Strawberry black

di clif
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Questa è la mia vita ***
Capitolo 2: *** Fuga disperata ***
Capitolo 3: *** Delle persone molto strane ***
Capitolo 4: *** Fiducia ***
Capitolo 5: *** La mia scelta ***
Capitolo 6: *** Natale ***
Capitolo 7: *** La nuova vicina ***
Capitolo 8: *** Il primo giorno di lavoro ***
Capitolo 9: *** Un arrivo inaspettato ***
Capitolo 10: *** Gelosia ***
Capitolo 11: *** Un’ uscita romantica ***
Capitolo 12: *** Solo una scusa ***
Capitolo 13: *** Una breve visita ***
Capitolo 14: *** La situazione si complica! ***
Capitolo 15: *** Il neonato ***
Capitolo 16: *** Flashback – Le origini della guerra parte 1 ***
Capitolo 17: *** Flashback – Le origini della guerra parte 2 ***
Capitolo 18: *** Flashback – Le origini della guerra parte 3 ***
Capitolo 19: *** In cerca di Zak ***
Capitolo 20: *** Ritorno a Londra ***
Capitolo 21: *** Casa dolce casa ***
Capitolo 22: *** Tradimenti ***
Capitolo 23: *** La verità ***
Capitolo 24: *** Battaglia nel tempio ***
Capitolo 25: *** Capitolo finale – Strawberry black - 1°parte ***
Capitolo 26: *** Capitolo finale – Strawberry black 2°parte ***



Capitolo 1
*** Questa è la mia vita ***


  

 Sognavo, quel giorno, anzi quella notte in cui mi ero trasferito, qui a New Ton. Mi svegliai di soprassalto erano le 5:30, non di più ero zuppa di sudore, camminai stremata verso il bagno. Ero pronta per andare a scuola, eppure erano passati solo pochi minuti. Scesi a fare colazione e guardai come ogni giorno la foto di mio padre, mi mancava molto, con velocità preparai il latte con dei cereali, ne presi una cucchiaiata e uscii all’ istante. Andai a prendere la mia bicicletta, aveva un colorito marrone, tendente sul verde, me l’ aveva regalata mio zio Fred al mio tredicesimo compleanno. Mi diressi senza sosta verso scuola, non volevo far tardi il primo giorno. Erano 2 o 3 mesi che vivevo lì, con mio fratello di 12 anni a carico, io ne avevo solo 16. Ogni tanto mia madre veniva a trovarci, ma ogni volta sempre più distante dall’ altra, l’ ultima volta è venuta un mese fa. Arrivai nel giardino della scuola parcheggiai la bicicletta vicino ad una macchina, di buon livello, ma di un rosa sgargiante. Corsi dentro la scuola, non c’era nessuno all’ ingresso, pensai per un attimo che mi trovassi nel luogo sbagliato o nel momento sbagliato, ma poi mi accorsi di una signora in carne che si avvicinava a me. – come ti chiami piccola?- Rimasi sorpresa, ma poi risposi – Gwen Mason devo frequentare la seconda- La donna cercò in alcuni fogli, poi ne tirò fuori uno. -Ecco, tieni ti aiuterà a non smarrirti all’ interno e ci sono anche i tuoi orari- Io la ringraziai e lessi attentamente, la mia prima ora era Algebra, mi venne da svenire. Guardai la mappa e mi diressi subito lì. Arrivata (dopo una ventina di minuti) c’era la professoressa che mi fece entrare con impazienza e mi presentò alla classe. Io mi sedetti all’ ultimo banco, di fianco a me c’ era un ragazzo – Tyler, piacere- mi disse – Gwen – Tyler mi tartassò di domande, voleva sapere addirittura quante volte vado in bagno al giorno. Appena suonò la campanella io corsi verso l’aula di inglese che trovai solo dopo 15 minuti. – Ragazzi ecco a voi: Gwen – Ero rossa come un pomodoro. Mi sedetti all’ ultimo banco, non c’ era nessuno vicino a me. Fortunatamente l’ ora volò velocemente. La giornata andò liscia come l’ olio, arrivarono le 12:30, uscii ed in fretta raggiunsi la mia bicicletta e pedalai via, finché davanti non mi ritrovai una macchina blu, dentro c’ erano dei ragazzi, mi bloccarono la strada e parcheggiarono lì in mezzo, come se niente fosse. Io li evitai andando avanti per la mia strada verso casa. Arrivata in cortile, facevano circa 15 gradi, corsi in casa e preparai il pranzo per mio fratello. Salii in camera mia, la giornata era stata un po’ stressante, ma niente di che. Accesi il mio computer e cominciai a leggere le e-mail che mi erano arrivate: -Ciao amore, sono la mamma, mi dispiace, ma non posso venire, penso che verrò tra 2 settimane. Bacioni Mamma.- La solita, mia madre non viene mai, non tanto per me, ma per Zak. Scesi in salotto e cominciai a spazzare per terra. Ad un certo punto squillò il telefono, corsi a rispondere: -pronto?- -Buongiorno, sono il signor Jenson, il collega di suo padre, … non so come dirlo, ma devo informarla di una brutta notizia!- A quel punto mi arrivò il cuore in gola, mio padre faceva il militare, la sua vita era in rischio. – Mi dica pure.- Dissi io.

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Capitolo 2
*** Fuga disperata ***


-Suo padre è rimasto ferito da una bomba, gli danno 48 ore  -  furono le ultime parole che sentii e cominciai a fuggire, a correre fuori da quella casa, fuori da quella città, fuori da quel mondo. Presi la mia giacchetta blu notte e aprii la porta respirando con insistenza. Stava piovendo con delicatezza, facevano all’ incirca 15 gradi non di più, mi trovavo nel nord dell’ Inghilterra, qui a New Ton faceva molto freddo pur essendo ancora nel mezzo di Ottobre. Cominciai a correre verso il centro, non avevo una meta volevo solo dimenticare. Continuavo a correre, avevo il cuore a 3000!!! E il fiatone non era assente. Ad un certo punto pensai a Zak, non potevo lasciarlo da solo avrebbe cominciato a preoccuparsi .Decisi di tornare a casa, ma in quel momento un tuono mi fece sobbalzare e dal cielo cominciò a cadere una cascata d’ acqua. Mi riparai sotto un albero, lo so non è il posto più sicuro, ma Vabbè non ci sarei rimasta tanto. Di fianco a me arrivò un ragazzone alto, molto più alto di me! – Piacere Devon, ma puoi chiamarmi DJ! – Disse lui, era scuro di carnagione ed aveva un ombrellino rosa che stava scuotendo per farlo asciugare. – Io sono Gwen – gli dissi io. – Vuoi venire con me? Ho l’ ombrello!- Mi disse lui. – Sì, ti ringrazio.- Camminammo per qualche minuto, era un tipo interessante e molto dolce – In che scuola vai?- Gli chiesi io – Come? Non  mi hai visto siamo nella stessa scuola.- Mi disse lui, rimasi stupita – Ah, sì ora ricordo.- mi inventai io, invece niente non me lo ricordavo affatto. Arrivammo davanti casa mia – Grazie DJ. - gli dissi  -Di niente.- mi rispose. In fretta corsi in casa e cominciai a preparare la cena, mentre pensavo ancora a mio padre. Misi il pollo a cuocere, pensavo a quel ragazzo era stato molto carino, spero che non ci stava provando, non per male, ma non sono una gatta morta! Andai in camera mia a scrivere quello che era successo a papà a mia madre per via chat. Finii di scrivere e presi l’ mp3 e cominciai a sentire “Someone like you”. Ero disperata, pensavo al mio povero papà, che aveva al massimo 48 ore. A quel punto mi buttai sul letto e cominciai a riflettere sul futuro. “Non devo arrendermi!” Mi ripetevo nella mente. Chiusi per un secondo gli occhi “Devo andare avanti per chi mi vuole bene, soprattutto per Zak senza di me non potrebbe fare molto.” Mi dissi sussurrando. A quel punto mi rialzai e presi il computer, il mio bellissimo computer nero con i brillantini blu. Mi misi su face book e non avevo voglia di uscirne. Ad un certo punto sentii la porta bussare – Gwen?- Disse Zak – Cosa vuoi?- Gli risposi seccata – Cos’ è quest odoraccio?- Mi chiese lui ancora al di là della porta. – Oh mio dio! – Gridai.  Corsi verso la porta e la spalancai, mi ero dimenticata il pollo nel forno, appena lo aprii il fumo avvolse la cucina, senza parlare del pollo era diventato un marrone-nerastro, ma non mi voglio ricordare del odore rivoltante. Lo chiusi in un sacco e lo portai fuori per buttarlo. Lo gettai nel cassonetto, in quel momento vidi una macchina grigia, con il buio non riuscivo a vedere chi c’ era dentro. Continuai a scrutarla, a quel punto partì a tutta velocità e scomparve nel nulla.
Il giorno dopo mi preparai in fretta per andare a scuola, uscii e in gran velocità presi la bicicletta, ma vidi un auto blu parcheggiata nel vialetto. La guardai e vidi dentro DJ che mi faceva un cenno con la mano, a quel punto salii in macchina. – Ciao. – Mi disse – Ciao. – Gli risposi banalmente.        – Oggi c’ è una sorpresa! – Mi disse lui emozionato. – Cosa? - gli chiesi io – Vedrai! – A quel punto tirò fuori un ghigno a 32 denti e mi diede un occhiata fulminea. A quel punto mi arrivò il cuore in gola e mi pentii di essere salita lì.
 
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Capitolo 3
*** Delle persone molto strane ***


In quel momento ero terrorizzata, DJ accelerava sempre più, raggiungendo i 110/120 km orari. – Gwen, cos’ hai? – Mi chiese DJ nascondendo i suoi denti splendenti. – Niente, non preoccuparti.- Gli risposi io tremando. Arrivammo a scuola in pochi minuti, DJ parcheggiò facilmente e mi fece scendere porgendomi la mano. Io, però, la rifiutai e scesi con le mie sole forze. – Gwen, ti vedo strana.- Disse DJ – No, non ho niente.- Risposi allungando il passo. A quel punto mi piombò davanti Tyler – Ciao Gwen. – Mi disse, io senza uno sguardo continuai per la mia strada . Passò qualche ora, le lezioni mi parevano interminabili, ma arrivò l’ ora per mangiare, fortunatamente! Raggiunsi la mensa e mi sedetti ad un tavolo, quello centrale. Improvvisamente la porta si spalancò ed entrarono 5 ragazzi,quasi tutti pallidi come la neve. Erano 2 maschi e 3 femmine. Nello stesso momento arrivò un altro gruppo composto da 5 persone, tra cui DJ. Io gli feci un cenno e lui contraccambiò con un sorriso. I due gruppi si sederono a i due tavoli di fianco a me. In quel momento la mensa si svuotò, tutti fuggirono a parte quei dieci. Li osservavo senza farmi troppo notare, erano strani creature affascinanti, ma sovrannaturali. -Quante sciocchezze mi metto nel cervello.- Dissi a bassissima voce. Passarono dei minuti interminabili, finché DJ si alzò e con lo sguardo minaccioso dei compagni mi raggiunse. – Ecco la sorpresa. – Mi disse lui. – Quale sorpresa? Sono mostri o che altro?- Risposi, a quelle parole scoppiò in una risata fragorosa. – Vieni, te li presento.- Disse prendendomi per un braccio. – Loro sono Mike, Scott e Geoff - -Piacere, io sono Gwen. – Mi presentai, mi guardavano felici, meno male. – Lui è Duncan il più intelligente tra i miei fratelli. Era un punk, aveva la faccia guardava impassibile. A quel punto mi liberai dalla presa di DJ e cominciai ad uscire. Nel corridoio trovai una ragazza bionda, faceva parte del gruppo opposto ai fratelli di DJ. – Piacere Bridgette - mi disse – Io sono Gwen – le risposi, continuava a seguirmi – Stai lontana da loro, quelli vogliono farti del male. – Mi disse, a quel punto mi girai, ma non c’ era più. Corsi verso il bagno, appena raggiunto mi chiusi dentro a chiave. – Attenta!- Sentii alle mie spalle. Mi girai velocemente, era un’ altra ragazza bionda, sempre dello stesso gruppo, ma era molto più pallida ed era seduta a gambe incrociate in pizzo al lavandino. A quel punto riaprii la porta e fuggii verso l’ aula d’ Inglese. Mi ritrovai davanti voltando l’ angolo un altro di quei ragazzi, era alto e con i capelli marroni. – Scusami, non volevo – Mi disse lui. – No, è colpa mia.- gli risposi – Piacere Trent. – Si presentò lui. Mi accompagnò fino all’ aula. – Ciao, e ancora scusa.- Dissi io. – No, non andare, devo raccontarti una cosa. – Mi bloccò lui. - Scusa devo andare – Gli dissi ed entrai. Furono le 13:30 e uscii di scuola, non avevo la bicicletta, quindi non sapevo come tornare a casa. A quel punto arrivò Trent con una macchina grigia – Vuoi un passaggio? – Mi chiese. Ero titubante, ma poi accettai. Partì a razzo raggiungendo subito i 100 km orari. – Io abito a … - Mi interruppe – Lo so benissimo dove abiti.- Rispose con un sorriso. Arrivammo davanti casa. – Eccoci!- disse lui con un sorriso – Grazie, a domani.- Gli dissi io, appena scesa vidi a pochi metri una macchina blu con Geoff e Mike dentro (due fratelli di DJ) che misero in moto appena li guardai, Trent diede uno sguardo allo specchietto e partì in quinta dietro di loro. Rimasi stupita e in fretta entrai in casa, cominciando a preparare il pranzo. Passò qualche ora e sentii suonare la porta. Andai a aprire, era il postino con un pacco per me. Lo presi e sopra c’ era una lettera. “Ciao Gwen, sono io tua madre, ti devo dare una buona notizia, ho raggiunto papà in Asia, sta molto meglio e non morirà più. Nel pacco c’ è qualcosa per te e per Zak, salutamelo molto, presto arriverò. Baci mamma!” Mi commossi, cominciai a lacrimare, poi chiamai Zak ed insieme aprimmo il pacco. Dentro c’ era una play station 3 per lui ed una busta per me, la aprii e dentro c’ erano 10.000 dollari ed un biglietto. “Ti sono piaciuti? Compraci la Smart rossa che hai sempre desiderato, ed il poco resto tienilo da parte. Mamma!” A quel punto finii di commuovermi veramente.
  

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Capitolo 4
*** Fiducia ***


Mi sveglia di soprassalto quel giorno, la scuola era stata chiusa per il forte vento ed ora dovevo tornare dopo una settimana di vacanza. Ero già pronta, scesi le scale e preparai la colazione a mio fratello. Uscii in giardino, non vedevo l’ ora di quel pomeriggio, sarei andata a comprare la Smart, la magnifica SMART ROSSA che ho sempre desiderato. Tremavo dal freddo, facevano 11 gradi ed io avevo solo una maglietta a maniche lunghe e un giacchetto striminzito. A quel punto mi piombò davanti una macchina blu, con sopra DJ e Geoff. – Sali, sbrigati!- Mi incoraggiò DJ, a quel punto salii in macchina, sul sedile posteriore c’ era Geoff che mi accennò un sorriso. Dj partì a 80/85 km orari. - La scuola è dall’ altra parte.- Gli dissi io lievemente stupita. – Lo so, non ti ho detto che andiamo a scuola.- Rispose con un ghigno. – Fammi scendere.- Gridai io, a quel punto la Subaru blu accostò. – Gwen, calmati volevo farti vedere casa mia.- Mi tranquillizzò DJ. A quel punto Geoff lo guardò con uno sguardo elettrizzante. A quel punto intervenni io. – La piantate? Cosa volete da me?- -Vogliamo metterti in salvo, non devi rimanere a contatto con loro.- Mi disse Geoff. Aprii la portiera e corsi a più non posso. Vidi in lontananza alla fin della strada un ragazzo, era uno dei fratelli di Trent. Arrivò da me in meno di un secondo. – Scappa, a loro ci penso io!- Mi sussurrò nell’ orecchio. A quel punto corsi avanti. Qualcuno mi prese per un fianco e mi scaraventò in una macchina. Al volante c’ era Bridgette ed al sedile del passeggero Zoey, due sorelle di Trent. La macchina andava spedita, raggiungendo i 130 km orari. – Dove mi state portando?- -Al sicuro!- Mi rispose Zoey tenendo in mano un ciondolo, a quel punto chiuse gli occhi – Lupo M, è dietro di noi!- Gridò Zoey senza nemmeno guardare. A quel punto Bridgette sterzò con prontezza in una stradina, Zoey apparve sul sedile di fianco al mio, mi abbraccio, poi in un attimo saltò fuori dalla macchina lanciandomi in un boschetto, lei cadde in piedi, invece io ero a terra intontita. Mi fece alzare, a quel punto vedemmo un lupo marroncino che seguiva la macchina di Bridgette, - Come facevi a sapere del lupo?- Le chiesi io. – Leggo il futuro- mi disse tranquillamente come se fosse da tutti, rimasi sbalordita. Continuavamo a camminare, ma non capivo perché la seguivo, ad un certo punto sentimmo un ululato e Zoey mi avvolse tra le sue braccia e mi sdraiò a terra dietro un tronco caduto. – Stanno per trovarci, corriamo!- Mi ordinò Zoey. Zoey rimaneva al mio passo, eppure sapevo che avrebbe potuto seminarmi in un attimo invece rimaneva al mio passo. Improvvisamente un lupo roscio Assalì Zoey. – Corri, non fidarti di nessuno.- Mi disse lei, feci quello che mi aveva detto e cominciai a correre, dopo qualche decina di metri vidi DJ in macchina – Corri, ti prego Gwen devi fidarti.- Mi avvicinai lentamente, a quel punto DJ uscì dalla macchina e davanti ai miei occhi si trasformò in un lupo con il pelo marrone. Ero spaventata, indietreggiai, ma lui con un salto mi prese in groppa e in un secondo ero nella sua macchina, sdraiata sui sedili posteriori. – Cosa succede?- Chiesi impaurita – Niente, basta che segui quello che ti dico e quei maledetti vampiri non ti faranno niente.- Mi spiegò – Vampiri?!- Gridai terrorizzata. – Sì siamo due famiglie: Vampiri e Licantropi.- La macchina sfiorava i 150 km orari. DJ accese l’ aria calda e cominciò ad accelerare – Lo sapevo!- Disse nervoso accelerando sempre più,raggiungendo i 180 km orari. Eravamo in una vallata, non c’ era niente a parte noi, eravamo molto lontani dalla città – Avete vinto! Ormai siamo troppo lontani, mi spieghi perché giocate come se fossi un trofeo di uno sport?- Dissi infuriata. – Gwen, ti stiamo proteggendo.- Mi disse DJ, a quel punto piombò davanti a noi Dawn, un’ altra delle sorelle di Trent. Bloccò la macchina con una mano. A quel punto DJ mi prese in braccio e mi portò fuori dalla macchina. Diventò lupo e mi mise sulla sua schiena, a quel punto cominciò a correre. – Tieniti!- Mi ordinò DJ, improvvisamente una stretta rapida mi avvolse e mi staccò dal pelo caldo di DJ. Era Trent che mi prese in braccio e mi posò a terra. – Fermati, lasciatela stare!- Disse Trent a DJ con un tono minaccioso. A quel punto arrivò Duncan che si fermò vicino DJ. Ero a metà tra loro due, dovevo scegliere.

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Capitolo 5
*** La mia scelta ***


Rimasi per una decina di minuti impassibile. – Piantatela, cosa volete da me?- Dissi con voce isterica a quel punto DJ fece un passo avanti, ma Duncan lo fermò. Ero terrorizzata, non sapevo cosa fare, mi guardavano tutti e quattro. – Ora basta cosa volete mi sono rotta proprio le scatole, non sono un trofeo ne tanto meno una preda … - A quelle parole Trent mi guardò minaccioso, ma Dawn le mise una mano su un braccio per calmarlo. – Allora?- Continuai. A quel punto si alzò un vento, molto forte. – Vogliamo metterti in salvo.- Disse Duncan, - Però… non vogliamo perderti.- Continuò Trent. Io non capivo, sapevo solo che mi fidavo di entrambi. – Va bene, ora me ne ritorno a casa. – Dissi decisa e a passo svelto cominciai ad andarmene, non volevo far vedere che stavo piangendo. Non posso stare con tutti? Non posso essere amica di tutti loro? No, troppo banale, la mia vita è troppo scombussolata, sarebbe stato troppo semplice. A quel punto cominciai a correre, ma sapevo che se solo volevano mi avrebbero raggiunto in un attimo. Passò qualche ora, grazie ad un taxi raggiunsi casa mia sana e salva. Entrata in casa faceva molto caldo, lessi il contatore, facevano quasi 25 gradi, mi tolsi in fretta il giacchetto – Zak, dove sei?- Cominciai a cercarlo, ma non lo trovai. – Zak, rispondi dove sei?- A quel punto alzai la voce, ma non rispose nessuno,tornai in cucina e vidi il forno aperto e soprattutto acceso. Lo chiusi e lo spensi, - Zak, si può sapere dove sei?- A quel punto ero sull’ orlo del grido. Stavo impazzendo, controllai in camera sua, ma niente in fretta raggiunsi la mia camera, la aprii e lo vidi, era lì sdraiato sul mio letto, si era addormentato, mentre sentiva “I se eu te pego” la sua canzone preferita. Lo svegliai – Zak, perché sei sul mio letto?- Gli sussurrai. A quel punto scattò in piedi e se ne andò. Improvvisamente mi ritornò in mente tutto quello che era successo oggi. Presi una scelta e cominciai a fare le valigie. – Zak, fai le valigie, andiamo via.- Lo avvertii – Siamo appena al 12 Novembre- Mi rispose lui. – Allora?- Gli chiesi – E’ solo poco più di un mese che siamo qui, dovevamo tornare sotto Natale a casa. – Io non lo ascoltai, scesi le scale e uscii di casa portando con me i 10.000 dollari. Andai a comprare la Smart, mi serviva per il viaggio, aggiunsi casa e caricai nel portabagagli le mie due valigie, mentre speravo che ne vampiri ne licantropi mi stessero osservando. Tornai in camera mia e presi il computer, poi andai in salotto e staccai la corrente – Non dimenticarti di me. - Mi disse Zak che scendeva le scale con la sua valigia. Entrò tutto per miracolo nel portabagagli. Attaccai dietro la mia bicicletta e montai in macchina, misi in moto e con il cuore in gola cominciai a premere l’ acceleratore. La radio segnava le 19:21, e facevano 10.5 gradi. Accesi in fretta l’ aria condizionata a livello 2, nella macchina faceva molto freddo, anche se indossavo un golf di lana e una tuta a maniche lunghe di cotone pesante. Misi in moto e partii, andai sui 50 km orari volevo andare piano, perché era la prima volta, ma anche perché volevo cominciare ad andare più veloce dopo Edimburgo. Arrivarono le 19:32, eravamo a Dundee, una città dell’ Inghilterra situata a pochi chilometri a sud di New Ton, a quel punto spensi l’ aria condizionata e cominciai a raggiungere i 55/60 km orari. Arrivammo alla periferia di Edimburgo alle 21 in punto – Zak, tutto bene?- Gli chiesi io – Sì, tutto a posto.- mi rispose – Ti vedo fiacco.- Gli dissi io – Perché stiamo tornando a Londra?- Mi chiese infuriato Io non lo ascoltai, ma cominciai ad accelerare come se non ci fosse raggiungendo quasi 65 km orari. – Non possiamo tornare a New Ton!- Gli dissi nervosa – Perché?- Mi urlò lui, a quel punto rallentai e accostai. – Non ti immagini neanche cosa c’è lì, non è il posto per noi.- A quelle parole ripartii a 70 km orari. – Avevo dei nuovi amici lì- mi riferì, mi dispiaceva per lui, ma lo facevo per il suo bene, ma poi ci cominciai a pensare sopra, non sapevo cosa fare, forse non era così pericoloso per noi? Ormai avevo deciso, - Zak – Dissi io, - Torniamo a New Ton!-

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Capitolo 6
*** Natale ***


Arrivò il 24 dicembre, la scuola era chiusa ed io ero al supermercato per comprare i tortellini per Natale, erano le 16:22 e facevano 2 gradi, intorno a me la neve, solo neve e ghiaccio, gli alberi del sentiero verso casa spogli senza foglie con punte di ghiaccio penzolanti. Sulla Smart c’ era un velo bianco, entrai in casa, Zak non c’era, era andato a casa di un suo amico. Andai in camera mia e accesi il computer, avevo ricevuto 2 messaggi, lessi il primo:
“Ciao Gwen, sono mamma, come stai? Papà è in via di guarigione e per gennaio sarò a casa. Mi dispiace che non ci vediamo da tre mesi, ma devi avere pazienza. Baci mamma!!!”
Cominciai a leggere la seconda:
“Ciao Gwen, è da tanto che non ti vedo, mi dispiace per quello che ti è successo quel giorno, ma non ti succederà niente, ti prego di perdonarmi se accetti incontriamoci davanti la scuola, alle 17:00 il 24 Dicembre. Spero di incontrarti, Trent!”
A quel punto saltai giù dal letto e mi infilai il cappotto, raggiunsi la Smart e la misi in moto. Raggiunsi la scuola alle 17:00 in punto, era lì al di là della cancellata, nel giardino della scuola, lì a braccia conserte. Corsi verso di lui e agitai le braccia – Gwen, sono felicissimo di vederti!- esclamò lui – Vuoi vedere una vera partita di basket?- Mi chiese lui ammiccando, il suo sguardo mi sbalordiva,  non riuscivo a contraddirlo, allora feci segno con la testa. A quella reazione Trent allungo le mani verso di me e mi prese in braccio, facendomi attraversare il recinto. Il giardino della scuola era coperto di neve e il laghetto che si era formato con le forti piogge si era ghiacciato. Improvvisamente si alzò il vento, portava verso di noi dei nuvoloni bianchi. – Dobbiamo sbrigarci, porteranno neve!- Dissi io, Trent era calmo, anzi calmissimo, il vento gli scompigliava i capelli era in piedi dritto a guardare le nuvole avvicinarsi. Continuammo a camminare e raggiungemmo la palestra della scuola – E’ chiusa!- esclamai – Mi sottovaluti.- Rispose Trent, non era affatto chiusa, anzi senza usare la maniglia si spalancò davanti a noi. Trent mi accompagnò dentro, poi chiuse la porta chiudendola a chiave. – Seguimi!- Mi ordinò Trent, entrammo dentro la palestra, c’ erano già tutti: Vampiri e Licantropi, avevano delle tute ed erano pronti in campo. – Buonasera Gwen, come va?- Mi chiese Duncan al mio fianco. – Tutto bene, il Natale mi stressa.- Risposi, la sua cresta mi faceva impazzire, anche il suo sguardo da vandalo non era male. La partita cominciò, ma non riuscivo a seguirla correvano ad una velocità inaudita e facevano punto ogni 5 secondi. Passarono i minuti e arrivarono al termine, 250 a 250. – Wow! Bravi!- Gridai io, Bridgette mi guardò schifata, a quel punto mi fermai. – Io devo andare, grazie è stato bello.- Dissi io, poi presi la borsa e uscii dalla palestra, vidi correre dietro di me Noah – Ti accompagno.- Mi disse con un sorriso. Arrivammo alla Smart – Ciao, ci vediamo.- Mi salutò lui, io feci uguale poi misi in moto, certo pensavo a qualcosa di meglio, non so ad un’ uscita romantica o quant’altro, certo non ad una partita da basket, ma almeno sono stata con loro. Stavo tornando a casa, ma mi accorsi che cominciò a nevicare. – Mio dio no!- Esclamai, non amavo la neve, anzi la odiavo. Cominciai ad accelerare per arrivare a casa prima che la strada sarebbe sommersa dal bianco. Parcheggiai nel cortile, scesi dall’ auto ed entrai in casa. Vidi Zak aveva un panettone in mano e mi guardava felice. – Festeggiamo il Natale come con la mamma?- Mi chiese, non riuscivo a dirgli di no. – Va bene, apparecchia la tavola, io cucinerò il pollo.- Risposi, era felicissimo, questo mi rincuorava. Arrivò la mezzanotte, avevamo mangiato già tutto, a quel punto Zak si alzò e mi porse un pacco, ero commossa, scartai quella bellissima carta dorata, c’ erano delle nuove cuffiette per l’ MP3, sapeva che le mie si erano rotte – Oh, grazie!- Lo abbracciai. A quel punto corsi in camera mia per cercare il regalo che gli avevo comprato, lo trovai sotto i mio cappotto, lo presi e lo consegnai a Zak, in fretta lo scartò, era il nuovo gioco di calcio per la play station 3. – Grazie sorellona. – Ci abbracciammo, a quel punto mi commossi sul serio. – Vieni Zak . – Lo condussi fuori, stava nevicando come non aveva mai fatto quell’ anno a New Ton e facevano meno di 3 gradi sotto lo zero. Improvvisamente mi arrivò un colpo congelato sulla guancia, mi girai ed era Zak che mi aveva lanciato una palla di neve, non riuscii a resistere e lo feci anch’ io, cominciammo a giocare con la neve come due bambini.
 

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Capitolo 7
*** La nuova vicina ***


Era il secondo giorno di Gennaio, era passato anche Capodanno, erano le 9:20 ed io come sempre a quell’ ora mettevo in ordine casa. Quel giorno mi toccava, dovevo pulire la camera di Zak, entrai e ritrovai vestiti a destra e a sinistra, addirittura sul lampadario. – Zak!- Gridai, ma non mi rispose, sicuramente era uscito per giocare con la neve. Pulii tutto da cima a fondo, finii alle 11:42, quella stanza – Ora sì che va bene.- Dissi tra me e me soddisfatta. Andai in cucina e tirai fuori dal congelatore due fettine di maiale, lo lasciai sull’ armadietto a scongelarsi, poi mi infilai il cappotto e uscii in cortile. Vedevo Zak immobile che guardava la porta del vicino di casa.  Sull’uscio, davanti la porta c’era una ragazza che mi fece cenno di avvicinarmi. Zak corse verso di lei, mentre io lo seguivo abbastanza intimorita. – Piacere Courtney – si presentò la ragazza. – Molto piacere Gwen – Le risposi imbarazzata, - Non devi aver timore, entra in casa!- Mi disse lei con un tono amichevole, io la seguii dentro a ruota. – Questa è casa mia, d’ora in poi saremo vicini.- disse lei tutto d’un fiato, era una ragazza con la carnagione color marroncino-olivastro, mi fece accomodare su una sediolina marrone e mi pose una tazza di tè. – Parlami un po’ di te. - mi incitò lei. A quel punto Zak tornò a casa, aveva capito che non si sarebbe divertito affatto. Io le raccontai di mio padre, che ero qui da sola con mio fratello, che frequentavo il secondo liceo e avevo 16 anni. – Che coincidenza! Anch’ io. – Saltò lei in piedi. – Allora siamo coetanee.- Le dissi con un sorriso. Cominciò a sparecchiare, mettendo le tazzine nella lavastoviglie. – Vogliamo fare due passi?- Mi chiese lei. – Va bene.- Risposi. Imboccammo la stradina verso il centro e cominciammo a camminare sotto gli alberi ghiacciati. Era molto simpatica, ma non sapevo se poteva durare, eravamo molto diverse. Raggiungemmo la fontana nel centro della città, era completamente ghiacciata, facevano 0,5 gradi appena. – Cosa fai per vivere?- Mi chiese Courtney – In che senso?- -Fai qualche lavoro?- Mi chiese. – No, ogni tanto mia madre mi manda qualche soldino.- Le risposi. Mi stava molto simpatica, era invadente, appiccicosa, precisina, ma non era niente male, almeno era NORMALE!!! – Sai cosa ti dico?- Me ne uscii io improvvisamente – Cosa?- Mi chiese lei curiosa. – Voglio vedere se in quel bar c’è bisogno di una cameriera, voglio trovarmi un lavoro.- Dissi decisa e sicura, poi cominciai ad andare verso il “Bar New Ton” aveva un nome banale, ma era l’ unico nel centro di New Ton era impossibile non avere clienti. Entrai con sfacciataggine – Buongiorno, chi è il capo qui?- Mi rivolsi ad un commesso. – senti ragazzina, non farmi perdere tempo.- Mi rispose. Io non lo ascoltai ed entrai nella porta dietro il bancone senza farmi vedere. Ero in un corridoio umido. – venga pure.- Sentivo una voce, continuava a chiamarmi. Raggiunsi una porticina ed entrai con timore, dentro c’era una ragazza, seduta su una sedia ad una scrivania. – Piacere Beth, sono la responsabile del “Bar New ton”, posso esserle utile?- Mi chiese cortesemente. – Per caso è disponibile un posto da cameriera?- Le chiesi titubante. – Certo, ne avevamo proprio bisogno, il sette Gennaio qui alle quindici in punto, troverai il grembiule e resto.- Mi spiegò. Io la ringraziai e tornai da Courtney. – Com’è andata?- Mi chiese curiosa. – Perfetto, il sette comincio.- Le dissi. – Grande!- Esultò come se avessi vinto al superenalotto. Intraprendemmo la strada verso casa, Pian pianino sotto la solita scia di alberi ghiacciati. – Bene, ci vediamo.- Mi disse lei, poi subito corse dentro casa. Anch’io entrai nella mia, mi cambiai i vestiti e presi le chiavi della Smart. – Zak, torno tra poco, vado a fare la spesa al mercato.- Avvertii Zak, poi salii in macchina e partii. Il mercato si trovava dall’altra parte di New Ton, preferivo andarci in macchina. Erano le 12:31, stavo uscendo dal mercato per tornare a casa, trovai davanti a me Duncan, non me lo sarei mai aspettato di trovarlo lì, in mezzo alla gente. – Ciao Duncan, tutto ok?- Gli chiesi – Ciao Gwen, vogliamo fare due passi?- camminammo per una ventina di minuti, finché Duncan cominciò a parlare – Gwen, stai attenta.- Mi disse d’un fiato. – perché?- Gli chiesi, non riuscivo a capire. – Promettimi solo che starai attenta!- Mi disse con voce severa. – Lo prometto, ma… - Era già scomparso dietro l’angolo. Gli corsi dietro, ma non c’ era più, era già scomparso. – Duncan, Duncan dove sei?- Cominciai a gridare, poi cominciai a contenermi e tornai alla Smart. Non riuscivo a capire cosa voleva dire, non penso che parlava di Trent, me l’avrebbe detto senza troppi giri di parole. Vabbè, forse parlava solo in generale. Speriamo!
 
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Capitolo 8
*** Il primo giorno di lavoro ***


Arrivò finalmente quel giorno, il sette Gennaio, quel giorno avevo deciso di non presentarmi a scuola, volevo solo prepararmi per quel pomeriggio, non so perché, ma non vedevo l’ora di andare al lavoro. Erano le 9:25, avevo già finito le pulizie di casa, allora decisi di fare due passi, per sgranchirmi un po’. Mi diressi verso il centro camminando lentamente, tranquillamente non avevo nulla a cui pensare. Raggiunsi la fontana centrale, proprio lì seduto c’era DJ. – Ciao, cosa ci fai qui?- Gli chiesi io. – No, cosa ci fai tu qui?- Mi chiese imbestialito. Non riuscivo a capire. – Cosa … perché?- Gli chiesi io.  – Scusa, non so che mi prende sono in pensiero per te. - Mi riferì Io rimasi stupita – Perché, cosa può mai succedermi, prima Duncan, ora tu, basta!- A quel punto cominciai a prendere la strada verso casa. – Aspetta, scusami.- mi provò a convincere DJ, ma niente,ero ancora scossa per il suo urlo elettrizzante. Raggiunsi il solito vialetto, per tornare a casa, ero sempre più confusa, perché Duncan e DJ mi facevano capire che … qualcosa non andava. Tornai a casa, giusto in tempo per cominciare a cucinare. Erano le 14:11, presi le chiavi della Smart e cominciai a fare un giro per la città, tanto per togliermi il nervoso. Alle 14:42 decisi finalmente di andare al lavoro. Entrai nel bar erano precisamente le 14:50. – Piacere, sono la nuova cameriera.- Mi presentai ad uno dei baristi. – Wow, un’ottima cameriera.- Mi disse lui con un tono galante, quel tono che io odiavo e che mi faceva venire il voltastomaco. – Tieni!- Mi lanciò un grembiule. – Sbrigati, devi darmi il cambio.- Si lamentava il barista. Ero pronta, indossavo un maglione nero ed un paio di jeans scuri, con sopra un grembiule bianco con dei merletti gialli. – Sono pronta.- Dissi tra me e me. Eravamo solo in tre: Io, un uomo ai dolci e una cassiera. – Vieni cocca, porta questo al tavolo 6.- Mi ordinò l’addetto ai dolcetti. – Sì, certo.- In fretta scattai al tavolo sei e lasciai un piattino con tre dolcetti al cioccolato. Erano finalmente le 19:00, finii il mio turno infernale, già odiavo il mio lavoro. Tornai a casa, - Dove sei stata tutto questo tempo?- Mi chiese Zak, - Lascia stare, beato te che hai solo da pensare alla scuola.- Mi accasciai sul divano e cominciai a pensare a lungo. Perché avevo così tanta voglia di entrare nel mondo del lavoro? Perché tutti mi vedevano come se ero un bersaglio comune, come se fossi sempre in pericolo? Perché ero venuta in quella città? Non so perché, ma dopo tutto questo amavo lo stesso New Ton, come se ci fossi nata. Pensavo a 1000 cose insieme, ad un certo punto squillò il telefono. Io corsi a rispondere – Pronto chi è?- Chiesi – Pronto, ciao Gwen, sono Courtney, com’è andato il tuo primo giorno di lavoro?- Era ancora lei, da quando l’avevo conosciuta mi tartassava di telefonate. – Oh, tutto benone, tu?- Le chiesi, ma me ne pentii, sapevo che avrebbe cominciato per ore a parlare. Finì alle venti di chiacchierare, a quel punto la salutai e riattaccai il telefono. Improvvisamente sentii un forte colpo alla porta. – Un momento.- Arrivai all’ entrata e aprii, era Duncan lì impassibile sull’uscio della porta. – Ciao Gwen, scusa ma devo parlarti.- Lo feci entrare, lui si sedette sul divano, mentre io cominciai a preparare una cioccolata calda. – Allora? Cosa mi devi dire di così importante?- Gli chiesi io. – Perché oggi non sei venuta a scuola?- Mi chiese leggermente arrabbiato. – Cosa? Perché mi state tutti dietro, come se fossi una regina?- Gli chiesi, ero proprio infuriata. – Non preoccuparti, Trent non mi farà del male.- Continuai. – Non c’entra niente quel vampiro, il fatto è che ormai ci sei entrata dentro, sei un ponte tra le nostre famiglie … - Non capivo, rimasi di stucco. – Cosa dici? Non riesco a capire.- Invece pensavo proprio di aver capito, loro non mi volevano perché per stare con me dovevano stare anche con gli altri. Mi uscì una lacrima. – Per favore, lasciami sola Duncan.- Gli dissi con le lacrime agli occhi. – Cosa ti succede?- Lui non riusciva a capire, ma io sì, sapevo cosa dovevo fare. – Per favore vai via, non so se domani ci vediamo a scuola, non so se ci vediamo più.- Mi provò a fermare, ma io corsi in camera mia. Mi gettai in lacrime sul letto. – Perché, perché proprio a me? Sembrava troppo bello, troppo bello.-  Continuai a ripetere le stesse parole, a quel punto scoppiai a piangere. Abbracciai il mio cuscino - Se non mi volevano, potevano dirmelo dall’inizio, senza tante moine.- Ero infuriata e delusa allo stesso momento, non me l’aspettavo proprio. Rimasi lì … a piangere, per tutta la notte.

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Capitolo 9
*** Un arrivo inaspettato ***


Era quel giorno, quel giorno che io odiavo: San Valentino. Era un mese che non vedevo più ne Trent, ne Duncan, non si presentavano più a scuola, forse per la mia scenata, qualunque cosa mi sento in colpa, sicuramente è colpa mia. Sentii bussare alla porta – Chi è?- Chiesi – Sono Courtney, vogliamo andare insieme al centro?- mi chiese ancora fuori la porta. – No, non mi sento molto bene.- Le risposi io, inventando una scusa per scrollarla di dosso. Guardai dallo spioncino: era andata via! Ora potevo occuparmi di trovare Duncan e Trent. Uscii di casa ed entrai sulla Smart, misi in moto e partii velocemente verso la periferia. Stavo seguendo la strada dove quel giorno Geoff e DJ mi stavano portando, forse Duncan viveva lì. Seguii precisamente la strada, mi ritrovai davanti una baracca, grande non molto più del mio salone, scesi dall’ auto e corsi verso la baracca. – Stai attenta, potresti fare un orrenda fine.-  Sentivo da dentro la voce di Duncan, ma non era rivolto verso di me, parlava con una donna incappucciata. – Figuriamoci, sarai anche un lupo alfa, ma io sono una neonata, non sottovalutarmi.- la ragazza parlò con una velocità anormale, quasi non la capivo. – Perfetto, cosa ci fai qui?- Chiese Duncan, io ero sempre più curiosa, ma anche impaurita: Potevano scoprirmi da un momento all’altro. – Sono una tua amica ed una tua nemica.- Disse la ragazza a Duncan. – Non pensare di essere più forte di me perché sei una neonata, ci sono molti vampiri adulti più forti dei neonati.- Duncan continuò il discorso, anche se io non riuscivo a capirci nulla. Non potevo farmi scoprire, allora ritornai nella Smart e me ne andai. Sicuramente era di quella ragazza che parlava Duncan, era lei il pericolo. All’ improvviso in mezzo alla strada apparve un lupo, aveva il pelo roscio, saltò addosso alla macchina lasciando un’ ammaccatura sul cruscotto. Scesi dall’ auto e corsi verso la baracca di Duncan, ma il lupo con un salto mi stese atterra. Il lupo cominciò a rimpicciolirsi, era un umano, era Scott uno dei fratelli di Duncan. – Cosa vuoi?- Gli chiesi io. – Indovina.- Non volevo immaginare cosa, presi coraggio e gli lanciai la borsetta in faccia stordendolo. Corsi in macchina e misi in moto, andavo più veloce che potevo, ma lui era sempre dietro di me, sempre ad una ventina di metri,Saltò, me lo ritrovai davanti. – Perché? Vai via! Cosa vuoi?- Cominciai a gridare. Improvvisamente Scott venne scagliato via e davanti la mia macchina apparve trent, con i capelli scompigliati e più arrabbiato che mai. Scesi dall’ auto e gli corsi incontro. – Trent, mi hai salvata.- Le dissi io, non riuscivo a riconoscermi in quel linguaggio smielato e sdolcinato. – Gwen, non dovresti trovarti qui.- mi rispose con un ringhio. – Hai ragione, volevo vederti.- Gli risposi, ma subito me ne pentii, a quelle parole Trent fece un sorriso, poi mi guardò attratto. Fu in quel momento che Scott tornò all’attacco dando una zampata a Trent, facendolo cadere a terra. – Trent!- Gridai impaurita, lui riuscì a scrollarsi di dosso Scott e con un calcio lo lanciò nella vallata. Io mi avvicinai a lui, ma si gettò nella vallata incontro a Scott, in quel momento capivo che dovevo andare via. Rientrai in macchina e partii verso New Ton. Erano le 17:30, stavo per raggiungere casa, ma decisi di passare prima per il centro a fare compere. Raggiunsi il centro commerciale, poi passai al mercato  e infine al bar per prendere servizio. Tornai a casa alle 23:10, facevano 1,5 gradi, - Penso che non nevicherà più prima del prossimo inverno.- Dissi tra me e me. Entrai in casa, la luce era accesa, sul divano era seduta niente di meno che mia madre. – Mamma?! Cosa ci fai qui?- Ero sbalordita. – Piccola mia.- Mi corse incontro abbracciandomi con forza. – Dove sei stata fino a quest’ora?- Mi chiese – Al lavoro.- Le dissi io, il suo sguardo si infuocò. – Cosa? Non ti bastano i soldi che ti mando?- Mi chiese lei arrabbiata. – Certo, ma non volevo essere a tuo carico, non volevo che dovevi occuparti di me a distanza.- Le spiegai io. – Ok, ok calmiamoci. Cos’altro non so?- Mi chiese lei. – Zak mi ha detto che per quasi due settimane di fila non sei andata a scuola perché?- Mi chiese avvilita. – Mamma, non sono affari tuoi. Le dissi io, non volevo litigare con lei, ma era impossibile. Non ci vedevamo da cinque mesi avrei voluto passare una serata tranquilla. – Dopo cinque mesi che non ti fai vedere pretendi anche che io mi comporti come una ragazzina?- le chiesi io gridando. – No, ma da una ragazzina ad un lavoro ce n’è di differenza!- Scoppiai a piangere. – Tu mi hai lasciata da sola, da sola con tuo figlio da tenere come se fosse mio figlio!- Le dissi in lacrime. – io non me la stavo spassando.- A quel punto uscì di casa sbattendosi la porta alle spalle. Io corsi in camera mia, ero amareggiata e delusa. Mi misi a dormire, ma ci riuscii solo dopo due ore.

 

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Capitolo 10
*** Gelosia ***


Era troppo strano, davanti a me c’era Trent, ma non sapevo com’ero lì. Ero in una foresta buia, - Trent, vieni.- Lui non mi sentiva, al mio fianco apparve Duncan, cominciò a camminare verso trent senza guardarmi. Provavo a chiamarli, ma la mia voce era debole, non avevo le forza di urlare, non riuscivo nemmeno a correre verso si loro. Caddi a terra, ma continuavo a guardarli mentre andavano via, mi lasciavano lì nel dolore. Mi svegliai di soprassalto, - era solo un brutto sogno.- Mi consolai io, ma voleva dire qualcosa. Qualcosa che non riuscivo a capire da sola, improvvisamente mi ricordai di mia madre, allora scesi in salotto, mi vestii e corsi fuori, entrai in macchina e misi in moto. Accesi la radio, proprio in quel momento trasmettevano “Someone like you” la mia canzone preferita. In effetti non sapevo perché ero salita in macchina, forse solo per distrarmi dal resto del mondo. Raggiunsi il centro e presi servizio al bar dove lavoravo. – Cosa ci fai qui? È ancora presto.- Mi disse un barista, ma io lo ignorai e presi un vassoio. Erano le 9:00, non volevo tornare a casa, però mi ero stufata di lavorare, improvvisamente vidi Duncan ad un tavolo, seduto davanti a lui c’era Courtney, la mia vicina di casa. – Porta questo a quel tavolo!- mi ordinò il barista, era un bicchiere di limonata, ma soprattutto: il tavolo era quello di Duncan. Mi avvicinai lentamente senza dare nell’occhio. Raggiunsi il tavolo e cominciai a tenere con forza il bicchiere per poi rovesciarlo su Courtney – Oh, scusa che sbadata.- Le dissi ironicamente. – Gwen, cosa combini?- mi rimproverò lei. – Non l’ho fatto apposta, amichetta del cuore.- le dissi infuriata, lei si accorse del mio cambiamento di umore, ma se non gliene importò molto. –  Gwen tutto a posto?- Mi chiese Duncan, ma io tornai al bancone senza guardarlo. – Un’altra limonata, subito!- Ordinai al barista. – Sì, eccolo.- Me lo porse, io lo presi con rapidità e tornai al tavolo di Duncan. Sbattei il bicchiere con forza facendogli una crepa. – Scusate ancora.- Dopo il bagno fatto a Courtney e la fontana di limonata uscita dal bicchiere loro continuavano a parlare tranquillamente. Mi uscì una lacrima, a quel punto presi la mia borsetta e uscii, mi sedetti sulla fontana, ormai il ghiaccio non ricopre completamente l’acqua, quello era un segno dell’arrivo della primavera. Rimasi seduta in attesa dell’uscita di uno dei due, - Ciao Gwen. – Mi disse Trent, appena arrivato davanti a me. – Ciao, come và?- Gli chiesi. – Tutto bene,ti ricordi quello che è successo ieri?- Mi disse in segno di rimprovero. – Sì, mi dispiace, ma… - Provai a giustificarmi, ma me lo impedì cominciando a parlare. – Non basta un “mi dispiace”, ti rendi conto di quello che hai fatto, saresti morta, anzi … - era infuriato, in quel momento uscì Courtney, seguita da Duncan. – Scusa, devo andare.- Dissi a trent, poi cominciai a correre verso Duncan. – Non sapevo uscivate insieme.- dissi a Courtney. – Noi due? Sei proprio fuori strada.- Mi rispose andando avanti per la sua strada tenendo quella borsetta come una vera fanatica. – Duncan, hai fatto colpo.- Gli dissi io per infastidirli. Avevo voglia di sbatterli al muro, lui non mi conveniva, ma almeno lei … - Buona fortuna.- Gli dissi, mentre pensavo a tutto il contrario. Tornai a casa, seduta sul divano c’era mia madre che mi fissava con due occhi da bambina. – Ciao, come va?- Le chiesi,- Bene, tu?- Mi chiese lei. – Scusa, ma anche tu … - Mi fermò. – Non devi scusarti, è anche colpa mia.- Ci abbracciammo con forza, come non avevamo mai fatto prima. – Ti sei fidanzata in questi mesi?- Mi chiese lei, quella domanda mi aveva sempre seccata, ma quella volta di più. – Non parlarmi di amore, per favore.- le chiesi io il più cortesemente possibile, ma non ci riuscii. – Va bene, amici?- Mi chiese – La mia “Amica” Courtney mi ha fortemente delusa, quindi … - Risposi. – Meglio che le faccio io le domande. Papà come sta?- Continuai io. Parlammo per molto tempo. Ad un certo punto mia madre mi carezzò la guancia destra. – Mi fai una promessa?- Mi chiese con dolcezza, avevo paura, non mi aspettavo proprio cosa. – Sì, ma cosa?- le chiesi, lei fece un sorriso. – Non ti arrabbiare, io vado a lavorare da papà come medico, è rischioso, ma non posso lasciarlo … occupati di Zak, se mi succede qualcosa … - A quelle parole mi allontanai. – Non posso accettarlo, non anche te, NO!- Gridai come una ragazzina viziata. – Gwen, per favore torna qui.- Mi implorò lei, ma io non la ascoltavo. – Ciao mamma, ci vediamo.- Uscii sbattendomi la porta alle spalle, salii in macchina e misi in moto, al mio fianco c’era Duncan. – Come va?- Mi chiese. – Cosa ci fai qui?- Gli chiesi. – Scusa per oggi, ma tra me e Courtney non c’è niente. Siamo solo andati insieme al bar. – Si spiegò lui. – sei perdonato.- Gli dissi io con un sorriso. – Scendi! Andiamo con la mia Subaru, ti porto in un posto.- mi ordinò. Salimmo in macchina, partimmo e in pochi secondi ci allontanammo dalle luci calorose di New Ton.
 
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Capitolo 11
*** Un’ uscita romantica ***


Erano le 18:30, eravamo ormai lontani da New ton, lui era impassibile davanti al volante. – Dove andiamo?- Gli chiesi a bassa voce. – Non te lo dico, ti farò una sorpresa.- Mi disse con voce suadente. Restammo in silenzio per mezz’ora, - Perché eri con Courtney questa mattina?- Gli chiesi io. – Ti ho detto che non c’è niente tra noi.- Mi rispose spavaldo. – Allora esci con tutte le umane?- Gli chiesi, a quel punto fece un ghigno divertito, poi scoppiò a ridere. – Cosa c’è da ridere?- Gli chiesi irritata. – Basta, piantala perché ridi?- A quelle parole si calmò, - Vedo che non hai capito.- Mi disse ridendo sotto i baffi. – Dove stiamo andando?- Gli chiesi per cambiare discorso. – Molto lontani da New Ton. – Mi rispose. – Cosa? Perché stiamo andando così lontano?- Gli chiesi. _ Meglio, fidati.- Mi spiegò lui, ma non riuscivo a capire lo stesso. Arrivammo dopo un’oretta e poco più di viaggio. Mi aprì la portiera facendomi scendere. – Benvenuta a “House’s city”, si chiama così per far sentire tutti a casa propria.- Mi spiegò lui. – Perché siamo venuti qui?- Gli chiesi. – Perché alla periferia della città c’è un capannone abbandonato … - Mi spiegò. – Cosa vuoi fare?- Gli chiesi impaurita. – Oh, non quello che pensi.- Mi tranquillizzò lui. Mi prese per mano e mi condusse sul marciapiede. – Seguimi.- Mi ordinò lui. Continuai a seguirlo per una decina di minuti, la temperatura era inferiore a quella di New Ton, c’era ancora la neve a terra. – Eccoci.- eravamo davanti un ristorante, entrammo in una porticina, dentro il ristorante c’erano dei divanetti rossi e blu davanti a tavolini di legno scuro. – Ecco io vostro tavolo.- Ci disse il cameriere, eravamo in una saletta solo per noi. – Magnifico! – esclamai io, al centro della saletta c’erano due poltroncine con un tavolo in mezzo, mentre attaccati alle pareti c’erano due divanetti ed una televisione da 25 pollici circa. – Ti piace?- Mi chiese Duncan. – oggi mi sono svegliato romantico, di solito sono burbero.- Mi disse Duncan. A quel punto arrivò un cameriere, indossava uno smoking r ci porgeva una bottiglia di champagne. – Ecco uno dei migliori vini della nostra dispensa.- Duncan lo portò alla bocca e cominciò a berlo. – Lei signorina?- Mi chiese il cameriere. – Per me una bottiglia di acqua minerale, grazie.- Il cameriere fece cenno con la testa, poi se ne andò dietro le tende. – Quanto costa tutto questo?- Chiesi io a Duncan, lui fece un sorriso. – Non preoccuparti, non mi interessa dei soldi.- Avvicinò la sua mano bollente alla mia guancia. – Hai litigato con tua madre, ancora?- Mi chiese, anche se già sapeva la risposta. – Mi spii? Ascolti anche quello che dico con mia madre?!- Gli chiesi con un tocco di rabbia. Mi alzai in piedi e presi la borsetta – Io vado.- Cominciai a camminare verso l’uscita della stanza. – Aspetta!- Mi ordinò lui, ma non lo ascoltai, continuavo ad andare verso l’uscita, mi afferrò un braccio. – Perdonami, è più forte di me, ma veramente … non ti ho ascoltato io, è stato Trent.- Mi confessò, - Ti perdono, torniamo al nostro tavolo.- Ordinai un piatto di lasagne ed una bistecca, ed un’insalatina per contorno. Finimmo di cenare alle 21 passate, arrivò il cameriere con il conto. – Sono 81 dollari.- Riferì a Duncan, lui gliene diede 100, poi gli fece cenno di andare via. – Grazie della serata, sono molto stanca- gli dissi io, ma lui rapidissimo mi prese sotto braccio e mi accompagnò al bancone del ristorante, dove vendevano gli alcolici. – Due bicchieri di champagne.- Ordinò Duncan. – No, io non prendo niente.- Dissi a lui, mi diede uno dei due bicchieri. – Prendilo, solo un bicchiere.- Mi incitò lui, io cominciai a bere, a fine bicchiere ero quasi ubriaca. – Chi sei? Cosa ci faccio qui?- Chiesi a Duncan, non capivo più niente, lo champagne stava facendo effetto. Mi accasciai sulla sua spalla e la mia vista cominciò ad appannarsi. – Ehi, tutto ok?- Mi chiese lui, sentivo ovattato, non capivo bene cosa diceva. L’alcool faceva molto effetto su di me. – Vedo che non stai molto bene, ora ci penso io. – Non comprendevo alla perfezione cosa stesse dicendo, sentii solo una forte presa alla vita, la vista si appannava sempre più. Non mi ricordavo niente, soltanto che non avevo bevuto un solo bicchiere di champagne, ma due o tre.- Andiamo a casa. – Chiesi a Duncan con le mie ultime forze. Uscimmo dal ristorante, mi teneva stretta tra le sue braccia, ma non gli conveniva avevo un leggero senso di nausea. Mi fece sdraiare sui sedili posteriori, poi chiuse la portiera e partì. Non riuscivo a capire dove stavamo andando, non mi sembrava la strada verso casa, stavamo andando avanti, avanti per una strada che non conoscevo. – Duncan, dove stiamo andando?- Gli chiesi, non avevo energie, non ero affatto resistente all’alcool, anzi mi metteva K.O. – Non preoccuparti Gwen, ti porto al sicuro.- Mi fece un sorriso, poi cominciò ad accelerare. – Dove?- Gli chiesi, - Non preoccuparti, tu pensa solo a rimetterti in forma.- Mi spiegò lui, mi fidavo molto di lui, ma non ero tranquilla. Volevo rimanere sveglia per controllarlo, ma non riuscii a resistere e svenni sui comodi sedili grigi della Subaru.

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Capitolo 12
*** Solo una scusa ***


Mi svegliai di soprassalto ero su un letto di paglia, ero in una casetta di legno, di fronte a me le scale per scendere al piano inferiore. Mi appoggiai alla ringhiera d’ebano, cominciai a scendere le scale in silenzio. – Duncan?- Chiesi a bassa voce. – Sei qui, Duncan dove siamo?- Continuavo a chiedere con voce più alta. – Duncan.- Infine dissi quel nome a voce alta, ma niente, nessun risposta. Davanti a me un tavolino apparecchiato, sopra c’era una tazza di ceramica con dentro del latte caldo e di fianco un bigliettino. Lo presi in mano e cominciai a leggerlo.
“ Non preoccuparti, torno presto, bevi quel latte caldo e riposa un altro po’. Tranquilla D.”
Era sicuramente Duncan, la “D” come firma da fanatico era lui. Finii subito di bere la tazza di latte, poi mi diressi verso la grande porta al di là della stanza. L’aprii con fatica, fuori c’era una distesa di neve, ero su una montagna, all’incirca a 400 metri d’altezza. – Mi sentite?- Gridai con tutte le forze, l’eco era immenso, non so perché, ma volevo farlo sin da bambina.  Quel posto era un paradiso, lontano dalla città e dai pericoli, si poteva vedere “House’s city” a pochi chilometri di distanza. Era un paradiso, era tutto completamente bianco. Improvvisamente sentii un rumore e in lontananza vidi un uomo, indossava un impermeabile verde. Cominciai a correre dentro il capannone, appena entrata sprangai la porta. Al di là della porta sentivo dei passi, poi un forte tonfo alla porta. – Gwen? Tutto bene?- era una voce ovattata. – Chi sei?- Chiesi impaurita, all’inizio non ci fu una risposta, poi l’uomo cominciò a parlare – Sono io, Devon.- Mi tranquillizzai subito, era DJ. – Ora ti apro.- Gli risposi, tolsi la spranga e lo feci entrare. – Cosa ci fai qui? Duncan è con te? Dove siamo qui di preciso?- Cominciai a tartassarlo di domande. – Hai letto il mio biglietto?- Furono le sue uniche parole. Rimasi pensierosa, pensavo fosse di Duncan, - Sì, l’ho letto, ma… Duncan dov’è?- gli chiesi, lui mi fece accomodare su una sedia, poi comincio a raccontare – Ieri sera Duncan ti ha portata qui eri ubriaca, non erano neanche le 22, vi stavo aspettando era tutto pianificato te l’ha detto vero?- Rimasi di stucco, - Continua.- Gli ordinai, lui fece un segno di affermazione, poi continuò – Lui andò via, era quasi mezzanotte e … ti ha lasciato qui con me, spiegami una cosa, tu non ne sapevi niente?- Mi chiese infine, mi prese veramente alla sprovvista, mi trattenni per non fare uscire una lacrima. – No, lui mi ha  portato qui con la stupida scusa di un appuntamento, ed io ci sono cascata.- Gridai infuriata, corsi verso la porta e la spalancai. – Ferma, fermati!- DJ provò a convincermi, ma io continuavo ad allontanarmi dal capannone. – lasciami stare.- Lui mi raggiunse in un secondo, - Duncan mi aveva detto dell’appuntamento, lui lo ha fatto con il cuore, solo che non ti ha detto che alla fine ti avrebbe portata qui, tutto qui.- Mi spiegò lui, per un minuto lo guardai perplessa, poi gli risposi – Scusami, ma se lo proteggi … mi fai schifo proprio come lui.- A quelle parole una lacrima mi sfuggì. – torna dentro, non puoi tornare indietro, New Ton è in pericolo.- Mi spiegò lui, non riuscivo a capirlo. – Zak? Cosa dico a mio fratello, sono scappata tra le montagne perché un lupo mannaro me lo ha consigliato.- Gli dissi, ero furibonda. – La cosa che mi fa arrabbiare che quello che è successo ieri era solo una scusa.- A quel punto scoppiai a piangere. DJ mi abbracciò, poi mi passò una mano sulla guancia. – fidati, Duncan non voleva ferirti, l’appuntamento era sincero. In quanto alla sicurezza è tutto a posto siamo ben organizzati: Zoey e Dawn hanno già raggiunto tuo fratello; Bridgette, Trent e Noah penseranno a difendere New Ton; io e Mike siamo qui a proteggerti; Geoff protegge tua madre all’ “Hotel Madame” a “House’s city” e infine Duncan e Scott stanno andando a Londra per raggiungere casa tua.- Mi spiegò lui, ma io non ero ancora tranquilla, non capivo il pericolo che correvamo tutti. – Duncan doveva dirmelo, mi ha preso in giro, da lui non me l’aspettavo.- Dissi a DJ ancora con le lacrime agli occhi. – Sbaglio o quando Duncan ti avvertiva del presunto pericolo tu non lo ascoltavi? Lui ovviamente si è approfittato della vostra uscita per portarti in salvo.- Mi disse, ma non ero ancora del tutto calma. – Va bene, mi arrendo rimarrò qui, ma solo per poco, ma soprattutto io non lo perdono.- a quelle parole rientrai nel capannone. Ero molto più serena di prima, ma ero ancora molto arrabbiata con Duncan, - Cosa c’è da mangiare?- Gli chiesi io, lui mi fece un segno di disapprovazione con la testa, poi mi venne in mente una cosa e tirai fuori dei biscottini dalla mia giacca, ci accontentammo di quelli. – Qual è questo pericolo?- Gli chiesi. – Meglio che non lo sai. – Mi rispose, invece io non mi davo pace, volevo saperlo. – Dai, dimmelo, penso di avere il diritto di saperlo.- Gli spiegai tentando di convincerlo. – Non se ne parla, posso solo dirti che non è un nemico alla tua portata.- Fu l’unico indizio che riuscii a estirpargli. Riuscirò a capirlo prima o poi, in un modo o nell’altro.
 

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Capitolo 13
*** Una breve visita ***


Erano due settimane che vivevo lì tra le montagne nei dintorni di House’s city, stavo facendo colazione era precisamente il 2 Marzo, ero preoccupatissima per mio fratello chissà cosa gli avrebbero raccontato Zoey e Dawn, dovevo andare a trovarlo, ma non mi era possibile davanti a me c’era Mike, uno dei fratelli di Duncan, che rimaneva impassibile ad osservare il tavolo. – Ora deve venire DJ vero?- gli chiesi, anche se già sapevo la risposta. – Sai per caso dov’è stato portato mio fratello?- Gli chiesi di fila senza fermarmi per respirare. – Sì, certo lo so. – Mi rispose lui, probabilmente non capiva il motivo della mia domanda. – Dove? Vorrei almeno sapere dove si trova non credi?-  Gli chiesi io, speravo che continuando così sarebbe crollato. – Va bene, mi hai convinto. Si trova ancora a casa tua, Zoey e Dawn lo hanno convinto che tu eri partita con la scuola, così davanti a tua madre non spiffererà niente.- Mi spiegò lui, era più difficile di quanto pensassi raggiungere New Ton senza macchina, ma c’era un altro problema: Superare Mike, l’unico modo era di aspettare due orette, nel momento in qui sarebbe andato incontro a DJ io sarei fuggita. Le due ore passarono, Mike prese il suo marsupio e mi fece un occhiolino. – Tranquilla, ora tornerà DJ. – Mi disse, voleva tranquillizzarmi, ma io preferivo che non sarebbe mai arrivato. Arrivò quel momento, Mike uscì dalla porta, aspettai una ventina di secondi e aprii anche io la porta, controllai dov’era, lo vidi, era già ad un centinaio di metri da me. Mi ci volle una mezzoretta per scendere dalla montagna, fortunatamente DJ non mi aveva ancora trovata, cominciai a camminare ad un passo  svelto, quasi a correre, verso House’s city. Raggiunsi la periferia entro le 10:30, un’ora e mezzo dopo l’inizio della mia fuga, sapevo che DJ mi  avrebbe trovata in un attimo, ma sapevo anche che in città non poteva essere niente di più che un umano. Un taxi casualmente passò davanti a me. – Si fermi la prego!- Cominciai ad  urlare a squarcia gola, improvvisamente la macchina si arrestò e si tirò giù il finestrino. – Salga in macchina!- Mi ordinò il tassista, io soddisfatta entrai. – A new Ton. – Gli ordinai io. Partimmo, non ero sicura di quello che stavo facendo, ma dovevo credere in me. Raggiungemmo la periferia di New Ton, era mezzogiorno preciso. – Grazie, questo è tutto quello che ho. – Gli diedi cinquanta dollari e scesi, mi trovavo a poche decine di metri da casa mia, ormai a New Ton la neve non c’era più, la temperatura era poco superiore allo zero, ma la neve già dalla fine di Febbraio era terminata. Ero non molto distante da casa mia quando qualcuno mi fermò il braccio. – Sei pazza?! Cosa ci fai qui?- era Trent, mi guardava infuriato. – Trent, devo raggiungere mio fratello, devo andare a trovarlo.- Provai a convincerlo io, lui mi guardò con uno sguardo comprensivo. – Va bene, ma due cose: ti accompagno io e ci rimarrai solo una mezzora non di più.- Ero felicissima, gli saltai addosso per abbracciarlo, era gelido come sempre. – Grazie, grazie!- Esclamai io, raggiungemmo casa mia in cinque minuti, bussai la porta. – Chi è?- Chiese Zak al di là della porta. – Sono Gwen. – Gli risposi, lui mi aprì, ma mi osservava arrabbiato. – Perché mi hai lasciato qui con le tue amiche?- Mi chiese. – Sono partita con la scuola, non ho avuto il tempo di avvertirti- Trent era fuori dalla porta, sentiva il nostro dialogo, quindi non potevo dire nulla a Zak. – Ti prego, rimani con le mie due amiche, non dare ascolto a nessun’altro, è chiaro?- Lo avvertii io, poi lo abbracciai. – Non ci sono solo le tue amiche qui, anche un uomo. – Mi avvertì lui, rimasi immobile, chi sarà quell’uomo casa mia? A quel punto dal piano di sopra scese DJ. – Ci hai provato.- Mi disse in tono scherzoso. Abbracciai anche lui – Grazie, volevo solo rimanere un po’ con mio fratello.- Gli spiegai, a quelle parole mi feci uscire una lacrima, lui mi accompagnò al divano, io mi sedetti e cominciai a parlare con Zak della scuola e del resto. – Ora devo riandare via, tu però ascolta le mie amiche va bene?- Gli dissi infine. – Va bene!- Affermò lui. Erano quaranta minuti che chiacchieravamo, DJ mi prese sottobraccio e insieme andammo alla porta. Tornammo al capannone alle 14:30, -Come ti senti ora?- Mi chiese DJ, mentre mi porgeva una tazza di tè. – Molto meglio, so che sta bene, questo mi consola.- Gli risposi. – Sai che non avresti dovuto farlo vero?- Mi chiese lui, - Lo so, ma è stato più forte di me. – Gli risposi, ero consapevole, ma volevo raggiungere Zak, non volevo rimanere un minuto di più lì. – Lo so che non vuoi rimanere qui, ma è importante.- Mi spiegò lui, provava ad essere convincente – Spiegami qual è la minaccia!- gli ordinai, ma lui rimase muto come una mummia. – Perché non me lo volete dire?- Gli chiesi io. – Non devi saperlo.- Mi rispose lui, ma io non mi davo pace, volevo saperlo a tutti i costi. Arrabbiata salii le scale e tornai in camera mia, l’avevo ben sistemata, degli assi di legno facevano d’armadietto, sopra c’era la foto della mia famiglia. All’improvviso arrivò DJ. – Gwen la situazione si complica, sembrerebbe ci sono ben 3 vampiri a New Ton, ma non sono la famiglia di Trent - a quelle parole rabbrividii, ora capivo la minaccia !
 

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Capitolo 14
*** La situazione si complica! ***


-Cosa?! Non è possibile, cosa vogliono a New Ton?- Gli chiesi io, lui mi mise una mano sulla spalla.- Non ci possiamo fidare, devi rimanere qua ad aspettare.- Mi rispose lui, io corsi al piano inferiore. – Non possiamo rimanere con le mani in mano. – Dette quelle parole uscii e cominciai a correre tra la neve, improvvisamente DJ in forma lupo mi saltò davanti. Tornò normale e mi strinse tra le braccia, non riuscivo a liberarmi mi teneva stretta contro il suo petto. – Tranquilla, ci penseranno gli altri.- Non riuscivo a tranquillizzarmi veramente, DJ mi prese per mano e mi portò dentro. – Tieni.- Mi lanciò una radiolina, con questa possiamo metterci in contatto con gli altri, rimaniamo qui, ci terranno informati.- Mi spiegò lui, io acconsentii, anche se ero in pena per mio fratello. – Zak? Non possono portarlo qui?- Gli chiesi. – Meglio non uscire, manderò Mike per un sopralluogo a New Ton, meglio che io rimanga qui a controllare te. – Mi spiegò lui. Non mi sarei dovuta preoccupare da quello che mi diceva DJ, invece non era così, io ero pronta ad uscire e correre il rischio della morte. – Cosa possiamo fare?- Gli chiesi io. – Niente per ora.- Mi rispose impassibile. A quel punto la porta si spalancò. – DJ, cosa facciamo?- Era Mike, già pronto ad andare all’attacco. – Vai a controllare!- Gli ordinò DJ. – La situazione non dovrebbe essere così pericolosa, siamo una decina, mentre loro solo in 3.- Gli dissi io, cercavo di auto-calmarmi, ma ero troppo agitata. – Non possiamo rischiare, non abbiamo mai la certezza di vincere.- A quel punto prese la radiolina e si mise in contatto con Zoey. - Zoey, prendi il bambino e portalo via, all’ albergo ad House’s city. Portalo dalla madre, vai lì con Dawn, manda Geoff, lì ci sono anche: Bridgette, Noah e Trent, tra poco anche Mike sarà lì. – Disse con rapidità, quasi non riuscivo a sentirlo. – No, Trent sembra stia dietro ad uno dei vampiri, non può aiutarli.- La riconobbi, era la voce candida e squillante di Zoey. – Non possiamo rimanere con le mani in mano, dobbiamo aiutarli.- Provai a convincere DJ di raggiungere New Ton, ma non feci centro, lui era ancora davanti la porta ad aspettare informazioni dalla radiolina. - Dov’è mio fratello?- Gli chiesi spazientita, ma lui non mi ascoltava era troppo intento ad aspettare informazioni. - DJ, voglio sapere dove sono mio fratello e mia madre.- A quel punto si girò verso di me e mi mise una mano sulla spalla. – Non preoccuparti, presto saranno tutti e due ad House’s city. – Provò a tranquillizzarmi, ma non ci riuscì. -Devo raggiungerli!- -No, non puoi, saresti solo d’impiccio, meglio che rimaniamo qui, saresti solo in pericolo, e con te anche i tuoi familiari.- Mi spiegò una volta per tutte. Ero ancora avvolta da un tormento, un tormento che mi mangiava dall’interno. – Duncan, perché è ancora a Londra?- Gli chiesi prendendolo per la maglietta. – Spiegamelo!-  Continuai io, ma lui non mi rispose. A quel punto gli diedi una spinta con tutta la mia forza, ma aimè, sentii un dolore allucinante al polso, seguito da un Crack. “Dio mio!” Cominciai ad urlare per tutta casa. Lui preso dai sensi di colpa mi abbracciò, poi cominciò a sussurrare delle parole. – Non preoccuparti, andrà tutto bene ok?- Scoppiai a piangere, lo abbracciai con forza. – Cosa si prova ad essere come te?- Gli chiesi, prevedevo un’ira di rabbia, ma non fu così. – Non puoi immaginare, certo non siamo messi proprio da schifo, ma … non possiamo avere relazioni esagerate, perché … diciamo che il nostro partner potrebbe morire spappolato da qualunque nostro movimento. – Mi spiegò lui con un ghigno divertito. – Oh, non è una vita facile.- Gli dissi io. La radiolina ripartì, si sentivano strani rumori. – Mi sentite? sono DJ chi parla?- - Sono Bridgette, mi senti? L’energia viene dal centro, uno dei vampiri si è allontanato, ma Trent dovrebbe stargli dietro.- DJ era assolto nei suoi pensieri, poi prese la radiolina e salì al piano superiore. Io sentivo una vocina dentro di me che mi consigliava di scappare, era l’unico momento in cui l’avrei potuto fare, ma … qualcosa mi diceva di non farlo. Spalancai la porta con la mano sinistra (la destra era rotta) e uscii di casa, la neve era quasi del tutto scomparsa, House’s City invece era rifiorita con la primavera. – Non ci avevo fatto caso questa mattina.- Dissi tra me e me. La primavera era alle porte, ormai i fiori stavano rinascendo. Rimasi per qualche minuto a scrutare verso House’s city, in quel momento mi accorsi che alla mia destra il sole stava tramontando. – Devo andare!- Mi ordinai da sola, a quel punto vidi  l’enorme H dell’ hotel di mia madre, mi venne una certa nostalgia. Mi preparai per gettarmi nella scivolata di 50 metri, presi la rincorsa, ma DJ mi bloccò avvinghiandomi la mano. -Vieni, entra io devo andare.-   Mi spiegò lui, io non riuscivo a capire il motivo. Mi accompagnò sul divano, poi si avvicinò alla porta. – Dimenticavo, ecco!- Mi lanciò la radiolina. – Mettiti in contatto e ascolta quello che dicono gli altri, tra una ventina di minuti sarò di nuovo qui.- - Dove devi andare?- Gli chiesi. – Dopo te lo dirò, ora non è il momento.- Prese la sua cintura se la legò ben bene e uscì sbattendo la porta con forza. Non volevo scappare, non avrei dovuto, non mi sarebbe convenuto, stava procedendo tutto per il meglio. A quel punto qualcuno bussò alla porta.
 

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Capitolo 15
*** Il neonato ***


-Chi è?- Chiesi io spaventata, mi avvicinavo alla porta tremando. – Rispondete!- Nessuno mi degnava di una risposta. Bussarono i nuovo,  io mi avvicinai, ma mantenni sempre una certa distanza. A quel punto la porta si aprì da sola, io gridai come una matta. – Calma, sono io!- Mi disse, era Courtney. – Come mi hai trovata?- Le chiesi, lei mi sorrise, poi si avvicinò a me lasciandosi la porta chiusa alle spalle. – Da quant’è che non ci si vede?- Mi chiese, poi si adagiò su una sedia. – Un po’, ma continuo a non capire come mi hai trovata.- A quel punto tirò fuori un rossetto dalla borsetta, poi mi guardò ammiccando. – Vogliamo bere un tè?- Mi chiese, il suo sguardo era diverso dalle altre volte. Si alzò dalla sedia e in men che non si dica raggiunse il piano superiore. Io la raggiunsi con tutta fretta, era seduta davanti al mio comò a controllare se tutti i trucchi erano in ordine. – Non ti manca niente qui.- Mi disse, poi mi passò accanto senza che io la vedessi e raggiunse il salone.  – Qui si sta proprio bene, a proposito, perché sei qui?- Mi chiese infine. – Come mi hai trovato?- Le chiesi ancora insistendo sempre di più. – Non preoccuparti per quello, devo farti una domanda.- Attraversò la stanza in due secondi. – Dov’è Duncan?- Mi chiese, io rimasi perplessa e infuriata da quella domanda. – Cosa vuoi da lui? Lascialo stare o ti distruggo!- Esclamai, lei a quel punto fece un sorriso, poi fece “no” con la testa. – Non penso sarà facile.- Disse lei, a quelle parole piombò davanti a me guardandomi negli occhi, notai che non erano più marroni come quando l’avevo conosciuta. – Ripeto la domanda, dov’è Duncan?- Continuò ad insistere, ma io non avevo intenzione di spifferare nulla. – Cosa vuoi da lui?- Le chiesi io, ma lei si voltò dandomi le spalle, poi cominciò a parlare. – Ho bisogno di lui, solo lui sa la verità.- La guardai perplessa, non riuscivo ancora a capire precisamente le sue intenzioni. – Gli altri mi stanno cercando, mi danno la caccia, solo perché sono un neonato.- A quel punto spalancai la bocca e indietreggiai. – Allontanami da me!- Le ordinai, ma lei non mi diede ascolto. – Io non voglio farti del male, solo Duncan sa la verità su di me, gli altri vogliono solo togliermi di mezzo.- Continuò a ripetermi lei, a quel punto mi impietosii e cominciai ad avvicinarmi lentamente. – Sono riuscita a scappare e raggiungerti, ma continueranno a darmi la caccia finché non mi troveranno e mi uccideranno.- A quel punto le sfiorai una mano, era ghiacciata, subito l’allontanai, ma poi mi riavvicinai. – Aiutami devi dirmi dov’è. – Riuscì a convincermi. – Si trova molto lontano da qui, non penso che potrai raggiungerlo.- - Non preoccuparti, ce la farò, dov’è?- Non volevo dirglielo, perché non sopportavo vederli insieme anche solo per un istante. – Ti prego, aiutami, mi devi credere io non voglio farvi del male.- Mi supplicò lei, io le credevo, ma non me la sentivo di aiutarla, era troppo rischioso. – Va bene, ti credo.- Le dissi finalmente, a quel punto la porta si spalancò improvvisamente. – Lasciala stare!- Era la voce di Trent che più infuriata che mai minacciava Courtney. – Andatevene!- Tentò di cacciarli, ma non le diede ascolto, Trent con un salto arrivò davanti a lei, ringhiandole con rabbia. – No, Trent lasciala stare.- Provai a convincerlo io, ma era impassibile davanti a lei, pronto ad attaccarla. Dalla porta apparve anche DJ, che scrutava Courtney con gli occhi sgranati. – Finalmente ti ho presa.- Le disse Trent ancora pronto ad attaccarla, lei intanto era impegnata a cercare una via di fuga. – Cosa volete, non volete essere uccisi vero?- Li minacciò lei, ma erano troppo infuriati e concentrati sull’attacco per darle ascolto. A quel punto Trent saltò contro di lei, un rumore assordante, come uno scontro tra due montagne, non riuscivo nemmeno a vedere l’insieme di colpi che si sferravano. – Basta!- Continuai a gridare, a quel punto DJ mi prese la mano e mi portò fuori dalla casa. – Non è una lotta per te quella.- Mi disse lui, mi trascinava con forza fuori, sempre più lontano da lì, era impossibile liberarsi da quella presa. All’improvviso Courtney riuscì ad uscire e cominciò a correre verso di me. A quel punto DJ mi abbracciò forte, Courtney mi fece l’occhiolino, poi scomparve lontana. – DJ, dov’è andata?- Gli chiese Trent. – Corri, per di là!- Trent corse ad una velocità impressionante verso Courtney. – Non è cattiva, non ha niente contro di noi.- Provai a convincere DJ, ma lui non mi ascoltava, continuava solo a guardare verso Trent, ormai scomparso all’orizzonte. – Cosa volete da lei? Perché non la lasciate stare?- Provai a convincerlo, a quel punto si girò verso di me. – Non puoi capire, tu per loro sei un pericolo.- Mi spiegò lui, anche se non mi diede spiegazioni, ma solo nuovi dubbi. – In che senso?- Gli chiesi, lui non mi rispose, andò verso casa a passo lento. – Spiegami, ti prego dimmi cosa succede.- Provai a convincerlo implorandolo, ma non ebbi risultati. Il vento continuava ad alzarsi, la notte era arrivata, corsi in casa e cominciai a cucinare un po’ di riso. – Ora mi spieghi cosa vogliono da me?- Chiesi a DJ, ma lui non voleva saperne, non voleva proprio ascoltarmi. – Spiegami il perché, voglio saperlo!- Gli gridai con decisione, a quel punto mi scrutò da capo a piedi, poi si alzò da tavola e cominciò a camminare per tutta la stanza. – E’ difficile da spiegare … - A quel punto si sedette sul divano e mi fece accomodare di fianco a lui. Mi accomodai di fianco a lui, poi cominciò a parlare.
 

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Capitolo 16
*** Flashback – Le origini della guerra parte 1 ***


Rimasi palpitante, aspettavo impaziente l’inizio del discorso. - La storia è lunga, cominciò tutto moltissimi anni fa. – Cominciò DJ.

“XVI secolo, Spagna
La scoperta dell’America era stata appena effettuata, dalla Spagna partivano decine di navi. – Quando partiremo signor Oliveira?- Chiese la signorina Carducci. – Non si preoccupi, tra qualche ora toccherà alla nostra nave partire, è pronta per l’America?- A quel punto lei si sedette su una panchina e aspettò pazientemente. Passarono due ore, erano le 14:30, la nave per l’America era pronta, la signorina Carmen Carducci prese le sue valigie e intraprese la strada verso il porto. Le affidarono la cabina numero 3, la nave non era molto grande, superava i 70 metri, non molto di più. La ragazza raggiunse la sua camera, non era molto ampia, ma bastava per una sola persona. La ragazza si distese sul letto, in pochi minuti si addormentò. Passò qualche ora, la luna era ormai alta nel cielo, Carmen si svegliò di soprassalto, in fretta raggiunse il ponte, da lì il rumore dell’ Oceano si sentiva perfettamente. La ragazza aveva in mano una tazza di tè caldo, intanto osservava l’Oceano che la precedeva.  Era la visuale più bella che avesse mai visto, una distesa infinita di acqua, il riflesso della luna all’orizzonte. All’interno della nave c’erano delle feste, dei balli, ma a Carmen non interessava, preferiva godersi quello che non avrebbe mai più rivisto dopo quel viaggio. – Signorina Carducci, cosa fa qui?- Le chiese il signor Oliveira appena giunto sul ponte, lei lo guardò, poi si lasciò andare ad una risatina. – Signore, sto osservando qualcosa che in Spagna non si può vedere.- Le rispose lei, ma lui sembrava non capire, preferiva sprecare la serata in qualche balletto. Il signor Oliveira a quel punto se ne andò lasciando Carmen lì tutta sola. Lei a quel punto si sdraiò su una poltrona e rimase lì per un bel po’ di tempo. L’indomani Carmen si svegliò, era ancora sulla poltrona, il sole era appena sorto da dietro l’Oceano. Davanti a se trovò una tazza di tè appoggiata su un tavolino. Allungò la mano per prenderla, era ancora caldo, lo mando giù in pochi secondi,  poi si alzò ed in fretta raggiunse la sua camera. Era identica a come l’aveva lasciata, niente di diverso. Passarono dei giorni, delle notti, ma l’America era ancora lontana, le giornate passavano lente e monotone, fino a quel giorno, quel giorno in cui una nave fu attaccata. Era il ventesimo giorno di viaggio, una giornata come le altre, il sole era appena sorto, guardandolo rimanevi stupito, ovviamente Carmen era lì, non poteva perdersi una cosa del genere, un sole rosso, che rifletteva per chilometri sul mare. Fu in quel momento che vide una nave avvicinarsi a loro, si sporse per vedere meglio, a quel punto coprì che si trattava di una nave pirata. – Oh mio dio!- Gridò, subito corse all’interno, tra un corridoio e l’altro. – Cosa succede?- Le chiese il signor Oliveira appena uscito dalla sua camera in pigiama. – I pirati, sono qui, si dirigono verso di noi.- A quel punto l’uomo sobbalzò all’indietro ed invito Carmen ad entrare nella stanza. – Rimani qui a riposarti, avverto io l’equipaggio.- l’uomo uscì dalla cabina, la ragazza era tutt’altro che tranquilla, continuava a camminare per la stanza avanti e indietro. – Capitano, i pirati, ci sono dei pirati.- Avvertì il signor Oliveira. Il capitano controllò, la nave pirata era a meno di un centinaio di metri di distanza. – Non ce la facciamo solo con le vele, abbiamo bisogno dei remi!- Gridò ad un ragazzo vicino a lui. Il giovane corse in un’altra stanza. – Come va?- Chiese il signor Oliveira, a quel punto il capitano alzò le spalle. Passò qualche secondo, a quel punto la nave cominciò ad accelerare, ma nello stesso momento si sentì un rumore tagliente. Il capitano a quel punto prese in mano una pistola e si diresse verso il ponte. Intanto la signorina Carmen era ancora impaziente nella cabina, dal piano superiore si sentivano delle urla. – Saccheggiate la nave!- Erano i pirati, erano riusciti ad arrivare sul ponte della nave. A quel punto Carmen uscì dalla stanza correndo verso il pericolo.

Scusate, i capitoli del flashback saranno un po’ più corti rispetto agli altri. XD!!!
 

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Capitolo 17
*** Flashback – Le origini della guerra parte 2 ***


Nell’ Oceano Atlantico regnava un grande silenzio. I pirati erano cinque, tutti sul ponte a prendere a calci le sedie e i tavolini. Fu a quel punto che il capitano arrivò lì, in mezzo a quei rozzi pirati armato fino ai denti. – Cosa volete?- Chiese con la pistola in mano. – Non fare resistenza.- Provò a convincerlo uno dei pirati, ma il capitano non voleva crollare, continuava a mantenere la sua dignità con in mano la pistola, pronto a sparare. In quel momento Carmen raggiunse il ponte, ma riuscì a nascondersi dietro una poltrona prima di essere vista. – Non vuole capire, uccidetelo!- Un insieme di spari e tagli colpì il capitano, riuscì solo ad utilizzare un proiettile e colpire uno dei pirati su un braccio. A quel punto i pirati entrarono nella nave, cominciarono a saccheggiare tutto, rubando qualunque cosa trovavano. Dall’interno si sentivano urla e schiamazzi, assieme a rumori assordanti. A quel punto Carmen cominciò a strisciare, sgattaiolando all’interno. In fretta raggiunse le scale per il piano inferiore, alcune porte erano distrutte, fortunatamente la sua cabina era ancora intatta, con le chiavi riuscì ad entrare. Ogni cosa era al suo posto, in fretta prese il suo diario segreto e uscì. Dal piano inferiore si sentivano delle urla, e delle risate feroci. Cominciò a correre verso le scale, raggiungendo il piano più basso, lì c’era un uomo sdraiato a terra: Era il signor Oliveira. – No!- Gridò lei, si avvicinò lentamente. Era immerso nel sangue, teneva un sorriso sulle labbra. – Stavo per raggiungere la barca che si trova in quella cabina, potevo scappare, ma sono tornato indietro per cercarla, per portarla in salvo, ma mentre tornavo su, uno dei pirati mi ha sparato.- Le spiegò il signor Oliveira, a quel punto Carmen scoppiò a piangere, aveva capito che era tutta colpa sua. – Vai, tieni le chiavi, fai uscire la zattera dall’uscita di sicurezza.- Carmen prese le chiavi e cominciò a correre, all’interno però non riuscì a spostare la barca, allora corse su, verso il ponte per chiedere aiuto. Riuscì a raggiungere il ponte, ma… – Vieni, sei catturata!- Ordinò il capitano dei pirati a Carmen. Avrebbe voluto fare resistenza, ma non avrebbe avuto speranze, allora si avvicinò con le mani dietro la schiena. La caricarono sulla nave rinchiudendola in uno stanzone insieme a tutto il bottino. Passarono dei minuti, delle ore, dei giorni, Carmen non riusciva a capire quanto tempo fosse passato da quando era salita su quella nave. Improvvisamente gli venne l’idea di cercare , cercare qualcosa per illuminare quello stanzone buio. In poco tempo riuscì a trovare una candela, l’accese e scoprì di essere in mezzo ad una distesa d’oro. Cominciò a riempirsi le tasche, c’erano diamanti, zaffiri, smeraldi, rubini e altre infinità di pietre preziose. Improvvisamente sentì un rumore di chiavi, e la porta improvvisamente si spalancò, Carmen in fretta si gettò a terra sembrando addormentata. – Vada, riempia il sacco, poi vada via.- Era la voce di uno dei pirati. A quel punto Carmen si alzò in piedi, davanti a lei c’era un ragazzo che riempiva un sacco di quei tesori. – Buongiorno signorina, piacere mi chiamo Edmond Sadler.- Lei lo guardò stupita, poi cominciò a parlare. – Cosa ci fai qui?- Gli chiese lei, - Faccio pagare il pedaggio.- Rispose lui sorridendo. I ragazzi rimasero a parlare per dei minuti interi. – Vuoi che ti porti via con me?- Chiese lui, a quel punto lei gli fece l’occhiolino. – Forza, entra nel sacco, farò finta che dentro ci sia dell’oro, invece ci sei tu. – Lei acconsentì, allora i due ragazzi riuscirono a fuggire dalla nave. Raggiunsero la costa Americana, a quel punto lui la fece uscire, cominciarono a correre verso un bosco, tirava un forte vento, l’ombra degli alberi non gli facevano scrutare la luna ormai alta nel cielo. Alla fine raggiunsero una grotta. – Grazie, non so come ringraziarti.- Gli disse lei. – Non ti preoccupare, l’ho fatto con piacere.- Le rispose. – Sì, ma avresti potuto prendere tutti quei tesori, tutte quelle ricchezze.- A quel punto Edmond si avvicinò e i due si lasciarono andare ad un tenero bacio.
 
Spero vi sia piaciuto, lasciate molte recensioni! XD!!!
 

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Capitolo 18
*** Flashback – Le origini della guerra parte 3 ***


A quel punto Carmen lo respinse. – Cos’hai?- Le chiese lui. – Non lo so, ho un brutto presentimento.- Gli rispose lei. I due ragazzi si baciarono nuovamente, intanto al di fuori di quella piccola grotta non potevano immaginare cosa li avrebbe aspettati. Passarono delle ore, ormai era notte fonda. – Ed, questa è stata la notte più bella della mia vita. – Gli disse lei. – No, Carmen, non può andare bene tra di noi, non siamo “compatibili”!- Provava a spiegarsi lui, ma Carmen non riusciva a capire il vero pericolo, Edmond era un vampiro.”

– Un vampiro come Trent e gli altri, Gwen. – Tirai un lungo sospiro, poi cominciai a parlare: - Va bene, certo, non mi aspettavo che Edmond fosse un vampiro, ma… cosa c’entra con me che lui è un vampiro?- Gli chiesi, non riuscivo a capire completamente il significato della storia. – Non riesci a capire? Edmond è un pericolo per Carmen, ora loro si sono innamorati e per lei potrebbe essere la fine!- - Continuo a non capire perché, cosa c’entra la cosa che io sia “una congiunzione” tra i due gruppi, cosa c’entro io?- Non volevo essere la minaccia di nessuno, ma… sinceramente non riuscivo più a capirci nulla. – Fammi finire la storia!- Mi disse DJ.

“Ci mise un’ora intera a spiegarle tutto, ma Carmen ancora era convinta a continuare a voler mandare avanti il loro amore. – Non mi porta Ed, non mi importa di quello che sei, mi basta che sei tu!- Gli rispose lei, a quel punto si lasciarono andare ancora ad un lungo bacio. Qualche minuto dopo cominciò a nevicare, l’aria era gelida, Carmen tremava dal freddo, mentre indossava il suo cappotto. – Cam, vado a cercare qualcosa da mangiare e per coprirti, rimani qui, torno subito.- Carmen gli prese la mano, non voleva lasciarlo andare. – Non andare, ti prego no … - Lo supplicò lei, a quel punto Edmond si avvicinò e le toccò la fronte: - Oh mio dio, scotti, aspetta qui, torno subito.- Furono le ultime parole di Edmond prima di scomparire nel folto bosco, Carmen voleva seguirlo, ma non ne aveva le energie, allora si lasciò andare e si addormentò. Passò un’oretta, o anche più, Carmen si risvegliò, aveva ripreso le energie, in fretta uscì dalla caverna, in lontananza scrutò del fumo, veniva dal entro della foresta. Cominciò a correre tra i cespugli e i rami rotti, cadendo tre o quattro volte, infine si ritrovò in un grande slargo. Al centro si ergeva un palo alto una trentina di metri, con appeso un uomo, tutti intorno altri uomini senza maglietta guardavano il povero uomo. Appiccarono il fuoco, il palo in fretta cominciò a bruciare. Solo in quel momento Carmen capì che l’uomo appeso era il suo amato Edmond, la ragazza cacciò un urlo e cominciò a correre vero il suo amato. Un uomo la fermò, trasformandosi in un lupo. – Cosa volete fargli?- Chiese lei, allora quel lupo le rispose: - Ha ucciso uno dei nostri cuccioli scambiandolo per un lupo qualunque, allora ora merita di morire.- Il fuoco in tanto raggiunse i piedi di Edmond, le lacrime della ragazza non cessavano di uscire. – Carmen, vai, mettiti in salvo.- Le ordinò Edmond, a quel punto il lupo la lasciò andare, ma lei invece di fuggire cominciò a correre verso le fiamme. – No!- Fu l’ultimo grido di Edmond prima di morire, intanto Carmen era immersa nelle fiamme, in fretta la tirarono fuori, ma ormai era completamente ustionata. I lupi per non avere colpe la gettarono in mare e la lasciarono annegare. Eppure, ancora si dice che lei sia ancora viva, che Edmond l’abbia morsa prima di morire, ci sono molte leggende che danno un continuo a questa storia, ma non c’è nulla di sicuro, nulla.”
Era avvolta dalle lacrime, abbracciai DJ con forza. – Che storia commovente.- Gli dissi. A quel punto lui si alzò in piedi.  – Ora hai capito cosa voglio dire?- Mi chiese, io lo guardai perplessa per un po’. – No, non capisco cosa c’entro io con tutto ciò.- Gli risposi, lui a quel punto scosse la testa. – Come fai a non capire? Tu sei la congiunzione tra due famiglie che non si dovranno MAI unire, se due forze del genere si unissero potrebbero conquistare un intero continente, per questo che gli altri non vogliono.- Finalmente cominciai a capirci qualcosa. – Ora ho capito, quindi gira tutto intorno a me,è colpa mia.- Stavo per scoppiare, mentre dicevo quelle parole, era sul punto di svenire. DJ mi abbracciò con forza e mi portò al piano superiore, mi stese sul letto e mi lasciò dormire. Dormii a lungo, mi svegliai era mezzogiorno o poco più, scesi in salone, la porta era chiusa, ma DJ non c’era, era rimasta solo la radiolina vicino ad un biglietto.

“Aspettami lì, ho raggiunto New Ton, devo controllare se è tutto a posto. DJ”

In fretta presi la radiolina e mi misi subito in contatto con Zoey, digitai il numero, attesi per qualche secondo, ma nessuno rispose. Avevo paura, con Zoey e Dawn c’era mia madre, e anche mio fratello. – No!- Urlai, poi mi fiondai contro la porta, ma era così ben chiusa che, anche con tutta la mia forza, non riuscii ad aprirla. – DJ, ti prego, dove sei? Aiutami!- Mi lasciai andare ad un pianto interminabile. Non capivo più niente, sapevo solo che mi ero pentita di essere entrata tra di loro, non mi dispiaceva solo per Duncan, il ragazzo di cui mi ero invaghita, oppure Trent, quel ragazzo dolce e simpatico. A quel punto la radiolina cominciò a fare strani rumori. “Pronto, mi senti?...” Era una voce offuscata, mi avvicinai e la presi in mano. “Pronto, chi è?...- Risposi, a quel punto si sentì ridere. – Carissima signorina Smith, è pregata di raggiungermi all’ hotel di “House’s city”, se vuole rivedere suo fratello vivo.- A quel punto mi arrivò il cuore in gola e capii che dovevo andare!
 

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Capitolo 19
*** In cerca di Zak ***


Indossai la giacca e uscii in fretta. Avevo in mano la radiolina, nient’altro, cercavo inutilmente il modo più rapido per raggiungere l’hotel. Cominciai a percorrere tutta la stradina e discesi la montagna, avevo qualche chilometro davanti a me prima di “House’s city”, la vedevo sì e no dietro il folto bosco. Era difficile non pensare a Zak, a quello che gli poteva capitare se non mi sarei mossa, se non sarei andata più veloce, ma sfortunatamente la mia andatura era quella, provavo ad accelerare, ma già i veniva il fiatone.  Passarono dei minuti, molti minuti, finalmente raggiunsi la periferia di “House’s city” Raggiunsi subito il supermercato, da lì chiamai un taxi che in fretta mi spedì all’hotel. Raggiunsi l’entrata, lì un oste mi scrutava disgustato, ma io non lo degnavo di uno sguardo, quell’Hotel non potevo sopportarlo: Ti vedevano con un occhio diverso anche se avevi una scarpa sporca di fango o quant’altro. – Dov’è la camera della signorina Zoey?- Chiesi, lui mi guardò allibito: - Zoey chi?- Mi chiese. – Zoey, Zoey Smith!- A quel punto mi disse che si trovava al quinto piano, nella stanza 142. – Grazie, grazie mille!-  Corsi per le scale, avevo le lacrime agli occhi, forse ce l’avrei fatta, avrei potuto raggiungere mio fratello e riportarlo a casa. Raggiunsi il secondo piano, mi scontrai con una signora, cademmo entrambe a terra. Aveva una faccia conosciuta, ma mi girava fortemente la testa, non riuscivo a metterla a fuoco. – Gwen, sei tu!- Mi abbracciò con forza, era mia madre. – Mamma, ti voglio bene!- Cominciai a gridare. – Scusa, non dovevo lasciarti sola, sono stata una sciocca, mi dispiace tanto!- Si giustificò lei, piangevamo tutte e due come due bambine. – Mamma, scusa devo andare!- Le spiegai, a quel punto annuì con la testa, le diedi un ultimo abbraccio e continuai a salire le scale. Raggiunsi la stanza “142”,era chiusa a chiave. – Zoey, Dawn! Zak, siete lì?- Non rispondeva nessuno, cominciai a prendere a spallate la porta. – Aiuto, mi sentite? C’è nessuno che mi sente? Aiuto!- A quel punto arrivò un cameriere. – Oh finalmente! La prego, mi aiuti, dentro quella porta c’è mio fratello, si è sentito male!- Provai ad inventare una scusa per poter entrare. – L’aiuto subito!- Mi diede le chiavi e mi fece l’occhiolino, la girai nella serratura per due volte, a quel punto la porta si aprì. – Dawn! Zoey! Dove siete?- Cominciai a cercarle, a quel punto trovai Zoey seduta a terra, continuava a tremare, mentre fissava il vuoto. – Zoey!- Gridai buttandomi tra le sue braccia, a quel punto si riprese. – Gwen? Gwen! Corri, tuo fratello, l’hanno preso, scusa, non l’ho fatto apposta.- Provò a giustificarsi, io le accarezzai la guancia. – Gwen, sono pericolosi, non sono persone adatte a te!- Provò a spiegarmi. – Lo so, ma a me non importa della mia vita, hanno preso mio fratello, allora gli darò guerra, fino alla morte!- Rimasi stupita delle mie parole, poi riguardai Zoey. – Aspetta, chiamo qualcuno per soccorrere Dawn, si trova poco fuori dalla città, io devo venire con te!- Mi disse, rimasi stupita: Anche Dawn era stata sconfitta, erano più forti di quello che pensavamo!
Solo a quel punto trovai una lettera sul letto:
“Gwen! Se stai leggendo questa lettera vuol dire che sei arrivata, ho voluto risparmiare le tue amichette, adesso però corri in soffitta, nella soffitta dell’hotel, troverai quello che ti serve, Sbrigati!!!”
Rimasi spaesata dopo aver letto il messaggio, poi lo lasciai cadere a terra. – Gwen, stanno arrivando Mike e Bridgette per Dawn, noi vogliamo andare?- Mi chiese, la guardai, avevo uno sguardo spento, molo spento. All’improvviso persi i sensi. Mi risvegliai, ero sdraiata sul letto della camera numero “142” Zoey mi faceva aria con le mani. – Tutto bene?- Mi chiese, io annuii con la testa. Mi aiutò ad alzarmi, poi zoppicai con il suo aiuto fuori dalla stanza. – Dove dobbiamo andare?- Mi chiese Zoey. – In soffitta!- Le risposi con un filo di voce. – No, Gwen, è meglio che tu rimanga qui, ci penso io, non ne hai le forze!- Mi appoggiò su una poltroncina in mezzo al corridoio. Non potevo permettere che Zoey avesse capito che io seguivo le tracce nemiche, avrebbero ucciso Zak. – No, penso sia meglio raggiungere la camera di mia madre, è la n. “65” prova là!- Zoey mi fece cenno di “sì” con la testa, poi cominciò a correre verso le scale. Io nel frattempo raggiunsi l’ascensore. – Dove deve andare?- Mi chiese un ragazzo vicino a me: Era l’addetto all’ascensore. – In terrazza!- Cliccò un pulsante  in fretta partimmo. Ci vollero pochi secondi, eravamo in una stanzina con una porta che dava verso il terrazzo. – Grazie, grazie molte!- Raggiunsi l’esterno, c’era della biancheria stesa, ed adiacenti al muro si trovavano delle macchinette per le bibite. – Zak? Zak, dove sei?- Continuavo a cercarlo, finchè non caddi a terra, mi accasciai contro un caminetto.  – Za -  Zak!- Tremavo, non riuscivo a dire una parola di seguito. Una nuvola nera coprì il cielo, sentii una gocciolina sulla mia testa, poi un’altra e un’altra ancora. Un fulmine illuminò la città, poi un tuono mi fece sobbalzare. A quel punto la porta si aprì, la sentii scricchiolare, ormai ero troppo lontana, delle lenzuola mi coprivano la visuale. “Il ragazzino?” Sentii, era una voce da donna, anzi era una ragazza. “Non preoccuparti, è in un camion di “I.F.M.E.” (  Industria Fabbricazione Mobilio England) Era un’altra voce, sempre da donna, ma meno aggraziata. “Sta andando verso Londra” Era sempre la seconda voce, sapevo che parlavano di Zak, ne ero sicura. “Penserò anche alla sorella, non preoccuparti, me ne occuperò io di tutto.” Era sempre quella voce, quella più sgraziata. “Silenzio, qui c’è qualcuno!” Era la ragazza con la voce aggraziata. Cominciai a correre verso la ringhiera che dava nel vuoto. Riuscii a raggiungerla, sotto di me c’erano sette piani, sapevo solo che se sarei rimasta lì avrei fatto una lurida fine. A quel punto sotto di me passò un camion blu con una scritta rossa: “I.F.M.E.” – Zak!-  Gridai, poi mi gettai nel vuoto.
 

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Capitolo 20
*** Ritorno a Londra ***


Entrai nel camion creando un buco. Non riuscii a resistere, la botta era stata troppo forte, mi fece perdere i sensi. Passarono delle ore intere, mi svegliai di soprassalto, il camion aveva preso una buca. Ci misi qualche secondo per capire dov’ero, per ricordarmi di tutto. -Oh mio dio! Zak?- Mi chiesi da sola, ma ovviamente non avevo la risposta. Guardai fuori da una piccola finestrella, capii che ci trovavamo nei dintorni di Manchester. Improvvisamente mi ricordai che dovevo trovare Zak. - Zak, dove sei?- Parlavo a bassa voce per non farmi sentire dal camionista alla guida. – Zak, ti prego rispondi!- Alzavo sempre più la voce. A quel punto sentii un mugugno, veniva da uno scatolone. – Gwen, sono qui!- Era la voce di Zak, a quel punto cominciai a piangere dalla gioia. Aprii in frettalo scatolone, mi saltò tra le braccia. – Zak, da quant’è che sei qui?- Gli chiesi. – Non mi ricordo, mi sono svegliato da poco. – Raccontami tutto.- Gli accarezzai la guancia. –Va bene, ti dirò tutto quello che mi ricordo.-

“Eravamo all’hotel, ero con le tue amiche, nella stanza “142” andava tutto liscio come l’olio. Stavo sentendo la musica alla radio, di fianco a me c’era Zoey che ballava, io invece ero seduto al tavolino, mentre scarabocchiavo. A quel punto apparve Dawn. – Zoey, ne sono arrivati due, sono qui fuori.- Disse a Zoey. A quel punto lei mi strinse tra le sue braccia. – Tranquillo, non succederà nulla.- Mi sussurrò all’orecchio. Nel frattempo Dawn uscì dalla stanza, poi da quel momento non la vidi più.”

A quel punto si fermò ad osservarmi felice. – Bravo, ma mi servirebbe ancora qualcos’ altro.- Gli dissi, lui mi fece cenno di sì con la testa, poi continuò la sua storia.

“Rimanemmo lì per qualche minuto senza muoverci, poi cominciammo a sentire dei rumori al di là della porta. Zoey mi lasciò dov’ero, mentre lei cominciò ad avvicinarsi. Improvvisamente un forte boato, poi la porta cadde a terra. C’era una donna incappucciata, osservava Zoey, mentre io ero terrorizzato. Le due cominciarono a prendersi a pugni e a calci, ma erano più forti dei lottatori del wrestling. La donna incappucciata sferrò un pugno in pancia a Zoey lanciandola contro il muro, poi cominciò a ripetere delle strane parole, finchè Zoey non si addormentò. Quelli furono dei secondi di vero panico, fino a quando la donna non si avvicinò a me, da lì non ricordo più niente.”

A quel punto si lasciò andare tra le mie braccia. – Non preoccuparti Zak, si sistemerà tutto molto presto.- Provai a tranquillizzarlo io. – Gwen … La mamma?- Mi chiese lui, io gli risposi con un sorriso. – La mamma sta bene, la rivedremo presto.- Speravo solo che nessuno avesse toccato mia madre, almeno ero felice di aver portato mio fratello lontano da lì, da quel posto che stava rovinando la nostra vita. A quel punto il camion sobbalzò, facendoci cadere a terra. Corsi verso l finestrella e mi accorsi che ci trovavamo fuori strada, in un sentiero pieno di buche. Solo in quel momento vidi un cartello stradale. Andavamo verso l’aperta campagna. – Oh no! Zak, dobbiamo trovare il modo per raggiungere Londra.- Spiegai a mio fratello. – Possiamo entrare in quello scatolone che è diretto a Londra.- Era l’idea più intelligente che fosse mai venuta a mio fratello. Eravamo stretti, ma riuscimmo a entrare tutti e due. Passarono i secondi, i minuti, le ore … Ormai non riuscivo più a contare il tempo. Riuscii a prendere il mio cellulare nella tasca, erano le due e poco più. Zak si era inspiegabilmente addormentato, eravamo in due in uno scatolone 80x80, o forse ancora più piccolo. Tirai fuori la testa, mi accorsi che la metà degli scatoloni non c’era più, era già a destinazione. Mi venne in mente un’idea straordinaria: Cercare su internet un viaggio low cost per la Francia, saremmo scappati lì io e Zak, casa mia non era abbastanza sicura. In quel momento pensai: A casa mia c’era Duncan, Fantastico! Forse non avevo bisogno di partire, ma per ogni evenienza era meglio cercare. Passò qualche minuto, Londra non dovrebbe essere stata lontana a meno che il camionista avesse cambiato strada. Mi diressi lentamente verso la finestrella, affacciandomi vidi un cartello: eravamo a 30 chilometri da Londra. Perfetto! In meno di mezz’ora saremmo arrivati. Il camion si agitò per due volte, finii dritta a terra, con la testa dentro uno scatolone. Il cellulare mi cadde a terra. Mi rialzai e cominciai a correre per riprendere il mio telefonino, fu in quel momento che sentii un’altra botta, rifinii nuovamente con una guancia al suolo. Mi accorsi improvvisamente che il cellulare continuava a muoversi anche se nessuno lo toccava. C’era solo una spiegazione: Il camion era in pendio. Corsi verso il portellone posteriore, lo aprii con forza e mi accorsi che le ruote erano ad un d’altezza da terra. Decisi di buttarmi, ma poi ripensai a Zak. – Zak, sbrigati dobbiamo andare! Muoviti!- Lo aiutai ad uscire dallo scatolone, ormai si capiva perfettamente che il camion pendeva in avanti, non riuscivo a tenermi in piedi facilmente, era come se fossimo sul Titanic, ma l’acqua non c’era. – Gwen, cosa succede?- Mi chiese Zak assonnato. – Niente, dobbiamo solo uscire al più presto o faremo una brutta fine.- Raggiungemmo nuovamente il portellone posteriore, questa volta eravamo a quasi tre metri d’altezza. Improvvisamente sentii come una scossa di terremoto, entrambi cademmo a terra scivolando di nuovo dentro. Cosa stava succedendo fuori? Sapevo solo che dovevamo muoverci qualunque cosa fosse successa, ovunque ci saremmo trovati dovevamo fuggire da lì, sicuramente anche questo incidente era legato a qualcosa di paranormale. – Forza Zak, dobbiamo correre! ORA!!!- Urlai con tutta la forza che avevo. Corremmo contro la forza di gravità, ci gettammo volammo contro la terra fredda e umida, poco prima che il camion cadesse in un burrone. – Gwen, cosa sta succedendo? Mi chiese Zak, cominciava a sospettare che dietro a tutto questo c’era qualcosa di strano. – Coraggio, ora raggiungeremo casa. – Salimmo su un taxi e in pochi minuti ci ritrovammo davanti la mia vecchia casa. – Che emozione! Vero Gwen?- Mi chiese Zak. Io ero sul punto di scoppiare a piangere. Eccomi di nuovo nella casa dove avevo passato la mia vita, la casa che non vedevo da un anno. 

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Capitolo 21
*** Casa dolce casa ***


Entrammo entrambi in casa, nell’aria vi era un odore di muffa: la casa era chiusa da più di sei mesi. – Gwen, non è magnifico? Siamo di nuovo qui, di nuovo a casa!- Zak era il più felice in quella situazione. – Certo, ma ora credo sia meglio che tu vada a dormire.- In fretta raggiunse la sua camera. Era tanto che non mi sentivo così a mio agio. Questa casa era decisamente più grande di quella di New Ton, anche se non mi potevo lamentare, qui avevamo tre stanze da letto, camera da pranzo ed un piccolo salotto. Invece lì a New Ton oltre le piccole due camere da letto c’era un enorme salone ch comprendeva tutto, compresa una piccola parte dedicata alla cucina. Mi diressi nel salotto, tutta la libreria era come l’avevo lasciata, la mamma non aveva mosso nulla. Le poltrone e il divano erano piene di polvere, ma anche quelle identiche a prima. Salii le scale, la porta della mia camera era OK, niente modifiche, con il poster della mia cantante preferita: “Adele”. Decisi di entrare, il mio letto era rifatto e il mio vecchio computer fisso aveva ancora il telo sopra, quel telo che avevo messo per non farlo sporcare. Mi lanciai sul letto facendo saltare ogni minima parte del lenzuolo. A quel punto una lacrima cominciò a scendere sul mio viso. – No Gwen, devo essere forte come ho sempre voluto essere.- Invece non era così, non riuscivo ad essere la dura che volevo far credere di essere. Ho dovuto sempre combattere contro problemi più grandi di me.  Ora basta però, dovevo provare a dormire, dovevo superare quella giornata devastante, era un tentativo di superare tutto e lasciarmi indietro il passato. Ci provavo in tutti i modi, ma sapevo che non ce l’avrei fatta.


“ Eravamo arrivati all’aeroporto di Edimburgo. – Gwen, quando arriviamo?- Mi chiese quel petulante di Zak. – Non preoccuparti, tra non molto saremo arrivati, paziente un po’.- Ero seduta su una poltroncina in attesa dell’arrivo del mio taxi. – Come sarà la nuova casa?- Mi chiese mio fratello. – Dovrebbe essere molto carina, certo più piccola della nostra, ma decisamente accogliente.- Provai a rispondergli nel modo più utile per scrollarlo di dosso. – Io vado un secondo al bar, aspettami qui.- Mio fratello tentava di fare l’indipendente, ma sapevo che era solo un moccioso. Passò qualche minuto, tirai fuori in attesa il mio cellulare, che ora era in un camion infondo ad un burrone. Il taxi non arrivava ancora, mentre il sole calava lentamente dietro i monti. In quel momento mi sorse un dubbio: Dov’era finito Zak? – Zak, dove sei?- Cominciai a guardarmi intorno inutilmente, non c’era più traccia di mio fratello. – Zak, dove ti sei cacciato, forza vieni fuori!- Mi alzai in piedi, cominciai a correre raggiungendo il bar più vicino. Entrai, all’interno era decorato con lucette color verde. Il barista mi osservava stupito, forse il mio modo frettoloso lo innervosiva. – Ha per caso visto un ragazzino con un berretto verde in testa?- Gli chiesi io, lui mi guardò pensieroso, poi cominciò a parlare: - Oh si, è uscito un quarto d’ora fa dalla porta sul retro, era accompagnato da una ragazza, è salito sulle scale che ti portano ai piani superiori.- L’osservai per qualche secondo, poi continuai a parlare. – Quindi qui sopra ci sono altri negozi?- Mi fece cenno di sì con la testa, poi corsi verso la porta dietro il bancone dei gelati. Davanti a me una lunga scalinata a chiocciola, era di un colore grigio misto con la ruggine, ma era l’unico modo per raggiungere Zak. Cominciai a correre per quei gradini che si tenevano a malapena. Improvvisamente misi male il piede inciampando, sbattendo il mento contro il ferro. Ripresi conoscenza solo dopo qualche minuto, mi guardai intorno, il sole era ormai scomparso, l’aria era più fresca, solo in quel momento mi ricordai cosa dovevo fare. Raggiunsi il piano superiore aprendo la porta. – C’è qualcuno?- Era tutto buio, sembrava un piccolo centro commerciale. Tutti i negozi erano chiusi, mi addentrai verso la parte più oscura, a una ventina di metri più giù. – Zak? Dove sei?- Nessuno mi rispondeva, ero ormai distante da dove ero entrata, mi dovevo sbrigare prima che non avrei trovato più vie d’uscita, prima che avessero chiuso anche quella porta. – Zak, ti prego rispondi!- Cominciai a correre urlando il nome di mio fratello. Da una piccola finestrella vidi che al di fuori era ormai tutto oscuro, non si vedeva più nulla. Decisi di prendere il cellulare, per fare un po’ di luce. – Zak?- Ripetei a bassa voce, questa volta con una voce più angosciata. Sentii un forte rumore provenire dalla mia destra, c’era un lungo corridoio che terminava con delle scalette. Incominciai a correre, salii per le scale, raggiunto il piano superiore cominciai a guardarmi intorno. – Zak? Per favore, dimmi dove sei!- Alzavo sempre di più la voce, a quel punto mi uscirono due lacrime che mi percorsero il viso. “Sei arrivata fin qui, ma brava, ora devi solo trovarlo!” Era qualcuno che parlava, ma non capivo chi, era una donna, aveva la “s” moscia. – Chi sei?- Chiesi io. “Torna indietro, raggiungi il bar, lo troverai lì, muoviti!” Mi ordinò la voce, io scattai scendendo in pochi secondi, raggiunsi la porta che dava alle scale a chiocciola, ma era chiusa. – Maledizione!- Urlai. “Mi dispiace, ma sei stata stupida ad entrare!” Mi prendeva in giro, mentre io mi lanciavo con forza contro la porta. – Riuscirò a salvare mio fratello, in un modo o nell’altro.- A quel punto cominciai a correre per il lungo corridoio, cercando altre vie d’uscita. Mi lasciai ansare correndo nel buio più assoluto...”

Un rumore mi svegliò di soprassalto. Mi alzai dal letto, avevo fatto di nuovo il solito incubo. Quella maledetta notte in cui ero arrivata a New Ton. Il rumore che mi aveva svegliata era la radiolina che mi aveva dato DJ. La presi subito. “Pronto?” Chiesi io. “Gwen, sbrigati, devi mettere in salvo Zak, so che sei a Londra, devi mettere al sicuro tutti quelli che sono intorno a te!” Era Trent, non sentivo bene la sua voce. “Trent, Trent, cosa sta succedendo?” “Gwen, A-T-T-E-N-T-A!!!” Da lì non lo sentii più. “Trent, Trent mi senti?” Non avevo alcuna risposta. Sentii il campanello suonare, corsi al piano inferiore, aprii di scatto. Era Beth, il capo del bar. – Signorina Mason, vorrei parlare urgentemente con lei.- Sapevo di cosa voleva parlare, era da una vita che non andavo più al lavoro, ma ora non era il momento giusto. – Non ora!- Le risposi, la feci entrare poi chiusi la porta a chiave. Bloccai tutte le finestre con dei mobili davanti tenendo aperta solo quella del salotto, da dove potevo vedere la strada da una fessura della serranda. – Mi deve scusare, in questo momento dobbiamo solo difenderci!- Avevo molto coraggio, mentre lei mi guardava stupita. – Da cosa?- Mi chiese lei, ma io non l’ascoltai e cominciai a correre al piano di sopra. – Zak, svegliati, dobbiamo scappare.- Lo presi in braccio e lo portai in corridoio, gli spiegai che dei ladri si aggiravano per le strade di Londra (non era vero). Insieme corremmo al piano di sopra, a quel punto Zak guardò Beth, spalancò gli occhi terrorizzato, - Tu … -


To Be continued… 

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Capitolo 22
*** Tradimenti ***


Mio fratello rimase immobile per qualche secondo, poi cominciò a parlare: - Gwen, è lei la ragazza … che ha sconfitto Zoey!- Anche io rimasi immobile, sudavo freddo, non potevo immaginare che Beth potesse essere un vampiro, ma soprattutto quel vampiro. Mi girai di scatto verso di lei, ma non c’era già più.  “Mi odio!”,ripetei tra me e me,mi ero pentita di aver raggiunto Londra, ma soprattutto mi ero pentita di non aver avvertito. Presi la radiolina sul comodino e cominciai a provare a mettermi in contatto con DJ, ma era inutile: Eravamo troppo distanti. Uscii dalla camera di Zak e chiusi la porta a chiave con lui dentro. Scesi le scale, ma di Beth neanche l’ombra. –Dove sei?- Cominciai a cercarla, ma era scomparsa nel nulla. Raggiunsi il salotto e presi quel arnese di ferro appuntito che serve per attizzare il fuoco, lo impugnai come fosse un’arma. Cominciai ad addentrarmi nella cantina, andavo lentamente, mi facevo luce con una candela, non vedevo niente a più di un metro da me. – C’è nessuno?- Balbettavo dalla paura. Finii di scendere le scale, raggiunsi l’interruttore. Finalmente un po’ di luce! “Gwen … Sei tu?” Era una voce lieve che veniva dallo sgabuzzino. –Chi sei?- Risposi, avevo il cuore a mille. Aprii la porta dello sgabuzzino velocemente tenendo pronta la mia“arma”. Cadde un sacco dall’interno, c’era qualcuno dentro, continuava a muoversi: a destra e a sinistra. Sbrogliai il nodo che lo teneva chiuso, uscì un uomo dall’interno. Era Scott, sdraiato a terra, era intrappolato da delle pesanti catene. – Scott, cosa ci fai qui?- Mentre provavo a rompere le catene colpendole con l’arnese di ferro. Riuscii ad allentare la catene. A quel punto lui mise tutta la sua forza nelle braccia e riuscì a spezzare le catene. Respirava velocemente, era bollente, più del solito. – Gwen, devi scappare da qui, perché sei venuta?- La sua voce era talmente forte, che quasi sembrava ruggisse. – Credevo che qui la situazione fosse migliore … - Ovviamente non era solo per quello, erano tanti i motivi, ma uno di questi era perché mio fratello era stato chiuso in un camion con destinazione: Londra, ma non gli dissi nulla, non volevo farlo preoccupare ancora più di quel che sembrasse. Prese una ciocca dei miei capelli in mano e me la sistemò dietro all’orecchio. Presi con forza il suo polso tenendolo bloccato. – Scott, Duncan dov’è?- Gli chiesi, il mio sangue divenne freddo a quelle sole parole, a sentire il suo nome. Scott si liberò facilmente dalla mia presa avvolgente. – Scott, per favore, devi dirmelo!- Per qualche strano motivo sembrava che non volesse aiutarmi, come se Duncan era in un luogo che non poteva, o non voleva, dirmi. – Gwen, ora basta! Sei finalmente qui.- Mi si avvicinò lentamente, mi toccò un fianco con la mano. Ci stava provando! Avrei dovuto colpirlo, anche senza risultati, ma in questo modo non mi avrebbe mai detto niente su Duncan. Gli feci una carezza sul volto con la mano sinistra, mentre con la destra presi la mia “arma” a terra.  Lo colpii con forza sulla spalla fino a fargli uscire il sangue. Urlò con tutta la forza che aveva in corpo. – Maledetto, sei stato tu a far del male a Duncan?- Gli chiesi urlando in preda alla rabbia. Lui sorrise e mi guardò come si guarda un dessert. Capii che lui centrava a qualcosa, che lui aveva tradito Duncan o cose simili. In fretta si trasformò in licantropo, io approfittai del momento per salire le scale.  Mi chiusi la porta della cantina alle spalle, misi il paletto e le misi davanti una sedia per bloccare la maniglia. Cominciai a respirare più lentamente. Improvvisamente sentii un forte botto contro la porta che fece saltare il paletto, cominciai a correre, uscendo fuori casa. Correvo senza fermarmi, pensavo solo a quel traditore bastardo che mi stava inseguendo, che forse aveva ucciso Duncan solo per provarci con me. Vidi il sole oscurarsi, un’enorme creatura era saltata verso di me, era lui… la mia fine era oramai giunta. Vidi improvvisamente un raggio davanti a me, qualcosa che andava a migliaia di chilometri all’ora, qualcosa che colpì con forza Scott e lo fece volare a cinquanta metri di distanza. Io ero a terra, tenevo le mie gambe tra le braccia, avevo paura di vedere cosa fosse successo. “Gwen, come stai? Su alzati!” Era la voce di Trent, mi alzai di scatto e lo ritrovai davanti, diversamente dal solito era arrabbiato nero, non ero abituata a vederlo così, era sempre così solare. – Trent, cosa ci fai qui?- Lo abbracciai con le lacrime agli occhi. – Sei arrivato appena in tempo.- Era Scott, si stava avvicinando a noi, fece una risatina ironica, era di nuovo in forma umana. – Non toccarla!-  Gridò Trent e i due si lanciarono uno contro l’altro (Scott era di nuovo tornato in forma Licantropo) . Si sferrarono una decina di colpi, senza mai toccare terra, avevano una velocità impressionante. Trent riuscì a colpirlo con un calcio dritto in pancia scagliando Scott a terra,  facendolo cadere come un siluro sull’asfalto. Trent atterrò come nulla fosse. – Tutto bene?- Gli chiesi io, lui con la mano mi fece cenno di allontanarmi. Seguii il suo comando, mi allontanai di qualche metro. Improvvisamente qualcuno apparve dietro di Trent, era una ragazza con dei lunghi capelli biondi. – Trent, dietro di … - Non riuscii a finire la frase, la ragazza salto, afferrò le braccia di Trent e gli diede due fortissime ginocchiate sulla schiena. Si sentì un forte “Crack” Io mi lasciai cadere sulle ginocchia, guardando incredula lo spettacolo del dolore di Trent. Era sdraiato a terra, urlava forte a tal punto da spaccare i vetri, con quel colpo credo gli avesse spaccato sia le braccia che la schiena, ma fortunatamente non era come pensavo, Trent riusciva ancora a muovere le braccia, anche e con dolore. La ragazza mi sembrava d averla già vista … Ma certo! Era la ragazza bionda che si trovava in cima all’ hotel insieme a Beth (capitolo 19) La riconobbi dalla sua risata aggraziata. – Ti fa male?- Gli chiese divertita. Avrei voluto fare qualcosa, qualcosa che poteva essere d’aiuto a Trent, ma non riuscivo a muovermi ero come inchiodata al terreno. Scott riuscì ad uscire dalla buca formata dal suo corpo per via del calcio di Trent. – Ora non ti fai più fico davanti alla tua ragazza.- Scott si avvicinò a lui e cominciò a prenderlo a calci. Riuscii ad alzarmi, mi muovevo con difficoltà, ero in preda alla paura e all’ansia. Presi un sasso e con forza lo lanciai.  Colpii la ragazza dritta sulla tempia.  Lei mi fulminò con lo sguardo. – Maledetta ragazzina impertinente!- Cominciò a correre verso di me, io mi voltai e cominciai a fare lo stesso, anche se sapevo che in pochi secondi mi avrebbe raggiunto. Come una sciocca inciampai su una radice, capii che era arrivata la mia fine, attesi a terra per qualche secondo, ma nessuno mi fece niente. Mi tirai su, mi voltai e vidi Scott a terra, tra le foglie degli alberi mi feci spazio per vedere meglio: Scott era a terra, sembrava svenuto, invece la ragazza stava strozzando Trent. Cominciai a correre verso di loro. “Lascialo!” Gridai con tutta me stessa, le mie gambe cominciarono a cedere ed io caddi a terra senza sensi, l’ultima cosa che io vidi fu qualcuno che colpì la ragazza, qualcuno che andava ad una forte velocità, poi vidi la ragazza scagliata via a tre metri dal suolo. Poi vidi solo il buio.
Spero vi sia piaciuto, scusate il ritardo!!! XD!!!

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Capitolo 23
*** La verità ***


“… Il corridoio era buio, non riuscivo a vedere cosa ci fosse davanti a me, cosa o chi avrei potuto incontrare. “Zak!” Urlavo con tutta la voce che avevo in corpo, con tutto il fiato che avevo. Respiravo con fatica, avevo paura ad andare avanti, sembrava di stare in un tunnel, un tunnel senza fine. Presi di nuovo il mio cellulare dalla borsa e cominciai a fare un po’ di luce, quella che bastava per vedere almeno il pavimento che calpestavo. Passarono cinque o dieci minuti, solo in quel momento scorsi da lontano una piccola luce, che avvicinandomi aumentava sempre di più. Mi accorsi che veniva da una porticina, era spalancata, mi avvicinai sempre più, finché non vidi cosa c’era al di là: L’aeroporto! Era una porta che dava all’esterno, ma come mai era stata lasciata aperta? Mi trovavo a qualche metro d’altezza, davanti a me c’erano delle scale che mi portavano fin giù, fino alle sedie dell’aeroporto. Cominciai a correre, volevo uscire da lì, anche se in teoria ero fuori, ma non mi sarei sentita libera fino a quando non avrei toccato terra. Raggiunsi la rampa di lancio degli aerei, correvo ancora a perdi fiato per cercarlo, per cercare mio fratello che era ormai scomparso da qualche ora. – Zak!!! Dove sei?- Ero disperata, mi lasciai cadere a terra, non avevo più energie, i miei occhi si stavano chiudendo, fino a quando non sentii un urlo: “Gwen!” Mi rialzai in piedi di scatto. – Zak, Zak dove sei? ti prego dimmelo!- Urlavo con tutte le forze rimaste, ad un certo punto vidi due figure in lontananza, forse era proprio lui. Ricominciai a correre, sentivo il mio cuore battere forte, come un martello sul mio petto. “Gwen, finalmente ce l’hai fatta, corri vieni a prendere tuo fratello!” Era la stessa voce del centro commerciale, la riconobbi all’istante. Eravamo oramai a poche decine di metri di distanza, riconoscevo Zak, era accovacciato per terra con le gambe tra le sue braccia, come fosse terrorizzato, mentre l’altra persona, quella di fianco a lui era ferma, immobile a fissarmi. “Eccolo, è lui che volevi no?” Mi avvicinai lentamente a Zak continuando a fissare quella donna che muoveva lo sguardo a seconda dei miei movimenti. Abbracciai con forza mio fratello. – Non preoccuparti, è tutto finito.- Gli dissi io, rialzai lo sguardo: Magicamente la donna vicino a noi era scomparsa, non vi era più una traccia. Presi per mano mio fratello aiutandolo a rialzarsi. – Gwen, chi era quella donna?- Mi chiese con le lacrime agli occhi. – Nessuno, era una di quelle che va e viene, una donna che non sa cosa fare e prova a rovinare la vita agli altri, ma a noi non può rovinarcela, perché noi rimarremmo uniti per l’eternità.- Mi uscirono quelle parole da sole, senza essermi preparata nessun tipo di discorso. Zak stampò le sue labbra sulla mia guancia, poi cominciammo a camminare per mano, come una mamma con il suo bambino.”


Riuscii a svegliarmi, ero in una specie di museo antico, ma non mi sembrava il museo del mio quartiere, sembrava più che altro un tempio per i riti. Mi alzai in piedi, ma avevo le braccia incatenate al muro, non riuscivo ad allontanarmi a più di un metro dal muro, mi sentivo un topo in trappola. “C’è nessuno?” Non ricevetti nessuna risposta, non riuscivo a capire perché ero lì, e chi mi ci aveva portato. Ero immobile, davanti a me c’era una statua alta all’incirca cinque metri, se non di più. “C’è nessuno? Per favore, qualcuno mi aiuti!” Non risposero neanche questa volta, a quel punto mi accasciai a terra, sdraiata. Facevo dei disegnini con il dito sul pavimento, scrivevo “Duncan”, continuavo a scrivere il suo nome sul pavimento, anche se ovviamente il mio dito non lasciava il segno. “Come va?” Sentii una voce sghignazzare. “Chi sei?” Chiesi io facendo sentire la rabbia che avevo nel cuore. “Sei di pessimo umore?!” Uscì allo scoperto, era lei, era proprio Beth! - Cosa vuoi da me?- Le chiesi io, mentre sudavo freddo, avevo paura che in quel lasso di tempo in cui dormivo e avevo anche risognato il mio solito incubo, lei avesse fatto del male al mio fratellino: Zak. – Dov’è Zak?- Le chiesi, dopo aver aspettato inutilmente la risposta della prima domanda. – Non ne ho idea, noi puntiamo a te, tuo fratello ci serviva solo per attirarti qui, dritta nella nostra trappola.- Feci tre sospiri lunghissimi, per poi ricominciare a parlare. – Cosa volete da me? Cosa volete da tutti noi?- Le chiesi mentre singhiozzavo in preda alla paura. – Tu stai riunendo i due gruppi, tu stai per riunire i vampiri e i licantropi, tu sarai la nostra salvezza!- A quelle parole si lasciò andare in una risata maligna. – Sei una falsa, un’ipocrita!- Le gridai io, ma lei continuo la sua risata senza ascoltarmi. – Sono andata a New ton solo per te ed ora non ti lascerò andare via.- Provai a liberarmi dalle catene, ma era impossibile, erano troppo resistenti. – Lasciami andare, ho saranno guai seri per te!- Ricominciò di nuovo a ridere. – Chi ti verrà a salvare?! Lindsay sta tenendo occupati tutti, l’unico è Scott, ma lui è ormai uno dei nostri.- Mi gettai a terra mentre versavo lacrime in continuazione. “Non è tutto finito!” Pensai tra me e me. – Duncan verrà a salvarmi.- A quelle parole lei rimase immobile. – Duncan? Non ti troverà mai, ormai è finita, fattene una ragione cara!- Non poteva finire così, ero sicura che Duncan sarebbe arrivato, mi avrebbe trovata in un qualche modo, non potevo pensare che sarebbe finito tutto lì, tutto così stupidamente, senza potergli dire che lo amo. – Non finirà così, affatto, Duncan verrà qui … e ti farà vedere lui di cosa è capace.- Mi guardò schifata, poi cominciò a parlare: - Ragazza, devi arrenderti, il tuo tesoruccio non verrà, come potrebbe?- Il mio cuore si spezzò in mille pezzetti piccoli piccoli. – Duncan, per favore vieni a salvarmi.- Dissi a bassa voce per non farmi sentire. – Mi ci è voluto un po’ per scoprire dov’era tuo fratello, ma sfortunatamente per te alla fine l’ho trovato, ho seguito la vampira con i capelli rossi e così ho trovato quello che mi serviva: Attraverso lui sarei arrivata a te. A quel punto abbiamo aspettato che tu arrivassi alle porte di “House’s city” per catturarlo. Così Lindsay ha pensato a la vampira bionda (Dawn) ed io sono andato da tuo fratello. Poi ho cercato sul tuo documento del lavoro il luogo dov’eri nata e così ti ho raggiunta.- Rimasi immobile, tremavo al pensare che lei mi pedinava dal momento in cui ero a New Ton. – Impossibile, tutto questo tempo tu ti sei occupata di me?- Le chiesi balbettando. - Nessuno, era una di quelle che va e viene, una donna che non sa cosa fare e prova a rovinare la vita agli altri.- Ripeté le stesse parole che io dissi a Zak quando eravamo all’aeroporto. – Non ci credo … quindi eri tu?!- Le chiesi, anche se mi aspettavo già la risposta. – Questo non te l’aspettavi vero mia cara?- Rideva a crepapelle, quindi era stata proprio lei a rovinarmi quella sera. – Maledetta! Sei una donna schifosa, hai rapito mio fratello per fare un torto a me, per ben due volte! Ti odio!- Ero arrabbiata nera con quella ragazza-vampiro. – Anche io ti voglio bene.- Mi disse lei ironica. – Non posso proprio aspettare, ti ucciderò ora.- Oh mio dio! Voleva farmi fuori, forse per quello che le avevo detto, ma non me ne pentivo affatto, non mi pentivo di averle detto quello che pensavo.

BOOOM

Si sentì un forte fracasso, veniva dalla mia destra, mi voltai di scatto, la porta del tempio era stata buttata giù e lì, proprio dietro la nube di polvere c’era lui: Duncan

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Capitolo 24
*** Battaglia nel tempio ***


Era fermo davanti la porta, come per farsi ammirare da tutti, ma lì ero solo io a guardarlo, Beth lo guardava in un modo decisamente differente. – Duncan! Salvami ti prego!- Gridai io, mentre cercavo di rompere le catene che avevo alle braccia. Improvvisamente Duncan prese le sembianze da lupo e cominciò a correre verso di me. Davanti a lui saltò Beth, piombò con una tale forza da spaccare le mattonelle sottostanti. La ragazza colpì Duncan facendolo volare via, vedevo a malapena i loro movimenti. Duncan si rialzò e con un balzo superò Beth, ma lei saltò e si aggrappò ad una gamba del lupo. Duncan si lanciò contro il muro per scrollarsela di dosso, finalmente lei lasciò la presa e rimase sdraiata a terra. – Duncan, non sai quanto mi sei mancato.- Gli dissi io, appena tornato normale. – Non preoccuparti, va tutto bene.- Rispose senza ascoltare quello che dicevo, prese le catene e provò a spezzarle, per liberarmi. – Devo diventare lupo.- Disse lui. All’improvviso vidi una sagoma correre davanti a me alla velocità della luce. – Dunc … - Non riuscii a finire di dire il suo nome: Beth lo aveva già colpito alla schiena facendolo cadere a terra svenuto. – Duncan, riprenditi per favore.- Gli dissi, mentre mi asciugavo quella lacrima ribelle che scendeva giù per la guancia. A quel punto scomparve da davanti ai miei occhi, tornò sull’altare, come se si fosse teletrasportata. La guardai minacciosamente, poi mi accovacciai e presi la testa di Duncan, per poi appoggiarla sulle mie gambe. – Duncan, per favore, devi riprenderti.- Solo in quel momento mi accorsi che la maglietta di Duncan era sporca di sangue. “Oh mio dio!” Esclamai in silenzio, mentre tentavo di bloccare la seconda lacrima, che ormai era inevitabile. – Duncan, ti prego riprenditi, io non sono nulla senza di te, sono come un prato senza fiori, come il cielo senza le stelle, come il mare senza pesci. Tu Duncan … sì proprio tu, sei il mio fiore preferito, la stella più splendente per me, la carpa più grande che si possa trovare, non ti conosco da molto, ma l’ho subito capito … ci è voluto poco tempo, ma difatti come si dice?! Poco, ma buono. Duncan, ora dipende tutto da te, se vivi, vivo anch’ io; se muori tu, io farò la tua stessa fine. Duncan, ora devi farcela tu, alzati e fatti valere, alzati e falle vedere chi sei, anzi falle vedere chi siamo.- Era impossibile fermare quella cascata che ormai era pronta ad uscire dai miei occhi. Una di queste cadde sulla guancia di Duncan. Come d’incanto aprì gli occhi. – Gwen!- Era inutile fermarle, ormai piangevo e basta. – Duncan, ti sei ripreso, sì!!!- Dissi, mentre inzuppavo il suo viso di lacrime. – Ho già fatto la doccia, non ce n’è bisogno.- Disse lui ridendo. Cedetti anche io alla sua battuta ironica. – Sono felice di rivederti.- Gli dissi io. – Anche io.- Mi disse accarezzandomi la guancia. – Ti amo Duncan.- Gli dissi, non capivo da dove avevo preso il coraggio di dirglielo così in faccia. Lui si avvicinò e con le sue labbra toccò le mie. Durò per una trentina di secondi, odiavo ammetterlo, ma … era la prima volta che baciavo un ragazzo, ma soprattutto la prima volta che baciavo un lupo mannaro.  Lui si alzò di scatto, avvicinandosi a Beth. – Forza, ora combattiamo sul serio, fammi vedere cosa sai fare.- Disse lui. Duncan saltò contro di lei trasformandosi in lupo. Erano entrambi velocissimi, troppo veloci per i miei occhi. Di certo il mio pensiero non era rivolto alla battaglia, ma a quello che era successo qualche minuto prima. “Ci siamo baciati!” Gridai io in preda alla gioia, ma loro non mi sentirono neanche, per via del fracasso. Corsi verso Duncan, ma mi ricordai che ero ancora incatenata. – Duncan, aiuto!- Dissi io, tentando di farmi sentire. Sarei rimasta lì incatenata fino a quando il combattimento non sarebbe finito?! L’unica cosa da fare era quella di aspettare immobile e guardare il combattimento. Combatterono per un bel po’ di tempo, fino a quando Duncan non lanciò Beth vicino a me. – Duncan cosa fai?- Chiesi io preoccupata. Lei si alzò in piedi e avvolse il suo braccio intorno al mio collo. – Fermo lupo, o la ragazza morirà!- Esclamò Beth. Tremavo dalla paura, proprio ora che si era sistemato tutto? Non volevo morire. Sentii un fracasso dietro di me. Qualcuno mi prese per il braccio e mi portò via. Andava tutto troppo veloce per capire qualcosa. In  pochi secondi ero dall’altra parte del tempio, probabilmente attaccata al soffitto, di fianco a me Noah mi teneva con forza. – Cosa sta succedendo?- Gli chiesi io. – Non preoccuparti, va tutto bene.- Vidi Beth a terra, il muro dove prima io ero incatenata era distrutto, dietro Beth c’era Bridgette e davanti a Beth Duncan ormai tornato normale. – Vuoi spiegarmi cosa succede?- Mi rivolsi a Noah. – Trent ci ha avvertito e siamo arrivati il prima possibile.- Mi rispose, anche se io ero più confusa di prima. – Bridgette, tu porta via Gwen, mentre io e Noah ci occupiamo di lei.- Disse Duncan. – Noah, dammela a me.- Disse Bridgette, a quel punto Noah mi lasciò cadere, ma Bridgette mi prese al volo. Cominciò a correre, uscendo dal tempio. – Dove stiamo andando?- Le chiesi mentre mi aggrappavo al suo colo per non cadere. – Ti porto via di qui.- Mi rispose ammiccando. – Potremmo passare un secondo a casa mia?- Le chiesi cortesemente. – Va bene, ma non più di dieci minuti.- Arrivammo in un battibaleno. – Vai, io rimango qui.- Insieme guardammo Scott a terra, probabilmente morto. – Io do un’occhiata a lui, tu entra!- Mi ordinò lei, io annuii ed entrai. – Zack! Zack dove sei?- Cominciai a cercarlo per tutta casa. – Gwen sono qui, fammi uscire.- Sentii la sua voce venire dal piano di sopra. Salii le scale, si sentiva un lamento dalla sua camera. – Gwen, sono qui.- Continuò lui. “Ma certo!” Dissi  tra me e me: Avevo chiuso la porta a chiave per metterlo in salvo. Solo che la chiave non c’era più, dove l’avevo messa?  Non era importante, dovevo buttarla giù. Scesi al piano di sotto e presi di nuovo quel forcone per il caminetto, tornai al piano di sopra e con forza colpii la serratura della porta. Con due o tre colpi riuscii ad aprirla. Mio fratello mi saltò in braccio, io lo abbracciai con forza. – Va tutto bene, non devi più aver paura.- Lo stringevo fortissimo, mentre lui piangeva. – Ti va di ritornare a New Ton?- Gli chiesi, lui fece cenno di sì on la testa. – Non devi aver paura, è tutto sistemato.- Gli dissi dandogli una carezza. – Ora andiamo via!- Gli dissi scompigliandogli i capelli. – Andiamo! Disse lui mettendosi in cammino. Uscimmo, eravamo davanti alla porta, davanti a noi Bridgette, era a terra. – Bridgette, tutto bene?- Le chiesi, mentre mi avvicinavo. “Gwen!” Sentii gridare, mi voltai e Zack era scomparso. – Zack?!- Gridai io. Mi guardavo intorno spaesata, non potevo fare nulla, se qualunque cosa fosse quella era riuscita a sconfiggere Bridgette non ero certo al suo livello. Corsi dentro e ripresi il mio solito forcone. Uscii alla svelta e cominciai a correre. – Zack! Zack, ti prego. Dove sei?- Urlavo a più non posso. Improvvisamente il forcone mi scomparve dalle mani e improvvisamente sentii una forte botta sul collo che mi fece cadere a terra. “Non posso ucciderti, rischierei di perdere “Strawberry black” Sentii io prima di svenire.
 
Angolo autore

Innanzitutto scusate per l’enorme ritardo!!!
-1 Non ci credo, manca un solo capitolo, e probabilmente anche il capitolo extra! Mi mancherete tutti quanti!!!
Parliamo della trama: Finalmente un bacio DxG, quando sembrava che andasse tutto bene i guai sono ritornati, o forse non è niente di che? Bridgette e Noah sono arrivati appena in tempo, che fortuna! Che ne pensate del momento DxG? Fan della DxG, fatemi sapere.
 
A presto!!! Clif XD!!!
Un grazie particolare va a: Dalhia_Gwen, sempre pronta a recensire; Lost In My Paradise, grazie sei stata una delle prime a sostenermi; Bridge_00, grazie mille, per le tue recensioni; Felice_29000 , l’ultimo a recensire, ma in due secondi ha recensito mille capitoli; _Vilu, una super DxC, che però mi ha fatto questo favore ;); Mumma, Marty 15_98 e Violaine che con una sola recensione mi hanno reso felice; Apprezzo anche la recensione arancione di AlwaysInAFairytale, non mi offendo.
Ringrazio chi l’ha messa tra i seguiti, tra i ricordati e soprattutto tra i preferiti!!!
 
A presto!!! Clif!!! XD!!!
 

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Capitolo 25
*** Capitolo finale – Strawberry black - 1°parte ***


“Duncan, Duncan ti prego aiutami!” Lui si avvicinò lentamente, al suo fianco Trent mi fissava impassibile. “Gwen, addio, io devo andare!” Disse il mio punk preferito, mentre si incamminava per il sentiero. Mi voltai verso casa mia, a terra Scott senza vita ed io senza potermi muovere sputavo sangue. “Duncan, aiutami, non lasciarmi qui!” Lo implorai con un filo di voce. Trent si voltò impercettibilmente. “ Gwen, ormai lasciati andare al tuo destino, non possiamo salvarti, non possiamo fare più nulla per te.” La voce di Trent era delicata come un fiore appena sbocciato. “Non potete lasciarmi qui, non sono una dei vostri?” Gli chiesi, mentre tentavo di alzarmi con le mie poche forze. “Gwen, ormai è finito tutto, non è più un arrivederci …” Disse Trent sorridendo. Mi avvicinai a loro a carponi, mentre lasciavo una scia rossa dietro di me. “ … Addio Gwen!” Esclamò Duncan, entrambi spiccarono il volo come falchi, ma senza ali, come se fluttuassero in cielo. “Duncan!” Gridai io, in preda alle lacrime. “Gwen, Gwen, tutto bene?” Era la voce di Zoey, mi voltai, era davanti a me. “Zoey, cosa succede?” Le chiesi. “Hey, ci sono anche io.” Era Dawn. “Ragazze, ma dove sono andati Trent e Duncan?” Le chiesi. “Sono andati via, dovevano, la maledizione di Strawberry black li ha portati via, poveri ragazzi.” Disse Dawn come intenta a pregare. “Che intendi dire?” Le chiesi. Zoey si avvicinò a me lentamente aiutandomi a tornare in piedi. “Duncan è volato in cielo, come la leggenda vuole.” Disse con una lacrima all’occhio. “Nooo!!!” Gridai io.
 
Mi alzai di scatto. –Gwen, tutto bene?- Chiese Zoey guardandomi negli occhi. –No, dimmi dov’è Duncan.- Dissi io, mentre cercavo di alzarmi. –Adesso viene, hai fatto solo un brutto sogno.- Mi disse, appoggiandomi la mano sulla spalla. Ricambiai con un sorriso. Davvero? Era solo un incubo? Non sapete quanto ero felice! Mi guardavo intorno e solo allora mi accorsi che ero su un lettino d’ospedale. – Zoey, cosa ci faccio qui?- Le chiesi con voce bassa. – Ti hanno ritrovata svenuta; Duncan, Trent e Courtney sono venuti a cercarti e ti hanno trovato davanti a casa tua.- La fissai pensierosa. – Zack, dov’è?- Chiesi preoccupata. – Nell’altra stanza, sta bene, adesso sta dormendo.- Tirai un sospiro di sollievo.
La porta si aprì. – Ciao Gwen, tutto bene?- Mi chiese una vocina delicata. Alzai lo sguardo era Dawn, che mi fissava, aveva un enorme sorriso stampato in faccia. – Dawn, tutto bene, tu?- Le chiesi io, mentre mi sedevo con la sedia appoggiata sul cuscino. – Bene, non preoccuparti, l’abbiamo buttata giù.- Poverette, Beth aveva attaccato anche loro, quando andai a cercare Zack, poverine. – Zoey, andiamo, sta arrivando.- Disse Dawn prendendo sottobraccio la sorella.  – Ciao Gwen, ci vediamo dopo.- Disse Zoey prima di scomparire dietro la porta.
Ancora dovevo capire come mai Beth provava tanto odio verso di me e gli altri e perché Scott avesse tradito Duncan. Esisteva solo una cosa che sapevo: Quel bacio era stato fantastico! Indimenticabile, anzi divino oserei dire. Sentii la porta aprirsi di scatto. Io mi gettai tra le coperte fingendo di dormire. Aprii appena un occhio per vedere se era lui: Mi fissava altezzoso, senza muoversi. – Dai, Gwen non far finta di dormire, si vede lontano un miglio che stai fingendo.- Mi disse sghignazzando. – Va bene, mi hai scoperto, ma non so fingere.- Dissi io, a quelle parole mi si avvicinò e si sedette sulla sedia di fianco al mio letto. – Allora? Come va?- Mi chiese lui appoggiandomi una mano sulla spalla. – Come deve andare?! Come una ragazza che ha combattuto contro un vampiro.- Dissi io, il punk accennò una risatina. – Hanno detto che domani puoi tornare a casa.- Mi disse lui accarezzandomi la guancia. – Duncan, ora basta cincischiare e spiegami tutto quello che è successo e soprattutto: “Perché” – Dissi io con ansia, mentre aspettavo una risposta a tutte le mie domande. –Va bene, allora prima cosa, devi stare calma, non c’è bisogno di allarmarsi. Beth non voleva ucciderti, lei voleva rapirti, ma non per un suo scopo, ma per lei, per Heather!- A quel nome sembrò come impaurito, mi guardava serio e cupo. – Chi è questa Heather?- Gli chiesi avvicinandomi a lui. – Probabilmente la stessa persona che ti ha steso assieme a Bridgette e tuo fratello. Quella donna è molto pericolosa.- Mi disse infine. – Scott? Perché era così?- Gli chiesi, mentre gli accarezzai la guancia. – Beth ha probabilmente il potere di suggestionare i sentimenti, portando Scott a fare quello che voleva lei, senza che lui se ne accorgesse.- Mi spiegò. – A proposito, ma Trent sta bene? Come è sopravvissuto da solo contro due?- Gli chiesi, anche se mi sembrava di ricordare che qualcuno fosse venuto in salvo al ragazzo. – No, non preoccuparti, ci ha pensato Courtney ha salvarlo, se non c’era lei …- A quelle parole mi partì un pizzico di gelosia. – Cosa intendi dire punk? Forza illuminami! Dato che lei è un vampiro vuol dire che è molto meglio di me?- Gli disse con aria scherzosa. – Sono sempre stato d’accordo con lei, era venuta per aiutarci.- Mi disse lui contraccambiando il sorriso. – Perché allora parlava di te? Diceva che tu sapevi la verità.- A quel punto mi feci più seria come se un velo oscuro calò su di me. – Non preoccuparti, è tutto a posto.- Mi disse facendomi l’occhiolino, poi continuò: - Io le ho promesso ospitalità nel nostro territorio, in cambio di un aiuto. Appena ho scoperto che c’era il primo vampiro in città l’ho subito avvertita, sai non si sa mai con quelli lì.- Tirai un sospiro di sollievo. – Chi era quella ragazza bionda assieme a Scott?- Gli chiesi io, avevo chiarito mille dubbi in una mezzora. –Courtney mi ha detto che probabilmente è un’ altra della squadra di Heather.- Alzò le spalle, come per dire: “Che ci dobbiamo fare?!”. – Duncan, prima che vai devo dirti una cosa!- Gli dissi, lui mi guardò serio. –Per te, quello che è successo tra noi è una cosa seria, o soltanto un attimo di debolezza?- Gli chiesi con tutto il coraggio che avevo. Non rispose, mi fissò per qualche secondo e poi abbassò gli occhi. – Come pensavo, credevo che tutto potesse andare per il meglio ed invece…- Non riuscii a finire, le sue labbra erano attaccate alle mie. – Gwen, forse non hai capito, io ti amo!- Disse lui, io sfiorai la sua guancia con il dorso della mia mano. – Anche io Duncan.- Mi prese la mano, stritolandola con forza. –Ti lascio riposare.- Mi disse lasciando cadere la mia mano. Era davanti la porta. – Aspetta!- Gli dissi io, mi era ritornato in mente: - Cos’è Strawberry black?- Gli chiesi fissandolo. Lui si voltò aveva gli occhi sgranati. – Perché me lo chiedi?- Ruggì lui. – Calmo, solo una curiosità, ne ho sentito parlare su un libro.- Provai ad inventare una scusa, con il cuore a mille per lo spavento. Lui mi guardò titubante come se non ci credesse fino in fondo. Si riavvicinò al mio letto. – Strawberry black è la cosa più bella e più brutta che esista sulla terra.- Mi disse riprendendo la mia mano. – Che intendi dire?- Gli chiesi curioso. – In realtà dall’aspetto non sembra granché, è soltanto una “Fragola Nera”, ma in realtà è una cosa fantastica.- Continuò lui. – Vai al dunque, sono curiosa!- Lo incitai io. – La leggenda dice che la prima volta apparve nei primi del ‘cinquecento, fu proprio Carducci a farla apparire, quando divise i vampiri dai licantropi. La leggenda dice pure che ritornerà, quando la persona che riunirà i due clan starà per morire. La cosa più importante è il potere di essa: Può unire due cosa, qualunque esse siano, anche due persone o addirittura due mondi. Potrebbe unire anche un vampiro con un licantropo- Mi disse fissandomi. – Oh, molto interessante, fortunatamente però io non ho niente a che vedere con tutto questo.- Feci spallucce. Lui mi fece un sorriso, ma non era convinto, aveva capito che gli nascondevo qualcosa. –Ah … - Cominciò lui. - … Per farti perdonare a scuola di tutti i giorni in cui non ci sei .. anzi non ci siamo andati, credo proprio che dovremo andare al ballo di fine anno.- Continuò lui, prima di uscire di scatto. “No! Non verrò mai!” Gridai a vuoto, ormai il “mio” punk era troppo lontano dalla stanza per sentirmi.
“Signorina Mason, è tutto a posto, può tornare a casa.” Sentii io, che gioia tornare a casa, anche Zak stava bene, non vedevo l’ora di tornare a casa, la mia casa a New Ton.
 
Fine prima parte
 

Angolo autore
:( -0,5
Tra poche ore o domani posterò la seconda parte del capitolo finale: Strawberry black 2°parte
Tengo i ringraziamenti per dopo, buona lettura! Spero vi sia piaciuto!

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Capitolo 26
*** Capitolo finale – Strawberry black 2°parte ***


Indossavo un vestitino color viola, le maniche corte con un ricamo in nero. Per precauzione avevo preso un giacchino di cotone per coprirmi le spalle nel caso in cui la palestra non fosse stata abbastanza riscaldata. Scesi le scale, salutai mio fratello e mi chiusi la porta alle spalle. Mi avvicinai al marciapiede, mentre aspettavo l’arrivo di Duncan. Tirai fuori dalla borsa le chiavi della Smart. L’aprii e vi entrai. Accesi la radio nell’attesa, avevo paura che non venisse. Aspettai qualche minuto, mentre ascoltavo “Someone like you”.
“Allora?! Cosa dobbiamo fare?” Sentii la voce venire da fuori, aprii alla svelta. – Duncan, eccoti qui … credevo che non venissi più.- Gli dissi io uscendo dalla mia auto. – Come sei carina con questo vestito.- Mi disse facendomi fare una piroetta. – Allora? Andiamo con la mia?- gli chiesi, mentre guardavo il prato nuovamente in fiore. – Io direi di no, io ho una Subaru abbastanza grande, mentre tu una piccola Smart.- Gli diedi uno schiaffetto sul braccio. – Cos’hai da dire contro la mia macchina è? Sicuramente è molto più bella della tua.- Gli dissi guardandolo scherzosamente. – Non ci giurerei.- Disse lui guardandomi con fare di sfida. – Vediamo un po’ cos’è questa macchina!- Dissi io per farlo arrabbiare, mi voltai, era splendente, di un blu elettrico favoloso. – Devo correggermi, forse c’è qualche remota possibilità che sia carina quasi, ma dico quasi, quanto la mia.- Provai ad inventare io, anche se ormai aveva vinto lui, la sua era molto meglio, però la mia rimaneva sempre la più nuova. Mi fece sedere davanti, lui sui mise alla guida. – Allacciati la cintura.- Io lo fissai stranita. – Senti tesoro, io non sono una bambina, so cosa devo fare.- Ripensai subito a quel “tesoro” che avevo detto. – Vabbè, fai come vuoi.- Il punk ingranò la quarta. Andava ad una velocità pazzesca. – Guarda che la scuola è a cinque minuti da qui, non preoccuparti, non serve correre così veloce.- Lo guardai negli occhi, mentre lui continuava ad accelerare. – Non dipende dalla distanza, io vado sempre così!- Io lo guardai un po’ confusa, ma dopotutto, non riuscivo a capire tutto di lui. – Perché sei rimasta così impressionata dalla mia macchina, se l’hai già vista?- Mi chiese lui con tono curioso. – Non fa lo stesso effetto di notte.- Gli dissi, mentre mi mettevo una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
La macchina frenò all’improvviso, facendomi volare quasi contro il parabrezza. – Sei pazzo?- Gli chiesi io, mentre tenevo stretta la mia mano sulla fronte. – Ti avevo avvertito.- Disse prima di scendere dalla macchina. Aprii la portiera ed uscii. – Non è stato divertente.- Gli dissi, mentre mi avvicinavo a lui. – Va bene, scusami, ma io ti avevo detto di allacciare la cintura, non sarebbe successo.- Mi prese sottobraccio, facendomi l’occhiolino. – Va bene, ma solo perché la tua macchina è fantastica.- Cedetti io. Lui accennò un mezzo sorriso, poi ci avviammo verso l’entrata della palestra. Aprimmo la porta, la musica era fortissima e decine di ragazzi erano già a ballare al centro della sala. – Ciao Gwen, si può sapere che fine avevi fatto? Avevi cambiato scuola?- Mi chiese Tyler, appena spuntato davanti a me. – Sì, proprio così! Poi ti spiego, gli dissi prima di scansarlo. – Ormai siamo qui, dobbiamo ballare.- Dissi io al mio partner.- Solo se è movimentata. Partì subito una di quelle musiche da discoteca. – Ok, adesso?- Gli chiesi, in attesa di una risposta.– Mi prese per mano e mi condusse al centro della sala. – Come dobbiamo ballare?- Gli chiesi io. – Non lo so, fatti trasportare!- Affermò lui.
Ballammo come due scemi per quasi due ore. A quel punto io mi andai a sedere. Mio dio, la mia testa girava come una trottola. “Gwen, posso parlarti?” Mi alzai di scatto. – Oh, ciao Trent.- Gli dissi io. – Scusa se ti ho spaventata, è solo che volevo fare due chiacchiere con te.- Mi disse lui, mentre mi guardava negli occhi. – Che ne dici di ballare un po’ intanto?- Mi chiese. – No, rimaniamo sedu …- Eravamo già al centro della sala, Di Nuovo. Partì un lento, menomale, almeno mi sarei riposata un po’. Lo abbracciai e cominciammo a ballare lentamente. – Gwen, devo dirti una cosa che non credo ti farà piacere sentire.- Mi disse all’orecchio. Rimasi un po’ perplessa. – Dimmi!- Affermai io sicura. – Non so come dirtelo … - Disse lui titubante. – Prova in qualche modo.- Lo incoraggiai, mentre alzavo gli occhi al cielo. - … Ormai è finita: Ha vinto lui. Io me ne vado.- Lasciò la presa e di scatto lasciò la palestra. – Trent!- Gridai io, appena uscita fuori. Lui era davanti a me, continuava ad avanzare. – Dai, capiscimi, tu rimarrai il mio migliore amico.- Provai a fermarlo, ma scomparve dietro gli alberi. “Gli passerà.” Mi girai velocemente. Alle mie spalle Courtney e Duncan mi guardavano un po’ preoccupati, era stata lei a parlare. – Dai ci vado io a consolarlo.- Mi disse toccandomi una spalla. – Mi dispiace …- Dissi a Duncan abbassando lo sguardo. – Non è colpa tua, hai fatto la scelta giusta.- Disse lui tirandomi su la testa. – Allora, entriamo?- Gli chiesi. – C’è la premiazione.- Continuai io. – No! Ti ci porto io in un vero posto, altro che premiazione.- Mi fece salire in macchina, questa volta la prima cosa che feci fu: Mettere la cintura. Partì, continuava ad accelerare. – Non preoccuparti, non ci metteremo molto. Mi disse facendomi l’occhiolino. – Mi fido, intanto se non ti dispiace mi riposo un po’.- Gli dissi io. – Fai pure, se ce la farai con tutte le buche che prenderemo.- Fece una risatina malefica. – Va bene, guida con prudenza.- Dissi, prima di lasciarmi andare ad un sonnellino.

 
Conclusione

Mi svegliai, mi stiracchiai un po’. Mi accorsi che ero sul sedile della macchina, ma Duncan non era più vicino a me. Uscii alla svelta. – Duncan.- Dissi io a bassa voce, andavo avanti mentre mi  guardavo intorno. Qualcuno mi appoggiò una mano sulla spalla. – Silenzio! Non parlare.- Era la voce di Duncan che sussurrava. Mi girai verso di lui. – Duncan, ma cosa succede?- Gli chiesi. Lui mi fece cenno di stare zitta. Io non riuscivo a capire il perché. Finchè non guardai davanti a me: Un immenso lago rifletteva la luna, non riuscivo a vederne la fine. – Perché mi hai portato qui?- Gli chiesi abbagliata dalla visione di ciò. – Vedi, è un paesaggio meraviglioso, il più bello che io abbia mai visto.- Mi disse prendendomi le mani. Cominciai a fissare il lago e la luna, una cosa fantastica. – A proposito, ma dove siamo?- Gli chiesi. – Non riuscirai a crederci: Ti ho portato a Loch Ness.- Mi disse lui. – Oh mio dio, ma è fantastico, desideravo da sempre venirci … grazie Duncan.- Gli dissi accarezzandogli la guancia.- Lui mi guardò, mentre il lago si rifletteva nei suoi occhi azzurri. – Gwen, tu lo sai che per stare con me dovrai affrontare molti pericoli, più pericolosi di quello che pensi. Io non permetterò mai che ti succeda qualcosa, però tu devi essere disposta ad affrontarli.- Disse lui. – Va bene Duncan, per te farei di tutto.- Gli dissi prima di baciarlo, mentre la luna ci illuminava, davanti a quell’immenso e fantastico lago che sembrava come abbracciarsi come due bambini. La cosa più importante del paesaggio, però eravamo noi, io e lui uniti per sempre.
 
Sognavo, quel giorno, anzi quella notte in cui mi ero trasferito, qui a New Ton. Mi svegliai di soprassalto erano le 5:30, non di più ero zuppa di sudore, camminai stremata verso il bagno. Ero pronta per andare a scuola, eppure erano passati solo pochi minuti. Tornai in camera, aspettate, ora che ci penso: Duncan e tutti gli altri erano stati solo un sogno? Oh mio dio no! Corsi verso la finestra, mi affacciai e vidi una Subaru blu che scintillava al sole. Tirai un sospiro di sollievo. “Almeno che non sia di qualche vicino, posso stare tranquilla.” Per fortuna era tutto vero, o almeno lo spero, qualunque cosa, erano stati i mesi più belli della mia vita. “Duncan ti amo!”
 
FINE
 
Angolo autore

Oh mio dio, è finito!!!
So che a voi non importerà, ma a me tanto! A proposito, se vi va fatemi sapere quale bacio vi è piaciuto di più!
Se avete qualche dubbio fatemi sapere ok? Mi mancherete tutti!!!
 
Ora i ringraziamenti:
Ringrazio Dalhia_Gwen, senza di lei non ce l’avrei fatta, ma neanche senza Bridge_00, Lostinmyparadise e a tutti gli altri che mi hanno aiutato.
 
Ringrazio chi l’ha messo tra i seguiti, i ricordati e i preferiti.
 
Ciao e grazie a tutti quelli che lo hanno letto!!!
 
Grazie di cuore
 
Mi raccomando, non perdetevi questa sera il primo capitolo di “A tutto reality: efp”
 
Strawberry Black … Continua

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