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Salve a tutti! Sono Prue e questa è la prima volta che inserisco
una FF… non nego di sentirmi un po’ un impiastro
ma spero di riuscire a migliorare… Questa, adire la verità, non è una ff canonica ma non credo che in un’altra sezione
sarebbe andata bene!
Solo
una cosa, non sono molto pratica e non ho idea se i personaggi siano o no OOC.
Ci tengo a precisare che, nonostante li abbia
presi, strapazzati e rimandati indietro, i personaggi di CaptainTsubasa non
sono miei ma del grande YoichiTakahashi !
Grazie in anticipo per l’attenzione!
Ciaociao…
Una
luce e…
E se ad un tratto qualcosa cambiasse?
E se il mondo in cui vi trovate non fosse più lo stesso?
E se l'unica cosa di cui foste sicuri fosse la vostra
esistenza?
E se perfino la vostra identità fosse messa in discussione?
Se non riusciste più a distinguere il sogno dalla realtà?
Cosa accadrebbe se, quelli che fino a pochi istanti prima
credevate dei fotogrammi, improvvisamente diventassero le uniche persone su cui
poter contare?
Fantasia, immaginazione, direte!
Ma, se per qualche strana ragione tutto ciò non fosse altro che
la realtà?
Una realtà nella quale
l'unico modo per sopravvivere è quello di sottostare alle sue regole?
Potrebbe sembrare un gioco...già, un gioco
in cui però a farvi male
sarete voi...perchè siete voi i protagonisti e non potete far nulla per
cambiare le cose!
Sarà solo e soltanto "lei" a
decidere come e quando finire e voi non potrete fare niente per contrastarla...
a meno che... che l'avventura
abbia inizio!!!
(Ah... come ci starebbe
bene adesso una di quelle belle musichette un po’ tenebrose...ehm...cosa dite?
Ho rotto l'atmosfera? Ah, beh, scusate, non era mia intenzione! Ok, ok, me ne vado...ma che, io non vado da nessuna
parte dal momento che sono io
che scrivo!!! Semmai chiudo la parentesi e vado avanti!... era questo che
intendevate? Ah, beh, allora chiedo perdono ed eseguo gli ordini!).
Una
tranquilla giornata d'autunno; il vento che scuote le fronde degli alberi ormai ingiallite, il cielo
coperto da nubi,le strade semideserte; nessun uccello si sente cinguettare,
ormai sono tutti migrati nei paesi caldi e per le strade si incontra solo
qualche passante infreddolito che si affretta a tornare a casa o qualche cane
in cerca di un luogo riparato dove poter trascorrere la notte. In effetti sta iniziando a farsi
buio e manca poco all'ora di cena.
Nella
camera da letto vi è la radio accesa... un motivetto allegro, ricordo
dell'estate ormai trascorsa; la scrivania è ingombrata da diversi libri
scolastici sparsi a caso e da altrettanti quaderni. Il diario aperto, varie
penne colorate tutt'intorno
ed io... ed io intenta a scarabocchiarci sopra
mentre canticchio il motivo trasmesso dalla radio. A dire la verità, più che cantare mi
sto lamentando dal momento che non conosco le parole della canzone ma non me ne
curo più di tanto(e poi non mi sta ascoltando nessuno!!!).
La mia opera d'arte sul diario scolastico è ormai completata
quando... un qualcosa, non so bene come definirlo, è tipo un brusio,
beh, si, diciamo così, un brusio mi arriva alle orecchie, è quasi come se mi
stessero fischiando. Non gli do peso, concentrata come sono
ma la cosa comincia a preoccuparmi quando vedo
un chiarore che fuoriesce tutt'intorno
alla penna che ho in mano. Istintivamente la
lascio cadere allontanando la mano e tutto il busto dal tavolo.
L'arnese smette di brillare ma
ciò non mi fa per niente tranquillizzare, anzi, continuo a guardarlo stranita
fin quando un avvenimento ancora più sbalorditivo distoglie la mia attenzione
da esso. Le punte delle dita della mia mano destra cominciano ad illuminarsi e,
più i secondi passano, più diventa color oro. Scuoto l'arto cercando, senza
successo, di far smettere quello strano fenomeno
mentre l'agitazione comincia a prendere il sopravvento. Per poco
non inizio ad urlare quando
entrambe le braccia brillano senza motivo... forse perchè, cercando una
spiegazione razionale, ne deduco che sto sognando. Mi metto il cuore in pace ed
aspetto l'evolversi degli eventi. Pian piano vengo completamente avvolta dalla strana luce che,
dopo aver preso "possesso" della mia persona, si spande allo spazio
circostante così che nel giro di un paio di secondi, non ho intorno a me altro
che pura e semplice luce. Io stessa fluttuo in questa... cosa.... sostanza....presenza estranea senza però pormi
troppe domande (tanto ormai sono sicura al 100% che mentre disegnavo mi è
venuto un colpo di sonno e che quello che sta avvenendo è solo frutto del mio
subconscio!). Non trascorrono due minuti che il chiarore comincia a diminuire
ed ho come la sensazione di stare planando da qualche parte.
Brilla
ancora tutto quando i miei piedi hanno la fortuna di toccare terra e, quando
riesco a mettere fuoco la realtà circostante, devo dire la verità, rimango un po' delusa! Mi sarei
immaginata di "atterrare" in un posto fantastico, pieno di cose o di esseri strani ed invece, mi
ritrovo sugli spalti di un campo da calcio! Bah, è anche vero che non c'ero mai stata, però... Sospiro come
per dire "Va beh,Plutone
lo visiterò nel mio prossimo sogno!" e mi giro in cerca di un'uscita
quando vedo, alla mia sinistra, una ragazza non del tutto sconosciuta. La
guardo incuriosita: ha una fascia legata intorno alla fronte e, nelle mani,stringe l'asta di una bandiera che
continua ad agitare mentre urla a squarciagola: "Forza ragazzi,
mettetecela tutta!!!!"
A quelle parole sorrido con l'aria di chi la sa lunga e mi avvicino. Sembra non
accorgersi della mia presenza e mi tocca poggiarle una mano sulla spalla per
farla girare. La giovane si volta e mi guarda interrogativamente e riesco a leggerle in viso la
muta domanda: "Che vuole questa?"
"Ehm, scusa, forse... anzi,
ti sembrerò di sicuro una pazza ma... anche se questo è un sogno, avevo voglia
di conoscerti!"
Lei mi rivolge un sorriso insicuro e poi, porgendomi la mano:"Piacere, mi
chiamo Patricia Gatsby, per
gli amici Patty!"
Le ricambio il sorriso e faccio, dopo essermi presentata: "Grazie per
avermi dato retta anche se... già sapevo il tuo nome...
non fa niente, non farci caso, hm, che bella questa partita, già, come se non
sapessi come andrà a finire!"
Ridacchio guardando prima il campo da gioco e poi la mia interlocutrice che mi
squadra con uno sguardo sospettoso. Sospiro e metto le mani sui fianchi
guardandomi un po’ intorno...
"Però, che bello essere qui! Ora che
posso, perchè non rendere più interessante e movimentato il sogno? Già,
dopotutto è l'unico modo salutare per evadere come si deve dalla routine
giornaliera! Allora, cosa potrei fare? Dunque,
dunque...si! Perchè non spiattellare in faccia al "tipo" tutti i suoi
comportamenti antipatici? Tanto che può succedere? A massimo mi può mollare un
pugno in faccia, anche se non è nella sua indole, e farmi svegliare... si, ho
deciso, adesso vado alla carica...!"
La mia
"vicina" mi guarda come se fossi
impazzita.
“Scusa,
ma ti senti bene?"
La
guardo divertita e ribatto: "Mai stata meglio!"
Mi
allontano pensando al discorso da fare al ... "tipo" e sperando di
non svegliarmi prima di averlo concluso
ed aver visto la reazione del "bersaglio"!
Riesco
facilmente a raggiungere il campo da gioco (... dopotutto è un sogno e, ancora
più importante... è il mio!) e una volta che la mia vittima è vicina comincio
ad urlare:
"Ehi,
n°10! Ehi, puoi venire qui un
momento, per favore?!"
Un
ragazzo dai capelli corvini si volta e si avvicina alla linea di bordo campo
domandandomi, con aria sorpresa: "Cos'è successo?"
"Ehm...niente!
Ehm... volevo solo dirti che
da quando i tuoi tre amici sono andati all'estero, tu sei diventato un
antipatico di prima categoria!"
Lo
guardo compiaciuta dal mio discorso breve ma conciso e resto in attesa di una qualche reazione pronta anche a
svegliarmi da un momento all'altro (tanto ho compiuto la mia
"missione").
Il
giovane mi guarda incerto e fa: "Ehm... non so cosa risponderti...
a-aspetta un attimo... fra cinque minuti finisce la partita...!"
Corre
via riprendendo da dove aveva lasciato
ed io rimango lì con un dubbio atroce: "Ha capito quello che ho
detto?"
Ritorno
indietro un po' confusa e mi siedo...
"Posso
chiederti cos'hai chiesto adHolly?"
Mi giro
e guardo la ragazza.
"E... oh, niente di
importante!"
Lei
però insiste "E allora perchè l'hai chiamato nel bel mezzo della partita
se... non era importante?" Scoppio a ridere e mi affretto a rispondere:
"Ok, ok, pace! So perfettamente dove vuoi arrivare! Non devi preoccuparti, non faccio parte
di quella schiera di "ochette
aspiranti fidanzate" del tuo...ehm... amico!"
Le
faccio l'occhiolino mentre la
giovane arrossisce vivamente cercando di discolparsi
"No!
Io... io... non intendevo dire... oh,
cavoli, è così evidente?"
"Hm...non
saprei, io ne ero già al
corrente quindi..."
"Lo...lo
sapevi già? E, dimmi, chi te
l'ha detto?"
Rimango
un po' interdetta, non sapendo cosa rispondere.
"Ecco,
a dire il vero io, cioè
tu...cioè voi... beh, siete solo dei personaggi televisivi quindi è normale che
io, spettatrice, sappia tutto della vostra vita!"
Patricia
Gatsby mi fissa come se
fossi un'aliena.
"Ma cosa vai farneticando? Questo è
impossibile!"
"Senti,
non farti troppi problemi. Questo non è che
un sogno, è tutto frutto della mai fantasia e... uh, la partita è finita...e...
stavo dicendo? Ah, si, questo è solo un sogno e, mi dispiace per te, ma sei solo un personaggio di un
manga, trasformato poi in cartone animato o, se preferisci, in anime, che poi è
la stessa cosa!"
La
ragazza comincia ad innervosirsi e guardandomi dice, in tono di sfida:
"Ah,
tu dici che questo è solo un
sogno quindi, se io adesso ti mollo un calcio, tu non dovresti avvertire alcun
dolore o, al massimo, dovresti svegliarti, vero?!"
Alzo le
spalle e rispondo tranquilla: "Certo, si, proprio così!"
“Bene,
allora..."
D'un
tratto avverto un dolore lancinante alla gamba sinistra ma, stranamente, non mi ritrovo nella mia
stanza. Al contrario, davanti a me vi è Patricia che se la ride soddisfatta.
"Ahi!
Ma...com'è possibile? Io...
non riesco a capire... è impossibile che sia accaduto tutto per davvero... o
mamma! No, deve esserci un errore..."
Metto
una mano sulla fronte mentre
l'altra massaggia la gamba ancora dolorante
"Se
non è un sogno... vuol dire
che sono impazzita! Beh, a questo punto è l'unica spiegazione plausibile!"
"Ehi,
amica, mi sembri in difficoltà!"
Impassibile,
salto in piedi ed afferro la ragazza per un braccio trascinandola con me,
mentre continuo a borbottare: No,è
un sogno, è solo un sogno, io-io non so parlare il giapponese, non avrei potuto
parlare con loro... ma cosa diavolo dico...? Loro sono solo dei disegni... dei disegni... dei disegni...!"
Continuo
a dire cose del genere finché, arrivata vicino alla strada, fermo un taxi e
salgo sopra con Patty che
grida: "Ehi, dove accidenti mi stai portando?!??"
Ed io, più agitata che mai: "Non lo
so!"
La
giovane non si arrischia più a fare domande.
Sono
fermamente decisa a dimostrare che quello è un sogno e, dopo essermi fatta
portare all'aeroporto e non aver pagato il tassista che mi urla dietro non so
cosa, decido di prendere il primo volo diretto in Europa!
"Hm...
vediamo un po'... ah, ecco il
tabellone delle partenze! Dunque, dunque, dunque... Tokyo, Tokyo, New York,
ancora Tokyo, Mosca... no, non va bene!...
Ecco, Berlino! Imbarco fra 15 minuti! Si, si può fare, tanto non dobbiamo fare il check-in, non abbiamo
bagagli!"
Sorrido
soddisfatta e mi avvicino allo sportello dove vengono venduti i biglietti.
"Mi
scusi, avrei bisogno di un...
anzi, di due biglietti per Berlino!"
La
signora dietro alla scrivania mi guarda e prende a digitare dei tasti sul
computer.
"Per
Berlino... si, l'aereo parte fra poco meno di 15 minuti...due biglietti... sono
12.000 yen!" Inclino la testa da un lato e, infilando una mano in tasta
penso:"Adesso, se questo non è un sogno, non
dovrei avere nulla in tasca!"
La mia
mano tocca qualcosa e ne estraggo
delle banconote. Un ghigno compare sul mio volto e consegno il denaro alla
donna che mi porge i due biglietti
"Bene,
ed ora andiamo"esclamo rivolta a Patty che mi guarda con aria
confusa.
La
ragazza non oppone resistenza quando
la trascino con me nell’aereo e in men
che non si dica, siamo in volo verso la capitale tedesca!
“Adesso
sarai soddisfatta! Siamo su di un aereo e i miei non sanno che fine abbia
fatto, farò prender loro un
colpo!”
“Non ti
preoccupare, non ti diranno niente e se lo fanno dirai che sei stata rapita da una pazza in vena di
scherzi!”
Sorrido
e guardo fuori dal finestrino.
“Ancora
non mi hai detto da dove vieni!”
“Cosa?”
La
domanda arriva a sorpresa
“Oh,
beh, abito in Italia, in un piccolo paesino di montagna!”
Guardo
davanti a me e prendo a pensare al motivetto che stavo ascoltando prima di
cadere addormentata... improvvisamente mi viene sonno. Trattengo a stento gli
sbadigli…
“Accidenti,
come può venirmi sonno se sto già dormendo?”
Scuoto
la testa e prendo in mano un giornale posto sullo schienale del sedile davanti.
Inizio a leggere ma gli occhi mi si chiudono da soli.
“Fra qualche istante atterreremo all’aeroporto di Tempelhof, preghiamo
i signori passeggeri di portare il sedile in posizione eretta, e di allacciare
le cinture di sicurezza, grazie!”
Apro
gli occhi e sollevo la testa guardandomi intorno.
“Cavoli,
devo essermi addormentata sul serio! Non è possibile, mamma, però, che
dormita!” Stiracchio le braccia e noto che il mio orologio segna le 8:07...
“Stupendo!
Quindi, secondo il mio
orologio, sarebbero le otto di mattina!”
“Già! Invece in Giappone sono le due di notte!”
La voce
assonnata di Patty mi fa
voltare; ha gli occhi gonfi e una gran brutta cera
“Cos’hai?”
chiedo un po’ preoccupata
“Cos’ho? Tu hai dormito, io no!”
Sollevo
le sopracciglia e mi preparo per scendere dal mezzo.
“Adesso
che si fa?” domanda Gatsby
con aria annoiata
“Allora,
dunque... Benji è ad
Amburgo, giusto?!!Quindi è lì che andremo!”
“Non ho
ancora capito cos’hai intenzione di fare!E poi come conosci Benji?”
“Ma
allora non hai ancora capito che non avete segreti per me?! Dopo lui,
andremo a prendere anche Tom,
in Francia!”
Sorrido
e guardo il volto dell’altra farsi preoccupato
“Cosa? Hai intenzione di andare
anche in Francia? Ma per fare
cosa?”
“Niente,
voglio riportare entrambi in patria!”
“E perché, di grazia?”
La
giovane mette le mani sui fianchi e mi guarda con aria torva
“Così!”
“Ok, io ci rinuncio! Tu sei pazza,
completamente fusa! Ed io
devo chiamare casa!”
“Non
puoi farlo!”
Esclamo,
guardandomi intorno alla ricerca di una cartina della Germania
“Eperché,
me lo impedirai tu?”
“No, ma
tu stessa hai detto che ora
in Giappone è notte fonda! Non credo sia una buona idea!”
La
ragazza non parla più. Sospiro e scuoto mestamente il capo
“Accidenti!
Dobbiamo trovare un taxi, o non arriveremo mai ad Amburgo!”
“Ma tu
hai idea di dove sia
Amburgo?”
Chiede Patty con aria esasperata “Beh,
si, più o meno… a dire il
vero la geografia non è l mio forte… perché?”
La
ragazza mi afferra un braccio
“Hai
ancora del denaro dietro?”
La
guardo un po’ stordita
“Beh,
si, dovrebbe comparire, un attimo!”
Infilo
una mano in tasca e ne estraggo
diverse banconote
“Wow, è
cambiata automaticamente la valuta!”
Ridacchio
soddisfatta
“Uff... ascolta, con un taxi non
arriveremo mai, conviene prendere un altro volo!”
Annuisco
e parto alla volta del tabellone delle partenze.
In poco
più di un’ora siamo nel bel mezzo della città tedesca e con molta facilità
raggiungiamo il campo dell’allenamento dell’omonima squadra di calcio.
Appena
vado la sagoma del ragazzo che stiamo
cercando parto in quarta, senza preoccuparmi del fatto che per lui sono una
perfetta sconosciuta
“BenjaminPrice! Ehi, dico a te, vieni qui!”
Urlo
mentre un ragazzo con un cappello rosso in testa e i capelli corvini, si volta
con aria interrogativa. Vicino a lui vi è un altro giovane dalla chioma castana
“Accidenti,
non ci posso credere! Ho preso due piccioni con una fava! Ehi, Patty, tranquilla, non dovremo
andare in Francia! TomBaker è qui!”
Ci
vogliono molti minuti per riuscire a convincere i due calciatori a seguirci ma allo fine l’ha vinta la
sottoscritta (poteva essere altrimenti???). Ci imbarchiamo nuovamente su di un aeroplano e, verso
le 12, ora locale, giungiamo a Fijisawa.
“E ora che siamo qui, che dobbiamo
fare?” chiede con aria accigliata Benji.
“E io
che ne so?! Andate a salutare
i vostri vecchi compagni di squadra!”
Il trio
mi guarda con aria assassina
“Ragazzi!!!Patty!!! Ma, che ci fate qui? Patty, tua madre era preoccupata, dove eri finita?”
La
comparsa di OliverHutton cattura l’attenzione dei tre che vanno a
salutare il giovane.
Non so
perché, ma mi sento di troppo e, con passo felpato, mi allontano di qualche metro
“Ah!!! È stato proprio forte! Dovrei
fare più spesso sogni così divertenti!”
Alzo la
testa e guardo il cielo azzurrino, sospirando. Un debole bagliore comincia a
vedersi tutt’intorno.
Socchiudo gli occhi e mi sento improvvisamente leggera.
Quando
mi guardo nuovamente intorno, vedo la mia scrivania, ancorapiena di
libri, e capisco di essermi svegliata.
“Però, un po’ mi dispiace!” sussurro
a mezza voce.
Non ho
neppure finito di pronunciare la farse
che, un improvviso bagliore riempie la camera “Adesso che cavolo succede!”
esclamo alzandomi di colpo dalla sedia e voltandomi verso il letto.
Strabuzzo
gli occhi, vedendo quattro persone che mi guardano con aria ancora più confusa.
“Che-che ci fate voi qui? Il sogno
è finito, mi sono svegliata!”
Continuo
a fissare davanti a me senza riuscire neanche più a pensare
“Non ci
credo! Questo è un incubo!” esclamaPatty stringendosi la testa
fra le mani
“Ehi,
ed io cosa dovrei dire? Mi apparite all’improvviso in camera senza un perché! E se entra mia madre?”
“Le dici che è colpa di una pazza se
siamo qui!”
Aggrotto
le sopracciglia all’evidente presa in giro
ma non faccio in tempo a rispondere perchè mi sento chiamare da
mio padre. Avverto i suoi passi; sta salendo!
Guardo
i quattro in preda al panico
“Sul
balcone, presto!”
Faccio
appena in tempo a scaraventarli fuori che la porta si apre. Giro le spalle alla
finestra chiusa sorridendo come un’ebete e domando:
“Cosa c’è?”
Mio
padre mi fissa per qualche secondo
“Ti ho
portato il libro di fisica!”
“Ah,
bene, grazie!”
Continuo a sorridere finché non esce.
Sento i
suoi passi sulle scale e tiro un sospiro di
sollievo
“Accidenti,
alla faccia del sogno! Ora sta diventando stressante!... ok,
potete rientrare!”
I
quattro tornano in camera…
“Cosa significa questa faccenda?”
Chiede
bruscamente Benji con aria
poco amichevole
“Senti,non usare quel tono con me, ok? Non so cosa stai succedendo!
All’inizio ero convinta che fosse un sogno, ma ora è tutto troppo reale!”
“Veramente
il tutto era molto reale anche quando ti ho mollato il calcio!”esclama
Patty
“Va
bene, come vuoi, mi sono sbagliata, ma ho tutte le scusanti di questo mondo!”
“Ehi,
ma tu sei la ragazza che mi ha fermato durante la partita!”
Fisso Holly come se venisse da un altro
pianeta
“Ah!
Giusto, tu ancora non mi conosci!” Porto una mano sulla fronte e sospiro
“Comincio
a non capirci più nulla!”
“Mi fa
piacere! Io non ho capito nulla
dall’inizio!” esclama Price
“Benjiha ragione, cos’è tutta questa storia? Come abbiamo fatto ad arrivare a casa tua?” domanda subito Baker
“Se
sapessi la risposta l’avrei
già resa pubblica! Sta di fatto che questo non mi sembra più un sogno ma ciò non toglie che voi non
siete reali, quindi, o questo è un incubo troppo realistico, o sono uscita
completamente fuori ed ho le visioni!”
“Io opto per la seconda!” esclama Patty
“Come
sarebbe a dire che non siamo
reali?” chiede Tom confuso.
Sospiro
afflitta
“Vi
conviene sedervi... a terra! Però,
prima, promettetemi che non alzerete la voce più del dovuto o i miei
arriveranno in un lampo! Dunque,
voi siete delle immagini animate, meglio definite con il nome di cartoons, anime, cartoni animati,
insomma!”
“Ma cosa stai dicendo?”
Holly inclina
la testa molto ma molto scettico
“Di nuovo questa storia, inventane
una più credibile!”
Sbuffo
innervosita
“Ascoltate,
che mi crediate o no, voi
siete il frutto della mente di un signore chiamato YoichiTakahashi
che fa il mangaka di
professione! Il suo manga è stato trasformato, successivamente in un anime!”
I
quattro si guardano fra loro ma
nessuno riesce a dire nulla perché qualcuno, dal piano di sotto urla “A
tavola!!!”
“Oh,
no! La cena è pronta! Ed ora
che faccio?” mi chiedo mordendomi il labbro inferiore
“Non
posso lasciarvi qui!”
“E perché? Non siamo bambini! Puoi tranquillamente scendere, tanto non possiamo
andare da nessuna parte!”
Patty fa
spallucce ed io annuisco, anche se ancora un po’titubante
“Ok, torno subito!”
Mi
sbrigo in poco più di un quarto d’ora e, fingendo un eccessivo sonno, me la
svigno.
Al mio
ritorno in camera, trovo i presenti accigliati
“Cos’è successo?”
“Chi
sei?” chiede la ragazza con aria seria
“Chi sono?” chiedo di rimando, alquanto
confusa
“Si,
chi sei, che vuoi da noi, come fai a sapere chi siamo?” domanda nervoso Price.
Sospiro
sconsolata
“Se avrete la pazienza di aspettare
che la mia famiglia vada a letto, cercherò di spiegarvelo!”
Mi
avvicino all’armadio di legno che occupa gran parte della parete opposta alla
porta e ne tiro fuori un mucchio di videocassette anonime. Poi è la volta della
libreria: prendo diversi giornaletti e ritagli e li porto al gruppo che è rimasto in silenzio. Chiudo la
porta a chiave e mi siedo a terra. “Allora, alle videocassette penseremo dopo,
ora voglio farvi vedere queste immagini: vi ricordano qualcuno?” dico alzando
dei fogli con dei disegni sopra
“Ma... siamo noi!” esclama Tom
“Infatti,
e secondo voi che ci fanno
queste immagini in Italia se adesso cominciate ad essere famosi in patria?... OliverHutton, n°
10 e capitano della New Team, ama il calcio più di se stesso, il suo migliore
amico è il pallone, sogna di andare un giorno a giocare in Brasile... sarebbe
già dovuto esserci andato se Roberto Sediño
non fosse partito senza di lui!”
“E tu che ne sai?” chiede il ragazzo
in questione.
Sorrido
leggermente
“Attualmente vive a Fujisawa con la madre Maggie
mentre, il padre Micheal è
spesso lontano a causa del suo lavoro che lo porta a viaggiare per i mari! Beh,
penso possa bastare!” esclamo, mentre nessuno osa parlare.
“TomBaker! Ha giocato per un campionato nella squadra della New Team con il n°11 ma poi è
stato costretto a trasferirsi con il padre pittore. I genitori sono separati e
la madre si è risposata ed ora ha una bambina! Attualmente, almeno finché non è arrivata la
sottoscritta a sconvolgere tutto, vive in Francia dove gioca a calcio, aiutando
le squadre che glielo chiedono! Anche
per lui il pallone è un amico e con Hutton
vi è un’intesa perfetta! Insieme formano
la coppia d’oro della New Team! Ed
in fine Benjamin Price!”
“Ehi,
so perfettamente chi sono e dove abito!” esclama acido il giovane
“Già,
lo so, ma voglio convincervi del fatto che, siccome siete dei personaggi
inventati, so molte più cose di quante voi crediate!
Dunque, ora risiede in
Germania e milita nelle file dell’Amburgo dov’è il portiere titolare! In
Giappone abita in una grande
villa, ed ha un cane bianco di cui però non ricordo il nome!”
Il
ragazzo si lascia sfuggire un
ghigno che ignoro
“In
compenso, so che con il sole o con la neve, ha sempre dietro il suo cappello... non chiedetemi il
perché... sarà una mania!”
Sorrido
soddisfatta mentreBenji inarca le sopracciglia.
“Anche
lui ha fatto parte della New Team
ma, inizialmente, odiava letteralmente Holly...
beh, a dire il vero non sopportava nessuno nella Niuppy... ha avuto un allenatore personale, FreddyMarshall, ed ora gioca in squadra con il biondo Karl!”
“Chi è Karl?” chiede Patty, sospettosa.
“Schneider è uno dei più forti giocatori a livelli giovanile
in Germania!” risponde subito Benji
“Beh, allora, che ve ne pare?”
“Si,
sai molte cose su di noi, ma questo non conferma la tua teoria!”
Baker scuote
il capo, incrociando le braccia
“Vuol dire che mi servirà la prova tv!”
È mezzanottepassata quando, some tanti fantasmi, scendiamo al
piano di sotto, ognuno con in mano diverse VHS.
Una
volta nel salone, faccio accomodare i giovani sul divano e prendo ad armeggiare
con il videoregistratore per poi andarmi a sedere e pigiare, sul telecomando,
il tasto play. Un’allegra
canzone si spande nell’aria e l’episodio di un anime cominciata tra la sorpresa collettiva. Va
avanti così per un’ora e più e mentre comincio a sbadigliare sempre più.
“Sentite,
io solo le puntate a memoria, non per niente è il mio anime preferito quindi, se non vi dispiace, io
schiaccio un pisolino! Domani ho compito di tedesco e non vorrei saltarlo! Ah, per favore, verso le sei e
mezza, svegliatemi o saremo tutti ne
guai, ma... mi state ascoltando?”
Mi
volto verso i quattro che fissano la tv come rapiti e scuoto la testa
“Va
bene, lasciamo perdere,
notte!”
Mi
sdraio sull’altro divano e non faccio neanche in tempo a chiudere gli occhi che
crollo.
“Ehi,
sveglia, sono quasi le sette!”
Sollevo
lentamente le palpebre ma
l’oscurità mi impedisce di vedere poi, però, noto una figura accanto a me
“Hmmm... Patty, sei tu?”chiedo con
voce flebile e piena di sonno.
“Si,
sono io! Su, svegliati!”
Mi
metto a sedere con molta fatica e mi stropiccio gli occhi.
“Mamma
mia che sonno!”
Cerco
di mettere a fuoco la stanza e inforco i miei occhiali (alla ClarkKent!...
ma che?!!! I suoi sono orrendi, i miei sono belli e delicati come la
padrona....ok, sorvoliamo
su quello che ho detto!). D’un
tratto ricordo la situazione in cui sono; vedo una miriade di VHS a terra e con
un balzo, mi alzo dal divano e accendo la luce.
“Caspita,
è tardi, fra poco tutta la famiglia sarà sveglia!... accidenti che facce avete!” esclamo notando i
tre ragazzi con un aspetto orrendo; si vede lontano un chilometro che hanno
passato la notte in bianco.
Comincio
a raccattare quante più videocassette possibili e mi avvio di sopra seguita da Patty “Accidenti, sono stanchissima, voglio vedere
che razza di compito ne uscirà, oggi!”
Sospiro
ed afferro lo zaino da terra, chiudendolo.
“Ora
che si fa?” chiede Patty
“Beh,
qui non potete restare! Dovrò portarvi a scuola con me, in un paese vicino...
lì c’è un piccolo parco dove
potrete stare senza che nessuno vi disturbi e, se volete, potrete schiacciare
anche un pisolino!” sorrido ed esco nuovamente dalla stanza.
Sono le
8:25 quando
saliamo tutti su di un pullman blu diretti a scuola
“Senti,
che classe frequenti?” domanda la giovane Gatsby con aria amichevole.
Rimango
un po’ sorpresa da quel cambiamento
“Io
sono in terza liceo!”
La
ragazza strabuzza gli occhi
“Allora
hai già 18 anni!”
“No! Ne
ho ancora 15... in Italia il liceo dura
cinque anni!”
“Ah,
davvero?!!!Bene, allora sei
più piccola!”
Un sorrido soddisfatto compare sul
volto di Patty
“Ehi,
adesso non sentirti superiore solo perché hai due anni in più!”
“Chi?
Io? Ma ti pare!” esclama
l’altra con un ghigno.
La
nostra fermata non tarda ad arrivare…
“Allora,
io sarò a scuola fino alle due, voi fare i turisti, anche se non c’è molto da
vedere, qui! Se volete stare tranquilli andate in quel parco lì!” dico indicando il luogo con la mano
“Tutto
chiaro?”
La
ragazza risponde affermativamente mentre
i tre calciatori sembrano essere in un altro mondo. Faccio spallucce e prendo
la via dell’edificio scolastico.
Sono
sei ore di noia mortale (come sempre!) durante le quali, al problema
“interrogazioni” e “compito in classe” si aggiunge anche l’ansia per il destino
dei quattro stranieri, lasciati da soli, in balia di un mondo ostile (accidenti
e come sono melodrammatica! Già! Staranno sicuramente meglio di me!).
Finita
anche l’ennesima giornata scolastica, mi precipito, come una furia, in strada.
Percorro di corsa i metri che mi separano dal parco sperando di trovare tutti
e, per mia fortuna (e per fortuna
dei miei nervi!) sono tutti all’appello, molto più svegli e pimpanti di come li
avevo lasciati.
“Ciao,
sei arrivata, alla fine! Com’è andata la giornata?”
“Ehm...
Patty,
sei sicura di sentirti bene?” chiedo, spaventata da tutto quell’interessamento
“Si,
certo, sto benissimo, vero, ragazzi?”
I tre
annuiscono con stampato in faccia un sorriso a trentadue denti. Inarco la sopracciglia ma non dico nulla.
Prendiamo
il pullman per il ritorno e, con una serie di mosse strategiche degne della
sottoscritta (distrazione ad oltranza
dei presenti!) il quartetto riesce a raggiungere la mia stanza senza alcun
problema.
“Allora,
volete dirmi che sta
succedendo? Mi avete preso per una rincretinita
ma vi assicuro che non lo sono quindi, ora, spiegatemi il motivo
di questo comportamento!”
I
giovani si guardano in faccia
“Quale
comportamento?”
“Ma dai, è così evidente!
All’improvviso siete diventati tutti stucchevolmente amichevoli! Perfino Benji non ha parlato più da ieri sera... a me non sembra una
cosa normale!”
“Andiamo,
facciamola finita con questa farsa, non ci
è cascata!” esclama Price
“Va
bene, ma ora che si fa?” chiede di rimando Hutton
“Forse sarebbe meglio raccontare la verità... di solito
funziona!”
Baker alza
le spalle e guarda i compagni
“Come vuoi, ma non dite che è stata colpa
mia! Allora...” Benjirespira profondamente “... hai
raggiunto il tuo scopo! Dopo quello
che abbiamo visto questa notte, ci siamo... persuasi! Pensiamo che quello che
hai detto potrebbe avere un fondo di verità
ma, ora, la cosa che più ci preme, è tornare a casa! Se sei in grado di darci una mano,
sei pregata di farlo! Ecco tutto!”
Annuisco
lentamente
“Ok, ora è tutto chiaro! Purtroppo
non so come aiutarvi, e non credete che a me questa situazione piaccia! Non
penso, però, che possa essere risolto tutto con un volo... è poco probabile!
Certo, si potrebbe provare ma...
a proposito, cos’è successo poco prima di arrivare qui?”
“Ora
che mi ci fai pensare...” comincia
Patty con aria assorta “...
è avvenuta una cosa strana! C’è stato un bagliore e tutto è diventato color
oro! E poi ci siamo ritrovati
qui!”
“Si,
però prima abbiamo... beh, si, galleggiato, o qualcosa del genere!” aggiunge Holly
“Come pensavo! La stessa cosa è successa a me prima di arrivare
allo stadio... !”
Mi
siedo pesantemente sul letto cercando una possibile soluzione ma non mi viene in mente nulla di buono
“Ho
paura che dovrete restare qua fin quando
non arriverà di nuovo questa.... cosa... questa luce e vi riporti nuovamente a casa! Nel frattempo... cercate di
stare tranquilli! Penserò a tutto io... nel limite del possibile, ovviamente!”
Guardo la quattro persone di fronte a me
non senza una leggera preoccupazione
“Alla
faccia del bel sogno... una cosa del genere non me la sarei mai e poi mai
immaginata! È un bel pasticcio ma
con il mio grande genio riuscirò a risolvere tutto!”
Ridacchio
soddisfatta mentrePatty prende a guardarmi stranita
“Cos’hai da ridere? Siamo in un mare di
guai!”
“Si, lo so, ma sta tranquilla,
riusciremo ad uscirne!”
La
giornata trascorre tranquillamente, senza grandi avvenimenti mentre cerco di non far annoiare a morte
gli attivissimi calciatori, costretti a rimanere chiusi fra quattro mura senza
neppure un pallone con cui palleggiare a tempo perso... per vivacizzare un po’
la situazione mi atteggio ad oracolo di Delfi, cercando di soddisfare le
curiosità dei giovani per quanto riguarda il loro futuro; l’
unica che
sembra esser disturbata da quel passatempo, è Patricia, che evita di fare
qualsiasi domanda. Improvvisamente mi viene in mente qualcosa...
“Aspettate
solo un attimo!” esclamo prima di uscire dalla stanza.
Faccio
un giro di perlustrazione nell’intera casa e, con sommo piacere, noto che è
vuota...
“Già,
come immaginavo! Devono esser andati a fare spese!”
Rientro
in camera
“Bene,
che ne dite andarci a vedere una bella partita? Che so, New Team contro Muppett o, meglio ancora, Giappone
contro Germania!”
“Ma noi
non abbiamo ma giocato contro
la Germania!” protesta Holly
“Lo so!
Vedrete in anteprima la partita che vi vede protagonisti! Su, andiamo!”
Pochi
minuti dopo siamo in posizione per assistere allo spettacolo
“Bene,
la cassetta deve essere questa!”
Vado a
sedermi e premo il tasto di avvio...
resto un po’ interdetta alla vista del titolo... -Patty è innamorata-? Ma questa non è... cavoli, ha sbagliato
cassetta!” penso tra me mentre vedo la giovane avvampare all’improvviso
“Cos’hai,
Patty?” chiede ingenuamente
Holly.
Benji
comincia a ridacchiare
“Forse
sarebbe meglio vedere la partita!” esclamo un po’allarmata
“No, è
perché? Questa puntata deve essere
divertente!” esclama il portiere beccandosi un’occhiataccia da Baker.
La
giovane Gatsby, intanto,
non sembra in grado di reagire.
Continuo a
guardarla mentre, l’unico che guarda la tv, senza la minima reazione, è Hutton.
I
minuti passano e nella stanza si sentono solo le voci che provengono dalla tv;
l’episodio va avanti e ogni tanto si sentono le risate soffocate di Price che viene prontamente ammonito dal n° 11. Arriva il tanto temuto
momento in cui Gatsby parla
con la seconda manager della squadra del suo amore nascosto per il capitano della New Team e sinceramente non
so come faccia Patty a
rimanere ancora seduta.
“Patty, ma....”
OliverHutton prende a fissare la
ragazza che, dal canto suo, non osa alzare lo sguardo dal pavimento
“Ok, lo spettacolo è finito! Voi
due venite con me!” esclamo
indicando i due giocatori di troppo. Tom
sembra molto sollevato e, senza farselo ripetere due volte scompare fuori dalla stanza ma il portiere
non è dello stesso avviso.
Gli
lancio un’occhiata assassina e il giovane, sbuffando, si alza dal divano ed
esce. Lo seguo immediatamente ed appanno la porta alle mie spalle
“Perché mi hai fatto uscire?” chiede
con un sorriso ironico Price
“Non ti
rispondo proprio!”
Scuoto il capo sconsolata ed apro il portone
d’ingresso, uscendo fuori. Chiudo gli occhi ed assaporo il vento che mi
scompiglia leggermente i capelli.
“Speriamo
che quei due riescano finalmente a chiarirsi! Però, che scoop! Già, Yoichi mi lincerebbe per questo scempio!”
Sghignazzo
e riapro gli occhi, tornando indietro.
“Allora, ancora niente?” domando ai due
calciatori seduti sui gradini della scalinata.
Entrambi
scuotono il capo
“Forse Patty l’ha fatto fuori!?!” esclama Benji sorridendo
“Beh,
sarebbe il minimo!” dico di rimando avvicinandomi alla porta appannata del salone
“Ops!
Credo che dovrete vedervela voi con i piccioncini!”
esclamo vedendo un debole
chiarore che avvolge i due ragazzi
“Ora
finalmente tornerete a casa, contenti?”
“E lo chiedi pure?!” Price comincia a ridacchiare mentre la luce diventa troppo
forte e sono costretta a chiudere gli occhi.
Quando li
riapro, di fronte a me non vi è più nessuno.
“Sono
davvero andati!” inclino la testa “Lo sapevo che prima o poi sarebbe successo... era solo questione di
tempo! Senza muovere un dito...”
Sospiro
e apro pian piano la porta del salone, come se avessi l’impressione che vi sia
ancora qualcuno ma, come
previsto, la stanza è vuota. Prendo il telecomando e spengo il
videoregistratore e la tv. Improvvisamnette la casa mi sembra estremamente vuota e silenziosa.
“Normale!”
penso tra me.
Raggiungo
la mia stanza ed inizio a studiare. Le ore trascorrono tra una materia e
l’altra e ogni tanto mi fermo
a pensare alla strana esperienza vissuta.
“Se lo raccontassi a qualcuno, mi
ritroverei in un manicomio!”
Mi
sgranchisco un po’ le ossa del collo e riprendo lo studio.
Alle 10
sono sdraiata sul letto, morta di sonno; non riesco più a tenere gli occhi
aperti e, con ancora i vestiti addosso, mi rilasso completamente, mentre la
mente comincia già il suo viaggio verso il mondo dei sogni.
Mi
sento leggera, sento che sto
per addormentarmi... delle urla pazzesche mi fanno aprire di scatto gli occhi.
Vedo il sole splendere nel cielo e un verde prato tutt’intorno. Ho ancora le testa confusa e non capisco bene cosa stia
succedendo; un ombra mi fa voltare e mi vedo davanti un ragazzo di spalle: lo
vedo muoversi di qua e di la a d’improvviso il tipo si tuffa da un lato; vedo
un qualcosa di roteante arrivarmi sempre più vicino... talmente vicino che me
lo ritrovo in faccia senza sapere il perché
Il
tutto è avvolto da una fitta nebbia, non
riesco a distinguere niente e una voce non identificata domanda:
“Come stai? Riesci a sentirmi?”
“Chi
è?” chiedo con voce fioca
“Hai visto cos’hai fatto? Non mi
riconosce!”
“Ma... io... non potevo saperlo!”
“Questa
volta devo dargli ragione, non capita tutti i giorni di trovare improvvisamente
una persona nella rete!”
Strizzo
gli occhi ed esclamo:
“Una
cosa più unica che rara, direi!”
Le
immagini sono ancora sfocate ma,
ormai, ho riconosciuto i proprietari delle voci e non ho più dubbi su dove mi
trovo.
“Ma
allora sai chi siamo!?!!”
chiede la voce femminile.
“E come potrei dimenticarvi...
soprattutto dopo una pallonata del genere! Ora capisco come fai a rompere la
rete della porta...!”
Scuoto il
capo e cerco di sollevarmi da terra mettendomi a sedere.
Finalmente
le immagini diventano più chiare.
Sono
ancora nella rete e la testa mi pulsa terribilmente
“Io non
ho mai rotto una rete!” esclama Hutton
con aria incredula
“Si, ma
lo farai, fidati! Ma sta
tranquillo, ti farà compagnia Mark!”
esclamo con un sorrisetto “Lenders? Ma non farmi ridere!” esclama Price leggermente
disgustato
“Come vuoi, non credermi! Fatti tuoi!”
Mi
tocco delicatamente la fronte ed avverto una leggera protuberanza
“Fatemi uscire da questo posto infernale... ho
bisogno di molto ghiaccio!”
Patty
annuisce e mi trascina a bordo campo dove comincia a spararmi in faccia il
contenuto di una bomboletta
“Ahi, ahi, ahi! Un po’di delicatezza! È la mia testa, questa! Se me la rovini, dove ne trovo un’altra geniale
come questa?”
“Stai
zitta e fatti medicare!”
A
quelle parole metto il broncio e aspetto che la ragazza abbia smesso di torturarmi
“Ecco
fatto, ora sei come nuova!”
“Finalmente!
Pensavo di crepare!”
“Esagerata!”
“Esagerata
un corno; tu non sai cosa significa beccarsi un tiro ad effetto in testa! Mamma
mia, ma perché tutte a me? Io mi stavo addormentando ed ecco che un pallone da
strapazzo attenta alla mia
vita! E perché avevo sonno? Perché ho dovuto risolvere la vostra crisi
d’identità!”
“Come?”
“Si,
hai già dimenticato?”
“Ma...
vuoi dire che...”
“ Che siete andati via il
pomeriggio!”
“Ma... ma se qui è passata una
settimana!”
Rimango
interdetta a quelle parole
“Come?
Una settimana?” la ragazza annuisce
“E... vi ricordate di me?!”
“Si!
Certo!”
“Ma... aspetta un attimo... perché Benji e Tom non sono tornati in Europa? Che ci fanno qui?” “Non saprei, so solo che hanno
deciso di trascorrere qualche giorno a Fujisawa!”
“Aspetta,
aspetta!” esclamo afferrando
la testa, che ha preso a pulsare paurosamente, fra le mani
“È passata una settimana... io ancora non ho
dormito... e tu ed Holly?
Vi abbiamo lasciati da soli
ma cos’è successo?”
Patty
arrossisce lievemente
“Beh,
ecco, noi ora... ci stiamo provando!”
“Ci state
provando?”
Un
sorriso di chi la sa lunga mi solca il viso
“Quindi state insieme!”
“Si,
beh, diciamo che mi sembra
ancora così strano!”
“Ti ci abituerai... ora, però, ho bisogno di
un letto o mi addormento qui!” esclamo
mentre sbadiglio paurosamente.
Mi alzo
e comincio ad allontanarmi.
“Dove stai andando?”
“A
trovare un albergo! Ho del sonno arretrato! Molto sonno arretrato!”
La
giovane non si sente più e la sottoscritta ferma
il primo taxi che vede e si fa portare all’hotel più vicino.
Non so
dire per quanto tempo abbia dormito
fatto sta che, al risveglio, oltre a trovarmi ancora a Fujisawa, mi sento riposatissima. L’unica cosa che
mi disturba è una macchia nero-verdastra sulla fronte.
“Beh,
almeno non si è gonfiata”
È una
magnifica giornata di sole e penso di approfittare dell’improvvisa ed
inaspettata vacanza. Esco dall’albergo e prendo a passeggiare come una
qualsiasi turista guardando affascinata i molteplici negozietti parsi per le
strade.
Sono
tutta presa a guardare una bellissima vetrina piena di oggetti orientali quando mi sento chiamare. Mi
volto di scatto e vedo Patty
corrermi incontro.
“Buongiorno!
Come mai da queste parti?”
“Finalmente
ti ho trovata!”
“Perché mi stavi cercando?” chiedo
con disinvoltura.
“Mi
sembra logico! Ti ricordo che sei in un paese straniero!”
“E allora? So cavarmela da sola, non vedi? E poi io sono anonima! Eravate voi i divi della tv,
dalle mie parti! Inoltre sto prendendo il tutto come un gioco... non so quanto rimarrò qui, quindi... me
la godo!”
“Ok, però almeno prendi questo!”
mi porge un telefono cellulare
“Che dovrei farci, scusa? A casa ne
ho già uno!”
“Si, ma
fin quando sarai qui, avrai questo!”
“A,
beh, grazie, ma non dovevi!”
“Non
voglio averti sulla coscienza! Se sei nei guai chiamami, ho già registrato il
mio numero!” “Ma... non sarai
andata a comprarlo a posta, spero!”
“Certo
che no! È un vecchio cellulare di cui volevo disfarmi, ma poi me ne sono dimenticata!” sorrido
scuotendo la testa
“Allora
va bene... mi puoi dire che
ore sono così mi aggiorno?”
“Sono
le dieci del mattino!”
“Grazie!”
riprendo a guardare la vetrina
“Che ne diresti di venire a vedere
gli allenamenti della squadra?”
“Hm...
perché no!?! Dopotutto quando mi ricapiterà di vedere una cosa
del genere dal vivo?”
Ed è così che mi ritrovo
nel bel mezzo degli allenamenti visti, fino a quel momento, solo in tv. Il
tutto con una normalità pazzesca. Non mi sento un’estranea (e come potrei,
conosco tutti come le mie tasche!) e non rimango neanche troppo a pensare a
quanto quella situazione sia
surreale! Anzi, sembra che ormai mi ci sia abituata.... sembra tutto stranamente normale! Parlo con i
personaggi del mio anime preferito
come se fossero amici di vecchia data! Eppure sono passati solo tre giorni da
quando quel fascio luminoso ma ha catapultata
nello stadio. Resto a guardare la partita d’allenamento e sono talmente presa
da non accorgermi di nulla...
“Cos’è
quella cosa che hai sotto i
piedi?” chiede all’improvviso Patty.
Abbasso
gli occhi e noto, sotto la suola delle scarpe, un chiarore molto forte.
“Ci
risiamo!” penso tra me.
La
luminescenza comincia a risalire lungo il corpo fino ad avvolgermi
completamente.
Con un botto micidiale mi ritrovo a terra,
seduta sul freddo pavimento.
“Accidenti! Che dolore! Cos’è,
questa volta l’atterraggio non ha funzionato?” domando
guardandomi intorno.Però evito di protestare oltre perché mi accorgo di
non essere nella mia camera, né tanto meno nella mia casa! Il luogo in cui mi trovo ha un arredamento decisamente
retrò. Non so perché, ma mi viene in mente il film Via col vento.
Storco il naso a quel pensiero e comincio a
camminare in cerca di una qualche uscita.
Esco dalla camera in cui sono e mi ritrovo
davanti un quadretto familiare. Osservo le quattro persone sedute su di un
divano porpora (una donna e un uomo di un
certa età e due ragazzi) e con disappunto noto i loro strani
vestiti: sembrano usciti da un ballo in maschera stile ‘800.
Sussulto quando la donna si volta e si accorge
della mia presenza. Resto immobile anche se ho tanta voglia di scappare mentre lei attira
l’attenzione di quello che sembra suo marito e dei suoi figli sulla
sottoscritta. L’uomo si alza e mi viene incontro con aria minacciosa anche se prende a parlare pacatamente.
“Chi siete? Che ci fate in casa nostra?”
Prendo a guardarlo
in preda al panico e, cercando di non far tremare la voce, rispondo come posso: “Io... non... non era mia
intenzione entrare in casa vostra, anzi, a dire la verità, stavo cercando
l’uscita!” accenno un sorriso mentre l’uomo mi squadra dalla testa ai piedi
“Perché siete vestita in quel modo?” mi chiede ancora
non mostrando la minima fretta di mandarmi via. Noto, nella sua voce, un debole
accento tedesco e mi stupisco un po’ dal
momento che, ormai, sembra che parlino tutti la mia lingua!
“Io... nel mio
Paese vestono tutti così!”
Il signore si gira
indietro, guardando i familiari
“Deve essere molto
lontano il suo Paese, vero?” chiede la donna avvicinandosi
“Beh...”
(Come faccio a sapere quanto è lontano se non so
dove mi trovo?) prendo a fissarmi le scarpe nell’imbarazzo più completo
“Ha bisogno d’aiuto?”
chiede ancora la donna.
Alzo lo sguardo su
di lei e noto che la sua espressione si è fatta
dolce. Questo mi da coraggio e, dopo un bel respiro, chiedo “Dove siamo?”
“Stati Uniti
d’America!” risponde gentilmente la signora
ma, evidentemente, devo aver fatto un’espressione strana a quelle
parole perché il suo viso si fa preoccupato
“Sta... Stati
Uniti!” sussurro incredula “Accidenti... sto
girando il mondo!”
Comincio a
ridacchiare istericamente
“Si sente bene,
signorina?”
Alzo la testa e
guarda l’uomo con aria confusa
“Ehm… non lo so…devo ancora decidere…!”
Un rumore
improvviso mi fa sobbalzare. Ci guardiamo tutti intorno ma non riusciamo a trovare la fonte. Abbasso
lo sguardo e vedo che la tasca dei miei jeans è illuminata
“Oh, cavoli! Il cellulare!”
Prendo l’oggetto in
mano mentre i presenti mi
guardano sconvolti, e rispondo
“Si?”
“Dove sei?”
“Patty? Perché mi hai chiamata?”
“Volevo essere
certa che stessi bene!”
“Grazie del
pensiero ma hai scelto decisamente
un brutto momento!”
“Perché? Ho
interrotto qualcosa?” La sua voce trasuda ironia da tutti i pori
“Affatto, è solo
che in questo momento sono negli Stati Uniti e… e non sono affatto sicura di essere nel XXI secolo!”
“ Cosa vuol dire che non sei sicura?”
Lancio una rapida
occhiata alle quattro persone che non hanno più osato parlare… vengo invasa da una strana
sensazione… come se…
“Caspita…sembra assurdo ma è come se…come se fosse
un deja vu!” penso senza
riuscire a capire cosa stia succedendo…
“Ehi! Sei ancora
lì?” La voce della giovane Gatsby
mi riscuote
“Ehm… si, si, sono
ancora qui! Ascolta! Non ho idea di dove sono finita precisamente e non so se è
meglio andar via o restare!”
“Andar via o
restare dove, precisamente?...
Oh, senti, secondo me è meglio se rimani lì dove sei… aspetta lo scorrere degli
eventi!”
Dall’altro capo del
telefono si sente una risatina soffocata
“Cos’è, mi stai
prendendo in giro?”
“Chi? Io?
Assolutamente! Ma tu hai
un’idea migliore?”
“Ok, mi hai… persuasa… addio!”
Interrompo
bruscamente la chiamata e guardandomi intorno, con un sorriso poco convinto
domando “Ehm... sarebbe
troppo chiedervi ospitalità per... diciamo uno o due giorni?”
I coniugi si
fissano…non sono ancora del tutto sicura
che abbiano capito cosa sia successo nei minuti precedenti… poi la donna
chiede, sospettosa “Ma non voleva andar via?”
“Beh, si, però non
avevo valutato le cose a fondo... molto a fondo…
non vi darò fastidio, chiedo solo ospitalità per 24 ore, niente di più. Nel
frattempo me ne starò buona in un angolo senza arrecare disturbo!” La donna
lancia un’occhiata poco convinta al marito
ma esclama
“Se è così, va bene… qui non neghiamo l’aiuto a
nessuno…!” Ringrazio con un cenno del capo non riuscendo ancora a credere alla
fortuna sfacciata che sto avendo da un po’… sembra che finalmente la mia buona
stella abbia deciso di farsi viva per darmi una mano!
Mi presento
evitando particolari superflui e riesco a rilassarmi sono quando il gruppo distoglie l’attenzione dalla
mia figura e si dedica alle attività giornaliere; in questo modo, sono libera
di guardarmi intorno e gironzolare un po’ per il vasto salone osservando i
bizzarri oggetti sparsi sui mobili e i bei quadri appesi alle pareti…
“Caspita, dove
accidenti sono finita?!”
Scuoto il capo con
aria rassegnata
“E poi non capisco come sia possibile che il cellulare
funzioni? È assurdo! Che
situazione!”
“ Da dove
arrivate?” chiede una voce all’improvviso, facendomi voltare.
Uno dei due ragazzi
mi si avvicina e guarda con mal celato interesse, le scarpe da ginnastica che
indosso (modestamente sono molto belle!)
“Perché indossate dei vestiti così… buffi? Portate i pantaloni anche se siete una ragazza?”
Sorrido e scuoto la
testa
“Vedi, è difficile
da spiegare, ma, da dove vengo io è
una cosa normale! Tutti indossano jeans e le ragazze preferiscono i pantaloni
alle gonne….sono decisamente
più comodi!”
“Dev’essere strano il posto da cui
arrivate?”
Rifletto un po’
sulla risposta da dare
“Hm…si, diciamo che ci sono parecchie cose
strane lì!” faccio spallucce e continuo a guardarmi intorno
“E, se posso chiederlo, cos’è quell’oggetto che avete usato prima?”
“Ecco… è… è un
oggetto per parlare con le persone lontane!” esclamo d’uncolpo,
irrigidendomi, in attesa della reazione del ragazzo
“Potrei vederlo?”
Guardo con sorpresa
il biondino e, senza dire nulla gli porgo il telefono cellulare.
Il giovane prende a
girarselo fra le mani, curioso.
“Cosa fai, Teddy,
non dare fastidio!”
La voce fa girare
entrambi verso l’altro ragazzo che, in quel momento sta entrando nella stanza
zoppicando leggermente.
“Stavo solo
guardando questo strano oggetto!”
“Tranquillo, non mi sta affatto dando fastidio!”
“Qualcuno sa perché
la zia mi ha fatto venire qui?”
L’arrivo di una
ragazza attira l’attenzione di tutti i presenti.
“Penso sia per
quello che è accaduto quando lei e il babbo non erano a casa!”
La giovane apre la bocca ma non dice nulla, annuendo
solamente… di nuovo la sensazione di deja
vu… scuoto il capo,come per cercare di allontanarla
“Ehm… scusa…”
comincio poggiando leggermente la mano sul braccio del biondino che si gira e
sorride leggermente.
“Ted, il mio nome è Ted!”
Inarco le sopracciglia leggermente turbata
ma cerco di non darlo a vedere…
“Ehm…che ne dici di
mostrarmi i dintorni?”
“Certo, con
piacere!”
“Ah, che bello!”
esclamo stiracchiando le braccia e respirando profondamente
“Tutto questo verde
mette allegria! Deve essere fantastico vivere qui!”
Il giovane annuisce mentre continuiamo a
camminare lungo il prato che circonda
“Per quale motivo siete voluta uscire?” domanda
improvvisamente Ted
fissando l’orizzonte.
Aspetto qualche secondo prima di
rispondere.
“Ecco, non lo so,
ho solo pensato che, forse ero
di troppo!”
L’altro scoppia a
ridere “Scusatemi ma… forse
non avete compreso la situazione!”
Alzo le spalle
“Poco importa…è decisamente più bello qui fuori!”
La giornata
trascorre piacevolmente e quando giunge la sera, mi sembra quasi tutto normale…
anche il fatto che tutti mi si rivolgono dandomi del Lei.
Verso una certa
ora, la signora mi accompagna al piano di sopra, in una stanze da letto e, dopo
aver augurato la buonanotte, va via in silenzio. Resto assorta nei miei
pensieri per un po’.
“Certo che è
proprio tutto strano!”
Mi infilo sotto le coperte restando a fissare
il soffitto della stanza per un tempo indeterminato addormentandomi senza
accorgermene.
L’indomani il tutto
procede tranquillamente, anzi, a dirla tutta, mi annoio anche un po’ perché non
c’è granché da fare. Inoltre dalla mattina piove insistentemente e non posso
curiosare fuori.
“Uffa, che noia!
Non ne posso più!” penso tra me, mentre uno sbadiglio mi fa chiudere gli occhi
“Non esiste una
radio, non esiste una tv…non si può fere
nulla! E poi dove sono
spariti tutti?”
Prendo a
gironzolare per la casa e scorgo la padrona di casa impegnata a scrivere.
“Posso entrare o
disturbo?”
La donna alza gli occhi dal foglio “Prego, entri!
Ha bisogno di qualcosa?”
“No, niente,
grazie! È solo che …beh, non sono abituata a
tutta questo silenzio!”
“Le manca la sua
casa?”
“Hm, più che altro
il mondo in cu vivo…!”
“Capisco, però non
ho ancora compreso perché non può farvi ritorno!”
Sospiro sconsolata
“La situazione è complessa, ma spero che si risolvi tutto al più presto!”
La donna annuisce e
ritorna a scrivere.
“Ehi, venite qui!” le urla di Ted arrivano alle nostre orecchie
e ci fanno precipitare nel salone.
“Cosa c’è?” chiede preoccupata la signora.
“Guardate dalla
finestra!”
“Oh, caspita!”
esclamo mettendo le mani nei capelli
“Sa cos’è?” mi
chiede il ragazzo con aria speranzosa
“Credo proprio di si: il mio mezzo per il ritorno!
Avevo detto che sarei andata
via nel giro di un giorno! “ Fisso la macchia luminosa che pulsa in lontananza
e mi avvio verso il portone d’ingresso.
“Non vorrà uscire
con questo tempo!” esclama la donna “ È
l’unico modo per tornare a casa! Grazie per l’ospitalità, addio!”
Esco fuori mentre una raffica di vento
mi lancia addosso una quantità esagerata d’acqua.
“Porca miseria!” impreco mentre comincio a correre
sul terreno bagnato infangandomi le scarpe e parti dei jeans.
In poco mi ritrovo
completamente fradicia mentre
la luce è ancora lontana.
“Sembra che il
servizio di trasporto stia peggiorando! Prima mi schianto a terra, ora sono costretta a correre sotto
la pioggia… una vera fregatura!”
Durante la corsa avverto una leggero tonfo a terra
ma non si faccio caso.
Giungo a
destinazione ansimando e deglutendo a fatica ma non appena infilo la mano nel
bagliore, il paesaggio intorno a me scompare
mentre tutto diventa color oro.
Sono a pochi
millimetri dalla terra ferma quando la luce,
praticamente, svanisce, mollandomi. Tento di mantenermi in equilibrio sulle
punte ma l’asfalto bagnato non me lo perette e cado a
terra carponi.
“Grazie!” urlo incavolata e cerco di rimettermi in piedi mentre
continua a piovermi in testa.
“E
tu da dove spunti?” domanda una voce maschile poco lontana.
“Lasciamo
perdere!” esclamo a mezza voce
“Ah, ti serve
aiuto, ti sei fatta male?”
“No, non
preoccuparti, è una cosa da niente!”
Alzo lo sguardo
sulla persona che ha parlato e rimango interdetta.
Sbatto le palpebre
come a volermi assicurare che quello che sto vedendo sia la realtà e sbotto “Tu
che ci fai qui?”
Il giovane mi
guarda confuso; ha i capelli corvini, un jeans chiaro
e una camicetta bordò a quadri, in mano stringe un ombrello e al collo porta un
laccio con appeso un sacchettino.
Inclina la testa da
un lato e dice “Io sono venuto a vedere se stavi bene, perché?” Rimango a fissarlo mentre penso: “Vuoi vedere che, invece di portarmi
a casa questa cosa mi ha depositato a Milano? Beh, è lì che gioca RobDenton e, se melo trovo davanti
vuol dire che mi trovo in Italia! Già, però non nel MIO mondo! Accidenti, forse
sarebbe il caso di chiamare Patty perché ora credo di
essere un tantino nei guai!” Porto una mano nella tasca dei
jeans ma mi accorgo che è vuota
“Dalla tua
espressione sembra quasi che tu sia felice di vedermi!”
La giovane si
avvicina con una mano sui fianchi
“Beh, diciamo di si!”
“Vi conoscete?”
domanda il ragazzo sorpreso.
“Immagino che tu lo
conosca già!” esclama Patty.
A quel punto
l’ipotesi di essere a Milano si rivela falsa ma non
per questo sono più tranquilla.
“Che
ci fai tu qui?” chiedo nuovamente al giovane che mi guarda con sospetto.
“Questa è la mia patria!”
“Lo so che è la tua
patria, ma tu ora non dovresti essere qui… ehm, cioè,
non dovresti conoscere Patty e tutti gli altri…!”
“E perché, scusa, faccio parte della nazionale giovanile gia…”
“Che
diavolo sta succedendo? Perché tutta la trama sta
andando a farsi friggere? Non è logico tutto ciò, non lo è per niente…certo
ultimamente non c’è niente di logico, però…” comincio a camminare in tondo “ A meno che …che il mio arrivo…si, potrebbe essere… dopotutto
Patty ed Holly stanno
insieme e Tom e Benji non
sono più tornati in Europa…”
“Adesso basta!” Patty prorompe all’improvviso afferrandomi per un braccio.
“Penso che per oggi
possa bastare! Ne riparleremo domani! Ci vediamo Rob!” dice trascinandomi via
“Ma…”
“Non far caso a quello che ha detto…è molto stressata
ultimamente!”
Il ragazzo annuisce
e si allontana.
“Ehi, ma dove mi
stai portando?”
“Dove
non potrai nuocere a nessuno!”
“Ah! Ah! Ah! Molto
divertente!”
Sbuffo e continuo a
seguire la ragazza che mi ha mollato il braccio.
“Allora, quante
settimane sono passate da quanto mi sono volatilizzata?”
“Solo due giorni!”
“Beh, almeno il
mondo ha continuato a girare alla stesa velocità… stiamo andando a casa tua?”
chiedo incuriosita
“Già…a proposito,
sei riuscita a capire dove sei finita?”
“Beh, non proprio,
anche se…devo ammettere che mi è sembrato di aver letto da qualche parte…!”
“Ehm, lascia stare,
per oggi evita di sottopormi le tue ipotesi!”
Quando la signora Gatsby apre la porta caccia un urlo.
“Cos’è successo?”
“Ehm…” comincio io
senza riuscire a continuare
“Mamma, questa è…ecco… un… un’amica… ha bisogno di un posto dove poter
trascorrere qualche giorno!”
“Questa è la mia
camera…lascia che ti trovi qualcosa di asciutto!
Intanto prendi questo!”
Mi lancia un
asciugamano e comincia a rovistare nei cassetti.
Durante la cena faccio la conoscenza del signor Gatsby,
ma, nonostante la cordialità di entrambi i coniugi, avverto ugualmente un po’
di imbarazzo. Fortunatamente si fanno in fretta le 23 e seguo Patty al piano superiore.
Nella stanza è già
stato sistemato un secondo letto. Mi ci siedo sopra e comincio ad osservare la
stanza della giovane; sulla scrivania noto un portafotografie di media
grandezza: all’interno un’istantanea dell’intera squadra della
New Team insieme all’allenatore e alla manager.
Mi lascio sfuggire un sorriso per poi esclamare “Sai, un po’ mi dispiace di
averti sconvolto la vita!”
“Beh, non l’hai
fatto solo a me!”
“Giusto…”
“Però, se non fossi
arrivata tu… io ed Holly… beh, hai
capito, no?!”
“Certo… quando
pensate di sposavi?” chiedo con un ghigno
“È ancora molto
presto per questo genere di discorsi!”
“Però
voglio essere invitata al matrimonio!”
“Come vuoi!”
Patty sospira
sconsolata, scuotendo la testa
“E
voglio conoscere il vostro o la vostra erede!”
“Cosa?”
La giovane prende
fuoco.
“Ma…ma
che discorsi fai?” dice tutta agitata.
Mi metto a sedere e
la guardo divertita.
“Perché,
scusa? È una cosa normale… ci si sposa e poi arrivano i bambini…o sbaglio?”
“Ma…ma… ma cosa centra… non sappiamo ancora se durerà!”
“Hm… io dico di si! Inoltre…”
La luce va via,
facendomi fermare.
“Ehm… Patty?”
Non ho nessuna
risposta e chiudo gli occhi mentre comincio a sentirmi
intorpidita… un flash improvviso e poi di nuovo il buio.
Un gran vociare mi
fa aprire di scatto gli occhi… resto momentaneamente senza parole e… senza
pensieri davanti alla scena che mi si para davanti: vi è un mucchio di persone,
tra uomini e donne, tutti rigorosamente sconosciuti che, incuranti del fatto
che sono appena comparsa nel bel mezzo della stanza, chiacchierano per i fatti
loro… provo a muovere qualche passo ma uno strano
fruscio proveniente dalle gambe mi fa bloccare. Abbasso lo sguardo e scopro di
indossare un pantalone troppo elegante per essere di
mia proprietà.
“Dove
accidenti sono finita?” riesco finalmente a chiedermi.
Mi guardo intorno;
mi trovo in un grande salone e, per quanto mi sforzi,
non riesco a capire dove.
“Ciao!”
Mi volto con uno
scatto e vedo una donna dalla pelle olivastra che mi raggiunge stringendomi la
mano sorridendo.
“Come stai?”
“Ehm…
magnificamente… credo…”
“Mi fa piacere e…,
scusami, devo scappare, ho lasciato i bambini con il padre… e puoi immaginare
in che condizioni sia!”
Sorride nuovamente
e si allontana salutando con la mano. Ricambio il saluto meccanicamente
mentre sibilo tra i denti: “E ora quella chi è?... Mi avrà scambiata per
un’altra persona!”
Comincio
a camminare velocemente in cerca di un’uscita per evitare di essere scambiata
per qualcun’altra… urto violentemente qualcosa che cadendo fa “Ahi!”
“Cavoli! Scusa!”
esclamo guardando a terra dove una bimba con una cascata di riccioli scuri,
tenta di rimettersi in piedi.
“Ti sei fatta
male?”
La piccola mi
guarda sbarrando gli occhi e scuote velocemente la testa.
“Ecco dove ti eri
cacciata!”
La voce di un uomo
mi fa alzare lo sguardo mentre la bambina gli corre
incontro andando a nascondersi dietro le sue gambe.
Fisso il nuovo
arrivato inclinando la testa: “Ma… ma… sei… Roberto Sedhiño!”
“Oh, sei tu! Ciao!”
Mi stringe la mano
con una stretta vigorosa.
“È da quella
faccenda in Brasile che non ci vediamo! Come stai?”
Inarco le
sopracciglia e scandendo le parole esclamo: “Bene… credo… tu?”
“Beh, sai, con tre
bambini la vita è diventata frenetica… a volte è più faticoso di 90 minuti in campo!”
Alza le spalle e
lancia un’occhiata all’altro lato della stanza.
“Scusa, devo
andare, ho appena avvistato un altro dei miei
pargoli!”
Scompare tra la
gente.
“Cosa
diavolo sta succedendo qui?”
Muovo qualche passo
all’indietro e per poco non urto una giovane donna. La fisso
per qualche secondo e noto che si accarezza dolcemente il pancione… mi viene da
sorridere.
“Dalle dimensioni direi che il bebé è in arrivo!”
Accanto a lei vi è
un uomo dai capelli corvini che parla animatamente con un altro giovane,
entrambi con un bimbo in braccio.
“Oh, per la
miseria!” esclamo a bassa voce.
Con uno scatto mi
giro allontanandomi il più velocemente possibile.
“Se resto ancora
qui rischio di impazzi…”
Mi sento afferrare
convulsamente un braccio.
“Anche
questo è colpa tua, lo so!”
Mi giro e mi
ritrovo davanti un Benji accaldato... e decisamente più grande di quando l’ho visto l’ultima volta.
“Cos’hai da
agitarti tanto?” domando cercando di sembrare calma quando,
invece, vorrei solo scappare da quel posto.
“La vedi quella
ragazza lì?” sibila indicando una giovane dai lunghi capelli color petrolio.
“Certo… è carina!”
esclamo con un sorriso.
“Carina un corno! È
la mia fidanzata!”
L’espressione
spaventata che il ragazzo ha, nel fare tale affermazione, mi fa sghignazzare.
“Non credo ci sia
molto da ridere, anzi!”
La voce di Baker ci fa voltare entrambi. Il giovane calciatore ci
fissa con aria calma ma ha il viso pallido.
“Ti senti bene?”
domanda Price vedendolo.
È solo in quel
momento che noto il bambino che ha in braccio…
“Que-quello non sarà…” ho quasi paura a dirlo.
“Penso proprio di si!”
Il
bambini comincia a puntare il dito fra la gente.
“Mamma!” prende a pigolare fra lo sconforto di Tom.
“Ok, calma!” dico a me stessa respirando a fondo.
“Voi restate qui, io vado a cercare Patty!”
Più facile a dirsi che a farsi! Dopo dieci minuti sono ancora in alto
mare.
Vedo un gruppo di
persone tutte in un punto e mi dirigo in quella
direzione. Al centro vi è una ragazza dall’aria vagamente familiare con in braccio un bimbo (stanno cominciando a darmi sui
nervi tutti questi marmocchi!) e, mentre un signore si diverte a fargli le
boccacce, una donna esclama: “Ma guardate che belle gambette
che ha!” afferrandogli gli arti per, poi, proseguire: “Sono sicura che da grande
diventerà un bravo calciatore! Proprio come il suo papà!”
La frase mi fa
rabbrividire.
“Patty… dove sei…?”
“Cercavi qualcuno?”
Due mani mi si
poggiano sulle spalle, stringendo sempre più.
“Patty! Finalmente!”
Mi volto verso la
ragazza e mi becco un’occhiataccia.
“Volevi conoscere
l’erede? Beh, sei stata accontentata!”
“Cos…?”
Tutto comincia ad
apparire più chiaro.
“Oh, cacchio! Vuol dire che… accidenti!”
Fisso la ragazza ed
inarco le sopracciglia chiedendo: “Ma quanti anni hai?”
“Non lo so e non lo
voglio sapere!”
“E…
dov’è tuo… marito?” domando con cautela.
“È di là… si sta
ancora riprendendo… ho creduto che fosse sul punto di perdere i sensi!”
“Beh, se è per
questo, l’altro componente della coppia d’oro non sta
messo meglio!”
La ragazza mi
lancia un’occhiata interrogativa.
“È proprio per
questo che ti stavo cercando… non vorrei che facesse
fare un volo al bambino che ha in braccio! Benji è
con lui…sta cercando di sfuggire alla fidanzata!” ridacchio per poi aggiungere:
“Se ti può consolare, ho visto anche MarkLendersedEdWarner con i figli… e anche Roberto Sedhiño… sembra proprio che mi conosca!”
“Cosa?
E come mai?”
“Non lo so… ah,
un’altra cosa: sei mai stata in Brasile?”
“E questo cosa centra?” chiede Gatsby
esasperata.
“Non lo so, ma
Roberto ha detto che l’ultima volta ci siamo visti
lì!”
“Va bene,
andiamocene!” esclama risoluta la ragazza afferrandomi per una
braccio e cominciando a incamminarsi da qualche parte.
“Ehi, non fare
così! Prendila con filosofia!” esclamo mentre cerco di
non cadere.
“Non fiatare!”
“E
no! Adesso mi ascolti!” dico inchiodando i piedi a
terra e frenando l’avanzata di Patricia.
“È inutile
scaldarsi, tanto ormai abbiamo capito come funziona!”
“Si, ma perché?
Cos’abbiamo fatto di male?”
“Non ti so
rispondere però…”
“Fatemi uscire da questo incubo!”
Un ragazzo urlante
ci sbatte contro.
“Rob! Che ti prende?” chiede subito
Patty al giovane, che sembra sull’orlo di una crisi
di nervi.
“No, non dirmi che anche tu…” comincio, quasi urlando.
“Anche
io cosa? Se ti stai chiedendo se sono impazzito, la
risposta è si! Devo essere per forza impazzito!”
Denton si guarda intorno
con l’aria da fuggiasco.
“Patty, abbiamo un problema… un grosso problema!”
“Lo vedo!
Recuperiamo gli altri! Ci ritroviamo in quel corridoio lì!”
esclama la ragazza indicando un punto oltre la porta del salone.
Siamo tutti seduti
a terra, nel corridoio che porta alla zona notte della casa.
La porta è stata
chiusa e aldilà si sentono, attutite,le voci delle persone che, ignare di tutto,
continuano a trascorrere la loro piacevole serata.
Con noi c’è anche RobDenton, con
in volto un’espressione semisconvolta, che sta ancora cercando di
riprendersi dopo tutto quello che gli abbiamo raccontato.
“Però,
ancora non riesco a spiegarmi come mai lui è quello… beh, si… del nostro presente!”
sussurro quasi a me stessa.
“E
poi perché ci siamo sempre e solo noi immischiati in questa faccenda?” domanda Benji nervoso.
“Già…” penso tra
me.
“Comunque
non possiamo allontanarci da qui! Sarebbe un suicidio!”
esclamaTom con aria risoluta.
“Non so… non
possiamo scomparire come se niente fosse…!” dice di rimando Patty
in tono cupo.
“Accidenti che
allegria!” penso inarcando le sopracciglia “Secondo me
l’ottimismo lo conservano per le partite!”
Gatsby si alza e, seguita
da Hutton, rientra nel salone. AncheBaker si alza.
“Ho bisogno
d’aria!”
“Vengo con te!”
esclama di rimando Price.
Alzo le spalle
dicendo: “Divertitevi!”
I due calciatori
escono e Rob pende a sospirare.
“Avanti! Che ti prende? Il tuo buonumore l’hai dimenticato in Italia?
Lo so che è il paese del sole, però, così esageri!”
Il giovane alza lo
sguardo e sospira nuovamente ritornando a guardare a terra.
“E
dai, Rob, dov’è finito il tuo ottimismo? E proprio
ora che ne abbiamo bisogno? Siete tutti apatici, nervosi, e scoraggiati… eppure avete visto solo quello che
succederà fra un po’ d’anni e a me sembra una prospettiva magnifica! Ecco!”
Sbatto un piede a
terra
“Ed
io cosa dovrei dire? Non ho neppure uno straccio di fidanzato! Bel futuro!
Siete degli integrati, ecco tutto!”
Sorrido e scuoto il
capo.
“E
tu sei solo gelosa!” sbotta Denton ridendo.
“Beh, si, hai
ragione… di la verità, ora va meglio!”
“Si, direi di si!”
“Ma vedi un po’ se
una pessimista cronica come me deve tirar su il morale
ad un ottimista doc! Il mondo ha cominciato a girare
al contrario!”
“No! Ora che il
grande RobDenton si è
ripreso, tutto filerà liscio come l’olio!”
“Lo spero tanto!”
“ Che facciamo qui, andiamo a goderci la festa!”
Il giovane si alza
e si avvicina alla porta, aprendola.
Guardo l’orologio e
reprimo uno sbadiglio.
“Sono le undici
passate, quando si decidono ad andar via?”
Mi domando
sbirciando nel grande salone, oltre lo spiraglio della
porta.
Dopo circa un
quarto d’ora in mezzo a tutta quella folla, ho preferito fare dietrofront e
chiudendomi nella prima stanza che ho trovato per evitare altri incontri del
terzo tipo.
L’idea, che
all’inizio mi era sembrata fantastica, si è rivelata un fiasco, visto che la
noia è sopraggiunta dopo pochi minuti.
Vado sedermi su una
poltrona e fisso il muro bianco domandandomi che azione deplorevole possa aver compiuto per meritarmi tutto quello…
“Ecco dove ti eri
cacciata!”
Mi volto e vedo
arrivare Patty. Non ha neanche il tempo di dire una
parola che mi ritrovo un bambino in braccio.
“Renditi utile!”
sorride e, senza aggiungere altro va via.
Fisso
dubbiosa il piccolo che ricambia il mio sguardo con aria perplessa.
“Ciao!” esclamo
inclinando la testa.
Il bimbo accenna un
sorriso ma poi comincia a guardarmi con aria torva.
“Ok, babyHutton,
vediamo di comportarci bene!”
Come tutta risposta
il piccolo comincia a lamentarsi e il viso gli diventa porpora. Sospiro con
aria rassegnata.
“Ho
capito, ora mi alzo!”
Comincio a
camminare con in braccio il rampollo di casa Hutton…
“L’erede della
fatidica frase: il pallone è il mio migliore
amico!” penso tra me non riuscendo a trattenere un sorriso. Entro in un’altra stanza guardandomi intorno.
“Beh, devo
ammettere che la mamma e il papà si trattano bene, vero?”
Osservo i
soprammobili e i quadri alle pareti, per poi fermarmi avanti ad una vistosa coppa.
“Ecco, mi stavo
quasi preoccupando!”
Il bambino allunga
un amano per poter raggiungere l’oggetto.
“Fermo! Sei ancora
troppo piccolo! Per ora devi preoccuparti solo del biberon!...
Ok… vediamo un po’ com’è la situazione dall’altra
parte!”
Rientro nel salone
e mi sorprendo nel vedere all’interno solo cinque
persone, quattro delle quali, con aria assorta.
“Cavoli, non
avranno cacciato fuori tutti, spero!”
Rob si avvicina e
prende il bambino in braccio.
“È la tua
fotocopia, Holly!”
“Ma
come fai a dirlo se a massimo ha tre mesi!”
Il giovane alza le
spalle e sorride.
“Allora, ancora
depressi?” domando con una punta di sarcasmo.
“Se
continui così no ti dirò nulla!” esclama Patty
incrociando le braccia al petto.
“Nulla di cosa?” la
me curiosa comincia a fare capolino.
“Beh, sembra che
più persone del previsto sappiano di questo… diciamo strano fenomeno che ci sta facendo uscire dai gangheri!”
“Sul serio?” chiedo
incredula.
“Certo, pensi che
posso scherzare su una cosa tanto assurda?”
“No, ma, ecco, è
strano che…”
“Anche
noi siamo rimasti piacevolmente sorpresi!” Holly fa
spallucce avvicinando un dito alla piccola manina del suo… futuro pargolo che,
senza farsi pregare, la stringe con aria soddisfatta.
“Ma,
chi è che lo sa?”
“Beh, è quasi
ovvio, no? … Mi ha davvero tirato su il morale sapere che non siamo gli unici a
credere a quello che succede da un po’ di giorni a questa parte! È stato un
sollievo parlare di questo cataclisma con altre persone al di fuori del nostro
gruppo!”
“Gruppo? Noi non siamo un gruppo!” dico scettica.
“E
perché, scusa?” chiede Patty.
“Beh, collaboriamo
solo perché costretti e c’è la più totale mancanza di fiducia!”
“Abbiamo parlato
anche di questo, fino ad ora! Siamo tutti d’accordo sul fatto che siamo finiti
in un casino colossale…e per cacciarci fuori dai guai
dobbiamo essere uniti!”
Guardo la ragazza
senza afferrare bene il significato della frase.
“Ma…
loro sono già uniti! Che diavolo, fanno parte della
stessa squadra di calcio! E tu, Patty,
beh… non c’è neanche bisogno di parlare! L’unica che non centra un’acca sono
io!”
“Appunto!”
Rimango interdetta
fissando i cinque giovani, senza riuscire a capire.
”Ascolta… facciamo un patto: noi cercheremo di farti
sentire a tuo agio, anche se a dire il vero lo sei già, in un paese straniero e
tu cercherai di sopportarci, ok?”
Non riesco a
rispondere, mi sento imbarazzata e prendo a guardare il pavimento.
“Dopotutto l’unione
fa la forza!” esclama Benji con aria molto convinta.
“Ben detto,
diventeremo un gruppo coi fiocchi!” gli fa eco Holly.
“Ok, mi avete convinta, ma, secondo
me sarebbe più appropriato definirci una combriccola, anche se non ha
un’accezione del tutto positiva!” esclamo facendo spallucce.
“Allora vada per
combriccola!” concorda Rob mentre continua a giocare con il piccolo Hutton.
“Hai visto qualcosa
di interessante durante la tua latitanza?” domanda Patty.
“Hm… si, giusto qualcosina!”
Con un sospiro tiro
su le coperte.
Mi guardo intorno:
la luce della bajour emana un tenue chiarore che
rende l’atmosfera nella stanzada letto moto rilassante.
“Beh, almeno, dopo
tanta sfortuna, qualcosa che è andato per il verso giusto! Già temevo di dover
dormire su un divano… per la seconda volta!” non riesco a frenare uno sghignazzo.
Spengo la luce e
poggio la testa sul cuscino sussurrando: “Ecco cosa significa vivere nella casa
di un calciatore famoso… hai degli ospiti imprevisti per la notte? Fa niente, ci sono una dozzina di camere da letto a
disposizione! Eh… va beh… meglio così!”
“Dimmi
che è qui!”
La voce di Patty mi fa svegliare di colpo.
“Chi è qui?” chiedo non ancora del tutto sveglia.
“Il bambino!”
“Chi? Hutton junior? No, non è qui!”
“E
allora dov’è?”
“Hai chiesto a Rob… sembra che ci vada d’accordo!”
“Ho già svegliato
tutti, ma non l’hanno visto!” geme con aria preoccupata.
Mi metto a sedere e
tolgo le coperte.
“Dove l’hai mezzo a
dormire ieri?”
“Nella culla in
camera da letto! Ho dormito io con lui! E poi
stamattina l’ho trovata vuota!”
“Ok, calma!”
Mi alzo al letto ed
infilo le scarpe. Usciamo dalla stanza e raggiungiamo gli altri in quella che
ha tutta l’aria di essere una sala da pranzo.
I ragionamenti che
seguono nei minuti successi, non portano a nessuna conclusione: è fuori
discussione che il bambino sia in grado di andarsene a spasso da solo!
Lo squillo del
telefono ci fa zittire.
“Rispondo io!” Patty aggrotta le sopracciglia e si avvicina ad un piccolo
scaffale, afferrando la cornetta e rispondendo con calma.
Dopo pochi secondo abbassa il ricevitore e rimane in silenzio.
“Patty? Va tutto bene?” chiedeHolly avvicinandosi.
La giovane scuote
il capo.
“Io… non è
possibile…” la voce le è diventata un sussurro.
“Dimmi che no è come
penso!” dico con un lamento.
“Patty, avanti, chi
era?” Hutton afferra la giovane per le spalle,
cercando di guardarla negli occhi. Lo sguardo di Gatsby,
però, è fisso a terra.
“Pa…”
“Cosa
accidenti vuoi sapere!” sbotta quasi urlando Patricia, alzando lo sguardo verso
il ragazzo che sobbalza sorpreso.
“Non riesci proprio
ad immaginare cosa possa significare quella telefonata?”
“Io…” comincia Holly, disorientato.
“Quanto?” chiede
all’improvviso Price, prima che il numero 10 possa
dire qualcosa.
“Io… non lo so, non
mi ricordo!” la voce della ragazza ritorna flebile.
“Patty, stai calma e cerca di ricordare che ti è stato detto!” Baker guarda il
capitano e gli fa un segno con la testa. Holly prende
Patty per una mano e la fa sedere su una sedia.
“Non crederete
davvero che… beh, ma come possono… è solo un bamb…”
“È il figlio di un calciatore famoso, e questo
basta!” mi mordo un labbro mentre sento la rabbia
salire.
“Ha parlato di
dollari!” la voce di Gatsby ci fa voltare verso di
lei. “Dollari americani… in contanti, ma… mi dispiace, non riesco a ricordare
la cifra… !” abbassa il capo e riamane in silenzio.
“Non ti
preoccupare! Non è questo l’importante! Qualunque cifra sia,
io… !” Hutton posa una mano sulla spalla della
ragazza e rimane in silenzio.
Per il resto della mattinata la situazione non cambia e l’atmosfera di attesa
diventa quasi febbrile.
Nel pomeriggio, per
cercare di ridurre un po’ l’ansia, penso di fare un giro nei dintorni.
Esco dalla grande abitazione e mi ritrovo, dopo pochi metri su un ampio
viale, che conduce al cancello d’ingresso.
L’intera casa è
circondata da un alto muro sormontato da un’altra inferriata. Tutt’intorno il verde abbonda e un
leggero odore floreale, rende la passeggiata più piacevole.
Continuo a
gironzolare fino ad arrivare sul retro.
“No! Pazzesco!”
esclamo ridendo.
Davanti ai miei
occhi compare un vero e proprio campo da calcio, con reti, bandierine e linee
bianche a terra.
“Quel ragazzo è una cosa assurda… non si smentisce mai!”
Guardo il paesaggio
davanti ai miei occhi e scuotendo il capo inizio a tornare indietro.
“Certo che è
proprio una fissa!Penso che ci giocherà con suo figlio!” in quel momento mi
ritorna in mente il piccolo Hutton…
“Ma
come si fa a rapire un bimbo tanto piccolo?” sospiro ed inarco le sopracciglia,
varcando il portone d’ingresso.
Quando rientro in
sala da pranzo vedo gli altri con delle espressioni
troppo cupe.
“Cos’è successo?” chiedo con cautela.
Patty, seduta sul
divano, alza di poco lo sguardo e sussurra, con calma: “Hanno richiamato… un
milione di dollari… in contanti…”
Non ascolto più la
ragazza cercando di calcolare mentalmente il valore di quella cifra esorbitante
per poi domandare: “Dove accidenti li troviamo tutti quei soldi?”
“Penso di saperlo!”
esclama Hutton con aria risoluta.
“In banca dovranno
esserci dei soldi… e se non si arriva alla cifra richiesta… questa casa varrà
qualcosa?!”
“Certo! Non sono un
esperto ma chiunque lo capirebbe!” esclama Price.
“Benissimo, adesso
devo solo trovare qualcuno che ci aiuti senza fare troppe domande!”
“Hm… l’unico che possa fare al caso nostro, penso sia Roberto Sediño!”
“Roberto?”
Annuisco e riprendo
a parlare: “Per quel che ne so, è la persona più adulta e la più indicata! Non
penso che uno dei vostri genitori vi lascerebbe fare senza chiedere
spiegazioni!”
Guardo gli altri
che annuiscono con aria alquanto truce.
“Ma
come lo contattiamo?” chiede Rob con aria accigliata.
“Ci dev’essere da qualche parte un recapito telefonico!”
esclama Hutton uscendo dal salone e ritornando dopo
pochi minuti con un blocco di fogli in mano.
Prende ad
armeggiare con il telefono fisso.
“Speriamo che non
sia già partito per il Brasile… non sarebbe la prima volta che sparisce senza
salutare…” mi mordo un labbro e fisso il pavimento…
“Roberto?”
La voce del ragazzo
mi fa alzare di scatto la testa.
“Sono
Oliver, ho bisogno del tuo aiuto!”
Dopo circa due ora
e mezza, siamo tutti intenti a guardare una valigetta nera con
all’interno un casino di soldi.
“Non ho idea di
come abbia fatto Holly a recuperare tutto quel denaro
e non lo voglio neppure sapere!” esclamo fra me e me.
Lo squillo del
telefono mi fa sobbalzare.
“Vado io!” esclama
il… padrone di casa.
Pochi istanti e il
giovane riaggancia sprofondando nel divano, accanto ad
una Patty decisamente in ansia.
“La consegna
avverrà domani. Il luogo lo conosco, è a qualche chilometro da qui… una zona
isolata, come da manuale… “ sospira, riprendendo: “Vogliono solo me…”
A quelle parole Tom e Benji si alzano di scatto.
“È fuori
discussione!”
“Non puoi!”
“Ragazzi, non ho
voglia di discutere!”
Il giovane passa
una mano fra i capelli, continuando a guardare a terra.
“No e poi no!”
Price si siede
violentemente sulla sedia incrociando le braccia al petto.
“Ma
cosa ti aspettavi? Che chiamassero tutti a raccolta?”
La voce di Hutton è calma ma allo stesso
tempo dura.
Benji lo guarda torvo.
“No, certo che no,
però…”
Il n.1 sbuffa e non dice più nulla.
Bechergli lancia
un’occhiata, per poi guardare il capitano.
“Holly, è rischioso, siamo solo
preoccupati… deve esserci un altro modo…”
“Io sono d’accordo
con Oliver!”
Patty, che fino a quel
momento è rimasta in silenzio, parla con aria decisa.
Stringe le mani a
pugno e guardando nel vuoto respira a fondo.
“Sono le loro
condizioni, e non credo che siano disposti a trattare… e noi… enoi siamo solo una
banda di ragazzi in balia degli eventi…” la sua voce ha un tremito.
“Quel bambino… non
possiamo rischiare di… beh, si, avete capito… quindi, se vogliono Holly da solo, e lui è d’accordo, io… ha il mio appoggio!”
“Si, ma nessuno ci
vieta di organizzarci!”
L’attenzione di
tutti si sposta su Rob che, appoggiato allo stipite
della porta, sorride con aria quasi diabolica.
“Cosa
intendi dire?” chiede Patty preoccupata.
“Beh, Holly deve andare a consegnare la valigetta da solo, ma noi
potremmo sempre appostarci e…”
“Frena
l’entusiasmo, Denton, e dimentica quello che avevi intenzione di fare!”
Le parole di Hutton colpiscono il n.20 come
una doccia fredda e la sua espressione raggiante si smorza
all’improvviso.
“Però…”
sussurro mentre un’idea malsana mi attraversa la mente.
“Rob, scorrazzi sempre per Milano in bici?”
Il giovane mi
guarda con aria interrogativa.
“Si, certo, ma cosa… ?”
“Hai presente gli
agenti in borghese?” chiedo, non riuscendo a frenare un sorriso.
Il ragazzo fissa il
vuoto senza riuscire a capire…
“Vuoi chiamare la
polizia?” chiede Patty con aria allarmata, mentre Holly è sul punto di esplodere.
“Assolutamente, la
mia idea è…”
“Fattibile!” Dentonconclude la mia frase
annuendo con aria molto seria.
“Dici
che si può fare?”
“Beh, non so tu
cos’hai in mente, ma per ora non ci sono idee migliori!”
“Hm… si, anche se
avrei preferito un piano di riserva!”
Mi mordo un labbro
e prendo a torturarmi le mani.
“Si può sapere
cos’hanno partorito le vostre menti malate?” chiede Benji
con aria tragicomica.
“Per ora è solo
qualcosa di nebuloso…”
“Ah, beh, questo mi
fa sentire meglio!” esclama Holly, alzandosi ed
uscendo dalla stanza.
Lancio uno sguardo
in direzione di Gatsby.
“La vedo tragica…”
“Dici
che funzionerà?”
Parlo a bassa voce
lanciando occhiate furtive verso Hutton che,
sprofondato sul divano, fissa con aria indecifrabile, la valigetta che ha sulle
gambe.
È ritornato nella
stanza dopo circa un quarto d’ora e non si è più mosso, né ha proferito parola.
Patty è seduta al suo
fianco e lo scruta con aria corrucciata mentre Baker
e Price, parlano fitto fitto
seduti intorno al tavolo.
“Allora?” chiedo di
nuovo ad un Denton perso nei suoi pensieri.
“Beh, si, però
dovremmo procurarci una bici, no?”
“Credo che questa
sia la cosa più facile da fare… pensi di farcela? Sei
allenato?”
Comincio a sentirmi
un po’ ansiosa. Inizialmente la mia idea era sembrata la cosa
più ovvia da fare, ma, più passano gli interminabili minuti di quella
strana sera, più le mie certezze di riuscite si affievoliscono… dopotutto non
si tratta di uno scherzo… o di un gioco!
“Si, certo, non
dimenticare che stai parlando con RobDenton!”
Alzo gli occhi al
cielo, scuotendo la testa.
“È proprio questo
che mi preoccupa! E poi gli altri non sanno nulla… e
questa cosa mi mette ancora più ansia!”
“E
dai, un po’ di…”
“Ottimismo, si, Rob, lo so!”
“E
allora?”
Sospiro e guardo il
pavimento…
“Dai, che ne dici
se ne discutiamo tutti insieme?” chiedo quasi
implorando.
L’altro fa
spallucce ed indica Holly con lo sguardo.
“Capisco…
è diventato intrattabile nelle ultime ore… irriconoscibile… può far
concorrenza a Lenders… uffa!”
Mi alzo e,
schiarendomi la voce, esclamo: “Noi avremmo un piano! Ma
se per voi non va bene, non se ne fa nulla!”
Gli altri guardano
nella nostra direzione mentreHutton
è come se non avesse sentito perché non muove un muscolo, rimanendo nella sua
posizione precedente.
Inarco le
sopracciglia all’ennesima prova di fiducia, ma continuo: “Dunque, l’unica cosa
di cui abbiamo bisogno è di una bici. L’idea è sempre quella del tipo “agente
in borghese” che, in questo caso sarebbe Rob!” indico
il giovane con un cenno del capo e faccio una pausa in
attesa di commenti che, però, non arrivano.
“Hm… bene… ehm… si,
quindi, lui dovrebbe, ecco, gironzolare lì intorno e…” Abbasso lo sguardo
mentre comincio a sentire la gola secca… avverto tre paia di occhi
addosso e non riesco più ad andare avanti.
“Quello che sta
cercando di dire, è che l’idea è super!” esclama Rob
con rinnovato entusiasmo.
“Oddio, adesso non
esagerare!” sussurro un tantino scettica.
“Beh, se siamo i
primi a non crederci, in questa cosa, è logico che sarà un fiasco, no?”
Fisso il giovane
che ha incrociato le braccia al petto.
“Va bene, allora
fateci capire cosa avete in mente!”
Baker si alza dalla
sedia e rimane in attesa.
“Hm… e va bene, ma
dovrete promettere di non ridere!” dico, quasi con aria implorante.
“Se
proprio dobbiamo…”
Benji ha già l’aria di
uno che si prepara ad ascoltare una barzelletta, ma cerco di non farci caso.
“Allora, l’idea è
questa… e scusate se è banale, ma non siamo agenti segreti…”
“Fai
attenzione!”
Patty guarda Holly e gli posa una mano sul braccio.
“Farò del mio
meglio!” esclama con aria dura e, senza dire altro, apre il portone d’ingresso
e si allontana con in mano la valigetta, in direzione
di un’auto di grossa cilindrata.
Mi guardo intorno e
sospiro con aria preoccupata.
“Speriamo vada
tutto per il meglio… Holly ha preso questa questione molto più seriamente di quanto mi aspettassi… sembra
maturato tutto d’un colpo… o forse invecchiato… bah…” scuoto la testa e mi
volto, raggiungendo il salone e sprofondando in un divano.
Gli altri sono
ancora nell’atrio e nella stanza regna il silenzio.
“Chissà cosa starà
combinando quell’altra testa calda… ormai è andato via da più di mezz’ora… povera me!” prendo la testa
fra le mani con fare melodrammatico e sospiro.
Il ritorno degli
altri non contribuisce certo a tirarmi su il morale, anche perché non sono quella che ne ha più bisogno.
“Quando
questa storia sarà finita, rimarrò a letto per una settimana! Sto spendendo
energie per un intero anno!” la voce di Patty è quasi
un sussurro, ma riesce a farmi sorridere.
“E
dobbiamo sempre ringraziare la stessa persona…”
Sbuffo con aria
annoiata.
“Price,
stai cominciando a diventare ripetitivo! Vedi di cambiare un po’ il tuo
repertorio, ok?”
“Io dico solo la verità! E quella non
può essere cambiata a piacimento!”
“Si, ma, continuare
a lamentarsi non cambierà la nostra situazione!” esclama Baker
con fare laconico.
“Siamo costretti a
stare qui, con le mani in mano, senza poter essere di aiuto
a nessuno! Non so voi, ma io mi sento frustrato!”
“Ben detto!”
Il silenzio ritorna
a farsi sentire, mentre ognuno ritorna ai propri
pensieri… lo squillo del telefono ci fa sobbalzare contemporaneamente. Gatsby si alza con uno scatto mentre
sussurro: “Ma quanto tempo è passato?” guardando contemporaneamente l’orologio.
“Pronto?”
Un
attimo di silenzio e la voce di Tom, mi alzare di
scatto lo sguardo sulla ragazza.
“Cos’è successo?”
Patty ha il volto pallido ma, con rapidità sorprendente le va in fiamme.
Un attimo e vedo Benji che le si avvicina come in
attesa di un mancamento, mentre Baker si alza
all’improvviso con tutta l’aria di volersi precipitare fuori dall’abitazione.
La ragazza
riaggancia e rimane in silenzio.
Mi alzo e mi
avvicino con cautela.
“Patty? Tutto be…”
La giovane Gatsby mi afferra convulsamente un braccio, con
un’espressione spiritata in volto.
“Ma…
io… cos…?”
“Come ti è venuto
in mente di mandare lì quell’esaltato di Rob?”
La
fisso senza capire e senza riuscire a dire nulla.
“Ha seguito la
macchina!”
“Quale macchina?”
“Quella con la
valigetta!”
“Que…” continua a fissare Patty
senza capire: la macchina con la valigetta è quella di Holly!
Quel ragazzo è un
portento!” esclama Price scoppiando a ridere
Ora è lui che
guardo senza capire.
“Ti ha detto dove
si trova?” domanda Baker.
“No…”
“Ma, come ha
chiamato?” chiedo cercandodi schiarirmi le idee
“Non lo so… la telefonata si è interrotta
prima che potessi chiedere spiegazioni! Ha detto solo di raggiungerlo lì!”
I due calciatori, a
quelle parole, scattano verso la porta.
“Cos… ma… voi due,
fermi dove siete!”
Inarco le
sopracciglia e mi avvicino ai ragazzi.
“Qualcuno, per
favore, ha la bontà di chiarirmi la situazione?”
“Rob ho avuto la pazza idea di seguire la macchina dei
sequestratori e…”
“Che
cosa?” rimango immobile, senza sapere se ridere o piangere.
“Già, questa volta
ha superato se stesso!”
Sospiro e passo una
mano sulla fronte.
“Ok, quindi li raggiungiamo?!”
I due annuiscono
all’unisono e Patty si avvia, a passo spedito, fuori dalla stanza.
La macchina si ferma in una stradina secondaria, dopo la quale, si apre la
campagna.
Scendiamo e, subito
vediamo Holly, seduto sul ciglio della strada che,
con aria avvilita, guarda nel vuoto.
“Holly!”
Patty si avvicina al
ragazzo e gli si accoccola affianco posandogli una mano sulla spalla.
“Tutto ok?”
L’altro la guarda
per qualche istante senza dirle niente per poi sospirare sorridendo.
“Spero di si! Quando ho visto Rob che
gironzolava avanti e indietro con quella bicicletta e quel casco assurdo in
testa, mi è quasi venuta voglia di buttarlo giù da qualche dirupo, però… beh…
forse ci sta tirando fuori dai guai! Ha una forza
nelle gambe non indifferente! Non sono sicuro che sia riuscito ad avere la
stessa andatura della vettura per tutto il tragitto, ma a m sarebbe sembrata
fuor questione anche il solo fatto di provare a seguire quella
cavolo di macchina!”
Si porta una mano
sul viso e comincia a sghignazzare. Poi sospira e si alza con un espressione soddisfatta in volto.
“Come mai siete arrivati qui?”
“E…
ecco…” mi giro verso Patty che subito risponde: “Rob! Ha chiamato a casa e ha detto di raggiungerlo qui!... A proposito, perché non si vede ancora?”
“Come ha fatto a
chiamare?”
“Questo è un
mistero anche per noi!”
“Sono pieno di
risorse, ecco, come ho fatto!” La voce di Denton ci
giunge alle spalle. È ancora in sella alla bici e ha il respiro affannoso.
“Rob!” il capitano gli va incontro con aria raggiante:
“Allora, sei riuscito a vedere dove stavano andando!”
L’altro sorride
furbescamente.
“Ho fatto di
meglio; so dove si nascondono!”
Neanche 5 minuti di
macchina (dove stiamo un po’ strettini, ma meglio
questo che niente!) e ci troviamo di fronte ad un sentiero di campagna.
Scendo e mi guardo intorno un po’ perplessa.
“Scusa, Rob, ma come ci sono entrati lì con la macchina?”
“In
effetti prima era parcheggiata proprio qui!”
Il giovane si
massaggia la nuca e si incammina sul sentiero fra le
canne d’avena.
Aspetto che gli
altri si siano incamminati e li seguo.
Continuo a
guardarmi intorno con aria nervosa.
“Questa storia
non mi piace… questo posto non mi piace… ma perché mi
devo sempre cacciare in queste situazioni?”
Sospiro e
continuo a camminare… “Ahi!”
Mi mordo un
labbro subito dopo aver cozzato la testa contro le schiena
di Patty che si è fermata di botto.
Sposto la testa
da un lato per cercare di capire cos’è successo e vedo, in lontananza, una
vecchia costruzione, dall’aspetto abbandonato.
“Saranno lì?” mi
chiedo fra me e me.
“Noi andiamo,
voi, restate qui e se non ci vedete tornare… beh, inventatevi qualcosa!”
Le parole di Hutton mi distolgono dai miei pensieri e, quando vedo lui, Tom e Benji, che si allontanano,
rimango alquanto perplessa. Inarco le sopracciglia e domando: “Ehm, ma che
stanno facendo?”
“Non chiederlo a
me, mi sono dissociata!”
Patty scuote la testa
e va a sedersi poco distante seguita da Rob.
“Tranquilla, Patty, vedrai che fra poco torneranno!”
“Si, certo, per
te è sempre tutto così facile!”
Il giovane alza
le spalle e sorride, voltandosi verso la costruzione.
Nessuno parla più
e, nel giro di pochi minuti, la tensione comincia a farsi sentire… il silenzio
quasi surreale non fa presagire nulla di buono!
Mi guardo intorno un po’ per ingannare il tempo e un po’ per non
pensare a quello che può star succedendo a poca distanza. Guardo il terreno e
tento di strappare un filo di avena… qualche tentativo
e mi ritrovo in mano un lungo filamento color paglia. Alzo lo sguardo verso il
cielo nuvoloso mentre comincio ad avvertire qualche
brivido di freddo.
Un rumore…
qualcosa di molto simile ad un vagito, ci fa sussultare e scattare in piedi…
quasi fossimo sicuri di dover cominciare a correre.
“Pensate che…” Patty non conclude la frase e muove
qualche passo incerto.
Un pianto
insistente che si avvicina ci fa guardare l’un l’altro,
con aria perplessa.
“Shh… per piacere non fare baccano!”
La voce di Hutton ci fa sospirare con sollievo.
“Holly!”
Patty non riesce ad
attendere oltre e si precipita verso il trio che si sta avvicinando...
“È andato tutto
bene, suppongo?!” azzardo inarcando le sopracciglia.
“Non c’era
nessuno… hanno preso i soldi e sono andati via!”
risponde Baker con un’alzata di spalle… baby Hutton, nel frattempo non ha smesso un momento di frignare.
“Quando siamo entrati era già in questo stato… forse è stato
questo a metterli in fuga!” Price sospira con aria esasperata.
“Forse ha fame!”
suggerisce brillantemente Denton, osservando con aria
critica il bebé, che è passato fra le braccia di Gatsby.
“Forse è meglio
se torniamo indietro!”
Gatsby ci fissa con
aria avvilita, non riuscendo a far calmare il bambino.
“Ok, si, penso sia la cosa migliore!” esclama Hutton con aria stanca, passando una mano sugli occhi.
Fisso il giovane
e mi viene da sorridere mentre penso: “Aveva ragione
Roberto quando ha detto che è meno stancante giocare una partita di calcio che
stare dietro a dei bambini! Holly sembra
traumatizzato!”
Scuoto la testa e
sto per accodarmi agli altri quando un debole bagliore
mi fa fermare…
Mi rendo conto che
è finalmente tutto finito quando mi ritrovo di botto sul letto.
“Finalmente un
atterraggio morbido!” Penso tra me, sollevandomi a sedere.
“Ehi, ma è
tardissimo!”
Inclino la testa
guardando la giovane Gatsby che guarda fuori e sbircia l’orologio.
La fisso inarcando
un po’ le sopracciglia, mentre un pensiero fugace mi attraversa la mente.
La giovane continua
a guardare fuori…
“Patty, tutto ok?”
“Si, perché?”
Domanda senza voltarsi.
“Niente, è solo
che… sai, mi stavo chiedendo se…”
Non continuo la
frase e vedo Gatsby che si volta: “Allora?”
“Sei sicura che
vada tutto bene?”
“Si, certo… o
almeno credo!”
La fisso con aria
poco convinta.A quel punto la giovane
sorride.
“Dai, non basta
così poco per spaventarmi, sai!”
“Mi fa piacere…
però ho visto il tuo ragazzo un pochino scosso… e non nego che il tutto abbia
fatto un certo effetto anche su di me!”
Patty sospira,
abbassa lo sguardo e non risponde.
“Ah, sei sicura che
possa rimanerequi stanotte?” Chiedo con
aria dubbiosa.
L’altra alza gli
occhi e con un sorriso appena accennato esclama: “Ma certo, nessun problema, e
poi…”
“Raggiunge il suo
letto e vi si siede sopra.
“E poi cosa?”
Chiedo inarcando le sopracciglia.
“Non vorrei che ne
combinassi un’altra delle tue!” Gatsby alza le spalle e, prendendo il pigiama
esce dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
“Un’altra della
mie?” Mi chiedo senza riuscire a capire.
Arriccio il naso e
comincio ad infilami sotto le coperte: “Non è certo colpa mia se qualcuno ci ha
preso gusto a divertirsi alle nostre spalle!”
Sbadiglio e con un
sospiro poggio la testa sul cuscino.
“Notte!” Sussurro a
me stessa e alla stanza, prima di chiudere gli occhi.
“Che ne dici di
fare un giro questa mattina?”
Sono appena entrata
nella sala da pranzo, ancora un po’ assonnata, quando Patty mi accoglie con
questa domanda.
“Ma non ci sono gli
allenamenti della squadra?” Chiedo sedendomi e sbadigliando senza ritegno.
“Dopo tutto il
“casino” di questi giorni ho voglia di un po’ di tregua!”
Alzo le spalle, mi
alzo controvoglia e porto una mano davanti alla bocca non riuscendo a reprimere
l’ennesimo sbadiglio.
“Se la metti così,
per me va bene, però, prima mi vesto, ok?”
“Ah, per me è lo stesso, anche se esci
conciata in quel modo, chi vuoi che ti dica nulla!”
“Simpatica!”
“Chi, io?” Gatsby
sorride con aria divertita.
Scuoto la testa e
mi dirigo a piano superiore.
Il tiepido sole
rende l’aria più mite e non fa avvertire il freddo di quella mattinata
d’autunno.
Le strade sono
piene di negozi simpatici e non ci vuol molo per rimanerne completamente
rapiti.
“Wow!” Esclamo
schiacciando il naso su di una vetrina variopinta.
“Guarda che bella
quella maglia!”
Il mio sguardo è
stato rapito da un maglione dai colori pastello.
“Già, anche se preferisco
quell’altra!” Dice Patty indicando un altro capo nella vetrina.
“Che ne dici di
entrare e dare un’occhiata?”
Annuisco
vivacemente e faccio per seguire la giovane, che ha già aperto la porta
dell’edificio, ma, non ho neppure poggiato il piede a terra per fare il primo
passo che, un qualcosa di non identificato mi sbatte contro ad una velocità
pazzesca.
Il colpo è talmente
violento da scaraventarmi a terra e, il qualcosa che mi ha colpito mi finisce
addosso.
Per poco non
rischio di soffocare (esagerata, lo so!), ma, le risate di Patty, mi fanno
aprire di colpo gli occhi.
“Che ha da ridere?”
Domando con un filo di voce.
“Scu-scusa, ma
avresti dovuto vederti, è stata una caduta troppo buffa!”
“Buffa? Un corno!”
Urlo quando il peso svanisce.
Mi sollevo,
mettendomi seduta e massaggiandomi il fianco sul quale sono atterrata:
“Ahi-ahi… che male…!”
“Scusa, sono
mortificato! Mi sono distratto un attimo!” Esclama una voce maschile.
“Un attimo?” Penso
tra me: “Adesso te ne dico quattro!”
Mi giro di scatto,
pronta ad assalire il tizio che ha parlato, ma sono costretta a spegnere di
colpo i bollenti spiriti.
Il giovane che mi è
di fronte mi fissa abbozzando un sorriso imbarazzato, mentre il volto gli si
imporpora leggermente. Si passa una mano fra i capelli castani, scompigliandoli
un po’ e chiede: “Ti sei fatta male?” Sollevando un po’ le sopraciglia e,
tendendomi una mano: “Posso aiutarti?”
“I… io… “ Le parole
sembrano morirmi in bocca mentre continuo a fissare gli occhi verdi del ragazzo
e compiendo uno sforzo enorme per non restare a bocca aperta come una scema.
“Tutto ok!” Esclamo
di botto, distogliendo lo sguardo ed afferrandogli la mano, mentre un brivido
mi percorre la spina dorsale.
“Cavoli, che mi
prende?” Domando a me stessa, quasi in preda al panico.
“Mi dispiace, sono
uno sbadato!” Esclama facendo spallucce.
“Giò? Dove sei,
impiastro di un ragazzo?”
La voce profonda
scuote il giovane che si volta indietro preoccupato ed esclama: “Scusa ancora,
devo andare! Ciao!”
Pochi istanti e
ricomincia a correre, scomparendo tra la folla.
Apro e chiudo gli
occhi, come per accertarmi di essere completamente sveglia e, improvvisamente,
mi rendo conto di quello che è successo.
“Assassino!
Teppista, delinquente, scellerato! Diavolo di un ammazza pedoni!”
“Ehi, vacci piano
con gli insulti!” Esclama Patty sorridendo.
“E perché?” Chiedo
indignata.
“Perché te lo stavi praticamente mangiando con gli occhi!”
“Cos… che cosa?” Quasi urlo mentre avverto un calore crescente.
“Scusate, avete visto un ragazzo, circa 16 anni, alto, moro, che correva
senza motivo?” Chiede all’improvviso un giovane sui 30 anni alquanto trafelato.
“Un poco di buono?” Domando a mia volta.
“Ehm…no, non direi.”
“Allora sono spiacente, ma non l’ho visto!”
Il tipo sospira sconsolato e ferma un altro passante.
“Forse stava cercando il giovane che ti ha fulminata!” Dice Gatsby
ridacchiando.
“Uno del genere dovrebbe essere ricercato solo dalla polizia! Uno che corre
in quel modo può aver commesso solo una rapina!”
Incrocio le braccia al petto e comincio a camminare.
“Ma… ma non dovevamo entrare nel negozio?”
“Se tu vuoi andare, vai! A me è passata la voglia e per di più sono tutta
dolorante!”
La giovane fa spallucce e scuote la testa: “Ok, ho capito, cupido ha
scoccato la sua freccia!”
Evito volontariamente di rispondere alla provocazione, limitandomi ad grugnito
cavernicolo.
“È proprio fuori strada, ma che le salta in mente… cupido… mah…!”
Cammino a passo spedito, incurante dei richiami di Gatsby.
“Ma io non lo so, c’è tanta di quella gente strana al Mondo… si, certo,
anche io a volte sono strana, però… non penso di riuscire a sorpassare un certo
limite… “
“La vuoi smettere di correre?”
“Ti sbagli, Patty, non sto correndo!” Esclamo allungando il passo.
“E ora che ti pende?” Chiede Patty con l’aria di chi ha a che fare con una
poco sana di mente.
“Niente, è tutto ok!”
“Sono felice per te!”
Sorrido con aria innocente: “Continuiamo il nostro giro?”
“Si, certo, non chiedo di meglio!”
Lancio subito un’occhiata oltre la ragazza: l’insegna luminosa di una
pasticceria mi fa venire immediatamente un languorino allo stomaco…
“Pattyyyy… che ne dici di…”
Mi sento afferrare un braccio e trascinare lontano dall’oggetto de miei
desideri.
“Ehi, ma… Patty!”
Mi volto indietro cercando la ragazza con lo sguardo.
“Dove stai andando?” Mi sento chiedere, ma non ritengo di essere nella
posizione di poter rispondere con precisione.
Senza saperne il motivo, mi ritrovo a correre sul marciapiede, facendo lo
slalom tra le persone per evitare di travolgerle.
Uno strattone e mi vedo costretta a girare improvvisamente a sinistra dove
la persona davanti a me si blocca di colpo e la sua stretta sul mio braccio si
allenta.
Mi piego in due, respirando affannosamente e deglutendo a fatica.
“Scu-scusa ancora, ma… ma…”
“Ma ti ha dato di volta il cervello!
Sollevo la testa e fisso con aria assassina il giovane che mi è di fronte;
questa volta il suo bel visino non m’incanta.
”Prima mi scaraventi a terra, poi mi trascini per la strada, ma hai qualche
problema?”
Il ragazzo mi fissa con aria colpevole: “Hai ragione, ma… ecco, il tuo era
l’unico viso conosciuto…”
“Bella scusa, non avrei saputo inventare di meglio!” Esclamo aprendo le
braccia con aria allibita.
“Mi dispiace, ma… sto cercando di… di sfuggire alla mia guardia del corpo!”
“La tua… cosa?”
“La mia guardia del corpo!”
L’espressione seria del giovane è in netto contrasto con la voglia matta
che ho di ridere.
“E da quando la gente scappa dal proprio bodyguard?”
“Se sapessi l’intera storia, mi daresti ragione, contaci!”
Gli occhi verdi sembrano implorare, ma io sospiro, per niente convinta.
Sposto lo sguardo oltre il giovane e solo allora mi accorgo di essere in un
vicolo cieco.
”Bel modo per scappare da qualcuno!” Penso scoraggiata: “Ok, ora, se non ti
dispiace, io tornerei indietro, Patty mi starà cercando!”
Mi volto e faccio per muovere un passo…
“No!” Esclama l’altro afferrandomi per un braccio e tirandomi indietro con
uno strattone.
“Ma dico sei impazzito?” Urlo inviperita.
“Io… ti prego, aiutami!”
“Aiutarti? Dopo tutto questo mi chiedi anche di aiutarti?”
“Prometto di spiegarti tutto!”
“Ma con tante persone per strada, proprio contro di me dovevi sbattere?” Domando
sospirando con aria afflitta.
“Ti devo un favore!”
“Cos… ehi, aspetta un attimo, non ho ancora detto che…”
Il giovane si irrigidisce al suono di una voce.
“Tienimi il gioco!” Esclama indietreggiando e trascinandosi dietro il mio
braccio.
“Povera me, povera me, povera me!” Continuo a gemere mentre l’altro si
acquatta contro un muro consunto e mi fa cenno di avvicinarmi.
“Ma chi me lo fa fare!”
Mi piazzo davanti al giovane e domando: “Così va bene, capo?”
Un cenno della testa, accompagnato da un sorriso, e le mie gambe cominciano
a non volerne più di stare in piedi.
“Giò?”
Mi giro istintivamente al suono della voce.
Mi sento avvinghiare la schiena da un braccio e sono sul punto di urlare ma
mi freno, mentre l’uomo sussurra: “Scu… scusatemi!” Scomparendo dalla visuale.
La mia respirazione riprende solo dopo esser mi allontanata dallo
sciagurato che mi è di fronte.
“Grazie!” Mi guarda sorridendo e non riesco a dire altro che :“Di nulla!” Con
voce melliflua.
“Ok, sembra che abbiamo via libera!” Si sposta da muro e torna indietro.
“Oh, io sicuramente!” Esclamo riprendendo il controllo e raggiungendo la
strada affollata.
“Aspetta!”
“La vuoi smettere di darmi ordini?!” Sbotto innervosita dal suo tono di
comando: “Io neanche ti conosco, quindi possiamo andare ognuno per la propria
strada!”
Una folata di vento mi fa rabbrividire.
“Fantastico, ora ci manca solo la pioggia!” Mi lamento guardando il cielo
che si sta riempiendo di nuvole grigiastre.
“Giorgio Sinar!”
Mi volto verso il giovane senza riuscire a capire cosa stia dicendo:
“Cosa?”
“Mi chiamo Giorgio Sinar!”
Lo guardo un po’ infastidita: “ E che ci fai a Fujisawa?”
“Ci vivo!”
Mi sento avvampare per la stupidità della domanda e per l’ovvietà della
risposta e rimango in silenzio.
“E tu?”
MI giro dall’altra parte: “Non sono di qui!”
“Eccoti, finalmente!” Patty mi corre incontro.
“Meno male!” Sospiro sollevata.
“Di nuovo lui!”
“Già, sta diventando un’ossessione!”
Il giovane fissa Patty: “Ci conosciamo?”
“Non direi!”
“Eppure hai un’aria familiare!”
“Patty, ti prego, andiamo via o gli salto al collo con le peggiori
intenzioni!”
“Dove stavate andando, prima che mi intromettessi?” Chiede il ragazzo, come
se nulla fosse.
“Stavamo cercando di fare shopping, ed ora, se no ti dispiace, vorremmo
continuare!”
“Se per voi non è un problema posso accompagnarvi!”
Fisso il giovane con aria confusa ma il suo viso ha assunto un’espressione
indecifrabile.
“Ma certo, perché no! Così almeno eviteremo intrusioni improvvise!” Gatsby
sorride e mi fissa furbescamente.
Alzo le spalle con aria falsamente noncurante. “Per me è lo stesso!”
Camminiamo per qualche minuto senza dire nulla, ognuno perso nei propri
pensieri quando, ad un tratto, Patty domanda:”Dove hai detto che abiti?”
“Ehm…” Il giovane ridacchia e attende qualche istante prima di rispondere:
“Villa Sianar!”
“Davvero?”
“Perché che c’è?” Chiedo stupita per la reazione di Gatsby.
“È una delle ville più grandi nei dintorni!”
Inarco le sopracciglia: “Pensavo che quella più grande fosse di Benji!”
La giovane ridacchia: “Beh, non è l’unica!”
“Ma fra qualche anno sbaraglierete la concorrenza, vero?” Ammicco ad una
Patty amaranto.
“Smettila, o ti faccio fare una brutta fine… ti assicuro che non sarà un
bello spettacolo e siccome non voglio spaventare nessuno…” Indica con la testa
il giovane Sinar: “… sei pregata di piantarla!”
“Ok, ok, mi arrendo!”
Alzo le mani e lancio di sfuggita un’occhiata al ragazzo e che ci guarda
divertito.
Un’auto nera di passaggio lo fa bloccare.
“Credo che mi fermerò qui!”
Ci voltiamo entrambe verso Sinar senza capire.
“La fuga è finita, Giò!”
Vediamo avvicinarsi due uomini; il primo porta jeans e giacca scura sotto
la quale si intravede una camicia bianca, ed ha un’espressione indecifrabile in
volto, il secondo è il tipo che ha parlato e si avvicina con aria imbronciata:
indossa un jeans chiaro e una camicia hawaiana dai colori sgargianti.
“E quella sarebbe una guarda del corpo? Mi chiedo costernata mentre il mito
della bodyguard dal vestito nero e impeccabile, occhiali da sole scuri e
l’auricolare nell’orecchio si frantuma poco a poco e la domanda: “Come
accidenti ho fatto a non notare prima quella camicia?” si fa largo
insistentemente nella mia testa.
Giorgio alza le mani in segno di resa: “Ok, ho capito, mi arrendo!” Sbuffa
scuotendo il capo.
“Questa è la terza volta che faccio questa strada, oggi!
“Solo tre, mi deludi Vinc!” Un sorriso beffardo si fa largo sul volto di
Sinar.
“Non abusare del mio buonumore! Su, andiamo!” Afferra il giovane e lo
spinge verso la macchina.
“Ehi, perché devi costringerlo a venire con te se non vuole?” Esclamo in
vena di atti di eroismo.
Il tizio si volta e mi fissa per qualche istante.
“Perché non tengo mai la bocca chiusa?” Mi chiedo mentre l’altro sogghigna.
“Io ti conosco!”
“Benissimo!” Penso tra me facendo un passo indietro
“So io che ti ci vuole!”
A quelle parole fisso Patty che scuote il capo con aria confusa.
Mi sento afferrare il braccio per l’ennesima volta in quella mattinata e, mentre
l’altro uomo apre lo sportello posteriore, vengo letteralmente lanciata
nell’auto.
“Mettete giù le mani! Fatela uscire immediatamente!”
Vedo Patty scagliare pugni contro il tipo in giacca e poi nulla più perché
avverto un forte colpo al fianco che mi fa gemere: “Ahi! Che cavolo!”
“Questa volta non è colpa mia!” Esclama Giorgio, massaggiandosi la testa.
“Chiamo la polizia!” urla Patty.
“Si, certo!” La voce della bodyguard, con la maglia hawaiana è canzonatoria.
Uno scossone violento e la macchina riparte, mentre qualcuno mugugna:
“Ragazzina! Mi verranno i lividi!”
“Fermi! Fermatevi!”
Mi volto e vedo Patty dal vetro posteriore che corre e si sbraccia per poi
scomparire in lontananza.
“Magnifico!” Penso da me.
“Adesso, voi due mi spiegate cosa credevate di fare!”
“Niente!” Sbotto abbassando lo sguardo e inarcando le sopracciglia.
“Pensavate di prendermi per i fondelli? Ora vedr…”
“Adesso basta, Vinc!” Urla il ragazzo affianco a me.
“E poi parla al singolare, lei non centra nulla! Le ho chiesto io di
aiutarmi… piuttosto, perché l’hai spinta in macchina?”
“Vorrei presentarla a tua madre…così le farà il terzo grado e le passerà la
voglio di giocare a guardie e ladri?”
“Io non stavo giocando a…”
“Si, si, lo so, dicono tutti così!”
“Ma…” Fisso allibita il giovane Sinar e improvvisamente mi viene una voglia
matta di aprire lo sportello e uscire fuori dalla macchina. Guardo con mal
celato interesse la maniglia e sto quasi per avventarmici sopra quando una mano
sulla spalla mi ferma.
“Tranquilla, a mia madre ci penso io!” Mi sento sussurrare all’orecchio e
con un sospiro accantono l’idea della fuga: “Ma perché non mi ha colpita un
fulmine quando ho deciso, mio malgrado, di aiutarlo?”
Una manciata di minuti e la macchina si ferma davanti ad un altro cancello.
“Che iella… se mi chiudono dentro non posso neppure scavalcare!” Sorrido
con aria tetra mentre la macchina entra all’interno.
Una costruzione color rosa pesca fa la sua bella figura, contornata da un
vasto appezzamento di terreno.
“Beh!” Penso facendo spallucce: “Non è poi così grande… almeno non come la
futura casa Hutton!” Sghignazzo un po’ troppo ad alto volume.
“Che c’è, ti fanno ridere le case di questo colore?” Domanda “mister
Hawaii” con voce sprezzante.
“No, assolutamente, non vedo come potrebbero, se la tua camicia mi ha
lasciata indifferente!”
“Tu! Piccola…”
“Vincent, ti prego!” Esclama Giorgio non riuscendo a reprimere un sorriso.
Scendiamo dall’auto e non abbiamo neppure il tempo di fare pochi metri, che
la porta d’ingresso viene spalancata da una donna dall’aspetto gradevole: ha i
capelli corvini che le arrivano sotto il mento ed indossa un abito alla moda.
Ha l’aria alquanto nervosa e quando si accorge della mia presenza mi lancia
un’occhiata indignata.
“Cominciamo bene!” Dico in un soffio.
“Dove sei stato!” Chiede con voce gelida.
“Solo a fare un giro!”
“Lei chi è!”
“È stato Vincent a spingerla in macchina… contro la sua volontà!” Lancia
uno sguardo alla guardia del corpo che si limita ad alzare le spalle.
“Entrate!”
Il rumore delle scarpe alte della donna, rimbomba nell’ampio atrio
d’ingresso, rendendo il tutto alquanto surreale.
Rimango ancora qualche secondo sulla soglia: “Sembra una casa stregata… e
lei è la donna vampiro!” Penso tra me inarcando le sopracciglia.
“Solo pochi minuti e poi ti farà andare via!” Sussurra il giovane Sinar,
invitandomi ad entrare.
“Se lo dici tu… “ Muovo pochi passi all’interno e il portone si chiude alle
mie spalle.
Seguo Giorgio fino ad un’ampia stanza e mi accomodo su di una poltrona
color avorio.
La porta viene chiusa dal ragazzo mentre mi dice, lanciandomi un’occhiata:
“Non farti spaventare da mia madre! In realtà non è così burbera!” Sospira e si
accomoda su una delle sedie che circondano un grande tavolo ovale: “Vedi…
quando avevo cinque anni i miei genitori si sono separati, mio padre ha
lasciato la casa e, stando a quello che dice mia madre, anche il Paese!”
“Cioè, ora vive in un’altra nazione?” chiedo dubbiosa.
“Si, per quanto ne so sembra di si! Da allora io rappresento per mia madre
tutta la sua famiglia. Sono affezionato a lei come lei a me solo che… ecco, il
suo attaccamento rasenta il morboso, credo! È gelosa di me, forse più di quanto
lo sia stata di mio padre. Fino a qualche anno fa non risentivo della
situazione ma da quando ho cercato di avere più indipendenza, beh, è stato
quasi il caos! È per questo che ha assunto Vincent!”
“Per tenerti d’occhio?!”
“Si, anche se non ci riesce più di tanto!” Il giovane sorride
furbescamente: “Ogni volta è la solita storia!”
“Quindi non sono la prima persona che finisce nelle… grinfie di tua
madre!?”
“Assolutamente!”
“Questo mi rincuora!”
Un tuono ci fa voltare verso la finestra.
“Uff… spero che qualcuno abbia il buon cuore di darmi un passaggio…!”
”Signor Sinar, la vogliono al telefono… credo sia quella ragazza manesca di
prima!” L’uomo entra nella stanza porgendo la cornetta del cordless al ragazzo
che però non fa in tempo a rispondere perché quasi gli salto addosso afferrando
il ricevitore: “Patty!”
“Tutto bene? Sei viva?!”
Caccio la lingua: “Per tua sfortuna si!”
“Che stai facendo?”
“Niente di che… c’è la signora Sinar che… beh, penso voglia farmi il terzo
grado, ma credo di riuscire ad arrivare per il pranzo!” Dico sorridendo mentre
vedo l’uomo che esce, chiedendosi la porta alle spalle.
“Perfetto, allora ti aspetto… ah… stai attenta!”
“A cosa?”
“Boh, non lo so, era giusto per dire!”
La sento ridacchiare dall’altro capo della cornetta: “Va bene, come vuoi,
ciao!”
Chiudo la chiamata e vado a sedermi di nuovo. In quel momento la porta si
riapre e sulla soglia compare la signora Sinar che, camminando lentamente,
percorre tutta la stanza in silenzio. Si ferma davanti alla finestra e guarda
fuori, dove, nel frattempo è cominciata a scendere una leggera pioggerellina e
il paesaggio è stato oscurato dal nuove plumbee.
“Allora, cosa ti è preso, questa volta?”
“Niente, mamma, volevo andarmene in giro da solo, tutto qui!”
“E perché, allora, Vincent ti ha trovato in compagnia di questa signorina?”
Chiede girandosi e indicandomi con il capo.
“Le ho chiesto solo di aiutarmi!”
“E ti sembra quello il modo di chiede aiuto?!”
Il giovane sospira, frustrato: “Non ho avuto molto tempo per riflettere!”
“E la nostra ospite cos’ha da dire?”
“Sono stata coinvolta senza volerlo! Io stavo solo cercando di fare
compere!”
“Queste ragazze d’oggi! Bene, però non metti in dubbio il fatto che mio
figlio sia un buon partito, o no?”
A quelle parole fisso la donna allibita mentre il giovane salta in piedi:
“Ma cosa dici? Ti sembrano domande da fare?”
“Sto solo cercando di fare conversazione!” Esclama la signora con
noncuranza: “Allora, sto aspettando una risposta!”
“Quando suo figlio mi ha trascinata per la strada, non sapevo neppure come
si chiamasse! Fra l’altro non sono neppure di qui! Sono ospite da un’amica!”
Sbotto continuando a fissare la donna negli occhi.
“E da dove vieni?”
“Europa!” Mi lascio sfuggire un ghigno all’espressione contrariata della
signora Sinar.
“Sei per caso una girovaga?”
“No di certo!”
Gli occhi della donna si riducono a due fessure: “Bene, ma ciò non toglie
che la tua amica… quella che ha preso a pugni Stean, non ti abbia, come dire…
informata!
Sbuffo ed esclamo: “Non vedo perché dovrei essere interessata a suo figlio!
Non lo conosco neanche da un’ora!” A dispetto delle mie parole però, mi sento
avvampare ed abbasso lo sguardo. Avverto la donna tossire, come per voler
smentire la mie parole. Comincio a sentire la rabbia salire; serro i pugni
lungo i fianchi, ma, cercando di parlare con un tono di voce calmo, domando:
“Ora posso, per favore, tornare a casa della mia amica?” Alzo di poco lo
sguardo e vedo l’altra che mi fissa con malcelata ironia: “Ci sono ancora della
cosa che debbono essere chiarite.”
“Quali cose?”
“Adesso non sono dell’umore giusto!” Esclama attraversando la stanza ed
avvicinandosi alla porta.
“Ma… io non posso rimanere qua a vita!” Sbotto inviperita, alzandomi con
una scatto improvviso.
“Ed io non intendo discutere con una ragazzina!” Urla la donna con il volto
rosso.
“Questo è sequestro di persona! Io chiamo la polizia!”
“Provaci!” Esclama la signora con un sorriso beffardo.
Sento la rabbia ribollirmi dentro mentre gli occhi prendono a bruciarmi.
“Quando avrai perso quest’aria di strafottenza e potremo parlarne da
persone civili, potrai andare dove vuoi!”Si allontana velocemente e sbatte la porta.
Nella stanza cala il silenzio.
“Tutto bene?” Chiede Giorgio avvicinandosi.
Annuisco senza parlare, mentre cerco di far sbollire la collera.
Guardo nel vuoto, ma, quando avverto una mano che mi si poggia sulla
spalla, vengo scossa da un brivido.
Il giovane lascia la presa a mi viene di fronte. Evito di guardarlo e resto
in silenzio anche quando mi sento stringere in un abbraccio. Resto immobile per
qualche secondo fin quando non circondo a mia volta la schiena del giovane.
Restiamo in silenzio, senza neanche provare a parlare, tanto da riuscire ad
avvertire il rumore della pioggia, che nel frattempo è diventata battente.
“Mi dispiace” Sussurra il giovane: “Scusala se puoi!”
Scrollo le spalle e mi allontano di un passo: “Quando sarò fuori di qui,
forse troverò il coraggio per farlo!” Sorrido leggermente e guardo fuori dalla
finestra, sospirando.
“Mi è venuta un’idea!”
Guardo interrogativamente il giovane che mi afferra una mano e prende a
trascinarmi per la casa, facendomi salire le scale.
“Perché non usiamo la porta?” Chiedo, con il terrore di sapere quello che
ha intenzione di fare.
“Troppo prevedibile!” Il giovane scrolla le spalle.
Entriamo in una stanza vuota, con all’interno un solo armadio, che il
ragazzo apre tirandone fuori delle lenzuola.
“Non vorrai… o povera me!Non potrei mai farcela! E poi, non so se hai
presente quell’ammasso di ferraglia che circonda la tua casetta!?”
Giorgio annuisce mentre comincia a strappare la prima striscia di cotone:
“Si, lo so, ma ho usato questo metodo per la prima volta a 11 anni, e sono ancora
vivo!”
“Se lo dici tu… ma io ancora non mi fido! Sarebbe più sicuro uscire dalla
porta d’ingresso!“
Un ghigno compare sul volto del giovane: “Si vede che non conosci mia
madre!”
Guardo con aria scettica, l’ammasso di lenzuola bianche, posate a terra:
“Tu sei pazzo, completamente pazzo! E non sto scherzando!” Esclamo quando il
ragazzo apre il balcone, oltre il quale la pioggia continua a cadere con forza.
“Pronta?”
“No! Non ho nessuna intenzione di calarmi da un balcone! Adesso uscirò da
questa casa!” Esclamo incrociando le braccia: “ E lo farò usando la porta!”
Esco dalla stanza scuotendo con foga la testa: “Ma dove sono capitata! Ma
come mi è saltato in mente di perdere tutto questo tempo guardando un tizio
mettere insieme tante strisce d cotone… ho bisogno di aria!”
Scendo velocemente la scalinata ma prima che possa arrivare alla fine, vedo
arrivare Vincent di gran carriera: “Dove credi di andare?”
Mi blocco e fisso l’uomo senza dire nulla.
“Forse ancora non hai capito chi comanda in questa casa!”
L’uomo socchiude gli occhi e incrocia le braccia al petto.
Inarco le sopracciglia e sbuffo rumorosamente: “ E va bene, come non
detto!”
Mi giro e risalgo gli scalini uno ad uno.
“Si, brava, vai a fare la nanna!” Una risata ironica.
“Idiota!” Serro le labbra e raggiungo il giovane.
Lo ritrovo intento a fissare la corda di lenzuola.
“Pronta?” Chiede nuovamente, come se non fossi mai uscita dalla stanza.
Lo guardo con aria dubbiosa: “ Sto sognando… sto avendo un’allucinazione,
tutto questo è troppo… strano per essere vero!”
Esco sul balcone e spruzzi di pioggia cominciano a bagnarmi i jeans e le
scarpe. Deglutisco e afferro il tessuto bianco, per poi scavalcare
l’inferriata.
“Ok, stai calma, è tutto ok, stai solo sognando… o forse stai impazzendo,
ma tanto è la stessa cosa… stai cal…!”
Una mano che si posa sulla mia, blocca il mio… flusso di coscienza e mi fa
alzare lo sguardo. I miei occhi incrociano quelli del giovane Sinar e per la
prima volta lo vedo teso.
“Stai attenta!”
“Cercherò!” Sussurro continuando a fissarlo: “Forse era a questo che si
riferiva Patty!”
Scuoto la testa e impedisco alla mia testa di formulare altri pensieri.
Comincio a scendere… lentamente, molto lentamente… le mani bagnate dalla
pioggia e dal sudore, i piedi che penzolano nel vuoto… un improvviso colpo di
vento e comincio ad oscillare paurosamente da una parte all’altra: “Oddio, ora
precipito!” Penso mentre mi irrigidisco sulla fune improvvisata: “No, non
voglio morire! Sono troppo giovane! Non voglio essere raccolta da quelli della
scientifica!... orrore, poi dovranno farmi l’autopsia… e se…”
Un brivido di freddo mi distogliere dai miei pensieri (devo dire, molto
filosofici!) facendomi aprire gli occhi. La pioggia mi colpisce violentemente
il viso, la mia visuale è ridotta praticamente a zero…
“Tutto a posto?” Mi sento chiede da un punto sopra di me.
“Si, si tutto bene… almeno credo!”
Abbasso una mano dopo l’altra e riprendo a scendere finché, senza
preavviso, mi ritrovo con la terra ferma sotto i piedi.
Tiro un sospiro di sollievo mentre porto una mano al petto: “Mai più! Mai
più una cosa del genere… non posso rischiare di farmi venire qualcosa… se tutti
gli uomini fossero stati abituati ad uscire così dalle abitazioni, perchè
avrebbero dovuto costruire le porte?”
Alzo la testa, gli occhiali colmi di piccole gocce, e fisso il balcone dal
quale il giovane Sinar sta cominciando a scendere: è decisamente più pratico di
me!
Una fascio di luce compare dalla stanza. Trattengo il respiro mentre il
ragazzo è quasi arrivato a terra…
“Giò?”
“È Vincent!” Sussurra Giorgio scendendo a terra senza far rumore.
“Giò?” La voce si fa più forte e vicina.
Guardo il ragazzo e poi le lenzuola che penzolano dal balcone.
“Corri!” Esclama indicando un punto imprecisato del giardino.
Non me lo faccio ripetere due volte e, arrivata di fronte al cancello
d’ingresso di Villa Sinar, mi blocco, indecisa sul da farsi. Guardo in su,
l’enorme ammasso di ferro e inclino la testa da un lato, sospirando: “So già
cosa mi toccherà fare!”
“Allora, non sali? Hai paura?” Sghignazza il giovane, con il fiatone.
“Non un’altra parola o giuro che mi siedo qua e non muovo neppure più un
passo… tu e le tue idee brillanti!” Scuoto la testa e comincio ad arrampicarmi.
“Te le cavi bene! Forse in una vita passata eri una scalatrice!” Esclama
con aria ironica.
“Simpatico! Questo è puro istinto di sopravvivenza!”
Arrivare in cima non è poi tanto difficile, lì però la cancellata si
conclude con punte di ferro acuminate.
Le squadro ed esclamo, con un sorriso sinistro: “ A prova di ladro!”
“Tranquilla, ce la facciamo!”
“Dimmi un po’, hai fatto anche questo all’età di 11 anni?”
“No, a dire il vero quando tentai di scappare, fui afferrato da mia madre
prima che potessi mettere un piede aldilà del balcone!”
Alzo gli occhi al cielo: “Fantastico!”
“Su, donna di poca fede! Un piede su quella sporgenza ed è fatta!”
“Oh, un piede su quella sporgenza ed
è fatta!” Esclamo scimmiottando la voce del ragazzo: “La fa semplice, lui!”
Poggio il piede dove mi è stato indicato e, con una spinta più forte del
dovuto, mi ritrovo a fare acrobazie sotto la pioggia… altro che cantare!
Finalmente mi ritrovo dall’altra parte e, con un sospiro di sollievo
comincio la discesa, con le mani che tramano ogni qualvolta lascio la presa per
scendere più giù.
Sono a pochi metri dal suolo quando decido di saltare e atterro
sull’asfalto nero, con le gambe intirizzite per l’impatto.
Un tonfo mi fa voltare: “Allora, hai visto, è stato facile!” Esclama il
ragazzo sospirando con aria soddisfatta:
“Ok, si, lo ammetto!” Dico massaggiandomi le gambe, che non vogliono
smetterla di tremare: “Ma ora se non ti dispiace, io me ne torno indietro!”
Camminando velocemente mi allontano sempre più dall’imponente abitazione e,
anche se non sono sicura al 100% di riuscire a trovare la strada, continuo, con
andatura immutata.
“Certo che sei strana!”
“Strana?” Domando, appena il ragazzo mi si affianca.
“Si, lo sei!”
“Ah, ma mai quanto te…accidenti a questi occhiali!” Sbotto stizzita,
togliendoli e cercando di pulire le gocce di pioggia con la maglia bagnata,
riuscendo solo a peggiorare la situazione: “ Dovrei far istallare dei
tergicristalli!”
“Cosa?” Domanda il giovane cominciando a ridere.
“Ehi, non prendermi in giro! La mia è un’idea geniale!” Mi blocco e guardo
con aria torva la strada.
“Che c’è?”
“Un secondo! Non so se l’hai notato, ma sono leggermente miope e in questo
momento non riesco neppure a distinguere la tua faccia!” Esclamo facendo
oscillare paurosamente gli occhiali che ho in mano: “ Però riesco a vedere il
sorriso stupido che stai facendo adesso!” Sbotto non riuscendo ad evitare mio
malgrado di ridere. Il ragazzo tossicchiae si volta.
In una manciata di minuti, arriviamo al punto in cui siamo stati caricati
in macchina, qualche ora prima e, senza preoccuparmi del fatto che sia bagnata,
mi siedo pesantemente su di una panchina.
“Tregua! Non ne posso più!”
Respiro profondamente e guardo la pioggia che continua a scendere con il
suo immutato ticchettio. I passanti, sotto i loro ombrelli variopinti,
camminano con passo affrettato, lanciandoci occhiate scandalizzate. Sorrido,
incurantee, a dispetto perfino della
pioggia che continua a bagnarmi il viso, mi sento bene. Sono completamente
inzuppata d’acqua, ma avverto un calore dentro... sarà tutta quella situazione
assurda: l’essere a Fujisawa, il trovarmi in un nazione straniera, l’aver
conosciuto persone che non ritenevo reali, il trovarmi, sotto unacquazzone, con una ragazzo che mi manda in
confus…”
“Ti senti bene?”
Apro gli occhi di colpo: il giovane Sinar mi scruta con aria curiosa.
“Ehm… io… no, niente, mi ero rilassata a tal punto che… stavo riflettendo,
ecco tutto!”
Distolgo lo sguardo mentre mi sento arrossire.
“Accidenti, hai la capacità di disturbarmi nei momenti meno opportuni!”
“Scusate tanto, signora badessa se ho interrotto i vostri gravi pensieri!”
Sorrido e mi alzo: “ Ma smettila!”
Il giovane comincia a ridacchiare: “Di tipi strani ne ho incontrati, ma tu
li batti tutti!”
“È la seconda volta che me no dici e se questo era un pessimo tentativo di
fare un complimento, apprezzo la buona volontà!”
Il giovane mi fissa senza dire niente ed io aumento l’andatura procedendo
per quella che mi sembra essere la strada giusta.
“Da quanto tempo sei qui?”
“Perché?”
“Sai dove stai andando?
“Penso di si e anche se non lo sapessi, non me ne farei un problema! Ci
sarà di sicuro qua intorno qualcuno che sa dov’è casa Gatsby! E se non lo
trovo, chiederò di casa Hutton!”
“Hutton?” Chiede l’altro con aria dubbiosa: “Il calciatore?”
“Si, certo, Oliver Hutton!”
“E a cosa ti servirebbe, scusa?”
Sbuffo, per poi sorridere: “Patty è la manager della squadra… mi sembra
ovvio che Holly sappia dove abiti!”
“Ecco perché aveva un viso conosciuto!” Esclama Giorgio sbattendosi una
mano sulla fronte.”Hai conoscenze importanti, allora!”
“Si, modestamente!” Assumo un’aria di finta importanza per poi guadare di
sottecchi il giovane che guarda distrattamente la strada. Alzo lo sguardo e
vedo finalmente qualcosa di vagamente familiare.
Suono al campanello e rimango in attesa… il portone viene aperto da una
signora anziana.
Rimango a fissarla con la bocca mezza aperta: “Che sia la nonna di Patty?”
Mi chiedo mentre la donna mi scruta con aria contrariata: “Cosa volete,
signorina?!”
“Ehm… io stavo cercando casa Gatsby!”
La signora indica con la mano l’abitazione attigua: “È quella!”
“Ah…” Sorrido imbarazzata: “Scusate!”
“Buongiorno!” Esclama la donna, chiudendo la porta.
Ridacchio da sola e torno indietro.
“Bella memoria!”
“Zitto!” Sbotto spingendo il giovane con una mano.
“Cos’è successo?” Domanda Patty, appena aperta la porta.
“Ehm…siamo scappati!”
“Chi? Cos… va bene, non lo voglio sapere!” la giovane sospira scuotendo i
capoe allontanandosi dell’ingresso per
farmi entrare.
“Allora, io vado!” Dice il giovane Sinar, fuori dall’abitazione.
“Non vuoi un ombrello?” Chiede Patty.
“Non grazie, ormai non ne ho più bisogno… tanto è quasi sicuro che
incontrerò Vincent per la strada!” Sorride facendo qualche passo indietro e salutando
con la mano.
“Ciaociao!” Esclamo salutandolo a mia volta.
Il giovane si vota e si allontana lentamente…con la pioggia che continua a
cadergli addosso, impietosa.
“Spero di non rivederlo più!” Sbotta Patty chiedendo la porta.
“Già…” Sussurro accennando un sorriso: “Anch’io…” Sospiro e, lanciando un
ultimo sguardo alla porta, seguo la giovane al piano superiore.
La giovane inarca le sopracciglia e, scesa dal letto, esce dalla stanza
per andare al piano inferiore.
Alzo gli occhi per
vederla uscire e poi ritorno alla mia lettura, distesa sul letto.
Dopo la
“passeggiata” sotto la pioggia mi sono ritrovata con un raffreddore coi fiocchi (essendo quasi immune alla febbre ma non a
starnuti e mal di gola!).
I coniugi Gatsby non mi hanno permesso di mettere piede fuori casa
per un paio di giorni e mi sono vista costretta e restare in camera e a far man bassa dei libri gentilmente messi a disposizione dalla
“biblioteca Gatsby”.
Avverto il rumore
della cornetta posata non molto delicatamente sul ricevitore e tendo
l’orecchio, in attesa di sentire i passi della giovane
sulle scale…
Passano i minuti,
ma della ragazza nemmeno l’ombra.
Aggrotto le sopracciglia, scendo dal letto
con uno scatto di reni e mi affaccio fuori dalla
stanza.
Vedo Patricia ferma, davanti al ricevitore,
lo sguardo basso e i pugni stretti.
Inclino la testa, senza riuscire a capire
cosa possa avere, e scendo lentamente le scale.
“Era Maggie Hutton!” esclama lei con voce
atona.
Mi fermo a pochi passi dalla giovane, senza
trovare il coraggio per fare l’unica, semplice domanda che avrei voglia di
fare. La ragazza, come se avesse letto i miei pensieri sghignazza lievemente e
sussurra: “Ha detto che il volo di Holly parte fra
n’ora!”
“Che cosa?” urlo, senza ritegno: “Quale
volo?” Chiedo temendo di sapere la risposta, pe
quanto assurda possa sembrare.
“Prova ad indovinare… quello per il
Brasile!”
Rimango interdetta…
pensare una cosa è un fatto, ma sentirsela dire, è un altro paio di maniche!
“Ma non può averlo
fatto! Non senza averti salutata!”
“Beh, a quanto pare
lo sta facendo!” Sussurra la ragazza, la voce che le trema.
“No… non può… non deve… soprattutto perché
sa cosa significa veder partire qualcuno senza essere avvisato…!” Prendo a
torturarmi un labbro, cercando con tutta me stessa di trovare un motivo, una
scusante, un perché a quella partenza improvvisa e quanto mai inaspettata.
“In fondo lo capisco!” La voce di Patty mi
distoglie dai miei pensieri: “È il suo sogno ed io non posso impedirgli di
partire!”
“Ho capito, e si può dire
che non arriva neanche tanto inaspettata come notizia, però, quello che proprio
non riesco a spiegarmi, è perché l’abbia fatto così all’improvviso e senza
avvisare!”
“Non so davvero risponderti… se la madre
non avesse telefonato, non so quando l’avrei saputo… “
Rimango in silenzio a fissare la ragazza
che, a sua volta, non ha staccato gli occhi dal telefono.
Si sente aprire la porta d’ingresso e, dopo
pochi istanti, compare il volto del signor Gatsby.
“È successo qualcosa?” Domanda, lanciando
uno sguardo alla figlia.
Sospiro e prendo a guardare da un’altra
parte.
“Allora? Devo preoccuparmi?” L’uomo si
avvicina e posa una mano sulla spalla della ragazza.
“Niente, papà, non è successo nulla…”
scrolla le spalle e si avvicina alle scale.
“Non è vero!”Sbotto con aria corrucciata.
“Hm?”
“Quel geniaccio del fidanzato, ha avuto la
brillante idea di partire per il Brasile senza avvisare anima viva!” Guardo
l’uomo e inarco ancora di più le sopracciglia.
“E quando sarebbe
successo tutto ciò?” Il signor Gatsby rigira
distrattamente le chiavi dell’auto fra le mani.
“Beh, a dire la
verità, il suo volo parte fra circa un’ora…!” Faccio spallucce e mi volto a
guardare Patty che non si è più mossa.
“Se mi promettete di non spaventavi per
l’alta velocità, possiamo ancora farcela!” La voce dell’uomo è pacata, ma quando mi volto di scatto per guardarlo, ha in viso
un’aria di sfida.
“Vuol dire che…”
“Papà, non ti ci mettere anche tu! Se ha deciso di partire senza salutare nessuno, io che posso fare?”
“Patty!” Esclamo quasi scandalizzata.
“Che c’è, che
c’è!” Urla l’altra voltandosi con uno scatto improvviso e fissandomi con aria
inviperita: “Non ci posso fare nulla, ha deciso tutto da solo, non sarò certo
io ad impedirgli di realizzare il suo sogno!”
“Si, ma non puoi nemmeno sottostare a tutti
i suoi capricci senza reagire!” Questa volta è il padre ad urlare: “Muoviamoci!”
Esclama afferrando la figlia per una mano e quasi trascinandola fuori dall’abitazione.
Con l’auto che sfreccia a tutta velocità,
in meno di trenta minuti siamo a destinazione.
L’uomo ferma la macchina in doppia fila ed
esclama: “Io non posso rimanere qui! Scendete voi,ok?”
Annuisco con il capo saltando giù dall’auto
con lo stomaco leggermente sottosopra e fisso la vetrata che fa da porta
all’aeroporto.
Ci avviciniamo e la porta scorrevole si
apre immediatamente… l’aria all’interno è tiepida ed ha un buon odore. Rimango
per qualche istante immobile, guardando la miriade di persone che, indaffarate,
camminano nelle due direzioni e pensando: “Sarà quasi un’impresa trovarlo!”
Scuoto il capo sospirando e lanciando uno sguardo alla giovane che mi si avvicina
con aria poco convinta.
“Guarda lì?” esclama Patty indicando il
tabellone in fondo a tutto.
Il mio sguardo corre velocemente su tutte
le città indicate e i relativi orari di arrivo e
partenza.
“Ma… Patty… cosa dovrei…?”
”Lì, l’ultima città!” Fisso la ragazza, per poi ritornare a guardare il
tabellone… “Brasilia!... Uscita 23B…11 e 35…” Guardo
istintivamente l’orologio per poi fissare la giovane accanto a me.
“Te l’avevo detto
che era inutile!”
“Si, però… “ afferro il braccio di Gatsby cominciando a correre, come impazzita.
“Si sarà già imbarcato… lasciamo
perdere!”
“Risparmia il fiato!” Rantolo già con il fiato corto per poi bloccarmi di botto.
“Che ti prende
ora?”
Mi giro con un sorriso tirato “Dov’è
l’uscita 23B?”
La ragazza sgrana gli occhi e sospirando
esclama: “Tu sei completamente pazza! Seguimi!”
A forza di spintomi
e di scuse al volo riusciamo a raggiungere l’uscita mentre una voce metallica
chiama per l’ultima volta i passeggeri del volo diretto in Brasile. Sto quasi
per fermarmi, arresa, quando vedo un ragazzo dalla zazzera color ebano che
consegna il suo biglietto ed un uomo in divisa.
“Pa-Patty!”
sussurro toccando leggermente il gomito della giovane.
“Holly!” urla con forza incredibile.
“Hutton! Fermati!” cerco di darle mano
forte.
“Oliver!”
Esulto in silenzio nel vedere il ragazzo
fermarsi di botto, ma, come se nulla fosse stato, prosegue, dopo un attimo di esitazione.
“Ti ha sentita! Ti
ha sentita ma non si è fermato!” Sibilo tra i denti
mentre comincio ad avvertire la rabbia che sale.
“Dannazione! Oliver Hutton, sei un
codardo!” la giovane corre urlando a più non posso, ed ho la netta impressione
che voglia lanciarsi all’inseguimento del fidanzato…
“Signorina, il suo biglietto, per favore!”
L’uomo all’ingresso del corridoio blocca
Patty. La ragazza, lo fissa, confusa.
“Come?”
“Il suo biglietto, per favore!”
“Io… io non ho il bigl…
no, non devo partire, devo solo raggiungere il ragazzo che è appena passato!” Mentre parla, gli occhi della ragazza guardano con
aria famelica il corridoio.
“Mi dispiace, ma tutti i passeggeri del
volo sono a bordo e a breve inizieranno le manovre per il decollo!” L’uomo alza
le spalle e fissa la giovane con aria contrariata.
“Ma… io… devo
raggiungerlo, è importante!” La voce di Patty diventa un sussurro.
“Mi dispiace signorina!”
La giovane Gatsby
abbassa il capo, indietreggiando di qualche passo: “Ho capito… scusi il
disturbo…” Sospira e mi fissa per qualche istante, per poi oltrepassarmi ed
allontanarsi.
“A tavola!”
Guardo l’orologio per poi rivolgere la mia
attenzione alla giovane sdraiata sul letto: si è sistemata lì
quando siamo rientrati senza più muoversi.
Mi avvicino cautamente e sussurro: ”Patty,
è pronto! Scendiamo?”
“Hm?” Alza gli occhi per pochi istanti, per
poi ritornare a guardarsi le mani: “Vai tu, non ho fame!”
“Dai, non puoi
rimanere a digiuno! Hai già saltato il pranzo! Prova almeno a scendere!”
“Ti ho detto di no!” Sbotta l’altra
mettendosi a sedere e fissandomi con aria poco amichevole.
“Forse non capisci quando
le persone parlano!?”
“Io…” Inarco le sopracciglia: “Ho capito
benissimo! Sto solo cercando di smuoverti dall’apatia nella quale sei caduta!”
Incrocio le braccia al petto eserro le mascelle.
“Apatia? Ah, questa è bella!” Esclama
alzandosi e cominciando a percorrere la stanza a grandi passi: “Tu non hai la
minima idea di come mi senta in questo momento! Per niente!”
“No, infatti, però…” Seguo con lo sguardo
la giovane che ha cominciato a girare in tondo.
“Però cosa?” Si
blocca di botto: “Se avessi tenuto la bocca chiusa, non avrei messo piede in quell’aeroporto!”
“E con questo?”
Domando senza capire.
“Sarei certamente meno… apatica di quanto
non lo sia adesso!”
“Ah! Allora è così che la pensi!” Esclamo
indignata.
“Già! Proprio così!”
“Perfetto, allora sono rimasta qui dentro
fin troppo!” Mi volto e con aria furiosa esco dalla stanza, chiedendo
violentemente la porta.
Mi fermo qualche secondo, come in attesa di qualcosa… come in attesa di sentirmi chiamare
dalla ragazza nella stanza, ma non succede nulla, nessun rumore.
Sospiro e stringo le labbra, cominciando a
scendere i gradini della scala che porta al piano inferiore, lentamente, quasi
reticente.
Guardo a terra,
continuando ad avanzare, ad avvicinarmi alla porta…
”Dove vai?” La voce della signora Gatsby arriva così inaspettata
da farmi sobbalzare.
“Vado fuori!” Esclamo senza alzare la
testa.
“A quest’ora? Perché non
vieni a tavola?”
Scrollo le spalle… non mi va neppure di
rispondere, e poi, in fondo, quale sarebbe la risposta? Quella che neppure io
so?
“Così!”
Poggio una mano sul portone, faccio
scivolare le dita sulla maniglia e lo apro con uno
scatto.
“Facile!” esclamo tra me.
Esco fuori e, senza voltarmi indietro percorro
il vialetto che porta al marciapiede.
L’aria fresca, a tratti pungente, di quell’inizio serata, è in netto contrasto con il tepore di
casa Gatsby, così come la luce artificiale con il
grigio cupo che dipinge il cielo.
Continuo a tenere lo sguardo fisso a terra,
mentre cammino lentamente, cercando di riscaldare le braccia, frizionandole con
le mani.
“La prossima volta che ho un’idea brillante
come questa, devo assicurarmi di indossare qualcosa di pesante!”
Rabbrividisco, ma continuo ad andare
avanti.
“Adesso devo solo decidere cosa fare…” Mi
guardo intorno lanciando qualche occhiata alla poca gente che è ancora per
strada e ritorno ai miei pensieri.
“Potrei tornare a casa… si, certo, anche se
la cosa non mi alletta per niente, e poi, non so
nemmeno se una volta arrivata lì, troverò ad aspettarmi la mia casa o no!”
Inarco le sopracciglia e guardo il cielo.
“Si, perché, se io adesso sono qui… e
ammettendo che questo non sia un sogno troppo reale o il frutto della mia
malsana pazzia… ecco, seguendo un ragionamento logico, anche se di logico non
ha nulla, l’Italia dove atterrerei, non sarebbe propriamente quella dalla quale
sono partita… ma una nazione dove il 90% delle persone
ha i capelli biondi…”
Mi blocco e socchiudo le labbra, scuotendo
la testa: “Ma che razza di ragionamenti insensati sto
facendo? Forse sarà la fame che mi fa questo effetto!”
Sorrido e arrossisco lievemente mentre poggio una mano sullo stomaco che ha
cominciato a protestare abbastanza vivacemente.
“Devo mettere qualcosa sotto i denti!”
Riprendo acamminare e infilo una mano nei jeans,
in attesa che vi compaia qualcosa all’interno.
“Hm? Siamo lenti oggi?”
Chiedo a mezza voce, togliendo e infilando nuovamente la mano nei
pantaloni.
“E dai! Una volta tanto che ho davvero bisogno di qualcosa!”
Mi fermo sbuffando davanti un bar.
“Ma perché? Che ti
ho fatto?” Domando come se davanti a me vi fosse una persona: “Uffa…e adesso
sonobloccata
qui, senza l’ombra di una centesimo e con lo stomaco in rivolta!”
Pesto un piede a terra e qualcosa di umido… anzi, di decisamente bagnato, mi sfiora la
guancia. Inarco un sopracciglio e istintivamente alzo gli
occhi al cielo: questa volta la cosa… umida, mi colpisce la fronte: “Perfetto!
Quando si dice: non c’è limite al peggio!”Sospiro ed entro nel locale.
L’aria tiepida mi colpisce in pieno,
facendomi sentire subito meglio.
Un po’ guardigna,
faccio qualche passo cercando un posto tranquillo dove sedermi.
In fondo vi è un gruppo di persone intente a guardare uno schermo televisivo di ultima generazione. La luce azzurra illumina i loro visi,
ma l’audio è sovrastato dai commenti.
Prendo posto su di una
sedia e rimango a fissarli per qualche istante, senza pensare a nulla.
Un tuono in lontananza mi scuote,
riportandomi alla realtà.
“Dunque…” Faccio tra me guardandomi le
mani: “Ho freddo… cioè… in questo momento no…
comunque… ho fame, sono senza soldi e non ho idea di cosa fare! Quindi ora: uno, resto qui finché non mi cacciano fuori e poi vado a
cercare un ponte sotto il quale dormire!” La cosa mi fa sfuggire un ghigno:
“Due, resto qui finché non mi cacciano fuori e poi ritorno a casa Gatsby con la coda fra le gambe e chiedendo in ginocchio
pietà; tre, cerco di raggiungere a piedi l’aeroporto e poimi accampo lì per il resto dei miei giorni;
quattro, esco subito da questo posto e ritorno indietro! Hm…beh, la scelta,
devo dire, è molto ardua…!” Incrocio le braccia al petto e chiudo gli occhi,
concentrandomi sul mio respiro.
Un flash improvviso mi fa spalancare gli
occhi.
Il locale resta per qualche secondo al buio mentre, poco lontano, si accendono le luci d’emergenza…
si sentonoi mormorii delle persone che
stavano guardando la tv; poi, con un placido tonfo, tutto ritorna come prima.
Mi alzo lentamente e mi avvio fuori dall’edificio.
“Tutto questo rumore per nulla!” Penso
guardando la pioggerellina che scendegiù lentamente e sembra quasi sul
punto di estinguersi.
Lo stomaco protesta di nuovo: “Ok, ho
capito! Sto tornando indietro, va bene?” Sibilo a
mezza voce, facendo qualche passo.
Aumento l’andatura quando
comincio a sentirmi le spalle umide, finché non mi ritrovo a fare la staffetta
tra un balcone e l’altro. La cosa comincia addirittura a divertirmi fin quando cozzo senza preavviso contro qualcosa. L’impatto,
unito alle suole delle scarpe bagnate, mi fa finire seduta a terra e l’unica
sensazione che mi invade è un senso di bagnato.
“Mitico!” Penso tra me rialzandomi e
cercando di ripulire alla meno peggio il didietro
fradicio: “Adesso sì che mi sento come uno di quei personaggi sfigati dei
manga!”
Scuoto la testa continuando a borbottare e,
guardando un punto imprecisato del marciapiede, faccio per proseguire.
“Ehi, adesso non si chiede neanche più
scusa?”
Mi irrigidisco di
colpo sentendomi arrossire davanti a quella gaffe. Con un sorriso imbarazzato
mi volto: “Oh, si, mi scusi, ero… stavo pensando ad…”
Un vuoto allo stomaco mi fa
fermare, mentre dall’altra parte, due occhi verdi mi fissano con grande
ilarità.
“Ah!” Sbotto, cercando di non perdere il
controllo: “Sei tu, ammazza pedoni da strapazzo! Ed io
che pensavo fossi un povero passante!”
“Perché, non lo
sono?” Domanda con aria da cucciolo abbandonato.
“No, tu non sei un passante, ma quello che
li investe!”
Il giovane fa spallucce: “Questa volta non è stata solo colpa mia! E poi,
passi la prima volta, però ora poteva anche essere uno scontro premeditato!” Sinar strizza un occhio sorridendo.
Distolgo lo sguardo, leggermente imbarazzata,
e sbotto:”Si, come no! Però
intanto a terra ci finisco sempre io!” Faccio qualche passo avvicinandomi ad un
balcone e appoggiandomi al muro, braccia incrociate.
“Ti sbagli, la prima volta ho avuto anch’io
un incontro ravvicinato con il terreno!” Esclama seguendomi all’asciutto.
“Sì, come vuoi!” Alzo gli occhi e faccio
spallucce.
“Non c’è bisogno che mi assecondi, è la
verità!”
Sbuffo rumorosamente: “Ma perché devo
incontrare sempre te?!”
“Il destino, mia cara, il destino!”
Lancio un’occhiata al giovane che se la
ride.
“Smettila di
prendermi in giro! Allora, che ci fai da queste parti? Ancora Vincent alle calcagna?”
“Assolutamente! Sono di ritorno da una rimpatriata con gli amici!” Giorgio assume
un’aria soddisfatta.
Sollevo un
sopracciglio, per niente convinta: “Sei sicuro di quello che dici?”
“Secondo te me ne
starei tranquillamente a chiacchierare con te, se fosse il contrario?” Il
giovane fa spallucce.
“Hm… se lo dici tu…
come va con tua madre?”
“Beh, considerando
che sono passati pochi giorni dal misfatto, direi decisamente
meglio! Sembra che le sia quasi venuta un crisi di nervi
quandoVinc le ha detto come ce ne eravamo
andati!” Il ragazzo sghignazza mentre mi viene da pensare: “Quella donna deve
essere strana forte!”
“E
tu, invece?”
“Hm?”
“Che
ci fa una ragazza straniera fuori a quest’ora da sola?”
“Fugge!” Esclamo
con aria seria.
“Eh?” Sinar ha un’espressione incredula in volto.
“Si, proprio così!
Ho avuto una discussione con Patty e mi è venuta l’idea malsana di lasciare
casa Gatsby… ed ora sto facendo dietrofront!”
“Scusa la domanda,
ma a questo punto, no potresti tornare a casa tua?”
Guardo l’altro
sorridendo leggermente: “Non è semplice come potrebbe sembrare…!”
“Ah no?!”
“Per niente!”
Il giovane mi fissa
e incrocia le braccia al petto, come in attesa di
altro.
Abbasso lo sguardo:
“Non posso dirti di più!”
“Perché?”
“Punto primo,
perché questa è solo la seconda volta che ti vedo…”
“Dettagli!”
“Per te, forse… e
poi è una storia lunga, siamo sotto la pioggia, io ho freddo,
fame, e tu devi tornare a casa o a tua madre verrà un’altra crisi
isterica!”
“Nervosa!”
“Beh, si, quello
che è!”
“Comunque
il mio capolinea è a cento metri da qui; Vinc viene a
prendermi!”
“Giusto!”
Sussurro non riuscendo a reprimere un sorriso: “E noi non vogliamo che il vecchio
Vinc si arrabbi, quindi è meglio se vado!” Alzo di
nuovo lo sguardo sul giovane Sinar: “Ci… vediamo!”
Sollevo la mano per salutare, mentre comincio a girarmi.
“Vincent sarà anche la mia guardia del corpo…” L’espressione
di Giorgio si fa seria: “… ma non sarà di certo lui a dirmi cosa devo o non
devo fare!” Sorride dolcemente mentre deglutisco
involontariamente: “ Quindi, se ti serve un passaggio, il mio numero è
sull’elenco!”
“Si, un altro
viaggio con Vincent alla guida è proprio quello che
mi ci vuole!” Dico d’un fiato.
“Alla prossima!”
“Si, e cerca di non
buttarmi a terra!” Scuoto la testa sorridendo, e gli volto le spalle.
“Cercherò, ma non
ti assicuro niente!”
Respiro
profondamente e prendo a camminare velocemente, portando una mano sulla testa.
Quando sono nei
pressi di casa Gatsby la
pioggia ha ormai smesso di cadere, ma l’aria è ancora pregna del suo odore.
Sospiro, e dopo
aver tentennato un po’, percorro il breve vialetto e suono il campanello.
Quando il portone si
apre, mi ritrovo di fronte il capofamiglia che inclina la testa da un lato e,
guardandomi, chiede: “Di ritorno dalla piscina?”
Lo fisso senza
capire, ma , abbassando lo sguardo, noto il jeans
bagnato dalla ginocchia in giù.
“Ehm… più… più o meno!” Un sorriso tirato mi compare in volto.
L’uomo si sposta
per farmi entrare: “Mi dispiace!” dico a mezza voce.
“Tranquilla,
Patricia ci ha spiegato come stanno le cose!”
Fisso l’altro senza
capire: “Davvero?” Domando titubante.
“Si, certo e per
noi non ci sono problemi! Non ti avevamo detto nulla per… beh, chiaro no?!”
Accenno di si con la testa mentre penso: “No! No, che
non è chiaro!”
Continuo a fissare
l’uomo come una scema, con la bocca per metà aperta: “Avrà raccontato che sono
pazza e che mi hanno buttata fuori dal manicomio!?”
Tolgo lentamente le
scarpe, completamente soprappensiero, e prendo ad arrotolare i
jeans, per poter salire al piano superiore.
Busso lievemente
alla porta e resto in attesa di una risposta che però
tarda ad arrivare.
Alzo le spalle e
riprovo.
“È aperto!”
La giovane, che sta sistemando dei vestiti,
si volta al mio ingresso e aggrotta le sopracciglia: “Dimmi come fai ad essere
sempre fuori quando comincia a piovere; hai un
tempismo unico!
Annuisco debolmente: “Già, è destino, che
posso farci?!”
“E così il cerchio
si chiude!” Sussurra Patty, quasi a se stessa.
Rimango in silenzio
mentre l’altra riprende il suo lavoro. Mi guardo intorno, a disagio, e
mi viene in mente qualcosa: “Scusa, ma cos’è che hai
raccontato ai tuoi, sul mio conto?”
Patty si ferma e, dopo qualche istante le
sfugge uno sghignazzo: “Perché, che ti hanno detto?” Si volta e va a sedersi
sul letto.
“Ecco, in realtà nulla... tuo padre è stato
molto… come dire… sibillino! Ha detto solo che sanno tutto e che non ci sono
problemi…”
La giovane si limita a sorridere,
divertita.
“Sanno tutto, cosa?”
“Oh, senti, dovevo pur inventarmi qualcosa
per non farti cacciare fuori di casa, no? Inoltre,
questa… cosa, non doveva uscire fuori!”
“Quale cosa?” Chiedo, ancora nel buio più
totale.
“Ho detto che sei
scappata dal tetto coniugale perché tuo marito ti maltrattava… che dovevi
badare da sola alla casa e ai tuoi sette fratelli che ti disprezzano…!”
“Cosa?”
Vedo la giovane che, in evidente
difficoltà, si sforza per non ridere.
“Beh, si, più o meno
è questo il succo, se non ci credo puoi chiedere ai miei… però ho colorito un
po’ il tutto!”
“Ancora di più?” Un’alzata di spalle è
l’unica risposta che ottengo.
Giro lo sguardo,
mentre penso: “Abbandono del tetto coniugale… sette fratelli… tetto coniugale…
disprezzata da tutti e sette i fratelli… coniuge violento…” Inarco le
sopracciglia: “Visto che c’eri, potevi aggiungere anche: personalità
masochista!”
“No, poi sembrava esagerato!”
Apro la bocca, ma nonriesco a dire nulla.
Quando mi volto nuovamente , la ragazza è distesa sul letto con gli occhi chiusi.
“Ah… comunque…
grazie e scusami…”
“Di niente, ho sbagliato anch’io, e poi ho
bisogno di qualcuno da usare come bersaglio mobile quindi, qualunque cosa ti
dica, non azzardarti più ad allontanarti… e poi lo sai meglio di me che devi aspettare lo scorrere degli eventi!”
“Si, però, mi dispiace di…”
“Di aver saltato la cena? Beh, tranquilla,
mia madre non ti ucciderà per questo… a dire il vero non so come l’ha presa, ma
penso che sia così!”
Sorrido leggermente
mentre noto l’espressione cupa di Patty.
“Si, hai ragione!”
“A proposito!” Gatsby
salta a sedere, colpita da un pensiero improvviso: “Come mai sei ritornata sui
tuoi passi ?”
La domanda mi fa arrossire lievemente.
Prendo a massaggiarmi un braccio: “Ecco… a dire la
verità avevo freddo e… si, mi è venuta fame!” Concludo in fretta.
“Dai, dici sul
serio!”
“Si, anche se ora mi è completamente
passato l’appetito!” Sussurro mentre involontariamente
ripenso a pochi minuti prima.
L’altra fa spallucce e ritorna a sdraiarsi.
“… se ti serve un
passaggio, il mio numero è sull’elenco… che tipo!” Penso non riuscendo a
reprimere una smorfia.
Mi alzo e prendo qualcosa di asciutto per cambiarmi, dirigendomi poi in bagno: “Chi sa
che gli è saltato in mente a quel Sinar!? Come pensa
che possa farmi scarrozzare in giro da Vincent…
un’altra volta? Mah…” Scuoto il capo e comincio a cambiarmi:
“E poi…” Sbotto infilando una manica della maglia: “Oggi è la seconda volta che
ci… scontriamo per caso…”
Un fastidioso vuoto allo stomaco mi fa
fermare.
“Inoltre non
capisco perché mi sia passata la fame… sempre colpa sua! Mi sono bagnata, mi è
passata la fame, sto parlando a vanvera con me stessa… è carino, si… cioè, si…” Ridacchio: “È un bel ragazzo, devo ammetterlo,
però questo ora cosa centra? E poi non capisco perché
ci penso!”
Abbasso con forza la maniglia, ed apro la
porta, ritornando in camera.
Lancio i vestiti sul letto e quasi mi
lancio anch’io sullo stesso.
“Ho sbagliato qualcosa?”
“Cosa?” Domando al
bisbiglio di Patty. Guardo la ragazza che ha lo sguardo fiso sul soffitto.
“Secondo te dov’è
che ho sbagliato?”
“Se c’è qualcuno
che ha sbagliato, quel qualcuno è lui!”
“Già… ancora non riesco a spiegarmi perché
l’ha fatto… neanche una telefonata, nulla!”
“Dovrà tornare prima o
poi… non credo che si darà alla latitanza a vita… o almeno spero…”
“Io… non lo so, è daquando siamo ritornati da… beh, da
quel posto da incubo… da quella villa… beh, è da allora che l’ho visto, come
dire… un po’ strano, giù di corda, però… non pensavo che la cosa fosse così
grave, altrimenti…”
“Patty, è inutile che ti colpevolizzi! Se davvero era rimasto… traumatizzato, poteva anche
parlartene e non c’era bisogno di scomparire da un giorno all’altro!”
“Ieri l’ho lasciato sereno come al solito…” La voce di Gatsby
trema leggermente.
Fisso la ragazza senza riuscire a dire
nulla.
“Avrà raggiunto
Roberto… “
“Forse lui riuscirà a farlo ragionare!?” Esclamo dubbiosa.
“Hm… ne dubito fortemente!”
“Si, ma credo che prima o
poi dovrà tornare e allora gliene dirai quattro… o potrai passare
direttamente alle mani!”
La giovane sorride leggermente per poi
girasi su un fianco : “Questo è sicuro…: sarà il
quarto d’ora più lungo della sua vita!”
per
Haibara88: ciao! Mi fa davvero piacere sapere che la fanfic
ti stia piacendo! Ultimamente l’ho decisamente
trascurata e penso ci vorrà del tempo prima che riesca a scrivere il prossimo
capitolo, ma mi raccomando, tieni duro… prima o poi aggiornerò!^^ Grazie! Baci!
perladycecille: grazie per i complimenti! Purtroppo ho ripostato da capo l’intera fanfic
e la tua recensione si è cancellata, ma ci tengo a dire
che sto cercando di andare un po’ più lentamente nella descrizione degli eventi
(ovviamente sperando di fare un buon lavoro!)!^^ Grazie per il consiglio! Spero
che la fic continui a piacerti! Baci!
“Esco!” Esclama
Patty all’improvviso, uscendo dalla stanza e
richiudendosi la porta alle spalle, senza darmi il tempo di aprire bocca.
Inarco le
sopracciglia, fissando la camera ormai vuota e scuoto la testa, rassegnata.
Sono trascorse
quasi due settimane da quando Hutton ha deciso di
sparire dalla circolazione di sua iniziativa e senza un motivo valido. Non che
sia cambiato molto… stranezze da parte di Gatsby a parte:
non credo di averla vista in casa per più di due ore consecutive ultimamente, è
un continuo uscire e andare chissà dove. Ovviamente non posso capire quello che
deve star passando, ma pensavo che l’avrebbe presa in modo… un tantino diverso.
Tanto di cappello se non si è rinchiusa nella sua stanza a piangere come una
disperata, però… Sospiro con un’aria decisamente
dubbiosa in volto e riprendo a leggere il libro che ho abbandonato a causa
delle mie riflessioni.
Jack era immobile al centro dello spiazzato con la mano
destra all’altezza della cintura. Le sue dita i muovevano lentamente
nell’attesa che arrivasse il momento giusto per afferrare la pistola. Gli occhi
azzurri scrutavano il suo rivale di sempre che, fermo davanti a lui sogghignava
sommessamente. Aveva il volto rigato da cristalline gocce di sudore
“Accidenti” pesò Jack “Doveva fare proprio così
maledettamente caldo, oggi?”
Intorno nessuno dei cittadini di Indytown
osava fiatare mentre i due si lanciavano sguardi di sfida. L’atmosfera era
raggelante. John, dal canto suo, non smetteva un attimo di fissare il cowboy
che gli si parava davanti e nonostante sul volto
avesse dipinta un’espressione beffarda, dentro di sé sentiva crescere
l’angoscia
“Jack, siamo arrivati al duello decisivo, ne sono sicuro, questa volta non ci saranno due vincitori, né
due sconfitti, risolveremo la questione una volta per tutte!”.
La tensione era alle stelle e i due sfidanti erano
pronti a spararsi a vicenda. Un corvo gracchiò e il suo grido, che si levò per
l’intera città, fu il segnale che fece scattare i due. Le mani si mossero
velocemente e in una frazione di secondo si udirono le pistole sparare p, le
pallottole vibrare nell’aria secca di quel giorno. Un denso fumo si levò
intorno ai due rivali e in un primo momento nessuno riuscì a capire cosa fosse
successo, ma a poco a poco la nuvola grigiastra si dissolse e…
Una serie di rumori
improvvisi e cacofonici mi distoglie forzatamente dal romanzo, interrompendo
bruscamente l’atmosfera di suspance che si era creata
a causa del momento topico e, diciamocela tutta, facendomi leggermente saltare
i nervi.
“Che diavolo sta
succedendo?” Sbuffo rumorosamente, cercando di riprendere la lettura ma questa
volta ad impedirmelo è un urlo.
“Fuori! … Fuori ho detto!”
Sento sbraitare
Patty dal piano terra e rimango a fissare il soffitto della stanza per qualche
secondo prima che un inspiegabile silenzio surreale venga di
nuovo rotto.
“Parti senza
neanche avvertirmi, ritorni dopo due settimane di assoluto silenzio e ti
presenti qui pretendendo che io ti ascolti? Impiccati!”
“Uhm… buon
suggerimento!” Penso tra me, sedendomi a gambe incrociate sul letto e
massaggiandomi il collo indecisa se scoppiare a ridere
o mantenere un contegno doveroso.
“Sembra che Holly
sia ritornato in patria… passerà un quarto d’ora d’inferno, e in fondo non mi
dispiace, se l’è meritato!” Annuisco lievemente mentre la voce del calciatore
arriva decisamente più attutita rispetto a quella
della sua fidanzata che sembra aver tirato fuori un carattere non suo, sputando
fuori tutto quello che si è tenuta gelosamente dentro in due settimane.
“Ma
non ti vergogni? Non una telefonata, non un messaggio, nulla di nulla! Ok, va bene… “
La voce della
giovane va scemando e non riesco a capire più nulla. Solo dei borbottii
arrivano nella stanza e a me non rimane che restarmene in silenzio in attesa di
qualche nuovo sviluppo.
Dopo una decina di
minuti passati a fissare con scarso interesse il pavimento della camera mi alzo
con un sospiro dal letto, stiracchiando le braccia con un lieve lamento.
“A
meno che non si siano pestati a sangue, cosa che dubito fortemente, non
penso sia un problema se do una sbirciatina!” rifletto tra me scendendo gli
scalini per raggiungere il piano inferiore dove non si avverte nessun rumore:
sembra quasi che la casa sia vuota e la notizia non mi porterebbe al settimo
cielo. Con finta nonschalance raggiungo il soggiorno
alla ricerca di un qualsiasi componente della famiglia
Gatsby trovandomi però con la sola compagnia dell’arredamento.
“Fantastico!”
Esclamo allargando le braccia con fare melodrammatico “Mi hanno lasciata da sola… a guardia della casa! Perfetto… ho
attenuto la loro fiducia ed ora potrò portare a
termine la mia conquista della galassia…” Sussurro con aria ironica “Dunque,
vediamo, di quale stanza dovrei prender possesso, per cominciare?”
“Che ne dici di
radere al suolo la stanza di Oliver?” Chiede una voce proveniente dal nulla che
mi fa saltare come una molla ed emettere una rantolo
inquietante.
“Cavolo,
Patty, mi è quasi preso un colpo! Se vuoi uccidermi
dillo subito!” Sputo fuori d’un fiato, una mano sul petto. Faccio qualche passo
indietro fissando la ragazza seduta sul pavimento, dietro il tavolo da pranzo
che l’ha nascosta fino a quel momento.
La lieve risata di
Gatsby risuona piano nella stanza “Scusa, non volevo spaventarti ma non ho
resistito… in effetti forse quella di fargli saltar in
aria la stanza non sarebbe una cattiva idea… non risolverebbe nulla, ma al
momento mi farebbe sentire almeno un po’ meglio…” Un lungo sospiro e Patricia
si richiude nel silenzio.
Rimango a fissarla,
senza sapere cosa fare prima di decidermi finalmente ad avvicinarmi. Mi siedo a
terra, accanto a lei, e le lancio un’occhiata interrogativa.
Patty tira le
ginocchia al petto e le fissa con insistenza prima di sussurrare “Non volevo
urlare in quel modo…” Come se quellafosse la cosa più importante.
Con una smorfia
contrariata provo a ribatte, ma la giovane non mi dà
neppure il tempo di aprir bocca.
“Ero
combattuta. Davvero, non sapevo cosa fare in quel momento, come
comportarmi quando me lo sono visto davanti alla porta di casa.” Scuote lentamente la testa“Una parte di me avrebbe voluto
corrergli incontro, gettargli le braccia al collo e stringerlo fino a mozzargli
il fiato…” Patty sorride lievemente prima di ricomporsi “Ma l’altra parte
avrebbe solo desiderato chiudergli la porta in faccia e urlargli di non farsi
più vedere… è stato davvero crudele da parte sua…” Un nuovo sospiro e la
giovane allunga le gambe sul pavimento. Rimango a fissarla senza provare ad interromperla.
La vedo alzare lo
sguardo verso un punto imprecisato “Sai, mi son sentita come in un sogno, come
se non fossi realmente io a parlare… e forse neanche l’ho fatto davvero… una
cosa stupida da dire dal momento che sono stata proprio
io, con questa bocca e questa voce a dirgli di aver bisogno di un po’ di tempo…
un po’ di tempo per star da sola e riflettere… ma riflettere su cosa, poi? Non
lo so nemmeno io, ma l’ho fatto e lui… lui ha detto la cosa più stupida e
insensata di questo mondo…”L’ennesimo sospiro e poi di nuovo il
silenzio.
Fisso la giovane
come in attesa di un seguito, una sorte di muto invito a continuare, ma quando
ciò non avviene provo a domandare “Cosa?... Che cosa
ha…”
“Ma
sono sicura di aver capito male!” Esclama in fretta l’altra… troppo in fretta.
“Sono sicura che in
tutto quel trambusto mi son persa qualche pezzo di
conversazione… dopotutto Holly sussurrava a mala pena…” Ridacchia senza
allegria “Aveva paura che potessi mangiarlo, se avesse alzato un po’ la voce?”
La giovane mi lancia un’occhiata prima di tornare a guardare il muro “Sì, dev’esser andata così… “ Bisbiglia, come a voler convincere
più che altro se stessa.
“Patty… “ provo a
dir qualcosa, qualsiasi cosa, ma le parole mi si bloccano in gola; rimango
ferma, le labbra socchiuse, senza che ne esca un altro suono. Continuo a fissare
la giovane che sospira di tanto in tanto, come in cerca di un buon motivo per
alzarsi dal pavimento freddo.
Un scroscio mi fa
voltare lievemente verso la finestra attraverso la quale posso ben vedere il
cielo plumbeo, opprimente e carico di pioggia.
“Vado
in camera. Ho bisogno di schiarirmi un attimo le
idee… o almeno è questa l’idea!” Sussurra la giovane con un sorriso mesto.
Mi limito ad
annuire con la testa, rimanendo a guardarla mentre lascia in silenzio la stanza
seguita dal rombo di un tuono.
La pioggia continua
a cadere per giorni, rendendo ancora più deprimente la situazione, come se non
lo fosse già abbastanza di suo. La giovane Gatsby costretta dal mal tempo a
rimanere a casa si è praticamente chiusa nel mutismo,
quasi a voler diventare un pezzo dell’arredamento e a me non resta che fissarla
senza poter far nulla e men che meno parlare dal
momento che quando ci ho provato c’è mancato poco che mi tirasse dietro una
scarpa. Ma sembra proprio che la situazione sia solo destinata a peggiorare…
Sono appena passate
le 10 dell’ennesima giornata piovosa. Sembra che le condizioni
climatiche non vogliano permettere a nessuno di uscir di
casa.
“Se penso che a
distanza di una settimana si terrà un’amichevole di calcio, mi viene quasi da
piangere!” Penso con fare tragico, facendo una smorfia “Mi immagino
già sugli spalti, completamente zuppa d’acqua e conge…”
Qualcuno bussa alla
porta, troncando di netto il mio grigio rimuginare, e senza che nessuno riesca
a dir nulla, fa irruzione il signor Gatsby, con l’aria di chi si è appena
azzuffato.
“Da non credere!”
Sbotta lanciano un giornale sotto gli occhi della figlia, seduta alla
scrivania, che non l’ha degnato di uno sguardo.
“Che succede?”
chiedo, incuriosita da quell’entrata improvvisa.
“Niente che non
sapessi già…” Sibila Patricia, prima di stringere con violenza una penna
“Quell’idiota… doveva proprio farlo? Perché non aspettare che quel cervello
bacato ritrovasse un briciolo di ragione… stupido… stupido di un OliverHutton…”
Continuo fissare la
giovane prima di spostare uno sguardo interrogativo sul padre che è rimasto in
mezzo alla stanza come una statua di bronzo. L’uomo sembra sul punto di dire
qualcosa, ma poi finisce solo per passarsi una mano sul viso, abbandonando la
stanza.
“Sono tutti impazzi in questa casa…” Penso con
un pizzico di preoccupazione, avvicinandomi a Patty e prendendo con molta
cautela il giornale dalla scrivania “Che ci sarà di tanto sconvolgente?” Mi
chiedo apprestandomi a leggere il titolo in prima pagina “Lascio il calcio!”
Mormoro a bassa voce rimanendo a fissare le lettere nere in caratteri cubitali
prima che il messaggio venga recepito dal mio cervello
in modo chiaro ed inequivocabile “Che … significa?” Mi chiedo voltandomi verso
la ragazza vicino a me “Che diavolo è questa roba?” Domando cercando di
controllare la voce “È uno scherzo di cattivo gusto, vero?”tento di venirne a capo, rendendomi
improvvisamente conto di quello che sta succedendo; in quel momento anche le
parole sussurrate da Patty quando l’avevo trovata seduta a terra hanno un senso
“Non può sul serio farlo!” Sbotto mentre avverto il telefono squillare al piano
inferiore
“Patty?” chiamo la
ragazza anche se con poca convinzione “Per favore, dimmi che è una trovata
pubblicitaria… di orrido gusto per di più!” Sbuffo all’ennesimo mutismo e mi
trascino a sedere sul letto, scuotendo la testa e cominciando a leggere
l’articolo più assurdo della mia vita.
“Lascio il calcio!” è questa l’affermazione schoc che Oliver Hutton, giovane
promessa del calcio giapponese, ha fatto durante la conferenza stampa indetta
dallo stesso per comunicare la notizia. Hutton nega
incomprensioni all’interno della squadra all’origine dell’abbandono.
L’improvvisa notizia è stata accolta con grande clamore dai tanti tifosi che…
“Io vado a farmi un
tè!”
“Cosa?” Chiede
interrompendo la lettura e fissando con aria a dir poco scettica la giovane che
si alza di colpo ed esce dalla stanza. Aspetto qualche minuto nella stanza
vuota prima di decidermi a mollare il giornale sul letto e ad andare a vedere
che sta facendo in realtà la giovane Gatsby.
“Ah! Stai davvero bevendo del tè!” Esclamo fin troppo sorpresa.
Vengo raggelata
dall’occhiata di Patty“Perché, cosa
pensavi che stessi facendo?” Sbuffa e riprende a sorseggiare dalla tazza
fumante, prima di posarla sul tavolo con aria stanca.
“Lo sai, credo che
sia proprio un cretino!” Sussurra con una smorfia “Non credevo che stesse
dicendo sul serio, l’altro giorno. Era una cosa troppo strana anche solo da
immaginare. Quel ragazzo è nato col pallone al piede. E poi…” Inspira
profondamente “Se anche avesse avuto una crisi con il suo… amico fraterno… cosa
di cui, sinceramente, dubito fortemente, non avrebbe dovuto gridarlo ai quattro
venti, accidenti a lui! Ora non oso pensare a cosa potrà accadere!... Come la prenderà la squadra? Dici che
arriveranno alle mani?” Chiede con aria tragi-comica prima di riprendere senza
che io abbia avuto il coraggio per interromperla in qualche modo “Sai, io, in
qualche modo… ecco, sì, mi sento responsabile!”
“Questa è una
grande idiozia, e lo sai benissimo!” sbotto all’improvviso.
“Può
darsi, però… oh, non lo so… è successo tutto troppo velocemente… ” la giovane
sospira “Non so come comportarmi… gli ho detto che volevo del tempo… e lui cosa
fa? Molla la sua unica ragione di vita… stupido!” Patty
abbassa il viso e rimane ferma in quella posizione.
“Stupido…già, lo
penso anch’io...” è l’unica cosa che riesco a
sussurrare prima che nella stanza piombi all’improvviso il buio. Un lampo la
percorre per un attimo, immediatamente seguito dal rombo del tuono.
“Ora anche la casa
è in sintonia con lo stato d’animo delle sue occupanti!” Penso con un sorriso
sarcastico in viso, mentre la giovane Gatsby rimane immobile e taciturna, come
se nulla fosse accaduto.
Sto per arrischiarmi
a chiedere dove sia l’interruttore centrale o per lo
meno una candela quando il suono del citofono blocca la mia domanda sul
nascere.
“Vuoi che vada…”
“No, lascia stare,
saranno i miei!” Sospira Patricia con fare apatico, alzandosi dalla sedia ed uscendo lentamente dalla stanza.
Nei pochi secondi
di silenzio che seguono rimango a fissare come
ipnotizzata la pioggia che scroscia fuori dalla finestra lasciando sinuose scie
sul vetro opaco e finisco per sobbalzare al violento sbattere del portone
d’ingresso.
“Che cavolo…?”
Sussurro contrariata prima di vedere Patty rientrare nella sala da pranzo con
aria innervosita; afferra la tazza dalla quale stava bevendo e nel versa il contenuto nel lavabo. “Vado in camera!” Sbotta
avventurandosi su per le scale, al buio.
La cosa mi fa
sfuggire una smorfia e un sospiro “Ma perché? Perché
mi chiedo? Che fine hanno fatto le storie d’amore
tutte rose e fiori che pullulano negli anime?” Mi chiedo con aria disperata
mentre il suono del campanello ritorna a farsi sentire con sempre più
insistenza. Fisso il pavimento, decisamente
combattuta. “Potrei rimanere qui, nell’ombra, facendo finta di non esistere!”
L’idea al momento mi soddisfa in modo quasi surreale “…però è anche vero che
questo trillo metallico sta diventando alquanto irritante… “ Mi
impongo di non ascoltarlo fin quando finalmente smette “Si sarà arreso!”
Constato con gioia, ma quasi subito avverto un leggero senso di colpa. Con una
smorfia mi alzo, avvicinandomi dalla finestra per sbirciare attraverso le
sottili tendine: sotto la pioggia insistente noto una figura che si allontana a
passi lenti. Con la testa quasi infossata nelle spalle quasi non sembra il
solare e sempre positivo capitano della nazionale under 21 giapponese e riesce
a farmi pena. “Però, dopotutto se l’è cercata… “
Continuo a guardar fuori anche quando il giovane è ormai scomparso dalla mia
visuale e per la prima volta mi ritrovo seriamente a pensare a quello che è
successo in quei giorni. Le parole di Gatsby mi ritornano alla mente come un
flash improvviso “…aver bisogno di un po’
di tempo… un po’ di tempo per star da sola e
riflettere… “ Riflettere… da sola e riflettere… “Ok!” Sbotto, come se il
parlare ad alta voce possa in qualche modo aiutarmi a: capire, far chiarezza,
snebbiarmi la mente, prendere atto del colossale controsenso dell’intera
faccenda… beh una di queste. “Non che la cosa potrebbe aiutare chicchessia,
ovviamente!” Constato con malcelato pessimismo mentre
una lampadina mi si accende nella mente “Forse è colpa mia!” Esclama con un
sorriso decisamente troppo felice dato il significato dell’esclamazione “Ma
certo!” mi batto un pugno sulla fronte e rimango a fissare il vuoto “Dopotutto
la mia presenza qui è un errore! Tutto questo è assurdo, il mio essere qui è
assurdo, e non so quale, fra la decisione di Holly e quella di Patty sia la più
fuori di testa. Quindi…” allargo le braccia come se
stessi per dare la risposta a tutti i problemi del mondo
ma rimango in silenzio, in quella posa a dir poco ridicola, in una stanza priva
di corrente elettrica e con il temporale che continua a imperversare alle mie
spalle. Arrivare alla fonte del problema ma non avere i mezzi per poterlo
eliminare non è per niente soddisfacente, mi rendo conto con grosso rammarico.
“Non credo sarebbe una buona idea scappare, ovviamente…” Mi dico con scarso
entusiasmo e con un sospiro insoddisfatto. “Se ne parlassi con…”
“Esco, dì ai miei
che farò tardi!”
L’improvvisa
esclamazione viene seguita da un trambusto sulle scale
e dal successivo aprirsi e chiudersi del portone, il tutto così velocemente da
non darmi neppure il tempo di realizzare quello che sta succedendo.
“Patty…?” Chiede
all’abitazione vuota “Ma..” Mi acciglio e punto verso
l’uscita della casa.
“Patty!” Esclamo
sulla soglia, mentre la ragazza, con un grosso ombrello multicolore sta
varcando il cancello. Si blocca un secondo al sentire la mia voce, ma, come se
niente fosse riprende a camminare.
“Hey, dove stai andando? Con questo tempo
poi!”
Le mie parole non
sortiscono alcun effetto e con uno sbuffo mi decido ad avventurarmi sotto
l’acqua nel tentativo di raggiungere la giovane.
“Mi dici dove stai andando?” Chiedo cercando di ripararmi la
testa con le mani prima di infilarmi sotto l’ombrello di Gatsby.
“Esco, non vedi?”
Sbotta lei con noncuranza.
Inclino al testa notando gli stivali nera che indossa e sospiro.
“Questo l’avevo già capito ma non mi sembra il caso con questo tempo e poi…” mi
guardo intorno alla disperata ricerca di una motivazione più che valida per
farla tornare sui suoi passi, ma alla fine non sono io quella che deve dirle
cosa fare e cosa non fare. La seguo in silenzio per
qualche altro metro “Quindi sei convinta?” Riprovo un’ultima volta. L’altra
annuisce solamente ed io mi blocco sulla strada e muovo qualche passo indietro,
prima di ritornare a casa Gatsby.
Sdraiata sul letto
fisso il soffitto della stanza; è da poco passala la mezzanotte e di Patricia
nessuna notizia. I coniugi Gasby non sembra aver preso troppo male l’uscita della ragazza anche
se mi sono sembrati decisamente perplessi.
“Perplessi…bah… “
Borbotto girandomi su un lato e raggomitolandomi sotto le coperte, chiudendo
gli occhi.
Un tonfo sordo mi
fa spalancare le palpebre, mettendo in allerta i sensi. Rimango immobile e mi
concedo solo un rapido movimento per sbirciare l’orario “Cavoli, mi sono
addormentata!” Penso notando le lancette che segnano le 2
e 40. Il ticchettio di passi mi fa nuovamente prestare attenzione e quando la
porta si apre lentamente non ho dubbi su chi sia.
Sospiro leggermente sollevata e cerco nuovamente di rilassarmi, mentre Patty si
getta quasi istantaneamente sul letto senza fare nient’altro.
(E mentre Morfeo la
fa da padrone, per chi si fosse appassionato alle vicende di “Jack e John, due pistole per due cowboy”
ecco la conclusione del libro:
… la nuvola grigiastra si dissolse e i cittadini di Indytown, con loro grande stupore, videro i due sfidanti
che continuavano a fissarsi, con le pistole ancora fumanti a mezz’aria, il
fiatone, ancora tutti tesi ma…vivi. Sì, perche una
delle pallottole aveva colpito il corvo di cui prima, che ora giaceva a terra privo di vita e con il becco semiaperto mentre l’altra
non sarebbe mai stata ritrovata. E così i due cowboy con la peggior mira di
tutto il Far West si allontanarono fra il silenzio della gente corsa a vederli
e, salendo ognuno sul proprio cavallo, galopparono via i due diverse direzioni,
giurando vendetta.)
“Patty!!! Allora, si può sapere cosa stai facendo? Così faremo tardi alla partita!”
“Sì, sì, arrivo,
sto prendendo la bandiera!” Risponde con poco entusiasmo la ragazza.
Lo stadio, come
previsto, è gremito nonostante sia solo un’amichevole e non pochi sono i
commenti sulle dichiarazioni di Hutton sulla sua
carriera. Evito di guardare Gatsby mentre raggiungiamo i nostri posti,
concentrandomi sul tabellone di fronte a me mentre la voce dello speaker annuncia a
gran voce le formazioni.
“Cosa?” Urla la
voce di Patricia, al mio fianco, spaventandomi.
Mi volto di scatto
verso di lei, guardandola con aria interrogativa.
“Hai sentito,
vero?” Mi chiede, afferrandomi un braccio e stringendo convulsamente.
“I-io… non… non credo… cos’è successo?”
Chiedo confusa.
“Oliver! Il nome di Oliver
è nei titolari!” Continua ad urlare spalancando gli
occhi in modo innaturale.
La fisso per
qualche secondo prima di riuscire a sputar fuori un “Non è possibile… lui ha
detto che…” L’ovazione del pubblico che accoglie le squadre in campo mi fa
voltare. Socchiudo gli occhi, cercando in qualche modo di capire se fra i
giocatori che stanno uscendo dagli spogliatoi c’è anche
il n° 10, ma qualcosa di decisamente abbagliante mi
ferisce la vista, impedendomi di vedere il rettangolo verde per qualche
secondo.
Mentre sfrego gli
occhi con una mano mi sento urtare violentemente, e
prima di poter capire cosa stia succedendo, senza nemmeno il tempo per trovare
un appiglio, mi ritrovo a terra.
“Mapoooorc… ahia!” borbotto scuotendo la testa e
riuscendo finalmente a vedere con chiarezza quello che ho davanti. Mi immobilizzo ed apro la bocca riuscendo a squittire solo
un debole “Accidenti!”
“Ca-cavoli…” mormoro sbattendo le palpebre per assicurarmi
che la mia vista non mi stia giocando un brutto scherzo: tutt’intorno ci sono
tanti, alti, enormi e mostruosi grattacieli a perdita d’occhio. “Dove diamine
sono fini…”
Un rombo sulla mia
testa mi fa alzare lo sguardo e venire la pelle d’oca.
“Autostrade? Strade
sopraelevate?” Mi chiedo fissando l’esagerata quantità di strade che si snodano
ad un centinaio di metri dal suolo e dalle quali
provengono dei boati che più che altro fanno pensare ad un circuito di Formula
1.
Scuoto la testa,
poggiando una mano a terra e rendendomi conto di esser finita su un prato.
“Maledizione,
che dolore!” Mugolo rimettendomi in piedi con qualche smorfia, l’aria ancora
pregna di assordante inquinamento acustico.
Continuando a
massaggiare lievemente la parte offesa mi guardo meglio intorno, non potendo
fare a meno di notare, al di là del piccolo spazio
verde entro il quale mi trovo, una fiumana di gente che si sposta lungo i
marciapiedi, completamente indifferenti alla saggia frase “camminare guardando
avanti” ; hanno tutti gli occhi incollati a qualcosa che stringono in mano.
“Palmari?” Penso
con un cipiglio dubbioso “Dove diavolo sono finita?” Mi chiedo nuovamente, a
mezza voce.
“Appena lo scopri
informami, per favore!”
La voce della
giovane Gatsby mi fa voltare di scatto, ma non riesco a risponderle nulla
perché un oggetto non identificato schizza verso l’altro, emettendo un fischio,
subito seguito da quello che sembra essere un elicottero che si trascina dietro
un enorme striscione colorato.
“Parti con Uniplù e
nel tuo viaggio sulla Luna ti divertirai di più! Ma
non fatemi ridere!” Esclama Patricia incrociando le braccia al petto “Hanno
dimenticato di aggiungere “solo se sei un miliardario” “
“Suppongo tu abbia
ragione…” mormoro continuando a seguire la scritta con lo sguardo fin quando
non scompare all’orizzonte,
“Dove siamo
finiti?” La voce alquanto nervosa di Hutton mi fa sghignazzare istericamente:
non so se più per il fatto di non avere la più pallida idea di dove siamo stati
catapultati o perché il giovane sonosemprefeliceedottimista-Hutton sia incavolato nero.
Muovo qualche
passo, cercando di allontanarmi con nonchalance per non dover dare spiegazioni
di alcun tipo, soprattutto perché al momento mi trovo a corto di scuse per
quello che sta succedendo; non che ultimamente la cosa si poco frequente.
“Ehi, forse non
dovremmo essere qui.” La voce perplessa di Rob
catalizza sul giovane l’attenzione generale. “Guardate qui, c’è una targa; non
dice -Vietato calpestare le aiuole- però ha tutta l’aria di qualcosa di importante.”
In ricordo delle giovani promesse che vi hanno
brillato.
Recita la targa
dorata che spicca sull’erba.
Inarco un
sopracciglio, non riuscendo a capire il senso della frase, e ritorno a fissare
il fazzoletto di prato senza che i dubbi vengano
chiariti in alcun modo.
“Basta perder
tempo, cerchiamo di andar via di qui.” Mormora Hutton, lanciando uno sguardo
inquieto ai compagni, prima di allontanarsi, quasi a disagio.
“Sono d’accordo!”
Price da’ man forte al ragazzo, scavalcando la bassa recinzione “È inutile
continuare a perderci in inutili supposizioni!” Il
portiere raggiunge il ciglio della strada, le mani sui fianchi, e per un attimo
temo che abbia intenzione di correre dalla’altra parte della strada, ignorando
i mezzi che sfrecciano in maniera fuori dal normale e che non sembrano aver
voglia di far spazio ai pedoni.
“Ci sarà un modo
per passare dall’altra parte, no?” Baker misura a lunghi passi il marciapiede
curato fissandosi intorno con aria grave, come alla ricerca di qualcosa che al
momento è invisibile sia a lui che a noi.
Massaggio ancora un
po’ la schiena, dove il dolore si è solo attenuato prima che la voce di Gatsby
mi faccia sorridere, speranzosa “Ragazzi, credo di aver trovato quello che ci
serve!”
Senza farcelo
ripetere ci avviciniamo alla giovane, intenta a guardare torva una cassettina
posta su un palo non più alto di un metro e mezzo; nelle immediate vicinanze vi
è una pedana di metallo grande all’incirca un metro quadrato.
“Non dirmi che
dobbiamo salir lì sopra.” Sussurro un po’ contrariata; quella cosa non mi ispira tanta sicurezza.
“Ho paura di sì…
almeno credo!” La ragazza mi lancia un’occhiata perplessa, alzando gli occhi
sui comandi dello strano congegno “Qui non ci sono istruzioni di nessun genere
e a meno che a qualcuno non venga un’dea migliore, non
abbiamo altre possibilità!”
“Su, sbrighiamoci a
salire su questo aggeggio… voglio… uhm… tornare a
casa…” Holly comincia a spingere i ragazzi, nonostante sembri il più riluttante
ad affidarsi ad una tecnologia sconosciuta.
“Ok…” penso con un
sospiro “Al massimo resteremo fermi su questo lato della stra…”
Sobbalzo quando la
pedana sotto i miei piedi comincia a vibrare paurosamente “Ehi…” mormoro,
lanciando un’occhiata agli altri, che sembrano altrettanto dubbiosi, e di
seguito al marciapiede che al momento mi sembra il posto più sicuro al mondo.
Il pezzo di metallo
aumenta ulteriormente il suo movimento fino a staccarsi improvvisamente dal
terreno con uno scossone che rischia di far finire tutti sull’asfalto. “No… non
si sta alzando troppo, eh Patty?” chiedo un po’ spaventata per la piega che sta
prendendo la situazione “Non chiederlo a me.” La risposta lapidaria non mi rincuora affatto ma non riesco a pensare più a niente
quando il movimento imprevisto e rettilineo della pedana mi mozza il fiato.
L’oggetto si dirige verso la parte opposta della strada con velocità paurosa e
rallenta di colpo poco prima di schiantarsi contro un edificio, restando a
mezz’aria per dei secondi che sembrano infiniti, catapultandoci, poi, malamente
a terra. I passanti ci girano intorno senza nemmeno degnarci di uno sguardo.
“Grazie per aver utilizzato i nostri servizi. La prossima volta si raccomanda l’uso corretto del
nastro. Grazie e buona giornata!” Recita la voce gracchiante attraverso un
altoparlante prima che l’oggetto torni indietro e improvvisamente vengo invasa da un latente istinto omicida.
“Hanno uno strano
senso dell’umorismo in questo posto!” Denton, che si
è già alzato in piedi, non sembra aver accusato il colpo e si guarda intorno
incuriosito dalla gente che continua, imperterrita, ad andare per la sua
strada.
“Un motivo in più
per tornarcene indietro!” Bisbiglia Patty con aria corrucciata, spolverando
lentamente i pantaloni.
“Ok, ok, ho
capito…” penso con un sospiro, mentre mi preparo psicologicamente a fermare
qualcuno per poter chiedere informazioni “Pronta
all’imminente figura di….” Un gemito interrompe il mio dialogo interiore,
facendomi voltate.
Un giovane uomo è
piegato carponi sul marciapiede e continua a mugugnare, con il viso rivolto a
terra.
“Serve aiuto?” Tom
gli si avvicina, porgendogli una mano.
L’altro, al sentire
le parole le parole del ragazzo, alza di scatto la
testa “Eh?”
Una smorfia mi
sorge spontanea alla vista degli enormi occhiali da sole che indossa; hanno più
l’aria di essere una maschera subacquea.
“No, no, va tutto
bene, grazie…” Mormora, con aria stralunata, alzandosi con cautela e rivolgendo
a Baker un rapido sorriso. “Solo un attimo…”
Il moro rimane a
fissarlo per qualche secondo prima di lanciare un’occhiata verso di noi, con
aria perplessa.
“Ecco, ora ci vedo meglio!” Esclama l’altro tirando su gli occhiali e sfregando
piano gli occhi un po’ arrossati “Mi dispiace, a volte sono più distratto del
solito.” Mormora con tranquillità “Inoltre questi pazzoidi fanno buche
dappertutto, come pretendono che la gente non cada e non li denunci per danni?”
Scrolla le spalle “Di questo passo non si potrà neanche guardare la tv senza
rischiare di rompersi l’osso del collo.” Sospira con fare tragico mentre sui
nostri visi si fa largo un’espressione confusa.
“Cosa c’entrano le
buche sui marciapiedi con la televisione?” Domanda Benji, scettico, fissando
l’altro come se fosse impazzito, ricevendo di rimando un’occhiata incerta.
Il
giovane uomo scompiglia nervosamente i capelli ossigenati “Che razza di domanda
è?
Non dirmi che siete anche voi favorevoli all’abolizione dei… oh, scusate…” si interrompe all’improvviso, perdendo di colpo l’aria
combattiva “Sta per iniziare il nuovo episodio.” Sussurra
sommessamente inforcando nuovamente gli occhiali.
“Ehi, un po’ di
educazione, per favore!” Sbotta Gatsby, sfilandogli di colpo l’oggetto dal viso
e fissandolo con aria innervosita.
“Che diamine fai? Sta per…”
“Sì, questo l’ho
capito, ma se fossi così gentile da spiegarci che sta succedendo… ma
soprattutto dove siamo finiti, allora andrebbe tutto meglio.” Patty restituisce
l’oggetto al proprietario che fissa prima i suoi occhiali e poi la ragazza, con
aria sconcertata.
Gli occhi scuri si
spostano poi su tutti noi e il giovane sbatte le palpebre più volte, prima di
accigliarsi “Siete turisti, vero?” Chiede con sospetto.
“Forse…” mi sfugge
dalle labbra.
“Uhm…quindi…”
l’altro continua a fissarci dubbioso “Vi siete persi? Dov’è
che dovete andare?”
“Ascolta, amico,
prima di tutto vorremo sapere dove siamo, poi
decideremo dove andare!” Esclama Patricia con un sorriso innocente aumentando
lo sbigottimento dell’interlocutore.
“Va
bene, va bene, ho capito, dov’è la telecamera? Chi è l’artefice
di questo stupido scherzo?” L’uomo comincia a ridacchiare scuotendo la testa ma
la sua ilarità non dura a lungo perché Gatsby gli si avvicina con una velocità
assurda e lo afferra per il bavero “Ti sembra che stia scherzando? Ti ho
semplicemente chiesto dove siamo!” Sibila con aria
irritata la ragazza mentre diversi passanti lanciano occhiate furtive verso di
noi.
“Ehm… Patty… la
gente ci sta fissando…” borbotto un po’ preoccupata.
“Su, adesso
calmati, non c’è bisogno di metter su questo teatrino, siamo persone civili!”
sbotta Price incrociando le braccia al petto, con un sospiro irritato.
“Benji, se vuoi ne ho anche per te…” Sibila di rimando Gatsby, mentre il
giovane vicino a lei tenta di allentare la presa della ragazza sulla sua
maglia.
“Non c’è bisogno di spaventalo in questo modo, no?” Salta su Hutton
all’improvviso, avvicinandosi ai due e poggiando una mano sulla spalla di
Patty, con un’aria da conciliatore in volto.
Sbatto le palpebre,
stupita e decisamente sollevata “Oliver Hutton è
ritornato tra noi?!” mormoro piano temendo di spezzare qualche specie di
incantesimo.
La giovane Gatsby,
presa alla sprovvista, lascia andare indumento dell’altro socchiudendo le
labbra, incapace di aggiungere altro.
“Scusaci, ultimamente
abbiamo un po’ tutti i nervi a fior di pelle.” Concede Holly con un sorriso
mentre il passante annuisce, osservandolo meglio “Potresti, per favore dirci
dove siamo?”
L’altro continua ad
annuire, perplesso, prima di soffiare “Fujisawa.” Con
l’aria di chi sta parlando con qualcuno mentalmente instabile.
“Fu… Fujisawa?” Balbetta Patty prima che un “Ma non è
possibile!” urlato da un Denton sorpreso, faccia
rabbuiare il giovane uomo “Certo che è possibile, questa è Fujisawa…
in Giappone!”
“Lo sappiamo benissimo dove si trova Fujisawa!”
Borbotta Price guardandosi intorno contrariato.
“Ne sei davvero
sicuro?” prova ad accertarsi nuovamente Hutton, riuscendo solo a far diventare
l’altro nuovamente sospettoso “Siete sicuri che non
siano stati i miei amici ad organizzare questa colossale messinscena?”
“Non preoccuparti,
nessun ti sta prendendo in giro…” Baker cerca di essere convincente prima di
domandare “Saresti così gentile da aggiornarci sulla data odierna?”
Se possibile
l’altro assume un’aria ancora più stranita “Oggi è il 14 aprile, ma...”
“Dell’anno?”
“Eh?... Beh, del 2159, ovviamente!”
Tom si volta verso
Holly a quell’esclamazione irritata e l’amico gli ricambia l’occhiata, annuendo
appena.
Le parole appena
pronunciate dal giovane uomo rispondono immediatamente a tutti gli
interrogativi riguardo lo strano aspetto della città e
tutto ciò che la circonda. “Quindi ora dobbiamo solo
capire come ritornare indietro.” Rifletto mordicchiando il labbro inferiore,
con lo sguardo perso nel vuoto. Il fatto di non aver la più pallida idea di
dove cominciare non è molto confortante. “Com’è che abbiamo fatto a far tornare
tutto alla normalità, l’ultima volta?” Mi chiedo cercando di riportare alla
memoria qualcosa che al momento sembra decisamente
avvolto nella nebbia. “Ah!” sbotto di colpo quando finalmente riesco a
ricordare, facendo girare i presenti “Ehm… scusate, stavo pensando ad alta
voce!” mi discolpo alzando le mani. “Cosa dobbiamo
fare ora?” Mi chiede di rimando Gatsby, avvicinandosi di qualche passo. Faccio
spallucce “Beh, prima di arrivare qui eravamo sugli
spalti… almeno noi, quindi penso che potremmo iniziare da lì.” Propongo senza
particolare convinzione.
La giovane annuisce
“Perlomeno è un punto d’inizio.” Si volta verso il giovane uomo che ha assunto
un’aria accigliata e sembra sul punto di mandarci poco elegantemente a quel
paese “Dov’è lo stadio?”
Il biondo sospira,
muovendo qualche passo e osservandoci con una smorfia “Quale stadio cercate?”
“Quello di calcio!”
Esclama Denton come se la cosa fosse palese.
“Con tre ragazzi in
divisa e scarpini e uno… in tuta…” penso con un ghigno.
“Ma allora vi ci
state mettendo di impegno per sembrare dei perfetti
sciroccati… lo sanno tutti che il campo di calcio è stato distrutto circa
trent’anni fa… quello è tutto ciò che rimane!” Indica con aria annoiata il
fazzoletto di prato in cui eravamo poco prima, guardandoci quasi con pietà “Il
calcio è uno sport che ormai non viene quasi più praticato… almeno a livello
agonistico, cosa volete che ce ne facciamo di uno stadio?”
“Che stai dicendo?”
Quasi grida Holly, con aria sconcertata in volto.
L’altro alza le
mani “Ehi, è inutile che ti scaldi tanto, amico. È un
dato di fatto e non capisco perché mi stiate guardando tutti come se scendeste
dalle nuvole, dopotutto sono passati quasi trent’anni, non poche
giorni e ora, se non vi dispiace…” Il giovane muove qualche altro passo
“Ho perso fin troppo tempo con degli sconosciuti psicopatici… mi avete anche
fatto perdere la mia puntata, quindi ora lasciatemi in pace per favore… buona
fortuna!” Esclama infilando gli occhiali e cominciando a pigiare un pulsante
sulle aste, tirandone fuori un paio di piccole cuffie da mp3.
“Se non c’è un
campo, almeno ci sarà un prato… più grande, no?” Chiedo assalita
improvvisamente dall’ansia: non avere neanche un misero posto dal quale
cominciare non è molto rassicurante. Il tipo fa finta di non sentire e mi vien
voglia di tirargli dietro una scarpa.
“Sto parlando con
te, dannazione, almeno rispondi!” Sbotto, cominciando a tremare per il nervoso.
L’altro sbuffa
“Siete una cosa impossibile… In quella direzione, proseguite fino alla fine
della strada e poi continuate a sinistra, ve lo troverete di fronte!” Esclama
facendo segno con un dito verso la direzione da seguire “E per favore non
fatevi più vedere!” Infila le cuffie e si allontana a passo sostenuto.
“Bene…” borbotto
con una smorfia “Grazie tante, non ci voleva tanto.”
“Voglio tornare a
casa…” Patty ridacchia con fare tragicomico “Non c’è più nessuno che gioca a
calcio… assurdo, no?” Chiede guardando i ragazzi che le ricambiano l’occhiata
sconcertata; Holly ha lo sguardo perso nel vuoto, e sembra non aver ascoltato
le parole della ragazza.
“Oliver?” Baker
muove un passo verso l’amico che si volta di scatto, senza però guardarlo in
viso “Cosa stiamo aspettando, raggiungiamo questo
posto!”
Un mormorio confuso
risponde all’esclamazione del giovane.
“Dite che siamo
arrivati?” Chiedo con una smorfia guardando la distesa d’erba un po’ incolta
che si stende a perdita d’occhio. Siamo passati dalla
città più caotica mai vista all’aperta campagna; non che il cambio di ambiente
non mi faccia piacere, però mi sarei aspettata un paesaggio meno selvaggio.
“Potremmo provare a
proseguire, ma ho come l’impressione che fra qualche chilometro saremmo ancora
circondati dal nulla.” Patty muove qualche passo nell’erba che le arriva quasi
alle caviglie. “Ehi, guardate, ci sono delle persone lì!” Esclama con aria
speranzosa.
“Non è un pallone,
quello?” Il viso di Robsi illumina
di colpo, riuscendo ad attirare l’attenzione di Holly, che, a braccia conserte,
tenta di non guardare nient’altro che le proprie scarpe.
Uno scalpiccio viene seguito da delle urla concitate: quattro uomini
continuano a correre sull’erba passandosi velocemente un pallone; hanno i volti
arrossati e sudati, ma questo non sembra causar loro problemi mentre continuano
ad andare avanti e indietro.
Un passaggio
sbagliato fa impennare la palla che si allontana, seguita dalle protese
contrariate del gruppo.
“Non ditemelo…”
mormora Hutton, con aria tesa prima che Dentoncominci a scalpitare, con un ghigno divertito.
“Palla!” si sente
urlare nella nostra direzione quando il pallone comincia la sua discesa,
rischiando di arrivarci contro da un momento all’altro.
Copro la bocca per
non ridere troppo rumorosamente mentre faccio qualche passo indietro e osservo
l’aria quasi famelica di Rob che, con un mezzo salto,
aggancia la palla e senza crearsi alcun problema se la
sistema meglio sui piedi, sotto lo sguardo rassegnato di Benji e Tom che scuote
la testa senza però nascondere un sorriso.
“Arrivo subito!”
Esclama il n.20, non si sa se rivolto a noi o agli uomini che aspettano che gli
venga ridato l’oggetto.
“Perfetto!” Penso
continuando a ridacchiare “Abbiamo perso Rob… adesso
sì, che non riusciremo più a tornare indietro!”
Il ragazzo, ormai
dimentico di noialtri si aggiunge al gruppo dando spettacolo delle sue
capacità, fra gli sguardi sorpresi ed entusiasti degli uomini.
“Si sta gasando…”
mormora Patty con una mano sul viso.
“Quel ragazzo non
cambierà mai… ho paura che non si sbrigherà in poco tempo!” Price fa spallucce,
sedendosi a terra, ma non ha l’aria di essere troppo contrariato.
“Forse dovremmo…”
comincia Baker cercando di trattenere un sorriso, ma la frase gli rimane a metà
quando viene chiamato dal compagno di squadra “Tua,
Tom!” si sente urlare prima che il n. 11 si veda costretto ad agganciare il
pallone calciato all’improvviso.
“Cosa vi avevo
detto, ora ha coinvolto anche Tom.” Sospira Benjamin distendendo le gambe a
terra “Scontato, vero?” Domanda lanciando un’occhiata ad
Holly che ricambia il suo sguardo senza riuscire a dir nulla.
Gli schiamazzi
aumentano mentre il piccolo gruppo si avvicina a noi, senza far fermare il
pallone neanche per un attimo.
“Dovremmo cercare
un modo per lasciare questo posto… non possiamo perder tempo… in questo modo…”
Sussurra Hutton con poca convinzione, senza perdersi un solo movimento degli
amici poco lontani; il suo sguardo suggerisce tutt’altro rispetto alle parole
appena pronunciate.
“Allora perché non
provi a farli smettere?” Domanda Price fissando l’altro “Pensi di non esserne
capace o hai paura che basti un attimo prima che tu stesso cominci a giocare,
eh Oliver?”
D’un tratto avverto
l’aria intorno a noi farsi pesante; muovo qualche passo in avanti per spostare
l’attenzione dai due giovani che continuano a guardarsi in silenzio; cerco di
concentrarmi sui rapidi passaggi di palla a poca distanza, ma non posso fare a
meno di ascoltare le voci dei ragazzi dietro di me.
“Sei
convinto che la mia determinazione sia così debole? Pensavo di aver
dimostrato il contrario in questi anni… evidentemente non mi conosci bene come
pensavo.”
Un
lieve risata risponde alle parole di Hutton “Io invece sono sicuro di
conoscere abbastanza bene Oliver Hutton, il ragazzo che ama il calcio più di se
stesso e che tratta il pallone come un amico. È questo il giovane che conosco…
e tu non gli assomigli per nulla. Chi diavolo sei,
tu?” Le parole del portiere rimangono sospese per qualche secondo, sovrastate
solo dal vociare del gruppo poco distante.
“Che cavolo sta
cercando di fare?” Mi domando con una punta di panico, contenta di non poter
vedere l’espressione di Hutton dopo quelle frasi.
“Non sono
impazzito, Benji, te lo assicuro, è solo che…”Il giovane smette di parlare,
sospirando pesantemente.
“Cosa? Vorrei tanto
saperlo e non sono l’unico che aspetta la tua risposta, sai? L’unica cosa che
stai ottenendo, comportandoti in questo modo, è il malumore generale e la cosa
che davvero mi fa innervosire è che il primo a non star bene per una decisione
stupida ed affrettata, sei proprio tu!”
Il tono del n.1 si
alza di poco e solo in quel momento mi accorgo che gli altri hanno smesso di
correre e stanno tornando indietro.
“Questo… questo non
vero!” Borbotta Holly mentre Tom e Rob sono ormai
vicini.
“Non è colpa mia se
il primo a non esserne convinto sei proprio tu. Sei sempre stato un testone, ma
questa volta hai davvero superato te stesso!”
“Benji, adesso
basta.” Baker si ferma a pochi passi dai due.
“Non dirmi cosa
devo fare, Tom, soprattutto perché pensi esattamente le
stesse cose.”
Inspiro lentamente
prima di lanciare uno sguardo a Patty, che non ha detto una singola parola;
sembra una statua di marmo, immobile in mezzo all’erba.
Deglutisco,
spostando l’attenzione sui ragazzi che si squadrano con aria accigliata.
“Può darsi, ma non
è questo il modo di dire le cose.” Il giovane scuote la testa, riuscendo a
strappare all’altro solo una smorfia “Scusa tanto se non sono sensibile come
te, evidentemente non è una dote che madre natura ha voluto regalarmi.”
“Ehi, ragazzi, su, lasciamo perdere.” Cerca di sdrammatizzare Denton con un sorriso, guardando dall’uno all’altro prima
di fissare Holly, che ha abbassato gli occhi sul prato.
“No, no, io invece
penso che sia proprio questo il momento per discutere della questione: qui, in
questa specie di futuro distorto, con il calcio praticamente
scomparso e senza sapere se e quando torneremo nella nostra epoca. Dopotutto
cos’abbiamo da fare?” Price fa spallucce, con aria
noncurante.
“Ne abbiamo già
parlato, e lo sai che per Holly è una storia chiusa…” Tom alza lo sguardo
sull’amico che non da’ segno di voler ascoltare. “So benissimo che ha preso una
decisione shoccante ma non tocca a noi decidere cosa sia meglio per lui.
Implorarlo o costringerlo a fare qualcosa contro la sua volontà non sarebbe una
vittoria… né per noi, né per il calcio né per qualunque altra persona. E
questo, Benjamin, lo sai anche tu.”
“Sì, sì, lo so!” il
portiere comincia ad urlare alzandosi in piedi con uno
scatto “Ma, dannazione, non possiamo...”
“Ragazzi, per
favore…” Mormora Hutton all’improvviso, stringendo i pugni lungo i fianchi.
Uno sbuffo irritato
“Stavamo semplicemente discutendo, non ho intenzione di azzuffarmi…” Sibila
Price, allontanandosi di qualche passo “Anche perché sarebbe inutile…” Aggiunge
con la voce che va spegnandosi.
Il silenzio che
segue sembra assordante.
Rimango a fissarmi
in giro, ancora turbata dalla diatriba appena conclusa che però non ha portato
a grandi risultati, se si esclude l’aria estremamente
combattuta che ha assunto Holly.
Nessuno sembra in
vena di rompere quella quiete soffocante e lo strano fruscio che avverto dopo
un po’ mi sembra quasi liberatorio.
“E rassicurante…”
penso socchiudendo gli occhi, mentre un odore familiare mi pizzica le narici.
“Sembra quasi
l’odore salmastro del mare.” Penso con un lieve sorriso, data l’assurdità della
cosa.
Un colpo di vento
mi fa vorticare i capelli davanti al viso e mi ritrovo a respirare a fondo
prima di avvertire un brusco vuoto allo stomaco.
Spalanco gli occhi,
un po’ spaventata, ritrovandomi davanti ad un’immensa distesa azzurrina, come
se fossi appena entrata in una stanza con le pareti e il pavimento dipinte
dello stesso identico color cielo. “Che cavolo…” mi dico, disorientata,
socchiudendo le labbra senza che nessun suono esca dalla mia bocca.
“Aiuto…”
riesco solo a pensare prima che la forza di gravità mi trascini verso il basso.