Basta non farsi prendere troppo la mano

di goldfish
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Adesso basta! ***
Capitolo 2: *** Quando ci si fa prendere la mano... ***
Capitolo 3: *** Tegole traditrici ***
Capitolo 4: *** Basta parlare! ***
Capitolo 5: *** Mi sono persa qualcosa? ***
Capitolo 6: *** Pur sempre una bambina ***
Capitolo 7: *** Choices (siamo noi a decidere) ***
Capitolo 8: *** Se solo tutto fosse così facile ***
Capitolo 9: *** Dal principio ***
Capitolo 10: *** Più di ogni altra cosa ***
Capitolo 11: *** Conversazioni e vernici ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Adesso basta! ***


prova

BASTA NON FARSI PRENDERE TROPPO LA MANO

 

1 - ADESSO BASTA!

 

‘Non c’è peggior cattivo di un buono che diventa cattivo.’

Parole sante. Potrei dire che sono la mia storia.

Io sono sempre stata una ‘buona’ per definizione. La perfetta Hermione Jane Granger, la strega più brillante del suo anno nonostante fosse di origini babbane, prima prefetto e poi caposcuola, che ha lottato con coraggio al fianco di Harry Potter. La studentessa e ragazza modello che tutti, tutti, vedevano destinata a vivere la classica esistenza altrettanto perfetta, senza macchia. Inquadrata.

E non a torto. Perché quelle come Hermione Jane Granger si diplomano col massimo dei voti, trovano un buon posto di lavoro (almeno nel mondo magico, dove la disoccupazione non è ancora una piaga sociale), quindi pongono le basi per una brillante carriera e dopo, quasi certamente, possono procedere col farsi una vita; sposano un ragazzo a posto, magari quello che conoscono da sempre, dai tempi della scuola, e mettono al mondo un paio di bambini da far giocare in giardino, con un cane di taglia medio-grande che si chiama Buster, o Lucky, o qualcosa del genere.

Ed io, Hermione Jane Granger, non avevo deluso simili aspettative, perfettamente inquadrata in quello che era ormai il mio clichè. Felicemente rimediato il mio ‘buon posto di lavoro’, a venticinque anni tutta la vita mi si presentava spianata davanti, scintillante. A meno che…

A meno che un bel giorno non decisi di dire basta, non decisi che ne avevo abbastanza. E al diavolo la carriera, i capi stronzi, le villette con lo steccato e le famigliole felici delle pubblicità.

Io, Hermione Jane Granger, mi ero incazzata.

Di brutto, senza neanche sapere con chi o che cosa, tra l’altro; sentivo solo una rabbia generalizzata che premeva per esplodere, trattenuta a forza giorno dopo giorno. Fino a quando non decisi che ero stufa anche di trattenerla, quella rabbia. Stanca di sentirmi prigioniera di quel clichè, irritata dal fatto che tutti credessero di sapere di me più cose di quante io stessa non sapessi.

Dopotutto a chiunque, anche alle ragazze perfette, è concesso esplodere quando si è stufi delle ipocrisie, stanchi e pericolosamente incazzati. Il problema, però, è che se un’esplosione di rabbia può essere terapeutica, a sputare veleno gratuitamente, soccombendo all’odio fine a se stesso, si raccolgono solo frutti amari; si distrugge tutto quello che conta davvero.

~

Un paio di anni prima…

Quando si dice una giornata di merda.

Stamattina mi sono svegliata in ritardo, in bagno non c’era l’acqua calda, vestendomi mi è rimasta in mano la lampo della gonna, non trovavo la mia bacchetta, ho saltato colazione per entrare a lavoro in orario e alla fine sono arrivata ugualmente in ritardo.

Poi ci mancava solo questo rompipalle.

"Hermione, ti adoro!"

"Sì, Mark, certo…" a fatica mi reggo in piedi sotto la valanga di carte che mi appioppa tra le mani quell’opportunista di un collega.

"No, davvero! Sei un angelo a farmi questo favore. Sai, io e Janice abbiamo appena deciso di riprovarci e…"

"E vi serve una vacanza a due. Recepito."

"Graz…"

Scocciata, gli do le spalle e deposito la pila di carte sulla mia scrivania. Non che non mi piaccia il mio lavoro al Ministero, intendiamoci; sono una strega di origini babbane, vivo a cavallo tra questi due mondi e mi viene naturale lavorare al dipartimento delle relazioni con il mondo babbano. Però con la scusa che amo darmi da fare ho come l’impressione che certa gente si approfitti un po’ della mia generosità.

Sedutami, osservo, impallidendo, la mole di lavoro che è pericolosamente aumentata. Mi accascio e comincio a dare delle piccole testate contro il tavolo.

"Scema. Scema. Scema… non voglio fare lo straordinario anche questa settimana" piagnucolo.

"Dai, Hermione. Non fare così."

E Seamus ridacchia sotto i baffi. Ancora. Di me. Non sarebbe così male come collega, se solo fosse un po’ meno sarcastico…

"Bastardo" mugugno tra i denti. "Non infierire anche tu."

"Beh, scusa se te lo dico, ma te le cerchi!" mi fa, sempre ridendo.

"Sarebbe?!"

"Sarebbe che, esattamente come facevi a scuola con lo studio, anche adesso sembri urlare ai quattro venti quanto ami lavorare più del dovuto!"

"Ma è vero! Mi piace lavor…"

"E allora non ti lamentare se chi ha una vita sociale approfitta di te" conclude con un occhiolino. Mi sento un po’ indignata dal fatto che lui mi reputi una persona priva di vita sociale.

"Io ho una vita sociale incredibile."

Fa il sarcastico. "Oh, non ne dubito."

"Seam! Comunque questo fine settimana vado al mare. Con Ginny."

"Magari la sua influenza positiva ti farà bene…"

Lo fulmino con lo sguardo, col labiale lo mando dove potete facilmente intuire e decido che sia il caso di mettermi al lavoro.

Il resto della giornata scivola via abbastanza velocemente, anche perché con tutto quello che ho da fare non posso certamente permettermi di grattarmi la pancia. Onestamente sono un po’ innervosita da questo fatto delle sostituzioni. Seamus ha ragione, io do l’impressione di quella che vuole che gli altri la sfruttino. Che vuole lavorare più del dovuto, per inseguire chissà quali gloriose mete carrieristiche. Ma non è vero.

Cioè, è logico che aspiri ad avere un buon posto che mi renda giustizia, ma… io ho solo venticinque anni. E come ogni ragazza venticinquenne il lavoro non è l’unico mio pensiero. Io amo uscire, amo ridere e divertirmi. Amo chiacchierare con i miei amici e sparare scemenze a raffica finché non ho esaurito le idiozie a disposizione. Desidero innamorarmi, trovare la persona giusta per me, quella che mi faccia battere davvero il cuore.

Ma, soprattutto, detesto che la gente sia convinta di avermi perfettamente inquadrata come la sfigata destinata alla scalata sociale a scapito della proprio felicità. Che è pronta a salvare il culo a tutti e che vive, o meglio, che non vive per lavorare. Destinata a fare sempre la cosa giusta, quello che tutti si aspettano da lei.

Un urlo arrogante interrompe il mio flusso di coscienza. McCormick, quel caprone del mio capo.

"HERMIONE!"

Mi alzo con flemma e lo raggiungo nel suo ufficio.

"Sì?"

"Ho una proposta da farti. Sono certo che sarai entusiasta, si tratta di una bella opportunità…"

Lo guardo con aria interrogativa.

"Sai, Anthony ha avuto un’urgenza e pensavo che magari lo avesti potuto sostituire alla conferenza di questo fine settim…"

"Questo fine settimana?" lo interrompo.

"Sì. Problemi?"

Tentenno.

"No… è che… insomma avevo dei programmi e…"

Ride come un idiota privo di rispetto per il prossimo, l’obeso.

"Hermione, credo che potrai rimandare. Lo so quanto tu ci tieni al lavoro, e onestamente ne hai i motivi perché sei una ragazza in gamba, e questa trasferta sarebbe…"

"Grazie dei complimenti, davvero, ma…"

"Ma?" incalza.

"Ma sono due mesi che vado avanti a straordinari e avrei sul serio bisogno di rilassarmi; di una vacanza…"

Sembra un po’ deluso.

"Beh, fai come vuoi. Se preferisci lasciarmi nella merda."

"N – no! Certo che no…"

"Anche perchè sarebbe da stupide, tesoro. Sappiamo bene entrambi che è un’occasione ottima per te."

Cercando di soprassedere sul quanto sia stato viscido nel definirmi ‘tesoro’, fingo di ascoltarlo e noto con la coda dell’occhio come Alcott, l’altro dirigente, stia pesantemente insultando Lucas.

"…Merlino a volte mi domando se si può essere tanto incompetenti! Ma no, tu sei solo un IDIOTA!"

Il ragazzo è mortificato. Letteralmente.

"Mi scusi ma…"

"NO! Non me ne frega un cazzo delle tue scuse! Sparisci prima che ti spedisca fuori a calci in culo!"

Guardo quel ragazzo uscirsene zitto e demoralizzato, dopo essere stato coperto da una valanga di insulti che mai potrà restituire a quel pallone gonfiato. Non è giusto, nessuno si merita di essere trattato così; nessun errore, per grande che possa essere, giustifica una simile mancanza di rispetto, soprattutto quando là fuori è pieno di incompetenti che però hanno il culo coperto; come Anthony, ad esempio, che del mio capo è il nipote e che di sicuro non si salta la conferenza per un’urgenza. Anche perché un sano di mente non gli affiderebbe mai un’urgenza.

"…Allora, posso dire di averti fatto cambiare idea?"

Mi volto e lo guardo con candore.

"Lei se lo scorda proprio."

Oddio. Cosa ho detto?

"Scusa? Ho capito ben…"

"Ha capito benissimo" gli sputo in faccia, acida. Merlino io non volevo pronunciare queste parole! Che mi prende? "Non ho intenzione di fottermi un merdoso week-end perché quel deficiente di suo nipote ha di meglio da fare!"

Maledizione Imperius. Unica spiegazione possibile.

"Granger si rende cont…"

"SI’ CHE MI RENDO CONTO!" ora la persona che controlla il mio corpo mi fa urlare come una pazza. "MI SONO ROTTA I COGLIONI DI DIRE SEMPRE DI Sì, DI SVOLGERE IL LAVORO DEGLI ALTRI E SOPPORTARE CHE DEI PALLONI GONFIATI SI CREDANO IN DIRITTO DI TRATTARCI COME DEI PERFETTI IDIOTI AL LORO SERVIZIO!"

Con la coda dell’occhio noto che alcuni colleghi si sono affacciati al suo ufficio e mi osservano perplessi mentre sbraito; ma non posso farci nulla, è la maledizione Imperius a controllarmi.

"Hermione, adesso calmati!"

"No che non mi calmo! Adesso basta! Spiacente, ma Hermione Granger non è più disponibile per coprirvi il culo. Si è rotta di rinunciare alla sua vita e leccare i piedi a un incompetente nella speranza di ricavarci qualcosa! Io…" sottolineo questo io con particolare enfasi, "…io ho deciso di fare di testa mia! E questo week-end vado al mare!"

Poi, con un gesto teatrale, mi volto verso il piccolo pubblico che mi guarda, tra cui individuo la brutta faccia di Mark.

"Col cazzo che svolgo il tuo lavoro, stronzo! E credo che Janice dovrebbe sapere che ci hai pure provato con me alla festa di Natale!"

Esco in trionfo dall’ufficio e mi dirigo verso la mia scrivania.

"HERMIONE GRANGER!" mi urla dietro il mio capo. Ma io lo ignoro, afferro un mucchio di pratiche e le lancio addosso a Mark.

"Vaffanculo, tu e il tuo viaggetto! sbrigatela te!"

Però, è liberatoria la maledizione Imperius.

"Granger!" continua a richiamarmi il mio capo. Ma io, sempre contro la mia volontà, afferro altre carte e mi porto davanti a quell’idiota.

"Sa cosa le dico, signor McCormick?!" rido. "Dico che non solo questo fine settimana me ne vado al mare, ma che non ho intenzione di mettere più piede qua dentro! Questo lavoro mi fa vomitare, lei mi fa vomitare!" e lancio di nuovo la pila di documenti, questa volta addosso a lui. Poi, con dignità, alzo i tacchi e me ne esco a testa alta tra le esclamazioni dei presenti e gli applausi di qualcuno un po’ più audace.

~

Sono seduta su una panchina a Hyde Park, quando devo sbollire vengo sempre nella Londra babbana.

Credo che la maledizione Imperius stia lentamente scemando, perché avverto come una sensazione di malessere e occlusione all’altezza dello stomaco, a mano a mano che mi rendo conto di quello che ho fatto.

Oddio.

Oh Merlino.

Oh tutti i santi e oh tutti gli alchimisti!

Ho mandato a fanculo prima il mio capo, poi mezzo ufficio, infine me ne sono andata con una show degno di una primadonna. E adesso io, Hermione Jane Granger, sono disoccupata. Disoccupata!

Mi gira la testa e questo pensiero mi lascia nel panico più totale. Mentre nascondo la faccia tra le mani, sento una vocina chiamarmi alle mie spalle.

"Signora?"

Una graziosa bambina sui sei anni, con le trecce sfatte e un ginocchio sbucciato, mi sta guardando curiosa.

"Dimmi, piccola."

"Signora, le è caduto questo…" e così dicendo mi porge la bacchetta, che afferro prontamente. "Cos’è?" aggiunge poi.

"Beh, è… è…" oh, al diavolo. "E’ una bacchetta magica! Ma non dirlo a nessuno, ok?" le spiego strizzando un occhio e ringraziando il cielo che ancora non trova assurda una simile risposta. "Anzi, grazie di avermela restituita! Ma non chiamarmi signora… ti sembro così vecchia?"

La vedo ridere e scuotere la testa. "No!"

"Bene… sai, mi sento una vecchietta se mi chiami così!"

"No, tu sei giovane!" ride. Poi mi saluta e io la guardo allontanarsi saltellando. Non saprei dire come mai, ma improvvisamente tutto il senso d’ansia che mi aveva colto si dissolve.

"Giovane. Io sono giovane…" ripeto sottovoce a me stessa.

E un mezzo sorriso mi si allarga in volto.

 

 

 

 

Un po’ di tempo fa mi sono svegliata con la voglia di spaccare qualcosa. O la faccia a qualcuno. Purtroppo, ho pensato che non fosse saggio… però mi è venuta in mente questa storia.

Non è la solita Hermione che scopre tacchi a spillo, minigonne e trucchi per fare girare la testa agli uomini. In questa storia Hermione si incazza, stop. In fondo credo che chiunque, anche la più posata delle streghe, possa avere i suoi momenti no. Il problema è non farsi prendere troppo la mano.

Forse non vi piacerà. Forse sì, e ne sarò felice. L’importante però è che continui a piacere a me come il giorno che l’ho pensata.

Ciò non toglie che mi farebbe piacere sapere che ne pensate voi... non credo sarà molto lunga.

Ah... ci scappa pure la Ron/Hermione!!

Un bacio a tutti quelli che finora hanno letto e commentato le mie storie, sempre con belle parole!

Bea

 

 

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Capitolo 2
*** Quando ci si fa prendere la mano... ***


prova

 

2 – QUANDO CI SI FA PRENDERE LA MANO…

"Giovane. Io sono giovane…"

Mi avvio verso casa a passo lento, per la prima volta dopo un sacco di tempo non sono di corsa e, ad essere oneste, la cosa non mi dispiace affatto. Sono anni che mangio di corsa, mi vesto di corsa, faccio la doccia di corsa; talvolta mi ritrovo a correre persino nel mio scarno tempo libero, quando potrei benissimo starmene in poltrona grattarmi la pancia. L'unica cosa che posso dire di non fare di corsa è il sesso... ma solo perchè con tutto questo correre non ne ho obiettivamente il tempo; mica per altro, che vi credevate.

Ginny mi dice in continuazione sempre che dovrei trovare il modo di conciliare la mia carriera con una vita sociale non si dice spumeggiante, ma almeno decente.

"Da quanto tempo non ti prendi una sbronza, Hermione?"

"…"

"Da quanto tempo non ti dedichi al ‘dolce far niente’, Hermione?"

"…"

"Da quanto tempo non esci con un uomo, Hermione?"

Evvai, questa la so!

"Io esco con Harry! con Ron!"

"Con lo scopo di far sesso, Hermione."

"…"

Ginny sa essere piuttosto odiosa, quando pronuncia il mio nome con quel fare da saputella. Bella coinquilina che mi sono scelta. Ma adesso si dovrà ricredere, perché io mi sono stufata di passare per la ‘vecchia dentro’. Io sono una ragazza giovane e che può fare tutto quello che vuole. Arrivo a casa che sono le sei e mezza passate, entro, poso la borsa sul divano e con un gesto fluido mi sistemo i capelli dirigendomi verso la cucina, dove Ginny sta parlottando con Ron. Tossisco leggermente per richiamare l’attenzione su di me. Dovrei mettermi a urlare, sono stufa di passare inosservata.

"Hermione, già a casa?" mi chiede Ginny.

"Io esco dall’ufficio alle sei" le faccio notare con calma. Abbozza un ghigno, ricambiato dal fratello.

"Veramente tu non esci mai prima delle sette e mezza. Ci vivi, là dentro."

"Non oggi" replico fredda.

Ed ora eccola che alza un sopracciglio, divertita. "Ci sentiamo trasgressive, eh?!"

Eh, no! Non ho intenzione di sentirmi dire sempre le stesse cose pure da loro. Oggi l’ho combinata davvero grossa, e non credo di meritarmi di essere accolta da un paio di sorrisini compassionevoli che mi fanno notare quanto io lavori. Sono stufa, anche di loro! Sbuffo, scuoto un po’ la testa e poi la guardo fissa in volto.

"Vai a farti fottere, Ginny. Te lo dico col cuore."

La vedo tornare immediatamente seria, colta di sorpresa.

"Co… come?"

"Ho detto vai a farti fottere" ripeto, glaciale. "Oh, che sbadata. Dimentico sempre che è il tuo passatempo preferito. Mi sa che dovrò scegliere un altro modo per mandarti a fanculo."

Merda. Non riesce neanche a rispondermi a tono da quanto è stata presa alla sprovvista dalla mia reazione obiettivamente esagerata. Interdetta, sgrana gli occhi verso di me, poi alza le mani insegno di resa e si fa diplomatica.

"Ok, oggi sei nervosa… senti, mi spiace averti presa in giro col fatto che lavori sempre, io…"

"Tu non oggi non hai fatto un cazzo, vero?" la incalzo, ormai priva di qualsiasi controllo. "Anzi, no. Ti sarai fatta la piega, poi un giro per negozi e alla fine aperitivo col fratellino! Ma brava!" con la coda dell’occhio noto i piatti ancora da lavare. "Ma sì, dai. Mica sei una cretina come Hermione che lavora come una pazza e quando arriva a casa si sforza pure di evitare che questo posto diventi un porcile!"

Forse ho esagerato, sono ancora su di giri per via di quello che è successo oggi. Dopotutto non è come se Ginny non facesse niente, lei è una guaritrice. E anche in gamba, a dirla tutta; non si merita questa dose di veleno.

"Lo sai che questa settimana faccio il turno di notte" mi risponde fredda e impassibile, probabilmente ferita dalla cattiveria che ho messo in quelle parole.

"Oh,brava, adesso tiratela anche per il tuo glorioso lavoro socialmente utile! Io invece sono solo un povera sfigata con un noiosissimo impiego al Min…"

Ron, che fino a qual momento se ne era stato zitto a osservare la scena, decide di dire la sua interrompendo il mio sfogo.

"Merlino, che ti prende, Herm?"

"NIENTE, RON! Tu tornatene a pensare al cibo e al Quidditch, ok? Tanto più di quello…"

No. Non volevo. Scusa, Ron. Scusa. Io non credo che tu sia stupido, davvero. Avevo una cotta terribile per te, a scuola; non avrei mai potuto prendermi una cotta per uno stupido.

Lo vedo avvampare leggermente per essere stato investito a sua volta da una simile ondata di cattiverie gratuite. Perché io lo so che ho sbagliato e non dovevo dire queste cose, assolutamente non vere. Mi rendo anche perfettamente conto che loro non sono il mio capo e i miei colleghi, ma i miei amici, gli unici onestamente. Però, è come se questo pomeriggio sia scattato qualcosa in me e ora non riesca più a fermarmi dal precipitare in questo circolo vizioso di cattiverie.

Ron riprova a farmi ragionare. "Hermione, adesso calmati. Non so che sia successo, ma ci stai trattando come due stro…"

"Lo sapete che è successo?" lo interrompo. "E’ successo che ho mandato a fanculo mezzo ufficio e me ne sono andata come una pazza, lanciando una pila di pratiche addosso al mio capo. È successo che mi sono stufata di gente che si approfitta di me e crede di sapere tutto della sottoscritta. E adesso vi ci mettete pure voi!"

Mi guardano sbigottiti.

"Tu hai fatto cosa?"

"Avete capito benissimo" rispondo, di nuovo calma. "Ho deciso di smettere di essere la buona e paziente Hermione Granger. Che c’è, mi preferivate come prima? Non potete più ridere di me o sfruttarmi per i vostri comodi? Pazienza."

Mi passo una mano sulla fronte, guardo un’ultima volta i volti sconcertati dei miei amici e mi dirigo verso la porta. Il momento in cui la sento sbattere alle mie spalle, sento che anche un intero capitolo della mia vita si è chiuso con essa, non tanto per loro quanto per me. Io sono cambiata. Lo percepisco.

Ma non desideravo cambiare, in fondo?

Onestamente non lo so più. Con gli occhi socchiusi e la mente affollata da troppi pensieri, mi dirigo verso nessun posto in particolare, avvertendo crescere in me una sensazione strana, indecifrabile. Mi sono sfogata di nuovo, ma questa volta non mi sento bene. Non mi sento giovane, né libera. Nessuno sfogo terapeutico. Camminando senza una meta precisa per le strade di Londra, un giovedì sera al crepuscolo, l’unica cosa che sento è senso di colpa.

Ma forse sono solo un po’ scossa.

Ma sì. Se la sono cercata, è solo quello che resta della vecchia versione di me stessa a farmi pentire di ciò che ho appena fatto. E poi non sono stata nemmeno così brusca. Ginny è sempre più diretta con me e Ron, effettivamente, pensa davvero sempre a cibo e Quidditch. Anche se, nonostante i miei innumerevoli sforzi per auto-convincermi, continuo ad avvertire una specie di peso all’altezza dello stomaco.

Ma il tono… il mio sguardo. Ho parlato come se pensassi davvero quelle cose. Le pensavo davvero?

Ma passerà. Sono o non sono i miei amici?

~

La sera ritorno a casa alle nove passate, Ginny è già al San Mungo per il turno di notte.

Cercando di comportarmi il più naturalmente possibile, mi cambio e mi lascio cadere sul divano. Continuo a pensare che mi sono comportata da vera irresponsabile e che dovrei andare a chiedere scusa a tutti, a lavoro ma soprattutto ai miei amici.

"No. Io sono cambiata. Ho smesso di essere Hermione che dice sempre di sì e il cui concetto di osare non va oltre il bere un po’ più del solito a capodanno. Che poi è impossibile, io stramazzo dopo mezzo Firewhisky."

Sempre cercando di non perdere del tutto la mia dignità, mi alzo scocciata e vado in bagno a di distrarmi da simili scomodi pensieri. Appoggiata con i palmi al lavandino, guardo la mia immagine riflessa e tutto ciò che vedo è una ragazza stufa. Stufa di avere sempre tutto sotto controllo, stufa dell’essere per tutti quanti la ‘prevedibile’ Granger.

Urge un cambiamento drastico.

~

"Sto decisamente meglio!" mi dico, osservando compiaciuta i miei capelli. Lo so che è un classico clichè cambiare pettinatura quando si vuol cambiar vita, ma quei capelli erano tremendamente sensibili all’umidità. Adesso sono molto più moderni. Tagliati appena sopra le spalle, leggermente scalati, sembra quasi che i miei riccioli siano più belli. Dovevo farlo prima! Con un veloce colpo di bacchetta ripulisco il lavandino finché qualcuno non bussa alla porta. Vado ad aprire, riluttante.

Quando lui mi vede fa per parlarmi, ma si blocca subito alla vista dei miei capelli e alza un indice in direzione della mia testa.

"Oh, hai…"

"Sì, Ron. Mi sentivo trasgressiva" rispondo ironica, facendo il verso a sua sorella qualche ora prima. Arriccia un po’ le labbra e mi guarda, serio.

"Mi chiedevo che fine avessi fatto."

"Che t’importa?"

"Niente."

"Appunto. So badare a me stessa, non ho bisogno del vostro supporto. Anzi, sono sempre stata io a salvare il culo a tutti… dillo pure a chiunque ti abbia costretto a venire a cercarmi."

Sono una stronza a parlargli così nel tentativo di liquidarlo, solo perché mi sento in colpa. Sono una stronza e lui non se lo merita: sta solamente cercando di darmi una mano, e non è umiliante che qualcuno si preoccupi per me. Anzi, sarebbe deprimente il contrario.

"Che ne sai che mi hanno costretto?"

"Non lo faresti. Sei troppo orgoglioso" rispondo secca.

"Come te."

Dopo qualche minuto di silenzio, lo vedo sbuffare e intrufolarsi in casa.

"Ok, magari sei un po’ stressata e avevi bisogno di sbollire…" attacca con diplomazia. "Ti senti meglio adesso? Dico, dopo lo show, i capelli e tutto il resto…"

Sento che sto per esplodere. Dopo tutti i casini che ho combinato, ancora non si rende conto che non si è trattato solo di un misero colpo di testa, ma che mi sono stancata sul serio?! Che ho detto basta, senza scherzare, e che ho deciso di cambiare in maniera drastica una volta per tutte?!

"NO, RON!" urlo. "Non mi sento meglio! Anzi, se ci tieni a saperlo mi sento uno schifo, ma anche ancora più incazzata! È come se la mia rabbia crescesse in maniera esponenziale mano a mano che la libero… e sappi che l’ultima cosa che mi serve è sentire te che pretendi di sapere quello che mi passa per la testa! Non ho bisogno delle tue fottute considerazioni sui miei motivi, non ho bisogno di nessuno! Lasciami in pace!"

"BENE!" mi risponde, violaceo. "Allora divertiti e stai tranquilla che io non ti farò compagnia… tanto non ti serve, giusto? Merlino, ti rendi conto che non ha senso questa tua esplosione contro di noi?! Due minuti va bene, ma non hai motivo di pensare certe cose."

Ha ragione, Ron ha perfettamente ragione, ma temo di essermi un po’ fatta prendere la mano. Non so cosa rispondere, perciò mi limito a guardarlo.

"A volte mi domando come…" aggiunge.

"Come cosa?"

"Niente. Io sono Ron, non penso" dice freddo.

"Bravo, vedo che ci sei arrivato."

"Crepa."

Ci fissiamo in silenzio per qualche istante, entrambi accaldati dalla discussione, quando un improvviso rumore che mi sembra provenire da dentro casa mi distrae.

"Hai sentito?" chiedo improvvisamente, voltandomi di scatto verso il salotto in penombra. Non ne sono del tutto certa, ma mi è sembrato di sentire…

"Cosa? Io non ho sentito niente" domanda, sempre un po’ scocciato. "Ma a proposito di te…"

Non lo seguo, sono sempre convinta di aver sentito qualcosa.

"Io ho sentito come… come…"

Mi volto verso di lui e lo vedo fissarmi perplesso con un sopracciglio inarcato. Non mi crederà mai, allora rinuncio.

"Boh, avrò immaginato."

Continua a fissarmi, zitto. A dir la verità il suo non rispondere mi irrita un po’.

"Che c’è, credi che io sia diventata pazza?!"

"Oh, beh."

"Non sono pazza!"

"Hai le allucinazioni però."

"NO! Io… ok, lascia stare."

E così dicendo mi siedo per terra davanti a un Ron alquanto perplesso, mi appoggio alla parete chiudendo gli occhi e mi stringo la testa tra le mani, esaurita dalla giornata che ho passato. Poi alzo lo sguardo cercando il suo.

"Lo so, ho esagerato" ammetto. "Ma per una volta, solo una, fai finta che io non sia la solita pedante e prevedibile Hermione, ma solo una ragazza che ha come tutti voglia di incazzarsi. Te ne prego."

Ma tanto lo so che non cederà mai…

"Va bene" mi risponde piano, dopo qualche istante.

Cosa? Ha detto che va bene? Lui, Ron, ha deciso di assecondare me invece del suo orgoglio? Cavolo, devo avergli fatto proprio paura.

"Avrei preferito delle scuse, ma mi accontenterò" aggiunge con un sorriso a mezz’asta. "Dopotutto sei impazzita."

"Ron…" attacco scocciata. Ma non posso non rispondere al suo sorrisetto con un leggero ghigno divertito. "Ti va di accompagnarmi in un posto?"

"Dove?"

"Un posto."

Mi guarda un po’ curioso, ma alla fine alza le spalle in segno di assenso. Io lancio un ultimo sguardo al salotto, perplessa, poi mi alzo e gli faccio cenno di seguirmi.

 

 

 

A giudicare dai vostri commenti, noto con piacere che non sono l’unica che certi giorni sente come un indefinito istinto omicida verso il prossimo ^^’ … beh, meno male! Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, il prossimo non so se sarà molto comico, però!

Un saluto particolare a robby, luz79 (che si è fatta violenza da sola… tesoro!^^), SiJay, Karmygranger, steg94, hermron, pk82, funnynurse, soni67.

Un bacio,

goldfish - LaBea

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Capitolo 3
*** Tegole traditrici ***


caso

 

3 – TEGOLE TRADITRICI

 

Casa. Mi sembra una vita che non metto più piede in questo banalissimo giardino, dove non ci sono folletti, fate o altre creature magiche. Solo un comunissimo giardino di una comunissima casa, in un comunissimo sobborgo. Il posto che mi ha vista crescere, piangere e ridere di gusto. Dove ho imparato ad andare in bicicletta, guardato le stelle cadenti e dove spesso mi sono chiesta che cosa avessi di diverso rispetto agli altri bambini, senza mai potermi rispondere veramente. Finché un giorno, una lettera recapitata da un gufo non mi ha svelato che il mio mondo era un altro, il mio destino lontano da quel giardino.

Ma questo posto, nonostante tutto, resterà sempre quello che io chiamo casa.

Rimango immobile a fissare la villetta da lontano, avrei una voglia immensa di entrare per abbracciare i miei genitori, e ringrazio il cielo che siano in vacanza, questa settimana. Perché anche se mia madre è una comunissima dentista babbana che non potrà mai comprendere totalmente quello che è la mia vita, resta pur sempre mia madre. Non si abituerà mai alla posta via gufo o al vedermi sbucare dal camino, forse, ma non ha bisogno della legimanzia per intuire al volo quello che mi passa per la testa. Per questo non voglio che mi veda così.

"Mi hai portato a casa tua?" mi chiede scettico Ron. Immersa nei miei pensieri, quasi mi ero scordata di lui.

"Non è bella?" dico senza guardarlo. Lui osserva incerto la villetta, una normalissima abitazione borghese poco distante da Londra. Quello da cui scappo, se vogliamo essere pignoli.

Gli afferro un braccio e indico con la sua mano una finestrella sul tetto.

"Quella era camera mia" spiego. "Lo sai che da piccola a volte mi avventuravo sul tetto? Se i miei lo avessero scoperto avrebbero perso diversi anni di vita, temo" ridacchio. "E ora… ho voglia di tornarci."

"Sul tetto?"

"Sì!"

"Ma…"

Ma io mi sono già smaterializzata, e in un attimo lo incito a raggiungermi urlando coma una pazza. Poi mi sdraio ad occhi chiusi sulle tegole e lo sento comparire al mio fianco con un crack.

"E se avessi sbagliato tutto?" domando dopo un po’, sempre con le palpebre abbassate.

"In che senso?"

"Insomma, tu sei un purosangue, per te è stato diverso. Ma io… a me è stata data la possibilità di scegliere. Ho scelto di abbracciare il mondo magico e abbandonare questo. E se avessi fatto male?"

Anche se non lo vedo, so benissimo che sta strabuzzando gli occhi. E infatti…

"Che cosa? Ma dico, sei matta? Sei la strega più brillante che conosca! Che abbia mai conosciuto!" esclama indignato.

"Beh, sarei stata un’altrettanto brillante studentessa di Oxford… un’università babbana molto prestigiosa" specifico, dopo un suo breve ma eloquente silenzio. "Magari sarei diventata dentista, come i miei. O magari qualunque altra cosa avessi voluto, il tutto senza rischiare di morire in una guerra magica."

A questo punto apro gli occhi e volto la testa verso di lui, che mi guarda perplesso.

"Hermione, non dire sciocchezze… questa è la tua vita. Sei una strega, perché voler vivere come una babbana ignorando i tuoi poteri? È da pazzi…"

Mi scappa un risolino sarcastico, che lo interrompe.

"La mia vita… intendi dire quella che ho mandato a puttane oggi pomeriggio?"

"Esagerata… sei solo un po’ stressata."

"No, Ron. No" dico seria. "Ho toccato il fondo. E non solo a lavoro…"

"Ti riferisci a me e Ginny?" domanda dopo un po’. "Senti, è logico che ci siamo rimasti di merda, ma… capitano a tutti le giornate no."

Scuoto leggermente la testa.

"Non si tratta di una giornata no. Oggi pomeriggio sono esplosa e sì, forse adesso mi sento in colpa perché non vi meritavate tutte quella cattiverie, ma non posso far finta che prendermela con voi non mi sia in qualche modo piaciuto. Mi sono sfogata come non ho mai fatto e, anche se non penso sul serio quello che ho detto, ero consapevole quando l’ho detto. Adesso non voglio più tornare quella di prima, mi sono stufata dell’Hermione che si fa troppi scrupoli."

Di nuovo restiamo in silenzio, osservo il cielo terso di giugno e cerco di rilassarmi.

"E noi? Io?" mi domanda.

"Tu che cosa, Ron?" chiedo, voltandomi di nuovo a guardarlo.

"Se tu… se non fossi venuta a Hogwarts, se invece fossi andata a quella Oscford…"

"Oxford."

"Quello che è!" sbuffa. "Insomma, stai dicendo che non ti importerebbe di non avere mai incontrato Harry? O… o me."

Arrossisce leggermente a queste parole; crescendo ha imparato a controllare un po’ il suo colorito, ma mai del tutto. Quello che dice, però, mi colpisce. Come sarebbe la mia vita, senza di loro? Probabilmente ci sarebbero un altro Harry e un altro Ron, al mo fianco. Probabilmente. O forse non saprei nemmeno cosa voglia dire avere due amici così sinceri e onesti, in un modo così assoluto. Una parte di me mi dice che Harry e Ron sono insostituibili, sfoghi personali e cattiverie a parte; mi sentirei persa senza di loro, smarrita. Ma… ma ora non sono più sicura di più nulla, mi sento come un libro a cui sono state strappate tutte le pagine e che devo riscrivere daccapo.

"Io non lo so."

"Ottimo" mi risponde seccato. Forse si aspettava dell’altro? Si aspettava che crollassi ai suoi piedi in lacrime implorandolo di perdonarlo, confessando quanto io sia persa senza di lui? Andiamo, ho ancora una dignità. E comunque sono una persona nuova, da oggi, nel bene o nel male.

"Non riattaccare, ok?" intervengo stizzita. Per un attimo temo il peggio, ma presto mi rendo conto che non ho voglia di litigare ancora: ho perso le forze a furia di sbraitare e arroccarmi in difesa, oggi.

"Ron, non sto dicendo che non mi importa nulla di voi… o dite" spiego un po’ più calma.

Mi accorgo di sottolineare quel te con una certa enfasi, a livello inconscio, e la cosa mi imbarazza leggermente. "Dico solo che in poche ore ho messo in discussione un sacco di cose, come non ho mai fatto in vita mia. Chi sono, cosa faccio, cosa sarò… sono un po’ scombussolata. Mi sono pure tagliata i capelli!"

Torno a guardarlo, e vedo che l’ombra di rabbia che gli attraversava il volto poca fa sta lentamente svanendo.

"Attenta a non perdere troppo il controllo, però. Rischieresti di sbandare."

Mi scappa da ridere per questa conversazione. Giuro.

"E da quando dispensi saggi consigli, Ronald ?" chiedo con sarcasmo.

"Da quando tu ti comporti in modo irrazionale,Hermione."

Adesso rido apertamente, è troppo assurdo. "Buona questa" ammetto. Poi mi volto piano e lo guardo di nuovo.

"Secondo te, perché tra di noi non è mai successo niente?"

Formulo questa domanda di punto in bianco, con una semplicità disarmante che non può non disarmare anche lui; non me ne capacito quasi. Lo vedo fare una faccia strana, spalancare gli occhi e boccheggiare per qualche secondo.

"Hermione… io non saprei."

"In fondo eri cotto di me, a scuola. È innegabile."

"Pure tu!"

"Magari un pochino…" sorrido. "Ma alla fine, niente. Gli adolescenti di solito non sanno tenere a bada i propri ormoni, e noi ci siamo sempre rifiutati di ammettere ciò che era palese. E adesso…"

"Adesso ci siamo ritrovati adulti in un baleno. O quasi adulti"

"Già. La guerra, la vita che cambia, le nuove esperienze e un futuro tanto sospirato che ci si spiana davanti. E così il passato finisce nel dimenticatoio."

"Ma è normale, no?"

"Oh, sì. Certo. Ma a volte penso a come sarebbe stata."

"Tra di noi?"

"Sì, come sarebbe stata tra di noi." Faccio una breve pausa. "Ma sono solo sciocche domande senza senso, la vita non è fatta di ‘ma’ e di ‘se’. Giusto?"

"Giusto" concorda, anche se mi è sembrato che esitasse un attimo.

Lo osservo in silenzio per qualche istante, ha uno sguardo strano, in un modo che non ho mai notato. "Oh, basta filosofeggiare, per stasera!"

Improvvisamente mi alzo un po’ e mi trascino più in alto, per guardare il panorama anche dall’altro lato della casa. Raggiungo la sommità del tetto, noncurante della sua espressione un po’ preoccupata per la nostra incolumità.

"Herm… sei sicura di non cascare? Tu odi le altezze…"

"Che palle, Ron! Sono perfettamente salda!" protesto. "Ti sarai mica rammollito?"

"Io? Scherzi, vero?!"

Ferito nell’orgoglio, mi raggiunge facilmente e mi si siede vicino.

"Ma insisto che sei impazzita" aggiunge. Poi, una tegola infame traballa sotto il mio piede, con un gridolino barcollo cercando di non perdere l’equilibrio e lui mi afferra prontamente un braccio. Restiamo qualche secondo così, immobili. Lui, sempre tenendomi stretta per un braccio, alza lo sguardo e lo posa su di me che, ricambiandolo, non posso non avvertire un leggero scossone attraversarmi la schiena. I suoi occhi blu mi fissano vicini, sempre di più e poi…

E poi accade tutto molto velocemente. Troppo, perché avrei voluto gustarmi il momento come si deve, dato che ci ho fantasticato sopra per anni. Senza pensarci troppo, né tergiversare correndo il rischio di perdere l’ennesimo treno, le mie labbra sono incollate alle sue. Non saprei dire se sono stata io oppure lui a fare la prima mossa, ma fatto sta che adesso, circa un paio di minuti dopo l’ennesima lite sfiorata, io e Ron ci baciamo sul tetto della mia vecchia casa. Ed è bellissimo.

Ma una simile situazione non può che sorprendermi e lui, ovviamente, approfitta bassamente di questa mia debolezza. Accenno un sorriso poggiata sulle sue labbra, lasciandogli cogliere al volo l’occasione per schiudermi totalmente la bocca in un bacio un po’ meno innocente e un po’ più deciso. Ok, molto meno innocente e molto più deciso, visto che presa dall’enfasi gli immergo le mani tra i capelli e mi appoggio ancora di più a lui, per sentirmelo completamente addosso, e viceversa. Dopotutto ho fantasticato su questo bacio per buona parte della mia adolescenza: ho desiderato per anni che le sue mani mi accarezzassero la schiena e i fianchi sollevandomi appena la maglietta come stanno facendo adesso, mi sono chiesta innumerevoli volte l’effetto che mi avrebbe fatto la sua lingua che mi scorre delicata sul palato, inseguendo la mia, quasi fosse nata per fare quello.

Che stupida, perché ho aspettato tanto?

Sempre la stessa tegola infame traballa di nuovo, interrompendo l’idillio.

"Ehi…" dico, staccandomi con gli occhi appena socchiusi. "Siamo su un tetto."

Mi guarda e accenna un sorrisetto.

"Già…" i nostri nasi si sfiorano appena. "Comunque credo di essere in debito con Harry."

"Cioè?"

"E’ lui che mi ha convinto a cercarti, questa sera."

Rido, poi la mia bocca è di nuovo sulla sua. Le sue mani di nuovo sotto la mia maglia, mentre le mie… beh le mie un po’ dappertutto. Poi non siamo neanche più su un pericoloso tetto…

~

Mi sveglio di colpo che saranno le otto. Imprecando per il mio atroce ritardo, mi alzo velocemente, afferrò al volo i vestiti dall’armadio e faccio per andare verso il bagno cercando di rendermi presentabile nel minor tempo possibile quando… quando ricordo che non sono in ritardo. Io non devo andare lavarmi in fretta e furia, non devo inventarmi nessuna scusa, non devo andare da nessuna parte. Ho mandato al diavolo il mio lavoro, non ho nulla da fare.

Ciondolante, ritorno sul mio letto e mi ci butto sopra a pesce, riportando alla mente tutto quello che ho combinato il giorno prima. Tutto, dal lavoro a Ginny e Ron, a… a Ron!

"Ron, credo che non… non sia saggio."

Mi fa una faccia un po’ interdetta.

"Cosa?" bofonchia. Sono sopra di lui sul mio vecchio letto di bambina a una piazza, in reggiseno, gli ho appena sfilato la maglia e mi accingevo con eleganza ad abbassargli la lampo dei pantaloni. Non lo biasimo di certo, anzi, devo essere sembrata un po’ un’assatanata.

Mi alzo di scatto a sedere.

"Il punto è che… che non cambierò mai se finisco a letto con te."

Devo dire che il ragionamento non fa una piega. Cosa? No fa una piega perché non esiste alcun ragionamento? Tsk.

"Eh?"

"Io e te… Hermione e Ron. Si tratta di un’accoppiata di nomi storica. Cioè, tutti hanno sempre pensato che… e anche se poi non… insomma è lo stesso. Io ho deciso di rimettere in discussione tutto, di me, e non posso farlo se finisco a fare quello che tutti si aspettano da sempre."

"Guarda che io non mi aspettavo un bel niente!" protesta. "Io pensavo di litigare tutta le sera… e comunque ormai non credevo neanche più che tra di noi sarebbe mai successo qualcosa. Ormai!"

"Ormai… ascoltami bene" mi rinfilo la maglia e mi lego i capelli in un piccolo codino. "Io non me la sento d’accordo?! Non è così che devono andare le cose, devo cambiare aria per un po’!"

Ancora lo scambio di qualche acida battuta e ce ne andiamo, ognuno per la sua strada. Per un attimo pare di sentire una terza voce, ma la ignoro.

Depressa, mi rialzo e mi dirigo verso la cucina per la colazione.

"Al diavolo le preoccupazioni!" mi dico, addentando un biscotto. Hermione Granger deve ricominciare da zero. E non posso ricominciare da zero andando a letto con la mia cotta adolescenziale, non è così che si volta pagina! Anche se mi sono fatta una violenza non indifferente per fermarmi… era una cosa che desideravo da tempo immemore… e poi il modo in cui…

"Oh, basta!" esclamo. In quel momento Ginny rientra a casa dal San Mungo, con la faccia comprensibilmente stravolta.

"Ciao."

"Ciao, Herm" risponde seria, guardandomi.

"Ginny… ho esagerato, ieri."

"Già. Non ti nascondo che ci sono rimasta male e che non penso proprio che ce lo meritassimo. Ma… lasciamo stare, d’accordo?"

"D’accordo."

Passa un minuto scarso di mutismo, poi cerco di nuovo il dialogo.

"Sai… per quel week-end con te, ecco, dovrò ritagliarmi un briciolo di tempo tra i miei innumerevoli impegni di lavoro, ma, se ti va ancora, avrei bisogno di staccare un po’."

In questo preciso momento, un gufo ministeriale sta casualmente planando sul balcone e picchietta con insistenza contro il vetro. Non oso nemmeno alzarmi per andare a prenderlo, gli lancio un’occhiata e poi torno a guardare lei.

"Innumerevoli, eh?" mi dice con scetticismo. Io faccio spallucce.

"Certo che tu non dai quasi mai di matto, Hermione, ma quando ti ci metti non lasci niente al caso" afferma sarcastica. "Comunque ti stanno bene i capelli."

Sorrido, e non posso negare di sentirmi un po’ meglio.

 

 

 

Che bello, avete tutti apprezzato gli sfoghi terapeutici ^^ sarà che sono incazzosa, in questo periodo e metto molto di me in questa Hermione… dunque, come vedete c’è la Ron/Herm, ma aspettate a cantar vittoria troppo presto (risolino perfido)! Già gli ho fatto fare pure troppo… ma non ho resistito, il tetto mi piaceva! *_*

I ringraziamenti speciali a robby, merryluna, hermron, pk82, Kapoch, Lauren Smith, Sara83, ImAya, KarmyGranger, soni67, funnynurse, SiJay (dici che le allucinazioni ti sembrano improbabili?! Eeheh…)

Un bacio a tutti, e spero che continuiate a leggere (anche chi non commenta!)

Beatrice.

PS: ho visto il film… imperfezioni di trama a parte, avete notato QUANTO flirtavano i due cicci *_*? Ok, io vedo flirt ovunque, ma vorrei far notare un commento non mio alla scena in cui Harry arriva a Grimmauld Place e irrompe in camera di Ron e Herm:

Tipo di Bea (che di HP non sa gran ché): "ma li ha interrotti sul più bello! Stavano chiaramente trombando… lei lo ha abbracciato per distrarlo. Poi c’è pure il letto sfatto e secondo me Ron ha sbuffato e si è sollevato la lampo, l'ho visto."

(Visto che ragazzo fine che ho?? U_U )

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Basta parlare! ***


prova

4 – BASTA PARLARE!

"Uffa. Perché devo sempre scottarmi?"

"Sei tu la guaritrice."

"Che c’entra…"

"Carnagione troppo chiara, Ginny. Lo sanno tutti che i rossi di capelli si ustionano solo a pensarci, al sole. I babbani hanno anche inventato delle creme per non scottarsi."

Ginny sbuffa. Siamo sdraiate su una tranquilla spiaggia in Cornovaglia, alla fine il mio week-end votato al relax me lo sono preso: lei è passata sopra i fiumi di veleno che le ho riversato addosso e io non ho nulla da fare. Ancora non sono del tutto abituata alla mia condizione di nullafacenza, ma me ne farò una ragione.

La sento imprecare e cercare di mettere una pezza alle sua spalle violacee con un incantesimo anti-scottatura in extremis, ma non so quanto otterrà a questo punto. Poi si blocca improvvisamente e sorride sorniona.

"Hermione, non ti girare, ma due ragazzi ci stanno fissando da mezzora."

"Magari saranno preoccupati per la tua ustione di terzo grado. Sai, la tua schiena è pericolosamente fucsia…"

Ma lei sbuffa e mi ignora.

"E non sembrano niente male… sono un po’ distanti, ma io ho un buon fiuto, lo sai."

Lentamente, la curiosità ha la meglio su di me e mi volto a pancia in giù, alzandomi sui gomiti, per vedere questi fantomatici adescatori da spiaggia. Oddio che squallore, sono proprio caduta in basso.

"Già. Non male."

Ginny mi guarda, leggermente scocciata. Ammetto che forse con la mia risposta ho manifestato un entusiasmo da far invidia a Piton quando rievoca i suoi felici anni scolastici, ma non mi sento molto giuliva da quando mi sono successe tutte quelle cose, in così poco tempo. Io sono sempre stata abituata a fare di tutto, persino troppo, e adesso non avere niente da fare mi ha reso apatica. Non ho ancora deciso che cosa fare della mia vita, ad esempio.

"Meno entusiasmo, mi raccomando."

"Gin, lo sai… non mi piacciono queste baggianate da spiaggia. Voglio solo rilassarmi."

"Lo so ma siamo due donne sole in vacanza… è d’obbligo farsi due risate!"

Strizzo gli occhi per la luce e osservo meglio i sue soggetti, senza però prestarvi troppa attenzione. Improvvisamente mi viene in mente un altro ragazzo, un’altra situazione… un tetto, un bacio che ormai non credevo nemmeno sarebbe mai arrivato, dopo tutti questi anni.

"A me piace il moro. Ti scoccia?"

"Cosa?" domando cascando dalle nuvole.

"Mi piace il moro" ripete.

"Lo sappiamo che ti piacciono i mori…" ghigno.

"Era una frecciatina?"

"Un dato di fatto…" dico con innocenza. "Michael, Dean… Harry."

"Acqua passata, cara. E Peter era biondo!" afferma con enfasi. "Ma a parte questo… mi dici che ti costa lasciarti un po’ andare? Solo per farsi quattro risate, su!"

"Sono un po’ apatica, ecco tutto."

"Lo vedo."

"Poi mi sembra di essermi lasciata andare a sufficienza, ultimamente…"

"Sì, ma…"

"E comunque sono quasi finita a letto con tuo fratello" affermo con noncuranza, praticamente non me ne rendo nemmeno conto.

"CON RON?!" strilla, rizzandosi a sedere.

"Perché di sei fratelli pensi subito a lui?!" esclamo imbarazzata; al che Ginny, con disinvoltura, comincia a elencare i giovani maschi Weasley sulla punta delle dita.

"Bill è sposato, Charlie in Romania, Percy un idiota, Fred e George… beh, sono Fred e Geoge. Resta Ron. E comunque era scontato. Ma quando è successo?"

Credo sinceramente che la mia espressione indignata sia da Oscar. Non mi resta che gettare la spugna.

"La sera che ho dato di matto" ammetto sconsolata. "Quando tu eri a lavoro, Ron è passato a vedere come stavo, credo sotto suggerimento di Harry. Poi, non so come, siamo finiti prima a baciarci sul tetto di casa mia, quindi avvinghiati sul letto mezzi nudi. E ti assicuro che era decisamente gradevole…"

"Hermione, stai parlando di mio fratello" mi interrompe vagamente disgustata. "Non mi servono i dettagli."

"Ok… insomma, dopo un po’ sono saltata su che non dovevo, abbiamo urlato e me ne sono andata."

Sgrana gli occhi verso di me.

"E perché non dovevi?"

"Perché volterò mai pagina se mi trovo a fare quello che tutti si aspettano dalla vecchia Hermione! Davate tutti per scontato che sarei finita con Ron."

Non credo che abbia del tutto afferrato il concetto, eppure non è complesso: se voglio cambiare vita devo cominciare a farlo dai punti fermi, da lì in poi è tutta una discesa. Oh, intendiamoci, non che Ron sia poi un punto così fermo per me, era solo per dire.

"Hermione, mi spieghi che c’entra la tua crisi d’identità con il fatto che la tensione sessuale tra di voi si taglia con un sectumsempra?! Secondo me tu insisti col dire che sei cambiata, che hai chiuso con la vecchia versione di te stessa troppo riflessiva, ma non è vero."

È seria nel dirmi questo, sembra un’altra persona rispetto alla Ginny che parlava della sua passione per i mori fino a un momento fa. E questo fatto non mi piace per niente.

"Ma cosa…?"

"Magari non te ne rendi conto, ma ora sei ancora più ossessionata di prima da quello che devi o non devi fare. Ti sforzi di essere quella che vuol vivere alla giornata e fregarsene di tutto, ti convinci che al momento non hai bisogno di fare nulla, né cercare un altro lavoro…"

"E’ vero! Ho fatto abbastanza straordinari da mantenermi per altri sei mesi" provo a controbattere, ma lei mi ignora ancora.

"… e andrebbe anche bene, se però fossi davvero felice così. Io, invece, vedo solo una ragazza che si preoccupa troppo di non essere se stessa. Tu non sei felice di questo cambiamento, ti sforzi di esserlo."

"Ginny…"

"Stammi a sentire. Dici tanto che ti sei stufata del tuo lavoro di merda e dei tuoi colleghi approfittatori. D’accordo, ma allora cosa vuoi fare?! Non lo sai nemmeno tu! Sai solo dire agli altri di non impicciarsi, che non devi rendere conto di quello che fai… pensi che comportarsi in un modo che ti si addice il meno possibile possa bastare, ma non è così! Tu vuoi lavorare, detesti startene con le mani in mano, ma ti fai violenza da sola perché pensi che sia la cosa giusta da fare. Pensi sempre troppo, mentre invece dovresti lasciarti andare e basta."

"Gin, sto iniziando a spazientirmi."

"…E lo stesso vale con Ron!" continua imperterrita, con sempre maggiore enfasi. "Ti ritrovi finalmente a fare quello che desideri da un sacco di tempo, che desiderate entrambi, ma alla fine ti tiri indietro perché pensi che la nuova Hermione non vorrebbe stare con qualcuno che piace alla vecchia Hermione!"

"Ginevra…" il mio tono è pericolosamente irritato.

"Tu non fai quello che vuoi, ma solo quello che credi di volere. Non sei cambiata di una virgola…"

"ADESSO BASTA!" mi trovo a urlare, alzandomi di scatto. "Non tollererò un secondo di più questa ramanzina, da te tra tutte le persone, poi! Parli bene, col tuo dannato lavoro che tutti ti ammirano e i tuoi capelli perfetti. Ginny Weasley che ha sempre la risposta pronta, che è brillante ma non un topo di biblioteca…"

"Cosa c’entro io se… Hermione, voglio solo aprirti gli occhi mostrandoti la verità.

"NON è LA VERITA’!" la zittisco, pericolosamente arrabbiata. "E anche se lo fosse, non ho bisogno di qualcuno più illuminato di me che mi mostri la retta via! Tutti convinti di avermi inquadrata perfettamente, convinti di sapere quello che è giusto per me… ma lasciatemi in pace a sbagliare tutto, come ho sempre fatto."

"Cercavo solo di aiutarti. Ma evidentemente…"

"Non ne ho bisogno, non ho bisogno di nessuno!" sibilo. "Pensa a te stessa, piuttosto. Dici a me come dovrei comportarmi con Ron?! Dispensi a me saggi consigli? Beh, già che sei così esperta in materia, medita sui motivi che hanno portato Harry a lasciarti, invece di fingere che non te ne importi nulla scopandoti più gente possibile."

Quando finalmente mi zittisco lei mi fissa immobile, apparentemente.

"Hai finito?"

"Sì."

"Bene."

Si smaterializza e io resto sola, a pensare a tutte le cose che le ho detto e che lei ha detto a me. Non posso non ammettere quanto Ginny ci abbia preso.

~

"Cosa ci fai qua?"

Il suo sguardo serio mi preoccupa, non so perchè, ma vedere Ron serio mi sa come di cattivo presagio. Sarà che ogni volta che è successo, o era arrabbiato con me, o eravamo in guai grossi, molto più grossi di noi.

"Niente."

Non credo di avergli fornito una risposta esauriente. Sono rannicchiata sui gradini davanti a casa sua, alle sette passate di sera, e lo aspetto mentre torna dall’officina. Già, dimenticavo, Ron ha deciso di fare della sua passione per le auto volanti una fonte di guadagno riparandole e vendendole, forse ispirato dallo spiccato senso per gli affari di Fred e George.

"Non eri in vacanza con mia sorella, scusa?"

"Non ne avevo più voglia."

"Chissà come mai non sono stupito da questo tuo improvviso cambio di’idea…" borbotta squadrandomi.

"Ron, stasera ho capito che non devo fare quello che credo di volere, ma soltanto quello che veramente voglio, senza pensare se si addice alla nuova Hermione o meno."

È un po’ irritante usare le parole che ha usato Ginny poco tempo fa ma, obiettivamente, ha colto nel segno. Mi alzo in piedi e lo guardo seria, mantenendo comunque una certa distanza. Il suo sguardo è immobile come poche altre volte mi è successo di vederlo, si limita a guardarmi perplesso senza dire nulla.

"… e quello che volevo questa sera, era vederti."

Mi sento pronunciare queste parole con una calma sconcertante, come se stessi parlando di cosa ho mangiato a colazione. Mi avvicino un po’ di più a lui e alzo lo sguardo per affrontare il suo, tanto che riesco a vedergli le lentiggini chiare che ha sul naso, meno di quando era un ragazzino, ma sempre presenti.

"Ho da fare, Hermione" sbuffa. "Per tua informazione ne vengo da lavoro, sono stanco. E comunque, anche se fosse, non intendo assecondare i tuoi capricci."

"Ron…"

Mi dà le spalle e fa per porta di casa, non sembra intenzionato a farmi entrare.

"Ronald."

"CHE VUOI ANCORA!" esclama voltandosi di scatto, così velocemente che non faccio in tempo a ritrarmi, ritrovandomelo a pochi millimetri dal mio viso. E colgo l’occasione per dimostrargli quello che veramente voglio, nel miglior modo possibile, senza usare tante parole. Assecondando ogni fibra di me stessa che lo desidera da molto più tempo di quanto io stessa non ne sia consapevole, mi getto sulla sua bocca e mi aggrappo al suo collo con una determinazione impressionante, con rabbia quasi.

Inizialmente sembra preso in contropiede ma, dopo qualche debole tentativo di ribellione, lo sento ricambiare il bacio. Dapprima lentamente, quasi incerto, ben presto mi accorgo che si lascia andare liberando sulla mia bocca lo stesso trasporto che io libero sulla sua. Mi afferra per la vita attirandomi a sé, mi massaggia i capelli e mi spinge contro la porta ancora chiusa. Poi… poi si ferma. Come se dopo una momentanea perdita di controllo fosse ritornato in sé, si stacca da me, dalla mia bocca e dal mio corpo che fino a poco tempo fa era completamente poggiato sul suo.

"Non mi presto ai tuoi giochetti."

Me lo bisbiglia appena, poi abbassa gli occhi fissando un punto imprecisato al di sopra della mia spalla.

"Non fingere di non volermi" rispondo altrettanto piano, a denti stretti. Gli afferro la mandibola e lo costringo a guardarmi, inizialmente contro la sua volontà; ma una volta che si riflettono nei miei, i suoi occhi sembrano non temere più il mio sguardo.

"Il punto è un altro, Hermione…"

Lentamente abbassa di nuovo le palpebre, e questa volta lo sguardo gli si posa sulle mie labbra. Mi alzo un po’ sulle punte dei piedi e, attirandolo verso di me per la nuca, mi fermo così vicino che i nostri nasi si scontrano leggermente, e posso sentire il calore che emana il suo viso.

"Ron, basta…" bisbiglio.

"Credi che siano sempre tutti disposti ad assecondarti, eh?" mormora piano, arrabbiato, le sue labbra si muovono sulle mie parlando; lo sento vacillare esattamente come sto vacillando io, a questo contatto.

"Basta…" ripeto, più che altro per continuare a sfiorargli la bocca.

Restiamo così qualche secondo, poi si allontana leggermente e mi guarda di nuovo.

"Ok. Basta parlare" concorda. E di nuovo mi bacia con lo stesso trasporto con il quale ci siamo baciati prima. La porta si spalanca dietro la mia schiena e in un attimo mi rendo conto che ci stiamo trascinando verso la stanza da letto, mentre i vestiti cominciano a precipitare al suolo già durante il tragitto. E, questa volta, sono perfettamente consapevole che non me ne scapperò sul più bello.

"Sai, ho sempre avuto una specie di fantasia…" affermo con malizia, spingendolo a sedere sul materasso. Lui mi fa ricadere seduta sulla sue gambe tirandomi per le braccia.

"Cioè?" chiede sfilandomi la maglia e baciandomi subito dopo il collo.

"Le fantasie sono una faccenda privata, Ronald…" lo punzecchio maliziosa, finendo di sfilargli la camicia già sbottonata. "Sappi solo che ci siamo io e te, il bagno dei prefetti, un tempismo a dir poco perfetto e tanta, tanta schiuma…"

Lui inarca le labbra in un ghigno divertito. "Bene, appena posso trasfiguro la doccia in un’enorme vasca da bagno. Ma domani, ora sono un po’ deconcentrato…" e così dicendo, mi afferra per le spalle e si getta all’indietro, facendomi ricadere sopra di lui.

Allora, scusate il ritardo… ma ‘una certa lettura’ mi sta vagamente assorbendo…

Ok, non farò spoiler rovinando il libro a chi aspetta la traduzione in italiano, lo giuro… ma HP7, almeno fino a dove sono io, è una figata!!

Insomma la trama è… wow! E poi ci sono pure Ron e Hermione… beh, loro non guastano mai! *_* anche se Ron a un certo punto… però poi… Ok, stop. No spoiler.

Venendo alla mia umilissima storia (oddio che caduta di stile), ebbene sì, alla fine Hermione ha ceduto… ma mica è tutto così facile! Ho solo voluto assecondare la mia voglia di farli concludere (ehm) ma non so se avete notato come ha sbottato con Ginny… e poi c’è sempre una certa ‘allucinazione’ in stand by…

Un saluto a robby (tesoro, Herm si è fermata solo in quanto personaggio di una fanfiction, e non della vita reale… siamo sincere,credo che in poche avremmo avuto la sua forza! Quasi quasi ci metto fantasy, tra i generi XDXD), karmygranger (in questo chap sono stata decisamente meno sadica, che dici? almeno con Ron –povera Gin!-… bah, non so se hai letto DH, ma secondo me è colpa di quel libro se adesso la mia mente straborda di scene Sidekick –Bea, BASTA SPOILERARE! Ciao!), alicesil (sono contenta che la mia storia ti piaccia. Beh, direi che fino a qua Ron non ha molto di cui lamentarsi… ma aspetta che ho in serbo ancora un paio di chicche!), hermron (quindi me li hai trovati carini anche qui?! *_* beh, speriamo! Mi raccomando continua a leggere – e commentare!), Valentina (come ho già detto prima, dopo aver postato il capitolo precedente ho pensato di inserire fantascienza, tra i generi… perché siamo tutte d’accordo che non molte si sarebbero fermate! Riguardo il film… beh, credo che il regista sia un sidekick convinto, li ha fatti flirtare davvero un sacco! E per me è stata troppo fatta apposta la cosa del letto), luz79 (tesoro, so che ti avrò causato il vomito… no dai, non lanciarmi pomodori, siamo socie! Poi, per i bei biondi dagli occhi glaciali, c’è già la nostra ficcy! E magari prima o poi pubblico quell’interminabile oneshot… un bacio!)

Un bacio!!

Bea

INFO PUBBLICITARIA: SO CHE ESSENDO QUESTA UNA FIC RON/HERMIONE NON RACCOGLIERO’ MOLTI FAVORI, MA CI PROVO LO STESSO:

IO E LUZ79 STIAMO COOPERANDO A UNA STORIA! UNA COMMEDIA LEGGERA, E I PAIRING SONO DRACO/HERMIONE (per l’appunto dicevo che non avrei raccolto molti favori, qua… ma a me piacciono anche loro!) e HARRY/PANSY (la stessa Pansy che sembrava aver raccolto diverse simpatie in un’altra mia storia!).

SI INTITOLA ‘QUESTO MATRIMONIO NON S’HA DA FARE’, E SE UN IMPULSO MASOCHISTICO VI PORTASSE A LEGGERLA… BEH, MI FAREBBE PIACERE! MAGARI VI CI SCAPPA QUALCHE GHIGNATA! … c’è il link nel mio profilo…

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Capitolo 5
*** Mi sono persa qualcosa? ***


prova

5 – MI SONO PERSA QUALCOSA?

Temo di aver toccato il fondo, con Ginny; non tanto per le parole che sono volate, dettate dalla rabbia, ma per il modo in cui sono volate, con cattiveria e convinzione. Io volevo farla sentire uno schifo. Volevo liberarmi, ferirla, volevo offenderla con un colpo basso pensando che sarei stata meglio.

Perciò, capirete che non ho una gran voglia di incrociarla per casa, né aspiro ad subirmi più del dovuto il suo sguardo saccente che sembra dirmi ‘e adesso, Hermione, ti senti meglio? Soddisfatta?’. Così mi scopro a mendicare l’ospitalità di qualcun altro, nell’attesa di sistemarmi e ricominciare da zero. Mendicare l’ospitalità di Ron, ad esempio.

Non viaggiate con la fantasia, ora: noi non stiamo mica assieme, sono stata cristallina a riguardo. Ovvio, non posso negare che essere ospitata dal mio amico Ron implichi ‘quel dippiù’ che non mi sento di disdegnare e che non ci sarebbe se fossi ospite, ad esempio, del mio amico Harry. Ma non è questo il punto.

"Ahio!"

"Smettila di fare il bambino."

"Cerca di essere meno indelicata!"

"Io non sono indelicata; sei tu troppo teso!" protesto, prima di perdermi di nuovo nei miei ragionamenti.

In effetti devo dire che questa mia amicizia con Ron si è evoluta in un modo decisamente interessante. E’ cominciata dopo che sono stata presa da una sorta di smania di agire d’impulso, e adesso, messi in chiaro i punti chiave, fila che è una meraviglia; io non faccio troppe domande a lui, lui non ne fa a me, e siamo entrambi decisamente più rilassati.

"Sono nervosa."

Alza gli occhi e mi osserva piombare senza preavviso in camera sua.

"Cosa c’è?"

"Non mi va di parlarne. Sappi solo che sono MOLTO incazzata."

Sembra perplesso. Sono certa che in questo esatto momento vorrebbe chiedere di più, apre leggermente la bocca per parlare ma la richiude subito, ha capito che non farebbe altro che peggiorare la situazione. Poche regole, semplici ed efficaci.

Mi avvicino e mi siedo su di lui allacciandogli le gambe attorno alla vita; lo bacio, gli levo la maglietta senza troppi preamboli e sento che, ricambiando il bacio, mi attira di più verso di sé. Con le labbra gli sfioro la fronte, il naso, le labbra e il collo.

"Dopotutto è molto meglio rilassarsi, piuttosto che rimuginare sui problemi non credi?" bisbiglio.

Dopo una breve esitazione, che riesco a malapena a leggergli negli occhi, mi regala un sorrisetto malizioso.

"Senza dubbio…"

A volte ho come l’impressione che questo tipo di rapporto non sia il suo massimo, ma sono comunque certa che la prospettiva di un po’ di sesso scacciapensieri e in libertà non lo disturba affatto. Probabilmente avrà del materiale di cui vantarsi, la ‘scopata amica’ è un classico a cui tutti ambiscono.

Lui è perfettamente consapevole che ora come ora non ho la minima intenzione di dimostrare equilibrio e maturità mettendoci assieme, chiedendo scusa a Ginny e cercando di rattoppare quello che resta della mia vita. Ero arrivata al punto di odiare la mia vita, odiare quello che facevo e le persone che mi circondavano, odiare quella sensazione soffocante che deriva dall’avvertire il proprio futuro già scritto, perfetto e scontato come se non dovessi neanche preoccuparmi di compiere delle scelte; se dimostrassi razionalità tornando sui miei passi, sarebbe come gettare la spugna e accettare passivamente tutto quello che detesto.

"Ma vuoi fare piano?! Mi fai male!"

"Ron, deve far male!"

"No, se uno è capace."

"Io sono capace. Capacissima. Ma se preferisci fattelo da solo!"

Mi alzo stizzita dalla sua schiena e mi siedo in fondo letto a gambe incrociate, imbronciata. Lui si rigira e si rimette a sedere, ridendo sotto i baffi mentre gli lancio delle occhiate in tralice, incapace di non sorridere a mia volta. Ecco, sono questi i momenti in cui la mia determinazione nel mettere tutti questi paletti al nostro rapporto, o quello che è, vacilla. Momenti in cui io mi sento completamente a mio agio e me stessa con lui, come non lo sono con nessun altro; perché nessun altro riesce a farmi innervosire e ridere subito dopo, come lui.

Non nego che saltuariamente mi capita anche di avere come dei flash; io e Ron che camminiamo abbracciati, o che ceniamo assieme in uno di quei posti carini dove di solito cenano le coppie felici, e lui dice di amarmi da sempre e mi regala un bellissimo braccialetto. Ma si tratta di episodi isolati e sporadici che cerco di ricacciare indietro il prima possibile. Per il resto va benissimo così.

"Hermione, tu non sai fare i massaggi. Rassegnati."

"Ti sbagli. I miei massaggi sono fantastici. E non ridere."

Sghignazzando, si avvicina a me fino a mettersi al mio fianco.

"Non ridere!" ripeto. "Pensa ai tuoi boxer gialli con le macchinine verdi, piuttosto!"

"Brutta ipocrita…" protesta col sorriso a denti stretti e, avendo fisicamente la meglio, mi fa rotolare sul materasso sdraiandosi sopra di me e intrappolandomi tra le braccia "Devo ricordarti che si tratta del tuo regalo di compleanno?"

"Non è il caso, lo ricordo benissimo. Infatti mi sei venuto in mente appena le ho viste" rispondo con un tono di sfida mentre cerca di farmi il solletico. Provo a liberarmi scalciando, ma non posso fare altro che soccombere impietosamente, implorandolo di smettere sotto la minaccia di diverse maledizioni senza perdono. Finché le sue mani non si bloccano sui miei polsi, la risata si smorza e lui mi fissa per qualche istante dall’alto verso il basso, tornato improvvisamente serio; anche il mio sorriso lentamente svanisce nel guardarlo.

"Mi dici che è successo con Ginny?"

"Fattelo dire da lei."

"Non vuole. Dice di vedermela con te, che sei impazzita."

Mi sistema una ciocca di capelli dietro un orecchio e gioca con la spallina della mia canottiera che è scivolata via dalla spalla. Se lo fisso ancora un po’ negli occhi potrei non rispettare più i limiti che mi sono imposta, crollando e dando sfogo alla mia rabbia e alle incertezze che cerco di nascondere, così volgo altrove lo sguardo.

"Non sono impazzita. Dovete piantarla con questa storia."

Non più braccata, scivolo via da lui e dal letto e raccatto i miei jeans dalla sedia. Mentre finisco di rivestirmi cala un silenzio assordante, tra di noi, sento il suo sguardo posato sulla mia schiena, dalla quale non sembra accennare a staccarsi. Afferro la borsa e ne cerco all’interno un elastico, imprecando e armeggiando tra tutte le cianfrusaglie.

"Era per terra…" dice, sventolandomelo sotto il naso.

Lo afferro con sufficienza e mi lego i capelli in un piccolo codino.

"Hermione, io non ti giudico… hai tutto il diritto di voler cambiare, di attraversare un fase di crisi… però non esagerare! Se vuoi rilassarti fallo, ma…"

"Non. È. Una. Fase!" ribatto. "E pensavo di essere stata chiara, no?" gli dico voltandomi di scatto.

"In che senso, scusa?"

"Nel senso che non devi preoccuparti di quello faccio o che mi passa per la testa! Noi facciamo sesso, non farti venire strane idee o degli inutili scrupoli!" lo liquido. Non mi risponde, si limita a fissarmi con un’espressione neutra, che rare altre volte mi è capitato di vedergli scolpita in volto.

Gli do le spalle e mi dirigo verso la porta per uscire.

"Quindi, visto che facciamo sesso e basta, abbiamo smesso di essere amici" osserva, facendomi congelare. Non oso neanche voltarmi. "Perché io mi preoccupo da amico, in questo momento, esattamente come lo fanno Harry o Ginny. Stai pure tranquilla."

La mia mano resta sospesa nel vuoto, le punte delle dita che sfiorano la maniglia.

"Non andrai lontano, se ti ostini a credere di cavartela sempre da sola."

Mi porto una mano alla fronte e sospiro.

"Io non dico che… Ron, non rovinare tutto, ok? Ora vado un attimo a casa."

I suoi occhi sono sempre puntati sulla mia schiena quando esco, li percepisco.

~

Non posso, non posso, permettere che questa situazione abbia la meglio su di me. Ha ragione chi dice che per cambiare vita bisogna anche cambiare aria e impedire alle persone che amiamo di farci tornare sui nostri passi facendo vacillare le nostre convinzioni.

Seduta sul letto, raccolgo con stizza tutte le mie cose lasciandole sospese a mezz’aria in mezzo alla mia stanza, prima di rimpicciolirle e infilarle in una borsa; non posso continuare a vivere qui quando Ginny è al San Mungo, e da Ron quando lei è a casa.

"Ciao. Sei in partenza?"

E' entrato senza che me ne accorgessi, e per la distrazione faccio cadere a terra tutti i miei vestiti.

"Sì, devo cambiare aria per un po’."

"Lo vedo."

Mi si siede accanto. Perché, maledizione? Perché non si è offeso per oggi e non si rifiuta di parlarmi come faceva una volta? Perché sento che una piccola parte di me è felice di vederlo, e freme impaziente di appoggiarsi sulla sua spalla e abbracciarlo? Perché il mio cuore, che credevo si stesse lentamente svuotando, ha un sussulto?

Mi riconcentro sugli oggetti, che sbucando da mensole e scaffali, si accumulano al centro della stanza.

"Come mai sei venuto?"

"Se vuoi me ne vado."

"Non è il caso."

"Ok."

M appoggia una mano sul polso e mi fa abbassare la bacchetta, che mi scivola dalle dita.

"Hermione…"

Lo guardo senza sapere che cosa dire o come reagire, lo vedo avvicinarsi ancora di più a me e poggiare a tradimento le sua labbra sulle mie. Dopo qualche istante di incertezza lo bacio a mia volta e scivolo lentamente all’indietro trascinandolo per le spalle. Quando abbasso le palpebre, non riesco a pensare più a nent’altro.

È diverso. Non sono arrabbiata, non cerco un corpo su cui sfogarmi. Semplicemente ho bisogno di lui, ho bisogno del calore che emana e della sensazione che provo ogni volta che siamo l’uno addosso all’altra, completamente in balia di quello che vogliamo con tutti noi stessi. Sdraiata sotto di lui, lo allontano leggermente e gli stringo il viso arrossato tra le mani, tendendogli all’indietro i capelli. Sorride, mi bacia appena la punta del naso e ritorna a cercare la mia bocca. Le sue mani mi sfiorano i fianchi e risalgono lentamente verso il seno, leggere, mentre il mio bacino cerca disperatamente il contatto con il suo. Di nuovo.

"Ron, non so per quanto possa ancora andare avanti…" bisbiglio nella penombra. Sento le guance accaldate e gli occhi lucidi. "Io… tu sei una distrazione troppo grande."

"Non era quello, il mio ruolo? Distrarti?" mi risponde piano, sarcastico.

"Lo sai benissimo che nessuno di noi riuscirebbe a restare fedele al proprio ruolo, in questo tipo di gioco."

"Il che sarebbe imperdonabile."

Non posso permettermi di innamorarmi di te. Non posso.

"Mi dici da cosa scappi, Hermione?" mi domanda, adesso un po’ su di giri. "Di cosa hai paura? Ti prego, dimmi con chi ce l’hai perché non lo capisco proprio!"

Non so cosa dire. Non posso dirgli quello che penso.

"Non lo so! Devo solo riflettere, capire cosa voglio… mi sentivo soffocare, in trappola."

"E sarebbe colpa nostra, che ci tratti così?"

"N - no… Ron, smettila!" esclamo, alzando un po’ la voce. "Lo vedi? È per questo che non può andare avanti tra noi. Finirò per annegare nei sensi di colpa, tornare sui miei passi e…"

"Hermione, non avevi niente di sbagliato, prima! Ma se vuoi cambiare, puoi anche farlo senza calpestarci tutti come insetti. E non dirmi che ti senti meglio, perché ti conosco e non ti vedo affatto più serena di prima, anzi!"

Scuoto la testa.

"Ti ostini a non capire, e io non so che farci."

E cala di nuovo il silenzio.

Non posso permettere di innamorarmi di te. Non è quello di cui ho bisogno, adesso, adesso io devo bastare a me stessa. Non ti meriti di essere calpestato, ma avvelenarti è l’unico modo che ho per arroccarmi in difesa.

Avvolta nel lenzuolo mi alzo di scatto, recupero dei vestiti dalla catasta che è ancora a terra e senza aggiungere altro mi rivesto, finisco di rimpicciolire il tutto e lo infilo in borsa.

Di nuovo una porta che si chiude, stavolta sbattendo. Maledetto orgoglio.

~

"Guardare avanti. Capitolo chiuso. Devo guardare avanti."

Continuo a ripetermelo mentre mi allontano a passo spedito, con tutto quello che possiedo in borsa e senza un posto dove andare. Ma devo cambiare aria, no? Non è mica la fine del mondo, mi farò altri amici che non hanno conosciuto la vecchia me e che non criticheranno perciò la nuova.

Il sole sta tramontando, c’è una luce strana lungo questo viale. Improvvisamente, un rumore cattura la mia attenzione, la stessa specie di singhiozzo che altre volte mi è parso di sentire. Ma questa volta non è un dubbio, è una certezza. Guardandomi attorno, ne scopro l’origine; accoccolata in un angolo a piagnucolare, abbracciandosi le ginocchia strette al petto, c’è quello che sembra un minuscolo fagottino, ma in realtà è una bimba di quattro o cinque anni.

Istintivamente mi avvicino a lei, piange e sembra da sola. Mi accuccio.

"Ehi, piccola, tutto bene? Ti sei persa?"

La bimba alza la testa arruffata verso di me e mi guarda, e nell’esatto momento in cui questo succede, sento un assurdo e incontrollato brivido ripercorrermi la spina dorsale.

"Mamma!" scoppia in lacrime, lanciandomi le mani al collo. "Mamma allora non sei scomparsa!"

Merlino. Mi sono persa qualcosa?

Concluso il libro, calmati gli istinti selvaggi di lanciare diverse Avada in direzione del Regno Unito per un paio di cosette, ho pensato che c’era questa storia da portare avanti!

Confesso che mi è piaciuto molto scrivere questo capitolo, quindi per favore non bocciatemelo che poi ci resto male T_T… E che ne dite della bimba? Alla prossima spiegherò meglio… ma non diventerà una di quelle cose tipo ‘genitori in erba non sanno come comportarsi’, giuro! Lei è di passaggio… vi prego non cazziatemi se vi sembra una scemenza!

Forse posterò il prossimo entro la prossima settimana… sennò dopo Ferragosto. Un po’ di vacanze me le merito anche io!!

Un saluto a tutti: funkia (grazie per i complimenti! Sì, il libro mi è piaciuto… ma 2 o 3 cosette non le perdono alla Row. No, non me lo doveva fare -_- immagino saprai già di chi e cosa parlo. Però Ron e Herm che finalmente ci accontentano sono così cariiiini!), ruka88 (ma davvero vuoi spoilerato il libro?!? Dai resisti… Sui ciccini ti dico solo una parola: elfi. Ciao e grazie per la rece!), karmygranger (il libro… ancora non mi capacito di un paio di cose… una in particolare T_T ...però almeno Ron e Herm erano una nota positiva. Che belli! Ahimé, io convivo spesso con i periodacci, sono un tantino lunatica… giusto un po’, ma diciamo che arranco. poi ho questa storia-valvola di sfogo! Visto che si sono dati da fare in questo cap, eh?!Anche se… vabbè le cose non possono essere sempre facili, sennò che gusto c'è?!), merryluna (non è un perderci la faccia se provi istinti animali nei confronti di uomini lavoratori sexy e sudati tipo coca cola –per rammentare un recente dialogo XDXD- w l’uomo di furesta! Ehm… vabbè. Spero di non averti delusa con questo cap, ci tengo alla tua opinione! Un bacio e a prestissimo!), hermron (grazie dei complimenti… eh, sì, direi che sono adorabili. Ok, Ginny non è il mio personaggio preferito, ma credo che non la maltratterò più di tanto… sono un’anima buona! Alla prossima!), pk2 (scusa, ma avevi dei dubbi sul ‘vissero felici e contenti’ finale?! Sono Ron e Hermione! Però il caratteraccio adesso l’ha mostrato lei… un po’ per uno, povero Ron, sempre a passare per scorbutico! Ps. Buone vacanze!), luz79 (cosa?! La mia socia che si abitua al rosso?! Nah, non ci credo. Ma se fosse… yuyu! Il mio potere è incontrollabile! Rita ultimamente gli uomini lavoratori sporchi di grasso mi ispirano, non so. oddio. Lascio perdere che è meglio. Grazie ancora e scusa se ti causo i conati! Prometto che per un po’ non ne avrai… credo… bacio), nikodemo (grazie del bellissima, stupenda, ecc… volevo solo che per una volta fosse Herm a scapparci di testa. E poi ho scoperto che è un’ottima valvola di sfogo scrivere di gente che insulta il prossimo!^^ spero continuerai a leggere!).

Un bacio a tutte/i (che bello ci sono anche dei maschietti! ^^), e commentate che mi fa sempre piacere!

Beatrice

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Capitolo 6
*** Pur sempre una bambina ***


prova

6 – PUR SEMPRE UNA BAMBINA!

Questa cosa ha semplicemente dell’assurdo.

Mi trovo accovacciata in mezzo a una strada con una bambina che mi si è buttata al collo in lacrime e afferma di essere mia figlia. Ora, le spiegazioni sono due: (a) sono impazzita e non mi ricordo di aver messo al mondo un essere umano; (b) questa bambina è fuori di testa. E siccome voglio credere che il lume della ragione non mi abbia ancora del tutto abbandonata, il cerchio si restringe.

Resta l’opzione dell’incantesimo di oblio, ma preferisco tenermelo come riserva.

Lei non è mia figlia! Me ne sarei vagamente accorta, se avessi avuto una figlia! Però… il suo sguardo. L’ho incrociato un istante e mi sono sentita ghiacciare il sangue nelle vene. Una sensazione così strana e intensa che per quanto mi sforzi non riesco ad ignorare.

Come se la conoscessi da sempre, senza averla mai vista prima.

"Mamma!" piagnucola ancora. Le carezzo automaticamente la schiena, in preda al panico più totale.

"Ehm, piccola…" cerco di rassicurarla allontanandola dalla mia spalla. "Mi sa che ti sbagli. Io non sono la tua mamma."

"Ti sei di nuovo dimenticata di me? No… no…" bisbiglia, mentre il labbro inferiore comincia a tremolarle. Pochi secondi e mi ritrovo di nuovo con le sue braccia attorno al collo. Cercando di rimanere il più razionale possibile, la allontano di nuovo e cerco di rassicurarla.

"Senti, mi spiace se ti sei persa, adesso ci alziamo e andiamo a cercare i tuoi genitori…"

"Ma sei tu, mia mamma!" risponde con enfasi. "Mamma He’mione!"

La fisso sconvolta. Non è che Hermione sia poi un nome così diffuso. Presa dal panico un’altra volta, mi alzo di scatto e mi porto le mani alla testa, incapace di formulare un pensiero di senso compiuto di fronte alla completa assurdità di questa situazione.

"Cielo, è una barzelletta!" rido da sola, sempre con le mani sulla fronte. "Sto parlando con una bambina che afferma di essere la figlia che non ho. O che non mi sono resa conto di avere, che è quasi peggio. Che non ho mai visto ma che in compenso ha la mia stessa espressione."

Avverto come l’istinto di dare delle capocciate contro il tronco di un albero nelle vicinanze, quando mi sento tirare per un braccio.

"Mamy?"

"Eh."

"Mamy, cosa fai?"

Riapro gli occhi e la guardo ancora, sembra anche perplessa quanto me.

"Cosa faccio? Cosa faccio?!" sbraito. "Niente! ho solo le allucinazioni!"

Merda. Devo averla spaventata, sta facendo una strana smorfia con le labbra che ho pericolosamente imparato a identificare come preludio a…

"No… no dai, non fare così! Non volevo urlare… Merlino, ma come ti spegni?!" esclamo esasperata.

Una donna che passa nelle vicinanze sembra lanciarmi un’occhiataccia indignata, forse perplessa. Immagino che riferirsi a una bambina come ad un elettrodomestico non sia raccomandato dai migliori pedagogisti.

"Che ha da guardare?!" abbaio contro la malcapitata. "Crede sia facile occuparsi di una bambina che è… psicologicamente instabile?"

Mi sa che sono stata un po’ aggressiva; la donna mi guarda spaventata, quindi accelera il passo per allontanarsi da me senza voltarsi indietro. Oh, al diavolo, così impara a non farsi i fatti suoi. Colta dall’ennesimo momento di sconforto, mi siedo su un muretto e mi nascondo la testa tra le mani.

Non sono pazza, è lei. Non sono pazza, è lei. Non sono pazza…

Magari se mi ripeto che tutto ciò è impensabile e illogico, scopro che si è trattato di un equivoco: questa bambina si accorge di essersi confusa e, nonostante mi conosca mi chiami mamma e mi somigli, non ha nulla a che fare con la sottoscritta… o meglio, non esiste proprio. L’ho immaginata per via della stanchezza e dello stress.

"Mamma?"

Probabilmente di lei è rimasta solo una voce. Adesso alzo la testa e non c’è più…

Cavolo. Devo cambiare tattica. Le passo una mano sulla testa. Dio, è così simile a me.

"Tesoro… mi dici come ti sei ritrovata qua?"

"Io…" sembra titubante. "Io non so… giocavo con Tammy, poi è diventato tutto strano e lei non c’era più… poi mi è venuto tanto sonno e ti ho chiamata ma non mi sentivi! E non eri la mia solita mamma, gridavi con un signore che non era papà e non mi vedevi… ma io volevo la mia mamma, la volevo tanto! E…"

Da questo racconto confuso non sto capendo un accidenti, ma una parola attira la mia attenzione: papà. Soltanto adesso mi rendo conto che avere una figlia implica anche l’esistenza di un padre.

"Papà? E chi è tuo papà?"

"E’ papà" mi risponde, con un tono saccente da farmi invidia. Sbuffo.

"Sì, ma come si chiama? Sai, non me lo ricordo…"

Mi guarda come se stessi parlando un’altra lingua. E nell’esatto istante mi rivolge quell’espressione limpida di puro stupore, mi rendo conto di sapere già chi è suo padre. Non è solo l’espressione di una bambina spaventata o perplessa, la sua. Gli occhi sono di un blu più scuro, le lentiggini meno marcate, ma quello sguardo trasparente e disarmante, è senza dubbio lo sguardo di…

"…lo sguardo di Ron" dico sconsolata chiudendo gli occhi.

"Sì! Allora te lo ricordi, papà Ron!"

Adesso mi viene sul serio da vomitare.

~

Ritornata in me, ho assunto stoicamente il controllo della situazione. Se davvero questo scricciolo è quello che dice di essere e io non sono matta, deve esserci una spiegazione logica. E se c’è una spiegazione logica c’è anche una soluzione. Rimanderò il mio progetto di cercarmi una stanza in affitto e ricominciare daccapo a quando avrò sistemato questa faccenda.

Nel frattempo la porto a casa dei miei genitori, al momento ospiti dei miei zii in Scozia, e poi deciderò cosa fare.

"Ho fame."

"Su, siamo quasi arrivate…"

"Ma io ho tanta fame. Tantissima!"

Ron. Non ci sono dubbi.

"Pazienta, piccoletta, ora siamo di fretta ma tra poco mangiamo."

"Mi compri le patatine? Papà me le compra sempre…"

Porcherie. Tipico, avvelenare sua figlia.

"Ma le patatine non tolgono la fame."

"Mamma… ti preeegoooo! Le voooogliooooo!"

"Va bene, Emma!" sbotto esasperata, fermandomi all’improvviso per guardarla. "Ma ora smettila di strillare!"

Mi rendo conto di averla chiamata per nome senza che glielo avessi chiesto. D’istinto. Lei mi guarda un po’ intimorita e annuisce.

"Ok…"

Emma. Mi piace.

Dopo averla assecondata, ci ritroviamo a Diagon Alley in coda ad una stazione della metropolvere. La tengo vicina a me posandole una mano sulla spalla mentre sgranocchia le sue patatine, apparentemente in pace con il mondo. Non riesco a toglierle gli occhi di dosso, è qualcosa che prescinde la mia volontà. Assurdo, ne sono consapevole, ma al tempo stesso perfettamente naturale.

"Hermione! Ehi, Herm!"

Inorridita, mi volto e vedo un ragazzo raggiungermi a passo svelto.

"Ha… Harry. Ciao."

Merda.

"Herm! Che fai da questa parti?"

"Io… io stavo…" balbetto. Ma lui non mi lascia finire, non ha notato la bambina (anche se sta urlando ‘zio Harry!’), né l’orrore che mi si dipinge in volto, e prosegue con il suo discorso.

"Certo che c’è una bella fila… tu dove vai? Io…" si interrompe all’improvviso. "Ma insomma, che hai?"

In effetti non lo considero minimamente, troppo impegnata a osservare Emma che sta puntando un gattino con aria minacciosa.

"Hermione! Mi ascolti?"

"Eh?!" mi risveglio, voltandomi di scatto. Afferro la bambina per un braccio prima che insegua l’animaletto e mi rivolgo di nuovo a lui. "Ecco, io stavo… badando a mia… nipote."

Harry sembra perplesso, quasi spaventato. "Tua nipote?"

"Sì, Emma. Una peste."

Harry corruga la fronte e mi guarda, chiaramente preoccupato. "Capisco…" dice con voce incerta. "E dov’è?"

È il mio turno di fissarlo allibita. "E’ qua" dico con il tono più ovvio del mondo, indicando Emma in piedi alla mia sinistra che lo saluta.

Silenzio.

"Hermione, sei sicura di star bene?"

"SI’!" sbotto. "Ma che…"

Mi guarda, poi guarda in direzione di Emma e infine si rivolge di nuovo a me, apparentemente incapace di parlare.

"Harry! che c’è!"

"Non offenderti… ma stai indicando l’aria."

Strabuzzo gli occhi e fisso mia figlia. Ok che è piccola, ok che lui è cieco come una talpa e probabilmente ha bisogno di un nuovo paio di occhiali, ma da lì a non vederla ce ne vuole. Scoppio a ridere.

"Da miope sei diventato cieco del tutto?! È qua, le poggio la mano su una spalla in questo momento!"

"Hermione, tu non… tu stai tenendo una mano a mezz’aria" mi fa notare, titubante.

Ecco. Credo che se non mi siedo, adesso, potrei anche sbattere per terra.

~

Dopo aver capito che Harry non vedeva letteralmente Emma, me la sono data a gambe. Il club ‘Hermione è impazzita’ adesso vanterà un nuovo membro. Ma non mi sento di biasimarlo, questa volta; in effetti non si è trattato di un mio comportamento atipico o fuori dagli schemi… stiamo parlando di allucinazioni!

Ragioniamo. Tutti gli elementi giocano a mio sfavore, ma io so di non essere pazza. Lo so.

È Harry, quello pazzo. Lui e tutte le altre persone a cui ho chiesto, giusto per cercare una conferma, di badare un momento a mia figlia: e che mi hanno risposto con un perplesso ‘Dov’è?’, per poi svignarsela spaventati rivolgendomi sguardi spesso un po’ compassionevoli. Una donna ha pure accennato a qualcosa del tipo superare una terribile perdita… mah.

Ma andiamo, come può Emma non essere reale? Lei ride, piange e si fa abbracciare. La posso toccare, parliamo. Non può non essere vera, sarebbe troppo (…triste?) paradossale.

In questo momento è seduta nel bel mezzo del salotto e sta parlottando da sola davanti ai cartoni animati. I capelli castani sono terribilmente arruffati, esattamente come lo erano i miei.

Reali.

"Sembri un cespuglio" le dico con un sorrisetto. Con una spazzola comincio a pettinarla e a dividerle la chioma in due treccine.

"Ecco" le dico, "adesso te li sistemo, proprio come faceva…"

"La nonna con te!" mi interrompe, trillando. "Me lo dici sempre, quando mi pettini con le trecce!"

"Davvero?"

"Sì!"

Le carezzo una guancia e in silenzio finisco di pettinarla.

"Sei diversa…" dice improvvisamente, voltandosi e toccandomi viso e capelli. "Hai meno capelli."

"Meno…?"

"Meno! Più…"

"Più corti?"

Lei annuisce ridendo e io le rispondo allo stesso modo. Diamine, è perfetta, non può non essere reale… ma non dovrebbe nemmeno trovarsi qua. A che scopo? Che cosa le è successo? E perché gli altri non la vedono?

La serata scivola via surreale. Cerco conoscerla e estrapolare più informazioni possibili sulla mia, la nostra vita; dove viviamo, quando, con chi… ma non è molto semplice considerato che ha solo cinque anni. E poi non sono del tutto sicura di volerlo sapere, avrei la sensazione di un futuro già scritto, cosa che mi spaventa a morte: in effetti è esattamente il motivo che mi ha portata a scappare dall’immagine di me stessa che mi ero creata.

Sentivo il peso di un destino già deciso, indipendentemente dalle mie scelte. Mentre tutto quello che desidero, in questo momento, è sapere che il mio futuro dipende da me e da me soltanto. Che sono io decidere della mia vita come e quando voglio.

"…E non eri la mia solita mamma, gridavi con un signore che non era papà e non mi vedevi… ma io volevo la mia mamma, la volevo tanto!! E…"

E se la chiave di tutto fosse proprio…

Ma non finisco questi miei ragionamenti. La stanchezza mi coglie all’improvviso e io mi addormento sul divano, accanto a Emma che è già crollata da un pezzo.

~

La mattina seguente la luce che filtra tra le tende mi sveglia. Per qualche attimo sorrido, convinta che si sia trattato di un sogno incredibile. Poi, accanto a me, percepisco il respiro regolare di Emma ancora addormentata.

Mi rialzo dal divano scombussolata e la fisso. Incantata e sconcertata.

"Oddio, forse hanno ragione tutti quanti. Sono davvero impazzita" mormoro tra me e me, prima di dirigermi verso il bagno. Mi sono appena resa presentabile, quando sento suonare alla porta. Apro.

La sua vista risveglia in me la persona arrabbiata con il mondo di ieri, la persona che voleva scappare da tutti. Da un destino già deciso.

Non ho bisogno di lui, adesso. Non voglio. Non devo.

Io basto a me stessa.

"Vattene Ron."

"No."

Reprimo l’istinto di sbattergli la porta sul muso spaccandogli il naso. Sporcherei il pavimento di sangue.

"Che vuoi? Perché mi hai cercata qua?"

"Sono andato per tentativi."

Lo osservo in silenzio per qualche istante, mordendomi un labbro. Sua figlia, in questo momento, sta dormendo a pochi metri da lui, ignara. Avverto una strana sensazione.

"Scommetto che è stato di nuovo Harry a dirti di cercarmi. Ma poverino, in fondo non è colpa tua se non riesci a prendere le decisioni da solo e ti serve una spintarella…"

Lui ride con sarcasmo.

"Noto che calpestare le persone ti dà sempre una certa soddisfazione, eh?" sibila. "Beh, sappi che non avevo la minima intenzione di strisciare ai tuoi piedi, ma lui mi ha detto che eri strana, parecchio strana… Sembrava seriamente preoccupato e ha fatto preoccupare anche me. Ma adesso me ne pento, perchè forse non te lo meriti."

Perché sentirlo parlare così fa male?

"Bene. Sparisci!"

Ma lui spinge la porta che cerco invano di tenere appena socchiusa ed entra.

"No, adesso mi spieghi perché hai deciso di diventare una stronza!" sbraita. "Non vuoi che tra di noi ci sia una storia? Va bene, sopravvivrò! Ti sei stancata di mia sorella? Va bene, sopravvivrà pure lei! Ma non mi ti permetterò di trattarci tutti come vermi solo perché sei frustrata e ti serve una valvola di sfo…" si blocca un attimo e fissa il salotto. "Chi è lei?"

"Lei?" bisbiglio sconcertata. Allora… "Ron, tu la vedi?"

A questa domanda, mi guarda perplesso scuotendo un po’ la testa, ancora irritato ma curioso.

"Oh, beh. Per piccola che sia è pur sempre una bambina che dorme su un divano."

Cielo.

Rieccomi! Passate le vacanze ;_; e tornata alla vita di sempre ;_; ricompaio. Che ve ne pare? Spero di non essere caduta troppo nel patetico, o banale…

Ora sono di fretta, perciò ringrazio tutti i lettori – commentatori in carrellata (karmygranger, Hermionina, funkia, soni67, robby) e ci si sente alla prossima, spero con i vostri commenti e abbastanza presto. Ma non garantisco…

Baci, Bea – goldfish.

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Capitolo 7
*** Choices (siamo noi a decidere) ***


prova

7 – CHOICES (SIAMO NOI A DECIDERE)

"Insomma, che hai da fare quella faccia?!" insiste Ron.

Lo fisso, fisso lui e Emma alternativamente, sconcertata. La vede. Quindi vuol dire che lei c’è davvero e io non sono pazza; o per lo meno lo siamo in due, il che alleggerisce la mia posizione.

Anche lui la vede.

Sto zitta. Non so che fare, cosa dire. O meglio, so che cosa dovrei dire ma non apro bocca, qualcosa mi blocca dallo spiegargli come stanno effettivamente le cose, dal dirgli chi è lei e che cosa rappresenta. Non ne ho la forza, né tantomeno la voglia; egoisticamente, preferisco tenere questa cosa per me, spaventata delle conseguenze che una simile rivelazione potrebbe comportare, per noi. E comunque non mi crederebbe mai, sarebbe assurdo.

Ma se Emma, soltanto mostrandosi per quello che è, è riuscita a convincere me che sono molto più razionale di lui…

"Sveglieremo mia nipote" taglio corto, trascinandolo via dal salotto. Sono certa che, come me, non impiegherebbe molto a innamorarsene istintivamente.

"Tua nipote?"

"Emma. La figlia di mia cugina."

Inarca un sopracciglio, lanciandole un’ultima occhiata curiosa prima che io accosti la porta e gli impedisca di soffermarsi troppo su di lei, sul suo viso. Prima che si renda conto di come è perfettamente nostra.

"Ma non sei qua per tergiversare su una bambina, giusto?"

Mi guarda serio. "No."

"E allora dimmi che sei venuto a fare."

"Io… ero preoccupato, te l’ho detto!" ripete di nuovo arrabbiato. "Ma immagino che tu non voglia l’aiuto di nessuno, giusto? Hai deciso di liberarti di noi, se ci riesci facendoci più male possibile. Adesso che mi ci fai pensare, concordo con te che la mia presenza qua è abbastanza inutile."

Sento un inimmaginabile impeto di rabbia nei suoi confronti.

È mai possibile che non capisca, che non si renda conto che ho un bisogno fisico di prendermi una boccata d’aria per capire che cosa voglio davvero, autonomamente, senza essere influenzata da legami affettivi di nessun tipo?! Forse, anzi di sicuro, presto mi renderò conto che in realtà ho già tutto quello che voglio; capirò che desidero semplicemente stare con lui, essere la solita equilibrata Hermione, svolgere un comunissimo lavoro obbedendo a un capo stronzo, vivere in una stupida casa con il giardino e avere una bella famigliola felice, cane incluso.

Ma devo averne la certezza e, adesso, questa certezza mi manca.

"Ci sei arrivato" replico fredda.

"Però potevi essere più esplicita, così avremmo entrambi perso meno tempo illudendoci di avere qualcosa a che fare l’uno con l’altra."

"Ron, io non sto dicendo che non ho nulla a che fare con te! Solo…"

"Sì, invece!" mi interrompe, alzando un po’ la voce. "Sì che lo stai dicendo! Non fai altro che ripetere che non dobbiamo controllarti, che non dobbiamo preoccuparci per te e che non ti serve il nostro aiuto. Che non ti serve l’aiuto di nessuno!"

"Ma non è così… ho solo bisogno di capire che cos’è che davvero voglio, e devo farlo da sola!"

Anche io adesso sto urlando, decisamente su di giri. Era un sacco di tempo che non ci lanciavamo in confronti violenti come questo, forse perché le cose tra di noi si sono complicate inevitabilmente in questi ultimi tempi.

Da ragazzini ci mancava il coraggio di avvicinarci troppo, e allora lottavamo per sfogare altrimenti quello che ci attraeva l’uno verso l’altra; adesso il coraggio di avvicinarci lo abbiamo trovato eccome, ma l’essere vicini con il corpo sforzandosi di tenere lontana la mente non semplifica affatto le cose.

Mi squadra freddo per qualche istante. "Puoi anche farlo senza rinfacciare ai tuoi amici il fatto di volerti bene."

"Io non rinfaccio niente!"

"INVECE SI’!"

Il mio cervello, in questo preciso momento, registra la porta aprirsi ma non ci faccio consapevolmente caso.

"…Che bello, è arrivato pap…"

"SMETTILA, RON!"

La mia voce furiosa ammutolisce Emma prima che possa salutare Ron chiamandolo papà. Entrambi ci voltiamo verso la bambina, che adesso ci guarda immobili.

"Perché gridate? Voi non dovete litigare…" ci dice piano, con la voce tremolante.

"Tesoro, noi non litigavamo…" provo a rassicurarla inginocchiandomi vicino a lei. Ron guarda stupito me e Emma, che nel frattempo si è aggrappata alla sua gamba.

"Sì invece! Gridavate tanto, e non dovete, la mamma e il papà non devono litigare…"

"Mamma e papà?" mi domanda allibito, un po’ stridulo e di sicuro confuso. Merda, devo rimediare.

"I suoi genitori stanno divorziando, litigano di continuo…" improvviso, staccandogliela di dosso e prendendola in braccio per rassicurarla. "Sarà la forza dell’abitudine. O magari è andata per associazione di idee, che ne so."

Lo vedo inarcare un sopracciglio davanti a una spiegazione obiettivamente debole, ma che dopotutto è più plausibile di quella che è la realtà.

"Che cosa?! Hermione ma cosa cavolo…"

Mi parla, ma nonostante ciò vedo che non scolla un secondo gli occhi dalla bambina, il che mi fa tremare di terrore.

Ora lo capisce. Ora, non so come, lo intuisce. Lo percepisce a pelle.

Ma è assurdo. Non è che uno vede una bambina che lo incuriosisce, fa due più due e dice: ‘t’oh. La mia futura figlia sbucata da chissà dove e chissà quando.’ Oppure, ‘ecco la figlia che una ragazza mi tiene nascosta da cinque anni e che non so come ho concepito!’

Mi rivolgo ancora a Emma. "Piccola, i grandi a volte si arrabbiano un po’ e urlano, ma non devi preoccuparti, capito? Poi fanno pace… vieni, ti do un succo di frutta" lei annuisce un po’ indecisa e prego che non dica niente di compromettente riguardo Ron.

"All’albicocca, come mi piace tanto e come mi compra sempre papi?" chiede mentre entriamo in cucina, guardando me e poi Ron che appare ancora più perplesso.

"Sì, all’albicocca" le sorrido dandole da bere. Poi alzo occhi verso di lui, che dalla porta continua a fissarla con un’espressione strana, stordita.

"Hermione, lei è così… sembra così… e ha detto…"

"Così come?" lo incalzo, costringendolo ad allontanarsi per non osservare Emma, cosa che non ha smesso di fare un secondo. "Cosa vuoi che abbia detto, è solo una bambina…"

"Niente" risponde dopo qualche attimo, evidentemente tornato razionale. "Niente, lascia stare."

"Credo che dovresti andartene, adesso" bisbiglio piano, con cattiveria, per difendermi nel modo più semplice ma anche più dannoso che potessi scegliere. Attaccando.

"E’ la tua ultima parola?" mi sfida, con una punta d’amarezza nella voce.

"Sì."

Sento la risposta uscirmi dalla bocca come se fossi un’altra persona. Fredda e distaccata, forzatamente indifferente.

"Ottimo. Stai tranquilla, non interferirò mai più con la tua vita. Medita pure su quello che vuoi."

Gira i tacchi e esce con una calma impressionante. E in questo preciso istante capisco che non voglio vederlo andare via in quel modo, non lo sopporterei. Saranno anche poche, le certezze che mi sono rimaste, ma tra di esse c’è la consapevolezza che Ron non deve uscire così dalla mia vita: lui è parte integrante, della mia vita.

"Ron…" cerco di richiamarlo con voce debole, ma lui mi ignora. "Ron, dai aspetta; mi spiace io…"

Si gira un’ultima volta cupo e, soprattutto, pericolosamente calmo.

"Ti ho aspettato abbastanza, Hermione, ora mi sono sinceramente stancato dei tuoi comodi, e di essere schiacciato. Tolgo il disturbo."

Richiude la porta alle sue spalle e io ci crollo sopra.

Stupida. Sono una stupida, stupida, stupida.

Ginny aveva ragione, mi sto ostinando a fare quello che credo di volere, non quello che voglio davvero e che mi fa stare bene. Mi porto le mani alla testa.

Io voglio lui, lo so, ma…

Emma spunta dalla cucina canticchiando.

"Dov’è papi?"

"E’… uscito un attimo."

"Ma non mi ha nemmeno dato un bacino… e non mi ha fatto fare la trottola pazza e schizzata!" protesta indignata.

Già me lo immagino Ron, prendere in braccio questa bimba e farla volteggiare in aria come una trottola per divertirla. Sono sicura che io gli strillerei tutto il tempo di stare attento, che è una bambina e non una pluffa, e loro se la riderebbero alle mie spalle.

"Dai, tra poco torna…" mento, andandole incontro. "Colazione?"

La guardo annuire e le sorrido, ma il retrogusto è amaro sul palato.

Questa volta non torna, lo so. Ho davvero finito di toccare il fondo, anche con lui, e tutto perché mi ostino a fingere di non avere bisogno di chi mi vuole bene.

Ma posso benissimo cavarmela da sola.

Me lo ripeto mentre guardo questa bambina che solo io e Ron vediamo, e mi domando come posso risolvere questa situazione. Me lo ripeto quando, con una punta di amarezza, ripenso alle sue parole, a quel suo freddo e lapidario ‘tolgo il disturbo’. Me lo ripeto quando dopo pranzo mi accorgo che Emma si è appisolata, e la porto a letto stendendomi poi accanto a lei.

Me lo ripeto mentre la osservo dormire, col cuore gonfio di un sentimento difficilmente esprimibile a parole, prima di scivolare a mia volta nel sonno.

~

"Tu non mi vuoi."

Mi guarda seria, con una serietà che poco si addice a una bambina della sua età.

"Ma certo che ti voglio, piccola… che domande fai!"

"Mi stai lasciando andare via."

Io mi guardo attorno, non capisco dove mi trovo, né quando. Mi prende per mano, mi trascina da qualche parte e io continuo a non capire. Ma lascio che lei mi guidi, sorprendentemente tenace.

"Guarda."

Indica un punto alla mia destra, le lascio la mano e seguo con lo sguardo la direzione del suo braccio alzato. Ci sono tre figure, e anche se sono lontane riconosco in loro me stessa, Ron e Emma seduta sulle sue spalle, un po’ più piccola, che non sembra voler star ferma.

"Mamma!" mi sento chiamare e mi volto; adesso oscilla su di un’altalena alle mie spalle e ride. Si spinge piuttosto in alto.

"Rallenta!"

"Perché?"

"Rischi di cadere, di farti male!"

"Ma io non esisto più, mamma. Non posso farmi male… guarda, ci siete di nuovo tu e papà. Quella in braccio a te sono io? Ero davvero così piccola?!"

Volgo di nuovo altrove la mia attenzione e mi avvicino, quasi timorosa. Sono in un letto di ospedale e tengo in braccio un neonato (neonata. Lei). Ron è seduto al mio fianco e dice qualcosa che mi fa sorridere, mi accarezza una guancia, poi lascia che la bimba gli stringa appena la manina attorno un indice, emozionato. Non riesco a sentire cosa stiamo dicendo, ma sorridiamo entrambi guardandola. Siamo felici da far venire il voltastomaco. Possiamo davvero esserlo, dunque?

"Io volevo solo indietro la mia mamma, ma mi hai lasciata lo stesso" mi dice Emma di nuovo al mio fianco, facendomi trasalire.

"Cosa… cosa significa?"

Mi guarda silenziosa, spalancando quegli occhioni blu scuro.

Poi le immagini cambiano di nuovo, in rapida successione stavolta, così veloci che in parte mi sembra quasi di viverle.

Io che stramazzo su di un letto borbottando qualcosa, scalciando via dai piedi un paio di odiose e dolorose scarpe decoltè, e facendo ridere Ron di gusto con le mie lamentele. Una fede che scivola lungo il mio anulare sinistro. Un pollice che mi asciuga una lacrima, seguito da un bacio. Un medico che mi mette tra le braccia un fagotto che piange. Io che urlo e sbatto una porta. Un altro bacio e una mano che scorre sensuale sotto i pantaloncini di un pigiama, al buio di una stanza che non è (ancora?) la mia.

"Alla fine hai scelto…" mi dice malinconica.

"Scelto?!" esclamo. "Io non ho scelto nulla! Io…"

"Dipendeva tutto da te, ma non mi vuoi, e non vuoi papà."

Mi volto di nuovo. Non vedo più Ron, né Emma. Sono seduta ad una scrivania e rido con un uomo che non conosco. Lo vedo che si avvicina, mi stringe, mi bacia. Poi siamo in un appartamento che non è il mio. Dico qualcosa, osservo come lui mi guarda per qualche istante prima di voltarmi le spalle con un’indifferenza sconcertante. Una porta che sbatte, l’ennesima.

Mi porto dietro questa versione di me stessa, che ora stringe tra le mani una foto.

"Hermione!" mi chiamo, ma lei, cioè io, non sente nulla. Mi vedo guardare impassibile una foto scattata assieme a Ron e Harry poco tempo dopo la morte di Voldemort, abbracciati e sorridenti.

Conosco questa foto, la porto sempre con me. Infilo una mano in tasca, ed infatti è lì! La stringo tra le dita a mia volta, fissandola.

Poi un presentimento.

"Emma!"

Ma sono sola in mezzo al nulla. "Emma!" ripeto, inutilmente. Lei non c’è, ho lasciato che uscisse dalla mia vita senza muovere un muscolo.

"Emma!"

Niente.

"Emma…"

"Emma!" mi sveglio di scatto, la fronte è imperlata di sudore, a giudicare dalla luce al di fuori dalla finestra comincia a imbrunire. Non oso voltarmi di lato, perché so che lei non c’è più, esattamente come nel mio sogno. Lo sento, o meglio sento la sua assenza ancor prima di vedere le lenzuola stropicciate ma nessun corpicino sopra di esse.

Il panico mi investe come non pensavo nemmeno fosse possibile.

"Emma! No…" esclamo alzandomi di scatto; giro per la casa in lungo e in largo e la chiamo. "No, piccola… non te ne sei andata…"

So benissimo che è un comportamento irrazionale, che non la troverò da nessuna parte. Lei non doveva trovarsi qua, non aveva senso la sua presenza ed è normale che non ci sia.

Ma mi sento lo stesso pervasa dal terrore, dal panico; finché non sprofondo nel divano, rassegnata. E se mi fossi immaginata tutto?

Ma lui la vedeva… o mi sono immaginata anche quello? Sono davvero impazzita, che non riesco più a distinguere cosa è reale da cosa non lo è?

Poi, sul pavimento, riconosco un disegno che aveva fatto qualche ora prima: è reale, consistente. Lo tocco, lo guardo. Mi fa male stringerlo tra le mani, sapendo che è l’unica cosa che mi resta di lei. Mi sento vuota. Sola.

Emma è piombata nella mia vita nell’esatto momento in cui ho deciso che Ron non avrebbe dovuto farne parte; rinunciare a lui avrebbe voluto dire rinunciare a tutte le cose che avremmo condiviso.

Come Emma, nostra figlia.

Come tutti i momenti che ho visto in quel sogno così vivido e reale; quasi fossero i ricordi che non ho ancora vissuto, e che non potrò più vivere.

Non ci saranno lamentele per un paio di scarpe che mi fanno male.

Nessun Ron mi farà mai scivolare nessun anello lungo il dito.

Nessun guaritore mi metterà tra le braccia la mia bambina.

Scuoto la testa.

È come se lei mi avesse cercata un’ultima volta prima che la cancellassi definitivamente dalla mia vita. Con la sua presenza, ho avuto una seconda chance per capire a cosa avrei rinunciato e se davvero lo volessi, ma non ho fatto nulla per tornare sui miei passi, troppo presa da me. Sorda, cieca.

Ora mi rendo conto di come ogni nostra azione, anche la più insignificante, influisca pesantemente sul nostro futuro, anche se ci sembra già scritto.

Ora non vedo più un destino già deciso per Hermione Granger.

Ora, davanti a me, non vedo assolutamente nulla. E la cosa mi spaventa a morte.

Poso il disegno, e mi porto le mani alla testa. Il retrogusto amaro sul palato non accenna ad andarsene.

Ho le mani bagnate. Piango, forse?


Sono tornata presto e ho pensato di aggiornare. Lo so, non ci sto tutta con la testa.

SPROLOQUIO FINAL/ESPLICATIVO:

Capitolo un po’ amaro. D’altronde era la mia idea iniziale e forse ha tardato fin troppo ad arrivare. Emma mi mancherà ;_; ma se mi fossi dilungata troppo, mi sarei fatta prendere la mano uscendo da quella che era la mia idea di partenza. E preparatevi che nemmeno nel prossimo si ride. Lettore avvisato…

Credits: ok, diamo a Cesare quel che è di Cesare. L’idea della figlia che sbuca dal futuro e poi scompare perché il corso degli eventi cambia, mi è venuta guardando ‘Ritorno al futuro’, che tra l’altro è uno dei miei film preferiti^^.

Ad ogni modo, un saluto ai chi legge questa storia, a chi l’ha inserita nei preferiti (grazie^^), a chi la segue con costanza e in particolare a chi lascia le sempre ben accette recensioni:

robby (beh, immagino che tu l’abbia capito… non era proprio un mistero, no? grazie della rece!), Karmygranger (acidi, eh?! In effetti…^^ no dai, innanzitutto non c’è Neville, il pusher ufficiale –sono troppo una veggente, comunque. Altro che Sibilla-. Poi per gli acidi ci sono le mie amate parodie! Lì si che si sfogano con sostanze di varia provenienza… XD), EDVIGE86 (grazie per i complimenti ^^, sono contenta che ti piaccia la storia e che la trovi originale. ormai si è già letto di tutto di più, e io mi ci butto nello scatolone del ‘già letto’. ma è inutile, dopo un po’ che non scrivo mi prudono le dita… ah, grazie anche per i commenti alle altre mie storie!), Hermionina (davvero ti ho incuriosita? Wow! Spero che ora sia un po’ più chiaro! Adesso però tocca a lei darsi una scossa…), Daewen (ciao! Spero non averti delusa, visto che ti eri fatta una tua idea – di sicuro esatta, non sono un genio con gli intrighi- Che ne dici di questo cap? Se tu ti sfoghi a leggerla, pensa io a scriverla! Un giorno ero incazzata col mondo e l’ho pensata… ^^’), soni67 (abbiamo tutte dei periodacci, ed è proprio così che è nata questa storia. Ero incazzata, avrei mandato al diavolo chiunque, e mi sono sfogata! Per quanto riguarda la storia, ti ho un po’ chiarito le idee? Ciao).

ma adesso credo che andrò a dormire… Thanks!

Goldfish.

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Capitolo 8
*** Se solo tutto fosse così facile ***


prova

8 – SE SOLO TUTTO FOSSE COSI’ FACILE

Dicono che capiamo davvero di tenere a qualcosa nel momento in cui quel qualcosa ci viene tolto. Ed è vero, maledizione.

Ron è sempre stato una costante della mia vita: mi rendo conto solo adesso di non aver mai nemmeno considerato possibile l’ipotesi contraria perché, nonostante le nostre infinite liti, eravamo entrambi consapevoli di come nulla avrebbe spezzato facilmente il sottile filo che ci teneva indissolubilmente legati l’uno all’altra. Ne avevamo passate troppe, io lui e Harry.

Il mare è bagnato, i miei capelli sono crespi e Ron c’è. A che servono ulteriori spiegazioni? È scontato!

Ma spesso, a dare le cose per scontate, si rischia di perderne di vista l’effettiva importanza; per rendersene conto quando ormai è troppo tardi.

Lui era vitale per me, Dio sa solo quanto. E se solo non fossi stata così stupida da allontanare tutte le persone che mi vogliono bene per capriccio, adesso non mi piangerei addosso come un’adolescente sui gradini del porticato di casa mia.

Non avrei sbattuto la porta in faccia a lui e a tutto quello che avremmo condiviso, come Emma.

Cielo, ma come ho fatto ad essere così ingenua?! Era palese il significato degli eventi assurdi che mi sono successi in questi due giorni.

"Hermione! Tesoro, che ci fai qua? È tutto a posto?"

Alzo la testa un secondo, i miei genitori stanno scendendo dalla macchina, evidentemente sono tornati dalla Scozia prima del previsto. Ero così presa dalle mie considerazioni che non mi ero nemmeno accorta di una macchina che stava arrivando. In fretta mi passo le mani sul viso, come per riassestarne la normale espressione, e mi avvicino.

"Mamma! Papà!" li saluto con enfasi. Li abbraccio e li bacio entrambi, era un sacco di tempo che non li vedevo.

"Cosa ci fai qua? Va tutto bene?" ripete mia madre, preoccupata da questa mia presenza imprevista. Ripensandoci, non mi facevo vedere da un sacco di tempo, troppo presa da… da troppe cose.

"Sì, sì…" la rassicuro con un sorrisetto forzato. "Tutto a posto. Volevo solo fare un passo, ma mi ero dimenticata che non c’eravate."

Ma da come mi guarda mia madre, sono perfettamente consapevole che lei ha capito che non è tutto a posto. Primo, perché non so raccontare palle. Secondo, perché è mia madre. Ma ha il buon gusto di credermi, o per lo meno assecondarmi.

"Paul, porta i bagagli in casa!" ordina a mio padre.

"Aspetta, lascia fare a me…" intervengo prendendo la bacchetta per risparmiargli la fatica, ma mia mamma mi blocca.

"Oh, un po’ di moto non può fargli che bene. Vero?! Ma su, Hermione, entriamo! Lo sai che ti stanno bene i capelli?" e così seguiamo mio padre in casa. Lui borbotta qualcosa di incomprensibile trascinando i bagagli, mia mamma lo ignora e io sorrido spontaneamente nel constatare da chi ho ereditato il mio celebre cipiglio. E dal realizzare quanto mi siano mancati, di questi ultimi tempi.

"Mi dici che cos’hai?" mi chiede mia mamma, approfittando della momentanea assenza di mi o padre.

Ecco, la cena dai miei era stata qualcosa di insperatamente felice, una parentesi positiva in questa giornata da incubo. Per un attimo mi sono persino scordata di essere impazzita, aver mandato al diavolo diverse persone, non avere più un lavoro e aver distrutto un futuro potenzialmente felice nell’arco di qualche settimana.

Ero tornata una spensierata ragazzina che cena coi genitori, e adesso mia madre se ne esce con questa domanda a bruciapelo.

"Niente, te l’ho detto" ribadisco, molto poco convincente.

"Hermione, ti conosco abbastanza per capire che qualcosa ti ha scombussolata. E poi ti sei tagliata i capelli."

"E con ciò?"

"L’ultima volta che l’ho fatto io, ero convinta che tuo padre avesse una relazione con la nostra assistente alla poltrona. Poi non era vero, ma io ormai avevo già contattato l’avvocato…"

"Carol?!" esclamo. "E’ per quello che ha improvvisamente cambiato lavoro, mamma?!"

Un ghigno perfido ed eloquente mi fa capire che la risposta è affermativa. Cielo, non avevo mai immaginato mia madre in questa veste di sterminatrice di rovina famiglie, vere o presunte. E la cosa mi fa ridere da pazzi, come non mi succedeva da un sacco di tempo. Ridiamo entrambe, finché non è di nuovo lei a interrompermi.

"D’accordo, so che non vuoi parlarne e mi sta bene. Era solo per dire. Caffé?"

"Non è che non voglia, ma…" rispondo titubante, mentre afferro la tazza che mi porge.

"Non c’è problema, davvero. Poi non avremmo neanche tanto tempo, è già un quarto d’ora abbondante che tuo padre litiga con i gestori della linea telefonica, non so per quanto ne abbia ancora."

Osservo in silenzio il caffé nero nella tazza per qualche minuto.

"Hai mai pensato a come sarebbe stata la tua vita, se non avessi fatto le scelte che hai fatto?" chiedo improvvisamente, alzando lo sguardo verso di lei.

"Mi chiedi se ho dei rimpianti?"

"Non proprio. Intendo solo se ti capita mai di pensare dove saresti adesso, cosa faresti, con chi… se magari avessi scelto un’altra strada"

Mi sorride.

"Adesso sono vecchia e il mio pensiero principale sono le rughe e la ricrescita ma…" fa un piccola pausa, per riacquistare serietà. "Certo che mi è successo. Capita a tutti, in continuazione. Che sarebbe successo se invece di studiare da dentista e conoscere tuo padre avessi scelto di lavorare nella ditta del nonno? O se avessi perdonato Tim O’Connell – tu non immagini nemmeno che gran pezzo di irlandese fosse - per avermi messo le corna? O se tuo padre non avesse avuto il coraggio di piantare per me la sua fidanzata a due mesi dal matrimonio? Ma sai a che conclusione sono arrivata?"

La guardo curiosa, non sapevo tutte queste cose su di lei. Scuoto la testa.

"Tesoro, pensare ai ‘se avessi’ o ai ‘se magari’ equivale a prendere il proprio tempo e buttarlo nel cesso."

"Mamma!"

"Che c’è? Non hai più cinque anni, credi che di norma io dica caspiterina?!"

Sono alquanto perplessa, non ho mai parlato così apertamente con mia madre. Peccato.

"No ma…"

"Non perdere tempo a pensare a quello che non hai fatto e che avresti dovuto fare, o viceversa. È inutile. Pensa invece a come ottenere quello che vuoi."

Faccio uno sforzo immane per contenere le lacrime traditrici, non so perché ma questi discorsi schietti fanno vacillare la mia compostezza. È come un faccia a faccia con le proprie debolezze, rimandato ormai troppo volte.

"Potrebbe essere troppo tardi, potrei aver fatto la cazzata definitiva."

"Oh, cielo, mia figlia è più catastrofica di quanto pensassi. Se a venticinque anni parli così, alla mia età sei bella che spacciata!"

"No, mamma, dico davvero perché…"

"Hermione, stammi a sentire" mi zittisce. "Non esistono vicoli ciechi, nella vita. Io non ho mai creduto alla storia del treno che passa una volta e poi si è belli che fregati… Se vuoi davvero qualcosa, allora fai di tutto per ottenerlo: non importa come, fallo e basta. Magari ti ci vorrà un po’ più di tempo, ma non bisogna scoraggiarsi."

Al diavolo. Mi posso permettere due occhi lucidi con mia mamma.

"E poi chi lo sa cosa incontri durante il cammino? La vita è una continua sorpresa." Mi passa una mano sulla testa e mi sorride, riuscendo a rassicurarmi come solo lei è capace. "Ma adesso asciugati la faccia che ho sentito tuo padre mandare a quel paese l’operatore. Tra poco sbucherà in cucina violaceo e imbufalito."

Rido, e mi sento improvvisamente più leggera.

Se solo fosse tutto così facile.

~

"Ron, apri questa cazzo di porta!"

Meno di un’ora dopo mi sono catapultata a casa di Ron: so perfettamente che lui è dentro e che sta facendo finta di non sentirmi.

Il discorso di mia madre mi ha dato una nuova grinta. Ora so cosa voglio e farò tutto per ottenerlo! Se solo lui fosse meno testone… e se non venisse giù pioggia a secchiate. Mi sposto i capelli bagnati appiccicati alla fronte e ricomincio a bussare.

"Ron! Diluvia, sono fradicia e se mi becco una polmonite con complicazioni mi avrai sulla coscienza, perché io non mi schiodo di qua!"

E finalmente la porta si apre. Lui mi guarda un attimo, poi mi dà le spalle e io lo seguo in casa.

"Ron…"

Si volta di scatto.

"Cosa vuoi, Hermione?"

La sua freddezza è come una pugnalata nello sterno. Non l’ho mai sentito così distante.

"Io ho fatto una cazzata dietro l’altra, lo so…"

"E ora hai deciso che non dovevi e pretendi di averci tutti indietro, ai tuoi ordini."

Non è una domanda, la sua. Mi passo le mani sul viso per asciugarmi dalle gocce di pioggia. Mi avvicino lentamente a lui, che è immobile appoggiato allo stipite della porta della cucina

"No… io non voglio nessuno ai miei ordini…"

"Strano, mi sembrava."

"Ho sbagliato, d’accordo? Ho sbagliato e sono stata una vera stronza."

"Sono d’accordo. Hai finito?" mi si avvicina con un asciugamano, me lo mette tra le mani con stizza e si allontana dandomi le spalle. Non tollero di venir trattata così.

"NON HO FINITO!" urlo, sbattendo per terra l’asciugamano. Gli afferro un braccio con prepotenza e lo obbligo a guardarmi. "Ma dico, non è possibile avere un momento di incertezza nella vita?!" sbotto furibonda. "Forse non dovevo, e ti chiedo scusa anzi la chiedo a tutti, ma adesso so quello che voglio! Voglio te, dannazione!"

Si scolla con prepotenza la mia mano di dosso.

"Adesso mi vuoi, bene. Ma se nel frattempo avessi riflettuto anche io, Hermione?!" mi urla in faccia, arrabbiato. "Se avessi deciso che è il mio turno di capire che cosa voglio, da solo?!"

"No, Ron, tu vuoi solo rinfacciarmi che…"

"Che cosa?! Che ti sei presa la libertà di coinvolgere tutti nelle tue crisi di rabbia e vomitarci addosso una cattiveria dopo l’altra?!"

"Lo sai che io non pensavo quelle cose…" dico piano, con una smorfia e il più possibile controllata, nonostante lui mi punti addosso un indice accusatorio.

"Non lo so Hermione, le hai dette, perciò devi averle pensate almeno una volta. Ma a parte questo… chissà, magari mentre eri tanto impegnata a riflettere sui massimi sistemi, ho capito che avevi ragione, che tra di noi era tutta un cazzata e che non fai per me."

"No…" bisbiglio, "Non è possibile."

Noi abbiamo una vita da vivere, assieme. Siamo felici, lo so, l’ho visto. Possiamo esserlo davvero.

"NO?!" ribatte, così forte che sussulto. "Cioè, fammi capire, credi di poter decidere anche per gli altri?! Che debbano essere tutti sull’attenti, pronti ad assecondarti?"

Non so che dire, non mi aspettavo questa reazione. Certo non pensavo che mi accogliesse a braccia aperte, ma nemmeno questo. Stringo gli occhi, con una smorfia.

"Anche tu la vedevi…" bisbiglio impercettibilmente, scuotendo la testa.

"Cosa hai detto?"

Alzo lo sguardo e lo fisso negli occhi, che mi ricordano così tanto quelli di un’altra persona.

Lui vedeva Emma. Ne va anche della sua vita, anche la sua felicità dipende da noi, non si tratta solo di me.

"Non pensi davvero queste cose" dico piano, tremolante. Gli porto una mano alla guancia e lo accarezzo. Si allontana con uno scatto irritato, ma non smette di guardarmi. Allungo di nuovo la mano verso di lui, e questa volta mi lascia fare, ma è sempre impassibile e teso.

"La vedevi…" ripeto piano, prima di poggiare le labbra sulle sue, in bacio umido di pioggia.

Inizialmente non muove un muscolo ma poi, dopo poco, sento che comincia a rispondere al bacio. Dapprima titubante, diventa presto sempre più profondo e intenso nell’aggredire la bocca. Colmo di qualcosa molto simile alla rabbia. Si sfila la maglia, mi afferra per i fianchi e mi spinge con insistenza verso il tavolo della cucina, in modo che mi ci possa sedere sopra.

Rabbia. Perché quello che mi trasmette in questo momento è una rabbia incontrollata? Piacevole, certo, ma pur sempre rabbia. Non che ci sia qualcosa di sbagliato in quello che sta succedendo, anzi, ma mi sembra che non sia lui. Non completamente per lo meno.

"Ron…" gli mormoro ad un orecchio staccandomi leggermente. Lui mi ignora e mi infila le mani nei pantaloni ormai sbottonati. Ma per quanto sia estremamente vicino, in questo momento, sento che è lontano come non mai.

"Ron!" cerco di distrarlo ancora, ma con poca convinzione, adesso. Anche la mia determinazione, in simili momenti, è messa a dura prova.

"Cosa c’è!" sbotta esasperato, smettendo per un attimo di baciarmi ogni centimetro di pelle libera.

Sto per aprire la bocca, ma la richiudo immediatamente. Ora come ora, se mi fissa in questo modo, non sono più sicura di niente. Preferisco limitarmi a finire di sfilarmi la camicia e stringerlo a me, intrappolandolo con ancora più forza tra le mie gambe, sempre seduta sul tavolo.

Ma non avevo visto male, prima.

~

Ora non prendetemi per superficiale, ma sono stata zitta e ho concluso quello che avevamo iniziato giusto perché ormai aveva le mani infilate nei miei jeans; e con tutta la buona volontà… ma avrei voluto farcela, a dirglielo.

A dirgli che non era lui, a baciarmi, e me ne ero accorta. Almeno non lo avrei sentito dire quelle cose dopo.

"Ron, prima…" attacco, cercando di rompere il silenzio.

"Non dire niente, Hermione."

Mi volto scioccata verso di lui; smetto anche di riallacciarmi la camicia, tanto.

"Cosa…"

"Volevi la tua scopata distensiva, no? Pronti. Devo dire che non è stato male… se ti serve un altro aiuto fammi in fischio."

Mi viene da vomitare. Vorrei urlare e prenderlo a calci e pugni. E poi prendermi a schiaffi da sola.

"St… stai scherzando, vero?" balbetto. "Noi abbiamo… tu parli così perché sei ancora arrabbiato, ma…" mi avvicino a lui, che però arretra e mi guarda ancora più torvo, se possibile, con gli occhi stretti in una smorfia.

"Non sono arrabbiato. Se ci tieni a saperlo, ora come ora mi sei totalmente indifferente."

Sciaff.

Non sono una tipa da schiaffi, io. Non ho mai creduto che risolvessero qualcosa, ma sinceramente adesso non ho potuto farne a meno.

Lo guardo posarsi un palmo sulla guancia che gli ho colpito, e dopo qualche secondo, senza che nessuno dei due aggiunga altro, prendo le mie cose e esco di casa. Non sbatto nemmeno la porta, non se lo merita.

Fuori ha smesso di piovere. Questo fatto mi irrita, perché così non posso nascondere le lacrime tra le gocce di pioggia.


*non ricordavo i nomi dei genitori di Hermione. Ho improvvisato… boh?*

Ok, non sparatemi. Giuro che adesso si può solo risalire da questo vortice vizioso di capitoli da depressione! Devo smetterla con le soap opera ^^!

Però spero di non aver deluso, stufato o nauseato nessuno con questo capitolo… ammetto che mi è piaciuto molto scriverlo, anche se non è comico come sempre.

Passando ai ringraziamenti:

un bacio e un grazie con relativo rossore di guance per i complimenti a hermron, Daewen, ninny, EDVIGE86 (mi hai letto nel pensiero con il commento! non so se hai notato la prima frase... eheh), robby, karmygranger, Hermionina, funnynurse (ma bentornata! Dai, se non ricordo male hai i tuoi motivi per essere stata ‘impegnata’… -_^ un bacio e grazie della rece!).

Un saluto a tutti, i vostri commenti mi rendono sempre molto contenta… mi fa piacere se la mia umile storiella piaccia!!

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Capitolo 9
*** Dal principio ***


prova

9 – DAL PRINCIPIO

Ecco, adesso piazzatemi pure un destro ben assestato qua, sullo stomaco, e poi infierite pesantemente sul mio corpo agonizzante con calci e pedate. Tanto ormai sono anestetizzata, mi fareste poco più di un vago solletico, ah.

"Ora come ora mi sei totalmente indifferente."

Colpita e affondata, Ron.

Ho sempre avuto l’ultima battuta con lui, ma devo dire che la prima volta che è riuscito ad averla vinta mi ha messa al tappeto, con poche ma estremamente chiare parole.

Avrei preferito che mi riversasse contro tutto il suo rancore e le sue frustrazioni (come avrei fatto io, visti i miei trascorsi). Lo avrei compreso se mi avesse mandata al diavolo (sì, appena dopo aver fatto sesso, non mi importa) e se mi avesse classificata come una stronza egoista e manipolatrice.

Avrei potuto sopportare tutto, persino il suo odio. Ma l’indifferenza, l’idea di non suscitare in lui nemmeno il disprezzo mi uccide; e per quanto mi ripeta che non è vero, che ha mentito per ferirmi, la cosa non mi fa stare meglio.

È tutta colpa mia. Con i miei capricci e le mie pretese, sono riuscita in poche settimane ad respingere chi mi ama, a cancellare una vita passata assieme e privarmi di un futuro che mi sarebbe anche potuto piacere.

Stizzita, mi infilo le mani in tasca e accelero il passo; non so ancora di preciso dove andare, ma di certo questa grossa X che è la mia destinazione si trova molto lontano da qua.

Poi lo tocco, mi ero totalmente dimenticata che fosse ancora infilato nei miei jeans. Lentamente tiro fuori il disegno spiegazzato di Emma, che è rimasto tutto questo tempo nella mia tasca.

Caspita, ritrovarselo per le mani adesso è un colpo basso! Osservo questo schizzo infantile e non mi accorgo nemmeno che nel farlo sorrido, con le guance ancora umide.

"Una cosa è certa, Emma non diventerà mai una pittrice. I talenti artistici si vedono fin da piccoli…" bisbiglio nell’osservare un fiore alto come un casa e un cane che più che un cane potrebbe essere un tirannosauro, considerato che arriva al terzo piano. E che non riuscirebbe mai a entrare nella sua cuccia, alta al massimo quanto una sua zampa.

E lentamente il sorriso sfuma via, lasciando il posto ad un’incontenibile amarezza. Emma non diventerà mai un’artista. Emma non diventerà mai niente, resterà per sempre un disegno stropicciato e un ricordo che affievolisce.

Mi fermo di colpo e infilo il disegno in borsa.

"Eh no, cacchio! Non me ne sto!"

Non mi sono già dimenticata del discorso di mia mamma, la storia dei treni che passano e tanti saluti è una stronzata colossale. Siamo noi a scegliere. E se vogliamo qualcosa, allora dobbiamo fare di tutto per ottenerla: non importa se invece di una superstrada a quattro corsie per senso di marcia imbocchiamo una statale con un monopattino, perché l’importante è giungere a destinazione.

E adesso so da dove partire. Dal principio.

~

Una lama di luce illumina un momento l’ingresso di casa mia. Io, seduta sul divano al buio, mi stiro la faccia e inspiro forte ripetendo mentalmente il discorso che mi sono studiata. Mi sembra buono, l’ho scandagliato in ogni dettaglio.

Sento richiudersi la porta, così mi alzo in fretta e accendo le luci, senza nemmeno badare a quegli strani sospiri. O senza chiedermi perché Ginny non abbia acceso la luce, appena entrata.

"Gin, lo so che mi odi e hai ragione" comincio come un automa. "Ma non sono qua perché tu mi capisca, non lo pretendo e nemmeno lo merito. Voglio solo che tu sappia come… ODDIO!"

Mi blocco. Ero così presa da me che non ho visto lei. Con lui. Mi porto le mani agli occhi, disgustata, cercando disperatamente di pensare ad altro. QUALSIASI COSA!

"Scusate io non… oh porca, sono uno strazio… non ne faccio una giusta. Ma… adesso…"

"Hermione…"

"…Adesso vado e vi…"

"Herm…"

"… vi lascio sol…"

"HERMIONE! Levati quelle mani dagli occhi e guardaci, siamo ancora vestiti!"

Lentamente, faccio scivolare i palmi dagli occhi e sollevo con cautela le palpebre. Harry mi fissa decisamente rosso, ma anche un po’ compiaciuto (con se stesso?), mentre io vorrei essere inghiottita da un provvidenziale nel suolo. Ginny, appena dietro di lui, mi osserva con una faccia strana che non riesco ancora a decifrare.

"Ragazzi, mi spiace…" dico indietreggiando, lasciandomi cadere sul divano a peso morto. "Non immaginavo… non credevo. Oh, sono uno strazio."

Harry sogghigna e si avvicina a me. "Sì, sei uno strazio… ma è anche vero che non potevi immaginarlo."

"Non ne combino una giusta" pigolo depressa buttandomi con la testa su un cuscino. "Ero così presa da me stessa che non ho nemmeno pensato al fatto che anche voi avete le vostre vite, e non ruota tutto intorno a me."

Harry si volta un attimo verso Ginny, si scambiano un’occhiata eloquente, poi si rivolge ancora a me. "Ora sei esagerata… in effetti lo sei sempre stata."

"Cosa sono sempre stata, uno strazio? INVADENTE?!"

"No, sei sempre stata esagerata."

Lo fisso un attimo. "Harry… tu parli così perché sei uno dei pochi che non ha avuto l’onore di essere mandato al diavolo dalla sottoscritta. Ma per il resto sono stata un’ingrata con tutti quelli che hanno provato a aiutarmi. Tutti." Abbasso il tono di voce e indico la mia ex-coinquilina. "Chiedilo a lei…"

A quel punto, anche Ginny si avvicina. Non sembra arrabbiata, mi guarda con un sopracciglio inarcato e un’espressione pacata, neutra.

"Harry ha ragione. Sei esagerata…"

"E invece no!" la interrompo. "Tutti quelli che mi circondano si sono allontanati da me! è successo prima a lavoro, poi è stato il tuo turno, e infine il turno di Ron… e sono certa che presto sarebbe toccato anche a Harry."

"Hermione, noi non ci siamo allontanati. Hai fatto tutto da sola" osserva calma Ginny. "Ok, io e te abbiamo discusso pesantemente e ti avrei cruciata volentieri più volte. Ma sparire dalla tua vita per una discussione è troppo… tu sei scomparsa. Tu mi evitavi e non ti facevi più trovare comportandoti in modo assurdo. E in quanto a Ron…"

"Ron mi odia. Anzi, no" mi correggo, amareggiata. "Gli sono totalmente indifferente."

"Ron ti ama" interviene calmo Harry; Ginny scuote la testa in segno di assenso.

"Ne dubito…" vorrei raccontagli di stasera ma mi trattengo, non ci tengo a farmi del male da sola.

"Herm, conosco quel testone di mio fratello" interviene Ginny. "Lo sopporto da più di ventanni e se ti dico che è pazzo di te devi credermi… mi spiace, non ti invidio affatto."

La guardo pressando le labbra l’una contro l’altra.

"Ha chiaramente detto di non volerne più sapere di me. Era davvero arrabbiato, Ginny."

"Ron?! Il Ron che ogni tre cose che dice ne dimentica quattro?!" ridacchia. "Hermione, tu stai sopravvalutando mio fratello… vedrai che al primo accenno di una tua resa, casca come una pera cotta. Ciò non toglie che sei sempre in tempo a cambiare idea e pescare altrove, se vuoi ti presento qualc… ahia!"

Harry la zittisce con una gomitata, facendomi sorridere. Lei sta cercando di risollevarmi il morale infierendo sul fratello come ha sempre fatto, ma resto convinta che non sarà così semplice; non l’avevo mai visto così… così poco Ron. Però non glielo dico e sorrido appena.

"Mi sei mancata, lo sai, Gin?"

"Eh, lo so. Sono una che non si dimentica facilmente."

"Mi sono comportata come una ragazzina viziata."

"E pazza…"

"E pazza, sì. Ma ho deciso che adesso rimetterò tutto a posto, pezzo dopo pezzo. Ho cominciato stasera con te, chi mi ferma più?" sorrido.

"Anche io ti devo delle scuse, Hermione. Sono stata troppo invadente nel dirti cosa è giusto e cosa è sbagliato, non ne avevo il diritto."

"Però avevi ragione…"

"Beh, che c’entra, sono comunque stata una prepotente che non sa farsi i fatti propri."

Adesso non servono più parole. Mi basta sorriderle semplicemente, per capire che possiamo davvero tornare sui nostri passi. Basta volerlo. Poi poso lo sguardo su Harry e mi torna in mente quello stavano facendo… e non riesco a trattenere un ghigno.

"Ma voi due…" attacco maliziosa.

"Un passo alla volta avevi detto, eh?" mi interrompe Ginny nel tentativo di cambiare discorso. "Ottimo. In camera tua c’è una montagna di lettere ministeriali che ti aspetta…"

Avverto come uno strano senso di nausea a sentir parlare di lettere del Ministero, persino il colorito rossastro di Harry passa in secondo piano.

Con una smorfia, mi sdraio sul divano. Rimettere a posto i cocci della mia vita, certo. Ma non è che debba sistemare proprio tutto, giusto? Insomma, se magari riesco a rinnovarmi un minimo…

"La sapete una cosa?" osservo pacata.

"Cosa?"

"Quel lavoro mi faceva schifo, la mia sfuriata al Ministero è stata il momento più bello di tutta la mia vita e non intendo rimangiarmelo."

Tutti e tre scoppiamo a ridere.

Un passo dopo l'altro, è così che si arriva alla vetta.

~

Bene, un passo alla volta. A domani le indiscrezioni su Harry e Ginny, adesso pensiamo a me. Onestamente, alla vista della pila di lettere che Ginny ha conservato mi sento alquanto nauseata. Seduta a gambe incrociate sul mio letto, sfoglio velocemente la valanga di spazzatura che mi è arrivata assieme alle missive del mio reparto, che chiedono chiarimenti.

No, anche quelle fanno parte della spazzatura.

"A quanto pare il mio show ha avuto una certa cassa di risonanza" mi dico, osservando le più impensate lettere che mi sono stata recapitate.

‘Hermione, ho capito che ho bisogno di una donna di polso, una come te. Mi hai colpito, stimo moltissimo le ragazze che non si fanno mettere i piedi in testa e che sanno quello che vogliono. – Alex, dipartimento per la cooperazione magica.’

"Alex. Quasi quasi la conservo, non si sa mai" ridacchio, soffermandomi su un’altra pergamena.

‘Hermione, da quando ho saputo cosa hai fatto sei diventata il mio punto di riferimento. Vorrei avere la tua grinta e smettere di essere succube di tutti, sul lavoro e a casa… ma invece non ho mai trovato il coraggio per far valere i miei diritti e mi limito a subire, impotente. Perciò, ti prego, non lasciarti mai più mettere i piedi in testa per niente al mondo. Fallo anche per chi, come me, non ha ancora trovato la forza di gridare ‘basta’, ma spera di riuscirci, un giorno. – Samantha, ufficio Auror’.

"Auror… chissà se Harry la conosce. E questa cos’è?" leggo l’intestazione di un’altra lettera. "Strega Moderna?!"

‘Carissima Sig.ra Hermione Granger, sono sinceramente onorata di scriverla. Mi chiamo Meredith Clarks, lavoro per la rivista Strega Moderna e ho saputo tramite una conoscente della sua presa di posizione nei confronti dei suoi superiori. Si lasci dire che ha tutto il mio rispetto, credo che ci vorrebbero più donne così grintose in giro, al giorno d’oggi, e meno vittime di un maschilismo che vogliono farci credere sconfitto, ma che in realtà condiziona ancora pesantemente le nostre vite. Nel XXI secolo! Perciò mi piacerebbe moltissimo se prendesse in considerazione l’idea di tenere una rubrica nella mia rivista. Che ne dice di un colloquio informale? Spero di ricevere presto sue notizie. – Meredith Clarks, Strega Moderna’

"Una rubrica su Strega Moderna? Sarebbe divertente, come in Sex and the city…" e scoppio a ridere da sola.

Tutto sommato non credevo che rientrare a contatto con il mondo reale fosse divertente e salutare. E' inutile, io non sono in grado di starmene con le mani in mano.

Mi sento meglio, più leggera. Stasera ho ritrovato un’amica, oltre che me stessa, ed è molto più di quanto sperassi quando ho deciso di cominciare ‘dal principio’. Non ho un lavoro, certo, ma so che in qualche modo riuscirò a cavarmela, magari il più distante possibile da quell’orrido ufficio colmo di luridi vermi.

In quanto a Ron… beh, la cosa è un po’ più complicata. Nonostante le opinioni non sublimi di Ginny sul fratello, so che questa volta ha davvero preso una posizione che non intende abbandonare.

Ma, ahimé per lui, l’ho presa anche io.

Ora sono decisa a riprendermi quello che mi spetta, ovvero la fiducia di una persona che non pensavo fosse così importante ma che, anche grazie ai miei sbagli, so di volere più di ogni altra cosa. E non mi importa quanto ci metterò.


Questo capitolo un po’ transitorio non mi piace molto, forse per l’assenza dei ciccini, ma ci voleva per impostare il prossimo… e vi dico già che, se vi piace ancora la storia, vi conviene stare all’occhio, eh!! *__*

Ebbene, la fanfic sta volgendo verso una conclusione, ci saranno ancora un paio di capitoli, forse tre. Non che manchi di idee, anzi, ma il tempo è tiranno oltre che poco (mannaggia!). E visto che quando inizio un lavoro (di ogni tipo), poi mi piace anche finirlo, preferisco non dilungarmi troppo.

Ma basta straparlare!! Un bacio a robby (ma sai, per quanto ci innervosiscano… le mamme sono sempre le mamme! Bacio), karmygranger (se Ron ti piaceva da stronzo, posso dire di aver centrato la mia idea… perché gli stronzi – entro certi limiti – sono sexy? Mah… ciaoooo), EDVIGE86 (così è toccato a Hermione farsi due conti e capire cosa vuole… ma anche Ron avrà modo di farsi perdonare ti avviso!! Ciao omonima ^^), Daewen (Ron si sarebbe fermato? E chi lo sa… no dai, bastardo sì ma non fino a questo punto! Che poi è stata Herm a saltargli addosso – e tu la biasimi? - sono molto contenta che questa storia ti sembri ‘vera’. Un bacio), ninny (grazie del commento… dai che prima o poi tutto si sistema, sono lieto fine-dipendente, io!), Hermionina (anche secondo me una come Hermione ha un buon rapporto con la mamma… e poi la mamma è sempre la mamma, è inutile – come sono saggia – ciaooo!), funnynurse (addirittura sfidi simili ostacoli fisici per recensire?! Wow, sono lusingata! Ma non strapazzarti, eh?!... ok, scherzi a parte, grazie dei complimenti e salutami il pupetto – o pupetta!)

Un saluto anche a tutti gli altri e alla prossima!

Besos, Bea


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Capitolo 10
*** Più di ogni altra cosa ***


prova

10 – PIU’ DI OGNI ALTRA COSA

Un sabato mattina di qualche tempo dopo…

"Hermione, ne sei proprio sicura, al cento per cento? Possiamo parlarne…"

"No, Ginny" le rispondo risoluta. "E’ una cosa che va fatta."

Mi guarda perplessa qualche secondo e poi, sospirando, sprofonda in una poltrona che ho accatastato in mezzo alla stanza assieme al resto dei mobili. Io, intanto, armata di rullo e pennello e vestita con una salopette larga e logora, inizio a dipingere di violetto la mia stanza. Viviamo di nuovo assieme, adesso. Certo, lei continua a essere una sconclusionata un po’ troppo disordinata per i miei gusti ed io la solita perfettina con troppe paranoie, ma abbiamo raggiunto un certo equilibrio. Almeno finché non troverò un posto tutto mio, stufa della costante presenza di Harry che gironzola in mutande per casa di primo mattino…

Insomma, che lui mi consideri una sorella è molto bello da parte sua, ma questo non vuol dire che me lo debba trovare davanti seminudo mentre faccio colazione.

"Hermione, quel colore mi dà la nausea…"

"Le pareti bianche mi hanno stufata."

"Ma non era meglio il pesca? E poi non capisco perché lo vuoi fare alla babbana, continui a ripetere che siamo maghi e non ci rendiamo conto di quanti privilegi abbiamo!"

Mi volto e la guardo con un cipiglio severo, sistemandomi meglio la fascia per capelli che ho in testa e puntandole contro il rullo intriso di vernice.

"Ginny, tu non hai capito lo scopo supremo di questo restauro. Non si tratta solo di ridipingere una parete… è un processo rigenerante, ti mette a contatto con il tuo io, ti…"

"Manda fuori di testa?"

Sbuffo, la ignoro e riprendo a dipingere il muro, mentre allo stereo risuona a tutto volume un mio vecchio album di Alanis Morissette, che sembra piuttosto adatto per accompagnarmi in questo processo di restauro, dei muri e di me stessa. Alanis ha ragione: ogni lacrima che versiamo, ogni graffio che ci facciamo, ogni volta che ci sentiamo spezzate e con la voglia di spaccare tutto, impariamo qualcosa. Amare, odiare, piangere… vogliono dire essenzialmente vivere. *

"Non ti sei più vista con Ron?"

Vai al diavolo Ginny. Io ero qua a filosofeggiare e arrivi tu con queste insinuazioni…

"Qualche volta… di passaggio."

"Siete due cretini. Esattamente i bambini di sempre, solo che l’adolescenza ve la siete lasciata alle spalle da un pezzo."

Mi blocco con il rullo in un punto, fissandolo e cercando un espediente per spostare l’argomento con eleganza.

"Ginny, devo ripeterti che è tutto merito mio, se adesso quell’essere spettinato bazzica di nuovo dalle tue parti?"

"Oh no, lo so" conferma. "La tua sfuriata sul come fingessi di ignorare il fatto che mi aveva piantata, a suo tempo, mi ha fatto fare un bell’esame di coscienza. E, sai com’è, vorrei sdebitarmi."

Con una smorfia, mi volto verso di lei.

Alla fine è saltato fuori che, dopo la nostra lite, Ginny si è fatta due conti decidendo che non avevo tutti i torti. E così, mentre io ero troppo occupata a arrabbiarmi con me stessa, con il prossimo e con il resto del pianeta, lei e Harry hanno recuperato.

Ma per me è diverso. Mi riprenderò la storia con Ron, ne sono certa e anche molto determinata, ma so anche di dover procedere per gradi, senza correre. Concentrandomi su me stessa, per prima cosa.

"Forse è vero, ma credo che non sia il caso di precipitare le cose… la mia vita è stata così frenetica, ultimamente. Ho bisogno di ossigeno!"

Andiamo, ho obiettivamente ragione.

In questo periodo sono tornata la me stessa di sempre, magari un po’ riveduta e corretta, ma comunque autentica. Ho messo da parte rancori assurdi nei confronti dei miei amici e ho anche trovato un nuovo lavoro (mi occupo dell’organizzazione di eventi magici diplomatici. Sono sempre stata un tipo piuttosto organizzato, in fin dei conti).

Non so se sono pronta a compiere questo ulteriore passo!

E comunque chissà come la prenderebbe, potrebbe non essere pronto nemmeno lui. Poi… ok, poi sono terrorizzata all’idea di un rifiuto. Terrorizzata a morte.

"Precipitare le cose?!" mi fa Ginny sarcastica.

"Beh sì… insomma la casa, il lavoro… credo che prima debba concentrarmi su me stessa."

"E l’hai fatto."

"Sì, ma…"

"Ma adesso dovresti provare a concentrarti su quell’ultima cosa che ti manca, non credi? Poi fai come vuoi, sia chiaro, ma è palese che lui ti manca. Comunque il lilla mi fa vomitare" aggiunge alla fine, dopo una breve pausa.

Vai al diavolo, Ginny. E con questa fanno due volte in un giorno che ti ci ho spedita. Anche se...

Deglutisco a vuoto, poi mi volto a guardare la parete, quindi di nuovo lei.

"Mi sa che hai ragione."

"Sul lilla?"

Sorrido appena, facendo spallucce.

"Anche sul lilla."

~

"Jordan, so che l’officina sta chiudendo ma… c’è Ron?"

Il socio di Ron mi guarda un secondo, perplesso, quindi sorride con un po’ di malizia. Ecco, vorrei che qualcuno mi spiegasse gentilmente perché ridono tutti alle nostre spalle.

"Sì…" risponde. "Anzi, già che ci sei digli di chiudere, io vado via."

Lo seguo con lo sguardo mentre si allontana e mi infilo nel garage. Non lo vedo subito, è mezzo nascosto dal cofano aperto di una macchina, cercando di capire se per caso non ci sia un problema di meccanica babbana, nel malfunzionamento di quel catorcio.

"Questa macchina è un catorcio…" dice tra sé e sé, sconsolato.

Appunto.

Sorrido appena, mi schiarisco la voce e, restando sempre a debita distanza, faccio notare la mia presenza.

"Scusi, cos’è questa storia che per guidare una macchina volante, adesso, ci vuole la patente babbana?"

"La nuova legge. Ma stiamo chiu…"

Resosi conto della proprietaria della voce, alza la testa dal cofano e mi guarda perplesso: non riesco a decifrare quella specie di smorfia. O forse è un sorrisetto? Preme un momento assieme le labbra, poi ritorna impassibile.

Non so se sarà l'aria del lavoratore, oppure i capelli ancora umidi segno che è appena uscito dalla doccia, oppure il fatto che mi manca da morire, ma reprimo a fatica l'impulso di sbattere il cofano di quella macchina e saltargli addosso, lì sopra.

"Jordan dice se puoi chiudere tu, stasera. Se ne è andato…" aggiungo cercando di darmi un contegno.

"Oh, sì. Certo."

E con ciò cala un silenzio imbarazzante tra di noi; siamo entrambi incapaci di guardarci negli occhi troppo a lungo ma, allo stesso tempo e senza ombra di dubbio, moriamo dalla voglia di farlo.

"Quella macchina è messa proprio male, eh?" dico, nella speranza di rompere il ghiaccio. Lui mi guarda spaesato.

"Come…? Beh, un po’. Ma ci penserò domani..."

Mi avvicino al cofano spalancato, guardando dentro e fingendomi interessata a una serie di cavetti e altri oggetti non del tutto identificati.

"Interessante..."

Alzo di nuovo la testa verso di lui e mi accorgo che mi sta fissando perplesso, con un sorrisetto trattenuto a mezz'asta.

"Non te ne è mai importato un cavolo di queste cose" constata mezzo divertito.

"Non posso aver allargato i miei interessi?" rispondo con candore e un po’ di celato imbarazzo (celato maluccio).

Ridacchia poco convinto della mia spiegazione, facendomi ridere a mia volta. Poi prosegue. "Oh, sì, ti ci vedo bardata di una tuta sporca di grasso a smanettare tra carburatori, olio e…"

Non ce la faccio più, se non lo dico adesso esplodo.

"Dio solo sa quanto mi sei mancato, Ron. E quanto mi manchi ancora."

Non mi importava nulla dell’olio, suvvia. Così, senza quasi rendermene conto, gli ho poggiato una mano sulla guancia e l’ho zittito con quella frase sparata a bruciapelo.

Lo vedo inarcare un sopracciglio e abbassare un po’ lo sguardo.

"Ginny mi ha detto che hai un nuovo lavoro."

Un po’ sollevata per non essere stata cacciata, decisamente felice che non abbia spostato con disgusto la mia mano dalla sua guancia, ma anche un po’ amareggiata per questo cambio repentino di argomento, faccio cenno di sì con la testa.

"E ti piace?"

"Sì, mi piace."

"Bene. Credo che sia la cosa principale, no?"

"Certo."

Dopo qualche istante, lascio che il mio palmo scivoli via dalla sua guancia. Il momento magico è arrivato, l’ho riconosciuto in quella tipica stretta all’altezza dello stomaco mentre lo toccavo, ma poi è passato. Sprecato.

Consapevole di ciò mi allontano da lui di qualche passo, sistemandomi dietro un orecchio una ciocca di capelli che è scivolata dalla coda e tirando un gran sospiro; mi impongo di rimanere controllata e inizio a frugare dentro la borsa alla ricerca di niente in particolare, parlando come un automa.

Un automa ferito. Amareggiato. Irrimediabilmente innamorato.

"Bene, adesso vado. Avevo voglia di vederti e l’ho fatto, ma tu hai giustamente da lavorare e io sarei solo di troppo, poi devo andare a casa che…"

"Sono stato un schifo."

Ammutolita, alzo gli occhi dalla borsa e lo guardo.

"Lo so."

"Il fatto è che non riuscivo a capirti. Certi giorni eri così… ma poi un attimo dopo tutto il contrario. Prima mi cercavi e poi mi cacciavi insultandomi senza un vero motivo. Insomma, ammetto che questo tuo nuovo atteggiamento mi intrigava abbastanza, lì per lì, ma alla lunga è diventato stancante."

Per favore, qualcuno sciolga questo nodo che mi si sta formando in gola, sentendo queste parole e vedendo la sua espressione amareggiata.

"Mi spiace. Non cerco nemmeno di giustificarmi, sono consapevole di essere stata, come dire… intrattabile."

Inclina un po’ la testa da un lato.

"E adesso?"

"E adesso diciamo che sto cominciando a fare un po’ di chiarezza. Avevo lasciato che qualche dubbio di troppo prendesse il sopravvento, mi ero fissata con dei complessi assurdi senza rendermi conto, invece, della fortuna che ho. Ma ci sto lavorando su… con dei buoni risultati, devo dire."

Esasperato, si passa un mano dietro il collo e poi tra i capelli, arruffandoli. Sbuffa, abbassa la testa, la scuote e poi alza appena lo sguardo, fino a incrociare il mio.

"Dannazione, Herm, io…"

"Non dire niente, ero io che dovevo scusarmi, tu non sei tenuto a…"

"Io sono stato male, uno schifo. E desso piombi qua con questi discorsi sul fatto che ti sono mancato… mi dici che hai messo ordine in quella testa e sei tornata l’Hermione che ricordavo, ed è vero, si vede a pelle, ma…"

Mi avvicino a lui, afferrandogli le spalle.

"Ronald…"

Lui mi guarda negli occhi un momento, scuotendo la testa con un’espressione che non riesco a interpretare del tutto.

"Inutile. Io non ce la faccio" dice rassegnato, quasi tra sé e sé.

Abbasso le palpebre, come colpita da un macigno invisibile; vorrei allontanarmi con dignità, ma non ci riesco e rimango immobile davanti a lui. Ho una paura fottuta di perderlo definitivamente, la semplice idea mi paralizza, mi mozza il respiro. Merlino, fa che non mi vengano gli occhi lucidi, odio le ragazze che piangono in pubblico, davanti a altri.

Deglutisco senza il coraggio di aprire gli occhi, cerco di camuffare la voce che si sta inevitabilmente spezzando e quindi comincio con uno dei miei discorsi imparati a memoria.

"Non importa Ron, davvero. Non sei costretto a fare niente. A me bastava chiarire, poi vedremo… ed è già un passo avanti, io non pretendo che tu decida subit…"

"Non ce la faccio a starti lontano. E' più forte di me."

Di nuovo senza parole, alzo gli occhi e incrocio il suo sguardo. Mi sorride, e adesso non ho dubbi nel capire cosa significhi quel suo sorriso.

Mi posa una mano sulla fronte e la fa scivolare all’indietro carezzandomi la testa, senza scollarmi gli occhi di dosso.

"Tu non riesci a… cosa?"

"Non ci riesco proprio, a starti lontano" ribadisce semplicemente. "Per quanto mi impegni, è qualcosa che non sfugge al mio controllo; tu mi fai perdere il controllo."

Sto sorridendo come un’ebete, lo so.

Sembro un’ebete con una paresi facciale e, per la cronaca, mi sono anche rassegnata agli occhi lucidi. Ma non me ne potrebbe fregare di meno.

Rieccolo, il momento magico, e questa volta non intedo farmelo scappare. Mi mordo un labbro, sposto una mano che gli tenevo posata sulla spalla fin dietro la sua nuca e mi avvicino ancora di più.

Ho bisogno di sentirlo contro di me, addosso a me. Sentire la sua presenza fisica.

"Hai detto una cosa molto… così…" bisbiglio emozionata.

"Così poco da Ron?" suggerisce. Io gli sorrido.

"Tutto il contrario…"

Poi lui si fa ancora più vicino e poggia le labbra sulle mie, leggere; mi sfiora i capelli con le dita, mi carezza una guancia, mi stringe a sé in un misto assurdo di dolcezza e urgenza che mi fa perdere la cognizione di tutto. Riesco solo a pensare a quanto lo desideri.

Più di ogni altra cosa.

La mia borsa mi scivola dalle mani, precipitando ai nostri piedi senza che me ne renda praticamente conto. Faccio uno sforzo immane per staccarmi un momento da lui e smettere di baciarlo, ma devo.

"Ron, devi credermi se ti dico che non…" bisbiglio piano, a corto di fiato, fronte contro fronte. Ma lui mi zittisce appoggiandomi un indice sulle labbra.

"Basta, ti credo. Adesso voglio solo te, più di ogni altra cosa."

A questo punto perdo davvero la cognizione di tutto il resto; e poi sono solo baci interminabili e sentimenti che trapelano da frasi spezzate, mormorate a mezza voce, al buio; vestiti che scivolano via come fosse la cosa più naturale del mondo; il suo sapore e lenzuola intrise del suo profumo, che si mischia al mio.


* la canzone a cui mi riferisco è You Learn, di Alanis Morissette (Jagged Little Pill).

Cielo, rileggendo la chiusura del capitolo mi domando se in questo periodo non soffra di evidenti carenze affettive… è un passaggio estremamente da carie, rapportato ai miei standard (ma non mi vergogno di dire che ho amato cariarmi i denti scrivendolo *________*)

Ad ogni modo… un grosso saluto e un bacio per la recensione a:

robby (cioè, tu pensi all’Hermione di questa storia nel bel mezzo di problemi reali?! sono lusingata, ma vacci piano che poi mi sento responsabile! PS: anche se lo sanno tutti che sono infinitamente saggia. ecco, sì… ma tu vacci piano lo stesso, eh? ^^’), pk82, EDVIGE86 (Harry e Ginny..bah, forse non gli ho dato molto spazio, ma sappi che è stato già tanto!non li amo particolarmente come coppia -io Harry l'ho sempre visto perfetto con Luna^^!- però nel complesso di questa storia ci stava. ciao!), karmygranger, Alara666 (mi fa piacere che la storia ti abbia presa! In fondo credo che tutte, a volte, ci sentiamo un po’ incasellate, o incapaci di reagire. Magari reagissi anche io come Herm -ma mi limito a scriverlo in una ff-!), Hermione96, Hermionina, hermron.

ah, dimenticavo. leggere recensioni che dicono che la storia fa riflettere, mi lusinga molto ^^. sì sì, gongolo proprio.

Alla prossima, Bea.

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Capitolo 11
*** Conversazioni e vernici ***


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11 – CONVERSAZIONI E VERNICI

"Mamma!"

Mi volto piano e non riesco a capire dove mi trovo, quello che mi circonda è come sfocato, avvolto in una nebbia surreale. Solo quella voce nota che mi giunge alle orecchie, cristallina e limpida.

"Emma?" chiedo meravigliata mentre mi corre incontro. Mi metto in ginocchio e lei mi salta al collo per stringermi in un abbraccio mentre la guardo sconvolta.

"Sei… sei tornata?" chiedo allibita quando si stacca da me, ma non mi risponde e ridendo mi tira per un braccio. "Emma, vuol dire che…"

"Come sta papà?" mi interrompe, senza apparentemente capire il senso della mia domanda.

"Sta bene, lui è… ma tu…"

Ma lei non mi guarda, adesso si è messa a inseguire un gattino per gioco, cercando di acchiapparlo, anche se lui è molto furbo e veloce. La guardo giocare con quella bestiolina, ridacchiare, cercare di afferrarlo per la coda con molta poca delicatezza.

"Mamma me lo compri un gatto? Daiiii!"

"Emma, perché sei tornata indietro?" le ripeto seria, afferrandola per una spalla affinché mi guardi. Mi fissa un momento e poi mi sorride.

"Ma ti manco almeno un pochino?"

Apro appena la bocca per lo stupore. "Certo che mi manchi, ma cosa significa… questo?"

"Forse niente. Magari volevi solo vedermi un po’…"

Incapace di parlare, le dico l’unica cosa che mi sovviene. "Sai, io e papà abbiamo fatto pace."

"Oh, lo so… voi litigate ma poi fate sempre pace. Glielo dai un bacino per me?"

"Puoi farlo tu, piccola."

Adesso ride.

"Ma se non esisto…"

Non esiste? Non è possibile, perché io e Ron... quindi non era quella, la chiave di tutto. Forse non è sufficiente l’esserci ritrovati, l’aver capito cosa voglio davvero.

"Come sarebbe a dire che non esisti... io ti vedo. E poi, tutte quelle cose che mi hai mostrato l’altra volta, dove ci siamo noi tre assieme, le cose che non avrei mai fatto, o vissuto se non…"

"Non esistono. Non ancora, proprio come me!" conclude. "Dipende tutto da te. Da te e papà… da quello che farete."

Socchiudo appena le labbra.

"La vita è tutta da decidere" bisbiglio a me stessa.

Lei annuisce senza rispondermi, io mi passo una mano sugli occhi e quando li riapro, non c’è più. Mi guardo attorno, e di lei nemmeno l’ombra. La cerco, inutilmente. La chiamo…

Apro gli occhi di scatto. Mettendomi velocemente a sedere mi guardo attorno, per qualche attimo sono ancora portata a cercare un bambina che so non esistere. Poi ricordo dove sono, e quando.

E’ ancora buio fuori dalla finestra, e io ho fatto solamente un sogno. Un altro sogno con lei, di quelli sorprendentemente strani come mi è successo quando l’ho vista per l’ultima volta.

Già, Emma… mi sono documentata, ho fatto ricerche assurde, ma non sono riuscita a trovare una spiegazione razionale per quello che è successo; d’altronde la magia che ci circonda è per definizione un qualcosa che con la razionalità ha ben poco a che fare. E’ successo e basta, immagino che dovrò accettarlo. Accettare che se lei non fosse piombata nella mia vita, anche per così poco tempo, forse adesso non starei dormendo accanto a questo ragazzo. O forse tutto dovrebbe ancora succedere… o magari sarebbe già successo, ma in modo differente.

In fondo, chi sono io per sapere il percorso che avrebbe intrapreso la mia vita? Nessuno. Posso solo viverla, come mi piace, come mi fa stare bene. Con chi mi fa stare bene. E vedere cosa c’è in serbo per me, domani.

Non esistono. Non ancora, proprio come me! Dipende tutto da te. Da te e papà… da quello che farete.

Sbadigliando, mi volto piano verso l’altro lato del letto in cui lui, ovviamente, dorme di un sonno così pesante da risultare odioso. Ma questo fatto non mi irrita, anche se mi sono svegliata a quella maledetta ora della notte in cui è troppo presto per alzarsi, ma troppo tardi per riaddormentarsi.

Lo guardo e sorrido. No, diciamo pure che ridacchio… non avevo mai fatto caso alla sua abitudine di grattarsi il naso a intervalli regolari durante il sonno. Strano, in fondo non è la prima volta che passiamo la notte assieme, io e Ron. E poi è uno spettacolo alquanto buffo.

Ghignando, mi avvicino un altro po’ e porto il viso esattamente sopra di lui, per spiarlo, divertita. Forse sentendosi inconsapevolmente osservato, si agita leggermente, apre gli occhi e alza la testa un secondo in mia direzione che nel frattempo mi sono saggiamente allontanata.

"Ciao…" bisbiglio. Lui mi scruta interdetto, bofonchia qualcosa e poi si volta dall’altra parte.

"Ron? Dormi?"

"Mpf."

Lo scuoto appena per una spalla, così si volta di nuovo verso di me e mi guarda ancora. Poi, strizzando un occhio, allunga lo sguardo in direzione della finestra (fuori comincia appena ad albeggiare).

"Cosa c’è?" trova la forza di chiedermi. Io non gli rispondo ma plano vicino a lui ridacchiando.

"Quando dormi ti gratti il naso" spiego. "Ed è una cosa buffissima, perché a intervalli regolari fai tipo uno scatto e…"

"Hermione…" si lamenta tra uno sbadiglio e l’altro, abbassando le palpebre. "Mi hai svegliato per dirmi che nel sonno mi gratto il naso?"

"Io non ho fatto niente, sei tu che ti sei svegliato! Ma sappi che sei troppo ridicolo. Ridicolo in modo tenero, non ti offendere adesso."

Mi metto supina accanto a lui e sorridendo abbasso le palpebre a mia volta. Lo sento ridacchiare e, nonostante la sua risata sonnolenta abbia il potere di scaldarmi il cuore, la mia mente riprende a vagare come impazzita, ripercorrendo il filo di quelli che erano i miei ragionamenti prima che venissi distratta da una sua grattata di naso.

"Sei ancora sveglio?"

"Al cinquanta percento…"

"Ron, a te piace il nome Emma?"

"Mi piace… cosa?" sbadiglia.

"Emma. Se ti piace come nome. Non so… chiameresti così tua figlia?"

"Io… è carino, può darsi, ma… ehi!" si alza di scatto a sedere. "Non starai mica cercando di dirmi qualcosa?!"

Scoppio a ridere.

"Ma no! Era così per dire. Lascia stare e respira di nuovo… anzi, dormi" lo tranquillizzo spingendolo per una spalla di nuovo sdraiato.

E cala di nuovo il silenzio, ma non riesco a riprendere sonno. Troppi i pensieri, troppe le cose che sono successe; ma questa volta so che siamo in due ad essere svegli quando si dovrebbe dormire, perché anche se ho gli occhi chiusi avverto il suo sguardo posato su di me. Sospiro.

Con un fruscio di lenzuola si gira da un lato, verso di me.

"Sei strana" mi dice.

"Non è vero…"

"Sì."

"Ma non avevi sonno?"

"Ormai mi sono svegliato. Mi hai svegliato…"

A questo punto rotolo anche io su di un fianco, apro gli occhi e lo guardo. E il semplice guardarlo mi tranquillizza. Devo smetterla di pensare troppo, perché adesso ho quello che voglio.

"Sono stata una demente a rischiare di perderti. Di perdere tutto questo per un capriccio… ma adesso va tutto bene, davvero. Se resti qua."

Lui mi sorride. "E chi si muove?"

E mentre sento il sonno riprendere il sopravvento, mi rendo conto che non è poi così impossibile riaddormentarsi anche se fuori comincia ad albeggiare. Dipende da chi abbiamo di fianco.

~

Ce la posso fare. Io so fare tutto, non ha senso che non riesca a trovare un colore per le pareti. Appurato che il violetto fa vomitare, il bianco è banale, sul rosa no-comment, il verdolino sembra una sala operatoria, il pesca l’ha suggerito Ginny e per principio lo escludo, rimangono più poche alternative.

E non una che mi piaccia, porca mandragola.

"Sei ancora lì?!" domanda una voce alle mie spalle.

"Ginny, non dovevi andare al San Mungo?" le domando senza nemmeno voltarmi. A gambe incrociate, fisso il muro a vuoto.

"Infatti ora vado. Passavo a salutarti, visto che non sei rientrata a dormire e oggi, appena arrivata qua, ti sei fiondata in camera. Devi smetterla con questa fissa delle pareti, te lo dico da amica. Ma…" aggiunge poi, maliziosa "…ma dov’è che avresti passato la notte?"

Iena.

Come non lo sapesse perfettamente, poi.

"Dovunque non sia costretta a vedere Harry in mutande. Alla lunga, mi stanca" ribatto tagliente.

"Oh, certo…" ridacchia. "D’accordo, io scappo a lavoro. Ma tu salutami Ron, ok?" dice con il suo solito tono saputello mentre si allontana, lasciandomi sola a fissare una parete. Fantastico.

"Basta, ora la rifaccio bianca."

"Così banale?"

Mi volto stizzita.

"Merlino, sei ancor… oh, Ron. Pensavo fosse Ginny"

"In effetti ci confondono tutti. Sai, abbiamo lo stesso tono di voce" ride venendosi a sedere vicino a me.

"Beh, se lei fosse colpita da una laringite acuta e tu aspirassi a diventare una voce bianca, magari…" rispondo facendo roteare gli occhi.

"Non è ancora il mio sogno, grazie…" ride. Poi guarda la parete. "Vuoi ridipingerla?"

Adesso fisso anche io di nuovo il muro, sistemandomi meglio la solita fascia per capelli. "Sì, ma non riesco a trovare il colore adatto. Forse Ginny non ha tutti i torti, questa cosa della vernice mi sta un po’ ossessionando."

Ma Ron non sembra avere altro da aggiungere, lo sento che con una mano mi cinge la vita da dietro, mentre con l’altra mi solleva i capelli e mi bacia leggermente il collo.

"Ron… io ti stavo parlando della vernice…" protesto, così tanto convinta che prima inclino un po’ la testa da un lato per facilitargli il compito, poi mi volto quanto basta per baciarlo a mia volta. Ma intanto continuo a protestare, sia chiaro. O meglio, borbottare qualcosa.

"Non è colpa mia se sei sexy, tutta sporca di vernice."

Mi allontano afferrandogli il volto e lo guardo, ridendo. "Ma se non l’ho nemmeno toccata!"

"Non ancora…" risponde inarcando un sopracciglio. Afferra un pennello e me lo avvicina minaccioso al volto; al che, io comincio a strisciare all’indietro il più lontano possibile.

"Non provarci!" lo avverto puntandogli un indice alla faccia, sempre arretrando. "Ron, dico sul serio, non ti azzardare… hai capito? Guarda che ho la bacchetta a portata di mano, lo sai che non ci metto niente a…"

Ma presto sono con le spalle al muro e lui, in ginocchio, tiene sempre quel maledetto pennello a pochi centimetri dal mio naso.

"Non farlo" lo minaccio cercando di apparire seria e pericolosa, anche se la mia voce vacilla. Senza dire nulla, lascia cadere al suo fianco l'arnese e poi, sorridendo, mi si avvicina ancora. Io gli allaccio le braccia al collo e le gambe attorno alla vita; e mentre lo bacio, mentre gli carezzo il collo e lo sento armeggiare sotto la mia t-shirt, mi rendo conto di quanto sia tutto tremendamente semplice.

Perfetto. Troppo?

"Credi che sarà sempre tutto così facile?" gli chiedo piano, ad un orecchio.

Si allontana un po’ da me e mi risponde con uno sguardo perplesso.

"Ieri sera non abbiamo avuto il tempo di pensare" spiego. "È stato tutto un susseguirsi di emozioni, e baci, e passione, e io che mi rendo conto di essere stata una totale cretina e cerco di rimediare… troppo improvviso e troppo forte."

"Ora vacci piano, che poi mi monto la testa" mi interrompe divertito.

"Cretino" lo sgrido. "Ma domani non ci saranno più scenette da film lacrimuccia più sospiro, in cui i protagonisti si ritrovano in un bacio appassionato mentre fuori piove. Ritorneremo di nuovo ad essere Ron e Hermione, tu mi irriterai e ti chiamerò insensibile e immaturo; io ti annoierò e mi risponderai che sono una pallosissima perfettina."

"A parte il fatto che ieri non pioveva, ed eravamo in un’officina…" osserva. "Poi io sono molto maturato di questi tempi."

"Ronald, sono seria…"

Mi carezza una guancia.

"E’ vero, domani saremo di nuovo io e te. E meno male, anche perché senza tutti i tuoi odiosi difetti da perfettina e puntigliosa non saresti la persona che sei… e che mi fa impazzire, così com’è."

"Sei… sincero?" chiedo con voce tremolante. L’ultima volta che qualcuno ha detto una cosa simile credo sia stato Mr Darcy nel Diario di Bridget Jones. Ed è uno dei passaggi che noi donne stentiamo a dimenticare.

Intanto lui annuisce, rendendomi infinitamente più rilassata.

"Poi adoro il modo in cui ti arrabbi e mi dai dell’insensibile e immaturo… sei molto sexy" aggiunge con un tono vagamente malizioso che non può non farmi sorridere, il tutto baciandomi il collo.

"Anche io sono molto cambiata. Ok, non molto, magari solo un po’. Diciamo il giusto… d’accordo, sono sempre una paranoica senza speranza" ammetto sconsolata.

Lo spingo sdraiato e mi siedo a cavalcioni su di lui. "Ma in fondo è un bene, per noi. Sono matura per entrambi…" ridacchio chinandomi per baciarlo.

E non penso più a nulla che non sia lui, o noi, o quanto sono stata sciocca a pormi tutte quelle domande perdendo del tempo inutile.

Perché adesso sì, che mi sento a posto. O meglio, mi sento nel mio posto. Non mi importa di cosa sarà o non sarà di me, domani: finché sto bene oggi, non può esserci nulla di sbagliato.

"Giallino!" esclamo improvvisamente alzandomi di scatto. "Non ho ancora provato con il giallino!"

Ron mi guarda inarcando un sopracciglio, indignato.

"Stai pensando alla vernice, adesso ?!"

Ridendo, lo afferro per il collo e lo attiro verso di me con impazienza.

Forse non ha tutti i torti... ma d'altronde, quando una ha un’ispirazione non può lasciarsela scappare, no?!


BENE BENE, ANCHE QUESTA STORIA è QUASI FINITA. O MEGLIO, MANCA ANCORA UN EPILOGO CHE ARRIVERA’ ABBASTANZA A BREVE (E’ IN FASE DI PERFEZIONAMENTO). PER CUI PERDONATEMI LE SCENETTE BANALISSIME ALLA COMMEDIA ROMANTICA, MA CI VOLEVANO PROPRIO SUL FINALE, OH Sì.

PERCIO' HO ANCHE INSERITO UN TRIBUTO ALLA MAMMA DI TUTTE NOI RAGAZZUOLE SCHIAVE DELLO HUMOR IN ROSA: HELEN FIELDING, E IL SUO DIARIO DI BRIDGET JONES (ANCHE SE FORSE IL PEZZO CITATO ERA SOLO NEL FILM... VABBE' IL SENSO E' QUELLO).

MA ORA BASTA SCEMENZE, E UN SALUTO A TUTTI QUELLI CHE CONTINUANO A SEGUIRE LA STORIA. IN PARTICOLARE A…

Daewen, pk82, hermron, Hermionina, karmygranger, EDVIGE86, robby.

SCUSATE SE NON VI RINGRAZIO UNO A UNO, MANCANZA DI TEMPO. MA VI PROMETTO CHE AL PROSSIMO VI DEDICHERO’ MOOOOLTO PIU’ SPAZIO. IL CHE, RAPPRESENTA UN MOTIVO IN PIU’ PER COMMENTARE, NO?

ORMAI SIETE ARRIVATI FIN QUA, SU SU!!

VABBE’, UN BACIO,

GOLDFISH-BEA.

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Capitolo 12
*** Epilogo ***


prova

BREVE PREMESSA :

NON SAPREI DIRE SE QUESTO EPILOGO SIA PER LO MENO SUFFICIENTE, AD ESSERE SINCERE AVREI VOLUTO FARE DI MEGLIO… MA PENSO CHE NON CI SAREI MAI RIUSCITA. ERA COSì NELLA MIA TESTA E BASTA! AVRO' FORSE LETTO TROPPI LIBRI SCHIFOSAMENTE ROMANTICI, DI QUESTI ULTIMI TEMPI? D'OH.

DEDICATO A TUTTI QUELLI CHE IN QUESTI QUATTRO MESI MI HANNO SPRONATA CON IL LORO SOSTEGNO, I LORO COMPLIMENTI (MERITATI?!?), E LA LORO SIMPATIA! GRAZIE!

~

12 – EPILOGO

"Stai pensando alla vernice, adesso ?!"

Ridendo, lo afferro per il collo e lo attiro verso di me con impazienza.

Forse non ha tutti i torti... ma d'altronde, quando una ha un’ispirazione non può lasciarsela scappare, no?!

~

Certo che ne sono successe di cose, in questi due anni. Perché vi ricordate che stavo raccontando la mia storia, giusto?!

"Sono distrutta!!" mi lamento, stesa a peso morto sul letto, con la faccia infossata nel cuscino. Lo sento ridacchiare alle mie spalle avvicinandosi e sedendosi al mio fianco.

A dire il vero non so trovare un motivo a questa mia specie di confessione. Di certo non pretendo che parlando dei miei errori qualcuno possa cavarci una sottospecie di morale, io odio le morali esattamente come odiavo i clichè (e li odio tuttora, sia chiaro. Cerco solo di evitarli conservando una giusta dose di equilibrio e tolleranza).

Diciamo che volevo riflettere sul come, a volte, a lasciarsi andare un po’ troppo, si rischia di calcare eccessivamente la mano; e sul come, spesso, seminando odio e ingratitudine si raccolgono solo altro odio e altra ingratitudine.

Niente ci è dovuto, nemmeno l’affetto di persone talmente importanti da sembrarci scontate. L’ho capito quando mi sono resa conto che stavo lentamente allontanando da me tutti quelli che mi amano, inclusa la persona che più mi importava e senza la quale mi sarei sentita irrimediabilmente vuota; l’ho capito quando Ron, con una freddezza che non gli era mai appartenuta prima di allora, mi ha fatto notare che non ero più la ragazza che ricordava; quando mi sono immediatamente e senza un motivo plausibile innamorata di una bambina i cui tratti erano così pericolosamente simili ai miei e ai suoi. E che ho visto tristemente svanire dalla mia vita lasciandomi con l’amaro in bocca, consapevole che presto sarebbe svanita anche dal mio ricordo.

Però, in tutta questa serie di eventi, ho anche capito che la vita è essenzialmente una questione di scelte e noi abbiamo sempre la possibilità di ricominciare daccapo. Dobbiamo solo volerlo e lottare per impossessarci di quello che ci sta a cuore.

Io volevo riprendere in mano la mia vita. Volevo i miei amici di sempre e volevo Ron. E me li sono ripresi perché senza loro, senza lui, la mia esistenza avrebbe perso buona parte del suo senso.

"Mi sento piena come un uovo di Pasqua, ho mal di testa, la schiena a pezzi, sonno e quelle scarpe mi hanno lasciato due enormi ciocche ai piedi…" mi lamento, rigirandomi supina.

"Dai, che se abbiamo un pizzico di fortuna, Harry e Ginny si sposano una volta sola" mi rassicura lui. "E comunque eventuali seconde nozze sarebbero meno fastose, immagino. La mamma è un tipo all’antica in certe cose…"

"Ah, allora è per questo che oggi non faceva che ripetermi quanto erano belli Harry e Ginny mentre mettevano per iscritto la solidità del loro rapporto… e che emozione ha provato lei il giorno del suo matrimonio… e come i bambini abbiano certamente bisogno di basi familiari solide. Il tutto elencandomi le piccole gioie quotidiane della vita coniugale, ovvio."

Ride. "E tu cosa le hai risposto?"

"Ma niente…" spiego. "Diciamo che mi sono tenuta sul vago, soprattutto lodando il meraviglioso vestito di Ginny, comprato grazie ai suoi lungimiranti consigli. E comunque noi viviamo già assieme, non è che ci sia tutta questa differenza"

Sospiro e, sbadigliando, cerco di fare mente locale sulla giornata di oggi.

"Viviamo assieme nel peccato…" borbotta nel frattempo Ron con un tono fintamente imperioso come per imitare sua madre, baciandomi poi il collo mentre io rido. Improvvisamente ripenso alle mie odiose scarpe da cerimonia che giacciono in un angolo, dove le ho lanciate in preda all’odio appena entrata a casa, e mi rendo conto dell’assurda sensazione di dejavù. Ho già visto quella scena. L’ho già vissuta, in certo senso.

Mi metto seduta e lo guardo con un sopracciglio inarcato.

"Ma tu cosa ne pensi?"

"Di che?"

"Sai, forse non ha tutti i torti tua madre."

Alza lo sguardo e mi fissa stranito.

"Scusa?"

"Hai capito benissimo!" ridacchio rialzandomi. Mi avvicino a un lettino e prendo in braccio una bambina di pochi mesi. Lei mi risponde con dei versi imprecisati e un scuotere di manine.

"Dai piccola vieni dalla mamma… scommetto che tuo papà ti ha messo il pigiamino a rovescio. Per non parlare del pannolino."

"Ehi! Non è vero!" protesta dal letto un indignato Ron, mentre lei fa una specie di risolino, che decido di interpretare come un suo modo per darmi man forte.

"Ecco la mia bambina… tu sì che mi capisci!" commento fintamente commossa e divertita. Mi rimetto comoda sul letto tenendola in braccio e mi volto verso di lui, che si china a carezzarle la testa e mi sorride ironico.

"Tale madre…" mormora a denti stretti.

"Certo che sei davvero comico, Ronald. C’è un altro essere umano che dipende totalmente da te, e tu ti spaventi per un semplice e banale matrimonio."

"Mi spaventi tu! che fine hanno fatto tutte quelle storie sui clichè borghesi?"

"A un certo punto bisogna anche metterla a posto, la testa."

Faccio spallucce e ritorno a prestare attenzione alla bimba che si è di nuovo mossa, sperando che si addormenti.

"Su Emma…"

Lui riflette un momento, poi si avvicina ancora e me e mi massaggia una spalla, mentre io resto impassibile.

"Mmm… Signora Weasley. No, spiacente, ma non ti ci vedo" borbotta. "Le Signore Weasley sono per definizione donne corpulente."

"Romperò la tradizione. Comunque Fleur è un grissino…" rido.

"Emma, tua mamma sta delirando…" le dice piano, ad un orecchio.

"Io non deliro affatto, non dire questa cose a mia figlia!"

"Ma se fino a l’altro giorno mi dicevi che l’ultima cosa che volevi era comportarti come credi sia giusto, che non volevi forzare gli eventi e fare le cose che ti sentivi davvero di fare!"

"Sì ma…"

"Vuoi anche una casa schifosamente borghese, di quelle con il giardino, lo steccato e il vialetto?" mi provoca dopo una breve pausa.

Io sto al gioco.

"Senza steccato. Odio le case con lo steccato."

"E poi?"

"Avremo un cane. I bambini dovranno pur avere un animale domestico."

"Ah, quindi oltre a Emma ce ne sarebbero altri?!" commenta. "Comunque scommetto che il cane lo chiameresti Buster. O Lucky.

"No!" lo correggo con una linguaccia. "Come sei banale, Ron! Pensavo a qualcosa come Eugene… o Godric. Che ne dici di Lord Byron?"

"Lord Byron non mi sembra esattamente un nome da cani… dove l’ho già sentito?"

Ridendo, mi allungo appena verso di lui e gli bacio una tempia, poi mi allontano leggermente per poterlo guardare negli occhi. Lo amo, lo amo da impazzire e, al diavolo tutti i luoghi comuni, io desidero davvero queste cose con lui; desidero vivere in un’odiosa casa borghese con la mia cotta scolastica (ex cotta, ora fidanzato nonché padre di mai figlia!), avere bambini dai capelli molto probabilmente rossi (visto che già Emma li ha castani…) e un cane di nome Lord Byron. Perché adesso mi rendo conto che non ha importanza rischiare di restare imprigionata in qualche stupido clichè, o risultare noiosamente prevedibile; se questo ci fa stare bene, ci fa dormire sonni tranquilli la notte e svegliare col sorriso la mattina, non può essere così male.

E comunque sarebbe sempre una mia scelta.

"Ron, come hai fatto a perdonarmi per essere impazzita, due anni fa?"

"Sesso."

Senza dire nulla lo sgrido con un pizzicotto in un fianco e uno sguardo indignato.

"Ahio! Non so, Hermione… probabilmente sapevo che saresti tornata quella di sempre" dice, massaggiandosi il punto in cui l’ho pizzicato. "Di certo non per i tuoi irresistibili massaggi."

"Basta con questa faccenda che sono una frana a fare i massaggi, non è vero! Ma… quindi stai dicendo che sono prevedibile?" commento serissima, con l’espressione più impassibile che posso. Lo vedo guardarmi immobile, deglutire e farsi pallido.

"N… no."

"No? Invece dai tuoi discorsi mi pare di capire che mi avessi già inquadrata, nonostante tutto. Che, come tutti, eri convinto che stessi solo cercando i miei cinque minuti di gloria e sarei presto tornata quella di sempre."

"Herm, davvero, io…"

"E se cambiassi idea? Se domani mi scordassi totalmente di questi discorsi matrimoniali, facessi i bagagli, prendessi la bambina e me ne andassi il più lontano possibile?"

Ce l’ho fatta a terrorizzarlo! Adesso è ammutolito e sconcertato. Si starà chiedendo se gli conviene assecondarmi oppure no. Magari valuterà se scappare prima che dia un’altra volta di matto. Ma non ce la faccio, lo guardo mentre mi osserva con il sospetto e il reverenziale mutismo di chi teme di toccare il tasto sbagliato e non posso fare a meno di scoppiare in una risatina vittoriosa.

"Ti amo…" gli bisbiglio ad un orecchio; anche se, considerato il mio viso contorto per trattenere delle risa sguaiate che sveglierebbero Emma, potrei non risultare cedibile al cento per cento.

Ron sbuffa allontanandosi da me, resosi conto del mio teatrino.

"Ah – ah. Divertente. Comunque l’avevo capito che mi prendevi in giro, volevo solo vedere fino a che punto l’avresti tirata avanti" si discolpa con un risolino ironico. "E non avrei mai lasciato che ti portassi via questo splendore di bambina. Tutta suo padre, detto per inciso." Le poggia un leggero bacio sulle fronte e si alza da letto. "Ma adesso scusami, vado a farmi una doccia."

Lo seguo con lo sguardo. "Oh, certo. Volevi assecondarmi!" gli rispondo mentre esce, a voce bassa ma riuscendo lo stesso a farmi sentire.

Borbottando, ribatte qualcosa che non riesco del tutto a percepire e scompare oltre la porta, con un cenno della mano e senza nemmeno degnarsi di voltarsi.

Lo amo, Merlino sa solo quanto. Andiamo d’amore e d’accordo, ormai, se escludiamo qualche minuscolo e insignificante screzio che tra di noi è inevitabile. Anzi, se fosse assente lo prenderei come un cattivo segno. Un po’ come la storia del mazzo di fiori regalato senza un vero motivo, per intenderci, davanti al quale noi donne tendiamo spesso a reagire con un sospettoso e malfidato ‘cosa devi farti perdonare?’.

Una quasi perfetta vita di coppia, e va benissimo così. E adesso c’è pure lei, la bambina che sapevo sarebbe arrivata, anche se non avevo la più pallida idea di quando, o come.

"Hai un papà che non cambierà mai… dovremmo tenerlo a bada assieme!" le bisbiglio, poggiandole un bacio sulla fronte.

Non pensate che con lei abbia forzato il destino, adesso. Di poche cose ero ancora certa dopo il mio exploit, e una di quelle era che l’errore peggiore che avrei mai potuto commettere sarebbe stato inseguire un futuro a malapena intravisto e di cui, teoricamente, non sarei dovuta essere a conoscenza.

Ovvio, non pretendo di farvi credere che mi fossi improvvisamente dimenticata di lei, come ci si dimentica di un insignificante dettaglio: ho vissuto un’esperienza assurda, e in cuor mio ho sempre saputo (sperato?) che nella mia esistenza, prima o poi, ci sarebbe stato posto anche per questa bambina.

Però ho deciso di lasciare che gli eventi intraprendessero il loro corso, senza influenzarli. Non ho cercato Emma quando sarebbe stato assolutamente fuori luogo, è stata lei che ha trovato me e Ron, inaspettatamente, come un fulmine a ciel sereno. E anche se non sarei dovuta esserne così stupita, vi giuro che lo sono stata.

Le sistemo quei pochi capelli che ancora ha, e sorrido nel vedere come inarca le labbra nel sonno. Probabilmente sogna.

Faccio appena in tempo a rimetterla nel suo lettino, sdraiata, che una voce mi coglie alle spalle.

"Dorme?"

Annuisco e mi volto verso di lui, che si sta tamponando i capelli con un asciugamano. È passato così in fretta il tempo?

"Ma tu sei davvero felice?" gli chiedo avvicinandomi.

"Certo che lo sono, Hermione" mi tranquillizza con un sorriso. "Come potrei non esserlo?"

Lo abbraccio e infosso la testa tra la sua spalla e il collo. Sono estremamente stanca.

"E’ ancora valida la proposta di prima?" mi chiede con un ghigno che non vedo ma so perfettamente esserci.

"Può darsi… potrei aver cambiato idea, sai. Ogni lasciata è persa."

"No, perché io avrei questo che mi avanza…" risponde con non-chalance. Mi allontano e noto l’anello che stringe tra le dita. Lo afferro e lo osservo stupita, facendomelo roteare tra le mani mentre un mezzo sorriso prende forma tra le mie labbra.

"Cosa significherebbe?" domando con malizia, senza alzare gli occhi.

"Diciamo che avevo fatto un pensierino su una cosa… ma come al solito mi hai preceduto. Anche in questo" spiega rassegnato.

Alzo nuovamente lo sguardo su di lui, che mi sorride fingendosi sconsolato. O forse un po’ lo è davvero...

Ho deciso di dargli una minima soddisfazione.

"Però devi riconoscere che ti eri già portato avanti."

"Forse…" ammette.

Lui mi sorride, io lo bacio e penso a quanto mi piaccia la mia vita, così com’è; soprattutto perché è ancora in grado di riservarmi sorprese stupende, tipo stasera.

"Sai, io avrò anche buttato lì la cosa per prima, ma non mi sarei mai aspettata di ricevere un anello da un uomo in accappatoio e con queste occhiaie da record che mi trascino dietro."

"Ed è un bene?"

"Oh, sì. Non sai quanto."

FINE


E ANCHE QUESTA è ANDATA. WOW.

OGNI VOLTA CHE INIZIO UNA NUOVA STORIA SONO SEMPRE STRACARICA DI SPRINT E IDEE MA ALLA FINE, VUOI LA VITA SOCIALE CHE ANCORA NON DISDEGNO, VUOI IL LAVORO E IL CONSEGUENTE VOMITO DA PC CON CUI SPESSO LA SERA MI TROVO A FARE I CONTI, VUOI LA GENERICA MANCANZA DI TEMPO… SONO LORO A SFINIRE ME! (SCUSATE IL PENOSO NONCHE’ IMBARAZZANTE GIOCO DI PAROLE ^^’).

PERCIO’, ORA COME ORA, SAREI PORTATA A RITIRARMI E RINGRAZIARE… MA MI CONOSCO E SONO CERTISSIMA CHE PRIMA O POI IL PRURITO ALLE DITA MI COGLIERA’ DI NUOVO, E IO NON POTRO’ FAR ALTRO CHE SFOGARLO SU UNA TASTIERA! CHISSA’ MAGARI CON QUALCHE ONESHOT, SENZA AGGIORNAMENTI CHE MI FACCIANO VENIRE I CAPELLI BIANCHI ALLA TENERA’ ETA’ DI 24 ANNI… ^^ MA FORSE E’ TROPPO PRESTO PER DIRLO!

AD OGNI MODO, UN SALUTO SPECIALE A:

robby (la tua ennesima recensione. grazie, grazie, grazieeee!! sei sempre stata stracarica di complimenti, per me, infondendomi una considerevole dose di autostima! un appoggio dal primo all'ultimo capitolo, e non solo di questa storia… non è da poco! un bacio)

karmygranger (mi segui costantemente, e persino storia dopo storia! Ma grazie! ho sempre tenuto in alta considerazione le tua opinione e spero di non averti delusa proprio sul finire… non era l’epilogo che volevo, ma al tempo stesso non riuscivo a farlo diverso da com’è! Temo di essere un tantino confusa -_-… bacio!)

EDVIGE86 (la mia omonima e di certo non povera di parole nelle recensioni!! Ho apprezzato i tuoi lunghi commenti, non solo perché hai sempre speso parole molto –troppo- belle,ma anche perché mi hai fatto capire di aver letto la storia davvero con attenzione! Per l’ultimo commento… oddio, arrossisco! dubito di meritare un oscar, ma sono felicissima se credi che la storia faccia anche riflettere… wow!! Ti mando un bacio e un saluto, oltre all’immancabile grazie!!)

Gluck88 (compari solo ora tra le recensioni, ma mi hai fatto capire che hai seguito da subito tutta la storia… grazie, sono contenta che ti sia piaciuta!)

Hermionina (abbastanza zucchero nel capitolo? Eheh… spero non troppo!! se hai letto il mio ‘sfogo’ prima, avrai capito che per un po’ ho chiuso con le long… non ho tempo! ma chissà, mai dire mai! Ciao e grazie per tutti i commenti!)

Hermron (adesso devi assolutamente dirmi che non ti è sembrato esagerato questo capitolo, perché, come mi sembra, io e te abbiamo lo stesso gusto per il romantico che non cade nello smielato! Tra l’altro devo anche ringraziarti per seguire la storia che io e luz stiamo facendo assieme… sono contenta che ti faccia ridere!! Eheh… con calma, ma portiamo a termine tutto! Un bacio, bea)

pk82 (la conclusione ti è piaciuta? Speriamo… oddio ho un po’ d’ansia. Non mi convince mica del tutto! non ti preoccupare se tardi con la rece, pure io sono molto carente di tempo… però continuo a seguire la tua storia, eh! Grazie per i complimenti! Ciao!)

V@le (se c’è una cosa che mi piace sono i commenti un cui confessate di aver letto tutta la storia d’un fiato… mi fa sentire soddisfatta, per chè vuol dire che non ho fatto un lavoro così pessimo –altrimenti si abbandonerebbe la lattura!- grazie mille per i complimenti, e dimmi se vuoi punire la Rowling per la sua sete di sangue, che ti dò una mano! Eheh… ciao!)

UN GRAZIE SPECIALE ANCHE A TUTTI I LETTORI E BASTA, E ALLE PERSONE CHE HANNO INSERITO LA STORIA TRA I PREFERITI…

DO-SVIDANIJA,

BEATRICE

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