Basta non farsi prendere troppo la mano di goldfish (/viewuser.php?uid=14942)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Adesso basta! ***
Capitolo 2: *** Quando ci si fa prendere la mano... ***
Capitolo 3: *** Tegole traditrici ***
Capitolo 4: *** Basta parlare! ***
Capitolo 5: *** Mi sono persa qualcosa? ***
Capitolo 6: *** Pur sempre una bambina ***
Capitolo 7: *** Choices (siamo noi a decidere) ***
Capitolo 8: *** Se solo tutto fosse così facile ***
Capitolo 9: *** Dal principio ***
Capitolo 10: *** Più di ogni altra cosa ***
Capitolo 11: *** Conversazioni e vernici ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Adesso basta! ***
prova
BASTA NON FARSI PRENDERE TROPPO LA MANO
1 - ADESSO BASTA!
‘Non c’è peggior cattivo di un buono che diventa
cattivo.’
Parole sante. Potrei dire che sono la mia storia.
Io sono sempre stata una ‘buona’ per definizione. La perfetta
Hermione Jane Granger, la strega più brillante del suo anno nonostante fosse di
origini babbane, prima prefetto e poi caposcuola, che ha lottato con coraggio al
fianco di Harry Potter. La studentessa e ragazza modello che tutti,
tutti, vedevano destinata a vivere la classica esistenza altrettanto
perfetta, senza macchia. Inquadrata.
E non a torto. Perché quelle come Hermione Jane Granger si
diplomano col massimo dei voti, trovano un buon posto di lavoro (almeno nel
mondo magico, dove la disoccupazione non è ancora una piaga sociale), quindi
pongono le basi per una brillante carriera e dopo, quasi certamente, possono
procedere col farsi una vita; sposano un ragazzo a posto, magari quello che
conoscono da sempre, dai tempi della scuola, e mettono al mondo un paio di
bambini da far giocare in giardino, con un cane di taglia medio-grande che si
chiama Buster, o Lucky, o qualcosa del genere.
Ed io, Hermione Jane Granger, non avevo deluso simili
aspettative, perfettamente inquadrata in quello che era ormai il mio clichè.
Felicemente rimediato il mio ‘buon posto di lavoro’, a venticinque anni tutta la
vita mi si presentava spianata davanti, scintillante. A meno che…
A meno che un bel giorno non decisi di dire basta, non decisi
che ne avevo abbastanza. E al diavolo la carriera, i capi stronzi, le villette
con lo steccato e le famigliole felici delle pubblicità.
Io, Hermione Jane Granger, mi ero incazzata.
Di brutto, senza neanche sapere con chi o che cosa, tra
l’altro; sentivo solo una rabbia generalizzata che premeva per esplodere,
trattenuta a forza giorno dopo giorno. Fino a quando non decisi che ero stufa
anche di trattenerla, quella rabbia. Stanca di sentirmi prigioniera di quel
clichè, irritata dal fatto che tutti credessero di sapere di me più cose di
quante io stessa non sapessi.
Dopotutto a chiunque, anche alle ragazze perfette, è concesso
esplodere quando si è stufi delle ipocrisie, stanchi e pericolosamente
incazzati. Il problema, però, è che se un’esplosione di rabbia può essere
terapeutica, a sputare veleno gratuitamente, soccombendo all’odio fine a se
stesso, si raccolgono solo frutti amari; si distrugge tutto quello che conta
davvero.
~
Un paio di anni prima…
Quando si dice una giornata di merda.
Stamattina mi sono svegliata in ritardo, in bagno non c’era
l’acqua calda, vestendomi mi è rimasta in mano la lampo della gonna, non trovavo
la mia bacchetta, ho saltato colazione per entrare a lavoro in orario e alla
fine sono arrivata ugualmente in ritardo.
Poi ci mancava solo questo rompipalle.
"Hermione, ti adoro!"
"Sì, Mark, certo…" a fatica mi reggo in piedi sotto la valanga
di carte che mi appioppa tra le mani quell’opportunista di un collega.
"No, davvero! Sei un angelo a farmi questo favore. Sai, io e
Janice abbiamo appena deciso di riprovarci e…"
"E vi serve una vacanza a due. Recepito."
"Graz…"
Scocciata, gli do le spalle e deposito la pila di carte sulla
mia scrivania. Non che non mi piaccia il mio lavoro al Ministero, intendiamoci;
sono una strega di origini babbane, vivo a cavallo tra questi due mondi e mi
viene naturale lavorare al dipartimento delle relazioni con il mondo babbano.
Però con la scusa che amo darmi da fare ho come l’impressione che certa gente si
approfitti un po’ della mia generosità.
Sedutami, osservo, impallidendo, la mole di lavoro che è
pericolosamente aumentata. Mi accascio e comincio a dare delle piccole testate
contro il tavolo.
"Scema. Scema. Scema… non voglio fare lo straordinario anche
questa settimana" piagnucolo.
"Dai, Hermione. Non fare così."
E Seamus ridacchia sotto i baffi. Ancora. Di me. Non sarebbe
così male come collega, se solo fosse un po’ meno sarcastico…
"Bastardo" mugugno tra i denti. "Non infierire anche tu."
"Beh, scusa se te lo dico, ma te le cerchi!" mi fa, sempre
ridendo.
"Sarebbe?!"
"Sarebbe che, esattamente come facevi a scuola con lo studio,
anche adesso sembri urlare ai quattro venti quanto ami lavorare più del
dovuto!"
"Ma è vero! Mi piace lavor…"
"E allora non ti lamentare se chi ha una vita sociale
approfitta di te" conclude con un occhiolino. Mi sento un po’ indignata dal
fatto che lui mi reputi una persona priva di vita sociale.
"Io ho una vita sociale incredibile."
Fa il sarcastico. "Oh, non ne dubito."
"Seam! Comunque questo fine settimana vado al mare. Con
Ginny."
"Magari la sua influenza positiva ti farà bene…"
Lo fulmino con lo sguardo, col labiale lo mando dove potete
facilmente intuire e decido che sia il caso di mettermi al lavoro.
Il resto della giornata scivola via abbastanza velocemente,
anche perché con tutto quello che ho da fare non posso certamente permettermi di
grattarmi la pancia. Onestamente sono un po’ innervosita da questo fatto delle
sostituzioni. Seamus ha ragione, io do l’impressione di quella che vuole
che gli altri la sfruttino. Che vuole lavorare più del dovuto, per
inseguire chissà quali gloriose mete carrieristiche. Ma non è vero.
Cioè, è logico che aspiri ad avere un buon posto che mi renda
giustizia, ma… io ho solo venticinque anni. E come ogni ragazza venticinquenne
il lavoro non è l’unico mio pensiero. Io amo uscire, amo ridere e divertirmi.
Amo chiacchierare con i miei amici e sparare scemenze a raffica finché non ho
esaurito le idiozie a disposizione. Desidero innamorarmi, trovare la persona
giusta per me, quella che mi faccia battere davvero il cuore.
Ma, soprattutto, detesto che la gente sia convinta di avermi
perfettamente inquadrata come la sfigata destinata alla scalata sociale a
scapito della proprio felicità. Che è pronta a salvare il culo a tutti e che
vive, o meglio, che non vive per lavorare. Destinata a fare sempre la
cosa giusta, quello che tutti si aspettano da lei.
Un urlo arrogante interrompe il mio flusso di coscienza.
McCormick, quel caprone del mio capo.
"HERMIONE!"
Mi alzo con flemma e lo raggiungo nel suo ufficio.
"Sì?"
"Ho una proposta da farti. Sono certo che sarai entusiasta, si
tratta di una bella opportunità…"
Lo guardo con aria interrogativa.
"Sai, Anthony ha avuto un’urgenza e pensavo che magari lo
avesti potuto sostituire alla conferenza di questo fine settim…"
"Questo fine settimana?" lo interrompo.
"Sì. Problemi?"
Tentenno.
"No… è che… insomma avevo dei programmi e…"
Ride come un idiota privo di rispetto per il prossimo,
l’obeso.
"Hermione, credo che potrai rimandare. Lo so quanto tu ci tieni
al lavoro, e onestamente ne hai i motivi perché sei una ragazza in gamba, e
questa trasferta sarebbe…"
"Grazie dei complimenti, davvero, ma…"
"Ma?" incalza.
"Ma sono due mesi che vado avanti a straordinari e avrei sul
serio bisogno di rilassarmi; di una vacanza…"
Sembra un po’ deluso.
"Beh, fai come vuoi. Se preferisci lasciarmi nella merda."
"N – no! Certo che no…"
"Anche perchè sarebbe da stupide, tesoro. Sappiamo bene
entrambi che è un’occasione ottima per te."
Cercando di soprassedere sul quanto sia stato viscido nel
definirmi ‘tesoro’, fingo di ascoltarlo e noto con la coda dell’occhio come
Alcott, l’altro dirigente, stia pesantemente insultando Lucas.
"…Merlino a volte mi domando se si può essere tanto
incompetenti! Ma no, tu sei solo un IDIOTA!"
Il ragazzo è mortificato. Letteralmente.
"Mi scusi ma…"
"NO! Non me ne frega un cazzo delle tue scuse! Sparisci prima
che ti spedisca fuori a calci in culo!"
Guardo quel ragazzo uscirsene zitto e demoralizzato, dopo
essere stato coperto da una valanga di insulti che mai potrà restituire a quel
pallone gonfiato. Non è giusto, nessuno si merita di essere trattato così;
nessun errore, per grande che possa essere, giustifica una simile mancanza di
rispetto, soprattutto quando là fuori è pieno di incompetenti che però hanno il
culo coperto; come Anthony, ad esempio, che del mio capo è il nipote e che di
sicuro non si salta la conferenza per un’urgenza. Anche perché un sano di mente
non gli affiderebbe mai un’urgenza.
"…Allora, posso dire di averti fatto cambiare idea?"
Mi volto e lo guardo con candore.
"Lei se lo scorda proprio."
Oddio. Cosa ho detto?
"Scusa? Ho capito ben…"
"Ha capito benissimo" gli sputo in faccia, acida. Merlino io
non volevo pronunciare queste parole! Che mi prende? "Non ho intenzione di
fottermi un merdoso week-end perché quel deficiente di suo nipote ha di meglio
da fare!"
Maledizione Imperius. Unica spiegazione possibile.
"Granger si rende cont…"
"SI’ CHE MI RENDO CONTO!" ora la persona che controlla il mio
corpo mi fa urlare come una pazza. "MI SONO ROTTA I COGLIONI DI DIRE SEMPRE DI
Sì, DI SVOLGERE IL LAVORO DEGLI ALTRI E SOPPORTARE CHE DEI PALLONI GONFIATI SI
CREDANO IN DIRITTO DI TRATTARCI COME DEI PERFETTI IDIOTI AL LORO SERVIZIO!"
Con la coda dell’occhio noto che alcuni colleghi si sono
affacciati al suo ufficio e mi osservano perplessi mentre sbraito; ma non posso
farci nulla, è la maledizione Imperius a controllarmi.
"Hermione, adesso calmati!"
"No che non mi calmo! Adesso basta! Spiacente, ma Hermione
Granger non è più disponibile per coprirvi il culo. Si è rotta di rinunciare
alla sua vita e leccare i piedi a un incompetente nella speranza di ricavarci
qualcosa! Io…" sottolineo questo io con particolare enfasi,
"…io ho deciso di fare di testa mia! E questo week-end vado al mare!"
Poi, con un gesto teatrale, mi volto verso il piccolo pubblico
che mi guarda, tra cui individuo la brutta faccia di Mark.
"Col cazzo che svolgo il tuo lavoro, stronzo! E credo che
Janice dovrebbe sapere che ci hai pure provato con me alla festa di
Natale!"
Esco in trionfo dall’ufficio e mi dirigo verso la mia
scrivania.
"HERMIONE GRANGER!" mi urla dietro il mio capo. Ma io lo
ignoro, afferro un mucchio di pratiche e le lancio addosso a Mark.
"Vaffanculo, tu e il tuo viaggetto! sbrigatela te!"
Però, è liberatoria la maledizione Imperius.
"Granger!" continua a richiamarmi il mio capo. Ma io, sempre
contro la mia volontà, afferro altre carte e mi porto davanti a
quell’idiota.
"Sa cosa le dico, signor McCormick?!" rido. "Dico che non solo
questo fine settimana me ne vado al mare, ma che non ho intenzione di mettere
più piede qua dentro! Questo lavoro mi fa vomitare, lei mi fa vomitare!" e
lancio di nuovo la pila di documenti, questa volta addosso a lui. Poi, con
dignità, alzo i tacchi e me ne esco a testa alta tra le esclamazioni dei
presenti e gli applausi di qualcuno un po’ più audace.
~
Sono seduta su una panchina a Hyde Park, quando devo sbollire
vengo sempre nella Londra babbana.
Credo che la maledizione Imperius stia lentamente scemando,
perché avverto come una sensazione di malessere e occlusione all’altezza dello
stomaco, a mano a mano che mi rendo conto di quello che ho fatto.
Oddio.
Oh Merlino.
Oh tutti i santi e oh tutti gli alchimisti!
Ho mandato a fanculo prima il mio capo, poi mezzo ufficio,
infine me ne sono andata con una show degno di una primadonna. E adesso io,
Hermione Jane Granger, sono disoccupata. Disoccupata!
Mi gira la testa e questo pensiero mi lascia nel panico più
totale. Mentre nascondo la faccia tra le mani, sento una vocina chiamarmi alle
mie spalle.
"Signora?"
Una graziosa bambina sui sei anni, con le trecce sfatte e un
ginocchio sbucciato, mi sta guardando curiosa.
"Dimmi, piccola."
"Signora, le è caduto questo…" e così dicendo mi porge
la bacchetta, che afferro prontamente. "Cos’è?" aggiunge poi.
"Beh, è… è…" oh, al diavolo. "E’ una bacchetta magica! Ma non
dirlo a nessuno, ok?" le spiego strizzando un occhio e ringraziando il cielo che
ancora non trova assurda una simile risposta. "Anzi, grazie di avermela
restituita! Ma non chiamarmi signora… ti sembro così vecchia?"
La vedo ridere e scuotere la testa. "No!"
"Bene… sai, mi sento una vecchietta se mi chiami così!"
"No, tu sei giovane!" ride. Poi mi saluta e io la guardo
allontanarsi saltellando. Non saprei dire come mai, ma improvvisamente tutto il
senso d’ansia che mi aveva colto si dissolve.
"Giovane. Io sono giovane…" ripeto sottovoce a me stessa.
E un mezzo sorriso mi si allarga in volto.
Un po’ di tempo fa mi sono svegliata con la voglia di spaccare
qualcosa. O la faccia a qualcuno. Purtroppo, ho pensato che non fosse saggio…
però mi è venuta in mente questa storia.
Non è la solita Hermione che scopre tacchi a spillo, minigonne
e trucchi per fare girare la testa agli uomini. In questa storia Hermione si
incazza, stop. In fondo credo che chiunque, anche la più posata delle streghe,
possa avere i suoi momenti no. Il problema è non farsi prendere troppo la
mano.
Forse non vi piacerà. Forse sì, e ne sarò felice. L’importante
però è che continui a piacere a me come il giorno che l’ho pensata.
Ciò non toglie che mi farebbe piacere sapere che ne pensate voi...
non credo sarà molto lunga.
Ah... ci scappa pure la
Ron/Hermione!!
Un bacio a tutti quelli che finora hanno letto e commentato le
mie storie, sempre con belle parole!
Bea
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Capitolo 2 *** Quando ci si fa prendere la mano... ***
prova
2 – QUANDO CI SI FA PRENDERE LA MANO…
"Giovane. Io sono giovane…"
Mi avvio verso casa a passo lento, per la prima volta dopo un
sacco di tempo non sono di corsa e, ad essere oneste, la cosa non mi dispiace
affatto. Sono anni che mangio di corsa, mi vesto di corsa, faccio la doccia di
corsa; talvolta mi ritrovo a correre persino nel mio scarno tempo libero, quando
potrei benissimo starmene in poltrona grattarmi la pancia. L'unica cosa che
posso dire di non fare di corsa è il sesso... ma solo perchè con tutto questo
correre non ne ho obiettivamente il tempo; mica per altro, che vi credevate.
Ginny mi dice in continuazione sempre che dovrei trovare il
modo di conciliare la mia carriera con una vita sociale non si dice
spumeggiante, ma almeno decente.
"Da quanto tempo non ti prendi una sbronza, Hermione?"
"…"
"Da quanto tempo non ti dedichi al ‘dolce far niente’,
Hermione?"
"…"
"Da quanto tempo non esci con un uomo, Hermione?"
Evvai, questa la so!
"Io esco con Harry! con Ron!"
"Con lo scopo di far sesso, Hermione."
"…"
Ginny sa essere piuttosto odiosa, quando pronuncia il mio nome
con quel fare da saputella. Bella coinquilina che mi sono scelta. Ma adesso si
dovrà ricredere, perché io mi sono stufata di passare per la ‘vecchia dentro’.
Io sono una ragazza giovane e che può fare tutto quello che vuole. Arrivo a casa
che sono le sei e mezza passate, entro, poso la borsa sul divano e con un gesto
fluido mi sistemo i capelli dirigendomi verso la cucina, dove Ginny sta
parlottando con Ron. Tossisco leggermente per richiamare
l’attenzione su di me. Dovrei mettermi a urlare, sono stufa di passare
inosservata.
"Hermione, già a casa?" mi chiede Ginny.
"Io esco dall’ufficio alle sei" le faccio notare con calma.
Abbozza un ghigno, ricambiato dal fratello.
"Veramente tu non esci mai prima delle sette e mezza. Ci vivi,
là dentro."
"Non oggi" replico fredda.
Ed ora eccola che alza un sopracciglio, divertita. "Ci sentiamo
trasgressive, eh?!"
Eh, no! Non ho intenzione di sentirmi dire sempre le stesse
cose pure da loro. Oggi l’ho combinata davvero grossa, e non credo di meritarmi
di essere accolta da un paio di sorrisini compassionevoli che mi fanno notare
quanto io lavori. Sono stufa, anche di loro! Sbuffo, scuoto un po’ la testa e
poi la guardo fissa in volto.
"Vai a farti fottere, Ginny. Te lo dico col cuore."
La vedo tornare immediatamente seria, colta di sorpresa.
"Co… come?"
"Ho detto vai a farti fottere" ripeto, glaciale. "Oh, che
sbadata. Dimentico sempre che è il tuo passatempo preferito. Mi sa che dovrò
scegliere un altro modo per mandarti a fanculo."
Merda. Non riesce neanche a rispondermi a tono da quanto è
stata presa alla sprovvista dalla mia reazione obiettivamente esagerata.
Interdetta, sgrana gli occhi verso di me, poi alza le mani insegno di resa e si
fa diplomatica.
"Ok, oggi sei nervosa… senti, mi spiace averti presa in giro
col fatto che lavori sempre, io…"
"Tu non oggi non hai fatto un cazzo, vero?" la incalzo, ormai
priva di qualsiasi controllo. "Anzi, no. Ti sarai fatta la piega, poi un giro
per negozi e alla fine aperitivo col fratellino! Ma brava!" con la coda
dell’occhio noto i piatti ancora da lavare. "Ma sì, dai. Mica sei una cretina
come Hermione che lavora come una pazza e quando arriva a casa si sforza pure di
evitare che questo posto diventi un porcile!"
Forse ho esagerato, sono ancora su di giri per via di quello
che è successo oggi. Dopotutto non è come se Ginny non facesse niente, lei è una
guaritrice. E anche in gamba, a dirla tutta; non si merita questa dose di
veleno.
"Lo sai che questa settimana faccio il turno di notte" mi
risponde fredda e impassibile, probabilmente ferita dalla cattiveria che ho
messo in quelle parole.
"Oh,brava, adesso tiratela anche per il tuo glorioso lavoro
socialmente utile! Io invece sono solo un povera sfigata con un noiosissimo
impiego al Min…"
Ron, che fino a qual momento se ne era stato zitto a osservare
la scena, decide di dire la sua interrompendo il mio sfogo.
"Merlino, che ti prende, Herm?"
"NIENTE, RON! Tu tornatene a pensare al cibo e al Quidditch,
ok? Tanto più di quello…"
No. Non volevo. Scusa, Ron. Scusa. Io non credo che tu sia
stupido, davvero. Avevo una cotta terribile per te, a scuola; non avrei mai
potuto prendermi una cotta per uno stupido.
Lo vedo avvampare leggermente per essere stato investito a sua
volta da una simile ondata di cattiverie gratuite. Perché io lo so che ho
sbagliato e non dovevo dire queste cose, assolutamente non vere. Mi rendo anche
perfettamente conto che loro non sono il mio capo e i miei colleghi, ma i miei
amici, gli unici onestamente. Però, è come se questo pomeriggio sia scattato
qualcosa in me e ora non riesca più a fermarmi dal precipitare in questo circolo
vizioso di cattiverie.
Ron riprova a farmi ragionare. "Hermione, adesso calmati. Non
so che sia successo, ma ci stai trattando come due stro…"
"Lo sapete che è successo?" lo interrompo. "E’ successo che ho
mandato a fanculo mezzo ufficio e me ne sono andata come una pazza, lanciando
una pila di pratiche addosso al mio capo. È successo che mi sono stufata di
gente che si approfitta di me e crede di sapere tutto della sottoscritta. E
adesso vi ci mettete pure voi!"
Mi guardano sbigottiti.
"Tu hai fatto cosa?"
"Avete capito benissimo" rispondo, di nuovo calma. "Ho deciso
di smettere di essere la buona e paziente Hermione Granger. Che c’è, mi
preferivate come prima? Non potete più ridere di me o sfruttarmi per i vostri
comodi? Pazienza."
Mi passo una mano sulla fronte, guardo un’ultima volta i volti
sconcertati dei miei amici e mi dirigo verso la porta. Il momento in cui la
sento sbattere alle mie spalle, sento che anche un intero capitolo della mia
vita si è chiuso con essa, non tanto per loro quanto per me. Io sono
cambiata. Lo percepisco.
Ma non desideravo cambiare, in fondo?
Onestamente non lo so più. Con gli occhi socchiusi e la mente
affollata da troppi pensieri, mi dirigo verso nessun posto in particolare,
avvertendo crescere in me una sensazione strana, indecifrabile. Mi sono sfogata
di nuovo, ma questa volta non mi sento bene. Non mi sento giovane, né libera.
Nessuno sfogo terapeutico. Camminando senza una meta precisa per le strade di
Londra, un giovedì sera al crepuscolo, l’unica cosa che sento è senso di colpa.
Ma forse sono solo un po’ scossa.
Ma sì. Se la sono cercata, è solo quello che resta della
vecchia versione di me stessa a farmi pentire di ciò che ho appena fatto. E poi
non sono stata nemmeno così brusca. Ginny è sempre più diretta con me e Ron,
effettivamente, pensa davvero sempre a cibo e Quidditch. Anche se, nonostante i
miei innumerevoli sforzi per auto-convincermi, continuo ad avvertire una specie
di peso all’altezza dello stomaco.
Ma il tono… il mio sguardo. Ho parlato come se pensassi davvero
quelle cose. Le pensavo davvero?
Ma passerà. Sono o non sono i miei amici?
~
La sera ritorno a casa alle nove passate, Ginny è già al San
Mungo per il turno di notte.
Cercando di comportarmi il più naturalmente possibile, mi
cambio e mi lascio cadere sul divano. Continuo a pensare che mi sono comportata
da vera irresponsabile e che dovrei andare a chiedere scusa a tutti, a lavoro ma
soprattutto ai miei amici.
"No. Io sono cambiata. Ho smesso di essere Hermione che dice
sempre di sì e il cui concetto di osare non va oltre il bere un po’ più del
solito a capodanno. Che poi è impossibile, io stramazzo dopo mezzo
Firewhisky."
Sempre cercando di non perdere del tutto la mia dignità, mi
alzo scocciata e vado in bagno a di distrarmi da simili scomodi pensieri.
Appoggiata con i palmi al lavandino, guardo la mia immagine riflessa e tutto ciò
che vedo è una ragazza stufa. Stufa di avere sempre tutto sotto controllo, stufa
dell’essere per tutti quanti la ‘prevedibile’ Granger.
Urge un cambiamento drastico.
~
"Sto decisamente meglio!" mi dico, osservando compiaciuta i
miei capelli. Lo so che è un classico clichè cambiare pettinatura quando si vuol
cambiar vita, ma quei capelli erano tremendamente sensibili all’umidità. Adesso
sono molto più moderni. Tagliati appena sopra le spalle, leggermente scalati,
sembra quasi che i miei riccioli siano più belli. Dovevo farlo prima! Con un
veloce colpo di bacchetta ripulisco il lavandino finché qualcuno non bussa
alla porta. Vado ad aprire, riluttante.
Quando lui mi vede fa per parlarmi, ma si blocca subito alla
vista dei miei capelli e alza un indice in direzione della mia testa.
"Oh, hai…"
"Sì, Ron. Mi sentivo trasgressiva" rispondo ironica,
facendo il verso a sua sorella qualche ora prima. Arriccia un po’ le labbra e mi
guarda, serio.
"Mi chiedevo che fine avessi fatto."
"Che t’importa?"
"Niente."
"Appunto. So badare a me stessa, non ho bisogno del vostro
supporto. Anzi, sono sempre stata io a salvare il culo a tutti… dillo pure a
chiunque ti abbia costretto a venire a cercarmi."
Sono una stronza a parlargli così nel tentativo di liquidarlo,
solo perché mi sento in colpa. Sono una stronza e lui non se lo merita: sta
solamente cercando di darmi una mano, e non è umiliante che qualcuno si
preoccupi per me. Anzi, sarebbe deprimente il contrario.
"Che ne sai che mi hanno costretto?"
"Non lo faresti. Sei troppo orgoglioso" rispondo secca.
"Come te."
Dopo qualche minuto di silenzio, lo vedo sbuffare e
intrufolarsi in casa.
"Ok, magari sei un po’ stressata e avevi bisogno di sbollire…"
attacca con diplomazia. "Ti senti meglio adesso? Dico, dopo lo show, i capelli e
tutto il resto…"
Sento che sto per esplodere. Dopo tutti i casini che ho
combinato, ancora non si rende conto che non si è trattato solo di un misero
colpo di testa, ma che mi sono stancata sul serio?! Che ho detto basta, senza
scherzare, e che ho deciso di cambiare in maniera drastica una volta per
tutte?!
"NO, RON!" urlo. "Non mi sento meglio! Anzi, se ci tieni a
saperlo mi sento uno schifo, ma anche ancora più incazzata! È come se la mia
rabbia crescesse in maniera esponenziale mano a mano che la libero… e sappi che
l’ultima cosa che mi serve è sentire te che pretendi di sapere quello che
mi passa per la testa! Non ho bisogno delle tue fottute considerazioni sui miei
motivi, non ho bisogno di nessuno! Lasciami in pace!"
"BENE!" mi risponde, violaceo. "Allora divertiti e stai
tranquilla che io non ti farò compagnia… tanto non ti serve, giusto? Merlino, ti
rendi conto che non ha senso questa tua esplosione contro di noi?! Due
minuti va bene, ma non hai motivo di pensare certe cose."
Ha ragione, Ron ha perfettamente ragione, ma temo di essermi un
po’ fatta prendere la mano. Non so cosa rispondere, perciò mi limito a
guardarlo.
"A volte mi domando come…" aggiunge.
"Come cosa?"
"Niente. Io sono Ron, non penso" dice freddo.
"Bravo, vedo che ci sei arrivato."
"Crepa."
Ci fissiamo in silenzio per qualche istante, entrambi accaldati
dalla discussione, quando un improvviso rumore che mi sembra provenire da dentro
casa mi distrae.
"Hai sentito?" chiedo improvvisamente, voltandomi di scatto
verso il salotto in penombra. Non ne sono del tutto certa, ma mi è sembrato di
sentire…
"Cosa? Io non ho sentito niente" domanda, sempre un po’
scocciato. "Ma a proposito di te…"
Non lo seguo, sono sempre convinta di aver sentito qualcosa.
"Io ho sentito come… come…"
Mi volto verso di lui e lo vedo fissarmi perplesso con un
sopracciglio inarcato. Non mi crederà mai, allora rinuncio.
"Boh, avrò immaginato."
Continua a fissarmi, zitto. A dir la verità il suo non
rispondere mi irrita un po’.
"Che c’è, credi che io sia diventata pazza?!"
"Oh, beh."
"Non sono pazza!"
"Hai le allucinazioni però."
"NO! Io… ok, lascia stare."
E così dicendo mi siedo per terra davanti a un Ron alquanto
perplesso, mi appoggio alla parete chiudendo gli occhi e mi stringo la testa tra
le mani, esaurita dalla giornata che ho passato. Poi alzo lo sguardo cercando il
suo.
"Lo so, ho esagerato" ammetto. "Ma per una volta, solo una, fai
finta che io non sia la solita pedante e prevedibile Hermione, ma solo una
ragazza che ha come tutti voglia di incazzarsi. Te ne prego."
Ma tanto lo so che non cederà mai…
"Va bene" mi risponde piano, dopo qualche istante.
Cosa? Ha detto che va bene? Lui, Ron, ha deciso di assecondare
me invece del suo orgoglio? Cavolo, devo avergli fatto proprio paura.
"Avrei preferito delle scuse, ma mi accontenterò" aggiunge con
un sorriso a mezz’asta. "Dopotutto sei impazzita."
"Ron…" attacco scocciata. Ma non posso non rispondere al suo
sorrisetto con un leggero ghigno divertito. "Ti va di accompagnarmi in un
posto?"
"Dove?"
"Un posto."
Mi guarda un po’ curioso, ma alla fine alza le spalle in segno
di assenso. Io lancio un ultimo sguardo al salotto, perplessa, poi mi alzo e gli
faccio cenno di seguirmi.
A giudicare dai vostri commenti, noto con piacere che non sono
l’unica che certi giorni sente come un indefinito istinto omicida verso il
prossimo ^^’ … beh, meno male! Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto,
il prossimo non so se sarà molto comico, però!
Un saluto particolare a robby, luz79 (che si è fatta violenza da sola…
tesoro!^^), SiJay, Karmygranger,
steg94, hermron, pk82,
funnynurse, soni67.
Un bacio,
goldfish - LaBea
|
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Capitolo 3 *** Tegole traditrici ***
caso
3 – TEGOLE TRADITRICI
Casa. Mi sembra una vita che
non metto più piede in questo banalissimo giardino, dove non ci sono folletti,
fate o altre creature magiche. Solo un comunissimo giardino di una comunissima
casa, in un comunissimo sobborgo. Il posto che mi ha vista crescere, piangere e
ridere di gusto. Dove ho imparato ad andare in bicicletta, guardato le stelle
cadenti e dove spesso mi sono chiesta che cosa avessi di diverso rispetto agli
altri bambini, senza mai potermi rispondere veramente. Finché un giorno, una
lettera recapitata da un gufo non mi ha svelato che il mio mondo era un altro,
il mio destino lontano da quel giardino.
Ma questo posto,
nonostante tutto, resterà sempre quello che io chiamo casa.
Rimango immobile
a fissare la villetta da lontano, avrei una voglia immensa di entrare per
abbracciare i miei genitori, e ringrazio il cielo che siano in vacanza, questa
settimana. Perché anche se mia madre è una comunissima dentista babbana che non
potrà mai comprendere totalmente quello che è la mia vita, resta pur sempre mia
madre. Non si abituerà mai alla posta via gufo o al vedermi sbucare dal camino,
forse, ma non ha bisogno della legimanzia per intuire al volo quello che mi
passa per la testa. Per questo non voglio che mi veda così.
"Mi hai portato a
casa tua?" mi chiede scettico Ron. Immersa nei miei pensieri, quasi mi ero
scordata di lui.
"Non è bella?"
dico senza guardarlo. Lui osserva incerto la villetta, una normalissima
abitazione borghese poco distante da Londra. Quello da cui scappo, se vogliamo
essere pignoli.
Gli afferro un
braccio e indico con la sua mano una finestrella sul tetto.
"Quella era
camera mia" spiego. "Lo sai che da piccola a volte mi avventuravo sul tetto? Se
i miei lo avessero scoperto avrebbero perso diversi anni di vita, temo"
ridacchio. "E ora… ho voglia di tornarci."
"Sul
tetto?"
"Sì!"
"Ma…"
Ma io mi sono già
smaterializzata, e in un attimo lo incito a raggiungermi urlando coma una pazza.
Poi mi sdraio ad occhi chiusi sulle tegole e lo sento comparire al mio fianco
con un crack.
"E se avessi
sbagliato tutto?" domando dopo un po’, sempre con le palpebre abbassate.
"In che
senso?"
"Insomma, tu sei
un purosangue, per te è stato diverso. Ma io… a me è stata data la possibilità
di scegliere. Ho scelto di abbracciare il mondo magico e abbandonare questo. E
se avessi fatto male?"
Anche se non lo
vedo, so benissimo che sta strabuzzando gli occhi. E infatti…
"Che cosa? Ma
dico, sei matta? Sei la strega più brillante che conosca! Che abbia mai
conosciuto!" esclama indignato.
"Beh, sarei stata
un’altrettanto brillante studentessa di Oxford… un’università babbana molto
prestigiosa" specifico, dopo un suo breve ma eloquente silenzio. "Magari sarei
diventata dentista, come i miei. O magari qualunque altra cosa avessi voluto, il
tutto senza rischiare di morire in una guerra magica."
A questo punto
apro gli occhi e volto la testa verso di lui, che mi guarda perplesso.
"Hermione, non
dire sciocchezze… questa è la tua vita. Sei una strega, perché voler vivere come
una babbana ignorando i tuoi poteri? È da pazzi…"
Mi scappa un
risolino sarcastico, che lo interrompe.
"La mia vita…
intendi dire quella che ho mandato a puttane oggi pomeriggio?"
"Esagerata… sei
solo un po’ stressata."
"No, Ron. No"
dico seria. "Ho toccato il fondo. E non solo a lavoro…"
"Ti riferisci a
me e Ginny?" domanda dopo un po’. "Senti, è logico che ci siamo rimasti di
merda, ma… capitano a tutti le giornate no."
Scuoto
leggermente la testa.
"Non si tratta di
una giornata no. Oggi pomeriggio sono esplosa e sì, forse adesso mi sento in
colpa perché non vi meritavate tutte quella cattiverie, ma non posso far finta
che prendermela con voi non mi sia in qualche modo piaciuto. Mi sono sfogata
come non ho mai fatto e, anche se non penso sul serio quello che ho detto, ero
consapevole quando l’ho detto. Adesso non voglio più tornare quella di prima, mi
sono stufata dell’Hermione che si fa troppi scrupoli."
Di nuovo restiamo
in silenzio, osservo il cielo terso di giugno e cerco di rilassarmi.
"E noi? Io?" mi
domanda.
"Tu che cosa,
Ron?" chiedo, voltandomi di nuovo a guardarlo.
"Se tu… se non
fossi venuta a Hogwarts, se invece fossi andata a quella Oscford…"
"Oxford."
"Quello che è!"
sbuffa. "Insomma, stai dicendo che non ti importerebbe di non avere mai
incontrato Harry? O… o me." Arrossisce
leggermente a queste parole; crescendo ha imparato a controllare un po’ il suo
colorito, ma mai del tutto. Quello che dice, però, mi colpisce. Come sarebbe la
mia vita, senza di loro? Probabilmente ci sarebbero un altro Harry e un altro
Ron, al mo fianco. Probabilmente. O forse non saprei nemmeno cosa voglia dire
avere due amici così sinceri e onesti, in un modo così assoluto. Una parte di me
mi dice che Harry e Ron sono insostituibili, sfoghi personali e cattiverie a
parte; mi sentirei persa senza di loro, smarrita. Ma… ma ora non sono più sicura
di più nulla, mi sento come un libro a cui sono state strappate tutte le pagine
e che devo riscrivere daccapo.
"Io non lo
so."
"Ottimo" mi
risponde seccato. Forse si aspettava dell’altro? Si aspettava che crollassi ai
suoi piedi in lacrime implorandolo di perdonarlo, confessando quanto io sia
persa senza di lui? Andiamo, ho ancora una dignità. E comunque sono una persona
nuova, da oggi, nel bene o nel male.
"Non riattaccare,
ok?" intervengo stizzita. Per un attimo temo il peggio, ma presto mi rendo conto
che non ho voglia di litigare ancora: ho perso le forze a furia di sbraitare e
arroccarmi in difesa, oggi.
"Ron, non sto
dicendo che non mi importa nulla di voi… o dite"
spiego un po’ più calma.
Mi accorgo di
sottolineare quel te con una certa enfasi, a livello inconscio, e la cosa mi
imbarazza leggermente. "Dico solo che in poche ore ho messo in discussione un
sacco di cose, come non ho mai fatto in vita mia. Chi sono, cosa faccio, cosa
sarò… sono un po’ scombussolata. Mi sono pure tagliata i capelli!"
Torno a
guardarlo, e vedo che l’ombra di rabbia che gli attraversava il volto poca fa
sta lentamente svanendo.
"Attenta a non
perdere troppo il controllo, però. Rischieresti di sbandare." Mi scappa da
ridere per questa conversazione. Giuro.
"E da quando dispensi saggi
consigli, Ronald
?" chiedo con sarcasmo.
"Da quando tu ti
comporti in modo irrazionale,Hermione." Adesso rido
apertamente, è troppo assurdo. "Buona questa" ammetto. Poi mi volto piano e lo
guardo di nuovo.
"Secondo te,
perché tra di noi non è mai successo niente?"
Formulo questa
domanda di punto in bianco, con una semplicità disarmante che non può non
disarmare anche lui; non me ne capacito quasi. Lo vedo fare una faccia strana,
spalancare gli occhi e boccheggiare per qualche
secondo.
"Hermione… io non
saprei."
"In fondo eri
cotto di me, a scuola. È innegabile."
"Pure tu!"
"Magari un
pochino…" sorrido. "Ma alla fine, niente. Gli adolescenti di solito non sanno
tenere a bada i propri ormoni, e noi ci siamo sempre rifiutati di ammettere ciò
che era palese. E adesso…"
"Adesso ci siamo
ritrovati adulti in un baleno. O
quasi adulti"
"Già. La guerra,
la vita che cambia, le nuove esperienze e un futuro tanto sospirato che ci si
spiana davanti. E così il passato finisce nel dimenticatoio."
"Ma è normale,
no?"
"Oh, sì. Certo.
Ma a volte penso a come sarebbe stata."
"Tra di
noi?"
"Sì, come sarebbe
stata tra di noi." Faccio una breve pausa. "Ma sono solo sciocche domande senza
senso, la vita non è fatta di ‘ma’ e di ‘se’. Giusto?"
"Giusto"
concorda, anche se mi è sembrato che esitasse un attimo.
Lo osservo in
silenzio per qualche istante, ha uno sguardo strano, in un modo che non ho mai
notato. "Oh, basta filosofeggiare, per stasera!"
Improvvisamente
mi alzo un po’ e mi trascino più in alto, per guardare il panorama anche
dall’altro lato della casa. Raggiungo la sommità del tetto, noncurante della sua
espressione un po’ preoccupata per la nostra incolumità.
"Herm… sei sicura
di non cascare? Tu odi le altezze…"
"Che palle, Ron!
Sono perfettamente salda!" protesto. "Ti sarai mica rammollito?"
"Io? Scherzi,
vero?!"
Ferito
nell’orgoglio, mi raggiunge facilmente e mi si siede vicino.
"Ma insisto che
sei impazzita" aggiunge. Poi, una tegola infame traballa sotto il mio piede, con
un gridolino barcollo cercando di non perdere l’equilibrio e lui mi afferra
prontamente un braccio. Restiamo qualche secondo così, immobili. Lui, sempre
tenendomi stretta per un braccio, alza lo sguardo e lo posa su di me che,
ricambiandolo, non posso non avvertire un leggero scossone attraversarmi la
schiena. I suoi occhi blu mi fissano vicini, sempre di più e poi…
E poi accade
tutto molto velocemente. Troppo, perché avrei voluto gustarmi il momento come si
deve, dato che ci ho fantasticato sopra per anni. Senza pensarci troppo, né
tergiversare correndo il rischio di perdere l’ennesimo treno, le mie labbra sono
incollate alle sue. Non saprei dire se sono stata io oppure lui a fare la prima
mossa, ma fatto sta che adesso, circa un paio di minuti dopo l’ennesima lite
sfiorata, io e Ron ci baciamo sul tetto della mia vecchia casa. Ed è bellissimo.
Ma una simile
situazione non può che sorprendermi e lui, ovviamente, approfitta bassamente di
questa mia debolezza. Accenno un sorriso poggiata sulle sue labbra, lasciandogli
cogliere al volo l’occasione per schiudermi totalmente la bocca in un bacio un
po’ meno innocente e un po’ più deciso. Ok, molto
meno innocente e molto più deciso, visto che presa
dall’enfasi gli immergo le mani tra i capelli e mi appoggio ancora di più a lui,
per sentirmelo completamente addosso, e viceversa. Dopotutto ho fantasticato su
questo bacio per buona parte della mia adolescenza: ho desiderato per anni che
le sue mani mi accarezzassero la schiena e i fianchi sollevandomi appena la
maglietta come stanno facendo adesso, mi sono chiesta innumerevoli volte
l’effetto che mi avrebbe fatto la sua lingua che mi scorre delicata sul palato,
inseguendo la mia, quasi fosse nata per fare quello.
Che stupida,
perché ho aspettato tanto?
Sempre la stessa
tegola infame traballa di nuovo, interrompendo l’idillio.
"Ehi…" dico,
staccandomi con gli occhi appena socchiusi. "Siamo su un tetto."
Mi guarda e
accenna un sorrisetto.
"Già…" i nostri
nasi si sfiorano appena. "Comunque credo di essere in debito con Harry."
"Cioè?"
"E’ lui che mi ha
convinto a cercarti, questa sera."
Rido, poi la mia
bocca è di nuovo sulla sua. Le sue mani di nuovo sotto la mia maglia, mentre le
mie… beh le mie un po’ dappertutto. Poi non siamo neanche più su un pericoloso
tetto…
~
Mi sveglio di
colpo che saranno le otto. Imprecando per il mio atroce ritardo, mi alzo
velocemente, afferrò al volo i vestiti dall’armadio e faccio per andare verso il
bagno cercando di rendermi presentabile nel minor tempo possibile quando… quando
ricordo che non sono in ritardo. Io non devo andare lavarmi in fretta e furia,
non devo inventarmi nessuna scusa, non devo andare da nessuna parte. Ho mandato
al diavolo il mio lavoro, non ho nulla da fare.
Ciondolante,
ritorno sul mio letto e mi ci butto sopra a pesce, riportando alla mente tutto
quello che ho combinato il giorno prima. Tutto, dal lavoro a Ginny e Ron, a… a
Ron!
…
"Ron, credo che
non… non sia saggio."
Mi fa una faccia
un po’ interdetta.
"Cosa?"
bofonchia. Sono sopra di lui sul mio vecchio letto di bambina a una piazza, in
reggiseno, gli ho appena sfilato la maglia e mi accingevo con eleganza ad
abbassargli la lampo dei pantaloni. Non lo biasimo di certo, anzi, devo essere
sembrata un po’ un’assatanata.
Mi alzo di scatto
a sedere.
"Il punto è che…
che non cambierò mai se finisco a letto con te."
Devo dire che il
ragionamento non fa una piega. Cosa? No fa una piega perché non esiste alcun
ragionamento? Tsk.
"Eh?"
"Io e te…
Hermione e Ron. Si tratta di un’accoppiata di nomi storica. Cioè, tutti hanno
sempre pensato che… e anche se poi non… insomma è lo stesso. Io ho deciso di
rimettere in discussione tutto, di me, e non posso farlo se finisco a fare
quello che tutti si aspettano da sempre."
"Guarda che io
non mi aspettavo un bel niente!" protesta. "Io pensavo di litigare tutta le
sera… e comunque ormai non credevo neanche più che tra di noi sarebbe mai
successo qualcosa. Ormai!"
"Ormai… ascoltami
bene" mi rinfilo la maglia e mi lego i capelli in un piccolo codino. "Io non me
la sento d’accordo?! Non è così che devono andare le cose, devo cambiare aria
per un po’!"
Ancora lo scambio
di qualche acida battuta e ce ne andiamo, ognuno per la sua strada. Per un
attimo pare di sentire una terza voce, ma la ignoro.
…
Depressa, mi
rialzo e mi dirigo verso la cucina per la colazione.
"Al diavolo le
preoccupazioni!" mi dico, addentando un biscotto. Hermione Granger deve
ricominciare da zero. E non posso ricominciare da zero andando a letto con la
mia cotta adolescenziale, non è così che si volta pagina! Anche se mi sono fatta
una violenza non indifferente per fermarmi… era una cosa che desideravo da tempo
immemore… e poi il modo in cui…
"Oh, basta!"
esclamo. In quel momento Ginny rientra a casa dal San Mungo, con la faccia
comprensibilmente stravolta.
"Ciao."
"Ciao, Herm"
risponde seria, guardandomi.
"Ginny… ho
esagerato, ieri."
"Già. Non ti
nascondo che ci sono rimasta male e che non penso proprio che ce lo meritassimo.
Ma… lasciamo stare, d’accordo?"
"D’accordo."
Passa un minuto
scarso di mutismo, poi cerco di nuovo il dialogo.
"Sai… per quel
week-end con te, ecco, dovrò ritagliarmi un briciolo di tempo tra i miei innumerevoli impegni di lavoro, ma, se ti va ancora,
avrei bisogno di staccare un po’."
In questo preciso
momento, un gufo ministeriale sta casualmente planando sul balcone e picchietta
con insistenza contro il vetro. Non oso nemmeno alzarmi per andare a prenderlo,
gli lancio un’occhiata e poi torno a guardare lei.
"Innumerevoli,
eh?" mi dice con scetticismo. Io faccio spallucce.
"Certo che tu non
dai quasi mai di matto, Hermione, ma quando ti ci metti non lasci niente al
caso" afferma sarcastica. "Comunque ti stanno bene i capelli."
Sorrido, e non posso negare di sentirmi un po’
meglio.
Che bello, avete tutti apprezzato gli
sfoghi terapeutici ^^ sarà che sono incazzosa, in questo periodo e metto molto di
me in questa Hermione… dunque, come vedete c’è la Ron/Herm, ma aspettate a
cantar vittoria troppo presto (risolino perfido)! Già gli ho fatto fare pure
troppo… ma non ho resistito, il tetto mi piaceva! *_*
I ringraziamenti speciali a robby, merryluna, hermron, pk82, Kapoch, Lauren Smith, Sara83,
ImAya, KarmyGranger, soni67, funnynurse, SiJay (dici che le allucinazioni
ti sembrano improbabili?! Eeheh…)
Un bacio a tutti, e spero che continuiate
a leggere (anche chi non commenta!)
Beatrice.
PS : ho visto il film… imperfezioni di trama a parte, avete notato QUANTO
flirtavano i due cicci *_*? Ok, io vedo flirt ovunque, ma vorrei far notare un
commento non mio alla scena in cui Harry arriva a Grimmauld Place e
irrompe in camera di Ron e Herm:
Tipo di
Bea (che di HP non sa gran ché): "ma
li ha interrotti sul più bello! Stavano chiaramente trombando… lei lo ha
abbracciato per distrarlo. Poi c’è pure il letto sfatto e secondo me Ron ha
sbuffato e si è sollevato la lampo, l'ho visto."
(Visto che ragazzo fine che ho?? U_U
)
|
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Capitolo 4 *** Basta parlare! ***
prova
4 – BASTA PARLARE!
"Uffa. Perché devo sempre scottarmi?"
"Sei tu la guaritrice."
"Che c’entra…"
"Carnagione troppo chiara, Ginny. Lo sanno tutti che i rossi di
capelli si ustionano solo a pensarci, al sole. I babbani hanno anche inventato
delle creme per non scottarsi."
Ginny sbuffa. Siamo sdraiate su una tranquilla spiaggia in
Cornovaglia, alla fine il mio week-end votato al relax me lo sono preso: lei è
passata sopra i fiumi di veleno che le ho riversato addosso e io non ho nulla da
fare. Ancora non sono del tutto abituata alla mia condizione di nullafacenza, ma
me ne farò una ragione.
La sento imprecare e cercare di mettere una pezza alle sua
spalle violacee con un incantesimo anti-scottatura in extremis, ma non so quanto
otterrà a questo punto. Poi si blocca improvvisamente e sorride sorniona.
"Hermione, non ti girare, ma due ragazzi ci stanno fissando da
mezzora."
"Magari saranno preoccupati per la tua ustione di terzo grado.
Sai, la tua schiena è pericolosamente fucsia…"
Ma lei sbuffa e mi ignora.
"E non sembrano niente male… sono un po’ distanti, ma io ho un
buon fiuto, lo sai."
Lentamente, la curiosità ha la meglio su di me e mi volto a
pancia in giù, alzandomi sui gomiti, per vedere questi fantomatici adescatori da
spiaggia. Oddio che squallore, sono proprio caduta in basso.
"Già. Non male."
Ginny mi guarda, leggermente scocciata. Ammetto che forse con
la mia risposta ho manifestato un entusiasmo da far invidia a Piton quando
rievoca i suoi felici anni scolastici, ma non mi sento molto giuliva da quando
mi sono successe tutte quelle cose, in così poco tempo. Io sono sempre stata
abituata a fare di tutto, persino troppo, e adesso non avere niente da fare mi
ha reso apatica. Non ho ancora deciso che cosa fare della mia vita, ad
esempio.
"Meno entusiasmo, mi raccomando."
"Gin, lo sai… non mi piacciono queste baggianate da spiaggia.
Voglio solo rilassarmi."
"Lo so ma siamo due donne sole in vacanza… è d’obbligo farsi
due risate!"
Strizzo gli occhi per la luce e osservo meglio i sue soggetti,
senza però prestarvi troppa attenzione. Improvvisamente mi viene in mente un
altro ragazzo, un’altra situazione… un tetto, un bacio che ormai non credevo
nemmeno sarebbe mai arrivato, dopo tutti questi anni.
"A me piace il moro. Ti scoccia?"
"Cosa?" domando cascando dalle nuvole.
"Mi piace il moro" ripete.
"Lo sappiamo che ti piacciono i mori…" ghigno.
"Era una frecciatina?"
"Un dato di fatto…" dico con innocenza. "Michael, Dean…
Harry."
"Acqua passata, cara. E Peter era biondo!" afferma con enfasi.
"Ma a parte questo… mi dici che ti costa lasciarti un po’ andare? Solo per farsi
quattro risate, su!"
"Sono un po’ apatica, ecco tutto."
"Lo vedo."
"Poi mi sembra di essermi lasciata andare a sufficienza,
ultimamente…"
"Sì, ma…"
"E comunque sono quasi finita a letto con tuo fratello" affermo
con noncuranza, praticamente non me ne rendo nemmeno conto.
"CON RON?!" strilla, rizzandosi a sedere.
"Perché di sei fratelli pensi subito a lui?!" esclamo
imbarazzata; al che Ginny, con disinvoltura, comincia a elencare i giovani
maschi Weasley sulla punta delle dita.
"Bill è sposato, Charlie in Romania, Percy un idiota, Fred e
George… beh, sono Fred e Geoge. Resta Ron. E comunque era scontato. Ma quando è
successo?"
Credo sinceramente che la mia espressione indignata sia da
Oscar. Non mi resta che gettare la spugna.
"La sera che ho dato di matto" ammetto sconsolata. "Quando tu
eri a lavoro, Ron è passato a vedere come stavo, credo sotto suggerimento di
Harry. Poi, non so come, siamo finiti prima a baciarci sul tetto di casa mia,
quindi avvinghiati sul letto mezzi nudi. E ti assicuro che era decisamente
gradevole…"
"Hermione, stai parlando di mio fratello" mi interrompe
vagamente disgustata. "Non mi servono i dettagli."
"Ok… insomma, dopo un po’ sono saltata su che non dovevo,
abbiamo urlato e me ne sono andata."
Sgrana gli occhi verso di me.
"E perché non dovevi?"
"Perché volterò mai pagina se mi trovo a fare quello che tutti
si aspettano dalla vecchia Hermione! Davate tutti per scontato che sarei finita
con Ron."
Non credo che abbia del tutto afferrato il concetto, eppure non
è complesso: se voglio cambiare vita devo cominciare a farlo dai punti fermi, da
lì in poi è tutta una discesa. Oh, intendiamoci, non che Ron sia poi un punto
così fermo per me, era solo per dire.
"Hermione, mi spieghi che c’entra la tua crisi d’identità con
il fatto che la tensione sessuale tra di voi si taglia con un sectumsempra?!
Secondo me tu insisti col dire che sei cambiata, che hai chiuso con la vecchia
versione di te stessa troppo riflessiva, ma non è vero."
È seria nel dirmi questo, sembra un’altra persona rispetto alla
Ginny che parlava della sua passione per i mori fino a un momento fa. E questo
fatto non mi piace per niente.
"Ma cosa…?"
"Magari non te ne rendi conto, ma ora sei ancora più
ossessionata di prima da quello che devi o non devi fare. Ti
sforzi di essere quella che vuol vivere alla giornata e fregarsene di tutto, ti
convinci che al momento non hai bisogno di fare nulla, né cercare un altro
lavoro…"
"E’ vero! Ho fatto abbastanza straordinari da mantenermi per
altri sei mesi" provo a controbattere, ma lei mi ignora ancora.
"… e andrebbe anche bene, se però fossi davvero felice così.
Io, invece, vedo solo una ragazza che si preoccupa troppo di non essere se
stessa. Tu non sei felice di questo cambiamento, ti sforzi di
esserlo."
"Ginny…"
"Stammi a sentire. Dici tanto che ti sei stufata del tuo lavoro
di merda e dei tuoi colleghi approfittatori. D’accordo, ma allora cosa vuoi
fare?! Non lo sai nemmeno tu! Sai solo dire agli altri di non impicciarsi, che
non devi rendere conto di quello che fai… pensi che comportarsi in un modo che
ti si addice il meno possibile possa bastare, ma non è così! Tu vuoi
lavorare, detesti startene con le mani in mano, ma ti fai violenza da
sola perché pensi che sia la cosa giusta da fare. Pensi sempre troppo, mentre
invece dovresti lasciarti andare e basta."
"Gin, sto iniziando a spazientirmi."
"…E lo stesso vale con Ron!" continua imperterrita, con sempre
maggiore enfasi. "Ti ritrovi finalmente a fare quello che desideri da un sacco
di tempo, che desiderate entrambi, ma alla fine ti tiri indietro perché
pensi che la nuova Hermione non vorrebbe stare con qualcuno che piace
alla vecchia Hermione!"
"Ginevra…" il mio tono è pericolosamente irritato.
"Tu non fai quello che vuoi, ma solo quello che credi di
volere. Non sei cambiata di una virgola…"
"ADESSO BASTA!" mi trovo a urlare, alzandomi di scatto. "Non
tollererò un secondo di più questa ramanzina, da te tra tutte le persone, poi!
Parli bene, col tuo dannato lavoro che tutti ti ammirano e i tuoi capelli
perfetti. Ginny Weasley che ha sempre la risposta pronta, che è brillante ma non
un topo di biblioteca…"
"Cosa c’entro io se… Hermione, voglio solo aprirti gli occhi
mostrandoti la verità.
"NON è LA VERITA’!" la zittisco, pericolosamente arrabbiata. "E
anche se lo fosse, non ho bisogno di qualcuno più illuminato di me che mi mostri
la retta via! Tutti convinti di avermi inquadrata perfettamente, convinti di
sapere quello che è giusto per me… ma lasciatemi in pace a sbagliare tutto, come
ho sempre fatto."
"Cercavo solo di aiutarti. Ma evidentemente…"
"Non ne ho bisogno, non ho bisogno di nessuno!" sibilo. "Pensa
a te stessa, piuttosto. Dici a me come dovrei comportarmi con Ron?!
Dispensi a me saggi consigli? Beh, già che sei così esperta in materia,
medita sui motivi che hanno portato Harry a lasciarti, invece di fingere che non
te ne importi nulla scopandoti più gente possibile."
Quando finalmente mi zittisco lei mi fissa immobile,
apparentemente.
"Hai finito?"
"Sì."
"Bene."
Si smaterializza e io resto sola, a pensare a tutte le cose che
le ho detto e che lei ha detto a me. Non posso non ammettere quanto Ginny ci
abbia preso.
~
"Cosa ci fai qua?"
Il suo sguardo serio mi preoccupa, non so perchè, ma vedere Ron
serio mi sa come di cattivo presagio. Sarà che ogni volta che è successo, o era
arrabbiato con me, o eravamo in guai grossi, molto più grossi di noi.
"Niente."
Non credo di avergli fornito una risposta esauriente. Sono
rannicchiata sui gradini davanti a casa sua, alle sette passate di sera, e lo
aspetto mentre torna dall’officina. Già, dimenticavo, Ron ha deciso di fare
della sua passione per le auto volanti una fonte di guadagno riparandole e
vendendole, forse ispirato dallo spiccato senso per gli affari di Fred e George.
"Non eri in vacanza con mia sorella, scusa?"
"Non ne avevo più voglia."
"Chissà come mai non sono stupito da questo tuo improvviso
cambio di’idea…" borbotta squadrandomi.
"Ron, stasera ho capito che non devo fare quello che credo di
volere, ma soltanto quello che veramente voglio, senza pensare se si addice alla
nuova Hermione o meno."
È un po’ irritante usare le parole che ha usato Ginny poco
tempo fa ma, obiettivamente, ha colto nel segno. Mi alzo in piedi e lo guardo
seria, mantenendo comunque una certa distanza. Il suo sguardo è immobile come
poche altre volte mi è successo di vederlo, si limita a guardarmi perplesso
senza dire nulla.
"… e quello che volevo questa sera, era vederti."
Mi sento pronunciare queste parole con una calma sconcertante,
come se stessi parlando di cosa ho mangiato a colazione. Mi avvicino un po’ di
più a lui e alzo lo sguardo per affrontare il suo, tanto che riesco a vedergli
le lentiggini chiare che ha sul naso, meno di quando era un ragazzino, ma sempre
presenti.
"Ho da fare, Hermione" sbuffa. "Per tua informazione ne vengo
da lavoro, sono stanco. E comunque, anche se fosse, non intendo assecondare i
tuoi capricci."
"Ron…"
Mi dà le spalle e fa per porta di casa, non sembra intenzionato
a farmi entrare.
"Ronald."
"CHE VUOI ANCORA!" esclama voltandosi di scatto, così
velocemente che non faccio in tempo a ritrarmi, ritrovandomelo a pochi
millimetri dal mio viso. E colgo l’occasione per dimostrargli quello che
veramente voglio, nel miglior modo possibile, senza usare tante parole.
Assecondando ogni fibra di me stessa che lo desidera da molto più tempo di
quanto io stessa non ne sia consapevole, mi getto sulla sua bocca e mi aggrappo
al suo collo con una determinazione impressionante, con rabbia quasi.
Inizialmente sembra preso in contropiede ma, dopo qualche
debole tentativo di ribellione, lo sento ricambiare il bacio. Dapprima
lentamente, quasi incerto, ben presto mi accorgo che si lascia andare liberando
sulla mia bocca lo stesso trasporto che io libero sulla sua. Mi afferra per la
vita attirandomi a sé, mi massaggia i capelli e mi spinge contro la porta ancora
chiusa. Poi… poi si ferma. Come se dopo una momentanea perdita di controllo
fosse ritornato in sé, si stacca da me, dalla mia bocca e dal mio corpo che fino
a poco tempo fa era completamente poggiato sul suo.
"Non mi presto ai tuoi giochetti."
Me lo bisbiglia appena, poi abbassa gli occhi fissando un punto
imprecisato al di sopra della mia spalla.
"Non fingere di non volermi" rispondo altrettanto piano, a
denti stretti. Gli afferro la mandibola e lo costringo a guardarmi, inizialmente
contro la sua volontà; ma una volta che si riflettono nei miei, i suoi occhi
sembrano non temere più il mio sguardo.
"Il punto è un altro, Hermione…"
Lentamente abbassa di nuovo le palpebre, e questa volta lo
sguardo gli si posa sulle mie labbra. Mi alzo un po’ sulle punte dei piedi e,
attirandolo verso di me per la nuca, mi fermo così vicino che i nostri nasi si
scontrano leggermente, e posso sentire il calore che emana il suo viso.
"Ron, basta…" bisbiglio.
"Credi che siano sempre tutti disposti ad assecondarti, eh?"
mormora piano, arrabbiato, le sue labbra si muovono sulle mie parlando; lo sento
vacillare esattamente come sto vacillando io, a questo contatto.
"Basta…" ripeto, più che altro per continuare a sfiorargli la
bocca.
Restiamo così qualche secondo, poi si allontana leggermente e
mi guarda di nuovo.
"Ok. Basta parlare" concorda. E di nuovo mi bacia con lo stesso
trasporto con il quale ci siamo baciati prima. La porta si spalanca dietro la
mia schiena e in un attimo mi rendo conto che ci stiamo trascinando verso la
stanza da letto, mentre i vestiti cominciano a precipitare al suolo già durante
il tragitto. E, questa volta, sono perfettamente consapevole che non me ne
scapperò sul più bello.
"Sai, ho sempre avuto una specie di fantasia…" affermo con
malizia, spingendolo a sedere sul materasso. Lui mi fa ricadere seduta sulla sue
gambe tirandomi per le braccia.
"Cioè?" chiede sfilandomi la maglia e baciandomi subito dopo il
collo.
"Le fantasie sono una faccenda privata, Ronald…" lo punzecchio
maliziosa, finendo di sfilargli la camicia già sbottonata. "Sappi solo che ci
siamo io e te, il bagno dei prefetti, un tempismo a dir poco perfetto e tanta,
tanta schiuma…"
Lui inarca le labbra in un ghigno divertito. "Bene, appena
posso trasfiguro la doccia in un’enorme vasca da bagno. Ma domani, ora sono un
po’ deconcentrato…" e così dicendo, mi afferra per le spalle e si getta
all’indietro, facendomi ricadere sopra di lui.
Allora, scusate il ritardo… ma ‘una certa lettura’ mi sta
vagamente assorbendo…
Ok, non farò spoiler rovinando il libro a chi
aspetta la traduzione in italiano, lo giuro… ma HP7, almeno fino a dove sono io,
è una figata!!
Insomma la trama è… wow! E poi ci sono pure Ron e Hermione…
beh, loro non guastano mai! *_* anche se Ron a un certo punto… però poi… Ok,
stop. No spoiler.
Venendo alla mia umilissima storia (oddio che caduta di stile),
ebbene sì, alla fine Hermione ha ceduto… ma mica è tutto così facile! Ho solo
voluto assecondare la mia voglia di farli concludere (ehm) ma non so se avete
notato come ha sbottato con Ginny… e poi c’è sempre una certa ‘allucinazione’ in
stand by…
Un saluto a robby (tesoro, Herm si è fermata solo in
quanto personaggio di una fanfiction, e non della vita reale… siamo
sincere,credo che in poche avremmo avuto la sua forza! Quasi quasi ci metto
fantasy, tra i generi XDXD), karmygranger (in questo chap sono stata
decisamente meno sadica, che dici? almeno con Ron –povera Gin!-… bah, non so se
hai letto DH, ma secondo me è colpa di quel libro se adesso la mia mente
straborda di scene Sidekick –Bea, BASTA SPOILERARE! Ciao!), alicesil
(sono contenta che la mia storia ti piaccia. Beh, direi che fino a qua Ron non
ha molto di cui lamentarsi… ma aspetta che ho in serbo ancora un paio di
chicche!), hermron (quindi me li hai trovati carini anche qui?! *_* beh,
speriamo! Mi raccomando continua a leggere – e commentare!), Valentina
(come ho già detto prima, dopo aver postato il capitolo precedente ho pensato di
inserire fantascienza, tra i generi… perché siamo tutte d’accordo che non molte
si sarebbero fermate! Riguardo il film… beh, credo che il regista sia un
sidekick convinto, li ha fatti flirtare davvero un sacco! E per me è stata
troppo fatta apposta la cosa del letto), luz79 (tesoro, so che ti avrò
causato il vomito… no dai, non lanciarmi pomodori, siamo socie! Poi, per i bei
biondi dagli occhi glaciali, c’è già la nostra ficcy! E magari prima o poi
pubblico quell’interminabile oneshot… un bacio!)
Un bacio!!
Bea
INFO PUBBLICITARIA: SO CHE ESSENDO QUESTA UNA FIC RON/HERMIONE
NON RACCOGLIERO’ MOLTI FAVORI, MA CI PROVO LO STESSO:
IO E LUZ79 STIAMO COOPERANDO A UNA STORIA! UNA COMMEDIA
LEGGERA, E I PAIRING SONO DRACO/HERMIONE (per l’appunto dicevo che non
avrei raccolto molti favori, qua… ma a me piacciono anche loro!) e
HARRY/PANSY (la stessa Pansy che sembrava aver raccolto diverse simpatie in
un’altra mia storia!).
SI INTITOLA ‘QUESTO MATRIMONIO NON S’HA DA
FARE’, E SE UN IMPULSO MASOCHISTICO VI PORTASSE A LEGGERLA… BEH, MI
FAREBBE PIACERE! MAGARI VI CI SCAPPA QUALCHE GHIGNATA! … c’è il link nel mio
profilo…
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Capitolo 5 *** Mi sono persa qualcosa? ***
prova
5 – MI SONO PERSA QUALCOSA?
Temo di aver toccato il fondo, con
Ginny; non tanto per le parole che sono volate, dettate dalla rabbia, ma per
il modo in cui sono volate, con cattiveria e convinzione. Io volevo farla
sentire uno schifo. Volevo liberarmi, ferirla, volevo offenderla con un colpo
basso pensando che sarei stata meglio.
Perciò, capirete che non ho una gran voglia
di incrociarla per casa, né aspiro ad subirmi più del dovuto il suo sguardo
saccente che sembra dirmi ‘e adesso, Hermione, ti senti meglio?
Soddisfatta?’. Così mi scopro a mendicare l’ospitalità di qualcun altro,
nell’attesa di sistemarmi e ricominciare da zero. Mendicare l’ospitalità di Ron,
ad esempio.
Non viaggiate con la fantasia, ora: noi non
stiamo mica assieme, sono stata cristallina a riguardo. Ovvio, non posso negare
che essere ospitata dal mio amico Ron implichi ‘quel dippiù’ che non mi
sento di disdegnare e che non ci sarebbe se fossi ospite, ad esempio, del mio
amico Harry. Ma non è questo il punto.
"Ahio!"
"Smettila di fare il bambino."
"Cerca di essere meno
indelicata!"
"Io non sono indelicata; sei tu troppo
teso!" protesto, prima di perdermi di nuovo nei miei ragionamenti.
In effetti devo dire che questa mia
amicizia con Ron si è evoluta in un modo decisamente interessante. E’
cominciata dopo che sono stata presa da una sorta di smania di agire d’impulso,
e adesso, messi in chiaro i punti chiave, fila che è una meraviglia; io non
faccio troppe domande a lui, lui non ne fa a me, e siamo entrambi decisamente
più rilassati.
…
"Sono nervosa."
Alza gli occhi e mi osserva piombare senza
preavviso in camera sua.
"Cosa c’è?"
"Non mi va di parlarne. Sappi solo che sono
MOLTO incazzata."
Sembra perplesso. Sono certa che in questo
esatto momento vorrebbe chiedere di più, apre leggermente la bocca per parlare
ma la richiude subito, ha capito che non farebbe altro che peggiorare la
situazione. Poche regole, semplici ed efficaci.
Mi avvicino e mi siedo su di lui
allacciandogli le gambe attorno alla vita; lo bacio, gli levo la maglietta senza
troppi preamboli e sento che, ricambiando il bacio, mi attira di più verso di
sé. Con le labbra gli sfioro la fronte, il naso, le labbra e il
collo.
"Dopotutto è molto meglio rilassarsi,
piuttosto che rimuginare sui problemi non credi?" bisbiglio.
Dopo una breve esitazione, che riesco a
malapena a leggergli negli occhi, mi regala un sorrisetto malizioso.
"Senza dubbio…"
…
A volte ho
come l’impressione che questo tipo di rapporto non sia il suo massimo, ma sono
comunque certa che la prospettiva di un po’ di sesso scacciapensieri e in
libertà non lo disturba affatto. Probabilmente avrà del materiale di cui vantarsi,
la ‘scopata amica’ è un classico a cui tutti ambiscono.
Lui è perfettamente consapevole
che ora come ora non ho la minima intenzione di dimostrare equilibrio e maturità
mettendoci assieme, chiedendo scusa a Ginny e cercando di rattoppare quello che
resta della mia vita. Ero arrivata al punto di odiare la mia vita,
odiare quello che facevo e le persone che mi circondavano, odiare
quella sensazione soffocante che deriva dall’avvertire il proprio futuro già
scritto, perfetto e scontato come se non dovessi neanche preoccuparmi di
compiere delle scelte; se dimostrassi razionalità tornando sui miei passi,
sarebbe come gettare la spugna e accettare passivamente tutto quello che
detesto.
"Ma vuoi fare piano?! Mi fai
male!"
"Ron, deve far male!"
"No, se uno è capace."
"Io sono capace. Capacissima. Ma se
preferisci fattelo da solo!"
Mi alzo stizzita dalla sua schiena e mi
siedo in fondo letto a gambe incrociate, imbronciata. Lui si rigira e si rimette
a sedere, ridendo sotto i baffi mentre gli lancio delle occhiate in tralice,
incapace di non sorridere a mia volta. Ecco, sono questi i momenti in cui la mia
determinazione nel mettere tutti questi paletti al nostro rapporto, o quello che
è, vacilla. Momenti in cui io mi sento completamente a mio agio e me stessa con
lui, come non lo sono con nessun altro; perché nessun altro riesce a farmi
innervosire e ridere subito dopo, come lui.
Non nego che saltuariamente mi capita anche
di avere come dei flash; io e Ron che camminiamo abbracciati, o che ceniamo
assieme in uno di quei posti carini dove di solito cenano le coppie felici, e
lui dice di amarmi da sempre e mi regala un bellissimo braccialetto. Ma si
tratta di episodi isolati e sporadici che cerco di ricacciare indietro il prima
possibile. Per il resto va benissimo così.
"Hermione, tu non sai fare i massaggi.
Rassegnati."
"Ti sbagli. I miei massaggi sono fantastici.
E non ridere."
Sghignazzando, si avvicina a me fino a
mettersi al mio fianco.
"Non ridere!" ripeto. "Pensa ai tuoi boxer
gialli con le macchinine verdi, piuttosto!"
"Brutta ipocrita…" protesta col sorriso a
denti stretti e, avendo fisicamente la meglio, mi fa rotolare sul materasso
sdraiandosi sopra di me e intrappolandomi tra le braccia "Devo ricordarti che si
tratta del tuo regalo di compleanno?"
"Non è il caso, lo ricordo benissimo.
Infatti mi sei venuto in mente appena le ho viste" rispondo con un tono di sfida
mentre cerca di farmi il solletico. Provo a liberarmi scalciando, ma non posso
fare altro che soccombere impietosamente, implorandolo di smettere sotto la
minaccia di diverse maledizioni senza perdono. Finché le sue mani non si
bloccano sui miei polsi, la risata si smorza e lui mi fissa per qualche istante
dall’alto verso il basso, tornato improvvisamente serio; anche il mio sorriso
lentamente svanisce nel guardarlo.
"Mi dici che è successo con
Ginny?"
"Fattelo dire da lei."
"Non vuole. Dice di vedermela con te, che
sei impazzita."
Mi
sistema una ciocca di capelli dietro un orecchio e gioca con la spallina
della mia canottiera che è scivolata via dalla spalla. Se lo fisso ancora
un po’ negli occhi potrei non rispettare più i limiti che mi sono imposta, crollando
e dando sfogo alla mia rabbia e alle incertezze che cerco di nascondere, così
volgo altrove lo sguardo.
"Non sono impazzita. Dovete piantarla con
questa storia."
Non più braccata, scivolo
via da lui e dal letto e raccatto i miei jeans dalla sedia. Mentre
finisco di rivestirmi cala un silenzio assordante, tra di noi, sento il suo
sguardo posato sulla mia schiena, dalla quale non sembra accennare a
staccarsi. Afferro la borsa e ne cerco all’interno un elastico, imprecando e armeggiando
tra tutte le cianfrusaglie.
"Era per terra…" dice, sventolandomelo sotto
il naso.
Lo afferro con sufficienza e mi lego i
capelli in un piccolo codino.
"Hermione, io non ti giudico… hai tutto il
diritto di voler cambiare, di attraversare un fase di crisi… però non esagerare!
Se vuoi rilassarti fallo, ma…"
"Non. È. Una. Fase!" ribatto. "E pensavo
di essere stata chiara, no?" gli dico voltandomi di scatto.
"In che senso, scusa?"
"Nel senso che non devi preoccuparti di quello faccio o
che mi passa per la testa! Noi facciamo sesso, non farti venire strane idee o
degli inutili scrupoli!" lo liquido. Non mi risponde, si limita a fissarmi con
un’espressione neutra, che rare altre volte mi è capitato di vedergli scolpita
in volto.
Gli do le spalle e mi dirigo verso la porta
per uscire.
"Quindi, visto che facciamo sesso e basta,
abbiamo smesso di essere amici" osserva, facendomi congelare. Non oso neanche
voltarmi. "Perché io mi preoccupo da amico, in questo momento, esattamente come
lo fanno Harry o Ginny. Stai pure tranquilla."
La mia mano resta sospesa nel vuoto, le
punte delle dita che sfiorano la maniglia.
"Non andrai lontano, se ti ostini a credere
di cavartela sempre da sola."
Mi porto una mano alla fronte e sospiro.
"Io non dico che… Ron, non rovinare tutto,
ok? Ora vado un attimo a casa."
I suoi occhi sono sempre puntati sulla mia
schiena quando esco, li percepisco.
~
Non posso, non posso, permettere che
questa situazione abbia la meglio su di me. Ha ragione chi dice che per cambiare
vita bisogna anche cambiare aria e impedire alle persone che amiamo di farci
tornare sui nostri passi facendo vacillare le nostre convinzioni.
Seduta sul letto, raccolgo con stizza tutte
le mie cose lasciandole sospese a mezz’aria in mezzo alla mia stanza, prima di
rimpicciolirle e infilarle in una borsa; non posso continuare a vivere qui
quando Ginny è al San Mungo, e da Ron quando lei è a casa.
"Ciao. Sei in partenza?"
E' entrato senza
che me ne accorgessi, e per la distrazione faccio cadere a terra tutti i miei
vestiti.
"Sì, devo cambiare aria per un
po’."
"Lo vedo."
Mi si siede accanto. Perché, maledizione?
Perché non si è offeso per oggi e non si rifiuta di parlarmi come faceva una
volta? Perché sento che una piccola parte di me è felice di vederlo, e freme
impaziente di appoggiarsi sulla sua spalla e abbracciarlo? Perché il mio cuore,
che credevo si stesse lentamente svuotando, ha un sussulto?
Mi riconcentro sugli oggetti, che sbucando
da mensole e scaffali, si accumulano al centro della stanza.
"Come mai sei venuto?"
"Se vuoi me ne vado."
"Non è il caso."
"Ok."
M appoggia una mano sul polso e mi fa
abbassare la bacchetta, che mi scivola dalle dita.
"Hermione…"
Lo guardo senza sapere che cosa dire o come
reagire, lo vedo avvicinarsi ancora di più a me e poggiare a tradimento le sua
labbra sulle mie. Dopo qualche istante di incertezza lo bacio a mia volta e
scivolo lentamente all’indietro trascinandolo per le spalle. Quando abbasso le
palpebre, non riesco a pensare più a nent’altro.
È
diverso. Non sono arrabbiata, non cerco un corpo
su cui sfogarmi. Semplicemente ho bisogno di lui, ho bisogno del calore che
emana e della sensazione che provo ogni volta che siamo l’uno addosso all’altra,
completamente in balia di quello che vogliamo con tutti noi stessi. Sdraiata
sotto di lui, lo allontano leggermente e gli stringo il viso arrossato tra le
mani, tendendogli all’indietro i capelli. Sorride, mi bacia appena la punta del
naso e ritorna a cercare la mia bocca. Le sue mani mi sfiorano i fianchi e
risalgono lentamente verso il seno, leggere, mentre il mio bacino cerca
disperatamente il contatto con il suo. Di nuovo.
"Ron, non so per quanto possa ancora andare
avanti…" bisbiglio nella penombra. Sento le guance accaldate e gli occhi lucidi.
"Io… tu sei una distrazione troppo grande."
"Non era quello, il mio ruolo? Distrarti?" mi risponde
piano, sarcastico.
"Lo sai benissimo che nessuno di noi
riuscirebbe a restare fedele al proprio ruolo, in questo tipo di
gioco."
"Il che sarebbe
imperdonabile."
Non posso permettermi di innamorarmi di
te. Non posso.
"Mi dici da cosa scappi, Hermione?" mi
domanda, adesso un po’ su di giri. "Di cosa hai paura? Ti prego, dimmi con chi
ce l’hai perché non lo capisco proprio!"
Non so cosa dire. Non posso dirgli quello
che penso.
"Non lo so! Devo solo riflettere, capire
cosa voglio… mi sentivo soffocare, in trappola."
"E sarebbe colpa nostra, che ci tratti
così?"
"N - no… Ron, smettila!" esclamo, alzando un
po’ la voce. "Lo vedi? È per questo che non può andare avanti tra noi. Finirò
per annegare nei sensi di colpa, tornare sui miei passi e…"
"Hermione, non avevi niente di sbagliato, prima! Ma se vuoi cambiare, puoi anche
farlo senza calpestarci tutti come insetti.
E non dirmi che ti senti meglio, perché ti conosco e non ti vedo
affatto più serena di prima, anzi!"
Scuoto la testa.
"Ti ostini a non capire, e io non so che
farci."
E cala di nuovo il silenzio.
Non posso permettere di innamorarmi di te.
Non è quello di cui ho bisogno, adesso, adesso io devo bastare a me stessa. Non
ti meriti di essere calpestato, ma avvelenarti è l’unico modo che ho per
arroccarmi in difesa.
Avvolta nel lenzuolo mi alzo di scatto,
recupero dei vestiti dalla catasta che è ancora a terra e senza aggiungere altro
mi rivesto, finisco di rimpicciolire il tutto e lo infilo in borsa.
Di nuovo una porta che si chiude, stavolta
sbattendo. Maledetto orgoglio.
~
"Guardare avanti. Capitolo chiuso. Devo
guardare avanti."
Continuo a ripetermelo mentre mi allontano a
passo spedito, con tutto quello che possiedo in borsa e senza un posto dove
andare. Ma devo cambiare aria, no? Non è mica la fine del mondo, mi farò altri
amici che non hanno conosciuto la vecchia me e che non criticheranno perciò la
nuova.
Il sole sta tramontando, c’è una luce strana
lungo questo viale. Improvvisamente, un rumore cattura la mia attenzione, la
stessa specie di singhiozzo che altre volte mi è parso di sentire. Ma questa
volta non è un dubbio, è una certezza. Guardandomi attorno, ne scopro l’origine;
accoccolata in un angolo a piagnucolare, abbracciandosi le ginocchia strette al
petto, c’è quello che sembra un minuscolo fagottino, ma in realtà è una bimba di
quattro o cinque anni.
Istintivamente mi avvicino a lei, piange e
sembra da sola. Mi accuccio.
"Ehi, piccola, tutto bene? Ti sei
persa?"
La bimba alza la testa arruffata verso di me
e mi guarda, e nell’esatto momento in cui questo succede, sento un assurdo e
incontrollato brivido ripercorrermi la spina dorsale.
"Mamma!" scoppia in lacrime, lanciandomi le
mani al collo. "Mamma allora non sei scomparsa!"
Merlino. Mi sono persa qualcosa?
Concluso il libro, calmati gli istinti
selvaggi di lanciare diverse Avada in direzione del Regno Unito per un paio di
cosette, ho pensato che c’era questa storia da portare avanti!
Confesso che mi è piaciuto molto
scrivere questo capitolo, quindi per favore non bocciatemelo che poi ci resto
male T_T… E che ne dite della bimba? Alla prossima spiegherò meglio… ma non
diventerà una di quelle cose tipo ‘genitori in erba non sanno come comportarsi’,
giuro! Lei è di passaggio… vi prego non cazziatemi se vi sembra una
scemenza!
Forse posterò il prossimo entro la prossima
settimana… sennò dopo Ferragosto. Un po’ di vacanze me le merito anche
io!!
Un saluto a tutti: funkia (grazie per
i complimenti! Sì, il libro mi è piaciuto… ma 2 o 3 cosette non le perdono alla
Row. No, non me lo doveva fare -_- immagino saprai già di chi e
cosa parlo. Però Ron e Herm che finalmente ci accontentano sono così
cariiiini!), ruka88 (ma davvero vuoi spoilerato il libro?!? Dai resisti…
Sui ciccini ti dico solo una parola: elfi. Ciao e grazie per la rece!),
karmygranger (il libro… ancora non mi capacito di un paio di cose… una in particolare T_T ...però almeno Ron e
Herm erano una nota positiva. Che belli! Ahimé, io convivo spesso con i periodacci,
sono un tantino lunatica… giusto un po’, ma diciamo che arranco. poi ho
questa storia-valvola di sfogo! Visto che si sono dati da fare in questo cap,
eh?!Anche se… vabbè le cose non possono essere sempre facili, sennò che gusto
c'è?!), merryluna (non è un perderci la faccia se provi istinti animali
nei confronti di uomini lavoratori sexy e sudati tipo coca cola –per rammentare
un recente dialogo XDXD- w l’uomo di furesta! Ehm… vabbè. Spero di non averti
delusa con questo cap, ci tengo alla tua opinione! Un bacio e a
prestissimo!), hermron (grazie dei complimenti… eh, sì, direi che sono
adorabili. Ok, Ginny non è il mio personaggio preferito, ma credo che non la
maltratterò più di tanto… sono un’anima buona! Alla prossima!), pk2
(scusa, ma avevi dei dubbi sul ‘vissero felici e contenti’ finale?! Sono Ron
e Hermione! Però il caratteraccio adesso l’ha mostrato lei… un po’ per uno,
povero Ron, sempre a passare per scorbutico! Ps. Buone vacanze!), luz79
(cosa?! La mia socia che si abitua al rosso?! Nah, non ci credo. Ma se
fosse… yuyu! Il mio potere è incontrollabile! Rita ultimamente gli uomini
lavoratori sporchi di grasso mi ispirano, non so. oddio. Lascio perdere che è
meglio. Grazie ancora e scusa se ti causo i conati! Prometto che per un po’ non
ne avrai… credo… bacio), nikodemo (grazie del bellissima, stupenda, ecc… volevo solo che per una volta fosse
Herm a scapparci di testa. E poi ho scoperto che è un’ottima valvola di sfogo scrivere
di gente che insulta il prossimo!^^ spero continuerai a leggere!).
Un
bacio a tutte/i (che bello ci sono anche dei maschietti! ^^), e commentate che mi
fa sempre piacere!
Beatrice
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Capitolo 6 *** Pur sempre una bambina ***
prova
6 – PUR SEMPRE UNA BAMBINA!
Questa cosa ha semplicemente dell’assurdo.
Mi trovo accovacciata in mezzo a una strada con una bambina che
mi si è buttata al collo in lacrime e afferma di essere mia figlia. Ora, le
spiegazioni sono due: (a) sono impazzita e non mi ricordo di aver messo al mondo
un essere umano; (b) questa bambina è fuori di testa. E siccome voglio credere
che il lume della ragione non mi abbia ancora del tutto abbandonata, il cerchio
si restringe.
Resta l’opzione dell’incantesimo di oblio, ma preferisco
tenermelo come riserva.
Lei non è mia figlia! Me ne sarei vagamente accorta, se
avessi avuto una figlia! Però… il suo sguardo. L’ho incrociato un istante e mi
sono sentita ghiacciare il sangue nelle vene. Una sensazione così strana e
intensa che per quanto mi sforzi non riesco ad ignorare.
Come se la conoscessi da sempre, senza averla mai vista
prima.
"Mamma!" piagnucola ancora. Le carezzo automaticamente la
schiena, in preda al panico più totale.
"Ehm, piccola…" cerco di rassicurarla allontanandola dalla mia
spalla. "Mi sa che ti sbagli. Io non sono la tua mamma."
"Ti sei di nuovo dimenticata di me? No… no…" bisbiglia, mentre
il labbro inferiore comincia a tremolarle. Pochi secondi e mi ritrovo di nuovo
con le sue braccia attorno al collo. Cercando di rimanere il più razionale
possibile, la allontano di nuovo e cerco di rassicurarla.
"Senti, mi spiace se ti sei persa, adesso ci alziamo e andiamo
a cercare i tuoi genitori…"
"Ma sei tu, mia mamma!" risponde con enfasi. "Mamma
He’mione!"
La fisso sconvolta. Non è che Hermione sia poi un nome così
diffuso. Presa dal panico un’altra volta, mi alzo di scatto e mi porto le mani
alla testa, incapace di formulare un pensiero di senso compiuto di fronte alla
completa assurdità di questa situazione.
"Cielo, è una barzelletta!" rido da sola, sempre con le mani
sulla fronte. "Sto parlando con una bambina che afferma di essere la figlia che
non ho. O che non mi sono resa conto di avere, che è quasi peggio. Che non ho
mai visto ma che in compenso ha la mia stessa espressione."
Avverto come l’istinto di dare delle capocciate contro il
tronco di un albero nelle vicinanze, quando mi sento tirare per un braccio.
"Mamy?"
"Eh."
"Mamy, cosa fai?"
Riapro gli occhi e la guardo ancora, sembra anche perplessa
quanto me.
"Cosa faccio? Cosa faccio?!" sbraito. "Niente! ho solo le
allucinazioni!"
Merda. Devo averla spaventata, sta facendo una strana smorfia
con le labbra che ho pericolosamente imparato a identificare come preludio
a…
"No… no dai, non fare così! Non volevo urlare… Merlino, ma come
ti spegni?!" esclamo esasperata.
Una donna che passa nelle vicinanze sembra lanciarmi
un’occhiataccia indignata, forse perplessa. Immagino che riferirsi a una bambina
come ad un elettrodomestico non sia raccomandato dai migliori pedagogisti.
"Che ha da guardare?!" abbaio contro la malcapitata. "Crede sia
facile occuparsi di una bambina che è… psicologicamente instabile?"
Mi sa che sono stata un po’ aggressiva; la donna mi guarda
spaventata, quindi accelera il passo per allontanarsi da me senza voltarsi
indietro. Oh, al diavolo, così impara a non farsi i fatti suoi. Colta
dall’ennesimo momento di sconforto, mi siedo su un muretto e mi nascondo la
testa tra le mani.
Non sono pazza, è lei. Non sono pazza, è lei. Non sono
pazza…
Magari se mi ripeto che tutto ciò è impensabile e illogico,
scopro che si è trattato di un equivoco: questa bambina si accorge di essersi
confusa e, nonostante mi conosca mi chiami mamma e mi somigli, non ha nulla a
che fare con la sottoscritta… o meglio, non esiste proprio. L’ho immaginata per
via della stanchezza e dello stress.
"Mamma?"
Probabilmente di lei è rimasta solo una voce. Adesso alzo la
testa e non c’è più…
Cavolo. Devo cambiare tattica. Le
passo una mano sulla testa. Dio, è così simile a me.
"Tesoro… mi dici come ti sei ritrovata qua?"
"Io…" sembra titubante. "Io non so… giocavo con Tammy, poi è
diventato tutto strano e lei non c’era più… poi mi è venuto tanto sonno e ti ho
chiamata ma non mi sentivi! E non eri la mia solita mamma, gridavi con un
signore che non era papà e non mi vedevi… ma io volevo la mia mamma, la volevo
tanto! E…"
Da questo racconto confuso non sto capendo un accidenti, ma una
parola attira la mia attenzione: papà. Soltanto adesso mi rendo conto che
avere una figlia implica anche l’esistenza di un padre.
"Papà? E chi è tuo papà?"
"E’ papà" mi risponde, con un tono saccente da farmi invidia.
Sbuffo.
"Sì, ma come si chiama? Sai, non me lo ricordo…"
Mi guarda come se stessi parlando un’altra lingua. E
nell’esatto istante mi rivolge quell’espressione limpida di puro stupore, mi
rendo conto di sapere già chi è suo padre. Non è solo l’espressione di una
bambina spaventata o perplessa, la sua. Gli occhi sono di un blu più scuro, le
lentiggini meno marcate, ma quello sguardo trasparente e disarmante, è senza
dubbio lo sguardo di…
"…lo sguardo di Ron" dico sconsolata chiudendo gli occhi.
"Sì! Allora te lo ricordi, papà Ron!"
Adesso mi viene sul serio da vomitare.
~
Ritornata in me, ho assunto stoicamente il controllo della
situazione. Se davvero questo scricciolo è quello che dice di essere e io non
sono matta, deve esserci una spiegazione logica. E se c’è una spiegazione logica
c’è anche una soluzione. Rimanderò il mio progetto di cercarmi una stanza in
affitto e ricominciare daccapo a quando avrò sistemato questa faccenda.
Nel frattempo la porto a casa dei miei genitori, al momento
ospiti dei miei zii in Scozia, e poi deciderò cosa fare.
"Ho fame."
"Su, siamo quasi arrivate…"
"Ma io ho tanta fame. Tantissima!"
Ron. Non ci sono dubbi.
"Pazienta, piccoletta, ora siamo di fretta ma tra poco
mangiamo."
"Mi compri le patatine? Papà me le compra sempre…"
Porcherie. Tipico, avvelenare sua figlia.
"Ma le patatine non tolgono la fame."
"Mamma… ti preeegoooo! Le voooogliooooo!"
"Va bene, Emma!" sbotto esasperata, fermandomi all’improvviso
per guardarla. "Ma ora smettila di strillare!"
Mi rendo conto di averla chiamata per nome senza che glielo
avessi chiesto. D’istinto. Lei mi guarda un po’ intimorita e annuisce.
"Ok…"
Emma. Mi piace.
Dopo averla assecondata, ci ritroviamo a Diagon Alley in coda
ad una stazione della metropolvere. La tengo vicina a me posandole una mano
sulla spalla mentre sgranocchia le sue patatine, apparentemente in pace con il
mondo. Non riesco a toglierle gli occhi di dosso, è qualcosa che prescinde la
mia volontà. Assurdo, ne sono consapevole, ma al tempo stesso perfettamente
naturale.
"Hermione! Ehi, Herm!"
Inorridita, mi volto e vedo un ragazzo raggiungermi a passo
svelto.
"Ha… Harry. Ciao."
Merda.
"Herm! Che fai da questa parti?"
"Io… io stavo…" balbetto. Ma lui non mi lascia finire, non ha
notato la bambina (anche se sta urlando ‘zio Harry!’), né l’orrore che mi si
dipinge in volto, e prosegue con il suo discorso.
"Certo che c’è una bella fila… tu dove vai? Io…" si interrompe
all’improvviso. "Ma insomma, che hai?"
In effetti non lo considero minimamente, troppo impegnata a
osservare Emma che sta puntando un gattino con aria minacciosa.
"Hermione! Mi ascolti?"
"Eh?!" mi risveglio, voltandomi di scatto. Afferro la bambina
per un braccio prima che insegua l’animaletto e mi rivolgo di nuovo a lui.
"Ecco, io stavo… badando a mia… nipote."
Harry sembra perplesso, quasi spaventato. "Tua nipote?"
"Sì, Emma. Una peste."
Harry corruga la fronte e mi guarda, chiaramente preoccupato.
"Capisco…" dice con voce incerta. "E dov’è?"
È il mio turno di fissarlo allibita. "E’ qua" dico con il tono
più ovvio del mondo, indicando Emma in piedi alla mia sinistra che lo
saluta.
Silenzio.
"Hermione, sei sicura di star bene?"
"SI’!" sbotto. "Ma che…"
Mi guarda, poi guarda in direzione di Emma e infine si rivolge
di nuovo a me, apparentemente incapace di parlare.
"Harry! che c’è!"
"Non offenderti… ma stai indicando l’aria."
Strabuzzo gli occhi e fisso mia figlia. Ok che è piccola, ok
che lui è cieco come una talpa e probabilmente ha bisogno di un nuovo paio di
occhiali, ma da lì a non vederla ce ne vuole. Scoppio a ridere.
"Da miope sei diventato cieco del tutto?! È qua, le poggio la
mano su una spalla in questo momento!"
"Hermione, tu non… tu stai tenendo una mano a mezz’aria" mi fa
notare, titubante.
Ecco. Credo che se non mi siedo, adesso, potrei anche
sbattere per terra.
~
Dopo aver capito che Harry non vedeva letteralmente
Emma, me la sono data a gambe. Il club ‘Hermione è impazzita’ adesso vanterà un
nuovo membro. Ma non mi sento di biasimarlo, questa volta; in effetti non si è
trattato di un mio comportamento atipico o fuori dagli schemi… stiamo parlando
di allucinazioni!
Ragioniamo. Tutti gli elementi giocano a mio sfavore, ma io so
di non essere pazza. Lo so.
È Harry, quello pazzo. Lui e tutte le altre persone a cui ho
chiesto, giusto per cercare una conferma, di badare un momento a mia figlia: e
che mi hanno risposto con un perplesso ‘Dov’è?’, per poi svignarsela
spaventati rivolgendomi sguardi spesso un po’ compassionevoli. Una donna ha pure
accennato a qualcosa del tipo superare una terribile perdita… mah.
Ma andiamo, come può Emma non essere reale? Lei ride, piange e
si fa abbracciare. La posso toccare, parliamo. Non può non essere vera, sarebbe
troppo (…triste?) paradossale.
In questo momento è seduta nel bel mezzo del salotto e sta
parlottando da sola davanti ai cartoni animati. I capelli castani sono
terribilmente arruffati, esattamente come lo erano i miei.
Reali.
"Sembri un cespuglio" le dico con un sorrisetto. Con una
spazzola comincio a pettinarla e a dividerle la chioma in due treccine.
"Ecco" le dico, "adesso te li sistemo, proprio come
faceva…"
"La nonna con te!" mi interrompe, trillando. "Me lo dici
sempre, quando mi pettini con le trecce!"
"Davvero?"
"Sì!"
Le carezzo una guancia e in silenzio finisco di pettinarla.
"Sei diversa…" dice improvvisamente, voltandosi e toccandomi
viso e capelli. "Hai meno capelli."
"Meno…?"
"Meno! Più…"
"Più corti?"
Lei annuisce ridendo e io le rispondo allo stesso modo.
Diamine, è perfetta, non può non essere reale… ma non dovrebbe nemmeno trovarsi
qua. A che scopo? Che cosa le è successo? E perché gli altri non la vedono?
La serata scivola via surreale. Cerco conoscerla e estrapolare
più informazioni possibili sulla mia, la nostra vita; dove viviamo,
quando, con chi… ma non è molto semplice considerato che ha solo cinque anni. E
poi non sono del tutto sicura di volerlo sapere, avrei la sensazione di un
futuro già scritto, cosa che mi spaventa a morte: in effetti è esattamente il
motivo che mi ha portata a scappare dall’immagine di me stessa che mi ero
creata.
Sentivo il peso di un destino già deciso, indipendentemente
dalle mie scelte. Mentre tutto quello che desidero, in questo momento, è sapere
che il mio futuro dipende da me e da me soltanto. Che sono io decidere della mia
vita come e quando voglio.
"…E non eri la mia solita mamma, gridavi con un signore che non
era papà e non mi vedevi… ma io volevo la mia mamma, la volevo tanto!!
E…"
E se la chiave di tutto fosse proprio…
Ma non finisco questi miei ragionamenti. La stanchezza mi
coglie all’improvviso e io mi addormento sul divano, accanto a Emma che è già
crollata da un pezzo.
~
La mattina seguente la luce che filtra tra le tende mi sveglia.
Per qualche attimo sorrido, convinta che si sia trattato di un sogno
incredibile. Poi, accanto a me, percepisco il respiro regolare di Emma ancora
addormentata.
Mi rialzo dal divano scombussolata e la fisso. Incantata e
sconcertata.
"Oddio, forse hanno ragione tutti quanti. Sono davvero
impazzita" mormoro tra me e me, prima di dirigermi verso il bagno. Mi sono
appena resa presentabile, quando sento suonare alla porta. Apro.
La sua vista risveglia in me la persona arrabbiata con il mondo
di ieri, la persona che voleva scappare da tutti. Da un destino già deciso.
Non ho bisogno di lui, adesso. Non voglio. Non devo.
Io basto a me stessa.
"Vattene Ron."
"No."
Reprimo l’istinto di sbattergli la porta sul muso spaccandogli
il naso. Sporcherei il pavimento di sangue.
"Che vuoi? Perché mi hai cercata qua?"
"Sono andato per tentativi."
Lo osservo in silenzio per qualche istante, mordendomi un
labbro. Sua figlia, in questo momento, sta dormendo a pochi metri da lui,
ignara. Avverto una strana sensazione.
"Scommetto che è stato di nuovo Harry a dirti di cercarmi. Ma
poverino, in fondo non è colpa tua se non riesci a prendere le decisioni da solo
e ti serve una spintarella…"
Lui ride con sarcasmo.
"Noto che calpestare le persone ti dà sempre una certa
soddisfazione, eh?" sibila. "Beh, sappi che non avevo la minima intenzione di
strisciare ai tuoi piedi, ma lui mi ha detto che eri strana, parecchio
strana… Sembrava seriamente preoccupato e ha fatto preoccupare anche me. Ma
adesso me ne pento, perchè forse non te lo meriti."
Perché sentirlo parlare così fa male?
"Bene. Sparisci!"
Ma lui spinge la porta che cerco invano di tenere appena
socchiusa ed entra.
"No, adesso mi spieghi perché hai deciso di diventare
una stronza!" sbraita. "Non vuoi che tra di noi ci sia una storia? Va bene,
sopravvivrò! Ti sei stancata di mia sorella? Va bene, sopravvivrà pure lei! Ma
non mi ti permetterò di trattarci tutti come vermi solo perché sei frustrata e
ti serve una valvola di sfo…" si blocca un attimo e fissa il salotto. "Chi è
lei?"
"Lei?" bisbiglio sconcertata. Allora… "Ron, tu la
vedi?"
A questa domanda, mi guarda perplesso scuotendo un po’ la
testa, ancora irritato ma curioso.
"Oh, beh. Per piccola che sia è pur sempre una bambina che
dorme su un divano."
Cielo.
Rieccomi! Passate le vacanze ;_; e tornata alla vita di sempre
;_; ricompaio. Che ve ne pare? Spero di non essere caduta troppo nel patetico, o
banale…
Ora sono di fretta, perciò ringrazio tutti i lettori –
commentatori in carrellata ( karmygranger, Hermionina,
funkia, soni67, robby) e ci si sente alla prossima, spero con i
vostri commenti e abbastanza presto. Ma non garantisco…
Baci, Bea – goldfish.
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Capitolo 7 *** Choices (siamo noi a decidere) ***
prova
7 – CHOICES (SIAMO NOI A DECIDERE)
"Insomma, che hai da fare quella faccia?!" insiste Ron.
Lo fisso, fisso lui e Emma alternativamente, sconcertata. La
vede. Quindi vuol dire che lei c’è davvero e io non sono pazza; o per lo meno lo
siamo in due, il che alleggerisce la mia posizione.
Anche lui la vede.
Sto zitta. Non so che fare, cosa dire. O meglio, so che cosa
dovrei dire ma non apro bocca, qualcosa mi blocca dallo spiegargli come
stanno effettivamente le cose, dal dirgli chi è lei e che cosa rappresenta. Non
ne ho la forza, né tantomeno la voglia; egoisticamente, preferisco tenere questa
cosa per me, spaventata delle conseguenze che una simile rivelazione potrebbe
comportare, per noi. E comunque non mi crederebbe mai, sarebbe assurdo.
Ma se Emma, soltanto mostrandosi per quello che è, è riuscita a
convincere me che sono molto più razionale di lui…
"Sveglieremo mia nipote" taglio corto, trascinandolo via dal
salotto. Sono certa che, come me, non impiegherebbe molto a innamorarsene
istintivamente.
"Tua nipote?"
"Emma. La figlia di mia cugina."
Inarca un sopracciglio, lanciandole un’ultima occhiata curiosa
prima che io accosti la porta e gli impedisca di soffermarsi troppo su di lei,
sul suo viso. Prima che si renda conto di come è perfettamente nostra.
"Ma non sei qua per tergiversare su una bambina, giusto?"
Mi guarda serio. "No."
"E allora dimmi che sei venuto a fare."
"Io… ero preoccupato, te l’ho detto!" ripete di nuovo
arrabbiato. "Ma immagino che tu non voglia l’aiuto di nessuno, giusto? Hai
deciso di liberarti di noi, se ci riesci facendoci più male possibile. Adesso
che mi ci fai pensare, concordo con te che la mia presenza qua è abbastanza
inutile."
Sento un inimmaginabile impeto di rabbia nei suoi confronti.
È mai possibile che non capisca, che non si renda conto che ho
un bisogno fisico di prendermi una boccata d’aria per capire che cosa
voglio davvero, autonomamente, senza essere influenzata da legami affettivi di
nessun tipo?! Forse, anzi di sicuro, presto mi renderò conto che in realtà ho
già tutto quello che voglio; capirò che desidero semplicemente stare con lui,
essere la solita equilibrata Hermione, svolgere un comunissimo lavoro obbedendo
a un capo stronzo, vivere in una stupida casa con il giardino e avere una bella
famigliola felice, cane incluso.
Ma devo averne la certezza e, adesso, questa certezza mi
manca.
"Ci sei arrivato" replico fredda.
"Però potevi essere più esplicita, così avremmo entrambi perso
meno tempo illudendoci di avere qualcosa a che fare l’uno con l’altra."
"Ron, io non sto dicendo che non ho nulla a che fare con te!
Solo…"
"Sì, invece!" mi interrompe, alzando un po’ la voce. "Sì che lo
stai dicendo! Non fai altro che ripetere che non dobbiamo controllarti, che non
dobbiamo preoccuparci per te e che non ti serve il nostro aiuto. Che non ti
serve l’aiuto di nessuno!"
"Ma non è così… ho solo bisogno di capire che cos’è che davvero
voglio, e devo farlo da sola!"
Anche io adesso sto urlando, decisamente su di giri. Era un
sacco di tempo che non ci lanciavamo in confronti violenti come questo, forse
perché le cose tra di noi si sono complicate inevitabilmente in questi ultimi
tempi.
Da ragazzini ci mancava il coraggio di avvicinarci troppo, e
allora lottavamo per sfogare altrimenti quello che ci attraeva l’uno verso
l’altra; adesso il coraggio di avvicinarci lo abbiamo trovato eccome, ma
l’essere vicini con il corpo sforzandosi di tenere lontana la mente non
semplifica affatto le cose.
Mi squadra freddo per qualche istante. "Puoi anche farlo senza
rinfacciare ai tuoi amici il fatto di volerti bene."
"Io non rinfaccio niente!"
"INVECE SI’!"
Il mio cervello, in questo preciso momento, registra la porta
aprirsi ma non ci faccio consapevolmente caso.
"…Che bello, è arrivato pap…"
"SMETTILA, RON!"
La mia voce furiosa ammutolisce Emma prima che possa salutare
Ron chiamandolo papà. Entrambi ci voltiamo verso la bambina, che adesso ci
guarda immobili.
"Perché gridate? Voi non dovete litigare…" ci dice piano, con
la voce tremolante.
"Tesoro, noi non litigavamo…" provo a rassicurarla
inginocchiandomi vicino a lei. Ron guarda stupito me e Emma, che nel frattempo
si è aggrappata alla sua gamba.
"Sì invece! Gridavate tanto, e non dovete, la mamma e il papà
non devono litigare…"
"Mamma e papà?" mi domanda allibito, un po’ stridulo e
di sicuro confuso. Merda, devo rimediare.
"I suoi genitori stanno divorziando, litigano di continuo…"
improvviso, staccandogliela di dosso e prendendola in braccio per rassicurarla.
"Sarà la forza dell’abitudine. O magari è andata per associazione di idee, che
ne so."
Lo vedo inarcare un sopracciglio davanti a una spiegazione
obiettivamente debole, ma che dopotutto è più plausibile di quella che è la
realtà.
"Che cosa?! Hermione ma cosa cavolo…"
Mi parla, ma nonostante ciò vedo che non scolla un secondo gli
occhi dalla bambina, il che mi fa tremare di terrore.
Ora lo capisce. Ora, non so come, lo intuisce. Lo percepisce a
pelle.
Ma è assurdo. Non è che uno vede una bambina che lo
incuriosisce, fa due più due e dice: ‘t’oh. La mia futura figlia sbucata da
chissà dove e chissà quando.’ Oppure, ‘ecco la figlia che una ragazza mi tiene
nascosta da cinque anni e che non so come ho concepito!’
Mi rivolgo ancora a Emma. "Piccola, i grandi a volte si
arrabbiano un po’ e urlano, ma non devi preoccuparti, capito? Poi fanno pace…
vieni, ti do un succo di frutta" lei annuisce un po’ indecisa e prego che non
dica niente di compromettente riguardo Ron.
"All’albicocca, come mi piace tanto e come mi compra sempre
papi?" chiede mentre entriamo in cucina, guardando me e poi Ron che appare
ancora più perplesso.
"Sì, all’albicocca" le sorrido dandole da bere. Poi alzo occhi
verso di lui, che dalla porta continua a fissarla con un’espressione strana,
stordita.
"Hermione, lei è così… sembra così… e ha detto…"
"Così come?" lo incalzo, costringendolo ad allontanarsi per non
osservare Emma, cosa che non ha smesso di fare un secondo. "Cosa vuoi che abbia
detto, è solo una bambina…"
"Niente" risponde dopo qualche attimo, evidentemente tornato
razionale. "Niente, lascia stare."
"Credo che dovresti andartene, adesso" bisbiglio piano, con
cattiveria, per difendermi nel modo più semplice ma anche più dannoso che
potessi scegliere. Attaccando.
"E’ la tua ultima parola?" mi sfida, con una punta d’amarezza
nella voce.
"Sì."
Sento la risposta uscirmi dalla bocca come se fossi un’altra
persona. Fredda e distaccata, forzatamente indifferente.
"Ottimo. Stai tranquilla, non interferirò mai più con la tua
vita. Medita pure su quello che vuoi."
Gira i tacchi e esce con una calma impressionante. E in questo
preciso istante capisco che non voglio vederlo andare via in quel modo, non lo
sopporterei. Saranno anche poche, le certezze che mi sono rimaste, ma tra di
esse c’è la consapevolezza che Ron non deve uscire così dalla mia vita: lui
è parte integrante, della mia vita.
"Ron…" cerco di richiamarlo con voce debole, ma lui mi ignora.
"Ron, dai aspetta; mi spiace io…"
Si gira un’ultima volta cupo e, soprattutto, pericolosamente
calmo.
"Ti ho aspettato abbastanza, Hermione, ora mi sono sinceramente
stancato dei tuoi comodi, e di essere schiacciato. Tolgo il disturbo."
Richiude la porta alle sue spalle e io ci crollo sopra.
Stupida. Sono una stupida, stupida, stupida.
Ginny aveva ragione, mi sto ostinando a fare quello che
credo di volere, non quello che voglio davvero e che mi fa stare bene. Mi
porto le mani alla testa.
Io voglio lui, lo so, ma…
Emma spunta dalla cucina canticchiando.
"Dov’è papi?"
"E’… uscito un attimo."
"Ma non mi ha nemmeno dato un bacino… e non mi ha fatto fare la
trottola pazza e schizzata!" protesta indignata.
Già me lo immagino Ron, prendere in braccio questa bimba e
farla volteggiare in aria come una trottola per divertirla. Sono sicura che io
gli strillerei tutto il tempo di stare attento, che è una bambina e non una
pluffa, e loro se la riderebbero alle mie spalle.
"Dai, tra poco torna…" mento, andandole incontro.
"Colazione?"
La guardo annuire e le sorrido, ma il retrogusto è amaro sul
palato.
Questa volta non torna, lo so. Ho davvero finito di toccare il
fondo, anche con lui, e tutto perché mi ostino a fingere di non avere bisogno di
chi mi vuole bene.
Ma posso benissimo cavarmela da sola.
Me lo ripeto mentre guardo questa bambina che solo io e Ron
vediamo, e mi domando come posso risolvere questa situazione. Me lo ripeto
quando, con una punta di amarezza, ripenso alle sue parole, a quel suo freddo e
lapidario ‘tolgo il disturbo’. Me lo ripeto quando dopo pranzo mi accorgo
che Emma si è appisolata, e la porto a letto stendendomi poi accanto a lei.
Me lo ripeto mentre la osservo dormire, col cuore gonfio di un
sentimento difficilmente esprimibile a parole, prima di scivolare a mia volta
nel sonno.
~
"Tu non mi vuoi."
Mi guarda seria, con una serietà che poco si addice a una
bambina della sua età.
"Ma certo che ti voglio, piccola… che domande fai!"
"Mi stai lasciando andare via."
Io mi guardo attorno, non capisco dove mi trovo, né quando. Mi
prende per mano, mi trascina da qualche parte e io continuo a non capire. Ma
lascio che lei mi guidi, sorprendentemente tenace.
"Guarda."
Indica un punto alla mia destra, le lascio la mano e seguo con
lo sguardo la direzione del suo braccio alzato. Ci sono tre figure, e anche se
sono lontane riconosco in loro me stessa, Ron e Emma seduta sulle sue spalle, un
po’ più piccola, che non sembra voler star ferma.
"Mamma!" mi sento chiamare e mi volto; adesso oscilla su di
un’altalena alle mie spalle e ride. Si spinge piuttosto in alto.
"Rallenta!"
"Perché?"
"Rischi di cadere, di farti male!"
"Ma io non esisto più, mamma. Non posso farmi male… guarda, ci
siete di nuovo tu e papà. Quella in braccio a te sono io? Ero davvero così
piccola?!"
Volgo di nuovo altrove la mia attenzione e mi avvicino, quasi
timorosa. Sono in un letto di ospedale e tengo in braccio un neonato (neonata.
Lei). Ron è seduto al mio fianco e dice qualcosa che mi fa sorridere, mi
accarezza una guancia, poi lascia che la bimba gli stringa appena la manina
attorno un indice, emozionato. Non riesco a sentire cosa stiamo dicendo, ma
sorridiamo entrambi guardandola. Siamo felici da far venire il voltastomaco.
Possiamo davvero esserlo, dunque?
"Io volevo solo indietro la mia mamma, ma mi hai lasciata lo
stesso" mi dice Emma di nuovo al mio fianco, facendomi trasalire.
"Cosa… cosa significa?"
Mi guarda silenziosa, spalancando quegli occhioni blu scuro.
Poi le immagini cambiano di nuovo, in rapida successione
stavolta, così veloci che in parte mi sembra quasi di viverle.
Io che stramazzo su di un letto borbottando qualcosa,
scalciando via dai piedi un paio di odiose e dolorose scarpe decoltè, e facendo
ridere Ron di gusto con le mie lamentele. Una fede che scivola lungo il mio
anulare sinistro. Un pollice che mi asciuga una lacrima, seguito da un bacio. Un
medico che mi mette tra le braccia un fagotto che piange. Io che urlo e sbatto
una porta. Un altro bacio e una mano che scorre sensuale sotto i pantaloncini di
un pigiama, al buio di una stanza che non è (ancora?) la mia.
"Alla fine hai scelto…" mi dice malinconica.
"Scelto?!" esclamo. "Io non ho scelto nulla! Io…"
"Dipendeva tutto da te, ma non mi vuoi, e non vuoi papà."
Mi volto di nuovo. Non vedo più Ron, né Emma. Sono seduta ad
una scrivania e rido con un uomo che non conosco. Lo vedo che si avvicina, mi
stringe, mi bacia. Poi siamo in un appartamento che non è il mio. Dico qualcosa,
osservo come lui mi guarda per qualche istante prima di voltarmi le spalle con
un’indifferenza sconcertante. Una porta che sbatte, l’ennesima.
Mi porto dietro questa versione di me stessa, che ora stringe
tra le mani una foto.
"Hermione!" mi chiamo, ma lei, cioè io, non sente nulla. Mi
vedo guardare impassibile una foto scattata assieme a Ron e Harry poco tempo
dopo la morte di Voldemort, abbracciati e sorridenti.
Conosco questa foto, la porto sempre con me. Infilo una mano in
tasca, ed infatti è lì! La stringo tra le dita a mia volta, fissandola.
Poi un presentimento.
"Emma!"
Ma sono sola in mezzo al nulla. "Emma!" ripeto, inutilmente.
Lei non c’è, ho lasciato che uscisse dalla mia vita senza muovere un muscolo.
"Emma!"
Niente.
"Emma…"
…
"Emma!" mi sveglio di scatto, la fronte è imperlata di sudore,
a giudicare dalla luce al di fuori dalla finestra comincia a imbrunire. Non oso
voltarmi di lato, perché so che lei non c’è più, esattamente come nel mio sogno.
Lo sento, o meglio sento la sua assenza ancor prima di vedere le lenzuola
stropicciate ma nessun corpicino sopra di esse.
Il panico mi investe come non pensavo nemmeno fosse
possibile.
"Emma! No…" esclamo alzandomi di scatto; giro per la casa in
lungo e in largo e la chiamo. "No, piccola… non te ne sei andata…"
So benissimo che è un comportamento irrazionale, che non la
troverò da nessuna parte. Lei non doveva trovarsi qua, non aveva senso la sua
presenza ed è normale che non ci sia.
Ma mi sento lo stesso pervasa dal terrore, dal panico; finché
non sprofondo nel divano, rassegnata. E se mi fossi immaginata tutto?
Ma lui la vedeva… o mi sono immaginata anche quello? Sono
davvero impazzita, che non riesco più a distinguere cosa è reale da cosa non lo
è?
Poi, sul pavimento, riconosco un disegno che aveva fatto
qualche ora prima: è reale, consistente. Lo tocco, lo guardo. Mi fa male
stringerlo tra le mani, sapendo che è l’unica cosa che mi resta di lei. Mi sento
vuota. Sola.
Emma è piombata nella mia vita nell’esatto momento in cui ho
deciso che Ron non avrebbe dovuto farne parte; rinunciare a lui avrebbe voluto
dire rinunciare a tutte le cose che avremmo condiviso.
Come Emma, nostra figlia.
Come tutti i momenti che ho visto in quel sogno così vivido e
reale; quasi fossero i ricordi che non ho ancora vissuto, e che non potrò più
vivere.
Non ci saranno lamentele per un paio di scarpe che mi fanno
male.
Nessun Ron mi farà mai scivolare nessun anello lungo il
dito.
Nessun guaritore mi metterà tra le braccia la mia
bambina.
Scuoto la testa.
È come se lei mi avesse cercata un’ultima volta prima che la
cancellassi definitivamente dalla mia vita. Con la sua presenza, ho avuto una
seconda chance per capire a cosa avrei rinunciato e se davvero lo volessi, ma
non ho fatto nulla per tornare sui miei passi, troppo presa da me. Sorda,
cieca.
Ora mi rendo conto di come ogni nostra azione, anche la più
insignificante, influisca pesantemente sul nostro futuro, anche se ci sembra già
scritto.
Ora non vedo più un destino già deciso per Hermione Granger.
Ora, davanti a me, non vedo assolutamente nulla. E la cosa mi
spaventa a morte.
Poso il disegno, e mi porto le mani alla testa. Il retrogusto
amaro sul palato non accenna ad andarsene.
Ho le mani bagnate. Piango, forse?
Sono tornata presto e ho pensato di aggiornare. Lo so, non ci
sto tutta con la testa.
SPROLOQUIO FINAL/ESPLICATIVO:
Capitolo un po’ amaro. D’altronde era la mia idea iniziale e
forse ha tardato fin troppo ad arrivare. Emma mi mancherà ;_; ma se mi fossi
dilungata troppo, mi sarei fatta prendere la mano uscendo da quella che era la
mia idea di partenza. E preparatevi che nemmeno nel prossimo si ride. Lettore
avvisato…
Credits: ok, diamo a Cesare quel che è di Cesare. L’idea
della figlia che sbuca dal futuro e poi scompare perché il corso degli eventi
cambia, mi è venuta guardando ‘Ritorno al futuro’, che tra l’altro è uno
dei miei film preferiti^^.
Ad ogni modo, un saluto ai chi legge questa storia, a chi l’ha
inserita nei preferiti (grazie^^), a chi la segue con costanza e in particolare
a chi lascia le sempre ben accette recensioni:
robby (beh, immagino che tu l’abbia capito… non era proprio un
mistero, no? grazie della rece!), Karmygranger (acidi, eh?! In
effetti…^^ no dai, innanzitutto non c’è Neville, il pusher ufficiale –sono
troppo una veggente, comunque. Altro che Sibilla-. Poi per gli acidi ci sono le
mie amate parodie! Lì si che si sfogano con sostanze di varia provenienza…
XD), EDVIGE86 (grazie per i complimenti ^^, sono contenta che ti piaccia la storia e
che la trovi originale. ormai si è già letto di tutto di più, e io mi ci butto
nello scatolone del ‘già letto’. ma è inutile, dopo un po’ che non scrivo mi
prudono le dita… ah, grazie anche per i commenti alle altre mie storie!),
Hermionina (davvero ti ho incuriosita? Wow! Spero che ora sia un po’ più chiaro!
Adesso però tocca a lei darsi una scossa…), Daewen (ciao! Spero non averti
delusa, visto che ti eri fatta una tua idea – di sicuro esatta, non sono un
genio con gli intrighi- Che ne dici di questo cap? Se tu ti sfoghi a leggerla,
pensa io a scriverla! Un giorno ero incazzata col mondo e l’ho pensata… ^^’),
soni67
(abbiamo tutte dei periodacci, ed è proprio così che è nata questa storia. Ero
incazzata, avrei mandato al diavolo chiunque, e mi sono sfogata! Per quanto
riguarda la storia, ti ho un po’ chiarito le idee? Ciao).
ma adesso credo che andrò a dormire… Thanks!
Goldfish.
|
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Capitolo 8 *** Se solo tutto fosse così facile ***
prova
8 – SE SOLO TUTTO FOSSE COSI’ FACILE
Dicono che capiamo davvero di tenere a qualcosa nel momento in
cui quel qualcosa ci viene tolto. Ed è vero, maledizione.
Ron è sempre stato una costante della mia vita: mi rendo conto
solo adesso di non aver mai nemmeno considerato possibile l’ipotesi
contraria perché, nonostante le nostre infinite liti, eravamo entrambi
consapevoli di come nulla avrebbe spezzato facilmente il sottile filo che ci
teneva indissolubilmente legati l’uno all’altra. Ne avevamo passate troppe, io
lui e Harry.
Il mare è bagnato, i miei capelli sono crespi e Ron c’è. A che
servono ulteriori spiegazioni? È scontato!
Ma spesso, a dare le cose per scontate, si rischia di perderne
di vista l’effettiva importanza; per rendersene conto quando ormai è troppo
tardi.
Lui era vitale per me, Dio sa solo quanto. E se solo non fossi
stata così stupida da allontanare tutte le persone che mi vogliono bene per
capriccio, adesso non mi piangerei addosso come un’adolescente sui gradini del
porticato di casa mia.
Non avrei sbattuto la porta in faccia a lui e a tutto quello
che avremmo condiviso, come Emma.
Cielo, ma come ho fatto ad essere così ingenua?! Era
palese il significato degli eventi assurdi che mi sono successi in questi
due giorni.
"Hermione! Tesoro, che ci fai qua? È tutto a posto?"
Alzo la testa un secondo, i miei genitori stanno scendendo
dalla macchina, evidentemente sono tornati dalla Scozia prima del previsto. Ero
così presa dalle mie considerazioni che non mi ero nemmeno accorta di una
macchina che stava arrivando. In fretta mi passo le mani sul viso, come per
riassestarne la normale espressione, e mi avvicino.
"Mamma! Papà!" li saluto con enfasi. Li abbraccio e li bacio
entrambi, era un sacco di tempo che non li vedevo.
"Cosa ci fai qua? Va tutto bene?" ripete mia madre, preoccupata
da questa mia presenza imprevista. Ripensandoci, non mi facevo vedere da un
sacco di tempo, troppo presa da… da troppe cose.
"Sì, sì…" la rassicuro con un sorrisetto forzato. "Tutto a
posto. Volevo solo fare un passo, ma mi ero dimenticata che non c’eravate."
Ma da come mi guarda mia madre, sono perfettamente consapevole
che lei ha capito che non è tutto a posto. Primo, perché non so raccontare
palle. Secondo, perché è mia madre. Ma ha il buon gusto di credermi, o per lo
meno assecondarmi.
"Paul, porta i bagagli in casa!" ordina a mio padre.
"Aspetta, lascia fare a me…" intervengo prendendo la bacchetta
per risparmiargli la fatica, ma mia mamma mi blocca.
"Oh, un po’ di moto non può fargli che bene. Vero?! Ma su,
Hermione, entriamo! Lo sai che ti stanno bene i capelli?" e così seguiamo mio
padre in casa. Lui borbotta qualcosa di incomprensibile trascinando i bagagli,
mia mamma lo ignora e io sorrido spontaneamente nel constatare da chi ho
ereditato il mio celebre cipiglio. E dal realizzare quanto mi siano mancati, di
questi ultimi tempi.
"Mi dici che cos’hai?" mi chiede mia mamma, approfittando della
momentanea assenza di mi o padre.
Ecco, la cena dai miei era stata qualcosa di insperatamente
felice, una parentesi positiva in questa giornata da incubo. Per un attimo mi
sono persino scordata di essere impazzita, aver mandato al diavolo diverse
persone, non avere più un lavoro e aver distrutto un futuro potenzialmente
felice nell’arco di qualche settimana.
Ero tornata una spensierata ragazzina che cena coi genitori, e
adesso mia madre se ne esce con questa domanda a bruciapelo.
"Niente, te l’ho detto" ribadisco, molto poco convincente.
"Hermione, ti conosco abbastanza per capire che qualcosa ti ha
scombussolata. E poi ti sei tagliata i capelli."
"E con ciò?"
"L’ultima volta che l’ho fatto io, ero convinta che tuo padre
avesse una relazione con la nostra assistente alla poltrona. Poi non era vero,
ma io ormai avevo già contattato l’avvocato…"
"Carol?!" esclamo. "E’ per quello che ha improvvisamente
cambiato lavoro, mamma?!"
Un ghigno perfido ed eloquente mi fa capire che la risposta è
affermativa. Cielo, non avevo mai immaginato mia madre in questa veste di
sterminatrice di rovina famiglie, vere o presunte. E la cosa mi fa ridere da
pazzi, come non mi succedeva da un sacco di tempo. Ridiamo entrambe, finché non
è di nuovo lei a interrompermi.
"D’accordo, so che non vuoi parlarne e mi sta bene. Era solo
per dire. Caffé?"
"Non è che non voglia, ma…" rispondo titubante, mentre afferro
la tazza che mi porge.
"Non c’è problema, davvero. Poi non avremmo neanche tanto
tempo, è già un quarto d’ora abbondante che tuo padre litiga con i gestori della
linea telefonica, non so per quanto ne abbia ancora."
Osservo in silenzio il caffé nero nella tazza per qualche
minuto.
"Hai mai pensato a come sarebbe stata la tua vita, se non
avessi fatto le scelte che hai fatto?" chiedo improvvisamente, alzando lo
sguardo verso di lei.
"Mi chiedi se ho dei rimpianti?"
"Non proprio. Intendo solo se ti capita mai di pensare dove
saresti adesso, cosa faresti, con chi… se magari avessi scelto un’altra
strada"
Mi sorride.
"Adesso sono vecchia e il mio pensiero principale sono le rughe
e la ricrescita ma…" fa un piccola pausa, per riacquistare serietà. "Certo che
mi è successo. Capita a tutti, in continuazione. Che sarebbe successo se invece
di studiare da dentista e conoscere tuo padre avessi scelto di lavorare nella
ditta del nonno? O se avessi perdonato Tim O’Connell – tu non immagini nemmeno
che gran pezzo di irlandese fosse - per avermi messo le corna? O se tuo padre
non avesse avuto il coraggio di piantare per me la sua fidanzata a due
mesi dal matrimonio? Ma sai a che conclusione sono arrivata?"
La guardo curiosa, non sapevo tutte queste cose su di lei.
Scuoto la testa.
"Tesoro, pensare ai ‘se avessi’ o ai ‘se magari’
equivale a prendere il proprio tempo e buttarlo nel cesso."
"Mamma!"
"Che c’è? Non hai più cinque anni, credi che di norma io dica
caspiterina?!"
Sono alquanto perplessa, non ho mai parlato così apertamente
con mia madre. Peccato.
"No ma…"
"Non perdere tempo a pensare a quello che non hai fatto e che
avresti dovuto fare, o viceversa. È inutile. Pensa invece a come ottenere quello
che vuoi."
Faccio uno sforzo immane per contenere le lacrime traditrici,
non so perché ma questi discorsi schietti fanno vacillare la mia compostezza. È
come un faccia a faccia con le proprie debolezze, rimandato ormai troppo
volte.
"Potrebbe essere troppo tardi, potrei aver fatto la cazzata
definitiva."
"Oh, cielo, mia figlia è più catastrofica di quanto pensassi.
Se a venticinque anni parli così, alla mia età sei bella che spacciata!"
"No, mamma, dico davvero perché…"
"Hermione, stammi a sentire" mi zittisce. "Non esistono vicoli
ciechi, nella vita. Io non ho mai creduto alla storia del treno che passa una
volta e poi si è belli che fregati… Se vuoi davvero qualcosa, allora fai di
tutto per ottenerlo: non importa come, fallo e basta. Magari ti ci vorrà un po’
più di tempo, ma non bisogna scoraggiarsi."
Al diavolo. Mi posso permettere due occhi lucidi con mia
mamma.
"E poi chi lo sa cosa incontri durante il cammino? La vita è
una continua sorpresa." Mi passa una mano sulla testa e mi sorride, riuscendo a
rassicurarmi come solo lei è capace. "Ma adesso asciugati la faccia che ho
sentito tuo padre mandare a quel paese l’operatore. Tra poco sbucherà in cucina
violaceo e imbufalito."
Rido, e mi sento improvvisamente più leggera.
Se solo fosse tutto così facile.
~
"Ron, apri questa cazzo di porta!"
Meno di un’ora dopo mi sono catapultata a casa di Ron: so
perfettamente che lui è dentro e che sta facendo finta di non sentirmi.
Il discorso di mia madre mi ha dato una nuova grinta. Ora so
cosa voglio e farò tutto per ottenerlo! Se solo lui fosse meno testone… e se non
venisse giù pioggia a secchiate. Mi sposto i capelli bagnati appiccicati alla
fronte e ricomincio a bussare.
"Ron! Diluvia, sono fradicia e se mi becco una polmonite con
complicazioni mi avrai sulla coscienza, perché io non mi schiodo di qua!"
E finalmente la porta si apre. Lui mi guarda un attimo, poi mi
dà le spalle e io lo seguo in casa.
"Ron…"
Si volta di scatto.
"Cosa vuoi, Hermione?"
La sua freddezza è come una pugnalata nello sterno. Non l’ho
mai sentito così distante.
"Io ho fatto una cazzata dietro l’altra, lo so…"
"E ora hai deciso che non dovevi e pretendi di averci tutti
indietro, ai tuoi ordini."
Non è una domanda, la sua. Mi passo le mani sul viso per
asciugarmi dalle gocce di pioggia. Mi avvicino lentamente a lui, che è immobile
appoggiato allo stipite della porta della cucina
"No… io non voglio nessuno ai miei ordini…"
"Strano, mi sembrava."
"Ho sbagliato, d’accordo? Ho sbagliato e sono stata una vera
stronza."
"Sono d’accordo. Hai finito?" mi si avvicina con un
asciugamano, me lo mette tra le mani con stizza e si allontana dandomi le
spalle. Non tollero di venir trattata così.
"NON HO FINITO!" urlo, sbattendo per terra l’asciugamano. Gli
afferro un braccio con prepotenza e lo obbligo a guardarmi. "Ma dico, non è
possibile avere un momento di incertezza nella vita?!" sbotto furibonda. "Forse
non dovevo, e ti chiedo scusa anzi la chiedo a tutti, ma adesso so quello che
voglio! Voglio te, dannazione!"
Si scolla con prepotenza la mia mano di dosso.
"Adesso mi vuoi, bene. Ma se nel frattempo avessi riflettuto
anche io, Hermione?!" mi urla in faccia, arrabbiato. "Se avessi deciso che è il
mio turno di capire che cosa voglio, da solo?!"
"No, Ron, tu vuoi solo rinfacciarmi che…"
"Che cosa?! Che ti sei presa la libertà di coinvolgere tutti
nelle tue crisi di rabbia e vomitarci addosso una cattiveria dopo l’altra?!"
"Lo sai che io non pensavo quelle cose…" dico piano, con una
smorfia e il più possibile controllata, nonostante lui mi punti addosso un
indice accusatorio.
"Non lo so Hermione, le hai dette, perciò devi averle pensate
almeno una volta. Ma a parte questo… chissà, magari mentre eri tanto impegnata a
riflettere sui massimi sistemi, ho capito che avevi ragione, che tra di noi era
tutta un cazzata e che non fai per me."
"No…" bisbiglio, "Non è possibile."
Noi abbiamo una vita da vivere, assieme. Siamo felici, lo so,
l’ho visto. Possiamo esserlo davvero.
"NO?!" ribatte, così forte che sussulto. "Cioè, fammi capire,
credi di poter decidere anche per gli altri?! Che debbano essere tutti
sull’attenti, pronti ad assecondarti?"
Non so che dire, non mi aspettavo questa reazione. Certo non
pensavo che mi accogliesse a braccia aperte, ma nemmeno questo. Stringo gli
occhi, con una smorfia.
"Anche tu la vedevi…" bisbiglio impercettibilmente, scuotendo
la testa.
"Cosa hai detto?"
Alzo lo sguardo e lo fisso negli occhi, che mi ricordano così
tanto quelli di un’altra persona.
Lui vedeva Emma. Ne va anche della sua vita, anche la sua
felicità dipende da noi, non si tratta solo di me.
"Non pensi davvero queste cose" dico piano, tremolante. Gli
porto una mano alla guancia e lo accarezzo. Si allontana con uno scatto
irritato, ma non smette di guardarmi. Allungo di nuovo la mano verso di lui, e
questa volta mi lascia fare, ma è sempre impassibile e teso.
"La vedevi…" ripeto piano, prima di poggiare le labbra sulle
sue, in bacio umido di pioggia.
Inizialmente non muove un muscolo ma poi, dopo poco, sento che
comincia a rispondere al bacio. Dapprima titubante, diventa presto sempre più
profondo e intenso nell’aggredire la bocca. Colmo di qualcosa molto simile alla
rabbia. Si sfila la maglia, mi afferra per i fianchi e mi spinge con insistenza
verso il tavolo della cucina, in modo che mi ci possa sedere sopra.
Rabbia. Perché quello che mi trasmette in questo momento è una
rabbia incontrollata? Piacevole, certo, ma pur sempre rabbia. Non che ci sia
qualcosa di sbagliato in quello che sta succedendo, anzi, ma mi sembra che non
sia lui. Non completamente per lo meno.
"Ron…" gli mormoro ad un orecchio staccandomi leggermente. Lui
mi ignora e mi infila le mani nei pantaloni ormai sbottonati. Ma per quanto
sia estremamente vicino, in questo momento, sento che è lontano come non
mai.
"Ron!" cerco di distrarlo ancora, ma con poca convinzione,
adesso. Anche la mia determinazione, in simili momenti, è messa a dura
prova.
"Cosa c’è!" sbotta esasperato, smettendo per un attimo di
baciarmi ogni centimetro di pelle libera.
Sto per aprire la bocca, ma la richiudo immediatamente. Ora
come ora, se mi fissa in questo modo, non sono più sicura di niente. Preferisco
limitarmi a finire di sfilarmi la camicia e stringerlo a me, intrappolandolo con
ancora più forza tra le mie gambe, sempre seduta sul tavolo.
Ma non avevo visto male, prima.
~
Ora non prendetemi per superficiale, ma sono stata zitta e ho
concluso quello che avevamo iniziato giusto perché ormai aveva le mani infilate
nei miei jeans; e con tutta la buona volontà… ma avrei voluto farcela, a
dirglielo.
A dirgli che non era lui, a baciarmi, e me ne ero
accorta. Almeno non lo avrei sentito dire quelle cose dopo.
"Ron, prima…" attacco, cercando di rompere il silenzio.
"Non dire niente, Hermione."
Mi volto scioccata verso di lui; smetto anche di riallacciarmi
la camicia, tanto.
"Cosa…"
"Volevi la tua scopata distensiva, no? Pronti. Devo dire che
non è stato male… se ti serve un altro aiuto fammi in fischio."
Mi viene da vomitare. Vorrei urlare e prenderlo a calci e
pugni. E poi prendermi a schiaffi da sola.
"St… stai scherzando, vero?" balbetto. "Noi abbiamo… tu parli
così perché sei ancora arrabbiato, ma…" mi avvicino a lui, che però arretra e mi
guarda ancora più torvo, se possibile, con gli occhi stretti in una smorfia.
"Non sono arrabbiato. Se ci tieni a saperlo, ora come ora mi
sei totalmente indifferente."
Sciaff.
Non sono una tipa da schiaffi, io. Non ho mai creduto che
risolvessero qualcosa, ma sinceramente adesso non ho potuto farne a meno.
Lo guardo posarsi un palmo sulla guancia che gli ho colpito, e
dopo qualche secondo, senza che nessuno dei due aggiunga altro, prendo le mie
cose e esco di casa. Non sbatto nemmeno la porta, non se lo merita.
Fuori ha smesso di piovere. Questo fatto mi irrita, perché così
non posso nascondere le lacrime tra le gocce di pioggia.
*non ricordavo i nomi dei genitori di Hermione. Ho improvvisato… boh?*
Ok, non sparatemi. Giuro che adesso si può solo risalire da
questo vortice vizioso di capitoli da depressione! Devo smetterla con le soap
opera ^^!
Però spero di non aver deluso, stufato o nauseato nessuno con
questo capitolo… ammetto che mi è piaciuto molto scriverlo, anche se non
è comico come sempre.
Passando ai ringraziamenti:
un bacio e un grazie con relativo rossore di guance per i
complimenti a hermron, Daewen, ninny, EDVIGE86 (mi hai letto nel pensiero con il commento! non so se hai notato la prima frase... eheh), robby, karmygranger,
Hermionina, funnynurse (ma bentornata! Dai, se non ricordo male hai i tuoi
motivi per essere stata ‘impegnata’… -_^ un bacio e grazie della rece!).
Un saluto a tutti, i vostri commenti mi rendono sempre molto
contenta… mi fa piacere se la mia umile storiella piaccia!!
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Capitolo 9 *** Dal principio ***
prova
9 – DAL
PRINCIPIO
Ecco, adesso piazzatemi pure un destro ben
assestato qua, sullo stomaco, e poi infierite pesantemente sul mio corpo
agonizzante con calci e pedate. Tanto ormai sono anestetizzata, mi fareste
poco più di un vago solletico, ah.
"Ora come ora mi sei totalmente
indifferente."
Colpita e affondata, Ron.
Ho sempre avuto l’ultima battuta con lui, ma
devo dire che la prima volta che è riuscito ad averla vinta mi ha messa al
tappeto, con poche ma estremamente chiare parole.
Avrei preferito che mi riversasse contro
tutto il suo rancore e le sue frustrazioni (come avrei fatto io, visti i miei
trascorsi). Lo avrei compreso se mi avesse mandata al diavolo (sì, appena dopo
aver fatto sesso, non mi importa) e se mi avesse classificata come una stronza
egoista e manipolatrice.
Avrei potuto sopportare tutto,
persino il suo odio. Ma l’indifferenza, l’idea di non suscitare in lui
nemmeno il disprezzo mi uccide; e per quanto mi ripeta che non è vero, che ha
mentito per ferirmi, la cosa non mi fa stare meglio.
È tutta colpa mia. Con i miei capricci e le
mie pretese, sono riuscita in poche settimane ad respingere chi mi ama, a
cancellare una vita passata assieme e privarmi di un futuro che mi sarebbe anche
potuto piacere.
Stizzita, mi infilo le mani in
tasca e accelero il passo; non so ancora di preciso dove andare, ma di certo
questa grossa X che
è la mia destinazione si trova molto lontano da qua.
Poi lo tocco, mi ero totalmente dimenticata
che fosse ancora infilato nei miei jeans. Lentamente tiro fuori il disegno
spiegazzato di Emma, che è rimasto tutto questo tempo nella mia tasca.
Caspita, ritrovarselo per le mani
adesso è un colpo basso! Osservo questo schizzo infantile e non mi
accorgo nemmeno che nel farlo sorrido, con le guance ancora umide.
"Una cosa è certa, Emma non diventerà mai
una pittrice. I talenti artistici si vedono fin da piccoli…" bisbiglio
nell’osservare un fiore alto come un casa e un cane che più che un cane potrebbe
essere un tirannosauro, considerato che arriva al terzo piano. E che non
riuscirebbe mai a entrare nella sua cuccia, alta al massimo quanto una sua
zampa.
E lentamente il sorriso sfuma via, lasciando
il posto ad un’incontenibile amarezza. Emma non diventerà mai un’artista. Emma
non diventerà mai niente, resterà per sempre un disegno stropicciato e un
ricordo che affievolisce.
Mi fermo di colpo e infilo il disegno in
borsa.
"Eh no, cacchio! Non me ne sto!"
Non mi sono già dimenticata del discorso di
mia mamma, la storia dei treni che passano e tanti saluti è una stronzata
colossale. Siamo noi a scegliere. E se vogliamo qualcosa, allora dobbiamo
fare di tutto per ottenerla: non importa se invece di una superstrada a quattro
corsie per senso di marcia imbocchiamo una statale con un monopattino, perché
l’importante è giungere a destinazione.
E adesso so da dove partire. Dal
principio.
~
Una lama di luce illumina un momento
l’ingresso di casa mia. Io, seduta sul divano al buio, mi stiro la faccia e
inspiro forte ripetendo mentalmente il discorso che mi sono studiata. Mi sembra
buono, l’ho scandagliato in ogni dettaglio.
Sento richiudersi la porta, così mi alzo in
fretta e accendo le luci, senza nemmeno badare a quegli strani sospiri. O senza
chiedermi perché Ginny non abbia acceso la luce, appena entrata.
"Gin, lo so che mi odi e hai ragione"
comincio come un automa. "Ma non sono qua perché tu mi capisca, non lo pretendo
e nemmeno lo merito. Voglio solo che tu sappia come… ODDIO!"
Mi blocco. Ero così presa da
me che non ho visto lei. Con lui. Mi
porto le mani agli occhi, disgustata, cercando disperatamente di pensare ad
altro. QUALSIASI COSA!
"Scusate io non… oh porca, sono uno strazio…
non ne faccio una giusta. Ma… adesso…"
"Hermione…"
"…Adesso vado e vi…"
"Herm…"
"… vi lascio sol…"
"HERMIONE! Levati quelle mani dagli occhi e
guardaci, siamo ancora vestiti!"
Lentamente, faccio scivolare i palmi dagli
occhi e sollevo con cautela le palpebre. Harry mi fissa decisamente rosso, ma
anche un po’ compiaciuto (con se stesso?), mentre io vorrei essere inghiottita
da un provvidenziale nel suolo. Ginny, appena dietro di lui, mi osserva con una
faccia strana che non riesco ancora a decifrare.
"Ragazzi, mi spiace…" dico indietreggiando,
lasciandomi cadere sul divano a peso morto. "Non immaginavo… non credevo. Oh,
sono uno strazio."
Harry sogghigna e si avvicina a me. "Sì, sei
uno strazio… ma è anche vero che non potevi immaginarlo."
"Non ne combino una giusta" pigolo depressa
buttandomi con la testa su un cuscino. "Ero così presa da me stessa che non ho
nemmeno pensato al fatto che anche voi avete le vostre vite, e non ruota tutto
intorno a me."
Harry si volta un attimo verso Ginny, si
scambiano un’occhiata eloquente, poi si rivolge ancora a me. "Ora sei esagerata…
in effetti lo sei sempre stata."
"Cosa sono sempre stata, uno strazio?
INVADENTE?!"
"No, sei sempre stata esagerata."
Lo fisso un attimo. "Harry… tu parli così
perché sei uno dei pochi che non ha avuto l’onore di essere mandato al diavolo
dalla sottoscritta. Ma per il resto sono stata un’ingrata con tutti quelli che
hanno provato a aiutarmi. Tutti." Abbasso il tono di voce e indico la mia
ex-coinquilina. "Chiedilo a lei…"
A quel punto, anche Ginny si avvicina. Non
sembra arrabbiata, mi guarda con un sopracciglio inarcato e un’espressione
pacata, neutra.
"Harry ha ragione. Sei
esagerata…"
"E invece no!" la interrompo. "Tutti quelli
che mi circondano si sono allontanati da me! è successo prima a lavoro, poi è
stato il tuo turno, e infine il turno di Ron… e sono certa che presto sarebbe
toccato anche a Harry."
"Hermione, noi non ci siamo allontanati. Hai
fatto tutto da sola" osserva calma Ginny. "Ok, io e te abbiamo discusso
pesantemente e ti avrei cruciata volentieri più volte. Ma sparire dalla tua vita
per una discussione è troppo… tu sei scomparsa. Tu mi evitavi e
non ti facevi più trovare comportandoti in modo assurdo. E in quanto a
Ron…"
"Ron mi odia. Anzi, no" mi correggo,
amareggiata. "Gli sono totalmente indifferente."
"Ron ti ama" interviene calmo Harry; Ginny
scuote la testa in segno di assenso.
"Ne dubito…" vorrei raccontagli di stasera
ma mi trattengo, non ci tengo a farmi del male da sola.
"Herm, conosco quel testone di mio fratello"
interviene Ginny. "Lo sopporto da più di ventanni e se ti dico che è pazzo di te
devi credermi… mi spiace, non ti invidio affatto."
La guardo pressando le labbra l’una contro
l’altra.
"Ha chiaramente detto di non volerne più
sapere di me. Era davvero arrabbiato, Ginny."
"Ron?! Il Ron che ogni tre cose che dice ne
dimentica quattro?!" ridacchia. "Hermione, tu stai sopravvalutando mio fratello…
vedrai che al primo accenno di una tua resa, casca come una pera cotta. Ciò non
toglie che sei sempre in tempo a cambiare idea e pescare altrove, se vuoi ti
presento qualc… ahia!"
Harry la zittisce con una gomitata,
facendomi sorridere. Lei sta cercando di risollevarmi il morale infierendo sul
fratello come ha sempre fatto, ma resto convinta che non sarà così semplice; non
l’avevo mai visto così… così poco Ron. Però non glielo dico e sorrido
appena.
"Mi sei mancata, lo sai, Gin?"
"Eh, lo so. Sono una che non si dimentica
facilmente."
"Mi sono comportata come una ragazzina
viziata."
"E pazza…"
"E pazza, sì. Ma ho deciso che adesso
rimetterò tutto a posto, pezzo dopo pezzo. Ho cominciato stasera con te, chi mi
ferma più?" sorrido.
"Anche io ti devo delle scuse, Hermione.
Sono stata troppo invadente nel dirti cosa è giusto e cosa è sbagliato, non ne
avevo il diritto."
"Però avevi ragione…"
"Beh, che c’entra, sono comunque stata una
prepotente che non sa farsi i fatti propri."
Adesso non servono più parole. Mi basta
sorriderle semplicemente, per capire che possiamo davvero tornare sui nostri
passi. Basta volerlo. Poi poso lo sguardo su Harry e mi torna in mente quello
stavano facendo… e non riesco a trattenere un ghigno.
"Ma voi due…" attacco maliziosa.
"Un passo alla volta avevi detto, eh?" mi
interrompe Ginny nel tentativo di cambiare discorso. "Ottimo. In camera tua c’è
una montagna di lettere ministeriali che ti aspetta…"
Avverto come uno strano senso di nausea a
sentir parlare di lettere del Ministero, persino il colorito rossastro di Harry
passa in secondo piano.
Con una smorfia, mi sdraio sul divano.
Rimettere a posto i cocci della mia vita, certo. Ma non è che debba sistemare
proprio tutto, giusto? Insomma, se magari riesco a rinnovarmi un
minimo…
"La sapete una cosa?" osservo
pacata.
"Cosa?"
"Quel lavoro mi faceva schifo, la mia
sfuriata al Ministero è stata il momento più bello di tutta la mia vita e non
intendo rimangiarmelo."
Tutti e tre scoppiamo a ridere.
Un passo dopo l'altro, è così che si arriva
alla vetta.
~
Bene, un passo alla volta. A domani le
indiscrezioni su Harry e Ginny, adesso pensiamo a me. Onestamente, alla vista
della pila di lettere che Ginny ha conservato mi sento alquanto nauseata. Seduta
a gambe incrociate sul mio letto, sfoglio velocemente la valanga di spazzatura
che mi è arrivata assieme alle missive del mio reparto, che chiedono
chiarimenti.
No, anche quelle fanno parte della
spazzatura.
"A quanto pare il mio show ha avuto una
certa cassa di risonanza" mi dico, osservando le più impensate lettere che mi
sono stata recapitate.
‘Hermione, ho capito che ho bisogno di una
donna di polso, una come te. Mi hai colpito, stimo moltissimo le ragazze che non
si fanno mettere i piedi in testa e che sanno quello che vogliono. – Alex,
dipartimento per la cooperazione magica.’
"Alex. Quasi quasi la conservo, non si sa
mai" ridacchio, soffermandomi su un’altra pergamena.
‘Hermione, da quando ho saputo cosa hai
fatto sei diventata il mio punto di riferimento. Vorrei avere la tua grinta e
smettere di essere succube di tutti, sul lavoro e a casa… ma invece non ho mai
trovato il coraggio per far valere i miei diritti e mi limito a subire,
impotente. Perciò, ti prego, non lasciarti mai più mettere i piedi in testa per
niente al mondo. Fallo anche per chi, come me, non ha ancora trovato la forza di
gridare ‘basta’, ma spera di riuscirci, un giorno. – Samantha, ufficio
Auror’.
"Auror… chissà se Harry la conosce. E questa
cos’è?" leggo l’intestazione di un’altra lettera. "Strega
Moderna?!"
‘Carissima Sig.ra Hermione Granger, sono
sinceramente onorata di scriverla. Mi chiamo Meredith Clarks, lavoro per la
rivista Strega Moderna e ho saputo tramite una conoscente della sua presa di
posizione nei confronti dei suoi superiori. Si lasci dire che ha tutto
il mio rispetto, credo che ci vorrebbero più donne così grintose in giro, al
giorno d’oggi, e meno vittime di un maschilismo che vogliono farci credere
sconfitto, ma che in realtà condiziona ancora pesantemente le nostre vite. Nel
XXI secolo! Perciò mi piacerebbe moltissimo se prendesse in considerazione
l’idea di tenere una rubrica nella mia rivista. Che ne dice di un colloquio
informale? Spero di ricevere presto sue notizie. – Meredith Clarks,
Strega Moderna’
"Una rubrica su Strega Moderna? Sarebbe
divertente, come in Sex and the city…" e scoppio a ridere da sola.
Tutto sommato non credevo che rientrare a
contatto con il mondo reale fosse divertente e salutare. E' inutile, io non
sono in grado di starmene con le mani in mano.
Mi sento meglio, più leggera. Stasera ho
ritrovato un’amica, oltre che me stessa, ed è molto più di quanto sperassi
quando ho deciso di cominciare ‘dal principio’. Non ho un lavoro, certo, ma so
che in qualche modo riuscirò a cavarmela, magari il più distante possibile da
quell’orrido ufficio colmo di luridi vermi.
In quanto a Ron… beh, la cosa è un po’ più
complicata. Nonostante le opinioni non sublimi di Ginny sul fratello, so che
questa volta ha davvero preso una posizione che non intende
abbandonare.
Ma, ahimé per lui, l’ho presa anche
io.
Ora sono decisa a riprendermi quello che mi
spetta, ovvero la fiducia di una persona che non pensavo fosse così importante
ma che, anche grazie ai miei sbagli, so di volere più di ogni altra
cosa. E non mi importa quanto ci metterò.
Questo capitolo un po’ transitorio
non mi piace molto, forse per l’assenza dei ciccini, ma ci voleva per impostare
il prossimo… e vi dico già che, se vi piace ancora la storia, vi conviene stare
all’occhio, eh!! *__*
Ebbene, la fanfic sta volgendo
verso una conclusione, ci saranno ancora un paio di capitoli, forse tre. Non che
manchi di idee, anzi, ma il tempo è tiranno oltre che poco (mannaggia!). E visto
che quando inizio un lavoro (di ogni tipo), poi mi piace anche finirlo,
preferisco non dilungarmi troppo.
Ma basta
straparlare!! Un bacio a robby (ma sai, per quanto ci innervosiscano… le mamme sono
sempre le mamme! Bacio),
karmygranger (se Ron ti piaceva da stronzo, posso dire di aver centrato la mia idea…
perché gli stronzi – entro certi limiti – sono sexy? Mah… ciaoooo),
EDVIGE86 (così è toccato a Hermione farsi due conti e capire cosa vuole… ma
anche Ron avrà modo di farsi perdonare ti avviso!! Ciao omonima ^^),
Daewen (Ron si sarebbe fermato? E chi lo sa… no dai, bastardo sì ma non fino a
questo punto! Che poi è stata Herm a saltargli addosso – e tu la biasimi? - sono
molto contenta che questa storia ti sembri ‘vera’. Un bacio),
ninny
(grazie del commento… dai che prima o poi tutto si sistema, sono lieto
fine-dipendente, io!), Hermionina (anche secondo me una come Hermione ha un buon rapporto con la
mamma… e poi la mamma è sempre la mamma, è inutile – come sono saggia –
ciaooo!), funnynurse (addirittura sfidi simili ostacoli fisici per
recensire?! Wow, sono lusingata! Ma non strapazzarti, eh?!... ok, scherzi a
parte, grazie dei complimenti e salutami il pupetto – o
pupetta!)
Un saluto anche a tutti gli
altri e alla prossima!
Besos, Bea
|
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Capitolo 10 *** Più di ogni altra cosa ***
prova
10 – PIU’ DI OGNI ALTRA COSA
Un sabato mattina di qualche tempo dopo…
"Hermione, ne sei proprio sicura, al cento per cento? Possiamo
parlarne…"
"No, Ginny" le rispondo risoluta. "E’ una cosa che va
fatta."
Mi guarda perplessa qualche secondo e poi, sospirando,
sprofonda in una poltrona che ho accatastato in mezzo alla stanza assieme al
resto dei mobili. Io, intanto, armata di rullo e pennello e vestita con una
salopette larga e logora, inizio a dipingere di violetto la mia stanza. Viviamo
di nuovo assieme, adesso. Certo, lei continua a essere una sconclusionata un po’
troppo disordinata per i miei gusti ed io la solita perfettina con troppe
paranoie, ma abbiamo raggiunto un certo equilibrio. Almeno finché non troverò un
posto tutto mio, stufa della costante presenza di Harry che gironzola in mutande
per casa di primo mattino…
Insomma, che lui mi consideri una sorella è molto bello da
parte sua, ma questo non vuol dire che me lo debba trovare davanti seminudo
mentre faccio colazione.
"Hermione, quel colore mi dà la nausea…"
"Le pareti bianche mi hanno stufata."
"Ma non era meglio il pesca? E poi non capisco perché lo vuoi
fare alla babbana, continui a ripetere che siamo maghi e non ci rendiamo conto
di quanti privilegi abbiamo!"
Mi volto e la guardo con un cipiglio severo, sistemandomi
meglio la fascia per capelli che ho in testa e puntandole contro il rullo
intriso di vernice.
"Ginny, tu non hai capito lo scopo supremo di questo restauro.
Non si tratta solo di ridipingere una parete… è un processo rigenerante, ti
mette a contatto con il tuo io, ti…"
"Manda fuori di testa?"
Sbuffo, la ignoro e riprendo a dipingere il muro, mentre allo
stereo risuona a tutto volume un mio vecchio album di Alanis Morissette, che
sembra piuttosto adatto per accompagnarmi in questo processo di restauro, dei
muri e di me stessa. Alanis ha ragione: ogni lacrima che versiamo, ogni graffio
che ci facciamo, ogni volta che ci sentiamo spezzate e con la voglia di spaccare
tutto, impariamo qualcosa. Amare, odiare, piangere… vogliono dire essenzialmente
vivere. *
"Non ti sei più vista con Ron?"
Vai al diavolo Ginny. Io ero qua a filosofeggiare e arrivi tu
con queste insinuazioni…
"Qualche volta… di passaggio."
"Siete due cretini. Esattamente i bambini di sempre, solo che
l’adolescenza ve la siete lasciata alle spalle da un pezzo."
Mi blocco con il rullo in un punto, fissandolo e cercando un
espediente per spostare l’argomento con eleganza.
"Ginny, devo ripeterti che è tutto merito mio, se adesso
quell’essere spettinato bazzica di nuovo dalle tue parti?"
"Oh no, lo so" conferma. "La tua sfuriata sul come fingessi di
ignorare il fatto che mi aveva piantata, a suo tempo, mi ha fatto fare un
bell’esame di coscienza. E, sai com’è, vorrei sdebitarmi."
Con una smorfia, mi volto verso di lei.
Alla fine è saltato fuori che, dopo la nostra lite, Ginny si è
fatta due conti decidendo che non avevo tutti i torti. E così, mentre io ero
troppo occupata a arrabbiarmi con me stessa, con il prossimo e con il resto del
pianeta, lei e Harry hanno recuperato.
Ma per me è diverso. Mi riprenderò la storia con Ron, ne sono
certa e anche molto determinata, ma so anche di dover procedere per gradi, senza
correre. Concentrandomi su me stessa, per prima cosa.
"Forse è vero, ma credo che non sia il caso di precipitare le
cose… la mia vita è stata così frenetica, ultimamente. Ho bisogno di ossigeno!"
Andiamo, ho obiettivamente ragione.
In questo periodo sono tornata la me stessa di sempre, magari
un po’ riveduta e corretta, ma comunque autentica. Ho messo da parte rancori
assurdi nei confronti dei miei amici e ho anche trovato un nuovo lavoro (mi
occupo dell’organizzazione di eventi magici diplomatici. Sono sempre stata un
tipo piuttosto organizzato, in fin dei conti).
Non so se sono pronta a compiere questo ulteriore passo!
E comunque chissà come la prenderebbe, potrebbe non essere pronto
nemmeno lui. Poi… ok, poi sono terrorizzata all’idea di un rifiuto.
Terrorizzata a morte.
"Precipitare le cose?!" mi fa Ginny sarcastica.
"Beh sì… insomma la casa, il lavoro… credo che prima debba
concentrarmi su me stessa."
"E l’hai fatto."
"Sì, ma…"
"Ma adesso dovresti provare a concentrarti su quell’ultima cosa
che ti manca, non credi? Poi fai come vuoi, sia chiaro, ma è palese che lui ti
manca. Comunque il lilla mi fa vomitare" aggiunge alla fine, dopo una breve
pausa.
Vai al diavolo, Ginny. E con questa fanno due volte in un
giorno che ti ci ho spedita. Anche se...
Deglutisco a vuoto, poi mi volto a guardare la parete, quindi
di nuovo lei.
"Mi sa che hai ragione."
"Sul lilla?"
Sorrido appena, facendo spallucce.
"Anche sul lilla."
~
"Jordan, so che l’officina sta chiudendo ma… c’è Ron?"
Il socio di Ron mi guarda un secondo, perplesso, quindi sorride
con un po’ di malizia. Ecco, vorrei che qualcuno mi spiegasse gentilmente perché
ridono tutti alle nostre spalle.
"Sì…" risponde. "Anzi, già che ci sei digli di chiudere, io
vado via."
Lo seguo con lo sguardo mentre si allontana e mi infilo nel
garage. Non lo vedo subito, è mezzo nascosto dal cofano aperto di una macchina,
cercando di capire se per caso non ci sia un problema di meccanica babbana, nel
malfunzionamento di quel catorcio.
"Questa macchina è un catorcio…" dice tra sé e sé, sconsolato.
Appunto.
Sorrido appena, mi schiarisco la voce e, restando sempre a
debita distanza, faccio notare la mia presenza.
"Scusi, cos’è questa storia che per guidare una macchina
volante, adesso, ci vuole la patente babbana?"
"La nuova legge. Ma stiamo chiu…"
Resosi conto della proprietaria della
voce, alza la testa dal cofano e mi guarda perplesso: non riesco a decifrare
quella specie di smorfia. O forse è un sorrisetto? Preme un momento assieme le
labbra, poi ritorna impassibile.
Non so se sarà l'aria del lavoratore,
oppure i capelli ancora umidi segno che è appena uscito dalla doccia, oppure il
fatto che mi manca da morire, ma reprimo a fatica l'impulso di sbattere il
cofano di quella macchina e saltargli addosso, lì
sopra.
"Jordan dice se puoi chiudere tu, stasera. Se ne è andato…" aggiungo cercando di darmi un
contegno.
"Oh, sì. Certo."
E con ciò cala un silenzio imbarazzante tra di noi; siamo
entrambi incapaci di guardarci negli occhi troppo a lungo ma, allo stesso tempo
e senza ombra di dubbio, moriamo dalla voglia di farlo.
"Quella macchina è messa proprio male, eh?" dico, nella
speranza di rompere il ghiaccio. Lui mi guarda spaesato.
"Come…? Beh, un po’. Ma ci penserò domani..."
Mi avvicino al cofano spalancato, guardando dentro e fingendomi
interessata a una serie di cavetti e altri oggetti non del tutto
identificati.
"Interessante..."
Alzo di nuovo la testa verso di lui e mi
accorgo che mi sta fissando
perplesso, con un sorrisetto trattenuto a mezz'asta.
"Non te ne è mai importato un cavolo di queste
cose" constata mezzo divertito.
"Non posso aver allargato i miei interessi?" rispondo con
candore e un po’ di celato imbarazzo (celato maluccio).
Ridacchia poco convinto della mia spiegazione, facendomi ridere
a mia volta. Poi prosegue. "Oh, sì, ti ci vedo bardata di una tuta sporca di
grasso a smanettare tra carburatori, olio e…"
Non ce la faccio più, se non lo dico adesso esplodo.
"Dio solo sa quanto mi sei mancato, Ron. E quanto mi manchi
ancora."
Non mi importava nulla dell’olio, suvvia. Così, senza quasi
rendermene conto, gli ho poggiato una mano sulla guancia e l’ho zittito con
quella frase sparata a bruciapelo.
Lo vedo inarcare un sopracciglio e abbassare un po’ lo
sguardo.
"Ginny mi ha detto che hai un nuovo lavoro."
Un po’ sollevata per non essere stata cacciata, decisamente
felice che non abbia spostato con disgusto la mia mano dalla sua guancia, ma
anche un po’ amareggiata per questo cambio repentino di argomento, faccio cenno
di sì con la testa.
"E ti piace?"
"Sì, mi piace."
"Bene. Credo che sia la cosa principale, no?"
"Certo."
Dopo qualche istante, lascio che il mio palmo scivoli via dalla
sua guancia. Il momento magico è arrivato, l’ho riconosciuto in quella tipica
stretta all’altezza dello stomaco mentre lo toccavo, ma poi è passato.
Sprecato.
Consapevole di ciò mi allontano da lui di qualche passo,
sistemandomi dietro un orecchio una ciocca di capelli che è scivolata dalla coda
e tirando un gran sospiro; mi impongo di rimanere controllata e inizio a frugare
dentro la borsa alla ricerca di niente in particolare, parlando come un
automa.
Un automa ferito. Amareggiato. Irrimediabilmente
innamorato.
"Bene, adesso vado. Avevo voglia di vederti e l’ho fatto, ma tu
hai giustamente da lavorare e io sarei solo di troppo, poi devo andare a casa
che…"
"Sono stato un schifo."
Ammutolita, alzo gli occhi dalla borsa e lo guardo.
"Lo so."
"Il fatto è che non riuscivo a capirti. Certi giorni eri così…
ma poi un attimo dopo tutto il contrario. Prima mi cercavi e poi mi cacciavi
insultandomi senza un vero motivo. Insomma, ammetto che questo tuo nuovo
atteggiamento mi intrigava abbastanza, lì per lì, ma alla lunga è diventato
stancante."
Per favore, qualcuno sciolga questo nodo che mi si sta formando
in gola, sentendo queste parole e vedendo la sua espressione amareggiata.
"Mi spiace. Non cerco nemmeno di giustificarmi, sono
consapevole di essere stata, come dire… intrattabile."
Inclina un po’ la testa da un lato.
"E adesso?"
"E adesso diciamo che sto cominciando a fare un po’ di
chiarezza. Avevo lasciato che qualche dubbio di troppo prendesse il sopravvento,
mi ero fissata con dei complessi assurdi senza rendermi conto, invece, della
fortuna che ho. Ma ci sto lavorando su… con dei buoni risultati, devo dire."
Esasperato, si passa un mano dietro il collo e poi tra i
capelli, arruffandoli. Sbuffa, abbassa la testa, la scuote e poi alza appena lo
sguardo, fino a incrociare il mio.
"Dannazione, Herm, io…"
"Non dire niente, ero io che dovevo scusarmi, tu non sei tenuto
a…"
"Io sono stato male, uno schifo. E desso piombi
qua con questi discorsi sul fatto che ti sono mancato… mi dici che hai messo ordine in
quella testa e sei tornata l’Hermione che ricordavo, ed è vero, si vede a
pelle, ma…"
Mi avvicino a lui, afferrandogli le spalle.
"Ronald…"
Lui mi guarda negli occhi un momento, scuotendo la testa con
un’espressione che non riesco a interpretare del tutto.
"Inutile. Io non ce la faccio" dice rassegnato, quasi tra sé e sé.
Abbasso le palpebre, come colpita da un macigno invisibile; vorrei allontanarmi con dignità, ma non
ci riesco e rimango immobile davanti a lui. Ho una paura fottuta di perderlo
definitivamente, la semplice idea mi paralizza, mi mozza il respiro. Merlino, fa
che non mi vengano gli occhi lucidi, odio le ragazze che piangono in pubblico, davanti a altri.
Deglutisco senza il coraggio di aprire gli occhi, cerco di
camuffare la voce che si sta inevitabilmente spezzando e quindi comincio con uno
dei miei discorsi imparati a memoria.
"Non importa Ron, davvero. Non sei costretto a fare niente. A me bastava chiarire, poi
vedremo… ed è già un passo avanti, io non pretendo che tu decida subit…"
"Non ce la faccio a starti lontano. E' più forte di me."
Di nuovo senza parole, alzo gli occhi e incrocio il suo
sguardo. Mi sorride, e adesso non ho dubbi nel capire cosa significhi quel suo sorriso.
Mi posa una mano sulla fronte e la fa scivolare all’indietro
carezzandomi la testa, senza scollarmi gli occhi di dosso.
"Tu non riesci a… cosa?"
"Non ci riesco proprio, a starti lontano" ribadisce
semplicemente. "Per quanto mi impegni, è qualcosa che non sfugge al mio
controllo; tu mi fai perdere il controllo."
Sto sorridendo come un’ebete, lo so.
Sembro un’ebete con una paresi facciale e, per la cronaca, mi
sono anche rassegnata agli occhi lucidi. Ma non me ne potrebbe fregare di meno.
Rieccolo, il momento magico, e questa volta non intedo farmelo
scappare. Mi mordo un labbro, sposto una mano che gli tenevo posata sulla spalla
fin dietro la sua nuca e mi avvicino ancora di più.
Ho bisogno di sentirlo contro di me, addosso a me. Sentire la
sua presenza fisica.
"Hai detto una cosa molto… così…" bisbiglio emozionata.
"Così poco da Ron?" suggerisce. Io gli sorrido.
"Tutto il contrario…"
Poi lui si fa ancora più vicino e poggia le labbra sulle
mie, leggere; mi sfiora i capelli con le dita, mi carezza una guancia, mi stringe a
sé in un misto assurdo di dolcezza e urgenza che mi fa perdere la cognizione di
tutto. Riesco solo a pensare a quanto lo desideri.
Più di ogni altra cosa.
La mia borsa mi scivola dalle mani, precipitando ai nostri
piedi senza che me ne renda praticamente conto. Faccio uno sforzo immane per
staccarmi un momento da lui e smettere di baciarlo, ma devo.
"Ron, devi credermi se ti dico che non…" bisbiglio piano, a corto di fiato,
fronte contro fronte. Ma lui mi zittisce appoggiandomi un indice sulle
labbra.
"Basta, ti credo. Adesso voglio solo te, più di ogni altra
cosa."
A questo punto perdo davvero la cognizione di tutto
il resto; e poi sono solo baci interminabili e sentimenti
che trapelano da frasi spezzate, mormorate a mezza voce, al
buio; vestiti che scivolano via come fosse la cosa più naturale del mondo; il
suo sapore e lenzuola intrise del suo profumo, che si mischia al
mio.
* la canzone a cui mi riferisco è You Learn, di
Alanis Morissette (Jagged Little Pill).
Cielo, rileggendo la chiusura del capitolo mi domando
se in questo periodo non soffra di evidenti carenze affettive… è un
passaggio estremamente da carie, rapportato ai miei standard (ma non mi
vergogno di dire che ho amato cariarmi i denti scrivendolo
*________*)
Ad ogni modo… un grosso saluto e un bacio per la recensione a:
robby (cioè, tu pensi all’Hermione di
questa storia nel bel mezzo di problemi reali?! sono lusingata, ma vacci piano
che poi mi sento responsabile! PS: anche se lo sanno tutti che sono
infinitamente saggia. ecco, sì… ma tu vacci piano lo stesso, eh? ^^’),
pk82, EDVIGE86 (Harry e Ginny..bah, forse non gli ho dato molto
spazio, ma sappi che è stato già tanto!non li amo particolarmente come
coppia -io Harry l'ho sempre visto perfetto con Luna^^!- però nel complesso di
questa storia ci stava. ciao!), karmygranger, Alara666 (mi fa piacere che la storia ti abbia presa! In fondo credo che
tutte, a volte, ci sentiamo un po’ incasellate, o incapaci di reagire.
Magari reagissi anche io come Herm -ma mi limito a scriverlo in una ff-!),
Hermione96, Hermionina, hermron.
ah, dimenticavo. leggere recensioni che
dicono che la storia fa riflettere, mi lusinga molto ^^. sì sì, gongolo
proprio.
Alla prossima, Bea.
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Capitolo 11 *** Conversazioni e vernici ***
prova
11 – CONVERSAZIONI E VERNICI
"Mamma!"
Mi volto piano e non riesco a capire dove mi trovo, quello che
mi circonda è come sfocato, avvolto in una nebbia surreale. Solo quella voce nota
che mi giunge alle orecchie, cristallina e limpida.
"Emma?" chiedo meravigliata mentre mi corre incontro. Mi metto
in ginocchio e lei mi salta al collo per stringermi in un abbraccio mentre la
guardo sconvolta.
"Sei… sei tornata?" chiedo allibita quando si stacca da me, ma
non mi risponde e ridendo mi tira per un braccio. "Emma, vuol dire che…"
"Come sta papà?" mi interrompe, senza apparentemente capire il
senso della mia domanda.
"Sta bene, lui è… ma tu…"
Ma lei non mi guarda, adesso si è messa a inseguire un gattino
per gioco, cercando di acchiapparlo, anche se lui è molto furbo e veloce. La
guardo giocare con quella bestiolina, ridacchiare, cercare di afferrarlo per la
coda con molta poca delicatezza.
"Mamma me lo compri un gatto? Daiiii!"
"Emma, perché sei tornata indietro?" le ripeto seria,
afferrandola per una spalla affinché mi guardi. Mi fissa un momento e poi mi
sorride.
"Ma ti manco almeno un pochino?"
Apro appena la bocca per lo stupore. "Certo che mi manchi, ma
cosa significa… questo?"
"Forse niente. Magari volevi solo vedermi un po’…"
Incapace di parlare, le dico l’unica cosa che mi sovviene.
"Sai, io e papà abbiamo fatto pace."
"Oh, lo so… voi litigate ma poi fate sempre pace. Glielo dai un
bacino per me?"
"Puoi farlo tu, piccola."
Adesso ride.
"Ma se non esisto…"
Non esiste? Non è possibile, perché io e Ron... quindi non era
quella, la chiave di tutto. Forse non è sufficiente l’esserci ritrovati, l’aver
capito cosa voglio davvero.
"Come sarebbe a dire che non esisti... io ti vedo. E poi, tutte
quelle cose che mi hai mostrato l’altra volta, dove ci siamo noi tre assieme, le
cose che non avrei mai fatto, o vissuto se non…"
"Non esistono. Non ancora, proprio come me!" conclude. "Dipende
tutto da te. Da te e papà… da quello che farete."
Socchiudo appena le labbra.
"La vita è tutta da decidere"
bisbiglio a me stessa.
Lei annuisce senza rispondermi, io mi passo una mano sugli
occhi e quando li riapro, non c’è più. Mi guardo attorno, e di lei nemmeno
l’ombra. La cerco, inutilmente. La chiamo…
…
Apro gli occhi di scatto. Mettendomi velocemente a sedere mi
guardo attorno, per qualche attimo sono ancora portata a cercare un bambina che
so non esistere. Poi ricordo dove sono, e quando.
E’ ancora buio fuori dalla finestra, e io ho fatto solamente un
sogno. Un altro sogno con lei, di quelli sorprendentemente strani come mi è
successo quando l’ho vista per l’ultima volta.
Già, Emma… mi sono documentata, ho fatto ricerche assurde,
ma non sono riuscita a trovare una spiegazione razionale per quello che è
successo; d’altronde la magia che ci circonda è per definizione un qualcosa che con
la razionalità ha ben poco a che fare. E’ successo e basta, immagino che
dovrò accettarlo. Accettare che se lei non fosse piombata nella mia vita, anche
per così poco tempo, forse adesso non starei dormendo accanto a questo ragazzo.
O forse tutto dovrebbe ancora succedere… o magari sarebbe già successo, ma
in modo differente.
In fondo, chi sono io per sapere il percorso che avrebbe
intrapreso la mia vita? Nessuno. Posso solo viverla, come mi piace, come mi fa
stare bene. Con chi mi fa stare bene. E vedere cosa c’è in serbo per me,
domani.
Non esistono. Non ancora, proprio come me! Dipende tutto da te.
Da te e papà… da quello che farete.
Sbadigliando, mi volto piano verso l’altro lato del letto in
cui lui, ovviamente, dorme di un sonno così pesante da risultare odioso.
Ma questo fatto non mi irrita, anche se mi sono svegliata a quella maledetta ora
della notte in cui è troppo presto per alzarsi, ma troppo tardi per
riaddormentarsi.
Lo guardo e sorrido. No, diciamo pure che ridacchio… non
avevo mai fatto caso alla sua abitudine di grattarsi il naso a intervalli regolari
durante il sonno. Strano, in fondo non è la prima volta che passiamo la notte
assieme, io e Ron. E poi è uno spettacolo alquanto buffo.
Ghignando, mi avvicino un altro po’ e porto il viso esattamente sopra di lui, per spiarlo, divertita. Forse
sentendosi inconsapevolmente osservato, si agita leggermente, apre gli occhi
e alza la testa un secondo in mia direzione che nel frattempo mi sono
saggiamente allontanata.
"Ciao…" bisbiglio. Lui mi scruta interdetto, bofonchia
qualcosa e poi si volta dall’altra parte.
"Ron? Dormi?"
"Mpf."
Lo scuoto appena per una spalla, così si volta di nuovo verso
di me e mi guarda ancora. Poi, strizzando un occhio, allunga lo sguardo in
direzione della finestra (fuori comincia appena ad albeggiare).
"Cosa c’è?" trova la forza di chiedermi. Io non gli rispondo ma
plano vicino a lui ridacchiando.
"Quando dormi ti gratti il naso" spiego. "Ed è una cosa
buffissima, perché a intervalli regolari fai tipo uno scatto e…"
"Hermione…" si lamenta tra uno sbadiglio e l’altro, abbassando
le palpebre. "Mi hai svegliato per dirmi che nel sonno mi gratto il naso?"
"Io non ho fatto niente, sei tu che ti sei svegliato! Ma sappi
che sei troppo ridicolo. Ridicolo in modo tenero, non ti offendere adesso."
Mi metto supina accanto a lui e sorridendo abbasso le palpebre
a mia volta. Lo sento ridacchiare e, nonostante la sua risata sonnolenta abbia
il potere di scaldarmi il cuore, la mia mente riprende a vagare come impazzita,
ripercorrendo il filo di quelli che erano i miei ragionamenti prima che venissi
distratta da una sua grattata di naso.
"Sei ancora sveglio?"
"Al cinquanta percento…"
"Ron, a te piace il nome Emma?"
"Mi piace… cosa?" sbadiglia.
"Emma. Se ti piace come nome. Non so… chiameresti così tua
figlia?"
"Io… è carino, può darsi, ma… ehi!" si alza di scatto a sedere.
"Non starai mica cercando di dirmi qualcosa?!"
Scoppio a ridere.
"Ma no! Era così per dire. Lascia stare e respira di nuovo…
anzi, dormi" lo tranquillizzo spingendolo per una spalla di nuovo sdraiato.
E cala di
nuovo il silenzio, ma non riesco a riprendere sonno. Troppi i pensieri, troppe le cose
che sono successe; ma questa volta so che siamo in due ad essere svegli
quando si dovrebbe dormire, perché anche se ho gli occhi chiusi avverto il suo
sguardo posato su di me. Sospiro.
Con un fruscio di lenzuola si gira da un lato, verso di me.
"Sei strana" mi dice.
"Non è vero…"
"Sì."
"Ma non avevi sonno?"
"Ormai mi sono svegliato. Mi hai svegliato…"
A questo punto rotolo anche io su di un fianco, apro gli occhi
e lo guardo. E il semplice guardarlo mi tranquillizza. Devo smetterla di
pensare troppo, perché adesso ho quello che voglio.
"Sono stata una demente a rischiare di perderti. Di perdere
tutto questo per un capriccio… ma adesso va tutto bene, davvero. Se resti
qua."
Lui mi sorride. "E chi si muove?"
E mentre sento il sonno riprendere il sopravvento, mi rendo
conto che non è poi così impossibile riaddormentarsi anche se fuori comincia ad
albeggiare. Dipende da chi abbiamo di fianco.
~
Ce la posso fare. Io so fare tutto, non ha senso che non riesca
a trovare un colore per le pareti. Appurato che il violetto fa vomitare, il
bianco è banale, sul rosa no-comment, il verdolino sembra una sala operatoria,
il pesca l’ha suggerito Ginny e per principio lo escludo, rimangono più poche
alternative.
E non una che mi piaccia, porca mandragola.
"Sei ancora lì?!" domanda una voce alle mie spalle.
"Ginny, non dovevi andare al San Mungo?" le domando senza
nemmeno voltarmi. A gambe incrociate, fisso il muro a vuoto.
"Infatti ora vado. Passavo a salutarti, visto che non sei rientrata
a dormire e oggi, appena arrivata qua, ti sei fiondata in camera. Devi smetterla con
questa fissa delle pareti, te lo dico da amica. Ma…" aggiunge poi, maliziosa "…ma
dov’è che avresti passato la notte?"
Iena.
Come non lo sapesse perfettamente, poi.
"Dovunque non sia costretta a vedere Harry in mutande. Alla
lunga, mi stanca" ribatto tagliente.
"Oh, certo…" ridacchia. "D’accordo, io scappo a
lavoro. Ma tu salutami Ron, ok?" dice con il suo solito tono saputello mentre si
allontana, lasciandomi sola a fissare una parete. Fantastico.
"Basta, ora la rifaccio bianca."
"Così banale?"
Mi volto stizzita.
"Merlino, sei ancor… oh, Ron. Pensavo fosse Ginny"
"In effetti ci confondono tutti. Sai, abbiamo lo stesso tono di
voce" ride venendosi a sedere vicino a me.
"Beh, se lei fosse colpita da una laringite acuta e tu aspirassi
a diventare una voce bianca, magari…" rispondo facendo roteare gli occhi.
"Non è ancora il mio sogno, grazie…" ride. Poi guarda la parete. "Vuoi
ridipingerla?"
Adesso fisso anche io di nuovo il muro, sistemandomi meglio la solita
fascia per capelli. "Sì, ma non riesco a trovare il colore adatto. Forse Ginny
non ha tutti i torti, questa cosa della vernice mi sta un po’
ossessionando."
Ma Ron non sembra avere altro da aggiungere, lo sento che con una mano mi cinge la vita da
dietro, mentre con l’altra mi solleva i capelli e mi bacia leggermente il
collo.
"Ron… io ti stavo parlando della vernice…" protesto, così tanto
convinta che prima inclino un po’ la testa da un lato per facilitargli il
compito, poi mi volto quanto basta per baciarlo a mia volta. Ma intanto continuo
a protestare, sia chiaro. O meglio, borbottare qualcosa.
"Non è colpa mia se sei sexy, tutta sporca di vernice."
Mi allontano afferrandogli il volto e lo guardo, ridendo. "Ma
se non l’ho nemmeno toccata!"
"Non ancora…" risponde inarcando un sopracciglio. Afferra un
pennello e me lo avvicina minaccioso al volto; al che, io comincio a
strisciare all’indietro il più lontano possibile.
"Non provarci!" lo avverto puntandogli un indice alla faccia,
sempre arretrando. "Ron, dico sul serio, non ti azzardare… hai capito? Guarda
che ho la bacchetta a portata di mano, lo sai che non ci metto niente a…"
Ma presto sono con le spalle al muro e lui, in ginocchio, tiene
sempre quel maledetto pennello a pochi centimetri dal mio naso.
"Non farlo" lo minaccio cercando di
apparire seria e pericolosa, anche se la mia voce vacilla. Senza dire
nulla, lascia cadere al suo fianco l'arnese e poi, sorridendo, mi si
avvicina ancora. Io gli allaccio le braccia al collo e le gambe attorno alla vita; e mentre lo
bacio, mentre gli carezzo il collo e lo sento armeggiare sotto la mia t-shirt, mi
rendo conto di quanto sia tutto tremendamente semplice.
Perfetto. Troppo?
"Credi che sarà sempre tutto così facile?" gli chiedo piano, ad
un orecchio.
Si allontana un po’ da me e mi risponde con uno sguardo
perplesso.
"Ieri sera non abbiamo avuto il tempo di pensare" spiego. "È
stato tutto un susseguirsi di emozioni, e baci, e passione, e io che mi rendo
conto di essere stata una totale cretina e cerco di rimediare… troppo improvviso
e troppo forte."
"Ora vacci piano, che poi mi monto la testa" mi interrompe
divertito.
"Cretino" lo sgrido. "Ma domani non ci saranno più scenette da
film lacrimuccia più sospiro, in cui i protagonisti si ritrovano in un
bacio appassionato mentre fuori piove. Ritorneremo di nuovo ad essere Ron e
Hermione, tu mi irriterai e ti chiamerò insensibile e immaturo; io ti annoierò e
mi risponderai che sono una pallosissima perfettina."
"A parte il fatto che ieri non pioveva, ed eravamo in
un’officina…" osserva. "Poi io sono molto maturato di questi tempi."
"Ronald, sono seria…"
Mi carezza una guancia.
"E’ vero, domani saremo di nuovo io e te. E meno male, anche
perché senza tutti i tuoi odiosi difetti da perfettina e puntigliosa non saresti
la persona che sei… e che mi fa impazzire, così com’è."
"Sei… sincero?" chiedo con voce tremolante. L’ultima volta che qualcuno
ha detto una cosa simile credo sia stato Mr Darcy nel Diario di Bridget Jones.
Ed è uno dei passaggi che noi donne stentiamo a dimenticare.
Intanto lui annuisce, rendendomi infinitamente più rilassata.
"Poi adoro il modo in cui ti arrabbi e mi dai dell’insensibile e immaturo…
sei molto sexy" aggiunge con un tono vagamente malizioso che non può non farmi
sorridere, il tutto baciandomi il collo.
"Anche io sono molto cambiata. Ok, non molto, magari solo un
po’. Diciamo il giusto… d’accordo, sono sempre una paranoica senza speranza"
ammetto sconsolata.
Lo spingo sdraiato e mi siedo a cavalcioni su di lui. "Ma
in fondo è un bene, per noi. Sono matura per entrambi…" ridacchio chinandomi
per baciarlo.
E non penso più a nulla che non sia lui, o noi, o quanto sono
stata sciocca a pormi tutte quelle domande perdendo del tempo inutile.
Perché adesso sì, che mi sento a posto. O meglio, mi sento nel
mio posto. Non mi importa di cosa sarà o non sarà di me, domani: finché
sto bene oggi, non può esserci nulla di sbagliato.
"Giallino!" esclamo improvvisamente alzandomi di scatto. "Non
ho ancora provato con il giallino!"
Ron mi guarda inarcando un sopracciglio, indignato.
"Stai pensando alla vernice, adesso
?!"
Ridendo, lo afferro per il collo e lo attiro verso di me con impazienza.
Forse non ha tutti i torti... ma
d'altronde, quando una ha un’ispirazione non può lasciarsela scappare,
no?!
BENE BENE, ANCHE QUESTA STORIA è QUASI FINITA. O MEGLIO,
MANCA ANCORA UN EPILOGO CHE ARRIVERA’ ABBASTANZA A BREVE (E’ IN FASE DI
PERFEZIONAMENTO). PER CUI PERDONATEMI LE SCENETTE BANALISSIME ALLA COMMEDIA
ROMANTICA, MA CI VOLEVANO PROPRIO SUL FINALE, OH Sì.
PERCIO' HO ANCHE INSERITO UN TRIBUTO ALLA MAMMA DI TUTTE NOI
RAGAZZUOLE SCHIAVE DELLO HUMOR IN ROSA: HELEN FIELDING, E IL SUO DIARIO DI BRIDGET JONES
(ANCHE SE FORSE IL PEZZO CITATO ERA SOLO NEL FILM... VABBE' IL SENSO E'
QUELLO).
MA ORA BASTA SCEMENZE, E UN SALUTO A TUTTI QUELLI CHE
CONTINUANO A SEGUIRE LA STORIA. IN PARTICOLARE A…
Daewen, pk82, hermron, Hermionina, karmygranger, EDVIGE86,
robby.
SCUSATE SE NON VI RINGRAZIO UNO A UNO,
MANCANZA DI TEMPO. MA VI PROMETTO CHE AL PROSSIMO VI DEDICHERO’ MOOOOLTO
PIU’ SPAZIO. IL CHE, RAPPRESENTA UN MOTIVO IN PIU’ PER COMMENTARE, NO?
ORMAI SIETE ARRIVATI FIN QUA, SU SU!!
VABBE’, UN BACIO,
GOLDFISH-BEA.
|
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Capitolo 12 *** Epilogo ***
prova
BREVE PREMESSA
:
NON
SAPREI DIRE SE QUESTO EPILOGO SIA PER LO MENO SUFFICIENTE, AD ESSERE SINCERE
AVREI VOLUTO FARE DI MEGLIO… MA PENSO CHE NON CI SAREI MAI RIUSCITA. ERA COSì
NELLA MIA TESTA E BASTA! AVRO' FORSE LETTO TROPPI LIBRI SCHIFOSAMENTE ROMANTICI, DI QUESTI ULTIMI TEMPI? D'OH.
DEDICATO A TUTTI QUELLI CHE IN QUESTI QUATTRO MESI
MI HANNO SPRONATA CON IL LORO SOSTEGNO, I LORO COMPLIMENTI (MERITATI?!?), E LA
LORO SIMPATIA! GRAZIE!
~
12 – EPILOGO
"Stai pensando alla vernice, adesso
?!"
Ridendo, lo afferro per il collo e lo attiro verso di
me con impazienza.
Forse non ha tutti i torti... ma d'altronde, quando
una ha un’ispirazione non può lasciarsela scappare, no?!
~
Certo che ne sono successe di cose, in questi due anni. Perché
vi ricordate che stavo raccontando la mia storia, giusto?!
"Sono distrutta!!" mi lamento, stesa a peso morto sul letto,
con la faccia infossata nel cuscino. Lo sento ridacchiare alle mie spalle
avvicinandosi e sedendosi al mio fianco.
A dire il vero non so trovare un motivo a questa mia specie di
confessione. Di certo non pretendo che parlando dei miei errori qualcuno possa
cavarci una sottospecie di morale, io odio le morali esattamente come odiavo i
clichè (e li odio tuttora, sia chiaro. Cerco solo di evitarli conservando una
giusta dose di equilibrio e tolleranza).
Diciamo che volevo riflettere sul come, a volte, a
lasciarsi andare un po’ troppo, si rischia di calcare eccessivamente la
mano; e sul come, spesso, seminando odio e ingratitudine si raccolgono solo
altro odio e altra ingratitudine.
Niente ci è dovuto, nemmeno l’affetto di persone talmente
importanti da sembrarci scontate. L’ho capito quando mi sono resa conto che
stavo lentamente allontanando da me tutti quelli che mi amano, inclusa la
persona che più mi importava e senza la quale mi sarei sentita irrimediabilmente
vuota; l’ho capito quando Ron, con una freddezza che non gli era mai appartenuta
prima di allora, mi ha fatto notare che non ero più la ragazza che ricordava;
quando mi sono immediatamente e senza un motivo plausibile innamorata di una
bambina i cui tratti erano così pericolosamente simili ai miei e ai suoi. E che
ho visto tristemente svanire dalla mia vita lasciandomi con l’amaro in bocca,
consapevole che presto sarebbe svanita anche dal mio ricordo.
Però, in tutta questa serie di eventi, ho anche capito che la
vita è essenzialmente una questione di scelte e noi abbiamo sempre la
possibilità di ricominciare daccapo. Dobbiamo solo volerlo e lottare per
impossessarci di quello che ci sta a cuore.
Io volevo riprendere in mano la mia vita. Volevo i miei amici
di sempre e volevo Ron. E me li sono ripresi perché senza loro, senza lui, la
mia esistenza avrebbe perso buona parte del suo senso.
"Mi sento piena come un uovo di Pasqua, ho mal di testa, la
schiena a pezzi, sonno e quelle scarpe mi hanno lasciato due enormi ciocche ai
piedi…" mi lamento, rigirandomi supina.
"Dai, che se abbiamo un pizzico di fortuna, Harry e Ginny si
sposano una volta sola" mi rassicura lui. "E comunque eventuali seconde nozze
sarebbero meno fastose, immagino. La mamma è un tipo all’antica in certe
cose…"
"Ah, allora è per questo che oggi non faceva
che ripetermi quanto erano belli Harry e Ginny mentre mettevano per iscritto la
solidità del loro rapporto… e che emozione ha provato lei il giorno del
suo matrimonio… e come i bambini abbiano certamente bisogno di basi familiari
solide. Il tutto elencandomi le piccole gioie quotidiane della vita coniugale,
ovvio."
Ride. "E tu cosa le hai risposto?"
"Ma niente…" spiego. "Diciamo che mi sono tenuta sul vago,
soprattutto lodando il meraviglioso vestito di Ginny, comprato grazie ai suoi
lungimiranti consigli. E comunque noi viviamo già assieme, non è che ci sia
tutta questa differenza"
Sospiro e, sbadigliando, cerco di fare mente locale sulla
giornata di oggi.
"Viviamo assieme nel peccato…" borbotta nel frattempo Ron con
un tono fintamente imperioso come per imitare sua madre, baciandomi poi il collo
mentre io rido. Improvvisamente ripenso alle mie odiose scarpe da cerimonia che
giacciono in un angolo, dove le ho lanciate in preda all’odio appena entrata a
casa, e mi rendo conto dell’assurda sensazione di dejavù. Ho già visto quella
scena. L’ho già vissuta, in certo senso.
Mi metto seduta e lo guardo con un sopracciglio inarcato.
"Ma tu cosa ne pensi?"
"Di che?"
"Sai, forse non ha tutti i torti tua madre."
Alza lo sguardo e mi fissa stranito.
"Scusa?"
"Hai capito benissimo!" ridacchio rialzandomi. Mi avvicino a un
lettino e prendo in braccio una bambina di pochi mesi. Lei mi risponde con dei
versi imprecisati e un scuotere di manine.
"Dai piccola vieni dalla mamma… scommetto che tuo papà ti ha messo il pigiamino a rovescio.
Per non parlare del pannolino."
"Ehi! Non è vero!" protesta dal letto un indignato Ron,
mentre lei fa una specie di risolino, che decido di interpretare come un suo
modo per darmi man forte.
"Ecco la mia bambina… tu sì che mi capisci!"
commento fintamente commossa e divertita. Mi rimetto comoda sul letto tenendola
in braccio e mi volto verso di lui, che si china a carezzarle la testa e mi
sorride ironico.
"Tale madre…" mormora a denti stretti.
"Certo che sei davvero comico, Ronald. C’è un altro essere
umano che dipende totalmente da te, e tu ti spaventi per un semplice e banale
matrimonio."
"Mi spaventi tu! che fine hanno fatto tutte quelle storie sui
clichè borghesi?"
"A un certo punto bisogna anche metterla a posto, la
testa."
Faccio spallucce e ritorno a prestare attenzione alla bimba che
si è di nuovo mossa, sperando che si addormenti.
"Su Emma…"
Lui riflette un momento, poi si avvicina ancora e me e mi
massaggia una spalla, mentre io resto impassibile.
"Mmm… Signora Weasley. No, spiacente, ma non ti ci vedo"
borbotta. "Le Signore Weasley sono per definizione donne corpulente."
"Romperò la tradizione. Comunque Fleur è un grissino…"
rido.
"Emma, tua mamma sta delirando…" le dice
piano, ad un orecchio.
"Io non deliro affatto, non dire questa cose a mia figlia!"
"Ma se fino a l’altro giorno mi dicevi che l’ultima cosa che
volevi era comportarti come credi sia giusto, che non volevi forzare gli eventi
e fare le cose che ti sentivi davvero di fare!"
"Sì ma…"
"Vuoi anche una casa schifosamente borghese, di quelle con il
giardino, lo steccato e il vialetto?" mi provoca dopo una breve pausa.
Io sto al
gioco.
"Senza steccato. Odio le case con lo
steccato."
"E poi?"
"Avremo un cane. I bambini dovranno pur avere un animale
domestico."
"Ah, quindi oltre a Emma ce ne sarebbero altri?!" commenta.
"Comunque scommetto che il cane lo chiameresti Buster. O Lucky.
"No!" lo correggo con una linguaccia. "Come sei banale, Ron!
Pensavo a qualcosa come Eugene… o Godric. Che ne dici di Lord Byron?"
"Lord Byron non mi sembra esattamente un nome da cani… dove l’ho già
sentito?"
Ridendo, mi allungo appena verso di lui e gli bacio una tempia,
poi mi allontano leggermente per poterlo guardare negli occhi. Lo amo, lo amo da
impazzire e, al diavolo tutti i luoghi comuni, io desidero davvero queste cose
con lui; desidero vivere in un’odiosa casa borghese con la mia cotta scolastica
(ex cotta, ora fidanzato nonché padre di mai figlia!), avere bambini dai capelli
molto probabilmente rossi (visto che già Emma li ha castani…) e un cane di nome
Lord Byron. Perché adesso mi rendo conto che non ha importanza rischiare di
restare imprigionata in qualche stupido clichè, o risultare noiosamente
prevedibile; se questo ci fa stare bene, ci fa dormire sonni tranquilli la notte
e svegliare col sorriso la mattina, non può essere così male.
E comunque sarebbe sempre una mia scelta.
"Ron, come hai fatto a perdonarmi per essere impazzita, due
anni fa?"
"Sesso."
Senza dire nulla lo sgrido con un pizzicotto in un fianco e uno
sguardo indignato.
"Ahio! Non so, Hermione… probabilmente sapevo che saresti
tornata quella di sempre" dice, massaggiandosi il punto in cui l’ho pizzicato.
"Di certo non per i tuoi irresistibili massaggi."
"Basta con questa faccenda che sono una frana a fare i
massaggi, non è vero! Ma… quindi stai dicendo che sono prevedibile?" commento
serissima, con l’espressione più impassibile che posso. Lo vedo guardarmi
immobile, deglutire e farsi pallido.
"N… no."
"No? Invece dai tuoi discorsi mi pare di capire che mi avessi
già inquadrata, nonostante tutto. Che, come tutti, eri convinto che stessi solo
cercando i miei cinque minuti di gloria e sarei presto tornata quella di
sempre."
"Herm, davvero, io…"
"E se cambiassi idea? Se domani mi scordassi totalmente
di questi discorsi matrimoniali, facessi i bagagli, prendessi la bambina e me
ne andassi il più lontano possibile?"
Ce l’ho fatta a terrorizzarlo! Adesso è ammutolito e
sconcertato. Si starà chiedendo se gli conviene assecondarmi oppure no. Magari
valuterà se scappare prima che dia un’altra volta di matto. Ma non ce la faccio,
lo guardo mentre mi osserva con il sospetto e il reverenziale mutismo di chi
teme di toccare il tasto sbagliato e non posso fare a meno di scoppiare in una
risatina vittoriosa.
"Ti amo…" gli bisbiglio ad un orecchio; anche se, considerato
il mio viso contorto per trattenere delle risa sguaiate che sveglierebbero Emma,
potrei non risultare cedibile al cento per cento.
Ron sbuffa allontanandosi da me, resosi conto del mio
teatrino.
"Ah – ah. Divertente. Comunque l’avevo capito che mi prendevi
in giro, volevo solo vedere fino a che punto l’avresti tirata avanti" si
discolpa con un risolino ironico. "E non avrei mai lasciato che ti portassi via
questo splendore di bambina. Tutta suo padre, detto per inciso." Le poggia un
leggero bacio sulle fronte e si alza da letto. "Ma adesso scusami, vado a farmi
una doccia."
Lo seguo con lo sguardo. "Oh, certo. Volevi assecondarmi!" gli
rispondo mentre esce, a voce bassa ma riuscendo lo stesso a farmi sentire.
Borbottando, ribatte qualcosa che non riesco del tutto a
percepire e scompare oltre la porta, con un cenno della mano e senza nemmeno
degnarsi di voltarsi.
Lo amo, Merlino sa solo quanto. Andiamo d’amore e d’accordo,
ormai, se escludiamo qualche minuscolo e insignificante screzio che tra di noi è
inevitabile. Anzi, se fosse assente lo prenderei come un cattivo segno. Un po’
come la storia del mazzo di fiori regalato senza un vero motivo, per intenderci,
davanti al quale noi donne tendiamo spesso a reagire con un sospettoso e
malfidato ‘cosa devi farti perdonare?’.
Una quasi perfetta vita di coppia, e va benissimo così. E
adesso c’è pure lei, la bambina che sapevo sarebbe arrivata, anche se non avevo
la più pallida idea di quando, o come.
"Hai un papà che non cambierà mai… dovremmo tenerlo a
bada assieme!" le bisbiglio, poggiandole un bacio sulla fronte.
Non pensate che con lei abbia forzato il destino, adesso. Di
poche cose ero ancora certa dopo il mio exploit, e una di quelle era che
l’errore peggiore che avrei mai potuto commettere sarebbe stato inseguire un
futuro a malapena intravisto e di cui, teoricamente, non sarei dovuta essere a
conoscenza.
Ovvio, non pretendo di farvi credere
che mi fossi improvvisamente dimenticata di lei, come ci si dimentica di
un insignificante dettaglio: ho vissuto un’esperienza assurda, e in cuor mio ho sempre saputo
(sperato?) che nella mia esistenza, prima o poi, ci sarebbe stato posto anche
per questa bambina.
Però ho deciso di lasciare che gli eventi intraprendessero il
loro corso, senza influenzarli. Non ho cercato Emma quando sarebbe stato
assolutamente fuori luogo, è stata lei che ha trovato me e Ron,
inaspettatamente, come un fulmine a ciel sereno. E anche se non sarei dovuta
esserne così stupita, vi giuro che lo sono stata.
Le sistemo quei pochi capelli che ancora ha, e sorrido nel
vedere come inarca le labbra nel sonno. Probabilmente sogna.
Faccio appena in tempo a rimetterla nel suo lettino, sdraiata,
che una voce mi coglie alle spalle.
"Dorme?"
Annuisco e mi volto verso di lui, che si sta tamponando i
capelli con un asciugamano. È passato così in fretta il tempo?
"Ma tu sei davvero felice?" gli chiedo avvicinandomi.
"Certo che lo sono, Hermione" mi tranquillizza con un sorriso.
"Come potrei non esserlo?"
Lo abbraccio e infosso la testa tra la sua spalla e il collo.
Sono estremamente stanca.
"E’ ancora valida la proposta di prima?" mi chiede con un ghigno
che non vedo ma so perfettamente esserci.
"Può darsi… potrei aver cambiato idea, sai. Ogni lasciata è
persa."
"No, perché io avrei questo che mi avanza…" risponde con
non-chalance. Mi allontano e noto l’anello che stringe tra le dita. Lo afferro e
lo osservo stupita, facendomelo roteare tra le mani mentre un mezzo sorriso
prende forma tra le mie labbra.
"Cosa significherebbe?" domando con malizia, senza alzare gli
occhi.
"Diciamo che avevo fatto un pensierino su una cosa… ma come al
solito mi hai preceduto. Anche in questo" spiega rassegnato.
Alzo nuovamente lo sguardo su di lui, che mi sorride fingendosi
sconsolato. O forse un po’ lo è davvero...
Ho deciso di dargli una minima soddisfazione.
"Però devi riconoscere che ti eri già portato avanti."
"Forse…" ammette.
Lui mi sorride, io lo bacio e penso a quanto mi piaccia la mia vita, così
com’è; soprattutto perché è ancora in grado di riservarmi sorprese stupende, tipo
stasera.
"Sai, io avrò anche buttato lì la cosa per
prima, ma non mi sarei mai aspettata di ricevere un anello da un
uomo in accappatoio e con queste occhiaie da record che mi trascino
dietro."
"Ed è un
bene?"
"Oh, sì. Non sai
quanto."
FINE
E
ANCHE QUESTA è ANDATA. WOW.
OGNI VOLTA CHE INIZIO UNA NUOVA STORIA SONO SEMPRE STRACARICA
DI SPRINT E IDEE MA ALLA FINE, VUOI LA VITA SOCIALE CHE ANCORA NON DISDEGNO,
VUOI IL LAVORO E IL CONSEGUENTE VOMITO DA PC CON CUI SPESSO LA SERA MI TROVO A
FARE I CONTI, VUOI LA GENERICA MANCANZA DI TEMPO… SONO LORO A SFINIRE ME!
(SCUSATE IL PENOSO NONCHE’ IMBARAZZANTE GIOCO DI PAROLE ^^’).
PERCIO’, ORA COME ORA, SAREI PORTATA A RITIRARMI E RINGRAZIARE…
MA MI CONOSCO E SONO CERTISSIMA CHE PRIMA O POI IL PRURITO ALLE DITA MI
COGLIERA’ DI NUOVO, E IO NON POTRO’ FAR ALTRO CHE SFOGARLO SU UNA TASTIERA!
CHISSA’ MAGARI CON QUALCHE ONESHOT, SENZA AGGIORNAMENTI CHE MI FACCIANO VENIRE I
CAPELLI BIANCHI ALLA TENERA’ ETA’ DI 24 ANNI… ^^ MA FORSE E’ TROPPO PRESTO PER
DIRLO!
AD OGNI MODO, UN SALUTO SPECIALE A:
robby (la tua ennesima recensione.
grazie, grazie, grazieeee!! sei sempre stata stracarica di complimenti, per me,
infondendomi una considerevole dose di autostima! un appoggio dal primo
all'ultimo capitolo, e non solo di questa storia… non è da poco! un bacio)
karmygranger (mi segui costantemente, e
persino storia dopo storia! Ma grazie! ho sempre tenuto in alta considerazione
le tua opinione e spero di non averti delusa proprio sul finire… non era
l’epilogo che volevo, ma al tempo stesso non riuscivo a farlo diverso da com’è!
Temo di essere un tantino confusa -_-… bacio!)
EDVIGE86 (la mia omonima e di certo non
povera di parole nelle recensioni!! Ho apprezzato i tuoi lunghi commenti, non
solo perché hai sempre speso parole molto –troppo- belle,ma anche perché mi hai
fatto capire di aver letto la storia davvero con attenzione! Per l’ultimo
commento… oddio, arrossisco! dubito di meritare un oscar, ma sono felicissima se
credi che la storia faccia anche riflettere… wow!! Ti mando un bacio e un
saluto, oltre all’immancabile grazie!!)
Gluck88 (compari solo ora tra le
recensioni, ma mi hai fatto capire che hai seguito da subito tutta la storia…
grazie, sono contenta che ti sia piaciuta!)
Hermionina (abbastanza zucchero nel
capitolo? Eheh… spero non troppo!! se hai letto il mio ‘sfogo’ prima, avrai
capito che per un po’ ho chiuso con le long… non ho tempo! ma chissà, mai dire
mai! Ciao e grazie per tutti i commenti!)
Hermron (adesso devi assolutamente
dirmi che non ti è sembrato esagerato questo capitolo, perché, come mi sembra,
io e te abbiamo lo stesso gusto per il romantico che non cade nello smielato!
Tra l’altro devo anche ringraziarti per seguire la storia che io e luz stiamo
facendo assieme… sono contenta che ti faccia ridere!! Eheh… con calma, ma
portiamo a termine tutto! Un bacio, bea)
pk82 (la conclusione ti è piaciuta?
Speriamo… oddio ho un po’ d’ansia. Non mi convince mica del tutto! non ti
preoccupare se tardi con la rece, pure io sono molto carente di tempo… però
continuo a seguire la tua storia, eh! Grazie per i complimenti! Ciao!)
V@le (se c’è una cosa che mi piace sono
i commenti un cui confessate di aver letto tutta la storia d’un fiato… mi fa
sentire soddisfatta, per chè vuol dire che non ho fatto un lavoro così pessimo
–altrimenti si abbandonerebbe la lattura!- grazie mille per i complimenti, e
dimmi se vuoi punire la Rowling per la sua sete di sangue, che ti dò una mano! Eheh… ciao!)
UN GRAZIE SPECIALE ANCHE A TUTTI I LETTORI E BASTA, E ALLE
PERSONE CHE HANNO INSERITO LA STORIA TRA I PREFERITI…
DO-SVIDANIJA,
BEATRICE
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