I'm not ready to let you go.

di nothing_but_the_truth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Tributi. ***
Capitolo 2: *** 2. FRAMMENTI. ***
Capitolo 3: *** 3. Certezze. ***



Capitolo 1
*** 1. Tributi. ***


Sono sul palco, in silenzio, paralizzata, mentre vicino a me Effie Trinket blatera qualcosa di irrilevante sugli standard del Distretto 12, notoriamente il più povero, che per una volta ha un volontario.

Infine, finalmente, estrae il nome del Tributo maschio che sarà trascinato assieme a me nell'Arena.

Peeta Mellark.

Oh no, non lui. Come vedo la sua testa bionda spostarsi verso il palco, ricordo automaticamente il pomeriggio gelido in cui mi salvò la vita. Quel gesto che mi permise di ritrovare la speranza, la voglia di vivere, di lottare per la mia sorellina e mia madre. Peeta Mellark, il ragazzo del pane. Nell'Arena con me. Sono due concetti inabbinabili, nella mia testa.

Effie domanda se ci sono volontari. Silenzio. So che ha dei fratelli più gradi, ma, naturalmente, nessuno si fa avanti al posto suo. E' il mio gesto ad essere stato straordinario, non quello di chi lascia andare un familiare a morire. Sono questi gli Hunger Games.

Lo vedo salire le scale, avvicinarsi, e il suo sguardo basso e la maschera di terrore sul suo volto mi dicono che non potrò ucciderlo. Lui ha, in un certo senso, ridato la vita a me, mia madre e Prim: non potrei mai togliergliela. Sono troppo in debito con lui.

L'odiosa voce di Effie sta squittendo di nuovo, e, nel momento in cui sta per procamare me e Peeta ufficialmente i Tributi del Distretto 12 dei 74° Hunger Games, una voce si alza, tra tutte le altre.

Una voce che conosco, e non mi faccio neanche pena di ascoltare, perchè so già cosa dirà, lo so, lo so, lo conosco troppo bene.

<< Aspettate... Mi offro volontario come Tributo! >>

Le sue parole restano sospese a mezz'aria. Effie sembra presa in contropiede -due volontari nel Distretto 12? Prima volta nella storia-, così come il Sindaco, alle sue spalle.

Peeta, di fianco a me, è forse più sotto choc di prma, ma ora un briciolo di speranza brilla nei suoi occhi blu. La stessa speranza che mi fa pregare di aver sentito male.

Ma tutti trattengono il fiato là sotto.

E lui sta avanzando, la faccia contorta da troppe emozioni, forse contrastanti, e viene verso di me. Verso la morte. Soffoco.

No Gale, no, ti prego. Vattene.

Ma nei suoi occhi brucia il fuoco vivo.  

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Capitolo 2
*** 2. FRAMMENTI. ***


... Ma sale.

Con una lentezza disarmante, mi raggiunge sul palco. Il suo bel viso è contratto dalla tensione. E' quasi irriconoscibile.

Inizia tutto a girare, quando Gale prende il posto di Peeta, che lanciandoci un'occhiata stupita e spaventata, se ne torna tra gli altri abitanti del Distretto. Effie blatera qualcosa sull'unicità di avere due volontari dal Distretto 12. Vogliamo la gloria tutta per noi, dice ridacchiando.

Oh, la gloria.

Sono sicura che penserà a questo Gale, mentre sgozzerà qualcuno. Mentre qualcuno lo sgozzerà... No, non lo permetterò.

Troppo concentrata a non cadere per ascoltare veramente, mi limito a stringere la mano di Gale, gesto simbolico che si ripete ogni anno.

E' la prima volta che stringo in questo modo la sua mano. In tanti anni, non avevamo mai avuto un contatto del genere. Per quanto la forma delle sue dita, la grandezza del palmo e il colore delle sue unghie mi siano familiari, è comunque strano. Nuovo.

Inaspettatamente, quando riabbassiamo le braccia, non mollo la presa. Neanche lui lo fa, e sono sicura che non sarò io la prima a lasciare, nonostante sia ancora furiosa con lui per il suo gesto.

Effie e il suo accento ridicolo incitano ad applaudirci, ma, incredibilmente, nessuno lo fa.

Prima uno, poi l'altro, quasi tutti portano le tre dita centrali della mano alla bocca, per poi alzarle al cielo,verso di noi. E' un antico gesto, che significa rispetto, significa addio.

Significa che qualuno a noi ci tiene. Magari non direttamente a me, ma chiunque conosca Prim non può non adorarla. Chiunque abbia conosciuto mio padre, comprato i suoi e i miei fagiani, non può non provare pietà per la donna che, dopo il marito, seppellirà la figlia. Chiunque conosca qualuno dei fratelli o la sorellina di Gale, tutti bellissimi, gentilissimi e simpaticissimi, non può non aver già capito che faranno la fame senza lui.

E così, loro restano in silenzio, con il braccio alzato.

Ora sì che potrei scoppiare a piangere. Gale mi stringe la mano fortissimo, e sento tutta la tensione dei suoi muscoli, tutta la sua forza, tutto il suo coraggio. Stringo anche lui, perchè sappia che so. Che posso sorreggerlo anch'io.

Per un secondo, mi guarda. Io punto gli occhi nei suoi.

Poi qualcuno ci spinge via, perchè Haymitch, quell'alcolizzato che deve farci da mentore, non si è presentato e sarebbe imbarazzante aspettarlo oltre il suo imporbabile e alcolico arrivo.

Dei Pacificatori ci scortano fino a un treno. Entriamo, ed è lussuosissimo. Allento la presa alla mano di Gale, per guardarmi intorno, ma lui serra le sue dita, costringendomi, con questo gesto, a guardarlo. Mi basta un attimo e so cosa vuole dirmi. Non farlo. Crollo se mi lasci.

E non lo lascio.

Magari non c'è mai stato nulla di romantico tra noi, ma mi sento bene, in un modo perverso, ad essere assieme a lui e non Peeta, il ragazzo del pane.

Ci viene spiegato che abbiamo mezz'ora per parlare, privatamente,con i nostri cari.

Gale è costretto a lasciarmi la mano.

Entro un una cabina, a tre porte di distanza da quella in cui è entrato Gale, e noto la ricchezza che emanano gli oggetti. Sicuramente il prezzo del divano di tessuto ruvido costa più di tutte le case del Giacimento insieme.

Una frazione di secondo, e mia sorella, seguita da nostra madre, appare. Per fortuna, non sono ancora scoppiata a piangere. Forse non lo farò proprio. Sicuramente non di fronte a loro.

Istruisco Prim accuratamente, le dico di vendere il formaggio della capra, Lady, di fare attenzione e non comprare nulla, ma poco altro. Più che altro la rassicuro, perchè non ho il coraggio di domandarle di andare nel bosco o al Forno. Proprio non ce l'ho.

Prim piange. Adorabile Prim. Stretta a me, mi supplica di vincere. Perchè io so cacciare, Gale sa cacciare, sappiamo tenerci in vita a vicenda e fare squadra insieme.

So benissimo di non aver possibilità. Che vince solo uno agli Hunger Games. Che non ucciderò Gale. Neanche lui ucciderà me, e questo sarà un problema, nel caso io sopravvivessi alla prima notte. Lui è forte, bello, determinato. Lo vorranno tutti.

Ma non posso chiedere loro di lottare, se io stessa aprto con l'idea di morire. Devo essere combattiva, e per fortuna, per indole lo sono.

A mia madre, parlare è più difficile. Ancora ce l'ho con lei per quando è scappata dal mondo, rifugiandosi nel suo letto, dimenticandosi le proprie figlie. Però le dico lo stesso di vendere le medicine, tutte quelle che può. Di darsi da dare al massimo. Lei ha le lacrime agli occhi, e la ammonisco: non può crollare davanti a Prim, non può crollare proprio. Non stavolta, non senza me a salvare Prim. Lei annuisce e alla fine la abbraccio. Prim si unisce, e , tra i loro lamenti, riesco a far sfogare uno strilleto isterico nella gola, che si sente appena. Credo che non lo notino.

Poi un Pacificatore bussa, ed entra senza aspettare di aver sentito risposta. Le costringe ad uscire, e, a sorpresa, entra Peeta, assieme al padre, il fornaio. Quella vipera della moglie non c'e, meglio.

Ma è strano che siano quì. In fondo, è Gale ad averlo salvato, non io.

Peeta ha gli occhi umidi, e credo che sia la prima volta che ci guardiamo in faccia, da quel giorno...

<< Mi dispiace tanto. >> dice improvisamente Peeta, alzando lo sguardo per un attimo.

<< Anche a me >> ,è tutto quello che riesco a dire.

Il fornaio tira fuori da una tasca un sacchettino. Biscotti. Mai mangiati, un lusso decisamente troppo costoso per me.

<< Tieni. Per il viaggio. >> Si limita a dirmi.

Ringrazio, imbarazzata e confusa.

Silenzio. Minuti di silenzio.

Il Pacificatore bussa ed entra di nuovo, e, appena prima di uscire, il fornaio mi dice: << La terremo d'occhio. Ci assicureremo che mangi. >>

Poi escono.

Non ho ancora compreso bene queste parole, che entra Madge. Che strano. La figlia del sindaco, una delle poche persone che mi parlano a scuola.

Sembra di fretta. Mi abbraccia, appena mi vede, ed io, seppur non abituata a questi contatti fisici, la stringo. Abbiamo passato parechcio tempo insieme a scuola, seppur in silenzio.

Quando scioglie la stretta, ha lo sguardo deciso. Mi ricorda Peeta, non so perchè.

<< Prendila, ok? E' un simbolo del Distretto; ne è concesso uno a ogni Tributo >> mi dice, e mi sistema una cosa color oro vicino al cuore. Solo osservando con attenzione capisco che è quella che aveva quella stessa mattina addosso. Una ghiandaia imitatrice. E' un uccello buffo, un simbolo buffo.

<< Grazie. >> Le dico,sottovoce: sento che potrei scoppiare a piangere.

<< Prego. Noi... Noi cercheremo di aiutarvi. Anche alla sua famiglia >> con una mano indica verso la cabina di Gale.

<< Io... >> non so che dire.

<< Lo so. >> risponde rapida.

Mi sfugge un tristisismo sorriso, e stavolta sono io a tuffarmi nelle sue braccia.

<< Grazie, Madge >> ,dico,sui suoi capelli chiari e lucenti. Lei si scosta lentamente, poi con un cenno della mano, esce.

Mi lascio cadere sul divano, diverso da quello di casa. Forse.. Madge e io siamo veramente state amiche, a modo nostro.

La porta si chiude, e stavolta c'è Hazelle, la madre di Gale. Ha gli occhi gonfi e i bambini non sono con lei. Ci conosciamo da così tanto,che non esito ad abbracciare anche lei.

<< Ce la faremo. Ci proveremo. Combatterò perchè sopravviva. >> Le dico a bassa voce.

Sento le sue lacrime bagnare in vestito azzurrino di mia madre, e quando si stacca da me, parla con tono deciso. << Noi ce la faremo. Gale ha insegnato qualche trucco ai suoi fratelli, e... >>

<< Il sindaco ha detto che vi aiuterà. Il fornaio aiuterà Prim. Dividetemi le cose. Ce la farete. >> la interrompo, con tono fermo. Lei annuisce, e io pure, per rendermi più credibile: vorrei solo disperarmi in pace, perchè anche la famiglia di Gale ora è alle strette, non solo la mia.

Ho combinato un casino.

Soffrirà della gente per colpa mia.

Anzi, no. Per colpa di Capitol City. Vorrei bombardarla, in questo momento, e spedire loro dentro l'Arena, al posto notro. Oddio, sto parlando come Gale. Ora sì che lo capisco pienamente. Capisco il fuoco che gli brucia dentro, e lo sento avvampare anche in me.

Un altro abbraccio con la madre di Gale, molto più forte della mia, e anche lei se ne va, chiamata da un Pacificatore. Non so chi altro vuole vedermi, o darmi un regalo, dato che non ho mai stretto grandi rapporti con nessuno, al Distretto.

Infatti, nessun altro viene a farmi visita.

I Pacificatori mi accompagnano verso un salotto, e Gale mi raggiunge subito. Sembra stare male quanto me.

Ci sediamo su un divano, ed Effie ci raggiunge. Sento il disprezzo di Gale montare a ogni sua parola, quindi afferro la sua mano e la stringo.

I suoi occhi,brucianti, incontrano i miei.

Scuoto leggermente la testa. "No", gli mimo. Rughe rabbiose si formano sulla sua fronte,e, proprio mentre temo il peggio, il mio amico e compagno di caccia/odio verso Capitol City/Hunger Games sospira, rilassando i muscoli di braccia e mascella.

Sta bene... Quasi. Beh, Effie sicuramente.

Blatera per quella che mi sembra un'eternità, mentre io mi concentro sui dettagli del treno, sul paesaggio sfuggente fuori, sulle terre che non rivedrò mai più.

Infine, decide di andare a cercare il famoso e problematico Haymitch, perchè secondo una sua precisissima tabella di marcia, lui è in ritardo. E il ritardo è inaccettabile.

Non la sopporto.

Appena cambia stanza, sento Gale borbottare qualcosa tra sè e sè, e sorridendogli -perchè sto sorridendo? È sbagliato- lo guardo.

<< Ho delle domande per te. >> dico.

<< Ne ero certo. Ne hai sempre. >>

Ora nervosa dal silenzio attorno a noi, soli in questa stanza bellissima, in un treno velocissimo, destinati al macello, alzo le nostre mani, ancora intrecciate, perchè le guardi bene. << Perchè non mi lasci? >> domando, nonostante una parte di me tema la risposta.

Gale sospira di nuovo, e il fuoco dei suoi occhi sembra affievolirsi appena. Posa lo sguardo su qualcosa alla sua sinistra mentre parla. << Perchè mi spezzo se non mi tieni intatto tu. >>

 


 

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Capitolo 3
*** 3. Certezze. ***


Le sue parole mi colpiscono dritto in faccia, bruciandomi la pelle come uno schiaffone. Inaspettate. Dolorose.

Sono assalita dall'istinto di andarmene, di scappare, ma non posso. Sono in un maledetto treno, diretto a Capitol City, diretta verso la mia fine, e lui, Gale, è l'unico alletao che ho. E neanche lo sarà a lungo, perchè dall'arena puo uscirne solo uno vivo.

Ma, pensandoci, sarebbe meglio che vincesse lui, dato che io ho pochissime possibilità. Significherebbe, la sua vittoria, una piccola quantità di cibo supplementare regolare per un anno per la mia famiglia e il mio distretto. E, tornato a casa, Gale si sarebbe occupato, almeno in parte, della salute di prim e mia madre. Avrebbe avuto una buona vita.

<< Di' qualcosa. >> sbotta all'improvviso.

Oh... << Io..Ehm... Dobbiamo fare in modo che uno di noi due esca vivo da quell'arena. >> butto lì, cercando debolmente di deviare la direzione della conversazione.

Gale sembra meditarci su per qualche attimo, poi, guardando fisso davanti a sè e evitando di incrociare il mio sguardo, alza le spalle << Sarà così di sicuro>>. Poi china impercettibilmente il capo, e il mio cuore perde un colpo. Gale sta soffrendo ed io sono cattiva con lui e lui merita una risposta alle parole sott'intese di quella frase. Ma io non le ho. Non le ho mai avute e forse non le avrò mai. Gale è il mio migliore e unico amico. Il mio compagno di caccia. E io non posso sopportare che soffra a causa mia, specialmente ora, in viaggio verso gli Hunger Games.

Così, non seguendo nessun ragionamento, mi tuffo tra le sue braccia.

Anche se non c'è mai stato nulla di romantico tra noi, le conosco bene. Le ho osservate per anni.

Le dita affusolate, i muscoli forti e contratti, i tendini e le vene in evidenza. Conosco tutto. Eppure è la prima volta che l'abbraccio, e, dopo un attimo, Gale mi stringe a sè in una morsa calda.

Paradossalmente, mi sento al sicuro. Gale mi ha sempre fatto questo effetto, anche nei boschi. Mi da la sicurezza e la protezione che ho perso alla morte di mio padre.

Restiamo immobili così per qualche minuto, mentre il lussuoso treno di Capitol City viaggia velocemente sotto di noi, quasi impercettibilmente tremando.

<< Sù! Sù! Su! >> squittisce una voce all'impovviso, ed Effie apre la porta ed entra nel salottino. << C'è la replica della mie->> si blocca di colpo, nello stesso attimo in cui io e Gale ci allontaniamo l'uno dall'altra di scatto. Lui fa una smorfia, lei esita un momento e io non so se sentirmi in imbarazzo.

<< -titura. >>. Effie si siede alla mia sinistra e accende la tv: sta passando lo stemma di Capitol City, il programma sta per iniziare.

Gale, alla mia destra, si stravacca sul divano e assume la sua tipica espressione truce e irritata, che diventa rabbiosa ogni volta che Effie apre bocca. E lei, mio Dio, quanto parla. Commenta ogni commento dei presentatori, quasi sempre non espimendo nulla di concreto, utile o pertinente.

Gale non solo riesce a non dirle nulla, ma neppure se ne va dopo 10 minuti, cosa che temevo più di tutto. Sono fiera di lui per questo.

I presentatori si dicono soddisfatti della mietitura. Dal Distretto 2 c'è un ragazzo biondo, Cato, che sembra tremendo. Rimango colpita dalla ragazza dai capelli rossi del Distretto 5. Dall'11, insieme a un tipo della stazza di Gale, viene sorteggiata una bambina, Rue, di 12 anni. Benchè la sua pelle sia scura e i capelli neri e ricci, mi ricorda immediatamente Prim. Ma nessuno si offre volontario al posto suo. Infiene, ecco il Distretto 12.

Prim sorteggiata. Io che mi offro volontaria al posto suo. Gale che se la carica in spalla allontanandola da me, e che poi si offre volontario a sua volta. Ecco che sequenza trasmettono a tutto Panem. Il momento in cui tutti alzano le dita centrali della mano al cielo è stato tagliato. Uno dei presentatori dice che due volontari da un Distretto remoto come il nostro sono molto rari, se non unici, e che la sfida quest'anno si preannuncia molto interessante.

Passa il sigillo di Capitol City e la tv si spegne automaticamente. << Bene, benissimo!>> dice Effie, con quel suo tremendo accento tipico e irritante, poi se ne va per rimproverare Haymitch e la sua indecorosa assenza.

Come chiude la porta, sento la tensione appesantire l'aria. L'imbarazzo.

<< Bene, benissimo!>> ripeto, imitando l'accento di Effie, usato in tutta Capitol City, che ha sempre dato ottimi spunti per le imitazioni a me e Gale.

Infatti, dopo un attimo, scioglie i musconi facciali e cede a una fragorosa risata. Anch'io inizio a ridere, poi mi alzo e prendo un vassoio pieno di dolciumi.

<< Prendi >> gli dico, appoggiandolo sul tavolino di fronte a noi.

<< Grazie >> dice, afferrandone uno. Lo osserva da diverse prospettive,sospettoso, poi lo addenta, con un'esperssione ancora dubbiosa.

Ne afferro uno anche io. Non ho idea di cosa sia, ma è squisito.

Gale sta mangiando l'ultimo dolcetto, quando io sospiro, e le parole mi escono di bocca senza che me ne renda conto. << Scusami. Se sei in questo casino, è colpa mia. >>

Lui ingogia rumorosamente l'ultimo pezzo, poi alza le spalle e abbassa gli occhi. << No. Colpa mia. Sono io che non sono pronto a perderti. >> dice.

Mi odio in questo moento. Se Gale non avesse questo senso del dovere che lo spinge a proteggermi, ora non sarebbe sicuramente qui con me. Vorrei urlargli un faccia, tornare indietro nel tempo, mettermi a piangere... Vorrei... non lo so. Vorrei che Gale restasse accanto a me.

Con un sospiro di rassegnazione, mi affloscio sul divano, accanto a lui, e accendo la tele su un canale casuale.

Lui non si muove, resta spalla a spalla con me, trasmettendomi quella solidità che mi ha permesso di cacciare senza problemi e credere in me stessa. Quella solidità che mi fa rendere conto di una cosa: nonostante tutto -la situazione in cui abbiamo lasciato le nostre famiglie, la nostra morte possibile- sono felice che lui sia quì. Mi aiuta a tenere insieme i pezzi di me, in un modo diverso da quello che credevo prima. 

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