ALL I NEED IS SOME ONE TO SAVE ME
CAUSE I AM GOING DOWN
Rayder mi guarda sorpreso, con le prime luci mattutine che gli baciano il viso.
Lascia che la porta si spalanchi lentamente mentre la figura di Robert si fa sempre più nitida alle sue spalle. M'alzai di scatto come per non dargli a vedere che stavo attendendo il loro ritorno. Lui mi bacia dolcemente la fronte senza dir alcuna parola.
-Robert, è meglio se cominci a preparare le valige- gli sussurra
Cercavo di mantenere un espressione seria, che non lasciasse trasparire alcuna emozione che in quel momento percorreva il mio corpo. Valige? Biglietti?
Avevo l'impressione che qualcosa potesse cambiare di nuovo, che varcata quella porta ci saremmo ritrovati di nuovo soli, ne avevo il terrore. Senza rendermene conto inizia ad indietreggiare, piccoli passi quasi impercettibili, non avrei avuto la forza per un nuovo viaggio, per le occhiate che le persone ci lanciano per strada.
-Giulia- mi bloccai istintivamente -E meglio se anche tu inizia a prepararti-
Guardai Rayder negli occhi, sentivo l’imminente bisogno di piangere mentre mi mordevo nervosamente il labbro che avevo paura di far sanguinare. Ce ne saremmo andati un altra volta?
La sua mano frugò nella tasca della giacca che aveva addosso per poi darne il contenuto a Robert. Guardai impassibile la scena
-Dove andiamo?- il peso delle lacrime trasforma quella frase in un guaito
Mi guardano entrambi come stessero cercando le parole più opportune da usare.
Robert abbassa lo sguardo, imbarazzato? Triste?
-Los Angeles- la sua voce si fece spazio in quelle quattro mura
Saremo volati nella città degli angeli? Le mie mani intente a giocare con il bordo della maglia si placano per qualche istante. Fin da piccola avevo desiderato visitare quel luogo ricco di magia, avevo libri pieni di quei paesaggi, quelle colline. Rayder m’aveva promesso che prima o poi mi ci avrebbe portato ma con il passare degli anni c’avevo perso la speranza. Non osavo mai chiedere nulla quando ero con lui. Ogni giorno lo vedevo alzarsi all’ alba e tornare quando le luci della città lentamente s’offuscavano, non c’era spazio per i miei capricci, non ora, almeno.
Eppure sembrava arrivata la resa dei conti, il folle momento che segna il passaggio fra il sognato e la realtà.
-Andremo a Los Angeles?- le labbra non tenevano il passo della lingua, ne usci solo un ammasso di suoni
Rayder s’avvicino tendendo il braccio verso di me.
M’afferrò la mano e mi strinse in uno di quegli abbracci che mi facevano sentire protetta da qualcuno, quelli che mi dava quando mi trova alzata, piangendo, alle prime ore del mattino.
-Promettimi che farai la brava..-
Sentii la sua stretta farsi più forte e capi che quel viaggio non sarebbe stato ciò che avevo sempre immaginato. Cercai il volto di Rober da dietro la spalla di Rayder, se ne stava li, fermo come se si sentisse a disagio, come se tutta quella situazione fosse fin troppo per lui.
Ci staccammo lentamente e per la prima volta da anni vidi negli occhi di mio fratello un ombra di malinconia che offuscava il suo gelido sguardo blu notte
-Te lo prometto- sussurrai piano come per non farci sentire dall’ amico.
Afferrai il piolo della scala e mantenendo lo sguardo basso m’incamminai in camera, sarebbe stata l’ultima volta che i mie polmoni inspiravano l’odore d’erba tagliata della Georgia? Solamente a pensarci trovavo assurda l’idea che da li a poche ore mi sarei trovata sulla costa opposta, c’era una gran differenza fra il desiderare d’esserci e l’esserci realmente. Ero pronta per affrontare quel millesimo cambiamento? Probabilmente no, non senza mio fratello, non senza sapere che scesa da quel aereo ci sarebbe stato qualcuno ad accogliermi. Perché Robert mi voleva con lui? In fondo avevamo parlato si e no pochi minuti e nella mia testa l’idea che lui potesse provare un antipatia nei miei confronti s’era oramai stanziata. Che glielo avesse chiesto Rayder? Ma perché farlo ora? Perché sconvolgere quella poca serenità che ero riuscita a creare negli ultimi anni?
Le uniche valige che avevano erano quelle servite per il trasloco.
Mi sembrava assurdo riaprirle dopo cosi tanto tempo, avevo creduto che sarebbero rimaste li ancora per molto, forse fino a scordarmi della loro esistenza. Cosa avremmo fatto in California?
Non sapevo se Robert abitasse li, non ne aveva mai parlato, in realtà lui non raccontava mai niente di quello che c’era stato prima dell’ arrivo in questa piccola città. Magari aveva una casetta in riva al mare, una di quelle che ti svegliano al suono dei primi gabbiani arrivati al porto per accogliere i marinai.
Lasciai cadere nella valigia gruccia dopo gruccia, incurante dei vestiti che lentamente s’appallottolavano informi. Non sapevo neanche che tempo potesse esserci a Los Angeles. Si certo, avevo letto decine di guide turistiche ma come sapere se quella settimana il sole avrebbe padroneggiato i celi cristallini della città degli angeli o se le nubi avrebbero incupito l’intero paesaggio. Una settimana? Cosa mi faceva pensare che saremmo rimasti una settimana soltanto? Forse era solamente la nostalgia di casa che si presentava ancor prima d’averla lasciata, forse era la mancanza di Rayder che già mi sentivo aver perso. E pensare che quel posto non m’era mai piaciuto. No, ma non glielo avevo mai detto. Aveva faticato cosi tanto per potersi permettere la casa in cui abitavamo, in cui m’aveva promesso avremmo ricominciato tutto da capo, il solo pensiero di potergli rinfacciare qualcosa mi faceva sentire in colpa. Infondo la sua promessa l’aveva mantenuta, eravamo solo io e lui, era stato questo il nostro nuovo inizio. La porta scricchiolo mossa da Rayder
-Sei pronta?
-Sto scendendo.
Afferrai le ultime cose che stanziavano sul letto e le infilai nello spiraglio di valigia ancora aperta.
Guardai fuori dalla finestra per qualche istante, sarei mai tornata? Sospirai profondamente, probabilmente no, era il nostro ultimo giorno Georgia.
Rayder ci accompagno fino al deposito bagagli dell’ aeroporto, non disse niente per tutto il viaggio come sommerso dai suoi pensieri. Era raro vederlo cosi, si sforzava costantemente d’apparire il giovane solare e allegro che tutti conoscevano ma che a volte gli calzava stretto. M’abbraccio nuovamente, questa volta però non c’era tristezza anzi, riuscivo a scorgere un esile filo di felicità in quel “telefonami” sussurrato poco dopo.
Guardò Robert che lo abbracciò con fare amichevole, non avevo mai notato quanto quei due potessero spalleggiarsi a vicenda, quanto l’arrivo di quel nuovo amico avesse infuso nuovo coraggio a mio fratello. Ci guardò allontanarci, passo dopo passo, lungo l’immenso corridoio di marmo bianco che c’avrebbe portato all’ imbarco. Cercavo di cogliere qualche atteggiamento di Robert in uno dei tanti sguardi furtivi che gli lanciavo, ma ogni volta pareva sempre più freddo, cupo. Mi domandavo quasi se non si fosse pentito d’avermi portato li, con lui.
-Quello è il nostro volo- la sua voce mi sembrò quasi estrania, sentita cosi poche volte, mi pareva d’udire un suono nuovo.
-Sai, ho sempre avuto paura di volare-
-L’hai mai fatto?- domandò lui -Si insomma, intendo volare-
Risi pensando che forse lui era davvero più imbarazzato di me.
-Si, qualche anno fa- la mia voce andò a spegnersi lentamente.
Avrei voluto raccontargli dei miei genitori, di ciò che c’era successo ma a quale scopo? Se non sapeva che c’eravamo trasferiti perché accollargli il peso d’una storia che evidentemente non voleva conoscere?
L’auto parlante annunciò che i passeggerei potevano finalmente imbarcarsi.
Un tumulto di volti si strinse intorno a noi tanto da toglierci il fiato, rimasi quasi allibiti nel vedere quante persone volevano evadere dalla realtà e fuggire in quel piccolo stato che pareva il sogno d’una generazione.
-Perché Los Angeles?- Domandai una volta trovati i nostri posti a bordo dell’ aereo
-I miei fratellastri abitano li- disse con tono neutro, pulito.
Doveva essere uno degli argomenti di cui non gradiva parlare, ma perché?
Per un istante mi sentii sprofondare in quel seggiolino, non sapevo nemmeno perché avessi accettato cosi, senza nemmeno rivolgergli questa domanda prima.
-E cosa fanno questi tuoi fratellastri?- provai a rincalzare
-Lavorano nella musica- possibile essere impassibili anche rivelando ciò?
-Oh, deve essere bello..- sospiro -non ti devono stare molto simpatici- sono impressionata d’averlo detto realmente
-no anzi, provo un enorme ammirazione per loro solo che..-
La voce metallica gracchia parole confuse fino a che il comandate non annuncia che siamo pronti per partire, guardo ancora una volta Robert, lui mi sorride.
Addio Georgia.
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