Perchè quando si vuole reagire si è così deboli?

di Viproudofthem
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Avevi detto che non mi avresti mai lasciato ***
Capitolo 2: *** "Sei bellissimo anche con tutti quei fili." ***
Capitolo 3: *** Ci eravamo promessi il per sempre. ***



Capitolo 1
*** Avevi detto che non mi avresti mai lasciato ***


 “MADISON, VIENI SUBITO QUI.”
“Ascoltala Mad, dai!”
“NO! Chi siete voi per dirmi questo?!”
“I tuoi genitori tesoro!”
“Ah si? Voi siete degli estranei che vivete nella mia stessa casa! Non ci siete mai stati per me, non sapete niente di me. Non potete essere definiti genitori!”
 
Salii velocemente le scale, sentendo di sottofondo i commenti frustranti dei miei “genitori”.
Entrai nella mia enorme camera, e mi accasciai sul mio tappeto.
Cosa volevo fare?
Semplicemente sprofondare, sprofondare in un mondo che talvolta non è adatto a noi.
Che ci tiene al sicuro fino ad un certo punto della nostra vita, poi tutto ad un tratto ci abbandona.
Così.
Senza neanche una spiegazione di come si può andare avanti.
Un mondo che ti riempie di speranze, sogni, e poi ti lascia con niente.
 
Presi in mano il cellulare, guardai speranzosa lo schermo.
0 chiamate, 0 messaggi.
Niente di niente.
Ero stata abbandonata da tutti, tutti quelli che una volta erano definiti amici.
Ero rimasta con una manciata di sogni e speranze, che avrei preferito buttare via.
Ormai sono quattro mesi, nessuno si farà più vivo.
Continuerò a vivere con rimorsi e delusioni, le ferite non guariranno.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
CAPITOLO I.
 28 agosto.
 
Mi svegliai sdraiata sul tappeto della mia camera.
Un tappeto che ormai era quasi nero, a causa del mio mascara affogato nelle lacrime la sera prima.
Ero esausta, esausta dai troppi pensieri che finivano sempre per sfinirmi.
Lentamente mi alzai e frugai nell’armadio per trovare qualcosa da mettermi.
Misi dei jeans corti e una canottiera, semplice.
In fondo, come ero io.
Presi il cellulare, proprio come la sera prima.
0 chiamate, 0 messaggi.
Lo riposai nella mia borsa, poi mi resi conto di una cosa.
Quella data, 29 agosto.
Mi sedetti, ebbi un tuffo al cuore.
Mi fece male, così male che quasi il mio viso non  venne rigato da tante lacrime.
Ma poi mi feci forza, tutta la forza che ancora mi rimaneva.
Anche se era poca in fondo in fondo ce n’era ancora.
Presi il mio immancabile borsone e scesi le scale.
 
“Tesoro! Dove vai?” Mi disse la signora definita mamma.
“Non sono affari tuoi.”
Mi chiusi la porta alle spalle e mi addentrai nella meravigliosa Wolverhampton.
Percorsi le stradine colme di gente e negozi, sempre le stesse.
I sorrisi delle persone che si cimentavano negli acquisti, nelle spese, nel servire i tavoli erano quasi strazianti.
Avrebbero contagiato anche la persona più crudele di questo mondo, ma con me proprio non ci riuscivano.
 
Arrivai alla palestra, mi cambiai velocemente a causa del ritardo, poi raggiunsi le mie compagne.
Mi guardavano male, in fondo come sempre, quasi fossi un aliena, e avrei preferito andarmene.
Però quello in un certo senso era tutto quello che rimaneva, la pallavolo era l’unica cosa che mi faceva sentire bene e con la quale riuscivo a sfogarmi.
E loro erano in un certo senso l’unica mia famiglia.
Erano ragazze snob del centro città, quelle ragazze con la puzza sotto il naso che ti considerano una poverella.
Mi avevano visto soffrire in questi ultimi mesi, piangere in silenzio in un piccolo angolo della palestra, fissare un cellulare che pareva l’avessero obbligato a stare zitto.
Avevano visto le mie occhiaie, il mio fisico sempre più magro, la forza con cui schiacciavo un’insulsa palla.
Ma mai nessuna era venuta a chiedermi nulla.
Né come mi sentivo, né se avevo bisogno di aiuto.
Era come se neanche esistessi, tranne nelle partite dove venivano tutte a fare le lecchine per i miei punti fatti.
 
Attacchi, appoggi, palleggi.
L’allenamento si concluse e mi aspettava di nuovo una giornata come tutte le altre.
Mi cambiai e uscii dall’edificio, senza neanche salutare forse le mie uniche conoscenti.
Mi addentrai nella favolosa città, cercando qualcosa che avrebbe suscitato ancora dei sentimenti in me.
Ma ormai niente era più in grado.
Mi sedetti in un piccolo bar affacciato sulla piazza principale, sempre lo stesso.
“Buongiorno Mad!” Mi disse Anita, la cameriera, raggiante come sempre.
“Ehi! Sì, buongiorno anche a te” Le risposi fingendo un piccolo sorriso.
“Il solito?”
“Il solito An, il solito.”
Ormai “solito” era diventato l’aggettivo della mia vita da ben quattro mesi,  e diventava ogni giorno più  pesante da sopportare.
Aspettai la mia colazione, poi presi il cellulare dalla borsa.
Decisi di scrivere un messaggio, in fondo io non ero mai stata una ragazza debole.
Mi ero sempre fatta coraggio, e questo era un altro di quei momenti.
Messaggi.
Componi messaggio.
“Ehi. Non so se ti ricordi ancora di me, ma oggi è un giorno importante per tutti e due. Forse.. Volevo solo dirti Buon Compleanno. Auguri Liam.”
Opzioni.
Invia.
Invio in corso.
Messaggio inviato.
 
Riposi il cellulare nella borsa e fissai il vuoto.
Neanche volessi cercarlo tra l’immensa folla della città.
Ma forse era così, in me la speranza ci era sempre stata e c’era ancora.
La speranza è l’ultima a morire, no?

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Capitolo 2
*** "Sei bellissimo anche con tutti quei fili." ***


CAPITOLO II
 
Terminai la mia colazione, dopodiché mi tuffai di nuovo nell’immenso groviglio di strade per poi arrivare a casa.
Entrai, e senza fare caso a chi ci fosse salii le scale.
Mi svestii, buttai tutta la roba nel cesto da lavare e mi misi nella doccia.
Mi risciacquai  come se l’acqua avesse potuto levar via tutte le preoccupazioni, tutte le angosce.
Poi andai in camera mia e misi uno dei miei completini da casa.
Non avevo intenzione di scendere, sarei stata come tutti i giorni chiusa nella mia camera.
Isolata dai problemi, quasi volessi sfuggirne.
 
Mi misi le cuffie nelle orecchie e scelsi l’impostazione “Brano casuale”.
Partì “It’s Alright, It’s OK” di Ashley Tisdale.
Perfetto, quella canzone era proprio quella che mi rappresentava in quel momento.
“It’s Alright, OK
I’m so much better without you
I wont be sorry
Alright, Ok
So don’t you bother what I do
No matter what you say”
Le immagini scorrevano veloce nella mia testa, e ogni ricordo faceva più male di quello precedente.
Le lacrime stavano per uscire per l’ennesima volta, se non fosse stato per la voce di mia madre che interruppe quell’atmosfera straziante.
“Madison, scendi giù un attimo. Ho una cosa importante da dirti”
“Chissà, mi diranno che partono e mi lasciano a casa per un’altra volta. Non è una novità..” Bofonchiai tra me e me mentre scendevo le scale.
“Allora?” Dissi a mia madre, picchiettando insistentemente le dita sul tavolo.
“Sediamoci” Mi disse indicando il tavolo.
Ci sedemmo poi incominciò a parlare.
“Madison senti, non è una bella cosa..”
“Senti mamma, se vuoi dirmi che tra pochi giorni ripartirete per uno dei vostri viaggi ai Caraibi e mi lascerete a casa  non è una novità. Buon viaggio..”
Le dissi seccata, poi feci per alzarmi ma..
“Liam è all’ospedale tesoro, ha avuto un incidente grave e..”
Tutto quello che disse dopo non lo sentii più, presi il mio cellulare e corsi fuori.
Corsi via, via da quel mondo così straziante.
Via da tutti i problemi.
Scappavo, anche se forse non sarebbe servito a nulla.
“NO! NON E’ POSSIBILE! DITEMI CHE NON E’ COSI’.” Urlai, tanto ormai niente importava più.
Mi fermai al solito parco, alla solita panchina.
Poi scivolai a terra.
Le lacrime erano ormai diventati incontrollabili.
In  quel momento avrei avuto bisogno di qualcuno, anche solo di una persona, in grado di tirarmi su.
Di ripescarmi dal tunnel senza uscita nel quale ero intrappolata.
Ma ero sola, nessuno sarebbe venuto.
 
La pioggia si era unita alle mie innumerevoli lacrime già da un po’, ma non mi ero mossa da lì.
Forse speravo che facendo così tutto si sarebbe risolto, ma sapevo benissimo che non sarebbe stato assolutamente così.
Presi il mio cellulare e velocemente digitai il numero di mia madre.
“Tesoro, ma dove cavolo sei finita?”
“In che ospedale è Liam?” Le risposi non prendendo in considerazione la sua domanda.
“Al St. Victoria di Londra. Ma mica avrai intenz..”
Tirai giù la chiamata.
Uscii dal parco e salii su uno dei primi taxi che passarono.
“St Victoria di Londra signore”
“Ma signorina, è troppo lontano!”
Poi si voltò.
“La prego signore, la prego”
Mi fissò per un attimo, poi mise in moto la vettura.
Forse vide, forse fu una delle uniche persone che vide realmente come stavo.
I miei occhi rossi, il mio trucco sciolto a causa delle lacrime e della pioggia, i miei lunghi capelli castani scompigliati.
 
Cercai di addormentarmi, ma era totalmente impossibile.
I miei pensieri erano davvero troppi.
Cosa avrebbero pensato quando mi avrebbero visto?
O meglio, sapevano di me?
Lui, si ricordava ancora di me?
 
 
 
“Signorina, siamo arrivati” Mi disse gentilmente l’uomo dai capelli biondo platino.
Presi dalla tasca tutti i soldi che avevo e glieli porsi in una mano.
“Tenga il resto signore, ha fatto davvero molto per me. Arrivederci”
“Vedrà che si sistemerà tutto” Mi disse dal finestrino quando ormai ero già dall’entrata dell’ospedale.
Mi voltai per un’ultima volta e gli dissi:
“Lo spero, lo spero davvero”
Dopodichè entrai.
 
“Buon pomeriggio, posso esserle d’aiuto?”
“Liam, Liam Payne.”
“Lei è?”
“Mi dica dov’è, la prego” Le dissi sul punto di piangere.
Mi fissò per un attimo, forse perché anche lei come quell’uomo aveva guardato al di là dell’apparenza.
“Sesto piano.” Mi rispose sorridendomi.
 
Presi l’ascensore vuoto, e schiacciai il tasto.
Piano 1.
Piano 2.
Piano 3.
Piano 4.
Piano 5.
Piano 6.
Percorsi gli innumerevoli corridoi fino a quando non vidi quattro ragazzi seduti in una sala d’attesa.
I loro visi mi erano famigliari.
Uno di loro aveva dei capelli ricci, davvero belli, e degli occhioni verdi.
Stava mescolando nervosamente la piccola tazzina di caffè.
L’altro aveva i capelli biondi, e degli occhi blu davvero stupendi.
Guardava continuamente un punto fisso nel vuoto.
Un altro ancora aveva un ciuffo alto, e degli occhi nocciola davvero intensi.
E stava parlando con gli occhi lucidi con l’ultimo di quei ragazzi.
Aveva una maglia a righe e anche lui degli occhi blu molto belli.
Mi avvicinai lentamente ai ragazzi, i quali per un attimo non  si accorsero della mia presenza.
Poi il biondo alzò i suoi meravigliosi occhi oceano e mi vide.
“Tu sei?”
“Madison. Madison Square.”
Mi guardarono straniti, poi il riccio disse:
“Quella Madison?”
“Come scusa?” Gli chiesi perplessa.
“La Madison di..Liam?” Disse con gli occhi sempre più lucidi.
“Non sono più sua, forse non lo sono mai stata.” Dissi scoppiando il lacrime.
Il ragazzo dagli occhi nocciola si alzò e si avvicinò a me, per poi abbracciarmi forte.
Mi imbarazzò quella situazione, però era da tanto che ne avevo bisogno.
“Non ci siamo ancora presentati! Io sono Zayn..” Disse il moro staccandosi dall’abbraccio.
“Io Harry.” Replicò il riccio porgendomi la mano.
“Io sono Louis.” Disse ancora il ragazzo dalla maglia a righe.
“ E io sono Niall” Concluse il ragazzo dagli occhi oceano.
“Piacere ragazzi.” Risposi fingendo un piccolo sorriso.
 
“Forse vederlo ti farà stare meglio, vai..” Mi disse il moro dandomi una piccola pacca sulla spalla.
“Ma.. Il dottore ha già detto qualcosa?”
“No, ha detto che dovevano vedere cosa aveva.. Però ha anche detto che se qualcuno di noi avesse voluto vederlo era libero di farlo.”
“Grazie..”
Mi alzai lentamente da uno dei tanti seggiolini e aprii la porta della camera.
Cavolo, non me lo ricordavo così.
Forse non me lo ricordavo neanche più.
Però era bello lo stesso, anche con miliardi di fili attaccati al suo corpo perfetto.
I suoi capelli erano tutti scompigliati, e intrappolati in un enorme cerotto.
Le sue braccia erano piene di ferite ancora sanguinanti, e la scena era la stessa sulle gambe.
Mi avvicinai, gli diedi un piccolo bacio sulla fronte, poi uscii.
Mi era mancato sentire la sua pelle, mi era mancato vedere i suoi occhi.
Mi era mancato lui.

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Capitolo 3
*** Ci eravamo promessi il per sempre. ***


CAPITOLO III
 
“Allora?” Mi disse il moro.
“Allora, non ci posso credere che sia lì..” Gli dissi rassegnata.
“Ehi ehi, vieni qua.” Mi disse il riccio avvicinandosi a me.
Mi prese per i fianchi e mi strinse forte a lui.
“Andrà tutto bene ok? Liam è un ragazzo forte, ce la farà..”
A quelle parole scoppiai in lacrime, e strinsi sempre di più quel ragazzo.
“Vado a prenderti un caffè, ti va?” Mi disse dopo un po’.
“Si, grazie mille Harry..” Gli dissi singhiozzando.
Zayn mi prese per un braccio e mi fece sedere di fianco a lui.
“Allora.. Quindi tu e Liam stavate.. Stavate insieme?” Mi chiese timidamente.
“Stavamo, sì..Stavamo” Gli dissi mentre i miei occhi si riempirono nuovamente di lacrime.
Zayn si avvicinò e mi strinse forte.
“Scusami, non volevo davvero! Io non credevo..”
“Oh no Zayn, è tutto ok” Dissi staccandomi dall’abbraccio.
Dopo un po’ arrivò il riccio con un caffè in mano, gentilmente me lo porse.
Poi si inginocchiò davanti a me e guardò Zayn.
I due si sorrisero, e poi mi guardarono.
“Andrà tutto bene, tranquilla..” mi disse Harry.
“Si rimetterà Mad, si rimetterà” concluse il moro.
 
Eravamo tutti seduti sui seggiolini della sala d’attesa, scambiai anche due chiacchiere con gli altri due ragazzi, ma oltre quello nient’altro.
C’era un silenzio pauroso.
Almeno fino a quando la mia suoneria non interruppe tutto quello.
“Si mamma, ciao..” Le dissi svogliatamente.
“Tesoro, vieni subito a casa.” Mi disse lei.
“No, io resto qua mamma.”
“Ma come resti lì? E dove dormirai?” Strillò.
“Non lo so mamma, non lo so dove dormirò. Dormissi anche per strada, voglio stare accanto a Liam, almeno fino a quando non si sveglierà. Dimmi ciò che vuoi ma io indietro non ci torno.”
E tirai giù.
I ragazzi mi fissarono, per alcuni minuti.
“Dormirai da noi..” Mi disse ad un tratto il ragazzo dalla maglia a righe, Louis.
“No, io non voglio disturbar..”
“Tu non disturbi ok? Dormi da noi e non si discute.” Disse ancora il ragazzo dagli occhi blu.
“Allora grazie..” Gli dissi fingendo un piccolissimo sorriso.
 
“DOTTORE!” Gridò Harry vedendolo uscire da una delle tante sale.
L’uomo dal camice bianco si avvicinò piano piano a noi, poi incominciò a parlare.
“Allora ragazzi.. Il vostro amico ha avuto un grave incidente, le sue condizioni sono molto critiche. Noi faremo il possibile..”
Scoppiai in lacrime, quelle parole mi distrussero.
Io senza lui non ce l’avrei mai fatta.
Non ce l’avevo fatta per quattro mesi, figuriamoci per tutta la vita.
“NO, NON E’ POSSIBILE!” Gridai accasciandomi a terra.
“Per ora tutto quello che potete fare e stargli il più vicino possibile. Vi faremo sapere appena sappiamo qualcosa..” Concluse, dopodiché ritornò nel suo ufficio.
Louis e Niall si abbracciarono rassegnati, esausti.
Zayn si accasciò vicino a me e mi strinse forte, le sue lacrime mi bagnarono dolcemente i capelli.
Harry rimase immobile, senza parole.
Nessuno fiatò, fino a quando non si fece l’ora di andare.
“Ragazzi, chi vuole restare?” Domandò Louis.
“Voi non siete tornati da poco dal tour? Andate a riposare, resterò io..” Dissi convinta.
“Grazie Mad, ci vediamo domattina.” Mi disse abbracciandomi Harry.
“Io resto con te.” Disse Zayn prendomi per il braccio.
“Andate ragazzi, davvero io resto qua. Ci sentiamo, buonanotte..”
I ragazzi se ne andarono, ed io e Zayn entrammo in quell’orribile stanza dove Liam era immobile.
Ci accomodammo sulle due sedie, e fissammo quel ragazzo coricato sul letto.
Tutti e due lo conoscevamo bene, da punti di vista diversi, ma lo conoscevamo.
Tutti e due avremmo voluto esprimere quello che stavamo sentendo, ma in quel momento un abbraccio valse molto più di mille parole.
 
“Ti va se vado a prendere qualcosa da mangiare?”
“Perché no. Grazie Zayn..”
“Arrivo subito. Non muoverti.”
“E dove vuoi che vada?” Gli risposi sorridendo.
Uno dei pochi sorrisi che riuscì a strapparmi in quelle ultime ore.
Uscì dalla porta e io rimasi lì con Liam.
Mi alzai, mi avvicinai a lui e gli presi la mano.
Quel contatto, mi era mancato.
Non vederlo più, non sentirlo, era stato straziante.
“Ciao Liam. Ti ricordi ancora di me? Io non ti ho mai dimenticato. Sono passati quattro mesi che a me sono sembrati secoli. Oggi è il tuo compleanno Liam, ma non è un giorno importante solo per te sai? Ti ricordi quel 28 agosto? Avevamo a malapena tre anni. Le nostre mamme si conoscevano, ed io ero venuta da te con mia madre. Ci avevano messi in disparte per giocare, e da quel giorno siamo diventati inseparabili. ‘Amica di pannolino’ ricordi? Tu sei ancora il mio ‘Amico di pannolino’, lo sarai per sempre..”
Mi scese qualche lacrima.
Appoggiai la testa sul suo petto, riuscivo a sentire il suo cuore.
Un battito in grado di farmi emozionare.
 
“Ehi, scusami se ci ho messo tanto ma al bar la coda non finiva più..”
Disse, poi mi guardò e mi vide appoggiata al suo petto.
Allora senza aggiungere altro appoggiò il cibo su una delle sedie, poi si avvicinò a me e mi strinse forte.
Per l’ennesima volta.
Mi sentivo al sicuro tra le sue braccia, come se tutti i problemi fossero finalmente scomparsi.
“Ssh, te l’ho già detto. Si rimetterà. Guardalo, tu forse lo consoci perfino meglio di me. È un ragazzo forte dico bene? Andrà tutto bene.”
Mi voltai verso di lui, verso i suoi profondi occhi nocciola.
Lui si avvicinò con le labbra alla mia fronte e dolcemente me la baciò.
“Grazie Zayn, grazie davvero” gli dissi immersa nelle sue braccia.
“Dai, ora mangiamo qualcosa, poi cerchiamo di dormire.”
“D’accordo..”
Ci accomodammo di nuovo sulle sedie e mangiammo qualcosa, per poi cercare una posizione abbastanza comoda per cercare di dormire.
Zayn chiuse gli occhi, e dopo neanche due minuti cadde nel sonno più profondo.
Io rimasi lì immobile, a fissare quella persona che quasi non riconoscevo più, che non sentivo più mia.
Il silenzio era diventato assordante, il buio aveva inghiottito ogni cosa.
Infastidita dal sonno che non aveva intenzione di rapirmi, mi alzai lentamente dalla sedia, e senza fare rumore uscii dalla stanza.
Andai su un piccolo balconcino lì fuori.
Tirai fuori dalla borsa il mio immancabile pacchetto di Malboro.
Ne accesi una.
Lo so, mi ero ripromessa di smettere. Ma da quando Liam se n’era andato avevo fumato ancora di più.
Era come uno sfogo per me.
Mentre fumavo osservai il meraviglioso spettacolo che si vedeva da quel balconcino.
Londra, mi era mancata così tanto.
L’ultima volta che ci ero venuta ero venuta con lui.
Quel mio lui.
 
[memory]
 
“Vieni, seguimi”
Mi prese per mano e incominciò a camminare veloce.
“Liam! Dove mi stai portando?” Gli dissi esausta.
“Ora vedrai, però prima fermati.. Vieni qua”
Mi tirò verso sé, mi voltò e mi mise qualcosa sugli occhi.
“Liam! Cosa fai?!”
Non sentii più nessuna voce, nessuno mi rispose.
Sentii solo un braccio che mi afferrò, e ricominciò a correre.
 
Le sue labbra si poggiarono dolcemente sulle mie.
I nostri respiri si unirono.
Le farfalle nel mio stomaco iniziarono a danzare allegramente.
Ad un certo punto le nostre labbra si staccarono, e dolcemente mi levò via la bandana.
“Liam ma cos..”
“Ssh.” Mi disse mettendomi un dito sulla bocca.
“Amica di pannolino. Ricordi? Ecco, vorresti essere per sempre, la mia fidanzata di pannolino?”
“Fidanzata di pannolino? Mm.. Mi ispira questa idea. Vieni qua, fidanzato di pannolino.” Gli dissi.
Poi dolcemente lo baciai.
Un bacio pieno di passione, di amore.
“Non lasciarmi mai.”
“Non lo farò, non lo farò.”

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