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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Poca corda e caduta sorda *** Capitolo 2: *** Your Dark Mystery *** Capitolo 3: *** Schiaffi, Cannoni e Mormorii *** Capitolo 4: *** Nice Girl, Anyway *** Capitolo 5: *** Combatterò i Fantasmi che Tormentano il Tuo Cuore *** Capitolo 6: *** Lampi di Gelosia e Tentati Omicidi *** Capitolo 7: *** My Past *** Capitolo 8: *** A Good Man. - Part One.- *** Capitolo 9: *** A Good Man.- Par Two.- ***
Ciao a tutti, il mio nick è Diomache… è la prima ff che scrivo riguardo il mondo dei Pirates, vi prego siate clementi
Ciao a
tutti, il mio nick è Diomache… è la prima ff che scrivo riguardo il mondo dei
Pirates, vi prego siate clementi..
Come
avrete letto dall’introduzione, questa storia si colloca prima dei tre film che
conosciamo ed introduce un nuovo personaggio di mia invenzione.
Mi
sono sempre chiesta se Jack mentisse o meno quando dice ( nel II) che l’unica
cosa che ami è il mare. E questa ff vuole, diciamo, indagare sul passato di
Jack, quando era capitano della Perla Nera con Barbossa come primo ufficiale,
proprio prima dell’ammutinamento.
Beh,
spero che vi piaccia e naturalmente ogni genere di commento è ben
accetto!
Buona
lettura
Diomache.
Darkness and Starlight
Molti
si chiedono se Jack abbia mai amato.
Parliamo
dell’amore vero, quello che sconvolge ed annienta, l’amore che affanna, che
ossessiona, non un’avvenuta di una notte. Certo, se lo chiedete a Jack, lui vi
risponderà che l’unica cosa che ami è il mare.
Ma non
è sempre stato così.
La
verità è che prima delle disavventure legate a Davy Jones, prima di tutto quello
che conosciamo è avvenuto ben altro.
Prima
di tutto Jack ha amato. Non solo il mare.
Ha
amato Lei.
Capitolo I
Poca
corda e caduta sorda
Il
rumore della cella che si apriva velocemente con un cigolio stridulo si diffuse
all’interno delle mura della grande prigione, risuonando con un eco strano,
quasi surreale.
“Per di qua, monsignore, vedrà che troveremo un alloggio
adeguato alle sue mansioni religiose!” quella voce era specificamente ironica e
sarcastica ed anticipò la visione del gendarme che trascinava un tipo
dall’aspetto piuttosto singolare.
Lunghi capelli da pirata, fascino selvaggio, bandana ai
capelli e sguardo malizioso uniti ad un casto e puro abito da vescovo.
Il soldato aprì la cella e vi sbatté dentro il nuovo
detenuto, accompagnando il gesto con nuove risa. “ E che la pace sia con voi!”
concluse il gendarme ridendo all’indirizzo di quello che sembrava avere tutta
l’aria di un pirata.
L’uomo in questione iniziò poco dopo a giocherellare
conle mani, inquieto, poi, mosso
quasi da una agitazione intrinseca al suo essere si alzò di scatto e cominciò a
guardarsi intorno spasmodicamente, fissando la fessura arrugginita della
serratura, evidentemente inaccessibile per lui. Dato che nulla di quell’ambiente
angoscioso sembrava dargli un briciolo di speranza, si distrasse con altro: la
sua attenzione si spostò sullo strano ninnolo che pendeva al suo collo, una
sorta di croce, richiamata anche nel resto dell’abito.
No, in definitiva, non avrebbe dovuto travestirsi da
religioso!
Ma che razza di idea era!
Si grattò il capo, mentre immaginava la faccia della sua
ciurma a cui avrebbe dovuto spiegare questo piccolo intoppo non previsto, questo
quid che aveva fatto saltare il suo grandissimo spettacolare, perfettissimo
piano. Ok, magari non perfettissimo ma niente di irrimediabile.
Perché si può rimediare. Vero?
Si guardò di nuovo intorno e deglutì lentamente. Diavolo,
le prigioni di Port Royal sembravano più antipatiche del previsto. Su, no
problem. Era o non era il capitan Jack Sparrow?
Si tolse velocemente quegli indumenti ridicoli che avevano
ormai fatto il loro corso; rimase quindi con i suoi abiti consueti e si sentì
subito molto meglio, molto più capitano, anche se effettivamente senza cappello
e senza i suoi effetti si avvertiva decisamente meno calato nel ruolo.
Preso dall’impossibilità di stare fermo per almeno dieci
minuti consecutivi, iniziò a sbirciare nella cella di fianco dove una figura
strana almeno quanto lui, stava accucciata alla parete opposta, silenziosamente.
Sembrava una massa informe. Probabilmente, chiunque fosse,
era stato coperto da un lungo telo nero. Doveva essere anche piuttosto
pericoloso, visto che alle caviglie –l’unica cosa che sporgeva dalla coperta-
erano state applicate catene arrugginite. Jack strinse i denti, massaggiandosi i
polsi solo al pensiero.
Passò in quell’istante uno dei soldati, reggendo due
ciotole piene di un brodo informe che volevano chiamare cena. Aprì la cella di
quel condannato e la appoggiò a terra e ugualmente fece con quella di Jack solo
che, visto l’aspetto famelico del pirata, il soldato si divertì a tirarla a
terra, incurante di tutta la minestra che si sarebbe buttata.
“Credi di essere simpatico, eh?” mugugnò Jack lanciando uno
sguardo omicida al soldato che si allontanava in quel mentre. Dato che non gli
avevano dato un cucchiaio, s’attrezzò a mangiare quella poca che gli rimaneva
nel piatto, guardando insistentemente la ciotola piena dell’altro recluso e
maledicendo in ogni momento quel cretino che gli aveva detto che ciò che
cercava si trovava a Port Royal.
Se lo beccava..
Ma le maledizioni non riuscivano a distoglierlo dalla fame.
Ancor più perché l’altro galeotto sembrava non toccare cibo.
“Ehm, giovanotto?” lo chiamò quindi con un certo savoir
faire.
Finalmente quella strana massa informe sembrò muoversi, ma
lentamente, come un animale che esce dal letargo e dall’apatia.
“Ehi giovanotto senti un po’.- continuò Jack, fiducioso.-
non che io sia abituato a chiedere, perché essendo capitano non lo so, i
capitani non chiedono loro comandano ed esigono, quindi pur sapendo che forse tu
non acconsentirai, particolari circostanze mi inducono a domandarti, e dato che
non si potrebbe sprecare ciò che..”
Il suo attacco di logorrea venne interrotto sul nascere
quando il pirata s’accorse che il galeotto a cui si rivolgeva non era affatto un
ceffo da prigione con cui credeva d’aver a che fare.
La coperta si era spostata e ne era apparsa una ragazza.
Questa lo osservava quasi con sfida. Era bella, anche
troppo per quel luogo. Vestiva umilmente, con un vestito non certamente da donna
aristocratica ma dal volto di una fiera ragazza di sangue blu. Capelli neri,
lunghi e ricci quanto seducenti, gli occhi del color dell’oceano più profondo.
Il suo sguardo blu ed aggressivo non lasciava quello di Jack, decisamente
allibito.
Il pirata strinse i lati della bocca e deglutì, lentamente,
quasi in impaccio. “Tesoro.. ehm dicevamo…”
“Che cosa c’è??” domandò lei osservando quasi con cautela
la figura bizzarra ma affascinante del pirata. “Sembra che tu abbia visto un
fantasma.”
Jack si concentrò sulle forme di lei, delicate ma molto
femminee. “Ehm no. Diciamo che sei piuttosto reale.”
Lei sorrise, ma non arrossì, come invece si conveniva ad
una pudica ragazza della sua età. Poteva avere al massimo vent’anni. Il suo
sguardo si concentrò sulla ciotola di minestra. “La vuoi tu?” domandò,
cautamente, e senza che Jack rispondesse la prese e gliela passò oltre le sbarre
larghe che dividevano una cella dall’altra. Il pirata la prese quasi con
diffidenza e riprese a mangiare, senza dire altro.
Lei sospirò e il suo sguardo azzurro andò a collocarsi
fuori dalla finestra a sbarre che c’era nella cella di Jack. Era quasi buio
ormai. “è notte.” Disse ma più che altro la sua voce fu un sussurro. Poi dopo
una pausa. “L’alba arriverà ancora prima di accorgersene. –si volse verso di
lui.- tiimpiccheranno?”
Jack restò un po’ spiazzato da quella domanda. Appoggiò la
scodella vuota a terra. “Diciamo che è altamente probabile.” Abbozzò Sparrow.
“ma non possibile.”
Si interruppe, aspettando che lei gli domandasse il perché.
Ma questa domanda non arrivò.
Sparrow le fece capire che voleva quella domanda con un
centinaio di gesti del volto che l’esortavano a continuare, poi, capita
l’antifona: “Non mi chiedi il perché?”
Con un sorriso un po’ più rilassato la giovane si alzò e
avanzò verso di lui, camminando a fatica per vie delle catene. “Perché?”
“Perché sono il capitano Jack Sparrow.”
“Addirittura capitano di una nave.” La voce della ragazza
era sensuale e molto profonda. Ma non lasciva o puerile.. era affascinante. Di
quelle che non si dimenticano facilmente.
Si avvicinò alle sbarre oltre le quali c’era Jack.
“Non una nave tesoro, la nave.- precisò lui- La perla
nera.” Disse con voce ad effetto, mimando qualcosa di enorme.
Lei sorrise, come se sapesse esattamente di che cosa si
trattasse. “Un capitano del tuo calibro usa travestimenti del genere?” il suo
sorriso sapeva d’ilarità mentre il suo sguardo si concentrava sugli abiti da
vescovo sparsi sul pavimento.
“Un mio sottoposto.- si giustificò- aveva avuto quest’idea
e io ho voluto dargli fiducia..”
“La tua nave sparerà su Port Royal per salvarti?”
Jack s’immaginò Barbossa che organizzava il suo
salvataggio.
Ehm no, non era proprio un quadretto verisimile.
Chi indietro rimane..
“Non .. non sarà necessario. Penso di togliere le tende
molto prima..”
Lei scoppiò quasi a ridere. “Sembri molto sicuro di te..
eppure scommetto che domani penzolerai giù dalla forca.”
Jack si sentì punto nel vivo e aggrottò la fronte,
incurvando le sopracciglia. “E tu saputella?” domandò con uno sguardo
penetrante. “Tu che ci fai qui?”
Lei roteò gli occhi con un gesto che gli sembrò tutto
fuorché popolano.
Era vestita poveramente eppure aveva l’impressione di
trovarsi davanti una nobilissima giovane. “Dettagli.”
“Dettagli.- gli fece la bocca.- credo piuttosto che sarai
tu a penzolare dalla forca. Io no, grazie, non mi piace l’idea.. semmai un’altra
volta.”
Lei rise di quell’ingenuità. “Ah si, e come speri di
cavartela?”
“Ci sto pensando, guarda un po’.”
Inclinò la testa di lato. “Dimostramelo. Salva anche
me.”
Lui scoppiò letteralmente a ridere. “Ti piacerebbe, eh?
Ehm.- finse di pensarci.- no.”
Il sorriso di lei si spense di botto. “Me lo devi.”
Controbatté. Lui rise ancora più forte. “Io ti ho salvato…- lei si interruppe
non sapendo come continuare. Poi, ecco l’idea.- da un’atroce morte di fame. Devi
rendermi il favore.”
“Io non ti avevo chiesto niente!”
“Tuttavia non hai respinto la mia cena, quando io te l’ho
data. Ti ho fatto un favore, no?”
Jack esitò, per qualche istante. “Dimentichi che sono un
pirata, i pirati non sono gentiluomini.”
“Si tratta di onore.- la sua arrampicata sugli specchi si
rivelava più difficile del previsto.- ti chiedo solo di farmi evitare la forca.
Niente di più.- piccola pausa.- se puoi salvare te stesso, perché non anche me?”
Disse avvicinandosi e aggrappando anche lei le sbarre con le mani.
I suoi occhi da cerbiatta lo osservavano sensualmente.
“Vorresti forse farmi credere che non ne saresti capace?Sei il capitan Jack
Sparrow, no?”
Erano vicini, forse troppo. Quasi attratto dal fuoco delle
labbra di lei, Jack fece per avvicinarsi di più ma a questo punto lei si
ritrasse accompagnando il gesto con un sorriso malizioso. “Pirata.”
Jack rise di quello che voleva essere un insulto. “E il tuo
nome? Un dettaglio anche questo?Come faccio a programmare una sortita se non so come chiamarti?”
“Diciamo che non ti dico il mio nome così hai la garanzia
che una volta salvata non mi avrai tra i piedi.” I suoi occhi non lo lasciavano
un istante. Gli porse la destra. “Andata?”
Il suo ragionamento non aveva una logica nemmeno a pagarla
oro. Ma Jack era totalmente senza logica. Strinse con vigore la destra della
ragazza.
“Andata.” Disse quindi.“la forca aspetta anche te, eh?”
“Soprattutto me.”
-o-
Era notte fonda ormai ma nelle prigioni di Port Royal
sembrava che fosse pieno mezzogiorno.
I soldati passavano in continuazione e gli altri abitanti
delle celle che nel frattempo si erano popolate (probabilmente i gendarmi
avevano fatto un giretto tra le più affollate bische del paese) sembravano non
avere niente di meglio a che fare che osservare l’insolita ragazza, chiamandola
con gesti e parole.
Ma lei non li degnava di uno sguardo, né sembrava essere
infastidita da loro.
Superiore, osservava quasi incantata il suo complice che
invece di pensare ad una possibile via di salvezza stava aggrappato alle sbarre
della finestra ed osservava pensieroso il mare e i riflessi della luna.
Avrebbe dato un dollaro per conoscere i suoi pensieri.
Devono essere interessanti i pensieri di una pirata. Di un pirata senza logica
poi lo devono essere ancora di più.
Avrebbe dovuto dormire. Anche se poco, almeno un po’ per
riposarsi. Si appoggiò al muro, distogliendo lo sguardo da Jack e fu proprio in
quel momento che avvertì tutto il disgusto per gli ammiccamenti degli altri
uomini. Si voltò di nuovo verso Sparrow forse nell’inconscia speranza che lui
chiedesse loro di smettere.
Macché.
Era un pirata, no?
Era inequivocabilmente un pirata.
E lei era una donna, sola. Una donna che tutti definivano
colpevole per di più, magari abbandonata anche da Dio. Strinse forte il vestito
sotto le dita, mentre si sentiva sprofondare in un’angoscia terribile. Eppure
non riusciva a sentirsi in colpa totalmente. C’era una parte dentro di se che
continuava ad urlare che quella era stata la cosa giusta.
L’alba non doveva essere così lontana. Pensò alla forca che
l’attendeva.
No, doveva essere positiva. Aveva l’aiuto di un pirata e i
pirati sanno scappare dalle prigioni. Sua madre le raccontava sempre storie del
genere, no?
Eppure, adesso che ne aveva conosciuto uno.. che aveva
conosciuto QUEL pirata, non ne era poi così sicura.
Si abbandonò con le spalle al muro, fissando il pavimento.
E improvvisamente quelle fastidiosissime chiacchiere
sembrarono scomparire di nuovo.
-o-
Il sole era sorto finalmente con una puntualità impeccabile
e aveva invaso con i suoi raggi rossitutta la cella per poi espandersi al resto del locale. La ragazza aprì i
gli occhi. Non aveva dormito nemmeno un minuto, ma non si sentiva stanca, anzi,
era quasi pervasa da uno strano attivismo e adrenalina.
Avrebbe voluto urlare in quel momento.
“Jack?” lo chiamò quasi sussurrando. La sua voce suonò
quasi di supplica.
Il pirata stava lì, ancora appoggiato alla finestra.
“Buongiorno.” Disse lui poi si voltò verso di lei e le regalò un sorriso
intrigante e furbo allo stesso tempo. Lei incurvò le sue sopracciglia nere, così
scure e in contrasto rispetto ad un volto così etereo.
Non fece in tempo a dire altro. La prigione si riempì di
quattro soldati subito dopo.
“Andiamo, signorina.” disse il primo dopo averle tolto le
catene dalle caviglie. Un altro gendarme aveva preso Jack ed un altro ancora con
gli altri prigionieri. Cercò di seguire Sparrow con gli occhi cercando un
indizio, un cenno, qualsiasi cosa.
Ma il destino li divise e i soldati si frapposero tra i
due. Lo perse. Sia con lo sguardo che con il contatto fisico.
Venne trascinata fuori dalla prigione e neppure l’aria
fresca delmattino riuscì a
strapparle un sospiro di tranquillità. Docilmente obbediva agli strattoni dei
soldati.
Salì le scale della prigione quasi con più velocità, il
soldato lo notò e incuriosito strinse di più la presa attorno al suo braccio,
poi, infilando il naso tra i capelli con fare provocante, le domandò: “Tanta
fretta di morire?”
Lei si allontanò dal viso di lui con un gesto brusco. Gli
avrebbe sputato in faccia se non fosse stata costrettaa camminare così velocemente.
Il forte era pieno di persone urlanti. Venne trascinata tra
di loro e si beccò spinte, insulti allo stesso modo degli altri condannati. La
gente inveiva loro contro e quasi non li lasciava passare. Decise di chiudere
gli occhi, per non dover per forza leggere odio in quelli della gente, un odio
gratuito perché non la conoscevano e non sapevano niente di lei, niente.
“Jack!” urlò improvvisamente sentendosi affondare il cuore
dalla paura; aprì gli occhi nel disperato tentativo di scorgerlo.
Ma invece di incontrare gli occhi neri del pirata incontrò
quelli di suo padre. Era anche lui lì, tra la folla.
“Papà..”
Il viso austero del soldato non cambiò espressione, nemmeno
di fronte alla figlia.. soffriva certo, ma il suo era un dolore severo, per
l’ennesima volta.
“Addio Evelyne” le disse, di ghiaccio, ma sul suo nome la
voce sembrò tremargli. “Che Dio abbia pietà di te.”
Lei rimase di sasso. Non durò oltre, il gendarme la
trascinò via, verso l’abisso della morte.
Abbassò gli occhi mentre la spingevano. A questo punto non
le importava nulla. Aveva sbagliato a fidarsi di quel pirata, non si sarebbe
salvata, ma non le interessava più di tanto.
La spinsero sul patibolo.
E lì, prima di venir messa davanti alla sua corda, incontrò
gli occhi di Jack.
“Ci siamo quasi.”
Non era sicura d’aver sentito bene. In realtà si era
affidata alle labbra di Jack, perché di suoni non ne aveva proprio sentiti.
Intanto davanti a lei spenzolava il cappio.
Il boia le si avvicinò e glielo mise al collo. La corda le
graffiava la pelle ma in quel momento non riusciva a sentire altro se non il suo
cuore che batteva forte nel petto. Cercava gli occhi di Sparrow ma questi
guardava nella parte opposta alla sua.
Dai, cretino girati.. avanti girati!
Lo maledisse un migliaio di volte, avrebbe chiamato in
causa anche Dio se non si fosse sentita troppo sporca per farlo.
Jack!
Il boia si avvicinò al piccolo marchingegno di legno.
Sparrow!
Maledetto! Maledetto! Era stato così vigliacco che aveva
anche finto di darle una speranza!
Stringendo le labbra per la rabbia non si rese nemmeno
conto del soldato che leggeva l’accusa e la condanna da un foglio papiraceo. La
sua attenzione fu solo destata dai cori di ‘a morte’ che serpeggiavano tra la
folla. Come suo ultimo ricordo del mondo dei vivi volle cercare gli occhi del
padre.
Le sue labbra erano serrate e severe come sempre. La odiava
e forse ne aveva tutte le ragioni.
Ecco il momento.
Il boia abbassòla leva e quattro piccole buche si aprirono.
Evelyne credette di sentire rumori di spari mentre moriva.
In realtà si aspettava di piombare nel male assoluto, in
un’ onda di ferro e fuoco, con diavoli e tridenti. Invece fece solo un gran
botto a terra, sbattendo violentemente il sedere contro il terreno. “Oh.”
Mugugnò.
“Andiamo, non c’è tempo di piagnucolare!”
La giovane aprì gli occhi. Jack Sparrow era lì, accanto a
lei.
Quel deficiente l’aveva seguita anche all’inferno?
“Avanti ti ho detto!” la rimproverò lui, scuotendola dal
suo torpore. Finalmente capì. Non era morta ma in compenso quei rumori di spari
erano stati veri. Qualcuno con una pallottola aveva davvero reciso la corda,
facendola capitombolare sotto il patibolo.
Si era salvata. Ma non ebbe il tempo di farsi prendere dai
sensi di colpa perché Jack le prese la mano e la trascinò fuori dove intanto si
stava scatenando una violenta battaglia. Vide un gran numero di pirati
combattere contro i soldati. “Meglio tagliare la corda, ci penseranno loro!”
queste pure ed egoistiche parole da pirata l’accompagnarono per tutta la sua
folle corsa attraverso la folla impazzita.
Qualcuno tirò una spada a Jack e questi, con un’abilità che
non immaginava, la prese al volo.
Farsi strada a quel punto iniziò ad essere più facile,
Sparrow si dimostrava di una bravura incredibile e lei, stretta a lui, aveva un
buon lasciapassare verso la vita e la libertà.
Correvano, insieme ad un’altra decina di pirati, lungo le
scale del forte in quell’istante quando si sentì afferrare per la vita e, non
riuscendo più a muoversi, perse Jack.
Si voltò di scatto. Suo padre.
“Lasciami andare!” urlò, quasi piangendo.
L’uomo l’osservò, fuori di se. “Sei una vigliacca! Sei
una..”
“Glielo dirà un’altra volta, signor imbacuccato, andiamo di
fretta adesso!” la voce arrogante di un nuovo pirata interruppe la scena. Questi
colpì suo padre con un pugno e le fece cenno di seguirlo. La ragazza indugiò
qualche istante su suo padre che cadeva poi volse di scatto lo sguardo e seguì a
rotta di collo il pirata che sembrava davvero saper il fatto suo.
Era più grande di Jack di una buona decina d’anni, capelli
lunghi e barba lunga, riccia, sul rossiccio.
Arrivarono in un luogo sopraelevato, che finiva a
strapiombo. Jack combatteva ferocemente contro due soldati, dietro di lui,
l’oceano. Evelyne e Barbossa lo videro parare una stoccata di uno e con un colpo
netto tagliare le cinghie dei pantaloni di un altro. Lo sguardo di Jack si
soffermò in mezzo alle gambe del soldato.
“Ecco un altro eunuco.” Commentò prima di disarmare
entrambi e di correre via verso di loro.
“E adesso?” la voce di Evelyne era così sospirata che quasi
non si udì.
“Adesso buona fortuna milady.” Rispose Barbossa, di fretta.
Lei, smarrita, si volse verso Jack. “Cosa?” urlò, guardando
altri soldati che stavano correndo verso di loro. “Mi abbandonate così?”
“Sei salva, ora, no?” continuò Jack.
“Tu.. tu non
puoi!”
“Erano questi i patti. Ti ho salvato, sei libera!” lei
rimase senza parole. “Buenasuerta, tesoro!” il pirata le
consegnò una spada in mano, poi dato che i soldati si avvicinavano, sia Barbossa
che Jack, dopo un cenno d’intensa, si gettarono in mare.
“Noo”urlò di
rabbia guardandoli tuffarsi nel mare aperto.
“Eccola, prendiamola!”
Di scatto, si voltò verso il pericolo che incombeva su di
lei. Strinse forte la spada in mano.
Un gendarme le si fiondò contro e lei reggendo l’arma si
fece schermo dei suoi colpi con movimenti precisi e neanche troppo timidi,
abituata a veder la gente combattere, con un padre soldato. Non riuscì a vincere
il soldato, né a disarmarlo in maniera efficiente, come diceva sempre suopadre.
Però riuscì a guadagnare qualche secondo per buttarsi in
mare.
-o-
Ilcontatto
con l’acqua fu più violento del previsto. Per qualche istante rimase stordita
dalla forza con cui l’oceano l’aveva accolta tra le sue braccia. Poi,
svegliandosi dal torpore, iniziò a muoversi lentamente, verso una meta non
chiara nemmeno a lei, mentre sentiva delle voci, in alto, sopra il suo capo.
Erano i soldati, di nuovo.
Fece per alzare istintivamente lo sguardo verso di loro
quando sentì aggrapparsi per la vita. Senza che potesse respirare oltre, venne
trascinata giù, sott’acqua.
Evelyne si dimenò, strattonò colui che la uccideva sotto la
superficie del mare, ma senza troppo successo, perché la sua presa era forte e
decisa e lei, disperata e senza ossigeno, poteva ben poco.
Aprì gli occhi allora e fu così che incontrò lo sguardo
ironico e teso di Jack.
Stava per colpirlo (anche se sapeva che non gli avrebbe
fatto troppo male) quando lui le indicò delle piccole pallottole di piombo che
scendevano piano, grazie all’acqua, verso il fondale del mare.
I soldati stavano sparando su di loro e Sparrow l’aveva
salvata di nuovo.
Il sollievo durò poco però. Strattonando il gilet del
pirata, Evelyne cercò di fargli capire che aveva finito l’ossigeno. Se prima di
farla sprofondare l’avesse fatto prendere una boccata d’aria come si deve!
Lui sembrò rimproverarla con lo sguardo, poi, facendole
segno di aspettare, risalì.
Senza la presa di Jack che la teneva sul fondo insieme a
lui, Evelyne si trovava davvero in difficoltà. Non solo non riusciva ad impedire
che il mare la portasse con se sulla superficie, ma era anche sicura di non
poter resistere un altro secondo in più senza aria.
Jack la raggiunse nemmeno un istante dopo e senza
esitazione alcuna le prese il viso, reso rosso dallo sforzo e dalla mancanza
d’ossigeno, e impresse le sue labbra su quelle di lei.
La ragazza soffocò il primo istinto di ribellione e capì il
vero intento del pirata.
Quindi schiuse le labbra lasciando entrare l’ossigeno.
Pochi secondi dopo, la pioggia di pallottole finì. Jack
risalì e lei risalì con lui, uscendo fuori dall’acqua con un grande sospiro e
tossendo poi per i restanti minuti.
Il pirata l’osservava, divertito. “Ridi?” chiese lei, con
la voce un po’ roca a causa del mare.
“Eccome. Se solo ti vedessi.”
“Perché non te ne sei andato?” chiese lei, quasi offesa.
“mi avevi lasciato lì, tra i soldati. Perché non sei sparito con il tuo amico e
mi hai aspettato, qui in mare?”
Lui aggrottò la fronte. “Ehm forse ti sfugge un
particolare”
“No, non mi sfugge proprio niente!” attaccò lei. “già che
c’eri potevi andartene ed essere coerente invece di..”
“Vuoi tapparti la bocca!” Sparrow l’interruppe, poi
fingendosi deliziato dal suo silenzio, continuò. “Grazie.”
Lei rimase comunque accigliata mentre continuava a nuotare
per tenersi a galla. “ E adesso?”
“Hai un’autonomia di un secondo, vero? Di più non ti riesce
stare zitta!”
“Se solo tu mi rispondessi lo farei!- continuò.- mi vuoi
dire perché stiamo qui a fare le acciughe!”
“Primo!- rispose Jack, finalmente, con voce alterata.- io
non ti ho abbandonato ma ti ho anche dato un spada e non era nemmeno nei patti-
lei stava per ribattere ma lui fu più veloce.- secondo. Non stavo aspettando che
tu ti tuffassi, prima.”
Lei rimase in silenzio, con il viso bagnato ed illuminato
dal sole mattutino. “Come hai fatto a dire ai tuoi uomini che..”
“Ci sono abituati.-mentì- è quasi telepatia.”
“Oppure uno di loro ti ha raggiunto fuori dalla finestra
della prigione e tu gli hai comunicato tutto, cioè che dovevo essere salvata
anch’io?”
Sparrow rimase in silenzio, punto sul vivo. “Fandonie.”
“E ..”
“Mm.” Mugugnò lui, insofferente. “ti ho risposto, perché
continui a parlare?”
“Se non aspettavi me, perché non… ” la voce della ragazza
si spense, infondo alla gola, alla vista di qualcosa di grande e di imponente,
dietro le spalle di Jack. Questi si volse velocemente e un sorriso soddisfatto
si dipinse sul suo viso alla vista della maestosa Perla Nera, a poche decine di
metri da loro. “ah finalmente.- si volse verso di lei, cercando di chiamarla per
nome. Ma giacché non ne aveva uno o meglio, lui non lo conosceva, si limitò a
dire.- i miei omaggi”
Lei lo osservò nuotare.
Jack giunse in prossimità della sua nave, si arrampicò su
un fianco, poi si aggrappò alla mano che il signor Gibs gli porgeva e finalmente
entrò nella sua nave.
“Finalmente.” Fu il commento sprezzante di Barbossa. “non
si è mai visto che un capitano debba andare a recuperare un suo mozzo! È
inammissibile!”
“Per fortuna che non sei tu il capitano, allora.- rispose
Jack, a tono.- è molto più comune che un mozzo venga a recuperare un
capitano.”
“Capitano.” La voce di Gibs interruppe il dialogo. “ecco i
suoi effetti. Gli uomini li hanno presi dalle prigioni.”
Sparrow, con gesti rituali, si infilò cappello e tutto il
resto, stando ben attento ad ogni singolo particolare. “Spero di non aver
dimenticato niente.” borbottò guardandosi i vestiti.
“Questo.” Una voce femminile che giungeva alle sue spalle,
lo fece raggelare. Con un gesto quasi scattoso ed incredulo si voltò verso di
lei che gli porgeva una delle sue catene di gioielli.
“L’hai persa nuotando.” Spiegò Evelyne, dritta davanti a
lui, sulla nave, con un’innocenza che non avrebbe insospettito nessuno.
Specialmente così, poi, con i capelli neri bagnati ed appiccicati al suo viso
dalla carnagione chiarissima, gli occhi così azzurri, sembrava più che altro una
trasfigurazione divina.
“Oh, grazie.” Borbottò Jack, riprendendola con uno scatto.
“ e adesso se non ti dispiace..” disse facendole segno d’andarsene.
“Ti prego fammi restare.” Continuò lei con voce
supplichevole.
“Capitano.- il signor Gibs s’intromise leggiadramente.- mi
permetto di ricordarle che porta spaventosamente male avere una donna a
bordo.”
“è solo un passaggio.- rispose lei, frettolosamente.- io
non ho più niente a Port Royal, qualsiasi città in cui farete attracco per me
andrà bene…- sospirò.- lavorerò se sarà necessario!” tutti scoppiarono a ridere
e lei aggiunse, truce. “farò le pulizie! Pulirò il ponte e..”
“Può restare.” La voce di Barbossa interruppe lo sfogo
della giovane. Lei, sorpresa, osservò Jack che per rifarsi dello smacco subito,
esclamò. “Ho deciso che puoi restare.”
“Fino a Nassau.” Aggiunse Barbossa.
“Nassau, ovviamente.” Aggiunse Jack, con uno altezzoso.
Lei sorrise, lasciando trapelare di nuovo quella sensualità
che tanto lo aveva colpito nella prigione.
“E adesso tutti ai vostri posti, branco di bagordi, alzate
l’ancora!”
“Forza bagordi, al lavoro!”
Prima Barbossa, poi Sparrow avevano dato i loro ordini, il
secondo come eco del primo.
La giovane sorrise debolmente e mentre la nave partiva si
appoggiò alla balaustra di legno, osservando la sua città. La città che non
voleva rivedere mai più.
“Senti un po’.”
Lei si girò verso Jack che con il capo piegato di lato la
guardava, increspando le labbra. “Se credi che porti sulla mia nave mozzi senza
nome ti sbagli. Come devo chiamarti?”
“Evelyne andrà benissimo.”
“Suona complicato come nome.”
Lei gli volse le spalle. “Già.- sospirò.- lo ha scelto mio
padre.”
Si avvicinò, appoggiandosi alla balaustra con lei. “Suona
troppo complicato. È aristocratico. E tu sei aristocratica. ”
Lei lo fissò. “Cambia qualcosa questo?”
“Credevo che fosse stregoneria. Ma una buona ragazza non va
al patibolo per stregoneria.”
“Forse sono davvero una strega.” Sussurrò mentre il suo
sguardo non lasciava Port Royal.
“Puoi essere un pirata se vuoi.” Era una provocazione e lei
sorrise a quelle parole.
“Sei gentile, ma credo che mi accontenterò di gatti e magia
nera per il momento.”
E non aggiunse altro. Lui non insistette oltre, lasciò che
il vento cullasse i loro pensieri e il sole caldo del mattino scaldasse i loro
abiti fradici d’acqua.
“E tu?” la voce della ragazza si sollevò poco dopo. “tu
perché eri in cella?”
“Ero in cerca di una cosa.”
Lei fece uno sbuffo quasi infastidito. “Voi pirati siete
una razza che non mi piace. Sempre in cerca di arricchirvi, non vivete per
altro.”
Evelyne si aspettava che Jack replicasse.
Ma la risposta non arrivò.
La ciurma iniziò ad intonare uno di quei odiosissimi canti
da pirata, prendere il rum e fioccare di brindisi, e lui si allontanò,
lasciandola sola sulla balaustra. Evelyne si morse un po’ le labbra, dispiaciuta
dal fatto che non aveva potuto sapere altro riguardo questa misteriosa
cosa.
Eccomi di nuovo qua con il secondo capitolo della storia
Eccomi di nuovo qua con il secondo capitolo della storia..
inizio subito con i dovuti ringraziamenti a tutti coloro che hanno recensito.
Sarah
James: ciao Sarah !
Grazie, spero che la storia continuerà a piacerti e che tu non mancherai
di dirmi che ne pensi anche di questo capitolo ! ne hai scritta una anche
tu? Adesso corro a leggerla, sono curiosa! Un bacio!
Sweeterika: ciao! Grazie mille per i
complimenti!!!
Miky90: ciao Miky.. che dire, grazie! Spero di
non deludere la tua fiducia!
Nysil: Ciao, grazie mille per la recensione e per i
complimenti.. spero che questo chap ti piaccia!
Dark_girl92: ciao! Sì, sono io… adesso mi sono
presa un piccolo break con House e dopo la visione del terzo film di Jhonny ho
avuto una folgorazione..grazie per
i complimenti, spero di poterli riconfermare con questo capitolo!
DJKela: ciao.. credo che tu sia troppo buona con la
mia piccola ff.. Sì, l’allaccio era proprio quello.. l’ispirazione mi è venuta
quando alla lettura della condanna: <>
Jack aveva fatto quel sorriso divertito.. così ho immaginato che magari
quell’episodio potesse ricondurre a qualcos’altro nella vita del pirata.. ad
Evelyne per esempio!:P anch’ io sono un’inguaribile romantica! Barbino!! Che
carino!! Spero che questo cap ti piaccia!
Apple: Cara
Ire, tu mi dai sempre troppa fiducia, speriamo che ne uscirà davvero qualcosa di
buono! Grazie per la recensione amica mia e per le tue belle parole.. ti sono
debitrice.. qualsiasi cosa scriva non mi fai mai mancare il tuo appoggio.. spero
di poterti ricambiare con un bel capitolo!
Ròrò:
Grazie mille Ròrò!
Jhonny
Jack:
Grazie per i complimenti, non so cosa dire.. sei troppo gentile.. beh, eccolo
qua il secondo capitolo, spero che ti piaccia e non sia
deludente!
Dark
Lucy:
ciao, grazie mille per la recensione e per i complimenti, spero che continuerai
a farmi avere il tuo parere sulla storia!
Eleuthera:
ciao! Innanzitutto grazie mille per la recensione.. sono contenta che Evelyne si
inserisca bene, all’inizio ero un po’ titubante perché infondo è una figura
problematica.. ma nella Perla Nera chi non ne ha di problemi? Spero che la
storia continuerà a piacerti! Ps:
bel nick name!
Ovviamente
ringrazio anche tutti coloro che hanno letto la storia senza
commentarla...
Bene,
vi lascio alla lettura del secondo capitolo, come al solito vi raccomando di
lasciare un commentino :P e di farmi sapere tutto quello che ne pensate (anche
se ci sono delle storture o se avete delle critiche, non fatevi
problemi!)
Un
bacio a tutti!
Buona
Lettura
Diomache.
Capitolo
II
YourDarkMystery
Quegli
occhi neri e quasi abissali osservavano la mappa con circospezione, diffidenza
direi,come se non sifidasse nemmeno di lei, come se mentisse
anch’essa.
L’
Isla de
Muerta non
compariva in nessuna cartografia girasse in quegli anni e anche quella che
avevano razziato dalle mani del Pirata Corvo Nero non diceva un accidente.
Iniziò a tamburellare le dita sul tavolo di legno,
pensieroso, e quel semplice ticchettio risuonò in tutta la chiusa stanza.
Ripensò alle dicerie che circondavano il tesoro Azteco di Cortes.. molti
dicevano che fosse maledetto dagli dei pagani, che a chiunque lo prendesse lo
aspettasse un destino di morte e di agonia. Un destino di maledizione.
Sorrise. Non credeva alle storie di fantasmi da moltissimo,
né tanto meno alle voci che Gattopardo e tutte le altre compagnie di pirati
mettevano un giro per distoglierli dai bottini più sostanziosi.
Tuttavia l’Isla de Muerta risultava effettivamente
introvabile per chiunque non sappia già dove sia.
E c’era un unico modo per trovarla: avere
quella bussola.
All’inizio, quando ne aveva sentito parlare, ci aveva riso
su, come credo avevano fatto tutti coloro che avevano saputo di una bussola ..
speciale. Una bussola che non punta il nord non verrebbe accreditata un cent da
nessuno, eppure era proprio la sua “deficienza” a dargli quel quid che lo
avrebbe portato dritto dritto a Isla de Muerta e in qualsiasi altro luogo.
Quella bussola conduceva verso ciò che più desideriamo al
mondo.
Infondo travestirsi da religioso, rischiare la forca,
portarsi sulla Nave una saputella inglese aveva portato a qualcosa. Sospirando
mise una mano nel gilet ed estrasse da una tasca interna un pezzo di pergamena
giallognolo, tutto consumato. Era ridotto male, quasi allo stesso stadio del
vescovo a cui l’aveva illegalmente sottratto.
Lo spiegò bene sul tavolo ammirandolo quasi con
venerazione. Era quello che definivano l’anagramma di Chefalos, un’antica
creatura pagana che prima di morire aveva inciso parole prive di senso, parole
che se ricomposte davano la località che cercava, dove avrebbe trovato la
bussola.
E quindi Isla de Muerta.
E quindi Cortes.
Oro!
Rilesse il complicato giochetto di parole.
“NESSUNO AMA STONARE, SOPRATTUTTO ALL’UNYSONO.”
Lo guardò di nuovo e si persuase che quella che aveva
ipotizzato fosse l’unica possibilità. C’aveva pensato tutto il tempo in cui si
era trovato in prigione e ormai era sicuro d’essere arrivato alla risposta:
Nassau. Ovvero la città composta da ogni iniziale di parola.
Era l’unico modo, altrimenti quei lemmi non avevano alcun
senso.
Certo, c’era ancora un piccolo problema. << Unisono
>> era scritto in maniera anomala, con una Y che non aveva affatto alcun
senso, messa lì.
Bah, disse, riponendolo al suo posto, con uno sguardo
pensieroso.
D’altra parte non poteva permettersi di indugiare ancora
molto sugli indovinelli di qualche cretino della classicità. La ciurma iniziava
ad innervosirsi, soprattutto Barbossa, chiedendo la soluzione di questo enigma
il prima possibile, per mettere finalmente le mani sul tesoro.
Tornare da Port Royal con un fogliettino senza senso e con
una ragazza, stile palla al piede, non era stato proprio il massimo, gli uomini
volevano oro, non inglesine aristocratiche o enigmi alla sfinge edipica.
Il suo pensiero, senza logica alcuna, corse un istante a
lei, Evelyne.
Se l’immaginò, lei, un’aristocratica, tutta intenta a
pulire il ponte.
E, sadicamente, sorrise.
-o-
In effetti quando uno della ciurma le aveva messo in mano
una spugna e dato un secchio pieno di acqua putrida, Evelyne non aveva saputo
subito che fare. Aveva osservatoquella spugna mezza ammuffita e poi il secchio e quindi il ponte, sporco
ed enorme. Sospirando si era quindi inginocchiata ed aveva attinto la spugna
nell’acqua, maledicendosi mille volte per quella bellissima idea. Non poteva
proporre a Jack, che ne so, di stare nelle cucine!?
Sospirando, si accorse che non sarebbe stata tanto diversa
come situazione.
Non sapeva nemmeno cucinare.
Iniziò a far andare la spugna su e giù per il legno,
cercando di vincere l’odoracciodi
quell’acquaccia. Puliva il pavimento sotto gli occhi e le risa dei pirati,
intenti chi a bere, chi a far andare la nave, sotto il sole cocente del primo
pomeriggio, con lo stomaco vuoto e tanto mal di testa.
Avanzando non faceva altro che sporcarsi, un po’ per la
posizione, un po’ per l’acqua che quasi sembrava più sporca del ponte stesso.
Per contrappasso ripensò a casa sua, alla pulizia, ai suoi
vestiti, ai merletti e all’ipocrisia del suo mondo, un mondo in cui era stata
allevata sin da bambina e solo da suo padre perchéla sua mamma, Anne, era morta mettendola
alla luce.
Forse era per quello che suo padre l’aveva sempre trattata
con austera severità, con rigore, e a volte indifferenza. Ripensò al suo volto,
prima di andare alla forca, alle sue parole, a Dio.
Era maledetta, sporca, colpevole, no? Forse meritava la
vita grama che ora stava conducendo, meritava di sudare così sotto il sole, con
i capelli arruffati e scomposti, tra una ciurma di uomini allupati, senza più
una casa, senza più nulla oltre se stessa.
Per istinto si fermò un istante e andò a toccare con le
dita sporche di spuma l’unica cosa che le era rimasta della sua famiglia, un
piccolo ciondolo, quasi con l’intento di strapparselo di dosso. Ma non ci
riuscì. Non appena i suoi polpastrelli sfiorarono il piccolo medaglione d’oro,
si fermò, presa dall’angoscia.
Sentì gli occhi riempirsi di lacrime e di rabbia. Lì, tra
la schiuma, gli sembrò quasi di rivedere suo padre e i suoi occhi di ghiaccio e
riprese a lavorare con molta più verve di prima, spingendo forte la spugna con
entrambe le braccia, facendo forza finché non sarebbero scomparsi tutti, i
giudizi di tutti, le accuse di tutti.
“Ehi, fermatevi.”
Una voce dura ma quasi amichevole la distolse
improvvisamente da tutti i suoi pensieri. Alzò lo sguardo e vide uno dei pirati,
dall’aria bonacciona. Con il gomito, corse subito ad asciugarsi il viso, dalle
lacrime e dal sudore, e fissò l’uomo che la osservava con un sorriso divertito.
“Vi abbiamo detto di pulire il ponte, non di scavare il
legno della nave.”
Lei sorrise notando effettivamente che, in preda alle sue
manie, era rimasta sullo stesso centimetro di legno per minuti.
L’uomo le porse la destra per farla rialzare e lei, dopo
aver osservato la mano di lui con un po’ di diffidenza, accettò ben volentieri.
Lui la accompagnò, senza lasciarle il braccio, sotto l’ombra. “è parecchio che
lavorate, lì, sotto il sole. Sarete sfinita, riposatevi un po’. Ne volete?”
disse porgendole la bottiglia di rum e dopo il suo diniego, ne fece un bel
sorso.
“William Turner, piacere.”
Evelyne strinse forte la mano dell’uomo, sulla cinquantina
e dall’animo buono. “Evelyne.. – esitò un istante, prima di dire il suo
cognome.- Evelyne Smith.”
“Che cosa vi porta, Evelyne Smith, a seguire un branco di
malviventi?- domandò l’uomo, sorridendo.- non avrete nemmeno vent’anni, che cosa
avete potuto fare di così orribile per essere allontanata dalla società e non
meritare il loro perdono?”
Lei non rispose, solo distolse lo sguardo. Dopo un altro
sorso di rum l’uomo proseguì, capendo che non avrebbe avuto alcuna risposta. “Io
ho un figlio, sapete?”
Gli occhi di lei si alzarono.
“Avrà si e no la vostra età. Forse un po’ più grande.”
“Come si chiama?”
“Mia moglie gli ha dato il mio nome. William, si chiama
William.”
Lei sorrise, intenerita. “e dov’è ora? Lui e tua moglie ti
seguono qui sulla Perla Nera?”
Questa volta fu il volto del pirata ad adombrarsi e i suoi
occhi si posarono sul legno parzialmente pulito del ponte. “Non lo vedo da
vent’anni.. da quando è nato.- lesse incredulità negli occhi di lei.- a volte mi
chiedo come sia, non riesco quasi ad immaginarmelo. Solo, spero che mi somigli
un po’.”
“Non ti manca?- domandò lei, stringendo il vestito sotto le
dita.- perché non ha deciso di vivere al suo fianco?” Nel suo cuore c’era molto
più disprezzo di quello che esprimevano innocentemente le sue parole. Non tanto
per quel pirata dall’aspetto gentile, ma perché i suoi pensieri cadevano
istintivamente su suo padre.
“Siete giovane, miss Smith. Non tutte le scelte sono
facili, non tutte le volte siamo certi di fare la cosa giusta. Voi siete stata
fortunata a crescere con la vostra famiglia.”
I suoi occhi si riempirono nuovamente di pianto, delle
lacrime rabbiose che cercava disperatamente di ricacciare all’indietro, non
voleva piangere lì, con quel pirata, non doveva mostrare la sua debolezza a
nessuno.
Per fortuna non ce ne fu bisogno.
“Mastro Turner, mi sembra che il vostro culo puzzolente sia
stato a riposo abbastanza, non credete che sia ora di mettervi a lavorare?” la
voce cruda di Barbossa interruppe la loro conversazione. Turner la salutò con
uno sguardo e si dileguò negli ambienti chiusi della nave, lasciandola con
sottufficiale “E voi, milady, intendete godervi l’ombra ancora per molto? Mi
sembra che il ponte sia ancora tutto sporco.”
I suoi occhi azzurri fulminarono quasi quelli dell’uomo.
“Lo so. Adesso vado.”
“Capisco, deve essere umiliante e faticoso per voi.-
nonostante tutto le parole dell’uomo non volevano essere di scherno, anzi.- una
così bella donna magari avrebbe altri mezzi per guadagnarsi un passaggio sulla
Perla Nera.”
Qualsiasi altra donna sarebbe arrossita, scappata via
inorridita, o forse avrebbe schiaffeggiato Barbossa, punta sull’onore. Ma lei,
ormai, di rispettabilità e di onore, non ne aveva più. Quindi, disse,
semplicemente, e con garbo. “Grazie. Non mi interessano.”
E, dopo averlo sorpassato, si diresse di nuovo verso il suo
meschino lavoro.
-o-
Era così stanca alla fine che quando Barbossa le disse che
poteva bastare avrebbe voluto abbracciarlo dalla contentezza. Quasi intenerito
dalla sua spossatezza il pirata mandò a chiamare due pirati affinché le
mostrassero quella che doveva diventare la sua stanza per tutto il viaggio che
l’avrebbe condotta a Nassau.
Nassau.
Non le inspirava molto come nome, non era uno di quei
luoghi in cui tante volte aveva pensato di poter andare a vivere. Tuttavia in
quel momento anche un nome insignificante come Nassau le sapeva di paradiso,
perché sarebbe tornata perfino a Port Royal più che rimanere più del necessario
in quella nave maledetta.
Quei due tipi, piuttosto singolari ma simpatici nel loro
essere mascalzoni, dovevano essere sicuramente molto amici, dato che erano l’uno
l’ombra dell’altro. Uno più basso, mezzo pelato e l’altro, più alto, biondiccio,
ancora più strano e per di più senza un occhio.
L’alloggio
che le avevano riservato era meglio di quello che si era immaginata. Un letto
con un accenno di coperta sopra e un piccolo armadio, di lato. C’era anche un
comodino ed uno specchio ovale, sopra, anche parecchio grande. Peccato che era
rotto in cinque grandi parti. Fortunatamente lei non era affatto superstiziosa.
No, non si poteva lamentare.. non era proprio una stanza reale, ma sicuramente
meglio della cella in cui era stata confinata per due settimane e anche meglio
di casa sua, sotto un certo punto di vista.
Non c’erano tende raffinate né spazzole grandi ma le andava
benissimo così.
“Il
capitano.- iniziò uno dei due, quello più basso e con gli occhi tutti e due al
suo posto.- si chiedeva se volevate mangiare, questa
sera.”
“Grazie.-sussurrò.-
non ho fame.”
I due
si passarono uno sguardo interrogativo. “Non mangerete
nulla?”
“Vedremo
domani. Sono stati giorni difficili per me.” Mormorò lei con uno sguardo duro ma
profondamente fragile.
“Il
capitano non sarà contento.”
“il
capitano non sarà contento no.” fece eco l’altro.
Lei
sorrise, amaramente. “Mi dispiace.”
I due
pirati la lasciarono poco dopo. Evelyne si sedette pesantemente sul suo letto di
legno, pensando che forse aveva davvero fame e che comunque, per quanto barbaro
e furfante fosseJack, era comunque
l’unica persona che conosceva in quel posto, l’unica faccia amica, diciamo, e
rivederlo non sarebbe stato poi così male.
Ma..
non ce la faceva. Qualcosa dentro di lei non riusciva ancora ad accettare tutto
questo.. forse sarebbe dovuta morire, quella vita non aveva alcun senso, né
l’avrebbe mai avuto a Nassau.
Diavolo,
che miseria ci faceva lei,in una
nave di pirati?
Lei
aveva la sua vita, il suo posto.. suo marito.. il suo quasi marito, o meglio.
Non aveva voglia di cenare con loro, preferiva starsene sola con i suoi ricordi,
le sue angoscia e le sue colpe. Era giusto così. Cinica, fredda, forte e
distaccata..
Bussarono
improvvisamente alla porta e lei, stanca e un po’ incantata, sobbalzò dalla
paura.
Andò
quindi ad aprire e non si meravigliò più di tanto quando davanti a lei vide
Jackin persona. Telepatia, pensò.
Non aveva forse desiderato vederlo, poco prima?
“Salve
tesoro.- le rivolse uno di quei sorrisi che stava iniziando davvero ad
apprezzare.- mi è giunta voce che osi rifiutare il mio
invito..”
“Non
sto molto bene.” Disse, accarezzandosi le spalle, in un gesto lento e
accomodante, in cui un attento osservatore avrebbe visto tutta la tristezza, la
fragilità e la tragicità di quella donna. Non solo la forza.
Lui si
avvicinò, osservandola attentamente con i suoi occhi abissali, i suoi abissali
occhi neri. “Sembri sconvolta, infondo sei solo stata quasi impiccata, niente di
tragico, su con la vita!”
“Scusami,
hai ragione. – la sua bellissima voce si tinse di sarcasmo.- ma ogni tanto
queste questi divertimenti mi stancano, sai com’è, noi aristocratiche non siamo
abituate a morire spesso.”
Il suo
muro, eccolo, ben alto, davanti a lei. Non doveva mai mostrare la sua debolezza
a nessuno. Ricordò le parole di suo padre.. non mostrarti debole con nessuno,
chiunque ne approfitterà.
Osservò
Jack. C’era.. affetto.. nel suo sguardo… no, forse lui non se ne sarebbe
approfittato..
Oh Evelyne, è un pirata, chi ti assicura che non farà il
contrario? Che cosa?
“Immagino che vorrai riposare allora.” Continuò Jack con
un’aria un po’ casual.
“Che acume.”
Il
pirata stava per parlare quando si sentì un tuono così forte che credettero
quasi d’aver visto tremare le pareti lignee della stanza.
Evelyne
sospirò, un po’ impaurita. “Risposare, si, se gli agenti atmosferici me lo
permetteranno… sembra in arrivo una tempesta..”
“Bazzecole,
mia cara. Pioggerella primaverile.”
-o-
Evelyne non dormiva da nemmeno un’ora quando
improvvisamente si ritrovò schiaffata per terra, ruzzolata dal proprio letto e
distesa sul pavimento. Si svegliò subito, di soprassalto, quasi presa dal
panico. “Mio Dio, che botta..” borbottò massaggiandosi la testa e la spalle, le
prime cose che si erano scontrate duramente con il pavimento della nave.
Era
stata troppo concentrata a pensare alle proprie parti doloranti che non si era
nemmeno resa conto di stare praticamente seduta sull’acqua.
Realizzò
che sul pavimento c’erano quasi due dita d’acqua, effettivamente molto dopo,
quando, ripresasi dal torpore post sonno, sentì il contatto freddo con l’acqua
marina.
Scattò
subito in piedi, quasi ferita da quel tocco, inorridita. Presa quasi dal panico
spalancò la porta e si rese finalmente conto di quello che stava accadendo.
C’era una confusione enorme, gli uomini che non facevano altro che girovagare
per la nave con secchi d’acqua ed incitarsi a vicenda.
“Che
sta succedendo?” domandò, quasi urlando, cercando di sovrastare le voci di
tutti.
Fu
proprio William Turner a risponderle. “Una tempesta, miss
Smith.”
“Ci
siamo fermati?”
“La
nave ancora un po’ terrà.”
Un
pirata passava di lì e le tirò addosso un secchio, urlando. “Vai sul ponte, c’è
bisogno di braccia!”
Evelyne
sospirò guardando il secchio vuoto. Assomigliava a quello con cui aveva avuto a
che fare per tutta la mattinata. Ah, che bella Ring Komposition!*
Tuttavia
le sorti della nave stavano a cuore anche a lei, dato che c’era improvvisamente
finita dentro, così corse per le scale e s’immise sul ponte. Capì subito che non
era stata una buona idea, non appena si sentì investire da una folata d’acqua e
vento. Fu subito fradicia e credette anche di andare all’indietro, ricadendo
sulle scale. Facendosi forza avanzò lungo il ponte da cui gli uomini sotto il
comando di Barbossa e del signor Gibs toglievano secchi d’acqua, rigettandoli
nel mare impazzito, anche se spesso con pochi risultati, perché la nave non
faceva altro che ondeggiare paurosamente da destra a sinistra e molti perdevano
l’equilibrio rovesciando tutto il contenuto dei secchi di metallo.
Lei
cadde un paio di volte, rischiando anche di essere calpestata da qualcuno, con
il vestito che le ingombrava e così fradicio, pesava il doppio. Cercando di
schermarsi gli occhi con una mano, proteggendosi dall’acqua, raggiunse il timone
dove Jack, concentratissimo, dava ordini a destra e a manca, reggendo il timone
e governando la nave.
“Pioggerella
di primavera, eh?” gli urlò lei, faticando persino a reggersi in piedi.
“Ogni
tanto un po’ d’acqua ci vuole! Altrimenti chi li convince a lavarsi!” rispose
lui indicando con il capo il resto della ciurma.
I
fulmini illuminavano il cielo e i loro volti, rendendoli capace di vedersi anche
se di notte. Il pirata faceva velocemente andare il timone, poi lo fermava e lo
reggeva forte, visibilmente affaticato dallo sforzo. “Anche se quest’acqua è
effettivamente troppa.- mormorò il pirata, fradicio, anche lui.- rischiamo di
dirottarci, e di perdere Nassau.”
“Nassau..-
ripeté lei, quasi urlando.- so che non è il momento.. ma perché proprio
Nassau?”
“Hai
proprio centrato la questione dolcezza..- rispose lui, con poco fiato, a causa
dello sforzo.- non è il momento.”
“E
Port Royal?” insistette Evelyne aiutandolo istintivamente a reggere il timone.
Il
capitano si volse verso di lei, quasi sorpreso.
La
luce dell’ennesimo fulmine illuminò gli occhi di ghiaccio di lei, rendendola
un’apparizione quasi irreale. I capelli erano appiccicati al viso ma allo stesso
tempo smossi dal vento che, impetuoso, gonfiava le vele della nave e cercava di
smuoverla per sballottarla chissà dove.
“Mai
sentito parlare..- sussurrò l’uomo, vicinissimo all’orecchio di lei.- di
Chefalos?”
Lei lo
fissò, sconvolta dalla pioggia e dal vento. “si, mi sembra… in una
favola”
Jack
alzò lo sguardo al cielo. “Via!” urlò lasciando il timone, lei fece altrettanto
e per un attimo la nave sembrò impazzita e seguì i favori dell’uragano. “salpate
l’ancora!”continuò Jack.
“Capitano
verremo spazzati via!” si oppose il signor Gibs con gli occhi quasi chiusi dalla
pioggia.
“C’è
troppa corrente.” Urlò qualcun altro.
“La
sfrutteremo branco di cani rognosi!- s’intromise Barbossa, urlando, quasi uguale
ad un fantasma delirante.- su l’ancora!”
“Salpiamo
l’ancora!” urlarono quindi tutti in coro e s’apprestarono ad inseguire l’ordine.
“Sappi
tesoro.- continuò Jack osservandola intensamente.- che le favole non
esistono.”
L’ennesimo
sballottamento esigette di nuovo il controllo del timone e Jack ed Evelyne, in
contemporanea, rimisero le mani sul organo direzionale ligneo. Si osservarono un
istante negli occhi, poi il pirata sottolineò il gesto, stupito. “Te ne intendi,
hai naufragato altre volte?”
“Cosa?
no!- fece una piccola pausa, quasi rendendosi conto solo ora di quello che
avevano detto.- Naufragheremo sul serio?”
“Non
hai mai naufragato?” ribatté lui, incredulo.
Lei
negò con il capo, spazientita. “C.. certo che no, ovvio!”
“Allora
qualcuno nella tua famiglia.” Insistette il pirata, girando il timone con lei.
“Mio
padre è un soldato, molte volte è andato per mare. Ed io con lui.” Rispose lei,
a fatica, un po’ per lo sforzo, un po’ per l’argomento in sé. “Ma questo che
diavolo centra con Port Royal?”
“E
Port Royal che diavolo centra con la tempesta e con il fatto che tu non fai il
tuo dovere di mozzo aiutando a togliere l’acqua dalla nave?” ribatté lui quasi
ridendo.
Lei
restò un attimo senza parole. “Io non sono un mozzo. E poi ti ho fatto una
domanda.”
“Anch’io.”
“Tu
non hai risposto però.”
“Rispondi
alla mia ed io alla tua.”
Sparrow
girò velocemente il timone a destra e lei, spazientita, ci mise ancora più foga.
“Mi vuoi dire che cosa ci facevi a Port Royal si o no? Se devo morire qui,
questa notte, voglio almeno sapere che cosa ti ha spinto sulla mia
strada!”
Lui
rise, divertito. “ Saresti morta ore fa se non ci fossimo
incontrati.”
“Ma di
una morte molto meno dolorosa.- rispose lei, mentre lasciarono in contemporanea
iltimone, lasciando la nave
girarsi di nuovo su un fianco.- allora?”
“Mi
serviva l’anagramma di Chefalos, che si trovava, guarda un po’, proprio a Port
Royal.”
La
pioggia intanto era un po’ diminuita ma l’intensità del vento non accennava a
voler ridursi. “E a che cosa ti serviva l’indovinello di una creatura
mitologica!?”
Lui le
regalò un sorriso di quelli che stava iniziando ad apprezzare sul serio. “è
quell’indovinello che ci porta a Nassau.”
Lei
sospirò, sentendosi quasi sconfortata dall’assurdità di quella situazione. “Sarà
meglio che vada a dare una mano” disse quindi allontanandosi a malincuore da
Jack, dato che non aveva più bisogno del suo aiuto.
Ritrovò
il suo secchio e iniziò a riempirlo e poi svuotarlo sui bordi della nave,
restituendo l’acqua al mare. Si ritrovò vicino a Turner il quale la sorresse
mentre stava per cadere di nuovo. “Vi ha lasciato pilotare la sua nave.” Disse
l’uomo con un sorriso tenero.
Lei
aggrottò la fronte, quasi confusa e lui continuò. “Il timone. Oltre Barbossa e
Gibs non ha mai permesso a nessuno di toccarlo.” Gli occhi di Evelyne quasi
increduli si volsero così verso Jack Sparrow, chiedendosi quasi il perché,
mentre sentiva le parole diTurner
confonderla ancora di più. “ La Perla Nera è il suo piccolo gioiello e ne è
molto geloso..”
Lo
sguardo vellutato della giovane rimase concentrato sulla figura misteriosa del
capitano, finché l’ennesimo sballottamento non la costrinse a svegliarsi dalle
sue elucubrazioni e a fare il suo dovere. Riprese a dare una mano, seguita,
senza saperlo dallo sguardo ombroso di Jack.
C’era
qualcosa in quella ragazza che non quadrava.
Bellissima,
forte. Troppo forte.
Troppo
giovane per essere così forte. C’era una sensualità nel suo sguardo, nei suoi
occhi, qualcosa di adulto, di sofferto forse.
Un
segreto.
Fece
velocemente girare il timone mentre un sorriso intrigato si dipingeva sul suo
volto. Una ragazza costretta a crescere troppo in fretta, qualcosa che l’aveva
portata in prigione. Bene, gli piacevano i segreti, adorava i misteri.
Lo
eccitavano a continuare, a spingersi oltre, a scoprire.
E
forse, in qualche modo, lo eccitava lei.
-o-
Jack
si svegliò quasi soprassalto. Disorientato, si guardò intorno, quasi
inconsapevole di dove fosse, di chi fosse, di come… ah no, no, ecco ricordava.
Primo:
era Jack Sparrow. No,
Capitan Jack Sparrow.
Dov’era..
ah beh… questo era più difficile. Ad occhio e croce gli sembrava di essere nella
sua nave. Non appena però sentì uno strano peso e vide la bottiglia di rum che
troneggiava tra le sue braccia fu tutto più chiaro, ricordò tutti i particolari
della serata precedente e spiegò anche quello stranissimo mal di testa. Si si..
la tempesta, l’uragano, poi la quiete, l’ubriacatura con i suoi uomini eccetera.
Si
alzò dal letto tutto vestito esattamente come si era coricato e, un po’
traballante, si diresse sul ponte, sperando che un po’ di brezza marina gli
rinfrescasse le idee. Era quasi deserto il ponte, c’era Gibs che teneva il
timone – uno dei pochi a cui era concesso farlo.- e qualche mozzo che si era
addormentato lì, da qualche parte.
“Buon
giorno capitano!” esultò Gibs non appena lo vide.
“Parla
piano, caprone.” Rimbrottò l’altro, infastidito a qualsiasi rumore. Si appoggiò
barcollando, sentendosi ancora mezzo stordito. “allora, come siamo
messi?”
“Tre
giorni da Nassau, signore.” Rispose l’altro, pimpante. “Ah, capitano.. so che
queste sono considerazioni personali ma.. permettetemi.. che cosa andiamo
precisamente a fare a Nassau?”
Jack
si lisciò la barba con un gesto piuttosto stanco. “Precisamente, Gibs. Hai mai
sentito parlare dell’anagramma di Chefalos?”
L’altro
aggrottò la fronte. “Chefalos, capitano?”
“Si.
Chefalos.”
“Non
era l’Isla de Muerta e il tesoro di Cortes il nostro
obbiettivo?”
Jack
si coprì il volto con una mano. “Come raggiungeresti un’isola che nessuno sa
dove sia a parte chi sa già dove trovarla, isola irraggiungibile senza una mappa
che non indica le possibili tracce per effettuare suddetto raggiungimento, senza
avere il mezzo nautico per raggiungere l’irraggiungibile?”
L’altro
pirata restò quasi sconcertato. “..A .. Nassau?”
“Nassau?
Che centra Nassau?- sbottò l’altro.- con una bussola, no?”
Gibs
annuì, poco convinto. “Ah.. eh.. una bussola,certo.”
“E
dove si trova la bussola?”
“All’isla de
Muerta?
“A
Nassau, no??”
L’improvviso suono di un violino interruppe quella
chiacchierata che stava avendo esordi davvero parossistici. I due uomini si
voltarono di scatto verso l’altra parte della nave da dove proveniva lo strano
suono. Era bello, comunque, dolce quasi romantico. Jack si volse verso Gibs
indicandogli con lo sguardo di rimanere lì dov’era e si spostò, un po’
crucciato, verso la prua della nave tutta l’illuminata dalla nascente luce
dell’alba. I suoi occhi neri focalizzarono la figura di spalle di Evelyne,
autrice di quello strano strimpellio.
Ma dove diavolo l’aveva trovato quell’arnese infernale?
La guardò, di sottecchi, e si avvicinò, naturalmente, quasi
ipnotizzato da quel suono, si appoggiò alla balaustra senza una ragione. Aveva
anche mal di testa, capirai.
Eppure guardarlasuonare ... era davvero piacevole.
Aveva il volto sereno anche se un po’ teso, gli occhi
chiusi e le sue mani si muovevano armonicamente su quello strumento, i capelli
neri che cadevano un po’ scomposti da un modesto tentativo di appuntarli e le
incorniciavano il viso con piccole onde nere.
Non appena si accorse di essere osservata si stoppò di
botto e riaprì gli occhi. “Che..- iniziò, un po’ in imbarazzo.- che diavolo ci
fai qui?”
“Sai com’è. è la mia nave.”
“Intendevo..”
“Qui le domande le faccio io.- l’interruppe Jack notando
che oltre al violino Evelyne indossava anche un bellissimo vestito rosso bordò.-
dove diavolo hai trovato tutta questa roba?”
Lei sorrise, ridendo. “Infondo all’armadio della mia
stanza.” Disse alzando lo strumento.
“Ah ricordo.- mormorò Jack guardando il violino.- però
l’ultima volta che ci siamo incontrati aveva…”
“Tutte le corde strappate.- continuò lei.- è vero. L’ho
aggiustato.”
“Ah ecco.- borbottò lui.- Anche aggiustare i violini, oltre
a pilotare navi.”
Lei si appoggiò alla balaustra, vicino a lui. “Ti
confesserò un segreto: io non so pilotare una nave.”
Lui si avvicinò ancora. “Interessante. Una bambina
prodigio, allora.”
“Diciamo che imparo in fretta.- lei non accennava ad
allontanarsi e lui si avvicinò di nuovo, finché non furono entrambi ad un
soffio.- se ho un buon maestro..”
Jack sorrise e senza lasciarla con lo sguardo andò ad
accarezzare con le ditail polso
della sua destra. “Per quanto riguarda il violino..”
“Non è difficile. Lo faceva anche mio nonno.”
“Il vestito, allora.- sorrise.- no, scommetto che te l’hai
cucito.”
Lei scoppiò a ridere questa volta mentre i suoi occhi si
perdevano in quelli abissali dell’uomo. C’era qualcosa che l’attirava fatalmente
in lui, forse qualcosa di magnetico, di ipnotico. Comunque di fortissimo. La sua
vicinanza gli dava alla testa e gli suggeriva pensieri non proprio innocenti.
“Sotto il letto. Lo riconosci, magari era di qualcuna delle tue amichette?”
Lui si avvicinò ancora e spinse la mano sull’avambraccio
della ragazza. “No, era della sorella di Barbossa.”
“Oh, e che fine ha fatto?”
“Se l’hanno sbranata gli squali del sud. L’unica cosa che i
pescecani hanno risparmiato era il vestito.”
Lei quasi sobbalzò e fece per allontanarsi ma Jack strinse
la presa e l’avvicinò a lui, con slancio. “Non sarai mica un tipo che
s’impressiona facilmente, vero? O temi la collera di Miss Barbossa?”
“Mi fa impressione portare il vestito di un morto.”
Confessò lei con un mezzo sorriso.
“Oh non sei mica l’unica. L’ha portato Giselle, Carmen,
Hodie, Jaime..”
“Va bene,va bene.- l’interruppe, quasi seccata.- l’abbiamo
capito. Diciamo che il pericolo è scongiurato, sto più tranquilla.” Sospirò,
mentre la brezza marina le accarezzava il viso.
La mano di Jack viaggiò lungo la spalla, arrivando al collo
di lei. Istintivamente, senza pensare a nulla se non a quello che stava per
accadere, lei si girò verso di lui, ascoltando il battito accelerato del suo
cuore e le sensazioni che il tocco del pirata le procurava, quell’adorabile
serie di brividi lungo la spina dorsale.
Le loro labbra erano ad un soffio, vicine. Jack era lì,
doveva sporgersi appena un po’ e l’avrebbe avuto.
Lei era lì, appena ad un centimetro da lui. Ancora un passo
e avrebbe scoperto che sapore avevano quelle labbra su cui indugiava da
parecchio, colto la vera essenza di quella ragazza.
Ma non fu così.
Evelyne si fermò.
S’irrigidì e si spostò leggermente all’indietro,
improvvisamente a disagio. Jack rimase, lì, davanti a lei, come un pesce lesso.
Ma che diavolo le era preso?
“Scusa.” Mormorò, sentendosi improvvisamente inadeguata,
sporca, sbagliata. Si portò una mano tra i capelli e prima che Sparrow potesse
aggiungere qualcosa lo piantò lì, correndo via.
Attacco di panico?
Può darsi.
Evelyne si sbatté in camera, chiudendo forte la porta di
legno e probabilmente svegliando mezza ciurma. Si appoggiò alla porta con le
spalle, adagiando la nuca alla superficie dura. Chiuse forte gli occhi,
sospirando.
Ma che cosa stava per fare? Con quel pirata? No, no, no,
no, no. Assolutamente no.
Sospirando, sentendo il terrore assalirla improvvisamente,
iniziò a piangere come una bambina. Non piangeva da molto tempo, esattamente da
quando aveva baciato un uomo, l’ultima volta.
Si lasciò portare dal dolore forse per la prima volta in
vita sua e, lentamente, si lasciò cadere.
Ciao
ragazzi! eccomi qua con il terzo capitolo della storia…ma prima vorrei ringraziare gli angeli
che hanno commentato il secondo capitolo.. vi adoro!
DJ
Kela: ciao
Kela grazie mille per i tuoi complimenti e per le tue mail.. sei stata
gentilissima e i tuoi consigli mi hanno dato davvero nuove idee!! Grazie ancora
capitana e spero davvero che questo capitolo ti piaccia.. fammi
sapere!^^
Dark_girl92:
grazie mille.. spero che continuerai a seguirmi!
Miky90:
ciao, grazie mille per i complimenti! Si Evelyne nasconde un segreto, un rimorso
direi, qualcosa che la fa soffrire ed è legato alla sua vita prima di finire in
prigione.. comunque qui nel III inizieremo a vedere spiragli nella sua vita
passata! Grazie di nuovo!
Apple: ciao
amica mia.. sai, hai ragione.. Evelyne e Cameron sono un po’simili se vogliamo, entrambe
problematiche e misteriose.. comunque non finirò mai di ringraziarti per la tua
amicizia ed il tuo appoggio, tesoro, sono davvero
preziosi!
Sarah
James: non
ti devi affatto scusare, Sarah, anzi, ti ringrazio per aver recensito! Scusami
se la mia recensione del tuo VIII si fa attendere ma giuro che l’ho già letto e
già ti preannuncio che mi è piaciuto moltissimo! Forse mi sono espressa male
quando ho scritto che Jack rimaneva come un pesce lesso.. non intendevo nel
senso di brodo di giuggiole per lei, ma come rimarrebbe ogni uomo se proprio ad
un passo la donna che stava per baciare si allontanasse.. grazie mille per i
tuoi complimenti, spero che questo capitolo ti piaccia!
Angie83: beh
eccoci qua al III, ho cercato di fare il prima possibile! Grazie per i tuoi
complimenti, rendere Jack non è facile ma con le vostre recensioni mi state
aiutando a fare il meglio di me! Grazie ancora Angie!
Christie:
ciao! Grazie
mille per la recensione e per i complimenti.. fammi sapere che te n’è parso di
questo capitolo!^^
_Eleuthera_
:
grazie mille e non solo per i complimenti ma anche per i tuoi preziosissimi
consigli.. non sei affatto pedante, anzi, mi fa piacere ricevere delle dritte
per migliorare! Il “c’entra” è stato una svista non corretta, mentre l’altra
questione del punto interrogativo effettivamente non c’avevo proprio pensato!
Spero che questo chap ti piaccia fammi sapere!
Black_
kisses:
ciao, grazie per le tue belle parole… in effetti Barbossa è uno dei personaggi
che amo di più.. nel primo faceva il cattivo di turno quindi era un po’ sulla
gola a tutti, invece a partire dalla fine del secondo e poi tutto il terzo l’ho
letteralmente adorato.. è un grande attore, davvero uno dei migliori (insieme a
Johnny Depp of course) nel film.. grazie ancora!
Johnny
Jack: io
non so cosa dire.. se non grazie! Sei troppo gentile.. grazie mille.. cercherò
di fare il massimo per non deludere le vostre aspettative.. ho sempre una paura
matta quando pubblico perché Jack effettivamente è sempre una mina vagante, ma
le vostre recensioni mi fanno tirare un sospiro di sollievo! Spero che questo
capitolo ti piaccia!
Martozza:
ciao! Grazie mille per la recensione.. spero che mi farai sapere riguardo questo
capitolo… Evelyne l’ha respinto per molti motivi.. ma chissà se sarà così ancora
per molto.. ;P .. grazie ancora per i complimenti.. ^^
MellyVegeta:
grazie, aspetto di sapere le tue impressioni per questo terzo
capitolo!
Grazie
ancora ragazzi siete stupendi.. spero che il capitolo vi piaccia, fatemi
sapere^^
Buona
lettura,
Diomache.
Capitolo
III
Schiaffi, Cannoni e
Mormorii
“Prego, Signor Gibbs.- la voce maliziosa di Evelyne
interruppe l’attesa.- tocca a voi adesso.” disse tenendo strette le sue carte in
mano, vicino alla bocca, sopra le quali spuntavano, in alto, i suoi bellissimi
occhi blu.
Era seduta su una piccola botte, a gambe incrociate e, pur
essendo solo il terzo giorno di navigazione, sembrava aver perso il disagio
delle prime ore. Anzi, era proprio cambiata.
I capelli erano rigorosamente sciolti, ricci e dall’aspetto
insieme ribelle e gioioso, come se esultassero perché ora non erano più
costretti in complicate acconciature, ma potevano scendere liberi lungo le sue
spalle ed incorniciare il suo viso diafano.
E quel bellissimo vestito rosso scuro che aveva
rintracciato sotto il suo letto era tornato esattamente dove l’aveva trovato,
diventato improvvisamente troppo ingombrante per lei e per tutte quelle pulizie
che lentamente aveva imparato a fare. Così lo aveva sistemato di nuovo lì sotto…
chissà, magari un giorno lo avrebbe calzato un’altra donna.
Ma non potendo nemmeno più rimanere con quegli abiti
cenciosi con cui era scappata dalle prigioni di Port Royal, si era dovuta
affidare alle abili mani del signor Gibbs che, facendo un giretto tra la ciurma,
aveva trovato il vestito che faceva al caso suo.
Era l’abbigliamento appartenuto ad un piratache, poverino, era morto da qualche mese
per una pallottola in piena fronte.
“Il vestito di un altro morto?”
Le sue vivaci proteste non erano servite a gran che, quel
vestito c’era e quello doveva mettersi, anche perché era perfetto, fatto quasi
su misura per lei, visto che il morto in questione era magro magro.
“Guardate che taglio, che forma, che stoffa che..” le
parole di Gibbs il quale cercava disperatamente di farle vedere quei vestiti
sotto un’ottica diversa, l’avevano solo fatta innervosire. Gli aveva strappato i
vestiti di mano con uno sguardo tagliente. “Datemi un secchio e del sapone,
almeno.”
Aveva lavato quegli abiti per un giorno interno e li aveva
lasciati a bagno per tutto il seguente, tanto che c’era da stupirsi se da neri
non fossero diventati grigi.
Ma poi li aveva indossati e, così vestita, chi aveva
conosciuto la Miss Evelyne Smith di una settimana fa non l’avrebbe mai
riconosciuta conciata a quel modo. Eppure malgrado tutto c’era qualcosa in lei
che l’avrebbe sempre distinta da una popolana o da una donna borghese, ed era
quel che di aristocratico nello sguardo.
C’era sempre in lei quel lampo di forza negli occhi, quel
cenno di autorevolezza e sensualità che non avrebbe cessato mai di avere,
nemmeno adesso, vestita da uomo.
E Jack se ne era accorto, in prigione.
“Allora, Signor Gibbs?- la sua voce tornò a sollecitare
l’uomo.- non mi direte mica che non sapete che cosa fare…”
Il signor Gibbs non rispose, solo la scrutò ancora qualche
istante, sospirando, cercando quasi di intuire le carte che avesse in mano
quella giovane amazzone, consultandosi con lo sguardo con la cerchia di pirati
che lo attorniavano e che lasciavano invece le spalle coperte alla nostra
giovane, in una sorta di tutti contro uno.
Alla fine Gibbs, convinto che non potesse fare altrimenti,
scoprì le carte sbattendole quasi sull’altra botte che faceva loro da tavolino.
Tutti i pirati esultarono in un evvai generale, notando che Gibbs aveva in mano
un quartetto di donne. Lui si girò verso i suoi compagni, facendo segni di
assenso, poi, voltandosi di nuovo verso di Evelyne. “Avanti, miss Smith.- iniziò
con voce tronfia.- a voi.”
Lei lo osservò con suo sguardo quasi vellutato.
Ah, il poker. È l’apologia dell’ incostanza della sorte.
Con un gesto sensuale ed innocente insieme lasciò le carte
sopra la superficie della botte, coprendo quasi quelle dell’avversario.
Il piccolo chiasso cessò.
I pirati si passarono sguardi sgomenti, quasi increduli.
Per la ventesima volta, in quella sera, Evelyne chiudeva
con un quartetto d’assi.
“Beh.- disse, osservando la piccola combriccola
ammutolita.- direi proprio d’aver vinto ancora.” Disse ridendo e appoggiando il
viso sul palmo delle mani.
“A questo punto- continuò, davanti agli sguardi allibiti
degli altri.- sganciare, prego.” Prese il cappello di un pirata che sedeva
accanto a lei e lo capovolse, invitando i presenti a vuotare lì i loro
portafogli secondo il prezzo stabilito.
“Fermi tutti.- l’inequivocabile voce di Jack interruppe la
scena.- tu non hai ancora vinto.” Disse avvicinando ad Evelyne e guardandola con
aria di sfida. “devi battere il capitano, prima.” disse sorridendo in maniera
accattivante.
“Questo non è leale.- protestò.- tu non c’eri quando
abbiamo stipulato la scommessa. L’accordo era vincere contro tutti i presenti e
tu..”
“Leale?” ripeté Jack, interrompendola e scoppiando a
ridere, risata che contagiò subito tutta la ciurma. “Mi piace questa parola..
devo averla sentita, da qualche parte. Ah che peccato, non ho mai capito che
cosa significhi...”
Lei roteò gli occhi poi sospirò, riponendo a posto il
capello e porgendo il mazzo a Jack. “Prego, allora.” Disse, scocciata.
Lui la fissò intensamente poi prese il mazzo ed iniziò a
mischiare le carte con vera maestria, ridendo in quella maniera così
maledettamente bastarda e sensuale. Prese tre carte e gliele porse, lei gliele
strappò quasi di mano e le scrutò con la stessa violenza con cui gli avrebbe
volentieri dato un pugno.
Dopo l’episodio del ponte e del bacio mancato non si erano
più avvicinati né Evelyne aveva più permesso che accadesse. Forse una volta
l’occasione si era ripresentata durante un’ubriacatura generale ma lei, anche se
a mo’ di scherzo, gli aveva ben fatto capire che non era aria. “Tesoro.- aveva
risposto lui, barcollando per il rum.- ho recepito il tuo messaggio.”
E non era accaduto altro.
Jack era rimasto Jack. E lei era rimasta lei, con una punta
di rimorso, ma sicura d’aver agito nella maniera migliore.
Jack iniziò a giocare, fissandola con i suoi occhi neri e
lei ricambiò lo sguardo con i suoi, di ghiaccio.
La partita andò avanti tra alti e bassi.
“Ti ho messo alle strette, eh?” disse ad un certo punto
lui, con un sorriso trionfante, vedendola in difficoltà. Sorriso che si spense
seduta stante quando lei sferrò il suo attacco. “No, direi di no.” mugugnò
subito dopo, sotto lo sguardo vittorioso di lei.
Poi toccò a lei incassare quando non le riuscì una mossa
delle sue e le toccò subirsi Jack e i suoi autoelogi per almeno mezz’ora. “Cara
mia non devi mai dimenticare che..”
“Si si Capitan Jack Sparrow.”
E lui, scocciato: “Esattamente.”
Poi arrivò la mossa finale.
“Avanti miss sotuttoio.- l’incitò Jack.- giù le
carte.”
“Capitano dei miei stivalifatemi vedere se avete fegato.. buttale
prima tu.”
Lui strinse gli occhi poi con un gesto borioso, scoprì le
sue carte. Due assi e due re. Tutti si passarono sguardi vittoriosi, soprattutto
Gibbs che vedeva in Jack la sua rivincita su Evelyne.
La ragazza osservò per un istante gli sguardi trepidanti
degli altri pirati, poi scoprì le sue carte.
“Quattro assi.” Disse accompagnando il gesto.
Lo sguardo del pirata fu qualcosa di indescrivibile. Stava
per protestare perché avendo lui due assi, non era affatto possibile che lei ne
avesse ben quattro in mano, ma lei l’interruppe, dicendo. “Nemmeno io ho mai
capito cosa significa, Jack.”
Scoprì il cappello. “E adesso signori..”
Jack si morse il labbro inferiore e strinse gli occhi,
incassando il tutto, accompagnato da altri gesti di rammarico degli altri pirati
che capirono solo ora d’essere stati fregati per tutta la sera. Dei pirati messi
nel sacco da una piccola nobile?? Ah, aveva qualcosa di parossistico.
Evelyne porse il cappello con dentro le monete anche a Jack
e l’invitò con lo sguardo ad attempiere al suo dovere. Lui, intrigato e
divertito insieme, lasciò la sua moneta, con un piccolo sbuffo finale.
“Maledetti pirati.” E questo la fece ridere illuminando il suo viso.
“E adesso capitano?” domandòCotton ( o meglio il pappagallo Cotton)
avvicinandosi a Jack.
Il clima di attesa si concluse con la battuta di ogni
serata che si rispetti.
Con Jack che, con lo sguardo misterioso e la voce
trionfante,si alzava e diceva: “E adesso il rum!”
Incredibile ma vero, bastavano quattro parole per far
scatenare l’euforia generale. Tutti alzarono il pugno in aria e corsero ad
approvvigionarsi di bottiglie per tutta la nave. Lei scosse la testa e
lentamente si avviò verso le scale che l’avrebbero condotta alla sua cabina.
“Ehi pirata.”
La chiamò dietro Jack.
Si voltò facendo ondeggiare i suoi capelli neri.
“Non ti unisci a noi? Per integrarti nella ciurma non basta
vestirsi da pirata ed imbrogliare a carte…-fece una piccola pausa.- bisogna bere
il rum”
Lei inarcò le sopracciglia. “Oh, beh, vorrà dire che farò a
meno di integrarmi nella ciurma.- sorrise in maniera molto sarcastica.- dato che
non sono un pirata.”
Lui rise, appoggiandosi con il gomito al legno della nave.
“Ah si, ti diverti a fare finta di esserlo però. Altrimenti perché ti saresti
conciata così?”
“Solo per necessità.- rispose, candidamente.- non potevo
rimanere con quel vestito. Bellissimo, per carità, ma poco pratico per pulire il
ponte.”
“E una educata ed onesta signorina imbroglia in quella
maniera?”
Lei sorrise maliziosamente questa volta. “Necessità.-
ribadì.- domani arriveremo a Nassau. Avrò bisogno di soldi per ricominciare a
farmi una vita, Jack.”
I pirati tornarono in quell’istante, vociando
grossolanamente ed alzando in aria le bottiglie piene del liquido scuro. “Prego,
miss Smith.- fece Gibbs consegnandole una battiglia.- unitevi a noi!”
Lei sorrise e gli ridiede la bottiglia di vetro. “No
grazie.”
Tutti ammutolirono e l’osservarono allontanarsi fino a
scomparire all’interno della nave. Quel surreale silenzio venne rotto proprio da
Jack e che fece un sorso e poi alzò di nuovo la bottiglia in aria. “Yo-hooo!”
E subito tutti l’imitarono.
-o-
Evelyne aveva appena finito di contare il piccolo gruzzetto
che si era guadagnata e di riporlo all’interno dell’unico cassetto rimasto nel
comodino della sua cabina quando sentì dei piccoli passi avviarsi verso la
cabina del capitano, quella di Jack, non troppo distante dalla sua.
Sorrise, pensando a lui che camminava barcollando fino alla
sua amaca.
Ma il suo sorriso si spense subito. Evelyne aveva lasciato
la porta della cabina socchiusa e sentiva distintamente che quelli non erano i
passi di Jack. Primo perché i passi di quel matto erano inconfondibili e secondo
perché avrebbero dovuto anche essere quelli barcollanti di un ubriaco perché se
tanto ci da tanto, con tutto quel rum Jack Sparrow non poteva avere la lucidità
che invece testimoniavano quei passi.
E poi, altro particolare: erano di due persone.
Insospettita si alzò dalletto e si avvicinò allo spiraglio
libero tra la porta e il muro.
I suoi occhi di ghiaccio videro bene, attraverso la
fessura, Barbossa e un altro pirata aprire la porta della stanza di Jack ed
entrarvi dentro. Sì, riflettendoci, né Barbossa né quell’altro tizio si erano
visti per tutta la serata.
Deglutendo e dopo aver fatto un buon respiro profondo,
Evelyne spinse la sua porta cercando di non fare rumore e approfittando del
fatto che era ancora vestita, camminò fino alla cabina di Jack e vi si appoggiò
dolcemente, cercando di origliare le loro voci attraverso il legno.
Sentì distintamente una delle due voci maschili,
sicuramente non quella di Barbossa, dire. “E se invece l’avesse nascosto o lo
tenesse con se?”
“Jack non sospetta di nulla, quindi non c’è motivo di
ritenere che sia tanto prudente”
“Si ma..”
“Allora muoviti e cerca quel maledettissimo foglio!”
La ragazza incurvò le sopracciglia, confusa. Che diavolo
stava facendo Barbossa? Non avrebbe voluto equivocare ma il contesto sembrava
chiarissimo.. come se stessero tramando alle spalle del loro capitano. Il suo
intuito le diceva che quel che Barbossa voleva trovare era quell’anagramma di
cui le aveva parlato Jack appena un paio di giorni prima: l’anagramma di
Chefalos. Ma a che scopo?
Improvvisamente le loro voci si fecero più sottili e poi
quasi scomparirono, lasciando la ragazza confusa e troppo curiosa per tornarsene
in cabina. Aguzzò l’orecchio e si appoggiò meglio alla porta, cercando di
sentirli di nuovo.
Quando udì di nuovo la voce di Barbossa, capì di essere nei
casini. “Andiamo, quel bastardo è più furbo di quello che pensavo.. ma non ci
serve l’anagramma, possiamo sfruttare la situazione a nostro favore..”
Erano vicinissimi alla porta e lei non avrebbe certo potuto
far finta di passare di lì per caso e correre verso la sua cabina era ormai
troppo tardi… I due pirati misero mano alla maniglia, lei fece un balzo
all’indietro, impaurita, poi i suoi occhi incontrarono la sua salvezza: una
bottiglia di rum.
Era a lato del corridoio ed era ancora mezza piena. La
prese, se ne versò un po’ addosso e si accasciò ai lati della parete.
Aprirono la porta, vociferando tra di loro ma smisero di
parlare quando videro Evelyne, lì davanti.
“Miss Smith.- iniziò Barbossa, incurvando la fronte ed
osservando attentamente la ragazza, seduta a terra.- che diavolo state
facendo?”
Lei fece un sorso di rum sforzandosi di mandar giù quella
roba e poi, fingendosi stralunata, disse alterando un po’ la voce. “Oh io.. dove
sono?.. non .. non lo so..” e scoppiò a ridere bevendo di nuovo dalla bottiglia.
Barbossa sorrise anche lui, si chinò e le prese la
bottiglia di mano. “Questa la prendo io, miss, voi avete dato abbastanza.”
“Credete che possa aver sentito qualcosa?” domandò l’altro
pirata avvicinandosi al primo ufficiale.
Evelyne tremò sotto lo sguardo indagatore di Barbossa e
cercò di rendere più vera la parte dell’ubriaca, inclinando la testa di lato.
Sentì chiaramente gli occhi grigi dell’uomo scrutarla attentamente e per un
attimo temette che l’uomo avesse capito tutto.
Ma inaspettatamente Barbossa sorrise e si rivolse al suo
compare.
“è solo ubriaca. Deve essere la prima volta che beve un
sorso di rum, nevvero miss?”
Le lanciò uno sguardo penetrante e dopo aver fatto un sorso
di nuovo alla bottiglia la buttò a terra con violenza, facendola infrangere a
pochi passi da lei. Entrambi risero vedendola sobbalzare dallo spavento, poi si
allontanarono lasciandola sola e sconvolta, lì, sul pavimento di legno della
Perla Nera.
I loro passi e la voce di Barbossa che le augurava la buona
notte con una fragorosa risata la tormentarono per tutte le ore seguenti.
-o-
“Capitano!” Gibbs, tutto allarmato, correva da una parte e
l’altra della nave reggendo in mano il lungo cannocchiale e porgendolo a Jack
che stava al timone e consultava di tanto in tanto una noiosissima bussola,
sospirando per quando avrebbe invece avuto quella che tanto agognava.
Lui inclinando la schiena all’indietro guardò attraverso il
cannocchiale e quando lo tolse dagli occhi aveva un’espressione decisamente meno
rilassata. “Vele tigrate.” Mormorò osservando le vele nere intagliate di bianco.
“è Gattopardo.”
“Dobbiamo prepararci alla battaglia, signore?”
Jack lo osservò come se avesse detto un’eresia.
“Combattere? Perché combattere quando si può ..- lasciò la frase in sospeso.-..
si possono fare tante altre cose.”
“Per esempio signore.” Insistette l’altro, affiancato
improvvisamente dal pirata con un occhio solo.
“Negoziare.- disse Jack con un sorriso.- o scappare,
tagliare la corda, schivarli, sentire che cosa vogliono.. ci sono migliaia di
cose da fare invece che combattere, comprendi?” Concluse oltrepassando Gibbs e
lasciandolo con uno sguardo allibito.
“Noi siamo pirati.- protestò lentamente un altro, al suo
amico con l’occhio ballerino.- combattiamo, noi.”
L’altro scrollò le spalle, accompagnando il gesto con uno
sguardo un po’ perso.
L’altra nave pullulante di pirati si affiancò alla Perla
Nera in pochissimo tempo ed Evelyne, risalendo dalle cabine, non poté non
lasciarsi sfuggire un piccolo borbottio di sorpresa, vedendo improvvisamente
l’altra grande imbarcazione.
“Chi sono?” domandò a William Turner, l’uomo che tutti
–aveva imparato.- chiamavano Sputafuoco.
“è Gattopardo.- rispose quello con uno sguardo un po’
preoccupato.- e la sua ciurma di manigoldi.”
“Oh, basta pirati.” Sospirò lei passandosi una mano tra i
capelli neri.
“Vi consiglio di nascondervi miss Smith.- sospirò anche
lui.- se si arriverà alla battaglia credo che sareste in pericolo.”
Lei aggrottò la fronte. “Perché dovremmo combatterli? Sono
pirati anche loro, no?- l’uomo alzò gli occhi al cielo.- non c’è lealtà, eh, tra
i ladri.” Continuò lei, amareggiata.
“Il punto è, Evelyne,- rispose con voce un po’ roca.- che
Jack è in possesso di qualcosa che bramano in molti oggigiorno.”
“L’anagramma di Chefalos.” Sussurrò.
“Già. E non solo Gattopardo lo sta cercando
disperatamente.”
La loro conversazione venne interrotta perché
improvvisamente sentirono la voce di Jack che, ritto sul ponte, si rivolgeva al
capitano dell’altra nave. Lo potevano vedere distintamente, si trattava di un
uomo alto con il volto tatuato a strisce e l’abbigliamento anch’esso molto
particolare, tigrato in più punti, leopardato in altri e anche zebrato. Si dice
che il Gattopardo sia solo un soprannome, ma a quanto pare più che motivato.
“Amici!” esclamò Jack aprendo le braccia. “ma che piacere
incrociare la mia rotta con la vostra!”
“Jack
Sparrow.” Esclamò l’altro con un ghigno che forse voleva essere un
sorriso.
“Capitano.- borbottò sottovoce Jack, stringendo i denti.-
Capitan Jack
Sparrow.”
“Ho saputo invece- continuò l’altro.- che di recente hai
incontrato la tua rotta con quella della Compagnia delle Indie Orientali!!”
Jack sorrise teatralmente, mise le mani dietro la schiena e
si coprì con il polso della camicia la P che era stata indelebilmente marchiata
sulla sua pelle. “Sciocchezze.” Urlò poi all’indirizzo del pirata. “Dovranno
faticare un bel po’ per riuscire a prendermi, molluschi inglesi!”
L’altro rise selvaggiamente, dall’altra nave. “Poco male, è
un piacere rivederti!” dalla sua voce si evinceva tutt’altro.
“Oh.- mormorò Sparrow con un sorriso forzato.- anche per
me. Mi stavo giusto chiedendo, da quanto tempo non vedo quel mattacchione di
Gattopardo? E poi, zac, ho visto la tua nave..- il suo entusiasmo sfumò
lentamente.- miracoli .. del … destino.” Disse quindi con uno sguardo falsamente
piacevole.
“Io ho stima di te, sai Jack?”
Il diretto interessato tirò un grosso sospiro. “Ah si?”
“Si stanno elogiando come due comari della buona società.”
commentò Evelyne, a pochi passi da Jack ed ancora accanto a Sputafuoco Bill.
“Non farti ingannare.” Disse l’uomo con l’aria esperta di
chi la sa lunga. “quando Gattopardo inizia così non c’è affatto da stare
allegri.- il suo sguardo incontrò quello stupito di Evelyne.- e Jack lo sa.”
“Ti ho sempre considerato un buon pirata, sai, -la voce di
Gattopardo si diffuse di nuovo nell’aria.- e so per certo che sei ben disposto
ai.. patti.”
Sparrow deglutì a fatica questa volta. “Patti? Ah, ehm
sicuro, spara pure.”
L’uomo rise e il suo sorriso agghiacciante venne imitato da
tutto il resto della sua ciurma. “So che hai qualcosa di prezioso sulla tua
nave. E lo voglio. Sono stato chiaro?”
Il sorriso scomparve definitivamente dal volto di Jack
Sparrow. “Cristallino- sorrise.- solo che non..”
“Oh andiamo Jack, sai di che parlo. Voglio l’anagramma di
Chefalos.” Urlò Gattopardo diventato improvvisamente rosso dalla rabbia. “ti do
tutto il contenuto delle mie stive, se me lo dai.”
“Anagramma di Chefalos?- ripeté Jack, quasi stralunato.- mi
dispiace ma non..”
“Ah no, e allora qual è la missione, eh? Che cosa state
compiendo voi della Perla Nera?”
Jack prese un grosso sospiro. “Che missione…- ripeté,
sottovoce.-.. . una.. – alzò la voce.- una GRANDE MISSIONE!” urlò poi. “Ma che
farò spiegare dal mio vice, Barbossa, ecco, lui spiegherà i particolari di
questa intricatissima vicenda, comprendi?”
Disse facendo segno a Barbossa di proseguire per lui.
Gattopardo, la sua ciurma e tutti gli altri pirati si voltarono istintivamente
verso l’uomo.
Barbossa sospirò, roteò gli occhi quindi fece qualche passo
avanti per farsi sentire meglio. “Gattopardo.-iniziò.- la nostra missione è
molto.. segreta. Quello che trasportiamo è troppo prezioso per essere rivelato e
per bocca del capitano vi rispondo che non siamo affatto inclini ad ottemperare
alla vostra offerta.”
Ammutolirono tutti gli uomini di tutte e due le navi,
passandosi sguardi interrogativi e scrollate di spalle.
Evelyne roteò gli occhi, gridando. “Vuol dire no!”
Jack si voltò subito verso di lei.
“Insomma!- urlò l’altro pirata.- ditemi di che diavolo si
tratta o andrete presto infondo al mare!”
Sparrow si voltò verso Gattopardo. “Visto che ci tieni.-
corse verso Evelyne e l’afferrò per un polso quindi la trascinò vicino al bordo
della nave.- ecco.- disse mostrandola agli altri.- è questa la mia missione! È..
è.. un .. rapimento!”
Evelyne schioccò un’occhiata di fuoco al capitano della
Perla Nera poi però disse, fingendo una voce terrificata. “Oh Capitano vi prego,
mi fate male!”
Gattopardo incurvò la fronte. “Chi è la ragazza?”
“è aristocratica, figlia di un nobile..”
“E tu stai facendo tutto questo per un.. riscatto?”
domandò, allibito. “tutto per i soldi che puoi ricavare da quella
smorfiosa?”
Evelyne si morse il labbro inferiore. “Io sono la figlia di
Bradley Smith, mio padre..”
“è molto preziosa, Gattopardo!- gridò Sparrow interrompendo
Evelyne.- Per lei il re d’Inghilterra mi darà molto più oro di quello che c’è
ora nelle tue stive…- fece una piccola pausa.- ora sono io a proporti un patto!
Ti cedo la ragazza in cambio di metà del tuo oro, eh, che ne dici?”
Lei si voltò verso di lui, incredula. “Jack..”
“Adesso BASTA!” la voce o, ehm, il ruggito di Gattopardo
fece zittire lei e anche Jack che pure si stava preparando a ribattere di nuovo.
“visto che non vuoi negoziare e non vuoi accettare la mia proposta, mi prenderò
l’anagramma di Chefalos direttamente dal tuo cadavere!- si volse verso la sua
ciurma.-Fuoco!”
Jack rimase per un istante impietrito e disse, a bassa
voce. “Ai cannoni.”
L’ordine fu ripetuto da Barbossa che gridò. “UOMINI AI
CANNONI! Preparasi alla battaglia!”
Tra le esultanze generali, tutti si disposero ai loro posti
in un clima di eccitazione e di sgomento insieme.
Evelyne si trovò improvvisamente sola sul ponte della nave
e girandosi di scatto incontrò di novo Bill. “Mettetevi al sicuro..”
Stordita e un po’ spaesata, Evelyne obbedì, andando a
nascondersi sotto la scala principale, opponendosi all’idea di scendere
all’interno della nave dove, sarebbe stata certo più al sicuro, ma avrebbe perso
ogni visuale della battaglia.
Iniziarono i primi colpi e lei, benché non lo volesse,
all’inizio urlò come una bambina impaurita, tappandosi le orecchie. Era molto
tempo che non assisteva ad una battaglia e sinceramente ne avrebbe fatto di
nuovo volentieri a meno. L’ennesima cannonata si infranse sulla ringhiera del
ponte e le schegge di legno arrivarono fino ai suoi piedi.
Ma anche la perla si difendeva bene. Jack ordinava ad alta
voce mosse strategiche e anche Barbossa dava l’impressione di avere ottime
capacità, non solo perché le sue mosse si rivelavano –al pari di quelle di Jack-
molto azzeccate ma perché sembrava avere una particolare alchimia con la ciurma.
Come se insieme nascondessero qualcosa.
Avrebbe voluto riflettere su quello che aveva visto la sera
precedente ma si sentì improvvisamente afferrare le spalle e spostare di
parecchi passi. Poi sentì un’esplosione e una volta aperti gli occhi si rese
conto che il signor Gibbs l’aveva salvata da una bordata.
Non fece in tempo a dire nulla che vide l’uomo fare un
sorso dalla sua piccola bottiglietta di rum e porgerle un fucile. “Sai sparare
Evelyne?”
Quelle parole la trascinarono lontano, indietro nel tempo
di quasi tre settimane.
Si parò davanti a lei la stessa scena di allora, rivide il
bosco, quell’uomo a cavallo.Le
parve quasi di sentire di nuovo la pioggia su di lei e i capelli bagnati che le
incorniciavano il viso. Vide di nuovo il fucile ai suoi piedi, come quel giorno,
e gli occhi di sua cugina, pieni di lacrime.
“Tu sai sparare, Evelyne?”le chiedeva con la paura nella
voce.
E lei, senza esitazione, solo con un sorriso d’odio in
viso, che rispondeva: “Si.”
“No, ferma.. non lo fare…”
La voce tremante di Jamie era così lontana quel giorno,
neppure l’aveva sentita.. tanto era irreale e senza senso.
Vide così se stessa chinarsi a prendere il fucile ed
imbracciarlo, stringerlo con le mani che tremavano un po’ ma gli occhi lucidi e
freddi di un’assassina.
“Evelyne, no, ti prego..”
Lei, secca, premette il grilletto.
Poi le lacrime di sua cugina e quell’uomo, lontano, che
cadeva con un tonfo dal cavallo.
Si risvegliò dai suoi ricordi con il botto dell’ennesima
cannonata. “No.” mentì, sconvolta. “no, io non so sparare, Gibbs.- deglutì.-
dimmi tu come potrei essere utile..”
L’uomo alzò le spalle e fece un altro sorso dalla
bottiglietta di pelle ma visto che era vuota la porse alla ragazza. “Valla a
riempire.”
Evelyne si ritrovò di nuovo sola con quel piccolo
contenitore in mano. “Ma..” prima di poter fare altro sentìla voce di Barbossa che ordinava.
“Uomini pronti con i grappini, prepararsi all’arrembaggio!”
Gettò gli occhi sull’altra nave e vide che, però, anche
Gattopardo stava per fare la stessa cosa.
“Brutta cosa.”
La voce di Jack la fece sobbalzare. “Tu.- mormorò lei.- che
diavolo ci fai qui, razza di codardo! Va a combattere!”
“Vedi, tesoro.. c’è ancora una cosa che non hai imparato
riguardo il mondo dei pirati.- disse facendo una pausa teatrale.- bisogna
combattere nascondendosi”
Lei aggrottò la fronte. “Ah si? E che diavolo
significa?”
“Finché puoi nasconderti.. non combattere.”
“Vili e meschini, tutti voi” mormorò incrociando le braccia
e negando con il capo. Lui non sembrò molto colpito, notò la bottiglietta di
Gibbs la prese e cercò di farne un sorso, senza successo. Con uno sguardo
scocciato gliela rese di nuovo. “Valla a riempire!”
“Ah.” Esclamò lei, incredula, mentre lui usciva da sotto la
scala e sfoderando la spada parava in tempo l’attacco di uno dei pochi uomini di
Gattopardo che erano riusciti a mettere piede sulla perla Nera. Lo disarmò e con
un calcio ben assestato lo ricondusse a casa propria, sotto le risa dei
presenti. Estrasse quindi la pistola e con una serie di colpi recise le funi di
coloro che stavano volando verso la sua nave, assicurando loro un bel tuffo in
mare.
Per sbaglio recise anche quella di Cotton che invece stava
tornando indietro.
“Sei un imbecille, imbecille, imbecille!” gracchiò il
pappagallo di Cotton volato via dal padrone in caduta libera mentre gli altri
della nave si adoperavano per tirarlo su.
Jack si tolse il capello. “Ehm, scusa amico.”
“Di niente.” gli rispose una voce che non era affatto
quella di Cotton ma uno della ciurma di Gattopardo che si apprestava a colpirlo
con la spada.
Jack gli puntò contro la pistola e quello s’immobilizzò,
alzando le mani al cielo. Sparrow aggrottò la fronte, osservando il cappello di
quell’uomo. “Ehi.” Mormorò “bello..” fece cambio incalzando sulla testa
dell’altro il cappello che fino a quel momento aveva indossato lui.
L’uomo scoppiò a ridere, rilassato per lo scampato
pericolo.
“Zitto tu.” Borbottò Jack sparandogli in piena fronte e poi
gettandolo in mare con una piccola spintarella.
Dopo altri minuti di spari e di scontri finalmente la
battaglia poté considerarsi conclusa e i vincitori salutarono trionfanti la nave
di Gattopardo e degli altri che si allontanava dalla loro. “Urrà!”urlarono i
marinai alzando i pugni al cielo e facendo muovere la Perla affinché mettesse
mare tra la nave avversaria.
Ce l’avevano fatta di nuovo. Ma Nassau non era poi così
vicino.
-o-
“Yo-hooo.. yo-hoo.. e una bottiglia di rum..” canticchiava
Jack tra le amache dei suoi soldati e poi, giù, sul corridoio che l’avrebbe
portato alla propria cabina. Afferrò la maniglia e fece per entrare, quando
sentì la voce di Evelyne e quella di un altro uomo confabulare sottovoce.
Notò che la cabine della ragazza.- come sempre.- era
rimasta socchiusa così si avvicinò e l’aprì con un gesto naturalmente
maleducato. “’Sera.” Esordì osservando la giovane medicare coscienziosamente il
braccio sinistro di Sputafuoco Bill Turner. Questi accennò un saluto con il
capo. “Capitano.”
Lei riservò al nuovo entrato appena un’occhiata poi finì di
fasciare il braccio del pirata e controllò di nuovo che la ferita non buttasse
più sangue. “A posto, dovrebbe andare. Spero che non faccia infezione.”
“Ho avuto centinaia di ferite e non ne ho medicata
nessuna..- sorrise l’uomo.- questa è anche curata, vuoi che faccia il pus?”
Risero entrambi poi, dopo un piccolo saluto Bill uscì dalla
cabina e si allontanò lentamente lungo il corridoio ligneo.
“Forte, oltre al pirata ti diverti a fare anche il medico,
adesso.”
Lei non lo guardò nemmeno. “Non ho avuto una madre, così ho
seguito mio padre per tutti i suoi spostamenti con l’esercito. Dove c’è guerra
ci sono morti e feriti.. ed io ho imparato a rendermi utile.”
“Sempre con l’esercito e non hai mai provato a
sparare?”
Lei non accennò a voler alzare lo sguardo, strinse forte il
tessuto dei pantaloni sotto le dita. “Mai.” Mentì di nuovo, dolorosamente. “e
adesso, se non ti dispiace.. voglio andare a dormire.”
“Anch’io sono ferito.”
La sfacciataggine delle sue parole la indusse ad alzare lo
sguardo verso di lui e a puntargli contro i suoi occhi agguerriti. Lui annuì con
vigore e si mise di fronte a lei. “ Lo giuro, sono ferito.”
“I tuoi giuramenti non valgono nulla.” Iniziò lei,
furibonda.
“Ma sono ferito sul serio.”
Si alzò in piedi, fuori di se dalla rabbia. “Ma che cosa
vuoi che me ne importi, eh?”
Lui aggrottò la fronte, confuso ed iniziò a gesticolare.
“Fammi capire… a lui sì e a me no?”
“Tu..- l’indicò facendo piccoli passi verso di lui.- tu..
sei un traditore!”
Jack, stranito, arretrava ad ogni passo che faceva lei
finché non si trovò a toccare le spalle con la porta lignea della sua stanza. “
Mi stavi per dare in pasto a quei pirati, stupido verme, mi hai quasi
ucciso!”
“L’altra volta ti ho salvato la vita, oggi dovevo
ucciderti. Era per compensare”
“Zitto!- urlò lei.- sei solo.. pirata..- lui sorrise. -e..
disonesto! Io mi fidavo di te e tu invece mi avresti scambiato per un po’ di
oro, pur di toglierti Gattopardo dai piedi!”
Jack alzò le spalle. “Eravamo in fase di trattativa,
tesoro.” Disse con la sua solita nonchalance mentre ammirava estasiato i lampi
d’ira degli occhi di lei.
“Trattativa? E se Gattopardo avesse acconsentito?”
“Era tutto calcolato.. era per distogliere la sua
attenzione dall’anagramma e allo stesso tempo..”
“Le tue sono tutte bugie!” urlò di nuovo lei ad un passo
dal suo viso.
E quel suo dannatissimo sorriso! Ma la voleva smettere di
ridere? Che cosa c’era di così divertente, eh?
“Tu.. Evelyne.. sei.. -iniziò lui, sempre ridendo.- ah,
devi prendere tutto con più leggerezza!”
“Prendi questo con più leggerezza.” Sibilò lei dandogli uno
schiaffo che gli fece voltare il viso.
Passarono secondi di silenzio.
Jack si voltò lentamente con il volto un po’ confuso ma
sempre con il sorriso sulle labbra. “Forse me lo meritavo.” Sibilò osservandola
intensamente negli occhi. Lei non accennò ad abbassare lo sguardo ed i loro
occhi si persero un istante gli uni negli altri. E poi accadde.
Fu un secondo ma entrambi vissero la scena quasi a
rallentatore.
Jack le prese la vita e l’attirò a se, coprendole le labbra
con un bacio. Evelyne stupita e presa alla sprovvista si lasciò condurre tra le
sue braccia ma quando sentì le sue labbra sulle sue, fece immediatamente un
passo indietro e si distaccò da lui. “che fai..” sussurrò appena con un piccolo
alito di voce.
Lui sorrise di nuovo ed osservandola con i suoi occhi
scuri, le prese il viso con una mano e la baciò di nuovo. Questa volta Evelyne
non cercò di distanziarsi, di opporsi, di parlare.
Schiuse le sue labbra e accolse quelle del pirata,
lasciando stare se era giusto o sbagliato, se stava andando incontro a più guai
di quelli che già aveva.
Desiderava Jack e Jack desiderava lei. In quell’istante le parve che null’altro fosse
importante.
Forse sbagliava.
Ma in quel momento le piaceva sbagliare.
Lui fece passare le sue mani tra i suoi capelli, mentre
continuavano a baciarsi con rabbia quasi con odio, come se ognuno dei due
volesse punire l’altro per qualcosa, per essere così com’era.
Lei lo abbracciò e passò le mani attorno al suo collo
attirandolo più a se, mentre sentiva il pirata che abilmente cercava la via per
toglierle i vestiti di dosso.
Jack in realtà ci mise più del dovuto perché mentre con i
vestiti da donna era un giochetto da ragazzi e lui ne era avvezzo, quelli da
uomo di Evelyne erano piuttosto complicati, e questo strappò un sorriso alla
ragazza che, tra i sospiri, lo prese in giro, sussurrando. “Se non ci riesci
possiamo rimandare..”
Lui, in risposta, le sfilò via la giacca ed iniziò a
baciarle il collo mentre le sue mani cercavano l’accesso alla sua camicia.
Evelyne sorrise ed iniziò ad attrezzarsi per fare altrettanto, sfilando via uno
dopo l’altro, gli indumenti del capitano.
Si ritrovarono poco dopo entrambi nudi, sul letto di legno
di lei. Non permettendo un secondo alle loro labbra di separarsi, si distesero,
lunghi. Jack l’osservò un istante, bellissima, con quella carnagione così
chiara, quei capelli, neri, sparsi sul letto, le labbra e gli occhi lucidi che
lo osservavano trepidanti. La baciò di nuovo mentre lei faceva passare le sue
mani lungo il torace muscoloso dell’uomo e increspato da qualche cicatrice,
ricordo di battaglie lontane.
Jack la stringeva, l’amava con una passione che forse non
sapeva nemmeno lui di avere. Tuttavia di donne ne aveva avute nella sua vita,
altro che.
Eppure, lì, tra le braccia candide di lei fu come se
sentisse una passione nuova, un interesse fisico molto più forte o molto di più.
Ma non si fece il problema.. amò Evelyne come aveva desiderato fare dal primo
momento, da quando l’aveva vista in prigione…. da quando quel fuoco nei suoi
occhi l’aveva confuso ed affascinato.
Si amarono e tra le braccia di quel pirata Evelyne affondò
le sue paure, i suoi ricordi, i rimorsi e tutti i suoi segreti, dimenticandosi
chi era, dando sfogo solo a quello che sentiva dentro. Non l’aveva mai fatto in
tutta la sua vita; era stata sempre abituata a controllare ogni emozione a non
far trapelare mai nulla agli altri, ad essere rigida e calcolatrice.
Hi!
Ciao ragazzi, eccoci con il quarto capitolo della storia.. come sempre ringrazio
i miei angeli che mi seguono in questa complicata vicenda e mi lasciano sempre
un commentino..
Michy90: ciao
Michy, sei gentilissima.. i tuoi complimenti mi fanno davvero tanto piacere e
sono contenta che la storia ti piaccia.. fammi sapere riguardo questo capitolo
mi raccomando!^^
Black_Kisses:
ciao.. Io
davvero non so come ringraziarti per le tue belle parole… posso assicurarti che
le cose tra i due non evolveranno così velocemente, resteranno sempre sul chi
vive, spero che poi mi dirai che te ne’è parso… sì, io adoro Jack e Barbossa
(per quanto mi stia affezionando molto anche ad Evelyne) e sono contenta di
sapere che ti siano piaciuti tanto! Grazie di nuovo!^^
Martozza:
ciaoo! Oh sono contenta di aver scatenato tanta euforia… grazie mille per i
complimenti e stai tranquilla non alzerò il raiting, non andrà mai oltre questo!
Continua a farmi sapere che ne pensi mi raccomando!^^
Sisya:
ciao! Wow, te li sei proprio mangiati! Sono contenta che la storia ti piaccia,
ho fatto il più presto possibile… a presto!^^
Kim:
Kim.. sono commossa. Davvero, GRAZIE. Sono contenta che il personaggio di
Evelyne piaccia, in realtà renderla per me è sempre stato un punto
interrogativo, (mai come Jack però) mi sono chiesta sempre che tipo di donna
sarebbe stata congeniale a lui ed è uscita lei. l’aristocratica un po’ con la
puzza sotto il naso, affascinante, problematica e una vera guerriera! (solo che
Jack ancora non lo sa… :-> ) Kim non so davvero come ringraziarti spero solo
che continuerai a seguirmi!^^
Christy:
ciao! Grazie mille, spero che questo cap ti piaccia!
Isobel:
grazie..va a finire che adesso mi
monto la testa!^^ Davvero Isobel grazie mielle anche a te per i complimenti e la
recensione!
Apple: ciao
amica mia, me troppo contenta di avere sempre la tua approvazione e il tuo
appoggio.. ma che farei senza di te…! Ti auguro buon viaggio per la Liguria e
tanta fortuna per la tua vita, ci sentiamo al tuo ritorno … espero che questo capitolo ti piacerà!
Ps: anch’io vedo House ovunque, non vedo l’oro che inizi di
nuovo!
Johnny
Jack:
Ciao! Grazie
mille, io non so come sdebitarmi con ognuna di voi per i vostri complimenti.. vi
adoro! Spero che questo chap corrisponda alle attese! ^^
DJKela:
ciaoo! Grazie mille per le tue calorosissime recensioni e per le tue
precisazioni davvero utili.. grazie per avermi fatto notare l’errore.. corro a
correggerlo!! Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, spero che anche
questo non ti deluda e naturalmente aspetto di sapere che te n’è parso, ci
conto!^^
MellyVegeta:
ciao! Grazie mille per la recensione e per il tuo appoggio.. sono contenta che
la storia ti piaccia, fammi sapere che te n0è parso di questo
chap!
Sarah
James:
ciao Sarah! Ma che
dici, non devi affatto scusarti, anzi sono io a ringraziarti per la bella
recensione! sono contenta che Evelyne piaccia e che Jack sia IC, ogni volta ho
sempre un po’ paura…sì anch’io ho
amato scrivere soprattutto l’ultima scena.. ah, me inguaribile romantica! grazie
di nuovo!^^
Grazie
davvero ragazzi, i vostri commenti mi danno la carica per continuare a scrivere,
sono in debito con voi!^^ Speriamo di saper dimostrarmi degna della vostra
fiducia con un bel capitolo!
Buona
Lettura
Diomache.
Capitolo IV
Nice
Girl, Anyway.
Quando Evelyne riaprì gli occhi il sole doveva essere sorto
da appena un paio d’ore. Dalla piccola apertura che fungeva da finestra nella
sua cabina filtravano deboli raggi solari che andavano ad accarezzare le sue
lunghe gambe.
Un po’
confusa si rizzò su un gomito, sentendosi come appesantita.. ed infatti eccola
lì la causa.. c’era un braccio appoggiato sulla sua pancia.
Ehi.
Non
era il suo!
Pelle
abbronzata, il polso pieno di ninnoli e circondato da una fascia nera, ma
soprattutto una P marchiata a fuoco che rimaneva decisamente in risalto. Seguì
la via del braccio e quasi trasalì quando vide, addormentato beatamente, Jack
Sparrow in persona, nel suo letto.
Ah,
odiava sentirsi così confusa la mattina.
In un
baleno i ricordi della sera prima le riaffiorarono nella mente e si spiegarono
finalmente tante cose, innanzitutto perché erano nudi, perché quel braccio era
lì e, soprattutto, perché Jack fosse lì. Un piccolo sorriso si dipinse sul suo
viso limpidissimo mentre si passava una mano tra la folta chioma corvina e i
suoi occhi azzurri fissavano il temibile pirata dei sette mari aggrappato a lei
e alle coperte.
Altro
che pirata, visto così avresti detto tutto di lui purché che fosse un pericoloso
bucaniere.
“Jack.”
Mormorò scuotendolo leggermente, lui bofonchiò qualcosa ma non accennò a volersi
svegliare. “Jack su.” Tentò di nuovo ma ancora una volta quell’angioletto di un
pirata si girò dalla parte opposta e, facendo orecchi da mercante, decise che
era troppo presto per alzarsi.
Evelyne
iniziò ad innervosirsi, spostò quel braccio dal suo ventre e senza curarsi di
non muoverlo o di fare piano, lo scavalcò e facendo mille acrobazie finalmente
riuscì a scendere dal letto. Guardò quindi l’uomo per vedere se tutto quel
trambusto l’aveva non dico svegliato ma almeno un po’ stordito.
Macché.
Nemmeno
le cannonate di Gattopardo sarebbero bastate.
Sospirando
iniziò a cercare i suoi vestiti, il che era davvero un’impresa perché mentre di
solito doveva raccattare enormi vestiti, qui si trattava di vestiti da uomo, in
mezzo ad altri vestiti da uomo. Vestiti da pirata, tra quelli di un pirata.
Sempre più nervosa iniziò ad alzarne uno per uno stando ben attenta a non
infilarsene uno di Jack per errore.
Ritrovò
le sue cose ed era quasi pronta quando la sua attenzione fu catturata da un
piccolo foglietto di pergamena che sporgeva dal gilet di Jack. La ragazza lanciò
una veloce occhiata al capitano che ancora se la dormiva della grossa e, curiosa
come solo una donna sa essere, sollevò l’indumento dell’uomo e ne estrasse il
piccolo foglio nascosto in una tasca interna.
Lo
spiegò e le sue labbra si allungarono in un piccolo sorriso d’eccitazione non
appena si accorse che quello doveva proprio essere l’anagramma di Chefalos.
“Nessuna ama stonare, soprattutto all’unysono.”
Incurvò
le sopracciglia non appena lesse quell’unysono scritto a quel modo. E Jack come
faceva a sapere che quelle quattro parole lo conducevano a
Nassau?
Ah
beh, certo.
Nessuno.
Ama
Stonare
Soprattutto
Allo
Unysono.
Quasi
banale, pensò. Poteva esserci solamente questo in quelle parole? Erano troppo
ambigue, oltre al significato che ovviamente sfuggiva a lei quanto a Jack, anche
la loro forma, la loro composizione era strana. No, c’era scritto ben altro, non
solo quello che Jack aveva intuito.
O
magari Jack aveva intuito dell’altro ma non gliene aveva
parlato.
Un
improvviso brontolio di Jack alle sue spalle la fece sobbalzare lievemente. Mise
subito a posto l’anagramma lì dove l’aveva trovato, un po’ impaurita all’idea
che lui la beccasse a frugare tra le sue cose.
Gli
lanciò un ultimo sguardo prima di uscire dalla propria cabina.
Ripensò
alla notte che avevano passato insieme, con una piccola punta di amarezza.
Nassau
era a pochissime ore di viaggio.
-o-
Evelyne lo cercava.
Lo aveva saputo da Gibbs, da Mastro Twigg, da Sputafuoco,
da Cotton, da Martin e da qualunque altro diavolaccio della Perla avesse
incrociato per sbaglio la via di Miss Evelyne Smith. Lo cercava da più di un’ora
ormai e già l’immaginava, furiosa, con le guance arrossate dall’ira, lo sguardo
omicida e negli occhi lampi e fulmini.
E lui non si faceva trovare. Si era nascosto nella stiva,
felicemente tra le casse di rum e alcuni bauli d’oro che ormai non bastavano più
per tenere buona la ciurma, sempre più impaziente. Lì era al sicuro e
quell’inglesina furente non l’avrebbe trovato tanto presto, forse non prima
dell’arrivo a Nassau.
Quando Gibbs gli aveva bussato alla spalla e gli aveva
detto. “Capitano, Miss Smith..”
“Cosa?” l’aveva interrotto lui, bruscamente, incurvando la
fronte, già iniziando a sospettare qualcosa.
Gibbs aveva fatto uno sguardo grave. “Vi cerca, signore.”
Jack aveva deglutito a fatica, fatto un sospirone e con lo
sguardo incurvato aveva domandato, sottovoce ed improvvisamente guardingo. “E..
per che cosa?”
L’uomo aveva fatto un sorriso piuttosto malizioso e
condividendo le ansie del suo capitano aveva risposto dicendo. “Temo che vi
voglia parlare, capitano.”
Jack aveva annuito, austeramente. L’ultima volta che era
stato con una donna, il giorno dopo c’era sempre stato lo scoglio di volerne
parlare. Ancora ricordava Giselle che dopo una delle loro notti si era
appoggiata su un gomito e dicendo.. “Noi due dobbiamo parlare, Jack..” gli aveva
chiesto se l’amava!! Cose da pazzi!
Perché, quell’altra?! Quella che dopo averlo provocato ed
indotto al peccato pretendeva di essere sposata!?
No, no, no. Quando una donna dice di voler parlare non è
affatto un buon segno.
Si guardò velocemente intorno scrutando se la temibile
amazzone fosse all’orizzonte e poi si rivolse a Gibbs, sottovoce. “Nascondimi” e
via, se n’era scappato nella propria cabina. Ma lì avevano raggiunto altri della
ciurma sempre con la solita inquietante storiella e lui non aveva fatto altro
che scappare da un nascondiglio ad un altro finché non era approdato lì, nella
stiva.
Alternava così sorsi di rum e sguardi fugaci all’anagramma
di Chefalos e al suo oscuro significato. Nassau. Possibile che dicesse solo
questo? E poi, una volta giunto a Nassau, dove diavolo andava a cercare quella
maledetta bussola?? Sospiròdi
nuovo, inquieto, quando sentì un improvviso colpo alla porta della stiva.
Una voce maschile un po’ strana ed alterata chiedeva,
fugacemente. “Capitano, capitano.. siete qui?”
Jack aggrottò la fronte rizzandosi un gomito, un po’
insospettito. “Chi sei mozzo?” domandò riponendo l’anagramma al suo posto.
“Presto, Capitano. Miss Smith sta venendo da questa parte,
dovete spostarvi!”
Sparrow si rizzò subito in piedi con uno scatto e si
precipitò verso la porta della stiva; ma si fermò ad un centimetro dalla
maniglia, tornò indietro, prese la bottiglia di rum e quindi, finalmente pronto,
con un sorriso gagliardo l’aprì e si preparò a varcarla.
Ma il capitan Jack Sparrow aveva fatto male i suoi conti.
Il suo sorriso esuberante si trasformò in una smorfia mista
tra divertimento e sudore freddo quando si vide puntata una pistola ad un
centimetro dalle labbra. Ma soprattutto quando vide che a tenerla era proprio
lei, Evelyne in persona.
Ed era anche più furiosa di quello che immaginava.
L’aveva messo nel sacco per l’ennesima volta.
“Tesoro.- iniziò lui sforzandosi di essere il più
disinvolto possibile.- non buttiamola così sul drastico. Possiamo trovare un
accordo soddisfacente per entrambi..”
“Sta zitto.” Ringhiò lei avanzando e quindi costringendo
lui ad arretrare, con la sua solita andatura, un misto tra il sexi e il
ciondolante. “Sono due ore che ti cerco.” Continuò lei, per niente incline a
trattative.
“Al massimo un’oretta e mezza..”
“Mi sembra di averti già detto di stare zitto o sbaglio?”
Disse spingendo la pistola fino alla sua gola, con un sorriso divertito e
furioso. “Avanti, sto aspettando le tue giustificazioni.- disse inclinando la
testa di lato.- su, coraggio.”
“Ma tu.. tu non sapevi sparare?”
Lei scrollò le spalle. “Ci vuole poco a premere un
grilletto, Jack Sparrow.”
“Capit.”
“Quello che sia.” L’interruppe bruscamente, piuttosto
scocciata. “allora?”
“Vedi, cara.. la vita di un capitano è irta di ostacoli ed
imprevedibili impegni che..”
“In una stiva.- sottolineò lei, ironica, con un
sopracciglio inarcato.- impegni in una stiva.”
Jack annuì, seriamente. “Ebbene si, tesoro. Anche in una
stiva, un capitano..”
Va beh. Tanto lo sapeva che non avrebbe cavato un ragno dal
buco.
“Non fare certi giochetti con me, Jack.”sospirando abbassò l’arma e girandola
con un movimento che sapeva ben poco di principiante, la prese per la canna,
porgendo l’impugnatura all’uomo. “Prendila.”Disse sottolineando il gesto.
Lui cercò di scovare l’inganno, poi la prese, dapprima
lentamente, poi tirandola via veloce. “è la mia.”Disse, quasi sconcertato.
“Lo so.- mormorò lei.- questa mattina, mentre mi vestivo.-
i loro occhi si incontrarono.- è una bella pistola.. volevo vederla... l’ho
messa in tasca..”
Jack la mise al suo posto con un piglio piuttosto offeso.
“Nessuno tocca la mia pistola.” Disse, minaccioso. Dopotutto era pur sempre un
pirata. Guai a toccargli la mamma e la pistola.
Rispose per le rime comunque, non lasciandosi affatto
intimidire.
“E nessuno si è mai permesso di evitarmi per ore. Adesso
stai qui e mi ascolti!” finì con il tono di voce che si innalzava
pericolosamente verso l’urlo.
L’uomo deglutì. “Parlare..- sussurrò.- vuoi proprio
parlare.- il suo sguardo deciso, le sue braccia incrociate non lasciavano
dubbi.- e parliamo, allora.” Concluse con un filo di voce, allargandosi il
colletto della camicia.
Ah, santi numi.. sapeva come andavano a finire queste cose.
Lei che parla, lui che nega e via, parte lo schiaffo. Quasi che ancora ricordava
quello vibrante dell’altra sera.
“Bene.- esclamò Evelyne,grintosa.- voglio vedere l’anagramma di
Chefalos. So che potrei esserti d’aiuto.”
Jack si appoggiò un istante alla parete lignea della nave.
L’anagramma di Chefalos?
“Cosa?”
“Ma si.. senti mi dispiace questa mattina non ho resistito,
l’ho.. insomma.. ma la colpa è tua, tu hai lasciato tutto per terra, io l’ho
sollevato e quello è caduto così..”
“Aspetta aspetta aspetta.” L’interruppe lui avanzando verso
di lei, con sguardo intrigato e forse anche un po’ minaccioso.
“Tu hai letto l’anagramma di Chefalos?- lei annuì, un po’
titubante.- e adesso vuoi parlare di quello?” lei annuì di nuovo. Un sorriso
estremamente rilassato si dipinse sul volto scuro del pirata che ridendo allargò
le braccia. “Perfetto, tesoro, tutto quello che vuoi!”
Questa volta toccò adEvelyne incurvare la fronte. Ma non andò oltre, piuttosto si concentrò
sull’argomento che tanto le premeva. “Credo che non dica solo la località, penso
che ci sia di più.”
Jack lo tirò fuori dal gilet, lo spiegò ed iniziò ad
osservarlo,guidato dalle parole della ragazza. “è tutto il giorno che ci penso.
Leggilo, ci sono troppe lettere. Gli anagrammai dell’antichità non sono così
ricchi di parole. Sono complicati ma non hanno tante lettere.”
Intrigato, affascinato e Dio solo sa che cosa, Jack
l’osservava, rapito.
“Vedi.- lei gli indicò con l’indice sottile la prima
parola.- se ci fai caso.. ci sono moltissime lettere che per di più si ripetono.
Ci deve essere qualcosa nascosto dentro.. è come un baule tra la sabbia.”
Lui sorrise della sua similitudine e l’osservò,
interessato, mentre faceva i suoi calcoli aiutata da una piuma d’oca di quelle
che di tanto in tanto vedeva maneggiare Gibbs. Piccola ladra..
Dopo una buona manciata di secondi, Evelyne si riscosse e
disse, concitatamente. “Forse.. forse ci sono..” lui l’osservò, con i suoi
magnetici occhi neri. La ragazza quasi si sciolse sotto quello sguardo ma volle
non darlo a vedere, preferì continuare l’esposizione della sua teoria,
scientificamente, fredda e controllata come sempre.
“Ecco. Guarda. Togli tutte le lettere uguali.”
Jack prese l’anagramma in mano e con gli occhi un po’
stretti eseguì quello che la giovane gli aveva ordinato.
Nessunoamastonaresoprattuttoall’unysono.
Lui la
guardò, quasi incredulo. “MPY”
Lei
annuì, anche se un po’ sconsolata. “Lo so, non ha senso.
Ma..”
“Ce lo
ha invece.- mormorò Jack, fissando lo sguardo sul foglio.- Cambia l’ordine delle
lettere..”
Lei
sorrise appena inarcando un lato della bocca. “Myp?”
“Esatto,
Evelyne.- sussurrò lui, a voce bassa, come adorava tanto lei.-
Myp.”
“E che
cos’è?”
L’improvviso
bussare alla porta della stiva interruppe il loro discorso. “Capitano.” Mastro
Twigg comparve sulla soglia, con uno sguardo malizioso. “ Terra in
vista.”
-o-
Jack
osservava il porto di Nassau, ormai veramente vicino, dal suo famoso binocolo,
con aria truce e concentrata. Tutti, Barbossa compreso, pendevano dalle sue
labbra e dalla sua futura decisione. E anche Evelyne aspettava trepidante,
appoggiata alla balaustra del ponte, con lo sguardo malinconico e fisso sul
mare. Nassau significava che la sua avventura sulla Perla era giunta al
termine.
Di
nuovo vestita da signora.
Barbossa
le aveva concesso in regalo quel vestito rosso bordò trovato sotto il letto e
lei lo aveva accettato con una punta di rincrescimento perché infondo si trovava
bene con quei vestiti da uomo o meglio, si trovava bene in quel mondo di uomini.
Si era affezionata alla Perla. È buffo dire come qualcuno possa affezionarsi ad
altra gente anche se in pochissimo tempo, infondo che cosa sono tre giorni e poi
tre giorni in cui aveva dovuto faticare, sudare come lei, aristocratica, non
aveva mai fatto.
Eppure
era accaduto. Le piaceva l’aria del mare, il sole forte che già iniziava a
scurire la sua pelle nobilmente chiarissima, le piacevano le chiacchierate con
Bill, le partite a poker in cui la vera gara era a chi truffava meglio e… forse,
dico forse, le sarebbe mancato anche Jack. Infondo era debitrice nei suoi
confronti.
Si
chiese se lei sarebbe mancata a lui.
I suoi
occhi verdemare lo fissarono un istante ed ebbe la risposta.
No.
Su, non prendiamoci in giro. Jack era un pirata, un capitano che per non perdere
la faccia davanti alla sua ciurma non vedeva l’ora si sbarazzarsi di lei.
Sorrise
amaramente pensando che non avrebbe saputo mai cos’era quel misterioso Myp, né
che cosa celava.
E
pensare che senza di lei quei cretini starebbero ancora brancolando nel buio
delle ipotesi.
“Capitano.-
la voce autorevole di Barbossa interruppe quel silenzio e i pensieri silenziosi
di Evelyne.- era Nassau la nostra meta, no? cosa aspettiamo, prendiamo una
scialuppa ed andiamo!”
Jack
sembrava scuro e forse un po’ preoccupato. “Non precisamente. Dobbiamo andare
alla grotta del Myp.- il suo sguardo si fissò su Evelyne.- al nord di
Nassau.”
La
ciurma si scambiò occhiate interrogative e Barbossa si fece di nuovo portavoce
dei dissensi popolari. “Per trovare che cosa, capitano?”
“La
bussola.” rispose Jack sorridendo appena.
“Non
il tesoro di Cortes?” domandò qualcun altro.
Il
capitano alzò gli occhi al cielo. “E a che diavolo vuoi che ci serva una dannata
bussola se non per trovare quel dannatissimo tesoro,
dannazione!”
L’uomo
restò un po’ interdetto, tacque e tornò silenziosamente al suo posto di mozzo.
“Rotta
per Myp!” urlò quindi Sparrow, muovendosi dal ponte per prendere possesso del
suo timone. Gli occhi scuri di Jack si incontrarono quindi con quelli azzurri
della ragazza che lo osservavano quasi increduli ed eccitati. Questo voleva dire
che non desiderava scaricarla lì?
Lui le
sorrise appena e lei increspò le labbra sospirando di felicità quando di nuovo
la voce di Barbossa interruppe tutte le sue aspettative. “Un momento capitano.-
l’uomo osservò Evelyne con un ghigno divertito.- miss Smith si aspetterà di
essere portata nella città di Nassau. Glielo avevamo promesso o sbaglio.”
Concluse ridendo malvagiamente.
La
ragazza provò a parlare ma fu come se le parole le morirono in bocca, deglutì e
cercò disperatamente lo sguardo di Jack, senza risultato. “Veramente non è
necessario..”
“Ma
come, Miss.- Barbossa insisteva, ironico.- trovate piacere nello stare in mezzo
a tanti rudi uomini di mare, una nobile donna come voi? Non desiderate rifarvi
una vita? eppure mi sembravate risoluta quando avete accettato il nostro
passaggio.- sottolineò particolarmente l’ultima parola.- per
Nassau.”
Lei
tacque.
Barbossa
si voltò verso Jack. “Sbaglio, capitano?”
Sparrow
incurvò la fronte. “No.- disse quindi.- preparate una scialuppa per miss Smith,
diretta al porto di Nassau, al suo ritorno noi salperemo per
Myp.”
Barbossa
rise soddisfatto e lei si sentì morire quando quest’ultimo girandosi nella sua
direzione continuò dicendo. “La vacanza è finita, Miss. Bon voyage.” Sostenne
fieramente il suo sguardo come una fredda tigre del nord e il suo volto non fece
una piega quando lui le porse il cappello abbinato a quel vestito, anzi lo prese
strapandoglielo quasi di mano.
La
scialuppa fu preparata in pochissimi secondi.
Sperò
almeno che fosse Jack ad accompagnarla a terra.
Macché.
L’avrebbero
fatto Gibbs e Turner. Beh, poco male, i due ai quali era più affezionata.
In una
sorta di sfilata, mentre si dirigeva verso il bordo della nave, passò davanti a
tutta la ciurma schierata come in combattimento.
“Addio
bambolina.” La salutò uno, “In culo alla balena” le augurò l’amico e molti altri
la salutarono in maniera positiva, altri come al solito le fischiarono dietro o
fecero scongiuri perché finalmente lasciava la nave e si portava via quel carico
di sfortuna che si tirava dietro una donna a bordo.
“Spero
che i vostri piani si realizzino Miss.” Fu il saluto di Barbossa che l’osservò
con uno sguardo intrigato.
Lei si
fermò ad osservarlo, incurvando gli occhi. “Io spero invece che i vostri si
infrangano.”
L’allusione
era chiarissima ma Evelyne si non preoccupò se ora Barbossa sapeva che lei era a
conoscenza dei suoi complotti; ormai non poteva più nuocerle.
L’uomo
sorrise, con l’aria di chi ha l’ennesima conferma perché in realtà aveva già
capito.
Lei lo
oltrepassò e giunse finalmente al bordo della nave, dove l’attendeva Jack che si
proponeva anche di darle una mano per scendere. Lei rifiutò la sua mano tesa e
s’apprestò a scendere. L’uomo prese fiato per parlare ma lei l’interruppe
subito.
“Vai
al diavolo.” Disse, sorridendo in maniera piuttosto tagliente.
L’uomo
si voltò verso la ciurma. “queste ragazze di oggi, sempre così colorite.” Si
voltò verso di lei con un sorriso disinvolto e si avvicinò appena al suo
orecchio.
“Se
posso dirti una cosa..- fece una piccola pausa.- belle
gambe.”
E si
distanziò facendole un piccolo occhiolino.
Era
l’unico accenno che entrambi si erano concessi riguardo alla notte, alla bella
notte, che avevano passato insieme.. Jack s’era nascosto per tutta la Perla
piuttosto che parlarne e lei aveva iniziato a pensare a quell’anagramma
piuttosto di farlo.
Evelyne
apprezzò quindi moltissimo quell’ ammicco e non poté fare a meno di fare un
piccolo sorriso malizioso al suo indirizzo, pensando che con quel cretino non si
poteva restare arrabbiate per più di dieci minuti; poi lo prese per il gilet e
fu il suo turno di avvicinarsi a lui.
“Se
posso io dirti una cosa.- certamente lui si attendeva qualcosa di più malizioso,
ma ciò che doveva dirgli era ben più importante dei loro giochetti.- guardati le
spalle, Jack.”
Quando
si distanziò vide bene lo sguardo deluso e un po’ spaesato del capitano ma non
volle attendere altro, scese dalla nave e con un salto si calò nella scialuppa.
Lo
sguardo vellutato dell’uomo l’accompagnò per tutto il viaggio verso il porto,
assieme ai pensieri che erano inevitabilmente associati. Lui si chiese per un
po’ cosa volessero dire quelle parole, poi non si fece più problema, assorbito
invece da un piccolo senso di malinconia..
Evelyne
infondo si era integrata bene nella sua ciurma, non era poi così male….
a
parte quando giocava a poker…
o
quando suonava il violino…
o
quando sfoderava la sua insopportabile parlantina…
o
quando iniziava a dare schiaffi..
Ripensò
al suo sguardo terribilmente deluso quando lui non aveva mosso un dito per
dimostrare di volerla lì con lui, nella Perla. C’era rimasta malissimo e non
poteva darle torto.
Tuttavia
sperò che capisse.
Non
poteva fare altrimenti.
Barbossa
gli si avvicinò proprio in quegli istanti. “Bella ragazza, nonostante
tutto.”
“Nonostante
tutto.” ripeté Jack, poi attendendo che il primo ufficiale se ne fosse andato.
“bella ragazza, sì.”
-o-
La
piccola imbarcazione procedette lentamente e in silenzio fino quasi al molo, lei
taciturna come gli altri due pirati, impegnati ai remi. “Che cosa intendete fare
adesso, Miss?” domandò il signor Gibbs con uno sguardo, tutto sommato,
apprensivo.
Lei
sorrise quasi teneramente. “Non lo so. Ma se non sbaglio dovrei avere una zia
qui a Nassau.. vediamo se posso trovare rifugio da lei, per qualche
giorno.”
“Sarebbe
magnifico.” Commentò Turner.
Lei
alzò le spalle. “In realtà non lo è affatto. Se alloggiassi da lei mio padre lo
verrebbe a sapere nel giro di una settimana e con lui tutta la marina britannica
assettata di vendetta.”
Gibbs
e Turner si scambiarono uno sguardo interrogativo e lei s’affrettò a cambiare
discorso prima che i due potessero farle altre domande. “Me la caverò comunque,
me la sono sempre cavata.”
Arrivarono
al molo pochi secondi dopo.
Gibbs
le diede un familiare colpo sulla spalla, mentre Bill Turner le regalò un
affettuoso abbraccio. “Chissà, magari un giorno incontrerai mio figlio.-
iniziò.- infondo abbiamo lo stesso cognome, non ti sarà difficile
riconoscerlo”
Lei
sorrise. “Non sarà necessario il cognome. Per sapere se è tuo figlio mi basterà
vedere se è un brav’uomo”
Si
abbracciarono ancora, poi la salutarono e lei finalmente mise piede nel molo
ligneo di Nassau. I suoi occhi erano ancora persi sull’orizzonte e fissare i
suoi.. amici..?.. allontanarsi quando un uomo le batté leggermente la spalla.
“Uno scellino per posteggiane la nave al molo.”
“Non
c’è nessuna nave.” Obbiettò lei.
“Anche
per una sosta breve, vige la stessa norma, signorina. è una convenzione
internazionale.- disse, mettendo le mani sul panciotto bianco.- e mi
occorreil vostro
nome.”
Fece
per obbedire ma poi la consapevolezza che era ricercata e che quindi il suo nome
non era poi così sicuro la spinse ad utilizzare un insegnamento del vecchio
Jack.
“Vogliamo
fare tre scellini.- disse attingendo ai soldi vinti con il poker.- e lasciar
perdere il nome?”
“Benvenuta
a Nassau, signorina X”
Lei
sorrise, sentendosi un po’ pirata in quel momento.
E
ingoiando quell’ennesimo groppone amaro, s’apprestò a ricominciare tutto
daccapo.
-o-
Erano
giunti a Myp quasi un’ora più tardi.
Era
una piccola grotta cristallina, immersa nella natura a cui si faceva accesso
tramite il mare. Sparrow aveva voluto al suo fianco oltre Barbossa anche Gibbs e
aveva messo ai remi della scialuppa i due storici amici della Perla.
Mentre
avanzavano fluttuando nelle silenziose acque in prossimità della grotta Jack
dava tacite occhiate al suo anagramma, quasi sperando che potesse dirgli
qualcosa di nuovo.
“Myp..-
mormorò Gibbs.- chi era di preciso?”
“Una
divinità.- spiegò Barbossa aguzzando l’occhio verso la grotta buia in cui
iniziavano ad immettersi.- una creatura divina, sembra a metà tra una donna ed
un pesce.”
“Una
sirena” precisò il pirata dall’occhio ballerino.
“Di
cui Chefalos era perdutamente innamorato.” continuò il primo ufficiale un po’
seccato. La sua voce si disperdeva nella grotta buia e ricoperta di muschio,
profonda ed oscura come i misteri che racchiudeva. “Chefalos, anch’egli a metà
tra le sembianze umane e quelle di un pesce..”
“Una
sir..”
“è
quello che stavo dicendo!- urlò Barbossa zittendo l’uomo. Si rivolse di nuovo a
Gibbs.- non poteva amarla. Lei era una delle figlie di Poseidone dio del mare e
Chefalos era una divinità insignificante, non poteva ambire alla sua mano. così
si incontravano, segretamente, in questa grotta.”
La
voce del pirata s’interruppe non appena arrivarono in prossimità di uno scoglio,
così grande che vi si sarebbero potuti stendere tre uomini, con al centro una
statua marmorea bellissima. Raffigurava una giovane donna che volgeva lo sguardo
verso l’alto, in un urlo straziante, con le braccia allargate e le membra
disciolte dal terrore.
Era
inequivocabilmente Myp perché dalla cintola in giù il suo corpo finiva con una
pinna.
L’imbarcazione
si fermò in prossimità della donna. “Myp.”
Mormorò Gibbs.“ Perché
l’hanno scolpita in questo modo?”
“Non è
una scultura” fu la voce di Jack questa volta a diffondersi e a fare un po’ di
eco all’interno della grotta. “questa è lei.” tutti si avvicinarono
istintivamente alla statua, increduli.
“Un
giorno Poseidone scoprì i due amanti.- raccontò Sparrow.- era così infuriato che
prese il suo tridente ed uccise Chefalos, senza pietà. Ma non avendo il cuore di
fare altrettanto con la propria figlia, la rese una statua in un luogo
introvabile per chiunque.”
“Introvabile?”
Jack
sorrise. “Ma Chefalos prima di morire compose il suo anagramma in modo tale che
un lettore accorto.- il suo pensiero cadde inevitabilmente su Evelyne.- potesse
scoprirlo comunque.”
Barbossa
sfiorò il braccio marmoreo della divinità, quasi perplesso. “E adesso?” domandò
quindi, non riuscendo a capire come tutto questo poteva avere a che fare con la
bussola che loro cercavano.
“Al
lavoro signori.- annunciò Jack con aria teatrale.- perché non ne ho la più
pallida idea.”
-o-
Barbossa,
i due pirati e Gibbs passarono tre lunghe ore a cercare disperatamente quella
maledetta bussola, a scrutare ogni minimo centimetro della statua o meglio della
divinità alla ricerca di un indizio, qualsiasi cosa, mentre Jack era seduto a
gambe incrociate sulla piccola barchetta, rilassato, in una posizione di yoga
indiana.
Niente.
Possibile
che si fossero sbagliati? Che quella fosse una falsa
pista?
Beh,
per quanto si sforzasse, dubitare dell’intuito di Evelyne gli riusciva
difficile. Eppure..
“Capitano.”
La
voce di Gibbs gli fece aprire un occhio ma non si scompose dalla sua rilassante
posa. “si?”
“Guardate.”
Gibbs
gli porgeva un rotolo di pergamena circondato da un’immensa quantità di cozze.
Jack si riscosse subito facendo uno scatto, scese dall’imbarcazione e circondato
subito dai suoi uomini prese in mano il ritrovamento. “L’ho trovato sotto lo
scoglio signore.”
Uno
dei pirati incurvò la fronte. “Nell’acqua?”
“Era
pur sempre una divinità.” Biascicò quell’altro.
“Che
significa? Nemmeno una divinitàpuò
immergere una pergamena nell’acqua senza che questa si bagni!!- si voltò verso
Jack.- o si?”
Il
capitano sorrise, intrigato, quindi con un piccolo pugnale tolse velocemente
tutte le cozze che proteggevano l’antico scritto e con un sorriso eccitato lo
srotolò, contemplandolo silenziosamente. I suoi occhi e quelli della ciurma
rimasero a bocca aperta ammirando le perfette intagliature delle scrittura, la
rifinitezza dell’inchiostro e, cosa ancora più incredibile, come il tutto
potesse essere magicamente intatto ed asciutto.
C’era
solo un piccolo problema.
“E
questa che diavolo di scrittura, eh?” domandò uno dei pirati osservando quello
strano alfabeto che si sciorinava per tutta la pergamena.
“Greco
antico.” Spiegò Barbossa avvicinando lo scritto allo sguardo.
“Greco
antico?” ripeté Gibbs, sconcertato.
“Erano
divinità greche, pensavate che scrivessero in aramaico?”domandò retoricamente Jack riprendendo
la pergamena in mano. poi con uno sbuffo la diede a Barbossa. “Avanti
traduci.”
Questi
lo guardò come se avesse detto una barzelletta. “Non mi permetterei mai, siete
voi il capitano, tocca a voi tradurre il testo.” E glielo ridiede.
Jack
incurvò la fronte. “ In
quanto capitano, autorizzo te alla traduzione.” e gli diede di nuovo lo scritto.
Barbossa
sorrise, per nulla divertito. “Insisto.”
La
pergamena finì di nuovo tra le mani di Jack. “Anch’io.”
E per
evitare che quel giochetto proseguisse all’infinito, Gibbs si intromise tra i
due prendendo il ritrovamento in mano. i due si voltarono verso di lui . “Ma
qualcuno dei due SA tradurre dal greco antico?”
I due
uomini rimasero in silenzio e l’altro sospirò. “E adesso?”
“Possibile
che nessuno della ciurma sappia farlo?” domandò Jack
speranzoso.
“Io
non so nemmeno scrivere.” Borbottò il pirata più basso con un ghigno divertito
che si spense subito non appena trovò lo sguardo di Barbossa. “ E chi può farlo
allora?”
Il
pirata biondo esultò credendo d’aver avuto una grande idea “Miss Smith.”
Gli
altri alzarono gli occhi al cielo e il compare lo zittì subito. “Miss Smith non
c’è più pezzo di un cretino.”
“Ah,
non mi ricordavo che l’avevamo fatta fuori..”
“Infatti
non l’abbiamo fatta fuori, l’abbiamo scaricata a Nassau.”
Seguì
un piccolo silenzio, carico d’attesa.
“E
adesso?” domandò Barbossa quasicon
aria di sfida.
Jack
sorrise, intrigato. “E adesso andiamo a riprenderla.”
Capitolo 5 *** Combatterò i Fantasmi che Tormentano il Tuo Cuore ***
-o-
Ciao a
tutti, eccoci a questo quinto capitolo.
MellyVegeta:
Grazie mille per i complimenti, spero che questo chap ti
piaccia!^^
Christy:
ciao! Grazie per il tuo sostegno e per i tuoi complimenti.. dimmi che te n’è
parso!
Michy90:ciao!
Grazie per i complimenti, sempre troppo gentile! eh già in effetti adesso
Evelyne avrà un bel daffare con Barbossa… ma via, non ti voglio anticipare
nulla! A presto!
LilySparrow:
grazie davvero per la recensione.. spero che continuerai a
seguirmi!
DJKela: ciao
capitana.. noi ci siamo già chiarite per e-mail.. spero che questo capitolo ti
piaccia, attendo di sapere le tue impressioni!^^
Isobel:
grazie mille Isobel per le tue belle parole e per i tuoi complimenti! A
presto!^^
Jhonny
Jack:
ciao! Grazie!
Ma no, non è un’info riservata ti posso rispondere tranquillamente.. allora
credo che più o meno saranno una decina di capitoli.. spero che continuerai a
seguirmi, grazie ancora!^^
Martozza:
ciao! Eh si magari un po’ idioti lo sono tutti e due!XD poverini sono un po’
confusi Jack non ha mai saputo cos’era l’amore e lei è così sconvolta dal suo
passato che le risulta difficile aprirsi completamente.. grazie mille per i
complimenti!^^
Sarah
James: ciao
Sarah! sono contenta che poi alla fine il chap ti sia piaciuto ugualmente, meno
male! Allora ti spiego: forse sono stata un po’ imprecisa nell’introduzione
volevo, usando quel verbo, fare intendere al lettore che si trattava di un
prequel rispetto al primo film della saga. Per quanto riguarda l’ammutinamento
non posso svelarti molto .. altrimentiti rovinerei il finale!^^ però ti posso assicurare che voglio un bene
dell’anima ad Evelyne e sono un’inguaribile romantica .. non li dividerei mai…^^
Vi
lascio al capitolo!
Buona
Lettura
Diomache.
Ps:
per chiarimenti, dubbi o altro non esitate a scrivermi o a contattarmimi raccomando!
Un
bacio! ;P
Capitolo V
Combatterò
i Fantasmi che Tormentano il Tuo Cuore
“Oh
mio Dio, santi angeli del paradiso!!”
La
voce di zia Jane le fece quasi interrompere il sangue nelle vene e per poco non
cadde stesa a terra, lì sullo zerbino di casa Smith. La padrona di casa, sua
zia, era lì, sulla soglie della sua grande villa, con le braccia allargate e uno
sguardo davvero ilare da cui traspariva tutta la sincera contentezza nel
rivederla.
Che
peccato.
Non
poteva dire altrettanto.
Sfoderò
uno dei suoi sorrisi di circostanza più riusciti ed allargò le braccia per
accogliere l’abbraccio della zia.
“Bella
di zia.. ma che ti è successo, non dovevi essere già spostata con Charles
Norrington?”
Quando
si distaccarono Evelyne non poté fare a meno di mostrare come il suo volto si
fosse oscurato a quelle parole. Charles Norrigton. Ingoiò l’amaro boccone e
riprese il controllo di se stessa. “.. è una lunga storia zia. Non avete
ricevuto la mia lettera?” mentì spudoratamente come già da un po’ aveva iniziato
a fare.
“No,
tesoro alcuna.. oh ma non angustiarti.. dopo mi racconterai tutto..” disse e lei
rabbrividì ancora di più pensando al pesantissimo interrogatorio a cui quel
magistrato di donna l’avrebbe sottoposta. E lei in quel momento aveva voglia di
tutto tranne che di parlare.
Sorrise,
incerta, mentre sua zia la conduceva all’interno dell’abitazione.
Jane
Smith, sorella di suo padre, la fece entrare ed accomodare nella sua grande
villa proprio al centro di Nassau. “Ti faccio subito preparare la tua stanza e
ti faccio portare carta e calamaio.- allo sguardo interrogativo di Evelyne
continuò.- per scrivere a tuo padre che sei arrivata, no? chissà come sarà in
pena!”
Lei
sorrise tra sé. Tzé, suo padre in ansia. In ansia di ucciderla, semmai.
“Una
pena tremenda..” borbottò lei a denti stretti.
“Ma
dimmi che ti è successo?- sua zia tornò alla carica poco dopo.- Non hai una
bella acconciatura, il vestito , sì, per carità, non è male ma.. hai.. hai
viaggiato sola?!” il massimo dello stupore e dello sdegno, sul volto di zia
Jane.
“Oh..
oh no.. certo
che no…- una bugia tira l’altra, peggio delle ciliegie.- avevo.. una.. una
guardia ecco.. ma l’ho congedata..”
La
donna, una robusta matrona sulla cinquantina, con una folta chioma scura già
rigata d’argento, eruppe in un sospiro di sollievo. “meno male, ho temuto il
peggio. Una vergine di buona famiglia come te non dovrebbe mai farlo, Evelyne,
mai!”
Vergine?
Ah,
che battuta.
Non
era più vergine da qualche mese. Ma non si era mai posta il problema, perché
quello che era il suo amante segreto, doveva essere anche il suo sposo, quindi..
adesso invece..
Intanto
che lei pensava sua zia continuava a parlarle, con un buon accento inglese
nonostante vivesse lì ai Caraibi da un bel po’ di tempo con suo marito, anima
santa, venuto a mancare da una decina di anni e suo figlio Julien, felicemente
sposato da qualche mese.
Quando
riprese ad ascoltarla, la donna stava quasi concludendo e fece in tempo a
sentire la sua domanda. “…. Hai bisogno di qualcosa tesoro?- negò.- bene, il
pranzo..”
“No,
zia, non ho molta fame. Ho fatto un lungo viaggio..” il sorriso le mancò a
questo punto.
Viaggio,
Perla Nera, Jack.
Jack.
“D’accordo,
anima bella.- la voce gracchiante di sua zia la riscosse di nuovo.-Riposati e cambiati se vuoi. Ti aspetto
per cena.”
-o-
Il pomeriggio le passò via velocemente, anche troppo
velocemente. Si era ripromessa di pensare ad una storiella decente da raccontare
a sua zia al posto della verità, ma non ne ebbe praticamente il tempo. Si fece
un lungo bagno rilassante e tra le acque calde del bagno di sua zia, non riuscì
a pensare nulla se non che aveva proprio bisogno di una dormita decente.
E difatti si era subito dopo coricata a letto, aveva
affondato il viso tra i cuscini come faceva sempre quand’era bambina ed era
piombata in un sonno pesantissimo.
Nonostante
tutto fece una buona dormita, di quelle che amava lei, senza sogni.
Non
sognava da moltissimo tempo, ultimamente il buon Dio le concedeva solo incubi:
forse se li meritava così si sentiva parecchio sollevata quando riusciva a
dormire senza vedere fantasmi.
Aveva
risposato quasi per tutto il pomeriggio, poi, una volta alzata, era iniziata la
parte più odiosa della giornata: la vestitura, l’acconciatura ai capelli,
perfino il trucco.
Non
ricordava quanto fosse insopportabile tutto ciò, e si chiese come aveva fatto a
sopportarlo prima per tutti i suoi 20 anni.. la verità era che i tre giorni alla
Perla Nera le avevano fatta rinascere, le avevano fatto respirare un po’ d’aria
nuova, le avevano fatto capire che c’era dell’altro, oltre tutto quel velo
d’ipocrisia dell’alta società.
C’era
dell’altro, sì.
C’era
l’essenza di una persona. In mare non importa chi è più nobile o chi più ricco,
in mare conta sol ciò che sai fare, ciò che puoi dimostrare. Niente di più.
E
adesso il suo mondo di merletti e riccioli non le interessava più. La schifava,
la innervosiva.
Che
buffo, odiava il suo mondo, quindi odiava anche se stessa.
E
odiava Jack Sparrow per averle fatto tutto ciò. Per averle fatto assaporare il
frutto della libertà e poi per averglielo tolto, lasciandola così insoddisfatta
della sua vita che avrebbe voluto gridare.
“Buonasera
signorina.” disse un cameriere proferendo un piccolo inchino.
E lei
ripensò a Gibbs, alle sue pacche alle spalle, quando la vedeva per i pasti, alla
sua naturalezza. Ripensò alle bisbocciate, alle risate.
No,
quello non poteva più essere il suo posto. Era un mondo che lei non voleva più.
Un
mondo che, guardiamoci in faccia, non voleva più nemmeno lei. Chi l’avrebbe
voluta adesso?
Non
era vergine, nessuno l’avrebbe sposata. Senza contare che non poteva presentarsi
come Miss Smith per molto ancora, aveva la marina britannica alle costole.
Decise
quindiche avrebbe improvvisato una
balla qualunque alla zia poi se ne sarebbe andata da qualche parte, a vivere da
sola, fuori dalla società, arrangiandosi come poteva.
“Ohbenvenuta cara, fatto buon
riposo?”
“Si,
grazie.”
Sua
zia parlava, di continuo, e lei si stupiva di come riuscisse a respirare tra una
parola e l’altra. Si immaginò il volto di Jack se l’avesse sentita parlare in
continuazione a quel modo e le venne da ridere, senza motivo, solo per nostalgia
forse.
Che
rabbia. Ma come faceva quell’uomo a mancarle a quel modo? In fondo, dai, lo
conosceva appena! Oddio.. forse proprio appena no..
“E tu
tesoro?” il punto che non avrebbe mai voluto toccare arrivò ancora prima del
previsto.
Finse
di essere caduta dalle nuvole e in un gesto prettamente nobile si pulì i lati
della bocca con il tovagliolo. “Io cosa, zia?”
“Parlami
di te, adesso. E di Charles Norrigton.”
Charles.
Buffo,
due secondi prima pensava a Jack. Deglutì. “Io..”
“Perché
sei qui e non nella tua bella casa a Port Royal, bambina? Problemi con il tuo
sposo?”
Evelyne
sentì il fiato iniziarle a mancare.. forse era il corpetto.. o forse era
semplicemente quella storia.. aveva creduto di essere pronta ad affrontarla, ma
la realtà era che non riusciva neppure a mentirci su.
“Io..”
“Evelyne..-
mormorò la zia.- Evelyne stai bene..?”
Lei
negò ed iniziò a sventolarsi cercando ossigeno e forse accentuando un po’ il
tutto, individuando in quel malore una possibile via di fuga.
“Oddio,
non preoccuparti, adesso ci penso io..- Jane si rizzò subito in piedi.- Oliver,
Oliver! Presto! Accompagnala in camera da letto, Evelyne non sta bene! E chiama
un dottore!!”
Si
fece scortare da Oliver- il maggiordomo.- sin sul letto, poi chiese di essere
lasciata sola.
Non
accese neppure la lampada ad olio lì sul comodino, preferì rimanere nell’ombra e
nella luce della luna che filtrava dalla finestra. C’era anche il vento adesso
perché le ante della porta finestra che davano sul balcone eranostate lasciate a aperte.
Si
sentiva meglio. Inaspettatamente però si fece prendere dalla rabbia e con uno
scatto un po’ violento si aprì il vestito, si tolse il corsetto e rimase in
sottoveste, sola e con una gran voglia di piangere. Con i pugni stretti si
avvicinò alla finestra lasciandosi accarezzare dai raggi di luce lunare.
E lì
accadde l’incredibile. Si sentì improvvisamente afferrare da dietro, una mano le
passò intorno alla bocca, l’altra attorno alla vita in una stretta piacevolmente
familiare. Lei sobbalzò di paura e avrebbe istintivamente gridato se non ci
fosse stata quella mano ad impedirle di farlo.
Si
agitò ma una voce calda che riconobbe benissimo la fece desistere da tutti i
suoi moti di ribellione.
“Shh..
calma dolcezza..” la voce di Jack Sparrow.- maledetto lui e tutti i suoi
antenati!- la raggiunse proprio accanto all’orecchio facendola vibrare
d’emozione. Lei si calmò immediatamente e lui tolse delicatamente la mano
attorno alla sua bocca, lasciando però l’altra attorno al ventre.
Evelyne
si girò di scatto verso di lui trovandosi, involontariamente o meno, tra le
braccia del capitano che ancora le cingeva la vita e con l’altra si appoggiava
alle sua spalla.
“Jack..”
mormorò quasi commossa. Nonostante la penombra della camera ne vedeva benissimo
i lineamenti scolpiti, lo sguardi affascinante e quel sorriso sempre un po’
accennato, sulle sue labbra.
Lui
ammiccò al vestito. “Se volevi una mano, bastava
chiedere.”
Lei
sembrò rendersi conto di essere in sottoveste solo in quel momento e fece per
volersi coprire ma lui la fermò di nuovo, quasi prendendola in giro. “ Calma,
calma.. infondo ti ho visto più spogliata di così.”
Lei
questa volta ricambiò il suo sorriso malizioso incurvando un po’ gli occhi ed
inclinando il volto di lato. “ Che diavolo ci fai qui?” domandò, non
preoccupandosi affatto se dalla sua voce traspariva o meno tutta quella
contentezza che sentiva dentro.
Jack
sospirò, istintivamente.
Ah
eccolo là. Eccolo quel magone, all’altezza dello stomaco, quel vuoto quando
incontrava i suoi occhi blu. Si sentiva euforico esattamente come si era sentito
per tutto il tragitto inverso verso Nassau, come durante la ricerca della casa e
l’individuazione della finestra giusta, dei tempi giusti.. certo avrebbe
preferito riuscire ad intercettarla mentre lei era nella vasca da bagno ma non
si può volere tutto dalla vita, no?
Sentiva
il cuore fremere all’idea di rivederla.
“Allora?”
l’incitò lei.
Lui
alzò lo sguardo verso il soffitto. “Diciamo che la Perla non può fare a meno di
un abile pulitrice di ponti come te.”
Lei
smise di sorridere, cercando nei suoi occhi neri un’irraggiungibile verità in
quello che aveva detto. Incurvò la sua bella fronte chiara ed increspò le
labbra. “Niente giochi, Jack.”
Lui
sospirò prendendole leggermente le braccia con le mani e quel semplice gesto
bastò a farla letteralmente rabbrividire sotto il suo tocco. Possibile che
quell’uomo le facesse un tale effetto? Dopo Charles aveva creduto di non
riuscire più a provare niente per nessuno..
“Vedi
tesoro.- lui, pericolosamente vicino a lei.- la tua presenza era….
importante.”
Lei
incurvò le sopracciglia. “Che cosa ti serve, avanti.”
A
questo punto avrebbe dovuto chiederle se sapeva tradurre dal greco. Ma non
riusciva a farlo.. forse aveva troppa paura di quello che lei gli avrebbe
risposto.
Non
poteva rischiare che lei gli dicesse di no. Né poteva dirle che voleva alla
Perla non solo per la missione ma.. anche per se….
Cercò
quindi di replicare ma le improvvise voci di una donna e di un uomo-
probabilmente il medico- gli bloccarono le parole in gola. “Qui non c’è molto
tempo per spiegare.” Biascicò in fretta, diventato di nuovo un freddo
calcolatore.
Lei si
girò di scatto verso la porta. “Che facciamo?”
Jack
scattò verso la finestra aperta, immettendosi sul balcone.
Si
voltò verso di lei. “Andiamo?” disse porgendole la mano e sperando intimamente
che lei non rifiutasse. Osservò i suoi occhi, i suoi bellissimi occhi di
ghiaccio dubitare, esitare e temette quasi che lei non accettasse, che rimanesse
lì, da sua zia, nel suo mondo, lontano da lui.
“Allora?”
l’incitò di nuovo, con più enfasi.
Lei
sospirò osservando a turno la porta da dove sarebbe presto entrata sua zia con
il medico e poi la mano di Jack.
Rimanere
lì, nel suo mondo o buttarsi di nuovo a capofitto in quello di
Jack?
In
quel mondo in cui non avrebbe dovuto giustificare il suo passato, nel mondo che
tanto aveva adorato, con quell’uomo che tanto la intrigava..senza pensare si diresse verso di lui ma
prima di prendere la sua mano, la ritrasse facendo scomparire il sorriso dal
volto del pirata.
“Ad
una condizione.” Disse, risoluta.
Lui
aggrottò la fronte. “E sarebbe?”
“è
chiaro che ti servo a qualcosa.- iniziò.- oh, andiamo non sono una sciocca.
Voglio la tua parola che non mi scaricherai da nessuna parte, almeno non finché
questa tua missione sarà conclusa.”
Questa
volta toccò lui ad esitare e lei ad incitarlo. “Andata?”
Non
c’era più tempo, sentirono la voce gracchiante di Jane vicinissima e la donna
mettere mano alla maniglia.
“Andata”
farfugliò prendendole di scatto la mano e trascinandola via sul terrazzo.
Evelyne
trattenne una risata di gioia, mentre finalmente scappava via.
-o-
“Ben tornata a bordo, Miss.”
La
voce di Barbossa sapeva di tutto tranne che di contentezza. E ad un certo modo
poteva capirlo. Lei sapeva i suoi inganni e avrebbe potuto mandare a monte tutti
i loro piani.
“Miss
Smith.” disse il signor Gibbs con un certo che di riverenza e un sorriso di
piacere stampato sulla faccia. Lei, in sottoveste e con i capelli ancora
acconciati, sorrise a tutti osservando con dolce nostalgia la Perla che già
iniziava a mancarle, costretta in quella gabbia dorata a forma di casa.
“Capitano-
Mastro Twigg prese parola, distogliendo l’attenzione di tutti dal ritorno a
bordo di Evelyne.- qual è la rotta?”
Jack
senza esitazione alcuna estrasse la sua comunissima bussola che puntava, come
sempre, il nord. “A.. sud-ovest!” disse quindicon autorevolezza e non rispose affatto
alle domande degli altri che si scambiavano sguardi interrogativi e poco
convinti, né fece più di tanto caso allo sguardo che Barbossa e molti altri
marinai si scambiarono. Uno sguardo strano e quasi complice che invece non
sfuggì affatto alla nostra Evelyne.
“Tu
vieni con me.”
Jack
la prese per il polso e la condusse con sé all’interno della nave, quindi nella
propria cabina dove si assicurò di aver chiuso bene la porta prima di iniziare a
parlare. Si schiarì la voce ed iniziò, un po’ incerto. “Non so.. se hai notato…-
cambiava punto d’osservazione ogni due secondi e sembrava piuttosto nervoso.- il
clima.. di… insomma che si è instaurato tra la ciurma”
“Contrarietà?”suggerì
lei.
Lui
abbassò le sopracciglia. “Non così pomposamente
espresso..”
“D’accordo.-
lo interruppe lei.- e a proposito di questo, Jack, c’è una cosa
che..”
“Con
calma, tesoro.- l’invitò a sedersi attorno al tavolo di legno, dove si sedette
anche lui con aria piuttosto grave. – devo chiederti un.. favore… diciamo. Certo
un capitano non è abituato ad azioni di questo genere perché è lui il capo e
tocca a lui comandare, non chiedere ma in questo frangente, mia cara, tu hai
qualcosa che può essere utile al detto capitano che quindi è obbligato a
chiedertelo come favore, anche in luce degli ultimi avvenimenti che ci hanno
visti..”
“Jack.”
Lei sorrise, intrigata. “è ciò per cui mi hai rivoluto con
te?”
Lui
negò con il capo e con entrambi gli indici alzati cercò di puntualizzare la
frase. “è ciò che ha contribuito a rivolerti con me. Ma non è l’unico motivo.”
Disse sorridendole.
Lei
incurvò la fronte. “Ah si? E quale sarebbe l’altro motivo, invece?” si avvicinò
appositamente a lui, con la precisa intenzione di provocarlo. Jack fissò a lungo
le sue labbra, poi i suoi occhi azzurri e quindi deglutì, avvicinandosi anche
lui. “è una cosa un po’ complicata, tesoro.. ci vuole tempo per
spiegar..”
“Noi
abbiamo tutto il tempo che vogliamo, giusto?” Evelyne si avvicinò di più, fino
quasi ad arrivare a sfiorare le labbra di lui e a sentire di nuovo il suo
profumo di mare.
Jack
le accarezzò il viso con il dorso della mano. “Allora.. diciamo che la tua
presenza.. accanto a me.. non mi dispiace..”
“Se
non ti dispiace vuol dire che ti piace..” le sue labbra toccarono quelle
dell’uomo il quale sorridendo si apprestò a baciarla.
Ma nel
momento che precedette quel bacio Evelyne si distanziò appositamente, con
un’espressione furente dipinta in viso e gli occhi più ghiacciati del previsto.
Jack aggrottò la fronte e cambiò espressione lui pure.
“Se ti
piaccio.- riprese lei, furente.- perché diavolo hai permesso che Barbossa mi
scaricasse come una cassa di rum?!”
“Paragone
infelice, tesoro.- temporeggiò lui.- le casse di rum non si scaricano mai.. a
meno che non siano vuote.”
“E
allora.- Evelyne s’infuriò anche di più- riformulo: perché hai permesso che mi
scaricassero come una cassa di bottiglie vuote di rum, se dici che ti
piaccio?”
Jack
deglutì.
Mannaggia.
“Ehm,
dolcezza io..”
“Non
credere di cavartela con una scusa, Jack. Se non mi spieghi il tuo comportamento
non farò nulla di ciò di cui hai bisogno, siamo intesi?”
Mannaggia
un’altra volta.
Odiava
una donna con così tanta grinta.
Odiava
una donna con le idee così chiare.
E
odiava adorarla così tanto.
“Ti
stavo giusto parlando della ciurma che sta diventando sempre più inquieta –
iniziò e lei incrociò le braccia, pronta ad ascoltarlo.- non potevo fare
altrimenti, Evelyne, comprendi? Se avessi contraddetto Barbossa, avrei rischiato
quasi l’ammutinamento. Non potevo farlo, la Perla ha bisogno di un capitano.-
sorrise.- la Perla ha bisogno di me.”
Lei
sembrò placarsi e la sua ira si calmò dolcemente, fino a diventare
un’arrabbiatura lontana. “Sì, scusami.- mormorò.- io..”
“è
acqua passata milady.- riprese avvicinandosi alla ragazza e passandole una mano
intorno al collo.- se non sbaglio io e te avevamo qualcosa di tragicamente
interrotto, nevvero?”
No,
Jack, non credere di cavartela così. Sì, tu hai le tue ragioni e sicuramente non
potevi fare altrimenti. Ho smesso di essere arrabbiata, non offesa.
Lei
inarcò un sopracciglio e tossicchiò lievemente. “Sì Capitan Sparrow. Mi dovevate
dire per quale compito mi avete voluta qui con voi.- Jack perse il sorriso.- gli
altri discorsi.- fu questa lei a sorridergli maliziosamente.- lasciamoli a
dopo.”
Jack
si ricompose e sebbene a malincuore estrasse dal gilet (ma quante robe teneva lì
dentro?) una pergamena che srotolò davanti ai suoi occhi curiosi. Era un foglio
scritto in maniera fitta e quasi illeggibile perché le lettere si sovrapponevano
un po’ dato che era davvero antico. E poi era Greco.
Gli
occhi scintillanti di lei si posarono di nuovo su di lui. “è..
originale?”
“Certo
tesoro.- lui sorrise, sapendo di conquistare così tutto il suo interesse.- è
l’unica pergamena rimasta, scritta personalmente da Myp, figlia di Nettuno e
amante di Chefalos.”
Lei,
incredula ed emozionata, prese il foglio tra le mani come se si trattasse di una
reliquia sacra. “Mio Dio.- mormorò.- e.. a che cosa dovrebbe
condurti…?”
Jack
allargò le braccia. “è qui che entri in gioco tu,
dolcezza.”
“Lasceresti che io lo
legga?”
“Non
solo leggerlo.- disse lui, fingendosi un magnanimo uomo generoso.- ma anche
tradurlo.”
“Per
te.” Continuò lei.
L’uomo
alzò le spalle. “Anche per me.”
Nonostante
la situazione la ragazza sorrise, emozionata, e si lasciò sfuggire un sospiro
appassionato. “è molto che non traduco dal greco.- confessò.- spero di farcela.
Quanto tempo mi dai?”
“Direi
che un’ora è più che sufficiente.”
Lei
strabuzzò gli occhi. “Cosaaa?”
“Un’ora
e mezza. – lei lo guardò, torva.- un’ora e tre quarti
massimo.”
“Due.”
“Una e
cinquanta minuti.”
“Un’ora
e cinquantacinque e siamo d’accordo.- concluse lei, con sguardo deciso.- non un
minuto di meno, Jack.”
“Sta
bene, tesoro.- accordò lui, lisciandosi i baffi ed alzandosi.- ti lascio alle
tue occupazioni.” Schiavò la porta ma prima di lasciarla appoggiò sopra al
tavolo la sua bottiglia di rum.
“Che
vuoi che me ne faccia di questo schifo?” domandò lei, quasi
schifata.
Jack
la guardò come si guarda un marziano che abbia appena bestemmiato. “Evelyne… è
rum!”
“Oh
scusa.” disse lei, roteando gli occhi. Un improvviso sbalzo della nave fece
cadere la bottiglia dal tavolo e la fece infrangere in mille pezzi. Lei rise.
“Era rum.”
Jack
guardò il liquido scuro sparso sul pavimento. “Perché il rum deve sempre
finire?”
Lei
sospirò, impaziente. “ Che ci vuoi fare, è la parabola della vita. Niente dura
in eterno.- si voltò verso di lui.- e nemmeno la mia pazienza. Se vuoi che
rispetti i nostri accordi..”
“Vado
vado.” Disse lui facendole un piccolo segno di saluto con la mano. “Capitan
Sparrow si congeda.”
Rimasta
sola Evelyne diede un’occhiata distratta alla pergamena, poi la sua attenzione
fu catturata da alcuni passi che si avvicinavano sempre di più alla sua cabina.
Con uno scatto si alzò e si chiuse dentro,girando bene la chiave, mentre sentiva
il cuore batterle forte nel petto.
Ed
infatti un secondo dopo sentì qualcuno bussare. “Miss
Evelyne..”
Un
brivido le corse lungo la schiena, sentendo che si trattava di Barbossa e
ringraziò Dio per la sua prontezza nel chiudersi dentro. “Miss Evelyne, mi
lasciate entrare?”
Lei
nervosa, iniziò a giocherellare con i capelli e fu certa che la sua voce
vibrasse, instabile, mentre rispondeva. “Mi dispiace, Barbossa, non posso. Sto
lavorando e..”
“Quello
che ho da dirvi non vi ruberà che pochi istanti.”
Lei
deglutì. “Non posso, mi dispiace.- sospirò- avremo altre occasioni di
parlarne..”
“Di
questo potete starne certa, Miss.- scorse delle precise minacce nella sua voce.-
potete starne certa.”
-o-
Un’ora
e cinquantacinque minuti dopo Evelyne concluse finalmente la sua traduzione dal
greco. Rilesse quello che aveva scritto su un foglio, i suoi appunti, le sue
impressioni e fece un gran sospiro. Non sapeva se quello che aveva scritto aveva
un senso, era difficile dirlo.. tuttavia anche Myp per lei non aveva senso
invece quelle tre lettere avevano aperto a Jack un vero e proprio mondo.
Uscì
piano dalla cabina guardando bene che il corridoio fosse libero.
Nessuno
in vista.
Sorridendo,
quatta quatta ripercorse il corridoio, s’immise sulla scala e finalmente quando
stava per uscire al sole..
“Miss
Evelyne, finalmente.”
Barbossa,
proprio dietro di lei.
Maledizione.
Si
girò di scatto. “Oh, ehm io..”
“Evelyne.”
La voce di Jack la salvò in extremis. Si voltò verso il capitano della nave con
un sorriso davvero rilassato.
Sparrow
guardò Barbossa poi Evelyne. “Credevo di conoscerti, hai una tresca anche con
lui?”
“Eh?”
“Su,
andiamo” la prese per il braccio e la portò via, lungo il ponte. Lei lo seguì
con gioia rimandando di nuovo il momento in cui avrebbe dovuto affrontare
Barbossa e il segreto di cui era venuta a conoscenza.
Finalmente
sul ponte lui le passò un braccio attorno la spalla.
“Dimmi,
che cosa voleva quel brutto ceffo di Barbossa?”
“Jack.-sospirò-Te ne volevo parlare già da prima ma poi
tu..”
“Va
beh adesso non ce ne importa.- tagliò corto focalizzando l’attenzione sulla sua
pergamena.- che cosa ci dice quell’adorato pezzetto di carta macchiato
d’inchiostro?”
Lei
sbuffò, contrariata. “Sì ma..”
“Sto
aspettando.”
“Tu
devi sapere che..”
“Sto
aspettando con molta.- sottolineò la parola.- impazienza.”
Lei
roteò gli occhi ed aprì la sua pergamena con migliaia di scritti ed appunti.
“Allora.- cominciò mentre il vento e il sole le sconvolgevano i capelli, di
nuovo sciolti e ribelli.- questa è la probabile rotta che consiglia lo
scritto.”
“Probabile.-
ripeté lui.- perché non mi piace questa parola..”
“è
allegorico.- continuò lei concentrata.- ma se non sbaglio le parole dicono
proprio rotta a sud ovest.- lo fissò intensamente.- e non è tutto.. il testo in
greco contieneuna serie di
indovinelli. E alla fine, mettendo insieme le iniziali di ogni soluzione, si
ottiene un nome.”
Jack
Sparrow la fissò, stringendo gli occhi. “Un.. nome?”
Lei
annuì. “Tia Dalma.” I suoi occhi azzurri non scorsero nessun lampo di stupore in
quelli neri di Jack, né vide il suo viso contrarsi dall’emozione o qualsiasi
altro sentimento possibile.
Fu
allora che capì. Incredula fece un passo indietro e l’osservò, stralunata. “Tu…
sapevi?”
“Non
sapevo, tesoro.- precisò lui sorridendo.- ma supponevo. Ora SO con
certezza.”
Lei
sospirò,negando con il capo, rifiutando di capire quell’uomo dalla logica
completamente assurda. “E.. chi è questa Tia Dalma?” mormorò poco
dopo.
Lui
fissò l’orizzonte. “È…- una maga, una dea? Meglio restare sul vago.-….una donna. Che ci darà la bussola. In
cambio di qualcos’altro, ovviamente. Lei esige sempre un
pagamento.”
Evelyne
si mise una ciocca di capelli dietro le orecchie. “Sembri.. conoscerla molto
bene.- farfugliò.- in che rapporti siete?”
“Buonissimi
rapporti. Gemellini. Siamo inseparabili.- improvvisamente si fece meno sicuro di
sé.- siamo stati. Eravamo. Fummo.” Concluse, con aria grave. “arriveremo da lei
domani mattina.”
Sentirono
in quell’istante la ciurma innalzare il canto dei pirati ed iniziare a prendere
le bottiglie. “Yo-ho.. Yo-ho.. la spada il corvo il
mare..”
“Tesoro,
il dovere mi chiama!” esclamò Jack allontanandosi e buttandosi nella mischia.
Lei
fissò il secchio che Cotton le aveva fatte avere, la sua inseparabile spugna e
il ponte che attendeva di essere pulito. Lanciò un ultimo sguardo ai pirati che
urlavano come pazzi.
“Maledetti
ubriaconi.”Negò con il capo,
iniziando ad adempiere il suo solito dovere. Ripensò un attimo alla bellissima
casa di sua zia Jane e a quello che avrebbe detto o fatto sapendola lì, su quel
ponte, a fare la serva.
Rise,
pensando che infondo, pulire il ponte non era così male.
-o-
Jack cercava di dormire da più di un’oretta ma senza troppi
risultati. In certi casi la sbornia non bastava affatto per prendere sonno, anzi
quel peso alla testa non gli facilitava per nulla le cose. La realtà era che
aveva troppi pensieri. Primo fra tutti il prossimo incontro con Tia Dalma ..
rabbrividiva al pensiero di rivederla, per non parlare del fatto che esigeva
sempre pagamenti esorbitanti..
Poi la ciurma.. il tesoro..
Ed Evelyne.
Si ostinava a mettere la ragazza all’ultimo posto della
classifica delle sue preoccupazioni ma la realtà era che quell’insopportabile
bellissima donna era sempre prepotentemente al centro dei suoi pensieri. Così
tanto che ormai iniziava a preoccuparsi.. insomma non era da Jack Sparrow
pensare così tanto alla stessa donna per più di due giorni consecutivi...
A proposito di Evelyne.. ma che diavolo stava facendo??
Tra le cose che non lo facevano dormire c’era anche lei,
lei e tutto quel trambusto che si sentiva dalla sua cabina. Si alzò con il busto
dal letto e tese l’orecchio cercando di capire cosa combinasse l’inglesina.
Erano rumori strani, come se.. stesse soffrendo. Come se
qualcuno le stesse facendo dal male.
Ripensò agli strani sguardi di Barbossa e, allarmato, si
rizzò subito in piedi, aprendo la porta della sua stanza e fiondandosi lungo il
corridoio. I lamenti della giovane si facevano sempre più distinti e lui, con il
cuore in gola, aprì di scatto la porta della piccola stanza dove dormiva la
donna.
Vedere che la ragazza era sola nella sua stanza, lo
acquietò un po’.
Ma vederla in quello stato lo sconvolse davvero.
Evelyne dormiva ma non tranquillamente, s’agitava, si
rigirava continuamente nel suo piccolo letto. E gemeva, piangeva, gridava come
se qualcuno la costringesse a qualcosa, o la picchiasse, si dimenava come se
lottasse contro qualcuno, magari contro se stessa.
Aveva la fronte imperlata di sudore, tremava come se fosse
vittima di spasmi orrendi e diceva di tanto in tanto piccole parole, nomi
confusi. Con il capo negava di continuo e dalle sue labbra uscivano chiaramente
molti “NO”mentre tra le dita
stringeva forte la coperta.
Non riuscì più a vederla a quel modo e la riscosse,
prendendola leggermente per le spalle. “Evelyne… Evelyne..” la chiamò con
insistenza e alla fine la giovane riaprì i suoi occhi belli, grandi e velati
d’orrore.
Sembrò spaventata, confusa, disorientata.
“Tranquilla, dai..” disse sedendosi accanto a lei e
circondandole le spalle con le mani.
Lei lo fissò, incredula. “Charles… Charles no..” continuò a
protestare mentre dai suoi occhi scendevano lacrime amare. Lui le prese il volto
tra le mani, obbligandolo a guardarla ed accarezzandole un po’ la testa,
cercando allo stesso tempo di tranquillizzarla. “Evelyne. Siamo nella Perla. Mi
riconosci?”
Il respiro di lei tornò lentamente normale e senza smettere
di fissarlo deglutì a fatica più volte, tremando ancora leggermente. “Jack..”
sibilò e lui le sorrise annuendo.
“Cominciamo ad esserci. Va meglio?”
La giovane fece girare i suoi occhi ancora pieni d’orrore
lungo la stanza inondata dalla tacita luce lunare ed annuì, passandosi poi una
mano tra i capelli, intimamente distrutta. “Sì.- si schiarì la voce.- scusami.
Ti ho svegliato?”
“Solo un pochino.- sorrise.- chi ti tormentava così?”
Evelyne abbassò lo sguardo. Illuminata solo da quella fioca
luna sembrava un angelo con le ali spezzate, l’eroina di un mondo perduto, un
punto di domanda senza frase. Fissò il suo sguardo su un punto della stanza,
sfinita. “Il mio passato.- disse.- non se ne va mai.” Guardò di nuovo Jack. “Mi
permette solo di assaggiare la felicità perché è sempre lì… è sempre
nell’angolo, nel mio cuore,in
agguato a ricordarmi che io non posso essere felice.”
Lui aggrottò la fronte. “Perché non puoi essere
felice?”
“Perché non me lo merito.- aveva la voce rotta, di nuovo.-
ma tu non andartene, Jack.” Continuò, prendendogli febbrilmente la mano. “Ti
prego non lasciarmi. La notte è orrenda, rivedo il suo volto, i suoi occhi fissi
nel buio.. mi stringeva la mano e moriva, lentamente.”
“Charles?” domandò lui stringendo gli occhi.
Lei annuì e non disse altro. “Ti prego non andare.”
“No che non me ne vado.” Sussurrò. Vide il suo volto
stravolto distendersi in un sorriso mentre con i pollici asciugava le sue guance
bagnate dalle lacrime. “Hai bisogno diqualcosa?” lei negò quindi Jack si distese vicino alla ragazza e
l’accolse tra le sue braccia lasciando che appoggiasse la testa sul suo petto e
che si stringesse a lui.
Le accarezzò i capelli, dolcemente, cullandola un po’ e
sperando che potesse riaddormentarsi di nuovo. Evelyne non lasciò mai la sua
mano anzi si strinse ancora di più a lui, l’unica persona che in tutto questo
tempo aveva accettato di starle vicino senza chiedere nulla in cambio, senza
voler per forza sapere.
C’era e basta e lei tra le braccia di un pirata si sentiva
davvero protetta, sicura. Tranquilla.
Chiuse gli occhi e piano piano il suo respiro divenne di
nuovo stabile, leggero, quindi la ragazza si addormentò, stanca e sfibrata. Jack
fece un sospiro di sollievo quando si rese conto che lei finalmente riposava.
L’aveva vista davvero terrorizzata poco prima.
Istintivamente la strinse di più a sé circondando con le
sue braccia quel corpo che forse aveva sofferto troppo per i suoi soli
vent’anni. Evelyne nascondeva un passato oscuro e doloroso, un rimorso che la
tormentava ancora e che l’aveva fatta finire in prigione.
Qualsiasi cosa fosse, avrebbe impedito a chiunque di farle
del male o di farla soffrire così.
“Combatterò, Evelyne.- sussurrò.- anche se dovessi
affrontare uno ad uno quei fantasmi che ti tormentano tanto.”
Lentamente si rilassò anche lui, iniziando a pensare che,
nonostante tutto, si trovava davvero bene lì con lei. Era la prima volta che
dormiva con una donna senza volere da lei dell’altro.
Pensò di non poterlo fare con nessun’altra, se non con lei.
Pensò che teneva a quella ragazza misteriosa ma
intelligente e con un gran cuore, più di quanto avrebbe mai immaginato.
Capitolo 6 *** Lampi di Gelosia e Tentati Omicidi ***
Capitolo VI
Ciao a
tutti! Eccoci qua con il mio sesto capitolo.. chiedo venia se ho fatto aspettare
un po’ per questo nuovo aggiornamento ma ho avuto un po’ di problemi e il tempo
per scrivere non è stato molto…
Ragazzi
prima di aggiungere altro vorrei dire che sono rimasta davvero senza parole
leggendo le vostre recensioni. Non speravo tanto coinvolgimento né credevo di
conquistarmi tutte le vostre belle parole quindi credo che il minimo che io
possa fare è dirvi un vero GRAZIE, di cuore. Spero di meritarmi i vostri
complimenti anche per questo capitolo e per quelli avvenire, io ci sto mettendo
molto impegno e questo lo devo a voi perché il vostro interessamento mi spinge a
migliorarmi!
Spero
che il capitolo vi piaccia…. aspetto i vostri commenti!
Nel
frattempo ringrazio di cuore:
Miky90:
ciao Miky!Sì in
questo capitolo tratteremo proprio di questa benedetta-maledetta bussola che
trascinerà i nostri eroi in un mare di guai… sì io studio greco ormai da quattro
lunghi annie anche se a volte è
molto difficile ne vado davvero pazza… si vede così tanto?!^^ ti ringrazio per I
complimenti, alla prossima!^^
Christy:
ciao! Grazie mille, spero che la storia continui a
piacerti!
LilySparrow:
Grazie Lily per il sostegno spero che questo capitolo ti piaccia.. tu fammi
sapere!
DJKela: ciao
carissima! Ma figurati se le tue impressioni mi disturbano, anzi, non sai quanto
mi fanno piacere! Si io cerco di inserire le espressioni del film dove mi riesce
o dove credo ci stiano bene, e quando certe mi rimangono solo sulla punta della
lingua non sai che nervoso! Indubbiamente Charles èimparentato con James Norrigton.. anche
se lo scopriremo nel prox questo è concentrato su Tia Dalma-Evelyne-Jack-
bussola e di questo devo proprio ringraziarti, mia musa ispiratrice! Vedrai in
questo capitolo il tuo “Barbino”- non ingelosirti ti giuro che non ce lo
chiamerò più- quante ne combinerà… fammi sapere che te n’è
parso!^^
Sarah
James:
ciao Sarah! Sì per
l’inserimento di Tia Dalma mi sono rifatta proprio al film quando dicevano che è
stata lei a dargliela, in baratto.. il problema ora sarà vedere cosa vuole in
cambio! Ti ringrazio per i complimenti, spero che anche questo chap ti piaccia,
fammi sapere!^^
Martozza:
ciao! Grazie mille per i complimenti, me commossa! Naturalmente spero che la
storia continui a piacerti, un bacio!
MellyVegeta:
ciao!!! Oddio, grazie per i tuoi complimenti… non preoccuparti anche Evelyne
–proprio da questo chap- inizierà a provare qualcosa di serio per lui e lo
vedremo in maniera tangente perché sarà letteralmente rosa dalla gelosia! Spero
che ti piaccia!^^
Sisya:
Ciao, ma non devi affatto scusarti, anzi grazie per aver recensito! Sono
contenta che i capitoli ti siano piaciuti e ti ringrazio moltissimo per la bella
recensione.. mi raccomando fammi sapere che te n’è parso di questo
capitolo!^^
Isobel:
ciao! Mi scuso se l’aggiornamento è arrivato un po’ in ritardo.. grazie, non è
stato facile, anzi una bella faticaccia ma leggere che qualcuno apprezza il tuo
lavoro è una sensazione magnifica!grazie ancora!
Black_Kisses:
ciao.. ci
credi che non so proprio da dove iniziare? Non so tirare fuori le parole giuste
per ringraziarti e so già che mi verrà solo il solito semplice GRAZIE. Quando si
scrive una storia si fanno molte scelte non solo riguardo lo stile ma anche la
trama.. a volte sono anche difficili perché magari sai già che il tuo stile non
è proprio molto “schematico” ad esempio il mio è un po’ prolisso, molto
narrativo e la trama è un po’ intrecciata quindi quando pubblichi hai il timore
che a nessuno piaccia il tuo scritto.. e invece quando ti accorgi che c’è chi lo
apprezza è davvero un’emozione bellissima. Scrivere è qualcosa di stupendo…
all’inizio lo si fa per se stessi poi però i commenti degli altri ti stimolano a
migliorare, a dare il meglio di te stessa per non deludere chi ti ha seguito fin
qui. Quindi spero davvero che il capitolo ti piaccia, vorrei meritarmi i tuoi
complimenti fino in fondo quindi ti giuro che farò del mio meglio! Grazie
davvero!
Eleuthera:
ciaoo! Mi sa che io e te condividiamo proprio una bella passione per questa
lingua, vero?? Ma no, non devi scusarti per l’assenza, anzi, torno di nuovo a
ringraziarti per la recensione e per il tuo appoggio, spero di meritarmelo anche
per questo capitolo!^^
Jhonny
Jack:
ciao.. Grazie
mille per i complimenti io davvero non so cosa dire! spero soltanto di non
deluderti e che questo capitolo di piaccia! Un bacio^^
Chantal:
caspita cinque capitoli tutti d’un fiato.. me onorata! Grazie mille per i tuoi
complimenti.. ebbene sì anch’io sono un’inguaribile romantica ma stai tranquilla
non è mia intenzione affrettare le cose tra Jack ed Evelyne rischierei di
snaturare tutto, lui che è un pirata e lei che non ha ancora la serenità per
amare appieno una persona! Alla prossima!^^
Buona
Lettura
Diomache.
Capitolo VI
Lampi di Gelosia e Tentati
Omicidi
“Terra..”
sussurrò Gibbs togliendo l’occhio dal piccolo cannocchiale e mirando da sé,
senza l’ausilio di quel mezzo artificiale, l’orizzonte che si delineava poco a
poco. A breve avrebbero visto con precisione il tratto di costa, gli alberi e
quindi il fiume che avrebbero dovuto risalire per arrivare da lei. Tia
Dalma.
Non
ricordava con piacere il loro ultimo incontro e per le budella di sua madre, era
più che certo che nemmeno Jack avesse così voglia di rivederla.
L’uomo
negò con il capo mentre faceva uno dei primissimi sorsi di rum della
giornata.
“Gibbs!”
la
voce autorevole di Barbossa gli fece quasi andare il rum di traverso. L’uomo si
girò di scatto incontrando lo sguardo sarcastico del primo ufficiale. “Bella
mattinata, eh..” la sua voce sembrava rilassata.. troppo forse.
“Eh
si...” mugugnò l’altro offrendogli istintivamente la piccola borraccia di
rum.
Il
sorriso si spense sul volto di Barbossa. “Vogliamo stare a rimirare la serenità
del mare di prima mattina o possiamo anche andare a buttare dal lettoil nostro capitano,
eh?”
Gibbs
rimase rimbrottato e quasi mortificato; senza dire nulla s’incamminò all’interno
della Perla, velocemente. Barbossa lo guardò andare via poi con un ghigno che
forse voleva essere un semplice sorriso prese la bottiglia lasciata dal pirata e
ne fece un buon sorso.
-o-
“Jack!”
Quel
piccolo grido fu accompagnato da un grosso colpo sulla porta lignea della cabina
di Evelyne. Dall’interno della stanza non si sentì nulla di reattivo così Gibbs
ripeté il nome e lo accompagnò questa volta con una decina di colpi in
successione.
Evelyne,
sebbene avesse il sonno davvero profondo quella mattina, si riscosse un po’
sentendo tutto quel casino. “Ma che diavolo ..” mugugnò prima di capire
effettivamente cosa stava accadendo.
Gibbs
continuava a bussare e i suoi rintocchi erano come tanti piccoli colpi
direttamente in testa. Oh… Dio.. si alzò con il busto dal letto, osservando per
un momento Jack beatamente addormentato, lì, accanto a lei.. sorrise pensando
che alla fine ci stava quasi prendendo gusto a svegliarsi accanto a lui. Si
stropicciò gli occhi mentre Gibbs continuava a rompere, si passò una mano tra i
capelli e dopo aver coordinato due semplici mosse per scendere dal letto avanzò
verso la porta sbadigliando rumorosamente.
Si
accertò che fosse proprio Gibbs aprì piano la porta di legno, lasciando che
l’uomo potesse osservarla da appena uno spiraglio.
Il
signor Gibbs rimase un po’ stranito non appena incontrò gli occhi intensi della
ragazza e il suo volto ancora un po’ assonnato che intravedeva appena in quella
fenditura. “Oh
ehm.- sorrise.- Buongiorno
signorina Evelyne!“
Lei
sorrise. “Buongiorno. Scusa se non ti apro ma non sono totalmente
presentabile..”
L’uomo
annuì anche se poco convinto e cercò di sbirciare all’interno ma lei richiuse
ancora di più l’uscio accompagnando il gesto con un sorriso ironico. “Perché mi
hai buttato giù dal letto? Ci sono novità?”
“Oh in
realtà sì..- sembrava un po’ in imbarazzo.- abbiamo toccato terra ma a parte
questo io cercavo Jack.”
Lei
finse di essere sorpresa. “Jack? Qui ?”
“Qui”
Evelyne
annuì, un pò pensierosa. “Mi dispiace Gibbs, Jack non ha accesso alla mia
camera, così come non lo ha nessun altro.”
L’uomo
non era per niente convinto anche perché aveva ben intuito, l’altro giorno, che
tra i due c’era stato un piccolo fuoco, un avvicinamento, un “momento” ed era
più che certo che fosse proprio lì dato che aveva praticamente messo sotto sopra
la nave senza trovarlo e quindi, a meno che non avesse voluto dormire nella
cabina di Barbossa, ( e ne dubitava), la stanza di Evelyne era l’unico posto
dove fosse possibile rintracciarlo e dove non aveva ancora guardato.
Gibbs
stava per riprendere quando una terza voce si sentì dall’interno della stanza.
“Evelyne
con chi diavolo parli..” la voce impastata di sonno del capitano Jack Sparrow si
diffuse e riempì il silenzio che si era creato in precedenza tra Evelyne e
Gibbs. La ragazza subito iniziò a tossire per cercare di coprire la presenza di
Jack. “Oh accidenti, anche la tosse adesso..”
L’uomo
esibì uno sguardo decisamente eloquente sotto il quale Evelyne arrossì proprio
come arrossisce una ragazzina di quattordici anni non appena la mamma scopre il
suo fidanzatino nell’armadio. “Se doveste per caso vedere Jack..- il tono
dell’uomo era veramente ironico adesso.- per caso
s’intende.”
“Ovviamente.”
Ripeté lei, abbassando leggermente lo sguardo e rialzandolo poi verso di lui con
un sorriso divertito.
“Potete
gentilmente riferirgli che abbiamo toccato terra e che serve la sua
presenza…”
Gibbs
continuò a parlare ma Evelyne smise d’ascoltarlo. “Certo certo, se lo vedrò lo
farò immediatamente.” Disse quindi frettolosamente troncando il discorso a metà
e chiudendo la porta con uno scatto.
Si
voltò verso Jack seduto beatamente sul suo letto con un sorriso compiaciuto.
“C’è
poco da ridere.” Iniziò lei, un po’ impacciata. “per colpa
tua..”
“Rilassati
tesoro.” Lui si alzò e s’incamminò verso di lei con la sua solita spassosissima
camminata. Lei inarcò un sopracciglio sorridendogli appena. “Così sei rimasto…
tutta la notte intendo...”
Lui
inarcò le spalle sbadigliando un po’ ma poi riprendendo a parlare quasi
casualmente. “Così pare.”
La
giovane iniziò a sentirsi un po’ in difficoltà, iniziò a giocherellare e
tormentarsi le mani e a toccarsi i capelli. “ Oddio senti io.. io volevo
ringraziarti credo… si insomma.. perché... ”
“Hai
dormito bene?- l’interruppe lui andando sensualmente a prendere tra le dita uno
dei suoi ricci che le scendevano morbidi sul decolté.- dopo che sono arrivato
io, s’intende..”
Lei
inclinò un po’ la testa di lato e i suoi occhi luccicarono mentre si perdeva in
quelli abissali dell’uomo. “Sì.” Disse semplicemente con un tono di voce che,
forse involontariamente.. o forse no, suonò davvero morbido e sensuale.
Lui le
sorrise e fece arrotolare quel piccolo ricciolo fino a che non incontrò il collo
della ragazza. La ciocca cessò di essere importante e la sua mano circondò
questa volta il collo della donna,provocandole forse senza saperlo una piccola serie di brividi lungo la
schiena. Evelyne chiuse leggermente gli occhi e fece un piccolo respiro
irregolare mentre si avvicinava chimicamente a lui che la spingeva dolcemente
verso di sé facendo di leva sulla morbida pelle del suo
collo.
“Sono
contento..- Le labbra di Jack erano lì ad un passo dalle sue .. – signorina
Smith.. voi vi ricordate sempre, vero, che voi ed io abbiamo ancora un
argomentuccio in sospeso..”
Lei
sorrise, lasciandosi stringere dal suo bel capitano. “Si mi sembra di sì,
qualcosa del genere, credo..”
Jack
le sfiorò delicatamente la bocca con la propria lasciando che quel momento
passasse lentamente come era giusto che fosse perché quello sarebbe stato il
loroPRIMO VERO bacio…
Sì,
ok, fino a quel momento avevano condiviso ben altro ma era come se tutto ciò non
fosse mai accaduto; entrambi sapevano benissimo che la notte che avevano
trascorso insieme era stata il frutto di un’attrazione, un’attrazioneche avevano sentito fortissima dal primo
sguardo che si erano rivolti.
Invece
adesso era diverso.
Adesso
era emozione, sentimento. Evelyne sentiva il cuore esploderle nel petto, lì, ad
un passo da lui e Jack aveva forse per la prima volta in vita sua, le mani
sudate a contatto con una donna. Era qualcosa che era maturato piano piano,
certo magari non ancora del tutto definito però…
Evelyne
decise di non indugiare più e fece questo benedetto passo verso di lui ma prima
che le labbra del pirata sfiorassero di nuovo le sue un grosso colpo sulla porta
fece sobbalzare entrambi.
“JACK!”
Gibbs,
di nuovo.
Dannazione!
I due
si fissarono un istante, increduli, poi Evelyne scoppiò a ridere mentre Sparrow
con uno sguardo decisamente innervosito borbottava. “Credo che oggi Gibbs
esplorerà tutti i vari significati di: pulire la nave da cima a
fondo..”
Lei
sorrise di nuovo anche senon poté
nascondere la delusione che lampeggiava bene nei suoi occhi turchesi. “Il
discorso è solo interrotto tesoro..” sussurrò quindi Jack andando ad aprire la
porta.
“Ci
conto.” La voce morbida di lei lo fece fermare.
Jack
si voltò verso la ragazza ma un nuovo. “JACK!” lo fece sobbalzare ancora e la
bella aristocratica scoppiò a ridere per l’ennesima volta.
Innervosito,
i pirata spalancò la porta proprio mentre Gibbs stava per professare un nuovo
“JACK!” che però non uscì più e l’uomo rimase a bocca aperta senza alcun suono.
“Oh.- disse in seguito.- buongiorno capitano.”
“Spero
che tu abbia un motivo più che convincente per avermi interrotto,
amico.”
“Siamo
a terra, signore.”
Evelyne
sentì i due allontanarsi e con un sorriso pensò che avrebbe dovuto muoversi
anche lei altrimenti l’avrebbero lasciata sulla Perla. si stava sistemando con i
vecchi abiti da pirata quando i suoi occhi videro uno strano oggetto appoggiato
al cuscino, proprio accanto al suo viso, dove aveva risposato Jack Sparrow.
Incuriosita
lo prese tra le dita e l’osservò, estasiata.
Un
corallo.
Era un
piccolo rametto di corallo rosso, bellissimo e grande quasi quanto il palmo
della sua mano.. era un regalo..?un regalo da parte di Jack?
Il suo
bel volto s’inclinò in un sorriso riflettendo sul fatto che Jack non aveva
voluto affrontare l’argomento quella mattina, né aveva lasciato che lei lo
ringraziasse probabilmente perché non voleva che si sentisse in imbarazzo.
Incredula,
osservò il piccolo gioiello pensando che Jack la conosceva davvero bene.
Che
buffo. L’uomo che si professava essere suo padre non sapeva far altro se non
testimoniare contro di lei davanti a giudici e a corti supreme, senza tentare
nemmeno di capirla mentre Jack Sparrow, un temibile pirata che la conosceva da
appena una settimana, aveva capito il suo carattere difficile nel giro di pochi
giorni.
Jack
aveva compreso che non doveva essere stato facile per lei mostrarsi davanti a
lui così debole e spaventata e non voleva che si sentisse in imbarazzo andando a
rinvangare quegli episodi notturni.Voleva evitare di ferirla laddove anche uno sguardo sarebbe bastato a
farla sentire a disagio.
Evelyne
sorrise di nuovo stringendo il piccolo gioiello a sé come qualcosa di prezioso,
non solo per la rarità del corallo in sé, ma anche per la delicatezza e la
comprensione che aveva dimostrato Jack nei suoi confronti.
“Scialuppa!-
la voce di Gibbs la destò completamente dalle sue riflessioni.- fate calare la
scialuppa!”Finalmente si riscosse,
mise a posto il corallo e si sbrigò quindi a vestirsi e sistemasi poi si fiondò
fuori dalla sua cabina sperando che non fosse troppo tardi e che quei pirati non
l’avessero già lasciata indietro.
-o-
Arrivò
giusto in tempo. Era stata preparata una scialuppa che avrebbe raggiunto quella
strana donna di cui parlava Jack e per essere al completo mancava un unico posto
che avrebbe dovuto occupare, intuì, uno dei due pirati amiconi, dato che
s’apprestavano a scendere per le corde.
Aiutata
da Bill Evelyne scavalcò i due che le riservarono un’occhiataccia tutto fuorché
amichevole e si calò nella seconda scialuppa accanto a Cotton.
“Andiamo!”
ordinò Jack e s’apprestò subito a lanciarle un’occhiata compiaciuta. Si stava
complimentando perché lei, in un modo o nell’altro, riusciva sempre a cavarsela
o voleva scorgere nei suoi occhi il segno tangente che lei aveva scoperto il suo
regalo?
Evelyne
non seppe dirlo ma ricambiò lo sguardo, qualsiasi cosa volesse dire.
Quel
piccolo giro d’occhiate non sfuggì affatto a Barbossa il quale sorrise tra sé
come sorride un’abile stratega che finalmente ha trovato l’asso nella manica e
il punto debole del suo nemico.
Intanto
la piccola imbarcazione s’addentrava sempre di più nel fiume e gli occhi dei
presenti si perdevano nell’osservare la fitta vegetazione che sembrava ricoprire
ogni cosa e oscurava il sole sopra di loro, tanto che si era improvvisamente
fatto tutto buio.
Specialmente
gli occhi di lei s’inoltravano, curiosi, nei particolari di quel luogo che la
affascinava e le incuteva allo stesso tempo un timore soffice e quasi
impronunciabile. Il luogo era come pieno di fumo che si alzava dalla terra e dal
fiume, come se fosse tantissima umidità che impregnava l’aria, tacita e
silenziosa come del resto anche i suoi compagni di viaggio, tesi e concentrati
verso l’orizzonte.
Istintivamente
si avvicinò un po’ di più a Gibbs che sedeva alla sua sinistra e sussurrò al suo
orecchio una domanda. “Perché siete tutti così tesi?- chiese- è tanto terribile
questa Tia Dalma?”
Vide
l’uomo sorridere misteriosamente rivolgendosi a lei “Tia Dalma preoccupa, sì. È
molto potente.”
Lei
incurvò le sopracciglia. “Che genere di potere?”
“Nessuno
sa quale sia l’origine dei suoi poteri, tutti eccetto i pirati che un tempo… ah
ma questa è un’altra storia. Il punto è che Tia Dalma può essere un’alleata
pericolosa.” Calcò la voce sull’ultima parola con il preciso intento- raggiunto
per altro.- di incuriosire la sua ascoltatrice.
“Perché
pericolosa?”
Gibbs
sorrise. “è una donna sottile e subdola a suo modo. Un tempo lei e Jack erano
amiconi, grandi alleati.. finché..”
“Finché?”
insistette lei mentre nei suoi occhi lampeggiava a lettere cubitali. *Female
curiosity*
Lui
assunse un’aria piuttosto maliziosa. “Tutto era filato liscio come l’olio finché
un giorno lei chiese un pagamento davvero inaspettato.- Gibbs rise mentre si
passava una mano sulla fronte per asciugarsi delle piccole gocce di sudore.- La
mappa del tesoro di Navarro in cambio di una notte trascorsa con Jack
Sparrow”
Evelyne
sentì un cazzotto proprio sulla bocca dello stomaco. COSA? Il pirata lesse bene
lo sconvolgimento sul volto di lei ma lasciò correre e lasciò che fosse proprio
lei a parlare. “E lui..”
“Per
quanto Jack sia sempre stato un tipo di bocca buona, poco incline a rifiutare le
avances di una donna, in quella circostanza ricordo che fu parecchio esitante.-
sospirò, ridendo.- Tuttavia alla fine accettò la proposta, “sacrificandosi” per
il bene comune di tutta la ciurma.”
Lei
sbuffò, contrariata. Oh insomma, Evelyne, credevi forse che Jack non avesse mai
avuto un’altra donna? Eccome se ne ha avute.. però.. questi racconti a loro modo
fanno sempre male. “E come mai .- riprese.- quest’episodio compromise la loro
alleanza?”
“Tia
Dalma gli propose di rimanere lì con lei, nella sua vecchia capanna sul fiume.
Naturalmente Jack rifiutò .. che cosa c’è di peggio per un pirata che rimanere a
terra? Questo la fece infuriare e per tre giorni ci rilegò tutti lì dentro,
senza farci uscire.- Evelyne pendeva letteralmente dalle sue labbra.- poi
improvvisamente cambiò idea. E cordialmente ci salutò.”
“Cordialmente?”
ripeté lei, incredula.
“Quella
cordialità puzzava di falsità come il mio alito di rum, signorina.- rispose
Gibbs.- .. come se quella megera sapesse già che a distanza di un solo anno Jack
avrebbe avuto di nuovo bisogno di lei.”
la
ragazza annuì, pensierosa. “Pensi che rifiuterà il pagamento di
Jack?”
“Penso
che dopo la loro rottura non è più stato facile trovare un pagamento equo. E
Jack lo sa.” Gli occhi di entrambi si fissarono sulla figura del capitano che a
prua della piccola barca osservava serio il tragitto e le acque del fiume.
Pochissimo
dopo arrivarono finalmente nei pressi di una vecchia capanna di legno, quasi una
palafitta perché si ergeva direttamente sull’acqua. Attraccarono e a turno
scesero dalla nave, aggrappandosi alla scala di legno che finiva direttamente
nell’acqua.
Jack
si voltò verso Barbossa. “Guarda la barca.” E il primo ufficiale di seguito,
voltandosi verso Gibbs “Guarda la barca.” Evelyne vide quel passaparola giungere
fino alei e per evitare di esser
rilegata lì in quel pezzo di legno ammuffito si voltò di scatto verso Cotton.
“Guarda la barca!” disse sorridendo.
E il
pappagallo di quest’ultimo gracchiò forte. “Guarda la barca!” volando via e
lasciando il suo padrone solo e sconsolato sulla suddetta imbarcazione. Salirono
le scale e ma prima di entrare Jack si voltò verso di loro.
“State
tranquilli andrà tutto per il meglio. Lasciate parlare me e cercate di non fare…
cose stupide…” detto questo varcò la soglia dell’abitazione della maga con un
sorriso di circostanza da dieci e lode.
“Jack
Sparrow..” sussurrò una strana creatura, piegata su un tavolino in cui stava
lavorando a chissà quale intruglio. Era una donna di colore, non molto alta,
vestita con abiti strani, una voce vibrante e sensuale, a suo modo, lo sguardo
cupo, quasi abissale che si stagliava su un paio di occhi neri e le labbra nere
anch’esse protette da un potente trucco scuro. “Ero sicura che il vento ti
avrebbe portato da me un giorno o l’altro..”
La
donna in questione si alzò si avvicinò a Jack ridendo sensualmente e mostrando
una dentatura anch’essa molto scura. “Hai trovato l’anagramma quindi..” disse ad
un passo dal viso del capitano. Questo deglutì leggermente voltandosi
istintivamente verso la ciurma. “Esattamente. Ed immagino anche che tu sappia
perché io sono qui.”
“Ovviamente.”
Rispose lei facendo passare un dito sul volto di Jack.Questo gesto non passò affatto
inosservato ad Evelyne seppure fino a quel momento non avesse fatto altro che
guardarsi intorno ed osservare il posto più strano che avesse mai
visto.
Ma che
diavolo faceva quella.. quella specie di donna????
“Non
fateci caso, Miss.”Evidentemente
la sua gelosia non era stata affatto inosservata. La provocante voce di Barbossa
la raggiunse all’orecchio sinistro. Lei arrossì e voltò il viso dalla parte
opposta mentre lui continuava, dicendo. “Tia Dalma e Jack sono.. buoni amici..
da molti anni ormai..”
Lei
deglutì a fatica. Oh insomma Evelyne.. dov’è il tuo ferreo autocontrollo?? Jack
non è mica il tuo uomo! Anche se vorresti che lo sia..
Fredda..
Lucida..
Stringeva
forte i vestiti da pirata sotto le dita e si mordeva le labbra mentre quella
megera travestita da donna continuava sensualmente a parlare a Jack come in
privato farebbe l’amante al suo uomo. Si avvicinò sul lato destro del pirata,
sperando che la sua vicinanza avrebbe indotto Tia Dalma a darsi una
controllatine. Jack si voltò verso di lei, un po’ in difficoltà. “Ti prego..- le
sussurrò.- ti prego non fare cose stupide..”
E lei,
elegante, superiore, impassibile.
Impassibile???
Ma se
nemmeno la sua vicinanza bastava a distogliere quella specie di polipo fatto
donna!!
Non
potendo sopportare oltre e né soffocare il suo orgoglio aristocratico alzò
improvvisamente la voce per sottolineare la sua presenza. “Siamo qui.-
intervenne separando la donna da Jack.- perché ci occorre una certa bussola che
a quanto pare voi siete in grado di fornirci.”
Il
capitano si voltò verso di lei e sussurrò, scocciato “Tipo
questo.”
La
voce di Evelyne fece voltare la maga verso la ragazza, distogliendo la sua
attenzione dal capitano della Perla.
Era
stata un’intromissione arrogante, furiosa e così intrisa di gelosia che anche il
pappagallo di Cotton fece quasi un risolino di scherno. Gli occhi neri di Tia
Dalma osservarono la nuova arrivata e tutti trattennero il respiro temendo quasi
il peggio, finché la maga non sorrise alla ragazza.
“Mi
piaci..- disse la donna facendo piccoli passi verso la giovane che in risposta
retrocedette lentamente.- mi piace la tua rabbia, il tuo orgoglio e la tua
passione..” la donna inarcò la testa, quasi intenerita. “e mi piacciono le tue
tenebre, Evelyne Smith”
Lei,
incredula, si voltò verso Jack, completamente spaesata. “Conosci il mio
nome?”
Jack
bussò alla spalla della maga, distogliendola da Evelyne. “Ci sarebbe poi quella
questioncina della bussola.” Tia Dalma cambiò subito aspetto, il suo sorriso si
spense e lasciò da parte il suo discorso con la ragazza poi, dando loro le
spalle, avanzò fino ad arrivare al suo tavolo e loro la seguirono a ruota,
mentre lei parlava dicendo: “La bussola.. – si girò di scatto.- ma tu sai che io
esigo un pagamento.”
Jack
alzò entrambi gli indici in aria. “Che te ne pare?” estrasse da una sacca
marrone un vaso con interrata una pianta. Tutti raggelarono e Tia Dalma gli
rivolse uno sguardo interrogativo. “Una pianta?”
“Speciale.”
Continuò Jack avvicinando il dito al fiore rosso della piantina; questo non
appena sentì l’odore della carne umana vicino si sporse con uno scatto verso la
mano del pirata e l’avrebbe di certo azzannata se Jack non l’avesse ritirata con
pari velocità. “Graziosa, eh?”
Tia
Dalma l’osservò poi rise, inclinando la testa di lato. I presenti si scambiarono
uno sguardo incerto poi iniziarono a ridere anche loro, sollevati.
Finché
Tia Dalma, di botto, non smise di ridere.
Rabbrividendo
smisero tutti.
“E tu
credi.- iniziò, arrabbiata.- che una bussola del genere valga una comunissima
pianta carnivora?” Jack perse il sorriso; stava per borbottare qualcosa quando
Barbossa in persona si fece avanti. Con uno scatto prese la vita di Evelyne
trascinandola in avanti e puntandole una pistola alla tempia.
“E un
bel sacrificio umano potrebbe andare?” propose. “hai appena detto che il
temperamento della ragazza ti piace, che ne diresti se ti donassimo direttamente
la sua anima?”
“Ehi
.. no...” Evelyne cercò subito di dimenarsi da quello scherzo di cattivo gusto
sotto lo sguardo interessato della maga. Capendo che l’aria cominciava a farsi
pesante si mise in mezzo Jack prendendo la ragazza tra le sue braccia e
sottraendola dalle grinfie di Barbossa, dicendo.
“Mi
dispiace ma la ragazza non è sacrificabile..- sentì Evelyne sospirare di
sollievo, tra le sue braccia.- ma ho avuto una grande idea: dimmi quello che
vuoi. Ci impegneremo a soddisfare ogni tua possibile richiesta. Non umana.-
sorrise, incerto.- Per favore.”
La
maga sorrise e si sedette, soddisfatta. “Se insisti.” Iniziò mentre Barbossa
roteava gli occhi vedendo sfumare così l’occasione di liberarsi di quella
fastidiosissima pulce inglese.
“C’è
qualcosa che voglio, qualcosa che renderebbe il tuo un pagamento equo. Un
baratto che ti garantirebbela
bussola.- tutti ascoltavano attenti.- è il diamante di
Idra.”
“Il
diamante di Idra?” ripeté Jack sedendosi accanto alla donna.
“Il
diamante della felicità.- gli occhi neri della donna si fissarono su
Evelyne.-ha poteri straordinari
per chi lo possiede. Può far scomparire ogni dolore, ogni ricordo, ogni
tormentoso rimorso..”
La
ragazza deglutì, a fatica, sentendo il quel momento il suo magone farsi vivo
all’altezza dello stomaco.
“E
come lo troviamo?” domandò Barbossa appoggiando i palmi della mano sul tavolo.
“Proseguendo
il fiume troverete una grande grotta. Lì è custodito il diamante che
voglio”
“Che
stiamo aspettando allora?- esclamò Jack.- orsù gente alla barca.” Tutti
s’avviarono all’uscita. “Fermi” la voce bassa di Tia Dalma li gelò all’uscita.
“Oh
mannaggia.” Borbottò Jack stringendo i lati della bocca.
“Andrai
solo con due dei tuoi uomini.- ordinò la donna.- gli altri resteranno con me, a
garanzia.” Lui si girò verso la donna cercando di replicare ma lei fu più
veloce. “Portati la ragazza.- continuò.-ti sarà utile.”
“E
Barbossa.”
Lei
roteò gli occhi, contrariata… “E Barbossa.” Acconsentì.
“Hai
tempo fino al tramonto.- precisò la donna, prima di lasciarlo andare.- un minuto
più tardi e potrai dire addio alla bussola. Chiaro?”
“Qui
non si scappa alla chiarezza.” Mormorò Jack con un sorriso tirato. E detto
ciòcorse fuori dall’abitazione
seguito a ruota da Evelyne e da Barbossa.
-o-
“Magnifico.”
Borbottò Evelyne mentre remava pesantemente in quel fiume pieno di fango e
melma. Soffiava di fatica mentre compiva quel dovere con uno sforzo evidente ma
totalmente indifferente agli altri due. “Non.. potevi.- riprese la donna.- non
potevi prendere qualcosa di più importante per Tia Dalma, no? Guarda in che
casino ci hai messo..”
Le sue
proteste caddero nel vuoto.
“Fate
andare le braccia, Miss.- la rimproverò Barbossa mentre con Jack osservava una
loro strana mappa che illustrava il territorio circostante.- piuttosto che
esercitare la lingua.”
Lei
smise di remare. “Ma per chi mi avete preso??- urlò- io…- Barbossa roteò gli
occhi prese la pistola e gliela puntò alla fronte. –… remo.” Concluse lanciando
uno sguardo di fuoco a Jack che in risposta fiondò di nuovo i suoi occhi sulla
cartina geografica, concentrato.
Per
fortuna di Evelyne e di tutti quanti (ancora due bracciate e avrebbe dato in
escandescenza e non ci sarebbero state pistole a frenare la sua furia) il fiume
si concluse lì a breve confluendo in un piccolo laghetto melmoso.
La
vegetazione si faceva sempre più fitta, più ombrosa, più buia ma trovarono
comunque un paletto di legno a cui legare la barca.
Non
erano nemmeno scesi quando sentirono un forte gracchiare che fece loro raggelare
il sangue.
“Tia
Dalma non li ha menzionati ma ci sono- Sorrise Jack alzando lo sguardo verso le
altissime cime degli alberi.- tenete gli occhi aperti.”
Evelyne
si avvicinò a lui osservando nella sua stessa direzione. “Che cosa
sono?”
Lui
l’osservò contemplando i suoi occhi lucidi d’emozione. “I guardiani. Il diamante
non è incustodito” prese un pugnale che teneva nascosto nella fibbia del gilet
“
Potrà servirti.” Jack s’incamminò davanti e lei lo seguì mentre la fila era
chiusa da Barbossa.
Non
avevano fatto che pochi passi quando la voce del primo ufficiale le giunse alle
orecchie. “Spero che sappiate usarlo, Miss.- sentiva bene lo scherno nella sua
voce.- non vorrei che incidentalmente potreste rimanere
uccisa.”
Nonostante
un brivido le corresse lungo la schiena, Evelyne si voltò fermandosi per un
attimo. “Lo terrò a mente. Vi consiglio di fare altrettanto.- sorrise
diabolicamente.- queste missioni sono molto pericolose.”
Barbossa
contraccambiò il sorriso con un ghigno di sfida.
Ma con
chi credeva d’aver a che fare, quel subdolo pirata?? Ormai aveva capito che
intenzioni aveva Barbossa nei suoi confronti e poteva star certo che non si
sarebbe lasciata uccidere tanto facilmente. Né per sé, né per Jack. Almeno, non
prima d’avergli confidato le vere intenzioni del suo primo ufficiale.
Camminarono
ancora poi Jack si fermò improvvisamente facendo quasi tamponare gli altri due.
Il capitano si voltò verso Evelyne. “Questa quercia mi sembra di averla già
vista.” Lei alzò le spalle.. non era affatto abituata a tali escursioni e se
fosse stata sola si sarebbe persa subito.
Ma non
volle darlo a vedere e borbottò un “Fantastico” strafottente.
“Che
ne dite, capitano.- propose Barbossa con un filo d’ironia.- se seguiamo la
bussola? basta andare a nord. O non ci avete pensato?”
“Ci ho
pensato.- rispose Jack, piccato. Tirò fuori il suo piccolo aggeggio mostrandolo
all’altro pirata.- siamo isolati.” Con immenso stupore Evelyne vide che l’ago
della bussola di Jack andava in ogni direzione girando di continuo, come
impazzito. “Oh mio Dio.”
“Beh e
adesso che intendete fare, Capitano?” continuò Barbossa incrociando le braccia.
“Sto
riflettendo.” Rispose l’altro.
“Vi
consiglio di riflettere in fretta. Altrimenti si farà notte ancora prima
che..”
“Si ma
se continui a parlare non mi faciliti la riflessione,
comprendi?”
Evelyne
si allontanò di qualche passo, tanto per non sentirli litigare. Si abbassò sulle
ginocchia, sospirando e cercando di riposare un po’. Alzò gli occhi, stanca, e
fu in quell’istante che sentì su di sé l’inquietante sensazione di sentirsi
osservata. Strinse forte gli occhi e attraverso il cespuglio ebbe quasi
l’impressione che quelle due cose nere che vedeva non fossero due bacche come le
altre.
Deglutì.
“Jack.” Sussurrò.
“Vi
vedo nervoso, non starete già perdendo le staffe, spero!- Barbossa intanto era
più carico di prima.-Un capitano
deve essere in grado di affrontare qualsiasi tipo di difficoltà e
situazione!”
“Ehi
io sono in grado!”
“Ebbene,
dimostratelo!- continuò.- toglieteci da questa situazione nella quale per altro
ci avete messo voi stesso !”
Evelyne
cominciò a retrocedere e quelle due strane pupille ad avanzare minacciosamente
verso di lei. “Jack..” continuò a chiamarlo, alzandosi in piedi senza
distogliere lo sguardo da quello strano essere. Non appena si fu alzata in piedi
anche l’altro fece lo stesso e si rivelò per quello che era ovvero una specie di
Indios della zona armato fino ai denti e mezzo nudo.
“JACK!”
urlò questa volta con tutto il fiato che aveva.
Barbossa
e il capitano si voltarono in contemporanea. “Che c’è?”gli occhi neri di Sparrow osservarono
l’intruso, quindi Evelyne.
“Tu
devi proprio stare sempre al centro dell’attenzione, eh?” mugugnò divertito
Jack, con un mezzo sorriso.
La
ragazza fece un balzo all’indietro andando ad incastrarsi tra Jack e Barbossa.
L’Indios
sguainò la spada, urlando e lo stesso fece Barbossa. Peccato che poi quel gesto
fu ripetuto da altre decine di persone. Davanti a loro si rivelarono in pochi
secondiquasi una ventina di
Indios.
“Ma se
ti sentivi sola potevi anche dirlo.” Continuò Jack con il volto fattosi
improvvisamente serio.
“E
adesso cosa si fa?” chiese lei, spaventata.
“Quello
che fa sempre un pirata, dolcezza.”
“Combatte?”
“Scappa!”
urlò Jack rinfoderando la spada e correndo via, aprendosi un varco tra la
vegetazione. “Aaahr, ben detto!” gli urlò dietro Barbossa scattando come lui.
Evelyne rimase per un istante immobile poi reagì anche lei, correndo via tra la
vegetazione, inseguita a ruota da decine di uomini nudi.
Corsero
come dannati attraverso alberi, cespugli, sterpi d’ogni tipo finché Jack, in
testa, non esclamò vedendo un improvviso ostacolo davanti a sé. “Destra!”
Barbossa vide bene l’ostacolo ma decise che non avrebbe affatto avvisato
Evelyne. Rise e lo scavalcò senza problemi.
Evelyne
no.
La
ragazza vi corse sopra e l’energia che mise nella corsa la portò a rovinarvi
dentro senza speranza.
Sabbie
mobili.
Se ne
accorse non appena sentì il destro e poi il sinistro affondare nel fango senza
uscita. Immediatamente fu immersa fino alla cintola, senza neanche che se ne
accorgesse. In compenso gli Indios la evitarono.
“Jack!”
urlò Evelyne guardandosi intorno, ancora un po’ incredula. “Jack!!” continuò
grattandosi leggermente la guancia. “Sono nei guaiiii!” Tze macché. Chissà dove
diavolo era arrivato quello nel frattempo.Cercò qualche appiglio per aggrapparsi ma non ve ne erano.. sentì il
terrore iniziare a passarle nelle vene e la sua agitazione si percepì benissimo
perché cominciò ad affondare con più velocità. Ricordava bene gli insegnamenti
di suo padre e quel giorno quando uno dei soldati era finito nelle sabbie
mobili. Il trucco era rimanere calmi e fermi.
Bene,
lei in quel frangente era tutto tranne che calma e ferma.
“Milady.”
La voce di Barbossa la fece raggelare invece che tranquillizzarla. Alzò lo
sguardo e lo vide alto, sopra di lei. “Barbossa.- sorrise.- siete tornato
indietro.. mi avete sentito?”
Lui
inclinò la testa di lato, ridendo. “In un certo senso sì. – con sua incredulità
l’uomo appoggiò lo stivale sulla sua spalla.- vi vedo un po’ .. diciamo a
terra..” e ridendoiniziò a
spingerla verso il basso.
“No..”
sussurrò lei, con gli occhi sbarrati. “no, fermo che
fate..”
“Mi
rincresce Milady ma devo uccidervi.. voi rischiate di mandare a monte un piano
che studiamo da mesi..”
“Siete
un traditore!” urlicchiò lei sentendo la sabbia sotto il collo ormai e le
braccia imprigionate in quell’infernale fanghiglia. “ Maledetto ammutinato…”
Barbossa s’apprestò a darle il colpo di grazia ma un Indios che l’aveva seguito
sin lì fece per attaccarlo con una spada e lui per rispondere dovette desistere
dal suo intento d’ammazzare la giovane.
La
colluttazione durò poco, Barbossa sconfisse facilmente l’aggressore spingendolo
con Evelyne nella pozza della morte, quindi s’allontanò ridendo. “Adios,
Miss!”
La
ragazza osservò il suo nuovo compagno di morte e fece un piccolo sorriso al suo
indirizzo, senza sapere in realtà che cosa dire. Lui però, molto più agile di
lei, s’apprestò subito ad uscirne e si tirò fuori con due o tre mosse. “Ehi” lo
richiamò lei. “Aiutami!” L’uomo ovviamente non poteva capirla, anche se certi
messaggi superano la barriera linguistica.
Dopo
un’oretta di urli nelle due rispettive lingue l’Indios si decise a tirarla fuori
e la povera Evelyne toccò finalmente terra, fradicia di sabbia e di terrore. “Oh
Dio, grazie..” si alzò in piedi, tremando un po’ e l’uomo le porse la mano con
il palmo voltato verso l’alto.
“Un
attimo, un attimo” mugugnò lei vuotando le tasche e donando all’uomo tutto ciò
che possedeva. Mentre l’uomo- tutto contento- se ne andava Evelyne inciampò
sulfucile che Barbossa aveva perso
nella colluttazione e lo raccolse. “Ecco, questo lo prendo io..” lo mise in
spalla e riprese a correre, senza sapere bene in realtà se si stava dirigendo
verso il punto giusto..
Socchiuse
gli occhi e corse forte, tanto, finché non sentì qualcuno prenderla per un
braccio e trascinarla a lato. “No...” Ma una mano passatale amabilmente sopra la
bocca la costrinse a tacere. Lei non si mosse più riconoscendo quella stretta
familiare. Si voltò verso il suo aggressore e si ritrovò a qualche centimetro
dal volto di Jack. Non poté fare a meno di sorridere, incantata.
Lui
osservò i suoi abiti infangati. “Nuotatina nel lago?”
Lei
stava per replicare quando scorse, subito dietro Jack, Barbossa. Gli lanciò uno
sguardo a dir poco inviperito ma le circostanze l’obbligarono a fare silenzio.
“Siamo
arrivati alla grotta.- Jack le indicò con il capo l’entrata buia ed oscura alla
grotta.- con il nostro diamantino sbrilluccicoso.”
“Nostro.-
borbottò Evelyne inginocchiata vicino a Jack.- è di quella megera di una
strega.”
Jack
sorrise incontrando il suo sguardo accigliato. “Quando intendevo non fare cose
stupide, intendevo proprio di non fare stupide cose.”
Lei
arrossì e distolse lo sguardo.
“Anche
se il mio grande intuito sulla natura femminile mi dice che sei stata presa da
un ferocissimo attacco di gelosia.”
“Ma
no, quale gelosia…- abbozzò lei.- soloche.. stavamo perdendo un sacco di tempo…- lui continuava a sorriderle,
per nulla convinto e lei parallelamente, s’innervosiva.- come adesso per
esempio. Che cosa stiamo aspettando?”
Jack
inarcò un sopracciglio. “Frettolosa di vedere il diamante o di troncare la
conversazione?”
Evelyne
arrossì ancora. “Il diamante, ovviamente.- disse quindi.- sono o non sono una
viziata ragazza aristocratica?” lui rise e s’alzò dal suo nascondiglio, quatto
quatto, imitato siada Evelyne che
da Barbossa.
“Miss
restate qui, voi.-disse
quest’ultimo.- ci guarderete le spalle.”
Lei
fece per protestare ma Jack fu più pronto di lei. “Lei viene con noi.- disse.-
Tia Dalma ha detto che ci risulterà utile, ricordi?” e dettò ciò avanzò in
avanti dopo aver lanciato un piccolo sguardo d’intesa alla giovane che, di tutta
risposta, gli tenne subito dietro.
Evelyne
aveva una paura matta…non si era
mai spinta in un’avventura tanto pericolosa.. nella sua vita infiocchettata il
massimo pericolo fino ai 18 anni era stato quello di rompersi un’unghia. Poi
l’incantesimo era finito e con esso l’incanto della vita sempre tranquilla e
serena che sognava da bambina.
[ Ciao a tutti
eccomi tornata! Vi avevo promesso delle modifiche a questo settimo capitolo in
merito alla morte di Charles che ricordava molto uno sceneggiato della Tv. Vi
giuro che c’ho lavorato molto e questo spiega la mia lunga assenza ma non sono
riuscita a trovare una soluzione che non mi permettesse di sconvolgere tutto
quanto, mi dispiace.
La verità è che
avevo immaginato quella scena – o qualcosa di simile.- sin dall’inizio della mia
storia e cambiarla è risultato impossibile.
Le vostre
recensioni mi hanno però convinto – e qui è stato semplicissimo.- a modificare
il finale dove descrivevo il Jack commosso. Rimuginandoci su ho pensato che
forse era poco appropriato e così ho apportato delle
modifiche.
Se vi va fatemi
sapere che questa conclusione è più idonea al personaggio.
Sto lavorando
al prossimo capitolo e vi giuro che non si farà attendere ancora per
molto!
Grazie a tutti
per le vostre recensioni, vi ringrazierò personalmente nel prossimo
aggiornamento!
Un
bacio!
Diomache.]
Ciao a tutti… eccomi qui con
il settimo capitolo della storia. Mi spiace per il ritardo ma questo è un
capitolo importante e ci tenevo a scriverlo bene.. spero d’ave fatto un buon
lavoro naturalmente il giudizio finale sta a voi!
Grazie
mille a tutti coloro che hanno letto la storia e in particolare a chi ha
recensito:
Gaki:
grazie mille dei complimenti sono contenta che la storia ti sia piaciuta! È vero
a Jack &CO ne capitano sempre di tutti i colori… ma io ho un cuore tenero..
com’è gliela faccio sempre scampare!!!^^ ciao alla
prossima!
Sisya:ciao!
Grazie per i complimenti, sempre troppo buona! Io adoro Barbossa tuttavia questa
volta non ho potuto proprio fare a meno di fargli fare la parte del cattivane..
spero non si arrabbi troppo ;) grazie di nuovo spero che il capitolo ti
piaccia!
Johnny
Jack:
grazie! La mia
storia in libreria?! Mio Dio, non credo di meritare tanto!J
grazie davvero a presto!
Blak_Kisses: come
sempre sei troppo gentile!! no non ti preoccupare i complimenti non stancano
mai, anzi!^^ solo spero di meritarli! Sono straultrafelice che la storia ti
piaccia e spero che questo capitolo non faccia eccezione.. grazie davvero.. ti
auguro buone vacanze e spero che quando tornerai mi lascerai un commentino! Alla
prossima!
DJKela: ciao
Capitana! Te l’ho detto che le tue recensioni mi fanno morir dal ridere?! Sei
mitica.. grazie per i complimenti, me contenta che il cap ti sia piaciuto..
finalmente in questo troveremo le risposte riguardo Evelyne e riguardo il nostro
Charles che finalmente troverà una sua ragione d’esistere! Spero che ti
piaccia!^^
MellyVegeta:
grazie! Si Evelyne ormai è proprio persa di Jack e ne avremo le prove anche qui
quando per lui romperà il suo giuramento.. spero che il chap ti piaccia a
presto!^^
Christy:
ciao! E io non finirò mai di ringraziarti Christy!Sei troppo gentile, spero che la storia
continui a piacerti!
Kadma32:
ciao! Grazie sono contenta che Evelyne ti piaccia, io sono sempre stata un po’
titubante nei suoi confronti perché trovare una donna a Jack- nel senso una
donna che Jack possa amare.- non è affatto facile.. ma alla fine mi ci sono
affezionata anch’io, pensa un po’! ciao alla prossima!
Laura
Sparrow:
Innanzitutto Laura grazie davvero per la recensione e per i tuoi apprezzamenti
riguardo la storia; mi hanno fatto molto piacere. Passando alla parte destruens
(è una battuta^^): ti ringrazio di avermi fatto quelle annotazioni, riguardo
alla grammatica posso dire solo che mi dispiace, io leggo sempre due volte i
capitoli (a lavoro concluso intendo) prima di pubblicarli però qualcosa tanto
sfugge sempre^^.
Per
quanto riguardano le vele tigrate, si lo so che è una sciocchezza, anch’io
quando l’ho scritto mi sono messa a ridere. Pensavo di cambiarlo invece poi mi
sono detta lasciamolo, la gente si farà una risata con me! Parlando
dell’avvicinamento tra Evelyne e Jack invece (ammetto che l’espediente era
scontato, ma ero al primo capitolo ancora non sapevo bene come dirigere la
storia) io ho voluto che tra i due s’insinuasse subito –o quasi- un rapporto di
tipo fisico. Jack è abituato a trattare fisicamente con una donna ed Evelyne in
quel frangente non si sarebbe tirata indietro. Il problema per entrambi sarebbe
stato il dopo infatti scrivendo i capitoli seguenti ho voluto che entrambi
sentissero confusione, percepissero (soprattutto Jack) che quella non era stata
solo un’avventura ma che piano piano c’era di più.
Non si
è parlato mai d’amore, perlomeno non apertamente. Non so se magari scrivendo non
sono riuscita a renderlo a pieno, però il mio intento principale era quello.
Evelyne Mary Sue: rileggendo i
capitoli mi sono accorta che hai ragione. Forse descrivendola l’ho elogiata
troppo nel senso che sul suo aspetto fisico ho calcato un po’ la mano.. in
questo cap ho cercato di essere più avara di complimenti… Per il fatto poi che
se la sa cavare un po’ troppo quello l’ho voluto inserire perché a seguito della
vita che ha fatto, sempre dietro al padre in un ambiente totalmente maschile,
immaginavo che un po’ di denti e unghie dovesse esserseli fatti. Ma se anche qui
ho esagerato mi dispiace, cercherò di migliorarmi. Beh, spero di essere stata
esauriente, ci tengo a dirti che sei stata davvero utile e spero che mi dirai le
tue impressioni per questo capitolo! A presto!^^
Lily
Sparrow: Ciao
Lily grazie mille per i complimenti.. ma certo che voglio pareri sinceri,
scherzi?! Ti rispondo subito: io l’ho fatto perché mi piaceva creare una specie
di continuità tra il mio scritto e il film, come se fosse un prequel in piena
regola (perdonami so che è banale..) non perché volevo copiare il film.. insomma
mi sembrava di dare ai miei personaggi uno spessore più realistico rispetto
quello che abbiamo visto al cinema.. ho pensato: l’ha detto con Will, perché non
anche con Evelyne? Grazie mille per la tua annotazione, sei stata preziosa..
prometto di fare di tutto per migliorarmi! A presto!^^
Apple:
amica mia, bentornata! Sono contenta che i capitoli ti siano piaciuti, sai
quanto tengo al tuo parere! Spero che anche questo chap ti piaccia.. a
presto!^^
Chantal: ciao
Chantal! Ma no, non mi hai affatto offesa, anzi, mi ha fatto molto piacere
sapere il tuo punto di vista a riguardo.. mi dispiace per le ripetizioni
cercherò di correggermi e farò del mio meglio anche per non far sembrare Evelyne
una super donna.. sì, in effetti il mio intento era di renderla forte per via
del suo difficile passato però non volevo affatto esagerare e mi dispiace se ne
sia uscito fuori un ritratto un po’ troppo irreale! Spero di essermi rifatta in
questo capitolo, grazie di nuovo!^^
Pure
plastic: ciao!
Grazie per i complimenti spero che questo capitolo ti
piaccia!^^
Isobel: ciao
Isobel e grazie mille per i complimenti, fanno sempre così piacere! Naturalmente
spero di meritarmeli anche per questo nuovo capitolo, fammi
sapere!!^^
Eleuthera: ciao
Ele, mi spiace per il ritardo.. ma alla fine eccoci qui. Grazie per i
complimenti, davvero, non so come farei senza di voi! Spero di non deluderti e
che la storia continui a piacerti io ci sto mettendo molto impegno, grazie
ancora!
Luluzza:
ciao!non preoccuparti se ti sei sbagliata a me pure capita un centinaio di
volte!ma no, voglio troppo bene ad
Evelyne per farlsa finire male, tranquilla, e poi dopo Jack chi lo sente se gli
faccio morire la compagna! Mi dispiace se i personaggi risultano frettolosi, io
a volte ho paura di descriverli troppo! Grazie mille, spero che recensirai anche
questo capitolo.. a presto!
Un
bacio
Buona
Lettura
Diomache.
Capitolo VII: My Past.
Era
buia quella grotta, più oscura di quanto tutti e tre potessero solo immaginare e
piena di fango. Più che fango avrebbero detto che si trattava di una sorta di
fiume sotterraneo che passava all’interno di quella cavità rocciosa, un fiume
melmoso che ritardava i loro movimenti, stancava le gambe di Evelyne ed
innervosivanon poco i due pirati
che vedevano così ridotte le loro possibilità di reazione in caso di
aggressione.
Jack
apriva la fila ed avanzava con la spada sguainata e gli occhi stretti, intenti a
catturare ogni minimo barlume di luce per poterlo utilizzare e rischiarare il
buio di quel luogo. I suoi occhi trovavano difficoltà ad ambientarsi e malgrado
non avesse per niente l’intenzione di dirlo,guidava il piccolo gruppo completamente
alla cieca.
Anche
Evelyne, dietro di lui, avanzava in netta difficoltà. La verità era che non era
affatto abituata a viaggi e a fatiche di quel genere ma era altrettanto vero che
era troppo orgogliosa per ammettere di essere esausta e chiedere al gruppo un
attimo di break. Così trascinava le gambe nel fango ormai giuntole all’altezza
delle ginocchia e tratteneva il fiato così che nessuno a parte lei sentisse il
suo respiro corto ed affaticato. Grazie a Dio era buio e non parlava nessuno,
così non si sarebbero notate le sue guance rosse dallo sforzo, né la sua voce
rotta.
Era
talmente concentrata nella sua marcia forzata che quando Jack interruppe
improvvisamente la camminata, gli andò sopra e ci mancò poco che non caddero
entrambi.
L’avvenimento
suscitò le reazioni di entrambi gli uomini: Barbossa alzò gli occhi al cielo,
scocciato, Jack sorrise, maliziosamente.“Tesoro.- mormorò .- non mi pare il momento!” la prese in giro, godendo
nell’intravederla mentre girava lo sguardo da un’altra parte e si schiariva la
voce, in imbarazzo. Certo che quando voleva, sapeva proprio essere adorabile.
“Deficiente.”
.. in
effetti.. solo quando lo voleva sul serio..
“Beh,
che cosa c’è?” domandò Barbossa, inquieto, puntando la spada su un punto
imprecisato davanti a lui. “Perché ci siamo fermati?” ma la voce gli si fermò in
gola quando vide che l’oscurità si stava finalmente facendo meno fitta ed
incominciavano ad intravedere il fondo della caverna e le sue pareti rocciose.
“Allora.-
iniziò Jack con un sorriso.- dato che siamo ad un tanto così dal raggiungimento
del nostro diamantino, mi aspetto che ognuno di voi faccia il possibile affinché
il suddetto raggiungimento risulti raggiungibile.- i suoi occhi cioccolato si
puntarono specialmente su Evelyne.- comprendi?”
Lei
provò a protestare ma lui le diede la sua spada. “Guardaci le spalle. Io e
Barbossa andiamo avanti.”
“Io..-
sospirò.- io non so maneggiare la spada.” Confessò la giovane con un’aria un po’
colpevole.
Barbossa
sorrise, come se avesse ottenuto una sorta di rivincita e, rintraccialo lo
sguardo di Jack sembrò dirgli. “ L’avevo detto io.”
Sparrow
fece un sorriso un po’ tirato e si riprese la spada. “Il pugnale allora.- lei
negò, di nuovo.- il fucile?”
Se era
stata sincera e dispiaciuta fino a quel momento, qui arrivò invece il momento
della menzogna. “Nemmeno. Mi spiace.”
Se
l’avesse sentita suo padre sarebbe scoppiato a ridere.
Evelyne
Smith che non sapeva sparare?
Sentirono
improvvisamente un rumore strano, dal fondo della grotta, una sorta di rantolo,
un ruggito cupo ed agghiacciante che gelò il sangue nelle vene anche ad un duro
come Barbossa.Fu proprio
quest’ultimo ad intervenire, con un accento palesemente acido e sbrigativo.
“Bene,
Miss, dato che non siete di utilità alcuna, aspettate buona qui- rise.- se ci
siete ancora, al nostro ritorno vi unirete a noi.”
La
ragazza sbiancò e cercò rifugio nello sguardo di Jack che borbottò. “Certo che
ci sarà ancora.- si guardò intorno, come in cerca di qualcosa, poi finalmente
trovò ciò che gli serviva in quella melma fangosa dove galleggiavano decine di
oggetti- tieni. Colpisci forte.”
La
giovane osservò il vecchio remo che il pirata gli aveva tirato tra le braccia.
Quest’ultimo gli fece segno d’accovacciarsi ad un lato del fiume ed Evelyne
obbedì, seppur incerta, e si inginocchiò a lato, dove, coperta dal fango e
dall’oscurità, sarebbe stata più al sicuro.
Tuttavia,
mentre i due pirati avanzavano, si sentì prendere dalla paura e tentò di
chiamarlo. Ma lui non la sentì e non si voltò come invece lei avrebbe voluto,
scomparendoin pochissimo tempo
dalla sua visuale.
-o-
Barbossa
e Jack avanzavano da diversi minuti con la spada sguainata e i volti concentrati
quando sentirono di nuovo quello strano rantolo, dal fondo della caverna. Si
fermarono in contemporanea e incrociarono i loro sguardi, attoniti. Poi,
simultaneamente , ripartirono con la destra e, parallelamente, continuarono la
loro marcia verso l’ignoto e quel rantolo spaventoso che faceva rizzare la pelle
d’oca ad entrambi. Piano piano la grotta diventava sempre più luminosa a causa
della presenza di sporadiche torce che bruciavano ai lati rocciosi dell’ambiente
e che rischiaravano ai due il cammino.
Giunsero
in breve al capolinea.
La
grotta finiva lì, con un’enorme parete di roccia bianca, liscia come marmo. “Ah
eccolo qui..” mormorò Jackcon un
tono divertito ed intenerito che s’utilizzerebbe più appropriatamente con un
bambino, più che con un diamante.
E
infatti il diamante di cui Tia Dalma gli aveva parlato era lì, davanti a loro,
in una piccola bacheca di vetro incastonata nella roccia. “E allora che
aspettiamo?” domandò arrogantemente l’altro. “prendete il diamante ed
andiamocene, abbiamo perso fin troppo tempo.”
“Non
mi sembra una grande idea, Barbossa.- protestò Jack lisciandosi i baffi.- prima
quel ‘rumorino’ non l’ha certo fatto un gattino che dorme nel cesto di
vimini.”
“Un
motivo in più per prendere celermente il diamante e tagliare la corda,
no?”
Poco
convinto Jack mosse passi insicuri verso il diamante, tendendo l’orecchio alla
ricerca di qualsiasi rumore sospetto.
Niente.
Tutto
sembrava tacere e nella grande grotta non vi era altro rumore se non quello dei
loro respiri e dei loro passi lenti, trascinati nel fango.
Giunse
alla bacheca e vide finalmente da vicino il diamante di Tia Dalma. Era grande,
tanto che un pugno lo avrebbe occupato a fatica e di un colore davvero
abbagliante. Era protetto da una piccola bacheca di vetro ma incastonato nella
roccia. Jack mise mano alla piccola bacheca, cercando di tirarla via. Ma i suoi
primi sforzi furono vani, non sembrava affatto volersi muovere da lì.
Sorrisee con un sguardo
determinato si mise a tirarla velocemente con scatti in successione, senza
ottenere nient’altro se non gli sbuffi e gli sguardi ironici di Barbossa.
“E va
bene.- borbottò quindi il capitano.- vuoi le maniere forti, eh?” estrasse la
pistola e dopo essersi coperto il volto con un braccio sparò sul piccolo
contenitore che andò in frantumi.
“Les
voilà.” Disse
poi contemplando quella meraviglia di diamante, incastrato nella roccia.
Ah,
sarebbe stata una parola prenderlo, adesso.
Allungò
la mano verso il diamante ma la fermò prima ancora di toccarlo, notando che
intorno al gioiello c’erano delle crepe sulla roccia, come se la parete si fosse
mossa.
Crepe
che non c’erano prima.
“Che
diavolo succede ora?” domandò prepotentemente l’altro incrociando le
braccia.
“Il
diamante si è mosso.” Rispose Jack, concentrato sul gioiello dalle sfumature
azzurre.
“Oh e
allora qual è il problema? Sarà più facile da togliere.”
Sparrow
si voltò verso di lui, scettico. “Da che mondo è mondo, i diamanti non si
muovono. Non è normale.”
Barbossa
sospirò, mani ai fianchi. “Da che mondo è mondo, tutto ciò che riguarda Tia
Dalma, non è mai stato normale.”
Anche
questo è vero, pensò Jack ritornando a fissare il diamante, avanzato
notevolmente verso l’alto, lasciando una profonda spaccatura nella roccia. Si
voltò di nuovo verso Barbossa. “Visto?”
Quest’ultimò
roteò gli occhi. “Vogliamo prenderlo prima che continui la sua passeggiata verso
il soffitto??”
Jack,
per nulla convito ma costretto dalle circostanze, allungò la mano per prenderlo.
Ma non appena le sue dita incontrarono la superficie dura e liscia del diamante
accadde l’impensabile.
Lì,
proprio sotto al gioiello la pietra si spaccò e dal muro fecero capolino due
occhi grandi e violacei puntati dritti dritti sull’uomo che aveva osato
commettere il sacrilegio.
“Oh
mannaggia.” Mormorò l’uomo mentre la parete piano piano si sgretolava ed
emergevano, sotto gli occhi attoniti di entrambi le fattezze di un’enorme Idra a
nove testeche ruggiva nello stesso
terrificante modo che avevano già avuto occasione di ascoltare, arrivando.
I due
si gettarono a terra per ripararsi dalle pietre e solo quando sentirono il
mostro ruggire di nuovo ebbero il coraggio di alzare lo sguardo, per osservarlo
di nuovo.
“Lo
sapevo.- mormorò Jack.- lo sapevo che non era un gattino.”
“Odio
la mitologia.” Ghignò Hector Barbossa mentre i suoi occhi incontravano lo
sguardo famelico di solo una delle nove teste del mostro. Era enorme, grande
quasi tutta la volta e, almeno dal modo in cui ruggiva, si, doveva essere
davvero molto affamata.
“Ehilà,
bestiolina.” Sorrise Jack con uno sguardo poco convinto notando che il diamante
era incastrato nella fronte della testa centrale. “ Se c’è qualcos’altro che
dovremo sapere sulla mitologia greca, Barbossa, questo è il momento per
rendercene partecipi.” esclamò il capitano verso il primo ufficiale.
Questi
alzò le spalle. “La testa centrale dovrebbe essere immortale.” Disse sguainando
la spada.
“Dovrebbe?”
L’uomo
rise mentre una delle teste avanzava verso di loro con le fauci aperte. “ Lo
proviamo subito, arr!”
Un
movimento veloce, secco e la settima testa crollò nell’acqua davanti ai piedi
del pirata e poi la stessa sorte toccò alla sesta, avanzata in avanti verso
Jack. Il mostro sembrò placarsi, fece due passi all’indietro,sotto lo sguardo fiero dei due uomini
che fissavano i due colli monchi.
“Questo
è il piano.- iniziò il capitano.- taglio delle teste. Anche quella immortale.
Tanto le tue notizie non sono attendibili.”
Barbossa
non fece nemmeno in tempo a replicare che un nuovo, preoccupante, ruggito
dell’Idra lo costrinse a voltarsi. I due colli monchi si stavano muovendo
convulsamente, impazziti, e così fecero finché, sotto i loro occhi, non
spuntarono fuori due nuove teste, una più agguerrita dell’altra, per ogni collo.
In tutto quattro.Quindi
undici.
Ruggirono
tutte insieme, rinvigorite, provocando talmente tanto vento che mossero i
vestiti dei due uomini e fecero volar via il cappello del capitano. “Ah vuoi il
gioco, duro, eh, dannato mostro..” rimbrottò questo, voltandosi un macrosecondo
all’indietro.
“Penso
che il piano sia da rivedere, capitano” sussurrò Barbossa tenendo gli occhi
puntati sul mostro.
“Concordo.”
L’Idra
attaccò di nuovo.
-o-
Quell’ennesimo
enorme ruggito fece sobbalzare Evelyne Smith, rannicchiata ancora nel buio, con
un fucile ed un remo in mano, spaventata, sola e a mollo in quell’acqua putrida.
Si coprì le orecchie con le mani per evitare di sentirlo di nuovo ma nulla, quel
rumore straziante sembrava superare ogni barriera ed infilarsi nel suo animo,
facendola vibrare di terrore.
Piano
aprì gli occhi, sospirando e chiedendosi che fine avessero fatto Jack e Barbossa
e se magari avevano bisogno di lei. Le venne quasi da ridere. Due pirati che
avevano bisogno di una ragazzina viziata che non sapeva nemmeno tenere in mano
una spada?
Si
portò una mano tra i capelli bagnati da un’onda che prima l’aveva travolta quasi
completamente. Non solo non sapeva tenere in mano una spada ma ciò che sapeva
meglio fare, come sparare, s’impediva di compierlo, bloccata dal suo passato e
da quel giuramento, tempo fa.
Un
nuovo spaventosissimo fragore la fece sobbalzare ancora. Perse l’equilibrio e
cadde in avanti, in quella schifosissima acqua scura. Si puntellò con le braccia
al suolo del fiume, sospirando. Alzò lo sguardo. Non poteva stare ancora lì, a
fare niente.
Infondo
aveva comunque il remo, no?
Si
alzò di scatto, lasciando tuttavia il fucile in spalla e corse in avanti,
lottando contro la propria stanchezza e contro il fango che minimizzava tutti i
suoisforzi. Giunse finalmente nel
fondo della grotta e si fermò di scatto, incredula di fronte allo spettacolo che
le si parava di fronte.
Mio
Dio, non poteva essere vero.
Un’enorme
Idra con decine e decine di teste fameliche combattevano contro Jack e Barbossa
i quali si difendevano dai loro continui attacchi a colpi di spada che si
infrangevano contro quegli enormi denti aguzzi.
“JACK!”
urlò, in preda al panico, stringendo febbrilmente il remo tra le mani e
facendosi piccola piccola di fronte a quel mostro immane che pensava potesse
esistere solo nell’universo ristretto delle pagine di un libro.
Il
capitano si voltò verso di lei con un sorriso che si sforzava di essere
rasserenante. “Tutto bene tesoro.- disse parando il morso di una testa e
sventando l’attacco di un’altra.- è tutto perfettamente sotto
controllo!”
“S..sicuro?”
mormorò lei, impaurita.
“Miss,
mancavate giusto voi!- la voce ironica di Barbossa gli giunse un po’ affaticata
in realtà. Anche lui era molto impegnato.- sapete essere più fastidiosa di
un’Idra greca.”
Lei
inclinò il volto di lato. “Ma non dovevano essere nove le
teste?”
“Sì.
Ditelo al vostro capitano.- protestò Hector, furioso.- non ha fatto altro che
decapitare da mezz’ora a questa parte.”
“Io???-
esclamò l’altro, inorridito.- ci sto attentissimo, io.” Ma non aveva nemmeno
finito di parlare che sbagliò un colpo e ne troncò un’altra da cui spuntarono
subito due nuove teste assetate di sangue.
Tutti
e tre ammutolirono.
“ottimo
lavoro.” disse quindi Evelyne con una buona dose di sarcasmo. Ma la sua ironia
durò ben poco. Non passò molto infatti prima che l’Idra s’accorgesse anche di
lei. Una delle trenta teste la scrutò con i suoi occhi biechi prima ancora che
potesse anche solo pensare di nascondersi. Se la vide arrivare ad un centimetro
dal naso fino quasi sentirne l’alito putrido e Dio solo sa quanto deve
ringraziare suo padre, se ebbe la prontezza di colpirla con il remo prima che
s’avvicinasse di più. Tutti i suoi esercizi per evitare gli schiaffi erano
serviti dunque.
“Dov’è
il diamante?” domandò poco dopo mentre giostrava con un paio di testoline.
“Al
centro della testa centrale.- urlò Jack per farsi sentire.- oops.” Disse notando
l’ennesimo collo fumante che faceva un tuffetto in acqua.
Trentadue..
“Ah,
sant’Iddio.”
Evelyne
intanto diede l’ennesimo duro colpo alla bestia poi, individuato un angolo della
grotta che rimaneva lontano e piuttosto isolato, corse a perdifiato verso
quello, rannicchiandosi in ginocchio e chiudendo gli occhi. Controllò che l’Idra
non l’avesse scoperta ed iniziò a pensare ad un modo per togliersi da quella
situazione. I suoi occhi scrutarono bene il diamante al centro della fronte
spavalda della belva.
Le sue
riflessioni furono interrotte dalla voce di Jack che urlava a Barbossa.
“Proviamo a spararle in mezzo alla fronte!”
“E
come, di grazia?- rispondeva l’alto, furente.- mi sembra che siano
sufficientemente occupati!”
La
ragazza sospirò fissando il fucile.
Sparare.
Sparare
era l’unica cosa che l’aveva sempre avvicinata a suo padre, l’unico argomento di
cui potessero discutere insieme. Aveva provato ad insegnarle tantissime cosa ma
l’unica che lei avesse imparato sul serio era proprio quello. Era un tiratore
ormai e c’aveva preso un certo gusto nel fare sempre centro anche se a tanti
metri di distanza.
Ma da
quel giorno, quando aveva deciso di fare centro nel petto di un uomo, di
quell’uomo, da quando aveva visto il corpo di Kevin Miller cadere
giù, sotto il suo colpo, aveva giurato a se stessa che non sarebbe ricapitato
più per nulla al mondo. Aveva giurato che MAI avrebbe sparato di nuovo.
Mai
giurare in eterno, sugli angeli del paradiso o su qualsiasi altra cosa.
Perché
i giuramenti si interrompono.
Non
importa con quanta devozione li facciamo, non importa quanto siamo determinati.
Arriva
un momento in cui capiamo che continuarli non ha senso.
E in
quel momento accadde.
Evelyne
alzò lo sguardo, indecisa, confusa e capì quello che doveva fare. Lo capì con
certezza quando vide Jack a terra, nella melma e tre bocche davanti a lui con le
fauci aperte. Si scansava di scatto per evitare i loro attacchi con la spada
ridotta a metà a causa probabilmente di un morso troppo violento.
E lì
Evelyne capì. Capì che continuarlo non solo non aveva senso ma che avrebbe
costituito per lei un nuovo dolore. Non poteva permettere che facessero del male
a Jack, non poteva.
Staccò
la spina del cervello e prese convulsamente il fucile, lo impugnò come tante
volte aveva fatto e mirò sulla testa centrale quella dove brillava quel dannato
diamante. Sentiva il cuore fremere nel petto e si stupiva nel sentire
parallelamente le sue mani invece così rigide, così ferme.. lucide.. come quelle
di un’esperta. Come quelle di un’assassina.
La
testa si muoveva, ringhiava ed era parecchio lontana non solo molto alta.
Serrò
forte il fucile e restò in apnea, come faceva sempre, quindi strinse le labbra e
premette forte il grilletto. Lo sparo arrivò preciso come mai aveva fatto.
L’Idra
iniziò ad avvinghiarsi su se stessa, le teste lasciarono stare Jack e Barbossa e
iniziarono ad agitarsi. In quel muoversi convulso Evelyne vide bene qualcosa
precipitare dall’alto, come un proiettile ed affondare nel fango a pochi metri
da lei.
Corse
e affondò il braccio. Con la sua mano riemerse il famoso diamante di Idra. Non
riuscì a tenerlo in mano che pochi istanti perché, incredibilmente, era
bollente. Con un piccolo sforzo riuscì a metterlo in tasca.
Non
fece in tempo ad alzare lo sguardo che si sentì prendere per un braccio.
“Muoviti!” era Jack che la trascinava in piedi. “Avanti!” le ringhiò contro
Barbossa precedendola. Lei non ci pensò due volte anche perché l’Idra, impazzita
dal dolore, aveva preso a correre vorticosamente verso di loro con tutte e
trentadue le teste assetate del loro sangue.
Tirando
fuori tutta la grinta di cui erano in possesso giunsero fuori dalla caverna e
poi fino alla loro barchetta di legno e benché ormai la belva non li inseguisse
più, Barbossa remò come un dannato senza riprendere fiato, almeno non finché non
giunsero davanti alla catapecchia di Tia Dalma.
E fu
lì, con il fiato ancora corto e davanti alla porta invecchiata di quella capanna
che lei e Jack trovarono il tempo e il coraggio di lanciarsi un lungo sguardo.
Uno sguardo intenso e carico quasi d’attesa. Barbossa spinse la porta ma lei
fece un passo indietro ancora scossa per quello che era successo, per quello che
aveva fatto.
Infilò
una mano nella tasca ed estrasse il gioiello ancora molto caldo, consegnandolo a
Jack. “Io vi aspetto fuori.”
Jack
avrebbe voluto replicare ma vide bene lo scompiglio negli occhi di lei e non
disse nulla. Annuì e, accompagnato da Barbossa, entrò.
-o-
Ce l’aveva fatta. Finalmente.
Era
sua. La sua adoratissima bussola finalmente era sua, finalmente poteva
osservarla nel palmo della sua mano, con il suo ago magico che l’avrebbe guidato
ovunque avrebbe desiderato andare.. per cominciareall’isola introvabile se non per
chiunque non sappia già dove sia. All’Isla de Muerta e al tesoro di Cortes.
Avevano
già stabilito la rotta e adesso la Perla dormiva della grossa anche perché
l’ultima impresa era stata faticosa e i suoi uomini, lui compreso, si erano
presi una buona nottata di sonno, senza nemmeno il consueto appuntamento con il
rum.
Saliva
le scale con un sorriso sornione dipinto sul viso mentre i suoi occhi fissavano
quell’adorabile magico pezzo di metallo. Decise di fare una prova e mentre il
fresco vento notturno agitava i suoi abiti da pirata, osservò che dopo un buon
giro l’ago incantato di quella bussola stregata puntava dritto davanti a lui e
non più a nord, come prima.
Alzò
lo sguardo.
Evelyne.
Era
appoggiata al bordo della nave con i capelli sciolti e sconvolti dal vento,
aggrappata al legno e silenziosa nel deserto ponte della Perla. Mise la bussola
al proprio posto sebbene la voglia di giocarci ancora fosse forte e si avvicinò
a lei, ricordando il suo sconvolgimento poco prima. In quel momento, come in
molti altri, aveva dovuto fare il capitano, lasciarla un po’ da parte e fare il
suo dovere.
Ma
adesso non era necessario. Si appoggiò alla ringhiera accanto a lei e la trovò
con le guance lucide di pianto ed ancora un po’ tremante. Sorrise e le porse la
bottiglia di rum che aveva- come sempre.- nella sinistra. Evelyne girò gli occhi
verso di lui passando lo sguardo da lui alla bottiglia.
Poi la
prese.
Sotto
lo sguardo stupito del pirata ne fece un buon sorso, tossendo per diversi minuti
subito dopo. “ Niente paura.- la tranquillizzò lui.- è normale la prima volta.
Basta un altro sorso per stare subito meglio.”
La
giovane lo prese subito in parola avvicinando di nuovo la bottiglia alle labbra.
Fece
per fare un terzo sorso ma questa volta, un po’ preoccupato, Jack la fermò. “
Evy.- sussurrò.- non eri tu quella che odiava il rum?”
Lei lo
fissò, gli occhi ancora traboccanti di lacrime. “Evy- ripeté-carino Evy.- sorrise.- dammene un altro
po’.”
“Ti
piace allora.” Riprese, pieno d’orgoglio.
“è la
cosa più orrenda che abbia mai bevuto.- confessò.- ma voglio ubriacarmi questa
sera. Non riuscirei a dormire adesso.” si asciugò le guance con il palmo della
mano e tirò su con il naso. Lui sorrise, intenerito, come se avesse vicino una
bambina spaventata. E forse lo era.
“Non
vale la pena dimenticare tutto per una sola notte, non ti
pare?”
Lei
abbassò lo sguardo. “Voglio solo distrarmi. So che non potrei mai dimenticare né
Charles.. né tutto il resto. Non più ormai. Questa storia mi ha cambiata troppo.
Dimenticare tutto sarebbe come rinunciare ad una parte di me.. quella che sono
stata, quella che sognavo d’essere infondo. E non è
giusto.”
Jack
annuì faticando a tenere a bada la curiosità. “ E… non avresti voglia…- incontrò
i suoi occhi e subito fece un passo indietro.- anche non adesso per carità.. di
parlarne.. per esempio.. un giorno..?”
Lei
sorrise e gli prese la mano. Quella stretta fece quasi paura al pirata… era
delicata, morbida eppure così determinata, così disperata come quella di un uomo
che in mezzo all’oceano si aggrappa ad una fune. Il dolore un po’ lo spaventava
ma trovò il coraggio di sorriderle.
Evy
prese qualcosa dalle tasche e glielo mostrò. Era il corallo. “è bellissimo.-
disse con voce morbida.- grazie.”
Lui si
limitò a rispondere al sorriso poi le accarezzò il viso, con il palmo della
sinistra mentre lei continuava, improvvisamente vogliosa di sfogarsi ed allo
stesso tempo troppo impaurita per farlo.
“È
giusto che tu lo sappia.” Le era stato vicino senza chiedere nulla, senza
giudicare, senza parlare. Addirittura non le aveva nemmeno sottolineato.- come
avrebbe invece potuto.- il fatto che avesse sparato quando gli aveva detto che
non ne era capace.
“Io
sono orfana di madre.- iniziò con il cuore in gola e il fiato corto e Jack si
impegnò ad ascoltarla a fondo, come forse non aveva mai fatto con nessuno.- sono
cresciuta con mio padre che militava nell’esercito. Di tutte le cose che lui
avrebbe voluto impararmi so solo sparare.- sorrise, sentendosi un po’ in colpa.-
mi dispiace d’averti mentito…”
Sospirò
e proseguì. “Conobbi Charles a quattordici anni. Lui ne aveva venti, faceva il
soldato e non mi sopportava. Ero una bambinetta che gli stava sempre addosso e
non ne poteva più di avermi tra i piedi.- sorrise.- poi quando ebbi io diciotto
anni e lui ventisei.. allora diciamo che era lui a starmi sempre tra i
piedi.”
Jack
sorrise, malizioso.
“Tranquillo
non intendo farti venire le carie ai denti della serie: quanto l’amavo e quanto
mi amava… - i volti di entrambi si incrinarono al sorriso.- ma anche se ti
sembrerà terribilmente banale.. io ho seriamente creduto che lui fosse l’uomo
per me.”
Jack
trovò la forza per intervenire. “Non lo è.- disse con voce roca.- non è banale..
Evelyne..” *Perché anch’io penso che tu sia la donna per me* ovviamente si curò
che l’ultima parte rimanesse ad uso esclusivo dei suoi pensieri e non passasse
per al bocca.
Il suo
sguardo era un tacito grazie, mentre continuava. “Poi arrivò lui: Kevin
Miller.”
“No,
non dire niente.- l’interruppe il pirata - il classico prepotente di turno,
ricco e perdutamente innamorato della donzella in
questione.”
Rise.
“Più o meno.”
“Evelyne..- Kevin Joseph Miller le baciò il palmo della mano, sorridendole.-
è Evelyne vero?”
Lei
inarcò un sopracciglio e sfilò via la mano. “Smith prego. Per voi è ancora Miss
Smith.”
“Ancora.-
sottolineò lui avvicinandosi.- conto di chiamarvi Evelyne per il prossimo
mese.”
La sua
risata argentina si era diffusa nel piccola tenda militare a quel punto.
“Siete
un po’ troppo speranzoso, Mr Miller. Mi chiamerà Evelyne solo mio
marito.”
Lui
aveva appoggiato il volto al palmo della mano.
“Appunto”
“Solo
che Kevin non era interessato a me. Né ai miei soldi. L’unica cosa che lui
voleva era Charles.”
Jack
sgranò gli occhi, incredulo.
“No,
che hai capito.- riprese lei, aggiustandosi i capelli dietro le orecchie.- lui
odiava Charles. Lo voleva semplicemente distruggere. Sapeva che sposare me
l’avrebbe reso felice e così decise che non sarebbe dovuto
accadere.”
“E
come mai il nostro Kevin era così simpatizzante verso
Charles?”
“Vendetta.
Charles denunciò al comandante suo fratello, John Miller, per truffa e frode
allo stato. Un’onta imperdonabile per la famiglia Miller che chiese un migliaio
di volte a Charles di non farlo, promettendogli anche dei soldi in cambio.-
sospirò.- ma lui era… onesto. Lo denunciò. E Kevin gli promise che gliel’avrebbe
fatta pagare.”
“Charles
non poteva.. che ne so.. farsi trasferire altrove? Tu potevi seguirlo
e..”
Evelyne
appoggiò il mento sui palmi delle mani. “Già. Potevamo.”
C’era
poca luce in quella camera e i raggi soffusi del sole pomeridiano filtravano tra
tende di seta e irradiava i letto a baldacchino di soffice velluto rossoconferendo alla stanza un’aurea di
penombra quasi surreale. Lì con il viso affondato tra coperte di lino e cuscini
ricamati, c’era lei con un sorriso un po’ appannato, gli occhi lucidi e lo
sguardo languido e sereno.
“Vai
già via?” mormorò la giovane accarezzando il palmo della mano dell’ufficiale,
guadagnandosi così il suo sguardo, sorridente ed innamorato.
Aveva profondi occhi marroni, Charles, di quegli occhi che
dicono tutto di una persona, rispecchiano la loro bontà, la loro fedeltà ed
ingenuità a volte.
Era un
bel ragazzo e nonostante fosse più giovane di James –suo fratello.- di quasi due
anni, la somiglianza con il futuro Commodoro della Flotta Britannica era
impressionante. Se non fosse che James era un po’ più alto, da lontano perfino
Evelyne li avrebbe confusi.
“Devo.-
mormorò lui, chinandosi per baciarle la spalla.- l’esercitazione inizierà tra
poco e non posso arrivare tardi, lo sai. Un minimo passo falso e Miller mi
spedisce a militare in Scozia.”
A quel
punto la ragazza si era alzato di scatto dal letto, infervorata. “Perché
dovrebbe essere un danno tutto questo? Per me sarebbe una
benedizione!”
L’uomo
sorrise, divertito. “Ti piace la Scozia, amore mio?”
“No.-
urlò lei, arrabbiata. Ma perché non la prendeva mai sul serio??- andiamocene
Charles.- lui aggrottò la fronte.- ti prego dammi retta. Possiamo andare
lontano, sposarci ed avere una famiglia lontano da quell’essere immondo di
Miller.”
Lui le
accarezzò il viso, sospirando. “La nostra casa è qui, Evelyne. È qui che voglio
vivere ed è qui che vuoi vivere anche tu.”
“Io
voglio vivere con te.- riprese la donna.- non importa dove. Ti
prego.”
L’uomo
negò, deciso. “Non permetterò che quell’uomo sconvolga le nostre
vite..”
“Ma..”
“..
Noi andremo avanti.- attese che lei facesse silenzio.- come se nulla fosse.
Prima o poi si dimenticherà di me.”
“La
tua risolutezza ti rovinerà, Charles.”
“E la
tua mi farà fare tardi all’esercitazione.- come sempre, il suo tono era
scherzoso.- a dopo.” le baciò le labbra ed uscì velocemente dalla tenda dopo
essersi girato due volte a guardarla.
“Avete mai ricevuto.. minacce concrete da questo tizio?”
domandò quindi Jack facendo un sorso di rum. Lei gli prese la bottiglia dalle
mani e contro le sue proteste fece un altro sorso.
Poi rimase senza fiato per diversi minuti, scoppiò a ridere
e riprese a parlare, un po’ a fatica. “Oh Dio..- disse con la gola che le
bruciava.- si… diverse volte. Visto che non era riuscito a sposarmi né
convincendo me, né convincendo mio padre, aveva deciso di far finire Charles in
prigione.”
“Addirittura.”
Lei sorrise, malinconica. “Miller era potente, poteva
farlo. Ma noi avevamo James dalla nostra.”
“James?”
“James Norrigton, fratello di Charles. Nonché futuro
commodoro.- spiegò la giovane.- Miller lo incastrò ma riuscimmo a dimostrare la
sua innocenza e non accadde nulla. Finché…”
“Finché..” lui l’incitò a proseguire, intrigato.
Lei strinse più forte la sua mano a quel punto.
“Finché non ci sposammo.”
“Sei bellissima Evelyne..” Josephine, sua cugina, le
gonfiava il velo e le sistemava il vestito, mentre la ragazza stava seduta di
fronte allo specchio con lo sguardo languido e perso a rimirare la sua immagine.
Sorrise, dolcemente, attanagliata dall’ agitazione di quel giorno tanto atteso e
finalmente arrivato.
“Sei davvero magnifica. Charles rimarrà estasiato e in
Chiesa creperanno tutti d’invidia, Miller compreso.”
“Non parlarmi di lui.- la voce di Evelyne si era subito
incrinata.- oggi è un giorno speciale non voglio nemmeno sentirlo nominare. E se
non ci sarà, sarà anche meglio.”
“Oh, non verrà di sicuro. Oggi è giornata di
caccia.”
Evelyne aveva a quel punto gettato un occhio fuori dalla
finestra. “Il tempo volge al peggio.. speriamo che vada a cacciare comunque. Oh,
speriamo che non piova, Charles mi deve venire a prendere a
cavallo!”
“Signorina!- sentì la voce di una serva che si era
appena affacciata alla porta.- signorina, mi hanno detto che hanno visto un
cavallo in avvicinamento.”
La giovane sorrise, esaltata. “Charles.” Sussurrò
scattando subito in piedi e fiondandosi alla porta.
Stette ad aspettare Charles diversi minuti, in piedi, di
fuori sulla cima della grande rampa di scale, attendendo quel cavallo al galoppo
che invece non arrivava mai.
Sentirono improvvisamente un tuono lontano e una grande
folata di vento freddo scompigliò il vestito e i capelli della sposa e degli
ospiti.
Josephine, al suo fianco osò infrangerequel silenzio carico d’attesa. “Evelyne
rientra. Sta per piovere, ti rovinerai il vestito.”
La ragazza invece si voltò di scatto verso il padre
“Padre, mi era stato detto che avevano visto..”
“Si. È vero.- la sua voce era austera, come sempre.-
l’ho visto anch’io dalla torre. Rientra, sarà qui a minuti.”
“Evelyne.” Sentì improvvisamente la stretta di Josephine
sul suo braccio e si voltò di scatto sentendo in concomitanza i rumori di un
cavallo al galoppo. “Charles!” esclamò vedendo il cavaliere entrare nel
complesso della villa.
Ma il suo sorriso scemò subito quando il cavallo
s’arrestò di fronte alla grande rampa di scale e tutti videro bene che il
cavaliere era aggrappato all’animale per non cadere. Non fecero in tempo a dire
e fare nulla perché non appena il cavallo si fermò Charles Norrigton cadde di
lato finendo nella polvere. Il cavallo corse via e finalmente Evelyne trovò il
coraggio di urlare. “Charles!!!” si fiondò per le scale rischiando d’inciampare
decine di volte poi s’accasciò su di lui mentre la pioggia batteva insistente su
di loro.
Sentiva il cuore andare in frantumi mentre si gettava su
di lui, in lacrime. “Charles,
amore moi.. che è accaduto.. come ti senti…?”
Lui aveva sorriso, come sempre. “Mille.- parlava a
fatica.- mille.. domande.. insieme.. come sempre…”
Lei aveva riso, tra le lacrime. “Chiamo un
dottore.”
Ma lui l’aveva fermata, prendendole forte la mano. “Ti
prego non andare.. non mi rimane molto.. rimani con me..- le aveva mostrato il
petto oltrepassato da una pallottola.- rimani qui..”
“Miller..- sussurrò lei, in ginocchio, con i capelli e
il vestito bagnati da quella pioggia torrenziale.- è stato lui,
vero?”
“Ti prego non pensiamo a Miller… stammi vicino,
Evelyne.”
“Ma tu non morirai!- la sua tenacia lo fece sorridere.-
ti giuro io voglio sposarti tu non morirai, non puoi morire, Charles! Abbiamo
troppe cose da fare insieme.. non abbiamo vissuto niente della nostra vita,
amore mio..”
“Sei.- l’aveva guardata, pallido, con le labbra violacee
e il sangue che gli bagnava il petto.- sei..”
“Un dottore!- gridò lei, disperata.- padre chiamate un
dottore, presto!”
“Sei ..- continuò Charles, aggrappato alla sua mano.-
una sposa bellissima..”
I suoi occhi rimasero fissi, poco dopo, le sue labbra
aperte, senza più voce, e la sua stretta divenne inconsistente finché non lasciò
completamente la mano della ragazza.
Il cielo
tuonava forte e la pioggia scendeva fitta come le lacrime dagli blu della
ragazza.
“No.. -sussurrò, incredula.- Charles, rispondimi.- lo
scosse diverse volte.- Charles.. NOOOOOO!”
Iniziò a gridare attaccata al corpo di lui, sporcandosi
del suo sangue che ormai non usciva più, aggrappata a quell’uomo che tanto aveva
amato e che non avrebbe avuto più. I domestici e sua cugina l’affiancarono
subito dopo, suo padre distolse lo sguardo per nascondere le lacrime.
Evelyne restò a piangere e gridare sul corpo di Charles
per diversi minuti e quando finalmente riuscirono a distoglierla dovettero
sorreggerla in tre per portarla dentro.
“Miller quel giorno ha ucciso anche me.” Continuò Evy
facendo un nuovo sorso dalla bottiglia di rum. Jack sospirò e le accarezzò
nuovamente il viso. “Non hai trovato un modo per incriminarlo?”
Lei scoppiò a ridere di rabbia, aiutata anche dall’alcool.
“Era a caccia, capisci? A caccia! Avrebbe potuto dire che quel colpo gli era
sfuggito di mano o che Charles era sulla traiettoria di un capriolo!- si coprì
gli occhi con le mani.- niente poteva accusarlo e poi era un nobile nessuno si
sarebbe messo contro di lui.” Deglutì. “Dovetti pensarci io.”
Evelyne pianse, vegliata da sua cugina, per due ore. Poi
chiese di essere accompagnata da lei a camminare, nel bosco e Josephine non se
la sentì di negarglielo anche se pioveva; anche se Evy aveva preso un fucile
prima di uscire.
Cavalcarono per ore finché non lo trovarono.
A quel punto la giovane senza pensare, senza più
emozioni, solo con tanta rabbia nel cuore, scese da cavallo. Era lontano Miller
ma ben visibile. Imbracciò il fucile nonostante sua cugina la pregasse di non
farlo e sparò due colpi precisi.
“Lo freddai come si fredda un cervo.- ringhiò la ragazza,
tra le braccia di Jack.- il bastardo non aveva con se nemmeno i cani.Non era a caccia, era lì per uccidere
Charles. Quando l’ho ammazzato mi sono sentita morire pure io.. ed ho giurato
che mai avrei di nuovo sparato.- abbassò lo sguardo.- fino oggi, almeno. ”
Jack le accarezzò i capelli. “ Come scoprirono che fosti tu
a farlo?”
Lei sorrise, amaramente. “Mio padre.”
“Tuo padre?!”
“Per salvare il suo onore e far vedere davanti agli altri
nobili che lui non c’entrava nulla mi denunciò. Tre processi e tre condanne.-
tirò su con il naso.- il resto lo sai.”
Jack sospirò di nuovo. “ è l’aver ucciso Miller che ti
tormenta tanto? O il fatto che tuo padre ti abbia tradita a quel modo?”
Lei si staccò da lui e dal rifugio che aveva trovato tra le
sue braccia. “Tu non capisci… io non ho ucciso solo Miller.. io ho ucciso anche
Charles.- lui aggrottò la fronte.- si.- continuò lei, cercando di convincerlo.-
io potevo salvarlo, Jack! Potevo! Miller voleva sposarmi per farlo soffrire.. io
potevo sposare Miller, sapevo quanto era potente e di ciò di cui era capace!
Dovevo farlo!”
L’uomo sorrise, incredulo. “Evy è una pazzia.”
“No.. non è vero…”
“Evelyne- il suo nome, pronunciato da suo padre, Khun
Smith, faceva sempre uno strano effetto, suonava come un eco.- la verità è che
tu non lo ami abbastanza quel ragazzo!!”
Lei s’era infuriata, alzandosi di scatto. “Ma padre che
cosa dite? È proprio perché l’amo che non potrei sposare mai quel buffone di
Miller!”
Khun sbatté il pugno sul tavolo facendola sobbalzare. “
Non capisci, idiota! Se non lo sposi troverà un altro modo per vendicarsi e
forse sarà meno indolore di questo!”
Evelyne aveva scosso la testa, incredula. “Indolore..
questo sarebbe indolore invece! Io dovrei rinunciare alla mia vita, alla mia
felicità dunque! E voi lo chiamate indolore!”
“Saresti più felice con Charles morto, per
caso?”
“Siete pazzo.”
Lo schiaffo era arrivato, puntuale. Evelyne dopo un
primo istante aveva volto lo sguardo, ferita nell’orgoglio più che dalla mano
del genitore.
“Sei solo un’egoista.- aveva ringhiato lui.- ma bada che
te ne potresti pentire un giorno.”
“Evelyne..” cercò di tranquillizzarla.
“Ti prego non dire niente..- scoppiò di nuovo a piangere.-
mio padre aveva ragione.. aveva ragione..” s’attaccò di nuovo alla bottiglia,
disperata, facendo un altro sorso avido di rum.
“Non puoi pensare questo. Quello che è accaduto è una
tragedia e tu non ne hai colpa!” urlò il pirata scuotendole le spalle.
Lei gli sorrise, ubriaca. “Punti di vista.- disse, con la
voce un po’ alterata.- e adesso passami la bottiglia. Hai capito si o no che
voglio ubriacarmi, eh?”
Jack aggrottò la fronte, poco convinto.
Lei la prese e dopo un sorso gliela porse. “Fammi
compagnia. Non verrai a dirmi che ti sbronzi tutte le sere e questa che ho
bisogno di te resterai tutto d’un pezzo, neh?” continuò appoggiata al bordo
della nave.
Lui la prese, con un sorriso triste.
Finirono tre bottiglie quella sera.
Evelyne ne bevve due intere e alla fine rideva e piangeva
lì, accanto a Jack. Il pirata per una volta stranamente sobrio, l’accompagnò
nella sua camera mentre la giovane cantava e si dimenava urlando che voleva
divertirsi non dormire.
Poi l’aiutò a spogliarsi e la mise a letto, dolcemente. Si
sedette accanto a lei, vegliandola di nuovo finché avesse preso sonno,
accarezzandole piano i capelli, senza dire niente.
I suoi occhi si persero nella visione di lei, di quella
pelle così bianca da sembrare quasi porcellana finissima illuminata dalla luna,
di quei capelli neri come la pece e dei suoi occhi ghiacciati che assomigliavano
tanto al mare di prima mattina.
Quella visione lo turbò forse anche più di tutto il
racconto della ragazza. Infondo si era sempre aspettato un qualcosa di
estremamente burrascoso, altrimenti non l’avrebbe mai incontrata nelle segrete
di Port Royal con in tasca un biglietto sola andata per la forca.
Jack distolse lo sguardo da lei che dormiva.
Quell’affezione morbosa che nutriva per l’inglesina gli
trasmetteva un’ inquietudine che cresceva minuto in minuto quand’era in sua
compagnia. Si accompagnava sempre ad uno strano magone e alla spiacevole
sensazione di avere come le farfalle nello stomaco.. quell’arrogante
aristocratica era da un po’ padrona indiscussa dei suoi sogni dove abitava
sempre poco vestita, ma Jack si accorse che anche di giorno, se voleva, poteva
dargli uno strano senso d’instabilità.
Con la destra le sfiorò i capelli allontanandoglieli dal
viso, con un gesto così carezzevole che, stupito lui per primo di tutta quella
romanticheria, ritirò velocemente la mano come se Evy fosse stata di fuoco.
Un po’ in difficoltà Jack si alzò e lanciandole un ultimo
sguardo si allontanò, chiudendosi la porta alle spalle.
Con un sospiro notò che sul pavimento c’era una bottiglia
di rum mezza piena – e non mezza vuota! - abbandonata lì sul legno. Con un
sorriso Jack pensò che probabilmente era una di quelle che Evy aveva cercato di
portarsi di dentro ma che le erano scivolate di mano barcollando fino a lì.
“Ehi, darling. - disse con un sorriso che gli
fece increspare le labbra.- ma che ci fai sola soletta..” si chinò a
raccoglierla e la sollevò alta come per contemplarla, andando in contemporanea
all’indietro con la schiena. “Naa niente paura. C’è lo zio Jack adesso qui con
te..”
E continuando a parlare con la bottiglia si chiuse dentro
la sua cabina dove vuotò la piccola trovatella e molte sue amichette, prima di
cadere finalmente anche lui tra le braccia di Morfeo.
Ciao a tutti, eccoci arrivati al
finale. Anzi non è preciso, questa è la prima parte del tanto atteso finale che
sto lentamente scrivendo in questi giorni, da quando sono tornata dalla
Sicilia.. ho deciso di dividerlo in due parti perché già così siamo arrivati a
16 pagine, stendere tutte le idee che avevo in proposito in un unico
aggiornamento sarebbe stato davvero troppo pesante.. così eccovi “A Good Man.-part one.”
Stendendo il capitolo ho cercato
di fare tesoro dei consigli che mi avete dato con tutte le vostre numerosissime
recensioni, sempre molto belle e costruttive per le quali non smetterò mai di
dirvi grazie… spero di essere riuscita nell’intento, questa è solo la prima
parte del finale però si iniziano ad intravedere molte cose anche se le risposte
alle domande circa la misteriosa scomparsa di Evy dalla vita di Jack le avremo
nella seconda parte e nell’epilogo…
Mi dilungo ancora un po’ con i
ringraziamenti volendo dedicare un pensiero particolare a coloro che hanno
commentato il capitolo avviso e chi ha lasciato un commento alle ultime righe
del settimo che sotto il vostro pronto consiglio ho modificato..
Ringraziamenti:
Apple: Ciao Ire, amica
mia, assolutamente non devi dispiacerti per avermi sottolineato il collegamento
con lo sceneggiato. So che non c’era malizia, né in te né negli altri quindi non
c’è nulla di male in quello che hai detto.. Grazie per il tuo appoggio, per i
tuoi consigli, per tutto quello che mi dici sempre, per lasciare ogni volta la
tua firma infondo ad ogni mio lavoro.. Grazie di tutto amica mia. Spero di
riuscire a ripagarti con un bel capitolo. Un bacio, ti voglio bene.
Black_kisses: Ciao! Ma no, non devi credere che la
tua recensione fosse odiosa,non ti nego che per me è stata un pugnetto al cuore,
però non perché tu sia stata maleducata o sgarbata, anzi! Sei sempre stata
costruttiva in tutti i tuoi commenti e te ne sono davvero grata perché mi hai
sempre sottolineato ciò che non andava, quello che ti piaceva e quello che
invece non poteva starci, senza mezzi termini. E questo per uno
pseudo-apprendista-scrittore non può che essere un bene,no? E poi pubblicando ci
si espone automaticamente alle critiche ( e anche alle lodi per fortuna!) della
gente, quindi sarebbe da sciocchi accettare solo ciò che ci fa più comodo..
anche delle sane critiche fanno parte del gioco, quindi..
No, l’unica cosa che mi
dispiaceva è quella di averti deluso e quando ho letto il tuo commento positivo
sul finale cambiato ho iniziato a tirare un piccolo sospiro di sollievo.. tengo
molto l’opinione di tutti voi e il vostro giudizio è davvero veramente prezioso!
Sì, purtroppo Evelyne dovrà uscire di scena, è la triste realtà… il prossimo
capitolo ci svelerà tutto tutto quanto! Anch’io mi sono affezionata a te a tutti
voi, non posso pensare che la storia è sul serio agli sgoccioli! Un bacio e
grazie ancora di tutto!
Gaki: ciao! Grazie mille,
tesoro, per il tuo commento è stato davvero edificante! Ho apprezzato moltissimo
le tue parole per Jacke sono
immensamente felice del giudizio positivo che tu dai alla mia storia e al mio
nuovo personaggio.. ti ringrazio infinitamente per la tua recensione e spero che
non mi farai mancare il tuo commento in questi successivi ultimi capitoli… mi
piacerebbe sapere che ne pensi, per me è importante! Un grazie infinito, un
bacio!
LillySparrow: Ciao!
Carissima, eccoci qua quasi al ranch finale. Devo dire che houn po’ paura, spero di non deluderti!
Penso sia inutile dire quanto affetto provo per te e quanta gratitudine ho nei
tuoi confronti, ogni volta che leggo le tue mail mi fai arrossire di
complimenti, oddio, spero di meritarli sul serio! Approfitto del piccolo spazio
per risponderti che non mi arrabbio di certo se hai stampato la mia storia per
poterla leggere anche in vacanza.. ma scherzi? Per me è un ONORE! Grazie sul
serio, Lilly, un bacione grande!
JhonnyJack: ciao! Cara, i
tuoi commenti mi fanno sempre sbellicare dalle risate! Dico sul serio! Ma no,
tranquilla non tramuterò Evy in AnnaMaria, le voglio troppo bene per farle
questo! (certo qualcuno potrebbe obbiettare: ammazza che bene, gliene hai fatte
passà di tutti i colori.. beh, non avete torto!^^) Eh si purtroppo siamo quasi
alla fine… spero che ti piaccia! Un bacio a presto!
Eleuthera: Ciao! Grazie
mille per l’incoraggiamento Ele, mi ci voleva proprio! Ho apprezzato molto il
tuo commento, sei stata come sempre davvero gentilissima… a volte ho pensato di
aver esagerato un po’ in quello che una mia amica chiama “delirio
dell’onnipotenza!” cioè quando un autore si sente in grado di far fare ogni cosa
al suo personaggio.. specialmente con Jack ho temuto un sacco di volte di
snaturarlo… poi però quando ho letto le vostre recensioni mi sono rinfrancata,
siete stati davvero una boccata d’ossigeno! Un bacio grande alla prossima!
Luluzza: ciao! Grazie per
il commento, Luciana, sono contenta che benché tu avessi apprezzato anche
l’altro finale, l’arrangiamento nuovo non ti sia dispiaciuto! Sì, ho creduto
anch’io che fosse una soluzione più alla “Jack’s style” … è già un po’ di
onnipotenza a volte ce la vuole, spero solo di non andare troppo oltre il
seminato! Grazie di tutto, un bacio, a presto!
Un abbraccio caloroso anche a
chi non ha commentato ma ha solo letto questa storia.
Dediche: Vorrei dedicare
questa metà finale alla mia amica LillySparrow per ringraziarla delle sue
mail (e per scusarmi del ritardo con cui io rispondo sempre!^^), del suo
appoggio e del suo affetto.. sei davvero preziosa, Lilly, grazie!
Buona Lettura,
Diomache.
Capitolo VIII: A Good
Man
-
Part
One -
Evelyne
si stava svegliando. Si muoveva lentamente nel letto, in dormiveglia, con gli
occhi ancora chiusi e la bocca arricciata, come se qualcosa la infastidisse. Ed
in effetti era proprio così. Si agitava e respirava male ma questa volta non
c’era nessun fantasma di Charles nella sua mente, né le parole orribili di suo
padre.
Si
sentiva osservata.
Pur
nel sonno sentiva forte la presenza di qualcuno accanto a lei, sentiva il suo
fiato pizzicarle la pelle del collo e del volto e il suo odore strano misto tra
mare e rum colpirle le narici con forza. Sentiva la sua presenza e il suo
inconscio le chiedeva insistentemente di svegliarsi.
Quello
stato si dormiveglia finì quando oltre a quelle sensazioni giunse alle orecchie
di Evelyne anche un rumore, proprio accanto a lei, che ebbe il potere di
svegliarla.
La
ragazza si curò bene di non aprire subito gli occhi. Non poteva fidarsi
ciecamente di quelle sensazioni, era in dormiveglia, per niente lucida, senza
contare che le numerose avventure che ultimamente aveva passato al fianco di
Jack l’avevano fatta diventare a tratti un po’ paranoica.
Riempì
i polmoni di ossigeno e pensò che era solo un sogno, uno di quelli così
realistici che poi si finisce per credere che siano realtà.
Eppure
quelle spiacevoli sensazioni non finivano.
Le sue
labbra si mossero, quasi per urlare ma poi lei le serrò nuovamente, dandosi
anche della deficiente. Se non c’era nessuno accanto a lei o immediatamente
sopra di lei, avrebbe messo in subbuglio la nave per nulla e non sapeva nemmeno
se fosse giorno o ancora notte inoltrata.
Decise
di aprire piano gli occhi, augurandosi che tutto questo fosse solamente un
postumo della sua nottataccia.
Nonostante
fosse intimamente preparata a quello che poteva esserci nella realtà e avesse
ormaisviluppato una buona dose di
coraggio, quando i suoi occhi azzurri focalizzarono la figura di un uomo
vicinissimo a lei, non poté fare a meno di cacciare un urlo.
Urlo
che venne mozzato nemmeno a metà con un gesto brusco e pronto dell’uomo che le
mise prontamente una mano sopra la bocca, sghignazzando.
“Buongiorno
Miss. Vi siete spaventata? Oh, non era mia intenzione..”
Anche
se non lo vedeva ancora bene per via della penombra della sua cabina, Evelyne
non ebbe incertezze: Barbossa. Il sarcasmo e la profondità della sua voce non
lasciavano spazio ai dubbi. Nonostante fosse qualcuno che conosceva
“relativamente” bene e non un grezzo mozzo qualunque non riuscì a
tranquillizzarsi.
Il suo
petto si abbassava e s’alzava velocemente seguendo il ritmo frenetico dei suoi
respiri e del suo cuore agitato.
Questo
fece sorridere il primo ufficiale che allentò piano piano la mano dalla
scarlatta bocca di lei, assicurandosi che non avrebbe urlato ancora. “Molto
bene.” Disse con un grugnito che alla giovane non piacque affatto.
Fu
quando vide gli occhi dell’uomo posarsi sul suo corpo che Evelyne si ricordò di
essere quasi nuda nella sua veste da camera. Con uno scatto si tirò su
velocemente le coperte fin sotto il collo e non poté nascondere a se stessa che
questo le stava creando un imbarazzo non indifferente: si era sempre fatta
vedere vestita o vestita da uomo e tutti l’avevano rispettata. Ma adesso aveva
motivo di pensare che Barbossa l’avesse voluta sorprendere nella sua cabina per
farla apparire esattamente qual era: una donna indifesa.
Evelyne
arrossì e quasi distolse lo sguardo. “Siete impazzito?- nonostante la situazione
non lasciò che anche il suo tono di voce fosse debole come tutto il resto.- che
diavolo ci fate qui?”
L’uomo
sorrise aggiustandosi il cappello e finalmente posò lo sguardo sui suoi occhi.
“Un’accoglienza decisamente poco calorosa.- commentò.- eppure non credo che sia
la prima volta che un uomo metta piede fra queste mura, dico male
Miss?”
L’inglese
esibì uno sguardo torvo. Era ovvio che il coinvolgimento che ultimamente c’era
stato tra lei e Jack non potesse rimanere inosservato a lungo ma precisamente
quanto ne sapevano Barbossa e tutto il resto della ciurma? E soprattutto quella
era una battuta colorita nel suo stile oppure nascondeva qualcos’altro? Il suo
attaccamento a Jack poteva metterlo nei guai?
Non
seppe cosa rispondere e preferì non farlo.
Il suo
comportamento rubò un altro sorriso al pirata che inclinò lo sguardo di lato,
come uno che sa esattamente la verità. “Già- continuò- certe cose non si
confessano. Sono brutte sbandate..”
“Non
avete ancora risposto alla mia domanda.” Evelyne cercò di darsi maggior
contegno. Si sedette e si caricò finalmente di uno dei suoi tipici sguardi
pungenti.
“Io
nella mia cabina faccio entrare chi voglio. E il vostro modo assolutamente
inappropriato di entrare mi..”
“Ma
voi sapevate che noi due avremmo avuto un colloquio, Miss Evelyne. Ve lo avevo
già annunciato, ricordate?” la sua voce aveva qualcosa di pericoloso e di
terribile che la fece tremare.
L’accenno
a quell’argomento le fece venire un buco allo stomaco ed istintivamente le mancò
il fiato dai polmoni: l’ammutinamento.
“Vedo
che cominciate a rammentare, ne sono felice.” Probabilmente la sua espressione
turbata era stata molto eloquente.
Barbossa
si sedette sulla sedia lignea che fino a quel giorno era stata occupata
solamente da Jack ed esclamò fissandola.“Dite che la mia è scortesia.- continuò l’uomo.- ma quel giorno io vi
sorpresi ad origliare alla mia porta e questo non credo che sia affare da
nobildonna.”
Lei
roteò i bei occhi azzurri. Un pirata che le faceva la
morale?
“Suvvia
siete perdonata.- questa volta Evelyne rispose a quel sarcasmo inarcando
profondamente un sopracciglio.- ma ad una condizione molto precisa,
s’intende.”
“Non
me ne faccio nulla del vostro stupido perdono, Barbossa.” Pregò Iddio che la sua
voce risultasse posata e priva d’emozione. Ma purtroppo quando di mezzo c’era il
destino e forse la vita di Jack non le risultava facile recitare la parte
dell’impassibile. “E non voglio sottostare a nessuna condizione perché quello
che state per fare è abominevole e non avete alcun motivo per farlo!” alla fine
la sua voce si piegò in urlo.
“Jack
Sparrow.- mise anche il cognome per apparire più disinteressata.- è un ottimo
capitano e vi ha condotto passo passo alla soluzione di tutto per arrivare a
quel dannato tesoro. Senza di lui e del suo intuito voi sareste stati
persi..”
L’uomo
scoppiò in una agghiacciante risata. “Incantevole.”
Lei
aggrottò la fronte. “Che cosa.” Domandò piano.
“La
vista di una donna innamorata, ecco cosa.- lei sentì mancare un battito. Era la
prima volta che si confrontava con quello che realmente provava per Jack.- miss
Evelyne voi vedete un gran capitano. Io invece, e con me tutta la ciurma, vedo
uno smidollato, incapace, perso dietro le gonne di una
ragazzina.”
“Dunque
è questo?” urlò. “ è il mio.. – faticò a trovare la parola giusta.-
attaccamento… per Jack che lo ha portato ad essere malvisto da tutta la
ciurma?”
“Oh,
non datevi troppa importanza, miss Smith.” tono piatto e quasi canzonatorio
quello di lui. “Jack era in rovina già da molto prima che arrivaste voi. La
verità è che con Virago Jack Sparrow ha scavato da sé la sua fossa e si è
dimostrato qual è in realtà: un pessimo capitano.”
La
fanciulla rimase quasi senza parole. “Virago..” ripeté piano. “Che cosa
significa?”
“Nulla.-
rispose, vago.- è il nome di un vecchio mercantile che Jack non volle affondare.
Il più grande errore della sua vita.” il tono del primo ufficiale si era
caricato di odio e di sdegno e il suo livello di voce si andava alzando ad ogni
parola.
“Che
cosa accadde?” Tutto le faceva presagire che Barbossa avesse voglia di
raccontarlo.
Lui
sospirò ma non si dimostrò riluttante. “Anni fa una tempesta ci aveva sbattuti
in mezzo all’oceano, senza punti di riferimento e senza scorte che ci bastassero
per sopravvivere parecchi giorni in mare come invece avremmo dovuto fare. Il
mare era sempre in burrasca e impediva grandi manovre, non sapevamo bene dove ci
stavamo dirigendo..- sbuffò.-l’oceano si prendeva gioco di noi e dei nostri tentativi di riprendere
una rotta.”
Gli
occhi grigi di Barbossa erano pieni di fervore e durante quel racconto si
puntavano in quelli di Evelyne con così tanta violenza che la ragazza iniziò a
sentire forte il peso di quello sguardo su di se.
“Finché
non avvistammo un mercantile. Era il Virago. Lo riconoscemmo subito e capimmo
contemporaneamente dove eravamo dato che quella sorta di mercantile percorreva
ogni anno la rotta tra l’ Europa e l’America. Eravamo salvi. Sarebbe bastato
attaccarlo e depredarlo per avere ciò che volevamo.”
I suoi
occhi lo pregarono di continuare.
“Ma il
vostro Jack ci impedì di farlo.- disse ringhiando.- e sapete perché? Per degli
stupidissimi bambini.”
Evelyne
aprì la bocca senza essere capace di dire nulla.
“Oh
si, avete capito bene Miss. Quello stupido mercantile non trasportava più
solamente stoffe e spezie come sapevamo noi. I nostri uomini avvistarono al suo
interno circa cinquanta mocciosi urlanti.”
“Che
ci facevano in una nave del genere?”
“Che
diavolo volete che ne sappia!” il suo scatto d’ira la fece sobbalzare sul letto.
“ Sparrow impedì l’attacco e perfino l’abbordaggio. Cercammo di far ragionare
quel pazzo, gli spiegammoche in
quel modo ci stava condannando a morire di sete ma lui non volle sentire
ragioni!! Siamo ancora vivi, miss Evelyne, perché quattro giorni dopo
incrociammo per pura fortuna un'altra nave. Trasportava
cibo.”
Solo
quando quel racconto terminò Evelyne si rese conto di essere stata con il fiato
sospeso tutto il tempo.
“La
stella di Jack Sparrow è decaduta in quel preciso
istante.”
“Avreste
sul serio ucciso dei bambini..”
“Era
la loro vita in cambio della nostra.”
“La
vita di alcuni bambini innocenti vale di più di quella di sporchi assassini.-
deglutì.- e voi biasimate Jack per aver capito questo?”
“Un
uomo che non tenga alla sua ciurma e alla sua nave più di se stesso e della sua
anima non è degno di esserne il capitano.” Rispose meccanicamente l’altro,
distogliendo lo sguardo.
“Siete
spregevole.” Fu l’unica cosa che riuscì a dire ma le uscì dritto dal cuore. “ed
è tutto qui?”
L’uomo
aggrottò la fronte.
“Andiamo.-
continuò lei.- non può essere finita. Il vostro odio per Jack è molto più
connaturato di quello che mi avete raccontato.”
“Non
c’è più nessun’ altra appassionante storia, Miss.” Barbossa aveva perso il
calore di poco prima ed era tornato freddo e sarcastico. Tagliente quasi. “la
ciurma lo odia e non è più incline ad eseguire i suoi ordini. Ed io voglio la
Perla.”
Lei
strinse le labbra ma non disse nulla.
“Sono
tempi difficili e serve un uomo di carattere per portare tutti al successo e
Sparrow non lo è.- pausa.- ora. Quello che mi preme siete
voi.”
Evelyne
si scoprì stranamente forte, non tremò a quelle parole anche se il tono che
l’uomo aveva usato non faceva presagire nulla di buono per lei.
“Il
vostro comportamento è quanto mai insolito.- sorrise l’uomo- è palesemente ovvio
che ne siete innamorata. Eppure non avete ancora parlato di ciò che sentiste
quel giorno, vero?”
La
ragazza si sentì morire. Avrebbe dovuto farlo decine e decine di volte ma il
tempo e le avventure che si erano susseguite glielo avevano sempre impedito.
Colpevole, abbassò lo sguardo deglutendo lentamente.
Barbossa
sorrise, soddisfatto. “Siete stata brava. E per il bene di tutti vi consiglio di
proseguire su questa linea. Sempre che vogliate il bene di Sparrow
ovviamente.”
Evelyne
Jane Smith alzò i suoi occhi azzurri su di lui. In quell’istante Barbossa ebbe
l’impressione di trovarsi di fronte ad una leonessa piuttosto che ad una donna.
Sarà per la sua chioma riccia o per quegli occhi gelidi che gli puntava addosso.
“Che
cosa intendete dire.”
L’uomo
si alzò dalla sedia con un atto quasi di congedo. “Che dovete rassegnarvi.
Qualsiasi cosa farete o direte non cambierà lo stato delle cose. Tutto ciò che
vi ho detto, che avete sentito, accadrà nell’arco di poche ore e non c’è nulla
che potete fare per impedirlo, Miss.”
Lei
scattò in piedi fregandosene se non era molto vestita. Si parò di fronte a lui
alzando il bel naso aquilino per fissarlo meglio negli occhi dato che l’uomo la
sovrastava con tutto il capo.
“Jack..”
“Jack
morirà.”
Quelle
parole le gelarono il cuore. Sentì come se la vita le fosse uscita via
dall’organismo come un sospiro.
L’uomo
sorrise crudelmente. “O forse no. Potete salvarlo, se volete. E badate che è
l’unica cosa che possiate fare. Forse a discapito della vostra vita ma tra
innamorati a queste cose non si bada, giusto?”
Lei
era ancora scossa da quello che aveva sentito per elaborare una risposta
tagliente adeguata alla domanda. “Ditemi solo come.”
Barbossa
sorrise, vedendo che aveva fatto centro nel punto giusto. Ormai era fatta.
Allungò
una mano e con un gesto improvviso le prese il bel collo, stringendolo forte
sotto la sua stretta. Evelyne fu del tutto impreparata e si lasciò afferrare
come una bambina si fa sculacciare dalla mamma. Benché subito cercasse
disperatamente di liberarsi da quella morsa, l’uomo la teneva in pugno con una
facilità sorprendente.
Con il
pollice della stessa mano con cui la stringeva le accarezzò le labbra in un
gesto quasi lascivo e per un attimo Evy ebbe davvero paura. “Basterà serrare
queste belle labbra, Miss.”
La
ragazza non riusciva a parlare ma i suoi occhi di ghiaccio sembravano volerlo
trapassare.
“Conservate
il vostro segreto e Jack non morirà. Posso avere la vostra
parola?”
Lei
strinse gli occhi.
La
verità è che per lui avrebbe fatto di tutto. E preferiva pensarlo vivo e senza
la sua nave che morto, impiccato all’albero maestro.
Annuì
alla risposta di Barbossa.
Lui la
lasciò andare quasi a malincuore osservandola altezzosamente mentre lei tossiva.
“Ma io
voglio la vostra.- continuò poi la ragazza con voce rauca.- ditemi che non lo
ucciderete.”
Barbossa
le porse la destra. “Giuro di non farlo.”
“Che
ne farete?”
“Lo
abbandoneremo da qualche parte. Vivo. - sorrise.- se voi non
parlerete.”
Pur
riluttante Evelyne strinse quell’odiosa mano che le veniva porta. “Avete la mia
che non fiaterò.”
L’uomo
grugnì di soddisfazione e s’avviò all’uscita.
Prima
di andarsene gettò un ultimo sguardo alla donna dietro di lui. Era visibilmente
scossa e spaventata, finalmente aveva perso quel ghigno superbo che le aveva
visto sin dal primo momento e che sin dall’inizio aveva desiderato toglierle
dalla faccia.
Eppure
c’era qualcosa che non andava. Nonostante lui le avesse menzionato la
possibilità che lei venisse uccisa, Evelyne non gli aveva chiesto proprio nulla
riguardo le proprie sorti. Possibile che non tenesse alla vita nemmeno un po’?
Tutta questa trattativa per Jack e non una sillaba su quello che aspettava a
lei, invece, adesso che cambiavano i colori della nave su cui era
imbarcata?
I suoi
occhi grigi incontrarono di nuovo quelli di ghiaccio di lei.
Incredulo
vi lesse ancora quello sguardo superbo e superiore. Non si era
cancellato.
Come a
dirgli che nonostante la sua forza bruta, nonostante quello che avrebbe potuto
farle, lei era più forte. Perché non le interessava.
Grugnendo
di rabbia l’uomo se ne andò velocemente sbattendo forte la porta.
C’era
una confusione terribile quella mattina in coperta, una baldoria nemmeno
immaginabile. Il vento freddo e una mattina decisamente tutto meno che
incantevole, con la nebbia e una pioggerella leggera ma fitta che dava insieme a
un cielo grigio e plumbeo l’idea di lugubre teoricità, aveva spinto tutti a
rifugiarsi dentro.. tutti tranne Gibbs che Jack aveva elegantemente nominato
timoniere.
“E
avvertimi se avvisti qualcosa che non va in quella piacevole nebbiolina,
comprendi?” gli aveva gridato dietro il capitano.
“Piacevole
nebbiolina.- borbottò l’altro, grugnendo.- c’è un tempo spettrale
oggi..”
Jack
allora aveva inarcato un sopracciglio.
“Quello
che voi comuni marinai non potete capire e quindi quello che mi fa diverso da
voi, niente di meno sono il vostro capitano, un capitano deve avere sempre
qualcosa di diverso dagli altri marinai altrimenti verrebbe meno la ragione
principale che lo rende tale..”
Gibbs
fece un colpo di tosse, battendosi forte il pugno sul petto per interromperlo.
Jack
s’era quindi stoppato un secondo, poi proseguì poi con l’indice destro alzato.
“Suddetta ragione è che un capitano vede oltre, Gibbs. Oltre ciò che vedono gli
altri. La nebbia sarà antipatica ma ci rende praticamente invisibili.- sorrise,
intrigato.- e con Gattopardo e la Marina Britannica alle calcagna io dico che
questo è tutto molto molto piacevole.”
Gibbs
aveva annuito e si stava dirigendo verso il proprio lavoro quando una domanda
gli balenò nella mente. La marina britannica?
“Ehm
chiedo scusa, capitano.- riprese, confuso.-.. la marina
Britannica…?”
Sparrow
si rese conto d’aver parlato un po’ troppo. Sapeva dei malumori che
serpeggiavano subdoli tra i suoi uomini e non voleva certo metterci il carico da
undici dicendo che avevano sulle loro tracce oltre la selva di Pirati
interessati al tesoro di Cortes anche gli uomini di Sua Maestà che rincorrevano
la loro piccola assassina.
“Ehm
la marina britannica cosa, Gibbs?” ripeté fingendo di non averla nominata ed
assumendo un’espressione piuttosto burbera.
L’uomo
strinse i lati della bocca corrugando la fronte. “L’avete appena menzionata
signore. Dicevate che era sulle nostre tracce e mi chiedo perché mai dovrebbe
farlo.”
“No,
non credo.” Disse l’altro a mezza bocca. “mai detta una cosa del genere e poi
sai che ti dico, Gibbs? Gli Inglesi sono di mezzo sempre e comunque e a
considerarli nella lista dei possibili rompi-uova-nel-paniere non si sbaglia di
sicuro.”
L’uomo
rimase stordito e annuì più volte. “Oh, non ci avevo
pensato.”
L’altro
sorrise inarcando, fiero di se, un sopracciglio. “Che ti dicevo vecchio mio? è
per questo che io sono il capitano.- piccola pausa. Gibbs stava per
ribattere qualcos’altro ma lui fu più veloce.- oh adesso basta! Smammare,
filare, sciò, c’è un timone che ti aspetta!”
E
l’altro, bestemmiando, si era diretto verso il ponte.
Così
mentre Gibbs era alle prese con l’umidità e la piacevole (?) nebbia mattutina,
là sotto in coperta il resto della ciurma se la spassava allegramente.
Le
amache dove i pirati erano soliti dormire erano state spostate e così anche i
tavoli, relegati ai lati dell’imbarcazione, dove era seduta gran parte della
ciurma che osservava intrepida e urlava, incitava i due uomini che invece
stavano al mezzo e che con un po’ di buona fantasia potremmo dire che stavano
disputando un incontro di boxe.
Ehm,
boxe forse è un po’ forte.. diciamo che combattevano a mani nude e si davano
sonori pugni e schiaffi in faccia, testate, colpi bassi, alti, possibili e non,
mosse abili ed altre scorrette, insomma quasi un incontro tra due uomini
primitivi che avevano incrociato la propria strada.
Ma
tutto questo sembrava divertire molto e soprattutto intratteneva tutta la ciurma
che tra risate e bevute di rum salutava, dopo l’ennesimo pugno, l’ultimo
concorrente di Murder, così l’avevano ormai soprannominato, un gigantone nero
che in realtà sembrava obbedire solo a Barbossa e che quella mattina era stato
sorteggiato come il “palo.”
Il
“palo” in quella specie di gioco era il pugile (con le opportune virgolette sul
termine) che non cambiava mai. Era la costante di tutti gli incontri,
l’avversario fortissimo che gli altri, sorteggiati, dovevano sconfiggere.
Ma
dopo tre incontri nessuno pensava più che fosse possibile.
Il
pirata sconfitto si rizzò da terra e con orgoglio sputò sul pavimento prima di
lasciare il … ring.. tra le urla degli altri.
Il
palo, cioè Murder, alzò le braccia al cielo, gridando. “Avanti! Non sono mica
stanco!” suscitando le risa generali.
Cotton
prese allora la bottiglia di rum che al suo tavolo avevano appena vuotato e la
mise al centro della pista e con un movimento veloce della mano la fece ruotare.
Tutti i bucanieri presenti seguirono con ansiosa trepidanza il ruotare della
bottiglia di vetro, il suo rallentare.. un giro .. poi un altro.. eccola si
ferma.. tutti istintivamente trattennero il fiato mentre osservavano la canna
che si fermava lentamente indicando con terrificante precisione il nuovo
concorrente per il palo.
Gli
occhi di tutti si puntarono sul pirata biondiccio ed alto, con un occhio finto.
Quello
ignaro di tutto, o forse semplicemente fingendo di non aver seguito e quindi di
non sapere di essere lui il prossimo a venir sbatacchiato da Murder, teneva gli
occhi bassi sulle sue carte da poker e non accennava ad alzare lo sguardo.
“Ehi
tu, laggiù.” La voce graziosa di Murder però gli fece capire di essere davvero
spacciato.
Si
voltò con l’occhio che gli roteava nell’orbita in maniera irregolare, magari
facendosi espressione del tremore che passavano nelle sue viscere in quel
momento. “Dici a me?”
“Vento
alle vele, vento alle vele!” rispose il signor Pappagallo Cotton, agitando le
ali e sfoderando il suo ‘si.’.
Tutta
la ciurma lo osservò con un sorriso di cattivo divertimento. Non fece nemmeno in
tempo a dire altro che due braccia lo sollevarono (niente di più facile,
magrolino com’era) e lo gettarono dentro la pista liberata subito da Cotton, dal
pappagallo e dalla bottiglia di rum, colpevole di tutto questo.
Il
chiasso di quelli che seguivano l’incontro, o per meglio dire il pestaggio,
ricominciò, mentre chi non era interessato si rituffava in ipotetiche partite di
poker improvvisate ai tavoli, chi semplicemente beveva rum o chiacchierava
riguardo guadagni futuri come il tesoro di Cortes ormai per tutti più vicino che
mai.
Evidentemente
uno di coloro che non amavano né la boxe né il buon rum né il poker, per il
momento, era proprio Barbossa che parlava intensamente con uno dei suoi
scagnozzi preferiti, fitto fitto, non staccando mai lo sguardo dal suo
interlocutore.
E Jack
osservava bene quella scena. Anche lui non era un pirata ordinario in quella
circostanza. Non si divertiva, non giocava e beveva solo di rado, giusto perché
lo aiutava a pensare meglio.
I suoi
occhi neri stretti a fessure dalla concentrazione fissavano il suo primo
ufficiale con interesse crescente. Quella che stava conducendo Barbossa, con
quel tipo e con altri che quasi a turno si fermavano al suo tavolo, non era una
chiacchierata di piacere.
Né di
malumore. Non si stava lamentando perché non sbuffava, non negava con il capo né
distoglieva spesso lo sguardo, scontento.
Ma
nemmeno raccontava qualcosa di suo, magari un’avventura o un abbordaggio
particolarmente riuscito.. no, nemmeno. Era troppo serio, troppo teso.E troppo eccitato da quello di cui stava
discutendo. Parlava a bassa voce, con enfasi e seppure distante poteva vedere
bene una strana luce brillare negli occhi grigi dell’astuto pirata.
Sparrow
temeva quella luce. La vedeva brillare negli occhi di quella testa calda ogni
volta che c’era un attacco o un’azione particolarmente importante.
E non
era possibile che fosse la prospettiva del tesoro di Cortes a dargli tutta
questa esaltazione.
Jack
distolse fulmineo lo sguardo prima che Barbossa, sentendosi osservato, lo
voltasse verso di lui, scoprendo così di essere stato fissato tutto il tempo.
Il
capitano si fece allora un buon sorso di rum e aprì la sua bussola giusto per
controllare se Gibbs, lassù sul ponte, stesse conducendo la Perla verso la rotta
giusta. L’aprì e un buon sorriso s’allungò sul suo volto non appena notò che
tutto andava perfettamente… fissava ancora il suo adorato aggeggio intagliato
nel legno quando improvvisamente l’ago metallico vibrò e cambiò repentinamente
posizione lasciando la linea dritta di poco prima, per spostarsi all’estrema
destra.
Con
uno scatto Jack fu in piedi e s’apprestava già a correre su da quel deficiente
di Gibbs che improvvisamente aveva combinato un casino con la rotta, quando notò
cosa o per meglio dire chi aveva fatto incurvare l’ago.
A
estrema destra c’era lei, Evelyne.
Con un
sorriso divertito Jack si risedette, piano, al suo tavolo solitario,
abbandonando la scenetta tragica di Barbossa e fissando il suo imperscrutabile
sguardo sulla nuova arrivata che si faceva lentamente largo tra la folla di
pirati che si erano alzati in piedi, accesi dagli ultimi sviluppi dell’incontro.
In
effetti li match stava finendo.
“Avanti…”
grugnì forte Murder spalancando le braccia per invitare il malcapitato, tutto
nero dai pugni, a farsi di nuovo incontro .. per riceverne altre più che per
colpirlo..
Il
biondino tutto tremante, ma tenendo ancora i pugni ben alzati, fece di nuovo un
passo verso il gigante nero che gli rifilò l’ennesimo schiaffo in faccia.
Tutti
i presenti questa volta sentirono uno strano “splot” che non c’era stato durante
gli schiaffi precedenti.
Ma in
un attimo capirono che cosa era accaduto.
Dalla
faccia malmenata del pirata era saltato via il tanto prezioso occhio azzurro
lasciando al suo posto un buco e l’orbita vuota. “Oh no!- esclamò l’uomo
toccandosi il viso.- il mio occhio!”
Tutti
inizialmente scoppiarono a ridere, poi ci fu un “bleah!” generale quando si
accorsero dove era finito il suddetto occhio.
Nella
bocca di un pirata che stava ridendo a squarciagola.
Questo
strappò un sorriso anche al concentrato Jack Sparrow che alzò il bicchiere a mo’
di brindisi “Buon appetito!”esclamò tra le risa e gli sguardi disgustati di tutti.
“Non
morderlo!” urlicchiò il mezzo cieco verso l’altro che si ritrovava
quell’imbarazzante parte del corpo umano in bocca. L’uomo, con la faccia
diventata verde dal disgusto, risputò subito l’occhio finto che rotolò sul
pavimento come una biglia, andandosi a nascondere chissà dove sotto lo sguardo
angosciato del biondo che si gettò subito carponi per ritrovarlo.
Ma
qualcuno fu più veloce di lui. La scimmietta di Barbossa l’afferrò
immediatamentetra le zampe e se lo
portò via correndo a perdifiato.
“Brutta
ladruncola, torna qui!” l’inseguì rialzandosi in posizione eretta e scontrandosi
così con la graziosa figura di Evelyne che, ancora un po’ stordita, ebbe solo il
tempo di godersi la scena dell’uomo con l’orbita vuota e poi finì per terra
senza nessun altro convenevole.
Imprecò
come un buon pirata mentre si rialzava e trovò la mano di Sputafuoco Bill
proprio protesa per lei.
I suoi
occhi azzurri scintillarono come un sorriso. “Grazie.” Fu subito in piedi e,
sebbene lì sulla nave parlare di igiene e pulizia era come parlare di spirito
santo, si strofinò la gonna, lanciando uno sguardo stizzito nei confronti del
pirata che l’aveva atterrata e che ancora correva dietro all’astuto animaletto.
“Ma
che diavolo state facendo stamattina?” domandò la ragazza al signor Turner
lanciando sguardi interrogativi nei confronti di Murder, ora rimasto solo nella
pista.
L’uomo
le lanciò un sorriso benevolo offrendole in contemporanea un sorso di rum che
lei negò con un gesto della mano. “Che volete che vi dica, Evelyne..- sospirò
l’uomo.- … pirati. Ci divertiamo così.”
“è
qualcosa di estremamente barbaro.” Commentò la giovane mentre osservava la
bottiglia al centro roteare verso un nuovo, povero, concorrente. Venne estratto
un tipo abbastanza grosso e tutti urlarono ancora più eccitati perché quello
probabilmente avrebbe dato del filo da torcere a Murder, rendendo l’incontro più
avvincente.
“Ma
non ci sono regole!” esclamò la ragazza quando il nuovo concorrente colpì il
palo in mezzo alle gambe facendo ridere tutti. I suoi occhi fiammanti fissarono
il suo interlocutore. “Qui qualcuno potrebbe farsi molto
male..”
Bill
l’osservava divertito: la sua innocenza lo faceva sorridere.
“E la
nave?” tornò a domandare Evy, negando con il capo all’indirizzo di quello
spettacolo ripugnante.
“Sparrow
ha incaricato Gibbs di guidarla.” Rispose finalmente l’uomo facendo un altro
buon sorso d’alcool. “ma credo che tra poco il capitano gli andrà a dare il
cambio. Sembra non divertirsi molto..” istintivamente gli occhi di ghiaccio di
lei si fissarono sulla figura solitaria di Jack incontrando il suo sguardo.
Chissà da quanto tempo la stava fissando a quel modo.
Un
leggero sorriso si accese sulle labbra di entrambi e senza dire altro la giovane
si accomiatò da Sputafuoco e si diresse con passo lento ma deciso verso il suo
capitano preferito.
“Almeno
fino ad ora..” aggiunse Turner con un sorriso malizioso all’insegna dei due.
Quando
arrivò vicino al suo tavolo di legno Evy accarezzò con la destra la spalla della
sedia vuota, di fronte a Jack. Con un sorriso la scostò e si sedette, esordendo.
“Se tutto questo non ti piace dovresti farli smettere.”
Lui
inarcò un sopracciglio notando che quella mattina Evelyne aveva abbandonato i
suoi abiti pirateschi ed era tornata al suo vecchio abito bianco-grigio di
quando l’aveva conosciuta in prigione.
“Chi
l’ha detto che non mi piace?” domandò retoricamente non smettendo di fissare la
giovane interlocutrice.
Lei
scrollò le spalle. “Non sembri molto partecipe.”
“Invece
mi sto divertendo un sacco. Guarda un po’.” Mentì spudoratamente con un
sorrisetto beffardo dipinto in volto. “E tu? Una ragazza di buona famiglia non
dovrebbe assistere a simili spettacoli.”
Lei
corrugò la fronte. “Infatti ne farei a meno, buona famiglia a parte, sono cose
disumane che solo un branco di barbari e buzzurri come voi possono
fare.”
Murder
mollò l’ennesimo cazzotto e dalla bocca del malcapitato esplosero almeno un paio
di denti che volarono nella stanza con la velocità di una scarica di proiettili.
Jack
scoppiò a ridere, Evelyne non trattenne un’espressione disgustata. “Mio
Dio..”
“Vedo
che i panni cenciosi di Rubiens non hanno durato molto.. alla fine il tuo
orgoglio femminile è venuto a galla..” nei suoi occhi brillò lo scherno e lei
rispose inarcando un sopracciglio.
“Gli
abiti di Rubiens erano diventati più sporchi di questo vestito. Visto che qui
non c’è la possibilità di lavarsi, ho pensato che almeno avrei dovuto cambiarmi
spesso..”
“Mm… e
l’abito bordeaux?”
“Mi
piace più l’idea di indossare un abito che puzza di prigione piuttosto uno che
ha il profumo di Miss Barbossa!” esclamò la ragazza appoggiando il volto ad un
palmo della mano e giocherellando con un ricciolo.
Jack
le sorrise. “… E la sbornia… passata?”
Lei
alzò le spalle mentre un piccolo magone iniziava a farsi strada nel suo stomaco.
“Sì. Più o meno. Ma non accadrà più, giuro su..”
“Ah
ah.” L’interruppe lui che mandò una spinta al suo bicchiere di rum, facendolo
finire dritto tra le mani di lei. “mai giurare su cose simili, bellezza. Una
volta iniziato è fatta. Prima o poi ci si ricasca
sempre..”
Lei
incrinò i lati della bocca a questa bella perla di saggezza e con un gesto
stizzito rispedì il bicchiere al mittente. “No grazie. – sospirò.- ah, ma
possibile che voialtri non beviate altro?”
“Come
no!- sbottò lui, quasi offeso.- c’è anche della birra, buonissimo vino francese
e..”
“Si va
beh lasciamo perdere..” borbottò lei abbassando lo sguardo sugli gli intagli del
legno del tavolo. Perché si sentiva così in difficoltà con lui? Si rese conto di
non riuscire a stare un attimo in silenzio dall’imbarazzo..
“E
Cortes?” domandò quindi stringendo nervosa un ricciolo tra le
dita.
“Oh
Cortes è morto, darling. O almeno così speriamo tutti perché se non fosse
defunto avrebbe circa..”
“No
no..- l’interruppe lei, stizzita e rossa in viso.- intendevo il tesoro, Jack, il
tesoro di Cortes..”
“Il
tesoro?”
“Sì.
Il tesoro.”
“Oh…
-parve spaesato.-il tesoro sta
ancora lì suppongo..”
“Sì..-
Jack era davvero esasperante se voleva.- io volevo solo sapere fra quanto ci
giungeremo..”
“Beh
potevi chiederlo direttamente..”
“Te lo
sto chiedendo direttamente..”
Lui le
sorrise, intrigato, ben consapevole di farla innervosire. “Non prima di due
giorni.- rispose finalmente ma un improvviso scossone della nave fece rotolare
il suo bicchiere dal tavolo, facendolo infrangere a terra. I suoi occhi
fissarono istintivamente il soffitto.- se tutto procede per il
meglio.”
Il
mare si stava ingrossando.
Lei
sospirò irritata. “Ecco, ci mandava la bufera!”
Era
nervosa, agitata, scostante. Jack lo aveva percepito subito, non appena si era
seduta. Evitava di guardarlo e se lo faceva non reggeva il suo sguardo per più
di qualche secondo poi, o lo abbassava trovando evidentemente qualcosa di molto
più interessante nei disegni del legno, o cambiava argomento e parlava parlava
come se avesse paura del silenzio.
All’inizio
pensò che le sue guance erano così rosee d’imbarazzo e i suoi occhi così
sfuggenti a causa di quello che era successo la notte scorsa. A causa della sua
confessione, della sbornia.. infondo Evelyne Smith era un tipo orgoglioso, una
donna che aveva imparato a non mostrare le proprie debolezze a nessuno… magari
avergli confessato le sue paure la faceva sentire stranamente nuda adesso,
davanti a lui…
Ma..
qualcosa gli diceva.. nel profondo del suo istinto.. e mai sottovalutare
l’istinto di un capitano.. che c’era qualcos’altro.. che c’era di
più..
Decise
d’indagare e tornò a guardarla, cercando di vedere al di sotto delle sue belle e
lunghe ciglia nere. “Ti da fastidio?”
“Tutto
questo chiasso? Molto.” Rispose lei trovando un mozzicone di candela con cui
giocherellare.
“Non
quello.- disse indicando con il capo Murder che aveva svuotato la bocca
dell’avversario da tanti, piccoli, storti, denti neri.-
Io.”
Lei
alzò lo sguardo verso di lui che continuò allungandosi verso di lei. “Che io.-
disse con il volto vicinissimo al suo e con un accento basso basso da farle
accapponare la pelle.- che io sappia, Evy..”
Lei
sentì il fiato mancarle. Jack era vicino, troppo vicino.. sentiva uno strano
mostro dentro di se ruggire nel suo stomaco improvvisamente più in subbuglio di
quando aveva bevuto litri di rum, la testa vuota di pensieri e le mani sudate..
e c’erano loro, gli altri pirati. Jack non si curava degli sguardi della ciurma
(anche se pochi si erano accorti che quei due erano ad un soffio) e la guardava,
provocandola con lo sguardo e con le sole movenze del viso.
Lei
invece sentiva forte su di se gli occhi di Barbossa. E nella mente le parole di
Barbossa.
… uno smidollato, incapace, perso dietro le gonne di una
ragazzina…
Si
distanziò di botto, quasi con uno scatto.
Il
pirata rimase basito dal suo comportamento. Fece per parlare ma la Smith fu più
veloce. “Credo di non sentirmi molto bene.. mi gira la testa, qui c’è troppa
confusione..”
Improvvisamente
videro la scimmia di Barbossa approdarein mezzo a loro.
E poi,
subito dopo di lei, il pirata biondo si fiondò sul tavolo facendo capitolare
tutto quanto.
“Sì.- convenne Jack guardando con indifferenza l’altro
pazzo e tutto il macello da lui combinato.- andiamo.”
S’alzarono
entrambi ma quando Jack si diresse sul ponte, Evy lo fermò. “No!” disse,
imperiosa.
Sul ponte c’era Gibbs. No, forse Gibbs
non era del gruppo di Barbossa… o forse si.. insomma che ne poteva sapere lei di
chi era con lui e chi contro di lui? Ormai non si fidava di nessuno.
Allo
sguardo incuriosito di Jack rispose balbettando: “No, io… non … Jack preferisco
stare al chiuso.. forse è meglio che torni nella mia cabina.” Si girò e con le
lacrime che premevano forti sulla soglia dei suoi occhi andò a passi svelti
nella sua stanza.
Si
stupì nel sentire Jack che la prendeva per un braccio. “Posso ospitarti da me?”
Il
vento gonfiava le vele della grande imbarcazione inglese che solcava le acque
rapidamente, con la ferocia di un cacciatore in cerca della sua mirabile preda.
“Signor
Khun.”
L’uomo
ignorò per qualche istante chi lo cercava e restò fisso a guardare con il
cannocchiale davanti a se. Era scosso ogni tanto da piccoli tremiti ma non
lasciava la sua postazione, intento com’era a scrutare il mare, ansioso di
vedere finalmente all’orizzonte ciò che bramava da giorni.
“Signor
Khun.” Richiamò pazientemente l’altro, un giovane soldato, accompagnando la voce
con un piccolo gesto, appoggiò la mano sulla spalla del cinquantenne. L’uomo
sussultò e si tolse il cannocchiale frettolosamente puntando sul ragazzo uno
sguardo un po’ disorientato.
“Sì,
dimmi James.”
James
Norrington fece un piccolo respiro poi tolse la mano dalla sua spalla, capendo
che quella confidenza poteva creare un certo imbarazzo. Puntò i suoi occhi scuri
in quelli scintillanti del signor Khun Smith e disse con voce bassa ma intensa.
“L’abbiamo avvistata, signore.”
L’uomo
sgranò gli occhi e James ebbe l’impressione di vederlo sbiancare, sotto la luce
del sole mattutino. “Ne.. ne sei certo, James? Io non ho visto
nulla.”
“Dall’altra
parte, signore.”Il ragazzo si
voltò indicandogli con il braccio sinistro un altro paio di soldati che
scrutavano l’orizzonte con il cannocchiale. “l’hanno avvistata qualche minuto
fa. Vele nere, andamento veloce, rotta verso sud.- si voltò verso il suo
interlocutore.- è la Perla Nera.”
Smith
intanto aveva distolto lo sguardo e come colto da un mancamento si era
appoggiato a parapetto, sospirando forte ed asciugandosi il sudore dalla fronte
con un fazzoletto estratto dalla divisa.
“Signor
Khun.. signor Khun vi sentite bene?” istintivamente Norrington lo resse,
stringendolo forte per un braccio e cercando così di sostenerlo il più
possibile, sicuro di vedere l’uomo a terra svenuto tra pochissimi secondi.
L’inglese
balbettò un “Si..” davvero molto incerto, così James con un cenno chiamò a se
altri due uomini e lo accompagnarono a sedere, in coperta, lontani dal
caldissimo sole di mezzogiorno. Lì si fece portare un paio di bicchieri con
dentro del buon whiskey, un po’ forte ma sicuramente efficace per gli
abbassamenti di pressione. “Ecco, bevete.” Continuò il ragazzo porgendone uno
all’uomo che lo accettò di malavoglia.
Khun
si aprì il colletto della divisa e sospirò, passandosi una mano tra i capelli
neri brizzolati da parecchi fili argentei.
James
era sicuro che, se non ci fosse stato lui, Khun Smith avrebbe pianto. La sua era
disperazione, altro che pressione bassa.
Fecero
un piccolo brindisi poi entrambi ingurgitarono il liquido arancio metallico.
“Attaccheremo?”
L’altro
annuì con vigore. “Non appena saranno alla portata dei
cannoni.”
“è..-
esitò distogliendo lo sguardo per l’ennesima volta.- …è proprio necessario…. Ah,
chediamine! Lì c’è mia figlia,
Norrigton!”
L’altro
lo fissò giocherellando con il bicchiere. “Se non lo faremo noi lo faranno
sicuramente loro non appena si accorgeranno che ci hanno sulla rotta. I pirati
non sono molto inclini alle trattative..”
L’uomo
sembrò ancora più sconvolto. “Dobbiamo.. dobbiamo prenderla viva, lo sapete,
vero?”
James
annuì ma il suo sguardo si fece improvvisamente severo e duro.
Conosceva
Evelyne da quando era piccola, da quando flirtava solamente con Charles,
conosceva e voleva bene ad Evelyne come un uomo può amare la ragazza di suo
fratello, come un parente può amare una sorella.
Rispettava
Khun Smith ma lo odiava con tutto se stesso. Se Evelyne aveva ucciso l’assassino
di Charles Norrington, suo fratello, per lui era un’eroina, non un’assassina.
Aveva avuto il coraggio di seguire il proprio istinto e per quanto l’omicidio
fosse una realtà condannabile, lui non riusciva a braccarla come un branco di
cacciatori fa con una volpe assassina di decine di polli.
Soprattutto
perché la caccia era iniziata a causa dell’uomo che aveva di fronte.
Il
padre di Evelyne.
Un
padre che aveva denunciato la figlia.
Amaramente,
James pensò che adesso quell’uomo scontava tutte le pene per quell’ atto così
innaturale per un padre ( che di norma dovrebbe proteggerli i figli, non
gettarli nelle braccia del boia).
Eccolo,
Khun Smith, l’uomo tutto d’un pezzo che onorava le leggi e il proprio re, l’uomo
che per dimostrare quanto fosse determinato a catturare la figlia rea d’omicidio
stava tutto il giorno con il cannocchiale puntato all’orizzonte perché nessuno
potesse dubitare di lui.
Eccolo,
adesso. Quasi febbricitante, tremante ed insicuro, tormentato. Perché quando
Evelyne si era salvata dall’impiccagione aveva tirato un inconfessabile respiro
di sollievo e, chi lo sa,forse
aveva sperato con tutto il cuore che quella maledetta nave non venisse
rintracciata mai.
Anzi,magari era rimasto lui di vedetta
proprio per non avvertire gli altri dell’avvistamento.
Quel pensiero gli trasmise un gran senso di pena per
quell’uomo. Un soldato ed un padre.
Diviso
tra quello che è vuole fare e quello che deve fare.
Tuttavia
si rimaneva increduli al pensiero che un padre, per quanto onesto possa essere,
possa altresìsopportare la vista
della figlia appesa con un cappio al collo.
James si liberò da quei pensieri con una scossa del
capo.“Lo so, signor Khun.” La sua
voce vibrò d’odio e questo Smith lo capì benissimo. “Ma un attacco non può
essere evitato. Se oltre a sua figlia riusciamo a mettere le mani anche sulla
nave ed affondarla, allora sarà un vero successo. Ci sono anche altri gruppi di
aggregazioni piratesche nei Caraibi ma riteniamo che la Perla Nera sia l’ultima
vera minaccia per la corona britannica.”
L’uomo
non l’ascoltava con attenzione, i suoi occhi viaggiavano inquieti sul suo
interlocutore o sul tavolo o nel suo bicchiere, denotando un grande spasmo
interiore.
“Un
attacco.. potrebbe però compromettere la vita dell’evasa.- parlava della figlia
con un’impersonalità che stonava con lo stato emotivo in cui l’uomo versava.-
potremmo iniziare una trattativa…”
Quel
comportamento infastidì presto James che decise di abbandonare l’abituale
contegno e dire per una volta quello che quell’uomo si meritava senza tante
moine. “Come mai tanta preoccupazione per la vita di Evelyne Smith, signor
Khun?” non a caso mise il cognome nella frase. “Deve morire comunque,
no?”
“Non..
non è certo…- balbettò l’altro, distogliendo lo sguardo.- ho fatto domanda per
la…grazia… ho chiesto al re che venga graziata…forse ”
James
sgranò gli occhi, incredulo. Forse il padre aveva preso il sopravvento
sull’uomo?
“Adesso
è tardi, signore. Troppo tardi per ogni ripensamento..”
S’alzò,
disgustato, e lasciò quell’uomo solo con il suo giusto tormento.
Evelyne
non seppe nemmeno perché lo seguì nella sua cabina.
Non
riusciva a non pensare a quello che le aveva detto quel dannato pirata, rivedeva
davanti agli occhi Barbossa e le sue minacce, sentiva ancora la sua stretta
attorno alla gola. Dannazione, lei non voleva non voleva! Non poteva pensare ad
un ammutinamento, lei voleva salvarlo, voleva che lui restasse il capitano.. ma
non poteva parlare! Altrimenti l’avrebbe ucciso lei
stessa!
Jack
la riportò drammaticamente nel suo mondo. “Evelyne che c’è?” le chiese
brutalmente scuotendola.
Lei lo
fissò intensamente, un po’ spaesata. “Niente.”
“Tesoro.-
esordì lui con un piglio estremamente esperto.- il mio grande intuito e
conoscenza riguardo l’universo femminile mi suggerisce l’idea che tu abbia un
problema.” Sorrise. “Avanti. Fuori il rospo.”
…Conservate il vostro segreto e Jack non morirà…
Lei
distolse prepotentemente lo sguardo. “Ti ho detto che non ho niente. Sei peggio
di una comare invidiosa, insomma, vuoi smetterla d’essere così
curioso?!”
Lui le
appoggiò presuntuosamente una mano sulla pancia. “Eccolo qua il tuo problema.-
tastò il suo stomaco come un dottore. – sento un grosso, grosso
magone..”
Lei
arretrò, roteando gli occhi “è arrivato il dottore..”
“Ehi
io sono un capitano.”
“Non
un dottore.”
“E che
cos’ha in più un dottore, sentiamo? Io ho una nave.- altra fitta nel cuore di
Evy.- una ciurma, il mare e…” la fissò intensamente sospendendo quel discorso
sconclusionato.
“E?”
domandò lei con il fiato improvvisamente corto.
“… La
possibilità d’aiutarti qualora tu lo voglia.” Evelyne s’accorse che la mano del
pirata era ancora lì, sul suo ventre, e bruciava sulla sua pelle, come se
riuscisse a trapassare anche l’ostacolo del vestito. “Ovviamente deve esserci
anche un buon riscontro per me, intendiamoci.”
Evelyne
avrebbe voluto ringraziarlo, davvero. Era così disponibile, così dolce nei suoi
confronti.. ingoiò il magone più amaro della sua vita e fissò l’uomo con gli
occhi lucidi.
Una
sola parola, una sola richiesta le urlava nella mente in quel momento.
Sicuramente quello non era il frangente adatto, la situazione non era delle
migliori eppure il suo cuore non voleva sentire ragioni e urlava quella
necessità così forte cheera sicura
che prima o poi dalla testa le sarebbe passata nella bocca e sfuggita dalle
labbra.
“Baciami.”
Jack
rimase stupito nell’udirlo quanto lei nell’averlo detto sul serio.
Tossicchiò.
“Ehm..”
Evelyne
non era disposta a dirlo di nuovo. Ma non poteva nemmeno tornare indietro, non
se lo sarebbe mai perdonata.
Così
lo baciò.
Fu un
atto del tutto irrazionale, senza motivo, che lasciò senza dubbio sorpreso anche
l’interessato: sentì benissimo lo stupore dell’uomo non appena lei premette
forte le labbra sulle sue. Evy si distaccò subito dopo, sentendosi
improvvisamente molto stupida. Lui l’osservò, quasi basito.
E
senza dire nient’altro questa volta fu lui a baciarla esigendo, però, che lei
schiudesse le sue belle labbra vermiglie e gli desse finalmente accesso alla sua
bocca. Evelyne non oppose resistenza e anzi lo strinse a sé più forte che poteva
sentendo in quel momento il bisogno fortissimo di stare con lui, di sentirlo
vicino, tra le sue braccia.
Jack
la baciò con tutta la passione soffocata degli ultimi giorni quando aveva
desiderato mille volte farlo ma aveva atteso, pazientemente, che fosse lei a
fare il primo passo verso di lui. La prese per la vita e nonostante la sentisse
lamentarsi un po’, la sollevò fino a farla sedere sulgrande tavolo, sopra le sue adorate
mappe.
I loro
volti erano alla stessa altezza ora e lei poteva contemplare il nero profondo
dei suoi occhi così da vicino da temere di smarriticisi dentro. Soffocò un
gemito quando lui le sollevò la gonna fino alla cintola facendole passare le sue
rudi mani da pirata sulla pelle liscia delle sue gambe.
Deglutì
a fatica abbracciando quel corpo irrobustito da tanti giorni in mare con le sue
esili braccia da nobildonna, la sua pelle chiara di giovane sempre chiusa in
casa in contrasto con quella abbronzantissima di lui, cotto al sole notte e
giorno.
Jack
baciò di nuovo la bocca e poi il collo di lei che mettendogli una mano sulla
nuca lo guidava lungo la sua spalla, mordendosi il labbro inferiore con i denti.
Ecco,
tra le sue braccia, così, si sentiva finalmente completa, felice, appagata.
Amata.
Che
cosa avrebbe fatto quando l’ammutinamento si sarebbe
compiuto?
E
Jack? Che cosa avrebbe detto di lei, una volta scoperto che era al corrente di
tutto?
La
Perla Nera era la sua Nave. La sua vita. E lei stava contribuendo a
togliergliela.
L’avrebbe
odiata, scacciata, respinta.
Il
pensiero di essere condannata e allontanata anche da lui, dall’unico uomo che
aveva accettato di accoglierla con se quando il mondo la voleva morta appesa ad
una corda, la fece sprofondare nella disperazione. Ma perché doveva portare alla
distruzione ogni uomo che amava?
S’accorse
di singhiozzare, abbracciata a lui, e sentiva le lacrime correrle veloci sulle
guance.
Jack
si fermò, un po’ titubante, con un sorriso sornione stampato in volto.
“Ehi..”
“Va
tutto bene..- disse prontamente.- tutto bene..”
“Lo
so. Faccio sempre un effetto sconvolgente alle donne..” lei rise tra le lacrime
e cercò di nuovo le sue labbra che lui non le negò affatto.Con abile mano –ora si trattavano di
indumenti femminili, eh eh.-corse
a scioglierle i lacci che dietro la schiena s’intrecciavano a sostegno del
corpetto.
“Questa
volta sono molto più bravo, no?” le sussurrò all’orecchio tra i suoi cespugliosi
capelli ricci.
Un
improvviso botto alla porta fece sussultare entrambi. Non ebbero nemmeno il
tempo di chiedersi che stava accadendo che Gibbs irruppe nella stanza, come tra
l’altro era suo costume fare, gridando. “Capitano, Capitano, Cap..” la voce si
stoppò in gola sotto la visione di Evelyne che si sistemava la gonna,
accavallava le gambe (prima intrecciate attorno al suo partner) e si metteva a
posto la scollatura del vestito che Jack aveva sapientemente ampliato.
Il
capitano, dal suo canto, osservava l’uomo con un cipiglio altezzoso. “Ebbene?”
disse con arroganza mista a irritazione. Gibbs distolse immediatamente lo
sguardo dalla giovane.
“Ehm
capitano..- balbettò quasi indeciso.- ah.. la marin la britan ..
la..”
“La
marina Britannica?” la voce argentina di Evelyne lo fece risvegliare.
“Esattamente!
Avvistata, l’abbiamo avvistata! Ci sono alle costole,
capitano.”
“Visto
Gibbs?- esclamò il pirata sistemandosi la camicia. –maledetti inglesi.. sempre a
rompere i cogl..”
“Come
procediamo signore?”
“Avverti
gli uomini, ordina di preparare i cannoni e disporsi per la battaglia. Presto!”
Gibbs volò fuori dalla cabina. Sparrow regalò un ultimo sguardo alla ragazza,
dicendo.
“Il
tuo paparino ha deciso di venirti a fare un saluto proprio nel momento
meno opportuno, a quanto pare …tempismo perfetto.”
Lei
gli lanciò un sorriso che sapeva più di nervosismo che d’altro.
“Andiamo
a vedere che succede.” Mormorò allontanandosi a malincuore da lei e dalla sua
cabina.
Evelyne
scese dal tavolo, sospirando, si sistemò ulteriormente il vestito ed uscì dalla
stanza, seguendo a ruota Jack.
Urlò
non appena sentì qualcuno prenderle forte il braccio e torcerglielo dietro la
schiena.
“Calma,
calma, Miss..” la sua voce la raggiunse all’orecchio sinistro.
Di
nuovo Barbossa, di nuovo lui.. si divincolò dalla sua presa con uno scatto
furioso. “Ancora voi?” i suoi occhi se fossero state spade l’avrebbero di sicuro
infilzato. “ma che cosa volete ancora da me?”
“Sul
ponte, sul ponte, gli inglesi si avvicinano!” sentì bene le grida degli altri
pirati che correvano di qua e di là abbandonando i loro divertimenti.
Era
lampante che la flotta si trovava lì per lei.
Il
primo ufficiale si voltò verso di lei con un sorriso vittorioso. “Forse avevate
ragione, Evelyne.”
Lei
aggrottò la fronte.
“Di
che parlate..”
“Tutta
la ciurma sa per che cosa.. o per meglio dire.. per chi la flotta è qui.
–pausa.- Adesso credo che gli uomini aggiungeranno un altro motivo alla loro
lista… VOI.”
E
ridendo aspramente s’incamminò sulla scala che l’avrebbe condotto al ponte,
sotto lo sguardo smarrito di Evelyne Jane Smith.
To
be continued..
Diomache.
”
“è
per questo??” urlò la ragazza faticando a contenersi. “sono i miei sentimenti
per Jack che lo hanno portato ad essere malvisto da tutta la
ciurma?”
Mio
Dio ragazzi non sembra possibile nemmeno a me! Mamma quanto tempo è
passato!
Mi
dispiace, mio nonno ha avuto molti e gravi problemi di salute e per un bel po’
ho dovuto sopportare un bel po’ di stress! Ma adesso diciamo che la situazione
si è un po’ normalizzata ed io posso tirare un bel sospiro di sollievo! Sono
davvero desolata per tutto il tempo che è passato dal mio ultimo aggiornamento,
avrete pensato che la storia sarebbe rimasta senza una conclusione… ma io
mantengo fede alle mie promesse e quindi eccomi qui!
Prima
di passare ai meritatissimi ringraziamenti, vorrei dirvi che per me questo
capitolo è stato molto difficile da scrivere. Un po’ perché è l’ultimo, il che
mi causa sempre problemi, un po’ perché ci sono state scene e pezzi che non
sapevo come interpretare, spero davvero di aver lasciato tutti IC, mi sono
impregnata al massimo affinché sia così.
Spero
quindi che non mi facciate mancare i vostri commenti, sono preziosi come
l’oro!!
Prima
di iniziare vorrei ringraziare di cuore tutte le persone gentili che mi hanno
dimostrato tanto appoggio lasciandomi un commento sul capitolo avviso:
E
naturalmente un bacio enorme anche a coloro che hanno commentato il precedente
capitolo:
LillySparrow
(amica mia, quanto tempo! mi dispiace per non averti risposto alla mail
purtroppo mi si sono accavallate un po’ di cose da fare e poi alla fine è andata
così.. comunque saperti vicina mi ha fatto davvero tanto tanto piacere, grazie
ti voglio bene!!^^) Sisya, LauraSparrow, Apple( amica, ci
ritroviamo sempre io e te!^^)Blak_kisses_(Grazie mille per le tue belle
parole.. mi hai lasciato a bocca aperta!) MellyVegeta, Luluzza,
_Eleuthera_ (Grazie davvero tanto per i complimenti!) Gloria85,
Chantal
Avrei
voluto rispondere per intero alle recensioni di tutti, ma purtroppo il tempo
stringe e vorrei lasciarvi al capitolo, avete aspettato
tanto!
Un
bacio, spero veramente che la conclusione vi piaccia.
Buona
Lettura,
Diomache.
Darkness and
Starlight
CapitoloIX:A Good Man
–part two.-
<<
Lasciarsi illudere, diranno I saggi, non è bello.
Non
lasciarlo fare, dico io, è ancora peggio.
Chi
crede che la felicità dell’uomo dipenda dalle circostanze reali è completamente
fuori strada: dipende dall’opinione che si ha delle cose.
La
felicità sta in quel che si crede. >>
Elogio
della Follia. Erasmo da Rotterdam.
Bloccata.
Si
sentiva esattamente bloccata come sospesa in un limbo, un limbo oscuro che era
quella stiva, indecisa tra il salire le scale che l’avrebbero portata sul ponte
o restare lì, in balia dei suoi pensieri e delle oscillazioni della nave.
La
marina Britannica. Quasi non riusciva a crederci.
Aveva
pensato che quel giorno non sarebbe mai arrivato.
Inconsciamente
e forse anche stupidamente, aveva pensato di essere al
sicuro.
La
Perla Nera, il tesoro di Cortes, le leggende, gli intrighi a bordo e l’amore
stesso che provava per quel depravato di un pirata avevano finito per farle
dimenticare la spada di Damocle che pendeva sul suo capo.
Il
pensiero della flotta, di suo padre e di tutta la nobiltà inglese che chiedeva
il sangue di un’assassina era scivolato via dalla sua mente con una
superficialità di cui francamente non si riteneva capace.
Ed adesso la Marina Britannica era lì,
imponente, maestosa e terrificante. Non si sentiva pronta per vedere quelle grandi
vele bianche, la bandiera inglese che troneggiava sopra l’albero maestro e
sentiva un nodo al cuore solo al pensiero di dover vedere altro, come lo sguardo
di qualche soldato… di James Norrington per esempio… o peggio ancora quello di
suo padre…
Il
vociare forte dei soldati che annunciavano il rapido avvicinamento della nave
nemica la distolse da tutti i suoi pensieri.
“è l’Interceptor!”
gridava qualcuno con la voce tinta di timore e rispetto insieme. Quel nome così
familiare suscitò in lei un turbine di pensieri e di emozioni che la spinse a
compiere il grande passo e a salire in fretta quelle scale.
Non si curò del forte
vento che imperversava e mitigava un sole quasi accecante perché i suoi sensi
erano tutti attirati da quella grande calamita che era l’Interceptor, la nave
che l’aveva vista nascere e crescere...
“JACK SPARROW!” Il grido forte di un uomo che si sporgeva
dall’Interceptor con lo sguardo fiero, acuto e l’uniforme inglese si elevò sopra
la confusione. Era sconvolto dal vento che gonfiava impetuoso le vele delle due
navi spingendole e sballottandole al ritmo del mare che si stava rapidamente
ingrossando.
Il cielo era grigio e
gravoso come lo sguardo del capitano inglese ma allo stesso tempo anche fiero e
spavaldo come quello dell’americano, di Sparrow, che si era fatto avanti e con
un gesto quasi teatrale aveva allargato le braccia verso il suo interlocutore.
“Ci conosciamo?”
domandò con la finta allegrezza di una fanciulla che vuole allontanare uno
spasimante poco gradito.
Serpeggiarono risa tra
i pirati. L’unica a non condividerle era lei, che se ne stava un po’ in disparte
con gli occhi bassi, le mascelle serrate per l’agitazione e i denti che
premevano impietosi sulle sue labbra.
“Miss Smith...- la
voce bassa di Turner la colse alla sprovvista.-
nascondetevi.”
Evelyne sapeva che
quella sarebbe stata la cosa giusta da fare. Ma non riusciva ad allontanarsi da
lì. Sarebbe stato così facile entrare in cabina e chiudere gli occhi sotto le
coperte… eppure non ci riusciva e si odiava per questo.
Perché si sentiva
incollata al pavimento come se il legno della nave le trattenesse i piedie il corpo fosse immobilizzato
dall’abbraccio forte del vento.
Perché la tentazione e
al contempo la paura di vedere suo padre era troppo forte. Si sentiva come
quando da bambina si trovava di fronte ad una scena brutta: si copriva la mano
con gli occhi, ma poi sbirciava tra le dita.
Il capitano inglese,
Letray, uomo che lei conosceva bene, signore distinto, lucido e bellicoso
rispose al pirata con la stessa sfrontatezza. “No non ancora capitano! Infatti
manca giusto il vostro scalpo alla mia personalissima
collezione…”
“Oh, che peccato non
potervi aiutare…”con un gesto
quasi inconsapevole Jack si toccò titubante l’attaccatura dei
capelli..
“Non fa nulla!- gridò
l’altro.- credo che rimedierò molto presto.”
“Bene.- la voce
autorevole e competente di Barbossa si fece sentire tra il gruppo. Subito dopo
l’uomo emerse dal mucchio indistinto dei suoi uomini e si affiancò a Sparrow. –
fa sempre piacere ammazzare un po’ di Inglesi..”
“O schiavizzarne
altri.” Questa volta però non proveniva affatto dal Capitano Letray, bensì da un
uomo appena comparso sulla sua sinistra.
“James Norrington.”
Sussurrò piano Evelyne, accennando un sorriso.
Questi sguainò la
spada e la puntò contro i loro nemici. “Sappiamo che tenete in ostaggio Evelyne
Jane Smith.”
Gli occhi di tutti gli
uomini furono improvvisamente su di lei.
“Effettivamente..- la
voce di Sparrow suonò di nuovo ironica.- le siamo molto affezionati, ci mancava
un tocco femminile.. avrete notato, credo, che bel ponte lucido…” Gli uomini
della Perla risero tutti lasciando intendere agli inglesi qualcosa di recondito
e lascivo che fece innervosire Norrington.
“Sapete la giovane è
molto cara anche a noi” interloquì Letray prima che Norrington potesse farlo.
“Anche se la vostra nave è la collocazione giusta per una assassina, la
signorina Smith deve ritornare in Inghilterra dove avrà un ulteriore
processo...”
Si insinuò
l’incredulità tra i pirati, la giovane sentì sulla pelle le occhiate strane,
altre curiose. Molti annuivano perché ci avevano giurato che era una poco di
buono, altri sorridevano fieri, molti però digrignavano i denti perché quella
donna non solo aveva infiacchito l’animo del loro capitano ma stava
rallentando la loro missione con quest’intoppo e volentieri l’avrebbero vista
appesa con il cappio al collo.
L’Isla de Muerta era
ogni minuto più lontana per loro e più vicina per Gattopardo e i
suoi.
Barbossa inarcò un
sopracciglio. In cuor suo non poteva nemmeno sperare che le cose andassero
meglio.
“Vi offriamo un
cambio, signori.- il capitano parlava più piano ora, sicuro che tutti, comunque,
l’avrebbero ascoltato attentamente. – infondo noi vogliamo solo la gentile
signorina Smith.”
Il gigante nero
scagnozzo di Barbossa prese Evelyne per un braccio e la trascinò di peso fino ad
arrivare alla sinistra di Sparrow, ben visibile da tutti.
“Tre mesi.- continuò.-
tre lunghi mesi di tregua, signori.”
Era una richiesta
troppo grande, troppo vantaggiosa perché i pirati potessero rifiutarla.
Sparrow spalancò gli
occhi. “Tregua. È una parola difficile da capire:vuol dire tregua, tregua
o...”
“Vuol dire che se
starete alla larga dalle coste dell’Inghilterra noi non alzeremo dito.” Ribadì
il soldato incrociando le braccia. “Ovviamente mi serve la vostra parola. Noi vi
offriamo la possibilità di far ciò che volete nel mondo alla sola condizione.-
sottolineò la parola sola con la maestria di un demagogo.- che voi navighiate
lontano dall’Inghilterra. E naturalmente rivogliamo indietro la signorina
Smith.”
Quasi nessuno poteva
credere a ciò che udiva. Quella ragazzina che si erano accodati era così
richiesta che per tre mesi l’Inghilterra avrebbe anche potuto chiudere un occhio
su quanto accadeva nei Caraibi?
Il signor Gibbs si
lasciò andare ad un piccolo esulto e con lui gran parte della popolazione pirata
della nave.
“Saccheggi, rapine…”
Raghetti era a dir poco emozionato.
“E non solo..-
continuava il compare, Pintel,- tesori, gioielli…”
“Potrei comprarmi un
occhio nuovo!”
Evy sentiva quei
discorsi, quelle parole e tutto ciò la trapassava come una piccola spada
affilata. Il suo destino era quindi quello di ritornare sull’Interceptor, tra la
sua gente, poi in Inghilterra, a casa sua, e quindi in tribunale e un nuovo
processo. Si accorse che non aveva nessuna importanza la sentenza. Anche se
l’avessero assolta non sarebbe cambiato poi molto.
Dopo l’esperienza
sulla Perla.. dopo Jack.. non sarebbe stata più la stessa persona.
Istintivamente i suoi
occhi andarono su di lui e s’accorse che il suo sguardo la stava fissando già da
parecchio. Le sorrideva con quel che di enigmatico e di seducente che lei aveva
da sempre adorato in lui.
“No.”
La voce del Capitan
Sparrow ebbe il potere di zittire tutti quasi immediatamente. Lo aveva detto
senza staccarle gli occhi da dosso, fregandosene delle esultanze degli altri,
fregandosene dello sguardo tagliente e soddisfatto di Barbossa.
La giovane spalancò
appena le labbra e sgranò gli occhi, incredula. Era impazzito??
Il capitano inglese
inarcò le sopracciglia e tutta la ciurma spalancò la bocca, in un incredulo
“Cosa?”
Jack tossicchiò
leggermente, si schiarì la voce e ribadì il suo “No” agli Inglesi.
“No, noi non
accettiamo. Perché…-i suoi occhi
trovarono per un istante quelli di Evelyne che gli lanciavano fulmini per lui
inspiegabili.- … perché non sono uno sciocco. Sono il Capitan Jack Sparrow e so
che questi gentili signori ci stanno allegramente prendendo per
il...”
“Bada alle tue parole
pirata.- la voce di Letray suonò stridula come lo strisciarsi tra due coltelli.-
tra me e te sei tu il pirata, quindi è la mia parola che vale di
più.”
“Mi sembra
ragionevole..” commentò il signor Gibbs con una alzata di spalle.
“Davvero? Beh a me non
sembra affatto che lo sia.- iniziò Sparrow con un piglio quasi offeso.- credete
forse che sua maestà Interceptor, Duntless e tutte le santissime bagnarole del
re ci daranno carta bianca per scorrazzare felici e tranquilli sulle loro
colonie? Io dico di no. Dico invece.- ricominciò gesticolando.- che questi
signori prima vorranno il nostro ostaggio, poi ci dichiareranno guerra e
dovremmo sprecare preziose palle di cannone per ammazzarli. E avremmo perso il
nostro ostaggio. E una buona dose di tempo il quale, signori, è altresì molto
prezioso. Allora, dico io, perché non ammazzarli subito? Sì, sprecheremo sempre
le nostre preziose palle di cannone, ma non perderemmo meno tempo che
sprecandole dopo aver accettato e ceduto il nostro
ostaggio?”
“Craa vento alle vele,
vento alle vele!” svolazzò Cotton e Jack, compiaciuto, si voltò verso di lui,
giungendo le mani a mo’ di preghiera. “Grazie mille..”
“Rifiutate, dunque?”
il tono dell’inglese preludeva la battaglia.
Jack inarcò un
sopracciglio. “E poi.- continuò.- non vi sembra strano? Tanto ardore per una
donna…” Evy inarcò un sopracciglio ma lui non se ne curò affatto. “è
un’assassina graziosa ma è per sempre un’assassina. L’Inghilterra è disposta a
tanto solo per un’assassina? Non credo proprio. Allora, qui le cose sono due. O
questi inglesi oltre ad essere dei molluschi, sono anche tutti eunuchi…
opp..”
“Jack ha ragione!” La
voce di Sputafuoco fu quanto meno provvidenziale. “Non possiamo fidarci di
questi sporchi inglesi!” concluse sputando a terra.
Barbossa in un angolo
sorrideva.
Jack fece cenno a
Gibbs di dire qualcosa pure lui. L’uomo sugli inizi sembrò non capire poi però
all’ennesima occhiata afferrò il messaggio e con aria piuttosto incerta e la
bocca amara per il fallimento dell’accordo, urlò anche lui. “Si!! Ha ragione il
capitano!”
Fu una piccola
reazione a catena, piano piano tutti iniziarono lentamente ad annuire e a fare
cenni d’assenso, parallelamente a ciò che avveniva nella nave inglese dove il
capitano, nervoso per il suo fallito tentativo di mediazione, interruppe il
mormorio dei suoi soldati.
“Come desiderate
bastardi… -ringhiò- Uomini ai cannoni!!!!”
“Orsù gente- gridò di
rimando Sparrow.- che inizi la musica!”
Non occorse dire
altro. In pochissimo tempo si scatenò esattamente la tremenda musica dei cannoni
che sparavano e le palle di metallo che si infrangevano nel legno della nave
alzando nubi di schegge. Intanto il mare s’ingrossava per effetto di quel vento
disastroso che non accennava a diminuire e che agitava le imbarcazioni menandole
a destra e a sinistra come dei burattini nelle sue grandi grinfie blu.
Ma se l’ondeggiare
della nave non faceva smettere lo sparare continuo dei cannoni, rendeva invece
molto difficile puntare con il fucile. Mirare era pressoché impossibile a causa
del movimento ondulatorio della Perla e si rischiava di sprecare solo tempo e
munizioni.
“Dannazione…” imprecò
il capitano gettando il fucile a terra dopo l’ennesimo colpo che invece che
conficcarsi su quel dannato Letray centrava in pieno l’albero maestro.
“Capitano!” Gibbs lo
raggiunse sulla destra, trafelato e preoccupato. “Le munizioni stanno finendo e
il tempo sta peggiorando, signore!”
“Questi inglesi mi
hanno stancato, leviamo le tende!” ordinò prendendo velocemente la bussola dal
taschino e cercando la rotta da seguire per l’Isla de Muerta.
L’ago di ferro roteò
velocemente poi puntò sud-ovest. Jack alzò gli occhi e vide che gli Inglesi
erano proprio in quella direzione.
“Che rotta capitano?”
domandò il signor Gibbs faticando a farsi sentire per il vento e tutto il resto.
Sparrow richiuse
velocemente la bussola, l’agitò per bene e la riaprì di botto. Di nuovo
sud-ovest.
Beh? Era impazzita?
Lui voleva l’Isla de Muerta non andare dritto verso le fauci della Marina
Britannica. I suoi occhi seguirono quella strana direzione e vide poi che non
c’erano solo gli inglesi da quella parte. Alla sua sinistra c’era anche Evelyne,
accovacciata e nascosta, con le mani sopra le orecchie, gli occhi chiusi e
stretti come quelli di una bambina cresciuta troppo in fretta.
Sorrise appena e
riprovò una terza volta. Come se la bussola avesse capito solo ora verso quale
direzione non il cuore ma la ragione del capitano premeva in quel momento, segnò
rapidamente direzione est.
“Est!”
Il fragore assordante
di un tuono irruppe nell’aria proprio in quell’istante, accompagnato
dall’ennesima oscillazione della Perla che fece perdere l’equilibrio a tutto e
tutti per cui in pochi istanti i pirati si ritrovarono con il sedere a terra.
Sul pavimento della Perla rotolava di tutto, palle di cannone, proiettili e
perfino l’occhio di Raghetti che disperatamente lo rincorreva da un lato
all’altro della nave.
La Perla iniziò a
muoversi ma proprio in quell’istante videro che gli Inglesi attaccavano di nuovo
e questa volta con un arrembaggio: decine di corde trasportavano veloci gruppi
di nemici sulla loro nave.
“Tiro al bersaglio,
gente!!” sogghignò Barbossa mentre centrava decine di inglesi, sotto le risa
generali. Ci fu parallelamente uno sguainare di spade e il combattimento corpo a
corpo tra inglesi ed americani, tra soldati e pirati.
Tutti si battevano con
spade, lancie, pistole a mo’ di clave perché scariche mentre Jack se ne stava
placidamente al timone a tenere la nave che altrimenti sarebbe stata sballottata
dal vento e dal mare. Poi, ogni tanto, quando qualcuno si avvicinava, gli
sparava con la nonchalance di quando si ammazza una mosca
fastidiosa.
Evelyne lo osservava
dal suo nascondiglio e se non fosse stato per la distanza, avrebbe creduto
persino che fischiettasse.
Ci fu l’ennesimo tuono
e un’onda più grande delle altre, che investì la Perla, facendola riempire
d’acqua salmastra che inondò i due schieramenti. Anche Evelyne si trovò nella
mischia, senza nemmeno accorgersi di com’era accaduto.
Subito si adoperò per
rialzarsi, si puntellò sulle ginocchia, si sfregò gli occhi per cercare di
vedere qualcosa ma non appena riuscì a rizzarsi in piedi si sentì afferrare
velocemente da qualcuno e potare via, lontano.
S’accorse realmente di
ciò che stava accadendo solo quando rimise piede sulla nave. Ma non sulla
sua nave, la Perla. Sull’Interceptor.
Sia Jack che Gibbs
avevano visto il rapimento. Rapimento? Beh, insomma, quello che era.
“Dannazione.” Commentò
il pirata sgozzando un inglese. “Bisogna andarla a riprendere,
capitano?”
“Ci andremo tutti!-
sorrise Sparrow.- uomini andiamo a fare una visita agli uomini di sua maestà!
All’arrembaggio!”
“Nooo!” gridò Evy
divincolandosi dall’uomo che l’aveva rapita, dirigendosi verso il bordo della
nave dal quale vedeva la Perla in subbuglio dal
combattimento.
“Evelyne, ferma.”
L’uomo la prese forte per un polso e la costrinse a voltarsi verso di lui.
Era
James.
“Che hai fatto?” gli
urlò contro, battendo i pugni sul suo petto. “Sei impazzito, che hai
fatto?”
L’uomo riuscì ad
immobilizzarla in un paio di mosse e le sussurrò all’orecchio, in modo che gli
altri non potessero sentire. “Evy, Evy, tuo padre ha chiesto la grazia per te,
l’ha chiesta al Re! Non lo sa ancora nessuno ma stai tranquilla, non
morirai!”
La ragazza si
distanziò da lui e James vide bene che nonostante le sue parole l’odio nei suoi
occhi blu non era diminuito affatto. “Evelyne..” sussurrò, confuso, poi non
resistette e l’abbracciò forte, come ai tempi passati, quando lei era la ragazza
di suo fratello. Anche lei lo strinse ma fu per pochissimi istanti perché furono
presto investiti dal fragore dei pirati che piombavano su di loro.
Norrington affidò
velocemente Evelyne ad un suo sottoposto. “Presto! Portala nei miei alloggi,
corri! E avverti suo padre!”
L’uomo l’immobilizzò e
cercò di condurla via ma Evelyne si dimenava urlando come una leonessa. Riuscì a
mollare una gomitata al suo carceriere e vide stupefatta che quello crollava a
terra, stecchito. Poi, voltandosi, scorse Jack che soffiava via il fumo dalla
pistola.
“Signorina Smith.-
sorrise mentre teneva nella destra una corda.- la vostra carrozza è
arrivata.”
Esultando, sotto gli
occhi increduli di Norrington, Evelyne si precipitò verso il capitano pirata,
circondò il suo corpo con le braccia e si lasciò condurre via, sospesa a
mezz’aria, finché non si ritrovò sulla Perla di nuovo.
Vide che quasi tutti i
bucanieri piombati sull’Interceptor erano tornati indietro, mentre sulla nave
pirata c’era ancora qualche soldato inglese.
“Allora - gridò Jack
recuperando il suo cappello tra gli uomini in lotta.- su, che questa brezza ha
cominciato a stancarmi! Cazzate a babordo!”
Alla faccia della
brezza, quel vento iracondo s’ingrossava sempre di più e minacciava di
cappottarli davvero. Ma Barbossa non si dava per vinto gridava nel vento con la
voce forte di un generale.
“Alzate l’ancora di
tribordo, cazzate a babordo, abbassate le vele altrimenti il vento ci sbatterà
su un lato, branco di idioti” gli uomini eseguivano faticosamente e lui in
quattro balzi s’appropriò del timone, iniziando la virata che l’avrebbe portati
via da lì.
Molti della ciurma
alzarono un sopracciglio, voltandosi verso Jack. “Oh, gliel’ho detto io,
ovviamente.” Giustificò l’altro, ripromettendosi però solennemente di fare un
bel discorsetto a Barbossa riguardo quello che un primo ufficiale poteva o non
poteva fare. Diciamo che questa volta avrebbe soprasseduto giusto perché era una
situazione d’emergenza.
La Perla cominciò a
muoversi e a scappare e gli inglesi ancora vivi che si trovavano in territorio
pirata s’affrettarono a ritornare sulla loro nave. Tutti tranne un uomo che
ancora combatteva ferocemente e sembrava non volerne sapere d’andarsene.
“Curioso come la gente
si voglia suicidare al giorno d’oggi.” Commentò Jack con un mezzo sorriso
accanto a Barbossa.
Quest’ultimo strappò
un fucile da un pirata e lo puntò sull’inglese. “Andiamo Jack. Vince chi lo
centra per primo. è un po’ che non andiamo a caccia…” disse ridendo in un modo
così agghiacciante che fece venire i brividi perfino a Sparrow. Egli con un
sorriso tirato e non potendo tirarsi indietro prese il fucile pure lui con un
entusiasmo pari a zero.
I due
mirarono.
Jack mise mano al
grilletto ma si bloccò seduta stante quando vide che quell’uomo gridava un nome
che tutti conoscevano bene. Calò il fucile e osservandolo vide che combatteva
urlando il nome di Evelyne.
In quell’istante se ne
accorse anche lei. La voce aspra ed acuta di quell’uomo che gridava il suo nome
superò le barriere della confusione. La donna si rizzò in piedi con il cuore in
gola e quella voce così familiare che le rimbombava nelle tempie, gli occhi che
cercavano avidi l’uomo che la stesse chiamando così disperatamente.
Quell’uomo.
Lo riconobbe subito.
Suo padre.
In un attimo dimenticò
ogni cosa. Dimenticò che lui le aveva addossato la colpa per la morte della
madre, dimenticò il male, il dolore di quel tradimento che fino a poco prima le
aveva fatto ribollire il cuore di rabbia, dimenticò i suoi occhi lontani e la
sua voce fredda e apatica, mentre lei saliva al patibolo.
Non era nient’altro
che suo padre in quell’istante.
Jack aveva esitato. E
Barbossa se ne approfittò seduta stante. Senza lasciare nemmeno tempo per un
respiro puntò velocemente il fucile e fece lui quello che Sparrow non aveva il
coraggio di fare. La pallottola raggiunse precisamente il petto di quel bastardo
inglese.
“Peccato, Jack, poteva
essere un bel giochetto..” ghignò l’uomo stringendo tra le mani la canna del
fucile.
La Perla intanto si
allontanava veloce e la ciurma gettava in mare i cadaveri.
Turner e Cotton
afferrarono quello di Smith ma la voce argentina di Evelyne li fermò a
mezz’aria. “Fermi!”
I due uomini si
bloccarono immediatamente, lasciarono l’uomo a terra e fecero un passo indietro.
C’era fragore sulla
Perla, ormai si erano allontanati dai nemici e tutti gridavano fieri della
battaglia, ignorando la giovane che si faceva lentamente largo e raggiungeva
quell’uomo agonizzante, sdraiato sul freddo legno della nave.
Il proiettile gli si
era conficcato nel petto e dalla ferita aperta stillava fuori, come vino da una
botte, sangue vivo a grandi fiotti: era vicinissima al cuore. Si sentiva
distrutta, spaesata, ingannata dal destino che gli aveva ridato il padre e
l’affetto per lui solo per pochi secondi e poi glielo aveva sottratto
bruscamente. Non aveva avuto il tempo nemmeno di realizzare.
Era lì adesso, ai suoi
piedi, morente. Senza quasi più la forza di parlare, Evelyne si inginocchiò
accanto all’uomo.
“Papà…”
La sua destra,
tremando, toccò appena l’attaccatura dei capelli del genitore, quei capelli che
un tempo erano stati d’un nero intenso proprio come lo erano adesso i suoi. Khun
Smith sentì la carezza, sentì quel tocco così delicato, un tocco quasi angelico.
Si riscosse appena, aprì gli occhi e Dio gli concesse di vedere l’angelo che era
chinato su di lui.
Con i capelli
sconvolti dal vento e gli occhi dalle lacrime, lì vicino a lui, c’era sua
figlia.
Un piccolo sorriso si
stampò sul volto dell’uomo. Aprì la bocca. Voleva parlare. Voleva chiederle
perdono, voleva dirle quanto le era mancata e quanto era pentito delle sue
azioni. Voleva dirle che il desiderio di essere un uomo onesto e rispettoso
delle leggi non valeva quello di essere un buon padre… ma non disse nulla.
Fu un attimo perché la
vita gli sfuggì dalle labbra esattamente come un rivolo di sangue e il suo capo
che si era sollevato appena ricadde pesantemente all’indietro.
Morto.
“Miss Smith.- la voce
roca e cavernosa di Turner suonò quasi dall’oltretomba.- dovete lasciarlo
andare.”
“Avete sentito o no?”
era Barbossa ad urlarle adesso. “Gettate quell’inglese a mare, ne ho abbastanza
di questi piagnistei!”
Alla voce di Barbossa
seguì l’immediata esecuzione del gigante nero che le prese il padre da sotto il
naso e senza che lei potesse dire o fare nulla, lo gettò in mare come un sacco
di carbone.“Nooo!” la giovane si
lanciò verso la sponda lignea della nave e, quant’è vero Iddio, si sarebbe
buttata se la provvidenziale stretta di Sparrow non l’avesse fermata. “Evy..” le
sussurrò piano tra i capelli mentre lei osservava il genitore scomparire come un
sasso nel mare ancora grosso e vociante.
“è morto.”
Evelyne stava per
scoppiare a ridere e a piangere insieme. “è morto. È morto, è morto non è
incredibile? Ah, è ridicolo! Non trovi ridicolo quell’uomo? Prima vuole
uccidermi poi muore per rivedermi…” tirò su con il naso e Jack con un mezzo
sorriso gli porse il suo fazzoletto.
Evelyne fece per
prenderlo ma poi vide che era tutto annerito di polvere da sparo. Lui alzò le
spalle. “Ho dimenticato di fare il bucato..”
Rise mentre le lacrime
le scivolavano sulle guance. Poi con uno scatto improvviso si lanciò verso
Sparrow e gli gettò le braccia al collo, stringendolo forte. Si distanziò subito
però, quasi vergognandosi di quel gesto. “Mi dispiace, Jack.” Disse inclinando
appena il viso. “Mi dispiace tanto.”
E prima che il pirata
potesse chiederle spiegazioni, l’inglese era già sparita tra la ciurma.
Gibbs e Turner si
avvicinarono al capitano, lisciandosi il mento. “Strana.”
Jack strinse gli
occhi. “Strana.”
La Perla dondolava
ancora. Fuori dalla sua cabina Jack sentiva bene il vento urlare forte
increspando l’immenso oceano blu su cui la loro piccola nave si agitava tanto.
Sorseggiava rum mentre
con un compasso piuttosto antiquato misurava la distanza precisa della rotta e
faceva misurazioni, calcoli, in vista dell’arrivo all’Isla de Muerta. Per la
verità ci sarebbero voluti ancora quattro o cinque giorni, secondo la direzione
che la bussola gli indicava e secondo quei computi di cui lui solo, come
capitano, era a conoscenza.
Notte placida,
nonostante il rombo del mare e la luce che nelle lanterne si muoveva di continuo
seguendo la monotona danza da destra a sinistra della nave.
Di tanto in tanto
pensava ad Evelyne. Le parole che uscivano da quella boccuccia adorata non erano
mai sparate a caso, questo lo sapeva bene, e lui non era ancora riuscito a
trovare un senso riguardo il loro ultimo colloquio. Per che cosa doveva
dispiacersi?
A dire il vero erano
molte le cose che non quadravano, ultimamente.
C’era l’atteggiamento
freddo dei suoi marinai, ad esempio, c’erano gli sguardi complici di Barbossa
con altri tizi della sua stessa risma e c’era Evelyne. Evelyne con i suoi occhi
lucidi senza una motivazione plausibile… lei che quando lo toccava, lo
accarezzava, lo faceva come una donna che sta dicendo addio al suo uomo.. come
se facesse tutto per l’ultima volta.
Forse era in ansia per
lui perché aiutandola si era esposto all’odio dei suoi
uomini?
In effetti li aveva
sentiti i mormorii, i brusii, le occhiatacce a causa del rifiuto di quella
vantaggiosissima offerta inglese. Dannazione, i suoi uomini si erano così
eccitati solo al pensiero di poter fare scorribande senza controlli, che la sua
scelta li aveva fatti invelenire come iene.
Sapeva di non avere
più un buon ascendente su di loro da molto tempo e di sicuro la sua posizione si
era aggravata.
Fece un buon sorso di
rum mentre i suoi occhi viaggiavano sulla cartina ingiallita arrivando sino ad
una piccola protuberanza, quella piccola penisola vicino alla quale era avvenuto
l’episodio del Virago. Da lì i rapporti con la ciurma si erano deteriorati man
mano e nonostante lui s’adoperasse con tutto se stesso per essere un buon
capitano, sembrava che qualsiasi vittoria, qualsiasi bottino non valesse più la
loro stima.
Chi aveva concentrato
su di se tutto ciò che Jack aveva perso era stato Barbossa.
Abile, bastardo ed
ottimo stratega, Hector Barbossa si era guadagnato i favori di moltissimi
all’interno della Perla, in questi anni, e nemmeno la carica di primo ufficiale
che Jack si era inventato per poter catalizzare tanta popolarità, sembrava
essere bastata né a Barbossa, né ai suoi.
Il vento stava
cambiando nella sua nave. La stella di Barbossa cresceva al pari di quanto
diminuiva la sua. Ma questo fino a quanto incideva nel comportamento di Evelyne?
Per quanto fosse sensibile come ogni creatura femminile sulla faccia della terra
e per quanto vicina a lui, perché era così preoccupata dall’idea che lui facesse
qualcosa contro la ciurma?
Sentì l’improvviso
bussare alla porta della sua cabina.
La porta s’aprì un po’
sgraziatamente e proprio lui, Barbossa, fece il suo ingresso, reggendo nella
destra una buona mela verde da cui aveva fatto un morso. “Felice sera,
Capitano.” A passi lenti e cadenzati l’uomo s’accostò al suo tavolo e si sedette
accanto a lui.
Gettò la mela, prese
il rum e fu solo dopo tre sorsi che riprese parola. “Gran bella
battaglia”
“Splendida.” La voce
di Jack suonò lievemente sarcastica mentre i suoi abissali occhi neri scrutavano
l’interlocutore con il piglio attento di uno stratega che indaga il nemico. “Ho
apprezzato molto il tuo intervento..” disse con un falsissimo sorriso,
riferendosi a quando Hector aveva preso il timone ed iniziato a dare ordini a
destra e a manca.
“Ma davvero..”
continuò l’altro, sulla stessa falsa riga. “Credo che dovrei ringraziarvi, mi
onorate.”
“Di
nulla.”
Se non fossero stati
due pirati in lotta per lo stesso titolo di capitano, sarebbero sembrate due
comari della buona società che si fanno falsissimamente i complimenti a vicenda.
“In virtù di questo.-
proseguì Barbossa, arrivando finalmente al nocciolo della questione e
abbandonando, almeno in parte, l’ironia.-io credo che il primo ufficiale dovrebbe aiutare il suo capitano in ogni
cosa e per questo…”
“Molto bene. è finito
il rum. Va a prenderne un’altra bottiglia.”
Barbossa si zittì
subito. Poi scoppiò malvagiamente a ridere e così anche Jack. Fu una
sghignazzata che finì non appena Barbossa smise di farlo.
“Divertente. Ti sarà
sempre molto utile questo sarcasmo, Jack, credi a me.”
Dietro quella
semplice, velenosa frase si celava una condanna a morte. Sparrow sentì un
brivido attraversargli la schiena.
“In realtà.- riprese
il primo ufficiale puntandogli addosso i suoi piccoli occhi grigi.-dicevo che il capitano non dovrebbe
avere segreti con il suo primo ufficiale. Dovrebbero condividere ogni
informazione, in modo tale da permettere al primo ufficiale di aiutarlo nel modo
migliore possibile.”
Seguì un piccolo
attimo di silenzio.
Jack non si chiedeva
più dove volesse arrivare.
“Qual è la rotta per
l’Isla de Muerta, Jack?”
Sparrow sorrise,
abbassando gli occhi e il viso. Ora tutto era molto più chiaro.
Aveva capito.
Doveva essere da poco
passata la mezzanotte quando Evelyne sentì, dalla sua cabina, l’improvviso
scrosciare di grida ed urla ed aprì di scatto gli occhi, accorgendosi di essersi
addormentata, seduta sul letto e le spalle appoggiate al
muro.
L’ammutinamento.
S’alzò di scatto ma
non fece in tempo ad arrivare alla porta perché questa ricadde pesantemente ad
un passo dai suoi piedi, sfondata. “Ciao bambolina.”E al di là c’erano Pintel e Raghetti
armati fino ai denti. “Muovetevi. Il capitano vuole
parlarvi.”
Evy sospirò appena.
Poi portò le braccia in avanti mostrando i polsi per le catene. I due
scoppiarono a ridere, indicandole semplicemente di muoversi ed uscire, senza far
cenno a nessuna corda o catena.
“Beh, non mi
legate?”
“Il capitano ha detto
che voi l’avreste detto. E…”
“Oh, il vero Capitano
ovviamente. Capitan Barbossa!” s’intromise Raghetti con un moto d’esclamazione.
“Come stavo dicendo!-
riprese, irritato.- ha detto che l’avreste detto. E ha detto di dirvi che non
permetterebbe mai che la sua più fidata collaboratrice venga legata. Quindi
seguiteci e senza fiatare.” I due risero con la stessa intensità con cui lei
avrebbe voluto invece mettersi a gridare dalla rabbia. Con uno scatto s’alzò dal
letto e li precedette lungo il corridoio di legno con i pugni serrati dall’ira.
Sapeva che Barbossa
non avrebbe taciuto con Jack e gli altri del suo comportamento meschino ma non
avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivato al punto di vantarsi la sua
collaborazione…
Man mano che si
avvicinavano al ponte sentiva le acclamazioni degli uomini crescere d’intensità
e nello stesso tempo cresceva in lei il desiderio di sparire e nascondersi dalla
vergogna. Esitò quando arrivò alle scale, si fermò di fronte quegli scalini che
la portavano dritta dritta a fare i conti con la realtà delle cose.
Sarebbe scesa
nell’inferno piuttosto che salire quei gradini.
Ma lo fece.
Si ritrovò sul ponte.
La notte era buia e
molto fredda tuttavia le luci delle torce e fiaccole illuminavano bene il ponte
della nave, gremito di tutta la ciurma, anche quella che si vede di rado, in
coperta o nelle cucine. C’erano tutti, disposti ai lati, appoggiati ai bordi che
gridavano e ridevano con una voce agghiacciante che nemmeno tutti i demoni di
lucifero insieme sarebbero stati capaci.
Poi Evelyne vide che
c’era il signor Gibbs, posto ad un lato, e legato come un salame, e poco più in
là SputafuocoBill Turner non legato ma con l’aria di chi è in netta
disapprovazione.
I suoi occhi
viaggiarono attraverso la ciurma, in un’ansia sempre più crescente.. dov’era
Jack?
“Ma bene! Ecco qua la
mia dolcissima Miss Smith..” esclamò Barbossa verso di lei. Fece per prenderle
la mano ma la giovane nonostante la confusione fu abbastanza sveglia da ritrarsi
in tempo.
Barbossa rise e con
lui tutta la nave. “Allora, mia signora.- riprese - desidero che voi mi rendiate
omaggio, come nuovo Capitano della Perla. L’ho chiesto a tutti i miei uomini e a
parte qualche eccezione…- il riferimento a Gibbs e Jack era palese- si sono
tutti dichiarati parte della nave. Dato che voi non siete un pirata ma siete su
questa nave voglio anche la vostra fedeltà. E la voglio
ora.”
Lei stette a guardarsi
intorno ancora per qualche istante poi con il respiro corto chiese. “E Jack?
Dov’è?”
L’uomo sorrise
malvagiamente, godendo della sua preoccupazione. “L’avete sentita? Vuole sapere
dov’è Jack!” inutile dire quante risate aveva scatenato quella battuta e più i
pirati ridevano più s’insinuava in lei il dubbio e la paura per la sorte di
Jack. Si sentiva così stupida improvvisamente.. aveva taciuto tutto per
salvarlo, fidandosi della parola di Barbossa, ma come ci si poteva fidare di un
pirata e per di più di un pirata ammutinato?
Con uno scatto di
rabbia gli si gettò addosso ma non arrivò nemmeno a sfiorarlo perché il gigante
nero, Murder, la bloccò in tempo prendendola per le spalle.
“Siete un mostro!!!”
gridò lei cercando di divincolarsi dalla presa d’acciaio
dell’uomo.
Barbossa si avvicinò
al suo viso ghignando. “Com’è vero che la stupidità è
femmina.”
“Voi avevate promesso
che sarebbe stato salvo.”
“Osate pungermi
sull’onore, milady?- con uno scatto le prese i capelli facendola sibilare dal
dolore.- quello spiantato di Jack è al sicuro. Per ora.” La lasciò con uno
sussulto e lei ricadde all’indietro tra le braccia di
Murder.
“Allora, Miss. La
vostra fedeltà?” era più che altro una provocazione.
“E della vostra
fedeltà, Barbossa?- ribatté lei.- la fedeltà che voi giuraste a
Sparrow?”
“Non rinvanghiamo il
passato, Miss, siamo pirati.- un risolino sommesso circolò nella Perla.- avanti,
sto aspettando.”
Evelyne sputò a terra,
proprio ai suoi piedi. Era un gesto audace e sconsiderato che fece sgranare gli
occhi perfino al signor Gibbs che pure si era rifiutato di navigare sotto le
vele di Barbossa. Il capitano adesso era livido di rabbia e non gliel’avrebbe
lasciata correre tanto facilmente.
“Ma bene.- ringhiò-
portate questa sgualdrinella in gattabuia.”
In un secondo si
ritrovò trascinata per i sotterranei della Perla attraverso le segrete della
nave che, scoprì, contavano di un congruo numero di celle. Murder ne aprì una e
la spinse dentro sgarbatamente, tanto che lei perse l’equilibrio e si ritrovò a
sbattere le ginocchia nel duro legno della nave.
Sentì la risata aspra
di Murder allontanarsi, poi sparire del tutto. Era rimasta sola.
Si rialzò in piedi e
con un tuffo al cuore vide che non lo era affatto. Fu come se riprendesse il
respiro in quel momento, quando si accorse che nella cella accanto alla sua
c’era Jack.
Non osò chiamarlo.
Era voltato verso
l’oblò che dava visione sul mare nero della notte, lo sguardo perso, la destra
appoggiata sulla parete che si muoveva avanti ed indietro come se stesse
accarezzando la superficie lignea della sua nave. Evelyne chiuse gli
occhi e si avvicinò alle sbarre che la dividevano da lui, prendendole fra le
mani, senza avere il coraggio di dire nulla in realtà.
Incredibilmente fu lui
ad interrompere il silenzio. “Questa nave.- sussurrò, carico d’ira.- me la diede
Davy Jones. Capisci?” si era voltato verso di lei, puntandole addosso i suoi
occhi intrisi di odio.
No, non capiva ma non
osò ribattere.
“Io sono addirittura
in debito con lui per questa nave!- era arrabbiato ma c’era qualcosa nel suo
tono che non lo faceva mai apparire realmente tale. Come se anche nell’ira la
sua ironia non riuscisse proprio a farsi da parte.- e adesso sono non solo in
debito con lui, ma anche senza nave!”
“Jack mi
dispiace.”
Non disse altro. Jack
corse verso le sbarre e le prese il collo nella destra, avvicinandola alla
grata.
“Tu.- disse a metà tra
il sorriso e il ringhio.- … pirata...”
Lei lo fissò negli
occhi. La sua stretta non faceva male. Era come se lui volesse punirla ma non ne
avesse intimamente il coraggio e quindi la teneva per il collo e basta, senza
nuocerle veramente.
“...”
“Hai stretto un
accordo con Barbossa.”
“L’ho fatto per
te.”
“L’hai fatto per me! E
che cosa ti ha fatto pensare che io mi fossi stancato di fare il capitano, è? Ti
ho forse detto ‘Trovami un sostituto, voglio cambiare vita perché in mare c’è
troppa umidità e mi si arricciano i capelli!’ te l’ho forse detto? E se io non
te l’ho detto che io non volevo più essere capitano della Perla non spingendoti
quindi a fare accordi con quel traditore muffito di Barbossa, tu non avresti
dovuto fare accordi con suddetto traditore, comprendi?”
Con uno scatto di
rabbia la spinse verso di se, facendole sbattere la fronte sulla grata. “E
invece l’hai fatto! Ma che razza di logica seguite voi
donne??”
Lasciò la presa
intorno al suo collo, voltandole le spalle.
Dopo attimi di
silenzio lei riprese. “Ho scoperto che si stavano ammutinando quasi per caso.-
riferì.- .. volevo parlartene ma poi..”
“Avanti.
Poi…”
“Poi venne da me
Barbossa. E strinsi un accordo con lui. Lui ti voleva uccidere ed io promisi di
mantenere il silenzio, in cambio della tua vita.”
“Che nobiltà d’animo-
il sorriso di Jack sapeva di puro sadismo.- e che cosa ti fa pensare che
Barbossa non lo farà ugualmente? O meglio.- Sparrow alzò l’indice avvicinandosi
con la sua andatura ciondolante.- che cosa ti fa pensare che io voglia vivere
comunque lontano dal mare?”
Deglutì. “Ho pensato
che da vivo avresti potuto vendicarti, un giorno.”
Lui la fissava
intensamente negli occhi, leggendo quasi il futuro in quelle iridi blu che ora
si stavano tingendo della solita fierezza. “Che diamine.- mormorò lei.- sei il
capitano Jack Sparrow, no? Te la riprenderai!”
Si avvicinò
bruscamente a lei afferrandola per un braccio. “Puoi giurarci,
dolcezza.”
Di nuovo la grinta
nella sua voce; gli occhi di Jack brillavano della stessa intensità di sempre.
La verità è che non riusciva ad odiarla per troppo tempo. Quel dannato mostro
che albergava dentro di sé non accennava a lasciarlo in pace in nessuna maniera.
Si risvegliava, ruggiva ogni volta che incrociava i suoi occhi e quindi
s’acquietava, come se il nutrimento di quella fiera malvagia fosse proprio
Evelyne che in pochissimo tempo era stata capace di sconvolgere tutta ma proprio
tutta la sua esistenza.
Il rumore sordo di una
cella che s’apriva e si richiudeva forte fece sobbalzare la giovane: anche il
signor Gibbs era stato imprigionato, nella cella accanto a quella di Jack.
“Che sia stramaledetto
quel vigliacco furfante!” brontolò estraendo il flaconcino di rum e facendone un
sorso.
“E adesso?” domandò
lei stringendo le grate tra le mani. “Che accadrà adesso?”
Jack e il signor Gibbs
si scambiarono una rapida occhiata.
Loro
sapevano.
Era ancora notte
inoltrata. Ed era difficile dormire.
Jack si trovava
seduto, con le gambe incrociate, la mente che si arrovellava alla ricerca di una
soluzione, una soluzione che non c’era affatto. Perché da pirata sapeva troppo
bene quale era la sorte che gli era destinata: sapeva che cosa aspetta ad un
capitano fatto da parte.
I suoi occhi si
posarono un istante su Evelyne. Dormiva, appoggiata alla grata che li divideva.
Sorridendo, intenerito, le si avvicinò e dosando i movimenti per non svegliarla,
le accarezzò i capelli.
È incredibile pensare
quanto i capelli di una donna possano essere morbidi, nonostante il mare, il
sole, la salsedine. Quante sensazioni possano trasmettere, quanto calore passi
nella pelle al solo tocco, e poi dentro, in profondità.
Era inebriante.
Ed era l’ultima cosa
che gli sarebbe rimasta di lei, probabilmente.
Quella era la vera
fine. Lui in qualche modo se l’avrebbe cavata. Possibile che non sarebbe
riuscito a trovare un paio di tartarughe marine in qualsiasi posto dimenticato
da Dio e dagli uomini in cui Barbossa l’avesse scaricato? Naa, lui era pur
sempre il capitano Jack Sparrow.
Ma lei, quella
scavezzacollo, traditrice di una inglese, lei.. non sapeva come se la sarebbe
cavata. Era una ragazza forte quanto fragile. Era iraconda molte volte,
estremamente irascibile altre ma per lo più era… indifesa.
Indifesa come lo è una
piccolo cucciolo di tigre che è dovuto crescere troppo in fretta ed ha
sviluppato un forte senso dell’attacco ma che in realtà ha solo bisogno di una
carezza tra le orecchie e di qualcuno che si prenda cura di lui.
Lui si era preso cura
di Evelyne. Era la prima volta in tutta la sua vita che si prendeva cura di
qualcuno.
“Evelyne… Evelyne…” la
scosse improvvisamente, con urgenza, come se stessero naufragando in quel
momento. La ragazza infatti si svegliò con il cuore in subbuglio e la sua voce
impastata dal sonno suonò bassa, nella umida cella della Perla Nera.
“Jack..- era
giustamente stralunata.- Jack.. che c’è..” mormorò rizzandosi e faticando a
trovare i suoi occhi per il buio del luogo.
“Evelyne..- riprese
lui, quasi forzandosi a parlare.- mancano poche ore
all’alba.”
“Lo so..”
“Dormivi?”
Lei aggrottò la
fronte. “Certo che dormivo!”
“E dormivi bene? Eri
tranquilla?”
“Jack ma che diavolo
di domande sono? No che non dormivo bene, non sono affatto tranquilla, sono in
una prigione e non so che accadrà, come posso esserlo?”
“Beh, io vorrei che tu
lo facessi.” Ribatté lui. “Vorrei che tu dormissi bene,
Evelyne.”
C’era molto di più nel
suo discorso.
Un senso profondo,
nascosto tra quelle parole amare. E lei lo capì benissimo… era il modo più dolce
che aveva per dirle che teneva a lei. Che sentiva qualcosa per lei, espresso nel
suo rude linguaggio piratesco. Jack Sparrow era un uomo che desiderava che lei
dormisse bene.
“Hai… hai mai visto il
sole che non tramonta mai?- lei negò con il capo, quasi ipnotizzata.- io molte
volte.” la sua bocca si contorse in un piccolo sorriso. “Ho visto anche la notte
perpetua quando il sole non spunta mai, ma in compenso le stelle sono così
visibili che sembra quasi di poterle toccare…. Ho visto quando su questi cieli
si tingono di verde e rosa… e quel colore si rispecchia anche su ghiacciai alti
fino al cielo - i suoi occhi neri luccicavano.- e poi, dall’altra parte del
mondo, Evelyne. Dove è così caldo che daresti l’anima per un sorso
d’acqua..”
“Non di rum..?”
sorrise lei, ad un soffio da lui se non fossero state le
sbarre.
“Anche di rum,
dolcezza. Anche di rum.”
“E poi..” lei l’incitò
ad andare avanti mentre la sua mano si avventurava nella cella di lui, andando a
stringergli il polso. “ E poi, Jack..”
“E poi ho visto la
libertà, tesoro. La libertà vera. Sai cos’è la libertà vera?- lei negò
velocemente.- avrei voluto che tu la vedessi, Evy. Avrei voluto portarti
all’orizzonte.”
Sospirando le prese il
viso nella destra, quasi avidamente, e le accarezzò la guancia disegnando il
contorno delle sue labbra con il pollice.
Lei deglutì, sentendo
improvvisamente gli occhi pieni di lacrime. “Grazie.”
Era la più bella
dichiarazione d’amore che avesse mai udito.
Sparrow l’avvicinò di
più alle sbarre e passando un braccio attorno alla sua nuca, le baciò le labbra,
amaramente, in un bacio tanto lungo quanto disperato, esattamente come un bacio
d’addio. Quando si distaccarono Evelyne lo fissò intensamente come a volersi
memorizzare ogni cosa di quel volto, per non lasciarselo mai sfuggire dalla
mente.
“Dormi adesso.- disse
lui, con la voce più roca.- Il sole sorgerà tra poco.”
Evelyne avrebbe voluto
scoppiare a piangere ma strinse forte le labbra e, come stregata dalle sue
parole, annuì, riprese la sua posizione iniziale e sprofondò di nuovo nel
sonno.
Era appena sorta
l’alba quando Sputafuoco Bill venne alla loro cella, accompagnato da altri tre
pirati. Jack era disteso lungo sul suolo con le braccia incrociate dietro la
nuca. Evelyne era ancora appisolata, Gibbs ronfava della grossa stringendo il
suo rum come un pupazzetto di pezza.
“Sveglia!” tuonò
mastro Twigg battendo la pistola contro le grate della
segreta.
“Sh!” li rimproverò
Sparrow portandosi un dito alla bocca ed ammiccando nella direzione della
ragazza che ancora giaceva addormentata, al contrario di Gibbs che il botto
aveva risvegliato dal suo sonno profondo.
“Jack.- esclamò Turner
con voce colpevole e bassa.- è l’ora.”
Il capitano s’alzò
d’un balzo. “Lo so.” Disse, stringendo i lati della bocca. “Lo so benissimo.”
I suoi occhi si
fissarono l’ultima volta su Evelyne. Sorrise. Ricordò di averla vista per la
prima volta in una prigione, a Port Royal. E adesso la salutava per l’ultima
volta, sempre in una prigione. Tutto andava come si deve quindi.
Ecumenicamente…
grammaticalmente..
“Jack.- lo richiamò
Gibbs.- buona fortuna.” Disse porgendogli il pugno. Jack annuì battendo il
proprio con quello dell’amico.
“Su, muoviti.” La
cella si aprì e Jack ne uscì via, camminando fieramente come si conviene ad un
capitano, anche se sconfitto. No, lui non era uno sconfitto. Era
temporaneamente sconfitto.
Fu condotto all’aria
aperta, sul ponte. Era una giornata stupenda, il sole era caldo, il cielo
azzurro all’inverosimile e un vento dolce muoveva i capelli di
tutti.
“Buongiorno Jack.
Fatto buon sonno?” domandò Barbossa con palese aria di scherno, seguito dalle
risa di tutti.
“Non c’è male. Il mio
è il sonno del giusto.”
“Oh Jack ti prego, non
rimproverarmi.- continuò quello.- non voglio che ci separiamo arrabbiati. Voglio
rimediare. Visto che non puoi più essere capitano della Perla, abbiamo deciso di
farti governatore di un’isola tutta per te!” gli mostrò un piccolo fazzoletto di
terra, lontano dalla nave di poche decine di metri.
“Sei molto gentile.-
sorrise Jack deglutendo a fatica.- ma preferisco rimanere nell’anonimato. Dopo
un po’ il potere dà alla testa, voglio prendermi un po’ di tempo per
me.”
“Ne avrai quanto
vorrai, di tempo. Pensi che l’eternità possa bastarti?- Sparrow rimase
ammutolito.- Portate a Jack la sua pistola e mi raccomando: che abbia un solo
colpo!”
L’ordine fu eseguito.
Jack fu dotato della sua pistola e gentilmente invitato a scendere dalla nave,
saltando su un trampolino. “Giù.” Gli intimò Barbossa, sguainando la spada e
puntandogliela alla schiena, contornato dai cori di ‘Salta Salta’ di tutti i
pirati.
Jack percorse il
trampolino ma poi si fermò prima di saltarlo.
“Signori.” esordì con
aria teatrale cercando di mantenere l’equilibrio su quell’instabile pezzo di
legno.
Barbossa alzò gli
occhi al cielo.
“Confido che questo
giorno resterà nella memoria di tutti come il giorno in cui vi siete
quasi ammutinati”
“E perché
quasi, di grazia?”
“Perché non si sono
ammutinati tutti.”
Logica di
ferro.
Il trampolino cominciò
a traballare per il peso. “è il giorno che vi perseguiterà nei vostri sogni.-
continuò quello faticando sempre di più a rimanere in piedi.- perché quando la
mia vendetta giungerà voi vi rammaricherete di aver seguito questo signore
ammuffitoo..- cominciava a non stare più in piedi- è il giorno in cui…..
Capitan Jack
Sparrowwww….”
Un sonoro splash
concluse quelle parole.
Barbossa sospirò.
Finalmente.
“Su, siete rimasti
imbambolati!?- gridò alla sua ciurma che ancora osservava il trampolino vuoto.-
avanti, levate l’ancora, alzate le vele! Andiamocene il più in fretta
possibile!”
“Si Capitano!”
intonarono tutti.
Evelyne aprì gli occhi
molto più tardi quando sentì il rumore sordo della sua cella che veniva aperta
da Pintel e Raghetti. Li osservò, un po’ perplessa.
“Su, bambolina.-
esordì Pintel.- il capitano ha detto che potete uscire, se
volete.”
Anche Gibbs era stato
liberato. Lei si alzò di scatto non appena vide che la cella di Jack era vuota.
Si avvicinò con un balzo a Gibbs. “Dimmi di Jack.- era quasi un ordine.- che
cosa gli è accaduto.”
“è stato abbandonato.-
rispose Raghetti roteando l’occhio.- su un’isola deserta. E con la sua pistola,
ovviamente. Barbossa è un uomo d’onore, non ha mancato di dargli il suo
colpo.”
La ragazza non capiva
nulla e spazientita riprese, all’indirizzo di Gibbs. “Ma che
significa?”
“Ragazza.- iniziò
questo, con tono grave.- quando si abbandona un pirata gli si lascia sempre la
sua pistola. Con un solo colpo, un colpo. Non che serva a cacciare o a farsi
soccorrere. Ma dopo giorni e giorni senza cibo né acqua, quel colpo assume
un’aria molto attraente.- fece una piccola pausa.- È il
codice.”
Evelyne spalancò le
labbra, incredula. “Oh Dio.” Con uno scatto li sorpassò, correndo uscì dalle
segrete, facendo le scale due a due, attraversò i dormitori schivando le amache
dei pirati, poi passò lungo il corridoio con le cabine e quindi salì di nuovo le
scale, ritrovandosi sul ponte, invaso dal ventoe dal sole.
Corse a perdifiato
fino alla poppa della nave, aggrappandosi al bordo della Perla, con tutte le sue
forze.
Lontanissima da loro,
una piccola, piccolissima isola.
“Se la caverà.”
La voce cupa di Turner
la raggiunse dietro le spalle.
Lei si voltò di
scatto, gli occhi lucidi lucidi. “Sì.- annuì, tornando a guardare l’isola.- Si.
– ripeté- è pur sempre Jack Sparrow, no?” poi, come se Jack stesso l’avesse
rimproverata di aver omesso qualcosa, si corresse da sé. “oh,sì. Il Capitan Jack
Sparrow.”
Jack stava ancora ad
osservare la Perla allontanarsi, aveva deciso che l’avrebbe fissata finché non
sarebbe scomparsa del tutto.
Guardava Barbossa
allontanarsi con la sua nave. E la sua donna.
Il pensiero di lei lo
fece sorridere appena. “Addio, gioia.”
Evy si sfiorò appena
il ciondolo di corallo che pendeva dal suo collo.
L’isola era scomparsa
dalla loro visuale.
“Addio..”
Molti
si chiedono se Jack abbia mai amato.
Parliamo
dell’amore vero, quello che sconvolge ed annienta, l’amore che affanna, che
ossessiona, non un’avvenuta di una notte. Certo, se lo chiedete a Jack, lui vi
risponderà che l’unica cosa che ami è il mare.
Ma non
è sempre stato così.
La
verità è che prima delle disavventure legate a Davy Jones, prima di tutto quello
che conosciamo è avvenuto ben altro.
Prima
di tutto Jack ha amato. Non solo il mare.
Ha
amato Lei.
Fine
Epilogo:
Jack scovò presto un
carico di rum detenuto illegalmente su quell’isola e lo tracannò beatamente per
tre lunghi giorni.
Poi la leggenda
racconta che trovò tartarughe marine in quel piccolo posto paradisiaco, le legò
insieme con peli umani che si staccò e scappò via, di nuovo
libero.
Non accadde
precisamente così ma confidiamo che sarà proprio lui, in futuro, a raccontarci
come andarono veramente le cose.
Barbossa, uomo
d’onore, non torse un capello ad Evelyne. Prima di giungere all’Isla de Muerta
fecero porto in un piccolo villaggio e lì la scaricarono assieme a Gibbs.
Precisamente, di lui
raccontano che dopo una lunga bevuta in un bordello, si sia ritrovato il giorno
dopo arruolato nella marina britannica.
Sappiamo però che la
sua indole piratesca riemergerà un giorno o l’altro.
Di Evelyne si perdono
le tracce.
Tuttavia un uomo è
pronto a giurare di aver visto una ragazza corrispondente in tutto e per tutto
alla sua descrizione che cercava una nave per Tortuga.
Per quanto riguardano
le sorti dei bucanieri della Perla, beh, loro adempirono la loro missione,
scovarono l’Isla de Muerta e il bramato Tesoro di Cortes.
Poi, maledetti e
felici, ripresero il mare ma l’ammutinamento aveva lasciato strascichi
soprattutto in Bill Turner che, entrato di nuovo in contrasto con la ciurma e il
suo capitano, morì, ucciso proprio per mano di Barbossa il quale ordinò poi che
lo legassero ad un cannone lo gettassero in mare.
Se ora riposi in pace
o se la sua anima abbia fatto un’altra fine, questo non lo sappiamo ancora.
Molti raccontano
infine di aver visto Jack aggirarsi nelle vie di Port Royal e magari voler
rubare una nave. Anzi, requisire una nave. Termine
nautico.