Little Things.

di anqis
(/viewuser.php?uid=186914)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Your hand fits in mine - Zayn. ***
Capitolo 2: *** But I'll love them endlessly - Liam. ***
Capitolo 3: *** Are the secrets that I keep - Louis. ***
Capitolo 4: *** But you’re perfect to me - Harry. ***



Capitolo 1
*** Your hand fits in mine - Zayn. ***




Little Things.

 

Your hand fits in mine like it's made just for me 
but bear this mind it was meant to be 
and i'm joining up the dots with the freckles on your cheeks
and it all makes sense to me

- Zayn, Little Things.

 
 
“Hai capito, sfigata?”
Annuisco stringendo al petto il libro di algebra che non ho avuto il tempo di infilare nello zaino, cercando di darmi fiducia. O proteggermi con quello nel caso cercassero di farmi qualcosa. Mantengo lo sguardo basso, i miei occhi si rifiutano di alzarsi e affrontare il suo. Sono debole, ne sono consapevole. Come sono a conoscenza che potrei finire male se rispondessi agli insulti che escono dalla sua bocca riversandosi su di me, come una pioggia di spine che si conficcano nella pelle, dolorose.
Ad un tratto, senza che io possa prevederlo, sento la sua mano stringersi al braccio con cui sto tenendo il libro, il quale casca per terra nel momento in cui me lo tira. Sento lo strappo, la violenza con cui mi costringe ad alzare gli occhi e ritrovarmi a faccia a faccia con il suo viso. Gli occhi scuri perfettamente truccati mi fissano quasi schifati, mentre i boccoli biondi si attorcigliano sulla spalla, scendendo morbidi sul seno pieno.
“Guardami negli occhi sfigata” dice muovendo le labbra tinte di rosa pallido.
Anche con tutto l’odio che provo non posso fare a meno di pensare quanto sia bella a confronto di me. Con quella chioma chiara, le linee del viso dolci anche se indurite dalla rabbia, sembra quasi una principessa fiabesca. Ecco, perché i ragazzi si innamorano di lei, ecco perché la guardano quando passa per il corridoio. Con quel fisico perfetto, chi non si volterebbe a guardarla?
Strizzo gli occhi sentendo la sua mano aumentare la presa intorno al mio polso: è incredibile la forza che ha in quelle magre braccia. Fa male, ma non dico niente, stringo i denti cercando di azzerare il rantolo che vorrebbe sfuggire dalle mie labbra.
“Senti, devi smettere di girargli attorno. Devi smettere di parlargli, di salutarlo, di scherzare con lui” ringhia spostando un ciuffo biondo dietro la spalla, “Non riesco a capire cosa ci trova in te, sei una sfigata. Bassa, ti vesti da far schifo, non hai personalità, secchiona, con quell’enorme brufolo in mezzo alla fronte mi chiedo come faccia a parlarti senza inorridire” sibila incurvando le labbra in un sorriso storto.
Mi sembra di aver perso la sensibilità del braccio e del cuore. Non è la stretta d’acciaio con cui mi agguanta la carne a farmi male, ma la parole uscite dalla sua bocca. Fredde, crudeli, senza scrupoli e fatte per fare male, per recare dolore. E ci sono riuscite, perché per quanto sia falsa e bugiarda, quello che dice quando insulta qualcuno è vero. Come è vero che sono una sfigata.
Mi costringo a reprimere le lacrime che spingono con violenza, ma una goccia supera le ciglia e scivola, rigandomi la guancia lentamente. Non mi preoccupo di cancellarla, fino a quando sento il sapore salato sulle labbra.
“Piangi pure?” ride acutamente, buttando la testa all’indietro con la mano che le copre leggermente la bocca, come ogni ragazza educata fa. Me lo dice sempre mia madre, mi accusa di sembrare una foca quando rido e più volte ha cercato di rendermi più presentabile, più simile “alla tua carissima e bellissima compagna di scuola”.  Peccato che non sappia che la mia adorata compagna di scuola mi odia e si prende gioco di me, ripetendomi ogni giorno quanto il mondo sarebbe migliore senza di me. Ma dettagli.
“Allison” una sua amica la richiama, cercando di attirare la sua attenzione, ma lei sembra troppo occupata a ridere di me per accorgersene.
Vedo la preoccupazione negli occhi dell’amica indirizzati in un preciso punto dietro di me. Seguo il suo sguardo girandomi di poco, quando mi blocco. Una chioma bionda è all’uscita dell’edificio scolastico, fermo immobile con lo sguardo puntato verso di noi, ferme al cancello. Appena i nostri occhi si incontrano, lui comincia a camminare verso di noi con passo spedito. Potrei riconoscere quella camminata a chilometri di distanza.
I ciuffi biondi disordinati si muovono accarezzati dal vento, mentre la bocca stretta in una riga decisa e arrabbiata si avvicina sempre di più. Mi rendo conto solo in quel momento di cosa sta per succedere e con tutta la forza che ho, cerco di liberarmi. Quando riesco a sfuggire dalla presa di Allison è ormai troppo tardi.
“Cosa le stavi facendo?” chiede con un tono pericolosamente duro.
Sono poche le volte che l’ho sentito parlare così, ed ogni volta mi mette ansia. Sono felice che non abbia mai usato questo tono con me, non credo riuscirei a reggerlo.
“Io? Assolutamente niente!” squittisce Allison ingrandendo gli occhi.
Sembra davvero innocente. Lui si gira di scatto verso di me. I suoi occhi chiari mi percorrono il corpo, prima di soffermarsi sul mio viso. La rabbia che gela le sue iridi sembra scomparire lentamente, ma ritorna non appena si gira verso di lei.
“Devi starle lontana, quante volte te le devo ripetere McPhin?”.
Allison sembra quasi voler rispondere, ma la sua amica che vedo per la prima volta -  deve averla appena assunta al posto della gallinella senza cervello che prima precedeva – ha la buona idea di fermarla appoggiandole una mano sulla spalla.
“Ally, andiamo. Dobbiamo parlare della festa..” balbetta.
Allison la fissa per un attimo, poi torna a Niall al quale lancia uno sguardo triste ma quasi provocatorio, e non mi lascio scappare l’alzarsi involontario e nervoso del pomo di adamo di Niall. Sono pur sempre stati fidanzati, è difficile ignorare la sua bellezza. Infine posa lo sguardo su di me. Riesco a leggere perfettamente l’odio e lo schifo con cui mi squadra. Poi se ne va, con il movimento ancheggiante del bacino.
Quando scompare, percepisco i muscoli rilassarsi all’unisono. Inconsciamente mi accarezzo il braccio, scoprendo un grosso livido viola che lo percorre interamente. Sto attenta a nasconderlo sotto la manica della felpa prima che lo veda qualcun altro.
Fisso per terra, muta, senza sapere cosa dire.
“Cosa ti ha fatto?” spezza il silenzio.
Deglutisco. “Niente, assolutamente niente”. A parte farmi sentire uno schifo.
Silenzio, di nuovo. “Cosa ti ha detto, allora?” domanda.
“Davvero, niente” rispondo quando in realtà vorrei mettermi a piangere.
In un attimo sento una sua mano stringermi la spalla, costringendomi a voltarmi verso di lui. Ma il modo con cui mi gira è completamente diverso da come ha fatto Allison qualche minuto fa. Rimango meravigliata dal colore dei suoi occhi, come sempre mi succede. Perché sono particolari, non sono dei semplici “bellissimi occhi azzurri”, sono solitamente chiarissimi, ma sembrano cambiare tonalità a seconda dell’umore. In questo momento sono scuri, assomigliano al colore delle onde dopo un uragano.
“Lucy, sai perfettamente che con me puoi parlarne” sussurra con dolcezza.
Lo so, ma non posso. Non ne hai colpa. “Sì, lo so”.
Rimane immobile, scrutandomi imperturbabilmente con quei occhi che sembrano leggermi nella testa. Tuttavia, questa volta non devo lasciarmi scappare niente.
“E va bene” sospira, facendo respirare anche me di sollievo. “Andiamo a casa”.
Nel dirlo, la sua mano scende per il mio intero braccio, quello intatto, fino a raggiungere il polso dove dopo qualche secondo di tentennamento, raggiunge la mano per stringerla. E quel contatto, superficiale forse, mi fa sorridere per la prima volta in tutta la giornata.
È incredibile come sentire la sua mano ruvida scorrere sulla mia riesca a tranquillizzarmi, incredibile come il suo calore irradiato da così poca pelle riesca a riscaldarmi l’intero corpo facendomi bollire il petto, all’altezza del polmone.
“Ma sappi che non ti credo” ribadisce e per un attimo mi spavento.
Tuttavia i suoi occhi sono tornati all’azzurro cielo, quello tranquillo che colora le sue iridi. Accenna ad un sorriso e dandomi un piccolo strattone mi fa segno di camminare. Con un sorrisino nascosto, stringo la sua presa e lo seguo con lo zaino che saltella.
“Ehi, scemo tira di meno” lo rimprovero seguendo a fatica la sua camminata veloce.
“Se vuoi ti lascio andare..” mi risponde.
Faccio una smorfia. “Non volevo dire questo..” borbotto a bassa voce.
“.. ma poi non lamentarti se finisci spiaccicata a terra” aggiunge poi con un sorrisetto antipatico. Gli do una leggera spinta.
“Non è colpa mia se la gente lascia le cose per terra..”
“Sei inciampata nei tuoi stessi piedi, genia”.
“Sfotti pure, stupido irlandese?”
“Ora attacchi il mio ceppo, inglese dalla puzzo sotto il naso?” risponde cominciando a punzecchiarmi il fianco. Le mani sempre unite.
Camminiamo parlando della scuola, della giornata e tante altre cavolate. Non capisco come facciamo a non annoiarci l’uno dell’altro, riusciamo a tirare fuori sempre argomenti improponibile con cui non credo riuscirei a parlare se non con lui. Rido divertita quando comincia a descrivere l’aspetto delle zucchine in mensa, sembra farne un capolavoro; a me sinceramente, come quasi tutti gli studenti dell’istituto, fa schifo ma lui è l’eccezione dato che qualunque cosa in un piatto per lui è commestibile.
Siamo arrivati quasi all’incrocio, il semaforo segna arancione.
“Lo yogurt di oggi era qualcosa di celestiale” continua con voce sognante.
Scuoto la testa. “Ma se sembrava grasso di maiale!”.
“I gusti sono gust-“
“Attento!” grido tirandolo indietro con la mano.
Una macchina sfreccia di fronte a noi ad una velocità esagerata e per poco non vedo Niall tirato giù; con particolare forza stringo la sua mano e lo tiro indietro, trovandomelo schiacciato addosso. Lui con ancora gli occhioni azzurri spalancati boccheggia spaventato e  ancora incosciente. Dopo qualche minuto, con il cuore in gola, parlo:
“Dico, ma sei coglione?! Per poco non ti facevi tirare giù!” grido spostandolo pericolosamente di peso, mentre faccio della sua mano una salsiccia per lo stress. Dio mio, se mi ha spaventato.
Lui se ne sta muto, con l’espressione sorpresa ancora in volto. Ad un tratto si gira verso di me, all’improvviso risvegliato dallo stato catatonico nel quale sembrava esser caduto. La sua mano aumenta la presa, e i suoi occhi si stringono dolcemente mentre mi fissa.
“Per fortuna c’eri te” sospira.
 Alzo gli occhi al cielo. “Per fortuna, ma nessuno ti ha insegnato a camminare per strada senza farti investire?” mi lamento, con una nota decisamente troppo acuta nella voce.
Lui sorride rimettendosi in piedi. Si strofina i pantaloni beige che indossa, all’altezza delle ginocchia dove il cemento e la terra hanno lasciato segno. Si accorge solo dopo qualche minuto di me, ancora seduta per terra con le braccia incrociate al petto e una smorfia incavolata. Mi solleva prendendomi per mano. Ma per la forza, mi ritrovo più vicina del solito a lui che continua a fissarmi in modo strano.
“Guarda le nostre mani” dice ad un tratto.
Deve aver preso qualche colpo alla testa. “Nialler, ti fa male da qualche parte, la testa?”
Scuote la testa con una goffa risata. “Tu guarda le nostre mani” ripete diventando ad un tratto serio. Questo ragazzo è peggio di me quando ho il ciclo, lunatico da far paura.
Lo assecondo e sposto gli occhi sulle nostre mani. Le dita sono intrecciata tra di esse, i palmi nei palmi, la sua pelle è chiara, ma la mia ancora più pallida sembra smorta al confronto del colorito rosato che dipinge la sua. Sento uno strano calore espandersi nelle guance. Mi viene spontaneo ritrarla, ma le sue dita non sembrano d’accordo.
“La tua mano, non si è staccata neanche un attimo quando è passata l’auto” dice con uno strano luccichio negli occhi. Sto seriamente pensando di aver un pazzo come amico.
“Ovvio, non potevo mica mollarti lì in mezzo alla strada in balia di qualche deficiente senza patente!” gli rispondo contrita.
Fa no con la testa. “Potevi perdere la presa, o la mano poteva scivolare, invece sono rimaste insieme” sorride giocandoci distrattamente. “Sembra fatta per combaciare perfettamente con la mia” sospira, con un sorriso dolce che gli incurva le labbra.
“Non esagerare adesso” balbetto.
Da quando in qua mi sento in imbarazzo con lui? Respira Lucie, respira. Neanche a pensarlo che un profumo di muschio e menta fresca si inala nelle mie narici confondendomi maggiormente la mente e le idee. Oddio.
“Ma tieni questo a mente Lucie” e con voce calda e bassa mi fa alzare il viso verso di lui dove vengo spiazzata dalla sincerità di quelle iridi. “Era destino che fosse così”.
Il sangue affluisce improvvisamente nelle mie guance ed imbarazzata scappo dalla sua stretta, nascondendo la mano, ancora calda dal suo tocco dietro la schiena. Cammino velocemente sulle strisce pedonali, seguito da lui che mi segue a passi veloci e lunghi.
“Ehi Lucie, che c’è?” mi domanda al mio fianco.
Mi volto per gridargli di smetterla con questi atteggiamenti strani, ma appena mi trovo il suo viso a pochi centimetri dal naso, abbasso di scatto il volto. Oggi non è la mia giornata.
“Lucie, che ti succede oggi?” continua saltellando. Dannazione al ceppo irlandese.
“C-cosa succede a te voglio dire, hai ingerito un libro di filosofia?” chiedo ironicamente mentre giro l’angolo della strada, nella stradina privata verso casa mia.
“Perché?” chiede confuso, riconosco il singhiozzo particolare della sua voce.
“Mi dici quelle frasi che sembrano uscite direttamente da qualche romanzo rosa, da qualche film strappalacrime se non una canzone sdolcinata!” mi lamento con la gola secca.
Scoppia a ridere. La sua risata si espande nell’aria, supera il rumore del traffico, dei clacson e delle urla dei venditori di giornali che si riversano in tutta la città. Non posso fare a meno di lasciarmi scappare un sorriso, è davvero contagiosa.
“Hai ragione” sghignazza grattandosi i ciuffi biondi. “Non so cosa mi è preso oggi”.
Non so cosa sta succedendo a me ora.
“Bene, ora che hai finito, possiamo andare che non so ancora cosa cucinare?” borbotto nascondendo il mento nella grossa sciarpa di lana bordeaux.  “Sto morendo di freddo e fame”.
Annuisce in silenzio e camminiamo. Facciamo l’intero tragitto senza parlare, il silenzio sopraffatto dal suo fischiare imperterrito di qualche melodia non conosciuta, che mi appare stranamente dolce e triste. Non gli chiedo che cosa sta canticchiando, conoscendo che potrebbe essere una delle solite band sconosciute che ascolta solo lui e i suoi amici, una combriccola al quanto stramba.
Quando arriviamo di fronte a casa mia, vado dritta verso il cancello.
“Aspetta un attimo”.
Mi blocco con la mano sul cancello di ferro scuro, ormai arrugginito dal trascorrere del tempo. Mi volto verso di lui, trovandomelo nuovamente troppo vicino. Il vento non mi aiuta, si alza e mi investe del profumo di muschio e menta che sembra circondarlo.
“Hai messo qualcosa in faccia oggi?” mi chiede a brucia pelo.
Cosa? “Eh?”.
“Rispondimi”, l’aria calda fuoriesce dalla sua bocca riscaldandomi le guance. Nonostante tutte le schifezze che mangia, anche il suo alito sa perennemente di menta fresca. Dolce.
“Un po’ di fard..”.
“Non metterlo, mi da fastidio” pronuncia serio, con le mani nel cappotto scuro.
“Scusami?” chiedo più stupita che infastidita.
Tentenna un attimo, un tenue rossore colora le sue guance. Sarà il freddo? “Ti copre le lentiggini e mi da fastidio” spiega distogliendo lo sguardo.
Faccio una smorfia. “Sai che odio le mie lentiggin..”
“A me piacciono invece! Sai, io ci passo il tempo ad unirle a farci strani disegni!” dice, ma si blocca all’ultimo, imbarazzato dalla strana e improvvisa confessione.
“Mi stai dicendo che quando mi fissi è perché stai unendo le mie lentiggini in strani disegni? Come faresti con i giochi che trovi sui giornalini delle parole crociate?” chiedo molto lentamente, quasi incredula di ciò che sto dicendo.
Questa volta sono io ad osservare le sue guance prendere un vivace colore che si sposa magicamente con la sciarpa rossa di lana che gli fascia metà volto. Lui mi fissa serio, sembra voler dire qualcosa, ma poi si zittisce ed annuisce.
Vorrei arrabbiarmi, ma non posso fare a meno di scoppiare a ridere. Poi con dolcezza, quasi senza farlo di mia propria volontà, faccio per accarezzargli una guancia. Ma mi blocco all’altezza della fronte, spaventata da ciò che stavo per fare, per tirargli un debole schiaffetto sulla fronte. “Tu sei tutto matto” sospiro con un sorriso a fior di labbra.



- spazio autore.

Non ho molto da dire.
Grazie per aver letto, prima di tutto. E' una mini molto mini-long su Little Things, sì quella canzone che mi ha fatto sentire bellissima anche quando non lo sono, mi sembrava giusto scriverci qualcosa. Per ringraziarli. Un enorme grazie ad Ed per questo meraviglioso testo e a quei cinque ragazzi che sono riusciti a renderlo perfetto. Sarà un capitolo per ogni assolo, non so esattamente quando aggiornerò la prossima volta, spero solamente di farlo presto. Spero vi sia piaciuto, spero di aver suscitato in voi un piccolo sorriso. 
Ogni recensione, parere è apprezzatissimo. Davvero.

Grazie mille.
Cercherò di continuare il più presto possibile.
Alice.





Grazie soprattutto a Zayn per questa interpretazione perfetta.
Grazie per aver dato voce a queste parole.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** But I'll love them endlessly - Liam. ***




Little Things.



I know you've never loved, 
The crinkles by your eyes when you smile 
You've never loved ,

Your stomach or your thighs 
The dimples in your back at the bottom of your spine 
But I'll love them endlessly

- Liam, Litte Things. 

 
 
“Niall, sei un fottuto pappamolle” dice Zayn sdraiandosi con nonchalance sul divano. Gli tiro un calcio facendolo spostare, per poi accomodarmi. È casa mia, dopotutto.
“Sono sorpreso da te Zayn, non hai usato parolacce in una frase” gli rispondo acido, mentre Liam si fa spazio e si mette accanto a me, dalla parte opposta di Zayn il quale fa una risata divertita. “Scusa, ora mi correggo: sei un  cagasotto del cazzo”.
Alzo gli occhi al cielo e gli tiro una gomitata. “Non capisco come faccio ad essere tuo amico, sul serio” bofonchio. Non sono dell’umore adatto per sentirmi pigliare per il culo dagli amici che invece dovrebbero tirarmi su di morale.
“Questa volta Zayn ha ragione” commenta Harry entrando dalla porta della cucina con un bel pacco di patatine tra le braccia. “Vuoi?” mi chiede offrendomene una.
“No, ma cosa vuoi dire con questo?” gli chiedo offeso.
“Affofa Niaff, non mi fembfa il cafo che fu” comincia a parlare con tipo una ventina di patatine infilate nella bocca, uno spettacolo che preferisco seriamente non guardare.
“Harry finisci di mangiare, poi mi spieghi” dico subito.
Lui fa spallucce e fa un cenno a Liam, come per dirgli di parlare. Questo capisce al volo e si gira verso di me, appoggiando le mani sulla mia spalla.
“Non puoi continuare a tirarti indietro con Lucie, lo sai anche te. E non mi interrompere” disse anticipandomi, pronto a difendermi. I ragazzi annuiscono all’unisono d’accordo con la sua prima affermazione. “Non ti ho mai visto così interessato ad una ragazza, mai. Sappiamo tutti che sei sempre stato premuroso con le tue ragazze, un vero gentiluomo, come sappiamo però che non hai mai fatto sul serio. Beh, almeno a differenza di Harry tu le trattavi bene”.
“Ehi” protesta Harry seduto sulla poltrona. Zayn accanto a lui ridacchia, ottenendo una sberla sulla spalla. “Zitto che te sei quello che ha umiliato la primina leggendo la sua lettera di amore di fronte a tutte la scuola”.
Il mulatto fece spallucce. “Senti, bisognava darci un taglio. Ho visto il suo armadio e trovarsi i ritagli delle mie teste delle foto dell’annuario non è stato per niente gradevole, te lo assicuro” si difese facendo una smorfia al pensiero.
“Comunque..” la voce di Liam mi riportò alla sua attenzione. “È da mesi che ti vediamo così, dopo che ti sei lasciato con Allison eravamo pronti a fare baldoria, ma quando abbiamo scoperto che l’hai fatto per un’altra ci siamo sorpresi”.
Mi grattai una guancia, nervoso. “Non mi sembra così strano, stessa cosa è successo a te con Danielle per Amanda” dissi con il viso affondato nelle mani.
“Ma sai come sono fatto io e sai come sei fatto tu. Per non dire la sorpresa nel sapere che parlavi di Lucie Allen, quella Lucie” mi spiegò con espressione calma.
Mi innervosiva parlare con Liam di queste faccende, lui non aveva mai avuto tanti problemi in amore; seguiva l’istinto, un istinto molto fortunato direi. Le sue storie erano sempre durate anni, a differenza di me che a malapena arrivavo a due mesi. Io ci provavo sul serio, ma ogni volta nasceva un problema.
“Beh, cosa c’è di così strano in Lucy?”
Mi fissano tutti in silenzio. “Partiamo del fatto che non ti piacciono le rosse” dice Harry.
“Non è rossa, è castana tendente al ramato” lo correggo.
Silenzio. “Tu qualche mese fa non sapevi manco cosa fosse il ramato, Niall” mi fa notare Zayn con un sopracciglio alzato. Non è assolutamente vero.
“Vero” affermano in coro.
Merda. “Inoltre ci chiediamo ancora come avete fatto a fare amicizia, non vi siete mai cagati in vita vostra e ad un tratto siete diventati pappa e ciccia” sospira il riccio sempre stravaccato, con gli occhi stranamente seri. Il fatto che Harry sia serio non è una buona notizia.
“Non lo so neanche io, da quella volta in cui ci siamo ritrovati da soli in biblioteca, non lo so, non sono più riuscito a toglierla dalla testa. Sarà anche stupido e sdolcinato, ma quando mi ha mostrato lo scaffale dei libri, il modo con cui faceva scivolare le mani lungo le copertine scure e vecchie. Sono rimasto impalato a guardarla, poi..” mi fermo imbarazzato da quella strana confessione. “Okay, mi è piaciuta ad un tratto e sinceramente non so spiegarmelo neanche io” dico con un lamento soffocato.
Liam mi passa una mano tra i capelli come segno di conforto.
“Io ancora non mi spiego che ci facessi in biblioteca”.
Mi volto di scatto riconoscendo la voce dell’altro mio amico. Louis disteso lungo il tappeto peloso del salotto, gli occhi azzurri rivolti al soffitto con aria pensierosa.
“Tu da dove sei sbucato?” chiedo.
Alza il collo fino ad incrociare il mio sguardo. “Dagli inferi”.
Roteo gli occhi al cielo. “Devo dire a mio fratello di smettere di lasciare la porta del retro aperta se non voglio trovarmi cani randagi o altro in casa” dico ironicamente, ricevendo un duro calcio negli stinchi. Lou si alza in piedi, sistemandosi i risvolti dei ridicoli pantaloni color prugna che indossa.
“Comunque, Niall deciditi a fare qualcosa” dice ad un tratto, sorridendo di sbieco.
“E sarebbe?”.
“Tutto, basta che smetti ad andartene in giro a pronunciare frasi che neanche Amleto avrebbe sopportato. Come che hai detto, aspetta, ah sì! “Ma tieni a mente, era destino che fosse così”.
Ma come diavolo?
“Ma come cazz..” grido mentre le risate degli altri si espandono nella casa dietro di me.
“C’è gente che fa la tua stessa strada di casa, cosa credi!” scoppia a ridere. “Sai, trovo tu abbia qualche ossessione con le sue lentiggini, eri serio quando hai detto che ci fai dei disegni immaginari unendoli?”.
Mi blocco, sentendo il sangue salirmi sulle guance. Stringo i pugni.
“Io ti uccido” borbotto paonazzo in volto.
“Quando mi prendi, Nialler!” e in un batter d’occhio lo vedo precipitarsi verso l’uscita.
 
Dopo qualche ora, qualche partita e qualche birra, ci troviamo stravaccati sul divano. Louis e Harry impegnati in una partita di Assassins Creed, Liam impegnato a messaggiare con la sua attuale ragazza e Zayn con in mano un fumetto di Capitan America. Mi infilo una patatina in bocca, sdraiato con la testa appoggiata al divano e le gambe distese sul peloso tappeto di casa.
“Io mi ci vedo tra qualche anno, stessa situazione, l’unica differenza le urla della mia futura moglie che mi urla di non macchiare il pavimento ed io che ci sputo addirittura sopra” dice ad un tratto Liam sorseggiando dalla bottiglia verde.
Alzo un sopracciglio. “Non dovrebbe essere lui quello romantico?” domanda Louis al mio posto, l’angolo della bocca incurvato in un sorriso. Harry sta perdendo.
Liam scrolla le spalle prima di alzare gli occhi dallo schermo per puntarli addosso a me. Ci fissiamo in silenzio, mentre blocco la canzone dei The Script “Hall of fame”.
“Cosa stai facendo?” chiede.
Faccio spallucce. “Niente, perché?” rispondo tranquillamente.
Sguardo fisso. “Non dirmi che..”
Rimango in silenzio.
“Niall, seriamente, sei ancora sul suo profilo twitter?”.
Non dico niente. Quattro sospiri alleggiano nella stanza.
“Niall, devi fare qualcosa e questa volta dico seriamente” mastica Harry con in mano una gomma alla menta, è una sua vecchia e imperturbabile abitudine.
Alzo gli occhi lasciando scivolare il laptop sul divano per poi coprirmi gli occhi con un braccio. “Cosa dovrei fare ragazzi? Ogni complimento che lo faccio lei ci ride su, pensa sempre che io stia scherzando o che stia mentendo! Vi giuro, ci ho provato in tutti i modi possibili” mi lamento senza guardarli. Certe cose puoi dirle solo con il viso coperto.
“Secondo me non le piaci” dice ad un tratto la voce di Louis.
Le sue parole mi colpiscono in faccia devastanti come uno schiaffo e un calcio nelle parti basse contemporanee. Stringo i denti, senza saper cosa dire. Potrebbe anche essere vero.
“No, non credo. Se non le piacevi ci avrebbe messo poco a dirtelo in faccia” ribatte invece Zayn, stranamente dalla mia parte. Di solito coglie ogni occasione per pigliarmi per il culo.
“Ma.. in che senso, hai cercato di farglielo capire?” chiede Liam.
Alla fine lascio cadere il braccio, reggendo gli sguardi dei miei quattro migliori amici.
“Mmh. Cioè, non gliel’ho detto direttamente con una dichiarazione, ma gliel’ho fatto intendere. Cioè, credo sia chiaro che quando uno ti dice che passa il tempo a contare le tue lentiggini è perché gli piace, no?” provo a salvarmi.
“No, affatto. Io ti denuncerei per stalking, ma come vuoi” ridacchia Lou.
“Grazie eh” borbotto.
“Di niente amico, sono qua per te”. Gli tiro una patatina in testa che però schiva. Deve avere dei sensori sulla nuca, quel coglione.
“Secondo me la migliore strategia è dirglielo direttamente, senza doppi sensi, un chiaro e netto “sono innamorato di te!” sputato in faccia” aggiunge il riccio seduto accanto a lui.
“Lo dici facile te, a te basta dire ad una “ciao” che questa ti cade ai piedi” lo accuso con un certo nervosismo nella voce. “Scusa, è che non so cosa fare, davvero”.
Il gioco si blocca e Harry si volta verso di me, con gli occhi chiari improvvisamente scuri ed un sorriso sghembo a percorrergli il viso. “Niall, non so ricordi, ma qualche mese fa eri anche te come me. Non è che il fascino svanisce in così poco lasso di tempo”.
Mi zittisco perché so che ha ragione, non avevo problemi a invitare una ragazza ad uscire prima.. prima di conoscerla, appunto. “Ma lei è diversa” mormoro afflitto.
“No, è solo più ottusa. Dichiarati, cazzo!” ed ecco il commento sempre delicato di Zayn.
Mi mordo un labbro. “Ma sapete che divento nervoso e non sono mai stato tanto bravo ad arrivare il punto, giro sulle parole e scommetto che alla fine finirei per confonderla ulteriormente e lei se ne uscirebbe con un “ma ti fai di canne, Horan?”. Lo so”.
“Ma provaci, almeno!” mi incoraggia Harry maneggiando ancora più velocemente con il joystick.
“E che le dico?”
Vedo gli occhi di quello accanto alzarsi verso il soffitto poco prima di tornare allo schermo della televisione. “Quello che provi, zuccone”.
“Ma..” balbetto.
“Dai, Niall!”
“Non posso mica dirle che adoro le rughe che le si creano sotto gli occhi quando sorride, o la sua pancia e le sue gambe di cui lei non fa altro che lamentarsi! Non posso dirle che ho un ossessione per le fossette che ha in fondo alla schiene che le si creano ogni volta che si abbassa per raccogliere qualcosa. Non posso dire che amo quelle singole cose all’infinito” sbotto di colpo con il viso in fiamme. Non mi posso vedere, ma so perfettamente di aver assunto un colorito molto vicino alla maglietta a maniche lunghe bordeaux che oggi indossa Liam.
Zayn e Liam mi guardano sconcertati, mentre Harry e Louis non spicciano parola, ma sono sicura che se non fossero nel momento clew del videogioco probabilmente farebbero lo stesso.
“Uao” commenta Zayn.
Mi passo una mano tra i capelli. Uao è decisamente poco. “Non posso dirle queste cose, è ridicolo. No, sono io quello ridicolo”.
“Minchia, aveva ragione Zayn, sei davvero un pappamolle” commenta Louis, prima di alzarsi dal divano con le braccia in alto. Harry dietro di lui si lascia cadere tra i cuscini con un sorriso esasperato. “The Tommo vince ancora, puppatemelo tutti!”.
L’unico che continua a guardarmi è Liam che ad un tratto si accende come una lampadina, sottolineo anche la somiglianza della sua nuova pettinatura. Sono uguali. Un attimo lo vedo alzarsi, un attimo dopo scomparire in qualche angolo remoto della casa per poi rispuntare con Bessie, la mia adorata chitarra.
Scorgo un sorriso illuminare i visi di tutti i miei amici e non è difficile indovinare l’idea di Liam che avvicina lo strumento insieme ad un mio vecchio note-book. Zayn mi lancia una matita con il solito sorriso divertito sulle labbra.
“È da tanto che non scrivo lo sapete” sussurro senza riuscire a nascondere un sorriso.
“Beh, credo sia proprio giunto il momento di ricominciare” sorride Liam.
Scuoto la testa senza reprimere la risata che suona nel mio petto.
Perché non ci ho pensato prima?



- note dell'autore.

Eccomi qua. Voglio, come prima cosa, ringraziare le 7 ragazze che hanno recensito il capitolo scorso, le 12 che l'hanno aggiunta alle seguite, le 3 nelle ricordate e le 9 alle preferite. Non potete capire quanto gioia mi avete portato, mi avete reso felicissima. Risponderò al più presto, promesso.
Non ho davvero niente da dire, se non che come avete notato spero sin dall'inizio che questo capitolo era dal punto di vista Niall. Non sono ancora certa di voler fare un capitolo sì ed un no in cui si alternano le voci narranti di Lucie e Niall, vedremo. 
Ancora grazie, spero vi sia piaciuto anche questo e niente, aspetto altri vostri pareri.

Alla prossima, 
Alice.





E anche qua voglio ringraziare Liam, 
per la serietà e la passione messe in quell'assolo. 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Are the secrets that I keep - Louis. ***




Little Things.



You can't go to bed, 
Without a cup of tea, 
And maybe that's the reason why you talk in your sleep 
And all those conversations 
Are the secrets that I keep 
Though it makes no sense to me

- Louis , Little Things. 

 
 
Mi lascio cadere pesantemente sulle coperte.
Ho appena finito di leggere Jane Eyre per la terza o quarta volta se non sbaglio. Forse è il caso di andare a comprare qualche nuovo libro, anche se sinceramente sono a corto di soldi. Tutto pur di trovare qualcosa che mi distragga, in questi giorni ne ho davvero bisogno, soprattutto a scuola. Allison è particolarmente cattiva in questi giorni, dopo che Niall le ha parlato in quel modo e ha anche rifiutato l’invito al suo party di domenica, sta mostrano il peggio di lei. Urla, insulti, armadietto rotto, libri per terra e stracciati, non credo di aver mai vissuto periodo peggiore. Forse mi sbaglio, dico così ogni fine mese. Anche se devo dire che l’assenza di Niall peggiora le cose, in questa ultima settimana mi sta evitando, forse non lo fa apposta ma non passiamo più tanto tempo insieme come una volta. Che si stia stancando di me? Niente glielo impedisce.
Sospiro affranta. No, non mi devo lasciare coinvolgere più di tanto da questa cosa, assolutamente no. Niall è un buon amico, ma come prima sopravvivevo senza di lui, posso continuare a farlo ora. I giorni in mensa trascorsi da sola, i pomeriggi in biblioteca da sola e le mie lezioni di violino mi hanno insegnato a riempire la giornata senza accorgermi di quanto tempo passi da sola, e un semplice amico non può rovinare anni di esperienza. Non posso in alcun modo lasciarmi influenzare troppo dalla sua presenza, in questo modo dimostrerei quanto sono debole.
Tuttavia, non è semplice. Niall è entrato a far parte della mia vita senza difficoltà, è apparso come la neve nel giorno di Natale. Una notte ero sola, la mattina dopo mi sono ritrovata il giardino cosparso di neve e lui di fronte alla porta che mi sorrideva e mi gridava di aprire la porta per non farlo congelare. Quando mi aveva chiesto di dargli delle ripetizioni, non pensavo facesse sul serio. Ero arrivata alla conclusione che fosse uno dei soliti scherzi che organizzava lui e i suoi amici contro di noi, gli sfigati. Poi ho scoperto, che non hanno mai fatto cose del genere e che erano tutte dicerie che mettevano in giro per mantenere la loro immagine di popolari ribelli. Che grande minchiata, gli ho detto e lui si è limitato a scrollare le spalle sorridendomi come solo lui sa fare.
Non è facile abituarmi e allo stesso tempo non lasciarmi influenzare da lui. Da quando passiamo il tempo insieme, tutto mi sembra più.. vero. Prima di incontrarlo, pensavo di vivere le giornate separata dal mondo da una lastra di vetro che mi teneva lontana dagli avvenimenti che mi circondavano, con la fregatura di poter però vedere ciò che non potevo vivere. Era strano, ma non me ne facevo un problema. Poi è arrivato lui, con quella camminata saltellante, quel non so che di stralunato. Con quell’espressione innocente in volto e quell’aria da chi proviene da un altro mondo, pronto a scoprire quest’altro nuovo. Non sono riuscita a trattarlo male, dopo anche diversi tentativi. Impossibile resistere all’entusiasmo che riesce a porre in ogni cosa, a quei due occhi vivi e quella risata coinvolgente. Rideva lui, rideva l’intera mensa della scuola. Era così, sconvolge in modo positivo ogni cosa che lo circonda.
Ed io devo cercare di trattenermi al lasciarmi risucchiare da tutto ciò.
Osservo il soffitto panna della camera, mentre lascio divagare i miei pensieri. Gli impegni, cosa potrei leggere di nuovo, Niall, come scappare dalla furia di Allison, Niall, il saggio di Lettere, Niall, il cibo della mensa, Niall, cosa c’è in televisione, Niall, Niall, Niall..
“Vuoi rimanere lì sdraiata a contemplare le crepe del soffitto aspettando che ti crolli addosso?” Niall. Oddio, mi sembra di sentire pure la sua voce.
Forse sto impazzendo. La mia idea di allontanarmi da lui, dovrei seriamente metterla in atto o finisco per andare di matto seriamente.
“Lucie, dammi qualche segno, dimmi che non sei stata posseduta dal fantasma del gatto che infesta questa casa”. Sento il bordo del letto abbassarsi. Mmh.
Abbasso lo sguardo dal soffitto per volgerlo alla mia destra, dove seduto sulle grosse coperte color cioccolato, Niall mi sta fissando con un sopracciglio inarcato.
“Niall?” chiedo incerta. Forse è davvero frutto della mia immaginazione.
“Mi chiamano così, tu puoi chiamarmi anche stanotte, tesoro” dice facendo spallucce, allungando la “s” in modo provocatorio per imitare il nostro sexyssimo professore di spagnolo. Mrs. Sanchez, un soggetto altamente assaggiabile.
Roteo gli occhi. “Battuta pessima, amigo”.
Ridacchia facendo sobbalzare il letto. Eh sì, non può ridere senza muoversi. Attrae gli atomi nell’aria, facendole scontrare fino a formare nuove molecole. Sì, certo.
Mi metto seduta con le gambe incrociate, fissandolo intensamente. Appena se ne accorge, fa lo stesso. È un nostro gioco, quello che sbatte gli occhi offre la colazione all’altro. Non faccio caso al fatto che lui indossa solo una felpa pesante e i pantaloni spagliati di una tuta, come non faccio caso al fatto che indosso Marley, il mio pigiama anti-stupro. Mi ha visto anche senza trucco, dunque non credo abbia problemi ad affrontare simili orrori. Pochi secondi e sento gli occhi lacrimare, mentre vedo i suoi socchiudersi fino a diventare delle fessure. Ma poco prima che li chiuda, lo fa lui con un sospiro di sconfitta.
“Bene, avevo finito i soldi” dico sbattendoli più volte.
“Che palle, l’altra volta ho pagato io” borbotta.
“Cest’ la vie” gli rispondo abbozzando ad un sorriso. “Che ci fai qui, intanto?”
“E dire che ti ho portato pure qualcosa” mormora con lo sguardo basso. Appena sente la mia domanda, alza gli occhi azzurri. Brillano, diamine. “Ah, non lo so. Stavo camminando e sono passato sotto casa tua, non avendo nulla da fare sono salito a salutarti” dice grattandosi la guancia con una mano infagottata da un guanto.
Rimango a fissarlo in silenzio. “E quello che tieni in mano?”
“Ok, stavo scherzando. Avevo voglia di vederti” ammette senza abbassare gli occhi, dritto nei miei. Per evitare il suo sguardo mi stropiccio gli occhi, fingendo uno sbadiglio.
“Stavo per andare a dormire, io” dico marcando una certa nota di fastidio che in realtà non c’è. Sono felice che sia venuto e quel “avevo voglia di vederti” mi ha completamente messo a K.O. Non ho neanche il tempo di riprendermi, che Niall mi raggiunge e si siede direttamente accanto a me, la sua gamba tocca la mia coscia, la sua spalla leggermente più alta accanto alla mia, gracile e debole al confronto delle spalle larghe allenate. Sento la stoffa della felpa dal pigiama, è freddissima.
“Sei uscito alle nove di sera, con solo una felpa addosso per venire da me?” gli chiedo sconcertata.
Spero una risposta negativa, anche se l’altra parte civettuola di me spera in un sì. Annuisce con la testa mentre un sorriso orgoglioso gli affiora sul viso. Uomini, che credono che combattere il freddo per una fanciulla sia gesto intrepido invece di un atto di completa stupidità e mancanza di coerenza.
Gli prendo il viso tra le mani con un gesto secco, stringo le guance rosse. Sono congelate.
“Sei un coglione” sospiro. Fa una smorfia divertita. “Vieni qua, stupido”.
Tiro su le coperte infilandomi sotto e con un’occhiata lo invito a fare lo stesso. Un attimo titubante mi osserva, il cipiglio nervoso in fronte. È una di quelle smorfie tenere che fanno sciogliere le ragazze, il bello è che lui non è neanche consapevole di questo. Stupido ceppo irlandese, davvero, non lo sopporto.
“Allora?” dico impassibile con le coperte ancora alzate. Non è la prima volta che stiamo insieme sotto le stesse coperte, con tutti i film che abbiamo visto durante le nostre sere. Nostre sere, ok non devo esagerare.
Finalmente si decide a sbloccarsi, con fare impacciato si toglie le scarpe da ginnastica umide dell’odore delle foglie e della rugiada e con slancio, si fa spazio nel piccolo letto da una piazza. Ci stiamo a stento.
“Niall, hai i piedi congelati!” grido scalciando leggermente.
“Ho capito, ma evita di giocare a calcio con i miei testicoli, grazie” risponde senza riuscire  a trattenere una risata gutturale. Gli tiro uno scappellotto in testa.
“Non puoi capire, stavo morendo di freddo” balbetta dopo un po’.
Questa volta lo guardo in viso, a pochi centimetri dal mio. La pelle diafana è ancora più chiara del solito, il rossore intorpidisce le sue guance dandogli un tocco di colore, mentre le labbra pallide non del solito rosa pesca tremano a scatti interrotti. Mi piacerebbe tanto potere riscaldare anche quelle.. No. All’improvviso sento il calore affluire nelle guance e prima che lui lo possa notare, gli prendo il viso e lo abbraccio, nascondendolo nell’incavo del mio collo. Signore, non posso fare certi pensieri proprio di fronte a lui.
“Lu..Lucie, mi stai soffocando!” mugugna, nella voce un sorriso.
“Zitto che ti sto riscaldando, dovresti essermi grato” ribatto.
La sua risata soffocata mi fa rabbrividire leggermente, mentre sento il solito profumo di muschio circondarmi. Dannazione.
“Comunque, cos’avevi in quel sacchetto?” chiedo nel tentavo di apparire calma.
“Ah, sì” mormora. Silenzio. “Per te”.
Grazie genio, non mi dici molto così. “Cosa?”.
Silenzio, ancora. “Niall..”
“Okok, è che se ti dico cosa c’è dentro mi cacci dal letto a forza di calci solo per farmeli prendere e sinceramente non mi dispiace affatto rimanere stretto in questa posizione, anche se non respiro per i due quinti” ammette con un altro sospiro sulla pelle.
Se continua così con questo fiato, finisco per imbavagliarlo.
“Niall” pronuncio il suo nome con fare serio.
“Solo se mi prometti che rimaniamo così” bofonchia, questa volta è lui che fa presa sulle mie braccia che lo circondano, stringe con delicatezza. I suoi capelli morbidi mi accarezzano..
“Ora ti alzi e mi prendi ciò che mi devi dare” gli ordino con un debole tremolio. Se non lo faccio alzare prima che se ne va svengo o brucio. Preferirei dunque evitare di morire per combustione a causa di un ragazzo. Gli tiro un calcio quando non lo vedo muoversi, ma lo evita sgusciando veloce giù dal letto.
“Sei davvero acida per essere una ragazza”.
Ignoro la frecciatina mettendomi seduta, mentre lui rovista nel sacchetto. Dopo un po’ tira fuori un pacco biscotti, facendomi scappare un sussulto. Caramelle, grassi, brutta..
“So perfettamente che non riesci ad andare a dormire senza aver bevuto prima un the’ e allora pensavo di poter portare qualcosa per accompagnarlo. Sono i tuoi preferiti, no? Cioccolato e cocco” dice stirando le labbra in un enorme sorriso che oscura la lampadina che illumina la stanza.
Deglutisco costringendomi in un sorriso. “Grazie Niall, non dovevi, ma ho già mangiato con mia madre stasera e sono pienissima..”.
Il sorriso scompare con il calarsi delle sopracciglia. “Con tua madre? Non ho visto nessuna luce accesa e non è mica in viaggio di affari a New York?” mi domanda con fare sospettoso.
Merda, me n’ero dimenticata di averlo informato.
“Sì, beh, ho mangiato.. quello che mi ha preparato mia madre, sai mi ha lasciato una teglia intera di lasagne che credo basterebbero a sfamarmi per un anno intero” mento con discretezza. Dimmi che ci è cascato, dimmi che ci è cascato..
“E non me ne offri neanche un po’?” chiede tornando tra le mie coperte.
Sollievo. Rido. O almeno, cerco di farlo.
“E va bene, mi vendicherò finendo tutto io il pacco di biscotti”.
“Antipatico”.
Ride. Potrei stare ad ascoltarlo per ore e non mi stancherei. È una delle poche cose che riescono a farmi sentire bene.
“Comunque, dimmi un po’ cos’hai fatto in questi ultimi giorni”.
“Come se ti interessasse davvero” mormoro, senza nascondere la nota acida. Infondo, non mi ha filata per niente questa settimana, poi spunta dal nulla con un pacco di biscotti per farsi perdonare. Mi giro dal bordo opposto del letto, offesa.
“Dai, Lucie, non fare la bambina” sbuffa lui, ma sono perfettamente consapevole che sta sorridendo divertito. Sussulto, quando sento le sue mani circondarmi le spalle e stringermi. Affonda il viso sulla mia schiena, sento perfettamente il suo naso sulla nuca, accarezzarmi. Reprimo una risata, soffro il solletico come ogni persona normale della terra anche io.
“Tanto so che non ti interessa” continuo però imperterrita. Devo dargli una piccola lezione.
“Invece sì” afferma, senza mollarmi.
Sospiro affranta. “Certo, per poi parlarne con i tuoi amici e prendermi in giro”.
Di scatto, mi volta verso di sé. Mi fissa serio con i suoi occhi chiari. I miei capelli stesi sull’intero cuscino, sfiorano le sue guance.
“Questo è assolutamente falso”.
Arrossisco a causa dell’intensità che emana il suo sguardo. “Io non posso saperlo”.
Stringe la presa, senza però farmi male. “Invece sai che non è vero. Non potrei mai, e dico mai, parlare ai ragazzi di quello che ci diciamo. Uno, perché non capiscono, due perché sono cose fin troppo personali” sussurra, invadendomi del suo profumo fresco. “Le nostre conversazioni, sono come dei segreti per me. Anche se non hanno senso”.
Ci guardiamo negli occhi, in silenzio. Non sbatte ciglio, sembra quasi non voler rompere il contatto e mi sorge il dubbio che prima mi abbia fatto vincere di proposito.
Infine sorrido, sconfitta. “Scusami, Nialler. Ti credo, credo ad ogni tua singola parola”.
Incurva le labbra, soddisfatto. “Brava”.
Sgranocchia rumorosamente i biscotti prima di allungarsi sulla mia collezione di DVD della Disney. “Cosa ci guardiamo stasera? Cenerentola?” propone.
Faccio una smorfia. “Non mi è mai piaciuta la fiaba di Cenerentola.”
“Come mai?”
“Diciamo che all’età di 11 anni capisci che è una fregatura colossale per l’intero mondo femminile. 1, è impossibile che una scarpa vada bene solo al piede di una ragazza, 2. impossibile che Cenerentola, ragazzina malnutrita sia capace di correre più veloce del principe – a meno che sia grosso e grasso come sua padre, 3. il principe azzurro non si innamora di Cenerentola, ma del suo aspetto e quell’illusione che si lascia alle spalle quando scompare. Scommetto che se mai ci sarà un seguito, divorzieranno” spiego.
Un attimo ammutolito, scoppiare a ridere a bassa voce. “Un seguito in realtà c’è e Cenerentola e il principe continuano a vivere felici e contenti” replica a sua volta, la bocca cosparsa di briciole che cadono sulle lenzuola del mio letto.
“È una fiaba, non la realtà fortunatamente” sospiro sorvolando il soffitto con sguardo perso, “pensa se tutti i principi fossero superficiali come lui.”
“È solo una stupida favola” ripete Niall a sua volta, “Ma ti assicuro che ci sono le eccezioni alla regola” aggiunge a bassa voce, parlando quasi tra sé e sé.
Mi costringo a tornare alla realtà, mi sono lasciata trasportare dai pensieri come mia abitudine. “Che ne sai tu? Giullare di corte, non puoi capire” dico dandogli una spinta amichevole sulla spalla.
Niall ride, “Se fossi un giullare di corte farei battute divertenti. Sono un principe, non vedi la mia bellissima chioma bionda?” si passa una mano tra i capelli scompigliandoli selvaggiamente. Lo guardo e mi rendo conto che è bellissimo comunque, indipendentemente da come si sistema i capelli.
“Biondo tinto” borbotto.
“Ma pur sempre biondo” ribatte senza smettere di sorridermi beffardo.
È davvero un principe, e invidio con tutta me stessa la ragazza che salverà dall’ira del drago o della strega cattiva. Tuttavia al momento, posso approfittarne io.
“Dai principe artificiale, scegli un film che non ho sonno.”






- note dell'autore.



Non ho avuto il coraggio di guardare l'ultima volta che ho aggiornato.
Mi discolpo dicendo che ho avvertito sin dall'inizio che non avrei aggiornato puntualmente, a parte che non ne sono capace, questo era un progetto che mi è nato di impulso da una idea non strutturata. Scusatemi se vi ho fatto penare molto per questo capitolo, spero comunque che non l'abbiate dimenticato in un cassetto, dato che infondo ho notato participazione da parte vostra. Grazie alle meraviglie che mi hanno lasciato una recensione, le ho lette tutte e mi hanno colpito in particolare quelle ragazze che si sono immedesimate perfettamente nel personaggio. E se sono riuscita a farvi amare qualche difetto, come lentiggini che invece io invidio e non potrò mai avere perchè sono cinese, è stato un piacere. Davvero, voglio trasmettere qualcosa scrivendo.

Non so quando aggiornerò la prossima volta, non ho nemmeno un'idea.
E sinceramente gli ultimi due assoli, quello di Harry e Niall sono quelli più importanti per me, voglio impegnarmi con tutta me stessa.
E ci sarà infine anche il ritornello - sempre se riesco.
Vi lascio, ogni recensione è gradita, dovreste vedere con che sorriso le leggo.

Alice.

 


Grazie a Louis per il meraviglioso sorriso
che ci concede quando canta "conversations".
(e ringraziamo anche alla possente schiena di Harry nella gif.)

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** But you’re perfect to me - Harry. ***




Little Things.



I know you’ve never loved the sound of your voice tape
You know want to know how much weigh
You still have to squeeze into your jeans
But you’re perfect to me.
- Harry, Little Things.


 

Il vento soffia tra i rami degli alberi che mi circondano. Alcune foglioline si staccano e scendono docilmente al suolo, altre ad un centimetro da terra vengono prepotentemente spazzate via e di nuovo tornano a svolazzare senza meta seguendo la volontà del vento. Mi diverto ad immaginare dove possano finire: all’interno di una classe, sul balcone di qualche casa, sui tetti, ovunque lontano da qui.
Osservo gli alberi. Si può dedurre dal colore più chiaro della corteccia che l’inverno sta per finire ed ormai la primavera è alle porte. Me lo ha insegnato mio fratello quando ancora vivevamo in Irlanda. Sento spesso la mancanza di casa, le riunioni di famiglia dalla nonna, i cenoni insieme, la musica ed i colori. Londra è meravigliosa, ma è grigia e spenta i tre quarti dell’anno. Le voci sul suo instabile clima non sono poi così affidabili, il cielo è perennemente sovrastato da nubi chiare che nascondono ai nostri occhi il sole. Non che in Irlanda si muoia di caldo, ma i colori della terra, degli alberi onnipresenti, sono quelli a renderla viva. Sospiro all’interno della felpa riscaldato dall’idea che le prossime vacanze le trascorreremo a casa.
Batto con il piede il ritmo della canzone che in questi ultimi giorni sono finalmente riuscito a creare nella mia testa seppure con gran fatica. È da circa tre settimane che cerco la melodia giusta, e stavo per dare di matto all’ultimo e rinunciare quando Lucie mi ha chiesto di farle compagnia. E seduti sulle altalene a parlare di nulla ed altro, ci sono riuscito. Mi è bastato guardarla, le gambe stirate in avanti, i capelli sul viso. Ero partito con il piede sbagliato a chiudermi in casa in cerca di ispirazione. Volevo dedicarla a lei e per stendere le note, la cosa migliore era pensare a lei, stare con lei, respirare lei. L’unico problema ora sono le parole.
Accartoccio con frustrazione l’ennesimo foglio macchiato dalla mia disordinata e incomprensibile scrittura e lo getto nel cestino vicino facendo canestro. Mi passo una mano sul viso nel tentativo di svegliarmi e mi ravvio i capelli all’indietro che per la fretta non sono riuscito a pettinare con il gel questa mattina. Mi cascano nervosamente sulla fronte finendomi sugli occhi. Una vera tortura.
Forse è il caso di prendermi una piccola pausa. Prima che il mio cervello decida di scappare dal mio orecchio e fuggire nella natura selvaggia, appoggio le mani sulla superficie del tavolo dove sono seduto e stiracchio i piedi.
L’orologio appeso sul muro dell’entrata segna pochi minuti prima dell’inizio delle lezioni. Maledizione, l’intervallo della mensa non mi è servito a niente. A questo punto avrei potuto fare a meno di portarmi dietro la chitarra e magari approfittare di questa pausa per mangiare, stare con i ragazzi, mangiare, ripassare, mangiare e mangiare. No, devo riuscire a finire questa dannata canzone. Per lei.
In quello stesso momento la vedo. Parli del diavolo e spuntano le corna. Stringo la visuale e la inquadro attraversare la strada che porta al secondo gruppo di edifici, piuttosto lontano dal resto della scuola. Lascio scivolare lo sguardo sulla sua intera figura: i jeans larghi le cadono dolcemente sulle gambe magre che cerca sempre di nascondere il più possibile, se fosse per me butterei tutti quei pantaloni enormi fuori dalla finestra solo per poterle vedere più spesso. Aspetta Niall, questo non è da te. Dannato Harry e la sua cattiva influenza. Mi faccio ancora più strada nel tessuto della felpa per nascondere l’imbarazzante rossore che mi sta infiammando le guance. Perché devo arrossire così facilmente?
Noto che oggi si è legata i capelli in una treccia davvero mal fatta, ciuffi ribelli le incorniciano il viso ed è un attimo che con uno sbuffo se li scosta. Ridacchio. Gli occhiali da vista che usa meno del dovuto le penzolano sul naso coprendo le poche lentiggini. Il ricordo di ciò che le ho confidato riguardo alla mia abitudine di giocarci non fa altro che aumentare il calore che si irradia nelle mie guance. Stupido, stupido, stupido.
La osservo attraversare con tutta fretta, i libri in bilico sulle mani, e non mi preoccupo del sorriso e dell’espressione da ebete che mi sta probabilmente deformando la faccia. Quando ad un tratto la vedo bloccarsi a metà strada con una mano sulla fronte. Il sorriso scivola dalle mie labbra. Con la fronte corrugata stringo gli occhi. La vedo sbilanciarsi in avanti. Ma cosa? I miei occhi la seguono mentre cade al suolo, silenziosa giace a terra insieme alle foglie.
Mi alzo di scatto, “Lucie!”.

 
 
Point of view of Lucie.

 
Non so da quanto tempo sono sveglia.
Non ho ancora aperto gli occhi. Ho paura di affrontare la realtà, paura di Allison, delle risate alle mie spalle, degli sguardi degli amici di Niall, delle voci quando cammino lungo i corridoi delle scuola, di mia madre e della sua reazione, della verifica di algebra, l’interrogazione di storia, di tutto. Anche di Niall, paura di perderlo, ora che mi sono resa conto di quanto sia diventato importante e quanto mi sia impossibile – non so neanche come possa semplicemente pensarlo – che mi abbandoni, anche lui, come hanno sempre fatto tutti. Mio padre da piccola, mia madre che preferisce rincorrere il suo lavoro che trascorrere il tempo con la propria figlia. Strizzo le palpebre, fa male.
Come un soffio di venticello leggero, sento una mano posarsi sulla mia fronte, leggera e delicata. Riconosco l’odore e il suo tocco, Niall è qui con me, ovunque io sia. Sento le sue dita fremere con una delicatezza che non pensavo potesse possedere la mia tempia, scendere lungo la guancia e posarsi sul collo. Distendo la fronte e le spalle si sciolgono sotto il suo tocco magico. Un sospiro di sollievo sfugge involontariamente dalle mie labbra. Poi ad un tratto sento dei fruscii ed un qualcosa di umido mi si appoggia sulla fronte. Le sue labbra. Apro di scatto gli occhi ritrovandomi immersa in un oceano di sorpresa, sbigottimento che si tramuta in felicità e poi in imbarazzo. Tutto nel lasso di un secondo.
“Lucie, sei sveglia!” mormora con voce più roca del solito. Riesco quasi a contargli le ciglia per quanto si trovi vicino, il suo profumo di menta mi inonda le narici, le bocca, i polmoni. Lo sento sulla punta della lingua.
“Cosa stavi facendo?” chiedo, vergognandomi subito dopo di quanto sia roca e secca la mia voce. Mi tocco la gola e Niall sembra notarlo, che in un attimo mi passa una bottiglietta di acqua.
“Va meglio?” mi chiede quando anche l’ultima goccia è stata prosciugata.
Annuisco. “Non che la mia voce così migliori” aggiungo poi ironica.
Ridacchia, le guance ancora arrossate. “Tu e le tue ossessioni. Non capisco come tu faccia ad odiare la tua voce, è normalissima e dolce” si interrompe passandosi un mano tra i capelli biondi che gli ricadono sulla fronte. Scommetto che si è svegliato tardi e non è riuscito ad acconciarli. Meglio così, sono più morbidi senza quella poltiglia appiccicosa.
“Allora, cosa stavi facendo?” domando nuovamente.
Capisce di non esser riuscito a sviare il discorso, e le guance si colorano ancora di più. “N-niente. Ecco, stavi dormendo, e allora ho pensato.. la signora con il camice bianco, la infermiera, ehm mi ha detto di misurarti la febbre.”
“Con un bacio?”, ignoro il gorgoglio che produce lo stomaco quando pronuncio quella parole. Deve essere la fame, mi dico.
Avvampa, “Sì. In Irlanda si usa così” spiega sventolando la mano.
Lascio perdere e lentamente mi metto a sedere. Niall mi si avvicina e mi sistema con cura il cuscino dietro al schiena. Mi guardo un attimo intorno, scoprendo di trovarmi nel lettino dell’infermeria della scuola. Le tende bianche dividono il mio piccolo spazio dagli altri quattro, mi hanno adagiata nel letto accanto alla finestra. Riesco a sentire il rumore dei passi e le grida degli studenti che varcano il cancello e si disperdono nelle strade. L’orologio appeso sopra la scrivania della infermiera – vuota – segna il termine delle lezioni. Mi sono persa l’ora di scienze ed inglese. Sospiro e mi decido a liberarmi delle coperte e scendere dal lettino. La mano di Niall però mi blocca.
“Sei ancora stanca, riposa ancora un poco” mi dice spingendomi all’indietro.
Scuoto la testa, “Ce la faccio. È tardi, devo tornare a casa..”
“Non ti aspetta nessuno là” mi interrompe.
Sollevo di scatto il viso scontrandomi con i suoi occhi acquosi e preoccupati. “E con questo cosa vuoi dire? Che sono sola? Oh, non ti preoccupare, ormai mi sono abituata” replico acida ma non decisa, indebolita dalla stanchezza e dal suo sguardo carico di ansia e preoccupazione. Per me.
“No, non volevo dire questo” la sua presa si affievolisce, ma i suoi occhi non spezzano il contatto, “Non mi sento sicuro a lasciarti da sola a casa tua, preferirei venissi da me questa notte. A mia madre va bene. E aspettiamo ancora un po’ prima di andare, giusto per darti il tempo di riprenderti” tenta un sorriso.
Mi limito ad un cenno del capo e torno ad appoggiare la schiena sul cuscino. Chiudo gli occhi. Mi sento un vero schifo ad avergli risposto così. Chissà da quanto tempo si trova lì, seduto accanto al letto a guardarmi, a controllare ogni mia reazione, come nelle serie televisive spagnole dove uno dei personaggi finisce sempre in ospedale. È così che trovo la sua mano tra le lenzuola e la stringo un poco, in un gesto di scuse. La bozza del suo sorriso prende forma in uno luminoso, seppur stanco.
Rivolgo la mia attenzione al soffitto. Granelli di polvere danzano nell’aria sopra le nostre teste. Si lasciano condurre dagli spifferi di aria, e danzano, danzano fino a non toccare mai terra, leggeri e senza pensieri, preoccupazioni.
“Che c’è Niall?” gli chiedo.
La sua stretta si è fatta più salda e calda. Lo guardo in attesa.
“Perché sei svenuta?” mi chiede scrutandomi alla ricerca di indizi.
Mi irrigidisco e provo a sfuggire dalla sua presa, ma le sue dita non hanno intenzione di lasciarmi andare. “Lucie, ti prego parlane. Sono giorni che sei sempre più silenziosa e pallida, guarda” un pollice traccia le ombre sotto i miei occhi, “che occhiaie. Cosa ti succede, Lucie? Dov’è finita la stessa ragazza sorridente con la battuta sempre pronta e le guance rosse che ho incontrato in biblioteca?” mi sussurra, ormai seduto di fronte a me, una mano intrecciata alla mia, l’altra sullo zigomo.
Deglutisco e stringo il labbro tra i denti, pregando le mie lacrime di non tradirmi. Troppo tardi perché cominciano a scivolarmi lungo il viso, irruenti e senza controllo. Mi domando da quanto tempo non piango di fronte a qualcuno disposto ad ascoltarmi. Da quanto tempo ho aspettato che qualcuno si accorgesse che dietro ad un sorriso, soffrivo.
Le sue braccia mi avvolgono in un abbraccio caldo e confortante, corrono lungo la mia schiena e con delle carezze cerca di darmi conforto. Non sa che solo la sua presenza significhi molto per me. Mi ancoro con timidezza e poi con forza alle sue spalle larghe ed affondo il naso nella stoffa della felpa, senza preoccuparmi di bagnargliela. So che Niall non si fa problemi del genere. E continuo a piangere. I singhiozzi mi scuotono sempre più forte, ma ad ognuno di essi Niall aumenta la stretta, e mi sussurra che tutto andrà bene, che c’è lui con me. E questo mi basta.
Prosciugo il dolore che in questi giorni si è cibato di me. Solo quando le lacrime mi danno una tregua, mi stacco leggermente da lui che fa lo stesso. Non lascio la sua mano però.
“Ho smesso di mangiare da qualche giorno. Lo so” lo interrompo, “lo so che non ne ho bisogno, che sto bene così come sono, ma è diverso quando ti trovi nei miei panni. Vedere tutte quelle ragazze così magre e ripetermi che potrei anche io diventare come loro se solo ci provassi. Sorridono e penso che magari raggiunta quella taglia, forse anche io riuscirò a sentirmi bene con me stessa.”
“C’è modo e modo di dimagrire, lo sai Lucie” mi rimprovera.
“Lo so, ma.. senza la tua presenza è difficile ragionare a mente lucida. Ci sei solo tu con me, nessun altro. E da sola, non riesco a controllare le mie decisioni con coerenza. Avevo solo smesso di mangiare, non mi sembrava così sbagliato..”
“Sei svenuta perché non mangiavi. Pensa alle conseguenze se non ti fossi trovata a scuola o se non fossi stato io a soccorrerti. Pensi davvero che non mangiare sia una cosa da niente?” mi chiede mettendo a tacere il mio tentativo inutile di giustificarmi.
Mi rispecchio nei suoi occhi chiari e sinceri, e scuoto la testa.
“Scusami” mormoro.
Mi sorprende con un nuovo abbraccio. Sento le sue ciglia accarezzarmi la tempia quando chiude gli occhi. “Non volevi mai sapere quanto pesassi e pensavo che non ti interessasse ed invece quello stupido numero della bilancia ha lo stesso effetto anche su te. Non devi lasciarti influenzare da qualcosa di superficiale come il numero di una taglia, non quando dentro di te sei tutto questo” mi prende il viso tra le mani, il suo respiro è irregolare e il suo sguardo serio, “simpatica, ironica, intelligente – tanto da invidiarti, da spingermi a cercare di cogliere anche un decimo di quello che capisci tu - dolce quando vuoi, interessante, stupida – in particolare in questo momento, unica e speciale. Puoi continuare a cercare di infilarti in quegli stupidi jeans di taglia 38, ma tu sei perfetta per me, così come sei. Mettitelo in testa” e non riesco a dire nulla, a respirare, che le sue labbra si infrangono sulle mie. Premono con irruenza, ma con un attenta e agonica dolcezza. Un retrogusto di menta affiora sulla punta della lingua quanto dischiudo leggermente la bocca. È buono come nei sogni. Ma prima che possa anche solo muovermi, smorza il contatto.
Scombussolata, vedo nei suoi occhi – blu ardenti – la mia stessa espressione di sorpresa e qualcosa che non riesco a decifrare. Accenna ad un sorriso e le sue mani scivolano via dal mio viso, fino a raggiungere le mie.
“Andiamo a casa ora.”
 
 
“Ed ora cosa faccio?” si chiese Niall.





- note dell'autore.




Buon pomeriggio.
Ed eccomi qua con il penultimo capitolo di questa mini-long|song-fic (ho scoperto solo negli ultimi tempi il termine adatto, haha!).
Mi scuso di avervi fatto aspettare, anche se ho sempre specificato sin dal primo capitolo che non mi sono posta nessun preciso lasso di tempo da rispettare per aggiornare; preferisco scrivere i capitoli di questa fanfiction quando me lo sento, perchè so che darei il meglio di me senza pressione. 
Grazie alle lettrici che mi hanno lasciato una recensione (le ho lette tutte e grazie davvero) e chiunque abbia aggiunto questa storia tra le seguite/ricordate/preferite. Ammetto che è stato un parto, ho ricontrollato più volte e spero di aver corretto tutto anche se ne dubito visto che i miei di errori non li vedo neanche sventolati sotto il naso, haha! 

L'assolo di Niall ed il ritornello, prometto che ci metterò tutta me stessa. Spero mi aspetterete come avete fatto prima.

Grazie di cuore, al prossimo ed ultimo aggiornamento.
Alice.



 



Un grazie ad Harry che sembra sia nato per cantare queste parole,
un grazie alla sua perfetta interpretazione.
(e mi limito a questo perchè su quanto la sua voce si sposi con il
significato  di quei versi potrei scriverci un libro).


 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1389747