Vampire Stray

di Queen_Of_Ice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un Freddo Inizio ***
Capitolo 2: *** 2. Una Piacevole Monotonia ***
Capitolo 3: *** Consigli o Minacce da uno Sconosciuto? ***
Capitolo 4: *** 4- Amore fraterno ***



Capitolo 1
*** Un Freddo Inizio ***



 

° Un Freddo Inizio °

Nevicava quel giorno di gennaio a Stoccarda, dei piccoli e canditi fiocchi di neve rimanevano incastonati nei nostri capelli, fermi sui nostri volti, non volevano sciogliersi come i fiocchi che sfioravano le altre persone, troppo calde anche al freddo per essere scambiati come loro, troppo freddi anche al caldo. Ero insieme ai miei compagni lontani da casa, lontani dal nostro abituale territorio Italiano,volevamo assaporare il gusto delle persone fredde del luogo, stanchi della nostra nazione. Le persone in Italia ci riempivano la bocca velocemente, andava bene cosi ma in quel mese avevamo voglia di cambiare il nostro comune menu.
Quella sera era una delle più fredde, lo avvertivamo attraverso i lamenti delle persone che dopo giornate di lavoro tornavano a casa, tranquilli loro coccolati e rassicurati dal calore della loro famiglia, credendo che niente potrà fare loro del male. Era una sera tranquilla come tutte le altre, monotona, insignificante, Jay per cambiare sbagliò di proposito strada, scegliendo a caso un quartiere, a caso una abitazione. Negligenti ci avvicinammo alla casa, ma uno strano e fastidioso odore ci assalì chiudendoci lo stomaco, qualcosa di nero, gigantesco e con minacciosi occhi rossi, sfavillanti come rubini, ci sbarrò la strada con delle alte fiamme nere, dando volutamente fuoco anche alla casa. Le persone all'interno dormivano inconsapevoli di ciò che accadeva intorno a loro, li uccidevano nel sonno, i pochi svegli urlavano straziati in una lenta e dolorosa morte. Sentivamo stringerci il petto, la scena una vera e propria tortura,  li sentivamo gridare, implorare aiuto, pregare il loro dio, ma non potevamo aiutarli nemmeno volendo, l'abitazione era circondata da quelle fiamme nere che pian piano la divoravano.

«Ray, andiamocene» 

mi consigliò Jay, scossi la testa, volevo rimanere, ma no per saziarmi di quel  dolore, ero impietrito, non riuscivo a muovermi, sdegnato. sadici cuocevano le loro prede fino a ridurle in cenere, divorando le loro anime attirandole verso di se come calamite aspirando quel strano vapore nelle loro fauci nere con avidità, qualcuno si azzannava per l'anima più grossa, più succulenta. Una vita si salvò da quello sterminio di famiglia, si allontanò da quella calda e continua strage.
I miei compagni diedero le spalle a quella scena straziante, spettatori di un film obbligati a vedere contro la loro volontà, si allontanarono silenziosi con la loro sete non placata, ma non ne avevano più, erano disgustati come me a quella veduta di fiamme assassine. Rimasi ancora li dopo il loro spostamento, qualcosa mi ordinava di farlo, mi ordinava di rimanere, dovevo essere ancora quello spettatore silente ed impotente. Fortuna che nel nostro gruppo non c'era un capo che guidasse la nostra armata, le nostre scelte, tutti volevamo essere liberi di fare ciò che ci pareva, c'erano solo poche regole da rispettare, poche ma buone, dove tutti erano d'accordo. Chi voleva prendere le redini veniva cacciato, se no ucciso se tentava con sporchi trucchi di prendere il potere e controllo su ognuno di noi. Quando mi ripresi dal mio pensare, fortunatamente per le mie orecchie e per la mia mente, le urla finirono anche se sapevo cosa significasse quel costante disagio in me non svanì, le ombre e le fiamme alate dopo il loro sanguinario pasto volarono via, non le contai, erano un tutt'uno e si fondevano con le nuvole nere di fumo che si erano elevate in cielo coprendo le normali nubi grigi della notte viola e blu, che lentamente si facevano trasportare dal vento invernale.
Uno scricciolo mi si avvicinò, era lento, scalzo, calpestava la neve gelida e stranamente bianca, le sue braccine erano tese verso di me, in cerca di un riparo forse, i suoi occhi mielati, piccoli e tondi mi chiedevano conforto nel loro essere spaventanti, sofferenti e vuoti. Lo presi imbraccio accorgendomi che era una bambina dalla camicetta che indossava, rosa, leggera per la casa e sopra stilizzati dei cuoricini, le sorrisi per tranquillizzarla prendendole la manina, era fredda, ma la mia la superava.  la portai dagli altri dando finalmente anche io le spalle a quello scempio inumano.

« Signori vi presento la nostra mascotte»

fu cosi che la presentai a loro, a tono tranquillo, non temevo che non la accettassero, io la volevo con me, dovevo assicurarmi che sarebbe vissuta, che non avrebbe sofferto per la sua incosciente perdita. Strofinai il mio naso freddo contro quello piccolo della bambina, molto delicatamente, iniziò a ridere scaldando i nostri cuori, eravamo dispiaciuti per lei, non s'accorgeva di ciò  che le stava accadendo, e per un certo senso era un bene.

« Come si chiama?»

mi chiesero in coro Susan e Jay avvicinandosi per osservarla. cercai qualche bracciale o un ciondolo, trovando di mia sorpresa una targhetta che indossano i militari in addestramento, per segnalare il nome, l'età e il numero di matricola. Sulla sua c'era scritto il suo nome. lei sembrava soddisfatta del suo gioiello, una moda adolescenziale ma lei la teneva perché le piaceva sinceramente.

« penso che sia Vivienne»

risposi un po’ indeciso dato che non sapevo se lo fosse davvero o no. la piccola mi guardò sorridendo, come se volesse dirmi -che c'e? mi hai chiamata?-. la osservai studiandola, memorizzando subito il suo tenero faccino tondo, pallido e chiaro come se fatto di porcellana bianca, fredda anche lei come la neve che aveva calpestato, i suoi capelli di sottili fili neri pece, nere come le ombre che l'avevano risparmiata senza accorgersene, leggermente lunghi, legati in due graziosi codini, i suoi occhi che fino a qualche attimo prima sembravano sull'orlo di piangere, ora ridevano tra le mie braccia, il suo mielato che cambiava di densità diventando più scuro o più chiaro a seconda delle sue emozioni. Aveva si e no due anni quando il destino le porto via tutto ciò  che aveva: una famiglia, un luogo sicuro, delle persone che le volevano bene... Dovevo fare qualcosa, non potevo abbandonarla!
Ma i miei simili erano contrari ad una adozione, pur volendo non potevo farla diventare come me, troppo piccola ed innocente, era contro le nostre regole farlo.
Non potevamo trasformare in vampiro una persona contro la sua volontà, solo se lo chiedesse lei oppure che fosse in fin di vita potevamo cambiarla. Ma io non avevo nessuna intenzione di farlo.

«Ray che intendi fare con questa mocciosa?»

mi chiese Rafael leccandosi le labbra assetato, arricciai il naso sdegnato dal suo comportamento fulminandolo velocemente, senza pensarci troppo.

«Vivienne farà parte di noi anche se non è come noi! »

chiarì subito accarezzandole la testolina corvina mentre la poggiava sulla mia spalla, stanca, si addormentò subito. Gli inizi furono ardui, non fu semplice far accettare la bambina con noi. Presi una decisione, per niente azzardata, ci pensai allungo e come mi aspettavo solo Susan e Jay mi appoggiarono, il mio intento era quello di creare un ambiente normale e sociale per Vivi, che potesse vivere come una bambina normale, che potesse essere felice nonostante tutto.

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Capitolo 2
*** 2. Una Piacevole Monotonia ***


°° 2- Una Piacevole Monotonia °°

Aprii piano gli occhi, sentivo l'odore del caffè penetrare in camera mia riempiva lentamente la mia stanza e i miei polmoni.
Mi chiesi assonnata che ora fosse mentre mi rigiravo tra le coperte, non volevo ancora svegliarmi, non volevo ancora iniziare la mia giornata, non volevo andare a scuola, come sempre tra l'altro. Stare sotto le coperte a sognare i miei genitori, a sognare la mia pubertà con Ray, che mi sembrava sempre lo stesso, che sembrava non invecchiare mai, il mio bellissimo fratellone dai capelli rossi, avevamo solo gli occhi in comune, un bel miele, quasi raro dato la limpidità delle iridi e del giallognolo fuso con l'ocra. Volevo starmene ancora un Po al buio, a riprendere a dormire o semplicemente star li a fare nulla. Iniziavo ad abituarmi al monotono aroma del caffè mattutino, non era poi cosi male, era rilassante, fastidioso e inopportuno erano i tenui raggi del sole che si infiltravano persiana della mia finestra, illuminando leggermente la stanza passando dal mio letto dato che era messo sotto al muro sotto la finestra, Ray l'apriva puntuale accertandosi che ero sveglia prima di uscire dalla mia camera per ottimare i suoi piccoli lavoretti domestici.
Sbuffai nel scrutarlo assonnata, andava avanti e indietro preparandomi tutto, cartella, merenda per la ricreazione, le scarpe adatte per il tempo. Si preoccupava sempre molto per me, in ogni momento, credeva che fossi cosi fragile, delicata come un fiocco di neve che si appresta a scendere sul ciglio di un vulcano. Sorrisi davanti alla realtà di zio Jay,su quanto avesse ragione sul fatto che mio fratello Ray mi viziasse troppo su tutto, trattandomi di tanto in tanto ancora come una bambina, eppure mi avevano insegnato tutto, l'educazione, come difendermi, come comportarmi fuori casa senza loro, tutto. Il rosso si sedette sul mio letto, prendeva fiato sospirando allungo, mi dava le spalle passandosi la mano chiara, porcellana quasi, tra i lisci e corti capelli rossi ben curati, fece un altro sospiro prima di accorgersi che ero del tutto sveglia. Decisi di alzarmi, fui lenta nell'abbracciargli le spalle, appoggiando il mio petto sulla sua schiena, baciandogli una guancia.
"Ci sono problemi fratello?"
gli chiesi con un filo di voce, leggermente roca e ancora stanca, avevo ancora troppo sonno per tenere gli occhi aperti. Sorrise amaro mostrandomi una fila di denti bianchissimi, voltandosi leggermente
"certo che no, piccola"
cercò di rassicurarmi sincero, alzandosi mi baciò la fronte scompigliandomi i capelli, mi trasformava in un tenero leone bianco dalla criniera nera arruffata.
Uscì dalla mia camera chiudendo la porta dietro di se dirigendosi in cucina per badare al caffè ormai salito, lasciandomi sola con la mia intimità per vestirmi e prepararmi abbastanza velocemente, ero abbastanza grande per farlo benissimo da sola, sarebbe stato piuttosto imbarazzante per entrambi dati i miei vicini diciassette anni. Col passare del tempo poi diventavo sempre più agile, veloce, abile e coraggiosa sotto gli insegnamenti di zio Jay e Ray, i miei unici parenti nei dintorni. Zio mi raccontava spesso e volentieri, anche se vago, che gli altri familiari erano una specie di girovaghi a cui piaceva viaggiare, odiavano fermarsi in un luogo per più tempo, non era da loro stabilirsi e crearsi una vita da fermi, amavano il movimento e gli imprevisti che si presentano lungo un viaggio di cui non si conosce ancora la meta, Ray confermava, ogni qual volta senza aggiungere niente, si limitava ad annuire con fare seccato.
Inspirai mentre mi allacciavo le scarpe, quelle grandi comode per andare in skate, abbastanza pesanti, bianche, concepii che fuori doveva fare freddo, non me ne accorsi solo dalla scelta delle scarpe da parte del rosso ma anche guardando al di fuori della piccola finestra presente in camera mia, il vento soffiava lento sugli alberi che sembravano non volersi piegare al cospetto del soffio invernale, ma danzavano per farlo contento lasciando che trasportasse via qualche loro foglia secca e ingiallita sul suolo. Mi sfregai le mani dirigendomi in cucina prendendo dal corridoio la mia giacca nera in pelle imbottita, da motociclista, Ray era seduto a tavolo, al suo posto con davanti una tazza di caffelatte, leggeva ogni mattina il giornale per tenersi aggiornato su cosa succedesse in giro e nel mondo, la mia squadra del cuore aveva nuovamente vinto contro la sua, toccava a lui ripulire la casa per qualche settimana dopo il lavoro, ma gli avrei dato comunque una mano di nascosto, non avrei mai avuto il coraggio di lasciargli fare tutto da solo, nonostante la casa era piccola e noi solo in due.
"Passo a prenderti fuori la scuola. Fatti trovare davanti al bar e non metterti nei casini. Capito Vivi?"
spiegava sbirciando dietro il giornale per assicurasi che lo ascoltavo mentre facevo colazione con un bicchiere di latte e cacao dolce con pochi biscotti sempre al cacao, era sottointeso e abituale che venisse lui dopo scuola a prendermi, almeno che non avesse problemi a lavoro, il suo datore era un vero tiranno che odiava i bambini, persino i ragazzi della mia età, mi veniva un nervoso ogni volta! Quando dovevo stare con lui al ristorante dove faceva da cameriere non c'era momento che il proprietario veniva a infastidirmi, restavo spesso e volentieri sola a casa per non dargli ulteriori problemi dato che anche lui non lo sopportava. Annuii baciandogli una guancia, addentai un altro biscotto mentre mi scompigliò ancora una volta i miei capelli, fortuna che essendo corti si sistemavano subito, era divertito dal mio fare sarcastico e ironico in ogni evenienza. Uscendo di casa e chiudendomi la porta alle spalle pensavo a quanto fossi stata fortunata nella mia sfortuna, non avevo i genitori ma mi era rimasto un fratello d'oro e uno zio sempre ben disposto.
Non conobbi mai i miei genitori, non ricordavo ne i loro volti, ne le loro voci ne tanto meno i loro nomi, mi faceva male non averli avuti, vedevo i bambini per strada giocare con le loro mamme e i loro papà, mentre io giocai solo con mio fratello e con mio zio. Susan mi ripeteva sempre che erano troppo lontani per raggiungerli ma troppo vicini per sentirli, io li sentivo, sentivo il loro amore per me, capii quella frase a soli quindici anni, mi raccontarono che erano morti in un incidente stradale mentre tornavano a casa da un servizio fuori casa, niente dettagli, erano ancora vaghi, parlava zio Jay e Susan, Ray puntualmente in silenzio. Susan era l'ex ragazza di mio fratello, molto carina se devo essere sincera, anche lei chiara di carnagione, dai capelli ricci, mori e lunghi, facevano invidia alle ragazze che facevano alla corte a mio fratello, dei stupendi occhi neri, la pupilla non si distingueva, anzi la pupilla era più chiara del colore dell'iride. Abitò per qualche anno insieme a noi, convivendo con Ray, poi partì all'improvviso, mi dissero che avevano litigato per delle incomprensioni di coppia, mi tirò leggermente la guancia affettuosa prima di sparire. La mattina, puntualmente toccava a mio zio Jay accompagnarmi a scuola dato che lui lavorava come medico di fronte alla mia scuola, che fortuna eh? Conosceva tutto del mio istituto e di quello accanto, sapeva cosa succedeva e sapeva le principali persone che dovevo evitare per non avere guai, tra questi un professore che insegnava matematica al quarto anno del mio indirizzo di studio.
Entrai in auto, una Skoda Fabia Cabriolet rossa fuoco, lucida e sfavillante come appena uscita da una concessionaria di nuove autovetture, iniziai a studiare zio mentre aspettavo che mi dicesse qualcosa, aveva il solito colorito dei capelli, nemmeno un capello bianco tra i suoi capelli mori, ben ordinati, sempre perfettamente composti al contrario dei miei, i suoi occhi erano intriganti di uno strano nocciola, di tanto in tanto cambiavano diventando di un rosso rubino, denso come il colore del sangue scuro. Anche a Ray di tanto in tanto succedeva, per giorni restavo davanti allo specchio per controllare se questa particolarità l'avessi anche io ma niente, era sinistra e spaventosa per chi non li conoscesse, mi sentivo quasi fortunata a non avere questa caratteristica. Zio Jay sorrise sghembo mentre aggiustava il specchietto retrovisore tenendomi d'occhio attraverso questo nonostante io fossi seduta alla sua destra sul sedile anteriore.
" Allora Vivienne. Oggi si va a scuola o a zonzo?"
mi proponeva ogni volta, amava mettermi alla prova tentando ogni mattina, io mi limitavo a dargli corda anche se la destinazione era sempre l'edificio scolastico. Gli sorridevo beffarda, come se per un attimo pensassi la sua stessa cosa, un giorno di riposo, di spacco da quella monotonia al quanto piacevole, io l'amavo, non avrei mai voluto cambiarla. Mi allacciai la cintura di sicurezza sistemandomi al meglio sul sedile
" Andiamo a pattinare"
proposi io a sguardo chiuso, preparandomi a numerose sue reazioni, zio era una persona imprevedibile come me. Si finse offeso tenendo entrambe le mani sul volante
" E che scuola sia..."
rispose abituale, si fermò pochi istanti confuso, ci pensò qualche minuto prima di sorridere entusiasta, potevo vedere la nocciola diventare chiara per l'entusiasmo
"Davvero?"
mi domandò in cerca di conferma, sapeva quale fosse la mia risposta ma volle esserne sicuro.
" No signore! Si va a fare il nostro dovere dottor Jay!"
esclamai spegnendo il suo finto entusiasmo mentre scoppiavo a ridere. Mise in moto per accompagnare entrambi ai nostri abituali compiti.

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Capitolo 3
*** Consigli o Minacce da uno Sconosciuto? ***


Consigli o Minacce da uno Sconosciuto?

Qualche mattina seguente fuori scuola c'era una gran confusione, l'ingresso del bar era diventato un palcoscenico di un litigio, potevo capirlo dai ragazzi chiusi in cerchio e dalle urla di incitazione di "sangue" o di colpire più forte determinate parti del corpo.
Di solito l'ingresso e il bar erano tranquilli e scialbi, quest'ultimo era comodo per far colazione, per comprare merende che molti ragazzi lasciavano a casa o rifocillarsi di panini mentre si marina la scuola. Non riconobbi i due ragazzi che se le davano di santa ragione per chissà quale motivo, inspirai mentre dovetti farmi spazio tra la folla per capire che i due non erano del mio istituto, ma di quello accanto di alberghiero.
Ne riconobbi uno, il più basso, lui faceva parte del gruppo dei DPM, aveva i capelli castano chiaro, quasi un biondo sporco, lisci legati a coda di cavallo, spesso nascosti da cappellini con visiera larga, indossava sempre delle felpe larghe, come i pantaloni a cavallo basso, rendeva invisibile quello che già non c'era. Lily, la mia compagna di classe mi si avvicinò elettrica indicando la rissa, giustamente per lei era una novità che due ragazzi si picchiassero non a causa di una ragazza.

" Hai visto Vivi? Quelli lì portano solo casino"

si lamentò sorridente, come se stesse vedendo un film che non la riguardasse. Le persone sono tutte così egoiste e frivole? Sbuffai continuando a capire chi altro c'era nella rissa

"buon giorno anche a te"

le augurai fredda, diffidente, come era mio solito fare fuori casa lontano dalle uniche persone che mi volevano davvero bene. I DPM era un gruppo di ragazzi uniti e inseparabili formato da alcuni ragazzi che ascoltavano lo stesso genere di musica, facevano le stesse sciocchezze e si riunivano nello stesso bar, il più grande e conosciuto della città, distante solo qualche minuto da casa mia, una vera sfortuna. Questi cercavano divertimento nelle risse, nel fumo e nell'alcool, infastidendo persone già stanche o stufe, erano molto conosciuti in quasi tutti gli istituti, persino in quelli dove i componenti non studiavano, a causa dei loro innumerevoli risse e bravate da prendere in conto, come facevano a stare ancora a piede libero era un mistero, infondo a Napoli se non uccidi a nessuno hai ancora la fedina penale pulita. Finalmente potevo vedere di più, il biondino veniva malmenato da un ragazzo molto più alto di lui, persino di me, scuro di pelle e in volto, vestiva anche lui più o meno come gli altri del gruppo, dal cappellino blu della NY usciva un cespuglio folto e ben curato di capelli ricci e neri, raccolti in un codino basso.

" Qualcuno deve fermarli prima che scappi il morto"

mormorai verso Lily dirigendomi spedita verso i due per dividerli, la mia compagna fece per afferrarmi il braccio, ma fui più rapida di lei nel ritirare il polso. Mi feci ancora spazio tra il pubblico che eccitato continuava a osservare la lite senza fare niente, anzi, alcuni di questi scommettevano su chi ne sarebbe uscito con meno lividi oppure con meno ossa rotte, voltai lo sguardo disgustata cercando di allontanare le persone non coinvolte nel pestaggio

" Okay, ora basta! Lo spettacolo è finito!"

inizia con un tono di voce fermo, seccato e freddo, abbastanza alto per farmi sentire, non avevo paura di nulla, non avevo nemmeno il timore di fare o dire ciò che sentivo. Il ragazzo dai capelli neri mi fulminò lasciando perdere il tappo per afferrare aggressivo il mio polso

" Faresti bene a farti gli affari tuoi, ragazza"

consigliò  acido e violento, sfilai con forza il mio polso dalla sua presa, gli sorrisi sghemba senza arrendermi, poggiai entrambe le mani sui miei fianchi irritata

" Siete fuori una scuola e no in un campo da boxe!"

rimproverai i due facendogli notare il disagio che avevano creato in alcuni, pochi ragazzi. Il ragazzo più basso era quello più mal messo, chiusi le iridi inorridita da quella scena, arricciai il naso, sentivo l'odore acre del sangue del biondino, che usciva dal naso e da un labbro, i capelli erano sudati. Riaprii lo sguardo solo per fulminare il ragazzo scuro di pelle, spingendo delicata il tappo verso una sedia del bar, lontano dalle mani di quel manesco idiota, appoggiai veloce sul tavolo vicino a me la cartella alla ricerca della bottiglina d'acqua e del pacco di fazzoletti per ripulirlo e per fermare il sangue.
Il riccio mi si avvicinò ancora aggressivo mentre mi occupavo del biondo, gli tenevo ferma la testa spingendola a guardare in alto, sul suo viso iniziavano a comparire dei violacei lividi, stringeva i denti mentre mi adoperavo con i fazzoletti impregnati d'acqua, mentre la folla contrariata dal mio intrufolamento asciava libero il passaggio per l'ingresso del bar, fortuna che mi ero diretta verso scuola dieci minuti prima del suono della campanella, o tutto questo non sarebbe mai finito in tempo.

" Ti ha fatto male?"

domanda stupida mente il ragazzo dagli occhi neri preferiva stare in silenzio mentre lo ripulivo dalle righe di sangue sotto il suo naso e il suo mento " non dovevi intrometterti. Questi non sono affari tuoi!" mi interruppe il ragazzo dietro di me, lo ignorai proseguendo ad aiutare il ragazzino della mia età, più basso di me di qualche centimetro, pochi, che silenzioso e seccato mi lasciava fare. Il moro continuava a dirmi ciò che non dovevo fare e i vari vaghi motivi, non sono affari miei, non sono cose che mi riguardano, ma insomma! Sbuffai ormai irritata aggrottando la fronte voltandomi velocemente, mi trovai davanti a una scultura di Michelangelo, perfetta in ogni angolazione, in ogni punto di vista, la sua pelle era di un colore più chiaro della tonalità del cioccolato, le labbra carnose piegate verso il basso, contrariate per chissà cosa, le sue irridi color nocciola, tonde esprimevano tutta la loro collera nei miei confronti, per un attimo dimenticai che avevo fatto e che ci facevo li davanti a lui. Tutta la mia ira svanì mentre lo studiavo attentamente ogni angolo del suo volto, accarezzandolo con lo sguardo

" Cambia zona la prossima volta. Magari dove non corri il rischio che posso intromettermi"

risposi a mo di sfida guardandolo negli occhi, mi avvicinai provocandolo. Il biondino si alzò ringraziandomi con una pacca sulla spalla allontanandosi veloce da noi due, non voleva assistere ad altre liti forse, non mi mossi, aspettavo impaziente una reazione del riccio che sembrava in difficoltà in qualcosa.

" Non ci sarà una prossima volta"

mi corresse dopo un po’ di tempo, prima che il tappo fosse abbastanza lontano per non sentirlo più, sembrasse volesse sottolinearlo. Sorrise beffardo avvicinando un poco il suo volto al mio, sentì qualcosa palpitare in me, forse il timore di qualcosa, cosa poteva mai succedermi? Di prenderle di santa ragione da un ragazzo? Non ne avevo paura.

" Attenta a dove ti intrometti la prossima volta, potresti non trovarmi cosi paziente e calmo"

non capì se era un consiglio o una minaccia, ma sta di fatto che fece entrare nei miei polmoni e nella mia testa il suo profumo mischiato all'odore di sigaretta mentre se ne andò, quasi divertito, era sarcasticamente divertito. Scossi la testa paziente riponendo il tutto nella cartella buttando i fazzoletti sporchi, me la caricai in spalla dirigendomi in classe finalmente, al terzo piano. Mentre salivo le scale mi chiamò mio zio preoccupato voleva chiedermi spiegazioni, non avevo nemmeno notato che mi stava osservando da lontano all'interno del parcheggio dell'ospedale mentre ero con i due ragazzi, gli chiesi di non dire nulla a Ray, non volevo farlo preoccupare per nulla, ma sapevo che avrebbe svuotato il sacco a mio fratello con intenzioni buone, entrambi volevano salvaguardami da stupidi litigi o pericoli.

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Capitolo 4
*** 4- Amore fraterno ***


4- Amore Fraterno

 

Entrai in classe, mi sentivo osservata più delle alte volte, più delle altre mattine, e già sapevo per quale motivo mi fissavano più insistentemente.
Nessuno al di fuori di casa mia mi conosceva realmente, per tutti ero la ragazza fredda e misteriosa brava in educazione fisica e in altre materie, divenuta popolare per pochi sciocchi casi, non mi piaceva dare confidenza ai ragazzi, preferivo starmene sola in disparte a leggere un libro per non creare problemi, a volte mi perdevo a pensare ai miei genitori, non avevo nemmeno una foto di loro, mi sbizzarrivo a pensare da chi avevo preso il colore dei capelli o degli occhi, mi mancavano nonostante non li avessi mai conosciuti.
Mi piaceva immaginarli in una casa di montagna, circondata da tanta neve candida e bianca, non ero triste ma solo angosciata nel non averli mai avuti vicino come tutte le persone normali, di non averli mai incontrati.
Quella mattina mi osservavano accusatori mentre il mio sguardo era perso di fronte a me, nel nero sporco della lavagna, erano pungenti e contrariati mentre mormoravano il loro disapprovo e stupore di come abbia tenuto testa a uno dei DpM, non li conoscevo e già mia avevano seccato


"Visto come gli teneva testa?"


"Si è messa nei guai ora"

"  DpM le daranno una dolorosa lezione"


farfugliavano tutti, erano tutti concentrati sul mio incontro della mattina con il mulatto hip hop, sbuffai seccata andandomi a sedere al mio posto, ignorando tutti, come se non avessi abbastanza pensieri in testa.

 Una delle poche che se ne strafotteva del mio incontro era Niky, che mi raccontava della sua partita di domenica dove aveva di nuovo vinto con la sua squadra di calcio tutta al femminile, sorridevo nell'ascoltarla interessata, almeno mi distraeva.

Anche lei come me aveva perso il padre, ma a mia differenza l'aveva conosciuto, tifavamo per la stessa squadra del cuore e avevamo quasi lo stesso carattere, diffidente e poco socievole.

" Ti auguro di intraprendere come carriera il tuo sogno"


le dicevo sincera, commossa mi sorrideva ringraziandomi, senza piangere, aveva già pianto troppo per la sua perdita.

Non mi ricordavo se avevo mai pianto per loro, ricordo solo che il giorno che me lo dissero mi sentii invadere di dolore, ci speravo di rivederli, per settimane mi rifiutai di mangiare, di alzarmi dal letto, come se fossero morti quel giorno e non prima.
Un male che non mi lasciava mai.
Le ore di lezione passavano troppo velocemente per i miei gusti, in quelle ore potevo concentrarmi sulla materia e non sentire i miei compagni di classe giudicarmi, anche loro impegnati a seguire o nel trovare un modo per far smettere gli insegnati di proseguire, eppure loro erano chiari nel spiegare la propria materia, convincenti e ben disponibili nel spiegarlo di nuovo in caso non fossero stati comprensibili.
L'ora di ricreazione invece, interminabilmente lunga, sembrasse non volesse passare in nessun modo, cercavo di studiare mentre mangiavo qualcosa, uno yogurt, una mela.
Quella mattina mi portai abitualmente alla finestra mentre mangiavo a morsi di formica dei salatini, mi misi a fissare il cielo nuvoloso, esteso con ampie nuvole con tante forme diverse, cercavo di evitare tutti perdendomi nelle mie visioni che mi tormentavano anche da sveglia: fiamme nere con ambigui occhi rossi che danzavano sulla neve bianca divorandola, lasciavano dietro di loro solo la cenere nera.

" Vivienne"


mi chiamò per intero Hanna, un'altra mia compagna di classe, tra noi due non c'era mai stato un buon rapporto, non c'era occasione che lei cercasse litigio che spesso e volentieri le davo uscendo vittoriosa ma allo stesso tempo vinta a causa del mio viaggio in presidenza.
Inspirai tornando alla realtà sulla ragazza che mi aveva appena chiamato e si avvicinava forzata, qualcosa o qualcuno gliel'aveva ordinato, e si vedeva chiaramente sul suo viso seccato da prendere solo a schiaffi.

" La ragazza di Riven ti ringrazia di averlo difeso da Drew. I due sono buoni amici ma Drew si arrabbia facilmente perdendo rapidamente la pazienza"

mi spiegava mentre era ancora al telefono, stava facendo da pappagallo a una gallina, mi diede due nomi, assegnando un nome per entrambi gli sconosciuti, non mi fu difficile capire chi era chi, fu chiara lei e l'episodio della mattina mi aiutò molto nel fare due piu due.
Il mio sguardo si spostò lentamente da lei alle nuvole, al cielo, lo riprendevo a scrutare come se nessuno avesse parlato, arricciai il naso tornando ai pensieri

" Che seccatura. L'ho fatto perche mi andava, non di certo per essere ringraziata!"


specificai gelida, portandomi alle labbra un altro salatino con estrema indifferenza e disinvoltura.
Hanna mi diede le spalle offesa, ci odiavamo a vicenda, nessuna delle due faceva qualcosa per nasconderlo o per essere vagamente simpatica all'altra, ci detestavamo entrambe, a pelle.
Non mi importava molto delle persone, ne tanto meno di quello che pensavano, non le sentivo parte del mio mondo, sentivo che la loro presenza nella mia vita era passeggera, che sarebbero spariti senza lasciare nulla in me di loro, erano alte le probabilità che non li avrei mai piu rivisti.
Arricciavo il naso, mi adiravo facilmente nel pensare che quelle due persone che mi misero al mondo facevano parte di quella gente che sarebbe scomparsa senza salutare.
Lo avrebbero fatto tutti, mi avrebbero abbandonato tutti, ma no mio fratello, sapevo che lui ci sarebbe sempre stato per me, il mio unico punto di riferimento, la mia ancora di salvezza anche quando non mi sentivo smarrita, una nave che mi spinge al largo per difendermi dalla terra ferma, ma non affonderebbe mai, non mi avrebbe mai lasciata sola.
Passò così un altra giornata a scuola ad ignorare i mormorii e i pregiudizi delle ragazze nei corridori e le battute idiote dei ragazzi, sapevano, anche se solo vagamente, avrei potuto spaccare loro la faccia e i setti nasali con estrema facilità a molti di loro, ma lasciai perdere, non valeva la pena rovinarsi la media scolastica per qualche sospensione o nota per una razza di imbecilli!
Come promesso fuori da scuola ad aspettarmi c'era mio fratello con la sua Alfa mito nera, lucida, dai vetri oscurati, pulita e splendente coma la macchina di zio, entrambe sembravano sempre uscite nuove di zecca da una concessionaria di alto livello.
Il suo sguardo mielato mi cercava preoccupato tra la folla di adolescenti che rapidi tornavano a casa, dall'espressione di Ray mi accorsi che zio Jay gli aveva chiaramente raccontato il mio incontro della mattina.
Mi avvicinai lenta, senza fretta a lui, diffidente come era mio solito fare tra il branco di sconosciuti, cercavo di studiare la sua espressione, era agitato e arrabbiato, non dovevo nemmeno sporgermi tanto, rischiare anche io una rissa del tutto inutile, aveva ragione ma a volte preferivo fare di testa mia per sbagliare appositamente per crescere a modo mio, come tutti gli altri ragazzi della mia età, senza protezioni.
Arrivata vicino all'auto gli sorrisi voltandomi indietro, verso l'ingresso del bar senza un motivo ben preciso, sentivo che dovevo farlo, mi sentivo fissata, notai che i due ragazzi della mattina ridevano e scherzavano, come se non fosse accaduto nulla, Drew, quello alto dai capelli neri e ricci mi sorrideva ancora beffardo senza mai distogliermi lo sguardo nocciola da dosso.
Scossi la testa entrando in auto

" Certo che voi ragazzi siete proprio lunatici. Peggio delle ragazze!"


mi lamentai sarcastica in modo che mi sentisse chiudendo lo sportello dell'auto legandomi la cintura di sicurezza, il mio tono era gelido mentre il rosso si limitò a sorridere paziente entrando anche lui in auto dopo aver osservato in direzione dei DpM, mise velocemente l'auto in moto, facendo rombare i motori e sgommare rumorosamente, lo amavo quando mi leggeva nel pensiero, un uscita da Film oscar, da primo premio.
Restammo per un po in silenzio durante il tragitto, sapeva tutto, avevo poche amicizie, nessuna difficoltà con lo studio, tenevo il volto ritto davanti a me, lo osservavo di sottecchi, a quasi temevo di incrociare il suo sguardo mielato che era concentrato e freddo sulla strada, attento a non urtare nessuna auto nelle curve e nel non aumentare di velocità per pura rabbia, sapeva controllarsi.

" Non metterti nei guai Vivienne. Te lo chiedo per favore"


Ruppe il silenzio d'improvviso con quella richiesta, sembrava piu una preghiera con il suo tono convincente e preoccupato, mi voltai di scatto osservando liberamente il suo volto volendo capire che altro pensasse, l'avevo deluso?

" So a quanto tieni alla calma dei luoghi che frequenti, ma non intrometterti sempre negli affari degli altri, non ti riguardano. Non hai nessuno diritto per farlo. Potresti avere la peggio... E io non potrei aiutarti... Ne io ne Jay"


 Rimproverava stringendo le mani sul manubrio, due pugni serrati quasi nel proferire preoccupato, senza voltarsi, troppo concentrato sulle autovetture che gli sfrecciavano accanto senza seguire nessuna norma stradale.
 Aveva ragione, nonostante ne avessi passate molte di esperienze dovevo aver imparato, anche in piccola parte, dai miei errori ma nulla, continuavo a fare di testa mia.
Annuii sospirando dispiaciuta abbassando la testa, mi rammaricavo nel farlo stare in ansia ogni volta con il mio fare imprevedibile, mi osservai i jeans scuri, aderenti, strappati in alcuni pochi punti.
Non era semplice farmi gli affari miei, pensare alle cose degli altri mi distraeva da quei incubi che di notte non mi facevano dormire, mi lasciavano sveglia, insonne, terrorizzata, Ray non mi lasciava sola nemmeno in quella circostanza, mi teneva la mano rassicurandomi, tutto era passato, era stato solo un brutto incubo.
Mi osservò a lungo, detestava il mio silenzio, il modo in cui mi affliggevo mentalmente, sbuffò poggiando il suo braccio destro intorno alle mie piccole spalle, sentii un improvviso freddo al suo contatto, ma ci avevo fatto l'abitudine anche a quello, anche la mia temperatura corporea era sempre bassa.
Restò allungo in silenzio quando fermò l'auto fuori casa nostra mi strinse di piu a se

" Ti voglio bene, Vivi. Non scordartelo"


mormorò in un tenero sorriso dandomi un bacio affettuoso tra i capelli neri, scompigliandomeli nel scendere, già perdonata.
Lo volevo bene, sapeva farmi stare bene con un semplice gesto quotidiano, mio fratello era tutto l'amore che due genitori potevano dare, forse anche di piu nel suo fare amorevole e fraterno.
 

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