Il Paradiso Perduto.

di Dave1994
(/viewuser.php?uid=144747)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Apocalisse,capitolo primo. ***
Capitolo 2: *** Quello di cui il mondo e il tempo ci hanno privato. ***
Capitolo 3: *** La Voce. ***
Capitolo 4: *** Samael. ***
Capitolo 5: *** Je souhaite.... ***
Capitolo 6: *** Preludio. ***
Capitolo 7: *** Requiem. ***
Capitolo 8: *** Onda d'urto. ***
Capitolo 9: *** Tempi di cambiamento. ***
Capitolo 10: *** Sweet home,Fortuna. ***
Capitolo 11: *** Si apre il sipario! ***
Capitolo 12: *** La seconda caduta di Samael. ***
Capitolo 13: *** Santa Lucia. ***
Capitolo 14: *** Legami. ***
Capitolo 15: *** Quindici minuti a mezzanotte. ***
Capitolo 16: *** Il dì dopo la Creazione. ***
Capitolo 17: *** Il male risorge sempre a mezzanotte. ***
Capitolo 18: *** Fuoco,sangue,sudore e lacrime. ***



Capitolo 1
*** Apocalisse,capitolo primo. ***


In qualche luogo, ai nostri tempi.
 
Ed il cielo si squarciò, come due lembi perfetti di un foglio di carta: le nuvole si fecero da parte, rivelando l'azzurro del cielo e poi il nero sovrannaturale dello spazio. Dopodichè, senza nessun preavviso, un fascio di luce bianca si abbatté su quella landa desolata, il cordone ombelicale di una madre che ancora non vuole abbandonare il proprio figlio. Il turbine di energia vorticò su sé stesso e il serpente di bianco avorio che era diventato si attorcigliò sempre di più, snodandosi fino a mostrare tre sagome umane e tuttavia indefinite, come il timido abbozzo di un disegnatore alle prime armi. Così come questo spaventoso evento ebbe origine dal nulla, così finì: all‘improvviso. Il vortice di luce cangiante si ritirò nel cielo, richiudendo il varco nelle nuvole che si era aperto dietro di sé.
Più in basso, le tre figure giunte dal nulla assunsero una sembianza definita: due uomini e una donna in giacca e cravatta, tutti biondi e dagli occhi azzurri come il ghiaccio. Il più alto, quello con i lineamenti più duri e severi, si aggiustò l'abito e dischiuse le labbra.
Parlare era ancora un'esperienza nuova, per lui. Non che non l'avesse mai fatto prima, s'intende: questa non era la prima delle incarnazioni di Ramiel, e non sarebbe stata l'ultima. Stavolta però lo incuriosiva moltissimo il travestimento scelto prima della Discesa.
Assomigliava in tutto e per tutto a un contabile o un ragioniere. 
- Se non altro, è elegante. Sempre meglio di un'armatura, no? - disse l'individuo accanto a lui, abbigliato nello stesso identico modo. Ramiel lo guardò prima con i suoi occhi terreni e subito dopo con il suo vero Occhio, e riconobbe Samael. Un'ottima scelta per la loro missione.
- Ricorda l'obiettivo, capito? Siamo qua solo per i demoni. - gli disse Ramiel, guardandosi intorno. Erano nel bel mezzo del nulla.
- Ehi, dubiti di me? -
- Hai dei trascorsi. -
- Erano altri tempi. Ora sono diverso. -
- Lo spero. -
Dei tre, la donna era l'unica che non aveva ancora aperto bocca. E tutto sommato, era meglio così. Con la sua pelle bianca quasi come il latte, i suoi capelli biondi e gli occhi azzurri avrebbe fatto girare la testa a qualsiasi uomo e Ramiel sperava che ciò non accadesse.
- Cecil, metti il filtro. E non aprire bocca, se non te lo ordino io. Tutto chiaro? -
La donna annuì, sistemandosi i polsini del suo nuovo completo.
- Ok, direi che siamo pronti. Voi occupatevi delle Quattro Legioni, io penso a...quell'altro problema. -
- Ehi! - lo interruppe Samael, contrariato - li volevo io i mezzosangue! -
Ramiel assunse un'espressione stanca, poi trasse dalla tasca una piccola moneta d'argento.
- Testa, vado io - rispose, mostrando l'immagine di spada rivolta verso il basso - croce, tocca a te. -
E detto questo, voltò la moneta dall'altra parte. Stavolta a risaltare fu un teschio intento a digrignare i denti.
L'arcangelo lanciò in aria la moneta, per poi riafferrarla una volta raggiunta l'altezza del suo volto. Poi, se la portò sul dorso della mano e levò le dita.
- Testa. -
- Uffa. - rispose l'altro, ma Ramiel sapeva che avrebbe eseguito gli ordini. Samael era tenuto d'osservazione dal Capo, lassù, da qualche parte nelle sfere celesti. Alla minima esitazione, sarebbe stato incenerito all'istante.
D'altronde, era risaputo il disprezzo universale che l'ex angelo caduto provava per uomini e demoni.
- Andiamo. Veloci e discreti. Conto di levarmi queste spoglie mortali entro la notte di domani. -
Svanirono. Come il sole che lascia posto alla luna, in alto nel cielo, al calar della sera.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Quello di cui il mondo e il tempo ci hanno privato. ***


La vita continua.
Così aveva detto Nero, quando era venuto a sapere della partenza di suo padre. 
Ma non c'era bugia peggiore.
Gli mancava.
Era furioso: avrebbe avuto voglia di prenderlo per il colletto e scuoterlo ripetutamente, dicendogli come lui e Dante avevano rischiato la vita per riportarlo tra di loro.
E invece, no. Vergil era insoddisfatto della sua vita e se n'era andato via, per sempre.
E suo zio, Dante l'acchiappademoni, l'erede del leggendario Cavaliere Nero, l'aveva lasciato partire.
Ai suoi occhi pareva un tradimento.
Per questo, aveva deciso di non rivolgergli più la parola, forse per sempre. Kyrie aveva cercato di dissuaderlo più e più volte da questo terribile proposito, ma Nero si era innervosito ogni volta al punto da finire la cena in silenzio, e la ragazza aveva presto imparato a non citare nemmeno più l'accaduto.
Semplicemente, la loro famiglia era divisa come una volta. A nulla erano valsi i loro sforzi di ricostituire almeno una parvenza di vita normale. Certo, qualche volta Lady telefonava ancora a Kyrie, magari di sera tardi, quando Dante era probabilmente in giro per conto suo con lo scopo di godersi un po' di sana tranquillità da ogni cosa, ma ciò era diventato poco meno di un'abitudine.
Tranne quando Nero non era in casa.
Allora, in quell'occasione, le due donne si perdevano in lunghe discussioni e rimpianti sul passato, quando ancora tutti potevano godere della compagnia dell'altro.
La famiglia Sparda, quasi come se fosse una maledizione, era destinata a vivere in solitudine, esiliata dal resto del mondo. Così come Nero aveva reciso i contatti con Dante, così Dante li aveva recisi con il resto del mondo.
Ma la verità era nota a tutti, sebbene nessuno volesse davvero ammetterlo.
Dante stava diventando sempre più vecchio.
Sebbene il suo sangue fosse per metà demoniaco, proteggendolo così da malattie e invecchiamento, la vita cominciava a stancarlo. Le battaglie del passato ora cominciavano a pesare sulla sua schiena come macigni: il gusto della lotta, la frenesia della battaglia, erano svaniti. Oramai da tempo.
Questo pensava Nero, seduto su uno scoglio in riva al mare a contemplare il tramonto.
Questo ammetteva Dante, sdraiato sul ramo di un albero a meditare.
Due anime così affini, eppure così distanti. La differenza di età stava diventando sempre di più un ostacolo insormontabile: Nero oramai andava per i vent'anni, diventando un giovane uomo con all'orizzonte la responsabilità di una famiglia, e Dante invece si stava avvicinando pericolosamente ai cinquanta.
- Se Vergil non ci avesse mai abbandonato, le cose sarebbe finite così male? - chiese Kyrie a Lady, giocherellando con il filo del telefono. I suoi occhi tradivano preoccupazione per il fidanzato, sempre più burbero e taciturno a ogni accenno di Dante.
- Non era giusto per lui, Kyrie. Vergil non apparteneva a questo mondo, sebbene un tempo ne avesse fatto parte. Alla fine a rimetterci era lui: credo abbia fatto la cosa giusta. Sono stati gli altri due a prenderla così male. -
- Lady... -
- Dimmi. -
- Se Dante non ritrova sé stesso, se continua a lasciarsi andare così...chi ci proteggerà, nel momento del bisogno? Dubito che il mondo potrà mai essere davvero al sicuro. Non ho dimenticato quando Nero aprì...la Porta, né quello che ne fuoriuscì. -
- ... -
- Come faremo? -
- Io... - rispose Lady, esitante. Alle sue spalle, sentì un rumore di passi. Dante stava per rincasare. - Io non lo so, Kyrie. Ora però devo andare, magari ci sentiamo prima di domani pomeriggio. -
- Buonanotte, allora, a domani. -
Entrambe attaccarono la cornetta. Da una parte, una si voltò per osservare la spiaggia e il suo ragazzo sdraiato in lontananza, mentre l'altra diede il bentornato al suo uomo.
- Ehilà, bello. -
- Mh. - rispose l'acchiappademoni, con un cenno di saluto. Dopodichè salì le scale, diretto verso la sua camera.
- Ehi, domani ti andrebbe di venire con me su al vecchio forte? Dicono che i fantasmi lo infestino ancora, e poi c'è una splendida vista da lassù. - buttò lì la donna, prima che Dante svanisse dalla sua vista. L'uomo nemmeno si voltò per rispondere.
- Non so, Lady, comunque perché no? -
Lei sorrise.
Sapeva che non ci sarebbe venuto.
- Buonanotte. - disse lui.
- Buonanotte - rispose Lady.
Dante aprì la porta e la richiuse alle sue spalle.
"Sembra sia invecchiato di trent'anni in un secondo." pensò Lady, mentre una lacrima le solcava il viso.
A chilometri e chilometri di distanza, nello stesso momento, Kyrie stringeva tra le mani il ciondolo dorato a forma di cuore che si era ritrovata misteriosamente addosso quella notte che sembrava lontana secoli. Nero l'aveva visto e non aveva detto nulla, né le aveva chiesto dove se lo fosse procurato. Forse non ci aveva fatto nemmeno troppo caso.
Ma, a differenza di ciò che pensava la ragazza, il giovane l'aveva riconosciuto eccome, così come aveva percepito l'eco di magia che ancora vi aleggiava, pigro come una farfalla su un fiore. I resti di un incantesimo che tuttavia era troppo leggero e carezzevole per appartenere a suo padre.
Oh, Nero immaginava a chi appartenesse quella traccia mistica.
Ma rifiutava di ammetterlo, ecco la verità. E poi, che la sua ragazza possedesse un gioiello di sua madre, non era poi un'idea così brutta.
Solo, lui non voleva più saperne di nulla. La vita era troppo breve per doverla vivere con preoccupazione.
In questo, la pensava in maniera molto simile a Dante.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** La Voce. ***


In un bar malfamato come tanti altri lungo l'autostrada, sotto una luna come tante prima d'ora.
 
Si sa, la notte risveglia la parte più primordiale di ognuno di noi. Tra alcool, donne e droga, persino buona parte della Legione di Lucifero si stava dando alla pazza gioia: davanti a tutti, i Magnifici Sette, così come gli altri subalterni amavano chiamare i Sette Peccati Capitali.
Superbia, Avarizia, Lussuria, Invidia, Gola, Ira e Accidia. Furono loro a prendere il comando dopo la caduta di Lucifero e, prendendo possesso di una manciata di corpi, decisero di anteporre il divertimento alla conquista del mondo.
Diamine, dopo millenni di repressione e frustrazione passati nell'aere senza fine dell'Inferno, ora era giusto godersi un po' la vita dei mortali e cavolo, era davvero la fine del mondo nel vero senso della parola!
- E poi ti chiedi come fanno a finire laggiù così tanto facilmente? Mi stupisce che qualcuno dica no a tutto questo. - osservò Invidia, la cui natura si rivelò in ogni sua singola parola. Aveva sempre desiderato furiosamente il libero arbitrio degli essere umani, e ora l'aveva ottenuta! Invidia non aveva più ragione di invidiare la vita di qualcun'altro.
- Se solo mi avessero detto che è tutto così gustoso, qua. - rispose Gola, strafogandosi di nachos piccanti. Intanto, attorno a loro, i demoni minori si perdevano nei divertimenti più disparati: qualcuno aveva persino avuto la brillante idea di rubare una Xbox, e ora stuoli di creature a stento racchiuse in corpi mortali si riempivano di legnate per giocare al nuovissimo Call of Duty. Sì, esatto: l'anima demoniaca ogni giorno straripava sempre di più attraverso la pelle, la carne e le ossa e presto sarebbe serviti nuovi corpi più freschi. Superbia lo sapeva bene: in qualità di peccato capitale supremo, la sua forza era considerevolmente più grande degli altri e cominciava a sentire il suo corpo disfarsi, come un castello di carte.
Il giorno prima aveva persino perso una mano, staccatasi come la muta di un serpente.
"Dobbiamo allargarci. Questo bar non può più ospitarci, tutti quanti" pensò l'uomo dalla camicia aperta e dai lunghi capelli corvini, al cui  interno si celava il più terribile dei Vizi Capitali "e comincia a puzzare davvero parecchio, qua dentro."
Ma prima che Superbia potesse pensare qualcos'altro, una donna entrò nel locale. Nessuno dei demoni ci fece caso, troppo impegnati a concedersi piaceri a lungo negati. Lussuria fu il primo a scattare sull'attenti, non tanto per l'abito della nuova arrivata, quanto per l'eco di potere che emanava.
Un altro demone della Legione?
- Ehi, bellezza. Hai perso la strada? - disse il demone del desiderio sfrenato, sfoggiando la giovanissima età del corpo che lo ospitava: era stato un ragazzo davvero affascinante, in vita, dal profilo greco perfetto e biondo come il grano, ma ora non era altro che un contenitore vuoto, una marionetta nelle mani di un diavolo.
La donna non rispose, sedendosi invece sul bancone. Fece saettare i suoi occhi azzurri lungo tutto il bar, e stavolta ogni singolo demone presente nella stanza si voltò verso di lei.
E riconobbero il pericolo, sebbene fosse troppo tardi. Fin dall'alba dei tempi, i demoni non avevano mai posseduto un Occhio come quello delle creature superiori, ma la prolungata permanenza nei vari piani della realtà aveva donato loro una sorta di fiuto astrale, la versione mistica di quello dei segugi.
Superbia se ne accorse per primo, a causa dei suoi sensi superiori.
- Che ci fai, qua? - disse con voce dura, intimando agli altri di portarsi in posizione. All'istante zanne, artigli e altri propaggini bestiali comparvero da ogni dove. 
La donna bionda, in giacca e cravatta, era ora circondata. Tuttavia, rimase in silenzio, con un sorrisetto ironico stampato sul viso.
- Capo, forse dovremmo... -
- Silenzio. - rispose bruscamente Superbia, interrompendo sul nascere un Gola ora mite e contrito.
Poi, si rivolse nuovamente alla donna.
- Allora, perché sei qua? Vieni per conto del Gran Capo? Beh, puoi dirgli di andare a farsi fottere. Adesso comandiamo noi, sappiamo bene che non ha nessun potere qui. -
La nuova arrivata non si mosse minimamente, ma anzi accentuò la sua risata silenziosa.
- Perché cazzo non rispondi? -
Altro silenzio. Nessuno dei presenti aveva il coraggio di proferire parola.
Superbia fece un passo indietro, mentre dalla sua fronte spuntarono tre corna nere come l'ebano.
- Sistematela. -
La donna alzò una mano, prima che gli innumerevoli diavoli davanti a lei potessero scattare all'attacco.
- Vuoi dire qualcosa? Parla, adesso o mai più. - disse Superbia, e questo fu il suo errore più grande.
La donna scese dal bancone, si avvicinò all'uomo fino a piazzarsi a pochi centimetri dal suo volto. Il demone poteva ora distinguere ogni minuscola sfumatura di grigio e di azzurro negli occhi dell'essere di fronte a lui.
Poi, la nuova arrivata dischiuse le labbra e Superbia capì che era ormai troppo tardi.
- Sparite. -
L'ultima cosa di cui il demone poté rendersi conto furono le grida di tutti gli altri presenti, mentre una cortina di un bianco accecante calava sul mondo. L'esplosione di energia fu tale che demoni, bar e anche buona parte di strada tutt'intorno vennero rasi al suolo.
 
***
 
Al limitare di un'autostrada come tante, sotto una luna come tante prima d'ora.
 
Cecil si guardò attorno, osservando con freddezza e con distacco l'enorme cratere cui si trovava al centro. Sotto di lei, terra bruciata e steli d'erba inceneriti si disintegravano a contatto con l'aria.
L'angelo dischiuse il suo Occhio e raggiunse alla velocità del pensiero, attraverso i piani della realtà, quello di Ramiel.
"Qui ho finito." 
"Molto bene. Occupati degli altri. Samael?" rispose l'Arcangelo, ringraziando il cielo che quello della collega fosse solo un pensiero, un guizzo di coscienza, piuttosto che la sua Voce.
"E' andato a recuperare la reliquia."
Ramiel annuì. La chiave del successo stava nell'effetto sorpresa: doveva cogliere gli Sparda di sorpresa.
Erano forti e caparbi. Un errore si sarebbe rivelato fatale.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Samael. ***


- Samael qui, Samael là, Samael scià! - borbottò l'individuo in giacca e cravatta, al centro dell'enorme che cratere che si estendeva per chilometri in mezzo a quell'anonimo deserto senza fine, da qualche parte nel mondo.
Certo che fanno proprio le cose in grande, lassù.
L'angelo scrollò le spalle e aguzzò la vista. O, per essere corretti, le aguzzò entrambe. Mentre la prima, terrena e fallace, scrutava al di là delle dune sabbiose sopravvissute all'impatto della reliquia, la seconda attraversava i diversi piani che compongono quello che i filosofi tanto amavano definire "realtà", la quale a sua volta non era altro che un semplice substrato, come gli strati di una cipolla...
- Beccata. - esclamò Samael, chiudendo il suo vero Occhio più per il fastidio che per il raggiungimento del suo scopo. In quella forma così terrena, così fragile di uomo e quindi di mortale, sfoggiare la sua vera natura era abbastanza stancante per lui, come un uomo che all'improvviso si ritrova a non poter più sollevare pesi a causa del gesso che porta al braccio sinistro.
Dopo due minuti, l'uomo in giacca e cravatta - o almeno, quella che sembrava essere un uomo in giacca e cravatta - reggeva in mano una curiosa custodia nera, lunga come quella di una chitarra. 
- Come vorrei che lo fosse. -
Oh, sì. Samael era un appassionato di musica, di tutti i tipi: rock, folk, pop, classica e persino metal. Dio, gli uomini meritavano di esistere solo per averla messa al mondo.
- Non per nulla, lassù abbiamo solo i migliori. - disse l'angelo, sorridendo. 
 
***
 
"Samael, dove sei?" chiese una voce nella sua testa, sulla via del ritorno.
"Sto tornando a casa, paparino.
"Sii serio, per favore. Ce l'hai?"
Samael sospirò. Non c'è nemmeno un Arcangelo con il senso dell'umorismo: uno dei tanti motivi per cui si era unito alle schiere di Lucifero, millenni prima. Perché l'ex angelo caduto era l'esatto opposto dei suoi fratelli, con la sua sfolgorante ilarità e le sue passioni terrene.
Cibo, musica, pittura e innumerevoli altri esempi atti a dimostrare la fortuna degli uomini.
Diavolo, come li invidiava a volte.
"Sì, l'ho presa. Dov'è il punto d'incontro?" fu la sua semplice risposta. Tanto valeva lasciar perdere, con Remiel. Poco incline alle chiacchere, tutto ordini e medaglie al petto. Speranza nel mondo, portare Dio agli uomini, blablabla.
"Fortuna. Cecil ha da fare, per ora: inizieremo noi due."
"Sta bene. Passo e chiudo."
"Cosa?"
"Niente."
 
***
 
Samael chiuse il contatto e fu allora che accadde. Un'idea così sfolgorante che quasì si maledì per non averci pensato prima.
Completamente folle, ma proprio per questo geniale. L'angelo la soppesò, per valutare i pro e i contro.
Andiamo, non scherzare.
Ma perché no, invece, disse una seconda voce nella sua testa. Persino un angelo è posto davanti a decisioni, qualche volta.
Una svolta per il mondo. Ecco a cosa pensava Samael, mentre i suoi passi echeggiavano nella silenziosa strada di quel curioso villaggio turistico nel quale era capitato nel suo cammino verso Fortuna. Istintivamente si chiese se esistesse una qualche entità femminile legata alle ispirazioni, perché in quel momento doveva averlo baciato come minimo. Se fosse stato gretto come un essere umano, avrebbe persino ipotizzato che ci fosse finito direttamente a letto.
Ogni cosa in seguito venne da sé. Ogni tassello di un piano semplicemente folle si posizionò al suo posto, assumendo una forma.
E' davvero possibile?
Me la sento di rischiare tanto?
Ma Samael guardò in faccia il mondo, Inferno e Paradiso e disse a tutti loro  "faccio a modo mio". L'originalità è la linfa vitale delle persone e la fortuna sorride agli audaci. E lui era davvero un audace, ce l'aveva nel sangue. Secoli prima era caduto in tentazione per un ideale di libertà tanto agognato da coloro ora privati della grazia divina.
Ma, eccezionalmente, non pensò ai suoi vantaggi. Pensò a quelli di tutti.
L'equazione poteva avere più risultati, e lui voleva averne uno soltanto.
Libertà.
Samael non sapeva che quello a cui tanto ambiva era soltanto l'opzione del libero arbitrio che agli angeli e ai demoni non è mai stata concessa.
E dunque, che sia. Proviamo a far suonare quest'orchestra. Sono abbastanza stanco di tutto questo per rischiare.
Magari riuscirò a rendere persino il mondo un posto migliore.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Je souhaite.... ***


Oh, sì. Lady aveva insistito parecchio e alla fine ce l'aveva fatta. Convinse Dante a raggiungerla sul tetto del Devil May Cry, famoso nella loro piccola famiglia per avere una splendida vista sul cielo notturno.
- Ciao, bello. - disse la donna, sorridendo alla vista dell'uomo vestito in rosso, dall'aria così stanca che pareva aver sollevato pesi tutto il giorno. Stava sdraiata su un lettino da sole, posto esattamente nel centro della terrazza. Dante la raggiunse con passi tardi e lenti, avrebbe detto Petrarca, quasi come se non avesse fretta. Quasi come se avesse scoperto solo adesso la vita e fosse stato deciso a gustarsela fino all'ultimo secondo.
- Ti ho fatto aspettare, dolcezza? -
Lady sentì il cuore sobbalzare, letteralmente. Il Dante di un tempo cercava di farsi largo in quello vecchio, riuscendo a strappare un brandello di esistenza di tanto in tanto.
- Oh, non come le altre volte. Non ti preoccupare. -
Dante rise e questo apparve a Lady come una benedizione. Questa era una di quelle serate, dove il passato tornava a farsi vivo e l'amore non era per niente escluso. In questi momenti, la vita riappariva agli occhi della donna in tutto il suo splendore.
L'amore è davvero una forza incredibile, a volte.
Dante prese posto nel lettino accanto a lei e, sorprendendola, lo avvicinò al suo.
Quella sera, qualcosa era davvero diverso.
- Non sono meravigliose le stelle, stasera? Ti ricordi quando.... -
- Shhht. - disse lui, chiudendole la bocca con una mano. Poi portò la sua testa vicino alla sua e la baciò con una forza che non mostrava più da mesi: Lady si lasciò andare alla burrasca che era quella sera il suo compagno di vita, senza opporre resistenza.
Labbra contro labbra, sotto le stelle, per minuti interi. Una passione che risorge, come la fiamma della fenice che istintivamente dischiude le ali e spicca il volto, senza curarsi del mondo attorno a lei.
Lady si ritrasse, interrompendo il lungo bacio. Una lacrima argentea le tingeva ora il viso di un rosa pallido.
- Che ti è successo, Campione? Perché a volte ti sento così...distante da me? Da tutti noi? -
Dante guardò le stelle, con i suoi occhi di ghiaccio, e Lady vide un'altra volta la sua forza, la sua maledizione. Percepì la sua aura demoniaca, ma non se ne curò: come disse qualcuno, una volta., l'amore ha le sue ragioni... ...che la ragione non conosce.
- Scusami. E' solo che... -
Lei gli mise una mano sulla nuca e la avvicinò alla sua.
Se solo Dante avesse realmente compreso l'entità del sentimento di Lady, sarebbe rimasto scombussolato. Il vero amore è una fiamma che brucia in eterno sopravvivendo persino alla morte, talvolta.
- A me puoi dire tutto, Tigre. -
D'improvviso, le esitazioni e le incertezze di Dante svanirono. Ancora una volta, Lady riuscì a penetrargli nel cuore e a riportarlo alla realtà.
- Mi manca. - disse Dante, tutto d'un fiato. 
E all'istante, un grosso peso svanì dalla sua coscienza.
Si reputava un uomo forte, ma ciò non gli impedì di versare una lacrima. Un tempo avrebbe pianto, sopraffatto dalle emozioni, ma era diventato più forte con il tempo.
Tuttavia, non ci si dimentica mai di sé stessi e di ciò che si è stati.
Forse versò più di una lacrima. Forse pianse. Cosa importava, alla fine?
Lady lo strinse a sé, in un abbraccio che voleva dire tutto e che non reclamava nulla se non il semplice fatto di essere viva e presente, agli occhi suoi. Rispettava il dolore di Dante, ma voleva una cosa sola da lui.
- Voglio esserci sempre per te. -
L'acchiappademoni sorrise, volgendo i suoi occhi grigi come il ghiaccio verso di lei.
- La vita è così breve, piccola mia. Non chiedere cose che possono risultare impossibili. -
- E allora? - rispose lei, acquistando fiducia - sono una romantica, checcazzo. Fammi causa. -
Risero entrambi di gusto, come non facevano più da tempo. Su quel terrazzo, passato e presente si riallacciarono dopo tanto tempo, danzando all'unisono.
- Non farmi mai più stare in pensiero, Dante. Ti prego. Ho detto addio alla mia famiglia, per te. - disse lei, con un fil di voce. Lo strinse ancora più forte a sé, come se questo potesse farlo rimanere accanto a lei per sempre.
Dante accettò l'abbracciò e lo contraccambiò con un nuovo bacio, ancora più vitale. Della stanchezza che lo affliggeva già non restava che una presenza lontana, un eco dello spirito.
Oh, sì. L'amore non sarebbe rimasto escluso, quella sera. 
- Ti manca davvero così tanto? - chiese Lady all'orecchio del compagno. Avrebbe voluto stringerlo in eterno, per non farlo fuggire mai.
L'acchiappademoni giocherellò con i suoi capelli, neri come la notte sopra di loro. E stavolta fu il suo cuore, la sua anima ruggente a parlare, non lui.
- Era mio fratello. -
Fu soltanto una frase. Che riassumeva l'universo intero.
Lady lo baciò una, due, tre volte. Poi reputò che non gli bastava e lo tirò verso il suo lettino.
Quella notte fu magica, per entrambi.
Quella notte, tutte le preoccupazioni svanirono.
Non è forse questa, la forza dell'amore? Spazza via le ombre che ci affliggono il cuore come il vento spazza via le foglie secche di un giardino in autunno. 
E domani, domani sarà soltanto un altro giorno. 
- Questa notte ci appartiene, non trovi? - disse lui, guardandola con gli occhi vispi che aveva oltre vent’anni prima.
Lady scoppiò a ridere, una risata rimasta innocente nonostante tutta la crudeltà del mondo.
E si lasciarono andare come non facevano da troppo tempo. Furono interrotti soltanto da una stella cadente solitaria, splendente nel cielo notturno come una fiamma che arde nell'ombra più fitta.
- Esprimi un desiderio, dolcezza. - disse Dante, staccandosi per un secondo dal corpo di lei. Desideroso però di riallacciarsi a quello splendido sogno.
La donna guardò la stella, con i suoi occhi marroni pieni di vita, e disse...
- Je souhaite....ehi, non si può dire, lo sai. Altrimenti non si avvera. -
Lo baciò di nuovo, mentre sopra di loro le stelle brillarono come non mai, quella notte.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Preludio. ***


- Ce ne hai messo, di tempo. - mormorò Remiel, guardando il cielo notturno. Quella sera, le stelle brillavano con particolare forza: l'uomo in giacca e cravatta provò persino a toccarle, con un dito, ritrovandosi però soltanto aria avanti a sé. 
"Chissà se sta pensando a casa." pensò Samael, in gran parte ancora elettrizzato per la brillante idea avuta qualche ora prima. 
Per un momento gli passò persino per la testa di chiederglielo. Ma a cosa sarebbe servito, alla fine? Remiel non era famoso per essere estroverso e di questo l'ex angelo caduto ne era ampiamente consapevole.
- Ehi, ho trovato traffico. - fu invece la sua risposta. 
L'Arcangelo gli rivolse uno sguardo eloquente, poi tese le mani e il suo sottoposto gli porse la lunga custodia nera e laccata d'argento. Con tre brevi parole, pronunciate in una lingua che il mondo oramai ha dimenticato da molto, molto tempo, Remiel aprì l'involucro e ne osservò il contenuto, sebbene sapesse già di cosa realmente si trattava: rimase comunque stupito nel constatare che un tempo, davanti alla sua richiesta di un'arma adatta ai mezzosangue, come erano spregevolmente chiamati Dante e chi come lui possedeva una natura sia umana che diabolica, gli avrebbero forgiato una spada. 
Ciò che ora si ritrovava davanti, invece, assomigliava in tutto e per tutto a quello che gli esseri umani chiamano "arma da fuoco". La reliquia altro non era che una pistola dall'impugnatura di madreperla, con una lunga canna di colore bianco. Nessun caricatore: lassù l'avevano forgiata per distruggere demoni e mezzidemoni e pallottole normali non hanno alcun effetto su di loro. Remiel si chiese cosa la alimentasse.
Presto lo avrebbe scoperto.
L'Arcangelo la impugnò, scoprendola stranamente pesante. All'istante, sentì vibrare la sua intera essenza, come un pezzo di diapason percosso una, due, tre volte. 
- Gran bel giocattolino. Hai intenzione di farci del Softair? - osservò Samael, indicando con un cenno la reliquia. Nella sua mente, quell'idea così folle si fece ancora sentire, gridando la sua esistenza.
No, non l'aveva certo scordata. La stava solo coltivando con amore, come il Piccolo Principe con la sua rosa.
- E' ora, Samael. Abbiamo aspettato fin troppo: rischiamo di far chiudere il Portale prima che tutto sia concluso. - disse Remiel, osservando l'orizzonte davanti a lui. In lontananza, le guglie di un castello bianco come l‘avorio si stagliavano contro la luna piena: l‘Ordine della Spada si ergeva in tutta la sua eleganza e la sua grazia.
- Riportiamo l'ordine in mezzo al caos, eh? Gran bell'affare. - commentò Samael, e s'incamminarono verso il luogo dove più di un anno prima Sua Santità Sanctus era risorto nelle vesti di un falso salvatore.
E insieme a lui i suoi seguaci, tra i quali uno ancora camminava sulla Terra.
Avrebbero iniziato da lui e lo avrebbero fatto con discrezione, silenziosi e rapidi come falchi che avvistano la preda e decidono di ghermirla con i loro ricurvi artigli.
Quella notte fu il preludio della fine. Samael lo sapeva, ma non disse nulla: era questa la loro missione, il loro compito.
Eliminare ogni presenza demoniaca sulla Terra. Da troppo tempo l'ordine naturale delle cose era compromesso: il momento di riportare le cose com'erano molto prima era giunto.
Samael si incamminò a fianco del suo superiore, lasciando dietro di sé una serie di orme sulla sabbia. Una serie di interrogativi gli affollava la testa, ogni secondo. Si guardò intorno, ammirando la natura rigogliosa e fiorente attorno a lui: dischiuse il suo Occhio, dando una rapida sbirciatina lungo i vari piani dell'Oblio. 
Forse il suo non era un piano così folle, dopotutto: forse era questo l'unico modo per impedire che le cose peggiorassero, nel prossimo futuro.
Ma come avrebbe fatto?
- Ti sento stranamente silenzioso. - disse Remiel all'improvviso, voltandosi verso l'angelo al suo fianco. Samael sorrise e indicò il castello.
- Come pensi di entrare? Sarà pieno di cavalieri, all'entrata. -
- Non avevo intenzione di usare la porta principale. - 
L'ex angelo caduto annuì, mentre una nuvola si pose davanti alla luna oscurandone momentaneamente l'ipnotico splendore. Nel frattempo, un uomo si affacciò alla finestra e vide due uomini in giacca e cravatta passeggiare lungo la spiaggia, senza farci tuttavia troppo caso. Dopo essersi lisciato il pizzetto, Credo mise una mano nella sua tasca per cercare il cellulare, con l'intenzione di chiamare sua sorella Kyrie per darle la buonanotte.
Se solo fosse rimasto ad osservare i due strani soggetti, non avrebbe mancato di osservare che ora stavano camminando esattamente lungo la torre di guardia, sfidando la gravità stessa. E forse avrebbe avuto persino abbastanza sale in zucca da fiutare il pericolo, specialmente dopo aver osservato la strana arma da fuoco che uno dei due reggeva tra le braccia.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Requiem. ***


Credo impugnò il suo cellulare nell'esatto momento in cui sentì un curiosissimo pizzicore alla base della nuca. Dapprima, il cavaliere non riuscì a capacitarsene la natura: era come se ci fosse qualcosa, dietro di lui...
Si voltò di scatto, portando la mano destra all'elsa della sua spada dorata. La lama sembrò rispondergli, trasmettendo un gradevole senso di calore lungo il suo braccio.
Non c'era nessuno, alla finestra. Era chiusa e dietro di essa, lontano nel cielo, la luna piena illuminava il mare sottostante creando un paesaggio fantastico e ipnotico. Ma Credo non volle fidarsi del suo sguardo: con un guizzo di coscienza espanse la sua aura demoniaca, sentendo improvvisamente una strana sensazione di leggerezza. Percepì qualcosa, all'esterno della stanza, e cercò di far chiarezza intensificando la sua indagine astrale.
Non ne ebbe possibilità: qualcosa di piccolo e veloce ruppe la finestra in mille pezzi, diretto verso di lui: i riflessi di Credo, pronti e allenati duramente, gli fecero estrarre la spada in meno di mezzo secondo e il cavaliere se la portò al viso, deviando l'oggetto che a un esame più approfondito si rivelò essere una moneta d'argento. Ma con sua immensa sorpresa, l'improvvisato proiettile non si fermò affatto e continuò a ruotare a mezz'aria, cozzando duramente contro l'acciaio della lama: scintille scaturirono dal contatto tra i due oggetti, finché la moneta non continuò la sua corsa andando a conficcandosi contro il muro.
Credo si voltò, osservando incredulo le crepe nella parete formatesi dall'impatto.
Che diavolo stava succedendo?
- Non dovresti essere qui. - sussurrò una voce, alle spalle di Credo. Fu uno sbaglio, quello di perdere d'occhio il muro: come si girò per osservare negli occhi colui che aveva parlato, la moneta riprese da sola la sua folle corsa e, come un boomerang, ritornò alla mano del suo lanciatore passando direttamente attraverso la spalla di Credo, che ruggì di dolore crollando in ginocchio. Si portò la mano destra alla ferita, lasciando cadere la spada, e sangue fresco gli sgorgò dalle dita.
- Bel tiro, capo. -
La prima voce non rispose e il cavaliere vide ora due uomini in giacca e cravatta di fronte a lui. Entrambi avevano capelli biondi e occhi azzurri, sebbene quello che aveva parlato li portava corti e pettinati. Credo notò che teneva una mano dietro alla schiena, mentre l'altra era tesa in avanti a pugno: gocce di sangue vermiglio ("Il mio sangue",pensò lui) cadevano a terra, come un rubinetto dimenticato aperto. Tuttavia non perse tempo e con uno scatto si rialzò da terra impugnando la sua spada: scattò verso i due aggressori, sollevando la lama dorata sopra la sua testa con l'intenzione di sferrargli un colpo letale, dall'alto verso il basso. La sua velocità era straordinaria, decisamente anormale per un essere umano, tuttavia non fu veloce quanto Remiel: nel tempo di un battito di ciglia lanciò nuovamente la sua moneta, imprimendole il moto rotatorio di un frisbee. Quando Credo vide il decino d'argento diretto contro il suo petto non perse tempo a schivarlo, troppo vicino e veloce qual'era.
Nell'esatto momento in cui l'attacco letale colpì il cavaliere in pieno, questi si trasformò in demone sfoggiando la sua forma angelica e la moneta rimbalzò, cadendo per terra. L'energia dell'impatto, tuttavia, era enorme e Credo venne scagliato contro il muro alle sue spalle.
L'uomo in giacca e cravatta si avvicinò al cavaliere, con passi lenti e misurati, mentre l'altro rimase indietro a guardare la scena. Remiel Squadrò brevemente Credo con una smorfia e sollevando la mano recuperò la moneta d'argento da terra.
- Non sei che la pallida imitazione di un essere glorioso e ancestrale. Mi infastidisci. -
- Che...cosa volete? - chiese Credo, cercando di mettersi in ginocchio. La spada era lontana, troppo per un ultimo attacco disperato.
- La distruzione di tutti i demoni, e guardacaso ne abbiamo uno di fronte. - rispose Samael, sorridente. Ma il cavaliere non gli fece troppo caso: aveva adocchiato la mano che Remiel aveva tenuto nascosta fin dall'inizio dell'assalto e ciò che reggeva. Non aveva mai visto nulla del genere
L'Arcangelo puntò contro di lui la sua curiosa arma da fuoco, sulla quale erano incise linee e glifi indecifrabili pulsanti di una sovrannaturale luce bianca.
- Addio. - disse, premendo il grilletto. 
Tutto divenne bianco, dagli strani uomini in giacca e cravatta fino alla stanza intera. Questa fu appunto l'ultima cosa che Credo vide in vita: un immenso, enorme sudario bianco come il latte che in meno di un attimo sembrò avvolgere il mondo intero. 
E, sebbene il cavaliere fosse già morto un tempo e sapeva com'era esalare l'ultimo respiro, questa volta era diverso.
Cessò di esistere nello stesso momento in cui Kyrie trasaliva nel sonno, come se fosse intrappolata in un orribile incubo. Non si sarebbe mai riuscita a capacitare del perché, se non molto tempo dopo. Intanto, Remiel aveva riposto la Spegnianime e si sorprese nel constatare che si sentiva affaticato e debole: l'arma ancestrale traeva potere dalla sua stessa forza vitale. Un gran brutto affare, ma era necessario per portare a compito la missione divina.
Samael strizzò gli occhi e osservò mesto la devastazione che la reliquia aveva causato. Davanti a loro ora si estendeva un nuovo passaggio attraverso le sale del castello, scavato direttamente tra le pareti in solido marmo bianco.
- Niente Inferno, eh? - 
- No. Solo l'Oblio eterno. -
Samael sospirò guardando il suo capo e si rese conto che era una fortuna essere dalla stessa parte, per una volta. Dio solo sapeva se quella sorte non fosse toccata a lui, nel passato di uno degli innumerevoli mondi paralleli.
Remiel si voltò, si diresse verso la finestra e osservò l'oceano.
- Al Devil May Cry. Poi, ci occuperemo di tutti gli altri. -

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Onda d'urto. ***


Credo morì, e con lui la sua anima. Entrambi furono inghiottiti dall'eterno fiume del tempo e dal vuoto dell'Oblio, che dona pace a ognuno di noi.
Tranne alle persone che amiamo.
Kyrie si svegliò di soprassalto in quel momento, percependo un pessimo presentimento aleggiare nella sua stanza. Né la vicinanza di Nero, il suo eterno amore, né la sensazione di calda sicurezza che quella casa donava loro bastò a sopprimere questo presagio.
Istintivamente provò il desiderio di piangere, poi quello di ridere della propria ingenuità. Poi, ancora quello di versare una lacrima.
Qualcosa era accaduto di terribile nel mondo. Qualcosa che l'avrebbe fatta piangere per anni, negandole quasi ogni possibilità di tornare a essere nuovamente felice in vita.
Poi, decise di dare voce al suo cuore e sussultò, gemendo. Nero sentì il suo lamento e la strinse a sé con fare protettivo, il braccio destro rilucente dietro al suo collo.
- Kyrie, cosa c'è? - chiese, preoccupato. Tutta la sua forza, tutta la sua vitalità sembravano svanite davanti a quel disperato volto in lacrime.
Quello spirito guerrier ch'entro gli rugge.
- Mio fratello è morto. -
E, davanti a queste parole, Kyrie non sarebbe mai riuscita a spiegarsi perché aveva detto questo né chi avesse rubato la sua voce per usarla al suo posto, poiché fu sicura di non essere stata lei a parlare.
Nero assunse un'aria sorpresa, poi la strinse ancora più forte a sé sussurrandole che lui era là con lei e che tutto andava bene.
- Non preoccuparti, Credo sta bene. Ne sono sicuro. -
 
***
 
Se solo il giovane avesse potuto udirla.
Se solo fosse riuscito a percepire la voce di Credo gridare nell'eco infinito del vuoto...ma purtroppo questo era impossibile.
Altrimenti si sarebbe accorto della nota di pericolo e terrore che ora permeava l'Oblio.
 
***
 
Trish avvertì qualcosa.
La sua anima demoniaca, sovrastante quella terrena e mortale, avvertì ora il pericolo cui era sottoposta. Lei, come anche tutti gli altri.
Ma la donna, copia speculare della madre di Dante, seguì l'istinto e non la ragione come Nero: prese il cellulare, compose il numero dell'acchiappademoni e lo chiamò, attendendo quel maledetto bip di conversazione attiva con tutta sé stessa.
 
***
 
Da qualche parte, in qualche luogo, un uomo osservò l'andare del mondo con fare triste e corrucciato. O meglio, l'anima di quello che era stato un uomo fece tutto questo. Sebbene la sua non fosse proprio un espressione: non essendo più terreno, non avrebbe potuto mimare qualcosa del genere senza i muscoli del viso che tanto contraddistinguono gli esseri umani.
L'anima di Vergil fluttuò in mezzo al nulla e si sporse per osservare meglio la dimensione materiale e corruttibile sotto di lui.
Dante, sta attento.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Tempi di cambiamento. ***


La morte di Credo fu avvertita da tutti i nostri compagni acchiappademoni, come una scossa di terremoto particolarmente forte. Dante aveva in mano una fetta di pizza ai funghi, quando percepì quella nera sensazione di morte. Immediatamente la poggiò sul bancone del Devil May Cry  scattando in piedi, la mano sul calcio di Ebony.
Contemporaneamente, il suo cellulare suonò.
Trish.
- L'hai sentito anche tu? - disse Dante alla compagna, con un tono mortalmente serio. Qualcosa non andava.
- Cosa credi che sia successo? -
L'acchiappademoni aggrottò le sopracciglia bianche come la neve, in evidente stato di concentrazione.
- E' accaduto qualcosa a Nero. Provo a chiamarlo. -
- Fammi sapere. - rispose Trish, attaccando la chiamata.
Dante ripose il cellulare nella tasca del soprabito rosso e si fiondò fuori dal locale, afferrando al volo la sua fida spada posata su un ripiano del muro. Era sicuro che sarebbe stato costretto a usare Rebellion, qualcosa nel suo cuore glielo diceva a gran voce.
Sarebbe tornato a combattere.
Coraggio, Dante. Un'altra battaglia, un'altra morte tra le persone che ami.
Avanti, Dante. Solo un'altra battaglia.
Ignorò il corso stesso dei suoi pensieri e con un agile balzo salì sulla sella...
...della sua Harley Davidson Wide Glide, da lui affettuosamente soprannominata Cerbero.
Che cavolo, un acchiappademoni non può forse concedersi qualche distrazione, ogni tanto?
Mise in moto e con un ruggito il bestione metallico sputò fumo e fiamme dal tubo di scappamento, partendo in quarta diretto verso casa di Nero.
 
***
 
Cerbero era ben più di una moto, per Dante: era una compagna di avventure, al pari della sua Rebellion. Ma sebbene non fosse un dono del padre, l'acchiappademoni provava un profondo affetto verso la sua Harley. Naturalmente il modello originale avrebbe avuto qualche difficoltà contro le forze soprannaturali che Dante in passato era stato chiamato a respingere, ogni giorno: Cerbero era stata modificata e resa molto più di una semplice moto. Potere demoniaco scorreva ora nell'intero esoscheletro del veicolo, garantendogli una protezione contro la maggior parte dei proiettili convenzionali, lo stesso potere chiamato a sostituire la benzina. Perché Dante era un amico dell'ambiente: la sua moto era a emissioni inquinanti zero.
Cerbero era da veri tamarri, avrebbe detto qualcuno.
Ma sebbene l'acchiappademoni credesse di sapere tutto, sulla sua motocicletta, in realtà era all'oscuro di un piccolo, quasi insignificante dettaglio.
L'energia oscura che scorreva in Cerbero l'aveva resa viva, addirittura senziente.
Chissà che colpo gli sarebbe preso a Dante, se la sua moto all'improvviso si fosse messa a canticchiare un motivetto qualsiasi per ammazzare la noia del viaggio.
 
***
 
Ma non accadde in quell'occasione: Cerbero in questo momento era impegnata nel cercare di decifrare le invisibili pulsazioni che permeavano i vari piani astrali della realtà. La moto diabolica percepiva qualcosa, simile al rimbombo di una potente esplosione poco distante da lei. Non era niente che avesse già visto in passato, nella lunga carriera di acchiappademoni del suo proprietario: non era qualcosa di origine demoniaca, anzi...
- Lady, sono diretto da Nero. Qualcosa non va, credo gli sia accaduto qualcosa. -
- Trish me l'ha detto - disse la donna, con voce preoccupata - sta' attento, Dante. Ho un brutto presentimento. -
- Anch'io. - rispose Dante, con voce distante. Al pari della sua moto, Dante percepiva il fronte di energia caustica proveniente da qualche parte imprecisata.
Non era opera di demoni, questa volta. Ne era sicuro.
- Ti raggiungo là appena sono pronta, potresti aver bisogno di... -
- No, Lady. Stanne fuori. Questa volta credo sia...diverso. -
La donna espresse tutta la sua incredulità attraverso la linea telefonica con attimi eloquenti di silenzio.
- ...diverso? -
- Non credo siano demoni, l'energia che sento è troppo...fredda. Aliena. Non l'ho mai sentita prima. -
Ma prima che Lady potesse rispondere, la batteria del cellulare si scaricò e un bip decapitò la chiamata, come un boia chiamato all'esecuzione di un condannato. Dante imprecò e mise via il telefono, spingendo ancora di più sull'acceleratore: Cerbero ruggì gioiosa e si lanciò in corsa, raggiungendo i duecento chilometri orari.
Doveva fare presto.
 
***
 
- Nero, ma che fai? - chiese Kyrie preoccupata, mentre il fidanzato caricava la Blue Rose con proiettili oliati e rilucenti ai raggi dell'alba.
- Kyrie, ascoltami. Devi nasconderti, chiaro? -
- Ma..perché? -
Nero non rispose, imbracciando anzi la sua spada a benzina e, facendo scivolare il dito sulla leva posta vicino all'elsa, ne constatò le condizioni ottimali. Red Queen prese fuoco, riscaldando l'aria vicina al punto da farla tremolare visibilmente.
- Kyrie, ascoltami. -
Il ragazzo le avvicinò il suo bracco demoniaco al volto e la donna notò una cosa che mai era accaduta prima: l'arto non brillava più di quella luce azzurrina che sempre l'aveva caratterizzato.
Il braccio di Nero era spento, come morto.
- Ma che succede al tuo braccio...? -
- Ascoltami - ripeté Nero, guardandola dritto negli occhi - tutte le volte che mi trovavo vicino a un altro...demone - si sforzò di pronunciare il ragazzo - il mio braccio splendeva di blu più forte che mai. Come se fosse a casa, capisci? -
- Ma guardalo, Kyrie. E' spento e credo...credo che abbia paura. -
 
***
 
Se il braccio di Nero avesse potuto provare emozioni e se il ragazzo stesso fosse stato in grado di percepirle, si sarebbe corretto subito. E avrebbe capito che non era paura, bensì qualcosa di parecchio più vicino al terrore.
 
***
 
Nell'esatto momento in cui tutto questo andava svolgendosi, due figure camminavano a passo spedito sulla spiaggia. Le onde del mare, infrangendosi contro gli scogli vicini e aiutate dal vento ora crescente, li spruzzavano di schizzi salmastri. 
Uno di loro si voltò e i gemelli sulle maniche della sua giacca scintillarono alla luce del sole nascente. 
- Cecil. - disse Ramiel, ma ciò che gli apparve lo sorprese. La donna bionda in giacca e cravatta era ora stata sostituita da...qualcos'altro. Un normale essere umano sarebbe riuscito a scorgere le sue fattezze per un solo decimo di secondo, prima di ritrovarsi gli occhi liquefatti da una luce di una potenza terrificante: ma l'Occhio dell'arcangelo andava ben oltre la forma terrena ed era capace di scrutare attraverso il tempo e lo spazio. 
Ciò che vide era un essere interamente ricoperto di piume elegantemente ordinate e bianche...
(come stelle grandi quanto un pugno brillanti nel mezzo della volta celeste)
(come una tormenta di neve così forte da gelare il sangue)
di una tonalità che nessuno ha nemmeno mai immaginato. Del resto, il colore è dettato dallo spettro luminoso: e gli angeli non sono forse fatti di luce? Manipolarli è uno scherzo, per esseri così maestosi.
Ramiel osservò con affetto le ali piumate sulla schiena della compagna, enormi, e la guardò negli occhi.
(zaffiri resi eterni dal cielo)
- Perché hai abbandonato la tua forma terrena? -
L'essere piumato aprì la bocca per rispondere, ma non ne uscì alcun suono. Un pensiero unico e vibrante di energia permeò invece le menti dei compagni ed era meglio così, credetemi.
Non ha retto all'uso prolungato della mia Voce.
Samael, il secondo uomo in giacca e cravatta, annuì pensieroso. Poi guardò Ramiel.
- Vai avanti tu. Io e Cecil dobbiamo metterci in comunicazione con le alte sfere. -
Una smorfia distorse il volto dell'arcangelo e l'ex angelo caduto si sentì in pericolo, come se si fosse tradito.
- E per quale motivo non posso essere presente anche io? Del resto, questa missione è stata affidata a me, Ramiel, la Folgore Divina e il portatore della Speranza...-
- Sì, sì, tante belle cose - rispose Samael con un sorriso - ma sono questioni private. Non ti preoccupare, ti riferirò più tardi. -
Ramiel si voltò verso Cecil, osservandola incredulo.
- Dice davvero? -
Cecil guardò prima l'uno e poi l'altro e forse fu proprio la sua vera forma a non farle tradire nessuna emozione.
Sì.
L'arcangelo non mutò la sua espressione, ma rilassò la postura. Samael tirò un sospiro di sollievo.
- Va bene, mi incammino. Vedete di fare in fretta. - disse, e si allontanò dai due. Quando fu lontano a sufficienza, l'essere piumato che un tempo era stato una donna bionda dagli occhi azzurri come il mare alle sue spalle osservò Samael. Impossibile decifrare la sua espressione: gli angeli non sono tanto raffinati come gli umani in questo.
Di solito non è che serva loro a molto.
Credo tu mi debba qualche spiegazione.
E fu allora che Samael cominciò a parlare. Le disse ogni cosa, ogni suo pensiero e lo fece in modo accorato, come un predicatore che recita alla folla la Parabola del Buon Pastore.
Quando ebbe finito, si fermò per prendere fiato. Non si accorse che Cecil aveva fatto un passo verso di lui.
Dovrei cancellarti dall'universo, per quello che hai appena detto.
Samael fece per rispondere, poi cambiò idea e richiuse la bocca.
Dimmi che non ho ragione, Cecil, e dimmi anche che sono l'unico a pensarla così. Lo sai bene.
C'è differenza tra pensiero e realtà.
Dio, Cecil! 
L'essere piumato arretrò di fronte a quell'invocazione.
Perché l'hai nominato?
Per farti capire che sto facendo sul serio. Avremmo l'appoggio di tutti, e sono intimamente convinto che tu ci creda ancora più di me.
Cosa ti fa credere che mi daranno ascolto?
Samael la guardò, mentre l'acqua del mare risplendeva della luce dell'alba.
Tempi di cambiamento erano in arrivo.
- Perché sei la Voce di Dio. -
Cecil rimase in silenzio, o almeno non comunicò più con la mente. Dispiegò invece le grandi ali piumate e si alzò in volo, fluttuando a mezz'aria.
Stiamo rischiando la vita.
Sono sicuro di quello che faccio. C'è troppo scontento lassù e ce ne sarà sempre di più: sono secoli che non fanno altro che lamentarsi e borbottare a bassa voce per la paura. E, cosa ancora peggiore, non c'è più nessuno a guidarci.
Siamo soli, Cecil. Lo siamo da sempre. E' ora di prendere in mano la situazione.
L'essere piumato annuì con il suo volto piumato e punteggiato da due stelle blu come il cielo senza nuvole e volò via, sparendo tra le nuvole.
Samael sapeva che Cecil era diretta al Portale. Stava rischiando molto per lui: era ora che ricambiasse il favore.
Si voltò verso il mare, mentre il sole di poco al di sopra delle acque iniziava a splendere in tutta la sua forza. L'angelo allargò le braccia, inspirando profondamente.
Lo amava.
Amava il mare, amava il cielo, amava la terra e ogni creatura che popolasse questi tre regni. Non avrebbe mai permesso che l'opera di suo Padre morisse.
Per questo aveva preso la sua decisione. Non era stato facile, poiché molto hanno creato gli umani di buono in millenni di vita: ma a volte si deve sacrificare qualcosa, in vista di un bene superiore. E mentre i mortali sono effimeri e la loro razza può essere ricreata senza problemi, questo mondo non è rinnovabile.
Pertanto, deve essere difeso. Anche a costo della vita.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Sweet home,Fortuna. ***


Il sole splendeva oramai alto nel cielo, sopra la spiaggia di Fortuna. E mentre Samael si preparava al duro compito che lo attendeva, Dante raggiunse la casa di Nero e posteggiò Cerbero per il lungo del marciapiede. Impugnò saldamente le sue due fedeli pistole gemelle e scese dalla moto, facendo guizzare lo sguardo qua e là per percepire anche la minima minaccia.
Non c'era nessuno.
Nell'esatto momento in cui la mano dell'acchiappademoni scivolò verso la fondina per riporre l'arma, due proiettili solcarono l'aria diretti contro il suo volto: Dante li evitò con riflessi che nessun umano avrebbe reputato normali, poi puntò Ebony della direzione dalla quale provenivano e vide Nero alla finestra, la Blue Rose fumante in pugno.
- Dante? - esclamò sorpreso il ragazzo, riponendo l'arma.
- Non metterla via, credo ti servirà tra poco. -
L'espressione interrogativa di Nero fu sufficiente a esprimere i suoi pensieri, ma l'acchiappademoni non ci badò. Si guardò intorno, percependo una strana sensazione.
Come se qualcuno li stesse osservando.
- Che sta succedendo? -
Dante impugnò l'elsa della Rebellion e la puntò davanti a se, con aria concentrata. Oh, sì, quel qualcuno era parecchio vicino.
- Tu stai bene? -
Nero lo squadrò da capo a fondo.
Questa era davvero una buona domanda da porre.
- Secondo te? - rispose con un tono eloquente, volgendo lo sguardo alle proprie spalle. Kyrie doveva essere dentro casa, al riparo.
Poi Dante la sentì. Dietro di se, una sensazione pungente come di intrusione e fastidio. Si voltò velocemente e con la mano sinistra premette il grilletto di Ivory più e più volte, scaricando una pioggia di proiettili su quella che, per chiunque se fosse accorto, sarebbe apparsa come una strana macchia nera in lontananza. L'ombra coprì rapidamente la distanza tra lei e l'acchiappademoni, mentre uno strano luccichio brillò all'improvviso a mezz'aria: Dante schivò all'ultimo secondo il decino d'argento che Ramiel gli aveva lanciato contro e, quando l'improvvisato proiettile fece per ritornare indietro dal suo proprietario, lo deviò con un possente fendente della sua spada.
Nero fu quasi altrettanto rapido nel rispondere al fuoco, ma non abbastanza da vedere Ramiel sopraggiungere di corsa verso di lui all'improvviso: l'arcangelo lo afferrò per il colletto della giacca e lo scagliò in direzione di Dante, sorprendendolo e infine travolgendolo con il corpo del nipote.
- Cazzo! - borbottò Nero, rialzandosi da terra. Puntò la Blue Rose verso il nuovo arrivato, ma la moneta d'argento riapparve disarmandolo con un doloroso impatto al suo polso. Con un gemito di dolore e di sorpresa, il ragazzo fece cadere la pistola reggendosi la mano sinistra ferita.
- A chi devo il piacere? - esclamò Dante, all'improvviso sorridente. Si era rialzato nell'esatto momento in cui Nero fronteggiava il nemico e adesso si scrollava quasi con noncuranza la polvere dall'impermeabile.
L'individuo sopra di loro, in piedi sulla ringhiera della casa di Nero, li osservava imperturbabile. I suoi capelli biondi, perfettamente curati, risplendevano alla luce del sole proprio sopra la sua testa e - Dante avrebbe giurato - così facevano anche i suoi occhi, sprigionando un accecante bagliore bianco.
Una cosa da pazzi.
- Mi chiamo Ramiel. - disse, parlando per la prima volta da quando era arrivato in presenza dei ragazzi. Poi distese le braccia verso i ragazzi, come in un invisibile abbraccio, e li guardò con aria mesta.
Come il boia costretto a eseguire la sentenza di morte.
- ...e sono spiacente nel dirvi che sono sopraggiunto qui per porre fine alla vostra esistenza, secondo il volere di mio Padre. -
 
***
 
Nero non si rese conto di aver spalancato la bocca, mentre Dante aveva assunto un'espressione buia e all'improvviso timorosa.
Se il tizio diceva sul serio, significava che era un Angelo.
Pensavo non esistessero sul serio.
Ramiel volse il suo sguardo verso Dante, guardandolo con curiosità.
Davvero? Quindi esistono demoni e non angeli?
Dante avvertì l'eco di quella voce nella propria testa e quasi non fece caso al fatto che era indietreggiato, involontariamente.
Tu...?
Sì, io. Ramiel. Colui che vide il primo filo d'erba, la prima goccia di rugiada cadere da una delle foglie della prima quercia mai nata. Colui che vide e fu la prima folgore.
Ehi, interrompo qualcosa?
Nero!
Il ragazzo colse l'espressione rabbuiata dello zio e fece per chiedere, ma l'arcangelo lo precedette e parlò.
- Non provate a scappare. Vi raggiungerei, alla fine, e lui lo sa. - disse, indicando un Dante paralizzato e senza fiato.
- Nero - disse l'acchiappademoni, scuotendosi dal suo torpore - non ascoltarlo. Dobbiamo andarcene, e alla svelta. Questa volta si mette male. -
- Ma che diavolo succede? - chiese Nero, mettendo mano tuttavia alla Red Queen. No, non sarebbe scappato: avrebbe combattuto fino all'ultimo.
- E' un.... - fece per rispondere Dante, ma in quel momento Ramiel invase totalmente la sua mente: l'arcangelo fece per sopraffarlo e all'acchiappademoni non rimase altra scelta che lottare in ogni singolo anfratto della sua psiche. I pensieri dei due si fusero a un livello che solo una volta Dante aveva provato, quando...
(hai lottato contro Lucifero e ne sei uscito vincitore)
(e sarà così anche stavolta, credimi)
(non ne sono tanto sicuro, figlio di Sparda.)
Poi fu un istante e Dante si ritrovò sulla strada davanti alla casa di Nero, stremato e ansimante. Davanti a lui Ramiel tratteneva con una mano la lama di Nero, incurante delle fiamme che andavano ora sprigionandosi dal filo della Red Queen.
- Nero! - urlò una voce di donna e lo sguardo di Dante corse sopra la scena che si presentava davanti a lui, verso Kyrie. Nero la percepì e la sua espressione tradì una miriade di sentimenti opposti: amore, paura, preoccupazione, terrore.
Fu uno sbaglio: Ramiel approfittò del momento di distrazione del ragazzo e gli strappò la Red Queen di mano, dopodichè la affondo con forza nel petto di Nero.
Dante rimase impietrito alla vista di suo nipote che crollava esanime a terra, la sua spada conficcata nel petto.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Si apre il sipario! ***


- NERO! - urlarono all'unisono Dante e Kyrie, mentre il corpo del ragazzo crollava esanime per terra. L'elsa della sua spada sporgeva dal suo petto, insolente, mentre l'individuo davanti a lui ne abbandonava la presa. Ramiel osservò con occhi lontani quelli ora vacui e assenti di Nero, dopodichè si volto verso l'acchiappademoni dai capelli bianchi. 
E fu in quel momento che Dante lo odiò come non mai, provando il cocente desiderio di ucciderlo a sangue freddo. Abbandonò qualsiasi remora morale ed estraendo le sue due pistole fece fuoco più e più volte sull'arcangelo, il quale fermò a mezz'aria i suoi proiettili con un pigro cenno della mano.
- Sarebbe tutto più facile, se solo... -
- Taci. - rispose Dante, interrompendolo. Impugnò saldamente la sua Rebellion e si gettò contro Ramiel menando fendenti devastanti al punto da disegnare archi invisibili sopra la sua testa: tuttavia il suo avversario era totalmente diverso da quelli che aveva affrontato finora. 
Ramiel era un Arcangelo, e non si sarebbe mai dato per vinto.
Con un boato, nella mano destra dell'avversario di Dante comparve un lampo di luce, accecante: fu un secondo e questo prese la forma di una spada interamente avvolta da fiamme di un bianco brillante, come il flash di una vecchia macchina fotografica. Ramiel sollevò la sua lama di fuoco all'altezza del volto e parò l'aggressione improvvisa dell'acchiappademoni con abilità, lasciandosi andare ad una danza fatta di affondi, finte e schivate: l'arcangelo era un nemico incredibilmente ostico, di quelli che Dante non aveva quasi mai affrontato in vita sua. 
In un vortice di fiamme splendenti, Ramiel colpiva senza nessuna pietà e con determinazione: i suoi attacchi cominciarono sempre più a far breccia nella difesa dell'acchiappademoni, fino a ridurlo in ginocchio: l'arcangelo ruotò poi platealmente la sua spada sopra la sua testa, pronto a spaccare il cranio di Dante...
 
***
 
...quando fu colpito alla schiena da un'esplosione così violenta da scagliarlo lontano, mandandolo a sbattere contro il muro della casa di Nero. Accasciato contro la parete tentò di rialzarsi, ma una donna dai capelli corvini lunghi fino alle spalle lo trapassò con la lama del suo lanciarazzi, impalandolo sul posto.
- Tu non sei un demone. Vattene, tutto questo non ti riguarda. - sussurrò Ramiel, guardando con astio Lady negli occhi. La donna lo colpì violentemente al volto con uno schiaffo, mentre i suoi occhiali da sole le cadevano per terra.
- Mi riguarda eccome, invece. Stronzo. -
Dante la guardò, esausto, mentre la Rebellion cominciava a sembrargli troppo pesante da reggere in mano.
- Ehi - disse, con un sorriso tirato - mi ecciti, quando fai così. -
 
***
 
Ramiel fece svanire la sua spada di fuoco e tentò di estrarre la lama che lo teneva inchiodato alla parete, invano: sul suo volto comparve un'espressione stupita oltre ogni dire.
- Non ti agitare troppo - disse Lady, osservandolo con divertimento - solo io posso liberarti dalla Trinità. -
- Come ne sei venuta in possesso, umana? - esclamò l'arcangelo, rabbioso - questo è un artefatto sacro, non dovrebbe essere toccato da mani impure. -
La donna lo ignorò, osservando invece Dante con preoccupazione.
- Stai bene? -
- Io sì - rispose l'acchiappademoni, voltandosi verso Nero - ma lui non ti saprei dire. -
I due osservarono Kyrie uscire dall'abitazione con circospezione, per poi correre alla vista del corpo apparentemente senza vita dell'amato: la ragazza piangeva e gridava oltre ogni dire. Ramiel, intanto, scrutava la scena torvo.
Dante squadrò attentamente quell'uomo in giacca e cravatta, riflettendo su come i suoi capelli biondi sembrassero le spighe di un campo di grano. E i suoi occhi...
- Come zaffiri nel cielo senza fine. - sussurrò Lady con voce ipnotica, guardando dritta negli occhi Ramiel. Ma Dante non ci fece troppo caso. Si avvicinò all'arcangelo, la spada in pugno e lo sguardo di pietra.
- Cosa ti ha spinto a rinunciare ad un comodo posto per la prima di Tutti Insieme Appassionatamente, lassù, per venire qui a disturbare della brava gente? - chiese, ironico, facendo correre la punta della sua lama alla gola dell'individuo di fronte a lui.
Ramiel sorrise, riconoscendo la citazione. Non fu da meno.
- Oh, non temere: non c'è nessuna apocalisse, stavolta. Solo la decisione di spazzare per sempre dalla faccia della terra voi...sporchi demoni - esclamò, sputando l'ultima parola come qualcosa di terribilmente amaro.
"Dunque, anche gli angeli sono razzisti." pensò Dante, senza tuttavia spostare la Rebellion dalla sua traiettoria mortale.
- Quanti altri sono venuti alla festa? - chiese, quando una voce risuonò cristallina nella sua testa.
Beh, ci sono anch'io.
I due acchiappademoni si voltarono all'unisono.
Samael li atterrò comparendo in mezzo a loro e afferrandoli per il bavero, scagliandoli in due direzioni diverse. Il tutto con uno sfolgorante sorriso sul volto.
- Ed è una festa molto deludente. Niente cibo, niente musica e l'unica ragazza che c'è ha l'aria di essere già occupata. - concluse, sghignazzando di gusto. Poi si voltò verso Ramiel, incuriosito dalla lama che lo tratteneva prigioniero.
- Ehi, capo, ti hanno conciato proprio per le feste. -
L'arcangelo gli scagliò contro uno sguardo furente, poi cercò nuovamente di liberarsi. Senza successo.
- Don't worry, be happy. - gli rispose a voce Samael, distendendo una mano verso Lady. La donna tremò da capo a piedi, rialzandosi, poi con passo malfermo si diresse verso Ramiel e, una volta afferrato il suo lanciarazzi, lo estrasse dal corpo dell'essere celeste che cadde a terra con un grugnito. Poi Samael schioccò le dita e anche lei finì riversa lungo il terreno, con uno sguardo perso nel vuoto.
- Paura al bando, Samael è al comando. - disse, osservando Dante nei suoi gelidi occhi bianchi.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** La seconda caduta di Samael. ***


- Ma bene - disse Dante, sorreggendosi in piedi grazie alla sua spada - un altro pagliaccio si è aggiunto alla festa. -
Samael squadrò l'acchiappademoni, sorridendo sornione. Accanto a lui, Ramiel si massaggiava la profonda ferita causatagli dalla lama di Lady.
- E quella dove l'avete trovata? - chiese l'ex angelo caduto, indicando la lucente punta di metallo posta esattamente a ridosso della canna da fuoco del lanciarazzi - non è esattamente qualcosa che si trova dietro l'angolo. -
Lady tentò di rialzarsi, ma Samael posò una delle sue lucide scarpe nere sulla testa della donna, facendola desistire dal tentativo. Nella mano si Samael apparve improvvisamente una sfolgorante spada di fuoco bianco, come quella impiegata da Ramiel poco prima.
- Poco importa. - disse, sollevandola sopra la testa. Ma prima che potesse anche solo sferrare un singolo colpo, Nero lo atterrò con un violento spintone. Dopodichè estrasse la Blue Rose e fece fuoco sull'arcangelo accanto a lui, i cui riflessi furono tuttavia troppo elevati permettendogli di schivare ogni singolo proiettile.
Ramiel era ferito, sì, ma non per questo inoffensivo. Inarcò il braccio all'indietro, come se si stesse preparando a lanciare un frisbee, poi lo tese di scatto verso il ragazzo: uno sfarfallio e il suo decino d'argento iniziò la sua letale traiettoria verso Nero che non ebbe tempo di evitare l'oggetto. Semplicemente sollevò il suo braccio destro, quello corroso dal suo potere demoniaco, e se lo portò davanti al suo viso come una protezione improvvisata.
Con gran sorpresa di entrambi, la moneta colpì il braccio di Nero e si fermò lì, priva di qualsiasi energia. Tuttavia, la forza dell'urto si ripercosse sull'intero corpo del ragazzo che barcollò, crollando a terra.
- Ma bene, ci siamo davvero tutti. - disse Samael, riprendendosi dall'urto e osservando prima Dante, poi Nero al suolo e infine Lady. Il suo occhio cadde anche su Kyrie, poco distante e seminascosta dietro la porta d'ingresso.
- Tanto gentile e tanto onesta pare. - commentò l'angelo, portandosi al fianco la lama di fuoco sacro - tu devi essere sua sorella. -
La ragazza sobbalzò a quelle parole, spalancando la bocca in un'espressione di sorpresa, poi di paura e infine di odio.
- Voi! -
- No - rispose Samael, indicando il suo capo - lui. -
- Samael, smettila di blaterare. Sai cosa dobbiamo fare. - sussurrò Ramiel rabbioso, mentre una curiosa luce soffusa cominciava a fuoriuscire dallo squarcio nel suo petto. Doveva essere una gran brutta ferita quella che Lady gli aveva procurato inchiodandolo al muro.
Il dialogo tra i due fu interrotto da una salva di proiettili: Samael li osservò, semplicemente, e questi si fermarono a mezz'aria ricadendo poi a terra. L'angelo espirò profondamente, socchiudendo gli occhi. 
Quelli terreni, a essere precisi. In realtà, il suo vero Occhio si dischiuse osservandosi attorno.
Ora siamo davvero tutti.
Dante si guardò intorno, ma non vide nessuno. Sapeva già, tuttavia, chi era giunto per salvarli.
Trish apparve all'improvviso davanti ai due angeli dapprima come una sorta di ombra sfocata, poi in carne e ossa. Sollevò la possente Sparda sopra di sé, rilucente al sole, e la abbatté in orizzontale su quelle perfette imitazioni di eleganti uomini d'affari: Samael fu tanto lesto da parare il colpo di sghimbescio con la sua spada, ma Ramiel non fu altrettanto fortunato. La lama demoniaca lo colpì in pieno fianco, dopo essere scivolata lungo il filo di quella di Samael. L'arcangelo fu scagliato via.
- Tuo padre non ti ha insegnato a usare una spada? - disse Trish provocatoria, rivolgendosi all'angelo davanti a lui che ora si portava la sua spada al volto, come in attesa.
- A doppia superbia, doppia caduta. - rispose Samael, sorridente, poi si lanciò all'attacco. Per quanto Trish fosse abile nell'uso della spada, lui sembrava esserlo giusto un pelo di più: tuttavia più e più volte si ritrovò in difficoltà, soprattutto a causa dei poteri della Sparda.
Quella lama lo indeboliva così tanto...sembrava quasi potesse fiutarlo. Sapeva chi era e in un qualche recesso oscuro della sua anima aveva sempre saputo che un giorno avrebbe affrontato anche un angelo apparentemente invincibile. Come se ciò non bastasse, Trish sembrava davvero danzare con quella spada tra le mani.
Poi, incredibilmente, la donna disarmò l'avversario, facendo cadere la sua arma lontano. Samael era stupefatto.
- Potente scorre la forza in te. - esclamò scoppiando quasi a ridere, nonostante l'assurdità della situazione.
Un demone che sconfiggeva un angelo in duello? Follia.
- Samael!- ruggì Ramiel, sollevandosi in ginocchio - smettila di giocare! -
Poi ruotò le dita della mano destra in cerchio, facendo apparire dal nulla quello che Dante riconobbe come un fucile di una qualche fattura.
E in quel momento ebbe una brutta, bruttissima sensazione.
- TRISH! - urlò, mentre Ramiel prendeva la mira: socchiuse entrambi gli occhi, lasciando che quello vero e più profondo centrasse il bersaglio per lui. La Spegnianime collimò perfettamente con il corpo della donna, poi l'arcangelo premette il grilletto e un possente bagliore di luce si sprigionò dalla bocca di fuoco del fucile.
Tutto fu bianco, poi grigio e infine tornò ai suoi colori normali.
Dante riaprì gli occhi.
E non vide più Trish.
La spada di Sparda giaceva per terra, senza più qualcuno che la impugnasse.
 
***
 
- Vedi, acchiappademoni - disse Samael, rivolgendosi a Dante tendendo verso di lui il pugno destro chiuso - quando l'angelo con il fucile incontra il demone con la spada, il demone con la spada è un demone morto. -
Poi aprì la mano e un nugolo di ceneri si riversò a terra, disperdendosi in parte nel vento.
Dante ruggì di dolore e improvvisamente dimenticò il suo dolore, le sue ferite, mentre una cosa sola invadeva il suo cuore e la sua anima: rabbia, tanta rabbia. Fece per balzare, come una tigre, ma Samael fu più lesto: afferrò il lanciarazzi di Lady e lo conficcò nel petto dell'acchiappademoni. Poi afferrò l'uomo, lo sollevò sopra di sé con una forza a dir poco disumana e lo sbatté violentemente contro la parete. Riservandogli lo stesso trattamento che era toccato a Ramiel, peraltro: la lama perforò le carni di Dante e insieme a loro il muro di cemento.
- Come ti senti, ora? - sussurrò Samael, con un ghigno terribile dipinto sul volto.
Poi accostò la bocca all'orecchio di Dante.
- Impotente, vero? Bene. -
L'angelo si voltò verso Lady e la sua spada di fuoco riapparve all'improvviso, terribile.
- Scommetto che è lei, la cosa a cui tieni di più - sentenziò Samael, mantenendo la sua aria sinistra e crudele - bene, voglio avere la gioia di portartela via. -
- NO! - 
- Inutile, solo io posso liberarti da quella lama - disse Samael, guardando l'acchiappademoni con la coda dell'occhio e poi Nero, ancora privo di sensi - la tua amica lo sapeva bene, quando l'ha impiegata contro il mio collega qui presente. Goditi lo spettacolo, quindi. -
No, Samael.
Una mano trattenne quella dell'ex angelo caduto, mentre Ramiel lo osservava furente negli occhi. La conversazione tra i due era inascoltabile per il resto dei presenti.
Lasciami. Devono morire, poiché ci hanno ostacolato fin dal principio.
Lei è un'umana. Non possiamo fare loro nulla.
Questo lo dici tu.
Samael si divincolò dalla presa e si diresse verso la donna. A nulla servì il tentativo di Nero di porsi tra lui e Lady: Samael lo afferrò per il bavero della giacca e lo atterrò con violenza.
Poi, la schiena dell'angelo avvertì un calore crescente e Samael capì che Ramiel gli stava puntando contro la sua spada. Nell'altra reggeva la Spegnianime, con la canna rivolta per terra.
Un altro passo equivale a un tradimento, Samael. Resta dove sei, e finiamo i due mezzidemoni.
L'angelo ascoltò in silenzio quella voce nella sua testa, poi abbassò la sua lama di fiamme bianche. Ramiel annuì.
- Sai - disse poi Samael improvvisamente, voltando leggermente la testa verso il suo simile - ho sempre detestato il tuo atteggiamento. Inoltre ho piani ambiziosi e tu mi saresti solo d'intralcio. -
Ramiel inarcò un sopracciglio. Solo per questa occasione venne meno il tanto osannato ed infallibile intuito attribuito agli arcangeli.
- Il dado è tratto. - sussurrò Samael, poi si girò di scatto e con un fendente squarciò il petto di Ramiel, facendolo ululare dal dolore. Con agilità e grazia, afferrò la Spegnianime nella sua mano sinistra e gliela strappò di mano, facendo fuoco contro l'arcangelo che svanì in un ruggito di accecante luce bianca.
Dante osservava la scena impietrito dallo stupore, mentre Samael si ergeva sulle ceneri del compagno con un sorriso crudele.
- Dove eravamo rimasti? - sussurrò, mentre i suoi occhi improvvisamente parevano risplendere alla luce del sole.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Santa Lucia. ***


- Perché...l'hai fatto? - sussurrò con voce roca Nero, disteso per terra. Samael, sopra di lui, lo osservò con un'espressione quasi disinteressata mentre la spada di fuoco nella sua mano ardeva di fiamme bianche come la neve. Fece scomparire temporaneamente la Spegnianime ora in suo possesso, poi voltò il suo Occhio verso la casa alla sua sinistra e vide di nuovo Kyrie, stavolta barricata nell'abitazione.
- Quello che avevamo qui - disse Samael, accennando a dove fino a poco prima si trovava l'arcangelo Ramiel - era un fallimento del Paradiso, tutto ordini e medagliette da boy scout. Mi ha sempre dato sui nervi. -
- Ehi, capo - disse Dante con fare sarcastico, mentre la lama sacra conficcata nel suo petto cominciava sempre di più a bruciare nelle carni dell'acchiappademoni - cosa penseranno lassù, quando verranno a sapere quello che hai combinato? -
Samael si voltò verso Dante puntandogli contro la sua spada e sorrise.
- Francamente, me ne infischio. - sussurrò. Poi, iniziò ad avanzare lentamente verso l'acchiappademoni. Non vide Nero rialzarsi alle sue spalle, la Red Queen in pugno.
O meglio lo vide con il suo Occhio, ma non fece nulla. Quel giovane non poteva minimamente scalfirlo, come nemmeno poteva farlo Lady ancora riversa a terra priva di sensi.
Dante lo guardò con aria di sfida.
- Non riuscirai a uccidermi, bell'angioletto. Corri a casa finché sei un tempo e riferisci a Morgan Freeman che qui stiamo bene anche senza di voi. -
Samal scoppiò a ridere, mentre si avvicinava sempre di più a Dante.
- Vedi - disse, impugnando la spada di fuoco con due mani - Io penso che la morte ti prenda solo quando cerchi di sfuggirla. E tu da troppo tempo sei in fuga, Dante. Probabilmente mi ringrazierai, quando sarai dall'altra parte: non sei stanco, terribilmente stanco di tutto questo? - 
L'espressione dell'acchiappademoni si incupì di colpo, mentre alle spalle di Samael Nero si avventava con la Red Queen in pugno: l'angelo bloccò il fendente infuocato del ragazzo portandosi dietro la schiena la sua spada, poi si mise in ginocchio e con una giravolta squarciò la giacca di Nero con un lungo taglio orizzontale. Il ragazzo gridò di dolore, mentre un forte puzzo di carne bruciata si diffuse tutt'intorno.
- Per cosa combatti, acchiappademoni? - continuò l'angelo alzando la voce, mentre faceva mulinare la sua lama pervasa dalle fiamme lungo il suo fianco - non dovresti raggiungere tuo fratello, anziché trascinarti con la tua esistenza senza senso? -
Nero non si diede per vinto e con il suo braccio demoniaco tentò un micidiale destro ai danni dell'angelo: Samael fu veloce e il colpo non andò a segno, tuttavia non vide la Red Queen giungere con ferocia diretta verso il suo petto. La lama lo trapassò da parte a parte e con un ruggito Nero schiacciò la leva posta sul manico della sua spada, mentre il metallo prendeva fuoco grazie al complesso sistema a benzina innestato in esso.
In pochi secondi le fiamme invasero completamente il corpo di Samael, trasformandolo nell'elegante parodia di un Guy Fawkes munito di giacca e cravatta. Ma nonostante le lingue di fuoco che velocemente diventavano sempre più alte e di un arancione vivo, l'angelo ebbe ancora la prestanza di puntare una mano tesa contro il ragazzo: tra le sue mani ricomparve la Spegnianime, ma stavolta Nero conosceva bene la pericolosità di quell'arma e si gettò a terra, mentre sopra la sua testa un bagliore di luce bianca pareva quasi accecare il mondo intero. Con uno scatto accorciò la distanza tra lui e Dante, con un'idea in mente.
- Lady, come faccio a liberarlo?! - urlò alla donna ancora a terra, che voltando la testa mostrò al ragazzo un fiotto di sangue intento a fuoriuscire da una ferita alla sua testa.
- Non puoi...solo lui può farlo... - sussurrò, tentando di rialzarsi. Ci riuscì, seppur con difficoltà: barcollando, raggiunse i due e posò una delle sue delicate mani sul volto di Dante.
- Come sarebbe a dire!? -
- Quella...è la Trinità - rispose Lady, indicando il suo lanciarazzi e in particolare la lama che ne sporgeva dalla sommità - solo l'utilizzatore può rimuoverla ed è in grado di imprigionare perennemente qualsiasi creatura soprannaturale. -
- Questo è un bel casino. - 
Furono interrotti dalla risata roca di Samael, ancora consumato dalle fiamme. Tuttavia, quando queste si dissolsero, rivelarono una creatura completamente diversa dall'uomo in giacca e cravatta di poco prima: ora, al suo posto un essere ricoperto interamente di candide piume bianche avanzava verso di loro dispiegando le sue grandi ali. In una mano reggeva la sua spada di fuoco sacro e nell'altra la temuta Spegnianime.
Mira colui con quella spada in mano, che vien dinanzi ai tre sì come sire.
Dante osservò le piume sul volto dell'angelo e notò che non erano bianche come le altre poste sul resto del suo corpo: queste andavano più scurendosi verso una colorazione di grigio chiaro e l'acchiappademoni, senza capacitarsi del perché di quel pensiero, non ebbe dubbi sul fatto che sarebbero diventate presto nere.
- Il viso mostra il colore del cuore, Samael. - sentenziò, guardando l'angelo dritto nei suoi sconfinati occhi blu
(come zaffiri sconfinati nel cielo blu)
con un'evidente aria di disprezzo.
Voi non meritate nulla, se non l'esilio da questa terra che appartiene di diritto a me e ai miei fratelli.
Poi, Samael allargò le braccia e le distese in direzione dei tre. Sul suo volto inumano si accese l'ombra di un sorriso.
Tutto questo sarà presto nostro. La vostra cultura, la vostra musica, le vostre arti saranno le nostre. Noi ne avremo più cura. Non avreste mai dovuto ereditare tutto questo...ben di Dio.
Nero chiuse la mente a quelle idiozie e con il braccio destro afferrò il lanciarazzi di Lady, tentando di estrarlo dal corpo dello zio: era impossibile, come se fossero stati entrambi saldati assieme da un sadico fabbro. Non gettò la spugna, tuttavia, e ci mise sempre più forza. Il suo bracco destro sembrava smorto e non brillava più di quella sua caratteristica luce blu.
Samael puntò la Spegnianime in direzione dei tre, facendo scivolare il suo indice sul grilletto. Al tocco dell'angelo, l'artefatto fu percorso da una tenue luce bianca, pulsante come il battito di un cuore.
- Nero...è troppo tardi. -
- NO! - rispose Nero alla donna accanto a lui, che rassegnata aveva appoggiato la testa sulla spalla dell'acchiappademoni. Fece più forza e con un sussulto notò trepidante che 
(era forse una crepa, quella?)
la lama magica cominciava a cedere.
- Coraggio, ragazzo - sussurrò Dante, lo sguardo perso lontano da qualche parte all'orizzonte - a questo punto non ha neanche più senso combattere. -
- Ti rendi conto dell'assurdità di quello che stai dicendo!? - ruggì Nero, tremando per lo sforzo - me l'hai insegnato tu...MAI ARRENDERSI! -
E con un grugnito, spezzò in due il lanciarazzi di Lady e con quello la lama della Trinità.
Dante e Lady lo osservarono, rapiti. Poi Nero diede loro uno spintone, mandandoli a terra: nello stesso istante, la terra tremò e dalla bocca di fuoco della Spegnianime partì un altro lampo di luce bianca. Nero, che ora percepiva uno strano sapore metallico in gola, sapeva di avere poco tempo e cadde assieme ai due acchiappademoni.
Per la seconda volta, la fortuna fu con lui e il colpò passò tanto vicinò alla sua testa da surriscaldare l'aria sopra di essa, bruciandogli la punta di un capello.
L'espressione di Samael fu insieme irata e affaticata. Il suo braccio tremò di stanchezza e abbassò la canna del fucile.
E fu allora che Nero capì.
La Spegnianime traeva potere dalla forza vitale del possessore.
 
***
 
L'angelo percepì i pensieri di Nero e una nuova sensazione si fece largo in lui.
La paura.
Nero sorrise, sentendosi più sicuro e speranzoso. Forse avevano una possibilità.
- Dante! - esclamò, gioioso - non è invincibile come vuol far credere di essere! Possiamo sconfiggerlo! -
L'acchiappademoni non rispose, un'espressione esitante in volto.
- Nero... -
Samael non perse tempo e si lanciò all'attacco, facendo svanire la Spegnianime nella sua mano: no, non possedeva più la forza sufficiente per utilizzarla.
Tuttavia poteva ancora uccidere quei tre, sebbene le possibilità fossero a suo sfavore.
Se solo...
- Attenti! - urlò Lady ed estrasse una pistola dalla fondina. La puntò contro quell'essere piumato e fece fuoco, svuotando l'intero caricatore: i proiettili colpirono Samael in più punti, ma non sembrò accusare il colpo e a proteggere la donna da un fendente pervaso di fiamme bianche ci fu per fortuna la Red Queen di Nero, ultimo baluardo della loro difesa. A dare manforte giunse anche la Rebellion di Dante e...
(non li avrebbe mai dimenticati, l'aveva detto)
una terza lama si aggiunse alla combinazione, stavolta più sottile e dall'aspetto letale.
La Yamato, un tempo appartenuta al fratello di Dante, era comparsa in mezzo a loro fluttuando nell'aria, pervasa da un'aura blu e nera: Samael nulla poté contro la forza combinata dei due mezzidemoni e fu respinto a distanza, mentre la lama di Vergil ruotava pigra nell'aria. Nero la afferrò con il suo braccio destro, che riacquistò forza e vigore.
Samael fece per avventarsi su di loro, poi cambiò idea e si fermò. Fece svanire anche la sua spada di fuoco e si voltò a osservare il cielo.
Oh, finalmente. Ce ne avete messo di tempo.
Dante, Nero e Lady seguirono lo sguardo dell'angelo e...
Quel che videro fu insieme meraviglioso e terribile.
 
***
 
Immaginate una tempesta di proporzioni enormi, con gigantesche nubi nere che oscurano il cielo all'improvviso.
Ecco, vedete? Ora immaginate che queste si spalanchino all'improvviso, mentre tutto intorno lampi e tuoni fanno tremare l'aria con selvaggia furia.
Una porta nelle nuvole, un passaggio in mezzo alla burrasca.
E centinaia di esseri piumati che fuoriescono da esso, sfrecciando veloci e aggraziati nell'aria in tempesta.
 
***
 
I tre restarono impietriti da quello spettacolo, mentre Samael accennava l'ombra di un sorriso sul suo angelico e crudele volto. Dischiuse il suo vero Occhio e lo rivolse all'orda di angeli che li stava velocemente raggiungendo.
Cecil.
Sono qui.
Era ora.
Scusami.
Quanti siete?
Abbastanza. Alcuni stanno ancora lottando: Michele non l'ha presa bene e la maggior parte se ne è tenuta fuori.
Meglio di quanto pensassi.
Samael si voltò verso Dante, Lady e Nero e ammiccò loro, sornione.
E tutto il resto, miei cari, è solo silenzio.
Nero guardò l'angelo con disprezzo.
- Dove Dio in tutto questo? Eh? - disse, sputando quasi ogni singola parola.
Samael lo guardò, inclinando la testa di lato, e per la prima volta dalla sua trasformazione parlò. La sua voce era incredibilmente dolce e musicale, sebbene tutti e tre registrarono una cupa nota di sfondo, come di un bambino che si prepara a strappare le ali a una libellula e già ne pregusta l'emozione.
- Dio? Lui è morto, e credo l'abbiate ucciso voi. -
Poi, l'aria fu attraversata da un sibilo e qualcosa colpì Samael in pieno petto, strappandogli un gemito di dolore. Conficcata nel suo petto c'era una moneta e Dante la riconobbe all'istante.
E quasi non credette ai suoi occhi.
Due teste spiccavano brillanti, una per ogni faccia della moneta. Era il volto di Trish quello impresso nel metallo.
- Una falsa moneta per un falso dio. Ricordi cosa dissi quella volta, Dante? - disse una voce da sopra le teste dei tre.
Lucia tendeva la mano con cui aveva lanciato la moneta di Dante verso Samael, le sue due lame gemelle nell'altra. Il sole faceva risplendere i suoi capelli rossi donando loro una lucente tonalità vermiglia, come un'aureola color del sangue.
- Lucia! - urlò Dante, felice come poche altre volte nella sua vita. La donna gli sorrise e - possibile? - qualcosa si mosse nel cuore dell'acchiappademoni, come un animale che si sveglia dal letargo.
Lady osservava la nuova arrivata con stupore e...era forse sospetto quello dipinto nei suoi occhi?
- Dì alla tua ragazza di correre qui, subito. Abbiamo poco tempo. - disse Lucia rivolta a Nero, che annuì ammirando di soppiatto le fattezze della donna.
- Kyrie! Presto, vieni! -
Mentre la ragazza dall'abito bianco usciva dalla casa dove si era rifugiata, Lucia estrasse qualcosa di piccolo dalla tasca dei suoi pantaloni, mentre un vento crescente faceva frusciare attorno alla sua testa il mantello marrone chiaro che le avvolgeva il collo.
- Quella è...? - chiese Dante, ma Lucia lo interruppe mettendogli un dito sulle labbra.
- Sì. Ora toccatela, tutti quanti. Vi porterò in un luogo sicuro. Forza! -
Nero prese per mano Kyrie e toccò l'oggetto a forma di medaglia nella mano della loro salvatrice. 
Poi, rapito dall'apparizione e quasi in colpa, pensò che Lucia fosse davvero sexy.
Fu così che, mentre Samael si riprendeva dall'attacco e ruggiva di rabbia in direzione dei quattro che avevano osato sfidarlo, la magia dell'Arcana li trasportò parecchio più lontano e parecchio più al sicuro.
Lady non si accorse che durante il contatto, la mano di Lucia si era chiusa appena un po' più forte del normale su quella di Dante.
E Dante non si accorse che aveva strinto quella di Lucia con entrambe le sue mani.
Nero, d'altro canto, fu abbastanza lesto da recuperare con il piede la spada di Sparda abbandonata per terra, intanto che Kyrie si stringeva a lui con forza e affetto.
I quattro svanirono in una spirale di scintille, mentre centinaia di angeli raggiungevano il luogo della battaglia.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Legami. ***


Dante aprì gli occhi, trovandosi al centro di un'enorme stanza dalle pareti di pietra: ai quattro angoli della sala si ergevano quattro piedistalli, alti un metro e sessanta circa, recanti alla loro cima...

I quattro manufatti dell'Arcana.

Il Bastone, la Spada e la Coppa irradiavano una luce sovrannaturale, mentre la Medaglia nella mano destra di Lucia

(Dante si affrettò ad allontanare la sua da quella della ragazza, che timidamente lo imitò)

splendeva con viva forza. Dietro di lei Kyrie era ancora stretta a Nero, con la testa affondata quasi nel petto del ragazzo che faceva guizzare qua e là lo sguardo, come per valutare la situazione.

- Non abbiate paura – disse Lucia, parlando per prima – qua siamo al sicuro. -

- Sicuro? – rispose Lady, raccogliendo i suoi occhiali da sole caduti per terra durante il trasferimento – e dove sarebbe “qua”? -

- Trish. -

Tutti i presenti si voltarono verso Dante, che reggeva ora in mano la spada di suo padre, la Sparda.

L'arma utilizzata dalla compagna dei suoi lunghi viaggi.

- Mi...mi dispiace, Dante. – disse Lucia, mettendogli una mano sulla spalla

(Senza capacitarsi del perché, Dante fu estremamente sollevato del contatto fisico con l'amica)

- Se tu fossi arrivata prima, lei sarebbe ancora qui tra noi. - osservò Lady con voce dura, raggelando la cacciatrice di demoni con lo sguardo.

In quel momento, Lucia si chiese se ci fosse qualcos'altro sotto quell'astio così genuino e immotivato.

- Se tu fossi arrivata prima, di certo ce la saremmo cavata molto meglio di così. - osservò Nero, staccandosi da Kyrie e frapponendosi fra Lady e Lucia, scuro in volto.

Un'espressione vale più di mille parole.

- Non è il caso che litighiamo tra noi, adesso. -

- Sei stata tu ad incominciare. Lucia ci ha solo tratti in salvo. -

- Non ho messo in dubbio QUESTO. Ho solo detto... -

- Basta. - disse Dante e il silenzio cadde improvvisamente nella sala. Nessuno osò parlare, nemmeno Kyrie.

Una lacrima scese lungo il volto dell'acchiappademoni, finendo per cadere sulla lama del padre.

Aveva perso sua madre.

Una seconda volta.

Lucia ruppe l'immobilità del momento e raggiunse il piedistallo della Medaglia, che ripose attentamente al suo posto. L'oggetto brillò un'ultima volta, per poi spegnersi contemporaneamente agli altri manufatti magici.

Mentre la donna offriva a tutti i presenti un pasto caldo, Dante si sentì solo come poche altre volte nella sua vita.

 

 

- Ehi. -

Lucia si voltò, trovandosi di fronte Nero: a giudicare dagli abiti nuovi e dai capelli bianchi ancora bagnati, il ragazzo doveva essersi fatto da poco una rilassante doccia.

- Dimmi. -

- Posso chiamarti Lucy? -

La donna sorrise, mentre uno sguardo valutava attentamente l'individuo davanti a lui.

- Mhh, fammici pensare... -

Poi iniziò a ridere e Nero si rese conto di quanto la sua risata fosse cristallina, melodiosa...

- No. -

- Eddai! Non pretendo certo di dedicarti una canzone, né di spifferare la tua esistenza ai Beatles. - rispose il ragazzo e entrambi risero assieme.

Poi Nero tornò serio.

- Lucia. Dove ci troviamo? -

- Tra poco lo scoprirai, non ti preoccupare. - disse Lucia, poi si voltò e fece cenno al ragazzo di seguirla.

Dopo qualche minuto, raggiunsero la stanza dove poco prima il gruppo aveva consumato un pasto mangiato stancamente e di malavoglia, nel più assoluto silenzio. La tavola era stata sgomberata da posate e bicchieri, mentre sedevano sui troni di pietra ornati di cuscini dalla fodera scarlatta un taciturno Dante, una sonnecchiante Kyrie e un'imbronciata Lady.

La coppia di acchiappademoni non sedeva vicino, ma l'uno davanti all'altra. Nero si domandò se la donna avesse preferito lasciar riposare Dante o se lui si fosse ritirato volontariamente distante dalla compagna, in solitudine.

Il ragazzo prese posto accanto a Kyrie, cingendole la testa con il braccio non corroso dalla maledizione: la sua fidanzata si girò nel sonno, voltandosi verso di lui ancora dormiente.

Lucia, invece, fece per prendere posto accanto a Dante, poi scelse di rispettare il silenzio dell'acchiappademoni e si sedette a capotavola. Sentì lo sguardo di Lady su di sé, ma non se ne curò troppo e posò i suoi due pugnali gemelli sull'enorme tavolo di pietra.

- Dovresti svegliarla. Ogni secondo è prezioso, da adesso in poi. - sussurrò la donna rivolgendosi a Nero, il quale annuì e scosse con delicatezza Kyrie. La ragazza si svegliò e si guardò attorno, osservando Nero con fare interrogativo.

- Dovremmo fare il punto della situazione, ora che ci siamo tutti e che siamo in condizioni più presentabili. – disse Lucia a voce alta, parlando a tutti i membri del gruppo. Dante sollevò la testa e guardò un punto fisso nel vuoto, oltre la spalla di Lady.

La cacciatrice dai capelli rossi, che si aspettava una qualche reazione più significativa da parte dell'acchiappademoni, riprese a parlare con decisione e fermezza.

- Qualcuno di voi mi ha chiesto dove ci troviamo. Ebbene, non siamo a Dumary: ho scelto un nascondiglio più sicuro e meno conosciuto. Questa è l'isola di Haven e noi siamo nel suo castello, che io stessa ho fatto costruire anni fa. Siamo in un punto ben nascosto dello sconfinato Oceano Pacifico, al sicuro da qualsiasi forza ci minacci. -

- Come possiamo definirci al sicuro? Hai visto con chi abbiamo a che fare? - osservò seccamente Lady, trafiggendo la donna dai capelli rossi con il suo sguardo.

- Oh, giusto: tu non c'eri... -

- L'isola è protetta da numerosi difese, sia magiche che non – rispose Lucia, senza fare caso al tono volutamente aggressivo di Lady – sigilli protettivi circondano questo luogo: nessun demone può attraversarli e anche se non dispongo di incantesimi contro gli esseri angelici, ne conosco alcuni che ci occultano al resto del mondo rendendoci invisibili e cancellando la nostra presenza su tutti i livelli. L'unico pericolo concreto è che una nave vada a sbattere contro quest'isola, ma per prevenire questa eventualità ho permeato la zona con una magia di Persuasione. Chiunque passi da queste parti se ne andrà, per un motivo o per l'altro. -

- Certo che sai il fatto tuo! - esclamò Nero, evidentemente sorpreso dalla dimostrazione di abilità di Lucia. La donna sorrise e indicò con l'indice destro la stanza dove erano giunti ore prima attraverso il raggio di luce.

- Tutti questi incantesimi traggono l'energia necessaria al loro mantenimento dagli artefatti dell'Arcana di là – disse – vi sconsiglio di toccarli, pertanto. Non vorrei che apparissimo sul radar divino così all'improvviso e che centinaia di schiere angeliche in rivolta si fiondino qua, per radere al suolo l'isola. -

- Un quadro rassicurante. - osservo Lady, con tono neutro – e quindi a noi cosa resta da fare? -

- Se non avete un modo per fermare l'Apocalisse – disse Dante, parlando per la prima volta dopo ore di forzato silenzio – un bel niente. -

 

 

- Mi rifiuto di starmene qua con le mani in mano! -

- Datti una calmata – rispose Lucia rivolta a Nero, che si era alzato in piedi battendo i pugni sul tavolo – finché rimaniamo qua, siamo al sicuro. Abbiamo provviste e acqua potabile per mesi, se non anni: quindi non abbiamo nulla di cui preoccuparci, per ora. -

- A parte la fine del mondo? - chiese Lady, ironica. Kyrie pensò ad alta voce su come potesse accadere un simile evento catastrofico e Nero le disse di non preoccuparsi, che per ora tutto andava bene.

- Secondo te le cose vanno bene? -

- Ma devi proprio essere così pessimista, Lady? -

- Sono solo realista, ragazzo. E ho anche molta più esperienza di te alle spalle. -

- Oh, ma stiamo a sentire cos'ha da insegnarci oggi mamma Castoro... -

- Attento a come parli, Nero. Il fatto che sei della nostra famiglia non mi impedirà certo di... -

Lucia guardò disperata Dante, che raccolse al volo il suo sguardo e riuscì con un qualche miracolo ha ritrovare in sé la forza di riunire il gruppo ora allo sbando: si alzò in piedi, cominciando a rendersi conto sempre di più di un particolare che fino a quel momento aveva tenuto poco in considerazione.

Lui era il leader indiscusso.

Era il capofamiglia, in un certo senso.

- BASTA! - urlò con forza l'acchiappademoni, spezzando ancora una volta ogni dissenso nella squadra. Lucia ne ammirò l'integrità, la forza e...

Diamine, Dante aveva maledettamente fascino quando si arrabbiava.

- Ascoltatemi attentamente. TUTTI voi – disse, rivolgendosi a ogni singolo individuo seduto a quella tavola – Lucia ha ragione. Qua siamo al sicuro, ma là fuori la situazione è critica. Abbiamo un angelo impazzito alla testa di un esercito, deciso a spodestarci e a prendere il nostro posto nel ridente pianeta Terra. Il motivo? Non chiedetemelo. Da quello che ho capito, pare che lassù siano invidiosi della nostra vita e adesso vogliono avere anche loro la loro opportunità. Chissà cosa ci trovano di tanto allettante, da queste parti. -

- Poco prima che lei arrivasse – disse Kyrie, indicando Lucia – l'angelo...quel Samael, ha detto che tutto questo appartiene di diritto a lui e ai suoi fratelli. -

- La cosa non mi interessa. - rispose Dante, guardando la ragazza negli occhi – quello che importa davvero è che se non facciamo qualcosa, potrebbe non esserci un domani per tutti noi. Se esiste un Dio da qualche parte, certo non sta guardando quaggiù adesso, né tiene per la manina i suoi figlioli esaltati. -

- Cosa dovremmo fare, allora? - osservò Lady. Dante e la donna si osservarono a lungo in silenzio, prima di rispondere.

Ahi ahi” pensò Nero, osservando l'invisibile schermaglia tra i due “ci sono guai in famiglia”.

- Dovremmo cercare di avere un punto di vista più generico. - rispose Lucia al posto di Dante, guadagnandosi l'espressione seccata di Lady. L'acchiappademoni, invece, assunse un'espressione incuriosita.

- Cosa intendi? -

- Beh, ecco...e se parlassimo con uno di loro? -

 

 

- Stai scherzando. -

La voce di Lady era stata mortalmente seria, trascendendo qualsiasi forma di astio che la donna provava nei confronti della cacciatrice di demoni di fronte a lei. Lucia sentì su di sé lo sguardo di tutti i presenti, non ultimo quello di Dante: quando aprì la bocca per parlare, la lingua sembrava pesargli come un macigno.

- Non tutti hanno aderito alla rivolta. -

- E con questo? Tante difese, sigilli e malocchi vari per poi cosa, una bella evocazione con finale a sorpresa? -

- Cosa ne sappiamo di come le cose stiano andando lassù: potrebbe esserci... -

- Invocazione. - disse Dante, sovrastando la voce dei due esponenti di sesso femminile nella sua squadra con la sua. Lady lo guardò, interrogativa.

- Gli angeli si mostrano solo tramite invocazione. Il rituale non è per nulla semplice, ma siamo in quattro e scommetto che un'esperta di occultismo come Lucia abbia tutto l'occorrente per qualcosa del genere. -

- Tu sei pazzo, Dante, se credi di poterci mettere tutti in pericolo così... -

- Mi offro per fare da tramite – esclamò Lucia, incrociando lo sguardo di Dante – voi tutti avete già rischiato troppo, mentre... -

- Non se ne parla. - rispose Dante, con fermezza.

I suoi occhi bianchi come la neve trafissero quelli castani, dolci, gentili di Lucia

(ho già preso la mia decisione, e tu lo sai)

(già, come quella volta...)

e Dante ci vide dentro qualcosa che lo scombussolò profondamente, senza lasciargli quasi il fiato.

L'acuta consapevolezza di qualcosa che veniva taciuto da anni per una moltitudine di ragioni.

Tu...?

Oh, sì. Io. Te ne importa qualcosa, finalmente?

- Se non è un problema – osservò timidamente Kyrie, interrompendo quel silenzio così sacro tra i due ex cacciatori di demoni – posso farlo io. -

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Quindici minuti a mezzanotte. ***


- Te lo sogni, Kyrie! - urlò Nero, afferrando per le spalle la sua ragazza: Lucia avrebbe giurato a sé stessa che i suoi occhi stavano lampeggiando di rabbia.

Ma in realtà non era altro che il suo amore bruciante ad alimentare il suo istinto protettivo nei confronti di Kyrie, e questo lo capirono tutti.

- Nero – disse lei, accarezzando il volto dell'amato con il dorso della mano destra – sono l'unica che può farlo. Guardati intorno. -

Nero, incrociato il suo sguardo un ultimo istante, lo distolse di malavoglia e si rivolse verso tutti i presenti, uno dopo l'altro.

La sua ragazza aveva ragione, anche se Nero avrebbe dato la vita piuttosto che ammetterlo.

- Siete tutti demoni, per metà – continuò Kyrie, con tono deciso – dubito che un qualsiasi angelo si mostrerebbe con voi davanti come tramite. Lady è l'unica ad essere umana come me, ma...sono l'unica che non ha fatto nulla per essere d'aiuto qui. -

- Non dire stupidaggini... -

- Sono un peso morto nella squadra, Nero. Per una volta, voglio rendermi utile. -

Il ragazzo guardò Dante negli occhi, implorante.

- Ti prego, Dante... -

L'acchiappademoni si sedette, esausto da quella giornata: per riposarsi davvero ci sarebbero volute settimane di sonno, anziché due stiracchiatissime ore.

- Mi dispiace, Nero, ma Kyrie... -

- Ha ragione. - concluse Lucia, distogliendo volontariamente lo sguardo dalla scena. Non voleva incontrare quello di Nero e leggerci dentro emozioni

(di cui lei stessa soffriva)

che l'avrebbero soltanto distratta dalla loro missione.

- Non potete davvero permetterlo. La state mettendo in pericolo! - esclamò Nero. Lady si levò uno dei suoi ciuffi corvini dagli occhi con uno sbuffo.

- A giudicare dalle parole della Rossa, direi che se ne intende di occultismo abbastanza da ridurre i rischi di quest'impresa praticamente a zero. -

- Non è forse così, Lucia? -

Le due cacciatrici di demoni si squadrarono, l'una inquisitoria e l'altra sulla difensiva.

Non serviva certo un genio per capire che sarebbe stato parecchio difficile cancellare il cattivo sangue che palesemente correva tra loro.

- Fidati di me, Nero. Non le accadrà nulla. -

 

 

- Vi consiglio di andare a dormire. Io intanto preparerò l'occorrente per il rituale: ci troviamo qui a mezzanotte meno dieci. Kyrie... -

- Dimmi. -

Lucia emise un sospiro, ammirando la bellezza di quella ragazza. Il suo viso e i suoi tratti, erano perfetti. Melodiosi, armonici.

Non ebbe difficoltà a immaginare l'entità del sentimento che Nero provava nei suoi confronti.

- Sei sicura? -

Kyrie, incredibilmente, sorrise.

Era una ragazza forte, nonostante l'aspetto delicato e fragile.

- Lo sono, Lucia. -

La cacciatrice le mise una mano sulla spalla, con delicatezza, per farle sentire che le era accanto. Che non era sola.

Che poteva fare affidamento sempre, sui suoi amici.

- Vestiti completamente di bianco. -

Kyrie annuì, voltandosi e facendo per allontanarsi.

- Ah, un'ultima cosa. -

La ragazza assunse un'aria interrogativa, guardando Lucia negli occhi che le ammiccò con malizia.

- Cerca di non...combinare nulla, stasera. Potrebbe compromettere il risultato. -

Passarono una manciata di secondi, poi Kyrie arrossì improvvisamente afferrando il significato di quelle parole.

- Va..va bene. -

Fu colta da un attacco di risatine, poi uscì dalla stanza.

Gli altri se n'erano già andati.

 

 

Se in quel preciso momento a qualcuno fosse venuto in mente di godersi una rilassante e magnifica passeggiata sulla spiaggia di Fortuna, si sarebbe trovato di fronte a un curioso spettacolo. Probabilmente avrebbe perso la vista in quel preciso momento, i suoi occhi inceneriti da una luce accecante presente su quasi tutti i livelli della realtà come quella che faceva risplendere l'intera costa dell'isola dove fino a poco prima vivevano in serenità Kyrie e Nero, ma prima che questo potesse accadere avrebbe visto...

Centinaia di esseri piumati immobili , rivolti verso il mare.

I loro piedi, piumati anch'essi, sfioravano la sabbia senza toccarla.

Non potevano odorare il profumo dell'aria salmastra.

Non potevano avvertire sulla propria pelle gli spruzzi causati dall'infrangersi delle onde sugli scogli.

Cecil, ferma a mezz'aria accanto a Samael e di fronte agli altri suoi fratelli, soffriva terribilmente di questo.

Forse con il tempo lei e tutti gli altri avrebbero perso le ali, ereditando il mondo: forse, le loro piume sarebbero cadute una a una mostrando visi rosei e espressivi...

Sarebbero diventati umani e avrebbero goduto di tutti i piaceri del mondo: mangiare, bere, dormire.

Nuotare, sentire il vento tra i capelli.

Fare l'amore.

- Fratelli miei. -

La voce di Samael riportò Cecil alla realtà, strappandola alle sue fantasie. Un dolore necessario, visto quello che stava per accadere.

- Non siete contenti? Abbiamo quello che desideriamo da sempre. -

- Ciò che nostro Padre ha creato per noi e ingiustamente è stato dato agli uomini. -

Centinaia di volti piumati annuirono. Qualcuno esultò persino un grido, sarcasticamente.

Samael non ci fece caso. Si sentiva troppo debole, troppo stanco...la battaglia doveva averlo sfinito oltre ogni immaginazione.

Eppure, non ricordava di essere così abbattuto fino a qualche ora prima.

- Ora, possiamo diventare i custodi di un nuovo ordine. Gli abitanti di un mondo nuovo e meraviglioso, per quanto malato e danneggiato dagli esseri umani. -

- E tu credi davvero che lassù ce la faranno passare liscia? Abbiamo firmato le nostre condanne a morte. - disse una voce, che Cecil identificò appartenere all'unico Cherubino presente tra gli angeli ribelli. A distinguerlo dagli altri suoi fratelli era il suo volto umano, seppur ornato di candide e minuscole piume bianche.

Senza quelle e senza badare troppo alle sue enormi ali spiegate contro il cielo, oltre al piumato resto del corpo, chiunque l'avrebbe scambiato per un essere umano.

- Preferisci non fare nulla e continuare a vivere nell'ingiustizia, Shamsiel? - ribatté Samael, cercando di dare alla sua voce un tono irato – io e tutti i presenti siamo pronti a rischiare, pur di inseguire il nostro sogno. Nulla ti impedisce di fare ciò che preferisci, tuttavia. Puoi andartene, se lo desideri. -

- E' quello che farò. Questa è una follia, noi non dovremmo comportarci così! Siamo le creazioni più belle di nostro Padre! -

- Allora dimmi, Shamsiel – disse Samael allargando le braccia verso tutti i suoi fratelli, con un sorriso saccente dipinto sul volto – perché sono gli uomini a godere del Suo dono più grande? Abbiamo forse offeso nostro Padre? -

- Ma una domanda ancora più importante... -

- Qualcuno l'ha più visto, da quel giorno lontano? -

- Quando il nostro fratello più bello, quello amato più di tutti gli altri, disobbedì e cadde nell'abisso? -

Nessuno dei presenti rispose. La risposa era ovvia: Dio non si era, per così dire, più mostrato a pranzo da millenni oramai.

Qualcuno pensava persino se ne fosse andato, chissà dove.

Dove può ritirarsi in solitudine un Dio silenzioso e amante della tranquillità?

- Samael... -

- Basta, Shamsiel. La decisione è presa – rispose l'angelo alla testa della nuova ribellione celeste, sebbene decisamente più piccola di quella di un tempo – prima che la Porta tra questo mondo e il nostro si riapra, e questo non accadrà prima di qualche giorno, marceremo reclamando questo pianeta. -

Il Cherubino di nome Shamsiel non rispose. Dispiegò le enormi ali e prese il volo, scomparendo all'orizzonte: la sua ombra si dissolse pian piano nella luce del sole ormai calante.

- Non lo inseguiamo? - chiese Cecil, rivolgendosi a Samael. L'angelo accanto a lei sembrava terribilmente sfinito: il combattimento con i mezzidemoni l'aveva davvero indebolito così tanto?

- Lascialo fare – rispose lui, con voce affaticata – abbiamo un esercito da organizzare. -

Le tenebre stavano per calare su Fortuna.

Sarebbe stata una lunga notte.

 

 

- Ti godi il panorama? -

Dante si voltò, trovandosi Lucia di fronte a sé. La donna l'aveva raggiunto sul balcone del castello: da lì, l'acchiappademoni poteva bearsi di una vista favolosa sull'intera isola. Il sole era oramai tramontato e la luna cominciava a risplendere sempre più della sua pallida luce, per ora ancora fioca e quasi timida. Quella sera nubi dispettose privavano della vista delle stelle, purtroppo: ma poco importava, era comunque uno spettacolo magnifico.

- Già. Nel caso in cui nessuno di noi arrivi a domani. -

La donna si mosse e Dante vide in quei movimenti delicati e soffusi un'energia repressa a fatica: anche se erano dalla stessa parte, l'acchiappademoni dovette sforzarsi per non obbligare sé stesso a stare sempre sul chi vive in sua presenza.

Rimasero in silenzio, osservando l'orizzonte. Il tremolio dell'aria appena sopra il livello del mare segnalò la presenza degli incantesimi di Occultamento che li proteggevano al resto del mondo, che fossero umani, demoni o angeli impazziti.

- Secondo te ce la caveremo, anche stavolta? - chiese Lucia, con un tono palesemente neutro. Era chiaro stesse tacendo qualcosa, di cui invece aveva maledettamente voglia di parlare.

E come biasimarla”, pensò Dante “sapevo che questo momento sarebbe arrivato prima o poi.”

L'acchiappademoni si interrogò di più sui sentimenti che provava nell'intimo del suo animo, mentre con noncuranza la rossa diminuiva la distanza tra loro due.

- Non lo so. Ho una strana sensazione. - rispose Dante. Poi si voltò verso Lucia e la guardò dritto negli occhi.

E solo in quel momento si rese conto di quanto fosse stato ingiusto nei suoi confronti.

Di quanto l'avesse fatta soffrire. Era comparso nella sua vita all'improvviso e se n'era andato con altrettanta rapidità: non un comportamento da vero gentiluomo, a dire il vero.

Ma tant'è, la vita da allora era diventata così frenetica, così preziosa...

- Dovremmo parlare. - disse, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Lei lo stupì.

- Dopo. - rispose Lucia, e lo baciò. Mai Dante si sarebbe aspettato una tale rapidità, una tale passione: mentre le sue labbra si incontravano con quelle piccole e morbide della donna, capì davvero quanto l'avesse fatta soffrire da quel giorno in cui era tornato dall'inferno e se n'era andato subito dopo.

L'aveva illusa.

Rimasero immobili per una decina di secondi, ipnotizzati dal loro stesso contatto. L'acchiappademoni sentì le mani della donna sulla sua nuca, una stretta tutt'altro che forte: sembrava quasi stesse accarezzando i suoi capelli bianchi come la neve.

Tutto in te è come la neve. Anche tu sei freddo allo stesso modo.

Ti sbagli.

Dante le mise una mano sul mento e la baciò con più forza, come per dimostrarle che il suo animo non era affatto di ghiaccio.

Che nonostante fosse per metà un demone, poteva amare come un uomo.

E chissà, magari anche i demoni possono provare emozioni. Avrebbe dovuto chiederlo a Mundus molto tempo prima, anziché suonargliele a quel modo.

Fu lei a interrompere quel bacio così carico di ricordi e di parole mai dette.

Il suo sguardo incrociò quello di Dante e grande fu la tentazione di mollargli uno schiaffo.

Ma non lo fece. Non avrebbe rovinato quel momento così perfetto con un'inutile dimostrazione di carattere: voleva tutto, tranne che litigare.

Disse solo una parola.

- Perché? -

- Perché cosa? -

- Perché mi hai detto tutte quelle cose e poi te ne sei andato così, come se niente fosse? -

- Mi ricordavi troppo me stesso. -

Lucia strabuzzò gli occhi, completamente scioccata da quell'affermazione. Intanto, i due udirono delle voci lontane, provenienti dall'interno del castello: Nero probabilmente tentava di convincere la sua ragazza a lasciar perdere, a dimenticare quella folle impresa. La cacciatrice non aveva dubbi: Kyrie avrebbe insistito fino allo sfinimento, sottolineando quanto fosse la loro unica possibilità di poter fare finalmente qualcosa.

In un certo senso, la ragazza le somigliava davvero tanto.

- Che vuoi dire? - chiese invece, mentre Dante si affacciava nuovamente alla balconata che dava sull'isola. Lui rimase in silenzio senza rispondere per qualche minuto: pareva catturato dallo spettacolo di fronte a lui.

- Ehi – gli sussurrò all'orecchio Lucia, avvicinando di nuovo la sua testa a quella dell'uomo – la luna non scappa certo. Io sono qui, e sto aspettando da... -

- Fin troppo tempo, lo so. - concluse Dante, senza voltarsi: era un'impressione di Lucia o aveva gli occhi lucidi?

- Piangi? -

- Dev'essere la pioggia. -

- Ma se non c'è una goccia... -

Furono le ultime parole magiche: un cupo boato rimbombò in alto, tra le nuvole, e le prime gocce di pioggia cominciarono a picchiettare contro le mura del castello dietro le loro spalle.

Un fulmine illuminò la superficie del mare, in lontananza. La luna era sparita, ingoiata dalle nubi temporalesche che ora parevano oscurare il mondo intero.

- Sai, mio fratello amava ripetere sempre che odiava essere considerato normale – riprese Dante, ignorando il fatto di essere sotto la pioggia in arrivo senza nemmeno un ombrello – non era vero. -

- Cosa? -

- Vergil ha sempre desiderato essere una persona normale, per quanto fosse grande il suo disprezzo nei confronti degli umani. Deprecava la loro debolezza, la loro vulnerabilità, ma era anche conscio del fatto che... -

- Se non avesse avuto Sparda come padre, sua madre non sarebbe mai morta. -

Dante si voltò verso Lucia, mentre gocce di pioggia scendevano lungo il suo viso

(perfetto)

apprensivo.

- Già. - concluse Dante.

- E che mi dici di te, invece? Anche tu provi la stessa cosa? Anche tu desideri essere una persona normale? -

L'acchiappademoni stavolta non tardò nel rispondere. Era già stato buttato via abbastanza tempo prezioso, non era necessario che trascorressero altri anni nel silenzio. Nella finzione.

- Ultimamente sempre di più. -

Lucia gli mise una mano sulla spalla.

Non che ce ne fosse davvero bisogno: Dante sapeva che lei ci sarebbe sempre stata per lui.

- Sai, Lucia – continuò, oramai zuppo dalla testa ai piedi – sono stanco di combattere. Dico, ogni tanto un bel combattimento è il sale della vita, no? Ma sono anni che lotto, ininterrottamente. Anni che difendo il mondo dai demoni, da pazzi esaltati, da creature degne del peggior incubo di Lovecraft...e ora, persino dagli angeli. Meraviglioso. -

- Non sei obbligato, sai? -

- Ah, no? - rispose, con un tono pesantemente sarcastico – e chi lo farà al posto mio? Chi rischierà la vita ogni volta che l'ennesimo idiota salta fuori dal cappello? -

- Da un grande potere... -

- No. -

- Non è detto che derivino grandi responsabilità. E in tal caso, non l'ho voluto io quel potere. -

Rimasero in silenzio, sotto una pioggia sempre più forte. Qualcuno nel castello abbassò le persiane e Dante fu grato che nessuno li potesse vedere sul balcone, da soli e sotto la pioggia, come due perfetti idioti.

O come due fidanzatini al primo appuntamento?

L'acchiappademoni si maledì per quel pensiero terribilmente stupido.

Lucia accanto a lui si mosse impercettibilmente, poggiando la schiena contro il balcone di pietra. Lo guardava con affetto, con compassione, con...

Desiderio”, disse la vocina nella testa di Dante. Quella che l'aveva sempre avvisato del pericolo nel momento giusto, quella che gli aveva salvato le chiappe così tante volte che nemmeno se le ricordava più.

No, diamine, non è proprio la serata giusta questa. Stiamo per invocare un angelo, un essere celestiale dalla potenza sconfinata: non posso andare a letto con Lucia proprio questa sera.

E poi, con Lady...?

- Vorrei proprio sapere cosa c'è tra te e Mary. Sai, deve volermi tanto di quel bene...è gelosa di me, per caso? - disse Lucia con noncuranza, guardando altrove. Dante sobbalzò leggermente: aveva per caso pensato ad alta voce?

Dio, sembrava quasi che quella donna così simile a una gatta potesse leggergli nel pensiero.

- Che c'è? Non la chiami mai così? - rise di gusto Lucia, accorgendosi della sua reazione. Poi, non avendo risposta, lo guardò con sorpresa.

- Non la chiami mai con il suo vero nome? -

- Io non ho mai usato il tuo. -

La donna storse il naso, senza tuttavia rimanerci traumatizzata come un tento. Doveva averla finalmente somatizzata con successo, quella brutta storia.

- E' diverso e lo sai. Possibile che... -

- Non lo so, Lucia. E'...complicato. -

La donna si avvicinò al suo volto, tanto da indurre l'acchiappademoni a pensare ad un altro bacio fantastico.

Sfortunatamente, non fu così. Anche se lesse negli occhi di lei tutta la sua tentazione.

- Credi che non potremmo vivere come due persone normali, anche essendo quello che siamo realmente? -

- Non so se te ne sei accorto, Dante – sussurrò lei, piano piano, con voce roca e alterata – ma io... -

- Non dirlo, Lucia. - la implorò Dante a bassa voce. Quella parola avrebbe spezzato tutto quanto c'era tra loro, per costruirci sopra qualcosa di più, qualcosa di nuovo.

- E invece lo dico. Dante... -

- Io ti amo. -

Fu la stoccata decisiva. Qualcosa si spezzò, dentro l'acchiappademoni: mai avrebbe pensato che l'amica, un giorno, desse voce ai suoi sentimenti.

Era sempre stata troppo insicura, troppo spaventata da sé stessa per poter pensare di poter amare qualcuno.

- E' una parola grossa, non credi? -

- No, non lo penso. - rispose lei, accarezzando il volto di Dante con un sorriso triste.

Rimasero così per qualche secondo, poi lui la prese con decisione e la baciò.

Lucia si abbandonò completamente alla sua stretta, al suo caldo contatto: la pioggia continuò a cadere senza sosta.

Come la scena di un film.

Stavolta fu lui a interrompere il bacio e quando Lucia lo guardò, quasi rimase paralizzata dalla luce che ora brillava nei suoi occhi: Dante sorrise, mentre tutti i suoi dubbi svanivano come spazzati via dal vento.

- Tutto questo è davvero troppo melodrammatico. Qualcuno lassù sta davvero esagerando. - disse l'acchiappademoni, prima di incominciare a trattenere un accesso di risate: Lucia lo imitò e rise per la prima volta da tanto, tanto tempo, sentendosi felice come non mai.

- No, dai, davvero! - continuò lui, mentre lei faticava sempre di più nel tentativo di non ridere a squarciagola dalla follia di quel momento – cioé, dai! La pioggia, questo balcone, il temporale...suvvia, Capo! Un po' più di originalità! -

- E cosa dovrebbe fare, sentiamo? Come avresti preferito che fosse? - rispose lei, calmandosi finalmente. Aveva ancora un enorme sorriso dipinto sul volto.

- Beh... -

Dante guardò prima Lucia, poi il cielo sopra di loro.

- Avrei preferito un bel tramonto, magari anche un'alba coi fiocchi. O comunque il sole in generale: da troppo tempo è notte, qua dentro. - concluse, indicandosi il cuore con l'indice destro.

I due, fradici dalla testa ai piedi, sorrisero. Poi lui le prese la mano e guardò l'ora sul display del cellulare, dopo averlo estratto dalla tasca.

- E' quasi mezzanotte. -

- Dovremmo andare. - sussurrò lei, avvicinando suadente la sua testa a quella di Dante.

Un ultimo bacio, poi rientrarono nel castello dall'aspetto ottocentesco dell'isola di Haven.

Sopra di loro, un ragazzo dai capelli bianchi e dal sorriso divertito aveva osservato tutta la scena, mentre dietro di lui Kyrie dormiva sonni tutt'altro che tranquilli.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Il dì dopo la Creazione. ***


- Sei pronta, Kyrie? -

La ragazza socchiuse gli occhi, serena. Non aveva paura di quello che sarebbe potuta accadere: avrebbe preso anche lei posto in questa immensa partita a scacchi.

Avrebbe abbracciato il suo destino.

- Sì. -

Nero distolse lo sguardo, furioso. Avrebbe voluto dire molte cose, ma non c'era il tempo. Quello che doveva essere fatto andava fatto, a qualsiasi costo.

- Allora, iniziamo. -

Lucia si avvicinò con passo felpato alla ragazza dentro il cerchio a cinque punte tracciato per terra, ogni estremità recante una candela splendente nell'aria umida e buia della sala. Aprì il pugno chiuso e fece scivolare all'interno del sigillo un'essenza profumata che a Kyrie riportò in mente i ricordi della sua infanzia, passati nei meravigliosi giardini dell'Ordine della Spada: come l'acqua di un fiume immagini di radure e paesaggi felici gli scorsero davanti agli occhi e le sembrò che il tempo si fosse fermato, per un attimo. Tutti i problemi, tutto il dolore e gli ultimi avvenimenti che le avevano sconvolto il mondo ora non avevano più significato.

Vide suo fratello Credo, appoggiato all'estremità di un masso. Farfalle gli volteggiavano intorno e l'uomo le sorrideva, la spada dorata rinfoderata al suo fianco

(“Che cosa le sta succedendo, Lucia?”)

e all'improvviso si chiese se non stesse sognando.

Ma anche se così fosse stato, ora non le importava affatto. Era felice come non mai e si sentì bambina in quel campo meraviglioso circondato da alti alberi di un verde quasi vivo.

- Ehi, sorellina. Sapevo mi saresti venuta a trovare. - disse Credo, avvicinandosi a lei e dandole un buffetto con il dorso della mano destra. Kyrie sentì le lacrime scendere lungo il suo volto e lo abbracciò forte, come mai aveva fatto prima. Un usignolo cantò, da qualche parte alle sue spalle.

(“E' in viaggio, da qualche parte oltre il Velo.”)

- Mi sei mancato. -

L'uomo le accarezzò i lisci capelli marroni e inspirò profondamente, per poi staccarsi dalla stretta e guardarla negli occhi.

- Kyrie... -

(“Ma non dovrebbe comparire un angelo, usando il suo corpo come tramite?”)

(“A momenti, Nero. Non preoccuparti, è tutto sotto controllo...”)

 

 

Dissolvenza.

Era questo l'effetto che ora andava espandendosi a macchia d'olio nel piccolo mondo attorno a Kyrie: il reale divenne presto irreale e lo stesso sole parve collassare, sfumando come un'indistinta macchia d'olio. Laddove fino a poco prima regnava un'oasi di pace e silenzio, ora non vi era altro che molteplicità. Caos. Disordine.

Una luce abbagliante sconvolse l'universo intero, accecando la ragazza in pieno. Era penetrante, tanto da farsi beffe delle palpebre chiuse di Kyrie.

Poi, curiosamente, la ragazza li riaprì.

E fu sconvolta da quel candore così puro, così celestiale.

Ebbe la certezza di una presenza oltre a lei, in quel oceano dove naufragare sarebbe stato così dolce.

La luce la abbracciò in una stretta.

Solo allora conobbe per la prima volta nella sua vita il significato della parola timore.

Colei che Viene con il Giorno era lì per lei.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Il male risorge sempre a mezzanotte. ***


Dante sgranò gli occhi, mentre le unghie di Lucia si conficcavano nel suo braccio: la scena davanti a loro era a dir poco terrificante: il corpo di Kyrie fluttuava a mezz'aria all'interno del sigillo magico, gli occhi voltati all'insù fino a mostrarne il bianco. Nero si era lanciato in aiuto della sua ragazza, ma nessuno poteva interrompere l'incantesimo fino alla sua naturale conclusione.

- KYRIE! - gridò il giovane, battendo ripetutamente il braccio demoniaco contro la barriera invisibile davanti a lui, oltre la quale Kyrie gridava tremando come una foglia. Poi, frustrato dall'inutilità delle sue azioni, si voltò verso Lucia afferrandola per il bavero e sollevandola a diversi centimetri di altezza dal pavimento.

- COSA DIAVOLO LEI HAI FATTO? -

- Nero, CALMATI! - ruggì Dante, frapponendosi tra il ragazzo e la donna e dividendoli con il suo corpo: fu in quel momento che lesse negli occhi di Nero una rabbia disumana, tanto forte da trasparire quasi dai pori della sua pelle.

- Lucia! - intervenne Lady, sconvolta dalla scena di Kyrie intrappolata e sofferente nel cerchio incantato – interrompi l'incantesimo,subito! -

- Non si può. -

La voce della donna era risuonata impotente e tremolante nella sala. Tutti si voltarono verso di lei, sconcertati: un grido di Kyrie li strappò all'improvviso dal loro torpore e, in un attimo, il cerchio magico smise di risplendere.

Il corpo della ragazza cadde a terra, privo di sensi. Nero accorse e la sollevò in braccio, mortalmente preoccupato e terrorizzato.

- Kyrie,KYRIE! -

Lucia si avvicinò timidamente ai due, stendendo una mano sul petto della ragazza. Il suo cuore batteva ancora ed il respiro era regolare, ma...

Qualcosa non andava. La sua innaturale immobilità era terribilmente sbagliata.

- E' viva – sussurrò la donna dai capelli rossi, rivolgendosi al ragazzo – ha solo perso i sensi. Tornerà tra noi tra qualche ora al.... -

- E' TUTTA COLPA TUA! - la interruppe brutalmente Nero, allontanandosi da lei. I capelli della ragazza ondeggiarono allo scatto improvviso del giovane furioso.

Poi, guardò Dante e l'acchiappademoni si sentì in colpa.

Sapeva cosa stava per dire.

- COME VI E' SALTATO IN MENTE DI LASCIARLE FARE QUESTO?!? - sbottò, indicando con il braccio destro il cerchio magico, ancora febbricitante di energia nei suoi contorti finemente decorati di rune e simboli tanto antichi da essere stati dimenticati dal mondo stesso – E'....è solo una ragazza. Lei non c'entra nulla. -

E detto questo, lasciò la stanza. I presenti non ebbero la forza di guardarsi negli occhi e preferirono puntare il loro sguardo verso terra.

Lucia si avvicinò a Dante e, senza dir nulla, si strinse al suo braccio. Lady registrò l'accaduto all'istante e una cocente punta di gelosia le trafisse il cuore al pari di una spada.

- Vieni – disse all'acchiappademoni, prendendolo per l'altro braccio – dobbiamo parlare. -

Dante fece per rispondere quando Lucia gli sussurrò chiaramente nell'orecchio:

- Ti prego, rimani. -

La sua voce era rotta, incerta. L'uomo ne ebbe compassione e comprese solo parzialmente il peso che quella donna si era caricata sulle spalle in tutti quegli anni.

Lui stesso non avrebbe retto un tale fardello.

Tuttavia, la frase era giunta distintamente all'orecchio di Lady che attonita fronteggiò la sua avversaria, il braccio di Dante ancora saldamente afferrato in mano.

- ...come? -

- Gli ho chiesto di rimanere. -

- Dal momento che sono io la sua compagna, la cosa riguarda noi due e basta. Credo sarebbe ora che tu lo capissi, una volta per tutte. -

Dante sgranò gli occhi. La situazione stava inevitabilmente, rapidamente degenerando.

- Ehi, ragazze, non credo sia il caso di... -

- Ieri sera ci siamo baciati. - disse Lucia, con noncuranza. Come se fosse la cosa più normale del mondo.

Dante sentì il mondo crollargli addosso, avvertendo il silenzio che ora gravava nella stanza. Lo sguardo di Lady gli pungeva la pelle come la coda di uno scorpione e, finalmente, trovò il coraggio di incrociarlo con il suo.

Lady era sconvolta come non mai, la bocca spalancata in una piccola ed elegante O. I suoi sensi affinati e superiori avvertirono l'accelerato battito cardiaco della donna, sintomo di una prossima crisi di pianto.

Una sola frase separava nettamente la calma dalla crisi, adesso. Come una sottile linea rossa.

Quelle parole sarebbero rimaste impresse nella memoria dell'acchiappademoni per tutta la sua vita.

- ...è la verità? - chiese Lady, quasi sussurrando.

Dante guardò negli occhi la sua ex-compagna. La risposta era talmente evidente dal suo volto che lacrime cominciarono a scendere a dirotto lungo l'aggraziato viso di Lady.

Poi, trovò infine la forza di dare voce alle sue parole.

E come macigni, le sue labbra si mossero.

- Sì. -

 

 

 

 

- E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce. -

(Giovanni, III, 19)

 

 

La città di Fortuna già riposava, quando la morente luce del sole iniziava ormai a tramontare. Le strade, poco prima brulicanti di persone, ora giacevano silenziose e abbandonate a sé stesse, come oggetti usati e subito dopo dimenticati. Il vento soffiava piano, quasi per non disturbare quelle anime così stanche.

Fu allora che arrivarono in massa, in un'orda di esseri piumati. Tanti da ricoprire una generosa porzione di cielo. Un'infinità di minuscoli puntini brillanti riluceva ai loro fianchi, costituita dalle loro personali spade di fuoco. Poi, in un attimo, piombarono sull'indifesa città: la notte si illuminò come il giorno e fiamme divamparono qua e là lungo le case, inghiottendo e divorando tutto quanto si trovava sul loro cammino. La gente uscì strillando dalle case, terrorizzata, e in meno di un attimo venne trucidata da furiosi esseri angelici: vi fu uno schioccare di ossa rotte generale, seguito dal tonfo di corpi che cadono per terra.

Gli angeli non ebbero pietà per nessuno. Né per vecchi, né per donne, né per bambini.

Ai loro occhi erano usurpatori di una terra che apparteneva a loro per diritto. Erano ladri, avidi e crudeli, che avevano rubato loro l'eredità lasciata da Dio ai suoi figli prediletti.

Una donna, in particolare, fece da scudo con il suo corpo al figlio mentre quelle creature diaboliche imperversavano per la città. Il piccolo si strinse a lei, piangendo e chiedendo cosa stava accadendo.

In quel momento uno degli angeli si parò loro davanti, l'ardente spada infuocata in pugno e uno sguardo gelido sul volto. Samael avanzò verso di loro con calma, senza fretta, mentre le grida della madre si facevano sempre più laceranti a ogni rintocco dei suoi piedi sul terreno. Sollevò la spada e la donna gli si avventò contro chinando la testa, come un toro che carica a testa bassa la sfortunata vittima: in un secondo Samael la schivò e le trafisse la schiena, facendola gridare adesso di dolore.

Con un gesto aggraziato l'angelo estrasse la sua arma dal corpo della donna, che cadde a terra senza vita. Il bambino davanti a lui si faceva schermo con le mani, coprendosi gli occhi davanti a quell'abbagliante creatura colpevole dell'omicidio di sua madre.

Quella visione paralizzò per qualche attimo Samael.

Una parte di lui ruggì la sua indignazione e quanto quello che stesse facendo fosse sbagliato. Gli suggerì di abbandonare tutto e fuggire via, pregando per il perdono dei peccati che aveva commesso.

Ma un'altra parte godeva per quella distruzione e – in una frazione di secondo che parve durare una vita intera – le cose parvero capovolgersi per Samael: ebbe l'impressione che fosse quella parte a dominare la parte conscia e razionale della sua mente e lui stesse facendo solo da spettatore a tutta quella rovina.

Tuttavia, fu una sensazione passeggera. Tornò al presente e vide il bambino davanti a lui rannicchiato contro la parete, il cadavere della madre di fronte.

- Le grandi cose hanno sempre origine da qualcosa di piccolo, sai? - sussurrò al ragazzo, afferrandolo per il collo e sollevandolo all'altezza del suo volto.

Mentre una bramosia sconfinata gli consumava lentamente l'anima, Samael fece svanire la lama fiammeggiante nel palmo della sua mano destra e, irrigidendone le dita, la conficcò nel petto del giovane che ebbe un sussulto. Ne afferrò il cuore e lo strappò, avvertendolo ancora pulsare.

Il ragazzo era già morto.

Samael, con oscura ingordigia, lo divorò in un secondo.

E sentì tremare tutto il suo essere per l'orribile rituale che aveva appena completato.

Si sentì onnipotente. Inarrestabile, e tuttavia puro, come il bambino a cui aveva appena strappato la vita dal petto. Cecil avvertì all'istante un'onda che mai aveva avvertito prima sconvolgere tutti i livelli della realtà, ne avvertì l'epicentro e raggiunse Samael in men che non si dica. Avvicinandosi cautamente a lui, vide il corpo del bambino davanti a lui.

Aveva il petto squarciato.

Guardo sconcertata il suo compagno e si accorse troppo tardi della luce oscura che brillava ora nei suoi occhi.

Prima che potesse dire qualsiasi cosa, l'angelo le puntò contro il palmo della mano e un bagliore di luce la accecò momentaneamente.

Samael reggeva la Spegnianime, puntandola contro di lei.

- Samael... - disse, rendendosi conto di come le sue parole non avessero alcun effetto sull'essere di fronte a lei.

La voce di Dio non era stata fatta per uccidere lei e i suoi fratelli.

- Addio. - sussurrò sinistramente Samael e premette il grilletto.

Due secondi dopo, Cecil aveva cessato di esistere. Di lei ora non restava altro che una solitaria piuma bianca dell'ala destra, fluttuante nell'aria colma di ceneri, polveri e grida.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Fuoco,sangue,sudore e lacrime. ***


Kyrie galleggiava in mezzo al nulla etereo della sua mente: attorno a lei fuoco e luce ruggivano con forza inaudita, in una tempesta incessante. Un vento solare che minacciava di strapparle la carne di dosso, se solo si fosse sporta un poco di più verso quel vortice incandescente; la ragazza si guardò attorno, vacillando come in un sogno.

E in effetti era proprio così: Kyrie stava sognando, sebbene la sua visione fosse talmente vivida da darle l'impressione che tutto quello che vedeva ora stesse accadendo realmente.

E fu in quella tempesta di fuoco che un'entità, che alla ragazza parve grande quasi quanto il cosmo intero, le si avvicinò all'improvviso. Lingue fiammeggianti la avvolsero, costringendola a chiudere gli occhi per la luce abbagliante che pareva aver investito il mondo intero.

Era come stare al centro del Sole.

Era come rinascere in un mondo del tutto nuovo, respirando per la prima volta in vita propria.

 

 

 

Uno schiaffo.

Risuonò secco e sgraziato in tutta la stanza, culmine di uno scatto improvviso della donna: l'acchiappademoni non lo scansò, anche se evitare il colpo improvviso non gli sarebbe costato più fatica del flettere le dita della mano destra. La rabbia di Lady lo colpì in pieno volto, facendogli voltare la testa da un lato: una scarica di bruciore gli trafisse lo zigomo, facendo formicolare la pelle soprastante.

Una profonda vampata di umiliazione e vergogna lo attraversarono.

Sapeva che prima o poi Lady l'avrebbe saputo. A lei non sfuggiva mai nulla: il fatto che Lucia avesse vuotato il sacco aveva anticipato solo di poco le cose.

Prima che Dante potesse riprendersi, un eco di passi accompagnò il suono di una porta sbattuta con forza. Dopo che Lady ebbe abbandonato la stanza, Lucia scivolò furtivamente fino a piazzarsi esattamente di fronte all'acchiappademoni e gli accarezzò il volto con leggerezza.

- Sei...sicuro di tutto questo? Di voler lasciarla andare via? -

- Un po' tardi per chiedermelo, no? - rispose Dante. Poi la baciò, tenendole una mano sotto il mento.

Poco distante, nello stesso momento in cui le labbra dei due venivano a contatto le une con le altre regalandosi attimi di profonda intimità, una donna dai capelli corvini uscì dal castello dell'isola di Haven in lacrime. Tanta era la voglia di accasciarsi contro tutto ciò che le si parava davanti agli occhi: il pensiero degli ultimi minuti le toglieva la forza di reggersi sulle gambe.

Perché?

Lei e Dante erano stati così felici...perché tutto doveva esserle strappato dalle mani, ancora una volta?

I pensieri di Lady corsero immediatamente alla sua famiglia e il dolore sgorgò incontrollato nel suo cuore, prorompendo come l'acqua di una diga oramai incrinata. La donna vacillò, costeggiando la scogliera alla sua sinistra: sarebbe stato così facile lasciarsi cadere nell'acqua gelida dell'oceano...

E il naufragar m'è dolce in questo mare.

 

 

Nero, per la prima volta nella sua vita, si ritrovò a pregare. Uno spontaneo atto di fede, la quale tuttavia egli non possedeva: aveva visto di tutto nella sua vita, tra angeli e demoni, ma mai questo l'aveva spinto a credere in un disegno superiore.

In un essere dalla sconfinata bontà.

Chino sul letto della sua ragazza, si chiese invece perché la sua vita fosse un tale inferno. Per un istante desiderò quello che già prima di lui aveva desiderato suo padre: essere una persona normale.

Questa sua diversità, quella maledetta sequenza di DNA non avrebbe mai smesso di tormentarlo.

- Kyrie... -

- Torna da noi. -

- Torna da me. -

Posò con leggerezza il suo braccio destro sulla fronte della ragazza e lo lasciò là, gioendo del calore emanato dal corpo di Kyrie. Mai l'avrebbe abbandonata: glielo aveva promesso, tanto tempo prima.

Mai.

 

 

Se avesse avuto una bocca, Cerbero avrebbe imprecato, tanto era terrificante e sinistro il freddo brivido che avvertiva lungo i suoi pistoni metallici.

Qualcosa di maledettamente sbagliato era accaduto a Fortuna.

Come se l'asse di tutti i mondi possibili si fosse appena spezzato e al suo posto vi fosse ora una voragine.

 

 

 

O fangosa grandezza! O sublime ignominio!”

(C. Baudelaire,”I fiori del male”)

 

 

Samael si librò nel cielo notturno, nero angelo portatore di sventura e calamità. Sollevò le braccia al cielo, tese verso l'elemento che un tempo era sinonimo del suo luogo di nascita: le nuvole.

E le nuvole risposero.

Qualcosa tremò, nell'aria resa elettrica dalla battaglia delle schiere angeliche: migliaia di esseri celestiali si voltarono verso di lui e istantaneamente videro la verità.

Il loro Occhio rivelò l'ombra crudele, celata con abilità sotto l'inganno di un angelo splendente e ribelle. Ma prima che potessero levare le spade infuocate al cielo, Samael disse:

- Ebbene, il velo è caduto. E con questo? Volete forse distruggere l'unica speranza che avete di spodestare il genere umano dal suo trono usurpato? Io posso farvi avere tutto questo. Abbandoniamo ogni divisione senza senso, dettata unicamente dall'arroganza del Padre di tutti, e unitevi a me. -

- Cosa avete da perdere? Non siete forse già condannati, agli occhi dei vostri fratelli? - continuò l'angelo, con uno baluginio scarlatto negli occhi. Dischiuse le ali e diede ancora voce al suo venefico sermone.

- Unitevi a me. Un tempo eravamo fratelli: possiamo esserlo ancora. Nel nuovo ordine che siamo destinati a creare, non esisteranno divisioni di genere e ingiustizie. Regneremo su questa terra, che ci è sempre spettata di diritto: scacceremo questi vermi, che tanto si affannano nel corromperla – disse, indicando con sprezzo le innumerevoli abitazioni in fiamme sotto di lui – e solo allora inizierà una nuova Storia, libera dalla depravazione degli esseri umani. -

- Unitevi a me. Oppure tornate da dove siete venuti, e perite. -

I figli primogeniti del cielo rimasero sospesi a mezz'aria, fluttuanti nell'aere reso tenebroso dalle polveri e dalla cenere – e qualcuno avrebbe giurato persino dall'aura di Samael - senza dir nulla.

Furono attimi di profondo silenzio, rotti solo dallo schioccare di edifici in fiamme e crollati su sé stessi.

Poi, come un sol uomo, gli innumerevoli angeli rinfoderarono le loro spade di fuoco. Fu un gesto come tanti, ma che li avrebbe trasformati per sempre: le piume delle loro ali divennero all'istante nere come la notte intorno a loro e Samael ne rise.

La sua fu una risata roca e gutturale, indice della profonda soddisfazione che ora sentiva scorrere in tutto il corpo.

Vendetta! Quale deliziosa parola alle sue orecchie. Poteva quasi sentirne il profumo, come se fosse davvero un piatto appena servitogli: tuttavia, non era assolutamente freddo.

Avrebbe fatto in modo che fosse rovente, come le stesse fiamme dell'Inferno.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1146458