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di LouVelessy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Flash Forward ***
Capitolo 2: *** Hearings are scary ***
Capitolo 3: *** Where all begins ***
Capitolo 4: *** Home, sweet home ***
Capitolo 5: *** You can count on me ***
Capitolo 6: *** The paradise ***
Capitolo 7: *** What Strange Dream ***
Capitolo 8: *** Emotions ***



Capitolo 1
*** Flash Forward ***


 




PROLOGO






2023. Cheshire.  Regno Unito.
Nei pressi della piccola Holmes Chapel, lì dove ancora restano larghi spazi incontaminati dalla frenetica vita quotidiana inglese, tutti i cittadini conoscono ForeverHome, la grande villa posizionata a sud, sulla collina. 
Oramai è dal 2017 che è lì, voluta da uno degli abitanti della contea che ha girato il mondo in pochi anni, ma il cui desiderio è sempre stato tornare lì, nella propria città, con la propria famiglia.
A circondarla solo un immenso paesaggio e tanta calma. Quello che per molto tempo è mancata ad Harry Styles.
 
Un piccolo cancello in ferro battuto, classico delle villette inglesi di quelle zone, riportante la scritta "ForeverHome", conduce su un vialetto sterrato, che se percorso per circa cento mentri di collina porta a quello che potrebbe sembrare a tutti gli effetti il paradiso. Mura alte, bianche, ampie vetrate atte a rendere luminosi gli interni, rampicanti sul lato destro, giardini curati tutt'intorno e due garages sulla sinistra. E sul retro un largo patio, che percorre tutta la lunghezza della villa, arredato da divanetti bianchi.
 
Ed ogni mattina, all'alba, quando il sole sorge proprio sul retro della casa, tra la nebbia e l'aria frizzante, Harry si ritrova seduto lì fuori a pensare, ricordare. Vestito di poco e nulla, immerso in un piumone, con gli occhi ancora gonfi dal sonno e i ricci sempre più spettinati, anche se in maniera scomposta. Il tempo è passato anche per quella che una volta era una bellissima e folta chioma. Sospira, sorridendo. 
 
Ed ogni mattina, quando quel leggero accenno di sole arriva ad illuminare il patio, dalla cucina arriva il classico fischio del bollitore dell'acqua, a ricordargli che non è solo in quel paradiso. Pochi minuti, e la porta-finestra che conduce alla cucina scricchiola appena, lasciando uscire un'altra figura, infreddolita, a piedi scalzi per non fare troppo rumore. Una tazza di thè caldo appena preparato ed una smorfia tenera come augurio per una buona giornata.  Di tutta risposta, il riccio alza un lembo del piumone, fa sua la tazza di thè e accoglie la figura lì, di fianco a lui, al caldo, stringendosi entrambi lì sotto. E restano lì, a godere delle prime ore del giorno, insieme, come sono abituati a stare da tredici anni. 
 
< Ogni giorno, per me, diventa sempre più assurdo pensare a come siamo arrivati qui... > un paio di occhi chiari si incontra con quelli verdi di Harry, e gli sorridono.
< Forse perchè non è stato per niente facile. > la voce di Harry, al mattino, è sempre stata più profonda.
< Però ricordi come ci siamo divertiti? > Il riccio scuote la testa, e sospira con aria serena. < Rifarei tutto. >
< Proprio tutto? > lo sguardo di Harry è indagatorio, ma resta allegro. Quasi con aria di sfida. < Non avevi un bell'aspetto con quella scodella di capelli in testa nel 2010! >
< Ti sei innamorato della mia scodella di capelli, Styles... >
I loro occhi restano ancora incatenati li uni negli altri, e quello che è un sorriso per entrambi si trasforma, senza nessun motivo apparente, in una risata contagiosa di tutto rispetto.








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Salve, sono Giulia ( aka @LouVelessy su twitter e tumblr). Ho 14 anni, e questa è la prima ff che posto. Non è la prima che scrivo ( ne ho diverse, che man mano posterò) ma questa è quella che a mio parere è venuta meglio (forse perchè qulla che curo da più tempo). Spero vi piaccia, vi faccia sognare e vi faccia ricordare alcuni momenti dei ragazzi. 
Il primo capitolo è un flash forward, quindi una visione del futuro diciamo. Chi indovina chi è la figura misteriosa che condivide questo momento magico con il nostro curlycuteboy? C=
Se volete potete lasciarmi commenti, aggiungermi su twitter o tumblr, mandarmi consigli, recensioni, critiche. Per ogni cosa, sono qua C= 

Vostra, LouVelessy.
P.S: il secondo capitolo è già online! Andate a leggerlo se vi è piaciuto questo prologo <3

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Capitolo 2
*** Hearings are scary ***


PRIMO CAPITOLO - Hearings are scary




 
2010. Provini xFactor, Regno Unito.
 
Quello che più colpisce in avvenimenti di questo genere, sono le code. Le lunghe code, ordinate a tratti mentre in altri a dir poco confusionali, composte da gente di diverso genere, età, stile. C'è un universo concentrato in un unico luogo. Un pò come quando vai a vedere un concerto, con la differenza che lì tutti sono più o meno accomunati, quanto meno dalla passione dello stesso tipo di musica. 
Lì no. C'era davvero un universo di varietà. Sotto al sole, armati di ogni modo possibile per difendersi dal caldo che ad una certa ora, per forza di cose, comincia a picchiare. E non sarebbe l'unica cosa che potrebbe farti andare fuori di testa. Ci si mette l'ansia, la tensione, la strizza. 
 
Tra il migliaio di persone, c'era anche chi, in maniera del tutto anonima, faceva la fila chiuso nella propria ansia, guardandosi intorno di tanto in tanto, senza far troppo caso alla gente che aveva intorno, perchè farlo avrebbe significato aumentare lo stato di preoccupazione.
< Tanto non mi prendono.. > continuava a ripetere Harry. Pessimista fino al midollo o semplicemente talmente impaurito da un'eventuale delusione, da preferire così. Era meglio partire preparati, piuttosto che restare male a quei "no".
< Me ne torno a cantare con i ragazzi ai matrimoni! > così scherzava, sempre per scaricare la tensione. I White Eskimo, il gruppo che aveva messo su con qualche amico, con cui si dilettava a cantare in giro. Niente di impegnativo, ma almeno faceva quello che gli piaceva. Si riteneva parecchio fortunato già per quello, non aveva bisogno di essere preso ad xFactor. Era lì per provare, per accontentare la madre.
< Harry, hai talento! Vedrai che se ne accorgeranno... hanno orecchio, sai? > la madre, Anne, al contrario del figlio era sempre ottimista al riguardo. Ma il riccio non sembrava dare parecchie attenzioni a quelle che erano le sensazioni della madre.
 
Tutti quelli che facevano la fila intorno a lui sembravano essere pronti per una sfilata di moda, o cose di quel genere. Avevano scelto il vestito migliore, la pettinatura giusta, il trucco adatto alle luci di uno studio televisivo. Il piccolo Styles aveva rifiutato qualsiasi cosa di quel genere. E Anne non aveva nemmeno provato a chiederglielo una seconda volta. Harry è così, semplice. E quella mattina era sveglio dalle tre, quindi la voglia di sistemarsi per le audizioni era pari a zero. Indossava abiti semplici, come avrebbe fatto per uscire con gli amici. Un jeans, una maglietta bianca, un leggero pullover grigio ed una sciarpetta al collo, per bellezza più che per necessità. I soliti braccialetti al polso sinistro, con annesso orologio. L'unico accessiorio che indossava sempre, ad ogni occasione, era un orologio. Oltre ovviamente ai suoi riccioli. Quelli, per natura, doveva portarli per forza!
 
L'ansia e la paura, ad ogni metro in cui la fila avanzava, crescevano sempre più. Ed Anne se ne rendeva conto perchè Harry era sempre più agitato, si guardava intorno più spesso, cercando chissà cosa - forse una via d'uscita - e si faceva aria in faccia con le mani, classica mossa di quando era in uno stato d'ansia acuta. Ha sempre sofferto di crisi d'ansia il piccolo Styles.
< Harry, c'è un bagno lì... > il dito della madre indicava la porta di una struttura di fianco all'arena < perchè non vai a darti una sistemata al ciuffo?> 
C'era da sistemare il ciuffo? Erano il suo biglietto d'ingresso quei ricci! < Vado... > anche se non era per nulla entusiasto dell'idea. Insomma, non aveva voglia di star lì, sistemarsi... < Ti teniamo il posto, fai con comodo! > almeno un pò di lontananza da tutta quella gente gli avrebbe giovato di sicuro. Anne lo sapeva.
 
Con le mani in tasca, lentamente, il sedicenne abbandonò il suo posto in fila, e si avviò ai bagni. E più camminava, più realizzava il gran quantitativo di gente che era lì, ad inseguire un sogno come lui. Quindi più l'ansia saliva, di conseguenza. 
 
Il bagno degli uomini ha sempre quel che di poco igienico, ma quello di xFactor invece profumava. Non aveva mai "visitato" un bagno con quel profumo. Profumava di successo quasi. Chissà chi c'aveva espletato i propri bisogni prima di lui. Qualcuno di famoso magari! 
Quell'idea lo fece sorridere, mentre si specchiava. Non lo faceva con aria gongolante, non si sentiva di certo un bel figo. Insomma, un sedicenne nella norma, niente di particolare. Solo i suoi ricci.. i suoi ricci lo esaltavano. Tirò la testa in giù, prima la scosse un pò, muovendo appena le spalle, e poi ci passo in mezzo le dita della mano destra, dandogli una rimestata. Quindi ritirò su di scatto la testa, dandosi un'altra specchiata. Erano perfetti. Avevano quel modo morbido di stare gli uni addosso agli altri. Adorabile. 
 
E così preso com'era, solo qualche secondo dopo si rese conto che qualcuno, alle sue spalle, lo stava osservando. 
 
Si accigliò parecchio nel trovare quella figura lì, con le mani in tasca, che lo fissava. E alzò gli occhi nel cercare la sua faccia, riflessa nello specchio.
< Ops... > sorrise lui, arrossendo appena, forse per l'imbarazzo nell'essere stato scoperto a guardarlo.
< Hi! > { ho lasciato il saluto in inglese, per essere più fedele alla realtà! - note dell'autrice - } così lo salutò Harry, ritornando di nuovo ai suoi riccioli mentre l'altro rgagazzo gli si affiancò, bagnandosi le mani e passandosele sul volto, per rinfrescarsi. 
 
< Tanta gente... > 
< Mai vista così tanta in vita mia... > non si guardavano, ognuno impegnato a prestare attenzione al motivo per cui erano in bagno < a Doncaster, dove vivo, non penso ce ne siano nemmeno così tanti! > 
Harry sorrise, scrollando le spalle in maniera naturale. 
Lui indossava un paio di jeans, una camicia chiara ed una cravatta nera. 
< Non ti danno fastidio tutti quei capelli? > gli chiese Harry, ignorando il fatto che ne aveva anche di più, volendo.
< Beh, a te danno fastidio i tuoi? > 
Facepalm per Harry, e i due cominciarono a ridere. Forse un modo semplice, per entrambi, di scaricare la tensione.
E senza pensare, entrambi, si allontanarono dai lavabi ed uscirono insieme, continuando a parlare. 
< Tu di dove sei? > < Di  Holmes Chapel, nel Cheshire... > < Oh, cittadina niente male... > < Ci sei mai stato? > < No, ma ha un bel nome! > 
Lo faceva sorridere. Sorridevano entrambi, e sembravano più rilassati. 
Anche Anne, quando Harry ritornò ad occupare il proprio posto, se ne rese conto. 
E l'altro ragazzo non si era diretto al proprio posto, ma restava lì, affianco ad Harry, a parlare e prendere in giro qualcuno messo proprio male lì intorno. 
< Come crede potrebbero prenderlo? Sembra un albero di natale! > 
< In effetti... > 
Subito in sintonia, senza sforzarsi più di tanto.
 
In bella compagnia il tempo passa più velocemente. E così non si resero conto che oramai c'erano. Era il turno di Harry. E la strizza? Dov'era finita l'ansia? Un pò ce n'era, ma tutta quella con cui era partito? 
 
Trovarsi di fronte a così tanta gente che ti guarda... era una sensazione nuova, ma che gli piaceva. Con un microfono in mano si sentiva a suo agio, rilassato. Un paio di domande di rito dai giudici, giusto per saperne qualche cosa di più su quel numero che gli era stato affibiato, e poi cominciò a fare quello per cui era nato. Cantare.
 
Isn't she lovely di Steve Wonder poteva essere definito il suo cavallo di battaglia, uno dei pezzi che gli veniva bene, uno di quelli a cui era affezionato. Lo cantava ai matrimoni, con i White. Gli avrebbe portato fortuna, secondo Anne, che dietro alle quinte incrociava le dita, emozionata. 
 
Mentre cantava il pubblico sembrava essere rapito. Qualcuno urlava già, apprezzando il modo di cantare del sedicenne, il suo timbro. Alla fine del breve estratto, accennò un inchino, imbarazzato dagli applausi. 
 
< Per avere sedici anni, hai davvero una bella voce! > era un SI, di sicuro. Il primo ostacolo, passato. Harry a stento ci credeva. 
< Penso tu sia ancora troppo giovane, e che non abbia ancora abbastanza esperienza e sicurezza. > un NO. Bene, lo sapeva. Non era nulla di nuovo alla fine.. era lì per la madre. Non si aspettava nulla.
< Non importa se hai 15, 16, 17 anni. Se sei bravo, sei bravo. > Era un SI. Era un SI! 
 
Era passato. Harry Styles era passato al prossimo livello. Era dentro. Aveva il fattore x secondo i giudici. 
Dietro le quinte, Anne lo aspettava a braccia aperte. 
< Che ti dicevo? Che ti dicevo! > era al settimo cielo, e Harry incredulo. Davvero incredulo. 
< Andiamo... c'è da festeggiare! > 
Ma c'era qualche cosa che lo fermava. < No aspetta... il ragazzo che era con me il fila... aspettiamo la sua audizione! > 
Solo adesso, dopo aver passato diverse ore di coda con lui, si rese conto di non avergli chiesto nemmeno il nome. 
 
Passò un'altra ora prima che fu il suo turno, ed Harry era lì, dietro le quinte, con le braccia conserte, in attesa. Non aveva modo di parlargli, perchè essendo già stato provinato non poteva reinfilarsi nella fila. Ma lui era lì. E quando il ragazzo passò per accedere al palco, essendo il suo turno, sorrise ad Harry che era lì. 
< Allora, com'è andata? > gli chiese velocemente. Aveva fretta, l'aspettavano.
< Sono dentro! > gli rispose, incrociando le dita per lui.
 
Una rimandata ai capelli e il ragazzo dei bagni fu dentro, sul palco, avanti ai giudici. 
< Come ti chiami? > 
< Louis Tomlinson> Ecco come si chiamava. Così conobbe il suo nome, senza nessuna presentazione ufficiale tra di loro.
Altro giro di domande per conoscere qualche particolare del ragazzo, e poi la canzone. 
Hey there Dhelila. Un pezzo tranquillo, nulla di impegnativo, abbastanza romantico. 
Aveva una bella voce. Era emozionato, ed Harry si emozionò nel sentirlo. Aveva la pelle d'oca. 
 
Ricevette tre si. Tre si. Era dentro! Erano dentro insieme.
 
Ritornando dietro alle quinte, prima di passare a festeggiare con i suoi che erano lì per lui, si fermò da Harry. I due si abbracciarono, saltando sul posto insieme e urlandosi nelle orecchie. Erano dentro insieme, ce l'avevano fatta in due! 
 
< Te l'avevo detto che l'albero di natale non passava! > Louis aveva sempre l'ultima parola!
Risero, ancora. Si conoscevano da poche ore, e già ridevano tanto insieme.
 
< Io comunque sono Harry Styles... Piacere Louis Tomlinson... > si strinsero la mano, dopo essersi abbracciati. Una scena parecchio atipica, ma questo erano. Atipici.
< Ora ci tocca il bootcamp! > 
< Passeremo Styles... passeremo. > 
 
Se lo sentiva. Sarebbe andato tutto per il meglio. 
E quella fu la prima volta in cui Harry si sentì tranquillo solo perchè c'era qualcuno che gli diceva di farlo.






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Ciao, sono sempre Giulia ( aka @LouVelessy su twitter e tumblr ). Ho postato già il secondo capitolo, più lungo del primo perchè più corposo. 
Spero vi piacerà e l'apprezzerete come avete apprezzato il primo. 
Il ragazzo che era nel prologo sarà lo stesso che è qui? Chi lo sa. Secondo voi? Mandatemi le vostre opinioni!
Mi sono attenuta alla veria storia per alcune cose, perchè trovo che sia un modo carino per ricordare della loro storia tutte insieme.
Vi è piaciuta? Vi prego di lasciare commenti, anche mandandomi messaggi privati, o scrivendomi su twitter o tumblr. 
Mi basterebbe solo sapere che a qualcuno piace C= 
Se passate, non so... lasciatemi un segno, qualche cosa che possa permettermi di ringraziarvi per l'attenzione! Ci conto <3
Grazie ancora a tutte, 
vostra LouVelessy.

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Capitolo 3
*** Where all begins ***


SECONDO CAPITOLO - Where all begins


Il viaggio di ritorno verso casa andò bene. Benissimo. Tutti quelli che avevano accompagnato Harry al provino indossavano una maglietta che portava la scritta "Harry ha il fattore X", ed in treno furono diversi a congratularsi con il sedicenne. Gente sconosciuta. Fu la prima volta in cui ricevette apprezzamenti da persone totalmente sconosciute. Non amici di famiglia, non compagni di scuola, non parenti lontani. Gente di cui non sapeva davvero nulla, se non il fatto che con loro condivideva il treno.

Era così preso dalla gioia e dall'incredulità, che non pensò di chiedere il numero di telefono a Louis. Se avrebbe voluto contattarlo, ci sarebbero stati altri modi di sicuro. Facebook, per esempio. Quanto Louis Tomlinson ci sarebbero stati a Dancaster? Anche se non trovò il tempo per ricordarsi di cercarlo ed aggiungerlo, in quanto arrivato a H C, fu accolto da un calore incredibile. Tutta la contea lo attendeva felice, consapevole della bravura del ragazzo, del suo talento. D'altronde Harry lavorara in una panetteria, e mentre distribuiva panini, di tanto in tanta, regalava anche qualche brano. Lo adoravano tutti, per la sua semplicità, la sua dolcezza e la sua bravura nel canto.

Ma Harry era tutt'altro che felice, tutt'altro che rilassato. Riusciva a simulare una felicità apparente, ma in realtà era così pieno d'ansia che due giorni dopo il suo ritorno, nel momento in cui la madre gli chiese di aiutarla a sistemare i suoi vestiti in valigia, quella che avrebbe portato con lui al bootcamp, la risposta del sedicenne fu schietta, fin troppo seria e decisa conoscendo il ragazzo e la sua indole.

< Mamma è inutile, tanto tornerò. Non mi prenderanno. Non ho voglia di fare nessuna valigia... > E Anne conosceva bene il livello di testardaggine del figlio, tanto da evitare di chiedere ulteriormente a riguardo, e limitarsi a prepararne una piccola, quasi d'emergenza, se all'ultimo momento avesse cambiato idea.
Era preso così male, che il giorno prima della partenza verso il bootcamp decise di iscriversi al college. < Un pensiero in meno... > così si giustificò, tagliando a corto. Non credeva a scaramanzie varie che richiedevano di presentarsi alla seconda audizione senza impegni per il futuro. Lui quegli impegni voleva prenderli, per sentirsi più sereno e meno in colpa in caso di fallimento. Era così, preferiva pianificare ogni cosa. Ed essendo il risultato di un'audizione difficile da pianificare, aveva trovato un modo per stare sereno. Il più possibile almeno.

Il giorno della partenza, appena dopo una settimana dalla prima audizione, non c'era nulla da portare con sè. Aveva deciso di fare il viaggio da solo, arrivare e farla finita. Come sarebbe andato, non se lo chiedeva. L'importante era sperarci il meno possibile, ancora una volta, e lasciar passare quelle ore.
Il bootcamp veniva descritto da tutti come un processo lungo, faticoso, che mette a dura prova i probabili concorrenti. Il primo impatto che Harry ebbe fu la folla. Tanta gente. Certo, meno di quanta ce n'era ai provini una settimana prima, ma comunque tanta. Ed il suo pensiero, ancora una volta pessimista, non faceva altro che andare sui pochi posti disponibili per il programma. Insomma, come ci sarebbe riuscito? Erano davvero tanti. E lui aveva solo sedici anni, e come uno dei giudici già gli aveva detto, era troppo inesperto. Piccolo per un'esperienza così grande.

Aveva portato con s'è il suo cappellino portafortuna, che con la maglietta verde speranza ci stava una meraviglia. Andava avanti ed indietro per il corridoio dove erano quasi accampati a bivaccare tutti quelli che erano passati al primo step, così come aveva fatto Harry. Si guardava intorno in maniera nervosa, ma solo per un motivo. Cercava un volto conosciuto, come quello di Louis.

< Ehi, tutto bene? > una voce alle sue spalle, una voce calda e quasi familiare lo fece scattare di colpo. < Sembri uno straccio.. viaggiato tanto? > Ma a quanto pare, no. Non conosceva quel ragazzo. Così si limitò a sorridergli e fare spallucce, sospirando.
< Io sono Niall... sono irlandese, si sente? >
< mh... un pò, si... > si limitò a sorridergli ancora, leggermente imbarazzato.
< Vuoi? > gli offrì delle patatine, ma il riccio aveva lo stomaco così sottosopra che non potè accettare. Avrebbe rischiato di rimettere per l'ansia.
Poi li chiamarono. Tutti quelli che erano passati alla prima fase dei provini, sul palco dell'arena. Vuota faceva ancora più paura.E di Louis ancora  nemmeno l'ombra. L'aveva cercato tra la folla ancora una volta, ma senza risultati.

< Benvenuti ragazzi, adesso leggerò i nomi dei ragazzi del primo gruppo, tutti gli altri andranno al secondo... > Simon aveva un tono che rese Harry ancora più ansioso di quello che già era. Cominciò a leggere i nomi, ed arrivato alla lettera T, dopo un paio di Ta- e Ti-, arrivò il turno di Tomlinson Louis. E fu solo allora che Harry lo vide, spuntare tra la folla. Aveva un abbigliamento simile a quello che il riccio
stesso indossava, e la cosa gli fece comparire un sorriso spontaneo. Purtroppo erano finiti in due gruppi diversi, ma questo non distraeva il sedicenne dal sentirsi più sereno, solo per averlo visto. C'era un viso conosciuto... e questo bastava.

Il bootcamp consisteva nell'imparare una coreografia e preparare una canzone in un tempo limitato. Una sorta di prova sotto stress. In poche ore, dovevano essere in grado di interpetare una coreografia e cantare al tempo stesso. Non una cosa semplice, soprattutto per chi, come lui, non adorava ballare in pubblico. Ma oramai erano lì, sarebbe stato inutile rifiutarsi. Così si mise in gioco, come non aveva mai fatto. Forse il fatto di non conoscere nessuno lì lo aiutò parecchio.

Dopo il poco tempo che avevano a disposizione, i gruppi si esibirono di fronte la giuria. Ed Harry era sempre più convito di non essere riuscito ad impressionare nessuno. Era scordinatissimo, riusciva ad inciampare anche nei propri piedi, figurarsi a ballare come si deve. I due gruppi furono riuniti ancora una volta, tutti sul palco, e dopo qualche minuto Simon arrivò, con un foglio tra le mani. Tutti sapevano che quel foglio voleva dire continuare o tornare a casa a mani vuote.

< Ci siamo... chiamerò coloro che hanno passato il bootcamp... >

La lista scorreva sotto le sue dita e la sua voce scandiva un nome alla volta. C'erano applausi, c'erano brevi urla di incredulità, poi il nome successivo e quello dopo ancora. A lista finita ci fu una lunga pausa, quindi Simon alzò lo sguardo sul folto gruppo rimasto sul palco. < E' tutto ragazzi, mi spiace. >
Quelle poche parole bastarono per scatenare tutto quello che Harry aveva tenuto dentro. Abbassò la testa, si tirò giù il cappellino grigio sugli occhi tentò di tenerlì il più chiusi possibile, per evitare a troppe lacrime di venir giù. Ma pianse. Lo sapeva. Non faceva nient'altro che ripetersi che lo sapeva, che sapeva sarebbe andato così, che non sarebbe passato. Se l'era ripetuto per ogni minuti durante il viaggio. Eppure, adesso piangeva. La delusione era forte. Bruciava. Sentì un braccio passargli intorno alle spalle, ma non ebbe il coraggio di alzare la testa, scoprirsi gli occhi e capire chi è che lo stava confortando. Piuttosto si martoriava il labbro superiore, mordicchiandolo con  i denti davanti, per non soccombere alla forte voglia di piangere, anche se a quanto pare non ci stava riuscendo.

Quando ritirò su il cappellino, per vedere dove mettere i piedi incamminandosi lontano da quel palco, verso la banale vita di tutti i giorni, la panetteria, i White Eskimo, forzò un mezzo sorriso malinconico verso Louis. Era lui a tentare di consolarlo, mettendo da parte la propria delusione. Scrollò le spalle in segno di resa, un gesto tanto tenero che fece sorridere il ragazzo, e si incamminarono poi insieme, uno di fianco all'altro, a testa bassa, verso l'uscita.
Fuori il caldo sembrava insopportabile. In realtà erano più la mancanza di certezze e la grande consapevolezza di aver appena fallito a bruciare. Ma nessuno l'avrebbe ammesso. Si lamentavano per il caldo, tutti in fila nel grande spiazzale, in attesa degli autobus che li avrebbero condotti alla stazione, per rispedirli a casa con tanto di smacco pubblico. Louis gli era stato affianco per tutto il tempo, non si erano parlati, avevano smesso anche di abbracciarsi, non si guardavano. In silenzio, l'uno accanto all'altro, condividevano quel momento di tristezza in maniera intima.

< Vedrai, troverai un modo per far conoscere la tua voce... sei in gamba curly... > e gli sorrise, un sorriso sincero, sentito, che infuse ad Harry una nuova sensazione di sicurezza, mai provata prima. Era come se quelle pochissime parole gli avessero fatto credere in sè stesso, nelle sue capacità, per la prima volta. Più di quanto avevano fatto in sedici anni tutte quelle della madre.

Proprio all'arrivo dell'autobus, quando il gruppo cominciava a salutarsi, due autori uscirono dall'arena, chiamando alcuni nomi.
< Malik Zayn, Horan Niall, Payne Liam, Tomlinson Louis... > il fiato di Harry era sempre più corto, sentiva qualche cosa agitarsi nello stomaco e non era una sensazione piacevole < e Styles Harry... Vi aspettiamo dentro per le ultime interviste.. >
 Altra delusione. Interviste. Quasi aveva dimenticato di essere lì per quello che era, fondamentalmente, una trasmissione televisiva. E la consapevolezza rinnovata di dover pubblicamente esprimere la propria delusione gli stringeva un morso in gola.

Li ricondussero sul palco, tutti e cinque, insieme, ed erano talmente frastornati da non far caso al fatto che erano cinque adolescenti, più o meno della stessa età. Harry era preso dal suo magone, e dava peso solo a quello, mentre cercava di preparare mentalmente un discorso che potesse avere senso, sulla bellezza di quel viaggio, dei provini, su quanto non c'avesse creduto sin dall'inizio ma infondo c'aveva sperato. Senza conoscerne il motivo, i cinque ragazzi, per lo più sconosciuti tra loro, erano vicinissimi. Harry e Louis si tenevano per mano, poi c'erano gli altri tre, con le mani sulle spalle li uni degli altri, in attesa.
< Ragazzi grazie per essere tornati... > un giudice prese la parola < A giudicare dai vostri volti deve essere un momento davvero difficile e triste... E' stata una decisione difficile, vi abbiamo giudicato individualmente e siete davvero troppo piccoli ed inesperti... non pensiamo potreste avere un futuro. Ma... siete anche molto talentuosi. Così, abbiamo pensato che potrebbe essere una grande idea avere un'unico gruppo. Abbiamo deciso di mettervi insieme e giudicarvi come unico elemento... >

Harry sgranò gli occhi, incredulo. Cosa significava di preciso? Un'altra opportunità? La possiblità di avere un terzo provino? Erano già dentro? Cosa avrebbero fatto?

Tutti i dubbi che in pochissimi istanti gli balenaro in testa, lasciarono spazio alla gioia nel sentire quelle parole. Si accovacciò a terra, nascose la testa tra le ginocchia e chiuse forte gli occhi, urlando dalla gioia dentro di sè. Anche gli altri quattro ragazzi saltavano sul posto, felici, abbracciandosi tra loro. Prima Niall gli andò addosso, abbracciandolo da dietro e costringendolo ad alzarsi e festeggiare con gli altri quattro, poi Louis gli si avvicinò e l'abbracciò forte, abbraccio che Harry ricambiò volentieri, nascondendo il viso nell'incavo tra la spalla ed il collo del ragazzo che lo teneva stretto.

< Questo vuol dire che dovrete lavorare parecchie ore insieme, dovrete conoscervi, creare un gruppo non è facile... serve collaborazione, fatica, lavoro duro... >
Annuirono tutti e quattro, guardandosi per la prima volta e sorridendo tra loro, consapevoli di tutto quello che Simon aveva appena detto. Sarebbe stato un lavoro duro.
< Te l'avevo detto che ce l'avresti fatta! > Louis ritornò ad abbracciare Harry, felice.
< Dovrò darti ascolto da oggi in poi! > la voce del sedicenne sembrava, per la prima volta, serena. Quei pochi minuti segnarono l'inizio di un drastico cambiamento della sua vita.




_____________________note_autore____________________________________________




Salve, salve, salve. 
Sempre Giulia qui ( aka @Louvelessy qui e qui ).
In due giorni ho postato tre capitoli, dite che va bene come ritmo?
Essendo nuova qui non vorrei andare troppo di fretta, ecco. 
Sto trovando riscontri positivi, a qualcuna di voi piace, e questo mi riempie di gioia.
Scrivo fanfiction per me, perchè mi piace, ma sapere che qualcuno le legge e prova piacere nel farlo, lo adoro.
Vorrei ringraziare @ioamoi1D99 e @indelebile83 che mi stanno aiutando in questo. Grazie ragazze, siete adorabili.
Se la storia vi piace, non vi obbligo ad una recensione, ma anche metterla nelle storie seguite mi fa capire che a qualcuno va di leggere ancora C=
Vi bacio tutte, 
vostra Louvelessy.

P.S: Per chi ha twitter, vi aspetto lì.

 

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Capitolo 4
*** Home, sweet home ***


Terzo capitolo - Home, sweet home


 

2023.

Il sole cominciava a farsi più caldo sul patio di ForeverHome, ma nessuno sembrava volersi smuovere di lì. Restavano imbalsamati nel piumone bianco, a guardare il paesaggio che non li stancava mai.

< Un giorno voglio ritornare nella dependance di casa di mia madre… > Harry sorrideva, sempre più accoccolato alla figura che gli stava di fianco. < E’ lì che è cominciato tutto. >
Una smorfia divertita si dipinse sul volto di colui che l’affiancava.
< Beh, si. Abbiamo trovato il nome del gruppo, ci siamo divertiti insieme per la prima volta… >
< E Niall stava per strozzarsi con la pizza! >
Risero entrambi, ma senza troppa foga, come se la cosa non fosse poi così strana.
< Quando non ha rischiato di strozzarsi con qualche cosa Niall? >
< Effettivamente… >

Silenzio, ancora. Ma non era mai vuoto. Piuttosto le loro mani si intrecciavano, e quello bastava per riempire momenti come quelli, pieni di pensieri ma vuoti di parole.
< Abbiamo cominciato a seguire la nostra Unica Direzione lì… >
< Oh Harrey, sei sempre il solito romanticone… > la figura che era affianco al riccio oramai ventinovenne aveva un modo di fare che lo faceva ridere, lo divertiva anche con una frase come quella, con una smorfia, un semplice modo di prenderlo in giro.

Restarono a guardarsi occhi negli occhi, verde nell’azzurro, per qualche attimo,  prima di lasciarsi nuovamente andare ai ricordi.

 



*************




2010.
 
Zayn, Liam, Niall, Louis ed Harry erano passati. Come un gruppo, non come singoli così come si erano presentati alle audizioni, ma erano passati. Ed era questo quello che contava. Ed erano fortunati, per tante ragioni; non avevano dovuto rinunciare al sogno per cui si erano presentati ai provini, era stata data loro un’altra possibilità, non erano più soli ma parte di quello che Simon aveva definito un “progetto”. Era stato lui a parlare chiaro con i ragazzi, una volta passato il momento di incredulità.

< Dovrete conoscervi, capirvi. Considerate che ognuno di voi ha una personalità, delle caratteristiche vocali… dovete lavorare sodo per scoprire il modo giusto in cui poter collaborare, ingranare la marcia insieme. Avete del potenziale, ma non è facile visto che siete sconosciuti tra voi… >
Ed era stato Zayn, quello che a prima vista sembrava il più bad boy di tutti, ad ever suggerito < Passeremo qualche giorno insieme, lontano da tutti… per forza di cose dovremmo imparare a conoscerci un po’, no? Meglio cominciare subito! > quell’idea piacque subito a tutti, a vedere le loro facce sorridenti. La trovarono geniale e soprattutto utile al cammino che avrebbero dovuto cominciare ad intraprendere.
< Potremmo andare da me… > Harry aveva la voce bassa, che nascondeva tanta insicurezza <…ho una piccola dependance sulla piscina… >

Gli altri quattro ragazzi erano pronti. Valigie in spalla, il treno che avrebbe dovuto condurre Harry a casa a mani vuote, lo riportò invece con belle notizie e una buona compagnia.
Il viaggio durò qualche ora, durante il quale nessuno parlò molto. Erano tutti così sorpresi, positivamente sconvolti, che passarono quel tempo parlando a telefono con parenti, amici, felici di condividere quella notizia fantastica con più gente possibile.

Arrivati Harry fece da guida ai quattro ragazzi, e giunti a casa – la contea non era poi così grande, e dalla stazione era facile arrivare a villa Styles – Anne, la mamma del riccio, accolse tutti e quattro i ragazzi come se fossero figli suoi. Il ragazzo però mise subito le cose in chiaro; spiegò alla donna che avevano bisogno di stare da soli, di conoscersi, di fare gruppo come Simon aveva loro chiesto di fare. Così, dopo pochissimo, giusto il tempo di qualche chiacchiera, si chiusero nella dependance.
< Non ci sono letti per tutti, dovremmo stringerci un po’… ma i divani sono comodi… > Harry, tenero come sempre, già si preoccupava per i ragazzi.
< Tranquillo curly! > Louis gli aveva affibbiato il primo soprannome < Dubito dormiremo! Abbiamo tante cose da dirci! >

Cominciarono a mo’di alcolisti anonimi a presentarsi, uno alla volta.
Ognuno raccontò di sé, della propria famiglia, la scuola, le aspettative, le esperienze di vita vissute fino ad allora.
E quello fu l’unico momento in cui parlarono seriamente. Erano pur sempre cinque ragazzi con la passione per la musica! Passarono il resto del tempo a cantare – Niall fortunatamente suonava la chitarra, e l’aveva portata con sé – a tirare calci ad un pallone, nuotare in piscina. Insomma, a conoscersi e fare gruppo come coetanei che si divertono insieme, senza mirare al fine che forse doveva premere tutti e cinque, ovvero quello di formare una boy band. Si divertirono parecchio però, e questo era già un passo importante.

Appena scese la sera, si riunirono tutti e cinque intorno ad un piccolo focolare, nel giardino, acceso alla buona.
< Riuscite a crederci? > Liam parlava poco, ma era un ragazzo concreto.  Parlava poco, ma nei momenti opportuni.
< No, proprio no… Dite che dovremmo trovarci un nome? > Niall era quello riflessivo, pacato.
< Beh, i ragazzi di xFactor non suona per niente bene! > Louis invece aveva sempre la risposta pronta, ma Harry già l’aveva capito.
< No, e poi è troppo generico… ci servirebbe un nome più d’impatto. Che subito arrivi! > Zayn aveva un accento che divertiva parecchio il riccio.
< Qual è lo scopo di tutto questo? >
< Trovare un nome, conoscerci, formare un gru… >
< Intendo, di tutto quello che stiamo facendo… qual è lo scopo? >
< Vincere? > ecco, Liam era il più concreto e lo dimostrava.
< Cantare! > suggerì Harry, che era quello meno pratico con gli scopi, lui faceva le cose perché gli piacevano farle, non perché aveva fini.
< Qualsiasi sia lo scopo, dobbiamo riuscire a trovare un feeling che ci unisca… dobbiamo viaggiare sulla stessa onda, verso un’unica direzione… > Niall invece aveva sempre dei discorsi contorti, e pensare che non stava masticando nulla mentre parlava!
< One Direction! > fu Louis a spararla, buttarla giù quasi per scherzo.
Gli altri ragazzi si guardarono in volto e la reazione fu univoca per tutti. Prima sorrisero, poi scoppiò una risata generica, soddisfatta. < Si! One Direction! Suona bene, è un nome d’effetto! Potrebbe funzionare! >
< Ma l’ho sparata lì! > Louis era a dir poco incredulo, eppure ripensandoci.. si, avrebbe funzionato!

La legna che ardeva nel fuocherello improvvisato alla buona pian piano si consumava, e i ragazzi, sopraffatti dalle emozioni e da tutto quello che avevano fatto durante il giorno, una giornata a dir poco stancante, si lasciarono andare uno alla volta, addormentandosi. 






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Sempre io, Giulia aka @Louvelessy.
Quarto capitolo, spero vi piaccia.
Comunicazione di servizio per tutte quelle che mi hanno scritto chiedendomi perchè ho spacciato questa storia per una Larry, visto che di Larry non c'è nulla.
Siete sicure non ci sia nulla? Cavolo, ho appena cominciato... e poi, sicure di vedere tutto quello che c'è da vedere?
Se passate a leggere, vi prego di scrivermi anche un "ho letto" come messaggio privato.
Non so se continuare o no... ho la classica crisi dello scrittore! xD AIUTO!
Vi ringrazio in anticipo, vi ringrazierò poi personalmente.

P.S: se avete delle storie da farmi leggere, consigliatemele pure!

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Capitolo 5
*** You can count on me ***


QUARTO CAPITOLO – You can count on me

 


Le luci chiare e calde del palco di xFactor accecavano il volto sbarbato di Harry Styles, vestito con un abito elegante, giacca e pantaloni gessati, di un nero quasi lucido, una camicia bianca appena sbottonata, senza cravatta ma con tanto di fiore all’occhiello, un fazzoletto rosso che sbucava dal taschino, di quelli che nemmeno per una cerimonia importante avrebbe mai messo. Lo faceva sentire vecchio, troppo elegante. Fuori luogo, non a suo agio. Eppure, lo stava indossando. Faceva fatica a guardare oltre il palco blu e brillante della trasmissione a causa delle luci accecanti. Non vedeva il pubblico, e non era un male. Nessuno parlò, nessuna presentazione, c’era semplicemente lui in quella tenuta da damerino e le luci accecanti. Poi partì semplicemente una base musicale, che per chissà quale strana ragione faceva fatica a sentire. Era come se avesse le orecchie tappate, come quando sei sott’acqua. Si sentiva in una boccia. Portò il microfono alla bocca e cominciò a cantare.
Ma le parole faticavano ad uscire. Gli rimbombavano in testa, le labbra si muovevano, il fiato usciva, le corde vocali vibravano ma non percepiva il suono della sua voce. Nemmeno in maniera ovattata, così come udiva tutto il resto. Si sentiva sempre più un pesce, e come un pesce cominciò a boccheggiare.
Fu questione di un attimo; le luci si affievolirono, quasi si spensero, e gli permisero di mettere a fuoco la scena di fronte a sé, oltre il palco. Si ritrovò di fronte ad una folla infinita di persone. Non sarebbe mai riuscito a contarle tutte, non ne vedeva la fine. Era paralizzato.
Provava a recuperare il filo della canzone, ma la musica di base cambiava e… quella non era nel suo repertorio. Non aveva la minima idea delle parole che avrebbe dovuto cantare. Era una musica che non gli apparteneva, non la conosceva, non l’aveva mai sentita in vita sua. Si voltò verso sinistra, e c’erano i ragazzi, Liam, Zayn, Niall e Louis, che cantavano e lo guardavano straniti. Sembravano volergli dire “Cosa diavolo combini Styles? Apri quella bocca e tira fuori la voce!” ma il pubblico cominciava a deriderlo e più provava a cantare, più la base cambiava stile e non riusciva a star dietro alle parole, alla voce, l’intonazione…

< Harry! > si ritrovò il volto di Louis a pochi centimetri dalla faccia. Lo teneva per le spalle e lo scuoteva.
Il riccio riprese fiato. Era tutto sudato, steso sul divano del soggiorno della dependance.
Era notte, i ragazzi dormivano un po’ in giro per la casa, lì dove trovavano un giaciglio comodo.
La casa non era mai stata in condizioni tanto pessime. Se fosse passato un uragano lì dentro, avrebbe fatto meno danni.
Il sedicenne si tirò su a sedere, passandosi una mano sul volto sudaticcio. Louis si sedette sul divano, di fianco ai suoi piedi, e continuò a guardarlo con una smorfia quasi divertita stampata in faccia.
< Brutto sogno Styles? > era quasi compiaciuto.
< Mhmh… > mugugnò il piccolo, scrollando le spalle e lasciando cadere il discorso.
Ma Louis continuava a guardarlo, come se s’aspettasse qualche cosa oltre quel semplice accenno di voce.
< Mi deridevano. Ero sul palco, e non riuscivo a cantare.. e mi deridevano. Farò una figuraccia la prima sera, me lo sento! > a fatica la spiegazione arrivò.
Louis alzò gli occhi al soffitto. < Da come urlavi, avrei immaginato molto peggio! > lo prendeva in giro, ma lo faceva in un modo delicato, che stranamente riusciva a non infastidire per nulla il riccio. Subito dopo gli tirò un leggero spintone, poggiandogli il palmo della mano in pieno petto. < Ti preoccupi troppo … prendi le cose con più leggerezza! >
< E’ solo un po’ d’ansia… >
< Ed è la peggior malattia dell’uomo. Perché preoccuparsi? Cosa ne guadagni di buono? Io sono sempre per il meglio nella vita… e tutto quello che non porta positività, è meglio lasciarselo alle spalle. La vita è una Styles… e dobbiamo godercela al meglio. Abbiamo il dovere di farlo. >
Louis aveva ragione. Per quale motivo preoccuparsi? Infondo non doveva far nulla di particolarmente preoccupante, impegnativo o difficile. Solo cantare. E fino a prova contraria era la cosa che gli veniva meglio. Si rimise giù, più tranquillo.
< Non sono abituato ad affrontare certe situazioni… Non credevo nemmeno di passare i provini! E’ una roba più grande di me. Non credo di esserne all’altezza… > parlava piano, un po’ per non svegliare gli altri ragazzi, un po’ perché raccontare di sé ad un’altra persona era sempre stato difficile per il piccolo ricciolo. Ma per chi non lo è, infondo?
< Chi vuoi che sia preparato? E’ un programma televisivo, non la vita reale… nessuno è preparato ad affrontarlo! >  Louis parlava come avrebbe parlato un adulto. Eppure aveva solo tre anni più di Harry, forse un qualche mese in meno, non di più. Ma riusciva, con le sue parole, a tranquillizzare e far ragionare il sedicenne.
< Si ma nella vita reale non canti di fronte a tantissime persone! >
< Beh, appunto! Non sarai né il primo né l’ultimo ad avere un po’ di strizza! E comunque, che tu ti preoccupi o meno, tu tra qualche giorno lo farai… e ti piacerà tanto da pensare a questo momento e a quanto sei stato stupido a preoccupartene. > continuava a sorridergli e dargli sicurezza.
Sul volto di Harry gli angoli delle labbra si alzarono leggermente, in maniera naturale.
< Come fai ad essere così pacato e tranquillo Tommo? >
Louis lo guardò accigliato. < Tommo? Mi sembra la marca di un lucido da scarpe! >
A quella frase, detta in maniera seria, quasi ragionata, Harry non riuscì a trattenere le risate.
< Tra i tanti esempi che avresti potuto fare, proprio il lucido da scarpe?! >
Con Tommo brilli di più! > imitò uno spot pubblicitario, e subito dopo scoppiò a ridere anche lui. < Sono semplicemente io… non so dirti come faccio. Ma faresti bene ad imitarmi un po’ di più.. vivi Tommo, vivi meglio! > altro pezzo di spot, con tanto di musichetta finale, che imitò a mezza voce, rischiando di svegliare Niall che era lì di fianco che russava. < Ricordami di non condividere mai la stanza con il biondo! > commentò sempre il maggiore, con la sua spiccata ironia.
Harry si rimise giù, ed anche Louis si allontanò, senza aggiungere altro, dal divano, riprendendo posizione sulla poltrona proprio di fronte a dov’era il riccio, sistemandosi alla meglio per ritrovare una posizione comoda.
< Hai il sonno leggero? > domandò il minore, con gli occhi socchiusi, alla ricerca di pace nuova per riaddormentarsi.
< Non proprio… > commentò con leggerezza l’altro.
< E allora come hai fatto ad accorgerti che facevo un incubo? > la voce impastata gli si affievoliva sempre di più.
< Non dormivo… pensavo. >
< Anche tu sei preoccupato allora… >
< No. Non per quello almeno… è solo che è la prima volta che dormo lontano da casa, è la prima volta che mi trovo in una città sconosciuta, con gente sconosciuta intorno a me. Sono totalmente solo qui. Non avere la mia famiglia intorno, i miei amici, mi destabilizza. E se andremo bene alla prima puntata, cosa che spero e di cui sono quasi sicuro, dubito tornerò presto a casa… Quindi pensavo, ecco. Mi lasciavo prendere dalla tristezza, anche a me capita di tanto in tanto. Sembro sempre quell’allegro, spensierato… e credimi, lo sono. Ma poi di notte mi perdo nei miei pensieri… infondo sono umano anche io! >

Harry rimase in silenzio per diverso tempo, tanto che Louis, che fissava il soffitto, arrivò a pensare che si fosse riaddormentato, annoiato magari dal suo discorso e troppo stanco per dargli retta. Così sospirò, socchiuse gli occhi e tentò di trovare anche lui un equilibrio, una pace interiore, in cui lasciarsi andare e riposare qualche ora, senza stare a preoccuparsi troppo, proprio come aveva suggerito all’altro.
< Puoi contare su di me… > la vocina di Harry, sempre più assonnata ed impastata, dopo diverso tempo ritornò a riempire il silenzio della stanza in cui dormivano tre su cinque – gli altri due chissà dove avevano trovato un posto comodo. Magari sull’unico letto a disposizione in casa.
Era stato ad ascoltare. Aveva seguito tutto il discorso di Louis, l’aveva assimilato per quanto possibile. Il sonno rendeva solo le sue reazioni un po’ lente, tutto qua. Ma non l’aveva ignorato, anzi. E la cosa fece sorridere Louis, che sembrò trovare quell’alchimia giusta, che qualcuno chiama serenità interiore, per riuscire ad addormentarsi.






______________note_autore_______________________________________________

  
Sempre me, sempre Giulia, aka @Louvelessy.
Come vi sembra che stia procedendo?
Io mi ritengo soddisfatta, grazie ai commenti deliziosi che qualcuna di voi mi ha lasciato.
Sta prendendo sempre più piede la voglia di andare avanti, e quindi macino idee e capitoli a rotta di collo.
Uno al giorno è un buon risultato, non vi sembra?
Ditemi, siete soddisfatte? Vi sta piacendo? Insomma, lasciatemi pensieri!
Potete scrivermi anche su twitter, se avete un account. O con un messaggio privato. O con segnali di fumo! Insomma, fate voi!
Vi bacio tutte e vi ringrazio di ogni cosa!

P.S: se avete qualche storia Larry, soprattutto brevi da leggere, non esitate a suggerirmele C=

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Capitolo 6
*** The paradise ***


QUINTO CAPITOLO - The paradise

 

 


Ad Harry piaceva svegliarsi di mattina presto. Era un’abitudine che gli apparteneva da sempre. E nonostante avesse dormito poche ore, di buon ora il sonno pian piano sfilava via, come una sveglia biologica che ad una certa ora cominciava a suonare. Poco contava se aveva dormito poche ore o meno.
E come era abituato a fare la mattina, in maniera silenziosa sgusciò in cucina, con l’intento di preparare una buona colazione per tutti.

Niall fu il primo a risvegliarsi tra i quattro dormiglioni, probabilmente a causa dell’odore del cibo cucinato dal riccio. Al biondo piaceva mangiare, e i ragazzi avevano avuto differenti dimostrazioni di ciò anche in pochissime ore. Poi fu la volta di Liam e Zayn. Si ritrovarono in quattro intorno alla tavola, ognuno con il proprio piatto; una salsiccia, della pancetta, un uovo e del pane tostato, tutto accompagnato da un buon caffè caldo.
< Di solito faccio colazione con i dolci… > mormorò Niall, con la bocca piena, intento a gustare la lauta colazione.
< Ma non sembra ti stia dispiacendo il salato! > Zayn lo rimbeccò, approfittandone tra un boccone e l’altro.
< Non rifiuto mai il cibo! > sghignazzò l’irlandese. I quattro sembravano sereni, divertiti dal breve scambio di battute.
< Ci preparerai la colazione tutte le mattine? > anche a Liam piaceva quel trattamento, non c’era che dire.
< Quando potrò, perché no!? > evidentemente al riccio faceva piacere prendersi cura dei suoi nuovi amici, così come aveva sempre fatto con la propria famiglia. Era un modo come un altro per fare qualche cosa di utile per gli altri, per dimostrare il proprio affetto forse. E poi preparare del cibo gli piaceva, lo rilassava.

Quattro quinti di One Direction consumavano tranquillamente la prima colazione insieme, quando dopo diversi minuti si aggiunse anche il maggiore dei cinque.
< Buon giorno… > aveva la voce mogia, la bocca impastata, gli occhi gonfi dal sonno e i capelli arruffati.
< Alla buon ora! Ti piace dormire tanto? > Zyan approfittava sempre quando aveva la bocca vuota, tra un boccone e l’altro, per parlare.
 Harry si immischiò, senza lasciare il tempo a Louis di rispondere. < Ho preparato la colazione! > fece per alzarsi dal tavolo, in modo da raggiungere i fornelli e comporre un quinto piatto per l’ultimo arrivato.
E quest’ultimo si compiacque del comportamento del riccio, sorridendogli semplicemente, come per ringraziarlo di avergli evitato di dare spiegazioni agli altri ragazzi. Non si avvicinò al tavolo, ma affiancò Harry ai fornelli, osservandolo. < Grazie… >

Continuarono a fare colazione, dandosi ulteriori modi per conoscersi in quel breve tempo che gli rimaneva da passare nella dependance, da soli. Avevano ricevuto una mail la sera prima da parte di Simon, che gli chiedeva di essere pronti per le undici, orario in cui una macchina della redazione di xFactor sarebbe passata a prenderli, per condurli alla loro prima sessione in sala prove che li avrebbe preparati all’ultimo step prima dell’accesso definitivo al programma. E così fu.
Per le undici erano tutti pronti, anche Harry con il bagaglio preparatogli dalla madre, che lo salutò con le lacrime agli occhi, commossa, facendo nascere nel ragazzo un vago senso d’imbarazzo, che ricacciò via appena salito in auto.

Il viaggio durò un’oretta, durante il quale ognuno si prese il proprio tempo per ascoltare della musica. Vivevano di musica, xFactor o non xFactor. E si vedeva in momenti come quello.

Una volta arrivati a destinazione, sembravano ragazzini alla loro prima volta in un parco giochi. Si guardavano intorno, toccavano qualsiasi cosa – microfoni, strumentazione audio – ed erano alquanto elettrizzati all’idea della nuova esperienza.
Avevano discusso a lungo la sera precedente sulla scelta della canzone da presentare all’ultimo incontro con i giudici, prima di avere accesso ufficiale alla trasmissione televisiva, e alla fine la scelta era caduta su Torn di Natalie Imbruglia. Era una canzone che piaceva a tutti, e l’avevano provata con la chitarra di Niall. Si sentivano soddisfatti da quella scelta, e provarla con una base adeguata e tutta quella strumentazione professionale, rendeva le cose sempre più reali, tangibili, e belle.

Rimasero più di cinque ore nello studio di registrazione, in una saletta insonorizzata, a cantare insieme, poi uno alla volta, trovare la chiave giusta per accordare i toni diversi delle cinque voci. E dopo ore di lavoro, potevano solo sperare di aver lavorato al meglio.
La conferma l’avrebbero avuta la sera stessa.
Due giudici su tre erano di fronte ai cinque ragazzi, che con un microfono in mano si giocavano ancora una volta tutto.
Dovevano dimostrare che in cinque, insieme, potevano fare qualche cosa di buono. Che lavorando, con il tempo, avrebbero potuto spaccare nel mondo della musica e che avrebbero potuto trovare un pubblico fiero, che li avrebbe seguiti nonostante tutto, nonostante il programma televisivo.
Harry era nervoso. Non era l’unico probabilmente, considerando che Zayn continuava a sistemarsi il ciuffo in qualsiasi superficie specchiata gli capitasse sotto tiro, Liam continuava a ripetere la strofa che avrebbe dovuto cantare e Niall si distraeva con un pacchetto di Pringles. L’unico ad avere un atteggiamento tranquillo era Louis, che si limitava a sorridere ai ragazzi di tanto in tanto, e ad elargire frasine di conforto quando uno dei quattro sclerava più degli altri.

Erano pronti. La base partì, e a turno ognuno fece la sua parte, riuscendo poi a mixare in maniera egregia le varie voci, che si mescolarono tra loro creando un’unica voce nei ritornelli. Erano una poesia. Era bastato loro così poco tempo per esibirsi in quel modo, che Simon ne rimase entusiasto, ed era chiaro a dirsi dal sorriso soddisfatto che aveva sul volto.
< Non ho più alcun dubbio… siete dentro! E’ ufficiale, siete parte del programma! > semplice, schietto, senza troppi giri di parole. Era Simon, era il rappresentante della Sony, era un giudice di xFactor. Era tante cose, ma in quel momento era semplicemente una conferma per i cinque, che avevano tanto sognato quelle parole. I ragazzi si strinsero in un abbraccio,  felici e sereni per essere finalmente nel programma. Anche la prova finale era passata. Erano piaciuti come gruppo, funzionavano. Evidentemente c’avevano visto bene.

La stessa auto che li accompagnò alla sala registrazione, li condusse nella casa dove avrebbero dormito durante il programma. Era stata già preparata per loro la camera dell’ultimo piano della villa dei concorrenti, la stanza più grande. Sulla porta un cartello con tanto di “x” come sfondo c’era scritto a caratteri cubitali “ONE DIRECTION”. Vedere quella scritta emozionò parecchio Harry, che appena entrato si tuffò letteralmente sul primo letto a disposizione, affondando la testa nel cuscino in modo da soffocare un urlo di gioia. Poteva dirlo, ce l’aveva fatta. Ed anche se la strada non sarebbe stata in discesa, un grande ostacolo era superato.
< Io dormo sopra! > Zayn gettò la sacca con i propri effetti personali su uno dei due letti a castello – ovviamente vi era anche un terzo letto per il quinto membro – di un legno bianco candido, come il resto della stanza, pareti e mobilio inclusi. A terra vi era un parquet chiaro, che rendeva tutto ancora più luminoso. Il paradiso.
Sotto di Zayn si sistemò Liam, Niall occupò il letto singolo, e ad Harry e Louis toccò il letto a castello di fianco alla finestra.
< Sopra o sotto? > Louis guardava Harry con un’aria divertita, e il riccio conosceva già quella smorfia. Aveva un colpo in canna.
< Per me è uguale… > rispose, senza pensarci più di tanto. Era troppo preso con l’euforia per preoccuparsi di dove dormire.
< Mh… allora facciamo sotto! Ti vedo più adatto a star sotto! > e se la sghignazzò da solo, appoggiato solo da Zayn che probabilmente stava dietro all’ironia sottile del maggiore dei cinque.

 Gli altri tre, Harry compreso, non chiesero ulteriori spiegazioni. Piuttosto, appena sentirono delle voci provenire dal retro, si fiondarono giù per le scale. Harry rischiò di rotolare per un paio di volte, ma non si sarebbe sorpreso. Erano più le volte in cui riusciva ad inciampare nei propri piedi che quelle in cui stava in piedi.
Sul retro, cosa di cui non si erano minimamente accorti, troppo presi dal trovare la loro stanza nella villa, era situata una grande piscina, circondata da divanetti sdraio, tavolini, un barbeque. Insomma, altro che programma televisivo. Sarebbe stata una vacanza!
< Siete dentro?!? > una ragazza, bionda, li accolse così accorgendosi della loro presenza. E subito dopo di lei, tutti gli altri che già festeggiavano in piscina corsero ad accoglierli a braccia aperte, felici. Era un insieme di schiamazzi, abbracci, salti ed esultanza. Eppure erano tutti poco più che sconosciuti, qualche chiacchiera durante i provini forse, qualche altra al bootcamp. Eppure, erano tutti lì che si abbracciavano e festeggiavano l’inizio di quello che per tutti loro era un sogno.
< Tutti in piscina!! > urlò qualcuno, e tutti, proprio tutti, chi vestito chi un po’ meno, si buttarono a scaglioni in piscina.

I cinque ragazzi si guardarono, corsero verso il bordo della piscina uno di fianco all’altro, e correndo, senza rendersene conto, si presero per mano. Liam, Niall, ZaynLouis ed Harry. L'ennesimo urlo di gioia, un salto, e insieme si tuffarono.










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E anche oggi, un nuovo capitolo. Sto tenendo fede al mio impegno di postarvene uno al giorno, sempre intorno allo stesso orario.
Allora, che mi dite? Come sta procedendo? Vi sta piacendo il percorso che sto percorrendo? 
Ovviamente inserisco scene/personaggi che non fanno parte della realtà, ma le tappe principali che voglio percorrere sono quelle che realmente hanno segnato il successo degli OneDirection.
Ve ne siete accorte? 
Un bacio a tutte quelle che hanno commentato, e a quelle che commenteranno da adesso in poi, anche due! 
SONDAGGIO: Chi prova ad indovinare chi potrebbe essere la ragazza bionda che li ha accolti in piscina? Sono aperte le scommesse!
Un abbraccio a tutte, 
LouVelessy xoxo.

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Capitolo 7
*** What Strange Dream ***




SESTO CAPITOLO - What Strange Dream


 
 
Prendere nuovi ritmi quando sei abituato ad orari tutti tuoi, dettati dalla scuola, dalle uscite con gli amici, la voglia di stare in casa e rintanarti in qualche film o più semplicemente nei videogame, non è semplice. Soprattutto se nuovi ritmi vuol dire svegliarsi tendenzialmente presto, dormire poche ore per notte, fare esercizio fisico ed allenarsi per la voce, per la respirazione, per creare un gruppo. 
E per Harry era difficile il doppio, in quanto è sempre stato un ragazzo abitudinario. Cambiare gli ha sempre dato difficoltà al sol pensiero, ma un'esperienza come quella che si trovava ad affrontare per xFactor gli avrebbe cambiato la vita, non solo le abitudine. E lui lo sapeva, se lo sentiva sin dall'inizio. Forse per questo riusciva a star dietro ai ritmi un pò di più.
 
Abituarsi al luogo, la condivisione del bagno con gente poco più che sconosciuta, dividere la stanza con altri quattro ragazzi, uno più disordinato dell'altro. Insomma, parecchie difficoltà che però non sembravano spaventarlo, per la carica e l'entusiasmo che tutto quello che stava vivendo gli mettevano addosso. 
 
Si era abituato anche al letto nuovo già dopo la seconda notte, cosa altrettanto strana per uno come Styles, legato al suo cuscino ed alla durezza del materasso di camera propria. Ma come si dice, si fa di necessità virtù. E bisognava abituarsi al più presto, per poter riposare al meglio ad affrontare bene la giornata, sicuramente piena, che seguiva.
 
Era riuscito persino a sognare quella notte. Qualche cosa di incomprensibile, di quei sogni che il giorno dopo non li ricordi neppure. Ma si svegliò con la sensazione di un sogno rimasto a metà. Aperti gli occhi, prima di tutti gli altri, non solo in stanza ma in tutta la casa considerando l'orologio biologico mattutino firmato Styles, si rese conto che era davvero troppo presto, persino per i suoi di orari. 
 
Gli bastò poco per capire; c'era qualche cosa che lo infastidiva. Era una sensazione di caldo e di... poco spazio. Stava stretto. Si sentiva stranamente rintanato nel suo angolo, con il volto rivolto verso il muro e troppo vicino alla parete, tanto da sentirsi quasi mancar l'aria. Così fece per muoversi, per voltarsi ed acquistare quel paio di centimetri in più. Ma c'era qualche cosa che lo bloccava. O meglio, una presenza. 
Pochi attimi e mise a fuoco quello che il corpo sentiva. Non si era rintanato in quell'angolo del muro per un brutto sogno, perchè aveva freddo, perchè gli andava (?) ma perchè c'era qualcuno nel letto, insieme a lui. Ed essendo un letto ad una piazza, insomma. Lo spazio a disposizione era limitato! 
E di lì a poco arrivò chiara anche la consapevolezza di una mano poggiata sul proprio fianco, rilassata, che lasciava trasparire tutto il peso del braccio dell'altro. 
Ruotò il capo per capire, anche se gli occhi gonfi e assonnati, nonchè la poca luce nella stanza, gli permisero di vedere poco. Ma quel poco gli bastò per colmare quella che era solo una sensazione.
 
< Lou... > un sussurro, tra sè. Ed un sorriso, spontaneo, si impossessò del volto assonnato. < Lou? > lo chiamò piano, per non svegliare gli altri. 
 
L'altro emise un brontolio, un mugolare quasi infastidito, di chi non ha nessuna intenzione di svegliarsi. E la mano appoggiata sul fianco del riccio strinse appena le dita, mentre strusciava la guancia sul suo cuscino, accoccolandoglisi ancora più contro. 
 
Harry continuò a sorridere, pur non comprendendone il motivo. Era semplicemente una di quelle reazioni naturali, spontanee, che non comprendi ma che ti scivolano via, quando meno te l'aspetti.
Sorrideva mentre lo guardava lì, nel suo letto, stretto a sè, che dormiva. Rilassato. E il fatto che Louis al suo fianco dormiva rilassato, lo rilassò incredibilmente.
 
Fece per voltarsi, lentamente, e fu solo allora che il Tommo aprì gli occhi, quasi di scatto, come spaventato da quel movimento. 
Si guardarono per qualche secondo. Harry mentre riacquistava una posizione comoda, con la schiena schiacciata contro la parete, e Louis nel posto sbagliato - o quantomento un posto che non gli apparteneva, dovendo lui dormire al piano di sopra del letto a castello. 
 
< Facevi un brutto sogno... ti ho sentito... e... > si giustificò, con la voce impastata. 
Harry si limitò a sorridergli teneramente. 
< Non lo ricordo in realtà... ricordo solo di aver sognato... >
Parlavano davvero molto piano, per evitare di svegliare gli altri e soprattutto perchè non c'era bisogno di urlare. Erano uno ad un palmo di naso dall'altro. Non avevano bisogno di un tono elevato. 
Continuavano a teneresi occhi dentro occhi, ed i silenzi erano molto più lunghi delle parole. Avevano dei tempi tutti loro, come se in quel momento non c'era bisogno di dire altro. Gli sguardi parlavano per loro.
 
< Mi sentivo solo. > Louis parlò, dopo diversi istanti.
Harry rimase immobile per qualche altro secondo, poi portò una mano sul fianco di Louis e lì lasciò una carezza, leggera.
< Cosa fai? Mi racconti le bugie? > lo redarguì con il tono, ma riuscì ad essere tenero anche in quel preciso istante. 
< No è che... > il buio celò parte del rossore che gli ricoprì le guance, ma solo in parte in quanto il riccio si accorse comunque del leggero imbarazzo dell'altro, e così gli carezzò il fianco di nuovo, instintivamente. E Louis sembrò tranquillizzarsi a quel tocco. < ...ieri notte non ho chiuso occhio perchè ero agitato per oggi, e stanotte non riuscivo a dormire... ho guardato giù e tu riposavi e così ho pensato che magari... potevo mettermi qui al caldo... però ho fatto piano, non ti ho svegliato! Avevo solo bisogno di stare più tranquillo, ma poi ero così tranquillo che mi sono addormentato! > ed arrossì di nuovo.
< Non c'è nessun problema Lou, va tutto bene... > aveva un tono davvero rilassato, segno chiaro che per lui davvero non c'era nulla di male a trovarselo lì nel letto. Di fianco, faccia a faccia, stretti l'uno all'altro.
 
Rimasero a guardarsi per qualche altro minuto, sorridendo di tanto in tanto, come se i pensieri prendessero vita sui loro volti. Non c'era bisogno di dire altro. 
La mano di Harry rimase sul fianco di Louis per tutto il tempo, anche perchè non c'era alcun bisogno di scostarsi da lì, di allontanarsi dal corpo dell'altro. Non c'era alcun imbarazzo in quel contatto, anzi. Era come se i loro corpi si chiamassero, due calamite, due poli opposti che si attraggono e devono star vicino a tutti i costi.
 
Qualcuno in stanza fece un colpo di tosse ed entrambi si irrigidirono, come se quel rumore li avesse riportati velocemente alla realtà. Solo allora la mano di Harry scivolò via in fretta e Louis mise su la testa, facendo per alzarsi. 
< Torno su... rimettiamoci a dormire... > 
Harry, quasi sconcertato, annuì. < Sisi, fra un paio d'ore ci tocca alzarci... > calcolò secondo il suo orologio biologico, rimettendosi giù e chiudendo gli occhi, velocemente, forzandosi a farlo mentre sentiva il corpo dell'altro scivolare via, allontanarsi e lasciarlo solo, nella propria unica piazza. Con i suoi pensieri e quelle sensazioni nuove e strane.
 
Era riuscito ad addormentarsi, a dormire più tranquillo, perchè c'era Louis dietro di lui a stringerlo? Era questo il movito vero per cui si era ritrovato a riposare, a differenza della sera prima?
La notte prima aveva avuto parecchie difficoltà, e non era riuscito comunque ad avere un sonno continuato, sereno. Anzi. 
Avrebbe giurato che era per colpa della stanchezza accumolata durante la giornata, ma ora che Louis non impegnava più metà del proprio letto si ritrovò nuovamente inquieto.
Era la presenza del ragazzo a dargli quella pace? A rasserenarlo?
 
Sentì il letto cigolare appena ed un sospiro da parte di quello di sopra, flebile, che cercava a suo modo di acquistare una posizione comoda nel letto freddo. Forse anche lui pensieroso, forse entrambi confusi. 
Ed entrambi soli, con i pensieri e le sensazioni, con il calore che quel contatto ancora lasciava sulla pelle ed uno strano sentimento del tutto nuovo e sconosciuto a riempire le loro anime.









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Salve, sempre @LouVelessy (mi trovate su twittah e su tumblr con un blog totally Larry).
Come si va? 
Io dopo un periodo confusissimo, dove sono riuscita a postare solo una letterina in stile Larry, ritorno a scrivere di questa storia.
Di loro. 
Che ne pensate di questo capitolo? E' parecchio intimo, lo so. 
Ma è il primo momento che hanno solo per loro due, ed era giusto vedere e leggere solo di loro due. 
Al prossimo torneranno tutti gli altri, ve lo prometto.
Allora? Pensieri? Dubbi? Perplessità? 
Fatemi sapere, su.
Accettatissime come sempre, le critiche! 
Baci belle, e grazie.

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Capitolo 8
*** Emotions ***


CAPITOLO SETTE - Emotions.







I giorni nella casa di xFactor trascorrevano tranquillamente, i ragazzi cominciarono a formare un gruppo sempre più affiatato ed anche i giudici, puntata dopo puntata, si rendevano conto di quanto crescesse sempre di più la loro conoscenza e di quanto riuscivano a funzionare, canzone dopo canzone, esibizione dopo esibizione. Erano tutti soddisfatti, Simon in primis, per l’operato dei ragazzi e per come il pubblico cominciava ad apprezzarli, a conoscerli e ad appoggiarli come gruppo e non come singoli individui. Certo, il lavoro non era finito, avrebbero dovuto rafforzare sempre più loro stessi, smussare i loro punti deboli, ma con il tempo avrebbero risolto anche quello. Il tempo guarisce ogni cosa.

E sebbene fossero un gruppo di ragazzi, che per antonomasia riescono a fare amicizia più facilmente rispetto a quello che farebbe un gruppo di ragazze, c’erano comunque delle preferenze. Da una parte Niall, Liam e Zayn. Dall’altra Louis ed Harry. Erano elementi chimici differenti. I primi tre riuscivano a reagire in maniera funzionale, così come gli altri due facevano tra di loro. Era chiaro a tutti, soprattutto a chi aveva modo di vederli insieme non sul palco, come il pubblico di internet che godevano di momenti nascosti registrati da alcune piccole telecamere messe a disposizione dei concorrenti per girare dei piccoli video diari durante le loro giornate.

Dopo un mese dall’inizio del programma, giorno in più giorno in meno, furono svegliati dall’arrivo delle telecamere in casa, per una puntata definita speciale. I partecipanti al talent, presi dagli impegni televisivi, erano stati allontanati totalmente dalle loro famiglie, i loro amici e i loro affetti. E quello che stava per succedere era una vera e propria sorpresa. Li chiamarono tutti nel grande salone, la stanza più grande della casa, dove nei momenti buca si riunivano tutti insieme, cantando vecchie canzoni e trascorrendo il tempo a conoscersi tra loro, nonostante fossero in gran competizione almeno non mancava il tempo di fare amicizia. Era una gara, si. Ma rimanevano pur sempre un gruppo di ragazzi accomunati dallo stesso sogno.

Su una delle pareti scese un telo bianco, e su di questo venivano proiettati messaggi per i concorrenti. Genitori, nonni, amici. C’era aria di commozione, e furono in tanti a scoppiare letteralmente in lacrime per la gioia e l’emozione. Quando arrivò il turno dei ragazzi, i messaggi scorrevano di seguito, senza dar tempo loro di commentare.

Prima il miglior amico di Niall, poi la madre di Liam, le sorelle di Zayn, la madre di Harry ed il miglior amico di Luis.

Erano tutti commossi alla fine delle loro belle parole, che elogiavano il lavoro dei ragazzi e li incoraggiavano a fare sempre di più, a dare il massimo in quanto stavano riuscendo nel loro intento e c’era già chi li amava tanto, oltre loro ovviamente che continuavano a sostenerli seppur da lontano.
Finite le riprese, in casa, piombò un’aria strana. Un silenzio di quelli pieni, quelli colmi di pensieri e di cose dette a metà, perchè tutti avrebbero voluto aggiungere altro ai messaggi, avrebbero voluto rispondere e perché no, abbracciare i mittenti di quelle belle parole. Sentirsi un po’ più a casa ed un po’ meno soli.

Harry finì per chiudersi in bagno, con le mani impegnate a giocherellare con il ciondolo a forma di aeroplano di carta che portava al collo, regalatogli dalla madre come portafortuna per l’avventura ad xFactor. Rimase lì dentro per un tempo infinito, sentendosi piccolo e fragile nei confronti di quell’esperienza fuori casa. Quando hai sedici anni ti senti il mondo tra le mani, senti che tutto è possibile e che non ti mancherà nulla. Che tutto quello di cui hai bisogno è te stesso e nessun altro.

Ed invece Harry aveva bisogno di altro. Aveva bisogno dei suoi affetti, dei suoi amici, delle persone a lui care. Si sentiva solo. E ne aveva dato già varie dimostrazioni e segni. Se a tutti quanti serviva una scarica d’adrenalina, al piccolo Styles proprio no. Il riccio non ne aveva bisogno.

< Dai, esci!> Liam, fuori dalla porta, preoccupato forse per il tempo speso dal giovane in bagno, era da un po’ che gli chiedeva di uscire. < Siamo tutti emozionati! Vieni fuori e stiamo insieme piuttosto!> Ma da dentro nessuna risposta.

< Dai Harry, apri e vieni fuori! Ci facciamo una partita alla play oppure diamo due tiri in porta! Lo sai quanto sono messo male con il calcio, ci facciamo un po’ di risate! > anche Zayn, dopo un po’ ci provò. E Niall con la scusa di un gelato. Ma nessuno riuscì nel suo intento, così lasciarono perdere.

Doveva passargli, doveva calmarsi da solo e sarebbe uscito quando se la sarebbe sentita. Motivo per il quale Louis gli lasciò un altro quarto d’ora in solitudine, poi si avvicinò alla porta del bagno, bussò piano, solo due colpi, e subito dopo parlò con un tono molto pacato. < Tirare fuori le emozioni è un bene, non è mai un male… quindi sfogati e prenditi tutto il tempo che ti serve. Io sono qui comunque. > appoggiò la schiena al muro laterale la porta e si lasciò scivolare giù, seduto. Pronto ad aspettare.

Non gli mise alcuna fretta, non gli chiese d’aprire e non lo giudicò. Semplicemente gli fece sentire la sua presenza. Lui era lì, c’era. E ci sarebbe stato per tutto il tempo di cui avrebbe avuto bisogno. Non sarebbe andato da nessuna parte, non voleva portarlo a distrarsi, dimenticare le proprie emozioni. Gli dava il tempo di viverle, assorbirle e farle sue.

Tempo un altro minuto e la chiave compì un giro nella serratura, e subito dopo la maniglia si abbassò e la porta aprì un piccolo spiraglio. Ma non ne uscì fuori nessuno. Così Louis si piegò leggermente di lato, ed infilò la testa nel bagno, per dare un’occhiata.

Sorrise alla figura del piccolo Harry, seduto sul bordo della vasca da bagno, con le mani ancora impegnate a torturare la catenina d’argento e non riuscì nemmeno ad alzare gli occhi quel tanto per guardare il Tommo affacciarsi. L’altro scrollò appena le spalle, e si diede una spinta con le anche per rimettersi in piedi ed entrare nel bagno, chiudendo la porta alle sue spalle ed impegnando un piccolo angolo del bordo della vasca da bagno di fianco al riccio.

< Mi manca tanto… > mormorò Harry, con la voce bassa, poco più di un sussurro, senza ancora alzare gli occhi, chiaramente arrossati come il resto del volto. < Non voglio fare la parte del mammone. Mi vergogno parecchio! Insomma, ho sedici anni e guardami! Piango perché mi manca la mamma! >

Louis alzò gli occhi al soffitto e fece schioccare la lingua contro il palato, sbuffando appena subito dopo. < E’ tutto qui? Hai paura di fare la figura del mammone?! Siamo tutti un po’ mammoni Styles… Anche a me mancano mia madre e le mie sorelle… è normale! E sono anche più grande di te! >

< Si ma… tu non piangi! E nemmeno gli altri… >

< Io non piango spesso... e comunque, da quando essere sensibile è un difetto? Non stare a farti troppe seghe mentali Styles… Hai bisogno di piangere perché ti manca tua madre e hai sentito delle bellissime parole da parte sua? Non c’è nulla di cui vergognarsi! > quindi gli si avvicinò appena, puntandogli un dito sotto al mento e forzandolo appena per fargli tirare su la testa. < Smettila di tentare di modificarti e di apparire agli altri per quello che non sei! Smettila di costruirti una maschera sembrare forte Harry. Non ne hai bisogno… >
Lo guardò dritto negli occhi e gli sorrise ancora, facendogli una smorfietta tenera subito dopo e scompigliandogli i capelli, che Harry si sistemò alla bene e meglio al più presto. < somigli parecchio a tua madre… avete lo stesso sguardo. >

< Mia mamma è bellissima. > il tono di Harry era fiero, il classico figlio tronfio per la propria madre, la prima donna di cui si innamorano e della quale non riescono a fare a meno per tutta la vita.

< Mai detto il contrario! Anche tu non sei male! > aggiunse subito, alzando le mani con una certa innocenza. < Adesso datti una rinfrescata e usciamo di qui. Sempre a testa alta, ricordatelo. >  si allungò in avanti e senza pensarci due volte, con estrema naturalezza, lo abbracciò, stringendolo parecchio a sé ed inspirando profondamente, tentando di infondergli tutta la propria calma.

Harry annuì, alzandosi ed avvicinandosi al lavandino, per lavarsi la faccia con un po’ d’acqua fredda. Quello di cui aveva bisogno adesso, dopo le parole ed i gesti di Louis.






_______________________________________note_autrice___________________________

Questa storia ha del male per me che la scrivo. E' una droga.
Oggi sono presa particolarmente bene per via del nuovo tatuaggio di Louis Antisgamo Tomlinson, la tazza da the, 
e sono corsa letteralmente a scrivere questo capitolo. Penso mi dedicherò subito a quello successivo, proprio
perchè sono presa malissimo a dir poco xD
E i commenti dove sono, eh? Vi vedo che leggete, sapete? u.ù 
Si, proprio a te. Ti vedo.
Scrivetemi ovunque, ve prego! Non posso essere rimasta l'unica sulla nostra nave preferita u.ù io e Capitan Niall u.u 
c'è spazio anche per voi, susu.

Vostra, Giù aka @LouVelessy.


 

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