Not her fault

di _Kappa_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Neve, sangue e risate ***
Capitolo 2: *** Dietro le apparenze ***
Capitolo 3: *** Strani avvertimenti ***
Capitolo 4: *** Rabbia e decisione ***
Capitolo 5: *** Una fine e un inizio ***



Capitolo 1
*** Prologo: Neve, sangue e risate ***


La figura era immobile nella penombra.
Il corpo era rigido, impassibile, quasi assiderato. Eppure non batteva ciglio.
Era un corpo alto, flessuoso, di giovane donna.
La ragazza aveva la bocca rossa e carnosa, sopracciglia fini e arcuate, il viso, rivolto a terra, era un ovale perfetto. I lunghi capelli corvini le ricadevano sciolti sulle spalle, umidi a causa della neve.
Neve che cadeva intorno a lei. Neve che la circondava e ricopriva ogni superficie visibile. Neve in cui la ragazza affondava i piedi nudi e rosei. 
Le gambe, lunghe e provocanti, erano nascoste da una gonna ampia, bianca e vaporosa, piena di pizzo e strati di tulle.  
il seno era stretto in un corpetto bianco, aderente, anch’esso ricoperto di pizzo.
L’abito che la ragazza indossava avrebbe dovuto portarla all’altare. Era l’abito che aveva scelto per il giorno del suo matrimonio.
Solo che quando la ragazza aveva scelto l’abito, questo non era lacero e sporco, il velo a terra ai suoi piedi. I merletti non erano devastati, e il pizzo era integro. Inoltre, non era coperto di sangue.
Lo stesso sangue viscido che imbrattava il viso, le braccia e le mani della ragazza.
Lo stesso sangue che gocciolava nella neve ai piedi della figura.
Lo stesso sangue che colava dal coltello che lei teneva in mano.
E quel sangue non le apparteneva.
E quel sangue era stata lei a versarlo.
E quel sangue apparteneva all’uomo che avrebbe dovuto sposare, e che invece presto si sarebbe trovato sotto un metro di terra.
Eppure, nemmeno una lacrima sgorgava da quegli occhi grandi e neri, anzi vi si leggeva un’innocenza infinita,  un’innocenza pura.
Purezza che venne presto corrotta dal sorriso che e increspava la labbra rosse, riempiendole gli occhi di crudeltà.
La ragazza sollevò lentamente il capo, gettando i capelli all’indietro. Fissò il vuoto per un istante, poi scoppiò apertamente a ridere, rendendosi conto di ciò che aveva fatto.
Ma quella risata era comunque cristallina, limpida, e ancora trasmetteva innocenza.
Un’innocenza maledetta.

SPAZIO AUTRICE
Dunque..
In teoria dovrei finire una storia, solo che oggi l'immagine della ragazza sopra descritta mi ha letteralmente fulminato durante l'ora di francese.. e boh, mi si è piantata in testa.. così ho deciso di scrivere 'sta roba. Non ho la minima idea di come continuare, ma mi inventerò qualcosa ;)
Mi fate sapere che ne pensate, poi? :) grazie 
_Ida_

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Capitolo 2
*** Dietro le apparenze ***


14 Novembre 1852
- Ehlynor? Ehlynor? Siete presentabile? -
- Certo, Padre! -
- Bene.. Cara, vi avevo già accennato al signor Richards? -
L’uomo entrò nella stanza. Era giovane, alto e moro, oltre che bello da far male.
La ragazza rimase letteralmente a bocca aperta.
- Ehlynor.. questo è il signor Richards, il vostro futuro marito. -

*

16 Novembre 1852
- Come siete divertente, signor Richards! -
- Ti prego Ehlynor, dammi del tu.. -
- Certo, Thomas.. -
Il giardino era gelido e deserto, ad eccezione dei due ragazzi che passeggiavano.
Lei si fermò accanto al muro della casa.
- Ehlynor.. –
Pronunciò il suo nome con voce roca e suadente, se lo rigirò in bocca, poi sorrise.
Un brivido – e non fu un brivido di freddo – fece trasalire la ragazza.
- Sei consapevole che a breve diventerai mia moglie, vero? -
Lei annuì guardandolo adorante.
- Io sono un uomo influente, non avrei problemi a trovarmi una donna.. Sai perché tra tutte ho scelto proprio te? - sussurrò avvicinandosi sempre di più.
Lei scosse la testa tremante. Adesso aveva paura.
- Perché tuo padre è ricco.. – le soffiò nell’orecchio – Perché tuo padre è nobile - le afferrò la vita – E perché sei bella -
La baciò con violenza cacciandole la lingua in gola. La giovane si sentì soffocare, lo spinse via in malo modo guardandolo sconvolta.
Capì immediatamente di aver fatto un errore madornale. Gli occhi dell’uomo lampeggiavano di rabbia. Non disse una parola, ma annullò nuovamente le distanze. La ragazza, che aveva tentato di sottrarvisi, si ritrovò schiacciata tra il muro e il corpo del’uomo, che le afferrò i capelli tirandole indietro la testa. La costrinse a baciarlo a forza. Lei piangeva.
Thomas se ne accorse. Sollevò lentamente la mano e la colpì forte in viso.
Ehlynor cadde a terra, i capelli scomposti. Prima che avesse modo di alzarsi, la voce dell’ uomo risuonò gelida – che sia l’ultima volta che io ti veda versare lacrime, non sarò più così clemente -
Fece come per allontanarsi, poi aggiunse: - Ovviamente, non farai parola con nessuno di tutto ciò. –
Scomparve, lasciandola immobile a terra, la guancia bollente e le lacrime che le rigavano il viso.

*

18 Novembre 1852
- Ma cara, non fate così.. - tentò di farla ragionare il padre. – Tra poco sarete sposati, è normale che voglia passare del tempo con voi.. Non vi accadrà nulla di male.. -
Ehlynor si voltò con uno scatto viperino verso suo padre: - Voi dite? -
- Oh, ma certo cara, dopotutto non vi ha mai fatto del male, non è così? –
Lei aprì la bocca per rispondere, poi la richiuse, abbassò il capo e mormorò: - Avete ragione, padre -

*

19 Novembre 1852
Sedeva rigida contro lo schienale della sedia. Il cielo alle sue spalle era di un grigio compatto, color Novembre. La temperatura doveva essere molto bassa, ma all’interno della dimora dell’ Essere, come aveva preso a chiamarlo lei, faceva decisamente caldo.
Lui non c’era. Era stata introdotta nell’ingresso da una servetta giovane e minuta, che l’aveva accompagnata nel salotto, mostrandole una sedia al centro della stanza.
Ehlynor non capiva. C’erano due divani dall’aria molto più comoda, perché mai avrebbe dovuto prender posto proprio lì?
Provò a domandarlo alla fanciulla, che tacque, le indicò nuovamente la sedia e si dileguò con aria sconvolta.
Sedette. Rimase immobile per quelle che le parvero ore, cercando di non ricordare il suo ultimo incontro con l’ Essere.
Improvvisamente, la porta del salotto si spalancò.
Thomas Richards, l’Essere, entrò nella stanza, chiudendo con varie mandate la porta alle sue spalle.
Ehlynor cominciò a tremare, ma cercò di non darlo a vedere, immaginando quella che avrebbe potuto essere la reazione dell’uomo.
- Ehlynor – cominciò senza preamboli – Non mi è per niente piaciuto il tuo comportamento durante il nostro ultimo.. piacevole incontro –
Lei sussultò.
- Dunque, tu sarai presto mia moglie. Ora, quando ciò accadrà, io entrerò a far parte di una cerchia di potenti.. Ecco, non vorrei  che tu, come dire.. rovinassi tutto. Perciò.. –
Le si avvicinò pericolosamente.
- vorrei mettere in chiaro un paio di cose.. –
Ormai era a pochi centimetri al suo viso. Lei non riusciva a controllare il tremito, cosa che non sfuggì all’uomo, che le afferrò il polso.
- tu sei uno strumento.. tu sai che io ti sfrutterò a scopo di soldi, potere.. sesso.. la cosa, ovviamente, non ti sfuggirà con nessuno. Non mi metterai mai a disagio in pubblico.. e qualunque cosa accada, nessuno dovrà mai sentire lamentele da parte tua. Sono stato chiaro? – sibilò.
La ragazza fissò l’uomo negli occhi, inorridita.
- sono stato chiaro, puttana?!? - urlò.
Ehlynor annuì.
- molto bene, allora. – disse con un tono pericolosamente noncurante, lasciando la presa dal braccio della ragazza.
Lei era sconvolta. – Porco – mormorò a mezza voce.
- Allora non ci siamo capiti.. O fai tutto quello che dico.. oppure la tua sorellina passerà dei guai.. -
“Jin. Lei no” pensò. Se prima era sembrata inorridita, non era niente in confronto alla faccia che aveva adesso. – Non oserai.. –
L’Essere si limitò a sorridere malignamente.
- Bastardo! – gridò la fanciulla.
Ovviamente, si accorse troppo tardi dell’errore che aveva fatto.
Con una sola mossa, lui la scaraventò a terra e le fu subito sopra.
- Con le buone resti una puttanella impenitente.. vediamo se così funziona meglio. –
Sollevò il vestito della ragazza, glielo strappò di dosso.
La colpì con un pugno, e lei sbatté la testa sul pavimento, ma rimase cosciente.
Lui la violentò senza un filo di vergogna.
Lei rimase immobile per tutto il tempo.

*

La servetta entrò nella stanza con un’ asciugamano e un catino.
Soccorse Ehlynor, le deterse il viso, il collo, il seno.
Rimosse ogni traccia di sangue dal suo corpo, le asciugò le lacrime.
Prese il vestito e l’aiutò a indossarlo, le pettinò i capelli e li raccolse in una coda, mentre lei cercava in ogni modo di darsi un contegno.
La serva non disse una parola.
Quando ebbe finito, Ehlynor la afferrò per il polso prima che andasse, la guardò con gli occhi colmi di gratitudine, ma non riuscì a dirle nemmeno una parola.
La giovane rispose al suo sguardo supplichevole con un’occhiata carica di orrore e compassione di chi sa che cosa si prova. 

SPAZIO AUTRICE
Dunque.. non so che dire, spero temo di essere stata già piuttosto esplicita.. 
Solo.. spero che abbiate capito l'allusione alla cameriera..
Ps per la cronaca, si legge "Ielinor" u.u

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Capitolo 3
*** Strani avvertimenti ***


22 Novembre 1852

Ehlynor sedeva rigida al tavolo sorbendo la zuppa in silenzio.
Sedeva ad un capo del lungo tavolo che occupava gran parte della sala da pranzo. Suo padre, seduto al capo opposto, la fissava con blando interesse.
La ragazza presentava un evidente livido sotto l’occhio destro, malcelato dal pesante strato di fondotinta. Era caduta da cavallo, così aveva raccontato.
- Ehlynor! Ehlynor! -
Una bambina entrò correndo nella stanza, sventolando un disegno.
- Guarda, ti ho disegnata! -
- Oh Jin, è bellissimo - rispose la ragazza con un sorriso tirato.
La bimba corse a mostrare il disegno al padre.
Ehlynor studiò la scena con una morsa allo stomaco. Non aveva detto nulla al padre di quanto successo pochi giorni prima, aveva inventato una scusa, e lui le aveva creduto.
Aveva deciso che avrebbe obbedito all’essere. Avrebbe sacrificato la sua vita, è vero, ma non avrebbe permesso che qualcuno facesse del male alla sua sorellina.

*

23 Novembre 1852
Thomas Richardsl’aveva invitata a casa sua.
Appena l’aveva saputo, la ragazza aveva cominciato a tremare, e la sua forza di volontà era venuta meno.
Ma appena il ricordo di quanto egli aveva minacciato di fare sfiorò la sua mente, si convinse.
Il giorno seguente si sarebbe recata dove doveva e avrebbe fatto ciò che doveva.
Passò la serata a pregare il Signore di darle la forza, finchè si addormentò stremata.
Ehlynor
La voce fluttuava indistinta nella sua mente. Sognava, ne era stranamente consapevole.
Cercò di scacciarla, ma inutilmente. Quella voce femminile continuava a ripetere il suo nome.
All’improvviso, fu come se avesse aperto gli occhi. La sua stanza le apparve nitida, rischiarata appena dai pallidi raggi della luna che filtravano attraverso le tende leggere.
Ai piedi della finestra, una figura femminile la fissava.
La ragazza si tirò su di scatto, spaventata. La donna non batté ciglio.
- Ehlynor - ripeté con la stessa voce del sogno.
- Chi sei? -
- Sono un angelo -
La ragazza boccheggiò. La donna davanti a lei spalancò un paio di ali nere come la morte. Era bella, molto bella. Aveva fluenti capelli neri, lunghi e lisci, occhi neri, una bocca rossa come il sangue. Il suo vestito era corto e strappato, nero, aderente. Sembrava un demone, non poteva essere..
- Un angelo? - domandò sconvolta
La donna avanzò.
- Una angelo della morte, per la precisione. -
- Cosa vuoi da me? -
- Metterti in guardia. - Cominciò quella - E tu sai bene da chi. Non puoi fare quello che hai intenzione di fare. Lui farà quello che farà. Tu starai male, terribilmente, poi ti sporcherai le mani. Sarai dannata per questo, ti unirai alle nostre schiere e dovrai agire come noi. Ma tu sei pura. Dovresti essere un semplice angelo, non una di noi. Questo, però nessuno lo può cambiare, perché tu farai ciò che farai. Ma io sono qui per avvertirti. Fallo subito, o un angelo bianco si unirà alle schiere degli angeli prima del tempo. Tu fallo subito. -
L’angelo scomparve. Ehlynor non aveva capito assolutamente niente, a parte chi era “lui”

*

24 Novembre 1852
Sedeva rigida contro lo schienale della sedia. Il cielo alle sue spalle era di un grigio compatto, color Novembre. La temperatura doveva essere molto bassa, ma all’interno della dimora dell’ Essere faceva decisamente caldo.
Lui non c’era. Era stata introdotta nell’ingresso dalla stessa servetta giovane e minuta della volta scorsa, che l’aveva accompagnata nel salotto, mostrandole la stessa sedia al centro della stanza.
Tutto era troppo incredibilmente simile all’altra volta. Anzi, identico.
- Aspetta! - aveva gridato alla serva, ma quella non si era voltata. Notò che zoppicava.
Dopo mezz’ora circa, l’ Essere entrò nella stanza, chiudendo con varie mandate la porta alle sue spalle, esattamente come a volta prima.
Ehlynor era terrorizzata, ma stavolta non si permise nemmeno di tremare, ben sapendo quella che sarebbe stata la reazione dell’uomo.
- Ehlynor – cominciò senza preamboli – Tu sai perché sei qui?.–
Lei fece segno di no.
- Dunque – disse - Sono ben.. cinque giorni che non ti vedo.. - 
Le si avvicinò pericolosamente.
- E due che non faccio sesso -
La baciò con violenza, ma qualcosa scattò dentro di lei. Non avrebbe permesso una cosa del genere. Non di nuovo.
Si liberò, tentò di scappare ma cadde a terra.
Si aspettò che la picchiasse, che la violentasse. Non fece nulla del genere.
Invece chiamò la cameriera.

 - Claire, informa il caro signor Wilson che sua figlia passerà la notte da me. E di a James di uccidere la bambina. Mi raccomando, deve sembrare un incidente. -
***
 
SPAZIO AUTRICE
Non ho scuse, non aggiorno da secoli e secoli, ma non volevo cadere nella banalità.
Dunque.. credo che farò cinque capitoli, altrimenti verrà tutta uguale, e non è quello che voglio.
Se non avete capito nulla del monologo di quell'angelo, state tranquilli, non ho capito molto nemmeno io. 
E come ultima cosa.. grazie grazie ai malati di mente che seguono e recensiscono, e giuro solennemente di aggiornare entro due settimane.. ;)
Adieu :)

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Capitolo 4
*** Rabbia e decisione ***


27 Novembre 1852
Poche persone parteciparono al funerale.
La piccola bara bianca venne calata nella fossa lentamente, sotto la pioggia che cadeva fitta.
Ehlynor piangeva in silenzio. Non faceva altro che ripetersi che tutto quello che era successo era colpa sua, solo colpa sua. Avrebbe dovuto sottomettersi, lasciar fare quel verme, quel bastardo.
Un odio smisurato cresceva dentro di lei, ogni minuto, ogni secondo che passava senza la sua dolce sorellina.
Quando era morta, tutti avevano creduto che fosse caduta da un albero e avesse sbattuto la testa. Nessuno aveva fatto caso all’uomo che era stato visto fuggire scavalcando il cancello, tutti avevano creduto che fosse un ladro, uno sbandato, e nessuno l’aveva fermato. Erano tutti troppo scossi.
Ma Ehlynor sapeva perfettamente chi era, che ruolo aveva nella vicenda
La bambina era stata composta nella bara la sera stessa, ma la sorella aveva voluto restare sola con lei prima che la mettessero nella camera ardente.
Le aveva raccontato tutto quello che le stava succedendo , si era scusata più e più volte, aveva pianto. Aveva giurato che l’avrebbe vendicata. Aveva giurato che non sarebbe rimasta succube di quel mostro, lo doveva alla sua sorellina.
Il giorno del funerale, lui era venuto. Le si era avvicinato, le aveva stretto la mano.
Lei aveva dovuto frenare l’impulso di saltargli addosso e sbattergli la testa sulla ghiaia del cimitero. Era rimasta lì, tremante di rabbia e frustrazione, senza riuscire a piangere.
Era come se avesse versato tutte le sue lacrime la notte prima, e il  dolore per la perdita della sorella si era in qualche modo attutito, per lasciare spazio a una rabbia cieca e violenta.
Non aveva dovuto attendere molto la frecciatina che si era aspettata non appena lo aveva visto comparire.
- Tu sai che la colpa di questo.. tutto questo.. non è altro che tua.- le aveva sussurrato al’orecchio.
Lei non disse nulla, ma in cuor suo decise che avrebbe ammazzato quel bastardo. L’avrebbe ammazzato quando meno se lo aspettava.

*

Dopo che aveva commissionato la morte di Jin, Thomas aveva lasciato la promessa sposa chiusa in una camera da letto.
Era scomparso per tutta la giornata. Solo la sera era tornato a casa, completamente ubriaco.
L’ aveva fatto di nuovo, e lei era rimasta lì, impotente, mentre lui la prendeva.
Era stato allora che aveva capito quello che l’Angelo aveva detto la sera prima. Avrebbe dovuto ucciderlo prima che lui facesse del male alla bambina.
Avrebbe dovuto fermarlo prima che lui agisse. Doveva ammazzarlo, era stata addirittura avvertita, e non lo aveva capito.
Era quindi stata lei, così ingenua, così stupida, a causare quella tragedia, e non solo materialmente, rifiutandosi di obbedire, ma anche indirettamente, fermandolo prima che lo facesse.
Era colpa sua. Solo colpa sua.

*

29 Novembre 1852
Avevano scelto l’abito. Era bello, vaporoso e immacolato. Suo padre lo adorava, anche se lei si sentiva più una meringa. Non aveva importanza.
Ormai aveva deciso. Il matrimonio  sarebbe avvenuto di lì a tre giorni, e lei aveva un coltello nascosto nel suo bouquet.

SPAZIO AUTRICE
bene.. questo capitoletto non spiega molto ma.. quello impostante sarà il prossimo.. ;)
au revoir ;)

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Capitolo 5
*** Una fine e un inizio ***


1 Dicembre 1852
Quella notte aveva nevicato. Venti centimetri buoni di neve ricoprivano ogni cosa. Dalla finestra della casa dell’essere si poteva ammirare un magnifico paesaggio bianco.
Ehlynor stava con la fronte appoggiata al vetro freddo e umido, fissando la neve senza vederla.
Quel giorno avrebbe dovuto sposarsi. Avrebbe dovuto essere incommensurabilmente felice, invece l’unica emozione che provava era una sorda soddisfazione.
Lui non l’aveva toccata, quella notte. Probabilmente aveva pensato che una sposa avrebbe dovuto essere bellissima, non piena di lividi, e lei l’aveva odiato ancora di più per questo. Aveva preparato tutto nei minimi dettagli, quel verme, aveva deciso tutto. Almeno così credeva.
La ragazza sorrise. Il bouquet di stupende rose rosse, pronto per il matrimonio, era adagiato sul comodino.
Dodici profumatissime rose lo componevano. Quello che nessuno sapeva era che al suo interno era nascosta un’arma. Era bella, preziosa. L’impugnatura era di mogano, intagliata e regola d’arte, mentre la lama era lunga una manciata di centimetri, lucente e affilata.
Ehlynor si alzò di scatto sentendo qualcuno che bussava.
- Avanti -
Claire, la cameriera, entrò titubante.
- Miss.. il signor Richards la desidera di sotto -
- Ditegli che scendo subito, il tempo di mettere il velo -
- Ma certo, Miss -
La donna uscì.
La ragazza si avvicinò alla grande specchiera e lentamente si pose il velo in testa. Studiò a lungo il suo riflesso, e si trovò bellissima.
La gonna era ampia, bianca e vaporosa, piena di pizzo e di tulle, bianco e immacolato.
Il corpetto era anch’esso bianco, aderente.
L’abito le calzava a pennello, come la scarpe bianche, di vernice, a tacco alto che portava ai piedi.
Il velo leggero le incorniciava il viso, e le rose che teneva in mano risaltavano sull’abito candido.
Chiuse gli occhi un istante, dopodiché uscì con passo deciso dalla porta
*
L’uomo era in piedi al centro della stanza e dava le spalle alla porta.
Le imposte erano chiuse e non lasciavano filtrare la luce del sole, l’ambiente era rischiarato solo dalla luce di una lampada ad olio.
Ehlynor entrò con passo felpato, estraendo silenziosamente il coltello dal mazzo di fiori.
Thomas non si voltò. Stava trangugiando un bicchiere di liquido giallastro, scotch probabilmente.
Ormai la ragazza era a brevissima distanza dalla schiena di lui, che sembrava non aver minimamente notato la sua presenza. Appoggiò violentemente il bicchiere sul tavolo, mentre Ehlynor sollevava il coltello.
Thomas raddrizzò la schiena, e lei rimase ferma per un attimo, solo un attimo, prima di piantare con decisione il coltello nella carne dell’uomo.
Nemmeno urlò. Si limitò a contorcersi del dolore,mentre la ragazza faceva scorrere la lama nella sua schiena, provocando una ferita profonda e grondante di sangue scuro e denso.
Lentamente, molto lentamente, estrasse la lama dal corpo dell’uomo
Lui si girò e la guardò inorridito, ma prima che avesse il tempo di dire alcunché, lei lo accoltellò nuovamente, premendo il pugnale nel petto di lui, sentendo il suo sangue imbrattarle mani.
Svellò  la lama, lo fissò con gli occhi spalancati. Lui non riuscì a spiccicare parola, ma le lanciò uno sguardo a metà tra l’inorridito e il supplichevole.
Lei non sopportò che lui la supplicasse, anche senza aprire bocca. Voleva cancellare quello sguardo da quegli occhi.
Raccolse il bicchiere poggiato sul tavolo e lo scagliò con violenza colpendo Thomas in pieno volto.
Solo allora un gemito di dolore gli sfuggì dalle labbra, mentre cadeva rovinosamente a terra, sopra le schegge del bicchiere infranto.
Lei gli fu subito addosso, bloccandolo a terra premendogli le mani sulle spalle e lui, troppo debole per ribellarsi, rimase impotente sotto il corpo della ragazza.
- Credevi davvero - esordì lei con odio - Credevi davvero che l’avresti passata liscia? Credei che sarei rimasta a guardare dopo che avevi ucciso mia sorella? Credevi forse che sarei rimasta buona mentre ti prendevi la mia vita e la mandavi in pezzi? -
Lo colpì con il coltello, trapassandogli la spalla destra da parte a parte.
Lui finalmente urlò. Fu atroce, ma lei rimase ferma, anzi cominciò a rigirare il coltello nella piaga.
- Mi dispiace - rantolò - mi farò perdonare.. -
Lei scoppiò a ridere. Una risata senza gioia, crudele.
- Qualunque cosa tu faccia, non riporterai indietro Jin, e non cancellerai dalla mia mente il ricordo di tutto quello che mi hai fatto. E rimarrai sempre uno spietato, sadico bastardo. -
Estrasse il coltello e un altro gemito lasciò le labbra perfette dell’essere. Riusciva ad essere bello anche così.
- Sai - disse lei, con voce strascicata, avvicinandosi al suo viso.- Ho sempre pensato che fossi un bell’uomo. Pendevo dalle tue labbra, almeno finché non mi hai costretta a baciarti. Ti avrei ascoltata. Sarei stata una moglie esemplare, avrei potuto darti tutto, tutto ciò che volevi.. avrei potuto darti accesso alla nobiltà, avrei potuto darti i soldi che volevi, desideravo farlo, e l’avrei anche fatto se fossi stato.. umano con me. Volevo persino fare l’amore con te, e sarebbe stato meglio, mille volte meglio di quello squallido.. sesso.. di cui ti accontentavi. Ti avrei dato tutto.. sei stato tu a rinunciarvi. -
Detto questo, fece per affondare nuovamente la lama, ma con la forza della disperazione l’Thomas ribaltò le posizioni, e fu lei a trovarsi schiacciata sotto il peso dell’uomo.
Lui spalancò la bocca, cercò di dire qualcosa, ma lei sollevò il coltello, tentò di ferirlo.
Lui le diede un colpo alla mano, e il coltello le sfuggì finendo ad un paio di metri di distanza.
Cominciarono a lottare per raggiungerlo, si rotolarono, ma fu Thomas a trionfare, sollevando il coltello e cercando di ferirla, ma aveva perso molto sangue, era debole e i suoi colpi non erano precisi, mentre la ragazza era estremamente lucida e decisa a non dargliela vinta.
Il coltello si conficcò nel legno del pavimento, ad una manciata di centimetri dal viso della giovane.
Lui divelse la lama, puntò al ventre di Ehlynor, ma lei sgusciò via da sotto il suo corpo, e il coltello si limitò a procurarle un ampio strappo nella gonna. Ripeté il movimento più e più volte, riducendole l’abito a brandelli, mentre lei scalciava tentando di togliergli il coltello.
Finalmente ci riuscì, e l‘arma descrisse un arco attraverso la stanza, concludendo il movimento contro una parete.
Thomas fece per alzarsi, ma la donna gli afferrò le gambe, facendolo nuovamente precipitare supino, ma prima che potesse alzarsi, lei gli afferrò la testa e la sbatté con decisione sul pavimento.
Una macchia scura e densa prese ad allargarsi sotto la testa dell’uomo, che prima si irrigidì e poi si afflosciò tra le sue braccia.
Lei si sollevò, si alzò in piedi e vide che era morto. Ma era troppo, troppo perfetto, anche così.
Raccattò il coltello, si chinò sull’uomo e cominciò a colpirlo in pieno petto, una, due, venti volte, finché sentì i passi della cameriera scendere le scale.
Domandandosi per quale motivo non fosse scesa prima, si sollevò dal corpo scempiato di Thomas e si mise in piedi al centro della stanza, aspettando che entrasse.
Quando spalancò la porta, Claire urlò, si mise la mano sulla bocca e quando la abbassò, rideva.
- Voi l’avete ucciso.. -
Continuando a ridere, andò verso la ragazza e l’abbracciò.
- Grazie.. Grazie.. -
La ragazza, coperta di sangue, si liberò dall’abbraccio e disse - Devo.. devo andare.. -
- Si.. si, andate.. andate.. -
Ehlynor sorrise, e col coltello ancora in mano, prese la porta e uscì, scalza, mettendosi a correre nella neve.
Non si fermò fino a che non superò il cancello, giungendo ai limiti del bosco che circondava la proprietà di Richards.
Solo allora si fermò a riflettere.
Aveva ucciso un uomo. Aveva ucciso.
Assassina. Era solo un’assassina.
Ma aveva fatto quello che le aveva detto l’angelo. Aveva svolto bene il suo compito, aveva fatto il suo dovere. Aveva fermato un mostro.
Sollevò lentamente il capo, gettando i capelli all’indietro, e scoppiò a ridere, ridere e ridere.
Chiuse gli occhi un istante, e quando li riaprì, l’angelo era davanti a lei
 
- L’hai fatto, alla fine -
- Si -
- Bene -
- Che succederà adesso? -
L’angelo sorrise
- Vieni con me -
La ragazza annuì.
La figura allungò la mano, poggiandola sulla testa della ragazza, che cadde a terra.
Il corpo della ragazza rimase nella neve, ma una figura sembrò staccarsi da quel corpo, e quando si sollevò,
se qualcuno l’avesse vista, l’avrebbe riconosciuta come Ehlynor Wilson.
Ma c’era qualcosa di sbagliato in lei. Aveva uno splendido paio di ali, fluenti capelli neri, occhi neri, e la bocca rossa. Il suo vestito era corto e strappato, nero, aderente.
Tuttavia, era l’esatta fotocopia della ragazza che giaceva al suolo.
- Sono morta? - domandò
- Si -
La ragazza – o quello che era – spalancò le ali, annuì e disse solo - Andiamo -

SPAZIO AUTRICE
Mi è stata ampiamente richiesta un morte atroce e spero che siate soddisfatti..
Io sono contenta del finale e spero che piaccia anche a voi, fatemi sapere ;)
Alla prossima <3

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