Beliar

di Aelin_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Quello che successe quel giorno + ? ***
Capitolo 2: *** Patronus ***
Capitolo 3: *** Belial ***



Capitolo 1
*** 1. Quello che successe quel giorno + ? ***




Titolo: Beliar (forse titolo provvisorio)
Fandom: Harry Potter 
Pairing/Personaggi: HarryDraco, un po’ tutti, nuovo personaggio
Rating: per ora Arancione, poi si vede
Charapter: 1? 
Beta: la mia Silvia!, che per lo più legge e mi da un parere (e lei odia le Drarry, quindi non oso riportare qui i suoi commenti)
Words: 2334 (secondo Word)
Warning: ehm… filosofia? Non so xD
Summary: Seconda Guerra Magica. Il Ministero della Magia è caduto, lasciando allo sbaraglio i sopravvissuti.
Ad Hogwarts, l'Ordine della Fenice e l'ES continuano a combattere contro i Mangiamorte, ma sono ormai allo stremo. La fine è vicina. Gli studenti sono abbattuti, fisicamente e mentalmente. I Grifondoro piangono il loro "lutto", i Corvonero e i Tassorosso cercano di aiutarsi a vicenda. I Serpeverde, capitanati da un Draco Malfoy passato alla Luce, si allenano, ostinati, cercando di dimostrare di essere diversi.
Ma la speranza è morta. Harry Potter è scomparso, da due anni ormai. Alla fine del sesto anno, dopo la morte di Silente, è sparito. C'è chi dice che è morto, chi che si nasconde, altri che sta cercando un'arma. Ma tutti sanno che non reggeranno ancora a lungo.

Il giorno in cui Voldemort, aiutato da Piton, riesce ad entrare a scuola, capiscono che è finita. Niente potrà aiutarli. Nel bel mezzo della lotta, due figure si presentano in Sala Grande, magicamente comparse nel mezzo della stanza. Uno è un centauro, il viso impassibile, freddo e distaccato, il torso umano sfigurato da cicatrici profonde, incise nella pelle. Il corpo equino mansueto, calmo e controllato, il manto blu scuro lievemente arruffato dal vento,che spirava forte fuori dal castello. L'altro, un ragazzo, ha gli stessi occhi di Harry Potter. Ma il Ragazzo Che È Sopravvissuto è cambiato.

Note: Mmh. Non lo so. Del genere “Questo è il primo capitolo e non so proprio cosa dire”.
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(Maggio del '97)

Draco ricordava tutto con estrema precisione. Se chiudeva gli occhi, poteva rivedere il corpo di Silente venire colpito dall'incantesimo di Piton, gli occhi azzurri che si chiudevano dietro alle sue tipiche lenti a mezzaluna, posate sulla punta del naso. Poi la schiena che si curvava innaturalmente all'indietro, spinta dalla forza d'urto dell'Avada, e il torso che sporgeva oltre il bordo della finestra, nel vuoto. Per un attimo rimase immobile, su quel ciglio di pietra, unico confine tra la salvezza e il nulla, l'immobilità e il moto.
Ma Silente era già andato.
La forza di gravità fece il suo lavoro, facendo precipitare quel corpo vecchio e morto giù, sempre più giù, in picchiata libera, prima di sfracellarsi con forza sul prato del castello. Durante quei pochi secondi, sembrati lunghi come ore, sotto gli sguardi dei Mangiamorte, Draco era rimasto immobile, troppo sorpreso per scappare, nascondersi. Non provava dispiacere per la morte del vecchio come persona, no. Silente aveva sempre trattato i Serpeverde con distacco, come se non fossero meritevoli della sua attenzione. Più che altro lo rimpiangeva come figura. Quel vecchio era sempre stato, insieme ad Harry Dannato Potter, la figura più importante tra gli eserciti della Luce. Il suo trapasso era un duro colpo per chi riponeva in lui la fede per la caduta del Signore Oscuro. Lui stesso, nonostante non avesse mai preso parte in quella guerra, decidendo di non schierarsi apertamente, credeva che non sarebbe mai successa una cosa del genere. Silente morto.
Da quando Voldemort gli aveva dato quell'incarico, si era impegnato anima e corpo in quella missione, cercando di trovare un qualche veleno, una pianta, un incantesimo, che potesse intaccare il preside. Ma non ci aveva mai creduto sul serio.
Draco non aveva mai ucciso. Nonostante il Marchio Nero che bruciava, coperto dalla manica bianca della camicia, sul suo avambraccio sinistro, non desiderava la morte, ne per se ne per gli altri. Si era sempre sentito un estraneo tra tutti quei pazzi satanici che veneravano quell'ancora più pazzo del Signore Oscuro. Aveva sempre visto Silente come una figura indistruttibile, che ci sarebbe sempre stata, una costante nella sua vita, una presenza marginale, certo, ma viva e potente. Vederlo cadere oltre il bordo della finestra, cogliere l'alito di vita che svaniva da una figura come Albus Silente, l'emblema della Luce per l'eccellenza, lo aveva scioccato più di quanto avesse previsto.
Fu per questo che rimase solo sulla Torre, lo sguardo vacuo puntato fuori dalla finestra. Non aveva manco sentito i Mangiamorte che, vittoriosi, scendevano le scale, ributtandosi nella mischia che albergava nel castello.
C'erano solo lui e i suoi pensieri, lo stupore ancora dipinto nelle due iridi grigie, mentre fissava la parete di pietra senza vederla per davvero.
Credeva di essere solo.
Per questo si lasciò andare. La sua maschera impassibile scivolò via dal suo viso come la notte, nel cielo fuori dalla finestra, stava prendendo il sopravvento sulla luce, e si accasciò in ginocchio. Si sporse in avanti, poggiando i palmi sul pavimento freddo. Le sue membra tremavano, la tensione e l'adrenalina che aveva provato nelle ultime ore cominciavano a chiedere il suo tributo. Un ansito strozzato sfuggì al suo controllo, superando la barriera delle sue labbra dischiuse e risuonando nell'aria silenziosa. Dai piani di sotto non giungeva nessun rumore, e, nonostante sapesse che la battaglia tra le due fazioni infuriava ancora, si crogiolò nell'illusione di essere l'unico essere vivente nel raggio di chilometri, così da poter cedere e piangere, piangere fino a morirne. Per Silente, per tutte le persone che aveva visto uccidere, per suo padre, per Narcissa. Per tutta la gente, magica e non, che quella stupida guerra uccideva ormai da tempo. Le lacrime scorrevano traslucide lungo le sue gote, scivolando ai lati delle labbra tremanti e gocciolando dal mento. Erano inarrestabili, una cascata di dolore sordo e muto che lo stava distruggendo. Draco si vergognò di se stesso. Stava piangendo come un bambino, raggomitolato a terra con la schiena contro il muro, mente invece avrebbe dovuto essere giù, a combattere. Per quale fazione, ancora non lo sapeva. Il marchio del suo braccio sembrava voler indicare la sua appartenenza all'Oscurità, ma il suo corpo, i suoi sentimenti, le sue dannate lacrime che continuavano a scorrere, imperturbabili, urlavano a chiare lettere la sua Luce. Oltre la cortina di lacrime, vide qualcosa muoversi. In un altro momento, sarebbe balzato in piedi, bacchetta alla mano, pronto a difendersi da tutto e tutti. Ma in quel momento, il suo corpo non ne voleva sapere di muoversi. Rimase accasciato, senza forze, mentre l'ombra si avvicinava. Con tutte quelle lacrime, non vedeva per niente bene, ma gli sembrò un ragazzo all'incirca della sua età. Impaurito, si rannicchiò, anche se il suo istinto gli stava urlando di tranquillizzarsi, che Lui non gli avrebbe mai fatto del male. Lo vide avvicinarsi, inginocchiarsi davanti a lui. Allungò le mani per sfiorarlo, ma sembrava indeciso, titubante. Draco immaginava che aspetto doveva avere in quel momento: un ragazzo di sedici anni totalmente distrutto. Non era un bello spettacolo. Sobbalzò sorpreso quando quelle mani si posarono sulla sua schiena, accarezzandola, disegnando cerchi immaginari, nel chiaro intento di tranquillizzarlo.
E ci stavano riuscendo.
Dove quel tipo lo stava sfiorando, piccole polle di pace si incastonavano nel suo corpo, riducendo piano piano i singhiozzi. Qualche minuto dopo, Draco era sufficientemente tranquillo da potersi asciugare da solo le lacrime dagli occhi.
E quello che vide lo impietrì.
Harry Potter stava davanti a lui, in attesa. Gli occhi verdi erano stanchi e colmi di una tristezza consumata, tipica di chi ne ha provata troppa nella vita. Il dolore era chiaramente percepibile nel suo viso. Eppure gli sorrideva, e non c'era astio nel suo sguardo.
"Vieni" gli disse, aiutandolo ad alzarsi.
Draco era stordito. In sei anni, non si erano mai parlati normalmente, limitandosi a lanciarsi occhiatacce e frecciatine acide. Com'era possibile che ora lo stesse trattando in quel modo, sostenendolo delicatamente, come se avesse paura che da un momento all'altro potesse rompersi?
Si lasciò portare giù dalle scale, e lungo il corridoio del terzo piano. Era immerso nei suoi pensieri, mentre sentiva distintamente i palmi di Potter prendergli sul fianco e su una delle scapole. Ma era troppo spossato.
All'ennesimo cedimento da parte delle sue gambe, l'altro lo prese in braccio, cogliendolo di sorpresa. Lo guardò in viso, pronto a protestare come suo solito, ma lo sguardo che gli lanciò lo costrinse a desistere. E poi... era così stanco...
L'ultima cosa che ricordò, prima di addormentarsi, fu il battito regolare del cuore di Harry sotto il suo orecchio e le sue labbra contro la propria fronte.
 
 
Il risveglio fu uno dei più difficili che Draco avrebbe mai ricordato. C'era il terrore, il ricordo della morte di Silente. Si sentiva immerso in una bolla vischiosa, con mani che lo afferravano per le caviglie e per i fianchi cercando di farlo cadere.
Nuotava in quel mare che cercava di soffocarlo, mentre lentamente si svegliava e i suoi sensi si affinavano. Eppure, quell'attacco di panico non accennava a svanire. Sentiva l'aria mancargli e i polmoni pulsare forte nel tentativo di respirare. Cercò un appiglio, qualcosa, che gli permettesse di tornare alla realtà.
E lo trovò.
Evidentemente doveva aver cominciato a muoversi in modo convulso, perché due braccia lo presero per i fianchi e lo tennero stretto, spingendolo dolcemente contro un petto caldo. Una voce che conosceva bene cominciò a mormorargli parole rassicuranti all'orecchio. Draco immerse il viso tra quei pettorali, spalancando la bocca e prendendo un profondo respiro, mentre i polmoni tornavano a funzionare correttamente. Inalò quel profumo di cannella, sentendo i propri muscoli distendersi e rilassarsi. Era tornato in se, ma ancora non si voleva staccare da quel corpo che lo faceva stare così bene anche solo
sfiorandolo. Dove le braccia di Harry toccavano i suoi fianchi, sentiva la propria carne cedere, pronta per essere modellata a suo piacimento.
Con un certo sgomento, Draco si rese conto di non essere mai stato talmente rilassato e completo come tra le braccia di quel Grifondoro. Era come se il suo corpo sapesse di appartenergli, abbandonandosi senza remore al suo dominio.
"Va tutto bene" mormorò Harry sulla sua tempia, stringendolo a se. Come erano arrivati a quel punto?  Fino a poche ore prima lui e Potter di odiavano, e ora il moro lo stava stringendo come avrebbe fatto con un amante, distesi su un... letto?
"Dove siamo?" chiese con voce roca, scostandosi da quel corpo che lo attirava e sentendo il proprio stomaco aggrovigliarsi in protesta.
"Stanza delle Necessità. Tu la conosci bene, vero? " Draco sentì il senso di colpa strisciare attorno al proprio cuore. "Io... mi dispiace, per Silente, non sapevo cos-" avrebbe continuato, se le labbra del ragazzo non si fossero premute sulle sue, mettendolo a tacere. Chiuse gli occhi. Il senso di pace era tornato a pervaderlo, spingendolo ad aprire la bocca per donare l'accesso all'altro, che cominciò piano a stuzzicargli la lingua con la sua. Era un contatto delicato, ed Harry non si stava imponendo prepotentemente. La dolcezza con cui lo stava baciando gli fece venire le lacrime agli occhi. E, quando si staccarono, vergognandosi per la patina lucida che avvolgeva le sue iridi, il biondo avvolse le braccia attorno al suo collo, poggiando la fronte contro la sua clavicola e nascondendo il viso.
"Ehi..." la voce calda di Harry gli giunse morbida all'orecchio, e una mano si posò tra le sue scapole, delicatamente. "Stai bene?" chiese. Stava bene? Non lo sapeva. Voleva solo stare così per sempre, tra le sue braccia. Che cosa stupida. Si sentiva una ragazzina innamorata.
"Cos'è successo?" mormorò piano, stringendo inconsciamente le braccia. Fortunatamente, il moro capì al volo.
"Il funerale è stato ieri. La scuola si sta velocemente riorganizzando"
Draco arricciò leggermente il naso. Ieri? Ma cosa...?
"Aspetta, quanto ho dormito?" chiese, scostandosi e sedendosi a qualche centimetro di distanza. Appoggiò la schiena alla testata del letto e incrociò le gambe magre. Lasciò le braccia inerti ai lati del corpo, stanche, i palmi rivolti all'insù.
"Due giorni"
"Cosa?!" scattò, spalancando gli occhi. Due giorni... A lui era sembrata qualche ora!
"Senti, Draco..." Harry si mordicchiò nervoso il labbro inferiore, distogliendo lo sguardo e puntandolo sul copriletto. " Non c'è molto tempo. Devo sapere se sei dalla nostra parte..."
Cosa voleva dire con quella domanda? Certo che era dalla sua parte!! O forse quel bacio non era stato una risposta valida.
"Quando uscirai da qui, troverai Hermione, Blaise e Ron ad aspettarti" cominciò a dire sbrigativo, alzandosi e raccogliendo varie cose per la stanza. Le infilava in un piccolo zainetto. Dove stava andando?
"Andate dalla McGranitt e cominciate subito a pensare ad una difesa per la scuola. Sei un mago molto potente, e insieme alla preside e a Herm dovresti riuscirci."
Il biondo si ritrovò sommerso da quel fiume di parole, senza riuscire a coglierne il significato. Di cosa stava parlando? Vedendo la sua confusione, il Grifondoro sospirò piano. Si avvicinò e si sedette sul letto, guardandolo determinato negli occhi.
"Ascoltami bene..." disse, serio. "Ho parlato con gli altri, e sono pronti ad accoglierti. Ora ad Hogwarts non
esistono più le Case, e non c'è nessuna discriminazione tra purosangue e natibabbani. Devi collaborare con tutti. Ti prometto che non verrai criticato per le tue scelte passate" spiegò, sbrigativo. "Sei molto bravo nel duello e nelle strategie. Il tuo compito sarà allenare gli studenti e studiare piani con Hermione e l'Ordine."
"E tu cosa farai?" chiese, con una brutta sensazione in fondo allo stomaco. Lo vide abbassare lo sguardo e ritrarsi leggermente, rannicchiandosi su se stesso, e seppe che i suoi sospetti erano confermati.
"Io devo andare. Da solo. Non so quando tornerò, ma cercherò di aiutarvi il più possibile"
No! Non l'avrebbe lasciato andare! Non ora che l'aveva trovato, che la sua presenza si era scoperta indispensabile.
"Non puoi andartene! Puoi aiutarci solo qui! " Non lasciarmi solo, avrebbe voluto dire. Ma quelle parole non trovavano la strada per la bocca, e rimasero inespresse.
"Ci sono cose che tu non sai..." disse piano Harry, alzandosi e prendendo lo zaino.
"Non ti permetterò di andartene e lasciarci allo sbaraglio" non ti permetterò di andartene e lasciarmi, urlò nella sua mente, cercando disperatamente la bacchetta. I suoi polsi vennero bloccati sul materasso, e una bocca si appropriò della sua. Si lasciò andare, baciandolo con trasporto, mentre la disperazione che lo attanagliava si sfogava sotto forma di una singola, dolorosa lacrima. Harry lo baciò ancora, una, due, tre volte, per poi prendergli il viso tra le mani.
"Cerca di non farti uccidere" mormorò, prima di allontanarsi e puntargli la bacchetta al petto. L'ultima cosa che vide furono i suoi occhi verdi.
"Stupeficium"
Poi sprofondò nell'oscurità.
 


Un mese dopo. (Giugno del '97)
Spalancò gli occhi nel buio, stordito. Non sapeva dov'era, non ricordava niente. La sua mente era una tavola lunga e piatta su cui le sensazioni scorrevano come acqua. Sapeva di essere in un posto freddo e umido, lo sentiva nella lieve corrente che di scontrava sul suo viso e nella pietra sotto le sue mani, ma stranamente non sentiva freddo. Non aveva neanche i brividi, nessuna reazione. La sua temperatura corporea era...
Confuso, si toccò la guancia. Sotto i polpastrelli sentì la morbidezza della pelle, ma... Non riusciva ad avvertirne il calore. O la freddezza. Era come se fosse stabilizzata ad una temperatura neutra, impercepibile. Non stava producendo calore. Come faceva ad essere vivo?
Si coprì il viso con le mani, notando in quel momento di non avere gli occhiali. Al loro posto, aveva una stretta benda premuta contro gli occhi. Ecco perché non riusciva a vedere. La tastò piano, seguendola lungo la testa, fino a quando, contro i capelli arruffati che gli coprivano la nuca, riuscì a sentire il nodo. Riuscì a scioglierlo solo dopo qualche minuto, a stento, mentre sentiva la stanchezza abbattersi sulle sue membra.
Si sentiva così debole...
Appena il tessuto scivolò via dai suoi occhi, una luce l'abbagliò, portandolo a sibilare e a proteggersi il volto. Lo sforzo gli fece perdere i sensi.
 





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Capitolo 2
*** Patronus ***


Titolo: Beliar (probabilmente ormai definitivo!)
Fandom: Harry Potter 
Pairing/Personaggi: Harry\Draco, un po’ tutti, nuovo personaggio
Rating: per ora Arancione, poi si vede
Charapter: 2\? 
Beta: la mia Silvia!, che per lo più legge e mi da un parere (e lei odia le Drarry, quindi non oso riportare qui i suoi commenti)
Words:  2.112 (secondo Word)
Warning: ehm… filosofia? Non so xD
Summary: Seconda Guerra Magica. Il Ministero della Magia è caduto, lasciando allo sbaraglio i sopravvissuti.
Ad Hogwarts, l'Ordine della Fenice e l'ES continuano a combattere contro i Mangiamorte, ma sono ormai allo stremo. La fine è vicina. Gli studenti sono abbattuti, fisicamente e mentalmente. I Grifondoro piangono il loro "lutto", i Corvonero e i Tassorosso cercano di aiutarsi a vicenda. I Serpeverde, capitanati da un Draco Malfoy passato alla Luce, si allenano, ostinati, cercando di dimostrare di essere diversi.
Ma la speranza è morta. Harry Potter è scomparso, da due anni ormai. Alla fine del sesto anno, dopo la morte di Silente, è sparito. C'è chi dice che è morto, chi che si nasconde, altri che sta cercando un'arma. Ma tutti sanno che non reggeranno ancora a lungo.

Il giorno in cui Voldemort, aiutato da Piton, riesce ad entrare a scuola, capiscono che è finita. Niente potrà aiutarli. Nel bel mezzo della lotta, due figure si presentano in Sala Grande, magicamente comparse nel mezzo della stanza. Uno è un centauro, il viso impassibile, freddo e distaccato, il torso umano sfigurato da cicatrici profonde, incise nella pelle. Il corpo equino mansueto, calmo e controllato, il manto blu scuro lievemente arruffato dal vento,che spirava forte fuori dal castello. L'altro, un ragazzo, ha gli stessi occhi di Harry Potter. Ma il Ragazzo Che È Sopravvissuto è cambiato.

Note: Sono scleratissima al momento. Nel senso che si stanno avviando le interrogazioni a scuola e io non so una cippa, sono in pieno stato depressivo e non riesco a scrivere (ringrazio il cielo che per un paio di capitoli, compreso questo, con sta storia sono a posto), e… Non lo so. Ho così tante cose da fare, per Salazar. Un sacco di storie abbozzate sul pc, una storia lasciata in quindici qua sul sito (The Wrong Spell) e problemi vari in famiglia.
In più Beliar (che, se mi ricordo bene, qua dovrebbe comparire… no, forse nel prossimo) fa il capriccioso e non si fa ‘modellare’. Rimane una sagoma indistinta nella mia mente.
 
Recensioni, please? Mi tirerebbero su di morale! Anche per dirmi che questa storia fa schifo (non credo che questo aumenterebbe la mia autostima, insomma) oppure solo per discutere il tempo o raccontarmi cosa ha fatto il vostro cane oggi (avete un cane? Io no).
Ok, sparisco.





 
 
(Febbraio del '99)
Fece un leggero cenno al quadro di Silente sopra la scrivania. Il vecchio gli sorrise, accomodante, gli occhi azzurri che brillavano da dietro le lenti a mezzaluna.
Draco sollevò un angolo della bocca di rimando, entrando nella sala adiacente alla presidenza. Un tavolo rotondo era stato messo al centro della stanza, sgombrata di tutti quei delicati aggeggi che il vecchio preside amava collezionare.
"Alla buon'ora!" gli disse Hermione, il sorriso sul viso che tradiva la sua finta ira.
"Scusate, Blaise aveva bisogno di una mano con un paio di Serpeverde recalcitranti" spiegò, prendendo posto alla destra della ragazza. Davanti a lui, Ron gli fece un cenno, senza neanche alzare gli occhi dalle carte che stava controllando, mentre accanto a lui Luna lo guardò con un sorriso radioso, gli occhi chiari spiritati come sempre e la matita infilata sopra l'orecchio destro. Ginny gli diede una breve occhiata astiosa, ma non fece commenti.
"Ora siamo tutti?" chiese Minerva, camminando per la stanza. Nonostante la stanchezza ben visibile nel suo viso e i fili grigi tra i capelli neri, rigorosamente tenuti su da una stretta crocchia, la preside continuava ad avere la schiena dritta e lo sguardo fiero e inflessibile. Draco si appoggiò allo schienale imbottito della sedia, ascoltando distratto i rapporti di vari membri dell'Ordine. Salutò con un battito di ciglia il suo vecchio professore, Remus Lupin, mentre guardò con leggero astio Malocchio Moody.
Rabbrividì ricordando l'episodio 'furetto'. Aggrottò la fronte. Ancora non aveva capito perché si era trasformato in quell'animale, visto che la sua forma Animagus era una volpe bianca. A detta di Hermione, negli ultimi due anni era talmente cambiato che la sua personalità aveva perso i comportamenti che lo
caratterizzavano come furetto.
"Draco, ci stai ascoltando?" chiese la ragazza, sfiorandolo piano sull'avambraccio. Il biondo si riscosse, guardandosi attorno. Tutti lo stavano guardando, ma non scorgeva rabbia nei loro occhi. Ancora non si era abituato alla loro fiducia e cordiale simpatia nei suoi confronti.
"Scusate, cosa stavate dicendo?" mormorò, protendendosi leggermente in avanti e preparandosi all'ascolto.
"Ancora non ho capito perché permettete ad un Malfoy" Moody mise nel cognome quanto più veleno poté "di partecipare a queste riunioni. Non sappiamo se possiamo fidarci. "
Con molta sorpresa di Draco, fu Ginny a rispondere a tono all'Auror.
" Sono già passati due anni, e Draco non ha fatto niente per tradirci, consegnarci a Voldemort o comunque meritarsi la nostra sfiducia. Si è impegnato e ha portato tutti i Serpeverde dalla nostra parte. Perché non dovremmo fidarci? "
"Potrebbe star facendo il doppio gioco"
"Sei troppo paranoico, Malocchio" intervenne Hermione, le guance che cominciavano a diventare rosse mentre le sua rabbia cresceva. Draco si spostò di qualche centimetro, scambiandosi uno sguardo preoccupato con Ron. Quando la Grifondoro cominciava ad arrabbiarsi, era meglio correre ai ripari. " Draco è uno degli studenti migliori del nostro anno e un bravo duellante. Ci serve, e ha la mia completa fiducia. " sbottò.
"È anche un ottimo Occlumante" ribatté Moody, deciso.
"E questo ci da la sicurezza che, nel caso venisse catturato, non rivelerà i nostri segreti. Se non ti fidi dei nostri giudizi, Alastor, fidati allora di quello di Harry!"
"Perché dovrei fidarmi delle parole di un ragazzino che ci ha abbandonato al suo destino e che probabilmente, in questo momento, è già sottoterra?"
Il gelo calò nella stanza.
Tutti abbassarono il capo, fissando il tavolo. Draco si guardò intorno, il viso pallido e gli occhi sgranati. Non poteva crederci. Lui stesso, durante quei due anni, si era ritrovato tante volte, troppe, a chiedersi dove fosse Harry, cosa stesse facendo, se stava bene... Era diventato la sua personale ossessione. Lo sognava la notte, e il suo corpo reagiva in modo imbarazzante. Girovagava per il castello e si aspettava di vederlo spuntare da un momento all'altro, i capelli neri arruffati, gli occhi verdi luminosi e uno splendido sorriso sul volto, tutto per lui. E quando non succedeva, un moto di delusione e tristezza lo sommergeva, facendolo rintanare sotto le coperte per qualche ora.
Sapeva che anche agli altri mancava. Lo vedeva negli occhi di Hermione, quando entusiasta trovava qualcosa di importante in un libro e alzava lo sguardo, in procinto di raccontare tutto al suo migliore amico. Poi si ricordava che Harry non era lì e l'entusiasmo lasciava il suo viso, veloce come la neve che si scioglie in primavera.
Lo vedeva nel volto di Ginny, che da quando se n'era andato passava ore alla finestra, scrutando il prato del castello, come se si aspettasse di vederlo comparire da un momento all'altro. Molti attacchi dei Mangiamorte erano stati sventati grazie alla sua vista acuta.
Lo vedeva in Ron, che guardava impotente la fidanzata e la sorella struggersi per la preoccupazione, senza poter fare niente.
E lo vedeva nei Grifondoro. L'intera casata ai pasti era silenziosa, meditativa, il loro solito chiacchiericcio sostituito da un silenzio di tomba. Sembrava una veglia. Una veglia interminabile per un morto.
Draco aveva sentito molte voci di corridoio, mentre si muoveva per Hogwarts, che ipotizzavano una presunta morte del moro, e dicevano che erano senza speranza, allo sbaraglio.
Ma in quel momento si accorse che le persone attorno a quel tavolo, quegli stessi ragazzi e adulti che ogni giorno si riunivano per progettare attacchi e studiare libri su libri per trovare più difese per la scuola, avevano perso la speranza. Lo vide nei volti cupi e nelle teste chine.
Lo sconvolse. Quelli dovevano essere le colonne portanti, coloro che avrebbero dovuto infondere la speranza ai ragazzi. Come potevano farlo se neanche loro ci credevano? Come potevano dare il meglio se ipotizzavano solo la loro disfatta? Si alzò in piedi lentamente, calamitando l'attenzione di tutti. Posò i palmi sul tavolo, sentendolo solido e liscio, e trasse da lì la forza per parlare. Dentro di se tremava, cercando di convincersi che no, Harry non poteva essere morto, non poteva averlo lasciato così allo sbaraglio, da solo, ma fuori non lasciò trapelare niente. Il suo viso indossava la solita maschera, fredda e impassibile, altera e decisa.
" Potter non è morto. Non ci avrebbe mai lasciato così da soli per vigliaccheria. Posso dire tutto quello che voglio su di lui, ma non che è un codardo. Ci ha lasciato qui perché aveva una missione da compiere, e facendolo è andato da solo contro il pericolo " alzò il viso, guardandoli tutti in viso, gli occhi duri e determinati. "Voi dovreste essere i suoi amici, le persone a cui affiderebbe la sua stessa vita. Come potete anche solo pensare che fallirà? Senza la speranza non possiamo andare avanti"
"Belle parole, signor Malfoy" lo interruppe Moody. " Ma Harry Potter ha solo diciotto anni. Potrebbe essere già morto. "
"È vero, lo ammetto" si ritrovò costretto a concordare Draco. Abbassò lo sguardo per un secondo,  prima di stringere forte il bordo del tavolo e rialzarlo, fulminando il vecchio Auror. " Ma sa una cosa? Conoscendo Harry, se servisse ad aiutarci, riuscirebbe anche a tornare dal mondo dei morti " concluse, lapidario.
In quel momento, il suo Patronus entrò nella stanza.

Un grosso cervo argentato fece la sua comparsa, dirigendosi verso di lui. Chinò elegantemente la testa, alla ricerca di coccole, e Draco immerse la mano sul morbido pelo sulla sua testa, sorridendo piano. Era strano toccare un Patronus. La ragione ti diceva che non era reale, non poteva essere tangibile, eppure lo sentivi sotto la pelle, potevi annusare l'odore di pulito e pioggia che emanava. Il suo era sempre stato sotto forma di gatto, agile e slanciato, ma da due anni aveva cambiato forma. Hermione lo guardava sospettosa, mentre gli altri aspettavano. Il cervo gli morse piano la manica, dandogli poi un leggero strattone. Voleva essere seguito.
"Herm, Ron, con me. Minerva" si voltò verso la preside " credo ci sia qualcosa fuori dai cancelli. Horn non avrebbe mai lasciato il suo giro di ronda senza un motivo" proclamò, scostando la sedia per poter camminare.
I Grifondoro, senza proteste, lo seguirono.
 
Draco rabbrividì nell'aria gelida, stringendogli meglio addosso il mantello. I semplici jeans e il maglione che portava sotto non lo riscaldavano abbastanza. Come se gli avesse letto nel pensiero (e probabilmente l'aveva fatto) il cervo gli si avvicinò, trasmettendogli il proprio calore. Il ragazzo gli sorrise grato.
"Sapevi che il Patronus di Harry è un cervo?" chiese Hermione, guardandolo di sottecchi. No, non lo sapeva. Ora tutto quadrava. Sorrise al proprio Patronus, che ricambiò con una giocosa spinta al gomito. In quegli occhi argentati gli sembrava quasi di rivedere le iridi verdi e vivaci di Potter, il suo sguardo concentrato quando studiava o non capiva qualcosa, il colore più scuro che prendevano di fronte al pericolo o alla sfida... In tutti quegli anni che avevano passato da nemici, lo aveva osservato, camuffando il proprio interesse con odio e bugie. Aveva imparato le sue abitudini, i suoi tic, le cose che amava mangiare e quelle che non gli piacevano, i suoi posti preferiti e le lezioni che odiava. Aveva passato così tanto tempo a notare queste cose che da due anni la loro mancanza lo colpiva con l'intensità di un pugno nello stomaco, facendogli venire le lacrime agli occhi.
Horn gli morse piano la mano. Si era distratto, di nuovo.
Il trio attraversò il prato ricoperto di brina, che luccicava sotto il tramonto serale, in cui il grosso sole arancione si tuffava tra le cime degli alberi della Foresta Proibita. I grossi cancelli di Hogwarts comparvero all'orizzonte, neri e dritti come macabri pali infissi nel terreno. Il lucido ferro nero brillò, come a salutare la loro venuta.
Non notarono niente di strano o anomalo mentre si avvicinavano, fino a quando non furono a pochi metri di distanza dalla cinta.
Una magra e slanciata figura si reggeva con una mano pallida all'inferriata, tremando contro le raffiche di vento invernale provenienti da nord. Era avvolta in un logoro mantello nero sbrindellato, e sembrava che da un momento all'altro potesse andare in pezzi, accasciandosi al suolo come un corpo morto.
"Mostra la tua identità!" disse pomposo Ron, facendo alzare gli occhi al cielo al biondo. Negli ultimi tempi aveva imparato ad appezzare i Weasley, ma alcuni comportamenti di Ronald erano decisamente... troppo.
La figura alzò la mano, lasciando cadere indietro il cappuccio, scoprendo lunghi e mossi capelli biondi, un viso liscio come alabastro e bianco come la neve e due occhi azzurri colmi di sofferenza.
Draco si precipitò in avanti di scatto, ringhiando quando Hermione gli bloccò la strada, trattenendo lo per un braccio.
"Draco" disse piano, preoccupata. "Non sappiamo se è veramente lei"
"Certo che è lei" rispose il ragazzo, cercando di liberarsi. Guardò affranto il viso della madre, scorgendo i segni della sua sofferenza. Ad occhi estranei sarebbe apparsa bella e fredda come sempre, ma lui riusciva a vedere la stanchezza e il terrore in fondo alle iridi, le scie secche che le lacrime avevano lasciato sulle sue guance e che lei aveva cercato disperatamente di lavar via. Era emaciata, smunta, il biondo dei capelli spento e opaco.
"Draco..." Hermione si morse il labbro inferiore, preoccupata.
"È lei, Herm" affermò di nuovo il biondo, risoluto.
Appena, con un sospiro rassegnato, la ragazza lasciò il suo braccio, si precipitò al cancello, passando la punta della bacchetta sulla serratura, che scattò con un lieve cigolio.
Si fiondò tra le braccia della madre, stringendola al petto, immergendo il naso nel suo collo e odorando quel profumo che gli ricordava casa. Quanto gli mancava il Manor, con le sue grandi stanze, il silenzio rilassato e i giardini pieni di fiori...
Quando Narcissa Black in Malfoy svenne tra le braccia del figlio, una lacrima le rigò il volto.
 
 


(Giugno del '97)
Era debole.
Accasciato contro il muro di pietra, aspettava.
Non sapeva dove si trovava.
Non sapeva da quanto tempo era lì.
Non sapeva niente del mondo esterno.
Non sapeva chi lo osservava, giorno dopo giorno.
Arrivava ad orari diversi, da quello che riusciva a capire. Sentiva un rumore di zoccoli, poi si apriva una feritoia nella porta di ferro e due profondi occhi viola lo fissavano. A volte pochi secondi, altre minuti interi.
Non gli importava.
Era nudo, rannicchiato su un pavimento di pietra. Il muro dietro di lui gli grattava la schiena, creando lunghi solchi. Quando si svegliava, erano già spariti. Non sentiva freddo, nonostante l'umidità della cella.
Sapeva solo di avere fame.
Insaziabile, dolorosa, lo tormentava.
Lo portava sull'orlo della follia, ogni giorno più vicino.
 
 
Stava fissando il vuoto. La fame si era ormai ridotta ad un pulsare rabbioso in fondo allo stomaco, sordo. Non ci badava.
Davanti agli occhi, sospeso in una dimensione accessibile solo a lui, vedeva l'orlo. Il confine.
Era arrivato alla Bestia dentro di se.
 
 
 

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Capitolo 3
*** Belial ***





Titolo: Beliar
Fandom: Harry Potter 
Pairing/Personaggi: Harry\Draco, un po’ tutti, nuovo personaggio
Rating: per ora Arancione, poi si vede
Charapter: 3\? 
Beta: la mia Silvia!, che però mi sa che mi abbandonerà presto. Sigh.
Words:  1.271(secondo Word)
Warning: ehm… filosofia? Non so xD
Summary: Seconda Guerra Magica. Il Ministero della Magia è caduto, lasciando allo sbaraglio i sopravvissuti.
Ad Hogwarts, l'Ordine della Fenice e l'ES continuano a combattere contro i Mangiamorte, ma sono ormai allo stremo. La fine è vicina. Gli studenti sono abbattuti, fisicamente e mentalmente. I Grifondoro piangono il loro "lutto", i Corvonero e i Tassorosso cercano di aiutarsi a vicenda. I Serpeverde, capitanati da un Draco Malfoy passato alla Luce, si allenano, ostinati, cercando di dimostrare di essere diversi.
Ma la speranza è morta. Harry Potter è scomparso, da due anni ormai. Alla fine del sesto anno, dopo la morte di Silente, è sparito. C'è chi dice che è morto, chi che si nasconde, altri che sta cercando un'arma. Ma tutti sanno che non reggeranno ancora a lungo.

Il giorno in cui Voldemort, aiutato da Piton, riesce ad entrare a scuola, capiscono che è finita. Niente potrà aiutarli. Nel bel mezzo della lotta, due figure si presentano in Sala Grande, magicamente comparse nel mezzo della stanza. Uno è un centauro, il viso impassibile, freddo e distaccato, il torso umano sfigurato da cicatrici profonde, incise nella pelle. Il corpo equino mansueto, calmo e controllato, il manto blu scuro lievemente arruffato dal vento,che spirava forte fuori dal castello. L'altro, un ragazzo, ha gli stessi occhi di Harry Potter. Ma il Ragazzo Che È Sopravvissuto è cambiato.

Note: Imploro pietà. Imploro tanta pietà.
Ma nello scorso capitolo c’era solo una recensione e mi sono depressa! T_T sono una povera scrittrice io, e le recensioni sono il cibo della mia misera autostima!
E no, non sto cercando di farvi venire il senso di colpa! Non sono così meschina!
 
P.S. adoro, ADORO, questo capitolo.
 
P.P.S. Belial non è sbagliato. In effetti probabilmente è più sbagliato Beliar. Ve lo spiego la prossima volta. Forse. Se vi interessa. Fatemi sapere insomma!
 



(Febbraio del '99)

L'infermeria era silenziosa.
Il sole faceva capolino dalle tende, illuminando uno dei tanti lettini occupati, l'unico, però, con le tende bianche tirate attorno, tranne per il lato rivolto alla finestra.
Madama Chips entrò, le braccia piene di ampolle, cercando di non far rumore per non svegliare i pazienti. In quelle prime ore della mattina, solo lei era sveglia nel castello silenzioso. Aprì le ante degli armadietti, silenziando i vetri per non far riverberare il loro suono stridulo, e cominciò e sistemare le pozioni, ciascun tipo per ogni scaffale. Occhieggiò preoccupata la sezione della RimpolpaSangue. Le scorte stavano rapidamente finendo, cosa non inusuale in quel periodo di guerra. Doveva chiedere al giovane Malfoy di prepararne dell'altra. Dopo la fuga del professor Piton - la donna ebbe un fremito ricordando quante volte aveva dovuto ricucire quell'uomo durante la sua lunga carriera - il ragazzo era diventato il miglior pozionista del castello, e si era dovuto assumere tutte le responsabilità che la 'carica' comportava.

La donna sospirò, chiudendo le ante.

Quel ragazzo la preoccupava. Era sempre stato difficile, e tutte le volte che negli anni passati era finito in infermeria e lei aveva dovuto curarlo e sistemargli le ossa rotte, aveva visto chiaramente una personalità brillante soffocata dalla nomea e dalle aspettative della famiglia. Dalla morte di Silente era molto cambiato, il suo viso era più morbido e gli occhi più sereni, nonostante la guerra, e aveva potuto dimostrare la sua vera personalità, ma era comunque spento e molte volte triste. Specialmente da quando Harry se n'era andato.

Harry...

Madama Chips sospirò affranta. Le mancava quel ragazzo. Hogwarts sembrava così diversa senza di lui.
Sovrappensiero, scostò le tende attorno al letto di fronte alla finestra, e un sorriso le nacque sul viso. Quando si pensa al diavolo...

Narcissa Black dormiva serena tra le coltri bianche del letto, il volto disteso e i capelli biondi sparsi sul cuscino, ritornati della loro lucentezza originaria. Ai piedi del letto, seduto sulla sedia ma stravaccato con il busto sul materasso, accanto alle gambe della madre, Draco dormiva, con un’espressione tormentata sul viso. La donna sorrise dolcemente, immergendo piano le dita tra le ciocche bionde e scombinate, incredibilmente morbide. Il ragazzo non si svegliò, ma fece un verso strano, a metà tra un sospiro e un miagolio.
Mosse piano la bacchetta, sollevandolo a mezz'aria, e con la mano scostò le coperte di un letto lì accanto, adagiandovelo sopra. Lo spogliò della divisa, in modo metodico ma lento, per non disturbarlo, guardando con distacco professionale la pelle che pian piano scopriva. Sciolse il nodo della cravatta verde argento e l'arrotolò, poggiandogli poi sul comodino. Gli tolse calze e scarpe, che ripose a terra ai piedi del letto. Slacciò la cintura e la sfilò dai passanti, stringendo nel palmo la fibbia d'argento per non farla tintinnare. Draco mormorò qualcosa nel sonno, una mano che si richiudeva mollemente attorno al bordo del lenzuolo bianco. Poppy ripose la cinta sulla sedia, sfiorando poi le clavicole sporgenti del ragazzo e facendo scivolare via i bottoni della camicia candida dalle asole, scoprendo un torace minuto e slanciato, efebico, ma tonico e compatto, i muscoli appena accennati sotto la pelle morbida e glabra. Tolse i gemelli dai polsini e aprì anche quei bottoni, togliendo poi definitivamente la camicia. Osservò con occhio critico la cicatrice biancastra sul cuore, mordendosi il labbro affranta.

Avrebbe tanto voluto toglierla, ma era una cosa che doveva esser fatta subito dopo la ferita, della quale si era occupato Severus. E le cicatrici da Sectumsempra erano difficili da togliere, specialmente se erano vecchie. Spostò lo sguardo sull'avambraccio sinistro, dove il Marchio Nero svettava nero su bianco, come un cancro, uno sfregio, deturpando la pallida pelle del ragazzo.

L'infermiera represse un moto di rabbia, poggiando il palmo fresco contro il Marchio che, si accorse, bruciava costantemente, un piccolo fuoco divorante votato al tormento. Si ricordava di Tom Riddle. Erano allo stesso anno, ma in Case diverse. Era sempre stato un ragazzo silenzioso e riflessivo, testardo e caparbio, con un'intelligenza fuori dal comune e versato in ogni tipo di arte magica.
Dopo tutti quegli anni, ancora non riusciva a credere che un ragazzo del genere fosse diventato un tale mostro.

Draco si lamentò, cercando di sottrarre il braccio, mentre con la mano destra si stropicciava piano gli occhi. Le palpebre si sollevarono, stanche, rivelando due iridi di un grigio talmente chiaro da sembrare quasi bianco, velate dal sonno.

"Madama? Che sta facendo?" chiese stancamente, con voce roca.
"Tranquillo Draco, torna a dormire. Ti stavo togliendo i vestiti per farti stare più comodo" spiegò lei, lasciando la presa sul suo polso.
"Faccio io..." sospirò il ragazzo, allungando le mani verso i bottoni dei pantaloni. Si contorse per sfilarseli, i movimenti confusi tipici di chi è ancora nel mondo dei sogni, emettendo un versetto contento quando l'indumento cadde a terra. Poppy lo osservò mentre si stiracchiava voluttuoso, il corpo bianco che si inarcava, le gambe snelle e toniche che si stendevano e le anche spigolose lasciate scoperte dai boxer neri di seta. Poi sorrise intenerita quando lo vide rannicchiarsi su se stesso, chiudendosi a palla, le ginocchia allineate al busto e gli avambracci stretti al petto. Lo coprì con il lenzuolo e le coperte, dandogli un buffetto sulla guancia. Il ragazzo sospirò, le guance gonfie e le labbra atteggiate in un broncio adorabile.


Mentre Madama Chips si allontanava, poté giurare di averlo sentito sospirare un nome.

La donna sorrise.

La vita era imprevedibile.

Chi l'avrebbe mai immaginato che il Principe di Ghiaccio si sarebbe innamorato del Prescelto?
 
 






(Luglio del '97)

Ridacchiò piano, poggiando la nuca contro la fredda parete di pietra dietro di se. Davanti a lui, il demone si sedette sui propri talloni, arrotolandosi la lunga coda attorno ai polpacci.
Era nero, la pelle lucida e levigata si tendeva sui muscoli sviluppati delle braccia e delle gambe. Era alto quanto lui, senza peli ne capelli, il cranio lucido, due corna sulla fronte che si arrotolavano su se stesse per un paio di centimetri, appuntite e letali. Gli occhi incavati e rossi, brillanti d'una luce diabolica e maligna. Le labbra erano sottili, e nella bocca si intravedevano di tanto in tanto chiostre di zanne, affilate e leggermente ricurve sulle punte verso l'interno. La lingua era verde scuro e biforcuta, come quelle dei serpenti. Nel centro della schiena, lungo tutta la colonna vertebrale, una lunga fila di aculei faceva la sua comparsa, iridescenti, con riflessi rossastri. Dalla base dei glutei partiva la coda, liscia e levigata, culminante con una piccola sezione a forma di freccia.

"Ti chiamerò Belial" disse, incrociando le gambe nude. Dopo tutto quel tempo che era passato, la fame era scomparsa, mutando in un doloroso nodo nel punto in cui credeva ci dovesse essere lo stomaco, e il disagio che aveva provato nell'essere nudo in una cella di pietra si era trasformato in indifferenza.
"Se ti fa piacere" fu la secca risposta di Belial.

Il demone non alzò neanche il viso, rimanendo con il capo abbassato. La coda frustava nervosa il pavimento, frusciando nel silenzio con un suono morbido.

"Cosa ci fai qui?"
"Ci sono sempre stato"
"Allora perché non ti sei mostrato prima?"
"Non eri pronto"

Restarono entrambi in silenzio.
 
 

Il centauro aprì la feritoia nella porta della cella. Gli occhi viola si sgranarono per la sorpresa, per poi socchiudersi con aria soddisfatta.
Il ragazzo nella cella tremava, le palpebre sgranate nel vuoto davanti a se. Il colore della pelle cambia a  scatti, da bianco a nero, con lentezza. Le iridi verdi contornate da una striscia rossa.
Chirone si allontanò, gli zoccoli silenziosi sul pavimento del sotterraneo.

Presto avrebbe dovuto addestrarlo.
 





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