Anna e Marco

di chaos23
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Anna ***
Capitolo 2: *** Marco ***



Capitolo 1
*** Anna ***


Anna si chiamava.  Anna come tante, perché in quel piccolo paesino in cui viveva nulla poteva essere fuori posto, diverso.
La banalità era d’ordine , la diversità faceva scalpore e in una famiglia così per bene come la sua le maldicenze erano viste come la peste.
Inoltre Anna era stata addestrata ad essere sempre perfetta e questo aveva fatto nascere in lei una forte permalosità: non poteva sbagliare nulla, non se lo sarebbe mai permesso.
Era bella, ma di quelle bellezze che passano inosservate perché rinchiuse. Portava i suoi lunghi capelli biondo cenere sempre raccolti, il trucco non aveva quasi mai sfiorato il suo viso e ne gambe ne seni erano mai stati messi in risalto da qualche vestito leggermente più audace. Sembrava quasi provenisse da un’altra epoca, la paura dei suoi genitori le aveva tolto le gioie del presente, si era persa tanto. Cercava nei libri quello che non poteva provare nella vita vera: conosceva la dolcezza di un bacio, l’odore del fumo di una sigaretta, il sapore forte di un vodka solo attraverso i libri che affollavano la sua camera.
Non vi era altro, non aveva scarpe col tacco, aveva già abbastanza paura del mondo, come poteva affrontarlo sopra quelli che sua madre amava definire “ trampoli per ragazze leggere”?
Leggeva, chiudeva gli occhi e sognava come sarebbe stato sentirsi “normale” andare in discoteca il sabato sera, forse nemmeno le sarebbe piaciuto, non era tanto il volerci andare che la faceva mancare il fiato, ma il fatto di non poter decidere se andarci o meno, se le piacesse o no…
Andava in chiesa ogni domenica a pregare un dio nel quale non credeva, se fosse esistito davvero e fosse stato buono e misericordioso come dicevano, i bambi non sarebbero mai morti, non sarebbe esistito il cancro, le violenze ed invece il mondo ne era pieno.
Se ci fosse stato un dio, quella notte l’avrebbe lasciata morire.
Si sentiva sola.
Andava scuola certo, come era norma, ma non aveva amiche, almeno non lì. Le uniche persone che le stavano accanto erano delle ragazze che frequentavano con lei il corso di danza DELLA PARROCCHIA.
Faceva danza classica da quando aveva 4 anni, non le piaceva, come non le piaceva nulla di quella vita ma era bravissima a fingere, era quindi anche un ballerina perfetta e se solo le avessero dato l’opportunità di provare sarebbe sicuramente stata presa in qualche teatro o scuola importante di danza.
Maria e Giulia erano le due amiche con cui raramente trascorreva i pomeriggi, loro erano libere, lei le vedeva fumare  nel cortile della parrocchia, vedeva le loro foto, racchiuse in abiti quasi invisibili e in equilibrio su scarpe scintillanti, loro erano più furbe di lei, loro avevano una seconda vita. I loro genitori non sapevano né dubitavano nulla. Anna tutto quel coraggio non lo aveva.
Sognava di scappare da lì, di tingersi i capelli di rosso, rosso fuoco, sognava d’innamorarsi di un bel ragazzo magari tatuato o di quelli che mettono smalto e matita, sognava di sentirsi voluta, di sentirsi bella e non capiva perché tutto ciò le era proibito.
Poi un giorno capì tutto.
Sua madre le aveva chiesto di andarle a prendere una tovaglia nel suo comò.
Anna aprì il pesante cassetto cerco la tovaglia ( che sua madre usava solo la domenica) e sotto quella trovò un quaderno che sembrava essere consumato dal tempo o dall’uso.
Non era una ragazza curiosa, ma quello insieme di fogli la chiamava come se fosse appartenuto a qualcuno che era legato a lei.
 
13.01.94                                                                                                                                                           ore 16,17
 
I soldi per la droga non mi bastano più ed io non so a chi chiederli, sta andando tutto a puttane, cosa devo fare?
Anna oggi compie un anno, lei sarà la loro figlia perfetta e oggi mi hanno detto che devo andarmene che sono stato uno sbaglio che non vogliono che cresca con un fratello del genere.
Dov’è loro carità cristiana dove? Sotto le loro fottutissime scarpe forse.
Noooo io non sono come loro io non mi fido di quello che i preti mi vogliono inculcare io non mi fido. Se non diventato così e solo colpa loro, mi hanno voluto cambiare ed io non ho accettato ed ora devo andarmene. Ma andarmene dove, non o mai potuto nemmeno lavorare per restare sotto le loro ali ed ora mi cacciano…cosa dovrei fare io se non uccidermi?
 
Un fiume di lacrime le irrigò le guance.
 
                                                                                                                                                                            Ore 03,57
Luca parte, va a New York ed io lo seguo. Non avrei mai pensato di dirlo ma per pagarmi il viaggio venderò i miei dischi.
Devo sacrificarli per la mia libertà.
Anna se mai leggerai queste pagine FUGGI, FUGGI DA QUELLA PRIGIONE scopri cosa vuol dire
 
Vuoto.
Non aveva finito di scrivere, forse era dovuto andarsene.
Non aveva mai amato quelle due persone che l’avevano cresciuta ma almeno si fidava di loro, non riusciva a credere come avessero potuto tenerle nascosto un tale segreto.
Quella prigione le stava crollando addosso.
La fine che aveva fatto suo fratello non era servita a nulla allora?
Non avevano imparato nulla, anzi, forse erano perggiorati… errare è umano ma perseverare è diabolico, avrebbero dovuto saperlo bene.
Doveva fuggire prima di finire come lui, doveva trovare suo fratello; anche solo pensare alle parole mio fratello le dava i brividi.
Lo aveva sempre sognato, qualcuno che l’abbracciasse durante le liti in famiglia, qualcuno che la sostenesse, che avesse già passato tutto prima di lei e che l’amasse incondizionatamente. Quella persona esisteva e lei non aveva un minuto da perdere. 

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Capitolo 2
*** Marco ***


Marco:
 
Marco si osservava davanti allo specchio, nudo, la sua pelle era talmente chiara che quasi lo abbagliava. Era magro, di una magrezza spigolosa ma bella. Sulle sue ossa erano appoggiati 46 chili di kg di essere umano, troppo pochi.
Spesso  la fame gli passava all’improvviso, soprattutto quando stava per venirgli un attacco d’ansia. Li aveva si da quando era bambino, ormai erano entrati a far parte del suo quotidiano.
All’improvviso tutto si oscurava, mancava l’aria e il cuore pareva voler uscire dal petto. Quella era la cosa peggiore, quel cuore circondato quasi soltanto da pelle non aveva intenzione di fermarsi se non dopo qualche ora e faceva male..
Aveva paura Marco anche se non sapeva bene di cosa. Forse aveva paura del mondo perché lo conosceva troppo bene.
All’apparenza poteva sembrare forte, ma dentro urlava e tremava.  Il suo lungo ciuffo nero, magliette di gruppi musicali, jeans strettissimi , la sigaretta sempre accesa e la matita nera che amava indossare per far risaltare i suoi meravigliosi occhi anch’essi neri  lo facevano sembrare un “cattivo” ragazzo, qualcuno da cui star lontano.
Era buono invece, aveva sofferto e soffriva come pochi e questo malessere gli aveva regalato una sensibilità fuori dal comune.
La musica era la sua migliore amica, lei al contrario di suo padre non l’avrebbe mai abbandonato.
L’uomo che aveva contribuito alla sua creazione, lui non lo aveva mai incontrato, se n’era andato quando lui aveva appena un anno., quando comprese che la vita coniugale non gli si addiceva , decise di salpare con la prima nave peschereccia che gli offrì lavoro lasciando sola sua moglie con una bambina di 5 anni e con Marco.
Non lasciò un biglietto, non telefonò…sparito nel nulla.
A 12 anni Marco iniziò a lavorare in uno stabilimento balneare d’estate e d’invero rubacchiava qualche cosa giusto per  non gravare sulla sua povera madre.
Era un lupo solitario, guardava gli altri e gli sembravano tutti stupidi, effimeri e banali. Erano tutti troppo presi da loro stessi per alzare lo sguardo al cielo ed ammirare le nuvole, troppo presi per leggere una poesia o per ascoltare bene una melodia. Erano insulsi e a questo punto preferiva la solitudine.
Si era lasciato amare da qualche ragazza durante le sere estive ma non aveva mai amato. Le usava ma il suo cuore aveva sempre e solo battuto più velocemente a causa degli attacchi mai per amore.
Amava il cielo però.
Amava le mille sfumature che alba e tramonto offrivano, la forma delle nuvole e come si gettavano nel mare.  Avrebbe voluto mangiarle quelle nuvole di zucchero filato,  abitare su quell’enorme palla da bigliardo che era la luna. Toccare le stelle.
Si stendeva sulla sabbia, o sull'erba a volte e immaginava di essere lontano da quella vita, in un mondo, in una città libera piena di persone di ogni tipo. Piana di librerie.
Che utopia.

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