’, insomma, delle due l’una!”
 
 
  *= il predecessore di Zone, fu il primo capo e fondatore della Swindle
**= il paese che, secondo i piani di Grouch avrebbe dominato il mondo dopo che si fosse attuata la Grande Mossa (the Great Shuffle). Nessuno, nemmeno Grouch, ha mai saputo quale sarebbe stato il Nuovo Paese Dominatore, solo la guerra avrebbe potuto definirlo, ma fino a quel momento qualunque Stato del pianeta è un possibile NPD.
 
 
[continua nel prossimo episodio: NEL NOME DELL’IGNOTO ]

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Nel nome dell'ignoto ***


CAPITOLO VII:
NEL NOME DELL’IGNOTO

Così fu istituita la nuova compagnia degli Arena Dominators, dalle ceneri dei loro predecessori. A comporla erano Carl Head, storico capitano, Mark Myrock, suo fedele compagno, Max Lupos, Marcos Pitrinos, Paolo Brancardi e Monica Graziano. Nati per fermare le mire di Lawrence Zone, ricercatissimo criminale pluriomicida internazionale, il loro primo obbiettivo era sicuramente quello di disegnare un piano per arrestare il loro nemico. Di certo la compagnia formata da due statunitensi, uno spagnolo e due italiani, non poteva che essere l’unica associazione con il potere di vincere questa battaglia, dato che era come un lungo filo che collegava le tre nazioni interessate. Infatti il criminale, insieme con la sua associazione, The Swindle, era sì originario degli States, ma inizialmente era fuggito in Spagna, in seguito in Italia, dirottando per giunta un aereo del Governo spagnolo. Ora erano entrati in campo anche il Nuovo Paese Dominatore e la Grande Mossa, per non parlare del fantomatico Oggetto, con cui Zone, a suo dire, avrebbe scatenato la guerra da cui sarebbe appunto emerso il NPD. Con questi dubbi carl Head affrontava le giornate di lavoro a scuola. Ma le incertezze non influivano sul suo impiego, sicchè oltre ad essere un pluripremiato agente della CIA, era anche un ottimo insegnante. Si era aggiunto in più il fatto che Zone fosse in realtà nient’altri che il preside della scuola in cui Head, Myrock, Pitrinos, Brancardi, Graziano e Lupos lavoravano. Erano dunque giunti alla conclusione che far arrestare Zone avrebbe fatto saltare la loro copertura e che avrebbero affrontato una sorte non dissimile da quella del loro avversario. Dovevano aggirare il problema, dovevano trovare un altro piano per contrastare questo temibile criminale.
Trascorsero altri giorni: con astuzia, Zone rimaneva nel suo ufficio nella sede centrale della scuola, di modo che gli Arena Dominators non potessero neanche incontrarlo nei corridoi. “Così vicino, così lontano” pensava costantemente Head. Ma non riusciva a smettere di pensare a quei due ragazzi, così diversi dagli altri, così simili a lui e alla sua squadra, vogliosi di azione, di giustizia. “Non posso coinvolgerli, non sono neanche maggiorenni” continuava a riflettere il Veterano. Fu quella strana giornata per prima a cambiare le carte in tavola. Quel giorno avrebbe incontrato la classe di quei due ragazzi in prima ora: avendo quindi parcheggiato la sua auto nel parcheggio della scuola, si diresse dapprima nell’aula professori per ritirare registro personale e registro di classe, dopodichè salì due rampe di scale e si trovò immediatamente nell’aula. Esordì: “Buongiorno ragazzi! Come ben sapete, oggi abbiamo il compito in classe”. Era la giornata del test, un’ottima occasione per continuare i suoi studi attraverso il piccolo laptop che portava sempre con se durante le lezioni. Certo, avrebbe anche controllato chi copiasse, ma la sua prima attenzione era rivolta allo schermo del computer. Iniziò con il distruibuire le schede, due per ogni alunno, poi sedette alla cattedra e si dedicò al suo effettivo lavoro: effettuò l’accesso alla pagina segreta per gli agenti CIA, e iniziò una comunicazione scritta con Myrock, che quel giorno era il suo giorno di riposo e che quindi si stava rilassando sul divano, con in mano il laptop da una parte, e “Le Vite Parallele” di Plutarco dall’altra. “Amico, sono a scuola. Non c’è traccia per ora di Zone, dovrebbe ancora trovarsi in centrale. Ma un preside non dovrebbe visitare tutte le sedi della sua scuola?” chiese Head, e così rispose Myrock: “Certo, non vedo perchè non si presenti. Oppure si, e sembra ovvio: non vuole incontrarti! Rischia troppo quando si trova davanti a te. E poi dobbiamo scoprire cosa cerca”.
In seguito, la conversazione declinò dal suo vero tema principale, e giunse quindi il momento del ritiro dei compiti. Passò banco per banco, raccogliendo i fogli di tutti i suoi studenti, dopodichè suonò la campanella. Prese il suo laptop e uscì dall’aula. Ma insieme con lui uscirono anche Claudio e Fabrizio, i due ragazzi del primo banco, e lo precedettero, per raggiungere le macchinette del caffè, proprio davanti la loro classe. Si presero dunque un caffè ciascuno, ma proprio in quel momento giunse vicino a loro una figura quasi misteriosa, ma che incuteva in Head che la guardava da lontano, un qualcosa di familiare. L’agente statunitense si chiedeva chi fosse quell’uomo che ora chiacchierava appassionatamente con i due studenti: sembrava conoscerlo. Decise di seguire quel professore, che nel frattempo stava raggiungendo il piano inferiore per uscire da scuola. Head quindi si precipitò in sala professori, dove firmò per ottenere le seguenti ore libere e uscire prima, per seguire quel signore anche fuori scuola. Con uno scatto bruciante raggiunse la porta d’uscita che si trovava all’opposto della sala professori. Saltò sulla sua Camaro blu e attese finchè il suo uomo non fosse partito.
 
Iniziò dunque un lungo ed estenuante inseguimento: quell’uomo girava a destra, poi immediatamente a sinistra. Entrava in negozi, ma ne usciva senza aver fatto acquisti. Probabilmente, anzi, sicuramente aveva scoperto che qualcuno lo stava seguendo. Forse anche chi lo stava seguendo. Ma il piano di Head non si basava sul non farsi scoprire, ma sullo scoprire. Scoprire dove si ritirasse quella misteriosa figura a lui così familiare. Finalmente si fermò: quello che Head riteneva essere il suo rifugio si trovava sul mare, era una casa diroccata e abbandonata. Per un po’ rimase li a fissarla, poi prese una decisione: chiamò Myrock e gli disse di farsi trovare sotto casa, che sarebbe passato a prenderlo e gli avrebbe spiegato il perchè di tutta quella fretta e preoccupazione. In fretta in furia percorse le vie di Ostia, fino a casa sua, dove Myrock lo aspettava. Di corsa anche quest’ultimo saltò nella Camaro e sgommando partirono verso quella casa.
 
Rimasero lì fuori per un’oretta circa, durante la quale tentarono di studiare la conformazione del luogo, chi uscisse e chi entrasse. L’auto dell’uomo misterioso era ancora parcheggiata nei pressi dell’edificio.  Ad un certo punto Head si decise: “Entriamo”. Myrock, non essendo sicuro che fosse quello il momento adatto, chiese di conseguenza: “Ne sei sicuro? E se non trovassimo niente? Stiamo vagando nell’ignoto, Carl. Se le nostre preoccupazioni non fossero fondate? Se non fosse veramente lui? Tutto è ignoto...” ma Head gli rispose immediatamente: “e, nel nome dell’ignoto, entriamo in questa maledetta casa. Carica la tua pistola e tienila stretta. Ti servirà”. Fu proprio dopo queste parole che il lato CIA prese il sopravvento sul lato “Testa”: tenne stretta la sua fedelissima pistola, estrasse un caricatore da una delle tasche del gilè beige che era sempre con lui, e, sicuro di sè, con un calcio abbattè la porta. Non si aspettava di certo quello che trovò.
 
[continua nel prossimo episodio: OMBRE DAL PASSATO]

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Ombre dal passato ***



“E, nel nome dell’ignoto, entriamo in questa maledetta casa. Carica la tua pistola e tienila stretta. Ti servirà”. Fu proprio dopo queste parole che il lato CIA prese il sopravvento sul lato “Testa”: tenne stretta la sua fedelissima pistola, estrasse un caricatore da una delle tasche del gilè beige che era sempre con lui, e, sicuro di sè, con un calcio abbattè la porta. Non si aspettava di certo quello che trovò.

CAPITOLO VIII:

OMBRE DAL PASSATO
 
 
Niente. Non c’era niente dentro quella casa. Era abbandonata. Di dove fosse finito l’uomo, Head non ne aveva la minima idea. Ripose quindi il caricatore nella tasca del gilè, e, molto lentamente, camminò per il vuoto salone in cui lui e Myrock si trovavano. “Forse era meglio venire insieme con gli altri” esclamò proprio Myrock, che esitava ad entrare, rimanendo sull’uscio. “Neanche sappiamo che fine ha fatto il nostro uomo, perchè venire in tanti? Comunque ora dobbiamo cercare per bene. Non dovrebbe essersi allontanato, la sua auto è rimasta lì fuori. Dovrebbe nascondersi in una delle stanze del piano di sopra, sembra che qui non ce ne siano, oltre che questo immenso salone. Avanti, saliamo” Disse Head, ed estrasse di nuovo il caricatore, di modo che se avesse finito i colpi in quello già inserito nella pistola, il cambio sarebbe stato veloce. Dunque attraversò la stanza, fino a raggiungere le scale, che si trovavano dirimpetto all’ingresso, e le percorse. Ogni scalino scricchiolava terribilmente, ogni scalino avrebbe rivelato la sua presenza all’Ignoto, ogni scalino sarebbe potuto essere la condanna del Veterano, del suo compagno, e dell’intera missione, ma soprattutto della salvezza della terra. Fallire anche solo un colpo, in quella missione, sarebbe significato un terribile aumento delle probabilità di Zone di riuscire a conquistare quel misterioso oggetto per scatenare la sua guerra. Ma Head decise di non pensarci, decise che sarebbe riuscito a portare a termine il suo compito, decise che il Mozambico non si sarebbe ripetuto. Erano solo dieci scalini, ma durarono, per i due agenti, un’eternità. Finalmente riuscirono a raggiungere il corridoio del piano di sopra: anch’esso era abbandonato, le finestre chiuse non avevano permesso per diversi anni alla luce di penetrare in quel tetro luogo. Le uniche fonti di luce provenivano da fori sulle stesse finestre, provocati dal logorio del tempo. In compenso le porte erano tutte aperte, cosicchè Head potesse guardare all’interno delle diverse stanze senza avvertire la sua presenza aprendo ogni probabilmente cigolante porta. Ma ognuna delle stanze era vuota. Neanche un mobile. Niente. Neanche un sussurro. Niente.
 
Si trovavano davanti l’ultima stanza. Anch’essa era vuota. Ma dove era finito quell’uomo? Si sentì sgommare. Head spalancò una finestra, e per la prima volta dopo anni la luce regnava anche in quell’angolo di oscurità. L’auto parcheggiata nel vialetto della casa non c’era più: a sgommare era stata proprio lei. Head si precipitò al piano di sotto, mentre Myrock scrutava fuori dalla finestra per vedere l’auto, ma era inutile. Head uscì, anche lui per notare dove l’auto fosse diretta, ma era ormai scomparsa, senza lasciare tracce di sè. “Corri Mark andiamo!” “Ma se non sappiamo neanche dove dobbiamo andare!” “Io lo so, e non è certo dietro quell’auto.” Così anche Myrock corse al piano di sotto, ma nella fretta, correndo ler le scale, alcuni vecchi scalini si ruppero, e Myrock raggiunse Head prima del previsto. “Sto bene, sto bene!” dichiarò prontamente. Dunque i due uscirono dall’edificio e sfrecciarono via con la loro Camaro blu. Destinazione: Arena Dominators.
 
Lupos in quel momento si trovava a casa di Head e Myrock e stava giocando a briscola con Pitrinos e Graziano, che faceva da insegnante ai due spagnoli. Head proruppe nella stanza, e convocò in consiglio gli Arena Dominators, per spiegare loro come stavano le cose, e chi pensava di aver visto. Al termine del suo discorso, gli altri rimasero sgomenti. Possibile che i timori di Head fossero fondati? Organizzarono dunque una spedizione: Head, Myrock e Lupos salirono nella Camaro blu, mentre Graziano, Pitrinos e Brancardi, che stava leggendo il giornale fumando una pipa inglese, preferirono raggiungere la destinazione a bordo del furgone dello stesso Brancardi. Il tragitto non fu lungo, il traffico era notevolmente diminuito dall’ultima volta che Head lo aveva percorso in auto. Ma questa volta non guidava lui, era troppo emotivamente scosso. Alla guida vi era Lupos. Questo permise al Veterano di chiudere gli occhi, se pur solo per una decina di minuti. Ma subito rivide il Mozambico, rivide la morte, il dolore, rivide i suoi compagni abbandonare quel mondo terreno, rivide tutti, rivide Lase. Ancora. Era un’ossessione, da quando era giunto a Roma dalla Spagna. Doveva catturare Zone, doveva vendicare i suoi amici per non sognare più quelle terribili ombre del suo passato.
 
Si svegliò improvvisamente poco dopo. O meglio, fu svegliato da Myrock. Erano tornati a quella villa abbadonata. Gli altri erano già entrati, solo Monica Graziano era rimasta fuori. Fissava la struttura dell’edificio con notevole disgusto, poi disse: “Questa casa non rimarrà in piedi a lungo, state attenti quando salite le scale”. A quelle parole il volto di Myrock si contorse per l’imbarazzo per quello che era accaduto poche ore prima. “Monica, secondo te potrebbe essere vero quello che vi ho detto?” chiese Head. “Tutto può essere vero. Siamo qui apposta. Dobbiamo trovare anzitutto la via attraverso cui è fuggito, poi qualche indizio che ci possa dire se sia affettivamente lui.” “Bene, dirigi tu l’operazione di ricerca, io non mi sento bene. Collaborerò con gli altri, ma non ce la faccio a guidare la missione” “Ok, non preoccuparti, ci penso io”.  Fu così che la missione di ricerca all’interno della villa fu guidata da Monica Graziano, di mattina una (non proprio) normale insegnante di matematica, il pomeriggio agente segreto dei nuovi Arena Dominators. Fu così che Carl Head, veterano di mille e mille battaglie, tanto da essere soprannominato “il Veterano”, divenne un semplice agente, impegnato nel ricercare le tracce di un fantasma, di un uomo mai visto, di un uomo mai esistito. Ma lui ci credeva, credeva alla sua esistenza, credeva che lo avrebbe trovato. Ma era troppo stanco per trovarlo quel giorno, troppi avvenimenti, troppi colpi di scena. Un signore come lui avrebbe dovuto riposarsi, invece lui era lì, in cerca del suo uomo.  
Head non si stava impegnando particolarmente, data la sua stanchezza, ma gli altri si: tra tutti spiccava Pitrinos, l’agente spagnolo, che, con occhio acuto, aveva scoperto una porticina nascosta, sotto le scale, coperta dalle travi che Myrock aveva spezzato quando lui e il suo capo erano entrati nella casa la prima volta. “Ehy voi! Ho trovato una porta! Forse è da qui che è scappato quell’uomo!” Head giunse per primo, scrutò attorno, poi, una volta giunti tutti gli altri, disse: “Qualcuno deve venire giù con me. Dobbiamo dividerci in due squadre: Pitrinos, Graziano, venite con me. Myrock, tu guiderai l’altra squadra composta da te, Brancardi e Lupos. Mentre noi scendiamo, voi altri cercate fuori una via d’uscita, apritela qualora fosse chiusa. E’ molto importante che la troviate, perchè se ci fosse, e fosse apribile solo dall’esterno, c’è bisogno del vostro impegno per scoprire come è fuggito”. Quindi rispose, a sopresa, Brancardi: “Ma, Head, effettivamente non è così importante sapere come è fuggito, l’importante è che è fuggito! Dobbiamo scoprire chi è, non come se ne è andato”. “Paolo, come se ne è andato potrebbe tornare. Forse questa casa nasconde qualcos’altro oltre questa porta, forse ha dimenticato qualcosa. Dobbiamo tenerla d’occhio. Avanti, entriamo”.
 
Un uomo, da qualche parte nel mondo, non è importante che sappiate dove, era soddisfatto.
 
Oltre quella porticina regnava l’oscurità. Head accese la sua piccola torcia, che teneva sempre nel suo gilè. Faceva freddo. Sentiva la sua squadra dietro di sè, e si sentiva confortato dalla loro presenza, ma il freddo che lottava con il buio per avere il predominio là sotto, rendeva tutto più difficile, anche il pensarsi, di lì a poche ore, a casa, al caldo, a guardare la televisione con gli amici, e non pensare a quello che stavano rischiando, scendendo così sottoterra: quella porticina nascondeva una lunga rampa di scale. Ma Head ci provava in tutti i modi, scalino dopo scalino, pensava ai suoi compagni sopra, e a quanto sarebbe stato bello rivederli, quando quella storia sarebbe finita, dopo aver trovato il passaggio. Ma non avrebbe trovato alcun passaggio: la scala finiva dinnanzi a un muro. Ma a sinistra, Head poteva vedere un’altra misteriosa porta, sul lato opposto a quello che sperava. Da lì non si usciva.
Quell’uomo non se ne era andato.
Quell’uomo lo aspettava.
 
Head si girò, fece un cenno con la testa ai suoi compagni, e poi, con un impeto, sfondò la porta e entrò nella stanza, puntando davanti a sè la pistola, ma dovette riabbassarla immediatamente per lo stupore. I suoi occhi e la sua bocca erano spalancati. Anche gli altri erano rimasti attoniti dalla vista. Avevano visto qualcosa che non si aspettavano. O meglio, qualcuno. Quella figura, seduta su una poltrona dietro una scrivania, con sguardo soddisfatto, e un ghigno sul volto, parlò: “Buonasera Carl. Sono sicuro che ti stai chiedendo se sono veramente io. Sì, sono veramente io”
Era Luke Lase.
 
 
[continua nel prossimo episodio: LUKE LASE]

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Luke Lase ***


CAPITOLO IX:
LUKE LASE
Lase, nella sua impeccabile eleganza, lo fissava con sguardo soddisfatto. Erano passati anni dal loro ultimo incontro, in Mozambico. D’un tratto il suo volto si contrasse per l’ira.
“Sei anni sono passati” fu la prima cosa che disse, “sei anni! Mi avevi abbandonato in quell’inferno. Credevo fossimo colleghi, nonostante tutto!”
“Luke, perdonami ti prego. Credevo fossi morto. Tu eri morto! Tutti eravate morti! Dopo l’accaduto ho pensato bene di fuggire da quell’inferno e...”
“E lasciarmi solo, Carl! Solo Dio sa come sono fuggito da lì! Ma vedo che mi hai sostituito, ci hai sostituiti tutti. Non preoccuparti, vendicherò Vamp e gli altri, prima su Zone e poi su te e Myrock. Ora, se permetti...” a quel punto, Lase recuperò la soddisfazione in volto che aveva perduto, si voltò con estrema calma e, dopo aver premuto di nascosto un tasto sotto la scrivania, fuggì attraverso una porticina che si era aperta dinnanzi a sè sul muro di pietra opposto all’ingresso della stanza. Head, preso alla sprovvista, perse qualche attimo per l’indecisione, ma gli furono fatali quei secondi, perchè Lase si era ormai dileguato attraverso l’oscurità. Il Veterano non potè fare altro che scavalcare la scrivania e inseguirlo. Graziano e Pitrinos aggirarono la suddetta scrivania e presero la scia del loro capitano. La via attraverso il buio tendeva a scendere, cosa che fece preoccupare non poco Carl, che avrebbe dato tutto pur di poter tornare in superficie. Prima una leggera curva a destra, poi una netta a sinistra, e poi davanti a sè trovò una scala. Verso l’alto. Finalmente sarebbe uscito da lì, e ne avrebbe dette quattro a Brancardi, che neanche voleva cercare l’uscita da quel buco! Se l’avessero cercata e trovata, pensava Head, avrebbero fermato Lase.
I tre Arena Dominators giunsero al termine della scalata, ma non trovarono nè i loro compagni, nè tantomeno Lase. O meglio, trovarono entrambi, ma i loro amici erano a terra storditi, e Lase stava fuggendo a bordo di un pick-up. Head notò che con lui vi erano altri uomini. Ma perchè condurli lì dentro? Perchè fingere una prima fuga, per poi attirarli nel suo rifugio e fuggire di nuovo? Carl non aveva una risposta, ma a suo dire l’avrebbe trovata in quella stanzetta. Fu per questo motivo, infatti, che un’ora più tardi, quando gli altri Arena Dominators si erano ormai ripresi, discese di nuovo quelle scale e ritornò dinnanzi la scrivania di Lase. Non trovò nulla di particolare, sembrava un mobile vuoto, e non c’era nient’altro in quell’angusta stanza. Sentì Pitrinos avvicinarsi alle sue spalle. Si voltò e gli disse:
“Qui non c’è nulla. Perchè ci ha condotti qui, Marcos?”
“Non so Carl, ma lui lavora a scuola da noi, sicuramente lo rincontreremo”
“Non credo che continuerà a lavorare lì, dopo che lo abbiamo scoperto. Ma sicuramente c’è un motivo per cui ci ha condotti in questo posto. Dobbiamo solo trovarlo. Ma non ora. Chiudiamo questa baracca e torneremo domani, avremo più tempo per analizzarla a fondo.”
Così fecero, tornarono a casa, sempre più pensierosi e tesi per quello che stava per accadere.
 
La mattina seguente si svegliarono tutti molto presto, non solo per l’ansia, ma anche perchè il lavoro a scuola li attendeva. Solo due di loro avrebbero iniziato la loro giornata più tardi, Carl e Graziano. Decisero quindi di iniziare le ricerche nella villa abbandonata di Lase. Salirono entrambi a bordo dell’auto di Head e in pochi minuti si ritrovarono di nuovo su quella spiaggia, ma questa volta era diverso, era mattina. L’abitazione si trovava ora sotto un’altra luce: questa volta Head non vedeva l’ora di scendere quelle scale, non di salirle. Si trovò di nuovo in quella saletta vuota, ma come la sera precedente non riservava nulla di particolare, solo quella strana scrivania. E se il suo intento fosse solamente quello di far vedere di essere ancora vivo? In fondo, Lase aveva annunciato vendetta, perchè mai avebbe dovuto aiutare i nuovi Arena Dominators? Carl si sedette sulla sedia di Lase per pensare, aprì un cassetto e quando stava ormai per richiuderlo notò che esso conteneva un doppio fondo. Cercò di aprirlo, ma nulla da fare: doveva forzarlo. Con un po’ di fatica infine ci riuscì e scoprì una serie di documenti: li prese sospettoso, ma alquanto incuriosito da quello che potevano contenere. Sfogliò le prime pagine e nel frattempo, Graziano, che era sopraggiunta, gli chiese:
“Carl, hai trovato qualcosa?”
“Sì Monica, documenti in un doppio fondo. Sembra che contengano informazioni su di me...Myrock...su tutti noi...anche su Zone! Penso che Lase non volesse attirarci qui, voleva proteggerli. Probabilmente si era accorto troppo tardi di essere pedinato, quando ormai era nei pressi dell’abitazione. Decise di sviarci entrando in casa, fingendo una prima fuga, per poi fuggire più tardi, per farci indagare su di lui e non su questa stanza...”
“E allora perchè non è tornato questa notte?”
“Forse non ha potuto. O forse lo ha fatto e ha tolto qualche pagina importante, lasciando queste per farci credere di essere stati più furbi di lui, di aver trovato un contenuto che non avremmo dovuto trovare. Forse siamo caduti in una sua trappola. In ogni caso, prendiamo questi fogli e portiamoli al sicuro, li analizzeremo tutti insieme più tardi. Ora dobbiamo andare a scuola”
Così fecero. Solo pochi minuti dopo si trovarono nel parcheggio della sede succursale della loro scuola. Dopo aver trascorso tutto il tragitto in silenzio, Head disse a Graziano:
“Avevo intenzione di coinvolgere due ragazzi della classe IID. Mi sembrano svegli, mi hanno attirato subito, secondo me possono essere utili per fermare Zone”
“Due ragazzi? Non penso sia sicuro per loro essere coinvolti in un’operazione mondiale. Ricorda che sono minorenni e tu hai la responsabilità...”
“Io non sono un professore, non ho alcuna responsabilità. Si chiamano Fabrizio e Claudio, appena puoi instaura con loro una conversazione, e dimmi poi cosa ne pensi. Sono necessari ora più che mai. Li recluterò domani.”
Head quel giorno non doveva tenere lezione in VD, solo per questo non poteva parlare con i due ragazzi. Erano indispensabili per trovare anche Lase: avrebbero agito sotto una perfetta copertura di studenti, avrebbero potuto cercare Zone e Luke: chi avrebbe mai dubitato di due studenti?
Ma il professor Testa, durante la ricreazione, incrociò Claudio per le scale e non potè fare a meno di parlargli:
“Causio! Che casualità! O causialità? Non saprei. Dimmi, che ne pensi delle mie lezioni? Sono un adatto professore?”
“Penso che lei sia un bravo professore. Scienze non è la mia materia preferita, ma lei riesce a renderla intrigante”
“Grazie ragazzo. Ci vediamo domani con il compito in classe!”
“Certo professore, arrivederci”
Head trovava ogni pretesto per conversare con quei due ragazzi. Voleva sondarli, capire le loro forze e le loro debolezze. Avrebbe sconfitto Zone grazie a loro, e nessuno avrebbe potuto impedirglielo.
 
 
[Continua nel prossimo episodio: E SE IO NON FOSSI UN INSEGNANTE DI SCIENZE?]

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1385030