NELL'IMPERO D'OCCIDENTE

di Dian87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1- LOST ***
Capitolo 2: ***

CAPITOLO 2- UN'ALTRA PARTE DEL MONDO

***

Capitolo 3: *** EPILOGO ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1- LOST ***


CAPITOLO 1

CAPITOLO 1- LOST

- Allora che si fa?- chiese Inu Yasha.

- Non chiederlo a me, Inu Yasha, sei tu che l'hai rispedita dall'altra parte, non io.- risposi.

Ero appesa a un albero per le gambe, con la testa in giù e le braccia incrociate dietro alla testa. I miei lunghi capelli argentati cadevano verso il basso. Non capivo perché si fosse allontanato dagli altri assieme a me dopo la sua ennesima lite verbale con Kagome.

- Inu Yasha, non capisco perché ti sei allontanato con me, sono solo tua sorella minore.- gli dissi, sperando di capire.

- Sorellina, sai cosa significa quello che ho fatto?-

- L'hai mandata a forza al sicuro, e, allora, che c'è di male?-

- Non abbiamo più un'amica.-

- Vado a riprenderla?-

- No!-

- Senti, Inu Yasha, anche se mi sforzo, non ti capisco proprio: ti senti in colpa proprio tu che l'hai mandata al sicuro?-

Mi sistemai il microcomputer che portavo sempre con me dalla nascita, da quando mio padre aveva attraversato il pozzo mangia-ossa per una parte dell'eredità. Infatti, mio fratello Inu Yasha aveva una delle due spade forgiate da un'unica zanna di nostro padre, la Tessaiga, mentre l'altra l'aveva l'altro mio fratello, Sesshomaru, la Tenseiga, mentre io, la più piccolina, per difendermi avevo la Tensaiga e per aiutare mio fratello Inu Yasha, al quale ero legata da molto più che un semplice vincolo di sangue, usavo quel microcomputer.

- Vieni un attimo giù, sorellina.-

Saltai giù, atterrando in piedi, e mi si avvicinò, abbracciandomi. Sentivo tutta la sua angoscia e il suo non saper cosa fare al momento giusto più che tranquillamente, mentre lui sentiva la mia comprensione verso di lui. Gli accarezzai i capelli, come i miei, e lo baciai dolcemente sulla guancia, dopo mi allontanai, invitandolo a seguirmi. Corremmo per un po' attraverso il bosco, fino a quando, da dietro un albero, uscì Sesshomaru, con il suo fedele Jaken, e mi bloccai di colpo. Inu Yasha non riuscì a frenare e mi sbatté addosso.

- Ciao, sorellina.- disse semplicemente.- Inu Yasha, non sono qui per combattere, anche se mi duole ammetterlo ho bisogno del vostro aiuto.-

Io e Inu Yasha ci guardammo stupiti negli occhi. Sesshomaru aveva bisogno del nostro aiuto e, osservandolo meglio, vedevo che c'era qualcosa di veramente grave e che dovevamo aiutarlo.

- Cosa succede?- chiesi, prima di Inu Yasha.

- Sapete chi è Rin, vero?-

- Sì, quella mocciosa che ti porti dietro.- rispose, ricevendo una gomitata in stomaco da parte mia.- Ehi, che ti è preso?-

- Ha bisogno di aiuto, Inu Yasha,- e, rivolgendomi a Sesshomaru.- cosa le è successo?-

- Naraku l'ha rapita.-

- Maledetto bastardo...- mormorai tra i denti e, alzando la voce.- Quanto tempo fa?-

- Poco.-

Selezionai sul microcomputer la vista ai raggi infrarossi e mi guardai intorno.

- Captata, di là!- esclamai, dirigendomi dalla parte indicata.

Inu Yasha mi mise sulla sua schiena, poiché io ero ancora troppo lenta rispetto a loro due, e arrivammo in una radura dov'era presente Naraku in persona che teneva la piccola Rin per un braccio, che si dimenò per liberarsi come vide Sesshomaru.

- Lasciala andare, Naraku.- gli ordinai.

- Perché dovrei, misera hanyou?-

Strinsi il pugno fino a farlo sanguinare e Inu Yasha mi mise la sua mano sulla mia, dicendomi così di smetterla. Estrasse la Tessaiga e ora fui io a tentare di fermarlo.

- Ricordati di quel piccolo particolare, Inu Yasha.-

La sua Tessaiga, infatti, sbatté violentemente a terra, trascinandolo con il suo peso.

- Non dirmi che non ti avevo avvertito, fratellino.- ribattei.

- Hanyou, non preoccuparti per lei, non ne hai motivo.- rise Naraku.

A quel punto non ci vidi più dall'odio e, quando tornai in me, vidi le mie mani sporche di sangue e diventai bianca come uno straccio, guardandomi intorno per vedere se c'era qualcuno dei miei fratelli o Jaken o la piccola Rin, ma non c'era nessuno, ero sola in un luogo che non riconoscevo poiché non c'ero mai stata.

- Inu Yasha! Sesshomaru! Jaken! Rin! C'è nessuno?- urlai, piena di paura.

Sentivo le forze venirmi a meno e così a un tratto dovetti appoggiarmi a un albero.

- C'è nessuno?- mormorai, afflosciandomi ai piedi di un albero.

Avevo molta paura, ora, sola, come, molto tempo prima, quand'ero stata rapita da Naraku e avevo avuto sì e no l'età della piccola Rin.

- Ehi! Chi è che ha chiamato?-

- Cosa?- mormorai, svenendo.

 

N.d. Aki: vale la solita formula 0 recensioni = 0 capitoli

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Capitolo 2
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CAPITOLO 2- UN'ALTRA PARTE DEL MONDO

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CAPITOLO 2- UN'ALTRA PARTE DEL MONDO

Mi risvegliai in una stanza in cui percepivo odore di fiori freschi, lilla, gelsomino e altre piante che non riuscii a identificare. Mettendomi seduta, osservai il letto nel quale mi trovavo. Il materasso era molto soffice, nulla a che fare con quelli del Giappone, le lenzuola erano candide e la coperta molto pesante, c'era un'impalcatura attorno al letto che reggeva diversi strati di teli chiari, una parte di questi teli si scostò e un ragazzo si sedette sul letto, accanto a me. Disse qualcosa, ma non capii, la sua lingua era troppo diversa da quella che parlavo io e per questo mi era incomprensibile, tutto tranne una parola: Antonio.

- Mi chiamo Yasha.- dissi, scandendo bene le parole, sperando che almeno lui comprendesse le mie parole, ma, con grande delusione di entrambi, scosse la testa.

Mi misi l'indice sulla punta del naso, come indicavamo noi stessi in Giappone, ripetendo solo il mio nome e allora sembrò capire che mi chiamavo Yasha. Mise una mano sul petto, ripetendo anche lui solo il suo nome, Antonio, e entrambi sorridemmo, felici di essere riusciti a dirci almeno come ci chiamavamo. La cortina si scostò di nuovo e, questa volta, comparve una signora che dialogò con il ragazzo, ma non capivo un accidente di ciò che si stavano dicendo.

- Yasha...- disse, e non capii altro.

Rimasi in silenzio, non avendo capito la domanda, incrociando le gambe e mettendo le mani sulla caviglia destra, quella più in alto. Dissentii: non capivo ciò che stava dicendo. Ripeté la domanda, ma non capivo ancora. Mi accompagnò alla finestra e indicò un luogo, facendo un ampio gesto da lì verso di noi. Forse voleva sapere da dove venivo.

- Nihon.- dissi.

Aggrottò le sopracciglia, non comprendendo bene la parola.

- Giappone.- ripetei, indicando la direzione dell’alba.- Estremo Oriente.-

Sembrò capire.

- … Estremo Oriente.- disse, tirando il braccio verso di sé dalla direzione dell’alba.

Annuii.

- Cur?- chiese.

- Che?- feci, non comprendendo la parola.

Fece il segno del punto di domanda, che avevo imparato da Kagome, e scossi la testa. Vidi un melo e lo indicai, dicendo come si pronunciava in giapponese.

- Malus.- rispose lui.

Ripetei la parola e entrambi sorridemmo: in un po’ di tempo saremmo riusciti a comunicare tranquillamente.

 

Tre mesi dopo…

Accompagnai la madre di Antonio in città, non l’avevo mai visitata nei tre mesi che ero lì, bloccata in un mondo a me sconosciuto e diverso. Era la prima volta che sua madre mi aveva chiesto di accompagnarla perché aveva bisogno di una mano, anche se non aveva specificato per cosa. Tutti si voltavano verso di noi, come camminavamo, a causa del mio aspetto: a differenza di mio fratello, non avevo ancora imparato a diventare umana come lo desideravo. Ci fu un’esplosione e lasciai momentaneamente il posto accanto alla madre di Antonio per andare a vedere cos’accadeva. Vidi un’insula andare in fiamme e vidi all’ultimo piano dei bambini che piangevano alla finestra. Probabilmente i genitori si erano dimenticati di loro fuggendo. Salii di corsa gli scalini irregolari e raggiunsi i bambini.

- Non abbiate paura, vi porto fuori.- dissi loro.- Salite sulla mia schiena e tenetevi stretti.-

Fecero come avevo detto e, un attimo prima che l’edificio crollasse, saltai fuori dalla finestra con i due piccoli, atterrando a distanza di sicurezza e li protessi da qualche masso che stava ancora cadendo e rimbalzando. Vidi la madre dei due bambini raggiungerli di corsa e abbracciarli, ringraziandomi, ma non sapevo le parole per dire che non era stato nulla di così pericoloso, se si era abituati a avere fratelli sempre mezzi morti e nemici che avevano la forza per ucciderti, ma non ci riuscivano mai. La madre di Antonio si avvicinò a me.

- Complimenti, non molti sarebbero sopravvissuti e avrebbero salvato i due bambini.- disse.

- Abitudine.- risposi, alzando le spalle.- Sono abituata a cose del genere.-

- Vieni, c’è una persona che devi conoscere.- mi disse la madre di Antonio, guidandomi lontano dall’insula che era crollata.

Raggiungemmo una casa e la madre di Antonio mi guidò attraverso le stanze, fino a raggiungere la stanza di un uomo, che aveva qualche tratto orientale, ma nulla di tale che indicasse l'origine giapponese, al massimo sarebbe potuto essere un greco o un egizio.

- Così è lei la giovane che tenevi segregata in casa, figlia mia.- disse l'uomo.- Cosa vuoi che ne faccia di lei?-

- Istruiscila, maestro, sulle cose che una moglie deve sapere fare.- disse la donna.

- Eh? Scusate, ma chi vi ha detto che devo sposarmi? Se… sento l'odore di mio fratello Inu Yasha: dev'essere appena arrivato in città.- ribattei, con il cuore in gola, anche se non avevo percepito alcun odore.- Penso proprio che dovrei andare…-

L'uomo schioccò le dita e subito due guardie si materializzarono davanti a me.

- Mia cara, tu non andrai da nessuna parte: in tutto l'impero non esiste nessun'altra come te.- disse l'uomo.

- Ehm… nemmeno da me ce ne sono molte, perché raramente gli spettri vogliono fare figli con gli uomini.- risposi.

Una delle guardie mi prese per le spalle, voltandomi a forza. L'odore dell'uomo cambiò, lo sentivo bene con il mio olfatto, e divenne quello di uno spettro. I miei muscoli si rilassarono e caddi in uno stato di profonda incoscienza.

 

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Capitolo 3
*** EPILOGO ***


EPILOGO

- Dove sono?- fu la prima domanda che feci, appena ebbi aperto gli occhi.

Fu come se non li ebbi aperti perché c'era un buio tale che non potevo vedere nulla, ma la cosa più strana era che non c'era più alcun odore.

- Inu? Sessh? C'è nessuno?- chiamai, ma non ebbi risposta alcuna.

Avevo paura, avevo sempre avuto con me almeno uno dei miei fratelli, non mi avevano mai lasciata sola, se non in quell'impero così lontano dall'isola in cui vivevo ed ero libera. Già… la libertà… era la seconda volta che la perdevo, questa volta non per mano di un hanyou, ma di un essere umano che mi voleva sposare. Strano… eppure gli avevo spiegato, ad Antonio, cos'ero, ma sembrava non voler comprendere… a volte gli umani erano veramente strani…

- Ho paura…- mormorai, rannicchiandomi, ovunque mi trovassi.

Una luce si accese, una luce lontana, e vidi un ragazzo che si stava muovendo senza guida in un mondo a lui estraneo.

- Inu!- esclamai, sorpresa e felice.

Mi alzai di scatto e cercai di raggiungerlo, ma, per quanto corressi, lui era sempre fuori portata.

- Ah, è questo, allora…- disse una voce gelida che pareva rimbombare ovunque.

- Chi sei?!- chiamai.- Perché mi fai questo? Perché non mi lasci tornare al mio mondo?-

- Aspetta, chiisai hanyou, presto scoprirai tutto.- disse la voce.

Vidi mio fratello raggiungere il corpo di una bambina.

- Quella… sono io?-

- Avevi sempre pensato che ti avesse abbandonato al tuo destino, ma non era così: ti ha sempre cercato, frugando in qualsiasi luogo finché non ti ha trovato in quelle condizioni.-

- Io non ho mai pensato che mi avesse abbandonato… al contrario… pensavo che fosse stato lui a salvarmi.-

- Ora guarda questo.-

Un'altra immagine mi si presentò davanti: mio fratello mi portava in braccio, seguendo gli altri alla ricerca dei frammenti della Shikon no Tama.

- Che significa tutto ciò?-

- Tu ora sei con lui, il tuo corpo è con lui mentre l'anima ha vagato fino a trovarsi in quella zona quando il giovane romano ti ha trovata. Cosa vuoi fare ora?-

- Inu Yasha è mio fratello: devo tornare da lui.-

- E sia.-

Tutto tornò nero e persi nuovamente i sensi.

 

Riaprii gli occhi e vidi che Inu Yasha era chino su di me, cercando di scoprire come stavo. Gli gettai le braccia al collo e lo strinsi forte.

- Inu, ho avuto tanta paura!- piansi.

All'inizio fu sorpreso, ma dopo mi tirò seduta e mi strinse a sé.

- Ora è tutto finito, sorellina, è tutto finito.- disse, con voce calma.

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