Harry Potter e la Chiave dell'Amore

di akiremirror
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Ritrovamenti e Incontri ***
Capitolo 3: *** Riunione dell'Ordine ***
Capitolo 4: *** Il Ricordo ***
Capitolo 5: *** Doti ***
Capitolo 6: *** La Verità di Silente ***
Capitolo 7: *** Ancora vivo ***
Capitolo 8: *** Alcuni tornano, altri se ne vanno ***
Capitolo 9: *** R.A.B. ***
Capitolo 10: *** Incontri inattesi e scontri pericolosi ***
Capitolo 11: *** Sentimenti ***
Capitolo 12: *** Dolori e Inganni ***
Capitolo 13: *** Attacco ad Azkaban ***
Capitolo 14: *** La Pozione ***
Capitolo 15: *** Lo Specchio ***
Capitolo 16: *** Non la Perdonerò Mai ***
Capitolo 17: *** I Ricordi Custoditi (parte I) ***
Capitolo 18: *** I Ricordi Custoditi (parte II) ***
Capitolo 19: *** I Ricordi Custoditi (parte III) ***
Capitolo 20: *** Sentieri Pericolosi ***
Capitolo 21: *** Vite da salvare ***
Capitolo 22: *** Presa ***
Capitolo 23: *** Nelle Stanze ***
Capitolo 24: *** La Chiave ***
Capitolo 25: *** Bilanci ***
Capitolo 26: *** La verità viene sempre a galla ***
Capitolo 27: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 Harry Potter e la Chiave dell'Amore

 

Disclaimer: I personaggi e i luoghi di questo racconto appartengono quasi tutti a J.K. Rowling. I luoghi nuovi e il personaggio di Dana Deepfeel sono invece di mia creazione.

 
        Prologo

 

La nebbia fitta era diventata ormai una costante. Troppi Dissennatori in giro. Per quanto il Ministero stesse cercando un modo per metterli fuori combattimento e riportare soprattutto sulla capitale un po’ di sereno, ogni tentativo era risultato del tutto fallimentare.
Harry finì di sistemarsi il mantello scuro. Era arrivato il momento. Hermione e Ron lo avrebbero raggiunto a momenti, e allora sarebbero partiti verso la loro più ardua avventura. Sarebbero tornati tutti interi? Il cuore gli si strinse al solo pensiero che potesse succedere qualcosa anche a uno solo di loro due. Aveva già perso molte persone…
L’immagine di Silente gli si presentò davanti agli occhi con prepotenza, ma lui la ricacciò indietro, cercando di distrarsi pensando ad altro. Terribile e perversa, la sua mente lo condusse allora verso altri ricordi.
Il Matrimonio di Bill e Fleur…oh, era stato spettacolare, vivace e colorato, come se servisse ad esorcizzare la consapevolezza che ormai tutto era cambiato. Bill, nonostante i brutti segni sul viso, era evidentemente raggiante, e per l’occasione era arrivato persino Percy, che tuttavia non era risultato troppo gradito a certa parte della famiglia (Fred e George avevano tentato di fargli diventare i capelli verdi, ma Charlie li aveva fermati in tempo…).
Fleur era fantastica, veramente molto bella nell’abito da sposa azzurro che la famiglia le aveva confezionato, e aveva suscitato inevitabilmente l’invidia di Ginny e Hermione. Harry sorrise e pensò dentro sé che quelle due erano veramente incredibili. Non avevano alcun motivo per invidiare Fleur, perché tutte e due avevano avuto addosso, per praticamente tutto il giorno, gli sguardi della persona che amavano.
Ron non era riuscito a trattenersi dal rimanere a bocca aperta quando Hermione era scesa tra gli ospiti, dopo aver finito di prepararsi. Harry dovette dargli uno spintone per farlo ridiscendere sulla terra, ma poi lo aveva imitato non appena aveva visto Ginny.
Dio, era veramente bellissima. Per tutto il giorno non aveva fatto altro che guardarla di nascosto. Apparentemente entrambi avevano continuato a comportarsi come sempre, ma quante parole non dette c’erano negli sguardi che si rubavano appena? Non riuscivano a guardarsi in silenzio per troppo tempo, perché poi saliva nel petto quella sensazione dolcissima e devastante che li opprimeva da quando era finita la scuola. Ginny aveva capito il discorso di Harry e lo aveva assecondato, ma sapeva bene che anche per lui non era facile. Con il silenzio si erano detti molte cose, e alla fine erano riusciti a separarsi.
Poi Harry era tornato dagli zii solo per qualche giorno. Controllando di avere la bacchetta in buone condizioni, Harry si concesse il tempo di rievocare il momento in cui si era allontanato definitivamente dalla casa di Privet Drive… aveva detto agli zii che se ne sarebbe andato già la sera prima e li aveva visti accogliere la notizia con prevedibile sollievo. Durante la notte però era successo l’imprevedibile. Non riusciva a dormire, così era sceso in cucina per andare a prendersi un bicchiere di acqua, e lì aveva trovato sua zia.
Per la prima volta dopo diciassette anni lei lo aveva guardato con umanità.
"Cos’è questa cosa che devi fare? Questa missione…" gli aveva chiesto sottovoce, mentre la mano le si chiudeva spasmodicamente sulla tazza di the che si era preparata.
"Lo sai." Aveva risposto lui, un po’ bruscamente.
"Lo devi proprio affrontare?"
"Si."
"Ma…a cosa ti serve vendicarti?"
"Non è per vendetta…non solo. Pare che io sia l’unico in grado di farlo. O vivo io o vive lui, secondo la profezia che ha decretato la morte dei miei genitori. Non posso farci molto. E poi, anche se potessi rimanere con le mani in mano, non lo farei. Ha già ucciso troppe persone che amo."
Quanto gli era parso strano parlare con lei di quelle cose…
"Quindi…potrebbe pure essere che…che morirai?"
"Potrebbe." Aveva risposto Harry, mestamente.
Era calato un silenzio decisamente strano, e Harry si era chiesto cosa stesse provando sua zia Petunia nel parlare con lui di quelle cose. Forse disgusto…del resto era quello che aveva sempre dimostrato di provare verso il mondo magico. Però c’era dell’altro.
"Io…io spero che non ….beh, che tu riesca a batterlo." Aveva detto con un filo di voce, tenendo gli occhi fissi davanti a sé. Poi si era alzata con il suo solito modo di fare tutto rigido e si era allontanata dalla cucina, lasciandolo solo.
La mattina dopo erano arrivati Ron e Hermione, e con loro si era allontanato, ma prima di uscire aveva incrociato lo sguardo della zia per un attimo. Cosa vi aveva letto? Non ne era certo, ma gli era sembrato che fosse del tutto conscia di quello che lui avrebbe dovuto affrontare, da quel momento in poi.
Chissà, magari, se fosse sopravvissuto di nuovo glielo avrebbe fatto sapere.
Poi erano arrivati a Godrig’s Hollow, e si erano fermati lì per un po’, giusto il tempo di preparasi agli esami di Smaterializzazione. Non che ormai non sapessero Smaterializzarsi alla perfezione tutti e tre, ma la burocrazia non si fermava davanti a nulla, nemmeno davanti ad una guerra di dimensioni non ancora chiare.
La visita alla tomba dei suoi genitori era stata dolorosa, ma necessaria. Vedere quelle lapidi, che nella sua mente si erano sovrapposte per un attimo a un velo e a un’altra lapide bianca, gli aveva fatto trovare tutta la determinazione di cui aveva bisogno. Non si sarebbe fermato davanti a nulla, avrebbe tenuto gli occhi e le orecchie sempre aperti, per poter uccidere il più in fretta possibile il suo nemico e per riavere indietro la sua vita.
Così ora, con un biglietto nella tasca dei jeans e nella mente gli insegnamenti di Moody e di Tonks, si stava preparando all’inizio della sua guerra.
E al suo fianco erano arrivati anche Ron e Hermione, come sempre presenti, come sempre disposti a rischiare con lui, come sempre uniti.
"Andiamo."
Li vide annuire, e insieme si Smaterializzarono.

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Capitolo 2
*** Ritrovamenti e Incontri ***


1 Ritrovamenti e incontri
 
 
Ritrovamenti e Incontri
 
 
 
Entrare a Nottur Alley e passare inosservati non risultò particolarmente difficile per i tre ragazzi. Si erano avvolti in pesanti mantelli scuri e procedevano decisi verso la loro meta. Con i cappucci alzati sul capo e le bacchette sfoderate sarebbero passati quasi per servitori di Lord Voldemort, e in quel posto nessuno avrebbe mai osato denunciare la presenza di Mangiamorte.
Però loro non erano Mangiamorte e anzi, pur avendo a che fare con Voldemort, loro volevano distruggerlo.
Hermione era stata particolarmente determinata su quel punto, durante la festa di nozze di Fleur e Bill. Non avrebbero lasciato solo Harry, che aveva tentato per l’ennesima volta di convincerli a rimanere alla Tana. Ma soprattutto, era stata lei a decretare che avrebbero fatto qualunque cosa fosse risultata necessaria per vincere. Qualunque cosa. Beh, magari non proprio. Chi di loro avrebbe avuto il coraggio di uccidere? Per il momento, nessuno dei tre. Ma per tutto il resto, avevano deciso di rischiare..
La loro determinazione aveva lasciato piuttosto sorpresi i membri dell’Ordine, e più di qualcuno aveva tentato di fermarli, ma Ron era stato chiaro.
"Dovreste Schiantarci, Pietrificarci e rinchiuderci in una casa a forza per riuscire a fermarci! Quindi, o fate così, o ci insegnate a difenderci!"
Mentre procedevano lungo le vie di Notturn Alley Harry sorrise a quel ricordo. Forse per proteggerlo, o forse per avere una possibilità seria di vittoria…stava di fatto che i suoi due migliori amici, ciascuno a modo proprio, erano diventati determinati e pronti a rischiare quanto lui. Alastor fu il primo a capirlo veramente e, aiutato da Tonks, li aveva addestrati per settimane. Poi erano partiti.
"Aspettate!" bisbigliò Hermione, mentre si fermava e guardava dentro un negozio abbandonato. Non era esattamente il posto dove una persona sana di mente avrebbe voluto entrare, vi era qualcosa di…repellente, in quel posto.
"Potrebbe essere qui…" sussurrò Harry, lanciando uno sguardo guardingo oltre la vetrina in frantumi del negozio.
"Si, l’Incantesimo di repulsione è evidente…" commentò cupo Ron, mentre fissava accigliato delle grosse ragnatele che avvolgevano l’entrata del negozio.
"E’ vicino al negozio di Sinister, non invita ad entrare ed è abbandonato…gli indizi tornano." Riassunse Harry, mentre la sua mente vagava per un attimo al biglietto che aveva trovato una settimana prima, e che ora diventava sempre più credibile. Lo aveva trovato il giorno in cui era andato a visitare la tomba dei suoi genitori, subito dopo aver lasciato la Tana. Sulla tomba di sua madre Harry aveva trovato tre rose bianche, alle quali era legato un biglietto.
 
"Coppa nascosta a N.A., probabilmente vicino a Sinister. In un negozio dove non vorreste mai entrare, repellente, vuoto. Protetta dalla paura, chiedere da bere. Probabili altri rischi."
 
Non era firmato e a Harry in un primo momento era sembrata una trappola, però poi dentro la busta aveva trovato anche una piuma. Non una piuma qualsiasi, ma la piuma di una Fenice, il cui canto risuonò in lui dolce e incoraggiante non appena ebbe ripiegato il biglietto.
Da qualche parte avevano un amico anonimo.
Harry trasse un profondo respiro. Se veramente lì dentro ci fosse stato un Horcrux, qualcuno di loro avrebbe potuto rischiare molto…il volto di Silente balenò in mente a Harry in un istante, ma il ragazzo scacciò via l’immagine scrollando appena la testa e concentrandosi su quella pericolosa missione.
"Allora…andiamo!" disse Hermione, mentre allungava la mano sulla maniglia della porta d’entrata. Entrarono senza che nulla di brutto succedesse ma, non appena la porta si fu richiusa alle loro spalle, furono avvolti dal buio più totale.
"Lumos!" dissero contemporaneamente.
Qualcosa davanti a loro si stava muovendo. Harry avanzò, la bacchetta levata e la tensione che poteva sentire in ogni singola cellula del corpo.
All’improvviso dal buio comparve un Dissennatore e il gelo cominciò a scendere sui ragazzi.
Harry stava per agire, quando un gemito dietro di lui lo bloccò. Si volse di scatto e vide un gigantesco ragno avanzare verso Ron.
"Mollicci giganti!" urlò Hermione
Mollicci giganti…semplice e potente. Ma sapevano cosa fare. Harry si volse di nuovo verso il Dissennatore e si protesse con il Patronus. Inaspettatamente però, non fu sufficiente: il Molliccio stava facendo resistenza.
"Harry! Continua! A quanto pare non sono comuni Mollicci…usano le nostre paure non solo per difendersi, ma anche per nutrirsi! Dobbiamo batterli in potenza! Quindi non mollare!" biascicò Hermione mentre fissava, bianca in volto, qualcosa che Harry non riusciva a vedere.
"Voldemort è oscuro anche nel senso dell’umorismo allora!" gridò Ron, mentre si accaniva contro il gigantesco ragno davanti a lui.
Un momento dopo i Mollicci erano immobili, come pietrificati.
"Cosa…" chiese Harry, avvicinandosi lentamente alla figura del Dissennatore.
"Qualcosa li ha bloccati…qualcosa che ha detto Ron…" ansimò Hermione, mentre distoglieva lo sguardo dal suo molliccio.
"Forse…il fatto di averlo chiamato per nome." Azzardò Harry, mentre i Mollicci ricominciavano a muoversi.
I tre ragazzi si prepararono nuovamente allo scontro, ma i Mollicci non ripresero a tormentarli. Si avvicinarono tra loro e si unirono, fondendosi in un unico essere che apparì da una nube di fumo nero.
Harry per un attimo sentì il cuore fremere, mentre i suoi due compagni lanciavano un urlo, ma gli bastò poco per capire che non era quello vero…
L’uomo che avanzava verso di lui con un ghigno folle sul volto non era il vero Lord Voldemort.
"Harry…nel biglietto…il suggerimento!" Disse Hermione mentre si teneva stretta al braccio di Ron.
Il suggerimento? Si…chiedere da bere…la prospettiva non lo esaltava nemmeno un po’, ma se quello era l’unico modo…
Il Molliccio con la forma del nemico mortale di Harry li stava ancora fissando, e il ragazzo si fece coraggio, concentrandosi e facendo l’unica cosa che gli venisse spontanea in quel momento. Parlò in serpentese.
"Portami la coppa! Voglio bere!" ordinò, la mano stretta sull’impugnatura della bacchetta.
"Solo se darai prova di esserne degno." Disse con un ghigno il Molliccio, rispondendogli sempre in serpentese, mentre con la mano eseguiva un gesto plateale per mostrare a Harry il nuovo ostacolo.
Attorno a loro comparvero dei corpi sospesi in aria, le braccia penzolanti e la testa reclinata da un lato, gli occhi chiusi. In un primo momento Harry pensò agli Inferi, ma poi realizzò che quelli erano corpi di persone svenute. Il colorito era normale, non bianco.
"Che prova vuoi?" chiese Harry con il cuore che martellava forsennatamente nel petto.
"Magia Nera!"
Harry strinse le mani a pugno e, senza smettere di fissare il Molliccio, si rivolse a Hermione e Ron.
"Devo dargli la prova di saper fare degli incantesimi di Magia Nera, e credo che voglia vedermi attaccare queste persone."
"Oddio! Harry, ma non sappiamo se queste persone sono vive o no…" disse Hermione, lanciando sguardi preoccupati intorno a loro.
"Lo so….ma non possiamo esitare, e poi non credo che siano persone ‘vere’…sarebbero qui da più di vent’anni." Ragionò Harry, che però non aveva potuto non farsi la stessa domanda che si era posta Hermione.
"Ma ha chiesto Magia Nera…Cosa dovresti fare?" chiese Ron, mentre il Molliccio stava cominciando a dare segni di impazienza.
"Questo non è un problema." Ribatté calmo Harry. Poi si calò di nuovo nella parte dell’interlocutore di Voldemort e continuò in serpentese, rivolto al Molliccio "Non perderò tempo con ciascuno di questi miseri esseri! Ti basti questa prova!"
E così dicendo, puntò la bacchetta contro uno di quei corpi, pregando in cuor suo che fosse solo un’illusione, e pronunciò l’Incantesimo.
"Sectumsempra!"
Il corpo che ricevette l’incantesimo fu travolto e ferito, scivolando a terra senza nemmeno un rumore o un gemito. Dalla ferita fuoriuscì un liquido verde, luminoso, che andò a formare la coppa sotto gli occhi sorpresi dei tre ragazzi. Essa si solidificò e il Molliccio la porse a Harry perché bevesse.
"No Harry! Non tu!" esclamò Ron, raggiungendo l’amico. "Tu sei quello che deve arrivare fino alla fine" disse, afferrando la mano di Harry che si era allungata verso l’Horcrux.
"Non lascerò che beva uno di voi due!" disse Harry a bassa voce, ma con un tono che non ammetteva repliche.
"E noi non lasceremo che beva tu! Ron ha ragione…ma intanto prendi la coppa."
Harry annuì e afferrò l’oggetto per cui erano venuti.
Non appena le mani del Molliccio lasciarono la presa, tutto attorno ai ragazzi scomparve, vennero inghiottiti dal buio più assoluto e cominciarono a cadere.
"E’ un altro Incantesimo!" urlò Ron, mentre allungava una mano per cercare di afferrare Hermione.
"Dobbiamo interromperlo!" gemette la ragazza.
"Reductor!" urlò Ron, ma non avvenne nulla.
"Finite Incantate!" provò Harry.
"No! Magia Nera!" disse Hermione, riuscendo finalmente ad afferrare la mano di Ron.
Prima che uno degli altri due avesse il tempo di dire qualcosa, si ritrovarono a sbattere violentemente contro il pavimento impolverato del negozio abbandonato.
Una figure nera stava avanzando verso di loro, la bacchetta in mano.
"Stupef...." L’incantesimo di Ron fu facilmente deviato.
Prima che il nuovo venuto si rivolgesse verso di lui, Harry cercò di disarmarlo, ma anche quell’attacco fu deviato.
Per Harry era una scena già vista, e la sola idea che potesse trattarsi proprio di lui gli fece montare una gran rabbia. Al secondo Expelliarmus, il nuovo venuto venne disarmato ed Hermione fu pronta a richiamare a sé la bacchetta volata in aria.
"Fermo! Santo Cielo, vi ho appena salvati dal Baratro Eterno e questo è il ringraziamento? Vi giustifico solo perché siete evidentemente spaventati, ma così facendo rischiate di fare del male anche agli amici!"
Era la voce di una donna, che abbassò il cappuccio e guardò i tre ragazzi con aria divertita e soddisfatta.
"Ma mi devo complimentare…pochi diciassettenni sarebbero stati in grado anche solo di aprire la porta del negozio."
"Chi sei?" la interruppe bruscamente Harry.
Lei non fece caso al tono che lui aveva usato.
"Mi chiamo Dana Deepfeel, ma dubito che il mio nome possa dirvi qualcosa. Che dite, usciamo da qui? Questo posto mette i brividi!"
Era esattamente quello che stava pensando Harry, ma non voleva fidarsi di una perfetta sconosciuta, non con Ron e Hermione lì. Se avesse sbagliato qualcosa anche loro sarebbero rimasti coinvolti, pagandone il prezzo.
"Oh, avanti! Vi ho aiutati! E non ho la bacchetta. Se vi può far stare più tranquilli, tenetela voi. A patto però che pensiate anche a me se succedesse qualcosa…sono disarmata. E poi…meglio se andiamo a Diagon Alley."
Harry lanciò uno sguardo perplesso ai due suoi compagni, ed entrambi annuirono.
Mentre si allontanavano dal negozio però Dana esitò un attimo, volgendosi appena verso una via perpendicolare alla loro. Non vide nulla, ma seppe con assoluta certezza che dietro l’angolo c’era una persona decisamente più sollevata, ora. Ed era grazie a quei tre ragazzi.
 
Il sole stava ormai tramontando quando quattro figure nere entrarono nel locale semideserto. I pochi avventori rivolsero loro sguardi preoccupati e guardinghi, mentre un paio di loro si alzavano e uscivano con passo frettoloso.
Dana indicò ai ragazzi un tavolo isolato e, una volta seduti, la donna ebbe su di sé lo sguardo attento e decisamente indagatore del trio.
Harry pareva il più determinato a individuare qualcosa nella figura femminile che aveva davanti un qualche elemento che gli potesse far capire se fidarsi o meno, ma tutto quello che vide fu una giovane donna, non troppo alta, con una cascata di capelli mossi di un meraviglioso castano tendente al rosso che le incorniciavano il viso pallido e stranamente rilassato. Anche lei li stava osservando, e essere trapassati da quei due occhi verde scuro gli fece provare una fitta terribile allo stomaco. L’espressione sembrava quella di Silente, ma non erano gli stessi occhi, anche se indubbiamente erano in grado di sondare una persona con estrema facilità.
Dana posò distrattamente una mano sul tavolo, mentre si volgeva a guardare dove fosse il gestore del locale. Harry non poté non notare che il polso estremamente sottile era segnato da una cicatrice di vecchia data. Alzando lo sguardo, si rese conto che anche Hermione lo aveva notato.
Il silenzio tra loro sembrava non avere più fine, fino a quando la strana sconosciuta si decise a dire qualcosa, dopo aver rivolto loro un sorriso stanco e triste.
"Sapete come eliminare l’oggetto che avete dentro quel sacco?" chiese, accennando alla coppa posata ai piedi di Harry.
Silenzio.
Dana sospirò e rivolse ai ragazzi uno sguardo determinato, che esprimeva una forza quasi in contrasto con l’apparente fragilità della figura.
"Con il silenzio non andrete da nessuna parte. Per quanto io capisca che siete poco propensi a fidarvi degli sconosciuti, è bene che impariate a capire di chi fidarvi piuttosto in fretta. Se qualcuno di voi imparasse la Legilimanzia non sarebbe un male…"
"L’esperienza ci ha insegnato che non sempre la Legilimanzia aiuta veramente!" sbottò Harry senza esitazioni.
Dana si adombrò in un attimo e fissò il ragazzo a lungo, senza però tradire alcuna particolare emozione.
"Sei proprio furente…" bisbigliò, quasi più a se stessa che a lui "Ma di questo parleremo in un’altra occasione…sta di fatto che voglio aiutarvi. Uno dei miei desideri più sinceri è che Riddle venga eliminato. Definitivamente." Le ultime parole erano state pronunciate con una sorda e gelida furia che fece muovere Ron e Hermione sulla sedia, entrambi improvvisamente a disagio, ma che non scompose di una sola piega Harry. Contrariamente ai due amici, lui parve rilassarsi un poco.
Quella giovane donna lo aveva sorpreso per due motivi: innanzitutto la determinazione che era trapelata dalle sue parole era identica a quella del ragazzo, ovvero totale. E poi non aveva esitato a chiamare Voldemort con il suo nome mortale. Doveva sapere molte cose…però Harry aveva bisogno di controllare una cosa, prima di fidarsi di lei.
"Mi faccia vedere il braccio sinistro." Disse a bassa voce, mentre Hermione e Ron alzavano lo sguardo, stupiti e improvvisamente allarmati. Dana invece sorrise, maliziosamente, e mostrò l’avambraccio sinistro, intatto, mentre non distoglieva lo sguardo da Harry.
Il ragazzo annuì mentre il gestore del locale, Tom, si avvicinava e raccoglieva le ordinazioni. Quando si fu allontanato, fu Harry a riprendere il discorso.
"Non è una Mangiamorte…ma conosce la Magia Nera…"
"Si, decisamente conosco bene la Magia Nera" ammise lei con un sorriso "tuttavia sono fermamente convinta che non sia importante cosa conosciamo, ma come usiamo il nostro sapere. Da quel che so, per affrontare e distruggere un Horcrux sopravvivendo senza danni è d’obbligo saper usare le Arti Oscure. Mi auguro che tra i vostri vi sia qualcuno in grado di farlo…altrimenti il recuperarli non basterà affatto."
"Il diario non è stato distrutto con la Magia Oscura." Obiettò Harry "E dubito che Silente l’abbia usata per sistemare l’anello."
Dana scrollò la testa e si fece sfuggire un sorriso obliquo.
"Il diario di Riddle…è vero che lo hai distrutto con un dente di Basilisco?"
"Si…"
"E cosa credi che sia il dente di un basilisco? Il suo veleno è tra i più mortali ed è usato in molte tra le Pozioni più Oscure che tu possa immaginare…e l’anello…Si, Silente non avrebbe mai usato Magia Nera, ma lui aveva a sua disposizione conoscenze notevoli per poter aggirare l’ostacolo…credo che non ci sia, per il momento, un altro Mago Bianco così potente da poter ripetere l’impresa. Chi avete come sostegno con le Arti Oscure? Qualcuno deve esserci."
"Qualcuno c’era, ma ora non è più con noi."
Dana rimase in silenzio, e parve quasi che quelle parole l’avessero colpita con la forza di uno schiaffo per un attimo, poi perse lo sguardo nel vuoto per una manciata di secondi.
"Severus…"
Harry si irrigidì nel sentire quel nome, e Hermione gli lanciò un’occhiata preoccupata.
"Nessun altro?" chiese senza espressione la donna.
"No."
"Allora ho visto giusto. Avrete bisogno del mio aiuto. Decidete il dove e il quando pensate di eliminare quel pezzo di anima e fatemelo sapere."
"Un attimo…" intervenne Ron, dopo che fu loro portato ciò che avevano ordinato "Lei come fa a sapere degli Horcrux? Anche di quelli già distrutti. Siamo in pochi a sapere la verità su queste cose…"
"Si, lo so, ma conosco il problema degli Horcrux da un anno e mezzo. Severus ha bloccato l’effetto degli Incantesimi dell’anello solo grazie a una mia dritta. E così ho voluto sapere cosa stesse combinando. Silente non ha avuto nulla in contrario, nonostante tutto…"
"Nonostante tutto?" chiese scettica Hermione.
"Si…provate a fare una ricerca su di me, e vedete cosa viene fuori…quello con cui mi sono presentata è il mio vero nome…e anche questo è indice della mia buona fede…se Riddle sapesse di me, avrei una decina di Mangiamorte alle calcagna."
I tre ragazzi la guardarono perplessi, ma lei fece finta di non notarlo, mentre veniva percorsa da un brivido. Lanciò uno sguardo verso la porta del locale e attese qualche secondo.
"Mi dispiace, ma non mi posso trattenere oltre" disse posando sul tavolo le monete per la sua consumazione e facendosi rendere la bacchetta "Potete farmi sapere quando trovarci con un vostro Patronus."
"Cosa le fa credere che la chiameremo? Lei è… quantomeno in buoni rapporti con Severus Piton, l’assassino di Silente! Perché dovremmo fidarci?" disse Harry con calma, senza tuttavia riuscire a nascondere la furia che provocava il solo sentir pronunciare quel nome.
Dana lo guardò con fare serio e privo di espressione per un attimo.
"Perché se non lo farete, uno dei tuoi amici probabilmente morirà nel distruggere la coppa. E tu questo non lo permetterai." Detto questo si volse e se ne andò, allontanandosi con passi lenti ma decisi.
Una volta raggiunta la via principale di Diagon Alley si guardò attorno, e avvertì distintamente di nuovo la sensazione avvertita all’uscita dal negozio di Nottur Alley e un attimo prima. Si volse di scatto, e di nuovo non vide nessuno cui ricollegare quelle emozioni, ma non ne aveva bisogno, lo avrebbe riconosciuto ovunque.
"Severus…"
 
Mosse qualche passo verso il luogo dove riteneva fosse l’uomo, ma poi si bloccò. Non era per nulla certa di volerlo incontrare in quel momento, sapendo bene che si sarebbe ritrovata combattuta tra l’andare ad abbracciarlo (sebbene lui lo odiasse) e cominciare ad inveirgli contro.
Senza contare che non era nemmeno certa di chi si sarebbe ritrovata davanti…era ancora la stessa persona che conosceva lei, o era davvero ridiventato il mostro che La Gazzetta del Profeta continuava a descrivere?
Sospirò e si rimise il cappuccio sulla testa, avviandosi a passo deciso lungo il viale acciottolato e deserto di Diagon Alley, incurante della leggera pioggerellina che stava cominciando a scendere.
 
"Ho bisogno di camminare. Non ho intenzione di Smaterializzarmi come se nulla fosse…ho come l’impressione di perdermi un po’ ogni volta che lo faccio… forse dipende dal mio particolare potere. Non l’ho mai capito. Ma ora ho bisogno di camminare soprattutto per scaricare l’adrenalina accumulata. Quei tre sono molto determinati e probabilmente molti avversari li sottovaluteranno a causa della loro giovane età, dando loro ulteriori punti di vantaggio. Meglio! Devono assolutamente farcela! Ma Harry mi preoccupa. Anzi, mi preoccupa quello che prova verso di te…
Severus…perché lo hai fatto? Ancora oggi, a mesi di distanza, la mattina per un attimo mi sembra che sia solo un brutto sogno, ma poi ritorno alla realtà e alla Gazzetta che continua a dipingerti come uno tra i Mangiamorte più temibili e pericolosi…
Lo hai ucciso, maledizione! Hai ucciso l’unico Mago di cui Tom abbia mai avuto paura! Perché? Sei davvero tornato da lui? Non voglio neppure pensarci… L’ultima volta che ti ho visto però mi sembravi strano…più preoccupato, più cupo del solito, ammesso sia possibile. Ma non ho trovato in te cambiamenti relativi alle tue convinzioni, anzi. Santo cielo, quelle tue vecchie idee erano ancora marchiate a fuoco nella tua anima. Me ne accorgevo ogni volta che evitavi di guardarmi negli occhi, ogni volta che evitavi di rispondere alle mie domande più innocenti…
L’unica cosa che posso immaginare è che mi hai tenuto volontariamente nascosto qualcosa. E in effetti negli ultimi tempi mi evitavi….forse per proteggermi, o forse no…
Sta di fatto che ora ho in testa una terribile confusione, e io detesto essere confusa! Non so più che persona sei. Eppure prima eri tu, nascosto là dietro, eri tu ne sono assolutamente certa. Del resto, ti riconoscerei ovunque.
Eri tu, ed eri soddisfatto e sollevato per quello che vedevi, e vedevi Harry con l’Horcrux, deciso a distruggerlo. E questo porterà alla distruzione di Riddle, lo sai molto bene. Allora forse sei rimasto delle vecchie idee…già, ma hai ucciso Silente!
Che pensare? L’unica cosa possibile per chiarire le cose è scoprire la verità. Non avrò pace fino a quando non l’avrò scoperta, e per fare questo avrò bisogno anche di Harry.
Sperando che nessun membro dell’Ordine o del Ministero ti trovi prima di me."
Rallentò un attimo l’andatura, chinando in giù la testa in un gesto stanco.
"Perché lo hai fatto Severus? Maledizione, perché?"
 
Una vecchia casa abbandonata, posto ideale per rifugiarsi dopo una dura giornata di ricerche e di pericolo. Hermione l’aveva vista e notata subito. Era poco distante da Londra, in uno dei piccoli agglomerati babbani sorti nelle vicinanze della capitale. Per sicurezza, la ragazza ci aveva scagliato sopra qualche Incantesimo di protezione, lasciando notevolmente sorpresi i due ragazzi. Stava diventando molto potente.
"Allora…cosa ne pensate?" chiese Harry, lasciandosi cadere su una vecchia poltrona verde con i buchi sulla tappezzeria.
"Non lo so…mi sembra tutto molto sospetto…insomma, questa donna compare dal nulla e noi dovremmo fidarci solo perché dice di volerlo distruggere? Mi sembra un po’ troppo…" ammise Ron, osservando l’amico con fare preoccupato.
Harry volse gli occhi verso Hermione, che si era appoggiata contro una parete dopo aver misurato la stanza con lunghi passi.
"Io credo invece che dovremmo fidarci…se fosse una Mangiamorte non ci avrebbe aiutato…sapete cos’è il Baratro Eterno?"
Sia Harry che Ron scrollarono la testa e lei proseguì.
"Non ne saremmo usciti vivi…avremmo continuato la caduta nel buio in eterno…saremmo morti così." disse lei con un brivido "Se fosse stata una Mangiamorte ci avrebbe lasciati lì e avrebbe chiamato Voldemort per consegnarci a lui…no, credo abbia veramente voluto aiutarci."
Calò il silenzio e Harry fissò un punto indefinito della stanza. Il ragionamento di Hermione non faceva una grinza, però…
"Conosce Piton, e sembra anche molto bene, tanto da essere stata coinvolta nella questione degli Horcrux. Come possiamo sapere che non l’abbia mandata lui?" quella domanda gli ronzava in testa da parecchio.
"Oh, Harry…." Sospirò Hermione scrollando la testa "Non lo hai notato?"
Harry la guardò, accigliandosi.
"Cosa?"
"Beh, è fuor di dubbio che lo conosca, ma….a me è sembrato che volesse evitare l’argomento…non per riguardo nei nostri confronti, quanto piuttosto per evitare parole spiacevoli per se stessa…"
Harry aggrottò la fronte e Ron inclinò la testa di lato.
"Perché? Se voleva dire qualcosa di spiacevole su di lui, noi avremmo potuto darle man forte!"
Hermione strinse appena le labbra, rivolgendo a Ron uno sguardo esasperato.
"Lasciamo stare questo discorso…sta di fatto che abbiamo bisogno di lei. Harry…chiamiamola per domani sera. Ci possiamo prendere un giorno di riposo, così avrò il tempo per fare delle ricerche e procurarmi un paio di cosette…"
"Si, va bene, ma…ricerche su cosa?"
"Su Dana Deepfeel."
 
"Strano che mi abbiano già chiamata...devono aver proprio voglia di liberarsi di quella coppa. Tanto meglio!"
Dana stava avanzando a passo deciso in quel piccolo boschetto, mentre il buio avvolgeva ogni cosa.
D’improvviso si bloccò e si guardò attorno. Erano già lì, li poteva sentire distintamente, eppure si stavano tenendo nascosti alla sua vista. Avrebbe dovuto spiegare loro che con lei era assolutamente inutile…
Avanzò ancora di qualche passo, poi trasse un sospiro.
"So che siete già qui, vi sento…e sento anche che siete piuttosto…agguerriti verso di me."
Le sue parole non sortirono alcun effetto.
"Sono empatica! Non vi potete nascondere da me! Per farlo dovreste essere morti, o in grado di non provare assolutamente nulla, il che è ancora peggio…"
Alle spalle della giovane donna comparve Hermione, uscita la dietro un albero.
"Lei è veramente empatica?" chiese la giovane, con una nota di incredulità nella voce.
"Si."
Hermione annuì, ma si tenne a distanza, guardandola con uno sguardo tra il preoccupato e l’affascinato.
"Ragazzi, uscite…con quel potere non vi vede, ma non cambia comunque nulla." Disse Hermione con una calma innaturale, la mano stretta attorno all’impugnatura della bacchetta.
Solo dopo qualche secondo Harry e Ron uscirono allo scoperto, da sotto il mantello dell’invisibilità di Harry.
Sui loro volti, così come su quello di Hermione, era dipinta la diffidenza e, in un certo senso, la rabbia.
"Prevedibile."
"Dunque, da dove volete cominciare con le vostre domande?" chiese sarcasticamente Dana, mentre faceva scorrere uno sguardo impassibile sui volti dei tre ragazzi.
"Dal perché ci hai mentito!" disse Harry, con voce tesa.
"Non vi ho mentito."
"Balle! Dana Deepfeel è morta otto anni fa!"
"Mh, appunto. Era per questo che volevo faceste delle ricerche su di me…meglio mettere le cose in chiaro, non trovate? E poi…per sperare di ottenere la vostra fiducia ho dovuto darvi la cosa più preziosa che ho. Ora la custodite, e io così rischio molto." Spiegò brevemente la donna, senza tradire particolari sentimenti.
"E cosa sarebbe? Un nome?"
"Si, esatto. Il mio nome, quello vero."
"Sarà meglio tu ci dia una spiegazione migliore!" disse Hermione "Non siamo disposti ad accettare storielle. E, se necessario, troverò il modo di usare questa." Concluse estraendo dalla tasca del mantello una piccola boccetta tonda.
"Veritaserum, immagino…" disse Dana, fissando il proprio sguardo su quello che Hermione aveva in mano.
"Esatto."
Dana annuì e le sfuggì un mezzo sorriso. Sapeva bene, anche senza bisogno di particolari poteri, che le bacchette dei tre ragazzi erano pronte, puntate su di lei. Sarebbe stato inutile e stupido tentare di sfuggire a quel momento, e poi…non voleva fuggire. Lo aveva fatto per troppo tempo ormai.
"Bene…ma non sarà breve…"
"Non abbiamo fretta." Sibilò Harry, guardandola con sospetto.
Dana annuì e si slacciò il mantello, lasciandolo cadere. Era vestita come una Babbana, con i jeans, maglietta e felpa. Calò la cintola dei pantaloni a livello del fianco sinistro e alzò la maglietta.
"Avresti dovuto spogliarmi per vederlo…" disse a Harry, mentre lo vedeva aprire leggermente la bocca e indurirsi nei lineamenti.
"Mangiamorte!"
Dana fu pronta a deviare gli incantesimi di Harry e Ron, ma non dovette evitare quello di Hermione, che si era lasciata sfuggire un gemito alla vista del piccolo Marchio Nero marchiato sulla pelle della donna, ma che non aveva levato su di lei la bacchetta.
"Fe…fermi…!"
"Fermi?" sbottò Harry "E’ una di loro Hermione!"
"No! Questo assolutamente no!" ribatté Dana, facendo volare da lei le bacchette dei due ragazzi.
"Io ai loro occhi sono morta! Se sapessero che sono viva…ve l’ho già detto, mi troverei con una decina di Mangiamorte alle costole."
"Harry…" bisbigliò Hermione, guardando però la donna "Alla sua morte, avvenuta sei anni fa, Dana Deepfeel aveva ventun anni…all’epoca della caduta di Voldemort doveva averne circa…"
"Undici" disse Dana, cupa "Avevo appena iniziato a frequentare Hogwarts."
Harry le rivolse uno sguardo a dir poco sorpreso, e Ron aprì la bocca, ma non disse nulla.
Dana rese loro le bacchette con gesto stanco e abbozzò un mezzo sorriso.
"E pensate che ero già stata marchiata da un paio di anni…ve l’ho detto…mi ci vorrà un po’ per spiegarmi."
 
"Nella mia famiglia c’è sempre stato qualcuno di empatico, è un po’ come l’essere Metamorfomaghi o Animaghi, solo che si eredita. Però la mia famiglia è sempre stata un po’…beh, mal vista. Siamo ancora oggi molto legati alle Arti Oscure, non posso certo farne un mistero. In casa mia non è mai mancato un libro di Magia Nera, come non è mai mancato un libro di Magia Bianca. Non ha importanza questa distinzione per noi, la magia è magia. E per noi i Babbani non sono mai stati un problema. Penso che la mia sia l’unica famiglia che non si sia legata a Voldemort, tra quelle con alle spalle intere generazioni di membri di Serpeverde.
"Oh, si, ero una Serpeverde. La sete di sapere e l’ambizione è una nostra caratteristica, quanto l’empatia che ci portiamo dietro. Ed è stata questa la mia condanna. Come ho detto, nessuno della mia famiglia si unì a Voldemort, e così fu lui a bussare alla nostra porta…anzi, mandò uno dei suoi"
Il suo sguardo per un attimo divenne vuoto mentre ricordava quel momento, mentre nella sua mente, inevitabilmente, compariva l’immagine di quel ragazzo mandato a prenderli…un attimo di tristezza, poi ritornò lucida.
"Portò me e mio padre davanti a Voldemort…Riddle voleva usare me per ricattare mio padre, per costringerlo a mettere i suoi poteri di empatico al servizio dei suoi scopi, ma poi si accorsero che era più potente io, e che, in quanto bambina, la mia purezza e la mia inesperienza avrebbero amplificato le mie capacità. Quindi alla fine i ruoli si invertirono…io fui marchiata, ma non sul braccio, visto che dovevo ancora cominciare la scuola. Mio padre divenne il loro ostaggio per farmi stare in silenzio e per tenere sotto scacco tutta la mia famiglia. Per questo sono una Mangiamorte, e per questo ho simulato la mia morte dopo aver capito che Voldemort stava per tornare. Non volevo che mi trovasse."
Un attimo di silenzio.
"Quindi, se uno di loro leggesse nelle vostre menti il mio nome prima che io mi sia rivelata…beh, sarei morta davvero!"
Sui volti dei ragazzi era dipinta un’espressione complessa, tra l’inorridito e il dispiaciuto, ma Harry provava anche altro, Dana lo avvertì con una chiarezza estrema. La stava riconoscendo come una delle persone che hanno un motivo più che valido per farla pagare a Riddle, un po’ come lui.
Reclutata a nove anni. Quella donna doveva avere in corpo una terribile rabbia nei confronti di Voldemort. Harry le sorrise, senza però allegria. Aveva deciso di fidarsi.
"Dunque, noi dovremmo dimenticare il tuo nome, giusto?"
Dana gli sorrise a sua volta, e annuì.
 
"Non avete idea di come distruggerla?" chiese Dana, osservando la coppa di Tassorosso appoggiata sul tavolo della casa dei ragazzi. Quell’oggetto aveva una luminescenza decisamente inquietante.
"No…nessuna…" bofonchiò Hermione, le cui ricerche non avevano condotto a nulla.
"A quel che so, l’anello non fu distrutto fisicamente…" ragionò Dana.
"Ma il diario si."
"Solo in parte, e in quel caso l’anima di Riddle si era rivelata…credo che si debba uccidere l’anima ferendola in qualche modo attraverso l’oggetto."
Harry annuì, mentre faceva sparire i mobili del salotto.
"Dunque…potremmo usare un Incantesimo di rivelazione per estrarre l’anima, e tu poi potresti fare una Magia Nera sull’Horcrux…." Propose Ron.
"Si, direi che potremmo provare così, ma voi…sicuri di farcela?"
"Certo!" esclamarono Ron e Harry, mentre Hermione annuiva.
"Meglio."
"Allora…cominciamo." Sospirò Hermione, la bacchetta levata e il volto teso.
 
La distruzione dell’Horcrux però non fu così facile. L’incantesimo per far rivelare l’anima non funzionò. Furono provati altri incantesimi, ma tutti con scarsissimi risultati.
La coppa si rivelava esattamente come un qualunque altro oggetto comune, ovvero, non rivelava la presenza di un pezzo di anima del Mago oscuro più potente degli ultimi tempi. L’unica cosa anormale era la luminescenza.
Harry strava cominciando a perdere seriamente la pazienza, quando Hermione si batté una mano sulla fronte.
"Che sciocchi!! Harry! Cosa diceva il biglietto?"
Harry la guardò perplesso, ma sfilò il biglietto in questione, che teneva nella tasca dei jeans.
Hermione lo afferrò in fretta e lo lesse, mentre Dana li osservava incuriosita.
"Ma certo...chiedere da bere…è una coppa…"
Senza perdere tempo, sussurrò un incantesimo e riempì la coppa di acqua limpida, che rimase tale solo per pochissimi istanti, trasformandosi in un liquido nero e lucente.
"Eccola lì…l’anima…" bisbigliò mentre posava a terra la coppa.
"E ora…cosa dovremmo fare? Colpirla così?" chiese Ron, mentre Harry si accorgeva dell’espressione improvvisamente preoccupata di Dana. La donna si era fatta seria, gli occhi puntati sulla coppa e il corpo immobile.
"E’ un Incantesimo di protezione molto potente…il liquido protegge l’anima…per distruggere l’Horcrux qualcuno deve berne il contenuto, accogliendo in sé il frammento d’anima e poi…beh, in sostanza, fare da bersaglio per l’incantesimo di distruzione…Riddle è veramente furbo…chi mai oserebbe farlo?"
L’espressione che Dana vide dipingersi sui volti dei ragazzi esprimeva esattamente quella domanda.
"Oh, tranquilli. Intendevo dire che un Mago medio, per distruggere quell’anima, dovrebbe uccidere chi ha bevuto…ma la Magia Nera non ha confini. Riddle crede di essere l’unico a conoscere certe cose, e uno dei suoi errori è proprio questo. Ora serve solo un volontario." Disse tranquillamente.
Dal suo volto non traspariva più alcun genere di sentimento, ma solo concentrazione.
"Ma …intendi dire che non morirà nessuno?" chiese Hermione, guardandola con fare determinato.
"Non morirà nessuno, non con me qui. Però mentirei se dicessi che sarà uno scherzo. Sarà doloroso, e stancante. Chi berrà l’anima avrà poi bisogno di diversi giorni di riposo e qualche Pozione di sostegno, ma non ci saranno danni permanenti."
"Bene…" disse nervosamente Hermione, mentre traeva un sospiro "Visto che è fuori discussione che lo faccia Harry…"
Si fece avanti, allungando una mano verso la coppa dove il liquido nero riluceva sinistramente.
"Non se ne parla neanche!" sibilò Ron, che l’afferrò con decisione e la allontanò con una mano, mentre con l’altra afferrava la coppa. Volse uno sguardo a Dana.
"Pronta?"
Dana annuì e lui tracannò il liquido con un’espressione di disgusto sul volto. Hermione si portò le mani alla bocca e Harry la raggiunse per farla allontanare.
Non appena le labbra di Ron si furono staccate dalla coppa, questa perse la sua luminescenza e tornò ad essere un oggetto normale. Ron la lasciò cadere e si portò una mano al petto, rimanendo fermo per qualche secondo e lanciando poi un urlo disumano. Hermione fece per andargli incontro, ma Harry la trattenne, mentre gli si rizzavano i capelli in testa. Non era un urlo di dolore, ma di trionfo…
Con buona probabilità anche questo pezzo di anima aveva una sua volontà, come quella del diario.
Dana aveva alzato appena la bacchetta in direzione del ragazzo. In un attimo Ron fu disarmato, e Harry richiamò a sé la bacchetta, mentre da quella di Dana partiva un fascio di luce giallo che colpì Ron in pieno petto. Ron però tentò resistenza, e questo lasciò sorpresi tutti. Dana non smise di bisbigliare parole incomprensibili e insistette, mentre Ron si inginocchiava digrignando i denti e strabuzzando gli occhi, venati di strani e innaturali riflessi rossi.
"Maledetti…chi siete?"
La frase uscì dalla bocca di Ron in un orrendo sibilo. Harry sentì Hermione irrigidirsi tra le sue braccia e cercò di darle un po’ di sicurezza stringendola, ma capiva che sentire Voldemort parlare attraverso la bocca di Ron doveva essere terribile.
La ragazza si prese il viso tra le mani e si appoggiò a Harry, mentre anche lui provava l’istinto di chiudere gli occhi. Non lo fece solo perché si era ripromesso che avrebbe affrontato tutto senza esitare, senza aver paura della sofferenza, senza fare passi indietro. E ora l’unico modo per essere coerente era guardare la malvagità di Voldemort dibattersi nel corpo del suo migliore amico.
Dana mosse la bacchetta come se fosse stata una frusta e, con un ultimo deciso colpo, fece finire violentemente il corpo di Ron contro la parete di fronte.
Gli occhi del ragazzo parvero prendere fuoco per un attimo, e un grido di dolore gli uscì dalla bocca, facendo gemere Hermione, che si strinse ancora di più contro Harry. Poi calò il silenzio e Ron rimase solo Ron, accasciato contro il muro, senza dare segno alcuno di vita.
Dana, sempre con fare determinato ma impassibile, bisbigliò ancora qualcosa, ma non avvenne nulla. Solo in quel momento il suo viso si riappropriò di una qualche espressione.
"Bene, l’anima è distrutta." Disse, avvicinandosi a Ron. Hermione si divincolò dall’abbraccio di Harry e corse al fianco di Ron, cercando di rianimarlo.
"Ora dobbiamo rimetterlo in sesto, ma se la caverà. Ha una tempra non indifferente il giovanotto!"
 
Il sole stava sorgendo pigramente e la luce pallida del mattino si rifrangeva nelle particelle di acqua della nebbia, che avvolgeva ogni cosa con la sua morsa pigra e inesorabile.
Hermione era seduta su una vecchia sedia a dondolo, e finalmente era riuscita ad addormentarsi dopo aver passato ore accanto a Ron, aiutando Dana ad assisterlo.
Ora il ragazzo stava riposando in un sonno terribilmente simile alla morte, steso su uno dei letti che i ragazzi avevano sistemato.
Harry lanciò ancora uno sguardo fuori dalla finestra, poi uscì con passo silenzioso dalla stanza e scese al piano sottostante, dove Dana stava abbozzando un cenno di colazione per tutti.
"Sta arrivando… è proprio sfatto. Ma tutto sommato mi rendo conto che le scene viste questa notte non hanno intaccato la sua determinazione…anzi. Ma avrei dovuto aspettarmelo…degno figlio dei suoi genitori."
Alla donna sfuggì un sospiro, mentre Harry entrava e le rivolgeva un cenno col capo.
"Hermione è riuscita ad addormentarsi…" disse con voce stanca, lasciandosi scivolare pesantemente su una sedia, vicino ad una finestra.
"Finalmente…temevo volesse rimanere sveglia fino a quando non avesse visto Ron riaprire gli occhi!"
"Credo che l’intenzione fosse quella…" commentò Harry con un sorriso "Ma è umana, in fin dei conti. Come tutti noi."
Calò un silenzio riposante per alcuni istanti, durante i quali Harry si gustò la sensazione di contentezza per la situazione. Stavano ancora tutti bene, e un altro Horcrux era stato distrutto…
Dana lo strappò a quelle piacevoli considerazioni, decidendo di intavolare una discussione che sapeva sarebbe stata non proprio semplicissima.
"Ora continuerete le ricerche, immagino…"
"Si, senza dubbio."
"Ma avrete di nuovo bisogno di me…sai, non ci siamo incontrati per caso. Dopo la morte di Silente ho deciso di venire a cercarti, sapendo che forse avrei potuto mettere al tuo servizio le mie conoscenze, ma ti mentirei se ti dicessi che il mio unico obiettivo è aiutarti."
Harry la guardò, improvvisamente preoccupato, ma lei rimase quasi impassibile nel parlare, anzi, forse anche serena.
"Si, ho bisogno di te. Ma innanzi tutto, vorrei che i membri dell’Ordine fossero messi a conoscenza della mia presenza e della mia disponibilità. Ho una vaga idea di chi possa farne parte, ma preferisco rivolgermi a te."
"Vuoi entrare a far parte dell’Ordine?" chiese Harry incredulo. Se la risposta fosse stata affermativa, il ragazzo si chiese come sarebbe stato possibile accontentarla…del resto, era una Mangiamorte. E dopo Piton, chi di loro le avrebbe dato fiducia? Ma il ragazzo sapeva che quello che Dana aveva vissuto era un’esperienza terribile, contraria alla sua volontà. Era una Mangiamorte solo perché marchiata, nient’altro.
"No, Harry, non voglio entrare a far parte dell’Ordine, sarebbe fuori luogo…ma voglio collaborare, essere d’aiuto se possibile. Pur senza perdere la mia indipendenza…un po’ come te."
Harry abbozzò un mezzo sorriso colpevole e Dana annuì.
"Oh, capisco molto bene la tua posizione. Ma il punto non è questo. Harry sono venuta a cercarti per chiederti una grossa cortesia…"
Era ridiventata seria, e Harry non disse nulla, rimase in silenzio tenendo su di lei lo sguardo, allerta, ma indubbiamente incuriosito.
"Ho raccolto molte informazioni sulla notte in cui è morto Silente…"
Harry si irrigidì immediatamente.
"E il mio potere mi ha permesso di capire una cosa…Silente non è arrivato solo alla torre…c’eri tu con lui, vero?"
Harry la guardò senza espressione, e non disse una parola.
"Harry, volendo potrei scoprirlo da sola. Il mio potere è al di là della Legilimanzia…ma vorrei il tuo aiuto…"
"E se non volessi rispondere?"
"Come con il Ministro? Oh, Harry, hai visto abbastanza per capire da solo che non vale proprio la pena sottovalutarmi." Sarebbe anche potuta apparire una minaccia, ma Harry capì cosa Dana volesse dire: se solo avesse voluto, avrebbe potuto strappargli quelle informazioni usando il suo potere, ma non lo stava facendo. Stava chiedendo aiuto, e lo stava facendo senza trucchi.
"Perché mi chiedi se c’ero anch’io?" chiese Harry, cambiando argomento.
"Perché vorrei chiederti di darmi il ricordo di quei momenti…devo poter capire una cosa…"
"Se è stato veramente Piton?" la bloccò Harry, con un sibilo.
Dana si irrigidì, evidentemente sorpresa. Sorrise soddisfatta e annuì.
"Sei sveglio! Si, è per Severus, ma non per il motivo che credi. Che lo abbia ucciso lui è una cosa che non metto in dubbio in alcun modo. Voglio solo capire una cosa, e non chiedermi cosa. Non te lo direi comunque, non ora. Ma non è nulla che ti possa nuocere…anzi."
Harry la fissò a lungo, in silenzio, e alla fine volse lo sguardo fuori dalla finestra.
"Parlerò con l’Ordine. Se li conosco bene ti vorranno incontrare. Alle loro condizioni."
Ancora silenzio.
"Per il ricordo…ci devo pensare."

 

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Capitolo 3
*** Riunione dell'Ordine ***


2 riunione dell'ordine
 
 
Tinker Bell88. Sono contenta che la mia storia ti piaccia! Spero tanto che lungo il cammino tu rimanga della stessa idea. Ti ringrazio moltissimo per il complimento sul mio modo di scrivere, apprezzo veramente tanto. E soprattutto sono felicissima di avere una lettrice così affezionata al mio caro Severus. Fammi sapere che ne pensi sul modo che ho di renderlo. Non so se rimarrò sempre aderente alla visione che ne da la Rowling, perchè confesso di avere un mio Severus personale, anche se ci vorrà ancora un pò di pazienza prima di vederlo entrare direttamente in scena. Buona lettura! 
 
 
 
Riunione dell'Ordine
 
 
Dopo due settimane di riposo, Ron era finalmente ritornato quello di sempre, anche se comunque aveva spesso attacchi di stanchezza. Nonostante questo, però, i ragazzi decisero che era arrivato il momento di convocare i membri dell’Ordine e di esporre loro il problema di Dana. Tenere troppe cose segrete era pericoloso, e lo avevano imparato a proprie spese.
In una sera di pioggia, Harry stava aspettando che arrivasse anche l’ultimo membro dell’Ordine che erano riusciti a far venire. La casa abbandonata era illuminata da numerose candele e diversi membri stavano ispezionandola, incuriositi dal rifugio che i tre si erano costruiti. Harry si guardò attorno un attimo, con fare leggermente accigliato: aveva come l’impressione che non sarebbe stato affatto semplice riuscire a convincerli ad incontrare Dana.
Presente alla riunione c’era quasi tutta la famiglia Weasley: Molly, Arthur, i gemelli e Bill. Non appena entrata, Molly si era avvicinata al figlio maschio più piccolo, che non vedeva ormai da diverso tempo. Ron non presentava più troppo i segni della distruzione dell’Horcrux, tuttavia rimaneva evidentemente stanco, con le occhiaie e qualche chilo di meno.
"Ronald! Cosa ti è successo?" chiese la signora Weasley, lanciando a Hermione uno sguardo in tralice "Sembra tu non mangi da giorni!"
"Mangio normalmente, mamma." Ribattè Ron, leggermente seccato "Hermione potrebbe rincorrermi per tutta la casa con il vassoio del cibo, se solo osassi pensare di non mangiare!"
La signora Weasley parve un attimo disorientata, e lanciò un’occhiata preoccupata al marito, che squadrò il figlio con attenzione.
"Oh, non guardatemi a quel modo" disse Ron, le cui orecchie erano diventate improvvisamente rosse "Poi capirete…" bofonchiò distogliendo lo sguardo dai genitori, che si arresero e si sedettero vicino a lui. Harry sorrise inevitabilmente. Gli erano mancate quelle piccole scaramucce. Sperava tanto che la McGranitt si decidesse a individuare un nuovo Quartier Generale dove potersi riunire regolarmente e dove rimanere tutti insieme. Quello sarebbe stato decisamente bello…almeno avrebbe dato loro l’impressione di avere un posto accogliente e caldo dove tornare al termine delle missioni. Dove stare tutti insieme….insieme.
Vedere tutte quelle teste color pel di carota nella stessa stanza gli fece tornare alla mente un’immagine di Ginny. Avrebbe voluto che ci fosse anche lei alla riunione, anche solo per poterle sorridere, ma era certo che la McGranit non l’avrebbe portata. Un’alunna del sesto anno che si allontana con la neo Preside per sparire per ore avrebbe destato sospetti…Hogwards era stata riaperta, e quasi tutti gli alunni erano rientrati per seguire le lezioni. Del resto, come già era stato notato, ormai un posto valeva l’altro, in quanto a sicurezza.
Trasse un sospiro e volse lo sguardo verso Lupin, piuttosto stanco e malconcio, seduto vicino a Tonks. Stavano parlando a bassa voce e sembravano piuttosto preoccupati, soprattutto lei. Poi Remus le mise una mano su una spalla e lei sospirò, rimanendo in silenzio.
Moody stava facendo la guardia ad una finestra, dietro una tenda lacera e impolverata, e Kingsley continuava a fare complimenti ad Hermione per la scelta del rifugio. La ragazza era arrossita e stava sorridendo al Mago con fare imbarazzato, mentre Ron la guardava a braccia incrociate e lo sguardo leggermente scuro.
Quei due! Harry scrollò la testa e si lasciò sfuggire un sorriso, mentre si chiedeva per quanto ancora avrebbe dovuto reggere il gioco a due eterni innamorati decisi a comportarsi da amici.
Moody si mosse ed Harry sentì distintamente un Crack.
"Hermione…"
La ragazza si volse di scatto e annuì, andando alla porta con pochi e rapidi passi e facendo entrare la McGranitt, comparsa a qualche metro di distanza dall’entrata della casa.
"Oh, Granger! Non ti preoccupare, non ho bisogno di essere accolta alla porta…scusate se vi ho fatto aspettare, ma non volevo andarmene dalla scuola senza aver lasciato tutto in buone mani…"
"Hermione non l’ha accolta, Professoressa. L’ha fatta entrare." Disse Harry, calmo, facendo zittire tutti e guadagnandosi uno sguardo incerto da parte di Hermione.
"Cosa vuoi dire, Potter?" chiese la McGranit, sfilandosi lentamente il mantello. E Harry ebbe l’impressione che la donna conoscesse già la risposta, ma che faticasse a crederlo.
"Per la barba di Merlino!" sbottò Moody "Non sarà l’Incanto Intrans?"
Harry sorrise e annuì, mentre Hermione arrossiva velocemente cercando di evitare gli sguardi dei presenti.
"Siamo a questi livelli Granger! Ottimo! Lo avevo detto io. Altri due mesi con me, e questi ragazzi sarebbero diventati meglio di Auror!" gracchiò Moody, mentre Lupin sorrideva ad Hermione e le faceva segno di andare a sedersi.
"Incanto Intrans? Ma…è di un livello elevatissimo!" bisbigliò Molly, guardando Hermione con una strana luce negli occhi.
"Di cosa si tratta?" chiese George, lanciando sguardi interessati a Hermione.
"E’ un Incantesimo di protezione." Spiegò Lupin "Il luogo protetto dall’Incantesimo è accessibile solo se la prima volta si viene fatti entrare da chi lo ha scagliato. Se questo non avviene, nessun genere di Incantesimo ti permette di entrare. È meno potente del Fidelius solo perché non cela la casa alla vista degli sconosciuti."
Fred inarcò le sopracciglia e George si batté una mano su un ginocchio.
"Fratello, dobbiamo darci da fare! Qui rischiamo di non essere i più strabilianti."
"Condivido!"
Hermione si era fatta tutta rossa, ma sorrise ai gemelli mentre qualcuno tra i presenti ridacchiava e si lasciava sfuggire apprezzamenti sulle idee dei ragazzi Weasley, che stavano rivelandosi estremamente utili per i membri dell’Ordine.
"Non mi sono fatto sfuggire per caso un dettaglio del genere." Disse Harry, dopo qualche momento "E’ necessario che capiate fino a che punto possiamo arrivare, perché…ci sono delle novità. Avremo bisogno del vostro incondizionato appoggio questa volta. Non siamo dei bambini da scoraggiare ad intraprendere un gioco troppo pericoloso, e se evitassimo le scene viste durante l’estate risparmieremmo tempo e fatica."
Lo aveva detto con assoluta tranquillità, ma ciascuno dei presenti capì che non avrebbe accettato repliche; non volevano essere dissuasi dal portare avanti la missione. Ron, seduto sulla sua seggiola di legno scricchiolante, annuì deciso, ed Hermione rimase a testa alta.
"Il punto è che…abbiamo pensato di dirvi come stanno le cose, qual è la missione che Silente mi ha affidato. E questo cambiamento è dovuto al fatto che abbiamo incrociato lungo il nostro cammino una persona che vuole far parte dell’Ordine, più o meno. Però per parlarvi di lei, dobbiamo per forza parlarvi anche della missione…"
"Suona molto come una libera scelta." Commentò la McGranitt, guardando Harry.
"Può non suonare bene, si, lo ammetto, ma personalmente avrei voluto proprio non coinvolgervi. Lo faccio solo perché devo."
"Coinvolgerci in cosa?" intervenne Lupin, ora apparentemente rilassato e tranquillo.
Harry lanciò uno sguardo a Hermione e Ron, che annuirono. Prese fiato e spiegò nel dettaglio le lezioni private con Silente e cosa avevano scoperto in merito agli Horcrux. Quando fu tutto chiaro ai presenti, Molly si lasciò sfuggire un gemito e si aggrappò al braccio del marito, Moody rimase zitto e la McGranitt strinse le labbra fino a farle diventare una sottilissima fasciolina.
"Sei Horcrux da cercare…sei…" borbottò Lupin, scrollando la testa.
"No, tre, e a dire il vero solo in merito a due non abbiamo idea di cosa fare." Intervenne Hermione.
"Tre sono già state distrutte." Continuò Ron, scatenando tra i presenti una miriade di domande.
Harry li calmò e prese a spiegare.
"Uno era il diario di Riddle, e l’ho distrutto al secondo anno. Un altro era un anello, e a quello ha provveduto Silente…"
"La mano nera!" esclamò la McGranitt "Era per questo…"
Harry annuì, fissando la donna con aria quasi rassegnata. Uno dei tanti sacrifici di Silente.
"E il terzo è stato distrutto poco più di due settimane fa." Disse Hermione, mentre Ron diventava rosso.
"Da chi?" chiese Tonks, con occhi sgranati.
"Da noi. E da questa nuova persona di cui vi volevamo parlare."
"Voi?" chiese incerto Kingsley.
Fu il turno di Harry. Spiegò di come avevano trovato l’Horcrux e di come lo avevano distrutto, ma non fece il nome della donna che li aveva aiutati.
"Ron-Ron eroe di famiglia?" sbottò Fred quando Harry ebbe finito "Chi lo avrebbe mai detto!"
"E pensare che speravamo di diventarlo noi con la creazione dei Mantelli Respingi-Incantesimi!" borbottò George, ma entrambi i gemelli fecero l’occhiolino a Ron, che sorrise, cercando di tenere la madre a una distanza di sicurezza.
Harry sorrise, vedendo la reazione della signora Weasley alla notizia che suo figlio si era offerto per fare da vittima durante la distruzione dell’Horcrux. Solo Arthur, e la consapevolezza che il discorso non era ancora concluso, la indussero a rimanere seduta, anziché strapazzare il figlio di abbracci.
"Ci tengo a precisare che silente ha affidato questo incarico a me, e non voglio quindi che vi intromettiate o che prendiate iniziative." Puntualizzò Harry facendo scendere sul gruppo un silenzio incredulo.
"Potter…" cominciò la McGranitt dopo un paio di secondi.
"Non ci possono essere discussioni in merito! Se Silente ha ritenuto giusto così, forse c’è un motivo preciso. Se avremo bisogno di aiuti o di consigli li chiederemo, di questo potete star certi, ma non vi dovete intromettere. Abbiamo deciso di parlarvene solo perché ci è necessario per introdurre una questione un po’…delicata."
Harry si fermò è cercò lo sguardo di Ron, che annuì impercettibilmente e buttò lì una frase apparentemente con noncuranza.
"Già…nella distruzione della coppa abbiamo avuto un aiuto notevole."
"E il problema è la persona che ci ha aiutati." Concluse Hermione, lanciando a Harry uno sguardo teso. Era arrivato il punto difficile.
Con calma e maggior chiarezza possibile, Harry raccontò di Dana, suscitando diversi commenti di perplessità e disappunto.
"Che novità è questa! Perché dovremmo usare la Magia Oscura? Silente non lo ha fatto!" disse Moody, entrambi gli occhi magici puntati su Harry.
"Ma Silente poteva permetterselo." Ricordò la McGranitt.
"E comunque Silente non ne è uscito pulito…mi chiedo solo come abbia fatto a fermare Incantesimi di Magia Nera senza usarla…"
"Piton." Sibilò Harry "E’ stato lui a fermare gli effetti della Magia Nera."
"…già."
"Ecco, appunto. Vediamo di ricordarci cosa significa avere a che fare con un esperto di quella roba." Ringhiò Moody. A quel che parve non fu l’unico a pensarla in quel modo, ma Harry si sentì di spendere una buona parola per Dana. Qualcosa in quei giorni lo aveva portato a maturare la convinzione di potersi fidare di lei.
"Capisco cosa provate, e Ron e Hermione mi possono far da testimoni quando vi dico che io stesso ero molto prevenuto una volta scoperti certi dettagli, ma ho visto in quella donna la determinazione che ci serve. Senza contare che ha i suoi buoni motivi per odiare Voldemort. Questo però vorrei che ve lo spiegasse lei…io potrei essere impreciso e non convincente. Del resto, è la sua storia, non la mia."
"Vuoi che le parliamo, non è così, Potter?" chiese la McGranitt.
"Esatto."
La Preside sospirò e guardò gli altri presenti.
"Siamo in molti contro una persona sola. Se la facessimo venire qui subito, senza preavviso, potremmo evitare brutte sorprese."
"Io non credo sia una buona idea." Continuò a sostenere Moody.
"Io invece sono d’accordo." Intervenne Lupin "Minerva è in grado di riconoscerla avendola avuta come alunna, e poi, se non ho visto male, tra le riserve di Hermione c’è anche del Veritaserum…dobbiamo capire chi è, per la sicurezza dei ragazzi."
"Assolutamente si!" disse decisa Molly "Dobbiamo capire che intenzioni ha! Non possiamo permettere che ronzi attorno a loro tre senza esser certi di poterci fidare! E useremo il Veritaserum! Non possiamo più usare mezze misure!"
"Molly, calmati, ti prego."
"No Arthur! Questi ragazzi sono abili e determinati, ma è nostro dovere proteggerli! Anche se usare il Veritaserum non è troppo corretto, non importa."
"Mamma ha ragione" intervenne Bill "Non ha più senso credere solo alle confessioni, non dopo la morte di Silente."
Cadde il silenzio per alcuni lunghi secondi, poi Harry si alzò ed estrasse la bacchetta evocando il suo Patronus, che scivolò oltre la porta della casa.
"Bene. Tra poco sarà qui. Non ci resta che aspettare."

 

 

"Ho come l’impressione che non sarà affatto una passeggiata…se ci sarà anche Moody avrò il mio bel da fare per convincerli della mia posizione…. A volte mi chiedo perché mi sono decisa a ficcarmi in questo guaio! Ah, Severus, spero solo che ne valga la pena. L’unico motivo che mi spinge a varcare la porta di quella casa è la tua salvezza. Ed è inutile che menta anche a me stessa. Se con il loro aiuto dovessi scoprire che sei veramente ridiventato un Mangiamorte a tutti gli effetti, comunque non riuscirei a voltarti le spalle…quindi quelle persone mi potrebbero anche diventare facilmente nemiche. Spero solo che ne valga la pena."
 
Dana arrivò alla porta e bussò. Hermione l’aveva già fatta entrare una volta, quindi non avrebbe avuto problemi ad introdursi in casa, ma preferì aspettare. Non aveva idea fino a dove Harry si fosse spinto con le spiegazioni, e non voleva sembrare troppo invadente e presuntuosa.
Un volto di ragazza circondato da una folta massa di capelli castani si affacciò e le sorrise, facendola entrare. La luce delle candele non era in grado di illuminare a dovere la stanza dove erano tutti riuniti, e Dana si chiese cosa dovessero pensare, nel veder arrivare una figura completamente vestita di nero e incappucciata… bloccò il suo potere per evitare di trovare risposte troppo certe a questa sua curiosità.
Harry la salutò e le fece cenno di andare a sedersi al suo fianco. Forse voleva proteggerla? Curioso…
Dana annuì, andò a sedersi e solo dopo si permise di far scorrere lo sguardo sui presenti, cercando di capire quanti di loro conoscesse già.
Moody, ovviamente, stava guardandola con fare non troppo amichevole. Poi c’era Kingsley, che aveva incontrato solo una volta, tutta la famiglia Weasley, di cui aveva solo sentito parlare, e altri che non conosceva…
I suoi occhi indugiarono un attimo su Lupin. Doveva essere per forza lui. Trasandato, aria malaticcia, magro…si, era lui. Severus nutriva nei suoi confronti una sorta di risentimento ostinato, eppure a lei non parve una cattiva persona, anzi. Emanava un incredibile senso di tranquillità e sicurezza. Doveva essere una persona affidabile e leale.
Dana trasse un sospiro e bloccò il suo potere, sperando che non le sfuggisse di nuovo.
Non conosceva la ragazza accanto a Lupin, ma conosceva fin troppo bene lo sguardo severo e sorpreso che le stava rivolgendo Minerva McGranitt.
La Preside di Hogwarts la stava guardando come se vedesse un fantasma, e Dana non fu l’unica a notarlo.
"Minerva…" esordì Lupin "Dunque non servono presentazioni. È veramente chi dice di essere?"
La McGranitt annuì, senza togliere gli occhi di dosso a Dana.
"Bene. Il fatto che mi abbia riconosciuta semplifica notevolmente le cose. Ma credo che comunque vorrete farmi delle domande." Era la prima volta che parlava davanti a loro, e sapeva che era di assoluta importanza dare subito una certa idea di sé. Non che fosse difficile, ma sapeva bene che alcuni di loro non si sarebbero mai fidati veramente, quindi doveva fare le cose per bene.
"Certamente! Non siamo più propensi a dare per buone le ciance del primo venuto disposto poi a pugnalarci alle spalle!" sbottò Moody, avvicinandosi a Dana, che lo guardò in cagnesco.
"Posso tollerare molte cose, ma se questo strabico fa un’altra battuta del genere su Severus, gli cavo anche l’occhio sano!"
"Dovrai bere il Veritaserum. Se non lo farai, non saremo disposti a starti a sentire." Continuò la McGranitt, che non si era mossa di un solo millimetro.
Dana la guardò negli occhi con fare gelido, e per un attimo parve che volesse risponderle in malo modo, ma poi sorrise e annuì.
"Avrei dovuto aspettarmelo. E comunque lo capisco. Però ho delle condizioni da porvi." Disse con calma, mentre faceva scorrere lo sguardo di nuovo sui presenti. "Ci sono cose che preferirei non scopriste. Cose di natura personale. E del resto credo che a voi interessi solo sapere da che parte sto, giusto?"
"E se hai intenzione di fare del male a Harry o a uno dei membri dell’Ordine!" intervenne la Signora Weasley, riservando alla nuova venuta uno sguardo carico di sospetto.
"Allora potete chiedermi queste cose mentre sarò sotto l’effetto della Pozione, ma poi mi darete l’Antidoto."
"Un attimo." La interruppe la ragazza che non conosceva. "Se vuoi l’Antidoto, allora le cose che vuoi tenere per te riguardano comunque argomenti che ci interessano in un qualche modo. Chi ci dice che non siano rilevanti?"
Dana sospirò, ma non cambiò espressione. Rimase impassibile. Avrebbe dovuto immaginarselo, quindi tanto valeva fare un passo in più.
"Vi potrebbero interessare, è vero, ma non vuol dire che mi porterebbero a mentire su tutto il resto. Solo, potreste non capire…e riguardano aspetti non legati alla scopo di quest’Ordine." di nuovo sui presenti. esse risponderle in malo modo, ma poi sorrise e annuì.erva
Calò il silenzio, ed Harry ebbe la netta impressione che Dana non avesse convinto molti dei presenti con le sue parole. In fondo, forse nemmeno lui aveva ben capito cosa la giovane donna volesse dire, ma Hermione parve di avviso diverso. Si alzò e sparì un attimo dalla stanza, per poi ritornare con in mano una boccetta.
Dana la fissò un attimo e arrossì leggermente, ma la sua espressione non mutò.
"All’Antidoto penserò io." La rassicurò Hermione, andando a sedersi dall’altro lato della donna.
"Signorina Granger, non abbiamo ancora deciso se accogliere o no la richiesta…" esordì la McGranitt, ma Harry intervenne, prendendo una decisione su due piedi.
"Ci dirà quello che ci serve sapere, non si è fatta indietro. E direi che l’uso di questa Pozione da parte nostra è decisamente poco ortodosso, quindi non vedo cosa ci sia di male nel lasciale la possibilità di proteggersi come persona dalle nostre domande."
Di nuovo silenzio, questa volta leggermente più teso di prima, ma Harry sembrò non farci caso mentre guardava con tranquillità i membri dell’Ordine.
"Allora cominciamo." Fu la volta di Ron.
Hermione gli lanciò un’occhiata sollevata e Harry sorrise. Stavano diventando una squadra difficile da fermare.
La McGranitt strinse appena le labbra e infine annuì, quindi Dana allungò una mano e prese la boccetta, ingoiando la Pozione e subendone gli effetti senza fare resistenza.
Con lo sguardo leggermente annebbiato e la testa pesante, si ritrovò completamente esposta alle domande che stavano per esser le fatte.
Fu Moody a fare da inquisitore, con Harry che continuava ad osservare la scena apparentemente senza inquietudine.
"Chi sei?"
"Dana Deepfeel."
"Sei intenzionata ad aiutarci nella lotta contro Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato?"
"Si."
"Vuoi vederlo distrutto definitivamente?"
"Si."
"Cosa sei disposta a fare per permettere che questo risultato sia raggiunto?"
"Tutto quello che sarà necessario."
A questa risposta Harry alzò gli occhi verso la giovane. Tutto quello che sarà necessario…parole molto pesanti, talmente pesanti che, per un attimo, pensò che sarebbe stato meglio non sentirle. Eppure, in un angolo della sua testa, una vocina gli ricordò che era giusto che fosse così, che ciascuno dei presenti avrebbe dato la stessa risposta. Avrebbero fatto qualunque cosa, anche se si fosse rivelata spiacevole. Ricordò in un attimo la promessa fatta a Silente, la sera in cui fu ucciso. Il Mago gli aveva fatto promettere che avrebbe ubbidito incondizionatamente ad ogni suo ordine, anche se fosse consistito nel lasciarlo in pericolo, magari in pericolo mortale…
Per la causa, Silente era morto…
"Hai intenzione di nuocere in qualche modo a uno dei membri dell’Ordine o a Harry?"
"No."
Moody fissò la ragazza con fare combattuto.
"Cos’altro volete che le chieda?"
Si levò un debole vociare tra i presenti, ma solo la McGranitt parlò.
"Chiedile perché si è finta morta."
I bisbigli cessarono all’istante e la Preside ebbe su di sé lo sguardo di diversi membri.
"No, questo no." Intervenne Hermione. "Ce lo dirà lei stessa, di sua spontanea volontà. Con noi non ha avuto problemi a spiegarlo."
"Ma cosa ci può far credere che vi abbia detto la verità?" ribattè Tonks.
"Quello che ci ha svelato avrebbe potuto portarci anche ad aggredirla." Rispose Ron, fermo a braccia conserte.
"Però dobbiamo ammettere che potrebbe aver inventato una storia credibile." Disse Harry, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Hermione e Ron.
"No, non fraintendetemi. Sono convinto che ci abbia detto il vero, ma gli altri membri non c’erano, non l’hanno vista mentre ci parlava…abbiamo bisogno che si fidino di lei, e quindi è giusto che le facciano anche questa domanda."
Ron aprì la bocca per parlare, ma non seppe che dire, e alla fine mugugnò un cenno di assenso, mentre Hermione fissò il pavimento per un attimo, poi prese un bel respiro prima di parlare con voce improvvisamente incerta.
"Va bene, Harry, ma forse è meglio prepararli a quel piccolo dettaglio che Dana dovrà dire per rispondere…" disse, portandosi una mano al fianco.
Harry annuì, ma rimase un secondo in silenzio. Si alzò e fece qualche passo attorno a Moody, poi si rivolse verso gli altri.
"E’ marchiata."
Se fino a quel momento erano stati numerosi i momenti di silenzio teso, quello che seguì le parole del ragazzo non ebbe eguali.
"Ci stai dicendo che è una Mangiamorte?" sibilò la Mcgranitt, che pareva sul punto di scoppiare.
"Harry, proprio tu che hai sempre odiato Piton! È come lui!" sbottò Lupin, perdendo improvvisamente la calma.
Hermione intervenne prima che la situazione degenerasse.
"Perché ti sei finta morta?" chiese a voce alta, costringendo tutti al silenzio.
"Per sfuggire a Riddle una volta che fosse tornato."
"Perché sfuggirgli?" continuò la ragazza.
"Perché mi ha marchiata a causa del mio potere da empatica. Una volta tornato, avrebbe sicuramente voluto usarmi ancora."
"Quando ti ha marchiata quanti anni avevi?"
"Nove"
Harry sentì distintamente diversi membri trattenere il fiato.
"Marchiandoti, ha rispettato una tua volontà?"
"No."
"Come sapevi che sarebbe tornato?" Ringhiò Moody.
"Terminata la scuola andai in viaggio per apprendere nuove tecniche, e fu allora che mi avvicinai al luogo dove vagava la sua anima. Il mio potere di empatica mi ha permesso di riconoscerlo e di evitarlo. Era ancora in giro, e percepii distintamente la sua volontà di tornare."
La McGranitt si portò una mano alla tempia e chiuse gli occhi, mentre Molly parve addolcirsi un po’ nei confronti della ragazza.
"Ma…perché lui voleva usarti? A cosa gli servivi esattamente?" chiese Lupin, osservando la giovane con la fronte aggrottata.
"Mi reclutò perché era convinto che ci fosse tra i suoi fedeli qualcuno che lo tradiva."
"Era…vero?" insistette Lupin, improvvisamente molto più serio di quanto Harry non lo avesse mai visto.
"Si."
Harry si volse a guardare Dana con lo stomaco improvvisamente in subbuglio.
"Chi?" continuò Lupin, inesorabile, mentre Harry si chiedeva se voleva veramente sapere la risposta a quella domanda.
"Erano in due…il nome del primo non lo conosco, ma fu fatto uccidere, nonostante non lo avessi mai indicato come traditore. Il secondo cominciò a tradire Riddle solo dopo qualche tempo dal mio reclutamento. Severus Piton."
Una qualunque altra risposta avrebbe suscitato meno agitazione.
Harry si sentì come se qualcuno gli avesse appena dato uno schiaffo, e non riuscì a trattenersi, battendo tutti sul tempo.
"Ci stai dicendo che Piton entrò veramente a far parte dell’Ordine prima della caduta di Voldemort, con l’obiettivo di sconfiggerlo?"
"Si."
"Questa Veritaserum non va!" Esclamò Moody, l’occhio magico puntato minacciosamente sulla ragazza.
Hermione si alzò e prese Moody per un braccio, facendogli segno di sedersi.
"Aspettate…è possibile che Piton ti abbia ingannata con l’Occlumanzia?"
Dana, inaspettatamente, sorrise.
"Oh, si, ci ha provato, ma non c’è Occlumante che possa tenermi nascosti a lungo i suoi segreti."
"Ma come è possibile una cosa simile? Ci ha traditi comunque, no?" fu la volta della McGranitt di alzare la voce. Aveva formulato una domanda, e Dana rispose, anche se non era rivolta a lei.
"E’ possibile perché Severus aveva cambiato idea su cosa volesse dire essere dalla parte giusta. E sul fatto che vi abbia traditi non so cosa dire, mi mancano delle informazioni. Però ultimamente era cambiato, potrebbe avervi traditi davvero, come no."
"No? Ha ucciso Silente!" urlò Molly.
Harry fissò Dana, improvvisamente irritato per quello che aveva sentito. Piton veramente pentito? Era forse uno scherzo? Non ci avrebbe mai creduto. In qualche modo Dana si era fatta ingannare, di sicuro. Distolse lo sguardo dalla giovane donna e cercò di distrarsi, mentre una sorda ira invadeva ogni cellula del suo corpo.
Il suo sguardo si posò su Lupin, silenzioso e immobile, a differenza di ogni altro presente. Harry si chiese cosa stesse pensando, così accigliato e con lo sguardo perso nel vuoto. Sembrava che le parole di Dana lo avessero colpito in modo diverso rispetto a come avevano colpito tutti gli altri.
Poi Remus alzò lo sguardo e incrociò quello di Hermione, indicandole la boccetta dell’Antidoto. Hermione annuì e diede l’Antidoto a Dana prima che un altro membro se ne accorgesse.
Il liquido parve fare subito effetto, e Dana riacquistò lucidità, mentre nella stanza volavano ancora esclamazioni. Harry stava sforzandosi di non sentirle, per evitare di far esplodere qualcosa.
Hermione sorrise a Dana, ma con un po’ di difficoltà, e la giovane donna si volse verso gli altri, sentendo di cosa stessero parlando.
"Fino a dove mi avete interrogata?" chiese a Hermione con un sussurro, mentre tradiva un momento di preoccupazione.
"Fino…fino al motivo per cui Voldemort ti ha reclutata. E fino al fatto che Piton fosse passato veramente dalla parte dell’Ordine."
Un’espressione di evidente sollievo si dipinse sul volto di Dana. Harry la raggiunse e la guardò, senza nascondere il proprio stato d’animo. Non c’era bisogno di un particolare potere empatico per capire cosa lui stesse provando, e Dana era un’ottima osservatrice.
"Scusate…" disse con voce limpida, per attirare l’attenzione. "Forse ora potreste anche smettere di inveire in questa maniera."
Moody si volse verso di lei con rabbia.
"Ci hai appena raccontato un sacco di balle, e noi dovremmo ancora stare a sentirti?"
Dana si alzò in piedi di scatto.
"Stammi a sentire molto bene, vecchio Auror incancrenito! Ho aiutato questi ragazzi, ho bevuto la Pozione per accontentarvi, ho detto chiaramente di essere contro Riddle. Cosa vuoi più di così?" Un'altra persona avrebbe urlato, invece lei pronunciò quelle parole con assoluta padronanza di se stessa, ma con una severità che Harry aveva sentito solo nella voce di pochi.
"Quello che ho detto è la verità! Severus Piton passò davvero dalla vostra parte! L’unica cosa che posso ipotizzare è che abbia di nuovo cambiato idea! Ma in quel periodo era deciso a distruggere Riddle."
"E’ assurdo!" commentò Bill, scrollando la testa.
"No che non lo è!" ribatté lei con decisione.
"E per quale motivo Piton avrebbe abbandonato Voldemort?" chiese Lupin, a bassa voce, lanciando a Dana uno sguardo penetrante. Harry ebbe l’impressione che lei trattenesse un attimo il fiato mentre ricambiava lo sguardo penetrante di Lupin, ma ormai aveva capito che non era facile indovinare cosa veramente lei provasse. Aveva addosso una maschera piuttosto impenetrabile, e persino quel trattenere il fiato forse era solo frutto della sua immaginazione.
"Per fortuna che non sono più sotto l’effetto della pozione..." commentò con un sorriso obliquo.
"Perché?"
"Perché questa è una delle cose che è meglio non sappiate…"
"La sappiamo già." La fermò Harry "Sappiamo che fu lui a riferire la profezia a Voldemort e poi a pentirsi. Ma è una teoria che fa acqua da tutte le parti!"
Dana lo guardò intensamente per un attimo, e Harry si sentì come osservato dentro.
"E’ la verità…ma non è tutta lì. La risposta a questa domanda non l’avrete, non dalla mia bocca. Le reazioni che si scatenerebbero sarebbero imprevedibili. Ma di certo posso garantirvi che era un motivo…anzi, che è un motivo piuttosto valido. Dannatamente valido, a dire il vero." Commentò quasi con amarezza.
Harry fece fatica anche solo ad immaginare cos’altro venisse loro nascosto, ma la sua attenzione fu attirata di nuovo da Lupin, diventato teso e incredulo.
"Sta di fatto che mi pare di avervi dato prova delle mie intenzioni. Io non sono Piton, non è me che dovete processare." Disse con durezza "Io voglio solo che sappiate della mia presenza, e che sappiate, in caso di bisogno, di poter contare su di me. Aiuterò Harry nella sua missione se lui vorrà, e vorrei che mi teneste aggiornata su eventuali notizie interessanti arrivate alle vostre orecchie, così come io faro con voi. Tuttavia non sarò ai vostri ordini. I miei metodi saranno inevitabilmente diversi dai vostri…a tratti temo leggermente incompatibili. Quindi meglio che mi consideriate una collaboratrice che non un membro a tutti gli effetti. Un po’ come i ragazzi…" disse, accennando a Harry.
La richiesta di Dana venne accolta dal silenzio, che durò per diversi secondi, durante i quali lei non si scompose. La McGranitt aggrottò leggermente la fronte e si mosse appena sulla sedia, lanciando a Moody uno sguardo preoccupato. Fu lui ad esprimere i pensieri di entrambi.
"Cosa vuol dire che i tuoi metodi saranno diversi dai nostri?"
Dana lo guardò inarcando con fare provocatorio un sopracciglio e alzando appena un angolo della bocca. A Harry ricordò dolorosamente le espressioni di Piton, ma lei era diversa.
"Forse non l’ho detto mentre mi interrogavate…o forse non me lo avete chiesto, ma io comunque sono una Serpeverde. Conosco bene la Magia Nera e non ho alcun genere di problema ad utilizzarla. Questo volevo dire. Quando combatto uso ogni Incantesimo che può rivelarsi utile, senza distinzione. Credevo non sarebbe stato necessario spiegarlo!"
"Quindi uccideresti anche?"
"Ovviamente si. Ma è una domanda piuttosto stupida. Lo fareste anche voi se fosse l’unico modo per salvare uno di voi. Soprattutto Harry. Quindi vediamo di risparmiarci le ipocrisie. E del resto è per questo che vi ho chiesto solo di collaborare e non di farmi diventare membro dell’Ordine. Io non voglio imporre i miei metodi a voi, ma voi non li dovete imporre a me."
Cadde il silenzio, mentre diversi membri dell’Ordine si scambiavano sguardi che Harry non identificò come troppo sconvolti. Ad un certo punto Lupin annuì.
"Per me va bene. Chi è contrario?"
Nessuno alzò la mano.
"Favorevoli?"
Harry alzò il braccio, seguito subito da Ron ed Hermione, poi, lentamente, fu il turno degli altri.
"Però tu dovrai farci un favore." Disse la McGranitt fissando intensamente la ragazza "Se dovessi percepire il cambiamento in qualcuno di noi, dovrai riferirlo."
"Minerva!" sbottò la signora Weasley.
"Minerva a ragione, mamma." La bloccò Bill "Possiamo fidarci l’uno dell’altro, ma solo fino ad un certo punto."
"Si Molly. Del resto, vorrei ricordarti che nessuno degli allora membri dell’Ordine avrebbe mai sospettato di Peter…eppure…"
Harry annuì con decisione.
"Si, Signora Weasley, tutto sommato la prudenza non è mai troppa."
Molly parve un attimo in difficoltà, come se l’idea che tra i presenti ci potesse essere un altro traditore fosse troppo assurda per poter essere pensata.
Dana sorrise appena e annuì.
"Per me va bene."
"Allora è deciso." Sospirò la McGranitt, improvvisamente stanca "Direi allora che possiamo rientrare…"
"No, Minerva." Intervenne Lupin, mentre Tonks trasaliva.
Molti occhi si puntarono su di loro, e Tonks cercò la mano del compagno prima di parlare.
"Si…visto che ci siamo quasi tutti…è il caso che sappiate alcune cose."
La McGranitt rimase in piedi, come improvvisamente spaventata, e guardò Tonks con l’aria di chi teme l’abbattersi di una tempesta sulla propria casa. La giovane Auror ricambiò lo sguardo, poi trasse un sospiro e parlò.
"Tre giorni fa ero da mia madre. In genere le faccio visita di notte, e così ho fatto anche l’ultima volta. Lei sa che faccio parte dell’Ordine, ma ufficialmente non mi vede da più di un anno…per sicurezza. Il punto è che, mentre ero lì, qualcuno ha suonato alla porta. Io sono andata a nascondermi e mia madre è andata ad aprire, ricevendo una brutta sorpresa…era sua sorella. Narcissa."
La McGranitt si sedette e diede l’impressione quasi di sprofondare sulla sedia di legno.
"Narcissa Malfoy?" chiese Arthur, mentre sua moglie sbuffava appena.
"Si. È entrata senza troppi complimenti, e io provai l’impulso di uscire dal mio nascondiglio per Schiantarla e catturarla, ma non appena la vidi…era ridotta in un modo…certo, sempre impeccabile, ma era pallida e aveva gli occhi gonfi. Mia madre ha aspettato che fosse lei a parlare, ma Narcissa si è limitata a scoppiare a piangere, e poi ha implorato mia madre che riferisse a uno qualunque dei membri dell’Ordine di non uccidere Draco."
"E’ venuta a chiedere pietà?" Chiese Bill, con un filo di voce, mentre la McGranitt scrollava la testa.
"Così pare." Sospirò Tonks "Ha detto di essere disposta a tutto pur di salvare il figlio. E mia madre le ha detto che non conosce membri dell’Ordine. Narcissa ha esitato un attimo, ma poi si è accasciata al suolo e ha cominciato a balbettare qualcosa di inizialmente incomprensibile. Poi mia madre le si è avvicinata e ha sentito quello che stava bisbigliando. Pare che Voi-Sapete-Chi abbia voluto comunque punite Draco per non essere riuscito a portare a termine il compito che gli era stato affidato, così lei se l’è visto tornare a casa praticamente distrutto."
"E questo cosa dovrebbe importarci? Quella piccola carogna stava per uccidere Silente." Sibilò Moody, con un evidente nodo alla gola.
"No." Sussurrò Harry, lasciando tutti di sasso "Questo non è vero. Malfoy ha esitato…ha detto che doveva farlo per evitare che Voldemort uccidesse i suoi genitori. In altre occasioni non gli avrei creduto…ma lui non sapeva che ero lì, non poteva vedermi…ha agito spontaneamente. Non voleva uccidere Silente, stava abbassando la bacchetta quando sono arrivati gli altri Mangiamorte. E poi, la volta che io l’ho colpito con quell’Incantesimo…nel bagno…stava piangendo. Voi ve lo immaginate Malfoy che piange? Credo che durante lo scorso anno si sia reso conto di quello che Voldemort gli stava chiedendo e di quello che lo stava costringendo a diventare."
Per la prima volta durante tutta la serata Harry si sentì a disagio per il fatto di avere addosso gli sguardi di tutti i presenti, e le parole che gli erano uscite di bocca erano sembrate strane persino a lui.
"Devo ammettere che sentirti difendere Malfoy mi lascia decisamente sorpresa, Potter…" sospirò la McGranitt.
"Lascia sorpreso anche me, ma…ho visto Silente offrire un aiuto a Malfoy, l’ho visto capire la sua situazione…se fossi stato al posto di Malfoy non so quanto diversamente mi sarei comportato. Beh, a parte con meno iniziale tracotanza…ovvio."
"Quindi tu dici di prendere in considerazione la richiesta di Narcissa?" chiese Lupin, osservando Harry con fare serio e cupo.
"Si. Ma credo che nessuno dei presenti fosse intenzionato a ucciderlo."
"Beh, di ucciderlo proprio no…ma di dargli una lezione con i fiocchi si!" sbottò Fred, guardando torvo Harry.
"Già…la sola idea che abbia usato dei nostri prodotti per riuscire a introdurre Mangiamorte a Hogwarts…"
"Quella è colpa vostra! Vendere una cosa del genere ad un soggetto come Malfoy!" esclamò la signora Weasley.
"Suvvia, Molly, questo genere di discorso è decisamente inutile. Senza contare che i gemelli non sono più responsabili di chiunque di noi per quello che è successo." La interruppe con decisione la McGranitt, tornando poi a rivolgersi a Tonks.
"Siete sicure che non abbia voluto mentire, nella speranza di scoprire l’identità di qualche membro dell’Ordine?"
"Minerva…" intervenne Lupin con un sospiro "Hanno Piton dalla loro. Sanno perfettamente chi ne fa parte e chi no…mi chiedo solo perché Greyback non mi abbia ancora smascherato…"
"Continui a fare l’infiltrato?" chiese Harry, sorpreso "Nonostante Piton e nonostante il fatto che tu abbia combattuto apertamente con noi quando hanno attaccato la scuola?"
"Greyback non mi ha visto quella sera, l’ho accertato con sicurezza…ma per Piton…dubito che si sia dimenticato di fare il mio nome al suo padrone, sebbene non sappia che faccio l’infiltrato."
"L’unica spiegazione è che la notizia non sia arrivata alle orecchie di Greyback." Ragionò Hermione "Ma, Tonks, tua madre non ha potuto scoprire nulla con la Legilimanzia?"
"Ha tentato, ma mi ha detto di non aver potuto indagare troppo…Narcissa sa difendersi, però mi ha detto che a memoria d’uomo mai e poi mai Narcissa Malfoy si era fatta vedere da lei in quello stato, nemmeno da piccole. Non so se questo possa essere indicativo o no… e comunque, portava ancora addosso i segni del trattamento che le è stato riservato da Voi-Sapete-Chi…non ne so il motivo, ma deve averla punita…"
"Hanno torturato Narcissa Malfoy? Non ha senso! Insomma…una delle famiglie più devote…" obiettò Molly, ma Harry non era d’accordo.
"Lucius ha fallito con me al Ministero e per questo molti Mangiamorte sono stati catturati…e poi Draco non ha ucciso Silente. Certo, ha dato una mano ai Mangiamorte ad infiltrarsi all’interno della scuola…ma Voldemort non è avvezzo a concedere giustificazioni a chi fallisce, no? E poi è probabile che Narcissa abbia cercato di intercedere presso di lui per il figlio…chissà, magari lo ha preso come un affronto."
La McGranitt annuì con fare grave e Lupin fece altrettanto, mentre Tonks abbassava lo sguardo e si perdeva un attimo nei suoi pensieri.
"Tornando al problema iniziale, sta di fatto che comunque non uccideremmo mai un ragazzino." Concluse il Signor Weasley.
"Ragazzino? Ti ricordo che ha la mia età e che scaglia senza troppi problemi le Maledizioni Senza Perdono." Disse di rimando Ron, guardando il padre con sorpresa " Mi sta bene il non ucciderlo, ma vediamo di non sottovalutarlo. Il fatto che sia stato punito può averlo spinto a diventare più spietato."
Hermione annuì, e sospirò.
"Un’altra gatta da pelare…"
"Se volete, posso tentare di avvicinare Narcissa e vedere come stanno le cose." Disse Dana, facendo sobbalzare molti dei presenti. Lei si guardò attorno con aria divertita.
"Sembra vi siate dimenticati della mia presenza!"
"Puoi veramente farlo?" chiese la McGranitt.
"Si, ci posso provare. Del resto, Narcissa non mi ha mai vista in volto. L’unico che potrebbe riconoscermi è Lucius, ma per il momento è ancora ad Azkaban, quindi…mi ci vorrà un po’ di tempo però."
"Per me è una buona idea. Se Narcissa dovesse dimostrarsi molto propensa a proteggere il figlio, tanto da mettersi in pericolo a quel modo, forse potremmo sfruttare la cosa a nostro vantaggio." Concluse la McGranitt, togliendosi gli occhiali e stropicciandosi gli occhi. Era evidentemente molto stanca e Harry non se ne sorprese. Molte delle responsabilità di Silente erano ricadute su di lei, che si stava dimostrando decisamente un’ottima guida. E tuttavia era stanca.
Moody guardò Dana con fare preoccupato, ma non aggiunse nulla, nemmeno quando lei ricambiò lo sguardo con una strizzatine d’occhi.
Harry distolse lo sguardo per non farsi vedere sorridere. Dana stava volontariamente provocando Moody…che soggetto!
"Ora possiamo andare o ci sono altre novità?" chiese Arthur, guardando i membri dell’Ordine.
Sembrò che nessun altro avesse nulla da dire, quindi tutti si alzarono e si allontanarono più o meno velocemente.
Harry vide Hermione avvicinarsi alla McGranitt e dirle qualcosa sotto voce, lasciando la Preside sorpresa e meditabonda. Poi la donna annuì, Hermione fece un cenno a Ron, ed entrambe uscirono dalla casa senza dire una parola.
Harry si chiese dove stessero andando, ma non fece in tempo a seguirle, incrociando lo sguardo di Dana.
"Ti ringrazio per il sostegno. Temevo avrei dovuto cavarmela da sola."
"Perché mai? Se ti ho fatta chiamare era evidentemente per appoggiarti!"
"Non ne ero poi così sicura. Sei un mistero, Harry. In te ci sono così tanti sentimenti contrastanti che non ero certa di essere riuscita a capirti bene." Disse con sincerità, guardandolo con fare tranquillo, mentre Moody le rivolgeva un’ultima occhiata in tralice e si allontanava dalla casa
Harry le sorrise, poi guardò quante persone si fossero trattenute. Solo i Weasley, tutti attorno a Ron.
"Vieni." Disse ad un certo punto, serio, facendo cenno a Dana di seguirlo.
La vide annuire senza particolare espressione. Si avviarono verso la cucina, dove non c’era nessuno. Per sicurezza Harry sussurrò un Incantesimo.
"Muffliato."
Dana inarcò un sopracciglio e lo guardò con palese sorpresa.
"Conosci l’autore di quell’Incantesimo?" chiese, con un soffio.
Harry la guardò dritto negli occhi e rimase serio.
"Si. Ma è un Incantesimo utile, quindi non vedo perché non usarlo."
Dana rimase in silenzio a scrutarlo per un paio di secondi, poi le si dipinse in volto un sorriso obliquo.
"Visto che ragioni in questi termini, credo non avrai difficoltà ad accettare che io usi la Magia Nera per aiutarvi." Non era una domanda, ma un’affermazione, e Harry scrollò appena le spalle.
"Al momento credo ci si debba preoccupare di altro."
Dana annuì e fece vagare lo sguardo sulla stanza, quasi del tutto immersa nel buio, e decisamente immersa in una situazione pressoché caotica. L’essere fuori quasi tutto il giorno per cercare gli Horcrux portava via ai ragazzi non solo il tempo, ma anche le energie. Era più che comprensibile.
Da una sacca nera, quella usata per trasportare la coppa, Dana vide uscire un pezzetto di carta. Fu istintivo, non pensò nemmeno a quello che stava facendo. Prese la sacca e ne estrasse il foglietto, rimesso lì con la coppa. La giovane lo fissò per qualche secondo, leggendone il contenuto mentre Harry rimaneva in silenzio.
"Questo è l’aiuto che vi ha condotti alla coppa…dove lo hai trovato?" chiese, rivolgendosi verso Harry, ma senza lasciar andare il biglietto.
"L’ho trovato sulla tomba dei miei genitori, anzi, per essere precisi era sulla tomba di mia madre…"
"E non ti è parso strano?"
"Beh, si, ma insieme c’era anche la piuma di una Fenice…il simbolo di Silente…e così ho deciso di fidarmi. Da qualche parte qualcuno ci sta aiutando. L’idea è rassicurante."
"Lo credo." Disse lei, sorridendo "Però è per forza qualcuno che conoscete…"
Harry aggrottò la fronte e la guardò con aria interrogativa.
"Si, guarda…" disse avvicinandosi a lui "La scrittura è controllata, volontariamente schematica per non essere riconosciuta…è evidente per il fatto che le ultime parole cominciano a essere diverse. In genere nessuno è in grado di rimanere perfettamente neutro quando scrive…forse un membro dell’Ordine era già al correte del vostro scopo e vi ha aiutati, magari su disposizione di Silente…"
"Potrebbe essere…non avevo fatto caso alla scrittura. Sei una persona molto attenta!" disse Harry, mentre prendeva il biglietto e lo guardava come per la prima volta.
"Mh, per forza di cose."
Dana si allontanò, posando di nuovo la sacca. Andò a sedersi su una sedia, inclinando appena la testa da un lato, lasciando scivolare i capelli mossi. Harry rimase un attimo sorpreso. Era più bella di come se la ricordava. Com’era possibile che fosse passata inosservata per tutti quegli anni? E soprattutto, com’era possibile che una persona che poteva sembrare quasi una delicata bambola di porcellana potesse essere così legata al buio? Non aveva fatto mistero di essere legata alle Arti Oscure per scelta…al di là di quella guerra.
Dana sorrise, questa volta più sinceramente, e Harry capì che quello che pensava doveva proprio leggerglisi in faccia.
"Non amo la differenza che si è soliti fare tra ciò che è bene e ciò che è male. Sono concetti così relativi…con un Incantesimo Oscuro puoi anche salvare una persona, e con uno di Magia Bianca puoi inavvertitamente causarne la morte…ad essere rilevanti sono sempre le intenzioni di una persona, Harry. Sono cresciuta con questa convinzione, e in tutti questi anni ho trovato solo conferme a questa teoria."
"Beata te, per me vale il contrario. Ma forse dipende dalle esperienze di ciascuno di noi…comunque, non ti ho chiamata qui per questo…volevo farti una domanda."
"Un’altra? È proprio la serata delle domande, questa!" esclamò con allegria, e Harry sorrise.
"Si, me ne rendo conto…ma…perché a me, Ron e Hermione non hai permesso di usare la Pozione della Verità quando ci siamo incontrati nel bosco? Se volevi che ti credessimo era la via più facile…" non c’era rimprovero in quella frase, solo curiosità.
Dana sospirò e guardò Harry senza più maschere addosso.
"Perché non si può arrivare ad un rapporto di fiducia usando quella Pozione, nonostante quello che si è detto prima, nell’altra stanza."
"Rapporto di fiducia? Con me? È a questo che miri?" chiese Harry, sorpreso.
"Si. È una cosa essenziale per poter collaborare con successo, e poi…beh, lo è anche per ottenere ciò che mi serve…"
"Il ricordo." La interruppe lui.
Dana rimase in silenzio, guardandolo intensamente, ma quasi senza vederlo. Harry notò distintamente un’espressione di dolore dipingerlesi in volto per un paio di secondi, poi scomparve. Dana ritornò una maschera impassibile ed evidentemente controllata.
"Non solo per quello, Harry…ma non è questo il momento più indicato per parlarne. Quantomeno, non prima che io abbia visto il ricordo…perché poi, se le cose stanno come sospetto…potrei avanzare una richiesta scomoda. E voglio che tu ti renda conto da solo che lo faccio per un motivo preciso. Devi conoscermi, e fidarti. Altrimenti non capirai."
Harry annuì, non potendo far altrimenti che chiedersi cosa lei cercasse nel ricordo di quella notte.
Rimasero in silenzio per qualche momento, poi Harry fece volare verso di sé una bottiglia di vetro. Portò la punta della bacchetta alla tempia e si concentrò. Un’espressione di vaga sofferenza gli si dipinse in volto, per poi svanire, mentre con la bacchetta estraeva il ricordo dalla propria mente.
Lo fece scivolare con un movimento elegante nella bottiglia, la chiuse e la porse a Dana, che lo guardò per un attimo con fare quasi spiazzato. Poi la giovane donna allungò la mano e prese l’oggetto.
"Grazie, Harry. È più di quel che credi."
 
 

 

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Capitolo 4
*** Il Ricordo ***


3 il ricordo

 

kagome chan: Ciao! Lieta di trovare una nuova commentatrice! Condivido con te la reticenza nei confronti dei nuovi personaggi, e in effetti all'inizio cercavo di evitare le storie che ne presentavano, ma poi in alcuni casi mi sono dovuta ricredere (spero che capiti anche a te con la mia storia...ih ih!). In verità il personaggio di Dana è nato da solo, e un pochino rappresenta me, ma non del tutto. Dalle una possibilità, che è un tipino piuttosto particolare!

Tinker Bell88 : Bentrovata! Mi confesso davvero molto lusingata nello scoprire che la mia storia di fa incuriosire così tanto! Dovrai avere un pò pazienza, perchè aggiornerò una volta a settimana (causa periodo di esami all'università...). Quando la storia sarà finita, vedrò di postare due capitoli alla volta, ma ci vuole ancora un pò... Grazie per il commento su Dana, vedo che ti ha impressionata favorevolmente!!! Il mio Ego ringrazia! Questo capitolo ti accontenta un pochino, perchè Severus arriva e fa capolino tra queste righe, ma sarà una visione sfuggente e, per il momento, fredda. Mi dirai che ne pensi. Per Draco...per quanto io non sia mai stata amante del personaggio, dopo l'ultimo libro ho dovuto rivedere un pò di cosette...tranquilla che non lo strapazzo. Ma visto che ti piace il personaggio, poi dovrai esser tu a dirmi se lo rendo bene, perchè ho dovuto imparare a conoscerlo davvero in un tempo ristretto. 

Buona lettura!

Il Ricordo

 
"Sei sicuro di non sapere cosa dovesse fare Hermione con la McGranitt?" chiese Harry, lanciando a Ron un’occhiata in tralice, mentre tentava di rimanere il più tranquillo possibile.
"Te l’ho già detto. Non so cosa abbia in mente…ma conoscendola, avrà chiesto alla McGranitt di accedere a qualche libro del Reparto Proibito…" rispose di rimando Ron, con le orecchie incredibilmente rosse.
"Ron…sei un pessimo bugiardo…" constatò Harry, lasciandosi sfuggire un sorriso "Mi auguro solo che alla fine vi degnate di mettermi al corrente."
"Potremmo cambiare argomento? È da ieri sera che non fai altro che tormentarmi! Quando tornerà, potrai chiederlo direttamente a lei!" sbottò Ron, cercando di concentrarsi sulla scacchiera. Era il suo turno di muovere, ma era stranamente lento.
"Va bene…" si arrese Harry, mentre si stiracchiava sulla poltrona verde impolverata.
Hermione era sparita dalla sera precedente, e lui non aveva dubbio alcuno sul fatto che fosse andata ad Hogwarts… chissà se aveva incontrato Ginny…il solito, familiare mostriciattolo si mosse nella sua pancia, e lui fu costretto ad allontanare per l’ennesima volta il pensiero della ragazza. Fred e George si erano lasciati sfuggire che Ginny aveva rimesso in piedi le ES, con l’aiuto di Neville e Luna e il benestare silenzioso della McGranitt. Chissà com’era l’insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure…aveva saputo che era stato inviato dal Ministero, ma che questa volta era un soggetto ben diverso dalla Umbridge. Era un Auror, piuttosto severo ma determinato. Però doveva essere manchevole in qualcosa se Ginny aveva riunito le ES.
Incurante degli ordini del proprietario, la testa di Harry stava favoleggiando su Ginny, impegnata a dare lezioni di difesa in mezzo a compagni ammirati. L’idea che tra quelli potesse esserci anche Dean non lo lasciava esattamente tranquillo, ma non poteva pretendere certo che nessuno la guardasse più, solo perché non poteva farlo lui…
Con suo parziale sollievo, Hermione entrò dalla porta di casa proprio in quel momento. Era completamente zuppa e portava sulla schiena un sacco pesante.
"Hermione…cosa…"
"Sei completamente fradicia!" sbottò Ron, alzandosi di scatto e andando verso la ragazza. Le prese a forza il sacco dalle spalle e la guardò con fare preoccupato. "Fila a farti una doccia! Manca solo che ti ammali!"
Hermione lo guardò con fare sorpreso, ma durò poco.
"Se non ti dispiace, so badare a me stessa! E non serve che mi dai ordini!"
"Si, come no. Se non sbaglio deve esserti appena passata per la testa l’idea di metterti subito a trafficare con questa roba!" disse di rimando, alzando con fare minaccioso il sacco. "Giuro che non te li rendo fino a quando non ti sarai sistemata!"
Harry alzò le sopracciglia, sorpreso. Da quando Ron era diventato così autoritario? Hermione lanciò in sua direzione uno sguardo che chiedeva appoggio, ma lui alzò le mani e non disse nulla.
Sbuffando, e non prima di aver lanciato un’occhiataccia a Ron, Hermione scomparve dalla loro vista. La sentirono borbottare per un po’, fino a quando non si fu chiusa alle spalle la porta del bagno con un colpo secco.
Ron tornò a sedersi di fronte a Harry, incurante della scacchiera, e posò il sacco lontano dalla portata di Harry.
"Da quand’è che sei diventato così palesemente protettivo con lei?" chiese a bruciapelo Harry, osservando l’amico.
"Cosa…di che stai parlando?" balbettò Ron, le orecchie di nuovo rosse come peperoni.
"Ronald!" Harry usava il suo nome per esteso in pochissime occasioni, e Ron si drizzò come un fuso mentre Harry lo guardava con fare sconsolato "Hai capito alla perfezione di cosa sto parlando. A Hermione non me la sento di dirlo, ma a te si. Non perdete tempo! Non voglio fare il pessimista, ma bisogna guardare le cose per quelle che sono…siamo in guerra, e credo che presenziamo tra i posti d’onore nella lista nera di Voldemort…forse non sarebbe male sfruttare il tempo che abbiamo, non credi. Almeno voi che potete farlo…"
Ron fissò l’amico con finta sorpresa per qualche secondo, poi la sua espressione mutò. Sembrava quasi rassegnato.
"Mi fa strano parlare di questo, sai…in fin dei conti non lo abbiamo mai fatto."
"Si, vero." Sorrise Harry.
"Guarda che non dobbiamo mica per forza morire. Insomma, io conto di cavarmela! O almeno, farò di tutto per riuscirci…"
"Ma non ne possiamo essere certi al cento per cento, non nasconderlo!"
Ron rimase in silenzio per qualche secondo, abbassando lo sguardo e fissando una delle frange logore del tappeto del salotto.
"Lo so, ma non ci riesco…non oso nemmeno pensare di farlo…sarà anche una cosa stupida, ma preferirei affrontare di nuovo la distruzione di un Horcrux, piuttosto che dirle…insomma, io sono Ron, quello sfigato, un po’ stupido e decisamente infantile. Non credo di interessarle."
"Sei scemo o mi stai prendendo in giro?" lo interruppe Harry, lasciando trapelare tutta la sorpresa che avevano provocato quelle parole.
"Andiamo Harry! È stata con Krum! Te lo ricordi? Campione internazionale di Quiddich, super tenebroso, più grande di tre anni…dai! Cosa vuoi che le interessi uno come me! Chiudiamo qui l’argomento!" lo aveva detto con fare talmente determinato che Harry non osò fare nulla di diverso, però si chiese se veramente Ron pensasse tutto quello che aveva detto. Se era veramente così, allora sarebbero stati dolori…
Rimasero in silenzio, ciascuno immerso nei propri pensieri, fino a quando Hermione non arrivò con passo deciso nella stanza, bloccandosi nel vederli così concentrati a fissare il tappeto.
"Ragazzi…è successo…qualcosa?" chiese esitante.
Harry le sorrise e scrollò la testa, mentre Ron diventava incredibilmente rosso in zona orecchie, apparentemente incapace di dire nulla. Afferrò il sacco e lo mostrò a Hermione.
"Ho pensato fosse meglio aspettarti…" disse, in quello che Harry capì essere un codice. Lo stomaco gli si contrasse per un attimo.
Hermione annuì, improvvisamente tesa. Andò a prendere una sedia e la portò vicino ai ragazzi, leggermente spostata verso Ron, che continuò a guardarla sconsolato.
"Bene. Sono stata a Hogwarts in queste ore e…mi sono procurata un po’ di libri per cercare di recuperare qualche indizio su possibili manufatti di Corvonero. Forse ho trovato qualcosa…un vecchio diario di Corvonero che aveva in custodia Vitious. Non credo che Silente ne fosse a conoscenza. Da quel che ho capito, Silente non gli aveva mai chiesto espressamente nulla. Ma non ne sono certa. Sta di fatto che potrebbe esserci scritto qualcosa di utile…poi mi sono procurata alcuni libri di Incantesimi Avanzati che mi ha indicato Tonks, per continuare il nostro addestramento."
"Quindi dobbiamo prepararci ad altre massacrate…" borbottò Ron, guardando pensieroso il sacco pieno di libri.
Hermione gli riservò un’occhiata severa e annuì.
"Certo! Più cose sappiamo, meglio è!"
"Ma c’è dell’altro, vero?" chiese Harry, senza lasciare ai due suoi amici molto tempo per tergiversare. Dovevano dirgli qualcosa, era chiaro.
"Eh…ecco Harry, si, dell’altro ci sarebbe…" cominciò Hermione, chiedendo aiuto a Ron con lo sguardo.
"Si, però non ti devi arrabbiare." Intervenne lui "Insomma, abbiamo pensato che potesse esserci utile, soprattutto visto quello che ci ha detto Dana. Nessuno di noi ha voglia di imparare certe cose, men che meno per motivi personali, ma se ci trovassimo in situazioni di emergenza non possiamo contare sul fatto che siano sempre gli altri a pensare a noi. E so che condividi questo punto di vista!"
"Dove state cercando di arrivare?" chiese Harry, ora decisamente preoccupato.
Hermione lo guardò con fare nervoso per un secondo, poi afferrò il sacco dei libri e cominciò a rovistarci dentro. Parve trovare in fretta quel che cercava, ma lanciò uno sguardo strano a Harry, prima di estrarre l’oggetto del mistero.
"Questo…abbiamo pensato che potrebbe tornarci utile…si intende, solo in casi di emergenza."
E mentre lo diceva, Hermione estrasse dal sacco un libro che Harry conosceva fin troppo bene. Per un attimo Harry sentì il cuore fermarsi, e poi riprendere a battere un po’ più in fretta del necessario.
"Quello è…come…?"
"Beh, ci hai detto dove lo avevi nascosto, ricordi? Non arrabbiarti, ti prego! Il punto è che a Hogwarts non ci sono altri libri che possono darci dritte serie in ambito di Magia Oscura…e, come ha detto Ron, non possiamo sempre dipendere dagli altri."
Harry allungò istintivamente le braccia, facendo segno a Hermione di dargli il libro. La ragazza volse lo sguardo su Ron, che annuì.
Quando Harry ebbe in mano il libro del Principe provò una fastidiosissima sensazione di familiarità.
Calò un silenzio decisamente teso, mentre Harry continuava a fissare la copertina del libro senza mostrare alcun segno di reazione per l’iniziativa dei suoi amici.
"Hanno fatto bene, e lo sai bene…per quanto le Arti Oscure siano qualcosa che detestiamo, pare ci servano comunque. E poi non è nemmeno detto che dovremo usare quegli Incantesimi! Anche se, in verità, io stesso ho dovuto farlo…"
"Harry…" lo chiamò Hermione, con fare incerto.
"Hanno fatto bene. Soprattutto perché sarà un piacere battere Severus Piton con le sue stesse armi!"
"Va tutto bene, davvero." Disse Harry, ridestandosi dai suoi pensieri "Avete fatto bene. Certo, li useremo solo per salvarci la vita, è ovvio. Ma avete fatto bene."
"Sicuro? Non sei arrabbiato?" chiese Hermione, mentre torturava un lembo del pigiama di flanella che si era messa uscendo dalla doccia.
"Perché dovrei arrabbiarmi?" chiese sorpreso Harry.
"Beh, perché è il libro di…insomma, il suo…" borbottò Ron.
"Di Piton, intendi? Non è un problema. Davvero. È comunque utile, e anzi, possiamo proprio considerarla una beffa del destino che sia un suo libro a darci qualche possibilità in più di salvarci."
Hermione sorrise, rilassandosi, e Ron annuì, mentre Harry sfiorava la copertina del libro e lo apriva.
 
Rileggere quella scrittura minuta, spulciare le pagine alla ricerca di Incantesimi e suggerimenti, annotare tutto quello che poteva rivelarsi utile…era stato un lavoro strano. Avere di nuovo a che fare con quel libro lo aveva lasciato in uno stato di inquietudine. Non era certo sarebbe riuscito a dormire. Non del tutto consapevole di aver salito la rampa di scale e raggiunto la sua stanza, si ritrovò a lasciarsi cadere sul letto con ancora tutti i vestiti addosso.
Un lieve bussare alla porta lo fece scattare seduto.
"Harry…" bisbigliò la voce di Hermione.
Il ragazzo andò ad aprire, coprendo la distanza tra il letto e la porta con rapidità.
"Cosa è successo?"
"Nulla. Stai tranquillo. Solo, ho creduto fosse meglio dartela non in presenza di Ron." Si giustificò lei, mettendogli in mano una lettera e allontanandosi subito dopo, senza aggiungere una parola. Harry fissò la busta, posando finalmente lo sguardo sul nome del destinatario. Conosceva bene anche quella scrittura!
Rientrò in camera con il cuore in gola. Riuscì a raggiungere il letto prima di aprire la busta e cominciare a leggere la lettera di Ginny.
 
"Ciao!
So bene che non avrei dovuto scriverti…se ritieni opportuno, distruggi la lettera dopo che l’avrai letta, ma…beh, non ho resistito. Non posso fare a meno di essere preoccupata per voi, nonostante tutti i miei buoni propositi di essere forte. Lo so che non dovete dare nell’occhio, ma ogni tanto, solo ogni tanto, mandatemi qualche notizia, ti prego, Harry! Rimanere all’oscuro di tutto sta diventando snervante. E sono preoccupata per te. Ma non voglio annoiarti con queste cose, le sai già.
Quello che non sai è che qui le ES stanno spopolando di nuovo. Pare che l’attacco alla scuola abbia scatenato una sorta di ondata di coraggio. Spero che duri. Sta di fatto che abbiamo ricostituito il gruppo, e ora dobbiamo addirittura dividerci in due turni per poter dare modo a tutti di seguire le lezioni. Il nuovo insegnante di Difesa non è male, ma pare un po’ troppo compreso nel suo ruolo…a volte mi ricorda un po’ Percy…ti immagini?
Spero non ci sia mai bisogno che nessuno dei membri debba ritrovarsi a usare seriamente quello che impara alle riunioni, e che sia sufficiente limitarsi a usarle di nascosto su alcuni Serpeverde troppo felici di quel che è successo. Resistere alla tentazione di schiantare la Parkinson ogni volta che sospira guardando il posto vuoto di Malfoy a pranzo sta diventando sempre più difficile!
Però almeno posso dire che, se uno di noi fosse di nuovo in difficoltà, saprebbe quantomeno proteggersi. Alcuni anche attaccare.
Ora ti lascio. Spero di avere vostre notizie.
Harry, mi raccomando. Se hai bisogno di me non esitare.
Con affetto. Infinito.
Ginny"
 
Harry rilesse la lettera due volte, poi sorrise e si stese a letto. Testarda e intraprendente come l’aveva lasciata. Quella ragazza era incredibile!
Rimase immerso nel silenzio e nel buio per qualche secondo, mentre lasciava che la consapevolezza di essere nei suoi pensieri lo confortasse.
Poi gli venne un’idea. Si alzò dal letto e prese un pezzo di pergamena, senza pensare troppo a quello che vi avrebbe scritto.
 
"Cara Ginny,
grazie per la lettera. Stiamo bene ora, anche se siamo abbastanza stanchi. Non devi preoccuparti per noi, davvero. Abbiamo le spalle coperte dall’Ordine. Spero solo che si individui presto un nuovo Quartier Generale. Almeno lì si potrebbe stare tutti insieme. Sapevo già delle ES, Freg e George non sarebbero mai dei buoni Custodi Segreti…e so anche che te la caverai alla grande. Però fai attenzione.
Spero di vederti presto.
Harry
PS. Distruggi il bigliettino, e scusa per il messaggero…"
 
Si, poteva andare. Non troppo lunga, non troppo sdolcinata. E Ginny avrebbe saputo leggere tra quelle righe anche quello che lui non poteva scrivere.
Si volse verso il centro della stanza e chiamò Kreacher, che si materializzò subito nella stanza.
"Il padrone chiama?" biascicò l’elfo domestico, schiacciando il naso a terra per fare un inchino profondo e del tutto innaturale.
"Si."
"Schifoso traditore, piccola canaglia ostile, cosa vuol far fare ora al povero Kreacher? Kreacher preferirebbe…"
"Non mi interessa sapere cosa preferiresti, Kreacher." Lo interruppe, gelido "Porta questo a Ginny Weasley, subito. Non leggerlo e non farne parola con nessuno. E sii gentile con lei!"
"Come il padrone desidera! Piccolo sporco…"
Harry non scoprì mai il seguito della frase, perché l’elfo si smaterializzò, lasciandolo solo.

 

 

 

Si era barricata nella sua stanza, in uno squallidissimo alberghetto alla periferia di Londra. Stare in mezzo ai Babbani la rassicurava. Aveva vissuto tra loro per anni, consapevole che erano in grado di darle la tranquillità di cui aveva bisogno per lavorare su se stessa. Anche in quel momento, con il pensiero di Severus in testa e le preoccupazioni per lui, comunque stare in mezzo alla gente non magica era d’aiuto.
In fin dei conti aveva sempre saputo che erano esseri veramente interessanti, in grado di sfruttare le leggi della fisica e della natura a loro vantaggio per ottenere ciò che i Maghi ottenevano con la magia. Quel popolo sterminato e privo di poteri era a volte persino più ingegnoso di quanto si potesse credere. Li ammirava per questo.
Ma non era quello il momento di avanzare certe considerazioni. Aveva aspettato un po’ prima di procedere, per darsi il tempo necessario a prepararsi. Non le sarebbe piaciuto vederlo mentre alzava la bacchetta verso Silente, non le sarebbe piaciuto sentire le parole dell’Anatema mortale uscirgli di bocca, e non le sarebbe piaciuto non poter far nulla per impedirlo…
Stappò la bottiglia di vetro dove luccicava il ricordo di Harry e lo lasciò cadere, fluttuante, all’interno del Pensatoio. Lo vide distendersi e accomodarsi. Ora doveva solo trovare il coraggio di andare…trasse un sospiro e si chinò, lasciandosi inghiottire dal ricordo.
 
Dana stava fissando con occhi impassibili la scena. Harry, invisibile sotto il mantello, stava ascoltando le parole di Draco. Era proprio vero, il ragazzo sembrava essersi reso conto di quello che stava facendo…tutta la tracotanza di certe frasi era, evidentemente, uno scudo per tentare di tenere lontana la consapevolezza del terribile errore che stava commettendo.
Era spaventato, e l’arrivo degli altri Mangiamorte non lo aiutò affatto a tranquillizzarsi. Quando arrivò Greyback, Dana provò l’irrefrenabile impulso di lanciargli addosso un Incantesimo…ma sapeva che sarebbe stato assolutamente inutile. E il tempo stava passando, stavano per arrivare al dunque…
Il suo sguardo non aveva mutato espressione, era ancora dannatamente indifferente, ma dentro di lei stava infuriando la battaglia tra la parte di se stessa che voleva continuare a vedere, per capire, e la parte che avrebbe voluto interrompere subito la visione del ricordo.
Con uno sforzo decisamente eccessivo, riuscì a dominarsi e a rimanere, fino a quando Piton non entrò nella stanza.
Dana non badò a quello che gli veniva detto. Lo guardò solamente, e rimase turbata dalla terribile impassibilità che traspariva dal volto dell’uomo. Era di ghiaccio, come quando dava il meglio di se stesso per tenere celate le proprie emozioni…eccola lì, la sua maschera perfetta.
Poi qualcosa fece gelare nelle vene il sangue di Dana.
"Severus…"
Dana si volse di scatto e guardò Silente. Silente che implorava? No, non poteva crederci. Fu come un campanello d’allarme per lei. Osservò Piton, poi di nuovo Silente, gli sguardi dei due uomini incollati tra loro.
"Severus…ti prego…"
Un brivido le scese lungo la schiena, mentre stringeva le mani a pugno e notava ancora una volta quello sguardo tra i due, quello sguardo cui gli altri Mangiamorte non stavano dando peso.
E negli occhi di Severus vide un carico di odio e disgusto che la lasciò sorpresa, ma non ebbe tempo di pensare ad altro perché lui scagliò la Maledizione, e il corpo di Silente volò fuori dalla torre.
Come al rallentatore, vide lui dare ordini agli altri perché uscissero, e Harry che si riprendeva.
Seguì Harry per il tragitto che lo separava da Piton, mentre continuava ad interrogarsi su quello sguardo di odio e disgusto…era l’unica cosa che non le tornava…quei sentimenti non erano mai stati presenti né nell’anima né nel cuore di Severus nei confronti di Silente…allora verso cosa?
Poi Harry riuscì a raggiungerlo, e lei era dietro il ragazzo. Vide Piton far scappare il giovane Malfoy e poi volgersi verso Harry…l’istinto l’avrebbe portata a frapporsi fra i due, ma non era possibile, purtroppo. La rabbia che Harry provava in quel momento era spaventosa, e tradiva un odio represso troppo grande. E Piton…oh, si, capiva bene perché Harry lo odiava. Se si era comportato sempre così con il ragazzo, allora era comprensibile la posizione di Harry.
Harry, che però era rimasto sordo a certe frasi, a certi sfoghi…
Poi arrivarono altri Mangiamorte, e uno di loro scagliò su Harry una Maledizione Senza Perdono. Dana urlò un "no" con tutto il fiato che aveva, e al suo urlo si sovrappose quello di Severus. Lei si volse di scatto a guardarlo. Stava veramente fermando il Mangiamorte solo per riservare a Voldemort il piacere di torturare il giovane Prescelto? O no?
I Mangiamorte si allontanarono, e Harry tentò di usare il Sectumsempra. In quel momento, a causa di tutto l’odio di Harry, se il colpo fosse andato a segno avrebbe causato danni inimmaginabili.
E la reazione di Severus…Dana trattenne il fiato.
Rabbia…la poteva vedere scolpita in ogni lineamento di Piton. Ma per cos’era? Per chi era? Per Harry? Si…e no.
E di nuovo odio. Già, ma questo Dana doveva aspettarselo. Era piuttosto prevedibile che Severus odiasse Harry, visto quello che il ragazzo rappresentava per lui.
Ma il ragazzo non poteva non aver visto il dolore che traspariva da ogni lineamento di Severus mentre gli urlava contro di non dargli del vigliacco…
Quello era troppo evidente, troppo. Ma forse lo era per lei, che non era accecata dalla vendetta, e che anzi, era lì proprio per cercare di capire Severus. Harry non avrebbe dato peso a quel particolare, non avrebbe notato il dolore, non avrebbe prestato ascolto all’accusa fondata che Severus muoveva verso James, non avrebbe colto nessuno di quei segnali.
Il resto avvenne piuttosto in fretta. Dana strinse le mani quando vide un Ippogrifo avventarsi su Severus, ma non si mosse.
"Cosa nascondi, Severus?" bisbigliò lei, mentre lo guardava fuggire oltre i confini della scuola, oltre quel luogo teatro di eventi che lei ancora non comprendeva fino in fondo.
Il ricordo era finito, e lei si ritrovò nella stanza buia e fredda dell’albergo.
Si aggrappò con le mani al bordo del Pensatoio e sentì le gambe tremare.
"No Dana! Non cedere! Non osare! Non te lo puoi ancora permettere!"
Chiuse gli occhi e respirò a fondo, cercando di calmarsi, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. Scrollò energicamente la testa e strinse ancora il bordo del Pensatoio, sentendo che stava pian piano riappropriandosi delle proprie emozioni.
Aprì gli occhi in un gesto rabbioso e si allontanò di qualche passo dal contenitore di pietra. Aveva la fronte imperlata di sudore e le mani ancora tremavano, ma il suo viso era di nuovo impassibile.
Quello che aveva visto apriva una serie infinita di possibilità, ma una in particolare aveva colpito la sua mente: Silente non implora! Dietro quella frase c’era dell’altro, e lei era quasi certa che in quello sguardo silenzioso tra Silente e Piton vi fosse la chiave per tutto. Due ottimi Legilimens come loro potevano essersi detti molte cose in silenzio e in fretta. Ma cosa?
Possibile che Silente fosse disposto a dare la sua vita pur di permettere a Severus di continuare a fare la spia?
Dana scrollò la testa, dandosi della stupida. No, sarebbe stato decisamente troppo. E poi Silente sapeva che la sua morte sarebbe stata una perdita veramente eccessiva.
Riempiendo i polmoni di aria, e poi respirando con forza, Dana inghiottì ogni sorta di sentimento, lo sciolse nel magma di emozioni che si rifiutava di far uscire. Se lo avesse fatto, sarebbe crollata.
Ma la sua mente era ancora libera da catene e poteva torturarsi con i nuovi elementi raccolti.
"Se non lo avessi visto, non ci crederei fino in fondo…Severus, ma lo odiavi veramente? Non riesco a capacitarmene, non mi pare nemmeno vagamente possibile…eppure quegli sguardi…che altra giustificazione potrebbero avere? Non riesco ad accettarlo, non riesco a rassegnarmi, non voglio lasciarti cadere di nuovo in quel mare di orrore, e nemmeno tu lo volevi, due anni fa! Dannazione a te Severus Piton! Fosse l’ultima cosa che faccio, ti devo trovare!"
 
Dopo un paio di giorni trascorsi a torturarsi con quel ricordo, rivisto almeno cinque volte, Dana decise che era arrivato il momento di concentrarsi su altro, su qualcosa di più attivo. Dopo aver nascosto il Pensatoio e la bottiglia con il ricordo di Harry, lasciò l’albergo e si allontanò dal centro abitato, per poi Smaterializzarsi, benedicendo la nebbia che stava nascondendola. Ricomparve a pochi metri dagli imponenti cancelli d’entrata della tenuta che apparteneva alla famiglia Malfoy. In quel punto c’era meno nebbia…rammaricandosi per quel dettaglio, controllò che non vi fossero Incantesimi all’entrata. Con notevole disappunto rilevò almeno tre tipi di incantesimi…non poteva entrare, non così…
Volse lo sguardo attorno a sé, nella speranza di vedere qualcosa che l’aiutasse a risolvere la questione. Ed eccolo lì, uno dei servi della tenuta, riconoscibilissimo dalla divisa su cui era ricamato in argento lo stemma della famiglia Malfoy.
Dana celò la sua presenza con un Incantesimo e lo raggiunse, seguendolo mentre entrava nella casa. I suoi passi erano silenziosi e discreti, e seguirono il servo a lungo, fino a riuscire ad introdursi direttamente nella casa. Solo allora lasciò l’uomo andare per la sua strada, e lei si scelse da sola il proprio cammino.
Guardandosi attorno con fare circospetto si rese conto di aver fatto una mossa decisamente azzardata, entrando in casa così. Però sapeva di essere celata agli sguardi altrui, e sapeva anche che avrebbe potuto Smaterializzarsi in qualunque momento. I Malfoy si erano lasciati quella via di fuga…
Percorse diversi corridoi, in cerca di qualche forma di vita umana. Deviò le strade di due elfi domestici e di tre servitori, ma non vide Narcissa. Sospirò silenziosamente, posando gli occhi sul mobilio della casa…era tutto incredibilmente lussuoso e ostentato, ma era freddo, impersonale. I suoi occhi individuarono subito una magnifica libreria, alta fino al soffitto, fornita di ogni tipo di testo. Vi si accostò, individuando a colpo sicuro alcuni testi che difficilmente si sarebbero potuti definire innocui, poi passò oltre, notando i ritratti di famiglia.
Quella gente era dannatamente rivoltante, così piena di assurde convinzioni…
Dei passi la distrassero. Erano leggeri e regolari. Poi una voce.
"Grazie per essere venuto." Disse una voce di donna, decisamente gelida "Ma non serviva. Ora sta bene e io …anche. Ce la caveremo. Del resto, ci è sempre stato chiaro il concetto che chi sbaglia paga."
Dana si mosse verso il corridoio e rimase nascosta appena dietro l’angolo.
"Draco deve imparare ancora molte cose. La missione che gli era stata affidata era di estrema importanza, oltre che di estrema difficoltà. Fallire in una simile occasione non è cosa che il Signore Oscuro può facilmente perdonare." Disse con calma una voce che Dana riconobbe all’istante. Qualcosa dentro di lei parve muoversi nervosamente contro le pareti dello stomaco. Cosa ci faceva lì Severus?
"Lo so bene, ma Draco è ancora giovane. Tuttavia non si ripeteranno episodi simili, io e Bellatrix riusciremo a renderlo degno. In fin dei conti è giusto che sia la sua famiglia a fargli da guida." Disse Narcissa, e Dana capì al volo che stava cercando di tenere Severus lontano dal figlio. Ma perché? Sospettava che fosse una spia e non voleva legarsi a lui, o era convinta che fosse veramente il più fedele a Voldemort e stava tentando con un ultimo sforzo di tenere il figlio più lontano possibile dai Mangiamorte? Beh, se per farlo chiedeva aiuto alla sorella…ma forse l’aveva chiamata in ballo solo per dare più peso alla frase.
"Posso capire bene quale sia il sentimento che ti muove ora, Narcissa, ma tieni presente che potrai contare su di me, se ne avrai bisogno."
Quanti significati diametralmente opposti potevano essere attribuiti a quelle parole? Dana cercò di calmarsi, di imporre al proprio cuore di non correre così, ma in quel momento, con negli occhi ancora la morte di Silente, non riusciva a controllarsi del tutto. E non andava bene, perché se Narcissa non era una minaccia, lui poteva esserlo. Avrebbe potuto individuarla, lo sapeva, e se non fosse stato più lo stesso…sarebbe stata la sua prossima vittima, perché non sarebbe mai riuscita ad alzare la bacchetta seriamente contro di lui.
"Lo so, Severus, ma mi sembra di aver chiesto il tuo aiuto già troppe volte. Non voglio abusare ancora di te."
Dana inarcò un sopracciglio. Che frase disgustosamente falsa…
"Come credi." Rispose lui con voce pacata e tranquilla, perfettamente a proprio agio.
Poi Dana realizzò una cosa che la lasciò impietrita. Si era accorta di lui solo perché lo aveva sentito parlare, non perché lo avesse percepito…e anche in quel momento, poteva percepire distintamente l’agitazione di Narcissa, la sua preoccupazione e il mare di incertezza in cui stava affogando, ma di lui non percepiva nulla…
Lo stomaco le si contrasse, mentre si sforzava di sentirlo. Nulla…come morto, gelido, senza il benché minimo bagliore di un’emozione.
Si portò una mano al petto e ringraziò il cielo di non essersi esposta di più, perché l’Incantesimo che la teneva celata alla vista degli altri era complesso, e ora si era spezzato. Come al solito i suoi poteri erano dannatamente legati alle sue emozioni. Ma, maledizione, quello non era il momento per cedere e farsi pescare a casa Malfoy!
Trasse un bel respiro e si impose controllo, poi ripeté l’Incantesimo e la sua figura fu di nuovo protetta.
"Ora ti lascio tornare da lui. Se dovessi cercarmi, sarò a casa mia. In caso di mia assenza troverai Codaliscia. Mi riferirà ogni tuo messaggio."
"Ti ringrazio." Rispose lei, con cortesia moderata, poi lui si Smaterializzò e Narcissa trattenne il fiato. Resistendo all’immane e folle impulso di seguirlo, Dana rimase lì, sentendo la signora Malfoy dirigersi con passo rapido e controllato nella stanza dove si trovava lei. Rimase immobile, mentre Narcissa si avvicinava alla libreria e richiamava con la bacchetta un libro tra quelli più alti. Come aveva detto la ragazza di nome Tonks, Narcissa portava i segni della punizione. Una cicatrice le percorreva tutta la mano sinistra e aveva diversi segni bianchi anche sul collo, che risaltavano con orribile brillantezza sul suo incavato già pallido.
Sfogliò velocemente il testo e trovò quello che cercava, facendo scorrere gli occhi su righe che, evidentemente, non stavano svelandole nulla di gradito. Richiuse il libro con uno scatto secco e lo abbandonò su un tavolino, uscendo poi come una furia dalla stanza.
Mentre le passava accanto, Dana percepì un senso di frustrazione e smarrimento travolgere Narcissa.
La seguì per un po’, vedendola entrare nella stanza del figlio, steso a letto. Sembrava quasi privo di vita…a prima vista si sarebbe detto tranquillamente che fosse stato vittima di troppe Cruciatus, ma poi Dana vide qualcosa che la fece rabbrividire. Sul volto decisamente contratto del giovane Malfoy c’erano i segni evidenti di altro. Un Incantesimo Oscuro, potente, capace di provocare un dolore sordo e persistente molto diverso da quello della Maledizione Senza Perdono. Era apparentemente meno intenso, ma in grado di scoprire ogni nervo del corpo…Narcissa posò una mano sulla fronte del figlio, e lui aprì gli occhi.
"Madre…allora?"
"Sta tranquillo, Draco. Ora so come far passare il dolore…Severus aveva ragione…la Pozione sarà pronta tra poco, abbi pazienza ancora un po’."
"Lui dov’è?"
Narcissa esitò, si stava chiedendo il perché di quella domanda.
"E’ andato via…ovviamente." Rispose, poco attenta a celare la propria sorpresa.
Draco invece si stava rivelando un attore migliore e più capace della madre.
"Avrà avuto da fare." Biascicò, mentre chiudeva gli occhi. Ma era altro che stava pensando. Dana avvertì uno strano tipo di sollievo pervadere il cuore del ragazzo. ‘Per il momento è ancora al sicuro’. Era questo che stava pensando. Ma a chi era riferito?
"E la zia?" chiese ancora il ragazzo, con voce ferma. Dana però percepì la sua improvvisa preoccupazione. Non era ancora del tutto in grado di controllarsi.
"Lei…" Narcissa esitò "Lei non verrà per un po’…credo. Ma non ti devi preoccupare, so già cosa fare, in breve starai meglio."
Il ragazzo annuì e lasciò cadere l’argomento, improvvisamente sollevato da un peso, ma a Dana non fu chiaro di cosa si trattasse esattamente, perché Draco si ritrovò improvvisamente di nuovo vittima del dolore, e nella sua testa non ci fu spazio per nient’altro.
Già, quella Maledizione ti perseguitava per giorni, prima di cessare veramente…
Narcissa invece era un enigma. Qualcosa in quelle settimane l’aveva fatta vacillare, la sua fede in Voldemort era diminuita, ma non lo era la sua paura. Ed era incredibilmente confusa, incerta sul da farsi. Forse troppo.
"Ora riposa. Quando la Pozione sarà pronta, tornerò."
Dana si affrettò a seguirla per non rimanere intrappolata nella stanza.
"Oh, mia Padrona." Squittì un elfo domestico "Abbiamo bisogno di vostre delucidazioni, Signora"
Narcissa ridivenne di ghiaccio e guardò l’elfo senza espressione.
"Arrivo." Sibilò.
Dana scrollò la testa. Non avrebbe ottenuto altro dalla signora Malfoy, per ora. E poi aveva capito quello che le serviva capire. Lasciò che la donna e l’elfo si allontanassero, poi si avviò verso le cucine, ritrovò il corridoio da dove era arrivata e uscì, per poi Smaterializzarsi fuori dalla proprietà.
 
Si era Materializzata senza pensarci troppo davanti alla casa abbandonata dove si erano nascosti Harry e i suoi amici. Perché proprio lì? Ferma impalata di fronte alla casa, con il naso all’insù, gli occhi fissi al cielo scuro, si chiese perché era andata proprio lì, dove viveva una delle persone che più odiava Severus. Eppure, dopo quello che aveva sentito, e dopo la paura presa nel rendersi conto dell’assenza di emozioni in lui…quello era l’unico posto dove voleva essere.
Perché? Perché tentare di riscattarlo con belle parole davanti a Harry forse era più facile che tentare di farlo davvero, di andare da lui (tanto ora aveva capito dove trovarlo) e parlarci, chiedere, implorare se necessario, Schiantarlo e rinchiuderlo da qualche parte fino a riuscire a farlo rinsavire…
Scrollò la testa, rifiutandosi di cedere all’insopportabile pressione la petto che avvertiva ogni volta che ci pensava. Nella sua mente si affacciava prepotentemente la parola ‘disperazione’. Era questo che la attanagliava, e non solo per il semplice e ovvio fatto che odiava essere confusa, ma soprattutto perché aveva una paura folle che lui si fosse perso di nuovo, che fosse ridiventato quello che era stato un tempo, che di nuovo lo avessero travolto i vecchi sentimenti di odio, frustrazione e bisogno di riscatto e vendetta. Era una sensazione insopportabile…non poteva concepire di averlo perso…
"Forza Dana, forza. Ci sono ancora molte cose da scoprire, molte verità da cercare. Non fidarti solo dei tuoi occhi e delle apparenze. Ricorda quanto possono ingannare."
Quindi si mosse verso la casa e, una volta davanti all’entrata, bussò.
 
"Quindi non possiamo sbilanciarci con Narcissa…" bofonchiò Tonks, che era arrivata dai ragazzi proprio pochi minuti prima.
"No, quella donna vuole proteggere il figlio, è chiaro, ma…non sono affatto convinta che sia in grado di fare le scelte giuste. Se credesse di avere più possibilità di salvarlo rivolgendosi di nuovo totalmente a Voldemort, lo farebbe senza esitare." Disse Dana, seduta su una delle poltrone impolverate della casa. Tonks la stava guardando in modo decisamente strano.
"Qualcosa non va?" le chiese con fare gelido. Quando era frustrata rischiava di diventare decisamente maleducata.
Tonks scosse la testa, facendo ondeggiare una chioma di capelli ricci color melanzana.
"No, io sto bene. Sei tu a preoccuparmi. Sembra tu abbia visto un fantasma."
"Mh, è vero…" convenne Hermione "Dana, vuoi qualcosa?"
"No…no, grazie. Sto bene, sono solo un po’ stanca." Rispose Dana, cercando di apparire rilassata, ma nello sguardo che le aveva lanciato Tonks aveva scorto il sospetto. Però non il sospetto che avrebbe potuto rintracciare nello sguardo di Moody o di altri…era un sospetto sul suo stato emotivo. Era così evidente che era sconvolta? Non era affatto un buon segno. Si era addestrata per anni ad essere impassibile, abile a celare ogni sorta di emozione, e ora si tradiva in quel modo infantile e sciocco? No, non doveva succedere.
Un moto di rabbia la pervase, mentre realizzava con lucidità che era tutta colpa di quell’uomo…
Quell’uomo…
"Ha un nome, Dana. Lui ha un nome! Anche se ora è terribilmente doloroso anche solo pensarlo…con Narcissa è sembrato così naturale, così perfettamente a suo agio…ogni traccia mi porta a credere che…oh, ma non lo accetto, assolutamente no! Devo vederci chiaro, devo trovarlo, devo…devo…dovrei cominciare a…ad accettare una simile …ipotesi. No! Maledizione, no!"
"Dana…" Harry le appoggiò una mano sulla spalla.
La giovane donna trasalì e lo guardò.
"Oh, scusate. Oggi non ci sono molto con la testa…comunque, avete avuto modo di trovare altre tracce sugli Horcrux?"
Harry annuì, muovendo qualche passo controllato.
"Forse. Hermione ha trovato un vecchio diario di Corvonero e sostiene che ci siano troppi riferimenti ad uno specchio, per essere casuali. Forse è questo quello che manca…del resto, non ritengo poi così plausibile che Riddle sia riuscito ad appropriarsi di qualcosa di Godrig…"
"Si, in effetti. Del resto, tra le case di Grifondoro e Serpeverde non è mai corso buon sangue, tranne in qualche rara eccezione. Nella mente di Riddle probabilmente era più allettante trovare prima qualcosa legato alle altre case."
"Rimane il fatto che brancoliamo nel buio per quel che riguarda il luogo dove questo specchio possa trovarsi." Ron stava fissando un punto indefinito del tappeto "E poi c’è il medaglione…boh, potrebbe essere ovunque. Dovremmo capire chi lo ha preso veramente…"
Dana si drizzò come un fuso.
"Scusa?"
Harry la guardò sorpreso, poi si rese conto di non averle mai spiegato nulla in merito a quel particolare oggetto. Con poche parole, cercando di non ricordare per troppo tempo quello che era accaduto quella notte, le spiegò del messaggio lasciato da R.A.B.
"Non abbiamo proprio idea di chi possa essere." Sospirò Hermione, stropicciando l’angolo della pagina di un libro.
"Ma lo scopriremo, abbiate fiducia!" esclamò con sicurezza e allegria Tonks.
Harry le sorrise e annuì.
"Beh, di sicuro non rimarremo con le mani in mano! Anzi, a proposito di non rimanere immobili… quel libro che hai portato ad Hermione…non so perché, ma ho il vago sospetto che dietro ci sia lo zampino dell’Ordine."
Harry guardò Tonks con fare divertito e la ragazza ricambiò lo sguardo con un’alzata di spalle.
"Si, Harry. A dire il vero diversi membri sono rimasti ammirati dalla vostra determinazione, e siamo tutti perfettamente consapevoli che siete in gamba, però non possiamo proprio pensare di rimanercene tranquilli e lasciarvi da soli in una situazione come questa. So che non vi piace che vi venga ricordato…ma, in fin dei conti avete solo diciassette anni…"
"E quindi? Siamo in grado di badare a noi stessi!" sbottò Ron. "Hermione è andata a procurarci non so quanti libri di Incantesimi, per farci di nuovo lavorare come pazzi sulla nostra preparazione!"
"E vorrei ben vedere!" sibilò Hermione, mentre lanciava a Ron uno sguardo in tralice "Cosa dovremmo fare? Sperare che quello imparato a scuola ci basti?"
"Beh, certo che no!" ribatté lui, offeso.
"Il libro che vi ho portato vi servirà proprio a questo. È un libro di Magia Bianca avanzata, molto avanzata. Viene usato nel corso di addestramento degli Auror"
Gli occhi di Ron si illuminarono, e Harry si mosse in direzione di Hermione, prendendo tra le mani il libro in questione. La copertina era decisamente logora, ma le pagine all’interno erano quasi perfette, solo un po’ ingiallite.
"L’edizione non è delle più recenti, ma è la migliore in circolazione." Spiegò Tonks, mentre si alzava. La sedia su cui era seduta cadde a terra e lei la risistemò con un gesto stizzito della bacchetta "Scusate…"
A Ron sfuggì un risolino, ma fu subito bloccato da uno sguardo rovente di Hermione, mentre Harry si mordeva un labbro per trattenersi.
"Non saresti nemmeno tu, Tonks, se non fossi così!"
"Si, credo proprio di si!" gli rispose lei, sorridendo. "Ecco, vedi, i primi capitoli sono dedicati a cose che io e Alastor vi abbiamo già insegnato, ma da qui in poi…sono cose nuove. Se per voi non è un problema, potremmo organizzarci e incontrarci un paio di volte alla settimana, per aiutarvi e vedere di mettere in pratica qualcosa. Certo…" si affrettò ad aggiungere vedendo l’espressione di Harry "So che siete in grado di studiare da soli, però questi incantesimi non devono solo essere studiati, ma anche ben gestiti, e serve pratica, molta pratica. Ancor meglio se avete di fronte un avversario fittizio. Noi verremo qui proprio per mettervi alla prova. La vostra preparazione deve essere più completa possibile se volete…beh, vi servirà."
"Vero." Intervenne Dana, che fino a quel momento era rimasta in tranquilla contemplazione.
"Se vi servisse qualcuno per farli allenare, posso farlo anch’io…più si abituano ad avere di fronte avversari, più saranno pronti ad affrontare poi i Mangiamorte."
Tonks parve spiazzata dall’offerta di collaborazione, ma non Harry.
"Mi sembra una buona idea. Del resto, i membri dell’Ordine hanno anche altro da fare. In loro assenza potrebbe aiutarci lei…"
Hermione e Ron annuirono, mentre Tonks si stringeva nelle spalle, indecisa sul da farsi. Infine sorrise e annuì.
"Allora avviserò l’Ordine di tener presente il tuo ruolo. Ora devo proprio andare…tra poco inizia il mio turno di guardia."
Harry annuì e la lasciò andare, poi si volse verso i suoi compagni di avventura e sorrise debolmente, scrutando pensieroso il libro di Incantesimi Avanzati.
"Beh, almeno ora siamo certi che hanno capito quanto facciamo sul serio. E l’idea di riprendere gli addestramenti di quest’estate capita proprio a fagiolo."
"Lo penso anch’io…non siamo poi così preparati…" convenne Hermione, perdendo lo sguardo oltre la finestra.
"Già, ce la siamo sempre cavata, ma con buona dose di fortuna e aiuto, tutto sommato." Concluse Ron, sospirando ed esprimendo un pensiero che, in fin dei conti, era nel cuore di tutti e tre.
"Però il coraggio è il vostro. La capacità di adeguarvi alle situazioni, di far fronte all’imprevisto, la capacità di dare il massimo quando è il caso…" sospirò Dana "Non siete ancora al massimo delle vostre potenzialità, ma avete dalla vostra tutti gli elementi per farcela."
"Grazie per la fiducia." Esclamò Harry, lanciando a Hermione il libro "Forza genietto, stila un programma adatto ai nostri ritmi e tempi! Da domani si ricomincia a lavorare duro!"
Hermione alzò lo sguardo e gli sorrise, divertita e determinata.
"Poi però vedete di non venire a lamentarvi con me perché dovete sgobbare!"
"Harry! Ma sei impazzito?!?!?" squittì Ron "Ma tu te li ricordi i suoi piani per i compiti?"
Harry scoppiò a ridere nel veder la faccia falsamente scandalizzata di Ron, e Dana rise con lui, mentre Hermione, sorridendo, afferrava un cuscino lacero e lo scaraventava con forza contro Ron, che schivò il colpo prima di ridere insieme a tutti gli altri.
 
Dana si guardò attorno leggermente preoccupata…quel posto era un disastro! Hermione forse non conosceva molti Incantesimi di auto pulitura della casa. Quasi con noncuranza, Dana ne scagliò qualcuno a terra e sulle pareti. La carta da parati lacera e sbiadita sparì, portando via con sé buona parte dell’impressione di decadente che aveva la stanza. Il pavimento era scricchiolante, ma solido, e l’Incantesimo di Dana lo ripulì dai centimetri di polvere che lo avevano protetto fino a quel momento. Contro una parete era addossato un vecchio letto a baldacchino, ma mancavano i tendoni e le nappe erano tutte sfilacciate…beh, a quello avrebbe pensato l’indomani. Per fortuna almeno il letto era pulito. Ma non poteva di certo lamentarsi…i ragazzi erano stati molto gentili ad ospitarla lì. Le sarebbero mancati i Babbani, ma quello non era il momento dei rimpianti. Le poche cose che aveva erano già state recuperate, compreso il Pensatoio e il ricordo di Harry.
Aprì la finestra, facendo entrare una folata di vento freddo. L’inverno si stava avvicinando sempre più in fretta, e con lui sarebbero sparite molte ore di luce. Mh, uno scenario non del tutto favorevole per un addestramento, ma forse, tutto sommato, era meglio che i tre ragazzi si preparassero al peggio.
Richiuse la finestra e decise di scendere giù e uscire in giardino. Forse così sarebbe riuscita a calmare un po’ il proprio cuore.
Fuori dalla porta sul retro c’era una piccola panchina in legno, e sembrava fatta proprio per permetterle di rimanere fuori a pensare per tutto il tempo che avesse voluto. Avvolgendosi bene nel pesante mantello di lana, si rannicchiò contro lo schienale scricchiolante e guardò su. La nebbia non lasciava spazio alle stelle…maledetti Dissennatori…ancora un po’ e quella nebbia sarebbe diventata perenne! Doveva ucciderne qualcuno, assolutamente!
"Non riesci a dormire?" disse piano una voce alle sue spalle, facendole fare un salto.
"Oh…Harry…mi hai spaventata!" ammise, mentre si ricomponeva con rapidità sorprendente.
"E non mi hai sentito arrivare?" chiese innocentemente Harry, mentre le si sedeva accanto. Ma nella sua domanda non c’era nulla di veramente innocente, Dana lo capì al volo.
"Non sono infallibile, no. Se sono troppo concentrata su altro non mi accorgo di chi mi sta intorno. Ma se fosse diversamente, credo impazzirei. Un empatico ha bisogno anche di momenti di tregua."
"Posso immaginarlo." Annuì lui, mentre giocherellava distrattamente con la bacchetta e perdeva lo sguardo oltre la cortina di nebbia che avvolgeva la casa.
"Non voglio che tu ti senta obbligata ad addestrarci. Siamo bravi anche da soli…o almeno, sappiamo cavarcela."
"Non mi pesa, Harry. Davvero. E poi sono convinta che, per quanto possiate mettercela tutta, una mano vi serva. Ma ora sono io che devo chiedere una cosa a te. Sei sicuro di voler che sia io ad addestrarvi? Non preferireste un membro dell’Ordine del quale vi fidate?"
"Ci fidiamo anche di te." Disse Harry con voce tranquilla, mentre si volgeva a guardarla.
"Ma non nello stesso modo."
"Ed è proprio per questo che voglio che sia tu a pensare a questa cosa. Voglio conoscerti meglio. Tu sei veramente un mistero" stava parlando sinceramente, pur sapendo che, visti i pericoli che correva ogni giorno, aprirsi con una persona estranea poteva essere anche un grosso errore "Da quando ti ho incontrata non ho fatto altro che chiedermi cosa ti spingesse veramente a fare tutto questo. Ci hai dato delle ottime ragioni, ma sento che c’è dell’altro. Anche per te è una questione personale, vero? Intendo… più di quel che posso immaginare da quello che ci hai detto."
Dana gli concesse un sorriso obliquo e annuì.
"Si. Parecchio più personale, in verità."
"E…hai visto il ricordo?"
"Si."
Harry rimase in silenzio qualche secondo, poi si disse che, se voleva saperne di più, doveva decidersi a farle quella domanda. Ci stava pensando sin da quando lei era arrivata con le notizie su Narcissa.
"E hai trovato qualcosa di interessante?"
Dana lo guardò, rimanendo impassibile e chiedendosi quale significato dovesse attribuire alla frase del ragazzo.
"In verità si…e no. Mi ha fatto venire in mente ancora più dubbi e mi ha dato poche risposte. Però…però qualcosa l’ho notata. Solo che, sai, temo non sia il caso di parlarne."
"E’ per Piton, vero?"
Dana annuì, e dopo pochi secondi si trovò addosso gli occhi verdi di Harry, che stavano scrutandola con tanta determinazione da lasciarla sorpresa, ma ovviamente, non lo diede a vedere.
"Non puoi nemmeno dirmi in che rapporti sei con lui? Faccio veramente fatica ad accettare l’idea che un persona che si sta votando alla nostra causa come fai tu possa aver a che fare con lui."
Dana distolse lo sguardo e rifletté sulla risposta da dare. Dirgli la verità sarebbe stato inutile, almeno per il momento. E forse sarebbe stato pericoloso.
"Harry…un giorno o l’altro, prima che tutto questo sia finito, credo che ti verranno date molte più spiegazioni di quel che credi…ma alcune potrebbero non piacerti. Ora non è ancora il momento. Potrebbero distrarti eccessivamente dal tuo obiettivo."
"Non credo! Distruggere Voldemort è l’unica cosa che mi preme, ora."
"Mh, fidati, ci sono cose che non puoi immaginare…ti distrarrebbero."
Harry fece per ribattere, ma lei lo bloccò alzando una mano.
"Posso dirti però che conosco Severus da molti anni, e che ho avuto modo di conoscerlo bene, forse più di chiunque altro. Credo che solo Silente abbia saputo certe cose su di lui, oltre a me. L’immagine che ho di lui è molto diversa da quella che hai tu. Il problema, ora, è capire se è ancora quello che conoscevo, o se è cambiato…così tanto da tornare ad essere un Mangiamorte."
Avrebbe potuto avere alle spalle anche il doppio della sua esperienza, ma comunque Dana non sarebbe riuscita a mascherare l’amarezza delle ultime parole. Non era possibile mentire, non in quel momento. E Harry non era uno sciocco, sentì il tono che lei aveva usato. Forse fu quello a farlo desistere dal fare altre domande. Rimasero in silenzio per un po’. Poi Harry si alzò e le fece cenno di rientrare.
"Ormai fa freddo…e domani dobbiamo cominciare. Mi dispiace per te, ma dovrai reggere i ritmi del piano di addestramento di Hermione!"
"Mh, vedremo se lei sarà in grado di stare dietro al mio!" ribatté Dana con allegria, facendo strabuzzare gli occhi a Harry.
"Non voglio nemmeno pensare che il tuo programma sia peggiore del suo…quando sono uscito Ron stava tentando di farle capire che non possiamo allenarci per tutte quelle ore nello stesso giorno!"
"Di quante ore si tratta?"
"Otto!" esclamò lui, falsamente scandalizzato.
Dana lo guardò e gli fece l’occhiolino.
"Rimpiangerete i programmi di Hermione!"

 

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Capitolo 5
*** Doti ***


4 Doti
 
 
 
 
 
EDVIGE86. Ciao! E' sempre un piacere che nuove persone mi lascino una recensione! Mi fa piacere che la mia storia ti piaccia, e vedrai che in questo capitolo ci sarà uno sviluppo importante proprio per Ron. Sei arrivata al momento giusto!

 

E finalmente, per la gioia di tutte le sue fans (me compresa), entra in scena Severus, in modo più autentico e più corposo.
Buona lettura e buon anno nuovo a tutti!
 
 
Doti
 
Pigri fiocchi di neve stavano cadendo con costanza, posandosi sulla neve del giorno prima. Il silenzio era quasi palpabile in mezzo a quel boschetto, ma Harry sapeva che avrebbe dovuto essere in grado di sentire anche il più piccolo e impercettibile rumore. Fece levitare a sé un rametto che sporgeva dal tappeto bianco posatosi a terra. Lo scagliò con forza alla sua destra, e lo vide colpito da un fascio di luce rossa quasi subito.
L’avversario aveva capito dov’era. Si premette contro il tronco dell’albero e si guardò attorno. Poteva giocarsi solo una carta…si Smaterializzò e ricomparve dietro il tronco di qualche albero più in là. Ripeté l’operazione diverse volte, ma il rumore che faceva permetteva sempre all’avversario di individuarlo.
"Ma come diavolo fa?!?!" pensò con rabbia, mentre si sentiva in trappola.
Per venirne fuori doveva solo affrontarlo, lo sapeva. Nonostante avesse tentato di evitarlo, ora capiva che non poteva fare nulla di diverso. Strinse la bacchetta e abbandonò il tronco dell’albero, proteggendosi subito con un Incantesimo Scudo che rispedì al mittente un Incantesimo di ostacolo. Ron volò a terra, colpito dalla forza del suo stesso Incantesimo, ma non si fece cogliere troppo impreparato, rotolando subito su se stesso ed evitando il secondo Incantesimo di Harry.
Ora erano uno di fronte all’altro, la bacchetta puntata e lo sguardo fisso. Harry fece per scagliare un Incantesimo Non Verbale, ma Ron lo precedette e lo deviò con sicurezza preparandosi alla controffensiva. Harry però ormai si era abituato a quella strana capacità di Ron, ed era riuscito a mascherare i propri pensieri quel tanto che gli bastò a disarmare l’amico.
"Ben fatto! Sbaglio o questa volta siamo riusciti a controllare i nostri pensieri, signor Potter?" chiese allegramente Dana, seduta su una piccola seggiola che aveva fatto comparire dal nulla per osservarli combattere.
"Si… in effetti…" ammise Harry, arrossendo leggermente. Era così evidente che gli risultava difficile controllare i propri pensieri? Oh, ma in effetti lo sapeva già, era un pessimo Occlumante.
"Però Ron sta diventando quasi pericoloso! Questa sua strana capacità di capire sempre in anticipo cosa voglio fare mi spaventa!" disse, mentre si portava istintivamente una mano al fianco destro, dove uno degli Incantesimi dell’amico aveva centrato il bersaglio.
"Ti fa male?" chiese Ron, avvicinandosi con l’aria di chi si sente terribilmente in colpa.
"No, tranquillo. E poi mi pare che anche i tuoi capelli non se la passino tanto bene." Ridacchiò Harry, mentre Ron si portava in fretta una mano al ciuffo bruciacchiato che gli stava alzato sulla testa.
"Si, bravo! Ricordami pure che sembrerò un porcospino per diverse settimane!" borbottò Ron, mentre Hermione soffocava una risata.
"E tu cos’hai da ridere?"
"Oh, nulla." Rispose lei con tranquillità, mentre si avvicinava a loro. "Harry, forse dovresti lasciare che Dana dia un’occhiata al tuo fianco."
Ron la fulminò con lo sguardo, ma lei diede segno di non avvedersene.
"Si, forse più tardi. Prima però ceniamo, vi prego…non ne posso più dalla fame."
"Harry ha ragione." Intervenne Dana "Prima sarà meglio pensare alla cena. Chi ha il turno stasera?"
Hermione sbuffò e lanciò un’occhiata a Ron.
"Io e lui…"disse, mentre si avviava verso la casa, facendo sciogliere la neve davanti a lei con la bacchetta.
"Oh, dillo pure con meno allegria, sai! Altrimenti rischio di farmi strane idee!" saltò su Ron, mentre le stava dietro, ancora con la mano appiccicata al ciuffo di capelli che Harry gli aveva bruciacchiato.
"Non essere sciocco! Il problema è che tu sei un disastro in cucina!"
"Si, parla la cuoca provetta. Sbaglio o l’ultima teglia di pasticcio alle verdure è finita tutta br…"
"Ronald Weasley! Se tu non ti fossi allontanato dal forno…"
"Quindi è colpa mia se si è bruciata"
"Certo!" esclamò indignata Hermione.
Harry rimase fermo a guardarli per un po’, giusto il tempo di frapporre tra lui e loro quel minimo di distanza di sicurezza che gli avrebbe evitato di essere eventualmente chiamato in causa in qualche modo da uno dei due.
"Se hanno ancora tutte quelle forze per litigare, allora non vi sto facendo lavorare troppo!" disse Dana, seguendo Ron e Hermione con lo sguardo.
Harry si volse verso di lei così in fretta che il fianco gli fece male.
"Non è così!" assicurò con aria sicura, stappando a Dana una risata. Ogni tanto ci riusciva…
"No, davvero! Non aggiungere ancora ore di allenamento, o finiremo con lo schiattare! Direi che sette al giorno sono più che sufficienti!"
"Mh, si, credo abbia ragione tu… e poi, in due mesi avete fatto veramente molti progressi. Sono contenta di questo."
Harry sorrise e si avviò verso casa.
"Moody un po’ meno! Ti ricordi che faccia ha fatto la scorsa settimana, quando è venuto ad esaminarci?"
"Si…credevo gli sarebbe preso un colpo…" rispose lei con leggerezza. "Deve bruciargli parecchio il fatto che una come me riesca ad aiutarvi concretamente…"
Harry rimase un attimo in silenzio, poi emise un sospiro.
"Non si tratta di te, lo sai. Sono le esperienze passate a bruciargli. E non credo che sia l’unico a provare un sentimento simile."
Dana annuì, cercando di far stare calmo il suo cuore. Cosa doveva aspettarsi di diverso da loro? Dopo quello che era successo a Silente…
"Capisco, ma io sono Dana, nessun altro." Disse lei, con voce atona.
"Lo capirà, prima o poi. Ne sono certo. E poi vedere i risultati concreti che ci stai facendo ottenere dovrà pur valere a qualcosa? O no?"
"Dici? Harry…veramente credi basterà? A volte è difficile, sai, riuscire a far tacere quello che proviamo intimamente, nel bene e nel male. Ci condiziona sempre. Tutto quello che possiamo fare è imparare a controllarci, perché poche volte siamo veramente in grado di essere tanto aperti da capire veramente come sia un persona, al di là dei nostri pregiudizi e convinzioni."
Harry si volse e non ebbe esitazioni a guardarla in faccia. Quello che aveva detto era vero. E, del resto, lui avrebbe mai potuto controllare la sua diffidenza verso il Ministro o il suo odio verso Piton, per non parlare di quello per Voldemort? Ma quelle erano situazioni diverse. Dana stava parlando della quotidianità.
"Dici così per il fatto di essere stata marchiata? E di averci dovuto fare i conti?"
"Anche… A scuola ero l’unica a non poter andare a nuotare con le amiche. Nonostante tutto, il Marchio finiva con il vedersi, e anche se alla fine ho imparato a nasconderlo, non ero ansiosa di ritrovarmi con addosso la nomea di Mangiamorte…oh, non che nella mia Casa avrebbe creato troppo scandalo, bada bene, ma…ho sempre odiato le etichette imposte dagli altri. Volevo essere solo me stessa, o comunque essere io a determinare come gli altri mi vedevano."
"E non è la stessa cosa?"
"No. Non per me. Sono…piuttosto brava a recitare, Harry. È inevitabile per un empatico."
"Però non mi pare una cosa… insomma, trasparente" Ragionò lui, mentre si avvicinavano sempre più alla casa.
"Non lo è se si è convinti che sia giusta solo la spontaneità, ma a volte è bene sapersi controllare. Senza contare che, a volte, quando attorno a me avevo persone particolarmente frustrate o di cattivo umore (ed erano parecchie davvero) rischiavo di diventarlo anch’io. E la frustrazione non è una cosa che mi appartiene. Quindi, per proteggermi ho dovuto imparare a crearmi una maschera."
"E poi, con il tempo, è diventato normale comportarsi come la maschera." Concluse Harry.
"Si, normale, e indubbiamente utile."
"Credo sia un po’ la caratteristica di quelli della vostra casa, o almeno di quelli che si distinguono dagli altri, in un modo o nell’altro."
Dana annuì e di nuovo si impose di stare calma, di non pensare troppo al riferimenti implicito a Severus che c’era tra le parole di Harry. Era vero che era brava a recitare. Sapeva controllarsi, e sapeva essere esattamente ciò che le era più necessario sul momento, ma c’era una cosa che riusciva sempre a farla vacillare. Era stato così fin dall’inizio, e quella sua condizione non sarebbe mai cambiata. Severus sarebbe sempre stato il suo punto debole.
"E di Ron cosa mi dici?" chiese all’improvviso Harry, incapace di stare in silenzio. Anche lui aveva pensato a Piton, ma in termini decisamente opposti a quelli di Dana.
"Cosa intendi…"
"Dana, avanti! Non sono uno stupido! Ron riesce a capire sempre quello che penso e a prevedere le mie mosse prima che io riesca ad aver fatto nulla…il commento che hai fatto prima è stato indicativo, anche se avevo già notato il modo in cui lo tieni d’occhio. Di cosa si tratta?"
Dana sorrise, divertita e compiaciuta. Era dannatamente sveglio.
"Forse sta sviluppando propensione naturale per la Legilimanzia, ma non ne sono ancora certa. Vorrei provare ad addestrarlo un pochino, giusto per capire quante capacità abbia, ma prima credo sia meglio parlarne alla McGranitt."
Harry annuì e aprì la porta della casa, dove Ron e Hermione stavano preparando la cena.
"No!" sbottò Hermione "Quante volte te lo devo dire?!?! Basta sale! Ci vuoi far morire tutti?"
"Sei noiosa, sai? Questa roba non sa da nulla!"
Harry sospirò e Dana lo guardò con l’aria divertita.
"Si decideranno mai?" Chiese la donna, mentre lanciava un’occhiata furtiva dentro la cucina.
"Non so…ma a volte mi chiedo se sarebbe un bene o un male…insomma…litigano sempre!"
"Pare che le coppie più durature nascano proprio così…" commentò amaramente Dana, mentre faceva segno a Harry di seguirla.
"Avanti. Approfittiamo del tempo che ci rimane per dare un’occhiata al tuo fianco."oi vedere i risultati concreti che ci stai facendo ottenere dovrà pur valere a qualcosa?"!"rebbe evitato di essere eventualment
 
Si erano riuniti attorno al caminetto poco dopo la fine della cena. Dana e Hermione si erano come sempre impadronite delle poltrone verdi, così Ron e Harry dovettero sedersi sul tappeto.
"Amico, qui la cavalleria c’entra poco…perché ho come l’impressione che queste due si divertano a farci stare sul tappeto?" bofonchiò Ron, lanciando sguardi di fuoco a Hermione.
"Posso solo ipotizzare…" sospirò Harry "Ma devo ammettere che tu un pochino te lo sei meritato."
"Cosa? E quando?" chiese offeso Ron, mentre si voltava di scatto verso Harry.
"Se non ricordo male, l’hai chiamata Miss Perfettini anche questa sera. Se non sbaglio era la settima volta in tutto il giorno…siediti sul tappeto e stai buono!"
Ron si incupì e incrociò le braccia, fissando il fuoco.
Dana aveva fatto comparire i libri che avevano studiato fino a quel momento. Avevano esaurito praticamente quasi tutto il programma di addestramento degli Auror, e il libro che aveva dato loro Tonks si era rivelato terribilmente utile. Dana aveva analizzato a lungo tutti gli Incantesimi e le formule, e aveva fatto una selezione di quelli più importanti e di quelli da imparare in un secondo momento. Tonks era stata d’accordo con la scelta fatta ed era andata da loro per tre volte alla settimana durante il primo mese. Poi però non era più potuta andare e Harry l’ultima volta l’aveva vista molto preoccupata. Forse era successo qualcosa a Lupin. La sola idea lo faceva agitare ancora, ma se fosse morto qualcuno li avrebbe sicuramente avvisati. Per il momento, nessuna nuova buona nuova.
"Ragazzi, direi che potremo concentraci sugli Incantesimi di gruppo d’ora in poi, che dite?"
"Di gruppo?" chiese Hermione, drizzandosi sulla poltrona "Stai parlando degli Incantesimi Scudo di livello superiore e degli Incantesimi Potenziati?"
Dana volse lo sguardo sulla ragazza e la fissò in silenzio per un attimo.
"Ma quante volte hai letto quei libri?"
Hermione arrossì appena e attese la risposta alla sua domanda.
"Si, in effetti vorrei che imparaste a creare attorno a voi una barriera protettiva."
"A che scopo?" chiese Harry, improvvisamente interessato.
"Se vi dovessero attaccare in troppi, sarebbe stupido combatterli. E potrebbe essere che vi impediscano di Smaterializzarvi, quindi dovrete proteggervi il più a lungo possibile, in attesa di rinforzi."
"E questi rinforzi come potrebbero sapere che abbiamo bisogno di aiuto?" chiese Ron, accigliato.
"Grazie ai vostri Patronus. L’incantesimo Scudo fatto in questo modo permette che attorno a voi si crei una barriera che vi protegge dagli Incantesimi lanciati dall’esterno, ma voi potreste far uscire il vostro Patronus."
"Wow! Decisamente utile!" esclamò entusiasta Ron, mentre Harry rifletteva.
"Sarebbe utile anche nel caso ci fossero feriti…" ragionò.
"Infatti quello è il suo primo scopo; proteggere i feriti."
"Allora direi che dobbiamo impararlo. E gli altri?"
"Beh, intanto pensiamo a questo. Dovrete imparare ad eseguirlo in modo tale da far convogliare le vostre energie magiche nello stesso Incantesimo, e sarà piuttosto complicato. La potenza magica di una sola persona lo renderebbe abbastanza forte solo se la persona in questione possedesse un potere fuori dall’ordinario, quindi dovrete sempre essere almeno in due per usarlo efficacemente. Questo è il suo limite"
"Che peccato." Commentò Hermione, accoccolandosi sulla poltrona.
"Già."
Calò un meraviglioso silenzio, mentre Dana continuava a sfogliare le pagine del libro di Magia Bianca Avanzata.
In verità un Incantesimo simile, eseguibile tranquillamente da una persona sola, esisteva. Però era di Magia Nera. Aveva discusso a lungo con i ragazzi e alla fine li aveva convinti del fatto che imparare le Arti Oscure non fosse una buona idea. Per gestire quegli Incantesimi bisognava essere disposti ad accettare quello che la Magia Nera rappresentava. Harry stesso aveva dovuto ammettere che, nonostante l’odio provato verso Bellatrix, non era riuscito a scagliarle addosso una Cruciatus decente, al Ministero. Eppure lui avrebbe dovuto presto imparare l’Avada Kedavra, altrimenti non avrebbe avuto alcuna possibilità contro Voldemort. Ma quello era un altro problema. Dana era convinta che, al momento giusto, Harry avrebbe trovato la forza per scagliare quell’Incantesimo.
Però tutto il resto della Magia Mera era stato bandito dall’addestramento. Le uniche cose che aveva loro insegnato erano alcuni Incantesimi tendenzialmente meno offensivi che aveva rintracciato nel libro di Pozioni Avanzate del Principe.
Rileggere quel libro era stata una sofferenza…ci aveva studiato anche lei perché Severus aveva voluto così, quando aveva iniziato il suo sesto anno di scuola. Se la ricordava ancora la scena del gufo di famiglia planare delicatamente sul tavolo della cucina e lasciarle la lettera di Severus. Le diceva di non comprare Pozioni Avanzate. Le era parso strano che le scrivesse, e per di più che le dicesse di non comprare un libro che poi avrebbe dovuto usare durante le sue lezioni, ma non si fece domande. Nascose la lettera per evitare che la madre la trovasse e non comprò il libro. Durante il primo giorno di scuola lui l’aveva raggiunta subito, badando bene di non farsi vedere dagli altri insegnanti, e le aveva dato il libro senza troppi convenevoli. Aveva scoperto subito che era stato suo. Del resto, era empatica. Però nonostante la sua empatia, non aveva ancora capito perché lui avesse voluto farla studiare lì.
Era cominciato tutto così, con l’abitudine di prestarle libri su libri, spesso su richiesta della ragazza. A Hogwarts non c’erano libri di Magia Nera, ovviamente, ma nella libreria personale di Severus qualcuno c’era ancora, anche se la copertina era stata accuratamente trasfigurata.
In un anno e mezzo li aveva letti tutti e aveva imparato un sacco di cose…già, solo un anno e mezzo, perché poi, negli ultimi mesi di scuola…
"A proposito!" esclamò Harry, ridestando tutti i presenti dai loro pensieri. "Hermione, hai più trovato indizi su quel diario di Corvonero?"
Gli occhi della ragazza si dilatarono un attimo, poi assunsero un’aria sconsolata e scrollò la testa.
"No Harry, mi dispiace. Sto rileggendolo per la terza volta, e continuo a trovare strano che ci siano tutti quei riferimenti a cose che si rispecchiano e che riflettono, ma non dice mai nulla di esplicito…"
"Rimaniamo allora alla tesi dello specchio?" Chiese Ron, guardando Hermione.
"Si, almeno per il momento. Ci servirebbe qualcos’altro su cui indagare. Però a scuola tutto quello che c’era lo aveva già studiato Silente…non so che dire."
"E non potrebbe essere che Corvonero abbia intenzionalmente scritto così il diario, per permettere solo a qualcuno della sua casa di trovare il suo cimelio?" chiese Dana.
"Si, potrebbe…ma allora dovrei chiedere a Vitious…"
"No, puoi farlo benissimo anche tu." La interruppe Harry "Sbaglio, o il Cappello Parlante aveva inizialmente pensato di metterti a Corvonero?"
"Si…in effetti si, però poi ha preferito Grifondoro."
"Sta di fatto che in te deve aver rintracciato qualcosa di Corvonero. E, a sentire quel che dicono di quella Casa, credo che si tratti dell’ingegno." Disse Ron, fissando di nuovo il fuoco.
Hermione lo guardò un po’ sorpresa e annuì appena, ma poi lanciò a Harry uno sguardo perplesso.
"Ci sto provando, davvero…"
"Non lo metto in dubbio, Hermione. Vorrà dire che faremo in modo di procurarci altri indizi." Disse Harry, con decisione.
"E come?"
"Forse posso pensarci io…tra tre giorni devo incontrare la McGranitt a Hogsmeade. Potrei chiederle di cercare ancora tra i libri della scuola o tra altri che possa ritenere utili."
"Devi trovarti con la McGranitt?" chiese Harry, sorpreso "E quando pensavi di dircelo?"
"Ora." Rispose tranquillamente Dana.
"Prova a chiederle di darti Storia di Hogwarts. L’ho già letto, ma all’epoca di certo non cercavo indizi per rintracciare un Horcrux…"
"Va bene, vada per Storia di Hogwarts. Ora, se non vi dispiace, io vi lascio. Sono piuttosto stanca."
"Buonanotte allora." Disse Hermione, sorridendole.
Dana annuì e si allontanò. Mentre saliva le scale, si ritrovò a sospirare e, una volta in camera, si sedette sul letto e prese tra le mani il libro del Principe. Lo fissò per qualche secondo con sguardo vacuo, poi si scrollò, allontanandolo dalla sua vista. Stava diventando sempre più difficile controllarsi, e soprattutto controllare quello che provava. Ormai era sufficiente che Harry alludesse a lui o che si parlasse di Horcrux perché lei si ritrovasse a pensarlo.
"Non vedo l’ora che finisca tutto…ogni volta che penso a dove sei ora, a come stai, a cosa stai facendo… sento mancarmi il fiato, tutto diventa intollerabile e fastidioso…mi viene voglia di rompere qualcosa, di urlare… Non posso accettare l’idea che tu sia di nuovo uno di loro…oh, ti prego, fa che quello che ho avvertito a Diagon Alley fosse vero! Ti prego! Fa che fosse lui, e che volesse far trovare a Harry l’Horcrux…per distruggerlo e combattere Riddle, ti prego"
Il pensiero doloroso e bruciante che fosse solo una sua vaga speranza la sopraffece prepotentemente come sempre. Perché si conosceva bene, sapeva di non aver sbagliato nell’avvertire quell’emozione e nell’aver individuato il suo proprietario, ma sapeva anche molto bene che un Mangiamorte può giocare strani scherzi pur di avere un proprio tornaconto, e se lui era ridiventato un Mangiamorte allora avrebbe potuto benissimo aver seguito Harry per un altro motivo, e gioito per ragioni oscure e a lei ignote. Sospirò di nuovo e sperò con tutto il cuore che quello stato di incertezza durasse ancora poco. Odiava l’incertezza.
 
Si era dimenticata di quanto potesse essere chiassosa Hogsmeade durante il fine settimana. Le vie erano invase da decine di studenti decisi a distrarsi dallo studio e dalle preoccupazioni. Sembrava quasi che nemmeno il pensiero dei Mangiamorte potesse fermarli. Scansò un gruppo di Tassorosso troppo preoccupati dei propri acquisti per notarla, e si avviò a passo svelto verso i Tre Manici di Scopa. Non entrava dentro quel locale da diversi mesi ormai, e l’allegria di Madama Rosmerta le mancava. Pensare che era stata usata da Malfoy…
Poco prima di intravedere l’insegna del locale, Dana notò dall’altra parte della strada una ragazza con non più di sedici anni e i capelli rosso fuoco. L’aveva intravista diverse volte tra i pensieri di Harry. Non che andasse a ficcanasare tra gli affari del ragazzo, ma capitava che lui pensasse così intensamente a quella giovane da rendere piuttosto facile a Dana il vederne l’immagine. Ginny Weasley, se non aveva capito male.
Vicino a lei c’era un ragazzo dalla faccia tonda. Neville. Somigliava molto ai suoi genitori. Dana scrollò la testa e si ricordò che per loro non poteva fare nulla. Ci aveva provato, aveva fatto ricerche su ricerche, ma la pazzia da Cruciatus era irreversibile.
Con loro c’erano altre persone cui Dana non seppe associare un nome. Erano un gruppo tutto sommato ben nutrito e formato da membri di Case diverse. Beh, i Serpeverde spiccavano per la loro assenza…ma questo era ovvio.
La ragazza dai capelli rossi però all’improvviso la notò e parve rimanere un attimo sorpresa. Dana la guardò con fare tranquillo, e capì al volo che la Signora Weasley doveva aver parlato alla figlia del nuovo acquisto dell’Ordine. Ginny piegò appena la testa di lato e fece scivolare la mano in tasca, probabilmente alla bacchetta, ma non disse nulla agli altri. Lo sguardo che le stava rivolgendo non era ostile, non del tutto almeno. Dana ebbe l’impressione che volesse dirle qualcosa, così l’accontentò. Sapeva che era giocare scorretto…ma era pur sempre Dana!
"Sbaglio o stai cercando di farmi capire qualcosa?"
Il fatto che Ginny stesse volontariamente mantenendo il contatto visivo le rese le cose piuttosto semplici. Ginny sobbalzò appena quando sentì una voce estranea entrarle nella testa, ma non distolse lo sguardo.
"Guai a te se gli succede qualcosa." Pensò la giovane dai capelli rossi, e Dana inarcò le sopracciglia. Era per Harry allora…
"Non gli accadrà nulla."
Ginny non rispose, continuò solo a guardarla in quel modo per qualche secondo, poi distolse lo sguardo e fece finta di nulla, prendendo sottobraccio una giovane dall’aria un po’ svagata e indicando la vetrina di Zonko.
"Però! Che tipino! Del resto, non potrebbe essere diversamente se Harry ne è innamorato, no?"
 
La McGranitt la raggiunse davanti al locale di Madama Rosmerta, avanzando con qualche difficoltà, vista la quantità incredibile di neve caduta in quei giorni.
"Non entrare. Non dobbiamo andare lì." Le aveva detto, non appena l’aveva vista.
"Mh, buongiorno anche a lei!" esclamò allegramente Dana, fissando con aria divertita la Preside, che le rivolse un’occhiata in tralice e un mezzo sorriso.
Dana se ne sorprese, perché sapeva bene come Minerva riservasse a poche persone quello sguardo. Aveva deciso di fidarsi di lei? Strano, alla riunione tenutasi due mesi prima era parsa non del tutto convinta.
"Dobbiamo andare alla Testa di Porco." Detto questo si avviò verso il locale, con Dana che la seguiva in silenzio.
"Come mai proprio in quel locale?" chiese Dana, ricordando a se stessa quante sventure erano state causate da un incontro avvenuto in quel locale.
"Perché devo parlare con una persona." Rispose asciutta la McGranitt.
"E lo fa davanti a me? Dunque ha deciso di fidarsi…quasi non ci credo…"
Minerva McGranitt si bloccò di colpo e si volse a guardarla.
"Ci sono novità, Dana, e credo che per chiarirle anche agli altri membri dell’Ordine avrò bisogno del tuo aiuto…non sarà facile…ma non chiedermi di parlartene ora, perché non è il luogo adatto e di sicuro non è il momento."
Detto questo, ricominciò a camminare, rimanendo in silenzio fino davanti al locale. Dana lanciò un’occhiata perplessa all’insegna penzolante e ai vetri sporchi, poi sospirò e seguì la McGranitt dentro il Pub. Andarono direttamente al bancone e si sedettero su due sgabelli alti, mentre il gestore del locale faceva una smorfia e spariva oltre una porticina minuscola. Di lì a poco tornò indietro, seguito da un vecchio alto e magro, dall’aria un po’ svampita ma con gli occhi brillanti e vispi; era una contraddizione vivente, o almeno così parve a Dana. A vederlo, lo si sarebbe potuto giudicare un vagabondo capitato lì per caso, ma dietro quegli occhi chiari e vispi era celata un’intelligenza notevole.
"Posso servirvi?" esordì l’uomo, guardando con aria allegra le due donne.
"Per me un Wisky Incendiario."
"Una Burrobirra." Disse Dana, lanciando di sottecchi uno sguardo alla McGranitt.
L’uomo si barcamenò con difficoltà tra bicchieri e bottiglie, muovendosi con goffaggine, per poi portare loro quanto chiesto. I suoi movimenti erano strani, e Dana si chiese se fossero naturali o solo simulati.
Aveva posato i bicchieri davanti a loro, preoccupandosi di mettere i sottobicchieri. Senza gesti bruschi, e anzi, apparentemente senza aver fatto nulla, la McGranitt li fece sparire dentro la sua manica, e Dana le lanciò uno sguardo neutro. Cosa stava facendo? Qualunque cosa fosse, decise che era meglio assecondarla; probabilmente la persona che aveva detto di dover incontrare era proprio quello strano vecchio.
Riflesso nello specchio dietro il bancone Dana vide qualcuno osservare la scena, e decise che forse era meglio sfoderare la sua famosa abilità recitativa, solo per sicurezza.
"Mh, questo posto è decisamente meno affollato che i Tre Manici di Scopa…meno male…avevo già un gran mal di testa…allora, come procedono le cose a Hogwarts? Spero che la riapertura non le abbia causato troppi problemi."
La McGranitt la fissò sorpresa, ma solo per un attimo.
"Tutto sommato credevo peggio. Pare che molti genitori abbiano istruito i figli in modo tale da farli sentire autorizzati ad usare la magia per difendesi anche all’interno della scuola…"
"Dal tono in cui lo dice sembra che le dispiaccia. Ma non è forse meglio così?"
"Spiegalo a Lumacorno che si ritrova quotidianamente con qualcuno della sua Casa colpito da Maledizioni Orcovolanti e Tarantelle!"
"Se la stanno prendendo con i Serpeverde?"
"Si…e devo dire il vero, se non ci fossero i ragazzi delle ES molte cose ci starebbero sfuggendo di mano…"
"Ma…non era il gruppo di resistenza alla Umbridge?"
"Si. È stato ricostituito da alcuni alunni del sesto e del settimo anno. E ci stanno veramente aiutando. All’inizio credevo che anche loro si sarebbero fatti prendere la mano, ma mi sono dovuta ricredere subito. Quella ragazza si sta rivelando veramente un osso duro…" commento la McGranitt accennando un sorriso di approvazione.
"Chi? La Weasley?"
"Vedo che le notizie volano!"
Dana si limitò a sorridere. Si, era evidente che quella ragazza era un osso duro.
"E cosa fanno allora? Cercano di tenere calmi gli animi?"
"Di meglio. Stanno cercando di far capire che il problema vero, la causa di tutto, è Tu-Sai-Chi, e che attaccare i figli dei Mangiamorte non è di alcuna utilità, se non quella di aumentare il divario tra loro."
"E’ una scelta piuttosto coraggiosa…" ammise Dana, ammirata per lo spirito di questa famosa Ginny. Avrebbe voluto conoscerla.
"Si, molto." Sospirò la McGranitt.
"Senta, io avrei bisogno di chiederle una cosa…" disse Dana, poco qualche istante.
La McGranitt la guardò con fare penetrante, e Dana le sorrise, rassicurandola.
"Sa mio fratello…quel birbone dai capelli rossi…"
La Preside capì al volo e annuì.
"Pare abbia sviluppato doti di Legilimens…cosa ne pensa del fatto di insegnargli qualcosa? Sono convinta che potrebbe tornargli utile, ma è una dote che comunque espone a dei rischi. Come educatrice cosa ne pensa?" chiese con aria innocente, incrociando le dita e posandoci il mento.
Era estremamente divertente parlare in codice, e avere davanti un’interlocutrice acuta come la McGranitt rendeva tutto decisamente facile.
"Tuo fratello dovrebbe capire esattamente quali sono i rischi di quest’arte. Sai bene anche tu che dovrà imparare anche a chiudere la propria mente, quando è il caso…però credo che la scelta debba spettare a lui. Se ha chiaro quali siano i rischi e decide di imparare lo stesso, allora troverà anche le capacità per far fronte alle difficoltà."
Dana annuì, afferrando al volo. Era quello che aveva pensato anche lei, ma la McGranitt aveva decisamente più esperienza di lei sui rischi che doveva correre un membro dell’Ordine, quindi era la persona più indicata per valutare cosa fosse meglio fare con le doti di Ron.
Con noncuranza, la giovane guardò di nuovo allo specchio. Le loro chiacchiere avevano deviato l’attenzione.
"Dana…"
La giovane donna vide la McGranitt far comparire un pacco da sotto il mantello, e fu svelta nel far finta di lasciarsi cadere di mano i guanti.
"Oh, che sbadata." Sospirò, chinandosi per raccoglierli, mentre il pacco scivolava sotto il suo mantello.
"Sono proprio un disastro!"
"Può capitare" rispose la McGranitt, finendo il suo Wisky. "Tra poco cominceranno le vacanze di Natale. Penso che per qualche giorno tutti noi andremo a rilassarci, ma poi mi piacerebbe tanto che tu venissi a farci visita. Passare le feste tutti insieme sarà decisamente interessante."
Dana la guardò, riuscendo a dissimulare la sorpresa.
"Certo, molto volentieri!" esclamò sorridendole.
"Bene allora. Ti manderò un invito più preciso." Concluse la donna, lanciandole uno sguardo significativo.
"La ringrazio. Ora però credo si sia fatto tardi. Sarà meglio che andiamo."
"Si, penso anch’io."
 
"Stai scherzando? È di questo che si tratta?" chiese Ron, meravigliato, mentre Dana si slacciava il mantello e posava il pacco che le aveva dato la McGranitt a terra.
Riuniti di nuovo attorno al caminetto, stavano guardandola tutti e tre, ma solo Hermione e Ron erano stupiti. Hermione pareva decisamente preoccupata da quella notizia, tanto che non notò il pacco. Ron invece si dimostrò entusiasta.
"Si. La tua è predisposizione alla Legilimanzia, ne sono certa. Il punto è che, se deciderai di farti insegnare come sfruttarla, dovrai essere anche in grado di proteggerti. Non puoi imparare solo a leggere nella mente degli altri, altrimenti potresti finire con il trasmettere loro i tuoi pensieri."
"Me ne rendo conto. Dovrò imparare anche l’Occlumanzia."
"Si. Desolata, ma i tuoi allenamenti subiranno un incremento notevole."
"Pazienza. Se posso essere utile, ben venga!" esclamò il ragazzo, sfoderando un sorriso a trentadue denti.
"Ora non vantarti troppo!" lo ammonì Harry, con un sorriso e una pacca sulle spalle.
"Aspetta e vedrai tu! Dopo questo, ti batterò di sicuro in combattimento!"
"Non sperarci!" ribatté deciso Harry, mentre Hermione alzava gli occhi al cielo.
"E, scusate, io dove verrei messa? Vorrei ricordarvi che mi devo allenare anche io!"
"Beh, lo fai sempre, no?"
"No! Riesco a farlo decentemente solo con Harry e con Dana. Con te non c’è verso! Mi eviti sempre e non mi fai provare! Ronald Weasley, se userai la Legilimanzia per ostacolarmi ancora di più…"
"Io non ti ostacolo!" sbottò lui, voltandosi di scatto.
"Allora come mai anche oggi hai scagliato si e no tre Incantesimi contro di me? Come credi che potrò difendermi di fronte a un Mangiamorte se non mi alleno come voi?"
Dallo sguardo che Harry le indirizzò, Dana capì che non era la prima volta che i due affrontavano la questione, e lei sapeva bene che Hermione aveva tutte le ragioni del mondo, ma non le era chiaro come una ragazza sveglia come lei potesse farsi simili domande. Era così evidente il perché Ron non la affrontava mai…
"Te la cavi benissimo!" ribatté Ron, volgendosi di nuovo verso il fuoco e incrociando le braccia.
"Beh, io avrei anche questo da consegnarvi." Esclamò allegra Dana, apparentemente incurante dello stato degli animi presenti.
Allungò verso Hermione il pacco di libri, e la ragazza lo prese senza entusiasmo, scartandolo. Fece scorrere gli occhi sui titoli dei tre volumi che la McGranitt aveva mandato loro.
"Ce n’è uno utile per gli allenamenti…è tutto sugli Incantesimi Scudo…incredibile!" esclamò, riprendendosi un pochino.
Poi tra le mani le scivolarono un paio di fogli.
"Qui c’è scritto ‘Scoprimi’…cosa vorrà dire?"
Dana si alzò dalla poltrona sulla quale si era appena seduta e raggiunse Hermione.
"Quei due erano i sottobicchieri che quello strano vecchio ci ha portato…e la McGranitt li ha nascosti.."
"Strano vecchio?" chiese Ron, ma Dana non lo badò. Prese invece la bacchetta e la puntò contro i due fogli.
"Revelo."
In un istante i due fogli si trasformarono in due volumi di modeste dimensioni, con incisi gli stemmi delle quattro Case di Hogwarts.
Harry si avvicinò per vedere, mentre Hermione cominciava a far scorrere lo sguardo sull’indice del primo libro. Gli occhi le si dilatarono e aprì appena la bocca.
"Non ci posso credere…" bisbigliò, lasciando andare il primo libro e leggendo l’indice del secondo.
"Incredibile…"
"Vuoi rendere partecipi anche noi di questo grande evento o no?" chiese sarcasticamente Ron, ma Hermione non colse la provocazione. Rimase in silenzio per un attimo ancora, poi alzò lo sguardo su Harry e sorrise, raggiante.
"Questo ci sarà meravigliosamente utile! È la raccolta delle note che i quattro fondatori scissero durante la costruzione della scuola!"
"Quindi lì potrebbe esserci…" balbettò Ron, mentre Dana sorrideva soddisfatta.
"La risposta a molti dei nostri problemi!" concluse Harry, sentendosi scorrere nelle vene una sensazione molto simile alla gioia.
 
Accanto al fuoco erano rimasti solo loro tre. Dana era andata in camera sua ed Hermione aveva deciso di leggere qualche passaggio dei nuovi libri. Ron invece continuava a fare commenti sul fatto di prendere lezioni di Legilimanzia.
"Vedrai che te la caverai bene. Dana è un’ottima insegnante"
"Non ne dubito! Spero solo che serva a qualcosa."
"Certo che servirà!" lo incoraggiò Harry, facendosi improvvisamente serio. "Però…pensandoci bene, vorrei che tu mi promettessi due cose…"
Ron si volse a guardarlo con aria preoccupata, ma annuì.
"Innanzi tutto, non strafare, soprattutto con i Mangiamorte…se…insomma, non voglio che ti usino."
Hermione alzò lo sguardo dalle pagine che stava leggendo e guardò Harry.
"Oh, Harry…"
"Non sto scherzando! Se io non mi fossi fatto giocare da Voldemort…non sarei mai andato all’Ufficio Misteri…"
"Non è stata colpa tua, Harry." Disse Hermione, avendo intuito che prima o poi sarebbero arrivati lì "Lo sai bene. In un modo o nell’altro ti avrebbe attirato in trappola, e in ogni caso Sirius sarebbe venuto in tuo aiuto. Eri tutto quello che aveva…pensi veramente che sarebbe rimasto a casa ad aspettare, sapendoti in pericolo?"
"Hermione ha perfettamente ragione! Non sarebbe rimasto ad aspettare che altri portassero notizie." Convenne Ron, mentre Harry annuiva brevemente.
Avevano ragione, lo sapeva. E quante volte ormai si era sentito dire sempre la stessa cosa? Ma a volte era difficile non farsi prendere dal senso di colpa, e Sirius gli mancava.
"E la seconda promessa?" chiese Ron, riportandolo intenzionalmente con i piedi per terra.
Harry lo guardò per un attimo con fare improvvisamente imbarazzato, poi si disse che era meglio chiarirsi subito ed evitare spiacevoli inconvenienti in futuro.
"Beh…non voglio che tu usi la Legilimanzia su di me. Salvo casi di pericolo, ovvio."
"Si, si può fare…" rispose Ron, senza dare peso alla cosa. Hermione invece indirizzò a Harry uno sguardo malizioso, cercando di trattenere il sorriso che stava spuntandole sulle labbra. Il ragazzo ricambiò per un attimo il suo sguardo, diventando improvvisamente dello stesso colore dei capelli di Ron, poi tossicchiò un attimo e si alzò dal tappeto.
"Credo andrò a dormire anch’io. Ho bisogno di stendermi." Disse in fretta, alzandosi con fare nervoso.
"Buona notte Harry." Rispose soave Hermione, mentre continuava a guardarlo divertita. Lui le indirizzò un’occhiataccia e si allontanò.
"Si, ‘notte." Si unì Ron.
Harry credette di essersela cavata, e così riacquistò un po’ di tranquillità mentre si ritrovava davanti alle scale.
"Harry…però…perché non dovrei usare la Legilimanzia su di te? Insomma, tra noi non ci sono segreti, no?" chiese Ron, sbilanciandosi all’indietro e guardando verso l’amico, non visibile nitidamente a causa della poca luce.
Harry si pietrificò con la mano già appoggiata al corrimano.
"Harry?"
Il ragazzo pensò fosse meglio salire le scale e far finta di nulla. Si, decisamente meglio…non voleva trovarsi nei paraggi quando Ron avesse capito.
"Harry?!?!"
Ron rivolse a Hermione un’occhiata preoccupata.
"Non mi nasconde nulla, vero?"
Hermione alzò gli occhi al cielo e sorrise, accoccolandosi meglio sulla poltrona.
"Ronald…a volte mi chiedo come sia possibile che tu sia così ingenuo…e sei pure dotato per la Legilimanzia...come fai a non averlo capito?!?" sbuffò, tenendo basso lo sguardo.
"Capito cosa? Insomma cosa diavolo potrei vedere nella sua testa che non vuole…" non fece tempo a finire la frase che, come un fulmine a ciel sereno, afferrò il significato di quella richiesta.
"Ehi! È sempre mia sorella, ricordatelo!" urlò rivolto alle scale.
Harry, dal canto suo, sbuffò appena mentre richiudeva la porta della sua stanza. Se lo ricordava bene che era sua sorella!

 

 

La luce delle candele stava diventando poca, o magari erano i suoi occhi che erano stanchi. Aveva letto e riletto quelle righe una decina di volte alla disperata ricerca di un indizio, ma non aveva trovato nulla. Alzò lo sguardo e lo posò sulla propria ombra tremula, disegnata appena dalla flebile luce nella stanza. Doveva trovare indizi sull’Horcrux mancante, e in fretta.
Un cigolio al piano superiore, nell’unica stanza dove fosse possibile Smaterializzarsi, lo fece trasalire violentemente. Con un rapido gesto della bacchetta fece sparire i fogli su cui stava lavorando e si affrettò a raggiungere la porta della stanza. In silenzio, raggiunse la base delle scale e guardò in alto, nascosto dal cono d’ombra del muro addosso al quale si era appoggiato.
Una magra figura scese lentamente le scale, il cappuccio ancora in testa, e la bacchetta abbassata.
"Signore, sono io." La voce flebile e controllata di Draco lo fece calmare solo per un istante, poi la stizza prese il posto di ogni altro tipo di sentimento.
"Hai idea del fatto che avrei anche potuto aggredirti prima di riuscire a capire chi eri?!" sibilò severamente Piton, facendo illuminare la punta della bacchetta. Grazie a quella luce gli fu possibile distinguere bene i lineamenti del viso di Draco.
"Lo so Signore, avrebbe potuto. Ma sapevo bene che non lo avrebbe fatto." Rispose semplicemente il giovane, e Severus si maledì, rendendosi conto che era assolutamente vero.
"Cosa ci fai qui?" chiese, cercando di apparire indifferente.
Draco lanciò uno sguardo alla parete di libri che si intravedeva da lì. Oltre quella parete sapeva esserci Peter Minus, che con buona probabilità stava cercando disperatamente di capire chi fosse il nuovo venuto. Severus lanciò un’occhiata al salotto, poi fece cenno a Draco di andare nella stanza che fino a pochi attimi prima era stata teatro dei suoi poco fruttuosi studi.
Il giovane Malfoy si mosse rapidamente ed entrò nella stanza, aspettando che Severus fosse entrato e avesse chiuso la porta prima di parlare.
"Signore, si tratta di mia madre…" esordì.
A quelle parole Severus gli fece cenno di attendere e scagliò sulla porta un incantesimo bisbigliato appena.
"Ora puoi parlare liberamente." Disse con tono pratico, ma senza rigidità.
"Ecco…ho fatto come mi aveva suggerito. Ho cercato di tenerla d’occhio, ma non sono riuscito a capire cosa abbia in mente…ogni tanto mi sembra quasi sull’orlo di una crisi di nervi, e ogni volta che l’Oscuro mi chiama la vedo irrigidirsi. Ho paura che non riuscirà a controllarsi ancora per molto. Vorrei…vorrei poter fare qualcosa."
"E cosa, di preciso." Chiese Severus, andando a sedersi sulla sedia che aveva occupato fino a un attimo prima, facendo segno al ragazzo di accomodarsi. Draco esitò un attimo, poi decise di assecondarlo, e si sedette.
"Io…vorrei solo essere certo che fosse al sicuro."
"Fino a quando rimarrà fedele al suo Padrone, non avrà di che preoccuparsi." Ribatté Severus, ma lo sguardo che gli indirizzò Draco gli fece capire che il problema era esattamente quello.
"Sta per fare una sciocchezza, ne sono certo. Lo ha già fatto quando è venuta a chiedere il suo aiuto, e Lui l’ha punita severamente. Se dovesse succedere di nuovo, non servirebbe a nulla il buon nome della nostra famiglia come garanzia."
Severus rimase in silenzio per qualche secondo, cercando di capire se potesse esserci una soluzione, ma non ne vide. La vita di Narcissa non era nelle sue mani…però lo era quella di Draco, e se Narcissa avesse commesso qualche leggerezza avrebbe potuto trascinare con sé anche il figlio.
"Signore…non sarebbe possibile…affidarla a qualcuno…qualcuno che non le faccia del male?"
Severus alzò lo sguardo sul giovane che stava seduto di fronte a lui. Quale assurda disperazione stavano spingendo il giovane Malfoy ad avanzare una richiesta simile? Era una trappola? No, ne dubitava. Draco sapeva abbastanza cose su di lui da averlo potuto consegnare all’Oscuro già da tempo. Non lo aveva fatto, anzi. Sembrava quasi che si fosse preoccupato di proteggerlo.
La notte dell’uccisione di Silente, quando erano rimasti soli e al sicuro, Draco non era riuscito a trattenersi e aveva raccontato tutto quello che Silente gli aveva detto…la proposta di protezione e il resto. Lo aveva fatto con un misto di rabbia e odio nei confronti del Preside, ma alla fine era crollato e aveva confessato che non avrebbe avuto il coraggio di ucciderlo, che era arrivato a quel punto solo per proteggere la sua famiglia, e che non aveva alcuna intenzione di ritrovarsi di nuovo in una situazione simile. Aveva sfidato Severus, gli aveva detto di consegnarlo pure nelle mani di Voldemort, che preferiva affrontare subito il suo destino piuttosto che farlo pagare a sua madre.
Fu quello a far capire a Severus che poteva ancora fare qualcosa per Draco e che le parole di Silente avevano aperto nel giovane una breccia che lui non poteva lasciare si richiudesse. Allora gli aveva detto la verità, gli aveva detto della sua militanza nell’Ordine, e gli aveva detto che, comunque fossero andate le cose, avrebbe cercato di tenerlo il più possibile fuori dal gruppo di Mangiamorte. Draco lo aveva guardato con sorpresa e ammirazione, e si era calmato tanto da riuscire ad affrontare quello che venne dopo. Severus non era riuscito a evitare che venisse punito, ma Draco questo lo aveva capito, e dopo la punizione gli aveva chiesto di insegnargli come fare per proteggersi dagli attacchi dell’Oscuro.
Ora era lì per chiedergli di consegnare sua madre ai membri dell’Ordine.
"E’ una richiesta azzardata, Draco. Certo non la torturerebbero, ma si ritroverebbe addosso gli sguardi disgustati di tutti, e sarebbe in mezzo a persone troppo diverse. Non credo che tua madre lo sopporterebbe."
"Lei lo ha fatto! E mia madre non è da meno!" esclamò Draco con orgoglio.
"Tua madre non reggerebbe cinque minuti! È troppo abituata a vivere nel suo mondo di ideali gonfiati e sangue nobile." Lo zittì Severus.
Draco lo guardò ostilmente per un attimo, poi ridiventò una maschera impassibile. Era bravo quasi quanto lui.
"Allora cosa propone?"
"Forse l’unica cosa da fare e far credere all’Oscuro che tua madre stia impazzendo…sai come fare Draco, sai come creare le immagini nella tua mente, e sei abbastanza bravo per reggere la commedia. Il comportamento di tua madre poi potrebbe confermarlo."
"Ma zia Bella potrebbe capirlo…" obiettò Draco con un filo di panico. Bellatrix era stata la sua guida durante i primi mesi di avvicinamento al gruppo di Mangiamorte, ma poi era diventata la sua unica vera paura. Era troppo invasata e troppo disposta al sacrificio per i gusti del giovane Malfoy.
"Lei è già pazza di suo! E l’Oscuro lo sa!" sibilò Severus, arricciando le labbra in segno di disgusto.
"Quindi per il momento non dovrei far altro?"
"Mi pare la scelta migliore…non andare mai al di là delle tue possibilità, ricorda!"
"Si, lo so…ma…è solo che vorrei saperla al sicuro. Così potrei muovermi più liberamente, senza la paura che ogni mio errore possa essere pagato anche da lei."
Severus lo osservò con fare indagatore, ma penetrare la mente di quel ragazzo era piuttosto difficile, e voleva evitare di farlo più del necessario. Aveva bisogno che tra loro ci fosse fiducia, altrimenti nel momento del bisogno non avrebbe potuto contare nemmeno su di lui.
"E per fare cosa vorresti esser più libero?"
"Per aiutare lei."
Severus inarcò un sopracciglio, osservando il giovane Draco con aria cinica.
"Pensi davvero di poterlo fare? Tu non hai nemmeno idea di cosa io debba fare!"
"Ma, di qualunque cosa si tratti, dovrà farlo sapere a loro…e non potrà di certo farlo in prima persona…se la trovassero non so cosa potrebbero farle." Disse con franchezza "Ed è per colpa mia…in qualche modo la devo aiutare."
"Vuoi che ti usi come messaggero?"
Draco annuì con determinazione e fissò gli occhi grigi in quelli neri di Severus, lasciando cadere ogni tipo di barriera mentale. Se avesse voluto, ora Severus avrebbe potuto scoprire se diceva il vero. Ma non lo fece.
"Non ho bisogno di leggerti dentro, Draco. Ma non voglio farti correre rischi inutili. Non è ancora arrivato il momento di giocare il tutto per tutto."
"Quando arriverà, sappia di poter contare su di me."
Severus si concesse qualche secondo per riflettere, poi gli sorse spontaneo fargli una domanda.
"Perché Draco? Hai idea di quanto sia pericoloso tutto questo?"
Il ragazzo aspettò qualche secondo prima di rispondere, come se stesse cercando le parole per esprimersi al meglio.
"Si, lo so. Ma so anche che voglio che mia madre e mio padre siano al sicuro, per sempre, e so che non voglio più dovermi ritrovare a fare qualcosa che non voglio. Non sono un verme!"
Severus annuì. Per il momento poteva bastare.
Draco si alzò dalla sedia con movimenti lenti e controllati, salutò Severus con un cenno del capo e se ne andò, salendo le scale e Smaterializzandosi.
"Ah Draco, stai diventando la copia perfetta di te stesso…se non facciamo in fretta, rischi di diventare gelido e controllato come me. E gli ho giurato che non sarebbe successo."

 

 

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Capitolo 6
*** La Verità di Silente ***


5 La verità di Silente
 
 

blackrystal . Bentrovata! Se andrai avanti con la mia FF troverai tutti gli elementi necessari per convincerti dell'innocenza di Severus. Occhio, elementi che in un modo o nell'altro sono tutti legati a quello JK ha scritto! Mi farai sapere se sono riuscita a convincerti!

kagome chan. Ih ih, davvero non si capiscono i sentimenti di Dana? Attendi ancora un pò e sarà tutto più chiaro. Mi ha fatto tano ridere il tuo sconvolgimento per la dote che ho attribuito a Ron...si in effetti è un pò paradossale e, confesso, non ho ancora chiaro come mi sia venuta quest'idea, ma è nata in modo così spontaneo che non ho potuto ignorarla. Ma non sperare in un riequilibrio per Harry...in realtà per lui ho pensato ad altro. Harry è già molto dotato in fatto di magia, anche se a volte lui non se ne rende conto, quindi ho puntato di più sullo sviluppo della sua persona (Perchè su certe cose è un pò indietro secondo me...e ogni tanto mi fa venire il nervoso!). Spero di rendergli comunque merito. Per Draco abbi pazienza, e scoprirai la reazione del terzetto...ih ih....

Astry_1971. Sempre lieta di trovare nuovi commenti! Bentrovata anche a te! Non ti preoccupare se non lascerai molti commenti, mi fa piaccere anche solo sapere che la mia storia di piace e che la seguirai. E poi, visto che dici che la mia versione di Severus ti piace, mi hai già fatto lusinga graditissima!

EDVIGE86. Allora? contenta delle abilità di Ron mi pare! Felicissima di farti contenta! Tranquilla, Ron non sarà di certo in secondo piano nella mia storia, anche se ovviamente non potrò concentrarmi troppo su di lui. Visto che lo ami così tanto mi farà piacere sapere cosa ne pensi quando arriverà il momento per lui di chiarire la situazione con Hermione...

Mi scuso per non aver rispettato l'appuntamento del fine settimana, ma gli esami universitari incombevano. Ora che ho riacquistato parzialmente la mia libertà, vi posto un nuovo capitolo, e qui cominciamo a scoprire come stanno veramente le cose secondo me (Anche se credo che tutto sommato non sarà una sorpresa per nessuno, vista la mia passione per Severus.) Alla prossima!
 
 
 
La Verità di Silente
 
 
Il vento sferzava senza sosta ogni cosa, e il gelo sembrava poter entrare nelle ossa, tanto era pungente. Eppure Harry sapeva bene che nessuno di loro ci stava facendo troppo caso. Persino i fiocchi di neve che turbinavano attorno a loro non erano un problema. Gli allenamenti di Dana erano serviti veramente a molto, anche sul piano della disciplina fisica. E ora lui, Ron e Hermione stavano cercando di metterli in pratica, nella speranza di ottenere qualche risultato. Si erano diretti verso quel piccolo e antico borgo magico immerso in una cittadina Babbana con il preciso intento di scovare qualche indizio in più su Corvonero. In quel piccolo paesello del sud ovest del Paese, affacciato su una delle molte imponenti scogliere che si aprivano sull’oceano, c’era la dimora dell’ultimo discendente di Corvonero di cui si avesse notizia. Forse, con un po’ di fortuna, avrebbero trovato qualcosa di utile. E non avevano nemmeno molto tempo a disposizione; se non fossero tornati entro sera, per partire poi verso la Tana, la signora Weasley sarebbe impazzita.
"Bene, credo che la casa sia quella." Disse Ron, alzando gli occhi da una pergamena e indicando un vecchio rudere barcollante, arroccato sulla scogliera e ormai completamente invaso dalla neve.
"Che bella prospettiva...speriamo non ci crolli addosso." Sospirò Hermione, mentre si incamminavano con passo deciso verso il rudere.
"Speriamo soprattutto di trovare qualcosa." Pensò Harry tra se e se.
 
Le attese dei ragazzi furono completamente disattese. La casa era stata completamente ripulita e non c’erano segni evidenti di specchi alle pareti. L’idea di aver fatto un buco nell’acqua innervosì tutti e tre, sebbene si rendessero conto che trovare già lo specchio sarebbe stata una fortuna a dir poco esagerata. Si avviarono verso il piccolo borgo, confidando almeno nella possibilità di trovare un posto dove scaldarsi un attimo. Nella casa che avevano appena perlustrato la neve era alta ormai quasi una ventina di centimetri e il tetto, completamente sfondato, era crollato in tante piccole parti acuminate, pericolose per ogni temerario esploratore. Ora avevano bisogno di riposare un attimo.
Le piccole viuzze del borgo magico erano invase dalla neve quanto dalla gente. Il clima natalizio riusciva a sopravvivere anche alla guerra, e tutto sommato quel pezzetto di normalità era anche piacevole.
Poi, all’improvviso, si udì il rumore di vetri infranti e tre figure nere sfrecciarono dentro una casa.
Harry si irrigidì e portò la mano alla bacchetta, mentre qualcuno, più vicino di loro alla scena, urlava.
"Mangiamorte! Via! Presto! Mettetevi al riparo!"
Non ci fu bisogno nemmeno di guardarsi in faccia. Tutti e tre avevano impugnato le bacchette e avevano raggiunto la casa con una corsa, scansando i passanti che, presi dal panico, stavano fuggendo nella direzione opposta.
Ron si infilò dentro la casa e Schiantò il Mangiamorte di guardia. Hermione e Harry lo superarono e raggiunsero di corsa il salotto, da dove provenivano urla concitate.
"Lasciale stare! Schifoso!" stava urlando un vecchietto trattenuto da un Mangiamorte, mentre altri due di loro si erano avvicinati a una donna terrorizzata, seduta a terra e con in braccio una bambina di non più di cinque anni.
"Cosa volete?" sibilò la donna, le lacrime agli occhi e le braccia avvinghiate al corpo della figlia.
"Dov’è tuo marito?"
"Non c’è! Cosa volete da noi? Andatevene!"
"Allora ci prenderemo il vecchio. Anche lui è fabbro. E poi torneremo per tuo marito, bella signora…" biascicò il Mangiamorte più vicino alla donna, mentre le prendeva il mento tra le mani.
"Non penso proprio." Disse Harry, con voce pacata, mentre Schiantava il Mangiamorte. Al secondo pensò Hermione, ma quello che aveva il vecchietto tra le mani ghignò e scagliò contro i ragazzi una fattura. Ron la fece deviare, ma nel frattempo il Mangiamorte aveva approfittato di quei secondi per rianimare i compagni.
Facendosi scudo con il corpo del vecchio, fece per allontanarsi. Uno degli altri due fu di nuovo atterrato da Harry, mentre l’altro si avvicinava alla donna e alla bambina. Hermione si Smaterializzò e ricomparve tra lui e le due, alzando una barriera e tenendolo lontano.
"Signora…mi deve aiutare…" disse Hermione, mentre guardava preoccupata Ron e Harry, ora in due contro tre.
La donna annuì brevemente e recuperò la propria bacchetta, ma Hermione vide che tremava. Avrebbe rischiato di fare più danni che altro…
"Alle spalle!" urlò la ragazza all’improvviso, mentre il Mangiamorte che era di guardia raggiungeva i compagni.
Harry, mentre Schiantava uno dei tre, lanciò contro il nuovo venuto una sedia, scagliandola più forte che gli fu possibile con il piede.
Ron disarmò uno dei due rimanenti, ma il terzo recuperò la bacchetta.
"Presto! Chiamate quelli del Ministero!" urlò qualcuno da fuori.
Hermione fece cadere la barriera e bisbigliò qualcosa. Una piccola luce rosa cadde dalla punta della sua bacchetta e strisciò velocemente a terra, sparendo sotto la scarpa di un Mangiamorte.
"Filiamocela!" disse uno di loro, e tutti e quattro si Smaterializzarono.
"Maledizione!" sbottò Harry, calandosi nervosamente il cappuccio "Potevamo prenderli…"
"Non voler strafare!" sbottò Hermione "Erano in quattro!"
"Non è il momento, ragazzi." Disse Ron, sorridendo al vecchietto che era riuscito a strappare appena in tempo dalle braccia del Mangiamorte.
"Ora siete al sicuro, ma torneranno…non hanno preso nessuno come ostaggio."
Il vecchietto annuì e li guardò in faccia. Posando gli occhi sul volto di Harry, sgranò gli occhi, sorpreso, mentre la nuora lo raggiungeva.
"Ma…per la barba di Merlino…tu sei…"
"Harry Potter!" esclamò contenta la bambina, riservando a Harry un sorriso.
Harry annuì e le sorrise di rimando.
"Perché vi volevano rapire? Cosa potete dare loro?" chiese in fretta, lanciando sguardi preoccupati e innervositi in direzione dell’entrata, mentre Hermione cominciava a guardarsi attorno.
Il vecchietto scrollò la testa desolato.
"Non credevo saremmo arrivati anche a questo…qualche giorno fa mio figlio ha ricevuto la visita di uno di loro. Volevano che lavorassimo per loro. Abbiamo detto di no…ovviamente."
"Ma perché lavorare per loro?"
"Per le nostre chiavi…siamo fabbri, tra i migliori del paese. Abbiamo fabbricato le serrature dei posti più importanti delle nostre istituzioni…"
"Del tipo?" chiese Hermione, mentre fissava incuriosita un quadro con riportate le imprese della famiglia che era appena stata attaccata. Fabbri da secoli…i massimi esperti nella creazione di serrature magiche permanenti e di lucchetti a tempo, oltre che di serrature personalizzate.
"Beh, abbiamo lavorato per alcuni presidi di Hogwarts e…e per la Gringott…poi per quasi tutti i negozi di Diagon Alley…ah, e per il Ministero."
Hermione si volse in fretta verso l’uomo, lo sguardo improvvisamente preoccupato.
"Per il Ministero?"
Il vecchietto annuì e da fuori sentirono strani rumori.
"Sono gli Auror…" bisbigliò Harry "Vi prego, dite di non averci visti in faccia."
Il vecchietto rimase sorpreso, ma la donna annuì.
"Harry, Ron…conduco io nella Smaterializzazione."
"Perché?" chiese Ron, guardandola con fare sospettoso.
"Poche domande!" replicò lei mentre li afferrava per un braccio e sparivano dal salotto della casa.
 
Ricomparvero in mezzo alla neve e a grossi alberi. Hermione si guardò attorno con fare circospetto e bloccò appena in tempo Ron, che aveva aperto la bocca per parlare.
"Ho scagliato su uno di loro un Incanto Ritrovate…ora sono qui, da qualche parte."
Harry la guardò ammirato per la prontezza di riflessi che aveva dimostrato. Lui non ci aveva nemmeno lontanamente pensato.
"Sarà meglio che li sistemiamo e che li facciamo ritrovare a quelli del Ministero. Almeno quella famiglia avrà così il tempo per nascondersi…"
Ron annuì, guardandola quasi con venerazione, poi tutti e tre si guardarono attorno, prestando attenzione ad ogni più piccolo rumore. Delle voci si udivano in lontananza. Si mossero con cautela, protetti dal turbinio della neve, ed in breve raggiunsero un punto da dove era ben visibile il gruppetto di quattro persone, incappucciate e con le maschere.
"Dobbiamo ritornare vi dico!" esclamò uno di loro, quello più alto e magro. Aveva un filo di panico nella voce.
"Non ora." Sibilò un altro. "Ci sono gli Auror in giro!"
"Ma così li perdiamo definitivamente! Di sicuro li metteranno in un qualche posto sicuro…"
"Ci sono altri fabbri in giro!"
"Si, ma l’Oscuro vuole loro, razza di idiota!"
Rimasero in silenzio per un attimo, come se la consapevolezza di quel che era successo li stesse di nuovo colpendo.
"Ci ucciderà…"
"Non è stata colpa nostra! Se non fossero arrivati quei tre!"
"Già…tre …tre come Potter e i suoi due amici…li sta cercando da mesi e noi li abbiamo probabilmente avuti per le mani e ce li siamo fatti scappare!"
"Calma! Fare questi discorsi non ci serve a nulla! Ora aspettiamo un po’, poi torniamo verso il paese e cerchiamo di capire cosa stanno combinando. Non rientreremo finché non avremo ciò che ci serve!"
Harry guardò Ron e Hermione, che annuirono. Entrambi si Smaterializzarono e Harry li vide ricomparire poco più in là. L’effetto sorpresa avrebbe giocato a loro favore, compensando l’inferiorità numerica.
"Io avrei un altro piano!" esclamò il ragazzo, uscendo dal suo nascondiglio e rivelando la sua presenza. In un attimo partirono verso di lui quattro Incantesimi, ma lui si scansò e due Mangiamorte finirono a terra, Schiantati. Disarmò il terzo, ma il quarto fece in tempo a lanciare un incantesimo verso Ron, che venne preso di striscio.
Comparvero altri tre Mangiamorte, probabilmente mandati per vedere il motivo del ritardo. Non ebbero bisogno di parole o spiegazioni. Cominciarono a combattere anche loro. Harry ne Schiantò uno e disarmò un altro, mentre Hermione riusciva a pietrificare uno dei nuovi venuti. Due di loro si ripresero senza darlo a vedere e balzarono su all’improvviso. Ron si rimise in piedi e scagliò contro quello più vicino un Incantesimo di Congelamento.
Con una nota crescente di panico, Harry capì che erano troppi. Stava per dare ordine ai due amici di sparire, quando dal cielo scese in picchiata una freccia rossa. Il suo strillo acuto fece sussultare i Mangiamorte, ma non Harry.
Fanny! Era lei, ne era certo.
Si Smaterializzò e raggiunse Ron.
"Come stai?" chiese, parando un Incantesimo lanciato da un Mangiamorte testardo. Fanny volò più basso e lo beccò ripetutamente, rischiando di venire colpita da un raggio di luce verde. Hermione la protesse con uno scudo e l’animale continuò a distrarre i Mangiamorte.
"Non c’è problema, mi ha solo sfiorato. Ma sono troppi!" esclamò Ron, mentre Schiantava il Mangiamorte più vicino. Due di loro si stavano avventando su Hermione. Harry fece per urlare un Incantesimo, quando i due vennero colpiti in rapida sequenza da dei fasci di luce rossa. Caddero a terra Schiantati.
Harry lanciò uno sguardo ai Mangiamorte congelati o pietrificati…si stavano riprendendo…mentre Ron ne Schiantava un altro, lui fece comparire delle funi e legò almeno i due che erano bloccati, poi un incantesimo fischiò sopra la sua testa. Due di loro si erano ripresi.
Hermione ne Schiantò un altro, mentre di nuovo comparivano delle fasce di luce rossa dal nulla…anzi no…da una certa parte del bosco. Erano Incantesimi lanciati da lontano.
"Harry…arrivano gli Auror." Disse Ron, volgendosi indietro.
"Andiamocene." Disse, mentre uno dei Mangiamorte spariva davanti ai suoi occhi…Voldemort sarebbe stato informato.
"Ma Harry…" tentò di protestare Hermione, che li aveva raggiunti scivolando di soppiatto tra gli alberi. Un altro Mangiamorte sparì, mentre alcuni si riprendevano dagli Schiantesimi.
"Andiamo! Direttamente alla Tana."
Ron annuì e Hermione sospirò. Si Smaterializzarono entrambi, ma Harry attese qualche secondo, giusto il tempo per vedere Fanny volargli sopra la testa e scivolare elegantemente tra gli alberi, nella direzione da cui erano partiti gli Incantesimi che li avevano aiutati. Si Smaterializzò chiedendosi cosa volesse dire, e impedendo a se stesso di correre dietro all’animale. Se Ron e Hermione non lo avessero visto arrivare nel giro di un paio di secondi si sarebbero allarmati, e non voleva che accadesse: per quel giorno li aveva esposti già abbastanza al pericolo. Senza contare che non aveva proprio voglia di ritrovarsi addosso il Ministro.
 
Severus tese il braccio e il magnifico uccello rosso si posò su esso, chinando la testa da una parte.
"Ottimo lavoro. Direi che ora sono al sicuro." Disse rivolto all’animale.
"Però quel Potter potrebbe anche cercare di evitare di rimetterci l’osso del collo! Dannazione! Se muore lui, siamo persi tutti quanti!"
Si volse con fare stizzito, zittendo caparbiamente la vocina insistente della sua coscienza che gli ripeteva quanto in realtà Harry fosse migliorato. Tre contro sette non era cosa da tutti…e lui lo sapeva bene.
 
Molly gli si gettò addosso non appena lo vide. Era piacevole ritrovarsi in mezzo a persone che tenevano a lui, così la lasciò fare, mentre cercava di continuare a respirare nonostante l’abbraccio.
"Oh, ci stavamo preoccupando così tanto…ma dove siete stati? Ron ci ha detto un attimo fa che avete incrociato dei Mangiamorte?"
"Mamma, ti prego, lascialo stare! Ha bisogno di respirare!"
"Non si preoccupi, Signora Weasley, va tutto bene. Ce la siamo cavata alla grande." Cercò di sdrammatizzare Harry. Ma la signora Weasley non era d’accordo.
"Dovete fare attenzione! Non voglio che vi capiti nulla!"
"Molly, ti prego…forse i ragazzi hanno bisogno di pensare ad altro!" esclamò allegramente il Signor Weasley, che però non riuscì a nascondere completamente la nota di panico che aveva provato.
Harry sorrise, mentre Ron lo afferrava e lo trascinava via.
"Noi andiamo di sopra. Se non sbaglio le nostre sacche sono già arrivate."
"Si. Dana le ha portate." Disse secca la Signora Weasley. Harry notò che nulla era cambiato, Dana non era ancora del tutto stata accettata. Beh, pazienza…prima o poi avrebbero capito.
Si infilò con Ron nella stanza che avrebbero condiviso, poi l’amico afferrò una maglia pesante e dei pantaloni e si avviò alla porta.
"Questa volta il bagno è prima mio!" disse, sorridendo a Harry con aria divertita.
Harry gli lanciò dietro una ciabatta, ma Ron la evitò, ovviamente, e sparì subito dopo oltre la porta della camera.
Harry sospirò e prese a sfare la propria sacca. Non che avesse molte cose, ma visto che dovevano fermarsi lì qualche giorno forse era meglio organizzarsi. Un leggero cigolio gli fece credere che Ron fosse tornato. Dimenticava sempre di prendersi l’asciugamano, ormai ci era abituato.
"Sempre sbadato, vero?" chiese, mentre si volgeva appena verso la porta. Ciò che vide però non era affatto il suo migliore amico, ma la ragazza che popolava i suoi sogni e i suoi incubi ogni notte.
Ginny lo fissò seria per un secondo, poi entrò nella stanza e si richiuse la porta alle spalle.
"Tutto bene?" chiese, senza abbassare mai lo sguardo. Harry si rese conto di dover rispondere, ma era ancora bloccato a fissarla.
"Harry…tutto bene?" chiese lei, di nuovo, avvicinandosi con fare cauto.
"Si…si, tutto bene."
"L’attacco di Mangiamorte?"
"Oh, ce la siamo cavata. E di sicuro non era in programma" aggiunse in fretta, mentre vedeva comparire sul volto di lei un’espressione del tipo ‘non andate a cercarvi guai’.
Ginny sospirò, poi gli sorrise.
"Sono contenta che siate arrivati. Guarda che pretendo di essere aggiornata su tutto! Altrimenti non avrai alcun genere di novità su quello che abbiamo combinato noi a Hogwarts!"
"Cosa avete combinato?"
"Ah-ha!" disse lei scrollando la testa, divertita. "prima tocca a te, poi a me. E questa volta ho promesso a Fred e George che, se spifferano qualcosa, sperimenteranno le mie leggendarie Orcovolanti."
Harry rise di gusto e annuì. Era bello essere tornato.
 
A passo d’uomo, avvolta da un turbinio di grossi fiocchi di neve, Dana stava raggiungendo la casa dei Weasley. La McGranitt le aveva detto di raggiungerli lì per il giorno seguente al Natale. Bene, eccola. Passare l’ennesimo Natale da sola non era stato poi così difficile, in fin dei conti le cose erano andate sempre così negli ultimi anni. L’idea che più la stava infastidendo era ritrovarsi in mezzo a tutti quei membri dell’Ordine che sorridevano felici, consapevoli che, comunque fossero poi andate le cose in quella guerra interminabile, avrebbero avuto sempre l’uno la compagnia dell’altro. Era anche per questo, in verità, che aveva chiesto di non diventare membro effettivo. Non ci sarebbero state manifestazioni di quel genere di solidarietà per lei, una volta che avessero scoperto la verità. Quindi meglio tenersi in disparte. E comunque, lei non voleva ritrovarsi a dover fingere autentica amicizia. Con quanti di loro sarebbe veramente andata d’accordo? Si trattava solo di fare la cosa giusta, non di altro.
L’unico rammarico che poteva avanzare, era il tipo di rapporto che stava instaurando con Harry, Ron e Hermione. Non aveva messo in conto che si sarebbe potuta affezionare a quei tre.
Forse con loro le cose sarebbero potuto procedere diversamente…
"Oh, Dana, non essere sciocca…prima o poi lo capiranno…e non condivideranno. Non se ne capaciteranno. E anche loro, come gli altri, diffideranno di te. Perché andrà così, ne sono convinta. Quello che mi lega a lui non sarà giustificato."
La casa dei Weasley, illuminata praticamente a quasi tutte le finestre, si faceva sempre più vicina.
"E poi, Dana, dimmi…cos’è che ti preme veramente ora? Chi vorresti al tuo fianco? Mh, domande sciocche. Queste persone sono solo gli ennesimi compagni anonimi che non lasceranno traccia nella tua vita. Non vale la pena farsi tanti problemi."
Eppure nella sua testa non pareva volersi cancellare l’immagine dei tre ragazzi con i quali aveva convissuto nelle ultime settimane. Scrollò impazientemente la testa e sgombrò la mente da ogni pensiero, mentre bussava alla porta.
 
La signora Weasley la accolse calorosamente; chissà quanto aveva dovuto provarla quella scena, prima di riuscire ad essere così convincente. Dana le sorrise ed entrò, togliendosi il mantello e scrollando i lunghi capelli rossi per far scivolare via alcuni fiocchi di neve.
"Vai pure in salotto, cara. Mancano pochi di noi, quindi avrai poco da aspettare. Nel frattempo mangia pure qualcosa." Le sorrise la signora Weasley, mentre Fleur si avvicinava.
"Oh, si, ti prego. Ho cuscinato un fontastico tacchino…devi provarlo assolutamonte"
Dana ringraziò e annuì, defilandosi in breve. Il signor Weasley la salutò, vedendola entrare. Come lui, fecero anche Lupin e Tonks, mentre Moody grugniva qualcosa e si voltava dall’altra parte. Pur non avendone l’assoluta certezza, Dana ebbe l’impressione di avere l’occhio magico del Mago puntato addosso. Fred e George la guardarono sorpresi per un attimo, poi le rivolsero un cenno del capo e uno dei due sparì al piano di sopra. Dopo poco tornò giù, seguito a ruota dalla sorella. Dana la guardò mentre davanti agli occhi le si riproponeva la scena vista a Hogsmeade.
Si sedette su una sedia, standosene un po’ in disparte. Non voleva essere molesta, in fin dei conti, e sapeva che la sua presenza in quella casa era gradita solo perché così aveva deciso la McGranitt. Persa in questo pensiero, si accorse all’ultimo che la ragazza dai capelli rossi le si era avvicinata e si era seduta al suo fianco.
Dana la guardò con fare sorpreso e divertito, mentre lasciava che la osservasse con insistenza.
"Tu devi essere Ginny, se non sbaglio."
"E tu…Dana. Stai addestrando Harry, mio fratello ed Hermione. Ex Mangiamorte ed empatica. Dimentico qualcosa?"
"Nulla." Rispose con calma Dana, concedendosi il tempo di ascoltare le reazioni della ragazza.
Ginny rimase in silenzio, ancora ferma a fissarla.
"Non so perché, ma ho come l’impressione di non esserti molto simpatica." Disse Dana, con fare tranquillo.
"Nemmeno un po’, in verità. Sarei una sciocca a negarlo, visto che ti basterebbe poco per capire che sto mentendo. Ma riesci anche a capire perché la penso così?"
"No, questo no." Ammise Dana.
"Il motivo è quello che ti ho detto a Hogsmeade. Non voglio che gli succeda nulla. Non sono potente come lui. In verità sono una strega nella norma, ma ti posso garantire che se gli dovesse capitare qualcosa di male per colpa tua, potrei diventare estremamente determinata. Più di quanto già non sia."
"E tenteresti di farmela pagare…e perché questo sospetto?" chiese Dana. Era una domanda stupida, ma voleva tirare fuori dalla bocca della ragazza le parole che le avrebbero ricordato come stavano le cose.
"Perché abbiamo già avuto a che fare con un Mangiamorte pentito. E non è andata bene." Disse Ginny in un sibilo, mentre non esitava a guardare Dana negli occhi.
Fu Dana a distogliere lo sguardo, per la prima volta.
"Lo so molto bene." Commentò gelida.
"Ma non c’è solo questo." Continuò Ginny, come se l’altra non avesse parlato. "Voglio molto bene a Harry. Farei questo discorso a chiunque di estraneo gli si avvicinasse. Non posso fare per lui quello che deve fare, ma almeno posso cercare di coprirgli le spalle."
Dana riportò lo sguardo sulla ragazza e non fece nulla per nascondere la propria sorpresa. Un osso duro. No, la McGranitt si sbagliava. Ginny Weasley non era solo questo, ma molto di più. E se le cose stavano come credeva Dana, la presenza della ragazza nella vita di Harry sarebbe stata molto importante nel momento dello scontro finale. Amore. L’unica vera carta vincente di Harry. E una parte di quell’amore tanto necessario era lì, davanti ai suoi occhi.
"Beh, sappi che non ho alcuna intenzione di nuocergli, ma non ha peso che io lo dica o meno. Saranno i fatti a farmi da testimone, fin dove potranno. Per ora, credo sarà sufficiente convivere pacificamente."
Ginny annuì, si alzò in piedi e fece scorrere lo sguardo sui presenti.
"Manca ancora qualcuno. Forse farai in tempo a mangiare qualcosa. Ti va?"
Dana annuì e si fece accompagnare dalla ragazza al tavolo dove la signora Weasley, aiutata da una Fleur iperattiva, aveva preparato da mangiare per tutti.
 
Harry scese in sala poco dopo che Dana aveva finito di mangiare. Ginny le era sempre stata vicina, e Dana aveva avuto la netta sensazione che quella ragazza dall’aria innocente e fragile volesse studiarla. L’aveva lasciata fare mentre si concedeva il tempo di osservarsi un po’ attorno. Lupin evitava accuratamente di guardarla. Chissà perché. Era ferito a una spalla, ed era evidente che la ferita gli stava procurando dolore, ma non sembrava intenzionato ad abbandonare la stanza prima della fine della riunione. Al suo fianco Tonks stava in silenzio, lanciando sguardi ansiosi in direzione della porta.
Avrebbe tanto voluto scambiare due chiacchiere con quella buffa ragazza, che si era presentata con i capelli corti e sparati in aria, dello stesso colore delle fragole.
Tonks intercettò per un attimo il suo sguardo e le sorrise sinceramente. Forse non era poi così mal accetta come credeva.
Non appena la vide, Harry la raggiunse, seguito a ruota da Ron, imbronciato, e da Hermione, decisamente inviperita. Dana lanciò a Harry un’occhiata significativa e il ragazzo distolse lo sguardo per non mettersi a ridere. Ginny fece lo stesso mentre Hermione le si sedeva vicino. Ron prese posto dalla parte opposta e Harry lo seguì.
"Dite che dovremo aspettare ancora molto?" chiese Ginny, lanciando uno sguardo all’orologio.
"Non credo. La McGranitt dovrebbe arrivare a momenti. Quello che non capisco è il motivo di questa adunata generale…" borbottò Ron "Ci sono dei membri dell’Ordine che non ho mai visto."
"Credo debba dirci cose molto importanti. Forse hanno novità sui piani di Voldemort." Disse Harry, mentre osservava incuriosito i membri che vedeva per la prima volta.
Alcuni li aveva visti al funerale di Silente, altri al Ministero, mentre alcuni gli erano del tutto sconosciuti. Chissà quanti di loro facevano parte dell’Ordine fin da prima della morte di Silente. Non avrebbe saputo dirlo, in verità, perché conosceva pochi membri dell’Ordine di persona, e il regime della segretezza che aveva avvolto le decisioni relative all’Ordine era sempre stato elevato. Ora non era più così, o almeno, non in merito alle grandi questioni.
L’arrivo della McGranitt fu improvviso. Comparve in cucina, sbucando all’improvviso dal camino e posandosi a terra con un’eleganza tutta sua. Si spolverò le spalle per eliminare la fuliggine e si spostò quel tanto che fu necessario a far spazio per l’arrivo di un nuovo ospite che nessuno aveva mai visto.
Dana sgranò appena gli occhi, incapace di dare un senso a quell’apparizione. Era il vecchio che le aveva servite alla Testa di Porco! Procedettero entrambi verso il gruppo ben nutrito dell’Ordine senza dire una parola.rdine che non ho mai visto."i questa adunata generale...er non mettersi a ridere. tata con i capelli corti e sparati in aria, d
La Preside di Hogwarts fece apparire due sedie dal nulla e si sedette, imitata dal vecchio.
Qualcuno bussò alla porta con fare energico, facendo sussultare i presenti, ma la signora Weasley non esitò e andò ad aprire la porta, permettendo ad Hagrid di entrare. Da solo riuscì ad occupare tutta l’entrata del salotto, ma non vi badò affatto e salutò allegramente con la mano, mentre cercava di non far notare troppo i lividi che gli segnavano il volto.
Harry lo guardò con fare preoccupato e scambiò una rapida occhiata con Ron, Ginny e Hermione.
"Bene. Ora che ci siamo tutti…direi che è il caso di cominciare. Abbiamo delle cose da discutere e un paio di novità da comunicare." Esordì la McGranitt con decisione, senza tuttavia riuscire a nascondere il tremore della voce.
"Innanzi tutto, gli aggiornamenti. Hagrid mi ha da poco comunicato che i Giganti si sono definitivamente uniti a Voldemort."
La notizia fu accolta con disappunto, ma senza troppa sorpresa. Erano settimane che strane aggressioni ai danni di Babbani avvenivano nelle zone montane. Il Ministero continuava a tenere le notizie sotto controllo, ma le diverse fonti dell’Ordine avevano reso chiaro da subito quale fosse il problema. I Giganti si stavano muovendo, e le loro intenzioni non erano pacifiche.
"Dovremmo quindi ricominciare a lavorare con quegli Incantesimi Blocca Gigante…" disse un membro piuttosto corpulento e giovane.
"Si, Habbot, direi di si. Se ci troveremo ad affrontarne uno, dovremo saperci difendere bene e in fretta. Remus…per quanto riguarda i Lupi?"
Lupin scosse la testa, l’aria decisamente afflitta e stanca.
"Non so cosa dire Minerva…alcuni di loro sono incerti, e io cerco di farli ragionare il più possibile…magari un paio sono riuscito a convincerli. Ma non possiamo pretendere più di tanto. Greyback sta facendo loro il lavaggio del cervello, e può offrire molto più di quello che posso promettere io."
"E con te?" chiese la McGranitt "Con te continua a comportarsi sempre nello stesso modo?"
Dana vide Harry lanciare alla donna uno sguardo attento. Allora non era l’unica ad aver notato la tensione di quella domanda. In verità diversi sguardi erano ora puntati su Lupin, che fissava la McGranitt come se volesse dirle qualcosa solo con il pensiero.
"Non è cambiato nulla…sembra quasi che non sappia…" rispose infine, mantenendo controllato il tono di voce.
"Non è possibile però! Remus, devi fare attenzione! Insomma…Piton avrà fatto di sicuro il tuo nome…"
"Faccio attenzione Charlie, non temere, ma vi dico che Greyback sembra non sapere." Ripeté Lupin, deciso a chiarire il punto.
"A questo arriveremo tra un attimo." Intervenne la McGranitt, traendo un sospiro "Prima però voglio presentarvi una persona." Disse, accennando al vecchio seduto accanto a lei e che fino a quel momento era rimasto in silenzio, impegnato solo a fissarli. Hagrid sorrise, e parve che il petto gli si gonfiasse, mentre il vecchio si alzava in piedi e salutava tutti con un lento e piccolo inchino.
"Lui è Abeforth Silente." Disse semplicemente la McGranitt.
Dana sentì distintamente il cuore saltarle un battito, mentre la comprensione si faceva strada nella sua mente…ecco dove aveva visto quegli occhi…
Pressoché tutti i presenti ebbero la sua stessa reazione. Erano rimasti tutti in silenzio, gli occhi puntati sul nuovo venuto. Hermione si era portata una mano alla bocca e Harry sembrava aver deciso di non respirare più. Lupin era rimasto pietrificato, mentre Tonks si era ripresa in fretta e aveva sorriso al nuovo venuto. Diversi altri membri si erano allungati per vederlo meglio e il primo a parlare fu Moody.
"Ma non doveva essere nascosto da qualche parte…"
Il vecchio annuì e sorrise, in un modo così simile a quello di Silente che Dana sentì il cuore stringerlesi in petto, e fu certa che la stessa cosa stesse accadendo anche a Harry.
"Si, in effetti dovrei…ma da un po’ di tempo stavo aiutando mio fratello. Il mio rifugio è sempre stato un ottimo posto per…raccogliere informazioni." Spiegò tranquillamente Abeforth.
"Quindi lei fa parte dell’Ordine da un po’?" chiese Tonks, osservandolo con curiosità.
"Si."
"A dire il vero, Abeforth ha fondato l’Ordine insieme ad Albus." Precisò la McGranitt "Fino ad ora ha preferito rimanere in incognito, non palesarsi per ragioni di sicurezza, ma ora è venuto il momento di cambiare le cose. Senza contare che…forse potrà aiutarmi nel farvi accettare una certa ipotesi."
Moody si allungò appena, facendo fermare l’occhio magico sulla McGranitt.
"Minerva, perché ho come l’impressione che tu debba dirci qualcosa di brutto?"
"Non è nulla di brutto…credo…" rispose lei, togliendosi gli occhiali e stropicciandosi appena gli occhi "Solo…non sarà facile dirvelo. Ma non è ancora il momento. Prima voglio sapere una cosa dai ragazzi." Disse rivolgendosi a Hermione.
"Signorina Granger, le ricerche procedono?"
"Si, direi di si. Abbiamo scoperto quale sia l’ultimo Horcrux, ma non abbiamo idea di dove sia nascosto."
"E’ per questo che siete andati nel borgo di Corvonero?"
Hermione annuì.
"E lo scontro con i Mangiamorte…mi avete riferito tutto?"
"Tutto." Intervenne Harry.
La McGranitt parve ragionare su qualcosa, poi si decise a parlare.
"Per i membri del Ministero presenti…fate attenzione. I Mangiamorte volevano rapire un fabbro che ha creato serrature e chiavi per il Ministero. Credo che il Ministro abbia già fatto mettere al sicuro la famiglia, ma abbiamo bisogno di sapere a cosa punta Voi-Sapete-Chi. Se vuole entrare al Ministero e ha bisogno di una chiave per farlo, forse cerca qualcosa di preciso, e soprattutto di protetto."
"Faremo attenzione Minerva, non temere, e raccoglieremo quante più informazioni possibili." La rassicurò Kingsley, volgendosi poi verso Hermione "Però vorrei sapere quale sia quest’ultimo Horcrux. Forse è proprio quello che sta cercando al Ministero."
"No." Obiettò Hermione "Non lo avrebbe mai nascosto lì. Comunque, si tratta di uno specchio."
"Uno specchio?" le fece eco Lupin, incredulo.
"Si. Il cimelio di Corvonero è uno specchio. Ne ho trovato conferma in un paio di libri con gli appunti dei Fondatori."
"Oh, sono felice che ti siano stati utili!" esclamò allegro Abeforth "E pensare che io credevo fossero spazzatura…."
Harry notò lo sfavillio divertito negli occhi color del cielo e non seppe trattenere un sorriso. Era un po’ matto, ma era evidentemente il fratello di Silente.
"Bene…qualcuno ha qualcos’altro da dire? Novità sui Malfoy?" chiese la McGranitt indirizzando uno sguardo verso Tonks.
"No Minerva. Narcissa non si è più fatta vedere né sentire." Disse la ragazza, quasi con sollievo.
"Però…sapete, Greyback continuava a dire qualcosa, la settimana scorsa…qualcosa che aveva a che fare con la moglie di un Mangiamorte. Diceva che era impazzita. Forse si riferiva a lei."
"Diceva solo questo?"
"Si…mi pare di si. Non ha fatto nomi. L’unica cosa che ha aggiunto è che ormai Voldemort non la considera più, e che è in vita solo perché lui è magnanimo."
"Proprio magnanimo il tipo!" sbottò Ron.
"Non abbiamo certezze che sia lei." Disse Moody "Dobbiamo stare attenti!"
"Si Alastor, ma in verità credo che potrebbe trattarsi proprio di Narcissa…insomma, di certo equilibrata non è, se ha deciso di venire a chieder aiuto a mia madre!" lo interruppe Tonks, facendo annuire molti dei presenti.
"Allora per il momento rimaniamo con l’incognita Malfoy…" disse la McGranitt.
"E ora, Minerva, vuoi dirci cosa ti turba e cosa stai evitando di dirci?" chiese su due piedi Kingsley.
Dana osservò la scena, sapendo che in effetti la McGranitt avrebbe preferito non arrivare mai a quel momento. Cosa poteva esserci di così terribile da dover comunicare?
"Si, ora ci arrivo…però vi prego, non voglio che mi interrompiate con esclamazioni fuori luogo. È già difficile doverne parlare…"
Lanciò uno sguardo ad Abeforth e lui annuì, improvvisamente serio.
"Dunque…come molti di voi sanno, alle pareti della Presidenza sono appesi i ritratti dei Presidi di Hogwarts…anche quello di Silente. La persona ritratta nel quadro non si risveglia prima di diversi mesi dalla propria morte, per permettere l’elaborazione del lutto. Poche settimane fa Albus si è svegliato e…mi ha chiesto come stessero procedendo le cose."
Fece scorrere lo sguardo sui presenti e attese un attimo, come se stesse cercando le parole giuste.
"Gli ho spiegato un po’ la situazione, e lui mi ha ascoltata in silenzio. Credevo che avrebbe detto qualcosa su…su Piton, ma non lo ha fatto, così gliene ho parlato io. Non era un argomento facile, ma come tutti voi avevo in testa un’unica domanda: come ha potuto fidarsi di lui!"
Il solo nominare Piton aveva fatto cambiare completamente l’atmosfera, e Dana ne stava pagando care le conseguenze. Trovarsi in una stanza dove regnava tutta quell’ostilità non era piacevole per nessuno, figurarsi per un empatico.
"E lui…lui mi ha detto che sapeva che sarebbe morto per mano di Piton."
"Cosa?!!?" L’esclamazione uscita di bocca a Lupin espresse il sentimento di tutti.
Harry si irrigidì sulla sedia e strinse i pugni, ma si impose di non dire nulla per il momento.
"Si, lo sapeva. Mi ha…mi ha detto che sapeva del Voto Infrangibile che legava Piton a Narcissa. Le aveva promesso che avrebbe protetto Draco, e che avrebbe portato a termine il compito al posto del ragazzo se fosse stato del caso."
"Non ci posso credere! Minerva…non è possibile…Silente non avrebbe mai…mai…" balbettò Hagrid, improvvisamente agitato. Non riuscì a finire la frase, afflosciandosi sulla sedia e facendola scricchiolare pericolosamente.
"Ci stai dicendo che Silente si è esposto volontariamente?!" chiese Tonks, allibita.
"Si…mi ha detto di aver chiesto a Piton di non muoversi fino a quando non fosse stato necessario, ma che, se fossero arrivati al punto in cui poi siamo effettivamente giunti, Piton avrebbe dovuto rispettare il Voto."
"Ma sta scherzando?!" sbottò Harry "Ci sta dicendo che Silente ha autorizzato Piton ad ucciderlo?"
"Harry…lo so che è difficile da capire, ma…"
"Non è solo difficile da capire, Minerva!" intervenne Lupin, prevenendo persino Harry "E’ impossibile! Silente ha sempre saputo quanto lui fosse importante per noi! Perché avrebbe dovuto sacrificarsi in quel modo? Senza di lui siamo decisamente più deboli!"
"Lo so Remus, ma credo che lui volesse che Piton continuasse a fare la spia."
"Non voglio ascoltare una parola di più! Ma si rende conto di quello che ci sta dicendo? Dovremmo credere che Piton è ancora dalla nostra parte e che ha ucciso Silente perché costretto?" urlò Harry, mentre Ron allungava una mano posandogliela sulla spalla, nel vano tentativo di calmarlo. Harry lo allontanò e continuò.
"Io c’ero! Io ho visto come Piton lo guardava! Lo odiava! Non ha esitato a ucciderlo, nonostante Silente lo stesse implorando!"
"Io non ho detto di voler considerare Piton ancora uno di noi!" rispose fermamente la McGranitt "Ma ho dovuto dirvelo! Me lo ha chiesto Silente! Forse lui pensa ancora di avere ragione su Piton…"
"Non è possibile…" sospirò la signora Weasley.
"Non è vero, Silente ce lo avrebbe detto…" bofonchiò Hagrid, ancora sotto shock.
"Sappiamo che il motivo per cui Silente si fidava di Piton era inconsistente…" disse Lupin, con dipinta in volto un’espressione indecifrabile. Sembrava infuriato e preoccupato allo stesso tempo.
"No. Questo non lo possiamo dire. I quadri devono fedeltà al Preside in carica, quindi Albus avrebbe dovuto rispondere a ogni mia domanda. Per questo mi ha prevenuta e mi ha chiesto non indagare sul motivo per cui lui si fidava di Piton!"
"Ma è assurdo! Lo sappiamo già!" ringhiò Moody.
"Ed è questo il punto! Siamo certi che Albus abbia detto la verità a Harry?"
Harry si sentì improvvisamente ghiacciare. Le parole della McGranitt gli fecero ricordare una cosa…e così come stava facendo lui, anche la Preside di Hogwarts si volse verso Dana.
 
Aveva sentito tutto, era certa che il proprio cervello avesse registrato tutte le informazioni, tutte le parole dette fino a quel momento, ma il suo respiro per un attimo si era fermato. Silente sapeva che sarebbe stato Severus a ucciderlo…quante possibilità dietro una frase. Di nuovo, si aprivano una miriade di porte davanti a lei, e lei non era in grado di dire quali chiudere e quali no. Pian piano il respiro tornò regolare, ma non fu così per il ritmo del cuore… c’era speranza? Forse c’era speranza. Eppure sentiva distintamente i sentimenti che quella notizia stava suscitando.
No, per Severus difficilmente ci sarebbe potuta essere speranza.
Controllando un tremito delle mani, si impose il silenzio, si impose di apparire impassibile come non era. Se solo avesse potuto, si sarebbe precipitata a Hogwarts e avrebbe raggiunto la Presidenza. Anche a costo di sfondarne l’entrata, sarebbe corsa dentro e avrebbe chiesto spiegazioni a Silente. A lei non le avrebbe negate, perché Silente aveva sempre saputo di lei, dei suoi sentimenti e del suo ruolo nella vita di Severus. A lei avrebbe parlato, e forse l’avrebbe così liberata dai suoi dubbi…
Invece era bloccata lì, in mezzo a tutte quelle persone sconvolte e infuriate, e ora aveva gli occhi di tutti puntati addosso.
Rimase ancora in silenzio. Se volevano sapere qualcosa da lei, dovevano parlare per primi.
"Dana…tu una volta hai detto che la verità non è tutta in quello che Albus ha detto a Harry…cos’è che non sappiamo?" le chiese la McGranitt, mentre calava un silenzio tombale.
Ecco arrivato il momento. Con la sua risposta avrebbe provocato reazioni decisamente contrariate.
"Non ve lo posso dire." Ripose semplicemente la giovane donna.
Di tutte le reazioni che ci furono, fu quella di Harry a farle più male. La sua risposta fu per il ragazzo peggio di una secchiata di acqua gelida. Dopo quelle parole, si zittì e rimase immobile.
"Dana…" riprese la McGranitt con voce che vibrava "Non possiamo perdere tempo…se sai qualcosa ce lo devi dire."
"Se non lo farai, continueremo a considerarlo un nemico!" sbottò Moody e Dana lo fulminò con lo sguardo.
"Lo fareste ugualmente!" rispose con voce gelida.
"Non abbiamo bisogno di sapere nulla, Minerva" intervenne Kingsley "Harry è stato chiaro. Piton ha ucciso Silente odiandolo. Forse il fatto che Silente gli abbia chiesto di ucciderlo se necessario gli è tornato semplicemente più utile. Tutto qui."
Dana guardò Kingsley con aria truce per un attimo, poi si ricompose. Si, era vero, c’era anche quell’ipotesi. Forse la richiesta di Silente aderiva semplicemente all’ordine di Voldemort… era una realtà che doveva essere presa in considerazione, Dana ne era dolorosamente consapevole.
"Un attimo…" intervenne Lupin, sorprendendo parecchi presenti. "Sta di fatto che Piton non ha fatto il mio nome a Greyback…diversamente, sarei già morto…"
Harry rivolse a Lupin uno sguardo di fuoco, mentre Tonks rabbrividiva e lanciava al compagno uno sguardo preoccupato.
"Non possiamo dimenticare i fatti." Intervenne il signor Weasley "Lo ha ucciso. È un assassino, punto. Non possiamo farci prendere dai dubbi."
"Ma Silente non è di questo avviso…" obiettò la McGranitt "Non guardatemi così, non mi piace affatto difendere Piton. Dico solo che c’è qualcosa che non sappiamo. E Abeforth è dello stesso avviso."
Il vecchio finalmente si decise a prendere parola.
"Si. Dobbiamo ben capire come stanno le cose. Mi rendo conto che non è facile. Non lo è nemmeno per me, in fin dei conti…stiamo parlando dell’assassino di mio fratello. Però se Albus ha insistito perché sapeste tutto questo, allora un motivo c’è. Ho fiducia in mio fratello. Ha sempre visto al di là dell’apparenza, e forse lo ha fatto anche questa volta."
"Ma cosa ci importa in fin dei conti?" sbottò Molly, torcendo nelle mani uno strofinaccio.
"Parecchio. Se Piton sta ancora eseguendo ordini di mio fratello, allora è bene non ucciderlo subito…perché credo che molti di voi lo farebbero, se ora se lo trovassero davanti." Continuò Abeforth, pacificamente.
"Allora Dana ci devi spiegare." Disse Harry, a bassa voce, ma abbastanza forte da farsi sentire da tutti.
Dana lo guardò, ma non ne incrociò lo sguardo. Harry aveva gli occhi puntati oltre la spalla della McGranitt, di fronte a lui.
"No…non posso farlo. Tutto quello che posso dire è che Silente non ti ha detto tutta la verità. Ma se ora vi spiegassi quello che so, causerei più danni che altro. E comunque…mi costa ammetterlo, ma potrebbe anche non valere più a nulla quello che so. Fino a prima della morte di Silente, ero convinta che Severus avrebbe fatto di tutto pur di proteggerlo. E invece non lo ha fatto. Potrebbe anche essere tornato sulla vecchia via."
Quanto le stavano costando quelle parole…eppure era vero. Non era ancora certa di nulla.
Harry finalmente la guardò, ma lo fece senza espressione alcuna, e Dana sapeva che avrebbe dovuto parlarci a quattr’occhi, prima o poi.
"Ma almeno… il motivo per cui Silente è così ostinato a dargli fiducia…si tratta di un motivo serio?" chiese Lupin, mentre Moody gli lanciava un’occhiataccia. Prima che il vecchio Auror potesse dirgli qualcosa Tonks lo zittì con lo sguardo.
Dana fissò il suo sguardo su quello di Lupin e un brivido le scese lungo la schiena.
"Non posso crederci…lui lo sa…lo ha capito! Non lo può ancora accettare, ma lo ha capito!"
"Si. L’ho già detto, Severus passò davvero dalla vostra parte. Il punto però ora non è risolvibile in questo modo. Abbiamo una sola possibilità. Trovarlo e farlo parlare."
Il fatto che proprio lei proponesse una simile iniziativa lasciò diverse persone senza parole, ma non Harry.
"Ci stai dicendo che se lo trovassimo ci aiuteresti a fargli dire la verità?" le chiese, guardandola con il fuoco negli occhi.
"Si, assolutamente. Ho bisogno di sapere tanto quanto voi, Harry."
Non c’era menzogna in quelle parole, ma solo il suo bisogno di dipanare la confusione che le regnava in testa e nel cuore da mesi. E forse era troppo evidente per poter essere messo in dubbio, perché Harry parve tranquillizzarsi un attimo.
"Allora faremo così. Chiunque lo incontri sul suo cammino, se potrà, lo catturerà e lo porterà subito dal membro dell’Ordine più vicino." Disse il ragazzo, rivolto a tutti i presenti, mentre la McGranitt non si opponeva al fatto che fosse lui a prendere una simile decisone.
"Ma poi dovrà riunirci tutti prima di interrogarlo." Intervenne Hermione "Non possiamo correre rischi, dovremo essere in molti ad ascoltare le sue parole, e dovremo fargli bere il siero della verità stando attenti che non lo trasfiguri prima."
Moody annuì, guardando Hermione con fare compiaciuto.
Dana si rasserenò un attimo e posò una mano sulla spalla di Harry. Il ragazzo si volse a guardarla e rimase in silenzio, mentre la McGranitt scioglieva la riunione.
"Mi dispiace non aver potuto dire nulla. Forse un giorno potrò parlartene, ma per ora è meglio tu non sappia."
Harry la fissò a lungo, combattuto tra ciò che l’istinto gli suggeriva e ciò che gli occhi vedevano.
"Lo stai proteggendo?" chiese a bruciapelo, la voce più tesa di quanto avrebbe voluto.
"Penso si possa dire di si…"
Harry la prese sotto braccio e si alzò, portandola con sé. Dana non oppose resistenze e lo seguì fino in giardino, passando davanti alla McGranitt che indirizzò loro uno sguardo preoccupato.
"Perché mi hai voluto portare fuori?" chiese Dana mentre si sistemava il mantello sulle spalle.
"Perché voglio sapere il motivo che ti spinge a proteggerlo." Disse Harry senza esitare "Sei stata un’insegnante incredibile, ci hai dato più di molti altri, ma…tu lo proteggi, e io non capisco perché! Come fai ad avere ancora così tanta voglia di dargli una possibilità?"
"Fai domande importanti, Harry. E sono domande cui non voglio rispondere."
Harry la fulminò con un’occhiata, ma Dana non si fece intimorire né convincere.
"Harry, se ti rispondessi tu…non mi crederesti, non capiresti. Ti posso giurare che non ti tradirò, che farò tutto quello che potrò fare per permetterti di vincere, e delle prove concrete te le ho già date! Se non fossi dalla tua parte, non avrei permesso tu diventassi così forte!"
"Però lo difendi! Se dovessi affrontarlo…cosa faresti?"
Dana rimase in silenzio, riflettendo. Inutile mentirgli.
"Non credo riuscirei a fargli davvero del male… ti difenderei comunque, anche se fosse lui ad attaccarti, ma non potrei ucciderlo, o comunque fargli seriamente male. Questa è l’unica cosa che non potrai mai chiedermi di fare."
Harry assorbì il significato di quelle parole e abbassò un attimo lo sguardo, facendolo vagare sulle figure scure che uscivano dalla casa dei Weasley e si Smaterializzavano.
"Non posso credere che abbai eseguito un ordine di Silente…" disse infine, più a se stesso che a Dana.
"No? Davvero credi non sia una delle possibilità? Ho due domande da farti, Harry…se conosco un po’ Silente, posso facilmente credere che anche con te abbia preso delle precauzioni…quella notte, sulla torre, beh, stavate tornando da un’uscita poco accademica. Davvero lui non ti ha ammonito su quanto fosse importante che tu pensassi alla tua salvezza e non alla sua?"
Harry aprì bocca per obiettare, irritato da quelle parole, ma si dovette bloccare subito…Silente gli aveva fatto promettere che lo avrebbe lasciato anche in pericolo di vita se necessario…Silente era disposto a sacrificarsi…
Scacciò quel pensiero dalla testa e si volse di scatto, dando le spalle a Dana, che seppe di averci visto giusto.
"E poi ancora…Harry, Silente ha implorato Severus, è vero, l’ho visto, ma tu sai di cosa lo ha implorato? Non hai notato il fatto che si sono guardati negli occhi prima che Severus lo uccidesse? Due ottimi Legilimens come loro possono essersi detti moltissime cose in quei secondi…"
"E allora tutto quell’odio sul volto di Piton?" sbottò Harry, girandosi di nuovo verso di lei.
Dana sospirò e guardò in alto, lasciando che i fiocchi di neve le accarezzassero il viso.
"Si…quella è l’unica cosa che non so spiegare…ma quello che volevo farti capire è che ci sono molti punti inspiegati, e inspiegabili per il momento…"
Harry incassò il colpo, ma ancora non voleva cedere.
"L’unica cosa da fare è trovarlo." Disse a bassa voce, mentre Dana annuiva.
In lontananza, Lupin stava osservandoli. Dana abbassò lo sguardo e lo vide. Lupin non si mosse e la guardò come se cercasse di trovare una qualche smentita nella mente della giovane donna, ma Dana gli impedì di entrare nella sua testa.
"Non è ancora giunto il momento della verità, Remus Lupin." Gli disse.
Lo vide fare qualche passo indietro, poi sparire nel nulla.
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Capitolo 7
*** Ancora vivo ***


6 ancora vivo
 
peppe. Grazie mille per i complimenti, e benvenuta!
 
EDVIGE86. Davvero abbiamo la stessa visione di Severus e di come siano andate le cose? Meno male, mi fa piaceve scoprire sempre nuove persone che la pensano come me. Davvero non avevi mai trovato prima nessuno che condividesse questa visione? Se posso consigliarti, spulcia bene tra le FF del sito, perchè ti posso garantire che il popolo di Severus è più numeroso di quel che si può pensare. Alcuni racconti sono veramente bellissimi! E se vuoi, sono a disposizione per qualche dritta. 
 
ellinor. Ciao e benvenuta! Sono felicissima di aver colpito favorevolmente un'altra Snappista! Occhio a questo capitolo! E' decisamente tutto per lui.

 

Ancora vivo
 
Il sole stava tramontando all’orizzonte e il crepuscolo avanzava con inesorabile lentezza, facendo tingere il cielo di rosso, e poi di viola. Tra le case del quartiere si intravedeva ancora il punto preciso dove il sole era sparito. Severus Piton si concesse un ultimo sguardo al cielo, prima di riaccostare le tende logore della sala e risprofondare nell’assillante silenzio della casa. Codaliscia era sempre barricato nell’ala della casa che gli aveva dovuto riservare…aver attorno quell’ometto insulso e viscido lo riempiva di disgusto, ma purtroppo non aveva trovato un valido motivo per toglierselo dai piedi. L’unica fortuna era che poteva tranquillamente manifestare i suoi sentimenti per lui, mascherandoli con la superbia e l’arroganza.
Infine, le tende ricaddero pesantemente a separarlo dal mondo, rinchiudendolo per l’ennesima volta in quella maledetta casa. L’aveva odiata con tutto se stesso, era stata teatro dei momenti più brutti della sua infanzia e della sua giovinezza, e ora era lo scenario della sua dannazione.
Non c’era luce nella stanza, sarebbe stato troppo pericoloso accendere anche solo una candela. Ormai il Ministero aveva smesso di sorvegliare la sua casa, ed era per questo che aveva potuto farvi ritorno, verso settembre. Di fronte alla finestra del salotto c’era un enorme Avversaspecchio, modificato in modo tale da segnalargli la presenza di qualcuno con cattive intenzioni già alla distanza di diversi metri. In quel modo, se si fosse avvicinato qualcuno malintenzionato anche solo al cancello della casa, lui lo avrebbe saputo subito. Ma contava molto sul fatto che tutti gli Incantesimi repellenti funzionassero alla perfezione.
La casa era perfettamente protetta, piena di segnali d’allarme e di vie di fuga che solo lui conosceva. Avrebbe anche potuto dire di essere al sicuro, lì, ma Severus Piton era molto più in pericolo di quanto chiunque avesse potuto immaginare, rimanendo dentro quelle mura. Ogni angolo gli ricordava qualcosa di brutto, sofferenza, dolore e rabbia…e poi, quasi ogni angolo era divenuto testimone involontario del suo nuovo peso. C’erano ancora delle schegge di vetro isolate, scampate alla sua opera di pulizia dopo il disastro che aveva causato.
Dopo l’uccisione di Silente si era nascosto nei posti che Voldemort gli aveva indicato, e per giorni aveva vissuto con Draco dentro a grotte, in mezzo a foreste, e persino in case Babbane disabitate. Si erano spostati spesso, cancellando ogni traccia del loro passaggio. Poi Voldemort li aveva convocati e li aveva tenuti con sé per diverso tempo, per quasi tutta l’estate. In quelle settimane terribili aveva dovuto calare una maschera alla quale aveva lavorato per mesi, e che si dimostrò perfetta e funzionale. Si era armato del gelo e della rabbia che aveva nel cuore per impedire alla sua mente e al suo cuore di tradirlo, e ogni pensiero pericoloso veniva cancellato con accurata determinazione non appena si presentava alla sua ragione. Ogni sentimento veniva distrutto inesorabilmente dal gelo che si imponeva. Tutto per non cedere. Il dolore e la disperazione per la consapevolezza di quel che era successo erano troppo pericolosi, la sua mente lo sapeva. Ma, in modo quasi impressionante, lo sapeva bene anche e soprattutto il suo cuore. Ed era proprio il suo cuore a rifuggire quei sentimenti, a ucciderli, a negarli e a non degnarli di una sola briciola di attenzione. Li faceva cadere nel vuoto, li cancellava, ma li sentiva scivolare, gelidi e pungenti, mentre sparivano nel profondo della sua anima. E sapeva bene che, prima o poi, quei sentimenti avrebbero trovato uno spiraglio minuscolo, una piccolissima falla da cui passare, e allora lo avrebbero travolto, distruggendolo ancor più prepotentemente di quanto già non stessero facendo in quel modo subdolo e silenzioso. E il buio non aiutava. Ogni volta che calava la sera, sperava di riuscire a trovare qualcosa da fare, per distrarsi. Quando giungeva l’ora di concedersi qualche ora di sonno, tremava intimamente, consapevole che tutte le difese lì sarebbero cadute, e che i suoi demoni si sarebbero ripresentati. Così avveniva, ogni notte.
Solo una volta si era concesso un cedimento, anche se dire che se lo era concesso era troppo. In realtà il cedimento lo aveva preso, con forza e prepotenza, e lui non era stato in grado di controllarsi, per la prima volta dopo anni.
Aveva appena finito di organizzare le difese della casa, e Codaliscia era stato convocato da Voldemort. Consapevole di essere solo, quella sera aveva deciso di riordinare le idee e di lanciare qualche Incantesimo sulla porta che collegava la casa alle stanze dell’ospite indesiderato, ma le cose non andarono affatto così. L’assenza di luce gli aveva giocato un brutto scherzo e aveva rievocato con esagerata precisione il buio che aveva visto la notte dell’uccisione di Silente. Aveva rivisto la scena e aveva rivissuto tutto quello che aveva fatto…e in un attimo, il suo potere fu fuori controllo. Tutti i vetri della stanza saltarono in aria e tre brutte crepe si produssero sul muro esterno della casa, producendo uno scricchiolio poco rassicurante. Era stata una manifestazione inaspettata quanto sorprendente. Severus era rimasto basito per diversi secondi, mentre i suoi occhi si posavano sul disastro che aveva provocato, ma qualcosa dentro di lui gli impedì di rimettere tutto apposto. Aveva ancora qualche tempo prima che l’ometto schifoso tornasse, quindi decise di concedersi quei minuti per dare sfogo a ciò che più lo assillava in quei giorni, sperando di lenire così il dolore e la repulsione che provava ogni volta che, per errore, i suoi occhi coglievano un’immagine riflessa di se stesso.
Era scivolato a terra, le mani strette a pugno e il respiro improvvisamente affannato, ma soprattutto con un terribile e bruciante dolore alla gola, dove l’angoscia pareva essersi concentrata. La pressione alle vie respiratorie era forse il meno…con forza e disperazione nella sua mente continuavano ad affacciarsi mille ricordi. Silente che lo guardava con fare sorpreso la prima volta che era andato da lui, per mostrargli l’odioso Marchio inciso a fuoco sulla sua pelle. Silente che gli posava una mano sulla spalla, guardandolo serio e senza disgusto negli occhi. Silente che gli sorrideva amabilmente durante uno dei pranzi di Natale. Silente che, dopo il ritorno di Voldemort, aveva voluto parlare da solo con lui, a quattrocchi, per accertarsi che veramente volesse intraprendere di nuovo la pericolosa via della spia. Silente che lo guardava con pazienza, dopo che aveva deciso di smettere di dare lezioni di Occlumanzia a Potter. Silente che tornava, pericolosamente ferito, dopo aver distrutto un Horcrux; quanto aveva dovuto controllare il tremore delle proprie mani quella volta? E poi, Silente che avanzava quell’assurda richiesta…e che, per la prima volta, si arrabbiava veramente con lui, che stava rifiutandosi di assecondarlo dicendogli che non poteva chiederglielo, che non poteva dare per scontato che alla fine lo avrebbe fatto.
Infine, Silente che trionfava, anche su di lui, e che con una semplice richiesta, con un sussurro dolce e deciso, lo costringeva a fare ciò che non voleva.
Aveva battuto a terra i pugni più e più volte, scaricando la rabbia e la disperazione, e si era ferito. Attorno a lui la casa sembrava voler partecipare alle sue emozioni. I muri scricchiolarono, le poche finestre superstiti si infransero, e le piastrelle dei pavimenti si sollevarono. La casa si stava distruggendo, così come si stava distruggendo la sua anima, divorata dal rimorso per ciò che aveva fatto, ma soprattutto divorata dal rimorso per non aver trovato la forza necessaria di non obbedire a Silente. Si sarebbe sempre odiato per questa sua mancanza.
L’unica cosa che poteva fare, era portare a termine la sua missione, e permettere a Potter di vincere.
Perché ora il suo più grande desiderio era distruggere per sempre l’uomo che lo aveva rovinato, che aveva approfittato della sua debolezza e della sua rabbia e che aveva calpestato troppe volte la sua anima. E in quel modo, forse, avrebbe pagato abbastanza per i suoi peccati, e per i numerosi errori commessi.
Quella notte, dopo essersi sfogato, aveva velocemente sistemato tutto, impedendo a Codaliscia di scoprire alcun che. Non appena la casa fu risistemata in ogni sua parte, era ridiscesa su di lui la maschera, e il gelo era ridiventato l’unico compagno al suo fianco.
Eppure, ogni sera, un filo di panico lo coglieva. Solo un attimo, solo un accenno, ma era sufficiente per ricordargli che doveva fare molta attenzione, perché nemmeno lui era perfetto.
 
Codaliscia tornò quando ormai il cielo era ricamato da numerose stelle. Severus alzò lo sguardo verso la stanza dove ci si poteva Smaterializzare. Dei passi veloci accompagnarono l’arrivo della figura dell’ometto. Codaliscia lo guardò per qualche istante, ma infine distolse lo sguardo, come sempre.
"Il…il Signore Oscuro ha detto che devi tenerti pronto. Tra qualche minuto avrà bisogno di te."
Piton fece un lieve cenno con la testa, e Minus rimase immobile, tormentandosi appena le mani, poi parve decidere sul da farsi e si allontanò in fretta.
Severus rimase in attesa, fissando lo sguardo su un punto indistinto del muro di fronte a sé fino a quando il Marchio non bruciò. Trasse un respiro un po’ più lungo, per smorzare la fitta al braccio sinistro, poi si diresse verso la stanza delle Materializzazioni e sparì, ricomparendo all’interno di un edificio di pietra. Era tutto molto buio, ma ormai conosceva alla perfezione quel posto, così si mosse con sicurezza, marcando il suo arrivo con il rumore deciso dei suoi passi.
Percorse un corridoio sul quale si affacciavano alcune porte in ferro. In genere in quelle sudice e fredde stanze venivano tenuti prigionieri i soggetti cui Voldemort voleva strappare informazioni. Pur essendoci silenzio in quel momento, Piton ebbe quasi l’impressione di sentire le urla dei reclusi, urla disperate e sofferenti, spesso implorazioni vane e terrificanti.
La pietra era talmente intrisa di sangue, in alcuni punti, da non poter più neppure essere pulita, e l’odore che emanavano quelle celle era disgustoso e raggelante…l’odore della morte. Ma ormai quelle sensazioni non suscitavano più in lui alcun genere di ribrezzo. Solo sorda rabbia.
Ecco che in fondo al corridoio vide un piccolo bagliore. Si stava avvicinando alla stanza dove Voldemort li riceveva. L’ambiente era molto grande, quasi del tutto vuoto, freddo e buio. Al centro della stanza c’era una nera figura, sottile e spigolosa, che posò immediatamente lo sguardo su di lui. Piton avanzò con fare sicuro, in silenzio, e si ritrovò di fronte a Voldemort in poco tempo. Quando lo raggiunse, si inchinò appena e rimase in silenzio, attendendo ordini.
"Bene bene, mio fedele amico, sei rapido come sempre." Esordì Voldemort con voce amabile, mentre Severus si chiedeva cosa volesse. Ogni volta che si comportava in modo suadente, voleva qualcosa di pericoloso.
"Ho bisogno di affidarti un compito piuttosto ingrato, ma voglio che sia tu a svolgerlo. Di te posso fidarmi, e le tue abilità ti rendono il più indicato per questa missione."
"Comanda, mio Signore, e io eseguirò." Disse con voce pacata Severus, mentre con la coda dell’occhio individuava Emerson, uno dei Mangiamorte che aveva lottato con Potter vicino al Borgo di Corvonero. Aveva l’aria distrutta e si reggeva un polso, come se fosse rotto.
"E’ necessario rimediare al fallimento di questi stolti idioti!" sibilò Voldemort, volgendosi bruscamente verso Emerson e alcuni altri, dietro di lui.
Severus si concesse un secondo prima di volgere verso gli altri Mangiamorte un lungo sguardo gelido. Erano feriti, ma quelle che lui vedeva erano solo le cicatrici lasciate dalle torture che erano state loro inflitte.
"Come vuoi che proceda?"
Voldemort si volse di nuovo verso di lui e gli sorrise, trasformando la propria faccia in un orripilante spettacolo. Gli occhi rossi brillarono sinistramente alla luce delle poche fiaccole accese qua e là.
"Voglio che tu capisca dove hanno nascosto quella famiglia di fabbri! Ce ne sono altri, ma nessuno con le loro stesse abilità! E io voglio loro, senza discussioni."
Voldemort si avvicinò ulteriormente a Severus, fino al punto che fu così vicino al suo viso da poterlo quasi sfiorare.
"Li voglio, Severus. E dovrai trovarli."
"Mio Signore, mi permetto di ricordarti che non posso muovermi liberamente." Disse Piton, guardando Voldemort negli occhi, senza far tremare la propria voce e senza tradire la presenza di alcun genere di emozione.
"Sono consapevole di questo. È per questo che ti ho procurato un aiutino…" sghignazzò Voldemort, facendo un teatrale gesto con la mano e facendo magicamente girare una parte della parete.
Incatenato e ferito, oltre che evidentemente terrorizzato, stava un uomo sulla trentina, non troppo alto, piuttosto robusto e con corti capelli biondi.
"Puoi prendere le sue sembianze…è un dipendente del Ministero. Un pesce piccolo, in verità, e ufficialmente è in vacanza. Non ha famiglia e non risulta essere legato in alcun modo all’Ordine…anche se questo credo tu sia in grado di constatarlo da solo." Spiegò con voce allegra e leggera Voldemort, mentre Piton guardava l’uomo.
"La preparazione della Pozione Polisucco è lunga, mio Signore. Dovrai attendere un po’."
"Non ho fretta Severus, non ho fretta. Ma questa volta voglio un lavoro fatto bene!" sibilò, ritornando ad un tratto minaccioso. Piton intuì che la minaccia però non era per lui, quanto piuttosto per Emerson e gli altri.
"Allora farò come desideri."
"Bene, va pure! Ah, anzi, meglio di no. C’è un’altra cosa che voglio chiederti."
Piton lo guardò impassibile, mentre Voldemort lo fissava a lungo.
"Narcissa Malfoy…"
Piton rimase ancora in silenzio, senza provare assolutamente nulla.
"Draco mi dice che sta comportandosi in modo sempre più strano, ma Bellatrix dice che c’è qualcosa che non le torna…"
Voldemort aveva parlato scandendo con cura ogni parola, e Piton seppe che erano su un campo pericolosamente minato.
"Mio Signore, mi permetti di parlare liberamente?"
"Certamente." Acconsentì l’altro con fare amabile, ma la durezza che aveva negli occhi non lasciava dubbi.
"Io credo che Narcissa abbia dovuto affrontare troppe cose da sola. Forse, fino ad ora, la presenza di Lucius l’aveva sempre sorretta. Ora che il marito è rinchiuso credo abbia smarrito la sua guida. Non che per questo ti sia meno fedele, ma non è mai stata una donna particolarmente intrepida."
"Questo è vero. Tuttavia Bellatrix dice che Draco è cambiato negli ultimi tempi, che non le chiede più consiglio e che la tiene costantemente fuori dalla sua testa…forse il ragazzo sta sfuggendo al suo controllo."
"Ma non è a lei che Draco deve la sua lealtà, e non vedo nulla di male nel fatto che il ragazzo si protegga da lei. Bellatrix riporta inevitabilmente i segni di tredici anni di reclusione. Non escudo che persino lei stia impazzendo."
"Questo non lo devi dire" sibilò Voldemort, ma senza particolare convinzione.
"Mio Signore, perdona la mia impudenza, ma è abitudine di Bellatrix vedere nemici e spie ovunque, anche laddove non vi sono. E qui mi riferisco direttamente a me. Credo che i fatti parlino più delle parole. La mia devozione a te non dovrebbe essere messa in discussione, non più ormai! Eppure so con estrema certezza che lei ancora sparge malevoli lingue sul mio conto. Non nutro alcun genere di fiducia nella sua sanità mentale."
Aveva parlato con calma e determinazione giocandosi la carta della fiducia, sapendo bene che, da dopo la morte di Silente, l’Oscuro non avrebbe più potuto dubitare di lui. E infatti Voldemort non obiettò nulla, ma rimase in silenzio.
"Tieni d’occhio Draco!" ordinò con fare seccato, d’improvviso, per poi voltarsi e allontanarsi, afferrando in malo modo uno dei Mangiamorte compagni di Emerson.
Severus sentì lo sventurato farsi sfuggire una frase come "No, Padrone, basta! Ho capito il mio errore! Ti prego Padrone! Pietà!"
"Sciocco! Non conosce pietà quell’essere spregevole! E implorarlo così non fa che aumentare il suo piacere nel dimostrare il dominio che ha su di noi!"
 
Seduto sul bordo del letto, Severus stava contemplando gli appunti che era riuscito a trascrivere in quei mesi, ma non vi era nulla di utile tra quelle carte ormai lette troppe volte. Non aveva modo di scoprire cosa fosse l’ultimo Horcrux e la cosa lo frustrava notevolmente.
A complicare ulteriormente la situazione c’era quell’assurdo incarico che l’Oscuro aveva deciso di affidargli. Non poteva tirarsi indietro, non aveva scelta. E in un mese difficilmente avrebbe trovato il modo per evitare di introdursi al Ministero. Il poter cambiare il proprio aspetto lo avrebbe protetto dal pericolo di essere notato, ma cosa avrebbe potuto impedirgli di trovare le informazioni che il Signore Oscuro voleva? Nulla probabilmente. Ci sarebbe riuscito con una facilità impressionante, e non voleva consegnare un’intera famiglia ai Mangiamorte. Doveva inventarsi qualcosa, e trenta giorni dovevano bastargli!
L’unico aspetto positivo di poter assumere l’aspetto di un membro del Ministero, era che forse avrebbe potuto meglio capire cosa l’Oscuro volesse fare. Perché cercava tanto quella famiglia? Forse al Ministero avrebbe trovato qualche risposta…
Il rumore dei primi fuochi d’artificio lo riscosse. Lanciò un’occhiata truce ai bagliori che si intravedevano dalla finestra della sua camera. I festeggiamenti per l’arrivo del nuovo anno erano appena cominciati, e lui si ritrovò a pensare che, forse, quello sarebbe stato l’ultimo capodanno con l’Oscuro ancora in circolazione. O forse ne sarebbero arrivati ancora molti altri…il solo pensiero lo lasciò amareggiato, ma aveva ormai ben capito che era inutile pensare di poter avere troppe certezze sul futuro. Le sorprese erano dietro l’angolo.
Un rumore al piano di sotto lo fece ritornare alla realtà. Afferrò velocemente la bacchetta e si diresse verso la porta. Gli allarmi non erano scattati…forse era Draco, ma era meglio essere prudenti.
 
"Non so ancora bene perché sono qui, ho agito d’impulso. Mentre vedevo Ron e Hermione lanciarsi sguardi furtivi durante i festeggiamenti, ho capito che non potevo proprio più aspettare. Non importa il fatto che l’Ordine non sappia di questa mia iniziativa. Questo non li riguarda, è una questione personale…e dopo quello che la McGranitt ci ha detto ho ancora più urgenza di sapere. Ma senza Pozioni, senza trucchi. Voglio vedere se parlerai di tua volontà…a me. Oh, spero solo di non star facendo una sciocchezza…mi sono Smaterializzata qui davanti senza sapere nemmeno come affrontarti…bene, vorrà dire che seguirò l’istinto…"
Dana si accostò alla porta principale e la fece scattare, individuando senza fatica gli Incantesimi di protezioni e aggirandoli tutti, uno alla volta.
Non appena la porta si fu aperta si rese conto della presenza di un soggetto che mai avrebbe pensato di vedere. Minus era appoggiato al muro, con lo sguardo fisso su di lei. Non gli diede il tempo di dir nulla, lo Schiantò e gli si avvicinò, mormorando un Oblivion, giusto per sicurezza.
Ebbe il tempo di muovere solo qualche passo nella casa prima di sentire un leggero scricchiolio sopra la testa, e capendo che lui stava arrivando.
Perché mai il cuore aveva cominciato a battere così in fretta? Doveva assolutamente rimanere calma, non poteva lasciarsi trasportare in modo così brutale dalle proprie paure. Aveva lavorato sodo per riuscire a diventare brava a controllarsi. Ora doveva dare prova delle proprie capacità, ma in cuor suo maledì Severus Piton per essere riuscito ad entrare dentro in quel modo così completo e doloroso.
Una figura comparve all’entrata della sala, e lei lo guardò, rimanendo in silenzio.
Severus non riusciva a distinguere completamente i lineamenti della persona che aveva individuato all’altro capo della stanza, vicino all’ingresso, ma qualcosa gli diceva che non era nessuno di pericoloso. Con un rapido sguardo all’Avversaspecchio trovò conferma ai propri sospetti. Mosse appena la bacchetta e ne fece illuminare la punta.
Quando i raggi di luce si posarono sul volto di Dana, sentì il cuore perdere un battito. La guardò a lungo, in silenzio, lasciando che la consapevolezza della sua presenza diventasse totale in lui. Era lì.
Dana gli sorrise appena e fece un cenno indifferente verso il corpo immobile di Minus.
"Mi dispiace, ma ho dovuto proprio…"
Severus lanciò uno sguardo a Minus e inarcò appena un sopracciglio.
"Vieni." Le disse, indicando la stanza che di solito usava come studio. Vi entrò, seguito a ruota dalla giovane donna che stava ancora cercando di decidere da dove cominciare.
Dana non ebbe però molto tempo per riflettere.
"Cosa ci fai qui?" chiese lui, gelido.
Come già era successo a casa dei Malfoy, Dana dovette constatare con dolore che da lui non proveniva nessun genere di emozione.
"Volevo vederti. E volevo scoprire cosa mi avresti detto."
"Cosa dovrei dirti?"
Lei rimase in silenzio, lanciandogli uno sguardo che avrebbe potuto incenerire chiunque, ma non lui, lo sapeva bene. Gli si avvicinò di qualche passo, mentre lui continuava a fissarla con fare indifferente.
"Secondo te?"
"Nulla." Ribatté lui, con voce leggermente scocciata.
"Nulla…mi vuoi prendere in giro? Vorrei ricordarti che sono la Custode dei tuoi segreti…qualche spiegazione me la devi!" sibilò tra i denti, mentre sentiva montarle dentro una gran rabbia.
"Non sono d’accordo. Non vi è alcun motivo per cui…"
"Nessun motivo?" urlò Dana, perdendo il controllo "Nessun motivo? Razza di idiota! Come credi che mi sia sentita in questi mesi? Non sapevo nemmeno se eri vivo o no! E non lo so nemmeno ora! Come fai a pensare che io non voglia sapere cos’è successo?!"
"E’ questo dunque che ti tormenta? Vuoi sapere da che parte sto adesso! Mirabile, detto da una persona che ha sempre sostenuto di avere la massima fiducia in me!"
"Non osare! Non osare nemmeno per un attimo a giocare sporco con me! La mia fiducia in te non è mutata, altrimenti non sarei qui ora! Credi sarei venuta tranquillamente in casa tua se ti vedessi come un Mangiamorte?"
"E allora cosa ci fai qui Dana? Cosa vuoi sapere?" sibilò Severus, sapendo perfettamente che quella giovane donna non lo avrebbe lasciato in pace se non le avesse dato ciò che voleva.
"Perché lo hai ucciso. Il vero motivo!" disse Dana, con sicurezza.
Era effettivamente racchiuso tutto nella risposta che lui avrebbe dato a quella domanda. Lo sapeva lei, ma lo sapeva bene anche lui, tanto che si volse di scatto e strinse le mani a pugno.
"No. Non ho intenzione di dirtelo."
Dana se lo aspettava, sapeva che avrebbe reagito così, ma non era disposta a demordere.
"Il tuo atteggiamento è terribilmente prevedibile. Lo sai che potrei anche forzarti a parlare, vero?"
Severus si volse, con un’espressione beffarda dipinta in volto.
"Cosa vorresti farmi? Maledirmi con l’Imperius?"
"No, Severus…potrei fare molto di peggio, e lo sai bene." Rispose lei, con voce improvvisamente atona.
Per Severus fu la peggior minaccia che gli si potesse fare. Sapeva cosa intendeva dire Dana. Lei aveva in mano le armi per condannarlo, o per salvarlo. E se la ragazza avesse deciso di utilizzare le informazioni che aveva sul suo conto, avrebbe potuto metterlo fortemente in difficoltà. Le si avvicinò, tanto da poterla afferrare per le spalle.
"Non oseresti!"
"Se fosse necessario, lo farei eccome!"
"Questa cosa non ti riguarda! Come diavolo devo fartelo capire?" esclamò Severus, perdendo il controllo.
"Non puoi farmelo capire! Non puoi pretendere che io faccia finta di nulla! Dannazione, non sei stupido…come puoi credere che possa comportarmi come se non mi importasse nulla di te? Vuoi liberarti di questa impicciona scocciatrice? Bene! Allora alza la bacchetta e colpisci! È l’unico modo che hai per farmi star zitta!"
Severus strinse la presa e fece per replicare, ma non trovò le parole. Era sempre stata capace di sconvolgerlo, destabilizzarlo. E persino ora ci riusciva.
"Avanti Severus, uccidimi…così non avrai più un pensiero!"
Le mani incollate alle sue spalle, tutto quello che fu in grado di fare fu guardarla con una minaccia negli occhi. Non doveva spingersi oltre! Ma Dana non aveva paura di lui.
"Fallo…per favore…" continuò Dana, ammorbidendo il tono di voce e guardandolo dritto negli occhi. Non ebbe bisogno della Legilimanzia per capire. La presa sulle sue spalle si allentò e gli occhi di Severus si dilatarono appena, mentre la fissava. Poi la lasciò andare e la guardò con un’espressione indecifrabile. Aveva capito il messaggio? Aveva capito che sapeva?
Severus tremò intimamente per quella richiesta…come faceva lei a sapere? Non era possibile, era solo una coincidenza. Sicuramente. Poi però arrivò il colpo di grazia.
"Hai eseguito un suo ordine…Merlino, quel vecchio pazzo ha davvero osato chiederti tanto..."
Sapeva davvero! In un attimo, Severus si ritrovò come sollevato da un peso. Qualcuno oltre a lui ora sapeva, qualcuno avrebbe ancora potuto guardarlo senza disprezzo, senza odio.
"Ma questo non basta a far sparire quel che provo…"
All’improvviso Dana fu assalita da una marea di emozioni, tanto che dovette portarsi una mano al petto. Severus aveva ceduto a quelle parole. Il suo volto era ancora impassibile, ma ora era di nuovo vivo e da lui provenivano diverse emozioni. La gioia per quella consapevolezza fu tanto grande da non farla rendere conto di essere finita a terra. Severus le si affiancò e fece per aiutarla ad alzarsi, ma lei gli si aggrappò addosso, trascinandolo a terra con lei e cominciando a tremare come tutte le volte in cui un’emozione troppo intensa era recepita dai suoi poteri di empatica.
"Allora non sei morto…sei ancora vivo…"
"Che stai dicendo?"
Dana alzò gli occhi su di lui e lo guardò per qualche istante, riappropriandosi delle sensazioni del proprio corpo.
"Eri gelido, senza emozioni, senza vita…sai cosa intendo, conosci le mie capacità…credevo che Riddle fosse riuscito a distruggerti. Ma ora…"
Severus si irrigidì e il suo sguardo si indurì, ma non si mosse, non la scostò.
"Ora cosa? Sono vivo? Pensi si possa veramente dire di me?"
"Si!" rispose con enfasi Dana "Ora so che c’è speranza. Ora so come stanno le cose. Quello che ho sentito un attimo fa era dolore. Dolore per le parole che ho pronunciato. Severus, non sono una stupida! E l’Ordine ha ricevuto alcune spiegazioni da Silente…c’è ancora speranza."
"Quelli dell’Ordine non capiranno!" sbottò lui, con gli occhi improvvisamente animati da un fuoco che Dana aveva visto poche volte. "Non vedono al di là del loro naso! Non mi crederanno! E io non voglio avere più nulla a che fare con loro. Opportunisti capaci solo di giudicare! Nessuno di loro avrebbe mai avuto il coraggio di fare la metà delle cose che ho dovuto fare io per l’Ordine!"
La rabbia che Severus dimostrò di avere nei confronti dei membri dell’Ordine fu cosa nuova per Dana. Sapeva che non li amava, ma nelle sue parole era rintracciabile un sentimento che andava ben al di là. Rimanendo aggrappata a lui, scrollò la testa e sorrise.
"Tu non hai idea…se sapessero la verità ti porterebbero più rispetto. Capirebbero il coraggio che hai dovuto trovare. Ma tu non vuoi concederti nessuna possibilità, vero Severus? In fin dei conti preferisci soffrire da solo, preferisci scontare più pene di quel che ti meriti…hai sempre ragionato così, sempre, anche per quel che riguardava me…"
"Quello… quello non c’entra…lo sai anche tu come stavano le cose." E per la prima volta Severus usò un tono di voce normale, umano, e stranamente rassegnato. "Comunque, non vedo come potrei sperare in una quale possibilità…men che meno concessa da uno di loro! Mi hanno sempre sopportato solo perché lui garantiva per me."
Dana si allungò appena un po’ e gli posò un bacio su una guancia, cogliendolo di sorpresa. La guardò senza modificare la propria espressione controllata, ma per un attimo gli occhi lo tradirono, rivelando a Dana quanto ancora lo sorprendesse che qualcuno potesse comportarsi così con lui.
"Ora sono in contatto con quelli dell’Ordine, e sai che farò di tutto per salvarti. Lo sai bene… cerca di non rendermi il lavoro troppo difficile."
"Non devi intrometterti. Sei riuscita a rimanerne fuori finora. Almeno tu che puoi…"
"Non ti lascerò morire, Severus." Lo bloccò lei con durezza "Non ho alcuna intenzione di permetterlo."
Si guardarono negli occhi, e Severus seppe che, come sempre, quella testa calda avrebbe fatto come voleva. Non avrebbe potuto fermarla, a meno che non l’avesse legata e tenuta prigioniera fino alla fine. Non che l’idea lo disgustasse, ma aveva giurato a se stesso che non le avrebbe più rovinato la vita.
"Non ho speranze di dissuaderti, quindi non ci provo nemmeno, ma sappi che andrò avanti per la mia strada."
"Di questo non avrei mai potuto dubitare. Ti conosco Severus Piton, so quanto sei determinato e testardo, ma lo sono tanto quanto te."
Lo fissò intensamente per diversi secondi, avvertendo distintamente il proprio cuore trovare conforto e sicurezza nella verità. Era sempre lui, era ancora il devoto uomo di Silente, ed era la persona più coraggiosa che avesse mai incontrato sul suo cammino. Uccidere l’unico uomo che avesse rispetto per lui doveva essergli costato molto, ed era certa che il rimorso lo stesse divorando tanto quanto lo sorreggeva la sua devozione. Per una frazione di secondo desiderò portarlo via di lì, portarlo al sicuro, in un posto dove avrebbe potuto trovare pace e avere una vita felice, ma quel posto non esisteva. Severus avrebbe trovato la sua pace solo una volta sconfitto l’uomo che lo aveva fatto morire anni prima.
"Immagino però che tu debba eseguire degli ordini di Riddle…hai bisogno di incontrare ostacoli lungo il tuo cammino?" chiese in tono complice.
Severus inarcò un sopracciglio e rimase in silenzio, facendola sbuffare, esasperata.
"Dai! Sarà più credibile se ti ritroverai dei membri dell’Ordine da affrontare! Riddle sa bene che vorrebbero farti fuori tutti!"
"Appunto." Ribatté secco lui "Vorrei evitare di morire prima di aver portato a termine il mio compito."
"Non moriresti…Severus, è necessario che ti trovino!"
"Non se ne parla!"
"E invece si!" sbottò Dana, accalorandosi di nuovo. "Se molte cose non fossero state tenute nascoste e segrete, molte persone non sarebbero morte, molte non starebbero soffrendo!"
"Ma altre ci avrebbero rimesso! Se scoprissero la verità e poi un Mangiamorte li catturasse e li portasse dal Signore Oscuro, il mio tradimento verrebbe scoperto." Le disse con raggelante calma. Dana non ci aveva pensato, e ora le sembrava di essere stata piuttosto stupida nel non considerare quella cosa, però sapeva bene che comunque l’Ordine si sarebbe mosso in un certo modo, e poi…avevano già la pulce nell’orecchio…
"Il quadro di Silente ha già dato la sua versione dei fatti, Severus. Metà del percorso è già stato compiuto, e quindi anche ora corri il rischio di essere scoperto…ma se parlassi con quelli dell’Ordine, forse avresti meno nemici cui pensare! Potresti muoverti con un po’ più di tranquillità! E magari potresti ricevere anche aiuto, oltre che darlo!"
Severus la guardò senza espressione, e parve riflettere sulla cosa. Aveva sempre detto a Potter di mettere da parte l’orgoglio, che non poteva comportarsi come un ragazzetto impulsivo…e ora lui cosa doveva fare? Se solo avesse potuto avrebbe preso a pugni quasi ogni membro dell’Ordine, tanto li detestava, ma a farlo ragionare così era la rabbia. Per colpa di quella rabbia aveva ceduto, e aveva smesso di dare lezioni di Occlumanzia a Potter…se ne era amaramente pentito, ma indietro non si poteva tornare. Però si poteva andare avanti, ancora per un po’.
"Dovrò procurarmi degli ingredienti per una Pozione…tenete d’occhio i negozi di Nottur Alley, probabilmente dovrò mandare Codaliscia…"
"Sarà necessario che anche tu esca o almeno che ti allontani di casa…tutti gli Incantesimi di protezione che hai piazzato qui attorno non renderebbero credibile una tua cattura."
Severus serrò appena le labbra sottili e rimase in silenzio, riflettendo su quel nuovo pericoloso gioco. In realtà continuava ad essere dell’idea che farsi catturare dai membri dell’Ordine non fosse un’idea eccellente, ma Dana non avrebbe ceduto…
"Vedrò se mi sarà possibile uscire di persona." Disse infine in tono asciutto.
Dana sorrise, trionfante. Vinceva quasi sempre lei nelle loro discussioni, anche se il ‘quasi’ era d’obbligo. Perché su certe questioni Severus era stato così irremovibile da spezzarle il cuore.
"Staremo all’erta."
Detto questo, Dana gli sfiorò una guancia con una carezza e si rialzò. Severus la imitò e la portò al piano di sopra, facendola Smaterializzare senza dire più una sola parola.
Non appena la figura di Dana fu sparita dalla sua vista, scivolò a terra e chiuse gli occhi. Se solo non ci fosse stata quella maledetta guerra, se solo lui non fosse stato quello che era…lei sarebbe stata la cura migliore. Ma le cose stavano diversamente. Lei avrebbe sempre avuto il terribile potere di sconvolgerlo, di farlo cedere e di metterlo a nudo, con la sua insistenza e la sua forza; tuttavia Dana non avrebbe avuto nient’altro. Forse lei lo voleva ancora, Severus non poteva saperlo, ma di sicuro lui non avrebbe più ceduto, non le avrebbe più segnato l’esistenza in quel modo. E così, forse, sarebbe riuscito a renderle la sua esistenza, dopo avergliela sottratta.
 
Harry uscì dalla camera che aveva condiviso con Ron e fu investito dall’invitante profumo della colazione che la signora Weasley aveva preparato.
"Sbrigatevi a scendere!" li ammonì la voce di Hermione "Siete gli ultimi come al solito! Se foste rimasti a letto ancora per poco avreste potuto aspettare di scendere per il pranzo!"
"Dai Hermione, siamo in vacanza!" brontolò Ron, entrando per primo.
Harry lo seguì, e individuò un paio di figure estranee sedute al tavolo, vicino a Ginny. Non appena i due nuovi venuti si voltarono, gli comparve un enorme sorriso sulle labbra.
"Ehi Harry! Che piacere vederti!" esclamò Neville, andandogli incontro. Era cresciuto un po’ durante i mesi in cui non si erano visti, e si era fatto più robusto.
"Neville! E lei…Luna!!" esclamò Harry, meravigliato, mentre stringeva la mano al ragazzo.
"Come mai qui?" chiese Ron, addentando una fetta di pane e scivolando con la sedia fino a dove era riunito il nuovo, strano terzetto.
"Sono venuti per aiutarmi a pianificare le prossime riunioni delle ES." disse Ginny, senza alzare gli occhi dal foglio che aveva davanti.
"Ma non è un po’ presto? Insomma…è il primo dell’anno!"
Hermione lanciò a Ron un’occhiata in tralice e si avvicinò a Ginny, guardando incuriosita quello che la ragazza stava scrivendo.
"Pensavo che Harry avrebbe potuto dare una controllata al programma…"
Harry alzò lo sguardo su di lei, rischiando di strozzarsi con la cucchiaiata di cereali che aveva appena messo in bocca. Ginny lo guardò con fare innocente e lui le sorrise sollevando un angolo della bocca. Che piccola canaglia! Già, ma a quella canaglia avrebbe concesso qualunque cosa…
Allungò una mano, ingoiando il boccone, e Ginny gli passò il foglio.
C’erano segnati diversi Incantesimi di livello MAGO che però difficilmente venivano spiegati in classe, e un paio di Incantesimi extra, due di protezione e ostacolo e uno di primo soccorso.
Quello che più lo impressionò fu l’inserimento di una particolare forma di trasfigurazione: come trasformare un qualunque banale oggetto in una passaporta.
"Questa trasfigurazione…non è un po’ troppo avanzata?" chiese, scostando il foglio e guardando Ginny.
"Si, forse sì. In effetti pensavo di tenerla per le vacanze di Pasqua, non prima, però credo che sarà la McGranitt stessa a venire ad insegnarcela."
"Starai mica scherzando!?!" sbottò Hermione, sconvolta "La McGranitt ora è la Preside di Hogwarts…non dovrebbe essere coinvolta troppo apertamente!"
"Non credo che abbia alcuna voglia di farsi scoprire!" la rassicurò Neville, mentre Luna annuiva con in volto dipinto un sorriso compassionevole rivolto ad Hermione "Ma la McGranitt ora non è più solo il Preside di Hogwarts…è anche la nuova guida dell’Ordine."
Hermione, Harry e Ron si guardarono, sorpresi, mentre Ginny scrollava le spalle.
"Neville e Luna sanno dell’Ordine. Così come la nonna di Neville, che a dire il vero non ha potuto farne parte solo per motivi di età. E poi lo sa anche qualcun altro, a scuola."
"Non è un po’ pericoloso?"
"No, ormai no. Voldemort sa bene chi ha contro, non ha bisogno di liste ufficiali. E poi, più dimostriamo di essere, più gente ci appoggerà."
Harry fissò Ginny per diversi secondi, mentre Ron commentava come fossero cambiate le cose nel giro di pochi mesi. Perché diavolo si era fatto sfuggire quella ragazza per così tanto tempo? Il familiare mostriciattolo che albergava nel suo stomaco si ridestò, mentre l’idea di suoi nuovi spasimanti gli sfiorava la mente. Quando quella guerra fosse finita, sarebbe tornato da lei come un razzo.
"Comunque…quell’Incantesimo per trasformare gli oggetti in passaporte…sapete, credo dovremmo impararlo anche noi." Disse Hermione, facendosi seria "Potrebbe esserci molto utile…"
"Si, direi proprio di si…chissà perché Dana non ce lo ha insegnato…" si chiese Ron, mentre si infilava mezza fetta di pane in bocca.
"Perché credevo lo conosceste già!" esclamò Dana, alle loro spalle.
Si slacciò in fretta il mantello e lo appoggiò al bracciolo di una poltrona.
"Vuoi qualcosa da mangiare?" chiese subito la signora Weasley, che utilizzava le offerte di cibo come scusa per dimostrare la propria benevolenza nei confronti della giovane donna.
"No, la ringrazio. Avrei invece urgente bisogno di parlare con la McGranitt, o con Lupin. Però volevo prima sapere se posso contattarli senza creare problemi…Lupin forse è già tornato tra gli altri Lupi Mannari…"
"No…è ancora…diciamo che è ancora tra noi." Disse la Signora Weasley, mentre Hermione e Ginny si guardavano con un sorrisetto complice sulle labbra.
"Bene, allora…Expecto Patronum." Disse Dana, e subito un falco argenteo si delineò sopra la sua testa, partendo in picchiata verso le sue mete.
"Cosa c’è di così urgente?" chiese Harry, facendosi improvvisamente serio.
"So come catturarlo." Disse semplicemente Dana, avanzando verso il tavolo e salutando i nuovi venuti.
Sapeva bene di avere addosso lo sguardo di Harry, ma non se la sentiva proprio di aggiungere altro, non per il momento. Prima voleva concordare un piano con gli altri.
 
"Ne sei certa?" chiese Lupin, con voce stranamente incolore.
"Si."
"Dana, scusa, ma come hai fatto ad avere queste informazioni?" chiese la McGranitt, evidentemente insospettita.
Dana chinò la testa di lato e sorrise, mentre la Preside stringeva le labbra e lasciava perdere.
Harry, Ron e Hermione erano presenti e stavano guardandosi con aria preoccupata. La fonte di quell’informazione avrebbe creato curiosità e sospetto in chiunque.
"Come facciamo a sapere che non sia una trappola."
"Non possiamo saperlo con certezza. L’unico modo per saperlo è andare a prenderlo…"
"Si, ma tu non verrai." Disse Lupin, guardando Dana con aria determinata.
Dana si fece d’improvviso così seria come Harry non l’aveva mai vista.
"Perché?"
"Perché è meglio così." Continuò Lupin, per nulla intimorito.
Dana gli si avvicinò di qualche passo con fare calmo, ma Harry ebbe come l’impressione che quella decisione la stesse infastidendo anche più del previsto.
"Non so se posso fidarmi." Disse inaspettatamente lei "Voglio esserci per essere certa che vengano rispettate le decisioni prese all’ultima riunione."
"Appunto per questo non verrai. Se è vero che è ancora dalla nostra parte, poi dovrà tornare dai Mangiamorte, e per farlo la sua cattura dovrà essere veramente avvenuta con la forza. Tu ci freneresti."
"So recitare molto bene, Lupin." Sibilò Dana, ma lui non desistette.
"Noi invece non avremo bisogno di recitare. Ci verrà spontaneo, quindi saremo più convincenti."
"Remus ha ragione. Tu non puoi partecipare. Sarai presente quando lo interrogheremo, ma alla cattura penseremo noi" disse la McGranitt, che poi si volse verso Harry "E anche voi tre ci aspetterete! Non verrete con noi!"
Harry incrociò le braccia e non disse nulla. Se lo era aspettato, e forse era oggettivamente meglio così, però l’idea di perdersi un’occasione per lanciare maledizioni su Piton lo lasciava piuttosto deluso.
Dana dal canto suo aveva rivolto alla McGranitt un’occhiata gelida, ma poi era rimasta in silenzio, rintanandosi su una poltroncina logora della casa dei Weasley.
"Bene Minerva. Per i turni di sorveglianza a Nottur Alley…"
"I soliti di Hogwarts, se per te va bene."
Lupin annuì e fissò un attimo il pavimento, poi si riprese. Salutò con un cenno Harry e uscì dalla casa, sparendo subito dopo con un Crack.
La McGranitt rivolse uno sguardo severo verso Dana, che stava guardando da un’altra parte, poi si rivolse ai ragazzi.
"Potter, spero di essere stata chiara! Niente iniziative personali, niente comparse inattese!"
"Si Professoressa." Rispose Harry, guardandola con fare determinato. Non aveva intenzione alcuna di contravvenire a quell’ordine, perché c’era altro che voleva capire. E poi, non era nemmeno certo di sue eventuali reazioni in uno scontro con Piton. Voleva evitare di diventare un assassino prima del tempo.
Infine, la McGranitt si allontanò da casa Weasley lasciandosi dietro una scia di animi inquieti.
Hermione afferrò Ron per una manica e, prima che lui potesse dirle una qualunque cosa, lo zittì con uno sguardo, trascinandolo fuori dalla stanza. Harry sorrise tra sé, chiedendosi come mai non fosse stata Hermione a sviluppare la propensione per la Legilimanzia. Era decisamente più accorta di Ron, su quel genere di cose. Ma forse succedeva così perché era una ragazza. Stava di fatto che le fu grato per averlo lasciato lì, solo con Dana.
Si avvicinò alla poltrona su cui si era seduta, afferrò una sedia e vi si sistemò con fare casuale, ma ebbe su di sé lo sguardo attento di Dana in un attimo.
"Sapere dove si troverà in questi giorni non è un’informazione da poco…e devi aver avuto molta fortuna per essere riuscita a procurartela." Disse con un’alzata di spalle, dissimulando il turbinio di emozioni che stavano accumulandosi in lui, mentre Dana lo osservava con tranquillità e non dava segno di disagio alcuno.
"Si, parecchia."
Harry strinse appena le mani a pugno e trasse un respiro profondo per non mettersi a urlare. Era incredibilmente fastidioso avere davanti una persona che non dava il benché minimo segno di emozione o di reazione. Dana allora sorrise, autenticamente divertita.
"Si, lo so che è snervante. È per questo che mi comporto così con la gente. Mi diverte vederli andare su tutte le furie per il non essere stati in grado di suscitare in me alcun genere di reazioni!"
"E’ una cosa crudele…" bofonchiò Harry.
"Si, forse…"
"Lo hai visto. Quest’informazione puoi averla avuta solo da lui. Lo hai spiato?" chiese a bruciapelo, senza darle il tempo per aggiungere altro.
Dana lo fissò a lungo, rimanendo in silenzio. Dirgli la verità sarebbe potuto risultare pericoloso, ma Harry aveva bisogno di capire per fidarsi. E poi non le piaceva molto l’idea di mentirgli. Anche se a modo suo, si era affezionata a quel ragazzo, così diverso da lei eppure altrettanto determinato.
"Si, la fonte è lui direttamente." Sospirò, optando per una mezza verità.
Harry annuì e distolse lo sguardo, fissandolo su un punto indefinito di fronte a lui. Rimase così per diversi secondi, dimenticandosi completamente della presenza di Dana.
"Oh, Harry…poche volte ho avvertito tanta rabbia in una persona…non che non sia una cosa utile, visto qual è il compito che ti è stato affidato, ma a volte mi rendo conto che tutta questa rabbia è rivolta verso la persona sbagliata…potrebbe essere che tu debba scoprire proprio tutta la verità su Severus, per riuscire a capire…e so che difficilmente lui lo permetterà."
"Hai già ammesso davanti a me che lo stai proteggendo, a modo tuo…" disse Harry a bassa voce, rimanendo con gli occhi fissi sul punto che stava guardando "Ma non mi hai detto il perché."
Dana avvertì una piccola fitta allo stomaco. A quella domanda non voleva rispondere.
"Non farmi simili domande, Harry. Non sono disposta a dirtelo."
Harry spostò lo sguardo su di lei, ma non era arrabbiato. Era evidente che si era aspettato una simile risposta, e Dana ne fu sollevata. Pochi mesi di convivenza erano bastati per capirsi quel tanto che bastava, ma Dana sapeva che forse si era scoperta un po’ più del suo solito con quei tre ragazzi, perché con loro aveva trovato persone con le quali condividere uno stesso scopo e, a tratti, anche certi sentimenti. Soprattutto la determinazione. E Harry forse era stato un osservatore più attento di quel che lei aveva creduto.
"Sai, un’idea me la sono anche fatta…" sospirò il ragazzo, mentre sembrava quasi rilassarsi sulla sedia.
"Non credo di volerla sapere!" rispose Dana, ridacchiando appena mentre si chiedeva quanto Harry fosse in grado di avvicinarsi alla realtà.
A giudicare dal colore della guance di Harry e dallo sguardo perplesso che aveva assunto, mentre annuiva alla sua affermazione, era probabile che si fosse fatto un’idea molto precisa di come stessero le cose…
Dana si alzò e gli tese una mano.
"Se non sbaglio, Ron si è lamentato del fatto che non vi ho insegnato come trasfigurare un oggetto in una passaporta. Non mi piace passare per un’insegnante poco attenta! Sarebbe troppo concedere una cosa simile a Moody. Quindi in piedi, abbiamo da lavorare!"
Harry le sorrise sarcasticamente e si alzò.
"Credo che Ron non apprezzerà questa manifestazione di buona volontà. Gli ho sentito dire qualcosa riguardo ad un giro in volo…"
"Oh, no! Se lo può anche scordare! Non mi si provoca impunemente!"
Harry rise e insieme si avviarono verso la cucina. Come ha previsione, Ron spalancò la bocca e rimase fermo immobile per qualche secondo prima di realizzare che Dana non stava affatto scherzando. Hermione, già in piedi, lo afferrò per un braccio e lo trascinò fuori, mentre Ginny lanciava a Dana uno sguardo sorpreso. Harry la invitò ad unirsi a loro, ma la ragazza si limitò ad assistere alla lezione, sostenendo che preferiva aspettare di imparare con le ES.
Dana sorrise nel sentirglielo dire, ma non vi diede troppo peso. Del resto, sapeva bene di non stare particolarmente simpatica a Ginny.
 
 
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Capitolo 8
*** Alcuni tornano, altri se ne vanno ***


7
Astry_1971 Davvero gongolavi nello scorso capitolo! Benissimo! Vediamo questo che effetto ti fa... scopriamo ora come lo riaccoglieranno quelli dell'Ordine...giuro che se JK fa andare le cose peggio di come le faccio andare io, la strozzo!
 
EDVIGE86 Che belle parole mi scrivi! Mi fa piacere che si capisca come sta Dana, perchè in effetti custodisce gelosamente qualcosa nel cuore, come hai detto tu.
Con il capitolo di oggi l'Ordine scopre anche la versione di Severus. Spero che anche questa coincida con la tua.
Per quanto riguarda i suggerimenti sulle FF, io faccio solo un nome, magari lo conosci già: Nykyo.
Impossibile scegliere la migliore tra le sue storie.
 
ellinor. Giuro, non voglio farti venire un colpo. Anzi, confesso di averlo avuto io leggendo la tua recensione...mi fate ingrassare a vista con tutti questi complimenti!!!
Rimango sconvolta dal fatto che lo hai letto almeno sei volte! Caspita! Onoratissima!
Spero che anche il prossimo capitolo ti piaccia!

 

Alcuni tornano, altri se ne vanno

 

Sistemandosi il mantello sulle spalle, Severus Piton rivolse uno sguardo contrariato a Codaliscia, che era entrato nella stanza con fare perplesso, senza il coraggio di alzare gli occhi da terra e guardarlo.
Inarcando un sopracciglio, Piton gli rivolse la parola come se gli costasse immenso sforzo.
"Fammi indovinare. Sei tornato attorno al mio calderone per cercare di venirne a capo, vero?"
"No." Rispose seccamente l’altro, senza tuttavia alzare lo sguardo. "Comunque ancora non capisco perché devi fare tutte quelle modifiche!"
"Allora ho parlato al vento ieri sera?" chiese retoricamente Piton, con una calma snervante nella voce "La normale Pozione Polisucco mi permetterebbe di rimanere trasformato solo per un’ora! Nonostante le mie abilità, dubito riuscirei a trovare tutto ciò di cui abbiamo bisogno in così breve tempo. Il Ministero del resto si è ben attrezzato in quanto a misure di sicurezza. E non posso nemmeno starmene a bere ogni ora…desterei troppi sospetti."
Codaliscia fece per obiettare qualcosa, improvvisamente animato da un po’ di coraggio, ma durò poco e nei suoi occhi comparve per un attimo un lampo di paura.
"L’Oscuro ha comunque già deciso. Ora dobbiamo raggiungerlo." Squittì torcendosi nervosamente le mani.
"Grazie per avermelo ricordato. Senza di te probabilmente non saprei come muovermi." Lo canzonò senza ritegno Piton, sparendo subito dopo dalla casa buia.
Ricomparvero entrambi in un corridoio di pietra, uno dei tanti di quell’antica rovina.
"L’Oscuro ha già deciso? Benissimo, qualcosa mi dice che la cosa non mi piacerà nemmeno un po’!"
Con gesto stizzoso, si mosse verso l’enorme salone dove l’Oscuro riceveva i suoi Mangiamorte.
Voldemort sedeva su una sorta di trono, un reperto storico di scuro legno massiccio, riccamente intagliato e ancora lucente.
Piton non si scompose a quella vista, abituato alle continue stranezze di quel folle. Quando gli furono relativamente vicini, sia lui che Codaliscia accennarono un inchino e rimasero fermi, in silenzio.
Gli occhi rossi dell’Oscuro si posarono su loro con lenta pigrizia e rimasero a scrutarli per diversi secondi, poi con gesto noncurante della mano fece finire Codaliscia in ginocchio, ma senza provocargli alcun genere di dolore.
Quell’atteggiamento fece allertare Piton. Si preparavano ad una conversazione rischiosa? Per Codaliscia di sicuro, su questo non ebbe dubbi, ma per lui?
"Codaliscia mi dice che stai preparando una Pozione modificata, più sicura, e che necessita di ingredienti particolari. È così, Severus?"
La voce di Voldemort risuonò calma nella grande sala. Pericolo.
"Si mio Signore."
Tenendo lo sguardo fisso su Codaliscia, quasi a volergli promettere un trattamento terrificante se avesse scoperto che gli aveva mentito, Voldemort continuò a rivolgersi a Piton.
"Codaliscia mi dice anche che gli avevi dato il compito di andare a prenderti questi nuovi ingredienti."
Piton si limitò ad annuire.
Voldemort si alzò dal suo trono e si mosse verso di loro, procedendo con passi lenti e misurati, giusto per aumentare la tensione che si era creata. Piton non si scompose, ma Codaliscia, tremante, parve rannicchiarsi su se stesso.
"Eppure lui non è andato, ritardando la creazione della Pozione. Dice di non essere in grado di riconoscere gli ingredienti…" sibilò a bassa voce Voldemort.
"Non avevo dubbi" commentò con voce lenta Piton "Era un inetto anche a scuola, e il tempo non ha cambiato le cose. Mio Signore, con il tuo permesso, posso chiedere a qualcun altro…"
"No." Lo interruppe bruscamente Voldemort. "Conveniamo sul fatto che sei affiancato da un inetto, Severus, ma voglio che i miei progetti non siamo sulla bocca di tutti. Dunque andrai tu stesso a prendere ciò che ti serve. Codaliscia contatterà Sinister immediatamente e gli dirà di tenere il negozio libero per il tuo arrivo. Vi Smaterializzerete direttamente nel negozio e prenderai ciò che ti serve. La Pozione dovrà essere perfetta."
Piton sentì qualcosa di fastidioso insinuarsi nel suo stomaco, ma cercò di ignorare la sensazione. Tuttavia non gli fu possibile ignorare i fatti. La richiesta dell’Oscuro faceva saltare i suoi piani, riducendo in briciole l’unica scusa che aveva per cercare di evitare la cattura organizzata dall’Ordine. Perché ne era assolutamente certo, avrebbero fatto di tutto per cercare di acciuffarlo. La sola idea lo disgustava e lo faceva infuriare allo stesso tempo, ma si impose calma quel tanto che bastò per reggere la facciata ancora per un po’.
"Se così desideri, mio Signore…"
"Si. Ora andate, e sbrigate questa faccenda il più in fretta possibile."
Codaliscia si rialzò lentamente, annuendo.
Per un attimo il suo sguardo incrociò quello di Piton, che lesse in quelle iridi chiare quanto la sua presenza lo mettesse a disagio.
Beh, almeno riusciva a far stare sempre sulla corda quel piccolo viscido ometto! Era una piccola vittoria di cui poteva compiacersi.
 
Sinister si fece trovare dietro il bancone. Li aveva sentiti arrivare e si era barricato là dietro, come se questo potesse proteggerlo dalle richieste di due Mangiamorte. Piton avanzò in fretta, con il cappuccio ancora calato in testa.
"Non abbiamo molto tempo, sbrigati." Sibilò, notando con sollievo che non c’era nessuno nel locale, come d’accordo. Anche se qualcuno dell’Ordine avesse avuto l’ordine di tenere d’occhio Nottur Alley, non avrebbe avuto modo alcuno di vederlo arrivare.
Passò a Sinister un foglio con elencate tutte le cose di cui aveva bisogno, mentre Codaliscia rimaneva dov’era, gli occhi puntati verso la porta del locale.
Il proprietario del negozio sparì nel retrobottega e lo sentirono armeggiare con vasi e scatole, ma fece molto in fretta, e posò sul bancone tutto quello che aveva portato.
"Dovrebbe esserci tutto." Disse con voce normale, anche se Severus fu certo di aver sentito un vago tremolio in essa. Volse lo sguardo su ciò che Sinister aveva portato e annuì, non potendo così vedere i movimenti oltre la vetrina del negozio.
Codaliscia, che si era avvicinato per lanciare un occhio a quelle strane radici che non ricordava di aver mai studiato, non badò al movimento che intravide con la coda dell’occhio.
Qualcuno aprì la porta del locale e Severus si irrigidì, rimanendo immobile ma con la bacchetta ben stretta in mano, mentre Codaliscia si volgeva verso il nuovo venuto con fare allarmato.
"Non è nulla…solo un vecchio…" bisbigliò a Piton, che si fece scivolare in fretta dentro una sacca le cose per cui era venuto e lanciava a Sinister tre monete.
"Allora muoviamoci" sibilò, lanciando a Minus un’occhiata di rimprovero e disprezzo senza precedenti.
Altre due persone entrarono nel negozio, e Severus ebbe la netta sensazione che non potesse trattarsi di una mera coincidenza. Rivolse un’occhiata ai nuovi venuti, e gli bastò per rendersi conto che era troppo tardi.
Il vecchietto entrato un attimo prima scagliò all’improvviso un Incantesimo su Sinister, mentre Tonks e Arthur Weasley urlavano un Expelliarmus così forte da far finire sia lui che Codaliscia di nuovo contro il bancone.
Il vecchio si avvicinò, e puntò la bacchetta dritto alla gola di Severus.
"Non hai nemmeno idea della voglia che avrei di farti saltare in aria" disse con voce calma Lupin, lasciando cadere il proprio travestimento. Guardò Severus con disprezzo e una carica di odio che vennero contraccambiate.
"Allora cosa aspetti a farlo?" sibilò a bassa voce Piton, mentre non gli toglieva gli occhi di dosso.
Tonks li aggirò e bloccò Minus, che stava tentando di allontanarsi.
"Fossi in te non lo farei." Disse con voce pacata la ragazza, mentre la sua mano rimaneva ferma sulla bacchetta.
Arthur Weasley si fece avanti, tenendo sotto tiro entrambi.
"Remus…portiamoli via, potrebbero arrivarne degli altri."
Lupin rimase fermo ancora per qualche secondo, in silenzio, gli occhi sempre puntati su Piton, poi alla fine annuì, rivolgendo un’occhiata sarcastica ai due prigionieri.
"Buffo…Voldemort deve aver visto come siate fatti della stessa pasta se vi manda in giro insieme. Del resto, credo che tra traditori vi sentiate più a vostro agio."
A quelle parole Severus strinse le mani a pugno e si impose calma, riuscendo a stento a trattenersi dal picchiare l’uomo che aveva davanti. Anche senza bacchetta sapeva che sarebbe riuscito a procurargli parecchi danni, dopo quella frase.
Codaliscia invece gemette, sentendo pronunciare il nome del suo Signore, ma parve non perdersi d’animo per la situazione. Rivolse a Piton uno sguardo sadicamente soddisfatto e, in un attimo, non fu più visibile.
"No!" urlò Remus, scagliandosi verso il mucchio di vestiti che erano rimasti al posto di Minus.
"Quel farabutto!" esclamò Tonks, mentre si chinava nella speranza di ritrovare traccia dell’avversario, ormai già nascosto oltre le travi del pavimento.
Arthur prese rapidamente il posto di Remus di fronte a Piton, che non riuscì a Smaterializzarsi, e Severus lo guardò come se avesse voluto azzannarlo.
Erano proprio dannatamente determinati a prenderlo!
"Non lo troverai più di sicuro!" esclamò, piegando la bocca in un ghigno divertito, mentre guardava Remus con aria di sfida. "Se non sbaglio devi ringraziare proprio te stesso per l’abilità alla fuga del nostro amico roditore."
"Sta zitto!" sibilò Tonks, lasciando stare le ricerche e puntando la bacchetta contro Severus.
Remus le posò una mano sulla spalla e le fece cenno di non badarci, poi si chinò a raccogliere la bacchetta di Severus e si rivolse a lui.
"Per Peter c’è tempo. Quello che volevamo trovare, lo abbiamo già preso."
Gli occhi di ghiaccio che aveva non permisero a Severus di sondare quanto Lupin fosse disposto a credere a Dana, e gli fecero sorgere in petto una sorda rabbia. Quella gente non avrebbe mai capito! Perché esporsi alle loro domande e ai loro insulti? Per la prima volta dopo molto tempo agì d’istinto, e si mosse verso Lupin riuscendo a sferrargli un pugno in faccia, giusto un attimo prima che Arthur lo pietrificasse.
Con sorpresa di tutti, Lupin lo liberò dall’Incantesimo e lo guardò un attimo, prima di colpirlo a sua volta.
"Cosa credevi di fare, lurido traditore?" sibilò, mentre gli puntava di nuovo con odio la bacchetta alla gola "Cosa volevi ottenere?"
Severus ricambiò lo sguardo e piegò appena gli angoli della bocca.
"Togliermi una soddisfazione prima di finire in pasto ai lupi…ops, scusa, forse ci sono già!" lo canzonò con un ghigno divertito.
Remus lo afferrò per una spalla e Tonks dovette intromettersi.
"No! Sai che ci serve intero! Almeno per il momento!"
Arthur si affiancò a Remus e legò le mani a Piton. "Tonks ha ragione Remus. Ora andiamo."
E così dicendo afferrò Severus per un braccio e si Smaterializzò, seguito a ruota dagli altri due.
 
Sbatté a terra violentemente, e non poté proteggersi con le mani, ma ebbe la netta impressione che fosse esattamente quello che volevano. L’ambiente in cui lo avevano portato era buio, e decisamente silenzioso.
Sentì i passi di Lupin e Tonks, che richiamarono velocemente i loro Patronus.
Entro breve avrebbe visto arrivare l’intera armata dell’Ordine…la sola idea lo rivoltava, ma cercò di non pensarci. Era riuscito a reggere il gioco davanti all’Oscuro…possibile che si lasciasse condizionare ora da quelle persone?
Un leggero scricchiolio lo strappo ai suoi pensieri. Ecco arrivato il primo aguzzino, e nemmeno da solo! Ci furono altri rumori leggeri, di almeno altre tre persone.
"Ma che diavolo…lo sapevo!" sibilò una voce fin troppo familiare.
Le mani di Severus furono liberate in un attimo, mentre Arthur tentava di opporsi a quell’iniziativa.
Dana però non stette a sentire nessuno e lo aiutò a rialzarsi, incrociando il suo sguardo.
"Mi dispiace…ma non hanno voluto che venissi anch’io."
"Meglio." Disse piano Severus, così da farsi sentire solo da lei "Se ci fossi stata tu li avresti trattenuti e sarebbe stato pericoloso per tutti."
Dana sbuffò e gli posò un fazzoletto sul labbro sanguinante, ignorando del tutto le sue proteste.
"Mi ha detto la stessa cosa anche Lupin, ma io ho come la vaga impressione che volesse solo una buona scusa per suonartele."
"Probabile." Rispose lui, asciutto, mentre le prendeva la mano e l’allontanava.
Fece vagare velocemente lo sguardo attorno a sé. Quel posto non gli era del tutto nuovo…doveva averlo gia visto una volta…e all’improvviso capì, mentre il cuore gli mancava un battito.
"Questo…è il vecchio Quartier Generale!" disse, senza nascondere la propria sorpresa.
Lupin lo fissò, leggermente infastidito.
"Tu che ne sai?"
"Ci sono stato."
Altri scricchiolii al piano di sopra.
"Ora ci siamo tutti." Disse Tonks, mentre faceva comparire una sedia di legno massiccio e puntava la bacchetta su Severus.
"Ti ci siedi da solo, o vuoi un aiuto?"
Severus la guardò con freddezza, poi andò a sedersi, sapendo bene quello che sarebbe successo poi. Delle funi lo legarono braccia e gambe alla sedia, impedendogli quasi ogni movimento.
Cercando di non farci caso, decise di capire chi fosse o meno presente. Il fatto che non ci fossero tutti lo sorprese e lo lasciò un po’ più tranquillo.
Dietro Dana intravide appena tre figure, e le loro corporature non erano ben distinguibili, ma non ebbe dubbi su chi fossero. Allontanò il proprio sguardo da lì e lo rivolse ai nuovi venuti. La McGranitt e Moody.
Sbuffò impercettibilmente e si rassegnò. Non poteva fare assolutamente nulla per evitarlo ormai, ma poteva richiamare Dana ai suoi doveri di Custode.
Moody fece accendere delle fiaccole alle pareti della stanza, che si rivelò in tutto il suo squallore. Erano passati troppi anni da quando l’ultimo membro era stato lì. Era tutto ricoperto di polvere e di ragnatele, e le poche cose rimaste all’interno della casa erano pressoché irriconoscibili, tanto erano sporche.
La McGranitt gli rivolse uno sguardo particolarmente incerto, mentre finalmente le figure di Harry, Ron e Hermione si rivelavano. Ma non ce ne sarebbe stato affatto bisogno, Severus era certo che Harry non si sarebbe perso quel momento per nulla la mondo.
Evitando accuratamente di incontrarne lo sguardo, si rivolse alla McGranitt.
"Mi auguro abbiate intenzione di fare in fretta!"
"Ci prenderemo tutto il tempo di cui avremo bisogno!" ringhiò Moody, mentre gli si avvicinava zoppicando, entrambi gli occhi puntati su di lui. "Ora bevi!"
"No" rispose semplicemente Severus, serrando le mascelle.
"Non renderci le cose più divertenti, Piton! Non mi costerebbe nulla costringerti a farlo. Ti ricordo che so bene come trattare con la gente come te."
Severus rivolse un’occhiata a Dana, che si avvicinò.
"Cosa c’è?" chiese, ignorando lo sguardo rabbioso di Moody.
"Il tuo giuramento."
A quelle parole Dana trattenne il fiato, ma nessun segno di sorpresa si dipinse sul suo volto.
"Cosa vuol dire Dana?" chiese secca la McGranitt.
"Io sono la Custode dei suoi segreti." Spiegò Dana "E ho giurato di evitare in qualunque modo che ciò di cui sono custode venga a conoscenza di chi non deve sapere."
"E quindi?" intervenne Lupin, avvicinandosi a Dana, ma senza degnare di uno sguardo Severus.
"Penso che voglia essere sicuro che non farete domande su ciò che non dovete sapere."
"Stiamo scherzando? Lo abbiamo catturato per questo!" sbottò Tonks.
"No! Quello che volete sapere è da che parte io stia!" sibilò Piton, tradendo per un attimo la rabbia.
"E che differenza fa?"
"Parecchia." Intervenne Dana "Non fate domande sul perché è passato dalla parte dell’Ordine o sul perché Silente si fidasse così tanto di lui, e non dovrò intervenire."
"Intervenire? Ragazza, conosci forse Magie Oscure che annullino l’intervento della Veritaserum?" chiese sarcastico Moody, rivolgendo a Dana un’occhiata divertita.
"Parecchie, invero" Spiegò lei con calma "Ma credo mi limiterei a ridurlo al silenzio per tutta la durata della risposta."
Severus dovette trattenere un sorriso divertito, mentre Moody la guardava con meraviglia.
"Quindi tu lo zittirai ogni volta che rischierà di dire una delle cose di cui sei Custode?" intervenne Harry, che da quando era arrivato aveva dovuto combattere con se se tesso per non saltare al collo del loro prigioniero.
Dana si volse a guardarlo e si concesse un secondo prima di annuire. Sapeva bene che lo sforzo che stava facendo Harry era notevole, e fu sorpresa nel sentirsi orgogliosa di come lui stesse riuscendo a gestire la presenza di Severus. Sarebbe diventato veramente un avversario terribile per Riddle.
"Direi che la cosa non ci crea problemi. Quello che vogliamo sapere al momento è altro." Concluse, mentre la McGranitt lo guardava leggermente preoccupata.
"Dunque procediamo." Sospirò la Preside. "Potter, sicuro di voler procedere tu?"
Harry guardò la McGranitt con calma e determinazione.
"Ne abbiamo già parlato, Professoressa."
La McGranitt strinse appena le labbra, tradendo i propri pensieri, ma dopo una manciata di secondi annuì.
Solo allora Dana alzò una mano e bloccò Moody, afferrando poi la boccetta con il Siero della Verità e puntando la bacchetta su Severus, che annuì.
"Imperio" Disse con voce controllata, mentre tutti i presenti le rivolgevano un’occhiata tra il contrariato e il sorpreso. "Ora bevi fino in fondo ciò che ti darò e non opporti all’effetto della Pozione." Continuò lei, rivolta a Severus, mentre gli portava la boccetta alla bocca.
"Almeno così non avrete dubbi sul fatto che abbia veramente bevuto la Pozione…" commentò con freddezza, prima di fare un passo indietro e consegnarlo ai membri dell’Ordine.
 
Harry si avvicinò con passo misurato, fermandosi esattamente di fronte a Severus, completamente accasciato sulla sedia, la testa leggermente chinata in avanti e lo sguardo annebbiato. Rivolse al suo ex professore di Pozioni un lungo sguardo carico di diffidenza, prima di formulare l’unica domanda che veramente fosse importante.
"A chi va la sua fedeltà in questa guerra?"
"A Silente." Disse la voce di Severus, priva di ogni genere di intonazione o di espressione.
Harry strinse la mani a pugno, mentre Lupin si muoveva appena da dove si era sistemato.
Moody spalancò la bocca per obiettare qualcosa, ma Dana lo fermò. Aveva parlato con Harry di cosa esattamente sarebbe stato necessario chiedere a Severus, e sapeva che Harry non aveva ancora finito.
"Ma lo ha ucciso. Perché lo ha fatto?" chiese il ragazzo, con la voce che tremava per la rabbia.
"Me lo ha chiesto lui."
Lupin sbuffò e volse lo sguardo altrove, mentre Harry lo teneva fisso su Piton.
"Perché avrebbe dovuto chiederle una cosa simile? Per evitarle di morire a causa del giuramento a Narcissa?"
"Anche per quello."
"Si spieghi! Cosa vuol dire?" sbottò Ron, mentre Hermione gli prendeva la mano e lo tratteneva dall’affiancarsi all’amico.
"Mi disse che avrebbe preferito trovare un’altra soluzione, ma che, se del caso, avrei dovuto continuare a fare il mio lavoro di spia. E per farlo dovevo rimanere in vita. Mi ha chiesto di ucciderlo al posto di Draco. Non voleva che fosse un suo studente a farlo."
"Ma Silente doveva sapere che la sua morte poteva essere evitata! O no?" chiese Lupin.
"No, non poteva. Anche senza il giuramento a Narcissa, avrei dovuto ucciderlo io. Era un ordine diretto dell’Oscuro Signore. Non eseguirlo avrebbe fatto saltare la mia copertura."
"Quindi Silente ha preferito sacrificare la propria vita piuttosto che la sua posizione?" chiese allibita Tonks, mentre la McGranitt traeva un piccolo sospiro.
"Si."
"Quando glielo ha chiesto?" si fece avanti Hermione, che stava ripensando a una notizia data da Hagrid.
"Non appena saputo del Voto fatto a Narcissa, ma allora era solo una possibilità che comunque voleva provare a evitare."
"E poi? Non insistette più?"
"Lo fece, si…"
"Quando?"
"Una notte…nella foresta Oscura…"
"Harry…" bisbigliò la ragazza, e Harry sentì qualcosa di pesante depositarglisi sullo stomaco.
"Come andò?" insistette il ragazzo, comprendendo dove la domanda di Hermione stesse andando a parare.
"Mi chiamò nella foresta per dirmi che non stavo tenendo abbastanza sotto controllo Draco. Il ragazzo stava già muovendosi, e lo stava facendo in modo sconsiderato, mettendo in pericolo altre vite. Gli dissi che stavo facendo tutto quel che potevo, ma che Draco non era facile da gestire, perché sapeva chiudere molto bene la sua mente. Poi lui aggiunse che dovevo insistere, e che non potevo permettere che si arrivasse al punto di lasciare il ragazzo da solo di fronte alla scelta di compiere o meno il suo compito."
Calò il silenzio, e Severus piegò di più la testa in avanti, scrollandola appena. Quando ricominciò a parlare la sua voce era scossa da un leggero velo di rabbia.
"Mi disse che dovevo fare più attenzione! E io gli risposi che non poteva dare per scontato che io volessi farlo, non poteva pretendere anche quello! Ma lui era troppo fermo sulle sue posizioni, troppo sicuro che alla fine avrei ceduto…mi ricordò della promessa che mi aveva strappato mesi prima…gli ripetei che ero stanco di quella storia, che non lo avrei veramente fatto, ma lui mi disse che ci aveva pensato a lungo e che era arrivato alla conclusione che fosse la scelta migliore, anche perché comunque l’Oscuro aveva già dato lo stesso ordine anche a me, oltre che a Draco. Così mi chiese di prepararmi a coprire il ragazzo fino alla fine…" disse tutto d’un fiato, e fermandosi poi bruscamente.
"Poi?" insistette Hermione.
"Poi lo lasciai lì, mi allontanai, ma lui mi raggiunse in fretta e mi fermò. Mi guardò con fare tranquillo e mi…" un braccio si tese sulla sedia, e Severus fece deliberatamente uno sforzo per trattenersi.
"Non deve essere una pozione molto efficace se riesce ad opporsi!" sbottò Moody, muovendosi nervosamente sulla sedia che aveva occupato, e facendo roteare l’occhio magico verso la boccetta ormai vuota del siero.
"E’ la migliore che abbiamo!" ribatté secca la McGranitt.
"Poi cosa fece Silente?" continuò Harry, come se nessuno avesse parlato, ma sotto il mantello stava stringendo le mani a pugno così forte da star facendosi male. Tutto quanto coincideva con quello che Hagrid aveva detto di aver sentito…
Severus sembrò volersi trattenere ancora, ma la Pozione fece il suo effetto, e alla fine lui cedette, rilassando di nuovo il braccio. Tuttavia il suo volto rimase contratto in una smorfia molto simile al dolore.
"Mi disse che si fidava di me, e che sapeva che alla fine avrei fatto ciò che era giusto, anche se non mi sarebbe risultato facile."
Calò il silenzio, e Dana dovette portarsi una mano al petto, nel vano tentativo di imporsi calma. Poteva sentire distintamente la sofferenza di Severus, poteva avvertire anche la più piccola ombra di dolore, e non serviva affatto il suo potere di empatica. Era tutto scolpito sul suo volto, pallido e teso, e sul suo fisico, magro e con le spalle curve, come se fossero sotto il giogo di un peso eccessivo.
"Alla torre…quando vi guardaste e lui ti disse ‘Ti prego’, di cosa ti stava implorando?" chiese, sapendo fin troppo bene quale sarebbe stata la risposta.
"Di fare il mio dovere."
Dana chiuse gli occhi e ricacciò indietro le lacrime. Per un attimo si ritrovò ad odiare Silente per aver costretto Severus a lacerarsi l’anima in quel modo, ma poi capì che non poteva avercela con il vecchio Preside. Anche lui, del resto, si era sacrificato.
Il colpevole vero era sempre lo stesso, sempre uno solo….
Lupin stava guardando Severus con aria sconcertata, e sembrava impegnato a combattere una battaglia interna non indifferente. Gli occhi posati sul vecchio compagno di scuola, aveva cercato la mano di Tonks, e ora stava stringendola come se quella fosse l’unica certezza che gli fosse rimasta.
Arthur non aveva detto nulla, e il pallore sul suo viso era tale da lasciar ben intendere quanto quelle parole fossero pesanti anche per lui, mentre la McGranitt pareva la persona più serena. Forse lei aveva avuto modo di sentire la stessa storia dal ritratto di Silente. Moody era zitto, concentrato con lo sguardo su un punto imprecisato del pavimento.
Hermione lasciò il braccio di Ron e si avvicinò a Piton, non badando nemmeno a Harry.
"E’ per questo che alla fine Silente le ha dato la cattedra di Difesa?"
A quelle parole tutti i presenti riportarono lo sguardo su Severus, e Harry trasse un bel respiro.
"Si…disse che, dopo tutto, almeno quello poteva concedermelo…tanto poi sapevamo entrambi che in un modo o nell’altro me ne sarei andato…"
Hermione annuì, gli occhi improvvisamente lucidi, e tornò vicino a Ron aggrappandosi di nuovo a lui, ma questa volta con più forza.
"Cosa…cosa vuol dire?" chiese Tonks, guardando con sorpresa Hermione e Harry.
"La cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure fu richiesta da Voldemort, prima che iniziasse il suo periodo di terrore. Silente gliela negò, ovviamente…" spiegò Harry, con voce piatta "E da allora l’insegnante di quella materia non dura più di un anno. Per un motivo o per l’altro deve lasciare Hogwarts."
"Minerva…è vero? È veramente maledetta quella cattedra?" chiese Moody, rivolgendosi alla McGranitt che annuì con fare rassegnato.
Calò allora un pesante silenzio, durante il quale Harry continuò a fissare Piton. Quello che aveva sentito aveva dell’incredibile, il suo cervello si rifiutava con tutte le forze di accettare l’ipotesi che l’uomo che odiava quasi quanto Voldemort fosse in realtà dalla sua parte.
"Avete altro da chiedergli?" chiese Dana, con voce funerea.
Harry annuì, sorprendendola. Il ragazzo si concesse ancora qualche secondo per formulare bene la domanda, e probabilmente per riordinare le idee.
"Avrebbe preferito eseguire l’ordine o no?"
"No…Potter, mi stai chiedendo se avrei preferito salvare la mia vita piuttosto che la sua, visto il legame con Narcissa?"
"Si. È esattamente questo che intendevo."
"No…avrei preferito rompere il patto con Narcissa."
"E perché non ha scelto così?" esclamò Harry, perdendo la calma e tradendo tutta la rabbia che era riuscito a reprimere fino a quel momento.
"Perché avrei tradito la sua fiducia." Sospirò Severus.
Harry incassò il colpo rimanendo con la bocca semi aperta, come in procinto di obiettare qualcosa, ma parve che la sua rabbia fosse troppa per permettergli di parlare oltre, così si volse di scatto e uscì dalla casa, sbattendosi alle spalle la porta d’ingresso e lasciando tutti gli altri in silenzio.
Dana attese qualche altro secondo e poi si avvicinò a Severus, seguita a ruota da Lupin, che le posò una mano su una spalla.
"Ti costringerei a zittirlo se gli chiedessi se ha mai partecipato, durante i suoi anni da studente, a degli esperimenti di Pozioni nella Stanza delle Necessità?"
Aveva parlato a bassa voce, e lo sguardo che riservò a Dana era decisamente turbato, facendole capire che ormai con lui era del tutto inutile mentire. Quanto era pericolosa quella domanda apparentemente innocente?
"Credo che dovrei zittirlo, si." Ammise infine, senza nascondere l’amarezza nella sua voce.
Lupin la guardò sgranando appena gli occhi, poi la lasciò andare e fece qualche passo indietro, come incerto sul da farsi. Infine decise di seguire l’esempio di Harry, e dietro di lui si avviò anche Tonks, non prima di aver rivolto a Dana uno sguardo strano, quasi solidale.
Dana, chiedendosi cosa avesse intuito quella strana giovane che si era presentata con i capelli ricci e viola, fece bere a Severus l’antidoto e gli porse dell’acqua, mentre la McGranitt si avvicinava.
"Credo…credo che ti dobbiamo delle scuse." Sospirò, guardando l’ex collega con sollievo.
Severus le rivolse un’occhiata fredda e distaccata, ritornando del tutto padrone di se stesso.
"Non credo che, all’evidenza dei fatti che conoscevate, avreste potuto fare nulla di diverso."
La McGranitt annuì e fece per andarsene, ma lui la bloccò.
"Vuole che scopra dove è stata nascosta la famiglia di fabbri attaccata prima di Natale dai Mangiamorte. Non ho idea a cosa possa servirgli quella gente, ma non posso fare nulla per bloccare la cosa dall’interno…dovete provvedere voi."
"Come?"
"Tra una settimana inscenatene la morte, e fate in modo che i sospetti ricadano sui Mangiamorte. Ma non oltre una settimana."
"Va bene. Ma…per contattarti…se ce ne sarà bisogno…"
"Niente Patronus."
"Posso pensarci io." Intervenne Dana, prima che Severus potesse impedirlo.
"Si…" disse la McGranitt, un po’ incerta.
"Non credo sia opportuno." Disse secco Severus, ma Dana non vi badò assolutamente e anzi, continuò a parlare alla McGranitt.
"Mi direte ciò che sarà necessario comunicargli. Poi al resto provvederò io."
"Mi hai sentito?" sibilò Severus, alzandosi dalla sedia e fissandola con fare decisamente alterato. Dana lo guardò con fare innocente.
"Con te me la vedo dopo." Gli rispose semplicemente, mentre la McGranitt le rivolgeva un’occhiata sorpresa. "Farò io da tramite"
La McGranitt si fece sfuggire un mezzo sorriso e si dileguò, così Dana andò a prendere la bacchetta di Severus facendogli cenno di seguirla, mentre anche gli altri rimasti uscivano dalla casa, lasciandola di nuovo immersa nel silenzio e nella polvere, con solo loro due dentro.
 
"Mi sembra che tu soffra di una qualche forma di mania di protagonismo. Non puoi fare la spola a casa mia ogni volta che…"
"Stai un po’ zitto?" sbottò Dana, perdendo il controllo e alzando la voce.
Severus si zittì, più per la sorpresa che per l’ordine in sé, tanto che subito strinse gli occhi in due fessure e le si avvicinò con fare decisamente poco amichevole.
"Spiegami perché dovrei?"
"Perché mi innervosisce questo tuo continuo essere acido con me! Sai bene che non serve assolutamente a nulla, Severus! Non cambia le cose di una sola virgola, però fa spendere energie a tutti e due, quindi perché non evitiamo questa fase e non passiamo subito alla successiva, in cui entrambi ci comportiamo da adulti?"
"A me sembra che sia tu a comportarti da ragazzina!" replicò lui, gelido.
Dana scrollò le spalle, facendosi scivolare di dosso la rabbia e riacquistando il controllo di se stessa. Il problema era che aveva trattenuto per troppo tempo la preoccupazione e l’ansia per lui. Ora era tutto finito, o quasi, e lei si era ritrovata improvvisamente più leggera, ma allo stesso tempo più triste. Non avrebbe voluto vederlo in quello stato.
"Non posso lasciarti andare così…non crederanno tanto facilmente ad un tuo ritorno tutto intero, non credi?"
Severus la guardò in silenzio, afferrando la bacchetta.
"Posso provvedere da solo…"
"Tu dovrai pensare a curarti in fretta e basta…Merlino, lo sai bene quanto possa essere facile riconoscere delle ferite auto inferte da quelle vere!"
"Avresti il coraggio di colpirmi?" le chiese, piegando la bocca in un sorriso sarcastico.
"Mi sottovaluti Severus, come tuo solito. Se è per il tuo bene, allora si, sono disposta a colpirti, persino con le tue stesse armi. Sai, non sei l’unico in grado di sacrificarsi!"
Quelle parole sortirono più effetto di mille Pozioni Veritaserum, e Severus ridivenne serio in un attimo, tenendo incollato il suo sguardo su quello della giovane donna che stava scrutandolo con esasperante determinazione.
Già, avrebbe dovuto ricordarselo…Dana era stata una delle sue migliori allieve, anche in campo di Occlumanzia, e aveva avuto modo di vedere la sua forza d’animo e la sua determinazione. Quando voleva raggiungere un obiettivo, nulla poteva fermarla.
Erano passati anni da allora, ma era sempre lei, e il tempo le aveva insegnato ad avere la pazienza necessaria per attendere il maturarsi degli eventi, prima di agire. Ora era lì, davanti a lui con la bacchetta pronta e lo sguardo decisamente più duro di quanto lui non ricordasse.
Davvero un’ottima allieva…
"Prima di colpirmi, toglimi una curiosità…perché non c’era l’Ordine al gran completo?"
"Beh…non è ovvio? Tu stesso mi hai fatto notare che più persone conoscono il tuo segreto, più è facile che tu venga smascherato tra i Mangiamorte…"
"Tu…è per questo?" chiese, rimanendo privo di espressione alcuna in volto. Non poté non chiedersi se lei stesse accorgendosi che non era altrettanto calmo nell’anima. Il fatto che lei continuasse a preoccuparsi per lui era un problema, ma intimamente la cosa lo faceva illudere che ci fosse la vaga possibilità di non avere solo giorni neri davanti a lui. Anche se non li meritava…
"Si, per cos’altro?" chiese Dana "Pronto?"
Severus annuì e fece finta di avventarsi contro la porta, mentre lei pronunciava un Sectumsempra che di falso non aveva assolutamente nulla. Severus cadde a terra e mormorò un Incantesimo che frenò l’emorragia, mentre lei si avvicinava. Dana alzò la bacchetta e lo colpì con altri Incantesimi minori. Quando si fermò, lui si fece sfuggire un sorriso.
"Di sicuro non potrò non essere creduto…"
"Mh, allora vedi, non ho perso il mio sangue freddo!" commentò lei con leggerezza, mentre si chinava vicino a lui e gli posava una mano su una spalla, osservandone attentamente l’espressione. Severus alzò lo sguardo e capì che lei stava solo recitando. Era dannatamente abile, non poteva negarlo, ma quel vago fremito negli occhi la tradì.
Sapeva bene cosa voleva dire alzare la bacchetta contro una persona amata, conosceva bene la sensazione di panico e testardo rifiuto che si annidavano nella gola, prima che la ragione vincesse quella durissima battaglia.
Si alzò in piedi, rifiutandosi di barcollare davanti a lei.
"Hai fatto un buon lavoro. La mia vita è salva, per il momento."
Dana annuì e gli sorrise tristemente, mentre lui si allontanava e si Smaterializzava.
 
Uscì dal vecchio Quartier Generale dell’Ordine con estenuante lentezza, cercando di riordinare le idee e di decidere sul da farsi. Era stanca, quasi stremata, e sapeva di non poterselo ancora permettere. Come aveva immaginato, Harry era rimasto ad aspettarla, e a poca distanza c’erano anche Ron e Hermione.
Si mosse verso di loro, e si sorprese nel vedere Hermione lanciare uno sguardo a Harry, come a chiedergli il permesso di fare qualcosa. Harry annuì, e Ron prese la ragazza per un braccio e si Smaterializzò insieme a lei.
Dana si bloccò e posò il suo sguardo sul giovane diciassettenne che, appoggiato contro un muretto della via, sembrava decisamente più grande della sua età, almeno per l’espressione che aveva dipinta in volto.
Era teso e arrabbiato, a stento riusciva a trattenere la rabbia. Forse quelle rivelazioni gli stavano costando più energie di quel che lei avesse previsto.
"Lo odi così tanto da non riuscire a credergli, non è vero?" esordì, quando finalmente lo ebbe raggiunto.
Harry non la guardò in faccia e rimase in silenzio, infilando le mani nelle tasche del mantello per scaldarsi.
"Perché sei rimasto qui da solo? Sembra quasi che tu voglia parlarmi…ma se ora te ne stai fermo e muto non otterrai nulla."
"Io…" tentò Harry, ma non riuscì a restare impassibile davanti a lei. Si scostò bruscamente dal muro e mosse qualche passo davanti a lui, arrivando sul bordo del marciapiede.
"Non riesco a credergli, no!" sbottò all’improvviso "Cosa ci dice che non stia mentendo? È un ottimo Occlumante ed è anche un ottimo Pozionista! Potrebbe aver capito come resistere alla Veritaserum!"
"Gli ho scagliato l’Imperius proprio perché nessuno di voi credesse nulla di simile!" si spazientì Dana, che non attese oltre e afferrò Harry per un braccio, costringendolo a volgersi verso di lei.
"Non vi ha mentito! Sei un ragazzo sveglio Harry, e negli ultimi mesi sei cresciuto parecchio anche come persona! Possibile che tu non abbia visto quello che gli si dipingeva in volto mentre parlava?" chiese con voce bassa e furente, mentre Harry non abbassava lo sguardo.
"L’ho visto con questi occhi mentre scagliava la maledizione su Silente! Lo ha odiato mentre lo uccideva!"
"Ho odiato anch’io Silente quando ho capito cosa aveva avuto il coraggio di chiedere a Severus! Harry, come ti sentiresti tu, se Ron, in un momento di pericolo, ti costringesse a fargli del male per poter portare avanti il tuo compito? Spaventato magari, e deciso a non farlo! Oh, si, facile! Ma se fosse giusto così? Se tu ti rendessi conto che Ron ha ragione, non lo odieresti per quello che ti sta facendo fare? E non odieresti soprattutto te stesso per quello che stai facendo? Non proveresti disgusto per quello che il tuo corpo sta già compiendo?"
Harry trattenne il fiato e strinse di nuovo le mani a pugno, mentre una vocina, molto simile a quella della sua coscienza, gli faceva ammettere che il ragionamento di Dana non faceva una piega e che tutto quello che aveva sentito dalla bocca di Piton era non solo verosimile, ma altamente probabile.
"Io non capisco…perché Silente dovesse morire…" sospirò infine, senza aver mai abbassato lo sguardo.
Dana sospirò e scrollò la testa, volgendo gli occhi verso il cielo scuro sopra di loro.
"Non ne sono certa Harry… ma forse era così che doveva andare…con Silente ancora in circolazione Riddle non avrebbe mai fatto la sua mossa finale. E quella è uccidere te. Certo, fino ad ora ci ha provato in tutti i modi, ma senza mai riuscire. Però credo che Silente sapesse di essere il secondo sulla lista di Voldemort, se non addirittura il primo a pari merito con te…non lo so…ma di sicuro posso dirti che sapeva bene quanto fosse importante avere una spia tra le file del nemico. Soprattutto per il fatto che ancora non si sapeva molto sull’ultimo Horcrux."
"E si è affidato a Piton…anche quando si è ferito per distruggere l’anello, anche quando stavamo tornando verso la scuola, dopo aver trovato il medaglione fasullo…sempre Piton. Si fidava di lui in un modo che io non riesco a capire."
"Perché ti manca un pezzo, Harry…"
Harry trasse un bel respiro e guardò Dana con fare determinato, sapendo di star cominciando una battaglia decisamente dura.
"Farai in modo che io lo scopra, prima o poi?"
E con suo immenso stupore, la vide annuire e sorridere.
"Si, sono convinta che sia la cosa migliore, per tutti. Però ti devo avvisare Harry…se quello che hai sentito stasera ti ha toccato così tanto, allora dovrai allenarti parecchio per riuscire ad accettare ciò che ancora non sai…"
"Non è per nulla rassicurante…"
"Non lo è, me ne rendo conto. Ma è la verità."
Harry annuì, sentendo un manto di stanchezza scivolargli velocemente addosso. Era stata una serata decisamente movimentata, e ora aveva bisogno di sprofondare in un sonno che, almeno per qualche ora, gli desse modo di starsene tranquillo.
"Andiamo…Ron e Hermione saranno in pensiero."
Dana annuì e che si Smaterializzò poco dopo di lui, ricomparendo nella casa che ancora abitava con i ragazzi.
 
Harry ebbe bisogno di due settimane prima di riuscire a mettere d’accordo il proprio orgoglio con la propria ragione. Non aveva più affrontato l’argomento con Dana, ma non aveva potuto esimersi dal farlo con Hermione e Ron. Ron si era rivelato piuttosto scettico, ma in fondo più propenso a credere a Piton, mentre Hermione non aveva avuto esitazioni.
Seduto sulla panchina sul retro della casa, Harry sentì risuonargli in mente tutto il discorso che l’amica gli aveva fatto non appena aveva intavolato l’argomento, chiedendole quale fosse la sua opinione.
"Insomma Harry, io credo che dovremmo dargli fiducia! Rimango dell’idea che Silente non fosse affatto uno sciocco. Se si fidava così tanto di Piton, deve esserci un motivo serio. Noi non lo conosciamo, e dobbiamo decidere se fidarci o meno del giudizio di Silente. Io mi fido! Senza contare che…mentre Piton parlava sotto effetto della Veritaserum…lo hai visto bene? Stava tentando di resistere…quei ricordi devono fargli molto male. Non c’è bisogno che ci mettiamo noi ad appesantire la situazione, giudicandolo senza avere davanti tutti gli elementi!"
Già, il discorso di Hermione era terribilmente simile a quello che faceva spesso la sua coscienza. E poi c’era anche quello che aveva detto Dana…
Una cosa in particolare lo aveva colpito; se Ron avesse veramente chiesto una cosa simile a lui, cosa avrebbe fatto? Non riusciva nemmeno a immaginarlo, perché la sola idea di alzare seriamente la bacchetta sull’amico lo lasciava come appesantito al petto. E Piton era arrivato fino in fondo, uccidendo l’unica persona tra loro che nutrisse nei suoi confronti un sincero sentimento di stima.
Si, era altamente probabile che il rimorso non gli permettesse di dormire la notte.
Non si sorprese nel rendersi conto di non essere troppo addolorato per questa cosa. Nonostante tutte le giustificazioni, lui non riusciva a dimenticare la scena. Così come non riusciva a dimenticare l’astio che era sempre corso tra lui e Piton, al di là del terribile episodio sulla torre.
Piton aveva sempre insultato la memoria di suo padre e di sua madre, e aveva sempre trattato malissimo anche lui, riversandogli addosso una rabbia di cui Harry era solo parzialmente responsabile.
Per il momento, era sufficiente dunque aver accettato di non saltargli al collo al prossimo incontro e l’idea che stesse ancora lavorando per l’Ordine.
Un rumore familiare lo fece scattare in piedi, la bacchetta in pugno e lo sguardo posato sul pezzetto di vialetto che era possibile vedere da lì. Muovendo dei silenziosi passi verso la porta su retro, si infilò in casa.
Qualcuno si era Smaterializzato davanti all’abitazione. Con sua immensa sorpresa però sentì la porta d’entrata aprirsi e dei passi avanzare in entrata.
Raggiunse il nuovo venuto con preoccupazione e si trovò presto di fronte a Hermione, che aveva fatto entrare Lupin.
Ron era arrivato in quel momento, mentre Dana sbucava dalla cucina.
Lupin era entrato senza dire una parola, e la sua espressione non lasciava presagire nulla di buono. Quando lo sguardo del nuovo venuto incrociò lo sguardo di Ron, Harry ebbe la netta impressione che stesse succedendo qualcosa di brutto. Ron sgranò gli occhi e fece un passo indietro, poi si volse di scatto e diede un calcio ad una sedia di legno, facendola finire rovesciata.
Dana li raggiunse con passo lento e misurato, mentre Hermione rivolgeva a Lupin uno sguardo che pareva volerlo supplicare di spiegarsi.
"C’è…c’è stato uno scontro sulle montagne… tra i giganti…il Ministero ha inviato degli uomini per riuscire a metterli fuori gioco…non so cosa sia successo esattamente, né i metodi che sono stati usati, ma…" si interruppe, mentre gli occhi gli si facevano lucidi. "Hagrid è stato coinvolto. Era lì per conto dell’Ordine. Quelli del Ministero però lo hanno scambiato per un loro piccolo…e… mi dispiace ragazzi, ma… è morto."
Hermione gemette e si portò una mano alla bocca, traballando all’indietro e aggrappandosi al corrimano delle scale prima di accasciarsi a terra e cominciare a piangere in silenzio.
Harry la guardò come se stesse vedendo qualcosa che non esisteva, come se quella scena non facesse parte del suo mondo.
"Non è possibile…non è possibile. Non può essere morto anche lui. No, c’è sicuramente stato un errore. Devono averlo confuso con qualcun altro…lui non può…"
L’espressione a dir poco distrutta di Lupin gli disse però che non c’era stato assolutamente alcun errore. Avvertì appena Dana avvicinarglisi. Rimase immobile, come pietrificato, mentre qualcosa di pesante e doloroso gli si accumulava sullo stomaco.
Allungò una mano e afferrò anche lui una parte del corrimano, piantandoci le unghie.
Hermione stava continuando a piangere in silenzio, rannicchiandosi progressivamente su se stessa. Ron la raggiunse e con un gesto calmo e lento le circondò le spalle e se la portò contro. Solo allora i singhiozzi della ragazza riempirono le orecchie dei presenti.
Harry si rese conto che doveva assolutamente uscire di lì. Non disse nulla e non guardò nessuno, si volse verso il retro della casa e tornò fuori, in mezzo alla neve.
Prese due bei respiri, e lasciò che quello che stava provando uscisse da lui, facendo scricchiolare brutalmente la panchina su cui era stato seduto fino a poco prima.
Sentiva la magia che si sprigionava da ogni centimetro della sua pelle, e sapeva che se si fosse trovato in un luogo chiuso avrebbe causato parecchi danni, ma non poteva farci assolutamente nulla. Il dolore che provava era troppo forte per poter pensare di controllarlo. Con gli occhi chiusi, rivide la faccia di Hagrid adorante di fronte a Norberto, e poi ancora con gli Schiopodi, la sua prima lezione da insegnante, lui e Madame Maxime, poi ancora lui e Grop…che ne sarebbe stato di Grop ora?
Qualcosa di caldo e bagnato gli rigò le guance, e allora riaprì gli occhi, mentre si asciugava il volto con fare rabbioso.
"Buttale fuori, Harry." Gli disse Dana, posandogli le mani sulle spalle e rimanendo dietro di lui.
"Non serve a nulla! Non serve a…"
"Serve a farti superare il dolore. Se te le tieni dentro, ti divoreranno. Devi permetterti di piangere."
"Perché?!?!" urlò, liberandosi dalle mani di Dana e voltandosi a guardarla.
Lei lo guardò con fare serio e triste. Aveva conosciuto anche lei Hagrid, a scuola. Per lei non era un amico come lo era per lui, ma Harry vide che la notizia l’aveva comunque colpita. Forse fu questo a farlo cedere.
"Per rimanere umano, e padrone delle tue emozioni."
Harry chinò la testa e strinse le mani a pugno, ritrovandosi scosso dai singulti che ancora non voleva far uscire. Dana gli si avvicinò e lo abbracciò, facendolo sentire completamente privo di difese, e finalmente il dolore uscì da lui con le lacrime.
 
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Capitolo 9
*** R.A.B. ***


8 rab
Summers84. Ciao! Ah, se odi Severus credo che questa mia FF stia proprio remando contro. Bene, mi impegnerò al massimo per farti ricredere, o quantomeno per farti venire qualche dubbio su di lui. Ormai, convincere le persone della sua innocenza è diventata una missione! Spero di riuscire!!!
 
Astry_1971. Vorrei tanto vedere Remus dopo la tua ceretta! In verità credo molto che in Remus combattano furiosamente, ora, l'odio per Severus, e la consapevolezza che ci sia dell'altro. In fin dei conti era l'unico sveglio tra i Malandrini, e sono sicura che nell'ultimo libro anche lui dirà la sua. (Senza contare che mi incuriosirebbe parecchio sapere qualcosa di più su di lui.) Ah, come sono d'accordo con te! Si, anche per me Silente stava per dire tutto a Harry e poi si è trattenuto. Questo ha fondato ancora di più la mia convinzine in merito al VERO motivo per cui Silente si fidasse di Piton...non troppo a breve scoprirai! Ih ih...anche se temo che la mia idea sia piuttosto prevedibile...
 
EDVIGE86. Non avert timore, cara. Io adoro le recensioni, perciò per me puoi scrivere anche un tema. Son tanto contenta! Ebbene si, Hagrid secondo me è tra le vittime. Certo, anch'io spero di no, ma la Rowling continua a dire che moriranno due persone molto vicine a Harry, e io mi rifiuto di credere che siano Ron e Hermione. E qui rispondo indirettamente alla tua domanda. Tranquillizzati, Ron non ci lascerà, non nella mia versione! Mi lusingano i complimenti per il confronto Lupin/Severus. Non so bene nemmeno io come mi sia venuta quella scena, è stata molto spontanea, perchè tra quei due c'è n pò di ruggine (solo un pò?) ed è emersa spontaneamente mentre scrivevo.
Su quel "Ti prego", giuro, potrei scrivere un'enciclopedia La prima volta che l'ho letto...mi si è attorcigliato lo stomaco...insomma, proviamo per un attimo a immaginarci la scena! (Quando uscià il sesto film, avrò la tachicardia durante quel pezzo...miiiii!) Ti sembra possibile che Silente, proprio Silente, implori? E che lo faccia davanti ad altri Mangiamorte, con Harry da proteggere, Draco da salvare e con la copertura di Severus? Insomma, è piuttosto inverosimile. E poi mi è stato fatto notare che Silente e Severus si guardano per un attimo. Ora, parliamo di due ottimi Legilimens...serve dire altro?
Bene, ora mi fermo, altrimenti anch'io non mi fermo più! :-)
 
 
 
Prima di lasciarvi alla lettura, una precisazione. In questo capitolo ho fatto parlare direttamente un ritratto, poi scoprirete. In merito ho letto versioni e teorie diverse, e visto che la Rowling non ci lascia capire esattamente quanto questi ritratti abbiano loro autonomia di pensiero e ricordi, ho deciso da me, tenendo come punto di riferimento quel poco che scopriamo nel quinto libro.
Buona lettura a tutti!

 

R.A.B.

 

Ritornare a Hogwarts dopo tutto quello che vi era successo si stava rivelando più difficile di quel che aveva creduto.
Il buio li stava avvolgendo e proteggendo da occhi indiscreti, mentre procedevano a passo deciso, attraversando il parco. Harry poteva sentire appena il rumore dei passi dei suoi compagni di viaggio, a causa della neve che attutiva ancora ogni rumore. Il castello si stagliava ora davanti a loro in tutta la sua imponenza, ma a Harry non era mai sembrato così piccolo e debole. Un altro funerale tra quelle mura, un’altra morte assurda, un altro amico che non c’era più.
Il dolore sordo che lo aveva accompagnato da quando Lupin aveva comunicato loro la notizia era terribile, tanto che gli sembrava quasi impossibile da lenire. Hagrid era stato per lui un amico tra i più cari. Come dimenticare l’enorme Guardiacaccia mentre faceva irruzione nel nascondiglio che gli zii avevano scelto per scappare dalle insistenti lettere di Hogwarts, ormai sette anni prima? Quando lo aveva guardato per la prima volta, aveva sentito il cervello andargli in corto circuito. Perché era così grande? La stazza di Hagrid lo aveva spiazzato…sorrise debolmente a quel ricordo, mentre il portone della scuola si apriva e faceva entrare lui, Ron, Hermione e Dana.
Era tutto buio e silenzioso. Poche candele erano accese e gettavano sulle cose una luce che a stento permetteva di muoversi.
Gazza si fece loro incontro con atteggiamento infastidito e li squadrò per qualche secondo, prima di fare un cenno con la testa e avviarsi lungo le scale.
Lo seguirono in silenzio fino al terzo piano, dove il Custode indicò loro un’armatura che stava in equilibrio per magia.
"La parola d’ordine è Lux." Disse acido, poi si volse e si allontanò in fretta seguito dalla sua fedele gatta, comparsa quasi dal nulla vicino ai suoi piedi.
"Che accoglienza!" sbottò Ron a bassa voce, mentre lanciava uno sguardo truce verso il Custode.
"In effetti…credevo che sarebbe venuta la McGranitt…chissà come mai ha mandato Gazza." Disse Hermione, avvicinandosi alla corazza e bisbigliando la parola d’ordine.
L’armatura si mosse pericolosamente in avanti e la ragazza fece un passo indietro, guardando accigliata l’ammasso di lamiera che finalmente lasciava intravedere l’entrata della loro stanza.
Harry non aveva mai fatto caso a quella particolare armatura, ma registrò solo allora che, in effetti, da qualche parte gli ospiti dovevano pur dormire!
Il locale in cui entrarono si illuminò non appena furono dentro. Era piuttosto grande, con molte poltrone disposte attorno ad un caminetto di notevoli dimensioni. Quattro porte di legno portavano a quelle che Harry ipotizzò fossero le camere e in un angolo c’era un tavolo notevolmente imbandito. Gli Elfi Domestici dovevano essersi dati parecchio da fare per loro, quella sera.
Hermione avanzò nella stanza e si slacciò il mantello, sedendosi su una delle poltrone e avvicinando le mani al fuoco.
"Non avevo mai visto questo posto…" disse Ron, mentre si guardava attorno con aria stanca.
"Ci sono diverse di queste stanze." Disse Dana, seguendo l’esempio di Hermione "E credo si modifichino a seconda del numero degli ospiti."
Harry aggrottò la fronte e si sedette anche lui su una poltrona. Avere qualcosa di cui parlare era decisamente meglio che continuare a torturarsi nella consapevolezza di ciò che era successo.
"Come fai a saperlo?"
Dana fece spallucce e gli sorrise, maliziosa.
"Ho scoperto molte cose sul castello nel mio periodo di studi."
"Davvero? Sai, avevo come l’impressione che tu fossi una delle alunne più disciplinate…"
Dana inarcò un sopracciglio e rivolse a Harry uno sguardo scandalizzato.
"E da cosa lo avresti dedotto?"
"Non lo so… è più che altro una sensazione."
"Allora sappi di sbagliarti di grosso. Non mi sono mai fatta beccare, ovvio, ma non credo ci sia regola che non abbia infranto! Hogwarts per me era come una seconda casa, e mi ci muovevo senza problemi già al terzo anno."
"Vedi! Non si smette mai di scoprire come sono fatte le persone!" esclamò Ron, che si avvicinò agli altri appoggiando un vassoio carico di panini e tramezzini su un piccolo tavolino alla portata di tutti.
Hermione afferrò un tramezzino e lo guardò con aria triste. Per un attimo sembrò sul punto di mettersi a piangere, ma quando rialzò lo sguardo i suoi occhi erano solo stanchi.
"Per fortuna…se avesse cominciato a piangere non so cosa avrei fatto…" pensò Harry "Ho bisogno di non pensare al vero motivo per cui siamo qui, almeno per un po’. Come se fosse solo un brutto sogno."
"E conoscevi anche tutti i passaggi segreti?" chiese, mentre anche lui si allungava senza effettivo interesse sul cibo che Ron aveva portato.
"Si. Direi proprio di si. Ma soprattutto avevo imparato ad usare bene le scale…"
"Le scale?" chiese perplesso Ron.
"Si. Si muovono secondo uno schema preciso. Non è facile spiegarlo, ma tenendole d’occhio per un po’ lo si può individuare facilmente."
"Incredibile…credo che nemmeno Fred e George siano mai arrivati a tanto…"
Dana sorrise e Hermione lanciò a Ron un’occhiata a metà tra il divertito e l’esasperato.
Finirono di mangiare in silenzio e infine decisero di andare a riposare. Muoversi di notte aveva avuto i suoi indubbi vantaggi, ma l’indomani sarebbe stata una giornata pesante e difficile.
Harry fu l’ultimo ad andare nella sua stanza, esitando un momento ad una delle grandi finestre. La spalancò, facendo entrare una folata di vento gelido e guardando in cielo. Il manto blu della notte era cosparso da un numero infinito di brillanti stelle e non c’era traccia alcuna di nubi.
In lontananza individuò un puntino bianco che si muoveva verso il castello. Attese qualche momento, ed Edwige gli planò sul braccio, scuotendo energicamente la testa e le ali, arruffando le piume e poi calmandosi.
"Buona caccia?"
La civetta lo guardò con aria afflitta e si mosse, scontenta.
"No? Allora è stata proprio una brutta giornata per tutti. Meglio concluderla."
Edwige emise un basso schiocco di approvazione e volò verso il trespolo sul quale si era già sistemato Leotoldo.
 
La mattinata era delle più splendenti, rare in quella stagione, ma il clima che si respirava era pesante e carico di incredulità. I funerali di Hagrid si tennero al limitare della Foresta Proibita, e poi il suo corpo sarebbe stato sepolto nei pressi della casa del padre.
In un angolo, immenso e rannicchiato su se stesso, stava Grop. Era scosso da fremiti incontrollati di pianto, e pareva non prestare ascolto a nessuno. Alcuni dei rappresentanti dell’Ordine, esperti in fatto di Giganti, si erano avvicinati, le bacchette nascoste ma pronte all’uso. Harry avrebbe voluto dire loro che Grop non avrebbe tentato di fare del male a nessuno, ma non ne trovò le forze.
Era in piedi vicino ad uno degli alberi della foresta, lo sguardo fisso sulla sagoma del corpo di Hagrid, avvolto in un telo di color rosso. Vedere quella figura ferma e immobile gli aveva gelato il sangue, rendendo la verità del tutto ineluttabile.
Una mano gentile gli si posò su una spalla, costringendolo a girarsi. Incrociò lo sguardo di Ginny, ferma al suo fianco. Rimasero così, in silenzio, fino a quando gli occhi della ragazza non cominciarono a velarsi di lacrime.
Harry sentì il peso che portava in petto farsi ancora più grave. Allungò un braccio e lo passò attorno alle spalle della ragazza, facendole posare il volto contro di lui. Ginny si aggrappò a lui, poi rimase ferma e in silenzio. Non pianse, così come non pianse lui, mentre la McGranitt, ricomparsa quella mattina stessa, spendeva parole di affetto per ricordare Hagrid.
Alle loro spalle, un paio di Centauri si erano avvicinati e Harry era certo di aver intravisto anche Fierobecco. Ora se ne stava occupando Lupin…e infatti eccolo là, evidentemente stanco e provato, magro forse più del solito e rigido. Tonks era vicino a lui, e con loro c’erano diversi membri dell’Ordine. Poi c’era la distesa di alunni della scuola, e gli insegnanti.
Harry intravide il nuovo docente di Difesa e non lo invidiò nemmeno un po’. La sua vista poi si posò su una parte di studenti…il cuore gli mancò un battito, mentre vedeva Goyle lanciare un’occhiata annoiata a Tiger. Una sorda rabbia gli riempì il petto, ma si disse che non era quello il momento. Ora era lì per ricordare Hagrid, per salutarlo, in attesa di rivederlo in un posto migliore.
Riportò così lo sguardo sulla cerimonia e sospirò.
Non voleva più assistere a funerali.
 
"Quando me lo hanno detto credevo non fosse vero, credevo che Fred stesse scherzando, e gli ho anche lanciato un Incantesimo per avermi fatto uno scherzo così crudele…" disse Ginny, perdendo lo sguardo oltre le acque del Lago Nero.
"Capisco la sensazione…a me è successa la stessa cosa."
La ragazza trattenne un sospiro, poi guardò Harry con quel suo modo di fare determinato e testardo.
"Cos’altro possiamo fare? Harry, cosa possiamo fare? Sono stanca di vedere la gente morire! Forse non lo sai, ma i genitori di Seamus sono stati attaccati tre giorni fa, e la madre è rimasta gravemente ferita…probabilmente perderà l’uso delle gambe. E poi ci sono le gemelle Patìl…loro zio è stato ucciso da due Mangiamorte, senza contare che il mese scorso è stata trovata morta la madre di Smith…."
"Non ne sapevo nulla…" mormorò a bassa voce Harry, mentre registrava quelle informazioni con rabbia.
"Io cerco di addestrarli, e a volte ho come l’impressione di star facendo qualcosa di buono" sbottò Ginny, muovendosi nervosamente in circolo "Ma poi arriva una di queste notizie…oh, non ne posso davvero più! Harry! Se c’è qualcosa, qualunque cosa che posso fare…"
"Lo stai già facendo!" la bloccò Harry "Credi che insegnare agli altri cosa voglia dire combattere sia cosa da poco? E non è solo questo, Ginny! State collaborando, capisci? State creando una rete di rapporti che non potranno che rendervi forti e far comprendere a ciascuno che ha qualcuno su cui contare, qualcuno cui chiedere aiuta anziché piegarsi!"
Harry la guardò con orgoglio e con amarezza nello stesso tempo. Non avrebbe voluto vederla soffrire in quel modo, ma sapeva che non potevano fare nulla più di quel che stavano facendo. Almeno, non potevano in quel momento. Le si avvicinò e la prese per le spalle.
"Devi avere fiducia, presto tutto questo finirà."
Ginny lo guardò e sorrise, poi scrollò la testa.
"Sono una stupida…hai altro cui pensare che questo, e sarà grazie a te se tutto questo finirà."
Harry le sorrise e assunse un’aria sorniona, scacciando con decisione la tristezza e la pesante consapevolezza delle sue stesse parole.
"Beh, si, possiamo anche dire che sarò un elemento determinante nella faccenda!"
Si guardarono un attimo, poi si misero a ridere. Harry protese una mano e Ginny l’afferrò, avviandosi insieme a lui verso la scuola.
"E con loro come va?" chiese Harry, indicando Tiger e Goyle che stavano osservandoli di sottecchi.
"Male. Non fanno nulla di strano, ma…è un miracolo se sono ancora tutti interi, credimi."
Harry annuì e passò oltre, entrando nel castello.
 
"Potter, la richiesta che mi stai facendo è singolare…" la voce della McGranitt tradì tutta la sorpresa e la preoccupazione che le parole di Harry avevano suscitato, ma lui non si mosse di un millimetro e non distolse lo sguardo.
"Non voglio vederlo per fini personali. Ho ben capito che è morto, non si preoccupi, ma devo chiedergli delle cose riguardo la missione che mi ha affidato."
La McGranitt lo guardò ancora un po’ scettica, appoggiata a una delle sedie della Sala Professori. Aveva un aspetto decisamente stanco, più del solito, e si muoveva con difficoltà. Fece per sedersi, si bloccò a mezza strada e si portò una mano al fianco destro, stringendo appena le labbra e costringendosi a completare il movimento che aveva iniziato.
"Professoressa…." Disse Harry, mentre si sentiva lo stomaco strizzato da un’ondata di paura nel vederla così in difficoltà "Cos’ha? Ha bisogno che le chiamo qualcuno?"
"No, Potter, non è nulla…solo una scottatura…"
Harry la guardò accigliato e per nulla convinto, ma la Preside scosse la testa in un gesto impaziente e lo guardò riacquistando i suoi soliti modi determinati e spicci.
"Potter, ti do il permesso di andare nel mio ufficio, ma ricordati che non è altro che una sua immagine! Forse sei stanco di sentirtelo dire, ma è importante riuscire a capire che i quadri non sono un modo per tenere con noi i defunti!"
"Lo capisco bene, non dubiti." Rispose Harry, stringendo le mani attorno al falso medaglione recuperato la notte della morte di Silente. Lo aveva tenuto in tasca, come una sorta di costante ammonimento in quei giorni di nuovo dolore. Ora doveva fare una cosa che avrebbe preferito evitare, ovvero dire a Silente che era morto per nulla, quella notte, ma non poteva fare diversamente. Era assolutamente necessario capire dove potesse essere la copia originare di quel medaglione, e forse il vecchio Preside poteva averne idea.
"Bene…allora puoi andare anche da solo. La parola d’ordine è Caramello Frizzoso."
Harry la guardò sorpreso, e lei sbuffò appena.
"Ai Gargoyle sono piaciute le parole d’ordine di Silente, e hanno voluto mantenerle."
"Ma…non le scegliete voi le parole d’ordine?"
"Oh, si, finché quei testoni non si impuntano tanto da impedire l’accesso all’ufficio! Ora vai, non hai molto tempo a tua disposizione. Tra un po’ sarà qui una delegazione del Ministero per discutere della faccenda di Grop. Hanno voluto aspettare il funerale per farlo…"
"Grop? Non vorranno mica…" esclamò Harry, lasciando cadere la frase perché troppo assurda per la sua mente.
"Rimandarlo tra i suoi simili? Si, probabile, anche se è come condannarlo a morte. Ma ora vai. Avrò bisogno dello studio prima che arrivino, sperando di riuscire a trovare una soluzione."
Harry annuì e uscì dalla Sala professori chiedendosi come Grop avrebbe reagito ad un suo eventuale trasferimento…gli vennero i brividi solo a pensarlo, così accelerò il passo percorrendo con scioltezza una strada che conosceva alla perfezione. Incrociò qualche studente, ma non vi badò, così come non badò alle occhiate stupite che gli venivano rivolte.
Davanti al Gargoyle disse Caramello Frizzoso e sospirò, pronto ad entrare.
 
Il rumore dei suoi passi risuonava nel sotterraneo con una precisione e una freddezza che ricordava benissimo. Quante volte lo aveva percorso di nascosto, e quante volte aveva sperato di poterci fare ritorno con la stessa serenità dei primi anni di scuola?
Ma non le era stato possibile. Quel sotterraneo, teatro dei momenti più belli che avesse vissuto a Hogwarts, era anche il teatro del suo dolore. Oh, un dolore in verità dolcissimo, ma pur sempre un dolore.
Dana si avvicinò con passo lento e sicuro all’ufficio di Lumacorno. Sapeva che non c’era. Probabilmente era a Hogsmeade insieme agli altri insegnanti…meglio così.
Entrò nell’ufficio e sorrise nel vedere tutte le cose strane e leggermente eccentriche che avevano invaso quel posto, che per anni era stato buio e privo di ogni superfluità. Riusciva ancora a vedere Severus che si aggirava nella stanza alla ricerca di un libro che lei gli aveva chiesto. Era certo di averlo, ma non riusciva a trovarlo in mezzo alla montagna di volumi che aveva accumulato.
Dana sospirò, e si chiese se fosse del tutto normale non riuscire neanche più a piangere. Sentiva distintamente il cuore che aveva accelerato i battiti alla vista del posto, e l’amarezza che si era insinuata nei suoi pensieri per la consapevolezza di quanto fossero cambiate in peggio le cose, ma non c’erano lacrime. Era troppo stanca per versarle. E forse era anche troppo arrabbiata.
Avrebbe fatto qualunque cosa fosse stata necessaria per ridargli la sua vita, ma…non sapeva cosa fossero queste cose! Non aveva idea da dove partire, ed era svilente.
Si volse e uscì dalla stanza, leggermente irritata per la propria impotenza.
Stare in quel posto non avrebbe fatto altro che rattristarla. Meglio uscire e aspettare Harry in giardino.
 
L’ufficio del Preside era esattamente come se lo ricordava. La McGranitt aveva apportato pochissime modifiche. C’erano ancora tutti gli oggetti strani e delicati di Silente, chiaramente privati di alcuni elementi che Harry stesso aveva distrutto dopo gli episodi svoltisi al Ministero.
A quei ricordi, una sensazione molto simile al rimorso lo prese al petto, ma ormai era acqua passata.
Fece scorrere lo sguardo verso la scrivania, cercando con tutte le proprie forze di far tacere la vocina lamentosa che gli si era accesa in testa nel non scorgere dietro essa il Professor Silente.
Stare in quel posto gli stava costando parecchio, dovette ammetterlo con se stesso.
Il trespolo di Fanny non era ancora stato rimosso, sebbene l’animale fosse sparito ormai da molti mesi. Chissà dov’era in quel momento? Forse proprio da chi li stava aiutando nell’ombra. Del resto, quante altre fenici potevano esserci così vicine?
Ma non era quello il momento giusto per pensarci. In realtà riempirsi la testa di quei pensieri era solo un altro comodo stratagemma per rinviare ancora di qualche secondo l’inevitabile.
"Forza Harry, ora alza lo sguardo e cerca il quadro…alza lo sguardo!"
Imponendosi a fatica, Harry obbedì alla sua testa e fece scorrere gli occhi sulle pareti dell’ufficio. Non fu affatto difficile trovare il quadro, e Harry non si stupì affatto nel vedere il volto sorridente di Silente che già lo guardava.
Ricambiò il sorriso e si fece avanti. In fondo, l’espressione serena di Silente era sempre in grado di fargli trovare il coraggio che credeva di non avere.
"Professore…"
"Harry, stavo proprio chiedendomi quando saresti venuto."
"Davvero? Perché era certo che lo avrei fatto?"
Silente sorrise, guardando Harry attraverso gli occhiali a mezzaluna con un’espressione divertita.
"Ti conosco abbastanza per poter immaginare come ragioni. Scommetto che sei qui per chiedermi qualcosa sugli Horcrux."
"In effetti…" Harry abbassò un attimo lo sguardo e cercò le parole, decidendo che era meglio dare prima le buone notizie e poi quelle cattive. "Sa, siamo a buon punto, tutto sommato. La coppa è stata distrutta e abbiamo capito cos’è l’Horcrux mancante."
"Eccellente! Sapevo che ci sareste riusciti!"
"Sareste?"
"Si. Harry, perché credi che ti abbia consigliato di parlarne con i tuoi amici, l’anno scorso? Sapevo che non ti avrebbero lasciato solo, così come sapevo che avresti avuto bisogno del loro aiuto."
Harry annuì e infilò una mano in tasca, stringendo il medaglione.
"Signore, c’è…c’è un’altra cosa però…il medaglione…"
Silente continuò a guardarlo con tranquillità, e Harry capì che probabilmente, mentre era ancora in vita, non aveva avuto il benché minimo sospetto in merito alla possibilità che qualcuno lo stesse precedendo.
"Era un falso.. non è il vero Horcrux, qualcuno è arrivato prima di noi e lo ha sostituito, lasciando un biglietto…"
Silente si rabbuiò improvvisamente e si alzò dalla sedia, muovendo qualche passo nel poco spazio che gli era concesso nel quadro. Harry ebbe quasi l’impressione che il vecchio Mago volesse cominciare a camminare anche tra gli altri ritratti.
"Quello che mi dici è grave, Harry…hai idea di chi sia stato? C’è qualche indizio sul biglietto?"
Harry estrasse rapidamente il biglietto che aveva con sé e lo lesse.
"Al Signore Oscuro. So che avrò trovato la morte molto prima che tu legga queste parole, ma voglio che tu sappia che sono stato io ad aver scoperto il tuo segreto. Ho rubato il vero Horcrux e intendo distruggerlo appena possibile. Affronto la morte nella speranza che, quando incontrerai il tuo degno rivale, sarai di nuovo mortale. R.A.B."
Silente si immobilizzò e perse lo sguardo su un punto indefinito della parete, poi chiese a Harry di rileggergli il messaggio e alla fine si risedette.
"Harry…ho solo una cosa da farti notare." Esordì, fissando lo sguardo sul ragazzo "Come comincia il biglietto…"
Harry lo guardò senza capire, poi volse lo sguardo sul foglio che aveva in mano e rilesse a bassa voce.
"Al Signore Oscuro…solo i Mangiamorte lo chiamano così!"
"Esatto! E ho anche una vaga idea di chi possa essere questo R.A.B., ma per esserne certo dovresti far leggere il biglietto a Severus."
Lo sguardo di Harry si indurì in un attimo, e fissò Silente con fare contrariato.
"Potrebbe non conoscerlo." Disse asciutto, mentre Silente rimaneva tranquillo sulla sua sedia.
"Se è chi penso io, lo conosce bene. E forse c’è speranza che l’Horcrux in questione sia più vicino e a portata di mano di quel che credi. Harry, non farti sconfiggere da ciò che provi per lui! A quel che mi ha raccontato Minerva, ormai ti è chiaro il modo in cui sono andate le cose! Perché dubiti ancora di lui?"
Harry si mosse, a disagio, mentre distoglieva lo sguardo da Silente e rimetteva il bigliettino in tasca.
"Non mi riesce…non sono capace di dimenticare quello che ha fatto…"
"Ma non sei nemmeno capace di immaginare quel che può aver sofferto nel farlo! Sei dotato di un coraggio e di un altruismo che tuo padre aveva in percentuale a mio avviso leggermente inferiore, e mi aspetto che tu li faccia fruttare bene! Anche con Severus!"
"Ha alzato la bacchetta su di lei!" sbottò Harry, riportando su Silente uno sguardo infuriato.
"E riesci a immaginare il coraggio che deve aver trovato per farlo?" ribatté con calma l’altro, assumendo però uno sguardo così determinato come Harry gli aveva visto poche volte. Quell’incredibile sicurezza di Silente diede da pensare al ragazzo. Non poteva essere dovuta solo ai motivi che Harry conosceva, c’era veramente dell’altro. E qualunque cosa fosse, era tale da far persistere Silente nella difesa di Piton, nonostante tutto. Anzi…era tale da aver convinto Silente a mettere la propria vita, e la propria morte, nelle mani di quell’uomo…
Harry rimase in silenzio, sapendo che era del tutto inutile ribattere, mentre Silente lo osservava.
"Forse" sospirò il vecchio mago "sarebbe una cosa utile se tu gli chiedessi di vedere come sono andate le cose la notte che gli ho ricordato il suo impegno…"
"Nella foresta?" chiese meccanicamente Harry.
"Si…forse dovresti vedere. Quella notte…credo che per la prima volta abbia calato la sua maschera, davanti a me. Devo averlo portato all’esasperazione…"
"Non me lo darà mai!"
"Probabilmente farà resistenza, si, ma devi tentare. Severus è un alleato prezioso Harry, questo devi tenerlo a mente. E, se non sbaglio, ora al tuo fianco hai una persona che può facilmente tenere i rapporti con lui…"
"Dana…si. Conosce bene anche lei?"
"Non ho avuto modo di approfondire la sua conoscenza, ma tieni presente che può esserti molto utile per scoprire come convivere con Severus."
"E come? Non mi dice nulla di lui, anzi, non fa altro che negarmi risposte!" sbottò Harry, esprimendo un pensiero che lo tormentava da un po’.
Silente, inaspettatamente, si lasciò andare ad una risata.
"Si, lo credo! Lo proteggerebbe a tutti i costi. E ora sta proteggendo ciò che lui le ha affidato. Ma puoi sempre chiederle di spiegarti come lo vede lei! Questo non ha motivo di negartelo, e forse potrebbe esserti utile."
Harry annuì e sorrise debolmente a Silente, chiedendosi se veramente Dana si sarebbe mai sbilanciata su quell’argomento. E poi c’era quella fastidiosa vocina che gli ripeteva in continuazione di non voler sentire certe parole. Per lui era troppo assurdo pensare che potesse essere legata a Piton in quel modo…
"Spero di farcela…" disse dopo un momento di silenzio.
"Ce la farai sicuramente Harry. Devi solo crederci, e prestare attenzione."
Harry annuì, poi si guardò attorno un’ultima volta e trasse un profondo respiro, sapendo che la conversazione era terminata.
"Allora arrivederci, professore."
Silente gli sorrise mentre annuiva, e Harry uscì dall’ufficio con addosso la sensazione di dover fare una cosa spiacevole. Ma era necessario per trovare l’Horcrux, quindi avrebbe stretto i denti.
 
Raggiunse Ron, appoggiato contro una delle finestre del corridoio del primo piano. Aveva lo sguardo perso nel vuoto, e sembrava non essersi accorto del suo arrivo. Harry ne approfittò per cercare ancora una volta di controllare le proprie emozioni. Ora che Ron era diventato un discreto Legilimens, voleva evitare di finire con lo scaricare addosso all’amico anche le sue preoccupazioni, e quello che gli aveva appena chiesto di fare Silente lo aveva gettato in uno stato misto alla frustrazione e all’ira. Non voleva rivedere Piton, sapeva che difficilmente avrebbe resistito alla voglia di lanciargli conto una qualche maledizione, eppure era necessario. In fondo aveva già deciso cosa fare…
"Allora? Novità?" chiese Ron, senza muoversi di un millimetro.
"Si, qualcuna…" disse Harry, rimanendo volutamente sul vago.
Un rumore di passi affrettati lo distrasse e gli fece allungare lo sguardo verso la fine del corridoio, dove comparve Hermione. Ron ancora non si era mosso, ma Harry avrebbe potuto giurare di averlo sentito trattenere un sospiro.
"Oh, Harry…hai già finito?" chiese retoricamente Hermione, mentre lo guardava con aria agitata.
"Si. Hermione, tutto bene?"
"Si, si certo. Sono stata dal Professo Vitious a rendergli ciò che mi aveva prestato, e poi ho incontrato Neville, che mi ha fatto vedere questo." Esclamò, mostrando ai due ragazzi la prima pagina della Gazzetta del Profeta.
"Famiglia maledetta. Il secondo attacco dei Mangiamorte ha raggiunto l’obiettivo, la migliore famiglia di fabbri magici distrutta per sempre." Lesse Harry, lanciando uno sguardo sorpreso alla foto che ritraeva una casa incendiata e diversi Maghi attorno, che cercavano di domare le fiamme imponenti.
"L’Ordine li ha fatti sparire, credo. Non ne sono certa, non vogliono sbilanciarsi per motivi di sicurezza…" bisbigliò Hermione, ripiegando in fretta il giornale e facendolo sparire dentro la sua sacca.
"Già, ma del resto noi sappiamo che è quello che dovevano fare, secondo Piton."
Hermione annuì e allungò il collo per guardare oltre le spalle dei ragazzi.
"Dana…"
"Eccovi qui. Credevo non vi avrei più trovati…che dite, andiamo?" propose la donna, guardandoli con fare tranquillo.
"Si, tra poco saranno qui quelli del Ministero."
"E tu come lo sai?" chiese Ron, decidendosi finalmente a muoversi.
"Lo so."
"Credo che siamo già fuori tempo massimo." Bisbigliò Dana, accennando con la testa a un gruppo di Maghi che stavano salendo le scale proprio in quel momento.
Si fece largo tra i ragazzi prima che potessero dire qualcosa e aprì la porta di una delle aule, miracolosamente vuota. Vi si rifugiarono e rimasero lì fino a quando non sentirono la delegazione allontanarsi dal corridoio.
"Me lo sono sognato io, o quello incappucciato che li seguiva a distanza era Aberforth?" esclamò Ron, allungando la testa oltre la soglia dell’aula.
"Si, l’ho visto anch’io. Chissà per quale motivo stava nascosto così?"
"Oh, Harry…Aberforth non è mica visto di buon occhio. O no? Ricordi quello che Silente diceva di lui?" sospirò Hermione, mentre Dana usciva e si guardava attorno. Nemmeno lei voleva trovarsi fra i piedi quelli del Ministero. Spiegare loro che non era morta sarebbe potuta risultare una scocciatura in quel momento.
"Si, vero."
"A proposito di Silente…ci hai parlato?" chiese Dana, mentre scendevano in fretta lo scalone principale e guadagnavano l’uscita.
Furono investiti dalla luce del sole, che quel giorno aveva deciso di rifarsi vedere e ricordare cosa volesse significare una bella giornata.
"Si. Ci ho parlato."
"E allora?"
"Allora dovrai contattare lui. Pare che debba vedere il biglietto lasciato sull’Horcrux." Disse Harry senza espressione alcuna nella voce, e Dana rallentò il passo, volgendosi per guardarlo.
"Devo chiamarlo?"
Harry annuì e la superò, dirigendosi con passo sicuro vero il Platano Picchiatore. Hermione lanciò uno sguardo sorpreso a Ron, che contraccambiò per un attimo, ma nessuno dei due fiatò, e seguirono Harry, che stava già scomparendo oltre il passaggio segreto che li avrebbe portati fuori da Hogwarts.
 
"Sicura che verrà?" chiese Harry tradendo un filo di impazienza, mentre misurava a grandi passi una delle stanze impolverate del vecchio Quartier Generale.
"Si, verrà. Ma non può muoversi come vuole, Harry. Deve fare attenzione, soprattutto con Minus."
"Mi piacerebbe proprio sapere perché Voldemort ha voluto che stessero sotto lo stesso tetto."
Dana sbuffò appena in una risata sarcastica e guardò Harry con aria gelida.
"Hai presente che gusto per il sadismo ha quell’uomo? Mettere insieme quei due…è stata una genialata, per lui. Li costringe a tenersi d’occhio a vicenda, senza contare che così è riuscito anche a mettere alla prova Severus, per verificarne la posizione."
Harry si bloccò e le rivolse uno sguardo interrogativo, ma Dana fece finta di non cogliere e distolse lo sguardo. Cercando di nascondere la propria frustrazione per il suo atteggiamento, Harry riprese a camminare. E pensare che di lì a poco si sarebbe trovato faccia a faccia con Piton…che giornata!
Un rumore secco e preciso, pochi metri oltre l’entrata della stanza, fece capire a tutti che era arrivato. Hermione e Ron erano i più vicini alla porta, e Harry sapeva con assoluta certezza che avevano la bacchetta pronta sotto il mantello. Anche Dana ne era del tutto consapevole, ma non vi badò, sapendo che non ce ne sarebbe stato bisogno.
Piton arrivò alla soglia della porta e la guardò con fare leggermente scocciato, mentre lei gli sorrideva divertita.
"Non mi pare sia il caso di essere così allegri!"
"Oh, so benissimo che preferiresti essere ovunque tranne che qui, ma te l’ho già detto, Severus. Non ti lascerò gettare la tua vita al vento."
La possibilità di comunicare anche solo con il pensiero era una comodità in più, ma Dana sapeva di non poterne abusare in presenza dei ragazzi. Non voleva assolutamente minare il rapporto di fiducia che era riuscita a creare con loro.
Piton entrò e rivolse un lungo sguardo gelido ai tre ragazzi, senza dare segno di sorpresa nel notare che nessuno di loro aveva abbassato gli occhi.
La cosa più difficile però fu imporsi di guardare Harry. Era sempre stato così, non era mai riuscito ad arginare del tutto l’effetto che gli faceva avere addosso quegli occhi, e così aveva imparato a concentrarsi sul viso. Ma ora sapeva che erano solo gli occhi che dovevano preoccuparlo, perché solo in essi avrebbe trovato risposta alla domanda che non era riuscito a non porsi. L’arrogante e pomposo Harry Potter era riuscito a mettere da parte l’orgoglio o no?
La risposta fu innegabilmente negativa e Severus arricciò un angolo della bocca, in un sorriso maligno e decisamente provocatorio.
"Cosa vuoi?" gli chiese direttamente, senza smettere di guardarlo.
Harry gli restituì uno sguardo ostile, ma non si mosse e non disse nulla per una manciata di secondi.
"Silente dice che deve vedere questo." Rispose asciutto il ragazzo, lanciandogli il biglietto che aveva trovato con il falso Horcrux.
"Di cosa si tratta?" chiese Severus, afferrando il biglietto e tenendo lo sguardo su Harry.
"Era insieme al falso medaglione."
Severus, che aveva srotolato parzialmente il biglietto, si bloccò e rimase a fissare Harry con un’espressione infuriata e allibita nel contempo.
"Falso medaglione?" chiese con un sibilo, mentre qualcosa di gelido gli scendeva nello stomaco.
Harry annuì e lo guardò chiedendosi cosa stesse provando il tanto odiato Professore di Pozioni nel sapere che, quella notte, Silente si era lanciato con lui in una missione del tutto inutile.
"Quella notte siamo usciti per nulla. Qualcuno aveva già sostituito l’Horcrux, ed è necessario capire chi. Silente dice che lei può saperlo, per via delle sigle in fondo al biglietto."
Severus non si mosse e rimase con lo sguardo fisso su Harry, poi lentamente lo distolse e lo fissò su un punto indefinito del pavimento impolverato. Erano usciti per nulla…quindi Silente era morto per nulla…quella sera poteva anche rimanersene al castello, non uscire e non lasciare campo libero al piano di Draco. Per un attimo, la consapevolezza dell’inutilità di quanto era stato fatto sembrò sul punto di sopraffarlo, ma con un incredibile sforzo si impose di far scivolare tutto di nuovo in fondo alla sua anima.
Finì di srotolare il biglietto lentamente senza dire una parola, facendo scorrere lo sguardo sulle righe scritte a mano. Alla fine sgranò leggermente gli occhi scuri, e una strana luce gli animò il viso. Rilesse il biglietto e un ghigno gli si disegnò in faccia. In un gesto del tutto automatico accartocciò il biglietto e si volse di scatto verso Harry, mentre la tensione si delineava su ogni tratto del suo pallido volto.
"Sei tu il proprietario di casa Black ora, vero?"
"Si. Ma cosa c’entra?" chiese Harry, con tono scettico.
Piton fece qualche passo verso di lui, non badando minimamente al fatto che Harry aveva innegabilmente impugnato la bacchetta sotto il mantello.
"Regulus Alphard Black! Ti dice niente signor Potter?"
Harry trattenne il fiato e volse all’uomo che aveva davanti uno sguardo incredulo.
"Il fratello di Sirius." Disse, più a se stesso che a Piton, mentre gli si affacciava alla mente l’immagine dell’arazzo con l’albero genealogico del Black.
"Precisamente!" Sibilò Piton "Regulus entrò a far parte dei Mangiamorte molto presto, e alla fine si tradì. Non mi era mai riuscito di capire cosa lo avesse spinto a cambiare le sue posizioni…la storia della paura di ciò che stava facendo non reggeva. Regulus era un Black di nome e di fatto, ostinato fino all’inverosimile. Fu fatto uccidere quasi subito…"
"Era lui l’altro?" chiese Dana, lanciando a Severus uno sguardo sorpreso.
Piton annuì e volse lo sguardo attorno a sé, senza tuttavia vedere veramente nulla di ciò che lo attorniava. L’assurdità di quella scoperta era a dir poco disarmante.
"Non credo abbia veramente fatto in tempo a distruggerlo…ha avuto poco tempo a sua disposizione…ma di sicuro deve averlo nascosto a casa sua." Continuò, muovendo qualche passo nella stanza in modo troppo nervoso rispetto al suo solito.
Era la prima volta che Harry lo vedeva tradire una qualche emozione che non lo coinvolgesse.
Fino a quel momento aveva conosciuto l’ira di Piton, il suo astio e la sua gioia perversa nel farlo soffrire, ma era sempre stato tutto sul piano personale.
In quel momento invece lo aveva di fronte in una veste del tutto sconosciuta; era quasi arrabbiato per quella scoperta, e non stava riversando su di lui la sua frustrazione.
"Muoviti Potter, dobbiamo andare a Grimmount Place!" esclamò all’improvviso Piton, cogliendo impreparato Harry.
"E Dana? Non può entrare con noi. Su quella casa c’è ancora l’Incanto Fidelius…" Intervenne Hermione, che si era allontanata dalla sua posizione e si era avvicinata a Piton.
"Ci aspetterà qui. Alla distruzione dell’Horcrux penseremo io e lei."
"Non se ne parla!" esclamò Harry, mentre Piton gli rivolgeva uno sguardo inceneritore.
"Per quale motivo non dovremmo farlo?" sibilò impaziente l’ex insegnante di Pozioni.
"Perché questo compito Silente lo ha affidato a me!" ribatté Harry, avvicinandosi a Piton con fare deciso. Erano praticamente faccia a faccia, e il fatto che Harry fosse cresciuto ancora li metteva quasi in posizione di parità.
"Non è il momento per litigare." Intervenne Dana, affiancando Hermione, mentre Ron si appostava dietro a Harry, lo sguardo fisso su Piton.
"Andrete a cercare l’Horcrux, poi tornerete qui e decideremo sul da farsi."
Hermione guardò Harry, poi Piton e sospirò, scollando la testa.
"E non diamo per scontato di trovarlo…ricordate cosa ha fatto Mungundus?"
Harry trasalì, mentre Piton sbuffò appena, dando le spalle al gruppetto e muovendo qualche passo nella stanza. Non aveva calcolato quella possibilità.
"L’unica cosa da fare è andare in quella casa e cercare." Decretò, volgendo di nuovo la sua attenzione su Harry.
Pur senza entusiasmo, Harry ammise di essere d’accordo, ma si rifiutò categoricamente di farsi aiutare da lui. Dana alzò gli occhi al cielo e Piton lo guardò con malcelato disprezzo.
"Preferisci fare tutto da solo?" chiese con sarcasmo.
"Non voglio che si intrometta più del necessario." Rispose secco Harry.
"Benissimo." Sibilò Piton, e sparì dalla stanza.
"Oh, Harry! Una persona in più può essere utile nella ricerca!" sbottò Hermione, guardando l’amico con fare esasperato, mentre Dana rimaneva con lo sguardo fisso sul punto dove Severus era scomparso.
"Possiamo cavarcela da soli!" intervenne Ron, affiancando Harry e lanciando a Hermione un’occhiata scocciata.
Hermione aprì la bocca per obiettare qualcosa, poi ci ripensò e rimase in silenzio, mentre guardava in tralice Ron. Harry si avvicinò a Dana e attese che lei si muovesse, ma non avvenne.
"Tutto bene?"
"No" rispose secca, mentre alzava lo sguardo su di lui.
Per la prima volta Harry si ritrovò ad averne quasi paura. Non c’era alcuna espressione sul volto della giovane donna che stava fissandolo, ma Harry capì che era per qualche ragione decisamente infuriata.
"Non andremo da nessuna parte se continuate a comportarvi così!" aggiunse meccanicamente, sempre senza cambiare atteggiamento.
"E cosa dovrei fare? Lavorare fianco a fianco con lui? Non se ne parla proprio!"
"A volte sei così ostinato che sembri quasi stupido!" esclamò Dana, lasciando di stucco tutti e tre, Harry in modo particolare. Gli si avvicinò e lo guardò negli occhi facendo cadere la maschera che si era scioccamente imposta fino a un momento prima. Non poteva continuare a fingere con lui, o non avrebbe capito. Forse mostrargli il proprio dolore avrebbe aiutato a fargli capire quanto fosse importante che imparasse a fidarsi. E infatti Harry, nel vedere l’espressione che aveva assunto Dana, non era riuscito a rimanere rigido nelle proprie posizioni. Qualcosa di strano si era andato a sciogliersi nello stomaco, qualcosa di molto simile al senso di colpa.
"Non pretendere cose che non sono ancora in grado di fare, Dana." Disse con voce bassa, mentre lasciava che lei continuasse a guardarlo in quel modo.
"Io ti sto chiedendo di fare una cosa che sei benissimo in grado di portare a termine! Devi solo cominciare a vederlo come una persona, come un essere umano!"
"Non lo vedo così! E tu non vuoi darmi aiuto su questo! Cosa sai di lui? Non mi interessa quello di cui sei Custode, ho capito che sono cose che non mi svelerai tanto facilmente, ma…per il resto…come fai a non vederlo per come è?" chiese, aggrappandosi ostinatamente alle proprie idee, mentre sentiva che avrebbe anche potuto cedere.
"Per come appare, vorrai dire! Harry, conosco Severus meglio di quello che persino lui ammetterebbe mai, e ti posso garantire che non è lui quello che vedi."
"Allora è da lui che devi andare! È lui che devi convincere a non essere più così, ammesso ti riesca!" sbottò Harry, continuando a convincersi che Severus Piton non fosse nulla di diverso dall’acido professore che aveva sempre detestato.
Dana trasse un profondo respiro e guardò Harry con grande serietà, prima di cominciare a parlare.
"Era lui il Mangiamorte che venne a prendere me e mio padre, la prima volta che Riddle ci mandò a cercare."
Hermione per poco non lasciò andare la bacchetta e Ron si fece sfuggire mezza imprecazione. Solo Harry non fece nulla. Non era capace di spiegarlo, ma in un certo senso se l’era aspettato.
"A maggior ragione! Come fai a…"
"Proprio perché riesco a non odiarlo dovresti capire che c’è dell’altro sotto la sua maschera! Non sarei mai riuscita a perdonarlo, Harry, se non avessi visto in lui una persona che lo meritava."
Harry strinse le mani a pugno, e ancora una volta prevalsero l’orgoglio e la rabbia. Scrollò la testa e sostenne lo sguardo di Dana.
"Non mi basta. Prima o poi dovrò parlarci, e se sarà necessario dovrò anche affrontarlo. Mi dispiace, ma ora non vedo nulla in lui che possa farmi cambiare idea."
Dana si stropicciò gli occhi e annuì, ma solo per chiudere la questione.
"Ora dovete andare." Disse in tono sbrigativo mentre si ricomponeva la maschera perfetta che sempre l’accompagnava. "Se trovate qualcosa fatemelo sapere."
Harry annuì e sparì dalla casa seguito dai due compagni di viaggio, mentre Dana si Materializzava a casa di Severus.
E lui era già lì, ad aspettarla.
"Non avevo dubbi che saresti venuta anche da me. E se non sbaglio fino ad ora hai tentato di convincere il Prescelto che deve darmi una possibilità!" esordì con voce acida, mentre le girava attorno.
Dana annuì stancamente, mentre osservava l’uomo che amava distruggersi sempre di più ogni secondo che passava.
"Lo sai che andando avanti così finirai con il condannarti a morte?"
Severus non rispose, ma si fermò.
"Hai deciso di morire, vero Severus? Hai deciso di portare a termine il tuo compito e poi di fare in modo che qualcuno ti elimini. Magari proprio Harry…"
Gli occhi neri di Severus erano fermi su di lei, e non stavano evitando il suo sguardo, lasciandole trovare nel suo silenzio le risposte che aveva comunque già individuato. Dana si mosse verso di lui e solo allora si ritrovò troppo debole per continuare a trattenere le lacrime. Le trattenne solo grazie alla consapevolezza che per lui sarebbero state come una lama nel petto, ma non nascose il suo sconforto mentre gli occhi le brillavano lucidi, ostinatamente puntati su quelli neri di lui.
"Sappi che così stai uccidendo anche me. Non importa quello che puoi essere diventato a causa della tua missione. Io ho sempre visto te. Non la tua maschera. Persino ora che sei così meravigliosamente controllato riesco a scorgere dove inizia la tua finzione e dove filtra la tua anima. E per questo non riesco a smettere di tentare ostinatamente di salvati. Perché so che devi vivere, perché è giusto così."
"Giusto?" chiese Severus, con voce più bassa del normale mentre lottava contro quelle parole che erano come un balsamo per le sue ferite "Giusto Dana? Conosci il mio passato e puoi veramente dire una cosa del genere?"
"Si, proprio perché conosco il tuo passato. Ricordatelo Severus, il giorno in cui permetterai che ti uccidano, ucciderai anche me."
Severus la prese per le spalle e la trattenne, mentre lei stava allontanandosi.
"No. Devi staccarti da me Dana! Devi farlo una volta per tutte! Non c’è spazio per te nella mia vita!"
Dana sorrise debolmente.
"Lo so. Lo so bene da tanto tempo, ma non mi importa. Non voglio averti tutto per me, so che non potresti con lei ancora nel cuore, ma voglio saperti libero. Deve esserci un po’ di giustizia anche per te."
Se gli avesse inferto una coltellata nel petto avrebbe fatto meno male, ma Severus non voleva che lei se ne accorgesse. Perché non aveva più nessun’altra nel cuore da anni ormai, perché dieci anni prima Dana era riuscita a farlo ridiventare padrone della propria esistenza, perché Dana era diventata l’unica cosa bella e pulita della sua vita, ma proprio per questo non voleva che stesse più con lui. Non voleva sporcarla.
"Va via…" sospirò lasciandole andare le spalle.
Dana rimase ferma per un paio di secondi, poi gli si avvicinò e gli posò un bacio su una guancia. Severus la guardò come poche volte aveva fatto, con un’implorazione negli occhi, e lei lo assecondò allontanandosi.
"Severus…devi smettere però di credere che Harry sia James. Perché non è così. Quel ragazzo non merita tutto questo odio. Non è stata colpa sua."
Non attese di vedere la reazione alle sue parole, si Smaterializzò prima, e ricomparve nell’unico posto dove si sentiva al sicuro, un vecchio casolare abbandonato, arroccato su una scogliera. C’erano solo due stanze e tutto era in ordine, anche se non ci veniva da tempo. Aveva passato lì il più bel mese della sua vita, insieme a lui. Ancora non riusciva a capire come aveva fatto a convincerlo…per un mese avevano studiato senza sosta Incantesimi e formule, Pozioni e riti. Era stato come creare un mondo a parte solo per loro, ma poi era ricominciata la scuola, e lui aveva dovuto lasciarla. Solo amici, solo professore ed ex allieva impegnati in ricerche, solo compagni di una sventura più grande di loro e complici nelle difficoltà. Nient’altro, lo sapeva dannatamente bene. Tutto quello che era riuscita ad avere in più, lo aveva avuto con l’inganno o per momenti di debolezza di Severus.
Perché c’era sempre lei tra loro, quel fantasma che aveva quasi odiato un tempo.
Si portò la mano al ciondolo verde che aveva appeso al collo e dove erano racchiusi i segreti di cui era Custode.
Scivolando contro una parete, si ritrovò di nuovo avvolta dal terribile senso di gelo che la prendeva sempre più spesso, e lì, sola, al buio, diede sfogo a lacrime che versava raramente e che, proprio per questo, uscivano ancora più amare dal suo cuore.
Nessuna magia poteva salvarla dal suo cuore, le aveva provate tutte. Nulla era servito. Poteva solo fare del suo meglio per proteggerlo, e per continuare ad amarlo, nonostante tutto.
 
 
 
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Capitolo 10
*** Incontri inattesi e scontri pericolosi ***


9
 
Summers84. Dici che il passato sia più potente del presente? Beh, mi impegnerò per il futuro allora...spero ti piaccia!
 
EDVIGE86. Caspita, analisi super corretta! Ci hai veramente preso. Il muro tra Harry e Severus c'è eccome, anche se conto di farlo cadere...
Si, finalmente si capisce cosa prova Dana, e aspetta che lo capiscano i ragazzi...davvero ti è piaciuta la parte del dialogo con Silente? Meno male...in verità non era poi così essenziale, ma ho sentito il bisogno di mettere quella parte. Insomma, la presenza di Silente è stata tale e talmente importante che non potevo eslcuderlo così brutalmente...
Comunque, anche per me Ron ha un ruolo importante. Lui e Hermione sono la famiglia di Harry, c'è poco da fare. Harry non ha nessuno oltre loro. Ok, ci sono Ginny e tutta la famiglia Weasley, ma Harry è se stesso con loro due. E' con loro che ha scoperto il suo mondo ed è con loro che ha il rapporto di fiducia e unione che è proprio solo di chi si vuole molto bene. Sono dell'avviso che se la Rowling facesse morire uno di loro o tutti e due farebbe un errore grossolano, anzi, una vera cattiveria nei confronti del suo personaggio principale.
E non farti problemi, chiedi tutto quello che vuoi. Parlare di Harry Potter è una delle cose che più mi esalta e mi rilassa, quindi, sono a disposizione. Grazie per il suggerimento, andrò a dare un occhio alla FF che mi hai indicato.
 
Astry_1971. Si, nemmeno io perdono a Remus di essere stato a guardare, e infatti non so come reagirò al cinema quando andrò a vedere il film...credo che le mie amiche dovranno imbavagliarmi in quel punto, perchè i miei commenti (le mie imprecazioni, meglio...) non saranno cosa da poco...
Il nome per il fratello di Sirius l'ho trovato su un sito che parlava dell'argomento, e visto che non avevo idee...che poi, visto che la Rowling secondo me ha messo tutti gli indizi del caso, se vedi nel quinto libro c'è quel nome, riferito allo zio di Sirius che gli ha lasciato un pò di denaro...
 
kagome chan. Ciao! Che piacere risentirti! Non ti preoccupare per la momentanea assenza, non siete obbligate a recensire sempre (anche se, visto che lo fate, io sono strafellicissima!) Caspita, tre settimane senza PC...ti credo che sia stato un incubo. Ma adesso è tutto finito! Goditi i capitoli e preparati, perchè se ti sei ingelosita per quello...tra qualche capitolo potresti avere un piccolo colpo...
Comunque, non ti preoccupare, pure io mi ingelosisco...in verità leggo le cose su di lui sempre quando sono da sola, così, giusto per evitare che poi arrivino a portarmi via con la camicia di forza...e comunque non riesco sempre a controllarmi!
 
Bene miei cari lettori, ecco un nuovo capitolo. Festeggiando il fatto che finalmente è stata ufficializzata una data per l'uscita del libro in inglese (ma io tanto aspetto quello in italiano), mi confesso davvero terrorizzata dalle voci che ho letto su alcuni siti. Del tipo, che rispunterà fuori lo specchio che Sirius ha dato a Harry e che si scoprirà perchè Sirius è morto...non so bene perchè, ma tutto questo mi inquieta.
Forza ragazzi, si comincia il conto alla rovescia! 
 
Incontri inattesi e scontri pericolosi
 
Il sole a Diagon Alley era ormai più un miraggio che una realtà. La nebbia aveva lasciato il posto alla neve da diverso tempo ormai, ma anche i soffici fiocchi di ghiaccio non avevano dato tregua ai negozianti, a così il viale acciottolato di quel quartiere magico di Londra era ormai coperto da diversi centimetri di neve. Alcuni negozianti avevano preso coraggio a due mani e si erano avventurati all’esterno, scagliando Incantesimi per allontanare la neve dall’entrata dei loro locali.
Il negozio di Fred e George era tra quelli più accessibili, e Harry vide Hermione trattenere un sorriso alla vista della vetrina coloratissima e sgombra da neve di Tiri Vispi Weasley.
"Scommetto che sai che genere di Incantesimo hanno usato…" borbottò Ron rivolto alla ragazza, mentre si scrollava dalle scarpe della neve.
"Credo riessermi fatta un’idea." Ammise allegramente Hermione.
Ron alzò gli occhi per guardarla e per un attimo parve intenzionato ad aggiungere qualcosa, ma poi abbassò mestamente lo sguardo e si concentrò su un Petardi Cinese esposto in vetrina.
Harry volse gli occhi altrove, sperando con tutto il cuore che i gemelli fossero già dentro il negozio.
Non aveva voglia di rimanersene lì così, con quei due che ancora, per l’ennesima volta, si parlavano cordialmente e in modo del tutto impersonale in sua presenza e che poi neanche si guardavano quando rimanevano soli. Forse avevano litigato di nuovo, ma non gli era riuscito di capirne il motivo e aveva preferito rimanerne fuori.
Dall’interno del negozio qualcuno fece scattare la serratura della porta e ben presto Fred fece capolino sulla strada, rivolgendo ai tre un sorriso a trentadue denti.
"Entrate e stupite!" esclamò, facendosi da parte.
Harry non se lo fece dire due volte e si infilò dentro il locale, godendo della temperatura più calda che lo investì piacevolmente.
George comparve dal retro bottega e gli fece l’occhiolino, per poi sparire sotto il bancone, alla ricerca di qualcosa.
"Fred, dov’è il sacchetto con la polvere…non lo trovo…"
"Dentro la scatola rossa, nell’angolo delle Palline Acciugose."
George, scomparso ormai completamente sotto il bancone, sembrò scontrarsi duramente con qualcosa, e un’esclamazione poco divertita salì alle orecchi dei ragazzi, mentre Fred alzava gli occhi al cielo.
"Nell’angolo delle Palline Acciugose, non dei Guanti Rinforzati!"
"Eh, me ne sono accorto…" esclamò rabbioso George, riemergendo con in mano un sacchetto di dimensioni notevoli.
Fred guardò con aria trionfante Hermione, mentre George lo raggiungeva e lo imitava nell’espressione tra il soddisfatto e l’estasiato.
"Come da te ordinato, Miss Granger, ecco la polvere Blu!"
Gli occhi di Hermione si dilatarono appena quando si posarono sul sacchetto che fino a poco prima aveva considerato con diffidenza. Un sorriso a dir poco compiaciuto le si dipinse in volto e non poté fare a meno di rivolgere ai gemelli un’occhiata complice.
"Che roba è?" chiese Harry, sporgendosi per vedere la preziosa mercanzia che Fred e George avevano procurato.
"E’ una polvere che permette di rilevare Incantesimi di protezione…è piuttosto rara e decisamente molto efficace…basta spargerla a terra e riesce a individuare un Incantesimo di protezione a distanza di tre metri."
"Perfetta per rintracciare gli Horcrux!"
"Esatto! Ma deve esservi costata una fortuna…"
"Hermione, non provare nemmeno per un attimo ad offenderci!" si inalberò George.
"Si, vero! Non potremmo mai chiedervi di pagarla! Insomma, con questa roba ci libererete dal più temibile Mago Oscuro di tutti i tempi!"
"Si, beh…ma comunque Hermione ha ragione…" azzardò Harry.
"Non abbiamo detto che non vogliamo nulla in cambio, solo che non ci dovete pagare!" si affrettò a precisare Fred.
Hermione lanciò un’occhiata esasperata a Harry e Ron ridacchio, nascosto dietro uno degli scaffali.
"Allora cosa volete?" chiese la ragazza, solo dopo aver fulminato Ron.
"Semplice! Metà della roba! Non la venderemo finché non ne avrete più bisogno, ma poi sarà nostra!"
la richiesta parve strana e sospetta si a Harry che a Hermione, ma nessuno dei due trovò nulla da obiettare, e così Fred e George, rivolgendo loro un sorriso soddisfatto e per nulla rassicurante, agitarono le bacchette e divisero la Polvere Blu in due parti uguali. Il primo sacchetto finì tra le mani di Hermione mentre il secondo veniva rapidamente fatto sparire da George.
"E’ sempre un piacere fare affari con voi!"
"Si, lasciamo perdere." Intervenne Ron, riunendosi al gruppetto "Ora è meglio andare, credo che se aspettassimo ancora un po’ daremmo troppo nell’occhio." Disse, accennando all’esterno. La via cominciava ad essere popolata.
Harry annuì e salutò velocemente i gemelli. Non aveva voglia di essere additato per strada. Prima che potesse raggiungere la porta però un urlo ruppe il brusio della via, e d’istinto lui e Ron si precipitarono fuori, le bacchette sfoderate e i sensi all’erta.
Un uomo stava correndo verso di loro, trascinandosi dietro il figlio di non più di sette anni.
"Mangiamorte! Nascondetevi!"
"Fred! Invia un Patronus all’Ordine!" urlò Harry, mentre si avviava con passo svelto verso il luogo da cui l’uomo veniva. Alle sue spalle c’erano sia Ron che Hermione, mentre George era andato ad aiutare una donna anziana, caduta a terra mentre cercava di allontanarsi dal posto."
Da lontano videro delle figure incappucciate e subito scagliarono verso di loro degli Incantesimi, ma erano ancora troppo distanti.
Scivolando veloci come anguille, gli incappucciati erano arrivati al confine con Notturn Alley, e vi erano spariti oltre. Senza pensarci troppo, Harry li seguì.
Il vicolo buio e decisamente poco accogliente era quasi del tutto deserto e i pochi passanti si accostavano rapidamente al muro nel vedere arrivare i Mangiamorte, ma nessuno aveva estratto la bacchetta per fermarli.
Qualcuno si Materializzò poco distante da loro e presto Tonks li raggiunse.
"Andate via! Ci pensiamo noi adesso!" esclamò, mentre Fred e George si lanciavano all’inseguimento davanti a lei.
"Non esiste proprio!" sbottò Harry, continuando a procedere.
"Harry, ti prego! Tu non puoi esporti così!"
Harry si bloccò e si volse a guardarla con un’espressione tra il furioso e il disperato dipinta in volto.
"Dovrei aspettare e risparmiarmi per arrivare impreparato alla mia ultima battaglia?"
Tonks scrollò la testa ricoperta da una chioma verde bosco e gli si avvicinò.
"Ho scelto male le parole, scusa. Ma tu sei destinato a compiere un’altra missione. La caccia ai Mangiamorte è compito mio."
Per un attimo Harry parve voler ribattere, ma era inutile trattenere Tonks, così la lasciò andare e raggiunse Ron e Hermione, rimasti a pochi passi da lui.
"Allora dobbiamo andare!" chiese Ron, lanciando uno sguardo perplesso nella direzione dove i Mangiamorte erano spariti.
"E’ il loro lavoro. Sapranno di sicuro farlo meglio di noi." Disse Hermione, tenendo lo sguardo su tutto fuorché su Ron.
"Si, Hermione ha ragione." Disse Harry, ma il suo tono diceva altro. Avrebbe voluto inseguirli. Non era per rubare la parte ad altri, ma aveva bisogno di sfogarsi…
senza bisogno di altre parole si avviarono verso l’uscita di Notturn Alley ed erano ormai giunti al passaggio che li avrebbe ricondotti sulle più sicure vie di Diagon Alley, quando un rumore fece sobbalzare Harry, che si volse di scatto e si ritrovò una bacchetta puntata addosso e un Mangiamorte incappucciato che teneva sotto tiro sia lui che Ron.
"Metti giù la bacchetta." Sibilò una voce calma, oltre la spalla del Mangiamorte.
Hermione gli aveva puntato la bacchetta tra le scapole e si dimostrò per nulla intimorita dall’idea di usarla.
"Solo se tu abbassi la tua." Disse di rimando il Mangiamorte con tono leggero.
Hermione non ribatté nulla, ma Harry vide il loro avversario scosso da una serie di brividi violenti.
Il Mangiamorte si scansò di colpo, distogliendo la bacchetta dai suoi obiettivi mentre Hermione teneva ben puntata la sua.
Si guardarono per un attimo con diffidenza, poi il Mangiamorte fece lentamente un passo indietro, nascondendosi all’ombra di una colonna a muro e si calò la maschera.
Hermione non lasciò andare la bacchetta dolo perché era troppo tesa per poter cedere, ma Harry non si sorprese più di tanto.
Draco Malfoy li stava osservando con il suo solito ghigno beffardo, lo sguardo gelido e il colorito diafano. Trattamento la voglia di dargli un bel pugno in pieno viso, Harry si ostinò a ricordarsi che non aveva riservato un simile trattamento nemmeno a Piton. Sarebbe stato ingiusto farlo ora su Malfoy, senza contare che lo aveva impensierito il fatto che il ragazzo si fosse scoperto così presto.
"Chi non muore si rivede!" esclamò Ron, ora con la bacchetta puntata sul nuovo venuto.
"Di certo potrei sperare in incontri più gradevoli di questo, Weasley, ma non si può chiedere troppo alla fortuna."
"Cosa vuoi Malfoy?" chiese Harry, lanciando un’occhiata preoccupata alla via di Notturn Alley.
Malfoy alzò l’angolo della bocca e lo guardò con fare divertito.
"Cosa c’è Potter? Paura che arrivino altri cattivi?"
Harry avanzò di un passo con aria tranquilla e guardò negli occhi l’ex compagno di scuola, poi gli ripeté la domanda e rimase fermo in attesa, mentre Malfoy gli rivolgeva uno sguardo a metà tra il disprezzo e l’odio.
"Volevo voi tre."
"Uno contro tre è un po’ un azzardo, Draco, non lo sai?" esclamò allegramente Ron.
"Non ho motivo per avere paura di voi." Biascicò l’altro, lanciando uno sguardo sprezzante al gruppo. Ron fece un passo avanti ma, prima che potesse fare qualunque cosa, qualcosa volò via dalla mano di Malfoy, che si volse di scatti ma non fece in tempo ad opporsi.
Hermione, sul cui viso c’era un accenno di sorriso sornione, afferrò al volo la bacchetta di Malfoy e gli fece cenno di rimanere fermo.
"Forse ci sottovaluti. Mi dispiace per te, Draco, ma credo che dovrai disinfettare la tua bacchetta più tardi, visto e considerato che l’ha presa in mano una come me."
Il tono che aveva usato era decisamente leggero, ma Harry non si stupì troppo nello scorgere nello sguardo di Hermione un’ombra di durezza. Anche Malfoy lo notò, così rimase fermo e zitto, gli occhi puntati su di lei e la bocca appena storta da un ghigno.
Parvero passare diversi secondi così, prima che Ron si decidesse a intervenire, dopo aver osservato con disappunto l’insistenza di Malfoy nell’osservarla.
"Cosa vuoi da noi?" chiese, facendo istintivamente un passo verso Hermione.
Malfoy si volse lentamente verso Harry e ignorò del tutto Ron. gli occhi grigi del ragazzo persero la loro abituale luce ironica e divennero duri come poche volte Harry aveva visto. Era lo stesso ragazzetto impaurito e tremante che aveva visto piangere nel bagno? Lo stesso che aveva puntato la bacchetta su Silente e che alla fine non era riuscito ad uccidere?
"Ho bisogno di parlare con te."
Harry alzò un sopracciglio, decisamente sorpreso. Che storia era mai quella?
"E di cosa?"
"Non ne possiamo parlare qui!" aggiunse Malfoy, volgendo brevemente lo sguardo lungo il sentiero di Notturn Alley "Non sanno che li ho seguiti, e mi preme che le cose rimangano così."
"Vuoi dire che non sei venuto qui insieme agli altri Mangiamorte?" esclamò Ron, scettico.
"Sei sveglio Weasley! Non l’avrei mai detto!"
Ron lo fulminò, ma non si mosse di un millimetro.
"Allora è bene spostarci di qui." Intervenne Hermione "Ron, afferralo. Gli ho tolto la bacchetta, ma potrebbe sempre tentare di Smaterializzarsi."
"Cosa vuoi fare Granger?"
Hermione gli sorrise con aria, mentre Ron annuiva, capendo al volo le intenzioni di lei.
Afferrò bruscamente un braccio di Malfoy, che tentò di allontanarlo con uno strattone prima di lanciare uno sguardo preoccupato a Hermione. La ragazza stava puntando appena la bacchetta su di entrambi, mormorando qualcosa. Harry fece un passo indietro e si assicurò che nessuno li stesse osservando, ma per fortuna i pochi passanti erano lontani e Draco si era nascosto prima di togliersi la maschera che gli copriva il volto. Non li avrebbero notati.
L’Incantesimo di Hermione avvolse Ron e Malfoy, chiudendoli dentro una bolla all’inizio, e facendoli sparire poi.
"Che roba è?" chiese d’istinto Malfoy, mentre osservava la superficie trasparente che li circondava.
"Una bolla." Disse in tono pratico Ron, mentre lo spintonava verso il passaggio che conduceva a Diagon Alley. Hermione e Harry si mossero lentamente, e Hermione bisbigliò il nome di Ron.
"Siamo davanti a voi e stiamo procedendo. Dove lo devo portare?"
"Da Olivander. Il negozio è ormai vuoto e di sicuro non verranno a cercarci lì."
In quel momento dei getti di luce rossa illuminarono una porzione di cielo. Harry strinse le mani a pugno e proseguì, rimanendo al fianco di Hermione. Gli Incantesimi venivano dalla parte dove si erano rifugiati i Mangiamorte. Allora stavano ancora combattendo…
Anche Ron lanciò uno sguardo in direzione dello scontro, ma non si fece tentare. Avere tra le mani Draco Malfoy era più che sufficiente.
"Chi è fuori dalla bolla non può vederci, ma solo sentirci…non credevo avreste osato imparare cose di livello così elevato!"
"Se non chiudi la bocca da solo, provvedo io, Signor Malfoy!" sibilò Ron, strattonandolo ulteriormente. Malfoy fece per divincolarsi, ma alla fine desistette. In fin dei conti doveva ancora fare quello per cui aveva lavorato tanto.
Una volta a Diagon Alley l’atmosfera parve farsi più serena. Raggiunsero in fretta il negozio del vecchio Mago delle bacchette e Ron vi fece entrare Malfoy, mentre Hermione e Harry rimanevano un attimo fuori.
"Harry…hai notato di fronte a che negozio sono stati visti i Mangiamorte?" chiese Hermione, la voce più tesa del solito e lo sguardo impegnato nel rintracciare di nuovo il locale in questione.
"No…non ci ho fatto caso…" rispose Harry, sentendosi immensamente stupido. Lo faceva sentire sempre così quando notava i dettagli che a lui sfuggivano.
"Forse Malfoy potrà darci qualche risposta allora."
Lo aveva detto con noncuranza, mentre entrava dentro il negozio abbandonato, ma Harry ebbe la netta sensazione che Hermione avesse già capito la risposta che Malfoy avrebbe dato.
Con un gesto noncurante Hermione spezzò l’Incantesimo che aveva celato Ron e Malfoy alla vista di tutti, poi si guardò attorno e sospirò, andando ad appoggiarsi al bancone impolverato.
"Allora! Di cosa volevi parlarmi?" chiese Harry, decidendo che era decisamente meglio andare direttamente al punto. Per quanto nutrisse dei dubbi sulle cattive intenzioni di Malfoy, comunque non gradiva troppo l’idea di trovarselo davanti.
Malfoy lo guardò come se stesse combattendo la battaglia più dura della sua vita, e il risultato, ora che era davanti alla persona che aveva cercato, sembrava essere diventato improvvisamente incerto.
Infine, riuscì a prendere una decisione, anche se fu chiaro a tutti quanto gli stesse costando.
"Si tratta di mia madre…voglio che non la attacchiate e che non le facciate del male."
Harry si trattenne dal rimanere a bocca aperta, al pari di Ron. Solo Hermione si dimostrò per nulla sorpresa.
"E perché vuoi che ci assumiamo un simile impegno? Tua madre potrà non essere stata marchiata, ma rimane uguale a una Mangiamorte. E poi se veniamo attaccati, rispondiamo e basta. Non stiamo lì a perdere tempo chiedendo le generalità dell’avversario."
Malfoy la fulminò con lo sguardo e strinse le labbra. Non era poi così bravo a celare la proprie emozioni quando si trattava di sua madre, pensò Harry.
"Lei non esegue gli ordini attivi dell’Oscuro. Se vi dovesse colpire, lo farebbe solo per necessità"
"O per propria iniziativa." Aggiunse Ron.
"No!"
"Dubito fortemente che tua madre sia una santarellina, Malfoy, ma posso capire la tua richiesta. Se lei non ci toccherà, noi non toccheremo lei." Disse Harry, avvicinandosi al nemico di scuola.
"Chiariscimi solo una cosa. Perché volevi parlarci? Non era forse prevedibile che avremmo risposto così?"
Malfoy si erse in tutta la sua altezza, e per un attimo Harry avvertì che quel ragazzo non stava dicendo tutto. Non c’era bisogno di magia per capirlo, l’atteggiamento parlava chiaro.
"Non mi fido di voi e dei vostri metodi!"
Hermione rise senza allegria e lo guardò senza celare il proprio disprezzo.
"Vorrei ricordarti che i cattivi, come dici tu, siete voi!"
"Forse! Sta di fatti che non voglio che capiti nulla a mia madre."
"E allora perché non chiedi la protezione del tuo Padrone?" chiese Ron, con un’alzata di spalle.
Malfoy trattenne un attimo il respiro, tradendo per una frazione di secondo il brivido di panico che lo aveva invaso anche solo a sentir ipotizzare una cosa simile, poi volse lo sguardo su Harry, intuendo che Ron stava tentando di leggere i suoi pensieri.
"Ti si sente troppo, Weasley. Se vuoi leggere i pensieri di qualcuno devi farlo meglio. E comunque, io non ho Padroni" Biascicò con sarcasmo. Ma non aveva puntato gli occhi su Harry solo per sfuggire all’attacco di Ron.
"Non mi piaci Potter, e non riesco a capire perché l’Oscuro continua a considerarti suo avversario, ma la cosa non mi riguarda. Tuttavia pare che tu abbia notevole influenza, ora, tra quelli dell’Ordine. Voglio che mia madre sia al sicuro."
"Ti ho già detto che non la attaccheremo! Cosa vuoi ancora? Che le offriamo asilo?" esclamò Harry, con ironia. La sola idea era a dir poco assurda, ma il silenzio di Malfoy a quelle parole gli fece scendere un brivido lungo la schiena.
"Tu vuoi consegnarcela per farla stare al riparo dagli scontri!" esclamò Hermione, formulando a parole il pensiero che aveva attraversato il cervello di Harry.
"Si. L’idea iniziale era quella. Poi però…mi è stato detto che non sarebbe stata una buona idea…"
"Ti è stato detto? E da chi?" borbottò Ron, guardando Malfoy con sconcerto e confusione.
"Piton" disse piano Harry, i cui occhi ora erano fissi su quelli di Malfoy.
"Questo è il secondo motivo per cui vi cercavo." Ammise Malfoy, apparendo però meno agitato di prima. L’argomento era decisamente diverso ora. "Potrebbe essere opportuno per voi non fargli del male, nel caso lo incontraste."
Harry rimase in silenzio, fissandolo, mentre Ron lanciava a Hermione uno sguardo un po’ preoccupato all’idea della possibile reazione di Harry. La ragazza però si strinse nelle spalle e scrollò la testa, come se l’unica cosa da fare fosse stare a vedere.
"Questo non ti riguarda." Disse semplicemente Harry, dopo qualche lungo e pesante secondo di silenzio, ricordando quello che Dana gli aveva detto una volta. Meno persone sapevano la verità su Severus, meglio era.
"Mi riguarda eccome! Lui mi ha…" ma subito si bloccò, notando l’espressione del volto di Harry e capendo all’improvviso.
"Vi siete già incontrati allora…non me lo ha detto…" disse con un sussurro, parlando più a se stesso che ai tre "Ed è ancora vivo? Strano, ero convinto che lo avresti ammazzato come un cane, senza dargli nemmeno la possibilità di dire nulla."
"La tentazione c’è stata." Ammise Harry.
"Ma allora tu sai …cosa fa…" disse Hermione, con tono esitante.
Malfoy si volse verso di lei e le sorrise sarcasticamente.
"Si. E cerco di aiutarlo, per quel che posso e per quel che mi permette. Ho un debito inimmaginabile con Severus Piton. Farò ciò che è in mio potere per aiutarlo."
Harry ascoltò quelle parole come se fosse veleno. Piton aveva sempre avuto il rispetto di Malfoy, ma ora aveva anche la sua devozione. Forse Malfoy era riuscito a vedere quello che lui non poteva nemmeno scorgere? Riusciva a vedere com’era veramente Piton?
Scrollò la testa e mosse qualche passo nel negozio, lasciando le tracce delle scarpe sui centimetri di polvere accumulatasi per mesi.
Il ragazzo che era lì con loro non era più il piangente e spaurito Draco. Aveva trovato un coraggio che Harry non gli avrebbe mai attribuito, e questo bruciava un po’, ma tutto sommato Harry sapeva bene che eventi come quelli di giugno potevano far cambiare le persone.
E Malfoy era cambiato. Un po’.
"Non mi piaci Malfoy, lo hai sempre saputo, ma questa volta credo che si possa arrivare a una tregua, finchè tutto questo non sarà finito." Disse infine, riportando lo sguardo su Malfoy, che nel frattempo era sempre rimasto fermo immobile, ma non del tutto impassibile.
Harry si ritrovò a pensare quanto ancora dovesse farne di strada il ragazzo prima di diventare impassibile come l’uomo che aveva evidentemente scelto come guida.
"Si, una tregua direi che può starci."
"Allora dicci cosa erano venuti a fare qui i Mangiamorte e perché li stavi seguendo." Intervenne Hermione, spostandosi e mettendosi davanti a Malfoy.
Il ragazzo parve esitare se rispondere o no, e la guardò inizialmente come si potrebbe guardare una creatura inferiore, ma Harry tossicchiò e Ron sfoderò la bacchetta, mettendola ben in mostra.
Distogliendo lo sguardo da lei, prese un mezzo respiro.
"Li seguo da un po’, nella speranza di incontrarvi…e per il motivo…non ne sono certo, ma credo che fossero venuti per trovare un fabbro. L’Oscuro ne sta cercando in continuazione da dopo che sono morti nell’incendio quelli che aveva scelto inizialmente."
Hermione annuì e si fece pensierosa, tornando a sistemarsi vicino al bancone.
"Qualche idea?" chiese Harry.
Hermione scrollò la testa e rimase pensierosa, ignorando completamente i tre ragazzi.
"Toglimi una curiosità, genio del male…" disse Ron, avvicinandosi con lenti passi a Malfoy, la bacchetta ancora ben salda nella mano "Perché hai detto che non hai nessun Padrone? Sbaglio, o devi correre di tutta fretta se lui chiama?"
la sguardo che Malfoy indirizzò a Ron fu di puro odio, e un lieve tremore lo prese, facendogli portare istintivamente la mano sull’avambraccio sinistro.
"Io sono ancora in prova. Diciamo così. e ci rimango solo perché ha in mano i miei genitori!" sibilò a bassa voce, più velenosi di un serpente. Ron non parve molto convinto, ma Hermione, ripresasi dai suoi ragionamenti non appena aveva sentito Ron formulare la domanda, intervenne.
"Mi auguro per te che il tuo impegno non diventi definitivo, Malfoy, altrimenti avrai molto di cui preoccuparti. Credo sia dura sopravvivere sotto di lui con l’idea di fare a modo proprio."
"Severus Piton c’è riuscito!" sbottò Malfoy, rivolgendole un’occhiataccia.
Hermione gli si avvicinò notevolmente, sostenendo il suo sguardo e diventando incredibilmente seria.
"Non credo tu abbia la sua stessa stoffa, innanzi tutto. E poi…guarda il prezzo che ha dovuto pagare…se veramente ci tieni a rendergli il favore che ti ha fatto e a proteggere la tua famiglia, fai in modo di tenertene fuori il più possibile."
Le parole di Hermione avevano evidentemente colpito Malfoy, ma su di lei c’era anche lo sguardo di Harry e di Ron. Messa in quel modo, la posizione di Piton risultava davvero tra le peggiori.
"E forse lo è veramente" pensò una vocina fastidiosa dentro la testa di Harry, che di rapidissimo nel zittirla.
"E’ quello che sto tentando di fare." Disse Malfoy con voce improvvisamente stanca, mentre la guardava per la prima volta senza ombra di disprezzo.
Calò un silenzio quasi irreale. Loro quattro, chiusi in un vecchio negozio abbandonato, che si accordavano e si davano consigli…era una scena surreale per Harry, ma forse nemmeno poi così tanto. Gli venne in mente quello che il Cappello Parlante aveva recitato nella sua canzone d’apertura il quinto anno. L’unione tra le Case…se solo lo avessero capito un po’ prima…
Ma forse non era troppo tardi. Un’inimmaginabile tregua con un futuro Mangiamorte era un elemento non rientrante nei suoi piani, ma si poteva fare un’eccezione, e Silente avrebbe voluto così.
"Allora direi che non abbiamo più nulla da dirci per ora." Disse Harry, la cui voce risuonò calma tra quelle mura che urlavano di ingiustizia. "Dì a tua madre di rimanersene buona e tranquilla. E, se può, di continuare a fingersi pazza. Se non vado errato è di lei che si tratta, vero?"
"Come lo sai?" sbottò, evidentemente colto sul vivo.
"Anche no i abbiamo le nostre fonti, Malfoy." Disse Ron.
Evidentemente per nulla soddisfatto della risposta, ma consapevole che non ne avrebbe avute altre, Malfoy si rivolse a Hermione, allungando la mano in un gesto stizzito.
"La mia bacchetta."
Hermione gliela lanciò, risfoderando la sua e lanciando lì una frase, sapendo di avere pochissime possibilità di fare breccia.
"Comunque, forse faresti meglio a riconsiderare le tue convinzioni sui Mezzosangue."
Malfoy inarcò un sopracciglio e rise, la bacchetta di nuovo tra le sue mani.
"E perché mai dovrei?"
"Per evitare brucianti delusioni future." Disse Harry, lanciando a Hermione uno sguardo complice.
"E perché comunque è prova di intelligenza. Magari puoi fare una prova e vedere se ne hai un po’."
Si aggiunse Ron, che però, a differenza degli altri due, non stava affatto sorridendo divertito.
Malfoy fece finta di non aver sentito e guardò Harry.
"Non dimenticare, Potter. Mia madre non deve essere toccata!"
Harry annuì e Malfoy si Smaterializzò.
 
Seduta su una delle sedie della cucina, facendo gingillare il Medaglione di Salazar Serpeverde, Dana aveva ascoltato con curiosità il resoconto di quella strana mattinata.
"Direi che è un giorno da segnare sul calendario!" esclamò allegramente, mentre si appoggiava al tavolo, notevolmente stanca.
"Solo per l’incontro con Malfoy o no?" chiese Harry, lanciando uno sguardo al Medaglione.
Dana sorrise accattivante, mentre glielo lanciava. Harry lo afferrò al volo e lo guardò con fare sospetto, mentre Hermione si muoveva a disagio.
"Vederti mentre ci giocherellavi non è stato tanto divertente…" disse, stringendosi le mani attorno alle spalle.
"Oh, non c’è motivo per preoccuparsi. Regulus deve aver avuto più tempo del previsto. Quello ora è solo un semplice Medaglione."
Gli occhi di Harry scattarono verso di lei, mentre Hermione apriva la bocca e non diceva nulla.
"Ne sei assolutamente certa?" chiese con voce acuta Ron, guardando con fare adorante da lei al Medaglione.
"Assolutamente. L’ho analizzato per quattro volte. Quel medaglione non è più un Horcrux. Il frammento d’anima è stato distrutto."
Un’ondata di assoluto sollievo invase ciascuno dei tre ragazzi e Harry si ritrovò a fissare l’oggetto che aveva in mano. Uno in meno cui pensare.
"Allora è proprio un giorno da segnare sul calendario!" disse con voce bassa e vibrante di emozione.
L’obiettivo un tempo lontano e irraggiungibile andava pian piano prendendo forma davanti a lui, e questo era tutto ciò che poteva volere.
 
"Ma ti sembra possibile che abbia voluto muoversi da sola?" sbottò Ron, avvicinandosi alla finestra del salotto e scostando le logore tendine di pizzo ingiallito, come se continuare a guardare il viale d’ingresso fosse un buon metodi per farla tornare.
"Non urlare, Dana sta ancora dormendo!"
"E non poteva andarci lei dalla McGranitt?"
"Ma sei scemo? L’hai vista mentre pranzavamo? Non si reggeva in piedi! Deve aver consumato molte energie durante i controlli sul Medaglione."
Ron bofonchiò qualcosa di simile ad una scusa, ma non si mosse dalla finestra e la sua espressione non mutò di una virgola.
In effetti nemmeno Harry a era piaciuto vedere Hermione Smaterializzarsi così in fretta, dopo aver accennato troppo vagamente ad una visita di aggiornamento alla Preside. Quella ragazza aveva per forza in mente qualcosa, e il fatto che si fosse voluta muovere da sola ne era la conferma. Ma era anche molto pericoloso. Hermione era brava e sveglia, ma se l’avessero individuata e attaccata in molti…un brivido gli scese lungo la schiena e allontanò il pensiero. Era inutile preoccuparsi, sarebbe tornata di sicuro sana e salva, come sempre.
"E se andassimo a Hogwarts? È lì di sicuro!" propose Ron, non trattenendosi più.
"No, non credo che la McGranitt voglia farsi fare rapporto proprio a scuola, senza contare che dubito sia andata solo dalla Preside."
"Che vuoi dire? Da chi dovrebbe essere andata?" chiese Ron voltandosi di scatto e puntando su Harry uno sguardo accusatore.
"Da nessuno!" si affrettò precisare Harry "Ma credo che volesse fare qualcosa tipo rintanarsi in un a biblioteca a cercare chissà cosa. Quando è andata via aveva quella sua solita espressione…"
"Ah…" sospirò Ron, abbandonando la postazione della finestra e cominciando a misurare a grandi passi il salotto. Harry attese diversi minuti, durante i quali gli crebbe un brutto mal di testa nel vedere Ron andare così selvaggiamente su e giù, ma alla fine decise che era meglio intervenire e fermarlo.
"Ron, o ti siedi o ti Schianto. Non me posso più di vederti andare in giro per la stanza in quel modo!"
Ron si bloccò e lo guardò con fare contrariato, ma poi seguì il consiglio e si lasciò sprofondare su una delle poltrone verdi che avevano in salotto.
Harry andò ad infilare un grosso pezzo di legno nel camino acceso e si costrinse a sistemarlo con calma, guadagnando secondi per decidere da che parte iniziare. E il fatto che Ron avrebbe potuto leggere le sue intenzioni negli occhi lo convinse a rimanere voltato, mentre iniziava il discorso.
"Sai, forse dovresti riconsiderare la tua posizione…" esordì, tenendo le dita incrociate.
"Che posizione?" chiese Ron, vago, ma Harry ebbe la netta impressione che l’amico avesse capito dove lui voleva andare a parare.
"Quella che mi hai esposto tempo fa. Nei confronti di Hermione…"
Nessuna risposta. Harry allora si voltò e incrociò lo sguardo perplesso e sorpreso di Ron.
"Insomma…devi deciderti! A cosa serve che ti logori in questo modo se poi non fai nulla?"
"Non mi sto logorando!"
"Come no!"
"Harry, dai, non ho voglia di parlarne!"
"E invece mi starai a sentire questa volta!" si impose Harry, trascinando l’altra poltrona verde vicino all’amico e sedendocisi.
"Non puoi continuare così! si vede lontano un miglio che la cosa vi crea tensioni!"
"Esatto! Non capisci?" si infervorò d’un tratto Ron "Non facciamo altro che litigare quando tu non ci sei. In tua presenza ci tratteniamo solo perché sappiamo che non è il caso di appesantirti con in ostri battibecchi, ma…anche a scuola, dopo il funerale…non abbiamo veramente litigato, ma è come se lo avessimo fatto…"
"Si vedeva. Non siete dei bravi dissimulatori."
"Grazie!" sbottò, amaro, Ron.
"Prego. Ma questa non è una scusante. E forse litigate proprio perché è il caso di fare un passo avanti."
"O due indietro!" te l’ho già detto l’altra volta, preferirei…"
"Affrontare la distruzione di un Horcrux piuttosto che parlarle." Concluse Harry per lui.
Ron lo guardò in tralice per un attimo, poi sembrò afflosciarsi ancora di più sulla poltrona e perse lo sguardo nel vuoto.
"Le tue motivazioni sono inconsistenti, lo sai!" riprese Harry, per nulla disposto a demordere "Non è di certo Krum che le piace!"
Ron inarcò le sopracciglia esprimendo silenziosamente la propria incredulità, ma non lo guardò, così Harry provò a cambiare tattica.
"Non ti viene mai voglia di stare solo con lei? Intendo, di parlarci, di stare anche solo a guardarla senza doverti preoccupare di farlo di nascosto…"
Silenzio. Ron pareva intenzionato a non dire una sola parola in più sull’argomento e Harry si spazientì.
"Va bene allora! Fai come meglio credi, ma non osare nemmeno pensare si lamentarti, in futuro, per le occasioni sprecate!"
Passarono così in silenzio diversi minuti ancora, durante i quali Harry si ritrovò inaspettatamente a pensare a Ginny. Gli mancava molto e non serviva a nulla continuare a ripetersi che presto tutto sarebbe finito e che avrebbe potuto riabbracciarla. Del resto, al momento nemmeno lui sapeva prevedere come sarebbero potute andare le cose. E se fosse andata male (idea che non smetteva mai di considerare) allora avrebbe perso una bella fetta di felicità, accorgendosi troppo tardi di quello che lo muoveva verso di lei.
Ron parve rianimarsi all’improvviso e, cogliendo, Harry in contropiede, cominciò a parlare a voce non troppo alta, sempre con gli occhi persi nel vuoto ed evidentemente concentrati su immagini che Harry non vedeva.
"A volte mi sembra quasi di stare impazzendo…sai, abbiamo sempre vissuto tutti e tre insieme, ma mai come ora. E stare sempre con lei sta diventando faticoso…non mi fraintendere, non voglio dire che non piace, anzi…" si mosse leggermente, a disagio per le sue stesse parole "Il problema è proprio il contrario, cioè che mi piace. Anche troppo. Tu mi chiedi se non mi viene mai voglia di stare con lei…io sono sempre con lei! E devo far finta di nulla. Così divento acido, la allontano… perché è più facile così, meno rischioso. Ma a volte…a volte si, mi viene voglia di abbracciarla e dirle tutto. Solo che poi non trovo mai il coraggio e mi faccio mille domande stupide…"
"Quelle che non ti devi fare!" sbottò Harry sentendo il famoso mostriciattolo nel suo stomaco lamentarsi con rabbia "…Ron, io ho scoperto troppo tardi quello che provo per tua sorella, e ora mi rendo conto di essere stato un idiota. Ora non posso più averla vicino, e comincia a pesarmi più di quello che avevo calcolato. Voi due invece avete la possibilità di esservi vicini! Non lasciare che questo periodo scivoli nel vuoto." Disse, lanciando scheggette di legno dentro il camino. "La morte di Hagrid dovrebbe ricordarci che nessuno di noi è veramente al sicuro. Potrebbe succeder qualcosa da un momento all’altro…"
Ron annuì e chiuse gli occhi, reclinando la testa indietro.
"Sai, parlare con te di queste cose è ogni volta una fatica!" disse ad un certo punto, traendo un bel sospiro.
Harry sorrise e gli diede una pacca sul braccio.
"Guarda che è successo solo un’altra volta! Non mi pare che sia così pesante da sopportare!"
Ron alzò la testa e guardò Harry con fare pensieroso.
"Non lo so…continuo ad essere comunque della stessa idea…meglio un Horcrux!"
Harry lo guardò esasperato, ma in fondo non poté negare a se stesso di capire parte della paura dell’amico.
 
Il buio stava calando rapidamente e ora Harry si stava seriamente preoccupando per Hermione. Avevano contattato la McGranitt, e lei aveva confermato di aver visto la ragazza, ma ancora nel primo pomeriggio, e da allora più nulla.
"Non credete sia il caso di andare a cercarla?" chiese Ron, lo sguardo fisso su una macchiolina del tavolo.
"Non sapremmo nemmeno da dove cominciare." Rispose Dana, mentre sfogliava un libro dalle pagine molto scure e dalla copertina incredibilmente spessa.
"E allora cosa dovremmo fare? Starcene qui ad aspettare? Potrebbe esserle successo qualcosa!"
"Lo so Ron. Ci sto lavorando! Da qualche parte su questo libro c’è un Incantesimo che guida verso una persona scomparsa…è un po’ complesso, ma sono certa riuscirei a praticarlo, se solo riuscissi a trovarlo!"
Ron rimase in silenzio e Harry scivolò già dal tavolo, intravedendo ad un tratto qualcosa che si muoveva oltre la finestra…qualcosa di luminoso. Si affaccio velocemente e riconobbe subito la piccola lontra che avanzava velocemente verso la casa.
"E’ il Patronus di Hermione!" esclamò, lanciandosi verso la porta d’entrata. Ron raggiunse la porta immediatamente dopo e quando il Patronus chiese aiuto annaspando freneticamente sul giardino d’entrata, gli fece cenno di guidarli e si mosse in silenzio, seguito dall’amico e da Dana.
 
La piccola lontra lo portò piuttosto lontano, e dovettero usare le scope per seguirla più velocemente. Ai margini di un boschetto la videro scomparire, ma non perché camuffata dal fogliame. Era proprio sparita, come se avesse portato a termine la sua missione.
Ron scese a terra e lasciò cadere la scopa, lanciandosi in una corsa poco prudente verso il limitare del boschetto.
I suoi passi risuonarono appena, attutiti dallo strato di neve che ancora abbracciava la natura, ma ad un certo punto si bloccò e non seppe più andare avanti. Harry lo raggiunse ansimando.
Stava per chiedergli cosa c’era, ma poi vide, quello che aveva bloccato Ron.
Una figura di ragazza era riversa a terra, per metà in una pozza di sangue, i capelli scompigliati, pieni di neve e terra, i piedi nudi. Non aveva il mantello, ma solo la sacca a tracolla.
Combattendo ferocemente contro il senso di oppressione che aveva in petto, si costrinse ad avvicinarsi, ma Dana fu più veloce di lui.
Aggirò con pochi e rapidi passi il corpo di Hermione e la guardò, poi si chinò e le posò una mano sul collo, tastandoglielo.
"E’ viva, ma è ferita in modo piuttosto serio…credo abbia evitato di striscio un Incantesimo a Frusta. E poi è congelata…deve essere qui da un pezzo." Disse con voce controllata.
"Dobbiamo portarla a casa…" disse Harry, consapevole dell’assoluta inutilità di quell’affermazione.
"Avremo bisogno di aiuto." Non sono una Medimaga..:"
"Allora vado dalla McGranitt. Credo che potrà far venire Madama Chips!"
"Si, buona idea. Ma fai in fretta Harry…"
Il tono che Dana aveva usato gli fece accapponare la pelle. Non l’aveva mai vista così seria. Senza farselo ripetere due volte e con gli occhi ancora puntati sull’amica riversa a terra si Smaterializzò, mentre Ron si avvicinava, in assoluto silenzio.
"Dobbiamo fare attenzione. La ferita non si deve schiacciare…" disse osservando il fianco della ragazza. Era ancora un po’ rannicchiata su se stessa, come a volersi proteggere, e diversi graffi le percorrevano il viso e le mani.
Senza badare al sangue che gli stava imbrattando i vestiti, Ron si chinò e le sollevò delicatamente la testa, come se fosse fatta di vetro. Se la appoggiò al braccio e fece scivolare l’altro sotto le ginocchia.
Dana mormorò qualcosa per immobilizzarla e fece cenno a Ron di andare.
Con passi lenti ma decisi, Ron si allontanò un po’ e si Smaterializzò, ricomparendo nella stanza della ragazza.
Prima di stenderla sul letto la guardò, appoggiata contro di lui. Se non fosse stato per tutto quel sangue, si sarebbe potuto dire che dormiva.
Cercando di no cedere all’ondata di panico che stava tornando a travolgerlo impetuosamente, la posò delicatamente sul letto e guardò Dana, riapparsa dietro di lui.
"Posso aiutarti?"
"Si. Possiamo rendere più facile il lavoro di Madama Chips, quando arriverà…ma…Ron, sicuro di sentirtela?"
Ron la guardò come se non avesse capito bene, ma non trovò pietà negli occhi di Dana. Solo la consapevolezza di quello che lui stava passando. Forse anche lei aveva dovuto assistere in un momento di pericolo la persona che amava.
Stranamente supportato dalla consapevolezza che Dana capiva come si sentiva, riportò lo sguardo su Hermione.
"Farò tutto quello che sarà necessario."
 
 
 
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Capitolo 11
*** Sentimenti ***


10 sentimenti
Astry_1971. Ciao! Sono contenta che Draco ti sia piaciuto. Mi confermo assolutamente convinta che nell'ultimo libro tornerà in qua. Altrimenti, scusa, la speranza dove la mandiamo? Ah, se Dana ti fa pena qui, aspetta il capitolo della prossima settimana...
No, Hermione non mi ha fatto nulla, e anzi, piace molto anche a me. La sua disavventura mi serviva per far svegliare una certa persona...chissà di chi starò mai parlando...
 
EDVIGE86. Addirittura ti faccio piangere? Beh, sono contenta che quello che scrivo ti trasmetta tanto! E se ti piacciono i parallelismi, aspetta un pò di vedere l'inizio di questo capitolo e un altro che arriverà più in là. Si, ora Ron deve prendersi cura di Hermione, ma come lo farà? Ih ih...
Vedo con piacere che anche a te è piaciuta la resa di Draco! Questo mi da moltissima soddisfazione, perchè ci tengo a rendere bene quel personaggio. Non lo ho mai particolarmente amato, ma è perfetto per rappresentare il conflitto interiore e la scelta di rivedere le proprie convinzioni. Spero tanto che JK l'abbia pensata come me (ormai bisogna parlare al passato visto che ha finito di scrivere il libro...troppo commovente il commento che c'è sul suo sito...)
 
kagome chan. Ah, devi assolutamente abituarti a vedere Severus con una donna (ad esempio Dana!) alrtimenti il mio epilogo ti ucciderà! No dai, scherzo...spero farà tenerezza. Povero Severus, non sopporto l'idea che rimanga da solo.
Per la coppia Sev/Lily...beh, se la Rowling non da seguito a questo sospetto, è crudele, soprattutto dopo gli infiniti indizi lasciati in tal senso. Ma non nutro dubbi sulla paternità di Harry. Anche se in realtà dopo aver letto il tuo commento, la mia testolina matta ha cominciato a pensare come poterti accontentare con una FF a sostegno di paternità....alternative! Vedremo se mi verrà in mente qualcosa di decente. Se si, allora vedrai una mia nuova FF.
 
 
Salve a tutti gli altri e ben trovati anche questa settimana! Ho un piccolo quesito tecnico da sottoporvi, magari qualcuno di voi saprà spiegarmi, senza che disturbi Erika. Il mio Account fa strani scherzi. Sulla pagina modifica/cancella vedo il numero delle recensioni, che però poi non compaiono mai tutte nella relativa pagina, così devo andare a vederle entrando direttamente dalla FF. Succede anche a qualcuno di voi, miei assidui lettori? Spero non sia nulla di male.
Questo nuovo capitolo scioglie un nodo che JK porta avanti dal quarto libro, facendoci a volte venire un pò di nervoso, disattendendo puntualmente le speranze di veder risolta la questione...di cosa sto parlando? Ron/Hermione.
Confesso di essere stata in difficoltà nello scrivere il pezzo, perchè nella mia testa c'erano talmente tante ipotesi diverse sul come-quando-perchè quei due si sarebbero decisi che ho fatto fatica a scegliere. Spero che il risultato sia di vostro gradimento.
Baci!

 

Sentimenti
 
Seduta su una sedia con le ginocchia al petto e una fumante tazza di caffè nero davanti, Dana stava rimirando la splendida mattinata che stava proponendosi davanti ai suoi occhi. Dalla finestra della cucina poteva vedere tutto il vialetto che portava alla casa, e anche Ron, uscito presto a camminare.
Gli occhi di Dana si posarono sul ragazzo e il cuore ebbe un momento di debolezza. Le faceva male vederlo stare ancora così, dopo tutti quei giorni. Era l’alba del sesto giorno e Hermione si era ormai ripresa. La sera prima aveva finalmente riaperto gli occhi e aveva sorriso ai due amici, che non si erano mai allontanati dal suo letto.
Ma Ron era ancora in quello stato…e Dana non poté far altro che ripiombare in un ricordo tristissimo e doloroso, relativo ad un momento in particolare in cui si era ritrovata travolta dalla stessa marea di emozioni che in quel momento stava torturando Ron.
Dopo anni di silenzio e qualche avvisaglia, il Marchio aveva di nuovo ripreso a bruciare…e lei non era riuscita a trattenere le proprie reazioni. Sapeva bene, come tutti loro, che stava tornando, ma aveva sperato fino all’ultimo che non accadesse. Si era Materializzata vicino al cimitero dove lui li aveva convocati ed era rimasta in disparte, gli occhi duri e ostili fissi sulla figura ammantata di nero che si muoveva di fronte ad un ragazzo. Harry Potter.
Non lo aveva mai visto prima di allora…
D’improvviso era successa una cosa strana…Prior Incantatio. Chi l’avrebbe mai detto che il giovane Potter avesse tra le mani la bacchetta gemella a quella di Voldemort? Poi era tutto finito e Harry era riuscito a scappare.
Anche lei se n’era andata, ma si era andata a rifugiare alle porte di Hogwarts. Sapeva che Severus sarebbe uscito prima o poi, e che lo avrebbe raggiunto. Quando lo vide raggiungere i cancelli della scuola e Smaterializzarsi aveva provato l’incontenibile impulso di trattenerlo e di evitargli di cadere di nuovo in quel baratro di orrore, sofferenza e morte. Ma se lo avesse veramente fermato avrebbe firmato la sua condanna.
Era rimasta ad aspettarlo lì per un tempo che le era parso infinito, e lui aveva fatto ritorno solo verso l’alba, Materializzandosi vicino ai cancelli. Dana era celata all’ombra di un albero e lo aveva visto arrivare.
In un attimo il suo cuore aveva perso un battito e le membra le erano sembrate di ghiaccio. Appena riapparso, Severus si era pesantemente accasciato al suolo e non si era più mosso.
Riprendendo in fretta padronanza delle proprie emozioni e del proprio corpo, Dana si era costretta a raggiungerlo. Era riverso a terra, le membra scosse da lievi ma costanti fremiti. Un brivido le era sceso lungo la schiena. Cruciatus prolungate…quel vile!
"Severus…" aveva sussurrato il suo nome con timore, mentre lo prendeva per le spalle e lo girava verso di lei. Lui aveva aperto gli occhi e Dana vi aveva letto sorpresa e sollievo. Sapeva di potersi fidare, e in quel momento aveva bisogno di aiuto. Non sarebbe di certo morto, ma avrebbe continuato a soffrire a lungo se non fosse intervenuta.
Dopo averlo aiutato a rialzarsi, lo fece avvicinare ai cancelli e lui formulò gli Incantesimi per aprirli.
In un tempo che le sembrò infinito, attraversarono il parco e raggiunsero il grande castello, infilandosi in fretta al suo interno e raggiungendo le stanze private di Severus.
Non appena al sicuro, Severus aveva smesso di controllarsi ed aveva cominciato a tremare più violentemente di prima. In quel momento Dana aveva sentito un’ondata di panico tramortirla, ma non poteva lasciarsi andare…lui aveva bisogno di aiuto. E così, a denti stretti e con il cuore che non voleva saperne di stare calmo, aveva fatto tutto quello che sapeva di dover fare. Anche quando lui aveva riacquistato forze e autocontrollo lei era rimasta vittima di quelle sensazioni strazianti.
Non si trattava nemmeno del dover prestare assistenza, ma del dover vedere una persona amata stare male. Ed era quello che era successo per cinque giorni di fila a Ron.
A lei era andata meglio perché era riuscita a curare Severus in fretta, e quando Silente si era presentato da lui lo aveva trovato già nelle condizioni per fare rapporto. Oh, lo sguardo che il vecchio Preside le aveva lanciato in quell’occasione non lo avrebbe mai dimenticato; aveva capito perfettamente, più di Severus stesso, che lei lo avrebbe aiutato qualunque cosa fosse successa. Le aveva sorriso, come se avesse appena vinto una difficile partita a scacchi e poi si era preoccupato di far avere a Severus una buona colazione direttamente in camera, oltre che ad alcuni rimedi per prolungare gli effetti delle cure di Dana.
Finendo di bere il suo caffè, Dana si sentì come svuotata. Da dopo quella volta aveva soccorso Severus poche volte. Per fortuna la sua posizione di quei tempi non lo aveva esposto a grandi pericoli, ma ora le cose stavano diversamente. Lui era là fuori, chissà dove e costretto a fare chissà cosa…il solo pensiero la faceva star male, ma lui aveva fatto le sue scelte, e lei non poteva far altro che rispettarle, anche se in fondo al cuore non aveva voluto perdere la speranza che in merito a certe questioni lui cambiasse idea.
Ci avrebbe pensato al momento più opportuno.
Harry entrò nella stanza proprio in quel momento e, sbadigliando sonoramente, gli occhiali mezzi storti sul naso, le aveva rivolto un saluto assonnato.
"Spero tu sia riuscito a dormire un po’."
"Si…io si. Ma Ron…"
"Ron è già in piedi. È da almeno mezz’ora che misura a grandi passi il giardino. E forse è anche ora che si decida a rientrare. Fa ancora freddo."
Harry la guardò con aria stanca e in un certo senso rassegnata.
"Sai che non rientrerà tanto presto."
"E’ una cosa che non fatico a comprendere." Commentò Dana, le labbra improvvisamente strette e gli occhi un po’ più duri del solito. "Ma è viva, sta bene, e tutto sommato può dirsi fortunata. Poteva andarle peggio, credimi. Dovrebbe pensare a questo…"
"Ron è fatto così…" provò a giustificarlo Harry.
"Non ha importanza! Con Voldemort in circolazione avere una seconda possibilità per tenersi stretti i propri cari è più un dono che altro. Non vedo perché debba sprecarlo in questo modo."
Harry rimase fermo a fissarla. L’amarezza che aveva sentito tra quelle parole gli fece salire un brutto nodo alla gola che si ostinò a mandar giù.
Dana aveva del tutto ragione. Davanti ai suoi occhi vide Sirius, Silente, Hagrid, e poi…Ginny. A lei non era ancora successo nulla. Per il momento. E se solo avesse potuto non avrebbe di certo perso tempo, ma Ron non era lui.
E Dana chi aveva davanti agli occhi? Di sicuro più persone di quante lui potesse sapere, ma era certo che tra quelle ci fosse anche Piton. Meglio non pensarci.
Si avvicinò al tavolo con una tazza di latte e i cereali e si mise a mangiare. L’unica cosa su cui voleva concentrarsi era che Hermione stava bene e si era svegliata. Una buona notizia.
 
Hermione era ormai in grado di parlare e di ricevere visite. Madama Chips era ancora piuttosto contraria che le venissero fatte domande su quello che le era successo, credendo che per la ragazza fosse ancora troppo presto per sottoporsi ad un simile interrogatorio, ma Hermione non aveva voluto sostenerla in questa sua tesi, così la Medimaga aveva dovuto arrendersi e lasciare che la McGranitt, Dana, Harry e Ron si riunissero attorno al letto della ragazza e cominciassero a farsi raccontare quando accadutole.
"A dire il vero non saprei nemmeno bene quanto sia durata…mi è parso tutto molto veloce. Comunque, dopo essere andata a Hogwarts sono ritornata a Londra. Dietro la Biblioteca Babbana c’è il passaggio che conduce a quella Magica."
La McGranitt inarcò un sopracciglio in segno di evidente sorpresa, mentre Harry lanciava uno sguardo a Ron, che ricambiò con un’espressione del tipo ‘è fatta così!’.
"Credo di esserci stata dentro diverso tempo…forse qualche ora. Quando sono uscita c’era buio e mi sono incamminata verso Diagon Alley, perché credevo che da lì avrei potuto Smaterializzarmi con più facilità. Non so perché ma a quell’ora c’era tanta gente più del solito in giro…"
Hermione guardò Harry, poi Dana e infine cercò lo sguardo di Ron, ma non lo incrociò, perché lui stava ostinandosi a fissare i ricami sbiaditi della coperta che lei aveva posata sulle gambe.
Trasse un sospiro mentre lo sguardo le si rabbuiava un attimo, poi riprese a parlare, concentrandosi questa volta sulla McGranitt.
"In lontananza ho visto tre figure vestite di scuro. All’inizio non ci ho fatto troppo caso, ma poi ho visto i loro volti, e uno di loro lo avevo già visto sulle pagine della Gazzetta. Erano tre Mangiamorte."
"In centro a Londra?" chiese la McGranitt con tono non solo sorpreso, ma anche preoccupato.
"Si. Mi è sembrato molto strano che si trovassero lì, ma non ho avuto modo di capire cosa volessero fare…mi hanno vista ed evidentemente riconosciuta come Strega. Sta di fatto che me li sono trovati alle calcagna. Mi sono infilata in un vicolo e mi sono Smaterializzata, ma sono riusciti a trovarmi lo stesso. Mi hanno attaccata e io mi sono Smaterializzata di nuovo. Quando li ho visti arrivare dove ero riapparsa io, ho capito che mi avevano lanciato un Incantesimo per rintracciarmi, così mi sono tolta il mantello e le scarpe…"
"E perché proprio quelli?" chiese Harry "Poteva essere stato lanciato alla borsa."
Hermione scosse la testa con fare deciso.
"Una borsa può facilmente essere abbandonata…scarpe e vestiti no."
"Quindi ti sei liberata degli indumenti. Ma allora perché sono riusciti a colpirti?"
"Harry…tre contro uno! Mi sono tolta in fretta il mantello, ma loro erano già lì. So di averne Schiantato uno e di aver bloccato un altro, ma il terzo mi ha colpita al fianco. Sono finita a terra…il dolore era troppo per permettermi di reagire subito, ma il Mangiamorte non si è accanito. Si è limitato…a ridere." Concluse la frase a fatica e abbassando lo sguardo, mentre il ricordo di quella risata le risuonava nelle orecchie.
Harry strinse le mani sulle ginocchia, ma non disse nulla. L’unica cosa che riuscì a distrarlo fu lo sguardo che Ron aveva posato su Hermione. Era terrorizzato e infuriato allo stesso tempo.
"Ho usato un Incantesimo Non Verbale per stenderlo e mi sono Smaterializzata di nuovo, poi mi sono messa ad armeggiare con le scarpe. Non ero sicura di averli seminati, e infatti poco dopo è arrivato quello che avevo Schiantato. Mi ha vista e mi ha attaccata di nuovo, ma sono riuscita a deviare il suo incantesimo e mi sono Smaterializzata per l’ultima volta in quel boschetto. A quel punto non so bene cosa ho fatto…ricordo qualcosa di luminoso davanti a me…credo di aver evocato il mio Patronus, ma poi non ricordo più nulla…"
"Il tuo Patronus, vedendoti in pericolo, è venuto ad avvisarci. Bestiola intelligente." Disse Dana, ma la sua voce suonò stanca e lontana, come se lei non fosse veramente lì. La McGranitt si volse a guardarla con fare un po’ scocciato, poi si rivolse a Hermione e la guardò con aria risoluta.
"Signorina Granger, hai corso un bel pericolo! Spero che quell’uscita fosse necessaria!"
"Molto più che necessaria." Rispose secca Hermione.
La McGranitt la fissò in silenzio e Harry trattenne per un attimo il fiato. Possibile che…
"Nella Biblioteca Magica ci sono i registri dei matrimoni magici celebrati fin dai tempi antichi." Spiegò Hermione con aria di trionfo "E quindi ho potuto rintracciare la data in cui si sono celebrate le nozze di Tom Riddle con Merope Gaunt."
Nel sentire quei nomi Harry si drizzò sulla sedia e guardò Hermione quasi boccheggiando.
"E chi sarebbero?" chiese la McGranitt, che comunque era trasalita al nome Riddle.
"I genitori di Voldemort." Rispose Dana.
Hermione annuì e sorrise appena mentre la McGranitt registrava rapidamente cosa potesse voler dire aver rintracciato una simile informazione.
"Si. E nelle registrazioni viene indicato anche il luogo di residenza della coppia. È un vecchio edificio a Londra. Pare ci siano stati per poco, perché poi Merope ha smesso di usare il filtro per tenere legato a sé il marito…tuttavia potrebbe essere quello il posto dove è nascosto l’ultimo…"
Gli occhi di Dana si illuminarono per una frazione di secondo e Harry scattò in piedi, prendendo a misurare la stanza a grandi passi.
"Dobbiamo controllare…Silente mi disse che gli Horcrux sono stati posizionati in luoghi cari a Voldemort…quella casa lui neanche l’ha mai vista…"
"Ma è la sede naturale della sua famiglia. Ha ucciso il padre e i nonni, ma alla fine è nella loro casa che è andato a rifugiarsi, è con un osso del padre che è risorto, ed è comunque con l’anagramma del suo nome che si è creato lo pseudonimo che usa ora…per quanto abbia cercato di distruggere le proprie origini negandole e odiandole, ha fatto molto per tenersene legato…" disse Dana.
Non era un ragionamento nuovo per lei in realtà, perché Severus aveva fatto esattamente le stesse cose. Conosceva fin troppo bene i segreti di Severus, e sapeva che in lui era scattato inevitabilmente lo stesso meccanismo, anche se, a differenza di Voldemort, per lui non era degenerato in odio verso gli altri, ma verso se stesso.
"Mi stai dicendo che il legame con la famiglia ha fatto comunque da richiamo?"
"Si. È così, nel bene e nel male. Deve essersi sentito rifiutato dal padre e deve averlo incolpato di moltissime cose, ma alla fine credo che si sia ritrovato spinto dallo stesso bisogno che abbiamo tutti: avere delle radici, sapere da dove veniamo. E, soprattutto, avere una famiglia."
"Credo che Dana abbia ragione. Silente non me ne ha mai parlato molto, ma anche lui era convinto che fosse bene sapere più cose possibili sulle famiglie dei due genitori di…lui." Disse la McGranitt sistemandosi gli occhiali sul naso. "Manderemo qualcuno a controllare…"
"Condirà sul serio?!" intervenne Hermione "Abbiamo lavorato sodo per questo! Ci penseremo noi una volta che mi sarò ripresa!"
"Vediamo di non accelerare troppo le cose."
La voce di Ron risuonò bassa e controllata nella stanza, ma non avrebbe avuto bisogno di alzare il volume della voce per farsi sentire. Aveva parlato con una tale durezza e determinazione che persino la McGranitt si era astenuta dal commentare, sul momento. Hermione invece non aveva avuto alcun timore nel volgersi a guardarlo con aria truce. Harry guardò Dana, che fece inarcare appena un sopracciglio.
"Non mi ci vorrà molto." Ribatté Hermione.
Ron la fissò per un attimo, poi si scrollò appena e si rimise comodo sulla sedia, prendendo a giocherellare nervosamente con il bordo della coperta stesa sul letto.
"Io direi che è bene attendere qualche tempo. Non molto, capisco che avete voglia di togliervi questo peso dal cuore…però cercate di andare lì preparati. Se veramente vi è custodito l’Horcrux che manca, allora dovrete essere pronti a distruggerlo."
Dana tossicchiò leggermente e chinò la testa di lato, lasciando scivolare i capelli tutti da una parte, mentre i suoi occhi verdi si posavano sulla McGranitt con un’espressione falsamente divertita.
"Suppongo che ci penserai tu ad accompagnarli…"
"Direi di si. Sono qui per questo."
La McGranitt annuì e si alzò all’improvviso.
"C’è altro ragazzi? Non posso assentarmi troppo da scuola."
"Non mi pare ci sia altro da dire. Se dovessimo avere novità le faremo sapere."
"Si. Mi raccomando Potter. Qualunque cosa succeda…"
"Sarà immediatamente informata. Non si preoccupi."
Con un cipiglio leggermente preoccupato, la McGranitt annuì e guardò ancora un attimo i tre ragazzi prima di uscire dalla stanza, seguita dopo poco da Dana.
Harry aveva temuto quel momento come la peste, ma non era proprio riuscito ad evitarlo. Da una parte aveva Hermione, stesa a letto ed evidentemente stanca, che però si ostinava a rimanere seduta, lo sguardo fisso su Ron; dall’altra c’era proprio Ron, allontanatosi dal letto un attimo prima e appoggiato al muro, lo sguardo saldamente incollato a terra e le orecchi paonazze.
"Bene…direi che è il caso di lasciarti riposare…" buttò lì, muovendo qualche passo verso il letto della ragazza.
Hermione si volse a guardarlo, e Harry non seppe che fare nel vedere che stava innegabilmente soffrendo per l’atteggiamento freddo e scostante di Ron. Le posò una mano sulla spalla e cercò di sorriderle per rassicurarla, mentre sentiva Ron muoversi e uscire a grandi passi dalla stanza.
Hermione lo seguì con lo sguardo e quando fu uscito Harry fu sicuro di averla sentita trattenere un singulto.
"Abbi pazienza…è stanco, ed è rimasto per tutti questi giorni a vegliarti…credo che le poche ore di sonno gli stiano facendo un brutto effetto."
Hermione annuì, abbassando lo sguardo, e Harry capì che era il momento di lasciarla da sola.
Si allontanò dal letto e uscì dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle e ripromettendosi di andare a prendere a calci Ron.
 
Contrariamente a quanto si era ripromesso, non gli riuscì proprio di prendere a calci l’amico. Non appena fu sceso giù, lo aveva visto in uno stato che gli diede da pensare. Era fermo con la fronte appoggiata al vetro di una delle finestre del salotto e stava guardando fuori, anche se Harry capì al volo che in realtà non vedeva nulla.
"Forse dovresti evitare di essere così freddo con lei…ci rimane male ogni volta." Disse, rimanendo fermo sulla soglia del salotto.
Ron non replicò, anzi, fece proprio finta di non averlo sentito, e qualcosa disse a Harry che era il caso di non insistere e di lasciarlo solo.
Per tutto il giorno Ron si rifiutò, con una scusa o con un’altra, di salire da Hermione. Dana si innervosì particolarmente per quell’atteggiamento, diventando gelida e pungente tanto da far rimpiangere a Harry certi atteggiamenti di Piton. Si somigliavano proprio sotto quel punto di vista…
Per tutta risposta Ron rimase sempre chiuso e isolato, come se stesse meditando qualcosa. Harry lo sorprese più di qualche volta a fare dei bei respiri profondi e a fissare un punto indefinito della stanza, come se stesse cercando di prendere coraggio.
Solo a ora di cena la situazione parve sbrogliarsi, quando Dana si impose e gli disse di andare a riprendere il vassoio con il quale aveva portato la cena a Hermione.
Ron la guardò con aria truce, ma non obiettò nulla, si alzò e sparì oltre la porta della cucina.
Harry e Dana rimasero in silenzio mentre sentivano i passi del ragazzo sulle scale, poi non ci fu più alcun rumore, così si guardarono e sospirarono.
"Magari si deciderà ad essere più gentile…" borbottò Harry, afferrando con la forchetta una patata bollita e mettendosela sul piatto con un gesto poco gentile.
"Non riesco proprio a capire…è la prima volta che vedo una persona comportarsi in modo così contraddittorio, e ti posso garantire che l’esperienza non mi manca… l’ha vegliata per tutto il tempo, è rimasto accanto a lei anche quando la stavamo guarendo da quella brutta ferita al fianco, non si è fatto impressionare da nulla. E ora che lei ha riaperto gli occhi non riesce a far altro che scappare. Parola mia, è un enigma…"
Harry annuì, mentre Dana abbandonava definitivamente l’idea di finire la sua cena. Però Harry aveva la sottile speranza che le cose stessero per cambiare. L’atteggiamento di Ron durante il giorno lo aveva vagamente illuso che stesse cercando di trovare il coraggio di farsi avanti.
Addentando la patata che si era preso, decise di aspettare e di vedere quanto tempo ci avrebbe impiegato l’amico a scendere con il vassoio della cena.
 
Ron entrò nella stanza dopo aver bussato alla porta, chiedendosi come avrebbe fatto a nascondere quello che gli stava passando per la testa. Si era scoperto estremamente combattuto tra la voglia di dirle tutto e il terrore di farlo. Infastidito da questa debolezza, aveva finito con il trattarla male, se ne rendeva perfettamente conto, ed era la stessa cosa che era successa l’anno prima con Lavanda. L’aveva in sostanza usata per ferire Hermione, roso dal tarlo della gelosia. E ora come doveva comportarsi? Nella sua testa c’era più confusione che altro, e aveva la netta sensazione che avrebbe rischiato di pagarla cara per questo. Ripromettendosi di cercare di tenersi sotto controllo, si mosse nella stanza con fare apparentemente distaccato. Hermione era seduta a letto con il vassoio sulle gambe e i piatti quasi ancora completamente pieni.
"Non hai mangiato quasi nulla…non puoi fare così, o non ti riprenderai." Disse in tono brusco mentre guardava con aria accigliata quello che Hermione non aveva nemmeno toccato.
"Non ho fame." Rispose di rimando lei, che a differenza di Ron lo stava guardando in faccia.
"Beh, ma almeno dovresti sforzarti…"
"Ho detto che non ho fame! Sinceramente rispetto al cibo preferirei avere un po’ di compagnia. Mi sembra di essere in isolamento. Se non fosse per Harry…"
"Cosa credevi che sarebbe successo? Sei stata ferita! È normale che tu debba rimanertene buona a letto!" sbottò Ron impedendole di continuare "Dovrai eliminare dai tuoi programmi a breve termine le uscite spericolate, ma mi pare che per la tua salute si possa fare questo sacrificio, o no?"
Lo aveva detto con una tale rabbia che Hermione non seppe cosa ribattere. Lo guadò con gli occhi sgranati finché lui non si decise ad avvicinarsi e afferrare il vassoio, facendo tintinnare pericolosamente il bicchiere.
"Se ti dovesse venire fame, basta che lo dici." Disse in fretta, poi si volse e uscì dalla stanza dandosi dell’idiota, lasciandola in uno stato di furia e incredulità.
 
Harry alzò gli occhi al cielo quando lo vide tornare. Dana invece inarcò un sopracciglio e rimase del tutto immobile, indecisa sul genere di Fattura da scagliare sul ragazzo.
"E’ un caro ragazzo, ma poche volte davvero ho incontrato soggetti maschili così poco svegli in fatto di sentimenti. Santo Cielo, nemmeno Severus è stato così ottuso…"
Harry notò lo sguardo pericolosamente concentrato di Dana, e si decise ad intervenire prima di dover curare anche Ron da una qualche strana forma di deformità o roba simile.
"Come sta?"
"Benissimo. Non avrà appetito, ma la lingua non le manca. Non ha subito troppi danni!"
Harry rimase di sasso e il suo cervello, ripresosi dopo un attimo dalla sorpresa, cominciò a pensare quale genere di Incantesimo suggerire a Dana. Guardò l’amico con aria contrariata, ma Ron non vi fece minimamente caso.
Posato il vassoio sul banco da lavoro, si risedette al suo posto e prese a giocherellare con il poco che gli era rimasto sul piatto.
Regnò il silenzio per qualche minuto, durante il quale Dana parve essere riuscita a calmarsi ed Harry si era rassegnato a sopportare ancora per qualche ora, ma all’improvviso una voce fece sussultare tutti e tre.
"Ron!"
Era Hermione, che dal piano di sopra probabilmente stava sgolandosi per farsi sentire anche in cucina. L’effetto della sua chiamata fu istantaneo. Ron si ritrovò del tutto gelato, e rimase con la forchetta sospesa a mezz’aria sopra il suo piatto.
Hermione lo chiamò di nuovo, questa volta con un filo non indifferente di impazienza nella voce e Ron sbuffò, borbottano qualcosa.
Harry si disse che per nulla la mondo avrebbe voluto essere nei suoi panni, ma quando l’amico gli rivolse un’occhiata lui la ricambiò con fare sicuro e gli fece cenno di salire.
Dana guardò la scena con un leggero e soddisfatto sorriso diabolico stampato in viso e seguì con lo sguardo Ron fino alla soglia della cucina, dove lui sparì.
"Penso che tra un po’ dovremo andare a controllare quanto sangue ci sarà alle pareti…" disse Harry, che nel vedere l’espressione di Dana non poté far altro che sorridere con lei.
"Mio caro, ciascuno di noi raccoglie ciò che semina!"
 
"Cos’hai? Ti serve qualcosa?" chiese Ron, entrando nella stanza con fare sicuro e per nulla intimorito, sebbene Hermione lo stesse aspettando con dipinta in volto una delle sue espressioni più crucciate e severe. C’era da aspettarsi poco di buono.
"Si, a dire il vero direi di si. Cosa ne dici con il cominciare a spiegarmi che diavolo ti prende?"
Ron fece finta di cadere dalle nuvole, ma non servì ad incantarla.
"Di cosa stai parlando?"
"Ronald Weasley" sibilò Hermione mentre la rabbia lasciava il posto al logoramento per quell’assurda e insostenibile situazione "Se ti azzardi a fare questo genere di giochetti con me, giuro che te ne pentirai!"
"Non sto affatto giocando!" esclamò scocciato, mentre si piazzava di fronte a lei, ai piedi del letto.
"Allora fai sul serio? Mi spieghi perché sei così brusco con me? Oserei dire che sembri persino arrabbiato!"
"Che sciocchezze stai dicendo? Non sono arrabbiato!"
"No? Non si direbbe! Mi tratti come se fossi la cattiva bambina che ha disubbidito a un ordine! Non me la sono andata a cercare Ron!" esclamò Hermione che quasi stava urlando, le mani aggrappate alle lenzuola e una strana espressione dipinta in volto.
"Lo so benissimo! E non ti sto trattando in nessun modo! Sono solo tue idee…"
A quel punto Hermione afferrò le coperte e le tirò di lato, girandosi e facendo scivolare i piedi a terra. Con due soli passi Ron fu vicino a lei e fece per posarle una mano sulla spalla e trattenerla a letto, ma lei scostò la mano del ragazzo con un gesto brusco e si aggrappò alla testiera del letto per alzarsi. La ferita al fianco era guarita, ma era ancora tutta indolenzita e il movimento le procurò un po’ di dolore.
"Vedi! Sei testarda come un mulo! Si può sapere che bisogno c’è di alzarsi nelle tue condizioni!"
"Non sanguino più, e non sarà di certo un po’ di fastidio a tenermi inchiodata al letto proprio ora!"
Quando fu dritta in piedi davanti a lui, i capelli terribilmente arruffati e le gambe che un poco tremavano, lo guardò con un’aria che non aveva solo dell’infuriato.
"Tu continui a punirmi! Si può sapere il perché?"
Ron aprì la bocca per obiettare, ma le parole parvero non volergli uscire. Nella sua testa riecheggiò vagamente il discorso che gli aveva fatto Harry, e un attimo dopo aveva davanti agli occhi l’immagine di lei nel boschetto riversa nella pozza del suo stesso sangue.
Non riuscì a far altro che guardarla per alcuni secondi, mentre lei continuava a rimanere accigliata.
Non poteva continuare solo a guardarla, doveva dire qualcosa, nonostante in quel momento la salivazione fosse del tutto assente. Tutto quello che gli riusciva di fare era pensare alla sensazione che continuava a muoversi nel suo petto, violenta e trascinante: non voleva che lei si allontanasse, in nessun modo.
Poi ci fu solo il vuoto nella sua testa, mentre vedeva il proprio corpo muoversi ad abbracciarla.
Era decisamente più bassa di lui, cresciuto ulteriormente in quei mesi, così dovette un po’ chinarsi, ma non incontrò resistenze di alcun genere perché Hermione ci impiegò un po’ a capire cosa stesse succedendo. E alla fine Ron riuscì a tenerla stretta come aveva sperato di poter fare troppe volte. Al diavolo che cosa sarebbe successo domani; anche se lo avesse rifiutato, lui almeno avrebbe saputo di aver parlato. Perché proprio non ce la faceva più a stare zitto…non dopo aver rivisto quelle immagini.
"Quando ti ho vista in quella pozza di sangue, credevo che tu…" balbettò, il viso completamente nascosto tra i capelli arruffati di Hermione "Insomma, credevo che…e non riuscivo neanche più a respirare per la paura…"
Hermione si rilassò tra le sue braccia e chiuse gli occhi, ricacciando indietro le lacrime mentre si aggrappava alla schiena del ragazzo. Aveva le gambe ancora più deboli ora, ma era del tutto consapevole che non era dovuto alle sue condizioni fisiche.
"Non voglio che ti capiti nulla." Riuscì a dire infine Ron.
"Perché?" chiese Hermione con una vocina piccola piccola.
"Oh, lo sai!"
"No, non lo so Ronald! Non ne sono affatto sicura!" ribatté con la voce che tremava "Continui a mandarmi messaggi contrastanti, e io non so proprio che pensare…"
Ron si scostò un po’ e lei abbassò la testa perché non vedesse che stava quasi piangendo.
"Nemmeno tu scherzi, sai! Credo proprio che in quanto a messaggi contrastanti potremmo fare a gara…" sospirò, accarezzandole il volto con una mano "Insomma, con quel bell’impiastro di Krum tra i piedi…"
"Victor? Cosa c’entra Victor?"
"Tu cosa ne dici?"
Hermione trasse un piccolo sospiro, mentre arrossiva violentemente e distoglieva lo sguardo.
"Non c’è nessuna possibilità di fare paragoni…non hai mai avuto veramente alcun motivo per temerlo."
Le orecchie di Ron parvero andare a fuoco in un batter di ciglia, ma una sensazione meravigliosamente simile alla gioia lo travolse, tanto da fargli trovare l’ardire che prima non aveva avuto.
"Sai… il punto è che fa paura sbilanciarsi…"
Hermione fece per parlare, ma Ron la precedette con decisione.
"No Hermione, aspetta…. Non dire nulla e ascolta."
Dopo questo, Hermione rimase ferma a guardarlo, le dita ancorate su di lui ma leggermente tremanti.
Ron prese un bel respiro, chiuse gli occhi un attimo e quando li riaprì posandoli su di lei non ebbe più paure.
"Sono innamorato di te e…io…non importa se tu non mi vuoi se non che come amico…voglio solo che tu lo sappia e, magari, se…"
Ecco, il coraggio era sparito e ora si sentiva un po’ stupido a starsene lì, senza sapere come finire la frase.
Hermione ricominciò a respirare e non le riuscì di non sorridere, poi si alzò in punta di piedi e lo attirò a sé per posargli un bacio sulle labbra e poi nascondere il viso contro il suo petto.
Colto leggermente alla sprovvista, Ron rimase fermo ad assaporare il significato di quel gesto per qualche secondo, poi le alzò il viso e la baciò a sua volta, ma senza lasciarla andare tanto presto.
Aveva ragione Harry, non valeva proprio la pena sprecare il tempo loro concesso.
 
"Insomma, si può sapere perché tutta questa segretezza?" bisbigliò Ron, che aveva appena dato una testata contro una mensola della scrivania di Hermione.
"Te lo spiegherò tra poco." Disse la ragazza, la voce poco più che un sussurro "Lo hai trovato?"
"No…in questa borsa hai di tutto!" brontolò mentre Harry rimaneva a guardarli, leggermente perplesso. Era chiaro che poche ore prima era successo qualcosa tra quei due, ma non aveva fatto domande per non sembrare invadente, e ora loro si stavano comportando come sempre. Sorrise al buio, consapevole che, probabilmente, avevano deciso così per evitare di farlo sentire escluso, o per non riaprire una ferita ancora parecchio sanguinante.
Ricacciando l’immagine di Ginny in un angolo della propria mente, si decise a parlare.
"Anch’io vorrei tanto sapere il perché di tutta questa segretezza? Al buio e il più silenziosamente possibile…Hermione, cosa ci dobbiamo aspettare?"
Hermione lo guardò con aria esitante, stringendosi nelle spalle.
"Beh, non so se vi può veramente interessare, ma ho scoperto qualcos’altro alla Biblioteca magica…"
"Cosa? Come ridurre i Mangiamorte in mazzolini di fiori profumati?" disse Ron, ancora impegnato a frugare nella borsa della ragazza.
"Dammela! Sto meno a cercarlo da sola!"
"Trovato!" esclamò esaltato Ron, mentre alzava in aria un diario
Hermione sospirò e gli lanciò un’occhiata in tralice, ma non le riuscì di nascondere un mezzo sorriso che Ron ricambiò in modo così complice che Harry non ebbe più dubbi.
"Vedete, mentre sfogliavo i registri dei matrimoni magici ho trovato anche altro…le nozze sono in genere registrate in ordine cronologico, ma in due faldoni separati, in base alla provenienza degli sposi. Insomma, segnalano chi si sposa con babbani."
Harry corrugò la fronte e Ron scosse la testa, mentre Hermione li guardava rimanendo un attimo in silenzio. Abbassò lo sguardo prima di ricominciare e sfiorò appena la copertina del diario che Ron le aveva dato. La luce dell’unica candela che aveva tenuta accesa tremò appena, disegnando riflessi d’oro sul volto della ragazza e mettendone in evidenza lo stato emotivo.
"Mi è parsa una cosa così assurda...insomma, è come venire schedati…sapete, forse le idee che diffonde Voldemort riescono ad attirare così tanta gente proprio perché c’è ancora questa mentalità chiusa, spaventata da chi è diverso…"
Si bloccò e guardò Ron, sorridendogli.
"Scusate. Non era qui che volevo arrivare. Il punto è che ho dovuto consultare il registro dei matrimoni misti per trovare Merope Gaunt. È fatto in più volumi e per errore ho preso un registro un po’ più recente rispetto quello che mi serviva, ma per curiosità gli ho dato un’occhiata e ho trovato…beh, ho trovato un altro matrimonio di rilievo…Eileen Prince e Tobias Piton."
Harry si irrigidì istantaneamente e per un attimo il suo stomaco parve volersi contrarre così tanto da accartocciarsi. Passò quasi subito e fece finta di nulla, ma la consueta furia stava montando in lui con rapidità disarmante.
Hermione notò il suo silenzio ed esitò nel continuare. Guardò le coperte davanti a sé e si morse il labbro inferiore, poi si rivolse direttamente a Harry.
"Tu…hai idea che cosa lo leghi a Dana?"
"Lei mi ha detto che lo protegge. Ma si è rifiutata di dirmene il perché."
"Lo protegge...beh, potevamo arrivarci anche da soli…" sbottò Ron mentre Hermione scrollava la testa, aprendo il diario e cercando una pagina precisa. La fissò per qualche secondo, poi ricominciò a parlare.
"Ti ha detto solo questo?"
"Ha anche precisato che, comunque vadano le cose, non riuscirebbe a fargli del male. Non lo sta solo coprendo. Secondo me sta cercando di…" non gli riuscì di finire la frase e fu Hermione a venirgli incontro, mossa come sempre da quella sensibilità che ogni tanto spiazzava tutti.
"Di salvarlo, probabilmente. È qui che volevo arrivare…non ha poi tutta questa importanza in realtà, ma mi è parso giusto dirvelo. Forse così riusciremo a capirla meglio."
Ron inarcò un sopracciglio e spalancò appena la bocca, mentre guardava Hermione negli occhi.
"No! Assurdo! Come diavolo può essere?" bisbigliò con sgomento.
"Forse veramente non lo conosciamo…"
"Scusate! Di cosa state parlando?" chiese Harry, ricordando loro che c’era anche lui nella stanza.
"Beh, vedi Harry, i Prince erano una casata particolarmente influente nei tempi passati. Sono caduti in disgrazia poco meno di un secolo fa a causa di alcune accuse di corruzione. Avevano anche uno stemma tutto loro ed era riportato a lato del nome di Eileen…è un falco."
"Un falco…e allora?"
"Harry…non ti ricordi la forma del Patronus di Dana?"
Harry aprì la bocca per rispondere, ma rimase bloccato…era un falco.
"Quando l’ho visto mi è venuta in mente Tonks e quello che le è successo con Lupin…"
"E’ innamorata di Piton!" esclamò Harry, sgomento, dopo alcuni attimi di profondo silenzio durante i quali il suo cervello aveva cercato disperatamente di trovare un’altra spiegazione per una cosa che, in fondo al cuore, aveva sempre saputo anche lui.
"Sshh! Vuoi che ci senta?" lo frenò Hermione "E comunque, non che sia una sorpresa assoluta…insomma, ma l’hai mai vista quando ne parla? O meglio, quando non ne parla e evita l’argomento…"
"Ma dai Hermione!" disse Ron guardandola con fare quasi orripilato "Chi lo avrebbe mai immaginato? Silenzi o no, stiamo parlando di Piton!"
"Beh, ma non vuol dire."
"Tu ti innamoreresti di uno così?" chiese Ron, improvvisamente con le orecchie rosse. "Se rispondi di sì giuro che…" Non finì la frase e si morse la lingua, distogliendo gli occhi, mentre Hermione arrossiva e continuava a guardarlo.
"No, non me ne innamorerei, ma lei…lei è empatica. Ragazzi, lei può averlo sondato meglio di chiunque altro. Vi ricordate cosa disse durante l’interrogatorio cui è stata sottoposta dall’Ordine? Che nessun Occlumante, per quando bravo, può tenerle a lungo nascosti i proprio segreti…"
Abituato a sentirla ripetere a memoria stralci di discorsi avvenuti molto prima, Harry non dubitò del contenuto di quelle parole, e in verità ci aveva pensato su un pochino anche lui, ma l’idea che Piton non fosse quel mostro odioso e viscido che si era sempre figurato lo lasciava molto più che perplesso.
Il tempo, anziché cementare in lui le scoperte fatte sulla morte di Silente, aveva, se possibile, fatto lievitare in modo esponenziale la sua rabbia nei confronti di Piton. Non gli era chiaro cosa fosse, ma in lui c’era qualcosa che lo costringeva ad odiarlo, a vederlo comunque sotto una luce negativa. Forse (e qui il suo stomaco fece una strana manovra di contorcimento) era dovuto più che altro a quello che Piton aveva sempre detto su suo padre. Certo, Harry era consapevole che James non si era comportato sempre come un santo, ma da questo a definirlo come lo definiva Piton ce n’era di differenza.
"Mah, forse hai ragione tu…però mi fa un certo effetto pensare a Dana e…no, meglio se non immagino nulla!" disse Ron, alzandosi dalla sedia che aveva posizionato vicino al letto e guardando Hermione con fare deciso. "Però ora tu dovresti riposare."
"Si, in effetti sono molto stanca."
"Allora ti lasciamo. Speriamo solo che Dana non si sia svegliata. Se mi vedesse ora non avrebbe molti dubbi su quello che mi sta passando per la testa" borbottò Harry, guadagnando la porta deciso ad uscire e a lasciar tranquilli gli altri due. "Ci vediamo domani mattina."
Hermione gli sorrise e Ron fece un cenno con la mano.
Quando la porta si fu richiusa dietro di lui, Harry trasse un profondo sospiro ed entrò silenziosamente in camera sua. Come ci si poteva innamorare di uno come Piton? Era del tutto inimmaginabile! Era assurdo!
Il silenzio attorno a lui gli parve all’improvviso insopportabile, mentre nella sua testa riecheggiavano tutte le parole che Silente gli aveva rivolto per spiegargli come fosse importante l’amore, unica vera arma che aveva contro il nemico di sempre.
L’amore.
Era sempre stato convinto che l’amore fosse qualcosa che tutti meritavano, qualcosa di così necessario da rendere impossibile vivere senza. E Piton viveva.
"Già, ma come?"
Scrollò la testa e pensò a Ginny. Aveva bisogno di lei, di una parola, di un consiglio, anche semplicemente di un sorriso.
Sapendo bene di non doverlo fare, si sedette alla scrivania e le scrisse due righe, poi guardò il foglio con aria sconsolata e lo fece scivolare in un cassetto che richiuse con più energia del necessario.
 
 
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Capitolo 12
*** Dolori e Inganni ***


11 dolori e inganni
 
Astry_1971. Si, hai ragione, Ron l'ho fatto da prendere a calci, ma del resto tu cosa avresti fatto mentre leggevi certi punti del sesto libro? Oddio, adesso EDVIGE86 mi uccide, ma davvero, certe volte Ron nel sesto è stato terribile. Quasi come Harry nel quinto. Beh, sono contenta di essere riuscita a farti "odiare" un pò anche Harry, perchè lo scopo che mi sono prefissa, almeno in questa parte della storia, è proprio quello di renderlo un pò odioso per come si ostina nel suo rancore. Mi pare di essere riuscita almeno un pochino nel mio intento....
Infine, Dana angelo custode? Caspita, non ci avevo mai pensato in questi termini, ma hai trovato una definizione azzeccatissima! E questo nuovo capitolo ne sarà, ahimè amara, conferma. Spero ti piaccia!
Per il finale...beh, no, non farò fare a Severus la fine dello sfigato, giuro. Ma il suo cammino sarà comunque in salita.
 
EDVIGE86. Speravo proprio che avresto apprezzato, e se ho convinto te... spero di averlo fatto anche con tutti gli altri fans della coppia, perchè davvero ho sudato otto camice per il dialogo in cui Ron, finalmente, si decide. JK non si è sbilanciata, però per il settimo libro dice che le coppie ormai sono evidenti (direi proprio di si!!!) ma non è sicuro che "ufficializzeranno"...che nervoso! Spero che almeno un briciolino di soddisfazione ce la dia, quella sadica!
 
kagome chan. Oddio, povero Severus! No, non farti da parte, c'è sempre bisogno di affetto per lui! Povero tesoro, è un pò in arretrato. (Anche se magari in questo capitolo recupera un pochino...) Spero ti piaccia!!!
 
 
 
Dolori e inganni
 
Il buio era calato ormai da diverso tempo, e lui era rimasto fermo appoggiato all’albero che aveva scelto come punto di osservazione.
La neve per fortuna aveva smesso di cadere, e l’aria era pungente e frizzante, spazzata con costanza da un vento leggero ma penetrante. Non vi fece caso, era abituato al freddo.
Perché era lì? Cosa lo aveva spinto ad andare proprio in quella zona, e poi vicino a quella casa?
Severus alzò lo sguardo al cielo e fisso lo sguardo su un punto indefinito tra le poche stelle che splendevano in quel cielo scuro e privo di luna.
Il Marchio per fortuna non bruciava più come quel pomeriggio, e ora il suo braccio sinistro stava vagamente riacquistando sensibilità. Eppure non era questo che lo stava logorando.
Cosa era andato a fare lì? Quello non era il suo posto, non c’era nulla che potesse interessarlo dentro quella casa.
"Bugiardo."
Anche l’ultima flebile luce si spense oltre la finestra del secondo piano, fino a quel momento illuminata. Ecco, ora erano tutti a dormire, nessuno più vagava tra quelle stanze…
Gli occhi fissi sulla casa, estrasse la bacchetta e richiamò il proprio Patronus. La formula magica gli uscì di bocca senza che quasi se ne accorgesse e ben presto l’animale luminoso si allontanò da lui per raggiungere il suo obiettivo, il destinatario di quella silenziosa richiesta di aiuto.
 
Un leggero rumore alle finestre la fece destare. In realtà non si era veramente addormentata, era ancora nella fase di dormiveglia perché la sua testa non aveva voluto smettere di lavorare, conducendola lungo sentieri pericolosi e di estrema sofferenza. I ricordi più dolci e quelli più dolorosi erano riapparsi prepotentemente nella sua testa, richiamati a galla dalla stretta al cuore che aveva provato non appena percepita la sconfinata felicità di Hermione. Era passata davanti alla porta della sua stanza e le aveva solo augurato la buona notte, ma era stato più che sufficiente per permetterle di capire che finalmente Ron si era deciso a farsi avanti.
Scattando a sedere sul letto, cercò la fonte del rumore che era certa di aver sentito. Eccolo di nuovo…si alzò, la bacchetta in pugno e i sensi all’erta, ma era certa non ci fosse nessuno oltre lei nella stanza. Poi intravide un bagliore alla finestra e capì al volo cosa fosse. Si precipitò ad aprire i vetri e a far entrare il pipistrello luminoso nella stanza. L’animale danzò nell’aria davanti a lei e Dana non ebbe bisogno di molto per capire.
Con un gesto rapido e non curante richiamò i vestiti e se li infilò in fretta, prese il mantello pesante e infilò la bacchetta in tasca. Poi si Smaterializzò e il pipistrello sparì.
 
Ricomparve a qualche metro da Severus e non si sorprese nel trovarlo vestito da Mangiamorte. La maschera d’argento era calata e così anche il cappuccio, ma Dana avrebbe riconosciuto sempre e comunque quell’orrendo abbigliamento che era stata costretta a portare lei stessa.
"Severus…"
Lui rispose con un cenno del capo, ma rimase fermo dov’era.
"Prevedibile. Non sarebbe nemmeno lui se non facesse così."
"C’è stata una riunione stasera." disse, prima che lei potesse fargli domande di qualunque tipo "e ho sentito della Granger. Sta bene?"
"Si. Se l’è vista brutta a dire il vero, ma ha resistito. Ora è ancora a letto, ma confido che nel giro di una settimana possa rimettersi in piedi."
Severus si limitò ad annuire, ma Dana vide nei suoi occhi un evidente stato di sollievo.
"Devono prestare maggiore attenzione…l’Oscuro ha dato ordine di riprendere in pieno le vecchie abitudini. Lo avrai notato dalla Gazzetta." Disse con voce spenta e atona, come se la cosa non lo riguardasse. Ma Dana sapeva che non era così.
La Gazzetta era in effetti piena di articoli su attacchi a Babbani e a Mezzosangue, su cadaveri trovati brutalmente deturpati e rapimenti violenti. Conosceva il repertorio di orrori cui Voldemort li avrebbe presto assuefatti se non si fosse fatto in fretta qualcosa.
"Hermione sa difendersi bene. L’ho addestrata io stessa, così come Ron e Harry. Ma la sua uscita era necessaria." Replicò con tono distaccato, reprimendo con tutte le proprie forze il bisogno di lasciar perdere quei discorsi e avvicinarsi a lui.
"Cosa vuoi dire?"
"Che è andata a cercare informazioni su dove trovare l’ultimo Horcrux."
Nonostante il buio, Dana riuscì a vedere distintamente la reazione di Severus. Per un attimo gli occhi del Mago diventarono più grandi del solito, privi del solito cipiglio freddo e disgustato.
Fece un passo silenzioso verso di lei e la guardò con aria stranamente emozionata.
"Lo hanno trovato?" chiese con voce roca.
"Dobbiamo andare a fare un sopralluogo. Ma prima voglio che la ragazza si rimetta in piedi."
Severus trattenne un sospiro e Dana sentì il cuore riempirlesi di tristezza. Con quanta intensità lui stava desiderando che quella situazione finisse presto? Troppa. E Dana ebbe la netta sensazione che lui non desiderasse solo la fine della guerra, ma la fine di tutto.
"Se doveste avere bisogno di aiuto…"
Colta del tutto alla sprovvista da quella proposta, Dana lo fissò senza nascondere le proprie perplessità.
"Severus…potrebbe non essere saggio per te esporti così."
"Non importa! L’unica cosa che conta è trovarlo e distruggerlo. l’Oscuro sta progettando qualcosa, e non sono certo riuscirò a sabotarlo dall’interno…non riesco a capire perché, ma mi sta tenendo all’oscuro di certi suoi piani…" ammise Severus, la voce bassa e non del tutto tranquilla.
Le parole appena formulate gli stavano costando parecchio sforzo. Aveva fatto l’impossibile per diventare il preferito di Voldemort e riuscire a bloccarne i piani, aveva ucciso l’unico uomo che mai lo avesse veramente stimato, si era definitivamente dannato l’anima… e ora tutti i suoi sforzi parevano essere inutili. Difficilmente qualcuno avrebbe potuto trovare prove del suo tradimento, eppure qualcosa era cambiato nella mente di Voldemort.
"A maggior ragione non dovresti esporti." Insistette Dana.
Severus la guardò come poche volte aveva fatto. Sembrava determinato oltre ogni dire a distruggerlo, forse con un’intensità maggiore di quella che aveva non appena saputo che la vita della donna che amava era stata segnata per sempre. Fu questo a far vacillare Dana.
"Sei così determinato? Perché? Severus, cosa è successo?"
"Niente." replicò lui in fretta "Draco mi ha detto di essere riuscito a parlare a Potter. È vero?"
"Si, ma ora non c’entra!" si impuntò Dana "Cosa c’è che…"
"Non credo che Narcissa scenderà in campo, quindi non ci saranno problemi, ma vorrei che si evitasse di fare male anche al ragazzo. Ha capito molte cose in questi mesi, e non è disposto a cedere all’Oscuro come il padre."
Dana si morse la lingua e rimase zitta, ferma immobile, lasciandogli credere di aver deciso di lasciare cadere nel vuoto l’argomento precedente.
"Capisci cosa intendo? Draco sta facendo più o meno quello che facevo io all’inizio del mio reclutamento tra le file dell’Ordine."
"Solo che Draco non sa cosa sia il rispetto per chi non è come lui. Severus, non lasciarti ingannare. Se sapesse la verità sul tuo conto come reagirebbe?"
A quelle parole gli occhi di Severus diventarono due fessure nere e brillanti.
"Cosa dovrebbe sapere di me?"
"Che sei Mezzosangue." Rispose tranquillamente Dana "Potrà anche essere determinato a proteggere la famiglia e se stesso dalla minaccia di vivere una vita da schiavi agli ordini di Riddle, ma non è ancora in grado di capire che siamo tutti uguali. Che il nostro sangue è uguale."
"Draco capirà. Persino io, che l’ho sempre tenuto d’occhio, non avrei mai sospettato che avesse tutto il coraggio che ha dimostrato. Se sarà necessario, saprà rivedere i suoi schemi."
Dana strinse appena le labbra e per un attimo una fitta di rabbia le attraversò il corpo.
"Cosa gli passa per la testa? Si fida di un ragazzino imberbe che potrebbe distruggerlo con poche parole e si tiene sulla difensiva con me! Oh, Severus, a volte mi lasci sconcertata. E ferita."
Come rispondendo ad un ordine silenzioso dettato dai pensieri di Dana, Severus si volse dandole le spalle e si allontanò di qualche passo, nascondendo tra le pieghe del mantello il braccio sinistro che aveva preso a tremare evidentemente. Non voleva coinvolgerla troppo, non di nuovo. Ma allora perché era andato lì? Se lo stava ancora chiedendo.
Dana lo raggiunse, decisa a fargli notare quell’incongruenza del suo comportamento con lei, ma poi notò la smorfia trattenuta sul volto di lui e si bloccò. Dolore.
Gli occhi le scivolarono giù, a rilevare con orrore lo stato del braccio sinistro. La comprensione si fece strada in lei come un fiume in piena e gli occhi le si riempirono di lacrime, ma le trattenne. Per nulla al mondo avrebbe pianto di fronte a lui in quel momento.
"Cos’ha il tuo braccio?" chiese con un filo di voce, senza avvicinarsi; sapeva che lui non lo avrebbe permesso. E Severus si volse a guardarla, ringraziandola silenziosamente di non star avvicinandosi. Non voleva essere compatito, non voleva che lo guardasse con pietà. E in verità avrebbe dovuto desiderare che lei non lo guardasse affatto, ma in quel momento la presenza di Dana era l’unica cosa che potesse evitargli il baratro della disperazione.
"Nulla." Rispose con scarsa convinzione.
"Severus, non demorderò, lo sai bene. Potresti facilitare le cose ad entrambi se mi dicessi la verità!"
Severus sapeva che era vero e un senso di calore al cuore gli fece perdere per un attimo la padronanza di se stesso. Quella testardaggine era una delle cose che più adorava di lei.
"Stamane mi sono svegliato con il braccio dolorante." Disse, rendendosi conto che era esattamente per quello che era andato da lei. Ora lo capiva. Aveva bisogno di parlare, di raccontare, di far uscire da sé il ricordo di quella terribile giornata. In passato ne aveva vissute parecchie uguali a quella, ma da quando era tornato al fianco dell’Oscuro non gli era ancora ricapitato.
"Credo lo abbia sentito anche tu…hai sentito in che stato era…"
Un brivido di disgusto scese lungo la schiena di Dana, che annuì. Si era svegliata con la consapevolezza che Riddle era di pessimo umore, lo sentiva dal Marchio inciso a fuoco sul suo fianco. E lui aveva chiamato tutti i Mangiamorte con una forza crudele, brutale. Si era accasciata a terra nella sua stanza a causa dei dolori, riuscendo miracolosamente a tenere nascosto il suo stato ai ragazzi. Ma Severus aveva dovuto rispondere a quella chiamata…
"Siamo arrivati da lui, e lui ci ha ordinato un rastrellamento…voleva divertirsi…" gli occhi di Severus erano come vuoti, non vi era luce in essi. Solo il ricordo di quelle ore terribili che gli opprimeva l’anima.
"Ha passato l’intera giornata con i Babbani che gli erano stati procurati e verso la fine del pomeriggio…ha dato vita al rito della purificazione e del fuoco."
Per un lungo istante Dana si sentì travolta dalla brutalità che quelle parole portavano con loro. Un altro non avrebbe potuto capire, nemmeno sentendoselo raccontare, ma lei aveva visto con i propri occhi quel rito disumano. Era entrata tra i Mangiamorte da poco eppure Riddle aveva voluto che anche lei fosse presente. Aveva poco più di nove anni e in quell’occasione, sebbene non fosse ancora passato dalla parte dell’Ordine, fu Severus ad aiutarla. Probabilmente era stato l’unico a capire che una bambina a quell’età non poteva fare certe cose, o forse era stato l’unico con il coraggio di parlare. Fu grazie al suo intervento che le fu concesso di non partecipare direttamente, ma comunque vide tutto. Vide quelle povere persone torturate per ore, con il fuoco. Ogni singolo Mangiamorte, per provare la propria devozione agli ideali di Voldemort, doveva accanirsi in un modo o nell’altro sulle vittime, ma sempre usando il fuoco.
Alla fine, quando ormai i corpi delle sventurate vittime cadevano al suolo, prive di vita e di una qualunque parvenza di umanità, allora arrivava il turno dei Mangiamorte. Il loro Marchio veniva forgiato nuovamente, la carne bruciata più in profondità. Così Riddle credeva di avere più dominio su ciascuno di essi, incidendo nei loro corpi il suo simbolo.
E Severus aveva dovuto rivivere tutto quell’orrore. Poteva solo immaginare la sofferenza che stava provando in quel momento. Certamente, come ciascuno degli altri Mangiamorte aveva dovuto infierire sulle vittime, aveva dovuto straziarne la carne con qualche incantesimo crudele.
Questa volta Dana non fu sufficientemente abile a trattenersi e una lacrima solitaria le scese lungo il volto. La scacciò via con gesto rabbioso, mentre la vista le si appannava. Ma ora era Severus ad avere bisogno di aiuto, era a lui che doveva pensare.
Gli si avvicinò di qualche passo, rendendo più manifesta agli occhi del Mago la sua presenza. Lui stava ancora fissando il vuoto, fatto prigioniero da scene strazianti e urla di dolore.
Con lentezza, Dana allungò una mano e la posò sulla spalla di Severus. Lo vide trasalire e volgersi a guardarla come se non fosse veramente lì. Il braccio sinistro, tremante e indolenzito, era ancora nascosto tra le pieghe del mantello.
Dana prese la bacchetta e richiamò da sotto il suo mantello una scatola tonda, di metallo. Senza chiedere il permesso e senza alcun segno di esitazione, prese la mano sinistra di Severus e gli fece allungare il braccio. Lui oppose resistenza ma Dana lo guardò negli occhi con una dolcezza che riuscì a disarmarlo. Gli fece stendere il braccio e arrotolò la manica, costringendosi a non lasciarsi impressionare da quello che avrebbe visto.
Sull’avambraccio di Severus vide un’indistinta macchia scura. Inizialmente credette fosse a causa della mancanza di luce, ma poi comprese che il Marchio era stato impresso così a fondo, quella volta, da rendere la carne tutta un’ecchimosi. Il serpente si muoveva ancora con la consueta ritmicità, ma ogni movimento si intravedeva a stento a causa del sangue raggrumato e della carne bruciata.
Gli occhi le si riempirono di nuovo di lacrime e il cuore parve volerle scoppiare nel petto.
Avrebbe dato qualunque cosa per risparmiargli quelle sofferenze, per impedirgli di affrontare situazioni che non avrebbero fatto altro che farlo sentire una pedina all’interno di quel gioco crudele. Era un essere umano, un uomo! Non era una bestia da marchiare a quel modo, così tanto in profondità da togliergli anche la più piccola briciola di dignità. Non era la ferita fisica a preoccuparla, ma quello che essa voleva dire per l’anima di Severus. L’ennesima condanna, l’ennesima dannazione, l’ennesimo sacrificio, l’ennesima occasione in cui lui gettava al vento la propria esistenza per pagare colpe antiche e ormai non rimediabili.
Con la mano che tremava, prese a spalmare sulla ferita la crema medicamentosa che era contenuta nella scatoletta di metallo.
Al primo contatto Severus sussultò. Era una sostanza fredda e pungente, ma sapeva che sarebbe stata oltremodo efficace. Le dita di Dana si muovevano con cura e delicatezza, attente a non premere troppo per non fargli male.
Eppure tremavano. Severus lo percepì distintamente. Non voleva farla soffrire, sapeva che non avrebbe dovuto raccontarle niente, ma non era riuscito a stare zitto. Aveva addosso una sensazione troppo grande e devastante per poterla controllare. Davanti a sé, quel giorno, si erano spalancate le porte dell’inferno e lui aveva dovuto procedere verso esse a passi decisi per non far correre rischi a nessuno. Se si fosse tradito, l’Oscuro lo avrebbe torturato talmente tanto da far cadere le sue difese mentali, e avrebbe scoperto della progressiva distruzione degli Horcrux. Questo non doveva accadere per nessuna ragione al mondo, perché altrimenti Potter non avrebbe avuto la benché minima possibilità di uscire vincitore dallo scontro con l’Oscuro.
E così si era costretto ad indossare di nuovo i panni del crudele e spietato assassino. Ma i volti delle persone urlanti di dolore e paura che erano morte quel giorno erano davanti ai suoi occhi in continuazione. Il silenzio riecheggiava delle loro grida. L’aria aveva l’odore della carne bruciata.
Chiuse gli occhi serrando con violenza le palpebre, pregando che qualcosa, qualunque cosa, lo colpisse in quello stesso istante e lo facesse crollare a terra privo di sensi, incapace di sentire o di ricordare, magari anche privo di vita.
Che valore poteva avere la sua esistenza dopo quello che aveva fatto? La consapevolezza di essersi ancora, brutalmente, macchiato le mani di sangue era devastante. A nulla valeva l’idea che aveva dovuto farlo per poter continuare a svolgere la sua missione.
Silente gli aveva detto che sarebbe stato in grado di affrontare qualunque cosa, perché era determinato e forte… Silente si sbagliava.
Ora che di nuovo aveva ucciso, ora che di nuovo aveva scelto di negare ogni sentimento di umana pietà, ora che aveva fatto ancora il suo maledettissimo dovere, aveva solo voglia di chiudere gli occhi e di non riaprirli più, per non vedere la persona che era costretto a essere.
Per cosa continuare? Per cosa preoccuparsi di avere un altro giorno da vivere?
"Severus…"
La voce di Dana risuonò lontana e debole. Quando Severus riaprì gli occhi la vide, incredibilmente più pallida del solito, le mani ora intorno alla sua.
Per cosa continuare? La risposta l’aveva davanti agli occhi. Per un attimo gli parve quasi di non riuscire più a respirare, tanto divenne forte in lui quella consapevolezza. Doveva tentare di combattere la terribile sensazione di buio che lo avvolgeva per lei, per la donna che amava.
Era entrato a far parte dell’Ordine per tentare di salvare la donna che a quel tempo amava e questo gli aveva dato una forza che non credeva di avere. Ora doveva ritrovare quella forza, doveva scovare in sé la fonte della volontà necessaria per andare avanti
Doveva proteggere Dana e per farlo doveva liberarla dall’Oscuro. Solo così lei avrebbe potuto tornare a vivere alla luce del sole.
Si, quello era un buon motivo per continuare, un buon motivo per andare avanti anche dopo terribili giornate come quella appena trascorsa. Erano quelle giornate, ormai, le sue nemiche più terribili, perché erano in grado di calpestare e distruggere ogni briciola della sua volontà, ogni briciola della sua determinazione, ogni briciola del suo coraggio. Avevano il potere di lasciarlo vuoto e del tutto privo di motivazione, ricoperto solo da una terribile sensazione di intolleranza e repulsione verso se stesso.
Persino i motivi veri che lo spingevano lungo quella follia gli parevano miseri e insignificanti, non meritevoli di tutto quel sacrificio.
Ma per lei poteva resistere ancora.
Solo che lei, ovviamente, non doveva saperlo.
"Va meglio?"
"Si." Rispose semplicemente, con un sussurro. "Ora devo andare…"
Dana gli sorrise, e Severus dovette trattenersi per non attirarla a sé e abbracciarla.
"No, non ancora. Vieni, devo farti vedere un posto."
Severus esitò un attimo, poi scrollò la testa e fece per sottrarre la mano dalla presa di lei, ma Dana non glielo permise.
"Non essere così testardo. Hai bisogno di riprenderti."
In poche parole aveva detto molto più di quello che sembrava. Severus la guardò e si rese perfettamente conto che Dana aveva percepito la disperazione che provava nella sua interezza.
"Non puoi aiutarmi…" sospirò, distogliendo lo sguardo da lei.
"Invece si. Ma devi fidarti di me. Ti fidi?"
Lo aveva chiesto con un filo di voce, come se temesse una risposta negativa. Eppure sapeva bene che non aveva motivo per dubitare.
Vedendo che lui non si opponeva, Dana continuò a parlare.
"Ho scoperto un nuovo, fantastico utilizzò delle mie facoltà. L’incantesimo non è difficile, e credo sia proprio quello che ti ci vuole. Siediti…"
Severus la guardò perplesso per un attimo, poi annuì e si sedette a terra incrociando le gambe, incurante della neve fangosa. Dana fece altrettanto, mettendosi di fronte a lui. Gli prese la mani e gli sorrise, mentre chiudeva gli occhi. Severus fece altrettanto.
Qualcosa di caldo e rassicurante si diffuse d’un tratto nel suo corpo a partire dalle mani e ben presto non fu più padrone della sua mente. In essa c’era solo ciò che Dana gli faceva vedere, solo le sensazioni che lei aveva deciso di trasmettergli. Ed era tutto tranquillo, sereno, confortante.
Davanti a lui c’era un paesaggio sconfinato, meraviglioso, di una natura rigogliosa, selvaggia, in cui regnava equilibrio. Quello che poteva percepire era quiete, pace, sicurezza.
E poi anche tenerezza, infinita tenerezza. Quella era Dana.
La sua presenza era costante, silenziosa e tenace, ma anche infinitamente paziente, devota come non si sarebbe potuto immaginare.
Fu soprattutto la presenza della giovane donna ad aiutarlo. Lei era l’unico aiuto di cui avesse bisogno, l’unico unguento per la sua anima.
Lentamente le forze gli tornarono e il suo cuore trovò un po’ di pace e di serenità. Ma lei ancora lo tenne in quel posto meraviglioso, e Severus lasciò che ogni secondo passato in quello strano posto lo aiutasse a ricostruire la sua forza, così duramente provata dagli avvenimenti di quell’orribile giornata.
Solo dopo un tempo che gli parve infinito Dana ruppe l’Incantesimo, riportandolo alla realtà.
Riaprì gli occhi e incrociò lo sguardo di lei, ferma immobile.
"Ora hai di nuovo le forze per andare avanti, ma non pretendere troppo da te stesso. Sei il giudice più accanito per la tua anima. Devi riuscire a non giudicarti Severus."
Lui liberò le mani dalla presa di Dana, senza però smettere di guardarla. Le allungò verso il suo viso e le sfiorò le guance, lasciandola sorpresa e con il cuore che si gonfiava di gioia.
"Sono sopravvissuto fino ad ora con il mio giudizio sulle spalle. Credo di potercela fare ancora per un po’. Ma ora non è su questo che dobbiamo concentrarci. Se alla fine della guerra avremo ancora una vita di cui disporre, potremo riparlarne."
Dana non replicò, sapendo che era del tutto inutile. Inoltre non aveva più molte forze. Non voleva darlo a vedere, ma l’Incantesimo fatto era di una potenza incredibile e le aveva prosciugato quasi tutte le energie.
"Già. Discutere con te di questo è sempre stata un’impresa persa in partenza" sospirò Dana, sorridendogli debolmente "Ora la cosa più importante è che tu ti riposi. Prendi una Pozione per dormire senza sogni prima di andare a letto, in questo modo l’effetto del mio Incantesimo durerà di più."
Lui annuì e si rialzò, imitato da lei.
"Quando andrete a distruggere l’ultimo Horcrux, chiamami."
"Ne sei certo?" chiese lei, decisamente scettica in merito.
"Si, assolutamente."
Dana annuì e sospirò mentre lui si allontanava di qualche passo.
"Dana…" disse a bassa voce Severus, guardandola intensamente "Grazie."
Lei rimase a bocca leggermente aperta e non seppe che rispondere. Poche volte l’aveva ringraziata, e quasi mai con quello sguardo. Ma anche volendo, non avrebbe potuto dirgli nulla perché lui si Smaterializzò subito.
Rimasta sola, Dana si aggrappò all’albero più vicino mentre le gambe la tradivano e la facevano scivolare pesantemente a terra.
In un gesto quasi automatico, si portò le mani alle spalle e si tenne stretta, mentre lasciava sgorgare tutte le lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento.
"Se ti succederà qualcosa, amore mio, non lo sopporterò…"
 
Il buio era ormai calato da un pezzo e lui era in ritardo. Greyback forse non ci avrebbe fatto caso, ma Remus era convinto di non dover tirare troppo la corda. Già era un miracolo se ancora non lo aveva scoperto…
Eppure quella sera non aveva proprio potuto fare diversamente, l’Ordine aveva chiamato per un’emergenza e lui aveva risposto. Ormai i Mangiamorte erano ovunque e parevano intenzionati a seminare il terrore come e più rispetto a diciassette anni prima, quindi accadeva sempre più spesso di dover intervenire in attacchi portati contro Mezzosangue e Babbani. Per fortuna Harry era tenuto fuori da tutto quello…
Il pensiero di Harry era una delle poche cose che lo costringeva a continuare quella farsa assurda. Voleva aiutarlo, voleva tentare di alleggerire il terribile fardello che quel ragazzo portava sulle spalle, e voleva vederlo trionfare per poi potersi permettere di vivere la vita da ragazzo che fino a quel momento gli era sempre stata negata.
E poi c’era Tonks, ovviamente. Si, anche per lei si costringeva ad andare avanti, ma si sentiva ancora oltremodo egoista nell’aver ceduto ai sentimenti. Per questo aveva deciso di buttarsi a capofitto, più di prima se possibile, nella sua missione per l’Ordine.
E ora stava facendo di nuovo tardi.
"Beh, Remus, non puoi pretendere l’impossibile. Anche se sei un Mago, non hai il dono dell’ubiquità."
Il bosco era silenzioso e umido, l’aria gelida e penetrante dell’inverno stava prendendosi gioco dei suoi logori abiti, e la neve mista a fango decise di tradirlo miseramente, facendolo scivolare a terra.
Trattenendo un’imprecazione, Remus posò le mani a terra e fece per rialzarsi quando un Crack secco lo fecero bloccare all’istante.
Portò velocemente la mano all’impugnatura della bacchetta e si guardò attorno, rimanendo fermo a terra. Poco oltre a lui, una figura si mosse allontanandosi e andando a raggiungere il covo dei Lupi.
Alzandosi senza fare rumore, Remus la seguì e si tenne nascosto dietro un grosso albero per poter capire chi fosse il nuovo venuto. Fortunatamente il vento era a suo favore e Greyback difficilmente avrebbe potuto sentire il suo odore. Anche da umano ormai riusciva ad annusare… reprimendo un brivido di disgusto e odio, Remus si impose disciplina e si concentrò sulle voci che ora gli giungevano chiare.
Il nuovo venuto cominciò a parlare e il sangue di Remus si ghiacciò all’istante, mentre la mano si stringeva spasmodicamente sulla bacchetta. L’istinto lo avrebbe portato a uscire e uccidere quel maledetto traditore, ma non sarebbe servito a nulla se non che a condannarlo a morte.
Peter Minus, decisamente più tremante e rannicchiato su se stesso del necessario, stava chiedendo di parlare direttamente con il Capo Branco.
Forse gli Uomini Lupo non avrebbero acconsentito tanto facilmente se si fosse trattato di qualcun altro, ma Minus era un Mangiamorte…
Dopo alcuni attimi di brusio calò il silenzio e Remus seppe, da dietro il suo albero, che Greyback era arrivato.
Una parte di lui avrebbe voluto vedere la faccia di Peter al cospetto di quel mostro che era diventato Greyback, ma dopo l’agguato fatto nel negozio di Sinister non sarebbe stato prudente. Peter ora sapeva con assoluta certezza da che parte stesse Remus, e non era ancora il caso di far saltare la propria copertura.
Estraendo dalla tasca un paio di Orecchie Oblunghe gentilmente fornite dai gemelli, Remus si mise all’ascolto della conversazione senza però lasciar andare l’impugnatura della bacchetta.
"Bene bene…Codaliscia! Credevo non avresti mai avuto il coraggio di venire qui da solo! A cosa devo l’onore!" esclamò beffardo Greyback.
"Eseguo un ordine dell’Oscuro! Egli dice che dovete tenervi pronti per svolgere la missione di cui ti ha già parlato. Ha raccolto ormai quasi tutte le informazioni necessarie per la riuscita dell’operazione."
La voce di Minus era stridula e decisamente tremante, nonostante all’inizio avesse tentato di darsi un tono più composto.
Una risata molto simile ad un latrato uscì dalla bocca di Greyback e alcuni degli altri Uomini Lupo si unirono a lui.
"Di cosa diavolo stanno parlando! Greyback non ha mai accennato a nulla di simile!"
"Sei idiota o cosa? Se il Signore Oscuro vuole il nostro aiuto, vuol dire che ci vuole trasformati in lupi, perciò dovremo aspettare per forza la prossima luna piena! Non ha senso tenerci pronti!"
Ancora risate, e Remus non poté non notare lo strano silenzio di Peter. Se lo conosceva bene, in un momento di umiliazione e difficoltà come quello avrebbe dovuto cominciare a balbettare qualcosa del tipo "eseguo solo un ordine" oppure "è il Signore Oscuro a decidere". Sciocchezze del genere.
Invece da parte sua c’era solo silenzio. La risata scemò lentamente e solo allora Peter ricominciò a parlare, ma con estremo sconcerto di Remus, si espresse quasi con divertimento.
"Oh, no! Sono sicuro di quello che ho detto!" esclamò prima di ridere a sua volta con un suono acuto e fastidioso "Il Signore Oscuro, nella sua incredibile e sconfinata potenza, ha trovato il modo per risvegliarvi anche senza bisogno della luna piena!"
Il silenzio che cadde attorno a loro fu così surreale che per qualche secondo Remus si convinse di aver solo immaginato quella conversazione. Non era possibile…era un’assurdità! Se fosse stato vero sarebbe stata una cosa troppo orribile e pericolosa… ma proprio per questo probabilmente Voldemort l’aveva trovata utile. No, non era possibile…
Ed evidentemente anche Greyback doveva essere del suo stesso avviso.
"Cosa stai blaterando, piccola pulce rognosa?" ringhiò facendo dei passi avanti e afferrando Minus per il collo. Minus squittì e cercò di liberarsi, ma senza successo.
"Ti ho detto la verità! Egli può risvegliarvi! C’è una sostanza che può farlo, se unita ad un incantesimo Oscuro. E lui l’ha trovata!"
Un tonfo sordo annunciò la misera caduta a terra di Minus.
"Spero per te che sia vero. Se scopro che mi hai mentito sarai onorato di ricevere le mie più terribili attenzioni! Comunque dì all’Oscuro che siamo comunque sempre a sua disposizione."
Minus si rialzò e Remus si sporse appena per poter vedere quando si sarebbe Smaterializzato. Il Crack della Smaterializzazione del suo ex amico avrebbe coperto anche la sua.
 
"Ma è inconcepibile! Come può essere?" sbottò Ron osservando con fare orripilato la McGranitt.
"Non ne ho idea Signor Weasley, ma Lupin è stato preciso nel suo rapporto. I Lupi Mannari stanno per eseguire un ordine di Voi-Sapete-Chi, e non abbiamo idea del quando. Il fatto che possano essere trasformati a comando rende il tutto piuttosto incerto."
"E l’obiettivo? Sa già cos’è?" intervenne Hermione, ormai in piedi da diversi giorni.
La McGranitt sospirò e guardò la ragazza da sopra i suoi occhiali per qualche lungo secondo prima di parlare.
"Non lo sappiamo. Lupin è tornato tra loro e sta cercando di far parlare Greyback, ma per ora non c’è riuscito e di sicuro non può insistere troppo, per evitare di dare nell’occhio."
"Ma avrete delle ipotesi…" disse Dana, appoggiata contro la parete del salotto e la mente impegnata a capire quale Incantesimo avesse scovato Voldemort per ottenere un risultato così terribile e innaturale.
"Si…crediamo che voglia trovare voi tre." Ammise la McGranitt, mentre Ron spalancava la bocca per dire qualcosa ma senza trovare le parole. Hermione si irrigidì e non disse nulla.
Solo Harry non rimase troppo sorpreso.
"Può usarli per far annusare loro le nostre tracce…"
La Preside annuì e gli lanciò una di quelle occhiate che non presagivano nulla di buono.
"Ora, Potter, so che non ti piacerà quanto sto per dire, ma dobbiamo stare attenti e…non voglio che usciate di casa. Qui siete protetti per via dell’Incantesimo che la Signorina Granger ha lanciato sull’edificio, ma fuori di qui sareste dei bersagli facili. E soprattutto, lascereste tracce che potrebbero trovare."
"Ci sta dicendo che dovremo rimanere rinchiusi qui? E per quanto?"
"Per il tempo necessario!" ribatté severa lei, guardandolo con determinazione "Non possiamo lasciarvi così esposti, te ne devi rendere conto! Quanto Lupin avrà capito di cosa si tratta esattamente potremo rivedere queste condizioni, ma fino ad allora non vi muoverete! Se ci abbiamo visto giusto e l’obiettivo siete voi, sarete subito spostati da qualche altra parte, altrimenti potrete riprendere le vostre attività…"
"E con l’Horcrux? Non abbiamo ancora avuto modo di andare a vedere…" ricordò Ron,
"Per il momento lascerete stare."
"Cosa?!?" sbottò Harry, ma Dana intervenne.
"La McGranitt ha ragione, Harry. Non potete correre rischi, sarebbe piuttosto stupido."
"Ma l’obiettivo potremmo non essere noi…"
"Si, Signoria Granger, ma non ne siamo ancora sicuri. Se non siete voi, lo scopriremo presto…comunque non vedo cos’altro possa volere proprio dai Lupi Mannari…"
"Azkaban." Disse semplicemente Hermione, fissando la Preside con aria innocente.
"Azkaban? Che vuoi dire?"
"Vuol dire che l’obiettivo potrebbe essere la libertà dei Mangiamorte rinchiusi nella prigione." Precisò Ron, ed Hermione annuì.
"Dite che Riddle possa rivolere con sé tutti i suoi fedeli?"
"Si, e questo non presagirebbe nulla di buono. Vuol dire che si sta preparando per qualcosa di grosso…"
"A maggior ragione, per quel momento tutti gli Horcrux dovranno essere distrutti. Lupin deve farci sapere al più presto se possiamo muoverci o no." Disse Harry rivolto alla McGranitt.
"Allora fino a quel momento mi promettete che rimarrete qui tranquilli?"
"Non vedo alternativa." Disse Harry con evidente stizza.
"Bene. Allora vedrò di farvi sapere al più presto. Ma nel frattempo, Dana, se dovesse esserci bisogno…"
"Penserò io ai ragazzi."
"Si, non ne dubito, ma potrebbe esserci bisogno di te anche altrove. Combatteresti contro i Lupi, se dovesse essere necessario?"
"Mi sta chiedendo se ho paura di affrontarli?" chiese Dana con un filo di voce, gli occhi improvvisamente animanti da una durezza terrificante.
"No, non paura. Quella non sarebbe un problema. Te la sentiresti?" ripeté la McGranitt, e dallo sguardo che si lanciarono le due donne, Harry capì che c’era qualcosa, ancora, che non sapeva.
"Non si preoccupi. Se avrete bisogno, potrete contare su di me."
La McGranitt annuì e si mosse verso i ragazzi.
"Mi raccomando, avete dato la vostra parola!"
Ron annuì a malincuore e Hermione con lui. Solo allora la McGranitt si Smaterializzò dalla stanza, lasciandoli soli.
"Perché ti ha fatto una simile domanda?" chiese Harry, dopo diversi secondi di silenzio, durante i quali erano rimasti tutti fermi immobili.
Dana lo guardò e capì di non poter eludere anche quella domanda, non sarebbe stato giusto. E poi, parlare di quell’argomento non era pericoloso. Al massimo, doloroso…
"Mio fratello, che aveva due anni più di me, fu morso da un Lupo poco prima di iniziare Hogwarts. Non ne sono certa, ma credo si sia trattato dell’ennesimo atto di intimidazione nei confronti della mia famiglia. Silente gli propose di frequentare ugualmente la scuola, visto che in passato era già successo che un ragazzo come lui fosse arrivato a Hogwarts. Mia madre non fu d’accordo…aveva troppa paura."
Dana si interruppe e per un attimo rivide con nitidezza disarmante il volto sorridente del fratello mentre la costringeva ad arrampicarsi con lui su un albero.
"Gregory soffrì terribilmente per quella decisione, che andò a rendere ancora più cupi quegli anni. La caduta di Voldemort non fu sufficiente per cambiare le cose, perché in due anni era cambiato così tanto a causa della rabbia, che era diventato un pericolo quasi anche per noi. Non solo durante le trasformazioni… E così non gli fu possibile iniziare la scuola con me."
Hermione si portò le mani alla bocca e trattenne con ostinata determinazione le lacrime. Ron invece aveva lo sguardo perso nel vuoto. Bill era stato più fortunato…
Harry si avvicinò a Dana e le riservò uno sguardo carico di solidarietà.
"La McGranitt mi ha fatto quella domanda perché si ricorda fin troppo bene cosa accadde dopo…vedi, Gregory era sempre stato terribilmente attaccato a mia mamma. Dopo il morso, ebbe solo lei e me. Mio padre venne tenuto in ostaggio per potermi meglio controllare, ma dopo la caduta di Voldemort il Mangiamorte che lo aveva in consegna non fu subito trovato. Era Rodolphus Lestrange…credo che si sia dimenticato di lui per andare a torturare i Paciock…e poi fu preso. Solo allora riuscimmo a sapere dove era stato lasciato mio padre, ma era passato ormai troppo tempo…"
"Era già morto…" sussurrò Harry, con lo stomaco che gli si contorceva per la durezza di quel racconto. Dana annuì e si mosse, andando davanti alla finestra e perdendo lo sguardo oltre il vetro.
"Si. Ma almeno potemmo seppellirlo. Per Gregory non andò così…
"Aveva quindici anni quando successe. Durante una trasformazione mia madre lo legò come sempre con le catene, ma non si accorse che una di loro aveva ceduto, così lui riuscì a liberarsi e…la aggredì. Io non c’ero, ero a scuola, e non c’erano altri ad aiutarla. Non so come, ma riuscì a non farsi mordere e a non farsi uccidere, però quando Gregory si riprese e la trovò ferita e sanguinante nel salotto, capì cosa era successo. È scappato via quella mattina stessa e non lo abbiamo trovato per mesi. Poi due Agenti del Ministero ci hanno portato…"
Si bloccò bruscamente, mentre le mani si stringevano con presa ferrea sulle balze della gonna lunga.
I tre ragazzi non fiatarono, rispettosi di quel silenzio che preannunciava un ulteriore terribile dettaglio di quella storia che aveva quasi dell’assurdo.
"Ci hanno portato un’urna e una lettera. Si era ucciso, e aveva fatto un Incantesimo all’urna perché vi finissero dentro le sue ceneri, una volta che il suo corpo fosse interamente bruciato sulla pira che aveva costruito.
"Prima di simulare la mia morte ho dato la caccia al Lupo che contagiò mio fratello, ma non lo trovai. Non sono nemmeno sicura che si tratti proprio di lui…"
"Greyback?" chiese Harry.
"No, il suo secondo, se così vogliamo chiamarlo. Un certo Fellington. E la McGranitt evidentemente sa che se me lo trovassi davanti non sopravvivrebbe."
Harry rimase fermo per un po’, consapevole che quello di cui stava parlando Dana era vendetta pura e semplice. Non avrebbero dovuto essere mossi da simili sentimenti, ma dopo tutto quello che avevano passato con che coraggio avrebbe potuto dirle di lasciar perdere? Proprio lui poi, che in fin dei conti aveva fatto della vendetta una delle sue motivazioni.
Certo, per lui e la sua coscienza forse sarebbe stato più semplice perché lo avrebbe portato a fare la cosa giusta, ma in fin dei conti era pur sempre vendetta.
Dana si volse a guardarlo e non ci fu bisogno di parole, solo di uno sguardo con il quale comunicare l’unica certezza che potevano garantirsi l’un l’altro in quel momento. Non erano soli nell’affrontare quella follia.
 
Aveva comunicato a Severus le notizie portate dalla McGranitt ormai da diversi giorni, e lui aveva detto di non saperne nulla. Ora era lì, ferma contro quel palo della luce, mentre il sole si alzava all’orizzonte e la sua luce si infrangeva contro le goccioline della nebbia che aveva fatto la sua ricomparsa da due giorni. I Dissennatori erano di nuovo in circolazione e rendevano il clima ancora più invivibile del solito.
Le case erano silenziose e ancora immerse nel sonno e nessuna macchina passava di lì. Del resto, era un quartiere residenziale molto tranquillo, e decisamente nella norma. Beh, forse un po’ squallido e triste, ma non era l’unico.
In lontananza vide una figura avanzare verso di lei, ma la nebbia non le permise di identificarla bene fino a quando non fu a pochi metri di distanza.
"Sei qui da molto?" chiese Severus, incrociando lo sguardo di Dana.
"No, non molto. E poi comunque non farebbe differenza, non dormo più molto."
Severus si avvicinò e lanciò uno sguardo guardingo alla via deserta.
"Non posso esserti di molto aiuto questa volta. Non ho idea di cosa l’Oscuro stia architettando. Questa è una delle cose che continua a tenermi nascosta…"
"Allora questa sua diffidenza continua…"
"Si." Sibilò Severus con rabbia "E non riesco a venirne a capo. Ho provato a leggere la mente di Codaliscia, ma non vi ho trovato molto. In realtà mi sfugge più che può e cerca sempre di non guardarmi negli occhi. Non posso forzarlo o mi scoprirebbe…e ho provato anche a far indagare Draco, però nemmeno lui ha ottenuto risultati. Credo sia un cosa che sanno solo l’Oscuro e Codaliscia…"
"E questo ci lega le mani."
"Si, del tutto." Convenne Severus, e dalla sua voce emersero frustrazione e rabbia.
Tanto lavoro e tanti sacrifici per cosa? Per nulla! Per non riuscire a carpire nemmeno i piani più banali dall’interno.
"Non aver timore, Severus. Ne verremo a capo…ma, dimmi una cosa…perché hai affidato una simile missione a Draco? Ti fidi proprio di lui?"
Quell’idea non le andava giù.
"Si, assolutamente! L’ho visto crescere in questi anni, sono sempre stato presente, e ora lo sto vedendo cambiare. Era un ragazzino sciocco, ambizioso e poco ponderato, decisamente troppo ansioso di diventare come suo padre, ma nello stesso tempo troppo desideroso di fare le proprie conquiste, in autonomia, reggendosi su gambe ancora troppo deboli per gli obiettivi cui mirava, e soprattutto senza cura del prezzo da pagare. Tipico dell’età…
"Eppure, quando si è trovato a dover per forza piegare la testa per evitare il pericolo alle persone che ama, ha trovato la forza di aprire gli occhi, di guardare in faccia l’orrore cui suo malgrado si è trovato ad andare incontro."
"E ora credi che sia in grado di capire qual è la strada giusta da percorrere?"
Severus fissò gli occhi di Dana e annuì, tradendo con lo sguardo la convinzione profonda che lo animava.
"Se Riddle facesse appello alla sua ambizione?" insistette Dana "Tu stesso hai detto che Draco ha sempre mirato a fare le sue conquiste…"
"Un simile pericolo è stato scongiurato dal legame che ha instaurato con me. Mi sono preoccupato di tenerlo al sicuro, lontano dalle missioni più pericolose, protetto dai riti più crudeli, ho evitato che i suoi occhi vedessero il sangue o che le sue orecchie venissero ferite dalle urla più strazianti, gli ho lasciato il tempo di assimilare nuove verità e gli ho permesso di chiedermi tutte le cose che avesse bisogno di sapere…in sostanza, ne ho preservato l’anima, come mi aveva chiesto Silente…"
Un basso, fremente sospiro gli sfuggì dalle labbra e i suoi occhi per un attimo furono velati da un’ombra scura. Tuttavia Severus era un ottimo attore, oltre che un ottimo Occlumante, e in un attimo la reazione suscitata dal pronunciare il nome di Silente fu fatta sprofondare in fondo all’anima, invisibile agli occhi di chiunque, ma ancora perfettamente presente in lui.
Perfettamente percepibile da Dana, attenta ad ogni più piccola manifestazione dell’uomo che aveva di fronte. Ma quello non era il momento per consolare.
"Draco sa tutto questo, lo ha capito. E ha capito che tutto è stato fatto perché la sua anima è la cosa più preziosa che ha. Ora credo che sia lui stesso a volersene prendere cura."
"Mi auguro per te che sia veramente così…diciassette anni sono pochi per capire veramente cosa è meglio fare, se prima non si ha mai dovuto affrontare nulla…"
"Non ho dubbi su Draco." Ribadì fermamente Severus "Del resto, il ragazzo ha cominciato a capire come stessero le cose già prima del mio intervento. A parole ha sempre alzato uno scudo di tracotanza e ambizione davanti a sé quando cercavo di avvicinarlo, ma il vero motore delle sue azioni è stato il disperato tentativo di proteggere le persone per cui prova amore."
"L’unico vero potere che Riddle non può capire o controllare."
"Si, e per questo non può prevederne gli effetti. Questo lo ha fatto perdere con Draco."
Dana annuì, sapendo perfettamente quanto potente potesse essere il sentimento che Harry avrebbe dovuto usare per distruggere il suo nemico. Del resto, quel sentimento la stava tenendo radicalmente legata ad un uomo come Severus Piton da dieci lunghi anni.
"E dell’Incantesimo hai scoperto nulla?" chiese, più per sottrarsi a pensieri pericolosi che altro.
"Non ne sono certo." Disse stropicciandosi gli occhi con una mano "Ma nei miei libri c’è un’indicazione su un Incantesimo di risveglio delle parti sopite di una persona. È un Incantesimo che ha effetti simili alla Pozione della Verità, solo che anziché far emergere i segreti e il vero, fa emergere le pulsioni naturali e istintive. Non so se si tratta proprio di questo."
"E ci sono possibilità di renderlo reversibile?"
Severus sospirò e la guardò con autentica preoccupazione.
"Nessuna. Solo chi ha scagliato l’Incantesimo può riportarlo indietro."
"Oddio…" bisbigliò Dana "Allora Remus…se dovesse essere coinvolto…"
"Difficilmente lo recupereremmo. Deve essere l’Oscuro a far terminare l’Incantesimo. A questo sto lavorando, ma sarà difficile…"
"Cos’hai in mente?"
"Una Pozione. Incrociando gli ingredienti del Veritaserum con alcuni di annullamento dell’Incantesimo forse si otterrà qualcosa, ma non lo sapremo fino a che non ci troveremo di fronte al problema."
"Mh, bella prospettiva…"
"Lo so, ma diversamente non potremo fare."
"Allora speriamo che basti, Severus, o il problema sarà più grande di quel che crediamo. Non sono persuasa che Voldemort voglia annullare l’incantesimo con rapidità."
"E’ quello che temo anch’io. E con tutti quei Mannari in libertà anche non con la luna piena…"
"…sarà una situazione che permetterà lui di agire indisturbato…e se lo stesse facendo come diversivo?"
Severus la guardò e rimase in silenzio. Ci aveva pensato anche lui, ma non ne era persuaso affatto. No, il vero problema era la missione affidata ai Lupi.
"Vedremo. Ora devo andare, qualcuno potrebbe vederci." Disse secco all’improvviso, mentre distoglieva lo sguardo dal volto concentrato di Dana.
Ma in realtà avrebbe preferito non farlo, anche se si sentiva nel torto ogni volta che ammetteva con se stesso il bisogno che aveva di lei. In fin dei conti, non la meritava.
La convinzione per quei pensieri fu tale da permettergli di arrivare fino in fondo nell’accurata opera di dissimulazione necessaria per evitare che Dana si accorgesse di quel radicato e profondo bisogno di lei che ancora, nonostante tutto, aveva.
E funzionò.
"Si, lo so." Sospirò lei, consapevole di non poterlo trattenere come invece avrebbe desiderato, ma ignara del fatto che Severus avrebbe voluto lo facesse.
Severus annuì, amaramente trionfante in quel loro piccolo segreto confronto, e dopo un attimo si allontanò con rapidi passi lungo la via ancora deserta, mentre Dana rimaneva ferma a guardarlo sparire.
 
 
 
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Capitolo 13
*** Attacco ad Azkaban ***


12 attacco ad azkaban
EDVIGE86. Carissima! Ben trovata! Qui tutto bene, anche se oggi mi è preso un colpo quandoho visto che EFP non era accessibile! Grazie a chi di dovere per la risoluzione del problema! A costo di essere ripetitiva, ti garantisco che mi fa assolutamente piacere ritrovarmi con commenti lunghi, perchè adoro parlare di Harry Potter, quindi non farti MAI problemi. Tutti i commenti e le impressioni sono assolutamente ben accetti!
Vedo che abbiamo proprio la stessa visione dei libri. Concordo in pieno con te sull'analisi del quinto libro, soprattutto per quel che riguarda la parte di Harry. Si comporta come un ragazzino immaturo. Per fortuna JK nel sesto lo fa maturare, altrimenti ci sarebbe stato di che straparsi i capelli.
Anche per quel che riguarda Ron siamo d'accordo. Quando ho capito che si sarebbe avvinghiato a lungo con Lavanda ho avvertito una precisa e intensa rivolta del mio stomaco, ma JK come sempre riesce a stemperare il tutto con scene come quella dei canarini. Si, è stata assolutamente esilarante, ma alla fine mi ha fatto venir ancora di più il nervoso. Santo cielo, come dici tu, più chiaro di così cosa provi Hermione! Spero tanto tanto tanto che nel prossimo libro Ron e Hermione ci diano un pò di soddisfazione!
Ah, dici che Voldy possa voler colpire Ron e Hermione? Beh, il capitolo di oggi spiegherà quale sia il suo piano, e per il momento i due amici di Harry sono al sicuro...per il momento... e fra l'altro, la famiglia Weasley, almeno nella mia storia, non sarà esente da attacchi specifici e...altro.
Davvero stavo facendoti commuovere con quello che racconta Severus? wow... Beh, riconosco che il pezzo non è dei più leggeri. Ciò che volevo esprimere era proprio la sofferenza estrema dell'anima di Severus, tale da spingerlo a chiedere l'aiuto di Dana, cosa che altrimenti non farebbe per nessun motivo. Mi fa piacere vedere che sono riuscitra nel mio intento!
Infine, Draco. Ah, il giovane Malfoy è e rimarrà il giovane Malfoy, ma proprio per questo avrà qualche possibilità. In fin dei conti JK ce lo ha mostrato come mai prima di allora nel sesto libro. Nonostante tutto il ragazzo ha carattere e soprattutto cerca di lottare per i propri cari. Cento punti per lui!
Spero che anche questo capitolo ti piaccia come gli altri! Anche qui non si scherza...
 
Astry_1971. Ciao! Davvero procediamo in parallelo? Posto il capitolo e poi volo a leggere il tuo! Ah, concordo con te sul fatto che anche prima dell'omicidio di Silente, Harry odiasse Severus con un pò più enfasi del dovuto. Fra l'altro, pare si sia dimenticato di quello che ha visto nel pensatoio. Tornerò sul tema, in un certo senso, ma è come se tra Severus e Harry ci fossero dei parallelismi che entrambi si rifiutano di vedere. Eppure la scena che Harry vede nel pensatoio dovrebbe ricordargli più spesso che in fin dei conti Severus è stato emarginato e sbeffeggiato esattamente come molte volte è successo a lui.
Remus non morirà, lo prometto, anche perchè è un personaggio che amo e non riuscirei proprio a fargli una cosa simile. Però non gliele risparmio. Tra questo capitolo e il prossimo se la vedrà piuttosto brutta...e certo Severus avrà un ruolo importante per risolvere una situazione a dir poco preoccupante e pesante da gestire. Caro il mio Severus, non posso negargli certi ruoli di merito. Caspita, se JK non lo riscatta, almeno ci penso io!
 
kagome chan. Eccoti qui! Bene, la tua curiosità sul ruolo dei lupi verrà immediatamente placata. Abbi pazienza, in questo capitolo Severus non c'è, ma al prossimo potrai riadorarlo, anche perchè, tutto sommato, farà qualcosa che evidenzierà il fatto che anche lui ha un cuore e dei sentimenti. povera stella mia, mi fa tenerezza solo pensarci!
 
redistherose. Che bello! Una new entry! Felicissima di leggere la tua recensione, e assolutamente lusingata per il complimenti!
Eh, si, il popolo dei sostenitori di Severus è più numeroso di quel che si possa sospettare. Beh, povero, almeno che abbia qualcuno di noi dalla sua parte!!!
Sai che non sapevo assolutamente delle censure dell'editore americano?!?! Spero però che per il caso Severus/Lily le cose vadano diversamente. Del resto, se è vero (come spero) che c'era qualcosa tra i due, la faccenda assumerebbe un peso notevole, non eliminabile e non indifferente ai fini della sotria. Conto molto su questo...si dice che la speranza sia l'ultima a morire...
Certo, condividi il fatto che nella storia originale non possano esserci dubbi sulla paternità di Harry perchè, come hai ricordato tu, è assolutamente identico a James (Grrrr), e comunque non ce la vedo JK che basa tutta la storia su un figlio illegittimo avuto da Lily con il nemico di scuola del marito. Però, per quanto mi riguarda, sarebbe una cosa dai risvolti psicologici notevoli e interessanti da affrontare in una FF.
Per Remus, beh, un pochino dovete tremare. Non morirà, come ho già detto, ma Remus, come Severus, fa ciò che deve, pagandone le conseguenze.
Ah, fantastico il tuo spirito di osservazione che ha colto gli sguardi di simpatia tra Dana e Tonks! Non è una cosa casuale, perchè si giustifica esattamente come hai detto tu! Sai, credevo che alla fine nessuno se ne sarebbe accorto. La tua osservazione mi fa piacere perchè il legame tra le due è importante, non tanto ai fini della storia, ma piuttosto perchè è la trasposizione di una sorta di progetto comune tra me e una mia amica, accanita fan di Tonks. Fin dall'inizio della progettazione dei capitoli ho sempre avuto in mente questa sorta di silenzioso legame tra le due, compagne fedeli e ostinate di uomini in bilico tra due nature diverse, impegnati in missioni pericolose e per questo decisi a tenerle lontane. 
Spero che anche il resto della storia ti piaccia!
Ah, un bacino al piccolo Stefano! 
 
 
Ragazzi, preparatevi ad un capitolo un pò più movimentato del solito. Spero che il "montaggio" renda a sufficenza!
Abbracci a tutti!
 
Attacco ad Azkaban
 
Aggrappandosi con disperazione assoluta al tronco dell’albero che aveva di fronte a lui, Lupin stava lottando con estenuante determinazione contro la trasformazione innaturale che stava straziando il suo corpo.
Greyback li aveva chiamati tutti al raduno pochi minuti prima e aveva detto loro che quella sera ci sarebbe stato di che divertirsi. Non ci fu bisogno di ascoltare il resto del discorso per capire cosa stesse per succedere. Comparendo dal nulla in una nuvola di fumo nero, Voldemort si rivelò in tutta la sua potenza, con gli occhi rossi impegnati in un’attenta analisi del gruppo. Passò silenzioso anche sopra la testa di Lupin, improvvisamente consapevole di non poter far altro che subire. Se si fosse allontanato prima del tempo, avrebbe fatto capire il suo ruolo di spia e allora i piani di Voldemort sarebbero stati semplicemente posticipati nel tempo. Doveva rimanere, scoprire cosa volesse fare e farsi scagliare contro l’Incantesimo che lo avrebbe trasformato in un Lupo nonostante non ci fosse luna piena. Solo allora avrebbe potuto tentare di comunicare quanto scoperto all’Ordine.
Ma ora che stava trasformandosi, ora che il suo corpo si contraeva per assumere l’innaturale forma che lo torturava ogni mese, non aveva idea del come fare. Nessuno degli altri si stava Smaterializzando per comparire dove dovevano essere, e se lui lo avesse fatto si sarebbe tradito.
Affondò crudelmente le unghie nel tronco, mentre gli spasmi della trasformazione lo scuotevano. Poi una risata divertita e un Crack improvviso. Voldemort se n’era andato, probabilmente convinto di aver compiuto la sua opera. Rotolandosi dietro il tronco, perché nessuno potesse vederlo, Remus si concentrò e si Smaterializzò, ricomparendo pesantemente nell’unico posto che la sua mente annebbiata riuscisse a focalizzare con sufficiente lucidità.
Tonks sobbalzò ed estrasse immediatamente la bacchetta quando vide l’ombra scura del Mago rotolarsi sul pavimento della piccola casetta che abitava quando era fuori servizio.
"Remus…" bisbigliò colma di terrore quando lo riconobbe.
Fece per avvicinarsi, ma lui si mosse all’indietro con scatto felino, scivolando sul pavimento.
"No…no, mi sto per trasformare…l’obiettivo…"
Non continuò, perché il dolore al petto crebbe troppo per poter parlare. Si portò le mani ai vestiti e li strappò con violenza mentre le pupille cominciavano a perdere del tutto umanità. Sapeva che aveva a disposizione pochi secondi, e doveva sfruttarli tutti.
"Azkaban…ora Schiantami…"
Tonks lo fissò con gli occhi colmi di lacrime mentre alzava la bacchetta, consapevole che era l’unico modo per uscirne viva.
"Ti amo."
Remus tentò di sorriderle, e lei gli indirizzò contro un potente raggio di luce rossa, facendolo sbattere violentemente contro il muro, privo di sensi mentre il suo corpo veniva scosso dai tremiti della trasformazione che ormai stava concludendosi.
 
Dopo settimane di lunga ed estenuante attesa finalmente sapevano cosa stava per succedere, ma il tempo non era dalla loro parte. Probabilmente i Lupi si sarebbero mossi in branco e senza magia, quindi avevano ancora qualche minuto di tempo per convincere gli Auror ad intervenire in anticipo, ma il pensiero di Tonks era ancora legato alla gabbia in cui aveva costretto il corpo ormai deforme del suo uomo. Era l’unico modo per proteggerlo e proteggere gli altri, ma saperlo lì da solo era terribile. Le poche volte che si era trasformato mentre non era nel Branco, lei gli era sempre rimasta vicino. Ormai sapeva come fare.
E ora lui era solo. Senza contare che quella trasformazione innaturale aveva palesemente accentuato l’aspetto animalesco dei comportamenti e delle reazioni dei Mannari. Se n’era accorta dal modo in cui lui sussultava e grugniva mentre lo faceva levitare dentro la gabbia.
Non era una trasformazione uguale alle altre.
E lui ne avrebbe sofferto di sicuro…da solo.
C’era una sola cosa da fare; sistemare la faccenda più in fretta possibile.
"Allora io penso al Ministro." Esclamò Moody, mentre i loro passi risuonavano nei corridoi silenziosi del Ministero "So dov’è il suo studio."
"Sicuro che ci sia ancora?"
"Assolutamente. Non lascia mai il Ministero prima delle dieci."
"Bene, ci vediamo nella sezione degli Auror" disse Tonks, rigida e decisamente più ansiosa del solito.
"Dora..."
Sentirsi chiamare con quel diminutivo la fece bloccare e volgere verso l’anziano Auror, incrociandone lo sguardo profondo e deciso.
"Dora, stai tranquilla. Remus è forte e sono certo che se la caverà. Ne ha passate di peggiori."
Allora le si leggeva in faccia quello che pensava! Tonks annuì e prese un bel respiro, prima di riprendere il cammino e puntare con decisione verso la stanza degli Auror.
Moody sparì dalla sua vista e lei seppe di dover usare tutto l’autocontrollo di cui disponeva per rimanere calma davanti alle inevitabili domande scettiche che di lì a poco le sarebbero state rivolte.
Posò la mano sulla maniglia della porta e la spalancò con irruenza attirando su di sé gli sguardi di tutti i presenti. Kingsley, che stava risistemando delle pergamene all’interno di un fascicolo, rimase fermo immobile, gli occhi fissi sulla ragazza e l’espressione preoccupata.
"Voi-Sapete-Chi ha sguinzagliato i Mannari su Azkaban. C’è bisogno degli Auror."
"Ragazza…non è luna piena…"
"Li ha trasformati con un Incantesimo di Magia Nera. Ora stanno dirigendosi verso le prigioni per far evadere i Mangiamorte che abbiamo catturato."
"E come fai a dirlo, Tonks. È assurdo!" intervenne una giovane donna che Tonks conosceva bene.
"Gloria, te lo posso garantire! Abbiamo un infiltrato tra loro! Aspettavamo una mossa simile senza sapere quando sarebbe capitata, ed è stasera!"
Il gelo regnò nella stanza e gli Auror presenti parvero poco convinti delle parole della ragazza. Solo Kingsley si alzò dalla sedia facendola scivolare indietro rumorosamente. Prese il mantello e la bacchetta, raggiungendo Tonks con pochi passi.
La guardò intensamente e si chinò verso di lei.
"Remus…"
"Sta bene, per il momento."
Kingsley annuì e si volse verso gli altri, rivolgendo loro uno sguardo severo e duro.
"Allora? Volete rimanere qui a scaldare sedie o preferite combattere!" sbottò rabbiosa, mentre tra i presenti qualcuno cominciava a guardarla con preoccupazione crescente.
"Siete membri dell’Ordine?" chiese un uomo magro e basso, lo sguardo improvvisamente animato dalla comprensione.
"Si" rispose semplicemente Kingsley.
L’uomo magro si alzò, bacchetta in mano.
"Quanti sono?"
"L’intero branco di Greyback."
"Greyback…maledizione!" imprecò Gloria, allacciandosi in fretta il mantello, imitata da altri.
"E sei sicura che li abbia trasformati?" chiese una donna piuttosto corpulenta, seduta in fondo alla stanza dietro una scrivania.
Tonks la fulminò con lo sguardo e strinse i pugni, ricordandosi che mettersi a urlare non sarebbe servito a nulla.
"Ho appena dovuto rinchiudere l’uomo che amo dentro una gabbia, completamente trasformato. Secondo te posso avere dubbi?"
Da dietro le sue spalle, Tonks sentì provenire dei passi affrettati. Moody aveva fatto in fretta…
Il Ministro fece la sua comparsa qualche secondo dopo e guardò prima Tonks e Kingsley, poi tutti gli altri presenti, già in piedi e pronti per andare. Sui volti di ciascuno c’era dipinta chiaramente l’intenzione di andare alla prigione di Azkaban, ma il Ministro non aveva ancora dato alcun ordine.
"Vedendovi così, si direbbe siate già stati informati."
"Si Ministro. Qual è l’ordine?" chiese l’uomo magro.
Dopo una pausa di silenzio il Ministro fece qualche passo avanti e li guardò con il fuoco negli occhi.
"Fermateli! In qualunque modo!" disse con voce vibrante.
"In qualunque modo?"
"Si. Ora basta! Useremo il pugno di ferro! È finito il tempo delle belle parole e dell’aspettare la prossima mossa del nemico. Più ne prendete meglio è, non importa come! Ho già dato ordine di richiamare anche tutti gli altri Auror non in servizio stanotte. Non andremo lì in pochi!"
"Viene anche lei?" chiese Tonks, incapace di nascondere la propria sorpresa.
"Puoi giurarci ragazza!"
"Allora muoviamoci, apriamo la caccia!" disse Moody "I membri dell’Ordine sono già lì! Non ho voglia di doverli raccogliere con il cucchiaino!"
Il Ministro annuì e si Smaterializzarono dalla stanza, ricomparendo sulle pendici dell’isola dove era stata costruita la prigione.
 
Il vento ululava violento, mentre acqua ghiacciata frustava con prepotenza i volti di ciascuno di loro. L’improvviso mutare del tempo aveva retto il gioco dei Mannari, arrivati sull’isola grazie a dei passaggi magici creati dal loro oscuro alleato, e ora gli Auror erano tutti impegnati nel complicato tentativo di tenerli lontani dalle celle, dove i prigionieri si erano fin troppo animati.
L’Ordine della Fenice schierato quasi per intero stava affrontando i Mannari in prima fila, mentre un gruppo più ristretto di Auror stava facendo tutto il possibile per trasportare in un altro luogo, per molti segreto, i prigionieri più rilevanti.
"Non devono riuscire a farcela!" tuonò il Ministro, bacchetta in pugno e mantello ormai zuppo d’acqua "Tenete i Mangiamorte al sicuro! Che non li recuperino!"
Ma la battaglia che avevano ingaggiato si stava rivelando più ardua del previsto.
I Mannari si scagliarono con forza violenta contro il gruppo che li stava fronteggiando, causando al primo colpo ferite e vittime. Si muovevano con una determinazione disumana, e molti rimanevano in gruppo, in modo tale da difendersi.
Alcuni furono Schiantati, ma ormai erano completamente trasformati, il che li rendeva leggermente più resistenti di un umano agli Schiantesimi.
Tonks si scagliò con rabbia contro i primi Mannari che ebbe a tiro, mentre con la coda dell’occhio individuava senza ombra di dubbio Greyback. Remus gliene aveva parlato per così tanto tempo che era del tutto in grado di riconoscerlo.
Una rabbia sorda e accecante la invase e con un movimento fulmineo della bacchetta spedì il Mannaro più vicino contro la parete rocciosa sulla quale si infrangevano onde di notevole dimensione.
Puntò la bacchetta contro Greyback, impegnato insieme ad altri tre Mannari in uno scontro piuttosto impari con un paio di Auror.
Dalla bacchetta di Tonks partì un raggio rosa e blu, che colpì in pieno il suo obiettivo.
Un ululato disumano riecheggiò nell’aria e Greyback si volse di scatto, scuotendosi energicamente e ringhiando contro di lei. Tonks seppe che in breve lo avrebbe avuto addosso, ma qualcosa in fondo all’anima le disse che non vedeva l’ora….
Con un paio di balzi impressionanti, l’animale le fu di fronte, completamente zuppo, i denti digrignati e la bava che colava dalle zanne.
Gli occhi però erano stranamente lucidi, per nulla animaleschi. La guardò con astio per alcuni secondi, mentre lei non abbassava lo sguardo, né la bacchetta.
"Tonks!" esclamò Kingsley con voce tesa, mentre vedeva in che situazione era la ragazza.
"Restane fuori Kingsley!" urlò lei, per farsi sentire nonostante il vento e il rumore costante delle onde infrante sulla fortezza.
"Sei impazzita!" urlò di rimando lui, mentre atterrava con noncuranza un Mannaro "Ti distruggerà!"
"Se lo sogna!" sibilò lei, gli occhi inchiodati in quelli del suo avversario. Greyback accennò appena a Kingsley, piegando la bocca in un ghigno simile ad un sorriso crudele.
"Non vuoi davvero il suo aiuto?" ringhiò con voce bassa e minacciosa.
La sorpresa fu tale che per un attimo Tonks non seppe che pensare. Parlava…come diavolo era possibile?
"I Lupi Mannari non possono parlare durante la trasformazione…"
Approfittando del momento di distrazione della ragazza, Greyback partì all’attacco. Kingsley allungò la bacchetta in direzione di Tonks nel tentativo di crearle davanti uno scudo, ma un Mannaro gli si avventò violentemente contro e lui dovette afferrarlo per il collo e allontanarlo a forza, per evitare che lo mordesse.
Tonks invece rimase con gli occhi fissi sul Mannaro che stava per piombarle addosso. Poco prima che gli artigli di lui la toccassero, dalla sua bacchetta esplose un Incantesimo che ferì il Mannaro.
Gli artigli, protesi con l’unico scopo di uccidere, vennero un attimo ritratti, quel tanto che fu sufficiente perché il contatto con il corpo della giovane Auror non fosse mortale.
Sia lei che Greyback finirono a terra. Il Mannaro si rotolò guaendo, mentre un fiotto di sangue gli imbrattava il pelo del petto.
Tonks cadde di schiena, urtando violentemente a terra. Ma non fu quel dolore a preoccuparla…sul braccio destro e sul fianco c’erano le ferite causate dagli artigli di Greyback che sanguinavano in modo evidente. Con un rapido Incantesimo bisbigliato a fior di labbra frenò l’emorragia, poi scattò in piedi e puntò la bacchetta sul Mannaro.
"Alzati. Abbiamo un conto da regolare." Sibilò con tono velenoso, mentre fissava di nuovo gli occhi in quelli del Lupo.
"Davvero bella? A me non viene in mente un nostro precedente incontro…" ringhiò lui.
"Non importa, non ha importanza che tu sappia."
"Se la metti così…"
Greyback scatto di nuovo in un balzo per esserle addosso, e lei puntò ancora la bacchetta.
 
La situazione le era parsa quasi disperata da subito. Quei Mannari non erano un avversario prevedibile, soprattutto perché, con sconcerto di tutti, si era subito capito che avevano mantenuto nella trasformazione la capacità di parlare, e probabilmente agivano in modo del tutto consapevole e volontario. In base ai loro voleri di uomini…
La McGranitt, mentre Moody e Bill le facevano da scudo, evocò il suo Patronus e lo fece allontanare in tutta fretta dal luogo dello scontro.
Avevano bisogno di rinforzi, e di rinforzi particolarmente motivati…
 
"No, Harry! Tu non verrai!" esclamò Dana con voce autoritaria mentre infilava un paio di boccette nella tasca interna del mantello "Il messaggio era solo per me! E poi tu non puoi esporti così!"
Il Patronus della McGranitt le aveva fatto gelare il sangue nelle vene, evento piuttosto raro in verità. L’attacco era finalmente stato sferrato. Per fortuna l’obiettivo non erano i tre ragazzi…ma ora chi avrebbe salvato i Mannari dalla sua furia?
"Potremmo essere di aiuto!" insistette Harry, che già si era messo il mantello, imitato anche da Ron.
"No! Maledizione, possibile che tu non capisca? Non saremmo liberi di combattere sapendovi lì con noi! Io stessa terrei la mia attenzione a metà sull’avversario per controllare anche voi, e questo ci esporrebbe al pericolo di venir feriti! O peggio! Rimarrete qui!" disse con voce dura, mentre rivolgeva loro uno sguardo severo e irato "Ora smettetela di insistere! Mi state facendo perdere tempo!"
Harry fece per ribattere qualcosa, ma Hermione, ancora seduta al tavolo della cucina, batté violentemente un pugno sulla superficie di legno.
"Ma siete idioti?" sbottò, mentre la nuvola di ricci crespi pareva farsi elettrica attorno alla sua testa "Dana ha ragione! Sembrate due bambini! Lasciate che facciano il loro lavoro e non intromettetevi!"
Dana le indirizzò un’occhiata e Hermione annuì solidale.
"Vai! Penso io a questi due zucconi!"
Dana alzò un angolo della bocca in un mezzo sorriso e annuì, Smaterializzandosi all’istante.
Ron si volse vero Hermione con le orecchie in fiamme e lo sguardo rovente.
"Bambini? Ci hai chiamati veramente così?"
"Si, Ronald Weasley, e se te la prenderai per questo, fatti tuoi! Perché se ti da fastidio che io dica queste cose, allora fai in modo che non capitino altre occasioni in cui ti vedrò comportarti così! Noi non possiamo andare! Il nostro compito è un altro!"
Ron aprì la bocca, mentre assumeva un’aria offesa, ma Harry gli posò una mano sulla spalla.
"Non serve, Ron…in fin dei conti ha ragione."
Ron parve afflosciarsi come un palloncino senza più aria e si volse verso l’amico.
"Starai scherzando?!?!"
"No…non mi piace rimanermene con le mani in mano, ma forse Dana ha avuto ragione…li distrarremmo.."
"Eh, bravo Harry! La prossima volta arrivaci cinque minuti prima!" disse Hermione, portando un ulteriore affondo senza la benché minima riserva.
Harry la guardò storto, ma lei sostenne sia il suo sguardo che quello di Ron.
"E’ finito il tempo in cui possiamo commettere errori! Dobbiamo concentrarci solo sulla ricerca degli Horcrux."
Sbuffando, e non prima di averle indirizzato un altro sguardo torvo, Ron si sedette su una sedia. Harry invece si appostò ad una finestra e il suo sguardo si perse oltre il vetro.
 
La forza del vento la sorprese non appena si fu Materializzata sulle pendici dell’isola. Più vicino di così non poteva comparire. In realtà sarebbe stato bello comparire all’improvviso in mezzo alla mischia, almeno avrebbe distratto un po’ i Mannari, ma doveva accontentarsi di arrivare loro da dietro.
"Pazienza, Dana. Si fa quel che si può. E ora, vediamo di trovarlo…"
Senza esitazione o paura, si scagliò contro i primi Mannari che ebbe a tiro, e si guardò bene dallo Schiantarli. Conosceva trucchetti migliori per metterli a terra…
Mentre le sue prime vittime si rotolavano a terra con guaiti di sorpresa, Dana realizzò con disarmante certezza che quella trasformazione era diversa da quella solita. Uno di loro aveva imprecato, lo aveva sentito distintamente…
Con passo nervoso si avvicinò ad uno dei due e si chinò, afferrandolo per il collo, la bacchetta puntata dritto in mezzo agli occhi.
"Parli…"
"Si, stupida sgualdrina!" ringhiò il Mannaro, scattando come a volerla mordere.
Con rapidità sorprendente, Dana fece scattare la mani che aveva premuto sul collo del Mannaro, facendolo svenire all’istante. Vecchio trucco di scuola…beh, non della scuola ordinaria.
Si rialzò con fare calmo e impassibile, mentre notava un Auror che la guardava con fare costernato e sorpreso.
"Basta premere tra le due vertebre alla base della testa…è un loro punto debole…perdono i sensi e non li riacquistano per diversi minuti."
Schivando un Mannaro che si era avventato contro di lui, l’Auror esclamò con decisione:
"Non mi azzardo neanche per sogno ad avvicinarmi così tanto da arrivare alla loro testa!"
Dana si fece sfuggire un sorriso maligno e legò con funi magiche i due Mannari che aveva messo fuori gioco.
"Peccato. Non è poi così difficile!"
L’Auror le lanciò un’occhiata sgomenta e lei andò oltre. Prima di agire sul piano generale, doveva trovarlo…
Ferma immobile in mezzo alla mischia, ben attenta a non farsi coinvolgere da alcun duello già ingaggiato, fece scivolare il proprio sguardo fin dove le fu possibile diverse volte, fino a quando gli occhi non catturarono quello per cui era venuta. Un Mannaro con il manto nero stava aggredendo una giovane Auror a diversi metri da lei.
Eccolo.
Scattò verso il Mannaro e gli lanciò contro un Incantesimo minore, giusto per attirare la sua attenzione.
Come da copione, il Lupo si volse verso di lei con un ringhio, lasciando perdere la sua vittima.
Con una rapida occhiata, Dana vide che la ragazza era ferita in modo serio al petto. Le si parò davanti, mentre non staccava gli occhi dall’avversario.
"Vattene! Mettiti al riparo! A lui ora penso io."
La ragazza non se lo fece ripetere due volte e si Smaterializzò, lasciandola finalmente sola con l’avversario che aveva sempre desiderato.
Chinando appena la testa da una parte, Dana rivolse un sorriso al Mannaro, che ringhiò e la guardò con aria di disgusto.
"Oh, che brutto sguardo da indirizzare a una giovane donna..." disse con voce delicata, mentre si avvicinava a lui di un passo, giusto lo spazio per evitare un Incantesimo sfuggito al controllo di un Mago alle sue spalle.
"Un manto come il tuo è decisamente raro, sai…chissà, magari conosco anche il tuo nome…"
"Non vedo come potresti conoscere il mio nome, Strega…" ringhiò lui, muovendo qualche passo verso la sua destra.
Dana fece altrettanto, sempre con lo sguardo fisso su di lui. Poteva sentire la rabbia sorda dilagare in ogni cellula del suo corpo, mentre il ricordo di Gregory si faceva sempre più nitido nella mente.
"Fellington. Sally Fellington" sibilò con palese odio, stringendo spasmodicamente la mano sull’impugnatura della bacchetta.
Il Mannaro si bloccò, osservandola con sorpresa, mentre la lingua gli scivolava fuori e passava sul labbro superiore.
"Si. A cosa devo l’onore?" chiese a voce bassa, incredibilmente umana.
"Conoscevo Gregory Deepfeel." Rispose lei.
Poche parole, le uniche che potesse dire in quel momento. A dispetto di tutto quello che aveva sempre pensato avrebbe provato al cospetto di quell’animale, ora si ritrovava incapace di dire di più, incapace di continuare a recitare come un attimo prima, incapace di rimanere fredda e distaccata, ora che era certa fosse lui.
Aveva di fronte a sé quello che aveva sempre considerato l’assassino del fratello. Nei suoi sogni, anzi, nei suoi incubi aveva immaginato mille modi diversi di ucciderlo. Ora cosa avrebbe fatto? Quale tra i terribili Incantesimi che conosceva avrebbe usato?
"Gregory Deepfeel…mh, si, me lo ricordo" ruggì il Mannaro, quasi divertito dalla situazione.
Sopra le loro teste volò un uomo, scagliato in aria dalla violenza dell’attacco di un Mannaro, che poco dopo sfrecciò verso la sua preda sfiorando Dana.
Ma né lei né Fellington diedero segno di essersi accorti di nulla.
"E dimmi, Strega…cos’è che vuoi? Vendetta?"
"Potrebbe essere"
"Allora vieni a prendertela!"
Un attimo dopo il Mannaro si avventò su di lei, e Dana seppe che era ora di smetterla con gli incubi. Puntò la bacchetta e colpì.
 
Sorpresa dalla potenza del suo stesso Incantesimo, Tonks stava ancora fissando allibita il corpo immobile di Greyback. Lo aveva Schiantato, solo Schiantato, eppure lui era caduto ai suoi piedi con un guaito terribile ed era rimasto fermo, come morto.
Kingsley le si avvicinò, ferito ad una gamba.
"Tonks…tutto bene?"
"Non lo so…" rispose lei, mentre non riusciva a togliere lo sguardo dal corpo deformato e peloso che aveva di fronte.
"E’ tra i Mannari più forti che ci siano in Inghilterra…mi sono addestrata tenendolo a mente come uno tra gli avversari più temibili…e ora è qui, steso ai miei piedi." Disse, quasi bisbigliando.
"Beh, è anni che te lo dico Tonks…non sei debole…"
"Non si tratta di forza o debolezza…quello Schiantesimo…io l’ho odiato! Ho odiato Greyback con tutto il cuore per quello che ha fatto a Remus, per averlo condannato ad una semi vita, e per averlo travolto con la storia del Branco…è stato questo a dare forza al mio Incantesimo…"
"Tonks…è normale…"
Tonks si volse di scatto, fissando negli occhi neri di Kingsley i suoi, brucianti di una verità che ora capiva essere molto scomoda.
"No! Non è normale! Mai più…giuro, mai più tanto odio! Se anziché uno Schiantesimo gli avessi lanciato un altro Incantesimo, ora di lui rimarrebbe solo informe poltiglia. E io non voglio essere un’assassina! Non sono diventata Auror per questo!"
Non lasciò tempo a Kingsley di replicare, si volse verso Greyback e lo legò, poi si allontanò in fretta e raggiunse alcuni Auror in difficoltà.
 
Fellington stava steso a terra, il petto percorso da una ferita sanguinolenta ma non mortale. All’ultimo momento Dana aveva deviato l’Incantesimo, non era riuscita a portarlo a termine e aveva abbassato la mano, ma comunque il Mannaro ne aveva subito i parziali effetti.
"Che diavolo mi prende?!?"
Con sguardo febbrile, osservò prima la propria mano che reggeva la bacchetta, puntata a terra, e poi il Mannaro, il cui respiro irregolare andava calmandosi e i cui guaiti sembravano molto simili a lamenti umani.
Con un paio di passi fu sopra il corpo del Mannaro e puntò nuovamente la bacchetta contro di lui. Per una manciata di secondi rimase ferma immobile, rigida come una statua di marmo gelido, poi la sua mano tremò appena e lei non poté più ignorare i battiti del suo cuore, improvvisamente accelerati, e il ritmo quasi affaticato del suo respiro.
"Maledizione, Dana! Conosci la formula! Che diavolo stai aspettando?!?"
Si costrinse a prendere fiato e a calmare l’impercettibile tremito che non era riuscita a controllare, mentre di nuovo si sforzava di pronunciare quelle due parole contro il corpo temporaneamente inerme del suo avversario.
Ma le parole le morirono in bocca, e tutto quello che le rimase fu l’improvvisa consapevolezza che non sarebbe riuscita a lanciare l’anatema mortale. Non poteva.
Gli occhi le si riempirono di lacrime e il senso di colpa parve travolgerla.
"Perdonami Gregory…non so che mi sia preso…non sono nemmeno in grado di vendicarti…"
Vendetta…era di questo che andava in cerca da anni…da quando aveva capito come stessero veramente le cose, da quando aveva capito di avere abbastanza potere da poter affrontare un Mannaro anche da sola…
Ma da allora erano successe anche molte altre cose. Aveva visto genti e posti diversi, aveva imparato l’essenza della Magia, ne aveva sperimentato branche sconosciute, e per questo aveva realizzato con sempre maggior chiarezza che la Magia non era tutto, che la bacchetta che brandiva come un’arma poteva essere anche altro, e che anche senza quella lei sarebbe dovuta esistere lo stesso, come persona.
"Cosa si prova a scagliare una di quelle Maledizioni, Severus? Sono così terribili come dicono?"
La sua voce di ragazzina le risuonò in testa, e seppe di non aver scampo.
"Si Dana, lo sono. Ma lo sono perché è terribile ciò che le muove, il sentimento da cui scaturiscono…la Magia in realtà non è nulla senza i nostri sentimenti. E sono quelli che dobbiamo sempre tener presenti."
"Quindi è la voglia di annullare la volontà, o di fare del male, o di uccidere che va combattuta…non gli Incantesimi…"
Un lungo sguardo, animato da un sentire profondo, l’aveva tenuta legata a Severus per la prima volta in modo totale, e aveva solo undici anni.
"Si. Il vero nemico non è la Magia Nera, Dana, ma quello che le sta dietro, il bagaglio di sentimenti negativi che in genere alimentano chi ne fa frequente uso."
"Ma non te…tu non sei cattivo…"
Lo aveva visto sorridere amaramente quella volta.
"Io sono stato troppo avido di conoscenza…e troppo avido di rivalsa…"
"Ma non cattivo!" si era puntata lei "Aver voglia di conoscere tutto quel che è possibile non è un male! Anch’io voglio conoscere, ma non vorrò mai provare quelle brutte cose!"
"Me lo auguro per te."
Dana si ritrovò in ginocchio, tremante da capo a piedi e la bacchetta a terra.
Se avesse potuto, il suo cuore le sarebbe uscito dal petto, tanto forte stava martellando.
"…brutte cose…le provo tutte…tutte qui con me, tutte!"
Guardò il Mannaro di fronte a lei. Si stava riprendendo.
"Voglio veramente ucciderlo? Il mio dolore urla vendetta per un fratello che si è spento troppo presto, in un modo terribile…ma se ora andassi fino in fondo cosa diventerei io? Un mostro uguale a quello che ora voglio eliminare…immersa nella realtà che da anni voglio combattere… perdonami Gregory, perdonami! Non posso farlo! Non posso uccidere, nemmeno per te! Che senso avrebbe la mia vendetta?"
Lasciando scivolare le lacrime oltre le ciglia, afferrò in fretta e quasi con rabbia la bacchetta, si rialzò in piedi e puntò di nuovo la bacchetta verso il Mannaro, bisbigliando qualcosa. Il Mannaro guaì ancora, poi non si mosse più, se non nell’impercettibile alzarsi e abbassarsi del petto.
Come aveva fatto in precedenza, Dana legò anche quell’avversario, rimanendo ferma a fissarlo per un tempo apparentemente interminabile, ma in verità breve. Durante i pochi secondi che si concesse di fronte al corpo dell’avversario vinto ma non ucciso, si rese conto di aver sempre fatto un grossolano errore: aveva studiato la Magia più remota per poter diventare una perfetta pedina in quel gioco crudele, per poter proteggere chi amava e per dare forza agli schieramenti di opposizione a Voldemort.
Ma non poteva diventare così perfettamente gelida e determinata nei suoi obiettivi da diventare anche un’assassina senza scrupoli.
Se una parte di lei si era illusa di voler diventare anche quello, ora sapeva che non era così.
I rumori della battaglia la riportarono bruscamente alla realtà e, come ripresasi da un brutto sogno, si accorse del caos che regnava attorno a lei.
Fece scorrere lo sguardo sugli scontri, riacquistando lucidità e buona parte del suo auto controllo, e decise di rispolverare qualche vecchio studio.
Prese un bel respiro, scacciando anche le ultime vibrazioni della sua anima ferita, puntò la bacchetta al cielo e pronunciò un Incantesimo in gaelico. Un attimo dopo un fischio acuto si diffuse nell’aria. Un po’ fastidioso per lei e gli altri umani, ma decisamente intollerabile per i Mannari.
Non un solo Lupo stava continuando a combattere; erano tutti a terra, chi si rotolava, chi guaiva sommessamente, chi ringhiava.
Alcuni Auror rimasero immobili, sorpresi e disorientati dalla situazione, ma alcuni altri, resisi conto dell’insperato vantaggio, fecero comparire in fretta funi e gabbie.
Diversi membri dell’Ordine li aiutarono, mentre altri si adoperavano per portare un primo soccorso ai feriti, in attesa dell’arrivo dei Medimaghi.
Dana tenne attivo l’Incantesimo fino a che la McGranitt non le fece un cenno con la testa.
Riabbassando il braccio con indolenza, lasciò cadere lo sguardo sul Mannaro dal pelo nero.
Quanto odio l’aveva retta fino a quel momento? La sola idea la disgustava, ma era la verità. E per un soffio non si era fatta travolgere in pieno.
Ora era finita, almeno quel capitolo della sua vita poteva essere definitivamente chiuso, e la sua anima era ancora integra, priva del pesante fardello che altrimenti l’avrebbe schiacciata.
Si sedette a terra e sospirò, mentre le si creava dentro un vuoto inatteso e spossante.
"Mai più tanto odio, mai più!"
 
Alle porte della prigione era stato allestito un primo punto di soccorso. Già ad un primo sguardo, fu chiaro che la situazione non era delle migliori.
I morti erano numerosi, e purtroppo si potevano contare anche dei contagiati. Il tempestivo intervento dei Medimaghi riuscì a garantire un tamponamento rapido dell’emergenza, ma nonostante tutto sui volti di chi era rimasto per dare una mano poteva leggersi a chiare lettere lo sconforto.
Dana si avvicinò alla McGranitt, dopo aver aiutato un gruppo di Auror a tranquillizzare alcuni Mannari particolarmente agitati.
"Credo dovresti insegnare loro l’Incantesimo che hai usato per produrre quel fischio." Disse la Preside di Hogwarts, mentre si risistemava gli occhiali sul naso. Aveva l’aria sciupata e stanca, ma la sua voce suonò forte e decisa.
"Era in gaelico e non lo si impara tanto in fretta…" rispose Dana con voce stanza e priva di espressione.
La McGranitt le rivolse un’occhiata carica di preoccupazione e le si avvicinò. Poche volte Minerva McGranitt si comportava così, ma quando succedeva era sempre per un motivo serio, e Dana lo sapeva.
"Dana, hai fatto la cosa migliore…ucciderlo ti avrebbe segnata troppo."
"Lo so, non si preoccupi, ma ciò non toglie che ora io sia come svuotata. Ho rincorso quest’obiettivo per anni, e rendermi conto di averlo fatto portandomi dietro tutto quel bagaglio di odio mi ha lasciata…"
Disgustata, era il termine giusto. Ma non lo pronunciò.
"Posso immaginare" convenne sbrigativa la McGranitt "Ma ora hai altri obiettivi su cui concentrarti, o sbaglio? Pensa a quelli Dana. Concentrati su quelli che sono mossi da qualcosa di positivo…"
Dana si volse a guardarla, inarcando appena un sopracciglio e lasciando inavvertitamente che la sorpresa per quelle parole trapelasse dal suo volto.
La McGranitt le sorrise, trattenendosi appena, poi le mise una mano sulla spalla.
"Vado a vedere se c’è bisogno di me e poi torno a scuola. Non posso lasciarla scoperta per troppo tempo, sebbene sia ben sorvegliata…"
Poi si allontanò con rapidi passi e sparì in mezzo alla confusione che regnava ancora.
Dana la seguì con lo sguardo fino a quando le fu possibile, ed infine decise di dedicarsi a quanti avessero bisogno del suo aiuto in quel momento.
Evitando di essere travolta da un Medimago che stava accorrendo in aiuto di un ferito, si fece largo e intravide Tonks occupata a fasciare la ferita di Kingsley.
"Credete ci sia bisogno ancora del mio aiuto?" chiese senza preamboli, accostandosi a Tonks e facendola sobbalzare per lo spavento.
Un rotolo di garza volò in aria e Kingsley fece per afferrarlo con la mano, ma Dana lo aveva già bloccato con la bacchetta. Lo prese e lo diede a Tonks, che nel frattempo si era ripresa e le aveva sorriso. Kingsley invece la guardò un po’ preoccupato.
"Non dovresti stare qui troppo a lungo…qualcuno potrebbe riconoscerti…"
"E’ un’eventualità remota. Sono morta da più di sei anni ormai…e sono un pochino cambiata."
"Beh, se vuoi rimanere qui allora puoi spiegarci cosa hai fatto ai Mannari per farli stare buoni tutti in una volta." Esclamò allegra Tonks, mentre ricominciava a fasciare Kingsley.
Eppure l’allegria della ragazza non servì a mascherare lo stato in cui invece era.
"Tonks…sono empatica, ricordi?" sospirò Dana, rendendosi conto che un terribile cerchio alla testa stava impossessandosi di lei senza possibilità di appello. "Non serve fingere con me.
Le labbra di Tonks si strinsero un attimo, mentre non interrompeva il lavoro che stava facendo.
"Non serve per ingannare te…" bisbigliò mentre i suoi occhi perdevano ogni traccia di allegria.
"Tonk, è solo una questione di tempo…domani mattina tornerà normale!" si intromise Kingsley, e Dana si sentì serrare la gola.
Stavano parlando di Remus, e lei non aveva il coraggio di dir loro che il mattino non avrebbe portato con sé la soluzione…come si può dire a qualcuno che la persona che ama sarebbe rimasta in versione Mannaro fino a quando l’Oscuro non si fosse deciso a revocare l’Incantesimo?
Alle loro spalle arrivò Arthur Weasley, il volto teso e l’espressione tipica di chi non ha buone notizie. Kingsley fu il primo ad accorgersene e gli fece un cenno con la testa.
"Arthur…"
"Brutte notizie ragazzi."
Fred e George, dietro di lui, si guardarono con aria afflitta e furente nello stesso tempo.
"I Mannari sono sotto controllo, ma qualcuno di loro è scappato…"
"No!" esclamò Tonks "Arthur! Questo vuol dire…"
"Che Remus dovrà nascondersi. Si."
"Potrebbe andare a Hogwarts" Propose George "La McGranitt lo accoglierebbe di sicuro e ci sono un sacco di stanze vuote ora alla scuola…"
"Si, ma sarebbe un pericolo in più per la scuola." Disse Dana, sapendo di procurarsi un’occhiataccia da parte dei gemelli.
"Il problema non è solo questo!" la voce del Signor Weasley aveva un tono così grave che Dana lasciò perdere i gemelli o qualunque altro pensiero le stesse passando per la testa.
"Allora cosa?"
"Sono riusciti a scappate anche dei Mangiamorte rinchiusi nella prigione. Non abbiamo ancora idea di come abbiano fatto, ma ci sono riusciti."
"Sapete già di chi si tratta?" chiese Tonks.
Arthur Weasley scosse la testa e perse lo sguardo davanti a lui per un momento, poi si riprese.
"Il Ministro vuole scoprire con esattezza di chi si tratti, e credo che abbia affidato la supervisione della cosa ad uno dei suoi, però ha anche chiesto l’appoggio di Moody…"
"E credi glielo darà?" chiese Kingsley, senza nascondere il proprio scetticismo. "Non so perché, ma non credo che il Ministro apprezzi che ci sia una struttura parallela e autonoma rispetto al Ministero, come l’Ordine della Fenice…e se volesse solo una scusa per controllarci?"
"Che faccia pure!" sbottò Fred "Moody non è stupido e saprà tenergli testa, senza contare che abbiamo sempre fatto, con o senza controlli del Ministero. Possiamo aggirarli quando vogliamo!"
"Ma ora hanno un’idea più precisa di chi faccia parte dell’Ordine…" osservò Dana, e il Signor Weasley sospirò, ammettendo che era la stessa cosa che aveva pensato lui.
"Di questo non dovete preoccuparvi."
Una voce nuova li fece trasalire e volgere tutti insieme. Davanti a loro, lo sguardo serio e un po’ complice, stava l’Auror che per primo aveva colto la gravità della situazione quando Tonks era piombata nella sede e aveva annunciato l’attacco ad Azkaban.
"Non credo che il Ministro voglia ostacolarvi, vista la gravità della situazione…e poi, anche se fosse, non credo troverebbe molti appoggi all’interno del gruppo degli Auror."
Un altro Auror, affiancatoglisi, annuì brevemente e Gloria, l’amica di Tonks, sorrise e fece l’occhiolino.
"Se doveste avere bisogno di una mano…" bisbigliò, prima che alcuni Medimaghi passassero loro vicino.
Tonks le sorrise e annuì.
"Allora non siamo poi così soli!" esclamò trionfante Fred, mentre con la bacchetta faceva scivolare giù da una borsa del Soccorso un sacchetto blu elettrico e se lo posava sulla spalla.
"No, a quanto pare no…" bisbigliò il Signor Weasley, che pareva sollevato e un poco stupito da quella presa di posizione di alcuni Auror. E a giudicare dal modo in cui li stavano guardando, anche altri Auror erano dello stesso avviso di quei tre che erano andati da loro.
"Una buona notizia…" sospirò Kingsley appoggiandosi pesantemente alla parete rocciosa che aveva alle spalle.
"Si, ci voleva! Ora io andrei da Remus…non voglio che rimanga solo…"
"Tonks…" la fermò il Signor Weasley, afferrandola per un braccio. La ragazza si volse e dal suo sguardo fu chiaro che non avrebbe accettato per alcun motivo dei tentativi di dissuasione.
"Fa attenzione…quest’Incantesimo li ha resi più aggressivi del solito…"
"Lo so, Arthur, ma non ho intenzione di rimanere qui! E poi, stiamo parlando pur sempre di Remus…adesso può parlare e mi può capire…forse così soffrirà di meno per questa assurda trasformazione."
Liberando gentilmente il braccio dalla presa dell’uomo, Tonks sorrise e si Smaterializzò.
Dana dal canto suo sperò con tutta se stessa che Voldemort, vista l’inutilità dell’Incantesimo, lo sciogliesse, ma sapeva bene che c’erano poche possibilità che questo succedesse. In fin dei conti, tutti quei Mannari da gestire erano un problema in più per il Ministero…e Voldemort non faceva regali di alcun genere.
 
 
 
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Capitolo 14
*** La Pozione ***


13 la pozione
EDVIGE86. Ah, vedo che ti ho fatta tremare un pò con quella frase sui Weasley...ih ih...mi spiace, ma non posso anticipare nulla. Solo una considerazione: la famiglia Weasley è troppo numerosa perchè non le capiti nulla (statistiche), ma soprattutto è troppo vicina a Harry perchè arrivi alla fine della guerra indenne...se ci aggiungi che sono tutti coinvolti e fieramente schierati, diventa difficile non prendere in considerazione l'idea che a qualcuno succeda qualcosa.
Per quel che riguarda Tonks, ah, si, è vero che nei libri ci sono accenni da far rilevare il suo caratterino, però purtroppo JK non le da molto spazio, e il fatto che alla fine venga fuori che è innamorata di Remus è un pò un fulmine a ciel sereno. Visto che adoro le storie d'amore impossibili e sofferte, avrei notevolmente gradito che JK si fosse fatta sfuggire qualcosina un pò prima. Insomma, nel quinto libro non diresti mai della presenza di quest'interesse, eppure all'inizio del sesto la trovi già cotta...
Mi fa molto piacere la serie di considerazioni sulle Maledizioni Senza Perdono. In effetti il fatto che Dana e Tonks riescano a non farsi travolgere dall'odio e dalla voglia di vendetta è molto bello, ma devo confessare che è stato anche difficile da scrivere. Capire che non si può cedere a questi sentimenti non è cosa semplice, e la scrittura di questo capitolo è stata una sorta di sfida, per cementificare, attraverso i personaggi, il risultato di un percorso personale piuttosto arduo. Per fortuna mia, assolutamente riuscito. Per questo soprattutto mi fa piacere leggere nel tuo commento di essere riuscita a trasmettere la forza delle loro emozioni, ma credimi, non è una capacità innata o una chissà quale strana bravura. Anzi. Accetto volentieri la tua ipotesi che io sia una bella persona, e di sicuro mi lusinga, ma posso dirti che in realtà sono solo una persona che attraverso i personaggi esprime le proprie esperienze e soprattutto le proprie riflessioni. In realtà, credo che i complimenti dovrei farli io ai personaggi, perchè hanno la meravigliosa dote di permettermi questo cammino.
Spero che anche questo capitolo ti piaccia e ti trasmetta altrettante emozioni!
 
redistherose. Bentrovata! Se il mio capitolo è piaciuto anche a una fan di Tonks e Remus allora sono proprio all'apice della felicità! Già, Tonks non è minimamente goffa in combattimento, del resto è un'Auror, e come sostiene una mia amcia, "non diventi mica Auror così, a caso!". Il fatto che sia goffa nelle altre circostanze secondo me rende ancora più evidente il fatto che poi sia un'ottimo membro sia degli Auror che dell'Ordine.
Grazie infinite per la conferma che riesco a ripettare i tratti dei personaggi. Per me è una cosa veramente importante, perchè li rispetto come fossero persone vere. E per questo scrivo un capitolo e poi lo correggo non so quante volte, cercando il modo sempre migliore di dar voce a ciascuno di loro (anche se devo ammettere le mie difficoltà ad entrare in sintonia con il personaggio di Molly... non mi riesce proprio!)
Un mega brivido di orgoglio mi scende lunog la schiena...io la ghost writer di JK? Magari! Non le avrei mai permesso di mettere così tante spine nella vita di Severus! (O forse si?)
 
kithiara. Ciao e benvenuta! Che piacere sentire una nuova voce! E addirittura mi riservi un psto d'onore tra i preferiti! Spero di non deluderti! Grazie per i complimenti, soprattutto per Dana. Mi fa piacere se la mia "creatura" ti piace! Eh, mi sa che hai l'occhio lungo...aspetta ancora un pò (non troppissimo in verità) e la tua teoria troverà una risposta!
 
kagome chan. Ah, che bello, che bello, che bello!!! Ma con voi i miei problemi di autostima spariscono! Parente di JK? Anche in questo caso avrei cercato di intercedere in favore di Severus!
Scherzi a parte, si, mi concentro abbastanza anche su personaggi di cui lei non dice molto, perchè secondo me hanno un potenziale elevatissimo. Del resto, quella donna ha la mostruosa abilità di dare moltissimi indizi sui personaggi con poche pennellate. Pensa se li descrivesse tutti per bene, senza rimanere legata alla visione di Harry...
Caspita, confesso che sentire dire proprio te che Dana ti piace è per me una soddisfazione enorme. Ricordo bene nei primi commenti, mi hai spiegato di non essere molto amante dei personaggi originali...beh, felicissima che il mio ti piaccia!!!!
Eh, si, Harry non è più come prima, ma confesso che in questo caso la maturazione del personaggio ha risposto ad una mia specifica esigenza...o così, o lo strozzavo! A differenza tua, l'Harry un pò troppo avventato mi ha sempre innervosita, pur dovendo ammettere che nel sensto libro ha dimostrato una capacità di crescita che gli rende onore.
Comunque tranquilla, per lui niente tortura...non fisica almeno...
 
Vale93. Che bello! Un'altra nuova voce! Bentrovata anche a te! Se ti è piaciuta la lotta interiore di Severus, pazienta ancora un pò, e poi ne vedrai ancora delle belle. Ps. Anche io so che il suo aspetto non è un'incoraggiamento, ma io gli salterei addosso anche così, tanto lo adoro! :-)
 
Astry_1971. Eccoti qui! Si, hai ragione, quelle due sono la cosa migliore per Remus e Severus! Assolutamente. In questo capitolo scoprirai se Voldy ha intenzione di annullare l'incantesimo...ma secondo te? E come sempre non potevo che coinvolgere Severus nella cosa...Povero caro!
Per la storia, tranquilla, non c'è pericolo che la interrompa. Fino ad ora ho scritto 20 capitoli, e siamo ormai agli sgoccioli. Non potrei davvero mai lasciare la storia incompiuta, anche perchè ho assolutametne chiaro come finirà... e poi scherzi, perdere un'occasione per regalare a Severus finalmente un pò di luce? Non sia mai!
 
Ciao anche a tutti gli altri lettori! In questo capitolo vediamo come si risolve la faccenda. Solo un appunto. Una delle mie beta mi aveva fatto notare una sorta di cedimento ingiustificato di Tonks, così ho cercato di correre ai ripari. Spero di esserci riuscita. Altrimenti, fatemi sapere, che così mi regolo pro futuro.
 
 
La Pozione
 
I primi raggi di sole stavano invadendo la sua stanza quando il marchio cominciò a bruciare. Sorpreso per quella chiamata, Severus si alzò dal letto e si vestì rapidamente, mentre lanciava uno sguardo preoccupato al libro sul quale aveva trovato indicazioni più precise sull’Incantesimo che probabilmente l’Oscuro voleva usare sui Mannari. Sperando non lo stesse chiamando per farsi aiutare in un qualche modo in quell’assurda missione, salì nella stanza delle Smaterializzazioni e lasciò la sua casa.
Il freddo che lo accolse, non appena fu dinnanzi all’Oscuro, lo lasciò come sempre senza fiato, ma ormai era abituato a quel piccolo momento di disagio, e come sempre lo ricacciò indietro.
Chinandosi di fronte all’Oscuro, in silenzio, si rese conto che c’era qualcosa di diverso. In lontananza si sentivano delle grida, ma non erano grida umane. Sembravano più…guaiti!
Con orrore si ritrovò a pensare che forse questa volta era arrivato tardi.
Rialzandosi rapidamente dall’inchino, incontrò lo sguardo rosso del suo avversario, e gli fu sufficiente per capire che era in pericolo.
"Severus! Finalmente…ho grandi cose da raccontarti!" esordì Voldemort, muovendo qualche passo in cerchio.
Severus lo seguì con lo sguardo, dedicandogli tutta l’attenzione possibile, mentre nelle sue orecchie risuonavano le grida. Provenivano dalle celle sotterranee…
"E sai di cosa si tratta, mio fedele amico?"
"No, mio Signore."
Non era vero, ma Severus stava aggrappandosi alla speranza di essersi sbagliato…non poteva aver già scatenato i Mannari…
"No davvero?" sibilò Voldemort, avvicinandosi pericolosamente a lui, gli occhi ridotti a due fessure e i tratti del volto percorsi dalla rabbia.
"No." Ripeté Severus, mantenendo tutto il controllo di se stesso.
"Strano! A giudicare dai fatti, si direbbe diversamente!" ribatté Voldemort, e dal tono che usò Severus capì che avrebbe dovuto dar fondo a tutte le proprie abilità quella volta.
"Non comprendo la ragione di queste insinuazioni, mio Signore." Disse con calma "Ma sono certo di poter rispondere ad ogni accusa mi possa esser mossa. Non ho mai mancato al mio giuramento di fedeltà nei tuoi confronti."
Voldemort gli si avvicinò ulteriormente, in silenzio, guardandolo dritto negli occhi, e Severus dovette lasciargli fare ciò che voleva, ovvero invadere la sua mente. Stringendo i denti, sopportò che la sua mente fosse sondata come sempre con straziante profondità. Voldemort non era un dilettante in Legilimanzia, e Severus sapeva di non potersi chiudere a lui, o avrebbe avuto ancora più ragioni per sospettarlo. Eppure, mentre lo sguardo gelido e pungente del nemico lo sondava, un moto di rabbia lo colse quasi impreparato. Fu solo per l’ormai sviluppata abilità a reprimere ogni cosa che riuscì a salvarsi e a tenere la sua mente e i suoi ricordi al sicuro, ma sarebbe bastato un attimo in più, e Voldemort avrebbe visto la sua frustrazione per non essere riuscito ancora a convincerlo. Nemmeno con la morte di Albus…
"Bene! Vedo che non temi i miei controlli! E quindi vediamo di risolvere le cose a parole!"
Un attimo di silenzio, in cui ancora si guardarono negli occhi, ma senza Legilimanzia. L’Oscuro stava tentando di intimorirlo. Non aveva per fortuna capito che erano tutti tentativi inutili da dopo la morte di Silente.
"Ho trovato un Incantesimo interessante, qualche tempo fa." Cominciò a dire Voldemort, allontanandosi all’improvviso e ricominciando a camminare frettolosamente davanti a lui. "E l’altra notte l’ho usato…sai, ho pensato fosse carino tentare di liberare i nostri compagni rinchiusi ad Azkaban, e per farlo ho ridestato la natura selvaggia di alcuni sicuri alleati…i Mannari…ma, indovina un po’ Severus! Quelli dell’Ordine lo hanno magicamente scoperto e sono intervenuti, portandosi dietro anche quelli del Ministero!"
Silenzio. Severus sapeva che alle sue spalle c’erano altri Mangiamorte, li aveva visti, ma da loro non venne nessun suono. Allora la missione era andata davvero male…E forse nessun Mangiamorte era riuscito a scappare…forse.
Non aveva pensato che l’obiettivo potesse essere quello. Perché mai quella scelta? In prigione c’erano quelli che più avevano deluso l’Oscuro. Perché li rivoleva con sé ora?
Ma quello non era il momento dei dubbi. Doveva rispondere, e sapeva dove Voldemort stesse andando a parare con quel discorso.
"Ho già dimostrato da che parte sto!" disse con voce calma e sicura "La mia devozione a te non dovrebbe più essere messa in discussione!"
"Eppure quelli dell’Ordine sono arrivati quasi in contemporanea con i Mannari! Come lo spieghi?" sbottò Bellatrix.
Severus si volse lentamente e la guardò. Si era fatta avanti e aveva indosso la maschera a celarle il volto, come tutti loro, ma poteva vederne gli occhi brillanti oltre le fessure nell’argento.
Le rivolse un mezzo sorriso di scherno.
"Come sempre tu, Bellatrix." Disse con voce delicata "Mi chiedo perché mai ho avuto qualche dubbio sulla fonte delle calunnie a mio danno."
"Questa volta i fatti parlano chiaro!" continuò lei, avanzando ancora di un passo, la mano destra nascosta tra le pieghe del mantello, ma evidentemente impegnata a stringere la bacchetta. Sembrava aver una gran voglia di usarla su di lui, ma Severus sapeva come batterla.
Si volse lentamente di nuovo verso Voldemort e lo guardò con calma, lasciandosi il tempo di fare scena.
"Mio Signore, quali sarebbero questi fatti?"
Voldemort rimase anche lui qualche secondo in silenzio, poi si avvicinò.
"Qualcuno tra i Lupi ci ha traditi e ha contattato l’Ordine, facendo saltare tutto."
"Non riesco a vedere cosa possa c’entrare io."
"Il Lupo era un membro dell’Ordine, Severus." La voce di Voldemort vibrò appena.
Consapevole di non poter tirare troppo la corda, Severus ripiegò sull’unica via che aveva sempre dato frutti: fare piccole ammissioni per costruire grandi bugie.
"Remus…"
"Allora lo ammetti!" sibilò Voldemort, che gli fu di nuovo vicinissimo.
"No, assolutamente! Non avevo la più pallida idea che Lupin facesse da infiltrato per l’Ordine. Potrebbe essere stato deciso senza che io ne sapessi nulla, ma ne dubito. È più probabile che si sia infiltrato dopo la morte di Silente."
"Sciocchezze!" sbottò Bellatrix "Mio Signore, non vorrai credergli ancora? Continua a prenderci in giro!"
Severus si trattenne dal sorridere, e non si stupì quando vide che l’attenzione di Voldemort ora non era più su di lui.
"Non mi lascia nemmeno la soddisfazione di strapazzarla ancora un po’. Bellatrix deve proprio odiarmi per esporsi così tanto alla sua ira…stupida donna!"
E infatti, come da previsione, un attimo dopo Bellatrix era stesa a terra, raggomitolata su se stessa e impegnata a trattenere le urla provocate dalla Cruciatus.
"Non ho bisogno che mi si dica cosa fare." Disse Voldemort con fare imperioso, mentre alzava la bacchetta e interrompeva l’Incantesimo con fare quasi non curante.
"Si…si mio Signore…ti chiedo perdono, non volevo essere sfacciata." ansimò Bellatrix, cercando di riprendersi in fretta e rialzarsi.
Voldemort non la badò e si volse di nuovo di scatto verso Severus, tornando davanti a lui.
"Tu sapevi della sua militanza nell’Ordine! Come mai non ti è venuto nessun dubbio?"
Severus trasse un silenzioso respiro, cercando le parole giuste per non inguaiarsi come aveva appena fatto Bellatrix.
"Mio Signore, ti ho riportato tutte le notizie che potevano esserti utili. Se ho mancato di riferirti di Lupin è perché non avevo idea che potesse mettersi così tanto in gioco. Fino a quando ho avuto modo di partecipare alle riunioni dell’Ordine si è sempre tenuto in disparte, non si è mai impegnato particolarmente. E non avevo idea che vi fosse tra i tuoi piani quello di affidare una missione di rilievo ai Mannari."
"Non sono tenuto a dirti tutto quello che ho in mente di fare." Sibilò pericolosamente Voldemort.
Severus si chinò appena e annuì.
"Certamente, mio Signore. Non volevo insinuare il contrario, ma solo dire…"
"Ho capito cosa volevi dire, Severus." Lo bloccò bruscamente Voldemort "Allora Codaliscia ha avuto torto."
"Codaliscia?" si sorprese Severus.
"Si. La missione era affidata a lui."
Severus ridacchiò appena, sapendo di avere in mano una carta vincente. La fortuna forse si stava volgendo un pochino anche verso di lui. Poteva liberarsi di quell’insulso ometto pericoloso.
"Allora mio Signore credo che abbia più che torto."
Voldemort lo guardò incuriosito e finalmente meno ostile.
"Minus era molto amico di Lupin all’epoca della scuola, a differenza mia. Era nello stesso gruppo di Black e Potter. E Sapeva molto bene della particolarità del suo amico…"
Un leggero squittio alle sue spalle rivelò a Severus che Codalisca era presente, e che aveva fiutato il pericolo con prontezza. Tipico.
"Codaliscia…"
"S-si mio Signore…"
"E’ vero?"
"Beh, si mio Signore…"
"E com’è che non hai riconosciuto un amico di vecchia data?" sibilò Voldemort.
"Io…Mio Signore, non c’era quando sono stato da Greyback….davvero, non l’ho visto!"
Rapida come un fulmine, un’altra Cruciatus colpì, e Minus si ritrovò a crollare a terra riempiendo l’aria dei suoi lamenti acuti.
Severus rimase immobile come tutti gli altri Mangiamorte, e si chiese se fosse riuscito a scamparla anche quella volta. Doveva assolutamente tornare a casa e lavorare sulla Pozione per annullare l’Incantesimo di risveglio…
Dopo alcuni secondi però anche lui fu colpito dalla Cruciatus. La sorpresa fu tale da togliergli il respiro, ma non bastò a farlo cedere. Cadde in ginocchio e strinse le mani a pugno, ma sopportò in silenzio, cercando con tutte le proprie forze di isolare il dolore, relegarlo in un angolo remoto della propria mente. Prima del previsto il dolore passò e lui poté ricominciare a respirare normalmente.
"Non che dubiti di te, Severus, ma è solo per ricordarti che non amo mi vengano fatti appunti su quello che dico e quello che tengo per me." Disse con voce leggera Voldemort, passandogli accanto e superandolo.
Severus rimase fermo per un attimo, controllando il proprio respiro e facendo defluire anche le ultime ondate di dolore, poi si rialzò senza dire una parola.
"E ora, diamo il bentornato a quei pochi che, nonostante tutto, sono riusciti a tornare dal loro Padrone." Esclamò con voce allegra Voldemort, mentre Severus sentiva il sangue che gli si ghiacciava nella vene. "Credo, Severus, che ci sia anche un tuo caro amico tra loro…dunque ne sarai contento!"
Severus alzò lo sguardo e vide le quattro figure che ora avanzavano da dietro Voldemort.
Bastò poco per capire e non fu necessario che i suoi occhi si incrociassero con quelli di Lucius per capire che era a lui che Voldemort si riferiva.
Eppure incrociare lo sguardo dell’amico di un tempo lo mise a dura prova. Era smagrito e sporco, ma ancora retto e fiero, come un Malfoy doveva essere. Perduto per sempre.
L’assenza dei Dissennatori alle prigioni non aveva mandato i prigionieri fuori di testa, ma a giudicare dal modo in cui camminavano e si guardavano attorno forse ci avevano pensato le Cruciatus di Voldemort.
Perché erano pur sempre responsabili della perdita della profezia…
Dietro Lucius, Severus intravide una figura più bassa, magra e con lo stesso portamento. Non ebbe bisogno di vederlo distintamente ma seppe che quello era Draco.
Non staccò lo sguardo da Lucius fino a quando non furono uno di fronte all’altro.
"Finalmente di nuovo insieme, amico mio." Disse Lucius, mettendogli una mano sulla spalla.
Severus annuì e ricambiò il gesto, sentendosi per la prima volta a disagio.
"Rovinerò anche te, Lucius. Ma non posso fare diversamente. E in fondo ne va della salvezza di tuo figlio. Chissà, forse capirai…alla fine."
Lucius si mosse e andò ad occupare il suo posto nelle file di Mangiamorte e Severus si mosse per fare altrettanto.
Né Severus né Draco cercarono lo sguardo l’uno dell’altro, ma quando furono tutti al loro posto, pronti a sentire le nuove esigenze del loro Padrone, Severus si accorse che dietro ad una maschera d’argento poco oltre lui alla sua destra c’era un ragazzo di nuovo sprofondato dell’abisso del dubbio e della lacerazione.
Sperò con tutto il cuore che il ritorno di Lucius non volesse dire la rovina di Draco, perché se così fosse stato, avrebbe dovuto prendere di nuovo una difficile decisione. L’anima di Draco era una delle cose che Albus gli aveva affidato prima di morire, e non poteva permettere che si distruggesse.
 
Tonks aveva mandato il proprio Patronus direttamente a Dana, lasciandola notevolmente sorpresa, eppure non ci fu ritardo nella risposta a quella richiesta d’aiuto.
"Non capisco! Il sole è sorto da ore ormai, e Remus è ancora così!"
Fu la prima cosa che riuscì a dire incrociando lo sguardo di Dana.
E Dana, seguita da Harry, Ron e Hermione, si era avvicinata al salotto piccolo e stretto dove era posizionata la gabbia che tratteneva Remus.
Accucciato in un angolo, lo sguardo ostile e i denti digrignati, c’era un Lupo Mannaro di notevoli dimensioni. Dana gli si avvicinò cautamente, e lui scattò subito verso le sbarre della gabbia, facendo sobbalzare pesantemente la struttura in ferro.
Tonks serrò gli occhi e si volse dall’altra parte, mentre Harry e i suoi due amici rimanevano fermi dov’erano.
Era indubbiamente uno spettacolo inquietante e svilente. Lasciava nella più completa impotenza.
"Dovrebbe essere già tornato normale…" bisbigliò Tonks mentre guardava fuori dalla finestra cercando qualcosa con lo sguardo.
"No, non è così" disse Dana, gli occhi ancora fissi sul Mannaro che continuava a ringhiarle contro.
Tonks si volse di scatto verso di lei e rimase in silenzio.
"Severus forse ha individuato l’Incantesimo usato da Riddle, però…mi ha detto che gli effetti dell’Incantesimo non si producono per una sola notte, ma rimangono attivi fino quando chi lo ha lanciato non lo revoca."
"Cosa?" bisbigliò Hermione, sgranando appena gli occhi.
Tonks non disse nulla per alcuni secondi, poi tornò a volgere la propria attenzione alla finestra. Un gufo si posò delicatamente sul balcone e le porse la zampa. Con dita tremanti, lei slacciò la pergamena che portava e lo fece ripartire.
"Cos’è?" chiese Harry, avvicinandosi tuttavia a Dana.
"Una lettera di Moody….anche gli altri Mannari sono nelle stesse condizioni…e sembrano tutti più aggressivi che durante la notte…"
Lupin si scagliò di nuovo contro le pareti della gabbia e ringhiò contro Dana, che non si scompose di un solo millimetro. Harry fece un passo indietro e la guardò.
"Cosa possiamo fare?"
"Chiamare Piton." Disse Hermione, avvicinandosi anche lei.
"Cosa?" sbottò Ron.
"Si Ron! Se sa qual è l’incantesimo, forse sa anche come revocarlo o come annullarlo…"
"Si, in effetti aveva qualche idea sul come fare…" ammise Dana.
"Allora cosa aspetti?" chiese Tonks, guardandola quasi con risentimento.
"Tonks…Severus ha solo delle teorie…dovremmo usare Remus come cavia…"
Tonks aprì la bocca, ma poi non seppe che dire. Abbassò lo sguardo e volse loro la schiena, stringendosi le mani sulle spalle.
"Va bene. Chiamalo."
"Ne sei certa?"
"Si." Rispose asciutta Tonks.
Harry la guardò sorpreso, ma non osò dire nulla, vista l’occhiataccia che Hermione gli stava rivolgendo. Ron sospirò e si rassegnò, ma evitò accuratamente di avvicinarsi troppo alla gabbia.
"Allora sia. Vado da lui. Ma potrebbe volerci un po’. Non è detto riesca a trovarlo subito."
Tonks annuì e Dana si Smaterializzò, ricomparendo all’esterno della casa di Severus.
 
Un paio di Crak sonori fecero trasalire Tonks che immediatamente si affacciò alla finestra. Fuori dalla porta c’erano Dana e una persona incappucciata di cui non si vedeva il volto, ma non le ci volle molto per capire di chi si trattasse.
"E’ lui?" chiese asciutto Harry.
"Si. Harry, ti prego…non…"
"Non dirò nulla Tonks, davvero. Voglio vedere anch’io Lupin stare meglio."
E Piton era l’unico che potesse almeno provarci, Harry lo sapeva. Quindi avrebbe tenuto la lingua in mezzo ai denti. Quando Dana e Severus entrarono però non poté che lanciargli uno sguardo che metteva subito in chiaro quale fosse il suo pensiero. Severus gli indirizzò un sorriso sarcastico e si volse dall’altra parte.
"Avrò bisogno di tempo e di calma, ma se l’Oscuro chiama dovrò interrompere il lavoro."
"Si, capisco." Disse Tonks, indicandogli la cucina. "Ho portato di là quanto avevo in casa, ma non credo sarà di qualche utilità."
Severus si mosse in silenzio verso la cucina e cominciò ad agitare la bacchetta facendo uscire da sotto il mantello tutte le cose che si era portato da casa. Un grosso libro dalle pagine scure e consumate andò a posarsi sul tavolo e diversi sacchetti e boccette volarono sul banco da lavoro. Tre diversi tipi di mortai e pestelli comparirono dal nulla e il fuoco comparve sotto il calderone sghembo che Tonks aveva preparato in un angolo.
"Dana…"
Con pochi passi Dana lo raggiunse, leggermente perplessa sull’opportunità di farlo lavorare per una cosa così difficile in un ambiente così poco amico. Per quanto non fosse un portento in Pozioni, sapeva bene che anche l’atmosfera di lavoro poteva fare la differenza.
"Ci sono delle cose che devono essere preparate in contemporanea, e da solo ci impiegherei una vita…"
"Posso fare io, ma ricorda che non sono mai stata eccellente in questo campo."
"Non importa, sarebbe peggio se facessi da solo."
Un leggero tossicchiare lo fece volgere verso l’entrata della cucina.
"Se vuole, posso fare io." Disse Hermione, che si stava mantenendo sulla soglia ma che pareva per nulla intimorita o in imbarazzo.
Severus la scrutò per qualche secondo, durante il quale Hermione non abbassò lo sguardo, e Dana seppe in anticipo che aveva vinto la ragazza. Un attimo dopo infatti Severus annuì seccamente e le indicò i semi di Berioz dentro un vasetto.
"Devono essere pestati fino a ridurli in una poltiglia omogenea Signorina Granger, o non andrà bene."
Hermione annuì e si avvicinò con sicurezza al mortaio più grande che Severus aveva portato, prese i semi e ve li fece cadere dentro, cominciando subito dopo a triturarli con il pestello. Dana la osservò per qualche secondo, poi si volse verso Severus inarcando un sopracciglio.
"Non so perché, ma ho come la vaga impressione che avesse il massimo dei voti anche nella tua materia…"
Un ghigno leggermente contrariato si dipinse sul volto di Severus, ma Dana sapeva che era solo apparenza.
"Non era possibile negarglielo."
Dana distolse lo sguardo e represse il sorriso che stava nascendole sul volto. Burbero testone!
Ron comparve sulla soglia della cucina, posando su Hermione uno sguardo preoccupato. Dopo una prima iniziale esitazione, entrò nella stanza e le si mise accanto mentre Harry si appostava all’uscita della cucina.
"Anche volendo, questi tre non si possono proprio separare!"
"Me ne sono accorta anch’io vivendoci insieme…"
Silenzio.
"Vivi ancora con loro?"
"Si, certo. E del resto, non ho altro posto dove stare…in mezzo ai Babbani sarebbe stato poco pratico e decisamente poco sicuro."
Un lieve cenno del capo fu tutto quello che Dana ottenne in risposta e seppe che Severus non avrebbe aggiunto più nulla sull’argomento.
In considerazione del fatto che Hermione aveva preso il suo posto nell’aiutarlo a preparare gli ingredienti, Dana si sedette vicino al calderone, lanciando ogni tanto sguardi in direzione della sala. Da dov’era riusciva ancora a vedere Tonks, rannicchiata contro una poltrona, lo sguardo perso nella direzione della gabbia dove c’era Lupin. Un basso ringhio all’improvviso si unì al rumore della lavorazione degli ingredienti.
Senza smettere di lavorare, Severus alzò lo sguardo e lo volse in direzione della sala.
"Era molto agitato?"
"Si, abbastanza. E poi ce l’ha con me. Deve aver capito che non mi piacciono i Mannari…"
"Hanno fiuto per queste cose. Sarà bene tu non ti avvicini più alla gabbia allora."
"Severus…non è che non so difendermi. Ricordi…"
"Non intendevo in questo senso." Rispose secco lui "Il punto è che dovremo fargliela assumere, prima o poi, questa Pozione…e vorrei che per allora fosse tranquillo. Già una volta me lo sono visto contro. Non sono ansioso di ripetere l’esperienza."
"Toglimi una curiosità Severus…perché aiuti proprio lui…insomma, tra tutti quelli che puoi odiare del gruppo dell’Ordine, credo che Lupin sia quello che può vantare più motivi, o no?"
Severus distolse lo sguardo e non rispose, nemmeno con la Legilimanzia.
Perché lo aiutava? Perché era quello che gli avrebbe chiesto di fare anche Albus. E poi Remus non era più responsabile di chiunque altro della sua posizione. Perché accanirsi? In fondo, era stanco di farsi nemici in continuazione. Bastavano quelli che aveva già. Gli occhi si alzarono per rintracciare la figura di Harry, appostato oltre la porta e deciso a non volgersi verso di lui.
Ecco, appunto. I nemici che aveva erano più che sufficienti.
Ma non si trattava solo di questo. Aveva provato disgusto e odio per Lupin fino a qualche anno prima, quando era entrato di nuovo nella sua vita coprendo il ruolo di insegnate di Difesa Contro le Arti Oscure. Poi però aveva dovuto cominciare a lavorarci gomito a gomito e aveva scoperto che, in fondo, non erano poi tanto diversi loro due. Aveva smesso di odiarlo, e aveva lasciato cadere nel dimenticatoio le brutte vicende del passato lasciando che al loro posto subentrasse la consapevolezza delle vicende recenti che avevano colpito ciascuno di loro. E Lupin era stata una sorpresa. Si, era l’unico ad avere un po’ di cervello tra tutti i Malandrini, ed era l’unico che fosse in grado di mettere da parte se stesso per fare ciò che doveva.
Un altro ringhio dalla sala.
Per essere onesti, almeno con se stessi e almeno per una volta, la cosa che più gli aveva dato da pensare, portandolo a riconsiderare la propria opinione di Lupin, era proprio la sua condizione di Mannaro; sapeva sopportarla con una dignità e una consapevolezza di se stesso che non aveva mai visto. Lo aveva scoperto durante l’anno in cui aveva insegnato a Hogwarts. Già, ma all’epoca non era stato abbastanza onesto da ammetterlo con se stesso. Solo dopo la morte di Black aveva realizzato tutto, vedendo il modo in cui Lupin stava comunque reagendo e lottando per quel poco che ancora aveva. Bruciava ammetterlo, ma lo rispettava per questo.
Ed era sufficiente per essere lì in quel momento.
Prese una manciata di occhi di anguilla e li fece scivolare nel calderone fumante non appena sentì che il preparato base che vi aveva messo cominciava a bollire.
Ci sarebbe voluto parecchio tempo per la Pozione…
Con cura e precisione, oltre che con una velocità invidiabile, tritò e pestò altri tre ingredienti, mentre sul bancone da lavoro si aggiungeva anche quello che aveva preparato Hermione.
"Granger, i piedini di Fornillo..."
"Spiumati e tagliati a rondelle, si. Ma servono cotti?"
"No, solo lavati."
Hermione annuì e si tolse in fretta il mantello che aveva tenuto addosso fino a quel momento. Dentro la casa faceva stranamente fresco ma stare in quella stanza con il calderone acceso aveva ribaltato la situazione.
Legò i capelli con gesto veloce e passò a Ron il cesto in cui aveva sparso i piedini per avere facilitato il lavoro.
Dana questa volta non riuscì a trattenersi e sorrise divertita, lasciando che Severus se ne accorgesse pure. Hermione era incredibile; le sarebbe tanto piaciuto vederla alle prese con una delle lezioni di Severus, a Hogwarts.
Severus invece scrollò la testa, deciso a non fare altro che il suo lavoro.
Altri ingredienti finirono nel calderone e un paio di strani fiori vennero sezionati con cura e precisione prima di finire nel mortaio di Severus, per essere diligentemente pestati come tutto il resto.
Dana si sorprese nel rimanere incantata a osservarlo; non le succedeva una cosa del genere da anni, ma del resto non lo aveva più visto lavorare così da quando erano andati insieme a fare ricerche.
E anche allora era rimasta stregata dal modo in cui si muoveva in mezzo agli ingredienti delle Pozioni, dal modo in cui le preparava e da come pareva estraniarsi da tutto in quei momenti. Preparare Pozioni probabilmente funzionava come distrazione, persino in quel momento. Severus era nel suo elemento quando si trovava attorno ad un calderone, lo aveva sempre saputo.
Chissà, magari alla fine di tutto sarebbe anche riuscito a ridedicarsi anima e corpo alla sua passione.
 
La preparazione della Pozione risultò più complessa del previsto, e diverse volte Severus aveva interrotto il proprio lavoro per tornare a consultare le pagine del libro che aveva portato con sé. Ai margini delle pagine aveva annotato tutto quello che gli era venuto in mente per ottenere il risultato sperato, ma non bastava…gli sembrava quasi che la Pozione stesse smettendo di fare reazione, nonostante l’aggiunta costante e calibrata di ingredienti.
"Severus…tutto bene?"
La voce di Dana lo ridestò dai pensieri in cui si era completamente calato. Posò su lei uno sguardo stanco ma soprattutto irritato e rimase in silenzio per quale secondo, prima di risponderle con voce bassa e tagliente.
"No, affatto! Non sta andando come dovrebbe!"
Dana si incupì, così come Hermione. Persino Ron aggrottò la fronte. Se un Pozionista del suo calibro era in difficoltà, la situazione allora non stava volgendo al meglio.
"Abbi pazienza Severus. Ci stai lavorando da ore e non hai toccato cibo. Forse un po’ di riposo ti aiuterebbe a riacquistare lucidità."
Severus la fulminò, ma Dana non batté ciglio, rimanendo ferma a guardarlo con la testa leggermente inclinata e un’espressione determinata dipinta in volto.
"Severus… non devi strafare. Quella pozione deve riuscire."
"Non sono abituato a fermarmi."
"Ora dovrai farlo."
Posando sul tavolo il libro che stava consultando, Severus si concesse il tempo di lanciarle un’occhiataccia alla quale lei rispose con un sorriso.
Un improvviso e intenso ringhiare fece sobbalzare tutti.
Lupin si scagliò violentemente contro la gabbia più volte, mentre Severus e Dana raggiungevano il salotto con le bacchette in mano.
Harry si era già preoccupato di allontanare un po’ Tonks, che tuttavia stava ancora muovendo delle obiezioni, mentre il Lupo ringhiava e scrollava la testa violentemente.
"Harry, mi può capire! Lo ha fatto fino ad ora!"
"Non è comunque il caso di rimanere vicini. Se la gabbia cedesse, dovremo avere il tempo di reagire."
"È una gabbia magica! Non la può sfondare!"
"Si che potrebbe." Intervenne Dana, gli occhi fissi in quelli del Lupo "Non è in condizioni normali ora. La sua parte animalesca è fuori controllo e non sappiamo quanto l’Incantesimo lo abbia potenziato."
"Ma…"
Tonks non poté finire la frase, perché Lupin si era di nuovo scagliato contro la gabbia, in direzione di Dana.
"Vai di là." Le disse secco Severus "Lo innervosisci ancora di più."
Dana annuì, guardò Lupin ancora una volta, poi si volse e tornò in cucina.
Tonks si passò una mano sugli occhi, sfinita dalla tensione.
"Forse è così perché ha fame. Sono quasi le quattro del pomeriggio…"
Severus si volse verso di lei inarcando un sopracciglio e rimanendo in silenzio, con il suo solito sorrisino storto.
"Cos’ha?" scattò Harry.
Severus lo ignorò del tutto, ma fece qualche passo verso Tonks.
"Non starai dicendo sul serio?"
Lei gli lanciò un’occhiata torva che lui puntualmente ignorò.
"Cosa credi si possa dare da mangiare a un Lupo Mannaro? Pane, burro e noccioline?" sibilò facendosi d’un tratto serio e scuro in volto "Non gli puoi dare da mangiare."
"Allora cosa dovrei fare? Lasciarlo lì, in queste condizioni? Se quella maledetta Pozione sarà ancora lunga da preparare, morirà di fame!" esclamò lei, facendo un passo verso Severus, per nulla intimorita.
"Dunque, visto che sei così disposta a rischiare che ti sbrani, poi sarai anche disposta a spiegargli, quando si riprenderà, perché ha del sangue addosso e il suo gusto in bocca." Sibilò in tono velenoso e irato, come se stesse parlando con una studentessa che non vuole saperne di capire una cosa ovvia.
"Te lo ricordi cosa mangiano i Mannari? Dovrai portargli qualche animale…e non credo che alla fine Lupin apprezzerebbe!"
"E credi forse ce non lo sappia, Piton? Non sono una studentella sprovveduta." Sbottò Tonks, con rabbia e per nulla intimorita da quella figura oscura che la fronteggiava con il suo migliore cipiglio arcigno "Ma non posso rimanermene qui, con le mani in mano, mentre lui soffre! Questo penso possa comprenderlo persino uno come te!"
Apparentemente per nulla scosso da quelle parole, Severus si chiese quanto avesse sottovalutato quella strana ragazza dai capelli ora grigi e scompigliati.
"E’ del tutto inutile lasciarsi andare ai sentimentalismi in questo momento! Sei un’Auror, dovresti essere in grado di controllarti!"
"Essere Auror non vuol dire diventare di pietra. Di sicuro non permetterò che il mio addestramento mi consumi come persona!"
Nel dirlo, Tonks aveva abbassato il volume della voce e si era ricomposta in una evidente presa di posizione anche fisica. Il Lupo tacque all’istante, gli occhi puntati su di lei.
Si, forse l’aveva sottovalutata. Lei non era una di quelle persone capaci ad arginare i propri sentimenti, dimenticare se stesse e recitare, ma di sicuro era una di quelle che non demordeva mai, di fronte a nulla. Decisamente un’Auror.
"Fa pure." Le rispose tagliente "Finché potrai permettertelo…"
Lui non aveva avuto quella possibilità, e tutto sommato dovette ammettere di invidiarla per quella libertà preziosa e notevole che lei poteva ancora vantare.
Si volse di scatto e si avviò di nuovo verso la cucina, mentre Tonks si avvicinava di nuovo alla gabbia, dove il Lupo aveva cominciato a mordicchiare le sbarre della prigione magica che lo tratteneva.
Hermione, intenta a rimestare la Pozione sopra il fuoco, si scansò per lasciargli il posto, ma Severus non fece in tempo ad avvicinarsi, che si bloccò scrutando pensieroso un punto indefinito di fronte a lui.
"Forse…"
Si volse di scatto, facendo cenno a Dana di seguirlo.
"Bisogna che gli prenda un ciuffo di peli."
"Cosa? Severus, vorrai scherzare?"
"No, affatto. Ora mettilo tranquillo con quel fischio."
Dana lo guardò accigliandosi, ma non obiettò più di tanto. In fin dei conti sapeva che poteva tenere il Lupo sotto controllo per parecchio, anche in quelle condizioni.
Si avvicinò silenziosamente alla gabbia, attirandosi le malevole attenzioni dell’animale.
"Cosa volete fare?" intervenne Tonks, poco tranquilla.
"Finire più in fretta la Pozione." Sibilò Severus.
Bacchetta in mano, sia lui che Dana si avvicinarono ulteriormente alla gabbia, suscitando le ire del Lupo.
Dana non attese oltre e con un movimento secco e deciso fece partire il fischio, tenendo sempre gli occhi fissi sul Lupo. Lupin ricambiò lo sguardo con ostinazione, mentre si accucciava a terra, guaendo piano. Dana dovette allungare la mano per fermare Severus, già in procinto di avvicinarsi.
"Non entrare ancora, è più tenace di quel che credi." Disse piano, mentre il suo sguardo diventava ancor più di ghiaccio.
Severus abbassò la bacchetta e attese pazientemente, mentre Dana continuava a guardare il Lupo.
Lupin guaì più sonoramente, e lei fece scattare impercettibilmente di nuovo la bacchetta, rendendo più acuto il sibilo.
L’effetto fu immediato, ma lei ancora non era certa di averlo in pugno.
"Severus…meglio legarlo…è molto forte."
Senza una parola lui fece comparire delle funi e in breve il Lupo fu bloccato.
Tonks comparì al fianco di Dana con la bacchetta pronta, e lo stesso fece Harry, anche se Dana sorrise nel sentire i sentimenti con cui si stava muovendo.
"Al primo segno di inquietudine, Schiantatelo contemporaneamente. Severus, comunque dovrai fare in fretta…"
"Non serve dirmelo."
Alcune sbarre della gabbia scomparvero e Severus infilò cautamente le braccia dentro lo spazio riservato al Lupo. Lentamente, mentre i guaiti leggeri non cessavano, sfiorò il pelo dell’animale.
Un leggero ringhio si alzò dalla gola del Mannaro e Tonks avvicinò la bacchetta alla gabbia. Severus rimase immobile, lasciò che il fischio di Dana lo stordisse ulteriormente, poi si mosse ancora, avvolgendosi sulle dita un ciuffo del pelo grigio.
Con un leggero movimento della bacchetta il ciuffo si staccò dal suo padrone e Severus ritrasse le braccia, rimettendo immediatamente al loro posto le sbarre che aveva fatto sparire.
Dana fece cessare il fischio e slegò il Lupo, rilasciando il fiato che non si era accorta di aver trattenuto.
"A cosa ti serve?" chiese, accompagnando Severus in cucina.
"La Pozione va personalizzata. È questa la leva che la farà funzionare, nonostante l’Incantesimo possa essere revocato solo da chi l’ha scagliato."
"Pozione specifica contro incantesimo generico."
"Si." Disse semplicemente, facendo cadere la ciocca nel calderone. La Pozione riprese a bollire immediatamente e divenne più densa, facendo disegnare un sorriso soddisfatto sulle labbra del suo creatore.
 
Il sole stava tramontando e la nebbia avvolgeva la casa in una dimensione quasi irreale.
Attorno al calderone ormai erano rimasti solo Severus e Dana.
"Dimmi un po’, credi che per stasera sarà pronta?"
"Si, è molto probabile. Ancora mezzora di fuoco e poi vedrò se c’è bisogno di correzioni. Ma non credo."
Dana annuì, posandosi stancamente allo schienale della sedia. Era tutta indolenzita, i suoi muscoli parevano intenzionati a non lasciarla in pace e rammentarle tutta la tensione che aveva accumulato in un paio di giorni. Tra la battaglia con i Lupi e la preparazione della Pozione, persino lei si era trovata distrutta.
E poi, forse aveva contribuito particolarmente quello che le era successo con Fellington…
Quasi cogliendo i suoi pensieri, Severus la guardò e corrugò la fronte.
"Hanno chiamato anche te a combatterli?"
Dana si drizzò e lo guardò, ma non tradì alcuna emozione.
"Si."
Severus annuì e guardò la Pozione, poi ci fece scivolare dentro della polvere grigia e mescolò con calma.
"Lo hai trovato?"
"Si"
Severus si bloccò e la guardò. Dana ebbe l’impressione che quello sguardo avrebbe potuto scavarle anche l’anima, ma sapeva che Severus non stava usando la Legilimanzia. Semplicemente, si conoscevano troppo bene.
"Non ci sono riuscita."
Riprendendo a mescolare la pozione, Severus annuì quasi impercettibilmente.
"Meglio" disse amaramente, quasi sospirandolo.
 
"Allora, tutti pronti?" chiese Dana, guardandoli singolarmente uno a uno.
Tonks era Auror e i tre ragazzi erano decisamente in grado di gestire la situazione, ma Dana aveva il terrore che si facessero coinvolgere dai loro sentimenti e perdessero il controllo. Sarebbe stato un disastro…
"Al primo segnale di difficoltà, lo Schianterete!"
"Dana, abbiamo capito!" intervenne Harry.
"Avanti, muovetevi. Credo che anche lui non veda l’ora di tornare normale." Si intromise Severus con voce autoritaria, reggendo in mano una caraffa piena di Pozione.
Dana trasse un respiro profondo e agitò la bacchetta, sottoponendo di nuovo il Lupo al fischio acuto che tanto lo disturbava.
Hermione lo legò, Ron e Tonks usarono un Incantesimo per aprirgli la bocca e Harry rimase fermo, la bacchetta puntata e pronta a colpire.
Con immensa sorpresa non vi furono problemi per fargli ingerire la Pozione. Severus gli si avvicinò e gli vuotò il contenuto della caraffa in bocca.
"Aveva proprio voglia di collaborare…" commentò Dana, decisamente scettica.
"Rimanersene in quello stato non credo sia un divertimento."
"Speriamo solo che funzioni…" sospirò Hermione, allontanandosi di qualche passo.
La risposta si produsse davanti ai loro occhi quasi subito.
Un terribile guaito li colse alla sprovvista e Harry alzò istintivamente la bacchetta.
"Fermo!"
Severus lo bloccò appena in tempo.
"Certo, i riflessi veloci li ha…nessuno degli altri ha fatto in tempo a predisporsi allo Schiantesimo… speriamo gli basti."
Lupin si contorse e il pelo cominciò a ritrarsi.
"Funziona…" sospirò Tonks, mentre Dana guardava Severus con qualcosa di molto simile all’orgoglio negli occhi.
La trasformazione fu relativamente rapida, ma fu anche molto dolorosa, tanto che Hermione uscì dalla stanza.
Tonks fece comparire dal nulla una morbida coperta di lana e la gettò sul corpo non ancora del tutto trasformato del suo uomo.
"Devo trascrivere la preparazione esatta della pozione ora… ci penserete voi a farla avere a chi di dovere, ma fate in modo che non si sappia che è arrivata dall’esterno, o mi ritroverò con altri sospetti sulle spalle."
"Tranquillo. La McGranitt saprà come fare."
Severus annuì e tornò in cucina, seguito con lo sguardo da Harry.
 
"Ora sta meglio, decisamente." Sospirò Tonks, appoggiandosi pesantemente al tavolo. "Se volete posso portarla io a Minerva…" aggiunse accennando alla preparazione della pozione che Severus aveva appena finito di trascrivere su un comunissimo pezzo di pergamena.
"Non è il caso che Lupin rimanga da solo." Si oppose Harry "Servi qui adesso. Vado io dalla McGranitt." Disse, allungando la mano verso il foglio che aveva ancora in mano Severus.
I due si scambiarono l’ennesimo sguardo di diffidenza, poi Severus fece cadere nelle mani del ragazzo il foglio. Harry sparì immediatamente, e Dana sospirò.
"Testardi."
"Ora devo rincasare. Sono stato assente da casa per troppo tempo. Codaliscia potrebbe insospettirsi."
Tonks annuì e Severus rivolse a Dana uno sguardo breve ma chiaro.
"Raggiungimi qui fuori."
Dana annuì impercettibilmente e fece finta di nulla.
"Se ci fossero problemi, dagli ancora un po’ di pozione, e in caso chiama Dana. Ci penserà lei a contattarmi."
Lo aveva detto muovendo qualche passo verso il salotto. Il suo sguardo si posò sulla figura rannicchiata di Lupin, protetto dalla coperta e appoggiato su alcuni grandi cuscini.
Si era sorpreso non poco quando Dana lo aveva fermato, mentre si avvicinava per prendere al Lupo un ciuffo di pelo: era un Lupo tenace? Beh, in effetti gli parve impossibile negarlo. Non era affatto certo che gli altri Mannari avessero retto quanto lui…forse si erano morsi da soli, probabilmente alcuni erano anche impazziti nel rimanere così tanto più del solito in forma animale.
Ma Remus no.
Decisamente tenace.
"Severus…" un flebile lamento modellato sul suo nome.
Severus si bloccò. Veniva da Remus.
"Grazie."
Decisamente non troppo abituato a sentirsi rivolgere quella parola, Severus sentì distintamente il cuore stringersi in petto. Lo stesso tono che aveva usato Albus quando aveva bloccato gli effetti dell’anello…
"Mh" fu tutto quello che disse prima di girarsi verso Tonks "Ora fallo mangiare molto."
Tonks annuì, mentre lui rivolgeva un ultimo sguardo a Dana prima di Smaterializzarsi.
Nessuno vide Lupin, rannicchiato com’era, sorridere debolmente contro il cuscino.
 
Lo aveva raggiunto nel giro di pochi secondi, e ora erano fermi in piedi, avvolti dal buio e dal freddo, poco lontani da un agglomerato qualsiasi alla periferia di Londra.
Il silenzio di Severus la stava preoccupando, ma decise di non interromperlo avvertendo in lui uno stato di frustrazione e rabbia.
"Non vorrei chiederti anche questo, ma rischio di farmi scoprire se non mi decido…" sospirò dolorosamente, guardandola con occhi gelidi.
"Di cosa si tratta?"
"L’Oscuro ha rischiato di vedere nella mia mente cose recenti che gli svelerebbero il mio tradimento."
"E quindi…vuoi mettere al sicuro nuovi ricordi."
Lo vide annuire brevemente e volgersi dall’altra parte.
"Severus…cosa c’è?"
Silenzio. Gelido silenzio. Poteva avvertire distintamente quello che stava succedendo, come se stesse avvenendo materialmente davanti ai suoi occhi: l’ennesimo muro si stava ergendo tra loro, l’ennesima decisione di Severus che la condannava ai margini della sua vita. Persino mentre le chiedeva aiuto.
"Vorrei non fosse necessario."
"Lo so, riesco persino a sentirlo." Commentò amaramente Dana, costringendolo così a volgersi. "Decidi di nuovo di non lasciarmi spazio per aiutarti…"
"Non puoi aiutarmi più di tanto."
"Non posso svolgere per te le missioni che ti sono state affidate, ma non mi stavo riferendo a questo, e lo sai benissimo." Esclamò con tono scocciato. "Ma è inutile parlarne, vero Severus? È inutile, ancora una volta! Perché tu non vuoi ascoltare!"
"Ascoltare cosa? So come la pensi, e so che non servirebbe a nulla prodigaci ancora in un fiume di parole che non hanno il potere di cambiare le cose. Sei in grado di accettare quest’altro ricordo o no?"
Dana strinse le labbra e si morse la lingua. Avrebbe voluto urlargli contro, prendersela con lui, arrabbiarsi, ma tutto quello che sentiva era l’incredibile senso di impotenza che la dominava come sempre quando lui faceva così.
"Avanti!" disse, sganciando in fretta la catenina cui era appeso il ciondolo verde che custodiva.
Severus si avvicinò e si portò la bacchetta alla tempia, per estrarne un filamento argenteo e fluido, che si staccò da lui e rimase fluttuante nell’aria.
Dana puntò la bacchetta sul ciondolo, colpendolo due volte e facendolo brillare intensamente. Il ricordo di Severus fu richiamato subito dalla luce e scivolò dentro il ciondolo, seguito poco dopo da un secondo ricordo. Dana colpì il pendente ancora una volta bisbigliando "Sigillum" e infine lo indossò di nuovo.
Severus le fece un cenno con la testa, sperando di potersi allontanare in fretta, ma lei lo afferrò.
Severus sapeva che Dana non avrebbe ceduto e una parte di se stesso che lui considerava estremamente egoista ne era felice, ma per sua fortuna c’era anche la voce della sua coscienza che lo richiamava all’ordine. Non poteva lasciarsi andare. L’aveva coinvolta già troppo la notte dopo il rito della purificazione e del fuoco. Se le avesse fatto capire quanto ci teneva a lei, si sarebbe legata ancora di più a lui, e alla fine avrebbe sofferto.
"Prima che questa storia si concluda, ricorda che verrò a cercarti. Perché ogni volta che vorrei parlarti non è il momento giusto, come ora…ma prima o poi il momento giusto me lo procurerò."
Una lunga, intensa occhiata, e il silenzio assoluto, interrotto solo da qualche clacson in lontananza.
"Lo so…"
E lo avrebbe atteso e temuto insieme.
 
 
 
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Capitolo 15
*** Lo Specchio ***


14 lo specchio
Redistherose. Ciao! Sono contenta che anche questo capitolo ti sia piaciuto! Eh, si, Severus ai miei occhi è innegabilmente un Pozionista. La sua costanza nel chiedere la cattedra di Difesa forse è solo un suo modo per non negare comunque la sua innegabile passione per le Arti Oscure, ma sta di fatto che riesco a vederlo meglio dietro un calderone. Troppo paziente nei confronti del maturare degli eventi per essere qualcosa di diverso!
Vedo che nutriamo la stessa concezione anche di Remus. Si, è vero, molto simili loro due. Mi sono sempre chiesta cosa sarebbe successo se non ci fossero stati di mezzo i Malandrini... comunque non è mai troppo tardi, JK potrebbe riservarci sorprese anche su questo!
Saltello di gioia per i complimenti sul carattere di Dana. Indubbiamente lei è disposta davvero a qualunque sacrificio per lui, e tra un pò quella minaccia/promessa di trovarsi il tempo per dirgli due cosette troverà modo di avverarsi...spero che anche quel pezzo sia di tuo gradimento, perchè lì emerge Dana in tutta la sua forza e la sua tenerezza.
Per quel che riguarda i ricordi, ah, beh, lì sarà da ridere...Ad un certo punto vi farò fare una completa immersione in ciò che lei custodisce, preparatevi!!!
Ohi! Ma quanto hai lungo il naso? (Ovviamente più carino rispetto a quello di Severus!) Mi riferisco alla domanda su quella forza che c'è dietro una porta sempre chiusa a chiave....quanto ci vedi lungo? Ottima intuizione! :-) 
 
kagome chan. Ah, vedo che la non presa di posizione di Remus ai tempi della scuola ti brucia un pochino! Beh, anche a me, ma tutto sommato credo che avesse solo troppa paura di perdere chi lo aveva invece accettato... non so. Comunque non potevo lasciar Severus a rosolarsi per benino al fuoco lento del rancore, almeno con Remus. Ne ha già abbastanza dentro di sè...
Per un Harry più attivo temo dovrai aspettare. In realtà, sarà attivo eccome tra poco, ma a parole e pensieri, più che a fatti. Spero che riesca comunque a catturare la tua attenzione. A volte si fa più fatica a lottare sul piano mentale che su quello fisico, e da brava sadica quale sono, ho voluto "concedere" a Harry gli sforzi più pesanti Sadicaaaaa!!!!
Per quel che riguarda la tua domanda, i ricordi custoditi sono come quelli del pensatoio, e visto che non credo affatto che la loro rimozione comporti dimenticanza, li ho voluti pensare come una sorta di ombra dei fatti, qualcosa che, una volta rimosso, lascia la coscienza dell'accaduto nella mente del proprietario, ma rende il ricordo nella sua testa un pò più pallido, meno tangibile. Comunque tra qualche capitolo si capirà decisamente molto meglio.
Grazie mille per la disponibilità a risolvere i problemi di autostima! Sempre gratissima!
 
EDVIGE86. Addirittura mi adori. Ah, mi sono ingrassata talmente tanto che mi è partito il bottone dei jeans!! :-)
Mi spiace per il tuo cuore, vista la faccenda Weasley, ma è una questione statistica...
E soprattutto meno male che il mio Severus ti piace! Spero che anche i prossimi capitoli ti trasmettano le loro emozioni, perchè se ne vedranno delle belle. Preparati!
 
Astry_1971. Ciao! Che bello! Ti immagino davanti al computer con gli occhi illuminati! Ih ih! Mi pare di capire che il mio Voldemort ha passato l'esame della credibilità, se il pezzo ti è piaciuto. Ne abbiamo già parlato, ma io ribadisco: rendere Voldemort è veramente una sfida. Tremo alla sola idea di tutto quello che dovrò scrivere su di lui quando ci sarà lo scontro finale...di sicuro dovrò armarmi di pazienza e di musica epica in quantità per renderlo bene. Aspettami al varco!
Vedo che questa cosa dei ricordi desta le vostre curiosità! Evviva! Vale quello che ho spiegato a kagome. In realtà lui non dimentica, solo li fa impallidire nella sua testa. E credo che sia veramente così anche nella storia originale, altrimenti tutto quello che Silente riesce a fare con Harry nel sesto libro non avrebbe molte fondamenta! Silente parla dei ricordi dopo usciti dal Pensatoio, e se non ricordo male succede qualcosa di simile anche nel quarto, quando Harry vede il Pensatoio per la prima volta.
Baci!
 
 
Eccoci trovati di nuovo. In questo capitolo si farà veramente un passo in avanti in quella che è la missione di Harry, anzi, in verità due, anche se il primo è per il momento meno eclatante. Comunque preparatevi, perchè il finale è un pò cattivello. Buona lettura a tutti!
 
 
 
 
Lo Specchio
 
In mezzo ad un boschetto isolato, immerso nell’aria fresca di una giornata di aprile, due figure incappucciate stavano avanzando con passo misurato e cauto.
Harry le vide con la coda dell’occhio, e subito aderì con la schiena al tronco dell’albero dietro cui si trovava, volgendosi verso Dana, due alberi più a destra di lui.
Dana gli fece segno di aspettare e gli indicò un arbusto morente. I due incappucciati stavano andando in quella direzione.
Harry capì cosa Dana volesse dirgli e annuì, riportando la propria attenzione sulle due figure incappucciate.
Avevano provato tante volte ormai quel trucco, quindi non poteva sbagliare, anche se una vocina dentro di lui lo stava tenendo leggermente più sull’attenti del necessario.
Trasse un bel respiro e non appena la coppia di avversari fu vicino al tronco indicato da Dana, scagliò un Incantesimo in aria, proprio sopra la testa dei due.
Era un Incantesimo di luce, avrebbe dovuto accecarli, ma una delle due figure incappucciate fu rapida nel proteggere sé e in compagno con una sorta di scudo, e la luce si affievolì.
Ormai l’effetto sorpresa era bruciato.
Harry e Dana uscirono dai loro nascondigli e affrontarono i due incappucciati, che non attesero prima di iniziare a scagliare i loro incantesimi.
Harry si gettò a terra per evitare un potente Schiantesimo e rispose con un Incantesimo paralizzante, ma mancò l’obiettivo.
Senza pronunciare Incantesimi ad alta voce, la figura di fronte a lui stava bersagliandolo di colpi che lui evitò rotolandosi a terra. Si rialzò di scatto e colpì l’avversario con uno Schiantesimo.
Il suo avversario cadde a terra e lui fu libero di andare a vedere come stava cavandosela Dana. Lei e il suo avversario si erano allontanati da lui di diversi metri.
Con la bacchetta alzata e i sensi all’erta li raggiunse, rimanendo più silenzioso possibile.
Ciò che vide lo lasciò per un attimo senza parole, ma poi un sorriso divertito e rassegnato gli si dipinse sul volto.
Dana stava tranquillamente seduta su una roccia, gli occhi limpidi fissi su di lui, mentre il suo avversario stava ai suoi piedi, legato.
"Devo ricordarmi che è del tutto inutile preoccuparmi per te…"
"Ti preoccupi per me?" chiese divertita e sorpresa Dana "Harry, non ho forse già sufficientemente dimostrato di sapermela cavare da sola?"
"Si, certo. Non volevo offenderti."
"Non mi hai offesa." Gli rispose tranquillamente Dana alzando appena un angolo della bocca in un sorriso ironico "Solo, mi stavo chiedendo come mai tutti hanno la stessa idea di me. Tutti credono che io abbia bisogno di essere protetta."
"Forse perché risulta difficile credere che dietro te si nasconda una minaccia."
Gli occhi di Dana si illuminarono un attimo di divertimento, ma fu solo un lampo.
"Qui sbagliano. Ho conoscenze e forza sufficienti per affrontare avversari notevoli."
Harry rimase un attimo in silenzio, mentre osservava il corpo dell’avversario di Dana ancora immobile.
"Anche Piton era dell’idea di proteggerti?"
L’abilità di Dana a mascherare le proprie emozioni quella volta non le servì a nulla perché sul volto le si dipinse un’espressione di evidente sorpresa.
Harry sorrise e distolse lo sguardo.
"Il ritratto di Silente mi ha suggerito di farti parlare di lui, per riuscire a stemperare i miei risentimenti nei suoi confronti. E visto che tu non ti sbilanci mai, faccio da me."
"Questa non me l’aspettavo…"
"E’ evidente."
Dana sorrise, questa volta senza malizie, e annuì.
"Si, anche Severus mi ha sempre tenuta sotto una campana di vetro…o meglio, ci ha sempre provato. Però in effetti la sua protezione, prima che Riddle cadesse, ha significato molto per me. Senza di lui non avrei avuto la possibilità di sottrarmi a certe brutalità. Ma poi, a scuola, ha continuato a comportarsi come se fosse responsabile per me, sebbene non vi fosse alcuna ragione che giustificasse un simile comportamento."
"Già, non c’era più Voldemort…"
Dana scosse la testa e guardò Harry con aria tranquilla, mentre ricordava tempi che parevano lontani secoli.
"Io ero piuttosto irrequieta, te l’ho già detto. Hogwarts per me non aveva segreti, e lo stesso vale per il Lago, o la Foresta…"
"La…Foresta?" le fece eco Harry, cercando di immaginarsela ragazzina ad aggirarsi tra gli imponenti alberi della Foresta Proibita.
"Si. Ora capisci…non stavo mai tranquilla, e lui era sempre così apprensivo, protettivo…solo quando ha visto cosa ero in grado di fare con le Arti Oscure ha cominciato a capire e a non temere più per me."
Harry trasse un sospiro e si rabbuiò, ma Dana non ebbe il tempo di chiedergliene la ragione, perché alle sue spalle comparve il suo avversario.
"Ti sei dimenticato di legarlo…"
"No. Non l’ho voluto fare. Tutto qui."
"Harry, la prossima volta però non Schiantarmi in quel modo…sono ancora intontita!" sospirò Hermione, calandosi il cappuccio.
"Scusa, ma non sapevo se eri tu…e Ron è dannatamente resistente."
"Perché ti precede, vede cosa stai per fare e ha il tempo di proteggersi. Le lezioni di Legilimanzia sono state utili. Non diventerà mai troppo abile, non ha costanza, ma indubbiamente potrà proteggersi meglio di prima."
In quel momento un lamento provenì dal corpo steso ai piedi di Dana.
"Eccolo che si sveglia, il nostro bell’addormentato." Ridacchio Harry, mentre Ron si toglieva goffamente il cappuccio e si guardava attorno.
"Per tutti i draghi…Dana, eri nervosa?"
"Un po’." Ammise lei con disarmante candore, e Harry ridacchiò di nuovo.
Poi d’improvviso Dana divenne seria e si volse lentamente in direzione della loro casa.
I tre ragazzi la guardarono con preoccupazione, ma non dissero nulla per non disturbarla.
"Harry, devi rientrare."
"Cosa? E perché?"
"Qualcuno ti sta cercando."
"Qualcuno che conosciamo?"
"Sono empatica, non onnisciente. Ma è qualcuno che non ha cattive intenzioni. Vuoi che veniamo con te comunque?"
"No, non serve." Rispose in fretta Harry, avviandosi verso il confine del boschetto.
Dana annuì e fece alzare Ron.
"Forza allora. Mentre lo aspettiamo, possiamo fare un’altra simulazione."
 
Non appena uscì dal limitare del boschetto Harry vide chi era giunto a trovarlo e il suo cuore parve mancare un battito, mentre un dolore sordo lo faceva rimanere immobile e incapace di parlare per un paio di secondi.
Curiosamente piegato in avanti, di fronte al vialetto d’entrata della casa, stava Aberforth Silente. I lunghi capelli d’argento erano tenuti legati ad altezza della vita da un nastro azzurro e un po’ sfilacciato, così come il mantello.
Era molto diverso dal fratello, ma Harry sapeva che non appena avesse posato lo sguardo negli occhi dell’uomo avrebbe rivisto la scintilla luminosa che tante volte aveva visto guizzare negli occhi celesti del Preside.
Ignorando i ricordi che gli si stavano affacciando vividi alla mente, coprì in breve la distanza che lo separava da Aberforth e lo salutò.
"Oh, Harry! Ecco dov’eri! Non riuscivo a capire se c’era qualcuno o no in casa!"
"Siamo nel bosco ad allenarci."
"Immagino che la vostra insegnante vi faccia sudare parecchio!" esclamò divertito.
"Abbastanza. Se vuole entrare dovrà avere un attimo di pazienza. Sa, solo Hermione può…"
"No, mi caro ragazzo, no, non è necessario disturbare la tua graziosa amica. Sono passato solo perché sono riuscito finalmente a mettere le mani su un libro che Albus voleva tu avessi."
Gli occhi di Aberforth si adombrarono, ma rimasero fissi su quelli di Harry.
"Mi dispiace solo di non essere riuscito a trovarlo prima e di non avergli potuto dare il tempo di leggerlo e trovare quello che più ti sarà utile…"
"Non si preoccupi, sono certo che andrà bene anche così." Disse di slancio Harry.
Aberforth sorrise senza allegria e prese a rovistare sotto il mantello. Ne estrasse un libro di dimensioni non eccessive e rilegato in pelle rossa e nera, con le pagine giallastre, poi lo diede al ragazzo
Harry ne scorse il titolo: "Tecniche di comunicazione e di gestione delle connessioni mentali."
"Cosa…connessioni mentali?"
"Si. Albus non ha avuto modo di parlarmene molto, ma credo che avesse a che fare con il collegamento che hai con Voldemort."
"Capisco…"
In realtà Harry non capiva, ma non voleva assolutamente far credere al Aberforth che quel libro per lui fosse una cosa del tutto incomprensibile. E poi, magari, gli sarebbe tornato veramente utile. Se Silente credeva che dovesse studiarlo e sfruttarne le conoscenze, lo avrebbe fatto.
"Grazie per avermelo portato."
"Di niente ragazzo. Non è stato un problema."
Aberforth pareva aver ritrovato parte della propria connaturata allegria e posò una mano sulla spalla di Harry.
"Ora devo lasciarti ai tuoi allenamenti, ma se ti servisse qualcosa Minerva sa come contattarmi."
"La ringrazio. Ne terrò conto."
Aberforth annuì e si Smaterializzò così rapidamente che Harry non ebbe il tempo di dire altro.
Posò gli occhi sulla copertina del libro che ora stringeva tra le mani e rimase a fissarlo per qualche momento, poi entrò in casa.
 
"Secondo me vuole che tu apra di nuovo il collegamento che hai con Voldemort!" sentenziò Hermione, dopo che Harry ebbe raccontato tutto l’accaduto.
"Ma dai! È assurdo! Dopo quello che è successo all’Ufficio Misteri credi veramente che Silente volesse una cosa simile?" obiettò Ron.
"Hermione forse ha ragione." Intervenne Dana, sfogliando con calma le pagine del nuovo libro.
Ron si volse verso di lei allibito, poi guardò Harry con aria esasperata.
Harry rimase fermo e in silenzio, mentre cercava di indovinare i pensieri del Preside.
Anche a lui era parsa assurda l’idea di dover riaprire quel collegamento, che fra l’altro proprio Voldemort si era preoccupato di chiudere…
"Aspettate…forse il nocciolo della questione è la chiusura del collegamento…" esclamò, balzando in piedi e muovendo passi veloci attorno al divano dove era stato fino ad un attimo prima.
"Cosa vuoi dire?" chiese Hermione, drizzandosi come un fuso e osservando l’amico con aria concentrata.
"Voglio dire che è stato Voldemort stesso a chiuderlo. Io non ne avevo di sicuro le capacità! E lo ha fatto proprio dopo l’Ufficio Misteri!" esclamò Harry, dandosi dell’idiota per non averlo capito subito.
"E’ successo qualcosa di particolare all’Ufficio?" chiese Dana, accigliata.
"Si!" disse Hermione "E’ vero Harry! Ti ha posseduto!"
"Riddle?"
"Esatto! E non ha resistito! Voleva che Silente provasse a ucciderlo mentre era dentro di me, ma non c’è riuscito perché non ha resistito, non poteva stare dentro di me…"
"A causa dell’amore." Concluse Dana, vedendo la semplicità eppure l’efficacia di quel piano.
Regnò un momento di solenne silenzio, poi Harry guardò Dana con tutta la determinazione che possedeva negli occhi.
"Devi aiutarmi a capire come fare. Ora è chiaro, non dovrò usare Maledizioni Senza Perdono, ma l’unica vera arma che ho contro di lui. E dovrò farlo attraverso il collegamento della cicatrice."
Dana annuì e sorrise gelidamente. Harry aveva visto giusto, ne era certa.
Ora finalmente la soluzione andava meglio delineandosi.
"Dobbiamo pensare all’ultimo Horcrucx allora." Sospirò Hermione.
"Si. Potremmo farlo in settimana." Propose Harry.
"Ah, Harry, ci sarebbe un dettaglio di cui non ti ho ancora parlato…" disse tranquillamente Dana.
"E sarebbe?"
"Severus vorrebbe partecipare."
Hermione trattenne il fiato e guardo Harry con aria preoccupata, mentre Ron lanciava sguardi preoccupati dall’amico a Dana.
Harry la fissò con aria cupa e perplessa, rimanendo in silenzio. La sua espressione rivelava chiaramente cosa gli stesse passando per la testa, ma Dana parve non darci il benché minimo peso e stava semplicemente guardandolo come se dovesse avere la risposta ad una domanda qualunque.
"Come mai questo interessamento?" chiese gelido Harry.
"Dovrai chiederlo a lui. Non me lo ha detto. Ma sbaglio o volevi cercare di stemperare il tuo astio nei suoi confronti? Questa è un’ottima occasione!"
Harry si morse la lingua e si volse verso il fuoco che scoppiettava allegramente nel camino.
"Mi potrebbe distrarre."
"Oppure potrebbe darci una mano." Obiettò Dana.
"Vedremo. Sta di fatto che prima dobbiamo essere sicuri che l’Horcrucx sia dove crediamo."
"Domani io e Dana possiamo andare a vedere." Disse prontamente Hermione.
"Perché proprio voi due?" esclamò contrariato Ron.
"Perché i Mangiamorte stanno cercandoci, ovvero, stanno cercando tre giovani, due ragazzi e una ragazza. Due ragazze non daranno nell’occhio."
"Buona idea. E se ci vestiremo da Babbane sarà ancora più facile. Di questa stagione Londra comincia a brulicare di turisti."
"Ad aprile?"
"Si. Allora è deciso. Io prenderei in custodia il libro che ti ha portato Aberforth, se non ti spiace. Stanotte potrei dargli un’occhiata."
"Ok. Ma, Dana…sei sicura che portare con noi Piton sia una buona idea?" chiese Harry, incapace di trattenersi.
"Conosci già la risposta." Detto questo si alzò, augurò buona notte ai ragazzi e salì in camera.
 
Tre sere dopo partirono alla volta della casa che era stata di Merope Gaunt e del marito.
Il cielo era stranamente sereno e si vedevano le stelle, ma Dana aveva l’impressione che attorno a lei vi fosse soltanto oscurità.
Il giorno precedente si era recata nei pressi della casa con Hermione, così come era stato concordato, e avevano sparso diversa polvere blu sopra l’abitazione. Al primo piano di quella vecchia e cadente abitazione abbandonata c’era una stanza in cui erano stati lanciati Incantesimi di protezione, era sicuro.
Forse il fatto di essersi allontanata da casa, o forse il fatto di non dover più pensare all’incarico che la McGranitt le aveva affidato e che le aveva sottratto tempo costringendola a dare una mano con i Mannari, stava di fatto che, mentre era con Hermione intenta a scovare l’Horcrucx, si era ricordata di non aver ancora controllato quali fossero i ricordi che Severus le aveva affidato qualche settimana prima.
"In realtà una parte di me non voleva vederli, mentre l’altra era ancora arrabbiata con lui per l’ennesimo, sfrontato tentativo di tenermi a distanza con i suoi modi gelidi. E così me ne sono dimenticata…ho voluto dimenticare. Ma poi, parlando con Hermione, mi sono resa conto che era necessario io sapessi…il mio istinto è sempre stato micidiale, e ora vorrei egoisticamente non averlo assecondato, anche se so che era necessario…perché ora ho in mano la carta giusta per convincere Harry. Eppure la mia mente non può far altro che tornare a quel ricordo, persino ora, e questo mi causa una sofferenza subdola e incontrollabile che non provavo più da tempo. Vedere con i miei occhi Silente che lo costringe a mantenere la promessa, che gli ricorda quale sia il suo compito…non lo so, ma mi è quasi parso di poter vedere per l’ennesima volta l’anima di Severus calpestata e svilita, inchiodata ad un obbligo imposto. Questo mi fa soffrire, mi lascia del tutto impotente di fronte al suo dolore. Perché lo so bene Severus, avresti preferito infrangere il Voto piuttosto che ucciderlo, non serviva che tu lo esprimessi a parole. Eppure lo hai fatto…e lui non ti ha ascoltato."
"Ci impiegherà molto ad arrivare?" chiese impaziente Harry, mentre si guardava attorno con aria nervosa. La città era ancora viva e pulsante, ma troppo distante da loro perché qualcuno potesse notarli. Quella era una tranquilla periferia della capitale, percorsa svogliatamente solo da un paio di gatti e da un gruppo di persone di ritorno da una cena.
"Non ne ho idea. Deve essere sicuro di aver ben addormentato Codaliscia, o non potrà uscire."
"Beh, tanto abbiamo tutto il tempo necessario, o no?" disse Hermione, con voce un po’ più tesa del solito.
Dana sorrise e si volse per non farsi vedere. Non sapeva perché, ma Hermione aveva deciso di prendere le difese di Severus, e anche le sue. Non perdeva mai occasione di lanciare frecciatine e fare puntualizzazioni che mandavano evidentemente su tutte le furie Harry; però Dana sapeva che Harry poi incassava il colpo e ci ragionava. Oh, non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno per tutto l’oro del mondo, ma era di sicuro così.
In parte la sua visione e il suo astio per Severus erano mutati. Diversamente, ora non sarebbero stati lì fermi ad aspettarlo.
"Strano ragazzo. Non ha smesso di odiarti, ma credo abbia capito che non può esserti così astioso. Tuttavia la mia mente non riesce proprio a pensare che se Silente non ti avesse chiesto tanto, se non avesse preteso da te un lavoro perfetto, tu non avresti stretto il Voto, e lui non avrebbe chiesto che tu lo rispettassi. Ma quel vecchio sapeva di sicuro ciò che faceva…non credo abbia calpestato la tua anima per nulla. In fin dei conti so con sicurezza che ti voleva bene. Allora c’è qualcosa, ancora, che non so e che mi sfugge. Se ti ha chiesto di spingerti così oltre, deve aver avuto le sue ragioni."
Un leggero Crak e un rumore di passi li fece volgere tutti e quattro verso il marciapiede opposto.
Avvolto in un mantello scuro e pesante, stava avanzando una figura alta e magra, il capo coperto dal cappuccio e la testa china.
Attraversò la strada in fretta e li raggiunse senza dire una sola parola fino a quando non fu loro di fronte.
"Abbiamo intenzione di aspettare qui tutta la notte?" sibilò dopo un paio di secondi durante i quali nessuno si era mosso.
Harry lo fulminò con lo sguardo e gli volse di scatto le spalle, avviandosi verso la casa.
 
La polvere e le ragnatele regnavano sovrane, e questo era più che prevedibile, ma la cosa che non avevano previsto era lo stato di povertà in cui era calata l’abitazione. Per entrare, Ron e Hermione avevano eliminato un paio di Incantesimi repellenti, e Dana si era occupata di uno strano scudo illusorio che faceva vedere cose talmente orribili, avvicinandosi all’entrata della casa, dal far desistere chiunque dall’entrare. Dunque era di sicuro parecchio tempo che nessuno vi metteva piede, non potevano esserci stati ladri o poveri mendicanti in cerca di riparo.
Eppure sembrava che dalla casa mancassero moltissime cose. I pochi mobili e sedie erano miseri e mangiati dalle termiti, i tendaggi logori e pieni di polvere erano scadenti, tristi. Persino nella cucina c’erano pentole sporche e graffiate, piatti scheggiati e tubature scoperte.
"Devono essere passati a fare razia prima che venisse messo qui l’Horcrucx…questo posto è squallido!" esclamò Ron, guardandosi attorno con aria sorpresa e disgustata.
"No." Commentò Dana con un sospiro "No Ron, credo che non sia affatto andata così. Questo posto…è intriso di tristezza."
Lo sguardo della giovane donna corse lungo le pareti e sulle poche suppellettili impolverate.
"Poche volte mi è capitato di avvertire così distintamente le sensazioni lasciate in una casa, ma queste sono troppo forti per essere ignorate. Merope deve aver sofferto parecchio dopo che il marito l’ha lasciata…e la sua tristezza è rimasta qui. Quello che vedi non è opera di briganti o disperati. È stata la sua tristezza a farle trascurare la casa."
"E’ incredibile che tu riesca a sentire tutte queste cose!" bisbigliò Hermione, che non se la sentiva proprio di parlare ad alta voce tra quelle mura.
Dana annuì impercettibilmente e continuò a guardarsi attorno, mentre alle sue spalle procedeva silenzioso Piton.
Si era calato il cappuccio e anche lui stava guardandosi attorno con aria indecifrabile. Sembrava che un pensiero avesse catturato la sua attenzione e non volesse abbandonarlo.
"Severus…"
Dana si era volta verso di lui e ora lo stava fissando.
Piton ricambiò lo sguardo con aria neutra, assente, poi parlò così come aveva fatto Hermione.
"Se non avesse smesso di usare il filtro lui non se ne sarebbe andato…mi sono sempre chiesto se questo avrebbe cambiato le cose."
Sorpresa per quel pensiero, Dana ci penso e infine annuì, capendo cosa veramente provasse in cuor suo Severus.
"Si, credo che le cose sarebbero state molto diverse…insomma, lui sarebbe cresciuto con una famiglia e non avrebbe conosciuto l’orfanotrofio. E forse sarebbe stato avvicinato alla magia in modo graduale e naturale. Probabilmente non sarebbe diventato avido di potere e rispetto come invece è successo, ma è inutile pensarci ora. Ormai le cose sono quelle che conosciamo. Possiamo solo tentare di cambiare il futuro."
Piton non commentò e la superò di poco, avvicinandosi alle scale che portavano al piano superiore.
"Mi hai detto che è al primo piano…"
"Si. Dovremo usare di nuovo la polvere blu per capire dov’è esattamente."
"Allora andiamo."
Salirono le scale scricchiolanti e ammuffite, poi Hermione estrasse da sotto il mantello un sacchetto di morbido velluto dove teneva la polvere e ne lanciò un pugno in aria. Dana guidò la polvere lungo le porte delle diverse stanze che si aprivano sul corridoio e infine trovarono il nascondiglio dell’Horcrucx.
Bacchette in mano, Harry e Ron fecero per avvicinarsi, ma Dana li trattenne.
"Andremo avanti io e Severus. Potrebbero esserci pericoli che non abbiamo avuto modo di prevedere."
Ron parve solo parzialmente deluso dal non poter muoversi in avanscoperta, mentre Harry ne fu del tutto contrariato, ma si morse la lingua e si fece da parte.
Senza incrociarne lo sguardo, Piton si accostò alla porta e allungò lo sguardo fin dove gli fu possibile. Mormorò qualcosa che Harry non capì, e dalla sua bacchetta partirono dei riflessi d’argento che si dispiegarono lungo le pareti della stanza. Tornarono indietro e sibilarono, poi sparirono, dissolte nell’aria.
Ancora, la bacchetta di Piton si mosse velocemente nell’aria e poco dopo un leggero sfavillio si produsse a un paio di metri dall’entrata.
Per la seconda volta, Piton richiamò i riflessi d’argento che ispezionarono la stanza.
Seguirono un paio di secondi di silenzio, dopo di che Piton entrò con Dana nella stanza.
"Non ci sono altri Incantesimi di protezione…"
"Non ti pare un po’ strano?" chiese Dana, guardandosi attorno con aria circospetta.
"Molto più che strano." Commentò Piton, mentre i suoi occhi cercavano ostinatamente il segno di un qualche Incantesimo o di un qualche trucco di altra natura.
"Potrebbe aver convertito la natura della specchio." Disse Hermione, ferma con i due compagni sulla soglia della stanza.
Piton si volse di scatto e la guardò corrugando la fronte.
"Di cosa si tratta?" chiese bruscamente, tenendo gli occhi fissi su Hermione.
"Beh, pare che lo specchio serva a rivelare la vera natura dell’anima di una persona. Corvonero si fidava del Cappello parlante, ma preferiva sottoporre comunque i membri della propria casa ad una sorta di controllo in più…"
"Corvonero però non è mai stato ostile ad una qualche categoria di Maghi…mi sembra strano…"
"Si, Dana, infatti. Lo specchio non serviva per discriminare, ma per permettergli di comprendere fino in fondo le esigenze e le propensioni dei suoi studenti, tanto da poterli preparare sfruttandone i punti di forza e stemperandone i limiti."
Dana inarcò un sopracciglio e guardò Piton, ora rivolto allo specchio. Era appeso al muro ad altezza d’uomo ed era coperto da un telo di velluto blu scuro.
L’unica fonte di luce fino a quel momento era stata la luce che proveniva dall’esterno, ma non era più sufficiente. Severus fece comparire una decina di candele che si accesero ad un suo gesto, poi si avvicinò allo specchio e gli lanciò contro lo stesso Incantesimo con il quale aveva controllato la stanza.
Una nuvola di fasci d’argento avvolse lo specchio per alcuni secondi e parve non dover succedere null’altro, ma all’improvviso vi fu un basso fischio che colse quasi tutti di sorpresa.
Severus fece rapidamente un passo indietro ed evocò uno scudo che isolò lo specchio, mentre i fasci d’argento venivano risucchiati oltre il tessuto scuro.
Allibiti e sorpresi, Harry e Ron entrarono cautamente nella stanza.
"Cosa vuol dire?" chiese Ron, guardando accigliato Dana.
"Nulla di buono. Quello specchio adesso risucchia…anche se non è chiaro cosa…"
"Risucchia?" ripeté Ron, evidentemente preoccupato.
"Già. Ma il problema ora è capire cosa risucchia…"
"Di sicuro non la magia, altrimenti anche lo scudo sarebbe stato divorato." Disse Hermione, affiancandosi a Dana "Forse i fili d’argento ci hanno solo voluto mostrare la capacità dello specchio…"
"Si, credo anch’io. Ma se in origine lo specchio poteva svelare la vera natura dell’anima di una persona, possibile che ora…"
Harry non finì la frase, gli pareva troppo orrendo dire una cosa del genere, ma fu certo che tutti i presenti avessero capito.
"Dunque lo specchio ora risucchia l’anima." Disse Piton, gli occhi ancora fissi sullo specchio. Ritrasse la bacchetta e lo scudo svanì. "Probabilmente opera uno scambio."
"Scambio?" belò Ron, memore della disavventura vissuta con la Coppa.
"Si, signor Weasley, uno scambio." Disse Piton con impazienza "Non credo che l’Oscuro volesse recuperare i frammenti d’anima prima o poi. In fin dei conti, hanno senso solo se tenuti staccati da lui. Quindi potrebbe aver ideato un modo per prendere possesso del corpo di chiunque tentasse di mettere mano sullo specchio…"
"E una volta dentro il corpo dell’estraneo tornare in libertà…" concluse Dana "Si, sarebbe da lui."
Hermione rabbrividì e si avvicinò a Ron, mentre Harry rimaneva immobile.
"Come lo distruggiamo? Sappiamo che colpire l’oggetto che contiene l’anima non è sufficiente, quindi dobbiamo far uscire l’anima da lì…"
"Questa volta è troppo pericoloso agire così, Harry." Sospirò Dana, rendendosi conto che ci sarebbe voluta molta fortuna.
"Perché mai? Abbiamo fatto così con la Coppa."
"Ma la coppa aveva forse il potere di imprigionare l’anima di chi aveva attorno?" sibilò Piton, volgendosi verso Harry per la prima volta "Signor Potter, chi vuoi far mettere di fronte allo specchio sapendo che vi perderà l’anima? Sarà questo che accadrà se non ti è ancora chiaro."
"Chiarissimo, ma questo non cambia di una virgola le cose!" sbottò Harry, guardandolo in cagnesco "Quell’Horcrucx va distrutto!"
Si guardarono in cagnesco per diversi secondi, ma nessuno parve voler intervenire.
Hermione mosse qualche passo attorno alla stanza e si fece pensierosa, Ron si sedette a terra, spalle al muro e Dana rimase ferma a fissare lo specchio coperto.
All’improvviso Hermione si batté la fronte con una mano, bloccando il proprio vai e vieni. Un attimo dopo era accanto a Dana.
"Tu riesci a percepire la sua anima? Insomma, non hai bisogno di guardare per sentire, di solito…"
"Cosa vuoi fare esattamente?" chiese Dana, decisamente incuriosita dall’espressione di Hermione.
"Beh, pensavo che se tu riuscissi a sondare lo specchio con i tuoi poteri di empatica, potresti richiamare in superficie il frammento d’anima di Voldemort. Una volta in superficie basterà mettergli di fronte un altro specchio e scoprirlo. Vedrà se stesso riflesso, e forse la sua anima uscirà per entrare nel corpo del nuovo venuto, che però è un altro specchio…"
"E mentre l’anima si muove, potremo attaccarla."
Hermione annuì e Dana la fissò immobile.
"E’ un’idea tanto stupida?" chiese Hermione, esitante.
Dana rimase immobile ancora per un paio di secondi, poi un angolo della bocca le si sollevò e i suoi occhi brillarono.
"E’ geniale."
Il suo sguardo incrociò quello di Piton, che annuì impercettibilmente.
"Allora sia. Potrebbe anche non funzionare, ma non lo scopriremo mai se non proviamo." Esclamò Dana, afferrando Hermione e portandola vicino a Ron.
"Però voi dovrete rimanervene al sicuro. Tutti e tre!" disse volgendosi verso Harry. "Dovrete tener attivo uno Scudo Avanzato in due, mentre il terzo farà levitare lo specchio che useremo per ingannare l’anima."
"E voi?" chiese Harry, raggiungendo gli amici e lanciando sguardi impensieriti verso l’ex Professore di Pozioni.
"Io e Severus rimarremo fuori dallo scudo, liberi di muoverci…oh, Ron, non fare quella faccia! Sappiamo come difenderci se necessario. Ma così saremo più liberi di attaccare l’anima quando si staccherà dallo specchio di Corvonero."
"Se non dovesse funzionare?" di nuovo fu Harry a porle la domanda, ma questa era una domanda più dura.
Dana lo guardò con determinazione e durezza.
"Vi proteggerete, da chiunque di noi due possa attaccarvi. Una volta lontana dallo specchio, l’anima sarà vulnerabile. Se il corpo ospitante dovesse perire, l’anima perirà con esso."
"Non puoi chiederci di attaccarti!" esclamò Hermione, improvvisamente agitata.
"E invece lo farete, se sarà necessario! Farete da retrovia! Certo, conto sul fatto che ci sarà Severus a proteggervi in caso, ma se dovesse essere necessario…"
"L’anima potrebbe prendere me per primo!" la zittì Severus "Perché starò io più vicino. E su questo non ci saranno discussioni. Ora muoviamoci. Tu stai dalla parte dei ragazzi, io starò vicino alle finestre."
"Severus…"
Ma Dana non poté obiettare nulla di più, visto lo sguardo che le rivolse lui.
Con gesto fluido, Severus fece comparire da sotto il mantello uno specchio di dimensioni notevoli e lo posizionò, mentre Harry e Ron richiamavano lo scudo che li avrebbe protetti.
Hermione sospirò e lanciò un’occhiata di fuoco a Dana prima di far librare in aria lo specchio. Non appena fu tutto pronto, Piton fece cenno a Dana di tenersi pronta.
"Se riusciamo a colpirla insieme sarà meglio." Disse Severus, la voce bassa, lo sguardo duro e concentrato. Harry lo aveva visto così solo in un’altra, terribile, occasione.
"Lo so." Rispose asciutta Dana, concentrandosi e sondando lo specchio, cercando di risvegliare l’anima. Eccola!
"Si è destata e sta per salire in superficie…"
"Allora al tre toglierò il telo. Uno…"
Le bacchette si alzarono.
"Due…"
L’adrenalina prese a scorrere nelle vene di entrambi.
"Tre."
Il telo cadde.
Un soffio gelido e violento sferzò la stanza e le sue pareti, le candele si spensero e la temperatura si abbassò di diversi gradi.
Dana rimase ferma immobile, in attesa, sapendo che anche Severus stava facendo altrettanto, ma poteva sentire con chiarezza la paura di Hermione, la tensione di Ron e la terribile determinazione di Harry. Nonostante il momento, si permise di sorridere. Quel ragazzo era una forza della natura.
Nello specchio di Corvonero cominciò a delinearsi con linee rosse il volto di una persona. Sembrava stesse dormendo, ma non era così.
Non appena fu completamente delineata, si aprirono gli occhi, che di fronte a loro trovarono l’altro specchio. Con un ghigno divertito e sprezzante, la faccia di Voldemort parve staccarsi dallo specchio. Era persino luminosa, quindi fu facile tenerla d’occhio e, non appena si fu staccata completamente dalla superficie cui era legata, fu colpita dagli Incantesimi di Dana e Piton.
Un grido carico di rabbia riecheggiò nella stanza e in tutta la casa, ma nessuno dei due si dimostrò disposta a cedere.
Il fascio di luce rossa che partiva dalle loro bacchette si intensificò e fu nuovamente scagliato contro l’anima, urlante.
I riverberi rossi dell’anima e degli Incantesimi illuminarono la stanza a sufficienza tanto da mostrare a Harry lo sforzo fisico che entrambi stavano facendo per portare a termine il loro compito.
L’anima sferzò l’aria, dimenandosi e tentando di liberarsi, tanto che parte di essa riuscì a scivolare oltre i raggi di luce rossa, ma bastò un movimento a frusta della bacchetta di Piton a riportare la situazione sotto controllo.
"Dobbiamo finirla subito Dana. Non sarà contenibile per molto." Disse con voce sicura.
"Si, lo sento. Di nuovo allora!"
Piton annuì, ed entrambi sferzarono di nuovo l’aria con la bacchetta, colpendo duramente il frammento d’anima, che urlò ancora, incessantemente fino a quando non scomparve di fronte ai loro occhi, quasi incendiandosi.
La stanza ripiombò nel buio e nel silenzio, interrotto solo dal respiro un po’ più veloce del solito di Dana.
Hermione lasciò che lo specchio si posasse a terra e riaccese le candele, mentre Ron e Harry si accertarono che non vi fossero più pericoli prima di abbassare lo scudo.
"Mh, direi che abbiamo fatto un buon lavoro." Disse Dana, posando la mano sinistra sul polso della mano che reggeva la bacchetta.
Piton non si fece sfuggire quel gesto e si avvicinò di qualche passo.
"Tutto bene?"
Dana alzò lo sguardo su di lui e rimase in silenzio. Per un attimo le sembrò di essere tornata indietro nel tempo di moltissimi anni. Che sciocca…
"Non è niente Severus, davvero. La potenza dell’Incantesimo era notevole, tutto qui."
Piton abbassò lo sguardo verso le proprie mani e annuì con un gesto secco.
"Credo ne sia valsa la pena."
"Assolutamente si!" esclamò Dana, quasi con allegria.
"Beh, ora ne manca solo uno. Sembra quasi impossibile…" sospirò Ron.
"Si, ma sarà difficile attaccare Nagini senza che Voldemort se ne accorga."
"Dai Harry! Tu parli serpentese! Riuscirai ad attirarla."
"Non lo so…Silente diceva che il legame che Nagini ha con Voldemort è particolare…"
"Di Nagini ti dovrai preoccupare poco prima di affrontare l’Oscuro." Disse secco Piton "Se farai diversamente, l’Oscuro capirà che hai mirato all’Horcrucx custodito in lei e ne creerà degli altri, rendendoti impossibile trovarli."
Harry lo fissò senza dir nulla, ma si rese conto che Piton aveva ragione, e l’idea che Voldemort capisse i suoi piani era a dir poco terrorizzante…se fosse successo, non ci sarebbe stata più alcuna speranza di eliminarlo.
Distogliendo lo sguardo dall’ex Professore di Pozioni, si chiese quanto tempo ancora avesse a disposizione prima dello scontro decisivo con Voldemort.
Una parte di lui sperava che finisse tutto presto, ma l’altra parte sapeva che non era ancora pronto. Di scagliare un’Avada Kedavra non era e non sarebbe mai stato capace, e per quel che riguardava la connessione con il nemico datagli dalla cicatrice doveva ancora cominciare a lavorarci seriamente.
"Ora che abbiamo fatto…potremmo anche andarcene da qui, non credete?" disse Hermione, la cui espressione non nascondeva il disagio che provava nel trovarsi ancora in quella casa "Questo posto mette i brividi…"
"Sono d’accordo, ora più di prima." Convenne Dana.
Mentre Piton si volgeva per far sparire lo specchio che aveva richiamato si sentì un altro sibilo. Accadde tutto troppo velocemente. Lo specchio di Corvonero si infranse all’improvviso, scagliando frammenti più o meno grossi in tutta la stanza.
I riflessi allenati permisero a Piton di proteggersi rapidamente dalle schegge ma non dall’onda d’urto che si produsse. Cadde al suolo, illeso, ma quando si volse per accertarsi che anche gli altri stessero tutti bene il suo cuore mancò un battito.
I ragazzi avevano quasi raggiunto la porta ed erano tutti di schiena, stesi a terra come lui, e protetti da uno scudo che non avrebbero potuto evocare in tempo, dando le spalle alla scena.
E poi c’era Dana, riversa a terra, la bacchetta ancora in pugno nella mano destra protesa in avanti, e numerosi frammenti di specchio confitti in corpo.
"No!" sibilò Piton, rialzandosi in fretta e raggiungendola.
Da dietro lo scudo, anche Harry si era rialzato, ma si accorse di non poter raggiungerli a causa della protezione che Dana aveva evocato per proteggerli.
"Oddio!" esclamò Hermione, portandosi le mani alla bocca. Cercò la propria bacchetta, e quando la trovò fece sparire lo scudo che li tratteneva.
Con cura, Piton posò una mano sulla spalla della giovane donna.
"Ah, Severus…sto…sto bene." biascicò a fatica Dana, tentando di alzarsi.
"Sta ferma!" esclamò Piton "Diverse schegge ti si sono piantate sul fianco e hai la schiena ferita! Vuoi veramente farmi credere che stai bene?"
La sua voce appariva controllata e gelida come sempre, ma non gli riuscì di nascondere la propria agitazione.
Con cautela, le tolse di dosso le schegge che si erano solo posate su lei, senza ferirla, poi prese la bacchetta e la usò per farla levitare e girarla, facendole posare a terra la schiena.
Con movimenti rapidi e precisi, lacerò il tessuto del vestito di Dana dove le schegge erano penetrate nella carne e con estremo sconcerto si rese conto di ciò che prima non aveva neanche sospettato. Le schegge erano piccole, tranne due, di dimensioni più pronunciate, ed erano tutte avvelenate.
Si diede dell’idiota e per un attimo riprovò la terribile sensazione di panico che aveva provato vedendo Silente tornare dalla distruzione dell’anello.
Gli oggetti che erano in contatto con l’anima di Voldemort spesso si inquinavano, diventando portatori di veleno. Avrebbe dovuto prevederlo!
"Dana, ascolta…"
Ma Dana non rispose.
Harry, inginocchiatosi all’altro fianco della donna, le prese la testa e la sollevò lentamente.
"E’ svenuta…"
"No! Il veleno sta già facendo effetto!"
Harry lo guardò con orrore, mentre lui si alzava in fretta e si avvicinava alla finestra.
"Veleno?"
"Guardale le ferite! Sono già livide e il sangue che ne fuoriesce non è rosso vivo. Quello è il segno del veleno."
Harry sentì le viscere contorcersi violentemente, mentre riportava lo sguardo sul volto di Dana, pallido e improvvisamente madido.
"Cosa possiamo fare?" chiese Hermione, guardando la scena da dov’era, incapace di avvicinarsi.
"Nulla." rispose secco Piton, mentre dalla sua bacchetta usciva un riflesso argenteo che poi si allontanava in gran fretta per librarsi nell’aria fredda della notte.
Con pochi rapidi passi ritornò da Dana.
"Potter, tienila ferma! Devo toglierle le schegge per evitare che il veleno continui a diffondersi."
"Sicuro che sia la cosa migliore da fare?"
Piton lo incenerì con lo sguardo prima di posare una mano sulla fronte di Dana.
"E’ già gelata…muoviti! Tienila ferma! Weasley, dagli una mano!"
Ron si accostò rapidamente e afferrò Dana per le gambe, mentre Harry le teneva fermo il busto.
Piton si avvolse le mani in brandelli di mantello per precauzione e afferrò con presa delicata ma ferma la prima scheggia. Mentre la estraeva, sul volto di Dana si dipinse un’espressione di dolore, ma nessun suono le uscì di bocca.
Consapevole che non era un buon segno, Piton continuò così, il più rapidamente possibile, fino a quando non la ebbe liberata da ogni frammento avvelenato.
"Signore, non basterà…a casa abbiamo qualche antidoto, ma forse dovremo…"
"Non possiamo fare un bel niente contro questo tipo di veleno, Granger!"
"Allora dobbiamo rimanere qui a vederla morire?" sbottò Harry.
Di nuovo, Piton lo incenerì con lo sguardo, ma non disse nulla per diversi secondi, durante i quali si preoccupò di tenere premute le ferite più brutte.
"Non morirà." Gli sfuggì ad un certo punto, mentre teneva lo sguardo fisso sul volto di Dana.
Il tono con cui lo disse fece alzare gli occhi a Harry. Per la prima volta gli parve di scorgere un tratto di umanità dietro i gesti precisi di Piton. Era preoccupato per Dana, glielo si leggeva in faccia.
Sembrò passare un’eternità prima che qualcosa cambiasse, tanto che Harry stava quasi per esplodere, ma ad un certo punto si sentì il rumore di sbatter d’ali e dalla finestra entrò Fanny, che si posò delicatamente a terra, a fianco di Piton.
Harry rimase a bocca aperta, lo sguardo che passava dalla splendida fenice di fronte a lui a Piton.
Piton indicò a Fanny le ferite di Dana e l’uccello le si avvicinò, lacrimando su esse. Ci volle poco perché le ferite si rimarginassero, ma sul volto di Piton non comparve alcun segno di sollievo.
"Ora starà meglio?" chiese Hermione, incerta.
"No. Fanny ha curato le ferite e neutralizzato il veleno che ancora c’era su esse, ma non basterà. Questo non è un normale veleno…è generato dall’anima dell’Oscuro, è più potente del solito. Le lacrime di Funny non basteranno, non da sole."
"Quindi il veleno la sta ancora uccidendo." Concluse Harry, decisamente spaventato.
Piton annuì e prese delicatamente Dana in braccio.
"Non posso tornare a casa mia per curarla, quindi la porterò al vecchio Quartier generale. Ma avrà bisogno di assistenza."
"Dana ha la sua stanza da noi…" azzardò Hermione, lanciando uno sguardo significativo a Harry, che malgrado tutto annuì.
"No Granger. Casa vostra deve rimanere sicura. Non ci posso entrare."
Detto questo, si volse verso Fanny guardandola in silenzio, fino a quando lei non emise un leggero verso acuto, poi sparì dalla stanza e la fenice si alzò in volo, uscendo dalla finestra da cui era entrata e sparendo nel cielo.
 
 
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Capitolo 16
*** Non la Perdonerò Mai ***


15 non la perdonerò mai
Astry_1971. Ciao! Ah sono contenta del fatto che Harry cominci a dimostrare attenzione alla questione "Severus" ti piaccia, ma ti garantisco che quando leggerai questo capitolo avrai una sorpresa (non so se dire bella o brutta. In se' non è tanto bella magari, ma è il preludio a qualcosa di molto positivo!) Grazie mille per la pubblicità! Onoratissima, e lo sono stata ancora di più quando ho letto certi nomi... 
L'idea di non far usare a Harry l'Avada Kedavra me l'ha data un'amica, e poi io stessa mi sono resa conto che è l'unica strada possibile (Sai che ridere se poi JK invece gliela fa usare...chissà se per Natale lo scopriremo!)
Mi sento in dovere di rassicurarti. A differenza di JK, non amo affatto far morire le mie creature, sebbene a volte sia necessario. Dana si salva eccome, ma è fuor di dubbio che il veleno che l'ha colpita non è cosa da poco. In realtà mi sono dovuta un pò scervellare per trovare una teoria credibile, vista appunto la potenza del veleno...spero che vi piaccia e che stia in piedi...comunque hai ragione, ripensandoci non avrei dovuto definirmi solo "cattivella"...ma il punto è che io so come va a finire, e questo ogni tanto mi frega, mi fa dimenticare che invece voi ignorate cosa produca la mia testolina matta...beh, tra qualche riga lo scoprirai!
Sempre che tu sia tornata tutta intera dalla gita...Roma? Fantastica! Io l'adoro, ma suppongo che non sia possibile godersela con una classe cui dover badare (Severus in gita? Ma hai presente l'occhiata che lancerebbe a chiunque osasse proporglielo?)
Beh, ora ti lascio, rosicchiata dalla curiosità per questa storia delle schegge di vetro...
 
EDVIGE86. Ola! Anche tu sei d'accordo sul fatto che l'Amore sia stato citato troppo da JK per non sfruttarlo alla fine, vedo. Spero solo che alla fine mi venga bene la scena in cui Harry dovrà passare dalle parole ai fatti...
Hai ragione nel rilevare una sorta di parallelismo tra Hermione e Dana. Non ho voluto fare una cosa simile a quella di Tonks, ma in realtà Hermione si schiera davvero dalla parte di Dana, e di Severus, perchè in fondo è un pò una sua caratteristica, all'interno del gruppo: è lei quella che rileva come un radar le questioni di sentimento, sempre lei che apre gli occhi a quei due mini-troll (perchè Harry e Ron ogni tanto lo sono!) che le stanno accanto. E qui non ho potuto sottrarle questa sua grande caratteristica.
Comunque, io sono della provincia di Pordenone, anche se non sono proprio friulana DOC!
Baci anche a te stella, e buona lettura!
 
redistherose. Bentrovata! Ecco un'altra sostenitrice dell'arma "Amore". Ragazze, ma allora ci ho proprio preso! (Le ultime parole famose...). Dici bene quando analizzi l'Avada Kedavra di Severus. O almeno, dici bene per quel che penso io. Non credo proprio che Severus avrebbe potuto negare nulla a Silente. Al di là di ciò che era giusto fare, il punto che secondo me è più importante è il legame che c'era tra loro. Severus, al primo anno, protegge Harry per un debito di vita con James, vecchio di molti anni...non è proprio possibile che poi non si senta legato ad Albus, tanto da non sapergli negare nemmeno quell'assurda richiesta che sono convinta il Preside gli abbia fatto.
Mi hai fatto morir dal ridere definendo Harry "de coccio", se non si decide a fare 2+2 sulla questione di Fanny, e oggi arriveranno su questo ulteriori risposte!
Buona lettura anche a te!
 
gealach. Ciao! Il tuo commento mi ha fatto molto piacere! Soprattutto, non trattenerti dal commentare, anche quando trovi qulacosa che non ti torna o non ti va. Davvero, avere le vostre opinioni per me è molto importante, anche perchè mi permettono di migliorare! Quindi, benvenuta allo scoperto!  Anche perchè ho letto qualcosa di tuo nei mesi di scoperta di EFP, e confesso che avere l'opinione di una tal sostenitrice di Severus è veramente un'occasione!
Ih ih...veramente ballerai sulla sedia quando leggerai dei ricordi di Severus? Allora dalla prossima settimana tieni accanto al monitor del PC una sedia di riserva...
 
starliam. Bentrovata anche a te! Sono felicissima della pubblicità di Astry...caspita, anche di te ho letto alcune cose, quindi onoratissima di averti come lettrice.
Visto che i rapporti tra Harry e Severus ti stanno a cuore, allora arrivi proprio al momento giusto. Da adesso, per quattro capitoli, sarà tutta in salita per Harry. Ma poi arriverà la discesa... e devo dirti il vero...mi sono ben sfogata nella ff perchè ho il terrore che JK non darà così tanto spazio alla questione (ammesso che la risolva nel senso che vogliamo noi, povere fans di Severus...).
Spero proprio che anche le idee dei ricordi ti piacciano...è un pò un terreno minato. Ma soprattutto, gongolo per i complimenti su Dana. Di segreti la ragazza ne ha davvero parecchi, anche se non avranno troppo spazio in questa ff (altrimenti diventerebbe veramente lunghissima, e un filino fuori tema). Ma qualcosa, dai, verrà fuori! A presto!
 
kagome chan. Giuro, i tuoi commenti sono sempre uno spasso! Ron proprio non lo sopporti! Aspetta ad attribuirmi il titolo di sadica dell'anno, perchè...beh, perchè di si...se son rose fioriranno, e io farò in modo che fioriscano, ma siamo ancora molto lontani dalla primavera...non so se m'intendi.
Caspita, se ti piaccioni sia Harry che Severus, sei veramente nei guai se poi nel settimo libro viene fuori che Severus sta dalla parte sbagliata! Vabbè, sperando con tutto il cuore che non accada (altrimenti il colpo apoplettico viene a me!), goditi la mia versione...ih ih...
 
Eccoci di nuovo insieme. Ovviamente oggi scoprite che cosa ne sarà di Dana (Secondo voi?).
La cosa più importante è che tra Harry e Severus i nodi verranno al pettine, e dalla prossima settimana...preparatevi, sarà un viaggio nel passato!
Ps. Piccolo avviso di carattere logistico. E' altamente probabile che dalla prossima settimana io cominci ad aggiornare di domenica, anzichè di sabato. Perciò abbiate pazienza.
Baci a tutti!
 
 
 
Non la perdonerò mai!
 
Severus si stropicciò gli occhi, mentre stava seduto a guardare il corpo di Dana, steso sopra un vecchio materasso impolverato che aveva trovato in una delle stanze del vecchio Quartier Generale.
Un leggero lamento lo fece drizzare e accostare al materasso, mentre alle sue spalle arrivava Harry.
Dana aprì appena gli occhi, confusa e stanca. Il suo sguardo incrociò quello di Severus e sorrise, tirando gli angoli della bocca in un’espressione poco convincente.
"Devo essere un fiore…"
"Almeno sei viva." Rispose secco Severus, prendendole un polso e controllando la regolarità dei battiti.
"Suppongo che sia possibile solo grazie a te…"
Severus le riservò un’occhiata truce e non disse nulla per alcuni secondi, poi Fanny, appollaiata su una vecchia sedia rotta, emise un suono, dolcissimo e delicato, facendo alzare verso di lei lo sguardo teso di Severus.
"Lo so, Fanny, lo so…non ho motivo di essere così acido con lei, ma ero così preoccupato…"
Come se Dana avesse colto i pensieri dell’uomo vicino a lei, cercò di prendergli la mano. L’unico risultato che ottenne fu quello di muovere la mano e sfiorarlo, perché poi le forze le mancarono.
"Devi assolutamente stare ferma! Il veleno stava già facendo tutto il suo effetto quando sono riuscito a farti bere l’antidoto. Ora non devi sforzarti per nessun motivo. Probabilmente ci impiegherai diversi gironi per riprenderti."
"Mh…capisco…ma che veleno era? Mi ha paralizzata quasi subito, e poi ha cominciato a stordirmi facendomi provare una sensazione di…disperazione! Non ricordo veleni simili…"
"E’ un veleno che crea evidentemente l’anima del Signore Oscuro. Quello che ti ho dato è un antidoto modificato rispetto a quello che mi avevi consigliato l’altra volta." Rispose Severus, senza riuscire a fare il nome di Silente.
Dana provò una serie di fitte al fianco e si irrigidì, chiudendo gli occhi e serrando le labbra.
"Brucia da morire!"
"E’ il prezzo da pagare per fare gli eroi!" la rimbeccò Severus, senza scrupoli.
Alle sue spalle Harry fece per obiettare qualcosa, furioso per come la stava trattando, ma Hermione, arrivata alle sue spalle qualche secondo prima, gli diede un pizzicotto per farlo tacere.
"Ho finito la Pozione." Disse, entrando cautamente e avvicinandosi solo di qualche passo.
"Bene. Dammela."
Nonostante il tono imperioso e secco, Hermione non si sorprese più di tanto nel non scorgere ombra di acidità nei lineamenti dell’ex Professore. Era solo incredibilmente teso.
Non appena però la tazza di Pozione fu nelle mani di Piton, egli si bloccò e Hermione si strinse nelle spalle, sicura che ora sarebbe arrivata una scenata.
Piton invece si limitò a fissare la Pozione, e poi a portare su di lei uno sguardo sorpreso e perplesso.
Hermione non disse nulla, girò sui tacchi e avviarsi all’uscita.
"Ma che gli è preso?" bisbigliò Ron, che da fuori la porta aveva osservato la scena.
"Beh, ho usato il suo libro per prepararla…e credo se ne sia accorto…"
Ron assunse un’espressione ansiosa e preoccupata.
"Credi ce le suonerà?"
"Non siate sciocchi!" sbottò Harry, voltando le spalle alla camera dove Piton stava facendo bere a Dana la Pozione "Non ci farà un bel nulla! Ci sappiamo difendere e non abbiamo ucciso nessuno!"
Lo disse con tale rabbia che né Ron né Hermione osarono fiatare e non lo osteggiarono quando passò loro in mezzo, per allontanarsi a grandi passi e uscire dalla stanza.
Quando sentirono la porta d’entrata chiudersi un po’ troppo rumorosamente si guardarono e sospirarono entrambi.
"Cosa credi gli sia preso?"
"Nulla di particolare. Credo che abbia solo cominciato a vedere le cose come stanno." Disse Hermione, accennando a quello che stava succedendo dentro la stanza.
"Già, sembra quasi impossibile, eppure è evidente…"
"E se te ne sei accorto tu, Ron-Ron…"
Ron la fulminò con lo sguardo, mentre le orecchie diventavano incredibilmente paonazze.
"Andiamo ora. Non ho voglia di capire di più!" esclamò prendendola per un braccio e portandola giù, sperando che Piton non la sentisse sghignazzare divertita.
 
"Quei ragazzi sono insopportabili!" sibilò volgendo un’occhiata truce alla porta lasciata semi aperta da Harry.
"No che non lo sono, Severus, e lo sai bene. Devi smetterla di essere loro così ostile."
Severus non disse nulla, limitandosi a posare a terra la tazza vuota e a far sparire con qualche gesto di bacchetta gli strumenti che aveva fatto apparire dal nulla per preparare l’antidoto.
"Suppongo tu ora debba andare…"
"Si. Sta per arrivare l’alba e Codaliscia si sveglierà tra un’ora al massimo."
"Severus…"
Fino a quel momento aveva evitato di guardarla negli occhi, e Dana se n’era accorta. Lo conosceva fin troppo bene, non aveva bisogno del suo potere, fra l’altro momentaneamente inutilizzabile, per capire cosa gli stesse passando per la testa, e per il cuore.
"Severus…sono ancora tutta intera. Per favore, non fare così, o finirò con il preoccuparmi e sai che nelle mie condizioni sarebbe un dispendio di energie piuttosto inutile."
Ancora silenzio. L’unico rumore era quello dei passi di Severus, che ora stava sistemando in un angolo della stanza quello che gli sarebbe servito per curarla nei giorni a venire.
"Severus, insomma! Cos’altro potevo fare? Non era evitabile tutto questo!"
"Si invece!" sbottò Severus volgendosi verso di lei quasi con furia "Era più che evitabile! Bastava un piccolo sforzo in più per far entrare anche te nella barriera!"
"Ho agito d’istinto! Non ho mire suicide!"
Severus strinse le labbra e i pugni, poi si volse di nuovo, dandole le spalle e richiudendosi in un ermetico silenzio.
"Oh, sei incredibile! Lo so che reagisci così perché sei preoccupato, ma ti giuro che se fossi in grado te ne direi tante! Non mi aiuti affatto comportandoti così!"
"E tu non aiuti me mettendoti in pericolo." Disse Severus, con voce bassa e tesa.
A Dana bastò per calmarsi. Non le era difficile leggere tra quelle parole la verità e lo stato d’animo di Severus.
"Ora devo proprio andare. Tornerò appena mi sarà possibile. Tu devi assumere la Pozione tre volte al giorno, ho già lasciato istruzioni alla Signorina Granger, ci penserà lei. E mangia qualcosa." Disse infine Severus, riacquistando il suo gelido autocontrollo.
Dana annuì e lo vide Smaterializzarsi un secondo dopo. Fissò il soffitto, dolorante e stanca, ma incapace di addormentarsi come avrebbe voluto. Non voleva farlo preoccupare, era già in una brutta e complicata situazione senza che dovesse farle ancora da balia, ma non aveva potuto agire diversamente. Quando aveva capito quello che sarebbe successo di fronte ai rumori fatti dallo specchio, tutto quello che era riuscita a fare era stato pensare a salvare i ragazzi.
Trasse un sospiro non troppo profondo, bloccata dal dolore.
Pazienza, con Severus avrebbe parlato l’indomani.
 
Era arrivato in tempo, Codaliscia era ancora sotto l’effetto della Pozione Soporifera che gli aveva fatto bere e la casa era immersa nel silenzio di cui aveva tanto bisogno. Sperò che l’Oscuro non avesse progetti per lui e che lo lasciasse tranquillo per qualche giorno, il tempo necessario per rimettere in piedi Dana.
Salì in camera sua e gettò il mantello su una sedia, poi si infilò in bagno e si sciacquò la faccia con acqua fredda. Non aveva sonno, non sarebbe riuscito a dormire nemmeno volendolo. Chiuse gli occhi, aggrappandosi con rabbia al bordo del lavandino e cercando di controllarsi, ma era del tutto inutile. Avrebbe voluto distruggere qualcosa, prendere a pugni qualcuno…
Aveva in corpo ancora troppa adrenalina, e soprattutto troppa paura. Mentre posava Dana sul giaciglio di fortuna che aveva trovato dentro il Quartier Generale, si era sentito pervaso da qualcosa di terribilmente simile alla disperazione.
Aveva già perso Albus, che per lui era stato come un padre. Non gli riusciva proprio di sopportare di perdere anche Dana. Non avrebbe retto nel vederla morire.
Per fortuna era salva, ma lo era solo per puro caso. L’antidoto che aveva creato con le lacrime di Fanny e con il suo sangue si era dimostrato più efficace del previsto, ma mentre lo preparava non era affatto sicuro del risultato. Il sangue poteva essere un elemento dagli effetti imprevedibili, e mentre decideva se usarlo o meno, sperò con tutto se stesso che avesse come unico effetto quello di veicolare in lei il suo potere e la sua determinazione a salvarla.
Forse era stato solo fortunato, o forse era riuscito a capire cosa non aveva funzionato con l’antidoto per Albus, ma la sua idea aveva prodotto ottimi frutti, annullando l’effetto del terribile veleno.
Rientrò in camera e guardò il letto. Non aveva voglia di stendersi.
Con pochi passi si accostò alla finestra e si sedette sotto di essa, appoggiando le spalle al muro e sottraendosi al cono di luce che entrava dall’esterno. Chiuse gli occhi e reclinò la testa, appoggiandola contro la parete fredda, e lasciò che i pensieri fluissero incontrollati, sperando che così quel terribile e temuto stato d’ansia diminuisse.
"Sapevo che avresti fatto di tutto per salvarli, sapevo che la tua determinazione è pari alla mia e che per questo nulla ti avrebbe spaventata e fatta desistere di fronte al pericolo…ma è dura vederti rischiare la vita per lui.
Mentre realizzavo con innegabile terrore che eri stata ferita, ho provato dentro di me una rabbia così devastante da lasciarmi per un attimo senza fiato. Lo so che è un ragionamento che non ha senso, ma il mio cuore ha gridato vendetta per qualcosa che lo lacera ancora adesso. Perché anche tu, come lei, hai messo in gioco la tua vita per salvare la sua.
Il mio odio per quel ragazzo e divampato come un incendio estivo. Quando si è avvicinato ho dovuto controllarmi per non colpirlo. E’ durata solo un istante, ma mi è parso infinito.
Poi però ho pensato solo a te e a come salvarti. Perché davvero, Dana, non sopporterei anche la tua morte. Non posso averti, nemmeno nei miei sogni più segreti mi concedo un simile conforto, ma devo essere sicuro che tu sia viva. Lontana da me, anche, ma viva.
Del resto ho sopportato la tua lontananza per anni, sapendo che era per il tuo bene. E quando ti sei ripresentata da me…credevo di stare perdendo il controllo. Solo la consapevolezza che l’Oscuro stava tornando mi ha permesso di mantenere la mia freddezza e la mia determinazione."
Scrollò la testa, piegando le gambe e appoggiandoci i gomiti.
"Maledetta determinazione…se mi avesse abbandonato, ora le cose starebbero diversamente, e lui sarebbe ancora vivo. Ma è anche vero che forse non avremmo mai capito cosa fare per eliminare l’Oscuro. E poi ho un debito troppo grande da saldare prima di potermi fermare e concedermi finalmente l’abbandono…la vita di due persone che ho amato fino in fondo e in silenzio mi pesano sulla coscienza, e finché non sarò sicuro di aver fatto tutto il possibile per eliminare l’Oscuro la mia anima non avrà pace. Lo devo a loro, alla mia meravigliosa e adorata luce dell’adolescenza e all’uomo che mi è stato vicino come un padre.
Le mie debolezze, le mie paure…mi costringono in ginocchio più spesso di quel che ho dato e do a vedere, ma per fortuna ho sempre ritrovato le forze per rialzarmi, ferito e deluso magari, ma pronto al passo successivo, alla successiva menzogna.
Il loro ricordo bruciante e quello che provo per te sono tutto quello che mi sostiene.
Ma se morissi anche tu…nessun ideale potrebbe aiutarmi. Nessun valore. E forse nemmeno il loro ricordo…Mi auguro di non scoprire mai se questo mio sospetto è fondato"
Fissò in silenzio un punto indefinito di fronte a sé, rigidamente posato contro il muro.
"Eppure, ancora adesso provo quella terribile sensazione di compressione al petto mentre la tua immagine mi appare davanti agli occhi, ferita e debole per colpa di quei frammenti avvelenati…so che adesso stai bene e sei al sicuro, ma qualcosa mi tortura…qualcosa che non ha futuro…
Quanto vorrei che ci fosse speranza Dana. Quanto vorrei poterlo credere. Ma non voglio concedermelo, non posso. Vivrai dopo questa guerra, non permetterò che tu muoia, e vivrai senza di me. Anche se mi muore il cuore nel petto mentre lo penso.
Perché so cosa provo, lo so da tempo, ma la felicità che potrei trarne è qualcosa che non merito, e che mi spaventa più di qualsiasi altra cosa. Perché non sono fatto per la felicità. E tu invece si."
Chiuse di nuovo gli occhi in un gesto rabbioso, sperando di cancellare così l’immagine che gli si era presentata davanti agli occhi.
"Com’eri piena di vita Dana…me lo ricordo bene…a scuola eri tra le mie migliori allieve e sapevi tenermi testa! Ed eri viva! Come ora. Viva nonostante tu sappia controllarti alla perfezione, meglio di me. Non sembrerebbe, ma è così. Quello che traspare, traspare perché hai imparato, a differenza di me, che non si può essere sempre di ghiaccio, che non si può essere sempre come morti. E hai modellato la tua vita su questo. Io invece non posso far altro che uccidere ogni sensazione, perché è più facile così, perché non conosco altra via che questa. Solo quello che provo per te è sopravvissuto a questo scempio. E non hai idea di quanto questo riesca a spaventarmi."
Un amaro sorriso gli si dipinse in volto, mentre i primi raggi di sole spuntavano all’orizzonte.
"Beh, a dire il vero è sopravvissuto anche il mio affetto per Albus, ma questo credo sia successo solo grazie alla costante e devota fiducia che mi ha sempre dimostrato. Fino alla fine."
Riaprì gli occhi, tristemente, vedendo mutare attorno a lui la luce.
Si rialzò pigramente e guardò fuori.
"Un altro giorno. Quanti ancora ne verranno in queste condizioni?"
Scrollò appena la testa e una vocina maligna nella sua testa ammise di sperare che fossero pochi.
 
Aveva camminato senza sosta diversi minuti, avvolto dal mantello scuro e con i sensi all’erta. Ma sapeva che difficilmente avrebbe incontrato un Mangiamorte per strada. E anche se fosse successo…povero quel Mangiamorte!
E pensare che ne aveva avuto uno a portata di mano solo fino a qualche momento prima…
Scrollando la testa e continuando a camminare con un’andatura sostenuta, Harry si disse che era proprio il caso di calmarsi, di controllarsi, e soprattutto di cercare di vedere le cose sotto un altro punto di vista. Se non ci fosse riuscito, avrebbe finito con il commettere una qualche imprudenza.
Aveva ormai raggiunto il suo obiettivo, un piccolo parco per bambini.
Lo aveva visto in lontananza e aveva pensato che sarebbe stato il posto migliore per cercare di trovare un po’ di serenità e quiete, dopo gli eventi di quella movimentata notte.
Si guardò attorno e individuò un muricciolo di mattoni rossi, non troppo alto. Lo raggiunse e vi appoggiò la schiena, sedendosi sull’erba.
Sistemandosi il mantello in modo tale da essere ben coperto, trasse un respiro e chiuse per un attimo gli occhi, sperando con tutte le proprie forze di riuscire a far fluire fuori da lui la marea di sensazioni che lo attanagliavano, prima fra tutte la rabbia.
Erano riusciti a eliminare un altro Horcrux, anche se questa volta il merito non era stato suo. Un altro passo verso la vittoria era stato fatto, eppure il suo cuore non era leggero come invece avrebbe sperato.
L’immagine di Dana riversa a terra e ferita gli balenò in mente con rapidità e nitidezza.
A che prezzo avevano raggiunto quel risultato? Se con loro non ci fosse stato Piton, Dana sarebbe morta…
Ecco di nuovo una terribile rabbia invadere ogni cellula del suo corpo. E sapeva bene il perché.
"Forza Harry, dillo, o almeno pensalo! Forse poi andrà meglio."
Ma non era poi così convinto della validità del consiglio che si stava dando da solo.
"Lo odio. Lo odio con tutte le mie forze per quello che ha fatto alla mia famiglia. Codaliscia avrà tradito il segreto che custodiva, ma non ci sarebbe stato bisogno di nascondersi se Piton non avesse fatto la spia…
Questo non potrò mai dimenticarlo! Mai!"
Appoggiò la testa contro il muretto, rabbrividendo appena, e ignorando del tutto la leggera brezza che stava levandosi.
"Ma non ha tradito Silente…vorrei che non fosse così, sarebbe più facile odiarlo e basta, ma so che non ha tradito Silente. Non ha tradito nessuno di noi"
Il cuore gli si strinse in una morsa di ferro che lo fece tremare, mentre chiudeva gli occhi, ostinato e deciso a lottare per proteggere il suo odio. Ma il cuore di Harry era di diverso avviso. Cosa poteva valere in quel momento il suo orgoglio? Non era forse vero che aveva sempre lottato per le cose giuste, per le cose buone?
"E lo ha fatto anche lui, nel modo più atroce. Silente non ha affidato a me il compito più difficile. Vorrei che non fosse vero, vorrei poterlo semplicemente odiare, eppure dopo questa sera…vederlo mentre preparava l’antidoto per Dana è stato straziante. Era disperato, teso…umano. È la personificazione del rimorso, l’ho visto. O almeno, l’ho visto per Dana. Non posso proprio più negarlo, sarebbe da stupidi…Piton ci tiene a lei, in un modo che non credevo possibile. E so cosa prova Dana…forse dovrei chiederle di spiegarmi…
Ne ho bisogno, ne ho davvero bisogno: perché nei confronti di Piton mi ritrovo a essere lacerato in due parti di me stesso che non vogliono saperne di trovare un compromesso.
Lo odio, e non riesco a guardarlo senza sentirmi in colpa per quell’odio.
Silente lo ha sempre difeso, sempre…e Fanny è andata da lui! Fanny, che più di ogni altra cosa è manifestazione di fiducia e lealtà verso Silente…"
Improvviso come un fulmine a ciel sereno, un ricordo colpì Harry e gli mozzò il fiato.
Il biglietto trovato sulla tomba della madre, con le indicazioni per trovare la coppa…dentro c’era una piuma di Fenice!
"E’ stato lui allora! Lui a…"
Una mano chiusa a pugno colpì l’erba morbida e umida, mentre serrava gli occhi, il cuore improvvisamente troppo grande per rimanergli in petto.
Harry riaprì gli occhi e guardò l’alba affacciarsi sul mondo. I primi raggi di sole stavano scivolando lentamente sui profili degli edifici in lontananza e la luce stava cambiando.
Trasse lunghi e lenti respiri per calmarsi, e alla fine nella sua mente rimase un’unica considerazione.
"Quell’uomo prova amore. L’unica vera arma contro Voldemort. Eppure per me rimane una spina nel fianco…"
Ancora un attimo di quiete, mentre attorno a lui il cinguettio degli uccelli rendeva irreale e piacevole l’assenza di altri rumori.
"Quanto tempo dovrò ancora stare con questo dubbio? Quanto?"
 
Alcune ore più tardi, quando ormai il sole stava scaldando timidamente l’aria, Severus comparve alla porta del vecchio Quartier Generale. Aveva portato con sé alcuni ingredienti che avrebbe aggiunto alla Pozione per Dana, per renderla maggiormente efficace. Era rimasto particolarmente sorpreso nel vedersi presentare dalla Granger la Pozione preparata secondo le indicazioni che aveva annotato a margine del suo vecchio libro di scuola. Dunque era ancora nelle mani dei ragazzi…
La cosa non lo toccava più di tanto. Se volevano usare quel libro, che facessero pure. Ma era convinto che avrebbero preferito tenersi alla larga da tutto quello che lo riguardava. Forse stava di nuovo sottovalutando Potter.
"Oh, ehm…è già qui? Non credevamo sarebbe arrivato così presto, vista l’ora tarda in cui è andato via." Disse Hermione che gli si stava avvicinando cautamente.
Gli fu subito evidente che stava cercando di distrarlo da qualcosa, e per un attimo si irrigidì, ma poi si ricordò che non era poi così in pericolo lì, e che la Granger non sarebbe riuscita a mentire o a fare così l’indifferente se si fosse trattato di qualcosa di particolarmente serio.
Dei rumori bruschi lo fecero trasalire. Provenivano dal piano superiore.
Accanto a lui, Hermione alzò gli occhi al cielo e si volse verso le scale, impugnando la bacchetta.
"Non si preoccupi, non è nulla!" esclamò facendo le scale due alla volta.
"Questo lo vedrò da solo." Sibilò, seguendola malgrado l’espressione poco felice della ragazza.
Raggiunsero in breve la camera dove riposava Dana e dentro ci trovarono Ron e Harry impegnati a sistemare un letto serio in mezzo alla stanza. Erano comparsi anche un armadio e un comodino, oltre che un tavolino e un paio di sedie decenti.
"Oh, Severus! Non credevo saresti arrivato così presto!" esclamò Dana lanciando uno sguardo significativo a Hermione, che contraccambiò come se stesse implorando perdono.
"Cosa state facendo?" chiese asciutto, mentre guardava piuttosto scettico Harry e Ron.
"I ragazzi stanno cercando di rendere più vivibile questa stanza. Del resto dovrò passarci un po’ di tempo…"
Inarcando appena un sopracciglio e continuando a guardare i mobili sistemarsi sotto i suoi occhi, attese che il lavoro fosse finito.
Non ci volle molto, e gli si dipinse in volto un sorrisetto sadico, nel rendersi conto di essere riuscito involontariamente a rompere le uova nel paniere a quei quattro. Probabilmente avevano sperato di finire il lavoro prima che lui arrivasse…
"Ok. Ora è apposto." Disse Harry, lanciando uno sguardo soddisfatto alla stanza e ignorando deliberatamente il nuovo venuto.
"Quasi." Intervenne Hermione, che con un paio di movimenti di bacchetta sistemò lenzuola e coperte sul letto.
"Ecco, ora è davvero apposto." Disse, tutta raggiante "Su, ora mettetela sul letto."
Piton la guardò sorpreso, ma per una volta non fu abbastanza rapido nel comprendere e dopo un attimo Dana si ritrovò presa in braccio da Harry e deposta sul letto.
"Non dovresti fare questi sforzi!" lo redarguì Dana, inarcando appena un sopracciglio ma con un cipiglio divertito sulle labbra.
Piton si volse di scatto e scese al piano terra, mentre Harry lanciava un’occhiata all’entrata della stanza.
"Questa cosa gli brucerà parecchio…"
"Puoi dirlo." Confermò Dana "Ma sta a lui imparare a rendersi conto che non vi è motivo per prendersela."
"Senza offesa, ma solo un Troll potrebbe non aver capito…" iniziò Harry, che subito si morse la lingua. Si era dimenticato che Dana non sapeva che lui sapeva!
E Dana non era una sprovveduta.
"Signor Potter, sbaglio o stiamo insinuando qualcosa?"
"Assolutamente nulla!" disse troppo in fretta, senza guardarla "Ora devo andare, credo ci siano ancora alcune cose che posso portarti da casa."
Senza aspettare che lei replicasse, si Smaterializzò.
"Io vado con lui." Disse Ron, mentre Hermione annuiva.
"Io vi raggiungo tra un attimo. Vedo se Piton ha bisogno di qualcosa."
"Ron, per favore, dì a Harry di portarmi il libro che gli ha portato Aberforth. Devo ancora finire di vederlo tutto."
Ron annuì e sparì dalla stanza, mentre Hermione scendeva di sotto.
Non appena Piton la vide, le si fece rapidamente incontro.
"Granger, ho lasciato degli ingredienti per la Pozione. Sono da aggiungere alla fine della preparazione dopo che è terminato il bollore."
"Si, me ne ricorderò, ma…beh, se vuole, Dana di sopra ha il suo libro."
Non era certa di aver fatto bene a dirglielo, ma le era parsa la cosa più giusta. E Piton parve intuirlo, tanto che annuì e lanciò un’occhiata al piano superiore.
Hermione non ebbe bisogno di alcun trucco di Legilimanzia per capire, e le sfuggi un sorriso che lui per fortuna non vide.
"Harry e Ron si sono allontanati per un po’, e io ora devo raggiungerli…"
Piton riportò lo sguardo su di lei, arcigno e gelido come sempre.
"Bene. Allora cosa ci fai ancora qui Signorina Granger?"
Hermione si preoccupò di sparire all’istante, prima che lui potesse vedere l’ennesimo sorrisino divertito incresparle le labbra.
 
Chino sul libro, stava finendo di annotare l’ennesimo appunto su quelle pagine ormai consunte.
Gli parve passato molto più tempo di quello che in effetti era da quando aveva studiato su quel libro, e sapeva che persino il suo aspetto era dello stesso avviso.
Chiuse di scatto il volume e si volse verso Dana, silenziosamente seduta a letto, appoggiata ai cuscini. Lo stava guardando con il suo solito sorriso paziente dipinto in volto, e Severus seppe di non avere scampo.
"Dimmi, ti diverte tanto sondare chi ti sta attorno con il tuo potere?" disse, rimanendosene fermo dov’era.
"Si, moltissimo. E lo sai, non serve farmi domande stupide. Comunque al momento mi trovo costretta a privarmi di questo piacere. Il mio potere sembra svanito nel nulla."
Solo allora Severus si alzò dalla sedia e la raggiunse, mentre Dana non mutava espressione di una virgola.
"Non hai più i tuoi poteri di empatica?" chiese, evidentemente sorpreso.
"Esatto. Da quando sono stata ferita."
Nulla nel tono di Dana avrebbe potuto tradirla, ma Severus capì cosa si celasse dietro quello sguardo controllato e tranquillo. Era preoccupata, e non le andava a genio non avere più quella capacità…
"Beh, mi pare ovvio." Commentò lei "Sono nata con quel potere, e vorrei morirci."
"Ci sei andata anche troppo vicino, non credi?" sibilò Severus, volgendosi di scatto e avviandosi verso il tavolino dove erano state messe le cose che lui aveva lasciato lì poche ore prima.
"Forse dipende dal veleno. Può intorpidire la magia di chi lo contrae, credo. O almeno questo è quello che credevamo…"
Prese una piccola ampolla con un liquido trasparente all’interno e la scosse appena, guardandoci attraverso.
"Un paio di gocce di questo e forse riusciamo a recuperare il tuo potere. Avanti, bevi." Le ordinò, porgendole un bicchiere di acqua in cui aveva fatto scivolare un paio di gocce del liquido.
Dana prese il bicchiere e trangugiò la sostanza senza esitazioni.
"Mh, non ha un saporaccio come gli altri intrugli che mi hai fatto bere. Cos’è?"
"Un elaborato delle lacrime di Fanny." Rispose Severus, asciutto, mentre riponeva la boccetta.
Dana osservò l’animale, ancora appollaiato sullo schienale della solita vecchia sedia.
"Toglimi una curiosità…è grazie a Fanny che sei riuscito a farti quasi sparire le cicatrici dal viso, vero?"
Severus si volse e la fissò assolutamente senza parole, i tratti del volto irrigiditi. I segni degli artigli di Fierobecco erano solo due sottili linee leggermente più chiare rispetto all’incarnato già pallido.
"Cosa…che ne sai tu?"
Dana sospirò e fissò la piega del lenzuolo con il quale stava giocherellando.
"Non sapevo che pensare, e non sapevo come aiutarti…così ho convinto Harry a darmi il ricordo di quella notte, per trovare qualcosa che potesse dirmi cosa fare."
Severus rimase immobile per diversi istanti, cercando di non permettere a quello che provava di emergere in superficie.
"Dunque hai visto…già…penso che per Potter sia stata una soddisfazione poter cogliere un’altra occasione per mostrare la mia colpa." Disse piano, scandendo bene le parole, ma con una rabbia che rendeva quel che diceva quasi un soffio.
Dana rialzò lo sguardo, improvvisamente accigliata.
"No. Questo è assurdo! Non puoi continuare a preoccuparti di questo Severus! E non è concepibile che tu ti faccia, ancora, guidare dalla rabbia! Quante altre volte dovrò ripetertelo? Harry non è James! E non è nemmeno come lui!"
"Questo non lo credo affatto! È guidato dal cieco orgoglio come suo padre! Tu non lo hai conosciuto, non puoi sapere!" esclamò volgendosi di scatto e muovendo alcuni passi nella stanza.
"Dimentichi che custodisco i tuoi ricordi." Lo fermò Dana, il cui tono si era pericolosamente abbassato "Ho un’idea abbastanza precisa di come fosse James Potter, e non è come Harry. Si, a volte Harry è incredibilmente ostinato e un filino orgoglioso, ma chi non lo è alla sua età? Però sono pronta a scommettere che non si è mai volontariamente messo in mostra. Vivo con lui da mesi ormai, e ti posso dire che non ama essere al centro dell’attenzione. Ma soprattutto non sopporta i soprusi, forse perché ne ha subiti anche troppi. No, decisamente non è come suo padre! Cerca di capirlo in fretta, Severus!"
"Perché? Per ottenere una riconciliazione da prima pagina con il figlio del mio peggior nemico? Non ti facevo così sentimentale!"
"James Potter non è più il tuo peggior nemico! E non ti azzardare a prenderti gioco di me! Se continuo ad insistere perché tu cambi idea, è solo per il tuo bene! Santo cielo Severus! Non lo vedi proprio? Tutta questa rabbia ti sta distruggendo più di quanto non riesca a fare il pericolo che incombe su di te ogni giorno!"
Deciso a chiudere lì la conversazione, Severus non rispose e le si avvicinò, facendole segno di scostare le coperte.
"Oh, ti odio quando fai così! Lo sai, vero?" sbottò Dana, afferrando le coperte e scoprendosi per permettergli di controllare le ferite al fianco.
 
Hermione si Materializzò all’interno della propria camera, e uscì con calma, sapendo che forse era meglio evitare di tornare da Dana tanto presto. Troppo immersa nei propri pensieri non si rese conto di star andando addosso a Harry.
"Ehi, Hermione, tutto bene?"
"Oh, cosa?" chiese cadendo dalle nuvole e guardandolo sorpresa "Scusa Harry, proprio non ti avevo visto. E Ronald? È già tornato anche lui, no?"
"Si, è arrivato poco fa, dicendomi di trovare il libro che mi ha dato Aberforth. Credo sia rimasto giù in salotto…"
Per un attimo non seppe che pensare, e mentre osservava Hermione allontanarsi e scendere le scale si rese conto che non era poi così normale che di Ron non si sentissero nemmeno i passi. Una brutta sensazione lo colse del tutto impreparato e si dimenticò del libro che doveva cercare, seguendo invece Hermione.
La ragazza lanciò uno sguardo dentro la sala, ma di Ron non c’era traccia, così guardò Harry, fermo sul terzo scalino.
"Non è qui…Ronald!"
Silenzio.
Hermione si mosse rapidamente in cucina, e lì si bloccò. Quando Harry la raggiunse, vide quello che aveva bloccato momentaneamente l’amica.
Ron era fermo in piedi, una lettera in mano e Leotoldo che lo guardava pigolando appena, appollaiato sul banco da lavoro della cucina.
"Ron…" disse Hermione, la voce un po’ esitante "Tutto bene?"
Harry fece scorrere lo sguardo dall’amico alla lettera. Non erano buone notizie.
"E’ una lettera di Bill…dice che Percy è al San Mungo." Riuscì infine a dire Ron, lo sguardo perso nel vuoto.
"Come mai? Cosa gli è successo?" chiese Hermione, sbiancata all’improvviso.
"Dissennatori." Fu tutto quello che Ron riuscì a cavarsi di bocca.
Harry sentì il sangue gelarglisi nelle vene; Dissennatori…poteva dire solo una cosa.
"Oddio…" gemette Hermione, portandosi le mani alla bocca.
"No…non lo hanno baciato, non hanno fatto in tempo. Ma gli si sono avvicinati comunque troppo…e lo hanno ricoverato per questo. Sai, per sicurezza."
Hermione lo guardò preoccupatissima, ma poi prese una decisione su due piedi. Afferrò Ron per un braccio e lo scosse.
"Ora andiamo."
"E Dove?" chiese lui, quasi con un sospiro.
"Al San Mungo!"
Ron la guardò come se fosse appena apparsa davanti ai suoi occhi la salvezza e annuì, poi si volse verso Harry.
"E’ pur sempre mio fratello…devo andare…"
"Non occorre neanche dirlo!" esclamò Harry "Andate avanti voi. Io vado da Dana per avvisarla che siamo al San Mungo. Vi raggiungerò là."
Ron annuì e si Smaterializzò all’istante insieme ad Hermione.
Per qualche secondo Harry rimase fermo con lo sguardo puntato dove fino ad un attimo prima c’erano stati i suoi amici, stringendo inconsapevolmente le mani a pugno e sperando con tutto se stesso di non dover contare una vittima in più nella lista dei colpiti dalla guerra.
 
Si materializzò al piano terra, il libro di Aberforth e un paio di vestiti di Dana sotto il braccio. Fece gli scalini due alla volta e si parò davanti alla porta della stanza di Dana, stranamente chiusa. Bussò e la voce di Dana gli disse di entrare.
Era talmente preso dalla notizia di Percy che entrò senza notare, in un angolo, la presenza di Piton.
"Scusa il ritardo, ma abbiamo ricevuto una brutta notizia…devo raggiungere Hermione e Ron al San Mungo. Uno dei fratelli di Ron è stato attaccato da un Dissennatore."
"Non c’è problema Harry. Và pure. Posso cavarmela da sola ora. Però se è stato attaccato…"
"Non è stato baciato per fortuna, ma se lo hanno ricoverato…sai, meglio vedere come sta."
Dana annuì e gli sorrise debolmente. Solo allora notò che era incredibilmente più pallida di quando l’aveva lasciata. E in un attimo i suoi occhi videro anche Piton, seduto su una sedia, lo sguardo torvo posato su di lui.
Capitò in un attimo. La rabbia sorda che nutriva nei confronti di quell’uomo, la preoccupazione per quel che era successo a Percy e lo stato di Dana si fusero in un unico grande blocco di risentimento che in qualche modo doveva far uscire.
Ricambiò lo sguardo di Piton e gli fece un cenno.
"Potrebbe uscire un attimo per favore?" disse con voce stranamente controllata, mentre anche lui si avviava verso la porta. "Dana, lascio qui il libro…"
Dana annuì e lo osservò con fare leggermente apprensivo, ma non disse una parola mentre anche Piton usciva dalla stanza.
"Se è giunta l’ora che quei due si scannino a vicenda, io non posso farci proprio nulla. Poi magari staranno meglio. Ormai sono pronta a considerare ogni possibilità…"
Un basso e non del tutto piacevole suono la riscosse e la fece volgere verso Fanny, che si stava muovendo quasi a disagio.
"Dici che dovrei preoccuparmi?" le chiese ironicamente, lasciandosi scivolare sui cuscini morbidi, facendo attenzione a non fare movimenti bruschi per evitare che le ferite si riaprissero. Nonostante le lacrime della Fenice, le lacerazioni erano ricomparse…
Con sua immensa sorpresa, Fanny volò da lei, posandosi sulle coperte e guardandola intensamente per una manciata di secondi, per rivolgere infine lo sguardo verso la porta. Dana la osservò incuriosita, poi un pensiero la colpì.
"Fanny è legata a Severus, non a me…eppure sta qui, con me…e fissa la porta. Beh, non sono solita credere che un pennuto possa percepire ciò che sta per accadere o possa decidere di intervenire consapevolmente nella vita delle persone…ma qui stiamo parlando della Fenice di Silente. Ne ho viste a sufficienza per farmi venire qualche dubbio…"
"Cosa c’è Fanny? Non vorrai che mi metta ad origliare la conversazione di quei due, vero?"
La Fenice emise di nuovo quel basso e sgradevole suono, poi si mosse, facendo finire la sua lunga e forte coda tra le mani di Dana, che inarcò un sopracciglio, presa talmente in contropiede da trattenere il fiato.
"Vuoi che lo faccia davvero…" sussurrò guardando l’animale di fuoco che aveva davanti con timore reverenziale.
Senza pensarci troppo prese tra le mani la coda della Fenice e si mosse, posando a terra i piedi. Fanny aveva ben capito che era troppo debole per camminare da sola, così si alzò in volo e la sostenne per tutto il tragitto (in verità breve) che la separava dalla porta.
Dana si appoggiò allo stipite e si lasciò scivolare lentamente a terra, liberando l’uccello dal suo peso.
Fanny chinò la testa di lato e rimase in silenzio, mentre dal piano sottostante cominciavano a provenire delle voci.
Con il cuore che batteva leggermente più veloce del solito, Dana ascoltò.
 
"Dunque Potter?" esordì Piton, non appena ebbero raggiunto il piano sottostante.
Harry aveva continuato a camminare fino a lì senza mai voltasi e degnarlo di uno sguardo, ma ora si girò di scatto, fissando il suo antagonista di sempre con rabbia.
"Cosa le ha fatto?" esclamò, imponendosi di tenere la mano lontana dalla bacchetta.
Piton ridusse gli occhi a due fessure e lo fissò ostilmente, mentre cercava, relativamente invano, di ricordarsi che non poteva lanciare Incantesimi contro il Prescelto.
"Come sarebbe a dire? Di cosa mi stai accusando?" chiese gelido, mentre stringeva le mani attorno al vuoto dei suoi pugni per evitare la bacchetta.
"Dana è esangue! Non era così quando me ne sono andato! Stava migliorando!"
Per un attimo, il cervello di Severus andò in corto circuito.
"Questo maledetto ragazzino mi sta accusando di aver appena attentato alla vita della donna che amo! Albus, giuro, se non fosse per te e la tua memoria scoprirebbe cosa vuol dire affrontarmi sul serio!"
"Ho dovuto medicarla di nuovo, Potter! Il veleno da cui ti ha salvato è ostile e potente, decisamente unico nel suo genere!"
"Ma si sente? È come alla prima lezione di Difesa…le adora le Arti Oscure…sa, continuo a chiedermi perché diavolo se ne è tornato dalla nostra parte!"
"Tornato dalla vostra parte? Non dirmi! Il grande Potter si degna dunque di riconoscere chi ha fatto del lavoro per lui? Sai, ti credevo più accanito nei miei confronti." Disse Piton, facendosi evidentemente beffe di Harry. Non lo poteva proprio sopportare, non poteva nemmeno sentirlo parlare, tanta era la rabbia che quel moccioso era in grado di far rinascere in lui.
Harry fece un passo avanti, la bacchetta ora in pugno e gli occhi ridotti a due fessure, puntati su Piton.
"Mi dia solo un motivo, uno solo…"
Piton increspò le labbra in un sorriso sardonico.
"Pensi forse di spaventarmi? Sei così presuntuosamente convinto delle tue capacità da pensare che la minaccia di un diciassettenne possa farmi qualcosa?"
"Presuntuosamente convinto o no, la mia non è una minaccia ma una certezza. E non mi sottovaluti così tanto. O vuole che le rammenti il numero di volte in cui sono riuscito a farla a Voldemort?"
Piton si irrigidì appena nel sentire quel nome, ma non si mosse e continuò a tenere lo sguardo fisso su Harry, che era avanzato ancora di qualche passo.
"Non sono nemmeno armato…buffo, non trovi? Un nobile grifone che agisce così scorrettamente! No, non va bene…ma aspetta! Ah già! Deve essere un difetto di famiglia!"
"Perché la sorprende che io possa fare quello che ha fatto lei?" sibilò Harry, vedendo davanti a sé il motivo unico e vero per cui continuava ad odiare Piton.
E Piton a quelle parole si irrigidì, diventando più pallido del solito in un attimo, mentre il cuore sembrava improvvisamente pieno di schegge di vetro.
"Come osa…come osa paragonare la situazione!"
Harry si avvicinò ancora, tanto che ormai erano a pochi centimetri di distanza e Piton ancora non si mosse.
"Non si preoccupi" disse con voce dura, sapendo di aver appena portato un colpo basso "Quello che è successo alla torre l’ho capito. Non lo dimenticherò tanto facilmente, ma l’ho capito. Quello che invece non le perdonerò mai, per nessun motivo, è l’avermi strappato la famiglia."
Se fino a quel momento Piton era riuscito a mantenersi rigido e controllato, ora sentì che difficilmente avrebbe potuto continuare così. Qualcosa di pesante gli scese nello stomaco e fu certo che anche i propri occhi avessero tradito ciò che il suo cuore urlava.
"Cosa stai dicendo?" sibilò.
"Lo sa bene! E’ stato lei a rivelare la profezia a Voldemort! Lei, maledetto…"
La voce di Harry si era fatta tagliente e dura, ma non lo sarebbe mai stata quanto il dolore che travolse Piton nel sentire quelle parole, quella odiata verità.
Tutto quello che gli riuscì di fare, mentre davanti a lui Harry continuava a guardarlo con quanto più disprezzo possibile negli occhi, fu di sostenere lo sguardo, e di non negare. A cosa serviva ormai?
"Il tuo odio è ben riposto Potter, indubbiamente."
"Questo lo so da solo!" esclamò Harry, alzando all’improvviso il tono di voce "E mai, mai la perdonerò per questo! Può salvare tutto l’Ordine, può salvare anche me se vuole, ma mai riuscirò a perdonarglielo!"
"Non mi pare di aver mai chiesto il tuo perdono!" lo bloccò Piton, rattoppando in fretta le falle aperte dal proprio dolore e imponendosi di non cedere di fronte a quel ragazzo odioso "E mai lo chiederò. Non è del tuo perdono che ho bisogno."
Harry sbarrò gli occhi, colpito dalla sicurezza e dalla violenza di quelle parole. E perché mai, nonostante fosse finalmente riuscito a sputare in faccia a Piton quello che pensava di lui e il motivo per cui lo odiava, non si sentisse affatto meglio.
Le parole gli erano uscite di bocca intenzionalmente, certo, ma non c’era soddisfazione in quello che aveva fatto. L’unica cosa che aveva provato era un momentaneo, e per nulla sufficiente, alleggerimento. Poi di nuovo era tornato tutto come prima, la rabbia era ancora lì, non sfogata, e in più c’era la consapevolezza di aver infierito su qualcuno che non poteva portare indietro le cose. Nessuno dei suoi cari sarebbe tornato.
"Ora che hai fatto uscire quello che aspettavi di rinfacciarmi stai meglio, Potter?" sibilò Piton, ma con voce diversa dal solito "Spero di si, perché è l’unica cosa che potrebbe venirne da tutto questo."
Senza lasciare a Harry il tempo di dire altro, Piton si Smaterializzò, ricomparendo in un locale abbandonato vicino casa sua.
Non poteva presentarsi subito a casa, non dopo quello… Codaliscia era diventato dannatamente sospettoso e ostile.
Perché tra tutte le cose che Potter avrebbe potuto dirgli per ferirlo e fargli incrinare la perfetta maschera che indossava, quella era l’unica veramente efficace. Non volle nemmeno pensare a come il ragazzo fosse riuscito ad avere quell’informazione, anche se la faccia di Sibilla Cooman gli si presentò alla mente in un istante.
Si sedette a terra, scivolando sul pavimento sporco e polveroso senza quasi neanche accorgersene.
"Non mi interessa il tuo perdono Potter, cosa potrei farmene? Non servirebbe a lenire il dolore…non servirebbe a cancellare il rimorso. L’unico perdono per me importante me lo ha già concesso lei tempo fa. Ma non è servito. Non è bastato."
 
Accovacciata contro il muro, le gambe piegate contro il petto e la testa tra le mani, Dana stava cercando di capire cosa fare. Odiava la confusione che le si accendeva brutalmente in testa ogni volta che si lasciava sopraffare dai suoi sentimenti, ma in quel preciso istante non avrebbe saputo controllarli.
Non si era mai curata di sapere se Harry conoscesse o no la responsabilità di Piton nella faccenda della profezia, e ora si rese conto di aver commesso un grosso errore.
E le conseguenze erano care, perché quello che Harry aveva appena fatto era più di quanto il ragazzo potesse immaginare. Cercando di non pensare a come poteva sentirsi in quel preciso istante Severus, si decise finalmente ad alzare lo sguardo.
Fanny era ancora lì, intenta a fissarla, e da lei sembrava nascere una dolce e tristissima nenia.
"Vuoi proprio farmi piangere, uccellaccio?" disse Dana, per poi riservare al pennuto un sorriso amaro "Volevi proprio che ascoltassi, non è vero? Ma per cosa Fanny…per cosa…? Non posso porre rimedio a nulla, sono stata sciocca e sono arrivata troppo tardi. Ormai Harry ha fatto quel che non doveva e…"
Si bloccò e distolse gli occhi dalla Fenice. No, forse non era arrivata tardi.
Harry aveva bisogno di sfogarsi! Lo conosceva da sufficiente tempo per sapere che il ragazzo avrebbe finito col sentire il bisogno di sfogarsi su Severus, prima o poi. E forse era stato un bene che fosse capitato.
"Ma certo! Che stupida…ora Harry è come svuotato, probabilmente consapevole dell’inutilità di quello che ha fatto. Queste sono le condizioni migliori perché possa capire…o almeno spero."
"Fanny, mi viene quasi il dubbio che tu sia diabolica!" esclamò sorridendo alla Fenice "Ma forse è meglio che smetta di parlarti…"
Con l’aiuto dell’uccello tornò a letto, recuperò la bacchetta dal comodino e richiamò il proprio Patronus, facendolo poi allontanare in gran fretta.
"Avrò bisogno di tempo e di aiuto Fanny…puoi?" chiese alzandosi la casacca del pigiama che Hermione le aveva portato e indicando alla Fenice le sue ferite.
Fanny si avvicinò e la curò di nuovo, causandole un po’ di dolore.
"Bene, dovrebbe essere sufficiente per prepararmi. E speriamo che funzioni…" Sospirò calando con cautela bende e tessuto sopra la ferita.
Richiamò il proprio Pensatoio, posizionandolo accanto al letto, si tolse la catenina da cui pendeva il ciondolo e vi batté sopra la bacchetta, sparendo in una intensa luce verde.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Capitolo 17
*** I Ricordi Custoditi (parte I) ***


16 ricordi custoditi prima parte
redistherose. Ciao cara! Beh, meno male che il modo di descrivere Harry ha fatto colpo. Sono d'accordo con te sul fatto che a volte nelle FF non ci si ricorda chi sia veramente, ovvero un diciassettenne con troppi pesi sulle spalle. E personalmente mi preme molto anche sottolineare che Harry non è affatto James. Insomma, tra i due non c'è proprio paragone! E farò tornare Dana sul punto, perchè una cosa che a volte mi lascia perplessa del comportamento del Severus dei libri è proprio questa incapacità di vedere la differenza tra padre e figlio. Ho sempre giustificato la cosa con il carico di risentimentto che Severus si porta dietro, ma da persona intelligente com'è (e lo è!) mi aspetto che alla fine capisca. Alzo le mani e confesso, però, di non aver pensato ai reciproci ricordi infelici che si strappano dirante le lezioni di Occlumanzia: qui mi batti. Pensandoci, sai che non è una similitudine da sottovalutare! In fin dei conti, se ci mettessimo d'impegno, credo che troveremmo moltissimi punti in comune tra loro due. Spero che sia indice di qualcosa di buono...
La frase che hai riportato nel commento è davvero il cuore della situazione di Severus, ne sono assolutamente convinta anch'io, e come te tremo, perchè JK spesso sa essere sadica...se lo fa cattivo davvero, penso potrei scriverle una lettera di improperi!
Beata te che scoprirai la verità molto prima di me...ho deciso che da luglio non entrerò più nel sito, per evitare di trovarmi con spoiler (Sono una di quelle che non vuol sapere in anticipo come andranno le cose. Il gusto è proprio leggere il libro non sapendolo!), quindi sappi che mi roderò pensando a tutti voi che potete leggerlo in inglese :-(
 
EDVIGE86. Carissima! bentrovata! Il confronto tra Harry e Severus, arrivati a questo punto della storia, era proprio necessario. D'ora in poi non dico che sarà spesso così, perchè altrimenti diventerebbe troppo, ma di sicuro ci saranno altri momenti in cui si ritroveranno in situazioni (soprattutto emotive) molto simili. E il fatto che siano così diversi rende il confronto difficile a volte, eppure secondo me anche estremamente "produttivo" per entrambi. Una via per crescere e cambiare.
Verissima la cosa che dici sul senso di colpa. Tra l'uno e l'altro non so chi sia messo peggio, ed è estremamente vero anche il fatto che per perdonare gli altri bisogna prima perdonare se stessi. A Harry però farò compiere un percorso un pò diverso, un pò per fini narrativi, un pò perchè secondo me ha un potenziale di umanità superiore a quello che a volte JK lascia trasparire. Per Severus e il suo far pace con se stesso, invece, ci vorrà ancora davvero molto. Ma con quei pesi sulle spalle, non credo sarebbe credibile nulla di diverso.
A presto!
 
Astry_1971. Ciao! Ih ih... dici che Harry è cecato? Beh, ti posso garantire che ora dovrà aprire bene gli occhi, con suo sconcerto e fatica! Da sadica non mi smentisco. Ma sei terribile anche tu, sai? Dici che dovrei tenervi più sulle spine? Non ti preoccupare, tra qualche tempo credo mi maledirete per qualcosa che ho combinato alla nostra coppia principale...ah, mi spiace, ma non mi piaccioni le rose che fioriscono in fondo alla storia, solo perchè si tratta del finale. Posso garantire solo che non moriranno, e che comunque l'epilogo sarà incoraggiante, ma il finale...
Ih ih...mi fa tanto ridere immaginarmi Severus in gita...povera stella mia...
 
kagome chan. Oddio, festeggi per Percy all'ospedale? Beh, aspetta di leggere il primo pezzo i questo capitolo. Nemmeno io amo Percy, ma confesso che, dopo aver scritto il pezzo, mi sono sentita un pò in colpa. La condizione in cui lo lascio mi terrorizza.
Ah, bene, vedo che il mio Severus piace anche a te! (vado in brodo di giuggiole quando lo faccio reagire così, non chiedermi il perchè, non saprei risponderti, ma è così!).
Mi spiace disilluderti, ma Fanny è solo Fanny. Si, sarebbe da Silente ricomparire all'improvviso in qualche modo strano, ma non sarebbe da JK, che con la morte pare non scherzare mai. In realtà però credo che Fanny sia davvero quello che dice Dana, ovvero il modo che Silente ha trovato per prendersi cura di Severus (perchè quel vecchio pazzo mi auguro si sarà reso conto di cosa è arrivato a chiedergli!). E poi, tutto sommato, spero che anche nel settimo di JK venga fuori che Fanny è andata davvero da Severus. Del resto, sparisce nel nulla subito dopo il suo ultimo canto...perchè specificare una cosa del genere se non vuol dire nulla? Vabbè, vedremo.
 
 
 
E a tutti gli altri, oltre al consueto bentrovati, un consiglio: abbiate pazienza, perchè questo capitolo è lungo lungo, diviso in tre parti, e qui mi sono presa con estrema libertà tutte le soddisfazioni che so JK non mi darà. I riflettori sono puntati soprattutto su Severus, e solo in alcuni casi su Harry o Dana, ma questi ricordi erano per me un passaggio davvero obbligato. Spero che non vi annoino (visto che si tratta pur sempre di tre parti), e che magari riescano a far vacillare quanti tra voi non hanno particolari simpatie per Severus.
Bona lettura!
 
 
 
I Ricordi Custoditi (parte I)
 
La visita a Percy era stata più dura e provante del previsto.
Ron e Hermione erano stati fatti entrare subito, nonostante vi fossero diverse persone all’interno della stanza. Ma del resto la situazione era particolare e nessuno del personale del San Mungo parve voler limitare le visite.
Il Signor e la Signora Weasley erano entrambi seduti a lato del letto dove loro figlio rimaneva steso immobile, gli occhi aperti fissi sul soffitto e il corpo spesso scosso da violenti brividi.
C’erano anche Bill e Fleur, Moody e Kingsley, tutti attenti a bisbigliare ciò che avevano da dire, quasi che avessero paura di turbare ulteriormente il giovane.
Ron era entrato e si era diretto con ferma decisione vicino alla madre, stringendole una spalla.
Come faceva ogni volta che arrivava un visitatore, Percy volgeva la testa e fissava il nuovo venuto per diversi secondi, per poi tornare alla sua solita immobilità.
Con grande sorpresa di tutti, Ron aveva cominciato a parlare a voce normale, innegabilmente con un nodo alla gola, e senza smettere di fissare il fratello.
"Non vuole che lo si lasci solo per la notte. Ha sentito quello che avete detto prima, e vuole che qualcuno rimanga."
La Signora Weasley aveva alzato la testa, sgranando appena gli occhi sul più giovane dei suoi figli maschi, e non fu la sola. A sorprendere non fu tanto la capacità di Ron, ormai nota all’Ordine, ma la consapevolezza che Percy fosse del tutto cosciente, dietro quegli occhi vitrei.
"E ha paura. Dice che non riesce ad uscire da dov’è, è come se fosse relegato in un angolo stretto della sua mente…ma sente, vede e capisce tutto."
La signora Weasley si mise a piangere nel fazzoletto mentre il marito le faceva forza cingendole delicatamente le spalle scosse dai singhiozzi.
"Vedrai Molly, troveremo una soluzione."
"Scertamente!" esclamò Fleur, sull’orlo delle lacrime ma agguerrita come sempre "Io conosco un Mago franscese…lui fa da tanto tempo studi su misteri della mente. È molto noto e tenuto in grande conto! Se Percy è ancora lì dentro, lui lo farà uscire!"
 
Fissando il fuoco modesto che schioppettava nel camino e ripensando al fratello di Ron, Harry sentì scendergli lungo la schiena un brivido. Era arrivato diversi minuti dopo i suoi amici, ma Hermione gli aveva brevemente spiegato l’accaduto, lasciandolo senza parole e con un terribile senso di impotenza addosso.
Ora erano di nuovo a casa, per nulla affamati ed estremamente silenziosi.
Ron era seduto su una delle poltrone verdi con gli occhi persi nel vuoto e la mano che ogni tanto si chiudeva a pugno per diverse volte di seguito.
"Ragazzi, tenete."
La voce di Hermione li riportò alla realtà. Aveva posato su un tavolino un po’ traballante una zuppiera piena di minestra e un piatto con fette di pane.
"Qualcosa dobbiamo pur mangiare…non saremo di aiuto a nessuno se ci ammaliamo."
Ron annuì brevemente, prendendo il piatto che Hermione gli stava porgendo, ma senza decidersi ad iniziare il suo pranzo. La ragazza lo guardò, terribilmente preoccupata. Fece per dire qualcosa, ma poi parve ripensarci, passò la zuppa ad Harry e si sedette accanto al proprio ragazzo.
Ron le si avvicinò impercettibilmente e cominciò a mangiare senza particolare enfasi.
"E dovremo portare qualcosa anche a Dana, che dite?" continuò Hermione, sperando di riuscire a distrarli.
Le riuscì, in effetti, perché Ron si accigliò e parve tornare tra loro. Tuttavia Harry non gradì nemmeno quel nuovo argomento.
Non aveva raccontato nulla ai due amici della discussione con Piton, e men che meno del Patronus di Dana, arrivatogli mentre camminava lungo i corridoi del San Mungo.
Non era certo di volerne parlare, ma visto il contenuto del messaggio che Dana gli aveva mandato, era essenziale che sapessero. Posando a terra il piatto, si volse ottenendo in breve la loro attenzione e raccontando quanto accaduto con Piton.
Ron smise di mangiare e lo guardò con un misto di incredulità, ammirazione e timore.
Hermione invece si rabbuiò per un attimo, evitando lo sguardo di Harry.
Harry ebbe la netta impressione che lei non fosse troppo d’accordo con quello sfogo e gli costò notevole sforzo ammettere che, ora che era successo, era d’accordo con lei. Tuttavia non lo disse.
"Non potete venire da Dana a portarle nulla. Mi ha mandato un Patronus mentre eravamo in ospedale. Vuole che vada solo io, tra un’ora."
"Amico…la vedo brutta!" disse Ron, ricominciando a mangiare la zuppa.
"Si. Se ti ha sentito discutere con Piton, vorrà di sicuro dire la sua."
Harry ebbe la netta impressione che Hermione stesse deliberatamente cercando di rincarare la dose di peso che aveva sul cuore. E le riusciva piuttosto bene.
"Non so…a dire il vero avrei pensato ad altro…" buttò lì, arrivando al punto che più gli premeva "Cioè, si, sarà possibile che tenti di difenderlo, ma allora perché aspettare così tanto? Avrebbe potuto dirmi di raggiungerla prima, appena usciti dall’ospedale…"
Hermione si fece pensierosa e Ron guardò dall’uno all’altro con aria troppo stanca e tesa per ipotizzare qualunque cosa.
"Tu vuoi dire che ha avuto bisogno di tempo?"
Harry annuì, sapendo che Hermione stava andando nella direzione giusta.
"E che le serviva per prepararsi…."
"Esatto."
"Esatto cosa?" bofonchiò Ron.
"Forse vuole dare a Harry qualcosa più della sua opinione…vuole dargli delle spiegazioni…"
"Magari legate a quello che lei custodisce per Piton. I suoi segreti."
"Come Custode dei Segreti avrà di sicuro molte cose da mostrarti! Ci scommetto!" Disse Hermione, improvvisamente elettrizzata.
"Ehi!" sbottò Ron " Si, avrà molte cose da mostrargli, ma sempre su Piton!"
"Davvero?" chiese lei, sarcastica "Non capite? Harry, potrai trovare molte risposte se lei deciderà di farti vedere ciò che custodisce! La posizione di Piton verrebbe definitivamente chiarita!"
"Dovrò fare attenzione a non esplodere di gioia."
"Oh, Harry, non fare il bambino! Silente ci teneva a Piton o non sarebbe arrivato a tanto! Questo dovrebbe bastarti. Senza contare che sarà ora di fare la cosa giusta anche con lui, no?"
Harry non obiettò, improvvisamente stanco di accanirsi su Piton. La reazione che aveva avuto di fronte alle sue accuse, le parole che aveva usato…era davvero pentito di quel che era accaduto? Scrollò la testa per non pensarci e trangugiò in silenzio il suo pranzo.
"Beh, visto che vai da lei, portale comunque qualcosa da mangiare…" disse Ron dopo un po’ "Vorrà anche parlarti, ma credo proprio che avrà fame. E se si deperisce poi Piton chi lo sente?"
Hermione sorrise e inarcò un sopracciglio, volgendosi verso Harry con aria da falsa innocentina.
"Forse così saprai dirci se è il terribile essere spigoloso che abbiamo sempre creduto o se è umano. Dana ha una prospettiva ben diversa dalla nostra…"
Harry le lanciò uno sguardo inceneritore, ma lei parve non farci caso, scrollò le spalle e raccolse i piatti dei ragazzi, sparendo velocemente in cucina.
 
Materializzatosi poco oltre la porta della stanza di Dana, prese un bel respiro e si avvicinò, bussando sulla porta schiusa.
"Avanti."
Harry aprì la porta e le sorrise, muovendosi per raggiungere il tavolino e posarvi il pranzo di Dana, ma il suo sguardo fu catturato dal Pensatoio posizionato accanto al letto.
"Cosa…cosa vuol dire?" chiese, osservandola attentamente e rendendosi conto che sembrava molto stanca e provata, come se avesse faticato tutta la mattina.
"Mi è servito, e probabilmente mi servirà ancora."
"Non prima di aver mangiato qualcosa, spero. Hai una faccia terribile e Hermione mi uccide se torno con questo intero." Disse accennando al fagottino che aveva portato.
"Forse…dopo. Ora passami la coppa che c’è sul tavolo…è la Pozione di mezzogiorno." Sospirò Dana, che non sembrava né arrabbiata né scocciata.
Harry fece come gli era stato chiesto e la tenne d’occhio, convinto che da un momento all’altro lo avrebbe travolto di parole e di insulti, ammonimenti e rimproveri. Leggermente scocciato nell’accorgersi che una simile possibilità gli bruciava, si sedette e attese l’inevitabile.
Dana trangugiò con faccia disgustata l’intruglio che avrebbe dovuto rimetterla in forze, poi passò la coppa a Harry come se non vedesse l’ora di allontanarla il più possibile da sé.
"Che schifo…se fa tanto bene quanto è disgustosa, siamo a cavallo!" borbottò infilandosi in bocca una caramella.
"Eppure sembri terribilmente stanca…" disse Harry, dicendosi che era meglio togliersi subito il dubbio. Se c’era una tempesta da affrontare, lui era pronto.
Dana lo fissò con occhi penetranti per diversi secondi, e per un attimo riacquistò tutta la propria energia, ma poi parve afflosciarsi non appena scosse la testa.
"Si…questa mattina ho dovuto sgobbare un po’…"
"Perché? Sai che non ti devi sforzare!"
"Si, lo so, ma tra te e Severus non ho mai un attimo di quiete!"
Harry trattenne il fiato per una manciata di secondi.
"Allora ci hai sentiti…"
"Sarebbe stato un po’ difficile il contrario…ma non è questo il punto ora. Credo che fosse così che doveva andare."
"Davvero?" chiese Harry, palesemente sorpreso per quell’affermazione.
"Si, davvero. La ruggine non viene via per magia. Bisogna scrostarla, lavorarci, litigarci pure…"
Dana si fermò e si portò una mano al fianco, serrando gli occhi mentre Fanny, ancora appollaiata sulla sedia, le volava in grembo.
"No, Fanny. Non servirebbe. Devo solo evitare movimenti bruschi." Disse Dana, carezzando la testa dell’animale con delicatezza.
"E invece ne hai fatti? Si può sapere cos’hai combinato qui oggi?" chiese Harry, tradendo un filo d’impazienza e nervosismo.
"Lo saprai tra un attimo, temo anche a tue spese, visto che ho deciso sia arrivata l’ora di un mio incisivo intervento nella situazione che si è creata tra voi due."
Harry deglutì a fatica.
"E quindi ho dovuto preparare tutto, nell’eventualità che tu ti dimostrassi pronto a seguirmi."
"Seguirti? E dove?" chiese Harry, ora decisamente impaziente.
"Dentro Severus." Rispose Dana con semplicità.
Harry le lesse negli occhi una serenità che lo disarmò per un attimo. Rimase fermo a guardarla senza sapere troppo bene che pensare, fino a quando non trovò il coraggio di dire ciò che sospettava.
"Vuoi mostrarmi quello che ti ha affidato."
Dana annuì e sorrise, afferrando il ciondolo che teneva di nuovo al collo.
"Qui sono racchiusi molti suoi ricordi, recenti e non. E voglio mostrartene alcuni. Ecco il lavoro di oggi; ho dovuto selezionarli. Ma prima di procedere devo dirti una cosa, e tu dovrai prestarvi massima attenzione Harry, altrimenti potrebbe essere tutto lavoro inutile e dannoso."
Lo sguardo di Dana fisso su di lui lo fece sentire per un attimo di nuovo nella stanza del Preside a prendere lezioni private, ma gli occhi che aveva di fronte erano verdi e scuri, più coinvolti di quanto fossero mai stati quelli di Silente.
"Quello che vedrai con buona probabilità non ti piacerà. Se deciderai di venire con me nel Pensatoio, dovrai farlo con nel cuore la convinzione di guardare tutto con occhi non prevenuti."
Harry annuì con decisione, e forse lo fece troppo repentinamente per convincere Dana, che si protese e che posò una mano su quella del giovane Mago.
"Harry non sto scherzando. Non ti piaceranno alcune cose, perché ti riguardano più da vicino di quel che credi…devi liberarti di ogni pregiudizio e di ogni convinzione se vuoi far fruttare quest’esperienza."
"Ho capito." Ribatté Harry "Non sto facendo finta di ascoltarti."
"Non ne dubito, ma è innegabile che tu abbia qualche problema a tenere a freno l’orgoglio a volte. Ora dovrai metterlo totalmente da parte. E dovrai capire ciò che vedrai, non fermarti alle immagini ma cercare di intuire le sensazioni e i pensieri, anche se in realtà nei ricordi più recenti il lavoro sarà più facile."
Harry si allontanò di qualche passo, tenendo gli occhi a terra. Era certo di riuscire a fare quello che Dana gli stava chiedendo? In verità no, ma aveva bisogno di sapere.
"Io…non so se posso. Ma voglio provarci. Dana, non ne posso più di questa assurda situazione, e so che se ora non faccio qualcosa per cambiarla, prima o poi potrebbe sfuggirmi di mano…"
"Questo è prevedibile. Comunque, io non ti sto chiedendo di entrare nel Pensatoio con animo favorevole a Severus. Solo…non ostile. C’è una bella differenza tra le due cose."
Harry annuì e guardò Dana, trovando inaspettatamente conforto in lei, come se fosse la sua guida lungo un cammino tutt’altro che semplice.
"Si. Possiamo farcela. Quando vuoi farlo?"
"Ora, prima che torni Severus. Faremo in modo che nessuno possa entrare nella stanza fino a quando saremo nel Pensatoio. Temo ci impiegheremo un po’. Del resto, dipenderà da te il numero di ricordi che vedremo."
"E vieni anche tu per forza? Ma stai poco bene…"
"Io ti servo." Tagliò corto Dana "Dentro il Pensatoio mi potrai chiedere ciò che vorrai, e io potrò sottolineare ciò che sarà necessario tu noti."
"Mi pare giusto." Sospirò Harry, quasi divertito "Per persuadere una persona con le mie convinzioni su di lui, serve per forza una persona con i tuoi sentimenti."
Dana, che stava togliendosi il ciondolo per incantarlo, rimase con il braccio sospeso a mezz’aria.
"Con i miei sentimenti?" chiese con aria titubante.
"Innamorata. E giuro che poi questa me la dovrai spiegare."
Dana distolse inaspettatamente lo sguardo, arrossendo appena e incantando il ciondolo in modo che emanasse luce e rimanesse sospeso sopra il Pensatoio.
"Quando avremo finito credo non avrai bisogno di alcuna spiegazione, e comunque avrai ben altro per la testa. Avanti, avvicinati."
Harry non replicò e le si affiancò, aiutandola ad alzarsi. Dana barcollò un attimo prima di ritrovare la propria stabilità, poi allungò una mano verso il Pensatoio e vi si aggrappò.
"Severus mi ha dato questi ricordi per metterli al sicuro. Sai in cosa consiste la magia del Custode dei Segreti?"
Harry scrollò appena la testa, guardando dubbioso il Pensatoio di pietra vuoto.
"Una persona affida i propri ricordi ad un’altra per proteggerli dagli attacchi di Legilimanzia. I ricordi ovviamente non spariscono, ma una volta estratti sono meno palpabili nella mente del padrone, meno individuabili. Inoltre il Custode è vincolato a proteggerli, come hai già avuto modo di notare tempo fa."
"Quindi tu custodisci ciò che Piton vuole tener nascosto a Voldemort."
"Esattamente. Si tratta del motivo per cui è passato all’Ordine e per cui è rimasto fedele a Silente."
Harry avvertì distintamente un brivido di eccitazione scendergli lungo la schiena. La verità sull’uomo che più lo aveva contrastato, dopo Voldemort, era finalmente a portata di mano, e ora sapeva di avere veramente bisogno di sapere.
I pezzi di un mosaico troppo intricato sarebbero andati al loro posto, e lui sarebbe finalmente stato in grado di capire e fare la scelta giusta. Perché da quando aveva scoperto la verità sulla morte di Silente si era trovato spesso a porsi delle domande, poi soffocate in fondo alla propria mente, ma ancora pulsanti e opprimenti.
"Ma…svelandoli a me non corri dei rischi?" chiese istintivamente Harry, memore del prezzo pagato da chi infrange, ad esempio, un Voto Infrangibile.
Dana parve farsi pensierosa, e continuò a fissare il Pensatoio per diversi secondi, lasciando che il silenzio della stanza si facesse quasi preoccupante.
"In verità, io ho solo dei doveri. Non mi accadrebbe nulla se rivelassi i ricordi a Voldemort. L’essenza dell’Incantesimo del Custode dei Segreti è la fiducia."
"Allora perché hai la faccia di chi sta per fare qualcosa che non dovrebbe?" insistette Harry posandole una mano sulla spalla e premendo perché lo guardasse.
Un sorriso amaro si disegnò sulle labbra pallide di Dana, che emise un leggero sbuffo sarcastico.
"Proprio perché si tratta di fiducia…e facendo quello che sto facendo, la sto tradendo. So che è anche per il suo bene, ma se lui dovesse scoprirlo, non capirebbe…"
Harry ritrasse lentamente la mano con la quale aveva tentato di scuoterla, incapace di decidersi a parlare, finché una parola sorse spontanea sulle sue labbra.
"Perché?"
"Lo capirai non appena vedrai il contenuto dei ricordi." Sospirò "Ma ora non è il momento di perdersi in chiacchiere tristi e inutili."
Harry e Dana si guardarono per un attimo, poi lui annuì e Dana fece brillare di più il ciondolo, che fece cadere una grande goccia d’argento fluttuante ed evanescente dentro il Pensatoio.
Il primo ricordo.
 
La Sala Grande di Hogwarts si presentò agli occhi di Harry molto diversa da come era di solito, ma l’aveva già vista così… file di banchi erano ordinatamente disposti lungo tutta la sala e gli studenti stavano finendo di affrontare l’esame. Harry vide Piton, e in un attimo si rese conto che stava sostenendo l’esame di Difesa contro le Arti Oscure.
In modo del tutto automatico i suoi occhi volarono poco oltre, dove suo padre stava aspettando che il Professor Vitious ritirasse le pergamene. Non appena il suo sguardo si posò su quella figura così simile a lui, lo stomaco gli si contorse in modo quasi piacevole, ma non poté impedirsi di ricordare come si sarebbe comportato James di lì a pochi minuti. Ed erano lì per Piton.
Dana era al suo fianco, l’aria leggermente stanca ma lo sguardo vigile puntato sulla figura china accanto alla quale si era fatta scivolare.
"Ho già visto questo ricordo." Disse Harry, del tutto incapace di trattenersi e in fondo convinto che lei lo sapesse. Per questo motivo si trovò leggermente confuso quando Dana alzò su di lui uno sguardo a dir poco sorpreso.
"Hai già visto…è come?" chiese senza fare il benché minimo sforzo per nascondere il proprio sconcerto.
"Durante una lezione di Occlumanzia. Piton non c’era e il Pensatoio era lì…" disse Harry, senza provare minimamente a nascondere la verità, ma sentendosi terribilmente stupido nel ricordare quel gesto. Dana probabilmente ora lo avrebbe rimproverato per essere stato così invadente, ma lui sapeva bene che in quel momento non avrebbe potuto, e in verità nemmeno voluto, comportarsi diversamente.
Dana invece continuò a guardarlo sorpresa, quasi stranita. Poi il suo sguardo si perse per un attimo oltre la spalla di Harry.
"Questo non me lo aveva detto…e ti ha scoperto?"
Harry annuì e Dana sollevò un angolo della bocca, incapace di fare diversamente, ma senza alcun cenno di allegria nello sguardo.
"Suppongo non l’abbia presa molto bene. E’ per questo che smise di addestrarti?"
Harry si ritrovò di nuovo ad annuire, senza sapere bene che dire.
Dana scrollò la testa e sorrise in modo stanco.
"Ha voluto estrarre il ricordo una seconda volta, durante le vostre lezioni…era proprio deciso a proteggerlo…"
Nel frattempo attorno a loro il ricordo si era evoluto, e ora gli studenti stavano sistemando le loro cose per uscire e abbandonare la sala dell’esame.
Dana si allontanò da Severus e raggiunse Harry.
"Fino a dove hai visto?" gli chiese con voce incolore.
"Fino a quando mia madre si allontana dopo che Piton la chiama Mezzosangue e lei litiga con mio padre."
"Allora non sei arrivato fino in fondo…dovrai avere un po’ di pazienza Harry. Il vero senso di questo ricordo sta in quello che è successo dopo, anche se non avrebbe senso vederne solo la fine."
Harry annuì e seguì il flusso di studenti che si accalcavano all’uscita del castello per godere finalmente di un po’ di quiete dopo aver dato l’esame.
Mentre osservava tutti quei ragazzi allegri e felici di aver finito, un pensiero lo colpì con violenza. Si bloccò un attimo e si volse verso Dana.
"Un attimo…Piton chiama mia madre ‘sporca Mezzosangue’. Me lo ricordo bene! Perché mai lo ha fatto se anche lui è un Mezzosangue?"
La prima volta che aveva visto quel ricordo non aveva dato peso alla cosa, convinto che Piton fosse un Purosangue, ma ora sapeva che non era vero, e quel dettaglio fece la differenza.
Dana sorrise di nuovo senza allegra e annuì.
"Bella domanda davvero Harry. Vedi di tenertela bene a mente quando arriveremo alla fine del ricordo. Se risponderai nel modo giusto guadagneremo parecchio tempo."
Detto questo, gli fece cenno di riprendere il loro cammino, e presto furono investiti dalla luce brillante e vivida di quella splendida giornata di fine anno scolastico.
Rivissero il ricordo in silenzio, ciascuno concentrato a modo proprio su quel che stava accadendo.
Harry ebbe qualche difficoltà a rivedere suo padre comportarsi come sapeva avrebbe fatto e lo stomaco gli si contorse, questa volta meno piacevolmente, quando lo vide usare un Incantesimo del Principe…chissà come lo aveva scoperto…
Poi era arrivata sua madre, e Harry la vide sotto una luce nuova. Era veramente coraggiosa come diceva Lumacorno, tutto in lei era orgoglio e franchezza.
Alla fine però arrivò al punto che avrebbe preferito non arrivasse mai; due anni prima Piton gli aveva impedito di scoprire se James e Sirius fossero riusciti a portare a termine le loro burle oppure no, e ora lo avrebbe scoperto.
Con suo immenso sollievo, era improvvisamente arrivata la McGranitt, che aveva messo fine allo scherzo e aveva ripreso energicamente i due Malandrini, mentre Piton si allontanava imprecando a bassa voce e lanciando sguardi carichi di odio verso James e Sirius.
"Avverrà qualcosa di particolare ora?" chiese, mentre seguiva Piton di nuovo all’interno del castello.
"Si, tra poco…"
Piton era rapidamente sceso verso i sotterranei, evidentemente per raggiungere il proprio dormitorio, quando qualcuno gli sbarrò la strada. Per poco non si scontrò con il nuovo venuto che, con evidente sorpresa sia sua che di Harry, era Lily.
Le mani sui fianchi e uno sguardo che avrebbe intimorito chiunque, gli si era parata davanti senza nessuna esitazione, e Piton sembrava particolarmente irritato.
"Levati Evans!" le intimò senza troppi complimenti, facendo tuttavia mezzo passo indietro.
"Assolutamente no! Non sono venuta qui per farmi una passeggiata tra l’umido e il buio! Devi smetterla di chiamarmi in quel modo, come se fosse un insulto!"
La voce di Lily risuonò come un sibilo nel corridoio di pietra e fu seguita dal più totale silenzio per qualche momento, durante il quale Piton non smise di guardarla con ostilità.
"Ti chiamo come mi pare." Disse infine con voce controllata, ma Harry non poté fare a meno di notare che non aveva lo stesso tono che aveva usato mentre era gambe all’aria nel parco.
Lily avanzò di un passo e Piton si scansò, lasciando Harry piuttosto perplesso. Perché si scansava? E dov’era finita la bacchetta? Era convinto che l’avrebbe usata. Del resto, si era dimostrato decisamente pronto solo pochi minuti prima.
"Piantala di fare il gradasso! Forse i tuoi amichetti a Serpeverde non lo sanno, ma io si."
Harry sentì distintamente un brivido scendergli lungo la spina dorsale, e sapeva che in buona parte dipendeva dal tono che sua madre stava usando; era decisamente infuriata.
"Sai cosa?"
"Che sei come me! Un Mezzosangue! E non tollero che proprio un Mezzosangue usi quella parola come un insulto!"
"Come hai fatto a scoprirlo?" sbottò Piton, evidentemente preoccupato.
"Non ha alcuna importanza! Quel che conta è che lo so! E non tollererò che tu mi getti addosso quella parola come il peggiore tra gli insulti, quando lo sei anche tu!"
Detto questo lo superò e si avviò con passo deciso verso le scale, ma Piton si volse e la raggiunse afferrandola per un braccio. Harry fece un passo verso la madre, quasi servisse a proteggerla, ma Piton non aveva sfoderato la bacchetta.
"Non hai intenzione di dirlo in giro, vero?"
Harry trovò veramente stupido fare una richiesta simile a sua madre, mentre era ancora evidentemente così arrabbiata. Ma Piton non parve essere dello stesso avviso.
Lily però si era voltata con furia verso di lui e lo aveva guardato con sgomento.
"Cosa c’è? Hai paura che a Serpeverde poi non ti vogliano più? È ridicolo che tu te ne vergogni!"
"Non me ne vergogno affatto! Solo sono fatti miei!" sbottò lui, lasciandole andare il braccio, quasi scottasse.
"Oh, questa poi! Mi vuoi far credere che non pensi sia una brutta cosa?"
"Non lo è!"
Lily per tutta risposta lo guardò come se volesse fulminarlo, e in quel preciso istante la cinghia della borsa dei libri di Piton si spezzò. Lanciandole uno sguardo in tralice, Piton si chinò a raccogliere i libri caduti fuori dalla borsa e Lily, sospirando, allungò una mano verso uno dei volumi apertisi contro uno scalino.
Gli occhi le si posarono sull’intestazione scritta a mano, in una scrittura minuta e regolare, e catturarono inevitabilmente una parola.
"Principe Mezzosangue…" disse in un soffio, guardando quelle parole con sgomento.
"Ridammelo!" esclamò Piton, che parve non solo in collera per quell’indiscrezione, ma anche preoccupato. Le guance gli si erano addirittura velate di rossore, mentre gli occhi parevano volerle strappare dalla memoria quella scoperta.
"Tu… addirittura te lo sei scelto come soprannome! Non te ne vergogni davvero…" disse quasi più a se stessa che a lui, prima di esplodere.
"Allora si può sapere perché lo usi per insultare me? Devo farti proprio tanto schifo!"
Con rabbia gli ricacciò il libro tra le mani e si volse, salendo di corsa il resto delle scale e uscendo dai sotterranei e dalla loro visuale.
Harry allora si concentrò su Piton, ora decisamente interessato a questa verità che sarebbe dovuta emergere da quei fatti. Ed emerse.
Dopo alcuni secondi di silenzio Piton aveva lasciato scivolare di nuovo a terra la borsa dei libri, lo sguardo fisso sul punto in cui Lily era sparita.
"No, Lily, no…è che così, forse, riuscirò a tenerti più lontana."
Harry trattenne il fiato, come se avesse appena ricevuto uno schiaffo violento e improvviso, mentre Piton si appoggiava alla parete di pietra e si lasciava scivolare a terra, come se improvvisamente gli fossero venute meno tutte le forze.
Non era possibile fraintendere il significato di quelle parole, ma la mente di Harry stava cercano comunque di trovare una scappatoia a quella assurda verità.
Quasi fosse possibile trovare aiuto in Dana, si volse verso di lei, mentre il suo corpo si rifiutava di compiere qualunque altro tipo di movimento.
Dana però non stava prestandogli attenzione; aveva gli occhi fissi sulla pallida figura magra appoggiata alla parete di pietra dei sotterranei di Hogwarts.
Quante volte aveva rivisto quel ricordo? Forse troppe, eppure faceva male come la prima volta. Per anni lo aveva guardato nell’estremo, inutile tentativo di allontanare Severus da lei e dal suo cuore, tormentandosi con immagini che le ricordavano l’amore di lui per un’altra, amore che era convinta fosse sopravvissuto agli anni.
Eppure non era servito a nulla.
Tutto quello che colpiva ogni volta il suo cuore era la forza d’animo di lui, la sua determinazione, e poi l’intensità di un sentimento che era riuscito a salvarlo e a farlo tornare sui suoi passi. Vedeva la sua capacità di crescere, maturare, e donarsi interamente per ciò in cui credeva.
Vedeva Severus. E non poteva far altro che innamorarsene di più ogni volta.
Con un movimento distratto e sconsolato della mano fece cambiare lo scenario attorno a loro, facendoli cadere per un attimo in un turbinio di colori e immagini confuse, per poi ricomparire lungo un corridoio della scuola. Nulla si stava muovendo attorno a loro, e lanciando una rapida occhiata verso una finestra, Harry capì che probabilmente erano in piena notte, nonostante i corridoi fossero ancora illuminati.
"Hai bisogno di molti altri ricordi per incamerare il significato di quello che hai visto?" chiese con voce stanca.
Harry si guardò attorno, un po’ confuso ma decisamente consapevole di quello che aveva appena visto. Il suo cuore non aveva ancora smesso di battere a ritmo forsennato, e credeva che non avrebbe smesso tanto presto, ma del resto non era possibile pretendere che reagisse diversamente di fronte a quella scoperta.
"Io…non lo so. Non riesco ancora a crederci…"
"Devi sapermi rispondere in breve, mi serve per capire se devo tornare indietro. Ora siamo ad un ricordo ben preciso, e saltiamo così diversi passaggi che però posso riassumerti io. Se invece vuoi vederli…"
"Riguardano…riguardano sempre mia madre?" non gli piacque il tremore che aveva la propria voce, ma non era stato in grado di controllarsi.
"Ovviamente."
Dana gli rispose come se fosse la cosa più scontata del mondo, e questo lo fece sentire uno stupido, ma nello stesso tempo fece ingigantire in lui lo stato di incredulità in cui era caduto. No, non voleva vedere più del necessario.
"Si era innamorato di lei. L’ho capito." Riuscì a dire, evitando accuratamente lo sguardo di Dana e strappandosi le parole di bocca con fatica.
Un leggero sbuffo lo fece volgere di scatto verso la sua compagna in quell’assurdo viaggio.
"Era? Mi piacerebbe non fosse vero, ma credo lo sia tuttora, nonostante tutto."
Harry spalancò la bocca, ma si accorse di non avere voce, così la richiuse e distolse lo sguardo brevemente, cercando di riordinare le idee.
"Ma ora ci sei tu!" riuscì a dire alla fine "E poi non può esserne ancora innamorato. È morta da quasi diciassette anni."
"Credi importi qualcosa il tempo? E di sicuro non conto io"
"Si che conti! Non l’ho mai visto così umano come con te mentre ti curava!"
Era verissimo, ma Harry si accorse che forse aveva appena detto qualcosa che non avrebbe dovuto. Dana si adombrò e per un attimo i suoi occhi parvero riempirsi di lacrime, ma l’attimo dopo già non c’erano più e Harry si chiese se avesse visto giusto. Era brava a recitare fino a saper trattenere lacrime così amare?
"Severus mi vuole bene, si….ma bene non è amore. Ora però non è questo che conta. Severus e Lily durante il sesto anno si sono conosciuti meglio. Vuoi ogni singolo episodio o possiamo procedere con questo?"
"Va bene questo." Rispose Harry, forse un po’ troppo in fretta "Accadrà qualcosa di particolare?"
"Si. L’ho scelto perché ti sia chiaro cosa li legava. All’inizio del sesto anno, durante una lezione di Pozioni, furono messi a lavorare insieme. Del resto, erano i più bravi del corso. Dovevano presentare una Pozione particolarmente difficile e avevano una settimana di tempo. Credo che Lumacorno abbia assegnato loro quel compito per capire definitivamente quale dei due fosse più bravo, ma non vi riuscì. Sta di fatto che per una settimana si sono incontrati nel laboratorio di Pozioni, e lì il loro rapporto si è normalizzato…devo ammettere che tua madre aveva veramente una dote straordinaria, che le invidierò sempre."
Harry rimase in silenzio, sentendosi in parte responsabile per l’evidente sofferenza di Dana. Doverlo condurre lungo il cammino di quei ricordi doveva costarle non poco.
"Tua madre era sensibile. Aveva la capacità di vedere nel cuore delle persone senza bisogno di empatia. E così è riuscita a vedere dentro Severus. Non credo che se ne sia mai accorto nessuno, tranne forse Lupin, ma Severus e Lily divennero amici e per diversi mesi si incontrarono ogni giovedì notte nella Stanza delle Necessità per sperimentare insieme qualche Pozione strana."
Smise di parlare e con un cenno della testa indicò a Harry una figura che avanzava velocemente verso di loro.
"Finalmente sei arrivata! Pensavo avessi deciso di non venire!" sbottò Piton, sbucato alle loro spalle. Harry sobbalzò e si volse di scatto. Era carico di vasi con dentro liquidi viscidosi poco rassicuranti.
"Scusa…ma sai che se non posso venire ti avviso…ho solo fatto tardi!"
Piton mugugnò qualcosa di incomprensibile e si avviò deciso verso l’altra parete. Un attimo dopo erano dentro la Stanza delle Necessità.
Il ricordo non faceva vedere nulla di apparentemente eclatante, ma Harry si sentì il cuore in gola dopo pochissimo, e sperò con tutto se stesso che durasse poco; di fronte a lui c’erano due persone che non avrebbe mai pensato di vedere così. Sua madre era a dir poco meravigliosa, era vero quello che aveva sempre sentito dire su di lei, a differenza di quello che aveva sentito su James. E Piton era…un ragazzo di sedici anni, dannatamente timido, e vivo, appassionato a quel che faceva, privo di ghigni sarcastici sul volto.
"Capisci cosa volevo tu vedessi?"
La voce stanca di Dana gli risuonò nelle orecchie come se venisse da molto lontano e lui annuì, mentre un nodo gli chiudeva la gola.
Dana di nuovo mosse la mano e il turbinio li avvolse ancora, per riportarli esattamente dov’erano, solo più in là nel tempo.
Piton era seduto contro la parete della stanza, vuota e spoglia, triste nella completa assenza di colori. Era senza particolari espressioni in volto, le gambe piegate e le braccia attorno alle ginocchia.
La porta della stanza si aprì all’improvviso, facendo entrare la luce dall’esterno. Era giorno.
Piton alzò gli occhi e rimase quasi pietrificato, mentre Lily entrava con passo spedito dopo essersi chiusa la porta alle spalle.
"Sapevo che ti avrei trovato qui." Disse semplicemente, andando a piazzarsi di fronte a lui.
"Che ci fai qui?" chiese brusco, mentre distoglieva in fretta lo sguardo da quello di lei.
"Sono venuta a cercarti. Credevo avessi bisogno di compagnia…"
"Non ho bisogno di nulla!"
"Invece a me pare che tu abbia proprio bisogno di compagnia." Insistette lei, imperterrita "Sono degli idioti e lo sai bene! Guai a te se ti lasci rovinare la vita da loro!"
"So da solo che sono degli idioti!" esclamò lui, sprezzante "e non mi faccio rovinare la vita da nessuno!"
"A me non pare proprio!" esclamò Lily mettendosi le mani sui fianchi in un gesto autoritario che sorprese Harry. Severus invece le lanciò uno sguardo inceneritore per poi tornare a guardare il vuoto.
"Non devi darci peso, Severus. Ma non lo dico per loro…è per te che mi preoccupo."
Piton si mosse, ed Harry lesse sul suo volto un imbarazzo che non gli si addiceva, mentre Lily si sedeva accanto a lui e gli posava una mano sul braccio, bloccandolo del tutto. Era così evidente quello che provava che Harry si chiese perché sua madre continuasse a comportarsi così, quasi incoraggiandolo.
"Tua madre non ha mai saputo dei sentimenti di Severus." Disse Dana, come se avesse letto nell’espressione di Harry la domanda che si stava ponendo "Non so perché, ma di lui capì tutto tranne questo."
"Severus, davvero…non voglio che tu stia male per i loro scherzi. Prima o poi cresceranno e la smetteranno, ma tu non devi lasciarti travolgere. La rabbia porta a stare male, e inquina le persone. Non voglio che ti accada."
Piton non rispose, e Harry si sentì improvvisamente ancora più a disagio.
"Sta parlando dei Malandrini, vero?" chiese a Dana, che si limitò ad annuire.
"Severus…ti prego…"
Sia Dana che Harry rabbrividirono, questa volta per lo stesso motivo. Quelle parole erano la chiave giusta per arrivare al cuore di Severus, lo sapeva anche Silente.
"Severus…promettimi che non ti lascerai abbattere. Non voglio vederti così…"
Piton sospirò, lanciando a Lily uno sguardo esasperato, stanco e tuttavia quasi rassicurato.
"Va bene, te lo prometto. Ma sei veramente assillante sai!" borbottò evitando accuratamente di guardarla negli occhi. Ancora una volta, Lily non colse nulla, sorridendo trionfante.
"Sono assillante eh! Beh, pazienza, dovrai rassegnarti, perché non ho alcuna intenzione di cambiare!"
Con quelle parole ancora in bocca, si sporse e gli stampò un rapido bacio sulla guancia, scattando in piedi e trascinandoselo dietro, ammutolito e quasi sconvolto.
"Ora vieni, devo farti vedere una cosa! Se non sbaglio dovremmo anche evitare inutili scocciature, visto che stanno scendendo tutti al campo per la partita!"
Una stranissima tristezza aveva invaso il cuore di Harry, lasciandolo senza parole da dire, e quasi senza nemmeno parole da pensare. Piton e sua madre…pochi minuti prima era rabbrividito alla sola idea, e ora…ora c’era solo tristezza, perché sapeva bene qual era la fine di quella storia. Ma non sapeva come ci si era arrivati, e aveva il terribile sospetto che Dana gli avrebbe mostrato anche quello.
Di nuovo il ricordo cambiò, e si ritrovarono di nuovo nella stanza delle necessità. Piton stava mescolando con cura il contenuto di un calderone fumante, eppure sembrava teso, e lanciava continue occhiate in direzione della porta. Lily non c’era.
"E’ da solo…" disse, volgendosi verso Dana.
"Ancora per poco…siamo circa alla fine dell’anno qui. Il rapporto con tua madre è rimasto immutato, ma per lei è cambiato qualcosa d’importante, anche se non riguarda Severus."
La porta della stanza si aprì e Lily entrò in silenzio, stranamente triste.
Fu accolta solo dal silenzio e dallo sguardo di Piton, preoccupato.
Harry avrebbe giurato che avrebbe cercato di schermarsi con qualche rimprovero o con qualche commento acido, ma non avvenne nulla di simile. Osservando meglio sua madre, capì cosa avesse trattenuto Piton.
Lily era incredibilmente triste, anche se cercava evidentemente di nasconderlo.
"Ho trovato la radice che ci mancava…Lumacorno non si accorgerà che gli è sparita…ne ha così tante." Disse, cercando di suonare disinvolta, ma Piton non si fece incantare e, con una precisione chirurgica, andò al problema.
"Cosa ha fatto?" chiese con voce calma, ma Harry vide che i suoi occhi saettavano pericolosamente.
"Nulla."
"Lily…"
"Severus, davvero…non ha fatto nulla questa volta. Solo, sono stanca di questa situazione. Ma non mi pare il caso di parlane…"
"Perché?" la bloccò lui "Perché si diverte ad appendermi all’aria ogni volta che può? Non mi interessa, ricordi? Me lo hai fatto promettere tu, e io mantengo le promesse."
Lily gli rivolse uno sguardo esasperato e le si aprì un sorriso sul volto.
"Lo so, Severus, lo so…ma non saprei davvero che dirti. Sono solo stanca."
"E triste."
Lily a questo non ribatté, volgendosi dall’altra parte e torcendosi le dita delle mani. Harry le si avvicinò senza tuttavia perdere d’occhio Piton, che nel frattempo si era fermato e aveva abbandonato il calderone. Sembrava combattuto sul da farsi, come se stesse per prendere una dura decisione, e quando finalmente parve essersi deciso, si mosse verso di lei afferrandola per le spalle e costringendola a voltarsi.
"Si che sai cosa dire. Lo sai, anche se non vuoi ammetterlo. Se lo ammetti, poi starai meglio, fidati."
Harry ebbe la netta impressione che quelle parole gli stessero costando un’infinità, vista l’espressione tesa che si era dipinta sul volto del suo ex Professore.
Con immensa sorpresa sia sua che di Piton, Lily scoppiò in lacrime, coprendosi il viso con le mani.
"No!" continuava a ripetere tra un singhiozzo e l’altro, scrollando la testa.
"No?" chiese Piton in un soffio rassegnato "Si, invece. Non capisco perché non lo vuoi ammettere. Lily, lui già ti adora! Hai la strada spianata, basta che tu ti decida."
Harry sentì come se un enorme cubetto di ghiaccio gli si fosse piazzato nello stomaco. Con sguardo sconvolto si volse verso Dana.
"La sta spingendo tra le braccia di mio padre?"
"Si. Lily aveva troppa paura di lasciarsi andare…e Severus troppa paura di dirle la verità. Così scelse di fare la parte del buon amico."
"Lo so, ma ho paura! Severus, se fosse solo un gioco per lui? Insomma, lo sai anche tu com’è fatto! Se fossi solo l’ennesimo premio da vincere? Io…io non voglio stare male…" singhiozzò Lily, aggrappandosi alla divisa di Piton.
"Perché ora come stai?" insistette Piton, imperterrito, anche se Harry vide lo sforzo che gli stava costando. Quanta determinazione può avere una persona a negarsi la felicità pur di darla agli altri? Chi era davvero quell’uomo? Davanti ai suoi occhi ora Harry vedeva ciò che Silente aveva cercato di insegnare a tutti loro. La tenacia, la perseveranza in ciò che è giusto, anche se decisamente non facile. E in quel momento provò un’incredibile moto di ammirazione per il sedicenne del ricordo, che subito però fece scivolare in fondo al cuore. Era ancora troppo presto per dare la sua assoluzione.
"Lily, non ti serve a nulla logorarti così. E non puoi avere timori. Proprio perché sono io a dirtelo devi credermi; James ti adora. Ti adora davvero. Credo che tu sia una delle poche cosa cui dia veramente peso. E anche se non credo ti meriti fino in fondo, so di sicuro che tu non meriti di piangere."
Lily smise improvvisamente di piangere, alzando il viso e guardando Piton come se lo vedesse per la prima volta. Rimase ferma così per alcuni secondi, durante i quali Piton non abbassò lo sguardo, poi lei gli sorrise, asciugandosi gli occhi.
"Grazie Severus. Davvero…"
Piton non aggiunse nulla, e le rimase affianco finché non si fu calmata.
"Quella fu l’ultima volta che si videro nella Stanza delle Necessità." Disse Dana, avvicinandosi a Piton "Dopo quest’episodio, Severus la rivide solo una volta, per renderle un libro e dirle che non sarebbe più potuto andare a fare esperimenti con lei, a causa di un problema all’interno della sua Casa, che ovviamente non esisteva. La scuola finì e l’anno seguente Lily cominciò ad uscire con tuo padre. Mentirei se ti dicessi che non lo ha più cercato, ma Severus si dileguò a tal punto da rendere i tentativi di Lily del tutto vani."
"Perché?" chiese d’impulso Harry, trovando quel comportamento incredibilmente stupido.
Dana sorrise, paziente, e i suoi occhi indugiarono ancora sulla figura del giovane Severus, colmi di tristezza.
"Non sopportava di vederla con tuo padre, il suo odio per lui crebbe a dismisura e non perdeva occasione per maledirlo. Ma sapeva che questo non avrebbe cambiato nulla. Rivedere tua madre lo avrebbe solo fatto soffrire, e già doveva incontrarla a lezione…ora però non è questo l’importante. Stiamo per arrivare al punto cruciale della tua storia passata Harry. Nemmeno i prossimi ricordi saranno una passeggiata, ma forse per te sono questi i più duri…"
"E per te?" chiese Harry, d’istinto.
"Per me lo sono tutti." Rispose Dana senza la benché minima esitazione.
Harry non seppe che dire, e attorno a loro di nuovo il ricordo cambiò.
 
 
 
 
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Capitolo 18
*** I Ricordi Custoditi (parte II) ***


17
EDVIGE86. Ciao carissima! Oh, sono contenta che l'idea dei ricordi ti piaccia. In effetti, per Harry, vedere Severus giovane e in momenti di "umanità" è di aiuto, ma ti posso garantire che anche quando i ricordi saranno del Severus adulto, Harry avrà di che tremare. E temo avrete di che tremare anche voi, oggi, perchè il finale di questo capitolo è un pò...come definirlo? Pesantino? Direi di si. Rileggendolo la prima volta, mi son quasi messa a piangere da sola... che scema!
Ohi, stella, e la tua FF? Ogni tanto controllo la tua pagina, ma ancora non si vede nulla...non è che ci stai ripensando, vero? Guai a te se ti trattieni dal pubblicare! :-)
 
 
Astry_1971. Ih ih, mi piace l'idea della scorta di fazzoletti. Ribadisco il fatto che, in fondo, non ho alcuna intenzione di fargli fare la fine dello sfigato, ma sono convinta che ci siano ancora molti nodi dentro Severus, nodi che non si scioglieranno con la fine della guerra...perchè in fin dei conti sono troppo personali, e questo lo condizionerà. Molto. Ma dai, mi riscatterò con l'epilogo. Prometto.
Masochista a Severus? Perchè essere così gentili? E' molto peggio! Sai, il fatto di fargli spingere Lily verso James è indubbiamente una cosa che gli costa, ma non voglio che sembri l'eroe della situazione, nonostante io lo adori. Ho fatto una simile scelta perchè in realtà sono convinta che lui sia terrorizzato dall'idea di amare qualcuno, visto che è un'emozione che secondo me non ha conosciuto come invece avrebbe dovuto. Perciò, si, fa un gesto nobile, perchè vuole vederla felice, ma anche perchè ha una paura grande come l'universo. E, confesso, questo a me fa ancora più tenerezza...povera stella mia...
Matera? Ma quante gite vogliono propinarti? Almeno con dei liceali? O insegni alle medie? Non so cosa sia peggio....
 
 
Piccola Vero . Ohilà! Sono contenta che la mia FF attiri! Tipo calamita! E se ti piacciono i ricordi, tranquilla, ce ne sono un'infinità! A dire il vero, ad un certo punto credevo di aver esagerato, ma poi alla fine mi son detta "Se non me le prendo da sola, le soddisfazioni con Severus, rimarrò a bocca asciutta (se aspetto JK...)"
La tua paura per Severus è condivisa, credimi. Ho sempre più l'impressione che JK spezzerà il cuore a molte snappiste...ma io no, mi rifiuto. Per me è buono e basta!
 
 
gealach. Bentrovata! Davvero sono teneri quei due...caspita...li vedo propio insieme, o meglio, mi piacerebbe, ma non credo che JK si sia spinta così in là (se si, ballo io sulla sedia!). Secondo me, al massimo, ci concederà un innamoramento unilaterale di Severus... vedremo (basta che non lo faccia legato a Narcissa! Lì mi arrabbierei un filino!)
Dici che temi di sapere cosa accadrà nei prossimi capitoli? Beh, fammi sapere se rispetto le aspettative!
 
 
 
Salve a tutti....oggi forse potrebbero davvero servire i fazzoletti, dipende da quanto lacrimevoli siete. Lettori avvisati...
 
 
 
I Ricordi Custoditi (parte II)
 
Mentre il vortice di colori inghiottiva di nuovo entrambi, lasciandoli scivolare morbidamente nel successivo ricordo, Harry cercò di calmarsi e di affrontare le nuove scoperte in modo razionale.
Il fatto che Piton, proprio Piton, fosse stato innamorato di sua madre era stato un brutto colpo, ma tutto sommato superabile, giusto?
Lily era innamorata di suo padre, quindi non c’era nessun problema, nessun motivo per continuare ad avere lo stomaco così scosso. Eppure Harry sapeva che c’era qualcosa che non andava, qualcosa che non riusciva a non pensare e che causava in lui uno stato di profonda frustrazione; si era sbagliato. Aveva sempre commesso l’errore di vedere Piton come un essere senza sentimenti, senza cuore, senza capacità di comprensione, e aveva appena sbattuto il naso contro la prova che non era così.
Quando attorno a lui le figure si calmarono e cominciarono a delinearsi, Harry si sorprese nel vedere ancora Hogwarts, ma questa volta dall’esterno.
Una figura alta e magra, incappucciata e leggermente curva, stava ferma contro una delle colonne di pietra del cancello, in attesa.
Avvicinandosi di qualche passo, Harry scorse il profilo poco gentile di Piton, e rimase fermo a osservarlo, cercando di capire quanto avanti nel tempo ci si fosse spostati con quel ricordo.
"Avrà si e no vent’anni qui…"
"Esatto."
Dana gli si era affiancata, ma per la prima volta Harry la vide tenere gli occhi lontani da Piton.
Facendo scorrere lo sguardo dall’uno all’altro, fece un rapido calcolo e sentì per un attimo freddo, come se fosse immerso nella nevicata che stava abbattendosi su Hogwarts al momento del ricordo.
"Tu eri già stata marchiata a questo punto."
"Si. Ormai da un anno."
"Non riesci a guardarlo per questo? Per quello che ti ricorda?"
Harry sapeva bene che come domanda era decisamente invadente e soprattutto indelicata, ma non riuscì a trattenersi. Dana invece parve fare uno sforzo per controllarsi, ma desistette quando il fianco prese a farle male.
Si piegò leggermente da un lato e chiuse gli occhi cercando di far defluire il dolore, ma lo sforzo magico che stava facendo era tale da lasciarle poche altre energie.
"Dana, se sei stanca possiamo fermarci…finiremo un’altra volta." Disse Harry dopo averla afferrata e sostenuta. Il fatto che stesse lasciando trapelare il suo dolore non era buon segno.
"No, ormai non possiamo far altro che andare avanti, credimi. Per diversi giorni rimarrò senza forze e non potrò ripetere l’Incantesimo, quindi dobbiamo finire."
"Ma…"
"Non discutere! Non mi sto divertendo affatto Harry, ma è necessario, e se ti dico che possiamo andare avanti, ti devi fidare e basta!" sbottò tutto d’un fiato riservandogli uno sguardo duro.
Harry non ribatté, come sempre sorpreso nel vederla adirarsi con lui, ma non accennò ad abbassare lo sguardo.
"Comunque non sto evitando di guardarlo perché mi ricorda l’inizio del mio reclutamento."
Detto questo, Dana si liberò dal sostegno del ragazzo e si raddrizzò, accennando ad una figura che stava velocemente avvicinandosi ai cancelli.
Minerva McGranitt fece aprire il cancello picchiettandoci sopra con la bacchetta e lanciando occhiate sospette alla figura di Piton.
"Il Professor Silente ti sta aspettando." Disse asciutta, ma senza ritornare sui suoi passi né dandogli in alcun modo le spalle.
Piton inarcò un angolo della bocca in un sorriso sarcastico e stanco, per nulla sorpreso.
La superò, precedendola, e non disse una sola parola lungo tutto il tragitto.
Dana li seguì con passo misurato e stanco, la mano appoggiata al fianco ancora dolente.
"Mi chiedi se non lo guardo perché mi ricorda il periodo in cui ricevetti il Marchio? Oh, Harry, quello è stato veramente uno dei periodi più brutti della mia vita, l’inizio dell’incubo, ma no, non è questo il motivo per cui faccio fatica a posare il mio sguardo su Severus. La verità è che non sopporto di vederlo così. In questo momento sta soffrendo più di quel che può trasparire dalle semplici immagini… una delle religioni babbane parla di Passione per indicare il tormento e il travaglio di una persona. Ed è esattamente di questo che si tratta. Qui Severus sta portando per intero il peso della sua pena e del suo dolore. Qui siamo al momento apice in cui odiò se stesso.
E io non sopporto di vederlo così, perché nonostante la sua immensa bravura nel mascherare ciò che veramente prova, non gli riuscì di ingannarmi… io c’ero, e io ho sentito com’era ridotta la sua anima. Qui Severus sta finendo la sua discesa all’inferno, e d’ora in poi lotterà per la risalita, ma sarà dura.
Perché ancora una volta i Babbani vedono meglio di noi certe cose, soprattutto quando dicono che è più facile scendere che salire. Loro non hanno la magia ad aiutarli, devono lottare con le loro nude forze, e questo li ha fatti giungere più facilmente ad una conclusione estremamente vera e brutale.
Severus qui sta facendo l’amara scoperta che non c’è veramente magia che tenga, dovrà salvarsi con l’impegno e la fatica. E soffre. Per questo non posso guardarlo."
Le figure della McGranitt e di Piton entrarono a scuola e salirono fino all’ufficio di Silente in assoluto silenzio. Piton si scrollò appena quando arrivarono di fronte ai guardiani di pietra per liberarsi della neve rimasta sul suo mantello.
Sottovoce, la McGranitt disse la parola d’ordine, si volse lanciandogli un ultimo sguardo circospetto e determinato, come se volesse chiarire che lì dentro non avrebbe accettato comportamenti scorretti, e si allontanò, lasciandolo solo di fronte alle scale che conducevano all’ufficio del Preside.
Piton avanzò con passi lenti e decisi, ma davanti alla porta esitò un attimo, come se avesse appena avuto un ripensamento. Harry gli era praticamente in parte e vide il suo sguardo abbassarsi fino al proprio braccio sinistro, indurirsi un attimo e poi ritornare sulla porta che aveva di fronte.
Con decisione, batté un paio di colpi e attese.
La voce di Silente lo raggiunse chiara e limpida e lui, quasi sospirando, entrò.
Seduto alla propria scrivania stava Silente, non molto diverso da come Harry lo aveva conosciuto, le dita intrecciate e lo sguardo penetrante al di sopra delle mezzelune. Stava sorridendo, anche se di una cordialità piuttosto fredda.
"Severus Piton. Mi sono sorpreso nel ricevere la tua lettera." Esordì facendogli segno di sedersi.
Piton prese posto, rimanendo rigido e con la fronte leggermente corrugata, lasciando che fosse l’altro a continuare.
"Come mai avevi tutto questo urgente bisogno di vedermi?" chiese Silente, tenendo gli occhi fissi sul suo ospite. Harry vide distintamente diversi Presidi che, dai ritratti, guardavano il giovane Piton con evidente sospetto e disapprovazione.
"C’è una cosa che credo dovrebbe sapere." Esordì Piton, con voce bassa e decisa.
Harry si mise esattamente in mezzo ai due, tanto da poter vedere chiaramente i movimenti di entrambi, e i suoi occhi vennero catturati da qualcosa che Piton stava facendo e che lo sorprese.
Tenendo lo sguardo sul Preside, come se non volesse affatto vedere ciò che stava per mostrare, Piton portò la mano destra alla manica sinistra e, lentamente, senza tuttavia riuscire a nascondere un lieve tremore, la sollevò.
Il Marchio Nero sembrava quasi un rilievo sul suo braccio pallido e magro.
Gli occhi di Silente si fecero per un attimo più duri, per poi riprendere la loro normale luce.
"Lo avevo immaginato…"
"Allora perché non mi ha denunciato?"
"Perché non ne ero certo, e poi perché… Severus, mi ricordo bene di te. Hai lasciato Hogwarts da appena tre anni…speravo che prima o poi saresti venuto, anche se al momento mi incuriosisce sapere quale motivo ti ha spinto a farlo."
Le parole di Silente furono seguite da alcuni attimi di silenzio, durante i quali i lineamenti di Piton parvero irrigidirsi.
"In realtà…io dovevo venire. Lui me lo ha ordinato."
"E perché mai? Vuole forse che tu ti infiltri qui?"
"Si, vuole che io insegni e che nel frattempo…"
"Mi spii…prevedibile."
Piton annuì e Silente lo guardò ancora una volta con durezza, senza però celare la propria curiosità.
"Tuttavia, Severus, concorderai con me sul fatto che la tua rivelazione compromette fortemente la riuscita del tuo compito."
Il Preside si interruppe, come per lasciare al suo visitatore il tempo di decidere cosa dire.
"Lo so da me." Rispose lentamente Piton "Ed è per questo che glielo sto dicendo."
A quel punto, Harry vide Silente fissare più intensamente Piton, ed ebbe anche l’impressione che il vecchio Preside si fosse seduto un po’ più in punta sulla propria sedia.
"Tu non vuoi che il tuo compito riesca? È questo che mi stai dicendo?" chiese con voce grave.
"Non… non posso più assecondarlo." Ammise in un soffio Piton, che sembrava stesse perdendo il controllo delle proprie emozioni.
"Non puoi o non vuoi?" insistette il Preside senza alcuna esitazione, e a quel punto gli occhi di Piton si fecero più vacui, come assenti per un attimo, poi ritornarono lucidi e brillanti, determinati.
"Entrambe le cose. Ho commesso crimini atroci" disse con lentezza, scandendo bene le parole "Ho eseguito ciecamente ordini insensati, ho ucciso, avvelenato, torturato, e persino quando ormai non ne potevo più ho continuato ad assistere, impotente, a ciò che vedevo. Non ho avuto il coraggio di oppormi…"
La sua voce appariva calma, e lui era fermo immobile sulla sedia che aveva occupato, come se le sue parole non avessero peso, ma ora Harry riusciva a vedere ciò che in altri momenti non avrebbe notato: vedeva il tremore delle mani pallide serrate sui poggioli, le unghie quasi conficcate nel legno, e poi vedeva quel leggero cipiglio, quel corrugarsi della fronte, ma soprattutto vedeva quel disarmante luccichio negli occhi, segno di un sentimento prepotente che infuriava nel petto di chi stava parlando. Rimorso.
La chiarezza con cui stava pronunciando le parole, la loro forza…nulla era per vanto o indifferenza. Erano armi che Piton stava deliberatamente usando contro se stesso, per ravvivare il proprio tormento e la propria colpa, per non permettersi nemmeno per un istante di dimenticare ciò che aveva fatto.
"Sono stato debole, un vigliacco. Per colpa mia sono morte molte persone…"
Silente aveva ascoltato tutto con attenzione e Harry non si stupì nel vedere il suo sguardo limpido animato ancora da una certa durezza.
Tuttavia, mentre le parole di Piton risuonavano nella stanza confessando tutti i crimini che gravavano sulla sua coscienza, in Silente operò un cambiamento, come se ciò che stava sentendo e vedendo gli arrecasse dolore.
Harry era convinto che avrebbe interrotto il discorso di Piton, ad un certo punto, perché i racconti dell’uomo stavano diventando terribili, ma ciò non avvenne.
Così Piton continuò a infierire su se stesso e sul suo interlocutore con l’elenco dei crimini di cui si era macchiato. Eppure mai dalla sua bocca uscì una sola sillaba su come si sentisse a causa di quei misfatti, quasi che si vergognasse di ammettere a voce il dolore che provava e che, nonostante la sua abilità, traspariva dal suo volto.
"Non posso né voglio più assecondarlo… perché il peso di quello che ho fatto è già abbastanza…l’elenco delle vittime non deve aumentare…e ora lui sta per fare una cosa che non tollererei…e voglio evitare di avere altre vite sulla coscienza. Sono qui per questo in verità…lei è l’unico che può fare qualcosa."
Silente si protese verso di lui e lo guardò con occhi seri e determinati.
"Di cosa si tratta?"
Piton chiuse un attimo gli occhi, poi li riaprì e prese fiato.
"Lei mi ha visto, quella sera, alla Testa di Porco…"
Silente sembrò pietrificarsi, e poi d’un tratto quasi rilassarsi.
"Hai sentito la Profezia e gliel’hai riferita." Non una domanda. Piuttosto una constatazione calma e lucida, accompagnata da uno sguardo di improvvisa, serena quiete del Preside cui Piton non fece caso. Ma Harry si. Non del tutto tranquillo per quello sguardo, fu strappato ai suoi pensieri dalla voce desolata che stava confessando l’ultimo crimine.
"Me l’ha strappata dalla mente…il mio compito era quello di spiarla…e non sono riuscito a celare nulla. In realtà…in realtà non credevo avrebbe avuto poi tutta questa importanza, per lui. Non avrei mai creduto che…"
Piton si massaggiò gli occhi in un gesto così umano che Harry sentì qualcosa muoverglisi in petto.
"Darà la caccia al bambino…anzi, ai bambini. Sono due. Il figlio dei Paciock e quello dei… dei Potter."
"Tu non vuoi che arrivi ai bambini? Intendo bene Severus?"
Piton esitò un attimo, posando lo sguardo sul Preside.
"Sono venuto per avvisarla del pericolo e per chiederle di proteggere quelle famiglie."
"Questo lo stiamo già facendo" disse con sicurezza Silente "Nonostante l’Ordine, ahimè, non possa contare un numero elevatissimo di membri."
Di nuovo, regnò un attimo di silenzio, ma Harry lo sentì come un silenzio carico di aspettativa, ed evidentemente Silente la pensava esattamente come lui, a giudicare dallo sguardo brillante dietro le lenti. Stava conducendo Piton dove voleva lui, e probabilmente dove voleva Piton stesso.
"Uno in più allora potrebbe farvi comodo?"
"Severus, ti stai proponendo tu?"
"Si."
"Capisco…"
Silente tenne gli occhi fissi su Piton, scrutandolo attentamente per un po’, mentre l’altro lo lasciava fare, pur non riuscendo a nascondere un leggero stato d’ansia.
"Severus, sarei felicissimo di accoglierti a braccia aperte, ma mi hai appena detto di essere un Mangiamorte, responsabile di diversi crimini, e so per esperienza che la tua passione per le Arti Oscure è notevole. Inoltre sei un ottimo Occlumante… come posso essere sicuro che anche questo non sia un tentativo di Voldemort di mettermi in seno una sua spia?"
Nel sentir pronunciare il nome di Voldemort, Piton si ritrasse leggermente, lanciando a Silente uno sguardo a metà tra la rabbia e l’ammirazione, ma ritrovò in breve il controllo di sé.
"Sapevo che avrebbe avanzato questo dubbio, nonostante tutto quello che le ho appena confessato" disse secco, ma non parve adirato "Del resto, è un dubbio piuttosto legittimo, e ora vedo con chiarezza perché l’Oscuro ha paura di lei. Lei è in grado di capire come si muove…"
"Oh, via Severus, non esageriamo. Lo capisco solo perché l’ho conosciuto quand’era piccolo e l’ho visto crescere e cambiare."
"Sarà…il punto è che l’Oscuro vuole veramente che io le faccia credere di essermi pentito e di essere passato dalla parte dell’Ordine per ottenere informazioni…"
"Ma…"
"Ma lui non sa che è quello che voglio davvero. Passare dalla parte dell’Ordine. Non ho più le forze per andare avanti così, odio quello che ho fatto e quello che sono diventato per la mia stupida sete di conoscenza e riscatto, odio la paura che mi ha impedito di oppormi…tuttavia capisco che questo non può bastarle. Del resto lo ha appena detto anche lei…sono un Mangiamorte…"
Per la prima volta da quando era cominciata quella conversazione, Piton mostrò apertamente il proprio sconforto, accasciandosi sulla sedia, schiacciato da un peso invisibile e con la mani ancora artigliate sulla sedia, come se fosse l’unico appiglio ad una qualche flebile speranza.
Harry guardò a lungo il proprio ex Professore combattere una battaglia che infuriava solo dentro di lui e che probabilmente stava mettendolo a dura prova. Non avrebbe mai detto di poter vedere Severus Piton in quelle condizioni, stremato nello spirito, desolato, privo di ogni pienezza di sé e anzi, disgustato dalla persona che era.
I pensieri di Harry furono interrotti da Piton stesso che, con voce bassa e vibrante, aveva ripreso a parlare.
"L’Oscuro si prende spesso gioco di lei, dicendo che è ridicolo che un Mago potente come lei rimanga legato ad un’idea assurda come l’Amore…"
"Continua a dire così?" sospirò Silente, sorridendo tristemente e dando così a Piton il tempo di riprendere il fiato che pareva aver perso all’improvviso.
"Si…e allora per convincerla che voglio veramente passare dalla parte dell’Ordine ho un’unica prova da poterle dare, visto che parlarle di pentimento probabilmente non basterebbe"
Harry si pietrificò e cercò Dana con lo sguardo. Dana annuì e indicò di nuovo la scena.
Silente si era improvvisamente irrigidito sulla sedia e non aveva proferito parola.
"Lily Evans è stata l’unica persona che sia riuscito ad amare senza riserve, e non voglio che muoia."
Harry sapeva già quello che Piton avrebbe detto, ma sentirgli pronunciare quelle parole lo fece di nuovo cadere in quello stato di disagio e frustrazione che era riuscito temporaneamente a bandire dal proprio cuore osservando il ricordo.
Silente invece si rilassò e rimase in silenzio per alcuni secondi assumendo un’espressione curiosa.
Harry ebbe l’impressione che il vecchio Mago si aspettasse una cosa simile, ma che comunque averla sentita direttamente dalla bocca di Piton gli avesse permesso di raggiungere un risultato agognato ma per nulla sicuro.
"E’ un peccato, Severus, che questo sentimento abbia avuto la forza di guidarti solo adesso. Le tue mani cono sporche di sangue innocente, la tua anima è irrimediabilmente spezzata e il tuo cuore, probabilmente, è scrigno di sentimenti laceranti come la rabbia e il disgusto. Sei stato il peggior carnefice di te stesso. Te ne rendi conto?"
"Meglio di quel che crede…me lo dico mentalmente ogni mattina e ogni volta che vedo il mio riflesso da qualche parte, per quei brevi secondi in cui riesco a guardarmi."
Lo aveva detto quasi con naturalezza, come se ammettere a voce, di fronte a qualcun altro, il proprio disprezzo per se stesso lo stesse liberando da un grosso peso.
Ci fu ancora un momento di silenzio, durante il quale Silente e Piton si guardarono negli occhi, legandosi forse per la prima volta in un modo tutto loro.
D’improvviso Silente si scosse, come se avesse appena compreso una cosa che non aveva previsto.
"Quello che è successo tre mesi fa, a quella famiglia di Mezzosangue di Little Place…"
Piton si irrigidì e distolse improvvisamente lo sguardo.
"Miracolosamente scampati ad un improvviso attacco di Mangiamorte." Insistette Silente, e Piton prese a torturare di nuovo con le unghie il poggiolo della sedia.
"Ci ho provato, non solo quella volta…ho creduto che così questa tortura si sarebbe smorzata, che avrei potuto ritrovare un po’ di pace, ma non è bastato." Parve accasciarsi ancora di più "Non basterà mai…"
Le ultime parole gli uscirono di bocca come un sospiro tremulo, quasi che la sua gola avesse avuto paura di concedere fiato a quella terribile convinzione.
"Mai è un tempo eccessivamente lungo, Severus, ma di sicuro ce ne vorrà molto. E forse aiutare l’Ordine aiuterà te."
Piton annuì, stremato, e Silente sospirò.
"Non sarà facile Severus, per nulla. Non solo perché sarà pericoloso, ma anche perché io sarò molto esigente. Sei sicuro della tua scelta?"
"Si, non si preoccupi. È l’unica via che posso percorrere e sarà comunque più facile che continuare a servire lui." Disse Piton in un soffio, pallido in volto ma con gli occhi illuminati da una determinazione improvvisa, tale da convincere persino Harry.
"Allora sarà bene che tu gli dica di aver ottenuto il posto a Hogwarts. In questo modo riuscirai a tenerti lontano dalle abituali attività di un Mangiamorte. Ma temo dovrai deluderlo, perché non ti affiderò la cattedra di Difesa, cosa che credo invece ti abbia chiesto."
Piton annuì e guardò il Preside con aria confusa.
"Comincerai il prossimo anno ormai, come insegnante di Pozioni. Fino ad allora dovrai resistere."
Piton si alzò e fissò il proprio sguardo su quello di Silente.
"So cosa fare. Ma per quanto riguarda la Profezia…"
"Di quello non ti devi preoccupare. Faremo tutto ciò che possiamo per proteggere i bambini e le loro famiglie."
Piton annuì e il ricordo cominciò a sfumare.
"Era questo quindi, quello che Silente non mi ha voluto dire. Perché credeva che non sarei riuscito ad accettarlo. E ha preferito dirmi solo una parziale verità…"
"Si. Silente sapeva che non avresti compreso, e credo che abbia fatto la scelta giusta. Se tu avessi scoperto prima quali fossero i motivi che spinsero Severus dalla parte dell’Ordine…"
"Non li avrei accettati. Ma fu solo per mia madre che lo fece? Tu c’eri, devi aver sentito in lui il cambiamento…"
Dana sorrise, questa volta un po’ più serenamente.
"Si, lo percepii, ma non fu la prima scintilla di speranza per me. In realtà Severus mi aveva sempre protetta, anche prima del suo passaggio all’Ordine, convincendo Riddle a non farmi partecipare a certi riti. Sostenne che avrebbe compromesso la mia purezza e quindi il mio potere. E funzionò. Credo che Severus abbia trovato il coraggio di uscire dal tunnel in cui era caduto solo dopo aver capito di aver messo in pericolo tua madre, ma già prima aveva cominciato a sentire il peso delle sue azioni. L’amore per tua madre fu…beh, diciamo che fu la spinta finale."
Harry annuì e attese che il passaggio al ricordo successivo finisse.
"Questo ricordo però potrebbe essere più duro per te." Disse Dana, avvicinandosi al ragazzo "Se ad un certo punto vorrai andare oltre, basterà tu me lo dica."
Harry corrugò la fronte, non capendo, ma non chiese nulla, concentrandosi sulla figura curva su un libro che stava delineandosi di fronte a lui.
Erano dentro una stanza piuttosto buia e sporca, disadorna e impersonale.
"Dove siamo?"
"A casa di Severus, ma ci staremo per poco."
Le parole di Dana precedettero di poco l’arrivo di un Patronus. Harry ne vide il bagliore al di là della porta chiusa della stanza. Piton si alzò svelto dalla sedia e spalancò la porta, rimanendo fermo immobile e corrugando la fronte, ma Harry sentì il pavimento cedergli sotto i piedi.
Un cervo d’argento stava fermo di fronte a lui, guardandolo con aria determinata, ma Piton parve improvvisamente indeciso.
"Non aveva mai visto quel Partonus, non sapeva a chi appartenesse, ma sapeva della capacità di tuo padre di trasformarsi in quell’animale, quindi in un primo momento pensò a lui."
"Ma sta andando…sta comunque rispondendo alla chiamata. Eppure odiava mio padre!" disse Harry, incapace di celare la propria sorpresa. Quell’uomo era una contraddizione: odiava suo padre, ne insultava la memoria, eppure non riusciva a vincere il senso di colpa che, potente e impietoso, guidava i suoi passi all’interno di quella guerra.
"Indubbiamente lo odiava, ma non si sarebbe tirato indietro per questo. Qui Severus deve ancora accettare l’idea che la Profezia in un modo o nell’altro doveva essere conosciuta da Riddle per potersi realizzare fino infondo, e quindi continua a sentirsi ancora terribilmente in colpa."
Harry annuì, nonostante fosse ancora piuttosto scosso. Piton si Smaterializzò e per un attimo lui e Dana videro tutto nero, poi si ritrovarono in una stanza altrettanto spoglia alla precedente, ma più pulita. C’erano solo poche candele a illuminarla, quindi Piton non vide subito chi lo avesse chiamato.
"Qui siamo al vecchio Quartier Generale, in una delle stanze al piano superiore."
"Ma chi lo ha…" Harry non terminò la frase e trattenne il fiato, esattamente come fece Piton, anche se quest’ultimo fu più bravo nel camuffarlo.
Lily sbucò dall’ombra, sorridendo dolcemente al nuovo venuto.
"Sapevo che saresti venuto subito."
"Non avevo idea che fossi tu." Rispose duro, ed Harry ebbe quasi l’impressione che Piton stesse arretrando verso la parete alle sue spalle.
"Non avresti comunque tardato a rispondere ad una richiesta d’aiuto di un membro dell’Ordine."
Regnò un momento di perfetto silenzio, e Harry sentì il cuore accelerare pericolosamente i battiti quando vide meglio sua madre. Probabilmente era al settimo mese di gravidanza, se non oltre. Ed era veramente bellissima, come il giorno del suo matrimonio. Sembrava quasi risplendere.
"Severus… non ci vediamo da anni ed è così che mi saluti?"
"Proprio perché sono passati tutti questi anni ti saluto così."
Lily sbuffò e sorrise, ma senza troppa allegria.
"Perché mi hai chiamato?"
"Ho bisogno che tu faccia una cosa per me…" sospirò lei, portandosi le mani sulla pancia. La sua espressione divenne improvvisamente strana, come se stesse facendo uno sforzo terribile per non mettersi a piangere.
Del tutto istintivamente, Piton avanzò di qualche passo e la fece sedere su una poltrona lacera.
"Cosa c’è?" chiese in un soffio.
"Ho bisogno di una Pozione…" disse Lily passandogli con mano tremante un foglio stropicciato che aveva sfilato dalla tasca del vestito ampio.
Piton afferrò il foglio e lesse velocemente la preparazione della Pozione, diventando via via più pallido.
"Perché la chiedi a me? Potresti farla da sola. Almeno così saresti sicura…"
"Non essere sciocco! Mi fido di te! L’ho sempre fatto. E poi…non posso prepararla da sola, Severus. Sono troppo preoccupata. Commetterei di sicuro qualche errore, e non deve succedere."
"Da quanto tempo non si muove più?"
"Da due settimane." Sospirò Lily, e Harry sobbalzò.
"Non starà mica parlando di me?" esclamò, avvicinandosi alla madre.
"Lily, potrebbe essere per mille ragioni…non vuol dire nulla."
"Lo so, continuo a ripetermelo anch’io, ma…ho così tanta paura di perderlo! Severus, ti prego. Ho bisogno di quella Pozione. Così capirò se il bambino sta bene!"
Piton annuì e rilesse gli ingredienti della Pozione, stringendo appena le labbra.
"Però…non va bene così."
"Cosa? La preparazione? È quella che ho trovato sul testo di Medimagia di Alice…ma se credi sia opportuno modificarla, fa pure. M’importa solo che funzioni."
Piton spostò lo sguardo su Lily, improvvisamente spaventato da qualcosa.
"Come fai a…lasciarmi tutto questo campo d’azione? Insomma, ricordi la mia passione per le Arti Oscure?"
Lily sospirò e per un attimo lasciò scivolare le mani dalla pancia.
"Si, e so anche il resto Severus. Anche se non volevo crederci all’inizio. Oh, no, non fare quella faccia…lo so solo io. E Silente non me lo avrebbe mai detto se io non avessi fatto certe domande e visto certe cose. Ma, vedi, ho capito al volo che quello che riceveva così spesso era il tuo Patronus…"
Piton indietreggiò e distolse lo sguardo da Lily, e i suoi tratti non riuscirono a nascondere il dolore che stava provando. Persino Harry sentì il proprio cuore muoversi.
Lily si alzò e lo raggiunse, afferrandolo per un braccio.
"Ed è come penso, vero? Stai facendo di tutto per rimediare."
Piton strappò bruscamente il braccio dalla presa e la guardò furente, come se questo potesse fermarla.
"Per rimediare? Non esiste rimedio Lily. Posso solo evitare di continuare a…"
Lily strinse di nuovo le mani sul suo braccio e lo zittì.
"Silente dice che, in un modo o nell’altro, Voldemort avrebbe scoperto della Profezia. Non ho capito perché, ma dice che è così, perché possa avverarsi. Non sono tranquilla all’idea che mio figlio possa trovarsi ad affrontare il Mago Oscuro più potente degli ultimi secoli, ma…se è così, farò di tutto perché possa sopravvivere. E tu stai facendo altrettanto!"
Piton scrollò la testa e fece di nuovo per liberarsi, ma questa volta Lily lo trattenne.
"Smettila di sentirti in colpa, Severus. Tra poco io e James faremo l’Incanto Fidelius e tutto sarà finito."
"Non lo avete ancora fatto?" sbottò Piton, evidentemente preoccupato.
"No, ci sono stati dei problemi, ma non è questo il punto. Al Quartier Generale siamo comunque al sicuro. Severus, devi promettermi che smetterai di sentirti…"
Piton non le permise di finire la frase e le premette una mano sulla bocca.
"Non farmi promettere nulla. Sai che mantengo le promesse, e quello che vuoi chiedermi non sono in grado di farlo."
Lily non insistette a parole, ma lo guardò come se volesse costringerlo a promettere anche solo con lo sguardo. Però quella volta Piton non cedette.
"Tra qualche giorno avrai la tua Pozione, ma fino ad allora cerca di rimanere tranquilla."
Detto questo, si liberò e si Smaterializzò.
Il ricordo cambiò un attimo dopo, facendo cadere il volto preoccupato e teso di Lily nel consueto vortice di colori.
Harry rimase fermo e in assoluto silenzio, lo sguardo perso nel vuoto e la mente che ora cominciava a vedere più chiaramente cosa doveva fare.
"Ora dovrai resistere Harry…" disse la voce di Dana, che gli parve estremamente lontana "Ma anche qui potrai chiedermi di interrompere il ricordo quando vorrai…"
"A quando risale?" chiese Harry, sentendo che la consapevolezza stava operando in lui una strana magia.
"Alla notte in cui sono morti i tuoi genitori."
Harry si volse di scatto e guardò Dana con un’espressione di orrore e sorpresa allo stesso tempo.
"C’era anche lui?"
Dana annuì e il ricordo attorno a loro si definì nitidamente.
Seduto contro un muretto grigio, frantumato ad un angolo, Severus Piton fissava un punto indefinito di fronte a sé, senza nemmeno vederlo. Le gambe piegate e le mani convulsamente ancorate alle ginocchia erano l’unico segno del suo stato, perché il suo volto era una maschera immobile e inespressiva.
Harry gli si avvicinò, scrutandolo con attenzione mentre la paura di procedere con quel ricordo gli faceva scorrere il sangue nelle vene più velocemente.
Gli occhi del giovane Mago di cui stavano guardando i ricordi erano vuoti, stranamente spenti, come se oltre essi non fosse rimasto più nessuno.
Un Crack leggero poco oltre loro riscosse appena Piton, che mosse solo gli occhi. Poco oltre, la figura di Albus Silente bloccò la luce di un lampione, una delle pochissime fonti di luce in quella notte nera.
Il nuovo venuto non disse una sola parola, rimase immobile a fissare il Mago più giovane, come se non servissero parole. Aveva già compreso.
Piton si alzò con un movimento nervoso e rigido, afferrando la bacchetta e stringendo le dita attorno all’impugnatura con una violenza e una rabbia tali da far sprigionare scintille rosse dalla punta dell’oggetto magico.
"Cos’è accaduto?" chiese Silente, con voce mortalmente calma.
Piton lo fulminò con lo sguardo e gli diede improvvisamente le spalle, mentre la maschera perfetta di immobilità che aveva indossato fino ad allora si sgretolava inesorabilmente, lasciando spazio solo ad una smorfia di dolore trattenuto a stento.
Cominciò a respirare più velocemente, stringendo ancora le mani e serrando con forza gli occhi, come se stesse cercando di scacciare dalla sua mente delle immagini dolorose.
"E’ …è arrivato troppo tardi…è finito tutto qualche minuto fa…"
Harry sentì un brivido scendergli lungo la schiena mentre gli occhi si riempivano di un pizzicore fastidioso. Anche lui strinse i denti e prese un respiro un po’ più lungo, lanciando uno sguardo a Silente.
Il Preside rimase immobile per diversi secondi, poi si avvicinò a Piton, alzando una mano come a volergliela posare su una spalla, ma un movimento impercettibile dell’altro lo fece desistere.
"Raccontami cosa è accaduto." Disse di nuovo, sempre con calma.
Harry si chiese come facesse Piton a non inveirgli contro per tutta quella calma. Lui lo aveva fatto, dopo la morte di Sirius, ed era certo che in quella notte Piton avesse provato qualcosa di molto simile.
Piton invece non urlò, ma non cercò più di nascondere i propri sentimenti.
Si volse lentamente verso Silente, lo guardò con odio e disperazione, poi accennò brevemente alla via principale, appena visibile dalla viuzza in cui era andato a rintanarsi.
"Mi ha chiamato a sé, qualche ora fa…appena qualche ora fa…" la voce gli si incrinò e lui serrò di nuovo gli occhi, giusto il tempo per poter ricominciare a parlare "Mi ha detto che potevo assisterlo, questa sera. Me lo ero meritato, dopo tutto. E lui stava per fare una cosa importante, da cui sarebbe risultato chiaramente il suo potere…non avevo idea di che cosa fosse, ormai il bambino era nato da un anno…"
Muovendo qualche passo verso la via principale, seguito da Silente, Piton rimase in silenzio.
"Poi…ci siamo Smaterializzati, e mi ha portato qui. Quando mi ha detto il nome del posto…ho capito al volo. Mi è preso il panico, dovevo informarla, ma lui era sempre con me…poi qualcosa si è mosso oltre un bidone della spazzatura, e l’ho sentito ridere. Mi ha detto di aspettarlo lì, e così ho fatto, approfittando del momento di solitudine per inviarle il mio Patronus. Ho fatto appena in tempo. Lui è tornato con un biglietto, e mi ha detto di leggerlo. Era un indirizzo. E quando i miei occhi hanno finito di leggere quelle poche parole, la casa è apparsa anche davanti ai miei occhi…"
Si passò una mano tra i capelli, in un gesto di frustrazione, e si volse verso Silente, sempre muto dietro di lui.
"Li aveva trovati. Non so dirle come, non so spiegarglielo, ma li aveva trovati…"
"Il loro Custode li ha traditi." Fu l’amaro commento di Silente, mentre finalmente avanzava oltre Piton e raggiungeva la via principale.
Ormai la casa era ben visibile a chiunque, perché le persone che avevano fatto l’Incantesimo per essere celate erano morte.
Harry vide Silente scuotere appena la testa ed ebbe l’impressione di non aver mai visto lo sguardo del Preside così scuro.
E poi c’era Piton, entrambe le mani sulla fronte, gli occhi ancora serrati, immobile.
"Non l’ho visto…chi era?"chiese quasi casualmente.
Silente si volse immediatamente verso di lui e il suo sguardo non mutò di una virgola, ma rimase in silenzio.
"Black, vero?" continuò Piton, riaprendo gli occhi, animati da un sentimento intenso.
"Non è il momento di pensare alla vendetta, Severus. Abbiamo tre vite da piangere stanotte. Non voglio dover piangere anche per un giovane che si danna definitivamente l’anima guidato dall’odio."
Piton lo scrutò torvo per un attimo, poi distolse lo sguardo e si avvicinò alla casa dei Potter con passi lenti e con lo sguardo puntato al primo piano della casa.
"Si sbaglia. Le vite da piangere sono solo due. Non so come, non riesco nemmeno a immaginarmelo, ma il bambino si è salvato e…."
Con gesto quasi automatico si sollevò la manica sinistra e mostrò a Silente il Marchio che andava via via impallidendo sul suo braccio magro.
In un attimo, Silente riacquistò il suo solito modo di fare spiccio e i suoi occhi tornarono limpidi.
Prese il braccio di Severus e lo guardò, mentre sembrava quasi trattenere il fiato.
"Severus, è molto importante. Raccontami come sono andate le cose."
Piton annuì, ma esitò un attimo. Facendo cenno alla casa con la testa, disse:
"Il bambino…è ancora dentro…non me la sono sentita di toccarlo. Non io…"
Silente annuì e gli lasciò andare il braccio, poi si avviò verso l’entrata della casa e, una volta sulla porta, fece cenno a Piton di seguirlo.
Piton esitò ancora un attimo, ma alla fine trovò le forze per raggiungerlo.
"Potter ha cercato di trattenerlo al piano terra, dando il tempo a lei di andare di sopra, dal bambino. Non ha resistito molto, l’Oscuro lo ha ucciso quasi subito. Ma lei…lei è arrivata di sopra."
Per un attimo, Harry vide il Preside combattuto. Cosa voleva fare? Impedire a Piton di entrare di nuovo nella casa?
Volgendosi verso Piton, Harry capì che probabilmente Silente stava pensando proprio a quello.
Severus Piton stava parlando con voce bassa e controllata, ma non una sola parte del suo corpo riusciva a rimanere altrettanto calma, all’ingresso di quella casa. Stava quasi tremando, e non riusciva a tenere gli occhi fissi su qualcosa per più di qualche secondo.
Gli avrebbe fatto così male rivedere tutto?
"Lo ha già visto…ha già visto tutto, sa l’orrore che lo aspetta oltre quella porta. Nemmeno io vorrei rivivere nulla di simile…"
"Severus, te la senti?"
Piton riuscì finalmente a guardare negli occhi Silente, con calma.
"No. Ma che importanza ha? Quello che è accaduto lo ho causato io. Cosa importa l’effetto che avrà vedere tutto di nuovo? Entri."
Silente rimase in silenzio a scrutarlo per qualche secondo, poi lo assecondò, e questo Harry non lo capì.
"Sta soffrendo già…perché vuole riportarlo dentro la casa?" chiese a Dana.
"Credo che Silente sapesse molto bene cosa vuol dire non affrontare i propri demoni. Severus quella sera doveva rientrare in casa tua, o non sarebbe riuscito a trovare le forze per andare avanti. E poi, tutto sommato, credo che Silente sapesse che Severus non avrebbe accettato di essere trattato con riguardo."
Harry annuì e li seguì, mentre entravano con cautela nella casa.
Il corpo di James era lì, riverso a terra, davanti alle scale.
Fu più forte di lui. Harry dovette distogliere lo sguardo, tenerlo fisso su qualcos’altro che non fosse il corpo di suo padre. Ma non vide la tappezzeria che stava fissando.
Asciugandosi le guance con rabbia e frustrazione, seguì Silente e Piton lungo le scale.
"Dopo che ha superato James cos’ha fatto?"
Le domande di Silente erano chirurgicamente mirate, terribili, ma Harry capì che probabilmente lo stava facendo per comprendere meglio gli eventi. Per nessun motivo Albus Silente avrebbe infierito così su qualcuno se non fosse stato necessario.
"E’ andato nella stanza del bambino. Lei era già lì, davanti alla culla. Ha urlato, gli ha…gli ha chiesto di risparmiare il bambino."
Erano ormai fuori dalla porta della stanza. Silente entrò, ma Piton non lo seguì, si appoggiò con la schiena al muro e si piegò in avanti, mentre, per la prima volta in quella serata, versava lacrime amare e silenziose.
Di fronte a quella figura piegata su se stessa, incapace di entrare tanto quanto lui, stava Harry.
Dana posò la mano sulla spalla di Harry e fece per allontanare il ricordo, ma il ragazzo la bloccò.
"No. Ormai…" un nodo alla gola gli bloccò le parole, ma si impedì di rimettersi a piangere "Ormai finiamo."
Dana si limitò ad annuire e si fece da parte. Lei stessa aveva un terribile nodo alla bocca dello stomaco; per Harry doveva essere straziante.
Piton finalmente si riscosse e, stringendo le mani, si costrinse a raggiungere il Preside, fermo immobile di fronte alla scena. Nemmeno lui pareva in grado di parlare.
Il corpo di Lily era steso di fronte alla culla, dove il piccolo Harry stava ancora piangendo sommessamente, una manina stretta convulsamente su una delle sbarre del lettino, vicino all’angolo dove la madre stava per prenderlo in braccio.
Chinandosi piano, Piton ricominciò a piangere, gli occhi incollati alla figura immobile a terra.
"Ho cercato di salvarla…mentre salivamo le scale, mentre capivo cosa avrebbe fatto anche con lei, gli ho chiesto che la risparmiasse. Assurdo, gliel’ho chiesto davvero…e lui mi ha assecondato, ha creduto che volessi solo prendermi la moglie del mio nemico di scuola…"
Silente si volse verso di lui, con aria grave.
"Severus…mi stai dicendo che non l’ha uccisa a caso? Lei si è volontariamente messa tra lui e il bambino?"
Il tono grave del Preside attirò l’attenzione anche di Piton, che alzò la testa, gli occhi ancora lucidi, ma improvvisamente concentrati.
"Si. Le ha detto di spostarsi, ma lei è…è rimasta davanti al bambino per proteggerlo…"
"E poi?"
Piton scosse la testa e guardò dentro il lettino.
"Poi ha puntato la bacchetta sul bambino, ma la maledizione gli è rimbalzata addosso…ed è svanito…"
"Svanito? Intendi che si è disintegrato?"
"Si, di lui non è rimasto nulla…"
Silente sospirò e si avvicinò al lettino, allungando delicatamente una mano verso Harry. Gli scostò i capelli e vide la cicatrice.
"Incredibile…" sussurrò, prendendo Harry in braccio.
"Ora, Severus, dobbiamo decidere il da farsi. Tra poco qui ci saranno molte persone, per lo più Babbani. Una coppia morta e il loro figliolo sparito non è cosa che possiamo tener nascosta con la magia. Dobbiamo inventarci qualcosa."
"Cosa ha in mente?" chiese quasi senza forze.
"Far crollare la casa. La confusione delle macerie forse confonderà le acque e ci darà un certo margine di tempo." Il piccolo Harry si agitò tra le braccia di Silente, che lo cullò appena per farlo calmare. "Il bambino dovrà andare dai parenti della madre. Solo lì sarà al sicuro. Del resto, non sappiamo quando Voldemort potrebbe tornare."
Piton lo guardò con aria interrogativa, ma rimase in silenzio.
"Lo sai perfettamente anche tu, Severus. Non è veramente morto. Il Marchio ancora visibile sul tuo braccio ne è la prova. No, credo che sentiremo ancora parlare di Lord Voldemort. Non so dirti però il quando. E fino ad allora il bambino avrà bisogno di protezione."
"E lei vuole affidarlo a dei Babbani?"
"Si. Il sacrificio di Lily gli ha fornito una protezione antica e potente, che sarà più forte se abiterà con dei consanguinei a lei."
Piton non disse nulla, riportò solo lo sguardo su Lily.
Harry, chinatosi anche lui vicino alla madre, si chiese perché nessuno dei due le avesse chiuso gli occhi. Così identici ai suoi, immobili…
Quasi che Piton avesse sentito i suoi pensieri, allungò una mano tremante e le abbassò delicatamente le palpebre, mentre altre lacrime lo costringevano a serrare lui stesso gli occhi.
"Se solo non avessi parlato di quella maledetta Profezia…"
"Non essere ingiusto con te stesso, Severus. Voldemort l’avrebbe comunque scoperta in un modo o nell’altro, altrimenti non avrebbe mai potuto fare quello che invece era necessario facesse."
Un rumore rabbioso uscì dalla gola di Piton, ma non una parola.
"Si, Severus. Per quanto tu voglia ostinarti a sentirti in colpa, le cose non sarebbero potute andare troppo diversamente. Voldemort evidentemente è destinato a cadere, se ha dato corso davvero alla Profezia. Così, designando il suo avversario, gli ha fornito un potere che lui non comprende e disprezza, e che nessuno di noi avrebbe mai potuto prevedere…" sospirò lanciando uno sguardo triste verso Lily.
"Ma poteva designarlo in altro modo! Non così, Merlino! Non era necessario che morissero!" sbottò Piton, urlando come prima non aveva fatto.
"Non so rispondere a questo, Severus, ma ormai non possiamo cambiare le cose. Possiamo solo preparaci per quando tornerà. Per questo voglio sapere che intenzioni hai. Potrebbe essere una lunga attesa, e sicuramente porterà a tempi difficili."
Piton sfiorò appena una guancia di Lily, poi si alzò e fissò il Preside quasi con rabbia.
"Non ha bisogno di chiedermi che intenzioni ho. Non avrò pace fino a che non sarà veramente morto. Farò qualunque cosa sarà necessaria."
Silente annuì gravemente e prese un bel respiro, evidentemente impegnato ad organizzare molte cose in poco tempo.
"Bene. Ascoltami bene, allora. Voglio che tu torni a scuola e che ci rimanga. Verranno a prenderti, lo sai, ma fino ad allora rimarrai a scuola, e non farai parola con nessuno dell’esser stato qui stanotte."
Piton annuì ma non diede segno di volersi muovere.
Gli occhi ancora posati su Lily, sembrava quasi volesse imprimersi in mente quell’immagine, come se temesse di poter dimenticare.
Harry invece non riusciva più a vederla in quello stato, così si concentrò su di lui, rifiutando di nuovo l’aiuto di Dana. Era una lotta che doveva vincere, e per farlo doveva arrivare fino in fondo.
Così Piton fu tutto quello su cui tentò di concentrarsi. Vide di nuovo le lacrime silenziose solcargli il volto pallido e magro, vide i denti serrati talmente forte da far credere che si sarebbero spezzati, vide il dolore, scolpito su ogni tratto di quel viso spigoloso.
Troppe emozioni, troppo dolore, troppo rimpianto in quel ricordo. Non riuscì a trattenere ancora le lacrime, e come il giovane Mago che stava osservando, le lasciò scorrere in silenzio, più amare di qualunque cosa avesse mai provato.
Di fronte a quella scena, la consapevolezza di non poter cambiare le cose era quasi soffocante, l’impotenza era un peso sul cuore. Lasciava addosso solo la sconfinata voglia di urlare la propria rabbia. Ma anche quello sarebbe stato del tutto inutile.
Piton si scosse leggermente, e fece un cenno con il capo a Silente, che lo ricambiò. Per un attimo fu tutto nero, poi di nuovo Harry vide qualcosa.
Piton si era Smaterializzato, ed era tornato dove Silente gli aveva detto di essere, appena fuori le mura di Hogwarts.
La scuola era immersa in una pioggerellina lenta e fina, in assoluto silenzio. La notizia non era ancora trapelata.
Piton si inginocchiò a terra, affondando le mani nel terriccio umido e stringendo più che gli fu possibile, la testa piegata in giù. I capelli lunghi gli fecero da tendina, ma bastò l’udito per comprendere.
Stava ancora piangendo, ma non solo di dolore. C’era rabbia, una rabbia sconfinata per quello che era successo e per la consapevolezza di esserne stato in parte la causa.
Gli arbusti attorno a lui sembrarono scricchiolare e qualche ramoscello cadde a terra, staccato dalla sua sede naturale da una forza invisibile. I sassi si spezzarono.
Dana si avvicinò a Severus e si inginocchiò, allungando appena i palmi delle mani verso di lui, come a volerlo sfiorare, sebbene non fosse possibile. Aveva fatto quel gesto ormai molte volte, e ogni volta era stato straziante. Dopo quelle lacrime, sapeva cosa sarebbe successo, sapeva cosa le sue orecchie sarebbero state costrette ad udire, eppure rimase lì, immobile e con lo sguardo fisso su lui, mentre Harry si avvicinava.
Un basso lamento provenne dalle labbra di Piton, poi qualche parola inarticolata, quasi che stesse cercando di trovare il coraggio per dire tutto a voce più alta.
Un attimo dopo il suo corpo si protese ancora di più verso il suolo, scosso da singulti impossibili da trattenere.
"Perdonami…amore, perdonami…perdonami…"
Dana serrò gli occhi, sentendo la gola chiudersi per impedirle di deglutire via la sensazione che le si accumulava, familiare, nello stomaco.
Harry si lasciò scivolare accanto a lei e Dana alzò gli occhi, credendo che volesse chiederle di porre fine a quel ricordo, desiderandolo in fondo anche lei.
"Vuoi…"
"No." La bloccò lui "Non…non posso affrontare un altro ricordo, non subito. Per quanto rimarrà qui in queste condizioni?" chiese con voce spenta, stanca.
"Quattro ore. I suoi poteri torneranno sotto controllo solo tra quattro ore, e prima di allora non si è arrischiato a rientrare a scuola."
Gli occhi di Harry si dilatarono un attimo, mentre la fissavano, poi tornarono lucidi, fissi sulla figura piegata a terra davanti a lui.
Cercò di allontanare per qualche secondo il ricordo dei corpi dei suoi genitori stesi a terra concentrandosi su Piton.
"Non…non credevo avrebbe sofferto così. Insomma, non frequentava mia madre da anni."
"Credi veramente che il tempo conti, Harry? Se non potessi più vedere Ron o Hermione per alcuni anni, davvero smetteresti di volere loro bene? Certi sentimenti superano il tempo o la distanza, soprattutto se li proteggiamo dentro noi come ha fatto Severus."
Harry annuì, senza parole da dire. Dana aveva ragione, perfettamente.
Del resto, vedere quel ricordo gli aveva fatto comprendere esattamente quella semplice verità, valida per tutti, lui compreso. Non aveva mai veramente conosciuto i suoi genitori, ma il legame con loro c’era e sempre ci sarebbe stato. Il non poterli più incontrare non li rendeva meno importanti.
Si tolse gli occhiali e si strofinò la faccia con le mani, per poi affondare le dita tra i capelli e rimanere fermo così, con Piton ancora disperatamente ancorato a quell’unica parola, ripetuta a bassa voce, incessantemente, con un’urgenza tale da lasciare senza dubbi.
"Aspettiamo, ti prego…almeno qualche minuto…prima di…"
Dana annuì e allungò le braccia attorno alle spalle di Harry, che si arrese a quell’abbraccio delicato.
"Mi dispiace." Bisbigliò lei, odiandosi per quell’assurdo nodo alla gola che la prendeva ogni volta.
Harry scrollò la testa, ma non la rialzò.
"Non ce n’è motivo. Tutto questo mi servirà…ne sono certo. Io…fino ad ora ho sempre solo sentito parlare di quella notte. Di mio ricordo solo le urla di mia madre…ma vederli…vedere quanto grande è stato il loro sacrificio…servirà Dana, servirà di sicuro."
Sorpresa per quelle parole e per la forza che si celava dietro esse, Dana non disse nulla lasciandogli il tempo per riprendersi, rimanendo ferma accanto a lui e a Severus.
 
 
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Capitolo 19
*** I Ricordi Custoditi (parte III) ***


Astry_1971. Ciao! Sai, adoro anch'io Severus perchè ha il coraggio di affrontare pericoli e inganni, ma non riesce ad avvicinarsi all'amore. Questa è stata la prima cosa assolutamente netta e chiara che ho visto in lui. E come si fa a non adorarlo per questo? (Credo in verità che siamo un pò sadiche a farci piacere soggetti di questo tipo, non ti pare?).
Caspita, vedo che i marmocchi sanno come prenderti, se hai firmato. Però dai, me lo ricordo pure io, ai tempi della scuola...non trovare nessuno che ci portasse in gita era tanto triste... (Infierisco?). Dai, magari andrà meglio di quel che credi (ricorda, la speranza è sempre l'ultima a morire!)
 
gealach. Eh, si, affrontare quel paio di ricordi era davvero un passaggio obbligato, anche se un pò spinosetto... spero che anche i prossimi ti piacciano. alcuni me li sono inventati proprio di sana pianta, senza agganci dal libro, speriamo in bene!
Piccola Vero. Ciao! Tranquilla, che Harry capirà moltissimo, e la botta finale gli arriva decisamente in questo capitolo, ma chissà, magari non solo dai ricordi...
 
 
EDVIGE86. Ciao cara, come va? Ti ringrazio per il mostruosa e per la lode. Ovviamente sono stati graditissimi. Mi spiace, ma per i tuoi protetti ci sarà ancora relativamente poco spazio, perchè da qui in poi è tutta un'escalation verso lo scontro definitivo. Però confesso di aver riservato una scena che mi piace molto a Ron e Hermione, durante la fase finale. Perchè nella mia testa ognuno di loro ha il suo compito. E loro riusciranno in una cosa che mi piace molto e alla quale attribuisco un bel significato. Spero ti sarà gradita.
 
 
 
A tutti, Buona Pasqua. Finito di divorare la colomba, mi sono precipitata sul computer per aggiornare.
Oggi concudiamo il viaggio nei ricordi di Severus, ma confesso la mia particolare simpatia per il finale del capitolo, ch ecoinvolge un pò di più Dana...una soddisfazione che mi sono voluta prendere e spero vi piaccia.
Baci a tutti!
 
 
 
 
 
 
I ricordi Custoditi (parte III)
 
 
Erano rimasti fermi nel ricordo della notte del 31 ottobre per parecchio, senza dire una parola, con nelle orecchie solo i rumori prodotti dalla magia fuori controllo di Piton e i gemiti di dolore che non sempre riusciva a trattenere.
Ad un certo punto però Harry parve riscuotersi.
Posando gli occhi oltre la figura di Piton, ancora piegato su se stesso a terra, parve perdersi lungo il filo di un pensiero nuovo.
“Sirius…Piton era convinto fosse lui il Custode Segreto, come tutti gli altri…è per questo che si è accanito così tanto su di lui quando è evaso?”
Dana annuì, felice di poter volgere la propria attenzione altrove.
 “Si. Dopo che Black è evaso sono andata da Severus, e ti posso garantire che voleva prenderlo davvero ad ogni costo, ma credo che questo tu lo sappia meglio di me.” Sospirò Dana, alzandosi e facendo ripartire il vortice di colori “E fece estrema fatica a credere che non fosse Black il Custode. Si era convinto che tu avessi commesso lo stesso errore di tuo padre, prendendo un abbaglio su com’era veramente Black. È stato necessario l’intervento di Silente per fargli capire come stessero le cose. Sai, credo che odiasse Black più di quanto odiasse tuo padre.”
“Questo è certo…” disse Harry, stranamente rassegnato “E credo che il fatto di potersi scagliare proprio su di lui fosse più facile…”
“Esatto. Ho dei ricordi su quei fatti…vuoi che te li mostri?”
Harry scosse la testa, sapendo che non serviva.
“Mi bastano le tue risposte e quello che ho visto. Ora posso capire perché si è comportato così…”
“Bene, allora possiamo proseguire. Qui siamo a un paio di anni fa, durante il Torneo Tremaghi.”
Ad un movimento della mano di Dana, caddero nell’ufficio di nuovo nell’ufficio di Silente, solo che il clima era molto diverso. Ritto davanti alla scrivania del Preside, apparentemente tranquillo, c’era Piton, ormai non più ragazzo.
“Sta tornando…anche quello di Karkaroff…più forte e nitido che mai.” Disse alzando senza esitazioni la manica sinistra e mostrando al Preside il Marchio nero inciso a fuoco sulla sua pelle.
“Dunque si sta rafforzando. Prevedibile.” Disse Silente, fissando per un attimo il simbolo della schiavitù dei Mangiamorte e poi riportando gli occhi limpidi su quelli scuri di Piton.
“Cosa ne pensi Severus?”
“Non ne sono certo, ma se sta tentando di riavere il suo potere, allora dovrà prima ricostruirsi un corpo.”
Silente annuì e fissò Piton, attendendo che continuasse.
“Preside, credo dovremmo tenere più d’occhio Potter.” Disse infatti il Mago più giovane con voce leggermente disgustata ma decisa.
“Harry è già sotto la custodia di Moody. Credo non si potrebbe avere protezione migliore, per lui.”
“Non intendevo questo.” Precisò Piton con voce pacata “L’Oscuro può risorgere con un antico Incantesimo, e per portarlo a termine avrà bisogno del sangue del ragazzo.”
Harry si sentì per un attimo attraversare da un brivido. Allora sapevano!
“Sii più preciso.”
La voce di Silente risuonò improvvisamente più dura.
“Ho trovato quell’Incantesimo, so che esiste e so che è l’unico che possa permettergli di risorgere. Dovrà avere qualcosa di un antenato, qualcosa di un nemico e qualcosa di un servo per poter portare a termine l’Incantesimo. Potter è essenziale per lui.”
“E il fatto che il nome di Harry sia uscito dal Calice…”
“Non può essere una coincidenza.” Concluse Piton con distacco.
“Già…forse aveva ragione Minerva. Forse dovevamo interrompere questa follia, ma se così avessimo fatto il pericolo sarebbe arrivato da un’altra parte. Finché Harry sarà a scuola potrà considerarsi al sicuro, e poi provvederò a che lo sia anche durante le vacanze…”
Piton annuì, e Silente lo scrutò a lungo, in silenzio.
“Severus…per il resto? Ci hai pensato? Sapevamo che prima o poi sarebbe tornato, ma ora che la minaccia è più vicina…cosa pensi di fare?”
“E’ inutile parlarne ancora.” Rispose secco Piton, e Silente non parve farci caso “Lei conosce il mio pensiero, sa bene quanto io voglia vederlo distrutto definitivamente.”
Le parole che gli erano uscite di bocca non avevano causato in lui il minimo segno di turbamento o di trasporto e Harry si sentì gelare. Era veramente un ottimo attore, aveva se stesso sotto controllo in praticamente quasi tutto…
“Si, Severus, ma si tratta pur sempre di un sacrificio notevole. Se dovesse tornare, tu dovresti ricadere in quello che tu stesso una volta hai definito incubo. Voglio che tu rifletta bene. Se farai una certa scelta, poi non potrai più tornare indietro.”
“Ne sono consapevole. Ma è stato lei ad insegnarmi la differenza tra scegliere ciò che è giusto e ciò che è facile, ed è da anni che non ho più dubbi su cosa preferisco scegliere.”
Harry sentì la ormai familiare sensazione di disagio rintanarsi nel suo stomaco; ora che sapeva tutte quelle cose si sentiva terribilmente stupido per come lo aveva sempre giudicato.
Nel frattempo Silente parve sospirare, ma fu solo un attimo, e ben presto annuì rivolto al suo insegnante di Pozioni.
“Ora posso andare?” chiese Piton, e in quel momento i colori presero di nuovo a sfumare e mescolarsi tra loro.
Dana e Harry scivolarono in silenzio verso il ricordo successivo, ritrovandosi in una stanza spoglia e meticolosamente ordinata, con i muri in pietra.
“Siamo ancora ad Hogwarts.” Spiegò Dana “Questa è la stanza privata di Severus.”
Harry si guardò rapidamente attorno, rilevando in un attimo l’assenza di personalità della stanza. Era come se chi vi viveva non si permettesse di esprimersi liberamente nemmeno lì. L’unica cosa che apparteneva innegabilmente alla natura di Piton era la presenza massiccia di libri di ogni tipo e dimensione, alcuni addirittura accatastati ordinatamente vicino al letto.
Sobbalzando appena, Harry vide la figura stesa sul letto che non aveva notato.
Piton giaceva immobile, il respiro forzatamente regolare e gli occhi chiusi che ogni tanto si stringevano in un gesto spasmodico.
“Sta male…” la voce di Harry risuonò nella stanza come un leggero eco e Dana annuì, avvicinandosi al letto e guardando Piton con un misto di tristezza e dolcezza.
“Si, sta combattendo contro gli effetti delle prolungate Cruciatus cui lo ha sottoposto Riddle… qui siamo a due sere dopo il suo ritorno. Severus è arrivato da lui con alcune ore di ritardo e, come penso tu possa immaginare, Riddle non l’ha presa molto bene.”
Harry annuì e la sua mente ritornò a quel cimitero. Voldemort si era rivelato un egocentrico soggetto a sbalzi d’umore. Si, probabilmente presentarsi davanti a lui con tutto quel ritardo non aveva messo Piton in una posizione particolarmente favorevole.
“Eppure Voldemort non l’ha ucciso…deve aver fatto uno sforzo enorme per convincerlo.” Ragionò, ricordando come Piton si fosse presentato apparentemente senza sforzi al tavolo degli Insegnanti, il giorno dopo il ritorno di Voldemort. Non pareva avesse nulla di diverso da solito, e invece stava solo stringendo i denti. Chissà perché?
“Si, indubbiamente, ma le capacità di Severus sono notevoli, e comunque erano anni che si preparava. Tuttavia per diverso tempo ha dovuto prestare moltissima attenzione, perché Riddle non gli credette subito. Credo sia per questo che ha fatto andare Codaliscia a casa sua…ironia della sorte, le due spie sotto lo stesso tetto… e Codaliscia non sa il rischio che corre quotidianamente…”
“Perché è lui il Custode Segreto.” Concluse Harry, tremando appena di rabbia nel ricordare quell’ometto viscido e meschino che gli si avvicinava per chiedere pietà.
“Già. Ma ora sta per arrivare Silente…”
In quel preciso istante infatti la porta della stanza di Piton si aprì lentamente e il volto stanco e teso del Preside comparve sull’uscio.
“Severus…” chiamò a bassa voce, ma non ottenne risposta. Si introdusse ugualmente nella stanza, muovendosi con disinvoltura, facendo capire a Harry che non era la prima volta che vi entrava.
Fece comparire dal nulla una poltroncina rossa e la sistemò accanto al letto, poi ci si sedette e attese qualche secondo.
“Severus, svegliati…”
Piton si scosse appena, aprendo gli occhi.
“Ero sveglio.” Disse con voce flebile facendo sorridere il Preside.
“Meglio così allora. Come ti senti oggi?”
“Benissimo.” Fu la risposta evidentemente sarcastica che ricevette.
“Severus…non sono qui solo per formalità. Voglio sapere come stai.” Disse con dolcezza e determinazione Silente, mentre Harry girava loro attorno per vederli meglio.
Piton fece per alzarsi, ma una fitta di dolore lo bloccò e Silente gli posò una mano sulla spalla per farlo stendere di nuovo.
Assecondandolo non troppo di buon grado, Piton tornò a posarsi sul letto.
“Severus detesta farsi vedere in questo stato. È strano che non abbia tenuto tutti, Silente compreso, fuori dalla sua stanza. Ma forse con Silente non avrebbe potuto…né voluto.”
A conferma delle parole di Dana, Piton sbuffò appena, assumendo il suo cipiglio severo e arcigno.
“Non sto poi così male. Non è necessario che si preoccupi per me.”
“Severus, forse è il caso che tu conservi il fiato per rimetterti e non per dire sciocchezze.” Lo rabbonì il Preside “E’ evidente che non stai bene, quindi ti prego, non insultare la mia intelligenza e per una volta, almeno per una volta, accetta il mio aiuto.”
“Mi ha già aiutato ieri notte.” Ribatté con impazienza.
“Veramente è stata la Signorina Deepfeel ad aiutarti.”
Piton strinse appena le labbra in segno di disapprovazione e non disse nulla.
“Ha fatto un ottimo lavoro con te, e credo che potrai contare su lei anche in futuro. Sarà bene tu cerchi di convincertene.”
“Dana rimarrà fuori da questa storia!” lo bloccò Piton, questa volta mettendosi a sedere senza sforzo, quasi di scatto.
Silente gli rivolse quello sguardo che solo lui sembrava in grado di fare, come se stesse sondando fin nell’anima il proprio interlocutore e Piton non abbassò lo sguardo, ma alla fine nessuno dei due disse nulla e Harry lanciò uno sguardo a Dana, immobile e assolutamente impassibile.
“Chissà se si è resa conto di cosa possa voler dire. Beh, conoscendola, ne dubito. Ma Piton non potrebbe mai dire certe cose a voce, nemmeno di fronte a Silente, nonostante quello che è riuscito a confessargli su mia madre…”
“Severus, quello che mi preme è che tu capisca di poter ricevere tutto l’appoggio che posso darti, in questa situazione. Non voglio assolutamente che tu vada allo sbaraglio. Non solo non possiamo permettercelo, ma non sarebbe nemmeno giusto.”
“Giusto? Giusto per chi? Per me? Viviamo insieme da tredici anni e non ha ancora capito come la penso?” sbottò senza riserve Piton.
“Temo di averlo capito fin troppo bene, Severus, ed è proprio per questo che mi preoccupo. Quindi non è necessario tu finga di stare bene. Spero di essere stato chiaro.”
“Non posso nemmeno far vedere lo stato in cui sono. Ci sono almeno sei figli di Mangiamorte nella mia Casa, devo tenerne conto. Non posso dare l’idea di essere debole.”
“Debole? Sfido chiunque a tornare intero dopo quello che hai passato tu. Ma, per quanto credo la cosa ti infastidisca, non sei invincibile. Sei un uomo fatto di carne. Dai al tuo corpo il tempo e le risorse per rimettersi e non strafare. Lo considero un ordine, Severus.”
Gli occhi di Piton saettarono per un attimo, ma Silente ne parve quasi divertito, e allora Piton non ebbe altra possibilità che lasciar perdere. Harry notò che, tutto sommato, sembrava quasi sollevato di poter far cadere il discorso. Ricevere attenzioni lo metteva così a disagio? Probabile.
“Non ti ha più chiamato?”
“No Signore, pare non abbia bisogno di me, e credo che ora stia escogitando un modo per tenermi più possibile sotto controllo. Ho risposto esaurientemente a tutte le sue domande, ma vuole più certezze su di me.”
“Allora dovremo prestare più attenzione. Tuttavia credo che la tua determinazione sarà garanzia sufficiente di successo.” Sospirò Silente alzandosi dalla poltrona.
Piton non ribatté nulla, limitandosi a fissare il Preside, e anche Harry seppe perché non c’era bisogno di parole in quel momento. L’espressione di Piton era più eloquente di mille parole. Si, la sua determinazione era sufficiente.
“In realtà questi ultimi due ricordi non sono particolarmente incisivi, ma li ho scelti perché tu potessi vedere e capire questo.” Disse Dana avvicinandosi a Harry.
“Vedere cosa? La sua determinazione?”
“Esatto. Se vuoi, puoi leggerlo come un mio bisogno che tu capisca anche questo o, forse meglio, il mio bisogno di difenderlo sempre e comunque, di mostrare ciò che solo io e Silente avevamo scoperto da tempo.”
Harry annuì appena, riportando lo sguardo sulla scena e ammettendo con se stesso che, alla fine, quei due ricordi erano serviti.
I colori attorno a loro sfumarono e ancora si confusero.
“Ora ci rimangono un paio di ricordi. Li possiedo da poco tempo, altrimenti li avrei mostrati all’intero Ordine…”
Gli occhi di Harry si illuminarono e divennero quasi più grandi, mentre scambiava uno sguardo d’intesa con Dana, che annuì impercettibilmente e li fece scivolare verso il loro ultimo passo in quel viaggio.
Il buio impedì a Harry di identificare subito il luogo in cui erano. Tutto quello che riusciva a vedere era Piton immobile, vicino ad un albero. Facendo volgere velocemente lo sguardo attorno a loro, distinse solo altri alberi, e qualche luce in lontananza filtrata tra i rami e le sterpaglie.
Un sospiro appena accennato e la figura di Piton si mosse, lo sguardo fisso davanti a sé, puntato su qualcosa che Harry non riusciva a vedere ancora.
Fatti alcuni passi in avanti, la figura ammantata di nero si fermò, posando una mano pallidissima su un tronco.
Harry lo seguì, il cuore che martellava nelle orecchie.
Passati alcuni secondi al buio, vide infine quello che Piton stava fissando, e sentì il cuore sprofondargli nel petto. In lontananza si poteva distinguere il perimetro del cimitero abbandonato di Godrig’s Hollow.
Un rumore secco annunciò l’arrivo di Silente, ma Piton parve quasi non farci caso, rimanendo perfettamente immobile.
Il Preside si avvicinò e, come Harry, registrò con amarezza lo sguardo ostinatamente rivolto verso il cimitero di Piton.
“Severus, per cosa mi hai chiamato? Dicevi che era urgente.”
“Si, all’inizio mi era parso tale. Ora non più. Ma comunque è una cosa di cui deve esser messo a conoscenza.”
Finalmente, anche se con estrema lentezza, Piton si volse verso Silente, il volto perfettamente calmo.
“Poche ore fa ho ricevuto la visita di Bellatrix e Narcissa.”
Silente annuì e parve capire.
“Dunque Narcissa ha deciso di rivolgersi a te…mi sembra normale, deve essere disperata, vista la situazione in cui si ritrova Draco.” Sospirò Silente con voce desolata, mentre scrollava appena la testa.
Piton non disse nulla per una manciata di secondi, poi riprese il discorso come se non lo avesse mai interrotto.
“Era distrutta, e mi ha chiesto di vegliare su Draco, ovviamente. Ma poi mi ha chiesto anche altro, qualcosa che non avevo previsto.”
“Di cosa si tratta? Ha scoperto che il compito è stato affidato anche a te?”
Harry aggrottò la fronte, ma in breve gli tornarono in mente le parole di Piton durante l’interrogatorio al vecchio Quartier Generale. Voldemort voleva che fosse lui a uccidere Silente.
“Si, ed è questo il punto. L’ho fatta venire per dirle che potrò essere utile alla causa ancora per poco tempo.”
Silente aggrottò le bianche sopracciglia e lo guardò con aria interrogativa, ma non chiese nulla.
“Narcissa mi ha chiesto di giurarle di proteggere Draco. Con un Voto Infrangibile. Di fronte a Bellatrix non ho potuto rifiutare, ma alla fine mi ha chiesto anche di adempiere all’incarico di Draco, se necessario.”
“Capisco…”
“Ne dubito!” ribatté secco Piton. “Non avevo idea che mi avrebbe fatto promettere anche una cosa simile, ma non ho potuto sottrarmi, mi avrebbero scoperto.”
Giustificazioni dette con rabbia. Harry non poté fare a meno di chiedersi se Piton non stesse forse indirizzando tutta quella rabbia verso se stesso. Aveva visto abbastanza di quell’uomo per avere il fondato sospetto che fosse proprio così.
“Non vedo il problema, Severus. Ne abbiamo già parlato quando mi hai detto che Voldemort vuole che sia tu a farlo, alla fine.”
Gli occhi di Piton saettarono ed egli strinse le labbra, quasi volesse trattenere la risposta che gli si era presentata d’istinto alla bocca.
“Allora era diverso” sibilò con voce tagliente “era solo un’eventualità che potevo cercare di evitare. Ora le cose sono cambiate. Sa bene cosa accade a chi non rispetta il Voto.”
“Si” rispose Silente con calma, ma Harry ebbe l’impressione che in realtà stesse arrabbiandosi.
“Severus, dimmi che non ho inteso bene le tue intenzioni.”
Piton non rispose, semplicemente si volse di nuovo verso il cimitero.
“Severus, non avrai intenzione di infrangere il Voto? Abbiamo bisogno di una spia all’interno dei Mangiamorte e la tua morte, oltre che inutile, sarebbe anche dolorosa, almeno per me! Rispetterai il Voto che hai stretto!”
Piton si volse di scatto e fissò Silente con sdegno.
“Non alzerò la bacchetta su di lei, nemmeno per salvare la mia vita!”
“Invece lo farai, e ora me lo prometterai!”
Piton parve trattenere il fiato, mentre l’incredulità e l’ira si contendevano la sua espressione.
“No, niente Voti Infrangibili. Non ho bisogno di simili legami per esser certo della tua parola. Me lo prometterai semplicemente.” Aggiunse Silente, con una calma che fece accapponare la pelle a Harry.
Piton scosse la testa.
“Posso prometterle solo che non lo farò, ma che farò ogni cosa sarà possibile per evitare che si arrivi a quel punto.”
Silente avanzò di qualche passo, affiancandosi a Piton e posandogli una mano sulla spalla.
“Mi prometterai che prenderai in considerazione ogni eventualità, senza esclusioni di nessun tipo! Questo è l’unico compromesso che possiamo trovare, Severus. Non ho particolare fretta a porre fine ai miei giorni, ma se si rivelerà l’unica cosa da fare, la farai. Tu devi continuare il compito che ti ho affidato!”
Piton rimase in silenzio, evidentemente impegnato a rimuginare su qualcosa.
“Prometto che farò quello che mi sarà possibile.”
“Anche accettare il Voto!” insistette senza esitazioni Silente.
Con estremo sforzo, ma senza staccare mai lo sguardo da quello del vecchio Preside, Piton promise muovendo appena le labbra.
Silente riassunse lentamente un’espressione rilassata e tranquilla, e gli fece un cenno del capo, come a volerlo rassicurare. Come si può rassicurare qualcuno in una simile situazione?
“Non lasciare che questa situazione ti pesi sul cuore, ora, Severus. Abbiamo un po’ di tempo per cercare altre vie. Non ti preoccupare.”
Piton non rispose, si limitò a fissare Silente mentre per qualche secondo torturava il bordo della manica del mantello.
“Glielo ha promesso solo per guadagnare tempo, vero?” chiese Harry a Dana.
“Si, credo proprio di si.” Rispose con voce colma d’amarezza.
Harry lanciò un ultimo sguardo verso il cimitero, come fece Piton mentre Silente si Smaterializzava senza più una parola, poi Dana alzò la mano e si avviarono verso l’ultimo ricordo.
Come aveva sospettato, Harry vide delinearsi attorno a sé la Foresta Proibita.
Piton, identico a come Harry lo conosceva, stava camminando con passo spedito verso una figura alta e magra, Silente.
Con il cuore in gola per diverse ragioni, Harry camminò così svelto che quasi superò Piton. Sapeva più o meno cosa si sarebbero detti, ma voleva capire se sapeva ormai tutto o se qualcosa gli era stato tenuto ancora nascosto.
“Preside. Ho fatto prima che ho potuto.”
“Si, Severus, non ne dubito.” Sospirò Silente, tradendo una stanchezza che Harry non sospettava.
“Il messaggio diceva che era urgente. È successo ancora qualcosa?”
La voce di Piton suonò guardinga e preoccupata, e Silente gli rivolse un’occhiata dura, penetrante.
“Severus, ero convinto di averti chiesto di tenere d’occhio Draco.”
Silente andò subito al nocciolo della questione, e lo fece con un atteggiamento che Harry non gli aveva mai visto. Era veramente arrabbiato, proprio come aveva riferito loro Hagrid.
“E’ quello che sto facendo.”rispose seccato l’altro.
“Non più di tanto a quanto pare! Il ragazzo si sta già muovendo, e lo sta facendo mettendo in mezzo persone innocenti! Devi riuscire a tenerlo a freno!”
“Crede che non ci stia provando? Non sto di certo battendo la fiacca! Ma Draco è diventato ostile nei miei confronti, probabilmente influenzato da quella pazza di sua zia, che fra l’altro lo sta anche addestrando bene come Occlumante!”
“Mi stai dicendo che un ragazzo di soli diciassette anni riesce a tenere chiusa la sua mente proprio a te?” chiese Silente, con un’evidente nota di scetticismo nella voce.
“Esattamente! Può non credermi se vuole, ma Draco si sta muovendo in un modo che non riesco a controllare, né a conoscere in anticipo.”
Piton pareva arrabbiato tanto quanto Silente per quelle insinuazioni, e non stava facendo assolutamente nulla per nasconderlo. Lui e Silente si guardarono per diversi secondi in silenzio, poi il Preside divenne più serio, ma meno arrabbiato. In realtà Harry ebbe l’impressione che fosse innanzi tutto preoccupato.
“Severus, non possiamo permettere che il ragazzo si ritrovi di fronte ad un bivio pericoloso!”
“Me lo ha già detto!” sibilò Piton “E io le ho ricordato che Draco Malfoy è una delle poche persone che proteggerei direttamente, quindi non può dubitare del fatto che stia facendo tutto il possibile!”
“Devi insistere! E fare più attenzione! Gli episodi che si sono verificati fino ad ora hanno già attirato troppa attenzione e rischiato di causare vittime!”
“Crede che non lo sappia? Ma non può pretendere da me l’impossibile! Non può dare per scontato che mi riesca qualcosa solo perché lei me lo ordina!”
“Eppure dovrebbe essere così! Al punto cui siamo non possiamo commettere più errori. Il rischio è troppo alto, Severus. Confido sul fatto che tu te ne renda conto!”
“Anche troppo bene!” sibilò a bassa voce, volgendosi di scatto e muovendo qualche passo.
“E’ questo che ti brucia, vero? Severus, me lo hai promesso…” sospirò il Preside, rivolgendo a Piton uno sguardo dispiaciuto, ma non ebbe modo di finire la frase.
“Non è necessario riparlarne!”
Harry sussultò nel sentire quella brusca risposta, e capì al volo che stavano facendo riferimento, con buona probabilità, al piano di Silente.
“Invece si, perché tu ancora ti ostini a non volerlo accettare.” Insistette dolcemente il Preside.
Piton si volse a guardarlo, e Harry si sorprese nel vederlo di nuovo con dipinta in volto una fortissima emozione, negativa, devastante. Odio.
“Deve smetterla di…non può pretendere da me anche questo! Sono stanco di questi ordini assurdi!”
“Severus! Ormai hai promesso!” questa volta il tono di Silente fu più imperioso, ma non parve sortire l’effetto desiderato.
“Sono stanco di questa storia! Non ne voglio più sapere!” ribatté Piton per tutta risposta.
Senza aspettare che Silente replicasse, si allontanò a grandi passi, come una furia, il mantello nero svolazzante alle sue spalle sembrava avvolgerlo in una nube di collera e il suo viso era ancora teso. Harry ricordò il racconto di Hagrid; tutto coincideva, i tempi, le parole…ma ora leggeva in quel dialogo acceso una realtà diametralmente opposta a quella che aveva visto la prima volta.
Qualcosa, dopo diversi secondi, afferrò Piton alle spalle e lo trattenne. Sia Piton che Harry si volsero e Piton rimase bloccato, quasi spaventato, sebbene ciò che vide non fosse nulla di sconvolgente.
Silente stava fissandolo con lo sguardo più calmo del mondo, improvvisamente di nuovo sereno e pacifico, come se l’irritazione di poco prima fosse sparita del tutto.
“Severus…”
“No!” urlò Piton, scostando bruscamente le mani del Preside “Non osi chiedermelo un’altra volta! Ancora non capisco come le sia riuscito di farlo!”
“Perché ho sempre saputo che avresti fatto qualunque genere di sacrificio per la causa. Tu stesso me lo hai più volte ripetuto.” Rispose Silente con una serenità inimmaginabile. Quell’atteggiamento contribuì a mettere ancora più in risalto lo stato diametralmente opposto di Piton, disperatamente furioso.
“Qualunque cosa? Sì! Qualunque cosa che riguardasse me! Qualunque cosa per vegliare su Draco! Ma quello che mi ha chiesto va ben al di là delle mie forze e della mia determinazione…Merlino, non posso farlo! Non questo!”
“Severus, ormai hai promesso, e io mi fido di te.”
Piton indietreggiò e si volse di nuovo di scatto, dando le spalle ad un Silente quietamente determinato, quasi che vederlo accentuasse il senso di impotenza che evidentemente provava.
“Vorrei non averlo mai fatto.” Disse piano, senza voltarsi.
“Lo so, me ne rendo conto, ma non è una promessa assurda. Se te l’ho chiesto, ho i miei motivi.”
“Me li ha già spiegati!” ribatté Piton con durezza.
“Ma forse non li hai capito fino in fondo.”
Regnò un attimo di silenzio, durante il quale tutta la Foresta parve in attesa, e alla fine Silente si decise a parlare, gli occhi animati da qualcosa di molto simile alla dolcezza.
“Mi fido di te, Severus. So che mi ucciderai, come ti ho chiesto, e so che proteggerai Draco. Ma quello che non capisci è che mi fido perché ti conosco, e so che farai di tutto per fare ciò che è giusto. Il caso vuole” sospirò “Che ciò che è giusto, sia anche ciò che voglio. Almeno per una volta.”
Piton allora si volse del tutto verso il Mago canuto e lo osservò aggrottando la fronte.
“Voglio che tu sopravviva, Severus. Non solo perché sarai utile all’Ordine, ma soprattutto perché voglio che alla fine tu possa riavere la tua libertà e la tua vita. Se tu non mi uccidessi, il Voto stretto con Narcissa ti annienterebbe all’istante.”
“Sarebbe meglio che eseguire un ordine così assurdo.” Disse amaramente Piton, voltandosi di nuovo dall’altra parte.
Ma Harry vide comunque il suo volto, vide l’espressione ora improvvisamente stanca e delusa, amareggiata e ostinatamente contraria a ciò che diventava, giorno dopo giorno, ineluttabile.
Silente lo raggiunse da dietro con pochi passi e gli posò una mano sulla spalla.
“Non dovrai soffrire Severus, perché sono io a chiederti di porre fine alla mia vita. Non sarà un gesto crudele, ma un gesto di fedeltà, e comprensione.”
“Sarà solo dolore, lo sa bene!” sbottò Piton, e Silente chiuse gli occhi, non visto, evidentemente consapevole della verità di quelle parole.
Nessuno dei due aggiunse una sola parola per diverso tempo, fino a quando Silente, sospirando pazientemente, non si avviò verso il castello. Ormai a qualche metro da Piton, si fermò e si volse indietro.
“Severus, alla fine di tutto dovrai riprenderti la tua vita. Se non lo farai, non potrai dire di avermi seguito fino in fondo. Perché ciò che voglio per te e per tutti gli altri è un futuro libero. Non mi servirebbe a molto morire se poi proprio tu non ricominciassi a vivere.”
Piton non ribatté in alcun modo e lasciò che il Preside si allontanasse, sempre più, fino a diventare un punto indefinito al limitar della Foresta.
“Riprendermi la mia vita? Quale vita? Quale vita mi rimarrà dopo aver fatto quello che mi chiedi?”
Harry tremò un attimo, lo sguardo posato su quello immobile e teso di Piton.
Non aveva mai saputo chi aveva di fronte, non lo aveva mia nemmeno lontanamente immaginato. Il Ministro l’aveva chiamato l’uomo di Silente…no, non era lui l’uomo di Silente, se ne rendeva conto solo allora, perché lui non avrebbe mai avuto il coraggio di eseguire quell’ultimo terribile ordine.
E l’uomo di fronte a lui, leggermente curvo e magro, stava cercando con tutte le sue forze di trovare il coraggio di andare avanti e fare ciò che gli era stato chiesto. Harry sapeva fin troppo bene che ci sarebbe riuscito, ma solo allora si rese conto dello sforzo che aveva comportato.
L’ultimo tassello era andato al suo posto, e così l’ultimo mattone del muro di ostilità alimentata per anni era stato distrutto.
Completamente svuotato e incapace di formulare pensieri coerenti, Harry si volse lentamente verso Dana, ancora intenta a osservare Piton. Stava tremando.
Il ricordo piano piano si dissolse e Dana alzò la bacchetta verso un punto indefinito del cielo, facendo scaturire dall’alto una fortissima luce verde. Dopo questo, sia lei che Harry si trovarono in piedi accanto al Pensatoio, nella logora stanza del vecchio Quartier Generale.
Dana si aggrappò al Pensatoio e chiuse gli occhi, concentrandosi per riacquistare il controllo completo di se stessa. Quel ricordo era sempre più difficile da vedere, sempre più difficile da mandar giù. Non si può chiedere ad una persona un sacrificio così grande!
Se le fosse stato possibile, avrebbe portato indietro il tempo e costretto Silente a trovare un’altra soluzione…oh, se solo non avesse permesso a Severus di tenerla così tanto fuori dai giochi, forse avrebbe potuto dare una mano ad escogitare un piano alternativo.
Strinse spasmodicamente le mani sul bordo del Pensatoio, cercando di ricordarsi che era inutile pensarci, tanto non sarebbe potuta tornare indietro. Riaprendo gli occhi, vide al suo fianco un’ombra e ricordò in un attimo che con lei c’era anche Harry. Se ne era dimenticata.
Harry sembrava intenzionato come lei a rimanere in silenzio. Aveva gli occhi fissi su un punto indefinito di fronte a lui, quasi del tutto privi di espressione, e Dana avvertì distintamente il terribile senso di amarezza che provava.
Scuotendo appena la testa, Dana trovò la forza di lasciare il Pensatoio e allungare una mano sulla spalla di Harry.
“Harry, non potevi di certo sapere…e visto il modo in cui ti tratta persino ora, non avresti mai potuto giudicarlo diversamente da come hai sempre fatto.”
Harry si volse leggermente verso di lei, gli occhi attraversati da un dubbio.
“Perché mi ha sempre trattato così? Non sono mai stato ben disposto verso di lui, ma è iniziato tutto perché lui non era ben disposto verso di me…perché? Se amava mia madre…insomma, io sono suo figlio!”
“Domanda legittima” sospirò Dana “Ma la risposta è ovvia. Nonostante tutto, Severus odiava a morte tuo padre. Lo odia ancora adesso. E tu sei la rappresentazione di più cose per lui. Una su tutte il fatto che tua madre scelse James e non lui. Poi c’è il fatto che lei abbia deciso di sacrificarsi per te, nonostante le fosse stata data una possibilità. Infine, Harry, tu sei sale sulle ferite per lui. Sei l’incarnazione della sua colpa, dei suoi errori. Certo, non è un buon motivo per prendersela con te, ma è stato istintivo farlo…ognuno di noi reagisce in modo diverso di fronte a certe cose, e lui, probabilmente per non farsi di nuovo travolgere dal senso di colpa, ti ha dato addosso come avrebbe fatto con tuo padre, più o meno.”
Harry distolse lo sguardo, cercando di incamerare l’informazione. Gli sembrava un ragionamento a metà tra l’assurdo e l’ovvio.
“Ho anche sbriciolato il suo tentativo di salvarla…”
Dana annuì e Harry si sentì ancora più svuotato. Aveva tentato di salvare almeno lei…certo, così facendo lui sarebbe morto, ma non era questo ciò che rilevava di più agli occhi di Harry. Tutto quello che riusciva a pensare era che Piton doveva averla amata molto per arrivare a chiedere salva la sua vita a Voldemort.
“Lei ha scelto me, dandomi il potere per sconfiggerlo…la Profezia…perché Voldemort doveva conoscerla?” ragionò ad alta voce, seguendo il filo dei suoi pensieri.
L’altra grande questione, talmente grande da lasciarlo senza respiro se ci pensava troppo a lungo.
“Perché doveva designarti, stando a quel che mi spiegò Silente. Se non avesse mai conosciuto la Profezia, non vi avrebbe scelti e non avrebbe tentato di ucciderti. Così tua madre non si sarebbe sacrificata per te, fornendoti lo scudo che ti ha protetto dal suo primo attacco. Se le cose fossero andate diversamente saresti morto al primo scontro quasi di sicuro. E poi, credo, se i tuoi genitori fossero rimasti in vita non avresti mai vissuto tutto quello che ti ha fatto diventare ciò che sei ora.
Mi rendo conto che può sembrare un discorso crudele, ma tutto il dolore e i sacrifici sopportati fino ad ora sono serviti a darti i mezzi necessari per batterlo, e per farti scoprire cosa voglia dire davvero la parola Amore.”
“Quindi, secondo te, le cose dovevano per forza andare così?” chiese Harry con un moto di rabbia.
“Si, credo di si. E, anche se solo in parte, lo credeva anche Silente, ricordi? Tuttavia, Harry, non è ancora scritto come andrà a finire. Su questo non credo ci sia nulla di sicuro.”
Harry annuì meccanicamente, sentendo lo stomaco contorcersi. Non era ancora detta l’ultima parola. Tutte quelle vite spezzate, tutte quelle vite colme di dolore…non poteva sprecare tutto, non doveva. E ora sapeva di avere un alleato in più, prezioso e potente.
Aveva fatto bene a seguire Dana, questo era ovvio, ma c’era ancora una cosa che gli premeva sapere per avere una visione completa. E poi era una domanda che si era posto troppe volte per poterla ignorare proprio in quel momento.
“Posso farti una domanda? È molto personale…”
Dana sorrise di traverso, inarcando un sopracciglio e andando a sedersi stancamente sul bordo del letto sfatto. Non riusciva più a stare in piedi.
“Avanti, chiedi pure. Mi sembra che sia proprio la giornata giusta.”
Harry piegò un angolo della bocca in un sorriso stiracchiato e sospirò, cercando di trovare le parole giuste e non trovandole. Forse non ce n’erano. Bisognava solo andare al punto.
“Perché lo ami? Cosa hai visto in lui che ti ha fatta innamorare?”
Dana trattenne un attimo il respiro, sgranando appena gli occhi.
“Giovane Potter, questa proprio non me l’aspettavo….”
“Di tutte le domande personali, sei andato a prendere quella più difficile!” disse quasi ridendo.
Si sistemò meglio sul letto e abbassò lo sguardo, perdendosi un attimo nei propri pensieri.
“Perché lo amo… Uno dei tanti lo hai visto anche tu. Il suo coraggio, la sua determinazione. Ma non si tratta ovviamente solo di questo. Con i miei poteri di empatica sono riuscita sempre a scorgere Severus al di là della sua maschera di acidità e insofferenza. Ho visto la sua anima.
E poi, Harry, io ho vissuto accanto a Severus per sette anni, a Hogwarts. Sette anni durante i quali Riddle non c’era e lui stava tornando a respirare un attimo. Lo vedevo impegnato nei suoi studi, nelle sue ricerche. E avevamo la stessa passione per le Arti Oscure, la stessa ostilità nei confronti dei pregiudizi e delle etichette, la stessa voglia di esprimersi liberamente e lo stesso obbligo a non farlo. Siamo diventati complici, fin dall’inizio, addirittura fin da quando eravamo ancora entrambi dei Mangiamorte, e poi … poi io mi sono innamorata. Non credo di poterti dire esattamente quando, so solo che un giorno, durante una lezione di Pozioni, ho capito perché non riuscivo a stare mai del tutto tranquilla quando passava accanto al mio calderone.
Io…non lo so…credo che quello che mi ha fatta cedere a lui sia il fatto di aver guardato dentro le sue emozioni, e di averci visto dietro tanto amore, silenziosa guida delle sue azioni, a dispetto della terribile paura che quel sentimento riesce a incutergli…in tutti i sensi, con Severus ho capito perché si dice che non si comanda al cuore. E all’inizio, l’aver visto tutto questo celato in lui mi lasciava spesso senza fiato, e senza parole, strumenti troppo miseri per esprimere davvero la dimensione di quelle emozioni.[1]
È stata dura, perché Severus non mi ha quasi mai concesso nulla di se stesso più di quel che credeva di potermi dare. Eppure alla fine mi ha dato più di quanto lui stesso probabilmente si sarebbe mai aspettato. La stessa scelta di farmi diventare la sua Custode…
Vorrei solo che alla fine di tutto si ricordasse che proteggere la sua vita è tutto quello che può darmi.”
“Credi che non lo farà?”
“Credo che non sopporti più se stesso, non da dopo quello che ha dovuto fare alla Torre di Astronomia. Nemmeno la richiesta di Silente stesso di riprendersi la sua vita basterà, temo…”
“Io credo che basterai tu.” Sospirò Harry, mentre Dana scuoteva la testa.
“No Harry…”
“Puoi sostenere le tesi che vuoi Dana, ma ora so che quell’uomo è in grado di amare in silenzio, e che lo fa tenendosi in disparte, proteggendo da se stesso la vita di chi ama. Ed è quello che ha fatto con te.”
Dana fissò Harry senza dire una parola, la bocca semiaperta come per obiettare qualcosa, ma la bocca improvvisamente troppo secca per parlare, così Harry continuò.
“Quella sera, mentre eri ferita e praticamente quasi morta…come ti guardava… forse dovrai aspettare che riesca a fare pace con se stesso. Da quello che ho visto, il problema è quello. Ma sei molto importante per lui, più di quel che ti ostini a sostenere.”
Le parole gli erano uscite di bocca senza controllo, ed era davvero quello che pensava, ma allora perché c’era tutta quell’amarezza?
La giovane donna di fronte a lui era stata una guida perfetta lungo un percorso spinoso e ora lui aveva acquisito una nuova consapevolezza, quella che Silente aveva cercato di trasmettergli senza tuttavia riuscirvi fino in fondo; la risposta era sempre solo una, l’amore. Ora non lo avrebbe più dimenticato, non avrebbe più commesso quello stupido errore.
Cercando di non farsi vincere dalla stanchezza, Harry andò a sedersi vicino a Dana, guardandola apertamente, come se stesse studiandola, ma poi dovette distogliere lo sguardo.
“Mi dispiace.”
Dana corrugò la fronte e si sporse appena, per guardarlo meglio.
“Ti dispiace? E di cosa?”
Harry si drizzò sul letto e guardò dritto di fronte a lui prima di guardare lei.
“Di averti fatto rivivere tutti quei ricordi. Lo hai fatto perché io altrimenti non avrei capito la verità, però mi dispiace che tu abbia dovuto soffrire per questo.”
Dana scrollò la testa, ma Harry la precedette.
“Non pensare nemmeno di dirmi che non è vero! Ti ho vista. Stavi male sia fisicamente che psicologicamente. Non avresti dovuto fare uno sforzo simile.”
“Harry, è inutile il senso di colpa. E poi tu guardi le cose sempre in una prospettiva sbagliata.” Disse divertita, sollevando appena un angolo della bocca.
“Che prospettiva?”
“Tu credi che il mio sia spassionato altruismo, ma non lo è. Al di là di ciò che è necessario per eliminare Riddle, faccio tutto quello che faccio innanzi tutto perché lo voglio, ma anche perché spesso è di aiuto a Severus.”
Harry spalancò un attimo la bocca, ma poi la richiuse, sorridendo a sua volta.
“Si, credo di capire.” Ammise debolmente, posando gli occhi sulla punta delle scarpe.
“Ora forse è meglio tu vada.”
“Credo anch’io. Ho bisogno di stare un po’ tranquillo, per conto mio.”
Dana annuì e gli sorrise, sapendo che in effetti Harry aveva bisogno di quiete. Quello che aveva scoperto durante quelle ore non doveva essere facile da incamerare e digerire.
“Però se dovessi avere bisogno di qualcosa, manda un Patronus. Sei stremata…”
“Harry, ti prego…te l’ho già detto che in troppi hanno esagerato con le manie di protezione nei miei confronti. So stare sulle mie gambe.” Sospirò Dana con aria divertita “E comunque credo che tra poco arriverà Severus…”
“Allora meglio che vada.”
Detto questo, alzò una mano in segno di saluto e sparì dalla stanza.
Non appena si fu Smaterializzato, Dana cancellò dal proprio volto il leggero sorriso con cui lo aveva salutato e agitò la bacchetta richiamando a sé un vecchio e logoro quadernetto, nascosto tra le poche cose che si era fatta portare da Hermione.
Lo aprì e fece scorrere gli occhi su delle vecchie fotografie. In quasi tutte era ritratta la sua famiglia, o quel che ne era restato nel corso degli anni, ma ce n’era una che voleva rivedere… il giorno del suo diploma.
Eccola lì, nella sua divisa perfettamente tenuta e indossata, il rotolo sotto braccio e uno strano sorriso in volto. Lei e Severus non riuscivano più a parlarsi da un paio di mesi a causa dell’unica notte passata insieme fino ad allora, ma lei non poteva andarsene così, senza neanche una sua foto, e così aveva escogitato quel trucco…si era fatta fare la foto mentre tutti i professori erano dietro di lei. Aveva aspettato il momento giusto e alla fine c’era riuscita. Severus, in fondo alla fotografia, stava fermo a fissarla con sguardo assorto, e Dana sapeva che l’immagine di Severus, a differenza di quella degli altri Professori, non usciva mai dal riquadro della foto.


[1] Chissà se è evidente o no…ma questo capoverso è ispirato ad una canzone di Vasco, “Senza Parole”. Mentre progettavo la FF ho avuto modo di ascoltare con attenzione quella canzone, e la parte in cui usa le parole che poi ho riportato qui mi ha colpita, perché esprime esattamente quello che Dana prova, lo stato in cui cade quando “affronta” i propri sentimenti per Severus. Senza fiato…soprattutto senza parole adatte per spiegare. Come potevo non trovare il modo di inserire questa cosa? J
 
 
 
 
 
 
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Capitolo 20
*** Sentieri Pericolosi ***


ginny93. Probabilmente la FF sarà finita quando arriverai a leggere questo capitolo, ma ci tenevo a ringraziarti per il commento e per gli apprezzamenti che mi hai lasciato. E se arrivi fin qui a leggere queste righe, allora ti ho proprio appassionata! Ciao!
 
Astry_1971. Carissima, bentrovata! Ti giuro che non era mia intenzione farti star male, ma non era proprio possibile evitare la scena del cimitero, ti pare? E comunque, se può consolarti, sono stata male anch'io mentre la scrivevo...insomma, pensare a quello che può aver provato è pesante, a volte doloroso. Perchè in fin dei conti noi lo vediamo così, con una sensibilità e uno spirito di sacrificio tali da renderlo inimitabile, sofferente e umano. In altre parole, adorabile! Continuerò a porre la domanda: ma quanto siamo masochiste? Eppure non si può proprio non adorarlo.
In quanto a JK, se lo fa cattivo, allora è la prima a non aver capito il suo personaggio. Mi rifiuto categoricamente di credere che abbia scritto certe cose e che poi lo riveli come devoto a Voldemort, sarebbe ridicolo e assurdo! Spero con tutto il cuore che sia lui il personaggio che ha "graziato"...guai a lei, guai a lei, guai a lei!!!!
Però, sai, è meglio se non assomigli troppo a Severus, come insegnante. Insomma, lui fa così perchè è un pochino frustrato dalle sue maschere e perchè ha tanta rabbia...meglio non essere così, che dici?
Ah, dimenticavo....guarda che a questo capitolo non puoi non lasciare un commento....preparati, ih ih......
 
gealach. Ciao! Visto il tuo amore per la coppia Severus/Lily, sono felicissima di esser riuscita a commuoverti. Dici che avresti strozzato Silente? Beh...anch'io!!!!! Insomma, come si può arrivare a chiedere tanto? Ok, alla fine è per il bene di tutti, per la salvezza di Draco, Harry e Severus stesso, però mi auguro che JK faccia venir fuori che Silente ha provato almeno un pò di rimorso nell'avanzare la sua assurda richiesta (perchè mi rifiuto di prendere in considerazione altre ipotesi!!!). Come se Severus non avesse già abbastanza cosa di cui rimproverarsi e per cui non dormire la notte!
Con questo capitolo però cambiamo un pò registro e coppia...spero ti piaccia lo stesso!!
 
kagome chan. Ciao stella, non ti preoccupare per il ritardo, l'importante è che i capitoli ti piacciano! E mi pare che ci siamo, no? Lo so che lo sto facendo soffrire, è innegabile, però mi sa che diversamente non si potesse fare...comunque consolati, qualche soddisfazione se la prenderà anche lui, e chissà...ih ih...
Vedo che la reazione di fronte a Silente è comune a più persone! Bene! Allora non devo sentirmi strana io per l'istinto a dargli una pedata nel sedere che ogni tanto mi prende...
Goldenboy?!?!?! Mi fai morir dal ridere, giuro! Chiamare così Harry è troppo spassoso! Comunque vedrai che da ora anche Harry si dimostrerà degno di omaggi. In fin dei conti, anche lui non è un tipino da poco.
Ah, e con la nutella come la mettiamo? Se sei senza, procurati un pò di cioccolato per questo capitolo...
 
redistherose. Bentornata! Caspita, sai, nemmeno io vado tanto d'accordo con la Telecom, avendo Alice che salta ogni tre per due...quindi ti capisco...ma l'importante è che ora tu sia tornata su questi schermi. Come sempre hai una precisione chirurgica nello scovare le frasi che anche per me sono le più significative. Come fai? Incredibile...
Sai che scrivere la parte della confessione di Severus davanti a Silente è stata un'impresa! Proprio per il fatto che mi sono sempre dovuta richiamare all'ordine per rendere il Preside un pò più duro del solito, più "ostile" nei confronti di Severus, perchè ero troppo abituata a leggere della sua immensa fiducia! E ricordarmi che all'inizio non poteva esser stato tutto così facile è stata duretta...
Già, anche io dubito che JK concederà lo stesso spazio ai sentimenti di Severus, ed è per questo che io qui sto "esagerando". Insomma, so che il personaggio principale non è lui, ma nella mia storia si! A volte mi chiedo se non rischi di diventare troppo pesante nell'insistere in certe cose, ma non mi riesce di fare diversamente. Insomma, Severus ha bisogno di spazio per lasciarsi conoscere, e io ho intenzione di concederglielo tutto!
E con questo capitolo mi sono proprio sbizzarrita!
 
 
 
 
 
 
 
Sentieri pericolosi
 
 
La sera era scesa da tempo e il freddo pungente dell’aria era fastidioso, ma Severus Piton, immobile di fronte ad una vecchia casa a più piani abbandonata, sembrava non rendersene minimamente conto. Gli occhi scuri erano tenacemente ancorati ad una finestra del primo piano della casa. Qualcuno aveva acceso delle candele…
Sapeva che doveva muoversi da lì, che doveva Smaterializzarsi e ricomparire dentro quella stanza, ma all’improvviso non gli era più possibile farlo.
Strinse le mani a pugno, facendosi male con le unghie. Detestava essere così miseramente debole, così umano e fragile di fronte a quella cosa.
Quella cosa…un sorriso sghembo gli increspò le labbra, mentre nella sua testa sentiva distintamente la voce di Silente dirgli con pazienza che quella cosa, come la chiamava lui, era amore.
“Non sono fatto per l’amore, Albus. Ormai dovresti averlo capito. Posso spingermi oltre il limite, gettarmi nel rischio e nella menzogna e poi uscirne intatto. La mia corazza serve a questo. Posso anche mentire all’Oscuro, ingannarlo, quasi prenderlo in giro con la mia perfetta farsa, ma amare… No Albus, questo fa veramente troppa paura.”
Eppure detestava comportarsi come un vigliacco, non lo tollerava, quindi prese un respiro un po’ più profondo e chiuse gli occhi, scomparendo dalla via e ripresentandosi alla porta della stanza appena illuminata.
 
La porta era socchiusa e un cono di luce si gettava sul corridoio e su lui. Ancora un attimo di esitazione, poi la mano si posò sulla porta e spinse appena.
Solo un leggero cigolio e lui poté entrare nella stanza.
Dana era addormentata, un libro lasciato cadere casualmente accanto a lei e solo tre candele accese sul comodino.
Con passi leggeri Severus avanzò verso il letto per controllare che dormisse e il respiro regolare della giovane donna gli disse che era ancora profondamente addormentata.
“Sembra quasi una trappola da tanto bene è congegnata questa situazione!”
Una trappola pericolosa che stava già scattando. Immobile accanto al letto, Severus la osservò con calma, dandosi il tempo di registrare ogni dettaglio e imprimerselo bene nella mente per poi dimenticare, consapevole che conservare una sua immagine così perfetta sarebbe stato troppo doloroso.
Doveva essere veramente molto stanca per addormentarsi così profondamente da non accorgersi della presenza di un’altra persona…chissà cosa aveva combinato. Un braccio era steso verso lo strano libro rimasto aperto (a quel che vedeva, un album fotografico) e l’altro era piegato sul petto, abbandonato. Ma quello che più lo colpì furono i capelli, i suoi meravigliosi capelli mossi, sparsi in onde disordinate sul cuscino candido, che con il loro rosso scuro sembravano intricati sentieri di sangue.
“Sentieri di vita, perché quello è il sangue della vita, non della morte.”
Un angolo della bocca gli si sollevò in un sorriso amaro.
“Non è il sangue che ho sulle mie mani. Lei appartiene ancora alla vita…la mia splendida protetta.”
Una terribile sensazione di vuoto allo stomaco lo costrinse a volgere gli occhi altrove, così si girò e cercò di distrarsi con qualunque cosa, ma la stanza era spoglia e desolata, come l’aveva lasciata.
Dana si svegliò in quel momento, mentre lui dava le spalle al letto. Sbatté gli occhi un paio di volte prima di mettere a fuoco bene la stanza, ma non ebbe paura della figura scura che si stava allontanando dal letto. Aveva fatto in modo che in quelle ore solo lui potesse entrare.
Si mosse pigramente tra le lenzuola e si volse su un fianco, osservandolo.
“Credevo non ti saresti più svegliata.” Disse calmo Severus, volgendosi a guardarla con espressione del tutto indifferente.
“Perché? Dormivo tanto profondamente?”
“Non ti sei nemmeno accorta che sono entrato.”
Dana si strinse nelle spalle e gli sorrise divertita, facendolo vacillare di nuovo.
“Merlino! Sei così giovane ancora! Così simile a quando eri a scuola…”
E rivederla tra delle lenzuola candide, con quell’espressione soddisfatta e serena in volto, gli fece riaffiorare alla mente ricordi che era convinto di aver sepolto per sempre.
Solo che quella volta le lenzuola erano nere…
“Come se non fosse stato più che sufficiente averla trascinata in un incubo e averle distrutto la famiglia! Ho dovuto anche…”
Non gli riuscì nemmeno di finire il pensiero mentre incontrava gli occhi verdi di Dana, tanto gli sembrava immensa l’assurdità di quello che le aveva fatto.
Dana si irrigidì immediatamente nel letto e si mise lentamente a sedere, protesa un po’ in avanti, ora con i capelli completamente allo sbaraglio, sparsi sulle sue braccia.
“Non pensare sciocchezze!” lo ammonì con voce bassa e tagliente. “Sono stanca di rintracciare in te questi pensieri! Il responsabile del mio dolore e di quello della mia famiglia è sempre uno solo, e non sei tu.”
Sembrò che persino le fiammelle delle candele danzassero a un ritmo diverso, percosse dalla durezza delle parole di Dana, ma Severus non era una fiammella.
“E il resto…non riesci davvero neanche a pensarlo?” chiese con voce improvvisamente più debole.
Dana sapeva che il suo respiro si era fatto improvvisamente più veloce, ma non voleva assolutamente che lui se ne accorgesse. Sapeva che era ancora innamorato di Lily, e con un fantasma è praticamente impossibile competere, ma almeno avrebbe voluto che lui non odiasse così tanto il ricordo di quello che li aveva uniti.
“Avevi solo diciassette anni…” rispose Severus, anche lui con voce bassa “E avevi diritto ad avere qualcuno di diverso da me.”
Dana sorrise amaramente e lo guardò senza imbarazzo.
“Devo ricordarti come sono andate le cose, Severus? Io volevo te! E se la memoria non m’inganna, so anche di avertelo detto.”
Inchiodato da quelle parole, Severus fece l’unica cosa che gli risultava possibile in quel momento. Si mosse verso di lei, con calma e passi misurati, ma odiandosi per non essere assolutamente in grado di affrontare l’argomento.
Quando fu accanto al letto le fece segno di scoprirsi, mentre armeggiava sotto il mantello.
“Buffo. Visto il discorso che stavamo facendo, mi era quasi parso tu non volessi altri ricordi di me mezza svestita su un letto.”
Gli occhi di Severus saettarono verso di lei, come se fosse possibile farla tacere così, ma Dana non era uno degli studentelli intimoriti che faceva tremare attorno ai calderoni.
Estraendo con eleganza un’ampolla da sotto il mantello, rimase con lo sguardo puntato su di lei.
“Devo medicarti. Questo farà rimarginare del tutto le ferite.”
Per nulla al mondo avrebbe abbassato lo sguardo, cedendo anche su quel fronte, ma era dannatamente difficile continuare a perdersi in quegli occhi così determinati senza dar segno del proprio cedimento.
Dana sospirò e allontanò bruscamente lenzuola e coperte, sollevando la maglia del pigiama e girandosi per permettergli di lavorare meglio.
“Peccato…” sospirò accoccolandosi contro il cuscino e chiudendo gli occhi. Sapeva che non avrebbe dovuto dirlo, che Severus era incredibilmente fragile quando si parlava di quello che era accaduto tra loro, ma non poteva nemmeno starsene lì a rimuginare su quanto fosse doloroso sapere che quello che era per lei uno dei ricordi più belli, per lui era un peso.
Così il sarcasmo e la provocazione erano le uniche armi che aveva. Esattamente come lui.
Fece finta di non sentire le mani che la curavano, fece finta di non sentire assolutamente la delicatezza dei gesti, e si rifiutò di accorgersi della preoccupazione e dell’attenzione che le stava riservando.
“Dannazione! Sarà mai possibile che riesca a ferirmi e un attimo dopo a farmi sprofondare nello struggimento più assurdo per lui? No, assolutamente no! Non posso permettere che abbia tutto questo potere su di me!”
Eppure sapeva bene che era solo il suo orgoglio ferito a parlare, perché se quello non era struggimento…
“Cosa hai fatto oggi?”
La voce di Severus la costrinse ad abbandonare quei pensieri spinosi, ma per condurla su vie più pericolose. Severus non era persona solita a frasi di quel tipo…
Calando una perfetta maschera d’innocenza, Dana si volse e lo guardò.
“Perché?”
“Perché la ferita è sofferente. E Fanny deve averti curata anche quando io non c’ero, è evidente.”
Dana strinse appena le labbra e scrollò la testa, consapevole che, se si vuol mentire bene, bisogna allontanarsi il meno possibile dalla verità.
“Non ti si può tenere nascosto proprio nulla!”
“Cos’hai fatto?” ripeté Severus, e Dana sentì che il tono che aveva usato era forzatamente controllato.
“Allora ci tieni a me, burbero d’un Mago!”
Sospirando, Dana si ricoprì con calma e si mise a sedere, mentre lui rimaneva fermo a fissarla.
“Oggi ho parlato a lungo. È stato un pomeriggio intenso… ma non ho fatto nient’altro.”
Severus strinse appena gli occhi neri, scrutandola con attenzione. Non provò a usare la Legilimanzia, sapeva che era del tutto inutile, ma continuò a guardarla come se sul volto di lei potesse comparire la risposta che voleva.
“Parlare? E con chi? Non credo che Fanny sia una parlatrice d’eccellenza.” Commentò acido.
“A dire il vero Fanny si fa capire molto bene, quando vuole! E comunque, non ho parlato con lei, no. È stato qui Harry.”
Come immaginabile, bastò l’aver pronunciato il nome del ragazzo per far scattare la reazione di Severus, che istintivamente strinse le labbra.
“Il giovane Potter doveva forse confessarsi?”
Dana lo fulminò con un’occhiata e strattonò appena le coperte per posarsele sopra.
“Harry aveva bisogno di parlare, e anch’io. Sono successe troppe cose in poco tempo, e aveva bisogno di confrontarsi con qualcuno che non fosse uno dei suoi migliori amici.”
“Si da il caso che tu per lui abbia già fatto anche troppo. Forse evitare di stancarti sarebbe stata un’iniziativa intelligente!” commentò acido.
Dana sorrise, cattiva.
“Si, forse, ma mi sono sentita di fare così. Harry è una persona che continua a sorprendermi, e l’idea di parlare con lui senza altri attorno mi incuriosiva.”
“Mi piacerebbe proprio sapere in cosa Potter riesca a sorprendere tanti.” Sibilò Severus, rendendosi conto che era una di quelle cose che di solito si limitava a pensare. Ma sentire Dana esprimersi in quei termini era stato quasi doloroso. Aveva faticato a comprendere perché Silente si accanisse nel ripetergli che Harry aveva delle grandi potenzialità, ma aveva sempre inghiottito il boccone, riponendo nella valutazione del Preside la massima fiducia.
Però con Dana era diverso. Non era riuscito a controllarsi, non ce l’aveva proprio fatta e la sua bocca aveva pronunciato la frase ancor prima di rendersi ben conto di quel che stava facendo.
Ah, brutta bestia la gelosia…
“Lo capiresti anche tu se solo non fossi così ostinato e così deciso ad odiarlo. Sai, più lo conosco più mi chiedo come fai a non capire…insomma, è innegabilmente un Grifone…” sospirò Dana facendo un cenno di tolleranza con la mano “Ma è sveglio, è capace, e soprattutto, nonostante la giovane età, ha un senso dell’onore che di solito tu stesso sei solito cercare nelle persone.”
“Addirittura?” chiese sarcasticamente Severus, inarcando un sopracciglio in un’espressione di scherno.
Dana non si fece minimamente intimorire, lo conosceva troppo bene per lasciarsi incantare da quei vecchi trucchetti. Inoltre l’aver visto lo sforzo di Harry nel concedere a Severus una qualche speranza, durante il viaggio attraverso i suoi ricordi, le aveva fatto capire che non poteva agire solo su un fronte, non sarebbe stato giusto.
“Harry non è la persona che credi tu, non lo è affatto. Non ti ripeterò che non è James, perché questo discorso lo abbiamo già fatto ed è stato del tutto inutile. Però ora so con certezza che Harry non è un ragazzino con manie di grandezza, o un avventato Mago inesperto che vuole vendicarsi. Se solo tu ti decidessi a sciogliere le tue riserve su di lui…sai perfettamente che sono senza fondamento, e che anzi, quasi sono un insulto a quello che è stato.”
Lo sguardo di Severus si fece più duro e dal suo volto sparì ogni traccia di sarcasmo, mentre pareva farsi persino più pallido del solito.
Dana si limitò a continuare a fissarlo, sentendosi leggermente in colpa per aver portato un colpo così basso. Ma se Severus aveva bisogno di colpi bassi per ritrovare la ragione su quel punto, lei non glieli avrebbe risparmiati.
“Il tuo odio per suo padre non può continuare a  ricadere su di lui, non solo perché Harry non è James, ma perché è anche di…”
“Ho capito perfettamente quello che intendi dire.” La bloccò lui con un tono che non ammetteva repliche, e Dana seppe di aver colpito il segno.
“Si Dana, lo so bene che Harry non è James. Ma è di James, è il suo sangue, la sua discendenza… sua e di Lily. Per lui, lei si è sacrificata!”
Un mezzo sospiro gli uscì di bocca e il suo sguardo si abbassò, facendolo sprofondare nella propria coscienza.
“No…non per lui, lo so bene…ha ancora ragione Dana, non è colpa del ragazzo. La colpa è mia, solo mia, e questo fa scatenare una rabbia che non ha eguali contro me stesso. Perché il responsabile di quello che le è successo sono io. Ed è questo che mi ostino a cercare di dimenticare odiandolo.”
“Proprio per quello che è stato, provo ancora troppa rabbia.” gli sfuggì, quasi che tenere solo per sé quelle considerazioni fosse l’ennesimo peso di troppo “Non riesco a vedere in lui tutto quello che vedi tu.”
Dana sbuffò appena, inarcando un sopracciglio.
“No, è che ti fa troppa paura l’idea di lasciare andare quella rabbia, come se senza quella non ti rimanesse più nulla.”
“E non è forse così?” chiese seccato, più dalla precisione chirurgica delle parole di Dana che da altro.
“No. Assolutamente no, però questo devi volerlo vedere Severus, e in questo non posso aiutarti più di tanto. Però, se tu provassi, forse ti renderesti conto che tu e lui vi somigliate più di quel che si potrebbe pensare.”
Un sorriso mortalmente amaro increspò le labbra di Severus.
“Ci somigliamo dici? Credo tu ti sia stancata troppo…”
“Si, è vero, ma sai bene che quando sono stanca vedo le cose con meno fronzoli.” Brontolò Dana, accoccolandosi meglio nel suo giaciglio sgangherato, e corrugando un po’ la fronte per una fitta al fianco.
Severus le si accostò e allungò una mano verso le coperte, che però lei trattenne con stizza.
“Non cercare di distrarmi con le tue cure!”
Severus le indirizzò uno sguardo sorpreso solo per una manciata di secondi, ritornando in fretta alla sua solita espressione rigida. Ma questa volta sembrava anche scocciato.
“Oh, lo so che preferiresti che io ti lasciassi cambiare argomento, ma non questa volta…Severus, quel ragazzo ha perso moltissime persone che amava, non sa cosa voglia dire avere una famiglia, e nonostante tutto il dolore che questo gli ha causato è ancora in piedi che combatte. Per la causa ha rinunciato a molto, in sostanza ha condizionato la sua vita. E ha solo diciassette anni! E poi, tu non sai con quanta determinazione si muove per raggiungere il suo obiettivo…dimmi ora: ti ricorda nessuno questa descrizione?”
Lo sguardo di Severus divenne penetrante e duro, ostinato. Con un gesto rabbioso si volse di scatto e si allontanò, fino a raggiungere la sedia che era solito usare. Poggiò le mani sulla spalliera e, senza neanche accorgersene, strinse più di quanto fosse necessario.
Dana stava rimanendo in silenzio, e lui sapeva che probabilmente lo stava facendo apposta, in modo tale che le parole che aveva appena pronunciato gli rimbombassero in testa e nel cuore.
Quante volte aveva già sentito quel discorso da Silente? Non se lo ricordava nemmeno, ma per lui era stato infinitamente più facile continuare a non sentire, a non vedere, a non voler capire.
Ed era vero che non aveva il coraggio di abbandonare la rabbia perché temeva che così tutta la sua determinazione sarebbe svanita.
Eppure le parole di Dana stavano avendo un effetto inaspettato. Continuavano a rimbombargli davvero in testa, come se lei stesse continuando insistentemente a ripeterle. E il suo cuore stava cominciando a cedere. Ricordava bene quello che aveva provato quando, giovane e completamente disilluso, aveva visto e sentito il vuoto attorno a sé.
“Non puoi volere che questo capiti ad un altro, anche se si tratta di Harry.”
Severus chiuse gli occhi, serrando con forza le palpebre.
“Severus…”
Severus si volse, questa volta lentamente, ma non disse nulla. L’unica cosa che fece fu guardarla, fissarla senza riserve, lasciando che Dana scorgesse lo stato in cui era, il profondo sconforto che provava nel realizzare con amarezza quanto la sua vita fosse pervasa dal risentimento.
Dana sentì il cuore stringerlesi in petto, ma tentò di trattenersi.
“Maledizione! Come diavolo posso aiutarlo, se poi crollo nel vederlo così.”
Distolse lo sguardo cedendo al proprio cuore, mise mano alle coperte scansandole in malo modo e muovendosi per posare i piedi a terra, ma Severus fu più veloce di lei e la raggiunse con pochi passi.
“Non azzardarti ad alzarti! Sei ancora instabile!” disse scocciato, e nello stesso tempo lieto di poter improvvisamente concentrare la propria attenzione su altro.
Dana rimase con gli occhi incollati sui propri piedi fino a quando non li ebbe posati a terra, poi fece leva sul bordo del letto e si sedette in punta, mentre le mani di Severus le si posavano sulle spalle nel vano tentativo di trattenerla a letto. Dana lo afferrò per i polsi e approfittò della presa per alzarsi.
Ostinata e testarda, si mise in piedi, ma le forze che aveva parvero non essere sufficienti per reggerla stabilmente e traballò un attimo, quel tanto che bastò ad indurre Severus ad afferrarla alla vita e sostenerla.
“Sei una dannata testa dura, lo sai?” le soffiò all’orecchio, tradendo però l’orgoglio che provava per questo.
Dana sospirò e artigliò la stoffa della giacca nera di Severus. Aveva bisogno di un appoggio, ma in fondo aveva anche bisogno di trattenerlo.
“Sono proprio ridicola…fino a un momento fa l’ho riempito di discorsi per lui dolorosi, e ora darei
non so cosa per confortarlo, per abbracciarlo e cercare di tranquillizzare il suo animo.”
Severus registrò con terrore la presa di lei e cercò un valido pretesto per fare un passo indietro, ma aveva paura che lei cadesse.
“Pessima bugia Severus, sai mentire meglio.” Si disse con rabbia.
Serrò con forza gli occhi per la seconda volta e scacciò quel pensiero molesto, non osando muovere nemmeno un muscolo.
“Certi discorsi fanno male ad entrambi Dana. Ora hai bisogno di startene tranquilla, non di far discorsi che comunque non portano a nulla.”
Dana scrollò violentemente la testa picchiando non troppo debolmente un pugno sul suo petto, frustrata da quelle parole e da quello che nascondevano oltre loro.
“Ho sempre rispettato le tue scelte Severus! Sempre, anche quando erano pericolose, anche quando sapevo che ti avrebbero condotto verso la sofferenza! Non ho mai preteso nulla da te, non ti ho chiesto di fare a modo mio! Ora non puoi chiedermi di starmene ancora zitta, in disparte, come se non vedessi gli errori che commetti! Adesso è il tuo turno di rispettare le mie scelte!”
“E quali sarebbero Dana?” chiese Severus alzando appena il tono di voce e tradendo la propria collera “Quali sarebbero le tue scelte? Ostinarti in una causa persa? È ridicolo!”
Dana lo fulminò, sorretta da una forza scaturita dalla sua rabbia, dalla frustrazione di non poter scalfire quel muro solido e spesso che lui aveva costruito tra loro, credendo che servisse a proteggerla.
Ma adesso era stanca di quel muro. E sapeva di avere in sé le parole per farlo crollare, o almeno per intaccarlo.
“Vuoi chiamarti una causa persa?” sorrise sarcasticamente e non abbassò lo sguardo, tenendo catturato quello di lui “Va bene, ora ti spiego cos’è per me questa causa persa!”
Severus si mosse istintivamente all’indietro, perché persino il suo corpo non voleva sentire quelle parole, ma Dana sapeva che avrebbe potuto reagire così ed era pronta. Strattonò ancora la sua giacca nera quasi con prepotenza, e rimase in silenzio un attimo, solo per il tempo necessario a fargli capire che quella volta non avrebbe potuto sottrarsi a nulla.
“Te lo avevo detto che prima o poi mi sarei procurata il momento giusto per parlarti.” Bisbigliò.
“Ci ho provato a non amarti, me ne sono andata anche per questo, perché in fondo capivo anch’io che era meglio così, ma non è servito a nulla! Ho conosciuto altre persone e ho avuto altri uomini, ma non ho ottenuto alcun risultato e alla fine ho capito che stavo solo sprecando le mie energie…tutto quello che potevo fare era accettare quello che provavo e che provo.
E se ci convivo io, se lo accetto senza pretese nonostante il male che a volte fa, allora puoi farlo anche tu. Non servono a nulla i bei discorsi e i ragionamenti razionali che puoi fare, Severus.
Ma comunque non ho mai preteso nulla e continuerò così. L’unica cosa che voglio è che non sia tu a pretendere che io dimentichi o che neghi ciò che non posso negare. Anche perché tutte le volte che mi sono ostinata a mentire a me stessa mi sono ritrovata con nuove ferita sul cuore, e ora non ne voglio più. Per questo farò di tutto perché tu non ti distrugga da solo, perché tu non calpesti anche quel poco di speranza che e rimasta per il tuo futuro.”
Parole importanti, dette con una sincerità impossibile da non riconoscere, e Severus era sempre stato un ottimo osservatore. Per questo sapeva che era tutto vero, e per questo il suo cuore aveva deciso di dolergli nel petto. Per questo si era ritrovato con la bocca completamente asciutta, con il respiro reso difficile dall’emozione fortissima che non era riuscito ad uccidere, come di solito faceva.
E poi c’era la strana sensazione di essere in bilico sul confine tra due precipizi.
Non avrebbe mai pensato che simili parole avrebbero potuto avere su di lui due effetti così diametralmente opposti.
Una lama piantata nel cuore, perché si ostinava a credere che non fosse possibile che simili sentimenti potessero essere riservati proprio a lui.
Ma anche un vuoto del tutto sconvolgente allo stomaco, perché, come ogni essere umano, tutto quello di cui la sua anima aveva bisogno era proprio quell’amore.
Come conciliare le due cose? Come far convivere dentro sé due stati così diversi?
Non lo sapeva e aveva la vaga impressione che la risposta non esistesse. Tutto quello che avrebbe dovuto fare era cedere a una delle due sensazioni e fare un’altra scelta difficile.
Quasi con sollievo si rese conto di non essere in grado di farlo, non ancora.
Tutto quello che poteva riuscirgli in quel momento era continuare a tenere i propri occhi in quelli di Dana, mentre l’aria entrava nei suoi polmoni in quantità che sentiva insufficiente.
Non si accorse neanche di star avvicinando il proprio volto a quello di Dana. Si mosse lentamente, molto lentamente, ma alla fine sentì una delle ciocche ribelli di lei fargli il solletico ad una guancia.
In quel momento non sarebbe riuscito a controllare il proprio respiro nemmeno se ne fosse andato della sua vita. Eppure non voleva riprendere il controllo. Per una volta, non voleva affatto essere razionale. Quelle parole avevano avuto il potere di cancellare ogni buon senso, ogni traccia della sua ostinata devozione alla causa, ogni senso di colpa.
Violento e inatteso, comparve il dolore bruciante sul suo avambraccio e Dana si piegò in avanti, scossa dal dolore al fianco causato dal Marchio.
Severus serrò gli occhi con forza, non del tutto certo se essere grato per quell’interruzione o no.
La strinse appena un po’ più forte, per poi liberarla con cautela dalla sua presa e ritornare devoto solo ed esclusivamente al proprio dovere.
Dana rialzò la testa e lo cercò con lo sguardo.
Severus non le permise di vedere né sentire nulla in lui, le fece solo un mezzo cenno con il capo e sparì, lasciando la stanza improvvisamente vuota.
Dana crollò sul letto e si portò una mano alla bocca. Sentiva il proprio corpo tremare, ma non si coprì. Non aveva freddo.
Appoggiando una mano sul letto si sdraiò lentamente e si raggomitolò, spegnendo le tre candele accese con un gesto della mano.
 
Aveva vagato a testa bassa e con le mani infilate nelle grandi tasche del mantello per diverso tempo. I crampi di fame non li sentiva neanche più, e il freddo ormai gli era entrato così tanto nelle ossa che ogni suo movimento era rigido.
Eppure era ormai aprile. Chissà perché c’erano ancora quelle basse temperature?
Harry alzò la testa e fissò il cielo, accorgendosi dell’intensità del buio attorno a lui. Forse era l’ora tarda a giustificare la temperatura…quanto tempo era stato là fuori a camminare tra quelle campagne silenziose e deserte?
Se qualcuno dei membri dell’Ordine lo avesse saputo, si sarebbe sentito fare una ramanzina lunga un’intera notte. Non avrebbero capito perché lo aveva fatto, anche perché probabilmente lui non avrebbe spiegato nulla. Tutto quello che sapeva era che, una volta uscito dal vecchio Quartier Generale, aveva sentito il bisogno impellente di stare da solo e di pensare.
La sua mente era così carica dei ricordi di Piton da lasciarlo stordito. Lentamente, con implacabile precisione, gli occhi della sua mente avevano rivisto ogni singola immagine, ogni espressione…
Si bloccò di colpo e serrò gli occhi, mentre con un respiro profondo cercava di alleggerire la sensazione che gli si era accumulata nel petto.
Il tempo trascorso da solo però non era stato d’aiuto, affatto. Il silenzio non si stava rivelano un amico poi così prezioso.
Con un ultimo respiro profondo, lasciando che l’aria fredda della notte gli riempisse dolorosamente i polmoni, si Smaterializzò, ricomparendo davanti alla porta della casa che condivideva con Hermione e Ron.
Entrò piano, facendo attenzione a non far rumore mentre richiudeva la porta. Con gesto stanco si sfilò il mantello scuro e fece per avviarsi in salotto, dove ancora stava scoppiettando un debole fuoco. La stanza era illuminata solo dalle fiamme provenienti dal camino, ma lui non aveva bisogno di altra illuminazione.
Con un piede fece scricchiolare appena una trave del pavimento e da oltre lo schienale di una delle sgangherate poltrone verdi comparve una testa, alzatasi di scatto.
La nuvola di capelli arruffati gli fece capire che si trattava di Hermione.
“Scusa, non volevo svegliarti.” Disse a bassa voce, avanzando verso l’altra poltrona.
“Guarda che qui nessuno stava dormendo.” Disse Ron, rialzandosi dal divano.
Harry rimase a guardarli con aria sorpresa per qualche secondo, poi fece scivolare il mantello sul bracciolo della poltrona.
“Non serviva mi aspettaste alzati fino a quest’ora.”
“Harry, non dire scemenze!” disse Ron, un po’ più energicamente di quanto Harry si fosse aspettato “Credevamo ti fosse successo qualcosa, e siamo anche venuti a cercarti da Dana, ma non siamo riusciti ad entrare…”
“Mi dispiace, ma Dana aveva fatto un Incantesimo alla stanza…davvero, non volevo vi preoccupaste.”
Ron lanciò un’occhiata a Hermione, che rimase ferma e in silenzio. L’unico movimento che faceva era quello di attorcigliarsi le dita delle mani in modo nervoso. Quando anche Ron ebbe riportato lo sguardo su di lui, Harry si rese conto che erano più preoccupati ora che prima. Era così evidente lo stato di abbattimento in cui era? Con buona probabilità la risposta era affermativa.
“Ok, allora credo di dovervi delle spiegazioni.” Sospirò guardando il fuoco morente del camino. Agitò la bacchetta e altri tre pezzi di legno si infilarono tra le braci. Dopo diversi secondi e parecchi sfrigolamenti il fuoco si impossessò anche di loro e la luce aumentò.
“Credo tu non abbia cenato…” buttò lì Hermione, osservandolo timorosamente.
“Infatti, ma ho lo stomaco ancora chiuso…”
Hermione agitò la bacchetta e fece comparire comunque una zuppiera fumante, del pane e un piatto.
“Mangia un boccone, Harry. Almeno ti scalderai.”
Harry fissò la zuppiera e innegabilmente il suo stomaco esultò, anche se la sola idea di ingurgitare qualcosa lo lasciava disgustato.
Meccanicamente, prese il piatto e si versò un po’ di zuppa. Dall’odore era la zuppa di carote e zucca della Signora Weasley.
“Avevamo visto giusto. Dana ha voluto farmi vedere le cose di cui è Custode.”
Ron si sedette più in punta e posò i gomiti sulle ginocchia, riservandogli la massima attenzione, mentre Hermione si raggomitolò e si avvolse in una coperta di lana.
“Lei è la Custode dei ricordi di Piton, di tutto quello che Voldemort non deve poter vedere per continuare a crederlo un suo fedele servitore.”
Ingurgitò un paio di cucchiai di zuppa e il calore della pietanza parve diffondersi nel suo corpo come una piacevole marea, rinfrancandolo e facendogli trovare un po’ di coraggio per pronunciare tutte le parole necessarie alle spiegazioni, parole che sapeva avrebbero fatto di nuovo male.
Perdendo il senso del tempo, e a tratti anche dello spazio, ripercorse ad altra voce tutti i ricordi che Dana gli aveva mostrato. Non si fermò quasi mai, nemmeno quando i suoi amici parevano troppo basiti per sapere dell’altro.
Raccontare loro quello che aveva visto fu una liberazione, ma non poté negare di aver provato imbarazzo mentre parlava del sentimento che aveva mosso Piton verso sua madre.
Per qualche strano motivo, la notizia sorprese solo Ron.
Ma la parte che gli costò più sforzo fu quella legata a Silente. Non aveva più dubbi sul piano del Preside da diverso tempo, ma aver visto quei ricordi aveva evidenziato la sua assoluta incapacità di giudizio e la sua stupida ostinazione nel tenersi stretto il proprio rancore.
Perché non aveva dato retta al Preside? Perché si era caparbiamente rifiutato di vedere l’intensità della fiducia di Silente che, come il mare, era tale da riempire ogni spazio concavo del cuore?[1]
“Beh, amico, ora capisco perché eri così sconvolto.” Disse Ron quando fu chiaro che Harry non aveva più nulla da aggiungere.
Harry abbozzò un mezzo sorriso e registrò con preoccupazione il silenzio di Hermione.
Si volse verso di lei per cercare di capirne il silenzio, incontrando gli occhi della ragazza colmi di lacrime. Anche Ron se ne accorse e le si avvicinò.
“Vi rendete conto dell’errore immenso che abbiamo sempre compiuto?” disse con un filo di voce.
“Hermione, non potevamo sapere! E poi, scusa, con una persona che si comporta come Piton, cos’altro avremmo dovuto fare?”
Hermione si volse verso Ron con aria incredula.
“No, non capisci…tutto quello di cui aveva bisogno da parte degli altri gli è stato negato, e anzi, ha ricevuto sempre solo quello che più probabilmente lo feriva. Possiamo dire che il suo atteggiamento ci ha indotti a comportarci così, si, lo so. Eppure era così evidente che era solo una maschera…ora, sapendo la verità, quanti dettagli che potevamo scorgere già da tempo abbiamo volontariamente trascurato?”
Ron la guardò con aria interrogativa, ma Harry annuì ritrovandosi addosso quel fastidioso senso di oppressione al petto.
“Quando abbiamo tentato di difendere Sirius, alla Stamberga Strillante, c’era troppa rabbia nelle sue parole, ve lo ricordate? E dopo il Torneo Tremaghi…quando ha mostrato a Caramell il Marchio, quando Silente gli ha chiesto se era pronto…” Hermione scosse la testa, districandosi dalla coperta.
“E il ricordo che ho visto sul giorno del suo G.U.F.O., il ricordo dei suoi genitori. Mettendo insieme tutti i pezzi, se si fosse trattato di un altro, avremmo capito che il suo modo di fare era solo una difesa.” Constatò Harry, con un’amarezza nella voce che fece tremare persino Ron.
“Ok, è vero, ma sta di fatto che non possiamo prenderci tutte le colpe.”
“No, hai ragione, non sarebbe giusto” convenne Hermione “Però lascia l’amaro in bocca provare a pensare in che stato deve essere la sua anima. E soprattutto il suo cuore.”
“Però io non capisco una cosa…se era innamorato della mamma di Harry, perché diavolo se l’è sempre presa così tanto con lui?”
“Per via di mio padre e della scelta di mia madre. La spiegazione che mi ha dato Dana si basa soprattutto su questo e sul fatto che sono l’incarnazione dei suoi rimorsi.”
“Beh, poteva pure evitare. No?”
“Oh, Ronald!” sbuffò Hermione drizzandosi sulla poltrona e guardando il suo ragazzo con un cipiglio poco promettente “Se ti mollassi, e tra qualche anno tu ti trovassi ad avere a che fare obbligatoriamente con un figlio mio e di Malfoy, come reagiresti?”
Harry, che stava cercando di concentrarsi ancora un po’ sulla zuppa, finì con lo sputacchiare la cucchiaiata che aveva appena messo in bocca.
Ron rimase fermo immobile e la guardò sconvolto.
“Ti…ti sembrano cose…da dire?” balbettò, paonazzo non solo in zona orecchie.
“Dicevo solo per farti capire” disse lei con sufficienza “Non voglio giustificare Piton, ma posso dirvi che non vorrei mai e poi mai dovermi trovare in una situazione del genere…deve essere…”
“Straziante.” Concluse Harry, amaro.
Ron emise un suono molto simile ad uno sbuffo ed Hermione si accigliò, riportando su di lui l’attenzione.
“Allora? Non mi hai ancora detto come lo tratteresti?” insistette Hermione. “Immaginatelo, con i capelli biondicci e il mio cipiglio, che ti fissa senza particolari simpatie.”
Ron strinse una mano a pugno e si volse dall’altra parte, strofinando la schiena sul divano.
“Inutile pensarci, tanto non accadrà.” Borbottò, mentre Hermione alzava un sopracciglio.
“E comunque, lo affatturerei subito e la farei finita lì!”
Harry, che aveva di nuovo tentato di mangiare, allontanò appena in tempo il cucchiaio dalla bocca, risparmiandosi un secondo rischio di soffocamento. Ma questa volta non riuscì a trattenersi, e finalmente sul suo viso comparve di nuovo un sorriso.
La medicina migliore alla sua tristezza erano loro.
“Oh, beh, almeno la tua voglia di affatturare bambini innocenti è servita a far sorridere Harry.”
Ron le fece un versaccio al quale lei non rispose. Invece, si volse verso Harry.
“Sicuro di stare meglio Harry? Insomma, se ne vuoi parlare…”
“Di cosa esattamente? Ci sono talmente tante cose che…” si bloccò e fissò la sua zuppa. “Non saprei da dove cominciare per spiegare come mi sento. L’unica cosa che ora mi preoccupa è come reagirò la prossima volta che me lo troverò davanti. Come farò a non pensare a mia madre?”
“Fossi in te eviterei di fargli capire cos’hai scoperto. Prescelto o no, rischieresti di trovarti trasformato in un occhio di rospo ancor prima di aver il tempo per fiatare.” Disse Ron con aria convinta.
“Senza contare che metteresti in difficoltà Dana…”
“Lo so, ci ho pensato anch’io, ma sono un pessimo Occlumante, ricordate?”
“Questo è un punto rimediabile.” Sostenne Hermione, incrociando caparbiamente le braccia al petto.”
“E come?”
“Vuoi che ti scopra?”
“Assolutamente no!”
“Allora usa la tua ostinazione per creare uno scudo. Potrai allenarti con Ron. Certo, non c’è paragone, vista l’abilità di Piton, però sempre meglio di nulla…”
“Si, si può fare.” Convenne Ron.
Harry parve pensarci, immaginandosi di fronte a Piton, completamente incapace di nascondere quello che aveva scoperto e il modo in cui si era sentito. Scrollò caparbiamente la testa e scacciò l’immagine.
“Si, credo mi allenerò. E questa volta dovrà essere diverso.”
 
Severus Piton ricomparve automaticamente dove doveva essere, vicino agli altri Mangiamorte, tutti richiamati con uguale urgenza e spietatezza da Voldemort.
Cercando di schiarirsi le idee in un tempo ragionevole, Severus avanzò senza esitazione verso il cerchio che andava formandosi attorno all’Oscuro.
Con preoccupazione, Severus lo scorse mentre si muoveva in modo quasi convulso nei metri che aveva a disposizione e che lo separavano dai suoi adepti.
Era arrabbiato, anzi, forse era proprio furioso.
Quando il cerchio si fu completato, Voldemort si bloccò e si volse verso i Mangiamorte con uno sguardo che aveva del folle, molto più del solito. Severus avvertì distintamente il proprio cuore battere appena più forte. E succedeva poche volte.
“Siamo stati gravemente offesi.” Esordì l’Oscuro con voce vibrante di rabbia. I suoi occhi rossi erano infiammati e sgranati, le sue mani continuavano a muoversi senza un preciso schema e in breve dovette riprendere a camminare, come se dentro lui si agitasse un animale in gabbia.
“Poche ore fa alcuni membri dell’Ordine appena reclutati hanno osato intromettersi lungo la nostra strada. Tre di noi sono stati catturati.” Sibilò con rabbia mentre il suo sguardo percorreva i volti di chi aveva risposto al suo richiamo.
Severus cercò di capire chi fosse stato preso, ma non gli fu possibile indagare più di tanto, sapendo di non poter non guardare l’Oscuro negli occhi, per non insospettirlo.
Eppure, mentre lo sguardo di sangue del suo vecchio Padrone si avvicinava a lui, si chiese come avrebbe potuto chiudere la propria mente, mentre ancora stava lottando per non farsi travolgere da ciò che stava per accadere solo pochi minuti prima. Avere addosso ancora il profumo di Dana non era certo di aiuto…
Dana… se l’Oscuro avesse intravisto anche solo una fugace immagine della ragazza nella sua mente, lei sarebbe stata perduta.
Bastò questo per rendere la sua mente in un istante una fortezza impenetrabile. Dana era un segreto che avrebbe difeso con le unghie e con i denti, non importava quanto sforzo questo avrebbe comportato.
Lo sguardo dell’Oscuro giunse infine a lui, ma non trovò altro che due specchi neri ad attenderlo. Come sempre.
Così passò oltre.
“Aver eliminato il vecchio a quanto pare non è bastato.”
Lo stomaco di Severus si contrasse dolorosamente, ma sul suo volto non un muscolo si mosse.
“Quegli stolti continuano a credere di poterci battere e continuano a sfidarci! Non tollererò oltre i loro affronti! Voglio che per l’alba anche loro abbiano da piangere le loro perdite!”
Come se qualcuno tra loro stesse piangendo l’assenza di tre Mangiamorte.
“Così magari ricorderanno meglio chi sia il più forte.”
Nel cerchio serpeggiò per un attimo un brivido di eccitazione che scivolò su Severus, lasciandolo disgustato ma all’erta. Se l’Oscuro avesse dato ordine di attaccare qualcuno di preciso, avrebbe dovuto fare in modo di tenersi libero per poter dare l’allarme.
“Voglio che colpiate qualcuno che per loro è importante, e che procura loro ottime soluzioni sulle quali potremmo mettere le mani…”
Severus sentì lo stomaco contrarsi di nuovo. Non poteva star parlando dei…
“Voglio le teste dei gemelli Weasley. La loro famiglia è coinvolta per intero con l’Ordine…sarà divertente far trovare loro i corpi dei due ragazzi appesi fuori a quel loro stupido negozio!”
“Chi vuoi che se ne occupi, mio Signore?” chiese Bellatrix, avvicinandosi di un passo.
“Non tu!” sbottò l’Oscuro con stizza “Stiamo parlando di ragazzi. E allora perché non mandare altri ragazzi? Le nostre nuove reclute sono ansiose di mettersi alla prova, non è forse così?”
“Certamente mio Signore.” Rispose con calma e tranquillità una voce.
Severus questa volta non poté impedirsi di volgere la testa. Cosa diavolo ci faceva lì Theodore Nott?
Il ragazzo avanzò lentamente, seguito da altri tre giovani che Severus vedeva per la prima volta. Le maschere che indossavano gli impedirono di capire di chi si trattasse, ma era certo che se avesse visto i loro volti avrebbe rivisto suoi allievi.
Ricacciando indietro l’ondata di ira che stava per travolgerlo, si concentrò sull’obiettivo principale: avvisare i gemelli.
“Nott, ti considero responsabile della spedizione. Niente buchi nell’acqua.”
“Non dubitare mio Signore, ma…se permetti, non siamo al completo.”
L’Oscuro scrutò un attimo il gruppo di giovani e ridusse gli occhi a due piccole e crudeli fessure.
“Draco.”
Per la terza volta in una manciata di minuti, lo stomaco di Severus si fece sentire. Trattenendo appena il fiato, si preparò ad intervenire se necessario.
“Mio Signore.”
Con ugual calma a quella del suo coetaneo, Draco avanzò di un passo, il portamento fiero e lo sguardo sicuro.
“Come mai non ti vuoi unire?” chiese amabilmente l’Oscuro.
“Perdona mio Signore, ma temo di aver frainteso le tue parole. Credevo volessi che questa fosse la loro iniziazione. Se è tuo desiderio che partecipi anch’io, eseguirò il tuo ordine.”
“Allora unisciti a loro!”sibilò l’Oscuro.
Draco annuì con il capo e lanciò uno sguardo gelido a Nott, prima di Smaterializzarsi.
“Bene! Tra qualche ora avremo di che gloriarci e di che festeggiare! Fa sempre piacere quando giovani e fresche menti si mettono al servizio di una grande causa come la nostra! Andate ora! Voglio parlare da solo con Severus!”
Imprecando silenziosamente per esser costretto a rimanere lì, nell’impossibilità di dare l’allarme, Severus rimase immobile mentre attorno a lui tutti si allontanavano e si Smaterializzavano con una lentezza che gli parve infinita.
Bellatrix si mosse per ultima, lanciandogli uno sguardo ostile e invidioso.
“Stupida donna.”
“Mio Signore.”
“Severus, vieni. Ho un compito delicato per te.”
Severus avanzò di qualche passo, raggiungendo la figura inumana che stava muovendosi attorno a un tavolo fatto apparire dal nulla. Sopra vi era solo una cosa, una mappa precisa e animata di tutta la zona magica di Londra.
Cosa aveva in mente quel folle?
L’oscuro toccò con la punta della bacchetta un punto della cartina e questa si ingrandì.
“Questo è il Ministero. Come puoi notare tu stesso la cartina mi da tutti i dettagli che voglio conoscere…tutti tranne quelli che mi servono! Qui c’è l’accesso al Reparto Misteri del Ministero. La magia di questa cartina non mi permette di vederne la conformazione, serve qualcosa di più potente.”
“Vuoi che me ne occupi?”
“Esatto! Trova il modo per potenziare le capacità della mappa. O trova una mappa dettagliata di quel luogo!”
Severus annuì e non chiese altro. La curiosità non era una sua caratteristica, e l’Oscuro era troppo sospettoso e suscettibile per cominciare subito ad indagare su cosa volesse trovare in quella zona del Ministero. Senza contare che c’era la vita dei gemelli Weasley cui pensare.
“Se non c’è altro…”
“No, è tutto. Puoi andare.” Disse l’Oscuro liquidandolo con un gesto pigro della mano.
Severus annuì di nuovo, arrotolò la mappa senza far trasparire la propria fretta e infine si Smaterializzò, ricomparendo alla Stamberga Strillante.
Da lì il suo Patronus avrebbe impiegato meno tempo a raggiungere la McGranitt, sperando fosse a scuola.
Vedere il proprio protettore luminoso allontanarsi in fretta da lui e raggiungere il castello non gli bastò, volle rimanere nella speranza di scorgere qualche movimento e capire come stessero andando le cose.
Del resto, presentarsi a Diagon Alley senza motivo avrebbe potuto destare sospetti, e l’Ordine aveva abbastanza mezzi e uomini per cavarsela bene.
Eppure non poté impedirsi di stare in ansia.
Parvero passare delle ore, anche se in realtà non fu più di mezzora, ed infine un rumore secco cambiò l’immobilità in cui era immerso.
“Severus…”
La voce della McGranitt risuonò debole e bassa.
“Si. Li avete messi al sicuro?” chiese avvicinandosi alla donna, uscendo silenziosamente dall’ombra.
La McGranitt gli sorrise e lo guardò quasi esasperata.
“Certamente. Ma posso dirti che sei stato battuto sul tempo.”
Il buio appena infranto dalle prime luci del mattino non bastò a celare la sua sorpresa.
“Chi…”
“Il Signor Malfoy. Davvero Severus, non so come tu e Albus ci siate riusciti, ma pare che ora Draco sia recuperabile davvero…comunque non saranno giorni facili nemmeno per lui, dal momento che anche questa sua missione è fallita.”
“Non ne era lui il responsabile. Era…Nott.”
“Theodore?” chiese allibita la McGranitt
“Si.”
Una risposta che gli costò parecchio.
La McGranitt si portò una mano alla bocca e chiuse gli occhi.
“E’ da un po’ che lui e altri ragazzi mancano da scuola…avevo il sospetto che…ma speravo di sbagliarmi.” Sospirò scrollando la testa.
“Spero che anche tra loro ci sia qualcuno di recuperabile, Minerva. Hanno solo diciassette anni.”
“Lo so, Severus. Lo so. Ma per il momento non possiamo aiutarli in alcun modo.”
“Possiamo farlo chiudendo al più presto la faccenda.” La contraddì Severus, srotolando in fretta la mappa che aveva ancora in mano.
In breve le spiegò il nuovo incarico che gli aveva affidato Voldemort e la McGranitt si fece pensierosa.
“Vuole ancora qualcosa che è nel Reparto Misteri del Ministero…indagheremo Severus, non temere. Ora però vai. Credo tu abbia bisogno di dormire almeno un po’, a giudicare dalla tua espressione.”
Severus strinse appena le labbra, distogliendo lo sguardo con la scusa di risistemare la mappa. Stupido disagio di fronte alle gentilezze.
La McGranitt si allontanò e sparì oltre la botola che l’avrebbe portata all’interno del parco di Hogwarts, Severus invece rimase immobile qualche secondo, mentre osservava distrattamente l’alba.
Dormire? Con tutto quello che era successo nel giro di così poco?
Difficile.
 
  


[1] Questa è un’espressione che non posso, purtroppo, vantare come mia. In realtà è una frase del commento al sesto libro di Harry Potter che ho trovato sul sito della Salani. Una delle più belle frasi che io abbia mai letto, e mi sono sentita quasi in obbligo di omaggiarla, tanto è stata forte l’emozione che ha suscitato.

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Capitolo 21
*** Vite da salvare ***


20 vite da salvare
harry potter 90. Ciao! Caspita, sei un razzo a leggere! In tre giorni mi hai lasciato un commento al prologo e poi già al capitolo scorso? Come hai fatto? Beh, mi fa piacere che la storia ti appassioni, e spero che le scene d'azione ti siano piaciute! Dai, verdai che per la fine ne arriveranno ancora di interessanti!
 
Astry_1971. Ola! Farlo richiamare da Voldy proprio in quel momento mi fa meritare cento punti per la nostra gara di sadiche dell'anno!!!!!! Che dici? Ah, no, mi dispiace, quel che stava per succedere non poteva accadere proprio in quel momento...lì ho solo voluto farli penare un pò, lo confesso, ma a me piacciono da morire queste cose! Un pò di sano struggimento non fa mai male!
(Sadica a mille!!!!!)
Il dialogo tra Ron e Hermione mi è venuto in mente assolutamente per caso, ma era proprio troppo spassoso per non riportarlo! E poi, sarebbe proprio da loro fare così!
Draco che fa la spia ti ha sorpresa davvero? Io me lo immagino un pò come il successore di Severus nel ruolo di spia...ma non posso dire troppo, altrimenti ti svelo cosa accade qui...
E se aspetti con ansia di vedere cosa accadrà la prossima volta che Harry incontrerà Severus...beh, eccoti servita!
Buona gita! Spero passi tutto liscio!
 
gealach. Ciao! Ah, sapevo che ti avrei fatta soffrire un pochino, ma, mi spiace, d'ora in poi sarà sempre peggio per te...sai, in verità all'inizio, quando stavo progettando la FF, avevo pensato al personaggio di Dana come figlia di Severus, non come sua compagna (E poi, figlia su e di chi, secondo te?!?!?), ma alla fine, parlandone con un'amica, mi sono accorta che così lo avrei fatto vivere nel passato, e di passato non si può vivere davvero. Quindi, visto che voglio che lui viva, non solo che esista, ho riprogettato tutto.
Che dici, me lo concedi? E poi dai, Dana non è poi così male, no? Credo dovrai convincerti, perchè zio Voldy non potrà più essere di aiuto!!!! Ih ih ih....
 
redistherose. Ciao! Oddio, addirittura degna di Voldemort? Fantastico! Si, lo so che me la sono meritata tutta...però dai, non è più intrigante così? Ih ih!!! Vale quello che ho detto anche ad Astry, un pò di sano struggimento ci vuole! Comunque, non temere...mi faccio perdonare!
Che bello, ti è piaciuta l'idea della foto!! Per me è dolcissima. Non so da dove mi vengano certi slanci di sdolcinatezza...
E di nuovo, tra poco vedrai cosa accadrà tra Harry e Severus (che comunque non smetterà mai di ricevere paternali da Dana sulla questione Harry...anche se non le scrivo. Severus sa come stanno le cose, in fondo al cuore lo capisce, ma cambiare non è mai facile, men che meno con addosso tutti gli strati di gelo che ha lui. Povera la mia stella, avrà bisogno di più tempo di quel che credete...)
Per quel che riguarda i tuoi rossi...si, preoccupati.
 
EDVIGE86. Bentrovata! Tranquilla, so che ci sei comunque anche se non lasci recensioni, non temere.
Meno male che il dialogo tra Ron e Hermione ti è piaciuto! Il tuo giudizio è rilevante, vista la tua passione per la coppia!
E aspetta, perchè nello scontro finale vedrai che avranno il loro spazio. Però, sai, per lo scontro finale e poi per i capitoli di conclusione, magari procurati dei fazzoletti, vista la tua simpatia per i rossi. Ragazzi, mi spiace, ma è una questione di statistiche...
 
 
Ciao a tutti. Piccolo avviso. Il primo pezzo del capitolo in realtà non ha particolari fini a livello di storia, però mi è veuto alla mente e l'ho messo lì, giusto per concedere un pò di spazio a Draco, spazio che fosse solo suo, con le sue contraddizioni e le sue evoluzioni. Non so, mi è venuto spontaneo così, quindi non scervellatevi pensando che abbia chissà quali significati ai fini della storia. E' solo un piccolo tributo a un personaggio che grazie alle FF di questo sito ho imparato a conoscere e ad apprezzare di più.
Buona lettura!
 
 
Vite da Salvare
 
Sapendo perfettamente che era a dir poco imprudente essere in quel posto proprio durante il fine settimana, Draco Malfoy si sistemò meglio sul naso gli occhiali fasulli che si era procurato.
Mentre l’aria tiepida lo avvolgeva lungo la via di Hogsmeade, lasciò vagare lo sguardo sui gruppi di studenti che si alternavano di fronte alle vetrine dei negozi o che sparivano dentro qualche locale.
Nessuno pareva notarlo. Forse qualcuno si chiedeva cosa ci facesse un giovane con una sciarpa di sera attorno alla bocca, come se avesse un gran mal di gola. Giusto per garantirsi una copertura un po’ più sicura, ogni tanto si lasciava scappare dei sonori colpi di tosse. Aveva trasfigurato i capelli e li aveva fatti diventare castano scuro, ricci, decisamente troppo lunghi per i suoi gusti.
Ma per gli occhi non aveva potuto far nulla. Aveva sentito dire che i Babbani avevano inventato delle cose strane per cambiarne il colore, ma non sarebbe mai entrato dentro un loro negozio.
Allora si era inventato quella cosa degli occhiali. Montatura rettangolare, grossa, di uno strano verde bosco.
Sapeva di avere ben altro cui pensare, ma non era riuscito a trattenersi dall’andare lungo quelle vie che aveva percorso in momenti ben più felici della sua vita.
Un gruppo di ragazzine del terzo anno gli passò accanto e una di loro lo urtò inavvertitamente. Scansandosi in malo modo, non rispose nemmeno alla ragazza che gli stava porgendo le sue scuse.
Quella ragazzina lo aveva colpito esattamente dove aveva l’ematoma più grosso, recente frutto di uno scontro poco verbale con Nott. Quel ragazzo stava diventando sempre più ostile e attacca briga, e Draco sapeva che tutto quello che Nott voleva, era metterlo alle strette e farlo sfigurare agli occhi dell’Oscuro.
Un ghigno tra il dolore e l’irritazione gli deformò il volto. Per nessun motivo al mondo avrebbe permesso a quell’idiota di riuscire nel suo intento. Aveva ancora molte cose da fare prima di potersi allontanare dal gruppo dei Mangiamorte.
Allora perché era lì, in mezzo a dei ragazzini ridenti, in pieno giorno, con il rischio che qualcuno con particolare spirito di osservazione lo riconoscesse dal modo di camminare e dall’inconfondibile portamento?
A disagio con se stesso per la risposta a quella ovvia obiezione che ogni tanto il suo cervello gli poneva, quasi non si accorse di star andando incontro a un gruppo di Serpeverde, tra i quali riconobbe le figure di Tiger e Goyle.
Non aveva alcuna intenzione di farsi riconoscere, e per quanto non credesse che quei due fossero abbastanza svegli per capire, con loro probabilmente c’erano anche gli altri, che non riusciva ancora a scorgere. E difficilmente Pansy non si sarebbe accorta di lui.
Cercando di non dare nell’occhio, si infilò in una stretta laterale, tenendosi la sciarpa premuta sul viso.
Accidenti a lui e alla sua stupida nostalgia.
Già, perché si trattava di nostalgia e di nient’altro. Nostalgia per i giorni senza pensieri che ora gli sembravano quasi un miraggio, nostalgia per le risate e per gli scherzi, per qualunque sciocchezza che all’epoca invece gli era sembrata banale e noiosa.
Doveva andarsene di lì, cosa stava aspettando a farlo?
Scrollò la testa e un paio dei riccioli scuri gli scesero sul volto. Lo scacciò indietro con un gesto stizzito della mano e lasciò andare la sciarpa.
Solo in quel momento si accorse dell’ombra alle sue spalle.
Portò velocemente la mano alla bacchetta ma non ebbe il tempo per estrarla. La punta della bacchetta dell’avversario era già sotto il suo mento.
Rimase fermo immobile, gli occhi fissi sull’ultima persona che si sarebbe aspettato di vedere.
Ginny Weasley lo stava scrutando con fare poco amichevole, per nulla intimorita.
"Non ti ho mai visto da queste parti…sei nuovo?" chiese con voce controllata.
"Se lo fossi, non potrei di sicuro congratularmi per l’accoglienza." Disse nel vano tentativo di fare lo spiritoso e togliersela dai piedi.
"I tempi non permettono nulla di diverso." Fu la risposta gelida della ragazza, evidentemente intenzionata a tenere la bacchetta puntata su di lui.
"E quindi vuoi tenermi sotto tiro per tutto il tempo?"
"Stavi per estrarre la bacchetta, non sei un tranquillo passante che vuole comprarsi qualcosa di divertente da Zonko. Vuoi che rimaniamo qui a fare i duri per ore o mi dici chi sei e la facciamo finita qui?"
Registrando con stupore che una frase del genere fosse uscita dalla bocca della Weasley, Malfoy cercò di capire come trarsi d’impiccio. Cosa fare? Dirle la verità era un’idea ridicola pericolosa, e inventarsi una bugia doveva essere fatto con cautela. Non voleva inguaiarsi da solo.
"Sono solo un passante, certo non troppo tranquillo, ma di sicuro non malintenzionato" disse con un tono troppo strascicato, per lui del tutto naturale "Se non sbaglio, non ho con me né mantello nero né maschera d’argento."
"Non ha importanza…" disse lei, guardandolo all’improvviso con la fronte corrugata.
Rimasero un paio di secondi fermi a fissarsi, poi Ginny si spostò e gli fece cenno di andare verso la via principale. Proprio dove lui non voleva andare. Riusciva ancora a vedere Tiger all’imboccatura della viuzza dov’erano lui e la Weasley.
"No, dovevo andare da un’altra parte." Disse, ostentano una sicurezza che era certo di avere.
"Ginny! Tutto bene lì?"
La voce di Neville riportò entrambi alla realtà.
Tiger lanciò a Neville un’occhiata ostile, poi si volse e si allontanò.
Solo allora Draco notò lo strano distintivo che brillava, appena visibile, sulla divisa sia di Ginny che di Neville. Abbandonando del tutto la prudenza, lasciò che la sorpresa lo invadesse.
Sulla spilla color oro brillavano due lettere: ES
Cercando di camuffare la propria reazione, si concentrò su Neville, ora a pochi metri.
"Tranquillo Neville. Nulla di importante. Stavo solo spiegando a questo nuovo abitante di Hogsmeade che ci sono delle regole…"
"Nuovo?" chiese Neville guardando Malfoy con aria sospettosa "Non ci è stato segnalato nessun nuovo arrivo…"
Rimanendo rigido, impettito e in assoluto silenzio, Malfoy si chiese cosa diavolo stesse passando per la mente alla giovane Weasley.
"Non si è ancora trasferito, stava dando un occhio e io mi sono insospettita…credo che dopo questo non vorrà più trasferirsi qui…" disse con disinvoltura la ragazza, lanciandogli uno sguardo eloquente.
"Si…beh…ma non importa…" disse Malfoy, ricordandosi di dover reggerle il gioco. Ma che gioco? Cosa aveva in mente quella strana ragazza?
"Ma dai, sono sicuro invece che capirà che facciamo tutto questo per la sicurezza degli studenti!" esclamò allegramente Neville "insomma, anche tu starai più tranquillo in un posto dove ci sono turni di sorveglianza, o no?"
"Si…sono un’ottima cosa…con in tempi che corrono…"
Di che cosa stavano parlando quei due? Turni di sorveglianza?
"Beh, Neville, vai pure. Finisco di spiegargli un po’ di cose prima di raggiungerti. Luna?"
"Sta arrivando. Le rimaneva solo un negozio da controllare."
Ginny annuì e Neville si allontanò salutando con la mano Malfoy.
Draco ricambiò con un cenno del capo e si chiese cosa dovesse aspettarsi ora.
Ginny si assicurò che Neville si fosse allontanato prima di puntargli addosso la bacchetta per la seconda volta, e lui non fiatò.
"Se vuoi passare inosservato devi imparare a camminare in un modo meno superbo e a parlare come un essere umano, Draco."
Draco spalancò la bocca, ma si accorse di non aver nulla da dire.
Ginny gli sorrise, sardonica, e solo allora abbassò la bacchetta.
"Come mai la cali? Se sai chi sono, sai anche cosa sono."
"Mi pare ovvio, ma hai salvato la vita ai miei fratelli due settimane fa, e non sono un’ingrata."
Draco la guardò, ghignando a sua volta.
"Buffo Weasley, non avrei mai detto che saremmo potuti ritrovarci in una situazione di costretta riconoscenza reciproca."
"La vita fa strani scherzi. Ma cosa sei venuto a fare qui? Ti avviso Malfoy, gratitudine o meno, se provate a toccare qualche studente non troverete pochi ostacoli sulla via. Hogwarts è un po’ cambiata…"
"Me ne sono accorto." Disse accennando al distintivo ES "Ma sono qui per conto mio."
Ginny lo guardò scettica, ma non trovò nulla da obiettare.
"Spero per te sia vero. Ora vai, prima che qualcun altro ti riconosca."
Malfoy annuì, si allontanò di qualche passo e poi si volse di nuovo verso di lei.
"Certo che, se mi hai riconosciuto così al volo, vuol dire che mi hai osservato bene in questi anni. Povero Potter, non ne sarebbe felice." Ghignò, assolutamente incapace di trattenersi.
Ginny non fece una piega, si limitò a fissarlo e poi a parlare con una calma disarmante.
"Certo che ti ho guardato, Malfoy. In genere per lanciare una fattura bisogna tenere il contatto visivo, non lo sai?"
"Non mi è mai arrivata nessuna fattura!"
Ginny sorrise di nuovo, ma i suoi occhi rimasero privi d’ilarità.
"Non sono mai stata così stupida. Ho sempre saputo quando era il caso di fermarsi e quali genere di fatture potevo usare. Ma mi stupisce che tu non ti sia mai chiesto perché i tuoi piatti di zuppa si svuotassero così velocemente…"
Regnò un momento di perfetto silenzio, durante il quale Malfoy strinse le labbra, registrano quell’assurda informazione con sgomento. Quella ragazza non era affatto quel che aveva sempre creduto!
"Sai, Weasley, credevo che quelli della tua famiglia fossero fatti di altra pasta…ma tu saresti stata bene anche con i colori della mia Casa probabilmente…" ghignò, riducendo il proprio sguardo ad un fascio gelido.
"Spiacente, non mi piacciono le serpi. Ora vattene, prima che cambi idea."
Malfoy le lanciò un ultimo sguardo truce, giusto per nascondere irritazione e sorpresa, e si Smaterializzò.
 
Tornare a vivere con i ragazzi le era sembrato un sogno…finalmente non doveva più trascorrere grigie giornate da sola in quel vecchio edificio triste e impolverato nel quale era stata rinchiusa per diverse settimane. Certo, Harry, Ron e Hermione non l’avevano mai veramente lasciata sola, ma comunque non potevano passare con lei intere giornate. Su questo era stata assolutamente categorica: dovevano continuare ad allenarsi, perché al suo ritorno Harry avrebbe dovuto concentrarsi sugli allenamenti per riaprire il collegamento con Riddle.
Per essere del tutto onesti, anche Severus le aveva fatto spesso visita, ma da quando avevano discusso le sue visite erano più che altro dei momenti di vera e propria sofferenza. Si era chiuso ancora di più, se possibile, e i discorsi tra loro erano di una formalità dolorosa.
Eppure Dana non aveva osato forzare la mano e cercare di cambiare le cose, perché si rendeva conto che probabilmente Severus aveva bisogno di una tregua. Era incredibilmente teso, e non solo per quello che stava per succedere tra loro, Dana lo aveva capito al volo, ancor prima che lui le spiegasse che cosa gli aveva ordinato di fare l’Oscuro.
Che strano compito gli aveva affidato…chissà cos’altro poteva esserci di interessante per Riddle all’interno dell’Ufficio Misteri…
Facendo ritornare al loro posto le poche cose che Hermione le aveva portato nel suo luogo di degenza, Dana ritrovò un buffo campanello a forma di fiore, tutto luccicoso e colorato.
Se lo posò sul palmo della mano e lo osservò sorridendo. Era un regalo di Tonks, che, saputo del suo stato, si era presentata da lei per vedere come stava. Avevano passato tutto il pomeriggio a parlare di loro e dei loro strani rapporti con gli uomini. Tonks era una ragazza sveglia, lo aveva capito subito, per quanto fosse strana. Ma parlandoci aveva compreso che era molto più di quel che di solito la gente credeva. Sotto molti aspetti erano simili.
Posò delicatamente lo strano regalo sul comodino accanto al letto, prese il libro che Aberforth aveva dato a Harry e scese al piano terra. Le settimane a venire non sarebbero state facili per nessuno.
 
"Sicura di stare meglio?" le chiese Harry, fissandola con fare poco convinto mentre lei si sistemava su una delle poltrone verdi.
"Assolutamente. Harry, niente ramanzine anche da parte tua, per favore" esclamò leggermente scocciata.
"Perché? Chi altri ha osato fartela?" chiese divertito il ragazzo, sapendo alla perfezione che la risposta era Severus Piton.
Dana lo fulminò con un’occhiata.
"Dove sono Ron e Hermione? Ero convinta che avrebbero voluto sapere il piano d’attacco…"
"Infatti mi hanno fatto promettere di raccontare loro tutto quanto, quando torneranno. Ma ieri sera è arrivato quel Medimago di cui ha tanto parlato Fleur…per Percy."
"Oh. Capisco. Si saprà qualcosa già oggi?"
Harry perse un attimo lo sguardo nel vuoto e si fece serio.
"Non si sa…lo sta ancora visitando. Spero proprio che possa fare qualcosa. Ron è andato spesso a trovarlo in questi giorni e, da quello che ci racconta, credo sia straziante la condizione in cui è suo fratello. È perfettamente vigile e capisce tutto, ragiona, ma la sua mente sembra essersi staccata dal suo corpo, non lo può controllare…"
"Fa venire i brividi, condivido."
Harry annuì e si protese leggermente verso di lei.
"Cosa hai capito da quel libro?" chiese, determinato a cambiare argomento.
Dana sfiorò con le dita la copertina del libro e lo fissò pensierosa, poi riportò lo sguardo su Harry.
"Ci vorrà pazienza e determinazione Harry…qui andiamo oltre la Magia Avanzata. I casi di connessione tra Maghi sono stati talmente rari che…beh, dovremo sperimentare sul campo."
Harry annuì e rimase in silenzio, in attesa del resto della spiegazione della quale sperava di capire almeno una parte. Se fosse andata come le lezioni di Occlumanzia…
"Da quel che ho capito, dovrai usare il collegamento dato dalla cicatrice per…non so nemmeno io che termine usare…dovrai travolgerlo con l’amore, investirlo di questo sentimento che lui non capisce. Questo dovrebbe disintegrarne l’anima. Se poi ci aggiungiamo il tuo legame di sangue con lui…beh, quello dovrebbe distruggere il suo corpo. Io però proporrei di procedere per gradi. Innanzi tutto devi imparare a riaprire il collegamento. E qui viene il difficile. Riddle non dovrà scoprire le tue intenzioni prima dello scontro finale, o ti renderà la vita del tutto impossibile. Quindi potrai solo far finta di aprire il collegamento, durante gli allenamenti. Lo farai usando la Legilimanzia su chi ti starà di fronte, cioè me, per imparare a gestire questa facoltà. Poi…poi quando sarai di fronte a lui l’apertura del collegamento dovrebbe essere molto simile."
"Dovrebbe? Ci sono troppi forse nel tuo discorso."
"Me ne rendo conto. E la difficoltà è proprio questa. Ma capisci bene anche tu che non c’è altra via che provare. Di certo non possiamo chiedere a Riddle di concederci un po’ del suo tempo per farti allenare."
"Mi stai dicendo che proverò veramente ad aprire il collegamento la prima volta quando ormai gli sarò di fronte?" chiese senza nascondere affatto la tensione nella propria voce.
Dana sospirò, consapevole che era una follia, ma non c’era altro modo.
Harry la fissò in silenzio per alcuni secondi, incamerando l’informazione e cercando di controllare il fastidioso nodo mobile che aveva allo stomaco.
"Ok, supponiamo che questa prima fase vada bene…poi?"
"Poi dovrai raccogliere in te l’amore, e incanalarlo verso di lui. Questa parte sembra più difficile, ma per paradosso sarà la più facile. Fidati, una volta aperto il collegamento sarà quasi automatico individuarlo e gestirlo, se sarai adeguatamente preparato. E per questo ci sono io. Ti insegnerò a mantenere il controllo delle tue emozioni, a individuarle e a convogliarle verso l’altro, a gestirle come meglio ti conviene sul momento. Vista la tua scarsa predisposizione per questa parte della magia forse avremo bisogno di un po’ di tempo, ma sono certa che poi riuscirai benissimo."
"Mi fa piacere vedere che sei così convinta, perché io non lo sono affatto!" confessò d’un fiato Harry alzandosi in piedi e muovendosi nervosamente nella sala.
"Ammettiamo anche che io riesca a fare tutto quello che hai detto, che riesca ad aprire il collegamento e che impari bene a gestire e incanalare le mie emozioni…come farò a usare l’amore? Dana, anche solo pensare a quell’essere mi fa ribollire di rabbia! Questo non mi aiuterà affatto…"
"Davanti a lui non dovrai concentrarti su quello che lui ti fa provare. Sarà difficile, lo capisco bene, ma sono certa che l’addestramento ti aiuterà. Il tuo primo pensiero sarà guidato verso il sentimento che ti serve…devi solo crederci. E poi, appena comincerai ad allenarti e a vedere i primi frutti, capirai cosa voglio dire…"
"Anche se in realtà, Harry, capisco bene le tue perplessità… dopo aver affrontato Fellinton… sono l’ultima a poter parlare. Mi ha salvato solo la coscienza di me, e so che in certe situazioni nemmeno quello basta. Ma imparerai, ne sono certa."
"Spero proprio tu abbia ragione. Avanti, cominciamo. Se non sei stanca, possiamo sfruttare le ore di calma che ci rimangono per cominciare a organizzarci."
Dana lo guardò ancora in silenzio, poi si fece sfuggire un sospiro e decise i dirgli proprio tutto.
"Harry, si, cominceremo fin da quest’oggi, ma non per buona volontà…da quello che mi ha detto Severus, è facile che il tempo cominci a stringere."
Quelle ultime parole le costarono uno sforzo enorme. Un anno prima pensare alla caduta di Riddle era per lei motivo di gioia e sprone ad andare avanti, oltre i suoi limiti e le sue preoccupazioni.
In quel momento, pensare alla caduta di Riddle voleva dire pensare a Harry di fronte a lui.
"Cosa…cosa vuoi dire esattamente? Cosa ti ha detto Piton?"
"Riddle gli ha ordinato di trovargli una mappa magica dettagliata dell’Ufficio Misteri…"
"L’Ufficio Misteri?" ripeté Harry, cercando di calmarsi.
"Si. Cerca qualcosa lì…Severus cercherà di ritardare il tutto, ma non potrà farlo in eterno…"
Harry annuì, la gola ora troppo secca per poter pronunciare qualunque cosa.
"E se ci aggiungi che ha liberato i Mangiamorte rinchiusi…"
Harry chiuse gli occhi e trasse un respiro lento. Aveva atteso per anni quel momento, ma era innegabile che in lui non ci fosse solo ansia di confrontarsi, ma anche paura.
Non ci sarebbero state seconde possibilità quella volta.
Cercò di non pensarci, non doveva lasciarsi travolgere dalle sue paure, o sarebbe crollato molto prima di arrivare alla scontro con Voldemort. E quindi l’unica cosa che poteva fare era armarsi il più possibile per sconfiggerlo.
"Avanti allora, dobbiamo cominciare." Disse con tono deciso, volgendo di nuovo la sua attenzione su Dana.
 
Tentare di ritardare i piani dell’Oscuro Signore non era affatto impresa da poco, e Severus Piton lo sapeva tremendamente bene.
Per quanto la sua ricerca sulle mappe magiche in circolazione fosse volutamente ritardata e rallentata, qualcosa doveva comunque concederlo, altrimenti i sospetti a suo danno non sarebbero tardati ad arrivare, e con l’occhio vigile dell’Oscuro puntato su di lui non avrebbe potuto fare nulla per facilitare la vita di quelli dell’Ordine.
La sera prima aveva fatto una scoperta innocua ma attinente al problema della mappa e aveva deciso di sfruttarla per gettare un po’ di fumo negli occhi al suo Padrone.
Materializzandosi nei corridoi di pietra fredda e umida, si sentì stranamente più a disagio del solito.
Prese un bel respiro e si impose il gelo. Non poteva lasciare spazio ai cedimenti, anche se sentiva che in fondo al cuore qualcosa aveva già ceduto. Non ne poteva più di reggere la maschera, ma aveva abbastanza motivi per ignorare quella vitale richiesta della sua anima e andare avanti ancora un po’.
Rifiutandosi di quantificare concretamente quel ‘un po’’, si avviò con passo calmo e sicuro verso la sala di ricevimento dell’Oscuro.
Delle voci lo fecero fermare. C’era già qualcuno al cospetto dell’Oscuro, e nessuno pareva essersi accorto della sua presenza.
In silenzio si accostò alla parete e si avvicinò all’entrata della sala, ascoltando di chi si trattasse, mentre impediva alle sue emozioni di tradirlo. L’Oscuro era diventato molto sensibile alle presenze altrui.
"Mio Signore, anche Nott li ha riconosciuti…vanno regolarmente a far visita a questo loro parente, un Weasley…"
La voce di Bellatrix.
"Quindi anche oggi potrebbero essere lì…"
"Si, mio Signore. Come vuoi che procediamo?"
"In realtà è un po’ presto. Severus non mi ha ancora procurato la mappa di cui ho bisogno, ma mettere le mani sui due amici di Potter potrebbe rivelarsi comunque divertente."
Severus sentì il sangue ghiacciaglisi nelle vene.
Ci aveva pensato bene, a lungo. Per Potter perdere qualcun altro avrebbe potuto essere la goccia definitiva per far traboccare il vaso della sua forza, ma avrebbe anche potuto distruggerlo, e non era il caso di rischiare. E poi, comunque, nona avrebbe permesso che la Granger e Weasley cadessero nelle mani di quel demonio.
"Andate e catturateli." Sibilò dopo un po’ la voce dell’Oscuro.
"Come desideri."
Severus sparì immediatamente e ricomparve vicino all’entrata di Diagon Alley.
In mezzo ai Babbani poteva muoversi più liberamente, e da dov’era poteva sfruttare un passaggio magico in disuso che portava direttamente al San Mungo.
Scivolando velocemente tra le persone che camminavano in tutta tranquillità sul marciapiedi, passò accanto ad uno degli accessi per il quartiere magico di Londra e avvertì distintamente qualcosa.
Poche volte il suo istinto lo aveva tradito su quel genere di cose, e capì al volo che non era al San Mungo che doveva andare.
Cambiò direzione senza ripensamenti e raggiunse il più vicino tra gli accessi alla parte di quartiere magico dove poteva circolare liberamente, calandosi la maschera d’argento sul volto.
Scivolando inosservato vicino a delle tubature, premette con la punta della bacchetta su un bullone arrugginito e si ritrovò in un attimo a Nottur Alley. Molti sguardi si posarono su di lui, e alcuni passanti si addossarono alla parete, ma nessuno provò a fermarlo.
Con passo veloce percorse tutta la via e si avvicinò al passaggio con Diagon Alley.
Non lo oltrepassò, rimase nell’ombra e tenne d’occhio la situazione, nascosto da un muro e alcuni cesti puzzolenti abbandonati.
Lungo la via c’era poca gente, per lo più adulti e nessun Mangiamorte.
Che si fosse sbagliato?
Attese impazientemente per qualche secondo, prendendo seriamente in considerazione di chiedere l’aiuto di Lupin o di Dana, poi però il suo sguardo vide un paio di figure note uscire da un edificio grigio e storto.
Un tuffo al cuore e riconobbe la sagoma di Hermione.
Non era arrivato tardi, dopo tutto.
Dei rumori di passi concitati gli dissero però che non era l’unico ad essere arrivato. Si volse di scatto per individuare le figure di quattro suoi compagni che si stavano velocemente avvicinando al suo nascondiglio. Anche loro erano entrati da Nottur Alley.
Senza pensarci due volte, evocò il suo Patronus e lo inviò verso Hermione.
Era sempre stata una ragazza sveglia, avrebbe capito.
Ron alzò gli occhi al cielo e rimase fermo immobile, le mani in tasca e le spalle curve, stranamente afflitto, e Hermione stava dicendogli qualcosa, l’espressione determinata ma non troppo convincente.
Il Patronus la raggiunse dopo pochi secondi e le volò attorno in modo concitato, attirando la sua attenzione. Nel frattempo i Mangiamorte erano arrivati al passaggio con Diagon Alley.
Severus si accucciò per non esser visto, ma non perse di vista i ragazzi, facendo Evanescere un mattone del muro.
Hermione stava osservando il suo Patronus, più pallida del dovuto. In un attimo, afferrò Ron per la manica del mantello e gli disse qualcosa, poi si volse appena e vide i Mangiamorte, già pronti con le bacchette puntate.
Ron scagliò verso di loro un Incantesimo di ostacolo e Hermione Smaterializzò entrambi.
Una serie di imprecazioni salì dalla bocca dei Mangiamorte, mentre i passanti urlavano spaventati e si nascondevano nei pochi negozi aperti.
Severus prese un bel respiro, poi lanciò un’ultima occhiata alla via.
Non poteva intervenire oltre. Fermare i suoi compagni dallo sfogarsi sui passanti avrebbe voluto dire scoprirsi, anche se non poté impedirsi di ricordare cosa volessero dire quattro Mangiamorte infuriati in cerca di un ripiego.
Allontanando immagini penose dalla sua mente, si rialzò e fece per Smaterializzarsi, quando un Crack annunciò l’arrivo di qualcuno, decisamente impreparato alla situazione.
Lanciò distrattamente uno sguardo, più per deformazione professionale che per altro, e di nuovo sentì il sangue gelarglisi nelle vene.
Potter!
"Merlino! Cosa ci fa qui?"
L’imprecazione non gli uscì di bocca solo perché capì al volo cosa stava per succedere.
Non pensò nemmeno.
Un paio di Mangiamorte avevano visto Harry, ma anche il ragazzo si era subito accorto della loro presenza e aveva richiamato una protezione.
Nonostante quella, l’Incantesimo dei due Mangiamorte colpì la barriera e la infranse, creando un’onda d’urto che fece sbattere Harry violentemente contro il muro e poi scivolare a terra.
Severus nel frattempo stava avanzando dietro i Mangiamorte. In silenzio, ne Schiantò uno e pietrificò un altro, ma il terzo, quello che aveva colpito Harry, stava per lanciargli contro un Incantesimo.
Cosa di poco conto, Severus sapeva come difendersi, ma quello che più lo preoccupò fu il quarto Mangiamorte. Gli stava dando ancora le spalle e stava guardando Harry, rialzatosi in fretta ma a fatica.
Il quarto Mangiamorte stava ridendo…
Deviando con noncuranza l’Incantesimo del terzo in modo da stordirlo, Severus riconobbe la risata di Bellatrix.
"Che fortuna, Potter. Eravamo qui per i tuoi amici, ma la pesca è stata migliore di quel che speravamo!" esclamò, la bacchetta già irrimediabilmente puntata.
Severus si Smaterializzò e comparve davanti a Harry, mentre l’Incantesimo a frusta di Bellatrix lo colpiva di lato.
Cadde addosso a Harry, che alzò la bacchetta e, con un colpo deciso, fece finire a terra Bellatrix.
Severus si alzò barcollando, cercando di non badare alla fastidiosa sensazione al fianco. Il sangue gli stava bagnando la veste lacerata, appiccicandola al suo corpo e creando una evidente macchia, visibile attraverso il mantello fatto a brandelli.
"Potter, vattene!" sibilò al ragazzo.
"Non senza di lei." Gli rispose di rimando Harry evitando di guardarlo negli occhi e richiamando di nuovo una barriera protettiva, visto lo sguardo ostile del terzo Mangiamorte ripresosi dallo stordimento.
La barriera però era debole, e cedette quasi subito. Severus la sostituì in fretta con un’altra e scrollò la testa, sperando che la vista gli si disappannasse.
Non era in grado di reggere a lungo. Dannazione, l’Incantesimo di Bellatrix lo aveva ferito più di quel che avrebbe creduto. Sentiva il sangue scorrergli velocemente lungo il fianco.
Harry lo afferrò e lo sostenne, notandone l’insolita postura leggermente piegata, mentre Bellatrix si alzava e si scagliava violentemente verso di loro.
"Chi sei? Traditore del tuo sangue! Fatti vedere! Fatti riconoscere!" urlò senza ritegno, gli occhi sgranati quasi fuori dalle orbite, i lineamenti del viso stravolti dalla rabbia.
Le labbra di Severus si incurvarono in un sorrisetto divertito quasi senza che lui se ne accorgesse.
"Assurdo…proprio lei doveva scoprirlo…"
Bellatrix non si fece sfuggire quel ghigno e la rabbia in lei parve sfumare, lasciando spazio solo alla consapevolezza di aver sempre avuto ragione. Lo fissò con astio, le labbra strette e le mani a pugno.
"Anche se non le dicessi chi sono, starebbe poco a scoprirlo…mi farebbe convocare subito dall’Oscuro e io non avrei possibilità di negare nulla, non con una ferita del genere al fianco. Non posso certo farla sparire…e allora tanto vale prendersi almeno una soddisfazione."
"Hai davvero bisogno che mi tolga la maschera, Bella?" soffiò facendo un passo avanti e liberandosi dalla presa di Harry.
"Severus!" sbottò il terzo Mangiamorte, mentre Bellatrix manteneva stranamente il suo silenzio.
Severus fece un leggero inchino con la testa e sorrise, fissando i due oltre la barriera per diversi secondi e concentrando la sua attenzione esclusivamente su di lei solo alla fine.
"Almeno adesso puoi seriamente accusarmi di qualcosa." Le sibilò, afferrando Harry per un braccio e sperando che le forze gli bastassero.
Sparì davanti agli occhi lampeggianti di Bellatrix e ricomparve dove più credeva di poter stare al sicuro.
 
Li accolse il silenzio di una casetta di legno in cui apparentemente non entrava nessuno da molto tempo. Ogni cosa era ricoperta da un notevole strato di polvere, ma era tutto ancora in perfetto ordine, come se il proprietario stesse per tornare da un lungo viaggio.
Harry, ancora intontito dalla botta, si guardò attorno con aria incuriosita, mentre Piton evocava il proprio Patronus e lo faceva fluttuare via.
Con un rapido gesto di bacchetta fece diminuire la fuoriuscita di sangue dalla ferita al fianco, poi andò alla finestra e la aprì, scostando i pesanti balconi di legno scuro.
Un fiotto di luce entrò nella casa e rese ancor più nitido ciò che prima Harry aveva solo intuito: quella casa non era stata abbandonata, non nel senso comune del termine.
"Dove siamo?" chiese, mentre si massaggiava la testa.
"In una casa." Rispose secco Piton.
Harry gli indirizzò un’occhiataccia e riprovò il familiare senso di ribellione che aveva sempre provato in presenza di quell’uomo. Eppure ora sapeva che non c’era veramente motivo per provarlo. Ma le abitudini sono dure a morire. Deciso a non lasciarsi vincere da esse, si avvicinò all’ex professore e lo osservò bene.
"Forse è meglio se si siede." Gli disse con fare sicuro, indicandogli una delle sedie di legno disposte attorno all’unico tavolo circolare della piccola cucina in cui erano ricomparsi.
"Credo di essere ancora in grado di badare a me stesso e di decidere quando sedermi e quando stare in piedi!"
"Sta di fatto che è pallido come un morto." Ribatté Harry, per nulla deciso a demordere e per nulla intimorito.
"Ho dovuto far fronte a cose ben peggiori che questo, Potter." Disse Piton avvicinandoglisi pericolosamente e guardandolo fisso negli occhi con sguardo indagatore.
Harry arretrò di un passo, ma non smise di guardarlo.
"Non è molto carino tentare di usare la Legilimanzia. Se vuole sapere qualcosa, basta che me lo chieda!"
Piton inarcò un sopracciglio e quasi sorrise, ma decisamente in modo provocatorio.
"Hai davvero usato il verbo tentare? Se volessi sapere qualcosa che è custodito nella tua mente non dovrei tentare, Potter. Lo farei e basta."
"Non sono più sprovveduto come due anni fa. Dana mi ha insegnato a controllarmi e potrei riuscire ad oppormi, ora."
Uno sbuffo divertito fu l’unica risposta che ricevette dall’altro, voltosi verso il cielo limpido alla ricerca di qualcosa. Non trovando ciò che cercava, Piton concentrò di nuovo la sua attenzione su Harry.
"E, dimmi Potter, come mai le mie lezioni di Occlumanzia sono state così infruttuose? Facevi solo finta di essere stupido o ti sei ripreso tutto in una volta?"
Harry strinse appena le labbra, sentendo che era estremamente difficile assecondare i propri buoni propositi nei confronti di quell’uomo se tutto quello che riceveva da lui erano insulti. Ma se Piton voleva giocare ancora su quella linea, lui poteva dimostrargli che sapeva fare di meglio. Una cosa che sicuramente lo avrebbe spiazzato, era la sincerità.
"Beh, confesso di non essermi mai sentito particolarmente tranquillo ad averla davanti con la bacchetta levata. Ho odiato quelle lezioni più di ogni altra cosa."
"Mi fa piacere sapere di averti messo in difficoltà, Potter, ma come sempre sbagli nel giudicare le cose. Non volevo usare la Legilimanzia, un attimo fa."
"Come no!"
Piton gli rivolse una lunga occhiata sprezzante, come se Harry fosse uno degli esseri più stupidi che avesse mai visto, poi riprese a parlare con calma snervante.
"Volevo solo controllare che il colpo alla testa che hai preso non avesse causato troppi danni, ma vista la tua reazione e la dilatazione regolare delle pupille, credo che non ci siano stati danni seri."
Harry rimase di sasso, ma non si sognò neanche di abbassare lo sguardo.
"Del resto" Continuò Piton, con voce leggera "Un Prescelto bacato non servirebbe a molto."
"Vedo che la ferita non ha compromesso le sue abilità comunicative!" ribatté Harry, incrociando le braccia e indicandogli di nuovo la sedia "Nemmeno un Pozionista morto servirebbe a un gran chè, quindi si sieda."
Questo parve lasciare Piton un attimo sorpreso, solo un attimo.
"Siamo sicuri di noi, vero Potter? Faresti meglio a startene buono e lasciarmi fare, o devo ricordarti perché sono ferito?"
Voleva proprio giocare sporco, Harry non ebbe più dubbi, ma del resto cos’altro poteva aspettarsi da Severus Piton? Oh, molto altro, lo aveva compreso, ma Piton non poteva immaginare che per lui le cose fossero cambiate. Si, tra loro c’era astio, non poteva negarlo, ma non era più come una volta, non per lui. Le scoperte fatte gli facevano guardare quell’uomo con occhi molto diversi ora, e non avrebbe permesso all’orgoglio di fargli fare gli stessi errori del passato.
"No, non c’è bisogno di ricordarmelo, lo so benissimo. Anzi, devo ringraziarla. Se non si fosse messo di fronte a me, ora probabilmente sarei diviso in due pezzi."
Piton lo fissò in silenzio per alcuni secondi, mentre Harry si avvicinava alla finestra e individuava nel cielo la figura di Fanny.
Veloce come solo lei poteva essere, arrivò alla finestra della casetta e si infilò dentro, passando in mezzo ai due e planando delicatamente sul tavolo rotondo.
Volgendo la propria attenzione su Piton, Fanny inclinò appena la testa e sbattè le ali in un gesto stizzito.
"Visto! Anche Fanny vuole che lei si sieda!" esclamò divertito Harry, sapendo di essersi guadagnato l’occhiataccia di Piton.
Sistemandosi su una sedia, Severus cercò di ignorare quello che le sue orecchie avevano osato sentire. Un ringraziamento da Potter? Qualcosa non tornava. L’ultima volta che si erano visti, lo aveva insultato, e ora…
Liberò la ferita dai brandelli di maglia scura che indossava e che il sangue aveva fatto aderire alla pelle. Li tolse senza fare una piega, mentre Harry stringeva le labbra: non doveva essere una sensazione piacevole.
Fanny si mosse e andò in grembo a Piton, strofinando la testa sul suo fianco prima di cominciare a versare lacrime sulle ferite.
Harry, dal canto suo, continuò a massaggiarsi la testa. Non aveva perso sangue, quindi non c’erano ferite di cui preoccuparsi, ma la botta era stata notevole e gli doleva il cranio. Si lasciò cadere pesantemente su una sedia, vicino a Piton, e osservò Fanny al lavoro.
Fanny, il simbolo di Silente…e le sue piume… C’era ancora una cosa che doveva dire, un ‘grazie’ che doveva pronunciare, e visti i progetti per il futuro non era certo ci sarebbero stati altri momenti di quiete per articolare quella parola. Tanto valeva farlo subito.
Prese fiato, un po’ in difficoltà, e rimase con lo sguardo fisso sulla Fenice.
"E poi…beh, grazie anche per l’aiuto…quella lettera con la piuma di Fanny…"
Non ebbe il coraggio di nominare la tomba di sua madre, e certo che Piton preferì così.
L’uomo lo fissò con completa assenza di espressione per qualche secondo, poi anche lui guardò Fanny.
"Ho fatto solo il mio dovere, Potter." Rispose con voce piatta e indifferente.
Harry annuì e il silenzio calò su di loro.
"Questo ragazzo mi sta nascondendo qualcosa…cosa diavolo gli passa per la testa? Ringraziarmi? Non è da Potter, assolutamente."
O forse era da lui, ma non da James, ed era ora di rendersene conto. Obiezione più che lecita, ma Severus zittì quella vocina con prontezza. Comunque non si trattava solo di questo. Era certo che il ragazzo che ora gli stava seduto di fronte non fosse più lo stesso che lo aveva inseguito lungo il parco della scuola dopo la morte di Silente.
E poi non era abituato a sentire ringraziamenti, o almeno, non ringraziamenti senza secondi fini. E quello di Harry era stato un ringraziamento puro e semplice. Perché lo metteva così a disagio?
Non ci volle pensare. Aveva ben altri problemi, ora.
Di sicuro l’Oscuro era già stato messo al corrente del suo tradimento, quindi non poteva più neanche tornare a casa, ma in fin dei conti quello non era un problema.
Ciò che più gli pesava dell’esser stato scoperto era la conseguente impossibilità di continuare a spiare i piani di quel folle. Non era ancora riuscito a capire cosa volesse trovare all’Ufficio Misteri…
Sospirò appena e Fanny si scostò, alzando lo sguardo su di lui.
La ferita era completamente rimarginata e l’animale ora si stava quasi coccolando contro il dorso della sua mano. Piton le indicò Harry e Fanny subito si volse verso il ragazzo.
Harry fece scorrere lo sguardo dall’uccello di fuoco all’uomo e rimase in silenzio, senza nascondere il fatto di non aver capito il perché di quel gesto. Lui non era ferito.
"Hai preso una brutta botta…" fu l’unica spiegazione che ricevette, mentre Piton faceva comparire un bicchiere colmo d’acqua e una boccetta di vetro rosso.
Fanny lacrimò dentro il bicchiere e Piton completò l’opera versando alcune gocce di liquido scuro, che subito fece reazione e trasformò l’acqua in una sostanza densa, rossa e appena luminescente.
"Bevi." Ordinò secco, guardando Harry con espressione neutra.
"Cos’è?" chiese il ragazzo allungandosi verso il bicchiere ma non accennando minimamente a fare quello che gli era stato detto.
Piton lo fissò e inarcò un sopracciglio, fermo immobile.
Harry lo guardò un attimo storto, poi afferrò il bicchiere e trangugiò tutto d’un fiato il liquido.
"Perché tutte le Pozioni devono avere sempre questo sapore terribile?" esclamò disgustato, mentre posava il bicchiere sul tavolo.
"Non tutte. I veleni più terribili sono estremamente gradevoli di gusto."
Harry rimase di sasso. Stava scherzando? No, non credeva proprio. Probabilmente lo stava solo provocando.
E il ghigno divertito che si dipinse sul volto di Piton gli disse che aveva ragione, voleva provocarlo.
"E ora cosa dobbiamo fare? Non possiamo rimanercene chiusi in questa casa in eterno, anche se probabilmente ci staranno cercando…" disse, giusto per cambiare argomento.
"No, non credo siano ancora sulle nostre tracce. È molto più probabile che siano tornati dall’Oscuro per riferire l’accaduto."
"E per studiare un piano per trovarmi e farmela pagare."
Ma questo non lo disse, non ce ne fu bisogno, perché lo sguardo di Harry gli disse che stava pensando esattamente la stessa cosa.
"Si, credo abbia ragione."
"Ho ragione? Potter mi sta dando ragione? Allora c’è davvero qualcosa che non so…"
Cosa poteva aver fatto cambiare idea a Potter così rapidamente? Un terribile sospetto gli attanagliò le viscere, la sola idea gli tagliò il respiro per un attimo, ma poi si disse che non era possibile, che se Harry avesse saputo non sarebbe riuscito a starsene lì, seduto con lui, senza ricoprirlo di insulti del tipo ‘come ha osato’, ‘non avrebbe neanche dovuto guardarla’, ‘l’ha uccisa lei’…insomma, le cose che lui si era ripetuto per anni.
E poi, comunque, Dana non lo avrebbe mai fatto…
"Sicuro? Te lo ha anche detto, farebbe qualunque cosa pur di salvarti…"
Scacciò quello scomodo pensiero dalla testa e cercò di non pensarci. Forse Potter era semplicemente cambiato a causa degli eventi.
"Credo che dovresti rientrare a casa. Se la Granger e Weasley capiscono che eri andato da loro, si preoccuperanno non vedendoti tornare."
Harry annuì e si alzò in piedi, rimanendo fermo a guardarlo.
"Lei non viene?"
"Perché dovrei venire?" chiese quasi disgustato Piton.
"Non ha un posto dove tornare ormai." Continuò Harry imperterrito.
"Devo ripeterti che siamo dentro una casa?"
"Vuole che Dana mi uccida per averla lasciata chissà dove?"
Harry notò con sadica soddisfazione che questo aveva fatto sbiancare Piton più di quanto non avesse fatto la perdita di sangue. Prima che potesse ribattere qualcosa, continuò.
"Fra l’altro, la sua esperienza come Occlumante forse potrebbe esserci utile per gli allenamenti."
Piton aggrottò appena la fronte ma non si sbilanciò.
"Mi servirà contro Voldemort."
Stringendo appena le labbra sottili, Piton lo incenerì con lo sguardo e Harry si spazientì.
"Lei è proprio assurdo! Riesce ad ingannarlo, a mentirgli e a fargliela sotto il naso, ma non vuol sentirne il nome! È una contraddizione!"
"Per te forse si, Potter, ma per me va bene così. Se avrete bisogno di me, basterà mandarmi un Patronus."
Lo disse con un tono che non ammetteva repliche, ma Harry si ricordò con soddisfazione che non erano più a scuola.
Scrollò la testa e si sedette di nuovo, mentre Fanny allungava la testa verso di lui ed emetteva un basso suono confortante.
"Non stavo scherzando quando le ho detto di venire con me."
"E io non stavo scherzando quando ti ho risposto di no."
"Lei ha idea di cosa voglia dire dover affrontare Dana arrabbiata? Preferirei non ripetere l’esperienza…"
"Non vedo perché dovrebbe arrabbiarsi. Comunque Dana conosce questa casa. Se avrà bisogno di me, saprà esattamente dove trovarmi."
Harry scrollò la testa e gli indirizzò un’occhiata piuttosto scocciata, ma sapeva che a Piton non sarebbe importato.
Insistere sarebbe stato inutile, così si alzò e si Smaterializzò, lasciandolo lì, con Fanny ancora accoccolata sulle sue gambe.
 
Il silenzio di quella piccola casetta era stranamente soffocante. Era abituato all’assenza di rumori, ma c’era qualcosa, lì, che rendeva quel silenzio diverso da tutti gli altri, più pesante.
Forse i troppi ricordi.
Non c’era angolo che non gli ricordasse qualcosa. Aveva passato relativamente poco tempo in quel posto, alcuni anni prima, per delle ricerche. E con lui c’era Dana.
Scrollò la testa, mentre gli occhi vagavano sulle suppellettili impolverate.
Uno dei mesi più belli della sua vita. Ma non sarebbe tornato.
Eppure non era mai riuscito a staccarsi da quelle mura non troppo solide eppur calde. Vi aveva fatto ritorno spesso, durante i solitari mesi estivi che lo vedevano rinchiuso in quella che per lui era la peggiore delle prigioni, la sua casa.
Andare lì si rivelava una fuga, un modo per dimenticarsi per qualche minuto chi o cosa fosse e fosse stato. Funzionava sempre, ma ora non ne era più così sicuro.
In quel momento, mentre la ferita al fianco doleva ancora un pochino e Fanny rimaneva silenziosamente appollaiata su una sedia (quasi che comprendesse il suo bisogno di quiete), Severus Piton si chiese cosa avrebbe fatto l’indomani.
Aveva sempre vagliato l’ipotesi che potessero scoprirlo, e per questo aveva adottato delle precauzioni per mantenere al sicuro il frutto del proprio lavoro. Ma per il resto?
Cosa avrebbe fatto, concretamente, domani?
Non gli importava di avere i Mangiamorte alle calcagna.
Non aveva alcun peso il fatto che non avrebbe più potuto muoversi da lì.
Quello che gli bruciava la coscienza era altro.
Non fece tuttavia in tempo a formulare nemmeno a mente quel pesante e spinoso pensiero, perché qualcuno comparve davanti a lui. Afferrò la bacchetta, ma solo per sicurezza, perché sapeva con quasi assoluta precisione chi fosse il nuovo venuto.
Infatti eccola lì. Strano, aveva pensato che non sarebbe riuscita a trattenersi così tanto.
 
Quando aveva visto tornare Harry con quell’espressione in volto, le si era fermato il cuore nel petto, e sentirgli dire che aveva qualcosa da dirle le aveva bloccato anche la respirazione.
Per fortuna, Harry non l’aveva tenuta sulle spine e le aveva velocemente raccontato tutto quello che era successo, soffermandosi più volte sul fatto che Severus stava bene, che la ferita era completamente guarita e che era la sicuro.
Il suo cuore e il suo respiro avevano ripreso la loro abituale attività, ma la sua mente era schizzata a velocità folle verso tutto quello che un simile cambiamento avrebbe voluto dire.
Niente più informazioni, niente più occhi sul lavoro del nemico…Severus finalmente libero!
Beh, magari proprio libero no, ma almeno non sarebbe più stato costretto a vivere la serie infinita di orrori che Riddle avrebbe comunque e inesorabilmente ordinato.
"Che pensiero egoista il mio…me ne rendo perfettamente conto, ma non posso fare a meno di pensare che ora la sua anima starà più in pace, lontana da tutto quello che poteva ancora calpestarla e distruggerla…però sono veramente patetica per certi versi…ho tentato di trattenermi, di non precipitarmi qui subito, ma ho resistito forse venti minuti. Dovrò considerarlo un record."
Gli ultimi frammenti di quel pensiero si infransero nel momento stesso in cui la Smaterializzazione la ebbe portata per intero di fronte a lui.
In quel silenzio pressoché assoluto, mentre i suoi occhi si posavano sulla figura vestita di nero seduta immobile vicino alla parete, Dana perse per qualche frazione di secondo la consapevolezza del trascorrere del tempo.
Ricacciò indietro i ricordi e un instante dopo fu travolta dalla improvvisa e violenta necessità di gettarglisi addosso e abbracciarlo.
Così, tutto quello che fece fu volgersi dall’altra parte torcendosi nervosamente le mani.
"Harry mi ha raccontato cos’è successo. Sicuro di sentirti bene?"
Sentì la propria voce come lontana e inutile. Stava veramente chiedendogli una cosa così stupida?
"Si. Fanny ha curato le ferite. Tutto sommato non mi è andata male."
Fu la risposta quasi annoiata di Severus.
"Non rimanere qui Dana, per favore non rimanere! Cos’ho a trattenermi ora? Nemmeno lo schifo che mi faccio potrebbe frenarmi davvero. Tutto quello che so in questo istante è che non voglio rimanere da solo, e per questo non devi rimanere! Va via!"arete, dana er intero di fro
Dana si volse lentamente verso di lui e lo guardò quasi con tristezza, mentre il suo viso si rilassava e le labbra si incurvavano appena in un sorriso.
"Dopo tutti questi anni, pensi davvero ancora di potermi tenere nascosto cosa provi? Non serve recitare con me, Severus. E comunque, ormai non ti serve più nemmeno con gli altri. A meno che tu non senta ancora il bisogno di difenderti sempre e comunque. Ma difenderti da me è piuttosto ridicolo…"
"Con questo cosa vorresti dire?" chiese con voce impassibile, mentre cercava con tutte le forze di usare gli anni di esperienza per bloccare il ritmo troppo veloce del cuore.
"Che percepisco perfettamente la tua agitazione e lo stato di confusione in cui sei. Forse parlarne ti eviterà di stare male per nulla."
"Non c’è nulla di cui parlare." Le rispose lui, secco.
Dana sbuffò appena e si sedette vicino a Fanny che sembrò ridestarsi, e che poi la guardò per qualche secondo con aria indagatrice prima di appollaiarlesi in grembo.
Dana la guardò perplessa, ma non disse nulla, nutrendo il fondato sospetto che quell’animale avesse qualcosa in mente.
Improvviso e delicato, il canto della Fenice si diffuse nella stanza, rendendo tutto estremamente irreale e impalpabile, facendo staccare il corpo dalla realtà.
"E’ questo quello che serve a Severus, Fanny? A giudicare dalla sua espressione, si. Credo sia per questo che tu stai con lui, vero? È il modo che Silente ha trovato per avere cura di lui anche da morto. Perché tu sai leggere nel suo cuore bene quanto me."
 
"Maledetta Fenice! Riesce a prendermi in contropiede esattamente come faceva lui, scoprendo i miei punti deboli e facendoli venire a galla, anziché permettermi di nasconderli! Perché? Perché diavolo non è possibile che mi lascino macerare nei miei rimorsi?"
Senza scampo, il canto della Fenice stava facendo cadere tutti gli scudi che Severus stava ancora tentando di tenere in piedi attorno al proprio cuore e al proprio pensiero.
Alla fine, quando più nessun ostacolo era rimasto tra lui e la verità, provò l’insano e profondissimo bisogno di esprimersi, di confessare quello che più gli pesava sul cuore.
"Ho dovuto proteggerlo, non c’era alternativa. Se non mi fossi scoperto, sarebbe stato ferito e catturato. E poi sarebbe finito nelle mani dell’Oscuro prima del tempo. Non potevo permettere che succedesse, capisci?"
Una domanda che non era una domanda. Le parole gli erano uscite di bocca con un’urgenza che avrebbe preferito non rivelare, ma era praticamente impossibile opporsi agli effetti del canto di Fanny.
"Ho dovuto far saltare la copertura. E la mia testa dice in continuazione quanto questo sia un male, perché ora non posso continuare a fare quello che invece era mio esclusivo compito. Eppure…"
La voce gli mancò all’improvviso, e fu costretto ad alzarsi, in preda ad uno stato di frustrazione così abituale per lui ma mai manifestato.
Dana lo seguì con lo sguardo, sempre in silenzio, mentre si lasciava coinvolgere più del dovuto, come sempre quando si trattava di lui.
Severus raggiunse la finestra, appoggiò le mani agli infissi laterali e spinse con forza, quasi che servisse ad opporsi alla sensazione che stava riducendolo in quello stato.
"Sono contento che sia finita." Riuscì a dire in un soffio, poco più che un sussurro, ma per lui fu come averlo urlato, infangando promesse antiche e impegni non del tutto portati a termine.
"Sono contento che ora sappia la verità, che capisca che gli ho sempre mentito e che non gli appartengo più da molto tempo. Sono contento di tutto questo, ma so che è una cosa meschina, che neanche dovrebbe attraversarmi la mente, perché il mio compito non è stato portato a termine! Non sono arrivato fino in fondo!"
Dana fece scansare delicatamente la Fenice con mani tremanti, si alzò, lo raggiunse da dietro e lo afferrò per una spalla, tirando e costringendolo a voltarsi.
Piantò due occhi verdi animati dalla collera in quelli neri e combattuti di lui.
"Cosa vuoi pretendere ancora da te stesso? Sei un essere umano! È normale che tu provi sollievo per quel che è successo, per il rivendicare la tua dignità di fronte a quell’essere! Non sopporto che tu faccia questi discorsi! È normale, lo capisci? Normale!"
Severus la guardò senza nasconderle che avrebbe dato qualunque cosa per poterle credere, ma che non riusciva a concedersi nulla di simile.
E Dana non era un confessore indulgente.
"Per Merlino! Ti rendi conto che se tu non ti fossi scoperto, saremmo morti tutti quanti? Senza Harry siamo tutti perduti! Hai protetto l’unica persona che va protetta! Cos’altro puoi pretendere? Si, è vero, non puoi più spiare i piani di Riddle in questo modo, ma c’è sempre il giovane Malfoy, ricordi? Ogni volta che ti ho chiesto se ti fidassi davvero di lui, mi hai sempre detto di si. Ora è il momento di vedere se quella fiducia è ben riposta."
Per un attimo, gli occhi di Severus lampeggiarono.
"Esporre Draco così? No, non posso…devo proteggere anche lui"
"Sarà lui stesso a volerlo!" sbottò Dana, leggendogli il pensiero come se fosse inciso a fuoco nelle iridi scure.
"Quindi dovrei accontentarmi di quello che sono riuscito a fare, nonostante il debito che devo ancora pagare?"
"Come trovi il coraggio di infierire in questo modo assurdo su te stesso? Cosa avresti ancora da pagare? Tra tutti quelli coinvolti nella guerra, sei tra le persone che hanno pagato il prezzo più alto! Cos’altro pensi di poter fare, più che proteggere chi ha il potere per salvarci?"
"Potevo fare ancora molto."
"Si. Magari lasciandoci la pelle. Se vuoi renderti ancora utile, aiutami ad addestrare Harry! E piantala di sentirti in colpa per avere nel cuore la gioia di esserti liberato del tuo ruolo di freddo Mangiamorte! È ridicolo!"
Fanny alzò la testa e la fece scattare tre volte, guardando fisso Severus.
"Bene, visto che hai anche l’opinione di Fanny, credo ora tu possa fare sonni più tranquilli." Commentò Dana, un po’ caustica. Non le era proprio possibile tener celata la propria frustrazione in simili momenti. Comprendeva cosa stesse macerando il cuore di Severus, ma non aveva alcuna intenzione di permettergli di continuare. Così decise di cambiare argomento. Forse distrarlo e fargli capire che la vita sarebbe continuata era una buona tattica.
"Credo però avrai bisogno di parecchie cose, quassù, sempre che tu sia rimasto dell’idea di non venire a stare da noi."
"Sarebbe piuttosto ridicolo mettere me e Potter sotto lo stesso tetto, non credi?" ribatté ritrovando in un attimo il proprio spirito.
"Mi ci manca solo di vederlo tutte le mattine appena sveglio!"
"Farti stare qui non mi pare un’idea tanto migliore."
"Qui ho vestiti, cibo e tutti i miei libri. Non starei in nessun altro posto."
Dana lo guardò perplessa, poi lanciò uno sguardo alla casa ancora impolverata.
"I tuoi libri…"
"Si. Non potevo tenerli a casa, mentre ci lavoravo per trovare gli ultimi Horcrux li richiamavo da qui ogni volta che li volevo. E poi qui li facevo tornare. Questo posto non lo conosce nessuno, a parte te. Era il luogo più indicato, anche per un’eventuale fuga."
"Avevi preso in considerazione l’idea…"
"Avevo preso in considerazione molte idee…una più improbabile dell’altra. E alla fine ho dato corso alla più assurda." Concluse amaramente, lanciando uno sguardo a Fanny.
Si, proprio vero. Severus avrebbe potuto sporcarsi le mani in molti modi, ma quello che aveva escogitato Silente era innegabilmente il più assurdo.
"Ormai è passato, Severus. Possiamo solo continuare perché il sacrificio fatto da molti non sia inutile." Sospirò posandogli una mano su una guancia.
Era convinta che si sarebbe sottratto, ma aveva agito d’istinto, guidata come sempre dai propri sentimenti.
Eppure la sua mano non fu allontanata né scansata. Ad accogliere il suo gesto ci fu solo quello sguardo, terrorizzato e vivo allo stesso tempo.
Non poté fare a meno di ricambiarlo con la stessa intensità, mentre posava sul suo viso anche l’altra mano per avvicinarlo a sé.
Quella volta il Marchio che bruciava non avrebbe potuto salvarlo.
Solo un bacio, un castissimo bacio, una semplice manifestazione di affetto, per fargli capire che non era solo. Non si sottrasse nemmeno a quello, e Dana rimase un po’ confusa per quella strana e inusuale assenza di reazioni, ma solo per qualche secondo, giusto il tempo di rendersi conto che lui aveva allungato un braccio attorno alla sua vita e stava trattenendola.
Il bacio perse tutta la sua castità in breve e li costrinse ad aggrapparsi l’uno all’altro per avere ancora una minima percezione della solidità di ciò che li circondava.
Eppure Dana, lasciata decisamente senza fiato, sapeva che prima o poi lui si sarebbe riscosso e che avrebbe domato, come sempre, quella sua esigenza di sentirsi vivo.
Così accadde. Severus si scostò da lei e nascose il volto tra i suoi capelli, ma non la lasciò andare. La sua presa era ancora ferrea, contraddittoria rispetto alle parole che gli uscirono di bocca quasi con rabbia.
"Va via! Dana, ti prego, va via!"
Dana chiuse gli occhi e mantenne la presa attorno alle sue spalle.
"No. Questa volta non ti riuscirà di allontanarmi."
"Dana!"
Quasi un’implorazione.
Dana lo costrinse a rialzare la testa per guardarlo negli occhi, prima di baciarlo di nuovo.
Lo sentì tremare e irrigidirsi, lottare e trattenerla, ma alla fine cedette e non gli riuscì di allontanarla fino alla mattina dopo.
 
 
 
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Capitolo 22
*** Presa ***


21 presa
harry potter 90. Ecco qui un altro capitolo. Da qui in poi, giuro, c'è tutta l'azione che si può desiderare! Bye!
 
Piccola Vero. Ciao! Eh, si, Harry finalmente capisce, ma per Severus ci vorrà ancora un pò di tempo, anche se in fondo al cuore sa già come stiano veramente le cose. Però, visto che il finale lo sto ancora scrivendo, non so se alla fine parlerà apertamente con Harry o ammetterà tutto solo con se stesso (Non so, propendo leggermente per questa seconda ipotesi...)
 
EDVIGE86. Bentrovata! Sono contenta che il finale ti sia piaciuto! Caspita, un pò di felicità ogni tanto non guasta, che dici? Il passo avanti è stato fatto, verissimo, e in questo capitolo Harry scoprirà che Severus è l'unico che possa comprendere certi suoi sentimenti...ma non posso dire troppo, o svelo la sorpresa!
 
gealach. Ola! Si, alla fine succede quello che hai capito, ma il commento tuo e di Astry mi han fatto venire dei dubbi sul grado di chiarezza... Non lo dico, ma quei due vanno a letto insieme. Non me la sono sentita proprio di soffermarmi di più sulla scena perchè sarebbe stato un pò una stonatura rispetto al regime del resto del racconto (anche perche in quel genere di scene sono incapace di adottare le vie di mezzo. Perciò o lasciavo tutto molto velato, o l'esatto opposto...ho preferito questa soluzione.)
Sai, sei proprio sadica!!! La tua venerazione per la coppia Severus/Lily non mi lascia speranza di scalfire le tue convinzioni, ma va bene così. L'importante è che la mia storia ti piaccia comunque.
Ah, un ultimo dettaglio. Vista la tua devozione per la coppia...non finirai qui di soffrire...credo.
 
Astry_1971. Bentornata, anche se raffreddata! Mi spiace che ti abbiano fatto dannare...però, dai, guardiamo il bicchiere mezzo pieno. Adesso sei a casa!
Vedo che il salvataggio di Harry ti ha scombussolata tanto quanto la gita! Ih ih...divertente! Lo so, in un certo senso credo che anche a Severus abbia fatto un pò rabbia doverlo fare, ma ha proprio dovuto, e lui non si tira indietro di fronte a nulla! Senza contare che volevo prendermi un'altra soddisfazione facendo ulteriormente scoprire a Harry come Severus sia veramente.
E ti pare che non lo facevo scorpire a Bella? Altrimenti che sadica sarei?
Tranquilla, Severus non scoprirà mai il motivo del cambiamento di Harry, anche se, tal mente qual'è, un dubbietto gli viene...però lascia correre. Non sarei in grado di immaginarmi una possibile sua reazione in un incontro chiarificatore con Harry...(avrei solo tanta paura...)
Tranquilla per Draco. Ormai manca poco alla fine di tutto, e Draco sarà all'altezza. Poverino, in realtà ho messo sul suo cammino ancora una difficile decisione, ma dovevo proprio...il riscatto è duro...
Beh, sono contenta che anche a te il finale sia piaciuto, ma non si tratta mica solo di un bacio...
Bene, comunque da questo capitolo comincia un'escalation di azione, vedi un pò se guadagno punti come sadica! Giuro che mi sono impegnata!!!!!!!!
 
 
Salve a tutti. Ragazzi, comincia la salita! Spero vi piaccia!
 
 
Presa
 
Il cielo risplendeva di un azzurro intensissimo come spesso accadeva alla fine di maggio, ma per gli abitanti di Londra e dintorni era un insperato sogno poter vedere quello spettacolo naturale. La nebbia pareva essersi volatilizzata d’improvviso, e Dana aveva la netta impressione che non si trattasse affatto di un buon segno.
Con tutti i Dissennatori ancora in circolazione l’assenza di nebbia era impossibile, eppure eccoli lì, intenti ad allenarsi sotto il sole in un parco accuratamente tenuto sotto Incantesimo repellente.
Che fossero stati richiamati da Ridde per qualche strano lavoro? Probabile, e non era l’unica a pensarla così, visto l’impegno che Harry aveva dimostrato in quelle settimane.
Per giorni aveva studiato e provato l’arte della Legilimanzia e dell’Occlumanzia, e altrettanto tempo e fatiche erano stati dedicati allo studio degli Incantesimi e delle tecniche contenute nel libro di Aberforth.
Il collegamento che Harry aveva con il suo nemico mortale tuttavia era un’eccezione, piuttosto che la regola, quindi l’elaborazione di un piano dettagliato era risultata, all’atto pratico, un po’ più complessa del previsto.
Harry però non si era lasciato scoraggiare, aveva dato fondo a tutte le proprie conoscenze e abilità per fornire a lei e a Severus tutte le informazioni possibili sulla sua cicatrice. Sensazioni, dolori, esperienze passate cui prima non aveva dato troppo peso, tutto quello che poteva aiutare a capire come e quando funzionasse esattamente il collegamento.
Ora eccolo lì, impegnato a scansare gli Incantesimi di Ron e Hermione, e nel frattempo a tentare di partire al contrattacco, verso Severus, unico in grado di opporgli una resistenza mentale forte tanto da simulare lo scontro con Voldemort.
Lei invece doveva rimanere concentrata su Harry, capire come si muovessero in lui i suoi sentimenti e cercare di trovare le falle che avrebbero potuto farlo cedere.
Harry era innegabilmente coraggioso, ma a volte un po’ troppo impulsivo, e soprattutto era ancora legato troppo al suo rancore. Si sarebbe trovato di fronte a chi gli aveva strappato tutte le persone a lui vicine e che aveva reso la sua vita un cammino in salita fin dall’infanzia.
Difficile mettere da parte la rabbia e il risentimento.
Per questo lei era lì.
Quella era inevitabilmente la parte più difficile del loro strampalato e rischioso piano: aiutare Harry a trovare solo l’amore dentro sé.
Dana sospirò, mentre Ron e Hermione opponevano una fiera resistenza di fronte al loro amico.
Qualche metro indietro, appoggiato al tronco di un albero, lo sguardo puntato sul giovane Potter, stava Severus. Braccia incrociate, labbra serrate e un sopracciglio inarcato.
Oh, sapeva alla perfezione che quell’atteggiamento irritava Harry oltre ogni dire, ma era proprio questo il punto: Riddle non avrebbe fatto amabile conversazione di fronte al ragazzo. Lo avrebbe provocato, e Harry doveva riuscire a farsi scivolare le provocazioni di dosso.
Con un rapido sguardo a Harry, Dana seppe che si stavano facendo grossi passi in avanti.
Poi i suoi occhi tornarono a Severus.
Come sempre, il cuore prese a battere un po’ più in fretta, costringendola inaspettatamente a cercare qualcos’altro su cui concentrare la propria attenzione.
"Ormai ci sono abituata…dopo ogni notte con lui devo far finta di nulla, perché quello che ottengo è solo un momentaneo cedimento. Quindi ancora, per la terza volta, ho ingoiato tutto e fatto finta di nulla. Del resto, non sarebbe nemmeno il momento per fare i romantici, con lo scontro diretto sempre più vicino. Eppure questa volta c’è qualcosa di diverso, come se non fosse possibile andare avanti senza conseguenze…non riesco a capirne il perché, tuttavia ho questa netta sensazione. Ma non ha molta importanza, finché rimane solo un problema mio. Severus invece sembra non avere problemi a comportarsi come sempre, a rifuggirmi, a non permettermi di aiutarlo e di tenergli compagnia. Tutto come sempre, se non fosse per un piccolo dettaglio. Quante volte ancora vuoi guardarmi con rimorso, Severus? È la cosa peggiore che tu possa farmi."
Ma quel sottile e pungente dolore che la attanagliava ogni volta che si sentiva addosso lo sguardo di lui non le avrebbe impedito di fare il suo dovere. Quindi aveva represso tutto, chiudendo le sensazioni della propria anima in un angolo remoto di se stessa.
Harry aveva appena messo fuori combattimento entrambi i suoi amici e ora stava avanzando verso Severus. Con un Incantesimo studiato apposta, aveva colto il momento migliore per simulare l’inevitabile Prior Incantatio che si sarebbe generata tra la sua bacchetta e quella di Voldemort.
Era riuscito a sorprendere Severus proprio nel momento giusto…Dana sorrise e si avvicinò silenziosamente, in ascolto.
Gli occhi ancorati l’uno a quelli dell’altro, Severus e Harry rimanevano immobili uno di fronte all’altro, concentratissimi.
La fronte di Harry si aggrottò un attimo, e lui fece un passo indietro.
"Niente cedimenti Harry!" lo esortò Dana "Non permettere al rancore di comandarti! Niente frenesie, niente alzate di testa! Puoi farlo!"
Harry annuì e la sua fronte si rilassò, mentre Severus sorrideva sarcastico. Doveva provocarlo e sapeva esattamente che tasti toccare.
"Difficile mantenersi concentrati, vero Potter? Si direbbe quasi che il destino del mondo magico sia nelle mani di un ragazzetto immaturo e impulsivo. Che fortuna, non trovi?"
Harry non reagì, e Dana non avvertì alcun genere di cambiamento nel suo animo.
"C’è da sperare che il Signore Oscuro non si azzardi a provocarti troppo Potter, o crolleresti come un castello di carte! Immagina cosa potrebbe fare davanti ai tuoi occhi se avesse per le mani uno dei tuoi amici." Disse senza alcuna traccia di scrupolo accennando a Ron e Hermione, senza tuttavia interrompere il contatto visivo.
"Non esiterebbe a ucciderli, in uno dei tanti modi atroci che ben conosce, e saresti stato tu l’unico responsabile per il loro dolore. Sicuro di voler arrivare fino in fondo?"
Questa volta Harry parve subire il colpo, ma durò troppo poco. Qualcosa dentro di lui cambiò, inaspettatamente nel verso giusto, e mantenendo il contatto visivo strinse le mani a pugno, concentrandosi e facendo indietreggiare di qualche passo Severus, che fu costretto a distogliere lo sguardo.
Dana lasciò che il suo sguardo corresse dall’uno all’altro: Harry si era lentamente inginocchiato a terra e stava riprendendo fiato, svelando uno sforzo che prima non si era percepito, e Severus stava guardandolo con la fronte aggrottata.
"Potter, come ci sei riuscito?"
Harry alzò la testa e lo guardò, perplesso.
"Non ne sono sicuro, ma questa volta le sue parole non mi hanno fatto arrabbiare. Mi hanno solo fatto immaginare il dolore che avrei provato nel perdere anche loro." Aveva pronunciato le ultime parole abbassando notevolmente il tono di voce, e distogliendo lo sguardo dall’ex Professore.
"E poi ho sentito la sensazione di cui parlava Dana l’altra sera…e gliel’ho spedita contro."
Dana gli si avvicinò, chinandosi accanto a lui e posandogli una mano sulla spalla.
Gli occhi verdi di Harry si posarono su lei celando malamente lo stato d’animo del ragazzo.
"Non ti sentire così, Harry! Sei appena riuscito a fare ciò che dovevi! Anche di fronte a Riddle dovrai usare i tuoi sentimenti per chi ami come punto di partenza."
"Fa paura." Bisbigliò Harry, distogliendo lo sguardo.
Pur non capendo fino in fondo il significato di quelle parole, Dana seppe che Harry stava improvvisamente soffrendo. Detestava vederlo in quello stato, così allungò la mano che gli aveva posato sulla spalla e lo abbracciò, portandoselo contro.
"Riuscirai a controllarli, è solo questione di pratica." Gli bisbigliò all’orecchio, cercando di dargli con quell’abbraccio ciò di cui aveva bisogno.
Harry annuì e rialzò lentamente gli occhi su Severus, guardandolo in silenzio.
Leggermente chino su se stesso, stava guardando Dana con un’espressione stranamente stanca e affranta. Non appena si accorse dello sguardo del ragazzo, si riscosse e si avviò con passo deciso e altero verso Ron e Hermione.
"Direi che per il momento possiamo fermarci." Disse seccamente, rianimandoli.
Harry sbuffò appena.
"Ha uno strano modo di dire che ho fatto un buon lavoro!" disse quasi scocciato, stropicciandosi gli occhi.
"Beh, ma almeno ora capisci cosa vuole veramente dirti." Sospirò Dana rialzandosi e seguendo la figura avvolta nel mantello nero che stava allontanandosi.
"E tu?"
Si volse di scatto per incontrare gli occhi determinati e seri di Harry.
"Cosa vuoi dire?" chiese con il cuore di nuovo assolutamente fuori controllo.
"Lo sai." Le disse superandola e andando ad aiutare Hermione a rimettersi in piedi.
"Oh, Harry, ti diverti proprio a Schiantarmi in quel modo!"
Harry sorrise e lanciò uno sguardo a Ron, per vedere se fosse tutto intero.
"Scusa, non lo faccio apposta."
"Tu ti lamenti dello Schiantesimo?" sbottò Ron, massaggiandosi una spalla "E io cosa dovrei dire? Mi ha letteralmente stordito con quel nuovo Incantesimo…"
Harry non si volse verso Dana, e Dana non chiese nient’altro.
Qualunque idea si fosse fatto Harry, lei sapeva che era sbagliata. Non aveva più bisogno di sondare i messaggi di Severus, sapeva fin troppo bene come stessero le cose. Perché farsi del male?
 
Il giorno successivo Harry si alzò con un incredibile mal di testa. Piton aveva voluto continuare ad allenarsi fino a dopo l’ora di cena, e lui di sicuro non aveva nemmeno pensato di lamentarsi, ma ora si rendeva conto che forse aveva un po’ esagerato. Non del tutto lucido, scese al piano terra, dove Ron e Hermione stavano già facendo colazione.
"Pensavamo non saresti più sceso." Biascicò Ron, trattenendo uno sbadiglio mentre si imburrava malamente una fetta di pane tostato.
"Non mi pare tu sia molto più sveglio di me."
Ron mugolò un cenno di assenso e gli allungò una tazza.
Harry l’afferrò distrattamente e guardò Hermione con addosso un vago senso di inadeguatezza.
Già perfettamente vestita, i capelli raccolti e il mantello appoggiato sullo schienale della sedia, stava leggendo attentamente la Gazzetta.
"Qualche novità?" chiese con timore.
Hermione scosse la testa e non li badò. Ron lanciò uno sguardo significativo all’amico e alzò le spalle, addentando la propria fetta di pane tostato.
Solo dopo aver fatto scorrere velocemente gli occhi su un particolare trafiletto del giornale, Hermione si riscosse e li degnò della sua attenzione.
"Hanno trovato il cadavere di un certo Morris. Era impiegato presso l’Ufficio Misteri…"
Harry fece scattare gli occhi verso di lei e Ron rimase con mezza fetta tostata che gli penzolava dalle labbra.
"Si sta muovendo con imprudenza…non è rassicurante." Riuscì a dire, dopo aver trangugiato in fretta il boccone.
Hermione annuì e richiuse il giornale, mentre Harry riprendeva a magiare, decisamente con molto meno appetito rispetto a cinque minuti prima.
Finirono di fare colazione in silenzio, e solo quando ebbero entrambi fatto sparire le loro tazze Hermione si decise ad illustrare loro i suoi piani.
"Io mi devo assentare. C’è una cosa che non mi torna…ci ho pensato tutta la notte e mi è venuto un brutto dubbio…"
Ron scattò sull’attenti e la guardò torvo.
"Devo ricordarti cosa è successo l’ultima volta che sei uscita da sola?"
Hermione gli sorrise e gli si avvicinò, posandogli una mano su un braccio.
"Farò attenzione, ma tu devi rimanere qui, per gli allenamenti di Harry."
"E’ proprio necessario che tu vada? Di cosa si tratta?" Intervenne Harry, anche lui per nulla ansioso di lasciarla andare.
"Devo chiedere una cosa alla McGranitt. Poi forse dovrò andare anche in un altro posto, ma non so dove. Comunque le chiederò di accompagnarmi."
Ron scrollò la testa, ma prima che potesse parlare Hermione gli stampò un bacio sulle labbra e sparì.
"Dannata ragazza! Vuole farci forse morire! Ora la raggiungo e gliene dico quattro!"
"Direi proprio di no." Intervenne Dana, sopraggiunta alle loro spalle. "So cosa deve fare, e vi posso garantire che la McGranitt non la potrà lasciar andare da sola, quindi sarà al sicuro. E poi Severus è appena arrivato. Forza, vestitevi. Si comincia tra un quarto d’ora."
Ron uscì dalla cucina borbottando qualcosa, esclamando ogni tanto un ‘testa dura’.
Harry invece rimase fermo a fissare Dana.
"Sei sicura di farcela?" le chiese avvicinandosi.
"Si. Perché mai me lo chiedi?"
"Hai una faccia…se non ti senti bene, non è necessario tu partecipi. Posso cavarmela anche da solo."
"Harry, ti prego, sto bene! Sono solo un po’…sfasata, tutto qui. Ma non ci sono motivi perché me ne rimanga in panciolle mentre voi lavorate."
Per nulla persuaso, Harry annuì e andò a vestirsi. Non poteva certo incatenarla a letto, e poi sapeva che Dana detestava essere così protetta. Beh, era adulta e conosceva i suoi limiti. Si sarebbe fidato di lei.
 
Scaraventato a terra per l’ennesima volta, sentì che difficilmente sarebbe riuscito a trattenere ancora a lungo la rabbia che stava montandogli in petto.
Quella mattina Piton sembrava aver deciso di sbriciolare tutta la sua soddisfazione per i pochi passi in avanti che era riuscito a fare.
"Si può sapere che intenzioni ha? Non potrò allenarmi davvero se continua a fare così!" sbottò senza controllo, rialzandosi e spazzolandosi una manica della camicia con la mano.
"Credi davvero che lui ti lascerebbe il tempo di lamentarti? Ti sto concedendo anche troppo spazio, eppure tu continui a non dimostrarti in grado di sfruttarlo! Quanto del nostro tempo hai ancora intenzione di sprecare?"
"Non sto sprecando tempo!" insistette Harry, ora veramente furioso.
"Si invece! Ti stai di nuovo lasciando trasportare dalle tue sensazioni, mi lasci troppo campo libero! Credevo che le lezioni con Dana ti fossero servite davvero, ma a quanto pare non ti sai ancora controllare!"
"Beh, se permette c’è Hermione là fuori chissà dove a fare chissà cosa! Sono preoccupato!"
"Non mi interessa, Potter! È questo che ti ostini a non capire! Per me puoi essere arrabbiato, preoccupato o triste. Non mi fa nessuna differenza! Devi riuscirci lo stesso!"
Harry strinse la mano sulla bacchetta e lo fissò torvo, ma non replicò. Detestava ammetterlo, ma era dannatamente vero. Doveva riuscire a tenersi calmo e tranquillo, altrimenti l’allenamento non sarebbe servito a nulla.
Prese un bel respiro e si volse, allontanandosi di qualche passo, per poi rimettersi in posizione.
"Avanti." Disse in tono brusco.
Doveva solo concentrarsi su un punto silenzioso dentro se stesso e sarebbe riuscito a ritrovare il proprio equilibrio.
Un sonoro Crack lo prese alla sprovvista e d’istinto si volse di scatto verso il rumore, la bacchetta levata e i sensi all’erta.
La figura di Hermione stava già muovendosi verso di loro, tutti con la bacchetta puntata.
"Signorina Granger, se non vuole rischiare di finire a terra Schiantata, la prossima volta non compaia così vicino!"
"Ha ragione Hermione…ci hai fatti spaventare." Convenne Dana, abbassando la bacchetta e cercando con la mano il tronco cui era stata appoggiata fino a quel momento. Aveva fatto un movimento troppo brusco e ora la testa girava come non mai.
Hermione parve non badare affatto a quei richiami, pallida in volto e con le mani impegnate in un intreccio di dita senza precedenti.
"Io…devo parlarvi. Potrebbero esserci delle novità."
 
"Sono andata dalla McGranitt per chiederle una cosa che stava dandomi il tormento…" disse, entrando in casa e lanciando distrattamente il mantello su una sedia "E ho trovato risposte che non mi sono piaciute affatto."
Non si sedette, evidentemente troppo agitata, mentre gli altri quattro le si disponevano attorno.
"Hermione, di cosa stai parlando? Spiegati."
"Oh, Harry…ricordi quella famiglia che Voldemort voleva catturare qualche mese fa?"
"I fabbri?"
"Esatto! Mi sono sempre chiesta perché volesse proprio loro, ma non mi sono mai soffermata troppo sulla questione, fino a quando non abbiamo saputo che vuole di nuovo entrare all’Ufficio Misteri."
"E quale sarebbe la connessione?" chiese Ron, guardando da Harry a Hermione.
Harry sbiancò all’improvviso, fissando l’amica come se sperasse di sentirsi dire che si stava sbagliando, ma Hermione sostenne il suo sguardo con aria preoccupatissima, e seppe di aver capito.
"Quando siamo andato al Ministero, alla fine del quinto anno, una delle porte non si aprì. Te lo ricordi?"
Ron annuì e continuò a guardarla con fare perplesso. Severus invece capì all’improvviso dove avrebbe condotto la conversazione e impallidì come Harry, ma non disse una parola.
"Dietro quella porta c’è una forza al tempo stesso più meravigliosa e più terribile della morte, dell’intelligenza umana e della natura." Disse Harry, a bassa voce, lo sguardo perso nel vuoto, mentre in testa gli rimbombavano le parole che Silente gli aveva detto quasi due anni prima.
"L’Amore. Vuole entrare in quella stanza?" chiese Dana, sconvolta.
Hermione annuì.
"Si. Del resto è l’unica porta chiusa a chiave!"
"E la chiave?" chiese Harry. Se non aveva capito male, Hermione era andata dalla McGranitt per poter rintracciare la famiglia di fabbri che l’Ordine si era preoccupato di far sparire.
"E’ questo il punto, Harry…è impossibile che ci riesca, a meno che…"
Si interruppe e si morse il labbro, cominciando a camminare avanti e indietro.
"Mi sono fatta accompagnare dalla McGranitt da quei fabbri, e loro mi hanno confermato di aver provveduto alla manutenzione di quella strana serratura, realizzata dai loro avi. In realtà non c’è una vera e propria chiave…la porta si apre quando viene sospinta da una persona colma d’amore. Solo così si può accedere a quella stanza!"
"Ma l’altra volta Harry non riuscì ad aprirla…" commentò Ron.
"Ero troppo furioso e preoccupato. In quel momento probabilmente non sarei riuscito ad aprirla nemmeno se ci fossi stato di fronte per ore."
"Ah…ma comunque lui non potrà entrarci. Insomma, non può, no?"
Hermione lo guardò con aria terrorizzata.
"Dici?"
"Come potrebbe? Non ha potuto nemmeno toccare Harry fino a tre anni fa, a causa dell’amore!"
"Ma un modo ci sarebbe…" intervenne Dana, di nuovo sfiancata. Si sedette pesantemente e guardò Severus, che ora aveva lo sguardo perso oltre la finestra.
Harry non osò dirlo così come Hermione.
"Possessione." Disse Severus con voce grave, lentamente "Non come quella che ha messo in atto su Potter due anni fa. Ma basterà che si impossessi della mente di una persona piena d’amore e che la convinca ad aprire quella porta. Il legame che si creerà tra i due gli permetterà di usare la persona come scudo di fronte a quello che la stanza custodisce, in qualunque forma sia."
Ron deglutì rumorosamente e parve troppo confuso per parlare per un po’, poi sospirò e si lasciò scivolare anche lui su una sedia.
"Ma chi potrebbe prendere? Insomma…qualcuno pieno d’amore…non credo che possa facilmente mettere le mani su qualcuno con la purezza e i sentimenti adatti."
"Lo ha già fatto una volta…" bisbigliò Harry con voce mortalmente bassa.
Ron aggrottò la fronte e lo guardò. Harry era, se possibile, ancora più pallido di prima, le mani strette a pugno e lo sguardo fisso a terra.
"No…lei no. È al sicuro! Non è detto voglia usarla di nuovo…no, assolutamente. E poi finché rimarrà ad Hogwarts non potrà toccarla…"
"Hogwarts non è una fortezza inespugnabile, Signor Weasley." Commentò Severus, se possibile con voce ancor più bassa e tesa di quella di Harry.
"Ma potrebbe diventarlo. Minerva deve essere messa al corrente di questi nostri dubbi, e forse avvertire anche la ragazza…"
"No."
Harry zittì Dana rapidamente e si alzò.
"Non le diremo nulla. Non ha senso che viva nel terrore per mesi. Senza contare che Ron ha ragione. Forse non vorrà usare di nuovo lei."
"Potter." Disse lentamente Severus "Credi davvero che non si divertirebbe a prendere proprio lei? Ci sono più figli di Mangiamorte di quel che credi, all’interno della scuola, e non credo che il vostro legame sia passato inosservato."
Quanto era vero. Per Voldemort sarebbe stata l’ennesima sfida e l’ennesimo affronto alla sua vita usare proprio la ragazza di cui era innamorato, Harry lo sapeva. Ma per nulla al mondo avrebbe permesso che le accadesse qualcosa. Ginny doveva rimanerne fuori.
Dannazione! L’aveva allontanata proprio per evitare che succedesse una cosa simile!
"Manderemo dei Patronus a Neville. Ci penserà lui a proteggerla e tenerla sotto controllo."
"Buona idea." Sospirò Hermione, strofinandosi nervosamente gli occhi. "Ciò non toglie che l’Ordine debba essere avvisato. Se ci abbiamo visto giusto, non sarà in pericolo solo la sua vita, ma anche quella di tutti gli atri studenti."
"Allora avvisiamoli. E speriamo di esserci sbagliati." Concluse Dana, mentre il suo sguardo correva sui presenti. Non avevano calcolato la possibilità che venissero coinvolte altre persone nello scontro finale, così come non avevano nemmeno lontanamente sospettato che Riddle avrebbe fatto qualcosa per procurarsi ciò che rendeva Harry così speciale, rischiando così di annullare il vantaggio del ragazzo.
Avevano fatto due grossi errori.
 
Ormai le temperature erano salite abbastanza, sebbene la fine di maggio di solito fosse più mite. Così, quasi ogni sera, Dana andava a rifugiarsi, da sola, sulla panchina scricchiolante sul retro della casa.
Harry si accostò ad una finestra e scostò appena la tendina che gli impediva di veder fuori. Come da previsione, Dana era rannicchiata lì, il naso in aria e la mente chissà dove.
"E’ di nuovo fuori?"
La voce di Hermione lo fece volgere. Annuì appena con la testa e lasciò cadere la tendina.
"Deve esserle successo qualcosa. Non è da lei isolarsi così."
"Si, ma non credo voglia il nostro aiuto. Dana sa come cavarsela."
"Non quando si tratta di lui." Sibilò impazientemente.
"Ancora così convinto che sia a causa di qualcosa successo con Piton?"
"Assolutamente." Disse Harry, improvvisamente con una gran voglia di prendere quell’uomo a pugni.
"Anche se fosse, non possiamo farci nulla." Intervenne Ron, raggiungendoli e lanciando uno sguardo preoccupato verso la finestra. "Certo che, se le cose stanno davvero come dici tu, allora è proprio brava a recitare, almeno quando c’è lui…"
Hermione sospirò e li sospinse verso il salone, cercando di ignorare il brontolio di Harry.
Improvvisamente la porta sul retro si spalancò con fragore e i tre ragazzi si volsero di scatto.
Ai piedi di Dana, stagliata sulla soglia con aria furente, qualcosa di lucente si stava dissolvendo, e lei stava già richiamando il suo Patronus.
"Dobbiamo andare! Hogwarts è stata attaccata di nuovo!"
 
Il buio della notte li stava avvolgendo e accompagnando tra gli edifici di Hogsmeade. Le finestre di ogni edificio erano chiuse e sprangate, mentre per la seconda volta il Marchio Nero riluceva sinistro sopra le vette della scuola.
Con un colpo deciso di bacchetta, Hermione fece saltare le protezioni all’entrata del negozio di Zonko. I tre ragazzi e Dana si infilarono velocemente nel negozio e puntarono al retrobottega, individuando in breve l’entrata del passaggio segreto che li avrebbe portati dentro la scuola.
Harry stava avanzando senza indugi, al buio, con la Mappa del Malandrino già aperta in una mano, la bacchetta nell’altra.
Il tragitto sembrò stranamente più breve del solito, e prima di aprire il passaggio che li avrebbe fatti comparire direttamente in uno dei corridoi della scuola si fermò, illuminò la punta della bacchetta e la puntò sulla mappa.
"Ce ne sono vicino al passaggio?" chiese Ron allungandosi per vedere bene.
"Due." Rispose secco Harry, indicando con la bacchetta due nomi circondati da altri tre, tutti studenti.
"A quelli pensiamo subito. L’effetto sorpresa non durerà in eterno."
Hermione annuì e posò la mano sull’apertura del passaggio.
"Pronti?"
Un ultimo sguardo l’uno con l’altro, poi spinse e si gettarono nella mischia.
 
Messi a terra rapidamente i due Mangiamorte, proseguirono lungo il corridoio.
Diversi studenti, nel vederli, si illuminarono, facendo loro spazio.
Harry lanciò diversi sguardi attorno a sé. Non si vedevano altri Mangiamorte, ma dalle scale provenivano urla e inequivocabili rumori di combattimento.
Tre ragazzi sbucarono da un corridoio e si lanciarono sulle scale, le bacchette in mano.
"Sono tutti membri dell’Ordine?" chiese Dana, notando lo stranamente alto numero di ragazzi impegnati a correre in direzione degli scontri.
"No! Sono tutti delle ES!" esclamò Hermione, osservando velocemente le spille che brillavano sul petto degli studenti. "Hogwarts non è più quella di un anno fa."
Corsero ai piani più alti e si trovarono di fronte ad un numero imprevisto di Mangiamorte.
"Quanti diavolo sono?" sbottò Ron atterrandone uno con uno Schiantesimo e quello più vicino con un pugno.
"Troppi! Andate oltre! Alcuni sono corsi verso la torre di Grifondoro!" esclamò la voce di Lupin, impegnato con altri due Auror a proteggere un gruppo di studenti giovanissimi.
Dana diede loro un aiuto Schiantando un Mangiamorte, mentre sfrecciavano verso la torre.
"Allora l’obiettivo è proprio Ginny!" esclamò Ron, con il panico nella voce.
"Non ci voglio neanche pensare! Non può prendermi anche lei!"
Mosso da questo pensiero, Harry schivò un fascio di luce rossa, rispondendo prontamente e andando ancora oltre.
La strada per la torre della sua Casa non gli era mai sembrata così infinitamente lunga.
Sapeva di avere sulla sua scia anche Ron, Hermione e Dana, aveva le spalle coperte, doveva solo pensare ad eliminare tutti gli ostacoli davanti a lui. Senza pensare troppo, fece finire contro il muro di pietra due incappucciati, colti di sorpresa. Vide con la coda dell’occhio alcuni studenti che si avvicinavano loro e li legavano.
Un fischio acuto e poi qualcosa esplose sopra le loro teste, danneggiando il muro, ma Hermione fu pronta e li protesse, sgretolando le pietre che si erano staccate e che avevano rischiato di colpirli.
Ron pietrificò un Mangiamorte alla loro destra e Dana ne schiantò velocemente tre, che stavano raggiungendoli dall’altro lato del corridoio che avevano appena imboccato.
George Weasley comparve quasi dal nulla, impegnato in uno scontro piuttosto violento con un Mangiamorte alto e magrissimo.
Ron scagliò una fattura sul Mangiamorte e George lo stese, correndo poi verso il gemello, anche lui messo alle strette.
I quattro invece continuarono verso la torre.
Un urlo acuto fece bloccare Harry. Una ragazza era stata ferita da un Mangiamorte, che ora stava afferrandola per il bavero della camicia, mentre un’altra ragazza, con un braccio evidentemente ferito, cercava di aggredire il Mangiamorte.
Harry puntò la bacchetta ma un raggio rosso colpì il Mangiamorte prima che lui avesse il tempo di dire qualunque cosa.
Nel suo campo visivo comparvero Ernie Macmillan e Padma Patil, bacchette spianate e qualche graffio sul viso.
"Mandy…tutto bene?" Padma si avvicinò alla ragazza ferita e la aiutò ad alzarsi, mentre Ernie vedeva Harry.
"Harry…" una rapida occhiata allo strano quartetto e li affiancò. "Dobbiamo andare di sopra…ne ho visti passare molti, tutti diretti…"
"Alla nostra torre." Concluse Harry riprendendo il cammino.
"Padma! Portale in un’aula e assicurati che rimangano al sicuro!" urlò Ernie mentre si allontanava con Harry.
Padme annuì e aiutò le due ragazze a scivolare via non viste.
"Come hanno fatto ad entrare?" chiese Hermione mentre, con Dana, ne bloccava altri due, sbucati alle loro spalle.
Ron fece deviare un paio di Schiantesimi lanciati dall’alto, mentre Harry si occupava di un altro incappucciato poco oltre le scale.
Ancora poco e sarebbero arrivati davanti al quadro della Signora Grassa.
"Non lo so. Era tutto tranquillo, quando qualcuno di noi ha fatto scattare l’allarme. Entravano da diversi punti…forse con la complicità di alcuni interni…"
"Serpeverde?" chiese Dana, facendo volare oltre le scale un Mangiamorte grasso.
"Non solo…alcuni li ho visti sbucare dal mio dormitorio." sibilò Ernie, con frustrazione.
La confusione attorno a loro crebbe a dismisura, mentre Harry riconosceva la cornice della Signora Grassa. Nel corridoio c’era una lotta in piena regola, un continuo scambio di raggi colorati e rumori secchi.
Il numero dei Mangiamorte presenti era notevole, ma Harry si sorprese nel vedere che c’erano altrettanti oppositori, tra studenti e professori.
Senza bisogno di parole, si lanciarono anche loro nella mischia, cercando di Schiantare il numero maggiore di Mangiamorte, ma non era sempre facile. In gruppo riuscivano a proteggersi bene.
Harry venne presto separato da Ron e Hermione. Lui e Ernie cercavano di coprirsi a vicenda, ma in tutta quella confusione Harry riuscì a realizzare con lucidità che nessuno tra i Mangiamorte pareva intenzionato ad accanirsi troppo su di lui.
Allora veramente non era lui l’obiettivo…
Il sangue gli si gelò nelle vene, ma non permise alla paura di dominarlo. In mezzo a quel caos, perdere lucidità era la cosa peggiore che potesse fare.
Qualcuno urlò, sembrava una voce di ragazza, e Harry si volse verso il grido, vedendo Hermione piegata in due. Ron le si affiancò con rapidità, la prese alla vita e la sollevò di peso, facendole scansare per un soffio un raggio verde.
I capelli gli si rizzarono in testa. Lui forse non era tra gli obiettivi dei Mangiamorte, perché riservato a Voldemort, ma Ron e Hermione….
Veloce come non avrebbe potuto credere, Ron fece finire contro il muro due Mangiamorte in un sol colpo (e l’urto non fu lieve) Schiantandone subito un altro.
Atterrando un Mangiamorte troppo vicino, Harry lanciò un’ultima occhiata in direzione dei suoi amici.
Hermione si stava rialzando, mentre dalla sua bacchetta ricominciavano a partire Incantesimi.
Un rumore di vetri infranti sorprese tutti. Le vetrate del corridoio erano finite in frantumi e oltre esse si stavano librando in volo degli animali che Harry era sicuro di non aver mai visto.
"Arpie?!?" esclamò sgomento Ernie.
"Impossibile!"
Eppure Harry capì che Ernie aveva ragione. Grottesche e malevole, quelle creature metà donne e metà uccello stavano volando attorno alla scuola.
"La via di fuga!"
"Schiantatele!" gli uscì di gola del tutto istintivamente, e fu subito chiaro che molti avevano avuto il suo stesso pensiero. I ragazzi più vicini alle finestre, nonostante le ferite causate dai vetri infranti, puntarono le bacchette e colpirono, ma i Mangiamorte si diedero da fare per proteggerle, e le stesse Arpie si preoccuparono di allontanarsi quel tanto che bastò per portarle fuori tiro.
Poi ancora grida.
Un paio di Mangiamorte urlarono un "Presa!" e fu il caos.
In massa, gli invasori di Hogwarts si gettarono fuori dalle finestre, afferrati al volo due alla volta dalle complici.
Cercando di avanzare, Harry vide Neville lanciarsi contro un Mangiamorte, che lo fece finire contro il muro, accanto al corpo inerme di Luna. Con terrore, Harry allungò ancora lo sguardo sul Mangiamorte…sulla sua spalla, svenuta, c’era una figura minuta che conosceva fin troppo bene.
"No!"
Scansando velocemente chiunque gli si piazzasse davanti, volontariamente o meno, cercò di raggiungere il Mangiamorte, nonostante questo si stesse già lanciando verso l’Arpia più vicina.
Come al rallentatore, lo vide venir afferrato dall’uccello e allontanarsi dalle grandi finestre. Cercò di puntare la bacchetta verso l’Arpia, ma si rese conto di non poter far nulla. Se l’avesse fatta cadere, da quell’altezza, nemmeno Ginny si sarebbe salvata.
Rimase così, il braccio teso e le parole morte in gola, mentre attorno a lui qualche coraggioso tentava ancora di fermare i Mangiamorte.
Incapace di credere a quello che era successo, non si accorse di Dana, affiancataglisi subito, non appena lo aveva visto lanciarsi in quella corsa disperata e inutile.
"Harry…non le farà del male, lei gli serve viva. Ma ora bisogna prepararsi."
Lentamente, Harry annuì. Dunque erano arrivati al momento tanto atteso e temuto.
Non poteva farsi sconfiggere. Per nessun motivo al mondo.
 
Il bilancio fu pesantissimo.
La McGranitt, ferita a una gamba, si rifiutò di star ferma. Radunando tutti in Sala Grande, allestita velocemente come infermeria, si accertò immediatamente delle conseguenze di quell’ennesimo attacco.
Il Professor Vitious era rimasto ucciso mentre difendeva un gruppo di ragazzi sorpresi impreparati; come lui, la Professoressa Bumb e Vector. Fiorenzo era rimasto gravemente ferito e aveva perso un occhio.
Tra gli Auror si contarono molti feriti, ma nessuna perdita. Non così bene andò ai Membri dell’Ordine. Diversi nuovi acquisti avevano perso la vita, tra cui Cho Chang e Demelza Robins.
Con estremo orrore, Harry scoprì che era morto anche Charlie Weasley. Fu Lupin a dirglielo, e solo allora capì perché Ron fosse sparito così all’improvviso.
"Non eravamo abbastanza preparati…dovevamo allenarci di più…" sospirò Neville, un braccio tenuto bloccato da delle aste magiche, in attesa che Madama Chips potesse andare da lui e sistemarglielo definitivamente.
Harry scrollò la testa e guardò Neville negli occhi.
"Eravate preparati. Senza di voi, il bilancio sarebbe stato terribilmente peggiore."
"Ma non siamo riusciti proteggerla." Sospirò Luna, pallida come un lenzuolo. "Ce lo avevi detto, e noi ci abbiamo provato Harry, ma erano troppi, e tutti su di noi…"
Harry si alzò e le andò vicino, posandole una mano sulla spalla.
"So che avete fatto tutto quello che potevate. Ne sono certo."
Luna scrollò la testa e Neville fissò un punto indefinito davanti a sé.
"Ora cosa farai?"
"Devo capire dove l’abbia portata, anche se credo di saperlo…"
"Portaci con te."
Harry lo guardò con sorpresa, poi scrollò la testa.
"No, sarà pericoloso…"
"Siamo Membri dell’Ordine ormai, e Madama Chips ci rimetterà in piedi…Harry, non si tratta solo di Ginny. Io penso ai miei genitori…"
"E io ho un cugino ucciso due mesi fa da loro." Si unì Luna.
"Tutti quanti abbiamo un buon motivo per voler partecipare, Harry." Ernie era sbucato di nuovo dal nulla "E avrai bisogno di aiuto, dovunque andrai. Chiama l’Ordine, e arriveremo anche noi."
Senza sapere che dire, Harry li guardò con aria sorpresa e grata. Solo lui doveva affrontare Voldemort, ma avevano ragione i suoi compagni di scuola: quella guerra non era solo la sua.
Dana gli si avvicinò, dopo aver parlato con Tonks.
"Allora?"
"Sono stati catturati diversi Mangiamorte, ma nessuno di loro parla. Harry…dobbiamo uscire da qui. L’unico aggancio che ci è rimasto potrebbe farsi sentire."
Lo sguardo penetrante di Dana non ebbe bisogno di altro per esser spiegato, e lui annuì.
Con un cenno ai compagni, si avvio verso l’uscita con lei.
"Ron?"
"E’ fuori…ma l’ho visto male."
"Hai saputo?"
"Si. Hermione è con lui ora…"
"Ho bisogno di entrambi, Dana."
"Ci saranno. Ma concedi loro qualche ora. Io e te intanto raggiungiamo Severus. Finché non ci arriveranno altre notizie, abbiamo le mani legate."
"Lo so." Sibilò Harry, avvertendo in sé una rabbia senza confini. Doveva calmarsi assolutamente, o non sarebbe riuscito a fare nulla di tutto quello per cui aveva lavorato tanto.
 
Immobile contro una roccia, poco lontano dalla casetta in cui aveva trovato rifugio, Severus Piton aspettò che Dana e Harry lo raggiungessero. Aveva indosso un mantello nero, ma non quello da Mangiamorte.
"Si è già fatto sentire?" chiese Dana, senza preamboli.
"No. In realtà non credo avremo notizie prima di qualche ora. Se l’Oscuro vuole colpire di nuovo questa notte, non si muoverà subito, aspetterà che si siano calmate un po’ le acque. E forse non metterà al corrente i Mangiamorte di tutti i suoi piani."
"Beh, speriamo che lo faccia, altrimenti brancoleremo nel buio."
Harry non disse una parola, mentre sprofondava sempre più nella propria rabbia. Il fatto che fosse notte non aveva nulla a che fare con il buio che scorgeva attorno a sé. Sentiva le voci di Dana e Piton, ma non li vedeva veramente.
Serrò gli occhi, mentre un’ondata troppo intensa d’ira gli opprimeva il petto, facendogli pulsare le orecchie.
Trasse un bel respiro cercando di calmarsi, ma non servì a nulla.
Dana si volse verso di lui, allarmata. Era impossibile non percepire quello che lui stava provando, ed era una sensazione talmente forte che toglieva il fiato persino a lei.
"Maledizione, Harry! Se ti lasci travolgere così non avrai possibilità di batterlo!" sbottò, afferrandolo per le spalle e scrollandolo.
"Lo so! Ma non riesco a…"
Le parole gli morirono in gola, annegate nella bile. Non riusciva davvero a controllarsi. La sola idea di Ginny nelle mani di quell’essere senza scrupoli era straziante, e nello stesso tempo era fonte di una rabbia sorda e assoluta. Non poteva andare sempre tutto così male. Non era possibile che gli venissero strappati, uno a uno, tutti i suoi cari! Non ne poteva più!
"Se si tratta di me posso fare qualunque sacrificio! Ma lei…"
"Lei morirà se tu non riuscirai a riprendere il controllo!"
Consapevole di quanto fosse crudele una simile frase, Dana non esitò. Era un peso in più sulle spalle di Harry, e avrebbe tentato di risparmiarglielo in altre occasioni. Ma quella non era la notte dei giochi.
Harry la fulminò con lo sguardo, lasciandole intendere che lo sapeva benissimo, e che proprio per questo non riusciva a controllarsi.
"Dana." La voce calma di Severus riportò entrambi alla realtà "Credo tu ora debba andare da Ron Weasley. A quel che so, puoi fare qualcosa per la sua condizione."
Dana si volse lentamente verso Severus, rivolgendogli un’occhiata incredula.
"Penso io a Potter."
Dana annuì e si Smaterializzò senza una parola, lasciandoli soli.
 
Severus non aveva il dono di Dana, non era empatico, ma era un ottimo Legilimens, e soprattutto aveva provato sulla sua pelle emozioni che non avrebbe rivelato mai a nessuno.
Con sgomento ben celato, aveva rivisto quelle stesse emozioni sul volto di Potter, in quei pochi minuti. Se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire il senso di soffocamento, la terribile sensazione che qualcosa stesse stringendo l’esofago, mentre la consapevolezza si faceva inesorabilmente strada nel petto; la consapevolezza che lei, proprio lei, fosse in pericolo per colpa sua, che lo sguardo di un essere immondo si fosse posato su una persona per lui importantissima, e che presto quel demonio le avrebbe fatto del male.
Di fronte a lui, un ragazzo di diciassette anni stava cercando di mantenere il controllo su emozioni che tramortivano lui ancora adesso.
Strinse appena le labbra sottili, mentre faceva vagare lo sguardo sul profilo irregolare del paesaggio che li circondava.
"Non lo sto facendo perché mi fa pena. Non ho alcuna intenzione di aiutarlo. Semplicemente, se non si riprende in fretta, rischia di mandare in fumo anni di sacrifici, non solo suoi. Si tratta solo di questo, perché non provo compassione per questo sciocco ragazzino."
"Potter, Dana ha ragione. Se non farai defluire la rabbia, non potrai affrontarlo." Disse con voce calma, apparentemente annoiata.
Harry lo fulminò con lo sguardo, sentendo che qualcosa dentro di lui stava per esplodere.
"Piantatela di ripetermelo! Lo so già da me! Ma non avete idea di cosa voglia dire sentire quello che sento io! Lei che ne sa? Che ne sa di come mi sento?" urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.
Uno dei massi più vicini, in quella silenziosa valle, si frantumò in un solo colpo, e Severus volse gli occhi sul cumulo di sassolini fumanti che ne rimanevano.
"Posso immaginarlo, ma non ti servirà a nulla continuare così! Hai davanti a te la possibilità di mettere fine a tutto questo. Non devi concentrarti su nient’altro, non devi provare nulla fino a quando non sarà tutto finito!"
"Questo riesce a farlo lei! Io no!"
"Ci devi provare!" ribatté Severus, che stava cominciando inaspettatamente ad alzare la voce.
Fu questo a bloccare per un attimo Harry.
"Mi dice di stare calmo e controllarmi, eppure ora sta perdendo il controllo persino lei, per la prima volta. Deve mettersi d’accordo con se stesso!" sibilò volgendosi in modo da dargli le spalle.
Severus strinse ancora le labbra, irritato con se stesso per quella assurda e improvvisa mancanza di contegno. Forse stare così a contatto con quel ragazzo riportava a galla sentimenti insidiosi come serpenti, troppo pericolosi e autonomi per poterli gestire completamente.
Talmente insidiosi da rendergli impossibile tacere ancora.
"Se perdo le staffe, Potter, è per colpa tua! Ti comporti come se nessuno potesse capire cosa stai provando e come se i tuoi sentimenti fossero tutto ciò di cui devi preoccuparti! È arrivato il momento di capire che in entrambi i casi ti sbagli di grosso!"
Harry si volse di nuovo, sempre più furente, ma ovviamente non bastò per far tacere l’altro.
"Hai bisogno che ti ricordi quante persone hanno già perso la vita in questa guerra? Oppure vuoi che ci concediamo un po’ di tempo per ricordare quanti ancora adesso dedicano ogni respiro della loro esistenza alla causa? Non sei l’unico a pagare un prezzo elevato, Potter! E di sicuro, se non riesci a riprendere il controllo di te stesso, la situazione peggiorerà notevolmente!"
Harry strinse le mani a pugno e guardò Piton con ostilità, ricambiato, ma qualcosa ad un certo punto si affacciò alla sua mente…un ricordo…
Quello che ora vedeva dipinto sul volto di Piton era la stessa determinazione che aveva visto nei ricordi mostratigli da Dana.
Distolse in fretta lo sguardo per evitare che Piton gli leggesse negli occhi quella verità che era meglio tenergli nascosta, e si diede dell’idiota.
Ginny in mano a Voldemort…gli sembrava di non poter nemmeno respirare a causa di quella consapevolezza. E la causa di tutto era lui. Se Ginny non gli fosse stata così vicina, in quel momento si sarebbe trovata nella Sala Comune di Grifondoro a studiare per gli esami di fine anno.
Era davvero un peso troppo grande da portare, e gli sembrava impossibile che qualcuno potesse comprendere. Eppure si sbagliava. L’uomo che ora stava scrutandolo ostilmente sapeva esattamente cosa stava provando, e per lui non c’era più nessuna speranza di veder risolta positivamente la situazione. Lily ormai era morta.
Dunque qualcuno poteva capire, anche se di sicuro non ne avrebbero mai parlato. Ma Harry sapeva che non gli era necessario parlarne, era sufficiente che qualcuno sapesse.
Questo bastò a farlo travolgere da un’ondata di spossatezza, che lasciò quasi subito il posto alla calma e alla consapevolezza.
"Lei crede che io abbia qualche possibilità di batterlo davvero?" chiese a bruciapelo, riportando lo sguardo limpido su quello scuro di Piton.
"Se non farai nulla di avventato e tipicamente tuo, si." Rispose secco Piton.
"Non so cosa lo abbia fatto calmare così all’improvviso, ma un brivido mi è sceso lungo la schiena mentre distoglieva lo sguardo…come se non volesse permettermi di capire qualcosa…"
Deglutendo a fatica, nel vano tentativo di scacciare così per l’ennesima volta sempre lo stesso dubbio terrorizzante, Severus si ritrovò a formulare inconsapevolmente un pensiero quasi di ammirazione per il giovane, detestato Potter.
"Chissà, forse Albus aveva ragione…forse non è poi una testa così vuota." Sibilò sarcasticamente nella sua testa, per nulla intenzionato ad ammettere di crederci veramente.
Harry non si scompose per diversi secondi, cercando di sfruttare al massimo quella ritrovata calma e sorridendo tra sé per il veleno della risposta appena ricevuta. Severus Piton non si sarebbe mai smentito. E andava bene così.
Il silenzio della notte fu interrotto da un breve e secco suono.
Volgendosi entrambi di scatto, videro avanzare verso di loro una figura incappucciata.
Harry alzò la bacchetta ma Piton lo trattenne.
In breve, Draco Malfoy fu davanti a loro, il respiro corto e il volto pallidissimo.
"Signore…ci vuole tutti al Ministero tra un’ora…non ho idea di come entreremo, ma non attraverso canali convenzionali. Ha con sé la Weasley, ma non ho idea di cosa voglia farne." La sua voce, diversamente da quello che si sarebbe potuto pensare, era ferma e decisa.
"Sta bene?" chiese Harry
"Non lo so, Potter. È arrivata svenuta, e così è rimasta fino ad ora. Ma l’Oscuro ha praticato un Incantesimo su di lei."
"Draco, di che tipo? Sei riuscito a vederlo?"
Draco scosse la testa.
"Ci ha mandati tutti fuori. Ho cercato di uscire con calma, ma non ho potuto tirare troppo la corda. Però ho visto che le faceva bere qualcosa."
Piton annuì lentamente e i suoi occhi si persero per qualche secondo nel vuoto, mentre i due ragazzi rimanevano in silenzio, osservandolo. Infine si volse verso Harry.
"Potter, è come avevamo immaginato. La userà per entrare in quella stanza."
"Allora dobbiamo fare in modo che trovi pane per i suoi denti."
 
 
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Capitolo 23
*** Nelle Stanze ***


22 nelle stanze
EDVIGE86. Ciao! Grazie per il commento, come sempre mi fa un infinito piacere che i miei capitoli sono così di tuo gradimento! Adesso però ho ansia da prestazione! Scherzo! Eh, Ginny in un modo o nell'altro dovevo metterla dentro, era inevitabile...e ho avuto quest'idea (che poi in questo capitolo si realizza per intero) già diverso tempo fa, ma poi ho visto la copertina di HP7 nella versione per ragazzi, e ho capito che poteva calzare alla perfezione!
Beh, ti lascio alla lettura. Alla prossima!
 
gealach. Hai proprio ragione, sono presi male proprio in tanti. E vedrai adesso...sono stata un pò sadica, ma alla fine tutto sommato le cose si risolvono. Comunque si, Dana soppianta Lily, e forse all'ultimo capitolo soffrirai un pochino di più...ma resisti! Mi raccomando!
 
harry potter 90. Vuoi ancora battaglia? Benissimo, per due capitoli il tuo desiderio sarà più che soddisfatto!
 
Piccola Vero. Vedo che Ginny ha i suoi sostenitori! Bene. Ma tranquilla, non sarò tanto più sadica di così con lei. Mi pare che possa bastare, no?
 
Astry_1971. Strage? E non ho ancora finito! Lo so che Vitious non ha fatto nulla di male, ma la scelta era tra lui e Minerva...ho preferito tenermi salva Minerva. Le sono troppo affezionata! E se il punteggio sale qui, figurati tra un pò...
Severus è salvo, ancora per un pò, dai. Mi spiace ma non punzecchierà più tanto Harry, ormai siamo agli sgoccioli, e il loro ultimo dialogo serio sarà su altri toni. Spero ti piacerà ugualmente. Soprattutto mi dovrai bacchettare se uscirò dai personaggi! Conto sul tuo occhio attento.
Povera Dana che fa finta di nulla, vero? Beh, per lei i pesi non sono finiti, credimi. Il mio punteggio di sadica schizzerà alle stelle per questo...
E Draco...non temere. Il suo personaggio è entrato inaspettatamente nelle mie grazie, quindi...
 
 
 
 
 
Nelle Stanze
 
Entrarono al Ministero a gruppi, da diversi collegamenti con il mondo Babbano.
Mentre procedevano verso i cancelli dorati, Harry si chiese quanti di loro sarebbero riusciti a tornare alle loro famiglie, la mattina.
Sentiva i suoi passi risuonare insieme a quelli di tutti gli altri Membri dell’Ordine sui pavimenti di marmo lucido della struttura, mentre molti Auror si univano a loro. Sapeva che altri sarebbero arrivati a breve.
La McGranitt era riuscita a parlare con il Ministro e a spiegargli rapidamente la situazione. Per quanto il Ministro non fosse molto favorevole a farsi rubare la scena dall’Ordine, aveva compreso che in un momento simile non c’era spazio per incomprensioni e divisioni. Se non si fossero mossi tutti uniti, sarebbero stati spacciati.
Così eccoli lì, gli Auror da una parte e l’Ordine dall’altra, che guadagnavano a gruppi gli ascensori che li avrebbero portati al nono piano.
Ron e Hermione erano sempre dietro di lui e, nascosti in mezzo a membri dell’Ordine, procedevano anche Piton e Dana, depositari dell’ultimo incarico importante, l’ultima azione da compiere prima dello scontro vero.
L’ascensore si chiuse alle sue spalle e lui sentì una strana calma invadergli le membra, accompagnata da una lucidità che non aveva osato sperare di avere.
Forse poteva farcela.
"No, devo farcela. Nessuna esitazione Harry, nessuna."
 
Li accolse un gelo sottile e imprevisto, ma bastarono una manciata di secondi perché capissero di cosa si trattava: danzanti sul soffitto, in attesa di avere a disposizione il maggior numero di vittime possibili, stavano i Dissennatori.
La voce di Harry, accompagnata da quella di tutti i presenti, pronunciò l’Incantesimo per richiamare il proprio Patronus, e in poco tempo furono avvolti da una varietà infinita di creature argentee che li proteggevano e tenevano lontani i Dissennatori.
Mano a mano che gli ascensori conducevano al nono piano ulteriori Auror e Membri, i Dissennatori diventavano più inquieti.
Harry intravide con la coda dell’occhio il Patronus di Luna, e si volse di scatto. Erano appena arrivati quasi tutti membri delle ES, solo i maggiorenni, e Harry sentì un nodo formarglisi nello stomaco.
"Non è solo la mia guerra."
Continuò a ripeterselo, mentre si concentrava sui Dissennatori, ora più aggressivi, addirittura mossi a scagliarsi contro la barriera formata dai Patronus.
All’improvviso un fascio di luce gialla partì dal centro del gruppo, infrangendosi contro il corpo putrido del Dissennatori più vicino, che si dimenò e si illuminò per una manciata di secondi, urlando stridulamente.
I presenti rimasero fermi immobili, con il fiato sospeso, fino a quando l’essere non si accasciò contro la barriera dei Patronus, impotente e privo della sua magia.
Una voce familiare, quella di Dana, spiegò brevemente l’Incantesimo agli Auror più vicini.
"Non li uccide, non è possibile arrivare a tanto, ma li rende innocui per alcune ore."
Volgendosi verso di lei, sorrise appena. Quella donna era piena di sorprese!
Hermione, più vicina a Dana di lui, si volse verso i Dissennatori con cipiglio duro e puntò la bacchetta, formulando a mente l’Incantesimo appena sentito.
Un altro Dissennatori cadde, e poi un altro, e un altro ancora.
"Qui ci pensiamo noi!" esclamò un Auror anziano, indicando alcuni suoi compagni. "Voi continuate. Vi raggiungeremo appena avremo finito."
Harry non se lo fece dire due volte e procedette. I Patronus li lasciarono passare, tenendo loro le spalle coperte fino a quando il numeroso gruppo non si trovò di fronte alla porta dell’Ufficio Misteri, scardinata.
Harry sapeva che la stanza oltre la porta era progettata per cominciare a girare, ma senza la chiusura della porta principale cosa sarebbe accaduto? Forse la stanza non avrebbe cominciato a muoversi, lasciando loro un minimo di senso dell’orientamento…
Lui, Ron e Hermione furono i primi ad avvicinarsi all’entrata.
"Aspetta…dobbiamo essere più numerosi possibile." Disse Hermione, lanciando uno sguardo indietro. Altri quattro Auror stavano infatti raggiungendoli in fretta. Quando si furono riuniti al gruppo, Harry decise che era il momento di mettere le cose in chiaro. Non voleva intralci, e soprattutto non voleva che qualcun altro morisse davanti ai suoi occhi per mano di Voldemort.
"Ascoltatemi bene." Disse a voce alta.
Calò un silenzio irreale attorno a loro, e gli occhi di tutti si puntarono su di lui, ma non si sentì a disagio.
"Ci saranno molti Mangiamorte da affrontare, e dovrete occuparvi di quelli. Per nessun motivo dovrete avvicinarvi a me o a Voldemort."
Qualche bisbiglio imbarazzato seguì la pronuncia di quel nome, mentre il Ministro si avvicinava a Harry.
"Pensi di farcela da solo, ragazzo?"
"Devo farcela da solo. È un compito che spetta a me, e lo sa bene." Rispose calmo Harry, e accanto a lui Ron e Hermione serrarono le fila.
Il Ministro Scrimgeour fece scorrere lo sguardo sui tre, poi annuì e fissò lo sguardo su Harry.
"Per la giovane Weasley?"
"Ginny sarà là con noi. Non potrete farci nulla."
"Allora vedremo di garantirti la non interferenza dei Mangiamorte."
Harry annuì, si volse verso la stanza circolare e vi entrò.
Come aveva immaginato, anche quando furono tutti dentro, la stanza non si mosse.
"La mancata chiusura della porta impedisce alle altre porte di confondersi." Sospirò Hermione "Ora dobbiamo solo capire quale sia la porta…"
Con sorpresa di tutti, Harry si volse con fare sicuro a sinistra, e appoggiò le mani sulla terza porta a partire dall’entrata.
"Questa" Bisbigliò chiudendo gli occhi e posando la fronte sulla superficie fredda e liscia.
Le fiammelle azzurre alle pareti danzarono sinistramente per qualche istante, come se fossero disturbate da un improvviso soffio di vento, poi ritornarono tranquille, e allora Harry spinse un po’ di più, facendo cedere l’ultimo ostacolo tra lui e il suo nemico.
 
Una intensissima luce tra il giallo e l’arancione li accolse nella stanza dell’Amore.
Una enorme sfera arancione, percorsa da energia fluida, stava sospesa al centro dell’enorme stanza.
Sotto di essa, in piedi e avvolto nel suo mantello nero, stava Lord Voldemort, lo sguardo rosso puntato su Harry, e una mano leggermente protesa verso la sfera.
Harry ebbe come l’impressione che potesse toccarla, e questo gli fece sprofondare il cuore nello stomaco, ma poi vide ciò che permetteva al suo avversario di stare in una simile posizione: il corpo di Ginny, sospeso sopra di lui, immobile.
Non sapeva se fosse possibile o meno che il cuore di una persona si fermasse per qualche secondo, ma fu certo che il suo lo avesse fatto.
Con sforzo, distolse gli occhi da Ginny e vide infine la schiera di Mangiamorte dietro Voldemort. Stranamente non tutti avevano la maschera d’argento a celare il volto, e comprese con disgusto il perché… erano addetti del Ministero, probabilmente arrivati lì direttamente dai loro comodi uffici. Ecco come erano entrati tutti quei Dissennatori!
Dietro lui sentì distintamente delle esclamazioni indignate, e seppe di averci visto giusto.
Voldemort gli sorrise amabilmente e mosse qualche passo verso di lui.
"Vedo, mio giovane amico, che non è facile riuscire a scoraggiarti! Bene, ne sono fiero!" disse, quasi fosse il momento di fare amabile conversazione. Harry se lo era aspettato, ma avvertì distintamente il brivido che corse dietro lui, mentre Voldemort parlava.
"Non mi scoraggerò finché non ti avrò spedito nel regno dei morti. Ma è una questione che dobbiamo affrontare da soli." Dove avesse trovato il coraggio di parlare con voce così calma non lo avrebbe saputo dire, ma ora che era lì stava cominciando a rendersi conto che non serviva farsi tante domande.
Doveva affrontarlo, e lo avrebbe fatto. A testa alta.
"Concordo." Esclamò Voldemort, che sollevò solennemente una mano e fece un cenno con due dita, indicando la porta.
A quel segnale silenzioso, i Mangiamorte si mossero simultaneamente, avviandosi verso l’uscita della stanza.
Auror e Membri rifluirono nella stanza principale in silenzio, le bacchette pronte, mentre Harry rimaneva fermo davanti alla porta. Sapeva che nessuno dei Mangiamorte avrebbe osato toccarlo. Lui era del loro padrone.
Velocemente, si volse verso Ron e Hermione. Uno sguardo silenzioso e solidale, mentre anche gli ultimi Mangiamorte uscivano in un atteggiamento quasi cerimoniale.
Poi lui solo entrò nella stanza dell’Amore, lasciando tutto il resto alle spalle.
"Hai voluto avere lei per mettere le mani sul mio potere." Sibilò Harry, accennando a Ginny "Per una lotta ad armi pari, suppongo?"
Una bassa risata si sollevò dal petto del suo avversario, e Harry ne approfittò.
"Allora lei deve uscire!"
Con rapido movimento di bacchetta, individuò Nagini e la scaraventò fuori dalla stanza, per poi far chiudere rumorosamente la porta alle sue spalle.
 
Il sibilo del serpente caduto a terra fu come il campanello d’inizio della battaglia.
In un attimo si scatenò l’inferno, mentre Incantesimi di ogni tipo rimbalzavano da una parete all’altra. Ora, con l’aggiunta del nutrito gruppo di Mangiamorte, la stanza dell’Ufficio Misteri era troppo stretta.
"Severus!" bisbigliò Dana, aprendo una porta a caso.
Severus annuì e si mise quasi in ginocchio, facendo scivolare il proprio Incantesimo fino a Nagini, che venne poi trascinata dentro la stanza tenuta aperta da Dana.
"Sbrighiamoci." Le disse, mentre entravano anche loro nella stanza "La stanza rimarrà sigillata fino a quando non avremo finito."
Dana annuì e si volse verso il serpente, avvolto minacciosamente in spirali di fronte a loro.
 
"Quanti diavolo sono?" sbottò Hermione, mentre scagliava Incantesimi a ripetizione.
"Troppi!" le rispose Ernie "E qui siamo troppo accalcati…aspettate! Guardate là!"
Cercando di non distrarsi troppo, Hermione guardò ciò che Ernie voleva far vedere, e capì al volo.
Le corporature di alcuni Mangiamorte, il fatto che, come loro, stessero così in gruppo…erano loro coetanei. Quelli che si erano allontanati da Hogwarts per unirsi a Voldemort.
Anche loro li avevano visti.
"A loro dobbiamo pensare noi." Disse Ron, aprendo una delle porte e tenendola aperta, in segno di sfida.
Uno dei Mangiamorte giovani annuì e si mosse verso di loro, seguito dai compagni.
Obbedendo ad un ordine silenzioso, sempre coprendosi le spalle e cercando di atterrare qualcuno mentre procedevano verso la porta, anche Neville, Luna, le sorelle Patil, Susan Bones e Michael Corner.
Entrarono tutti nella stanza e la porta si richiuse.
 
La confusione era veramente troppa, e aveva visto distintamente i ragazzi entrare in una delle stanze seguiti da Mangiamorte.
Un brivido scese lungo la schiena di Remus Lupin. Non voleva che accadesse loro qualcosa, ma erano stati addestrati, e in quel momento non poteva far nulla per loro, se non che continuare ad affrontare, uno dopo l’altro, tutti i Mangiamorte che gli si paravano contro. Eppure il numero dei presenti stava cominciando a diminuire. Anche altri gruppi si erano addentrati nelle stanze che si affacciavano lì, rendendo lo spazio più agevole.
E forse non era affatto una cattiva idea che gli scontri continuassero così. Meno confusione c’era, meno sarebbero stati gli errori.
Al suo fianco Tonks stava battendosi con furia contro due Mangiamorte e Alastor era poco distante.
Accorgendosi di un movimento dietro lui, Lupin si volse di scatto, giusto in tempo per scagliare un pugno al Mangiamorte che aveva tentato di prenderlo alle spalle.
Aprì la porta più vicina e vi entrò, seguito da alcuni Auror e Mangiamorte. Gli scontri sarebbero continuati lì.
Ma qualcosa lo bloccò di colpo. Addossandosi alla parete, non visto da chi stava entrando, riconobbe quella maledetta stanza. Giù, alla fine delle panche che scendevano come in un antico teatro greco, c’era un arco, cui era appeso un pesante e logoro velo nero.
L’immagine di Sirius gli balenò alla mente e gli tolse il fiato per un attimo, fino a quando non scorse, tra i Mangiamorte in lotta, la figura snella e scattante di Bellatrix.
L’avrebbe riconosciuta tra mille.
Scattò su una panchina e scese verso di lei, deviando facilmente gli Incantesimi che gli venivano lanciati contro.
Non ci volle molto perché anche lei si accorgesse di lui. Sistemò con un colpo a frusta l’Auror davanti a lei e si liberò della maschera in un gesto teatrale, ridendo istericamente.
"Remus Lupin! Dimmi, vuoi forse vedere se ti riesce di raggiungere il tuo amichetto?"
"Ti garantisco che uno di noi due lo raggiungerà." Disse con voce bassissima.
"Interessante! Allora vediamo di scoprire chi!"
 
Dana aveva cercato di non far troppo caso all’aspetto della stanza mentre affrontava Nagini, ma sentiva che entrare oltre quella porta era stato un errore. E non aveva nulla a che fare con l’essere strisciante che evitava con disarmante prontezza ogni loro attacco.
Per questo era arrivato il momento di fare quello che avrebbe preferito evitare…come giustificarlo davanti a Severus? Lo aveva nascosto anche a lui, e lui questo non lo avrebbe gradito.
Prese un bel sospiro, mentre la coda del serpente svaniva oltre il muro dell’ennesimo corridoio del labirinto in cui erano finiti.
"Va bene, temo non si possa fare diversamente…Severus, dobbiamo dimenticarci che si tratta di un animale e cominciare a trattarlo come un essere umano."
Severus bloccò i propri passi e si volse a guardarla con aria seria e sorpresa.
"Se lo convinciamo di essere ancora dalla parte di Voldemort e che dobbiamo liberare il frammento d’anima che custodisce, allora forse riusciremo a fare più in fretta. Harry sta aspettando il nostro segnale."
"Lo so bene! Ma come credi di poter parlare con un serpente?" chiese sarcastico, prima che la comprensione lo colpisse violentemente.
"Tu…" gli uscì di bocca in un suono mezzo strozzato.
Dana annuì, ma non gli si avvicinò.
"Retaggio di un’antica…parentela."
Gli occhi di Severus rimasero immobili, nere ombre fisse su lei, ma le sue labbra si strinsero appena, mentre si scansava, come a lasciarle libero il passaggio verso il nuovo rifugio del serpente.
Solo allora Dana procedette e trovò il serpente.
"Smettila di scappare! Abbiamo bisogno che tu lasci libera l’anima dell’Oscuro per poterlo aiutare e rendergli la forza integra del suo spirito!" disse in serpentese, facendo scendere lungo la schiena di Severus un brivido. Era strano sentir parlare quella lingua proprio da lei.
"Stupida donna, pensi forse di convincermi così? Io conosco i piani del mio Signore, ed egli non ha intenzione di riavere la sua anima! E poi, tu ti accompagni al traditore!"
"Oh, e tu, rettile, credi di sapere proprio tutto del tuo Signore? Severus ha salvato Potter per riuscire a farlo arrivare allo scontro finale, perché l’Oscuro lo vuole! E quella pazza di Bellatrix non avrebbe capito!"
"Sei furba, donna, ma non basta. Io so…"
"Tu non sai proprio nulla, tant’è che ignori quanto io sia legata all’Oscuro!" Sbottò Dana, fingendosi irritata e impaziente.
"Non sei una Mangiamorte, e questo mi basta!"
Dana, osservata in silenzio da Severus, si slacciò il mantello e con un rapido gesto lo lasciò cadere a terra, afferrando poi con rabbia il bordo della gonna lunga che indossava e abbassandolo quel tanto che servì a mostrare il suo Marchio.
Il serpente tacque.
"Tu non sai molte cose! E ora, vuoi deciderti a servirlo davvero?"
Il serpente rimase ancora in silenzio, per secondi che sembrarono interminabili, poi si avvicinò lentamente, con movimenti fluidi.
"Cosa devo fare?"
"Rimanere immobile." Disse Dana mentre alzava la bacchetta.
Un raggio verde colpì l’animale, che si contorse e poi si afflosciò malamente a terra.
Un violento sibilo si produsse nell’aria e davanti a Dana comparve l’anima di Voldemort, il frammento più recente. Stava per scagliarsi su lei, ma Severus era pronto e lo colpì con un raggio rosso, facendolo sibilare ancora di più. Dana si unì a lui, ma come nel caso del frammento celato dallo specchio ci volle molta energia per distruggerlo.
Il sibilo crebbe improvvisamente e poi cessò con uno schiocco, che produsse un’onda d’urto sufficiente a far finire a terra entrambi.
Leggermente stordita, Dana si guardò attorno, allontanando i piedi dal cadavere del serpente. Massaggiandosi la nuca, individuò Severus, che stava già alzandosi.
"Avvisa Harry…"
Severus annuì e richiamò il proprio Patronus, facendolo volare via in tutta fretta.
Regnò un teso silenzio, mentre lui non si volgeva.
"Perché non me lo hai detto?"
"Ero già abbastanza strana e diversa dagli altri. Mi ci mancava solo di ammettere di essere legata alla famiglia di Salazar. E comunque, se è questo che ti preoccupa, sappi che non ho il potere per aprire la Camera dei Segreti. Non sono discendente diretta."
Con pochi passi le fu sopra, la afferrò per le braccia e la sollevò, scuotendola leggermente.
"Non mi interessa che tu possa aprirla o no! Mi interessa sapere…"
"Sapere cosa, Severus? Mi vuoi tenere fuori dalla tua vita ma vuoi sapere tutto di me? Non funziona così!" esclamò, liberandosi dalla presa di lui.
Severus trattenne appena il fiato, poi abbassò la testa e annuì, mordendosi nervosamente il labbro inferiore. Accennò brevemente in direzione della porta della stanza.
"Si sarà sbloccata, potrebbero entrare…"
"Allora è meglio se ci avviamo verso l’uscita." Rispose atona Dana.
Fu la prima a muoversi, riguadagnando il percorso fatto all’interno del labirinto.
"Chissà che stanza è questa…"
"La stanza della mente."
Dana si bloccò e si volse a guardarlo.
"E tu come lo sai?"
"Mi sono documentato già due anni fa."
Severus aprì la bocca per dire qualcos’altro, ma si bloccò, lo sguardo puntato su qualcosa oltre la spalla di Dana, che si volse di scatto, la bacchetta levata.
Ma di fronte a loro non c’era un avversario, non uno in carne e ossa…
"Prima non c’era…" bisbigliò, avvicinandosi di qualche passo allo Specchio delle Brame.
"No, infatti…questo può voler dire solo che la stanza sta già lavorando su di noi…"
"E chissà perché ha fatto comparire proprio lo Specchio delle Brame." Severus era certo che non si trattava di una coincidenza. Quello specchio era comparso davanti a loro per mostrare qualcosa.
"Non so perché, ma non mi piace." Commentò Dana.
Severus non rispose e si avvicinò, senza tuttavia mettersi davanti alla superficie liscia dello specchio. Non poteva farlo, non ne aveva il coraggio.
Dana invece fu più intrepida. Posò una mano sulla cornice dello specchio e la osservò nei suoi ricami e nelle sue incisioni, poi prese un bel respiro e si accostò, lasciando che la propria immagine si riflettesse parzialmente sullo specchio.
Non era affatto certa di quello che avrebbe visto, perché il suo cuore covava da troppo tempo desideri molto diversi. E allo stesso tempo sapeva che, comunque, in un modo o nell’altro, avrebbe di sicuro visto anche lui, su quella superficie.
Quando la sua figura si fu riflessa per intero sullo specchio, trattenne il fiato.
Nemmeno con tutta la buona volontà sarebbe riuscita a crederci, e non le fu possibile sopportare quell’immagine assolutamente irreale per più di qualche secondo. Si scostò di scatto e si portò una mano al petto, serrando con forza gli occhi per impedire che lacrime improvvise scendessero sulle sue guance.
Una giornata di sole, bellissima, quasi abbagliante, e si era vista con Severus, come aveva previsto, ma non erano soli. Lei stringeva gelosamente al petto una piccola, sorridente e sgambettante creatura, decisa a litigare con il ciondolo verde che, privato di ogni magia, pendeva ancora al suo collo.
Severus, quello reale, le si accostò e fece per posarle le mani sulle spalle e spostarla, ma lei si strinse e lo bloccò.
Fu lei stessa ad allontanarsi dallo specchio, con passo misurato ma deciso, in assoluto silenzio.
Fino a quel momento non aveva mai veramente creduto che un simile oggetto potesse far impazzire la gente, ma aver visto il suo desiderio le fece cambiare idea. Quante devastanti emozioni si potevano scatenare per un’occhiata a simili immagini?
Il cuore stava battendo all’impazzata contro la cassa toracica, ed era certa che, anche lontano dalla superficie dello specchio, la sua mente avrebbe comunque continuato a vedere quel meraviglioso bambino stretto a lei, in pace, alla luce del sole, con chi più amava.
Si, si poteva anche impazzire.
Severus, dal canto suo, le diede qualche secondo prima di raggiungerla, e quando si allontanò dallo specchio con la coda dell’occhio vide un volto sorridente e felice riflesso sulla superficie dell’oggetto magico.
Scrollò la testa, ripetendosi di esserselo immaginato. E comunque, non aveva bisogno dello specchio per sapere cosa volesse il suo cuore.
Un rumore inatteso fece sobbalzare entrambi, mentre diversi duellanti entravano nella stanza.
In un attimo furono inghiottiti di nuovo dal caos, e non vi fu altra scelta che sfoderare le bacchette e ricominciare a lottare.
 
L’Incantesimo di Bellatrix gli fischiò sopra la testa, mentre lui si gettata a terra, rotolando velocemente da un lato e indirizzando verso di lei un raggio blu.
"Ridicolo! Pensate davvero di poterci fermare? La vostra preparazione magica è penosa!" esclamò lei, deviando il raggio blu e scendendo verso di lui.
Remus si alzò e le si parò davanti, la bocca piegata in un sorriso sghembo.
"Presuntuosa come sempre."
"Beh, presuntuosa quel tanto che è bastato per eliminare l’ultima mela marcia della famiglia Black."
Indirizzò contro Remus un altro Incantesimo, ma questa volta lui non lo scansò, limitandosi a deviarlo con aria decisa.
"Povera pazza. Non riesce proprio a capire. Non si rende conto che non la sto attaccando con ferocia solo perché non voglio diventare come lei! Quando l’ho vista…ho creduto che avrei potuto ucciderla anche a mani nude, ma non ho alcuna intenzione di regalarle la mia anima."
Bellatrix continuò per un po’ a bersagliarlo di colpi, troppo esaltata per accorgersi di qualunque altra cosa. Non vide il cambiamento sul volto di Remus, e non si accorse nemmeno dello Schiantesimo silenzioso che lui le indirizzò contro con un gesto quasi impercettibile della mano.
Il suo corpo accolse il colpo con sorpresa, per poi accasciarsi rapidamente a terra, proprio come aveva fatto il corpo di Sirius. Ma lei respirava ancora.
Un ultimo moto di rabbia sorda riempì il cuore e la testa di Remus, poi defluì rapido alla vista di un Auror in difficoltà.
Legò rapidamente la sua prigioniera e le sottrasse la bacchetta, poi riprese la sua lotta.
 
Il tonfo della porta che si richiudeva dietro di lui stava ancora riecheggiando in quella strana stanza, quando Voldemort allungò lentamente la mano sulla bacchetta.
"Sai, giovane Potter, secondo i miei piani avresti dovuto essere già in compagnia della tua adorabile famiglia, a quest’ora, eppure pare che il destino abbia deciso di proteggerti fino ad ora."
Harry rimase fermo immobile, in silenzio, gli occhi puntati sul volto disumano di quell’essere.
"Tuttavia, credo che oggi il destino non potrà esserti di alcun aiuto. Come puoi vedere tu stesso, ora posso attingere a quel potere che tanto ti contraddistingueva."
Con un gesto fluido della mano, fece avvicinare il corpo di Ginny, lo sfiorò appena, e la sfera arancione che galleggiava sopra di loro divenne appena più scura, mentre sul volto della ragazza si disegnavano i segni della sofferenza.
Harry strinse istintivamente i pugni, ricacciando indietro la rabbia che, improvvisa e disarmante, stava di nuovo facendosi strada nel suo cuore.
Voldemort chiuse gli occhi, quasi stesse assaporando il gusto del potere che riusciva a toccare.
Sembrava quasi impossibile, eppure non gli stava succedendo nulla, riusciva ad entrare in contatto con l’Amore senza trarne danni. Harry si mosse appena, osservando attentamente la scena. Doveva esserci qualcosa, qualunque cosa, che giustificasse una simile assurdità.
Eppure Voldemort non subì alcun danno.
"Vedi Harry, forse Silente aveva ragione a ritenere questa forza in tanta considerazione, ma, dopo tutto, come vedi il mio sapere è riuscito a domarla, quindi il povero vecchio ha esagerato nel crederla al di sopra di tutto. Peccato non sia qui con noi per potersene accertare di persona."
"Con che coraggio osi pronunciare il suo nome?" sibilò a bassa voce Harry "Tu, che ormai non sei neanche più un uomo, non dovresti nemmeno pensare il suo nome!"
Voldemort lo guardò dilatando appena gli occhi rossi e simulando una risata dispregiativa.
"Dimenticavo…il cocco di Silente. Bene Signor Potter, vediamo cosa sai fare."
Con un movimento rapido della bacchetta, sferzò l’aria e colpì Harry con una forza invisibile, che costrinse il ragazzo a volgersi di scatto per non subire troppi danni.
La maglia gli si lacerò sulla spalla sinistra e un dolore sordo gli si diffuse lungo tutto il braccio, ma subito si raddrizzò e fece finta di nulla.
Non poteva ancora partire all’attacco, nessun Patronus aveva ancora fatto la sua comparsa da sotto la porta della stanza. Però non poteva nemmeno rimanersene lì, immobile, a subire attacchi che sapeva sarebbero diventati presto molto violenti. E aveva studiato abbastanza da sapersi difendere.
Così, sperando con tutto il cuore che Dana e Piton facessero in fretta, rispose agli attacchi con tenacia e costanza, deviando Incantesimi potenti o, nei casi più brutti, subendone parzialmente gli effetti. Voldemort era decisamente più potente di lui dal punto di vista magico, e la sua esperienza e i suoi studi gli avevano messo a disposizione armi che Harry non poteva possedere.
Per questo, quando per l’ennesima volta Voldemort riuscì a scaraventarlo a terra, Harry non si scoraggiò. Doveva solo resistere fino all’arrivo del Patronus, e poi avrebbero davvero giocato su un campo a lui molto più favorevole, perché nonostante tutti i trucchi escogitati Voldemort non sapeva davvero cosa fosse l’amore.
Da terra, Harry scagliò un Incantesimo verso il suo avversario, riuscendo a ferirlo in volto, e si rialzò con uno scatto, impedendosi di perdere la manciata di secondi guadagnati.
Tenne occupato Voldemort a deviare i suoi attacchi per qualche tempo, fino a quando la bacchetta non cominciò a diventare troppo calda.
Una rapida occhiata gli rivelò che anche quella di Voldemort stava scaldandosi. Prior Incantatio.
Se le bacchette si fossero legate in quel momento, sarebbe stato un problema. Aveva bisogno ancora di tempo.
Una fitta di panico lo colse impreparato, mentre si chiedeva se Dana e Piton sarebbero riusciti a distruggere l’ultimo Horcrux abbastanza in fretta, e quel singolo momento di distrazione bastò per permettere a Voldemort di colpirlo con cattiveria.
La Cruciatus lo ridusse in ginocchio prima ancora che avesse il tempo di comprendere quello che stava succedendo. Il dolore, intenso e incontrollabile, dilaniò le sue membra con violente scosse che lo fecero inarcare innaturalmente sul pavimento della stanza. La vista gli si appannò e i polmoni parvero non ricevere più ossigeno.
All’improvviso tutto cessò, e Harry sentì in lontananza una risata crudele.
Cercando di riacquistare lucidità, sbatté le palpebre e vide Voldemort avanzare verso di lui, canticchiando macabramente.
Alle sue spalle, qualcosa di argenteo svolazzò in aria, dando a Harry un’improvvisa sensazione di calore.
Avevano eliminato Nagini.
Spinto dalla forza di quel pensiero, posò i palmi della mani a terra e radunò le forze rimastegli, aspettando il momento migliore per rialzarsi.
"Potter, non credevo ti saresti adattato così facilmente alla posizione di verme. Un vero peccato, davvero. Mi costringi a finire tutto molto in fretta. Non vuoi che ci divertiamo ancora un po’ insieme? In fin dei conti non sarebbe carino nei confronti della nostra ospite sbrigare la questione in un tempo così miseramente limitato."
Harry prese un respiro profondo, sentendo lo stomaco contorcersi al pensiero di Ginny.
Scattò in piedi con rapidità sorprendente e scaraventò Voldemort parecchi metri indietro.
"Non devi nominare nemmeno lei!"
 
L’ultimo giovane Mangiamorte richiuse alle sue spalle la porta che Ron aveva lasciato aperta, mentre i membri delle ES si disponevano a semicerchio.
Per diversi secondi regnò il silenzio, fino a quando un giovane incappucciato non si mosse lentamente, avvicinandosi al semicerchio.
"Quanto ho atteso questo momento…voi, con le vostre stupide idee, avere fatto diventare Hogwarts un luogo degradato e di livello inferiore, così traboccante di indegni figli di Babbani."
Facendo scattare la mano che teneva impugnata la bacchetta, tentò di colpire Hermione. La ragazza deviò l’Incantesimo con relativa facilità.
"Questi figli di Babbani hanno parecchie cose da insegnarti!" sbottò, prima che tutto attorno a loro cominciasse a tremare.
Il pavimento si spezzò in diversi blocchi, alcuni presero a salire, altri a scendere, separando i ragazzi e rendendo loro impossibile scagliare Incantesimi.
"Dove diavolo siamo capitati?" esclamò Ron, schiena contro schiena con Hermione.
"Non ne ho idea…ma guarda…i muri, sono dipinti di quattro colori diversi."
"Ti sembra il momento?!?"
"Si! Se la stanza ha un suo potere e decide di usarlo con noi dentro, allora forse è meglio se capiamo di cosa si tratta!"
I pezzi di pavimento si assestarono in breve tempo, lasciando i ragazzi divisi tra lo sconcerto e il timore. Un basso sibilo li fece sussultare e vicino a Neville si produsse una fiammata che illuminò la stanza di rosso e oro per un paio di secondi, per poi estinguersi, lasciando al suo posto una colonna di pietra bianca alta due metri, in cima alla quale risplendeva un vassoio di metallo.
Mentre dal vassoio si innalzava una nuova fiammata, un sibilo colse alla sprovvista un gruppo di Mangiamorte, e vicino a loro si aprì dal nulla una spaccatura nell’aria, dalla quale prese a scendere dell’acqua, assorbita istantaneamente dal pavimento. Esaurita l’acqua, comparve al suo posto una colonna identica alla prima con sopra lo stesso vassoio.
Sopra il vassoio si creò una bolla di acqua lucente, e un terzo sibilo vicino a Ernie annunciò la fuoriuscita di una colonna di terra, sostituita da colonna bianca e vassoio.
Hermione spostò in fretta lo sguardo verso i tre Corvonero presenti nella stanza, mentre si muoveva istintivamente verso la colonna del fuoco.
Sopra la colonna di Ernie comparve della terra, mentre anche l’ultima colonna compariva in un turbinio di aria, che si ripropose sopra la stessa.
"I quattro elementi. I quattro pilastri della natura e di Hogwarts." Disse a voce bassa. "Credo che Nott avrà veramente molto di che imparare ora."
"Nott? Allora era davvero la sua voce!" disse Neville, bacchetta in mano e sguardo fisso sui Mangiamorte, riunitisi sotto la colonna dell’acqua.
"Si, e quanto scommettiamo che gli altri tre maschi sono Tiger, Goyle e Zabini?"
"Le ragazze invece?" chiese Ernie, affiancato da Susan Bones.
"Una è sicuramente Pansy. L’ho riconosciuta mentre parlava." Sibilò Padma, accanto a Luna e Michael Corner, lanciando un’occhiata torva ai Mangiamorte, impegnati a confabulare.
"Dite che la stanza ci farà altri scherzi?" chiese Neville con apprensione.
"No. Ne trarremo solo forza." Disse Hermione con tono sicuro.
Ron la guardò con aria perplessa, cercando di non perdere di vista il gruppo di Mangiamorte.
"Sarebbe a dire?"
"Quando ti deciderai a leggera "Storia di Hogwarts", scoprirai che la scuola è molto più di quello che sembra. Le Case sono quattro non solo perché quattro erano i fondatori."
"Ma anche perché quattro sono gli elementi della natura." Concluse Nott. "Si, Mezzosangue, hai visto giusto. E la stanza dei quattro elementi amplificherà i nostri poteri, perché ciascuno di noi potrà attingere all’elemento che più lo caratterizza!"
Nel terminare la frase, puntò la bacchetta e cercò di colpire, come fecero i suoi compagni.
Alcuni Incantesimi andarono a segno, ferendo leggermente Calì e Michael, ma la reazione non si fece attendere e, mentre i quattro elementi sopra le colonne parevano gonfiarsi e restringersi, la stanza fu illuminata da un intrecciarsi frenetico di raggi colorati e deviazioni.
"Andando avanti così non arriveremo molto lontano!" esclamò Susan, chinandosi per evitare un raggio rosso "Possibile che non si possa sfruttare la forza della stanza in altra maniera? E’ così potente…"
"Potente è dir poco!" disse Ron, mentre sentiva la propria energia magica ingigantirsi ogni volta che si affidava alla fiamma dietro lui.
"Si, ma non dovrebbe essere questo il senso dei quattro elementi…non ci dovrebbero servire per potenziarci singolarmente. Hanno senso solo se presi in considerazione nella loro reciprocità." Intervenne Hermione, lanciando sguardi preoccupati ai diversi elementi che continuavano a cambiare dimensioni. Sembrava stessero impazzendo.
"Cosa proponi?" chiese Ernie.
Hermione esitò un attimo, mordicchiandosi il labbro mentre rispediva al mittente un raggio rosa.
"Forse…ricordate la canzone del cappello parlante al quinto anno…"
"Non vorrai puntare sull’unità tra le Case con sei Mangiamorte davanti?!?!" sibilò Ron, costernato, mentre salvava Calì da un Incantesimo e ne scagliava altri due.
"L’unità è tra gli elementi, e i Mangiamorte sono un’alterazione dell’equilibrio. Forse, se unissimo la forza dei tre elementi di cui possiamo disporre…"
"Potremmo riequilibrare i poteri. Ma a che scopo? Quale utilità credi avrebbe?" chiese Luna, allontanandosi leggermente dalla colonna dell’Aria per avvicinarsi ad Hermione e non farsi sentire dagli altri.
Hermione scosse la testa, lei stessa poco convinta, ma sapeva che i quattro elementi che ora stavano aiutandoli a sviluppare i loro poteri erano una cosa sola, un equilibrio perfetto, e che solo in quella condizione esprimevano davvero il loro significato.
"Non fate domande. Tentare non ci costa nulla in fin dei conti. Io e Ron penseremo a proteggervi con uno scudo che non potranno distruggere, non con le loro conoscenze, e voi, tutti insieme, dovrete dirigere un Incantesimo di energia in un punto lassù in alto. Ernie, tu invece farai deviare gli Incantesimi dei Serpeverde verso il punto dove si congiungeranno gli Incantesimi. Tutto chiaro?"
Hermione li vide annuire tutti, uno dopo l’altro, poi guardò Ron che le restituì lo stesso sguardo d’intesa. Conoscevano alla perfezione quell’Incantesimo, non lo avrebbero sbagliato, e la fiamma rosso e oro alle loro spalle parve renderli più sicuri.
Con un unico gesto fluido richiamarono una barriera luminosa che proteggeva tre delle quattro colonne della stanza.
"Ora!" esclamò Neville, puntando verso il soffitto la bacchetta. Un attimo dopo, di fronte a un gruppo di sei Mangiamorte sorpresi e allarmati, l’essenza dei tre elementi parve risplendere nel punto dove gli Incantesimi dei ragazzi si univano.
Ernie dovette attendere poco perché uno degli avversari cercasse di reagire. Ne fece deviare l’Incantesimo in alto, inglobandolo nell’unico grande fascio luminoso che splendeva sopra le loro teste come un intreccio di fulmini bianchi.
Le bacchette dei restanti Mangiamorte presero a tremare, e presto si ritrovarono puntate dritte verso il fascio di luce, apparentemente non su ordine dei loro padroni. Uno dei Mangiamorte tentò di divincolare la propria arma da quel sortilegio, ma invano.
Anche la bacchetta di Ernie venne richiamata, e Hermione fece cenno a Ron di interrompere l’Incantesimo di protezione. Si unirono anche loro a quella strana unione, e in un attimo si trovarono invasi da una forza incredibilmente più potente di quella che avevano sperimentato volgendo l’attenzione solo al loro elemento. Questa nuova forza era sconfinata, più potente, ma incredibilmente rassicurante.
La forza di una tempesta ma la calma di un mare tranquillo, infinito.
Era questa l’essenza dei quattro elementi. Ciascuno di loro, singolarmente, era dotato di una capacità distruttiva e di una forza notevole, ma uniti diventavano qualcosa di più completo, possente e naturale. Qualcosa di estremamente positivo e rassicurante.
I quattro elementi sopra le colonne si gonfiarono ed esplosero in tutta la loro magnificenza, per poi ritornare a dimensioni normali, facendo cessare gli Incantesimi dei ragazzi.
Ciascuno di loro abbassò pesantemente il braccio con cui teneva la bacchetta e alcuni indietreggiarono, i volti incapaci di nascondere lo stato emotivo in cui erano caduti.
"E’ stato…meraviglioso!" sospirò Neville, scuotendo la testa.
Hermione annuì, ma riportò subito lo sguardo sui Mangiamorte. Meglio non perderli d’occhio.
Un paio di loro erano indietreggiati di parecchio, apparentemente Tiger e Goyle. Uno invece si era portato le mani alle spalle e stava tremando.
I palmi delle mani leggermente sudati, Hermione tenne pronta la bacchetta, ma non la puntò.
Il Mangiamorte che stava tremando ad un certo punto lasciò andare la bacchetta, che cadde a terra con un rumore secco. Un altro tra loro si volse a guardarlo e allora il primo si strappò con rabbia la maschera d’argento dal volto.
Era Daphne Greenglass.
Alzando uno sguardo di sfida sul compagno che si era volto a guardarla, diede una pedata all’oggetto d’argento.
Questo fece infuriare il Mangiamorte, che fece per puntare la bacchetta su lei.
Ernie lo disarmò velocemente, e Ron aveva già unito il suo Incantesimo a quello di Hermione per generare uno scudo davanti alla ragazza.
Lo stupore che si dipinse sul volto di Daphne per l’aiuto appena ricevuto fu lo stesso di tutti gli altri, ma un attimo dopo anche Pansy si tolse la maschera, affiancandosi alla ragazza.
"Hai sentito anche tu cosa si provava!" sbottò Daphne, rivolta al compagno "Non puoi non averne capito il senso! Quella…quella forza, quella quiete sconfinata e imponente…"
"Stupida! C’è qualcosa di molto più importante!"
"La purezza del sangue, per caso…Nott?"
Nott si volse di scatto verso Hermione.
"Esatto, Mezzosangue! La magia è nostra, di chi ne custodisce i segreti da generazioni!"
"Dì un po’, sapientone" sbottò Ron "Lo sai che Voldemort è figlio di un Babbano?"
"Non…non osare!" urlò Nott, scagliandosi su Ron.
Uno Schiantesimo lo fece finire a terra prima che avesse il tempo di formulare l’Incantesimo.
Hermione rimase a bocca aperta, mentre vedeva Pansy abbassare la bacchetta.
"Cosa hai fatto?" belò Tiger, togliendosi lentamente la maschera e guardando con occhi sgranati il corpo di Nott.
"Nulla di strano, idiota! Non lo capisci che errore ci stava facendo fare? Beh, io non ho intenzione di farmi trascinare oltre in questa follia da uno come Nott. Men che meno dopo aver percepito cosa sia la vera potenza." Sibilò con rabbia verso un confuso Tiger "Ora però vediamo di non farci ammazzare!"
"Ehi, guarda che quelli dalla bacchetta facile, fino a prova contraria, siete voi!" esclamò Susan.
"Prova a ripeterlo!"
Hermione alzò gli occhi al cielo e si mise in mezzo.
"Calmatevi ora! Susan, non si stava riferendo a noi… e voi" disse rivolta ai Serpeverde "Toglietevi maschera e mantello. Rimarrete qui dentro per sicurezza e…"
"No, non rimarremo qui come topi in gabbia! Se devono scoprire che scelta abbiamo fatto, tanto vale che lo facciano vedendoci con le bacchette in mano! E poi voglio potermi difendere… gli altri non gradiranno la nostra resa…" insistette Pansy, mentre Blaise Zabini, toltosi la maschera con lentezza, la guardava intensamente.
"Stai dicendo…insomma, tra gli altri Mangiamorte ci sono anche alcuni dei vostri genitori…" disse Padma, decisamente sconvolta.
"E qui ci siamo noi." Ribatté con voce mortifera Zabini, scivolato silenziosamente accanto a Pansy.
Hermione lanciò uno sguardo preoccupato verso Ron, che invece teneva lo sguardo fisso sugli ex compagni di scuola. Infine, dopo che li ebbe scrutati tutti negli occhi, si volse verso di lei e annuì, sollevando un angolo della bocca.
"Parola mia, Hermione Granger, le tue idee sono sempre meravigliosamente geniali!"
 
 
 
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Capitolo 24
*** La Chiave ***


23 la chiave
harry potter 90. Ola! Eccoti l'ultimo pezzetto di battaglia. Mi spiace, ma dal prossimo capitolo si torna ai lunghi dialoghi (e io aggiungo anche sofferti!!). Comunque spero che questo capitolo sia degna conclusione delle parti di azione.
 
gealach. Ciao! Severus felice? No, in realtà (e qui capisco di esser stata poco chiara nello scorso capitolo...a volte sono troppo ermetica...) lui vede Dana felice. Per se stesso non cerca ancora la felicità...assolutamente. Anzi, per farlo ragionare un pò ho dovuto fargli fare un dialogo un pò strano con interlocutori...beh, non posso dirti che interlocutori, o svelo tutto!
 
HermioneHC. Ciao, e grazie per il commento! Felice che la ff ti piaccia! Vuoi lo scontro finale tra Voldy e Harry? Eccoti servita!
 
Piccola Vero. Wow, quanti complimenti! L'idea dei serpeverde che capiscono l'unità mi è venuta scoprendo il significato delle quattro Case (perchè quello non me lo sono inventato, l'ho scoperto in un'intervista di JK.) Quando l'ho letto, la mia mente ha cominciato a vorticare...era un'informazione troppo ghiotta per essere ignorata! Vediamo se anche questo capitolo ti piacerà!
 
EDVIGE86. Ciao! Che bello! Son contenta che la trovata delle stanze ti sia piaciuta. Visto che ho riservato un ruolo non da sottovalutare per Ron e Hermione! Non potevo proprio trattarli solo come dei secondi a Harry. Li vedo bene impegnati in prima linea, anche loro con i loro scontri da portare avanti. Un pò di luci della ribalta anche su di loro direi che non guasta, no?
Alla prossima!
 
Astry_1971. Allora, ti avviso che devo ancora riprendermi dal finale della tua storia...ed è tutto dire. Ogni tanto mi viene in mente l'ultimo pezzo, sulla collina...guarda, mi si stringe ancora il cuore! Sadica!
Vabbè, torniamo a noi...si, ho voluto tenere Severus all'oscuro della capacitàò di Dana di parlare serpentese...non so dirti perchè, ma ho proprio voluto fargli venire un colpo. Non potevo rendere Dana un libro aperto in assoluto, con lui. Dana è comunque un tipo riservato e non disdegna avere delle cose che tiene solo per sè. E poi farla discendente di Salazar era una tentazione troppo forte...ho ceduto!!!!!
Ah, vedo che la mia eccessiva passione per l'esser ermetica ha tratto in inganno anche te, mi spiace. Severus non di vede felice, ma vede Dana. Però sai, che proprio tu mi chieda di riservargli un pò di felicità...guarda, mi vien da strozzarti!!!!! Povero tesoro mio, una cosa è sicura, non lo farò cadere in un baratro nero come hai fatto tu! Se la dovrà veramente sudare la felicità, ma alla fine, dopo un pò di tempo (un pò...diciamo qualche anno...) la felicità deciderà di fermarsi un pò anche dalle sue parti.
Toglimi una curiosità...ma odi Ginny? Addirittura carotina...mi hai fatto morir dal ridere...
Comunque condivido con te il pensiero che il motivo per cui Silente si fidava tanto di Severus debba essere un pò più corposo del semplice amore per Lily. Non che non sia una cosa importante, ma in effetti preferisco pensare ad un Severus pentito ben prima della scoperta del destino di Lily. Bah, siamo nelle mani di JK....( Che è più sadica di me e te messe insieme...)
Comunque guarda che per Severus, qui, c'è ancora da tremare...
 
Salve a tutti! Ragazzi, ci avviamo verso la fine. Ormai ho scritto anche l'ultimo capitolo...siamo  proprio agli sgoccioli... Mi sono accorta di una cosa che però non va proprio negli scorsi capitoli, una correzione che dovevo fare ma che mi è sfuggita. L'attacco alla Scuola non avviene prima di metà giugno, e forse anche oltre (non a fine maggio come invece mi è sfuggito...) Non è un dato poi così irrilevante, più che altro per quello che capita a Dana.
A parte questo, buona lettura!
 
 
 
La Chiave
 
Severus si appoggiò silenziosamente ad uno dei muri del labirinto, allungando lo sguardo fin dove gli fu possibile. Per il momento tutto quello che riusciva a capire, era che diverse persone erano entrate dentro la stanza e che stavano lottando. Dietro di lui, Dana stava a occhi chiusi, concentrandosi e cercando di capire quanti fossero.
Afferrò la manica del mantello scuro di Severus e gli si avvicinò.
"Brutte notizie. Credo siano quasi tutti Mangiamorte, e si stanno divertendo parecchio. Chiunque abbiano preso di mira, non ha molte speranze di uscire di qui ancora vivo."
Severus annuì e avanzò di qualche passo. Girato l’angolo sapeva si sarebbe trovato all’inizio del labirinto, di fronte a tutti i presenti. Avanzare era molto simile ad un suicidio, ma non poteva rimanersene lì solo perché rischiava di essere attaccato.
Era arrivato fino a quel punto per fare la cosa giusta, e non avrebbe smesso di sicuro in quel momento. E poi, non voleva avere più nessuno sulla coscienza. Se poteva salvare anche solo una vita ancora, ci avrebbe provato.
"Cerchiamo di dare ai malcapitati un po’ di tempo…"
Dana annuì e gli si affiancò, mentre procedeva verso lo scontro.
Il loro arrivo colse alla sprovvista sia i Mangiamorte che i tre nuovi Membri dell’Ordine, che però non diedero alcun segno di timore, riconoscendolo.
"Devo supporre che Minerva li abbia ben istruiti." Disse tra i denti, mentre parava un Incantesimo.
"Mi pare ovvio!" sbottò Dana, atterrando il primo Mangiamorte che ebbe a tiro.
"Con che faccia osi presentarti qui?" esclamò un Mangiamorte, avventandosi su Severus.
Senza replicare, Severus lo affrontò, mentre Dana cercava di mettere relativamente in salvo quello tra i tre Membri che le era parso più in difficoltà. Un brutto Incantesimo lo aveva colpito ad una gamba, e ora non riusciva più a muoversi agilmente come avrebbe voluto, così si preoccupò innanzi tutto di erigere davanti a lui una barriera, e poi di tenere tranquilli i Mangiamorte, sempre più numerosi, che tentavano di avvicinarsi.
Uno dei Membri scomparve nel labirinto con un Mangiamorte e l’arrivo di alcuni Auror risollevò un po’ le sorti dello scontro.
Dana lanciò uno sguardo preoccupato verso Severus. Se gli Auror lo avessero visto, sarebbe stato atterrato di sicuro…
Con suo estremo sconcerto però non riuscì ad individuarlo.
"E’ entrato di nuovo nel labirinto…"
La sola idea le fece serrare lo stomaco.
Alle sue spalle un paio di Mangiamorte entrarono dalla porta aperta e si avvicinarono ad un loro compagno gesticolante, steso a terra. Il più alto dei due si chinò e ascoltò quello che il ferito aveva da dire.
Senza saperne bene la ragione, Dana sentì un brivido scenderle lungo la schiena.
Il Mangiamorte alto si sollevò di scatto, fece un cenno al compagno più piccolo e schizzò dentro il labirinto.
Liberandosi con stizza del proprio avversario, li seguì, il cuore che le batteva talmente forte che le sembrava stesse per uscirle dal petto.
Non poteva essere quello che aveva pensato…sarebbe stato troppo…
I suoi passi risuonarono appena lungo i corridoi sempre più stretti del labirinto, mentre cercava di mantenere la propria concentrazione per non farsi scappare le emozioni dei due Mangiamorte, unica traccia per poterli seguire.
Erano vicini, e si erano bloccati all’improvviso.
Pochi passi, e si ritrovò a cadere in un baratro scuro. Le sfuggì di bocca un’imprecazione, chiedendosi chi fosse stato il folle che aveva piazzato lì un Baratro Eterno, e mormorò un Incantesimo, ritrovandosi d’improvviso stesa sul pavimento di una stanza bassa, con muri di pietra, e illuminata da tre torce.
Alzò lo sguardo velocemente, mentre si rimetteva in piedi.
Da un lato aveva Severus, in piedi sopra il corpo svenuto del Mangiamorte con cui era sparito nel labirinto. Dall’altro i due Mangiamorte, immobili, silenziosi, le bacchette pronte ma per il momento inattive.
Severus mosse solo gli occhi per vedere chi fosse il nuovo venuto, e quando incontrò lo sguardo di Dana parve irrigidirsi un attimo.
"Non intrometterti! Dana, non sarà facile…"
Fu tutto quello che riuscì a comunicarle, prima che il Mangiamorte alto si muovesse.
Dana alzò la bacchetta di scatto, ma non pronunciò alcun Incantesimo, vedendo che l’avversario stava solo togliendosi la maschera.
Un brivido di terrore le scese lungo la schiena mentre riconosceva Lucius Malfoy.
Allora l’altro Mangiamorte…
Severus invece non parve esserne per nulla sorpreso. Sapeva che prima o poi sarebbe successa una cosa del genere, si era preparato. L’unico neo della situazione era la presenza di Draco. Non poteva nemmeno immaginare quello che il giovane stesse provando…
Lucius lasciò cadere la maschera, che si scontrò con il pavimento producendo un rumore acuto e stridente.
"Non volevo crederci quando Bellatrix è venuta a riferirlo…"
Severus assunse un’aria leggermente sorpresa.
"Davvero Lucius? Mi stai dicendo che non avevi davvero nessun sospetto? Non ti è venuto in mente nulla che potesse prepararti alla notizia?" chiese con tono a metà tra il sarcastico e il canzonatorio.
Lucius serrò le labbra, gli occhi animati da una comprensione improvvisa e da un odio ingiustificato.
"Tutti i tuoi discorsi…tutte le tue teorie sul sangue…no, non le avevo attribuite a nient’altro che ad un misero tentativo di non sentirti inferiore per la tua condizione." Sibilò con disgusto il Mago biondo.
"Inferiore?" disse Severus, avanzando di un passo senza timore. "Inferiore per cosa, Lucius? Per il mio sangue? Per il mio padre Babbano?"
Draco, celato ancora dalla maschera, trattenne il fiato. E Dana lo notò.
"Non me ne vergogno, non l’ho mai fatto. Di tutti i sentimenti orribili che ho provato per lui, la vergogna proprio è l’ultima! E come vedi tu stesso, ho fatto cose che molti Purosangue non sarebbero mai stati in grado di fare!"
"Hai tradito il tuo Signore! Addirittura trovi anche la sfacciataggine per vantartene?"
"Ho abbandonato un pazzo, un vile e un’ipocrita!" sbottò Severus "E gli ho mentito! Gli ho fatto credere ciò che volevo, fin da giovane, quando ancora non ero così abile e a conoscenza di tutte le mie capacità! Gli ho carpito informazioni, tra le più gravi e importanti! E potrò lasciare questo mondo con la consapevolezza di aver contribuito alla sua caduta. Tu, Lucius, con il suo nobile sangue cosa hai fatto?"
Lucius puntò la bacchetta e Severus fu pronto a deviare il colpo e a reagire.
I sibili di Incantesimi scagliati con violenza riempì la stanza, ma Dana avvertì distintamente un cambiamento intorno a loro. Erano in una stanza creata all’interno del labirinto che simboleggiava la mente umana, a quel che le aveva detto Severus…quindi quella stanza aveva un suo qualche effetto…
Addossandosi alla parete più vicina, mentre il fiato le mancava sempre più, cercò di rimanere concentrata. Improvvisamente vide delle ombre nere muoversi nella stanza, scivolando ovunque silenziose e apparentemente non viste da nessun altro.
Poi Draco si mosse, togliendosi anche lui la maschera e fissando una delle ombre che gli si era più avvicinata.
Solo Dana parve accorgersene.
Il ragazzo stava tenendo lo sguardo fisso sull’ombra, la bocca leggermente aperta, la fronte corrugata. Piano piano la sua espressione cambiò, scivolando verso la sofferenza.
"Cosa sta vendendo?"
La domanda di Dana rimase senza risposta, perché poi anche lei si trovò di fronte a una di quelle ombre scure.
Posati gli occhi su quella strana cosa, non vide più nulla, tranne che la sua famiglia. Erano tutti lì, schierati, immobili, uno sguardo d’accusa indirizzato senza pietà verso di lei.
Sentì le gambe cederle e scivolò giù, ritrovandosi seduta a terra sulla fredda pietra.
Non ebbe bisogno di fare domande o di pensare a strane spiegazioni. Quella stanza aveva il potere di far emergere i sensi di colpa più profondi, era evidente, e lei stava rivedendo la famiglia che si era sempre accusata di aver distrutto, e anche tradito, per l’amore incondizionato che nutriva verso Severus, l’uomo che ai loro occhi li aveva portati verso la catastrofe.
"Mi dispiace…" le uscì dalle labbra ancor prima di rendersi conto di stare dicendolo davvero.
Non aveva nulla di cui rimproverarsi, sapeva fin troppo bene che non era sua la responsabilità delle sventure vissute dai suoi cari, e sapeva altrettanto bene che l’amore per Severus era una cosa bella, ma la sua anima riusciva ad andare contro la ragione.
Posandosi una mano sul petto, serrò gli occhi e prese qualche respiro profondo, cercando di ritrovare un minimo di equilibrio.
Quando riaprì gli occhi era di nuovo nella stanza dove Severus e Lucius si stavano affrontando.
Draco era addossato alla parete, pallidissimo, il volto rigato da lacrime.
Provando l’istinto di andare da lui e consolarlo, Dana si rese conto con terrore che presto anche Severus avrebbe visto le ombre…e lui non se la sarebbe cavata con poco.
Doveva fare qualcosa, qualunque cosa per farli uscire di lì il più in fretta possibile.
Barcollando, si rialzò e fece qualche passo verso i due duellanti, ma non fu abbastanza rapida.
Le ombre si addensarono tra Lucius e Severus, facendo immobilizzare del tutto il primo.
Lucius Malfoy, improvvisamente tremante, indietreggiò di diversi passi, prima di coprirsi il volto con le mani, come se servisse a proteggerlo da ciò che vedeva. Prese a mormorare qualcosa di incomprensibile, fino a quando non gli uscì di bocca un grido, a metà tra la rabbia e la paura.
Crollando a terra, in ginocchio, lasciò che le ombre scivolassero verso Severus.
Dana sentì il cuore fermarsi, e cercò con gli occhi una qualche via d’uscita, registrando solo in quel momento che non c’erano porte in quella stanza.
Il terrore di quello che sarebbe accaduto a breve le impedì di ragionare lucidamente e perse il controllo come poche volte le era capitato, invertendo il proprio potere: i suoi sentimenti divennero un libro aperto per chi era presente, era lei stessa a comunicarli.
Draco e Lucius però parvero non farci caso, forse troppo sconvolti per ciò che avevano appena visto, anche se il ragazzo le indirizzò una breve occhiata sorpresa.
Severus invece sorrise amaramente, fissando le ombre.
"Non aver timore, non possono fare peggio di quanto non faccia io ogni notte." Le sussurrò, osservando con occhi spenti ciò che le ombre erano riuscite a scovare nel suo animo.
Dana non osò muoversi, credendo che da un momento all’altro lo avrebbe visto impazzire o urlare di dolore.
Lucius era ancora a terra, ansimante, ma lo sguardo fisso su Severus.
Draco invece sembrava stranamente calmo, quasi rassegnato, eppure deciso.
Per diversi secondi le ombre tennero Severus sotto il loro giogo, e Dana vide il dolore disegnarsi sul volto dell’uomo, ma i suoi occhi rimasero sempre spenti, come se fossero abituati a posarsi su quelle immagini.
"E probabilmente è così, non è vero amore mio?"
Infine, le ombre si ritirarono da Severus, ancora in piedi, pallidissimo, la bacchetta serrata tra le dita sudate.
Lucius si alzò di scatto e lo guardò con odio.
"Come hai fatto?"
Gli occhi di Severus si mossero lentamente verso di lui, sempre privi di espressione.
"Come ho resistito? Mi stai chiedendo questo, Lucius?"
Gli rispose solo il silenzio.
"Vedo queste cose ogni volta che chiudo gli occhi per dormire, ogni volta che incontro il figlio delle mie vittime più difficili da dimenticare, ogni volta che vedo il tuo, di figlio…così simile a noi, così pericolosamente in bilico…"
Gli occhi grigi di Draco si posarono su Severus e rimasero immobili.
"Convivo con troppi sensi di colpa da ormai vent’anni per subire la magia di questa stanza."
Lucius puntò la bacchetta e avanzò rapidamente di qualche passo, mentre Draco, alle sue spalle, si staccava dal muro con prontezza.
"Troppi sensi di colpa? Non abbastanza per fermare i tuoi intenti fratricidi! Hai tradito l’Oscuro, hai tradito me…"
"No! Ho cercato di farti ragionare! Ma tu ti sei ostinatamente chiuso nel tuo bozzolo sicuro e luccicante di apparenze e vuote certezze!"
"Ho fatto solo quello che sapevo fare!" urlò Lucius, furente, ma non con Severus.
"E ora Lucius? Vuoi continuare a fare solo ciò che sai fare? Vuoi uccidermi?" lo sfidò Severus, la bacchetta remissivamente tenuta in mano.
"Voglio vendicare il mio onore e la mia famiglia! Ci hai usati, traditi, ingannati! E hai anche osato tentare di manipolare mio figlio!"
"Draco merita di essere salvato da questa follia! Se sei un padre così degenere da non rendertene conto, il problema è tuo! Vuoi far fare a Draco la tua fine? Piegato ai voleri di un folle? Privato di ogni dignità, nonostante il buon nome?"
"Sta’ zitto!" urlò Lucius scaraventando improvvisamente Severus contro la parete di pietra.
Dana riuscì solo a muoversi appena verso Severus, un grido spaventato ancora in gola, prima di venir scaraventata con forza brutale contro la parete opposta.
"Tu e la tua puttana non ve ne andrete da qui vivi." Sibilò Lucius, avvicinandosi a Severus, ferito alla testa.
"Non oserai toccarla!" sibilò tra i denti Severus, posando per la prima volta su Lucius uno sguardo carico di odio e rabbia.
"Pensi di impedirmelo tu? Crucio!"
Il corpo di Severus, ferito in diversi punti dallo scontro e dal colpo subito andando a sbattere contro la parete, si contorse per alcuni istanti, mentre caparbiamente da lui non usciva alcun suono.
Dana sbatté gli occhi, ripentendosi di dover fare qualcosa. Lucius stava per ucciderlo, ma il suo corpo non rispose ai suoi appelli, troppo scioccato dal gran colpo subito.
Tutto quello che poté fare fu osservare la scena, allungando una mano nel vano tentativo di recuperare la bacchetta caduta a qualche metro da lei nel momento dell’impatto con la dura superficie di pietra.
"Va’ all’inferno." Sibilò Lucius a Severus, che aveva alzato lo sguardo con caparbio orgoglio.
Un lampo di luce rossa, e il corpo di Lucius cadde a terra, accanto a quello di Severus.
Draco, il braccio teso verso il padre, lasciò cadere a terra la bacchetta appena usata.
"Draco…" Severus non riuscì a dire altro, costretto ad appoggiarsi alla parete di pietra a causa di un capogiro.
Il ragazzo si volse verso Dana, che stava malamente rialzandosi.
"Sta bene?" le chiese con voce appena tremante.
Dana lo guardò sconcertata e annuì.
"Allora avevi ragione tu, Severus."
Draco annuì e si avvicinò al padre, chinandosi su lui e scostandogli i capelli dal viso.
"Non potevo lasciare che…"
"Lo so, Draco. E alla fine lo capirà."
Il giovane sollevò lo sguardo su Severus e lasciò trapelare il profondo dolore per il gesto appena compiuto.
"E’ mio padre…non avrei dovuto…ma non potevo sopportare che continuasse…"
"Lo hai solo salvato. A volte dobbiamo compiere azioni dolorose e indesiderate per…"
"Per fare la cosa giusta. Si, lo so, me lo ha già spiegato. Solo, non pensavo fosse così…lacerante."
Severus annuì appena, e Draco gli si avvicinò, puntando la bacchetta sulla sua nuca.
"Questo la aiuterà." Disse, riprendendo in fretta il controllo.
Severus sorrise tra sé e sé: era pur sempre un Malfoy.
Una luce gialla circondò la ferita di Severus e la rimarginò del tutto, mentre Dana li raggiungeva con passo ora più sicuro.
Severus la guardò, assalito di nuovo da un filo di panico.
"Stai bene?"
"Credo di si…" sospirò lei, mentre la stanza perdeva improvvisamente definizione.
Draco afferrò il corpo del padre in un gesto istintivo, ma non sarebbe servito.
Si ritrovarono tutti di nuovo lungo uno dei molti corridoi del labirinto, i rumori della battaglia di nuovo nelle loro orecchie.
"Trova un posto sicuro e rimani lì." Disse Severus a Draco "Non so quanto ci vorrà ancora, ma entro la mattina sarà tutto finito."
"Dice che Potter ci riuscirà?" chiese Draco, una vena di scetticismo nella voce.
"Si, questa è una delle poche certezze che ho."
 
Si era allenato per settimane, imparando Incantesimi avanzati, imparando a controllarsi, imparando tutto quello che era parso utile per prepararlo a quel momento, eppure ora era lì, steso a terra, l’ennesima ferita nel corpo e nell’anima a bruciare terribilmente.
Harry si rialzò in fretta, evitando un colpo, poi rispose all’attacco come si era sforzato di fare fino a quel momento.
Voldemort aveva incassato diversi colpi, tradendo un certo grado di sorpresa, ma questo non era bastato.
Quello che più lacerava Harry, però, non erano le ferite riportate. Tutto sommato, le aveva messe in conto.
No, c’era altro…perché per tutto il tempo Voldemort si era divertito a gettargli addosso le verità più scomode, le responsabilità più pesanti, e il dolore più acuto che potesse immaginare.
Colpevole per la morte dei suoi genitori, colpevole per la morte di Sirius, colpevole anche per la sofferenza di tutti quelli che aveva messo in pericolo con la propria avventatezza, e ora colpevole per il dolore innegabile che stava attraversando il corpo della ragazza di cui era innamorato.
Se non ci fosse stato lui, tutto quello non sarebbe successo, questo stava ripetendo Voldemort.
In continuazione.
"E’ ora di mettere fine a tutto questo, giovane Potter. Sei una spina nel fianco, e in verità non solo per me, quindi perché non ti decidi ad arrenderti? Farò in modo che sia tutto molto rapido, te lo prometto."
Harry indirizzò al suo avversario uno sguardo di fuoco, e rispose di nuovo agli attacchi subiti.
Perché quelle parole riuscivano a gelargli il cuore? Perché, nonostante tutto l’allenamento, la sua anima si lasciava scalfire da insinuazioni di quel tipo? Aveva dentro di sé davvero così tanto rimorso da fornire al suo avversario un’arma in più?
Lanciò un’occhiata preoccupata verso il corpo di Ginny, sempre sospeso in aria.
Voldemort continuava a usarla sia come scudo che come fonte di energia.
Forse il punto era proprio questo… il fatto che Voldemort avesse accesso all’Amore lo rendeva in grado di comprendere meglio cosa lacerasse il suo cuore?
Scrollò la testa e si diede dello stupido. No, non era così. Voldemort gli aveva parlato nello stesso tono anche la sera in cui era risorto…no, il vero problema era lui. Non stava concentrandosi abbastanza.
Per l’ennesima volta, cercò di isolarsi da tutto, di rendere la propria anima calma come il mare quieto, di dimenticare ogni più piccolo dolore, fisico e non.
"Sei ostinato come i tuoi genitori!" esclamò Voldemort, vedendo di nuovo la concentrazione di Harry. "Possibile che non siate in grado di capire? Non siete nulla! Non di fronte a me!"
Con gesto fulmineo fece finire Harry contro la parete opposta, cogliendolo del tutto di sorpresa.
A causa dell’impatto Harry perse la bacchetta, che cadde e scivolò diversi metri oltre, verso la porta della stanza, ora illuminata più debolmente.
Un lamento flebile provenne da Ginny, e Voldemort rise, trionfante.
"Incredibile…sente quello che provi anche da svenuta…un vero peccato dover spezzare le vostre vite così, non trovi?"
Rise di nuovo, mentre Harry cercava di alzarsi e allungarsi verso la bacchetta.
Voldemort lo fece di nuovo cadere a terra e gli si avvicinò, incurante di qualunque altro movimento nella stanza.
Harry invece vide qualcosa di scuro e piccolo sfrecciare sul pavimento. Sobbalzò un attimo, ma subito cercò di dissimulare, mentre un felicissimo dubbio gli attraversava la mente.
Rialzò lo sguardo, sistemandosi in fretta gli occhiali e guardando il proprio avversario negli occhi.
Doveva cercare di guadagnare tempo…
"Il fatto che lei mi senta non ti fa sorgere proprio nessun dubbio, vero?"
"E che dubbio dovrebbe venirmi, Potter?"
Harry non si rialzò e non si mosse, nonostante avesse visto il cambiamento operato alle loro spalle.
Il cuore prese a galoppargli in petto. Assurdo, di tutti gli aiuti che poteva ricevere, proprio da lui…
"Che ancora non hai compreso di cosa si tratta."
"L’amore? Oh, Potter, l’ho compreso meglio di molti altri! Si, è evidentemente una forza magica, ma è anche una profondissima illusione, non trovi? Se cancellassi dalla mente della tua amichetta tutti i ricordi che ha di te, poi neanche ti riconoscerebbe!"
"Non credo." Rispose Harry, prima di lanciarsi apparentemente contro Voldemort.
Il Mago Oscuro lo osservò incuriosito, mentre Harry atterrava a un metro da lui, bacchetta in mano.
Quando gli occhi infuocati di Voldemort si posarono sull’oggetto magico di nuovo in mano al legittimo proprietario, egli si volse di scatto, individuando il soggetto che aveva fatto riguadagnare a Harry la bacchetta.
Codaliscia, sudato e tremante, stava indietreggiando velocemente.
"Tu? Vile e meschino traditore! Avrei dovuto immaginarmelo, feccia come te non è degna di affidamento. Ma questa sarà l’ultima volta che osi voltarmi le spalle."
Puntò la bacchetta sull’ometto di fronte a lui, che però improvvisamente guardò Harry.
Codaliscia alzò appena un angolo della bocca, in un sorriso tremante, mentre la paura gli trapelava dagli occhi.
"Pari." Bisbigliò al ragazzo.
Harry protese di scatto la bacchetta e cercò di far deviare l’Incantesimo, ma senza successo.
Un raggio verde colpì Peter Minus, strappandogli la vita, lasciando di lui solo un guscio vuoto.
Immediatamente dopo vi fu un improvviso boato, e tutto attorno a loro si spense. Il nucleo pulsante e luminoso della stanza smise di emanare luce.
Harry tremò al pensiero di cosa sarebbe potuto accadere al corpo di Ginny, così pericolosamente vicino alla forza della stanza. Avrebbe subito qualche conseguenza di quell’imprevedibile reazione all’evento appena verificatosi?
L’uccisione di Minus era stato un atto diametralmente opposto a quella che era la natura della forza lì custodita, e aveva innescato una reazione nella stanza, reazione che però stava facendo preoccupare Harry più della potenza magica del suo avversario.
Un fiotto di luce blu comparve all’improvviso, formando un nucleo azzurro sopra le loro teste.
Voldemort, dalla cui bacchetta era partito l’Incantesimo, lo stava guardando ghignante.
"Ed ecco la dimostrazione della verità! L’amore…come puoi vedere tu stesso, giovane illuso, non è poi una forza così incredibile!"
Rise, ancora e ancora, mentre interrompeva l’Incantesimo che lo teneva legato a Ginny.
Il corpo della ragazza cadde pesantemente a terra e rimase immobile.
Istintivamente, Harry corse verso di lei, afferrandole un polso, alla ricerca disperata di un qualche segno che fosse ancora viva.
Debole e incerto, il pulsare del suo cuore si sentì attraverso la pelle bianca.
"Adesso è veramente il caso di farla finita. Sto cominciando a stancarmi, e il mondo magico sta aspettando che uno di noi due esca vittorioso da questa stanza. Bisognerà che li accontentiamo, non credi?"
Una Cruciatus colpì Harry in pieno petto, e di nuovo il ragazzo si trovò a contorcersi, sotto le risate acute dell’avversario.
Il suo corpo sembrava impazzito, tremante, ma il dolore era diverso rispetto a quello provato la prima volta, tra le lapidi del cimitero.
Forse Voldemort era troppo soddisfatto del successo appena riportato sull’Amore per riuscire a trovare in sé l’odio necessario per torturarlo a dovere.
Le dita, strette fino a un attimo prima attorno alla bacchetta, avevano lasciato la presa.
Non riusciva a crederci…la grande forza che Silente aveva sempre decantato, la forza che il Ministero teneva sotto chiave, la forza che lo aveva protetto fino a quel momento era andata distrutta.
Attorno a lui vedeva solo buio, oscurità, ombre che si accalcavano minacciose.
Non poteva essere finita così, non poteva lasciare che Voldemort uscisse da quella stanza vivo. Cosa sarebbe accaduto? Tutti quelli che amava e che ancora stavano lottando sarebbero morti, e il terrore sarebbe diventata la nuova regola.
Non poteva lasciare che succedesse, ma non riusciva a scuotersi dal dolore dell’Incantesimo che lo stava torturando e dal dolore dell’anima, delusa e abbandonata da ciò che avrebbe dovuto proteggerlo. Il baratro in cui stava precipitando pareva essere infinitamente profondo e irrimediabilmente già troppo vicino.
Poi un rumore, un lamento, un nome. Il suo.
"Harry…"
Il dolore fisico cessò, e Harry aprì ostinatamente gli occhi, vedendo Ginny che lo guardava, ancora stesa e incapace di muoversi.
"Harry…" ripeté la ragazza. Poi le forze parvero essere troppo poche per permetterle di dire altro, così si limitò a guardarlo.
"Oh, che cosa commovente…risvegliarsi per dirsi addio…" disse Voldemort con voce leggera, mentre Ginny allungava una mano.
Harry fece altrettanto, riuscendo solo a sfiorarla. Erano troppo lontani. Ma sopra le loro teste un guizzo arancione scaturì all’interno della sfera spenta.
Nonostante il dolore, Harry vide quel cambiamento. Possibile? Ancora qualche speranza?
I suoi occhi poi scorsero la figura accartocciata di Peter Minus, mentre Voldemort ricominciava i suoi vaneggiamenti sull’inutilità del sentimento, schernendo il gesto di Ginny e il suo.
Una fitta alla cicatrice costrinse Harry a chiudere gli occhi. Il dolore impazzì di nuovo in lui, troppo debole per opporsi. Ma non era una Cruciatus a dilaniarlo…semplicemente, il collegamento tra lui e il suo nemico si era riaperto, anche se non riuscì a capacitarsi del perché.
Lo avvertiva chiaro come non mai, molto più nitidamente di quanto non fosse stato durante il quinto anno di studi… e Voldemort lo stava inquinando, inondandolo con tutto quello che di negativo aveva nel cuore.
Disgustato e solo, Harry si chiese cosa potesse fare, lì, ferito e stremato. Poi vide di nuovo Minus, con gli occhi della mente.
Un altro morto, l’ennesimo di una lunga fila. L’ennesimo che lo aveva aiutato, anche se solo per rispetto ad un debito di vita. Però gli aveva sorriso…
Al sorriso di Minus si sovrappose quello di Silente, poi quello di Sirius, e quello dei suoi genitori.
Morti, tutti morti.
Morti per cosa?
Un lampo nella sua mente, e non vide più nulla, tranne che il buio, e un minuscolo puntino brillante.
"Harry…" di nuovo il suo nome, ed era sempre lei a pronunciarlo, quel puntino luminoso che tanto amava.
Ma lei non era veramente lì, perché Harry si rese conto di non trovarsi più nel suo corpo; si era come separato da esso, probabilmente a causa della riapertura improvvisa e potente del collegamento.
Ora stava vedendo tutto solo con gli occhi del cuore. Era da lì che doveva sferrare il suo attacco? Era così che doveva fare? E dov’era la luce di cui aveva bisogno?
"Cerca!" si disse "Cerca!"
Così fece, ostinatamente, scavando nella memoria e nel cuore per trovare ciò di cui aveva bisogno, perché (solo allora riuscì a capirlo) la riapertura del collegamento era stata opera sua, così come lo era lo stato di trance in cui era caduto, come se l’istinto avesse finalmente preso il sopravvento permettendogli di trovare la strada giusta.
Uno dopo l’altro, vide tutti quelli cui poteva rivolgersi per scoprire amore.
Silente, insegnante di vita esigente e irreprensibile, ma infinitamente umano, capace di un amore tale da spingerlo al sacrificio più grande.
Sirius, che nonostante non lo avesse conosciuto davvero, lo aveva amato come un figlio fin da subito.
Dana, gelida statua di marmo mossa da un cuore fatto di fuoco, capace di mostrargli come a volte amare volesse dire anche soffrire.
Severus Piton, un uomo che aveva odiato a morte e che si era rivelato, inaspettatamente, essere mosso molto più di altri dall’amore.
Lupin, Tonks, Hagrid, tutti i membri dell’Ordine, ostinati difensori di chi amavano e anche di chi non conoscevano. Guidati da qualcosa che andava oltre l’altruismo.
Ron e Hermione, la sua famiglia, gli affetti più sicuri che potesse desiderare, colonne portanti dei giorni felici e dei momenti di sconforto. Sempre presenti.
La sua adorata Ginny, regalo che la vita gli aveva fatto scoprire forse troppo tardi.
E poi Lily e James, mai conosciuti, mai abbracciati, ma presenti nella sua vita con una forza che non avrebbe mai potuto descrivere a parole.
Tanti puntini luminosi che si accendevano davanti ai suoi occhi.
E poi vide anche altro. Perché l’amore non ha schieramenti, era assoluto, umano, ed era questo che doveva sfruttare, solo questo.
Draco Malfoy, su tutti, gli aveva insegnato che per proteggere chi si ama si può arrivare a fare qualunque cosa.
Grop, non umano che aveva versato lacrime a fiumi per la perdita del fratello.
Persino Narcissa Malfoy si era rivelata per quel che era, madre disperata pronta a tutto, come la sua.
Chi non era mosso dall’amore? Chi riusciva a rimanere freddo e indifferente fin nell’anima?
Solo il suo avversario, essere ormai mostruosamente mutilato per comprendere l’immensità della forza che stava accumulandosi in Harry.
I puntini luminosi si unirono davanti a lui, e a loro se ne aggiunsero altri, infiniti, cui Harry non avrebbe saputo dare un nome, ma che sapeva rappresentavano quanti avevano amore nel cuore.
Poteva sentirli tutti, senza riuscire a vederli nella loro individualità. Non ce n’era bisogno. Tutto quello che serviva era vedere il nucleo pulsante dell’uomo, il cuore, che brillava per permettergli di trovare la strada.
Un altro boato lo strappò al suo sogno, e, riaprendo gli occhi, vide la sfera d’Amore, sopra le loro teste, di nuovo brillante, forse più di prima.
Voldemort urlò, coprendosi il volto con le mani, e Harry si rialzò da terra con sicurezza, sapendo di aver appena ritrovato la chiave per accedere alla sua forza.
Con un movimenti irato, Voldemort si coprì il volto con il mantello e guardò Harry.
"Questo è il tuo ultimo trucco, Potter?" domando secco, mentre con la bacchetta si legava di nuovo a Ginny.
"Harry! Fallo! Ti prego, fallo!" chiese la ragazza, sollevata di nuovo in aria, ma questa volta cosciente.
Harry annuì e chiuse gli occhi, mentre teneva aperto il collegamento.
Voldemort allungò una mano verso la sfera, sicuro della protezione di Ginny.
Harry fece altrettanto, quasi dolcemente, mentre sentiva un calore incredibile diffonderglisi in corpo.
"Ginny…lascia che la forza passi."
La vide annuire e rilassarsi, a occhi chiusi.
Ora dipendeva solo da lui. Se Voldemort non aveva subito danni fino a quel momento, non era solo per Ginny. L’amore che era custodito lì era un artificio, una costruzione magica. Quello che faceva la differenza era l’umanità del sentimento, non imbrigliabile davvero.
Harry sorrise. Era stato molto stupido a non capirlo prima.
Con la mano protesa verso la sfera, lasciò che il suo cuore facesse tutto, che rendesse la sfera il contenitore del sentimento di cui lui era veicolo. E la sfera ubbidì, facendo da potenziante.
Voldemort si era fatto improvvisamente silenzioso, impegnato ad opporsi con la mano sollevata ad una forza invisibile che lo osteggiava. Riusciva ad opporsi alla forza della sfera perché il collegamento era Ginny, qualcosa di esterno a lui, qualcosa che avrebbe potuto eliminare, quindi qualcosa che non lo colpiva davvero.
Ma il collegamento con Harry era aperto, e ora non poteva più essere richiuso, Harry non lo avrebbe permesso.
Così il ragazzo lasciò che la forza della stanza lo aiutasse e lasciò fluire il sentimento attraverso la cicatrice.
Un urlo terrorizzato si levò da Voldemort, ma Harry continuò, concentrandosi sui sentimenti che conosceva bene, su chi glieli aveva insegnati, su quello che riusciva a provare grazie ad essi.
Ancora urla, mentre l’avversario si piegava in due, ritraendo la mano e facendo cadere Ginny a terra.
Harry aprì gli occhi e lo guardò con compassione, mentre lasciava ancora fluire il calore del cuore attraverso la cicatrice.
Voldemort alzò lo sguardo rosso carico di odio su di lui, con aria di sfida quasi.
"Illuso! Io tornerò! Tornerò! Questa è solo una vittoria momentanea!"
Harry non disse nulla, ma non chiuse la mente, non poteva deconcentrarsi. E poi ormai non sarebbe servito a nulla.
L’immagine del medaglione salì in superficie, e Voldemort spalancò gli occhi, questa volta terrorizzato davvero.
Boccheggiando, cercò di sottrarsi alla distruzione che stava operando in lui dall’interno, tentando di chiudere il collegamento con Harry, ma non ci riuscì. Era ormai troppo debole, bruciato dall’interno da ciò che aveva sempre deriso e disprezzato.
Sentendo che le forze stavano per venirgli meno, Harry invocò ancora una volta la forza nella sfera arancione, e questa brillò intensamente per diversi secondi, mentre il corpo di Voldemort diventava polvere, e poi più nulla.
La luce della sfera tornò normale nel momento esatto in cui Lord Voldemort sparì, e Harry si sbilanciò leggermente in avanti, come se gli fosse venuto meno un appoggio.
La mano che aveva tenuto protesa verso la sfera ricadde stancamente e gli occhi cercarono Ginny, stesa a terra, ma impegnata in un tentativo di rimettersi in piedi.
La vide sedersi e prendersi la testa tra le mani, vagare con lo sguardo verso il punto in cui era stato chi l’aveva posseduto per due volte, e rimanere immobile nel non veder nulla di lui.
"Ce l’hai fatta…" bisbigliò, portando lo sguardo limpido su Harry.
Harry le sorrise, o almeno cercò di farlo. Si sentiva incredibilmente leggero, come svuotato, e la testa girava un po’, ma gli parve che come effetto collaterale della sconfitta di Voldemort fosse più che accettabile.
Poi però qualcosa in lui cambiò e un fortissimo dolore alla testa lo fece gemere. Si portò le mani alle tempie e premette con forza, mentre la vista gli si annebbiava.
Ginny si mise in ginocchio e cercò di raggiungerlo, anche se il suo corpo stava pagando il prezzo di quella folle avventura.
L’ultima cosa che Harry vide, fu la ragazza che allungava una mano, scivolando di nuovo a terra.
Poi più nulla, su lui calò il buio.
 
Solo pochi minuti prima aveva avvertito una sensazione terribile diffondersi ovunque. Non la provava nessuno dei soggetti che la circondavano, nessuno tra i Mangiamorte e nessuno tra i Membri.
Le era parsa una sensazione autonoma, come se un sentimento avesse improvvisamente preso corpo, al di là dell’esistenza di una persona cui essere ricollegato. E Dana sapeva che era impossibile…a meno che non si trattasse di qualcosa che il Ministero stava studiando.
Era una sensazione brutta, di tristezza e amarezza, di sconfitta, di cedimento…
La sensazione l’aveva invasa con una prepotenza terribile, e lei aveva dovuto far appello a tutte le sue forze (fra l’altro improvvisamente scarse) per riuscire a rimanere in piedi.
Poi era tutto passato, e al posto di quella sensazione ora sentiva solo un profondo e confortante calore.
Forse aveva a che fare con quello che Harry stava facendo dentro la stanza dell’Amore.
Coprendo le spalle a Severus, impegnato accanto alla McGranitt con alcuni Mangiamorte particolarmente agguerriti, Dana rimase in ascolto.
L’amore crebbe a dismisura all’improvviso, e lei sentì una stretta al cuore.
Possibile? Harry stava riuscendo nell’impresa!
Serrò gli occhi, ricordandosi che doveva aspettare di esserne certa prima di esultare. L’avversario di Harry non era un Mago qualunque, ma il più potente Mago Oscuro dell’ultimo mezzo secolo.
Un brusco rumore la costrinse a riportare la propria attenzione sul combattimento che si stava sviluppando davanti ai suoi occhi.
Diversi Auror erano entrati all’improvviso nella stanza, evidentemente dopo aver catturato tutti i Mangiamorte rimasti nella stanza circolare.
Un brivido le scese lungo la schiena. I Membri dell’Ordine sapevano bene di non dover attaccare Severus, ma gli Auror che non avevano avuto contatto con l’Ordine non ne sapevano nulla!
La McGranitt parve dello stesso avviso, e affiancò Severus ancora di più, mentre Dana cercava di scrollarsi di dosso le troppe sensazioni e soprattutto il terribile senso di debolezza che l’aveva assalita da quando era tornata dal labirinto.
All’improvviso, bruciante e profondo, arrivò il dolore.
Con un urlo si piegò in avanti, mentre parecchi Mangiamorte cadevano a terra.
Severus si piegò su se stesso, stringendosi il braccio sinistro con la mano destra, la bacchetta caduta sul pavimento.
Il dolore parve penetrare nella carne, bruciare tutto quello che incontrava, avvinghiarsi ai muscoli.
Durò per alcuni secondi interminabili, cessando improvvisamente com’era arrivato.
Con il fiato corto, Dana afferrò freneticamente il bordo della gonna e lo calò sul fianco sinistro, osservando con occhi sgranati la propria pelle, candida e immacolata. La vista le si appannò leggermente, mentre si chiedeva quanto stupida fosse nel mettersi a piangere proprio in un momento di trionfo.
"Potter ce l’ha fatta…" disse un Auror, afferrando un Mangiamorte improvvisamente inebetito e inerme e mostrando il braccio sinistro, privo di ogni segno.
Qualche Mangiamorte, in un ultimo impeto di rabbia e orgoglio, provò a riprendere la lotta, ma in verità furono troppo pochi quelli che non capirono che era finita.
Severus era immobile, dritto in piedi, lo sguardo puntato sul proprio braccio sinistro.
Sarebbe stato difficile dire cosa stesse provando solo osservandolo, perché era assolutamente inespressivo, ma Dana percepì la marea di sensazioni che stavano travolgendolo.
Soddisfazione e liberazione, ovviamente, ma anche una quiete amara e incredula.
"So cosa stai provando Severus…è come un sogno che si realizza, e noi non siamo certi che sia vero e che sia possibile…come se non potessimo osare sperarlo…"
Stava per raggiungerlo, abbracciarlo e dirgli che era tutto finito, quando un altro dolore, inaspettato come il primo, la colse impreparata. Le sembrò che qualcuno le avesse appena pugnalato il ventre.
Le gambe le cedettero e vide Severus volgersi verso di lei.
Sentì appena che la stava chiamando per nome, mentre alcuni Auror si avventavano anche su di lui.
Poi chiuse gli occhi e svenne.
 
 
 
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Capitolo 25
*** Bilanci ***


 
gealach . Ciao! Vedo che la situazione intriga eh? Benissimo! In effetti l'elenco di tutte le persone mosse dall'amore è stato un punto delicato da scrivere. Non per nulla, ma volevo che non suonasse troppo patetico, che fosse più umano possibile...
Codaliscia può far pena, si, soprattutto per come mi sono costretta a rendere la scena, però ti confesso di aver provato una sadica soddisfazione a farlo sparire dalla scena! Non lo sopporto!
Per quel che riguarda cosa succede alla fine, tranquilla, con questo capitolo avrai tutte le risposte! Spero di non farti venir un colpo!
 
Piccola Vero. Ciao! Lo spirito solidaristico per Dana e Severus mi fa gongolare, e anche a te dico: tranquilla, scoprirai tutto a breve. Mi spiace deluderti, ma questo è il penultimo capitolo. La mia storia si conclude la prossima settimana, anche se poi arriverà l'epilogo, che devo ancora scriver ma che è già tutto nella mia testa. E forse per quello dovrete aspettare un pochino. Gli esami mi impediscono di scrivere quando vorrei...(acciderbolina!)
 
HermioneHC . Ola! Bene, mi fa piacere che anche a te sia piaciuto lo scontro-confronto tra Severus e Lucius...non potevo proprio evitare che quei due si trovassero faccia a faccia...e i caratterini di cui sono dotati hanno reso la cosa particolarmente interessante da scrivere!
 
EDVIGE86 . Oddio! No, ti prego, non piangere...non ancora! Hai proprio ragione, su Draco la pensiamo allo stesso modo. Se JK non gli farà fare qualcosa per redimersi, avrà sprecato un personaggio, soprattutto dopo gli ottimi spunti del sesto libro!
Ora però preparati, perchè qui di dialoghi ne hai quanti vuoi, e soprattutto c'è l'ultimo mio affondo ai tuoi adorati. Mi spiace, ma ricorda....le statistiche parlano chiaro...
Un abbraccio!
 
harry potter 90 . Ecco, adesso l'azione è proprio tutta finita, quindi dovrai rassegnarti. Ma spero che ugualmente apprezzerai. In fin dei conti anche questi ultimi due capitoli parleranno di battaglie...a modo loro. Ciao!
 
Astry_1971 . Eh eh...sappi che mi sono ripresa! (O meglio, cerco di evitare di pensare al finale della tua storia, così il mio cuore non soffre e non si fa travolgere dalla malinconia per quell'amore così voluto e perso...)
Vedo con soddisfazione che però anche la mia storia ti sta tenendo sulle spine! Ebbene, mi spiace ma non sono stata tenera con Severus, anche se io ho il mio modo di non essere tenera. Molto interessanti le tue teorie, davvero, e tra breve scopriamo se hai avuto ragione tu, o tutti quelli che hanno parlato di attacco anche a spese di Dana...
In verità non so se ti strapperò la coppa di sadica, davvero, perchè secondo me la meriti tutta tu, visto che, con il tempo, darò a Severus quello che merita. Il vantaggio di questa storia è che non sono vincolata davvero a quello che JK ha scritto, perchè il passato è immodificabile, ma il futuro è tutto ancora da definire. (E infatti per fortuna che ho finito la mia storia prima dell'uscita del settimo!!! Perchè temo che poi ci sarà poco da poter immaginare...e sicuramente JK gli farà tanto male...povera la mia stella!)
Wow! Riscrivi Traditore? Bene! L'avevo letta e mi era piaciuta, ma chissà, magari ora potrai elaborarla di più! Il bello del passar del tempo è che si maturano idee sempe nuove e interessanti! (Però ti prego...la coppa l'hai già vinta...)
Ginny in effetti rischia di sconfinare in un prototipo di ragazza che nemmeno a me piace molto. Si salva solo per il suo coraggio e l'assenza di superficialità estrema. Io speravo tanto che JK si inventasse qualcuna di diversa per Harry.... ma pazienza, sopporterò!
Mi raccomando...non lanciarmi maledizioni dopo la lettura del capitolo...
 
 
Bentrovati a tutti! Siamo al penultimo capitolo, ormai c'è solo da tirar le fila della storia...e speriam bene! Mi auguro di non guadagnarmi le vostre occhiatacce virtuali...
 
 
Bilanci
 
Un rumore in lontananza la fece riscuotere dal torpore sonnolento e rassicurante in cui si era rifugiata. Non voleva assolutamente lasciare il posto di quiete in cui era in quel momento, e non era nemmeno ben sicura di comprendere la ragione di quell’istintivo capriccio.
Poi un altro rumore, delle voci confuse in lontananza.
C’era qualcuno attorno a lei, e forse stavano aspettando che lei si decidesse ad aprire gli occhi.
Non ricordava perché era in quello stato, ma forse le era successo qualcosa, perché chiunque si fosse avvicinato a lei ora stava bisbigliando, come se temesse di disturbarla.
Lentamente, Dana aprì gli occhi. La tenue luce delle candele della stanza le ferì gli occhi e la luce che proveniva dall’unico finestrone della stanza era ancora troppo timida per poter essere definita luce.
Forse era mattina presto, o magari il tramonto.
Sbatté le palpebre, cercando di strapparsi dal limbo in cui era caduta, mentre attorno a lei nessuno si accorgeva del cambiamento.
Muovendo gli occhi, vide la figura di Tonks accompagnare alla porta una donna vestita tutta di rosa. Stavano parlando ancora a bassa voce.
Muovendo la punta delle dita delle mani, si rese conto di esser sopra qualcosa di morbido e pulito. Un letto.
Riportò lo sguardo sopra di sé, perdendosi un attimo nel bianco intenso del soffitto della stanza.
Dov’era? E cosa era successo? Faceva estrema fatica a ricordare…
Dei passi leggeri le dissero che qualcuno stava tornando, e sperò si trattasse di Tonks. Non conosceva l’altra donna, e non le era piaciuta.
I passi si bloccarono all’improvviso e Dana si volse appena.
"Oh, Merlino grazie!" esclamò Tonks, ostinandosi però a mantenere un tono di voce basso "Finalmente ti sei svegliata!"
Si avvicinò rapidamente a Dana e le sorrise, il viso tirato per la stanchezza e qualche fasciatura sulle braccia.
Dana la scrutò con sorpresa. Cosa aveva fatto?
"Come ti senti?" le chiese la ragazza "Vuoi bere qualcosa? La Medimaga mi ha detto che, una volta sveglia, avresti probabilmente avuto molta sete…"
Dana annuì appena e Tonks le si avvicinò ancora, aiutandola a sistemarsi meglio sui cuscini, tanto da poter stare almeno un po’ rialzata.
Il movimento le procurò uno strano senso di torpore e dolore diffuso, mentre qualcosa le diceva che non andava tutto bene.
Lanciò uno sguardo al proprio corpo. Non mancava nessun arto.
Qualunque cosa fosse, l’avrebbe scoperta con calma. Ora aveva veramente bisogno di bere.
Tonks le accostò alle labbra un bicchiere di acqua e glielo fece bere.
L’acqua fresca scese giù come una benedizione, e la rinfrancò quel tanto che le bastò per ritrovare l’uso della parola.
"Tonks…dove siamo?"
La ragazza la guardò sempre sorridendo, ma Dana vide il suo viso irrigidirsi innegabilmente. Non era affatto una buona Occlumante.
Sospirando, la ragazza si sedette sulla sedia che si era portata vicino al letto.
"Al San Mungo…Dana, non ricordi nulla?" chiese leggermente titubante.
"Io…non so…ho la testa confusa."
Tonks strinse appena le labbra e la guardò in un modo così intenso che Dana sentì un brivido lungo la schiena. Era successo davvero qualcosa di brutto!
Serrò gli occhi e cercò di ricordare.
Lentamente, vide il Ministero, poi il Ufficio Misteri, e il serpente, il combattimento nel labirinto…sentì di nuovo il dolore…
"Harry!" esclamò riaprendo gli occhi "Harry ce l’ha fatta! Dov’è?"
Tonks sbiancò un attimo, posando lo sguardo sulle proprie mani, impegnate a torturare il lembo di mantello che indossava.
"Lui…lui è vivo…crediamo."
"Credete? Tonks, ti prego, non farmi implorare ogni spiegazione! Non ne ho le forze!"
Tonks annuì e prese un bel respiro.
"Si, scusa, è solo che…lo abbiamo trovato svenuto. Ma svenuto non è il termine giusto. I Medimaghi non sanno cosa dire. Il suo corpo è funzionante, ma lui non si sveglia…è così da tre giorni ormai…"
"Tre giorni?" chiese esterrefatta Dana.
"Si. Tre mattine fa all’alba è finito tutto. Lo abbiamo trovato steso a terra già privo di conoscenza e lo abbiamo portato subito qui, facendoci spiegare da Ginny cosa fosse successo, ma il suo racconto e confuso, povera ragazza. E poi quello che ci ha detto comunque non è stato sufficiente per capire cosa tenga Harry in quello stato…"
Dana sbuffò appena, cercando di mettersi a sedere un po’ meglio.
"Avrà solo bisogno di tempo. Non morirà."
"Come fai a dirlo?" chiese Tonks con voce funerea.
"Perché lo stato in cui è, è del tutto normale per chi ha aperto un collegamento come quello della sua cicatrice per farlo diventare un veicolo di sentimenti. La sua anima avrà bisogno di tempo per riprendersi, ma tornerà."
Tonks la guardò con occhi appena un po’ sgranati, come se non credesse a quel che aveva appena sentito.
"Dici…dici sul serio?"
"Assolutamente. Ma Severus non ve lo ha spiegato?"
Poi un pensiero terribile le attraversò la mente e il terrore produsse sul suo corpo un effetto tremendo. Ogni muscolo le si irrigidì e d’istinto si piegò in due sul nucleo sordo di quel dolore.
Tonks scattò in piedi e la sospinse gentilmente sui cuscini.
"Non devi fare questi movimenti…"
"Dov’è?" chiese, la voce più implorante di quel che avrebbe voluto "Tonks, ti prego, non mentirmi, voglio sapere dov’è?"
Sapeva che non c’era bisogno di fare nomi, Tonks sapeva meglio di chiunque altro a chi lei stesse facendo riferimento. Tremò ancora un attimo: aveva appena ricordato improvvisamente i volti degli Auror che si erano avventati su di lui.
"Stai tranquilla, è vivo e sta bene. Però è ad Azkaban. La sua posizione era nota a noi, non al Ministero. Ma la McGranitt ha provveduto subito a che fosse tenuto separato dagli altri Mangiamorte…anche se sono disarmati, nelle celle, sono comunque pericolosi, soprattutto per lui."
"E il Ministro ha acconsentito?"
"Si. La McGranitt gli è stata addosso come un avvoltoio, ripetendogli che c’era bisogno di tempo per spiegare tutto, e che nel frattempo non poteva permettere che lui corresse altri pericoli. Credo che l’abbia presa per pazza all’inizio, ma poi siamo intervenuti in parecchi e questo lo ha convinto. Non è come Caramell… Scrimgeour questa volta vuole tutta la verità…"
Dana annuì e si rilassò un attimo. Incredibile… una buona notizia!
"Non credevo che…insomma, temevo che lo avrebbero giustiziato quasi subito…"
Tonks scosse la testa e le posò una mano sul braccio.
"No, adesso basta. Non credi che abbiano pagato le persone sbagliate per troppo tempo?"
Dana sorrise e annuì, avvertendo di nuovo però quello strano senso di disagio. Qualcosa non andava.
Era il suo potere a dirglielo, ma era anche il suo corpo. Qualcosa si era spezzato.
"Tonks…perché sono qui? Non ricordo di essere stata ferita. Ho sentito il dolore della scomparsa del Marchio quelle due volte, ma non sono stata ferita…"
Tonks impallidì all’istante, guardandola come se non sapesse bene cosa fare.
"Mi…mi han detto che forse è meglio aspettare a dirtelo…" ma non sembrava troppo convinta.
Gli occhi improvvisamente lucidi, cercò per un po’ di evitare lo sguardo di Dana.
"Tonks, mi sto preoccupando…" ed era assolutamente vero. L’espressione di Tonks prometteva solo brutte notizie, e se sommava la cosa con le sensazioni che aveva…una maledizione? Un male di cui non si era mai accorta? Ma aveva solo 27 anni…
Alla fine Tonks parve prendere una risoluzione.
"Io…ero d’accordo con i Medimaghi sul fatto che fosse meglio parlartene con calma, ma poi, insomma…non mi sembra giusto tacertelo, e io e te siamo abbastanza in confidenza…"
Dana la fissò con preoccupazione, ma non disse una sola parola. Non era possibile…proprio ora che Riddle era stato battuto! Non poteva aver almeno qualche anno di felicità?
"Dana…cerca di ricordare…hai detto che hai sentito il dolore del Marchio che spariva…due volte."
"Si." Rispose in un soffio, mentre faceva mente locale "un dolore bruciante prima e poi uno più interno, simile a una coltellata qualche secondo dopo…"
"Beh, il secondo dolore…non era legato al Marchio."
Dana la guardò con aria interrogativa, poi i suoi occhi si dilatarono, molti dettagli ora fin troppo chiari nel loro vero significato. Lentamente, più dolorosa di quel che avrebbe mai potuto immaginare, la consapevolezza si fece strada in lei, e una mano scivolò giù, al ventre, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
"Un bambino…"
Tonks annuì, sull’orlo delle lacrime come lei.
"Perduto?" bisbigliò, anche se non aveva bisogno di attendere la risposta.
"Mi dispiace…"
Dana scrollò la testa e artigliò le lenzuola, mentre il dolore per quella notizia le spezzava il cuore.
Un bambino, suo e di Severus…perduto.
Se solo se ne fosse accorta prima, se solo avesse pensato di meno alla causa e un po’ di più a se stessa, avrebbe cercato di proteggerlo!
E invece lo aveva sacrificato per portare a termine il suo dovere. Un’altra vittima, senza volto e senza nome, ma per lei più grave di tutte le altre.
Non si accorse nemmeno di aver piegato le gambe e di essersi rannicchiata. Avvertì solo un braccio attorno alle spalle prima di cominciare a singhiozzare, del tutto incapace di trattenersi.
Davanti allo Specchio lo aveva visto, lo aveva desiderato, del tutto ignara del fatto che quel sogno avrebbe potuto facilmente diventare realtà. Se solo lo avesse protetto.
Ora non c’era più, e probabilmente non ci sarebbe stata un’altra possibilità.
I singhiozzi si fecero più forti e Tonks la strinse di più, cullandola appena, mentre anche le sue lacrime cominciavano a scendere, silenziose e solidali.
 
Aprì gli occhi lentamente, ferito dalla luce della stanza in cui si trovava.
Dov’era? Aveva fatto dei sogni incredibili… aveva visto se stesso annientare Voldemort, e poi aveva visto Ginny…sopravvissuta.
Che strani scherzi faceva la sua mente. Un sospiro fece per sfuggirgli dalle labbra, ma scoprì di avere la gola troppo arsa per riuscirvi. Cercò di schiarirsi la gola, ma tutto quello che ottenne fu un lamento fastidioso e un po’ d’irritazione.
Un rumore accanto a lui lo costrinse a girarsi, anche se faceva fatica a muoversi. Era senza occhiali e non vedeva bene, ma non poteva dubitare che quella fosse Hermione. Cosa ci faceva in camera sua?
La ragazza si avvicinò, le mani premute sulla bocca. Quando Harry riuscì a distinguerla meglio, vide che aveva gli occhi pieni di lacrime.
Neanche gli avesse letto nel pensiero, con mani che tremavano gli infilò gli occhiali, e allora Harry ebbe un attimo di sgomento.
"Non…non siamo a casa…" disse, facendo leva su un braccio per alzarsi.
Hermione scosse la testa, azzannandosi il labbro inferiore per non mettersi a piangere.
"Tieni."
Gli accostò un bicchiere di acqua alla bocca, e Harry bevve quasi tutto il bicchiere.
Solo allora Hermione scoppiò in lacrime, lasciandolo basito.
"Hermione…cosa…"ma un improvviso dolore alla testa gli impedì di proseguire e la sua mente fu bombardata da immagini che era convinto di aver solo sognato. Premette il palmo della mano sopra la cicatrice e serrò gli occhi, mentre tutto diventava improvvisamente chiaro.
Non erano sogni, era riuscito davvero nella sua missione.
Qualcosa di caldo e rassicurante gli si diffuse in corpo, mentre si sentiva incredibilmente leggero, ma ancora un po’ incredulo.
Il dolore passò e lui allungò una mano verso Hermione, posandogliela su una spalla e cercando di tranquillizzarla. Hermione invece parve agitarsi ancora di più, e continuò a piangere, appoggiandosi con la testa sul materasso del letto.
"Hermione, sto bene, ti prego…"
A quelle parole la ragazza alzò la testa di scatto e lo guardò con gli occhi ancora pieni di paura.
"Sei stato in uno stato vegetativo per una settimana! Non….non credevamo ti saresti più svegliato…anche se Dana diceva che era solo…solo questione di tempo…"
Quasi ricordandosi all’improvviso di qualcosa, Hermione si asciugò gli occhi e afferrò una cordicina blu che penzolava accanto al letto, tirandola con poco garbo.
Harry si guardò intorno, ma non accadde nulla.
"Una settimana…" disse, decisamente sorpreso.
Hermione annuì e si prese un bicchiere d’acqua, passandosi una mano sulla fronte.
"Da quanto tempo sei qui?"
"Qualche ora…ci siamo sempre dati dei turni, io, Tonks e Lupin."
Harry sentì un nodo formarglisi nello stomaco.
"E…Ron e Ginny?"
Hermione alzò su di lui uno sguardo indecifrabile, mentre la porta della stanza si apriva. Sulla soglia comparvero lentamente Ron e Ginny, quasi timorosi di disturbare un addormentato.
Poi videro Harry sveglio e rimasero immobili per qualche secondo. Ginny piegò la testa in giù serrando gli occhi, poi corse verso il suo letto e ci salì sopra, gettandogli le braccia al collo e cominciando a piangere.
Harry l’afferrò e le accarezzò la testa, mentre seguiva con lo sguardo Ron, appostatosi ai piedi del letto.
Aveva gli occhi lucidi e stanchi, ma gli sorrise.
"Bentornato, amico."
Harry annuì e strinse ancora Ginny, incapace di frenare il suo pianto. Ed era un pianto troppo disperato e viscerale per essere paragonabile a quello di Hermione.
Fece scorrere lo sguardo da Ron a Hermione, un terribile dubbio che gli gravava sul cuore.
"Come…come sono andate le cose? Intendo…ci sono stati…"
Si interruppe, mentre Ginny stringeva spasmodicamente il cuscino dietro di lui. Poteva percepire la tensione del suo corpo, la stanchezza e il dolore. Cosa le era successo? Si sistemò meglio, senza lasciarla andare, e alla fine se la portò ancora più contro, quasi a volerla cullare per calmarla.
I suoi occhi però cercarono i suoi amici. Ron aveva lo sguardo fisso a terra, le mani ancorate al ripiano in plastica che c’era ai piedi del letto.
Hermione invece stava guardandolo, di nuovo sull’orlo delle lacrime, ma evidentemente con l’intenzione di trattenerle.
"Vuoi sapere il bilancio?" gli chiese in un soffio.
Harry annuì e trasse un bel respiro, e così fece anche lei.
Torcendosi le mani, si apprestò a riferirgli un elenco che ormai conosceva a memoria.
"Abbiamo perso alcuni Auror, ma nessuno che conoscessimo. In tutto otto. E poi…per l’Ordine…Kingsley, e…Habbot. Ma c’erano anche…anche altri di cui non sapevamo… Oliver Baston…e…Angelina…erano appena diventati membri."
Harry sentì il cervello andargli in corto circuito. Angelina e Oliver? Per un attimo vide le loro facce davanti a lui, e gli parve quasi impossibile che fossero davvero morti. E poi Kingsley…
"E…" Hermione cercò di riprendere "e…Dana…"
Harry questa volta sentì il cuore fermarsi. Dana?
"Lei…oh, no, tranquillo…lei sta bene. Solo che ha perso il bambino che aspettava. Non si è ancora del tutto ripresa dalla notizia, non si era accorta di aspettarlo…"
"E Piton?"
"E’ ad Azkaban. Per il momento lì è al sicuro."
Harry annuì e si sentì sprofondare. Però vide Ron ancora in quello stato, immobile e con lo sguardo basso. Non era tutto.
Riportò così lo sguardo su Hermione, che capì al volo di dover sputare tutto il rospo, ma la cosa parve diventarle quasi impossibile, perché le lacrime ripresero il sopravvento, questa volta silenziose.
Accanto a lui, improvvisamente senza più tremare, Ginny si mosse e gli accostò le labbra all’orecchio.
"Papà…ha perso…ha perso il braccio e la gamba sinistri. Non …non sanno se…"
Harry non la lasciò finire di parlare e le premette la testa contro il suo petto, mentre lei ricominciava a singhiozzare. Serrò gli occhi con forza e pregò con tutto se stesso che Arthur Weasley si salvasse.
 
Si era rifiutato categoricamente di rimanersene a letto, e nessuno era riuscito a convincerlo a stare tranquillo.
Si sentiva bene, il suo corpo era tornato pienamente funzionale, per nulla indolenzito o stanco. L’unica cosa che poteva lamentare era la propensione ad addormentarsi piuttosto di frequente, ma non era un problema. Del resto, cosa aveva da fare?
Dopo due giorni dal suo risveglio, ormai passata l’ora delle visite pomeridiane, decise di fare una cosa che gli stava particolarmente a cuore.
Così, coperto dal mantello dell’Invisibilità che Ron gli aveva riportato, uscì dalla propria stanza e si avviò lungo il corridoio deserto dell’ospedale.
Al passaggio di un paio di Medimaghi rimase immobile, giusto per sicurezza, e poi proseguì, lanciando sguardi attenti e ansiosi ad ogni porta che si affacciava su quel piano. Secondo le informazioni che aveva ottenuto, era una delle ultime…
Infine la trovò, una porta bianca come tutte le altre, contraddistinta da un numero blu sull’anta di sinistra: stanza 394.
Bussò piano e non ottenne risposta, ma questo non bastò a tenerlo fuori.
Posò la mano sul pomolo e girò lentamente, attento a non fare rumore, poi controllò che non ci fosse nessuno nei paraggi e sgusciò dentro.
"Avevo come l’impressione che non saresti rimasto fuori"
La voce di Dana parve solo un po’ più stanca del solito, e Harry per un attimo ebbe quasi paura di guardarla. Cosa poteva dirle?
Però poi posò gli occhi sulla figura magra e pallida appoggiata ai cuscini, le gambe piegate contro il petto e un libro in mano.
I capelli rossi erano stati pettinati con cura e lasciati sciolti sulle sue spalle, come piaceva a lei.
E così sembrava quasi irreale.
Harry si sfilò il mantello e le sorrise, andando a sedersi ai piedi del letto.
"Mi dispiace disturbarti, ma volevo vederti con i miei occhi."
Dana corrugò la fronte e posò il libro.
"Vedermi con i tuoi occhi?"
"Si. Hermione mi ha detto cosa ti è successo, e mi ha anche detto che ti stai riprendendo, ma io volevo vederti con in miei occhi. Ho voluto vedere tutti quelli che hanno partecipato allo scontro e che conoscevo. Per rendermi conto che ci sono ancora…"
Dana annuì e abbassò lo sguardo.
"La mia perdita è invisibile, e per il momento io stessa faccio fatica a comprendere bene…è stato tutto troppo…"
Che parola poteva usare? Ne esisteva una che riuscisse a rendere interamente lo stato in cui era la sua anima? Cosa poteva dire? Tutto troppo doloroso, improvviso, lacerante, carico di rimorsi e rimpianti?
"Troppo. E basta." Le venne in aiuto Harry, e Dana sospirò con un sorriso amaro dipinto in volto.
Regnò un momento di assoluto e perfetto silenzio, di quelli che non hanno bisogno di essere riempiti, e Dana si sorprese nell’accorgersi di aver piacere ad avere Harry come spalla. In fin dei conti erano entrambi usciti da una situazione delicata e particolarmente dolorosa.
Come sempre le accadeva in quei giorni, il suo pensiero volò anche a Severus, ma qualcosa le impedì di proseguire lungo quella via. Pensare a lui voleva dire pensare al bambino, a tutto quello che comunque non avrebbe avuto, e al dolore per la perdita.
Non poteva pensarci, non dopo sei giorni, soprattutto perché i primi tre non aveva fatto altro che piangere. Aveva scontato a sufficienza con quelle lacrime il dolore. Non poteva perseverare nel farsi male da sola.
Così decise di intavolare un discorso, uno qualunque, giusto per distrarsi.
"Indovina un po’? Tra poco arriverà un membro del Ministero con il compito di accertarsi della mia identità…"
"Della tua identità?"
Harry la guardò perplesso, ma poi ricordò la simulazione della morte di Dana.
"Credi ti faranno problemi?" indagò pensieroso.
"Non credo…insomma, non vedo cosa possa cambiare loro riconoscere la mia esistenza o meno."
Harry annuì e il quel momento si udirono dei rumori in fondo al corridoio. Si drizzò come un fuso e si volse verso la porta. Conosceva bene quell’incedere di passi.
"Ti dispiace se rimango? Intendo, mentre ci sono quelli del Ministero."
Dana scrollò la testa e lo osservò incuriosita, mentre qualcuno bussava alla porta.
Quasi senza attendere risposta, il nuovo venuto entrò con fare spedito.
Dolores Umbridge si mosse nella stanza con sicurezza finché non posò lo sguardo su Harry.
"Oh, il nostro giovane Signor Potter!" (lo stomaco di Harry si rivoltò) "Come mai qui? Ero convinta che la sua stanza fosse un’altra?"
Harry lanciò uno sguardo d’intesa a Dana e si sistemò meglio sul letto.
"Infatti. Sono qui per tenere compagnia alla Signorina Deepfeel."
"Oh, Signorina Deepfeel. L’identità di questa signorina non è ancora stata accertata, mi spiace…"
"Sono certo che non avrà problemi ad accertarla, allora. Se non le dispiace io rimango."
Dana soffocò una risata camuffandola con un colpo di tosse, mentre la facciona della Umbridge cambiava leggermente tonalità, volgendo al rosso e contrastando con l’enorme fiocco viola che si ergeva sulla sua testa.
"Non credo sia opportuno da parte sua…"
"Io invece credo proprio di si." Intervenne Dana, un tranquillo sorriso sulle labbra ma lo sguardo duro "Il Signor Potter potrà confermare molte cose che potranno esserle utili. Del resto, credo che la parola di Harry sia di tal peso da non poter più esser messa in discussione, non crede?"
Questa volta fu il turno di Harry di soffocare un sorriso, mentre la Umbridge stringeva le labbra e faceva saettare lo sguardo dall’uno all’altro.
Ma evidentemente il Prescelto non era più toccabile.
Con stizza, fece comparire una poltroncina rosa dal nulla e ci si sedette, impettita, penna e cartellina in mano.
"Benissimo! Allora vediamo di sbrigarci."
 
Sette giorni. Sette estenuanti giorni di silenzio e di buio, in una cella grande poco più di uno stanzino. C’era di che impazzire lì dentro, ma Severus Piton non impazzì per le condizioni della sua reclusione.
Seduto a terra con la testa posata all’indietro contro il muro, stava seguendo per l’ennesima volta le venature della pietra con la quale era fatto il soffitto della cella.
La piccola porticina della cella affacciava su un lungo corridoio dal quale si accedeva alla maggior parte delle celle della prigione, e attraverso le feritoie Severus poteva sentire ogni rumore, ogni passo, ogni imprecazione, ogni maledizione che i suoi vecchi compagni gli mandavano contro. C’era di che essere grati che non avessero con loro le bacchette, altrimenti lo avrebbero ucciso molto in fretta e in modi decisamente atroci, alcuni dei quali a lui assolutamente nuovi.
"Mi odiano a morte, tutti. Ma tra le loro voci non si è mai levata quella di Lucius. Né per maledirmi o insultarmi, né per difendermi. So che è vivo, e so che è in una di queste celle, ma non si fa sentire. Chissà, forse ritiene il mio tradimento talmente grave da non considerarmi nemmeno più."
Sorrise a quell’ipotesi. Quanto avrebbe voluto che fosse vero… ormai era tutto finito, e lui a cosa poteva servire ancora? Mentre il Marchio spariva dalla sua pelle lui aveva provato sollievo, non poteva negarlo, ma si era trattato di una cosa momentanea, dovuta all’esigenze ormai viscerale di non dover più mentire e recitare.
Eppure la sensazione di sollievo era passata molto in fretta, lasciando spazio solo al vuoto.
La sua anima era ora libera, ma che importanza poteva avere? Non aveva più assolutamente nulla.
"Bugiardo!"
Aprì di scatto gli occhi, mentre quella parola gli risuonava nelle orecchie come se qualcuno l’avesse veramente pronunciata. Qualcuno con una voce molto familiare…
"Che scherzi assurdi sono questi? Sono così tanto legato a te, Albus, da sentire nella mia testa quello che riusciresti a dirmi se fossi qui con me?"
Una terribile fitta al cuore, mentre realizzava improvvisamente quanto fosse forte il desiderio di avere davvero lì con sé il proprio mentore.
Un sospiro gli uscì dalla bocca, vibrando di dolore.
"A cosa serve pensare che tu possa sentirmi? Quale vantaggio ne trarrei? Nessuno! Sarebbero solo nuove ferite sul cuore, perché poi dovrei tornare con i piedi per terra, dove tu non ci sei."
Chiudendo di nuovo gli occhi, sperò di trovare un po’ di calma. E invece la sua mente gli presentò l’immagine di Silente, nitida e lucente.
"Maledizione Albus! Vuoi lasciarmi in pace una buona volta? Cosa puoi volere ancora da me? Più di così non posso darti!"
Silente gli sorrise, indulgente, e Severus sentì nascergli in petto una gran rabbia.
Riaprì gli occhi e si alzò in piedi, muovendo qualche passo agitato nel poco spazio che aveva a disposizione. Certo, era stanco e stremato, ma davvero riusciva a prendersi così tanto in giro?
E va bene, allora. Tanto valeva fare le cose fino in fondo. Non aveva nulla da perderci.
"Allora Albus, da dove vuoi che cominciamo?" sentì la sua voce come lontana e irreale, leggermente tremante, perché l’idea di starsi veramente rivolgendo a lui era straniante.
"Niente più filtri Severus, niente bugie o trucchetti. Digli la verità, tra queste silenziose mura che mai tradiranno la tua segreta confessione."
"Cosa potrei dirti che tu non sappia già?" un sorriso sarcastico, degno dei suoi tempi migliori, gli si disegnò in volto e i suoi passi si arrestarono.
"Oh, c’è molto che tu non sai. Molto che ti ho taciuto e che forse da dove sei non riesci a scorgere. O forse lo vedi e io non posso saperlo. Ma non sono certo troverò il coraggio di pronunciare quelle parole, Albus. Non ho più forze, né stimoli. Ormai è tutto finito, lui è caduto definitivamente. Nessuno scopo più mi regge in piedi, e sento che per questo sarò presto schiacciato da quello che non sono convinto di aver pagato."
Posò una mano pallida sulla pietra gelida e chiuse gli occhi. Un ultimo grande errore, commesso per devozione, che ora però lo rodeva da dentro come nessun altro rimorso aveva mai fatto.
Il suo corpo divenne di pietra, come la superficie cui era appoggiato. Teso e irrimediabilmente furioso, lo stomaco diventato un pugno di ferro e i polmoni compressi da qualcosa di invisibile e potente.
Si era sbagliato, il coraggio per pronunciare parole amare non era necessario. Bastava il sentimento che gli stava sconquassando corpo e anima.
"Lo vedi, Albus? Vedi, da lassù, quanto mi è costato ucciderti? Vedi cos’è successo dentro di me?"
Stava tremando, di rabbia e di paura. Picchiò un pugno sulla pietra e si volse di scatto, come se il vecchio Preside fosse lì, a guardarlo. E allora si lasciò travolgere, perdendo per un attimo lucidità e lasciando uscire da lui cose che altrimenti il suo cuore avrebbe tenuto ingabbiate.
"Sono morto con te, su quella torre. E muoio ogni volta che i miei incubi rinverdiscono quel ricordo! Non volevo, maledizione! Non volevo ucciderti, per nessuno al mondo. Ma per te si!
Per te avrei fatto qualunque cosa, e lo sapevi, maledetto vecchio sconsiderato! Lo sapevi e ne hai approfittato! Non sai quante volte ti ho odiato per questo…per questo motivo ti ho odiato, così tanto da riuscire a scagliare quell’anatema. Mi sono servito dell’odio che ho covato verso di te, e soprattutto verso di me, per fare quello che mi stavi chiedendo…"
Irritato per la profonda amarezza con cui aveva parlato cercò di proseguire, ma non gli riuscì subito a causa di una non prevista compressione delle vie aeree. Deglutì a forza e prese un bel respiro.
"Mi piacerebbe sapere se riesci ad immaginare il motivo per cui ti ho odiato. Si, credo che, in fondo, vorrei proprio tu potessi saperlo, una buona volta!"
Sorrise sarcastico al vuoto davanti a sé e alzò la testa in segno di sfida.
"Qualcuno ha creduto che si trattasse per l’enorme sacrificio che mi stavi chiedendo, ovvero uccidere di nuovo, e chissà, forse è vero. Ma c’è anche un’altra teoria interessante. Con quell’imposizione mi hai rigettato nel baratro, condannandomi quasi sicuramente a una morte posticipata per mano di qualche devoto membro dell’Ordine o di un impietoso Auror. Oh, si, potrebbe essere anche questo, ma so con certezza che quello che non mi faceva dormire la notte, prima di ucciderti, era altro.
Mi hai condannato a fare una cosa orribile a te, proprio a te che sei stato come un padre! È questo, Albus, ciò che non sono mai riuscito ad accettare. Mi hai condannato a privarmi di te, della mia guida, della mia sicurezza, di una delle pochissime certezze che mi erano rimaste. E per cosa? Per la causa, naturalmente…e questo metteva a tacere ogni mia possibile obiezione, almeno ai tuoi occhi. Ma non ai miei! Se solo avessi potuto convincerti che eri più importante tu di me…ma eri così ostinato…
Non capivi che ai miei occhi non poteva esserci paragone! Sacrificare la tua vita per la mia? Era una follia, e la considero tale ancora adesso, senza dubbio alcuno.
Dovevo riuscire a convincerti, e non ci sono riuscito…hai idea di quanto mi sia odiato per questo? Forse non riesci neanche a immaginarlo. Io invece lo so benissimo…
Ma ormai è inutile pensarci, vero? Ormai sei morto, svanito per sempre dalla mia vita, eppure ancora così maledettamente presente che fa quasi male. Ti sento, sento quello che potresti dirmi, quello di cui potresti rimproverarmi e quello che invece potresti consigliarmi di fare (ovviamente non richiesto).
Lo capisci Albus? Mi manchi.
E pensare che ho fatto tutto per non deluderti… In fin dei conti sono arrivato in fondo anche per questo. L’idea di deluderti e di fallire era così bruciante che poche volte non è stata sufficiente per farmi andare avanti."
Sospirò, appoggiando la schiena alla parete e scivolando di nuovo a terra, sfiancato. Non si era mai reso conto di quanto sforzo comportasse per una persona come lui riuscire ad essere sincero, a distruggere tutte le finzioni che aveva costruito attorno a se stesso e al proprio sentire per proteggersi.
"Riuscirò Albus? Riuscirò mai a perdonarmi?"
Silenzio. E il suo cuore stava dicendo di no.
Nessuno sconforto nel percepire distintamente quella ferrea presa di posizione. Lo sapeva già.
"Ma non è giusto."
"Zitto!" sibilò Severus, mentre la voce di Silente si ripresentava nella sua mente "Lo so che tu vorresti che mi perdonassi. Anzi, se ora fossi qui mi diresti che non c’è proprio nulla di cui dovrei pentirmi, nulla per cui farmi perdonare! Ridicolo!"
Le mani tremarono di nuovo di rabbia, e per frenarle Severus non trovò altro modo che ancorarle alle ginocchia.
"Come potrei mai perdonarmi?"
"Non ti ho forse insegnato abbastanza cose sull’amore per riuscire a capirlo?"
Severus serrò gli occhi, un terribile nodo alla gola e le lacrime che, per la prima volta dopo anni, premevano per ripresentarsi a lui.
"Amore? Maledizione Albus, è proprio per questo che non posso perdonarmi! Ho dovuto colpire te, una delle poche persone che ancora amassi! E per questo non posso amare me stesso, non posso concedermi il perdono che si può concedere a chi amiamo."
"Ma io posso concedertelo."
Scrollando la testa con ostinazione, si aggrappò ancora di più alle proprie ginocchia.
"Perché? Forse perché tenevi a me? Me lo hai dimostrato in infiniti modi, Albus. Credi che il mio cuore fosse così arido da non accorgersene? Ma qui non valgono i ragionamenti razionali. È una questione di sentire. Qualcosa che non controllo. No, Albus. Niente perdono per me."
La vocina dentro la sua testa si spense, finalmente, lasciando spazio solo al silenzio e al vuoto.
E poi, perché tentare di salvarsi? Non gli era rimasto più nulla.
Nulla tranne lei.
Ma lei doveva essere ancora protetta. Perché il peggior pericolo per Dana era proprio lui.
Chissà, magari il Ministero non avrebbe creduto alla sua versione dei fatti, condannandolo subito a morte.
"No, Severus! Ti prego, questo no!"
Di nuovo una voce nella sua testa. Ma non era quella di Albus, e il cuore di Severus lo sapeva troppo bene, perché improvvisamente aveva ripreso a battere in un modo dolorosamente intenso.
"Lily?"
No, era assurdo! Non si era permesso di pensare a lei nemmeno quando rappresentava ancora la sua unica vera ancora di salvezza. E ora, dopo tutto quel tempo, riusciva a trovare il coraggio di rievocare il suo ricordo? Come se non fossero stati sufficientemente dolorosi gli occhi di Potter puntati su di lui in tutti quegli anni…
Scrollò la testa, sentendo il rimorso rigenerarsi in un nodo pesantissimo nel suo stomaco.
"A te non ho mai avuto il coraggio di rivolgermi armandomi solo della verità…chissà perché. Eppure eri così vicina a me…"
"E a cosa ti è servito negare il tuo amore per me?"
"Solo a condannarmi al buio. Credi non lo sappia?"
Non aveva bisogno di immaginarsi un simile rimprovero da lei! Sapeva fin troppo bene che aveva fatto scelte sbagliate anche per riempire la voragine che gli si era creata nel petto perdendola. Ma non poteva rimproverarglielo, assolutamente. L’errore era stato solo suo.
"Vuoi ripeterlo?"
Ripeterlo?
Il volto di Dana gli si affacciò alla mente, e per un attimo si chiese perché l’ossigeno avesse smesso di entrare nei suoi polmoni.
"Lo so che non dovrei allontanarla, che forse è l’unica persona in grado di darmi ancora una qualche speranza di vivere come un essere umano, ma…con che diritto potrei mai? Lei mi ripete che non mi odia, che non mi considera responsabile di quello che è successo a lei e alla sua famiglia, ma anche in questo caso sono io che non riesco a crederci. Non riesco a perdonarmi nemmeno questo…"
"Vuoi davvero attribuirti tutte le colpe del mondo, Severus?"
Questa volta era la voce di Silente a risuonargli nelle orecchie. E non era la sua immaginazione. Il vecchio Preside gli aveva veramente fatto un discorso simile, un paio di anni prima, quando Dana era tornata a Hogwarts durante il Torneo Tremaghi.
"Non puoi essere così convinto di essere responsabile di ogni cosa, Severus. È solo un espediente, fra l’altro stupido, che riesci ad escogitare per soddisfare un tuo bisogno che con questa guerra non ha nulla a che vedere."
Non aveva capito subito il significato di parole, ma poi ad un certo punto la sua mente aveva cancellato tutto, facendo finire quel dialogo in un angolo segreto della sua mente. Se ne era reso conto solo dopo, durante l’ultima estate, in una delle notti di fuga.
Perché aveva nascosto anche a se stesso quel ricordo? Si conosceva troppo bene per non capire al volo che dietro c’era una giustificazione più profonda. E così aveva scavato nella propria anima e nei propri ricordi per trovare una risposta.
L’aveva trovata. Ma ecco che ripescarla dal passato mandava in corto circuito la sua mente persino in quel momento.
"Ammettilo. Poi sarà una strada in discesa."
Scrollò la testa, veramente terrorizzato, per la prima volta dopo tanto.
Era assurdo! Non poteva essere come credeva e sentiva. Aveva ormai trentasette anni. Era possibile che il motivo di quel suo atteggiamento costante fosse sepolto così indietro nel tempo, e che nonostante questo fosse ancora in grado di dominarlo così prepotentemente?
Può l’essere umano, Mago o Babbano, farsi vincere da convinzioni dell’anima sepolte tra le pieghe della giovinezza?
Non lo avrebbe mai accettato. Era un’ipotesi troppo ridicola e inverosimile.
"Eppure hai iniziato così, vero? Prendendo su di te le colpe per quella situazione."
"Albus! Per Merlino! Vuoi lasciarmi in pace?" sbottò con rabbia.
Era già abbastanza amara l’idea che una simile eventualità potesse essere vera…rifletterci sopra sarebbe stato peggio. E comunque, anche ammettendo la veridicità di quella strampalata teoria, cosa poteva farci ora?
"Cambiare."
"Cambiare? E come? Ho già esaurito tutta la mia capacità metamorfica per essere la spia perfetta! Plasmarmi ancora forse non è più nemmeno possibile!"
"Sei davvero così arrendevole?"
"Mai!"
"Allora prova."
Soffiando tra i denti un’imprecazione, Severus volse la testa di scatto, quasi che la sfida lanciatagli lo spaventasse davvero ma non volesse darlo ad intendere.
Cambiare ancora? Oh, certo che poteva riuscirci! Ma voleva? L’unico vero problema era quello.
Trasse un profondo respiro, cercando di calmarsi. Era assurdo… stava davvero litigando con la propria coscienza in quel modo? Forse stava impazzendo davvero, tra quelle fredde mura.
Con o senza Dissennatori, Azkaban era comunque una tortura.
Chiuse gli occhi, sperando che la propria mente decidesse di prendersi una pausa particolarmente lunga.
Ma non fu così.
 
 
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Capitolo 26
*** La verità viene sempre a galla ***


25
Piccola Vero. Ola! Vedo che ho reso bene il tormento di Severus, a quanto pare! Son contenta! Eh, e per il bambino di Dana, confesso, mi sono sentita davvero cattivella nel far andare così le cose, ma qualcosa mi diceva che non c'era spazio per altre soluzioni. Purtroppo niente sequel, confesso che non saprei neanche cosa scriverci, ma se può consolarti tra un paio di settimane posterò l'epilogo, che in effetti non sarebbe nemmeno necessario ai fini della storia, ma è un pò una finestra sul futuro dei personaggi. Ed è la mia personale rivincita nei confronti di JK che, temo, farà del male al mio povero Severus. Spero piacerà...
 
EDVIGE86. Ciao! L'idea di farlo parlare con Albus e Lily è venuta un pò da sola. Severus non è propenso a concedersi nulla, per com elo vedo io, e solo qualcun altro avrebbe potuto farlo ragionare, costringendolo a rendersi conto dei proprio errati pensieri. Per questo gli ho fatto fare appello a due persone per lui molto importanti, capaci di arrivare fino in fondo al suo cuore. E loro due erano i più adatti, soprattutto perchè ormai defunti.
La tua lettura del futuro rapporto di Severus e Dana è a dir poco azzeccata. Come vedrai in questo ultimo capitolo, la perdita del bambino è un elemento importante, ma sarebbe riduttivo fermarsi lì. Severus prenderà una decisione alla fine, e non lo farà solo per il bambino, ma anche perchè, finalmente, decide di non farsi più sconfiggere dalla sua più grande paura...
 
gealach. Aaaahhh! Vittoria! Ti ho fatta quasi piangere! Allora vedi che son riuscita a farti amare un pochino anche Dana!!!
Come ho detto a Piccola Vero, non ho in mente sequel, perchè davvero la storia ha già detto tutto, però confesso che avrei voglia di pubblicare qualcosa di originale, prima o poi. Di cose in cantiere ce ne sono a bizzeffe. Il punto è decidersi a correggerle e a farle arrivare a voi. Essendo storie originali mi posso muovere in totale autonomia, certo, ma non c'è mai la certezza di realizzare qualcosa che poi possa attirare un numero di lettori superiore allo zero. Vedremo.
Assolutamente, riprendi in mano la penna e continua la tua saga! Neanche a dirlo, roba da tagliarsi le vene, come dici tu. Lo immagino, ma non vedo l'ora! Dai, così vediamo se riusciamo a superarci sempre più come sadiche nei confronti di Severus!
Per quel che riguarda il dialogo Harry/Severus...beh, si, si parleranno, ma non posso proprio far scoprire a Severus quello che ha fatto Dana. Forse la perdonerebbe, dopo un pò, ma preferisco che rimanga all'oscuro. Però, sai, una volta kagome chan mi aveva chiesto una FF con Harry figlio di Severus. Per quanto la teoria non mi fosse familiare, mi sono scervellata e alla fine ho trovato una teoria accettabile, e forse la butterò giù (con molta calma temo...), quindi se vuoi un dialogo Harry/Severus che tocchi anche la figura di Lily forse riuscirò ad accontentarti lì. Vedremo...
 
HermioneHC. Ciao! Si, una piccola rivincita sulla tiranna ci voleva proprio!!! Spero che il finale ti piaccia!
 
Astry_1971. Ciao! Ah, avevo il vago sospetto che tu avessi già capito che cosa avevo in mente di far succedere! Diamine, ma allora prevedi le mie mosse di scrittrice! Comunque io insisto, la coppa la tieni tu. Io sono stata cattivella, inutile negarlo, ma ho fatto in modo che questi due avessero ancora una possibilità davanti a loro!!! Quindi la coppa la tieni tu!
E hai ragione a tremare per questo capitolo, ma tutto sommato tremerai nel bene, spero...anche se c'è ancora della sofferenza da combattere.
Oddio...più sadica con Severus in Traditore?.... Ecco, altro argomento a favore per lasciarti la coppa di sadica! Adesso tremo io...chissà che ci combinerai!
Sai, non ho ricevuto nessun messaggio. Intendi nella casella di posta elettronica che lasciamo di riferimento a EFP, vero? Beh, in realtà mi sono arrivate due mail sconosciute, ma il server me le ha messe in posta indesiderata, quindi non so se eri tu oppure no...
Comunque mi fa piacere sapere di questo vostro invito. Mi sono scaricata già il regolamento per pubblicare e lo leggerò per bene (perchè sono un pò lenta su queste cose...devo leggermelo per bene...e anzì, se non ti dispiace in caso verrò a disturbarti per dei chiarimenti, visto che ormai siamo in confidenza.)
Confesso che non conoscevo affatto quel sito, dammi tempo e rimedierò!
Ah, ti prego, non perderti l'epilogo però...ci impiegherò un pò a postarlo, perchè in realtà non l'ho ancora scritto, quindi abbi pazienza! A presto!
 
Redistherose. Carissima! Certo che mi ricordo di te, e come potrei non farlo, visti i meravigliosi commenti che mi hai sempre concesso? Beh, confesso che questa volta hai fatto venire tu a me un nodo alla gola. La mia giovane età spesso mi costringe a calarmi in situazioni che non conosco per dar voce ai personaggi, anche se spesso fanno tutto da soli. Quindi nello scorso capitolo ho seguito l'istinto, nulla di più. In realtà posso davvero solo immaginare cosa voglia dire vivere certe cose... spero di non essere stata fonte di troppo dolore in righe che toccano davvero un argomento pesante. E assolutamente non pensare neanche di scusarti per l'esser andata sul personale. In realtà, anche se a volte non sembra, qui tutto è personale. Per me almeno lo è, perchè hai ragione quando dici che i personaggi finiscono con il diventare spesso come delle persone vere, reali. Chi non vive una simile sensazione non può capire, e a volte mi vien dato scherzosamente della matta per questa mia convinzione, ma per me davvero sono un mondo reale, in cui non importa che si parli di incantesimi o bacchette magiche. Alla fine si parla sempre di sentimenti e di animo umano. Sempre. Personalmente devo addirittura levare un potentissimo e sentitissimo "Grazie" a Severus, che è stato una sorta di terapista per me. Come può un personaggio dare tanto (perchè, giuro, mi ha dato verametne tantissimo) pur essendo solo parole su carta? Beh, il punto è questo, spesso non si tratta solo di parole su carta. Ed è da qui che è nato il dialogo con Silente e Lily. Gli ho fatto fare quello che lui ha fatto fare a me!  Per il finale, beh, non dico nulla, perchè altrimetni ti rovino la sorpresa. Baci!
Salve a tutti! Eccoci al capitolo conclusivo. In realtà non ho nulla da aggiungere, la storia si spiegherà da sola. Voglio sono chiedervi di avere un pò di pazienza, perchè anche se la storia vera e propria si conclude oggi, tra due settimane (spero non di più) posterò l'epilogo. Per gli amanti dei finali un pò tendenti al rosa! Baci a tutti e grazie per la costanza nella lettura e per la pazienza (25 capitoli sono 25 capitoli!!!).
 
 
 
La verità viene sempre a galla
 
 
24 Luglio1998
Il corridoio che portava alla principale aula del Tribunale era stato fornito di lunghe panche di legno scuro, addossate alle pareti, e destinate ad accogliere quanti avessero desiderato vedere lo svolgimento delle udienze.
Si era rivelata un’iniziativa particolarmente lungimirante, perché da quando i processi ai Mangiamorte e ai loro collaboratori erano iniziati, il piano del Ministero che fungeva da Tribunale era stranamente più frequentato.
Anche in quel momento nel corridoio regnava un chiacchiericcio notevole.
Tutti raggruppati vicino alla porta dell’aula, uno stormo di giornalisti stava scambiandosi opinioni e idee su quel verdetto, tanto atteso quanto controverso.
A distanza di qualche metro, seduta rigidamente e avvolta in un mantello nero e lungo, nonostante le alte temperature, stava una giovane donna, i lunghi capelli rossi sparsi casualmente sulle spalle e il volto pallido, teso.
Qualche giornalista particolarmente intrepido aveva cercato di avvicinarlesi per parlarle e chiederle come mai fosse lì, ma lei li aveva ghiacciati tutti con uno sguardo.
Sapeva di essere una delle tante nuove attrazioni che quella guerra aveva prodotto, ma Dana non era affatto disposta a farsi trattare come un fenomeno da baraccone. Ora la sua esistenza era stata pienamente riconosciuta, e si era fatto un gran vociare su lei e sulle sue capacità, oltre che sul suo legame con Harry.
Ovviamente non ci aveva dato peso, sapendo che in breve tutto il clamore si sarebbe spento, ma forse il fatto che fosse stata notata la sua costante presenza proprio a quelle udienze avrebbe riattizzato la girandola di voci sul suo conto. Ma del resto non sarebbe potuta mancare neanche volendo.
Da una settimana infatti si stavano svolgendo le udienze del processo a carico di Severus, e lei non aveva mancato di presentarsi nemmeno a una. Ora erano lì, tutti in fermento, in attesa che la Corte rientrasse nell’aula e pronunciasse il verdetto più atteso e controverso di tutti. Il verdetto di innocenza o colpevolezza di Severus Piton.
Una fitta allo stomaco le disse che le sue paure non avevano alcuna voglia di seguire il filo dei suoi ragionamenti.
Erano successe molte cose in quella settimana di udienze, e praticamente tutte avevano, in un modo o nell’altro, messo in evidenza la vera posizione di Severus, però lei aveva troppa paura di sperare. Non era mai stata una pessimista, anzi, ma in quel momento una delusione sarebbe stata il colpo di grazia, e quindi preferiva non sperare nemmeno. Attendeva e basta.
Un giornalista le passò vicino, bisbigliando qualcosa ad un collega e lanciandole strane occhiate, mentre annotava velocemente qualcosa su un taccuino rosso. In fondo alla calca di reporter spuntava la testa bionda di Rita Skeeter, impegnata a sghignazzare con i colleghi su quanto fosse meraviglioso poter sperare in un’intervista in esclusiva con il giovane salvatore del mondo magico.
Involontariamente, Dana sorrise. Nessuno era ancora riuscito ad avvicinare Harry per un’intervista. Quella donna non avrebbe avuto più fortuna degli altri, ne era certa. Le rivolse un unico sguardo gelido e sprezzante, prima di ricominciare a concentrarsi su un punto indefinito di fronte a lei.
Quasi che il ragazzo avesse risposto al richiamo dei suoi pensieri, eccolo comparire in fondo al corridoio. Dana non ebbe bisogno di muovere gli occhi per sapere che era lui, bastò l’incredibile confusione che crearono di nuovo i cronisti, pronti come avvoltoi a lanciarsi su lui.
Bastarono però pochi sguardi e qualche avvertimento di Lupin e Tonks per scoraggiarli, mentre procedevano verso di lei.
Harry le si sedette accanto e gli altri due rimasero in piedi, silenziose guardie del corpo di un diciottenne troppo noto per la sua età.
"Ci stanno impiegando troppo." Le sfuggì di bocca senza nemmeno che se ne rendesse conto.
Harry scrollò la testa e le sorrise, posandole una mano sulla spalla.
"Dana, hanno troppe prove a sua discolpa per commettere qualche sciocchezza. E poi, anche se dovessero condannarlo, troveremo di sicuro il modo per sistemare le cose."
Sgomenta e rassicurata, Dana alzò lo sguardo su di lui.
"Intercederesti persino per lui?"
Harry le rivolse un sorriso paziente.
"Sei stata tu a insegnarmi chi veramente sia Severus Piton. E ora riesci a dubitare di me?"
"Scusa, ma…"
Non finì la frase, scuotendo la testa e chinandola, mentre di nuovo un nodo le stringeva lo stomaco.
Durante l’ultima settimana Severus era stato interrogato da tre Auror, aveva bevuto due volte la Veritaserum e aveva dovuto cedere un numero considerevole di ricordi.
Era stato straziante vederlo sottoposto a quel supplizio, che lo metteva più a nudo di quanto chiunque avrebbe sopportato. Ad ogni dubbio, la Corte aveva scavato in profondità nei fatti, nella mente e nei ricordi di Severus, con impietosa decisione.
Ma forse avrebbe dovuto aspettarselo. Era finito tra le mani del Ministero con la nomea di Mangiamorte, assassino di Albus Silente. L’intercessione della McGranitt aveva solo evitato che venisse subito giustiziato, ma nulla di più. Il trattamento che gli fu riservato fu severo e lui non aveva ceduto nemmeno per un attimo, tenendosi stretta quel poco di dignità che stavano lasciandogli.
Tutto sommato però forse era stato meglio così. Se lo avessero riconosciuto innocente, nessuno avrebbe mai potuto sostenere che c’era stato un qualche errore o una dimenticanza.
E poi, in verità, c’erano delle testimonianze a suo favore talmente schiaccianti, che una condanna sarebbe stata molto più che un’ingiustizia.
Provando un irrefrenabile moto di orgoglio per il giovane Mago sedutole accanto, Dana ripensò all’udienza iniziale, in cui Harry era entrato e si era piazzato tra il pubblico, esattamente di fronte al Ministro, e lo aveva fissato con insistenza per diverso tempo, ricambiato.
Le era parso che in realtà quei due si stessero sfidando silenziosamente, ma evidentemente Harry aveva dalla sua carte più favorevoli, e alla fine il Ministro aveva ingoiato il boccone e aveva stretto le labbra, mentre dava ordine che Severus fosse liberato da alcune catene che lo tenevano inchiodato in modo quasi crudele ad una spigolosa sedia di ferro.
Tre giorni dopo, Harry aveva voluto deporre.
Sedendosi spontaneamente sulla sedia dei testimoni, aveva lasciato senza parole diversi tra i presenti, Dana compresa.
E poi aveva cominciato a parlare. Non aveva nemmeno provato a nascondere l’astio che era sempre corso tra lui e Severus, ma si era impegnato con una precisione disarmante a ricordare tutto ciò che sapeva e che aveva visto che potesse discolpare l’uomo seduto al centro della stanza.
Severus aveva guardato Harry senza dar segno di emozione alcuna, ma Dana non si era lasciata sfuggire quel lampo di stupore che gli aveva attraversato gli occhi a metà deposizione, mentre Harry si lasciava casualmente sfuggire quanto fosse convinto che senza il suo aiuto non sarebbe riuscito a far cadere Voldemort.
"Non ho mai conosciuto Lily Evans, tranne che tramite i ricordi di cui sono custode, ma sono assolutamente convinta che in quei momenti Harry abbia avuto un atteggiamento degno di lei. E sono sicura che lo abbia capito anche Severus. Harry ha diciotto anni, è vero, ed è impaziente e orgoglioso, ma è un promettente uomo capace già ora di distinguere quello che è giusto fare, e di farlo."
Dopo la sua testimonianza vennero sentiti anche la McGranitt, Moody e Lupin. Ciascuno di loro diede la propria versione dei fatti, arrivando sempre alla stessa conclusione: l’innocenza.
Dana si sorprese nel vedere la McGranitt tradire per la prima volta il proprio contegno, perché a fine deposizione guardò Severus con un affetto che si era sempre impedita di manifestare.
Durante l’interrogatorio di Lupin Dana si sentì tremare il cuore, ora assolutamente certa che lo sciupato e gentile Remus era in grado di vedere e apprezzare il vero Severus. Chissà, forse in fondo lo aveva sempre fatto e Severus non aveva mai voluto accorgersene…
Aveva deposto anche Draco, facendo tremare diversi presenti con i suoi racconti, a tratti atroci e commoventi. Draco era stato tra i primi ad essere processato e il primo a essere scagionato totalmente da ogni tipo di accusa. Narcissa era sempre stata presente ad ogni udienza del figlio e lo era stata anche ad ogni udienza del marito, condannato a dieci anni di reclusione.
Dana però si era sorpresa nel vederla sempre anche alle udienze del processo di Severus.
Persino in quel momento, pur non vedendola, sapeva che c’era. E con lei Draco.
Quel giovane l’aveva veramente sorpresa. Orgoglioso e fiero, non aveva esitato a confessare ogni azione cui era stato costretto. Ma non aveva esitato nemmeno nel ricordate ogni atto che Severus aveva compiuto per aiutarlo e tenerlo il più possibile al sicuro.
"Vedi Severus, forse hai più amici di quel che credi."
Un rumore di passi veloci le fece alzare la testa.
Hermione stava avanzando in fretta, scansando giornalisti e curiosi. Lei e Ron si erano trovati, come tutti i ragazzi presenti al Ministero, al centro di una girandola di pettegolezzi e di curiosità morbosa. Prevedibile.
Lupin le andò incontro, aiutandola a liberarsi da un paio di giornalisti particolarmente sfacciati.
Harry si alzò immediatamente in piedi, uno sguardo preoccupato e teso dipinto in volto, ma non fece in tempo a dir nulla.
"Il Signor Weasley si è svegliato circa mezz’ora fa!" disse d’un fiato la ragazza "Oh, Harry, sapessi che sollievo…è ancora un po’ confuso, ma i Medimaghi dicono che ormai è assolutamente fuori pericolo!"
Lupin liberò il respiro che aveva istintivamente trattenuto nel vederla arrivare e Tonks la abbracciò, sull’orlo delle lacrime.
Harry si risedette pesantemente sulla panca, lo sguardo perso.
"Meno male…non avrei sopportato che morisse…"
Dana sorrise e, come aveva fatto lui prima, gli posò una mano sulla spalla.
"Un po’ di giustizia al mondo non fa male, Harry. E la famiglia Weasley ha già pagato anche troppo…"
Harry annuì e la guardò, gli occhi verdi liberi da qualunque ombra di incertezza.
"La giustizia arriverà anche per lui." Disse con convinzione.
Incapace di abbandonarsi alla speranza, Dana annuì meccanicamente e rimase in silenzio, fin quando un cigolio acuto e fastidioso non annunciò l’apertura della sala del Tribunale.
Dana sentì il cuore partire al galoppo, ma fu in piedi in un attimo. Mantenendo un contegno che non era certa di avere davvero, procedette in silenzio verso l’interno dell’aula, le mani sudate.
Severus era in piedi, al centro della stanza, ancora incatenato e vestito con una misera tunica grigia. La tenuta dei carcerati.
Di fronte a lui, impegnati a scambiarsi gli ultimi commenti, i suoi giudici.
A fatica ma con determinazione, Harry si fece largo tra i presenti e guadagnò due posti a sedere in prima fila. Dana gli si sedette accanto in automatico, mentre la sua mente non riusciva nemmeno più a pensare.
Quando furono entrati tutti e il chiacchiericcio spento, il Ministro, in qualità di capo del Collegio giudicante, si alzò.
Con qualche stridore ma nessuna parola, anche tutti i presenti si alzarono, in attesa della lettura della pronuncia. In quei pochi secondi di silenzio Dana sentì il proprio cuore rimbombarle in testa. Severus invece sembrava quasi assente, con gli occhi privi di espressione. Solo la ruga verticale presente tra le sopracciglia indicava che era consapevole di quello che stava per accadere.
"Avuto riguardo alla particolare situazione di cui dovevamo occuparci, abbiamo usato metodi e tecniche solitamente esclusi da un normale procedimento. Tuttavia le circostanze hanno richiesto da parte nostra una certa attenzione e cura, per permettere alla verità di essere svelata e a noi di comprendere che decisione adottare.
Come tutto il mondo magico sa, le accuse a carico di quest’uomo sono gravi e tali da non permettere che si conceda nulla oltre a quel che può esser concesso."
Dana sentì il cuore sprofondarle in petto, mentre Harry si muoveva con disappunto sulla propria sedia.
"Per questi motivi la Corte riconosce Severus Piton innocente da tutte le accuse formulate a suo carico, e dispone la piena e totale riabilitazione del suo nome. Possiamo vantare pochi uomini di valore al giorno d’oggi. Non sarà di certo questa Corte a sottrarre uno di essi alla collettività."
Con un colpo di bacchetta fece sparire le catene ai polsi di Severus e la tenuta da carcerato fu sostituita con gli abiti che aveva al momento della cattura.
"Severus Piton, lei è libero. Potrà ritirare la sua bacchetta all’uscita"
Mentre una serie frenetica e fastidiosa di scatti fotografici riempiva il silenzio dell’aula, Dana si alzò in piedi, le mani ad artigliare la paratia di legno che la separava da Severus e i polmoni di nuovo in funzione dopo quei secondi di apnea.
Severus chinò la testa guardando i polsi liberi, poi si volse verso di lei.
Rimasero così, in assoluto silenzio a fissarsi per diversi secondi, mentre attorno a loro continuava ad esplodere il caos.
Improvvisamente Severus però fu distratto da qualcosa. Alcuni giornalisti avevano superato le paratie e si stavano incamminando verso di lui.
Dana fece per intervenire, sapendo quanto sarebbe stato doloroso per Severus trovarsi di nuovo a dover esporre i propri sentimenti riguardo quello che era successo.
Però Severus all’improvviso non c’era più.
Guardandosi attorno spaesata, Dana si rese conto che la sua reazione era la stessa dei giornalisti. Senza neanche pensarci, arrivò in fretta alla fine dei posti a sedere e sgusciò oltre la paratia, entrando nello spazio circolare in cui venivano lasciati gli imputati durante le udienze. Ma lì ad attenderla c’era solo la sedia su cui aveva visto Severus seduto per troppo tempo. Si guardò attorno, assolutamente incapace di immaginare cosa fosse successo, mentre tra i presenti si stavano già facendo le teorie più assurde su quella sparizione.
Una mano l’afferrò al gomito e la tirò insistentemente. Era Hermione, una strana espressione divertita in volto.
"Vieni. Sta già uscendo…"
"Come?" le chiese seguendola senza indugi.
"Harry aveva previsto una cosa simile. Conosce molto bene i giornalisti, e anche Piton. Così ha nascosto il Mantello dell’Invisibilità sotto la sua sedia. Se non sbaglio, dovrebbero dirigersi direttamente all’uscita…"
Ritornarono tra i posti a sedere e si addossarono al muro, evitando la calca che premeva per vedere se Severus fosse veramente sparito nel nulla. Finalmente arrivarono all’uscita e poterono riguadagnare un minimo di spazio vitale.
Mentre Tonks e Lupin facevano ostruzionismo con coloro che le avevano viste uscire e ora cercavano di seguirle, guadagnarono il più velocemente possibile uno degli ascensori e si diressero all’entrata del Ministero.
 
Non fu difficile sparire sotto il Mantello dell’Invisibilità e guadagnare l’uscita senza intoppi. Harry aveva ben studiato il percorso da fare per evitare di essere calpestati e scoperti.
Sorrise mentre sfilava il Mantello da sopra le loro teste, ormai al sicuro dentro un ascensore: stava davvero facendo tutto quello per Severus Piton? Ricordò in un istante tutte le volte che se lo era trovato contro, tutte le volte che aveva desiderato fargli fare una brutta fine e tutte le volte che aveva sperato di vederlo sparire per sempre dalla faccia della terra, ingoiato magari da una qualche creatura malevola. Ora invece lo stava aiutando.
Era proprio vero, crescere faceva fare cose strane.
"Chissà, magari lui ancora vorrebbe cavarmi gli occhi e forse non gradirà nemmeno questo mio aiuto…sarebbe proprio tipico di lui."
 
Sentirsi tirare per la manica dall’aria era stato strano. Poi aveva capito al volo chi potesse essere e perché. Potter, sicuramente, con il suo Mantello dell’Invisibilità. Ed era andato a prenderlo prima che arrivassero i giornalisti.
Non avrebbe saputo dire cosa aveva provato in quel momento, perché le emozioni si erano confuse tra loro lasciandolo stordito. Però non aveva esitato, si era infilato sotto il mantello e aveva seguito il ragazzo senza fare domande. Potter lo aveva guidato con sicurezza tra la folla, lasciandogli intendere che quella sorta di salvataggio non era affatto un gesto improvvisato.
Lo stava volontariamente aiutando?
"Come se non lo avesse fatto già abbastanza nell’ultima settimana! Vuole proprio tenermi in debito con lui?"
Poi una vocina arrabbiata scoppiò nella sua testa.
"Oh, ora basta essere così pateticamente vittimismi! L’isolamento di queste settimane non mi è servito proprio a nulla? Non sono tipo da nascondermi dietro ad un dito. Potter ha solo voluto aiutarmi. Non è come suo padre, è molto più simile a Lily. E di questo c’è di che ringraziare il Cielo."
 
Dentro l’ascensore regnò il silenzio per diversi secondi, ma Harry non si sarebbe azzardato a romperlo nemmeno sotto tortura. Aveva la netta impressione che, qualunque cosa gli fosse uscita di bocca, sarebbe stata quella sbagliata.
Così piegò con cura il Mantello e poi rimase fermo a fissare la parete davanti a lui.
"Sarebbe stato scocciante dover affrontare subito i giornalisti." Disse all’improvviso Severus, con voce dura e leggermente tesa.
"E’ un grazie, Signor Piton?"
"Si, lo immagino. Ma, fossi in lei, cercherei di stare molto attento, d’ora in poi. Sanno essere nei posti più impensati nei momenti più assurdi."
"Esperienza personale?"
Harry annuì e non aggiunse altro.
"E a giudicare dall’espressione, Signor Potter, la cosa non ti piace neanche un po’. Aveva ragione Dana, come sempre. Non ti piace essere al centro dell’attenzione. Ti ci ritrovi e basta. E ora che ci sono anch’io, so cosa possa aver voluto dire per te. Ma su questo sono arrivato troppo tardi."
Ancora silenzio, mentre Severus sentiva per la prima volta un leggero senso di colpa per come aveva continuamente trattato il ragazzo che era fermo accanto a lui.
Harry Potter era molto diverso da come lo aveva sempre visto, e insieme non lo era.
Sorrise appena, mentre si immaginava cosa avrebbe avuto da dire Silente in quel momento.
"Ora cosa pensa di fare, Signore?"
Severus si volse e lo guardò.
"Tornerà ad insegnare?"
La mente di Severus andò in corto circuito. Domani cosa avrebbe fatto? L’isolamento gli aveva permesso di capire cosa avrebbe dovuto fare per ricominciare davvero a vivere, ma era ancora una prospettiva che a tratti lo terrorizzava.
"Non ne ho idea. Ma non credo ricomincerò ad insegnare. Hogwarts non è posto per me, non più." Rispose, fermando un fiume di pensieri scomodi.
"Credevo la considerasse come casa sua."
"L’ho fatto, fino all’anno scorso. Ma credi davvero che potrei varcare quella soglia senza ritrovarmi inchiodato a quello che comunque ho fatto?"
Perché diavolo stava dicendo quelle cose proprio al ragazzo?
"Si, capisco quello che vuole dire." Disse Harry con voce bassa, quasi sconsolata "Ma provi a pensarci. Sa, in questi giorni ho riflettuto molto. Per un po’ ho creduto di voler andarmene da qui per qualche tempo. Però poi mi sono accorto che così facendo avrei permesso alla guerra di farmi del male anche da finita. E ho già pagato a sufficienza. Dovrebbe valere lo stesso anche per lei."
L’ascensore si fermò e le porte si aprirono. Lanciando un cauto sguardo oltre esse, Harry vide che il campo era libero da giornalisti e si avviò lungo il corridoio.
In molti si volsero, sorpresi, verso la strana coppia che avanzava a passo deciso verso l’uscita del Ministero.
"Tu hai diciotto anni e una vita davanti. Penso che io stesso provvederei ad affatturarti se ti lasciassi travolgere dagli strascichi della guerra. Ma per me è diverso, Potter. L’assoluzione di un Tribunale non sarà sufficiente."
"Si, ora la parte più brutta spetta solo a lei." Convenne Harry, fermandosi improvvisamente. Erano ancora in mezzo al corridoio, ma non gli importava.
"Però mi pare che in questi anni abbia fatto cose che pochi sarebbero stati in grado di fare. Se vorrà riprendersi la sua vita, potrà farlo. Ne ha le capacità e di sicuro la determinazione."
La convinzione con cui pronunciò quella frase, guardandolo dritto negli occhi, lasciò Severus senza parole.
"So che forse con queste parole getterò sale sulle ferite, ma se non glielo dico ora so che non avrò altra occasione e voglio che lo sappia. Scrimgeour l’anno scorso mi chiamò ‘l’uomo di Silente’. Io so con certezza di non essere stato l’unico, perché c’era anche lei, seppur nell’ombra. E questo vuol dire molte cose, ma soprattutto una. Entrambi abbiamo voluto bene a Silente, e sono assolutamente certo che lui ne abbia voluto a noi. Questo dovrà portarla ad andare avanti, se ne deve ricordare. Silente non avrebbe voluto vedere nessuno di noi due soffrire, a guerra terminata. Ne sono certo."
Severus sentì un terribile nodo formarglisi in gola, e sperò con tutto se stesso che il suo stato non trapelasse troppo dall’espressione del suo viso. In fin dei conti aveva ancora un orgoglio.
Eppure quelle parole, pronunciate proprio da Potter, erano molto più che sale sulle ferite. Aveva bisogno di sentirle, inutile negarlo, ma sentirle dalla bocca di chi avrebbe dovuto ancora odiarlo era straziante, e stranamente consolatorio allo stesso tempo.
Il suo corpo tremò, incapace di isolare quell’emozione dolorosa, quella consapevolezza di vedersi riconosciuto il diritto di vivere che lui continuava a negarsi.
"E poi, Signore, lei ha Dana."
Un tuffo al cuore per Severus.
"Lo so che non sono affari miei e che le cose magari sono più complicate di quel che credo, ma non sono uno stupido. So cosa vi lega. E sarebbe un insulto agli insegnamenti di Silente far finta di nulla. Senza contare che se la respingerà, la farà soffrire come non immagina neanche. E per questo potrei affatturarla io."
Si fissarono per qualche secondo, poi Harry sorrise per alleggerire la situazione e per darsi alla fuga preventiva. Piton non aveva ancora recuperato la bacchetta, ma meglio essere prudenti.
"Ora la lascio, Signore. Il Signor Weasley si è svegliato da poco e voglio andare a salutarlo. Laggiù potrà recuperare la bacchetta. E… non so se ci rivedremo. Per questo, buona fortuna."
Così dicendo tese verso Piton la mano e lo guardò con una fiducia negli occhi che Severus non aveva mai scorto prima.
Severus abbassò lo sguardo verso quella mano tesa, chiedendosi se poteva davvero afferrarla.
Si, poteva.
Allungò a sua volta la mano e strinse quella di Harry.
"Anche a te, Potter."
Harry annuì e si allontanò, mentre Severus continuava a seguirlo con lo sguardo.
Sentiva che altre parole premevano per uscirgli di bocca, parole che forse sarebbero suonate come delle scuse per quel giovane che aveva troppo a lungo sottovalutato, ma non lo richiamò. Non provò neanche a fermarlo, sapendo che ritrovarsi davanti quei due occhi verdi gli avrebbe tolto ogni possibilità di pronunciarsi.
Così non fece altro che tenere gli occhi posati sulla schiena di Harry, che scansava velocemente un paio di curiosi e spariva definitivamente dalla sua vista.
Alle sue spalle arrivarono in quel momento Dana e Hermione. La ragazza lo salutò velocemente e sorrise ad entrambi, prima di avviarsi di corsa sui passi di Harry.
"Hai già recuperato la tua bacchetta?" chiese Dana, improvvisamente imbarazzata.
"No, vado ora." E così dicendo si avviò verso l’uscita, facendo segno a Dana di seguirlo.
 
Il chiacchiericcio delle vie di Londra non gli era parso mai così fastidioso e nello stesso tempo del tutto estraneo. Poteva davvero muoversi tra quelle persone vocianti senza dare nell’occhio e senza bisogno di nascondersi o di coprirsi le spalle.
Mosse qualche passo lungo il marciapiede, il portamento dritto e ostinatamente fiero, mentre gli occhi registravano tutto quello che fino al mese prima non si sarebbe permesso di vedere.
Un paio di bambini con un gelato in mano che litigavano per un gioco, vicino alla madre esasperata.
Una coppia di anziani in attesa di poter attraversare la strada. Un taxi che rispondeva alla chiamata di un uomo in doppiopetto nonostante il caldo.
Come doveva muoversi in quel mondo? E in quello magico?
Rimase immobile, come se fosse l’unica cosa sicura da fare, finché una mano gentile non gli si avvolse al braccio, scuotendolo dal suo stato. Si girò e vide Dana accanto a lui, lo sguardo forse non del tutto calmo e rilassato, ma comprensivo. Si era tolta il mantello nero che aveva indossato mentre erano dentro il Ministero.
Severus la guardò con sorpresa. Poche volte l’aveva vista in abiti Babbani.
Dentro i jeans stretti e la camicetta verde a manica corta non sembrava quasi neanche lei, e i lineamenti morbidi contribuivano a non attribuirle l’età che aveva. Sembrava molto più giovane.
Eppure Severus sapeva che aveva visto e vissuto cose che l’avevano fatta crescere troppo in fretta. Non aveva di fronte una giovane allegra e spensierata, ma una donna già segnata da esperienze che era certo di non conoscere per intero, e da sentimenti che lo spaventavano.
"Ti devi cambiare." Disse a bassa voce Dana, mentre non smetteva di tenere lo sguardo fisso su di lui.
Lanciando uno sguardo distratto ai propri abiti, Severus annuì.
"Vieni."
Senza obiettare nulla, la seguì verso un vicolo isolato e buio. Lì si Smaterializzarono e ricomparirono nella piccola casetta in legno in cui aveva trovato rifugio fino al momento dello scontro finale.
In silenzio, si avviò in camera e trovò un cambio d’abiti, ovviamente nero. Lo indossò senza nemmeno rendersi conto dei propri gesti, senza assaporare la libertà che altri avrebbero voluto, e quando tornò all’entrata trovò la porta lasciata aperta. Di Dana nessuna traccia.
Si affacciò e la individuò in un puntino blu e verde artigliato a una delle rocce sporgenti vicino alla parete scoscesa su cui la casa era costruita.
A passo lento la raggiunse e la guardò, mentre lei rimaneva a occhi chiusi, apparentemente concentrata su se stessa e su quello che stava ferendola, a giudicare dalla piccola ruga verticale tra le sopracciglia.
"Cosa c’è, amore mio? Qualcosa mi dice che mi stai tenendo nascosto un dolore che non dovrebbe esserci…volevi vedermi libero, giusto? Bene allora, lo sono. La mia vita non verrà minacciata da nessun verdetto sfavorevole, e nemmeno da nessuna chiamata dell’Oscuro. Dovremmo esserne felici, giusto?"
Ma in fondo ci credeva poco. Davanti a lui si aprivano mesi e forse anni molto duri. A volte addirittura gli sembrava che sarebbe stato più facile ricominciare a fare la spia per qualcuno, piuttosto che ritrovarsi a dover ricostruire la propria vita e la propria persona.
"Dana…"
La giovane donna aprì gli occhi, sistemandosi dietro l’orecchio una ciocca di capelli trasportata dal vento. Stava arrivando un temporale.
Posò gli occhi verdi in quelli scuri di Severus, ma non disse assolutamente nulla. Sapeva che Severus aveva delle cose da dirle, e sapeva anche che non le sarebbero piaciute.
In quei giorni i suoi pensieri erano stati rapiti dalle udienze e dalla preoccupazione per lui. Ma ora che la posizione di Severus era stata ben delineata, lei era caduta immediatamente nel vortice di sensazioni che stavano tormentandola da quando era uscita dal San Mungo.
Non le riusciva, in nessun modo, di dimenticare la sua perdita. Ma non avrebbe avuto mai il coraggio di dirglielo, nonostante solo lui potesse far qualcosa per aiutarla. Per questo, era assolutamente certa che il discorso che lui stava per fare l’avrebbe ferita.
"Sembra che i tuoi desideri siano stati esauditi." Cominciò Severus con voce bassa ma decisa "Sono libero e ancora vivo."
Dana inarcò un sopracciglio con fare scettico e perseverò nel suo silenzio.
"I giorni ad Azkaban sono stati un inferno, ma si sono rivelati estremamente utili. Quel posto, anche privato dei Dissennatori, è un posto di perdizione. Costringe a fare i conti con la propria coscienza."
Si avvicinò alla roccia su cui era seduta Dana e si lasciò scivolare ai suoi piedi, sull’erba verde, mentre il vento cominciava a farsi più insistente.
"Ho parlato con Albus, e anche con Lily."
Dana si drizzò e lo guardò con aria preoccupata.
"No, non sono impazzito, anche se sono stato molto prossimo al farlo. In realtà ho solo espresso a parole quello che prima non avevo mai detto. Ne ho sentito il bisogno. E ha funzionato…in un certo senso."
"Funzionato per cosa?"
Severus alzò gli occhi e la guardò, serio in volto, un po’ più pallido del suo solito.
"Per farmi capire cosa dover fare adesso." Le rispose con un filo di voce.
Dana scivolò giù dalla roccia e gli si sedette accanto, preoccupata dal quel tono così poco usuale per lui.
"Ci sono cose che devo capire, Dana. Cose che probabilmente non sarò subito in grado di affrontare, e che comunque potrò scoprire davvero solo lavorando su me stesso. E mi ci vorrà molto tempo. Ora mi sembra di non aver alcun diritto sulla vita che ancora posseggo, ma so con certezza che Albus non avrebbe voluto vedermi così.
Per lui, per la sua memoria e per il valore che ho sempre attribuito ai suoi insegnamenti, ora proverò a cucire gli strappi che ho scoperto esserci ancora nella mia anima. Ma sarà difficile, Dana. Difficile e doloroso. Non so nemmeno se ne sarò capace…"
Dana posò una propria mano sulla sua, sorridendogli. Sentirgli pronunciare quelle parole era stato un tale sollievo che non avrebbe potuto contenere la propria gioia se non fosse stato per lo sguardo ancora teso e preoccupato di lui.
"Non è tutto, vero Severus?" chiese retoricamente, sapendo bene cos’altro avrebbe aggiunto.
Non voleva sentirle, quelle parole, quindi decise di pronunciarle lei.
"Vuoi fare ancora tutto da solo. È questo che esiti a dirmi. Vuoi che di nuovo io esca dalla tua vita."
Severus la guardò con gli occhi animati da un sentimento che lei non riuscì a identificare, troppo sopraffatta dalle proprie paure.
"Sei giovane, e ora che sei di nuovo viva agli occhi di tutti potrai ricominciare la tua esistenza da dove l’avevi lasciata, dai tuoi studi…magari a Hogwarts Minerva potrebbe avere bisogno di te."
Una risata senza allegria si levò dal petto di Dana, che si alzò all’improvviso e si allontanò di qualche passo.
"Credi davvero che mi interessi? No, Severus. Se tu hai scoperto cosa fare della tua vita, per paradosso ora sono io che non so cosa farne. Ma una cosa la so di sicuro. Ti amo, e ti ho già detto che non chiederò mai nulla. Continuerò così, ma non per rispetto nei tuoi confronti, non solo. Perché l’unica certezza che ho è che non voglio e non posso sentirmi un ripiego. E ora nella tua vita evidentemente non c’è spazio per me, quindi non aver timore, asseconderò la tua richiesta non espressa, me ne andrò di nuovo."
"Maledizione a te, Severus Piton! Non lasciarmi andare!"
"Non si tratta di spazi, Dana! La mia vita ora è vuota, di spazio ce n’è finché vuoi, ma non…"
"Non puoi lasciartela alle spalle! Lo so, ti prego non voglio sentirtelo dire. Lo so già da me." Esclamò interrompendolo bruscamente e chinando la testa, gli occhi serrati in un disperato tentativo di trattenere le lacrime che avevano bussato all’improvviso alla sua anima.
Severus si alzò in piedi e le si avvicinò, corrugando la fronte.
"Sai già che cosa?" chiese, trattenendo il fiume di pensieri che gli si era affacciato alla mente.
"Di lei." Sospirò Dana scrollando la testa e rimanendo testardamente con gli occhi rivolti al suolo. "Hai addirittura sentito il bisogno di parlarle…credi che non capisca cosa questo voglia dire? Il mio amore per te non è condizionato dal fatto che tu ami ancora un’altra, ma non posso sopportare di essere un ripiego. Fino a qualche mese fa forse lo avrei fatto, ma ora…ora no. Quindi me ne vado. Lily Evans è un fantasma contro il quale non ho più le forze di combattere."
Ogni pensiero di Severus fu spazzato via in un attimo, quasi che la sua mente fosse percorsa dallo stesso vento che ora imperversava su loro e sulla natura circostante, mentre neri nuvoloni si addensavano sopra le loro teste.
"Sei davvero convinta che io ami ancora Lily? Oh, Dana, non hai idea di quanto tu ti stia sbagliando! Ma non te lo dirò…forse così riuscirai a staccarti da me…perché tutto questo lo faccio solo per il tuo bene. Meriti qualcosa di diverso da me."
Così quando Dana rialzò lo sguardo, desiderando oltre ogni ragionevole speranza di vederlo deciso a trattenerla, Severus rimase in silenzio, gli occhi di nuovo solo due specchi neri.
Per Dana sarebbe stato troppo sopportare oltre quel silenzio, quindi si volse e si allontanò, incapace di farlo velocemente come avrebbe voluto, perché le energie del suo corpo parevano essersi sgretolate del tutto.
Nell’arco di poco tempo, Severus si trovò a osservare di nuovo la schiena di qualcuno che avrebbe invece voluto trattenere. Ma ora era diverso. Dana doveva essere lasciata libera. Se le avesse detto la verità l’avrebbe tenuta legata a lui, e così lei non sarebbe mai riuscita ad essere davvero felice.
"Ma ti ama da dieci anni, tanto quanto l’ami tu. Davvero non sarebbe felice? Piantala di mentire, Severus!"
Scuotendosi nervosamente, Severus si disse che non stava mentendo a se stesso, affatto. Perché avrebbe dovuto?
"Per paura…"
Serrò gli occhi, mentre il cuore tremava oltre la cassa toracica. Perché non zittirlo di nuovo? No, questa volta non aveva le energie per farlo. Così vide se stesso, accanto a lei, e provò un’indicibile paura.
Strinse i pugni, rifiutandosi di crederci, ma il suo cuore stava già cedendo.
"La allontani solo perché hai paura di darti ciò che vuoi, paura di tentare, di non riuscire a farla felice. Ma qui non paghi solo tu, Severus. Te lo ricordi cosa successe, cosa provasti quando capisti che Lily aveva donato il proprio amore a un altro? E quello era un amore adolescenziale, un amore che, lo sai bene, si sarebbe comunque spento con il tempo. Questo non lo è. E quanto male puoi star facendole ora, lasciandola convinta del fatto che Lily sia ancora in te?"
Riaprì gli occhi e la guardò, ormai abbastanza lontana. Perché non si stava Smaterializzando?
"Sai anche questo! Vuole che tu la fermi!"
"E non sono un vigliacco. Non mi farò più fermare dalle mie paure." Bisbigliò al vento, mentre un lampo squarciava il cielo e il tuono faceva tremare tutto.
Si Smaterializzò e le ricomparve vicino. Con pochi passi la raggiunse da dietro e la bloccò, prendendola alla vita.
Dana prese paura e afferrò istintivamente il braccio che l’aveva afferrata, ma non si volse. Poteva essere solo lui, e non voleva che vedesse le sue lacrime.
Severus la strinse e appoggiò la fronte sulla sua testa, chiudendo gli occhi, mentre cercava di non pensare alla sensazione che gli si stava agitando in petto.
"Ti ho mentito prima... Mi sono fatto condizionare dalle mie paure, perché mi terrorizza l’idea di averti vicino, di provare a costruire qualcosa insieme, e per questo non posso illuderti, non so se sarò mai in grado di starti accanto come vorresti…ma non voglio tu soffra per qualcosa che non è assolutamente vero."
Si bloccò, la bocca completamente secca e il cuore in gola.
"Dana, sono dieci anni che Lily non è altro che uno dei tanti fantasmi cui chiedere perdono. Nient’altro. Perché sono dieci anni che hai preso il suo posto. Mai potresti essere un ripiego. Mai!"
Una parola dopo l’altra, era riuscito a dirglielo, anche se con un filo di voce. Gli riusciva meglio mentire all’Oscuro che dichiararsi alla sua donna. Assurdo.
Dana non rispose, rimase senza fiato mentre il significato di quelle parole le entrava dentro, sciogliendo definitivamente il nodo di lacrime che si era rifiutata di versare.
Tremando, si mosse nell’abbraccio di Severus e si volse a guardarlo, gli occhi lucidi e sgranati.
"Dimmelo, Severus. Ne ho bisogno…"
Severus si scostò un po’, giusto per poterla guardare meglio, e gli sembrò che mai delle parole potessero essere pronunciate con ugual fatica, ma lo fece.
"Ti amo."
Dana annuì, mentre ogni cosa attorno a lei si appannava. Gli mise le braccia al collo e pianse, mentre sentiva di non poter più tenere per sé quel segreto.
"Allora aiutami Severus! Ti prego, aiutami!"
Severus la strinse di più, non capendo. Cosa non sapeva ancora?
"Non me ne ero neanche accorta, davvero…altrimenti lo avrei protetto!" singhiozzò artigliandogli la stoffa della camicia.
Quelle parole fecero insinuare nella mente di Severus un sospetto che gli mozzò il fiato, ma non disse nulla, lasciandole il tempo di dire tutto.
"Ero…ero rimasta incinta, e durante la battaglia ho perso il bambino …" riuscì a dire Dana, tra un singhiozzo e l’altro. Aveva promesso a se stessa di non dirglielo, di non dargli quel peso, ma non ce la faceva più a tenersi dentro quella cosa. Stava schiacciandola.
Per un attimo Severus smise di respirare, mentre una sensazione di incredulità estrema lo stordiva. Un bambino? Tutto loro… Un figlio da crescere, proteggere e amare. Qualcuno per il quale diventare ogni giorno una persona migliore…non riusciva a crederci…
Chiuse gli occhi e strinse Dana, cullandola appena mentre cercava di riprendersi dallo stato di stordimenti in cui era piombato. Un figlio…
"Non riesco a uscirne da sola…fa troppo male." Bisbigliò improvvisamente lei, le gambe incapaci di reggerla oltre.
Severus avvertì il suo cedimento e la prese in braccio, mentre grossi goccioloni di pioggia cominciavano a scendere all’improvviso dal cielo con un’intensità sorprendente.
Smaterializzò entrambi dentro la casetta in legno e si sedette su una sedia, tenendo Dana sulle ginocchia, avvinghiata a lui quasi con disperazione.
Le posò una mano sulla testa, aspettando che si calmasse. Poteva solo immaginare cosa fossero state per lei quelle settimane… l’estrema sensibilità di Dana, ne era certo, l’aveva sicuramente portata ad amare quella piccola creatura già persa, e a rimpiangerla. Avrebbe dato qualunque cosa per sollevarla da quel dolore, avrebbe trascorso volentieri anche anni ad Azkaban, se fosse servito a qualcosa, ma tutto quello che poteva fare era starsene lì, accanto a lei.
"Ci aiuteremo a vicenda, Dana. Te lo giuro, ne usciremo… insieme."
Dana annuì appena e si calmò, asciugandosi le guance e guardandolo da sotto in su, quasi timidamente. Gli occhi ancora lucidi brillarono per un attimo di dolcezza.
"Insieme. Tutto quello di cui ho bisogno è che tu non mi lasci sola…non mi servono grandi sacrifici, Severus."
"Quelli mi riescono meglio." Sospirò, abbozzando appena un sorriso.
Dana si rilassò e si passò una mano sulle guance, asciugando le ultime lacrime.
"Ti riesce bene anche proteggermi. Lo hai sempre fatto. Ma ora smetti di proteggermi da te."
Lo vide annuire, e le bastò.
Severus non aveva mai espresso a parole i propri sentimenti, non era una sua caratteristica, così era necessario saper interpretare i suoi gesti, i suoi sguardi e le sue attenzioni. Per questo Dana, sentendolo trattenerla ancora sulle sue ginocchia quando lei ormai era riuscita a calmarsi, ebbe l’assoluta certezza che non l’avrebbe mai lasciata sola.
Sarebbero sicuramente arrivati tempi difficili, non c’era dubbio, perché Severus doveva davvero riuscire in un’impresa dura e complicata, eppure lei era certa che insieme avrebbero superato tutto. Per riuscirci avevano bisogno di una sola cosa e loro (sorrise nel pensarlo) l’avevano; perché in fin dei conti la risposta era sempre la stessa, la chiave di tutto era l’amore.
 
 
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Capitolo 27
*** Epilogo ***


epilogo
Piccola Vero. Cara, sono felicissima che la mia storia ti sia piaciuta tanto da volere il seguito, ma per ora non avrei il tempo di scriverlo, e confesso che, esclusa una cosetta su una certa Eileen e Sirius (capirai leggendo...) non ho idee. Però avrei idee per altre cose. Se le scriverò e le pubblicherò, spero di ritrovarti tra i commentatori!
Baci.
 
gealach. Ciao! Farti piangere è stata una vittoria! Eccoti l'epilogo, temo che ci saranno per te quattro colpi al cuore...preparati... E ora che sono tornata nel mondo di EFP (tre settimane di assenza mi son sembrate eterne!!) vado a controllare le tue storie...guarda che ti tengo d'occhio! Baci.
 
EDVIGE86. Carissima! Dispiace tanto anche a me che sia tutto finito, davvero. Ormai mi ero abituata a trovarvi nelle mie domeniche mattina... che tristezza... ma non è detto che non ci si ritrovi! Ricorda che aspetto sempre la tua FF! Mi raccomando, non farti frenare. Pubblicare qualcosa di proprio in un posto che permette diretto contatto con i lettori è fantastico, e EFP è veramente l'occasione migliore. Buttati! (In senso buono!!)
Spero che anche l'epilogo sia di tuo gradimento!
E poi, sai, dopo l'uscita di HP7 potrebbe essere che io sia così infuriata da ripresentarmi qui prima del previsto! (Se JK fa del male a Severus...la strozzo!!!)
Baci!
 
HermioneCH. Ciao! Sai, il dialogo Harry/Severus mi ha fatta un pò tribolare...mi fa piacere che ti sia piaciuto! Baci anche a te!
 
harry potter 90. Ciao! Grazie anche a te per i commenti e per la lettura tutto d'un fiato che ti sei fatto per questa FF. Mi hai veramente sbalordita! A presto!
 
Astry_1971. Ciao stella! Eccoci qui per la fine...chissà se ti piacerà...ih ih! Sono curiosa di conoscere il tuo giudizio!
...perchè in effetti è un finale molto rosa...
Baci stella, ci si sente al forum!
 
 
Innanzi tutto scusatemi per il ritardo, ma gli esami universitari non mi hanno lasciato molto tempo per scrivere.
Questa è decisamente la fine, e confesso che, soprattutto nell'ultimo pezzetto, mi sono tolta qualche sfizio.
Grazie per la costanza, a ciascuno di voi. Vi rendo onore, perchè la storia è stata indubbiamente lunga.
Grazie a tutti quelli che mi hanno commentato, mi ha fatto sempre enormemente piacere!
E per il momento è davvero tutto. Chissà, magari riuscirò a scrivere le altre ideuzze che ho prima che il fuoco per la saga di Harry si esaurisca. Se così sarà, troverete sicuramente qualcosa di mio in giro, e spero che vi incuriosisca come vi ha incuriosito questa storia.
Baci a tutti!
 
 
Epilogo
 
Ottobre 2001
 
La luce del mattino filtrava dalle imposte lasciate leggermente aperte, ed era diventato impossibile ignorarla, nonostante Dana avesse sufficiente voglia di rimanersene rintanata nel mondo dei sogni ancora per un po’.
Pigramente si mosse tra le lenzuola, aprendo appena gli occhi e posando lo sguardo su una parete solo in parte sconosciuta. In fin dei conti, aveva passato molte notti in quella stanza. Una delle stanze del più periferico albergo di Hogsmeade.
Bastò poco perché la sua mente si distaccasse completamente dal mondo dei sogni e ripiombasse nella realtà, sospinta dalla fitta allo stomaco che, istantanea, era sopraggiunta al momento del risveglio.
Avrebbe dato qualunque cosa per non essere lì in quel momento, terrorizzata da quello che doveva fare e assolutamente incapace di rendersi conto che di lì a poco lo avrebbe fatto.
Si appoggiò sui gomiti e lanciò uno sguardo distratto attorno a sé per individuare i propri vestiti, gettati svogliatamente a terra la sera prima.
Era arrivata con il Nottetempo, decisa ad evitare la Smaterializzazione per un po’… e istintivamente aveva mosso i suoi passi verso quella locanda, dove aveva alloggiato diverse volte con Severus, quando lui aveva cominciato a concedersi un paio di giorni ogni tanto per cominciare a riavvicinarsi alla scuola.
Ne aveva avuto timore per parecchio tempo, quasi un anno, ma poi era riuscito, lentamente, ad affrontare la sua paura. Così per un altro anno, quasi una volta al mese, si erano recati lì.
E ora…ora lui era a scuola.
Scendendo dal letto e posando i piedi sulla superficie fredda del pavimento, Dana rivide con gli occhi della mente l’espressione della McGranitt quando, pochi mesi prima, si era presentata a casa di Severus per proporgli di tornare ad insegnare.
"Quante lettere ti ho già inviato Severus? Possibile tu non abbia avuto tempo di rispondere a nessuna di esse?"
A quelle parole Dana gli aveva lanciato uno sguardo inceneritore, ma era stata zitta, decisa a lasciare alla McGranitt il compito di rimproverarlo.
Minerva aveva insistito parecchio, ma era uscita dalla casa con un nulla di fatto.
Severus pareva intenzionato a non rimettere più piede dentro Hogwarts, e questo Dana non era riuscita a sopportarlo. In quegli anni di pseudo isolamento avevano discusso spesso, ma mai come quella volta, perché Dana aveva sempre cercato di non intromettersi troppo, lasciando a Severus lo spazio e i tempi necessari per riacquistare una propria identità e un certo grado di sicurezza.
Di fronte alla questione Hogwarts però non era riuscita a stare zitta. E alla fine aveva vinto lei.
Severus sentiva terribilmente la mancanza di Hogwarts, e questo era stato un punto su cui lei aveva insistito parecchio. Inoltre, era impensabile che Severus passasse tutto il resto della vita senza un lavoro: concentrarsi troppo sul proprio animo sarebbe diventato pericoloso e faticoso, aveva bisogno di distrarsi, di ricominciare a fare qualcosa.
Forse fu proprio l’esigenza innegabile di rimettersi in qualche modo in attività a costringerlo a cedere.
Stava di fatto che da quel settembre Severus era di nuovo docente della cattedra di Pozioni. Non aveva voluto saperne della cattedra di Difesa.
"Ormai non c’è più alcun motivo perché io occupi quel posto!" aveva risposto acidamente a Dana, quando lei gli aveva chiesto perché non si proponesse per quel ruolo.
"Ti ferisce ancora molto il ricordo del tuo ultimo anno ad Hogwarts, dietro quella cattedra, vero Severus?"
Dana sospirò e finì rapidamente di vestirsi. Sapeva che il tempo sarebbe passato in fretta e che l’ora dell’appuntamento si sarebbe avvicinata con inesorabile costanza, e per questo aveva bisogno di camminare. Rimanere ferma lì, chiusa in una stanza ad attendere sarebbe stato snervante.
Uscì senza fare colazione, la sola idea la disgustava, e si avviò lungo le vie del piccolo centro magico. C’era già qualche studente in vista…
Cacciando via l’ansia, Dana cercò di concentrarsi su altro, così fece volgere gli occhi sulle vetrine dei negozi fin quando non vide qualcosa che la sorprese.
Un enorme gufo viola stava appollaiato al centro di una vetrina, osservando i passanti con occhi svegli e assolutamente…verdi.
Portandosi una mano al petto, Dana rise di gusto. Si era dimenticata del fatto che i gemelli Weasley avessero aperto un loro negozio anche lì…
"Più vicini agli studenti!" aveva esclamato George, tutto orgoglioso, mentre Fred rideva di gusto all’espressione dei presenti, quando diedero l’annuncio.
Avvenne in uno dei tanti pomeriggi in cui la famiglia Weasley si riuniva attorno al letto di Percy, all’epoca in uno stato di semi incoscienza.
Dana era stata chiamata da Ron per cercare di sondare lo stato emotivo di Percy. Il Medimago francese che lo aveva in cura era stato chiaro: il ragazzo non doveva assolutamente disperarsi o deprimersi, altrimenti la sua battaglia sarebbe stata più dura.
Dana, davanti alla vetrina ridicolamente agghindata di Fred e George, sorrise senza rendersene conto. I tempi di quel ricordo parevano incredibilmente lontani eppure vicinissimi…ora Percy stava meglio, poteva di nuovo parlare e muoversi, anche se lentamente. E il tempo avrebbe fatto il resto, permettendogli di riacquistare sempre più padronanza di se stesso.
Quel Medimago francese aveva fatto un piccolo miracolo…
Uno scampanellio la fece riscuotere dai propri pensieri mentre la testa di Fred sbucava dall’entrata del negozio.
"Mi sembrava di averti vista! Che cosa ci fai qui?"
Dana sorrise e abbassò appena lo sguardo mentre lo stomaco le si annodava violentemente.
"Io…beh, nulla di importante…sono qui per vedere Severus."
"Si, questo lo avevo immaginato, ma allora perché te ne stai imbambolata davanti alla nostra vetrina?"
"E devi anche chiederglielo, Fred? Fratello, ti stai rincretinendo! Non vedi? È rimasta ammaliata dalla nostra adorabile Civvy!" esclamò George affiancandosi al suo gemello.
Dana inarcò un sopracciglio e cercò di non mettersi a ridere. Civvy? Lanciò un ultimo sguardo alla enorme civetta che non aveva mai smesso di fissarla da quando si era piazzata davanti alla vetrina.
"Cosa sarebbe?" chiese, tremando per la risposta.
"Una civetta. Ah, beh, in verità non è proprio una vera civetta, capisci…è il risultato di una trasfigurazione che ci siamo inventati. Permette di creare animali domestici con le caratteristiche che più piacciono. I bambini adorano queste cose!" spiegò, esaltatissimo, George.
"Già. Ieri una ragazzina ci ha chiesto che le facessimo avere un piccolo pony rosa, con la criniera azzurra e una lunga coda brillante…osceno…ma il cliente ha sempre ragione, perciò…" così dicendo Fred le fece cenno di entrare, e Dana non seppe resistere.
In un angolo, simpaticamente seduto in attesa della padroncina, stava lo strano animale.
"Ma…sono comunque vivi?" chiese esitante.
"Oh, no, non faremmo mai una cosa del genere!" esclamò scandalizzato Fred, ma Dana gli indirizzò un’occhiataccia e lui le sorrise, furbo.
"No, tranquilla. Sono solo trasfigurati, anche se con il nostro Incantesimo li dotiamo di una sorta di libero arbitrio. Così possono giocare meglio con i bambini. Ma non sono né aggressivi né stupidi. Se dai loro un ordine, lo eseguono senza discussioni. E non mangiano! Quindi niente spese."
Dana scrollò la testa, indecisa se essere ammirata o scandalizzata, mentre il pony rosa le si avvicinava e le strusciava il muso morbido contro la mano.
"Non è adorabile?" esclamò Fred, estasiato.
Stringendo appena le labbra per non scoppiare a ridere, Dana annuì e volse gli occhi sul resto del negozio. Era molto simile a quello di Diagon Alley, ma aveva in più una zona destinata alla ristorazione.
Notando il suo sguardo incuriosito da quella innovazione, George si lanciò in un’attività propagandistica ormai collaudata e la lasciò tramortita di parole. Dana rise, grata per quell’insperata distrazione, ma quando Fred le offrì una cioccolata calda speziata ritornò con i piedi per terra.
Il suo stomaco ebbe un serio momento di difficoltà e lei scrollò la testa, incapace di aprir bocca.
"Dana…sicura di star bene? Sei impallidita in modo impressionante."
"Si, sto bene, abbastanza. Solo che…no, non importa. Ragazzi, ora vi devo lasciare o farò tardi, ma è stato un piacere vedervi. Il vostro negozio è veramente…impossibile da non notare!"
"E’ su questo che contiamo!" esclamarono insieme i gemelli.
Dana annuì e guadagnò la porta, uscendo salutandoli con la mano. Fred e George fecero altrettanto, ma quando lei fu fuori si scambiarono un’occhiata significativa.
"Che te ne è parso?" chiese Fred incrociando le braccia al petto.
"Non stava molto bene. Forse è per l’appuntamento che ha con Piton."
Fred annuì e sospirò teatralmente.
"Merlino, che spreco! Una così bella donna…"
"…e una così potente strega…"
"…con Severus Piton…"
Poi si guardarono a vicenda, studiandosi per un po’.
"Forse dovremmo tingerci i capelli di nero, Fred."
"Sono d’accorgo, George."
 
La luce autunnale riaccolse Dana senza troppo calore. Infilandosi il mantello nero che aveva portato con sé, si sentì rabbrividire e desiderò un fuoco vicino al quale sedersi, ma non avrebbe ceduto. Aveva ancora bisogno di camminare, e così avrebbe fatto. Del resto, era solo la fine di ottobre. Non poteva cedere così miseramente al freddo, anche se lo odiava con tutto il cuore.
Infilò le mani in tasca per cercare ulteriore riparo, e le dita si scontrarono con un biglietto lasciato scivolare lì non del tutto a caso.
La punta delle dita sfiorò la busta con incertezza.
Aveva ricevuto quell’invito qualche settimana prima, ed era rimasta estremamente sorpresa: Harry e Ginny avevano deciso di sposarsi, e la data era fissata per il 3 di dicembre.
Le era parso strano che avessero deciso di fare tutto così in fretta, ma forse avevano le loro buone ragioni, e a giudicare dall’aspetto che aveva Ginny quando era andata a trovarla per congratularsi forse aveva una vaga idea di quali fossero queste buone ragioni.
Ginny le era parsa, oltre che felicissima, anche più bella del solito, e cosa si dice delle donne in stato interessante? Lanciando uno sguardo perplesso alla propria immagine riflessa in una vetrina, Dana si chiese cosa avesse deciso di fare Severus. Erano stati invitati entrambi al matrimonio…
Beh, lei di sicuro ci sarebbe stata. Era troppo legata a Harry per non andare, anche se il rendersi conto di avere di nuovo così tante persone cui essere legata ogni tanto la lasciava stordita. Aveva vissuto da sola per anni, e ora le cose erano cambiate in modo…definitivo.
Scrollò la testa per non pensarci e non farsi di nuovo assalire dal panico e procedette lungo la via, lasciando che i pensieri fluissero.
Certo, avrebbe dovuto aspettarsi una simile notizia, prima o poi. Del resto, Harry aveva recuperato da un pezzo il M.A.G.O. (maledette formalità! Aveva sconfitto il Mago Oscuro più potente degli ultimi tempi, eppure aveva dovuto sostenere esami che attestassero ufficialmente il suo grado di preparazione!) e ora lavorava per la McGranitt, a Hogwarts, tenendo dei seminari di Difesa contro le Arti Oscure. Forse anche per questo Severus non aveva voluto quella cattedra.
Ma chissà, magari non aveva voluto privare del posto Remus Lupin.
Dana sorrise pensando a lui e Tonks. Erano incredibili insieme, rinati tutti e due, e le sembrava strano che ancora non si fossero decisi a sposarsi. Da quel che aveva capito, era lui a non voler ancora fare quel passo, ma a lei era parsa una cosa così stupida, visto che ormai lui e Tonks vivevano insieme…
Oh, ma sarebbe arrivato il momento anche per loro, esattamente come era arrivato quello di Ron e Hermione. Quei due avevano battuto tutti sul tempo, sposandosi a neanche un anno dalla caduta di Voldemort con una cerimonia intima e semplice. Incredibile, Hermione aveva persino trascurato il M.A.G.O. per sposarsi!
Presa dalla tenerezza di quel ricordo, si lasciò scivolare lentamente su una panchina di ferro battuto, vicino ad una viuzza che conduceva al promontorio più bello di tutta la zona.
Severus avrebbe dovuto raggiungerla lì, ma c’era ancora tempo…
Chissà se ci sarebbe stato un matrimonio anche per lei…
Ogni volta che ci pensava si sentiva come soffocare.
In verità le cose tra lei e Severus erano così complicate che non avrebbe azzardato un pronostico per nulla al mondo, men che meno in quel momento. Tutto quello che sapeva, era che da quella mattina in poi la sua vita sarebbe cambiata, in un modo o nell’altro, e questo la terrorizzava come raramente era successo. Non voleva perderlo, per nessun motivo, ma le cose presto sarebbero cambiate e lei doveva preparasi ad ogni eventualità.
Calciando con rabbia un sassolino ai suoi piedi si diede della stupida.
"Ho affrontato Maghi potenti e creature terribili, posso addentrarmi tra le pieghe più pericolose della Magia Nera e ho sempre tenuto testa a Riddle anche da bambina, mai intimorita. E ora sembro una donnetta fragile e insicura! Sono ridicola!"
Prese a giocherellare nervosamente con le pieghe del mantello e sprofondò nei ricordi, quasi che tra essi potesse esserci la risposta di cui tanto aveva bisogno e che avrebbe cercato di strappare a lui quel giorno.
Per qualche settimana dopo la sua liberazione, Severus aveva voluto rimanere con lei nella casetta in montagna, e per Dana era stato un toccasana. Era riuscita a riprendersi quasi del tutto dalla perdita del bambino grazie alla sua vicinanza, ed era riuscita anche a sostenere lui in alcuni momenti di profonda confusione.
Poi erano tornati alla normalità, più o meno, delle loro vite.
Severus si era rintanato nella sua odiatissima casa babbana e Dana aveva ripreso possesso delle proprietà della sua famiglia. La casa dei suoi genitori ormai era un cumulo di macerie, dato che le era servita per inscenare la sua morte in un incendio, ma per fortuna la piccola casetta vicino a Londra era salva. Dopo alcuni giorni di lavori forsennati e pulizie di gruppo la casa era tornata agli antichi splendori, e Dana aveva vissuto lì per tutto quel tempo, fatta eccezione per alcuni mesi in cui era andata a vivere a casa di Severus per stargli vicino in un momento di particolare difficoltà.
Le si strinse il cuore nel ricordare quel periodo, ma un moto di profondo orgoglio le gonfiò il cuore nella consapevolezza che ne era uscito molto più che a testa alta. Aveva affrontato le sue paure, aveva indagato a fondo nella propria anima, fino a scovare la più piccola debolezza, la più piccola paura, e con costanza aveva ricercato tra gli insegnamenti di Silente le chiavi per scardinare ogni resistenza della sua anima. Alla fine, stremato e svuotato, aveva potuto guardare se stesso in uno specchio senza dover abbassare lo sguardo.
E dopo quel bruttissimo periodo aveva cominciato ricostruirsi, partendo da dove era cominciata la sua caduta.
Una sera, accompagnato da Dana, si era recato sulla tomba di suo padre ed era rimasto lì, ombra tra le ombre, per ore. Dana non aveva osato avvicinarsi, sentendo che sarebbe stato come violare uno spazio molto più che intimo; si era limitata ad aspettare e a vegliare su lui da lontano.
"Quella sera credevo avresti in qualche modo ceduto, credevo saresti crollato, perché non c’è cosa più difficile che concedere perdono quando ci si porta dentro ancora tutta la rabbia e il dolore di un rapporto così difficile, ma sei stato incredibilmente tenace. Di nuovo, mi hai sorpresa. Hai affrontato il ricordo di tuo padre con lo spirito giusto, e alla fine hai liberato il tuo cuore dal risentimento, lasciando spazio solo all’accettazione. Credo che aver sconfitto quel terribile fantasma ti abbia permesso poi di affrontare nel modo giusto tutti gli altri. E solo il Cielo ha idea di quanto ti ho ammirato quella notte."
E ora? Ora sapeva che Severus stava meglio, ma sapeva anche che tre anni non erano sufficienti per cancellare i dolori e i rimorsi di una vita. Severus era ancora l’uomo freddo e scontroso che tutti conoscevano. Solo con lei era un altro, più umano e più propenso a mostrare appena le proprie vulnerabilità. Eppure non era ancora completamente disposto a lasciarsi andare, a tal punto che tra loro continuavano ad alternarsi momenti di complicità fortissimi e settimane di incertezza.
Sorrise amaramente e si sentì quasi svuotata, tanta era la spossatezza che provava in quel momento.
"Ti amo, burbero testone! Ma davvero la nostra relazione è assurda! Ti infili nella mia vita e nel mio letto ogni fine settimana, riempiendomi la vita e il cuore con i tuoi racconti, i tuoi silenzi, i tuoi tormenti e il tuo imbarazzo nel manifestarmi il tuo amore. Forse vorresti io non lo notassi, ma è impossibile non farlo, Severus. Io, con tutto quello che so di te e con il mio potere, come potrei non cogliere i tuoi respiri trattenuti, l’incertezza a far tremare le tue dita, gli sguardi sfuggenti.
Con me sei tornato a respirare, a vivere, calando la tua maschera di ghiaccio. Eppure ogni tanto i vent’anni di gelo fanno sentire il loro peso. Non credo sarebbe normale nulla di diverso, eppure a volte vorrei poter essere io a farmi carico dell’ingrato compito di strappar via quella maschera. Per sempre. Lasciar emergere definitivamente ciò che nascondi ancora, quello che ti renderebbe umano anche agli occhi di tutti gli altri. Ah, il tuo disperato bisogno di accettazione, di rispetto, di contatto umano…sono cose così evidenti per me, così importanti…
Come lo sono il tuo amore e tutte le attenzioni che mi riservi cercando disperatamente di non essere sdolcinato o troppo sentimentale."
Un sorriso dettato dalla tenerezza le illuminò il volto. Aveva perso il conto di tutte le volte che lo aveva visto arrossire (appena) per il bisogno di farle una carezza, per un abbraccio improvviso, o per qualunque altra manifestazione di affetto per lui così inusuale.
"Vorrei non dover mai rinunciare a nulla di tutto questo, e lo sai. Eppure ogni tanto ti chiudi, ti irrigidisci, spaventato dall’intensità del legame che potrebbe unirci se tu non ti opponessi. Quanta paura hai, amore mio?"
Ci sarebbe voluta ancora parecchia pazienza e del tempo, ma Dana sapeva di non poter più aspettare…doveva prendere delle decisioni, e doveva sapere come prenderle. Da sola o con lui.
Chiuse gli occhi e si appoggiò allo schienale della panchina, sentendo le ginocchia deboli. Per fortuna era seduta…
Aveva paura di quello che avrebbe fatto di lì a poco tempo, ne era letteralmente terrorizzata, ma non poteva rimandare, non più.
Volse gli occhi verso il sentiero principale, sperando che lui ancora non stesse arrivando.
 
Incurante dello sguardo intimorito che gli stavano rivolgendo alcuni studenti del terzo anno, Severus Piton uscì dal portone principale della scuola per raggiungere Hogsmeade.
Non era sua abitudine arrivare tardi, ma quella mattina, chissà come, aveva lasciato che mille piccoli contrattempi lo facessero tardare.
Aveva ricevuto il gufo di Dana due sere prima, e aveva risposto tempestivamente, come suo solito, ma qualcosa lo aveva inquietato mentre leggeva quelle poche righe vergate evidentemente da una mano leggermente tesa.
Dana aveva bisogno di parlargli. Mai parole lo avevano spaventato di più.
Forse era successo qualcosa, e lei aveva preferito non parlargliele via lettera…
No, aveva l’impressione che in realtà Dana avesse qualcosa da dirgli a livello personale. Era questo a spaventarlo, l’ipotesi che ci fosse un grosso cambiamento all’orizzonte, cambiamento al quale lui non era pronto.
Se lei avesse deciso di allontanarsi, di lasciarlo…non lo avrebbe sopportato. Aveva combattuto duramente con se stesso per riuscire a ricostruirsi come persona, e lo aveva fatto soprattutto per lei. Se non ci fosse stata Dana lui in quel momento sarebbe stato ancora a miglia di distanza da quello che era riuscito a diventare.
E poi, diventare cosa?
Lanciò un ultimo sguardo ad un gruppetto di studenti che, come lui, stava raggiungendo il villaggio magico. Lo guardavano tutti ancora come una volta.
Un sorriso ironico gli si dipinse in volto, mentre si dava dello stupido.
"Non sei diventato nulla di diverso da quello che eri. Uno scontroso, chiuso e orgoglioso Mago devoto al suo dovere. Questo è tutto quello che gli altri vedranno mai. Nessuno, esclusa lei, saprà mai che ora non soffro più d’insonnia la notte, o che il respiro non mi si mozza più se penso a me stesso. Solo lei sa come sono cambiato. Perché è per lei che non ho mai mollato.
Ah, quante volte sono stato sul punto di farlo! Troppe. Non mi sarei mai creduto così fallibile. Eppure lo sono, perché ho visto molte volte i fantasmi del passato bussare alla mia porta quando invece ero convinto di averli scacciati. E molte volte ho desiderato arrendermi, abbandonarmi ad una misericordiosa indolenza dell’anima dalla quale non uscire più, sfiancato e deluso.
Eppure ho continuato a scavare in me, facendomi spesso del male, trovando le forze di scardinare tutte le mie più infelici e ottuse convinzioni, di affrontare i miei rimorsi e le mie angosce.
Tutto perché, improvvisamente, senza che io me ne accorgessi e men che meno me lo aspettassi, in me si è accesa la voglia senza precedenti di stare con lei, di averla al mio fianco, di saperla mia.
Di meritarla ed esserne degno.
Non gliel’ho mai detto veramente, o almeno, mai a parole. Ho sempre lasciato parlare i miei gesti, anche se so che non le basta. E così lei non sa che quello che provo è cresciuto, è maturato, tanto da spingermi a sperare di poterle chiedere, prima o poi, di passare insieme il resto dell’esistenza.
Dovrei avere il coraggio di formulare a voce questo sentimento, vorrei farlo… ma è terribile sentirsi nudi e indifesi di fronte ad un altro essere umano. Questa possibilità mi spaventa ancora, mi fa sentire debole e in trappola. Nudo, privo di difese.
Ed è così che mi sento ogni volta che mi scopro troppo.
Certo, si tratta di Dana, non mi farebbe mai del male, non intenzionalmente… ma anche lei ha il suo limite di sopportazione, e se lo avesse raggiunto, io davvero sarei perduto.
È diventata il mio mondo, nonostante ora io abbia di nuovo il mio lavoro e il mio posto nella società.
Senza lei sarei di nuovo alla deriva."
Stringendo appena le labbra, prese un bel respiro e lasciò vagare distrattamente lo sguardo sull’agglomerato sempre più vicino.
"Ho combattuto paure antiche, a volte a fatica, a volte quasi al limite delle mie capacità, e alla fine ho sempre vinto. Ora non ho più paura di affrontarmi, non ho più paura di ammettere i miei errori, ma ho ancora paura di essere allontanato. E per questo mi allontano io.
Quante volte l’ho fatto ormai, nell’arco di questi anni? Quante volte mi sono ritratto da lei per paura di star aprendomi troppo? Quante volte sono sparito dalla sua vita per settimane senza dirle nulla? E lei non ha mai smesso di aspettarmi, mai. Questo dovrebbe rassicurarmi, e invece mi fa solo sentire un’idiota. Quanti altri possono vantare la fortuna che ho io?
Eppure dovrei saperlo che il tempo fugge, che non posso continuare a sprecare le giornate e i mesi, quando tutto ciò che voglio, tutto ciò di cui ho bisogno è lì, a portata di mano. Se solo mi decidessi…
Ogni giorno, all’alba, quando ancora il castello è immerso nel silenzio e nel sonno, mi avvicino alla tomba bianca che svetta vicino al lago. Lo sai, vero Albus?
Non riesco mai ad arrivare così vicino da poterla toccare, a volte addirittura rimango a metri di distanza. Perché mi manchi troppo, e avvicinarmi alla tua tomba è ogni volta una pugnalata al cuore che mi toglie il fiato per diversi secondi.
In quei momenti di quiete e silenzio, quando attorno a me è tutto immobile, mi ritrovo come sempre sopraffatto da sentimenti che ora mi rifiuto di rinnegare o combattere. Mi sembra di averti avuto con me per così poco tempo…e ora lo rimpiango, così come rimpiango la tua presenza, il tuo affetto…tutto.
Averti perso però non mi ha insegnato proprio nulla, a quanto pare.
Non avrò Dana per sempre al mio fianco, soprattutto se continuerò a comportarmi così scioccamente, e non voglio doverla perdere per trovare finalmente il coraggio di dirle quello che è per me.
Devo trovare il coraggio di dirglielo, di donarle i miei sentimenti."
Senza neanche accorgersene, era entrato nel villaggio e stava percorrendo automaticamente la strada che lo avrebbe portato da Dana.
"Ho già fatto una cosa simile, ho già preso ciò che avevo nel cuore per dirlo ad alta voce, nonostante la paura e la terribile voglia di scappare che mi attanagliavano. L’ho fatto poco più di un anno fa, su un’altra tomba. Quella di mio padre.
So di averlo odiato, di aver odiato la sua aggressività e la sua paura di me e di mia madre. Ma ho odiato più di ogni altra cosa il mio odio e la mia incapacità di averlo al mio fianco, come se fosse stata colpa mia. E per questo mi sono riempito per anni di un rancore che non mi sono mai accorto di alimentare, avvelenandomi la gioventù. Ammettere tutte queste cose, dirgliele nonostante sia ormai morto da anni, mi ha permesso di liberarmi e di riconciliarmi con lui, con me. Perché, in fondo, tutto quello che volevo era il suo amore."
Sorrise amaramente mentre, come sempre quando rifletteva sulla questione, si diffondeva in lui la consapevolezza dell’enorme errore commesso per anni. Aveva sempre mentito a se stesso su quel punto, e farlo gli era costato caro.
"Da quando ho provato l’incredibile senso di sollievo dato dalla semplice verità, chino su una grigia e misera tomba, ho capito che non ha senso nascondere certi propri sentimenti, non vale la pena tenerli chiusi in uno scrigno dentro noi, perché finiscono con il diventare pesanti, ostili.
Ho capito la lezione, ma non la applico.
Nemmeno con te, Albus. Però te lo prometto, prima o poi riuscirò ad inginocchiarmi di fronte a quella lapide bianca e a dirti ‘Ti voglio bene’. Tu in fondo lo sai già, ma magari così riuscirò a sciogliere il nodo di lacrime mai versate che ancora oggi ogni tanto mi preme in petto quando il mio sguardo si posa sulla Torre di Astronomia. O quando Minerva mi convoca nel suo studio."
In lontananza, Severus scorse una figura familiare, avvolta in un mantello e seduta su una panchina. Un tuffo al cuore gli impedì di proseguire.
"Eccola, non posso sbagliarmi…è già arrivata. Non posso far altro che raggiungerla e sperare di non vederla andare via da me. Ah, come sempre, sono io la causa prima dei miei mali! Sono solo uno stupido che non impara dai propri errori! Ti amo e ti voglio, maledizione, e giuro che questa volta, se ancora vorrai sentirlo, ti dirò fino in fondo quello che sei diventata per me. Non permetterò più a quelle parole di rimanermi bloccate in gola, trattenute dal fiato che manca se solo ci penso.
Lo devo a te, amore mio, e in fondo, forse, lo devo anche a me stesso.
Albus, chissà, magari oggi riuscirò a mantenere la promessa che non mi ero accorto di averti fatto. Oggi forse potrò ricominciare davvero a vivere."
Così, ingoiando l’ultima briciola di esitazione, si mosse a testa alta lungo la via, ignorando gli sguardi dei passanti, ignorando le grida dei ragazzini, ignorando tutto quello che non fosse la figura seduta su quella panchina in lontananza.
 
Lo aveva visto arrivare solo pochi secondi prima che lui la raggiungesse, persa nei suoi pensieri e nelle sue paure. Così, lui le era comparso davanti troppo in fretta perché Dana potesse sperare di raccogliere tutte le forze che le sarebbero servite per muoversi e parlare con il contegno che si era ripromessa di avere.
Ora erano lì, su quel sentiero poco battuto che portava appena fuori l’agglomerato magico, camminando con calma e parlando del più e del meno come se nessuno dei due sapesse dell’importanza di quell’incontro.
"Allora davvero Harry se la cava bene con le lezioni? Non che metta in dubbio la sua competenza, ma con tutta la notorietà che si porta dietro ho il sospetto che gli studenti finiscano con il concentrarsi più sulla sua cicatrice che su altro."
"Pare che Potter riesca a cavarsela, come sempre del resto. Tutto sommato sa muoversi, anche se è evidente che gli mancano esperienza e pazienza. Le sue lezioni sono impostate ancora come se si trovasse di fronte il gruppo di ragazzi delle ES." Rispose con tono leggermente sarcastico Severus.
Dana sorrise e alzò gli occhi al cielo.
"Vorrei ricordarti che non mi piace sentirti parlare così di Harry…è un bravo ragazzo."
"Un ragazzo. Appunto."
"Beh, credo che sia già un giovane uomo, e di sicuro saprà farsi le ossa. Hai…hai ricevuto anche tu l’invito al suo matrimonio…cosa pensi di fare?"
Severus rallentò e la guardò sorpreso.
"Credi davvero che potrei andarci? Ci sarà l’Ordine per intero, tutti quei nobili grifoni pomposi decisi a dimostrare quanto io sia diventato improvvisamente il benvenuto tra loro!"
"Stai perdendo colpi, Severus. Mi hai appena chiesto se puoi andarci. Non mi hai detto che non vuoi…"
Severus strinse le labbra in un’espressione scocciata, scoccandole uno sguardo falsamente altero, e riprese la normale andatura, lasciandola appena indietro.
"Non ci andrò. Ma questo non vuol dire che tu non possa andarci."
"Non ci avrei rinunciato comunque. Però vorrei che tu ci ripensassi. È vero che molti membri ti accoglierebbero solo per facciata, è del tutto inutile negarlo, ma non sarebbe così per tutti. Ed è per questo che Harry ti ha invitato. Siamo i sopravvissuti, Severus. Celebrare insieme gli eventi delle nostre vite ha un suo significato…"
L’ultima parte di frase, sentitissima, fu però pronunciata con una punta di amarezza.
Severus lo notò e fece per dire qualcosa, ma non seppe come spiegarle che capiva benissimo quel significato cui aveva accennato. Oh, lo conosceva veramente bene, perché lo percepiva ogni volta che pensava ad Albus, a quello che lui gli aveva insegnato, al costante brontolio bonario che lo aveva accompagnato fino all’uscita dello studio del Preside ogni volta che si era azzardato a dire qualcosa di poco amichevole nei confronti di qualche membro.
Erano stati uniti da qualcosa che non si sarebbe mai cancellato, qualcosa che andava ricordato. Soprattutto, nonostante il fiume di parole che si era prodotto sugli eventi della seconda guerra, nessuno a parte loro sapeva davvero la verità. Una verità fatta del loro impegno, della loro costanza ed ostinazione, fatta soprattutto dei loro sacrifici. Tutte cose che nessun altro avrebbe mai potuto comprendere davvero.
Ed era importante che ciascuno di loro se ne ricordasse per poter rendere quella verità uno strumento per guidare e crescere le future generazioni di Maghi e Streghe.
Albus avrebbe voluto questo, e in fondo lo volevano anche tutti loro, Severus compreso.
Non per niente era diventato ancora più esigente e rigoroso durante le sue lezioni.
Fu Dana a interrompere il silenzio, dissimulando malamente la propria agitazione cercando di cambiare argomento.
"E…del giovane Malfoy? Hai avuto notizie di recente?"
"Draco? Sta bene, e continua le sue ricerche. Ora è in Albania. Dice che andare alla ricerca delle radici della Magia Oscura lo sta aiutando molto a comprenderne l’effettiva natura, i meccanismi più reconditi. E i suoi studi, davvero, mi sembrano mirati e competenti. Non so se stia veramente avvicinandosi agli obiettivi che si è prefisso, ma il fatto che riesca a dedicarsi così intensamente e con profitto a questa sua iniziativa mi lascia ammirato."
"A ognuno di noi il suo pupillo!" sospirò Dana, allungando lo sguardo sul promontorio che si apriva davanti ai loro occhi. Erano arrivati.
"Ma non è per parlare di queste cose che mi hai mandato quel gufo, Dana. Ora siamo lontani da orecchie indiscrete…" disse Severus con voce mortalmente bassa.
Era straziante compiere quel passo, ma non poteva nemmeno più tollerare l’indugio. Doveva sapere.
Dana dal canto suo serrò le mani tra le pieghe del mantello, presa alla sprovvista da tanta improvvisa determinazione.
Si volse a guardarlo e cercò di sorridergli. Aveva le mani sudate.
"Si, in effetti ho bisogno di parlarti. Si tratta di una cosa importante."
 
Da che parte poteva cominciare? Come poteva dirgli quello per cui era venuta?
La sera prima aveva provato diversi possibili discorsi, ma ora non gliene veniva in mente più nemmeno uno. Tutto quello che le riusciva di fare era star ferma a guardarlo, rilevando con apprensione l’intensità con cui lui stava ricambiando lo sguardo.
Aveva capito che il discorso non sarebbe stato facile.
Ma questo in fin dei conti non l’aiutava affatto, perché la paralisi delle sue capacità verbali continuava, appesantita da un martellare forsennato del cuore dentro la cassa toracica.
Aveva paura.
Eppure doveva parlare, lo aveva fatto andare lì apposta, e soprattutto non poteva più rimandare.
Così si rassegnò al suo compito e lasciò che fosse l’istinto a guidarla. Fino a quel momento non l’aveva mai tradita…
"Sono qui perché ho bisogno di dirti delle cose…che ci riguardano. Sono passati più di tre anni da quando abbiamo cominciato a rimettere in piedi le nostre vite, e le cose non sono mai state semplici, per nessuno di noi due.
Eppure, Severus, non credo ti sia oscuro quello che provo. Siamo entrambi ostili alle romanticherie e alle effusioni, lo siamo sempre stati, ma spero tu sappia che ti amo.
Amo tutto di te, tutto quello che sei stato e quello che sei diventato. Ma…se dipendesse solo da me l’incostanza che c’è tra noi non sarebbe un problema, né un peso. A volte non è facile, lo ammetto, ma sarei disposta a darti ancora tutto il tempo di cui hai bisogno.
Però ora non posso più ragionare in questi termini, io…io ora non sono più sola…"
"Forza Dana, il primo passo lo hai fatto…Merlino, aiuto! Non voglio vederlo scappare, non voglio che si senta costretto…vorrei solo che…che lo volesse anche lui…"
Strinse le mani di nuovo a pugno, incapace di cambiare posizione, rimanendo ferma immobile, quasi pietrificata, davanti a lui.
Severus la guardò senza proferir parola. Lo amava, ancora. Sentirle pronunciare quelle parole era stato un tale sollievo che quasi non ci credeva. Però poi erano arrivati i ma.
Una lama nel cuore…non era più sola
Fulmineo e indesiderato, un pensiero lo colpì con violenza. Forse, nonostante il suo amore per lui, aveva incontrato un altro, qualcuno che potesse darle la stabilità di una vita e di un rapporto regolare.
Gli parve di impazzire all’idea, ma se veramente Dana voleva provare a vivere la sua vita in altro modo…
Non gli riuscì di proferir parola nemmeno dopo diversi secondi, durante i quali Dana era rimasta ferma, un’espressione quasi spaventata dipinta in volto. Non avrebbe mai voluto vedere quei meravigliosi occhi verdi così tormentati per colpa sua, ma non sapeva come fare per eliminare da loro ogni traccia di ombra.
Così anche lui rimase fermo a guardarla. Legati da uno sguardo che non aveva nessuno scopo di Legilimanzia, si tennero inchiodati l’uno all’altra nel silenzio, finché Dana non decise che era il momento di dare tutte le risposte alle domande che leggeva sul volto di Severus e che lui non formulava a parole.
Così fece ciò di cui più aveva paura, lasciò che ogni difesa cadesse, che emergesse solo ciò che aveva nel cuore, soprattutto che spiccasse la tenerezza infinita che provava ogni volta che pensava alla piccola creatura che le cresceva in grembo.
Aveva scoperto di essere rimasta incinta tre settimane prima, e in lei si era scatenata una sensazione troppo intensa, una gioia tale da lasciarla spesso senza fiato. Però poi erano arrivati i dubbi.
Severus lo avrebbe voluto? Non ne avevano mai parlato… il loro rapporto non era certo stabile e impostato ad una effettiva vita di coppia. Con l’arrivo del bambino molte cose sarebbero cambiate, e sarebbe stata necessaria un po’ più di stabilità, soprattutto per il piccolo… soprattutto, sarebbe stato un impegno non da poco, e non voleva che Severus lo assumesse solo per senso del dovere.
No, non lo avrebbe accettato.
Quindi ora non riusciva a sopportare quei secondi di silenzio, momenti di incertezza che le spezzavano il cuore.
Era certa che Severus ora sapesse del suo stato, lo aveva capito non appena lei aveva eliminato ogni barriera mentale.
Dopo secondi di immobilità incredula, lo vide avvicinarsi piano e allungare una mano verso il suo viso, sfiorandole appena una guancia con la punta delle dita, esitando.
Poi lo sguardo di Severus scese con estenuante lentezza, e con lui le sue dita, finché non arrivarono entrambi ad accarezzarle in ventre.
Dana avvertì un brivido scenderle lungo la schiena, sorpresa da quella reazione.
Severus rialzò lo sguardo su di lei, uno sguardo serio e determinato, ma anche più vivo di quanto non fosse mai stato. La abbracciò alla vita e le posò un bacio sulle labbra, affondando subito dopo il viso tra i suoi capelli, cercando di soffocare malamente una risata.
"Grazie. Amore mio, grazie!" Le disse all’orecchio senza lasciarla andare, le parole soffocate dall’emozione.
Dana ricambiò l’abbraccio di slancio mentre il nodo che aveva in gola le incrinava la voce.
"Allora…ci…ci vuoi tutti e due?"
Solo allora Severus si scostò appena, guardandola con un misto di determinazione ed euforia.
"Sarei un pazzo se rinunciassi a voi. E anche se non ci fosse il bambino in arrivo…Dana, ti chiederei comunque di diventare mia moglie."
Troppo felice per rispondere, Dana gli gettò di nuovo le braccia al collo e lo tirò verso di sé, scoppiando a piangere mentre annuiva, dimenticando per sempre la paura.
 
Ad aprile, in una vecchia chiesetta abbandonata in mezzo alle montagne, si svolse la semplicissima cerimonia che li unì in matrimonio.
Di comune accordo decisero di invitare pochissime persone, solo quelle che loro consideravano i "sopravvissuti" in grado di gioire davvero con loro: Minerva, Remus, Tonks, Harry e Ginny, Ron e Hermione.
Severus volle Draco come testimone, e il ragazzo si dimostrò sorpreso e grato per quel ruolo, ritornando appositamente dai suoi viaggi per festeggiare con l’uomo che lui stesso aveva definito, in un raro momento di confidenza, come il suo secondo padre.
Draco vedeva Lucius con regolarità e ostinazione, cercando di impedire al padre di perdere se stesso tra le mura della prigione magica, e Dana si convinse, nel rincontralo, che la forza e l’ambizione del giovane Malfoy gli avrebbe permesso di raggiungere anche quel risultato.
Lei invece aveva voluto come testimone Ninfadora Tonks. In quegli anni avevano condiviso pene e gioie, unite da esperienze apparentemente diverse ma emotivamente molto simili.
"Ah, quando si amano uomini come i nostri…" continuava a ripetere scherzosamente Tonks, e Dana ne rideva sempre, ma in fondo sapeva che era esattamente quello il punto. Nessun altro avrebbe potuto mai capirle come si capivano tra loro.
Così Tonks aveva accettato di farle da testimone e si era presentata alla cerimonia con i capelli lisci, verdi, e con le punte d’argento.
Severus l’aveva guardata con un misto di scetticismo e incredulità, ma lei gli aveva sorriso, gli aveva fatto l’occhiolino e aveva preso posto accanto a una Dana troppo impegnata a non scoppiare a ridere. Remus invece si era limitato a sorridere sornione.
Due mesi più tardi, agli inizi di giugno, nacque Gregory Piton, futuro grifone, compagno di avventure e solidale spalla di un tal Sirius James Potter (con gran disperazione del padre ed enorme soddisfazione della madre), più vecchio di lui di un paio di mesi.
Gregory fu seguito da Eileen, brillante e testarda serpe, empatica come la madre, destinata ad inciampare in un amore scomodo e orgoglioso con il suddetto miglior amico del fratello.
Poi arrivò anche Kate, tranquilla Tassorosso, gentile strega capace di calmare gli animi anche nelle situazioni più roventi (ce ne furono molti).
Infine, Conrad, Corvonero, minuto e silenzioso, devotissimo allo studio e alla sperimentazione, determinato a seguire le orme lavorative del padre.
Ma la mattina della nascita di Gregory tutto questo era ancora solo nelle stelle, lente e impossibili da comprendere fino in fondo.
Quello che invece provò Severus Piton nello stringere tra le braccia il suo primo figlio non era per nulla oscuro o ignoto, ma gioia nella sua più piena forma; chissà, forse Albus alla fine aveva avuto ragione nel vedere anche per lui una vita da vivere, dopo tanti sacrifici. Per questo, per far vedere al vecchio Preside che aveva infine mantenuto la promessa, Severus portò Gregory sulla tomba bianca che svettava vicino al Lago Nero.
"La vedi, questa, Gregory? Questa è la tomba di uno dei tuoi nonni. La tomba di un uomo che ci ha donato tantissimo, soprattutto l’insegnamento più prezioso del mondo."
Posò esitante un bacio sulla fronte del bambino che gli sonnecchiava tra le braccia, poi rivolse lo sguardo alla tomba.
"Vedi Albus, alla fine il più grande mistero, la più grande forza che un uomo possa possedere, ha travolto interamente anche me."
Gregory si mosse un po’ più energicamente contro il suo petto e Severus lo cullò appena. Era ora di rientrare. Però aveva ancora una cosa da fare… facendo attenzione a non svegliare il bambino si chinò e si inginocchiò, allungando le magre dita a sfiorare la superficie liscia che aveva dinnanzi, vedendo chiaramente davanti a sé l’immagine del suo mentore.
"Ti voglio bene, Albus."
Un soffio carico di nostalgia uscito dalle labbra, accompagnato da lacrime silenziose che gli annebbiarono la vista ma che non scesero.
Poi si alzò, sorrise appena alla tomba come mille volte aveva fatto alla schiena di Silente e si allontanò, tornando con passo misurato e deciso verso sua moglie e la sua vita.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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