Raelene

di Martu89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


“Vai, Scarlett!” gridò Becki Hall alla sua compagna di squadra, alzandole la palla in modo perfetto. Scarlett saltò in alto, più in alto di quanto non avesse mai fatto prima e schiacciò la palla con forza nell’altro campo; vano fu il tentativo della squadra avversaria di murare il suo potente attacco, infatti, la palla cadde a terra poco lontano dalla linea di fondo campo.
“E con questo fortissimo attacco del loro capitano, le Venus Fighters vincono il match!” urlò la voce del telecronista sovrastando le grida di gioia del pubblico e delle sei ragazze in campo, buttatesi tutte addosso a Scarlett.
Scarlett Proudfoot aveva 17 anni ed era il capitano della squadra di pallavolo della sua città ormai da due, e quella era la terza volta che portava le sue compagne alla vittoria, contro le loro più acerrime nemiche della città di Mars Burgh. La sua bravura a pallavolo, era il miglior opposto che le Venus Fighters avessero mai avuto, le aveva garantito un’ottima popolarità a scuola, non che ne avesse bisogno essendo una bellissima ragazza: i suoi lunghi capelli del color dei rubini, i suoi scintillanti occhi verde chiaro e il suo corpo atletico e sinuoso, avevano fatto palpitare innumerevoli cuori, peccato, pensava Scarlett, che nessuno avesse mai fatto palpitare il suo. Tante ragazze avrebbero dato di tutto pur di avere la sua notorietà, eppure a lei non importava. Snobbava le infinite feste alle quali era invitata, respingeva le insistenti proposte dei ragazzi più belli e ricchi della scuola, evitava i gruppi delle ragazze più popolari come evitava accuratamente la loro amicizia, ma perché? Non era timida, non era strana, non si sentiva più importante di altri; l’unica cosa che desiderava era stare semplicemente con i suoi amici: era davvero un crimine così orribile?
Dopo essersi fatta una doccia e cambiata velocemente, Scarlett si diresse di gran carriera verso la redazione del “Venus High Daily”, ma prima che potesse varcare la soglia della porta della palestra, urtò violentemente un povero ragazzo che stava entrando; rimasero in equilibrio per puro miracolo, ma la macchina fotografica che il ragazzo stringeva nelle mani, cadde a terra, senza però danni apparenti.
“Opsss… – soggiunse piano, sorridendo al ragazzo – mi dispiace tanto. Scusa la mia irruenza… Devo pagarti qualcosa per la macchina fotografica?”
Il ragazzo abbozzò un sorriso, e scosse la testa. “Non ti preoccupare, era della scuola.” Ma prima che potesse aggiungere altro, sbucò una ragazza dalla porta, era davvero carina, aveva dei lunghi capelli boccolosi color miele. Evidentemente era la sua ragazza. “Logan, dobbiamo andare – disse rivolta al ragazzo, poi vide Scarlett – bella partita, complimenti!”
Scarlett mormorò un timido ringraziamento, poi si voltò di nuovo verso Logan scusandosi ancora ed infine uscì dalla palestra, lasciandosi alle spalle i due ragazzi.
Dentro alla redazione, come al solito, c’era una confusione assurda, e quel giorno era triplicata, poiché il giorno seguente sarebbe dovuto uscire il nuovo numero del giornale, ma erano, come al solito, in tremendo ritardo. Prima che Scarlett potesse mettere un piede dentro all’aula, quello che pareva un turbine, ma che non era altro che una ragazza, le venne incontro di corsa. “Allora?” le domandò Emma, guardandola impaziente.
Scarlett la guardò con aria afflitta e sospirò.
“3 a 2…” rispose mestamente.
“Oh, tesoro, mi dispiace…” tentò di consolarla Emma.
“Ma che hai capito?! – le urlò Scarlett, iniziando a saltare – 3 a 2 per noi!”
Emma avrebbe decisamente voluto strozzarla con la sue stesse mani, ma era troppo felice che la partita fosse stata vinta, che iniziò anche lei ad urlare e saltare, improvvisando una balletto sul posto.
Emma Heckett era una ragazza non particolarmente magra, aveva i capelli neri e lisci che le ricadevano dolcemente sulle spalle e un paio di occhi grigi, che le davano ogni tanto le sembianze di un gatto. Al contrario di Scarlett non era un asso negli sport, preferiva decisamente stare seduta davanti allo schermo di un computer e scrivere; non a caso, infatti, era la capodirettrice del giornale scolastico. Definire Emma Heckett e Scarlett Proudfoot migliori amiche era fin troppo riduttivo, si conoscevano ormai da quando, ormai 15 anni prima, la famiglia Heckett si era trasferita nella casa accanto a quella dei Proudfoot; all’epoca Emma aveva 3 anni mentre Scarlett 2, ma mai quell’anno di differenza era pesato alle due ragazze, anzi, aveva fortificato la loro unione tanto che, anche quando Emma cambiò di nuovo casa, nulla mutò tra loro.
“Emma, scusa puoi venire un attimo?” interrupe Megan Palmer, mentre Scarlett stava narrando appassionata di una splendida azione. Nello stesso momento in cui Emma si diresse a parlare con Magan di un articolo che stava dando parecchi problemi, dalla porta infondo all’aula uscì pigramente un corpulento ragazzo. Non aveva decisamente i canoni classici di bellezza, però era alquanto affascinante, teneva i capelli castani costantemente legati stretti in una coda e aveva dei profondi occhi nocciola, che in quel momento si stava stropicciando stancamente; appena vide Scarlett si diresse verso di lei, facendole un cenno di saluto.
“Deduco – esordì Daniel, indicando fiaccamente Emma – dagli strilli di quella gallina, che tu abbia vinto la partita. Brava Scarlett!”.
Quando finì di parlare, Emma si voltò di scatto a guardarlo con gli occhi ridotti a due fessure che lampeggiavano pericolosamente: in quel momento sembrava davvero un gatto.
“Chi sarebbe la gallina?!” gli urlò, facendo sobbalzare metà redazione, mentre l’altra metà, avvezza ai suoi scatti d’ira, continuò a tranquillamente a lavorare.
“Tu – rispose Daniel, pacato – urli sempre come un’ossessa, anche prima che arrivasse Scarlett.”
“Oooh, magari perché io qui faccio un lavoro?! TU, piuttosto, cosa diavolo stavi facendo di là?!”
“Dormivo.”
Daniel Bennet era l’ultimo del loro trio d’amici; aveva conosciuto Emma e Scarlett 5 anni prima, quando appena trasferito nella piccola Venus Town, solo e senza nessun amico, aveva incontrato le due, che senza farsi alcuno scrupolo, avevano cercato subito di stringere amicizia, nonostante da quelle parti il suo aspetto non fosse visto di buon occhio. Daniel, inizialmente sconcertato dall’irruenza di Emma e Scarlett, non ci mise molto tempo ad affezionarcisi, e spinse da un lato il suo orgoglio che non accettava di essere amico con due ragazze; ma come si dice, un’amicizia non si rifiuta mai e così, quella che nacque tra i tre fu unica, speciale, ma soprattutto, sincera.
Prima che Emma, decisamente sconvolta dalla leggerezza con cui Daniel le aveva risposto, poté ribattere, Scarlett s’intromise tra i due.
“Ehi, ehi… Non che voi due potreste sbranarvi, che so, dopo, un altro giorno, mai? Vorrei chiedervi una cosa.” Emma e Daniel passavano la metà delle loro conversazioni a battibeccare, più che litigare, fatto che Scarlett faceva molta fatica ad sopportare, ma infondo sapeva che quei due si volevano davvero un bene inimmaginabile. Ad esempio, quando due anni prima, Caroline e Victor, i genitori di Emma, avevano divorziato, e lei era caduta in depressione, Daniel le era stato costantemente vicino, anche più di Scarlett, non l’aveva mai lasciata da sola e le aveva dedicato mille attenzioni, fin quando non le era passata la crisi.
Emma incrociò le braccia e fece segno di acconsentire, guardando ancora torva il ragazzo, Daniel fece lo stesso in una spassosa imitazione della ragazza, che la fece sorridere divertita. Scarlett sarebbe stata pronta a scommettere che, in fin dei conti, i due trovavano molto divertenti quelle piccole discussioni, mentre lei le trovava semplicemente snervanti.
“Bene, finalmente. – disse Scarlett – Avevo in mente di andare al Mansfield stasera, giusto per festeggiare con voi la vittoria. Le mie compagne di squadra mi avevano gia chiesto di uscire, quindi se voi non ne avete voglia, ci metto un secondo a raggiungerle”
“Scherzi? Certo che veniamo! Non era nemmeno da chiedere” rispose prontamente Daniel.
“Perfetto. Mi passate a prendere, allora? Alle 9?” chiese Scarlett.
“Certo! Alle 9 da te” disse Emma, annuendo. Scarlett li salutò e velocemente uscì dalla redazione per tornare a casa.
Daniel, invece, sbadigliando e stiracchiandosi, si diresse stancamente verso la porta infondo all’aula, da dove era uscito poco prima.
“Ehi, dove credi di andare?! – gli urlò dietro Emma – Ho bisogno del tuo aiuto!”. Ma il ragazzo si limitò a scuotere noncurante la mano in aria, ed infine si richiuse la porta alle spalle.
***
Appena Scarlett varcò la soglia di casa sua, sentì una forte esplosione provenire dalla cucina, una qualsiasi normale persona si sarebbe immediatamente preoccupata e sarebbe corsa nell’altra stanza per scoprire la causa di tutto quel fracasso, ma non Scarlett. Pigramente salì le scale e dopo aver lasciato tutte le sue cose in camera, scese per controllare i danni dall’esplosione.
“Perché diavolo – pensò Scarlett scendendo le scale – non posso avere una famiglia normale?!”
La famiglia Proudfoot non era una famiglia, come dire, normale; era abbastanza stramba, o almeno strambe erano le attività dei suoi componenti. Il padre di Scarlett, Nathan, era professore universitario e ricercatore, passava la maggior parte del suo tempo chino su grossi testi antichi, ed univa questa sua passione ad una mania quasi ossessiva: collezionare pietre antiche. Il signor Proudfoot avrebbe potuto dire quello che voleva a proposito di resti di antiche città o castelli, ma quel masso posto accanto alla porta d’ingresso, ce n’erano in tutta la casa, sembrava proprio solo un grande sasso vecchio. Alice, la madre di Scarlettt, era casalinga, ma aveva lavorato in passato come chef in un grande ristorante, e da qui la sua passione per la cucina, ma non per la cucina normale, doveva costantemente provare nuove ricette, accostando gli ingredienti più strani, tanto che non di rado si sentivano forti esplosioni provenire dalla cucina, tanto che ormai in casa nessuno ci faceva più caso. La sorella maggiore di Scarlett, Ashley, aveva avuto un bambino a 17 anni, ma i Proudfoot non erano genitori normali, invece di arrabbiarsi ne furono assolutamente deliziati; Alice spiegò che infondo aveva avuto Ashley quando aveva solo un anno in più, quindi non vedeva cosa ci fosse di male, ad avere un bambino a quell’età. Poi c’era il secondogenito, Douglas, ora frequentava l’università, ovviamente aveva scelto la stessa facoltà del padre e condivideva con lui quella che Scarlett chiamava “mania ossessiva dei sassi”. Poi c’era Scarlett, ed infine Celeste e Owen, gli altri due fratelli, che ancora, per fortuna, non avevano sviluppato hobby troppo strani. Anche se Celeste si divertiva spesso ad aiutare sua madre in cucina e Owen aveva qualche volta accompagnato suo padre alla “raccolta ossessiva di sassi”. I Proudfoot erano una famiglia molto strana, e l’unico desiderio di Scarlett era che fossero semplicemente normali, vani furono i tentativi di Daniel ed Emma di farle capire quanto erano meravigliosi, proprio perché sempre uniti in qualsiasi situazione.
Scarlett entrò cauta in cucina, nel caso in cui magari una salsa al tabasco fuori controllo l’avesse voluta attaccare, ma la stanza era pulita e immacolata, e una Scarlett in formato più grande stava semplicemente chiudendo qualcosa (Scarlett non volle sapere cosa fosse) in dei contenitori di plastica. Alice Proudfoot aveva superato ormai la quarantina, ma non sembrava tanto più vecchia di quando aveva 30 anni; come la figlia, aveva lunghi capelli rosso scuro e occhi di un verde sfavillante, ed un corpo sinuoso, sebbene ormai meno atletico. La donna si voltò sorridendo verso la figlia, mentre Scarlett apriva lo sportello del frigo e tirava fuori una bottiglia di succo.
“Cara, come è andata la partita?” chiese Alice, continuando a macchinare attorno ai contenitori in plastica.
“Bene, abbiamo vinto” bofonchiò Scarlett in risposta, trangugiando una lunga sorsata di succo.
“Sono felice per te, tesoro. Tu vai via con i tuoi amici stasera, giusto?” Scarlett annuì continuando a sorseggiare il nettare di albicocca.
“Perfetto. Io vado a mangiare da Celia. Questa sera tuo padre invece rimarrà in facoltà a lavorare. Celeste dorme da Jenny, mentre Owen è dalla nonna. Quindi hai campo libero.”.
Scarlett quasi si strozzò con il succo. “Cosa vuol dire “campo libero”?!” domandò tentando di non soffocare. Alicia si lasciò andare ad una risata, poi impostando un sorriso a 32 denti, disse “Intendevo, non so, potresti portare qui il tuo ragazzo.”
“Quale ragazzo, scusa?! Il mio fidanzato invisibile?” “Non lo so. Vuoi dire che ancora non hai un ragazzo?! Dolcezza, ti dovresti dare una mossa…”
“Per poi ritrovarmi incinta come qualcun altro? No, grazie. – Alice inarcò leggermente le sopracciglia lanciandole un’occhiata malevola – Tu non dovevi andare da Celia?”
“Sto andando. Ciao zuccherino”. Prese i suoi contenitori di plastica e la borsa, ed uscì di casa.
Scarlett si decise a salire in camera per cambiarsi, aveva già messo la mano sul corrimano della scala, quando sentì una voce, o per meglio dire, un sussurro, provenire dalla biblioteca del padre in cantina. Cauta si diresse verso la rampa di scale che portava di sotto: non sembrava ci fosse nessuno. La biblioteca era una grande stanza, che occupava tutta la cantina di casa Proudfoot, ma conteneva più scaffali di quanti ce ne potessero effettivamente stare, tutti stipati fino in cima di libri e vecchi tomi.
Scarlett scorse tutti gli scaffali, quando arrivò all’ultimo provò una strana sensazione, come se dovesse andare in quella direzione, come se ci fosse qualcosa che la spingesse avanti. Si ritrovò davanti al ripiano di uno scaffale, dove sembrava appoggiato così per caso uno strano volume. Un po’ impaurita lo prese tra le mani tremanti. Non sembrava né vecchio né nuovo, era rilegato in pelle di colore vermiglio e sopra c’era incisa una “K” color oro, titubante Scarlett aprì il libro ad una pagina a caso. Fu un attimo. Nello stesso momento in cui aveva aperto la pagina, fu come se un paio di mani l’avessero afferrata le spalle e l’avessero tirata avanti con una forza tale da farla sparire all’interno del libro.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


u

Capitolo due

Scarlett impiegò qualche secondo per mettere ben a fuoco il luogo in cui era piombata. Era una stanza rettangolare, dalla grande vastità, accentuata dal fatto che era quasi completamente senza mobilio. Il soffitto era di un color oro talmente tanto chiaro che sembrava emanasse luce propria, ed era talmente tanto alto, che non si sarebbe potuto dire quanto effettivamente lo fosse. Tre delle quattro pareti erano occupate da gigantesche librerie di legno, che centinaia di volumi riempivano fino al soffitto, molto probabilmente Nathan Proudfoot si sarebbe preso un colpo vedendo tanti libri tutti insieme. Non c’erano porte né finestre, e l’unica fonte di luce, oltre al soffitto dorato, era un immenso camino, posto nell’unica parete non occupata da librerie, dove alte fiamme tremolanti stavano danzando illuminando tutto l’ambiente. Davanti al camino c’era l’unico mobile della stanza, una grande poltrona in pelle rosso scuro dall’alto schienale, che aveva un aspetto alquanto sinistro.

All’improvviso Scarlett sembrò destarsi dalla sua confusione, e prese a correre a perdifiato per tutta la stanza in cerca di qualcosa, ma non sapeva nemmeno lei cosa stesse realmente cercando, molto probabilmente una via d’uscita.

“È inutile che cerchi, non troverai alcuna via per scappare”. Disse una voce solenne e profonda alle spalle di Scarlett, mentre stava cercando vanamente di spostare una libreria.

“Chi ha parlato?” chiese con voce tremante, iniziandosi a guardare intorno molto spaventata.

Lentamente la poltrona davanti al fuoco si girò, e quando fu completamente voltata, la donna che vi era seduta, si alzò con calma. Non esistono altre parole per descriverla: era bellissima e perfetta. Era molto più alta di qualsiasi altra donna al mondo, e la sua statura era ancor più messa in evidenza dal lungo ed elaborato vestito rosso e oro, che aderiva al suo corpo perfetto. Ma il suo volto era decisamente più bello. Aveva dei capelli neri e mossi che dolcemente le coprivano tutta la schiena; i suoi occhi erano di un nero talmente profondo che a malapena si riusciva a distinguere la pupilla dall’iride e le sue labbra carnose erano di un rosso fuoco così acceso che nessun rossetto avrebbe mai potuto competere.

Ma nonostante la sua bellezza, lo sguardo di chiunque sarebbe stato catturato magicamente da ciò che portava al collo: una lunga collana di piccole pietre vermiglie che reggeva alla sua estremità un grosso ciondolo d’oro a forma di triangolo.

Scarlett s’incantò a fissare quel pendente, era di una lucentezza incredibile, e quella sua forma triangolare così strana, lo rendeva magico e irresistibile. Fissandolo, ogni preoccupazione o paura parve sparire dalla sua mente. Quella donna con la sua bellezza e quella magnifica collana aveva qualcosa di speciale, pensò Scarlett ancora ipnotizzata dal ciondolo dorato, doveva essere qualcosa di divino. Già, quella donna doveva essere senz’altro una dea.

***

“Esatto, sono una dea” disse la donna leggendo nei pensieri di Scarlett, che continuava a fissare la collana, ma appena sentì la sua affermazione, la ragazza si scosse di colpo, come se le avessero dato all’improvviso una botta in testa, e la guardò con gli occhi sbarrati.

“Co-Cosa?!” mormorò scioccata e spaventata, tutte le preoccupazioni che erano sparite guardando il ciondolo, erano d’un tratto riapparse, anzi, erano perfino raddoppiate.

La dea le sorrise apertamente, di un sorriso comprensivo e rassicurante. “Immagino che tu sia spaventata, – disse, anche la voce sembrava addolcita – però non avere paura. Non ti farò del male. Ti sto aspettando da trenta lunghi anni, Scarlett. Mi permetteresti di dirti ciò che vorrei?”

Scarlett, non seppe bene perché, ma le sue parole, o il tono della sua voce, la calmarono immediatamente, ma ci pensò un attimo se acconsentire o meno alla sua richiesta. In realtà, oltre a quella, mille domande affollavano la sua mente: chi era quella donna? Una dea, ma oltre a quello? Dove si trovava? Cosa voleva? Cosa ci faceva lei lì? Ci mise ben poco per capire che per trovare le risposte a tutte le sue domande, doveva semplicemente farla parlare. Ancora spaventata, Scarlett annuì lievemente e la dea le fece un cenno di ringraziamento.

“Grazie, Scarlett, davvero. Innanzitutto mi presento, sono la dea Kezia, so che magari ti potrebbe sembrare fin troppo fantasiosa, ma è la realtà. Questo luogo, o forse è meglio dire stanza, è la mia dimora, dove ho passato la maggior parte della mia esistenza, aspettando la persona che mi potrà aiutare. Come vedi, non ho molte possibilità di svago, se non la lettura, qui vi sono conservati milioni di libri, tutti quelli che siano mai stati scritti, anche opere che a voi terrestri sono andate perdute. Ma non è del mio patrimonio librario che ho intenzione di parlarti.”

La dea Kezia si avvicinò di qualche passo a Scarlett, e fece qualcosa che mai e poi mai ci si sarebbe aspettati da lei, una dea, una persona così fiera e orgogliosa: si prostrò in ginocchio davanti alla ragazza, iniziando a singhiozzare sommessamente.

“Scarlett, ti prego, aiutami. – gemette, alzando il volto rigato di lacrime – Ho davvero bisogno del tuo aiuto. È da quando, trent'anni fa, sono venuta a conoscenza che saresti giunta al mondo tredici anni dopo, che non ho fatto altro che contare i giorni che separavano il nostro incontro; quando finalmente saresti stata abbastanza matura da potermi aiutare.  E ora, sono sicura che lo sei, poiché hai sentito il mio grido d’aiuto. Ovviamente, puoi rifiutare di aiutarmi, ma chissà quanti anni dovrò aspettare per trovare un’altra persona come te, forse secoli, magari millenni. Ho seguito la tua vita sin da quand’eri nella culla, conosco tutto di te, i tuoi sogni, i tuoi desideri, le tue passioni; ti conosco bene, so com’è il tuo carattere, faresti di tutto, anche morire se necessario, per le persone alle quali vuoi bene. Non mi conosci, non mi devi nulla, ma per favore aiutami. Ti prego.”

Scarlett provò pena per quella donna che fino a qualche minuto prima era lì in piedi davanti a lei con il suo vestito rosso, con il suo ciondolo d’oro e con tutta la sua fierezza, ma che in quel momento era in ginocchio tremante tra i singhiozzi che la fissava implorante. Scarlett era però indecisa sul da farsi, non se la sentiva di dire di no a quella donna supplichevole dinanzi a lei; ma allo stesso tempo non poteva non sentirsi a disagio e inquieta, se davvero, come aveva detto poco prima, l’aveva spiata da quand’era piccola e conosceva tutto di lei. Ma ora che ci pensava, anche prima, quando aveva pensato che potesse avere qualcosa di divino, subito la dea glielo aveva confermato, come se le avesse letto nel pensiero, e arrivata a quel punto, non metteva più in dubbio che lo facesse davvero.

“Scarlett, ti giuro, non ho mai voluto davvero spiarti né tanto meno leggerti nel pensiero, ma mi si è rivelato necessario per seguire le tue sorti. Ti prometto che da quando uscirai da questa stanza, qualunque sia la risposta che mi darai, non farò mai più niente del genere. Anzi, sappi, che da quando hai accettato di ascoltarmi, non sono più entrata dentro alla tua mente.” Disse improvvisamente la dea Kezia, afferrando un braccio di Scarlett con entrambe le mani e continuando a fissarla negli occhi con aria disperata. Il suo tocco era incredibilmente caldo, quasi incandescente, a Scarlett parve di sentire la pelle bruciare sotto le mani della dea, e si divincolò subito dalla stretta, guardando inorridita la donna davanti a lei, ma quest’ultima continuava a fissarla con gli occhi pieni di lacrime. Scarlett non poté più sopportare quella vista straziante, e decise di accettare di aiutarla anche se malincuore. Non sapeva cosa avrebbe dovuto fare, ma se glielo aveva chiesto, voleva dire che la riteneva che in grado di farlo, sennò perché glielo avrebbe domandato? Stava per dare la sua risposta, quando all’improvviso le venne un dubbio.

“Come facevi allora, a sapere che pensavo a quelle cose? “ domandò, sospettosa.

“Non c’era bisogno di leggere nella tua mente per capire. I tuoi occhi dicevano già tutto. Gli umani non sanno che spesso il loro sguardo dice molto più di quanto stanno pensando. Ma ora ho bisogno della tua risposta, qualunque essa sia.” Disse risoluta, asciugandosi le lacrime.

Scarlett rimase colpita dalle sue parole, e senza pensarci ancora, annuì lievemente.

“Si, ti aiuterò. Ma io ci guadagnerò qualcosa?”

La dea si alzò in piedi, di nuovo in tutta la sua maestosità, facendo un grande sorriso di ringraziamento, e si diresse verso la sua poltrona.

“Certo. Ovviamente ci guadagnerai qualcosa. Credi davvero che ti avrei fatto lavorare senza poi darti niente? Se porterai a termine la tua missione, esaudirò un tuo desiderio, qualunque desiderio. Ti sembra abbastanza?” La dea si sedette sulla sua poltrona, appoggiando il mento sul palmo di una mano, iniziò a fissare di nuovo Scarlett.

“Dipende da ciò che dovrò fare. Si tratta di qualcosa di pericoloso?”

“Sì, abbastanza.”

“Appunto, cosa mi servirebbe un desiderio se non portassi a termine il mio compito? O se qualcosa andasse storto?”

“Credevo fosse la tua amica Emma quella riflessiva, ma a quanto pare mi sbagliavo. Ad ogni modo, la scelta è tua, cambia la tua risposta se desideri. Vorrei scusarmi per la reazione esagerata di prima, ma vedi, tu sei l’unica che può compiere questa missione, non ti avrei mai chiamato se non fossi assolutamente certa di questo. Tu, Scarlett, se colei che cerco, sei nata sotto la buona stella del coraggio.” 

Mentre la dea pronunciava quelle parole, Scarlett non seppe trattenersi dal guardare ancora il ciondolo a triangolo, e a quel punto non poté più dire di no.

“Va bene. Accetto. Ma voglio che mi sia spiegato esattamente ciò che dovrò fare.”

“Grazie, Scarlett. Non sai quanto questo sia importante. Ma, siediti qui. – disse, agitando con noncuranza una mano davanti a sé, facendo apparire una sedia – Ora ti racconterò tutto, ascoltami attentamente, e se non capissi qualcosa, chiedimi pure. Tanti anni or sono, prima che la Terra  fosse creato, il Dio Supremo, che stava pianificando l’universo, chiamò due dee al suo cospetto per affidargli il compito di plasmare sei mondi nel Sistema di Eos, quello al quale appartiene la Terra, e così fecero. Ma il Dio Supremo, poiché non infallibile, commise un errore: una delle dee che aveva chiamato, si rivelò in seguito malvagia. Però, arrivati a quel punto, era impossibile togliere dal suo possesso ciò che aveva creato; si creò così una frattura profonda in Eos ed una profonda rivalità tra le due dee. Fortunatamente si trovò una soluzione, per evitare che l’equilibrio dell’universo fosse messo a repentaglio dalle infinite guerre inutili che si sarebbero fatte, inutili poiché gli dei non possono uccidersi tra loro. La soluzione era che le due dee avrebbero convissuto in pace in un settimo pianeta, la Terra, e si sarebbero affrontate in una battaglia finale, grazie all’aiuto di due ragazzi, due Predestinati, uno nato sotto la stella di Marte e uno sotto quella di Venere. Tu, Scarlett, sei nata sotto la buona stella di Venere, e contemporaneamente a te c’è un altro ragazzo, che invece è nato sotto Marte. Ecco perché ti ho scelto, tu sei la Predestinata, l’unica che può affrontare questa prova.”

“Ma, io qui non vedo nessun altro ragazzo. Dove sarebbe?”

“No, no, non hai capito. Il ragazzo nato sotto Marte non combatte con te, ma contro di te. L’altra dea Shanika, questo il suo nome, lo avrà senz’altro già chiamato, come ho fatto io con te, e gli avrà raccontato tante menzogne per far in modo che gli creda. Tu sei il Bene, Scarlett. Venere, è simbolo per eccellenza dell’amore, perciò del Bene. Lui, invece, è Marte, odio e guerra, e quindi Male. Per quanto ti possa sembrare la trama di un libro di fantasy in stile Lewis, tu non devi  farlo per aiutare me, nelle tue mani c’è il destino di tutto l’universo, devi salvarlo dal Male.”

“Come?! Battaglia finale?! Guerre?! Io non so combattere e non ho alcuna intenzione di imparare!”

“Tu sei coraggiosa e intelligente, e questo fa di te la perfezione. Non avrai niente a che fare con spade e combattimenti, sono altre le qualità che ti permetteranno di vincere. Ma non ti domandi come faremo a sconfiggere l’altra dea?”

“Come faremo?”

“Il Dio Supremo aveva subito pensato a questo; appena sancimmo quel patto, creò un’arma tanto potente che poteva uccidere perfino un dio, era talmente pericolosa che preferì dividerla in sei pezzi, e metterne uno in ogni mondo creato dalle due dee. Questo è il tuo compito: recuperare tutti i pezzi di Realene, l’arma, attraverso i sei mondi. Non è una cosa che posso fare io, poiché non mi è permesso entrare in un mondo di Shanika. Mentre tu, che sei la Predestinata, hai questo privilegio.”

“Si, ma perché non è il Dio Supremo ad uccidere quell’altra dea? Insomma, se ha creato l’arma Realene, perché non uccide Shanika lui stesso?”

“Non è una questione di potenza. Ti ho già detto che due dei non possono uccidersi tra loro, non importa quale sia la loro posizione o il loro potere, è qualcosa che non si può fare, è una legge universale. Ma, Realene, non è un dio, ma un’arma, quindi, può effettivamente uccidere una divinità.”

“Ma, allora dovrò affrontare questo viaggio da sola?! Come farò?! Che prove dovrò fronteggiare?! Come…?”

“Calmati. Se aspetti un instante, ti spiegherò quanto devi sapere. Innanzitutto, la prima cosa che dovrai sempre fare, appena arrivata in un nuovo mondo, è andare dalla regina, lei t’indicherà la prova che dovrai sostenere per riuscire ad ottenere una parte di Realene. Si tratteranno di prove di ogni sorta, magari fisiche, altre d’intelligenza, altre ancora in cui la sola furbizia e un po’ di praticità saranno la chiave della vittoria. Ma non avere paura, perché non sarai sola. Ti sarà concesso di portare due compagni di viaggio, e credo che i tuoi migliori amici, Daniel ed Emma, potranno esserti di grande sostegno. Ma, soprattutto, voi tre uniti potrete senza nessun problema, affrontare qualsiasi tipo di prova. Perché ricordati, inoltre, che Shanika manderà contro di voi il suo Predestinato, e visto che è nato sotto la stella di Marte, quindi sarà di certo un grande combattente, ma sarà anche furbo e intelligente? Sicuramente non sarà facile, ma io credo in te, Scarlett, so che ce la farai.  Hai qualcosa da chiedermi, prima che ti dia l’Orologio e ci congediamo?”

“Ehm, io avrei qualche domanda sul pratico… – disse Scarlett, titubante, torturandosi nervosamente le mani – Del tipo, cosa dico ai miei genitori? Che parto per una missione di salvataggio? Ma soprattutto, come convinco Emma e Daniel a partire con me? Li costringo? Cioè, se glielo provo a chiedere, mi prenderanno per pazza! Poi cosa diavolo è l’Orologio?”

La dea Kezia iniziò a ridacchiare, poi facendosi più seria disse “Per prima cosa, dal momento in cui tu uscirai da questo pianeta, il tempo sulla terra si fermerà, quindi i tuoi genitori non se ne accorgeranno. Non che avrebbero avuto qualcosa in contrario, eh? Per i tuoi amici, credo che la cosa migliore sia una dimostrazione pratica, capisci cosa intendo? Ovviamente no, visto che ancora non ti ho detto come farai a viaggiare di mondo in mondo.”

Dopodiché si alzò e si diresse verso una delle immense librerie, dove prese un grosso volume rosso, molto somigliante a quello con il quale Scarlett era arrivata al cospetto della dea Kezia, che porse il libro alla ragazza, quest’ultima la guardò con uno sguardo sospettoso e interrogativo allo stesso tempo, attendendo una spiegazione.

“Apri il libro.” Le ordinò la Dea tornando a sedersi sulla poltrona.

Scarlett con fare diffidente aprì il volume, e fu enormemente sorpresa nello scoprire che non si trattava propriamente di un libro, quanto di una scatola foderata di velluto rosso, sopra al quale erano delicatamente adagiati un orologio e due braccialetti.

L’orologio era molto particolare, il cinturino era di un color porpora, ma era il quadrante che era davvero insolito, sembrava d’oro con al centro una “K” finemente incisa, ma la cosa più strana era che non vi erano tre lancette ma bensì solo una, e al posto dei dodici numeri, nove piccoli diamantini. Mentre i braccialetti, erano decisamente più semplici, erano delle strisce di pelle dello stesso colore del cinturino dell’orologio, e nella parte superiore vi era stampata una “K” dorata.

Scarlett intuì vagamente come fosse da usare, ma preferì che glielo spiegasse la dea chiaramente.

“Questo è l’”Orologio dei Sette Mondi”, tu lo devi indossare, mentre i tuoi amici dovranno mettere ciascuno un braccialetto. Ogniqualvolta tu voglia cambiare mondo non dovrai fare altro che girare il piccolo diamante posto a lato del quadrante e muovere la lancetta verso il diamante che rappresenta il regno dentro al quale volete andare, e così tutti e tre verrete trasportati via. Ecco cosa intendo con “dimostrazione pratica”, fai indossare i braccialetti ai tuoi amici con una scusa, e poi spingi immediatamente il diamante del quadrante, e sarà fatta, non potranno più tornare indietro. Potrai spiegare loro tutti i particolari alla prima tappa obbligata del vostro viaggio: la dimora del Dio Supremo. Qui vi incontrate con lui, il Predestinato di Marte e i suoi Combattenti. Mi dispiace, ma è il volere del Dio parlarvi, ma non ho idea riguardo a cosa, però sarà utile scoprire subito il volto del nemico e cosi vi potrete guardare bene da loro. Hai capito, Scarlett?”

La ragazza annuì decisa, così Kezia sorridendo compiaciuta si alzò nuovamente, Scarlett la imitò, e si avvicinarono l’una all’altra.

“Bene, questo è questo tutto. Credo che ci vedremo molto presto, e spero ancora tu riesca a portare al successo questa missione. Ancora grazie mille, Scarlett.” Disse la dea guardando negli occhi Scarlett, quest’ultima fece un buffo e goffo inchino per congedarsi, Kezia ridacchiò ancora.

“No, no, non inchinarti, dovrei farlo io in realtà. Ma ora mettiti l’Orologio, torna a casa e parti il prima possibile, i tuoi amici arriveranno da un momento all’altro a casa tua.”

“Okay, allora arrivederci, non ti deluderò, dea Kezia”

La dea le sorrise dolcemente e, commossa, le accarezzò una guancia, il suo tocco era ancora più incandescente del fuoco, ma Scarlett non volle spostarsi. Infine Kezia, scostandosi dalla sua Predestinata, mormorò qualche parola sottovoce, e Scarlett scomparve. Ricadde nel medesimo punto doveva aveva trovato il libro nella biblioteca del padre, si era appena alzata quando sentì l’eco del campanello risuonare al piano di sopra. Stringendo i due braccialetti tra le mani, salì a perdifiato le scale con unico pensiero in testa: non aveva tempo da perdere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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