Perché quando si comincia a piangere, si piange per tutto e si piange a lungo

di Bruli
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una mocciosa che gioca a fare la donna ***
Capitolo 2: *** Perché quando si comincia a piangere, si piange per tutto e si piange a lungo ***
Capitolo 3: *** Sto impazzendo? ***



Capitolo 1
*** Una mocciosa che gioca a fare la donna ***


Una sola lacrima cristallina scivolò lungo lo zigomo della ragazza per poi depositarsi, salata, sulle sue labbra.

La navigatrice, i pugni stretti lungo i fianchi, guardava il sole sorgere all’orizzonte donare un piacevole colore dorato al mare.

Un tremore rabbioso percorreva il suo corpo, rabbia verso se stessa e il suo brutto carattere, isterico e orgoglioso, che malediceva silenziosamente, non riuscendo a capacitarsi della propria debolezza. Pensava di essere forte, di poter resistere e affrontare qualsiasi difficoltà con quella tempra e quella faccia tosta che avevano contribuito nel tempo al suo soprannome : la “Gatta Ladra”. Ma come poteva considerarsi forte dopo aver trattato così male i compagni, la sua famiglia, senza che avessero colpa alcuna? 

La verità era semplice: era spaventata, anzi terrorizzata, da quei fantasmi del passato che ormai da una settima infestavano i suoi sogni senza che lei potesse in alcun modo difendersi da quelle intrusioni. Ma lei, invece di reagire come una persona adulta, come la donna forte che credeva di essere, aveva preferito sfogare la sua frustrazione sui compagni, urlando cattiverie gratuite anziché lasciarsi consolare.

Ora, calmatasi finalmente, cercava di trovare un modo per sanare il danno che aveva fatto, desiderando che a furia di mordersi la lingua non potesse più fare del male aprendo quella sua boccaccia, a cui come al suo solito aveva dato aria senza pensare.

Sapeva, però, che era inutile starsene a piangere sul latte versato, perché a pagarne le conseguenze sarebbero stati sempre loro che, buoni com’erano, pensavano essere la causa del suo male, mentre in realtà erano proprio coloro che più le donavano forza. 

Odiava sentirsi così dipendenti dagli altri, così schiava delle sue paure e piagnucolona, così… così mocciosa! Per una volta il termine usato dal buzzurro le sembrava davvero quello che le calzava meglio!

“Mocciosa” sibilò triste, “Sono solo una mocciosa che gioca a fare la donna”.

Si morse con maggiore forza la lingua, fino a sentire il familiare sapore metallico stuzzicarle le papille gustative.  

No, non poteva continuare a starsene lì a piangersi addosso, doveva fare qualcosa, doveva trovare un modo per farsi perdonare. Ne avrebbero parlato, si, ne avrebbero parlato e tutto sicuramente si sarebbe sistemato! Ma come poteva scusarsi senza spiegare il motivo del suo comportamento, senza mostrarsi ancora una volta quella debole e insicura, bisognosa di aiuto? Per cosa, poi? Per dei sogni! Diamine, loro erano pirati, forti e temerari, non avevano certo bisogno di una mocciosa piagnucolona che non sapeva far altro che tremare in caso di pericolo, costringendo gli altri a rischiare la vita per aver salva la sua!

Certo, da quando l’avevano liberata dall’opprimente schiavitù di Arlong, quel viscido uomopesce che teneva sotto controllo la sua isola natale, era migliorata notevolmente quanto a combattimento e aveva imparato a fare gioco di squadra, ma ancora non era abbastanza. Persino Usop , fifone com’era, in battaglia risultava più utile di lei grazie alla sua formidabile inventiva! 

No, decisamente non meritavano le brutte parole che aveva rivolto loro la sera precedente, specialmente se provenivano da una mocciosa come lei.

La notte prima non era riuscita a chiudere occhio presa da quei terribili incubi e si era svegliata, come stava diventando ormai abituale, tremante e sudata , preda del panico.

Nella speranza di dare un taglio a quelle violazioni del suo subconscio, aveva deciso che probabilmente il modo migliore per rilassarsi fosse dedicarsi al disegno delle sue amate cartine, portandosi un po’ avanti col lavoro. La stanchezza, però, cominciava a farsi sentire e gli schiamazzi abituali della ciurma non aiutavano di certo la già scarsa concentrazione.

Ma la goccia che aveva fatto traboccare il vaso fu una botta fortissima al legno della nave causata da uno del loro soliti “amichevoli” combattimenti, che fece tremare l’intera struttura e rovesciare, così, la boccetta d’inchiostro sulle cartine appena finite.

Nami allora, vedendo il frutto della sua giornata di lavoro completamente rovinato, era uscita dallo studio come una furia e sbattendo i tacchi sul legno della nave aveva raggiunto i compagni all’esterno.

<< ADESSO BASTA! Non avete alcun rispetto per il mio lavoro e per il sogno che intendo realizzare, non avete alcun rispetto per me! Io vi assecondo in ogni vostra bravata e in ogni vostro capriccio, in cambio vi chiedo solo un po’ di tranquillità quando lavoro, ma voi niente, non ve ne importa niente! Siete solo degli egoisti e degli insensibili e io non vi sopporto più!>> aveva esclamato con le lacrime che le pizzicavano gli occhi. < >

Ormai sull’orlo delle lacrime , la ragazza aveva rivolto un’ultima occhiata furiosa ai compagni zittiti dall’irruenza di quelle parole, prima di volare i tacchi e correre rossa in viso nella sua camera.  Si era gettata con poca grazia sul letto e, appena poggiato il capo sul cuscino, Morfeo l’aveva accolta dolcemente tra le braccia.

Ancora una volta i sogni furono agitati e quando si era svegliata quella mattina al sorgere del sole, la avvolgeva una sensazione di pentimento e di tristezza.

Intenta a rimuginare sugli accadimenti della sera precedente, sobbalzò nel sentire una familiare voce assonnata chiamarla.

<< Mocciosa >>  fece il ragazzo.

<< Che vuoi? >> chiese acida la navigatrice, non aspettandosi ci fosse qualcuno ad assistere al suo pianto silenzioso. 

Lui le rivolse uno sguardo un po’ risentito per l’asprezza con cui erano state pronunciate quelle due parole.

<< Volevo solo controllare che stessi bene >> rispose con quel suo solito tono di voce calmo e indifferente , ma lo sguardo guardingo  << Ieri sera non sembravi te stessa: siamo sempre stati dei gran confusionari, ma per quanto tu ci riprenda sempre, non ti eri mai rivolta a noi in quel modo >>.

<< Sto benissimo >> fece lei fredda << E in ogni caso non credo ti interessi dal momento che tu pensi sempre e solo a te stesso. >> . 

Si sentiva in colpa, terribilmente in colpa, tanto per la sera precedente, quanto per come si stava rivolgendo ora al ragazzo. Sapeva di aver esagerato con le parole, ma l’acidità era l’unica arma che possedeva per difendersi da se stessa, l’unico modo per non scoppiare a piangere seduta stante. E lei non voleva che nessuno più la vedesse vulnerabile, specialmente quel ragazzo dai capelli verdi che tanto la irritava. Si era promessa più e più volte, dopo la morte di Bellemere, che non avrebbe versato ancora una volta una sola lacrima in pubblico. Per non dare la soddisfazione di vederla sconfitta e indifesa. E soprattutto, perché una volta che si comincia a piangere, si piange per tutto e si piange a lungo.

Lo spadaccino continuò ad osservarla imperturbabile, negli occhi color ebano un’ombra pensierosa a scurirli ancor di più. Odiava, la bella Nami, odiava non riuscire a scorgere su quel viso fiero alcun indizio che potesse aiutarla a capire i pensieri che gli attraversavano la mente. 

<< Smettila di fissarmi >> sibilò a denti stretti. Si sentiva nuda davanti a quello sguardo indagatore, nuda e vulnerabile.

Il ragazzo alzò le spalle con il suo solito atteggiamento indifferente.

<< Come vuoi>> .

Si voltò incamminandosi verso la cucina, per poi fermarsi dopo pochi passi.

<< Non so cosa tu stia passando, >> disse << purtroppo non ho idea di come ragionino le mocciose come te, ma ieri hai davvero ferito Rufy col tuo comportamento… Addirittura non ha toccato cibo a cena! >>.

Rufy che rinunciava alla cena? Le gambe di Nami cominciarono a tremare, ma con voce ferma esclamò : << Non c’è bisogno che sia tu a spiegarmi che mi sono comportata male, lo so benissimo da sola! >>.

<< Allora smettila di fare la mocciosa e fa’ qualcosa! >>.

<< Non sono una mocciosa! >>.

Ormai sull’orlo delle lacrime, la cartografa scappò via prima che Zoro potesse replicare o potesse vedere quei piccoli cristalli d’acqua che si stavano formando nei suoi occhi. Lo spadaccino aveva ragione invece, aveva maledettamente ragione e lei lo sapeva.

Chiusa nel bagno, osservò l’immagine che lo specchio le rimandava. Una ragazza dai capelli rossi scompigliati la guardava con occhi gonfi dal pianto. No, quella non era lei, non era la Nami che conosceva e che aveva superato tanti pericoli nella sua vita: pirati, malviventi, ladri… non aveva avuto mai timore di affrontare gente della peggior specie perché aveva un obbiettivo bene preciso, salvare la sua gente. Ma ora, quanto di quella ragazza determinata era nell’immagine che si trovava dinanzi? Scosse la testa triste. Prese dell’acqua e se la gettò in viso mischiandola con le sue lacrime. Si asciugò il volto e prese coraggio. “Forza Nami, di cosa hai paura? Sono la tua famiglia, ti ascolteranno e capiranno, e tutto tornerà come prima! Ma ora va’ da loro”.

Andò in cucina e aspettò che la ciurma fosse al completo. Rufy, Sanji, Zoro, Chopper, Usop, Nico Robin. E un silenzio soprannaturale.

<< Ragazzi >> esordì alzandosi in piedi. << Vi chiedo perdono per ieri, per quello che ho detto, non ero in me.  Non lo penso davvero,  ma ero così stanca che non rispondevo delle mie azioni e tutto mi dava fastidio. Scusatemi!>> 

<< No >> una voce ferma la costrinse, sorpresa,  ad alzare lo sguardo che in quel momento era rivolto verso terra per il dispiacere. << No >> ripeté il capitano << Avevi perfettamente ragione e la colpa è solo mia >>.

<< M-ma che stai dicendo? >> Nami era sempre più meravigliata.

<< Quando sei entrata nella mia ciurma ti avevo promesso che avresti realizzato il tuo sogno e saresti stata felice, e invece non faccio altro che ostacolarlo. Perdonami Nami >>.

La cartografa, esterrefatta, guardava gli altri compagni nel tentativo di avere man forte sul fatto che il capitano fosse impazzito, ma nei loro occhi leggeva il medesimo dispiacere e la medesima colpa. Evidentemente la sera precedente ne avevano discusso ed erano arrivati alla stessa conclusione.

<< No, Rufy, no. No, ragazzi. Non è giusto, non siete voi ad aver fatto qualcosa di sbagliato. Quindi non osate scusarvi con me! >> esclamò con voce tremante << Sono io che sono una mocciosa ingrata, che sono stata ingiusta con voi, che sono debole, che mi faccio trasportare dalle emozioni. Non vi merito, nemmeno un po’!>> . Ormai la voce della ragazza era rotta da piccoli singhiozzi << Perdonatemi! Perdonatemi! >>

<< Nami, cara… >> sussurrò Nico Robin.

<< PERDONATEMI! >> ormai stava urlando.

<< Nami! >> esclamarono all’unisono Usop e Chopper.

<< Mia dea! >> fece Sanji.

Zoro, con una tazza fumante in mano , osservava la scena in silenzio, senza dare segno apparente delle sue emozioni.

<< Capitano >> continuò la ragazza dopo aver ripreso in parte il controllo della voce << Tu e gli altri non state ostacolando il mio sogno, anzi, lo state rendendo possibile … Da quando mi avete salvato dalle grinfie di Arlong mi avete donato un nuova vita… no, mi avete ridato la vita! Non ho giustificazioni per il comportamento di ieri, posso solo dirvi che non ero in me, perché io vi voglio bene e non cambierei niente di voi, anche se qualche volta mi innervosisco per quello che fate! Vi amo così come siete, e i vostri schiamazzi sono musica per le mie orecchie e so che voi fareste di tutto per rendermi felice, perché io voglio fare di tutto per rendere felici voi! Quindi perdonatemi per quello che ho detto, sappiate solo che non eravate voi il motivo del mio nervosismo, che non lo penso davvero, che non userei una sola delle parole che ho usato per descrivere voi!  >>.

Calò il silenzio nella cucina. Nami guardava disperata i compagni temendo che non la perdonassero.

<< Nami >> disse Rufy interrompendo la quiete soprannaturale << cos’è che allora ti turba? >>.

<< C-che cosa mi turba? >> rispose lei con una risatina nervosa << Assolutamente niente, solo un po’ di stanchezza, te l’ho detto! Non ero riuscita a dormire la notta prima, per questo ero tanto nervosa!>>.

<< Non mentire, Nami. Sarò ingenuo, ma posseggo due occhi per vedere. Tutti quanti abbiamo notato che da qualche giorno sei un po’ strana, sempre soprappensiero, agitata… Dalle occhiaia che hai sembra che sia più di una notte che non dormi! >> . La ragazza si sfiorò istintivamente il viso con le dita.

<< È vero >> affermò Nico Robin << sei sempre distratta e urli anche di meno… A noi puoi dire tutto, lo sai >>.

<< Si, mia adorata, confidati col tuo amoruccio! >> esclamò Sanji.

<< Ma piantala! >> esclamò Zoro disgustato.

<< Se non ti senti bene o ti fa male qualcosa ti posso curare io >> disse ingenuamente la piccola renna.

Nami guardò Chopper con tenerezza.

<< Non vi preoccupate , ragazzi! Un periodo di stanchezza capita a tutti, è normalissimo! >> fece un sorriso da orecchio ad orecchio << Sto bene, ora come ora ho solo bisogno di mettere qualcosa sotto i denti! Ieri non ho cenato e ho una fame da lupo! >>

GROOOOOOOWN!!!

Fu invece lo stomaco di Rufy a brontolare sonoramente, scatenando così una risata generale. 

<< Ahahaha! A quanto pare non sono l’unica! >> esclamò Nami ridendo.

Alla serietà di pochi istanti prima si sostituì il solito caos dell’abbuffata mattutina, e tra patti e briciole volanti la ragazza riacquistò ben presto il buon umore e il suo sorriso sincero. Tutti sembravano aver dimenticato la tensione che alleggiava poco prima nella cucina, eccetto un certo spadaccino che continuava a fissare la rossa poco convinto.

“ A volte Rufy è proprio un bambino” pensò il ragazzo guardando l’amica che sembrava essersi rasserenata grazie alle facce buffe del capitano “Basta mettersi a parlare di cibo e tutti i suoi pensieri svaniscono all’istante! Ma a me Nami non convince di certo!”.

Non poté, però, fare a meno di sorridere alla risata argentina della ragazza che riempiva la stanza.

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Spero vi sia piaciuto questo primo capitolo! è la mia prima ff, quindi siate clementi :P
Vorrei precisare che non ci sono tutti i personaggi non perchè me li sono dimenticati, ma perchè ho riscoperto da poco One Piece e il racconto è ambientato al punto della storia dove sono arrivata io, quindi ancora non ci sono Franky e Brook. Spero non vi dispiaccia! XD
A presto! ^^

P.S. Se vi piace commentate! =)  ( uno ci spera sempre u.u )

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Capitolo 2
*** Perché quando si comincia a piangere, si piange per tutto e si piange a lungo ***


PERCHÉ QUANDO SI COMINCIA A PIANGERE, SI PIANGE PER TUTTO E SI PIANGE A LUNGO

Una leggera brezza agitava lo stendardo pirata issato con orgoglio dalla bizzarra ciurma di Cappello di Paglia , insinuandosi  nelle fessure delle porte mal chiuse della nave. Una brezza che sapeva di mare e libertà, di quella tranquillità che solo l’oceano sconfinato può donare una volta arresisi alla sua imponenza. Spifferi salsedinosi invadevano gli ambienti interni fino ad accarezzare dolcemente il viso dei membri dell’equipaggio sprofondati in un sonno profondo, sollievo dal calore estivo.
L’unica a non godere dei suoi benefici era Nami che, ceduto alla stanchezza, si era addormentata trovandosi nuovamente a fare i conti con i fantasmi del passato.
Sognava la bella Nami, ma sogni agitati, tremendi, di quelli che ti catturano tra le loro grinfie appena ti rendi conto di star cadendo in un incubo, che ti afferrano con gli artigli e ti trascinano sempre più in basso, sempre più giù…
Nami stava cadendo, sapeva solo questo. Era consapevole di stare sognando, ma nonostante ciò continuava a domandarsi che fine avesse fatto il tappeto di erba su cui poggiava poco prima i piedi scalzi, dove fossero finiti i familiari alberi di mandarino e gli uccellini che canticchiavano allegramente.
I suoi sensi erano come annullati. Un buio innaturale la avvolgeva e non sentiva alcun suono, né un gemito usciva dalla sua bocca spalancata in un urlo silenzioso. L’unica cosa che percepiva era la sensazione di caduta, come se l’intero universo si fosse fermato tranne lei.
Muoveva le braccia e stringeva le mani alla ricerca di un appiglio che non c’era, sempre più spaventata, sempre più terrorizzata, il cuore che batteva a mille come se stesse per esploderle nel petto da un momento all’altro.
Improvvisamente smise di cadere. Brividi le percorrevano il corpo e non riusciva a smettere di tremare. Non sapeva se aveva effettivamente freddo o era quella sensazione glaciale a provocarli.
<< Mia dolce Nami >> disse una voce, ahimè, a lei ben familiare.
Nami non riusciva a muovere un muscolo, sapeva solo di voler fuggire, di dover fuggire, ma il corpo non obbediva.
Fino ad allora i suoi incubi erano sempre stati ricordi del passato, tutte le umiliazioni che aveva dovuto subire dagli uominipesce, tutte le cattiverie che era stata costretta a compiere, ma mai lui le si era rivolto direttamente come questa volta.
<< C-che vuoi? >> riuscì finalmente a chiedere la ragazza.
<< Ahahah! Così ti rivolgi ad un vecchio amico dopo tanto tempo? >>.
<< T-tu non sei u-un amico >> fece lei sempre più terrorizzata.
<< Direi che con tutto quello che abbiamo passato insieme possiamo anche considerarci amici, non credi? Non dirmi che te ne sei già dimenticata, Nami? >>.
Come poteva dimenticare? Ci aveva provato, ma il passato non si cancella, e i brutti ricordi spesso e volentieri tornavano a galla, visite ben poco gradite. Diverse volte si era ritrovata una lacrima rigarle la guancia senza che lei se ne accorgesse e potesse trattenerla. Troppe volte, guardando i compagni rischiare la vita in scontri assurdi, aveva rivissuto il combattimento contro Arlong, le ferite profonde che straziavano il loro corpo, i visi sofferenti ma senza mai riportare un segno di cedevolezza, e lei, lei lì a guardare, spettatrice di quelle atrocità, senza poter intervenire, il dolore e la consapevolezza di essere troppo debole per poter essere effettivamente di aiuto.
Come poteva dimenticare l’essere che l’aveva resa così infelice per tanti anni, che l’aveva torturata psicologicamente, che l’aveva fatta diventare quella ragazzina terrorizzata e impotente? Che aveva fatto del male alla sua famiglia, ai suoi amici, ai suoi concittadini? No, non avrebbe mai potuto dimenticare, anche se avesse voluto.
<< Cosa vuoi da me, Arlong? Non ti basta quello che mi hai fatto passare? Cosa vuoi ancora da me? >>.
<< Voglio che tu torni da me >>.
Nami trattenne il respiro. Tornare da lui? Che voleva dire?
<< Tu sei morto >> affermò la ragazza << Rufy e gli altri ti hanno ucciso. Tu non esisti più >>.
<< Ti sbagli, ragazza mia. Io sono ancora qui, vivo e vegeto nel tuo cuore, nei tuoi ricordi. E non morirò finché il sangue continuerà a scorrere nelle tue vene. Ora, torna da me >>
La navigatrice non riusciva a trovare un senso a quelle parole. Sapeva di stare sognando e che quindi era tutto frutto della sua immaginazione, ma ora lui era così reale, così vero, che non riusciva a ragionare lucidamente. Pensò che forse una parte di lui le fosse rimasta dentro e che ora bramava vendetta, che doveva esserci una qualche spiegazione soprannaturale, perché ora la sua razionalità non riusciva a trovare una risposta.
<< Perché dovrei? >> chiese allora cauta.
<< Perché ti aiuterei ad essere ciò che vuoi >> la voce si fece più persuasiva. << Non sei stanca di dover contare sempre sugli altri perché non sei abbastanza forte? Non sei stufa di essere un peso per i tuoi compagni e di far rischiare loro la vita per te? Ti facevo più indipendente, ragazzina. Quando facevi parte della mia ciurma comandavi a bacchetta uominipesce grossi il triplo di te, e ora guardati, non riesci nemmeno a proteggere i tuoi amici! >> il tono sprezzante con cui pronunciò quelle ultime parole fece sobbalzare la navigatrice. Pure da morto aveva colpito nel segno, maledetto Arlong!
<< Nami non cedere, è solo il tuo subconscio, solo il suo subconsci >>  sussurrò a se stessa << È il frutto della tua immaginazione, non è reale, Nami, non è reale! >> .
<< Guardati! >>, continuò, << Sono solo il frutto della tua immaginazione, io? E allora tu sei una bambina che trema davanti ad una fantasia! Ma come ti sei ridotta? Cosa hai concluso nella tua vita? Credi davvero di aver raggiunto un qualche obbiettivo in questi anni? Tutto ciò che hai portato a termine lo devi solo ai tuoi amichetti, sempre pronti a fare da balia a questa bambina piagnucolona! Dimmi, cosa avresti fatto senza di loro? Ma che fine ha fatto il tuo desiderio di indipendenza? La tua forza? Una volta non ti facevi scrupoli ad agire, la furbizia era la tua arma micidiale, riuscivi a cavartela in ogni situazione uscendone sempre vincitrice. Da quando ti sei unita alla ciurma di Cappello di Paglia sei diventata solo una rammollita, una ragazzina insicura e indifesa! Sei una nullità senza di loro, basti vedere l’espressione terrorizzata che hai ora! Che pena che sei!>>.
Lacrime salate cominciarono a rigare il bel viso della navigatrice. Non poteva più stare ad ascoltare quelle parole sprezzanti, non voleva più prestare attenzione a quella bestia. Ma non poteva farne a meno. Perché stava solo dando voce ai suoi timori più nascosti. Aveva accettato da tempo di non essere un membro forte dell’equipaggio, ma spesso si sentiva inutile e insignificante, specialmente quando guardava il loro capitano dal viso da bambino, ma che nascondeva dentro di sé la forza e la ferocia di un leone, e quello spadaccino, che pur di raggiungere il suo sogno non si arrendeva di fronte a niente e a nessuno. Aveva provato a migliorarsi, ma i suoi sforzi non avevano dato esiti sostanziali. Forse non si era impegnata abbastanza occupata com’era ad assicurarsi che tutti facessero il loro dovere a bordo, ma non riusciva a farsi forza e così tendeva a chiudersi in se stessa piangendosi addosso, senza riuscire a trovare una via d’uscita.
<< Torna da me >> continuò ancora la voce << Torna da me e io ti renderò di nuovo Nami la Gatta Ladra >>
<< N-no >> disse lei << N-non voglio tornare a soffrire, non voglio sentirmi più debole >>
<< Allora torna da me >>
Una mano invisibile la spinse e lei ricominciò a cadere, ma questa volta avvertiva il vento tra i capelli e sul viso, la sensazione di vuoto nello stomaco, il freddo glaciale che le bloccava i movimenti.
L’unica cosa che poteva fare era urlare. E urlò.
 
<< AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHH!!! >>
 
 
Si svegliò di soprassalto. Era nella sua camera, al sicuro nel letto. Le lenzuola bagnate dal suo sudore erano cadute per terra, probabilmente le aveva spostate agitandosi nel sonno.
Fuori, un temporale inaspettato si faceva sentire impetuoso, i tuoni rimbombavano in lontananza.
Si mise a sedere e si guardò intorno, facendo abituare la vista al buio dell’ambiente. Nico Robin sembrava ancora addormentata, e lei ringraziò una qualche divinità di non averla svegliata. Non sapeva se avesse urlato davvero, ma in tal caso fortunatamente l’amica non l’aveva sentita.
Si alzò avvolgendo il corpo con una vestaglia leggera e andò a controllare la rotta, facendo attenzione a fare il minor rumore possibile. Assicuratasi di stare andando nella giusta direzione nonostante la pioggia, si diresse in cucina cercando di calmare il cuore che ancora le batteva forte nel petto.
Non riusciva a smettere di pensare a quello che aveva sognato, cercava un senso nelle parole pronunciate dal vecchio nemico senza trovarlo. Si versò un po’ d’acqua in un bicchiere continuando a rimuginarci sopra. Perché era solo un sogno, vero? Arlong era morto, quindi doveva esser stato necessariamente un sogno. Ma continuavano a tornarle in mente le sue parole con un’urgenza sorprendente.
Io sono ancora qui, vivo e vegeto nel tuo cuore, nei tuoi ricordi. E non morirò finché il sangue continuerà a scorrere nelle tue vene.
Rabbrividì, ma questa volta non per il freddo.
“Nami, non essere sciocca” si disse “Arlong non c’è più, è morto proprio sotto i tuoi occhi! Smettila di fare questi stupidi pensieri!”.
Ma allora perché non riusciva a cacciar via quella sensazione?
<< Fuori si è scatenato un putiferio. Stiamo andando nella direzione giusta, navigatrice? >>
La ragazza sobbalzò lasciando cadere il bicchiere che si infranse contro il pavimento di legno, spargendo il liquido sul pavimento.
<< Zoro! >> esclamò lei << Smettila di avvicinarti così all’improvviso, guarda che disastro! >>
<< Che ci posso fare io se tu sobbalzi sempre e hai le mani di ricotta? Prenditela con te stessa! >> fece lui di rimando.
<< Io non ho le mani di ricotta! E poniti delle domande se sobbalzo sempre quando ti avvicini tu! >> si chinò e cominciò a raccogliere il vetro sparso per terra.
Lui fece spallucce.
<< Forse perché sono sorprendente?>>
Nami alzò un sopracciglio.
<< Piuttosto che sorprendente, sei un idiota >>
<< Allora, stiamo andando bene? >>, il ragazzo ignorò la frecciatina.
<< Si, ho appena controllato. Fortunatamente il vento non è molto forte anche se diluvia, eravamo andati di poco fuori dalla rotta, ma ora siamo ritornati nella direzione giusta.>>
<< Nel Grande Blu ci si può aspettare davvero di tutto, stamattina c’era un sole che spaccava le pietre! >> disse lo spadaccino << Comunque, come mai sveglia a quest’ora? Le mocciose come te non dovrebbero stare nel lettuccio a dormire?>>
Nami lo fulminò con uno sguardo, ma era troppo stanca per cominciare una delle loro solite discussioni, così si limitò a rispondere –  ovviamente mentendo – di essersi svegliata per via del temporale.
Anche se spesso e volentieri sembrava uno sprovveduto, in realtà lo spadaccino era un acuto osservatore, specialmente quando si trattava della ragazza dai capelli rossi. Il loro era un rapporto basato su offese gridate, pugni volanti e occhiate torve. Ma era un rapporto che nella sua anormalità era sincero. Probabilmente era questo il motivo della maggior sensibilità del samurai nei confronti della cartografa, o almeno così credeva lui.
Nel frattempo Nami aveva finito di raccogliere quanto rimasto del bicchiere e si apprestava ad asciugare il pavimento con uno strofinaccio da cucina. Zoro allora si chinò e le tolse dolcemente la pezza da mano, continuando il lavoro al suo posto. La ragazza alzò lo sguardo sorpresa da tanta accortezza da parte di quel buzzurro spadaccino, che invece di guardarla teneva fisso lo sguardo su ciò che stava facendo. Gli sorrise debolmente, grata di quel gesto.
<< Che hai, mocciosa? >> chiese lui continuando a guardare con fin troppa attenzione il lavoro che stava svolgendo. Pronunciò quelle parole con tono secco, ma se la ragazza fosse stata un po’ più sveglia si sarebbe resa conto dell’ansia che vi traspariva.
<< Niente, e smettetela di chiedermelo >> rispose lei fin troppo acida.
Zoro si decise a fermarsi e alzò il viso guardandola finalmente. Nami rimase paralizzata per qualche secondo dalla profondità di quegli occhi che la scrutavano cercando di accedere alla sua anima e alle ragioni del suo comportamento. Non riuscendo a sostenere più a lungo lo sguardo dello spadaccino, chinò il capo.
<< Guardami. >>
<<… >>
<< Nami, ho detto di guardarmi, e smettila di fare la mocciosa>>
A quell’appellativo la navigatrice chiuse forte gli occhi, sentendo già le lacrime formarsi prepotenti nella ghiandola lacrimale.
<< Mocciosa >>
Le prese il viso tra le mani costringendola ad alzare il capo. Lei aprì gli occhi e si trovò di nuovo davanti a quei pozzi nero pece.
<< Che vuoi da me, Zoro? >> era la seconda volta che quella sera poneva la stessa domanda e sperò vivamente che stavolta la risposta fosse migliore della prima.
<< Voglio che tu mi parli, che mi spieghi cosa ti sta succedendo, perché io… cioè, noi, siamo preoccupati per te >>
Nami si liberò dalla presa dello spadaccino e si alzò in piedi.
<< Non mi sta accadendo un bel niente, io sto benissimo! >>
<< Si, certo, come Usop ha il naso piccolo! >>
<< Invece è vero! Sto a meraviglia, se non fosse che uno stupido buzzurro che le ha prese da Mihawk manco fosse un novellino mi stia rompendo le scatole! >>
Zoro indietreggiò leggermente, come se fosse stato schiaffeggiato. Era consapevole che colpirlo nell’orgoglio ricordandogli una sconfitta che ancora gli bruciava nel cuore era pura cattiveria, ma in quel momento voleva solo fuggire via dallo sguardo indagatore del compagno.
<< Cosa speri di ottenere così facendo? >> chiese freddo.
<< Che tu mi lasci in pace una volta per tutte! >> esclamò lei con quanto fiato aveva in gola.
Lo spadaccino si alzò lentamente e la guardò risentito.
<< Se è questo ciò che vuoi, ti comunico che sei riuscita perfettamente nel tuo intento>>.
Dandole le spalle come aveva fatto lei la sera precedente, abbandonò la cucina a grandi falcate. Nami, guardandolo allontanarsi, sentì un urgente bisogno di richiamarlo a sé, di urlargli cosa le stava accadendo, di confidargli i suoi timori certa che lui l’avrebbe capita, perché nonostante il carattere chiuso aveva un cuore grande e generoso, ma l’orgoglio e la frustrazione non glielo permisero. Quando la porta della cucina si richiuse al passaggio del ragazzo, si sentì come svuotata, ma col cuore appesantito dalla tristezza e dalla rabbia. Aveva davvero un pessimo carattere, lo sapeva. Invece di agire in modo costruttivo, distruggeva tutto ciò che le stava attorno,  e la sorte aveva voluto che lei avesse una dote speciale nel riconoscere i punti deboli delle persone. Una qualità che l’aveva sempre aiutata nella vita, ma che ora aveva più che altro l’aspetto della premessa alla sua solitudine.
Ormai sola nella stanza, si abbandonò sulle ginocchia, lasciando che finalmente le lacrime represse fino a quel momento dessero mostra di sé, solcando la pelle liscia della ragazza, dapprima lente, poi sempre più impetuose.

Piangeva, Nami piangeva.

Per l’ennesima litigata con lo spadaccino. Per le parole del nemico che le rimbombavano insistentemente nella testa. Per quello che avevano fatto a Bellemere, per quello che avevano fatto a lei. Per la sua debolezza e il suo orgoglio, che non le permettevano di aprirsi con gli amici. Per la consapevolezza dell’ingratitudine nei loro confronti.

Piangeva, scossa dai singhiozzi, incurante del dolore che le straziava il petto, dando finalmente sfogo a tutta la frustrazione e il dolore accumulati, all’angoscia che le opprimeva il cuore. Cacciando insieme alle lacrime tutto ciò che aveva in corpo.

Piangeva, perché non riusciva a non piangere.

Perché quando si comincia a piangere, si piange per tutto e si piange a lungo.

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Ecco il secondo capitolo della mia fic! Nami sta decisamente esagerando ora, non trovate? Speriamo che ritrovi presto la ragione!

Spero vi sia piaciuto e che continuerete a seguire la mia storia! 

A presto, 

Bruli ^^

P.S. si accettano consigli/critiche =)

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Capitolo 3
*** Sto impazzendo? ***


STO IMPAZZENDO?


<< Ascoltatemi bene >>,  cominciò la navigatrice trattenendo per la maglia quello svampito del capitano che già si stava catapultando oltre il bordo della nave, <>, fece una pausa. << Quindi, nessuna rissa, nessuna discussione, nessun comportamento strambo. Non vi ubriacate, non rubate il cibo, non date confidenza agli sconosciuti. Anzi, non parlate proprio con anima viva – né morta, in ogni caso -  perché conoscendovi andreste a raccontare tutti i fatti nostri al primo capitato. Anche se gli isolani non hanno problemi con noi, gli altri pirati potrebbero crearci scocciature a causa delle taglie che pendono sulle nostre teste. Dunque, >> altra pausa effetto << fatemi il SACROSANTO piacere di non combinare pasticci! Sono stata chiara? >> .
<< Sissignora! >> esclamarono i ragazzi all’unisono.
 Guardò minacciosa la ciurma di scapestrati di cui faceva parte. Aprì il borsellino e affidò un piccolo mucchio di monete ad ogni compagno.
<< Siamo un po’ a corto di berry ,>> continuò, << quindi fatevi bastare quelli che vi sto dando e non spendeteli in sciocchezze >>
I ragazzi osservarono gli spiccioli che la navigatrice aveva posto nelle loro mani come se fossero delle ricchezze immense, pensando a cosa potevano regalarsi con quei soldi.
<< … qualche libro di medicina… >>
<< … una nuova fionda… >>
<< … degli utensili decenti… >>
<<… TANTA CARNE !!! >>
<< Ecco! >> esclamò la navigatrice portandosi una mano alla fronte.
<< Io ancora non ho capito perché devi essere tu il tesoriere e dirci quanto e come spendere i nostri soldi! >> esclamò Usop.
<< Perché altrimenti li spendereste tutti in idiozie come Rufy… >> rispose Nami acida << e qui in mezzo sono l’unica con un po’ di coscienza del danaro >>.
<< Vorrai dire incondizionato amore per il danaro >>.
Nami fulminò con lo sguardo il cecchino, che subito si nascose timoroso dietro Chopper.
<< E voi come spenderete i vostri soldi? >> chiese la piccola renna rivolgendosi all’archeologa e allo spadaccino.
<< Mmh  … >> fece Nico Robin pensierosa << Credo che andrò in libreria a cercare qualche libro di storia antica  oppure mi comprerò un bel romanzo >> .
<< E tu? >>
<< Ancora non lo so >> rispose secco lo spadaccino << Forse comprerò qualcosa da bere. Magari ti accompagno e mi verrà in mente strada facendo >>
In una situazione normale Nami gli avrebbe urlato contro definendolo un “ubriacone” e uno “spendaccione”, ma la ragazza portava ancora dentro di sé il peso della sera precedente e da come lo spadaccino aveva evitato di guardarla per tutta la mattinata intuì che probabilmente era ancora irritato per le parole che gli aveva rivolto.
Guardò il viso abbronzato del ragazzo con velata malinconia, pensando a quanto doveva odiarla in quel momento per ignorarla addirittura. Poi raccolse le forze ed esclamò : << Forza ragazzi! Ci vediamo alla Going Merry alle dodici e mezza! >> . Quindi guardò il capitano che aveva assunto un’espressione interrogativa << Ovvero quando senti il tuo stomaco che non riesce a smettere di brontolare , Rufy >>.
<< Ma il mio stomaco brontola ora, Nami! >> si lamentò il capitano.
<< Allora diciamo quando non riesci a reggerti più in piedi per la fame>>
<< Un momento, Nami >>  si intromise il cecchino.
<< Cosa? >>
<< Chi rimarrà a fare da guardia alla nave? >>
<< Ah >>. Nami rifletté qualche secondo.<< Puoi rimanere tu? >> , chiese infine con aria civettuola.
<< Ma voglio scendere anche io! >> protestò il ragazzo con fervore.
<< Per favore, Usop! Dammi massimo un’ora e ti do io il cambio! Ho bisogno di procurarmi una cartina e non posso mandare nessuno, poi torno immediatamente alla nave! >>
La guardò prima un po’ incerto, ma poi si decise ad acconsentire anche se non particolarmente entusiasta.
Il porto era gremito di navigatori di ogni etnia e di ogni lingua, e le strade erano completamente occupate dai banchi del mercato tra i quali si affaccendavano uomini e donne con addosso tuniche elaborate, mentre diversi bambini rincorrevano un pallone destando le lamentele dei passanti.
Sanji si dedicò immediatamente alla spesa accompagnato da un irrequieto Rufy, ma non dopo averlo riempito di raccomandazioni.
<< Spero tu abbia capito, Rufy >>, aveva detto ostentando una calma che non aveva, mentre tratteneva il capitato per la camicia , << Il cibo che compriamo lo dobbiamo portare sulla nave, quindi NON è da mangiare seduta stante! E ricordati quello che ha detto la mia dolce Nami : non rubare niente! >>
<< Chi è che sta seduto? >> aveva allora chiesto ingenuamente il capitano.
Sanji l’aveva guardato furioso.
<< AAAAAAAAAAH! >> aveva urlato << Seguimi e basta! E non ti allontanare da me! >> , e lo aveva trascinato tra la folla.
Mentre Chopper e Zoro andavano ad acquistare dei medicinali e Nico Robin si recava in libreria, Nami trovò un negozio che vendeva attrezzatura per la cartografia.
Si avvicinò agli scaffali polverosi e si mise ad esaminare della carta pregiata, cercando di scegliere quella più idonea al suo lavoro. Stava valutando la qualità di alcuni fogli quando la sua attenzione fu catturata dal parlottio di tre uomini che discutevano concitatamente a bassa voce, cercando di non farsi sentire dagli altri acquirenti.
Incuriosita, si avvicinò al gruppetto di soppiatto, nella speranza di riuscire a captare qualche informazione su chissà quale grande tesoro.
<< … per questo io non credo affatto sia tutto una legenda >> stava dicendo uno << I presupposti per pensare che ci sia un fondo di verità non mancano, come potete vedere, però bisogna capire in che misura prendere alla lettera le informazioni del testo … >>
<< Abbassa la voce! >> lo rimproverò interrompendolo quello più alto dei tre, indicando con un movimento lieve del capo la ragazza in ascolto.
Nami, come se nulla fosse, continuò a dedicare – apparentemente - la sua completa attenzione al pezzo di carta che aveva in mano, ma le orecchie tese a non lasciarsi sfuggire nemmeno una sillaba.
<< Devi stare più attento! >> esclamò il terzo, un piccoletto con scuri capelli scompigliati . << Dopo tutta la fatica che abbiamo fatto ci manca solo che qualcuno ci rubi le informazioni! >>
<< S- scusate >> fece il primo. << In ogni caso >> continuò abbassando il tono della voce, costringendo Nami ad avvicinarsi ancora di più al gruppetto con la scusa di esaminare delle matite poste nelle loro vicinanze, << l’altra sera ho trovato questo manuale, e credo possa essere in qualche modo collegato con la legenda … >> . Cacciò dalla borsa che portava a tracollo un libro polveroso dall’aria molto vecchia e lo mostrò ai compagni << Guardate qua >>.
Esaminarono per qualche minuto con molta attenzione la pagina indicata riprendendo a parlottare sussurrando tra di loro.
<< … dicevano che … >>
<< …  come affermato anche nel Codice …>>
<<… no, non credo fosse per orgoglio …>>
La ragazza si sporse nella loro direzione cercando di reperire qualche informazione utile.
<< … il terribile … pare che tutti avessero paura di lui … terrore… >>
<< … ancora non si sa molto … Arlong … >>
Il mondo improvvisamente smise di esistere. Arlong. Ogni fibra del suo corpo rabbrividì a quel nome. Arlong. Ancora lui… possibile fosse una coincidenza? ARLONG .
Improvvisamente le si rabbuiò la vista e si accasciò contro uno scaffale, catturando l’attenzione dei tre uomini che si volsero a guardarla sorpresi, per poi di correre immediatamente in suo aiuto.
<< Ragazzina! >> esclamò quello più basso sorreggendola per un braccio << Che hai? Stai bene? >>
Nami non rispose. Quel nome le rimbombava in testa non permettendole di articolare alcun suono. La fecero sedere e le portarono un bicchiere d’acqua con un po’ di zucchero.
<< Va meglio? >> chiese sempre quello basso.
<< S-si, grazie >> rispose lei, << N- non voglio intromettermi nella vostra discussione ,>> disse prendendo coraggio << ma prima avete fatto il nome di Arlong? >>
I tre la guardarono sorpresi.
<< Arlong? >> chiese il più alto.
Quello che Nami aveva sentito parlare per primo assunse un’aria pensierosa, grattandosi il mento con una mano .
<< Arlong non è forse il nome di un pirata? >> chiese poi. Gli amici lo guardarono cercando di chiarirsi le idee.
<< Ma si! >> esclamò uno dei due, << Il terribile pirata Arlong! Quello che aveva assoggettato Coco Village! >>
<< Ecco perché il nome mi era familiare! Ha fatto parlare a lungo di sè! Ora che ci penso, chissà che fine avrà fatto, è un po’ che sui giornali non si legge di lui … >>
<< Pare sia stato sconfitto, sapete? Da una bizzarra, quanto improbabile, ciurma di pirati! Aspettate, come si chiamava il capitano… qualcosa che ha a che fare  con la paglia … >>
<< Un momento >> li interruppe Nami, un po’ per paura che potessero ricollegarla alla ciurma di Cappello di Paglia, un po’ perché stava andando ancor di più in confusione. << Ma quindi non stavate palando di … di …. di lui? >> chiese tutto d’un fiato, non riuscendo a pronunciare quel nome.
<< No, assolutamente! >> rispose quello basso << Forse hai capito “Arlong” quando il mio amico ha pronunciato il nome di Canargong, il famoso studioso di storia antica >>
<< Ah! >>. La ragazza sembrò svegliarsi da un sogno profondo. << S- scusate, io devo andare! >> esclamò alzandosi di scatto dalla sedia sotto gli occhi sbalorditi dei tre uomini, e si catapultò al di fuori del negozio.
Respirò a pieni polmoni l’aria impregnata di salsedine, cercando di riprendere il controllo e calmare il cuore che le batteva a mille per lo spavento.
<< Aspetti, signorina! >>. Nami si voltò verso il commesso che l’aveva raggiunta di corsa.
<< S-si? >> chiese con voce ancora tremante per l’emozione.
<< Ha le mie matite! >>
La navigatrice, confusa, si guardò le mani e si accorse , effettivamente, di stare stringendo ancora le matite che prima aveva preso dallo scaffale. Gliele porse scusandosi, tutta rossa per la mortificazione.
 “ Un calmante”, pensò, “ci vuole un bel calmante. O forse un sonnifero”. Rifletté per qualche secondo. “Ok, forse ci vogliono entrambi”, e si incamminò alla ricerca di una erboristeria.
Ne trovò una poco avanti ed entrò tirando un sospiro di sollievo, avendo temuto di dover cercare più a lungo.
<< Nami! >> esclamò una voce a lei familiare.
E infatti alzando lo sguardo si trovò davanti un Chopper con le sembianze “da uomo” e uno Zoro dall’aria annoiata, che osservava con un timore quasi reverenziale le boccette di medicinale sistemate ordinatamente sugli scaffali.
<< Che ci fai qui anche tu? >>
<< C-che ci faccio io qui? >> ripeté la ragazza. “ Si, Nami! Diglielo che sei qui per comprare un calmante perché stai decisamente impazzendo e probabilmente hai pure bisogno di una visita dall’otorino!” . << Ehm… devo comprare … devo comprare della crema per le mani! >>
<< Della crema per le mani? >> chiese Zoro sospettoso, rivolgendole per la prima volta nella mattina la parola.
<< Si, vedi … il s-sole mi fa seccare le mani! E una bella ragazza come me mica può andare in giro con le mani tutte screpolate! >> esclamò con finta spavalderia.
<< Scusa, ma perché balbetti? >>
<< Io non balbetto! Non potrei mai rubarti il posto da buzzurro troglodita che non sa mettere una parola dopo l’altra!>> esclamò cercando di sviare il discorso. E infatti immediatamente lo spadaccino, da gran permaloso qual era nei confronti della rossa, si innervosì assumendo un colore tendente al rosso.
<< COSA SONO IO?!? >>
<< UN BUZZURRO TROGLODITA! E se fossi giunto un po’ più civilizzato, ne sapresti anche  il significato! >>
<< COSA?! CERTO CHE SO CHE COSA SIGNIFICA! >>
<< Strano, perché non si direbbe! >>
<< MA BRUTTA STREGA, TI FACCIO VEDERE IO … !!! >>
<< BASTA!!! >> ,esclamò Chopper, << Smettetela, stiamo dando spettacolo! >>
I due si guardarono attorno rendendosi conto che improvvisamente nel negozio era calato un silenzio soprannaturale e che tutti li stavano guardando sconvolti. Nami cercò di darsi un’aria più composta, mentre Zoro le rivolgeva uno sguardo astioso come volendo dire “ Contenta? È tutta colpa tua!”.
<< Hai ragione, Chopper caro >> disse la cartografa, fingendosi più dispiaciuta di quel che era in realtà, << Quando si ha a che fare con uno zoticone come lui non riesco a contenermi, ma è proprio inutile stare qui a discutere, tanto non comprende nemmeno il linguaggio parlato >>
<< MA COME CAVOLO TI PERMETTI, BRUTT … >>
<< HO DETTO BASTA! >> lo bloccò Chopper. << Siete incorreggibili! Non è possibile che stiate sempre a lanciarvi insulti, siete peggio di due bambini capricciosi! >>
<< Ehi, io che c’entro?! >> esclamò Zoro, << è stata lei a cominciare, io non ho fatto niente! >>
<< Come si vede che sei proprio uno zoticone… >> fece Nami scuotendo la testa.
Zoro da rosso divenne nero, e avrebbe ribattuto cose a dir poco spiacevoli se Chopper non lo avesse trascinato per una manica fuori dal negozio, scusandosi con la commessa mentre varcava la soglia.
Nami sospirò. Non avrebbe voluto ricominciare a litigare con lo spadaccino, ma si era sentita messa alle strette e, non sapendo cosa rispondere, aveva preferito insultarlo. E poi, le loro discussioni la facevano sempre divertire. Zoro era capace di farsi scivolare addosso insulti peggiori dei suoi, ma con lei non riusciva a trattenersi, e Nami trovava un vero e proprio diletto nel provocarlo ogni giorno.
<< Non si deve preoccupare, signorina. Anche io bisticcio spesso col mio ragazzo, ma poi alla fine facciamo sempre la pace >> disse la commessa con un sorriso divertito sulle labbra.
Nami la guardò stranita, ma poi, accorgendosi che la donna aveva scambiato il suo sospiro di sollievo per frustrazione, scoppiò a ridere.
<< Ma che dice! Non è certo il mio ragazzo! >> esclamò.
<< Ah, no? >> chiese l’altra sorpresa , << Da come vi guardavate mentre litigavate sembrava tutt’altro… >>
“ Perché, come ci guardavamo?” , si chiese sentendo improvvisamente il cuore batterle più velocemente, ma non pronunciò ad alta voce la domanda.
Dopo aver ascoltato assurde descrizioni di varie marche di creme per le mani, uscì dall’erboristeria con la testa pesante e un sacchetto tra le mani. Giunta al porto, scoprì che era già ora di pranzo, e si dispiacque per Usop che per colpa sua non aveva potuto dare un’occhiata in paese.
Alla nave, trovò il cecchino e il cuoco intenti ad osservare attentamente la Going Merry, e la ragazza sorrise divertita dalle espressioni concentrate dei due.
<< Perché guardate le nave? Che succede? >> chiese.
<< La Going Merry ha proprio bisogno di riparazioni >> , rispose Usop . << Ho mandato Zoro e Rufy a prendere della legna, così dopo pranzo vedo un po’ come posso fare per sistemarla al meglio. >>
E infatti, poco dopo spuntarono lo spadaccino e il ragazzo di gomma portando pericolosamente sulle spalle delle lunghe assi di legno. Giunti alla nave, le scaraventarono con molta “delicatezza” per terra, suscitando le grida di protesta del cecchino, occasionalmente carpentiere.
<< Ma insomma! Potevate fare del male a qualcuno! >>
<< Non rompere, Usop! Sono pesanti e noi siamo stanchi! >>, esclamò lo spadaccino.
<< Sanjiiii!! Ho fame! >> urlò, invece, il capitano.
<< E quando mai non hai fame, quando mai … >> borbottò Sanji di rimando. << Vabbè, io vado a cucinare. Tra mezz’ora è pronto! >>
Nami, allora,  decise di approfittarsi di quella mezz’oretta per riposarsi un po’, e così seguì il cuoco sulla nave. Mentre attraversava il ponte, però, un forte capogiro la colse e, come era accaduto poco prima al negozio, le si annebbiò  la vista. Cercò un appiglio con le mani, ma non trovandolo si sbilanciò ancora di più e si sentì cadere nel vuoto. Ed effettivamente sarebbe caduta se due forti braccia non l’avessero sorretta impedendoglielo.
<< Nami! >> esclamò Zoro con voce allarmata, tenendola saldamente.
<< Zoro … G-grazie, è stato solo un capogiro … pure prima, ma ora sto bene… ho comprato un calmante e … >>
Cercò di rimettersi in piedi, ma la testa prese nuovamente a girarle e si accasciò tra le braccia del ragazzo perdendo i sensi.



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Ecco il terzo capitolo! Scusate il ritardo, ma lo studio chiama purtroppo!
Nami sta impazzendo davvero? Penso che solo andando avanti lo scopriremo!
Grazie mille a chi mi segue e alle recensioni che mi lasciate, sono sempre ben gradite! E buon Natale a tutti! :D 

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