Lo spartito del Diavolo

di Rakion
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** Visita a Torino ***
Capitolo 5: *** 4.1 ***
Capitolo 6: *** 4.2 ***
Capitolo 7: *** Lo Spartito del Diavolo ***
Capitolo 8: *** Padre ***
Capitolo 9: *** Orrore ***
Capitolo 10: *** Pater Noster ***
Capitolo 11: *** Laura ***
Capitolo 12: *** CNN ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


ROMA, BASILICA DI SAN PIETRO Ore 21.45 L’interno dell’edificio era immerso nell’ombra: poche lampade erano accese lungo le navate ad illuminare l’ambiente circostante. Nonostante le giornate torride che stavano creando parecchi problemi in quei giorni, la temperatura dell’ambiente era piuttosto bassa. Accanto al Baldacchino del Bernini, una figura alta si strinse nelle spalle, mentre un brivido di freddo gli correva lungo la schiena. Il capo era chino, rivolto verso l’enorme scultura: ammirava quell’opera, gli aveva sempre trasmetto un gran fascino, il fascino del potere. Si aggiustò gli occhiali posti sopra al lungo naso aquilino, e sfregò le mani per tentare di riscaldarsi. La Basilica era meravigliosa, e durante il giorno trasmetteva un senso di pace e di sacralità. Ma la notte, almeno secondo Don Drecco, essa si tramutava: Le pareti diventavano fredde, color ghiaccio, le statue e gli immensi quadri appesi alle pareti assumevano colori e tonalità tetre. La luce filtrante dalle grosse finestre, illuminate dai raggi lunari, creavano delle figure spettrali danzanti sopra le enormi pavimentazioni di marmo. Il Cristo in croce, posto dietro al grosso altare, sembrava rimproverarlo con uno sguardo truce: vedeva tutto, scrutava ogni cosa ; nessun angolo lì dentro fuggiva al suo sguardo inquisitore, nessuno. Don Drecco rabbrividì, ma questa volta non per il freddo. Era turbato profondamente, veniva da lontano, e desiderava riferire personalmente ciò che era stato scoperto, pochi giorni prima, all’interno del Suo Santuario. Si era suo, gli era stato affidato trent’anni prima, ed ora era la sua casa, il suo luogo di culto. Non che l’interno fosse particolarmente ricco, ma il luogo ove era situato si trovava in mezzo a un vigneto secolare, circondato da una vasta foresta e da un piccolo cimitero ormai diroccato. L’esterno di quel luogo era, a suo parere, un piccolo paradiso. Se non fosse stato per le rovine di un monastero poste a poche centinaia di metri. Già, quel luogo era un netto stacco, in confronto a tutto il resto. Era marcio, infido e carico di perfidia. Questo era, quantomeno, ciò che l’uomo vedeva in quel luogo. Ne conosceva la storia, le sue urla e le sue perversioni e ogni volta che passava lì vicino, non poteva fare a meno di provare un senso di… ribrezzo e paura. Ma non era questo ciò che preoccupava l’anziano prete. All’interno del suo piccolo gioiello, oltre a qualche sporadico affresco ormai consumato dal tempo, si trovava un organo. Un organo bellissimo, riccamente intarsiato: le canne dello strumento sfioravano la volta, così alte e ceree, sembrava potessero risplendere al buio. Il legno era molto scuro, le venature correvano lungo esso e si intrecciavano creando complessi disegni armoniosi. Lungo le giunture, decorate con ori e smeraldi, una serie di piccolissimi simboli e disegni ornavano il tutto. Mentre ai lati erano raffigurate le immagini, intagliate nel legno, di un uomo che lo suonava. Sul lato sinistro, egli sorrideva e sembrava bearsi della musica che componeva. Ma sull’altro lato, esso appariva triste, quasi terrorizzato e l’intaglio appariva confuso ed emaciato: si scorgevano solo il viso dell’uomo e le mani poste, in maniera convulsa, sui tasti d’avorio. Non aveva mai capito il significato di quella doppia immagine, anche se si era posto varie ipotesi per rispondere al segreto nel corso degli anni. Ma ora, quando ormai il quesito si era quasi del tutto affievolito nell’arco della sua mente, era esploso nuovamente più forte che mai quando… Un rumore lo colse di sorpresa, sobbalzò e trattenne a fatica un gemito portandosi le mani alla bocca. Volse in fretta il capo alle sue spalle e il suo cuore batté più forte. Dinanzi a lui Si ergeva una figura alta, giovane. Sorrideva, me nel suo sorriso non v’era segno di complicità o cortesia. Era semplicemente un sorriso, freddo, come freddi e color ghiaccio erano i suoi occhi. Indossava la consona tunica nera, un colletto bianco e un grosso e tetro cappuccio che gli pendeva dal capo. -Dovete essere voi Don Drecco di Trino, il quale ha richiesto con’urgenza di recarsi al cospetto di Sua Santità, immagino..?- L’anziano uomo, si asciugò il sudore dalla fronte, e cercò di mascherare il senso d’inquietudine che l’aveva colto all’improvviso. Farfugliò –Si, sono io-. Sul volto dell’incappucciato riapparve, con più vigore, quel terribile e gelido sorriso che scosse violentemente da capo a piedi il pover uomo. Venne condotto all’interno degli appartamenti papali, le luci al soffitto erano soffuse e tenui, ma nonostante ciò la sfarzosità dell’ambiente circostante era comunque evidente. Il prete non aveva mai approvato tutta la ricchezza che la chiesa possedeva, ne considerava un lato oscuro. Trasmetteva con fervore la parola di Dio ai suoi fedeli, era tuttavia innegabile come, da quando la potenza della Chiesa era cresciuta a dismisura, gli atti del Signore e degli Apostoli sembravano venir meno di fronte a quell’aria di regalità che aleggiava nel cristianesimo. “Porci incestuosi, malvagi, traviati, vecchi e corrotti!” Ricordava di aver sentito gridare qualcuno, tanto tempo fa. Allora quelle parole l’avevano lasciato sgomento, ferito. Ora però anche lui, almeno in parte, cominciava a credere che quella frase non fosse poi così tanto distante dalla realtà. Dinanzi a lui l’incappucciato procedeva con passo lento ma regolare, quasi con movimenti meccanici. Sembrava un fantoccio e Drecco non poté far a meno di pensare che in lui si nascondesse qualcosa di.. “disumano”. Attraversarono immensi saloni affrescati, lunghi corridoi alle cui pareti erano appese cornici dorate e vasi preziosi; sul terreno un infinito tappeto rosso sangue correva lungo tutto il pavimento, pareva un fiume in piena: avrebbe potuto inghiottire qualcuno in qualsiasi momento. Alla fine, il “manichino” si fermò, dinanzi a lui un’immensa porta di legno bianco: nessuna decorazione, nessun’incisione, nessun punteggio. Una semplice porta di legno bianco massiccio. La sua guida bussò tre volte, e dopo un tempo che parve interminabile essa si aprì cigolando. Drecco si fece avanti, timoroso, e abbassò il capo con rispetto; l’altro lo segui e chiuse immediatamente la porta dietro di se, la serratura cigolò e il buio gli avvolse. Quando gli occhi gli si furono abituati, il prete si guardò attorno: La stanza era bassa, le tende di velluto rosse chiuse, qualche candela brillava qua e là, sparse per tutta la sala. Dinanzi a loro un camino in marmo rosa svettava lungo tutta la parete, mentre un tavolo in ciliegio posava al centro esatto della sala. Proprio a capotavola sedeva, con uno sguardo perso nel vuoto e il viso solcato da profonde rughe, sua Santità. Il torinese si riscosse, chinò il capo in segno di saluto e proruppe – Eminenza- mentre l’alto uomo si accostò alle sue spalle. Il papa gli rivolse un breve cenno del capo e invitò il suo ospite a sedersi con un gesto della mano. Dopo qualche secondo, tutti e tre sedevano al tavolo – Padre, vi presento Don Drecco di Trino, colui che aveva chiesto con una certa urgenza il vostro incontro, per discutere - -Grazie Hermes, credo che possa disporre di sua cortesia le motivazioni che qui lo conducono.- L’incappucciato, che ora aveva finalmente un nome, abbassò il capo in segno di rispetto e rimase in assoluto silenzio. -Credo inoltre, che le tue disposizioni qui siano terminate.- -Ma padre io..- -Suvvia, tutti questi riguardi nei miei confronti non servono ora, puoi andare- il tono gli si era addolcito un poco, tuttavia Hermes si alzò con riluttanza, e sembrò raggiungere con molta difficoltà l’immenso portone bianco. Quando furono soli, sua Santità alzò il capo sbuffando.Mentre assunse una posa più rilassata sulla sedia, intrecciò le mani. –Dunque,caro amico, posso darti del tu? Perdona il mio inserviente che potrebbe essersi comportato in maniera un poco.. scorbutica. E’ tuttavia uno dei ragazzi più brillanti e fedeli che conosca, e prevedo grandi cose per lui, nel prossimo futuro..- Sorrise. -Ma certo, permettetemi invece di dirvi che sono onorato di essere al vostro cospetto, e il vostro operato è..- -Oh via via! Lasciamo da parte questi inutili convenevoli don Drecco, è gia notte fonda e la vostra lettera era.. alquanto oscura e misteriosa. Ho avuto, come ogni giorno d’altronde, una giornata alquanto pesante, e non fosse stato per i vostri toni allarmistici, vi avrei ricevuto con molta più calma e.. magari davanti a un buon bicchiere di vino in condizioni e tempi migliori.. Oh che scortese, gradite qualcosa? Sarete stanco anche voi..- fece per alzarsi, ma il Don lo fermò con un gesto della mano –No no vi ringrazio, non voglio portarvi via più tempo del necessario, mi preme molto potermi liberar del peso che in questo momento mi attanaglia lo stomaco..- Il padrone di casa si fece allora attento, intrecciò le mani e strabuzzò gli occhi, guardando intensamente l’ospite a cui era parsa un’ombra di preoccupazione sul volto. –Ebbene Don Drecco, parlate allora. Nelle vostre lettere leggevo di un organo, il quale conterrebbe una minaccia tanto grande da poter cambiare completamente la vita su questa terra. Non siete stato forse troppo allarmista?- Il prete sospirò, si strofinò gli occhi lentamente poi prese a trafficare in una tasca che portava sotto la tunica. Dopo qualche secondo, ne estrasse un astuccetto da cui, una volta aperto, emerso un foglio di pergamena molto antico. Lo trattò con estrema attenzione, e dopo averlo srotolato per bene, lo passò al diretto interessato. Il santo padre, indossati degli occhialini da vista, prese a esaminarlo con attenzione. Un fremito gli scosse la mano, la fronte si corrugò e delle goccioline di sudore presero a corrergli lungo la fronte, alzò infine lo sguardo e il volto divenne cereo –Dove avete trovato questo…- -E’ stato scoperto durante un’operazione di restauro, con esso è stato rinvenuto anche l’altra pergamena..- Il Papa, visibilmente scioccato, si portò una mano alla bocca, mentre le pupille correvano all’impazzata su e giù attraverso l’antico documento. –Ditemi, vostra eminenza, è dunque vero?I miei timori erano forse fondati? C’è della’altro dietro le rivelazioni di Suor Lucia? I segreti della Madonna a Fatima non furono solo tre, non è così?- L’uomo si riscosse, cercò di non far trasparire le preoccupazioni che in quel momento gli attanagliavano la mente, ma senza evidenti esiti positivi. –Questa.. questa è una faccenda da prendere molto seriamente, dobbiamo agire in fretta. Oltre a lei qualcun altro è a conoscenza di queste pergamene?- Padre Drecco sospirò, e annuì –il ragazzo che ha restaurato l’organo, un certo Michele Basso, ha preso in custodia l’altra pergamena per poterla riesumare e renderla leggibile. Quando è avvenuta la scoperta l’ho lasciato fare, conosco il padre, e non avevo ancora avuto modo di leggere con attenzione il contenuto di quella che le ho portato. Avendo scoperto la gravità della situazione successivamente, ho preferito rivolgermi prima a lei per essere sicuro che..- -Dobbiamo recuperare quel documento immediatamente, e dobbiamo prendere delle misure straordinarie….- Un boato scosse l’aria tutt’attorno, un rombo sordo si sprigionò dalla terra e fece tremolare l’intero edificio. Il Santo padre si portò le mani alle orecchie e si mise ad urlare, le finestre della stanza si frantumarono e le enormi tende di velluto si scostarono rivelando agli occhi dei due uomini la visione della città di Roma. Entrambi pieni di sgomento e confusi guardarono fuori con aria frastornata: Il cielo era scosso da lampi, nuvole nere e basse si addensarono minacciose, mentre una fitta nebbia da nord cominciava ad inghiottire ogni cosa contro cui si scontrasse. Non passò molto tempo prima che, sotto di loro, grida, urla e lamenti iniziassero a diffondersi ovunque. Il papa si strinse il petto con una mano e colto dalla disperazione urlò –Dio perdonaci! E’ troppo tardi dunque!-, l’altro uomo lo osservò con una crescente paura, era caduto a terra e avrebbe voluto alzarsi e fuggire via, ma le sue gambe erano inchiodate a terra, vicino a lui la pergamena sembrava vibrare e brillare nel buio. Drecco non aveva mai avuto paura del maligno, ma in quel momento una scintilla di terrore e consapevolezza gli esplose nel petto, e mentre la porta della stanza cominciava a esser percossa e graffiata dall’esterno, si accasciò a terra e svenne.

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Capitolo 2
*** 1 ***


-Gentili signori e signore, benvenuti a bordo della Airlines Company. Il cielo è sereno e la temperatura sul velivolo è di 23 c°. L’atterraggio è previsto per le 15.45 all’aeroporto di Torino. Si prega di allacciare le cinture di sicurezza e rimanere seduti, il personale di bordo vi indicherà le manovre di fuga in caso di ammaraggio, la partenza è prevista entro 5 minuti...- Andy si guardò attorno, nonostante la bassa temperatura, l’interno dell’aereo sembrava terribilmente caldo. Alzò un braccio e si asciugò alcune gocce di sudore che gli colavano dalla fronte, mentre intorno a lui la gente si zittiva e aspettava impazientemente che le Hostess terminassero le loro noiosissime teorie di salvaguardia in caso di pericolo, “Come se qualcuno, in caso l’aereo precipitasse, si mettesse a trafficare con il salvagente che porta sotto il culo” pensò. Al suo fianco destro sedeva Daiane:, le spalle rilassate contro lo schienale e le gambe accavallate, scrutava con attenzione un volantino sui trasporti della città ove erano diretti. Andy pensò che era terribilmente bella, con quella folta chioma castano rossiccia che le accarezzava le spalle, due occhi verdi che avrebbero fatto invidia persino ad Afrodite, una bocca rossa e carnosa con un piccolo neo sul lato sinistro, lunghe dita affusolate, un seno che in quel momento sembrava terribilmente procace, e due gambe che, come amava definirle George, “avrebbero fatto sbracare perfino una statua”. E probabilmente il suo collega le stava analizzando molto bene anche in quel momento, visto che aveva lo sguardo perennemente basso e allungava il collo verso di lei: come un rapace osserva un topolino a centinaia di metri di altezza. Vestiva con una polo nera e un paio di jeans bermuda, ai piedi calzava delle Nike marroni. Non si poteva dire che fosse un bel ragazzo, ma neppure che fosse brutto, aveva un viso quasi “cavallino” con corti capelli neri, grandi occhi castani e labbra sottili. Non era particolarmente alto, ma aveva un fisico atletico e prestante. Sam, che occupava un posto libero nella fila successiva alla loro, era intento a osservare le persone che si muovevano disordinatamente fuori dal finestrino. Al posto dei capelli c’era una massa informe e cespugliosa castano scura, talmente alta che oscurava la vista frontale di Andy; non prestava particolare attenzione al proprio aspetto: un esempio ne era la folta barba che gli occupava la parte inferiore del viso e una buona parte del collo. Ma non si poteva dire che avesse dei gusti discutibili nell’abbigliamento, anzi vestiva quasi sempre in modo elegante e ordinato. Il carattere era particolarmente strano, ma d’altronde quando mai un chitarrista era sano di mente? Una cosa era però sicura: su di lui si poteva contare, sia dal punto di vista umano, sia in campo medico visto che era a pochi mesi dall’esame finale di laurea, come tutti loro d’altronde. Quella che stavano per intraprendere, era una meritata vacanza “culturale” in Italia, che avevano deciso di affrontare solamente qualche giorno prima. Ma loro erano soliti a organizzare tutto sempre all’ultimo momento, e nonostante ciò, si erano sempre trovati bene. Avevano di fronte due intere settimane per visitare i luoghi più belli e interessanti delle città del Nord di quel paese che, il professor Dawton definiva, “Uno sprazzo di ribellione e trasgressione, per un paese culturalmente affascinante e ricco di storia e di poesia”. Ci sarebbe stato da divertirsi insomma. I primi due giorni gli avrebbero passati in Piemonte, avrebbero poi visitato Milano ed infine il Veneto e la Toscana. Questi, almeno secondo la guida Fischer che Andy reggeva sottobraccio, erano i luoghi più interessanti che dovevano essere assolutamente visitati da un turista con poco tempo a disposizione. Anche se lui, nel profondo del suo cuore, sperava ardentemente che sarebbero riusciti a vedere Roma, anche se, osservando l’itinerario di viaggio, le probabilità erano assai scarse. L’altoparlante si azionò di nuovo, e il capitano ricordò all’equipaggio di spegnere gli apparecchi elettronici, e di mantenere allacciate le cinture di sicurezza finché il segnale video posto sul retro di ciascun sedile, non avesse smesso di lampeggiare. Daiane cominciò a fremere eccitata sul sedile, i seni che le cominciarono a “ballonzolare” a destra e sinistra per la gioia del passeggero che le sedeva affianco, mentre un largo sorriso le si allargava lungo il viso –Oddio oddio oddio, finalmente si parte! Georgy passami l’acqua per favore, si muore qua dentro!- L’abitacolo fu scosso da un tremito, e l’aereo decollò; fuori le persone si facevano sempre più piccole, e l’aeroporto di Stansted si trasformava in un lontano ricordo. ************************* Atterrarono con mezz’ora di ritardo, il pilota aveva dovuto allungare un poco il tragitto per colpa di’un improvvisa tempesta che si era manifestata nella parte meridionale della Francia. Sam uscì per primo, seguito a ruota da un’eccitatissima Daiane, che appariva come una quattordicenne a cui i genitori permettono di andare a una discoteca dopo la mezzanotte. Fuori faceva terribilmente caldo, peggio di quel che Andy pensava. Imprecò qualche parola fra sé e sé, mentre percorreva, zaino in spalla, il piccolo pezzo di strada che lo separava dagli autobus che lo avrebbero condotto all’interno del “Turin Airport”. -Cazzo che caldo,ma come fanno a vivere in un posto così? Ho le palle che mi vanno a fuoco- si lamentò George, e la rossa cominciò a squadrarlo da capo a piedi –Il solito cafone- disse con una strizza di disprezzo. -Beh, potremmo fare una doccia rinfrescante insieme quando arriviamo..- rimandò lui, maliziosamente. Questa volta fu Sam a voltarsi – Al solito voi due.. invece di litigare perché non cerchiamo di capire come diavolo funziona questo stabilimento? Mi avevano avvertito che qui sarebbe stato tutto un casino..E poi Georgy, Mike ci aspetta in Hotel, e sai che lui non ama che vengano fatti apprezzamenti alla signorina qui presente..- La ragazza mostrò la linguaccia al simpaticone, lui si leccò le labbra di rimando e le fece l’occhiolino. Mike era il ragazzo di Daiane, era italiano ma aveva conosciuto tutti quanti due anni prima, poiché aveva deciso di ultimare gli studi in Inghilterra. Fra lui e lei era stato amore a prima vista, l’aveva avvicinato al gruppo Charlotte,un’amica della compagnia, che frequentava il suo stesso corso. E dopo una serata di bevute, forse un po’ troppe bevute, i due avevano fatto presto amicizia e si erano imboscati nel sottoscala dell’appartamento di Sam. Il suo ragazzo era.. beh il classico italiano figo probabilmente: alto, capelli corti e neri, occhi azzurri con carnagione scura e folte sopracciglia, fisico scolpito e la passione per le moto. “Più che passione era ossessione omicida”pensava Andy. Questo perché il ragazzo non ci andava leggero con l’acceleratore: una volta si era azzardato a salire con lui su un normalissimo scooter, ed era perfino finito a pisciarsi addosso quando, durante un sorpasso in curva, si era visto arrivare a tutta velocità un TIR di almeno tre tonnellate. Non osava immaginare cos’avrebbe potuto combinare con una superbike da corsa…

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Capitolo 3
*** 2 ***


Qualche minuto più tardi, finalmente riuscirono a trovare la corsia dove sarebbero arrivate le loro valigie e si misero in attesa. Aspettando, cominciarono a guardarsi attorno: Una bambina urlava e stringeva i pantaloni del padre, voleva il suo orsacchiotto che si trovava nella valigia . Un’anziana coppia invece, se ne stava in disparte con aria smarrita, cercando di leggere una cartina enorme che erano costretti a reggere entrambi. L’attenzione di Andy però si fermò su un uomo alto, vestito con un giaccone nero e un paio di occhiali scuri, completamente calvo e con le braccia conserte. Forse attendeva qualcuno appoggiato al muro, e si guardava intorno con circospezione. Si domandò come facesse, con quel caldo insopportabile, a indossare quel tipo di indumento. Gli altoparlanti interni emettevano un debole “frrzzz” mentre dei televisori presenti nella sala, ne funzionavano solamente due su cinque. In fondo, due guardie sbarravano l’uscita e controllavano tutti i documenti degli ex passeggeri. Impressionanti erano i mitra che erano legati alla cintola, grossi e lucidi: gli recavano un senso di grottesca perversione, sembravano chiamarlo, e nella sua testa si formò una cantilena “Hey piccolo guardaci bene, vieni a provarci su! Non vuoi? Perché non spacchiamo qualche testa insieme? Solo per gioco, su piccolo vieni a trovarci, siamo carichi e vogliosi..” Scosse violentemente la testa, scacciando quel pensiero. Il caldo gli stava giocando brutti scherzi evidentemente. Finalmente il rullo si attivò, e le borse più disparate cominciarono a uscire dai grossi bocchettoni posizionati lungo le pareti. George prese la sua, ma si accorse che in realtà apparteneva a una donna di mezza età, che gliela strappò di mano e se ne andò senza dire nulla. Lui arrossì, ma restò ugualmente a guardarle il sedere. Tutti presero le rispettive valigie, ad eccezione dell’anziana coppia che,non vedendosi arrivare più i bagagli, era scoppiata nel panico. -Oooh poverini.. forse dovremmo aiutarli- tentò Daiane, ma l’idea rimase lì a vorticare sulle loro spalle mentre, lentamente, si avviavano all’uscita e i mitra sembravano sempre più vicini e insistenti. Una volta fuori, lo sguardo rattristito della ragazza, si accese improvvisamente di meraviglia e stupore –Mike! Oh sei venuto a prenderci!- e gli si gettò fra le braccia non lasciandogli il tempo di proferir parola, e donandogli un lungo bacio appassionato. Andy sentì, anche se per un solo istante, una morsa attraversargli lo stomaco. Si concentrò all’istante sulla moto che era affianco ai due ragazzi. Una bestia che recava il nome “Ducati” di colore giallo. “Eccolo, adesso si ammazza” pensò. Quando finalmente i due ragazzi si staccarono, Mike avanzò per salutare tutti –Hello! Come state signori? Fatto buon viaggio? E’ un piacere vedervi!- gli strinsero tutti quanti la mano – Ma è tua questa bella bestiolina? Hai due belle bimbe insomma adesso!- -Il solito eh Georgy? Si, è un acquisto recente.. corre un po’ troppo forse, ma mi ci trovo benissimo!- accarezzò il serbatoio con fare paterno, e poi spostò lo sguardo su gli altri due –c’è un furgone che vi porterà in Hotel qui accanto, sarete stanchi ed è meglio partire subito, così poi posso portarvi a visitare la città! Piccola vieni con me in moto?- Non terminò la frase che la sua ragazza era già in sella: il corto vestitino lasciò intravedere le mutandine, e i tre che si affrettarono ad alzare lo sguardo. Sgommò via, letteralmente, non passarono nemmeno cinque secondi che già erano scomparsi alla loro vista. Sam scosse il capo –Per me quei due si ammazzano..- rimasero tutti zitti , come in un tacito accordo, mentre attorno era tutto uno sferragliare di auto e aerei. Il furgone era a pochi metri di distanza da loro, l’autista era un certo Domenico, si rivelò un personaggio simpatico, anche se masticava molto poco l’inglese: passarono più tempo a cercare di decifrare quello che chiedeva loro, più che a far conversazione. Tanto che uno di loro gli disse, scherzosamente “Ce l’hanno descritto tutti quanti come un paese di Mafiosi, puttane e tamarri col culo di fuori”. Dopo un momento di panico, scoppiarono tutti a ridere mentre, l’autista continuava ad annuire e a sorridere: era chiaro che non aveva capito una sola parola di quello che gli stavano dicendo. Torino era caotica, Andy pensava che fosse difficile trovare una città più incasinata di Londra, ma evidentemente non era così. Sapeva che la guida degli italiani era particolare, ma non immaginava che fosse così particolare, inoltre il fatto del cambio di corsia gli recava un intenso senso di paura, e ci mise più di qualche minuto nel non sussultare a ogni curva per rendersi contro che erano giusti e non contromano. La città era circondata da alte montagne, uno spettacolo per un inglese abituato alle vaste campagne e colline, e l’interno si alternava a grossi palazzoni, non molto alti a dir la verità, a case piccole e basse. Ebbero subito modo di vedere chiese, ce n’erano tante, tutte spettacolari. Molte botteghe, più che grandi catene di negozi e grandi parchi verdi. L’hotel era situato in centro, a poche centinaia di metri si stendeva l’imponente Palazzo Madama, mentre di fronte all’edificio si stagliava piazza San Carlo con la sua “Caval ed Brons”. L’interno dell’albergo era sfarzoso: un grosso lampadario di cristallo pendeva sopra le loro teste, mentre attorno a loro le pareti sorreggevano quadri rinascimentali ad olio, e grosse colonne barocche. La reception era circondata da un banco in legno massiccio. La donna di servizio disse di accomodarsi consegnando la chiave, li informò che la loro amica non era ancora arrivata. -Wow che lusso! Abbiamo un culo che paghi tutto Mike eh? D’altronde se è il figlio..- George venne interrotto da Sam – Taci! Non devi mica urlarlo al mondo intero! Non è prudente fare nomi qui, lo sai..- L’amico sbuffò e alzò gli occhi al cielo. Poi i tre presero a incamminarsi verso l’ascensore, la loro stanza era al quarto piano, di fronte alla piazza. Mentre le porte si chiudevano, Andy scrutò la porta d’ingresso, e non potè fare a meno di pensare a Daiane: lo stomaco riprese a contorcersi.

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Capitolo 4
*** Visita a Torino ***


Andy si stropicciò gli occhi, un raggio di sole filtrante dalla finestra lo aveva svegliato poco prima. Era rimasto tuttavia a letto a fissare il soffitto, i suoi compagni di stanza ancora russavano. Quando finalmente anche Sam si alzò, lui seguì il suo esempio e, con mota fatica, scostò le lenzuola e si stiracchiò per bene. Mentre il suo compagno si avviava al bagno, spalancò le imposte della finestra e prese a mirare il panorama. Era una giornata calda, d’altronde era ormai quasi estate, ma il clima inglese in quel periodo era ancora al di sotto dei 15 gradi, li invece già di primo mattino si poteva sentire la potenza dei raggi solari. Era tuttavia un tepore ancora piacevole, di sicuro sarebbe cominciato a divenire insopportabile con l’attardarsi della giornata. Il cielo era privo di nuvole, e sotto si estendeva la grande pazza della città, gia affollatissima di persone e mezzi di trasporto. Richiusa la finestra, mosse lo sguardo lungo le pareti bianche della sala, e sorpassò con lo sguardo l’enorme televisore a LED che era posto al centro della grande stanza: Vi erano tre letti singoli, di cui uno occupato ancora da George che russava timidamente, mentre una riga di saliva gi correva lungo tutta la guancia sinistra; La grande tv appesa sulla parete di fronte, un specchio dalla parte opposta, alto almeno due metri incorniciato da un legno rugoso e dorato e un grande quadro, di epoca rinascimentale, posto alle spalle dei letti che correva lungo tutta la stanza. Vi erano altre quattro stanze oltre a questa: la camera da letto di Daiane, con un letto matrimoniale, un salottino comprensivo di cucina e due bagni. Nel petto di Andy il cuore prese a sussultare “Già, Daiane.. chissà se è tornata”, si avvicinò di soppiatto alla porta della sua camera e vi poggiò l’orecchio. -Si è tornata, e non è sola, guarda li- la voce di Sam lo fece sobbalzare, giratosi di scatto notò che gli stava indicando un borsetta e un casco abbandonati sul divano. Sbuffò e si diresse verso il bagno, dalla sua stanza provenne la voce di George – Ohi, vedi di non metterci mezz’ora come al tuo solito!- -simpatico!- gli rispose. Una volta uscito salutò Mike che era intento a a picchiettare sullo schermo del suo smartphone seduto sul divano, mentre Daiane cercava di capire come funzionava la moka del caffè. Non poté fare a meno di soffermarsi sulla sua figura: due gambe bellissime e un vestitino rosa cortissimo, che le arrivava appena sotto le cosce e lasciava intravedere i glutei e gli slip, una spallina era, come al solito, scivolata via dalla spalla mentre si notava benissimo che non portava il reggiseno e i capezzoli le premevano contro il tessuto. Dopo averla ammirata per qualche secondo si costrinse a distogliere lo sguardo, anche a causa del gonfiore che cominciava ad accrescergli nei boxer. Aprì il frigo, si versò un bicchiere di succo d’arancia e si sedette a tavola. -Allora dove siete stati voi due piccioncini ieri sera?- domandò, cercando di essere il più naturale possibile, le guancie di Daiane arrossirono e un sorriso le si formò lungo il viso –Oh mi ha fatto fare un giro notturno per Torino, è bellissima mi è veramente piaciuta molto..- il discorso terminò lì, mentre nel petto di Andy la morsa tornava più forte di prima. –Baah sapete che a noi interessano i particolari notturni, piccioncini- proruppe maliziosamente George, sedutosi a tavola di sua volta. –Diamine Georgy, ma una morosa non te la sei ancora trovata? Sei ancora fermo alla tua fedelissima Molly?- lo canzonò Mike – Oh altroché, se l’è messa pure in valigia, avresti dovuto vedere la faccia di una guardia femminile all’aeroporto mentre gliela controllavano- scherzò Sam. -Parlando di cose serie invece, oggi cosa ci porta a vedere il nostro passionale amico italiano?- staccato lo sguardo dal telefono rispose –beh, ci sarebbe palazzo Madama, il classico giro in centro, il castello di Mirandolo..- Passarono il pomeriggio a camminare, visitarono diversi luoghi antichi e la ragazza del gruppetto prese a fotografare qualsiasi cosa: a Andy ricordò le lunghe comitive di turisti giapponesi che affollavano Londra e che tenevano costantemente l’occhio incollato alle loro costosissime reflex. Visitarono il castello di Mirandolo, George ascoltò la guida con molta attenzione e prese diversi appunti, rivelò agli altri che sarebbe stato un argomento molto interessante per la sua tesi di laurea. Rimasero colpiti in particolare dalle leggende che aleggiavano sul castello, Daiane si immedesimò talmente tanto che quando arrivò il momento di visitare i sotterranei, disse ai ragazzi che li avrebbe aspettati all’uscita per la paura. Andy rimase particolarmente colpito dall’armeria, sentiva nuovamente quello strano e occulto richiamo: le spade e le lancie lo chiamavano, gli gridavano battaglia, desideravano bere ancora e lui, in qualche strano modo, riusciva a sentirlo. Questo sentimento perverso cominciò a preoccuparlo, si chiese se in lui qualcosa cominciasse a non funzionare bene, si sentiva perfino eccitato al solo pensiero di impugnare una mazza e spaccare il cranio a.. scosse la testa per scacciare i pensieri, decise così di uscire per fare compagnia all’amica. La raggiunse sotto un antico portico, era intenta a osservare il panorama, aveva uno sguardo sognante e la paura sembrava averla già abbandonata. Al ragazzo prese una stretta al petto, e le armi smisero definitivamente di chiamarlo. Le toccò una spalla, un gridolino le proruppe dalla bocca e si voltò di scatto, il seno sobbalzò violentemente, mentre una mano le era immediatamente corsa alla bocca. –Scusami non volevo spaventarti.- -Accidenti! Mi hai fatto prendere un colpo! Uff.. come mai sei uscito anche tu?- -Mi annoiavo.. e poi, detta sinceramente fra noi, non capivo una parola di quello che diceva la guida, sembrava un’anatra che starnazza qualche parola in inglese.. – lei sorrise -Che cattivo che sei! Sai mi sono già innamorata di questo posto, non vorrei andare mai via..- -Ma siamo qui solo da due giorni Daiane!- Andy proruppe una risata, la guardò negli occhi, per un momento gli sembrò di perdercisi dentro, voleva baciarla. Il vento le accarezzava i capelli, il suo sorriso sembrava splendere come un diamante, la tentazione era molto forte. -Beh ti sei imbambolato? Sei un po’ strano da qualche giorno a questa parte sai, mi sembri diverso.. Dov’è finito il mio migliore amico?- Già, il suo fedele amico, quello che la consolava sempre, che si sorbiva le manfrine quando litigava con Mike, quello che le accarezzava i capelli quando le lacrime le raggiungevano le guancie.. -Io? Strano? Naaaah! Ti sbagli, è il caldo, mi ci devo ancora abituare sai..- Le comparve un lieve sorriso, non rispose. Il silenzio calò fra i due, e entrambi cominciarono a sentirsi a disagio. Un colpo di follia lo colse inflagrante, le prese la mano –Daiane ascolta io..- -Hey! Non vorrai fregarmi la ragazza vero?!?- La voce di Mike proruppe con la potenza di una campana alle loro spalle, Andy colto di sorpresa le lasciò subito la mano e cominciò immediatamente a sudare. -Avete già finto il tour?- -Beh dopo due ore, direi che fortunatamente abbiamo finito, solo Georgy sarebbe rimasto là dentro ancora, non avrei mai pensato che ci sarebbe stato qualcosa che avrebbe stimolato la sua curiosità al di fuori delle donzelle.- Sam sospirò –A dir la verità ha guardato il culo tutto il tempo alla guida..- Risero tutti, cominciarono ad incamminarsi all’uscita e concordarono tutti sul fatto che fosse ora di pranzo. Daiane prese d parte Andy, mentre il gruppo procedeva e le si avvicinò all’orecchio –Cosa volevi dirmi prima?- Una nota curiosa scaturiva dalla sua voce, le rispose –che avevi un ragnetto sulla spalla..- -AAAAAAAAAH!-

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Capitolo 5
*** 4.1 ***


Tornarono la sera tardi, dopo aver visitato altri due musei, fatto un po’ di shopping (erano stati trascinati all’interno di tutti i Gucci, Versace, Armani e compagnia..) mangiato e bevuto in un pub appena fuori città. I piedi dolevano a tutti quanti e, prima di darsi la buona notte, si sedettero tutti quanto al tavolo della cucina per decidere cosa combinare il giorno seguente. C’erano ancora molti posti da visitare, e discussero a lungo sul programma da effettuare l’indomani. A un certo punto a Mike si illuminarono gli occhi –Beh altrimenti potrei farvi vedere il mio piccolo laboratorio, sto lavorando a un progetto molto interessante: Sapete la settimana scorsa mi è stato commissionato il restauro di alcuni documenti, molto antichi, rinvenuti all’interno di un organetto sito in un santuario poco distante da Torino. Ci ho lavorato a lungo e… ho trovato degli scritti e informazioni molto interessanti e misteriosi!- George e Daiane si fecero subito attenti, Sam si portò alla bocca la sua tazza di thè e ne bevve un lungo sorso. -Che tipo di scritti!? Sono molto antichi?-la passione espressa in quelle parole dallo studente dal viso cavallino colpì Andy: per lui era incredibile che un tale individuo avesse la capacità di trasfigurarsi tanto appena venivano menzionati antiche opere e artefatti. Sorrise, aveva optato per la giusta strada, di sicuro avrebbe presto sentito parlar di lui una volta entrato nel mondo del lavoro. L’altro, posata la tazza, espresse la propria opinione: -ragazzi, dopodomani dobbiamo partire, abbiamo visto poco dopotutto. Contavo di vedere qualche altra bellezza della città. Dopotutto c’è ancora palazzo Madama da vedere..- La ragazza sbuffò –Daiiiiii Sammy! Ne ho già avute abbastanza di visitare musei su musei..- George le lanciò un’occhiata truce di disapprovazione -Potrebbe essere interessante ragazzi! E poi avremmo la possibilità di vedere anche la campagna piemontese, giusto amore?- Afferrò la mano al suo compagno che l’accarezzò dolcemente. Qualcosa si contorse nello stomaco di Andy, si costrinse così a distogliere lo sguardo -Beh potremmo visitare il palazzo domattina, e il pomeriggio potremmo anche fare un giretto- -Si certo, conta che il mio studio si trova a pochi km da qui, non ci vorranno più di due orette fra andata e ritorno..- Avevano attraversato diversi paesini prima di giungere a Crescentino, ove l’amico aveva lo studio personale. Era stato un viaggio, tutto sommato, rilassante. Si erano finalmente potuti sedere in auto e mettersi tranquilli, e scorgere le bellezze del bel paese. Il paesaggio Italiano era molto diverso da quello inglese: L’aria, gli alberi e la campagna stessa sembravano infondere sensazioni contrastanti rispetto ai luoghi ove loro erano abituati a vivere. Tutti capirono come mai l’Italia era un paese così ammirato e visitato, erano curiosi di vedere anche le altre regioni. Gli era stato detto che una delle principali caratteristiche della nazione era quella di presentare ambienti molto diversi fra loro, a seconda delle regioni visitate. Arrivarono che ancora il sole splendeva alto nel cielo, ai loro occhi si presentò, immersa nella campagna, un grande villa. Ci arrivarono tramite una stradina sterrata, circondata da alti pini e da verdi prati, sul fondo si intravedeva un imponente cancello in ferro battuto, alto parecchi metri, al cui termine svettavano degli imponenti aculei dorati. L’interno comprendeva una grande cascina in legno, delle stalle e un lungo edificio di chiare origini barocche che si estendeva su una grande corte a U con ali laterali più basse, un tempo adibite probabilmente alle servitù, e una piccola cappella privata. La villa si ergeva su due piani, aveva una colorazione marrone chiara, quasi beje. Al centro svettavano tre imponenti vetrate e una graziosa fontana in marmo bianco. Gli occhi del compagno brillarono d’interesse, seguì un emozionato “wow” che catturò l’attenzione del residente -Vivi qui? Ma è meraviglioso!- -A dir la verità questa è una delle residenze estive..- Prima che potesse ribattere qualcosa, Sam tirò un calcio all’amico zittendolo, sicuramente sarebbero scaturite altrimenti battutine inadatte: dopotutto George era sempre George. Scesero in un cortiletto laterale, mentre l’autista sparì dietro l’edificio, l’amico fece strada accompagnandoli nella vicina cascina -Amore, non possiamo vedere casa tua?- -Al momento non sarebbe opportuno, mio padre sta intrattenendo degli ospiti speciali..- Liquidò con un gesto la conversazione -ma se desiderate qualcosa non vi preoccupate, ho qui tutto il necessario. Sapete a volte sono così preso dal lavoro che mi capita spesso di passare la notte qui dentro.- Arrivati a un’imponente porta in legno massiccio Mike estrasse dalla tasca delle chiavi e aprì un grosso lucchetto. Aperta la porta di “casa” fece loro cenno di entrare e poi si chiuse la porta alle spalle. L’ambiente era caldo e accogliente, una volta accesa la luce, poterono ammirare decine di oggetti sparsi sulle pareti e per la sala che loro si presentava: Vi erano macchine da scrivere antiche, cucitrici, quadri rinascimentali, strumenti di natura indefinita, maschere di probabili origini orientali e africane.. Nonostante l’esterno della cascina lasciasse a desiderare, l’interno era ben tenuto e pulito. Daiane si soffermò su alcune maschere veneziane, mentre le passava in rassegna seguivano dei gridolini di stupore e compiacimento. George sembrava in preda a una folle agitazione: prese a camminare nervoso per tutta la stanza, strabuzzando gli occhi e facendoli roteare a destra e sinistra. Sam lanciò ad Andy un’occhiata perplessa, l’altro non potè fare a meno di alzare le spalle e seguire l’italiano, che nel frattempo aveva aperto finestre e versato della coca cola a ciascuno di loro. Li fece accomodare su delle poltrone in pelle bianca e poi scomparve per qualche minuto. Ricomparve con una grande cartellina marrone, che appoggiò sopra un tavolino in vetro. Prese a trafficare poi con dei fogli, e mostrò a tutti alcune fotografie -Ecco, queste sono le fotografie dell’organetto di cui vi parlavo. Come potete notare sono riuscito a far risaltare queste incisioni e a ricostruire alcuni pezzi che si erano staccati.- Posò sul tavolo due file di immagini: a destra il lavoro compiuto dopo il restauro; a sinistra com’era ridotto il povero strumento prima che i lavori venissero svolti. -Complimenti davvero! Hai svolto un ottimo lavoro! Non pensavo che si potesse far tornare questi oggetti agli antichi splendori in questa maniera.- proruppe Sam -beh a dir la verità, vi sono delle metodologie e dei procedimenti molto complessi per arrivare ad ottenere dei simili risultati. E’ stato più difficile del previsto, probabilmente uno dei lavori che mi hanno messo più in difficoltà in assoluto. Ma alla fine ne sono rimasto compiaciuto anche io.- Cominciò loro a spiegare tutti i procedimenti che aveva svolto nel corso della restaurazione. Trovarono l’argomento molto interessante. I minuti passarono, e il sole iniziò a calare velocemente verso lo Zenit, l’interno della sala prese a creare delle forme molto particolari e grottesche. Le maschere che erano appese ai muri sembrarono cominciare a danzare via via che l’oscurità prendeva il sopravvento. L’ambiente, in quel momento, non sembrò più poi tanto rassicurante. Andy si cominciò a sentire osservato, non aveva mai avuto una particolare simpatia per quei visi spenti e dalle espressioni contorte. Un brivido gli corse lungo la schiena, prese il suo bicchiere di coca cola e trangugiò la bevanda in un solo sorso. -..Beh ecco questo è invece uno degli elementi più interessanti dell’intera vicenda. Vedete, mentre mi apprestavo a pulire questa incisione laterale- mostrò loro l’immagine di un monaco che, con aria terrorizzata, sembrava non riuscire a staccare le mani dai tasti in avorio dello strumento. -ho scoperto un piccolo meccanismo di rotazione, ai lati della figura, che mi hanno permesso di sbloccare un vano segreto posto al di sopra della tastiera.- Mostrò loro un’altra foto -E ciò che vi ho trovato all’interno ha davvero dell’incredibile.. Estrasse dalla cartellina un foglio giallo e raggrinzito, lo aprì con delicatezza e lo mostrò per primo alla sua compagna. -Uno spartito!- *NOTA DELL'AUTORE! Ciao a tutti, sfortunatamente ho dei problemi con l'html. Non sono un grande esperto di pc, se avete difficoltà a leggere la storia vi invito a visionarla a quest'indirizzo, Grazie! http://www.manga.it/fanfic/view.php?c=139093

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Capitolo 6
*** 4.2 ***


-Esattamente, l’ho mostrato a una fidata collega, esperta in musica antica.- La ragazza lo squadrò -Una collega?- Le prese la mano e gliel’accarezzò -Una befana con un nasone enorme e gli occhietti piccolini, a dir la verità- Sorrisero entrambi e la tensione salita poco prima a Daiane scomparve nel nulla -Dicevo, l’ho mostrato qualche giorno fa, prima che riuscissi a restauralo, era illeggibile. Sono riuscito, tramite un complicato processo di riesumazione, a definire i contorni delle note e a renderlo nuovamente chiaro, ma il risultato è sorprendente. Come potete vedere..-. -E’ un pentagramma palindromo!- -Esatto amore, la mia collega era riuscita a capirlo fin da subito. Ciò è straordinario per l’epoca in cui è stato scritto. Le conoscenze musicali per creare una melodia del genere devono essere enormi. Chiunque l’abbia composto doveva essere un genio: la musicalità grave dei primi tre accordi di apertura del brano potrebbero essere le note di chiusura dello stesso in quanto si tratta della tipologia di sonorità normalmente utilizzata al fine di chiusura di uno spartito. Voi siete i primi a poterlo ammirare nella sua interezza.- La compagnia si strinse attorno al foglio ingiallito, Sam si soffermò a studiarlo per alcuni secondi -L’hai mai suonato?- -Oh no, non ne ho le capacità. Non so nemmeno leggerlo, se per questo. E nemmeno ci vorrei provare a di la verità..- George lo scrutò con attenzione -Che intendi dire?- -Beh. Non è stato ritrovato solo questo documento. Guardate: sull’altro lato dell’organetto vi è un’altra incisione. Questa, al contrario dell’altra è molto più rassicurante come potete notare. Così, ho immaginato che anche quella figura, come l’altra, avesse un particolare meccanismo d’apertura.. e così è stato. Ho dovuto trafficare un poco, i meccanismi in questo lato erano arrugginiti e non funzionavano bene, ma alla fine ce l’ho fatta. Nascosto alla base della canna del MI grave, dietro a un piccolo sportellino sbloccatosi, è comparsa una pergamena. Al contrario dello spartito, essa era in buone condizione e le parole erano ancora ben leggibili. Purtroppo non la posseggo personalmente, l’ha presa in custodia il prete del santuario ove ho effettuato i lavori. E’ scritta interamente in latino, ammetto di non essere molto efferato con quest’antica lingua e sono riuscito a tradurre solo qualche parola. Così ho lasciato perdere e l’ho data al prete, che era molto curioso di leggerne il suo contenuto. Era ormai tardi e così sono tornato qui portando con me lo spartito, mentre Don Drecco, questo è il suo nome, si è ritirato in preghiera. Mi aveva assicurato che avrebbe letto il testo di quel foglio appena tornato a casa.- Il silenzio aleggiò fra il piccolo gruppo. L’interesse era alle stelle, tutti aspettarono che il ragazzo procedesse. Alcune ombre presero a danzare sul viso del giovane restauratore, mentre all’esterno i grilli cominciavano a cantare e la luna si faceva sempre più vivida e alta nel cielo. -Fui svegliato all’improvviso, nel corso della notte, da una telefonata: era Don Drecco, pareva molto spaventato. La sua voce era incrinata e affannosa. Mi disse di tenere nascosto e segreto il documento che avevamo ritrovato nell’organetto. Di non suonare assolutamente la melodia in esso contenuta e di non parlarne con nessuno. Le conseguenze sarebbero potute essere catastrofiche. Vi assicuro di essere rimasto parecchio turbato da quella telefonata. Conosco quell’uomo e so che non perderebbe mai la calma molto facilmente.- Uno scricchiolio proveniente dal soffitto fece balzare tutti quanti in piedi -Oh scusate, questo posto è pieno zeppo di rumori, ormai ci sono abituato- Sorrise divertito. Ritornarono tuti quanti a sedere -E non ti ha detto nient’altro? Mi riesce alquanto difficile pensare che tu non abbia chiesto spiegazioni- proruppe Sam -Beh.. in effetti gli ho posto qualche domanda. E’ rimasto molto sul vago a dirla tutta. Però ho fatto qualche collegamento con quel poco che ero riuscito a leggere di quel documento: parrebbe che sia una sorta di evocazione, un inno al maligno. Non ho ben capito come funzioni a dir la verità, sicuramente la natura palindroma del pentagramma centra qualcosa.- -Beh perché non lo suoniamo?- La domanda di Daiane lo colse di sorpresa -Ma non eri la fifona tu?- la canzonò -Ma non crederai sul serio a questa storia vero?- -No, non ci credo. Mi rende però sospetto il fatto che il vecchio se ne sia partito in tutta fretta verso Roma.- George scalpicciò eccitato –Ciò significa che non c’è in questo momento al santuario?- -No, in effetti non c’è nessuno..- -E tu hai le chiavi immagino!- Mike si morse il labbro, lo sguardo divenne inquieto. Lasciò la mano della compagna e intrecciò le proprie dita. Si abbandonò infine allo schienale della poltrona -Ho capito dove vuoi arrivare, non credo sia una buona idea..- -Hahaa! Allora le hai le chiavi! Lo immaginavo! Dai Miky per favore! Sarebbe un capolavoro questa storia per la mia tesi! Permettimi di vedere quest’organetto!- Anche Andy approvò l’idea, era curioso dopotutto di toccare con mano quel misterioso e affascinante strumento. Daiane scatto eccitata sulle ginocchia del moroso, gli accarezzò il viso e gli diede un bacino sul collo -daiiiii… Sarà interessante. Da quant’è che non facciamo una cavolata tutti quanti assieme?- -beh io.. Io non credo veramente che sia..- -Assolutamente no ragazzi, domattina dobbiamo alzarci presto ed è già molto tardi. L’idea di entrare in un luogo sacro di soppiato non mi va assolutamente a genio.- Le parole di Sam spensero l’entusiasmo di tutti. Come al solito si era rivelato l’elemento più ferreo e maturo del gruppo. A volte sembrava il fratello maggiore di turno. -Ma abbiamo le chiavi! E daremo solo un’occhiatina ti prego!- lo pregarono gli altri due -Avete le fotografie a disposizione, giusto Mike? Che altro vi serve guardare?- La ragazza si immusonì all’istante, si stacco dalle braccia dell’amato e incrociò le braccia -Cos’è? Ve la fate addosso? Da quando siete così fifoni voi due? Una volta non vi sareste mai tirati indietro..- -Ascoltami piccola, il tempo delle cavolate è fino ormai. Lo sai quei tempi se ne sono andati.- Calò nuovamente il silenzio. Andy si grattò la barba e si ricordò che si sarebbe dovuto radere al più presto. L’idea di dover tornare a Torino gli dispiaceva. In fondo anche a lui avrebbe fatto piacere passare una serata un po’ vecchio stile. L’amico riccioluto sospirò, si schiarì la voce -Ho una brutta sensazione ragazzi, sul serio. L’istinto mi dice che dovremmo semplicemente tornarcene in albergo. Mike?- I due si fissarono a lungo, mentre il silenzio aleggiava nella stanza, le ombre presero a danzare sempre più in fretta sulle pareti. Le maschere li fissavano intensamente. Parevano ascoltare. Un brivido di eccitazione corse lungo la schiena di Andy, cominciava a sentire che c’era qualcosa di completamente sbagliato in quella vicenda. Che non avrebbero dovuto mettere piede in quel luogo. Ma l’eccitazione era talmente forte da sovrastare la paura. Cercò di tranquillizzarsi e scacciare la suggestione che si era impadronita di lui -E va bene, per me possiamo andare. Un’occhiata veloce però..- I tre desiderosi di partire esplosero in mugolii di gioia, ma il volto di Sam si oscurò. -Se vuoi puoi rimanere qui Sam, se non te la senti di venire..- -No, verrò con voi. Ma rimarrò all’esterno, non voglio assolutamente violare un luogo sacro in questo modo. Basta che non vi fermiate per più di dieci minuti. Un’occhiata veloce e poi andiamo d’accordo?- Gli altri annuirono e poi si alzarono dai divani. Il proprietario di casa cominciò a chiudere imposte e finestre e spegnere le luci, gli altri cominciarono a uscire. Per un momento Daiane rimase da sola nella stanza, mentre raccoglieva alcune cose nella borsa ed aspettava il compagno, le cadde l’occhio sullo spartito. Fu colta da una strana sensazione. Le dita cominciarono a muoversi da sole. Cominciò a leggere le note, se ne sentì quasi ipnotizzata. La mente le corse, in quel momento, al saggio di pianoforte che aveva tenuto qualche anno prima alla sua vecchia scuola. Ricordava il piccolo palco posto nel teatrino, ricordava sua madre che la guardava e le sorrideva, ricordava la professoressa Hamilton rassicurarla ed applaudirla assieme al pubblico alla conclusione del brano di Chopin che aveva faticosamente imparato. Agì quasi senza pensare, con delicatezza chiuse la pergamena e la ripose in una tasca della borsa.

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Capitolo 7
*** Lo Spartito del Diavolo ***


Arrivarono nei pressi di Lucedio poco più tardi, imboccarono una stradina molto stretta. Attorno a loro si stendevano centinaia di vigneti. La luna illuminava molto bene il paesaggio circostante: era una notte molto chiara e l’aria che tirava era molto piacevole. Nessuno aveva freddo, il clima era perfetto. L’autista aveva terminato il turno, guidava Mike. Con somma gioia dei presenti la sua guida era straordinariamente tranquilla quella sera, sembrava quasi volesse arrivare il più tardi possibile al santuario. Man mano che si avvicinavano al piccolo paese una sottile coltre di nebbia cominciò a protrarsi alla loro vista. -Nebbia in questo periodo? Non sembra che faccia così freddo- domandò Andy -Vedete, Lucedio è sempre stato un luogo molto particolare.. Questo posto brulica di antiche leggende e misteriosi avvenimenti.. La nebbia è sempre stata una delle caratteristiche di questo luogo, forse la fantasia dell’uomo, nel corso dei secoli, ha costruito degli avvenimenti particolari.- -Fantastico, un luogo da brivido insomma. Che altro c’è di pericoloso qui, oltre all’organetto?- -Si parla di fantasmi nella nebbia, colonne che piangono, monaci sadici e torturatori, e la chiesa di Santa Maria di Lucedio che nasconderebbe molti segreti. La sua stessa costruzione è inusuale per il periodo in cui è stata costruita. Inoltre il nome stesso della città nasconderebbe in se un duplice significato: uno richiamante la luce divina, l’altra il nome del maligno: Lucifero, un tempo portatore della luce. -Un fantastico luogo di villeggiatura insomma, forse non è stata poi un’ottima idea.- -Ah non vi preoccupate, questa strada l’ho fatta molte volte da solo, e vi posso assicurare che non ho mai incontrato spiriti maligni durante il mio cammino.- L’ambiente era mutato all’improvviso. La nebbia era molto forte e le forme degli alberi e dei vigneti che li circondavano apparivano sfumate alla luce dei fari dell’automobile. Erano improvvisamente circondati dalle tenebre, in alto la luna si riusciva a distinguere a malapena. Sam era visibilmente inquieto, era rimasto in silenzio per tutto il viaggio, il capo chino e la gamba destra si muoveva nervosa -Sentite, io credo sia meglio tornare indietro. Veramente ho una sensazione angosciante. Questo posto non mi piace per nulla.- -Ormai siamo arrivati vecchio mio! Ora che siamo qui non ha senso tornare indietro.- Posteggiarono in un prato, Andy riconobbe che quel luogo doveva essere delizioso di giorno, alla luce del sole. Il santuario presentava un a piccola cupola esagonale molto alta, tre piccoli volti presentavano l’ingresso alla struttura. George non potè fare a meno di notare la strana forma dell’edificio e cominciò a porre alcune domande all’amico, che rispose: -Si, hai ragione. Anche su questo luogo vige una leggenda: Progettato dall’architetto A. Bertola di Biella nel 1696 su incarico dell’abate commendatario di Lucedio, Vincenzo Grimani, e costruita su un preesistente edificio sacro, la leggenda narra che durante una terribile grandinata il raccolto di tutta la zona del Principato di Lucedio fu distrutto e che solo le colture presenti su una collinetta si salvarono come protette da una mano divina. I contadini del luogo, convinti che quel terreno fosse stato miracolato dalla Madonna, decisero di costruirvi un Santuario a lei dedicato.- -Quindi, al contrario delle altre leggende che ci hai menzionato, questo sarebbe “un piccolo paradiso” per gli abitanti della zona.- L’altro sospirò, e mentre cercava il mazzo di chiavi che avrebbe aperto la grande porta scura, continuò -In realtà ci sarebbe dell’altro: Come molti luoghi presenti a Lucedio, anche questo Santuario esibisce alcune caratteristiche molto inquietanti: la struttura presenta una serie clamorosa di contraddizioni architettoniche, composta da un’unica navata che si apre verso l’alto con un’enorme cupola ancora affrescata, il santuario è a pianta ottagonale e non segue i canoni classici degli edifici di culto cristiano a croce latina, ma è costruita a pianta invertita e l’ubicazione del portale di ingresso rivolta a sud invece che a est, come è solito essere nelle chiese. Collegando tutti i pezzi, scopriamo che in questo paese ci sono diversi elementi che possono contenere due chiavi di lettura. Per esprimermi meglio: una parte buona, come ad esempio le chiese e la loro funzione, e una parte più oscura, come la loro costruzione, le violenze e le aberrazioni chi si dice si siano svolte al loro interno. Questa “forma” sarebbe perciò un richiamo a un altro tipo di culto: Il Satanismo. Fino a qualche decennio fa questa chiesa era in completo stato di degrado. Al suo interno inoltre si dice che si svolgessero dei rituali di magia nera, come testimoniavano le inquietanti figure dipinte al suo interno dai vandali.- -Non mi pare sia così mal ridotta..- -Certo, da quando Drecco si è offerto come custode e protettore di questo posto, le cose sono migliorate. Inoltre mio padre aveva iniziato le azioni di restauro qualche anno fa, ora è stato tutto rimesso a nuovo. L’unica cosa che era stata tralasciata era, per l’appunto, l’organo custodito al suo interno.- Fece scattare la serratura e aprì la porta che emise un gracchiante cigolio. Rabbrividirono tutti quanti. -Venite su, prima entriamo, prima usciamo.- -Io non vengo, vi aspetto qui fuori- ricordò loro il cespuglioso amico -Sei proprio sicuro?- -Si, fumo una sigaretta nel frattempo.- All’interno Mike estrasse una piccola torcia e cominciò a procedere verso l’abside: le pareti erano per lo più bianche, ma guardando più attentamente verso l’interno della cupola si potevano distinguere le forme di diversi affreschi. Sulle colonne vi erano siti dei putti rivolti verso l’abside. Il loro volto era indefinito, consunto dal tempo, non sembravano tuttavia avere un’aria beata, anzi: il tempo aveva impresso sui loro volti dei ghigni, i loro occhi erano vuoti e le loro labbra screpolate. Infine lo videro, proprio posto sul fondo: L’organo. Ne rimasero affascinati, dal vivo esso rendeva molto di più rispetto alle foto. La luce della torcia che colpiva le canne dorate proiettava un’intensa luce sulle pareti, facendogli assumere un’aurea mistica e innaturale. Mike cominciò a spiegare, con una nota d’orgoglio, nuovamente tutte le procedure che aveva effettuato per ottenere un simile risultato. Giunse finalmente al particolare degli scompartimenti segreti: mostrò le figure poste ai lati della tastiera e, con molta delicatezza, le ruotò entrambe. Un forte “clack” risuonò per tutta la sala, sobbalzarono tutti e quattro per il forte rumore, poi analizzarono i pertugi che si erano rivelati ai loro occhi. George rimase ipnotizzato per qualche minuto di fronte alla struttura, il labbro inferiore gli tremava violentemente e l’eccitazione non smetteva di salire. -Suona ancora?- -Certo che suona, dovrebbe essere stato accordato giusto ieri dalla mia collega.- Daiane posò un dito sul Re maggiore, questo sprigionò una nota forte e cupa. Andy sentii il proprio corpo vibrare, per un momento si sentì mancare. Improvvisamente la testa prese a dolergli e la vista gli si offuscò. Ebbe un attacco di panico, non riuscì a capire più nulla e cominciò a urlare. Distinse davanti a se i due amici che lo afferravano per le braccia e lo portavano fuori, l’amica invece era rimasta immobile, pietrificata dinanzi allo strumento. -Ve lo dicevo io che sarebbe successo qualcosa!- Sam prese la testa di Andy, stava sudando, gli occhi gli roteavano e le lacrime gli sgorgavano a fiotti. -Che gli è successo? Ho sentito un forte suono da qui fuori- L’italiano rispose, in tono confuso e allarmato –beh Daiane ha semplicemente suonato una nota, e lui è scattato di colpo e ha cominciato a urlare come un pazzo. Che gli può essere successo?- Sam scosse il capo –Sembrerebbe un attacco di panico, non sapevo che ne soffrisse. Dev’essersi parecchio emozionato e fatto coinvolgere, è meglio che lo portiamo a..- Musica. Il cuore di Sam sobbalzò, dentro di sé una vocina cominciò a urlargli di scappare, di andare via, di allontanarsi immediatamente da quel luogo. Tre note basse. L’aria cominciò a diventare improvvisamente fredda, qualcosa non andava, lo cominciarono a percepire tutti e tre. Andy nel frattempo era svenuto. -Bada a lui io vado a vedere che sta combinando lei!- Mike corse dentro, seguito a ruota da George. La ragazza era in piedi, dinanzi a se, era posta sul leggìo la pergamena dello spartito. -Daiane! Cosa stai facendo!? Andy ha avuto una crisi smettila!- Le note musicali continuarono, sembrava non sentire le loro voci. Improvvisamente l’aria lì dentro divenne gelida, la luce della torcia sembrò divenire più flebile, le pareti cominciarono a scricchiolare, a sussurrare parole incomprensibili. -Daiane fermati! Basta!- George le urlò disperato, facevano entrambi fatica a respirare. Quando la raggiunsero e fecero per fermarla, l’organo scaturì l’ultima nota contenuta nel pentagramma. Un grido terribile e straziante si levò nell’aria. Mike non riuscì a capire se fosse di Daiane: era sicuramente di una donna, ma sembrava troppo potente per provenire dal corpicino della giovane ragazza. Vennero sbalzati tutti e tre indietro, George cadde e battè il capo. Le finestre esplosero e un fischio sordo attraversò loro la testa. L’organetto cominciò ad emanare dei violenti bagliori rossi e violacei. All’esterno del santuario centinaia di urla strazianti inghiottirono come rasoi Sam e lo sventurato compagno. E poi il buio completo assalì la compagnia.

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Capitolo 8
*** Padre ***


Drecco aprì gli occhi a fatica, le tempie pulsavano e la testa gli girava come impazzita. Provò ad alzarsi, ma un conato di vomito lo assalì. Si arrese, lentamente girò sul fianco. Le ossa gli dolevano: temeva di essersi rotto qualcosa. La veste incespicava le sue movenze e improvvisamente una fitta di dolore gli colse la gamba. Digrignò i denti e dalle sue labbra scaturì un mugolio, si portò le mani al polpaccio e lo strinse con forza: la fitta tornò. Boccheggiò per riprendere fiato, lentamente cominciò a tastarsi la zona dolente, terrorizzato cercò un qualsiasi segnale: sangue, ossa sporgenti e irregolarità. Non ne trovò. Cercò di rilassarsi e cercò di focalizzare la stanza, poco a poco cominciò a distinguere gli oggetti, i mobili, le pareti. La luce proveniente dalla finestra era fioca, ma la vista del prete nonostante la vecchiaia, era ancora molto acuta. Un mare di pensieri, sensazioni, preoccupazione gli inondò la mente: dapprima non capì dove si trovava, poi i pensieri cominciarono a riprendere il loro ordine: una fitta di paura lo colse nuovamente e cominciò a cercare con lo sguardo la figura del Santo Padre o di qualsiasi cosa viva potesse essere presente nella stanza. L’interno della sala era completamente sconquassato: i mobili e le pareti presentavano crepe vistose, quelle che prima erano finestre ora erano ridotte in frantumi e pezzi d vetro erano sparsi ovunque, luccicando al buio. Il camino era esploso, rimanevano pochi torsi di legna a brillare, strascichi delle enormi tende volteggiavano ancora. Ma del Santo Padre nessuna traccia. Prese coraggio, iniziò a issarsi molto lentamente, il conato era attutito, cercò di muovere la gamba il meno possibile. A pochi passi da lui, distinse il bastone da passeggio del Papa, abbandonato per terra. Lo raggiunse a tentoni e finalmente riuscì ad alzarsi, lo sentì viscido. Ricordò di avere un accendino nella tasca e così lo prese, dopo qualche tentativo riuscì ad accenderlo. Stavolta non riuscì a trattenere un grido: il pavimento, il suo bastone e le pareti erano completamente intrise di sangue. L’accendino si spense, Drecco chiuse gli occhi come per scacciare un brutto sogno, ma dopo qualche secondo lo riaccese. Notò una candela a terra, lentamente la raccolse, la gamba si lamentò, ma non si diede per vinto. Trovò un candelabro su cui posò il pezzo di cera acceso e poi, alzata la veste, si studiò l’arto. Un grosso e scuro ematoma era apparso appena sotto il ginocchio, fortunatamente potè constatare che altri non si trattava di una brutta botta e l’osso sembrava apposto. Si guardò attorno, l’enorme portone che conduceva al corridoio era spalancato ed anch’esso macchiato, una striscia di sangue correva all’esterno, verso l’oscurità. Rimase attonito un momento, fissò il buio, poi deglutì e lentamente prese a trascinarsi fuori da quel mattatoio. La paura crebbe a dismisura quando guardò meglio la porta: lunghi e profondi graffi la percorrevano dall’alto verso il basso. Accelerò il passo, e dopo qualche metrò trovò la pergamena, intrisa di rosso e vistosamente danneggiata, ai piedi di alcuni cocci di quello che probabilmente era un vaso. La raccolse e la studiò, ricordava benissimo di averla vista brillare pochi.. minuti? Ore? Secondi fa? Scrutò l’orologio che portava al polso, ma la lancetta era ferma. Si fece forza e proseguì. Dopo alcuni minuti, che al prete sembrarono ore, finalmente riuscì a ritrovare la via da cui era arrivato, i corridoi erano vuoti. Prima di raggiungerla, riconobbe un cigolio provenire dall’unica porta aperta alla sua sinistra: si bloccò. Rimase ad ascoltare, smise perfino di respirare, la striscia di sangue che aveva seguito e che, Drecco sentiva, sapeva appartenere al Santo padre, attraversava proprio quella stanza. Mormorò alcune parole, si fece il segno della croce e proseguì. Con molta cautela si avvicinò alla porta. Un nuovo rumore lo bloccò: questa volta era certo di averlo udito, era un rumore di passi, passi pesanti. Deglutì, forse la speranza non era persa, forse il papa era ferito ed era riuscito a trascinarsi lì dentro. Si, doveva essere così. Riprese a camminare e poi, indugiando un poco, si sporse verso l’interno della stanza. Non riuscì a distinguere nulla, se non la solita scia di sangue, sporse il braccio e tenne alto il lume. Una sagoma era stesa a terra, i piedi rivolti verso Drecco, ma qualcosa non andava: Una figura era inginocchiata al suo fianco, si stava muovendo, stava farfugliando. La consapevolezza lo avvolse ancor prima di poter vedere altro: sentì il rumore di denti, una gola deglutiva, morsi che strappavano carne. Rimase congelato: Due punti luminosi apparvero all’improvviso: erano rossi, di un rosso che Drecco non aveva mai visto, di una profondità che nemmeno i suoi incubi peggiori sarebbero riusciti mai a generare. Erano due occhi, occhi che Drecco non avrebbe mai più scordato, occhi che provenivano direttamente dall’inferno. Aprì la bocca, ma nulla proruppe dalle sue labbra, sentì il mondo cadere, le braccia e il corpo farsi pesanti. Un grido squarciò l’aria, ma non era umano, né animalesco: era diverso, era tremendo, era malvagio, era infernale. Gli occhi si mossero verso di lui diventando sempre più grandi, sempre più luminosi, carichi di morte. In quel momento una scintilla, un istinto primitivo e di sopravvivenza scattò nel vecchio: senza rendersene conto, con la mano con cui si era aggrappato a una parete poco prima, afferrò la maniglia della porta e la tirò verso di se. La sbattè violentemente, e sentì subito “la cosa” cominciare a graffiarla violente. Infilò nella maniglia il bastone da passeggio e, appoggiatosi al muro, si sbrigò a raggiungere l’uscita. Non ci sarebbe voluto molto prima che quella.. Creatura riuscisse a liberarsi. Il prete corse, corse a più non posso ignorando il dolore che saliva verso il petto, ignorando le stanze, i corridoi e i saloni che traversava. Ignorando rumori, cigolii e lamenti che ora sembravano circondarlo, Nella sua mente solo quegli occhi e la corsa verso la salvezza. Si ritrovò in strada, la nebbia avvolgeva ogni singolo antro della città, la candela ancora stretta nella mano era l’unica fonte di luce. L’elettricità era saltata ovunque, grida disperate lo avvolgevano con la potenza delle campane tutt’attorno. Rumori di passi, allarmi di autovetture, di oggetti che cadevano per terra. “Che cosa ho fatto?” si domandò il vecchio “Che cos’ho fatto?” si ripetè mentre lacrime cominciarono a scorrergli lungo il viso. Si abbandonò a terra, si mise in ginocchio e strinse i pugni, la candela rotolò a qualche metro di distanza e la fiammella incredibilmente non si spense. Qualcosa si mosse alle sue spalle, gli corse incontro. Drecco si arrese, strinse la croce che portava al petto, la estrasse e infine la baciò “ Dio perdonami…” una mano si strinse attorno alla sua spalla, poi due occhi gelidi gli apparvero innanzi. Hermes lo strattonò, lo alzò con forza e lo fissò dritto negli occhi -Che cos’hai fatto!?- urlò -Dov’è il Santo Padre? Che cosa gli hai fatto?- Il vecchio scoppiò in un pianto liberatorio, prese a singhiozzare violentemente, cercò inutilmente di parlare -Parla vecchio!- Dopo qualche istante Drecco riuscì a pronunciare qualche parola -Morto.. Divorato da.. occhi rossi.. non ho potuto fare nulla mi dispiace!- La voce gli si strozzò in gola, l’emozione prese il sopravvento, svenne. L’albino digrignò i denti, lo scosse ma senza esiti. Maledicendolo se lo mise in spalla e prese ad avanzare attraverso la nebbia. Gli aveva già visti, ne aveva già affrontato uno. Quelle cose erano ovunque e Hermes doveva raggiungere un luogo sicuro, ove potesse interrogare meglio quell’uomo e ragionare con calma. Sentì delle presenze avvicinarsi, le poteva chiaramente sentire dentro di sé, accelerò il passo e svoltò verso alcune case che si trovavano nelle vicinanze di Piazza San Marco. Una donna, fuori di sé dalla paura, corse verso di lui con i vestiti ridotti a brandelli lo sorpassò nella direzione opposta. Dopo pochi secondi le sue urla si spensero nella nebbia e grida disumane le sostituirono mentre unghie e denti afferravano e strappavano carne e ossa. Il giovane spalancò un portoncino poco distante e vi buttò dentro il peso che reggeva sulle spalle, entrò di sua volta e richiuse a chiave. Appoggiò l’orecchio al legno e rimase in ascolto. Qualcosa passò in strada, uno scalpiccio provenì al di là del rifugio, ma poco dopo il silenzio riprese a regnare sovrano. L’albino si staccò dalla porta e trascinò Drecco attraverso alcune stanze, lo sbattè in un angolo e lo legò con del nastro adesivo. I suoi gelidi occhi cedettero per un momento, e alcune lacrime caddero a terra. Si ricompose subito, chiuse gli scuri e accese una candela. Prese una sedia e si mise ad osservare il suo prigioniero, si sarebbe svegliato presto e lui lo avrebbe guardato, l’avrebbe studiato a fondo, gli avrebbe estrapolato tutte le informazioni con la forza se necessario. La colpa era sua, e non lo avrebbe mai perdonato per quello che era successo a suo “padre”.

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Capitolo 9
*** Orrore ***


Andy riprese i sensi, si alzò di scatto da terra e respirò grandi boccate d’aria. Faceva freddo, terribilmente freddo, la nebbia tutt’attorno sembrava essere aumentata, correnti gelide trascinavano foglie e scuotevano i rami degli alberi tutt’attorno. A fianco Sam si stringeva il polso da cui uscivano fiotti di sangue, ma aveva uno sguardo perso nel vuoto, non sembrava percepire dolore. -Sam! Tutto bene? Alzati dai! Cos’è successo?- Lentamente il compagno levò il capo verso di lui, un brivido gli attraversò la schiena e parve riprendere coscienza di sé parzialmente -Non lo so, ho sentito un boato. Tu sembravi in preda ad una crisi. Eri completamente fuori. Ho sentito delle urla, voci terribili sussurrare tutt’attorno e della musica provenire dall’interno: una melodia terribile. Poi è iniziato tutto. La nebbia è tornata più potente di prima, ho sentito gli altri urlare e poi..- Si guardò il polso -Qualcosa, probabilmente un calcinaccio del Santuario, mi è caduto sulla mano.- Il giovane si chinò al suo fianco, preoccupato. Si sentiva scombussolato, ricordava solamente di essere stato trascinato fuori dalla chiesetta. -Riesci a muoverlo?- L’amico scosse il capo -No, temo si sia rotto. Non sento dolore per ora, ma visto quello che è successo è normale. Devo trovare qualcosa per fermare il sangue e magari fasciarlo.- Si volse verso l’entrata della struttura -Vai a vedere come stanno gli altri, fai presto. Io sto bene e mi posso arrangiare non preoccuparti.- -Ma sei sicuro? Io veramente non..- -Vai, non ci lascio le penne per un taglietto e un polso rotto..- Andy si levò in piedi, barcollò per un istante e temette di perdere l’equilibrio, poi lentamente si avvicinò al portone. Provò a guardare all’interno: era buio. Prese un accendino che portava nella tasca e lo accese: Erano crollati parecchi calcinacci e pezzi di muro. Le colonne scricchiolavano. Scavalcò il viso di un putto caduto e prese a camminare velocemente verso l’interno: il panico crebbe dentro di lui quando scorse due figure a terra. Mike stringeva la testa di George, che pareva inerme e senza vita -Mike! Cos’è successo?- L’italiano lo guardò -Mi fischiano le orecchie dannazione.. Daiane ha suonato quel maledetto spartito, non siamo riusciti a fermarla.. Era come ipnotizzata. Siamo stati scaraventati a terra e George a sbattuto il capo. Ha il polso debole, temo abbia preso una bella botta.- “Daiane” un tuffo al cuore assalì Andy -Riesci a portarlo fuori?- -Si.. maledizione le mie orecchie. Tu vai a..- -Si lo so, portalo fuori- Mike sollevò il compagno per le spalle e lo trascinò verso l’esterno. Andy corse verso l’organo. Daiane era riversa sul dorso, anche lei aveva perso conoscenza. Al suo fianco giaceva lo spartito aperto, accanto a una miriade di frammenti in vetro. Scosse dolcemente la ragazza e la chiamò, un inquietudine sempre maggiore gli risalì la gola vedendo che l’amica non dava segni di vita. La prese in braccio e si mosse a sua volta verso la porta, cercando di non inciampare e procedendo a rilento. Uscì e trovò Sam e Mike accovacciati accanto a George -Potrebbe avere un trauma cranico, dannazione! Passami l’accendino!- Andy posò a terra l’amica e passò l’oggetto -Anche Daiane è svenuta..- Sam prese l’accendino con la mano sinistra, Mike rivolse subito la sua attenzione all’amata con aria visibilmente preoccupata. Le posò due dita alla giugulare e rimase in silenzio per qualche istante. -Il battito è forte, forse un po’ accelerato..- -Allora sta bene per il momento, probabilmente è solo svenuta, dammi una mano qui adesso!- La loro attenzione si riposò su George -Ora mentre io accendo quest’aggeggio tu devi aprirgli entrambi gli occhi, capito?- Si misero all’opera -Bene, non c’è asimmetria pupillare, buon segno. Ora aiutami a metterlo in posizione di sicurezza, devo guardagli la nuca.- Lo misero in posizione supina laterale e Sam cominciò a tastargli la testa. Delle smorfie gli cominciarono a comparire sul viso, il dolore del polso evidentemente stava cominciando a manifestarsi -Ho una valigetta di pronto soccorso nella macchina ..- -Bene vai a prendermela subito- Mike prese si alzò e iniziò a correre scomparendo nella nebbia. Tornò dopo qualche istante, con una piccola valigetta bianca stretta nella mano. La aprì e ne estrasse delle bende, disinfettanti, pinzette e altri strumenti. -Bene, per fortuna sei ben fornito, hai anche un piccolo defibrillatore. Ora devi chiamare immediatamente un ambulanza, Andy vieni qui ed aiutami- Andy s’avvicinò mentre l’italiano prendeva a trafficare con il suo smartphone -Non prende dannazione!- -Beh prova a spostarti! E’ di fondamentale importanza che tu chiami un’ambulanza! Andy prendi quella confezione di acqua ossigenata e aprila. Ora spruzzala qui.- Indicò un punto della testa di George da dove sgorgava un rivoletto di sangue. -Ora tamponala con del cotone, ecco così.- Dopo qualche minuti riprese a parlare -Prendi quella garza e srotolala, devi fargli un bendaggio stretto attorno alla testa.- Il moro cominciò ad eseguire gli ordini, mentre Sam nel frattempo iniziava ad occuparsi del proprio polso. Era impressionante come riusciva a contenere il proprio dolore mentre se lo medicava. Quando l’amico ebbe terminato il lavoro con George, si mise ad aiutare l’improvvisato dottore, fissandogli il polso con una stecca e bendandolo a sua volta con garze. Daiane ebbe un sussulto e lentamente aprì gli occhi. Andy si sentì immediatamente meglio e le prese la mano -Stai bene?- -Io.. ho freddo.- Scoppiò in lacrime quando vide cosa stava succedendo -Oh mio dio! Ragazzi scusate è colpa mia, è colpa mia! Io non volevo! E’ stato più forte di me! Lui mi stava chiamando e io..- -Non prende da nessuna parte! Ho provato a chiamare, a spegnere e riaccendere e a utilizzare l’opzione SOS satellitare ma niente! La linea è completamente morta- Proruppe Mike, sbucando all’improvviso e facendo sobbalzare tutti quanti -provate a controllare anche i vostri! Ma dev’essere successo qualcosa! Sono sicuro che non si tratti solo del mio.- Effettivamente anche i telefoni degli altri non funzionavano. -Amore! E’ tutto ok?- Daiane annuì a fatica -Si ma.. è stata colpa mia e io non so cosa..- Sam li interruppe -Non abbiamo tempo per queste cose! Te la senti di guidare? Dobbiamo andare al pronto soccorso!- -Ssi! C’è né uno qua vicino!- Si alzarono e caricarono l’amico incosciente con dolcezza in auto, poi partirono in tutta fretta e abbandonarono quel luogo maledetto. Nei loro pensieri in quel momento, rivolgevano l’attenzione solo a sé stessi; si erano dimenticati delle leggende, dei fantasmi, dei bagliore di luce, dell’organo e dello spartito che giaceva per terra ai suoi piedi. Mike salì a fatica sull’auto, e si allacciò maldestramente la cintura. Cercò a tastoni le chiavi nelle proprie tasche e, una volta estratte, girò la chiave con tanta fretto che Andy pensò che l’avrebbe spezzata. Il tentativo andò a vuoto. Imprecò in italiano, e ripetè l’operazione. Quando tutti avevano perso la speranza, e il colorito di Sam si impallidiva sempre più, finalmente il motore diede segni di vita. L’autista partì a tutta velocità -Frena, con questa nebbia non si vede nulla! E’ inutile che corri per portare George all’ospedale se ci ammazzi tutti!- replicò la sua ragazza. Diminuì un po’ la velocità, ma teneva tuttavia un’andatura sostenuta, nonostante lì fuori non si vedesse realmente nulla. Percorsero qualche minuto su una strada sterrata per poi imboccare un principale. Era strano, non si vedevano auto o anima viva in giro, il senso d’inquietudine che aveva pervaso l’abitacolo sembrò divenire più forte che mai. Cominciarono a rimurginare su quello che era successo, e sia Andy che Sam presero a lanciare sguardi indagatori, di tanto in tanto, alla ragazza seduta sul sedile posteriore: era immersa nella penombra, tuttavia vi si poteva leggere un profondo senso d’inquietudine. Era scossa da brividi e la pelle era lucida di sudore, nonostante la temperatura fosse bassa, dannatamente bassa. -Mike, per favore, puoi accendere l’aria condizionata?- l’italiano posò per un attimo lo sguardo all’amico e poi utilizzò alcuni comandi. -Così dovrebbe andare, fra poco..- L’auto urtò qualcosa, qualcosa di grosso perché Mike perse quasi il controllo del volante. Daiane urlò, Sam si contrasse in una smorfia di dolore e si strinse il braccio mentre l’amico, colto alla sprovvista, sterzava e frenava bruscamente. -Te l’avevo detto, te l’avevo detto di andare piano!- piagnucolò la passeggera. Rimase immobile, il volto pallido e le dita che si muovevano convulsamente sul volante. -Cristo- riuscì a emettere in un soffio. Andy lo incalzò –Scendi! Dobbiamo andare a vedere cos’hai messo sotto! E speriamo che sia un animale!- Aprì di scatto la portiera e accese un accendino, l’amico scese e lo seguì. Rimasero muti entrambi, mentre facevano luce lungo la strada per vedere chi, o cosa, avessero investito. Inizialmente non videro nulla, ma poi, mentre camminavano intravidero una figura stesa a terra -Cristo, ho messo sotto per davvero qualcuno- proruppe l’italiano con voce tremante. Anche Andy sgranò gli occhi e esitò per un istante, ma poi scosse la testa, afferrò l’amico per il braccio e lo trascinò in avanti -Muoviti, vediamo come sta!- -ma come vuoi che stia?! L’ho messo sotto ai 70 km/h!- Deglutì rumorosamente, ma si fecero coraggio ed avanzarono. Quando erano a pochi passi dalla figura la sentirono grugnire e si bloccarono di colpo. Era un grugnito strano, freddo, inespressivo, disumano. Mike avanzò qualche passo ancora e si chinò verso di essa, c’era una copiosa macchia scura intorno. Andy riconobbe una figura femminile: era ranicchiata su un fianco in posizione fetale e ansimava rumorosamente. I capelli erano lunghi e corvini, la pelle cadaverica (“mio Dio deve aver perso molto sangue” pensò) ed era in tenuta sportiva, probabilmente stava facendo jojjing, prima di essere investita. L’altro le posò un mano sulla spalla –Dio mio! Stai bene? Rispondi ti prego! Ti porto subito in ospedale a..- Le frasi gli morirono in bocca, sbarrò gli occhi e si alzò di scatto. La donna scattò in avanti e cercò di afferrarlo, i suoi movimenti erano veloci, animaleschi, piegò la testa di lato e lanciò un grido lancinante. Entrambi furono costretti a portarsi le mani alle orecchie. La maglia che portava era strappata e macchiata di rosso, la postura era dannatamente irregolare e piegata a sinistra. Il petto era schiacciato e aveva il bacino completamente sformato, all’inglese proruppe un conato di vomito. L’accendino tremolò e si spense proprio mentre la cosa” alzava il viso per guardare in faccia l’amico, che era immobile e due passi da lei. Due braci ardenti, per un secondo, brillarono nel buio, seguite da un altro urlo potentissimo. Ma questa volta ad urlare non era la donna, ma Mike. Andy scattò, senza pensarci, affidandosi all’udito e afferrò quello che doveva essere l’italiano per la spalla. Stava lottando, lottando contro di lei. Tirò con tutta la forza che aveva, un fascio di luce corse contro di loro. Vide “la cosa” graffiare il viso dell’ amico e affondare denti nella sua giacca, vicino al collo. Lui cercava di scostarla, ma le forze sembravano abbandonarlo. Colto dall’orrore Andy strattonò, più forte che poteva, e riuscì finalmente a staccarlo da quella terribile morsa. La pazza lanciò nuovamente un grido, i suoi occhi brillarono alla luce della torcia che la illuminava e si portò le mani congiunte sul viso. Mentre compiva quel movimento un fiotto di sangue le sgorgò dal fianco, seguito da un sonoro “crack”. -Che cazzo..- Sam li stava illuminando era poco più indietro e reggeva la torcia che tremolava nella sua mano. -Via!- Urlò Andy e tirò su di colpo l’altro che non se lo fece ripetere due volte. La “cosa” urlò di nuovo e provò a mettersi in piedi Andy scosse il capo e si ripetè a sé stesso che era tutto irreale, che era ancora svenuto, che dormiva nel suo letto a Torino e che presto si sarebbe svegliato. Raggiunsero tutti e tre trafelati l’auto, Mike partì senza quasi chiudere la portiera e si allontanò mentre dietro di loro un altro urlo saliva al cielo. -Che cazzo era quello?- Proruppe Sam in tono allarmato, Daiane si mosse impaurita e vedendo il viso dei suoi amici scoppiò a piangere -Non lo so, io.. Mi ha assalito! Quella puttana mi ha moroso! Aveva le costole di fuori e sembrava una bestia impazzita! E quegli occhi! O mio Dio li hai visti? Non è normale, non è normale!- Scoppiò in lacrime anche lui, aveva diverse ferite sulle guance e una molto vicina a un occhio. -Mike sei impazzito? Era evidentemente sotto shock! Dobbiamo tornare indietro, tu non sai in che casini ci stai mettendo- gli urlò con rabbia. -No.. tu non hai visto bene, non capisci.. non era umana! Era qualcos’altro!- battè un pugno sul volante e singhiozzò Calò il silenzio per qualche istante. -Quanto manca all’ospedale?- Tirò su col naso, e si passò una mano sulla bocca: era piena di sangue. -Siamo.. siamo quasi arrivati.- Dopo qualche minuto l’autista girò violentemente verso destra e imboccò una strettoia. Cominciarono a vedere, immerse nella nebbia, diverse automobile parcheggiate ai lati della strada, o addirittura bloccate nel mezzo. La carreggiata cominciò a diventare rossa e nera, a terra comparirono corpi, ovunque. Alcuni erano riversi a terra nelle posizioni più strane, altri sembravano essere appena usciti dalle rispettive auto. La maggior parte era insanguinata, gli occhi sgranati ma privi di vita, le bocche contorte. Videro anche dei bambini in mezzo a tutto quel caos. Mike fermò la macchina quando rischiò di investire un cadavere riverso sulla corsia. Il panico gli avvolse, sembravano finiti su un campo di battaglia. La consapevolezza piano piano arrivò: spostarono i loro sguardi su Daiane, che sembrava paralizzata e lacrimava in silenzio. Andy lo spense: -Che cos’hai fatto là dentro?-

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Capitolo 10
*** Pater Noster ***


Drecco sbattè le palpebre, lentamente e mise a fuoco la stanza in cui si trovava, senza capire. Nel momento in cui realizzò di avere mani e polsi legati ebbe un sussulto, la lingua schioccò nervosamente nella sua bocca, e cercò di strattonare le corde che lo tenevano prigioniero, ma invano. Si sentiva stanco, esausto, e non poteva fare a meno di provare un terribile rimorso per ciò che era successo e per ciò che aveva visto. Una voce improvvisa, gelida come una secchiata d’acqua, lo risvegliò dal flusso di pensieri in cui era immerso: L’albino era comparso e torreggiava su di lui, sul volto il solito sorriso di ghiaccio, ma i suoi occhi non ridevano. Sembravano ardere di brace viva, di una rabbia repressa e a stento controllata, Drecco sapeva che non ci sarebbe voluto molto perché essa esplodesse. -Si è svegliato, Padre- si passò una mano sulla bocca, quasi come se si stesse asciugando un’invisibile bava famelica. -Perché mi tieni prigioniero? E che cos’è successo? Dove sono?- La sua voce era tremante e stanca, di un vecchio spaventato. -Siete nel mio umile rifugio: nel mio angolo di paradiso al sicuro dalla morte… per ora.- si fermò un’istante a riflettere sulle proprie parole –Avete colto la mela, padre? Vi siete trasformato in un tentatore? O forse voi stesso siete stato tentato?- Sogghignò. -Non.. non capisco. Hermes? E’ questo il vostro nome se non ricordo male. Io so solo che stavo discutendo con il Santo Padre- Il dominatore scoppiò in una risata, una risata glaciale, fredda sadica e priva di gioia -Non nominate quel nome, voi avete ucciso Mio padre e condannato l’umanità. Ho capito subito che c’era qualcosa di strano in voi Drecco, voi avete colto la mela. E’ arrivato l’Apocalisse, là fuori c’è l’inferno se io non vi avessi tratto in salvo voi sareste stato purificato. Ma prima volevo vedere, vedere l’espressione di chi con tanta maestria è stato mandato dal demonio per abbattere la Santa Chiesa e.. -No! Tu non capisci- Hermes si bloccò, sorpreso. Credeva di aver smascherato il Maligno, credeva di averlo in pugno. Drecco inspirò, con fatica, mentre il dolore alla gamba per il movimento improvviso tornò a lenire i suoi sensi -Nella.. nella mia tasca sinistra- la indicò con un veloce gesto del braccio -C’è una lettera, prendila e leggila. Dopodichè ti spiegherò.- Mosse il busto lentamente, per poter agevolare il suo rapitore a prendere quel che portava nella veste. Hermes rimase immobile, gli occhi sgranati e vigili. L’indecisione lo colse alla sprovvista: era sicuro che avrebbe purificato il mondo, avrebbe ucciso quell’uomo. Ma ora, solo per un’istante, si sentì turbato e confuso. C’era qualcosa, qualcosa nella voce di quel vecchio che non riusciva a comprendere. Era solo paura? No forse c’era dell’altro, forse c’era anche della verità. Lo fissò per alcuni istanti, il viso inespressivo, non lasciò trapelare nessuna emozione. Poi, lentamente, si piegò verso il basso: cauto allungò il braccio verso il prete e, dopo qualche istante, la prese. Era vecchia e molto antica, vistosamente rovinata e macchiata di sangue. L’albino sobbalzò: aveva una mezza idea di chi potesse essere. Con riverenza e molto lentamente la aprì. Alcune parole erano impiastricciate, inoltre alcune parti, soprattutto lungo i bordi, erano rovinate, scritte in latino. Lesse. Man mano che scorreva le righe, la sua espressione cambiava, il volto si scuriva e larghe rughe di preoccupazione cominciarono a inondare la sua fronte. “Voi che le grandi dita intrecciate, che le preghiere al cielo volgete, che la musica divina cantate. Braccati dal terrore e dall’oscurità, senza via d’uscita e libertà, s’insinua in voi la malignità. Ma la speranza non va perduta, se la mente sarà astuta, e la fede mantenuta. Lo spartito suonate, e il demonio incatenate, lo spartito suonate, e il demonio liberate” Dopo questa prima parte, le ultime righe erano rimaste poco leggibili, scritte in rosso e certamente più recenti, si erano confuse con il sangue. “Voi che possedete questo documento fra le mani, avete trovato la chiave del mondo dei morti. Non suonate lo spartito, non richiamate Satana su questa terra. La lettura e la via di Dio è una sola: dall’inizio alla fine. Solo il demonio torna indietro... […]” Hermes deglutì e abbassò lo sguardo -Che cosa significa?- Drecco inarcò le sopracciglia e cercò di distendere le braccia per trovare sollievo alla scomoda posizione in cui si trovava. Sbuffò: avrebbe voluto potersi sdraiare, curare il ginocchio e bersi un bicchiere di vino. -Insieme a quel documento, ne è stato rinvenuto un altro all’interno di un organetto sito nel mio.. Santuario a Trino. Uno spartito per l’esattezza. Sfortunatamente non ne sono in possesso, l’ho dato in custodia a un giovane di cui mi fido ciecamente, colui che ha restaurato l’intero edificio e quello strumento.- S’interruppe per riprendere fiato. -Ciò che è scritto in quella pergamena è molto importante: l’ultima parte è stata resa illeggibile ma dovrai fidarti delle mie parole. Vi si menziona una bambina, alla quale verranno concesse quattro rivelazioni, in quattro giorni diversi, in quattro anni diversi. E vi è inoltre una citazione: “...un grande mare di fuoco, che sembrava stare sotto terra. Immersi in quel fuoco, i demoni e le anime, come se fossero braci trasparenti e nere o bronzee, con forma umana che fluttuavano nell'incendio [...]. I demoni si riconoscevano dalle forme orribili e ributtanti di animali spaventosi e sconosciuti, ma trasparenti e neri.” Sono certo che voi conosciate l’autrice di questa frase- Hermes sgranò gli occhi, il volto colmo di sorpresa e sgomento -Non può essere, La Vergine Maria gliene concesse solo tre..- Scrollò il capo, e cadde in ginocchio. Improvvisamente un’ondata di follia lo colse, scattò in avanti e protese le proprie mani alla gola del povero Drecco. -Tu sei il demonio! Tu stai mentendo! Il male ha preso possesso della tua anima! Egli è astuto e incantatore, ma io non mi farò ingannare da te!- Strinse forte. Drecco boccheggiò, la testa gli scivolò indietro e le narici si dilatarono in cerca di aria. Riuscì a sputare fuori qualche parola. -Fermo.. te ne prego.. lascia che ti provi che non sono servo del male.. Pater noster..- L’albino si bloccò, la lucidità riprese il sopravvento, non mollò la presa, tuttavia smise di stringere -Continua..- sussurrò a denti stretti Il vecchio tossì rumorosamente e inspirò lunghe boccate d’aria, il terrore nei suoi occhi che fissavano quelli del Dominatore, così freddi e colmi di rabbia. Proseguì con voce tremante. -..”Pater Noster qui es in cælis: sanctificétur nomen tuum; advéniat regnum tuum; fiat volúntas tua, sicut in cælo, et in terra. Panem nostrum cotidianum da nobis hódie; et dimítte nobis débita nostra, sicut et nos dimíttimus debitóribus nostris; et ne nos indúcas in tentatiónem; sed líbera nos a malo. Amen.”- Hermes ispirò a fondo, mollò la presa e ritrasse le mani dalla gola del suo prigioniero. Una scintilla gli illuminò il viso e sorrise, di nuovo quell’espressione, come la prima volta che aveva visto Drecco. -Ebbene Padre, a quanto pare siete un uomo fortunato e Dio non vi ha abbandonato.- Sembrò quasi sghignazzare. Il pover’uomo, dopo essersi ripreso dallo spavento, ancora bianco in volto, riuscì a pronunciare: -Dobbiamo entrare negli Archivi Vaticani.- Hermes tornò serio, lo osservò minaccioso, ma poi il suo sguardo si distese nuovamente, il suo sorriso tornò più raggelante che mai. La gamba ancora gli doleva, ma l’albino aveva provveduto a spalmargli una pomata antidolorifica, le sue mani ora erano congiunte, la testa aveva smesso di dolergli e osservava, con aria persa, il piatto mezzo vuoto che era posato sul tavolino in legno a pochi centimetri dal suo viso. Aveva mangiato, bevuto il suo bicchiere di vino e attendeva con impazienza che arrivasse il mattino. Drecco non aveva sonno, la pancia si rifiutava di accettare dell’altro cibo e il rimorso troneggiava nel suo spirito. A pochi passi da lui Hermes, l’albino, sedeva in una posizione innaturale su una sedia in legno, il volto chino e gli occhi chiusi, le labbra che tremolavano mentre le mani, congiunte, erano perfettamente immobili appoggiate sulle ginocchia. Il prete non aveva osato disturbarlo, era incredulo: poche ore prima si era ritrovato legato come un salame per terra, ed era quasi stato ucciso da quel ragazzo, e a poche ore di distanza gli era stato servito un pasto, del vino, era stato medicato e gli era stato offerto un letto ove riposare. Lo studiò. Si soffermò sui suoi tratti, sulla sua anima devota, ma allo stesso tempo oscura e timorosa. Doveva essere un fanatico, un uomo con il solo obbiettivo di compiacere il suo credo e “suo padre.” In quel giovane vi era un complesso meccanismo perverso, la sua presenza incuteva continuamente timore al vecchio, i suoi sensi erano vigili, non si fidava di lui. Improvvisamente Hermes spalancò gli occhi, il suo viso non era per nulla stanco o provato, il sorriso gelido ricompare sulle sue labbra, gli occhi trasmettevano un’infinità di sensazioni ed emozioni: riverenza, rispetto ,amore.. sicurezza, oscurità, odio? Drecco non lo sapeva con certezza. -E’ l’alba- spezzò il silenzio. Drecco ne rimase colpito, le imposte e le finestre erano sbarrate, nella stanza l’unica fonte di luce erano le candele accese che tremolavano e creavano spettacolari giochi di ombre sulle pareti. -Come lo sai?- chiese, con diffidenza. Gli occhi si fissarono sul vecchio, il sorriso s’allargò in maniera sconcertante -Fidatevi di me Padre, come io mi sono fidato di voi. Riuscite a camminare?- L’altro si mosse, si alzò a fatica, la gamba doleva, ma riusciva a camminare abbastanza bene. Un gemito scosse l’aria, di fuori, poi il silenzio tornò a regnare -Che cosa c’è là fuori?- domandò. Hermes spostò il suo sguardo verso la porta, si mosse con sorprendente agilità e spalancò un finestra vicina: una fioca luce argentea ne proruppe, e la nebbia sembrò invadere improvvisamente la stanza. Guardò fuori. -L’inferno- sussurrò.

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Capitolo 11
*** Laura ***


Daiane prese a tremare, le labbra si incresparono in un sussulto, su di lei torreggiavano tre volti spaventati, la domanda di Andy l’aveva spizzata. Nell’oscurità dell’abitacolo, i loro sguardi inquisitori sembravano dominare il buio. Deglutì a fatica, mentre la sua testa cercava disperatamente di far affiorare i ricordi di quei terribili istanti. -Io non lo so- emise queste parole in una specie di verso gruttuale. I loro volti non cambiarono espressione, anzi: se possibile si fecero più attenti e insistenti. -Ve lo giuro io non so cosa mi sia preso, ero attirata da quell’ organetto.- riuscì a dire, in un soffio. Mike si voltò verso Sam, con un’espressione indecifrabile in volto, poi tornò a posarsi su quello dell’amata -Lo spartito, l’avevo lasciato sul tavolo.. L’hai preso?- Un sussulto sconvolse la ragazza, sì ora ricordava l’aveva preso lei, quasi con noncuranza. Annuì. -Perché?- la domanda arrivò come una scheggia di ghiaccio dritta al petto, il panico l’avvolse. -Io.. io non lo so. Ve lo assicuro non so perché, l’ho semplicemente preso. Ne ero.. ammaliata..- Gli altri rimasero in silenzio per qualche istante -Perché l’hai suonato? Cristo Daiane perché l’hai fatto? Doveva essere un’occhiata veloce!- Non ce la fece più, le lacrime cominciarono a scorrerle a fiotti lungo le guance -Io non lo so Mike! Non so cosa mi sia preso, te lo giuro! Improvvisamente quando siamo entrati io sono stata come.. chiamata. Qualcosa mi ha spinto a farlo. E senza quasi rendermene conto l’ho suonato. Ho provato a fermarmi, a smettere, ma le mie mani, le mie dita, scorrevano da sole lungo la tastiera! Vi prego non l’ho fatto apposta!- singhiozzò. Quel presentimento che era aleggiato attorno al gruppo, cadde come un macigno sulle loro teste. Andy diventò paonazzo, Sam s’abbandonò contro lo schienale dell’auto, in preda a una crisi nervosa e lui, il suo ragazzo, rimase a fissarla sbalordito. Un mugugnìo fece sobbalzare tutti quanti. Geroge trasse un respiro profondo e si portò una mano alla testa -Cazzo, mi viene da vomitare.. dove siamo?- La sua voce, in una qualche maniera, spezzò istantaneamente il terrore che aveva attanagliato i loro cuori. -Georgy!- gridarono all’uninsono -Ah! Cristo ragazzi! Volete sfondarmi il cranio?- si lamentò il ferito. Sam si sporse verso di lui, Andy notò che la sua mano era scossa da tremiti e il suo viso era cereo. -Come ti senti? Resta immobile non fare sforzi e non tentare di alzarti. Potresti aver preso un brutto trauma.- Detto questo, disse ad Andy, che gli era seduto vicino, di prendere una torcia e puntagliela nuovamente sugli occhi. -..L’iride risponde bene, quante dita vedi?- Emise un gemito, poi guardò verso l’amico –Tre..- rispose dopo un poco. -Corretto. Ti gira la testa?Ci vedi bene?.- -Ma con questo buio cosa cazzo vuoi che veda? A parte la “sparafleshata” che mi avete appena dato.. Si mi gira un po’ la testa, ma più che altro mi fa male e mi viene da vomitare.- Deglutì rumorosamente. Sam annuì con lo sguardo incupito -Hmm, un’ultima domanda, hai le labbra secche e la gola secche?- -Si..- rispose in un soffio. Il suo sguardo si spostò verso l’autista -Dobbiamo assolutamente proseguire, ha bisogno di cure mediche il prima possibile, il fatto che si sia svegliato non è necessariamente un buon segno.. Riesci a passare in una qualche maniera?- Mike riprese a guardare la strada e la studiò, per quel che riusciva a vedere. -L’ospedale si trova in fondo alla strada.. si riesco a passare, ma dovrei passare sopra.. loro..- Si riferiva alle persone che erano a terra. Lo sguardo di Sam si riempì d’orrore. -No, non possiamo. Potrebbe esserci qualcuno vivo là fuori.. Voi rimanete qui, Mike dobbiamo prendere una barella e portarlo laggiù.- L’idea colse tutti alla sprovvista. Daiane urlò –NO! Potrebbero esserci altri pazzi là fuori!- Geroge sussultò –Loro? Pazzi? Ma di chi state parlando? Mi volete spiegare cosa cazzo stà succedendo? Cosa mi è successo?- Andy si voltò verso di lui -Sam tu non ce la faresti con quel braccio, andrò io con Mike. Inoltre immagino che tu possegga qualcosa che potrebbe tornarci utile, nel caso ne incontrassimo altri..- Mike sgranò gli occhi, poi con molta calma, si piegò in avanti e aprì un piccolo vano posto sotto il suo sedile. Ne estrasse una calibro 22, con una caricatore supplementare. Lo richiuse, e con aria timorosa si rivolse verso Andy. -Bene, andiamo.. chiudetevi dentro voi e spiegate a George la situazione.- Scesero, l’aria gelida e carica di umidità gli avvolse. Avevano freddo ed erano stanchi, doveva essere notte fonda ormai. La luce della torcia, accompagnata da quella dei fari dell’auto, illuminò una serie di volti coperti di sangue e veicoli lungo la strada. Lo scenario era agghiacciante, la visibilità era ridotta all’osso. Si affrettarono ad avanzare, stando bene attenti a evitare il contatto con i caduti, ma guardinghi: cercando di scorgere segni di vita in ognuno di loro. -Pensi che sia stato lo spartito a provocare tutto ciò?- Chiese l’italiano, all’improvviso. -No, secondo me è stata solo una coincidenza. Ho paura che sia successo qualcosa di ben più terribile, e ho il sentore che sia opera dell’uomo.- rabbrividì. -Allora cosa ci serve? - beh una barella, e aiuti..- Dopo qualche minuto illuminarono il cancello che dava l’entrata all’ospedale, alla sua sommità troneggiava un cartello che recitava “Ospedale Maggiore di Lucedio; Che i vostri cuori vi possano trovare conforto” Le luci all’interno funzionavano, probabilmente erano attivi dei generatori d’emergenza, visto che i lampioni pubblici erano tutti spenti. La visibilità crebbe di un poco, ma lo scenario rimase cupo. Anche li vi erano dei cadaveri a terra, e il silenzio assoluto regnava. Attraverso le finestre non si scorgeva anima viva. -C’è qualcosa di terribilmente sbagliato, non sembra esserci anima viva, e con tutti questi cadaveri..- Mike rabbrividì -.. Medici e infermieri dovrebbero avere un gran da fare.- L’altro annuì silenziosamente. Avanzarono con cautela, avvicinandosi all’entrata principale. Quando vi furono davanti, le porte automatiche s’aprirono di colpo facendoli sobbalzare. Diedero una sbirciata all’interno: L’ambiente, illuminato dalle flebili luci d’emergenza, era cupo e silenzioso. Credevano di trovarsi in film dell’orrore: non s’udivano voci, suoni o sussurri. Entrarono. Le porte si richiusero alle loro spalle, e avanzarono verso quella che doveva essere la segreteria. Si sporsero entrambi verso il vetro, per vedere se vi fosse qualcuno al di là del banco: videro semplicemente un sedia vuota, alcune carte sparse a terra, ma nient’altro. Si guardarono entrambi, mentre il senso di sgomento attanagliava i loro stomaci -Non è una buona idea fermarsi qui dentro, anche se non sento rumori percepisco.. come.. del pericolo imminente..- l’italiano sembrava invecchiato di colpo: Profonde rughe gli solcavano gli occhi e la fronte, e un alone nerastro, in netto contrasto con la pelle divenuta cerea, ornava i suoi occhi. -Diamoci una mossa allora..- Si mossero entrami verso l’infermeria, che si trovava su quello stesso piano accanto al Pronto Soccorso. Il corridoio era deserto, flebili luci illuminavano il corridoio di color verde acido, alcuni letti mobili erano, apparentemente, stati abbandonati frettolosamente lungo il corridoio nelle posizioni più disparate. Alcune porte erano aperte e all’interno, nella penombra si scorgevano letti disfatti, strumenti chirurgici sparsi e oggetti personali di svariato tipo. Dopo qualche secondo videro, illuminata da una luce malfunzionante, una porta bianca che recava un cartellino dorato: avevano trovato l’infermeria. La serratura era bloccata, cercarono di forzarla ma parve tutto inutile. Nella mente dell’Inglese turbinò un’idea, che fino a qualche ora prima sarebbe stata la cosa più normale da fare, ma ora pareva semplicemente un’idiozia di fronte a tutto quel caos: bussò. Mike lo guardò, l’aria stupita, e iniziò –Ma chi diavolo pensi che..- Udirono dei rumori provenire dall’interno. Si bloccarono entrambi, le orecchie tese ad ascoltare. Erano certi di aver udito dei movimenti -Che cosa facciamo? E se ci troviamo davanti ad un altro pazzo?- sentenziò l’italiano, in un soffio. -E se ci trovassimo davanti a qualcuno che potrebbe aiutarci invece?- gli rispose l’altro. Rimasero ancora qualche secondo, con le orecchie tese. Una volta certi che, dietro quella porta, vi fosse veramente qualcuno, Andy decise di bussare nuovamente, ma stavolta dalla sua bocca scaturirono alcune parole: -Abbiamo bisogno di aiuto, per favore! Ci sono due feriti con noi! Non sappiamo come fare!- Attesero -Per favore, la imploro di aprirci la porta!- Dopo qualche secondo, da dietro la porta udirono nuovamente dei movimenti, qualcuno, con un poco di riluttanza, scaturì alcune parole. Stava parlando in italiano, e Andy non riuscì a capire che cosa stava dicendo, disse al compagno di tradurre. -Sta dicendo che non capisce che cosa dici.. Gli ripeto ciò che hai detto in italiano.- E così fece. Dopo qualche secondo la voce proruppe di nuovo, probabilmente era femminile, anche se non si riusciva a distinguere bene visto che appariva parecchio ovattata. -Ha detto che non si fida, che ci sono ancora “loro” in giro, che si è salvata per miracolo e ha paura..- -Chiedile come si chiama..- -Cosa? Ma ti pare il momento?- -Tu fallo!- Eseguì. -Si chiama Laura- -Bene, ora riferisci a Laura che non le faremo alcun male, che vogliamo solo poter curare i nostri amici e che poi ce ne andremo- Riferì. Aspettarono qualche secondo, ma non accadde nulla. Mike fece per parlare nuovamente, ma d’un tratto la serratura scattò. La porta cominciò ad aprirsi lentamente, dietro ad essa, nella penombra, entrambi scorsero una figura femminile. Due occhi color nocciola apparvero, erano molto belli, ma l’aria della donna era visibilmente provata. -Ecco.. io.. sono solo un’infermiera tirocinante, non so.. bene cosa devo fare- la voce della ragazza era bassissima, sembrava quasi uno squittio. La porta rimase aperta di qualche centimetro, lo sguardo della ragazza era terrorizzato. Andy cercò di ricomporsi con tutte le sue forze, e riuscì a scaturire in un sorriso. -Abbiamo bisogno di tuto aiuto possible- si sforzò di dire in italiano. La ragazza li studiò ancora per qualche istante, poi li lasciò entrare. Si ritrovarono all’interno, una fioca luce al neon illuminava la stanza. Al centro di essa una scrivania bianca con vari fogli sparsi sopra. Per il resto vi erano degli armadi e una piccola libreria e un letto posto in un angolo; le pareti erano bianche e gli scuri abbassati. Mike iniziò una conversazione con la donna. -Io sono Michele, ci racconteremo tutto quello che è successo più tardi, ora abbiamo bisogno di aiuto e di indicazioni. Innanzitutto abbiamo un ragazzo che ha un braccio ferito, probabilmente ha qualcosa di rotto. Mentre l’altro ha preso una forte botta in testa, più o meno è successo due ore fa. Ha ripreso conoscenza poco fa, ma il nostro amico ferito, che si sta laureando in medicina, è parecchio preoccupato.- La ragazza annuì, ma il suo sguardo rimase assente. -Per favore dicci che cosa possiamo fare, come possiamo portarli qui dentro- Lei alzò lo sguardò -avete incontrato qualcuno qua fuori?- -Cosa? No! L’intero palazzo sembra deserto!- -D’accordo queste sono le chiavi della stanza affianco, li c’è una barella con cui potete portare il vostro amico, io vi aspetterò qui. Poi vedremo cosa fare.- Passarono alcune ore, durante le quali tutti cercarono di organizzarsi al proprio meglio: Laura, sotto le direttive di Sam e grazie alle traduzioni di Michele, fece una lastra al polso dell’infortunato e constatò che era effettivamente rotto. Procedette quindi con un’ingessatura e poi fece un encefalogramma a George; dopo altri esami conclusero che non aveva subito fratture ossee, tuttavia la botta che aveva preso era stata forte e sarebbe dovuto rimanere disteso a riposo per almeno altri due giorni. Il mattino sembrava essere arrivato, anche se la nebbia non accennava a svanire: fuori tutto appariva grigio e avvolto in una luce argentea innaturale, grosse ombre torreggiavano continuamente fra le strade e il grande palazzo. L’aria soffiava forte ed era gelida, il canto degli uccellini svanito. L’irrequietezza della compagnia non era svanita, anche se la luce presente all’esterno li consolò un poco. Quando tutte le operazioni di medicazione furono ultimate, tutti si raccolsero dello studio ansiosi di ascoltare dalla nuova conosciuta cos’era successo a quel posto. -Abbiamo sentito un tonfo terribile, tutti i pazienti sono stati svegliati e l’ospedale ha avviato il piano di evacuazione, temendo l’arrivo un terremoto. La confusione era totale A tutte le infermiere è stato ordinato di sgomberare i pazienti ricoverati in geriatria, ai piani superiori. Io mi sono diretta al secondo piano, assieme ad altri infermieri e un equipe di medici, coloro che erano in sala d’attesa al pronto soccorso hanno cominciato a chiamare con i cellulari o ad allontanarsi dall’edificio. Poi.. poi è successo qualcosa. Alcune persone hanno cominciato ad impazzire, ad andare fuori di testa letteralmente e hanno cominciato ad assalire il personale. Perfino alcuni medici e infermieri sono stati colpiti da questo strano raptus omicida. Il caos ha preso il sopravvento, non sono più riuscita a capire nulla. Edoardo, un mio amico cardiologo, mi ha trascinato qui , mi ha detto di bloccare la porta e di aspettarlo, lui sarebbe andato a telefonare e a cercare di capire cosa potesse succedere. E’ stato terribile, mentre scendevo al piano terra le porte dell’obitorio si sono spalancate e..- la ragazza cominciò a piangere –camminavano, capite? Non so come ma camminavano. Erano morti ma mugugnavano parole senza senso e aggredivano tutti coloro che capitavano sulla loro strada. Coloro che ancora erano sani di mente, pochi a dir la verità, sono corsi giù con me, lasciando perdere pazienti e compagni. Siamo arrivati qui e hanno bloccato le porte delle scale e l’ascensore. Le urla si sono susseguite per un bel pezzo e io ho aspettato e aspettato, chiusa in quello studio finchè non siete arrivati voi..- Daiane scoppiò in una risata isterica, peggiorando la situazione. L’umore di tutti raggiunse l’apice, alcuni scoppiarono a piangere e altri rimasero muti a fissare il vuoto. -Abbiamo visto dei cadaveri in strada, moti cadaveri.. Alcuni avevano il camice bianco, si trovano lungo la strada che porta qui- Sopraggiunse Sam. -Credo che tu sia l’unica sopravvissuta.- Andy si rivolse agli amici -Se la ragazza ha detto che porte e ascensori sono stati bloccati, questo significa che quelli sono ancora rinchiusi di sopra.- -Almeno fino a che non trovano il modo di uscire- terminò George, disteso sul lettino che era stato portato all’interno della stanza. Rabbrividirono. -Laura hai provato a chiamare dalla linea fissa? Oppure c’è qualche televisione che possa essere accesa?- La ragazza fece segno di no con la testa all’italiano –No ve l’ho detto non ho fatto nulla.- I tre ragazzi si guardarono, poi lanciarono un’occhiata a Daiane -Dobbiamo provare, e dobbiamo assicurarci che a questo piano non ci sia effettivamente qualcuno. Inoltre se là fuori c’è veramente qualcosa di pericoloso.. beh dobbiamo iniziare a rimediarci un posto sicuro.- Annuirono. -Ragazze e tu George, rimanete qui, noi andiamo fuori. Non aprite a nessuno finchè non saremo di ritorno, si tratta di pochi metri e poi è una strada che abbiamo già percorso.- Michele si rivolse all’infermiera –Dove possiamo trovare un telefono e un televisore?- -Il telefono.. beh all’ingresso, dietro la segreteria dovrebbe essercene uno. Poi il televisore si trova oltre questo corridoio qui fuori, in direzione opposta, c’è una piccola sala d’aspetto, ci siamo passati accanto prima per andare a fare le lastre. Non potete sbagliare.-

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Capitolo 12
*** CNN ***


Uscirono e camminarono a passo spedito verso l’ingresso, dopo qualche secondo giunsero alla stanza. Aprirono la porta della segreteria e Mike prese in mano la cornetta. Era muta. -Dannazione- proruppe; spiegò agli altri la situazione. Cambiarono direzione e, tornando sui loro passi, ripercorsero il corridoio fino ad arrivare alla porta della sala d’aspetto: era verde e chiusa; tramite il vetro trasparente posto all’altezza della testa scorsero l’ambiente interno immerso nella penombra. La aprirono con cautela, la poca luce che filtrava dalle finestre illuminava a malapena il tutto. Fogli sparsi erano per terra, alcune sedie ribaltate o spezzate. Sulla parete destra era sito un televisore spento, ma il led dello stand by era acceso. Esultarono e corsero verso di esso, Sam, che era il più alto, si allungò e premette il pulsante “POWER”. Rimasero in attesa. Il terminale sussultò, poi una serie di strisce grigie comparvero sullo schermo -Non darti per vinto, prova a cambiare canale.- Lo fece, ma il televisore replicava la stessa immagine, o in altri recava la scritta “Nessun Segnale”. -Merda, se avessimo il telecomando.. – Andy si guardò intorno e scorse, dietro un vetro che fungeva da banco accettazione, un oggetto lucido e nero. Gli corse incontro e girò il banco per poterlo afferrare. Sussultò. Steso a terra, ranicchiato dietro ad esso, c’era una persona, o almeno quello che ne rimaneva: le carni erano state morse in diverse parti del corpo. Il collo era in una posizione completamente irregolare e la testa era schiacciata verso l’alto, con un’apertura da cui era fuoriuscito del liquido celebrale. Ebbe un conato di vomito e si piegò verso destra accasciandosi in ginocchio. I due amici sopraggiunsero subito, e una volta resisi conto della situazione, reagirono nella stessa maniera. Sam fu il primo a riprendersi, scavalcò il corpo e afferrò quello che effettivamente si rivelò essere il telecomando. -Diamoci una mossa, non voglio rimanere qui un minuto di più.- Si avvicinarono nuovamente al televisore e cominciarono a pigiare furiosamente sull’oggetto conquistato. A Mike venne un’idea –Prova a cambiare rete, magari riusciamo a prendere qualche canale straniero.- Impiegarono qualche secondo per capire come il comando funzionasse, poi ci riuscirono. Ma il risultato fu lo stesso, e proprio quando si trovarono sul punto di arrendersi, il canale internazionale della CNN apparve sullo schermo. Nell’immagine vi era un giornalista, visibilmente scombussolato e con una pila di fogli tra le mani, la sintonizzazione non era ottima, ma l’audio si sentiva abbastanza bene “..ione disperata. Non riusciamo a metterci in collegamento con l’Europa, il nord Africa e parte della Russia occidentale. Lo stato Americano,Canadese, l’America del Sud, Cina e Giappone hanno proclamato lo stato di emergenza. Intanto la strana nebbia non sembra diminuire la sua avanzata. I nostri calcoli rivelano che fra meno di 12 ore l’intero pianeta ne verrà avvolto. Ci stanno giungendo testimonianze terribili dalle zone colpite, sembra che le popolazioni, una volta immersi al suo interno, vengano colti da pazzia e raptus omicidi. I segnali radio, satellitari ecc.. non riescono a essere trasmessi, e in questo momento non sappiamo assolutamente cosa sta succedendo all’interno dei paesi colpiti. Le forze speciali dei Marines e il presidente stanno già attuando un piano difensivo per proteggere la nazione americana. Fra due ore presiederà in consiglio co….bbzzzz..bzzzz.. ricordiamo che il disas bzzz..z.zzz. ito dall’Italia con cui… bbzz. Bzbzz.. attacco terrosistico… bbzbbzz… ffzzzzzzzz.” L’immagine svanì e l’audio si distorse completamente. Andy sentì un movimento dietro di se e si voltò di scatto, ma non vide nulla. -Avete sentito? Ha parlato di un attacco terroristico! Cristo Santo! E noi allora che siamo immersi in questa roba? Perché non ci è successo nulla? E se poi ne veniamo contagiati?- Michele cominciò a sparare a raffica, in preda a un’altra crisi di nervi. Sam cercò di tranquillizzarlo, mentre Andy si voltò di nuovo: si sentiva osservato. In quel momento il segnale video si riprese, anche se il sonoro ora era troppo confuso e distorto. Sullo schermo comparve un video, girato da qualcuno in maniera amatoriale. L’immagine traballava parecchio e colui che stava riprendendo stava scappando da qualcosa. Girò per un momento la camera e i ragazzi scorsero decine e decine di persone che lo inseguivano. Anche se per un solo istante, tutti e tre distinsero bene i loro volti. A Michele tornò in mente la ragazza, che qualche ora prima l’aveva assalito, e si toccò con la mano la ferita. Gli era stata medicata poco prima dalla ragazza, ora aveva una garza fasciata intorno. L’espressione che quelli avevano era la stessa. Il video continuò per qualche secondo, poi il cameramen cadde, ma non mollò la presa della videocamera. Il video terminò con il ragazzo che cercava di alzarsi, ma che veniva sommerso da quelle “persone”. La visione era terribile: alcuni di quegli che gli saltarono addosso avevano visi tumefatti o grandi ferite aperte lungo tutto il corpo. L’immagine svanì e il televisore si spense. Constatarono che il generatore d’emergenza aveva smesso di funzionare. -Maledizione!- proruppe Sam. Mentre gli altri due imprecavano, Andy fu sicuro di sentire una presenza alle proprie spalle e si voltò di scatto appena in tempo. Il cadavere che prima era rivolto a terra, con la testa spappolata, ora era in piedi dinanzi a lui e aveva spiccato un balzo. La creatura mugugnò qualcosa di incomprensibile, e gli afferrò il collo con forza, iniziando subito a stringere. La testa, da cui provenivano suoni gruttuali, penzolava grottescamente verso il terreno, aprendo e chiudendo continuamente la bocca. Andy, col fiato corto, gli assestò un calcio ai genitali, ma senza apparente risultato. Gli altri due, dapprima paralizzati dal terrore, finalmente si mossero e afferrarono per le spalle la cosa, cercando di staccarla di dosso all’amico. L’urlo che Andy aveva scaturito gli si era strozzato in gola, la vista cominciò a offuscarglisi e le mani che stringevano le forti braccia gli cominciarono a cedere. Il viso gli iniziò a diventare rosso, e proprio mentre cominciò a credere che sarebbe morto soffocato, il ricciolo assestò un forte calcio nella scatola toracica del mostro che finalmente mollò la presa. L’attaccato boccheggiò e si portò le mani alla gola ,l’italiano lo afferrò per un braccio e lo spintonò con forza verso la porta, mentre l’altro assesstò un altro calcio alla creatura che finì a terra. Si precipitarono poi di corsa all’esterno della sala d’attesa, chiudendosi la porta alle spalle e chiudendola a chiave. Non passarono nemmeno pochi istanti che la creatura ricominciò a battere su di essa provocando un gran frastuono. I tre si allontanarono di corsa col terrore negli occhi, senza voltarsi o proferir parola. Improvvisamente l’edificio si animò: dai piani superiori cominciarono a provenire diversi versi, urla e fischi incomprensibili. Le pareti vibravano e il terreno pareva scuotersi, dei vetri andarono in frantumo e delle porte, in lontananza vennero percosse. Mike raggiunse la porta per primo e cominciò a bussare e a urlare, dopo qualche secondo gli venne aperto e tutti si fiondarono all’interno. Laura scalpitava e gemeva, mentre Daiane, che si era seduta vicino al lettino dell’amico, gli stringeva la mano con aria terrorizzata. -Che è successo, che è successo?- Altri vetri andarono in frantumo e poi si senti uno schiantò, seguito da diversi passi che s’avvicinavano. -Cristo hanno aperto le porte!- Le donne scoppiarono a piangere, mentre la situazione precipitò nel panico. Andy, che si stringeva ancora la gola ordinò – State zitti!- Si zittirono, ma Laura continuava a singhiozzare. -Michele, per Dio, falla stare zitta se non vuole che quelli ci sentano!- La tirocinante finalmente smise di piagnucolare, mentre gli altri si misero in ascolto. Andy sentì il proprio cuore martellare, cominciò a temere che il rumore fosse talmente forte da poter essere percepito anche dagli altri. I passi continuavano ad avvicinarsi, le urla e le grida si fecero più insistenti finchè non giunsero direttamente al di fuori della stanza. Rimasero in silenzio per diversi minuti, fermi ad ascoltare e cercando di non far rumore. Finalmente i passi e i versi cominciarono a diminuire, Daiane sperò che i pazzi avessero trovato la porta d’uscita e avessero cominciato ad abbandonare l’edificio. Attesero ancora molto tempo, per essere sicuri che le bestie si fossero allontanate, e poi Michele iniziò a parlare –Cristo, sono dei fottutissimi zombie! Andy sono dei fottutissimi zombie! Porca puttana hai visto che cosa ti ha fatto? Gli abbiamo assestato diversi calci e pugni mentre ti strangolava ma gli facevano solo il solletico!- si mise la testa fra le mani –Ci lasceremo tutti le penne.- -Qualcuno vuole spiegarmi che diavolo è successo?- La voce di George attirò l’attenzione di tutti. Aveva una voce roca, quasi calma e il tono era stato bassissimo. Sam cominciò a raccontare -Abbiamo trovato il telefono, ma le linee erano mute. Poi siamo riusciti ad accendere un televisore che si trovava nella sala d’attesa del pronto soccorso. In quella sala c’era anche il cadavere di un uomo. Era morto e aveva la cervicale spezzata, la testa ridotta a un colabrodo. Non ci abbiamo fatto troppo caso.. Al televisore abbiamo trovato funzionante solo il canale della CNN. Hanno detto che c’è qualcosa nella nebbia che si sta rapidamente diffondendo in tutto il mondo. L’Europa ne è completamente sommersa. Durante la trasmissione Andy si è.. beh ritrovato il morto alle spalle che l’ha aggredito. Siamo riusciti a tirarglielo via a fatica e poi siamo scappati. Ma il rumore provocato dalla lotta deve aver richiamato quelli che stavano di sopra e ora.. eccoci qui.- Mike ripetè la storia all’infermiera, che riprese a singhiozzare, cominciando a far saltare i nervi ad Andy che si trattenne a fatica. -Ti ha morso?- la voce roca si rifece sentire –Ti hanno morso Andy?- -No non mi hanno morso, ci è mancato poco, tuttavia mi sono..- si bloccò, aveva capito cosa intendeva George. Il suo sguardo si posò sul collo di Mike e lentamente tutti gli altri fecero la stessa cosa. L’amico parve spaventato e si portò le mani alla gola: aveva capito anche lui. -Non vorrete mica dire che…. Cristo io sto bene ragazzi, sul serio! Non diventerò uno di qui cosi, poco ma sicuro!- -Michele stai calmo noi non..- -Oh si invece! L’avete pensato eccome! Beh signori non me ne fotte un cazzo delle vostre strampalate idee! Non siamo in un fottuto film! Hanno parlato di un attentato! E poi perché diamine noi non siamo ancora stati tramutati cosi secondo voi? Non scherziamo su!- la sua risata isterica proruppe come un tuono nella stanza, Andy si lanciò su di lui e gli tappò la bocca, facendosi subito attento. -Cristo stai zitto! Non ti preoccupare! Non ti faremo niente ci mancherebbe, ma se cominci a stare male, se ti senti strano o roba simile ce lo devi dire subito mi hai capito?- Mike lo guardò dritto negli occhi -Mi hai capito?- -Si ho capito- Sbuffò, e gli tirò via la mano dalla bocca. -Ora direi che dobbiamo parlare di altro. Questo luogo non è sicuro e ce ne siamo resi conto. La domanda è: aspettiamo i soccorsi, che dubito arriveranno in fretta, se mai arriveranno, o ce ne andiamo? E se ce ne andiamo dove andiamo? Dove ci rifugiamo?- -Io mi sento sporca- L’amica di viaggio aveva parlato, con gli occhi piantati sul terreno e ripetè la frase. Sembrava quasi non avesse ascoltato. Andy scoppiò -Io ci ho quasi lasciato le penne prima, un cadavere mezzo marcio mi ha afferrato per il collo e sono vivo per miracolo, adesso che dobbiamo decidere in fretta cosa fare tu mi dici che ti senti sporca fottendotene di brutto? Qua rischiamo di essere tutti sbranati e tu ti senti le ascelle che puzzano? Ma vaffanculo!- si avvicinò alla ragazza minacciosamente, ma il suo ragazzo si frappose fra loro –Bada a come parli, se non vuoi ritrovarti d’urgenza in odontoiatria!- -Ragazzi, calmatevi! Non è il momento di litigare! Andy, è scioccata come vuoi che reagisca? E’ assolutamente normale che faccia così, è un meccanismo difensivo, Michele calmati anche tu! Su ragazzi!- Mise l’unico braccio funzionante in mezzo ai due ragazzi e cercò di calmarli. -Ascoltate, la situazione è schifosa, lo so. Ma siamo tutti distrutti e abbiamo bisogno di farci una dormita. E visto che non conviene uscire ancora l’unica cosa da fare è rimanercene qui. Cercate di dormire su, farò io il primo turno di guardia.- Andy gli scoccò un’occhiata furente, ma riuscì a riprendere il controllo -No la faccio io, dormite voi. Io ho troppe cose per la testa per dormire.- Girò loro le spalle e si sedette accanto alla porta. Fissò il soffitto e non degnò più nessuno di loro. Intanto all’esterno decine e decine di corpi mutilati si muovevano, si attaccavano a vicenda. I loro sguardi erano carichi di morte. Di una morte che nessuno avrebbe mai voluto desiderare.

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