Her eyes... like fire?

di Emerald Serpensortia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter I ***
Capitolo 2: *** Chapter II ***
Capitolo 3: *** Chapter III ***



Capitolo 1
*** Chapter I ***


La Guerra nel mondo magico, purtroppo, non era finita.

Mi correggo, era finita  in un modo illusorio, ma non come speravamo tutti.

Il Male aveva vinto

Il Male governava il mondo.

Il Male, sorgeva su tutti noi.

Ogni giorno, migliaia di innocenti venivano uccisi perché ritenuti indegni di vivere; erano bastardi che dovevano essere sterminati.

Succedeva, a volte, per chi poteva definirsi "fortunato" che venivano risparmiati per poi finire a fare da servi ai Grandi.

Chi erano i Grandi? Semplice. Coloro che dovevano compiere questo compito, il lavoro sporco di stanare i bastardi ed ucciderli, i Mangiamorte.

Voldemort era il Re.

Lui che aveva vinto da quel famoso giorno.

Lui che era diventato più forte.

Lui, che aveva catturato, torturato e ucciso quelle persone che avevano creduto in Harry Potter; che avevano creduto a un eroe che potesse sconfiggere il Signore Oscuro. 

Erano stati i primi a morire.

Dove sono i nostri eroi?

Anche loro, come molti, sono stati agguantati dalle braccia oscure della Morte?

No.

Sono sopravvissuti.

Sono scappati.

Sono scomparsi dal mondo.

Sono dispersi.

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Capitolo 2
*** Chapter II ***


Ronald Weasley, dopo la fatidica perdita di suo fratello Fred, aveva passato alcuni mesi alla Tana per stare accanto alla sua famiglia.

Gli mancava.

Gli mancava da morire.

Avrebbe dato di tutto, pur di riavere indietro suo fratello.

Gli mancavano le sue risate.

Gli mancava quando i gemelli lo prendevano in giro perché mangiava come un maiale o perché era innamorato della sua amica di sempre e non riusciva a dirlo.

Gli mancava, tutto.

Un giorno di pioggia, il giorno più triste, accadde una sciagura, l'inevitabile ormai di quei tempi.

Un gruppo di Mangiamorte fece un attacco a sorpresa alla Tana.

Distrussero tutto.

Fu il panico.

Erano pronti da mesi a quel giorno, non vollero sprecare le ore spese ad allenarsi, non vollero lasciare niente al caso.

Per Fred.

Volarono maledizioni e schiantesimi.

La famiglia si divise e ognuno prese una scopa per fuggire.

Ron viaggiò molto in mezzo alle bufere di quel mondo così cupo.

Ma qualcosa andò storto, Ron lo sentì nel suo cuore, qualcosa era andato storto.

Ginevra era stata catturata da un Mangiamorte e di lei, nessuno ebbe più notizie.

Ron pianse. Pianse per sua sorella.

Per la sua famiglia.

Pianse perché sapeva, nel suo cuore, di essere rimasto solo.

Non volendo farsi catturare ed uccidere, continuò la sua fuga.

Quattro ore dopo, decise di scendere verso un bosco e fu in quel momento che vide in mezzo a un campo vuoto, un recinto malridotto e un'insegna.

Si avvicinò titubante e sfiorò con le dita quel cartello, che al suo contatto brillò di una luce azzurra e comparve una scritta.

"Vecchia dimora dei fratelli Wood, che alla loro morte, decisero che solo il tocco di un anima buona e in cerca d'aiuto sarebbe riuscito ad attraversare questo cancello e poterci vivere"

Pochi secondi dopo, infatti, comparvero le mura di una casa apparentemente abbandonata.

Ron decise di fidarsi degli strani fratelli Wood e spingendo il cancello, decise che quella sarebbe stata la sua nuova casa.
 

† † † † †
 

In quello stesso momento, a qualche chilometro di distanza, un ragazzo malridotto e piuttosto noto, stava strisciando in un bosco cercando di non farsi scoprire.

Era riuscito, sebbene con qualche fatica, ad agguantare un pezzo di pane dalla finestra di una panetteria di Londra.

Era prezioso per lui, perché era forse il primo pasto caldo che riusciva a mangiare in due mesi.

Era quasi pelle ossa, e benché era uno dei pochi che ancora possedesse la bacchetta, non la usava mai.

Aveva paura che con qualche incantesimo di intercettazione sarebbero riusciti a trovarlo e ad ucciderlo.

E lui questo non poteva permetterselo. 

Viveva in una grotta maleodorante, come un animale.

Era la prima volta che ci pensava, ma rimpiangeva gli anni passati con gli zii.

Non parlava con qualcuno da tanto tempo e ogni tanto si chiedeva se sapesse ancora parlare.

Insomma, non era proprio una gran vita.

Ogni sera, guardava il cielo e pregava per lui, per Ron e per Hermione.

Ognuno era scappato per vie diverse e non si erano più visti ne sentiti.

Gli mancavano da morire i suoi migliori amici e la domanda che aleggiava sulla sua testa perennemente era se erano ancora vivi e se stavano bene.

Avrebbe dato qualsiasi cosa per riabbracciarli e sperava che almeno loro non erano costretti a vivere nel letame.


† † † † †
 

Era ferita.

Aveva incontrato un Mangiamorte mentre tornava a casa, nella Londra Babbana.

Aveva scoperto che la casa dei suoi genitori non era stata toccata e quindi dopo la guerra si era rintanata li, nella cantina, sperando che nessuno la trovasse.

Quella mattina era andata in perlustrazione, a soccorrere i pochi babbani e mezzosangue rimasti e a cercare qualcosa da mangiare in qualche negozio distrutto dall'orrore e dalla guerra.

Girato l'angolo non si era accorta dell'uomo incappucciato che la fissava.

Aveva continuato imperterrita e proprio davanti alla porta d'entrata quell'ignobile uomo le aveva scagliato uno stupeficium.

Per fortuna non era abbastanza potente ed é riuscita a rialzarsi e scappare dietro la casa, ma cadendo si era ferita ad un fianco ed ora le faceva male.

Maledetti Mangiamorte. 

Era scappata in mezzo al bosco, così se quell'essere schifoso avesse cercato di seguirla, lei avrebbe avuto un po' di vantaggio e poteva nascondersi dietro i cespugli.

Si era girata a controllare e non aveva visto quella radice che avanzava dal terreno.

Era caduta come un sacco di patate e subito dopo é rotolata giù da una discesa piena di sassi e foglie scivolose.

Aveva battuto la testa e forse era svenuta per qualche ora, perché al suo risveglio stava comodamente sdraiata su un letto profumato in una stanza rossa e sicuramente, non era stata rapita da nessun Mangiamorte, dato che era ancora viva.

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Capitolo 3
*** Chapter III ***


Aveva deciso di esplorare ogni stanza.

Non aveva paura, perché sentiva quella frase rassicurante che aleggiava nella sua testa, la frase dei fratelli Wood su quel cancello.

Chi erano i fratelli Wood? Perché non ne aveva mai sentito parlare? Da quanto erano morti?

Si faceva tutte queste domande, Ron, mentre entrava nelle stanze e ammirava i giganteschi letti a baldacchino e i maestosi quadri appesi alla parete.

Spostò una tenda e vide davanti a lui un lungo corridoio grigio (forse per la polvere e le ragnatele di quel posto abbandonato) e lo percorse, incuriosito.

Arrivò in una grande stanza ampia e si accorse di essere arrivato in una biblioteca.

C'erano dozzine di scaffali stracolmi di libri e una lacrima gli scese silenziosa, ricordando la sua migliore amica e la sua passione per i libri ed il sapere.

Che stava facendo in quel momento? Era ancora viva?

Certamente! Doveva esserlo! Lei era la strega più brillante del mondo. Se non era sopravvissuta lei, si chiedeva come mai era riuscito ad esserlo lui.

Decise di uscire dalla stanza dei ricordi e ripercorse quel corridoio, appuntando nella mente che più tardi avrebbe provato quell'incantesimo che gli aveva insegnato Ginny, e avrebbe pulito tutta la casa, la sua nuova casa.

Quell'abitazione era enorme, sembrava un labirinto pronto ad inghiottirlo, ma per qualche strana ragione, percorreva quei corridoi come se li conoscesse tutti, come se in un suo passato ci fosse già stato in quella casa, e conoscesse ogni centimetro di pavimento, ogni angolo, ogni muro.

Si ritrovò nella cucina.

Finalmente! Pensò.

Non si era reso conto fino a quel momento di avere una gran fame e sperò con tutto se stesso che da qualche parte ci fosse del cibo per lui.

Fortunatamente, in una dispensa, Ron trovò il necessario per prepararsi qualcosa da sgranocchiare e pensò che quel pranzo, fosse il più buono di tutti i giorni passati a nascondersi dai Mangiamorte. Quel pensiero, gli fece tornare alla mente la sua famiglia e si chiese dove fossero finiti i suoi genitori in quel momento, e i suoi fratelli?

Pregò in un minuto di silenzio, guardando fuori dalla finestra prima di mangiare.

Si rese conto che stava per raggiungerlo una tempesta, così prima che facesse buio, finì di mangiare e decise di trovare il bagno per lavarsi e finalmente andare a dormire.

Si stava coricando in un grazioso letto con delle morbide coperte che era riuscito in qualche modo a pulire, quando gli parve di scorgere una presenza come una luce, fuori dalla finestra.

Aveva paura. 

Non aveva pensato che magari potessero esserci delle presenze, degli spiriti in quella casa.

Corse fuori con una candela e disse con voce tremolante: "c'è qualcuno?"

La candela si spense e il buio l'avvolse.

 

† † † † †

 

Quel mattino si era svegliato piuttosto presto, aveva iniziato a piovere e i temporali l'avevano svegliato.

Non dormiva bene da quando tutto era successo, da quando non era riuscito a sconfiggere il Signore Oscuro.

Aveva smesso di chiamarlo per nome. Aveva capito che facendolo lui l'avrebbe trovato e ucciso una volta per tutte. Perché era sicuro che sarebbe successo. Lui l'avrebbe ucciso e Harry non sarebbe stato in grado di fermarlo.

Voleva a tutti costi trovare i suoi amici e in quell'istante, capii che non poteva rimanere nascosto in quella grotta per sempre, doveva trovare il modo per capire dove si fossero nascosti e raggiungerli.

Lo sapeva di non essere vicino a Londra, perché non c'era nulla di famigliare intorno a lui.

Niente che gli pareva di avere già visto.

Uscì dalla sua "casa" e si diresse alla cascata dietro la grotta per darsi una ripulita, sembrava davvero un animale, non aveva mai capito cosa volesse dire "vivere come un animale", "sopravvivere in uno stato pietoso", ora lo sapeva.

Mentre si lavava, vide una donna di colore che raccoglieva dell'acqua a qualche metro da lui. 

Era sicuro che lei non l'avesse visto, perché grazie alla sua puzza e la sua sporcizia, riusciva a mimetizzarsi perfettamente a quello che lo circondava, e il fatto che si trovasse dietro ad un grosso masso, facilitava il suo stare nascosto.

La donna si alzò e si guardò intorno, come se avesse capito di non essere sola, ma dopo qualche istante, si girò e si incamminò nel centro della foresta.

Harry la seguì d'istinto. 

Non sapeva se poteva fidarsi o era meglio per lui tornare da dov'era arrivato.

Forse era una trappola.

Un qualche Mangiamorte aveva messo quell'illusione di salvezza nel bosco, per capire se c'erano traditori, babbani o mezzosangue da torturare e uccidere.

Ma la seguì lo stesso. Andando incontro al suo destino.

Agire d'impulso. L'aveva sempre fatto. Non si fermava mai ad analizzare la situazione, come Hermione. Dio! Come le mancava!

Vide la donna fermarsi davanti a una baracca di legno, fare qualche gesto con la mano ed entrare.

Si avvicinò ancora di più anche lui e attraverso un piccolo buco nel recinto strisciò all'interno della proprietà. Aggirò la casa fino al retro e si acquattò contro la parete, dietro un cespuglio verde.

Alzò di poco la testa e spiò all'interno della casa dalla piccola finestrella.

Fu in quel momento che sentì una presenza dietro di lui, nel giardino, e non fece nemmeno in tempo a girarsi che una voce lo raggiunse "E tu, cosa ci fai qui? Chi sei? Stupeficium!"

Quello che ricordò furono alcuni capelli biondi troppo chiari, poi il buio.

 

 

† † † † †

 

Era ancora viva.

Si diede un pizzicotto per capire se quello era un sogno o la realtà.

Ma era viva. Davvero.

Si alzo dal letto e si accorse che la ferita al fianco era completamente guarita.

Per quanto tempo aveva dormito allora? O era caduta in qualche stato comatoso e l'avevano guarita? Ma non era in un ospedale. Dov'era? Sembrava in una casa, una bellissima casa. Chi l'aveva salvata? Doveva saperlo! Doveva ringraziarlo.

Si alzo in punta di piedi e si mise un grande scialle sulle spalle, abbassò la maniglia e scalza si diresse fuori dalla camera.

Si rese conto che quella non era una casa appena mise la faccia fuori dalla porta. Quello sembrava un castello. Di fronte alla porta dalla quale era appena uscita c'era una grandissima scalinata di marmo, bellissima. Dove si trovava? Perché non c'era nessuno che rispondeva alle sue domande?

Si strinse nella stoffa e si sfiorò una mano con l'altra. La sua pelle era così morbida, non lo era mai stata.

Scese alcuni gradini e da dove si trovava vide la maestosa entrata con quel portone così grande, e si accorse che c'era una donna accanto che sembrava stesse dando dell'acqua a un vaso di fiori. 

Decise di farsi vedere da lei e tossì un paio di volte per annunciare la sua presenza.

La donna si girò lentamente con un sorriso sulle labbra.

Era bellissima. Lunghi capelli castani scuri le scendevano ondulati sulle spalle, i suoi abiti sembravano aggraziati tanto quanto la donna che li indossava; ma i suoi occhi, avevano qualcosa di ipnotico e famigliare i suoi occhi.

Un blu mare, pronti ad affogarti con un solo sguardo.

Si avvicinò a Hermione e lei si sentì piccola piccola e una strana sensazione si impadronì di lei.

Arrivata sugli scalini, si fermò a qualche metro, quasi a comunicarle che non le avrebbe fatto nulla di male. La giovane ragazza si fidò e le sorrise incerta.

"Hermione, ben svegliata" aveva una voce ipnotica, come i suoi occhi.

"Io… grazie.. quanto ho..?"

"Sei rimasta incosciente per tre settimane. Io sono Harriet Churchill. Ti pregherei di seguirmi nel soggiorno. Vorrei presentarti mio marito"

Hermione sussultò. Tre settimane? Aveva dormito tre settimane? Ma cos'era successo? Lo sentiva che era successo qualcosa mentre era incosciente, ma non riusciva ancora a capire cosa, a ricordare. Seguì la donna e ben presto si ritrovò nel soggiorno.

Era, il più grande che avesse mai visto. Sembrava… sembrava la Sala Grande di Hogwarts. Appena questo pensiero si formulò nella sua testa, si ricordò quanto le mancava Hogwarts, la sua casa, la sua famiglia, i suoi amici, la sua vita.

Rimase incantata dagli arazzi sui muri e dai mobili regali e antichi che decoravano il soggiorno.

Ammaliata dal luogo i suoi occhi non si fermavano un secondo, finché vide la figura di un uomo vagamente divertito che la osservava, seduto su una poltrona.

Smise di analizzare ogni oggetto della stanza e gli si avvicinò, sorrise e si presentò.

"Ehm, buongiorno. Il mio nome é Hermione e anche se non capisco cosa mi é successo, vi ringrazio per avermi salvata" un sorriso d'imbarazzo seguì la sua presentazione.

L'uomo, si alzò, le strinse la mano e con voce calma e rassicurante le disse: "Il piacere é tutto mio, Hermione, io sono Charles Pears e lei é mia moglie Harriet ma so che vi siete già presentate. Questa é la nostra reggia, ad Hartington, un villaggio nella Contea del Derbyshire. So che hai tante domande per la testa a cominciare, credo, da come sei arrivata fino a qui da Londra e di come ti abbiamo trovato. Beh, vedi, questa é una situazione alquanto delicata infatti.

Noi, ti abbiamo salvato, certo, ma non in tempo.."

Hermione non capiva, come sarebbe a dire non in tempo? Lei era li, davanti a loro, li vedeva, li sentiva, sentiva il suo corpo. Esisteva, viveva.

Stava per aprire la bocca del tutto confusa da quel discorso ma il signor Pears la precedette.

"Vedi cara, tu, eri in fin di vita, dopo quella corsa e quella caduta. Tu, sei morta"

Tre parole gli ronzavano nella mente.

Tu sei morta.

Sei morta.

Morta.

Come poteva, essere morta?

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