La mia costante.

di Sarah Collins
(/viewuser.php?uid=208277)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Misha. ***
Capitolo 2: *** Sotto le lenzuola. ***
Capitolo 3: *** Veste bianca. ***
Capitolo 4: *** Solamente noi due. ***
Capitolo 5: *** "Hey tu!" ***
Capitolo 6: *** Che dire, che fare. ***
Capitolo 7: *** Le mani a posto, Misha! ***
Capitolo 8: *** Amanda. ***
Capitolo 9: *** Sotto la pioggia. ***
Capitolo 10: *** Ma chi sei. ***
Capitolo 11: *** E adesso chi è Jake? ***
Capitolo 12: *** Non ci voglio credere. ***
Capitolo 13: *** Pentirsi è corrosivo. ***
Capitolo 14: *** Dopo tanto tempo. ***
Capitolo 15: *** Tornaccasa. ***
Capitolo 16: *** Energia negativa ***



Capitolo 1
*** Misha. ***


Image and video hosting by TinyPic

La mia costante

Misha
1


Da bambina mi prendevano in giro perché mi vantavo di avere un amico immaginario. Mi impuntavo perché nessuno mi capiva.
Nessuno ci ha mai provato veramente, a dire il vero.
Nessuno tranne uno; Misha, il mio amico.
Mi faceva giocare con i suoi capelli neri; erano lisci e poco lunghi, a me piacevano. Sorridevo sempre quando passava accanto a mia mamma e gli faceva le smorfie alle sue spalle. Lei, tonta, non se ne accorgeva mai.
Ridevo tanto, ridevo di gusto.
Misha però non riusciva a prendere le cose; una volta gli lanciai la mia Barbie veterinaria e lo attraversò.
Ero una bambina ma anche all'epoca non riuscì a capire perché io potessi toccarlo ma nessun'altro no. Solo io, solamente le mie piccole manine potevano.
Ricordo una notte in cui avevo la febbre a trentanove; mia mamma doveva andare a lavorare e con un bacio mi mise a letto, sotto il mio piumino celeste.
Per la fretta non mi rimboccò le coperte e io ero troppo stanca, troppo intontita per farlo da sola. E a dire il vero ci rimasi male perché mia madre non ebbe tempo per me, quella notte.
Così mi ritrovai da sola, con la lucina verde in corridoio che mi teneva compagnia; guardavo il soffitto e gli stickers fluorescenti a forma di stella.
Mi ci perdevo sempre a guardare le stelle.
D'un tratto ebbi freddo e girandomi notai Misha che, sorridendomi, mi rimboccò le coperte.
Lo vedevo affaticato per quel gesto ma non mi ci soffermai troppo perché ero davvero felice in quel momento.
Non ero più sola e quel mio caro amico che nessuno vedeva, era con me.
Il sentimento era più presente di qualsiasi altra figura umana.

Misha mi disse il suo cognome ma non lo ricordo più, ormai.
Lui era più grande di me, non saprei dire quanto ma la sua figura mi dava sicurezza. Era esile e alto, tanto più alto di me. Aveva gli occhi azzurri ma era un colore indefinito, un po' come tutta la sua figura.
Lo ricordo perfettamente ma all'epoca, delle volte, a malapena riuscivo a contraddistinguerne i contorni.
Succedeva sempre quando era stanco; e allora mi chiedevo che lavoro facesse, dove fosse la sua famiglia e se qualche volta avrebbe potuto portarmi il suo coniglietto bianco.
Sniffy, mi sembra si chiamasse.

Misha fu sempre presente nella mia infanzia; apparve senza un motivo, all'improvviso. Si piantò nella mia stanza, nella mia casa e delle volte giocava con i miei giochi.
Prendeva la macchina fiammante di Ken e con un dito la faceva sfrecciare da una parte all'altra della stanza.
Poi ci provavo io e con un colpo del dito non riuscii mai a fargli fare tanta distanza.
E allora capii che Misha oltre ad essere il mio amico, era anche tanto forte.
A mamma sarebbe piaciuto, pensavo.
All'epoca lo vedevo bene, lo vedevo presente e amichevole ma più crescevo più si affievoliva.
Lo vedevo sfocato e affaticato e distante.

Arrivata ai dodici anni lo vedevo pressocché mai. Fu un grande trauma non poter far più affidamento su di lui.
Mi lasciò un dolore che ancora porto dentro e che non andrà mai via.
Con il tempo certo, passa tutto, ogni cosa diventa più sopportabile e quando io e mia madre ce ne andammo da quella casa, quasi stavo bene.
Mentre entravo in auto gettai l'occhio alla finestra della mia camera per vedere se mi stesse salutando.
Se si fosse ricordato di me, se magari sarebbe ritornato all'improvviso.
Ma niente, non accadde niente e da quel giorno sono passati sei anni.
Sei lunghi ed estenuanti anni di totale stupidità all'insegna dell'adolescenza.

Mia madre pianse per la morte di mio padre avvenuta dieci anni fa; così mi disse una cosa.
La richiesta più dolorosa della mia vita.
"Ho voglia di riacquistare la nostra vecchia casa, ti piace l'idea?"

No, la odiavo e detestavo per vari motivi: per mio padre, per lo scaldabagno rotto e per Misha.
Certo, lui.
No, in quella casa non volevo ritornarci ma la felicità di mia madre è tutto il mio lavoro su questa terra.
Adesso però vivrò nella paura.
Nell'ansia e nei terribili e bellissimi ricordi che quella casa mi fa rivivere.
Sono una persona diversa e le Barbie adesso le odio.
Ora però la mia unica costante è anche il mostro sotto il mio letto.
Misha.

A.U.}
Salve! Questa è tutta roba nuova per me; ho sognato di scrivere nella parte descrittiva di quando si inizia una nuova storia. E' nato tutto così, per caso. E ne sono entusiasta perché ho già nella mia mente i vari svolgimenti. Sì è abbastanza buffo perché a parte Carmen, tutte le altre mie storie hanno fatto fiasco. Mi dispiace davvero molto ma quella storia prima o poi finirà e quindi già mi preparo al peggio. Nei prossimi capitoli ci saranno maggiori descrizioni dei pg e che dire, spero che i lettori silenti si facciano sentire! Baci!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Sotto le lenzuola. ***


Image and video hosting by TinyPic
Sotto le lenzuola.
2


Mia madre era così indaffarata che fece cadere alcuni scatoloni durante il trasloco.
Mentre quelli per i traslochi scaricavano le nostre cose in quella casa, io rimasi in macchina per più tempo ma quando mia madre mi urlò di sbrigarmi, scesi immediatamente.
Non che cambiò poi molto le cose dato che rimango bloccata lì come un'allocca.
Le persone con i berretti mi passavano frettolosamente accanto e alcuni mi mandavano cenni e occhiolini disgustosi.
Carol è il nome di mia madre mentre quello di mio padre era Constantine.
Essì, siamo la banda dei nomi che iniziano per C, è molto banale ma credo sia dovuto alla loro giovane età: quando mi concepirono.
Mia madre ha sedici anni più di me, mi fece praticamente da bambina e questo fu a mio favore per tanto tempo.
Lei ha sempre capito le mie esigenze durante la mia entrata nell'adolescenza; mio padre invece no, per niente.
Ci rido un sacco di volte perché lui sapeva cosa vogliono i ragazzi a quell'età, certo, non vogliono mica un figlio come è accauto a lui.
Parliamone.
Mio padre mi amava e anche tanto, ma credo amasse più mia madre e questo mi faceva sempre piacere.
Sarà perché tifo per l'amore con sesso e rock n'roll senza figli.. Credo.
Insomma tutta questa roba era per dirvi che all'interno del montante in legno della porta d'ingresso, sono incisi i nostri tre nomi.

Ma quella porta non volevo varcarla nonostante tutti quei bei ricordi perché ce ne era uno che avrei voluto dimenticare, ma a quanto pare è impossibile.
Mi si gelano le vene al solo istinto di guardare in alto, alla mia finestra.
Ma prendo forza e lo faccio. Sì l'ho fatto!
Niente, c'è una tenda bianca e non ho visto niente, meglio così..
"Cass entra dentro!" Mi ulra mia madre.
Io respiro profondamente e con tre falcate entro in casa; bella, grande e rustica.
E' rimasta perfettamente come quando la lasciammo anni fa.
Faccio il giro della casa perennemente col naso all'insù e, girovagando, con la coda dell'occhio notai il viso di mia madre diniegare e spiacersi per la mia deficienza.
Notai anche le scale, allora abbasso la testa e conto con lo sguardo scalino dopo scalino ripercorrendole.
Ingoio e faccio il primo passo per salire le scale..
"LE SCARPE!!" Urla mia madre con tutta l'aria che ha in corpo.
Io salto, zompo all'indietro e mi sembra di morire per lo spavento; perciò la maledico con amore e mi faccio grande con le spalle, impettisco il petto e alzo il mento.
Faccio il primo scalino, bene è stato facile, faccio il secondo e noto il tappeto morbido.
Dall'undicesimo già mi sento male perché riesco a vedere la porta della mia camera. Aperta, socchiusa, accostata.
Vedo la luce del sole provenire dall'interno e velocemente corro verso la porta e la spalanco.
Mi dimenticai di ingoiare e di respirare perciò mi strozzai ma mi riprendo subito e con lo sguardo controllo che non ci sia niente di strano.
Tocco il letto, la sedia della scrivania e la toiletta bianca.
La luce penetrava proprio forte! Infatti mi giro verso la finestra e..
E dov'è la tenda che ho visto poco fa? Dove diavolo è finita?

Corro più veloce che posso al piano di sotto e con l'affanno aiuto mia madre a disfare i bagagli.
Lei mi guarda di sbieco perché ero sempre troppo apatica per aiutarla e ora ero addirittura accorsa a darle una mano.
Purtroppo era pomeriggio inoltrato e nessuna delle due aveva fame, questo voleva dire solo che dovevamo andare nelle nostre stanze a dormire.
Lei mi saluta e mi da' la buonanotte con un bacio e io ricambio; la vedo salire le scale e girare a sinistra fino in fondo mentre io dovevo andare sì a sinistra, ma praticamente di fronte alle scale.
Non volevo andarci ma dovevo pur dormire.

Entro con calma nella stanza e mi ritrovo le coperte nuove e un profumo di fresco pulito amor del bambino! Non ha senso ma è la canzoncina della pubblicità di un detersivo che adoro.
Sono stanca e questo profumo mi rilassa, mi tolgo la maglia e jeans neri e mi slaccio i capelli dalla coda.
Li stendo a ventaglio sopra il cuscino candido e mi sdraio a stella.
Chiudo gli occhi e appena mi ritorna in mente della tenda subito ritiro le braccia e le gambe e le stringo più vicino al mio busto.
Mi faccio piccola piccola e mi rassicuro sotto il mio lenzuolo di cotone dannatamente ghiacciato.
Il tepore del mio respiro e del mio corpo riscalda tutto il letto e io mi rilasso completamente.
Sento però i piedi ghiacciati e ora le gambe, le ginocchia, le coscie e il petto.
Apro gli occhi e senza notare nessuno mi sento svenire, sento un'aurea che mi avvolge ed è fredda ma è una bella sensazione.
Sento una presenza che mi ama, che non so come ma riesce a toccarmi nel profondo.
Sento un profumo a me vagamente familiare e miei occhi si chiudono, si stringono e si rilassano subito dopo.
Li spalanco e mi libero delle coperte, le getto al vento e seduta sul letto osservo la stanza e penso.
Mi aggiusto i capelli e mi sento in qualche modo violata, toccata e sporca.
"Misha, sei tu?"
La finestra si apre ed entrano milioni di foglie gialle.
Tante, tantissime foglie che sovrastano e ricoprono tutto, me compresa.
Urlo a squarcia gola e mi dimeno con ferocia e apro gli occhi.
Guardo il soffitto e tutto è tranquillo, un incubo forse, niente foglie o finestre o fantasmi.
Tento di rimettere bene le coperte ma noto che sono al loro posto, il risvolto c'è e qualcuno le ha fermate sotto i miei fianchi.
Chi mi ha rimboccato le coperte?

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Veste bianca. ***


Image and video hosting by TinyPic
Veste bianca.
3


Inzuppo distrattamente il biscotto nella mia tazza blu piena di latte e caffè, sento la testa pesante ma il pugno la sostiene per bene, fortunatamente.
Mia madre gira, cammina, corre, passa e se ne va' alla velocità della luce.
In realtà non la vedo, non riesco a distinguerla dal muro, per quanto è veloce; sta mettendo a posto tutti i nostri vestiti e sbatte i tappeti, le coperte.
Per me può fare quello che vuole, penso, perché ieri notte ho avuto troppa paura e non riesco a pensare ad altro.
Ho finito la scuola, un bel diploma decorato e bordato di rosso; adesso sono un tecnico della moda con la lode.
Fantastico, ma me lo sbatto in faccia dato che ho sempre desiderato andare nello spazio.
Mi vengono in mente le stelle; quelle fluorescenti che Carol aveva attaccato sopra il mio letto. Erano belle anche se ogni tanto cadevano e mi colpivano spesso mentre dormivo, facendomi sobbalzare.
Poca roba; c'era Misha con me e non avevo paura di niente se c'era lui.
Il latte mi sta distruggendo lo stomaco e lo butto nel lavandimo con forza, rimango ad osservare la strada dalla finestra e mi sento toccare la schiena da dietro.
"Cass, vado a fare un po' di spesa, che vuoi venire?" Mi dice mia madre.
"No." Le rispondo, per poi riprendere "E' meglio che io rimanga a casa, dovesse arrivare qualcuno, giusto?"
"Hai ragione." Conferma lei baciandomi la fronte.
Sento il tintinnio delle sue chiavi e con lo sguardo la seguo mentre chiude la porta, esce ed entra in macchina, uscendo sgommando dal viale.

Sento delle voci provenire dal salone e mi accorgo che Carol ha lasciato la Tv accesa, mi incammino a testa bassa provando un senso di disagio ma lascio stare.
Faccio finta di niente ma prima di spegnere la televisione, penso che forse non è una buona idea rimanere nel silenzio più assoluto.
Mi va di respirare a pieni polmoni e apro le finestre che davano sul giardino.
Esco fuori e porto la giacca rossa con me, dovessi ammalarmi..
Noto con piacere la presenza di una sedia da giardino e ci muoio sopra; distendo le gambe come un bradipo esausto e guardo le nuvole.
Non ce la faccio, non posso, non riesco a non guardare la finestra che dava sul corridoio del piano superiore.
La guardo in modo insistente e compulsivo anche si mi sto mettendo suggestione da sola, sento i brividi di freddo ma devo guardarla.
La guardo uno, tre, cinqui minuti senza distogliere lo sguardo; ho una terribile paura di vedere qualcosa e infatti...
Mi appiattisco sulla sedia e la saliva che ingoio è pesante, il cuore accellera fino ad asplodere nel mio petto e mi sento morire.
La porta della mia stanza si è spalancata all'improvviso.

Non mi interessa se ho paura.
Corro veloce dentro lasciando tutto aperto.
Tiro su col naso e mi aggrappo al corrimano delle scale e le salgo velocemente.
Con l'affanno vedo l'interno della mia camera ed entro, ci sono, sono al centro del tappeto e mi guardo intorno.
Non ho affatto paura.
"Ti prego, Misha, fatti guardare."
Non ho paura.
"Per favore, ritorna da me."
No, non ho paura.
"Misha, vattene altrimenti."
Non ho paura, non ho paura, non ho pau-
"Cassidy".

Mi si gelano i muscoli, le mani non me le sento e i miei occhi bruciano.
Fanno male, fa tutto male.
Mi giro di scatto e lo vedo.
Le lacrime incombono e riempiono i miei occhi, cadendo sul mio viso appesantite dal loro stesso peso.
Mi sta guardando dentro, lo vedo, riesco a vedere i suoi occhi luminosi e penetranti.
E' bellissimo esattamente come lo ricordavo, forse anche di più.
"Ciao Cassidy."
Non riesco a rispondere a quella voce tanto profonda, non ce la faccio a parlare con un fantasma.
"Sono una sensitiva o cosa?" Riesco a pronunciare ironica ma scossa.
"Io sono reale."
"NON TOCCARMI." Urlo forte.
In un attimo stava cercando di toccarmi ma mi ritraggo, ho paura adesso, come sempre.
"Non mi devi toccare." Gli ripeto con più calma.
Le sue palpebre non sbattono, le sue pupille non si ingrandiscono e mi fissano, mi fissano sempre.
Con passi che non fanno rumore si avvicina, un passo dopo l'altro me lo ritrovo sempre più vicino.
Indietreggio alla stessa velocità e sbatto sul letto, sedendomi.
Mi spavento e chiudo gli occhi, li strizzo fortissimo e con le mani mi copro il viso sperando che Misha se ne vada.
Respiro con la bocca e avverto una presenza troppo vicina.
"Profumi ancora di latte." Mi dice a dieci centimetri dalle mie labbra.
Gli stavo respirando addosso e apro gli occhi; lo guardo e smetto di piangere.
"Te ne sei andato, cosa sei?"
Lui comincia a camminare per la stanza sfiorando ogni cosa che gli capita a tiro. Comincio a guardare i suoi capelli bianchissimi e il suo vestito bianco.
Tutto di lui era bianco, anche la pelle ma non gli occhi; quelli erano azzurri.
Quando si gira i capelli si muovono leggeri e niente dimostra il suo essere astratto, sembra così reale..
"Io dovevo andare via, era finito il mio tempo." Dice abbassando il mento assumendo uno sguardo molto serio.
"Ero una bambina." Dico io commossa.
"Il mio tempo, bambina, era finito. Devo ripetertelo?"
"Non mi rispondere in questo modo!"
All'improvviso vedo che getta la testa all'indietro e si porta una mano alla pancia, cominciando a ridere.
"Non sei cambiata affatto, non ti piace proprio essere.."
"Non stiamo facendo amicizia." Lo interrompo io. "Devi andartene adesso."
"Mi è impossibile."
"Che significa?"
"Se ci sei tu, ci sono anche io. E' complicato."
"Cerca di spiegarmelo allora!" Dico alzandomi e avvicinandomi a lui.
Cosa ho appena fatto? Mi sono avvicinata ad un fantasma?

Mi ritraggo vicino allo specchio mentre lui rimane a fissarmi vicino alla finestra, sfiorandone la cornice.
"Non devi avere paura di me. Guardami nello specchio."
Non ho voglia di alzare lo sguardo ma il suo tono assomigliava ad un ordine.
"Non prendo ordini da un fantasma."
"Alza lo sguardo e guardami, Cass."
Stringo i pugni e alzo il mio maledettissimo sguardo e lo vedo; riesco a vederlo riflesso nello specchio ma lui sta guardando me.
Non ha mai sbattuto le palpebre in tutto questo tempo e mi fissa constantemente.
Vedo i suoi capelli che si muovono lentamente per gli spifferi che entrano dalla finestra.
Vedo le sue pupille nere e le vedo anche quando chiudo gli occhi, sempre.
"Sbatti le palpebre, ti prego."
Le sbatte un paio di volte velocemente e per un attimo mi sono sentita attratta da lui.
Mi avvicino e tendo una mano per toccare il suo petto.
Il suo viso è fermo e con una mano mi blocca.
Prende la mia mano con fare sofferente; la sua pelle di ghiaccio mi graffia e ritirandola, lui scompare davanti ai miei occhi.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Solamente noi due. ***


Image and video hosting by TinyPic

Solamente noi due.
4


Non è che io ci creda poi molto a quello che è appena successo, ma lo stomaco si è chiuso e il latte sta facendo a cazzotti con il pranzo di ieri.
Mioddio ho bisogno di sdraiarmi.
Mi avvicino storta verso il letto e mi ci tuffo di peso; sdraiarsi sul proprio letto è una sensazione paragonabile al sesso.
Non che io lo abbia mai fatto poi, questo "sesso".
Alla mia età, maggiorenne da un pezzo. Che schifo che faccio. Ma in fondo i principi e la maturità e..
A dire il vero, mi dico da sola mentre mi metto seduta sui cuscini, non l'ho mai fatto perché la persona giusta non ha mai bussato alla mia porta. Nemmeno un sassolino tirato alla finestra della camera.. Macché, proprio niente.
Non riesco proprio a rilassarmi e cerco di farmi spazio sulla poltrona girevole ma.. "Il mio grosso culo occupa tutto il cuscino! Oddio ma che cos'è questo lardo?", mi dico mentre agguanto i fianchi.

Non mi sono accorta però che qualcuno mi stava guardando, che qualcuno, a dirla tutta, il sassolino alla finestra me l'ha tirato già da un pezzo.
"Non avevo mai sentito ridere un fantasma, prima d'ora." Gli dico sorridendogli di sbieco.
"Non sono un fantasmaa!" Sbraita cantilenante, Misha.
"E non ridere di me, comunque! Non devi apparire così."
"Ma non mi lasci fare mai niente! Non posso parlarti, scherzare, guardarti o toccarti. Sei una palla."
"IO SAREI UNA PALLA?!"
"Anche come forma, che ne dici di una dieta?"
 
Con tutta la rabbia che ho in corpo gli lancio l'astuccio ma lo attraversa, colpendo il muro vicino alla finestra.
Mi guarda con fare sospetto e mi avvicino per raccogliere le penne ai suoi piedi.
Nessuno dei due stava più ridendo e il suo sguardo mi segue a ogni passo, che fastidio, perciò glielo faccio notare.
"Mamma mia Cass, non ti vengo più a trovare!"
"Mi fai un piacere guarda!" Gli urlò.
"Davvero, dici sul serio?" Mi chiede con occhi tristi, senza farlo nemmeno apposta, credo.
"Non saprei, mi hai comunque lasciata sola." Gli rispondo infierendo, mentre poso le penne sulla scrivania.
Inizialmente non risponde subito ma sento il suo respiro pesante, lo sento ma non credo sia possibilè, cioè, ma Misha cosa diavolo è davvero?
"Insomma mi dici cosa sei?"
"Sono."
"Eh?"
"Io sono e basta, non lo so nemmeno io ed è abbastanza triste ma se ci sei tu, ci sono anche io. Questo è certo."
"Perciò se me ne vado sparisci?"
"Hm, non credo funzioni così."
"Dove vai quando non sei con me?" Gli chiedo mentre mi avvicino e siedo vicino a lui, sul davanzale.
"Sono sempre qui, anche se delle volte succede che non me ne accorgo, ci sono perché qui.."
"Cosa? Sei morto qui?"
"Mannò, l'hanno costruita i tuoi questa casa, che dici?"
"Ah è vero, allora, sei una presenza?"
"Qualcosa di più, ma non posso dirtelo."
"Sei un angelo vero?"
"Non posso dirtelo.. mi allontaneranno se te lo dicessi."
"Chi?"
"Cass..."
"Vabè non dirmelo, non voglio che tu te ne vada."
"Adesso non vuoi?" Nota ridendo.

Non gli rispondo e esco dalla stanza, guardandolo di sbieco.
"Puoi seguirmi oltre la mia stanza?"
D'un tratto sparisce e sento la sua voce provenire dal salone di sotto.
Corro sorridendo e lo vedo apparire e scomparire in vari punti diversi e mi diverto da morire a rincorrerlo.
Dopo una decina di volte si ferma in un angolo e io mi avvicino.
Misha è davvero, davvero sexy all'ombra delle scale.
"Dovrei avere paura di te."
"E invece?" Mi fa lui, con voce roca, guardandomi arrivare.
"E invece no, anzi, non so cosa provo in realtà." Gli confesso.
Mi avvicino a lui e il suo viso è molto, molto vicino al mio.
Mi guarda ancora con gli occhi socchiusi e le pupille dilatate, lo vedo scrutarmi il viso per poi rimanere sulle labbra.
Mi avvicino non sapendo bene cosa fare, dato che lui non è come me.

Però la mandata della porta esplose nel silenzio della casa e Carol entrò facendo confusione con le buste della spesa.
La guardo e mi giro verso l'angolo, rimanendo ad osservare il vuoto, l'oscurità.
Sospiro e lascio stare, guardo mia mamma e le dico: "Ti serve una mano con le buste?"
Lei mi sorride e con l'affanno, chiuse la porta con il tacco, seguendomi in cucina ignara della presenza di Misha.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** "Hey tu!" ***


Image and video hosting by TinyPic

"Hey tu!"
5


Mentre poso la marmellata nella dispensa, sento mia madre urlare.
Spalanco gli occhi e l'unica cosa che mi viene in mente è che possa aver visto Misha, perciò esco dalla stanzetta e corro in cucina, trovandola immobile.
"Mamma?!", le dico con l'affanno. "Chi hai visto?!"
"Oddio."
"Cosa?!"
"Ho dimenticato il pane!" Disse guardandomi, portandosi una mano davanti alla bocca.
"Mi hai spaventato, credevo avessi visto un.. niente.", sospiro, sedendomi al tavolo con le mani sul volto. "Non importa."
"Dài vai a comprarmelo! Sbrigati che chiude!"

Un attimo dopo stò già salendo velocemente le scale.
Entro nella mia camera e la socchiudo ma prima di cambiarmi la maglia e mettermi le scarpe, mi guardo intorno.
"Misha, devo cambiarmi, perciò se ci sei vattene." Dico al vento scegliendo il maglione più caldo possibile.
Riamango con le mani sospese a mezz'aria cercando di udire la sua voce.
"Okay non ci sei, ma se per caso ti dovessi vedere mentre mi cambio, sappi che ti aspirerò con l'aspirapolvere."
Mi vesto senza problemi e non avverto nessuno con me in quella stanza, o in bagno o mentre faccio per uscire di casa.
Vorrei avere la patente per non muovere nemmeno un muscolo ma mi tocca andare a piedi, non è molto distante ma all'ora di pranzo i supermercati chiudono, perciò corro.
Mentre il vento freddo mi taglia il viso penso che avrei dovuto solo chiudere gli occhi e teletrasportarmi, se fossi stata un fantasma.
Ma l'idea di dover morire solo per questo non mi entusiasma e in men che non si dica arrivo alle porte automatiche del negozio.
L'aria è fresca e i pomoni, dopo averli riempiti a fondo, mi ringraziano.
A tratti li sento applaudire quando mi avvicino al banco dei salumi. Anche lo stomaco grida "PRESENTE" e, data l'ora, gli do ragione.
Ho fame, il mio stomaco mi odia, i miei polmoni mi ringraziano e i miei fianchi gridano vendetta.
Cammino per qualche metro lungo la fiancata del bancone di vetro e arrivo davanti al ragazzo del pane.
Non ricordo nemmeno più quanto pane prendere.

*

Alla cassa noto che ci sono solo io; mi sento alquanto stupida e ritardataria ma sento dei passi dietro di me. Allora mi giro ma non vedo nessuno, mi chiedo qualcosa di indefinito, ma okay, metto il pane e delle caramelle sul nastro.
Indirizzo l'udito verso in centro del supermercato e quando la cassiera, visibilmente affamata quanto me, mi dice il prezzo, ritorno da lei.
"Ho cinque dollari, bastano?"
"Le ho appena detto che deve pagare du..."
Più niente.
Ho perso l'attenzione non appena avverto qualcuno camminare tra i vari reparti.
La cassiera prende i soldi dalle mie mani ma non mi interessa perché quella che credo di aver visto, è una figura familiare.
Quando la ragazza schiocca le dita mi volto verso di lei e imbusto tutto, mangiando una caramella.
Prima di uscire però guardo indietro un'ultima volta ma non vedo nessuno, e decido di ritornarmene a casa.
Cammino lentamente mentre ripenso a quella figura. Cioè non l'ho vista ma l'ho avvertita, e c'ero solo io a fare spesa in quel momento ma non posso metterci la mano sul fuoco.
Non so cosa pensare ma quella sensazione era strana, ad esempio: Perché non sono riuscita a vedere quella persona per bene? Poteva essere anche una donna sulla sessantina che ha dimenticato il viagra per suo marito.
Non mi importa ma il fatto è che non ho visto nessuno, inducendomi a pensare a qualcosa di strano.
E cavolo, è un punto importante questo.
Ancora una volta mi ritrovo davanti al portoncino di casa mia senza che me ne accorgessi e, dopo aver posato il pane sul tavolo e sentito le urla di Carol perché avevo comprato anche le caramelle, che c'è crisi e tutta quella roba lì, vado in camera mia.

"Insomma, mi hai seguita?" Sbraito al soffitto.
"Sono qui giù." Mi risponde, seduto a terra spalle al mio letto.
"Insomma, mi hai seguita sì o no?"
"Ma ti si è incantato il disco?", mi dice acido. "Non sono uscito da questa casa e a dire il vero dopo che ci siamo visti non sono più venuto qui."
"Perciò quando ti ho detto di non guardarmi mentre mi.."
"Eh?" Mi fa Misha, completamente ignaro.
Accantono l'idea di litigarci e mi sdraio sul letto di sbieco; i capelli ricadono oltre la fiancata del letto e vanno a svolazzare vicino al viso di Misha.
"E' successa una cosa strana al supermercato." Gli dico pensierosa.
"Sei uscita? Perciò una vita sociale ce l'hai."
"SI CHE CE L'HO." Gli rispondo senza pensare.
Il suo punzecchiarmi in continuazione mi urta; se non fosse già morto l'avrei ucciso con le mie mani.
"Okay, chi se ne frega.", mi sbotta all'improvviso. "Non mi interessa se esci, basta che non provi più a baciarmi."
A quelle parole avvampo come un'aragosta, assumendo lo stesso colore dei miei capelli. Mi ritiro verso la scrivania e mi siedo di spalle, cercando il più possibile di non guardarlo.
"Stavo solo giocando, non l'avrei mai fatto." Gli dico con un tono forse un po' troppo malinconico.
"Comunque non te l'avrei permesso."
Qualcosa in me si accende e mi giro di scatto sulla poltrona, verso di lui.
"Non venire più da me.", attacco subito, stizzita dal suo pessimo e bipolare carattere. "Non mi permetti di fare cosa? Vieni, vai e ritorni. Se ho voglia di baciare qualcuno lo faccio eccome. Sono stata chiara?"
"Non mi fai paura.", afferma alzandosi. "Posso rimanere in silenzio per tutta la tua vita, posso guardarti dormire, mentre ti spogli o ti tocchi sotto le coperte. Posso non sbattere le palpebre per anni in modo da non perdere nessun tuo movimento. Non avrai spazio, non avrai luogo dove rimanere veramente da sola. E posso fare tutto questo senza che tu non te ne accorga nemmeno."
Parola dopo parola, passo dopo passo, mi atterisce. Mi terrorizza e mi dilania lo stomaco.
Misha mi guarda da vicino con le sue pupille grandi e ferme.
Inumane a tal punto da farmi venire i brividi su tutta la schiena.
Adesso mi rendo davvero conto della sua potenza, del suo essere innaturale, vago e tenebroso. La sua bellezza di fronte le sue terribili parole scompare.
"Vattene subito." Riesco a pronunciare con la voce strozzata.
A quelle parole Misha indietreggia e, rimanendo a guardarmi se pur di sbieco, cammina verso la porta e esce, scomparendo.
Quel suo gesto mi impaurisce ancora di più, se fosse sparito davanti a me sarebbe stato meglio ma in questo modo..
Stupidamente mi alzo e chiudo la porta sbattendola, credendo che del legno possa divenire invalicabile per un fantasma.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Che dire, che fare. ***



Image and video hosting by TinyPic

Che dire, che fare.
6


Ho passato il pomeriggio a guardare serie tv random. Il divano in pelle ha ancora la forma del culo impressa, per tutte le ore che ci son stata.

Guardo negli occhi mia madre mentre addenta una cotoletta, davanti a me.
Il volume della televisione non è molto alto, serve giusto per avere qualche suono di sottofondo. E' comodo a cena.
Si accorge che la sto fissando e come una stupida, apre la bocca per farmi vedere il molliccio lì dentro.
"A maaaaaa! Mioddio eddai!", sbraito distogliendo lo sguardo. "Non sfidarmi!"
"No, ferma!", mi dice lei inghiottendo. "Fai troppo schifo quando ti ci metti."
"Oggi ho visto una presenza al supermercato." Gli confesso, buttandola non proprio sul vago.
"Macché, i fantasmi mica esistono. Tuo padre sarebbe già venuto a cercarci allora, non trovi?"
"Perché devi metterlo in mezzo?"
Mi alzo da tavola sotto il suo sguardo e vado a sedermi sulle scale.
Nonostante siano passati anni dalla morte di mio padre, deve sempre metterlo in mezzo a ogni frase.
Mi urta questa cosa perché poi il discorso diventa triste e l'argomento va a farsi fottere.
Mi guardo gli stivaletti neri e punto i piedi sullo scalino più in basso; mi sento in colpa per averla lasciata a cenare da sola.
Siamo solo noi due e mi dispiace che adesso lei è lì, a pensare.
Sto giusto per alzarmi per raggiungerla ma dall'ingresso la vedo sparecchiare e, quando il suo sguardo si posa su di me, sorride.
Credo sia tutto apposto, nessun rimorso, giusto?

Salendo in camera passo in rassegna i miei libri cercandone qualcuno da leggere.
Mia madre canta quando fa i lavori di casa perciò, per non sentirla storpiare canzoni degli anni ottanta, accosto la porta.
La stanza è poco illuminata; giusto la lampada da terra al lato del letto è accesa e la sua luce è flebile. Se mi guardo allo specchio sono arancione, sono quasi nell'oscurità.
Non ho paura del buio, no, nemmeno in questa stanza, nemmeno dopo che Misha ha detto quelle cose.
Il letto mi chiama, lo sento, è lì che mi vuole tutta.
Rido da sola al pensiero di un letto perverso ma lo accontento, buttandomici sopra di pancia.
Un lungo sospiro riscalda il cuscino risbattendomi sul viso, è un modo nuovo per scaldarsi da soli, un modo stupido, sì.
I capelli profumano e con la corrente che passa tra la finestra aperta e la porta, mi ricadono sulle guancie bollenti.
Stavo giusto per addormentarmi quando sento uno schiocco ovattato.
E certo, il cuscino del mio videogioco preferito è caduto accidentalmente sul mio culo.
Come no..
Di scatto mi alzo a sedere e noto il cuscino per terra e, appoggiato alla scrivania di fronte al letto, vedo Misha.
"E quindi?" Gli chiedo infastidita.
Lo vedo portarsi una mano alla pancia e chiudersi in avanti per ridere.
Uno squittio silenzioso, molto carino.
"Oh!", sbraito ancora. "Sono questi i modi?"
"E' solo un cuscino. Ti ho fatto male?"
"Sai una cosa? Me ne fai continuamente!"
"Che significa?" Mi chiede chiudendo con un dito la porta e venendosi poi a sedere ai piedi del letto.
"Non sto a dirti cosa hai sbagliato!"
Proprio non lo sopporto, è così difficile capire che mi ha spaventata stamattina? Non glielo dico, e se non lo capisce da solo beh, è finita.
Giocasse con un altro pupazzetto, non sono più disponibile.

Lui mi guarda con gli occhi socchiusi e dischiude leggermente le labbra.
"So cosa ho fatto. Non chiedo scusa per essermi preso cura di te, ancora."
Rido, rido forte. Prendersi cura di me?
"Non c'è bisogno di ridere, certe cose con me non si fanno. Nemmeno il pensiero, non è così che devono andare le cose." Il suo tono si fa via via più serio e autoritario, tanto da farmi smettere di ridere.
"Sono cresciuta con te, questo fa di me una tua pupilla. Una di quelle sbrilluccicose e speciali. Ti ho avuto da sempre e la tua assenza mia ha uccisa. Poi è passato tutto, sai? Però poi riecco che torno io e torni tu. Non ho cercato di baciarti; in realtà credo che anche se mia madre non fosse entrata, avrei indietreggiato." Ammetto con voce bassa, intima.
"Perfetto." Taglia corto Misha.
"Dici solo questo?"
"Cosa devo dirti?! Che mi dispiace? Che anche tu mi sei mancata? Io nopn ho provato dispiacere quando te ne sei andata perché come ho già detto, se ci sei io ci sono. Ma se te ne vai allora me ne vado anche io. E' una catena, noi, siamo una catena. Il fatto che puoi vedermi poi è tutt'altro discorso."
"E prendiamolo questo discorso!" Sputo evitando di pensare che non gli sono mancata affatto. Passiamo oltre che è meglio.
"Non ora, non capiresti."
"Sono abbastanza grande per capire!"
"Ma non è l'età, è che deve ancora succedere."
"Ma cosa?!"
"Non ancora."

Detto questo svanisce lasciandomi come una merda secca al sole.
Per la rabbia tiro via le coperte e stravolgo il letto, mi ributto a pancia  sotto e spiaccico un cuscino sopra la testa.
E' fresco e piacevole, profuma anche! Che bello.
Qualcuno però me lo toglie e questo qualcuno mi accarezza i capelli.
Le mani che lo fanno sono più fredde del cuscino di prima e quando sento i polpastrelli toccarmi la nuca, un brivido di freddo mi invade ovunque.
"Mi dispiace, non riesco ancora a capire come toccarti senza farti venire i brividi."
"Ti dispiace? Credevo che non provassi dei sentimenti." Sbotto subito; purtroppo esce fuori una voce da stupida dato che ho la bocca coperta dal cuscino.
"Forse ho un po' esagerato prima, forse qualcosa provo."
"Qualcosa in che senso?"
"Credo sia bene. Il bene, o come lo chiamate voi. E' così giusto?"
"Vediamo, da uno a dieci quanto bene provi?" Gli chiedo, approfondendo la questione; più si avvicinava al dieci più era amore, ovvio.
"Non saprei, cinque forse."
"Apposto."
"Che c'è?" Fa lui, ignaro.

Non ho ricavato nulla, come si può dare cinque a un sentimento? Ma anche per finta non si da mai cinque. Il sei come minimo, giusto per non ferire la persona che te lo chiede.
Sbuffo sotto le mani ghiacciate che ancora mi accarezzano i capelli.
Più ci provo più noto questa eterna differenza tra me e lui.
C'è e ci sarà sempre; ora devo solo capire se vale la pena insegnargli qualcosa sui sentimenti.
Non saprei, è come parlare a un bambino e per la cronaca, io i bambini li odio.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Le mani a posto, Misha! ***


Image and video hosting by TinyPic

Le mani a posto, Misha!
7


Sto aspettando Amanda; è la mia migliore amica e devo ammettere che con lei ho provato alcune tecniche da usare con i ragazzi in certi momenti.
Il vetro è freddo a contatto col mio naso e la tenda è umidiccia per colpa dell'umidità ma non importa, voglio vederla arrivare.
Carol non è in casa, ha aperto da poco un negozio d'abbigliamento, buon per me che posso fare quel che voglio in casa da sola.
Sono circa le tre del pomeriggio ed è nettamente in ritardo, quella stupida.

Vado a sedermi sull'isola della cucina e prendo un arancia; non mi piacciono molto, sono troppo grandi, preferisco i mandarini che ovviamente non ho in casa.
Mentre passo il frutto da una mano all'altra noto che non ho affatto sonno, di solito dopo pranzo c'è quel fatidico momento in cui la sola cosa che si vuole è morire sul divano per un'ora minimo. Mannò, oggi no, forse perché stanotte ho dormito bene e..
Credo che Misha sia rimasto fin quando mi addormentai, credo di sì, sì.
-DLIN DLON-
Quel dannato campanello antiquato e da film natalizi ogni volta strilla, non è un suono dolce, anzi, è fastidioso da morire.
Salto giù dal bancone, poso l'arancia e vado ad aprire.

Il profumo di Amanda è il più buono del mondo, è di marca e costa davvero troppo per le mie tasche. Siamo amiche da più o meno undici anni ed è per questo che, anche se me ne andai lontana in questi sei anni, i genitori non esitavano mai a farci stare insieme.
I suoi baci sono rumorosi e pieni, a volte la mia guancia si tende e si strizza quando me ne da' uno.
Figuriamoci trenta come sta facendo adesso.
"Amanda dai!, sbotto a ridere io, sotto baci e abbracci a mo' di polpo. "Entra prima!"
Non si staccò subito e dopo qualche secondo entrò in casa, salendo subito in camera di corsa.
Chiudo la porta e vedo la sua borsa blu di pelle gettata vicino al mobile dell'entrata.
La solita casinara.
Entrando nella mia camera la vedo sdraiata a stella sul letto e, dopo avermi vista, si siede e allunga le braccia verso di me con un grande sorriso.
L'abbraccio e dopo varie parole d'amore ci stendiamo sul letto già esauste.

Entrambe guardiamo il soffitto pulito senza ombra di stelle fluorescenti.
Vediamo l'intonaco fresco e la bordatura floreale in cartongesso.
"C'è più il tuo amico?" Inizia immediatamente lei.
"No, figurati, ero piccola e.." Mentivo io, cercando di sembrare il più normale possibile.
"Ah, però l'ho visto alla finestra mentre arrivavo."
Scatto in piedi e vado ad indicare tremante la tenda bianca che quella mattina avevo appeso.
"Vedi? Era la tenda."
"Mannò.", risponde subito lei alzandosi a sedere. "Aveva degli occhi, e la tua tenda non ha occhi, nemmeno la mia ne ha, per dire. Ho visto qualcuno ma forse è colpa della birra del pranzo." Sospira infine rigettandosi sul letto.
"Certo, la birra, per forza." Sforzo di ridere, io, cercando di divagare.

La vedo chiudere gli occhi e respirare lentamente; tutto quello che posso fare è rimanere a guardarle i capelli biondi aperti a ventaglio sul mio cuscino.
E' sempre stata bellissima, sempre più di me. Da piccola mi dava un certo fastidio essere criconosciuta con: "Ah, sei l'amica di Amanda!".
Quasi non avevo un nome, ma vabbè, chissenefrega.
Senza motivo guardo verso la porta e vedo una mano, anzi, un dito che mi invita a seguirlo.
Mentre esco riguardo Amanda e credo stia dormendo, perciò vado tranquilla.
Uscendo non vedo nessuno e quando mi sporgo oltre le scale, lo vedo.
Misha.
Scendo velocemente correndo, facendo meno rumore possibile, verso di lui; era vicino alla borsa di pelle blu e il suo sguardo era curioso.
"Vattene prima che ti veda!" Gli dico a bassissima voce ma con tono fermo.
"Eppure.." Fa lui, schioccando le dita e guardando il vuoto alla ricerca di qualcosa.
"Ssshh!", gli faccio indicando le sue mani. "Non fare niente! Eppure cosa?"
"Credo di ricordarmela lo sai?"
"Certo, veniva spesso a casa tanto tempo fa."
"Com'è che si chiama?"
"Che te ne frega scusa?! E' Amanda, stalle lontano." Minaccio io, col dito puntato verso di lui.
Misha alza le mani come fosse stato puntato da una pistola e diniega con la testa. "Volevo solo sapere il nome, non voglio mica portarmela al letto, forse."

Al ché mi si accende qualcosa e la domanda esce spontanea.
"Tu puoi fare sesso?! Ma se ti stanchi subito appena tenti di toccare qualcosa solo per qualche minuto! Come puoi dominare per più tempo?!" Chiedo io strizzando gli occhi.
Non mi sono resa nemmeno conto della sfrontataggine della mia domanda, accidenti.
E' ovvio che adesso lui rida, cercando di soffocare i suoni con la mano. Si sta proprio divertendo, guardalo! Sta per arrivare alle lacrime.
"La smetti?!" Sbraito cercando di fermare la sua performance.
"Mi hai davvero chiesto come io possa dominare in quella situazione?!" Cerca di dire tra una risata all'altra, ricominciando a ridere subito dopo.
Ho detto dominare? L'ho davvero fatto?
"Dominare il tuo potere! Il corpo!"
Lui ride più forte e non si riesce a trattenere.
Oddio, dominare il suo corpo. Dannazione che figura di merda...
"Okay, intendevo altro, però non hai risposto." Tento di farlo tornare alla serietà, per quanto si possa rimanere seri difronte a un discorso simile.
Misha si tranquillizza dopo un po' di tempo e si asciuga gli occhi cona la manica, rimanendo fisso su di me.
"Perché dovrei risponderti a una domanda simile? Un tempo mi chiedevi con vergogna se potevo giocare con te. Barbie e Ken. E ora?"
"E ora non hai ancora risposto!"
"Hai mai fatto sesso, Cass?" Mi squadra lui, da capo a piedi.
E' già la seconda volta che avvampo per colpa sua, lo nota dal rossore delle mie guancie e dai miei occhi sgranati su di lui.
"Non sono cose che ti riguardano!" Gli dico stizzita, prendendo la borsa di Amanda e salendo le scale.
Prima di entrare in camera però noto Misha che adesso si trova al lato della porta e mentre passo mi sussurra qualcosa.
"Hey.", inizia guardando il mio profilo. "Sì, sei qualcosa che mi riguarda. Passo dopo a salutare la bell'Amanda."
Che fastidio!

A.U.
Ciao!
E insomma già da piccola Amanda era quella che veniva vista per prima.
Forse aveva tanti fidanzatini mignon.
Beh, chissà se Misha è davvero di Cass.
Cuore batticuore, fanciulle.
Misha? Ti teniamo sotto tiro.
BAM.
Sarah.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Amanda. ***


Image and video hosting by TinyPic

Amanda.
8


La vedo.
Sì, sta morendo dalla curiosità e già leggo le parole che vuole dirmi, sul suo volto.
Si tiene le gambe incrociate e dondola davanti a me, eccola, e lì lì per dirmi.
"Forza, che c'è?" Inizio io, consapevole già della domanda.
"Chi c'è di sotto?"
Accidenti, no, questo non me lo aspettavo, ci ha sentiti?! Dannazione, accidenti, che palle e ora?
"Ero al telefono, era.. era un mio amico." Le dico grondando sudore a fiumi, penso.
"Non prendermi in giro, se stai nascondendo un fidanzato da tua mamma, non vuol dire che devi nasconderlo a me.." Fa lei, piegando la testa di lato, molto da cucciolo.
La guardo, la osservo e decido di fare qualcosa.
"Misha?"

Dalla porta arriva lui con le mani in tasca, non entra davvero e si appoggia allo stipite guardandoci di sbieco.
"Salve."
"Salve!" Gli risponde a tono euforico Amanda.
"Lui è Misha, l'amico che nascondo a mia madre e non è il mio fidanzato. Affatto, figurati."
"Addirittura figurati?" Mi chiede Amanda, incredula alle mie parole.
Eccerto che non mi crede, sa quanto sono buon gustaia in fatto di ragazzi ma Misha mica è un ragazzo normale.
"Ciao, io sono Misha."
"Io mi chiamo Amanda.."
Mi alzo dal letto e decido di andare a prendere del succo.
Mi faccio largo tra Misha e la porta e scendo le scale, pentendomene quasi subito. Cioè, li ho lasciati da soli?

In camera Misha si siede al posto dove stavo io prima, ovvero davanti ad Amanda e cominciano a parlare.
"Da quanto tu e Cass vi frequentate?" Inizia lei, toccandosi i capelli.
"Non ci frequentiamo, la conosco da quando è nata."
"Eh? Strano perché anche io la conosco da quando è praticamente nata, non mi ha mai raccontato di te però."
"Meglio così, no?"
"Che vuoi dire? Scusa ma, puoi ripetermi il tuo nome?"
"Misha."

Da sotto posso sentirli chiaramente dato che è tutto spento.
Mentre apro i succhi sento dei passi pesanti e vedo Amanda correre verso di me, in cucina, con occhi sbarrati.
"Che c'è?" Le faccio con evidente passività. Lo so che l'ha spaventata, perciò..
"E' quello che ho visto alla tua finestra prima di entrare in casa! E' quello che da piccola continuavi a nominare e oddio mi hai lasciata sola con un fantasma una presenza ma come hai potuto cioè io IO la tua migliore amica e hai lasciato che quel coso mi parlasse nella tua stanza quando lui è qui da cent'anni e poi dicevi che era andato via e ora oddio e adesso?"
"Dai calmati, è un mio amico."
"Che cosa? Non hai paura?"
"Paura di me?" Interviene Misha da dietro. Amanda si butta verso di me e cerca di proteggersi. Quel gesto sta facendo ridere Misha, se solo poteste vederlo..
Hai davvero paura di me?", chiede lui. "Ha davvero paura di me?" Chiede a me, infine.
"Ma cosa le hai detto? Le sei apparso dal nulla o cosa?"
"Le ho solo detto che ci conosciamo da una vita, che ho fatto di male?"

Misha ha ragione; prendo Amanda per mano e la avvicino a Misha che per un attimo sembra indietreggare.
"Prendile la sua mano per favore." Gli chiedo con sicurezza.
"Nononononononononono!!" Continua a ripetere Amanda.
Fa proprio ridere ma poverina è spaventata davvero.
Si zittisce non appena Misha le prende la mano.
Al ché la lascio andare e li guardo toccarsi.
Le loro mani si prendono come per attraversare la strada, ora però si incrociano come due innamorati.
Li guardo negli occhi entrambi e Amanda è solo fissa sulle sue dita, mentre Misha eh.
Quello schifoso di Misha, so cosa gli passa per la testa e si sta divertendo da morire. Lui la guarda intensamente e scende verso i lunghi capelli, sulla sua vita sottile.
"Insomma basta." Intervengo dividendo le loro mani.
Al mio tocco Misha si fa male, Amanda si spaventa e si tira indietro con una mano sulla bocca.
"Misha, scusami, cosa ho fatto?!" Gli dico avvicinandomi dispiaciuta.
"No, oh.. Non fa niente, non ero preparato.", dice sofferente toccandosi la mano con cui stava stringendo Amanda.
"In che senso?"
"Ci vuole una certa forza per riuscire a toccare una persona, ma due è quasi insopportabile, mi hai bruciato."
"Oddio." Esclama Amanda da tipo dieci metri di distanza.

Misha scompare subito dopo averla vista negli occhi, a me, figuriamoci, a me non ha quasi rivolto la parola.
Cos'è, gelosia? Macché non diciamo fesserie.
"Lui è Misha, dovrei sbatterlo in faccia a tutti quei piccoli bastardi che mi prendevano in giro alle elementari."
"E' stato indescrivibile, mi ha toccata, cioè, un fantasma ha preso la mia ma-"
"Stagli lontano." Esclamo io.
"Cosa?"
"Niente."

A.U.
Sto quasi pavoneggiando sulla sedia.
Sto facendo il ballo della polenta
(prendersi le mani e girarle intorno a formare un cerchio, come per girare la pasta (?) L'avete mai fatto?)
Amanda è una gnoccona e Cass capisce, intuisce che tra lei e Misha ehehe.
Lui però senza paura prende e la tocca, ma infondo è un uomo.
O lo è stato?
Baci baci
Sarah

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Sotto la pioggia. ***


Image and video hosting by TinyPic

*Salve, se possibile vorrei che leggeste questo capitolo ascoltando questa canzone. Se non vi piace... pazienza, ascoltatela comunque.
Sono sicura che l'intero capitolo avrà più senso se ascolterete il ritmo e il testo. Baci.

http://www.youtube.com/watch?v=UAsTlnjvetI*

Sotto la pioggia.
9


Mia madre no, non è ancora tornata e sta calando la sera. Credevo di stare bene da sola, ma no, ho sbagliato.
In questo momento la mia vita è tutta una serie di No e il divano non si riscalda con il mio calore, rimane sempre freddo anche dopo parecchi minuti.
Amanda è andata via con un espressione strana, compiaciuta, a tratti stizzita.
Misha beh, lui da quando è sparito non è più tornato; potrei dire che non si è fatto più vivo ma sinceramente non mi va di scherzare.
Chiudo gli occhi un attimo soltanto e la testa cade da sola all'indietro, andando a poggiare sui cuscinoni.

"Se io riuscissi a trovare un modo per vedere questa situazione nel giusto modo.
Scapperei via per cercare quella fortuna che avrei già dovuto trovare.

Così corro verso le cose che tutti dicono mi potranno rimettere in sesto,
restituendomi una vita così come dovrebbe essere."

Queste parole mi rimbombano in testa da quando è calato il silenzio in casa, con gli occhi ancora chiusi riesco a vedermi uscire dalla finestra e volare.
Sì, volare sopra tutte le persone, sopra la Fifty Avenue sempre così affollata e sopra le colline e le strade e le macchine e il mare.
Volare sopra il mare, con il vento che passa freddo fra i miei capelli.
L'odore del sale, della vita in acqua.
Riapro gli occhi e il mio sguardo ricade subito fuori, verso la finestra; sta piovendo.
Mi alzo di scatto e vedo tutto nero, mi sembra di svenire ma dopo pochi attimi riesco a vederci.
Cammino, sempre più veloce adesso e vado in camera salendo a due e due le scale; accendo il mio Ipod e alzo al massimo il volume.
Apro la finestra, aggroviglio la tenda bianca per non farla bagnare e con un sorriso stampato sulle labbra esco dalla stanza.
Avverto la presenza di Misha alle mie spalle e sento il suo sguardo su di me.
Sempre sorridendo senza un valido motivo scendo i primi scalini.
"Che fai, non abbassi?" Mi chiede da dietro.
Lo ignoro completamente e vado, scendo altri scalini.
"Cassidy, che fai?"
Scendo ancora un altro paio di scalini, mi avvicino all'ingresso e da dietro la porta sento la pioggia colpire la finestrella.
"Deficiente?! Ti sta piovendo in camera, chiudi la finestra!"
"Sta piovendo." Gli rispondo, inebriata dall'odore di terra bagnata.
"Che cosa?!"

Apro la porta spalancandola e esco fuori correndo, inzuppandomi le scarpe, i vestiti, i capelli.
Allargo le braccia e comincio a girare, a girare, a girare.
Sorrido e l'unica cosa a cui penso è questa canzone che mi descrive, che mi riempie la testa.
La testa, sì, la sto davvero perdendo.
Il controllo, anche lui, mi sta abbandonando inesorabile.
La pioggia mi colpisce il viso e sento i miei vestiti pesanti.
Apro gli occhi e lo vedo.
Lo vedo che mi osserva dalla mia stanza, lì in alto, davanti alla finestra aperta.
La pioggia non lo colpisce, Misha non si sta bagnando.
Perché?
Cosa si sta perdendo?

"Misha! Fatti accarezzare dalla pioggia!" Urlo girando vorticosamente e fermandomi qualche attimo solo per guardarlo.
Non mi risponde ma mi guarda, allora mi fermo.
Mi fermo davanti alla mia casa, davanti a quella finestra, con i piedi zuppi e il giardino inondato da centimetri di pioggia incessante.
Il cielo scuro fa apparire la mia stanza più illuminata di quanto credessi.
I vestiti, i suoi vestiti, cominciano ad ingrigirsi, cominciano a diventare più trasparenti, bagnati.
I suoi capelli si scompigliano e chiude gli occhi, adesso, quando delle goccie di pioggia gli bagnano il viso.
Sorrido, e sorride anche lui.

Corro in casa sbattendo la porta, salgo le scale bagnando tutto quello che calpesto e vado da lui.
Entro in camera e la canzone sta per finire, adesso, non è più così alta.
"La pioggia, ha un buon sapore." Gli dico guardandolo di spalle.
"Sei una stupida."
"Non lo hai mai fatto quando... Quando eri in vita?"
"No."
"Davvero? E cosa facevi?", provo a chiedergli tra un affanno e l'altro, "Cosa facevi quando eri vivo?"
Si gira verso di me chiudendo la finestra con un tocco leggero.
Alza lo sguardo verso di me e alcune sue ciocche gocciolano e la sua pelle sembra ancora più chiara.
"Io non giocavo con la pioggia. Non ascoltavo la musica. Non uscivo di casa a mio piacimento.", risponde, riprendendo fiato avvicinandosi di più a me, "Io non facevo tutte queste cose che fai tu, io combattevo."
"La guerra, Misha?"
"La guerra, Cassidy, mi ha ucciso."

Non respiro, comincio a sentire l'acqua entrarmi sotto pelle, nei muscoli, nelle ossa.
Lo guardo ma non respiro, lo trattengo a lungo e la porta della mia stanza si apre.
"Ma mioddio che cosa hai combinato?!", urla Carol allargando le braccia, "Hai bagnato tutto oddio Cassidy! CASSIDY RIPULISCI SUBITO!"
Esce sbattendo la porta e la lascio andare via senza nemmeno essermi girata.
Misha se ne è andato senza nemmeno che me ne accorgessi, okay.
Vado a srotolare la tenda e casualmente guardo fuori, e guardando fuori noto una figura.
Mi sembra sia la stessa figura che vidi l'altro giorno al supermercato, è inutile, non riesco a vedere da così lontano.
Si è fermata dall'altra parte della strada, davanti alla mia finestra, è... è inquietante davvero.
Credevo fosse una signora ma sembra un uomo.
Davvero, sembra un uomo dalla figura familiare; non è un parente, starebbe salutando adesso.
No, non lo conosco ma è lì che mi guarda da una quarantina di metri.
Fermo.
Immobile.
Mi ricorda Misha.

A.U.
In realtà avrei voluto scrivere un altro capitolo, cioè, altre cose.
Ma è uscito questo e va bene così.
La figura del negozio si fa rivedere, è lui la figura chiave.
Capirete (non molto presto) il perché. Baci.
Scusate l'attesa ma il lavoro è stressante e le relazioni con le persone sono più difficili del previsto.
Non a caso l'intero capitolo ha un qualcosa di malinconico haha.
Scusate, spero non vi abbia annoiato.
Cass si sta rendendo conto di star perdendo tempo ad essere gelosa di una persona che non c'è.
Ahia.
Sarah

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Ma chi sei. ***


Image and video hosting by TinyPic



Ma chi sei.
10


Stanotte non ho chiuso occhio e sento le ossa a pezzi, sono proprio una stupida deficiente ragazzina idiota.
Ma cosa mi era preso? Credevo di essere in una specie di limbo assurdo.
Comunque si è staccata la coperta lì sotto, odio quand'è così, non mi piace.
Ora chiamo Carol e mi faccio rifare il letto, sono troppo debole.
"MAMMA!!", strillo come un'ossessa, "MAMMA MI RIFAI IL LETTO?!"
Percepisco il suo respiro indegno, lo so, la conosco.
"ATTACCATI, STUPIDA!"
Eccola la mia mamma.

"Sei proprio stupida, è vero."
"Misha ma che vuoi?!"
Non fa che guardarmi diniegando con la testa, ma che vuole da me?!
"Hey, non essere spigolosa, stavo solo dicendo."
"E non dire." Finisco io stizzita.

Il rompipalle si avvicina al letto e si siede ai miei piedi, sgualcendo ancora di più le coperte.
"Ma guarda che hai fatto!" Sbraito.
"Che? Che cosa? Mi sono seduto, e quindi?"
"E quindi guarda!!", indico io, ma riprendo subito dopo un lungo sospiro, "Lascia stare, non fa niente."
"Oggi non ti si può parlare, ho capito, ciao."
"No asp.."

Niente, è andato via, che cattivo però oh! Non gli si può dire niente..
Sento qualcuno bussare alla mia porta e vedo mia madre entrare solo con la testa.
Le faccio segno con la mano e si avvicina.
Si siede e mi prende la mano.
"Dobbiamo fare dei lavori al tuo bagno e dovresti alzarti, stanno arrivando i carpentieri e l'architetto, dai alzati."
"Dai ma non mi va! Che c'entro io!"
"E' educazione!" Sbraita furente punzecchiandomi la coscia.
Subito dopo quel tocco delicato si alza e se ne va, e mi lascia depressa.
Ma io sto male e devono venire questi...
Vabè.

Scendo le scale e mi fiondo sul divano ignorandola completamente.
Mi guarda mentre mastica una mela e suonano alla porta, la mela viene tristemente fiondata nel cestino e zampettando, Carol, apre la porta.
Mi alzo dal divano e mi aggiusto i jeans nella maniera meno delicata che esista, prima che mi scendano alle caviglie intendo.

All'inizio non lo avevo notato, forse perché l'orda di gente lo aveva semi coperto, nascosto.
Forse perché troppo annoiata per prestare attenzione ai muratori che faranno campeggio a sbafo in casa mia.
Non lo avevo proprio visto.

Senza salutarli corro in camera e chiudo la porta, mi siedo sulla poltrona della scrivania e giro lentamente.
Misha si riappoggia alla finestra e mi chiede:
"Perché tutta questa fretta?"
"Scendi e vai a vedere." Gli rispondo io secca.
Lui fa due o tre passi e scompare quasi a dissolvenza, non lo avevo mai visto fare una cosa così scenografica, che carino.
Dopo due minuti ritorna da me e si avvicina allo specchio, riflettendoci il viso.
Si scrutava il volto toccandosi i lineamenti.
"L'hai visto?"
"Non so cosa dirti, lui è..."
"Ricordi quando ti dissi di quella figura al supermercato? Ecco, credo sia lui."
"Ma lui è..." Continuava a pronunciare Misha, con fare ansioso.
"Ho avuto un brivido strano, mi ha gelata, inoltre ieri sera credo fosse davanti alla mia finestra.."
"Che cosa?" Si gira di scatto lui, preoccupato.
"Sì, insomma..", divago io, "Credo, cioè, forse."
"Ma Cass."
"Cosa?"
"Guardami, lui è..."
"Lo so Misha, e non so cosa dirti, forse sei un suo vecchio..."
"Cassidy, non è possibile, lo so."
"Ma è identico a te!"
Misha rimane in silenzio e abbassa lo sguardo, guardandosi le scarpe.
"Non credevo avvenisse così presto."
"Che cosa?" Gli chiedo io insistente.
"Non è ancora il momento! Dannazione!"

A quelle parole scompare davanti ai miei occhi lasciandomi con una gigantesca domanda in testa.
E soprattutto, con la controparte vivente di Misha al piano inferiore di casa mia.

A.U
Ma ragazze scusatemi tanto ma Efp non mi si apriva da tre sere consecutive!
Volevo postare, giuro, ma niente... Che rabbia oh.
Ho capito che il server ha problemi ma avere il capitolo pronto e non poterlo postare è una pugnalata.
Inoltre non ho avuto nemmeno il tempo di creare le immagini nuove, CHE RAZZA DI AUTRICE SONO!!!
Scusatemi davvero, in compenso ho finito di lavorare perciò riprenderò il ritmo.
Niente più settimane di ritardi haha.
A meno che non siano ritardi da cui si rimane incinte.
Ommioddio, nessuno è incinta qui, vero?
VERO?
*Sarah che fugge come un'isterica*

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** E adesso chi è Jake? ***





E adesso chi è Jake?
11

Non scesi più di sotto quando c'erano quei signori, nemmeno quando Carol mi urlava contro perché ero stata poco educata.
Ho capito, immagino e mi dispiace, ma non posso certo dirle che ero terrorizzata. Comunque mi tenne il muso per un paio di giorni ma finì lì, insomma, è mia madre.
Sono tre giorni che non viene nessuno a lavorare in casa, e a dire il vero Misha non si è fatto più vivo.
Vivo, vivo si fa per dire..

Mia madre non è in casa, è venerdì mattina e non ho un filo di trucco sul viso, non che ne abbia così bisogno poi.
Però la mia pelle è una merda ed è grassa e Dio solo sa cosa ho passato negli anni del liceo, con questa pelle.
L'insicurezza e le mega sciarpe a coprirmi il volto arrossato, screpolato.
Lasciamo stare.

Addento questo grande panino al formaggio e mi dondolo spostandomi da una gamba all'altra. E' sempre meglio fare un minimo di movimento per smaltire le calorie..

"Non è lui." Una voce, profonda e bassa, proviene dalle mie spalle.
Mi volto e lo guardo, posso giurare che sembra sudato e stravolto.
Non so perché è stato via ma guardandolo non posso ignorarlo, non posso voltargli le spalle solo perché è sparito per giorni.
Non posso farlo.
No. O forse sì.
"Okay." Rispondo fredda, voltandomi verso il bancone, dando un morso al panino.
"Non hai capito, non è lui!", continua ridendo a scatti, sembra felice davvero, al ché mi rigiro e lo guardo, masticando, ma poi aggiunge, "Posso rimanere, non è fantastico?"
Lo guardo di sbieco, non lo avevo mai visto così euforico.
Igoio e lascio che le parole escano da sole, perché di pensare non se ne parla, è troppo presto per delineare e raccogliere i pensieri.

"Chi ha detto che puoi restare?"
"I miei..", si ferma all'istante e sorride guardando in basso, riprendendo, "Stavo per dirti cose che no, non si possono dire, ma posso rimanere e quel tipo, quel signore che mi assomiglia, non preoccuparti perché non c'entra niente con me!"
"Non ho mica capito cosa stai dicendo, sai?" Affermo io facendo spallucce.
"Il tuo cellulare, signorina." Inizia Misha, così, a cavolo.
"Hm?"
"Sta suonando.."

Corro sopra, in camera mia e prendo il telefono. Sul display appare il nome di Carol e rispondo, con la voce ancora stropicciata dal sonno.
"Dimmi mà."
"Allora, mi ha chiamato l'architetto e alle undici verrà a casa. Fatti trovare pronta." Parte subito sparata Carol.
"Non so chi è l'architetto, ma okay, sarà vestito da Architetto immagino, viene solo lui o..?" Continuo io, per avere più informazioni.
Misha si è appoggiato alla porta con le braccia incrociate, ancora visibilmente felice.
Lo guardo e lui di ricambio mi sorride.
"Sì, si porta dietro il figlio, anche lui architetto ed ha appena finito l'università. E' lì per imparare.", spiega lei mentre, mi sembra di sentire, stia scartando qualche fiore, o busta, o carta da regalo, "L'ho già incontrato ed è un tipo apposto, anzi è proprio un bel ragazzo, vestiti bene e datti da fare eh! Un bacio!"

Carol mi chiude il telefono in faccia e l'unica cosa che ho capito è che mia madre mi ha programmato uno strano appuntamento con il figlio di uno sconosciuto. Solo Carol può fare un cosa del genere.
Misha mi guarda e devo dirglielo, mi sembra giusto, ma è sparito tre quasi una settimana e devo fargliela pagare.
Un ragazzo in casa mia, bello, laureato e disponibile, a quanto ho capito.
-La gelosia, mio caro, sarà pane per i tuoi denti-, penso mentre quel bamboccione dai capelli bianchi si sposta a sedere sul letto.
"Chi era?" Inizia lui, facendomi spaziare tra le possibili risposte, di quelle belle, secche e piene di risentimento.
"Era solo mia madre, devo vestirmi, sciò!"
"Devo uscire?" Fa lui, indicando le scale alle sue spalle.
"Sì genio, devi uscire!"
"Ma sono già fuori!" Conferma, ridendo sotto i baffi e facendo spallucce.
Lo guardo attentamente e mi avvicino sornione verso di lui. I suoi occhi assumono uno sguardo particolare e gli occhi di ghiaccio evidenziano le pupille dilatate.
"Hai proprio dei bei occhi, emme." Faccio  io ondeggiando simil sexy.
Lui è in agitazione, è esilarante ma non posso ridere!
"Eh.. cosa stai..? Grazie... hem" Dice Misha a fatica.
"Sono proprio, proprio..", continuo avvicinandomi a lui e alla porta, "Proprio belli."

SBAM!
Lo sento ridere a crepapelle e quando riprende fiato produce ancora quegli scquittii deliziosi.
Gli ho sbattuto la porta in faccia, devo vestirmi, dannazione!
"GRAZIE!" Urla lui da dietro la porta.
"FIGURATI, PER COSI' POCO!" Gli rispondo allo stesso tono.

Dopo venti minuti esco dalla stanza e sento dei rumori venire dalla cucina.
"Misha?" Esclamo a bassa voce.
"Ci sono due uomini di là"
Scendo quatta quatta le scale abbassandomi ad altezza nano e sbircio in cucina.
"Chi c'è?"
Dalla cucina arriva un uomo con il mento sporgente, gli occhi chiari e i capelli radi.
Allunga la mano destra verso di me, sorridente.
"Salve signorina, mi chiamo Christian Satoru e tua madre ha chiamato me per aggiustare un po' questa vecchia casetta." Dice guardando il soffitto e altrove.
Gli stringo la mano e capisco che è venuto da solo. Per lo spavento non gli chiedo nemmeno dove sia il figlio, magari sembra che mi interessa qualcosa..
Gli facco cenno con la testa e sorrido.
Cammino a testa bassa in cucina e con la coda dell'occhio vedo un ragazzo alto di spalle, dai capelli più o meno corti e scuri.
"Scusa?" Faccio io attirando la sua attenzione.
Girandosi, il ragazzo mi sorride e si presenta.
"Mi chiamo Jake, sono il figlio di quello strano e buffo essere vivente di là, che guarda il soffitto alla ricerca di qualcosa da modificare!", afferma sorridendo vistosamente.
"Okay." Dico io, punto, "Perché non sei venuto quando ho chiamato prima?"
"Oh..", esclama lui, imbarazzatissimo, "non ho sentito, mi dispiace.."
"Vabè."

Cammino verso la porta-finestra e la apro, lasciando entrare un venticello un po' troppo freddo.
Misha è appoggiato al muretto alla mia destra, semi nascosto, e mi guarda con occhi da cane bastonato.
"Che c'è?!" Gli chiedo a bassissima voce, in modo da non farmi scoprire da Jake che era poco dietro di me.
"Chi è quel tipo?" Dice lui indicando col mento Jake.
"E' il figlio dell'architetto, che vuoi? Non farti vedere!"
"E' passabile." Dice stizzito e sulle sue, sparendo dalla mia vista.
Esco e faccio qualche passo per guardare oltre il muretto, "Misha?".

"Qualche problema?" Chiede Jake, giocando con un arancio.
Mi giro di scatto, paurosa che mi abbia potuta sentire, "No, è tutto apposto! E non si gioca col cibo." Gli faccio notare.
"Oh scusa! E' che mi piace giocare con le arance, sono grandi, anche se mi piacciono di più i mandarini.." Afferma posando il frutto sul bancone.

Cavolo, è uguale a me.
 

A.U.
A causa di un periodo non molto fruttoso (?) e floreale (?) non riesco a concentrarmi per scrivere.
Mi dispiace ancora una volta per l'immenso ritardo ma i colpi al cuore sono violenti!
Che pa***!
Comunque eccoci qui! Io credo che sia giusto così!
Insomma, Misha fa tanto il cascamorto con Amanda, e ora lui (LUI!!) si permette di notare Jake?
Che screanzato... *linguaggio da nonna*
Bacioni ragaSSe, -speriamo- a presto! n__n

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Non ci voglio credere. ***



Image and video hosting by TinyPic

Non ci voglio credere.
12


Mi appoggio all'isola della cucina a braccia conserte, osservando passo dopo passo l'ingeniere che appuntava sul suo quaderno ogni cambiamento da fare.
Troppi, a mio avviso.
Non sto facendo nulla di interessante e cerco il più possibile di fregarmene  di Jake. Però è davvero difficile perché spesso, mentre aiuta il padre, si gira e mi regala uno sguardo, un sorriso.
Decido di spostarmi da lì e vado ad accendere la televisione mettendo un canale qualsiasi; quel silenzio era parecchio fastidioso.
Cammino sotto lo sguardo di Jake; ora libero dal padre che è dovuto andare fuori a chiamare chissà chi.
"Noi due ci siamo già presentati?" Inizia lui. Quasi me lo aspettavo, anzi, tolgo il quasi.
"Sì che ci siamo presentati, è successo poco fa, ma forse non ti ricordi già il mio nome".
"No io me lo ricordo, tu ricordi il mio?"
Non sto davvero capendo se gioca o è scemo veramente. "Sì ti chiami Jake, tu ricordi il tuo nome invece?", dico io non proprio simpatica. Difatti non risponde e rimane a guardarmi per zero virgola cinque millesimi di secondo prima di stringersi nelle spalle e andare fuori dal padre.
Ma cosa mi prende?
Sto giusto per rincorrerlo, forse per chiedere scusa ma non so nemmeno cosa dirgli. Comunque non faccio in tempo ad uscire di casa perché vedo Carol arrivare di corsa.
Lei è sempre di corsa, sempre!
Biascica qualcosa come "Aiutami" o "Prendi la borsa" e mi è parso anche di sentire "Soldi!" ma non le presto ascolto.
La sua voce va via via a farsi sempre più lontana e quando mi giro è ormai già andata in cucina.
Rimanendo fissa sulla soglia della porta come un'allocca attiro l'attenzione sia di Christian, il padre, che di Jake.
Christian sibilò un "Mi scusi" appena passata la porta con Jake a seguire.
"Scusa per prima, okay?" Ammetto io nonostante non mi stia nemmeno guardando.
"Okay" finisce lui, e se ne va di là.
Sospiro furiosa, diniego e guardo il soffitto nell'attesa di un fulmine.
"Cass!" Urla Misha da sopra le scale.
Posso intravedere Jake attraverso i due archi che separano il corridoio, il salone e la cucina e sono certa che abbia sentito.
Si è girato a guardarmi!
Misha continua a chiamarmi ma Jake mi guarda, intuendo forse la presenza di qualcun altro.
Guardo per terra e con fare sciatto mi giro, dando le spalle a Jake e a bassa voce ringhio "Misha, ti sentono tutti, falla finita!".
"Vieni su!" mormora.

Seduta sulla mia poltroncina lo guardo rimanere nell'ombra, ma che fa?
"Lasci che la mia mente vaghi o decidi di sbloccare la situazione con una frase?" parto subito.
"No è che..." Lo vedo perplesso e nella mia testa girovaga l'universo, un vuoto pazzesco!
"Perché mi hai fatto salire?"
"Aspetta un secondo."
Di secondi ne passarono millesettecentocinquattraquattro mila miliardi di bilioni, per la cronaca. Vabè. Mi alzo e decido di andare a vedere se quei due, lì sotto, magari stavano rubando qualcosa.
"Affacciati, dai!" Spara di botto Misha.
Mi affaccio subito dopo averlo guardato paralizzandolo, freddandolo, uccidendolo con lo sguardo.

E' passato qualche tempo dall'ultima volta ma mi rabbrividii comunque.
Nella mia testa, in qualche cassetto della mente, c'era ancora quell'immagine e quella sensazione...
Christian è fuori casa, lo posso vedere dalla finestra della mia camera; gesticola e con il suo IPad fa foto e gioca con uno strano e costoso programma per architetti.
Parla a Jake.
Gesticola, il padre, ma lui no.
Jake è dall'altra parte della strada, vicino al lampione spento, fermo. Mi nota, mi guarda, e non muove un muscolo.
Sono sicura anche se non lo vorrei davvero, ma è lui.
E' lui la figura che vidi fuori dalla mia finestra, qualche notte fa.

A.U

{Il capitolo della figura inquietante è il nove}

Oddio ragazzi, sono tornata.
Oddio ragazzi, sono stata malissimo.
Oddio ragazzi, è brutto soffrire quando si hanno mille cose da fare.
Oddio ragazzi, ma quanto ho rotto di scrivere "oddio ragazzi"?
Avevo dimenticato cosa si provasse a scrivere e a dimenticare, se pur a tratti, la vita reale.
Okay, dopo questa brutta e triste parentesi sulla mia vita, ricominciamo.
Posso dirvi però che ho detto una cosa imbarazzantissima ad una persona stasera ahahah. Mi vengono i brividi e non voglio ricevere una  risposta! Che vergogna... Non ce la posso fare. :c
Menomale che non arrossisco mai, non potete immaginare.
However, è un capitolo leggermente più piccolo degli altri, e non aggreditemi! (ma che..?!) Lasciatemi il tempo di riprendere i ritmi.
No... NO LE FORCHE NO PLS VI VOGLIO BENE!!!
Sarah che fugge--

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Pentirsi è corrosivo. ***



Image and video hosting by TinyPic


Pentirsi è corrosivo.
13


Mi appoggio alla porta della mia camera e rimango a guardare il pavimento, certo è che non posso stare qui per tutta la mia vita però per il momento è piacevole.
"Stai bene?" chiede Misha ora davanti a me.
"Se qualcuno guarda sopra le scale ti vede, forse è meglio se ti levi".
Non lo guardo nemmeno, sono troppo presa a guardare il parquet iper usato e a passargli di fianco, andandomene al piano di sotto.
"Cass..." lo sento dire, da lontano, alle mie spalle.
Dalla calma più totale e nauseante, senza rendermene conto, mi ritrovo quasi correndo e il mio bersaglio è quel Jake Satoru.
Sento il vento sbattermi con violenza sulle guance e l'erba sotto le suole, sento il sole picchiarmi sui capelli chiari e la voce di mia madre dare ordini agli operai.
"Hey", inizia ignaro quel tipo di maniaco.
"Hey un cazzo!". Graffio le parole; lo distruggo con lo sguardo, con le mani. Gli do una spinta indietro e l'attenzione che ha nei miei confronti è ancora più elevata; come se fosse possibile poi.
"Ma cosa diavolo fai! Sei pazza?!, strappa le mie mani dalla sua maglietta e mi guarda incredulo. Forse anche troppo incredulo... Sto sbagliando forse? E se non è lui? Ad ogni modo non posso rimangiarmi più niente e devo andare avanti; l'orgoglio è più forte.
"Ti ho visto l'altra sera fuori di qui, mi guardavi da laggiù", spiego affatto calma indicando il lampione accanto a lui "E anche prima mi stavi guardando allo stesso fottuto modo!"
"Non so cosa tu stia dicendo"
Passa una bicicletta e suona il campanellino, attirando l'attenzione del pastore tedesco del mio vicino; abbaia.
"Lo sai perfettamente, Jake, devi starmi lontano", non sapendo che altro fare gli do le spalle e comincio ad entrare in casa, attraversando la strada e il giardino.
I miei passi svelti quasi oscurano i suoi ma li sento e mi fermo; Jake è dietro di me. Sento la sua mano sulla mia spalla; vuole girarmi contro di lui, e ci riesce.
Lo guardo negli occhi; siamo alti uguali, e sbotto  "Il concetto non ti è forse chiaro".
"Sai perché prima ti stavo guardando? Te lo devo proprio dire?!", il suo tono diretto e la sua espressione arrabbiata mi inquieta ma, allo stesso tempo, cadono le mie difese senza che io possa farci niente. So come finiscono frasi come queste, lo so e non è sempre un bene se non si vuole ricambiare. E se avessi veramente sbagliato?
"Dimmelo", azzardo.

"Cosa credi che accadrà quando scoprirà tutto? Eh? Pensi che riuscirò a mantenere il segreto ancora a lungo? Maledizione! Perché a me?!"
"Non è sicuramente un nostro problema, Misha; se fallisci sai cosa dobbiamo fare".
"Non potete intervenire".
"E dimmi, tra me e te, credi di poterlo impedire?"
Misha rimane in silenzio e si riaffaccia alla finestra; ha spostato la sua attenzione su Cass e quel ragazzo che proprio non dovrebbe esserci.
"Posso farlo", afferma. Alle sue spalle, però, non c'è più nessuno.

Salgo su in camera stordita, intimidita e ancora più testarda di ieri. Quello che Jake intendeva... non so se credergli o meno ma le mie certezze sono ormai crollate. Devo credere ai miei occhi o alle parole di uno sconosciuto? AAAAH NON LO SO.
Misha è affacciato alla finestra, è alle mie spalle e... "Mi stavi spiando"
"Certo che no", risponde morbido, girandosi con un sorriso tirato e preoccupato "Il mio ruolo è tenerti d'occhio, tesoro".
"Tesoro cosa, ho fatto una figuraccia", ammetto sedendomi sul letto, stropicciandomi gli occhi; oddio sono senza trucco!
"Che hai?", capisce lui.
"Mi ha vista senza trucco!"
"Ma chi, quel tipo?!"
"Già!"
"Ti senti bene?"
Vado, accorro, mi accollo di tutto per arrivare allo specchio; sono inguardabile.
"Perché ti interessa tanto che ti abbia vista senza..."
"Mi ha detto che mi osservava, prima, perché gli piaccio!", alla mia risposta Misha sembra cadere, svenire "E' tutto okay?"
"Ti ha detto solo questo?"
"Bhe... Sì."
"E del fatto che ti stava guardando anche l'altra sera?"
"Sai...", giro intorno io "Stavo pensando che forse ci siamo sbagliati, pioveva e forse la pioggia ha distorto il volto".
"Cassidy".
"Non dirmi niente se devi usare quel tono!"
"Come puoi credere che quel Jake sia un tipo a posto?!"
"No Misha, c'è qualcosa di davvero importante!", lo riprendo "E questa volta non sei tu".
Esco dalla stanza, vado in cucina a parlare di cose da niente con Carol.

Misha si riafaccia alla finestra, osserva quel lampione andando di flashback; vede la pioggia e la notte, il giorno il sole l'erba.
Abbassa lo sguardo, percorre con lo sguardo il vialetto; nota il padre di Jake, i suoi quaderni, l'uccellino e il cane che vaga da una casa all'altra.
Abbassa lo sguardo, ancora di più; vede Jake.
Vede Jake guardare la porta d'ingresso, lo vede alzare il mento, gli occhi.
Jake punta gli occhi fisso dentro quelli di Misha.
E sorride.
"Puoi guardarmi figlio di puttana", ringhia Misha.
"C'è qualcosa di importante, e non sei tu", fa Jake, intimidatorio.
E sorride.

A.U
Mi state odiando.
Guardate che me accorgo sapete? Lo sento.
Però vi voglio bene per cui c'è un auto-perdono fantastico.
Parliamo del capitolo; sì è finalmente arrivato!
Sapete, ho la maturità e domani c'è la terza prova...
Dovrei ripassare...
"Hey ma non dovevamo parlare del capitolo?" -cit tutti-
GIA'!
E che devo dire? Jake non è pulito, chissà se era davvero lui a guardare Cass quella notte.
Forse è vero che gli piace Cassidy, forse è solo un'altra persona che può vedere i fantasmi.
Come Cassidy alla fine, chi l'ha detto che solo lei li vede?
Ci saranno altri Misha in giro per il mondo... Però...
Quante possibilità ci sono che due persone con capacità simili... Nella stessa città... Così vicini...
NON HO DETTO NIENTE.
Sarah Collins

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Dopo tanto tempo. ***



Image and video hosting by TinyPic
Dopo tanto tempo.
14.


Roteo e picchietto la penna sulla scrivania, mi fa rabbia, non sopporto più nessuno, o forse è meglio dire che non sopporto più Misha.

Non so dove sia, non so cosa io abbia fatto di così sbagliato e imperdonabile.. Ho solo scelto me stessa! Una relazione! Ho scelto un ragazzo in carne ed ossa e occhi! Quei suoi occhi profondi, quei suoi bellissimi e oscuri occhi profondi.
Certo non posso dire che, anzi, cioè no, ma cosa dico! Gli occhi di Misha hanno un qualcosa di marinaresco, un profumo di mare, l'oceano.
Ma quello sguardo glaciale e paranormale è scomparso da ormai parecchi mesi e la mia vita sta proseguendo.

 

Sento un cuscino arrivarmi dritto sulla nuca. “Vieni qui..”, dice Jake. Allora sorrido e mi giro ancora seduta sulla poltrona con fare danzante; lo vedo spalmato sul mio letto con lo sguardo in alto. “Ti manca il tocco magico, devi essere più dolce con moi, sai?” dico io altezzosa. Lui si alza, ridacchia e confabula qualcosa, “Il tocco magico?”, chiede con voce roca mentre si appoggia ai braccioli della mia poltrona. “Stasera se vuoi..”
Avvampo, mi si alza la pressione e lo spingo via uscendo in corridoio, lo sento ridere in modo alquanto malizioso e divertito; vedo le scale.

Io e Jake abbiamo legato parecchio, a dire il vero siamo fidanzati, più amanti che altro ma a me sta bene così, non lo conosco nemmeno “l'amore”.

All'improvviso ho voglia di una mela e trotto per i gradini contandoli al rovescio come fosse un countdown: sballato dato che partendo da venti, l'ultimo gradino terminò al numero undici e BAM, sento il profumo di Amanda.
Il campanello suona tre volte lasciando bloccata la musichetta stile natalizia per troppi minuti.

 

“Amanda!”, esclamo abbracciandola immergendomi, poi, nel suo odore.
“Ah, orsacchiottina! Da quant'è che non ci vediamo?!”
“Direi troppo”, rispondo facendola sedere sul divano.
“Sono qui perché devo dirti una cosa!”, inizia lei in preda all'entusiasmo. “Credo che Misha sia venuto a casa da me!”
“Che cosa?!”
“Da parecchio tempo ormai che mi succede di guardarlo, sentire le sue mani e anche la sua voce! Non penso di essere affetta da allucinazioni e so che non vi parlate... Penso sia possibile che sia venuto a stare da me”, dice.

Io rimango immobile, sbalordita, incredula e anche parecchio furiosa; non mi escono nemmeno più le parole.
Misha è andato via da mesi e mesi per andarsene da Amanda?!, penso.
Da sopra le scale Jake ci saluta con il suo solito “Hey” e Amanda mi guarda; io non ho tempo di rispondere alle domande postemi dai suoi occhi e dalla sua mascella spalancata dalla curiosità. Non ho voglia di dirle che sì, Jake veniva dalla mia stanza mentre in casa non c'era nessuno. O che stavo insieme a quel ragazzo così amorevole, passionale, protettivo.

Ho solo voglia di guardare in basso e pensare che il fantasmino che ho sempre visto come un semi Dio personale, se ne sia andato dalla casa dove mi aveva visto crescere, andare via e poi tornare più in visibilio e impaurita da lui.
Se ne era andato.
E non se ne era solo andato chissà dove, chissà per quale motivo, ma se ne era andato da me!
Il ragazzo proveniente da un altro mondo che era per me parte della famiglia, lo stupido ragazzino dai capelli di nuvola e dagli occhi di pioggia.

Il mio Misha.

Torno indietro con la mente mentre Amanda e Jake si presentano e aprono le finestre per il caldo; prendo la testa tra le mani e mi scompiglio i capelli cercando di portare via la tristezza eludendo me stessa. Non capendo che Misha non poteva essere scacciato via in quel modo, né dalla testa né dal cuore, ma adesso in me c'è solo la rabbia dell'ennesimo uomo che mi ha abbandonata. Perché, forse, mio padre non basta.
Ripenso alla rabbia che aveva l'ultima volta che ci parlammo, lo sconforto e l'incredulità nei suoi occhi fanno vacillare le mie scelte sulle dure parole che gli dissi.
E' anche vero che il primo ad allontanarsi è stato solo lui, me lo ricordo e lo ricorderò sempre, non venne più a rimboccarmi le coperte e le sue carezze erano solo pura fantasia. Poi sì, me ne andai io, in un'altra casa.
Ma sono tornata e lui era lì e adesso Misha non c'è solo perché... Perché?!

 

“Cass, lui sa di Misha?”, interrompe Amanda i miei pensieri.
Inghiottisco, “Chi?! No!”
“Chi è Misha?”, chiede Jake incrociando le braccia. “Ex ragazzo?”
“Solo un vecchio amico con cui ho perso i contatti”, rispondo.
Lui bofonchia qualcosa e mi guarda di sbieco prima di salutarmi con uno schioccante bacio sul naso e andare via. Uscendo dalla porta sento ripetergli il nome di Misha a bassa voce, quasi fosse una domanda, come per chiamarlo, ecco. La sua voce aveva quel qualcosa di consapevole ma io sinceramente, ne ignoro il motivo.
Mi giro verso Amanda con sguardo accusatorio.
“Pensavo gliene avessi parlato..”
“Certo che no! Come gli spiegavo che avevo un amico gnocchissimo alto occhi azzurri come fantasma in camera mia?!”, sbraito.
“Dici? A me l'hai detto però”
“Ma siamo amiche da una vita ed eravamo piccole quando te lo dissi”
“Comunque credo che se glielo avresti detto si sarebbe potuto ingelosire..”, nota.
“Ingelosire...?,”, ripeto col rumore delle rotelline ridondante nel mio cervello.

Ho capito, finalmente, Misha non c'è perché ho scelto Jake!

A.U}
Essì, alla fine il tempo è passato per me e per voi e anche per i protagonisti.
Sono successe molte cose, mi spiace per l'attesa.
Davvero..
Un bacione, mi fate sempre sorridere con i vostri commenti.
Sarah

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Tornaccasa. ***


Image and video hosting by TinyPic

Tornaccasa.
15

“Misha?” dico,“Misha ti sto tremendamente chiamando e sarebbe tuo dovere alzare quelle tue piccole chiappe evanescenti e venire subito qui!”.
Ho capito che la sua gelosia può essere sinonimo di sentimento, ma andarsene così è eccessivo! Vorrei davvero parlarne con lui anche perché... Bhe io...
“Cassidy?”, chiama una vocina.
“Mamma!”, sbraito mentre spalanca la porta della mia camera. “Cosa?”
“La spesa..”, dice.
La uccido con lo sguardo.

Prima di entrare nel solito supermercato vicino casa mi soffermo a vedere le nuove violette piantate vicino l'ingresso; quasi quasi ne rubo un mazzetto, penso.
Un vento gelido sulla mia spalla mi irrigidisce all'istante, un profumo caldo, invece, mi riempie i polmoni.
“Non è più il tuo custode.” afferma sospirando quella presenza accanto a me.
Non è più il mio custode... Misha? “Chi sei”, chiedo senza girarmi, non ottenendo però risposta.
All'improvviso mi sento meno pesante e affaticata, riesco forse a sentire il battito del mio cuore pulsarmi nei timpani.
Mi sblocco e mi riblocco per la paura  ma chi accidenti era chi era quella persona quel profumo chi diavolo era!
Dalle porte esce un signore con la t-shirt bianca e qualche rotolino sui fianchi, mi guarda. “Tutto bene?”
“Mi scusi” inizio io con la voce tremolante. “Ha visto quella persona con cui parlavo poco prima che uscisse?”
“Bhe...”, fa lui ripensandoci, “Era un bel ragazzo, avrebbe potuto vestirsi un po' più colorato ah-ah-ah”
Il suo ridere stridulo è strano e gli dico che grazie, è stato davvero molto gentile, evitando poi le sue domande.
Mi sbrigo a comprare quelle quattro cose per la cena, ho bisogno di parlare con Misha.

Aprendo la porta di casa incrocio Carol, non perdo tempo. “Ricordi dove abita Amanda? Puoi portarmici, per esempio, adesso?”

*

Il suo fantastico profumo è mischiato con uno a me familiare, accidenti.
“Cass cosa ci fai qui! Che bello!”, afferma Amanda abbracciandomi.
“Mi serve l'angelo”, taglio corto io.
Incrocia le braccia, mettendo sul viso un'adorabile broncio, “Non credo lui voglia parlarti.. almeno così ha detto a me”
“Ma che cosa stai dicendo!”, urlo io infuriata. “Misha! Dannato, orribile, schifosissimo amico che non sei altro!”
“Cassidy smettila...”, dice lei a bassa voce.
“Ridammelo!”, dico io senza riflettere.
“Cassidy torna a casa”; appare Misha dietro di lei, ha abiti diversi, ha lo sguardo cambiato.
“Misha, torna dai, cosa stai facendo qui!”
“Imparerai dai tuoi errori, io da te non posso rimanere e dopotutto non hai scelto me, ricordi?”, dice, “Ti stai divertendo con quel ragazzo, vero? Ti stai riempiendo di bugie, non lo conosci”
“Parli di Jake?”, chiedo io stranita.
“Hai sbagliato tutto, Cassidy, hai rovinato ogni cosa”, termina chiudendo poi la porta.

{A.U.
Cheppalle Misha e torna! Quanto la fai lunga, uff.
Si sta intrufolando un terzo ragazzo, il tipo losco che aveva già seguito Cassidy al supermercato e che la guardava da fuori la finestra.
Che sia Jake?
MUMBLE MUMBLE *pensa*
Baci.
Sarah

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Energia negativa ***


Image and video hosting by TinyPic


16
Energia negativa

Tornai a casa quel giorno, Misha con voce ferma mi disse che no, non sarebbe tornato da me, e Amanda gli dava quel manforte che mi infastidì non poco.

Sono giorni che ricevo sms da Amanda, li cancello direttamente, ho perso l'abitudine persino di controllarli, bam, cancellati seduta stante. Mi dà fastidio il suo comportamento, ma insomma Misha dannazione è il MIO amico, è il MIO compagno...Do un pugno stizzito sul bracciolo della poltrona nella mia stanza e sbraito ad alta voce; sento chiudere l'acqua della doccia, dalla porta socchiusa appare il volto di Jake con i capelli grondanti d'acqua.
“Cass, tutto bene? Hai sbattuto da qualche parte come tuo solito?”, dice ironico.
“No, in realtà, no”, dico in breve io.
Jake si asciuga i capelli con un panno bianco guardandomi, strizza gli occhi per guardarmi meglio, “Mh.. ok”, dice prima di rientrare in bagno e finire di vestirsi.
Questa sera mia madre ha deciso di uscire con le colleghe del suo negozio, in città, e farà tardi ha detto.
Sospiro, infondo non mi fa bene essere sempre arrabbiata.
“Jake cucini tu questa sera? Lo sai che io non sono molto capace”, dico io ridendo; in effetti non saprei da dove cominciare neppure cucinando una zuppa di ramen istantaneo..
Da dentro il bagno Jake mi fa: “Cassidy e se andassimo a cena fuori? Sono un ricco architetto o no?”, dice lui altezzoso.
“Mah, se sei ricco dov'è il mio fuoristrada amorevolmente regalatomi dal mio ricco fidanzato? Eh?”, chiedo io ridendo, “Eh? Dov'è?”, continuo, “E' forse qui fuori?”.
Mi affaccio alla finestra cercando il mio bolide non appena Jake, vestito in tuta grigia, esce dal bagno guardandomi divertito, “Bhe forse non sono così ricco allora”,ammette.
Mi avvicino a lui, mi guarda in modo goffo e dolce, le sue mani in tasca, i suoi vestiti morbidi e il profumo dei miei prodotti mi fa venir voglia di stringerlo come un forte orsacchiotto.
“Posso dire che sei il mio orsacchiotto?”, chiedo io immergendo il mio volto nell'incavo tra il suo collo e le sua spalla.
Lui mi stringe forte, respira il profumo dei miei capelli e mi dice “Hai mai dato nomignoli a quel Misha?”.

Assurdo, assurdo, “Ma perché devi rovinare un momento simile?”, dico io stizzita, allontanandomi.
“Ma no è che..”, fa per dire lui, bloccandosi poi.
Mi rigiro la manica quasi stracciandola, sono troppo infastidita, quello stupido di Misha.
“Mai dati”, finisco io, chiudendo il discorso guardandolo negli occhi. “Andiamo a cena fuori!”, dico, e mi guarda sorridendo.

Ho messo su la mia gonna a ruota preferita, nera tutta nera come la mia canotta di pizzo e le mie scarpe tacco 10. Scendo le scale di casa mia come fossi una principessa, Jake in fondo ad aspettarmi con una mano sulla ringhiera, una camicia bianca e dei pantaloni neri eleganti.
“Wow”, mi fa,” E se restassimo a casa?”
“No!” sbraito io colpendogli lo stomaco, “Ho fame!”
“Bhe oddio come sempre”, afferma a bassa voce ma non abbastanza per sfuggire alla mia ira.
“Cos'è che hai detto Jake?!”
“Niente... Niente!”, urla pentito.

Il ristorante era così sofisticato, così bello e dai colori tenui che io lì sembravo una goccia di inchiostro nero in un mare di panna.
“Sei bellissima”, mi dice lui baciandomi i capelli e aiutandomi a mettermi seduta.
“Quale garbo, ma chi sei tu?”, chiedo io compiaciuta sciogliendo il tovagliolo intrecciato a formare un fiore di loto.
“Chi sono io.. Cassidy?”, mi chiede lui guardandomi dritta negli occhi.
Mentre sciolgo quella specie di opera d'arte lo faccio via via sempre più lentamente, non capisco se sono io oppure davvero tutto ciò che mi circonda e che conosco ha sempre quella punta di inquietudine?
Tra una portata di pesce e l'altra sento il mio telefono vibrare nella borsetta, è una vibrazione lunga, sarà una chiamata in arrivo probabilmente. “Scusami mi stanno chiamando, accidenti..”, sbraito io frugando nelle mille cose che contiene la borsa.

Amanda.

“Maledizione ancora..”, dico io sottovoce. Ributto il telefono nella borsa, ora è passata alle chiamate? Ma cosa vuole.
“E' ancora la tua amica?”, chiede lui pulendosi i bordi della bocca con il suo tovagliolo.
Eh?
“Cosa ne sai che è lei?”, chiedo io con fare colpevole.
“Ho controllato il tuo telefono, alcune volte.”
“Alcune volte?, chiedo io, “ALCUNE?!”, mi alzo, getto il tovagliolo sulla sedia e mi reco nel bagno delle donne.

Poso le mani sul lavabo lussuoso, mi guardo allo specchio. “Ci mancava solo questo proprio”, dico fra me e me.
Controllo se nel bagno c'è qualcuno, mi abbasso per vedere oltre le fessure delle porte e sapere se ci sia qualche persona chiusa lì dietro, ma sono sola.
Prendo il telefono, quattro chiamate perse e nessun messaggio, forse Amanda ha capito che non li leggo.
Chiamo.
Il telefono dall'altra parte squilla, squilla, squilla quattro volte ed eccola la voce di Amanda, è roca.
“Cassidy ma Dio del cielo dove eri?”
“Ma ti serve qualcosa per caso?”, le dico fredda.
“Cass non è a me che serve qualcosa..”
Rido, Amanda può sentirmi, “Ah intendi al tuo amico? Bhe pensaci tu a lui”, le consiglio stizzita, “Hai fatto così tanto la parte dell'amica protettiva con Misha, perciò adesso Amanda prenditene cura e sparite dalla faccia della terra”, finisco io chiudendole il telefono in faccia.
Respiro profondamente e nei miei timpani risuona la melodia di sottofondo del ristorante al di là della porta. Il telefono mi squilla fra le mani, ma lo ignoro.
Ricordo questa sensazione, aizzo i miei sensi girando per il grande bagno, guardo per terra, guardo altrove in punti indefiniti; non mi sento sola adesso.

Bhe Cassidy io sono sparito dalla faccia della terra già da un pezzo”.

Una voce familiare, ancora lui?!
“MISHA NO!”, urlo io con la voce strozzata.
E' lì, mi dà le spalle, ma le sue spalle si confondono con i colori delle pareti del bagno, è indefinito.
Lo sento ridere flebilmente, “Lo dicevi anche quando ti buttavo le bambole per terra, quando eri piccola”, mi ricorda lui.
“Vai dalla tua bambolina bionda, Misha, vattene”.

Mi sento debole, lo vedo debole, evanescente, mi pare che si stia girando verso di me..
Mi tremano le gambe, il suo volto, non riesco a vederlo, è trasparente o sono io che non riesco..
Che non riesco a..

Buio.

A.U.
Sono passati oltre due anni, mi spiace.
Sarah

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1390784