Darkness and Starlight

di Diomache
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Poca corda e caduta sorda ***
Capitolo 2: *** Your Dark Mystery ***
Capitolo 3: *** Schiaffi, Cannoni e Mormorii ***
Capitolo 4: *** Nice Girl, Anyway ***
Capitolo 5: *** Combatterò i Fantasmi che Tormentano il Tuo Cuore ***
Capitolo 6: *** Lampi di Gelosia e Tentati Omicidi ***
Capitolo 7: *** My Past ***
Capitolo 8: *** A Good Man. - Part One.- ***
Capitolo 9: *** A Good Man.- Par Two.- ***



Capitolo 1
*** Poca corda e caduta sorda ***


Ciao a tutti, il mio nick è Diomache… è la prima ff che scrivo riguardo il mondo dei Pirates, vi prego siate clementi

Ciao a tutti, il mio nick è Diomache… è la prima ff che scrivo riguardo il mondo dei Pirates, vi prego siate clementi..   

Come avrete letto dall’introduzione, questa storia si colloca prima dei tre film che conosciamo ed introduce un nuovo personaggio di mia invenzione.

Mi sono sempre chiesta se Jack mentisse o meno quando dice ( nel II) che l’unica cosa che ami è il mare. E questa ff vuole, diciamo, indagare sul passato di Jack, quando era capitano della Perla Nera con Barbossa come primo ufficiale, proprio prima dell’ammutinamento.

Beh, spero che vi piaccia e naturalmente ogni genere di commento è ben accetto!

Buona lettura

Diomache.

 

 

 

 

Darkness and Starlight

 

 

 

 

Molti si chiedono se Jack abbia mai amato.

Parliamo dell’amore vero, quello che sconvolge ed annienta, l’amore che affanna, che ossessiona, non un’avvenuta di una notte. Certo, se lo chiedete a Jack, lui vi risponderà che l’unica cosa che ami è il mare.

Ma non è sempre stato così.

La verità è che prima delle disavventure legate a Davy Jones, prima di tutto quello che conosciamo è avvenuto ben altro.

Prima di tutto Jack ha amato. Non solo il mare.

Ha amato Lei.

 

 

 

 

 

Capitolo I

 

 Poca corda e caduta sorda

 

 

 

 

Il rumore della cella che si apriva velocemente con un cigolio stridulo si diffuse all’interno delle mura della grande prigione, risuonando con un eco strano, quasi surreale.

“Per di qua, monsignore, vedrà che troveremo un alloggio adeguato alle sue mansioni religiose!” quella voce era specificamente ironica e sarcastica ed anticipò la visione del gendarme che trascinava un tipo dall’aspetto piuttosto singolare.

Lunghi capelli da pirata, fascino selvaggio, bandana ai capelli e sguardo malizioso uniti ad un casto e puro abito da vescovo.

Il soldato aprì la cella e vi sbatté dentro il nuovo detenuto, accompagnando il gesto con nuove risa. “ E che la pace sia con voi!” concluse il gendarme ridendo all’indirizzo di quello che sembrava avere tutta l’aria di un pirata.

L’uomo in questione iniziò poco dopo a giocherellare con  le mani, inquieto, poi, mosso quasi da una agitazione intrinseca al suo essere si alzò di scatto e cominciò a guardarsi intorno spasmodicamente, fissando la fessura arrugginita della serratura, evidentemente inaccessibile per lui. Dato che nulla di quell’ambiente angoscioso sembrava dargli un briciolo di speranza, si distrasse con altro: la sua attenzione si spostò sullo strano ninnolo che pendeva al suo collo, una sorta di croce, richiamata anche nel resto dell’abito.

No, in definitiva, non avrebbe dovuto travestirsi da religioso!

Ma che razza di idea era!

Si grattò il capo, mentre immaginava la faccia della sua ciurma a cui avrebbe dovuto spiegare questo piccolo intoppo non previsto, questo quid che aveva fatto saltare il suo grandissimo spettacolare, perfettissimo piano. Ok, magari non perfettissimo ma niente di irrimediabile.

Perché si può rimediare. Vero?

Si guardò di nuovo intorno e deglutì lentamente. Diavolo, le prigioni di Port Royal sembravano più antipatiche del previsto. Su, no problem. Era o non era il capitan Jack Sparrow?

Si tolse velocemente quegli indumenti ridicoli che avevano ormai fatto il loro corso; rimase quindi con i suoi abiti consueti e si sentì subito molto meglio, molto più capitano, anche se effettivamente senza cappello e senza i suoi effetti si avvertiva decisamente meno calato nel ruolo.

Preso dall’impossibilità di stare fermo per almeno dieci minuti consecutivi, iniziò a sbirciare nella cella di fianco dove una figura strana almeno quanto lui, stava accucciata alla parete opposta, silenziosamente.

Sembrava una massa informe. Probabilmente, chiunque fosse, era stato coperto da un lungo telo nero. Doveva essere anche piuttosto pericoloso, visto che alle caviglie –l’unica cosa che sporgeva dalla coperta- erano state applicate catene arrugginite. Jack strinse i denti, massaggiandosi i polsi solo al pensiero.

Passò in quell’istante uno dei soldati, reggendo due ciotole piene di un brodo informe che volevano chiamare cena. Aprì la cella di quel condannato e la appoggiò a terra e ugualmente fece con quella di Jack solo che, visto l’aspetto famelico del pirata, il soldato si divertì a tirarla a terra, incurante di tutta la minestra che si sarebbe buttata.

“Credi di essere simpatico, eh?” mugugnò Jack lanciando uno sguardo omicida al soldato che si allontanava in quel mentre. Dato che non gli avevano dato un cucchiaio, s’attrezzò a mangiare quella poca che gli rimaneva nel piatto, guardando insistentemente la ciotola piena dell’altro recluso e maledicendo in ogni momento quel cretino che gli aveva detto che ciò che cercava si trovava a Port Royal.

Se lo beccava..

Ma le maledizioni non riuscivano a distoglierlo dalla fame. Ancor più perché l’altro galeotto sembrava non toccare cibo.

“Ehm, giovanotto?” lo chiamò quindi con un certo savoir faire.  

Finalmente quella strana massa informe sembrò muoversi, ma lentamente, come un animale che esce dal letargo e dall’apatia.

“Ehi giovanotto senti un po’.- continuò Jack, fiducioso.- non che io sia abituato a chiedere, perché essendo capitano non lo so, i capitani non chiedono loro comandano ed esigono, quindi pur sapendo che forse tu non acconsentirai, particolari circostanze mi inducono a domandarti, e dato che non si potrebbe sprecare ciò che..”

Il suo attacco di logorrea venne interrotto sul nascere quando il pirata s’accorse che il galeotto a cui si rivolgeva non era affatto un ceffo da prigione con cui credeva d’aver a che fare.

La coperta si era spostata e ne era apparsa una ragazza.

Questa lo osservava quasi con sfida. Era bella, anche troppo per quel luogo. Vestiva umilmente, con un vestito non certamente da donna aristocratica ma dal volto di una fiera ragazza di sangue blu. Capelli neri, lunghi e ricci quanto seducenti, gli occhi del color dell’oceano più profondo. Il suo sguardo blu ed aggressivo non lasciava quello di Jack, decisamente allibito.

Il pirata strinse i lati della bocca e deglutì, lentamente, quasi in impaccio. “Tesoro.. ehm dicevamo…”

“Che cosa c’è??” domandò lei osservando quasi con cautela la figura bizzarra ma affascinante del pirata. “Sembra che tu abbia visto un fantasma.”

Jack si concentrò sulle forme di lei, delicate ma molto femminee. “Ehm no. Diciamo che sei piuttosto reale.”

Lei sorrise, ma non arrossì, come invece si conveniva ad una pudica ragazza della sua età. Poteva avere al massimo vent’anni. Il suo sguardo si concentrò sulla ciotola di minestra. “La vuoi tu?” domandò, cautamente, e senza che Jack rispondesse la prese e gliela passò oltre le sbarre larghe che dividevano una cella dall’altra. Il pirata la prese quasi con diffidenza e riprese a mangiare, senza dire altro.

Lei sospirò e il suo sguardo azzurro andò a collocarsi fuori dalla finestra a sbarre che c’era nella cella di Jack. Era quasi buio ormai. “è notte.” Disse ma più che altro la sua voce fu un sussurro. Poi dopo una pausa. “L’alba arriverà ancora prima di accorgersene. –si volse verso di lui.- ti  impiccheranno?”

Jack restò un po’ spiazzato da quella domanda. Appoggiò la scodella vuota a terra. “Diciamo che è altamente probabile.” Abbozzò Sparrow. “ma non possibile.”

Si interruppe, aspettando che lei gli domandasse il perché.

Ma questa domanda non arrivò.

Sparrow le fece capire che voleva quella domanda con un centinaio di gesti del volto che l’esortavano a continuare, poi, capita l’antifona: “Non mi chiedi il perché?”

Con un sorriso un po’ più rilassato la giovane si alzò e avanzò verso di lui, camminando a fatica per vie delle catene. “Perché?”

“Perché sono il capitano Jack Sparrow.”

“Addirittura capitano di una nave.” La voce della ragazza era sensuale e molto profonda. Ma non lasciva o puerile.. era affascinante. Di quelle che non si dimenticano facilmente.

Si avvicinò alle sbarre oltre le quali c’era Jack.

“Non una nave tesoro, la nave.- precisò lui- La perla nera.” Disse con voce ad effetto, mimando qualcosa di enorme.

Lei sorrise, come se sapesse esattamente di che cosa si trattasse. “Un capitano del tuo calibro usa travestimenti del genere?” il suo sorriso sapeva d’ilarità mentre il suo sguardo si concentrava sugli abiti da vescovo sparsi sul pavimento.

“Un mio sottoposto.- si giustificò- aveva avuto quest’idea e io ho voluto dargli fiducia..”

“La tua nave sparerà su Port Royal per salvarti?”

Jack s’immaginò Barbossa che organizzava il suo salvataggio.

Ehm no, non era proprio un quadretto verisimile.

Chi indietro rimane..

“Non .. non sarà necessario. Penso di togliere le tende molto prima..”

Lei scoppiò quasi a ridere. “Sembri molto sicuro di te.. eppure scommetto che domani penzolerai giù dalla forca.”

Jack si sentì punto nel vivo e aggrottò la fronte, incurvando le sopracciglia. “E tu saputella?” domandò con uno sguardo penetrante. “Tu che ci fai qui?”

Lei roteò gli occhi con un gesto che gli sembrò tutto fuorché popolano.

Era vestita poveramente eppure aveva l’impressione di trovarsi davanti una nobilissima giovane. “Dettagli.”

“Dettagli.- gli fece la bocca.- credo piuttosto che sarai tu a penzolare dalla forca. Io no, grazie, non mi piace l’idea.. semmai un’altra volta.”

Lei rise di quell’ingenuità. “Ah si, e come speri di cavartela?”

“Ci sto pensando, guarda un po’.”

Inclinò la testa di lato. “Dimostramelo. Salva anche me.”

Lui scoppiò letteralmente a ridere. “Ti piacerebbe, eh? Ehm.- finse di pensarci.- no.”

Il sorriso di lei si spense di botto. “Me lo devi.” Controbatté. Lui rise ancora più forte. “Io ti ho salvato…- lei si interruppe non sapendo come continuare. Poi, ecco l’idea.- da un’atroce morte di fame. Devi rendermi il favore.”

“Io non ti avevo chiesto niente!”

“Tuttavia non hai respinto la mia cena, quando io te l’ho data. Ti ho fatto un favore, no?”

Jack esitò, per qualche istante. “Dimentichi che sono un pirata, i pirati non sono gentiluomini.”

“Si tratta di onore.- la sua arrampicata sugli specchi si rivelava più difficile del previsto.- ti chiedo solo di farmi evitare la forca. Niente di più.- piccola pausa.- se puoi salvare te stesso, perché non anche me?” Disse avvicinandosi e aggrappando anche lei le sbarre con le mani.

I suoi occhi da cerbiatta lo osservavano sensualmente. “Vorresti forse farmi credere che non ne saresti capace?Sei il capitan Jack Sparrow, no?”

Erano vicini, forse troppo. Quasi attratto dal fuoco delle labbra di lei, Jack fece per avvicinarsi di più ma a questo punto lei si ritrasse accompagnando il gesto con un sorriso malizioso. “Pirata.”

Jack rise di quello che voleva essere un insulto. “E il tuo nome? Un dettaglio anche questo?  Come faccio a programmare una sortita se non so come chiamarti?”

“Diciamo che non ti dico il mio nome così hai la garanzia che una volta salvata non mi avrai tra i piedi.” I suoi occhi non lo lasciavano un istante. Gli porse la destra. “Andata?”

Il suo ragionamento non aveva una logica nemmeno a pagarla oro. Ma Jack era totalmente senza logica. Strinse con vigore la destra della ragazza.

“Andata.” Disse quindi.  “la forca aspetta anche te, eh?”

“Soprattutto me.”

 

 

-o-

 

 

Era notte fonda ormai ma nelle prigioni di Port Royal sembrava che fosse pieno mezzogiorno.

I soldati passavano in continuazione e gli altri abitanti delle celle che nel frattempo si erano popolate (probabilmente i gendarmi avevano fatto un giretto tra le più affollate bische del paese) sembravano non avere niente di meglio a che fare che osservare l’insolita ragazza, chiamandola con gesti e parole.

Ma lei non li degnava di uno sguardo, né sembrava essere infastidita da loro.

Superiore, osservava quasi incantata il suo complice che invece di pensare ad una possibile via di salvezza stava aggrappato alle sbarre della finestra ed osservava pensieroso il mare e i riflessi della luna.

Avrebbe dato un dollaro per conoscere i suoi pensieri. Devono essere interessanti i pensieri di una pirata. Di un pirata senza logica poi lo devono essere ancora di più.

Avrebbe dovuto dormire. Anche se poco, almeno un po’ per riposarsi. Si appoggiò al muro, distogliendo lo sguardo da Jack e fu proprio in quel momento che avvertì tutto il disgusto per gli ammiccamenti degli altri uomini. Si voltò di nuovo verso Sparrow forse nell’inconscia speranza che lui chiedesse loro di smettere.

Macché.

Era un pirata, no?

Era inequivocabilmente un pirata.

E lei era una donna, sola. Una donna che tutti definivano colpevole per di più, magari abbandonata anche da Dio. Strinse forte il vestito sotto le dita, mentre si sentiva sprofondare in un’angoscia terribile. Eppure non riusciva a sentirsi in colpa totalmente. C’era una parte dentro di se che continuava ad urlare che quella era stata la cosa giusta.

L’alba non doveva essere così lontana. Pensò alla forca che l’attendeva.

No, doveva essere positiva. Aveva l’aiuto di un pirata e i pirati sanno scappare dalle prigioni. Sua madre le raccontava sempre storie del genere, no?

Eppure, adesso che ne aveva conosciuto uno.. che aveva conosciuto QUEL pirata, non ne era poi così sicura.

Si abbandonò con le spalle al muro, fissando il pavimento.

E improvvisamente quelle fastidiosissime chiacchiere sembrarono scomparire di nuovo.

 

-o-

 

 

Il sole era sorto finalmente con una puntualità impeccabile e aveva invaso con i suoi raggi rossi  tutta la cella per poi espandersi al resto del locale. La ragazza aprì i gli occhi. Non aveva dormito nemmeno un minuto, ma non si sentiva stanca, anzi, era quasi pervasa da uno strano attivismo e adrenalina.

Avrebbe voluto urlare in quel momento.

“Jack?” lo chiamò quasi sussurrando. La sua voce suonò quasi di supplica.

Il pirata stava lì, ancora appoggiato alla finestra. “Buongiorno.” Disse lui poi si voltò verso di lei e le regalò un sorriso intrigante e furbo allo stesso tempo. Lei incurvò le sue sopracciglia nere, così scure e in contrasto rispetto ad un volto così etereo.

Non fece in tempo a dire altro. La prigione si riempì di quattro soldati subito dopo.

“Andiamo, signorina.” disse il primo dopo averle tolto le catene dalle caviglie. Un altro gendarme aveva preso Jack ed un altro ancora con gli altri prigionieri. Cercò di seguire Sparrow con gli occhi cercando un indizio, un cenno, qualsiasi cosa.

Ma il destino li divise e i soldati si frapposero tra i due. Lo perse. Sia con lo sguardo che con il contatto fisico.

Venne trascinata fuori dalla prigione e neppure l’aria fresca del  mattino riuscì a strapparle un sospiro di tranquillità. Docilmente obbediva agli strattoni dei soldati.

Salì le scale della prigione quasi con più velocità, il soldato lo notò e incuriosito strinse di più la presa attorno al suo braccio, poi, infilando il naso tra i capelli con fare provocante, le domandò: “Tanta fretta di morire?”

Lei si allontanò dal viso di lui con un gesto brusco. Gli avrebbe sputato in faccia se non fosse stata costretta  a camminare così velocemente.

Il forte era pieno di persone urlanti. Venne trascinata tra di loro e si beccò spinte, insulti allo stesso modo degli altri condannati. La gente inveiva loro contro e quasi non li lasciava passare. Decise di chiudere gli occhi, per non dover per forza leggere odio in quelli della gente, un odio gratuito perché non la conoscevano e non sapevano niente di lei, niente.

“Jack!” urlò improvvisamente sentendosi affondare il cuore dalla paura; aprì gli occhi nel disperato tentativo di scorgerlo.

Ma invece di incontrare gli occhi neri del pirata incontrò quelli di suo padre. Era anche lui lì, tra la folla.

“Papà..”

Il viso austero del soldato non cambiò espressione, nemmeno di fronte alla figlia.. soffriva certo, ma il suo era un dolore severo, per l’ennesima volta.

“Addio Evelyne” le disse, di ghiaccio, ma sul suo nome la voce sembrò tremargli. “Che Dio abbia pietà di te.”

Lei rimase di sasso. Non durò oltre, il gendarme la trascinò via, verso l’abisso della morte.

Abbassò gli occhi mentre la spingevano. A questo punto non le importava nulla. Aveva sbagliato a fidarsi di quel pirata, non si sarebbe salvata, ma non le interessava più di tanto.

La spinsero sul patibolo.

E lì, prima di venir messa davanti alla sua corda, incontrò gli occhi di Jack.

“Ci siamo quasi.”

Non era sicura d’aver sentito bene. In realtà si era affidata alle labbra di Jack, perché di suoni non ne aveva proprio sentiti.

Intanto davanti a lei spenzolava il cappio.

Il boia le si avvicinò e glielo mise al collo. La corda le graffiava la pelle ma in quel momento non riusciva a sentire altro se non il suo cuore che batteva forte nel petto. Cercava gli occhi di Sparrow ma questi guardava nella parte opposta alla sua.

Dai, cretino girati.. avanti girati!

Lo maledisse un migliaio di volte, avrebbe chiamato in causa anche Dio se non si fosse sentita troppo sporca per farlo.

Jack!

Il boia si avvicinò al piccolo marchingegno di legno.

Sparrow!

Maledetto! Maledetto! Era stato così vigliacco che aveva anche finto di darle una speranza!

Stringendo le labbra per la rabbia non si rese nemmeno conto del soldato che leggeva l’accusa e la condanna da un foglio papiraceo. La sua attenzione fu solo destata dai cori di ‘a morte’ che serpeggiavano tra la folla. Come suo ultimo ricordo del mondo dei vivi volle cercare gli occhi del padre.

Le sue labbra erano serrate e severe come sempre. La odiava e forse ne aveva tutte le ragioni.

Ecco il momento.

Il boia abbassò  la leva e quattro piccole buche si aprirono.

Evelyne credette di sentire rumori di spari mentre moriva.

In realtà si aspettava di piombare nel male assoluto, in un’ onda di ferro e fuoco, con diavoli e tridenti. Invece fece solo un gran botto a terra, sbattendo violentemente il sedere contro il terreno. “Oh.” Mugugnò.

“Andiamo, non c’è tempo di piagnucolare!”

La giovane aprì gli occhi. Jack Sparrow era lì, accanto a lei.

Quel deficiente l’aveva seguita anche all’inferno?

“Avanti ti ho detto!” la rimproverò lui, scuotendola dal suo torpore. Finalmente capì. Non era morta ma in compenso quei rumori di spari erano stati veri. Qualcuno con una pallottola aveva davvero reciso la corda, facendola capitombolare sotto il patibolo.

Si era salvata. Ma non ebbe il tempo di farsi prendere dai sensi di colpa perché Jack le prese la mano e la trascinò fuori dove intanto si stava scatenando una violenta battaglia. Vide un gran numero di pirati combattere contro i soldati. “Meglio tagliare la corda, ci penseranno loro!” queste pure ed egoistiche parole da pirata l’accompagnarono per tutta la sua folle corsa attraverso la folla impazzita.

Qualcuno tirò una spada a Jack e questi, con un’abilità che non immaginava, la prese al volo.

Farsi strada a quel punto iniziò ad essere più facile, Sparrow si dimostrava di una bravura incredibile e lei, stretta a lui, aveva un buon lasciapassare verso la vita e la libertà.

Correvano, insieme ad un’altra decina di pirati, lungo le scale del forte in quell’istante quando si sentì afferrare per la vita e, non riuscendo più a muoversi, perse Jack.

Si voltò di scatto. Suo padre.

“Lasciami andare!” urlò, quasi piangendo.

L’uomo l’osservò, fuori di se. “Sei una vigliacca! Sei una..”

“Glielo dirà un’altra volta, signor imbacuccato, andiamo di fretta adesso!” la voce arrogante di un nuovo pirata interruppe la scena. Questi colpì suo padre con un pugno e le fece cenno di seguirlo. La ragazza indugiò qualche istante su suo padre che cadeva poi volse di scatto lo sguardo e seguì a rotta di collo il pirata che sembrava davvero saper il fatto suo.

Era più grande di Jack di una buona decina d’anni, capelli lunghi e barba lunga, riccia, sul rossiccio.

Arrivarono in un luogo sopraelevato, che finiva a strapiombo. Jack combatteva ferocemente contro due soldati, dietro di lui, l’oceano. Evelyne e Barbossa lo videro parare una stoccata di uno e con un colpo netto tagliare le cinghie dei pantaloni di un altro. Lo sguardo di Jack si soffermò in mezzo alle gambe del soldato.

“Ecco un altro eunuco.” Commentò prima di disarmare entrambi e di correre via verso di loro.

“E adesso?” la voce di Evelyne era così sospirata che quasi non si udì.

“Adesso buona fortuna milady.” Rispose Barbossa, di fretta.

Lei, smarrita, si volse verso Jack. “Cosa?” urlò, guardando altri soldati che stavano correndo verso di loro. “Mi abbandonate così?”

“Sei salva, ora, no?” continuò Jack.

“Tu.. tu non puoi!”

“Erano questi i patti. Ti ho salvato, sei libera!” lei rimase senza parole. “Buena suerta, tesoro!” il pirata le consegnò una spada in mano, poi dato che i soldati si avvicinavano, sia Barbossa che Jack, dopo un cenno d’intensa, si gettarono in mare.

“Noo”  urlò di rabbia guardandoli tuffarsi nel mare aperto.

“Eccola, prendiamola!”

Di scatto, si voltò verso il pericolo che incombeva su di lei. Strinse forte la spada in mano.

Un gendarme le si fiondò contro e lei reggendo l’arma si fece schermo dei suoi colpi con movimenti precisi e neanche troppo timidi, abituata a veder la gente combattere, con un padre soldato. Non riuscì a vincere il soldato, né a disarmarlo in maniera efficiente, come diceva sempre suo  padre.

Però riuscì a guadagnare qualche secondo per buttarsi in mare.

 

-o-

 

Il  contatto con l’acqua fu più violento del previsto. Per qualche istante rimase stordita dalla forza con cui l’oceano l’aveva accolta tra le sue braccia. Poi, svegliandosi dal torpore, iniziò a muoversi lentamente, verso una meta non chiara nemmeno a lei, mentre sentiva delle voci, in alto, sopra il suo capo. Erano i soldati, di nuovo.

Fece per alzare istintivamente lo sguardo verso di loro quando sentì aggrapparsi per la vita. Senza che potesse respirare oltre, venne trascinata giù, sott’acqua.

Evelyne si dimenò, strattonò colui che la uccideva sotto la superficie del mare, ma senza troppo successo, perché la sua presa era forte e decisa e lei, disperata e senza ossigeno, poteva ben poco.

Aprì gli occhi allora e fu così che incontrò lo sguardo ironico e teso di Jack.

Stava per colpirlo (anche se sapeva che non gli avrebbe fatto troppo male) quando lui le indicò delle piccole pallottole di piombo che scendevano piano, grazie all’acqua, verso il fondale del mare.

I soldati stavano sparando su di loro e Sparrow l’aveva salvata di nuovo.

Il sollievo durò poco però. Strattonando il gilet del pirata, Evelyne cercò di fargli capire che aveva finito l’ossigeno. Se prima di farla sprofondare l’avesse fatto prendere una boccata d’aria come si deve!

Lui sembrò rimproverarla con lo sguardo, poi, facendole segno di aspettare, risalì.

Senza la presa di Jack che la teneva sul fondo insieme a lui, Evelyne si trovava davvero in difficoltà. Non solo non riusciva ad impedire che il mare la portasse con se sulla superficie, ma era anche sicura di non poter resistere un altro secondo in più senza aria.

Jack la raggiunse nemmeno un istante dopo e senza esitazione alcuna le prese il viso, reso rosso dallo sforzo e dalla mancanza d’ossigeno, e impresse le sue labbra su quelle di lei.

La ragazza soffocò il primo istinto di ribellione e capì il vero intento del pirata.

Quindi schiuse le labbra lasciando entrare l’ossigeno.  

Pochi secondi dopo, la pioggia di pallottole finì. Jack risalì e lei risalì con lui, uscendo fuori dall’acqua con un grande sospiro e tossendo poi per i restanti minuti.

Il pirata l’osservava, divertito. “Ridi?” chiese lei, con la voce un po’ roca a causa del mare.

“Eccome. Se solo ti vedessi.”

“Perché non te ne sei andato?” chiese lei, quasi offesa. “mi avevi lasciato lì, tra i soldati. Perché non sei sparito con il tuo amico e mi hai aspettato, qui in mare?”

Lui aggrottò la fronte. “Ehm forse ti sfugge un particolare”

“No, non mi sfugge proprio niente!” attaccò lei. “già che c’eri potevi andartene ed essere coerente invece di..”

“Vuoi tapparti la bocca!” Sparrow l’interruppe, poi fingendosi deliziato dal suo silenzio, continuò. “Grazie.”

Lei rimase comunque accigliata mentre continuava a nuotare per tenersi a galla. “ E adesso?”

“Hai un’autonomia di un secondo, vero? Di più non ti riesce stare zitta!”

“Se solo tu mi rispondessi lo farei!- continuò.- mi vuoi dire perché stiamo qui a fare le acciughe!”

“Primo!- rispose Jack, finalmente, con voce alterata.- io non ti ho abbandonato ma ti ho anche dato un spada e non era nemmeno nei patti- lei stava per ribattere ma lui fu più veloce.- secondo. Non stavo aspettando che tu ti tuffassi, prima.”

Lei rimase in silenzio, con il viso bagnato ed illuminato dal sole mattutino. “Come hai fatto a dire ai tuoi uomini che..”

“Ci sono abituati.-mentì- è quasi telepatia.”

“Oppure uno di loro ti ha raggiunto fuori dalla finestra della prigione e tu gli hai comunicato tutto, cioè che dovevo essere salvata anch’io?”

Sparrow rimase in silenzio, punto sul vivo. “Fandonie.”

“E ..”

“Mm.” Mugugnò lui, insofferente. “ti ho risposto, perché continui a parlare?”

“Se non aspettavi me, perché non… ” la voce della ragazza si spense, infondo alla gola, alla vista di qualcosa di grande e di imponente, dietro le spalle di Jack. Questi si volse velocemente e un sorriso soddisfatto si dipinse sul suo viso alla vista della maestosa Perla Nera, a poche decine di metri da loro. “ah finalmente.- si volse verso di lei, cercando di chiamarla per nome. Ma giacché non ne aveva uno o meglio, lui non lo conosceva, si limitò a dire.- i miei omaggi”

Lei lo osservò nuotare.

 

Jack giunse in prossimità della sua nave, si arrampicò su un fianco, poi si aggrappò alla mano che il signor Gibs gli porgeva e finalmente entrò nella sua nave.

“Finalmente.” Fu il commento sprezzante di Barbossa. “non si è mai visto che un capitano debba andare a recuperare un suo mozzo! È inammissibile!”

“Per fortuna che non sei tu il capitano, allora.- rispose Jack, a tono.- è molto più comune che un mozzo venga a recuperare un capitano.”

“Capitano.” La voce di Gibs interruppe il dialogo. “ecco i suoi effetti. Gli uomini li hanno presi dalle prigioni.”

Sparrow, con gesti rituali, si infilò cappello e tutto il resto, stando ben attento ad ogni singolo particolare. “Spero di non aver dimenticato niente.” borbottò guardandosi i vestiti.

“Questo.” Una voce femminile che giungeva alle sue spalle, lo fece raggelare. Con un gesto quasi scattoso ed incredulo si voltò verso di lei che gli porgeva una delle sue catene di gioielli.

“L’hai persa nuotando.” Spiegò Evelyne, dritta davanti a lui, sulla nave, con un’innocenza che non avrebbe insospettito nessuno. Specialmente così, poi, con i capelli neri bagnati ed appiccicati al suo viso dalla carnagione chiarissima, gli occhi così azzurri, sembrava più che altro una trasfigurazione divina.

“Oh, grazie.” Borbottò Jack, riprendendola con uno scatto. “ e adesso se non ti dispiace..” disse facendole segno d’andarsene.

“Ti prego fammi restare.” Continuò lei con voce supplichevole.

“Capitano.- il signor Gibs s’intromise leggiadramente.- mi permetto di ricordarle che porta spaventosamente male avere una donna a bordo.”

“è solo un passaggio.- rispose lei, frettolosamente.- io non ho più niente a Port Royal, qualsiasi città in cui farete attracco per me andrà bene…- sospirò.- lavorerò se sarà necessario!” tutti scoppiarono a ridere e lei aggiunse, truce. “farò le pulizie! Pulirò il ponte e..”

“Può restare.” La voce di Barbossa interruppe lo sfogo della giovane. Lei, sorpresa, osservò Jack che per rifarsi dello smacco subito, esclamò. “Ho deciso che puoi restare.”

“Fino a Nassau.” Aggiunse Barbossa.

“Nassau, ovviamente.” Aggiunse Jack, con uno altezzoso.

Lei sorrise, lasciando trapelare di nuovo quella sensualità che tanto lo aveva colpito nella prigione.

“E adesso tutti ai vostri posti, branco di bagordi, alzate l’ancora!”

“Forza bagordi, al lavoro!”

Prima Barbossa, poi Sparrow avevano dato i loro ordini, il secondo come eco del primo.

La giovane sorrise debolmente e mentre la nave partiva si appoggiò alla balaustra di legno, osservando la sua città. La città che non voleva rivedere mai più.

“Senti un po’.”

Lei si girò verso Jack che con il capo piegato di lato la guardava, increspando le labbra. “Se credi che porti sulla mia nave mozzi senza nome ti sbagli. Come devo chiamarti?”

“Evelyne andrà benissimo.”

“Suona complicato come nome.”

Lei gli volse le spalle. “Già.- sospirò.- lo ha scelto mio padre.”

Si avvicinò, appoggiandosi alla balaustra con lei. “Suona troppo complicato. È aristocratico. E tu sei aristocratica. ”

Lei lo fissò. “Cambia qualcosa questo?”

“Credevo che fosse stregoneria. Ma una buona ragazza non va al patibolo per stregoneria.”

“Forse sono davvero una strega.” Sussurrò mentre il suo sguardo non lasciava Port Royal.

“Puoi essere un pirata se vuoi.” Era una provocazione e lei sorrise a quelle parole.

“Sei gentile, ma credo che mi accontenterò di gatti e magia nera per il momento.”

E non aggiunse altro. Lui non insistette oltre, lasciò che il vento cullasse i loro pensieri e il sole caldo del mattino scaldasse i loro abiti fradici d’acqua.

“E tu?” la voce della ragazza si sollevò poco dopo. “tu perché eri in cella?”

“Ero in cerca di una cosa.”

Lei fece uno sbuffo quasi infastidito. “Voi pirati siete una razza che non mi piace. Sempre in cerca di arricchirvi, non vivete per altro.”

Evelyne si aspettava che Jack replicasse.

Ma la risposta non arrivò.

La ciurma iniziò ad intonare uno di quei odiosissimi canti da pirata, prendere il rum e fioccare di brindisi, e lui si allontanò, lasciandola sola sulla balaustra. Evelyne si morse un po’ le labbra, dispiaciuta dal fatto che non aveva potuto sapere altro riguardo questa misteriosa cosa. 

Ma d’altra parte era giusto così.

 

 

 

 

To be continued..

Diomache

 

 

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Capitolo 2
*** Your Dark Mystery ***


Eccomi di nuovo qua con il secondo capitolo della storia

Eccomi di nuovo qua con il secondo capitolo della storia.. inizio subito con i dovuti ringraziamenti a tutti coloro che hanno recensito.

 

Sarah James: ciao Sarah ! Grazie, spero che la storia continuerà a piacerti e che tu non mancherai di dirmi che ne pensi anche di questo capitolo ! ne hai scritta una anche tu? Adesso corro a leggerla, sono curiosa! Un bacio!

 

Sweeterika: ciao! Grazie mille per i complimenti!!!

 

Miky90: ciao Miky.. che dire, grazie! Spero di non deludere la tua fiducia!

 

Nysil: Ciao, grazie mille per la recensione e per i complimenti.. spero che questo chap ti piaccia!

 

Dark_girl92: ciao! Sì, sono io… adesso mi sono presa un piccolo break con House e dopo la visione del terzo film di Jhonny ho avuto una folgorazione..  grazie per i complimenti, spero di poterli riconfermare con questo capitolo!

 

DJKela: ciao.. credo che tu sia troppo buona con la mia piccola ff.. Sì, l’allaccio era proprio quello.. l’ispirazione mi è venuta quando alla lettura della condanna: <> Jack aveva fatto quel sorriso divertito.. così ho immaginato che magari quell’episodio potesse ricondurre a qualcos’altro nella vita del pirata.. ad Evelyne per esempio!:P anch’ io sono un’inguaribile romantica! Barbino!! Che carino!! Spero che questo cap ti piaccia!

 

Apple: Cara Ire, tu mi dai sempre troppa fiducia, speriamo che ne uscirà davvero qualcosa di buono! Grazie per la recensione amica mia e per le tue belle parole.. ti sono debitrice.. qualsiasi cosa scriva non mi fai mai mancare il tuo appoggio.. spero di poterti ricambiare con un bel capitolo!

 

Ròrò: Grazie mille Ròrò!

 

Jhonny Jack: Grazie per i complimenti, non so cosa dire.. sei troppo gentile.. beh, eccolo qua il secondo capitolo, spero che ti piaccia e non sia deludente!

 

 

Dark Lucy: ciao, grazie mille per la recensione e per i complimenti, spero che continuerai a farmi avere il tuo parere sulla storia!

 

 

Eleuthera: ciao! Innanzitutto grazie mille per la recensione.. sono contenta che Evelyne si inserisca bene, all’inizio ero un po’ titubante perché infondo è una figura problematica.. ma nella Perla Nera chi non ne ha di problemi? Spero che la storia continuerà a piacerti! Ps: bel nick name!

 

Ovviamente ringrazio anche tutti coloro che hanno letto la storia senza commentarla...

Bene, vi lascio alla lettura del secondo capitolo, come al solito vi raccomando di lasciare un commentino :P e di farmi sapere tutto quello che ne pensate (anche se ci sono delle storture o se avete delle critiche, non fatevi problemi!)

Un bacio a tutti!

Buona Lettura

Diomache.

 

 

 

 

Capitolo II

 

 

Your  Dark  Mystery

 

 

 

 

 

 

Quegli occhi neri e quasi abissali osservavano la mappa con circospezione, diffidenza direi,  come se non si  fidasse nemmeno di lei, come se mentisse anch’essa.

L’ Isla de Muerta non compariva in nessuna cartografia girasse in quegli anni e anche quella che avevano razziato dalle mani del Pirata Corvo Nero non diceva un accidente.

Iniziò a tamburellare le dita sul tavolo di legno, pensieroso, e quel semplice ticchettio risuonò in tutta la chiusa stanza. Ripensò alle dicerie che circondavano il tesoro Azteco di Cortes.. molti dicevano che fosse maledetto dagli dei pagani, che a chiunque lo prendesse lo aspettasse un destino di morte e di agonia. Un destino di maledizione.

Sorrise. Non credeva alle storie di fantasmi da moltissimo, né tanto meno alle voci che Gattopardo e tutte le altre compagnie di pirati mettevano un giro per distoglierli dai bottini più sostanziosi.

Tuttavia l’Isla de Muerta risultava effettivamente ­introvabile per chiunque non sappia già dove sia.

E c’era un unico modo per trovarla: avere ­quella bussola.

All’inizio, quando ne aveva sentito parlare, ci aveva riso su, come credo avevano fatto tutti coloro che avevano saputo di una bussola .. speciale. Una bussola che non punta il nord non verrebbe accreditata un cent da nessuno, eppure era proprio la sua “deficienza” a dargli quel quid che lo avrebbe portato dritto dritto a Isla de Muerta e in qualsiasi altro luogo.

Quella bussola conduceva verso ciò che più desideriamo al mondo.

Infondo travestirsi da religioso, rischiare la forca, portarsi sulla Nave una saputella inglese aveva portato a qualcosa. Sospirando mise una mano nel gilet ed estrasse da una tasca interna un pezzo di pergamena giallognolo, tutto consumato. Era ridotto male, quasi allo stesso stadio del vescovo a cui l’aveva illegalmente sottratto.

Lo spiegò bene sul tavolo ammirandolo quasi con venerazione. Era quello che definivano l’anagramma di Chefalos, un’antica creatura pagana che prima di morire aveva inciso parole prive di senso, parole che se ricomposte davano la località che cercava, dove avrebbe trovato la bussola.

E quindi Isla de Muerta.

E quindi Cortes.

Oro!

Rilesse il complicato giochetto di parole.

“NESSUNO AMA STONARE, SOPRATTUTTO ALL’UNYSONO.”

Lo guardò di nuovo e si persuase che quella che aveva ipotizzato fosse l’unica possibilità. C’aveva pensato tutto il tempo in cui si era trovato in prigione e ormai era sicuro d’essere arrivato alla risposta: Nassau. Ovvero la città composta da ogni iniziale di parola.

Era l’unico modo, altrimenti quei lemmi non avevano alcun senso.

Certo, c’era ancora un piccolo problema. << Unisono >> era scritto in maniera anomala, con una Y che non aveva affatto alcun senso, messa lì.

Bah, disse, riponendolo al suo posto, con uno sguardo pensieroso.

D’altra parte non poteva permettersi di indugiare ancora molto sugli indovinelli di qualche cretino della classicità. La ciurma iniziava ad innervosirsi, soprattutto Barbossa, chiedendo la soluzione di questo enigma il prima possibile, per mettere finalmente le mani sul tesoro.

Tornare da Port Royal con un fogliettino senza senso e con una ragazza, stile palla al piede, non era stato proprio il massimo, gli uomini volevano oro, non inglesine aristocratiche o enigmi alla sfinge edipica.

Il suo pensiero, senza logica alcuna, corse un istante a lei, Evelyne.

Se l’immaginò, lei, un’aristocratica, tutta intenta a pulire il ponte.

E, sadicamente, sorrise.

 

 

-o-

 

In effetti quando uno della ciurma le aveva messo in mano una spugna e dato un secchio pieno di acqua putrida, Evelyne non aveva saputo subito che fare. Aveva osservato  quella spugna mezza ammuffita e poi il secchio e quindi il ponte, sporco ed enorme. Sospirando si era quindi inginocchiata ed aveva attinto la spugna nell’acqua, maledicendosi mille volte per quella bellissima idea. Non poteva proporre a Jack, che ne so, di stare nelle cucine!?

Sospirando, si accorse che non sarebbe stata tanto diversa come situazione.

Non sapeva nemmeno cucinare.

Iniziò a far andare la spugna su e giù per il legno, cercando di vincere l’odoraccio  di quell’acquaccia. Puliva il pavimento sotto gli occhi e le risa dei pirati, intenti chi a bere, chi a far andare la nave, sotto il sole cocente del primo pomeriggio, con lo stomaco vuoto e tanto mal di testa.

Avanzando non faceva altro che sporcarsi, un po’ per la posizione, un po’ per l’acqua che quasi sembrava più sporca del ponte stesso.

Per contrappasso ripensò a casa sua, alla pulizia, ai suoi vestiti, ai merletti e all’ipocrisia del suo mondo, un mondo in cui era stata allevata sin da bambina e solo da suo padre perché  la sua mamma, Anne, era morta mettendola alla luce.

Forse era per quello che suo padre l’aveva sempre trattata con austera severità, con rigore, e a volte indifferenza. Ripensò al suo volto, prima di andare alla forca, alle sue parole, a Dio.

Era maledetta, sporca, colpevole, no? Forse meritava la vita grama che ora stava conducendo, meritava di sudare così sotto il sole, con i capelli arruffati e scomposti, tra una ciurma di uomini allupati, senza più una casa, senza più nulla oltre se stessa.

Per istinto si fermò un istante e andò a toccare con le dita sporche di spuma l’unica cosa che le era rimasta della sua famiglia, un piccolo ciondolo, quasi con l’intento di strapparselo di dosso. Ma non ci riuscì. Non appena i suoi polpastrelli sfiorarono il piccolo medaglione d’oro, si fermò, presa dall’angoscia.

Sentì gli occhi riempirsi di lacrime e di rabbia. Lì, tra la schiuma, gli sembrò quasi di rivedere suo padre e i suoi occhi di ghiaccio e riprese a lavorare con molta più verve di prima, spingendo forte la spugna con entrambe le braccia, facendo forza finché non sarebbero scomparsi tutti, i giudizi di tutti, le accuse di tutti.

“Ehi, fermatevi.”

Una voce dura ma quasi amichevole la distolse improvvisamente da tutti i suoi pensieri. Alzò lo sguardo e vide uno dei pirati, dall’aria bonacciona. Con il gomito, corse subito ad asciugarsi il viso, dalle lacrime e dal sudore, e fissò l’uomo che la osservava con un sorriso divertito.

“Vi abbiamo detto di pulire il ponte, non di scavare il legno della nave.”

Lei sorrise notando effettivamente che, in preda alle sue manie, era rimasta sullo stesso centimetro di legno per minuti.

L’uomo le porse la destra per farla rialzare e lei, dopo aver osservato la mano di lui con un po’ di diffidenza, accettò ben volentieri. Lui la accompagnò, senza lasciarle il braccio, sotto l’ombra. “è parecchio che lavorate, lì, sotto il sole. Sarete sfinita, riposatevi un po’. Ne volete?” disse porgendole la bottiglia di rum e dopo il suo diniego, ne fece un bel sorso.

“William Turner, piacere.”

Evelyne strinse forte la mano dell’uomo, sulla cinquantina e dall’animo buono. “Evelyne.. – esitò un istante, prima di dire il suo cognome.- Evelyne Smith.”

“Che cosa vi porta, Evelyne Smith, a seguire un branco di malviventi?- domandò l’uomo, sorridendo.- non avrete nemmeno vent’anni, che cosa avete potuto fare di così orribile per essere allontanata dalla società e non meritare il loro perdono?”

Lei non rispose, solo distolse lo sguardo. Dopo un altro sorso di rum l’uomo proseguì, capendo che non avrebbe avuto alcuna risposta. “Io ho un figlio, sapete?”

Gli occhi di lei si alzarono.

“Avrà si e no la vostra età. Forse un po’ più grande.”

“Come si chiama?”

“Mia moglie gli ha dato il mio nome. William, si chiama William.”

Lei sorrise, intenerita. “e dov’è ora? Lui e tua moglie ti seguono qui sulla Perla Nera?”

Questa volta fu il volto del pirata ad adombrarsi e i suoi occhi si posarono sul legno parzialmente pulito del ponte. “Non lo vedo da vent’anni.. da quando è nato.- lesse incredulità negli occhi di lei.- a volte mi chiedo come sia, non riesco quasi ad immaginarmelo. Solo, spero che mi somigli un po’.”

“Non ti manca?- domandò lei, stringendo il vestito sotto le dita.- perché non ha deciso di vivere al suo fianco?” Nel suo cuore c’era molto più disprezzo di quello che esprimevano innocentemente le sue parole. Non tanto per quel pirata dall’aspetto gentile, ma perché i suoi pensieri cadevano istintivamente su suo padre.

“Siete giovane, miss Smith. Non tutte le scelte sono facili, non tutte le volte siamo certi di fare la cosa giusta. Voi siete stata fortunata a crescere con la vostra famiglia.”

I suoi occhi si riempirono nuovamente di pianto, delle lacrime rabbiose che cercava disperatamente di ricacciare all’indietro, non voleva piangere lì, con quel pirata, non doveva mostrare la sua debolezza a nessuno.

Per fortuna non ce ne fu bisogno.

“Mastro Turner, mi sembra che il vostro culo puzzolente sia stato a riposo abbastanza, non credete che sia ora di mettervi a lavorare?” la voce cruda di Barbossa interruppe la loro conversazione. Turner la salutò con uno sguardo e si dileguò negli ambienti chiusi della nave, lasciandola con sottufficiale “E voi, milady, intendete godervi l’ombra ancora per molto? Mi sembra che il ponte sia ancora tutto sporco.”

I suoi occhi azzurri fulminarono quasi quelli dell’uomo. “Lo so. Adesso vado.”

“Capisco, deve essere umiliante e faticoso per voi.- nonostante tutto le parole dell’uomo non volevano essere di scherno, anzi.- una così bella donna magari avrebbe altri mezzi per guadagnarsi un passaggio sulla Perla Nera.”

Qualsiasi altra donna sarebbe arrossita, scappata via inorridita, o forse avrebbe schiaffeggiato Barbossa, punta sull’onore. Ma lei, ormai, di rispettabilità e di onore, non ne aveva più. Quindi, disse, semplicemente, e con garbo. “Grazie. Non mi interessano.”

E, dopo averlo sorpassato, si diresse di nuovo verso il suo meschino lavoro.

 

-o-

 

Era così stanca alla fine che quando Barbossa le disse che poteva bastare avrebbe voluto abbracciarlo dalla contentezza. Quasi intenerito dalla sua spossatezza il pirata mandò a chiamare due pirati affinché le mostrassero quella che doveva diventare la sua stanza per tutto il viaggio che l’avrebbe condotta a Nassau.

Nassau.

Non le inspirava molto come nome, non era uno di quei luoghi in cui tante volte aveva pensato di poter andare a vivere. Tuttavia in quel momento anche un nome insignificante come Nassau le sapeva di paradiso, perché sarebbe tornata perfino a Port Royal più che rimanere più del necessario in quella nave maledetta.

Quei due tipi, piuttosto singolari ma simpatici nel loro essere mascalzoni, dovevano essere sicuramente molto amici, dato che erano l’uno l’ombra dell’altro. Uno più basso, mezzo pelato e l’altro, più alto, biondiccio, ancora più strano e per di più senza un occhio.

L’alloggio che le avevano riservato era meglio di quello che si era immaginata. Un letto con un accenno di coperta sopra e un piccolo armadio, di lato. C’era anche un comodino ed uno specchio ovale, sopra, anche parecchio grande. Peccato che era rotto in cinque grandi parti. Fortunatamente lei non era affatto superstiziosa. No, non si poteva lamentare.. non era proprio una stanza reale, ma sicuramente meglio della cella in cui era stata confinata per due settimane e anche meglio di casa sua, sotto un certo punto di vista.

Non c’erano tende raffinate né spazzole grandi ma le andava benissimo così.

“Il capitano.- iniziò uno dei due, quello più basso e con gli occhi tutti e due al suo posto.- si chiedeva se volevate mangiare, questa sera.”

“Grazie.-sussurrò.- non ho fame.”

I due si passarono uno sguardo interrogativo. “Non mangerete nulla?”

“Vedremo domani. Sono stati giorni difficili per me.” Mormorò lei con uno sguardo duro ma profondamente fragile.

“Il capitano non sarà contento.”

“il capitano non sarà contento no.” fece eco l’altro.

Lei sorrise, amaramente. “Mi dispiace.”

I due pirati la lasciarono poco dopo. Evelyne si sedette pesantemente sul suo letto di legno, pensando che forse aveva davvero fame e che comunque, per quanto barbaro e furfante fosse  Jack, era comunque l’unica persona che conosceva in quel posto, l’unica faccia amica, diciamo, e rivederlo non sarebbe stato poi così male.

Ma.. non ce la faceva. Qualcosa dentro di lei non riusciva ancora ad accettare tutto questo.. forse sarebbe dovuta morire, quella vita non aveva alcun senso, né l’avrebbe mai avuto a Nassau.

Diavolo, che miseria ci faceva lei,  in una nave di pirati?

Lei aveva la sua vita, il suo posto.. suo marito.. il suo quasi marito, o meglio. Non aveva voglia di cenare con loro, preferiva starsene sola con i suoi ricordi, le sue angoscia e le sue colpe. Era giusto così. Cinica, fredda, forte e distaccata..

Bussarono improvvisamente alla porta e lei, stanca e un po’ incantata, sobbalzò dalla paura.

Andò quindi ad aprire e non si meravigliò più di tanto quando davanti a lei vide Jack  in persona. Telepatia, pensò. Non aveva forse desiderato vederlo, poco prima?

“Salve tesoro.- le rivolse uno di quei sorrisi che stava iniziando davvero ad apprezzare.- mi è giunta voce che osi rifiutare il mio invito..”

“Non sto molto bene.” Disse, accarezzandosi le spalle, in un gesto lento e accomodante, in cui un attento osservatore avrebbe visto tutta la tristezza, la fragilità e la tragicità di quella donna. Non solo la forza.

Lui si avvicinò, osservandola attentamente con i suoi occhi abissali, i suoi abissali occhi neri. “Sembri sconvolta, infondo sei solo stata quasi impiccata, niente di tragico, su con la vita!”

“Scusami, hai ragione. – la sua bellissima voce si tinse di sarcasmo.- ma ogni tanto queste questi divertimenti mi stancano, sai com’è, noi aristocratiche non siamo abituate a morire spesso.”

Il suo muro, eccolo, ben alto, davanti a lei. Non doveva mai mostrare la sua debolezza a nessuno. Ricordò le parole di suo padre.. non mostrarti debole con nessuno, chiunque ne approfitterà.

Osservò Jack. C’era.. affetto.. nel suo sguardo… no, forse lui non se ne sarebbe approfittato..

Oh Evelyne, è un pirata, chi ti assicura che non farà il contrario? Che cosa?

“Immagino che vorrai riposare allora.” Continuò Jack con un’aria un po’ casual.

“Che acume.”

Il pirata stava per parlare quando si sentì un tuono così forte che credettero quasi d’aver visto tremare le pareti lignee della stanza.

Evelyne sospirò, un po’ impaurita. “Risposare, si, se gli agenti atmosferici me lo permetteranno… sembra in arrivo una tempesta..”

“Bazzecole, mia cara. Pioggerella primaverile.”

 

 

-o-

 

Evelyne non dormiva da nemmeno un’ora quando improvvisamente si ritrovò schiaffata per terra, ruzzolata dal proprio letto e distesa sul pavimento. Si svegliò subito, di soprassalto, quasi presa dal panico. “Mio Dio, che botta..” borbottò massaggiandosi la testa e la spalle, le prime cose che si erano scontrate duramente con il pavimento della nave.

Era stata troppo concentrata a pensare alle proprie parti doloranti che non si era nemmeno resa conto di stare praticamente seduta sull’acqua.

Realizzò che sul pavimento c’erano quasi due dita d’acqua, effettivamente molto dopo, quando, ripresasi dal torpore post sonno, sentì il contatto freddo con l’acqua marina.

Scattò subito in piedi, quasi ferita da quel tocco, inorridita. Presa quasi dal panico spalancò la porta e si rese finalmente conto di quello che stava accadendo. C’era una confusione enorme, gli uomini che non facevano altro che girovagare per la nave con secchi d’acqua ed incitarsi a vicenda.

“Che sta succedendo?” domandò, quasi urlando, cercando di sovrastare le voci di tutti.

Fu proprio William Turner a risponderle. “Una tempesta, miss Smith.”

“Ci siamo fermati?”

“La nave ancora un po’ terrà.”

Un pirata passava di lì e le tirò addosso un secchio, urlando. “Vai sul ponte, c’è bisogno di braccia!”

Evelyne sospirò guardando il secchio vuoto. Assomigliava a quello con cui aveva avuto a che fare per tutta la mattinata. Ah, che bella Ring Komposition!*

Tuttavia le sorti della nave stavano a cuore anche a lei, dato che c’era improvvisamente finita dentro, così corse per le scale e s’immise sul ponte. Capì subito che non era stata una buona idea, non appena si sentì investire da una folata d’acqua e vento. Fu subito fradicia e credette anche di andare all’indietro, ricadendo sulle scale. Facendosi forza avanzò lungo il ponte da cui gli uomini sotto il comando di Barbossa e del signor Gibs toglievano secchi d’acqua, rigettandoli nel mare impazzito, anche se spesso con pochi risultati, perché la nave non faceva altro che ondeggiare paurosamente da destra a sinistra e molti perdevano l’equilibrio rovesciando tutto il contenuto dei secchi di metallo.

Lei cadde un paio di volte, rischiando anche di essere calpestata da qualcuno, con il vestito che le ingombrava e così fradicio, pesava il doppio. Cercando di schermarsi gli occhi con una mano, proteggendosi dall’acqua, raggiunse il timone dove Jack, concentratissimo, dava ordini a destra e a manca, reggendo il timone e governando la nave.

“Pioggerella di primavera, eh?” gli urlò lei, faticando persino a reggersi in piedi.

“Ogni tanto un po’ d’acqua ci vuole! Altrimenti chi li convince a lavarsi!” rispose lui indicando con il capo il resto della ciurma.

I fulmini illuminavano il cielo e i loro volti, rendendoli capace di vedersi anche se di notte. Il pirata faceva velocemente andare il timone, poi lo fermava e lo reggeva forte, visibilmente affaticato dallo sforzo. “Anche se quest’acqua è effettivamente troppa.- mormorò il pirata, fradicio, anche lui.- rischiamo di dirottarci, e di perdere Nassau.”

“Nassau..- ripeté lei, quasi urlando.- so che non è il momento.. ma perché proprio Nassau?”

“Hai proprio centrato la questione dolcezza..- rispose lui, con poco fiato, a causa dello sforzo.- non è il momento.”

“E Port Royal?” insistette Evelyne aiutandolo istintivamente a reggere il timone.

Il capitano si volse verso di lei, quasi sorpreso.

La luce dell’ennesimo fulmine illuminò gli occhi di ghiaccio di lei, rendendola un’apparizione quasi irreale. I capelli erano appiccicati al viso ma allo stesso tempo smossi dal vento che, impetuoso, gonfiava le vele della nave e cercava di smuoverla per sballottarla chissà dove.

“Mai sentito parlare..- sussurrò l’uomo, vicinissimo all’orecchio di lei.- di Chefalos?”

Lei lo fissò, sconvolta dalla pioggia e dal vento. “si, mi sembra… in una favola”

Jack alzò lo sguardo al cielo. “Via!” urlò lasciando il timone, lei fece altrettanto e per un attimo la nave sembrò impazzita e seguì i favori dell’uragano. “salpate l’ancora!”continuò Jack.

“Capitano verremo spazzati via!” si oppose il signor Gibs con gli occhi quasi chiusi dalla pioggia.

“C’è troppa corrente.” Urlò qualcun altro.

“La sfrutteremo branco di cani rognosi!- s’intromise Barbossa, urlando, quasi uguale ad un fantasma delirante.- su l’ancora!”

“Salpiamo l’ancora!” urlarono quindi tutti in coro e s’apprestarono ad inseguire l’ordine.

“Sappi tesoro.- continuò Jack osservandola intensamente.- che le favole non esistono.”

L’ennesimo sballottamento esigette di nuovo il controllo del timone e Jack ed Evelyne, in contemporanea, rimisero le mani sul organo direzionale ligneo. Si osservarono un istante negli occhi, poi il pirata sottolineò il gesto, stupito. “Te ne intendi, hai naufragato altre volte?”

“Cosa? no!- fece una piccola pausa, quasi rendendosi conto solo ora di quello che avevano detto.- Naufragheremo sul serio?”

“Non hai mai naufragato?” ribatté lui, incredulo.

Lei negò con il capo, spazientita. “C.. certo che no, ovvio!”

“Allora qualcuno nella tua famiglia.” Insistette il pirata, girando il timone con lei.

“Mio padre è un soldato, molte volte è andato per mare. Ed io con lui.” Rispose lei, a fatica, un po’ per lo sforzo, un po’ per l’argomento in sé. “Ma questo che diavolo centra con Port Royal?”

“E Port Royal che diavolo centra con la tempesta e con il fatto che tu non fai il tuo dovere di mozzo aiutando a togliere l’acqua dalla nave?” ribatté lui quasi ridendo.

Lei restò un attimo senza parole. “Io non sono un mozzo. E poi ti ho fatto una domanda.”

“Anch’io.”

“Tu non hai risposto però.”

“Rispondi alla mia ed io alla tua.”

Sparrow girò velocemente il timone a destra e lei, spazientita, ci mise ancora più foga. “Mi vuoi dire che cosa ci facevi a Port Royal si o no? Se devo morire qui, questa notte, voglio almeno sapere che cosa ti ha spinto sulla mia strada!”

Lui rise, divertito. “ Saresti morta ore fa se non ci fossimo incontrati.”

“Ma di una morte molto meno dolorosa.- rispose lei, mentre lasciarono in contemporanea il  timone, lasciando la nave girarsi di nuovo su un fianco.- allora?”

“Mi serviva l’anagramma di Chefalos, che si trovava, guarda un po’, proprio a Port Royal.”

La pioggia intanto era un po’ diminuita ma l’intensità del vento non accennava a voler ridursi. “E a che cosa ti serviva l’indovinello di una creatura mitologica!?”

Lui le regalò un sorriso di quelli che stava iniziando ad apprezzare sul serio. “è quell’indovinello che ci porta a Nassau.”

Lei sospirò, sentendosi quasi sconfortata dall’assurdità di quella situazione. “Sarà meglio che vada a dare una mano” disse quindi allontanandosi a malincuore da Jack, dato che non aveva più bisogno del suo aiuto.

Ritrovò il suo secchio e iniziò a riempirlo e poi svuotarlo sui bordi della nave, restituendo l’acqua al mare. Si ritrovò vicino a Turner il quale la sorresse mentre stava per cadere di nuovo. “Vi ha lasciato pilotare la sua nave.” Disse l’uomo con un sorriso tenero.

Lei aggrottò la fronte, quasi confusa e lui continuò. “Il timone. Oltre Barbossa e Gibs non ha mai permesso a nessuno di toccarlo.” Gli occhi di Evelyne quasi increduli si volsero così verso Jack Sparrow, chiedendosi quasi il perché, mentre sentiva le parole di  Turner confonderla ancora di più. “ La Perla Nera è il suo piccolo gioiello e ne è molto geloso..”

Lo sguardo vellutato della giovane rimase concentrato sulla figura misteriosa del capitano, finché l’ennesimo sballottamento non la costrinse a svegliarsi dalle sue elucubrazioni e a fare il suo dovere. Riprese a dare una mano, seguita, senza saperlo dallo sguardo ombroso di Jack.

C’era qualcosa in quella ragazza che non quadrava.

Bellissima, forte. Troppo forte.

Troppo giovane per essere così forte. C’era una sensualità nel suo sguardo, nei suoi occhi, qualcosa di adulto, di sofferto forse.

Un segreto.

Fece velocemente girare il timone mentre un sorriso intrigato si dipingeva sul suo volto. Una ragazza costretta a crescere troppo in fretta, qualcosa che l’aveva portata in prigione. Bene, gli piacevano i segreti, adorava i misteri.

Lo eccitavano a continuare, a spingersi oltre, a scoprire.

E forse, in qualche modo, lo eccitava lei.

 

-o-

 

Jack si svegliò quasi soprassalto. Disorientato, si guardò intorno, quasi inconsapevole di dove fosse, di chi fosse, di come… ah no, no, ecco ricordava.

Primo: era Jack Sparrow. No, Capitan Jack Sparrow.

Dov’era.. ah beh… questo era più difficile. Ad occhio e croce gli sembrava di essere nella sua nave. Non appena però sentì uno strano peso e vide la bottiglia di rum che troneggiava tra le sue braccia fu tutto più chiaro, ricordò tutti i particolari della serata precedente e spiegò anche quello stranissimo mal di testa. Si si.. la tempesta, l’uragano, poi la quiete, l’ubriacatura con i suoi uomini eccetera.

Si alzò dal letto tutto vestito esattamente come si era coricato e, un po’ traballante, si diresse sul ponte, sperando che un po’ di brezza marina gli rinfrescasse le idee. Era quasi deserto il ponte, c’era Gibs che teneva il timone – uno dei pochi a cui era concesso farlo.- e qualche mozzo che si era addormentato lì, da qualche parte.

“Buon giorno capitano!” esultò Gibs non appena lo vide.

“Parla piano, caprone.” Rimbrottò l’altro, infastidito a qualsiasi rumore. Si appoggiò barcollando, sentendosi ancora mezzo stordito. “allora, come siamo messi?”

“Tre giorni da Nassau, signore.” Rispose l’altro, pimpante. “Ah, capitano.. so che queste sono considerazioni personali ma.. permettetemi.. che cosa andiamo precisamente a fare a Nassau?”

Jack si lisciò la barba con un gesto piuttosto stanco. “Precisamente, Gibs. Hai mai sentito parlare dell’anagramma di Chefalos?”

L’altro aggrottò la fronte. “Chefalos, capitano?”

“Si. Chefalos.”

“Non era l’Isla de Muerta e il tesoro di Cortes il nostro obbiettivo?”

Jack si coprì il volto con una mano. “Come raggiungeresti un’isola che nessuno sa dove sia a parte chi sa già dove trovarla, isola irraggiungibile senza una mappa che non indica le possibili tracce per effettuare suddetto raggiungimento, senza avere il mezzo nautico per raggiungere l’irraggiungibile?”

L’altro pirata restò quasi sconcertato. “..A .. Nassau?”

“Nassau? Che centra Nassau?- sbottò l’altro.- con una bussola, no?”

Gibs annuì, poco convinto. “Ah.. eh.. una bussola,certo.”

“E dove si trova la bussola?”

“All’isla de Muerta?

 “A Nassau, no??”

L’improvviso suono di un violino interruppe quella chiacchierata che stava avendo esordi davvero parossistici. I due uomini si voltarono di scatto verso l’altra parte della nave da dove proveniva lo strano suono. Era bello, comunque, dolce quasi romantico. Jack si volse verso Gibs indicandogli con lo sguardo di rimanere lì dov’era e si spostò, un po’ crucciato, verso la prua della nave tutta l’illuminata dalla nascente luce dell’alba. I suoi occhi neri focalizzarono la figura di spalle di Evelyne, autrice di quello strano strimpellio.

Ma dove diavolo l’aveva trovato quell’arnese infernale?

La guardò, di sottecchi, e si avvicinò, naturalmente, quasi ipnotizzato da quel suono, si appoggiò alla balaustra senza una ragione. Aveva anche mal di testa, capirai.

Eppure guardarla  suonare ... era davvero piacevole.

Aveva il volto sereno anche se un po’ teso, gli occhi chiusi e le sue mani si muovevano armonicamente su quello strumento, i capelli neri che cadevano un po’ scomposti da un modesto tentativo di appuntarli e le incorniciavano il viso con piccole onde nere.

Non appena si accorse di essere osservata si stoppò di botto e riaprì gli occhi. “Che..- iniziò, un po’ in imbarazzo.- che diavolo ci fai qui?”

“Sai com’è. è la mia nave.”

“Intendevo..”

“Qui le domande le faccio io.- l’interruppe Jack notando che oltre al violino Evelyne indossava anche un bellissimo vestito rosso bordò.- dove diavolo hai trovato tutta questa roba?”

Lei sorrise, ridendo. “Infondo all’armadio della mia stanza.” Disse alzando lo strumento.

“Ah ricordo.- mormorò Jack guardando il violino.- però l’ultima volta che ci siamo incontrati aveva…”

“Tutte le corde strappate.- continuò lei.- è vero. L’ho aggiustato.”

“Ah ecco.- borbottò lui.- Anche aggiustare i violini, oltre a pilotare navi.”

Lei si appoggiò alla balaustra, vicino a lui. “Ti confesserò un segreto: io non so pilotare una nave.”

Lui si avvicinò ancora. “Interessante. Una bambina prodigio, allora.”

“Diciamo che imparo in fretta.- lei non accennava ad allontanarsi e lui si avvicinò di nuovo, finché non furono entrambi ad un soffio.- se ho un buon maestro..”

Jack sorrise e senza lasciarla con lo sguardo andò ad accarezzare con le dita  il polso della sua destra. “Per quanto riguarda il violino..”

“Non è difficile. Lo faceva anche mio nonno.”

“Il vestito, allora.- sorrise.- no, scommetto che te l’hai cucito.”

Lei scoppiò a ridere questa volta mentre i suoi occhi si perdevano in quelli abissali dell’uomo. C’era qualcosa che l’attirava fatalmente in lui, forse qualcosa di magnetico, di ipnotico. Comunque di fortissimo. La sua vicinanza gli dava alla testa e gli suggeriva pensieri non proprio innocenti. “Sotto il letto. Lo riconosci, magari era di qualcuna delle tue amichette?”

Lui si avvicinò ancora e spinse la mano sull’avambraccio della ragazza. “No, era della sorella di Barbossa.”

“Oh, e che fine ha fatto?”

“Se l’hanno sbranata gli squali del sud. L’unica cosa che i pescecani hanno risparmiato era il vestito.”

Lei quasi sobbalzò e fece per allontanarsi ma Jack strinse la presa e l’avvicinò a lui, con slancio. “Non sarai mica un tipo che s’impressiona facilmente, vero? O temi la collera di Miss Barbossa?”

“Mi fa impressione portare il vestito di un morto.” Confessò lei con un mezzo sorriso.

“Oh non sei mica l’unica. L’ha portato Giselle, Carmen, Hodie, Jaime..”

“Va bene,va bene.- l’interruppe, quasi seccata.- l’abbiamo capito. Diciamo che il pericolo è scongiurato, sto più tranquilla.” Sospirò, mentre la brezza marina le accarezzava il viso.

La mano di Jack viaggiò lungo la spalla, arrivando al collo di lei. Istintivamente, senza pensare a nulla se non a quello che stava per accadere, lei si girò verso di lui, ascoltando il battito accelerato del suo cuore e le sensazioni che il tocco del pirata le procurava, quell’adorabile serie di brividi lungo la spina dorsale.

Le loro labbra erano ad un soffio, vicine. Jack era lì, doveva sporgersi appena un po’ e l’avrebbe avuto.

Lei era lì, appena ad un centimetro da lui. Ancora un passo e avrebbe scoperto che sapore avevano quelle labbra su cui indugiava da parecchio, colto la vera essenza di quella ragazza.

Ma non fu così.

Evelyne si fermò.

S’irrigidì e si spostò leggermente all’indietro, improvvisamente a disagio. Jack rimase, lì, davanti a lei, come un pesce lesso. Ma che diavolo le era preso?

“Scusa.” Mormorò, sentendosi improvvisamente inadeguata, sporca, sbagliata. Si portò una mano tra i capelli e prima che Sparrow potesse aggiungere qualcosa lo piantò lì, correndo via.

Attacco di panico?

Può darsi.

Evelyne si sbatté in camera, chiudendo forte la porta di legno e probabilmente svegliando mezza ciurma. Si appoggiò alla porta con le spalle, adagiando la nuca alla superficie dura. Chiuse forte gli occhi, sospirando.

Ma che cosa stava per fare? Con quel pirata? No, no, no, no, no. Assolutamente no.

Sospirando, sentendo il terrore assalirla improvvisamente, iniziò a piangere come una bambina. Non piangeva da molto tempo, esattamente da quando aveva baciato un uomo, l’ultima volta.

Si lasciò portare dal dolore forse per la prima volta in vita sua e, lentamente, si lasciò cadere.

 

 

 

 

 

 

* termine tedesco per “Composizione ad anello”

 

 

To be continued…

Diomache.

 

 

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Capitolo 3
*** Schiaffi, Cannoni e Mormorii ***


Capitolo III

Ciao ragazzi! eccomi qua con il terzo capitolo della storia…  ma prima vorrei ringraziare gli angeli che hanno commentato il secondo capitolo.. vi adoro!

 

DJ Kela: ciao Kela grazie mille per i tuoi complimenti e per le tue mail.. sei stata gentilissima e i tuoi consigli mi hanno dato davvero nuove idee!! Grazie ancora capitana e spero davvero che questo capitolo ti piaccia.. fammi sapere!^^

 

Dark_girl92: grazie mille.. spero che continuerai a seguirmi!

 

Miky90: ciao, grazie mille per i complimenti! Si Evelyne nasconde un segreto, un rimorso direi, qualcosa che la fa soffrire ed è legato alla sua vita prima di finire in prigione.. comunque qui nel III inizieremo a vedere spiragli nella sua vita passata! Grazie di nuovo!

 

Apple: ciao amica mia.. sai, hai ragione.. Evelyne e Cameron sono un po’  simili se vogliamo, entrambe problematiche e misteriose.. comunque non finirò mai di ringraziarti per la tua amicizia ed il tuo appoggio, tesoro, sono davvero preziosi!

 

Sarah James: non ti devi affatto scusare, Sarah, anzi, ti ringrazio per aver recensito! Scusami se la mia recensione del tuo VIII si fa attendere ma giuro che l’ho già letto e già ti preannuncio che mi è piaciuto moltissimo! Forse mi sono espressa male quando ho scritto che Jack rimaneva come un pesce lesso.. non intendevo nel senso di brodo di giuggiole per lei, ma come rimarrebbe ogni uomo se proprio ad un passo la donna che stava per baciare si allontanasse.. grazie mille per i tuoi complimenti, spero che questo capitolo ti piaccia!

 

Angie83: beh eccoci qua al III, ho cercato di fare il prima possibile! Grazie per i tuoi complimenti, rendere Jack non è facile ma con le vostre recensioni mi state aiutando a fare il meglio di me! Grazie ancora Angie!

 

Christie: ciao! Grazie mille per la recensione e per i complimenti.. fammi sapere che te n’è parso di questo capitolo!^^

 

_Eleuthera_ : grazie mille e non solo per i complimenti ma anche per i tuoi preziosissimi consigli.. non sei affatto pedante, anzi, mi fa piacere ricevere delle dritte per migliorare! Il “c’entra” è stato una svista non corretta, mentre l’altra questione del punto interrogativo effettivamente non c’avevo proprio pensato! Spero che questo chap ti piaccia fammi sapere!

 

Black_ kisses: ciao, grazie per le tue belle parole… in effetti Barbossa è uno dei personaggi che amo di più.. nel primo faceva il cattivo di turno quindi era un po’ sulla gola a tutti, invece a partire dalla fine del secondo e poi tutto il terzo l’ho letteralmente adorato.. è un grande attore, davvero uno dei migliori (insieme a Johnny Depp of course) nel film.. grazie ancora!

 

Johnny Jack: io non so cosa dire.. se non grazie! Sei troppo gentile.. grazie mille.. cercherò di fare il massimo per non deludere le vostre aspettative.. ho sempre una paura matta quando pubblico perché Jack effettivamente è sempre una mina vagante, ma le vostre recensioni mi fanno tirare un sospiro di sollievo! Spero che questo capitolo ti piaccia!

 

 

Martozza: ciao! Grazie mille per la recensione.. spero che mi farai sapere riguardo questo capitolo… Evelyne l’ha respinto per molti motivi.. ma chissà se sarà così ancora per molto.. ;P .. grazie ancora per i complimenti.. ^^

 

MellyVegeta: grazie, aspetto di sapere le tue impressioni per questo terzo capitolo!

 

 

Grazie ancora ragazzi siete stupendi.. spero che il capitolo vi piaccia, fatemi sapere^^

Buona lettura,

Diomache.

 

 

 

 

Capitolo III

 

Schiaffi, Cannoni e Mormorii

 

 

 

 

 

“Prego, Signor Gibbs.- la voce maliziosa di Evelyne interruppe l’attesa.- tocca a voi adesso.” disse tenendo strette le sue carte in mano, vicino alla bocca, sopra le quali spuntavano, in alto, i suoi bellissimi occhi blu.

Era seduta su una piccola botte, a gambe incrociate e, pur essendo solo il terzo giorno di navigazione, sembrava aver perso il disagio delle prime ore. Anzi, era proprio cambiata.

I capelli erano rigorosamente sciolti, ricci e dall’aspetto insieme ribelle e gioioso, come se esultassero perché ora non erano più costretti in complicate acconciature, ma potevano scendere liberi lungo le sue spalle ed incorniciare il suo viso diafano.

E quel bellissimo vestito rosso scuro che aveva rintracciato sotto il suo letto era tornato esattamente dove l’aveva trovato, diventato improvvisamente troppo ingombrante per lei e per tutte quelle pulizie che lentamente aveva imparato a fare. Così lo aveva sistemato di nuovo lì sotto… chissà, magari un giorno lo avrebbe calzato un’altra donna.

Ma non potendo nemmeno più rimanere con quegli abiti cenciosi con cui era scappata dalle prigioni di Port Royal, si era dovuta affidare alle abili mani del signor Gibbs che, facendo un giretto tra la ciurma, aveva trovato il vestito che faceva al caso suo.

Era l’abbigliamento appartenuto ad un pirata  che, poverino, era morto da qualche mese per una pallottola in piena fronte.

“Il vestito di un altro morto?”

Le sue vivaci proteste non erano servite a gran che, quel vestito c’era e quello doveva mettersi, anche perché era perfetto, fatto quasi su misura per lei, visto che il morto in questione era magro magro. 

“Guardate che taglio, che forma, che stoffa che..” le parole di Gibbs il quale cercava disperatamente di farle vedere quei vestiti sotto un’ottica diversa, l’avevano solo fatta innervosire. Gli aveva strappato i vestiti di mano con uno sguardo tagliente. “Datemi un secchio e del sapone, almeno.”

Aveva lavato quegli abiti per un giorno interno e li aveva lasciati a bagno per tutto il seguente, tanto che c’era da stupirsi se da neri non fossero diventati grigi.

Ma poi li aveva indossati e, così vestita, chi aveva conosciuto la Miss Evelyne Smith di una settimana fa non l’avrebbe mai riconosciuta conciata a quel modo. Eppure malgrado tutto c’era qualcosa in lei che l’avrebbe sempre distinta da una popolana o da una donna borghese, ed era quel che di aristocratico nello sguardo.

C’era sempre in lei quel lampo di forza negli occhi, quel cenno di autorevolezza e sensualità che non avrebbe cessato mai di avere, nemmeno adesso, vestita da uomo.

E Jack se ne era accorto, in prigione.

“Allora, Signor Gibbs?- la sua voce tornò a sollecitare l’uomo.- non mi direte mica che non sapete che cosa fare…”

Il signor Gibbs non rispose, solo la scrutò ancora qualche istante, sospirando, cercando quasi di intuire le carte che avesse in mano quella giovane amazzone, consultandosi con lo sguardo con la cerchia di pirati che lo attorniavano e che lasciavano invece le spalle coperte alla nostra giovane, in una sorta di tutti contro uno.

Alla fine Gibbs, convinto che non potesse fare altrimenti, scoprì le carte sbattendole quasi sull’altra botte che faceva loro da tavolino. Tutti i pirati esultarono in un evvai generale, notando che Gibbs aveva in mano un quartetto di donne. Lui si girò verso i suoi compagni, facendo segni di assenso, poi, voltandosi di nuovo verso di Evelyne. “Avanti, miss Smith.- iniziò con voce tronfia.- a voi.”

Lei lo osservò con suo sguardo quasi vellutato.

Ah, il poker. È l’apologia dell’ incostanza della sorte.

Con un gesto sensuale ed innocente insieme lasciò le carte sopra la superficie della botte, coprendo quasi quelle dell’avversario.

Il piccolo chiasso cessò.

I pirati si passarono sguardi sgomenti, quasi increduli.

Per la ventesima volta, in quella sera, Evelyne chiudeva con un quartetto d’assi.

“Beh.- disse, osservando la piccola combriccola ammutolita.- direi proprio d’aver vinto ancora.” Disse ridendo e appoggiando il viso sul palmo delle mani.

“A questo punto- continuò, davanti agli sguardi allibiti degli altri.- sganciare, prego.” Prese il cappello di un pirata che sedeva accanto a lei e lo capovolse, invitando i presenti a vuotare lì i loro portafogli secondo il prezzo stabilito.

“Fermi tutti.- l’inequivocabile voce di Jack interruppe la scena.- tu non hai ancora vinto.” Disse avvicinando ad Evelyne e guardandola con aria di sfida. “devi battere il capitano, prima.” disse sorridendo in maniera accattivante.

“Questo non è leale.- protestò.- tu non c’eri quando abbiamo stipulato la scommessa. L’accordo era vincere contro tutti i presenti e tu..”

“Leale?” ripeté Jack, interrompendola e scoppiando a ridere, risata che contagiò subito tutta la ciurma. “Mi piace questa parola.. devo averla sentita, da qualche parte. Ah che peccato, non ho mai capito che cosa significhi...”

Lei roteò gli occhi poi sospirò, riponendo a posto il capello e porgendo il mazzo a Jack. “Prego, allora.” Disse, scocciata.

Lui la fissò intensamente poi prese il mazzo ed iniziò a mischiare le carte con vera maestria, ridendo in quella maniera così maledettamente bastarda e sensuale. Prese tre carte e gliele porse, lei gliele strappò quasi di mano e le scrutò con la stessa violenza con cui gli avrebbe volentieri dato un pugno.

Dopo l’episodio del ponte e del bacio mancato non si erano più avvicinati né Evelyne aveva più permesso che accadesse. Forse una volta l’occasione si era ripresentata durante un’ubriacatura generale ma lei, anche se a mo’ di scherzo, gli aveva ben fatto capire che non era aria. “Tesoro.- aveva risposto lui, barcollando per il rum.- ho recepito il tuo messaggio.”

E non era accaduto altro.

Jack era rimasto Jack. E lei era rimasta lei, con una punta di rimorso, ma sicura d’aver agito nella maniera migliore.

Jack iniziò a giocare, fissandola con i suoi occhi neri e lei ricambiò lo sguardo con i suoi, di ghiaccio.

La partita andò avanti tra alti e bassi.

“Ti ho messo alle strette, eh?” disse ad un certo punto lui, con un sorriso trionfante, vedendola in difficoltà. Sorriso che si spense seduta stante quando lei sferrò il suo attacco. “No, direi di no.” mugugnò subito dopo, sotto lo sguardo vittorioso di lei.

Poi toccò a lei incassare quando non le riuscì una mossa delle sue e le toccò subirsi Jack e i suoi autoelogi per almeno mezz’ora. “Cara mia non devi mai dimenticare che..”

“Si si Capitan Jack Sparrow.”

E lui, scocciato: “Esattamente.”

Poi arrivò la mossa finale.

“Avanti miss sotuttoio.- l’incitò Jack.- giù le carte.”

“Capitano dei miei stivali  fatemi vedere se avete fegato.. buttale prima tu.”

Lui strinse gli occhi poi con un gesto borioso, scoprì le sue carte. Due assi e due re. Tutti si passarono sguardi vittoriosi, soprattutto Gibbs che vedeva in Jack la sua rivincita su Evelyne.

La ragazza osservò per un istante gli sguardi trepidanti degli altri pirati, poi scoprì le sue carte.

“Quattro assi.” Disse accompagnando il gesto.

Lo sguardo del pirata fu qualcosa di indescrivibile. Stava per protestare perché avendo lui due assi, non era affatto possibile che lei ne avesse ben quattro in mano, ma lei l’interruppe, dicendo. “Nemmeno io ho mai capito cosa significa, Jack.”

Scoprì il cappello. “E adesso signori..”

Jack si morse il labbro inferiore e strinse gli occhi, incassando il tutto, accompagnato da altri gesti di rammarico degli altri pirati che capirono solo ora d’essere stati fregati per tutta la sera. Dei pirati messi nel sacco da una piccola nobile?? Ah, aveva qualcosa di parossistico.

Evelyne porse il cappello con dentro le monete anche a Jack e l’invitò con lo sguardo ad attempiere al suo dovere. Lui, intrigato e divertito insieme, lasciò la sua moneta, con un piccolo sbuffo finale. “Maledetti pirati.” E questo la fece ridere illuminando il suo viso.

“E adesso capitano?” domandò  Cotton ( o meglio il pappagallo Cotton) avvicinandosi a Jack.

Il clima di attesa si concluse con la battuta di ogni serata che si rispetti.

Con Jack che, con lo sguardo misterioso e la voce trionfante,si alzava e diceva: “E adesso il rum!”

Incredibile ma vero, bastavano quattro parole per far scatenare l’euforia generale. Tutti alzarono il pugno in aria e corsero ad approvvigionarsi di bottiglie per tutta la nave. Lei scosse la testa e lentamente si avviò verso le scale che l’avrebbero condotta alla sua cabina.

“Ehi pirata.”

La chiamò dietro Jack.

Si voltò facendo ondeggiare i suoi capelli neri.

“Non ti unisci a noi? Per integrarti nella ciurma non basta vestirsi da pirata ed imbrogliare a carte…-fece una piccola pausa.- bisogna bere il rum”

Lei inarcò le sopracciglia. “Oh, beh, vorrà dire che farò a meno di integrarmi nella ciurma.- sorrise in maniera molto sarcastica.- dato che non sono un pirata.”

Lui rise, appoggiandosi con il gomito al legno della nave. “Ah si, ti diverti a fare finta di esserlo però. Altrimenti perché ti saresti conciata così?”

“Solo per necessità.- rispose, candidamente.- non potevo rimanere con quel vestito. Bellissimo, per carità, ma poco pratico per pulire il ponte.”

“E una educata ed onesta signorina imbroglia in quella maniera?”

Lei sorrise maliziosamente questa volta. “Necessità.- ribadì.- domani arriveremo a Nassau. Avrò bisogno di soldi per ricominciare a farmi una vita, Jack.”

I pirati tornarono in quell’istante, vociando grossolanamente ed alzando in aria le bottiglie piene del liquido scuro. “Prego, miss Smith.- fece Gibbs consegnandole una battiglia.- unitevi a noi!”

Lei sorrise e gli ridiede la bottiglia di vetro. “No grazie.”

Tutti ammutolirono e l’osservarono allontanarsi fino a scomparire all’interno della nave. Quel surreale silenzio venne rotto proprio da Jack e che fece un sorso e poi alzò di nuovo la bottiglia in aria. “Yo-hooo!”

E subito tutti l’imitarono.

 

-o-

 

Evelyne aveva appena finito di contare il piccolo gruzzetto che si era guadagnata e di riporlo all’interno dell’unico cassetto rimasto nel comodino della sua cabina quando sentì dei piccoli passi avviarsi verso la cabina del capitano, quella di Jack, non troppo distante dalla sua.

Sorrise, pensando a lui che camminava barcollando fino alla sua amaca.

Ma il suo sorriso si spense subito. Evelyne aveva lasciato la porta della cabina socchiusa e sentiva distintamente che quelli non erano i passi di Jack. Primo perché i passi di quel matto erano inconfondibili e secondo perché avrebbero dovuto anche essere quelli barcollanti di un ubriaco perché se tanto ci da tanto, con tutto quel rum Jack Sparrow non poteva avere la lucidità che invece testimoniavano quei passi.

E poi, altro particolare: erano di due persone.

Insospettita si alzò dal  letto e si avvicinò allo spiraglio libero tra la porta e il muro.

I suoi occhi di ghiaccio videro bene, attraverso la fessura, Barbossa e un altro pirata aprire la porta della stanza di Jack ed entrarvi dentro. Sì, riflettendoci, né Barbossa né quell’altro tizio si erano visti per tutta la serata.

Deglutendo e dopo aver fatto un buon respiro profondo, Evelyne spinse la sua porta cercando di non fare rumore e approfittando del fatto che era ancora vestita, camminò fino alla cabina di Jack e vi si appoggiò dolcemente, cercando di origliare le loro voci attraverso il legno.

Sentì distintamente una delle due voci maschili, sicuramente non quella di Barbossa, dire. “E se invece l’avesse nascosto o lo tenesse con se?”

“Jack non sospetta di nulla, quindi non c’è motivo di ritenere che sia tanto prudente”

“Si ma..”

“Allora muoviti e cerca quel maledettissimo foglio!”

La ragazza incurvò le sopracciglia, confusa. Che diavolo stava facendo Barbossa? Non avrebbe voluto equivocare ma il contesto sembrava chiarissimo.. come se stessero tramando alle spalle del loro capitano. Il suo intuito le diceva che quel che Barbossa voleva trovare era quell’anagramma di cui le aveva parlato Jack appena un paio di giorni prima: l’anagramma di Chefalos. Ma a che scopo?

Improvvisamente le loro voci si fecero più sottili e poi quasi scomparirono, lasciando la ragazza confusa e troppo curiosa per tornarsene in cabina. Aguzzò l’orecchio e si appoggiò meglio alla porta, cercando di sentirli di nuovo.

Quando udì di nuovo la voce di Barbossa, capì di essere nei casini. “Andiamo, quel bastardo è più furbo di quello che pensavo.. ma non ci serve l’anagramma, possiamo sfruttare la situazione a nostro favore..”

Erano vicinissimi alla porta e lei non avrebbe certo potuto far finta di passare di lì per caso e correre verso la sua cabina era ormai troppo tardi… I due pirati misero mano alla maniglia, lei fece un balzo all’indietro, impaurita, poi i suoi occhi incontrarono la sua salvezza: una bottiglia di rum.

Era a lato del corridoio ed era ancora mezza piena. La prese, se ne versò un po’ addosso e si accasciò ai lati della parete.

Aprirono la porta, vociferando tra di loro ma smisero di parlare quando videro Evelyne, lì davanti.

“Miss Smith.- iniziò Barbossa, incurvando la fronte ed osservando attentamente la ragazza, seduta a terra.- che diavolo state facendo?”

Lei fece un sorso di rum sforzandosi di mandar giù quella roba e poi, fingendosi stralunata, disse alterando un po’ la voce. “Oh io.. dove sono?.. non .. non lo so..” e scoppiò a ridere bevendo di nuovo dalla bottiglia.

Barbossa sorrise anche lui, si chinò e le prese la bottiglia di mano. “Questa la prendo io, miss, voi avete dato abbastanza.”

“Credete che possa aver sentito qualcosa?” domandò l’altro pirata avvicinandosi al primo ufficiale.

Evelyne tremò sotto lo sguardo indagatore di Barbossa e cercò di rendere più vera la parte dell’ubriaca, inclinando la testa di lato. Sentì chiaramente gli occhi grigi dell’uomo scrutarla attentamente e per un attimo temette che l’uomo avesse capito tutto.

Ma inaspettatamente Barbossa sorrise e si rivolse al suo compare.

“è solo ubriaca. Deve essere la prima volta che beve un sorso di rum, nevvero miss?”

Le lanciò uno sguardo penetrante e dopo aver fatto un sorso di nuovo alla bottiglia la buttò a terra con violenza, facendola infrangere a pochi passi da lei. Entrambi risero vedendola sobbalzare dallo spavento, poi si allontanarono lasciandola sola e sconvolta, lì, sul pavimento di legno della Perla Nera.

I loro passi e la voce di Barbossa che le augurava la buona notte con una fragorosa risata la tormentarono per tutte le ore seguenti.

 

-o-

 

“Capitano!” Gibbs, tutto allarmato, correva da una parte e l’altra della nave reggendo in mano il lungo cannocchiale e porgendolo a Jack che stava al timone e consultava di tanto in tanto una noiosissima bussola, sospirando per quando avrebbe invece avuto quella che tanto agognava.

Lui inclinando la schiena all’indietro guardò attraverso il cannocchiale e quando lo tolse dagli occhi aveva un’espressione decisamente meno rilassata. “Vele tigrate.” Mormorò osservando le vele nere intagliate di bianco. “è Gattopardo.”

“Dobbiamo prepararci alla battaglia, signore?”

Jack lo osservò come se avesse detto un’eresia. “Combattere? Perché combattere quando si può ..- lasciò la frase in sospeso.-.. si possono fare tante altre cose.”

“Per esempio signore.” Insistette l’altro, affiancato improvvisamente dal pirata con un occhio solo.

“Negoziare.- disse Jack con un sorriso.- o scappare, tagliare la corda, schivarli, sentire che cosa vogliono.. ci sono migliaia di cose da fare invece che combattere, comprendi?” Concluse oltrepassando Gibbs e lasciandolo con uno sguardo allibito.

“Noi siamo pirati.- protestò lentamente un altro, al suo amico con l’occhio ballerino.- combattiamo, noi.”

L’altro scrollò le spalle, accompagnando il gesto con uno sguardo un po’ perso.

L’altra nave pullulante di pirati si affiancò alla Perla Nera in pochissimo tempo ed Evelyne, risalendo dalle cabine, non poté non lasciarsi sfuggire un piccolo borbottio di sorpresa, vedendo improvvisamente l’altra grande imbarcazione. 

“Chi sono?” domandò a William Turner, l’uomo che tutti –aveva imparato.- chiamavano Sputafuoco.

“è Gattopardo.- rispose quello con uno sguardo un po’ preoccupato.- e la sua ciurma di manigoldi.”

“Oh, basta pirati.” Sospirò lei passandosi una mano tra i capelli neri.

“Vi consiglio di nascondervi miss Smith.- sospirò anche lui.- se si arriverà alla battaglia credo che sareste in pericolo.”

Lei aggrottò la fronte. “Perché dovremmo combatterli? Sono pirati anche loro, no?- l’uomo alzò gli occhi al cielo.- non c’è lealtà, eh, tra i ladri.” Continuò lei, amareggiata.

“Il punto è, Evelyne,- rispose con voce un po’ roca.- che Jack è in possesso di qualcosa che bramano in molti oggigiorno.”

“L’anagramma di Chefalos.” Sussurrò.

“Già. E non solo Gattopardo lo sta cercando disperatamente.”

La loro conversazione venne interrotta perché improvvisamente sentirono la voce di Jack che, ritto sul ponte, si rivolgeva al capitano dell’altra nave. Lo potevano vedere distintamente, si trattava di un uomo alto con il volto tatuato a strisce e l’abbigliamento anch’esso molto particolare, tigrato in più punti, leopardato in altri e anche zebrato. Si dice che il Gattopardo sia solo un soprannome, ma a quanto pare più che motivato.

“Amici!” esclamò Jack aprendo le braccia. “ma che piacere incrociare la mia rotta con la vostra!”

“Jack Sparrow.” Esclamò l’altro con un ghigno che forse voleva essere un sorriso.

“Capitano.- borbottò sottovoce Jack, stringendo i denti.- Capitan Jack Sparrow.”

“Ho saputo invece- continuò l’altro.- che di recente hai incontrato la tua rotta con quella della Compagnia delle Indie Orientali!!”

Jack sorrise teatralmente, mise le mani dietro la schiena e si coprì con il polso della camicia la P che era stata indelebilmente marchiata sulla sua pelle. “Sciocchezze.” Urlò poi all’indirizzo del pirata. “Dovranno faticare un bel po’ per riuscire a prendermi, molluschi inglesi!”

L’altro rise selvaggiamente, dall’altra nave. “Poco male, è un piacere rivederti!” dalla sua voce si evinceva tutt’altro.

“Oh.- mormorò Sparrow con un sorriso forzato.- anche per me. Mi stavo giusto chiedendo, da quanto tempo non vedo quel mattacchione di Gattopardo? E poi, zac, ho visto la tua nave..- il suo entusiasmo sfumò lentamente.- miracoli .. del … destino.” Disse quindi con uno sguardo falsamente piacevole.

“Io ho stima di te, sai Jack?”

Il diretto interessato tirò un grosso sospiro. “Ah si?”

“Si stanno elogiando come due comari della buona società.” commentò Evelyne, a pochi passi da Jack ed ancora accanto a Sputafuoco Bill.

“Non farti ingannare.” Disse l’uomo con l’aria esperta di chi la sa lunga. “quando Gattopardo inizia così non c’è affatto da stare allegri.- il suo sguardo incontrò quello stupito di Evelyne.- e Jack lo sa.”

“Ti ho sempre considerato un buon pirata, sai, -la voce di Gattopardo si diffuse di nuovo nell’aria.- e so per certo che sei ben disposto ai.. patti.”

Sparrow deglutì a fatica questa volta. “Patti? Ah, ehm sicuro, spara pure.”

L’uomo rise e il suo sorriso agghiacciante venne imitato da tutto il resto della sua ciurma. “So che hai qualcosa di prezioso sulla tua nave. E lo voglio. Sono stato chiaro?”

Il sorriso scomparve definitivamente dal volto di Jack Sparrow. “Cristallino- sorrise.- solo che non..”

“Oh andiamo Jack, sai di che parlo. Voglio l’anagramma di Chefalos.” Urlò Gattopardo diventato improvvisamente rosso dalla rabbia. “ti do tutto il contenuto delle mie stive, se me lo dai.”

“Anagramma di Chefalos?- ripeté Jack, quasi stralunato.- mi dispiace ma non..”

“Ah no, e allora qual è la missione, eh? Che cosa state compiendo voi della Perla Nera?”

Jack prese un grosso sospiro. “Che missione…- ripeté, sottovoce.-.. . una.. – alzò la voce.- una GRANDE MISSIONE!” urlò poi. “Ma che farò spiegare dal mio vice, Barbossa, ecco, lui spiegherà i particolari di questa intricatissima vicenda, comprendi?”

Disse facendo segno a Barbossa di proseguire per lui. Gattopardo, la sua ciurma e tutti gli altri pirati si voltarono istintivamente verso l’uomo.

Barbossa sospirò, roteò gli occhi quindi fece qualche passo avanti per farsi sentire meglio. “Gattopardo.-iniziò.- la nostra missione è molto.. segreta. Quello che trasportiamo è troppo prezioso per essere rivelato e per bocca del capitano vi rispondo che non siamo affatto inclini ad ottemperare alla vostra offerta.”

Ammutolirono tutti gli uomini di tutte e due le navi, passandosi sguardi interrogativi e scrollate di spalle.

Evelyne roteò gli occhi, gridando. “Vuol dire no!”

Jack si voltò subito verso di lei.

“Insomma!- urlò l’altro pirata.- ditemi di che diavolo si tratta o andrete presto infondo al mare!”

Sparrow si voltò verso Gattopardo. “Visto che ci tieni.- corse verso Evelyne e l’afferrò per un polso quindi la trascinò vicino al bordo della nave.- ecco.- disse mostrandola agli altri.- è questa la mia missione! È.. è.. un .. rapimento!”

Evelyne schioccò un’occhiata di fuoco al capitano della Perla Nera poi però disse, fingendo una voce terrificata. “Oh Capitano vi prego, mi fate male!”

Gattopardo incurvò la fronte. “Chi è la ragazza?”

“è aristocratica, figlia di un nobile..”

“E tu stai facendo tutto questo per un.. riscatto?” domandò, allibito. “tutto per i soldi che puoi ricavare da quella smorfiosa?”

Evelyne si morse il labbro inferiore. “Io sono la figlia di Bradley Smith, mio padre..”

“è molto preziosa, Gattopardo!- gridò Sparrow interrompendo Evelyne.- Per lei il re d’Inghilterra mi darà molto più oro di quello che c’è ora nelle tue stive…- fece una piccola pausa.- ora sono io a proporti un patto! Ti cedo la ragazza in cambio di metà del tuo oro, eh, che ne dici?”

Lei si voltò verso di lui, incredula. “Jack..”

“Adesso BASTA!” la voce o, ehm, il ruggito di Gattopardo fece zittire lei e anche Jack che pure si stava preparando a ribattere di nuovo. “visto che non vuoi negoziare e non vuoi accettare la mia proposta, mi prenderò l’anagramma di Chefalos direttamente dal tuo cadavere!- si volse verso la sua ciurma.-  Fuoco!”

Jack rimase per un istante impietrito e disse, a bassa voce. “Ai cannoni.”

L’ordine fu ripetuto da Barbossa che gridò. “UOMINI AI CANNONI! Preparasi alla battaglia!”

Tra le esultanze generali, tutti si disposero ai loro posti in un clima di eccitazione e di sgomento insieme.

Evelyne si trovò improvvisamente sola sul ponte della nave e girandosi di scatto incontrò di novo Bill. “Mettetevi al sicuro..”

Stordita e un po’ spaesata, Evelyne obbedì, andando a nascondersi sotto la scala principale, opponendosi all’idea di scendere all’interno della nave dove, sarebbe stata certo più al sicuro, ma avrebbe perso ogni visuale della battaglia.

Iniziarono i primi colpi e lei, benché non lo volesse, all’inizio urlò come una bambina impaurita, tappandosi le orecchie. Era molto tempo che non assisteva ad una battaglia e sinceramente ne avrebbe fatto di nuovo volentieri a meno. L’ennesima cannonata si infranse sulla ringhiera del ponte e le schegge di legno arrivarono fino ai suoi piedi.

Ma anche la perla si difendeva bene. Jack ordinava ad alta voce mosse strategiche e anche Barbossa dava l’impressione di avere ottime capacità, non solo perché le sue mosse si rivelavano –al pari di quelle di Jack- molto azzeccate ma perché sembrava avere una particolare alchimia con la ciurma. Come se insieme nascondessero qualcosa.

Avrebbe voluto riflettere su quello che aveva visto la sera precedente ma si sentì improvvisamente afferrare le spalle e spostare di parecchi passi. Poi sentì un’esplosione e una volta aperti gli occhi si rese conto che il signor Gibbs l’aveva salvata da una bordata.

Non fece in tempo a dire nulla che vide l’uomo fare un sorso dalla sua piccola bottiglietta di rum e porgerle un fucile. “Sai sparare Evelyne?”

 

 

Quelle parole la trascinarono lontano, indietro nel tempo di quasi tre settimane.

Si parò davanti a lei la stessa scena di allora, rivide il bosco, quell’uomo a cavallo.  Le parve quasi di sentire di nuovo la pioggia su di lei e i capelli bagnati che le incorniciavano il viso. Vide di nuovo il fucile ai suoi piedi, come quel giorno, e gli occhi di sua cugina, pieni di lacrime.

“Tu sai sparare, Evelyne?”le chiedeva con la paura nella voce. 

E lei, senza esitazione, solo con un sorriso d’odio in viso, che rispondeva: “Si.”

“No, ferma.. non lo fare…”

La voce tremante di Jamie era così lontana quel giorno, neppure l’aveva sentita.. tanto era irreale e senza senso.

Vide così se stessa chinarsi a prendere il fucile ed imbracciarlo, stringerlo con le mani che tremavano un po’ ma gli occhi lucidi e freddi di un’assassina.

“Evelyne, no, ti prego..”

Lei, secca, premette il grilletto.

Poi le lacrime di sua cugina e quell’uomo, lontano, che cadeva con un tonfo dal cavallo.

 

 

 

Si risvegliò dai suoi ricordi con il botto dell’ennesima cannonata. “No.” mentì, sconvolta. “no, io non so sparare, Gibbs.- deglutì.- dimmi tu come potrei essere utile..”

L’uomo alzò le spalle e fece un altro sorso dalla bottiglietta di pelle ma visto che era vuota la porse alla ragazza. “Valla a riempire.”

Evelyne si ritrovò di nuovo sola con quel piccolo contenitore in mano. “Ma..” prima di poter fare altro sentì  la voce di Barbossa che ordinava. “Uomini pronti con i grappini, prepararsi all’arrembaggio!”

Gettò gli occhi sull’altra nave e vide che, però, anche Gattopardo stava per fare la stessa cosa.

“Brutta cosa.”

La voce di Jack la fece sobbalzare. “Tu.- mormorò lei.- che diavolo ci fai qui, razza di codardo! Va a combattere!”

“Vedi, tesoro.. c’è ancora una cosa che non hai imparato riguardo il mondo dei pirati.- disse facendo una pausa teatrale.- bisogna combattere nascondendosi”

Lei aggrottò la fronte. “Ah si? E che diavolo significa?”

“Finché puoi nasconderti.. non combattere.”

“Vili e meschini, tutti voi” mormorò incrociando le braccia e negando con il capo. Lui non sembrò molto colpito, notò la bottiglietta di Gibbs la prese e cercò di farne un sorso, senza successo. Con uno sguardo scocciato gliela rese di nuovo. “Valla a riempire!”

“Ah.” Esclamò lei, incredula, mentre lui usciva da sotto la scala e sfoderando la spada parava in tempo l’attacco di uno dei pochi uomini di Gattopardo che erano riusciti a mettere piede sulla perla Nera. Lo disarmò e con un calcio ben assestato lo ricondusse a casa propria, sotto le risa dei presenti. Estrasse quindi la pistola e con una serie di colpi recise le funi di coloro che stavano volando verso la sua nave, assicurando loro un bel tuffo in mare.

Per sbaglio recise anche quella di Cotton che invece stava tornando indietro.

“Sei un imbecille, imbecille, imbecille!” gracchiò il pappagallo di Cotton volato via dal padrone in caduta libera mentre gli altri della nave si adoperavano per tirarlo su.

Jack si tolse il capello. “Ehm, scusa amico.”

“Di niente.” gli rispose una voce che non era affatto quella di Cotton ma uno della ciurma di Gattopardo che si apprestava a colpirlo con la spada.

Jack gli puntò contro la pistola e quello s’immobilizzò, alzando le mani al cielo. Sparrow aggrottò la fronte, osservando il cappello di quell’uomo. “Ehi.” Mormorò “bello..” fece cambio incalzando sulla testa dell’altro il cappello che fino a quel momento aveva indossato lui.

L’uomo scoppiò a ridere, rilassato per lo scampato pericolo.

“Zitto tu.” Borbottò Jack sparandogli in piena fronte e poi gettandolo in mare con una piccola spintarella.

Dopo altri minuti di spari e di scontri finalmente la battaglia poté considerarsi conclusa e i vincitori salutarono trionfanti la nave di Gattopardo e degli altri che si allontanava dalla loro. “Urrà!”urlarono i marinai alzando i pugni al cielo e facendo muovere la Perla affinché mettesse mare tra la nave avversaria.

Ce l’avevano fatta di nuovo. Ma Nassau non era poi così vicino.

 

-o-

 

“Yo-hooo.. yo-hoo.. e una bottiglia di rum..” canticchiava Jack tra le amache dei suoi soldati e poi, giù, sul corridoio che l’avrebbe portato alla propria cabina. Afferrò la maniglia e fece per entrare, quando sentì la voce di Evelyne e quella di un altro uomo confabulare sottovoce.

Notò che la cabine della ragazza.- come sempre.- era rimasta socchiusa così si avvicinò e l’aprì con un gesto naturalmente maleducato. “’Sera.” Esordì osservando la giovane medicare coscienziosamente il braccio sinistro di Sputafuoco Bill Turner. Questi accennò un saluto con il capo. “Capitano.”

Lei riservò al nuovo entrato appena un’occhiata poi finì di fasciare il braccio del pirata e controllò di nuovo che la ferita non buttasse più sangue. “A posto, dovrebbe andare. Spero che non faccia infezione.”

“Ho avuto centinaia di ferite e non ne ho medicata nessuna..- sorrise l’uomo.- questa è anche curata, vuoi che faccia il pus?”

Risero entrambi poi, dopo un piccolo saluto Bill uscì dalla cabina e si allontanò lentamente lungo il corridoio ligneo.

“Forte, oltre al pirata ti diverti a fare anche il medico, adesso.”

Lei non lo guardò nemmeno. “Non ho avuto una madre, così ho seguito mio padre per tutti i suoi spostamenti con l’esercito. Dove c’è guerra ci sono morti e feriti.. ed io ho imparato a rendermi utile.”

“Sempre con l’esercito e non hai mai provato a sparare?”

Lei non accennò a voler alzare lo sguardo, strinse forte il tessuto dei pantaloni sotto le dita. “Mai.” Mentì di nuovo, dolorosamente. “e adesso, se non ti dispiace.. voglio andare a dormire.”

“Anch’io sono ferito.”

La sfacciataggine delle sue parole la indusse ad alzare lo sguardo verso di lui e a puntargli contro i suoi occhi agguerriti. Lui annuì con vigore e si mise di fronte a lei. “ Lo giuro, sono ferito.”

“I tuoi giuramenti non valgono nulla.” Iniziò lei, furibonda.

“Ma sono ferito sul serio.”

Si alzò in piedi, fuori di se dalla rabbia. “Ma che cosa vuoi che me ne importi, eh?”

Lui aggrottò la fronte, confuso ed iniziò a gesticolare. “Fammi capire… a lui sì e a me no?”

“Tu..- l’indicò facendo piccoli passi verso di lui.- tu.. sei un traditore!”

Jack, stranito, arretrava ad ogni passo che faceva lei finché non si trovò a toccare le spalle con la porta lignea della sua stanza. “ Mi stavi per dare in pasto a quei pirati, stupido verme, mi hai quasi ucciso!”

“L’altra volta ti ho salvato la vita, oggi dovevo ucciderti. Era per compensare”

“Zitto!- urlò lei.- sei solo.. pirata..- lui sorrise. -e.. disonesto! Io mi fidavo di te e tu invece mi avresti scambiato per un po’ di oro, pur di toglierti Gattopardo dai piedi!”

Jack alzò le spalle. “Eravamo in fase di trattativa, tesoro.” Disse con la sua solita nonchalance mentre ammirava estasiato i lampi d’ira degli occhi di lei.

“Trattativa? E se Gattopardo avesse acconsentito?”

“Era tutto calcolato.. era per distogliere la sua attenzione dall’anagramma e allo stesso tempo..”

“Le tue sono tutte bugie!” urlò di nuovo lei ad un passo dal suo viso.

E quel suo dannatissimo sorriso! Ma la voleva smettere di ridere? Che cosa c’era di così divertente, eh?

“Tu.. Evelyne.. sei.. -iniziò lui, sempre ridendo.- ah, devi prendere tutto con più leggerezza!”

“Prendi questo con più leggerezza.” Sibilò lei dandogli uno schiaffo che gli fece voltare il viso.

Passarono secondi di silenzio.

Jack si voltò lentamente con il volto un po’ confuso ma sempre con il sorriso sulle labbra. “Forse me lo meritavo.” Sibilò osservandola intensamente negli occhi. Lei non accennò ad abbassare lo sguardo ed i loro occhi si persero un istante gli uni negli altri. E poi accadde.

Fu un secondo ma entrambi vissero la scena quasi a rallentatore.

Jack le prese la vita e l’attirò a se, coprendole le labbra con un bacio. Evelyne stupita e presa alla sprovvista si lasciò condurre tra le sue braccia ma quando sentì le sue labbra sulle sue, fece immediatamente un passo indietro e si distaccò da lui. “che fai..” sussurrò appena con un piccolo alito di voce.

Lui sorrise di nuovo ed osservandola con i suoi occhi scuri, le prese il viso con una mano e la baciò di nuovo. Questa volta Evelyne non cercò di distanziarsi, di opporsi, di parlare.

Schiuse le sue labbra e accolse quelle del pirata, lasciando stare se era giusto o sbagliato, se stava andando incontro a più guai di quelli che già aveva.

Desiderava Jack e          Jack desiderava lei. In quell’istante le parve che null’altro fosse importante.

Forse sbagliava.

Ma in quel momento le piaceva sbagliare.

Lui fece passare le sue mani tra i suoi capelli, mentre continuavano a baciarsi con rabbia quasi con odio, come se ognuno dei due volesse punire l’altro per qualcosa, per essere così com’era.

Lei lo abbracciò e passò le mani attorno al suo collo attirandolo più a se, mentre sentiva il pirata che abilmente cercava la via per toglierle i vestiti di dosso.

Jack in realtà ci mise più del dovuto perché mentre con i vestiti da donna era un giochetto da ragazzi e lui ne era avvezzo, quelli da uomo di Evelyne erano piuttosto complicati, e questo strappò un sorriso alla ragazza che, tra i sospiri, lo prese in giro, sussurrando. “Se non ci riesci possiamo rimandare..”

Lui, in risposta, le sfilò via la giacca ed iniziò a baciarle il collo mentre le sue mani cercavano l’accesso alla sua camicia. Evelyne sorrise ed iniziò ad attrezzarsi per fare altrettanto, sfilando via uno dopo l’altro, gli indumenti del capitano.

Si ritrovarono poco dopo entrambi nudi, sul letto di legno di lei. Non permettendo un secondo alle loro labbra di separarsi, si distesero, lunghi. Jack l’osservò un istante, bellissima, con quella carnagione così chiara, quei capelli, neri, sparsi sul letto, le labbra e gli occhi lucidi che lo osservavano trepidanti. La baciò di nuovo mentre lei faceva passare le sue mani lungo il torace muscoloso dell’uomo e increspato da qualche cicatrice, ricordo di battaglie lontane.

Jack la stringeva, l’amava con una passione che forse non sapeva nemmeno lui di avere. Tuttavia di donne ne aveva avute nella sua vita, altro che.

Eppure, lì, tra le braccia candide di lei fu come se sentisse una passione nuova, un interesse fisico molto più forte o molto di più. Ma non si fece il problema.. amò Evelyne come aveva desiderato fare dal primo momento, da quando l’aveva vista in prigione…. da quando quel fuoco nei suoi occhi l’aveva confuso ed affascinato.

Si amarono e tra le braccia di quel pirata Evelyne affondò le sue paure, i suoi ricordi, i rimorsi e tutti i suoi segreti, dimenticandosi chi era, dando sfogo solo a quello che sentiva dentro. Non l’aveva mai fatto in tutta la sua vita; era stata sempre abituata a controllare ogni emozione a non far trapelare mai nulla agli altri, ad essere rigida e calcolatrice.

Fare l’amore con Jack non era nei suoi calcoli.

Ma era comunque bellissimo.

 

 

 

To be continued..

 

Diomache.

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Nice Girl, Anyway ***


Hi! Ciao ragazzi, eccoci con il quarto capitolo della storia.. come sempre ringrazio i miei angeli che mi seguono in questa complicata vicenda e mi lasciano sempre un commentino..

 

 

 

Michy90: ciao Michy, sei gentilissima.. i tuoi complimenti mi fanno davvero tanto piacere e sono contenta che la storia ti piaccia.. fammi sapere riguardo questo capitolo mi raccomando!^^

Black_Kisses: ciao.. Io davvero non so come ringraziarti per le tue belle parole… posso assicurarti che le cose tra i due non evolveranno così velocemente, resteranno sempre sul chi vive, spero che poi mi dirai che te ne’è parso… sì, io adoro Jack e Barbossa (per quanto mi stia affezionando molto anche ad Evelyne) e sono contenta di sapere che ti siano piaciuti tanto! Grazie di nuovo!^^

Martozza: ciaoo! Oh sono contenta di aver scatenato tanta euforia… grazie mille per i complimenti e stai tranquilla non alzerò il raiting, non andrà mai oltre questo! Continua a farmi sapere che ne pensi mi raccomando!^^

 

Sisya: ciao! Wow, te li sei proprio mangiati! Sono contenta che la storia ti piaccia, ho fatto il più presto possibile… a presto!^^

 

Kim: Kim.. sono commossa. Davvero, GRAZIE. Sono contenta che il personaggio di Evelyne piaccia, in realtà renderla per me è sempre stato un punto interrogativo, (mai come Jack però) mi sono chiesta sempre che tipo di donna sarebbe stata congeniale a lui ed è uscita lei. l’aristocratica un po’ con la puzza sotto il naso, affascinante, problematica e una vera guerriera! (solo che Jack ancora non lo sa… :-> ) Kim non so davvero come ringraziarti spero solo che continuerai a seguirmi!^^

 

Christy: ciao! Grazie mille, spero che questo cap ti piaccia!

 

Isobel: grazie..  va a finire che adesso mi monto la testa!^^ Davvero Isobel grazie mielle anche a te per i complimenti e la recensione!

 

Apple: ciao amica mia, me troppo contenta di avere sempre la tua approvazione e il tuo appoggio.. ma che farei senza di te…! Ti auguro buon viaggio per la Liguria e tanta fortuna per la tua vita, ci sentiamo al tuo ritorno … e  spero che questo capitolo ti piacerà! Ps: anch’io vedo House ovunque, non vedo l’oro che inizi di nuovo!

 

Johnny Jack: Ciao! Grazie mille, io non so come sdebitarmi con ognuna di voi per i vostri complimenti.. vi adoro! Spero che questo chap corrisponda alle attese! ^^

 

DJKela: ciaoo! Grazie mille per le tue calorosissime recensioni e per le tue precisazioni davvero utili.. grazie per avermi fatto notare l’errore.. corro a correggerlo!! Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, spero che anche questo non ti deluda e naturalmente aspetto di sapere che te n’è parso, ci conto!^^

 

MellyVegeta: ciao! Grazie mille per la recensione e per il tuo appoggio.. sono contenta che la storia ti piaccia, fammi sapere che te n0è parso di questo chap!

 

Sarah James: ciao Sarah! Ma che dici, non devi affatto scusarti, anzi sono io a ringraziarti per la bella recensione! sono contenta che Evelyne piaccia e che Jack sia IC, ogni volta ho sempre un po’ paura…  sì anch’io ho amato scrivere soprattutto l’ultima scena.. ah, me inguaribile romantica! grazie di nuovo!^^

 

Grazie davvero ragazzi, i vostri commenti mi danno la carica per continuare a scrivere, sono in debito con voi!^^ Speriamo di saper dimostrarmi degna della vostra fiducia con un bel capitolo!

 

Buona Lettura

 

Diomache.

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo IV

 

 

Nice Girl, Anyway.

 

 

 

 

Quando Evelyne riaprì gli occhi il sole doveva essere sorto da appena un paio d’ore. Dalla piccola apertura che fungeva da finestra nella sua cabina filtravano deboli raggi solari che andavano ad accarezzare le sue lunghe gambe.

Un po’ confusa si rizzò su un gomito, sentendosi come appesantita.. ed infatti eccola lì la causa.. c’era un braccio appoggiato sulla sua pancia.

Ehi.

Non era il suo!

Pelle abbronzata, il polso pieno di ninnoli e circondato da una fascia nera, ma soprattutto una P marchiata a fuoco che rimaneva decisamente in risalto. Seguì la via del braccio e quasi trasalì quando vide, addormentato beatamente, Jack Sparrow in persona, nel suo letto.

Ah, odiava sentirsi così confusa la mattina.

In un baleno i ricordi della sera prima le riaffiorarono nella mente e si spiegarono finalmente tante cose, innanzitutto perché erano nudi, perché quel braccio era lì e, soprattutto, perché Jack fosse lì. Un piccolo sorriso si dipinse sul suo viso limpidissimo mentre si passava una mano tra la folta chioma corvina e i suoi occhi azzurri fissavano il temibile pirata dei sette mari aggrappato a lei e alle coperte.

Altro che pirata, visto così avresti detto tutto di lui purché che fosse un pericoloso bucaniere.

“Jack.” Mormorò scuotendolo leggermente, lui bofonchiò qualcosa ma non accennò a volersi svegliare. “Jack su.” Tentò di nuovo ma ancora una volta quell’angioletto di un pirata si girò dalla parte opposta e, facendo orecchi da mercante, decise che era troppo presto per alzarsi.

Evelyne iniziò ad innervosirsi, spostò quel braccio dal suo ventre e senza curarsi di non muoverlo o di fare piano, lo scavalcò e facendo mille acrobazie finalmente riuscì a scendere dal letto. Guardò quindi l’uomo per vedere se tutto quel trambusto l’aveva non dico svegliato ma almeno un po’ stordito.

Macché.

Nemmeno le cannonate di Gattopardo sarebbero bastate.

Sospirando iniziò a cercare i suoi vestiti, il che era davvero un’impresa perché mentre di solito doveva raccattare enormi vestiti, qui si trattava di vestiti da uomo, in mezzo ad altri vestiti da uomo. Vestiti da pirata, tra quelli di un pirata. Sempre più nervosa iniziò ad alzarne uno per uno stando ben attenta a non infilarsene uno di Jack per errore.

Ritrovò le sue cose ed era quasi pronta quando la sua attenzione fu catturata da un piccolo foglietto di pergamena che sporgeva dal gilet di Jack. La ragazza lanciò una veloce occhiata al capitano che ancora se la dormiva della grossa e, curiosa come solo una donna sa essere, sollevò l’indumento dell’uomo e ne estrasse il piccolo foglio nascosto in una tasca interna.

Lo spiegò e le sue labbra si allungarono in un piccolo sorriso d’eccitazione non appena si accorse che quello doveva proprio essere l’anagramma di Chefalos. “Nessuna ama stonare, soprattutto all’unysono.”

Incurvò le sopracciglia non appena lesse quell’unysono scritto a quel modo. E Jack come faceva a sapere che quelle quattro parole lo conducevano a Nassau?

Ah beh, certo.

Nessuno.

Ama

Stonare

Soprattutto

Allo

Unysono.

Quasi banale, pensò. Poteva esserci solamente questo in quelle parole? Erano troppo ambigue, oltre al significato che ovviamente sfuggiva a lei quanto a Jack, anche la loro forma, la loro composizione era strana. No, c’era scritto ben altro, non solo quello che Jack aveva intuito.

O magari Jack aveva intuito dell’altro ma non gliene aveva parlato.

Un improvviso brontolio di Jack alle sue spalle la fece sobbalzare lievemente. Mise subito a posto l’anagramma lì dove l’aveva trovato, un po’ impaurita all’idea che lui la beccasse a frugare tra le sue cose.

Gli lanciò un ultimo sguardo prima di uscire dalla propria cabina.

Ripensò alla notte che avevano passato insieme, con una piccola punta di amarezza.

Nassau era a pochissime ore di viaggio.

 

-o-

 

Evelyne lo cercava.

Lo aveva saputo da Gibbs, da Mastro Twigg, da Sputafuoco, da Cotton, da Martin e da qualunque altro diavolaccio della Perla avesse incrociato per sbaglio la via di Miss Evelyne Smith. Lo cercava da più di un’ora ormai e già l’immaginava, furiosa, con le guance arrossate dall’ira, lo sguardo omicida e negli occhi lampi e fulmini.

E lui non si faceva trovare. Si era nascosto nella stiva, felicemente tra le casse di rum e alcuni bauli d’oro che ormai non bastavano più per tenere buona la ciurma, sempre più impaziente. Lì era al sicuro e quell’inglesina furente non l’avrebbe trovato tanto presto, forse non prima dell’arrivo a Nassau.

Quando Gibbs gli aveva bussato alla spalla e gli aveva detto. “Capitano, Miss Smith..”

“Cosa?” l’aveva interrotto lui, bruscamente, incurvando la fronte, già iniziando a sospettare qualcosa.

Gibbs aveva fatto uno sguardo grave. “Vi cerca, signore.”

Jack aveva deglutito a fatica, fatto un sospirone e con lo sguardo incurvato aveva domandato, sottovoce ed improvvisamente guardingo. “E.. per che cosa?”

L’uomo aveva fatto un sorriso piuttosto malizioso e condividendo le ansie del suo capitano aveva risposto dicendo. “Temo che vi voglia parlare, capitano.”

Jack aveva annuito, austeramente. L’ultima volta che era stato con una donna, il giorno dopo c’era sempre stato lo scoglio di volerne parlare. Ancora ricordava Giselle che dopo una delle loro notti si era appoggiata su un gomito e dicendo.. “Noi due dobbiamo parlare, Jack..” gli aveva chiesto se l’amava!! Cose da pazzi!

Perché, quell’altra?! Quella che dopo averlo provocato ed indotto al peccato pretendeva di essere sposata!?

No, no, no. Quando una donna dice di voler parlare non è affatto un buon segno.

Si guardò velocemente intorno scrutando se la temibile amazzone fosse all’orizzonte e poi si rivolse a Gibbs, sottovoce. “Nascondimi” e via, se n’era scappato nella propria cabina. Ma lì avevano raggiunto altri della ciurma sempre con la solita inquietante storiella e lui non aveva fatto altro che scappare da un nascondiglio ad un altro finché non era approdato lì, nella stiva.

Alternava così sorsi di rum e sguardi fugaci all’anagramma di Chefalos e al suo oscuro significato. Nassau. Possibile che dicesse solo questo? E poi, una volta giunto a Nassau, dove diavolo andava a cercare quella maledetta bussola?? Sospirò  di nuovo, inquieto, quando sentì un improvviso colpo alla porta della stiva.

Una voce maschile un po’ strana ed alterata chiedeva, fugacemente. “Capitano, capitano.. siete qui?”

Jack aggrottò la fronte rizzandosi un gomito, un po’ insospettito. “Chi sei mozzo?” domandò riponendo l’anagramma al suo posto.

“Presto, Capitano. Miss Smith sta venendo da questa parte, dovete spostarvi!”

Sparrow si rizzò subito in piedi con uno scatto e si precipitò verso la porta della stiva; ma si fermò ad un centimetro dalla maniglia, tornò indietro, prese la bottiglia di rum e quindi, finalmente pronto, con un sorriso gagliardo l’aprì e si preparò a varcarla.

Ma il capitan Jack Sparrow aveva fatto male i suoi conti.

Il suo sorriso esuberante si trasformò in una smorfia mista tra divertimento e sudore freddo quando si vide puntata una pistola ad un centimetro dalle labbra. Ma soprattutto quando vide che a tenerla era proprio lei, Evelyne in persona.

Ed era anche più furiosa di quello che immaginava.

L’aveva messo nel sacco per l’ennesima volta.

“Tesoro.- iniziò lui sforzandosi di essere il più disinvolto possibile.- non buttiamola così sul drastico. Possiamo trovare un accordo soddisfacente per entrambi..”

“Sta zitto.” Ringhiò lei avanzando e quindi costringendo lui ad arretrare, con la sua solita andatura, un misto tra il sexi e il ciondolante. “Sono due ore che ti cerco.” Continuò lei, per niente incline a trattative.

“Al massimo un’oretta e mezza..”

“Mi sembra di averti già detto di stare zitto o sbaglio?” Disse spingendo la pistola fino alla sua gola, con un sorriso divertito e furioso. “Avanti, sto aspettando le tue giustificazioni.- disse inclinando la testa di lato.- su, coraggio.”

“Ma tu.. tu non sapevi sparare?”

Lei scrollò le spalle. “Ci vuole poco a premere un grilletto, Jack Sparrow.”

“Capit.”

“Quello che sia.” L’interruppe bruscamente, piuttosto scocciata. “allora?”

“Vedi, cara.. la vita di un capitano è irta di ostacoli ed imprevedibili impegni che..”

“In una stiva.- sottolineò lei, ironica, con un sopracciglio inarcato.- impegni in una stiva.”

Jack annuì, seriamente. “Ebbene si, tesoro. Anche in una stiva, un capitano..”

Va beh. Tanto lo sapeva che non avrebbe cavato un ragno dal buco.

“Non fare certi giochetti con me, Jack.”  sospirando abbassò l’arma e girandola con un movimento che sapeva ben poco di principiante, la prese per la canna, porgendo l’impugnatura all’uomo. “Prendila.”  Disse sottolineando il gesto.

Lui cercò di scovare l’inganno, poi la prese, dapprima lentamente, poi tirandola via veloce. “è la mia.”  Disse, quasi sconcertato.

“Lo so.- mormorò lei.- questa mattina, mentre mi vestivo.- i loro occhi si incontrarono.- è una bella pistola.. volevo vederla... l’ho messa in tasca..”

Jack la mise al suo posto con un piglio piuttosto offeso. “Nessuno tocca la mia pistola.” Disse, minaccioso. Dopotutto era pur sempre un pirata. Guai a toccargli la mamma e la pistola.

Rispose per le rime comunque, non lasciandosi affatto intimidire.

“E nessuno si è mai permesso di evitarmi per ore. Adesso stai qui e mi ascolti!” finì con il tono di voce che si innalzava pericolosamente verso l’urlo.

L’uomo deglutì. “Parlare..- sussurrò.- vuoi proprio parlare.- il suo sguardo deciso, le sue braccia incrociate non lasciavano dubbi.- e parliamo, allora.” Concluse con un filo di voce, allargandosi il colletto della camicia.

Ah, santi numi.. sapeva come andavano a finire queste cose. Lei che parla, lui che nega e via, parte lo schiaffo. Quasi che ancora ricordava quello vibrante dell’altra sera.

“Bene.- esclamò Evelyne,  grintosa.- voglio vedere l’anagramma di Chefalos. So che potrei esserti d’aiuto.”

Jack si appoggiò un istante alla parete lignea della nave. L’anagramma di Chefalos?

“Cosa?”

“Ma si.. senti mi dispiace questa mattina non ho resistito, l’ho.. insomma.. ma la colpa è tua, tu hai lasciato tutto per terra, io l’ho sollevato e quello è caduto così..”

“Aspetta aspetta aspetta.” L’interruppe lui avanzando verso di lei, con sguardo intrigato e forse anche un po’ minaccioso.

“Tu hai letto l’anagramma di Chefalos?- lei annuì, un po’ titubante.- e adesso vuoi parlare di quello?” lei annuì di nuovo. Un sorriso estremamente rilassato si dipinse sul volto scuro del pirata che ridendo allargò le braccia. “Perfetto, tesoro, tutto quello che vuoi!”

Questa volta toccò ad  Evelyne incurvare la fronte. Ma non andò oltre, piuttosto si concentrò sull’argomento che tanto le premeva. “Credo che non dica solo la località, penso che ci sia di più.”

Jack lo tirò fuori dal gilet, lo spiegò ed iniziò ad osservarlo,guidato dalle parole della ragazza. “è tutto il giorno che ci penso. Leggilo, ci sono troppe lettere. Gli anagrammai dell’antichità non sono così ricchi di parole. Sono complicati ma non hanno tante lettere.”

Intrigato, affascinato e Dio solo sa che cosa, Jack l’osservava, rapito.

“Vedi.- lei gli indicò con l’indice sottile la prima parola.- se ci fai caso.. ci sono moltissime lettere che per di più si ripetono. Ci deve essere qualcosa nascosto dentro.. è come un baule tra la sabbia.”

Lui sorrise della sua similitudine e l’osservò, interessato, mentre faceva i suoi calcoli aiutata da una piuma d’oca di quelle che di tanto in tanto vedeva maneggiare Gibbs. Piccola ladra..

Dopo una buona manciata di secondi, Evelyne si riscosse e disse, concitatamente. “Forse.. forse ci sono..” lui l’osservò, con i suoi magnetici occhi neri. La ragazza quasi si sciolse sotto quello sguardo ma volle non darlo a vedere, preferì continuare l’esposizione della sua teoria, scientificamente, fredda e controllata come sempre.

“Ecco. Guarda. Togli tutte le lettere uguali.”

Jack prese l’anagramma in mano e con gli occhi un po’ stretti eseguì quello che la giovane gli aveva ordinato.

Nessuno ama stonare soprattutto all’unysono.

Lui la guardò, quasi incredulo. “MPY”

Lei annuì, anche se un po’ sconsolata. “Lo so, non ha senso. Ma..”

“Ce lo ha invece.- mormorò Jack, fissando lo sguardo sul foglio.- Cambia l’ordine delle lettere..”

Lei sorrise appena inarcando un lato della bocca. “Myp?”

“Esatto, Evelyne.- sussurrò lui, a voce bassa, come adorava tanto lei.- Myp.”

“E che cos’è?”

L’improvviso bussare alla porta della stiva interruppe il loro discorso. “Capitano.” Mastro Twigg comparve sulla soglia, con uno sguardo malizioso. “ Terra in vista.”

 

 

-o-

 

Jack osservava il porto di Nassau, ormai veramente vicino, dal suo famoso binocolo, con aria truce e concentrata. Tutti, Barbossa compreso, pendevano dalle sue labbra e dalla sua futura decisione. E anche Evelyne aspettava trepidante, appoggiata alla balaustra del ponte, con lo sguardo malinconico e fisso sul mare. Nassau significava che la sua avventura sulla Perla era giunta al termine. 

Di nuovo vestita da signora.

Barbossa le aveva concesso in regalo quel vestito rosso bordò trovato sotto il letto e lei lo aveva accettato con una punta di rincrescimento perché infondo si trovava bene con quei vestiti da uomo o meglio, si trovava bene in quel mondo di uomini. Si era affezionata alla Perla. È buffo dire come qualcuno possa affezionarsi ad altra gente anche se in pochissimo tempo, infondo che cosa sono tre giorni e poi tre giorni in cui aveva dovuto faticare, sudare come lei, aristocratica, non aveva mai fatto.

Eppure era accaduto. Le piaceva l’aria del mare, il sole forte che già iniziava a scurire la sua pelle nobilmente chiarissima, le piacevano le chiacchierate con Bill, le partite a poker in cui la vera gara era a chi truffava meglio e… forse, dico forse, le sarebbe mancato anche Jack. Infondo era debitrice nei suoi confronti.

Si chiese se lei sarebbe mancata a lui.

I suoi occhi verdemare lo fissarono un istante ed ebbe la risposta.

No. Su, non prendiamoci in giro. Jack era un pirata, un capitano che per non perdere la faccia davanti alla sua ciurma non vedeva l’ora si sbarazzarsi di lei.

Sorrise amaramente pensando che non avrebbe saputo mai cos’era quel misterioso Myp, né che cosa celava.

E pensare che senza di lei quei cretini starebbero ancora brancolando nel buio delle ipotesi.

“Capitano.- la voce autorevole di Barbossa interruppe quel silenzio e i pensieri silenziosi di Evelyne.- era Nassau la nostra meta, no? cosa aspettiamo, prendiamo una scialuppa ed andiamo!”

Jack sembrava scuro e forse un po’ preoccupato. “Non precisamente. Dobbiamo andare alla grotta del Myp.- il suo sguardo si fissò su Evelyne.- al nord di Nassau.”

La ciurma si scambiò occhiate interrogative e Barbossa si fece di nuovo portavoce dei dissensi popolari. “Per trovare che cosa, capitano?”

“La bussola.” rispose Jack sorridendo appena.

“Non il tesoro di Cortes?” domandò qualcun altro.

Il capitano alzò gli occhi al cielo. “E a che diavolo vuoi che ci serva una dannata bussola se non per trovare quel dannatissimo tesoro, dannazione!”

L’uomo restò un po’ interdetto, tacque e tornò silenziosamente al suo posto di mozzo.

“Rotta per Myp!” urlò quindi Sparrow, muovendosi dal ponte per prendere possesso del suo timone. Gli occhi scuri di Jack si incontrarono quindi con quelli azzurri della ragazza che lo osservavano quasi increduli ed eccitati. Questo voleva dire che non desiderava scaricarla lì?

Lui le sorrise appena e lei increspò le labbra sospirando di felicità quando di nuovo la voce di Barbossa interruppe tutte le sue aspettative. “Un momento capitano.- l’uomo osservò Evelyne con un ghigno divertito.- miss Smith si aspetterà di essere portata nella città di Nassau. Glielo avevamo promesso o sbaglio.” Concluse ridendo malvagiamente.

La ragazza provò a parlare ma fu come se le parole le morirono in bocca, deglutì e cercò disperatamente lo sguardo di Jack, senza risultato. “Veramente non è necessario..”

“Ma come, Miss.- Barbossa insisteva, ironico.- trovate piacere nello stare in mezzo a tanti rudi uomini di mare, una nobile donna come voi? Non desiderate rifarvi una vita? eppure mi sembravate risoluta quando avete accettato il nostro passaggio.- sottolineò particolarmente l’ultima parola.- per Nassau.”

Lei tacque.

Barbossa si voltò verso Jack. “Sbaglio, capitano?”

Sparrow incurvò la fronte. “No.- disse quindi.- preparate una scialuppa per miss Smith, diretta al porto di Nassau, al suo ritorno noi salperemo per Myp.”

Barbossa rise soddisfatto e lei si sentì morire quando quest’ultimo girandosi nella sua direzione continuò dicendo. “La vacanza è finita, Miss. Bon voyage.” Sostenne fieramente il suo sguardo come una fredda tigre del nord e il suo volto non fece una piega quando lui le porse il cappello abbinato a quel vestito, anzi lo prese strapandoglielo quasi di mano.

La scialuppa fu preparata in pochissimi secondi.

Sperò almeno che fosse Jack ad accompagnarla a terra.

Macché.

L’avrebbero fatto Gibbs e Turner. Beh, poco male, i due ai quali era più affezionata.

In una sorta di sfilata, mentre si dirigeva verso il bordo della nave, passò davanti a tutta la ciurma schierata come in combattimento.

“Addio bambolina.” La salutò uno, “In culo alla balena” le augurò l’amico e molti altri la salutarono in maniera positiva, altri come al solito le fischiarono dietro o fecero scongiuri perché finalmente lasciava la nave e si portava via quel carico di sfortuna che si tirava dietro una donna a bordo.

“Spero che i vostri piani si realizzino Miss.” Fu il saluto di Barbossa che l’osservò con uno sguardo intrigato.

Lei si fermò ad osservarlo, incurvando gli occhi. “Io spero invece che i vostri si infrangano.”

L’allusione era chiarissima ma Evelyne si non preoccupò se ora Barbossa sapeva che lei era a conoscenza dei suoi complotti; ormai non poteva più nuocerle.

L’uomo sorrise, con l’aria di chi ha l’ennesima conferma perché in realtà aveva già capito.

Lei lo oltrepassò e giunse finalmente al bordo della nave, dove l’attendeva Jack che si proponeva anche di darle una mano per scendere. Lei rifiutò la sua mano tesa e s’apprestò a scendere. L’uomo prese fiato per parlare ma lei l’interruppe subito. 

“Vai al diavolo.” Disse, sorridendo in maniera piuttosto tagliente.

L’uomo si voltò verso la ciurma. “queste ragazze di oggi, sempre così colorite.” Si voltò verso di lei con un sorriso disinvolto e si avvicinò appena al suo orecchio.

“Se posso dirti una cosa..- fece una piccola pausa.- belle gambe.”

E si distanziò facendole un piccolo occhiolino.

Era l’unico accenno che entrambi si erano concessi riguardo alla notte, alla bella notte, che avevano passato insieme.. Jack s’era nascosto per tutta la Perla piuttosto che parlarne e lei aveva iniziato a pensare a quell’anagramma piuttosto di farlo.

Evelyne apprezzò quindi moltissimo quell’ ammicco e non poté fare a meno di fare un piccolo sorriso malizioso al suo indirizzo, pensando che con quel cretino non si poteva restare arrabbiate per più di dieci minuti; poi lo prese per il gilet e fu il suo turno di avvicinarsi a lui.

“Se posso io dirti una cosa.- certamente lui si attendeva qualcosa di più malizioso, ma ciò che doveva dirgli era ben più importante dei loro giochetti.- guardati le spalle, Jack.”

Quando si distanziò vide bene lo sguardo deluso e un po’ spaesato del capitano ma non volle attendere altro, scese dalla nave e con un salto si calò nella scialuppa.

Lo sguardo vellutato dell’uomo l’accompagnò per tutto il viaggio verso il porto, assieme ai pensieri che erano inevitabilmente associati. Lui si chiese per un po’ cosa volessero dire quelle parole, poi non si fece più problema, assorbito invece da un piccolo senso di malinconia..

Evelyne infondo si era integrata bene nella sua ciurma, non era poi così male….

a parte quando giocava a poker…

o quando suonava il violino…

o quando sfoderava la sua insopportabile parlantina…

o quando iniziava a dare schiaffi..

Ripensò al suo sguardo terribilmente deluso quando lui non aveva mosso un dito per dimostrare di volerla lì con lui, nella Perla. C’era rimasta malissimo e non poteva darle torto.

Tuttavia sperò che capisse.

Non poteva fare altrimenti.

Barbossa gli si avvicinò proprio in quegli istanti. “Bella ragazza, nonostante tutto.”

“Nonostante tutto.” ripeté Jack, poi attendendo che il primo ufficiale se ne fosse andato. “bella ragazza, sì.”

 

-o-

 

La piccola imbarcazione procedette lentamente e in silenzio fino quasi al molo, lei taciturna come gli altri due pirati, impegnati ai remi. “Che cosa intendete fare adesso, Miss?” domandò il signor Gibbs con uno sguardo, tutto sommato, apprensivo.

Lei sorrise quasi teneramente. “Non lo so. Ma se non sbaglio dovrei avere una zia qui a Nassau.. vediamo se posso trovare rifugio da lei, per qualche giorno.”

“Sarebbe magnifico.” Commentò Turner.

Lei alzò le spalle. “In realtà non lo è affatto. Se alloggiassi da lei mio padre lo verrebbe a sapere nel giro di una settimana e con lui tutta la marina britannica assettata di vendetta.”

Gibbs e Turner si scambiarono uno sguardo interrogativo e lei s’affrettò a cambiare discorso prima che i due potessero farle altre domande. “Me la caverò comunque, me la sono sempre cavata.”

Arrivarono al molo pochi secondi dopo.

Gibbs le diede un familiare colpo sulla spalla, mentre Bill Turner le regalò un affettuoso abbraccio. “Chissà, magari un giorno incontrerai mio figlio.- iniziò.- infondo abbiamo lo stesso cognome, non ti sarà difficile riconoscerlo”

Lei sorrise. “Non sarà necessario il cognome. Per sapere se è tuo figlio mi basterà vedere se è un brav’uomo”

Si abbracciarono ancora, poi la salutarono e lei finalmente mise piede nel molo ligneo di Nassau. I suoi occhi erano ancora persi sull’orizzonte e fissare i suoi.. amici..?.. allontanarsi quando un uomo le batté leggermente la spalla. “Uno scellino per posteggiane la nave al molo.”

“Non c’è nessuna nave.” Obbiettò lei.

“Anche per una sosta breve, vige la stessa norma, signorina. è una convenzione internazionale.- disse, mettendo le mani sul panciotto bianco.- e mi occorre  il vostro nome.”

Fece per obbedire ma poi la consapevolezza che era ricercata e che quindi il suo nome non era poi così sicuro la spinse ad utilizzare un insegnamento del vecchio Jack.

“Vogliamo fare tre scellini.- disse attingendo ai soldi vinti con il poker.- e lasciar perdere il nome?”

“Benvenuta a Nassau, signorina X”

Lei sorrise, sentendosi un po’ pirata in quel momento.

E ingoiando quell’ennesimo groppone amaro, s’apprestò a ricominciare tutto daccapo.

 

 

-o-

 

Erano giunti a Myp quasi un’ora più tardi.

Era una piccola grotta cristallina, immersa nella natura a cui si faceva accesso tramite il mare. Sparrow aveva voluto al suo fianco oltre Barbossa anche Gibbs e aveva messo ai remi della scialuppa i due storici amici della Perla.

Mentre avanzavano fluttuando nelle silenziose acque in prossimità della grotta Jack dava tacite occhiate al suo anagramma, quasi sperando che potesse dirgli qualcosa di nuovo.

“Myp..- mormorò Gibbs.- chi era di preciso?”

“Una divinità.- spiegò Barbossa aguzzando l’occhio verso la grotta buia in cui iniziavano ad immettersi.- una creatura divina, sembra a metà tra una donna ed un pesce.”

“Una sirena” precisò il pirata dall’occhio ballerino.

“Di cui Chefalos era perdutamente innamorato.” continuò il primo ufficiale un po’ seccato. La sua voce si disperdeva nella grotta buia e ricoperta di muschio, profonda ed oscura come i misteri che racchiudeva. “Chefalos, anch’egli a metà tra le sembianze umane e quelle di un pesce..”

“Una sir..”

“è quello che stavo dicendo!- urlò Barbossa zittendo l’uomo. Si rivolse di nuovo a Gibbs.- non poteva amarla. Lei era una delle figlie di Poseidone dio del mare e Chefalos era una divinità insignificante, non poteva ambire alla sua mano. così si incontravano, segretamente, in questa grotta.”

La voce del pirata s’interruppe non appena arrivarono in prossimità di uno scoglio, così grande che vi si sarebbero potuti stendere tre uomini, con al centro una statua marmorea bellissima. Raffigurava una giovane donna che volgeva lo sguardo verso l’alto, in un urlo straziante, con le braccia allargate e le membra disciolte dal terrore.

Era inequivocabilmente Myp perché dalla cintola in giù il suo corpo finiva con una pinna.

L’imbarcazione si fermò in prossimità della donna. “Myp.” Mormorò Gibbs.“ Perché l’hanno scolpita in questo modo?”

“Non è una scultura” fu la voce di Jack questa volta a diffondersi e a fare un po’ di eco all’interno della grotta. “questa è lei.” tutti si avvicinarono istintivamente alla statua, increduli.

“Un giorno Poseidone scoprì i due amanti.- raccontò Sparrow.- era così infuriato che prese il suo tridente ed uccise Chefalos, senza pietà. Ma non avendo il cuore di fare altrettanto con la propria figlia, la rese una statua in un luogo introvabile per chiunque.”

“Introvabile?”

Jack sorrise. “Ma Chefalos prima di morire compose il suo anagramma in modo tale che un lettore accorto.- il suo pensiero cadde inevitabilmente su Evelyne.- potesse scoprirlo comunque.”

Barbossa sfiorò il braccio marmoreo della divinità, quasi perplesso. “E adesso?” domandò quindi, non riuscendo a capire come tutto questo poteva avere a che fare con la bussola che loro cercavano.

“Al lavoro signori.- annunciò Jack con aria teatrale.- perché non ne ho la più pallida idea.”

 

-o-

 

Barbossa, i due pirati e Gibbs passarono tre lunghe ore a cercare disperatamente quella maledetta bussola, a scrutare ogni minimo centimetro della statua o meglio della divinità alla ricerca di un indizio, qualsiasi cosa, mentre Jack era seduto a gambe incrociate sulla piccola barchetta, rilassato, in una posizione di yoga indiana.

Niente.

Possibile che si fossero sbagliati? Che quella fosse una falsa pista?

Beh, per quanto si sforzasse, dubitare dell’intuito di Evelyne gli riusciva difficile. Eppure..

“Capitano.”

La voce di Gibbs gli fece aprire un occhio ma non si scompose dalla sua rilassante posa. “si?”

“Guardate.”

Gibbs gli porgeva un rotolo di pergamena circondato da un’immensa quantità di cozze. Jack si riscosse subito facendo uno scatto, scese dall’imbarcazione e circondato subito dai suoi uomini prese in mano il ritrovamento. “L’ho trovato sotto lo scoglio signore.”

Uno dei pirati incurvò la fronte. “Nell’acqua?”

“Era pur sempre una divinità.” Biascicò quell’altro.

“Che significa? Nemmeno una divinità  può immergere una pergamena nell’acqua senza che questa si bagni!!- si voltò verso Jack.- o si?”

Il capitano sorrise, intrigato, quindi con un piccolo pugnale tolse velocemente tutte le cozze che proteggevano l’antico scritto e con un sorriso eccitato lo srotolò, contemplandolo silenziosamente. I suoi occhi e quelli della ciurma rimasero a bocca aperta ammirando le perfette intagliature delle scrittura, la rifinitezza dell’inchiostro e, cosa ancora più incredibile, come il tutto potesse essere magicamente intatto ed asciutto.

C’era solo un piccolo problema.

“E questa che diavolo di scrittura, eh?” domandò uno dei pirati osservando quello strano alfabeto che si sciorinava per tutta la pergamena.

“Greco antico.” Spiegò Barbossa avvicinando lo scritto allo sguardo.

“Greco antico?” ripeté Gibbs, sconcertato.

“Erano divinità greche, pensavate che scrivessero in aramaico?”  domandò retoricamente Jack riprendendo la pergamena in mano. poi con uno sbuffo la diede a Barbossa. “Avanti traduci.”

Questi lo guardò come se avesse detto una barzelletta. “Non mi permetterei mai, siete voi il capitano, tocca a voi tradurre il testo.” E glielo ridiede.

Jack incurvò la fronte. “ In quanto capitano, autorizzo te alla traduzione.” e gli diede di nuovo lo scritto.

Barbossa sorrise, per nulla divertito. “Insisto.”

La pergamena finì di nuovo tra le mani di Jack. “Anch’io.”

E per evitare che quel giochetto proseguisse all’infinito, Gibbs si intromise tra i due prendendo il ritrovamento in mano. i due si voltarono verso di lui . “Ma qualcuno dei due SA tradurre dal greco antico?”

I due uomini rimasero in silenzio e l’altro sospirò. “E adesso?”

“Possibile che nessuno della ciurma sappia farlo?” domandò Jack speranzoso.

“Io non so nemmeno scrivere.” Borbottò il pirata più basso con un ghigno divertito che si spense subito non appena trovò lo sguardo di Barbossa. “ E chi può farlo allora?”

Il pirata biondo esultò credendo d’aver avuto una grande idea “Miss Smith.”

Gli altri alzarono gli occhi al cielo e il compare lo zittì subito. “Miss Smith non c’è più pezzo di un cretino.”

“Ah, non mi ricordavo che l’avevamo fatta fuori..”

“Infatti non l’abbiamo fatta fuori, l’abbiamo scaricata a Nassau.”

Seguì un piccolo silenzio, carico d’attesa.

“E adesso?” domandò Barbossa quasi  con aria di sfida.

Jack sorrise, intrigato. “E adesso andiamo a riprenderla.”

 

 

 

 

 

To be continued..

Diomache.

 

 

 

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Capitolo 5
*** Combatterò i Fantasmi che Tormentano il Tuo Cuore ***


-o-

Ciao a tutti, eccoci a questo quinto capitolo.

 

 

MellyVegeta: Grazie mille per i complimenti, spero che questo chap ti piaccia!^^

Christy: ciao! Grazie per il tuo sostegno e per i tuoi complimenti.. dimmi che te n’è parso!

Michy90:ciao! Grazie per i complimenti, sempre troppo gentile! eh già in effetti adesso Evelyne avrà un bel daffare con Barbossa… ma via, non ti voglio anticipare nulla! A presto!

LilySparrow: grazie davvero per la recensione.. spero che continuerai a seguirmi!

DJKela: ciao capitana.. noi ci siamo già chiarite per e-mail.. spero che questo capitolo ti piaccia, attendo di sapere le tue impressioni!^^

Isobel: grazie mille Isobel per le tue belle parole e per i tuoi complimenti! A presto!^^

Jhonny Jack: ciao! Grazie! Ma no, non è un’info riservata ti posso rispondere tranquillamente.. allora credo che più o meno saranno una decina di capitoli.. spero che continuerai a seguirmi, grazie ancora!^^

Martozza: ciao! Eh si magari un po’ idioti lo sono tutti e due!XD poverini sono un po’ confusi Jack non ha mai saputo cos’era l’amore e lei è così sconvolta dal suo passato che le risulta difficile aprirsi completamente.. grazie mille per i complimenti!^^

Sarah James: ciao Sarah! sono contenta che poi alla fine il chap ti sia piaciuto ugualmente, meno male! Allora ti spiego: forse sono stata un po’ imprecisa nell’introduzione volevo, usando quel verbo, fare intendere al lettore che si trattava di un prequel rispetto al primo film della saga. Per quanto riguarda l’ammutinamento non posso svelarti molto .. altrimenti  ti rovinerei il finale!^^ però ti posso assicurare che voglio un bene dell’anima ad Evelyne e sono un’inguaribile romantica .. non li dividerei mai…^^

Vi lascio al capitolo!

Buona Lettura

Diomache.

 

 

Ps: per chiarimenti, dubbi o altro non esitate a scrivermi o a contattarmi  mi raccomando!

Un bacio! ;P

 

 

 

 

Capitolo V

 

Combatterò i Fantasmi che Tormentano il Tuo Cuore

 

 

 

“Oh mio Dio, santi angeli del paradiso!!”

La voce di zia Jane le fece quasi interrompere il sangue nelle vene e per poco non cadde stesa a terra, lì sullo zerbino di casa Smith. La padrona di casa, sua zia, era lì, sulla soglie della sua grande villa, con le braccia allargate e uno sguardo davvero ilare da cui traspariva tutta la sincera contentezza nel rivederla.

Che peccato.

Non poteva dire altrettanto.

Sfoderò uno dei suoi sorrisi di circostanza più riusciti ed allargò le braccia per accogliere l’abbraccio della zia.

“Bella di zia.. ma che ti è successo, non dovevi essere già spostata con Charles Norrington?”

Quando si distaccarono Evelyne non poté fare a meno di mostrare come il suo volto si fosse oscurato a quelle parole. Charles Norrigton. Ingoiò l’amaro boccone e riprese il controllo di se stessa. “.. è una lunga storia zia. Non avete ricevuto la mia lettera?” mentì spudoratamente come già da un po’ aveva iniziato a fare.

“No, tesoro alcuna.. oh ma non angustiarti.. dopo mi racconterai tutto..” disse e lei rabbrividì ancora di più pensando al pesantissimo interrogatorio a cui quel magistrato di donna l’avrebbe sottoposta. E lei in quel momento aveva voglia di tutto tranne che di parlare.

Sorrise, incerta, mentre sua zia la conduceva all’interno dell’abitazione.

Jane Smith, sorella di suo padre, la fece entrare ed accomodare nella sua grande villa proprio al centro di Nassau. “Ti faccio subito preparare la tua stanza e ti faccio portare carta e calamaio.- allo sguardo interrogativo di Evelyne continuò.- per scrivere a tuo padre che sei arrivata, no? chissà come sarà in pena!”

Lei sorrise tra sé. Tzé, suo padre in ansia. In ansia di ucciderla, semmai.

“Una pena tremenda..” borbottò lei a denti stretti.

“Ma dimmi che ti è successo?- sua zia tornò alla carica poco dopo.- Non hai una bella acconciatura, il vestito , sì, per carità, non è male ma.. hai.. hai viaggiato sola?!” il massimo dello stupore e dello sdegno, sul volto di zia Jane.

“Oh.. oh no.. certo che no…- una bugia tira l’altra, peggio delle ciliegie.- avevo.. una.. una guardia ecco.. ma l’ho congedata..”

La donna, una robusta matrona sulla cinquantina, con una folta chioma scura già rigata d’argento, eruppe in un sospiro di sollievo. “meno male, ho temuto il peggio. Una vergine di buona famiglia come te non dovrebbe mai farlo, Evelyne, mai!”

Vergine?

Ah, che battuta. 

Non era più vergine da qualche mese. Ma non si era mai posta il problema, perché quello che era il suo amante segreto, doveva essere anche il suo sposo, quindi.. adesso invece.. 

Intanto che lei pensava sua zia continuava a parlarle, con un buon accento inglese nonostante vivesse lì ai Caraibi da un bel po’ di tempo con suo marito, anima santa, venuto a mancare da una decina di anni e suo figlio Julien, felicemente sposato da qualche mese.

Quando riprese ad ascoltarla, la donna stava quasi concludendo e fece in tempo a sentire la sua domanda. “…. Hai bisogno di qualcosa tesoro?- negò.- bene, il pranzo..”

“No, zia, non ho molta fame. Ho fatto un lungo viaggio..” il sorriso le mancò a questo punto.

Viaggio, Perla Nera, Jack.

Jack.

“D’accordo, anima bella.- la voce gracchiante di sua zia la riscosse di nuovo.-  Riposati e cambiati se vuoi. Ti aspetto per cena.”

 

 

-o-

 

Il pomeriggio le passò via velocemente, anche troppo velocemente. Si era ripromessa di pensare ad una storiella decente da raccontare a sua zia al posto della verità, ma non ne ebbe praticamente il tempo. Si fece un lungo bagno rilassante e tra le acque calde del bagno di sua zia, non riuscì a pensare nulla se non che aveva proprio bisogno di una dormita decente.

E difatti si era subito dopo coricata a letto, aveva affondato il viso tra i cuscini come faceva sempre quand’era bambina ed era piombata in un sonno pesantissimo.

Nonostante tutto fece una buona dormita, di quelle che amava lei, senza sogni.

Non sognava da moltissimo tempo, ultimamente il buon Dio le concedeva solo incubi: forse se li meritava così si sentiva parecchio sollevata quando riusciva a dormire senza vedere fantasmi.

Aveva risposato quasi per tutto il pomeriggio, poi, una volta alzata, era iniziata la parte più odiosa della giornata: la vestitura, l’acconciatura ai capelli, perfino il trucco.

Non ricordava quanto fosse insopportabile tutto ciò, e si chiese come aveva fatto a sopportarlo prima per tutti i suoi 20 anni.. la verità era che i tre giorni alla Perla Nera le avevano fatta rinascere, le avevano fatto respirare un po’ d’aria nuova, le avevano fatto capire che c’era dell’altro, oltre tutto quel velo d’ipocrisia dell’alta società.

C’era dell’altro, sì.

C’era l’essenza di una persona. In mare non importa chi è più nobile o chi più ricco, in mare conta sol ciò che sai fare, ciò che puoi dimostrare. Niente di più.

E adesso il suo mondo di merletti e riccioli non le interessava più. La schifava, la innervosiva.

Che buffo, odiava il suo mondo, quindi odiava anche se stessa.

E odiava Jack Sparrow per averle fatto tutto ciò. Per averle fatto assaporare il frutto della libertà e poi per averglielo tolto, lasciandola così insoddisfatta della sua vita che avrebbe voluto gridare.

“Buonasera signorina.” disse un cameriere proferendo un piccolo inchino.

E lei ripensò a Gibbs, alle sue pacche alle spalle, quando la vedeva per i pasti, alla sua naturalezza. Ripensò alle bisbocciate, alle risate.

No, quello non poteva più essere il suo posto. Era un mondo che lei non voleva più.

Un mondo che, guardiamoci in faccia, non voleva più nemmeno lei. Chi l’avrebbe voluta adesso?

Non era vergine, nessuno l’avrebbe sposata. Senza contare che non poteva presentarsi come Miss Smith per molto ancora, aveva la marina britannica alle costole.

Decise quindi  che avrebbe improvvisato una balla qualunque alla zia poi se ne sarebbe andata da qualche parte, a vivere da sola, fuori dalla società, arrangiandosi come poteva.

“Oh  benvenuta cara, fatto buon riposo?”

“Si, grazie.”

Sua zia parlava, di continuo, e lei si stupiva di come riuscisse a respirare tra una parola e l’altra. Si immaginò il volto di Jack se l’avesse sentita parlare in continuazione a quel modo e le venne da ridere, senza motivo, solo per nostalgia forse.

Che rabbia. Ma come faceva quell’uomo a mancarle a quel modo? In fondo, dai, lo conosceva appena! Oddio.. forse proprio appena no..

“E tu tesoro?” il punto che non avrebbe mai voluto toccare arrivò ancora prima del previsto.

Finse di essere caduta dalle nuvole e in un gesto prettamente nobile si pulì i lati della bocca con il tovagliolo. “Io cosa, zia?”

“Parlami di te, adesso. E di Charles Norrigton.”

Charles.

Buffo, due secondi prima pensava a Jack. Deglutì. “Io..”

“Perché sei qui e non nella tua bella casa a Port Royal, bambina? Problemi con il tuo sposo?”

Evelyne sentì il fiato iniziarle a mancare.. forse era il corpetto.. o forse era semplicemente quella storia.. aveva creduto di essere pronta ad affrontarla, ma la realtà era che non riusciva neppure a mentirci su. “Io..”

“Evelyne..- mormorò la zia.- Evelyne stai bene..?”

Lei negò ed iniziò a sventolarsi cercando ossigeno e forse accentuando un po’ il tutto, individuando in quel malore una possibile via di fuga.

“Oddio, non preoccuparti, adesso ci penso io..- Jane si rizzò subito in piedi.- Oliver, Oliver! Presto! Accompagnala in camera da letto, Evelyne non sta bene! E chiama un dottore!!”

Si fece scortare da Oliver- il maggiordomo.- sin sul letto, poi chiese di essere lasciata sola.

Non accese neppure la lampada ad olio lì sul comodino, preferì rimanere nell’ombra e nella luce della luna che filtrava dalla finestra. C’era anche il vento adesso perché le ante della porta finestra che davano sul balcone erano  state lasciate a aperte.

Si sentiva meglio. Inaspettatamente però si fece prendere dalla rabbia e con uno scatto un po’ violento si aprì il vestito, si tolse il corsetto e rimase in sottoveste, sola e con una gran voglia di piangere. Con i pugni stretti si avvicinò alla finestra lasciandosi accarezzare dai raggi di luce lunare.

E lì accadde l’incredibile. Si sentì improvvisamente afferrare da dietro, una mano le passò intorno alla bocca, l’altra attorno alla vita in una stretta piacevolmente familiare. Lei sobbalzò di paura e avrebbe istintivamente gridato se non ci fosse stata quella mano ad impedirle di farlo.

Si agitò ma una voce calda che riconobbe benissimo la fece desistere da tutti i suoi moti di ribellione.

“Shh.. calma dolcezza..” la voce di Jack Sparrow.- maledetto lui e tutti i suoi antenati!- la raggiunse proprio accanto all’orecchio facendola vibrare d’emozione. Lei si calmò immediatamente e lui tolse delicatamente la mano attorno alla sua bocca, lasciando però l’altra attorno al ventre.

Evelyne si girò di scatto verso di lui trovandosi, involontariamente o meno, tra le braccia del capitano che ancora le cingeva la vita e con l’altra si appoggiava alle sua spalla.

“Jack..” mormorò quasi commossa. Nonostante la penombra della camera ne vedeva benissimo i lineamenti scolpiti, lo sguardi affascinante e quel sorriso sempre un po’ accennato, sulle sue labbra. 

Lui ammiccò al vestito. “Se volevi una mano, bastava chiedere.”

Lei sembrò rendersi conto di essere in sottoveste solo in quel momento e fece per volersi coprire ma lui la fermò di nuovo, quasi prendendola in giro. “ Calma, calma.. infondo ti ho visto più spogliata di così.”

Lei questa volta ricambiò il suo sorriso malizioso incurvando un po’ gli occhi ed inclinando il volto di lato. “ Che diavolo ci fai qui?” domandò, non preoccupandosi affatto se dalla sua voce traspariva o meno tutta quella contentezza che sentiva dentro.

Jack sospirò, istintivamente. 

Ah eccolo là. Eccolo quel magone, all’altezza dello stomaco, quel vuoto quando incontrava i suoi occhi blu. Si sentiva euforico esattamente come si era sentito per tutto il tragitto inverso verso Nassau, come durante la ricerca della casa e l’individuazione della finestra giusta, dei tempi giusti.. certo avrebbe preferito riuscire ad intercettarla mentre lei era nella vasca da bagno ma non si può volere tutto dalla vita, no?

Sentiva il cuore fremere all’idea di rivederla.

“Allora?” l’incitò lei.

Lui alzò lo sguardo verso il soffitto. “Diciamo che la Perla non può fare a meno di un abile pulitrice di ponti come te.”

Lei smise di sorridere, cercando nei suoi occhi neri un’irraggiungibile verità in quello che aveva detto. Incurvò la sua bella fronte chiara ed increspò le labbra. “Niente giochi, Jack.”

Lui sospirò prendendole leggermente le braccia con le mani e quel semplice gesto bastò a farla letteralmente rabbrividire sotto il suo tocco. Possibile che quell’uomo le facesse un tale effetto? Dopo Charles aveva creduto di non riuscire più a provare niente per nessuno..

“Vedi tesoro.- lui, pericolosamente vicino a lei.- la tua presenza era…. importante.”

Lei incurvò le sopracciglia. “Che cosa ti serve, avanti.”

A questo punto avrebbe dovuto chiederle se sapeva tradurre dal greco. Ma non riusciva a farlo.. forse aveva troppa paura di quello che lei gli avrebbe risposto.

Non poteva rischiare che lei gli dicesse di no. Né poteva dirle che voleva alla Perla non solo per la missione ma.. anche per se….

Cercò quindi di replicare ma le improvvise voci di una donna e di un uomo- probabilmente il medico- gli bloccarono le parole in gola. “Qui non c’è molto tempo per spiegare.” Biascicò in fretta, diventato di nuovo un freddo calcolatore.

Lei si girò di scatto verso la porta. “Che facciamo?”

Jack scattò verso la finestra aperta, immettendosi sul balcone.

Si voltò verso di lei. “Andiamo?” disse porgendole la mano e sperando intimamente che lei non rifiutasse. Osservò i suoi occhi, i suoi bellissimi occhi di ghiaccio dubitare, esitare e temette quasi che lei non accettasse, che rimanesse lì, da sua zia, nel suo mondo, lontano da lui.

“Allora?” l’incitò di nuovo, con più enfasi.

Lei sospirò osservando a turno la porta da dove sarebbe presto entrata sua zia con il medico e poi la mano di Jack.

Rimanere lì, nel suo mondo o buttarsi di nuovo a capofitto in quello di Jack?

In quel mondo in cui non avrebbe dovuto giustificare il suo passato, nel mondo che tanto aveva adorato, con quell’uomo che tanto la intrigava..  senza pensare si diresse verso di lui ma prima di prendere la sua mano, la ritrasse facendo scomparire il sorriso dal volto del pirata.

“Ad una condizione.” Disse, risoluta.

Lui aggrottò la fronte. “E sarebbe?”

“è chiaro che ti servo a qualcosa.- iniziò.- oh, andiamo non sono una sciocca. Voglio la tua parola che non mi scaricherai da nessuna parte, almeno non finché questa tua missione sarà conclusa.”

Questa volta toccò lui ad esitare e lei ad incitarlo. “Andata?”

Non c’era più tempo, sentirono la voce gracchiante di Jane vicinissima e la donna mettere mano alla maniglia.

“Andata” farfugliò prendendole di scatto la mano e trascinandola via sul terrazzo.

Evelyne trattenne una risata di gioia, mentre finalmente scappava via.

 

 

-o-

“Ben tornata a bordo, Miss.”

La voce di Barbossa sapeva di tutto tranne che di contentezza. E ad un certo modo poteva capirlo. Lei sapeva i suoi inganni e avrebbe potuto mandare a monte tutti i loro piani.

“Miss Smith.” disse il signor Gibbs con un certo che di riverenza e un sorriso di piacere stampato sulla faccia. Lei, in sottoveste e con i capelli ancora acconciati, sorrise a tutti osservando con dolce nostalgia la Perla che già iniziava a mancarle, costretta in quella gabbia dorata a forma di casa.

“Capitano- Mastro Twigg prese parola, distogliendo l’attenzione di tutti dal ritorno a bordo di Evelyne.- qual è la rotta?”

Jack senza esitazione alcuna estrasse la sua comunissima bussola che puntava, come sempre, il nord. “A.. sud-ovest!” disse quindi  con autorevolezza e non rispose affatto alle domande degli altri che si scambiavano sguardi interrogativi e poco convinti, né fece più di tanto caso allo sguardo che Barbossa e molti altri marinai si scambiarono. Uno sguardo strano e quasi complice che invece non sfuggì affatto alla nostra Evelyne.

“Tu vieni con me.”

Jack la prese per il polso e la condusse con sé all’interno della nave, quindi nella propria cabina dove si assicurò di aver chiuso bene la porta prima di iniziare a parlare. Si schiarì la voce ed iniziò, un po’ incerto. “Non so.. se hai notato…- cambiava punto d’osservazione ogni due secondi e sembrava piuttosto nervoso.- il clima.. di… insomma che si è instaurato tra la ciurma”

“Contrarietà?”suggerì lei.

Lui abbassò le sopracciglia. “Non così pomposamente espresso..”

“D’accordo.- lo interruppe lei.- e a proposito di questo, Jack, c’è una cosa che..”

“Con calma, tesoro.- l’invitò a sedersi attorno al tavolo di legno, dove si sedette anche lui con aria piuttosto grave. – devo chiederti un.. favore… diciamo. Certo un capitano non è abituato ad azioni di questo genere perché è lui il capo e tocca a lui comandare, non chiedere ma in questo frangente, mia cara, tu hai qualcosa che può essere utile al detto capitano che quindi è obbligato a chiedertelo come favore, anche in luce degli ultimi avvenimenti che ci hanno visti..”

“Jack.” Lei sorrise, intrigata. “è ciò per cui mi hai rivoluto con te?”

Lui negò con il capo e con entrambi gli indici alzati cercò di puntualizzare la frase. “è ciò che ha contribuito a rivolerti con me. Ma non è l’unico motivo.” Disse sorridendole.

Lei incurvò la fronte. “Ah si? E quale sarebbe l’altro motivo, invece?” si avvicinò appositamente a lui, con la precisa intenzione di provocarlo. Jack fissò a lungo le sue labbra, poi i suoi occhi azzurri e quindi deglutì, avvicinandosi anche lui. “è una cosa un po’ complicata, tesoro.. ci vuole tempo per spiegar..”

“Noi abbiamo tutto il tempo che vogliamo, giusto?” Evelyne si avvicinò di più, fino quasi ad arrivare a sfiorare le labbra di lui e a sentire di nuovo il suo profumo di mare.

Jack le accarezzò il viso con il dorso della mano. “Allora.. diciamo che la tua presenza.. accanto a me.. non mi dispiace..”

“Se non ti dispiace vuol dire che ti piace..” le sue labbra toccarono quelle dell’uomo il quale sorridendo si apprestò a baciarla.

Ma nel momento che precedette quel bacio Evelyne si distanziò appositamente, con un’espressione furente dipinta in viso e gli occhi più ghiacciati del previsto. Jack aggrottò la fronte e cambiò espressione lui pure.

“Se ti piaccio.- riprese lei, furente.- perché diavolo hai permesso che Barbossa mi scaricasse come una cassa di rum?!”

“Paragone infelice, tesoro.- temporeggiò lui.- le casse di rum non si scaricano mai.. a meno che non siano vuote.”

“E allora.- Evelyne s’infuriò anche di più- riformulo: perché hai permesso che mi scaricassero come una cassa di bottiglie vuote di rum, se dici che ti piaccio?”

Jack deglutì.

Mannaggia.

“Ehm, dolcezza io..”

“Non credere di cavartela con una scusa, Jack. Se non mi spieghi il tuo comportamento non farò nulla di ciò di cui hai bisogno, siamo intesi?”

Mannaggia un’altra volta.

Odiava una donna con così tanta grinta.

Odiava una donna con le idee così chiare.

E odiava adorarla così tanto. 

“Ti stavo giusto parlando della ciurma che sta diventando sempre più inquieta – iniziò e lei incrociò le braccia, pronta ad ascoltarlo.- non potevo fare altrimenti, Evelyne, comprendi? Se avessi contraddetto Barbossa, avrei rischiato quasi l’ammutinamento. Non potevo farlo, la Perla ha bisogno di un capitano.- sorrise.- la Perla ha bisogno di me.”

Lei sembrò placarsi e la sua ira si calmò dolcemente, fino a diventare un’arrabbiatura lontana. “Sì, scusami.- mormorò.- io..”

“è acqua passata milady.- riprese avvicinandosi alla ragazza e passandole una mano intorno al collo.- se non sbaglio io e te avevamo qualcosa di tragicamente interrotto, nevvero?”

No, Jack, non credere di cavartela così. Sì, tu hai le tue ragioni e sicuramente non potevi fare altrimenti. Ho smesso di essere arrabbiata, non offesa. 

Lei inarcò un sopracciglio e tossicchiò lievemente. “Sì Capitan Sparrow. Mi dovevate dire per quale compito mi avete voluta qui con voi.- Jack perse il sorriso.- gli altri discorsi.- fu questa lei a sorridergli maliziosamente.- lasciamoli a dopo.”

Jack si ricompose e sebbene a malincuore estrasse dal gilet (ma quante robe teneva lì dentro?) una pergamena che srotolò davanti ai suoi occhi curiosi. Era un foglio scritto in maniera fitta e quasi illeggibile perché le lettere si sovrapponevano un po’ dato che era davvero antico. E poi era Greco.

Gli occhi scintillanti di lei si posarono di nuovo su di lui. “è.. originale?”

“Certo tesoro.- lui sorrise, sapendo di conquistare così tutto il suo interesse.- è l’unica pergamena rimasta, scritta personalmente da Myp, figlia di Nettuno e amante di Chefalos.”

Lei, incredula ed emozionata, prese il foglio tra le mani come se si trattasse di una reliquia sacra. “Mio Dio.- mormorò.- e.. a che cosa dovrebbe condurti…?”

Jack allargò le braccia. “è qui che entri in gioco tu, dolcezza.”

 “Lasceresti che io lo legga?”

“Non solo leggerlo.- disse lui, fingendosi un magnanimo uomo generoso.- ma anche tradurlo.”

“Per te.” Continuò lei.

L’uomo alzò le spalle. “Anche per me.”

Nonostante la situazione la ragazza sorrise, emozionata, e si lasciò sfuggire un sospiro appassionato. “è molto che non traduco dal greco.- confessò.- spero di farcela. Quanto tempo mi dai?”

“Direi che un’ora è più che sufficiente.”

Lei strabuzzò gli occhi. “Cosaaa?”

“Un’ora e mezza. – lei lo guardò, torva.- un’ora e tre quarti massimo.”

“Due.”

“Una e cinquanta minuti.”

“Un’ora e cinquantacinque e siamo d’accordo.- concluse lei, con sguardo deciso.- non un minuto di meno, Jack.”

“Sta bene, tesoro.- accordò lui, lisciandosi i baffi ed alzandosi.- ti lascio alle tue occupazioni.” Schiavò la porta ma prima di lasciarla appoggiò sopra al tavolo la sua bottiglia di rum.

“Che vuoi che me ne faccia di questo schifo?” domandò lei, quasi schifata.

Jack la guardò come si guarda un marziano che abbia appena bestemmiato. “Evelyne… è rum!”

“Oh scusa.” disse lei, roteando gli occhi. Un improvviso sbalzo della nave fece cadere la bottiglia dal tavolo e la fece infrangere in mille pezzi. Lei rise. “Era rum.”

Jack guardò il liquido scuro sparso sul pavimento. “Perché il rum deve sempre finire?”

Lei sospirò, impaziente. “ Che ci vuoi fare, è la parabola della vita. Niente dura in eterno.- si voltò verso di lui.- e nemmeno la mia pazienza. Se vuoi che rispetti i nostri accordi..”

“Vado vado.” Disse lui facendole un piccolo segno di saluto con la mano. “Capitan Sparrow si congeda.”

Rimasta sola Evelyne diede un’occhiata distratta alla pergamena, poi la sua attenzione fu catturata da alcuni passi che si avvicinavano sempre di più alla sua cabina. Con uno scatto si alzò e si chiuse dentro,girando bene la chiave, mentre sentiva il cuore batterle forte nel petto.

Ed infatti un secondo dopo sentì qualcuno bussare. “Miss Evelyne..”

Un brivido le corse lungo la schiena, sentendo che si trattava di Barbossa e ringraziò Dio per la sua prontezza nel chiudersi dentro. “Miss Evelyne, mi lasciate entrare?”

Lei nervosa, iniziò a giocherellare con i capelli e fu certa che la sua voce vibrasse, instabile, mentre rispondeva. “Mi dispiace, Barbossa, non posso. Sto lavorando e..”

“Quello che ho da dirvi non vi ruberà che pochi istanti.”

Lei deglutì. “Non posso, mi dispiace.- sospirò- avremo altre occasioni di parlarne..”

“Di questo potete starne certa, Miss.- scorse delle precise minacce nella sua voce.- potete starne certa.”

 

-o-

 

Un’ora e cinquantacinque minuti dopo Evelyne concluse finalmente la sua traduzione dal greco. Rilesse quello che aveva scritto su un foglio, i suoi appunti, le sue impressioni e fece un gran sospiro. Non sapeva se quello che aveva scritto aveva un senso, era difficile dirlo.. tuttavia anche Myp per lei non aveva senso invece quelle tre lettere avevano aperto a Jack un vero e proprio mondo.

Uscì piano dalla cabina guardando bene che il corridoio fosse libero.

Nessuno in vista.

Sorridendo, quatta quatta ripercorse il corridoio, s’immise sulla scala e finalmente quando stava per uscire al sole..

“Miss Evelyne, finalmente.”

Barbossa, proprio dietro di lei.

Maledizione.

Si girò di scatto. “Oh, ehm io..”

“Evelyne.” La voce di Jack la salvò in extremis. Si voltò verso il capitano della nave con un sorriso davvero rilassato.

Sparrow guardò Barbossa poi Evelyne. “Credevo di conoscerti, hai una tresca anche con lui?”

“Eh?”

“Su, andiamo” la prese per il braccio e la portò via, lungo il ponte. Lei lo seguì con gioia rimandando di nuovo il momento in cui avrebbe dovuto affrontare Barbossa e il segreto di cui era venuta a conoscenza.

Finalmente sul ponte lui le passò un braccio attorno la spalla.         

“Dimmi, che cosa voleva quel brutto ceffo di Barbossa?”

“Jack.-sospirò-  Te ne volevo parlare già da prima ma poi tu..”

“Va beh adesso non ce ne importa.- tagliò corto focalizzando l’attenzione sulla sua pergamena.- che cosa ci dice quell’adorato pezzetto di carta macchiato d’inchiostro?”

Lei sbuffò, contrariata. “Sì ma..”

“Sto aspettando.”

“Tu devi sapere che..”

“Sto aspettando con molta.- sottolineò la parola.- impazienza.”

Lei roteò gli occhi ed aprì la sua pergamena con migliaia di scritti ed appunti. “Allora.- cominciò mentre il vento e il sole le sconvolgevano i capelli, di nuovo sciolti e ribelli.- questa è la probabile rotta che consiglia lo scritto.”

“Probabile.- ripeté lui.- perché non mi piace questa parola..”

“è allegorico.- continuò lei concentrata.- ma se non sbaglio le parole dicono proprio rotta a sud ovest.- lo fissò intensamente.- e non è tutto.. il testo in greco contiene  una serie di indovinelli. E alla fine, mettendo insieme le iniziali di ogni soluzione, si ottiene un nome.”

Jack Sparrow la fissò, stringendo gli occhi. “Un.. nome?”

Lei annuì. “Tia Dalma.” I suoi occhi azzurri non scorsero nessun lampo di stupore in quelli neri di Jack, né vide il suo viso contrarsi dall’emozione o qualsiasi altro sentimento possibile.

Fu allora che capì. Incredula fece un passo indietro e l’osservò, stralunata. “Tu… sapevi?”

“Non sapevo, tesoro.- precisò lui sorridendo.- ma supponevo. Ora SO con certezza.”

Lei sospirò,negando con il capo, rifiutando di capire quell’uomo dalla logica completamente assurda. “E.. chi è questa Tia Dalma?” mormorò poco dopo.

Lui fissò l’orizzonte. “È…- una maga, una dea? Meglio restare sul vago.-….  una donna. Che ci darà la bussola. In cambio di qualcos’altro, ovviamente. Lei esige sempre un pagamento.”

Evelyne si mise una ciocca di capelli dietro le orecchie. “Sembri.. conoscerla molto bene.- farfugliò.- in che rapporti siete?”

“Buonissimi rapporti. Gemellini. Siamo inseparabili.- improvvisamente si fece meno sicuro di sé.- siamo stati. Eravamo. Fummo.” Concluse, con aria grave. “arriveremo da lei domani mattina.”

Sentirono in quell’istante la ciurma innalzare il canto dei pirati ed iniziare a prendere le bottiglie. “Yo-ho.. Yo-ho.. la spada il corvo il mare..”

“Tesoro, il dovere mi chiama!” esclamò Jack allontanandosi e buttandosi nella mischia.

Lei fissò il secchio che Cotton le aveva fatte avere, la sua inseparabile spugna e il ponte che attendeva di essere pulito. Lanciò un ultimo sguardo ai pirati che urlavano come pazzi.

“Maledetti ubriaconi.”  Negò con il capo, iniziando ad adempiere il suo solito dovere. Ripensò un attimo alla bellissima casa di sua zia Jane e a quello che avrebbe detto o fatto sapendola lì, su quel ponte, a fare la serva.

Rise, pensando che infondo, pulire il ponte non era così male.

 

-o-

 

Jack cercava di dormire da più di un’oretta ma senza troppi risultati. In certi casi la sbornia non bastava affatto per prendere sonno, anzi quel peso alla testa non gli facilitava per nulla le cose. La realtà era che aveva troppi pensieri. Primo fra tutti il prossimo incontro con Tia Dalma .. rabbrividiva al pensiero di rivederla, per non parlare del fatto che esigeva sempre pagamenti esorbitanti..

Poi la ciurma.. il tesoro..

Ed Evelyne.

Si ostinava a mettere la ragazza all’ultimo posto della classifica delle sue preoccupazioni ma la realtà era che quell’insopportabile bellissima donna era sempre prepotentemente al centro dei suoi pensieri. Così tanto che ormai iniziava a preoccuparsi.. insomma non era da Jack Sparrow pensare così tanto alla stessa donna per più di due giorni consecutivi...

A proposito di Evelyne.. ma che diavolo stava facendo??

Tra le cose che non lo facevano dormire c’era anche lei, lei e tutto quel trambusto che si sentiva dalla sua cabina. Si alzò con il busto dal letto e tese l’orecchio cercando di capire cosa combinasse l’inglesina. 

Erano rumori strani, come se.. stesse soffrendo. Come se qualcuno le stesse facendo dal male.

Ripensò agli strani sguardi di Barbossa e, allarmato, si rizzò subito in piedi, aprendo la porta della sua stanza e fiondandosi lungo il corridoio. I lamenti della giovane si facevano sempre più distinti e lui, con il cuore in gola, aprì di scatto la porta della piccola stanza dove dormiva la donna.

Vedere che la ragazza era sola nella sua stanza, lo acquietò un po’.

Ma vederla in quello stato lo sconvolse davvero.

Evelyne dormiva ma non tranquillamente, s’agitava, si rigirava continuamente nel suo piccolo letto. E gemeva, piangeva, gridava come se qualcuno la costringesse a qualcosa, o la picchiasse, si dimenava come se lottasse contro qualcuno, magari contro se stessa.

Aveva la fronte imperlata di sudore, tremava come se fosse vittima di spasmi orrendi e diceva di tanto in tanto piccole parole, nomi confusi. Con il capo negava di continuo e dalle sue labbra uscivano chiaramente molti “NO”  mentre tra le dita stringeva forte la coperta.

Non riuscì più a vederla a quel modo e la riscosse, prendendola leggermente per le spalle. “Evelyne… Evelyne..” la chiamò con insistenza e alla fine la giovane riaprì i suoi occhi belli, grandi e velati d’orrore.

Sembrò spaventata, confusa, disorientata.

“Tranquilla, dai..” disse sedendosi accanto a lei e circondandole le spalle con le mani.

Lei lo fissò, incredula. “Charles… Charles no..” continuò a protestare mentre dai suoi occhi scendevano lacrime amare. Lui le prese il volto tra le mani, obbligandolo a guardarla ed accarezzandole un po’ la testa, cercando allo stesso tempo di tranquillizzarla. “Evelyne. Siamo nella Perla. Mi riconosci?”

Il respiro di lei tornò lentamente normale e senza smettere di fissarlo deglutì a fatica più volte, tremando ancora leggermente. “Jack..” sibilò e lui le sorrise annuendo.

“Cominciamo ad esserci. Va meglio?”

La giovane fece girare i suoi occhi ancora pieni d’orrore lungo la stanza inondata dalla tacita luce lunare ed annuì, passandosi poi una mano tra i capelli, intimamente distrutta. “Sì.- si schiarì la voce.- scusami. Ti ho svegliato?”

“Solo un pochino.- sorrise.- chi ti tormentava così?”

Evelyne abbassò lo sguardo. Illuminata solo da quella fioca luna sembrava un angelo con le ali spezzate, l’eroina di un mondo perduto, un punto di domanda senza frase. Fissò il suo sguardo su un punto della stanza, sfinita. “Il mio passato.- disse.- non se ne va mai.” Guardò di nuovo Jack. “Mi permette solo di assaggiare la felicità perché è sempre lì… è sempre nell’angolo, nel mio cuore,  in agguato a ricordarmi che io non posso essere felice.”

Lui aggrottò la fronte. “Perché non puoi essere felice?”

“Perché non me lo merito.- aveva la voce rotta, di nuovo.- ma tu non andartene, Jack.” Continuò, prendendogli febbrilmente la mano. “Ti prego non lasciarmi. La notte è orrenda, rivedo il suo volto, i suoi occhi fissi nel buio.. mi stringeva la mano e moriva, lentamente.”

“Charles?” domandò lui stringendo gli occhi.

Lei annuì e non disse altro. “Ti prego non andare.”

“No che non me ne vado.” Sussurrò. Vide il suo volto stravolto distendersi in un sorriso mentre con i pollici asciugava le sue guance bagnate dalle lacrime. “Hai bisogno di  qualcosa?” lei negò quindi Jack si distese vicino alla ragazza e l’accolse tra le sue braccia lasciando che appoggiasse la testa sul suo petto e che si stringesse a lui.

Le accarezzò i capelli, dolcemente, cullandola un po’ e sperando che potesse riaddormentarsi di nuovo. Evelyne non lasciò mai la sua mano anzi si strinse ancora di più a lui, l’unica persona che in tutto questo tempo aveva accettato di starle vicino senza chiedere nulla in cambio, senza voler per forza sapere.

C’era e basta e lei tra le braccia di un pirata si sentiva davvero protetta, sicura. Tranquilla.

Chiuse gli occhi e piano piano il suo respiro divenne di nuovo stabile, leggero, quindi la ragazza si addormentò, stanca e sfibrata. Jack fece un sospiro di sollievo quando si rese conto che lei finalmente riposava. L’aveva vista davvero terrorizzata poco prima.

Istintivamente la strinse di più a sé circondando con le sue braccia quel corpo che forse aveva sofferto troppo per i suoi soli vent’anni. Evelyne nascondeva un passato oscuro e doloroso, un rimorso che la tormentava ancora e che l’aveva fatta finire in prigione.

Qualsiasi cosa fosse, avrebbe impedito a chiunque di farle del male o di farla soffrire così.

“Combatterò, Evelyne.- sussurrò.- anche se dovessi affrontare uno ad uno quei fantasmi che ti tormentano tanto.”

Lentamente si rilassò anche lui, iniziando a pensare che, nonostante tutto, si trovava davvero bene lì con lei. Era la prima volta che dormiva con una donna senza volere da lei dell’altro.

Pensò di non poterlo fare con nessun’altra, se non con lei.

Pensò che teneva a quella ragazza misteriosa ma intelligente e con un gran cuore, più di quanto avrebbe mai immaginato.

E, con un sospiro, pensò che forse l’amava.

 

 

To be continued..

Diomache.

 

 

 

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Capitolo 6
*** Lampi di Gelosia e Tentati Omicidi ***


Capitolo VI

Ciao a tutti! Eccoci qua con il mio sesto capitolo.. chiedo venia se ho fatto aspettare un po’ per questo nuovo aggiornamento ma ho avuto un po’ di problemi e il tempo per scrivere non è stato molto…

Ragazzi prima di aggiungere altro vorrei dire che sono rimasta davvero senza parole leggendo le vostre recensioni. Non speravo tanto coinvolgimento né credevo di conquistarmi tutte le vostre belle parole quindi credo che il minimo che io possa fare è dirvi un vero GRAZIE, di cuore. Spero di meritarmi i vostri complimenti anche per questo capitolo e per quelli avvenire, io ci sto mettendo molto impegno e questo lo devo a voi perché il vostro interessamento mi spinge a migliorarmi!

Spero che il capitolo vi piaccia…. aspetto i vostri commenti!

Nel frattempo ringrazio di cuore:

 

Miky90: ciao Miky!  Sì in questo capitolo tratteremo proprio di questa benedetta-maledetta bussola che trascinerà i nostri eroi in un mare di guai… sì io studio greco ormai da quattro lunghi anni  e anche se a volte è molto difficile ne vado davvero pazza… si vede così tanto?!^^ ti ringrazio per I complimenti, alla prossima!^^

 

Christy: ciao! Grazie mille, spero che la storia continui a piacerti!

 

LilySparrow: Grazie Lily per il sostegno spero che questo capitolo ti piaccia.. tu fammi sapere!

 

DJKela: ciao carissima! Ma figurati se le tue impressioni mi disturbano, anzi, non sai quanto mi fanno piacere! Si io cerco di inserire le espressioni del film dove mi riesce o dove credo ci stiano bene, e quando certe mi rimangono solo sulla punta della lingua non sai che nervoso! Indubbiamente Charles è  imparentato con James Norrigton.. anche se lo scopriremo nel prox questo è concentrato su Tia Dalma-Evelyne-Jack- bussola e di questo devo proprio ringraziarti, mia musa ispiratrice! Vedrai in questo capitolo il tuo “Barbino”- non ingelosirti ti giuro che non ce lo chiamerò più- quante ne combinerà… fammi sapere che te n’è parso!^^

 

Sarah James: ciao Sarah! Sì per l’inserimento di Tia Dalma mi sono rifatta proprio al film quando dicevano che è stata lei a dargliela, in baratto.. il problema ora sarà vedere cosa vuole in cambio! Ti ringrazio per i complimenti, spero che anche questo chap ti piaccia, fammi sapere!^^

 

Martozza: ciao! Grazie mille per i complimenti, me commossa! Naturalmente spero che la storia continui a piacerti, un bacio!

 

MellyVegeta: ciao!!! Oddio, grazie per i tuoi complimenti… non preoccuparti anche Evelyne –proprio da questo chap- inizierà a provare qualcosa di serio per lui e lo vedremo in maniera tangente perché sarà letteralmente rosa dalla gelosia! Spero che ti piaccia!^^

 

Sisya: Ciao, ma non devi affatto scusarti, anzi grazie per aver recensito! Sono contenta che i capitoli ti siano piaciuti e ti ringrazio moltissimo per la bella recensione.. mi raccomando fammi sapere che te n’è parso di questo capitolo!^^

 

Isobel: ciao! Mi scuso se l’aggiornamento è arrivato un po’ in ritardo.. grazie, non è stato facile, anzi una bella faticaccia ma leggere che qualcuno apprezza il tuo lavoro è una sensazione magnifica!grazie ancora!

 

Black_Kisses: ciao.. ci credi che non so proprio da dove iniziare? Non so tirare fuori le parole giuste per ringraziarti e so già che mi verrà solo il solito semplice GRAZIE. Quando si scrive una storia si fanno molte scelte non solo riguardo lo stile ma anche la trama.. a volte sono anche difficili perché magari sai già che il tuo stile non è proprio molto “schematico” ad esempio il mio è un po’ prolisso, molto narrativo e la trama è un po’ intrecciata quindi quando pubblichi hai il timore che a nessuno piaccia il tuo scritto.. e invece quando ti accorgi che c’è chi lo apprezza è davvero un’emozione bellissima. Scrivere è qualcosa di stupendo… all’inizio lo si fa per se stessi poi però i commenti degli altri ti stimolano a migliorare, a dare il meglio di te stessa per non deludere chi ti ha seguito fin qui. Quindi spero davvero che il capitolo ti piaccia, vorrei meritarmi i tuoi complimenti fino in fondo quindi ti giuro che farò del mio meglio! Grazie davvero!

 

Eleuthera: ciaoo! Mi sa che io e te condividiamo proprio una bella passione per questa lingua, vero?? Ma no, non devi scusarti per l’assenza, anzi, torno di nuovo a ringraziarti per la recensione e per il tuo appoggio, spero di meritarmelo anche per questo capitolo!^^

 

Jhonny Jack: ciao.. Grazie mille per i complimenti io davvero non so cosa dire! spero soltanto di non deluderti e che questo capitolo di piaccia! Un bacio^^

 

Chantal: caspita cinque capitoli tutti d’un fiato.. me onorata! Grazie mille per i tuoi complimenti.. ebbene sì anch’io sono un’inguaribile romantica ma stai tranquilla non è mia intenzione affrettare le cose tra Jack ed Evelyne rischierei di snaturare tutto, lui che è un pirata e lei che non ha ancora la serenità per amare appieno una persona! Alla prossima!^^

 

 

 

Buona Lettura

Diomache.

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo VI

 

 

Lampi di Gelosia e Tentati Omicidi

 

 

 

 

 

“Terra..” sussurrò Gibbs togliendo l’occhio dal piccolo cannocchiale e mirando da sé, senza l’ausilio di quel mezzo artificiale, l’orizzonte che si delineava poco a poco. A breve avrebbero visto con precisione il tratto di costa, gli alberi e quindi il fiume che avrebbero dovuto risalire per arrivare da lei. Tia Dalma.

Non ricordava con piacere il loro ultimo incontro e per le budella di sua madre, era più che certo che nemmeno Jack avesse così voglia di rivederla.

L’uomo negò con il capo mentre faceva uno dei primissimi sorsi di rum della giornata.

“Gibbs!”

la voce autorevole di Barbossa gli fece quasi andare il rum di traverso. L’uomo si girò di scatto incontrando lo sguardo sarcastico del primo ufficiale. “Bella mattinata, eh..” la sua voce sembrava rilassata.. troppo forse.

“Eh si...” mugugnò l’altro offrendogli istintivamente la piccola borraccia di rum.

Il sorriso si spense sul volto di Barbossa. “Vogliamo stare a rimirare la serenità del mare di prima mattina o possiamo anche andare a buttare dal letto  il nostro capitano, eh?”

Gibbs rimase rimbrottato e quasi mortificato; senza dire nulla s’incamminò all’interno della Perla, velocemente. Barbossa lo guardò andare via poi con un ghigno che forse voleva essere un semplice sorriso prese la bottiglia lasciata dal pirata e ne fece un buon sorso.

 

-o-

 

 

“Jack!”

Quel piccolo grido fu accompagnato da un grosso colpo sulla porta lignea della cabina di Evelyne. Dall’interno della stanza non si sentì nulla di reattivo così Gibbs ripeté il nome e lo accompagnò questa volta con una decina di colpi in successione.

Evelyne, sebbene avesse il sonno davvero profondo quella mattina, si riscosse un po’ sentendo tutto quel casino. “Ma che diavolo ..” mugugnò prima di capire effettivamente cosa stava accadendo.

Gibbs continuava a bussare e i suoi rintocchi erano come tanti piccoli colpi direttamente in testa. Oh… Dio.. si alzò con il busto dal letto, osservando per un momento Jack beatamente addormentato, lì, accanto a lei.. sorrise pensando che alla fine ci stava quasi prendendo gusto a svegliarsi accanto a lui. Si stropicciò gli occhi mentre Gibbs continuava a rompere, si passò una mano tra i capelli e dopo aver coordinato due semplici mosse per scendere dal letto avanzò verso la porta sbadigliando rumorosamente.

Si accertò che fosse proprio Gibbs aprì piano la porta di legno, lasciando che l’uomo potesse osservarla da appena uno spiraglio.

Il signor Gibbs rimase un po’ stranito non appena incontrò gli occhi intensi della ragazza e il suo volto ancora un po’ assonnato che intravedeva appena in quella fenditura. “Oh ehm.- sorrise.- Buongiorno signorina Evelyne!“

Lei sorrise. “Buongiorno. Scusa se non ti apro ma non sono totalmente presentabile..”

L’uomo annuì anche se poco convinto e cercò di sbirciare all’interno ma lei richiuse ancora di più l’uscio accompagnando il gesto con un sorriso ironico. “Perché mi hai buttato giù dal letto? Ci sono novità?”

“Oh in realtà sì..- sembrava un po’ in imbarazzo.- abbiamo toccato terra ma a parte questo io cercavo Jack.”

Lei finse di essere sorpresa. “Jack? Qui ?”

“Qui”

Evelyne annuì, un pò pensierosa. “Mi dispiace Gibbs, Jack non ha accesso alla mia camera, così come non lo ha nessun altro.”

L’uomo non era per niente convinto anche perché aveva ben intuito, l’altro giorno, che tra i due c’era stato un piccolo fuoco, un avvicinamento, un “momento” ed era più che certo che fosse proprio lì dato che aveva praticamente messo sotto sopra la nave senza trovarlo e quindi, a meno che non avesse voluto dormire nella cabina di Barbossa, ( e ne dubitava), la stanza di Evelyne era l’unico posto dove fosse possibile rintracciarlo e dove non aveva ancora guardato. 

Gibbs stava per riprendere quando una terza voce si sentì dall’interno della stanza.

“Evelyne con chi diavolo parli..” la voce impastata di sonno del capitano Jack Sparrow si diffuse e riempì il silenzio che si era creato in precedenza tra Evelyne e Gibbs. La ragazza subito iniziò a tossire per cercare di coprire la presenza di Jack. “Oh accidenti, anche la tosse adesso..”

L’uomo esibì uno sguardo decisamente eloquente sotto il quale Evelyne arrossì proprio come arrossisce una ragazzina di quattordici anni non appena la mamma scopre il suo fidanzatino nell’armadio. “Se doveste per caso vedere Jack..- il tono dell’uomo era veramente ironico adesso.- per caso s’intende.”

“Ovviamente.” Ripeté lei, abbassando leggermente lo sguardo e rialzandolo poi verso di lui con un sorriso divertito.

“Potete gentilmente riferirgli che abbiamo toccato terra e che serve la sua presenza…”

Gibbs continuò a parlare ma Evelyne smise d’ascoltarlo. “Certo certo, se lo vedrò lo farò immediatamente.” Disse quindi frettolosamente troncando il discorso a metà e chiudendo la porta con uno scatto.

Si voltò verso Jack seduto beatamente sul suo letto con un sorriso compiaciuto.

“C’è poco da ridere.” Iniziò lei, un po’ impacciata. “per colpa tua..”

“Rilassati tesoro.” Lui si alzò e s’incamminò verso di lei con la sua solita spassosissima camminata. Lei inarcò un sopracciglio sorridendogli appena. “Così sei rimasto… tutta la notte intendo...”

Lui inarcò le spalle sbadigliando un po’ ma poi riprendendo a parlare quasi casualmente. “Così pare.”

La giovane iniziò a sentirsi un po’ in difficoltà, iniziò a giocherellare e tormentarsi le mani e a toccarsi i capelli. “ Oddio senti io.. io volevo ringraziarti credo… si insomma.. perché... ”

“Hai dormito bene?- l’interruppe lui andando sensualmente a prendere tra le dita uno dei suoi ricci che le scendevano morbidi sul decolté.- dopo che sono arrivato io, s’intende..”

Lei inclinò un po’ la testa di lato e i suoi occhi luccicarono mentre si perdeva in quelli abissali dell’uomo. “Sì.” Disse semplicemente con un tono di voce che, forse involontariamente.. o forse no, suonò davvero morbido e sensuale.

Lui le sorrise e fece arrotolare quel piccolo ricciolo fino a che non incontrò il collo della ragazza. La ciocca cessò di essere importante e la sua mano circondò questa volta il collo della donna,  provocandole forse senza saperlo una piccola serie di brividi lungo la schiena. Evelyne chiuse leggermente gli occhi e fece un piccolo respiro irregolare mentre si avvicinava chimicamente a lui che la spingeva dolcemente verso di sé facendo di leva sulla morbida pelle del suo collo.

“Sono contento..- Le labbra di Jack erano lì ad un passo dalle sue .. – signorina Smith.. voi vi ricordate sempre, vero, che voi ed io abbiamo ancora un argomentuccio in sospeso..”

Lei sorrise, lasciandosi stringere dal suo bel capitano. “Si mi sembra di sì, qualcosa del genere, credo..”

Jack le sfiorò delicatamente la bocca con la propria lasciando che quel momento passasse lentamente come era giusto che fosse perché quello sarebbe stato il loro  PRIMO VERO bacio…

Sì, ok, fino a quel momento avevano condiviso ben altro ma era come se tutto ciò non fosse mai accaduto; entrambi sapevano benissimo che la notte che avevano trascorso insieme era stata il frutto di un’attrazione, un’attrazione  che avevano sentito fortissima dal primo sguardo che si erano rivolti.

Invece adesso era diverso.

Adesso era emozione, sentimento. Evelyne sentiva il cuore esploderle nel petto, lì, ad un passo da lui e Jack aveva forse per la prima volta in vita sua, le mani sudate a contatto con una donna. Era qualcosa che era maturato piano piano, certo magari non ancora del tutto definito però… 

Evelyne decise di non indugiare più e fece questo benedetto passo verso di lui ma prima che le labbra del pirata sfiorassero di nuovo le sue un grosso colpo sulla porta fece sobbalzare entrambi.

“JACK!”

Gibbs, di nuovo.

Dannazione!

I due si fissarono un istante, increduli, poi Evelyne scoppiò a ridere mentre Sparrow con uno sguardo decisamente innervosito borbottava. “Credo che oggi Gibbs esplorerà tutti i vari significati di: pulire la nave da cima a fondo..”

Lei sorrise di nuovo anche se  non poté nascondere la delusione che lampeggiava bene nei suoi occhi turchesi. “Il discorso è solo interrotto tesoro..” sussurrò quindi Jack andando ad aprire la porta.

“Ci conto.” La voce morbida di lei lo fece fermare.

Jack si voltò verso la ragazza ma un nuovo. “JACK!” lo fece sobbalzare ancora e la bella aristocratica scoppiò a ridere per l’ennesima volta.

Innervosito, i pirata spalancò la porta proprio mentre Gibbs stava per professare un nuovo “JACK!” che però non uscì più e l’uomo rimase a bocca aperta senza alcun suono. “Oh.- disse in seguito.- buongiorno capitano.”

“Spero che tu abbia un motivo più che convincente per avermi interrotto, amico.”

“Siamo a terra, signore.”

Evelyne sentì i due allontanarsi e con un sorriso pensò che avrebbe dovuto muoversi anche lei altrimenti l’avrebbero lasciata sulla Perla. si stava sistemando con i vecchi abiti da pirata quando i suoi occhi videro uno strano oggetto appoggiato al cuscino, proprio accanto al suo viso, dove aveva risposato Jack Sparrow.

Incuriosita lo prese tra le dita e l’osservò, estasiata.

Un corallo.

Era un piccolo rametto di corallo rosso, bellissimo e grande quasi quanto il palmo della sua mano.. era un regalo..?  un regalo da parte di Jack?

Il suo bel volto s’inclinò in un sorriso riflettendo sul fatto che Jack non aveva voluto affrontare l’argomento quella mattina, né aveva lasciato che lei lo ringraziasse probabilmente perché non voleva che si sentisse in imbarazzo.

Incredula, osservò il piccolo gioiello pensando che Jack la conosceva davvero bene.

Che buffo. L’uomo che si professava essere suo padre non sapeva far altro se non testimoniare contro di lei davanti a giudici e a corti supreme, senza tentare nemmeno di capirla mentre Jack Sparrow, un temibile pirata che la conosceva da appena una settimana, aveva capito il suo carattere difficile nel giro di pochi giorni. 

Jack aveva compreso che non doveva essere stato facile per lei mostrarsi davanti a lui così debole e spaventata e non voleva che si sentisse in imbarazzo andando a rinvangare quegli episodi notturni.  Voleva evitare di ferirla laddove anche uno sguardo sarebbe bastato a farla sentire a disagio.

Evelyne sorrise di nuovo stringendo il piccolo gioiello a sé come qualcosa di prezioso, non solo per la rarità del corallo in sé, ma anche per la delicatezza e la comprensione che aveva dimostrato Jack nei suoi confronti.

“Scialuppa!- la voce di Gibbs la destò completamente dalle sue riflessioni.- fate calare la scialuppa!”  Finalmente si riscosse, mise a posto il corallo e si sbrigò quindi a vestirsi e sistemasi poi si fiondò fuori dalla sua cabina sperando che non fosse troppo tardi e che quei pirati non l’avessero già lasciata indietro.

 

-o-

 

Arrivò giusto in tempo. Era stata preparata una scialuppa che avrebbe raggiunto quella strana donna di cui parlava Jack e per essere al completo mancava un unico posto che avrebbe dovuto occupare, intuì, uno dei due pirati amiconi, dato che s’apprestavano a scendere per le corde.

Aiutata da Bill Evelyne scavalcò i due che le riservarono un’occhiataccia tutto fuorché amichevole e si calò nella seconda scialuppa accanto a Cotton.

“Andiamo!” ordinò Jack e s’apprestò subito a lanciarle un’occhiata compiaciuta. Si stava complimentando perché lei, in un modo o nell’altro, riusciva sempre a cavarsela o voleva scorgere nei suoi occhi il segno tangente che lei aveva scoperto il suo regalo?

Evelyne non seppe dirlo ma ricambiò lo sguardo, qualsiasi cosa volesse dire.

Quel piccolo giro d’occhiate non sfuggì affatto a Barbossa il quale sorrise tra sé come sorride un’abile stratega che finalmente ha trovato l’asso nella manica e il punto debole del suo nemico.

Intanto la piccola imbarcazione s’addentrava sempre di più nel fiume e gli occhi dei presenti si perdevano nell’osservare la fitta vegetazione che sembrava ricoprire ogni cosa e oscurava il sole sopra di loro, tanto che si era improvvisamente fatto tutto buio.

Specialmente gli occhi di lei s’inoltravano, curiosi, nei particolari di quel luogo che la affascinava e le incuteva allo stesso tempo un timore soffice e quasi impronunciabile. Il luogo era come pieno di fumo che si alzava dalla terra e dal fiume, come se fosse tantissima umidità che impregnava l’aria, tacita e silenziosa come del resto anche i suoi compagni di viaggio, tesi e concentrati verso l’orizzonte.

Istintivamente si avvicinò un po’ di più a Gibbs che sedeva alla sua sinistra e sussurrò al suo orecchio una domanda. “Perché siete tutti così tesi?- chiese- è tanto terribile questa Tia Dalma?”

Vide l’uomo sorridere misteriosamente rivolgendosi a lei “Tia Dalma preoccupa, sì. È molto potente.”

Lei incurvò le sopracciglia. “Che genere di potere?”

“Nessuno sa quale sia l’origine dei suoi poteri, tutti eccetto i pirati che un tempo… ah ma questa è un’altra storia. Il punto è che Tia Dalma può essere un’alleata pericolosa.” Calcò la voce sull’ultima parola con il preciso intento- raggiunto per altro.- di incuriosire la sua ascoltatrice.

“Perché pericolosa?”

Gibbs sorrise. “è una donna sottile e subdola a suo modo. Un tempo lei e Jack erano amiconi, grandi alleati.. finché..”

“Finché?” insistette lei mentre nei suoi occhi lampeggiava a lettere cubitali. *Female curiosity*

Lui assunse un’aria piuttosto maliziosa. “Tutto era filato liscio come l’olio finché un giorno lei chiese un pagamento davvero inaspettato.- Gibbs rise mentre si passava una mano sulla fronte per asciugarsi delle piccole gocce di sudore.- La mappa del tesoro di Navarro in cambio di una notte trascorsa con Jack Sparrow”

Evelyne sentì un cazzotto proprio sulla bocca dello stomaco. COSA? Il pirata lesse bene lo sconvolgimento sul volto di lei ma lasciò correre e lasciò che fosse proprio lei a parlare. “E lui..”

“Per quanto Jack sia sempre stato un tipo di bocca buona, poco incline a rifiutare le avances di una donna, in quella circostanza ricordo che fu parecchio esitante.- sospirò, ridendo.- Tuttavia alla fine accettò la proposta, “sacrificandosi” per il bene comune di tutta la ciurma.”

Lei sbuffò, contrariata. Oh insomma, Evelyne, credevi forse che Jack non avesse mai avuto un’altra donna? Eccome se ne ha avute.. però.. questi racconti a loro modo fanno sempre male. “E come mai .- riprese.- quest’episodio compromise la loro alleanza?”

“Tia Dalma gli propose di rimanere lì con lei, nella sua vecchia capanna sul fiume. Naturalmente Jack rifiutò .. che cosa c’è di peggio per un pirata che rimanere a terra? Questo la fece infuriare e per tre giorni ci rilegò tutti lì dentro, senza farci uscire.- Evelyne pendeva letteralmente dalle sue labbra.- poi improvvisamente cambiò idea. E cordialmente ci salutò.”

“Cordialmente?” ripeté lei, incredula.

“Quella cordialità puzzava di falsità come il mio alito di rum, signorina.- rispose Gibbs.- .. come se quella megera sapesse già che a distanza di un solo anno Jack avrebbe avuto di nuovo bisogno di lei.”

la ragazza annuì, pensierosa. “Pensi che rifiuterà il pagamento di Jack?”

“Penso che dopo la loro rottura non è più stato facile trovare un pagamento equo. E Jack lo sa.” Gli occhi di entrambi si fissarono sulla figura del capitano che a prua della piccola barca osservava serio il tragitto e le acque del fiume. 

Pochissimo dopo arrivarono finalmente nei pressi di una vecchia capanna di legno, quasi una palafitta perché si ergeva direttamente sull’acqua. Attraccarono e a turno scesero dalla nave, aggrappandosi alla scala di legno che finiva direttamente nell’acqua.

Jack si voltò verso Barbossa. “Guarda la barca.” E il primo ufficiale di seguito, voltandosi verso Gibbs “Guarda la barca.” Evelyne vide quel passaparola giungere fino a  lei e per evitare di esser rilegata lì in quel pezzo di legno ammuffito si voltò di scatto verso Cotton. “Guarda la barca!” disse sorridendo.

E il pappagallo di quest’ultimo gracchiò forte. “Guarda la barca!” volando via e lasciando il suo padrone solo e sconsolato sulla suddetta imbarcazione. Salirono le scale e ma prima di entrare Jack si voltò verso di loro.

“State tranquilli andrà tutto per il meglio. Lasciate parlare me e cercate di non fare… cose stupide…” detto questo varcò la soglia dell’abitazione della maga con un sorriso di circostanza da dieci e lode.

“Jack Sparrow..” sussurrò una strana creatura, piegata su un tavolino in cui stava lavorando a chissà quale intruglio. Era una donna di colore, non molto alta, vestita con abiti strani, una voce vibrante e sensuale, a suo modo, lo sguardo cupo, quasi abissale che si stagliava su un paio di occhi neri e le labbra nere anch’esse protette da un potente trucco scuro. “Ero sicura che il vento ti avrebbe portato da me un giorno o l’altro..”

La donna in questione si alzò si avvicinò a Jack ridendo sensualmente e mostrando una dentatura anch’essa molto scura. “Hai trovato l’anagramma quindi..” disse ad un passo dal viso del capitano. Questo deglutì leggermente voltandosi istintivamente verso la ciurma. “Esattamente. Ed immagino anche che tu sappia perché io sono qui.”

“Ovviamente.” Rispose lei facendo passare un dito sul volto di Jack.  Questo gesto non passò affatto inosservato ad Evelyne seppure fino a quel momento non avesse fatto altro che guardarsi intorno ed osservare il posto più strano che avesse mai visto.

Ma che diavolo faceva quella.. quella specie di donna????

“Non fateci caso, Miss.”  Evidentemente la sua gelosia non era stata affatto inosservata. La provocante voce di Barbossa la raggiunse all’orecchio sinistro. Lei arrossì e voltò il viso dalla parte opposta mentre lui continuava, dicendo. “Tia Dalma e Jack sono.. buoni amici.. da molti anni ormai..”

Lei deglutì a fatica. Oh insomma Evelyne.. dov’è il tuo ferreo autocontrollo?? Jack non è mica il tuo uomo! Anche se vorresti che lo sia.. 

Fredda..

Lucida..

Stringeva forte i vestiti da pirata sotto le dita e si mordeva le labbra mentre quella megera travestita da donna continuava sensualmente a parlare a Jack come in privato farebbe l’amante al suo uomo. Si avvicinò sul lato destro del pirata, sperando che la sua vicinanza avrebbe indotto Tia Dalma a darsi una controllatine. Jack si voltò verso di lei, un po’ in difficoltà. “Ti prego..- le sussurrò.- ti prego non fare cose stupide..”

E lei, elegante, superiore, impassibile.

Impassibile???

Ma se nemmeno la sua vicinanza bastava a distogliere quella specie di polipo fatto donna!!

Non potendo sopportare oltre e né soffocare il suo orgoglio aristocratico alzò improvvisamente la voce per sottolineare la sua presenza. “Siamo qui.- intervenne separando la donna da Jack.- perché ci occorre una certa bussola che a quanto pare voi siete in grado di fornirci.”

Il capitano si voltò verso di lei e sussurrò, scocciato “Tipo questo.”

La voce di Evelyne fece voltare la maga verso la ragazza, distogliendo la sua attenzione dal capitano della Perla.

Era stata un’intromissione arrogante, furiosa e così intrisa di gelosia che anche il pappagallo di Cotton fece quasi un risolino di scherno. Gli occhi neri di Tia Dalma osservarono la nuova arrivata e tutti trattennero il respiro temendo quasi il peggio, finché la maga non sorrise alla ragazza.

“Mi piaci..- disse la donna facendo piccoli passi verso la giovane che in risposta retrocedette lentamente.- mi piace la tua rabbia, il tuo orgoglio e la tua passione..” la donna inarcò la testa, quasi intenerita. “e mi piacciono le tue tenebre, Evelyne Smith”

Lei, incredula, si voltò verso Jack, completamente spaesata. “Conosci il mio nome?”

Jack bussò alla spalla della maga, distogliendola da Evelyne. “Ci sarebbe poi quella questioncina della bussola.” Tia Dalma cambiò subito aspetto, il suo sorriso si spense e lasciò da parte il suo discorso con la ragazza poi, dando loro le spalle, avanzò fino ad arrivare al suo tavolo e loro la seguirono a ruota, mentre lei parlava dicendo: “La bussola.. – si girò di scatto.- ma tu sai che io esigo un pagamento.”

Jack alzò entrambi gli indici in aria. “Che te ne pare?” estrasse da una sacca marrone un vaso con interrata una pianta. Tutti raggelarono e Tia Dalma gli rivolse uno sguardo interrogativo. “Una pianta?”

“Speciale.” Continuò Jack avvicinando il dito al fiore rosso della piantina; questo non appena sentì l’odore della carne umana vicino si sporse con uno scatto verso la mano del pirata e l’avrebbe di certo azzannata se Jack non l’avesse ritirata con pari velocità. “Graziosa, eh?”

Tia Dalma l’osservò poi rise, inclinando la testa di lato. I presenti si scambiarono uno sguardo incerto poi iniziarono a ridere anche loro, sollevati.

Finché Tia Dalma, di botto, non smise di ridere.

Rabbrividendo smisero tutti.

“E tu credi.- iniziò, arrabbiata.- che una bussola del genere valga una comunissima pianta carnivora?” Jack perse il sorriso; stava per borbottare qualcosa quando Barbossa in persona si fece avanti. Con uno scatto prese la vita di Evelyne trascinandola in avanti e puntandole una pistola alla tempia.

“E un bel sacrificio umano potrebbe andare?” propose. “hai appena detto che il temperamento della ragazza ti piace, che ne diresti se ti donassimo direttamente la sua anima?”

“Ehi .. no...” Evelyne cercò subito di dimenarsi da quello scherzo di cattivo gusto sotto lo sguardo interessato della maga. Capendo che l’aria cominciava a farsi pesante si mise in mezzo Jack prendendo la ragazza tra le sue braccia e sottraendola dalle grinfie di Barbossa, dicendo.

“Mi dispiace ma la ragazza non è sacrificabile..- sentì Evelyne sospirare di sollievo, tra le sue braccia.- ma ho avuto una grande idea: dimmi quello che vuoi. Ci impegneremo a soddisfare ogni tua possibile richiesta. Non umana.- sorrise, incerto.- Per favore.”

La maga sorrise e si sedette, soddisfatta. “Se insisti.” Iniziò mentre Barbossa roteava gli occhi vedendo sfumare così l’occasione di liberarsi di quella fastidiosissima pulce inglese.

“C’è qualcosa che voglio, qualcosa che renderebbe il tuo un pagamento equo. Un baratto che ti garantirebbe  la bussola.- tutti ascoltavano attenti.- è il diamante di Idra.”

“Il diamante di Idra?” ripeté Jack sedendosi accanto alla donna.

“Il diamante della felicità.- gli occhi neri della donna si fissarono su Evelyne.-  ha poteri straordinari per chi lo possiede. Può far scomparire ogni dolore, ogni ricordo, ogni tormentoso rimorso..”

La ragazza deglutì, a fatica, sentendo il quel momento il suo magone farsi vivo all’altezza dello stomaco.

“E come lo troviamo?” domandò Barbossa appoggiando i palmi della mano sul tavolo.

“Proseguendo il fiume troverete una grande grotta. Lì è custodito il diamante che voglio”

“Che stiamo aspettando allora?- esclamò Jack.- orsù gente alla barca.” Tutti s’avviarono all’uscita. “Fermi” la voce bassa di Tia Dalma li gelò all’uscita.

“Oh mannaggia.” Borbottò Jack stringendo i lati della bocca.

“Andrai solo con due dei tuoi uomini.- ordinò la donna.- gli altri resteranno con me, a garanzia.” Lui si girò verso la donna cercando di replicare ma lei fu più veloce. “Portati la ragazza.- continuò.-  ti sarà utile.”

“E Barbossa.”

Lei roteò gli occhi, contrariata… “E Barbossa.” Acconsentì.

“Hai tempo fino al tramonto.- precisò la donna, prima di lasciarlo andare.- un minuto più tardi e potrai dire addio alla bussola. Chiaro?”

“Qui non si scappa alla chiarezza.” Mormorò Jack con un sorriso tirato. E detto ciò  corse fuori dall’abitazione seguito a ruota da Evelyne e da Barbossa.

 

-o-

 

“Magnifico.” Borbottò Evelyne mentre remava pesantemente in quel fiume pieno di fango e melma. Soffiava di fatica mentre compiva quel dovere con uno sforzo evidente ma totalmente indifferente agli altri due. “Non.. potevi.- riprese la donna.- non potevi prendere qualcosa di più importante per Tia Dalma, no? Guarda in che casino ci hai messo..”

Le sue proteste caddero nel vuoto.

“Fate andare le braccia, Miss.- la rimproverò Barbossa mentre con Jack osservava una loro strana mappa che illustrava il territorio circostante.- piuttosto che esercitare la lingua.”

Lei smise di remare. “Ma per chi mi avete preso??- urlò- io…- Barbossa roteò gli occhi prese la pistola e gliela puntò alla fronte. –… remo.” Concluse lanciando uno sguardo di fuoco a Jack che in risposta fiondò di nuovo i suoi occhi sulla cartina geografica, concentrato.

Per fortuna di Evelyne e di tutti quanti (ancora due bracciate e avrebbe dato in escandescenza e non ci sarebbero state pistole a frenare la sua furia) il fiume si concluse lì a breve confluendo in un piccolo laghetto melmoso.

La vegetazione si faceva sempre più fitta, più ombrosa, più buia ma trovarono comunque un paletto di legno a cui legare la barca.

Non erano nemmeno scesi quando sentirono un forte gracchiare che fece loro raggelare il sangue.

“Tia Dalma non li ha menzionati ma ci sono- Sorrise Jack alzando lo sguardo verso le altissime cime degli alberi.- tenete gli occhi aperti.”

Evelyne si avvicinò a lui osservando nella sua stessa direzione. “Che cosa sono?”

Lui l’osservò contemplando i suoi occhi lucidi d’emozione. “I guardiani. Il diamante non è incustodito” prese un pugnale che teneva nascosto nella fibbia del gilet

“ Potrà servirti.” Jack s’incamminò davanti e lei lo seguì mentre la fila era chiusa da Barbossa.

Non avevano fatto che pochi passi quando la voce del primo ufficiale le giunse alle orecchie. “Spero che sappiate usarlo, Miss.- sentiva bene lo scherno nella sua voce.- non vorrei che incidentalmente potreste rimanere uccisa.”

Nonostante un brivido le corresse lungo la schiena, Evelyne si voltò fermandosi per un attimo. “Lo terrò a mente. Vi consiglio di fare altrettanto.- sorrise diabolicamente.- queste missioni sono molto pericolose.”

Barbossa contraccambiò il sorriso con un ghigno di sfida.

Ma con chi credeva d’aver a che fare, quel subdolo pirata?? Ormai aveva capito che intenzioni aveva Barbossa nei suoi confronti e poteva star certo che non si sarebbe lasciata uccidere tanto facilmente. Né per sé, né per Jack. Almeno, non prima d’avergli confidato le vere intenzioni del suo primo ufficiale.

Camminarono ancora poi Jack si fermò improvvisamente facendo quasi tamponare gli altri due. Il capitano si voltò verso Evelyne. “Questa quercia mi sembra di averla già vista.” Lei alzò le spalle.. non era affatto abituata a tali escursioni e se fosse stata sola si sarebbe persa subito.

Ma non volle darlo a vedere e borbottò un “Fantastico” strafottente.

“Che ne dite, capitano.- propose Barbossa con un filo d’ironia.- se seguiamo la bussola? basta andare a nord. O non ci avete pensato?”

“Ci ho pensato.- rispose Jack, piccato. Tirò fuori il suo piccolo aggeggio mostrandolo all’altro pirata.- siamo isolati.” Con immenso stupore Evelyne vide che l’ago della bussola di Jack andava in ogni direzione girando di continuo, come impazzito. “Oh mio Dio.”

“Beh e adesso che intendete fare, Capitano?” continuò Barbossa incrociando le braccia.

“Sto riflettendo.” Rispose l’altro.

“Vi consiglio di riflettere in fretta. Altrimenti si farà notte ancora prima che..”

“Si ma se continui a parlare non mi faciliti la riflessione, comprendi?”

Evelyne si allontanò di qualche passo, tanto per non sentirli litigare. Si abbassò sulle ginocchia, sospirando e cercando di riposare un po’. Alzò gli occhi, stanca, e fu in quell’istante che sentì su di sé l’inquietante sensazione di sentirsi osservata. Strinse forte gli occhi e attraverso il cespuglio ebbe quasi l’impressione che quelle due cose nere che vedeva non fossero due bacche come le altre.

Deglutì. “Jack.” Sussurrò.

“Vi vedo nervoso, non starete già perdendo le staffe, spero!- Barbossa intanto era più carico di prima.-  Un capitano deve essere in grado di affrontare qualsiasi tipo di difficoltà e situazione!”

“Ehi io sono in grado!”

“Ebbene, dimostratelo!- continuò.- toglieteci da questa situazione nella quale per altro ci avete messo voi stesso !”

Evelyne cominciò a retrocedere e quelle due strane pupille ad avanzare minacciosamente verso di lei. “Jack..” continuò a chiamarlo, alzandosi in piedi senza distogliere lo sguardo da quello strano essere. Non appena si fu alzata in piedi anche l’altro fece lo stesso e si rivelò per quello che era ovvero una specie di Indios della zona armato fino ai denti e mezzo nudo.

“JACK!” urlò questa volta con tutto il fiato che aveva.

Barbossa e il capitano si voltarono in contemporanea. “Che c’è?”  gli occhi neri di Sparrow osservarono l’intruso, quindi Evelyne.

“Tu devi proprio stare sempre al centro dell’attenzione, eh?” mugugnò divertito Jack, con un mezzo sorriso.

La ragazza fece un balzo all’indietro andando ad incastrarsi tra Jack e Barbossa.

L’Indios sguainò la spada, urlando e lo stesso fece Barbossa. Peccato che poi quel gesto fu ripetuto da altre decine di persone. Davanti a loro si rivelarono in pochi secondi  quasi una ventina di Indios.

“Ma se ti sentivi sola potevi anche dirlo.” Continuò Jack con il volto fattosi improvvisamente serio.

“E adesso cosa si fa?” chiese lei, spaventata.

“Quello che fa sempre un pirata, dolcezza.”

“Combatte?”

“Scappa!” urlò Jack rinfoderando la spada e correndo via, aprendosi un varco tra la vegetazione. “Aaahr, ben detto!” gli urlò dietro Barbossa scattando come lui. Evelyne rimase per un istante immobile poi reagì anche lei, correndo via tra la vegetazione, inseguita a ruota da decine di uomini nudi.

Corsero come dannati attraverso alberi, cespugli, sterpi d’ogni tipo finché Jack, in testa, non esclamò vedendo un improvviso ostacolo davanti a sé. “Destra!” Barbossa vide bene l’ostacolo ma decise che non avrebbe affatto avvisato Evelyne. Rise e lo scavalcò senza problemi.

Evelyne no.

La ragazza vi corse sopra e l’energia che mise nella corsa la portò a rovinarvi dentro senza speranza.

Sabbie mobili.

Se ne accorse non appena sentì il destro e poi il sinistro affondare nel fango senza uscita. Immediatamente fu immersa fino alla cintola, senza neanche che se ne accorgesse. In compenso gli Indios la evitarono.

“Jack!” urlò Evelyne guardandosi intorno, ancora un po’ incredula. “Jack!!” continuò grattandosi leggermente la guancia. “Sono nei guaiiii!” Tze macché. Chissà dove diavolo era arrivato quello nel frattempo.  Cercò qualche appiglio per aggrapparsi ma non ve ne erano.. sentì il terrore iniziare a passarle nelle vene e la sua agitazione si percepì benissimo perché cominciò ad affondare con più velocità. Ricordava bene gli insegnamenti di suo padre e quel giorno quando uno dei soldati era finito nelle sabbie mobili. Il trucco era rimanere calmi e fermi.

Bene, lei in quel frangente era tutto tranne che calma e ferma.

“Milady.” La voce di Barbossa la fece raggelare invece che tranquillizzarla. Alzò lo sguardo e lo vide alto, sopra di lei. “Barbossa.- sorrise.- siete tornato indietro.. mi avete sentito?”

Lui inclinò la testa di lato, ridendo. “In un certo senso sì. – con sua incredulità l’uomo appoggiò lo stivale sulla sua spalla.- vi vedo un po’ .. diciamo a terra..” e ridendo  iniziò a spingerla verso il basso. 

“No..” sussurrò lei, con gli occhi sbarrati. “no, fermo che fate..”

“Mi rincresce Milady ma devo uccidervi.. voi rischiate di mandare a monte un piano che studiamo da mesi..”

“Siete un traditore!” urlicchiò lei sentendo la sabbia sotto il collo ormai e le braccia imprigionate in quell’infernale fanghiglia. “ Maledetto ammutinato…” Barbossa s’apprestò a darle il colpo di grazia ma un Indios che l’aveva seguito sin lì fece per attaccarlo con una spada e lui per rispondere dovette desistere dal suo intento d’ammazzare la giovane.   

La colluttazione durò poco, Barbossa sconfisse facilmente l’aggressore spingendolo con Evelyne nella pozza della morte, quindi s’allontanò ridendo. “Adios, Miss!”

La ragazza osservò il suo nuovo compagno di morte e fece un piccolo sorriso al suo indirizzo, senza sapere in realtà che cosa dire. Lui però, molto più agile di lei, s’apprestò subito ad uscirne e si tirò fuori con due o tre mosse. “Ehi” lo richiamò lei. “Aiutami!” L’uomo ovviamente non poteva capirla, anche se certi messaggi superano la barriera linguistica.

Dopo un’oretta di urli nelle due rispettive lingue l’Indios si decise a tirarla fuori e la povera Evelyne toccò finalmente terra, fradicia di sabbia e di terrore. “Oh Dio, grazie..” si alzò in piedi, tremando un po’ e l’uomo le porse la mano con il palmo voltato verso l’alto.

“Un attimo, un attimo” mugugnò lei vuotando le tasche e donando all’uomo tutto ciò che possedeva. Mentre l’uomo- tutto contento- se ne andava Evelyne inciampò sul  fucile che Barbossa aveva perso nella colluttazione e lo raccolse. “Ecco, questo lo prendo io..” lo mise in spalla e riprese a correre, senza sapere bene in realtà se si stava dirigendo verso il punto giusto..

Socchiuse gli occhi e corse forte, tanto, finché non sentì qualcuno prenderla per un braccio e trascinarla a lato. “No...” Ma una mano passatale amabilmente sopra la bocca la costrinse a tacere. Lei non si mosse più riconoscendo quella stretta familiare. Si voltò verso il suo aggressore e si ritrovò a qualche centimetro dal volto di Jack. Non poté fare a meno di sorridere, incantata.

Lui osservò i suoi abiti infangati. “Nuotatina nel lago?”

Lei stava per replicare quando scorse, subito dietro Jack, Barbossa. Gli lanciò uno sguardo a dir poco inviperito ma le circostanze l’obbligarono a fare silenzio.

“Siamo arrivati alla grotta.- Jack le indicò con il capo l’entrata buia ed oscura alla grotta.- con il nostro diamantino sbrilluccicoso.”

“Nostro.- borbottò Evelyne inginocchiata vicino a Jack.- è di quella megera di una strega.”

Jack sorrise incontrando il suo sguardo accigliato. “Quando intendevo non fare cose stupide, intendevo proprio di non fare stupide cose.”

Lei arrossì e distolse lo sguardo.

“Anche se il mio grande intuito sulla natura femminile mi dice che sei stata presa da un ferocissimo attacco di gelosia.”

“Ma no, quale gelosia…- abbozzò lei.- solo  che.. stavamo perdendo un sacco di tempo…- lui continuava a sorriderle, per nulla convinto e lei parallelamente, s’innervosiva.- come adesso per esempio. Che cosa stiamo aspettando?”

Jack inarcò un sopracciglio. “Frettolosa di vedere il diamante o di troncare la conversazione?”

Evelyne arrossì ancora. “Il diamante, ovviamente.- disse quindi.- sono o non sono una viziata ragazza aristocratica?” lui rise e s’alzò dal suo nascondiglio, quatto quatto, imitato sia  da Evelyne che da Barbossa.

“Miss restate qui, voi.-  disse quest’ultimo.- ci guarderete le spalle.”

Lei fece per protestare ma Jack fu più pronto di lei. “Lei viene con noi.- disse.- Tia Dalma ha detto che ci risulterà utile, ricordi?” e dettò ciò avanzò in avanti dopo aver lanciato un piccolo sguardo d’intesa alla giovane che, di tutta risposta, gli tenne subito dietro.

Evelyne aveva una paura matta…  non si era mai spinta in un’avventura tanto pericolosa.. nella sua vita infiocchettata il massimo pericolo fino ai 18 anni era stato quello di rompersi un’unghia. Poi l’incantesimo era finito e con esso l’incanto della vita sempre tranquilla e serena che sognava da bambina.

E adesso, di nuovo il pericolo.

Ma questa volta non lo affrontava da sola.

In qualche modo c’era anche Jack Sparrow con lei.

E si sentiva molto meglio.

 

 

 

 

 

 

 

 

To be continued..

Diomache.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** My Past ***


Ciao a tutti

[ Ciao a tutti eccomi tornata! Vi avevo promesso delle modifiche a questo settimo capitolo in merito alla morte di Charles che ricordava molto uno sceneggiato della Tv. Vi giuro che c’ho lavorato molto e questo spiega la mia lunga assenza ma non sono riuscita a trovare una soluzione che non mi permettesse di sconvolgere tutto quanto, mi dispiace.

La verità è che avevo immaginato quella scena – o qualcosa di simile.- sin dall’inizio della mia storia e cambiarla è risultato impossibile.

Le vostre recensioni mi hanno però convinto – e qui è stato semplicissimo.- a modificare il finale dove descrivevo il Jack commosso. Rimuginandoci su ho pensato che forse era poco appropriato e così ho apportato delle modifiche.

Se vi va fatemi sapere che questa conclusione è più idonea al personaggio.

Sto lavorando al prossimo capitolo e vi giuro che non si farà attendere ancora per molto!

Grazie a tutti per le vostre recensioni, vi ringrazierò personalmente nel prossimo aggiornamento!

Un bacio!

Diomache.]

 

 

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti… eccomi qui con il settimo capitolo della storia. Mi spiace per il ritardo ma questo è un capitolo importante e ci tenevo a scriverlo bene.. spero d’ave fatto un buon lavoro naturalmente il giudizio finale sta a voi!

Grazie mille a tutti coloro che hanno letto la storia e in particolare a chi ha recensito:

 

Gaki: grazie mille dei complimenti sono contenta che la storia ti sia piaciuta! È vero a Jack &CO ne capitano sempre di tutti i colori… ma io ho un cuore tenero.. com’è gliela faccio sempre scampare!!!^^ ciao alla prossima!

 

Sisya:ciao! Grazie per i complimenti, sempre troppo buona! Io adoro Barbossa tuttavia questa volta non ho potuto proprio fare a meno di fargli fare la parte del cattivane.. spero non si arrabbi troppo ;) grazie di nuovo spero che il capitolo ti piaccia!

 

Johnny Jack: grazie! La mia storia in libreria?! Mio Dio, non credo di meritare tanto!J grazie davvero a presto!

 

Blak_Kisses: come sempre sei troppo gentile!! no non ti preoccupare i complimenti non stancano mai, anzi!^^ solo spero di meritarli! Sono straultrafelice che la storia ti piaccia e spero che questo capitolo non faccia eccezione.. grazie davvero.. ti auguro buone vacanze e spero che quando tornerai mi lascerai un commentino! Alla prossima!

 

DJKela: ciao Capitana! Te l’ho detto che le tue recensioni mi fanno morir dal ridere?! Sei mitica.. grazie per i complimenti, me contenta che il cap ti sia piaciuto.. finalmente in questo troveremo le risposte riguardo Evelyne e riguardo il nostro Charles che finalmente troverà una sua ragione d’esistere! Spero che ti piaccia!^^

 

MellyVegeta: grazie! Si Evelyne ormai è proprio persa di Jack e ne avremo le prove anche qui quando per lui romperà il suo giuramento.. spero che il chap ti piaccia a presto!^^

 

Christy: ciao! E io non finirò mai di ringraziarti Christy!  Sei troppo gentile, spero che la storia continui a piacerti!

 

Kadma32: ciao! Grazie sono contenta che Evelyne ti piaccia, io sono sempre stata un po’ titubante nei suoi confronti perché trovare una donna a Jack- nel senso una donna che Jack possa amare.- non è affatto facile.. ma alla fine mi ci sono affezionata anch’io, pensa un po’! ciao alla prossima!

 

Laura Sparrow: Innanzitutto Laura grazie davvero per la recensione e per i tuoi apprezzamenti riguardo la storia; mi hanno fatto molto piacere. Passando alla parte destruens (è una battuta^^): ti ringrazio di avermi fatto quelle annotazioni, riguardo alla grammatica posso dire solo che mi dispiace, io leggo sempre due volte i capitoli (a lavoro concluso intendo) prima di pubblicarli però qualcosa tanto sfugge sempre^^.

Per quanto riguardano le vele tigrate, si lo so che è una sciocchezza, anch’io quando l’ho scritto mi sono messa a ridere. Pensavo di cambiarlo invece poi mi sono detta lasciamolo, la gente si farà una risata con me! Parlando dell’avvicinamento tra Evelyne e Jack invece (ammetto che l’espediente era scontato, ma ero al primo capitolo ancora non sapevo bene come dirigere la storia) io ho voluto che tra i due s’insinuasse subito –o quasi- un rapporto di tipo fisico. Jack è abituato a trattare fisicamente con una donna ed Evelyne in quel frangente non si sarebbe tirata indietro. Il problema per entrambi sarebbe stato il dopo infatti scrivendo i capitoli seguenti ho voluto che entrambi sentissero confusione, percepissero (soprattutto Jack) che quella non era stata solo un’avventura ma che piano piano c’era di più.

Non si è parlato mai d’amore, perlomeno non apertamente. Non so se magari scrivendo non sono riuscita a renderlo a pieno, però il mio intento principale era quello.

Evelyne Mary Sue: rileggendo i capitoli mi sono accorta che hai ragione. Forse descrivendola l’ho elogiata troppo nel senso che sul suo aspetto fisico ho calcato un po’ la mano.. in questo cap ho cercato di essere più avara di complimenti… Per il fatto poi che se la sa cavare un po’ troppo quello l’ho voluto inserire perché a seguito della vita che ha fatto, sempre dietro al padre in un ambiente totalmente maschile, immaginavo che un po’ di denti e unghie dovesse esserseli fatti. Ma se anche qui ho esagerato mi dispiace, cercherò di migliorarmi. Beh, spero di essere stata esauriente, ci tengo a dirti che sei stata davvero utile e spero che mi dirai le tue impressioni per questo capitolo! A presto!^^

 

Lily Sparrow: Ciao Lily grazie mille per i complimenti.. ma certo che voglio pareri sinceri, scherzi?! Ti rispondo subito: io l’ho fatto perché mi piaceva creare una specie di continuità tra il mio scritto e il film, come se fosse un prequel in piena regola (perdonami so che è banale..) non perché volevo copiare il film.. insomma mi sembrava di dare ai miei personaggi uno spessore più realistico rispetto quello che abbiamo visto al cinema.. ho pensato: l’ha detto con Will, perché non anche con Evelyne? Grazie mille per la tua annotazione, sei stata preziosa.. prometto di fare di tutto per migliorarmi! A presto!^^

 

Apple: amica mia, bentornata! Sono contenta che i capitoli ti siano piaciuti, sai quanto tengo al tuo parere! Spero che anche questo chap ti piaccia.. a presto!^^

 

 

Chantal: ciao Chantal! Ma no, non mi hai affatto offesa, anzi, mi ha fatto molto piacere sapere il tuo punto di vista a riguardo.. mi dispiace per le ripetizioni cercherò di correggermi e farò del mio meglio anche per non far sembrare Evelyne una super donna.. sì, in effetti il mio intento era di renderla forte per via del suo difficile passato però non volevo affatto esagerare e mi dispiace se ne sia uscito fuori un ritratto un po’ troppo irreale! Spero di essermi rifatta in questo capitolo, grazie di nuovo!^^

 

Pure plastic: ciao! Grazie per i complimenti spero che questo capitolo ti piaccia!^^

 

Isobel: ciao Isobel e grazie mille per i complimenti, fanno sempre così piacere! Naturalmente spero di meritarmeli anche per questo nuovo capitolo, fammi sapere!!^^

 

Eleuthera: ciao Ele, mi spiace per il ritardo.. ma alla fine eccoci qui. Grazie per i complimenti, davvero, non so come farei senza di voi! Spero di non deluderti e che la storia continui a piacerti io ci sto mettendo molto impegno, grazie ancora!

 

Luluzza: ciao!non preoccuparti se ti sei sbagliata a me pure capita un centinaio di volte!  ma no, voglio troppo bene ad Evelyne per farlsa finire male, tranquilla, e poi dopo Jack chi lo sente se gli faccio morire la compagna! Mi dispiace se i personaggi risultano frettolosi, io a volte ho paura di descriverli troppo! Grazie mille, spero che recensirai anche questo capitolo.. a presto!

 

 

Un bacio

 

Buona Lettura

 

Diomache.

 

 

 

 

 

 

Capitolo VII: My Past.

 

 

 

 

 

 

 

Era buia quella grotta, più oscura di quanto tutti e tre potessero solo immaginare e piena di fango. Più che fango avrebbero detto che si trattava di una sorta di fiume sotterraneo che passava all’interno di quella cavità rocciosa, un fiume melmoso che ritardava i loro movimenti, stancava le gambe di Evelyne ed innervosiva  non poco i due pirati che vedevano così ridotte le loro possibilità di reazione in caso di aggressione.

Jack apriva la fila ed avanzava con la spada sguainata e gli occhi stretti, intenti a catturare ogni minimo barlume di luce per poterlo utilizzare e rischiarare il buio di quel luogo. I suoi occhi trovavano difficoltà ad ambientarsi e malgrado non avesse per niente l’intenzione di dirlo,  guidava il piccolo gruppo completamente alla cieca.

Anche Evelyne, dietro di lui, avanzava in netta difficoltà. La verità era che non era affatto abituata a viaggi e a fatiche di quel genere ma era altrettanto vero che era troppo orgogliosa per ammettere di essere esausta e chiedere al gruppo un attimo di break. Così trascinava le gambe nel fango ormai giuntole all’altezza delle ginocchia e tratteneva il fiato così che nessuno a parte lei sentisse il suo respiro corto ed affaticato. Grazie a Dio era buio e non parlava nessuno, così non si sarebbero notate le sue guance rosse dallo sforzo, né la sua voce rotta.

Era talmente concentrata nella sua marcia forzata che quando Jack interruppe improvvisamente la camminata, gli andò sopra e ci mancò poco che non caddero entrambi.

L’avvenimento suscitò le reazioni di entrambi gli uomini: Barbossa alzò gli occhi al cielo, scocciato, Jack sorrise, maliziosamente.  “Tesoro.- mormorò .- non mi pare il momento!” la prese in giro, godendo nell’intravederla mentre girava lo sguardo da un’altra parte e si schiariva la voce, in imbarazzo. Certo che quando voleva, sapeva proprio essere adorabile.

“Deficiente.”

.. in effetti.. solo quando lo voleva sul serio..

“Beh, che cosa c’è?” domandò Barbossa, inquieto, puntando la spada su un punto imprecisato davanti a lui. “Perché ci siamo fermati?” ma la voce gli si fermò in gola quando vide che l’oscurità si stava finalmente facendo meno fitta ed incominciavano ad intravedere il fondo della caverna e le sue pareti rocciose.

“Allora.- iniziò Jack con un sorriso.- dato che siamo ad un tanto così dal raggiungimento del nostro diamantino, mi aspetto che ognuno di voi faccia il possibile affinché il suddetto raggiungimento risulti raggiungibile.- i suoi occhi cioccolato si puntarono specialmente su Evelyne.- comprendi?”

Lei provò a protestare ma lui le diede la sua spada. “Guardaci le spalle. Io e Barbossa andiamo avanti.”

“Io..- sospirò.- io non so maneggiare la spada.” Confessò la giovane con un’aria un po’ colpevole.

Barbossa sorrise, come se avesse ottenuto una sorta di rivincita e, rintraccialo lo sguardo di Jack sembrò dirgli. “ L’avevo detto io.”

Sparrow fece un sorriso un po’ tirato e si riprese la spada. “Il pugnale allora.- lei negò, di nuovo.- il fucile?”

Se era stata sincera e dispiaciuta fino a quel momento, qui arrivò invece il momento della menzogna. “Nemmeno. Mi spiace.”

Se l’avesse sentita suo padre sarebbe scoppiato a ridere.

Evelyne Smith che non sapeva sparare?

Sentirono improvvisamente un rumore strano, dal fondo della grotta, una sorta di rantolo, un ruggito cupo ed agghiacciante che gelò il sangue nelle vene anche ad un duro come Barbossa.  Fu proprio quest’ultimo ad intervenire, con un accento palesemente acido e sbrigativo.

“Bene, Miss, dato che non siete di utilità alcuna, aspettate buona qui- rise.- se ci siete ancora, al nostro ritorno vi unirete a noi.”

La ragazza sbiancò e cercò rifugio nello sguardo di Jack che borbottò. “Certo che ci sarà ancora.- si guardò intorno, come in cerca di qualcosa, poi finalmente trovò ciò che gli serviva in quella melma fangosa dove galleggiavano decine di oggetti- tieni. Colpisci forte.”

La giovane osservò il vecchio remo che il pirata gli aveva tirato tra le braccia. Quest’ultimo gli fece segno d’accovacciarsi ad un lato del fiume ed Evelyne obbedì, seppur incerta, e si inginocchiò a lato, dove, coperta dal fango e dall’oscurità, sarebbe stata più al sicuro.

Tuttavia, mentre i due pirati avanzavano, si sentì prendere dalla paura e tentò di chiamarlo. Ma lui non la sentì e non si voltò come invece lei avrebbe voluto, scomparendo  in pochissimo tempo dalla sua visuale.

 

 

-o-

 

 

Barbossa e Jack avanzavano da diversi minuti con la spada sguainata e i volti concentrati quando sentirono di nuovo quello strano rantolo, dal fondo della caverna. Si fermarono in contemporanea e incrociarono i loro sguardi, attoniti. Poi, simultaneamente , ripartirono con la destra e, parallelamente, continuarono la loro marcia verso l’ignoto e quel rantolo spaventoso che faceva rizzare la pelle d’oca ad entrambi. Piano piano la grotta diventava sempre più luminosa a causa della presenza di sporadiche torce che bruciavano ai lati rocciosi dell’ambiente e che rischiaravano ai due il cammino.

Giunsero in breve al capolinea.

La grotta finiva lì, con un’enorme parete di roccia bianca, liscia come marmo. “Ah eccolo qui..” mormorò Jack  con un tono divertito ed intenerito che s’utilizzerebbe più appropriatamente con un bambino, più che con un diamante.

E infatti il diamante di cui Tia Dalma gli aveva parlato era lì, davanti a loro, in una piccola bacheca di vetro incastonata nella roccia. “E allora che aspettiamo?” domandò arrogantemente l’altro. “prendete il diamante ed andiamocene, abbiamo perso fin troppo tempo.”

“Non mi sembra una grande idea, Barbossa.- protestò Jack lisciandosi i baffi.- prima quel ‘rumorino’ non l’ha certo fatto un gattino che dorme nel cesto di vimini.”

“Un motivo in più per prendere celermente il diamante e tagliare la corda, no?”

Poco convinto Jack mosse passi insicuri verso il diamante, tendendo l’orecchio alla ricerca di qualsiasi rumore sospetto.

Niente.

Tutto sembrava tacere e nella grande grotta non vi era altro rumore se non quello dei loro respiri e dei loro passi lenti, trascinati nel fango.

Giunse alla bacheca e vide finalmente da vicino il diamante di Tia Dalma. Era grande, tanto che un pugno lo avrebbe occupato a fatica e di un colore davvero abbagliante. Era protetto da una piccola bacheca di vetro ma incastonato nella roccia. Jack mise mano alla piccola bacheca, cercando di tirarla via. Ma i suoi primi sforzi furono vani, non sembrava affatto volersi muovere da lì. Sorrise  e con un sguardo determinato si mise a tirarla velocemente con scatti in successione, senza ottenere nient’altro se non gli sbuffi e gli sguardi ironici di Barbossa.

“E va bene.- borbottò quindi il capitano.- vuoi le maniere forti, eh?” estrasse la pistola e dopo essersi coperto il volto con un braccio sparò sul piccolo contenitore che andò in frantumi.

“Les voilà.” Disse poi contemplando quella meraviglia di diamante, incastrato nella roccia.

Ah, sarebbe stata una parola prenderlo, adesso.

Allungò la mano verso il diamante ma la fermò prima ancora di toccarlo, notando che intorno al gioiello c’erano delle crepe sulla roccia, come se la parete si fosse mossa.

Crepe che non c’erano prima.

“Che diavolo succede ora?” domandò prepotentemente l’altro incrociando le braccia.

“Il diamante si è mosso.” Rispose Jack, concentrato sul gioiello dalle sfumature azzurre.

“Oh e allora qual è il problema? Sarà più facile da togliere.”

Sparrow si voltò verso di lui, scettico. “Da che mondo è mondo, i diamanti non si muovono. Non è normale.”

Barbossa sospirò, mani ai fianchi. “Da che mondo è mondo, tutto ciò che riguarda Tia Dalma, non è mai stato normale.”

Anche questo è vero, pensò Jack ritornando a fissare il diamante, avanzato notevolmente verso l’alto, lasciando una profonda spaccatura nella roccia. Si voltò di nuovo verso Barbossa. “Visto?”

Quest’ultimò roteò gli occhi. “Vogliamo prenderlo prima che continui la sua passeggiata verso il soffitto??”

Jack, per nulla convito ma costretto dalle circostanze, allungò la mano per prenderlo. Ma non appena le sue dita incontrarono la superficie dura e liscia del diamante accadde l’impensabile.

Lì, proprio sotto al gioiello la pietra si spaccò e dal muro fecero capolino due occhi grandi e violacei puntati dritti dritti sull’uomo che aveva osato commettere il sacrilegio.

“Oh mannaggia.” Mormorò l’uomo mentre la parete piano piano si sgretolava ed emergevano, sotto gli occhi attoniti di entrambi le fattezze di un’enorme Idra a nove teste  che ruggiva nello stesso terrificante modo che avevano già avuto occasione di ascoltare, arrivando.

I due si gettarono a terra per ripararsi dalle pietre e solo quando sentirono il mostro ruggire di nuovo ebbero il coraggio di alzare lo sguardo, per osservarlo di nuovo.

“Lo sapevo.- mormorò Jack.- lo sapevo che non era un gattino.”

“Odio la mitologia.” Ghignò Hector Barbossa mentre i suoi occhi incontravano lo sguardo famelico di solo una delle nove teste del mostro. Era enorme, grande quasi tutta la volta e, almeno dal modo in cui ruggiva, si, doveva essere davvero molto affamata.

“Ehilà, bestiolina.” Sorrise Jack con uno sguardo poco convinto notando che il diamante era incastrato nella fronte della testa centrale. “ Se c’è qualcos’altro che dovremo sapere sulla mitologia greca, Barbossa, questo è il momento per rendercene partecipi.” esclamò il capitano verso il primo ufficiale.

Questi alzò le spalle. “La testa centrale dovrebbe essere immortale.” Disse sguainando la spada.

“Dovrebbe?”

L’uomo rise mentre una delle teste avanzava verso di loro con le fauci aperte. “ Lo proviamo subito, arr!”

Un movimento veloce, secco e la settima testa crollò nell’acqua davanti ai piedi del pirata e poi la stessa sorte toccò alla sesta, avanzata in avanti verso Jack. Il mostro sembrò placarsi, fece due passi all’indietro,  sotto lo sguardo fiero dei due uomini che fissavano i due colli monchi.

“Questo è il piano.- iniziò il capitano.- taglio delle teste. Anche quella immortale. Tanto le tue notizie non sono attendibili.”

Barbossa non fece nemmeno in tempo a replicare che un nuovo, preoccupante, ruggito dell’Idra lo costrinse a voltarsi. I due colli monchi si stavano muovendo convulsamente, impazziti, e così fecero finché, sotto i loro occhi, non spuntarono fuori due nuove teste, una più agguerrita dell’altra, per ogni collo. In tutto quattro.  Quindi undici.

Ruggirono tutte insieme, rinvigorite, provocando talmente tanto vento che mossero i vestiti dei due uomini e fecero volar via il cappello del capitano. “Ah vuoi il gioco, duro, eh, dannato mostro..” rimbrottò questo, voltandosi un macrosecondo all’indietro.

“Penso che il piano sia da rivedere, capitano” sussurrò Barbossa tenendo gli occhi puntati sul mostro.

 “Concordo.”

L’Idra attaccò di nuovo.

 

 

-o-

 

Quell’ennesimo enorme ruggito fece sobbalzare Evelyne Smith, rannicchiata ancora nel buio, con un fucile ed un remo in mano, spaventata, sola e a mollo in quell’acqua putrida. Si coprì le orecchie con le mani per evitare di sentirlo di nuovo ma nulla, quel rumore straziante sembrava superare ogni barriera ed infilarsi nel suo animo, facendola vibrare di terrore.

Piano aprì gli occhi, sospirando e chiedendosi che fine avessero fatto Jack e Barbossa e se magari avevano bisogno di lei. Le venne quasi da ridere. Due pirati che avevano bisogno di una ragazzina viziata che non sapeva nemmeno tenere in mano una spada?

Si portò una mano tra i capelli bagnati da un’onda che prima l’aveva travolta quasi completamente. Non solo non sapeva tenere in mano una spada ma ciò che sapeva meglio fare, come sparare, s’impediva di compierlo, bloccata dal suo passato e da quel giuramento, tempo fa.

Un nuovo spaventosissimo fragore la fece sobbalzare ancora. Perse l’equilibrio e cadde in avanti, in quella schifosissima acqua scura. Si puntellò con le braccia al suolo del fiume, sospirando. Alzò lo sguardo. Non poteva stare ancora lì, a fare niente.

Infondo aveva comunque il remo, no?

Si alzò di scatto, lasciando tuttavia il fucile in spalla e corse in avanti, lottando contro la propria stanchezza e contro il fango che minimizzava tutti i suoi  sforzi. Giunse finalmente nel fondo della grotta e si fermò di scatto, incredula di fronte allo spettacolo che le si parava di fronte.

Mio Dio, non poteva essere vero.

Un’enorme Idra con decine e decine di teste fameliche combattevano contro Jack e Barbossa i quali si difendevano dai loro continui attacchi a colpi di spada che si infrangevano contro quegli enormi denti aguzzi.

“JACK!” urlò, in preda al panico, stringendo febbrilmente il remo tra le mani e facendosi piccola piccola di fronte a quel mostro immane che pensava potesse esistere solo nell’universo ristretto delle pagine di un libro.

Il capitano si voltò verso di lei con un sorriso che si sforzava di essere rasserenante. “Tutto bene tesoro.- disse parando il morso di una testa e sventando l’attacco di un’altra.- è tutto perfettamente sotto controllo!”

“S..sicuro?” mormorò lei, impaurita.

“Miss, mancavate giusto voi!- la voce ironica di Barbossa gli giunse un po’ affaticata in realtà. Anche lui era molto impegnato.- sapete essere più fastidiosa di un’Idra greca.”

Lei inclinò il volto di lato. “Ma non dovevano essere nove le teste?”

“Sì. Ditelo al vostro capitano.- protestò Hector, furioso.- non ha fatto altro che decapitare da mezz’ora a questa parte.”

“Io???- esclamò l’altro, inorridito.- ci sto attentissimo, io.” Ma non aveva nemmeno finito di parlare che sbagliò un colpo e ne troncò un’altra da cui spuntarono subito due nuove teste assetate di sangue.

Tutti e tre ammutolirono.

“ottimo lavoro.” disse quindi Evelyne con una buona dose di sarcasmo. Ma la sua ironia durò ben poco. Non passò molto infatti prima che l’Idra s’accorgesse anche di lei. Una delle trenta teste la scrutò con i suoi occhi biechi prima ancora che potesse anche solo pensare di nascondersi. Se la vide arrivare ad un centimetro dal naso fino quasi sentirne l’alito putrido e Dio solo sa quanto deve ringraziare suo padre, se ebbe la prontezza di colpirla con il remo prima che s’avvicinasse di più. Tutti i suoi esercizi per evitare gli schiaffi erano serviti dunque.

“Dov’è il diamante?” domandò poco dopo mentre giostrava con un paio di testoline.

“Al centro della testa centrale.- urlò Jack per farsi sentire.- oops.” Disse notando l’ennesimo collo fumante che faceva un tuffetto in acqua.

Trentadue..

“Ah, sant’Iddio.”

Evelyne intanto diede l’ennesimo duro colpo alla bestia poi, individuato un angolo della grotta che rimaneva lontano e piuttosto isolato, corse a perdifiato verso quello, rannicchiandosi in ginocchio e chiudendo gli occhi. Controllò che l’Idra non l’avesse scoperta ed iniziò a pensare ad un modo per togliersi da quella situazione. I suoi occhi scrutarono bene il diamante al centro della fronte spavalda della belva.

Le sue riflessioni furono interrotte dalla voce di Jack che urlava a Barbossa. “Proviamo a spararle in mezzo alla fronte!”

“E come, di grazia?- rispondeva l’alto, furente.- mi sembra che siano sufficientemente occupati!”

La ragazza sospirò fissando il fucile.

Sparare.

Sparare era l’unica cosa che l’aveva sempre avvicinata a suo padre, l’unico argomento di cui potessero discutere insieme. Aveva provato ad insegnarle tantissime cosa ma l’unica che lei avesse imparato sul serio era proprio quello. Era un tiratore ormai e c’aveva preso un certo gusto nel fare sempre centro anche se a tanti metri di distanza.

Ma da quel giorno, quando aveva deciso di fare centro nel petto di un uomo, di quell’uomo­, da quando aveva visto il corpo di Kevin Miller cadere giù, sotto il suo colpo, aveva giurato a se stessa che non sarebbe ricapitato più per nulla al mondo. Aveva giurato che MAI avrebbe sparato di nuovo.

Mai giurare in eterno, sugli angeli del paradiso o su qualsiasi altra cosa.

Perché i giuramenti si interrompono.

Non importa con quanta devozione li facciamo, non importa quanto siamo determinati.

Arriva un momento in cui capiamo che continuarli non ha senso.

E in quel momento accadde.

Evelyne alzò lo sguardo, indecisa, confusa e capì quello che doveva fare. Lo capì con certezza quando vide Jack a terra, nella melma e tre bocche davanti a lui con le fauci aperte. Si scansava di scatto per evitare i loro attacchi con la spada ridotta a metà a causa probabilmente di un morso troppo violento.

E lì Evelyne capì. Capì che continuarlo non solo non aveva senso ma che avrebbe costituito per lei un nuovo dolore. Non poteva permettere che facessero del male a Jack, non poteva.

Staccò la spina del cervello e prese convulsamente il fucile, lo impugnò come tante volte aveva fatto e mirò sulla testa centrale quella dove brillava quel dannato diamante. Sentiva il cuore fremere nel petto e si stupiva nel sentire parallelamente le sue mani invece così rigide, così ferme.. lucide.. come quelle di un’esperta. Come quelle di un’assassina.

La testa si muoveva, ringhiava ed era parecchio lontana non solo molto alta.

Serrò forte il fucile e restò in apnea, come faceva sempre, quindi strinse le labbra e premette forte il grilletto. Lo sparo arrivò preciso come mai aveva fatto.

L’Idra iniziò ad avvinghiarsi su se stessa, le teste lasciarono stare Jack e Barbossa e iniziarono ad agitarsi. In quel muoversi convulso Evelyne vide bene qualcosa precipitare dall’alto, come un proiettile ed affondare nel fango a pochi metri da lei.

Corse e affondò il braccio. Con la sua mano riemerse il famoso diamante di Idra. Non riuscì a tenerlo in mano che pochi istanti perché, incredibilmente, era bollente. Con un piccolo sforzo riuscì a metterlo in tasca.

Non fece in tempo ad alzare lo sguardo che si sentì prendere per un braccio. “Muoviti!” era Jack che la trascinava in piedi. “Avanti!” le ringhiò contro Barbossa precedendola. Lei non ci pensò due volte anche perché l’Idra, impazzita dal dolore, aveva preso a correre vorticosamente verso di loro con tutte e trentadue le teste assetate del loro sangue.

Tirando fuori tutta la grinta di cui erano in possesso giunsero fuori dalla caverna e poi fino alla loro barchetta di legno e benché ormai la belva non li inseguisse più, Barbossa remò come un dannato senza riprendere fiato, almeno non finché non giunsero davanti alla catapecchia di Tia Dalma.

E fu lì, con il fiato ancora corto e davanti alla porta invecchiata di quella capanna che lei e Jack trovarono il tempo e il coraggio di lanciarsi un lungo sguardo. Uno sguardo intenso e carico quasi d’attesa. Barbossa spinse la porta ma lei fece un passo indietro ancora scossa per quello che era successo, per quello che aveva fatto.

Infilò una mano nella tasca ed estrasse il gioiello ancora molto caldo, consegnandolo a Jack. “Io vi aspetto fuori.”

Jack avrebbe voluto replicare ma vide bene lo scompiglio negli occhi di lei e non disse nulla. Annuì e, accompagnato da Barbossa, entrò.

 

-o-

 

 

Ce l’aveva fatta. Finalmente.

Era sua. La sua adoratissima bussola finalmente era sua, finalmente poteva osservarla nel palmo della sua mano, con il suo ago magico che l’avrebbe guidato ovunque avrebbe desiderato andare.. per cominciare  all’isola introvabile se non per chiunque non sappia già dove sia. All’Isla de Muerta e al tesoro di Cortes.

Avevano già stabilito la rotta e adesso la Perla dormiva della grossa anche perché l’ultima impresa era stata faticosa e i suoi uomini, lui compreso, si erano presi una buona nottata di sonno, senza nemmeno il consueto appuntamento con il rum.

Saliva le scale con un sorriso sornione dipinto sul viso mentre i suoi occhi fissavano quell’adorabile magico pezzo di metallo. Decise di fare una prova e mentre il fresco vento notturno agitava i suoi abiti da pirata, osservò che dopo un buon giro l’ago incantato di quella bussola stregata puntava dritto davanti a lui e non più a nord, come prima.

Alzò lo sguardo.

Evelyne.

Era appoggiata al bordo della nave con i capelli sciolti e sconvolti dal vento, aggrappata al legno e silenziosa nel deserto ponte della Perla. Mise la bussola al proprio posto sebbene la voglia di giocarci ancora fosse forte e si avvicinò a lei, ricordando il suo sconvolgimento poco prima. In quel momento, come in molti altri, aveva dovuto fare il capitano, lasciarla un po’ da parte e fare il suo dovere.

Ma adesso non era necessario. Si appoggiò alla ringhiera accanto a lei e la trovò con le guance lucide di pianto ed ancora un po’ tremante. Sorrise e le porse la bottiglia di rum che aveva- come sempre.- nella sinistra. Evelyne girò gli occhi verso di lui passando lo sguardo da lui alla bottiglia.

Poi la prese.

Sotto lo sguardo stupito del pirata ne fece un buon sorso, tossendo per diversi minuti subito dopo. “ Niente paura.- la tranquillizzò lui.- è normale la prima volta. Basta un altro sorso per stare subito meglio.”

La giovane lo prese subito in parola avvicinando di nuovo la bottiglia alle labbra.

Fece per fare un terzo sorso ma questa volta, un po’ preoccupato, Jack la fermò. “ Evy.- sussurrò.- non eri tu quella che odiava il rum?”

Lei lo fissò, gli occhi ancora traboccanti di lacrime. “Evy- ripeté-  carino Evy.- sorrise.- dammene un altro po’.”

“Ti piace allora.” Riprese, pieno d’orgoglio.

“è la cosa più orrenda che abbia mai bevuto.- confessò.- ma voglio ubriacarmi questa sera. Non riuscirei a dormire adesso.” si asciugò le guance con il palmo della mano e tirò su con il naso. Lui sorrise, intenerito, come se avesse vicino una bambina spaventata. E forse lo era.

“Non vale la pena dimenticare tutto per una sola notte, non ti pare?”

Lei abbassò lo sguardo. “Voglio solo distrarmi. So che non potrei mai dimenticare né Charles.. né tutto il resto. Non più ormai. Questa storia mi ha cambiata troppo. Dimenticare tutto sarebbe come rinunciare ad una parte di me.. quella che sono stata, quella che sognavo d’essere infondo. E non è giusto.”

Jack annuì faticando a tenere a bada la curiosità. “ E… non avresti voglia…- incontrò i suoi occhi e subito fece un passo indietro.- anche non adesso per carità.. di parlarne.. per esempio.. un giorno..?”

Lei sorrise e gli prese la mano. Quella stretta fece quasi paura al pirata… era delicata, morbida eppure così determinata, così disperata come quella di un uomo che in mezzo all’oceano si aggrappa ad una fune. Il dolore un po’ lo spaventava ma trovò il coraggio di sorriderle.

Evy prese qualcosa dalle tasche e glielo mostrò. Era il corallo. “è bellissimo.- disse con voce morbida.- grazie.”

Lui si limitò a rispondere al sorriso poi le accarezzò il viso, con il palmo della sinistra mentre lei continuava, improvvisamente vogliosa di sfogarsi ed allo stesso tempo troppo impaurita per farlo.

“È giusto che tu lo sappia.” Le era stato vicino senza chiedere nulla, senza giudicare, senza parlare. Addirittura non le aveva nemmeno sottolineato.- come avrebbe invece potuto.- il fatto che avesse sparato quando gli aveva detto che non ne era capace.

“Io sono orfana di madre.- iniziò con il cuore in gola e il fiato corto e Jack si impegnò ad ascoltarla a fondo, come forse non aveva mai fatto con nessuno.- sono cresciuta con mio padre che militava nell’esercito. Di tutte le cose che lui avrebbe voluto impararmi so solo sparare.- sorrise, sentendosi un po’ in colpa.- mi dispiace d’averti mentito…”

Sospirò e proseguì. “Conobbi Charles a quattordici anni. Lui ne aveva venti, faceva il soldato e non mi sopportava. Ero una bambinetta che gli stava sempre addosso e non ne poteva più di avermi tra i piedi.- sorrise.- poi quando ebbi io diciotto anni e lui ventisei.. allora diciamo che era lui a starmi sempre tra i piedi.”

Jack sorrise, malizioso.

“Tranquillo non intendo farti venire le carie ai denti della serie: quanto l’amavo e quanto mi amava… - i volti di entrambi si incrinarono al sorriso.- ma anche se ti sembrerà terribilmente banale.. io ho seriamente creduto che lui fosse l’uomo per me.”

Jack trovò la forza per intervenire. “Non lo è.- disse con voce roca.- non è banale.. Evelyne..” *Perché anch’io penso che tu sia la donna per me* ovviamente si curò che l’ultima parte rimanesse ad uso esclusivo dei suoi pensieri e non passasse per al bocca.

Il suo sguardo era un tacito grazie, mentre continuava. “Poi arrivò lui: Kevin Miller.”

“No, non dire niente.- l’interruppe il pirata - il classico prepotente di turno, ricco e perdutamente innamorato della donzella in questione.”

Rise. “Più o meno.”

 

 

“Evelyne..- Kevin Joseph Miller le baciò il palmo della mano, sorridendole.- è Evelyne vero?”

Lei inarcò un sopracciglio e sfilò via la mano. “Smith prego. Per voi è ancora Miss Smith.”

“Ancora.- sottolineò lui avvicinandosi.- conto di chiamarvi Evelyne per il prossimo mese.”

La sua risata argentina si era diffusa nel piccola tenda militare a quel punto.

“Siete un po’ troppo speranzoso, Mr Miller. Mi chiamerà Evelyne solo mio marito.”

Lui aveva appoggiato il volto al palmo della mano. “Appunto”

 

“Solo che Kevin non era interessato a me. Né ai miei soldi. L’unica cosa che lui voleva era Charles.”

Jack sgranò gli occhi, incredulo.

“No, che hai capito.- riprese lei, aggiustandosi i capelli dietro le orecchie.- lui odiava Charles. Lo voleva semplicemente distruggere. Sapeva che sposare me l’avrebbe reso felice e così decise che non sarebbe dovuto accadere.”

“E come mai il nostro Kevin era così simpatizzante verso Charles?”

“Vendetta. Charles denunciò al comandante suo fratello, John Miller, per truffa e frode allo stato. Un’onta imperdonabile per la famiglia Miller che chiese un migliaio di volte a Charles di non farlo, promettendogli anche dei soldi in cambio.- sospirò.- ma lui era… onesto. Lo denunciò. E Kevin gli promise che gliel’avrebbe fatta pagare.”

“Charles non poteva.. che ne so.. farsi trasferire altrove? Tu potevi seguirlo e..”

Evelyne appoggiò il mento sui palmi delle mani. “Già. Potevamo.”

 

 

C’era poca luce in quella camera e i raggi soffusi del sole pomeridiano filtravano tra tende di seta e irradiava i letto a baldacchino di soffice velluto rosso  conferendo alla stanza un’aurea di penombra quasi surreale. Lì con il viso affondato tra coperte di lino e cuscini ricamati, c’era lei con un sorriso un po’ appannato, gli occhi lucidi e lo sguardo languido e sereno.

“Vai già via?” mormorò la giovane accarezzando il palmo della mano dell’ufficiale, guadagnandosi così il suo sguardo, sorridente ed innamorato.

Aveva profondi occhi marroni, Charles, di quegli occhi che dicono tutto di una persona, rispecchiano la loro bontà, la loro fedeltà ed ingenuità a volte.

Era un bel ragazzo e nonostante fosse più giovane di James –suo fratello.- di quasi due anni, la somiglianza con il futuro Commodoro della Flotta Britannica era impressionante. Se non fosse che James era un po’ più alto, da lontano perfino Evelyne li avrebbe confusi.

“Devo.- mormorò lui, chinandosi per baciarle la spalla.- l’esercitazione inizierà tra poco e non posso arrivare tardi, lo sai. Un minimo passo falso e Miller mi spedisce a militare in Scozia.”

A quel punto la ragazza si era alzato di scatto dal letto, infervorata. “Perché dovrebbe essere un danno tutto questo? Per me sarebbe una benedizione!”

L’uomo sorrise, divertito. “Ti piace la Scozia, amore mio?”

“No.- urlò lei, arrabbiata. Ma perché non la prendeva mai sul serio??- andiamocene Charles.- lui aggrottò la fronte.- ti prego dammi retta. Possiamo andare lontano, sposarci ed avere una famiglia lontano da quell’essere immondo di Miller.”

Lui le accarezzò il viso, sospirando. “La nostra casa è qui, Evelyne. È qui che voglio vivere ed è qui che vuoi vivere anche tu.”

“Io voglio vivere con te.- riprese la donna.- non importa dove. Ti prego.”

L’uomo negò, deciso. “Non permetterò che quell’uomo sconvolga le nostre vite..”

“Ma..”

“.. Noi andremo avanti.- attese che lei facesse silenzio.- come se nulla fosse. Prima o poi si dimenticherà di me.”

“La tua risolutezza ti rovinerà, Charles.”

“E la tua mi farà fare tardi all’esercitazione.- come sempre, il suo tono era scherzoso.- a dopo.” le baciò le labbra ed uscì velocemente dalla tenda dopo essersi girato due volte a guardarla.

 

 

“Avete mai ricevuto.. minacce concrete da questo tizio?” domandò quindi Jack facendo un sorso di rum. Lei gli prese la bottiglia dalle mani e contro le sue proteste fece un altro sorso.

Poi rimase senza fiato per diversi minuti, scoppiò a ridere e riprese a parlare, un po’ a fatica. “Oh Dio..- disse con la gola che le bruciava.- si… diverse volte. Visto che non era riuscito a sposarmi né convincendo me, né convincendo mio padre, aveva deciso di far finire Charles in prigione.”

“Addirittura.”

Lei sorrise, malinconica. “Miller era potente, poteva farlo. Ma noi avevamo James dalla nostra.”

“James?”

“James Norrigton, fratello di Charles. Nonché futuro commodoro.- spiegò la giovane.- Miller lo incastrò ma riuscimmo a dimostrare la sua innocenza e non accadde nulla. Finché…”

“Finché..” lui l’incitò a proseguire, intrigato.

Lei strinse più forte la sua mano a quel punto.

“Finché non ci sposammo.”

 

 

 

“Sei bellissima Evelyne..” Josephine, sua cugina, le gonfiava il velo e le sistemava il vestito, mentre la ragazza stava seduta di fronte allo specchio con lo sguardo languido e perso a rimirare la sua immagine. Sorrise, dolcemente, attanagliata dall’ agitazione di quel giorno tanto atteso e finalmente arrivato.

“Sei davvero magnifica. Charles rimarrà estasiato e in Chiesa creperanno tutti d’invidia, Miller compreso.”

“Non parlarmi di lui.- la voce di Evelyne si era subito incrinata.- oggi è un giorno speciale non voglio nemmeno sentirlo nominare. E se non ci sarà, sarà anche meglio.”

“Oh, non verrà di sicuro. Oggi è giornata di caccia.”

Evelyne aveva a quel punto gettato un occhio fuori dalla finestra. “Il tempo volge al peggio.. speriamo che vada a cacciare comunque. Oh, speriamo che non piova, Charles mi deve venire a prendere a cavallo!”

“Signorina!- sentì la voce di una serva che si era appena affacciata alla porta.- signorina, mi hanno detto che hanno visto un cavallo in avvicinamento.”

La giovane sorrise, esaltata. “Charles.” Sussurrò scattando subito in piedi e fiondandosi alla porta.

Stette ad aspettare Charles diversi minuti, in piedi, di fuori sulla cima della grande rampa di scale, attendendo quel cavallo al galoppo che invece non arrivava mai.

Sentirono improvvisamente un tuono lontano e una grande folata di vento freddo scompigliò il vestito e i capelli della sposa e degli ospiti.

Josephine, al suo fianco osò infrangere  quel silenzio carico d’attesa. “Evelyne rientra. Sta per piovere, ti rovinerai il vestito.”

La ragazza invece si voltò di scatto verso il padre “Padre, mi era stato detto che avevano visto..”

“Si. È vero.- la sua voce era austera, come sempre.- l’ho visto anch’io dalla torre. Rientra, sarà qui a minuti.”

“Evelyne.” Sentì improvvisamente la stretta di Josephine sul suo braccio e si voltò di scatto sentendo in concomitanza i rumori di un cavallo al galoppo. “Charles!” esclamò vedendo il cavaliere entrare nel complesso della villa.

Ma il suo sorriso scemò subito quando il cavallo s’arrestò di fronte alla grande rampa di scale e tutti videro bene che il cavaliere era aggrappato all’animale per non cadere. Non fecero in tempo a dire e fare nulla perché non appena il cavallo si fermò Charles Norrigton cadde di lato finendo nella polvere. Il cavallo corse via e finalmente Evelyne trovò il coraggio di urlare. “Charles!!!” si fiondò per le scale rischiando d’inciampare decine di volte poi s’accasciò su di lui mentre la pioggia batteva insistente su di loro.

Sentiva il cuore andare in frantumi mentre si gettava su di lui, in lacrime. “Charles, amore moi.. che è accaduto.. come ti senti…?”

Lui aveva sorriso, come sempre. “Mille.- parlava a fatica.- mille.. domande.. insieme.. come sempre…”

Lei aveva riso, tra le lacrime. “Chiamo un dottore.”

Ma lui l’aveva fermata, prendendole forte la mano. “Ti prego non andare.. non mi rimane molto.. rimani con me..- le aveva mostrato il petto oltrepassato da una pallottola.- rimani qui..”

“Miller..- sussurrò lei, in ginocchio, con i capelli e il vestito bagnati da quella pioggia torrenziale.- è stato lui, vero?”

“Ti prego non pensiamo a Miller… stammi vicino, Evelyne.”

“Ma tu non morirai!- la sua tenacia lo fece sorridere.- ti giuro io voglio sposarti tu non morirai, non puoi morire, Charles! Abbiamo troppe cose da fare insieme.. non abbiamo vissuto niente della nostra vita, amore mio..”

“Sei.- l’aveva guardata, pallido, con le labbra violacee e il sangue che gli bagnava il petto.- sei..”

“Un dottore!- gridò lei, disperata.- padre chiamate un dottore, presto!”

“Sei ..- continuò Charles, aggrappato alla sua mano.- una sposa bellissima..”

I suoi occhi rimasero fissi, poco dopo, le sue labbra aperte, senza più voce, e la sua stretta divenne inconsistente finché non lasciò completamente la mano della ragazza.

 Il cielo tuonava forte e la pioggia scendeva fitta come le lacrime dagli blu della ragazza.

“No.. -sussurrò, incredula.- Charles, rispondimi.- lo scosse diverse volte.- Charles.. NOOOOOO!”

Iniziò a gridare attaccata al corpo di lui, sporcandosi del suo sangue che ormai non usciva più, aggrappata a quell’uomo che tanto aveva amato e che non avrebbe avuto più. I domestici e sua cugina l’affiancarono subito dopo, suo padre distolse lo sguardo per nascondere le lacrime.

Evelyne restò a piangere e gridare sul corpo di Charles per diversi minuti e quando finalmente riuscirono a distoglierla dovettero sorreggerla in tre per portarla dentro.

 

 

“Miller quel giorno ha ucciso anche me.” Continuò Evy facendo un nuovo sorso dalla bottiglia di rum. Jack sospirò e le accarezzò nuovamente il viso. “Non hai trovato un modo per incriminarlo?”

Lei scoppiò a ridere di rabbia, aiutata anche dall’alcool. “Era a caccia, capisci? A caccia! Avrebbe potuto dire che quel colpo gli era sfuggito di mano o che Charles era sulla traiettoria di un capriolo!- si coprì gli occhi con le mani.- niente poteva accusarlo e poi era un nobile nessuno si sarebbe messo contro di lui.” Deglutì. “Dovetti pensarci io.”

 

 

Evelyne pianse, vegliata da sua cugina, per due ore. Poi chiese di essere accompagnata da lei a camminare, nel bosco e Josephine non se la sentì di negarglielo anche se pioveva; anche se Evy aveva preso un fucile prima di uscire. 

Cavalcarono per ore finché non lo trovarono.

A quel punto la giovane senza pensare, senza più emozioni, solo con tanta rabbia nel cuore, scese da cavallo. Era lontano Miller ma ben visibile. Imbracciò il fucile nonostante sua cugina la pregasse di non farlo e sparò due colpi precisi.

 

“Lo freddai come si fredda un cervo.- ringhiò la ragazza, tra le braccia di Jack.- il bastardo non aveva con se nemmeno i cani.  Non era a caccia, era lì per uccidere Charles. Quando l’ho ammazzato mi sono sentita morire pure io.. ed ho giurato che mai avrei di nuovo sparato.- abbassò lo sguardo.- fino oggi, almeno. ”

Jack le accarezzò i capelli. “ Come scoprirono che fosti tu a farlo?”

Lei sorrise, amaramente. “Mio padre.”

“Tuo padre?!”

“Per salvare il suo onore e far vedere davanti agli altri nobili che lui non c’entrava nulla mi denunciò. Tre processi e tre condanne.- tirò su con il naso.- il resto lo sai.”

Jack sospirò di nuovo. “ è l’aver ucciso Miller che ti tormenta tanto? O il fatto che tuo padre ti abbia tradita a quel modo?”

Lei si staccò da lui e dal rifugio che aveva trovato tra le sue braccia. “Tu non capisci… io non ho ucciso solo Miller.. io ho ucciso anche Charles.- lui aggrottò la fronte.- si.- continuò lei, cercando di convincerlo.- io potevo salvarlo, Jack! Potevo! Miller voleva sposarmi per farlo soffrire.. io potevo sposare Miller, sapevo quanto era potente e di ciò di cui era capace! Dovevo farlo!”

L’uomo sorrise, incredulo. “Evy è una pazzia.”

“No.. non è vero…”

 

 

“Evelyne- il suo nome, pronunciato da suo padre, Khun Smith, faceva sempre uno strano effetto, suonava come un eco.- la verità è che tu non lo ami abbastanza quel ragazzo!!”

Lei s’era infuriata, alzandosi di scatto. “Ma padre che cosa dite? È proprio perché l’amo che non potrei sposare mai quel buffone di Miller!”

Khun sbatté il pugno sul tavolo facendola sobbalzare. “ Non capisci, idiota! Se non lo sposi troverà un altro modo per vendicarsi e forse sarà meno indolore di questo!”

Evelyne aveva scosso la testa, incredula. “Indolore.. questo sarebbe indolore invece! Io dovrei rinunciare alla mia vita, alla mia felicità dunque! E voi lo chiamate indolore!”

“Saresti più felice con Charles morto, per caso?”

“Siete pazzo.”

Lo schiaffo era arrivato, puntuale. Evelyne dopo un primo istante aveva volto lo sguardo, ferita nell’orgoglio più che dalla mano del genitore.

“Sei solo un’egoista.- aveva ringhiato lui.- ma bada che te ne potresti pentire un giorno.”

 

 

“Evelyne..” cercò di tranquillizzarla.

“Ti prego non dire niente..- scoppiò di nuovo a piangere.- mio padre aveva ragione.. aveva ragione..” s’attaccò di nuovo alla bottiglia, disperata, facendo un altro sorso avido di rum.

“Non puoi pensare questo. Quello che è accaduto è una tragedia e tu non ne hai colpa!” urlò il pirata scuotendole le spalle.

Lei gli sorrise, ubriaca. “Punti di vista.- disse, con la voce un po’ alterata.- e adesso passami la bottiglia. Hai capito si o no che voglio ubriacarmi, eh?”

Jack aggrottò la fronte, poco convinto.

Lei la prese e dopo un sorso gliela porse. “Fammi compagnia. Non verrai a dirmi che ti sbronzi tutte le sere e questa che ho bisogno di te resterai tutto d’un pezzo, neh?” continuò appoggiata al bordo della nave.

Lui la prese, con un sorriso triste. 

Finirono tre bottiglie quella sera. 

Evelyne ne bevve due intere e alla fine rideva e piangeva lì, accanto a Jack. Il pirata per una volta stranamente sobrio, l’accompagnò nella sua camera mentre la giovane cantava e si dimenava urlando che voleva divertirsi non dormire.

Poi l’aiutò a spogliarsi e la mise a letto, dolcemente. Si sedette accanto a lei, vegliandola di nuovo finché avesse preso sonno, accarezzandole piano i capelli, senza dire niente.

I suoi occhi si persero nella visione di lei, di quella pelle così bianca da sembrare quasi porcellana finissima illuminata dalla luna, di quei capelli neri come la pece e dei suoi occhi ghiacciati che assomigliavano tanto al mare di prima mattina.

Quella visione lo turbò forse anche più di tutto il racconto della ragazza. Infondo si era sempre aspettato un qualcosa di estremamente burrascoso, altrimenti non l’avrebbe mai incontrata nelle segrete di Port Royal con in tasca un biglietto sola andata per la forca.

Jack distolse lo sguardo da lei che dormiva.

Quell’affezione morbosa che nutriva per l’inglesina gli trasmetteva un’ inquietudine che cresceva minuto in minuto quand’era in sua compagnia. Si accompagnava sempre ad uno strano magone e alla spiacevole sensazione di avere come le farfalle nello stomaco.. quell’arrogante aristocratica era da un po’ padrona indiscussa dei suoi sogni dove abitava sempre poco vestita, ma Jack si accorse che anche di giorno, se voleva, poteva dargli uno strano senso d’instabilità.

Con la destra le sfiorò i capelli allontanandoglieli dal viso, con un gesto così carezzevole che, stupito lui per primo di tutta quella romanticheria, ritirò velocemente la mano come se Evy fosse stata di fuoco.

Un po’ in difficoltà Jack si alzò e lanciandole un ultimo sguardo si allontanò, chiudendosi la porta alle spalle.

Con un sospiro notò che sul pavimento c’era una bottiglia di rum mezza piena – e non mezza vuota! - abbandonata lì sul legno. Con un sorriso Jack pensò che probabilmente era una di quelle che Evy aveva cercato di portarsi di dentro ma che le erano scivolate di mano barcollando fino a lì.

“Ehi, darling. - disse con un sorriso che gli fece increspare le labbra.- ma che ci fai sola soletta..” si chinò a raccoglierla e la sollevò alta come per contemplarla, andando in contemporanea all’indietro con la schiena. “Naa niente paura. C’è lo zio Jack adesso qui con te..”

E continuando a parlare con la bottiglia si chiuse dentro la sua cabina dove vuotò la piccola trovatella e molte sue amichette, prima di cadere finalmente anche lui tra le braccia di Morfeo. 

 

 

 

 

 

 

To be continued..

Diomache.

 

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Capitolo 8
*** A Good Man. - Part One.- ***


Ciao a tutti, eccoci arrivati al finale. Anzi non è preciso, questa è la prima parte del tanto atteso finale che sto lentamente scrivendo in questi giorni, da quando sono tornata dalla Sicilia.. ho deciso di dividerlo in due parti perché già così siamo arrivati a 16 pagine, stendere tutte le idee che avevo in proposito in un unico aggiornamento sarebbe stato davvero troppo pesante.. così eccovi “A Good Man.-part one.”

Stendendo il capitolo ho cercato di fare tesoro dei consigli che mi avete dato con tutte le vostre numerosissime recensioni, sempre molto belle e costruttive per le quali non smetterò mai di dirvi grazie… spero di essere riuscita nell’intento, questa è solo la prima parte del finale però si iniziano ad intravedere molte cose anche se le risposte alle domande circa la misteriosa scomparsa di Evy dalla vita di Jack le avremo nella seconda parte e nell’epilogo…

Mi dilungo ancora un po’ con i ringraziamenti volendo dedicare un pensiero particolare a coloro che hanno commentato il capitolo avviso e chi ha lasciato un commento alle ultime righe del settimo che sotto il vostro pronto consiglio ho modificato..

 

 

Ringraziamenti:

 

Apple: Ciao Ire, amica mia, assolutamente non devi dispiacerti per avermi sottolineato il collegamento con lo sceneggiato. So che non c’era malizia, né in te né negli altri quindi non c’è nulla di male in quello che hai detto.. Grazie per il tuo appoggio, per i tuoi consigli, per tutto quello che mi dici sempre, per lasciare ogni volta la tua firma infondo ad ogni mio lavoro.. Grazie di tutto amica mia. Spero di riuscire a ripagarti con un bel capitolo. Un bacio, ti voglio bene.

 

 

Black­_kisses: Ciao! Ma no, non devi credere che la tua recensione fosse odiosa,non ti nego che per me è stata un pugnetto al cuore, però non perché tu sia stata maleducata o sgarbata, anzi! Sei sempre stata costruttiva in tutti i tuoi commenti e te ne sono davvero grata perché mi hai sempre sottolineato ciò che non andava, quello che ti piaceva e quello che invece non poteva starci, senza mezzi termini. E questo per uno pseudo-apprendista-scrittore non può che essere un bene,no? E poi pubblicando ci si espone automaticamente alle critiche ( e anche alle lodi per fortuna!) della gente, quindi sarebbe da sciocchi accettare solo ciò che ci fa più comodo.. anche delle sane critiche fanno parte del gioco, quindi..

No, l’unica cosa che mi dispiaceva è quella di averti deluso e quando ho letto il tuo commento positivo sul finale cambiato ho iniziato a tirare un piccolo sospiro di sollievo.. tengo molto l’opinione di tutti voi e il vostro giudizio è davvero veramente prezioso! Sì, purtroppo Evelyne dovrà uscire di scena, è la triste realtà… il prossimo capitolo ci svelerà tutto tutto quanto! Anch’io mi sono affezionata a te a tutti voi, non posso pensare che la storia è sul serio agli sgoccioli! Un bacio e grazie ancora di tutto!

 

 

Gaki: ciao! Grazie mille, tesoro, per il tuo commento è stato davvero edificante! Ho apprezzato moltissimo le tue parole per Jack  e sono immensamente felice del giudizio positivo che tu dai alla mia storia e al mio nuovo personaggio.. ti ringrazio infinitamente per la tua recensione e spero che non mi farai mancare il tuo commento in questi successivi ultimi capitoli… mi piacerebbe sapere che ne pensi, per me è importante! Un grazie infinito, un bacio!

 

 

LillySparrow: Ciao! Carissima, eccoci qua quasi al ranch finale. Devo dire che ho  un po’ paura, spero di non deluderti! Penso sia inutile dire quanto affetto provo per te e quanta gratitudine ho nei tuoi confronti, ogni volta che leggo le tue mail mi fai arrossire di complimenti, oddio, spero di meritarli sul serio! Approfitto del piccolo spazio per risponderti che non mi arrabbio di certo se hai stampato la mia storia per poterla leggere anche in vacanza.. ma scherzi? Per me è un ONORE! Grazie sul serio, Lilly, un bacione grande!

 

 

JhonnyJack: ciao! Cara, i tuoi commenti mi fanno sempre sbellicare dalle risate! Dico sul serio! Ma no, tranquilla non tramuterò Evy in AnnaMaria, le voglio troppo bene per farle questo! (certo qualcuno potrebbe obbiettare: ammazza che bene, gliene hai fatte passà di tutti i colori.. beh, non avete torto!^^) Eh si purtroppo siamo quasi alla fine… spero che ti piaccia! Un bacio a presto!

 

 

Eleuthera: Ciao! Grazie mille per l’incoraggiamento Ele, mi ci voleva proprio! Ho apprezzato molto il tuo commento, sei stata come sempre davvero gentilissima… a volte ho pensato di aver esagerato un po’ in quello che una mia amica chiama “delirio dell’onnipotenza!” cioè quando un autore si sente in grado di far fare ogni cosa al suo personaggio.. specialmente con Jack ho temuto un sacco di volte di snaturarlo… poi però quando ho letto le vostre recensioni mi sono rinfrancata, siete stati davvero una boccata d’ossigeno! Un bacio grande alla prossima!

 

 

Luluzza: ciao! Grazie per il commento, Luciana, sono contenta che benché tu avessi apprezzato anche l’altro finale, l’arrangiamento nuovo non ti sia dispiaciuto! Sì, ho creduto anch’io che fosse una soluzione più alla “Jack’s style” … è già un po’ di onnipotenza a volte ce la vuole, spero solo di non andare troppo oltre il seminato! Grazie di tutto, un bacio, a presto!

 

 

 

Un abbraccio caloroso anche a chi non ha commentato ma ha solo letto questa storia.

 

Dediche: Vorrei dedicare questa metà finale alla mia amica LillySparrow per ringraziarla delle sue mail (e per scusarmi del ritardo con cui io rispondo sempre!^^), del suo appoggio e del suo affetto.. sei davvero preziosa, Lilly, grazie!

 

 

 

Buona Lettura,

Diomache.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo VIII: A Good Man

 

- Part One -

 

 

 

 

 

 

Evelyne si stava svegliando. Si muoveva lentamente nel letto, in dormiveglia, con gli occhi ancora chiusi e la bocca arricciata, come se qualcosa la infastidisse. Ed in effetti era proprio così. Si agitava e respirava male ma questa volta non c’era nessun fantasma di Charles nella sua mente, né le parole orribili di suo padre.

Si sentiva osservata.

Pur nel sonno sentiva forte la presenza di qualcuno accanto a lei, sentiva il suo fiato pizzicarle la pelle del collo e del volto e il suo odore strano misto tra mare e rum colpirle le narici con forza. Sentiva la sua presenza e il suo inconscio le chiedeva insistentemente di svegliarsi.

Quello stato si dormiveglia finì quando oltre a quelle sensazioni giunse alle orecchie di Evelyne anche un rumore, proprio accanto a lei, che ebbe il potere di svegliarla.

La ragazza si curò bene di non aprire subito gli occhi. Non poteva fidarsi ciecamente di quelle sensazioni, era in dormiveglia, per niente lucida, senza contare che le numerose avventure che ultimamente aveva passato al fianco di Jack l’avevano fatta diventare a tratti un po’ paranoica.

Riempì i polmoni di ossigeno e pensò che era solo un sogno, uno di quelli così realistici che poi si finisce per credere che siano realtà.

Eppure quelle spiacevoli sensazioni non finivano.

Le sue labbra si mossero, quasi per urlare ma poi lei le serrò nuovamente, dandosi anche della deficiente. Se non c’era nessuno accanto a lei o immediatamente sopra di lei, avrebbe messo in subbuglio la nave per nulla e non sapeva nemmeno se fosse giorno o ancora notte inoltrata.

Decise di aprire piano gli occhi, augurandosi che tutto questo fosse solamente un postumo della sua nottataccia.

Nonostante fosse intimamente preparata a quello che poteva esserci nella realtà e avesse ormai  sviluppato una buona dose di coraggio, quando i suoi occhi azzurri focalizzarono la figura di un uomo vicinissimo a lei, non poté fare a meno di cacciare un urlo.

Urlo che venne mozzato nemmeno a metà con un gesto brusco e pronto dell’uomo che le mise prontamente una mano sopra la bocca, sghignazzando.

“Buongiorno Miss. Vi siete spaventata? Oh, non era mia intenzione..”

Anche se non lo vedeva ancora bene per via della penombra della sua cabina, Evelyne non ebbe incertezze: Barbossa. Il sarcasmo e la profondità della sua voce non lasciavano spazio ai dubbi. Nonostante fosse qualcuno che conosceva “relativamente” bene e non un grezzo mozzo qualunque non riuscì a tranquillizzarsi.

Il suo petto si abbassava e s’alzava velocemente seguendo il ritmo frenetico dei suoi respiri e del suo cuore agitato.

Questo fece sorridere il primo ufficiale che allentò piano piano la mano dalla scarlatta bocca di lei, assicurandosi che non avrebbe urlato ancora. “Molto bene.” Disse con un grugnito che alla giovane non piacque affatto.

Fu quando vide gli occhi dell’uomo posarsi sul suo corpo che Evelyne si ricordò di essere quasi nuda nella sua veste da camera. Con uno scatto si tirò su velocemente le coperte fin sotto il collo e non poté nascondere a se stessa che questo le stava creando un imbarazzo non indifferente: si era sempre fatta vedere vestita o vestita da uomo e tutti l’avevano rispettata. Ma adesso aveva motivo di pensare che Barbossa l’avesse voluta sorprendere nella sua cabina per farla apparire esattamente qual era: una donna indifesa.

Evelyne arrossì e quasi distolse lo sguardo. “Siete impazzito?- nonostante la situazione non lasciò che anche il suo tono di voce fosse debole come tutto il resto.- che diavolo ci fate qui?”

L’uomo sorrise aggiustandosi il cappello e finalmente posò lo sguardo sui suoi occhi. “Un’accoglienza decisamente poco calorosa.- commentò.- eppure non credo che sia la prima volta che un uomo metta piede fra queste mura, dico male Miss?”

L’inglese esibì uno sguardo torvo. Era ovvio che il coinvolgimento che ultimamente c’era stato tra lei e Jack non potesse rimanere inosservato a lungo ma precisamente quanto ne sapevano Barbossa e tutto il resto della ciurma? E soprattutto quella era una battuta colorita nel suo stile oppure nascondeva qualcos’altro? Il suo attaccamento a Jack poteva metterlo nei guai?

Non seppe cosa rispondere e preferì non farlo.

Il suo comportamento rubò un altro sorriso al pirata che inclinò lo sguardo di lato, come uno che sa esattamente la verità. “Già- continuò- certe cose non si confessano. Sono brutte sbandate..”

“Non avete ancora risposto alla mia domanda.” Evelyne cercò di darsi maggior contegno. Si sedette e si caricò finalmente di uno dei suoi tipici sguardi pungenti. 

“Io nella mia cabina faccio entrare chi voglio. E il vostro modo assolutamente inappropriato di entrare mi..”

“Ma voi sapevate che noi due avremmo avuto un colloquio, Miss Evelyne. Ve lo avevo già annunciato, ricordate?” la sua voce aveva qualcosa di pericoloso e di terribile che la fece tremare.

L’accenno a quell’argomento le fece venire un buco allo stomaco ed istintivamente le mancò il fiato dai polmoni: l’ammutinamento.

“Vedo che cominciate a rammentare, ne sono felice.” Probabilmente la sua espressione turbata era stata molto eloquente.

Barbossa si sedette sulla sedia lignea che fino a quel giorno era stata occupata solamente da Jack ed esclamò fissandola.  “Dite che la mia è scortesia.- continuò l’uomo.- ma quel giorno io vi sorpresi ad origliare alla mia porta e questo non credo che sia affare da nobildonna.”

Lei roteò i bei occhi azzurri. Un pirata che le faceva la morale?

“Suvvia siete perdonata.- questa volta Evelyne rispose a quel sarcasmo inarcando profondamente un sopracciglio.- ma ad una condizione molto precisa, s’intende.”

“Non me ne faccio nulla del vostro stupido perdono, Barbossa.” Pregò Iddio che la sua voce risultasse posata e priva d’emozione. Ma purtroppo quando di mezzo c’era il destino e forse la vita di Jack non le risultava facile recitare la parte dell’impassibile. “E non voglio sottostare a nessuna condizione perché quello che state per fare è abominevole e non avete alcun motivo per farlo!” alla fine la sua voce si piegò in urlo.

“Jack Sparrow.- mise anche il cognome per apparire più disinteressata.- è un ottimo capitano e vi ha condotto passo passo alla soluzione di tutto per arrivare a quel dannato tesoro. Senza di lui e del suo intuito voi sareste stati persi..”

L’uomo scoppiò in una agghiacciante risata. “Incantevole.”

Lei aggrottò la fronte. “Che cosa.” Domandò piano.

“La vista di una donna innamorata, ecco cosa.- lei sentì mancare un battito. Era la prima volta che si confrontava con quello che realmente provava per Jack.- miss Evelyne voi vedete un gran capitano. Io invece, e con me tutta la ciurma, vedo uno smidollato, incapace, perso dietro le gonne di una ragazzina.”

“Dunque è questo?” urlò. “ è il mio.. – faticò a trovare la parola giusta.- attaccamento… per Jack che lo ha portato ad essere malvisto da tutta la ciurma?”

“Oh, non datevi troppa importanza, miss Smith.” tono piatto e quasi canzonatorio quello di lui. “Jack era in rovina già da molto prima che arrivaste voi. La verità è che con Virago Jack Sparrow ha scavato da sé la sua fossa e si è dimostrato qual è in realtà: un pessimo capitano.”

La fanciulla rimase quasi senza parole. “Virago..” ripeté piano. “Che cosa significa?”

“Nulla.- rispose, vago.- è il nome di un vecchio mercantile che Jack non volle affondare. Il più grande errore della sua vita.” il tono del primo ufficiale si era caricato di odio e di sdegno e il suo livello di voce si andava alzando ad ogni parola.

“Che cosa accadde?” Tutto le faceva presagire che Barbossa avesse voglia di raccontarlo.

Lui sospirò ma non si dimostrò riluttante. “Anni fa una tempesta ci aveva sbattuti in mezzo all’oceano, senza punti di riferimento e senza scorte che ci bastassero per sopravvivere parecchi giorni in mare come invece avremmo dovuto fare. Il mare era sempre in burrasca e impediva grandi manovre, non sapevamo bene dove ci stavamo dirigendo..- sbuffò.-  l’oceano si prendeva gioco di noi e dei nostri tentativi di riprendere una rotta.”

Gli occhi grigi di Barbossa erano pieni di fervore e durante quel racconto si puntavano in quelli di Evelyne con così tanta violenza che la ragazza iniziò a sentire forte il peso di quello sguardo su di se.

“Finché non avvistammo un mercantile. Era il Virago. Lo riconoscemmo subito e capimmo contemporaneamente dove eravamo dato che quella sorta di mercantile percorreva ogni anno la rotta tra l’ Europa e l’America. Eravamo salvi. Sarebbe bastato attaccarlo e depredarlo per avere ciò che volevamo.”

I suoi occhi lo pregarono di continuare.

“Ma il vostro Jack ci impedì di farlo.- disse ringhiando.- e sapete perché? Per degli stupidissimi bambini.”

Evelyne aprì la bocca senza essere capace di dire nulla.

“Oh si, avete capito bene Miss. Quello stupido mercantile non trasportava più solamente stoffe e spezie come sapevamo noi. I nostri uomini avvistarono al suo interno circa cinquanta mocciosi urlanti.”

“Che ci facevano in una nave del genere?”

“Che diavolo volete che ne sappia!” il suo scatto d’ira la fece sobbalzare sul letto. “ Sparrow impedì l’attacco e perfino l’abbordaggio. Cercammo di far ragionare quel pazzo, gli spiegammo  che in quel modo ci stava condannando a morire di sete ma lui non volle sentire ragioni!! Siamo ancora vivi, miss Evelyne, perché quattro giorni dopo incrociammo per pura fortuna un'altra nave. Trasportava cibo.”

Solo quando quel racconto terminò Evelyne si rese conto di essere stata con il fiato sospeso tutto il tempo.

“La stella di Jack Sparrow è decaduta in quel preciso istante.”

“Avreste sul serio ucciso dei bambini..”

“Era la loro vita in cambio della nostra.”

“La vita di alcuni bambini innocenti vale di più di quella di sporchi assassini.- deglutì.- e voi biasimate Jack per aver capito questo?”

“Un uomo che non tenga alla sua ciurma e alla sua nave più di se stesso e della sua anima non è degno di esserne il capitano.” Rispose meccanicamente l’altro, distogliendo lo sguardo.

“Siete spregevole.” Fu l’unica cosa che riuscì a dire ma le uscì dritto dal cuore. “ed è tutto qui?”

L’uomo aggrottò la fronte.

“Andiamo.- continuò lei.- non può essere finita. Il vostro odio per Jack è molto più connaturato di quello che mi avete raccontato.”

“Non c’è più nessun’ altra appassionante storia, Miss.” Barbossa aveva perso il calore di poco prima ed era tornato freddo e sarcastico. Tagliente quasi. “la ciurma lo odia e non è più incline ad eseguire i suoi ordini. Ed io voglio la Perla.”

Lei strinse le labbra ma non disse nulla.

“Sono tempi difficili e serve un uomo di carattere per portare tutti al successo e Sparrow non lo è.- pausa.- ora. Quello che mi preme siete voi.”

Evelyne si scoprì stranamente forte, non tremò a quelle parole anche se il tono che l’uomo aveva usato non faceva presagire nulla di buono per lei.

“Il vostro comportamento è quanto mai insolito.- sorrise l’uomo- è palesemente ovvio che ne siete innamorata. Eppure non avete ancora parlato di ciò che sentiste quel giorno, vero?”

La ragazza si sentì morire. Avrebbe dovuto farlo decine e decine di volte ma il tempo e le avventure che si erano susseguite glielo avevano sempre impedito. Colpevole, abbassò lo sguardo deglutendo lentamente.

Barbossa sorrise, soddisfatto. “Siete stata brava. E per il bene di tutti vi consiglio di proseguire su questa linea. Sempre che vogliate il bene di Sparrow ovviamente.”

Evelyne Jane Smith alzò i suoi occhi azzurri su di lui. In quell’istante Barbossa ebbe l’impressione di trovarsi di fronte ad una leonessa piuttosto che ad una donna. Sarà per la sua chioma riccia o per quegli occhi gelidi che gli puntava addosso.

“Che cosa intendete dire.”

L’uomo si alzò dalla sedia con un atto quasi di congedo. “Che dovete rassegnarvi. Qualsiasi cosa farete o direte non cambierà lo stato delle cose. Tutto ciò che vi ho detto, che avete sentito, accadrà nell’arco di poche ore e non c’è nulla che potete fare per impedirlo, Miss.”

Lei scattò in piedi fregandosene se non era molto vestita. Si parò di fronte a lui alzando il bel naso aquilino per fissarlo meglio negli occhi dato che l’uomo la sovrastava con tutto il capo.

“Jack..”

“Jack morirà.”

Quelle parole le gelarono il cuore. Sentì come se la vita le fosse uscita via dall’organismo come un sospiro.

L’uomo sorrise crudelmente. “O forse no. Potete salvarlo, se volete. E badate che è l’unica cosa che possiate fare. Forse a discapito della vostra vita ma tra innamorati a queste cose non si bada, giusto?”

Lei era ancora scossa da quello che aveva sentito per elaborare una risposta tagliente adeguata alla domanda. “Ditemi solo come.”

Barbossa sorrise, vedendo che aveva fatto centro nel punto giusto. Ormai era fatta.

Allungò una mano e con un gesto improvviso le prese il bel collo, stringendolo forte sotto la sua stretta. Evelyne fu del tutto impreparata e si lasciò afferrare come una bambina si fa sculacciare dalla mamma. Benché subito cercasse disperatamente di liberarsi da quella morsa, l’uomo la teneva in pugno con una facilità sorprendente.

Con il pollice della stessa mano con cui la stringeva le accarezzò le labbra in un gesto quasi lascivo e per un attimo Evy ebbe davvero paura. “Basterà serrare queste belle labbra, Miss.”

La ragazza non riusciva a parlare ma i suoi occhi di ghiaccio sembravano volerlo trapassare.

“Conservate il vostro segreto e Jack non morirà. Posso avere la vostra parola?”

Lei strinse gli occhi.

La verità è che per lui avrebbe fatto di tutto. E preferiva pensarlo vivo e senza la sua nave che morto, impiccato all’albero maestro.

Annuì alla risposta di Barbossa.

Lui la lasciò andare quasi a malincuore osservandola altezzosamente mentre lei tossiva.

“Ma io voglio la vostra.- continuò poi la ragazza con voce rauca.- ditemi che non lo ucciderete.”

Barbossa le porse la destra. “Giuro di non farlo.”

“Che ne farete?”

“Lo abbandoneremo da qualche parte. Vivo. - sorrise.- se voi non parlerete.”

Pur riluttante Evelyne strinse quell’odiosa mano che le veniva porta. “Avete la mia che non fiaterò.”

L’uomo grugnì di soddisfazione e s’avviò all’uscita.

Prima di andarsene gettò un ultimo sguardo alla donna dietro di lui. Era visibilmente scossa e spaventata, finalmente aveva perso quel ghigno superbo che le aveva visto sin dal primo momento e che sin dall’inizio aveva desiderato toglierle dalla faccia.

Eppure c’era qualcosa che non andava. Nonostante lui le avesse menzionato la possibilità che lei venisse uccisa, Evelyne non gli aveva chiesto proprio nulla riguardo le proprie sorti. Possibile che non tenesse alla vita nemmeno un po’? Tutta questa trattativa per Jack e non una sillaba su quello che aspettava a lei, invece, adesso che cambiavano i colori della nave su cui era imbarcata?

I suoi occhi grigi incontrarono di nuovo quelli di ghiaccio di lei.

Incredulo vi lesse ancora quello sguardo superbo e superiore. Non si era cancellato.

Come a dirgli che nonostante la sua forza bruta, nonostante quello che avrebbe potuto farle, lei era più forte. Perché non le interessava.

Grugnendo di rabbia l’uomo se ne andò velocemente sbattendo forte la porta.

 

 

 

 

 

C’era una confusione terribile quella mattina in coperta, una baldoria nemmeno immaginabile. Il vento freddo e una mattina decisamente tutto meno che incantevole, con la nebbia e una pioggerella leggera ma fitta che dava insieme a un cielo grigio e plumbeo l’idea di lugubre teoricità, aveva spinto tutti a rifugiarsi dentro.. tutti tranne Gibbs che Jack aveva elegantemente nominato timoniere.

“E avvertimi se avvisti qualcosa che non va in quella piacevole nebbiolina, comprendi?” gli aveva gridato dietro il capitano.

“Piacevole nebbiolina.- borbottò l’altro, grugnendo.- c’è un tempo spettrale oggi..”

Jack allora aveva inarcato un sopracciglio.

“Quello che voi comuni marinai non potete capire e quindi quello che mi fa diverso da voi, niente di meno sono il vostro capitano, un capitano deve avere sempre qualcosa di diverso dagli altri marinai altrimenti verrebbe meno la ragione principale che lo rende tale..”

Gibbs fece un colpo di tosse, battendosi forte il pugno sul petto per interromperlo.

Jack s’era quindi stoppato un secondo, poi proseguì poi con l’indice destro alzato. “Suddetta ragione è che un capitano vede oltre, Gibbs. Oltre ciò che vedono gli altri. La nebbia sarà antipatica ma ci rende praticamente invisibili.- sorrise, intrigato.- e con Gattopardo e la Marina Britannica alle calcagna io dico che questo è tutto molto molto piacevole.”

Gibbs aveva annuito e si stava dirigendo verso il proprio lavoro quando una domanda gli balenò nella mente. La marina britannica?

“Ehm chiedo scusa, capitano.- riprese, confuso.-.. la marina Britannica…?”

Sparrow si rese conto d’aver parlato un po’ troppo. Sapeva dei malumori che serpeggiavano subdoli tra i suoi uomini e non voleva certo metterci il carico da undici dicendo che avevano sulle loro tracce oltre la selva di Pirati interessati al tesoro di Cortes anche gli uomini di Sua Maestà che rincorrevano la loro piccola assassina.

“Ehm la marina britannica cosa, Gibbs?” ripeté fingendo di non averla nominata ed assumendo un’espressione piuttosto burbera.

L’uomo strinse i lati della bocca corrugando la fronte. “L’avete appena menzionata signore. Dicevate che era sulle nostre tracce e mi chiedo perché mai dovrebbe farlo.”

“No, non credo.” Disse l’altro a mezza bocca. “mai detta una cosa del genere e poi sai che ti dico, Gibbs? Gli Inglesi sono di mezzo sempre e comunque e a considerarli nella lista dei possibili rompi-uova-nel-paniere non si sbaglia di sicuro.”

L’uomo rimase stordito e annuì più volte. “Oh, non ci avevo pensato.”

L’altro sorrise inarcando, fiero di se, un sopracciglio. “Che ti dicevo vecchio mio? è per questo che io sono il capitano.- piccola pausa. Gibbs stava per ribattere qualcos’altro ma lui fu più veloce.- oh adesso basta! Smammare, filare, sciò, c’è un timone che ti aspetta!”

E l’altro, bestemmiando, si era diretto verso il ponte.

Così mentre Gibbs era alle prese con l’umidità e la piacevole (?) nebbia mattutina, là sotto in coperta il resto della ciurma se la spassava allegramente.

Le amache dove i pirati erano soliti dormire erano state spostate e così anche i tavoli, relegati ai lati dell’imbarcazione, dove era seduta gran parte della ciurma che osservava intrepida e urlava, incitava i due uomini che invece stavano al mezzo e che con un po’ di buona fantasia potremmo dire che stavano disputando un incontro di boxe.

Ehm, boxe forse è un po’ forte.. diciamo che combattevano a mani nude e si davano sonori pugni e schiaffi in faccia, testate, colpi bassi, alti, possibili e non, mosse abili ed altre scorrette, insomma quasi un incontro tra due uomini primitivi che avevano incrociato la propria strada.

Ma tutto questo sembrava divertire molto e soprattutto intratteneva tutta la ciurma che tra risate e bevute di rum salutava, dopo l’ennesimo pugno, l’ultimo concorrente di Murder, così l’avevano ormai soprannominato, un gigantone nero che in realtà sembrava obbedire solo a Barbossa e che quella mattina era stato sorteggiato come il “palo.”

Il “palo” in quella specie di gioco era il pugile (con le opportune virgolette sul termine) che non cambiava mai. Era la costante di tutti gli incontri, l’avversario fortissimo che gli altri, sorteggiati, dovevano sconfiggere.

Ma dopo tre incontri nessuno pensava più che fosse possibile.

Il pirata sconfitto si rizzò da terra e con orgoglio sputò sul pavimento prima di lasciare il … ring.. tra le urla degli altri.

Il palo, cioè Murder, alzò le braccia al cielo, gridando. “Avanti! Non sono mica stanco!” suscitando le risa generali.

Cotton prese allora la bottiglia di rum che al suo tavolo avevano appena vuotato e la mise al centro della pista e con un movimento veloce della mano la fece ruotare. Tutti i bucanieri presenti seguirono con ansiosa trepidanza il ruotare della bottiglia di vetro, il suo rallentare.. un giro .. poi un altro.. eccola si ferma.. tutti istintivamente trattennero il fiato mentre osservavano la canna che si fermava lentamente indicando con terrificante precisione il nuovo concorrente per il palo.

Gli occhi di tutti si puntarono sul pirata biondiccio ed alto, con un occhio finto.

Quello ignaro di tutto, o forse semplicemente fingendo di non aver seguito e quindi di non sapere di essere lui il prossimo a venir sbatacchiato da Murder, teneva gli occhi bassi sulle sue carte da poker e non accennava ad alzare lo sguardo.

“Ehi tu, laggiù.” La voce graziosa di Murder però gli fece capire di essere davvero spacciato.

Si voltò con l’occhio che gli roteava nell’orbita in maniera irregolare, magari facendosi espressione del tremore che passavano nelle sue viscere in quel momento. “Dici a me?”

“Vento alle vele, vento alle vele!” rispose il signor Pappagallo Cotton, agitando le ali e sfoderando il suo ‘si.’.

Tutta la ciurma lo osservò con un sorriso di cattivo divertimento. Non fece nemmeno in tempo a dire altro che due braccia lo sollevarono (niente di più facile, magrolino com’era) e lo gettarono dentro la pista liberata subito da Cotton, dal pappagallo e dalla bottiglia di rum, colpevole di tutto questo.

Il chiasso di quelli che seguivano l’incontro, o per meglio dire il pestaggio, ricominciò, mentre chi non era interessato si rituffava in ipotetiche partite di poker improvvisate ai tavoli, chi semplicemente beveva rum o chiacchierava riguardo guadagni futuri come il tesoro di Cortes ormai per tutti più vicino che mai.

Evidentemente uno di coloro che non amavano né la boxe né il buon rum né il poker, per il momento, era proprio Barbossa che parlava intensamente con uno dei suoi scagnozzi preferiti, fitto fitto, non staccando mai lo sguardo dal suo interlocutore.

E Jack osservava bene quella scena. Anche lui non era un pirata ordinario in quella circostanza. Non si divertiva, non giocava e beveva solo di rado, giusto perché lo aiutava a pensare meglio.

I suoi occhi neri stretti a fessure dalla concentrazione fissavano il suo primo ufficiale con interesse crescente. Quella che stava conducendo Barbossa, con quel tipo e con altri che quasi a turno si fermavano al suo tavolo, non era una chiacchierata di piacere.

Né di malumore. Non si stava lamentando perché non sbuffava, non negava con il capo né distoglieva spesso lo sguardo, scontento.

Ma nemmeno raccontava qualcosa di suo, magari un’avventura o un abbordaggio particolarmente riuscito.. no, nemmeno. Era troppo serio, troppo teso.  E troppo eccitato da quello di cui stava discutendo. Parlava a bassa voce, con enfasi e seppure distante poteva vedere bene una strana luce brillare negli occhi grigi dell’astuto pirata.

Sparrow temeva quella luce. La vedeva brillare negli occhi di quella testa calda ogni volta che c’era un attacco o un’azione particolarmente importante.

E non era possibile che fosse la prospettiva del tesoro di Cortes a dargli tutta questa esaltazione.

Jack distolse fulmineo lo sguardo prima che Barbossa, sentendosi osservato, lo voltasse verso di lui, scoprendo così di essere stato fissato tutto il tempo.

Il capitano si fece allora un buon sorso di rum e aprì la sua bussola giusto per controllare se Gibbs, lassù sul ponte, stesse conducendo la Perla verso la rotta giusta. L’aprì e un buon sorriso s’allungò sul suo volto non appena notò che tutto andava perfettamente… fissava ancora il suo adorato aggeggio intagliato nel legno quando improvvisamente l’ago metallico vibrò e cambiò repentinamente posizione lasciando la linea dritta di poco prima, per spostarsi all’estrema destra.

Con uno scatto Jack fu in piedi e s’apprestava già a correre su da quel deficiente di Gibbs che improvvisamente aveva combinato un casino con la rotta, quando notò cosa o per meglio dire chi aveva fatto incurvare l’ago.

A estrema destra c’era lei, Evelyne.

Con un sorriso divertito Jack si risedette, piano, al suo tavolo solitario, abbandonando la scenetta tragica di Barbossa e fissando il suo imperscrutabile sguardo sulla nuova arrivata che si faceva lentamente largo tra la folla di pirati che si erano alzati in piedi, accesi dagli ultimi sviluppi dell’incontro.

In effetti li match stava finendo.

“Avanti…” grugnì forte Murder spalancando le braccia per invitare il malcapitato, tutto nero dai pugni, a farsi di nuovo incontro .. per riceverne altre più che per colpirlo..

Il biondino tutto tremante, ma tenendo ancora i pugni ben alzati, fece di nuovo un passo verso il gigante nero che gli rifilò l’ennesimo schiaffo in faccia.

Tutti i presenti questa volta sentirono uno strano “splot” che non c’era stato durante gli schiaffi precedenti.

Ma in un attimo capirono che cosa era accaduto.

Dalla faccia malmenata del pirata era saltato via il tanto prezioso occhio azzurro lasciando al suo posto un buco e l’orbita vuota. “Oh no!- esclamò l’uomo toccandosi il viso.- il mio occhio!”

Tutti inizialmente scoppiarono a ridere, poi ci fu un “bleah!” generale quando si accorsero dove era finito il suddetto occhio.

Nella bocca di un pirata che stava ridendo a squarciagola.

Questo strappò un sorriso anche al concentrato Jack Sparrow che alzò il bicchiere a mo’ di brindisi “Buon appetito!”  esclamò tra le risa e gli sguardi disgustati di tutti.

“Non morderlo!” urlicchiò il mezzo cieco verso l’altro che si ritrovava quell’imbarazzante parte del corpo umano in bocca. L’uomo, con la faccia diventata verde dal disgusto, risputò subito l’occhio finto che rotolò sul pavimento come una biglia, andandosi a nascondere chissà dove sotto lo sguardo angosciato del biondo che si gettò subito carponi per ritrovarlo.

Ma qualcuno fu più veloce di lui. La scimmietta di Barbossa l’afferrò immediatamente  tra le zampe e se lo portò via correndo a perdifiato.

“Brutta ladruncola, torna qui!” l’inseguì rialzandosi in posizione eretta e scontrandosi così con la graziosa figura di Evelyne che, ancora un po’ stordita, ebbe solo il tempo di godersi la scena dell’uomo con l’orbita vuota e poi finì per terra senza nessun altro convenevole.

Imprecò come un buon pirata mentre si rialzava e trovò la mano di Sputafuoco Bill proprio protesa per lei.

I suoi occhi azzurri scintillarono come un sorriso. “Grazie.” Fu subito in piedi e, sebbene lì sulla nave parlare di igiene e pulizia era come parlare di spirito santo, si strofinò la gonna, lanciando uno sguardo stizzito nei confronti del pirata che l’aveva atterrata e che ancora correva dietro all’astuto animaletto.

“Ma che diavolo state facendo stamattina?” domandò la ragazza al signor Turner lanciando sguardi interrogativi nei confronti di Murder, ora rimasto solo nella pista.

L’uomo le lanciò un sorriso benevolo offrendole in contemporanea un sorso di rum che lei negò con un gesto della mano. “Che volete che vi dica, Evelyne..- sospirò l’uomo.- … pirati. Ci divertiamo così.”

“è qualcosa di estremamente barbaro.” Commentò la giovane mentre osservava la bottiglia al centro roteare verso un nuovo, povero, concorrente. Venne estratto un tipo abbastanza grosso e tutti urlarono ancora più eccitati perché quello probabilmente avrebbe dato del filo da torcere a Murder, rendendo l’incontro più avvincente.

“Ma non ci sono regole!” esclamò la ragazza quando il nuovo concorrente colpì il palo in mezzo alle gambe facendo ridere tutti. I suoi occhi fiammanti fissarono il suo interlocutore. “Qui qualcuno potrebbe farsi molto male..”

Bill l’osservava divertito: la sua innocenza lo faceva sorridere. 

“E la nave?” tornò a domandare Evy, negando con il capo all’indirizzo di quello spettacolo ripugnante.

“Sparrow ha incaricato Gibbs di guidarla.” Rispose finalmente l’uomo facendo un altro buon sorso d’alcool. “ma credo che tra poco il capitano gli andrà a dare il cambio. Sembra non divertirsi molto..” istintivamente gli occhi di ghiaccio di lei si fissarono sulla figura solitaria di Jack incontrando il suo sguardo. Chissà da quanto tempo la stava fissando a quel modo.

Un leggero sorriso si accese sulle labbra di entrambi e senza dire altro la giovane si accomiatò da Sputafuoco e si diresse con passo lento ma deciso verso il suo capitano preferito.

“Almeno fino ad ora..” aggiunse Turner con un sorriso malizioso all’insegna dei due.

Quando arrivò vicino al suo tavolo di legno Evy accarezzò con la destra la spalla della sedia vuota, di fronte a Jack. Con un sorriso la scostò e si sedette, esordendo. “Se tutto questo non ti piace dovresti farli smettere.”

Lui inarcò un sopracciglio notando che quella mattina Evelyne aveva abbandonato i suoi abiti pirateschi ed era tornata al suo vecchio abito bianco-grigio di quando l’aveva conosciuta in prigione. 

“Chi l’ha detto che non mi piace?” domandò retoricamente non smettendo di fissare la giovane interlocutrice.

Lei scrollò le spalle. “Non sembri molto partecipe.”

“Invece mi sto divertendo un sacco. Guarda un po’.” Mentì spudoratamente con un sorrisetto beffardo dipinto in volto. “E tu? Una ragazza di buona famiglia non dovrebbe assistere a simili spettacoli.”

Lei corrugò la fronte. “Infatti ne farei a meno, buona famiglia a parte, sono cose disumane che solo un branco di barbari e buzzurri come voi possono fare.”

Murder mollò l’ennesimo cazzotto e dalla bocca del malcapitato esplosero almeno un paio di denti che volarono nella stanza con la velocità di una scarica di proiettili.

Jack scoppiò a ridere, Evelyne non trattenne un’espressione disgustata. “Mio Dio..”

“Vedo che i panni cenciosi di Rubiens non hanno durato molto.. alla fine il tuo orgoglio femminile è venuto a galla..” nei suoi occhi brillò lo scherno e lei rispose inarcando un sopracciglio.

“Gli abiti di Rubiens erano diventati più sporchi di questo vestito. Visto che qui non c’è la possibilità di lavarsi, ho pensato che almeno avrei dovuto cambiarmi spesso..”

“Mm… e l’abito bordeaux?”

“Mi piace più l’idea di indossare un abito che puzza di prigione piuttosto uno che ha il profumo di Miss Barbossa!” esclamò la ragazza appoggiando il volto ad un palmo della mano e giocherellando con un ricciolo. 

Jack le sorrise. “… E la sbornia… passata?”

Lei alzò le spalle mentre un piccolo magone iniziava a farsi strada nel suo stomaco. “Sì. Più o meno. Ma non accadrà più, giuro su..”

“Ah ah.” L’interruppe lui che mandò una spinta al suo bicchiere di rum, facendolo finire dritto tra le mani di lei. “mai giurare su cose simili, bellezza. Una volta iniziato è fatta. Prima o poi ci si ricasca sempre..”

Lei incrinò i lati della bocca a questa bella perla di saggezza e con un gesto stizzito rispedì il bicchiere al mittente. “No grazie. – sospirò.- ah, ma possibile che voialtri non beviate altro?”

“Come no!- sbottò lui, quasi offeso.- c’è anche della birra, buonissimo vino francese e..”

“Si va beh lasciamo perdere..” borbottò lei abbassando lo sguardo sugli gli intagli del legno del tavolo. Perché si sentiva così in difficoltà con lui? Si rese conto di non riuscire a stare un attimo in silenzio dall’imbarazzo..

“E Cortes?” domandò quindi stringendo nervosa un ricciolo tra le dita.

“Oh Cortes è morto, darling. O almeno così speriamo tutti perché se non fosse defunto avrebbe circa..”

“No no..- l’interruppe lei, stizzita e rossa in viso.- intendevo il tesoro, Jack, il tesoro di Cortes..”

“Il tesoro?”

“Sì. Il tesoro.”

“Oh… -parve spaesato.-  il tesoro sta ancora lì suppongo..”

“Sì..- Jack era davvero esasperante se voleva.- io volevo solo sapere fra quanto ci giungeremo..”

“Beh potevi chiederlo direttamente..”

“Te lo sto chiedendo direttamente..”

Lui le sorrise, intrigato, ben consapevole di farla innervosire. “Non prima di due giorni.- rispose finalmente ma un improvviso scossone della nave fece rotolare il suo bicchiere dal tavolo, facendolo infrangere a terra. I suoi occhi fissarono istintivamente il soffitto.- se tutto procede per il meglio.”

Il mare si stava ingrossando.

Lei sospirò irritata. “Ecco, ci mandava la bufera!”

Era nervosa, agitata, scostante. Jack lo aveva percepito subito, non appena si era seduta. Evitava di guardarlo e se lo faceva non reggeva il suo sguardo per più di qualche secondo poi, o lo abbassava trovando evidentemente qualcosa di molto più interessante nei disegni del legno, o cambiava argomento e parlava parlava come se avesse paura del silenzio.

All’inizio pensò che le sue guance erano così rosee d’imbarazzo e i suoi occhi così sfuggenti a causa di quello che era successo la notte scorsa. A causa della sua confessione, della sbornia.. infondo Evelyne Smith era un tipo orgoglioso, una donna che aveva imparato a non mostrare le proprie debolezze a nessuno… magari avergli confessato le sue paure la faceva sentire stranamente nuda adesso, davanti a lui…

Ma.. qualcosa gli diceva.. nel profondo del suo istinto.. e mai sottovalutare l’istinto di un capitano.. che c’era qualcos’altro.. che c’era di più..

Decise d’indagare e tornò a guardarla, cercando di vedere al di sotto delle sue belle e lunghe ciglia nere. “Ti da fastidio?”

“Tutto questo chiasso? Molto.” Rispose lei trovando un mozzicone di candela con cui giocherellare.

“Non quello.- disse indicando con il capo Murder che aveva svuotato la bocca dell’avversario da tanti, piccoli, storti, denti neri.- Io.”

Lei alzò lo sguardo verso di lui che continuò allungandosi verso di lei. “Che io.- disse con il volto vicinissimo al suo e con un accento basso basso da farle accapponare la pelle.- che io sappia, Evy..”

Lei sentì il fiato mancarle. Jack era vicino, troppo vicino.. sentiva uno strano mostro dentro di se ruggire nel suo stomaco improvvisamente più in subbuglio di quando aveva bevuto litri di rum, la testa vuota di pensieri e le mani sudate.. e c’erano loro, gli altri pirati. Jack non si curava degli sguardi della ciurma (anche se pochi si erano accorti che quei due erano ad un soffio) e la guardava, provocandola con lo sguardo e con le sole movenze del viso.

Lei invece sentiva forte su di se gli occhi di Barbossa. E nella mente le parole di Barbossa.

 

… uno smidollato, incapace, perso dietro le gonne di una ragazzina…

 

Si distanziò di botto, quasi con uno scatto.  

Il pirata rimase basito dal suo comportamento. Fece per parlare ma la Smith fu più veloce. “Credo di non sentirmi molto bene.. mi gira la testa, qui c’è troppa confusione..”

Improvvisamente videro la scimmia di Barbossa approdare  in mezzo a loro.

E poi, subito dopo di lei, il pirata biondo si fiondò sul tavolo facendo capitolare tutto quanto.

“Sì.- convenne Jack guardando con indifferenza l’altro pazzo e tutto il macello da lui combinato.- andiamo.”

S’alzarono entrambi ma quando Jack si diresse sul ponte, Evy lo fermò. “No!” disse, imperiosa.

 Sul ponte c’era Gibbs. No, forse Gibbs non era del gruppo di Barbossa… o forse si.. insomma che ne poteva sapere lei di chi era con lui e chi contro di lui? Ormai non si fidava di nessuno.

Allo sguardo incuriosito di Jack rispose balbettando: “No, io… non … Jack preferisco stare al chiuso.. forse è meglio che torni nella mia cabina.” Si girò e con le lacrime che premevano forti sulla soglia dei suoi occhi andò a passi svelti nella sua stanza.

Si stupì nel sentire Jack che la prendeva per un braccio. “Posso ospitarti da me?”

 

 

 

 

Il vento gonfiava le vele della grande imbarcazione inglese che solcava le acque rapidamente, con la ferocia di un cacciatore in cerca della sua mirabile preda.

“Signor Khun.”

L’uomo ignorò per qualche istante chi lo cercava e restò fisso a guardare con il cannocchiale davanti a se. Era scosso ogni tanto da piccoli tremiti ma non lasciava la sua postazione, intento com’era a scrutare il mare, ansioso di vedere finalmente all’orizzonte ciò che bramava da giorni.

“Signor Khun.” Richiamò pazientemente l’altro, un giovane soldato, accompagnando la voce con un piccolo gesto, appoggiò la mano sulla spalla del cinquantenne. L’uomo sussultò e si tolse il cannocchiale frettolosamente puntando sul ragazzo uno sguardo un po’ disorientato.

“Sì, dimmi James.”

James Norrington fece un piccolo respiro poi tolse la mano dalla sua spalla, capendo che quella confidenza poteva creare un certo imbarazzo. Puntò i suoi occhi scuri in quelli scintillanti del signor Khun Smith e disse con voce bassa ma intensa. “L’abbiamo avvistata, signore.”

L’uomo sgranò gli occhi e James ebbe l’impressione di vederlo sbiancare, sotto la luce del sole mattutino. “Ne.. ne sei certo, James? Io non ho visto nulla.”

“Dall’altra parte, signore.”  Il ragazzo si voltò indicandogli con il braccio sinistro un altro paio di soldati che scrutavano l’orizzonte con il cannocchiale. “l’hanno avvistata qualche minuto fa. Vele nere, andamento veloce, rotta verso sud.- si voltò verso il suo interlocutore.- è la Perla Nera.” 

Smith intanto aveva distolto lo sguardo e come colto da un mancamento si era appoggiato a parapetto, sospirando forte ed asciugandosi il sudore dalla fronte con un fazzoletto estratto dalla divisa.

“Signor Khun.. signor Khun vi sentite bene?” istintivamente Norrington lo resse, stringendolo forte per un braccio e cercando così di sostenerlo il più possibile, sicuro di vedere l’uomo a terra svenuto tra pochissimi secondi.

L’inglese balbettò un “Si..” davvero molto incerto, così James con un cenno chiamò a se altri due uomini e lo accompagnarono a sedere, in coperta, lontani dal caldissimo sole di mezzogiorno. Lì si fece portare un paio di bicchieri con dentro del buon whiskey, un po’ forte ma sicuramente efficace per gli abbassamenti di pressione. “Ecco, bevete.” Continuò il ragazzo porgendone uno all’uomo che lo accettò di malavoglia.

Khun si aprì il colletto della divisa e sospirò, passandosi una mano tra i capelli neri brizzolati da parecchi fili argentei.

James era sicuro che, se non ci fosse stato lui, Khun Smith avrebbe pianto. La sua era disperazione, altro che pressione bassa.

Fecero un piccolo brindisi poi entrambi ingurgitarono il liquido arancio metallico.

“Attaccheremo?”

L’altro annuì con vigore. “Non appena saranno alla portata dei cannoni.”

“è..- esitò distogliendo lo sguardo per l’ennesima volta.- …è proprio necessario…. Ah, che  diamine! Lì c’è mia figlia, Norrigton!”

L’altro lo fissò giocherellando con il bicchiere. “Se non lo faremo noi lo faranno sicuramente loro non appena si accorgeranno che ci hanno sulla rotta. I pirati non sono molto inclini alle trattative..”

L’uomo sembrò ancora più sconvolto. “Dobbiamo.. dobbiamo prenderla viva, lo sapete, vero?”

James annuì ma il suo sguardo si fece improvvisamente severo e duro.

Conosceva Evelyne da quando era piccola, da quando flirtava solamente con Charles, conosceva e voleva bene ad Evelyne come un uomo può amare la ragazza di suo fratello, come un parente può amare una sorella.

Rispettava Khun Smith ma lo odiava con tutto se stesso. Se Evelyne aveva ucciso l’assassino di Charles Norrington, suo fratello, per lui era un’eroina, non un’assassina. Aveva avuto il coraggio di seguire il proprio istinto e per quanto l’omicidio fosse una realtà condannabile, lui non riusciva a braccarla come un branco di cacciatori fa con una volpe assassina di decine di polli.

Soprattutto perché la caccia era iniziata a causa dell’uomo che aveva di fronte.

Il padre di Evelyne.

Un padre che aveva denunciato la figlia.

Amaramente, James pensò che adesso quell’uomo scontava tutte le pene per quell’ atto così innaturale per un padre ( che di norma dovrebbe proteggerli i figli, non gettarli nelle braccia del boia).

Eccolo, Khun Smith, l’uomo tutto d’un pezzo che onorava le leggi e il proprio re, l’uomo che per dimostrare quanto fosse determinato a catturare la figlia rea d’omicidio stava tutto il giorno con il cannocchiale puntato all’orizzonte perché nessuno potesse dubitare di lui.

Eccolo, adesso. Quasi febbricitante, tremante ed insicuro, tormentato. Perché quando Evelyne si era salvata dall’impiccagione aveva tirato un inconfessabile respiro di sollievo e, chi lo sa,  forse aveva sperato con tutto il cuore che quella maledetta nave non venisse rintracciata mai.

Anzi,  magari era rimasto lui di vedetta proprio per non avvertire gli altri dell’avvistamento.

Quel pensiero gli trasmise un gran senso di pena per quell’uomo. Un soldato ed un padre. 

Diviso tra quello che è vuole fare e quello che deve fare.

Tuttavia si rimaneva increduli al pensiero che un padre, per quanto onesto possa essere, possa altresì  sopportare la vista della figlia appesa con un cappio al collo.

James si liberò da quei pensieri con una scossa del capo.  “Lo so, signor Khun.” La sua voce vibrò d’odio e questo Smith lo capì benissimo. “Ma un attacco non può essere evitato. Se oltre a sua figlia riusciamo a mettere le mani anche sulla nave ed affondarla, allora sarà un vero successo. Ci sono anche altri gruppi di aggregazioni piratesche nei Caraibi ma riteniamo che la Perla Nera sia l’ultima vera minaccia per la corona britannica.”

L’uomo non l’ascoltava con attenzione, i suoi occhi viaggiavano inquieti sul suo interlocutore o sul tavolo o nel suo bicchiere, denotando un grande spasmo interiore.

“Un attacco.. potrebbe però compromettere la vita dell’evasa.- parlava della figlia con un’impersonalità che stonava con lo stato emotivo in cui l’uomo versava.- potremmo iniziare una trattativa…”

Quel comportamento infastidì presto James che decise di abbandonare l’abituale contegno e dire per una volta quello che quell’uomo si meritava senza tante moine. “Come mai tanta preoccupazione per la vita di Evelyne Smith, signor Khun?” non a caso mise il cognome nella frase. “Deve morire comunque, no?”

“Non.. non è certo…- balbettò l’altro, distogliendo lo sguardo.- ho fatto domanda per la…grazia… ho chiesto al re che venga graziata…forse ”

James sgranò gli occhi, incredulo. Forse il padre aveva preso il sopravvento sull’uomo?

“Adesso è tardi, signore. Troppo tardi per ogni ripensamento..”

S’alzò, disgustato, e lasciò quell’uomo solo con il suo giusto tormento. 

 

 

 

 

 

Evelyne non seppe nemmeno perché lo seguì nella sua cabina.

Non riusciva a non pensare a quello che le aveva detto quel dannato pirata, rivedeva davanti agli occhi Barbossa e le sue minacce, sentiva ancora la sua stretta attorno alla gola. Dannazione, lei non voleva non voleva! Non poteva pensare ad un ammutinamento, lei voleva salvarlo, voleva che lui restasse il capitano.. ma non poteva parlare! Altrimenti l’avrebbe ucciso lei stessa!

Jack la riportò drammaticamente nel suo mondo. “Evelyne che c’è?” le chiese brutalmente scuotendola.

Lei lo fissò intensamente, un po’ spaesata. “Niente.”

“Tesoro.- esordì lui con un piglio estremamente esperto.- il mio grande intuito e conoscenza riguardo l’universo femminile mi suggerisce l’idea che tu abbia un problema.” Sorrise. “Avanti. Fuori il rospo.”

 

…Conservate il vostro segreto e Jack non morirà…

 

Lei distolse prepotentemente lo sguardo. “Ti ho detto che non ho niente. Sei peggio di una comare invidiosa, insomma, vuoi smetterla d’essere così curioso?!”

Lui le appoggiò presuntuosamente una mano sulla pancia. “Eccolo qua il tuo problema.- tastò il suo stomaco come un dottore. – sento un grosso, grosso magone..”

Lei arretrò, roteando gli occhi “è arrivato il dottore..”

“Ehi io sono un capitano.”

“Non un dottore.”

“E che cos’ha in più un dottore, sentiamo? Io ho una nave.- altra fitta nel cuore di Evy.- una ciurma, il mare e…” la fissò intensamente sospendendo quel discorso sconclusionato.

“E?” domandò lei con il fiato improvvisamente corto.

“… La possibilità d’aiutarti qualora tu lo voglia.” Evelyne s’accorse che la mano del pirata era ancora lì, sul suo ventre, e bruciava sulla sua pelle, come se riuscisse a trapassare anche l’ostacolo del vestito. “Ovviamente deve esserci anche un buon riscontro per me, intendiamoci.”

Evelyne avrebbe voluto ringraziarlo, davvero. Era così disponibile, così dolce nei suoi confronti.. ingoiò il magone più amaro della sua vita e fissò l’uomo con gli occhi lucidi.

Una sola parola, una sola richiesta le urlava nella mente in quel momento. Sicuramente quello non era il frangente adatto, la situazione non era delle migliori eppure il suo cuore non voleva sentire ragioni e urlava quella necessità così forte che  era sicura che prima o poi dalla testa le sarebbe passata nella bocca e sfuggita dalle labbra.

“Baciami.”

Jack rimase stupito nell’udirlo quanto lei nell’averlo detto sul serio.

Tossicchiò. “Ehm..”

Evelyne non era disposta a dirlo di nuovo. Ma non poteva nemmeno tornare indietro, non se lo sarebbe mai perdonata.

Così lo baciò.

Fu un atto del tutto irrazionale, senza motivo, che lasciò senza dubbio sorpreso anche l’interessato: sentì benissimo lo stupore dell’uomo non appena lei premette forte le labbra sulle sue. Evy si distaccò subito dopo, sentendosi improvvisamente molto stupida. Lui l’osservò, quasi basito.

E senza dire nient’altro questa volta fu lui a baciarla esigendo, però, che lei schiudesse le sue belle labbra vermiglie e gli desse finalmente accesso alla sua bocca. Evelyne non oppose resistenza e anzi lo strinse a sé più forte che poteva sentendo in quel momento il bisogno fortissimo di stare con lui, di sentirlo vicino, tra le sue braccia.

Jack la baciò con tutta la passione soffocata degli ultimi giorni quando aveva desiderato mille volte farlo ma aveva atteso, pazientemente, che fosse lei a fare il primo passo verso di lui. La prese per la vita e nonostante la sentisse lamentarsi un po’, la sollevò fino a farla sedere sul  grande tavolo, sopra le sue adorate mappe.

I loro volti erano alla stessa altezza ora e lei poteva contemplare il nero profondo dei suoi occhi così da vicino da temere di smarriticisi dentro. Soffocò un gemito quando lui le sollevò la gonna fino alla cintola facendole passare le sue rudi mani da pirata sulla pelle liscia delle sue gambe.

Deglutì a fatica abbracciando quel corpo irrobustito da tanti giorni in mare con le sue esili braccia da nobildonna, la sua pelle chiara di giovane sempre chiusa in casa in contrasto con quella abbronzantissima di lui, cotto al sole notte e giorno.

Jack baciò di nuovo la bocca e poi il collo di lei che mettendogli una mano sulla nuca lo guidava lungo la sua spalla, mordendosi il labbro inferiore con i denti.

Ecco, tra le sue braccia, così, si sentiva finalmente completa, felice, appagata. Amata.

Che cosa avrebbe fatto quando l’ammutinamento si sarebbe compiuto?

E Jack? Che cosa avrebbe detto di lei, una volta scoperto che era al corrente di tutto?

La Perla Nera era la sua Nave. La sua vita. E lei stava contribuendo a togliergliela.

L’avrebbe odiata, scacciata, respinta.

Il pensiero di essere condannata e allontanata anche da lui, dall’unico uomo che aveva accettato di accoglierla con se quando il mondo la voleva morta appesa ad una corda, la fece sprofondare nella disperazione. Ma perché doveva portare alla distruzione ogni uomo che amava?

S’accorse di singhiozzare, abbracciata a lui, e sentiva le lacrime correrle veloci sulle guance.

Jack si fermò, un po’ titubante, con un sorriso sornione stampato in volto.

“Ehi..”

“Va tutto bene..- disse prontamente.- tutto bene..”

“Lo so. Faccio sempre un effetto sconvolgente alle donne..” lei rise tra le lacrime e cercò di nuovo le sue labbra che lui non le negò affatto.  Con abile mano –ora si trattavano di indumenti femminili, eh eh.-  corse a scioglierle i lacci che dietro la schiena s’intrecciavano a sostegno del corpetto.

“Questa volta sono molto più bravo, no?” le sussurrò all’orecchio tra i suoi cespugliosi capelli ricci.

Un improvviso botto alla porta fece sussultare entrambi. Non ebbero nemmeno il tempo di chiedersi che stava accadendo che Gibbs irruppe nella stanza, come tra l’altro era suo costume fare, gridando. “Capitano, Capitano, Cap..” la voce si stoppò in gola sotto la visione di Evelyne che si sistemava la gonna, accavallava le gambe (prima intrecciate attorno al suo partner) e si metteva a posto la scollatura del vestito che Jack aveva sapientemente ampliato.

Il capitano, dal suo canto, osservava l’uomo con un cipiglio altezzoso. “Ebbene?” disse con arroganza mista a irritazione. Gibbs distolse immediatamente lo sguardo dalla giovane.

“Ehm capitano..- balbettò quasi indeciso.- ah.. la marin la britan .. la..”

“La marina Britannica?” la voce argentina di Evelyne lo fece risvegliare.

“Esattamente! Avvistata, l’abbiamo avvistata! Ci sono alle costole, capitano.”

“Visto Gibbs?- esclamò il pirata sistemandosi la camicia. –maledetti inglesi.. sempre a rompere i cogl..”

“Come procediamo signore?”

“Avverti gli uomini, ordina di preparare i cannoni e disporsi per la battaglia. Presto!” Gibbs volò fuori dalla cabina. Sparrow regalò un ultimo sguardo alla ragazza, dicendo.

“Il tuo paparino ha deciso di venirti a fare un saluto proprio nel momento meno opportuno, a quanto pare …tempismo perfetto.”

Lei gli lanciò un sorriso che sapeva più di nervosismo che d’altro.

“Andiamo a vedere che succede.” Mormorò allontanandosi a malincuore da lei e dalla sua cabina.

Evelyne scese dal tavolo, sospirando, si sistemò ulteriormente il vestito ed uscì dalla stanza, seguendo a ruota Jack.

Urlò non appena sentì qualcuno prenderle forte il braccio e torcerglielo dietro la schiena.

“Calma, calma, Miss..” la sua voce la raggiunse all’orecchio sinistro.

Di nuovo Barbossa, di nuovo lui.. si divincolò dalla sua presa con uno scatto furioso. “Ancora voi?” i suoi occhi se fossero state spade l’avrebbero di sicuro infilzato. “ma che cosa volete ancora da me?”

“Sul ponte, sul ponte, gli inglesi si avvicinano!” sentì bene le grida degli altri pirati che correvano di qua e di là abbandonando i loro divertimenti.

Era lampante che la flotta si trovava lì per lei.

Il primo ufficiale si voltò verso di lei con un sorriso vittorioso. “Forse avevate ragione, Evelyne.”

Lei aggrottò la fronte.

“Di che parlate..”

“Tutta la ciurma sa per che cosa.. o per meglio dire.. per chi la flotta è qui. –pausa.- Adesso credo che gli uomini aggiungeranno un altro motivo alla loro lista… VOI.”

E ridendo aspramente s’incamminò sulla scala che l’avrebbe condotto al ponte, sotto lo sguardo smarrito di Evelyne Jane Smith.

 

 

 

 

 

 

 

To be continued..

Diomache.

“è per questo??” urlò la ragazza faticando a contenersi. “sono i miei sentimenti per Jack che lo hanno portato ad essere malvisto da tutta la ciurma?”

“Non datevi così tanta importanza, mis

"

 

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Capitolo 9
*** A Good Man.- Par Two.- ***


Darkness and Starlight

Sono tornataaaaaa!

Mio Dio ragazzi non sembra possibile nemmeno a me! Mamma quanto tempo è passato!

Mi dispiace, mio nonno ha avuto molti e gravi problemi di salute e per un bel po’ ho dovuto sopportare un bel po’ di stress! Ma adesso diciamo che la situazione si è un po’ normalizzata ed io posso tirare un bel sospiro di sollievo! Sono davvero desolata per tutto il tempo che è passato dal mio ultimo aggiornamento, avrete pensato che la storia sarebbe rimasta senza una conclusione… ma io mantengo fede alle mie promesse e quindi eccomi qui!

Prima di passare ai meritatissimi ringraziamenti, vorrei dirvi che per me questo capitolo è stato molto difficile da scrivere. Un po’ perché è l’ultimo, il che mi causa sempre problemi, un po’ perché ci sono state scene e pezzi che non sapevo come interpretare, spero davvero di aver lasciato tutti IC, mi sono impregnata al massimo affinché sia così.

Spero quindi che non mi facciate mancare i vostri commenti, sono preziosi come l’oro!!

Prima di iniziare vorrei ringraziare di cuore tutte le persone gentili che mi hanno dimostrato tanto appoggio lasciandomi un commento sul capitolo avviso:

Giadina990 ,Tensi,Nassla ,  _Eleuthera_ ,  Black_kisses_,  LillySparrow,  EriS_SaN,  Gaki Grazie!!

E naturalmente un bacio enorme anche a coloro che hanno commentato il precedente capitolo:

LillySparrow (amica mia, quanto tempo! mi dispiace per non averti risposto alla mail purtroppo mi si sono accavallate un po’ di cose da fare e poi alla fine è andata così.. comunque saperti vicina mi ha fatto davvero tanto tanto piacere, grazie ti voglio bene!!^^) Sisya, LauraSparrow, Apple( amica, ci ritroviamo sempre io e te!^^)Blak_kisses_  (Grazie mille per le tue belle parole.. mi hai lasciato a bocca aperta!) MellyVegeta, Luluzza, _Eleuthera_ (Grazie davvero tanto per i complimenti!) Gloria85, Chantal

 

Avrei voluto rispondere per intero alle recensioni di tutti, ma purtroppo il tempo stringe e vorrei lasciarvi al capitolo, avete aspettato tanto!

Un bacio, spero veramente che la conclusione vi piaccia.

Buona Lettura,

Diomache.

 

 

Darkness and Starlight

 

 

 

 

Capitolo  IX:  A Good Man

 

 –part two.-

 

 

 

 

 

 

<< Lasciarsi illudere, diranno I saggi, non è bello.

Non lasciarlo fare, dico io, è ancora peggio.

Chi crede che la felicità dell’uomo dipenda dalle circostanze reali è completamente fuori strada: dipende dall’opinione che si ha delle cose.

La felicità sta in quel che si crede. >>

 

 

Elogio della Follia. Erasmo da Rotterdam.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bloccata.

Si sentiva esattamente bloccata come sospesa in un limbo, un limbo oscuro che era quella stiva, indecisa tra il salire le scale che l’avrebbero portata sul ponte o restare lì, in balia dei suoi pensieri e delle oscillazioni della nave.

La marina Britannica. Quasi non riusciva a crederci.

Aveva pensato che quel giorno non sarebbe mai arrivato.

Inconsciamente e forse anche stupidamente, aveva pensato di essere al sicuro.

La Perla Nera, il tesoro di Cortes, le leggende, gli intrighi a bordo e l’amore stesso che provava per quel depravato di un pirata avevano finito per farle dimenticare la spada di Damocle che pendeva sul suo capo.

Il pensiero della flotta, di suo padre e di tutta la nobiltà inglese che chiedeva il sangue di un’assassina era scivolato via dalla sua mente con una superficialità di cui francamente non si riteneva capace.

Ed adesso la Marina Britannica era lì, imponente, maestosa e terrificante. Non si sentiva pronta per vedere quelle grandi vele bianche, la bandiera inglese che troneggiava sopra l’albero maestro e sentiva un nodo al cuore solo al pensiero di dover vedere altro, come lo sguardo di qualche soldato… di James Norrington per esempio… o peggio ancora quello di suo padre…

Il vociare forte dei soldati che annunciavano il rapido avvicinamento della nave nemica la distolse da tutti i suoi pensieri.

“è l’Interceptor!” gridava qualcuno con la voce tinta di timore e rispetto insieme. Quel nome così familiare suscitò in lei un turbine di pensieri e di emozioni che la spinse a compiere il grande passo e a salire in fretta quelle scale.

Non si curò del forte vento che imperversava e mitigava un sole quasi accecante perché i suoi sensi erano tutti attirati da quella grande calamita che era l’Interceptor, la nave che l’aveva vista nascere e crescere...

“JACK SPARROW!” Il grido forte di un uomo che si sporgeva dall’Interceptor con lo sguardo fiero, acuto e l’uniforme inglese si elevò sopra la confusione. Era sconvolto dal vento che gonfiava impetuoso le vele delle due navi spingendole e sballottandole al ritmo del mare che si stava rapidamente ingrossando.

Il cielo era grigio e gravoso come lo sguardo del capitano inglese ma allo stesso tempo anche fiero e spavaldo come quello dell’americano, di Sparrow, che si era fatto avanti e con un gesto quasi teatrale aveva allargato le braccia verso il suo interlocutore.

“Ci conosciamo?” domandò con la finta allegrezza di una fanciulla che vuole allontanare uno spasimante poco gradito.

Serpeggiarono risa tra i pirati. L’unica a non condividerle era lei, che se ne stava un po’ in disparte con gli occhi bassi, le mascelle serrate per l’agitazione e i denti che premevano impietosi sulle sue labbra.

“Miss Smith...- la voce bassa di Turner la colse alla sprovvista.- nascondetevi.”

Evelyne sapeva che quella sarebbe stata la cosa giusta da fare. Ma non riusciva ad allontanarsi da lì. Sarebbe stato così facile entrare in cabina e chiudere gli occhi sotto le coperte… eppure non ci riusciva e si odiava per questo.

Perché si sentiva incollata al pavimento come se il legno della nave le trattenesse i piedi  e il corpo fosse immobilizzato dall’abbraccio forte del vento. 

Perché la tentazione e al contempo la paura di vedere suo padre era troppo forte. Si sentiva come quando da bambina si trovava di fronte ad una scena brutta: si copriva la mano con gli occhi, ma poi sbirciava tra le dita.

Il capitano inglese, Letray, uomo che lei conosceva bene, signore distinto, lucido e bellicoso rispose al pirata con la stessa sfrontatezza. “No non ancora capitano! Infatti manca giusto il vostro scalpo alla mia personalissima collezione…”

“Oh, che peccato non potervi aiutare…”  con un gesto quasi inconsapevole Jack si toccò titubante l’attaccatura dei capelli..

“Non fa nulla!- gridò l’altro.- credo che rimedierò molto presto.”

“Bene.- la voce autorevole e competente di Barbossa si fece sentire tra il gruppo. Subito dopo l’uomo emerse dal mucchio indistinto dei suoi uomini e si affiancò a Sparrow. – fa sempre piacere ammazzare un po’ di Inglesi..”

“O schiavizzarne altri.” Questa volta però non proveniva affatto dal Capitano Letray, bensì da un uomo appena comparso sulla sua sinistra.

“James Norrington.” Sussurrò piano Evelyne, accennando un sorriso.

Questi sguainò la spada e la puntò contro i loro nemici. “Sappiamo che tenete in ostaggio Evelyne Jane Smith.” 

Gli occhi di tutti gli uomini furono improvvisamente su di lei.

“Effettivamente..- la voce di Sparrow suonò di nuovo ironica.- le siamo molto affezionati, ci mancava un tocco femminile.. avrete notato, credo, che bel ponte lucido…” Gli uomini della Perla risero tutti lasciando intendere agli inglesi qualcosa di recondito e lascivo che fece innervosire Norrington.

“Sapete la giovane è molto cara anche a noi” interloquì Letray prima che Norrington potesse farlo. “Anche se la vostra nave è la collocazione giusta per una assassina, la signorina Smith deve ritornare in Inghilterra dove avrà un ulteriore processo...”

Si insinuò l’incredulità tra i pirati, la giovane sentì sulla pelle le occhiate strane, altre curiose. Molti annuivano perché ci avevano giurato che era una poco di buono, altri sorridevano fieri, molti però digrignavano i denti perché quella donna non solo aveva infiacchito l’animo del loro capitano ma stava rallentando la loro missione con quest’intoppo e volentieri l’avrebbero vista appesa con il cappio al collo.

L’Isla de Muerta era ogni minuto più lontana per loro e più vicina per Gattopardo e i suoi.

Barbossa inarcò un sopracciglio. In cuor suo non poteva nemmeno sperare che le cose andassero meglio. 

“Vi offriamo un cambio, signori.- il capitano parlava più piano ora, sicuro che tutti, comunque, l’avrebbero ascoltato attentamente. – infondo noi vogliamo solo la gentile signorina Smith.”

Il gigante nero scagnozzo di Barbossa prese Evelyne per un braccio e la trascinò di peso fino ad arrivare alla sinistra di Sparrow, ben visibile da tutti. 

“Tre mesi.- continuò.- tre lunghi mesi di tregua, signori.”

Era una richiesta troppo grande, troppo vantaggiosa perché i pirati potessero rifiutarla.

Sparrow spalancò gli occhi. “Tregua. È una parola difficile da capire:  vuol dire tregua, tregua o...”

“Vuol dire che se starete alla larga dalle coste dell’Inghilterra noi non alzeremo dito.” Ribadì il soldato incrociando le braccia. “Ovviamente mi serve la vostra parola. Noi vi offriamo la possibilità di far ciò che volete nel mondo alla sola condizione.- sottolineò la parola sola con la maestria di un demagogo.- che voi navighiate lontano dall’Inghilterra. E naturalmente rivogliamo indietro la signorina Smith.”

Quasi nessuno poteva credere a ciò che udiva. Quella ragazzina che si erano accodati era così richiesta che per tre mesi l’Inghilterra avrebbe anche potuto chiudere un occhio su quanto accadeva nei Caraibi?

Il signor Gibbs si lasciò andare ad un piccolo esulto e con lui gran parte della popolazione pirata della nave.

“Saccheggi, rapine…” Raghetti era a dir poco emozionato.

“E non solo..- continuava il compare, Pintel,- tesori, gioielli…”

“Potrei comprarmi un occhio nuovo!”

Evy sentiva quei discorsi, quelle parole e tutto ciò la trapassava come una piccola spada affilata. Il suo destino era quindi quello di ritornare sull’Interceptor, tra la sua gente, poi in Inghilterra, a casa sua, e quindi in tribunale e un nuovo processo. Si accorse che non aveva nessuna importanza la sentenza. Anche se l’avessero assolta non sarebbe cambiato poi molto.

Dopo l’esperienza sulla Perla.. dopo Jack.. non sarebbe stata più la stessa persona.

Istintivamente i suoi occhi andarono su di lui e s’accorse che il suo sguardo la stava fissando già da parecchio. Le sorrideva con quel che di enigmatico e di seducente che lei aveva da sempre adorato in lui.

“No.”

La voce del Capitan Sparrow ebbe il potere di zittire tutti quasi immediatamente. Lo aveva detto senza staccarle gli occhi da dosso, fregandosene delle esultanze degli altri, fregandosene dello sguardo tagliente e soddisfatto di Barbossa.

La giovane spalancò appena le labbra e sgranò gli occhi, incredula. Era impazzito??

Il capitano inglese inarcò le sopracciglia e tutta la ciurma spalancò la bocca, in un incredulo

“Cosa?”

Jack tossicchiò leggermente, si schiarì la voce e ribadì il suo “No” agli Inglesi.

“No, noi non accettiamo. Perché…-  i suoi occhi trovarono per un istante quelli di Evelyne che gli lanciavano fulmini per lui inspiegabili.- … perché non sono uno sciocco. Sono il Capitan Jack Sparrow e so che questi gentili signori ci stanno allegramente prendendo per il...”

“Bada alle tue parole pirata.- la voce di Letray suonò stridula come lo strisciarsi tra due coltelli.- tra me e te sei tu il pirata, quindi è la mia parola che vale di più.”

“Mi sembra ragionevole..” commentò il signor Gibbs con una alzata di spalle.

“Davvero? Beh a me non sembra affatto che lo sia.- iniziò Sparrow con un piglio quasi offeso.- credete forse che sua maestà Interceptor, Duntless e tutte le santissime bagnarole del re ci daranno carta bianca per scorrazzare felici e tranquilli sulle loro colonie? Io dico di no. Dico invece.- ricominciò gesticolando.- che questi signori prima vorranno il nostro ostaggio, poi ci dichiareranno guerra e dovremmo sprecare preziose palle di cannone per ammazzarli. E avremmo perso il nostro ostaggio. E una buona dose di tempo il quale, signori, è altresì molto prezioso. Allora, dico io, perché non ammazzarli subito? Sì, sprecheremo sempre le nostre preziose palle di cannone, ma non perderemmo meno tempo che sprecandole dopo aver accettato e ceduto il nostro ostaggio?”

“Craa vento alle vele, vento alle vele!” svolazzò Cotton e Jack, compiaciuto, si voltò verso di lui, giungendo le mani a mo’ di preghiera. “Grazie mille..”

“Rifiutate, dunque?” il tono dell’inglese preludeva la battaglia.

Jack inarcò un sopracciglio. “E poi.- continuò.- non vi sembra strano? Tanto ardore per una donna…” Evy inarcò un sopracciglio ma lui non se ne curò affatto. “è un’assassina graziosa ma è per sempre un’assassina. L’Inghilterra è disposta a tanto solo per un’assassina? Non credo proprio. Allora, qui le cose sono due. O questi inglesi oltre ad essere dei molluschi, sono anche tutti eunuchi… opp..”

“Jack ha ragione!” La voce di Sputafuoco fu quanto meno provvidenziale. “Non possiamo fidarci di questi sporchi inglesi!” concluse sputando a terra.

Barbossa in un angolo sorrideva.

Jack fece cenno a Gibbs di dire qualcosa pure lui. L’uomo sugli inizi sembrò non capire poi però all’ennesima occhiata afferrò il messaggio e con aria piuttosto incerta e la bocca amara per il fallimento dell’accordo, urlò anche lui. “Si!! Ha ragione il capitano!”

Fu una piccola reazione a catena, piano piano tutti iniziarono lentamente ad annuire e a fare cenni d’assenso, parallelamente a ciò che avveniva nella nave inglese dove il capitano, nervoso per il suo fallito tentativo di mediazione, interruppe il mormorio dei suoi soldati.

“Come desiderate bastardi… -ringhiò- Uomini ai cannoni!!!!”

“Orsù gente- gridò di rimando Sparrow.- che inizi la musica!”

Non occorse dire altro. In pochissimo tempo si scatenò esattamente la tremenda musica dei cannoni che sparavano e le palle di metallo che si infrangevano nel legno della nave alzando nubi di schegge. Intanto il mare s’ingrossava per effetto di quel vento disastroso che non accennava a diminuire e che agitava le imbarcazioni menandole a destra e a sinistra come dei burattini nelle sue grandi grinfie blu.

Ma se l’ondeggiare della nave non faceva smettere lo sparare continuo dei cannoni, rendeva invece molto difficile puntare con il fucile. Mirare era pressoché impossibile a causa del movimento ondulatorio della Perla e si rischiava di sprecare solo tempo e munizioni.

“Dannazione…” imprecò il capitano gettando il fucile a terra dopo l’ennesimo colpo che invece che conficcarsi su quel dannato Letray centrava in pieno l’albero maestro.

“Capitano!” Gibbs lo raggiunse sulla destra, trafelato e preoccupato. “Le munizioni stanno finendo e il tempo sta peggiorando, signore!”

“Questi inglesi mi hanno stancato, leviamo le tende!” ordinò prendendo velocemente la bussola dal taschino e cercando la rotta da seguire per l’Isla de Muerta.

L’ago di ferro roteò velocemente poi puntò sud-ovest. Jack alzò gli occhi e vide che gli Inglesi erano proprio in quella direzione.

“Che rotta capitano?” domandò il signor Gibbs faticando a farsi sentire per il vento e tutto il resto.

Sparrow richiuse velocemente la bussola, l’agitò per bene e la riaprì di botto. Di nuovo sud-ovest.

Beh? Era impazzita? Lui voleva l’Isla de Muerta non andare dritto verso le fauci della Marina Britannica. I suoi occhi seguirono quella strana direzione e vide poi che non c’erano solo gli inglesi da quella parte. Alla sua sinistra c’era anche Evelyne, accovacciata e nascosta, con le mani sopra le orecchie, gli occhi chiusi e stretti come quelli di una bambina cresciuta troppo in fretta.

Sorrise appena e riprovò una terza volta. Come se la bussola avesse capito solo ora verso quale direzione non il cuore ma la ragione del capitano premeva in quel momento, segnò rapidamente direzione est.

“Est!”

Il fragore assordante di un tuono irruppe nell’aria proprio in quell’istante, accompagnato dall’ennesima oscillazione della Perla che fece perdere l’equilibrio a tutto e tutti per cui in pochi istanti i pirati si ritrovarono con il sedere a terra. Sul pavimento della Perla rotolava di tutto, palle di cannone, proiettili e perfino l’occhio di Raghetti che disperatamente lo rincorreva da un lato all’altro della nave.

La Perla iniziò a muoversi ma proprio in quell’istante videro che gli Inglesi attaccavano di nuovo e questa volta con un arrembaggio: decine di corde trasportavano veloci gruppi di nemici sulla loro nave.

“Tiro al bersaglio, gente!!” sogghignò Barbossa mentre centrava decine di inglesi, sotto le risa generali. Ci fu parallelamente uno sguainare di spade e il combattimento corpo a corpo tra inglesi ed americani, tra soldati e pirati.

Tutti si battevano con spade, lancie, pistole a mo’ di clave perché scariche mentre Jack se ne stava placidamente al timone a tenere la nave che altrimenti sarebbe stata sballottata dal vento e dal mare. Poi, ogni tanto, quando qualcuno si avvicinava, gli sparava con la nonchalance di quando si ammazza una mosca fastidiosa.

Evelyne lo osservava dal suo nascondiglio e se non fosse stato per la distanza, avrebbe creduto persino che fischiettasse.

Ci fu l’ennesimo tuono e un’onda più grande delle altre, che investì la Perla, facendola riempire d’acqua salmastra che inondò i due schieramenti. Anche Evelyne si trovò nella mischia, senza nemmeno accorgersi di com’era accaduto.

Subito si adoperò per rialzarsi, si puntellò sulle ginocchia, si sfregò gli occhi per cercare di vedere qualcosa ma non appena riuscì a rizzarsi in piedi si sentì afferrare velocemente da qualcuno e potare via, lontano.

S’accorse realmente di ciò che stava accadendo solo quando rimise piede sulla nave. Ma non sulla sua nave, la Perla. Sull’Interceptor.

 

 

Sia Jack che Gibbs avevano visto il rapimento. Rapimento? Beh, insomma, quello che era.

“Dannazione.” Commentò il pirata sgozzando un inglese. “Bisogna andarla a riprendere, capitano?”

“Ci andremo tutti!- sorrise Sparrow.- uomini andiamo a fare una visita agli uomini di sua maestà! All’arrembaggio!”

 

 

 

“Nooo!” gridò Evy divincolandosi dall’uomo che l’aveva rapita, dirigendosi verso il bordo della nave dal quale vedeva la Perla in subbuglio dal combattimento.

“Evelyne, ferma.” L’uomo la prese forte per un polso e la costrinse a voltarsi verso di lui.

Era James.

“Che hai fatto?” gli urlò contro, battendo i pugni sul suo petto. “Sei impazzito, che hai fatto?”

L’uomo riuscì ad immobilizzarla in un paio di mosse e le sussurrò all’orecchio, in modo che gli altri non potessero sentire. “Evy, Evy, tuo padre ha chiesto la grazia per te, l’ha chiesta al Re! Non lo sa ancora nessuno ma stai tranquilla, non morirai!”

La ragazza si distanziò da lui e James vide bene che nonostante le sue parole l’odio nei suoi occhi blu non era diminuito affatto. “Evelyne..” sussurrò, confuso, poi non resistette e l’abbracciò forte, come ai tempi passati, quando lei era la ragazza di suo fratello. Anche lei lo strinse ma fu per pochissimi istanti perché furono presto investiti dal fragore dei pirati che piombavano su di loro.

Norrington affidò velocemente Evelyne ad un suo sottoposto. “Presto! Portala nei miei alloggi, corri! E avverti suo padre!”

L’uomo l’immobilizzò e cercò di condurla via ma Evelyne si dimenava urlando come una leonessa. Riuscì a mollare una gomitata al suo carceriere e vide stupefatta che quello crollava a terra, stecchito. Poi, voltandosi, scorse Jack che soffiava via il fumo dalla pistola.

“Signorina Smith.- sorrise mentre teneva nella destra una corda.- la vostra carrozza è arrivata.”

Esultando, sotto gli occhi increduli di Norrington, Evelyne si precipitò verso il capitano pirata, circondò il suo corpo con le braccia e si lasciò condurre via, sospesa a mezz’aria, finché non si ritrovò sulla Perla di nuovo.

Vide che quasi tutti i bucanieri piombati sull’Interceptor erano tornati indietro, mentre sulla nave pirata c’era ancora qualche soldato inglese.

“Allora - gridò Jack recuperando il suo cappello tra gli uomini in lotta.- su, che questa brezza ha cominciato a stancarmi! Cazzate a babordo!”

Alla faccia della brezza, quel vento iracondo s’ingrossava sempre di più e minacciava di cappottarli davvero. Ma Barbossa non si dava per vinto gridava nel vento con la voce forte di un generale.

“Alzate l’ancora di tribordo, cazzate a babordo, abbassate le vele altrimenti il vento ci sbatterà su un lato, branco di idioti” gli uomini eseguivano faticosamente e lui in quattro balzi s’appropriò del timone, iniziando la virata che l’avrebbe portati via da lì.

Molti della ciurma alzarono un sopracciglio, voltandosi verso Jack. “Oh, gliel’ho detto io, ovviamente.” Giustificò l’altro, ripromettendosi però solennemente di fare un bel discorsetto a Barbossa riguardo quello che un primo ufficiale poteva o non poteva fare. Diciamo che questa volta avrebbe soprasseduto giusto perché era una situazione d’emergenza.

La Perla cominciò a muoversi e a scappare e gli inglesi ancora vivi che si trovavano in territorio pirata s’affrettarono a ritornare sulla loro nave. Tutti tranne un uomo che ancora combatteva ferocemente e sembrava non volerne sapere d’andarsene.

“Curioso come la gente si voglia suicidare al giorno d’oggi.” Commentò Jack con un mezzo sorriso accanto a Barbossa.

Quest’ultimo strappò un fucile da un pirata e lo puntò sull’inglese. “Andiamo Jack. Vince chi lo centra per primo. è un po’ che non andiamo a caccia…” disse ridendo in un modo così agghiacciante che fece venire i brividi perfino a Sparrow. Egli con un sorriso tirato e non potendo tirarsi indietro prese il fucile pure lui con un entusiasmo pari a zero.

I due mirarono.

Jack mise mano al grilletto ma si bloccò seduta stante quando vide che quell’uomo gridava un nome che tutti conoscevano bene. Calò il fucile e osservandolo vide che combatteva urlando il nome di Evelyne.

In quell’istante se ne accorse anche lei. La voce aspra ed acuta di quell’uomo che gridava il suo nome superò le barriere della confusione. La donna si rizzò in piedi con il cuore in gola e quella voce così familiare che le rimbombava nelle tempie, gli occhi che cercavano avidi l’uomo che la stesse chiamando così disperatamente.

Quell’uomo.

Lo riconobbe subito.

Suo padre.

In un attimo dimenticò ogni cosa. Dimenticò che lui le aveva addossato la colpa per la morte della madre, dimenticò il male, il dolore di quel tradimento che fino a poco prima le aveva fatto ribollire il cuore di rabbia, dimenticò i suoi occhi lontani e la sua voce fredda e apatica, mentre lei saliva al patibolo.

Non era nient’altro che suo padre in quell’istante.

Jack aveva esitato. E Barbossa se ne approfittò seduta stante. Senza lasciare nemmeno tempo per un respiro puntò velocemente il fucile e fece lui quello che Sparrow non aveva il coraggio di fare. La pallottola raggiunse precisamente il petto di quel bastardo inglese.

“Peccato, Jack, poteva essere un bel giochetto..” ghignò l’uomo stringendo tra le mani la canna del fucile.

La Perla intanto si allontanava veloce e la ciurma gettava in mare i cadaveri.

Turner e Cotton afferrarono quello di Smith ma la voce argentina di Evelyne li fermò a mezz’aria. “Fermi!”

I due uomini si bloccarono immediatamente, lasciarono l’uomo a terra e fecero un passo indietro.

C’era fragore sulla Perla, ormai si erano allontanati dai nemici e tutti gridavano fieri della battaglia, ignorando la giovane che si faceva lentamente largo e raggiungeva quell’uomo agonizzante, sdraiato sul freddo legno della nave. 

Il proiettile gli si era conficcato nel petto e dalla ferita aperta stillava fuori, come vino da una botte, sangue vivo a grandi fiotti: era vicinissima al cuore. Si sentiva distrutta, spaesata, ingannata dal destino che gli aveva ridato il padre e l’affetto per lui solo per pochi secondi e poi glielo aveva sottratto bruscamente. Non aveva avuto il tempo nemmeno di realizzare.

Era lì adesso, ai suoi piedi, morente. Senza quasi più la forza di parlare, Evelyne si inginocchiò accanto all’uomo.

“Papà…”

La sua destra, tremando, toccò appena l’attaccatura dei capelli del genitore, quei capelli che un tempo erano stati d’un nero intenso proprio come lo erano adesso i suoi. Khun Smith sentì la carezza, sentì quel tocco così delicato, un tocco quasi angelico. Si riscosse appena, aprì gli occhi e Dio gli concesse di vedere l’angelo che era chinato su di lui.

Con i capelli sconvolti dal vento e gli occhi dalle lacrime, lì vicino a lui, c’era sua figlia.

Un piccolo sorriso si stampò sul volto dell’uomo. Aprì la bocca. Voleva parlare. Voleva chiederle perdono, voleva dirle quanto le era mancata e quanto era pentito delle sue azioni. Voleva dirle che il desiderio di essere un uomo onesto e rispettoso delle leggi non valeva quello di essere un buon padre… ma non disse nulla. 

Fu un attimo perché la vita gli sfuggì dalle labbra esattamente come un rivolo di sangue e il suo capo che si era sollevato appena ricadde pesantemente all’indietro.

Morto.

“Miss Smith.- la voce roca e cavernosa di Turner suonò quasi dall’oltretomba.- dovete lasciarlo andare.”

“Avete sentito o no?” era Barbossa ad urlarle adesso. “Gettate quell’inglese a mare, ne ho abbastanza di questi piagnistei!”

Alla voce di Barbossa seguì l’immediata esecuzione del gigante nero che le prese il padre da sotto il naso e senza che lei potesse dire o fare nulla, lo gettò in mare come un sacco di carbone.  “Nooo!” la giovane si lanciò verso la sponda lignea della nave e, quant’è vero Iddio, si sarebbe buttata se la provvidenziale stretta di Sparrow non l’avesse fermata. “Evy..” le sussurrò piano tra i capelli mentre lei osservava il genitore scomparire come un sasso nel mare ancora grosso e vociante.

“è morto.”

Evelyne stava per scoppiare a ridere e a piangere insieme. “è morto. È morto, è morto non è incredibile? Ah, è ridicolo! Non trovi ridicolo quell’uomo? Prima vuole uccidermi poi muore per rivedermi…” tirò su con il naso e Jack con un mezzo sorriso gli porse il suo fazzoletto.

Evelyne fece per prenderlo ma poi vide che era tutto annerito di polvere da sparo. Lui alzò le spalle. “Ho dimenticato di fare il bucato..”

Rise mentre le lacrime le scivolavano sulle guance. Poi con uno scatto improvviso si lanciò verso Sparrow e gli gettò le braccia al collo, stringendolo forte. Si distanziò subito però, quasi vergognandosi di quel gesto. “Mi dispiace, Jack.” Disse inclinando appena il viso. “Mi dispiace tanto.”

E prima che il pirata potesse chiederle spiegazioni, l’inglese era già sparita tra la ciurma.

Gibbs e Turner si avvicinarono al capitano, lisciandosi il mento. “Strana.”

Jack strinse gli occhi. “Strana.”

 

 

La Perla dondolava ancora. Fuori dalla sua cabina Jack sentiva bene il vento urlare forte increspando l’immenso oceano blu su cui la loro piccola nave si agitava tanto.

Sorseggiava rum mentre con un compasso piuttosto antiquato misurava la distanza precisa della rotta e faceva misurazioni, calcoli, in vista dell’arrivo all’Isla de Muerta. Per la verità ci sarebbero voluti ancora quattro o cinque giorni, secondo la direzione che la bussola gli indicava e secondo quei computi di cui lui solo, come capitano, era a conoscenza.

Notte placida, nonostante il rombo del mare e la luce che nelle lanterne si muoveva di continuo seguendo la monotona danza da destra a sinistra della nave.

Di tanto in tanto pensava ad Evelyne. Le parole che uscivano da quella boccuccia adorata non erano mai sparate a caso, questo lo sapeva bene, e lui non era ancora riuscito a trovare un senso riguardo il loro ultimo colloquio. Per che cosa doveva dispiacersi?

A dire il vero erano molte le cose che non quadravano, ultimamente.

C’era l’atteggiamento freddo dei suoi marinai, ad esempio, c’erano gli sguardi complici di Barbossa con altri tizi della sua stessa risma e c’era Evelyne. Evelyne con i suoi occhi lucidi senza una motivazione plausibile… lei che quando lo toccava, lo accarezzava, lo faceva come una donna che sta dicendo addio al suo uomo.. come se facesse tutto per l’ultima volta.

Forse era in ansia per lui perché aiutandola si era esposto all’odio dei suoi uomini?

In effetti li aveva sentiti i mormorii, i brusii, le occhiatacce a causa del rifiuto di quella vantaggiosissima offerta inglese. Dannazione, i suoi uomini si erano così eccitati solo al pensiero di poter fare scorribande senza controlli, che la sua scelta li aveva fatti invelenire come iene.

Sapeva di non avere più un buon ascendente su di loro da molto tempo e di sicuro la sua posizione si era aggravata.

Fece un buon sorso di rum mentre i suoi occhi viaggiavano sulla cartina ingiallita arrivando sino ad una piccola protuberanza, quella piccola penisola vicino alla quale era avvenuto l’episodio del Virago. Da lì i rapporti con la ciurma si erano deteriorati man mano e nonostante lui s’adoperasse con tutto se stesso per essere un buon capitano, sembrava che qualsiasi vittoria, qualsiasi bottino non valesse più la loro stima.

Chi aveva concentrato su di se tutto ciò che Jack aveva perso era stato Barbossa.

Abile, bastardo ed ottimo stratega, Hector Barbossa si era guadagnato i favori di moltissimi all’interno della Perla, in questi anni, e nemmeno la carica di primo ufficiale che Jack si era inventato per poter catalizzare tanta popolarità, sembrava essere bastata né a Barbossa, né ai suoi.

Il vento stava cambiando nella sua nave. La stella di Barbossa cresceva al pari di quanto diminuiva la sua. Ma questo fino a quanto incideva nel comportamento di Evelyne? Per quanto fosse sensibile come ogni creatura femminile sulla faccia della terra e per quanto vicina a lui, perché era così preoccupata dall’idea che lui facesse qualcosa contro la ciurma?

Sentì l’improvviso bussare alla porta della sua cabina.

La porta s’aprì un po’ sgraziatamente e proprio lui, Barbossa, fece il suo ingresso, reggendo nella destra una buona mela verde da cui aveva fatto un morso. “Felice sera, Capitano.” A passi lenti e cadenzati l’uomo s’accostò al suo tavolo e si sedette accanto a lui.

Gettò la mela, prese il rum e fu solo dopo tre sorsi che riprese parola. “Gran bella battaglia”

“Splendida.” La voce di Jack suonò lievemente sarcastica mentre i suoi abissali occhi neri scrutavano l’interlocutore con il piglio attento di uno stratega che indaga il nemico. “Ho apprezzato molto il tuo intervento..” disse con un falsissimo sorriso, riferendosi a quando Hector aveva preso il timone ed iniziato a dare ordini a destra e a manca.

“Ma davvero..” continuò l’altro, sulla stessa falsa riga. “Credo che dovrei ringraziarvi, mi onorate.”

“Di nulla.”

Se non fossero stati due pirati in lotta per lo stesso titolo di capitano, sarebbero sembrate due comari della buona società che si fanno falsissimamente i complimenti a vicenda.

“In virtù di questo.- proseguì Barbossa, arrivando finalmente al nocciolo della questione e abbandonando, almeno in parte, l’ironia.-  io credo che il primo ufficiale dovrebbe aiutare il suo capitano in ogni cosa e per questo…”

“Molto bene. è finito il rum. Va a prenderne un’altra bottiglia.”

Barbossa si zittì subito. Poi scoppiò malvagiamente a ridere e così anche Jack. Fu una sghignazzata che finì non appena Barbossa smise di farlo.

“Divertente. Ti sarà sempre molto utile questo sarcasmo, Jack, credi a me.”

Dietro quella semplice, velenosa frase si celava una condanna a morte. Sparrow sentì un brivido attraversargli la schiena.

“In realtà.- riprese il primo ufficiale puntandogli addosso i suoi piccoli occhi grigi.-  dicevo che il capitano non dovrebbe avere segreti con il suo primo ufficiale. Dovrebbero condividere ogni informazione, in modo tale da permettere al primo ufficiale di aiutarlo nel modo migliore possibile.”

Seguì un piccolo attimo di silenzio.

Jack non si chiedeva più dove volesse arrivare.

“Qual è la rotta per l’Isla de Muerta, Jack?”

Sparrow sorrise, abbassando gli occhi e il viso. Ora tutto era molto più chiaro.

Aveva capito.

 

 

Doveva essere da poco passata la mezzanotte quando Evelyne sentì, dalla sua cabina, l’improvviso scrosciare di grida ed urla ed aprì di scatto gli occhi, accorgendosi di essersi addormentata, seduta sul letto e le spalle appoggiate al muro.

L’ammutinamento.

S’alzò di scatto ma non fece in tempo ad arrivare alla porta perché questa ricadde pesantemente ad un passo dai suoi piedi, sfondata. “Ciao bambolina.”  E al di là c’erano Pintel e Raghetti armati fino ai denti. “Muovetevi. Il capitano vuole parlarvi.”

Evy sospirò appena. Poi portò le braccia in avanti mostrando i polsi per le catene. I due scoppiarono a ridere, indicandole semplicemente di muoversi ed uscire, senza far cenno a nessuna corda o catena.

“Beh, non mi legate?”

“Il capitano ha detto che voi l’avreste detto. E…”

“Oh, il vero Capitano ovviamente. Capitan Barbossa!” s’intromise Raghetti con un moto d’esclamazione.

“Come stavo dicendo!- riprese, irritato.- ha detto che l’avreste detto. E ha detto di dirvi che non permetterebbe mai che la sua più fidata collaboratrice venga legata. Quindi seguiteci e senza fiatare.” I due risero con la stessa intensità con cui lei avrebbe voluto invece mettersi a gridare dalla rabbia. Con uno scatto s’alzò dal letto e li precedette lungo il corridoio di legno con i pugni serrati dall’ira.

Sapeva che Barbossa non avrebbe taciuto con Jack e gli altri del suo comportamento meschino ma non avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivato al punto di vantarsi la sua collaborazione

Man mano che si avvicinavano al ponte sentiva le acclamazioni degli uomini crescere d’intensità e nello stesso tempo cresceva in lei il desiderio di sparire e nascondersi dalla vergogna. Esitò quando arrivò alle scale, si fermò di fronte quegli scalini che la portavano dritta dritta a fare i conti con la realtà delle cose.

Sarebbe scesa nell’inferno piuttosto che salire quei gradini.

Ma lo fece.

Si ritrovò sul ponte.

La notte era buia e molto fredda tuttavia le luci delle torce e fiaccole illuminavano bene il ponte della nave, gremito di tutta la ciurma, anche quella che si vede di rado, in coperta o nelle cucine. C’erano tutti, disposti ai lati, appoggiati ai bordi che gridavano e ridevano con una voce agghiacciante che nemmeno tutti i demoni di lucifero insieme sarebbero stati capaci.

Poi Evelyne vide che c’era il signor Gibbs, posto ad un lato, e legato come un salame, e poco più in là SputafuocoBill Turner non legato ma con l’aria di chi è in netta disapprovazione.

I suoi occhi viaggiarono attraverso la ciurma, in un’ansia sempre più crescente.. dov’era Jack?

“Ma bene! Ecco qua la mia dolcissima Miss Smith..” esclamò Barbossa verso di lei. Fece per prenderle la mano ma la giovane nonostante la confusione fu abbastanza sveglia da ritrarsi in tempo.

Barbossa rise e con lui tutta la nave. “Allora, mia signora.- riprese - desidero che voi mi rendiate omaggio, come nuovo Capitano della Perla. L’ho chiesto a tutti i miei uomini e a parte qualche eccezione…- il riferimento a Gibbs e Jack era palese- si sono tutti dichiarati parte della nave. Dato che voi non siete un pirata ma siete su questa nave voglio anche la vostra fedeltà. E la voglio ora.”

Lei stette a guardarsi intorno ancora per qualche istante poi con il respiro corto chiese. “E Jack? Dov’è?”

L’uomo sorrise malvagiamente, godendo della sua preoccupazione. “L’avete sentita? Vuole sapere dov’è Jack!” inutile dire quante risate aveva scatenato quella battuta e più i pirati ridevano più s’insinuava in lei il dubbio e la paura per la sorte di Jack. Si sentiva così stupida improvvisamente.. aveva taciuto tutto per salvarlo, fidandosi della parola di Barbossa, ma come ci si poteva fidare di un pirata e per di più di un pirata ammutinato?

Con uno scatto di rabbia gli si gettò addosso ma non arrivò nemmeno a sfiorarlo perché il gigante nero, Murder, la bloccò in tempo prendendola per le spalle.

“Siete un mostro!!!” gridò lei cercando di divincolarsi dalla presa d’acciaio dell’uomo.

Barbossa si avvicinò al suo viso ghignando. “Com’è vero che la stupidità è femmina.”

“Voi avevate promesso che sarebbe stato salvo.”

“Osate pungermi sull’onore, milady?- con uno scatto le prese i capelli facendola sibilare dal dolore.- quello spiantato di Jack è al sicuro. Per ora.” La lasciò con uno sussulto e lei ricadde all’indietro tra le braccia di Murder.

“Allora, Miss. La vostra fedeltà?” era più che altro una provocazione.

“E della vostra fedeltà, Barbossa?- ribatté lei.- la fedeltà che voi giuraste a Sparrow?”

“Non rinvanghiamo il passato, Miss, siamo pirati.- un risolino sommesso circolò nella Perla.- avanti, sto aspettando.”

Evelyne sputò a terra, proprio ai suoi piedi. Era un gesto audace e sconsiderato che fece sgranare gli occhi perfino al signor Gibbs che pure si era rifiutato di navigare sotto le vele di Barbossa. Il capitano adesso era livido di rabbia e non gliel’avrebbe lasciata correre tanto facilmente.

“Ma bene.- ringhiò- portate questa sgualdrinella in gattabuia.”

In un secondo si ritrovò trascinata per i sotterranei della Perla attraverso le segrete della nave che, scoprì, contavano di un congruo numero di celle. Murder ne aprì una e la spinse dentro sgarbatamente, tanto che lei perse l’equilibrio e si ritrovò a sbattere le ginocchia nel duro legno della nave.

Sentì la risata aspra di Murder allontanarsi, poi sparire del tutto. Era rimasta sola.

Si rialzò in piedi e con un tuffo al cuore vide che non lo era affatto. Fu come se riprendesse il respiro in quel momento, quando si accorse che nella cella accanto alla sua c’era Jack.

Non osò chiamarlo.

Era voltato verso l’oblò che dava visione sul mare nero della notte, lo sguardo perso, la destra appoggiata sulla parete che si muoveva avanti ed indietro come se stesse accarezzando la superficie lignea della sua nave. Evelyne chiuse gli occhi e si avvicinò alle sbarre che la dividevano da lui, prendendole fra le mani, senza avere il coraggio di dire nulla in realtà.

Incredibilmente fu lui ad interrompere il silenzio. “Questa nave.- sussurrò, carico d’ira.- me la diede Davy Jones. Capisci?” si era voltato verso di lei, puntandole addosso i suoi occhi intrisi di odio.

No, non capiva ma non osò ribattere.

“Io sono addirittura in debito con lui per questa nave!- era arrabbiato ma c’era qualcosa nel suo tono che non lo faceva mai apparire realmente tale. Come se anche nell’ira la sua ironia non riuscisse proprio a farsi da parte.- e adesso sono non solo in debito con lui, ma anche senza nave!”

“Jack mi dispiace.”

Non disse altro. Jack corse verso le sbarre e le prese il collo nella destra, avvicinandola alla grata.

“Tu.- disse a metà tra il sorriso e il ringhio.- … pirata...”

Lei lo fissò negli occhi. La sua stretta non faceva male. Era come se lui volesse punirla ma non ne avesse intimamente il coraggio e quindi la teneva per il collo e basta, senza nuocerle veramente.

“...”

“Hai stretto un accordo con Barbossa.”

“L’ho fatto per te.”

“L’hai fatto per me! E che cosa ti ha fatto pensare che io mi fossi stancato di fare il capitano, è? Ti ho forse detto ‘Trovami un sostituto, voglio cambiare vita perché in mare c’è troppa umidità e mi si arricciano i capelli!’ te l’ho forse detto? E se io non te l’ho detto che io non volevo più essere capitano della Perla non spingendoti quindi a fare accordi con quel traditore muffito di Barbossa, tu non avresti dovuto fare accordi con suddetto traditore, comprendi?”

Con uno scatto di rabbia la spinse verso di se, facendole sbattere la fronte sulla grata. “E invece l’hai fatto! Ma che razza di logica seguite voi donne??”

Lasciò la presa intorno al suo collo, voltandole le spalle.

Dopo attimi di silenzio lei riprese. “Ho scoperto che si stavano ammutinando quasi per caso.- riferì.- .. volevo parlartene ma poi..”

“Avanti. Poi…”

“Poi venne da me Barbossa. E strinsi un accordo con lui. Lui ti voleva uccidere ed io promisi di mantenere il silenzio, in cambio della tua vita.”

“Che nobiltà d’animo- il sorriso di Jack sapeva di puro sadismo.- e che cosa ti fa pensare che Barbossa non lo farà ugualmente? O meglio.- Sparrow alzò l’indice avvicinandosi con la sua andatura ciondolante.- che cosa ti fa pensare che io voglia vivere comunque lontano dal mare?”

Deglutì. “Ho pensato che da vivo avresti potuto vendicarti, un giorno.”

Lui la fissava intensamente negli occhi, leggendo quasi il futuro in quelle iridi blu che ora si stavano tingendo della solita fierezza. “Che diamine.- mormorò lei.- sei il capitano Jack Sparrow, no? Te la riprenderai!”

Si avvicinò bruscamente a lei afferrandola per un braccio. “Puoi giurarci, dolcezza.”

Di nuovo la grinta nella sua voce; gli occhi di Jack brillavano della stessa intensità di sempre. La verità è che non riusciva ad odiarla per troppo tempo. Quel dannato mostro che albergava dentro di sé non accennava a lasciarlo in pace in nessuna maniera. Si risvegliava, ruggiva ogni volta che incrociava i suoi occhi e quindi s’acquietava, come se il nutrimento di quella fiera malvagia fosse proprio Evelyne che in pochissimo tempo era stata capace di sconvolgere tutta ma proprio tutta la sua esistenza.

Il rumore sordo di una cella che s’apriva e si richiudeva forte fece sobbalzare la giovane: anche il signor Gibbs era stato imprigionato, nella cella accanto a quella di Jack.  

“Che sia stramaledetto quel vigliacco furfante!” brontolò estraendo il flaconcino di rum e facendone un sorso.

“E adesso?” domandò lei stringendo le grate tra le mani. “Che accadrà adesso?”

Jack e il signor Gibbs si scambiarono una rapida occhiata.

Loro sapevano.

 

 

 

 

Era ancora notte inoltrata. Ed era difficile dormire.

Jack si trovava seduto, con le gambe incrociate, la mente che si arrovellava alla ricerca di una soluzione, una soluzione che non c’era affatto. Perché da pirata sapeva troppo bene quale era la sorte che gli era destinata: sapeva che cosa aspetta ad un capitano fatto da parte.

I suoi occhi si posarono un istante su Evelyne. Dormiva, appoggiata alla grata che li divideva. Sorridendo, intenerito, le si avvicinò e dosando i movimenti per non svegliarla, le accarezzò i capelli.

È incredibile pensare quanto i capelli di una donna possano essere morbidi, nonostante il mare, il sole, la salsedine. Quante sensazioni possano trasmettere, quanto calore passi nella pelle al solo tocco, e poi dentro, in profondità.

Era inebriante.

Ed era l’ultima cosa che gli sarebbe rimasta di lei, probabilmente.

Quella era la vera fine. Lui in qualche modo se l’avrebbe cavata. Possibile che non sarebbe riuscito a trovare un paio di tartarughe marine in qualsiasi posto dimenticato da Dio e dagli uomini in cui Barbossa l’avesse scaricato? Naa, lui era pur sempre il capitano Jack Sparrow.

Ma lei, quella scavezzacollo, traditrice di una inglese, lei.. non sapeva come se la sarebbe cavata. Era una ragazza forte quanto fragile. Era iraconda molte volte, estremamente irascibile altre ma per lo più era… indifesa.

Indifesa come lo è una piccolo cucciolo di tigre che è dovuto crescere troppo in fretta ed ha sviluppato un forte senso dell’attacco ma che in realtà ha solo bisogno di una carezza tra le orecchie e di qualcuno che si prenda cura di lui.

Lui si era preso cura di Evelyne. Era la prima volta in tutta la sua vita che si prendeva cura di qualcuno.

“Evelyne… Evelyne…” la scosse improvvisamente, con urgenza, come se stessero naufragando in quel momento. La ragazza infatti si svegliò con il cuore in subbuglio e la sua voce impastata dal sonno suonò bassa, nella umida cella della Perla Nera. “Jack..- era giustamente stralunata.- Jack.. che c’è..” mormorò rizzandosi e faticando a trovare i suoi occhi per il buio del luogo.

“Evelyne..- riprese lui, quasi forzandosi a parlare.- mancano poche ore all’alba.”

“Lo so..”

“Dormivi?”

Lei aggrottò la fronte. “Certo che dormivo!”

“E dormivi bene? Eri tranquilla?”

“Jack ma che diavolo di domande sono? No che non dormivo bene, non sono affatto tranquilla, sono in una prigione e non so che accadrà, come posso esserlo?”

“Beh, io vorrei che tu lo facessi.” Ribatté lui. “Vorrei che tu dormissi bene, Evelyne.”

C’era molto di più nel suo discorso.

Un senso profondo, nascosto tra quelle parole amare. E lei lo capì benissimo… era il modo più dolce che aveva per dirle che teneva a lei. Che sentiva qualcosa per lei, espresso nel suo rude linguaggio piratesco. Jack Sparrow era un uomo che desiderava che lei dormisse bene.

“Hai… hai mai visto il sole che non tramonta mai?- lei negò con il capo, quasi ipnotizzata.- io molte volte.” la sua bocca si contorse in un piccolo sorriso. “Ho visto anche la notte perpetua quando il sole non spunta mai, ma in compenso le stelle sono così visibili che sembra quasi di poterle toccare…. Ho visto quando su questi cieli si tingono di verde e rosa… e quel colore si rispecchia anche su ghiacciai alti fino al cielo - i suoi occhi neri luccicavano.- e poi, dall’altra parte del mondo, Evelyne. Dove è così caldo che daresti l’anima per un sorso d’acqua..”

“Non di rum..?” sorrise lei, ad un soffio da lui se non fossero state le sbarre.

“Anche di rum, dolcezza. Anche di rum.”

“E poi..” lei l’incitò ad andare avanti mentre la sua mano si avventurava nella cella di lui, andando a stringergli il polso. “ E poi, Jack..”

“E poi ho visto la libertà, tesoro. La libertà vera. Sai cos’è la libertà vera?- lei negò velocemente.- avrei voluto che tu la vedessi, Evy. Avrei voluto portarti all’orizzonte.”

Sospirando le prese il viso nella destra, quasi avidamente, e le accarezzò la guancia disegnando il contorno delle sue labbra con il pollice.

Lei deglutì, sentendo improvvisamente gli occhi pieni di lacrime. “Grazie.”

Era la più bella dichiarazione d’amore che avesse mai udito.

Sparrow l’avvicinò di più alle sbarre e passando un braccio attorno alla sua nuca, le baciò le labbra, amaramente, in un bacio tanto lungo quanto disperato, esattamente come un bacio d’addio. Quando si distaccarono Evelyne lo fissò intensamente come a volersi memorizzare ogni cosa di quel volto, per non lasciarselo mai sfuggire dalla mente.

“Dormi adesso.- disse lui, con la voce più roca.- Il sole sorgerà tra poco.”

Evelyne avrebbe voluto scoppiare a piangere ma strinse forte le labbra e, come stregata dalle sue parole, annuì, riprese la sua posizione iniziale e sprofondò di nuovo nel sonno.

 

 

 

 

 

Era appena sorta l’alba quando Sputafuoco Bill venne alla loro cella, accompagnato da altri tre pirati. Jack era disteso lungo sul suolo con le braccia incrociate dietro la nuca. Evelyne era ancora appisolata, Gibbs ronfava della grossa stringendo il suo rum come un pupazzetto di pezza.

“Sveglia!” tuonò mastro Twigg battendo la pistola contro le grate della segreta.

“Sh!” li rimproverò Sparrow portandosi un dito alla bocca ed ammiccando nella direzione della ragazza che ancora giaceva addormentata, al contrario di Gibbs che il botto aveva risvegliato dal suo sonno profondo.

“Jack.- esclamò Turner con voce colpevole e bassa.- è l’ora.”

Il capitano s’alzò d’un balzo. “Lo so.” Disse, stringendo i lati della bocca. “Lo so benissimo.”

I suoi occhi si fissarono l’ultima volta su Evelyne. Sorrise. Ricordò di averla vista per la prima volta in una prigione, a Port Royal. E adesso la salutava per l’ultima volta, sempre in una prigione. Tutto andava come si deve quindi.

Ecumenicamente… grammaticalmente..

“Jack.- lo richiamò Gibbs.- buona fortuna.” Disse porgendogli il pugno. Jack annuì battendo il proprio con quello dell’amico.

“Su, muoviti.” La cella si aprì e Jack ne uscì via, camminando fieramente come si conviene ad un capitano, anche se sconfitto. No, lui non era uno sconfitto. Era temporaneamente sconfitto.

Fu condotto all’aria aperta, sul ponte. Era una giornata stupenda, il sole era caldo, il cielo azzurro all’inverosimile e un vento dolce muoveva i capelli di tutti.

“Buongiorno Jack. Fatto buon sonno?” domandò Barbossa con palese aria di scherno, seguito dalle risa di tutti.

“Non c’è male. Il mio è il sonno del giusto.”

“Oh Jack ti prego, non rimproverarmi.- continuò quello.- non voglio che ci separiamo arrabbiati. Voglio rimediare. Visto che non puoi più essere capitano della Perla, abbiamo deciso di farti governatore di un’isola tutta per te!” gli mostrò un piccolo fazzoletto di terra, lontano dalla nave di poche decine di metri.

“Sei molto gentile.- sorrise Jack deglutendo a fatica.- ma preferisco rimanere nell’anonimato. Dopo un po’ il potere dà alla testa, voglio prendermi un po’ di tempo per me.”

“Ne avrai quanto vorrai, di tempo. Pensi che l’eternità possa bastarti?- Sparrow rimase ammutolito.- Portate a Jack la sua pistola e mi raccomando: che abbia un solo colpo!”

L’ordine fu eseguito. Jack fu dotato della sua pistola e gentilmente invitato a scendere dalla nave, saltando su un trampolino. “Giù.” Gli intimò Barbossa, sguainando la spada e puntandogliela alla schiena, contornato dai cori di ‘Salta Salta’ di tutti i pirati.

Jack percorse il trampolino ma poi si fermò prima di saltarlo.

“Signori.” esordì con aria teatrale cercando di mantenere l’equilibrio su quell’instabile pezzo di legno.

Barbossa alzò gli occhi al cielo.

“Confido che questo giorno resterà nella memoria di tutti come il giorno in cui vi siete quasi ammutinati”

“E perché quasi, di grazia?”

“Perché non si sono ammutinati tutti.”

Logica di ferro.

Il trampolino cominciò a traballare per il peso. “è il giorno che vi perseguiterà nei vostri sogni.- continuò quello faticando sempre di più a rimanere in piedi.- perché quando la mia vendetta giungerà voi vi rammaricherete di aver seguito questo signore ammuffitoo..- cominciava a non stare più in piedi- è il giorno in cui….. Capitan Jack Sparrowwww….”

Un sonoro splash concluse quelle parole.

Barbossa sospirò. Finalmente.

“Su, siete rimasti imbambolati!?- gridò alla sua ciurma che ancora osservava il trampolino vuoto.- avanti, levate l’ancora, alzate le vele! Andiamocene il più in fretta possibile!”

“Si Capitano!” intonarono tutti.

 

 

Evelyne aprì gli occhi molto più tardi quando sentì il rumore sordo della sua cella che veniva aperta da Pintel e Raghetti. Li osservò, un po’ perplessa.

“Su, bambolina.- esordì Pintel.- il capitano ha detto che potete uscire, se volete.”

Anche Gibbs era stato liberato. Lei si alzò di scatto non appena vide che la cella di Jack era vuota. Si avvicinò con un balzo a Gibbs. “Dimmi di Jack.- era quasi un ordine.- che cosa gli è accaduto.”

“è stato abbandonato.- rispose Raghetti roteando l’occhio.- su un’isola deserta. E con la sua pistola, ovviamente. Barbossa è un uomo d’onore, non ha mancato di dargli il suo colpo.”

La ragazza non capiva nulla e spazientita riprese, all’indirizzo di Gibbs. “Ma che significa?”

“Ragazza.- iniziò questo, con tono grave.- quando si abbandona un pirata gli si lascia sempre la sua pistola. Con un solo colpo, un colpo. Non che serva a cacciare o a farsi soccorrere. Ma dopo giorni e giorni senza cibo né acqua, quel colpo assume un’aria molto attraente.- fece una piccola pausa.- È il codice.”

Evelyne spalancò le labbra, incredula. “Oh Dio.” Con uno scatto li sorpassò, correndo uscì dalle segrete, facendo le scale due a due, attraversò i dormitori schivando le amache dei pirati, poi passò lungo il corridoio con le cabine e quindi salì di nuovo le scale, ritrovandosi sul ponte, invaso dal vento  e dal sole.

Corse a perdifiato fino alla poppa della nave, aggrappandosi al bordo della Perla, con tutte le sue forze.

Lontanissima da loro, una piccola, piccolissima isola.

“Se la caverà.”

La voce cupa di Turner la raggiunse dietro le spalle.

Lei si voltò di scatto, gli occhi lucidi lucidi. “Sì.- annuì, tornando a guardare l’isola.- Si. – ripeté- è pur sempre Jack Sparrow, no?” poi, come se Jack stesso l’avesse rimproverata di aver omesso qualcosa, si corresse da sé. “oh,sì. Il Capitan Jack Sparrow.”

 

 

 

Jack stava ancora ad osservare la Perla allontanarsi, aveva deciso che l’avrebbe fissata finché non sarebbe scomparsa del tutto.

Guardava Barbossa allontanarsi con la sua nave. E la sua donna.

Il pensiero di lei lo fece sorridere appena. “Addio, gioia.”

 

 

 

 

Evy si sfiorò appena il ciondolo di corallo che pendeva dal suo collo.

L’isola era scomparsa dalla loro visuale.

“Addio..”

 

 

 

 

 

 

Molti si chiedono se Jack abbia mai amato.

Parliamo dell’amore vero, quello che sconvolge ed annienta, l’amore che affanna, che ossessiona, non un’avvenuta di una notte. Certo, se lo chiedete a Jack, lui vi risponderà che l’unica cosa che ami è il mare.

Ma non è sempre stato così.

La verità è che prima delle disavventure legate a Davy Jones, prima di tutto quello che conosciamo è avvenuto ben altro.

Prima di tutto Jack ha amato. Non solo il mare.

Ha amato Lei.

 

 

Fine

 

 

Epilogo:

 

 

 

Jack scovò presto un carico di rum detenuto illegalmente su quell’isola e lo tracannò beatamente per tre lunghi giorni.

Poi la leggenda racconta che trovò tartarughe marine in quel piccolo posto paradisiaco, le legò insieme con peli umani che si staccò e scappò via, di nuovo libero.

Non accadde precisamente così ma confidiamo che sarà proprio lui, in futuro, a raccontarci come andarono veramente le cose.

 

 

Barbossa, uomo d’onore, non torse un capello ad Evelyne. Prima di giungere all’Isla de Muerta fecero porto in un piccolo villaggio e lì la scaricarono assieme a Gibbs.

Precisamente, di lui raccontano che dopo una lunga bevuta in un bordello, si sia ritrovato il giorno dopo arruolato nella marina britannica.

Sappiamo però che la sua indole piratesca riemergerà un giorno o l’altro.

 

 

Di Evelyne si perdono le tracce.

Tuttavia un uomo è pronto a giurare di aver visto una ragazza corrispondente in tutto e per tutto alla sua descrizione che cercava una nave per Tortuga.

 

 

Per quanto riguardano le sorti dei bucanieri della Perla, beh, loro adempirono la loro missione, scovarono l’Isla de Muerta e il bramato Tesoro di Cortes.

Poi, maledetti e felici, ripresero il mare ma l’ammutinamento aveva lasciato strascichi soprattutto in Bill Turner che, entrato di nuovo in contrasto con la ciurma e il suo capitano, morì, ucciso proprio per mano di Barbossa il quale ordinò poi che lo legassero ad un cannone lo gettassero in mare.

Se ora riposi in pace o se la sua anima abbia fatto un’altra fine, questo non lo sappiamo ancora.

 

 

Molti raccontano infine di aver visto Jack aggirarsi nelle vie di Port Royal e magari voler rubare una nave. Anzi, requisire una nave. Termine nautico.

 

Ma questa è un’altra storia.

 

 

 

 

 

Diomache.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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