Just look at me.

di Antilla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Note: Leggete, per favore, ci sono delle cose da mettere in chiaro.
1- Prima di tutto, non so quanto questa ff durerà, potrebbero essere 4 capitoli come 14. I dunno.
2- In questa storia il ruolo del Glee Club (canzoni, competizioni, ecc.)è davvero marginale, se non, a tratti, inesistente (i ragazzi invece verranno menzionati più volte), anche perché è una storia Klaine che parla di un possibile modo in cui i Klaine avrebbero potuto cominciare la loro storia e quindi è completamente incentrata su di loro.
3- Se siete suscettibili, come la sotto scritta, e vi da fastidio leggere di Blaine e Kurt con altri ragazzi, questa ff potrebbe darvi problemi. Chiariamo: la storia d’amore è tra Kurt e Blaine, ma prima di raggiungerla ci sono degli altri fidanzati.
4- I Klaine qui sono assolutamente rispettati in quanto gay, così come dovrebbe essere, e quindi non leggerete di problemi di questi tipo. No bullismo, no insulti, niente.
5- La storia è parecchio autobiografica quindi criticate pure, ma, prettyprettyplease, non offendete.




 
 
 
Just look at me  
 
Capitolo 1 


Si è mosso ancora: Blaine nel sonno fa praticamente di tutto.
Si gira di continuo, invade senza scrupoli la mia parte di letto e persino, talvolta, parla.
 
“Mmm… Kurt… domani mangiamo messicano?”
 
Ecco, appunto.
 
Non sono come gli vengano certe idee mentre dorme; l’altra notte mi ha chiesto di fargli del latte col miele: qualche votla mi sembra davvero un bambino.
 
In realtà, molto più spesso di qualche volta.
 
È così tenero mentre si stringe forte al mio petto, affondando con il viso nell’incavo tra il collo e la spalla: mi ricorda il Blaine sedicenne costantemente seduto al mio fianco nell’aula del Glee al liceo.
 
Se ci penso adesso, a sette anni di distanza, mi sembra una storia strana e complicata, la nostra.
 
***
 
Ho frequentato il Glee Club praticamente dal primo giorno di liceo: la sala canto è stata la prima aula del McKinley in cui ho messo piede, ancora prima di quella di francese.
Ho studiato Mr Cellophane per circa 3 settimane: mi svegliavo cantandola, andavo in giro cantandola, la sognavo persino di notte. Solo dopo averla eseguita impeccabilmente all’audizione ho saputo che il mio impegno era stato inutile, visto che sarei entrato nel Glee anche se fossi stato stonato come una campana.
In compenso, mi ero fatto un amico: dopo la canzone, Blaine era alzato in piedi e aveva applaudito entusiasta, noncurante del silenzio che lo circondava.
Da quel momento siamo stati pappa e ciccia, almeno il martedì e il giovedì dalle tre alle cinque.
Eravamo soliti cantare duetti stupidamente romantici e proporre costantemente passi di danza particolari, ricevendo sempre la stessa risposta “Ma quanto siete gay?”.
Noi li guardavamo, fintamente offesi, prima di scoppiare a ridere.
Fuori dal club, però, non eravamo poi così affiatati: lui aveva i suoi amici, quelli della sua vecchia scuola, e se ne stava per lo più per fatti suoi, senza dare più tanta confidenza a nessuno.
C’era una differenza abissale tra l’auditorium ed i corridoi.
Sul quel palco e tra quelle poltroncine, sembravamo avere una complicità assurda, tra i banchi e le sedie, invece, sembravamo estranei.
Non mi sono mai chiesto davvero perché, né ho mai avuto il coraggio di chiederlo a lui: semplicemente, ce ne stavamo nei rispettivi mondi e ci godevamo a pieno quegli attimi insieme, senza pressione, senza domande.
 
“Ho conosciuto un ragazzo.” mi disse un giorno.
Io rimasi un attimo sorpreso: certo, quando eravamo al Glee, parlavamo e tanto, ma mai di argomenti così intimi.
“Oh!”risposi sorpreso.
Io non gli avevo mai parlato del ragazzo che frequentavo e me ne sentii un po’ in colpa: ma cosa potevo saperne io del fatto che da un giorno all’altro avrebbe cominciato anche a confidarsi con me?
“E ti piace?” chiesi, intenzionato a portare il nostro rapporto ad un livello superiore.
Ad oggi ancora non so se si poteva definire amicizia quel rapporto strano che ci legava.
Di certo mi piaceva parlare con lui, cantarci insieme, farci il solletico quando MrShue era in ritardo. Adoravo persino quelle frecciatine maliziose e decisamente da flirt che era solito buttare così, senza pensarci più di tanto e senza il minimo impegno.
“Mmm… sì, credo mi piaccia.” mi confesso, un po’ balbettante.
Annuii appena, mentre qualcosa nel mio stomaco sembrò muoversi improvvisamente; scartai in mezzo secondo l’idea che la morsa fosse dovuta alla risposta di Blaine: avevo un ragazzo, io.
 
‘Sarà colpa della zuppa che ho preso a mensa’ pensai. ‘Avevo detto a Rachel che aveva un sapore davvero strano.’
 
Sono sempre stato un ragazzo logorroico, ogni scusa è buona per parlare, ma in quel momento proprio non seppi cosa dire.
Lasciai che il silenzio cadesse tra di noi e solo in lontananza sentii Mercedes e Rach litigare per un assolo; in un secondo momento mi accorsi che erano al mio fianco.
 
Mi stavo estraniando dal mondo per stare solo con Blaine.
Cosa diavolo stava succedendo?
 
“Con Andrew come vanno le cose?”
Stava parlando con me? Sapeva avessi un ragazzo? Sapeva persino il suo nome?
Scossi leggermente la testa e mi diedi un pizzicotto:era tutto frutto della mia fantasia o aveva davvero detto quella frase?
La mia pelle lattea si arrossò in pochi secondi.
Ero decisamente sveglio.
 
“Noi stiamo attraversando un periodo difficile,” spiegai “e non ho alcuna voglia di corrergli dietro.”
Stavolta fu lui ad annuire, rivolgendomi uno sguardo di comprensione misto a dolcezza. Non me ne aveva mai rivolti prima, non quelli.
Non fui abbastanza veloce da trattenermi, così le mie labbra si incurvarono in un sorriso.
Un sorriso vero.
 
Parlammo così apertamente, cuore-a-cuore, solo poche altre volte prima della fine dell’anno e per l’ennesima volta mi accontentai.
Io non lo cercai più in quel senso e lui non cercò più me.
Tornavamo sempre alla nostra routine fatta di risate, scherzi e canzoni, senza pensare a quel filo invisibile che ci legava già allora.

 

***
 
So che ve lo state chiedendo.
E la risposta è sì.
Lo abbiamo ignorato.
Abbiamo ignorato la nostra alchimia, la nostra naturale complicità, la nostra inspiegabile, ma estremamente intonata, armonia.
Non ci siamo chiesti come sarebbe stato conoscerci sul serio, entrare nel mondo dell’altro, scoprirne i colori e i sapori.
Non abbiamo mai pensato a come sarebbe stato essere amici, realmente amici, di quelli che si frequentano, che vanno al cinema insieme, di quelli che si confidano e fanno dell’altro un punto di riferimento.
Semplicemente, non abbiamo mai guardato il filo che ci legava per scoprire se fosse bianco e puro come quello dell’amicizia o rosso e forte come quello dell’amore.
 



Angoletto di Pè
Guys and Girls, I'm back. *si fa i complimenti da sola*
Non credevo di tornare alla carica così presto e invece sono di nuovo qui!
A questa storia tengo già da morire, quindi spero piaccia anche a voi e che mi seguirete anche in questo viaggio.
Fatemi sapere cosa ne pensate, mi fa sempre leggere i vostri pareri.
A presto ragazzi.
Vostra, Pè!

PS Come sempre, la mia dolce BFF, mi fa da Beta. 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***



 

Just look at me 
Capitolo 2


Un calcio.
L’ennesimo calcio.
 
Nemmeno di notte riesci a stare fermo, amore?
 
Blaine scalcia.
Tra le tante cose che fa mentre dorme, ha anche l’abitudine di muovere freneticamente le gambe.
Di solito, vista la sua altezza, mi becca sui polpacci.
Stavolta, considerando il fatto che mi sta praticamente addosso, mi ha beccato sulla coscia.
 
Ho scoperto questo suo ‘vizio’ la prima notte che abbiamo dormito insieme.
La prima volta che abbiamo fatto l’amore.
Da allora, non c’è stata una volta in cui abbia fatto un sonno completamente tranquillo.
 

***

 
Durante il mio secondo anno di liceo mi sono innamorato.
Ma non di Blaine.
 
Era il ragazzo dei miei sogni, il ragazzo per il quale morivo dall’età di nove anni.
Era il ragazzo che non mi sarei mai aspettato  fosse gay.
Si chiamava Ethan e ci vollero mesi prima che si accorgesse di me: solo a marzo divenne mio.
Dall’inizio dell’anno, fino al giorno in cui ci mettemmo insieme, non feci altro che pensare a lui, ad eccezione, come sempre, delle ore passate con il Glee Club.
 
Blaine era sempre lì, bello come non era mai stato, e non faceva altro che farmi ridere tutto il tempo.
Non so come, ma ci ritrovammo ad avere un rapporto più fisico.
Non chiedetemi come era successo, ma di tanto in tanto ci abbracciavamo, proprio come facevo con Mercedes e Rachel.
Ci abbracciavamo per dimostrarci affetto o forse, più semplicemente, perché ci piaceva farlo.
Era un mio amico, era sempre stato solo quello, ma la stretta allo stomaco che sentivo quando ero tra le sue braccia sembrava volermi dire altro.
Come sempre, finii per ignorare tutto.
Volevo Ethan e stavo per averlo, non avrei mai rovinato tutto per un’ipotetica possibilità con Blaine.
Non potevo mandare tutto all’aria, ma di certo non mi privai di quello sfarfallio nella pancia che provavo ogni qualvolta l’odore della sua pelle mi faceva girare la testa e il suo calore avvolgeva completamente il mio corpo.
 
“Come va con Ethan?” mi chiese una mattina di febbraio.
Sapeva di lui già da un pezzo, in realtà tutti sapevano di lui: sì, lo avevo sbandierato ai quattro venti, lo facevo sempre con qualsiasi cosa. Il Glee era la mia seconda famiglia e volevo conoscessero tutto di me.
“Bene.” risposi, dopo aver pensato qualche attimo. Non lo facevo mai, ma ero solito pensare prima di parlare quando si trattava di lui. “Credo manchi poco, ormai.”
Alle mie parole, lui sorrise, dolce come sempre.
Ci guardammo negli occhi, ma durò solo pochi secondi: nessuno dei due aveva il coraggio di sostenere lo sguardo dell’altro.
“Allora perché, Kurt?” mi domandò pochi minuti dopo.
Sapevo benissimo cosa volesse dire, lo capivo da come si torturava freneticamente le mani.
Non sapevo cosa dire, non sapevo cosa fare. Avrei dovuto rispondere sinceramente? Avrei dovuto decidere io cosa ne sarebbe stato di quel ‘noi’ che mi seguiva come un’ombra dappertutto?
Avrei dovuto essere io a scegliere che piega avrebbe dovuto prendere quello strano rapporto?
Non potevo. Non avevo abbastanza coraggio.
Così mi scrollai questa responsabilità di dosso, mettendo tutto nelle sue mani.
Gli diedi la possibilità di tornare indietro.
“Perché cosa, Blaine?” chiesi, incerto su quale volessi fosse la sua risposta.
 
Una parte di me gridava “È il momento di mettere in chiaro le cose!”, l’altra ripeteva “E se andasse tutto male?”
 
“Perché ci comportiamo così, io e te?”
Gli offrì un’occasione su un piatto d’argento.
Lui la rifiutò senza esitare.
 
Era tutto di nuovo nelle mie mani adesso.
Dire che avevo paura è dire poco, quasi niente.
Ero terrorizzato, pietrificato.
Fino a quel momento, nella mia vita, avevo sempre desiderato di poter scegliere il mio destino, il mio futuro; ero costantemente stanco del fatto che tutti scegliessero per me, che fossero gli altri i fautori della mia sorte.
Ma in quel preciso momento, desiderai che continuasse ad essere così, almeno per quella volta.
Non ero in grado di decidere una cosa così importante su due piedi.
Di cambiare le carte in tavola in pochi istanti.
La posta in gioco era alta e il rischio troppo elevato.
Le possibilità di fallire era decisamente grande, considerata l’incertezza del guadagno.
 
Ethan era a un palmo da me e non potevo affatto rinunciarci per un ragazzo che, sì, mi faceva battere forte il cuore e mi infondeva tranquillità, amore e dolcezza, ma di cui non sapevo in realtà nulla.
Semplicemente non potevo.
 
“Siamo amici, Blaine, amici. Non è un cosa normale comportarsi così tra amici?”
Le parole mi uscirono da bocca più veloci di quanto avrei voluto.
Non ebbi il tempo di consultare il mio cuore che la testa aveva già fatto tutto da sola.
Vidi Blaine annuire e continuare a fissarsi le mani.
Mi sentii inevitabilmente in colpa: non era quella la risposta che voleva gli dessi.
Ma ormai era fatta, non potevo tornare indietro.
 
Quando ci salutammo quel pomeriggio,  nel corridoio davanti al mio armadietto, ci abbracciammo ancora una volta. La morsa allo stomaco che sentii quella volta portava un nome diverso: si chiamava rimorso.
Fu l’ultima volta che mi trovai tra le sue calde braccia prima di un lungo periodo di gelo.
 

***

 
Pensare a Ethan, mentre Blaine sonnecchia sul mio petto, mi fa davvero strano.
Non so come feci ad innamorarmi di lui: era totalmente l’opposto dell’uomo che amo adesso.
Mentre Blaine rappresenta a pieno il ragazzo ‘carino e coccoloso’, Ethan era il prototipo di maschio ‘bello e dannato.’
Nonostante la parentesi ‘Blaine’, ero incondizionatamente pazza di lui. Pendevo dalle sue labbra, gioivo per i suoi sorrisi, mi perdevo nei suoi occhi.
Lo amavo, lo amavo davvero.
Come se non ci fosse un domani, come se il resto non contasse.
Gli diedi tutto di me; senza accorgermene, finii per cambiare per lui.
A distanza di anni, ancora non me lo sono perdonato.
 
Sento Blaine arricciare le labbra in un sorriso contro il mio petto e torno ad essere fiero di quello che sono. 




Angoletto di Pé.
Salve gente (sempre se qui ci è arrivato qualcuno).
Spero  vi sia piaciuto il capitolo, anche se sono ben consapevole che le cose all'inizio si muovono poco. 
Nei prossimi capitoli, le cose prenderanno una piega diversa.
La ff è davvero molto poco seguita e non vorrei che questo allarmi voi che invece la leggete: non smetterò di pubblicare solo perchè non ci sono tanti lettori.
Scrivo perchè mi piace farlo e continuerei a pubblicare anche se i lettori fossero due.
Grazie mille a voi che leggete e arrivate fin qui.
Un bacione.
Petronilla.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***




Just look at me  
Capitolo 3 


I capelli di Blaine mi stanno solleticando il naso e il loro profumo mi è appena arrivato al cervello… e al cuore.
 
Blaine sa di buono, sa di pulito, sa di casa.
Al liceo, invece, sapeva di lampone.
 
Ho sempre amato i suoi capelli, i suoi ricci ribelli, anche quando li teneva prigionieri sotto quintali di gel.
Ho desiderato tastarne le morbidezza dal giorno in cui l’ho conosciuto in auditorium.
La sua dipendenza da quella roba appiccicosa è andata, per fortuna, scemando; già durante l’ultimo anno di liceo, le quantità utilizzate erano decisamente inferiori di quelle dei tempi addietro.
Ovviamente, mai nulle.
 

***


A luglio Ethan mi liquidò con un sms, dopo settimane di assoluto silenzio.
Nessuna spiegazione, solo un “Non posso più. Non fa per me. Sono stanco. È stato bello. Grazie e arrivederci.”
Nient’altro.
 
In pochi secondi, mi ritrovai il cuore a pezzi.
Avete mai visto video che riprendono le città durante i terremoti? Quelli in cui nel giro di qualche istante, i palazzi crollano lasciando solo milioni di macerie e un’enorme scia di fumo?
Ethan è stato il sisma del mio cuore.
Lo ha rovinato, distrutto, frantumato con una velocità a dir poco disarmante.
Come quando, in una giornata di sole primaverile, il cielo si copre d’improvviso e un temporale ti sorprende proprio quando non l’hai l’ombrello e ti tocca tornartene a casa bagnato fradicio, morto di freddo e, soprattutto, arrabbiato.
 
Io e lui non abbiamo rotto.
Lui mi ha rotto.
 
Nel mese successivo, i pensieri che mi sono frullati in testa hanno sfiorato i temi più estremi, le idee più folli, i sentimenti più profondi e intensi.
 
Sono passato da “Come ho potuto innamorarmi di uno mostro del genere?” a “Un messaggio, cazzo, un mes-sag-gio!” passando per “Com’è possibile che ne sia ancora innamorata?”
 
Sono passata da “Sono contenta che hai fatto cilecca quando abbiamo provato a fare l’amore, almeno non ti sei preso la mia prima volta!” a “Spero che non ti si alzi più!” passando per “Mi dici cosa diavolo ti ho fatto mancare? Ti ho dato tutto, dannazione, ti ho dato me stesso.”
 
Sono passato da “Non troverai un altro che ti ami come ti ho amato io,” a “Chissà se mai capirai cos’è l’amore.” finendo con “Blaine.”.
 
Era estate e l’equazione semplice.
Niente scuola = niente Glee = niente occhi caramello.
 
A essere sincero, dopo la chiacchierata di febbraio e l’abbraccio che ne era seguito, non sapevo se fosse giusto che lui fosse uno dei miei pensieri.
Che diritto ne avevo io, in fin dei conti, dopo quello gli avevo detto, dopo le speranze che gli avevo tolto, dopo gli occhi luminosi che gli avevo fatto annebbiare?
Più pensavo di non poterlo fare, più cercavo di togliermelo della testa, più sembrava non volerne uscire più.
 
Poi lo sognai.
E fu un segno del destino.
 
Era una sera d’estate, una di quelle in cui si esce in gruppo e si cerca un po’ di sollievo dall’afa della città – non che Lima si possa definire tale -.
Eravamo su un belvedere e c’era un panorama mozzafiato; il buio della notte si fondeva perfettamente con bagliore della luna e con le lucine delle case, dei palazzi, dei ristoranti.
Il Glee era stranamente al completo, nonostante le vacanze e i viaggi.
Brittany e Quinn non facevano che ammirare e invidiare la carnagione perfetta di Santana. Rory e Artie litigavano accanto a un carretto dei gelati per chi avesse dovuto comprare una coppetta bacio e stracciatella a Sugar. Joe stava raccontando a Sam e Mercedes del suo ritiro spirituale.
Rachel canticchiava una canzone, accarezzando dolcemente il braccio di Finn che, a sua volta, stava parlando di football con Puck. Io me ne  stavo semplicemente disteso su un muretto usando le cosce di Blaine come un cuscino.
Non ricordo di cosa stessimo parlando, ma ricordo che come sempre mi stava facendo ridere e mi sembrava essere la cosa più naturale al mondo.
Non so con precisione cosa dissi, ma ci fu un attimo di silenzio in cui l’attrazione tra i nostri corpi poteva era molto più che tangibile.
Mi passò piano una mano tra i capelli, prima di chinarsi poco a poco e di posare le sue labbra sulle mie.
Fu un soffio.
Fu un bacio impercettibile e storto.
Storto come in nostro rapporto.
Storto come noi.
 
Mi svegliai con una morsa allo stomaco, identica a quella che avevo avvertito l’ultima volta che lo avevo abbracciato.
Mi sentii in colpa quando realizzai che, sì, mi mancava.
Ripresi sonno non con poche difficoltà.
Riuscii a dormire solo poche ore e alle otto ero già in piedi, con l’intento di compiere il passo più duro da fare quando una relazione finisce.
Era una mattina di fine luglio e me ne stavo a gambe incrociate sul letto in camera mia, riponendo in una scatola tutti i ricordi e i regali di Ethan.
Davanti a me, il laptop in standby riproduceva canzoni tristi e melense.
Mentre richiudevo lo scrigno contenente i miei dolori, lo schermo del pc si illuminò, informandomi del fatto che qualcuno mi aveva inviato un poke.
Cliccai distrattamente sulla notifica, mentre con il dorso dell’altra mano mi asciugavo una lacrima.
 
Blaine Devon Anderson.
 
Mi bloccai un istante.
Poche ore prima l’avevo sognato e adesso lui mi aveva cercato.
Non ho mai creduto alle coincidenze, ma al fato sì, e quella era decisamente una sua traccia.
Lo contattai senza esitare, perché avevo bisogno di sorridere e sapevo che lui sarebbe stato capace di farmelo fare.
“Ciao!” digitai, incerto di quale fosse la natura del nostro rapporto in quel momento.
L’accelerazione del battito cardiaco che avevo avuto quella notte non faceva testo.
“Ehi, come stai?” mi domandò in fretta.
Sapevo perfettamente cosa intendesse.
I giorni di silenzio, seppur tacitamente accordati, non avevano cancellato la nostra intesa.
“Suppongo tu sappia già. Bene, credo. Mi sto facendo forza,” scrissi, veloce ma non sicuro.
Pochi attimi dopo mi arrivò la risposta.
“Sei forte, Kurt. Sei il ragazzo più coraggioso che io abbia mai incontrato.”
Sorrisi tristemente allo schermo illuminato: mi conoscevo abbastanza bene da sapere che la mia era solo ostentazione di forza e che, in realtà, sarebbe bastata una folata di vento per farmi cadere di nuovo, per distruggere i pochi mattoncini messi a posto dopo il terremoto.
 
Anche se fu amaro, Blaine era stato comunque capace di strapparmi un sorriso.
 
Preso dai miei pensieri, mi dimenticai di rispondere e Blaine scrisse ancora.
“Kurt, passerà, davvero. Sono sicuro che li fuori c’è già qualcuno che ti ama e che non vede l’ora che tu ti accorga che esiste.”
 

***

 
Sono passati anni da quando lessi quelle parole da un computer che ora definisco arcaico; non ho mai avuto il coraggio di chiedere al ragazzo-al-lampone se le avesse dette riferendosi a se stesso o se fosse stato un modo come un altro per consolarmi.
La voglia di togliermi questo dubbio è tanta e non mi ci vorrebbe poi chissà quale sforzo.
Potrei anche adesso: mi basterebbe allungare un mano e scuotere il braccio di Blaine, farlo così svegliare e chiederglielo senza esitazioni.
Ma i motivi per i quali non lo faccio solo due.
Innanzitutto, mi piace pensare che parlasse di sé e, come ho già detto, conoscendomi, se non fosse così, ci rimarrei terribilmente male.
Lo so che è terribilmente stupido prendersela per cose passate e senza il minimo valore, ma non potrei farne a meno: sono sempre quel romanticone del liceo.
Il secondo e più importante punto, è che Blaine sta dormendo come un cucciolo rannicchiato tra le mie braccia.
Svegliarlo significherebbe smettere di ammirare questa meraviglia.
 
E mai e poi mai potrei privarmi di tale spettacolo.






Angoletto di Pè
Ehilà..
Precisa come un orologio svizzero, ho aggiornato, fiera del mio essere puntuale.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. A me è piaciuto parecchio scriverlo e sono abbastanza soddisfatta di com'è venuto. 
Ringrazio come sempre chiunque mi legga/segua/recensisca..
E' un onore vedere che 'perdete' del tempo a leggermi.
Un abbraccio.
Alla prossima settimana.



 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***



Just look at me
Capitolo 4 


Ci sono solo tre cose che, nel corso di questi anni, sono riuscito a nascondere a Blaine.
La prima, è che mio padre non ha mai avuto un fucile: è solo una leggenda. Anzi, più che un mito, era una stupida idea di Finn, largamente apprezzata da quel burbero di mio padre, partorita dieci minuti prima dell’arrivo di Blaine a casa mia per la prima cena del venerdì coi miei; in altre parole, per la presentazione ufficiale alla famiglia Hummel-Hudson.
L’espressione mista di paura e determinazione che apparve sul suo volto quando mio padre gli parlò del suo - fintissimo - amore per la caccia, mi piacque così tanto che non ebbi il coraggio di smentire quella piccola bugia.
La seconda cosa che non gli ho confessato, è che fui io a suggerire a Brittany di vietare il gel per il ballo di fine anno del nostro senior year. La verità è che morivo dalla voglia di vederlo al naturale, senza quella roba appiccicosa in testa, Volevo vederlo per quello che era e non per quello che voleva io conoscessi.
E poi, parliamoci chiaro, Brittany S. Pearce non era perspicace abbastanza da intuire che ai tempi dei dinosauri non c’erano i prodotti per capelli.
Il mio terzo e ultimo segreto è che ho un’assurda e spudorata fissazione per le sue mani che, a differenza delle mie, sono eccitanti e mascoline.
 
Sono morbide e calde quando mi accarezzano e mi coccolano, quando mi sfiorano la pelle come una leggera folata di vento estivo.
 
Sono grandi e possenti quando mi toccano e mi stringono, quando mi fanno perdere il contatto con la realtà e mi costringono ad abbandonarmi completamente a lui.
 
Sono goffamente sporche e colorate quando torna dalla scuola di belle arti, quando le mette ore sotto l’acqua e lava via le macchie di vernice.
 

***

 
Quella mattina di luglio io e Blaine parlammo per ore e delle cose più svariate. Mi raccontò di come stesse procedendo la sua estate e che a giorni sarebbe partito con la sua famiglia per una vacanza. Mi disse che ne era contento, che aveva voglia di staccare un po’ la spina. Riuscì più volte a farmi ridere di gusto, come non facevo da diverse settimane, rivelandomi di aver visto Mercedes e Sam insieme al Lima Bean. Quasi caddi dal letto quando mi scrisse “Dovevi esserci, Kurt, sembravano un ovetto Kinder! Hai presente, no, cioccolato al latte e bianco?”.
 
Ancora oggi mi stupisco di come riuscì a colmare quel vuoto che mi riempiva.
Nessun altro, nel corso della mia vita, è mai stato capace di farmi sentire così completo, così amato, così io.
 
Mai come in quel momento avevo avuto voglia di vederlo, di godere della morsa calda e accogliente delle sue braccia. Sentivo la necessità di rispecchiarmi nei suoi occhi e di pensare a quanto fossero perfetti, pur non essendo di una tonalità specifica.
Erano di un coloresenzanome.
 
Scrissi così tanto in quelle ore da consumare i tasti e ogni volta che cliccavo invio, mandavo a Blaine un pezzettino di me, mi mostravo a lui ancora un po’.
Ancora una volta mi chiesi se fosse giusto, con lui non facevo altro che chiedermelo: mi sentivo sempre e costantemente sbagliato e quella non fu di certo un’eccezione.
Con lui non vi era mai nulla di sicuro, tutto era continuamente messo in discussione!
Avrei dovuto tirarmi indietro anche quella mattina così come avevo fatto a febbraio.
Avrei dovuto scegliere la strada più dura, quella in cui ero io stesso a leccarmi le ferite e non quella in cui due occhi splendidi e un sorriso brillante rimettevano a posto i cocci del mio cuore in frantumi.
Avrei dovuto rimettermi in piedi da solo, invece di accettare quella mano già pronta a tirarmi su.
Avrei dovuto, sì, ma non lo feci.
Sono passati anni e ancora non so se considerarla vigliaccheria, la mia, o la cosa migliore che potesse succedermi.
 
“Kurt, devo andare” mi scrisse dopo due ore di chiacchiere. “Parlare con te mi viene così naturale che ho perso la cognizione del tempo. La mia valigia mi grida di voler essere chiusa e sarebbe scortese non darle ascolto.”
 
Non ci pensai più di due volte.
Non volevo che se ne andasse senza sapere che era venuto a farmi visita, quella notte.
 
“Aspetta, Blaine.” digitai in fretta. Ringraziai il cielo per il fatto che fossimo divisi da uno schermo e non da una cornetta.
Probabilmente in quel caso non ce l’avrei fatta.
“Che succede?” chiese; le sue erano solo parole su uno schermo luminoso, ma riuscii distintamente a sentire il tono preoccupato della sua voce, come se quelle sillabe fossero state pronunciate da una bocca lontana solo pochi centimetri dalle mie orecchie.
Senza saperlo, anche quella volta, proprio come aveva fatto cinque mesi prima, mi diede la possibilità di cambiare la mia risposta.
Non ripetei l’errore.
Fui sincero, anche se infondo al mio cuore sapevo bene che avrei dovuto mentire.
Mi stavo mettendo in una posizione davvero scomoda; avrei potuto finire per ferirlo.
Lo feci ugualmente.
 
Non chiamatemi egoista, non ditemi che ho approfittato di lui per stare meglio.
In quel momento, io non ne ero consapevole.
Fargli del male non è mai stata una mia intenzione, affatto. Questo mi sembra persino stupido dirlo. Lo adoravo, come avrei mai potuto desiderare di vederlo soffrire?
Inoltre ho agito con la, purtroppo falsa, convinzione di stare già meglio, di aver già lenito da solo gran parte delle mie ferite e, di conseguenza, del fatto che non lo stavo per niente usando.
Inoltre vi era il fattore incertezza: se anche fossi stato conscio di tutto questo, restavano sempre e solo dei rischi e non delle certezze.
Possibilità e non retorica.
 
“Ho fatto un sogno stanotte. Eravamo usciti tutti insieme, non mancava nessuno.”
Piccoli passi, Kurt - pensai - non fargli venire un infarto.
“Oh, che carino! E vuoi farlo davvero? Intendo uscire tutti insieme…” mi apparve sullo schermo come risposta,mentre l’icona in basso mi informava che Blaine era ancora intento a scrivere.
Non ebbi la pazienza di aspettare oltre.
Al diavolo gli attacchi di cuore!
“Mi hai baciato.”
Scrissi e inviai senza nemmeno guardare, come se non volessi assistere all’esatto momento in cui le cose prendevano un’altra piega, in cui finalmente cambiavo le carte in tavola.
Passarono diversi minuti, ma non vi era ombra di risposta.
Forse era il caso di specificare.
“Nel sogno, mi hai baciato.”
 
Che male c’è - pensai ancora -anche se fosse stato vero, che male ci sarebbe stato? Gli faccio così schifo?
 
Quando il ‘din’ che avvisava l’arrivo di un messaggio rimbombò nel silenzio della mia camera, mi ridestai dai miei pensieri e sorrisi prima ancora di aver portato gli occhi allo schermo: ero contento che mi avesse risposto, considerando anche il fatto che, in quei pochi istanti, mi era balenata in mente l’idea che avrebbe potuto non farlo mai più.
 
“Spero che almeno ti sia piaciuto.”
Buttai fuori il fiato che non mi ero accorto aver trattenuto per tutto il tempo e sorrisi ancora.

***

Mentre una mano carezza piano le nocche di Blaine, l’altra vola leggera ala mia bocca. Mi tocco piano le labbra incurvate e guardo lui, adorante, ringraziandolo per aver fatto dei sorrisi una mia abitudine e non un’eccezione.
 


***
 

Angoletto di Pè!
Here we are again!
Come avete passato questo Natale? Spero bene!
Contenta di essere riuscita a essere puntuale nonostante i giorni di festa!
Spero vi sia piaciuto questo capitolo: è decisamente l'inizio di una situazione completamente nuovo. Il prossimo sarà molto particolare.
Non vi dico altro.
Grazie mille come sempre per aver letto.
Petronilla. 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***




Just look at me

Capitolo 5 


Il cellulare sul comodino vibra all’improvviso; il rumore mi sembra così forte a quest’ora da rasentare l’assordante.
Lo prendo al volo per paura che possa svegliare Blaine che continua, invece, a dormire beato.
 
Leggo alla svelta il messaggio di Rachel – la sua insonnia con gli anni è peggiorata – e rispondo in pochi secondi.
Senza un motivo specifico, me lo rigiro tra le mani: Il mio ragazzo dice che ho un ossessione viscerale per il mio IPhone.
Sembra dimenticarsi di quanto sia stato importante per noi tanto tempo fa.
 

***

                                                                     
28/07/10
 
(11:07)
Ehi, Kurt!
 
(11:08)
Oh, Blaine! Hai bisogno di qualcosa? Ci siamo salutati non più di un quarto d’ora fa.
 
(11:10)
Lo so. E’ solo che mi chiedevo se ti andasse di tenermi compagnia e aiutarmi a fare la valigia.
 
(11:11)
Oh sì, certo!
 
(11:13)
Ho una dura scelta da fare, devi aiutarmi. Non so quale papillon portare.
 
(11:14)
Devi proprio?
 
(11:16)
Ehi! Cos’hai contro i miei cravattini?
 
(11:18)
Nulla, davvero! Ma a volte li amo, altre li odio.
 
(11:19)
???
 
(11:21)
Delle volte sono adorabili, ma altre sono di troppo. Distolgono l’attenzione da.. da altre cose, ecco.
(11:22)
Non ci provo nemmeno a capirci qualcosa. Mi piacciono, lì metto: è molto semplice nella mia testa.
 
(11:23)
Non c’è bisogno che tu capisca, ti dirò io quali portare.
 
(11:24)
Non credo li ricordi tutti, Kurt.
 
(11:26)
Non sottovalutarmi, potrei stupirti.
 
(11:27)
E’ un po’ inquietante: meglio non fare domande.
 
(11:28)
Saggia decisione, Anderson!
 
(11:29)
La ringrazio, Mr Hummel.
 
(11:30)
Dai, cominciamo. Avevi già qualche idea?
 
(11:31)
Sono prontissimo. Io direi di portare assolutamente quello giallo coi disegnini viola.
 
(11:32)
Posso essere sincero con te, Blaine?
 
(11:33)
Sì, ovvio. Sei tipo il mio stylist.
 
(11:34)
E’ un cazzotto in un occhio quel cravattino.
 
(11:35)
Come osi? Quello è il mio preferito.
 
(11:36)
Blaine, ti prego. E’ di un giallo canarino indossabile. Solo Alexander McQueen sarebbe in grado di abbinarlo con gusto.
 
(11:37)
Certo…
(11:38)
Non sai nemmeno chi sia, vero?
 
(11:40)
No, non ne ho la minima idea. Ma se vuoi, posso fingere di saperlo.
 
(11:41)
A volte mi chiedo se sei davvero gay.
 
(11:42)

 
(11:43)
Lo sei, vero?
 
(11:45)
Sì, Kurt, lo sono. E non capisco come tu possa pensare il contrario. Già il fatto che indosso papillon e metto quintali di gel la dice lunga sul mio conto.
 
(11:47)
Sai cos’altro la dice lunga sul tuo conto? Il fatto che attiri ragazze come fa una calamita con il ferro, che ami giocare a football e rotolarti nel fango, che sai a malapena chi sia Barbra Straisand e non sai affatto chi sia Alexander McQueen. Vuoi che continui o ti basta questo?
 
(11:48)
La mia cotta stratosferica per Orlando Bloom non fa testo?
 
(11:49)
No, Blaine. E’ Orlando Bloom: chiunque ha una cotta per lui. Anche Finn.
 
(11:51)
Okay, ci ho provato. Ma, sul serio, sono gay.
 
(11:53)
Diciamo che mi hai convinto. Continuiamo, dai.
Papillon doppio, a punta. Devi portarlo. Non accetto obiezioni.
               
(11:55)
Non ci saranno obiezioni. Sono finalmente d’accordo con te.
 
(11:56)
Quello nero classico. E’ un must e sta bene quasi dappertutto.
 
(11:57)
Ovvio. Solo un altro; non ho intenzione di metterli sempre.
(11.58)
Dammi qualche minuto per pensarci.
 
(12:00)
Certo. Intanto mi consigli un po’ di musica da metter su?
 
(12:01)
Oggi sono in vena di Coldplay.
 
(12:02)
Ottimo consiglio. Live sono fantastici.
 
(12:03)
Lo supponevo. Tu che ne sai? Chi te l’ha detto?
 
(12:04)
Non c’è stato il bisogno che qualcuno me l’ho dicesse. L’ho vissuto sulla mia pelle.
 
(12:05)
Tu.. cosa? Sei andato a vedere i Coldplay?
 
(12:06)
Oh sì. Dal backstage.
 
(12:07)
Mi stai prendendo in giro, lo so.
 
(12:08)
Vuoi che ti mandi la foto di Chris Martin che mi autografa il CD?
 
(12:09)
Smettila, dai. E fammi sentire, quando ci saresti andato?
 
(12:11)
Lo scorso Natale. A Columbus. Chiedi a Puck e Mike, c’erano anche loro.
 
(12:12)
Sono venuti anche loro?
 
(12:13)
Decisamente. Anche se Noah si è perso mezzo concerto per stare con la sorella del batterista.
 
(12:15)
Oh Dio, non si stava inventando niente allora.
 
(12:17)
Tutto vero, purtroppo per lui. Il concerto fu grandioso.
 
(12:18)
Sono i Coldplay, ci credo eccome.
 
(12:20)
Sono fantastici.
 
 
(13:03)
Perché non me lo hai detto?
 
(13:09)
Dirti cosa?
 
(13:11)
Del concerto.
 
(13:12)
Non essere ridicolo.
 
(13:14)
Come scusa?
 
(13:15)
Ho trovato i biglietti nel periodo Natalizio.
 
(13:17)
E con questo? Avresti potuto lo stesso dirmelo. Sai che mi piacciono da morire.
 
(13:18)
Non nascondiamoci dietro a un dito, Kurt, ti prego. E’ da stupidi.
 
(13:20)
Ma cosa stai dicendo?
 
(13:21)
Lo sai bene. Io e te non abbiamo mai parlato, se non al Glee.
 
(13:22)
Blaine, per favore.
 
(13:23)
No, Kurt. E’ la verità. Non sto dando la colpa a te. Ci siamo semplicemente comportati così.
(13:25)
Non ce l’hai con me?
 
(13:26)
Perché dovrei?
 
(13:28)
Non so… Forse perché non ti ho mai rivolto la parola, credo.
 
(13:30)
E io l’ho fatto, invece?
 
(13:32)
No, affatto. Te ne stavi sempre per fatti tuoi e poi ti venivano a prendere i tuoi amici in divisa.
 
(13:33)
Ecco appunto.
(13:34)
Le cose sono diverse ora, no?
 
(13:35)
Sì, ora è meglio.
 
(13:37)
Molto meglio.
(13:38)
Domanda importante: cosa pensi delle divise dei ragazzi?
 
(13:40)
Oh… graziose.
 
(13:41)
Kurt?
 
(13:42)
Noiose, Blaine. Noiose.
 
(13:43)
Ecco! Avrei dovuto metterla anch’io, sai? Dovevo andare alla Dalton Academy, ma poi sono venuto al McKinley.
 
(13:45)
Meglio così, per me. E comunque per te sarebbe stato diverso.
 
(13:46)
Cosa?
 
(13:47)
La divisa… A te sarebbe stata benissimo.
 
(13:48)
Oh, grazie, Kurt. *-*
 
 
(17:14)
Porta quello bianco, nero e rosso a strisce oblique. Ti sta da Dio.
 


02/08/10
 
(09:13)
Buongiorno =D
 
(09:16)
Buongiorno.
Come fai a beccare sempre il momento in cui mi sveglio io ancora non l’ho capito.
 
(09:17)
Facile. In questi giorni ho notato che ti svegli sempre tra le nove e le nove e mezza. Così ho puntato la sveglia e quando sento che è il momento, ti mando un sms.
 
(09:18)
Sbaglio o sei in vacanza? Sbaglio o torni in camera alle sei del mattino?
 
(09:20)
Dettagli. L’importante è che io sia il primo ad darti il buongiorno.
 
(09:21)
Mi spiace dirtelo, ma stamattina hai mancato l’obiettivo.
 
(09:22)
Chi ha osato farmi ciò?
 
(09:23)
Ethan.
 
(09:24)
Oh.
E cosa vuole?
 
(09:26)
Dice che ha bisogno di vedermi. Vuole parlarmi.
 
(09:28)
Ok.
 
(09:30)
Cosa faccio?
 
(09:34)
Non lo so.
 
(09:35)
Tu cosa faresti al posto mio?
 
(09:36)
Ti ripeto. Non lo so.
 
(09:38)
Non sei d’aiuto.
 
(09:45)
Qualunque cosa io dica, Kurt, tu farai a modo tuo.
Ignori sempre le mie parole, sempre.
 
 
 
(14:57)
Come è andato il falò ieri sera?
 
(15:04)
Bene. Ho conosciuto un ragazzo californiano.
 
(15:07)
Ti piace?
 
(15:08)
Non è male.
 
(15:09)
Credi che ci uscirai stasera? Intendo in quel senso.
 
(15:11)
Non credo questo ti riguardi adesso, Kurt.
 
(15:23)
Okay.


 
03/08/10
 
(03:34)
L’ho fatto.
 
(03:36)
Cosa?
 
(03:39)
Sono uscito con quel ragazzo.
Come mai sei ancora sveglio?
 
(03:40)
Non riesco a chiudere occhio.
 
(03:42)
Incubi?
 
(03:43)
Pensieri.
Hai fatto sesso con lui?
 
(03:45)
Ehi, no! Non butterei la mia prima volta con un californiano qualunque.
 
(03:47)
Devo credere che siete usciti per un gelato?
 
(03:49)
-.-‘’ molto simpatico. No, siamo usciti in quel senso.
 
(03:51)
Sono le quattro, Blaine. Vuoi che indovini o mi dici cosa è successo?
Perché vuoi dirmelo, no? Altrimenti che senso avrebbe contattarmi a quest’ora?
 
(03:53)
Voglio dirtelo perché non pensi che io sia quel tipo di persona.
Ci siamo baciati, accarezzati, toccati. Nient’altro. Non sono nemmeno venuto.
 
(03:56)
Perché no?
 
(03:59)
Perché non sono quel tipo di ragazzo. Voglio la persona giusta al mio fianco.
 
(04:01)
Okay.
E’ tutto okay tra noi?
 
(04:03)
Sì,  va tutto bene.
Buona notte piccolo.
 
(04:05)
Buona notte, Blaine.
 

 
07/08/10
 
(16:03)
Ho voglia di vederti.
 
(16:08)
Anch’io Kurt. Non sai quanto.
Sono dieci giorni che parliamo ininterrottamente e inizio a sentire il bisogno di vederti.
Di capire che non sei solo il Kurt dei messaggi sul cellulare. Ho la necessità di realizzare che sei davvero Kurt.
 
(16:22)
Ne ho bisogno anch’io. Ho bisogno di ricordarmi che sei reale.
 

 
10/08/10
 
(22:47)
Ci sono i fuochi d’artificio stasera  e ogni piccola esplosione non fa che ricordarmi della luce dei tuoi occhi. Mentre la sabbia fredda mi sporca i ricci, stranamente liberi, non posso fare a meno di desiderare di averti qui, tra le mie braccia, di poterti stringere forte e di poter dormire insieme su questi granelli dorati.
Mi manchi. Ho voglia di vederti.
 

***

 
Lo sveglierei ora solo per dirgli che di fuochi d’artificio ne vediamo insieme ogni giorno, ogni qualvolta dice di amarmi.
Sono proprio qui, dove ora tiene la testa mentre dorme beatamente.
Nel mio cuore. 





 

Angoletto di Pè.
Questo capitolo è il più lungo di questa fanfiction finora e non so dirvi se sarà anche il più lungo di tutti: è venuto così.
Spero vi sia piaciuto almeno la metà di quanto io abbi adorato scriverlo in stile messaggi; credo che scriverlo in forma narrativa non avrebbe reso allo stesso modo. 
Non so cosa aggiungere, se non ringraziarvi per aver letto.
Grazie sul serio.
Petronilla.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***





Just look at me
Capitolo 6

 

Alle parole primo appuntamento, l’immagine che è solita apparirci davanti agli occhi è quella di una coppia in un posto romantico, in procinto di dichiararsi interesse reciproco. Con il tempo ho realizzato che io e Blaine di usuale non abbiamo mai avuto nulla, nemmeno il primo appuntamento.
 

***

 
Mike e Blaine erano già seduti ad un tavolino del Lima Bean, quando io feci il mio ingresso.
Percorrendo a piedi il tratto che divideva la mia vecchia casa e la caffetteria, non avevo fatto altro che torturare le mie mani e i neuroni di Tina.
Non mi sarei mai aspettato di dirlo, ma quella ragazza ha sempre dimostrato, nel corso degli anni, di serbare un’insolita pazienza nei miei confronti.
Quella volta io e Blaine optammo per un’uscita a quattro, sia per smorzare la tensione che in quelle settimane, o meglio in quegli anni, si era accumulata tra di noi, sia perché non avevamo ancora ben stabilito le ‘condizioni di esistenza’ del nostro rapporto.
Eravamo solo amici?
Stava per nascere qualcosa tra di noi?
Avremmo finito per perdere tutto?
Cercavamo in quell’incontro le risposte.
 
Quella sera decisi di indossare la mia camicia preferita, con la speranza che mi portasse fortuna, preferendo un outfit molto semplice e soprattutto fresco, considerando che era un afoso dodici agosto. Lui era tornato dalle vacanze quella stessa mattina e io avevo tanto insistito affinché posticipassimo l’appuntamento al giorno seguente; ma Blaine non ne aveva voluto sapere di riposarsi e di aspettare, così mi ritrovai ad acconsentire. Quando varcai, ansioso e preoccupato, la soglia del bar e scorsi la sua figura intenta a sorseggiare un cappuccino, persi un battito, o forse più.
Era bello da togliere il fiato e se il sole bacia i belli, con lui aveva probabilmente anche fatto l’amore. La sua carnagione rasentava la perfezione e faceva risaltare magnificamente il colore indefinito dei suoi occhi. Complice la luce del posto, o forse solo la mia cotta bestiale, credetti fossero dorati.
E se l’esserino che mi pulsava in petto aveva avuto dei problemi quando i miei occhi si posarono su di lui, pensai sarebbe crollato quando invece incontrarono i suoi, di occhi.
Non sapendo cosa fare, mi limitai a incurvare le labbra in risposta al suo sorriso. Fu necessario che Tina mi spingesse un po’ per i fianchi affinché io tornassi alla realtà e muovessi le gambe per raggiungere il tavolo, dove i due impazienti ragazzi ci attendevano.
“Ciao” mormorai, quando fui vicino abbastanza da poter essere sentito. Prima di accomodarmi accanto a Blaine, salutai con un cenno della mano Mike, il quale aveva colto l’appuntamento al balzo per stare un po’ con Tina, e lui mi rispose facendomi l’occhiolino; per tutto il tempo Blaine non mi tolse gli occhi di dosso e osservò la scena come uno spettatore al cinema. Quando, sedendomi, il mio braccio scoperto sfiorò casualmente il suo, ci guardammo imbarazzati e sorridemmo come due stupidi.
“Ciao a te!” rispose, prima di sporsi per lasciarmi un candido bacio sulla guancia; pochi secondi dopo lui rise sotto i baffi, senza un motivo valido: dallo sguardo di Tina, capii di essere arrossito parecchio a quel contatto.
Se fosse stata una partita quella, Blaine sarebbe stato già sull’uno a zero.
Cercai di darmi un contegno e di parlare per evitare che le mie gote rosse diventassero l’argomento di punta.
“Come stanno andando le tue vacanze, Mike?” tentai.
“Benone, direi. Sono tornato qualche giorno fa da uno stage con un coreografo californiano, un tipo fantastico.”
L’orientale mi servì una possibilità di pareggio su un piatto d’argento: non fui capace di trattenermi, nonostante il ragazzo seduto al mio fianco mi piacesse parecchio.
“I californiani sono davvero bei ragazzi, vero, Blaine?” mormorai, facendolo avvampare.
Uno a uno.
Non rispose e imitò la mia tattica del cambiare discorso, chiedendo a Tina cosa avesse fatto lei.
“Nulla di speciale, solo qualche giorno a Columbus dai miei cugini.” spiegò lei.
Vidi la speranza di ricevere una risposta più allettante spegnersi sul volto di Blaine. Per quanto fossi contento che non avesse ricevuto un assist, mi dispiacque non vederlo sorridere. Parlammo ancora del più e del meno e solo allora mi accorsi di quanto anche Blaine fosse tendente alla chiacchiera. Restò in silenzio solo quando Mike mi chiese di Ethan e di che fine avesse fatto.
Non più di mezz’ora dopo, Tina chiese al ballerino di accompagnarla a prendere un caffè al bancone.
“Tu vuoi qualcosa, Kurt?” mi chiese la mia amica.
“Sì, grazie!” risposi, senza essere però in grado di aggiungere più nulla; mentre allungavo la mano verso il mio portafogli, Blaine le  stava già porgendo una banconota da dieci.
“Lui prende un nonfatmocha. Mi prenderesti anche un muffin al cioccolato, per favore?”
Tina annuì e i due si allontanarono.
“Grazie.” sussurrai, cosciente del fatto che il mio amico fosse andato in rete di nuovo.
Due a uno per mr Anderson.
“Di nulla.” continuò lui, incurvando le labbra in un sorriso disarmante, che solo in quell’attimo realizzai mi fosse realmente mancato.
Gli domandai quali fossero i suoi progetti per gli ultimi 30 giorni di vacanze e lui rispose che avrebbe solo voluto recuperare il tempo perso. Non specificò se si riferisse alle lezioni di piano mancate, al sonno arretrato, alle uscite con gli amici con fatte o al tempo che avevamo trascorso io e lui ignorandoci.
Non ebbi il coraggio di domandare oltre e mi limitai a sorridere.
Il suo cellulare squillò, lo tirò fuori dalla tasca destra e lo fissò per qualche istante.
Disse che era suo fratello che gli chiedeva per la centesima volta di raggiungerlo a LA. Le novantanove volte precedenti aveva declinato l’invito, quella volta si limitò ad ignorarlo. Bloccò il cellulare e lo poggiò sul tavolino semicircolare; il mio sguardo cadde involontariamente sul suo screensaver: era una foto di un cielo stellato con dei fuochi d’artificio.
“Sono quelli…?” chiesi, titubante, indicando lo schermo.
“Sono quelli.” rispose lui.
Annui e lo guardai negli occhi, le mie due stelle preferite.
“Mi spiace essermi perso un simile spettacolo.” ammisi, consapevole di cosa lui sarebbe andato a pensare e ancor di più del punto che stavo per fare.
“Erano bellissimi.” mormorò con la testa tra le nuvole, probabilmente perso nei ricordi di quella sera.
“Veramente io mi riferivo a te senza gel.” continuai.
Fino a quel momento non credevo che la pelle di una persona potesse raggiungere una così intensa tonalità di rosso.
Rete. Due pari.
Per il resto del pomeriggio continuammo a scherzare, a ridere e a sfiorarci, non sempre casualmente, le braccia e le mani.
Ci alzammo dal tavolo verso le sei e mezzo, dopo due ore di chiacchiere continue.
Mike avrebbe accompagnato Tina a casa in motorino e così ci salutammo appena fuori l’entrata della caffetteria. Mentre loro due erano già in sella, io accompagnai Blaine nel parcheggio fino alla sua auto.
“Sono davvero contento che ci siamo visti.” confessò, senza distogliere lo sguardo dal mio e senza far trapelare nemmeno un minimo del suo nervosismo, che io invece non riuscivo proprio a nascondere.
“Lo sono anch’io” risposi, sorridente, mentre lo guardavo appoggiarsi alla portiera del guidatore.
“Spero di poterlo rifare presto.” continuò.
“Volentieri.”
Sorrise ancora, frugando nelle tasche alla ricerca delle chiavi, e inserendole poi nella fessurina, quando le ebbe trovate.
“Allora a presto,” concluse, sporgendosi verso di me con l’intento di baciarmi la guancia: non glielo permisi.
Lo fermai a metà strada, carezzandogli l’accenno di barca, e posai le mie labbra all’angolo della sua bocca, con una delicatezza che non credevo avessi.
Quello che apparve sul suo volto non era rossore, bensì shock, ma credo valesse lo stesso.
Avevo fatto il punto decisivo e mai vincere aveva avuto un sapore tanto dolce.
 

***

 
Il posto non era romantico, non eravamo soli e non dichiarammo esplicitamente quanto ci piacessimo, ma non importa; nemmeno nei più grandi film d’amore ho visto primi appuntamenti toccare quel livello di assoluta perfezione.  






Angoletto di Pè.
Precisa e puntuale come un fastidiosissimo orologio svizzero, eccomi di nuovo qui.
I nostri Kurt e Blaine finalmente si incontrano e iniziano prendere 'confidenza' se così si può dire.
Non so cosa aggiungere se non la mia speranza che vi sia piaciuto e che non ci siano errori, perché ammetto di incapparci spesso per distrazione.
Grazie a tutti, come sempre!
Vi abbraccio.
Petronilla. 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***




Just look at me
Capitolo 7



Blaine mi ha spesso raccontato di come, anche da piccolo, avesse una smodata passione per l’arte, di come gli piacesse pasticciare con le mani sporche di vernice, di come sgattaiolasse nel bagno di sua madre e le rubasse i pennelli da trucco.
Me lo immagino chiaramente con il naso sporco di tempera rossa e i vestiti pieni di macchie, praticamente le stesse condizioni nelle quali torna a casa adesso.
Quando è rientrato oggi, con tracce di grafite sul viso, portava con sé una tela bella grande; di solito non porta mai a casa nulla, visto che le sue opere servono ai fini scolastici: questa è stata un’eccezione.
Si è giustificato dicendo “È solo una bozza, ma dovevi vederla, Kurt. È così nostra.
Ha tirato con un colpo secco il telo di seta blu scuro che lo copriva e mi ha mostrato il frutto di ore di lavoro: una terrazza con una balaustra in ferro battuto copriva l’angolo sinistro in basso e la parte centrale, il resto invece era un enorme prospetto di una città con enormi grattacieli e piazze.
Era da togliere il fiato.
Nonostante fosse solo uno schizzo fatto a matita e, per quanto ben studiati e proporzionati, rimanevano solo pochi semplici tratti che ad occhio estraneo sarebbero sembrati privi di qualunque significato e profondità. Per me e Blaine significa molto, perché rappresenta il nostro inizio.
 

***

 
Inutile dire che la sera dopo il nostro primo ‘appuntamento’, io e Blaine ci sentimmo ancora e sempre di più. Decisi di darci una possibilità e, soprattutto, di darne una a me; capii che per rialzarmi avevo bisogno di farmi forza e di credere nel fatto che sarei tornato tutto intero. “Quello che non ti uccide, ti fortifica” mi ripetevano tutti, consapevoli del fatto che non ero il tipo di persona che si lascia abbattere dallo stronzo di turno.
Stare accanto a Blaine mi faceva sentire forte, come se ancora potessi valere qualcosa per qualcuno. Il modo che aveva di guardami non faceva che dirmi “Ehi, tu esisti e non c’è niente di più bello al mondo.”; il modo con il quale invece mi sfiorava, mi urlava di poter essere ancora amato.
 
Ho sempre definito gli artisti dei creatori di sogni: Blaine in particolare ha avverato tutti i miei, persino quello sfocato che mi aveva portato a lui.
 
Pochi giorni dopo l’incontro al Lima Bean, Blaine invitò tutto il Glee a uscire insieme, in uno dei tanti edifici progettati da suo padre, i quali venivano il più delle volte adibiti a negozi o a studi notarili.
La volta precedente aveva dato dei buoni per un salone di bellezza appena aperto: il palazzo era in stile quasi fiabesco, con delle colonne solcate e le portefinestre ad arco.
Lo ringraziai, tra l’altro, per giorni per aver dato la possibilità a Rach di farsi un taglio guardabile e di aggiustarsi quelle sopracciglia che mi davano i brividi.
 
Quella volta si trattò di un ristorantino e tutti accettarono entusiasti, me compreso, senza esitazioni: Blaine ci aveva sempre portato in posti molto carini e quella volta non fu da meno. Era una struttura parecchio moderna con un bellissimo gioco di luci all’esterno.
Dire che lo abbracciai appena lo vidi è una sorta di eufemismo: mi lancia tra le sue braccia come se non lo vedessi da secoli, ignorando il fatto che quattordici paia d’occhi non si erano staccati dal mio corpo.
“Ciao anche a te!” Mormorò ironico al mio orecchio.
Mi staccai e gli sorrisi, un po’ perché era bello come il sole, un po’ perché la mia convinzione di stare bene non faceva che crescere.
Si ridestò pochi attimi dopo, allontanando i suoi occhi dai miei, e invitò gli altri a seguirlo.
Incamminandomi lessi che il ristorante era al terzo piano, ma lui disse di andare a l’ultimo.
Causa posti in ascensore, io e lui fummo gli ultimi a salire, respirando in quel cubicolo un’aria fatta di ansia e aspettativa.
“Non è come quello del tuo sogno, ma spero ti piaccia.”
Quando le porte si aprirono, il respirò mi si bloccò in gola.
 
L’ultimo non era esattamente un piano, bensì una magnifica terrazza a cielo aperto che faceva sembrare una città fantastica persino Lima. In un angolo vi era un lungo tavolo apparecchiato alla perfezione sui toni dell’azzurro e del bianco.
Il tutto era illuminato da alcune bocce luminose sparse qua e là e da lucine colorate che correvano lungo il perimetro della ringhiera.
Non ebbi il tempo di aprir bocca che gli altri ci raggiunsero e presero a ringraziare Blaine per il posto in cui li aveva portati.
“C’è una vista fantasmagorica.” non facevano che ripetere Sam e Brittany, mentre Joe fissava il cielo stellato e ringraziava, mormorando, il suo Dio per quel dono.
“Questo posto è assurdo!” disse poi Puck, dando una pacca sulla spalla di Blaine.
“Volevo fare qualcosa di speciale” rispose lui. Non so quanto casualmente il suo sguardo, che fino a quel momento aveva passato in rassegna tutti gli altri, venne a posarsi su di me.
Non feci caso al cibo, che a fine serata le mie amiche mi dissero essere ottimo, perché mentre mangiavo tutto quello che riuscivo a pensare era il fatto che non potevo far finta di nulla quella sera, che anche se sembrava essere presto, non avrei dovuto farmi indietro. Blaine ci teneva a me e quella era una dimostrazione troppo ovvia per essere ignorata.
 
Stupidamente pensai che, sì, glielo dovevo.
Solo con il tempo, poi, ho imparato che quando si parla di amicizie e di relazioni il termine ‘dovere’ non esiste.
 
Eravamo un Glee club e ci era praticamente impossibile restare seduti; così dopo aver incrociato le posate, ci alzammo e iniziammo a divertirci sul serio.
Bastarono pochi minuti per vedere Brittany volare tra le braccia di Mike con le mani tese verso l’alto quasi a voler afferrare una stella sulle note di qualche canzone stupidamente romantica che gli altri stavano improvvisando.
Erano tutti troppo impegnati a muoversi e a far vibrare le corde vocali per accorgersi della mano calda di Blaine sul mio fianco segnoche mi invitava ad allontanarmi un po’ con lui.
Lo seguii senza esitazioni, ma il mio poggiarmi alla balaustra come forma di supporto e difesa mi si rivoltò contro, perché Blaine incastrò il mio corpo tra il suo e la ringhiera.
Sarebbe potuto sembrare un gesto teso a forzatura, se non fosse stato per la sua presa terribilmente delicata e il suo modo intriso di disarmante dolcezza di guardarmi.
“Sei bellissimo” sussurrò, a meno di venti centimetri dalla mia bocca.
Cercai di calmarmi e di prendere fiato; non ero mai stato così nervoso per un bacio prima di allora e l’unica cosa che venne fuori dalla mia bocca fu una risata isterica.
Rise anche lui, un po’ per il suo imbarazzo, un po’ per attutire il mio.
“Ho voglia di baciarti.” Mi disse, indietreggiando appena.
Blaine faceva sempre così: non mancava occasione in cui non mi desse la possibilità di cambiare le cose, di fare solo quello che mi fa stare bene. Cercava in tutti i modi esistenti di mettermi a mio agio qualsiasi cosa dicessimo o facessimo.
Dal canto mio, abbandonata un attimo quella inspiegabile tensione che aveva ridotto il mio stomaco in un groviglio inestricabile, avevo anch’io una spropositata voglia di accarezzare le sue labbra rosse e carnose con le mie chiare e sottili.
Mi spostò una ciocca di capelli che mi era ricaduta sulla fronte, ma non azzardò ad avvicinarsi. Fui io il primo a farlo, mandando al diavolo Ethan, le mie paure inconsce e i dubbi esistenziali.
Avevo Blaine davanti a me, coi suoi occhi a mandola dal colore perfettamente indefinito e il suo sorriso splendente quanto la luna piena su di noi: se mi fossi tirato indietro lo avrei praticamente rimpianto per tutta la mia vita.
Così chiusi gli occhi e lasciai che il mio istinto si muovesse per me.
Pochi secondi dopo le mie labbra erano sulle sue, ma i miei pensieri erano su un altro pianeta.
 

***

 
Così  come il grande orologio nel palazzo del principe avverte Cenerentola che il tempo è esaurito e bisogna prendere in fretta la carrozza, il bacio di Blaine mi fece realizzare che anch’io, come una delle più grandi principesse Disney, avevo una matrigna ad aspettarmi a casa.
 
La sua si chiamava Lady Tremaine.
La mia Ethan.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Questo capitolo è per Nali. Ti amo. 
 



Just look at me
Capitolo 8


Caramello.
Èil sapore che sento sulle labbra quando, stretti sul divano o accoccolati sul letto, Blaine mi bacia piano e dolcemente.
 
Menta.
Èil sapore che sento sulle labbra prima che Blaine esca dal nostro appartamento. Il bacio della “buona giornata” è quello che riesce a farmi sorridere fino a sera.
 
Peperoncino.
È il sapore che sento sulle labbra quando facciamo l’amore, quando quelle di Blaine divorano le mie. Èforte e pungente; mi rimane addosso fino a sera.
 

***

 
Le nostre bocche si mossero perfettamente le une sulle altre, allo stesso ritmo, come se fossero state create per fare quello. Nonostante la mano di Blaine mi stesse carezzando piano la guancia, io proprio non riuscivo a sentirlo.
Le mie labbra erano sulle sue, che premevano forte, ma la mia testa era altrove.
Tutto quello che riuscivo a fare era ricordare quando il corpo schiacciato contro il mio era quello di Ethan. Non pensavo a quanto lo avessi amato, ma a quanto mi avesse fatto male. Ero arrabbiato, triste, esasperato all’idea che, per quanto lo odiassi, non sarebbe uscito presto dalla mia mente.
Più di ogni altra cosa però odiavo me stesso per quello che stavo facendo a Blaine: era un ragazzo fantastico e si meritava il meglio.
Ovviamente, per quanto lo desiderassi, il meglio non ero io.
 
Quattro giorni dopo ripetei l’errore che Ethan aveva fatto con me. Certo, io e Blaine non stavamo insieme e c’era stato solo un bacio, ma sostanzialmente la vigliaccheria era la stessa. Gli dissi tutta la verità… su Facebook.
Non ricordo con precisione se fosse mattina o pomeriggio, probabilmente perché le sensazioni che provai furono tanto forti da stordirmi.
Titubai parecchio prima di aprire la chat e di ammettere tutto. Ma lo feci, perché, nonostante fosse la cosa peggiore che qualcuno potrebbe sentirsi dire, era giusto sapesse.
Fortunatamente mi lasciò parlare, spiegare, confessare. Mi dissi quanto mi piacesse e quanto avrei voluto iniziare a costruire un rapporto con lui, ma anche quanto sentissi ancora le ferite bruciare.
La sensazione di vuoto all’altezza del petto tornò: sembrava mi mancasse l’anima. Sembrava fossi tornato al moment in cui credevo non sarei stato più capace di amare.
Ethan aveva staccato i cavi del mio cuore, privandolo della capacità di battere, e(ed) era stato stupido da parte mia pensare che Blaine, i suoi occhi splendenti, le sue labbra carnose, la sua estrema dolcezza e le sue maniere gentili avrebbero potuto aggiustare quell’organo ormai senza senso.
Semplicemente, ebbi bisogno di toccare il fondo per capire che avevo bisogno di mettere a posto le cose da me, senza l’aiuto di nessuno. Se il cuore non batte per noi stessi, è inutile sperare che lo faccia per qualcun altro.
 
Quel giorno Blaine si mostrò per l’ennesima volta la persona incredibile quale era.
Fu comprensivo e paziente e più diceva di capire, più morivo dentro.
Non poteva essere uno stronzo?
Perché di tutto le persone al mondo avevo ferito l’unica al mondo che non lo meritava?
Perché non mi offendeva?
Perché invece di “Sei un bastardo, Kurt, mi hai preso solo in giro!” aveva detto “Sta tranquillo. Ho capito.”
Avrei preferito discutere, litigare e essere insultato invece di essere giustificato e rassicurato.
 
Non meritavo niente di tutto quello, non meritavo lui.
 
 
Tre settimane dopo scoprii il potere del viaggiare.
Stringere amicizie, vedere posti, conoscere culture, ampliare gli orizzonti: non c’è niente di meglio per ritrovare se stessi e la voglia di amarsi.
La mia medicina fu l’Europa, con i suoi colori accesi e i suoi sapori strani. Furono gli sconosciuti che mi sorridevano per strada e i panorami che mi toglievano il respiro.
Furono i compagni di viaggio sempre entusiasti, nonostante l’abissale carenza di sonno. Furono i pasti a orari inaccettabili e le foto davanti ai monumenti. Furono i castelli, le piazze, i vicoli.
La mia medicina fu io e la mia voglia di tornare ad essere il centro del mio mondo.
 
Molti ritengono che viaggiare sia un modo per scappare da se stessi. per fuggire alla propria vita.
Per me fu l’esatto contrario: girare per città mai viste fu il mio modo di ritrovarmi, di decidere i miei nuovi spazi.
Èquando si è lontani dalla propria routine, fatta di abitudini e cose date per scontate, che ci si accorge di cosa si ha davvero bisogno.
Finalmente Ethan non era più tra queste: aveva smesso di essere nel mio cuore da un po’, ma, grazie a quei giorni, sparì anche dalla mia mente.
Ero consapevole che il suo ricordo non sarebbe mai svanito, ma allo stesso tempo ero certo di non esserne più dipendente.
Fortunatamente, quella volta ebbi ragione.
 
Tornai a casa fisicamente stanco ma pieno di energie e di voglia di fare.
Avevo pensato a Blaine di tanto in tanto, non potevo negarlo, ma non mi aspettavo assolutamente nulla da lui. Non pensavo mi aspettasse a braccia aperte, né avevo su di lui alcun tipo di pretesa, ma di certo non pensavo possibile quello che poi si verificò.
 
Avrei dovuto sentire il campanello d’allarme già il giorno seguente il mio ritorno a casa.
Tina era venuta a trovarmi per aggiornarmi sugli ultimi pettegolezzi a scuola, che era iniziata già da dieci giorni.
Stavamo chiacchierando normalmente, quando lei ad un tratto si fece pensierosa.
“Cosa succede, T?” le chiesi, preoccupato che le fosse successo qualcosa durante la mia assenza.
“Devo dirti una cosa, Kurt.” rispose, mantenendo la medesima espressione intimidita sul viso.
“Dimmi pure.” dissi io, accarezzandole la spalle.
Le sospirò appena e si fece coraggio. Alzò la testa e puntò i suoi occhi nei miei.
“Blaine sta con un ragazzo.” disse tutto d’un fiato.
 
Lo shock durò solo una frazione infinitesimale di secondo.
Chiusi le palpebre e le riaprii di scatto.
“Oh, sono contento per lui.” affermai, essendolo davvero.
Non ci vedevo nulla di male. Era un ragazzo single e aveva tutto il diritto di stare con chi volesse. Io avevo avuto la mia occasione e l’avevo, non intenzionalmente, bruciata, e non avevo alcun diritto di essere arrabbiato o deluso.
Blaine era quanto di più bello si potesse cercare in un ragazzo, ma non era il mio.
 
Non fu questo però l’avvenimento che sconvolse tutto, ma ciò che accadde il giorno seguente, ovvero quando misi piede nell’aula canto.
Tutti mi vennero in contro salutandomi e abbracciandomi forte: era il mio primo giorno di scuola in fin dei conti.
Tutti tranne Blaine, riflettei quando mi sedetti visto l’arrivo del signor Shue.
Quando ci diede qualche minuto di pausa ebbi l’insana idea di andare a salutare Blaine, visto che lui non l’aveva fatto.
Ero stato io a “mollarlo” e forse, qualche regola strana dei rapporti interpersonali, diceva che era mio compito.
Lo feci senza pensarci due volte, incoraggiato dal suo essere comprensivo e gentile risalente ad un mese prima.
Nessuna idea fu tanto sbagliata.
Salii il primo gradone e mi avvicinai cauto.
“Ciao,” mormorai, sorridendo.
“Ciao.” rispose lui, facendo lo stesso, ma in modo decisamente più finto del mio.
“Come stai?” chiesi, cercando di rompere il ghiaccio.
“Bene, ora.” disse lui, abbassando la testa sulla seconda parola.
Annui e sorrisi di nuovo, prima di girare i tacchi e tornare al mio posto.
Avevo fatto solo mezzo metro quando lo sentii parlottare.
“Vuoi essere tu il mio compagno di duetti?” domandò a Mike. “Non voglio più cantare con lui.”
 

         ***

Non so ancora se avevo il diritto di essere deluso come ero. Non dalle sue parole, quelle potevano starci, ma perché illudermi del fatto che nulla sarebbe cambiato tra noi?
 





Angoletto di Pè.
Here we are.
Non picchiatemi, vi prego. L'angst non è il mio forte, ma ci stava tutto. Sono alquanto incapace a scriverlo e credo che questa ne sia una prova.
Ripeto: non picchiatemi. Vi ringrazio comunque perché la storia è arrivata a 30 seguite e 9 preferite.
Grazie, grazie davvero.
Alla settimana prossima. Un bacio. 
Petronilla. 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***





Just look at me
Capitolo 9

 

Fin da piccolo ho sviluppato la piccola mania di associare colore ed una sorta di caratteristica alle persone che mi circondano.
Lo so, è una cosa inconsueta e leggermente inquietante, ma proprio non riesco a farne a meno.
Mio padre, Burt, è sempre stato il blu notte. Non quello cupo, ma quello splendete, quello che si vede nelle sere estive piene di stelle. Ovviamente la sua peculiarità era l’estremo senso di protezione nei miei confronti.
Mia madre, al contrario, vista la sua delicatezza, è un color pesca molto chiaro.
Tina, invece, è un turchese acceso e vivace, proprio come lei. La sua energia, talvolta celata dalla timidezza, è travolgente.
Blaine, fin dalla prima chiacchierata, è stato bianco. No, non un bianco pallido, quello da ospedale, ma un bianco perlato e lucente. Schiettezza, gioia, purezza.
Elliot, il ragazzo di Blaine al momento del mio ritorno a casa, è sempre stato giallo.
Invidia. Fastidio. Intolleranza.
 

***

 
Silenzio.
Tutto quello che ci fu tra me e Blaine in quel periodo fu una quiete che quiete non era.
Ogni qual volta mettevo piede in aula coro, lui era lì, seduto accanto a Mike, con il sorriso sulle labbra. Quando poi incontrava i miei occhi, queste si raddrizzavano, facendo sparire istantaneamente la loro curvatura. Smetteva di sorridere per colpa mia e mi guardava come se fossi l’ultima persona che avrebbe voluto vedere.
Non avevamo nemmeno la forza di salutarci: a stento esprimevo la mia opinione se lui aveva già detto la sua. Evitavamo in ogni modo possibile di doverci rivolgere la parola.
Ci guardavamo arrabbiati, esasperati, tristi.
Lo fissavo senza ritegno, perdendo la maggior parte delle volte la cognizione del tempo, e tornavo alla realtà solo grazie alle gomitate di Tina.
Era stupido, lo sapevo bene, ma lui faceva esattamente la stessa cosa: la nostra era una sorta di gara in cui chi abbassava gli occhi per primo risultava perdente. Ovviamente ero sempre io.
Il colore indefinibile delle sue iridi mi confondeva e incantava, ma allo stesso tempo mi distruggeva.
Lo volevo, stavolta appieno, perché avevo tutta la possibilità di farlo.
Il mio cuore aveva ripreso a battere per me stesso e ora voleva farlo anche per lui.
Ethan era lontano, quasi non fosse mai esistito, e tutto ciò che desideravo era mettere a posto i pezzettini del mio rapporto con Blaine.
E no, non aveva niente a che fare con l’amicizia: lo volevo al mio fianco, volevo tenergli la mano e bacargli di nuovo l’angolo della bocca.
Feci piani assurdi e la mia immaginazione lavorò veloce prima di notare un giorno, sul suo braccio, un piccolo foulard legato al polso.
Chiedi a Tina cosa fosse.
“Quello blu intendi? Mike mi ha detto che è di Elliot, il suo ragazzo. Dice che lo indossa così ogni qual volta lo vede, pensa a lui.” mi rispose sottovoce.
La mia espressione facciale dovette apparire davvero angosciata visto che mi strinse forte per i cinque minuti successivi.
 
La situazione si complicò ancor di più quando mr Shue entrò in aula e scrisse sulla lavagna ‘rimorso’.
“Forse siete troppo giovani per averne,” disse, chiudendo il pennarello, “ma vorrei almeno esprimeste come la pensate a riguardo. Magari fare una piccola introduzione. Potete iniziare da domani. Adesso in piedi a provare.”
Non disse altro, credo. Non sentii più nulla se non il mio cuore battere forte nel petto. Non potevo farcela, almeno non da solo.
Tina era malata e non ci sarebbe stata per qualche altro giorno.
Tutto quello che potevo fare era respirare profondamente e farmi forza.
 
Il primo a esibirsi per il compito della settimana fu Blaine. Il giorno seguente l’assegnazione del compito, si alzò dalla poltroncina in velluto rosso e si posizionò al centro del palco.
“Hai fatto presto.” Commentò il nostro insegnante alla richiesta di poter cantare.
“Ho scelto la canzone nel momento in cui lei ha scritto ‘rimorso’ sulla lavagna. Non ho dubbi. Non ricordo dove ho letto che il rimorso è quel sentimento che nasce da un errore del passato più o meno recente, da qualcosa che si è fatto e che ha portato infelicità o dolore a noi o ad altre persone. Da qualcosa che vorresti non aver mai fatto.A me è successo proprio questo e l’unica canzone che riesce a farmi esprimerlo è questa.”
A quelle parole, sprofondai nel mio sediolino, cercando di nascondermi nel buio dell’auditorium. Un unico fascio di luce illuminava la figura di Blaine, che teneva le mani strette sul microfono, quasi come se si stesse reggendo, e gli occhi fissi sui pochi metri che lo dividevano dal bordo del palco.
Sembrava non avesse né il coraggio né la voglia di alzare gli occhi e fissare il pubblico come era solito fare.
Riconobbi la canzone solo quando la voce di Blaine riempì l’aria.
 

Did I disappoint you or let you down? 
Should I be feeling guilty or let the judges frown? 
'Cause I saw the end beforewe'dbegun.
Ti ho deluso o abbandonato? 
Dovrei sentirmi in colpa o lasciare la sentenza ai giudici? 
Perché ho visto la fine prima che iniziassimo.
 

Le mani iniziarono a tremarmi quasi istantaneamente; non mi stava guardando, ma sentivo distintamente i suoi occhi addosso e li percepivo ancor più arrabbiati.
 

Took your soul out into the night. 
It may be over but it won't stop there, 
I am here for you if you'd only care. 
You touched my heart you touched my soul. 
You changed my life and all my goals. 
And love is blind and that I knew when, 
My heart was blinded by you

Ho preso la tua anima durante la notte 
Potrebbe essere finita ma non finirà lì, 
sono qui per te se solo te ne importasse. 
Hai toccato il mio cuore, hai toccato la mia anima, 
hai cambiato la mia vita e tutti i miei obiettivi. 
E l'amore è cieco e l'ho saputo quando 
il mio cuore è stato accecato
da te. 

 
Strinsi più forte la presa sui braccioli e cercai di darmi un ritegno. Al mio fianco c’erano Mercedes e Rachel e l’unica cosa che volevo era far trapelare le mie emozioni. Volevo Tina, nessun altro. Volevo che mi stringesse e mi dicesse che sarebbe andato tutto bene, che le cose, prima o poi, tra me e Blaine sarebbero tornate al loro posto. Forse non avremmo avuto ciò che desideravo, ma almeno avrei potuto avere indietro il mio amico.
Ci speravo davvero, ma poi…
 

Goodbye my lover,
goodbye my friend.
You have been the one.
You have been the one for me.

I am a dreamer, but when I wake
you can’t break my spirit;
it’s my dreams you take.
And as you move on,remember me,

remember us and all we used to be.
Addio amore mio, addio amico mio 
Sei stata l'unico.
Sei stato l'unico per me.
Sono un sognatore, ma quando mi sveglio, 
non puoi spezzare il mio spirito;
sono i miei sogni che prendi con te.
E visto che stai andando via, ricordati di me,
ricordati di noi e di quello che eravamo
.

 

                   La canzone era finita e il mio sguardo, per fortuna o purtroppo, incontrò quello di Blaine. Sentii una forte morsa allo stomaco e avrei scommesso quanto di più caro avessi sul fatto che lui avesse avvertito la stessa cosa.
L’unica cosa che fui in grado di fare fu scappare via e correre per i corridoi della scuola, fino a quando non arrivai ai bagni.
Mi ci fiondai dentro e sfilai veloce il cellulare dalla tasca. Volevo chiamare Tina, ma molto probabilmente stava dormendo; così, con la vista offuscata dalle lacrime, presi la decisione di scriverle un messaggio.

                    

***
 

A ripensarci ora, quello fu la migliore ‘peggior decisione della mia vita’.
Sì, perché, quel pomeriggio, invece di cliccare sul ‘Baby!’-  il nome con cui era salvata la mia migliore amica sul cellulare – cliccai su ‘Blaine’.
Non ebbi nemmeno l’accortezza di rileggere il messaggio.
 

Ha cantato Goodbye my lover. Non può farmi questo. Sono corso via. Mi manca, mi manca da morire.



_
Angoletto di Pè.
Okay, ora davvero non so che dire.
Questo capitolo è stata una batosta per me in primis, spero per voi non sia così tragica.
Vi prometto che le cose da questo capitolo in poi andranno a migliorare e vi dico che il prossimo, come è stato il quinto, sarà in forma di messaggi.
Ringrazio nuovamente tutti per il sostegno.
Petronilla.

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***




Just look at me
Capitolo 10


Mentre faccio passare piano le dita tra i capelli ricci e morbidi di Blaine, il cellulare vibra nuovamente. Stavolta lo sente e mugola qualcosa a metà tra “Stringimi!”  e  ”Strozzala!”.
Il fatto che la sua bocca sia praticamente schiacciata contro la mia canotta non aiuta affatto la mia comprensione.
 

***

 
09/10/10 Martedì
 
(18:29)
Kurt, credo che tu abbia sbagliato destinatario.
 
(18:33)
Ignora quello che ho scritto.
 
(18:35)
Non posso farlo.
 
(18:37)
Devi…
 
(18:40)
Perché dovrei? Anche tu manchi a me.
 
(18:42)
Non mi pare affatto visto che mi hai tagliato fuori dalla tua vita.
 
(18:45)
Io nella tua non sono riuscito nemmeno ad entrarci.
 
(18:47)
Sai qual era la situazione, Blaine. Era la cosa giusta da fare.
 
(18:48)
Diciamo che siamo pari allora. Mi manchi sul serio.
 
(18:50)
Hai un ragazzo, Blaine.
 
(18:51)
Mi manca il mio amico. Puoi tornare ad esserlo?
 
(18:53)
No, proprio non posso…
 
(18:55)
Perché?

(19.03)
Perché non è quello che voglio da te.
 


(22:43)
Come stai adesso?
 
(22:45)
Bene.
 
(22:47)
E lui?
 
(22:49)
Fa parte del passato ormai.
 
(22:51)
Ne sono felice.
 
(22:53)
E io sono felice per te, davvero.
 
(22:54)
Per cosa?
 
(22:56)
Per lui.
 
(22:59)
Non era nei miei piani. Non è quello che desideravo.
 
(23:00)
Non ti piace?
 
(23:03)
Certo che mi piace, ma non quanto dovrebbe.
 
(23:05)
Che intendi?
 
(23:11)
Te lo dirò chiaramente. Non mi sono avvicinato a lui perché ne ero attratto, ma perché c’è stato quando tu non c’eri più.
 
(23:14)
Preferivi ti prendessi in giro, Blaine?
 
(23:15)
No, assolutamente no.
 
(23:17)
Ma mi tratti proprio come se lo avessi fatto. L’ho fatto per te, Blaine. Questo è palese.
 
(23:20)
Scusami, ti prego. Ero arrabbiato, okay? Elliot c’era e mi sono aggrappato a lui. Avevo bisogno di qualcuno, ero solo: lui semplicemente era lì. Credimi quando ti dico che se fossi stato al mio fianco, io nemmeno l’avrei guardato.
 
(23:23)
Proprio non capsico perché tu me lo stia dicendo adesso.
 
(23:26)
Perché devi saperlo.
 
(23:31)
E invece preferivo non saperlo affatto. Mi sento ancora peggio di prima. Ti ho fatto male un mese fa e ora ne sto facendo ad entrambi.  Dobbiamo smetterla perché non possiamo cambiare le cose. Non più.
 
(23:33)
Non mi arrendo. Sappilo.
 
(23:35)
Cosa vuoi fare? Lasciarlo così su due piedi senza sapere se le cose tra noi possono aggiustarsi?
 
(23:38)
No, ora non posso. Non se lo merita.
 
(23:41)
E allora?Blaine… Precisamente cosa hai in mente?
 
(23:44)
Potremmo tornare a parlare. Io e te potremmo provarci, insieme.
 
(23:46)
Elliot.
 
(23:48)
Non ti sto chiedendo di stare insieme, ma di provare.
(23:49)
Non sarai il mio amante, Kurt. Sta'  tranquillo.
 
(23:52)
Non ne ho alcuna intenzione. Nessuna.
 
(23:55)
Proviamo, Kurt. Cosa abbiamo più da perdere?



 
11/10/10 Giovedì.
 
(16:33)
Se ne sono accorti tutti Blaine…
 
(16:37)
Di cosa parli?
 
(16:39)
Del fatto che ci siamo tenuti la mano durante la lezione.
 
(16:41)
Che importa?!
 
(16:43)
Non voglio che pensino che io sia il tuo… Ti prego non farmi di dire quella parola.
 
(16:45)
Ci baciamo? Andiamo a letto assieme?
 
(16:47)
No…
 
(16:49)
E allora?! Sei un amico speciale: mettiamola così. Non dobbiamo spiegazioni a nessuno.
 
(16:54)
Blaine, io non so per quanto tempo ancora riuscirò a sostenere questa cosa. Voglio che tu lo sappia questo.
 
(16:57)
Solo un altro po’. Devo sistemare prima le cose con Elliot. Puoi darmi qualche altro giorno?
 
(17:00)
Credo di sì.
 
(17:02)
<3



 
15/10/10  Lunedì
 
(18:09)
Ho trovato la canzone perfetta per la gara dei duetti.
 
(18:13)
Sai che se anche vincessimo, non potremmo comunque esibirci alle provinciali, vero?
 
(18:16)
Lo so, ma non per questo mi impegnerò di meno.
 
(18:19)
Mi sembra giusto.
 
(18:21)
Pretending.
 
(18:23)
Pretending?
 
(18:25)
Non la conosci? È di quella coppia così tenera, ma mi sfugge il nome al momento.
 
(18:27)
Certo che la conosco. Lui, tra l’altro, è molto carino.
 
(18:30)
Non c’era, tra l’altro, bisogno di specificarlo.
(18:32)
Qual è il problema?
 
(18:34)
Non credi sia troppo… esplicita?
 
(18:36)
Hai paura di del giudizio degli altri?
 
(18:37)
No.
 
(18:41)
Menomale, anche perché, lo sanno tutti ormai. Siamo due calamite, che sia a lezione, in mensa o in auditorium. Siamo sempre appiccicati, ci sediamo vicini, abbiamo ripreso a cantare insieme,  ci fissiamo, ci teniamo persino la mano.
 
(18:46)
Hai ragione. Perfettamente ragione.
 
(18:48)
È solo una canzone. Niente di cui preoccuparsi.
 
(18:50)
Lo so.
 
(18:52)
Ma…?
 
(18:54)
Nessun ma. È emotiva, tanto emotiva. Ma sei tu vuoi cantarla con me, io non mi tiro indietro. È per te.
 
(18:59)
Sei maledettamente adorabile. Nonostante questa insana situazione, non riesco ad avercela con te. Nemmeno quasi, nemmeno un pochino. Nemmeno niente.



 
18/10/10 Giovedì
 
(16:54)
Possono dire quel che gli pare, ma siamo stati i migliori. Senza l’ombra di dubbio.
 
(16:58)
Anche Rach e Finn sono stati bravissimi.
 
(17:01)
Vero. Ma noi eravamo su tutto un altro pianeta. Tina ha persino pianto durante la canzone.
 
(17:03)
Non vorrei sembrarti scortese, tesoro, ma Tina piange sempre.
 
(17:05)
Dio, è vero. Siamo comunque stati strepitosi.
 
(17:08)
E questo ci da il lusso di poter scommettere sugli altri.
 
(17:10)
Non ti conviene scommettere con me, piccolo.
 
(17:12)
Oh, fai l’audace.
 
(17:14)
Sono audace.
 
(17:16)
Allora scommetti con me. Chi vince la gara?
 
(17:18)
Quinn e Sam. Di certo.
 
(17:21)
Sicuro?
 
(17:23)
Non lo sono mai stato più di adesso.
 
(17:25)
Okay. Io punto sui Finchel.
 
(17:27)
Illuso.
 
(17:53)
Cosa si vince?
 
(17:55)
Non saprei.
 
(17:59)
Visto che sei sicuro, scommetti al buio. Qualsiasi cosa vorrò, tu dovrai starci.
 
(18:02)
Non mi tiro indietro. Inizierò a pensare a quello che più voglio da te.
 
(18:04)
Preparati a perdere, tesoro.
 
(18:06)
Oh no, quello sarai tu. Tranquillo, ti porto io i fazzolettini per asciugarti le lacrime.



 
19/10/10 Venerdì.
 
(16:22)
Ammettilo: hai corrotto MrShue.
 
(16:25)
Ancora? No, Blaine. Hai semplicemente perso e la tua faccia era impagabile.
 
(16:28)
Non riesco ancora a crederci. Finn e Rachel hanno sempre cantato il duetto alle Provinciali, sempre.
 
(16:31)
Le cose cambiano. Io e te siamo stati sempre e solo amici, eppure guardaci.


 
(18:09)
Grazie, Kurt.
 
(18:12)
Per cosa, piccolo?
 
(18:16)
Per esserci. Per aver accettato questa situazione. Non è facile per te, lo so, ma credimi, non lo farei se non fosse necessario.
 
(18:19)
Blaine, sono stato io a mandarti via, ricordi?
 
(18:22)
Non c’entra. Questo non significa che tu debba sopportare tutto questo.
 
(18.24)
Blaine, niente mi sta obbligando a farlo. Lo facci perché lo voglio, perché ti voglio.
 
(18:27)
Ti voglio anch’io, Kurt. Tu non immagini quanto.


 
(21:47)
Ho scelto il mio premio.
 
(21:50)
Sono pronto.
 
(22:01)
Voglio assaggiare le tue labbra. Voglio ricordarne il sapore.
 
(22:09)
Kurt, sai cosa significa, vero?
 
(22:13)
Sì, ma ne ho bisogno. Ho bisogno di sapere che puoi fare questo… per me.
 
(22:17)
Io farei di tutto per te.


 

22/10/10 Lunedì
 
(18:21)
Voglio sapere ogni cosa.
 
(18:23)
No, tu vuoi sapere solo di Blaine.
 
(18:26)
Dio sì, com’è stato?
 
(18:30)
Breve, troppo breve. Le nostre labbra si sono appena sfiorate, Tina.
 
(18:33)
È stato una dimostrazione importante d’interesse, Kurt: non puoi lamentarti.
 
(18:36)
Lo so, è che  sono stanco.
 
(18:39)
Sono sicura che manca poco. Ora sputa il rospo.
 
(18:45)
È stato dolce, ma anche intenso. Siamo usciti dall’aula e mi ha accompagnato al mio armadietto. Stavamo ridendo, mentre io posavo dei libri. Un attimo dopo, mi ha tirato appena per il polso e mi ha baciato.
 
(18:48)
E…?
 
(18:50)
E nulla. Caffè.
 
(18:53)
Caffè?
 
(18:58)
Blaine sapeva di caffè ed era buonissimo.
 
(19:02)
Sono felice per te, Kurt. Blaine ti vuole e tu vuoi lui. Andrà tutto bene. Te lo prometto.
 
 
 
 
23/10/10 Martedì
 
(16:21)
È stata carina Sugar a invitarci tutti al suo compleanno, non trovi?
 
(16:25)
Lei è sempre carina.
 
(16:27)
Già.
 
(16:31)
Ti va di venirci con me?
 
(16:33)
Venirci con te? Siamo stati invitati tutti, Blaine.
 
(16:37)
Lo so, non sono stupido.
 
(16:39)
?
 
(16:44)
Andiamo insieme. Vengo a prenderti a casa, ti tengo la mano sul cambio, entriamo insieme a BelGrissino.
 
(16:48)
Non è troppo?
 
(16:51)
È quello che voglio, Kurt. Te lo chiedo di  nuovo. Vuoi venire alla festa di Sugar con me?
 
(16:55)
Dio sì, più di ogni altra cosa al mondo.
 
(16:58)
E ti concedo anche un quarto d’ora di ritardo.
 
(17:01)
Che galantuomo.
 

***

 
Viviamo già da qualche mese qui a NYC ma ancora mi arrivano scatoloni da Lima contenenti cose che ho lasciato a casa. L’ultimo risale alla settimana scorsa: c’erano alcune vecchie sciarpe, piccoli trofei, qualche spartito e un libro, ‘Ragione e sentimento’ di Jane Austen.
Stasera avrei voluto iniziare a rileggerlo e per questo l’avevo poggiato sul comodino; le cose però non sono andate esattamente come mi aspettavo. L’ultima cosa che pensavo era che Blaine mi chiedesse una sessione intensa di coccole.
Mentre ripongo il cellulare, dopo averlo spento – non voglio che Rach e le sue crisi sveglino Blaine - , faccio involontariamente cadere il volume che produce un tonfo ovattato cadendo sul tappeto.
Solo quando mi allungo per raccoglierlo, un po’ bloccato dal peso del corpo di Blaine sul mio, noto, grazie alla luce fioca della luna che arriva dalla finestra, che una foto  è scivolata fuori dalle pagine ingiallite.
Non senza fatica, la recupero e la  osservo attentamente: ci siamo io e Blaine, appena fuori l’entrata del Bel Grissino. Risale al compleanno di Sugar, ne sono certo: sia perché la ricordo, sia perché si vedono chiaramente i festoni rosa shocking. Stavamo litigando, lo ricordo chiaramente; Blaine ha le mani tra i capelli e io i pugni chiusi e gli occhi serrati.
Sorrido e lascio scivolare la foto ormai sbiadita nel primo cassetto al mio fianco.
Il passato è ormai passato.


Angoletto di Pé.
Tadaaaa!
Come promesso, i messaggi sono arrivati e spero vi siano piaciuti. 
Ho fatto due conti e questo dovrebbe essere il terzultimo capitolo. Per intenderci mancano due capitlo ancora e probabilmente un piccolo epilogo.
Ho già in mente idee per alcuni spin-off, ma non c'è nulla di sicuro ancora. 
Come sempre la pubblicazione ci sarà di mercoledì. 
Vi ringrazio ancora una volta e scappo a rispondere alla recensioni dello scorso capitolo. I'm late.
Thank u so much.
Petronilla. 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***



Just look at me
Capitolo 11 

 

Dormire con il calore di Blaine addosso è una delle cose che reputo più rilassanti al mondo; mi sento sovrastato, ma allo stesso tempo protetto, dalla sua presenza.
 
Ogni volta è un deja vu; si dice che questi fenomeni siano il modo che ha il destino per dirci che siamo esattamente dove dovremmo essere.
 
Èprecisamente così che mi fa sentire Blaine: al mio posto.
 

***

 
I giorni che precedettero la festa di Sugar furono una specie di inferno, il fuoco che accese la miccia del cumulo di tensione e dinamite che ero diventato.
Probabilmente l’evento scatenante fu il fatto che qualcuno ebbe il coraggio di dire la sua opinione su quello che stava succedendo tra me e Blaine.
Nessuno glielo aveva chiesto in realtà, ma Rachel e Santana si sentirono in pieno diritto di darmi il loro parere.
 
“Penso che debba decidersi, Kurt. Non è giusto che tu aspetti tutto questo tempo.” ruppe il ghiaccio la mia amica ispanica, senza tanti giri di parole.
“I-io credo ch-… Ha bisogno ancora di un po’ di tempo. Tutto qua.” risposi, cercando di convincere sia me, che loro; non che me ne importasse davvero di quello che pensavano, ma come potevo, in fin dei conti, darle torto?
“Da quanto ha iniziato a prendersi del tempo, esattamente?” chiese Rachel, ormai anche lei sul piede di guerra.
Sembravo un indagato sotto interrogatorio; ci mancava solo che dal mio armadietto uscisse una lampadina incandescente e che questa mi venisse puntata in faccia.
“Un p-po’…” tentai di mormorare e ovviamente l’occhiata torva della mia attuale migliore amica non si fece attendere.
“Due settimane oggi…” dissi, sospirando, in un misto tra disperazione e esasperazione.
“Non credi che sia abbastanza?” incalzò allora l’altra, senza lasciarmi un attimo di tregua.
Con un colpo secco di remi, mi rimisi in piedi, abbandonando il sostegno che l’anta fredda dietro di me.
“Pensi che io non lo sappia, uhm? Cosa dovrei fare, sentiamo? Mandare tutto all’aria!?”
Ammetto che la mia reazione fu leggermente esagerata: loro stavano cercando di aiutarmi e aprirmi gli occhi e io me ne uscii con una sorta di ‘aggressione’.
“Kurt, vogliamo vederti felice, non sacrificato. Lo vedi anche tu, no? Lui ti vuole bene, questo è evidente, ma deve fare una scelta, perché non riesco più a vederti così, come se venissi sempre dopo qualcun altro!”.
Mai nel corso di quegli anni avevo sentito uscire dalla bocca di Santana un tono tanto calmo e premuroso, quasi da sorella maggiore in pensiero per il fratellino imbranato.
“Meriti di brillare, Kurt, meriti di essere il primo. Lo hai messo al primo posto ed è giusto che lui faccia lo stesso per te.” fece coro Rachel.
“Smettetela di parlare di lui come se fosse un mostro, come se non avesse fatto nulla per dimostrarmi quanto tiene a me. Ci sono cose che non sapete e che quindi non potete giudicare.”.
Il mio tentativo di difendere Blaine per l’ennesima volta si infranse quando una lacrima rigò il mio viso.
 
Potevo dire quello che volevo, giustificarlo con me stesso e con gli altri, constatare che del pensiero della gente non mi importasse affatto, ma la verità era che avevano ragione loro, che non potevo più andare avanti con l’idea che Blaine avesse qualcuno davvero, qualcuno che ancora si poteva definire il suo ragazzo.
 
Non mi erano mai piaciute le catalogazioni, le cose ufficiali, le etichette, mi avevano sempre dato la sensazione di poter essere giudicati prima di essere conosciuti, ma per la prima volta in sedici anni desiderai di rubarne una e di farla mia.
Volevo appiccicarmi sul maglioncino azzurro un badge con scritto ‘il ragazzo di Blaine’.
 
 
Quel sabato, la sua Ford nera di si fermò nel vialetto di casa in perfetto orario. Io ero pronto già da un po’, ma decisi di usufruire dei minuti di ritardo che mi erano stati concessi: era una specie di piccola ripicca per tutto quello che mi veniva tolto ogni secondo.
Era un modo, perverso e idiota, di prendermi ciò che mi spettava; lo feci pensando che mi sarei sentito meglio, sperando che mi sarebbe bastato.
Desiderai si arrabbiasse un po’, mi sarebbe andata bene anche se avesse fatto finta, giusto per darmi la soddisfazione di ricambiare lo ‘sgarro’ che continuava involontariamente a farmi.
Mi diedi dell'idiota quando invece, salendo in macchina, mi sciolsi davanti al suo sorriso.
 
Non entrammo mano nella mano come avevo immaginato, ma tutti ci videro arrivare insieme.
Le nostre dita si incontrarono poco dopo, sul ripiano di legno scuro tra il cellulare di Blaine e il mio tovagliolo rosso e bianco, sotto lo sguardo esterrefatto dell’intero Glee Club; mai, durante l’ora successiva, il pollice di Blaine smise di accarezzare piano il mio dorso.
 
La serata prese un’altra piega quando il cellulare di Blaine si illuminò per l’arrivo di un sms. Il fastidio che provai in quel momento non era collegato alla sua orribile suoneria, né al fatto che qualcuno glia avesse scritto: tutto fu causato dallo stupido e involontario istinto che mi portò a buttare un occhio sullo schermo.
 
Fino a quel momento Elliot era stato un’entità sconosciuta e indefinita: solo in quell’attimo prese effettivamente forma.
Lui divenne reale e la sua presenza persino più ingombrante: ci tolse, per l’ennesima volta, un momento che doveva essere solo nostro, mio e di Blaine.
Mi sentii in trappola, senza via di fuga, condannato a vivere quella situazione per sempre.
Fu insostenibile.
 
Fissai il vetro lucido ancora lampeggiante e finii in un solo sorso la soda nel mio bicchiere, prima di scattare in piedi e correre fuori dal locale.
Ero di spalle, ma potevo chiaramente vedere gli occhi di tutti sulla mia schiena: la sentivo bruciare.
 
Il vento freddo che mi colpì in pieno viso non appena fui fuori avrebbe potuto di certo aiutarmi a risolvere quel rebus che mi ostinavo a chiamare vita, se Blaine non fosse stato più veloce di lui, di me, e il suo sguardo non mi avesse fatto ritornare al punto di partenza.
 
“Cos’hai?” domandò, notando i pugni chiusi alla fine delle mie braccia tremanti.
“Niente. Avevo bisogno di un po’ d’aria.” dissi a denti stretti, con l’intento di impedire ai singhiozzi di farsi sentire.
“Dimmi cos’hai.” ripeté. Cercai le sue iridi dopo poco, sorpreso e scosso dal suo tono duro.
Provai davvero a tenermi tutto dentro, a mandare giù l’ennesimo boccone salato, ma le lacrime bollenti che sentii rigarmi il viso mi convinsero del fatto che non sarebbe servito più a nulla.
 
“L-lui è… Non sopporto più questa situazione, okay? Non posso più andare avanti così!” buttai fuori tutto d’un fiato, ignorando completamente il tono più alto della mia voce.
Se proprio dovevo parlare, pretendevo di essere ascoltato.
“Solo un po’ di tempo e tut-”
“Basta tempo. Basta aspettare. Sono due settimane che mi chiedi tempo, Blaine. E io te ne ho dato perché ne capivo il senso, ma ora non riesco più ad andare avanti.”.
Le parole mi vennero fuori piene di rabbia, forse eccessiva, ma reprimerle sarebbe stato vano: era il gioco della verità e non avevo più la forza di essere sleale.
 
“Tu ha un ragazzo, Blaine, lui esiste, è reale. Dio, tu ancora lo senti, lo baci, lo tocchi. Io non riesco più a far finta che lui non ci sia, perché la sua presenza mi sta togliendo l’aria.”
Più parlavo, più mi sentivo, contemporaneamente, meglio e peggio.
Potevo chiaramente sentire il peso all’altezza del cuore sciogliersi e una morsa di paura di perderlo formarsi poco sotto, nei pressi del mio stomaco.
 
“Kurt,” mi chiamò piano, tentando in qualche modo di calmarmi, “io non voglio farti questo. Io voglio stare con te, lo sai, voglio farti sentire amato e speciale. Non voglio ferire i suoi sentimenti, è vero, ma di lui non mi importa nulla. Assolutamente nulla.”
 
“Io non dico che Elliot non sia un bel ragazzo, ma io ti sto dando il tempo di cui hai bisogno, sto cercando di farmi piacere i tuoi papillon e ti lascio sempre il finale dei nostri duetti, perciò… prendi me, scegli me, ama me.”*
 
Passammo l’ora successiva con gli altri, senza far parola di nulla con nessuno, ma la tensione tra noi era percepibile anche dall’altro lato del tavolo. Rachel e Santana, infatti, sedute vicine mi sorrisero dolcemente e annuirono. Non sapevano cosa fosse successo, ma capirono ugualmente che avevo fatto quel che dovevo.
Nel frattempo, al mio fianco, Blaine stava cambiando lo sfondo del suo cellulare.
 
Salutandoci, quella stessa sera, non si fece alcun problema a poggiare le labbra sulle mie sotto gli occhi sempre più spalancati dei nostri amici.
Nonostante fosse una cosa improvvisa e letteralmente mozzafiato, fu come tornare a respirare.
 

***

 
Più tardi, quando mi infilai a letto, il cellulare sul mio comodino vibrò rumorosamente.
 
(00:34)
Ho chiamato Elliot. Gli ho detto che dobbiamo parlare e dice di aver già capito tutto.
È arrivato il nostro tempo.
 
Quello fu l’unico messaggio di Blaine a cui non replicai.
Se non poteva vedere il mio sorriso, nessuna risposta sarebbe stata esauriente. 





*Chiaro ed esplicito riferimento a Grey's Anatomy.
(Non seguo la serie, ma amo la scena)

Angoletto di Pè.
Hola! *Saluta con la manina*
Partiamo subito con gli avvisi/chiarimenti/quellochevisembrano altrimenti questo angoletto finisce domani mattina.
Questo è stato il penultimo capitolo della storia, manca il dodicesimo e poi un piccolo epilogo. Vi avevo accennato alla possibilità di alcuni spin-off.
Non sono più molto sicura a riguardo o almeno non credo arriveranno in un futuro prossimo. Sto scrivendo il finale di questa storia, ma sto iniziando a metter mano anche al mio prossimo progetto, so who know?!
Altro avviso che non c'entra nulla con questa ff. Non so se qualcuno di voi lo sa, ma questa è la mia seconda long. La prima, Tutta colpa del Lima Bean, l'ho pubblicata qualche tempo fa, quando ancora non ero molto pratica (non che adesso lo sia) nè della scrittura, nè della grafica Efp; ho quindi, cominciato il progetto "Tutta colpa del Lima Bean: the review". Insomma sto rivedendo, betando e correggendo la storia, per poi sostituirla, capitolo per capitolo all'originale.
Se qualcuno è interessato, è lì. 
Non credo di aver mai scritto/parlato così tanto in un mio angoletto, ma c'è sempre la prima volta.
Visto che ci siamo e che non posso di certo non farlo, vi ringrazio tutti, per le recensioni, per le visite e soprattutto per le ricordate/preferite. E' un onore davvero immenso per me. 
Vi ringrazio ancora una volta e corro a rispondere alle recensioni dello scorso capitolo, Sì, le accumulo sempre, perdonatemi.
Un abbraccio,
Petronilla. 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***



Just look at me
Capitolo 12


Sono le due e posso vedere chiaramente, già ad occhi chiusi, Morfeo che si sporge verso di me nel tentativo di acciuffarmi e stringermi tra le sue braccia: il binomio formato da una giornata stancante a scuola e il respirare dolce di Blaine sul mio petto è qualcosa di assolutamente letale.
 
Non posso assolutamente lasciarvi però prima di avervi raccontato la fine di questa storia.
 

***

 
Erano i primi di novembre, eppure il sole sembrava quello dei primi di aprile: pareva che il mondo volesse complimentarsi con me  per aver avuto il coraggio di averlo affrontato e di aver percorso la mia strada.
L a sera precedente, dopo il messaggio su Elliot, Blaine me ne aveva mandato un altro.
Mi aveva scritto che avrebbe passato la mattina con il suo ragazzo – che sarebbe stato tale ancora per poco – e sarebbe passato a prendermi nel pomeriggio.
 
Il sole era alto nel cielo quasi quanto il livello del mio nervosismo: avevo desiderato quel momento disperatamente e viverlo sul serio era sempre stata un’utopia. Non riuscivo a credere che avrei potuto, di li a poco, parlare a Blaine nel modo che volevo, che avrei potuto accarezzargli la linea candida della mascella e indugiare più a lungo sul suo collo.
 
Lo stare insieme era inspiegabilmente l’ultimo dei miei pensieri; la sola cosa che volevo era potermi rivolgere a lui come si fa con un ragazzo single, poter flirtare senza sentirmi in colpa, potergli stringere la mano senza il pensiero di rubarla a qualcun altro.
 
Lo feci infatti già in macchina, quando mentre lui inseriva la marcia e io mi allungavo per cambiare la stazione radio, le nostre dita si sfiorarono piano; non le lasciai andare mai, se non per dargli la possibilità di scendere.
 
Mi accorsi di essere in un parco non tanto distante da casa un attimo prima di essere incastrato tra la portiera del passeggero e il corpo di Blaine; non mi stava addosso, purtroppo, ma la distanza tra noi era davvero minima.
 
“Com’è andata con Elliot?” chiesi, perché effettivamente non avevo altro a ronzarmi in testa da quella mattina.
“È andata.” rispose lui. “Nessun pianto isterico, nessun urlo di disperazione. Qualche insulto qua e là.” minimizzò.
Mi rabbuiai all’istante: ero entusiasta della sua scelta, ma non potevo evitare di sentirmi in colpa per quello che aveva dovuto passare, in un certo senso, a causa mia.
“Mi dispiace.” mi feci scappare.
Lui scosse il capo, senza esitazione alcuna. “A me no.”
Sorrisi, come si fa ai bambini che ti sorridono per strada: dolcemente e del tutto istintivamente.
 
Non tentennò  mai, nemmeno mentre cercava di nuovo la mia mano, che gli feci trovare in fretta.
Volevo sentirlo al mio fianco più di ogni altra cosa.
Alzò il capo, che fino a quel momento era stato chino a fissarci le punte delle nostre scarpe, e inchiodò lo sguardo nel mio: i suoi occhi con la luce di quel giorno erano perfettamente dorati, come se durante la notte precedente due stelle cadenti si fossero sostituite alla sue iridi.
 
“In teoria potremmo stare insieme adesso, io e te.” mormorò a labbra strette.
Arrossii violentemente a quelle parole.
“In teoria, sì.” sussurrai, decisamente meno coraggioso, tornando a fissare la linea perfetta delle caviglie di Blaine, lasciate scoperte dai pantaloni scuri.
“E in pratica?” domandò; per la prima volta scorsi nella sua voce un lieve sospiro ansioso.
 
La bocca mi si seccò all’istante e le mani cominciarono a tremarmi: il momento era giunto e stavolta non potevo rimettere la decisione nelle mani di Blaine.
Mi scansai e lo superai con passi veloci; quando le nostre spalle di sfiorarono avvertii chiaramente la rigidità del suo corpo e notai, con la coda dell’occhio, la postura carica di tensione.
Sorrisi soddisfatto: vendetta completata.
 
Mi voltai e feci fare lo stesso a lui, con una presa sicura e decisa sui suoi fianchi.
Sembrò tornare a respirare di nuovo l’attimo dopo, ovvero quello precedente il riavvicinamento dei nostri corpi.
L’esitazione sparì quando il mio cuore e la mia testa mi suggerirono, in coro, di stringermi a lui e di baciarlo.
Ovviamente seguii il loro consiglio.
 
Molti baci dopo avemmo finalmente il coraggio di separarci senza la paura che l’altro potesse scomparire e ci incamminammo nel parco alla ricerca di una panchina al sole; considerando la presa forte del suo braccio attorno alle mie spalle, mi sarebbe stato bene anche passeggiare fino a sera.
 
Quando ci accomodammo sul ferro battuto reso tiepido dai raggi del sole, eravamo di una goffaggine disarmante: cosa dovevamo fare? Parlare un po’? Tenerci la mano? Baciarci?
Nell’incertezza scoppiammo a ridere, tanto da lacrimare, tanto da riuscire davvero a capire per la prima volta a cosa negli anni precedenti avevamo rinunciato.
Meno di mezz’ora dopo, mentre la mia schiena aderiva al suo petto – la sua era pressata contro lo schienale della panchina – e le sue dita accarezzavano piano le braccia coperte dal mio maglioncino chiaro, realizzai cosa intendevano tutti quando dicevano di sentirsi in paradiso con la persona che amano.
 
“Sono il tuo ragazzo adesso?” chiesi, trovando coraggio nel fatto che non avevo i suoi occhi dorati a scrutarmi.
“Assolutamente sì. Mi dispiace per lei, mr Hummel, ma non si libererà più di me.” disse;  voleva sembrare a tutti i costi scherzoso, ma fallì: la serietà e le determinazione nella sua voce erano piuttosto lampanti.
“Non vado da nessuna parte.” mormorai voltando il capo e trovandomi a pochi centimetri dalla sua bocca.
Le nostre labbra si incontrarono senza indugi, in un bacio storto, come quello del sonno che avevo fatto mesi prima.
Il nostro primo bacio storto in un mondo finalmente giusto.
 
“Quando ho visto quel foulard blu, ho dato di matto per ore.” confessai più tardi, mentre, a causa di una mia improvvisa voglia di biscotti al cioccolato, ci dirigevamo al Lima Bean.
Le mie parole rimbombarono nel caldo abitacolo nonostante io le avessi solamente sussurrate.
Rise, senza cattiveria e con estrema dolcezza.
“Non ridere di me!” lo ammonii ugualmente, facendolo ghignare ancora di più.
“Non sto ridendo di te, ma di noi. Quante volte ci siamo fissati mentre lo portavo? Quanti duetti? Dio, ho persino perso il conto.”
A quel punto risi anch’io, prima di zittirmi quando lui riprese a parlare.
“Voglio bene a Elliot, sai,  ma io e te siamo tutta un’altra cosa.” mormorò, diventando serio, ma non triste.
“Hai dubbi?” chiesi, non so fino a che punto lecitamente.
“Nessuno.” rispose, fermandosi al semaforo rosso e voltandosi verso di me. “Nessuno,” ripeté “o non gli avrei ridato quel foulard.”
Quella volta, così come tante altre precedenti, fu io a perdere: riuscii a sostenere il suo sguardo solo per pochi secondi prima di voltarmi dall’altro lato e donare il mio rossore alla città che aveva ripreso a correre sotto di noi.
 
La caffetteria era quasi vuota e decisamente più affascinante: si potevano notare senza difficoltà i particolari delle sedie e gli intarsi in legno sul balcone e sulle colonne. Blaine mi indicò un tavolino nell’angolo accanto alla vetrata principale: sarebbe stato un peccato, mi spiegò, stare lontani da quella giornata assolata. Lo lasciai seduto e mi diressi a prendere il suo caffè e i miei biscotti: i suoi occhi non lasciarono la mia figura nemmeno un secondo, sentivo distintamente la sua attenzione proiettata sul mio corpo.
 
Quando mi accomodai al mio posto - dovetti ammettere ci fosse davvero una bella visuale - Blaine aveva una mano poggiata a palmo aperto sul tavolo, come a nascondere qualcosa; la fece scivolare per tutto il diametro in legno e la fermò accanto al mio piattino di calorie istantanee.
Aspettò il mio sguardo confuso per spostarla e sorprendermi.
“Ci siamo messi insieme solo oggi. Non credi sia troppo presto per il matrimonio?” domandai, facendo corso alla mia unica arma di difesa in quella situazione: l’ironia.
Rise ancora spontaneamente, facendo diventare quello della sua risata il mio suono preferito.
“Elliot mi ha dato qualcosa di suo e tu hai dato di matto; ho pensato ti sarebbe piaciuto avere qualcosa di mio. ” spiegò, con l’innocenza di un bambino che chiede a sua madre come il suo fratellino sia entrato nella sua pancia.
Non esitai a indossare quel piccolo regalo: all’anulare era grande, ma all’indice era perfetto. Allungai la mano per scrutare meglio il mio nuovo anello e mi vanti un po’.
“Non ti offendere,” dissi, snobbandolo, “ma a me sta decisamente meglio.”
Sorrise ancora, illuminando l’ambiente più di quanto non facessero le luci al neon.
“Ne sono convinto anch’io.” mormorò, “dovresti tenerlo sempre.”
Feci per ritrarre la mano e afferrare il primo biscotto di pasta frolla, quando le dita di Blaine mi bloccarono il polso e tirarono verso di sé: non ebbi il tempo di protestare che le labbra di Blaine erano sul mio pezzettino d’argento nuovo di zecca.
“Non lo toglierò mai. Promesso.”
 

***

 
“Perché non dormi, amore?” mi chiede Blaine, non più in un semplice mormorio.
Nonostante la voce impastata, è decisamente sveglio: si è alzato facendo leva sul braccio destro e mi sta scrutando attentamente come a voler carpire qualche problema che in realtà non c’è.
“Qualcosa non va?” domanda ancora, visibilmente preoccupato.
“È tutto okay,” rispondo subito. “stavo solo pensando.”
“A cosa?”.
La curiosità di Blaine non conosce limiti, né riposo.
“Alla nostra storia.” sussurro imbarazzato. “Sai che lo faccio ogni sera.”.
Blaine non ha mai riso di me per questa mia abitudine e non lo fa nemmeno stasera, anzi stanotte.
Al contrario allunga il braccio e mi accarezza la guancia con il palmo morbido.
“So anche che è la cosa più adorabile al mondo.” sibila prima di avvicinarsi e lasciarmi un bacio innocente sulle labbra. Il tentativo di non arrossire è andato in fumo, fortunatamente Blaine non può notarlo, vista la semi-oscurità della nostra camera.
Non aggiunge nulla, torna supino e mi tira su di sé, facendo sì che imiti la sua posizione.
 
Solo, guardami.” gli gridavo sotto voce, quando eravamo poco più che compagni di un club al liceo.
“Chiudi  gli occhi.” gli dico adesso che proprio non vuole saperne di togliermeli di dosso.
 
Nel corso degli anni il suo sguardo è rimasto lo stesso.
Quello che ha messo a posto, poco a poco, i pezzi del mio cuore.
Quello che mi ha fatto capire che potevo ancora amare qualcuno.
Quello che mi ha detto che, prima di tutto, dovevo essere innamorato di me stesso .
Quello che mi ha  insegnato a farlo.
Quello che mi ha fatto sentire amato e protetto.
 
Blaine mi ha salvato.
Semplicemente guardandomi.

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Capitolo 13
*** Epilogo ***



Just look at me
Epilogo 
 

Stamattina, stranamente, sono il primo ad aprire gli occhi: Kurt sta ancora dormendo beatamente con il naso affondato nel mio collo e una mano sul mio basso ventre.
Riesco a sottrarmi alla sua morsa con alcune difficoltà, ma senza svegliarlo.
 
È sabato e potremmo rimanere a letto fino a tardi, ma vista la nostra vita abbastanza frenetica, ci piace approfittare dei weekend per stare insieme, coccolarci e andare al parco… qualche volta anche a fare shopping, devo ammetterlo.
Durante la settimana siamo entrambi molto impegnati sia con la scuola che col lavoro.
Non abbiamo mai chiesto ai nostri genitori di aiutarci economicamente e, fin dalla nostra prima estate qui, ci siamo rimboccati le maniche per mantenerci, sfruttando nel frattempo i risparmi del liceo.
 
Ho già un programma per oggi; in realtà ce l’ho da qualche settimana, da quando Rachel mi ha chiamato e mi ha chiesto di organizzare una sorpresa a Kurt. Non si vedono da un po’ e lei e Finn sono ansiosi di rivederlo. Atterreranno qui all’una o poco più e ci raggiungeranno direttamente nel ristorantino in cui ho intenzione di pranzare con Kurt, quello di cui ci siamo innamorati appena arrivati qui dall’Ohio.
Proverò invano di far finta di non sapere nulla, di essere sorpreso quanto lui, ma so già che durerà poco e che mi fulminerà con lo sguardo prima che io riesca ad aprir bocca.
 
Prima dell’incontro, però, voglio preparargli la colazione e andare a fare un giro a Central Park con Lady, la cagnolina che ha dormito nella cuccetta accanto al nostro letto e che ora scodinzola felice tra i miei piedi, rischiando più volte di farmi scadere, come se sapesse già che usciremo insieme e che potrà farsi una bella corsetta. Quando arrivo in cucina mi fiondo sui croccantini e le riempio la ciotola in fretta per evitare che abbai. Potrebbe svegliare Kurt ed io voglio che dormi ancora un po’, almeno fino a quando la colazione non sarà pronta.
 
Nonostante non mi ci metta spesso, ai fornelli non sono poi così male e i miei pancakes al cioccolato fanno impazzire Kurt, benché glieli propini da anni ormai.
Quando il cappuccino è pronto, mi cimento in una decorazione con il cacao: il risultato è un cumulo senza forma – niente a che vedere con quello che mi fa lui – che non fa altro che sporcare la schiuma soffice e perfettamente bianca.
 
Apparecchiato il tavolo alla buona – sono il peggior gay del mondo, lascio Lady a sgranocchiare i suoi croccantini e torno in camera. Mi sdraio, con lo stomaco rivolto verso in basso, sopra le coperte accanto a Kurt e gli accarezzo i capelli e le orecchie: è il modo più dolce, veloce e, per me, divertente che esista di svegliarlo. Soffre il solletico terribilmente e le orecchie sono in assoluto la sua parte più sensibile.
Inizia a ridacchiare nel sonno e cerca di spostare la mia mano con la sua, ignorando la lentezza dei suoi movimenti.
 
“Kurt, alzati, ho preparato la colazione!” mormoro con le labbra sulla sua guancia.
Affonda la testa contro il cuscino e sfrega il naso contro la federa. Ci vuole qualche minuto prima che trovi il coraggio di tirarsi su e di venire con me in cucina: non lo fa coi suoi piedi, ma avvinghiato alla mia schiena.
“Buongiorno e grazie per il passaggio.” sussurra, scendendo e rabbrividendo per il contatto dei piedi nudi con il parquet freddo. Butta un occhio su Lady, adesso intenta a giocherellare e mordere un mio vecchio peluche, e poi si accomoda, leccandosi le labbra con l’acquolina mentre fissa il suo piatto.
“Sono ogni volta più buone!” si complimenta, dopo aver gustato ogni singola goccia di cioccolato fuso, mentre io continuo a prendere cucchiaiate di cereali e a fissarlo.
 
Poco dopo l’acqua del lavandino del bagno che scorre e che uso per lavare via i residui di schiuma da barba, si confonde con quella che scorre nella doccia dietro di me e che lava via Kurt le ultime briciole di sonno.
 
Riusciamo a uscire di casa solo due ore dopo: non abbiamo messo molto a prepararci, benché Kurt si sia cambiato la camicia tre volte, ma ci piace fare l’amore con calma e a lungo.
I primi tempi, quand’eravamo ancora a Lima, era decisamente tutto più forte, ovviamente intendo nell’aspetto fisico: ci attiravamo come calamite e finivamo per scontrarci, quasi aggressivi, e per strapparci i vestiti di dosso.
Col tempo, la passione è rimasta la stessa, così come l’intensità dei nostri sentimenti, che sono probabilmente anche cresciuti; ora sappiamo essere più calmi, più attenti ai bisogni dell’altro e di noi come coppia. È come se con il tempo avesse acquistato sempre più significato, sempre più valore.
 
In metro Kurt tiene Lady in braccio e la lascia scendere solo quando siamo di nuovo in strada.
Lei l’abbiamo trovata più di un anno fa sotto la statua di Balto, qui a Central Park, ed era ridotta parecchio male. Il veterinario da cui l’abbiamo portata ipotizzò fosse stata picchiata. Suppongo sia per questo che Kurt la tratti  come una vera e propria principessa: credo riveda in lei se stesso.
Nel corso degli anni molte persone hanno lasciato Kurt indietro, l’hanno abbandonato e io, purtroppo, non sono riuscito a fare più di tanto per attenuare il suo dolore.
È convinto che anche Lady sia stata abbandonata e crede sia giusto, cito testualmente, “che qualcuno si prenda cura di lei come Blaine ha fatto con me”.
 
Ogni volta che lo dice è una fitta al cuore.
Ogni volta che mi ringrazia per averlo salvato è persino peggio.
Quando poi mi dice che sono il suo eroe perdo i sensi.
 
Io non sono certo di esserlo, non so nemmeno se ho fatto sul serio qualcosa per lui, qualcosa degno di nota.
Mi sono ritrovato sulla sua strada, che poi è diventata la nostra, e l’ho amata così tanto da non volerla lasciare mai. Mi sono comportato come sentivo fosse giusto per me, seguendo quello credevo fosse, era ed è, il mio destino. Nulla di pianificato, nulla di studiato o intenzionalmente voluto.
La naturalezza è stata la madre di ogni singolo sguardo, di ogni singolo gesto, di ogni singolo bacio.
Mi sono innamorato di lui.
 
Semplicemente, guardandolo.
 
 


Angeletto di Pè.
Mi scuso per non essermi fatta viva il capitolo scorso. Ma avevo tanta fretta e tanta paura di non riuscire a pubblicare in tempo.
Ebbene sì, la storia finisce qui e io non so come ringraziarvi.
Ci siete stati sempre e mi avete dato la forza di continuare.
Grazie a tutti davvero. *si asciuga la lacrimuccia*
Non so cosa altro dire ma so che vi risponderò qualsiasi cosa voi mi chiediate.
Grazie davvero di cuore.

Petronilla

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