Achille Immortale

di AthenaSkorpion
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione- La profezia ***
Capitolo 2: *** L'amara decisione di Poseidone ***
Capitolo 3: *** Nascita e rinascita ***
Capitolo 4: *** La prima sfida ***
Capitolo 5: *** Patti ***
Capitolo 6: *** Furia e vendetta ***
Capitolo 7: *** Pentesilea ***
Capitolo 8: *** L'Olimpo ***
Capitolo 9: *** Conoscenze ***
Capitolo 10: *** Dissidi ***
Capitolo 11: *** Bugiardo ***
Capitolo 12: *** Zagreo ***
Capitolo 13: *** La Lancia ***
Capitolo 14: *** La Rivolta ***
Capitolo 15: *** La Morte ***



Capitolo 1
*** Introduzione- La profezia ***


Introduzione


 

Teti inorridì.

Suo figlio. Suo figlio sarebbe stato migliore del padre, con suo grande orgoglio. E tutti lo avrebbero temuto ed evitato.

- Temi, ne sei certa? Ti rendi conto che se qualcuno lo venisse a sapere potrei essere destinata a non diventar madre, o peggio, a diventarlo e poi a vedermi strappato via dalle mie braccia il mio bambino?

Teti abbassò lo sguardo, Temi alzò le spalle senza parole e poi le posò una mano sulla guancia.

- Teti, la tua bellezza non ha pari tra le Oceanine, avrai un figlio. E supererà per intelligenza suo padre. Questo non è meraviglioso? Hai gli strumenti per salvarlo da una morte ingiusta e tu ti struggi in questo modo!

Teti la guardò e sorrise alla sua calda rassicurazione.

- Temi, non dirlo a nessuno, ti scongiuro. Gli Dei sono rigidi su questo, accecati dal potere!

- Non lo farò. Sai quello che devi fare, se nascesse?

Teti s'irrigidì e gli occhi le brillarono ardenti.

Era quella l'unica soluzione, per quanto pericolosa potesse essere. Per un attimo si sentì rassicurata.


 

Benvenuti! Questo è il mio primo tentativo di serie "a puntate".

Sono partita dal vero inizio, quello che portò Achille alla luce e che lo costrinse sulla via del Fato.

Teti è una Oceanina forte e indomabile, non smetterà mai di aiutare il figlio.

E in questa versione, lui ne sarà tanto riconoscente da voler abbattere gli abitanti dell'Olimpo per vendicare il suo matrimonio costretto.

Diventerà un pericolo per l'equilibrio del mondo mortale e immortale?

 

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Capitolo 2
*** L'amara decisione di Poseidone ***


- Cosa?! Se non posso essere io, non lo sarà nessun dio! Hai capito?- gridò inferocito il Padre degli Dei.

Teti rimase a fissarlo senza dire una parola e senza espressione in viso.

Alla fine disse questo:- Zeus, non hai idea di quanto questa profezia mi rallegri e invece al contempo mi faccia star male. È un peccato che tu non abbia un figlio che ti superi, ma almeno non sono stata costretta a unirmi con te.

L'apatia con cui Teti disse ciò, lasciò allibito il Cronide. La sua collera sembrò quasi visivamente ribollire e sembrava sul punto di gridare furiosamente.

Lei, in risposta, lì, in riva al mare, infilò i piedi nell'acqua, che le arrivò alle caviglie. Per Zeus fu come uno schiaffo in faccia.

- Tu! Codarda insolente! Esci dall'acqua e affronta la mia ira laddove Poseidone non possa proteggerti!

Teti sorrise a vedere quel dio così ingenuo, quel dio che tanto disprezzava gli umani ma che presto si lasciava andare ai loro più remoti sfizi.

Eppure in cuor suo temette e tremò. Cosa ne sarebbe stato della sua vita? Un eterno rifugiarsi in mare? E poi anche Poseidone la desiderava.

Era anche vero che, mentre Zeus l'avrebbe severamente punita, Poseidone avrebbe invece compreso e, anche e soprattutto a costo di far adirare ancor di più il fratello, l'avrebbe posta sotto le sue ali.

Zeus capì che non poteva far nulla, quasi muggendo disparve e il sorriso arrogante di Teti con lui.

In quel preciso istante la dea scoppiò a piangere.

Perché era capitato a lei? Prima ancora di nascere, suo figlio pativa delle pene enormi.

Non poté fare altro che immergersi nelle acque per parlare con Poseidone, l'unico che poteva aiutarla.

 

Poseidone la guardò contrariato.

- Da quando conosci questa profezia? Non è una burla per allontanarmi?

- Questa è un'offesa! Come potrei chiederti aiuto e mentirti? Mi credi tanto ingrata? Non ho altra scelta. Se tu non mi aiuterai, giuro con il grande giuramento divino, che rinuncerò alla mia immortalità.

Poseidone rimase colpito. Nelle scure e accoglienti acque, il suo sguardo lampeggiò. Si alzò dal trono e Teti ebbe paura.

Inaspettatamente, lui si avvicinò e l'abbracciò. Lei non seppe come reagire, quindi fece ciò che più sentiva di dover fare: rispose all'abbraccio e vi si perse, in cerca di conforto.

- So quanto Zeus possa essere irrimediabilmente stupido. Ti aiuterò, Teti. Ma ti avverto: quello che sto per proporti non ti piacerà.

Teti tese le orecchie e Poseidone, con quei suoi occhi color dell'infinito, la guardò benevolo.

- Sposa un umano. Nessuno sarà in pericolo, tuo figlio sarà mortale, sì, ma almeno non dovrà pagare per le gelosie di Zeus.

- Poseidone, credi che potrei gioire nel vedere mio figlio appassire di giorno in giorno mentre sua madre somiglierà prima a sua sorella e poi a sua figlia?

Poseidone inarcò un sopracciglio.

- Se voglio il bene dell'oceano, voglio ancor più bene ai suoi abitanti, gli animali, sì, ma anche i pescatori, i pirati che veleggiano qui, sul filo del manto accogliente che è questa materia. Non posso permettere che tuo figlio superi un dio, minaccerebbe il già precario equilibrio, la scarna concordia che sussiste tra noi Immortali. Una guerra tra Dei come credi potrebbe degenerare nel mondo mortale?

Teti asciugò una lacrima. Nell'acqua gelida e frizzante, essa divenne un pesciolino, che guizzò via tra i flutti.

- Non posso fare altro.

Teti attese il verdetto ad occhi chiusi.

- Ti ordino di sposare Peleo, che già ambisce alla tua mano. Non hai scelta, ti vincolo all'obbedienza che mi devi. Lo faccio per tutti noi.

Teti annuì. Temi aveva avuto un lampo di genio nel suggerirle il Bagno d'Immortalità, conferiva a chi era immortale di rendersi immune all'influenza negativa degli altri Immortali. Ma si sarebbe rivelato ancor più utile se suo figlio ne fosse uscito mortale.

Poseidone la guardò con pietà, senza scorgere nei suoi occhi il sottile piano che la disperata Oceanina stava architettando.

Suo figlio non sarebbe morto, lei non gli sarebbe sopravvissuta, lei non l'avrebbe mai permesso.

Bene bene, ho deciso di partire dall'inizio, come avrete capito. Achille non è ancora nato e il Destino già lo colpisce. Ma tra poco nascerà e il Destino sarà sventato dalla coraggiosa Teti.

Come andrà a finire? 

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Capitolo 3
*** Nascita e rinascita ***


Teti era talmente desiderosa di dare alla luce il suo tanto discusso bimbo, che quasi non fece caso alle sue nozze con l'Eacide re di Ftia, che peraltro aveva raggiunto i suoi sogni e aveva abbandonato la sua vecchia sposa.
La dea attendeva con ansia l'arrivo del suo dono, quando le giunsero alle orecchie voci poco rassicuranti.
-...Glaucopide ed Era si sono schierate contro Afrodite-disse Ermes di passaggio rivolgendosi a Zeus.
Il re dell’Olimpo squadrò amareggiato l’Oceanina, ancora pieno di rancore, soffermandosi sul suo grembo evidente, e passò oltre.
Proprio in tempi di guerra doveva partorire?
 
Teti e Peleo strinsero tra le braccia il biondissimo e amato figlio appena nato.
L’eroe osservò il suo piccolo con emozioni contrastanti. Quasi doleva l’idea che sarebbe stato superato, un giorno, dal bimbo che ora sorreggeva tra le calorose braccia, ma diceva a se stesso che era un onore poter vantare un figlio ancor più superiore a ciò che lui già era stato.
Teti, dal canto suo, non aveva occhi se non per Achille. Il marito aveva fatto la sua parte, tanto bastava a renderlo inutile, ora.
Sollevò il capolavoro che aveva creato e, per un istante ebbe paura per ciò che si era prefissata di fare.
Il Bagno dell’Immortalità non era uno scherzo, se le fosse sfuggito di mano sarebbe stato eternamente e immediatamente risucchiato dalle acque della morte.
Peleo non doveva sapere.
E anche il Destino avrebbe dovuto rimanerne all’oscuro.
 
Calò il cappuccio sugli occhi e strinse quasi convulsamente il dormiente bambino a sé, quasi temendo di farlo cadere.
-Sai quello che devi fare, tienilo stretto e consenti a tutta la pelle di assorbire l’incanto. Non lasciare il minimo spazio asciutto.
Teti trasalì e si voltò.
-Temi, appunto, so cosa devo fare, non mi mettere agitazione.
Temi annuì con un sorriso di scuse e disparve, lasciando la giovane madre specchiarsi nelle agitate acque del fiume Stige.
Non appena, con i suoi passi leggeri, raggiunse la sponda più prossima al liquido, Achille si svegliò e iniziò a gridare spaventato.
Anche Teti era spaventata, eppure non emise rumore e si accucciò con sicurezza sulla tenera e umida sabbia del letto dello Stige.
Achille gridò e la madre tentò di rassicurarlo con un tono di un calore quasi insopportabile, di una dolcezza infinita.
-Achille, figlio mio, non temere, non temere, ti voglio bene più di qualunque cosa questo mondo possa offrirmi, non temere…
Il bimbo si calmò un poco e si lasciò sollevare dalle salde braccia dell’Oceanina, che lo osservò affranta.
Lo prese per una gamba e lo immerse nelle acque. Immediatamente il fluido parve assorbire il braccio e poi la spalla di Teti, come stesse tentando di chiedere in cambio dell’immortalità una vita in pegno.
La dea ignorò il terribile gelo e ricacciò indietro le lacrime per poter vedere correttamente ogni movimento del figlio.
Risollevò Achille per permettergli di respirare e il grido ch’egli cacciò, risuonò come mille spade conficcate nel cuore della povera Teti, che non poté più trattenersi e prese a piangere in silenzio.
Si terse via le lacrime dal volto.
-Teti! Cosa stai facendo?-fu il grido che la fece sobbalzare. Per poco Achille non le sfuggì di mano e lei provò un impetuoso terrore, che la sconvolse.
Peleo si avvicinò alle sue spalle e disse:- Teti, smettila subito o ti ucciderò con le mie stesse mani!
L’eroe tirò fuori la spada e con la lama accarezzò la gola della moglie.
Teti non si lasciò prendere dal panico, cambiando mano, prese l’altro piedino e immerse quello rimasto asciutto, ignorando le tenebre del fiume Stige penetrarle nelle ossa e richiamarla a sé.
Peleo non osò muoversi, temendo di perdere Achille. E questo Teti lo sapeva.
All’improvviso il neonato scalciò sotto l’acqua con una forza impareggiabile e Teti seppe che ci era riuscita.
Lo tirò fuori immediatamente a sé e lo strinse dando libero sfogo alle lacrime represse.
Peleo osservò la scena esterrefatto e depose l’arma, chinandosi all’altezza della sposa.
-Peleo, tuo figlio ora è immortale.
 
L’umano si portò le mani alla bocca, indietreggiò e Teti fu consapevole che il Destino era stato appena beffato.
 
Finalmente il momento tanto atteso! Achille è nato e, a differenza del nostro abituale modo di vedere le cose, non è vulnerabile. È a tutti gli effetti un dio, ora e la sua via è grande.
Come credete si svilupperà questa nuova “piega” degli avvenimenti?
  


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Capitolo 4
*** La prima sfida ***


Achille cresceva nello splendore della sua bellezza, del suo ardore e della sua acerba intelligenza.

Il centauro Chirone, per desiderio di Peleo e Teti, l'aveva accolto a braccia aperte e aveva promesso che gli avrebbe insegnato ogni sua conoscenza, in occasione delle guerre che le profezie avevano stabilito per il giovane ragazzo.

Il centauro gli insegnava la seduzione, l'arguzia, il coraggio, la bontà d'animo, lo addestrava alle armi, lo nutriva con midolli di leoni e cinghiali confidando nella forza che gli avrebbero conferito e il miele non mancava mai, per addolcire quell'animo così inquieto ed entusiasta.

Ma c'era una cosa che non riusciva ad insegnargli e questo iniziava a mettergli dei dubbi indosso.

- Achille, oggi parleremo del materialismo.

- Ancora, maestro?-sbuffò il bambino.

Chirone si accigliò e disse:- Achille, mi preoccupa il fatto che tu non riesca a distaccarti dagli oggetti e dalle persone che ami. Devi avere equilibrio, gradire, ma mai adorare, essere incuriosito, ma mai desiderare. Il desiderio porta alla gelosia, all'invidia, alla vendetta. Sei un bambino dall'animo d'oro, davvero superi tuo padre- si abbassò al suo orecchio- non dire che te l'ho detto, però...-e si rialzò con un occhiolino e un sorriso benevolo. Poi si ricompose.

-... ma tu non riesci a distaccarti.

- Maestro Chirone, come posso distaccarmi? Dovrei ignorare i miei genitori e la mia famiglia? Dovrei diventare un burattino come tutti gli altri? Essere un mero contenitore privo di emozioni e prestarmi al nulla? La morte è l'eterno nulla, vuoi forse avvicinarmi alla morte?

Detto ciò da un ragazzino di sei anni, chiunque sarebbe rimasto sconvolto. Chirone fece un passo indietro e quasi trattenne il respiro, mentre Achille continuava a lucidare la sua fida spada, incurante.

Chirone scalpitò nervoso. Da una parte Achille aveva ragione. Comprendeva la sua visione delle cose. Ma temeva troppo per lui. Sapeva bene che il Fato era stato circuito e sapeva altrettanto bene che da esso, Achille avrebbe ricevuto la vendetta più crudele mai narrata. Se lo sentiva in ogni crine della sua lucida coda.

Con un agile movimento di zampe, si accovacciò e sospirò.

- Achille, voglio credere che tu non ti lascerai mai traspostare dalla possessività e dall'egoismo. Ma non posso fidarmi. Sei solo un bambino.

Achille alzò lo sguardo, conscio che il suo maestro gli stava per chiedere quello che sua madre Teti gli aveva sempre avvisato di non fare.

- Achille, giurami che non proverai mai invidia o gelosia o desiderio di vendetta.

Il bambino si alzò in piedi, Chirone rimase seduto.

- Vado a caccia, maestro.

Con una velocità disarmante, uscì dalla dimora di Chirone e fuggì nella foresta, lasciandolo a bocca aperta.

 

Strinse l'arco di legno flessibile e ruvido in mano, inspirando e richiedendo quasi convulsamente l'odore degli alberi e dell'umido terriccio, la sua casa, ciò che amava di più.

Il suo arco, quei tronchi possenti e quasi ammonitori, quelle foglie che all'intenso battere dei raggi solari diventavano diafani e proiettavano disegni incantevoli sulla coperta di fogliame giallo della subforesta, quel silenzioso e invitante silenzio carico di vita, quello era tutto ciò che lo rendeva felice.

Le orecchie perse nel cespuglio di ricci biondi captavano ogni minimo rumore, ogni scricchiolio mentre le gambe dai muscoli guizzanti erano già in attesa di scattare, proprio come l'agile mano sulla cocca della freccia che impugnava sereno.

Era la prima volta che cacciava senza cani, voleva dimostrare a Chirone di essere bravo in qualunque cosa, senza dover giurare di esserlo. E poi, solo quando si armava si sentiva se stesso e discendeva in una calma onirica.

Un rumore agghiacciante di ringhio alle sue spalle lo immobilizzò. Con tutta la lentezza di cui era capace, poiché sapeva che le belve si allarmano e attaccano ai movimenti rapidi, si voltò e nel contempo caricò l'arco.

Nel suo campo visivo apparve un cinghiale di dimensioni esagerate. Una freccia non sarebbe bastata.

Si raccontava di cinghiali mastodontici in quella foresta, ma lui non aveva e non avrebbe mai prestato orecchio ad alcuna voce di popolo.

Fu tentato di cambiare freccia con una avvelenata, ma non avrebbe mai avuto il tempo.

Perciò cambiò tattica. Ripose l'arco e tenne salda la freccia in mano. Poi emise un ringhio spaventoso, quasi animale, proprio come gli aveva insegnato Chirone. Spaventava gli animali meno pericolosi mentre aizzava i più crudeli. Il cinghiale grufolò furibondo e caricò.

Quando iniziò a correre, Achille poté sentire l'adrenalina scorrere nelle vene mentre lo attendeva immobile. Era immortale, ma un po' di divertimento rischioso poteva averlo anche lui, no?

Ad un centimetro dal suo corpo, scartò di lato e conficcò con un grido di sfida la freccia nel collo possente dell'animale, che stramazzò a terra, quasi sorpreso dalla forza innaturale del ragazzo, che si alzò da terra tutto contento e se lo caricò in spalla per portarlo a Chirone. Che lo osservava da lontano, nella selva, con un sorrisetto sulle labbra.

 

Teti raggiunse la casetta di Chirone affannata, per quanto una dea di bellezza impareggiabile possa sembrare. Sembrava una coetanea del figlio, che ora aveva diciassette anni.

- Chirone, amico mio!

- Lo so, ti capisco. Ma lui è immortale, giusto?

Teti rimase immobile.

- Lo sapevo prima che tu arrivassi-spiegò Chirone. Teti si calmò.

- Come dicevo, lui è immortale. Tuttavia, se vuoi, il re di Sciro ospiterà Achille tra le sue figlie, a patto che lui somigli a loro. Ho già parlato con lui.

Teti, che non aveva ancora quasi parlato, annuì semplicemente, stordita.

- Cioè? Dovrei sembrare una donna? Chirone, vuoi scherzare, spero...-disse Achille scettico.

- Niente affatto.

- Io voglio combattere, non subire l'umiliazione di rifugiarmi tra donne!-esclamò il giovane.

Chirone abbassò lo sguardo e Teti lo imitò.

- Madre, non vorrai davvero infliggermi questo!

Achille iniziava ad infervorarsi e Teti sollevò le mani per calmarlo.

- Figlio mio, voglio troppo il tuo bene perché tu vada in guerra. Ma se è questo il tuo desiderio, allora ti lascerò andare. Ma ascoltami.

Achille rimase ad udire la madre, baciandole le mani in scusa per averle gridato.

- Non sarai il primo a toccar terra Teucra, capito? Per quanto tu sia immortale, il Destino fa brutti scherzi e ha dettato che il primo a mettere piede a Troia verrà ucciso.

Achille dovette reprimere la rabbia.

- Quindi mi dovrò comportare da codardo?-sbuffò.

- Ti aiuterò io-disse la madre.

I Mirmidoni attendevano di attraccare, agli ordini del grande Achille.

Il condottiero si rivolse all'amico Iolao e disse:- Gli uomini temono la profezia, nessuno riuscirà mai a toccare la sabbia nemica, sono troppo vinti dalla paura. Come possiamo fare?

Iolao si grattò la testa, pensieroso.

- Suppongo che il buon esempio possa essere d'aiuto. Qui l'unico immortale sei tu e tutti vantano di servirti. Porta lo stendardo e sputa sul nome troiano.

Achille annuì, quasi sapendo ciò che andava fatto. Non commentò sulla vigliaccheria di Iolao.

Si voltò e parlò ai suoi uomini.

- Soldati! Se è così che vi devo chiamare, battete sugli scudi e mostrate, ai Troiani che ci attendono, chi siamo!

Ogni uomo batté la propria arma sullo scudo. Dopo un secco ondeggiare, la nave giunse in secca. Achille e Iolao erano a un passo di distanza l'uno dall'altro. Achille stava per balzare giù quando vide l'amico cadere.

Teti, emersa dall'acqua per tirare il piede di Iolao, disparve.

Appena fu sulla sabbia, una freccia attraversò da parte a parte il torace dell'eroe, prontamente soccorso da Achille.

Appena giunti, già abbiamo dei caduti, pensò.

Alzò lo sguardo. L'arciere assassino depose l'arco mentre Iolao spirava, osservandolo dritto negli occhi, da lontano. Poi prese la spada e partì all'attacco.

Achille se lo sentiva nel sangue, prima o poi lo avrebbe incontrato in duello e allora non avrebbe avuto pietà.

Dunque, qui si intravedono i primi cambiamenti nell'andare delle cose... *chissà come la pensano le Parche, a riguardo, saranno certamente infuriate con me! XD*

Essendo immortale, non deve rifugiarsi, risponde solo ai suoi istinti.

E la prima battaglia già gli infligge la prima perdita. Un amico va via.

Chi credete che sia l'arciere? Se conoscete questo lato dell'Iliade sicuramente lo saprete, ma voglio mettervi alla prova... 

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Capitolo 5
*** Patti ***


Il vecchio rientrò nel suo tempio, asciugando le sue lacrime di dolore e ingoiando l'umiliazione e l'offesa.

Apollo udì le sue colleriche invocazioni e tese la corda, con la cocca dorata in mano.

- Riconsegnala! Hai sentito l'indovino? Agamennone, lo sapevo che eri un pazzo egocentrico, ma ti posso assicurare che non avrei mai immaginato che fossi così tanto idiota.

Achille sputò ai suoi piedi e Agamennone mise mano alla spada mentre il semidio si ritirava sul suo seggio. Odisseo si frappose tra i due e, guardando dritto negli occhi il comandante, quasi tentando di ingoiarlo nelle sue abili spire di eloquenza, riuscì a calmarlo.

- Gli uomini muoiono e Apollo è adirato. Credi forse che tu uscirai illeso mentre i tuoi uomini cadono sotto le pesti del dio? Sii ragionevole.

Agamennone guardò a terra pensieroso e irritato e Achille e Odisseo pensarono contemporaneamente alle veritiere parole di Tersite.

Povero stupido, ma quanto onesto quel deforme primate!

Odisseo si sedette e proseguì.

- L'indovino Calcante non vuole il male di nessuno, interpreta il volere degli Dei e lo sai anche tu. Hai affrontato un sacerdote della levatura di Crise, non dimenticare le sciocche offese che gli hai gettato.

Achille sbuffò e disse:- Prima hai offeso Artemide e per poco non siamo rimasti in Grecia. Hai ucciso perfino tua figlia per placarla. Poi affronti Apollo, suo fratello, e ti tieni strette le tue cose senza pensare a nessuno. Chiamala come vuoi, ma la tua è stupidità.

Agamennone non si trattenne più e sguainò la spada, scansando Odisseo. La lama sfiorò il collo di Achille, che in risposta lo fissò sorridente facendolo sentire ancor più stupido di fronte al Consiglio. Fece un occhiolino a Patroclo, che lo osservava a pochi passi di distanza, divertito.

Il cugino era sempre stato la sua roccia, la sua colonna portante.

All'improvviso riesumò dalle ceneri della sua infanzia i giochi di guerra con Patroclo, nel bosco dinanzi alla casa di Chirone.

Quando aveva visto il cinghiale era rimasto a bocca aperta, poi l'aveva sfidato a prenderne uno più grosso.

Si prendevano in giro durante le lezioni del maestro e venivano prontamente sculacciati dalla stessa verga.

All'epoca una spada era un sogno, un'aspirazione. Ora era la cruda realtà, il segno del destino.

- Mi hai capito?

Achille si riscosse e fissò Agamennone, che ormai aveva la bava alla bocca per le grida che aveva appena cacciato.

Achille si alzò, spingendo il collo nella spada, che sembrò rimbalzarglisi sopra. Lo fece con una calma serafica che fece innervosire il fratello di Menelao, quest'ultimo imbarazzato dal comportamento del fratello.

- Per prima cosa, se non vuoi che ti evisceri con la lama che mi stai puntando al collo, ti consiglio di scansarla e riporla.

Agamennone, conscio del personaggio che aveva di fronte, seppur sgarbatamente obbedì.

- Inoltre, desidero che tu mi ripeta attentamente ciò che hai appena detto. Parlando, non belando.

Fu l'ennesimo ed ultimo invisibile ceffone all'orgoglio di Agamennone che fece. Stava per conoscere la sua parte di vergogna.

- Ascoltami bene, eroe. Vuoi che io consegni Criseide al padre? Lo farò. In cambio voglio il tuo bottino. E non intendo solo le ricchezze materiali. Mi darai Briseide. Pareggerai così la ferita all'onore che vuoi tanto distruggermi.

Achille, al pari di tutti gli altri, rimase a bocca aperta. Senza neppure accorgersene, una furia lenta, bollente, incontrollabile, divorante gli stava sciogliendo lo stomaco fino a farglielo sanguinare. La sua faccia si contorse e un conato lo sconvolse.

Agamennone era un suo superiore, ma non poteva azzardarsi a dirgli ciò. Teti apparve accanto a lui, all'insaputa altrui, gli prese la mano e l'allontanò dall'elsa, per poi scomparire.

Achille prese un bel respiro e disse:- Agamennone. Io mi ritiro dalla guerra. I Mirmidoni non porteranno più il tuo stendardo.

Dopodiché uscì e si rifugiò nella sua tenda.

 

- Patroclo, dimmi, amico mio, cosa devo fare?-chiese Achille con il volto tra le mani.

- Ho già lasciato Briseide nelle luride mani di quel codardo di Agamennone, cos'altro devo fare? La guerra mi richiama a sé e non posso ignorare l'onore che ricaverei conquistando per i Mirmidoni Troia.

Patroclo si sedette accanto a lui sospirando e posò il fodero della spada a terra.

- Non so, Achille. Penso che solo tu possa sapere cosa fare. Ricordo quando eravamo bambini, tu eri la mente, il corpo, io ero la coscienza. Posso dirti cos'è giusto o sbagliato, ma tu devi sapere cosa fare.

Achille lo guardò e disse:- Pensavo anch'io a quando eravamo bambini, quando Agamennone mi ha rubato l'onore. Pensavo a tutte le nostre piccole imprese. Allora credevo bastassero a fare di me un eroe, tu mi assecondavi sempre, ma la verità è che mi sono montato la testa. Immortalità non significa nulla se non si dimostra di saperne fare buon uso.

Abbassò la testa.

- Come farò quando tu sarai vecchio e io sarò ancora un giovane ragazzo? Cosa farò di me?

- Be', cuginetto, ti pettinerai quei riccioli indomabili, conquisterai ragazze, luciderai le armi... La vita dell'immortale non è così brutta, su!

I due risero sommessamente, poi Patroclo parlò di nuovo.

- Achille, lasciami indossare le tue armi. Stiamo cadendo, te ne sarai reso conto anche tu. Non devi combattere. Lasciami solo intimorire i Teucri. Dopodiché te le renderò.

Achille lo osservò sconvolto e scattò in piedi.

- Che pazzie stai dicendo? Rischieresti la vita!

Patroclo sorrise.

- Mi credi tanto sprovveduto? Non arriverò oltre le mura.

Achille soppesò l'idea per un istante, poi vide il volto sereno di Patroclo che cancellò ogni sua preoccupazione.

- Non arriverai oltre le mura di Troia, questo è un ordine. Devi rendermi le armi-si rassegnò infine.

 

Patroclo si batteva coraggiosamente, anche il suo cuore benevolo si arrendeva al fatto che bisognava combattere. Era necessario. Gli Argivi stavano cadendo sotto i colpi degli assediati e ciò non poteva accadere.

Nei panni di Achille si sentiva ancora più forte, quasi l'aura dell'amico lo avesse rivestito e guidato.

Nella foga delle spade sferzate, si rese conto di avere di fronte a sé le mura di Troia. Achille lo guardava da lontano, lo sapeva, ma forse era abbastanza lontano da non rendersi conto che lui avrebbe trasgredito.

Tenne con forza lo scudo e animò gli uomini rincuorati.

Per un momento le gambe gli tremarono e una spada gli passò ad un palmo dal volto, mentre tentava di schiarire la vista che si era annebbiata. Fece leva con la spada, tenendo gli occhi aperti e appoggiandovisi, sperò di riprendersi. Sentiva grida e frustate nell'aria puzzolente di sangue e sudore e paura. Era in pericolo lì. Il Sole gli illuminò la strada e lui si riprese.

Era stato preso da un semplice capogiro, era naturale, era esausto.

Riprese controllo di sé e attaccò ancora.

Stavolta cadde a terra, rovinato da un nuovo capogiro e perse la spada nella calca. Alzò lo scudo, sapendo che non aveva più la proprietà dei propri arti.

Si riprese non appena sentì un acuto bruciore.

Una lancia. Aveva trapassato da parte a parte la coscia. Strinse i denti fino a sentirli cigolare, poi esplose in un grido disperato. Non riusciva ad alzarsi, non vedeva nulla dal dolore, era una preda e quel vigliacco del tiratore gli aveva inflitto la vergogna della ferita per poi sparire.

Continuò a difendersi con lo scudo, quando all'improvviso udì un rumore di biga, con lo scalpitare nervoso dei cavalli.

- Maestro, non ti arrabbiare, non abbiamo fatto nulla di male!

Chirone si impennò e scalpitò inferocito.

- Piccoli irresponsabili, quella serpe era velenosa, potevate... potevi morire Patroclo! Cosa avrebbe detto tuo padre? Achille! Non ridere, stupido sciocco! Patroclo, ridi anche tu?

Patroclo si riprese un istante, un sorriso debole sulle labbra esangui e asciutte. Tentò di sollevarsi ma prima che potesse alzare la testa, una lancia lo colpì poco sopra la clavicola sinistra, inchiodandolo al suolo.

L'armatura aveva lì il suo punto di congiunzione. L'elmo, per l'impatto, si distaccò e cadde a terra. Patroclo non riuscì neppure ad emettere rumore, tanta fu la sua sorpresa. Che disonore avrebbe portato ad Achille morendo con le sue armi indosso?

Il cavaliere si avvicinò e rimase scioccato.

- Dunque Achille teme troppo la rocca per affrontarla? Manda dei ciarlatani a sostituire la sua divina mano? Che razza d'impostore!

Patroclo, allo stremo, non sopportò quell'affronto e mormorò:- Non parlare a vanvera, tu che sono certo morirai per la sua luminosa mano, la pagherai cara e lo sai anche tu. Qui, sotto le mura, tu...

Un ultimo respiro varcò le sue pallide labbra.

Ettore aveva compreso tutto ciò che Patroclo gli aveva detto e aveva guardato in direzione del mare. Una figura in lontananza osservava la scena da lontano, muovendosi confuso.

Un omino corse in sua direzione, più veloce che poté.

Un grido simile al ruggito di un leone ferito giunse alle orecchie dei Troiani, elevandosi dal cuore immortale di chi li avrebbe sterminati senza pietà.


Su, su, mancano ancora poche morti, tra poco ci sarà la vera variazione della storia! *Notare il macabro di questa frase*
Dovevo per forza mettere questo episodio qui, oltre ad essere una catena portante dlla mia storia, non vedevo l'ora di poterla "riscrivere" a mio piacimento! XD
Ok, ora però voglio saperlo: che ne pensate fino ad ora? Non ci sono molte variazioni, è vero, ma presto, prima o poi, vi renderete conto di quanto l'invulnerabilità di Achille possa cambiare le sorti.
Vorrei sapere poche cosette...
1) innanzitutto, siete almeno un po incuriositi?
2) quali credete che saranno le "variazioni"?
3) Volete provare ad immaginare quale sarà il personaggio *purtroppo pressoché sconocsiuto* che nella mia storia farà rivoltare lo stomaco di Achille?
4) siete pronti ad uno sconvolgimento totale?

Su, attendete, un altro paio di morti e finalmente si giungerà al succo della questione! *Notare il mio  

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Capitolo 6
*** Furia e vendetta ***


Teti tentò di calmarlo. Non aveva mai visto quel suo bello e imponente figlio piangere così. No, non lo aveva mai visto piangere.
Sembrava che tutte le lacrime trattenute in una vita fossero uscite in quel momento e avessero ossidato e rotto gli argini d'argento che l'eroe aveva creato nella sua vita per rimanerne estraniato.
In un impeto di rabbia Achille travolse le suppellettili nella tenda e Teti sobbalzò.
- Figlio mio, controllati. A mente lucida la vendetta è più efficace.
Achille guardò stordito la madre. Quella esile, bellissima figura, sfavillante di grazia e giovinezza, sembrava improvvisamente una Furia. La vista del suo bambino tanto sconvolto l'aveva accesa.
- Ho già parlato con Efesto.
Batté le mani una volta sola. Dalla coppa d'acqua che Achille teneva accanto al letto, una piccola donna apparve eterea. Con sé, come apparsa dal nulla, portava un'armatura dalla bellezza sconcertante. Oro e bronzo di mescolavano in fiammate che partivano dai pettorali per congiungersi, intrecciarsi e proseguire poi verso le spalle in forma di ali d'aquila.
L'elmo era di una tecnica stupefacente, proteggeva tutto il capo senza limitare la comodità.
Achille non esitò un istante, e in poco i ferri gli calzarono indosso conferendogli una potenza che lasciò interdetta anche la madre. Gli occhi arrossati dal pianto e intensi di rabbia, rancore e desiderio di vendetta apparivano disumani sul suo volto angelico incorniciato dai ricci biondi che ormai parevano una criniera.
- Achille, adempi al tuo destino, fagliela pagare-sibilò Teti.
E il figlio obbedì con piacere.
 
 
Atena osservava il campo di guerra dall'alto. Teti apparve all'improvviso emettendo lampi dagli occhi.
- Atena, Atena, amica mia. Invoco il tuo aiuto. Non posso allontanarmi a lungo dal mare, né impugnare armi, ma tu puoi! Ti prego, guida la lancia di mio figlio, concedigli la vittoria.
Atena, senza distogliere lo sguardo dal campo, socchiuse gli occhi e inspirò profondamente.
- Teti... Achille non ha bisogno di me. Tu temi troppo... l'hai reso immortale, ricordi?
Teti si torse le mani, temendo di non trovar consenso in Atena, che carezzava la sua egida dove incastonata vi era la testa di Medusa.
- Gli Dei sono divisi, alcuni potrebbero dargli problemi... Apollo...
Atena la interruppe con un gesto della mano. Lei non era madre, non lo sarebbe mai stata, non avrebbe mai voluto esserlo. Però non significava che non avesse emozioni. E poi gli eroi Danai le stavano simpatici. Tutti orgogliosi, ma in fondo lo era anche lei. Ma soprattutto, erano tutti degni della sua ammirazione.
- Lo aiuterò. Ma tu mi devi promettere che placherai le tue ansie materne, anzitutto per il bene di Achille.
Teti abbassò lo sguardo e annuì.
 
 
Achille si trovava di fronte al suo peggior nemico. Gli aveva tolto tutto ciò che aveva. E lui avrebbe fatto lo stesso.
Si era ripromesso di ucciderlo in duello già alla morte di Iolao, ma allora non aveva idea di quale rabbia avrebbe provato nei suoi confronti.
Indossava le sue vecchie armi. E questo non faceva che alimentare le sue manie di vendetta.
Tirò la prima asta con tutta la forza di cui era capace, ma Ettore la schivò prontamente. Achille sentì l'irritazione gorgogliare alla bocca dello stomaco.
Lo stava stuzzicando.
Atena, alzando una mano in segno di amicizia, si mostrò al Pelide e gli restituì l’arma, per poi svanire.
Continuarono un mortale gioco di tiri, ignorando del tutto gli spettatori che guardavano gli intrepidi duellanti battersi per la vita loro e della patria.
Achille notò che Ettore era calmo e placido, a malapena affaticato e per nulla arrabbiato. Anzi, sembrava triste.
Nei suoi occhi non c’era alcuna scintilla, solo un’arcana stanchezza che sembrava più mentale che fisica. Il duellante lanciò uno sguardo laddove probabilmente i genitori lo stavano osservando in pena. Achille comprese. Sapeva che stava per dire addio alla vita. E non sarebbe riuscito a salvare l’onore di Troia.
All’improvviso una nebbia quasi palpabile si sollevò tra i due sfidanti e Achille con le mani tentò di scorgere al di là di quella tenda che nella sua inconsistenza era ancor più irritante. Voleva finire il suo lavoro.
Lanciò invano altre tre aste, gridando sempre più forte, finchè non ruggì e disse:- Ettore, qualche dio veglia su di te, non mi è concesso di attaccarti e tu non ti mostri. Rifugiati, per oggi. Ma non è il nostro ultimo incontro!
 
 
Achille non si trattenne affatto. Iniziò a far strage tra le file Teucre, ogni cadavere che cadeva per la sua spada luminosa era un premio per l’amico che tanto lo aveva sostenuto e che aveva perso la vita per lui. La verità era che non era arrabbiato con i Troiani. Era arrabbiato con sé stesso. Aveva aderito lui all’idea malsana di Patroclo. L’aveva condannato lui a morte. E se solo ci pensava lo stomaco si irrigidiva e doveva trattenersi dal vomitare. Cosa avrebbe detto Chirone? Aveva un disperato bisogno di avere supporto, evadere da quella situazione.
Ma la verità era che non l’aveva causata lui quella guerra. Uno stupido dissidio aveva portato a una carneficina disumana. Solo per colpa degli Dei.
Il Pelide non ascoltava nessuno, non parlava con nessuno, perfino Teti ormai non poteva dir nulla.
Ogni cadavere era un premio per Patroclo. E un obolo per la sua coscienza, che però sembrava appesantirsi ancor di più.

 
Le porte vennero chiuse, i Troiani fuggirono al suo passaggio, l’automa che era diventato si riscosse dal torpore non appena vide che l’unico rimasto fuori era Ettore.
Un ghigno stonato distorse i suoi lineamenti perfetti. Ettore si voltò in sua direzione e da quella calma serafica sembrò fuoriuscire una sorta di cauto panico. La spada prese a penzolare al suo fianco.
Achille fece un passo ed Ettore iniziò a correre come una lepre, in fuga. Achille rimase per un istante attonito nel vedere quell’eroe comportarsi con così tanta vigliaccheria. Poi lo seguì.
-Ettore! Codardo! Affronta la mia ira! Hai ucciso Patroclo e ti sei beato di indossare le mie armi senza avermi ucciso, hai approfittato della divina nebbia e ora fuggi come una cagna che teme la verga! Ti prenderò e allora sarà la tua fine!
I suoi piedi toccavano così raramente terra che gli parve di volare. Greci e Troiani osservavano la scena ammutoliti. Priamo pianse un’amara lacrima solitaria nel vedere il figlio fuggire a quella che sarebbe stata morte certa. L’avrebbe perso nei peggiore dei modi, lo sentiva fin nelle viscere.
Tre giri completi, sorvolati come un’aquila. Atena osservava rapita.
Alla fine scese tra i duellanti e fermò Achille.
-Eroe, sono con te. Fidati e vincerai. Concediti alla foga e sarai vinto dalla vergogna. Attendi che Ettore nomini Deifobo. A quel nome potrai star certo di avere la vittoria in mano.
La dea guardò ammirata Achille, gli posò una mano sulla spalla, batté la sua egida contro lo scudo del Pelide e scomparve.

 
Ettore si fermò poco più avanti. Un giovane parlava con lui con occhi pieni di fedeltà. Ettore annuì poche volte, poi lasciò che il ragazzo andasse via.
-Achille, ti affronterò. - Achille, io ti onorerò se morirai. Spero tu faccia...
Achille si sforzò di non ridere. Povero ingenuo.
-Hai mai incontrato leoni che trattassero con le loro prede per dettare i termini della loro sepoltura. Non hai speranza né hai da averla. E non puoi dirmi come devo trattarti. Sarai ucciso e ridotto in brandelli come se tu non fossi umano. E forse non lo sei.
Ettore parve colpito dalle dure parole dello sfidante.
-Deifobo! Deifobo!
Ettore si guardò intorno e capì che era stato turlupinato.
-Dunque gli Dei non mi vogliono così bene…-mormorò abbattuto e pronto a morire. Una nuova luce si accese nei suoi occhi neri.
Achille rise, già pronto a gustarsi la vittoria.
-Achille, sapermi già morto non vuol dire nulla. Darò fondo ad ogni mia forza per ripagare gli uomini che hai trucidato coprendoti di gloria immeritata.
Achille tirò ed Ettore schivò per poi attaccare fulmineo, prontamente parato con il mitico scudo di Efesto. La scena parve ripetersi come la prima volta. Atena restituì l’arma ad Achille.
Ettore tirò fuori la spada e Achille si concentrò, incurante del resto, al collo dell’avversario.
Lui era un leone. Ogni leone attacca al collo la sua preda. Facile, potente, glorioso. Come Achille. Lui sarebbe stato il re anche tra gli altri leoni.
E senza pensarci due volte, vedendo nei tristi occhi di Ettore quelli di un cerbiatto pietoso, chiuse gli occhi e lasciò che l’istinto lo guidasse e non potesse esserne preso in compassione. Lui era l’assassino di Patroclo. Meritava la morte.
Ma la meritava davvero?
Nessun uomo aveva portato la guerra sulla Terra all’infuori di Paride, che stava al riparo tra le mura di Troia. Patroclo era uno degli ingranaggi insanguinati e marci di quel conflitto. Ettore stava solo difendendo il suo onore e la sua famiglia.
La lancia era già in volo, non poté riafferrarla. Ettore, consapevole della morte che giungeva, abbandonò il braccio al fianco, lasciando cadere l’arma e sussurrò una parola.
Anche nella sua foga, nel rumore delle due truppe in osservazione, perfino nell’orrido rumore delle carni lacere, quella parola mimata risuonò nelle orecchie di Achille come una campana, un capogiro lo colse e il cuore fu preso da uno spasmo tanto simile ad una stilettata.
-Andromaca.
 
 
Dunque, questo capitolo è stato una FATICACCIA!!!  Le innumerevoli e discordanti versioni dello stesso episodio mi hanno spinto a credere che fosse meglio “inventare” almeno i particolari perché mi stavo esasperando.
Achille capisce di avere un cuore! Vi rendete conto?!
Con questo episodio capisce un particolare che poi lo porterà al suo vero destino. Non quello che Teti abolì, ma quello che Achille stesso costruirà mattone per mattone.
L’incontro del prossimo capitolo segnerà la svolta rispetto alla trama originaria, perciò tenetevi forte perché da lì in poi la storia sarà accidentata!
Ringrazio tutti per la pazienza, sono stata piuttosto lenta, ma spero di accelerare con le prossime vicende! 

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Capitolo 7
*** Pentesilea ***


Achille era silenzioso da giorni. L'ultima parola detta era stata nel duello con Ettore. Ogni volta che pensava a quell'uomo, una gran pena sorgeva nel suo cuore bellicoso e le lacrime minacciavano di tergergli il volto afflitto.
Teti non si era più fatta vedere e Achille si rendeva conto che quello era il modo della madre di lasciarlo ai suoi pensieri fino a tempi migliori.
Il Pelide si torceva le mani fino a farsi male, non aveva più guidato i suoi uomini in battaglia dopo l'onta inflitta al figlio di Priamo.
Ettore si trovava nella sua tenda, ferito a morte dalla cruenta corsa dei cavalli inarrestabili, che gli avevano sfregiato ogni parte del corpo e rotto numerose ossa.
Achille si trovava in un vicolo cieco, era contrariato, combattuto, indeciso.
Aveva vendicato Patroclo, eppure non aveva provato gioia alcuna e sentiva quasi che se l'amico si fosse trovato lì lo avrebbe sgridato per la sua ignobile mancanza di rispetto verso il caduto.
Oramai non riusciva più neanche a guardare il cadavere, che aveva deciso di coprire con un velo nero opaco.
Era sera, ormai, quando all'improvviso arrivò un messo.
- Achille, il re teucro è qui per conferire.
Achille spalancò gli occhi spaventato. Poteva affrontarlo? Il servo interpretò la sua espressione per incredula e attese risposta.
- Fallo entrare.
Mentre il messaggero si ritirava, Achille si erse in tutta la sua altezza accanto al morto con la mano poggiata sull'elsa dorata appesa alla cinta.
Un vecchio canuto entrò nella tenda e ad Achille si sciolse il cuore.
Dentro i suoi occhi vide Chirone, vide una saggezza infinita confinata da un unico velo inarrestabile di disperazione pura e disarmante, vide un padre che aveva perso quasi tutto e che era consapevole che le sue sofferenze non sarebbero cessate fino alla morte.
Priamo si fece avanti inchinandosi a testa bassa.
- Pelide Achille, mi inchino ai tuoi piedi, depongo le armi in questa fredda serata per chiederti indietro il corpo di mio figlio Ettore, che affrontasti dieci giorni or sono.
Achille tolse la mano dalla spada e con un fluido gesto, alzò Priamo da terra con gentilezza e gli baciò mani e vesti.
- Vecchio re, tra te e me non c'è inimicizia, questa guerra non è mia e chiedo perdono per ciò che essa mi ha costretto a compiere. Non nego che ci fosse un debito di sangue, ma domani avrei portato il feretro di tuo figlio di fronte alle mura per restituirtelo.
Priamo baciò a sua volta le mani di Achille con un rinnovato sollievo e i suoi occhi stanchi gridarono la loro speranza nelle lacrime cadenti.
- Ti chiedo solo di non scoprirne il volto fino all'ultimo rogo.
Priamo scosse la testa confuso e disse:- Credi forse che cercheremmo vendetta se scoprissimo lo scempio di cui ti sei reso autore? Ciò che è fatto è fatto, lascia che sua madre e la sua sposa possano piangerlo.
Achille abbassò la testa e disse:- Bene, porta con te Ettore.
Avvicinò le labbra all’orecchio del re e sussurrò:- Tu in questo momento mi hai offerto il mio peso in oro per riaverlo indietro e io te l'ho concesso magnanimamente. Il tuo popolo però saprà che cosa è realmente successo. Intesi? Agamennone mi riterrebbe uno stolto, un debole.
Priamo acconsentì.
- Che gli Dei guidino la tua strada, Pelide.
Dopo che fu uscito, egli gli rispose, cupo ma determinato:- Miro esattamente al contrario.


 
 
Achille si sentiva pacificato. Tanto che aveva ripreso a battersi con i suoi fidi Mirmidoni nel perimetro troiano.
- Comandante! Sono accorse le Amazzoni in aiuto dei Dardanidi! Ci batteremo contro delle donne?
Il luogotenente che aveva parlato guardò sgomento Achille, che ingoiò l'inquietudine e abbatté il soldato successivo con un potente fendente orizzontale.
- Invia un messaggero presso la... -cercò una parola adatta, osservando il volto contratto del luogotenente, quasi in vena di ridere per la stranezza della situazione-... regina. Invitala a duello. Al vincitore sarà consegnato l'esercito del perdente.
Il luogotenente spalancò la bocca.
- Comandante... mi perdoni... se queste donne sono state chiamate in aiuto dei Troiani, è ovvio che non sono delle sprovvedute...
Achille lo zittì. Aveva in mente qualcosa, il luogotenente lo sapeva. Quindi obbedì e sparì in cerca di un messaggero.


 
 
- Che razza di idiota!
Pentesilea rise come una matta quando comprese il contenuto del messaggio.
- Pensa forse che ci caschi? È riconosciuto che è figlio di una dea, è immortale. Crede forse che, venute da lontano, non ne siamo a conoscenza? Puah!
Pentesilea semplicemente era rimasta basita dalla stupidità dell'eroe.
- Ovviamente non sono adirata con te, messaggero. Ma ti prego di dirgli questo-disse lei più dolce e pacata, quasi attraente.
Il messaggero fece un passo avanti e rimase in ascolto.
- Di' che lo sfido a duello ma che le regole saranno le mie: se mi ucciderà, avrà il mio esercito. Se riuscirò a farlo sorridere, avrò il comando dei Mirmidoni e -sorrise maliziosa- ogni suo bottino.
Il messaggero non perse una parola e quasi gli scappò un sorrisetto nel vedere che quella donna, con la sua calma, stava dettando legge su un eroe immortale con un'enorme facilità.
A lei questo non sfuggì e sotto sotto capì che aveva visto giusto.
- Ci vedremo in duello nell'esatto punto medio tra il mio accampamento e il vostro. A ognuno sarà concesso ogni tipo di arma. Ora va' e riferisci.
Il messaggero s’inchinò e lasciò l'Amazzone ai suoi pensieri.


 
Il campo era pronto. Da una parte Mirmidoni in armi a far schioccare le spade sugli scudi, dall'altra arciere aggraziate e quasi divine gridare selvagge con voci acute e melodiose.
Achille, ovviamente, come Pentesilea aveva previsto, aveva portato la sua spada fedele. Non aveva neppure indossato l'armatura.
Pentesilea si trovava al centro esatto del campo, arco in mano, d'ebano, e con una veste celeste dalle ampie maniche bianche.
Ad Achille si strinse il cuore. Non poteva battersi con una donna. E con una donna di tale bellezza, soprattutto.
I ricci castani e lunghi scendevano accompagnati dal vento, accoccolati sulle spalle.
Pentesilea sorrise. Achille la stava fissando rapito e in un piccolo momento di narcisismo si sentì felice di ciò. I suoi profondi occhi neri analizzarono la corda dell’arco, osservando con la coda dell’occhio l’eroe rimasto fermo a guardarla.
Erano entrambi pronti.
Si misero ai posti di combattimento. Achille si rese subito conto della scelta tattica di Pentesilea di mettersi in controluce nel punto in cui il Sole era più luminoso.
- Achille, conosci le condizioni. Ora combattiamo.
Achille voleva mantenersi il più serio possibile, ma il sorrisetto della Regina era quasi un monito contro ogni suo tentativo.
Lui si avvicinò lentamente all’avversaria mentre gli spettatori guardavano silenziosi il duello.
Pentesilea mirò alla testa del nemico, tese la corda e tirò. La freccia finì molto lontano e Pentesilea ebbe un moto di disappunto.
Achille sorrise e Pentesilea fece altrettanto. Era ilare.
- Eroe, ho vinto lealmente! Ora deponi le armi e cedimi il comando dei Mirmidoni!
Achille si fermò e si maledisse per la sua incoerenza. I Mirmidoni guardavano la scena attoniti e le Amazzoni celebravano la vittoria di Pentesilea quasi con svogliatezza, come fossero abituate alle sue bravate sempre ben riuscite.
- Regina! Ammetto la tua agilità di mente.
Era affascinato e totalmente preso da quella donna.
- Ma ti chiedo un’altra possibilità. Ne vada del mio onore. Vuoi disonorarmi o preferisci andartene tronfia della tua vittoria schiacciante, senza aver combattuto?
Pentesilea lo fissò.
- È dunque una sfida quella che mi stai lanciando? Le condizioni saranno le medesime?
Achille annuì e la donna zittì l’uditorio.
- Accetto.
Depose l’arco e la faretra e con un gesto sovrannaturale tirò fuori un pugnale affusolato e brillante.
- Mi affronterai in un corpo a corpo?-chiese sorpreso Achille.
- Non mi ritieni in grado?-chiese a sua volta Pentesilea sfrontata, lasciando Achille sforzarsi per non ridere.
Con un gesto fulmineo tirò il pugnale con una precisione assoluta e solo un’ultima schivata di Achille impedì di vedere il proprio cranio trafitto. Non ne sarebbe morto, ma ne avrebbe guadagnato una certa dose di dolore.
Prima di potersi riprendere, Pentesilea era già partita alla carica con una scimitarra e aveva iniziato a colpire. Achille schivò finché non riuscì a sfoderare la spada e a difendersi. Incrociarono le lame più volte e Pentesilea tentò anche colpi bassi con la mano disarmata. Achille aveva capito che Pentesilea era il più temibile tra i nemici che aveva affrontato e ciò gli metteva un bel po’ di euforia addosso. Battersi con una donna era l’ultima cosa che avrebbe creduto difficile e invece eccolo lì a tentare di difendersi e a ricevere una salva di colpi di una difficoltà incalcolabile. Si stava battendo con una Regina, non con una donna. Pentesilea era il genere di persona che gli avrebbe dato la felicità sposandolo. Sentiva che era l’unica che avrebbe potuto reggere il confronto e rendergli la vita giorno per giorno sempre più interessante.
La giovane si allontanò per riprendere fiato e guardò divertita Achille.
- Sorpreso?
- Effettivamente…
Stavolta fu Achille a prendere in mano l’attacco e alla ragazza non rimase che difendersi. La fatica dell’attacco parve intaccare in parte le sue capacità di battersi perché subì alcune ferite superficiali. Achille stava dando fondo a tutte le sue tecniche e Pentesilea era piuttosto duttile nel pararle.
L’ultimo movimento, l’ultimo affondo, era quello che Achille aveva sempre provato ma non aveva mai messo in pratica, in attesa di un nemico che fosse all’altezza.
Colpì il centro esatto del cuore.
La regina non perse il suo sorriso mentre cadeva esanime a terra. Un coro di grida giunse dalla schiera delle Amazzoni e i Mirmidoni risposero con le armi per tenerle a bada e farle tornare nei ranghi.
Achille si chinò su Pentesilea sorreggendola. In quel momento si rese conto dell’errore che aveva commesso.
Le prese il volto tra le mani e lo strinse a sé, lo stesso fece lei.
- Ti ho messo alle strette…-tossicchiò Pentesilea.
Achille la fissò negli occhi, cacciando indietro le lacrime, e sorrise malinconico.
-…e ho vinto di nuovo.
Achille annuì e la regina, stavolta seria, sussurrò:- Tratta bene le mie ragazze.
Morì prima di ricevere risposta e Achille gridò l’integrità della sua rabbia, della sua frustrazione, dell’amarezza che l’aveva invaso. L’intensità di quei sentimenti faceva barcollare il suo stesso essere.
- Debole, piangi la morte del tuo nemico!
Achille si alzò tremante e prese la spada. Tersite lo sbeffeggiò ancora finché non vide le fiamme uscire dagli occhi iniettati di sangue dell’eroe. In quel momento, mentre la lama si preparava ad affondare nelle sue luride carni, impallidì.

 
 
Achille ripulì la spada dell’ultimo sangue, andò dalla vicecomandante Amazzone, ancora scossa, e disse a bassa voce:- Abbiamo vinto entrambi. Andate libere e raccogliete il cadavere. Vi raggiungerò all’ultimo viaggio della regina, come un amico. Spegnerò il rogo con le mie lacrime.

 
 
- Odisseo, so che non siamo mai stati fratelli.
Il figlio di Laerte lo fissò serio e comprensivo.
- Tuttavia ti considero l’unico degno del mio rispetto tra i comandanti senza cuore delle terre elleniche. Io non intendo più battermi. Ti cedo i Mirmidoni, saranno tuoi uomini in battaglia e ti obbediranno fedelmente.
Odisseo lo fissò e gli mise una mano sulla spalla.
- Ovunque tu andrai, fai un buon viaggio, amico.
Achille abbassò lo sguardo e uscì dalla tenda dell’Itacese.


Fissò con occhi lucidi le braci quasi spente del rogo di Pentesilea. Gli Dei, a causa loro in quella tiepida mattina stava guardando il corpo della regina scendere nell’Ade. Patroclo gli era sfuggito, Iolao gli era sfuggito, Pentesilea anche. Ogni caro stava andando via in quella futile guerra. A causa di uno stupido ragazzetto  senza cervello le divinità stavano litigando e gli uomini morendo. Ma non lo riteneva colpevole. Gli Dei, volubili e tirannici esseri demoniaci. Cos’avevano di buono? Zeus, quell’ignavo bastardo… L’Olimpo era ormai un covo di delinquenti smaniosi di uccidersi a vicenda nonostante il suo “pugno di ferro”. E gli uomini pagavano le conseguenze.
E che dire poi di sua madre? Era stata costretta ad un matrimonio coatto per pura lussuria del Padre degli Dei. Padre degli Dei? No, non era neppure giusto definirlo tale, Crono esisteva ancora a testimonianza.
Lui stesso, Achille, era frutto di una costrizione.
Ma avrebbe fatto vendetta.
 
 
Eccoci arrivati al momento clou! Non ho rispettato la catena di eventi veritiera, mi interessava solamente la figura di Pentesilea e non ho voluto farle fare... la fine che intendeva Artemide... Dal prossimo capitolo, la sua morte sarà l'iniziatrice del vero destino "antidestino" di Achille! Ho deciso che in quest’opera, come già si è potuto vedere, Achille sia decisamente OOC. 
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Capitolo 8
*** L'Olimpo ***


Achille lucidò la spada con del grasso di capra abbondante e la ripose nella fodera, che legò stretta a tracolla tra le scapole. Legò anche con dei lacci la pelliccia avanzata dalla capra che aveva ucciso e iniziò a scalare la montagna per il terzo giorno consecutivo.

Ormai il freddo non gli faceva più nulla, in quel momento aveva fissa in mente soltanto la sua meta, le rocce sporgenti da afferrare, la spada che trafiggeva il cuore pulsante...

Fu costretto a fermarsi, per l'ennesima volta dall'inizio di quel viaggio. Fece un bel respiro, ingoiò la furia che stava covando da un tempo che gli sembrava eterno, toccò l'elsa della spada appesa alle spalle e proseguì lievemente pacificato, nonostante il suo stomaco fremesse di un sentimento che non riusciva a distinguere né manifestare come voleva.

Afferrò una nuova roccia, dello stesso colore della sua pelle scottata dal Sole troiano, si issò e ricominciò, all'infinito, mentre andando avanti l'aria scemava sempre più.

Quello stesso giorno giunse in cima. Eppure, non appena mise piede sulla vetta più alta dell'Olimpo, capì che c'era qualcosa di sbagliato. Solo neve gelida e rocce nere ad attenderlo e assieme ad esse un grande, sconfinato senso d'impotenza. Achille si affacciò e vide le terre sottostanti con un misto di eccitazione e orgoglio. Chi altri vi era giunto? Solo lui.

Ma ora? Non poteva essere arrivato fino a lì per nulla.

Iniziò a setacciare, esplorare, cercare per tutta l'ampiezza della cima del monte Olimpo e alla fine trovò qualcosa che lo interessò. Un arco vuoto. Era semplice come struttura, due colonne e un'architrave, ma era di marmo candido splendente e ogni colonna si attorcigliava a doppia elica come due serpenti bianchi e lo stesso per l'architrave. Tra i serpenti, un materiale rosa trasparente riempiva gli spazi.

Achille girò intorno all'arco studiando ogni particolare ma senza capire il motivo di quell'arco posto lì senza passaggi da annunciare.

Con un rumore sordo, gli si manifestò una civetta dorata, tanto luminosa sotto i raggi solari che sembrava quasi emanare luce propria. Si posò sull'architrave e fissò Achille con i suoi gelidi e cristallini occhi celesti. Achille si sentì esaminato fin dentro l'anima e abbassò lo sguardo.

- Atena, se mi sei vicina e amica, come posso giungere nella dimora di mia madre e mio padre?

La civetta sembrò quasi sorridere. Con la dolce e sovrumana voce di Atena, la civetta parlò:- La parola d'ordine è la quarta parola della parola d'ordine.

L'uccello aveva cadenzato le parole con lentezza e Achille aveva potuto udire bene.

Non aveva detto quello che sembrava, e lui lo sapeva. Aveva detto esattamente:- La parola d'ordine è la quarta parola de la parola d'ordine.

Atena lo guardò, indecifrabile, e quando Achille la squadrò e chiese:- È davvero così facile?- lei rispose con un verso stridulo che parve uno scroscio di risa.

- Ordine.

Atena si alzò in volo, i serpenti si abbracciarono, ricaddero nelle loro spire e si risollevarono fulminei a formare un nuovo arco, stavolta privo di architravi ma composto da quattro serpi curve che si univano in alto toccandosi i musi a vicenda. Al di là del passaggio, una nuova scarpata. Achille sorrise e continuò per la sua strada.
 

 

Lì le rocce non erano più agibili, ma guardandosi intorno Achille si rendeva conto che altrove era peggio. Fece forza con le dita e si ritrovò ad arrampicarsi quasi a testa in giù, tremando per la prima volta nella sua vita. Non avrebbe mai rinunciato alla possibilità di attuare il suo piano, ma doveva ammettere di temere un po' per la sua incolumità, anche se era immortale.

I muscoli dolevano, tesi come corde di lira, ma non poteva procedere più rapidamente e iniziava a supporre che il viaggio affrontato fino ad allora non fosse che un gioco.

Fece un bel pezzo di strada inerpicandosi nel tentativo di non cadere. Guardò giù e notò che le valli non si vedevano più. Guardò su e vide le nuvole avvicinarsi al suo viso, il traguardo infinitamente lontano. Inoltre il Sole era svanito, una volta celeste di incredibile fulgore illuminava la sua strada con la Luna sorridente.

Iniziava ad aver fame, non poteva fare altro se non faticare, non c'era posto dove potesse stare in piedi e riposarsi, non c'era conforto alcuno in quel misero freddo.

Dopo aver oltrepassato le nuvole, inoltre, bagnato com'era, sentì le membra sciogliersi e disfarsi come polvere formicolante.

Il peggio, però, doveva ancora venire. L'aria era già rarefatta, ma dopo qualche tratto di strada cessò del tutto. Achille respirava, continuava a farlo, ma nulla entrava e nulla usciva dalle sue labbra gelate.

Lui trattenne quindi il respiro e rallentò. Non poteva più sopportare quelle condizioni. In quel momento capì che stava morendo. Spalancò gli occhi e le mani per poco non cedettero.

Pentesilea gli apparve nella sua maestosa bellezza e gli sorrise. Una fiamma iniziò a bruciargli dentro. Non voleva proseguire, poteva vedere Pentesilea. Doveva proseguire, non voleva vedere Pentesilea. Lui era... lei... cosa... non capiva.

Le lacrime si gelarono sulle sue gote, lui si strinse alla roccia e morì assiderato.
 

 

Teti osservava la scena dall'alto, tremando e agitandosi.

- Zeus, ti ho fatto torto tanto grande? Ti prego, permettimi di intervenire!

Zeus sorrise sprezzante e lei scoppiò in un grido di collera pura, pronta a dare la vita nel tentativo di ucciderlo. Gli corse incontro, sollevò le braccia per colpirlo e lui, incurante, la fermò con una folgore in mano. Teti si fermò subito con gli occhi incandescenti puntati sul re degli Dei.

- Atena, aprigli la strada. Non sopravvivrà-fu il suo ordine lapidario.

Atena annuì al suo volere e volò via in forma di civetta. Teti iniziò a piangere senza più rabbia ma piena solamente di una disperazione incurabile.

Atena era assolutamente sicura che lui avrebbe compreso la parola d'ordine. Non era uno sciocco. Ma era molto meno sicura di cosa sarebbe successo dopo; conosceva gli ostacoli posti sul cammino dell'incauto viandante che avrebbe superato il varco, ma non sapeva se quell'incauto viandante sarebbe riuscito a superare la prova.

 

********** 

 

 

Achille aprì gli occhi. Dentro di lui una calma che da tempo non aveva più provato. Si sentiva come se fosse appena uscito dal grembo materno. Richiuse gli occhi e inspirò, avido d'aria.

Guardò davanti a sé e ricordò ogni cosa. Vide le dita avvinghiate alla roccia, vide la tristezza che, riflessa nel ghiaccio, appesantiva i tratti dei suoi bellissimi occhi e vide alle sue spalle la spada fidata. Attorno a sé aveva un bozzolo di neve rigida.

Nel suo sonno, la neve l'aveva accolto e protetto e ora sembrava impossibile da infrangere.

Achille si azzardò con un brivido a lasciare la presa e scoprì che la neve era tanto forte da sorreggerlo di peso.

Sguainò la spada con un po' di difficoltà e la conficcò nel guscio. Esso si ruppe con un rumore sordo e lui cadde nel vuoto.

Vide la spada sfuggirgli di mano e la vita con essa. Ma era morto una volta, non poteva lasciarsela scappare di nuovo in quel modo. Nel momento in cui pensò ciò, due ali infinitamente grandi spuntarono dalle sue scapole, piene di luce, e lui volò a riprendersi la spada.

Senza il minimo stupore, riprese quota, superò il guscio e, finalmente, giunse sulla vera vetta, dove un Sole sgargiante lo ossequiò, inchinandosi al Nuovo Dio.

 

Mentre lui entrava nella dimora degli Dei, sotto lo sguardo acido e incredulo di Zeus, un altro uomo, dopo la sua lunga Odissea, ritrovava infine la moglie.

 

 

He he he he he! Questo capitolo è uscito fuori agile come un gatto dai meandri del mio cerebro!

Detto questo, spero che abbiate capito l'ultima frase, vi dà un'informazione precisa della durata del sonno di Achille.

Per questo capitolo ho preso ispirazione dalle ultime opere che ho letto.

Innanzitutto, l'Eneide. Ho voluto accostare l'idea della passione=fuoco=pathos di Virgilio nei ricordi di Pentesilea.

In seguito, la saga "Queste oscure materie", che è appena entrata tra le mie preferite, che mi ha suggerito l'idea di morte che dà nuova vita, come accadde per i protagonisti quando riuscirono ad allontanare i loro daimon *ho fatto un mega spoiler, spero che nessuno abbia in mente di leggere la saga nell'arco di tempo in cui ancora ricorda questa mia affermazione XD*

Per il resto, ora vi resta da vedere quello che succederà! 

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Capitolo 9
*** Conoscenze ***


Teti gli corse incontro con gli occhi gonfi. Peleo si affacciò dall'uscio e fissò il figlio con un misto di sorpresa e ammirazione. Madre e figlio si strinsero con una forza inaudita e Teti iniziò a ridere per la felicità.

Achille la guardò in volto raggiante e disse:- Madre, grazie di avermi dato la forza, grazie per...

- Non dirlo neanche, figlio mio. Vieni, ti presento gli Dei-concluse lei sbrigativa.

Rise un'altra volta per la banalità della frase e lo strano contesto e lo prese per mano con gli occhi lucidi. Achille assecondò la madre e prese a studiare il luogo, curioso ed eccitato.

Delle colonne bianche gigantesche si alzavano fino al nulla, la loro circonferenza era tale che l'esercito dei Mirmidoni mano per mano non avrebbe potuto circondarne una e i capitelli erano tanto aggraziati da poter risiedere solo lì, sul monte degli Dei. Sotto un cielo cangiante, di mille colori e movimenti, sotto Luna e Sole che si inseguivano giocosi ad ogni battito di ciglia trasformando la luce e le forme in caleidoscopiche fantasie, dei fiumiciattoli chiarissimi, smeraldini e trasparenti come il cristallo fluivano da una parte all'altra per respingere altri corsi d'acqua verso le loro fonti, dolci e lente ma quasi effervescenti nei loro spiragli di vita. Ad adornarli, come gioielli, ninfee rosee che si aprivano e si chiudevano negli scherzi delle stelle e del Sole.

Achille, pur essendo preparato ai nuovi poteri che aveva ricevuto, non poteva certamente aspettarsi un paesaggio così strano quando mise piede nelle gelide correnti d'acqua.

- Achille! Benvenuto!

Un'entità multiforme, avolto in un'ombra gialla, si avvicinò claudicante ma insieme aggraziata nelle sue strane e irregolari movenze e prese forma umana per stringergli con forza la mano. L'essere iniziò a scuoterlo e a dargli pacche sonore, piene di allegria ed entusiasmo, non giovane, sicuramente, ma di una bellezza lancinante, come ogni dio.

- Efesto, questo zoppo che vedi davanti a te, ti porge i suoi più grandi omaggi!-rise il vecchio. Teti alzò lo sguardo, rassegnata, e sorrise nel salutarlo. Achille fu subito attratto dall'incredibile ilarità con cui Efesto prendeva la vita, nonostante fosse deforme.

Un altro dio, ancora più matto, spinse via Efesto e, tenendo un mantello grigio nell'incavo del braccio, prese di peso Achille e lo portò in cielo un istante sulle sue scarpe alate, gioioso.

- Fratello! Accidenti, ho visto che bel volo hai fatto prima! Per essere la tua prima volta non è niente male! A proposito sono Ermes, piacere di conoscerti, Teti non smette mai di parlare di te.

- Ermes, stupido, mettimi giùùùùùùùù-gridò spaventato il mantello. Il dio messaggero si spaventò, la sua ombra verde si alterò e si ricompose e lui lasciò andare il mantello, che ricadde floscio a terra. Solo in quel momento Achille, sconcertato, si accorse che non era un mantello ma un altro dio.

- Dioniso, questa è l'ultima volta che ti ubriachi, sia ben chiaro!- lo riprese un altro dio.

Achille, per quanto eroico e intelligente, in quella confusione non capiva nulla. Per la prima volta si sentì impotente. Vedeva gli Dei nella loro vera forma, non nelle loro vesti umane. Le loro caduche forme lo costringevano a concentrarsi su ciò e a dover stare attento a quello che accadeva intorno a lui.

Colui che aveva ripreso Dioniso lasciò lo stylo e la tavola che stava utilizzando, prese per mano una donna e scese dalla sommità di una delle colonne per ossequiare Achille. Teti sembrava quasi imbarazzata per la confusione e l'accoglienza così strana.

I due Dei fecero un piccolo inchino elegante, celeste e bianco fusi in un colore eterogeneo, e il maschio parlò:- Achille, ignora questi infanti, sii il benvenuto in queste terre per le imprese che ti hanno portato qui. Dioniso ha sì raggiunto l'Olimpo, ma non ha avuto bisogno di scalare l'Olimpo, tu sei il primo e, ti avverto, questa non è una casualità. Sei inviso, Zeus non ti soffre. Tieni gli occhi...

- Ci sarà tempo per parlarne, fratello, non siamo precipitosi e maleducati. Achille, coraggioso, perdona Apollo, non riesce a smettere mai di pensare.

- Scusami, Artemide, me ne rendo conto. A proposito, volevo ringraziarti per il tuo intervento con Briseide. So che non siamo stati alleati, ma la guerra è finita e tanto vale deporre i vecchi rancori.

Achille si scurì in volto e non proferì parola. Molti Argivi erano morti e ora lo stesso loro assassino offriva la sua amicizia. Non riusciva a capire la gravità dela situazione? Quel dio che si diceva essere saggio, come molti altri, per un niente, per assecondare i propri capricci aveva giocato con la vita dei mortali, pieno del suo potere.

Teti intuì i suoi pensieri e gli strinse un braccio a monito. Artemide notò il gesto e non disse nulla, lanciando uno sguardo pieno di domande sottintese al nuovo dio. Apollo era distratto da Dioniso, che stava trattenendo i conati, quindi non badò allo scambio di sguardi.

Artemide svanì e Achille la ritrovò sulla stessa colonna di prima.

- Madre, conosciuti tutti, dovrò parlarti-mormorò flebile Achille. Teti annuì seria.

- Sto tenendo d'occhio Zeus-disse l'Oceanina preoccupata.

- Non ci sono buone notizie-aggiunse.

Achille ignorò il dio in questione e si mosse a conoscere gli altri Dei.

Due figure, visibilmente più possenti delle altre, si avvicinarono. Erano giovani come le altre, eppure Achille sapeva per certo che erano delle creature primigenie, i primi occhi del mondo.

- Forestiero, ti sei perso?-chiese sarcastico il primo dei due. Una foschia rossastra emanata dalla sua stessa persona attrasse Achille, che per un istante sembrò allucinato.

Il secondo, che dal proprio aspetto lasciava trasparire un grande rispetto e una sorta di umiltà, nell'ombra rosata che lo caratterizzava, guardò scocciato il fratello. Dopodiché, rivolgendosi ad Achille, disse:- Achille, Ade e io, Poseidone, ti auguriamo una buona permanenza. So quanto possa essere confusionaria la tua visione di questo posto e dei suoi abitanti, ma presto ti renderai conto che è il vero posto per te.

Si avvicinò all'eroe e gli posò una mano sul capo. La sua fronda di capelli bianchi e ricci superava di tre teste intere la già considerevole altezza di Achille, che si sentì intimorito. Un improvviso calore si avviò dal cuore alla testa, dove la mano di Poseidone era posata.

Quando tolse la mano, Achille si sentì bene come non era mai stato. Vide le onde sommergerlo, esseri sconosciuti abbracciarlo con lo sguardo e in parte si sentì a casa. L'aria iniziò a mancare, si agitò e, per l'ennesima volta, in preda al panico, soffocò. Gli occhi appannati si soffermarono sulla figura di Poseidone, nuovamente nitida, e si rese conto che tutto ciò era stato una visione.

- Non ho trovato la tua vera forma, ma non riesco neppure a farla emergere. Non ho pieno potere su di te.

Teti si sporse e indicò debolmente Ade, che sorrise e annuì.

- Fratello, quest'umano è rinato nel fiume della morte, è indirettamente figlio mio. Completerò io il suo viaggio.

Ade si avvicinò e Achille, in quel momento, si rese conto che tra tutti gli Dei incontrati fino ad allora era quello che più lo intrigava. Era l'unica figura che non cambiasse ma anzi sembrasse svanire. Degli occhi vecchi, dolci e cinici allo stesso tempo sfumavano su un volto di radiosa bellezza, immerso in un perenne stato di penombra, da qualunque angolazione lo si guardasse. Gli arti fatti di nebbia permeavano la luce circostante e l'atmosfera intorno a lui non era ovattata come con Poseidone, che sembrava ancora in acqua, ma aveva l'aspetto di una tela sul punto di lacerarsi.
Ade, senza preamboli, compresse lo sterno di Achille con la mano destra, provocandogli una fitta lancinante. La vita defluì attraversando il braccio di Ade e le mani di Achille sbiancarono fino ad apparire ossa scoperte e poi polvere. La pelle rinsecchiva, ogni pensiero scivolava nella perfetta e inarrestabile consapevolezza della morte che stava arrivando. L'eroe chiuse ciò che rimaneva delle palpebre e vide, nel buio, due occhi, di ghepardo, fissarlo luminosi e distinguibili nel freddo e deciso nero che si trovava intorno. I due occhi si avvicinarono, vorticarono e, nella loro folle corsa, lucenti e radiosi, descrivere ampi vortici fino a creare immagini finite, impossibili da seguire a quella velocità. La figura che crearono fu quella di un'ombra color oro con piccole macchie nere simili a splendidi arabeschi di rampicanti stilizzati.

La visione fu bruscamente interrotta. Achille si riprese e trovò tutto l'Olimpo ad osservarlo attonito. Qualcosa li aveva incuriositi. E spaventati.
 

 

Oggi mi sono dilungata, dovevo descrivere bene bene ogni dio, anche se me ne mancano alcuni... Ogni dio ha un'ombra, di colore diverso l'uno dall'altro, a rappresentare anima e mente e, come al solito, gli umani non possono vederla.
Cosa ha incuriosito tanto gli Dei? Quali scoperte farà Achille?

P.S. Se i capitoli sono troppo lunghi, provvederò ad accorciare! 

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Capitolo 10
*** Dissidi ***


Achille si guardò intorno. Nessuno emetteva un suono e perfino Zeus, che si era tenuto fino ad allora in disparte, era vicino per ammirare il nuovo dio. Ade guardava l'eroe soddisfatto e quasi orgoglioso, Poseidone lo fissava senza parole, conscio che c'era un legame di parentela con l'estraneo che ora gli brillava davanti. Atena si fece avanti nella folla e disse:- Accidenti, ragazzo mio!
La sua aura d'argento lo avvolse in un abbraccio e coprì la sua anima di oro fuso, luminoso come solo il Sole poteva essere nell'apice del mezzogiorno. Le stelle si erano fermate e Achille illuminava l'Olimpo irradiando energia pura. Eppure, a differenza di tutti gli altri, quei fiori neri come la pece ornavano come un'aureola la testa del giovane guerriero. Quei rampicanti segnavano la differenza tra lui e loro.
Zeus si alzò in tutta la sua imponente statura e Achille vide nei suoi occhi indignati l'aura di un oro sbiadito fremere minacciosa.
 
Atena e Teti lo portarono in disparte mentre Ade e Poseidone tornavano ai loro regni, concluso il benvenuto di Achille.
Le due dee si fermarono e Teti disse:- Figlio mio, devo tornare dalle mie sorelle Oceanine. Tornerò presto. Nel frattempo, sappi che Atena è un'amica.
Senza attender risposta, svanì.
Atena gli sorrise complice e disse:- Ero certa che mi avresti capita, la tua condotta è stata eccellente, non mi sarei mai aspettata di vederti raggiungere la vetta più alta e il tuo volo è stato emozionante!
Achille scoppiò a ridere all'entusiasmo della bellissima Dea che lo guardava ammirata.
Atena se ne vergognò e si ricompose, soffocando un sorrisetto.
- Tornando ad argomenti seri, sappi che la tua presenza qui non è benvista da tutti. Sei un'invasione, un pericolo.
- Una novità-replicò Achille. Atena lo guardò cupa e annuì.
- Perché si sono spaventati tutti?
Atena spalancò gli occhi e gli mostrò la sua figura.
- Achille, ma ti sei visto? Zeus stesso non eguaglia il tuo splendore e tu sei un semidio di nascita! E non so se l'hai notato, ma nessuno ha un'anima bicolore! Quei fiori neri sono poi qualcosa di completamente nuovo! Cosa indicano? Non lo sapremo ancora per un bel po', secondo me. E che potere hai? E il tuo animale?
Achille la guardò confuso.
- Sono sempre io, solo che sono immortale.
- Achille, tu sei un dio ora. Ogni dio ha un compito e una reincarnazione animale e umana. Nel tuo caso puoi reincarnarti in te stesso, ma ti manca un animale. E cosa mai potresti fare di utile per l’umanità che noi già non facciamo?
- Già, ottima domanda sorella-disse una voce apparsa all’improvviso. Achille si girò e vide un’ombra di un nero quasi livido avvicinarsi brandendo una lancia. Atena lo squadrò con odio e disse:- Ares, vattene, non ho intenzione di litigare con te oggi.
Achille affrontò lo sguardo del dio e disse:- Ares, finalmente ti conosco. Posso chiederti il perché di quella tua affermazione? Non mi ritieni all’altezza?
Ares rise cupo e disse:- Be’, almeno qualcosa di buono c’è: Zeus avrà qualcun altro da odiare oltre a me. Devi sapere che è un nemico davvero elettrizzante. Ma se preferisci posso fare il suo lavoro in anticipo.
Strinse la presa sulla lancia. Atena fece per frapporsi ma Achille la tenne da parte e in quell’istante i fiori neri che lo circondavano sbocciarono, emanando polline dorato.
In un balzo, dalla sua figura spuntò un ghepardo flessuoso e dalle canne bianche e appuntite. Gli occhi d’ambra rimasero fissi in quelli del dio della guerra, sorridente. All’improvviso davanti al felino, che ringhiava facendo tremare le acque vicine, volteggiò un avvoltoio dalle ali scarne e amplissime, quasi a ricoprire l’intera volta celeste. Si posò accanto a lui e Atena trattenne il fiato.
Senza attendere un istante di più, Achille si scagliò in attacco con un ruggito tempestoso. Gli umani forse avrebbero creduto in un temporale in arrivo se quel rumore non fosse stato tanto sovrannaturale da scuotere le colonne dell’Olimpo.
Con un fendente fulmineo, il ghepardo tentò di agguantare il collo pelato e porroso dell’avvoltoio, che sterzò di lato e con un verso acuto beccò la zampa morbida del felino. Achille non si fece intimidire e con l’altra zampa, mentre Ares era impegnato ad attaccare, ferì l’ala scoperta con un morso potente.
Entrambi feriti, si allontanarono e rimasero a fissarsi, colmi di adrenalina e sicuri di volere la vittoria.
- È la prima volta che un dio osa attaccarne un altro, insolente. Cosa accadrà, novellino?
Achille ignorò le parole dell’avvoltoio e Ares alzò il tiro:- Tu e quei tuoi fiorellini… Puah, dove saresti senza le tue origini, senza continui aiuti da parte di Atena? Eh?
Senza il minimo preavviso, una civetta bianca volò sul volto dell’avvoltoio e gli strappò gli occhi a morsi, di netto. L’uccellaccio gridò la sua rabbia e scosse via la civetta, che dopo un giro per tornare di quota, si abbatté nuovamente sull’avvoltoio. Emise un richiamo e Achille, senza attendere oltre, saltò addosso al dio della guerra. I due animali assaltarono l’uccello malmesso e nel momento in cui Achille ebbe sfiorato l’arteria principale con gli artigli, gli occhi di cristallo della civetta sfrecciarono al cigno che si era alzato in volo in quel preciso momento.
- Basta!-gridò un’affascinante e suadente voce femminile, adirata.
Il cigno atterrò ai piedi del ghepardo e si trasformò in una dea dall’anima rosa come le nuvole dell’alba.
La sua bellezza per un istante ipnotizzò Achille e Atena, ritrasformatasi in dea, sbuffò, annoiata, mentre Afrodite si avvicinava per raccogliere l’agonizzante Ares.
- Umano, tu sei tuttora un umano, disgraziato e privo di umiltà!-sputò tra i denti Afrodite. Guardò inviperita Atena, che la liquidò con uno sguardo divertito.
Ares, di nuovo attorniato dalla sua aura nera, lo fissava torvo mentre stralci del suo essere di disperdevano allo Zefiro complice.
- Umano, mi hai battuto con disonore. Farti aiutare da una donna è davvero molto eroico.
Achille lo guardò con un sorrisetto e si rivolse ad Afrodite:- Afrodite, spiega a quest’eroe quanto sia eroico farsi aiutare da una donna.
Detto ciò, girò i tacchi e, accompagnato da Atena, si allontanò senza temere attacchi alle spalle.
 
 
 
- Achille, sei stato strabiliante. Nessuno ha mai affrontato quell’ignobile omicida.
- Senza il tuo aiuto non ci sarei mai riuscito!
I due Dei ridevano e Atena per la prima volta si scopriva felice e compresa da qualcuno sull’Olimpo. Essere una donna guerriera effigie della saggezza non giovava alla Dea quando voleva avere qualcuno con cui parlare. Agli Dei non andava giù che lei fosse saggia, agguerrita e perfino bella e, mentre tra i maschi c’era una chiusura mentale inaffrontabile, tra le donne c’erano screzi superficiali e davvero insopportabili. L’unica con cui poteva sentirsi se stessa era Artemide, ma la dea della caccia di rado si apriva agli altri Dei, preferendo la compagnia del fratello a tutte le altre.
Achille gradiva molto la compagnia di Atena. Era bellissima, di spirito e di un’intelligenza incredibile. E gli ricordava terribilmente Pentesilea.
- Atena, dimmi una cosa.
Atena lo guardò e attese la domanda.
- Perché hai permesso che tutti quegli uomini morissero per un semplice motivo di vanità? Conoscendoti non me lo sarei mai aspettato.
Atena abbassò lo sguardo e disse:- A essere onesta non mi è mai veramente importato. All’inizio era un gioco, sfidare le Dee più belle dell’Olimpo. Poi hanno chiamato Paride e ho compreso che la cosa stava andando per il verso sbagliato. Ho tentato di fermarlo, gli ho chiesto se voleva la saggezza ma era troppo sciocco per desiderare la saggezza. Non è paradossale? In quel momento ho saputo che i dissidi non si sarebbero risolti tanto alla leggera, così mi sono schierata contro quello stolto, tentando di salvare la vita a tutti gli Argivi che potevo preservare. Non nascondo di aver aiutato anche qualche Troiano-aggiunse arrossendo.
Achille la guardò sbalordito e lei si giustificò:- Be’, avevano comunque un tempio in mio onore e mi hanno invocata spesso, mi hanno sacrificato i loro migliori animali.
A proposito, è ora che tu decida il potere che vuoi avere, altrimenti morirai di fame prima del tempo!
Achille la fissò confuso e lei spiegò:- Gli umani devono sacrificarti ciò che mangerai e, a meno che tu non sia riconosciuto come dio anche tra loro, be’…
Achille si fermò di colpo.
- Atena, ti prego, dimmi cosa posso fare. Cosa posso fare? Cosa?
Atena lo prese per le spalle e disse:- Calmati. Hai affrontato Ares, puoi affrontare qualunque cosa.
Atena spalancò gli occhi.
- Tu sei Ares!
Achille comprese e disse:- No, non è possibile, non posso sostituirlo. E poi andiamo, sono sicuro che la mia intraprendenza presto mi maledirà, qui dove ognuno è abituato ai propri schemi.
- Suppongo, ancora una volta, che scopriremo presto cosa sei in grado di fare.
- Dovrò interrogare un indovino. Ma…
Achille fu interrotto dall’arrivo di una donna imponente, color del bronzo, che si avvicinò ai due Dei in silenzio.
- Mio marito richiede la tua presenza, Achille. Fatti valere, Zeus ha voce grossa, ma i suoi poteri finiscono lì.
Detto ciò, Hera sparì. L’aura argentea di Atena vibrò di disappunto.
- Odio quell’ignava. E suo marito di più. Vai, ti attenderò.
Achille annuì e, sfoderando le ali che già aveva utilizzato una volta, volò verso l’Onnipotente Zeus.
 
 
Chiedo scusa per il ritardo!!! Ho deciso di darvi piccole pillole della vita di Achille sull’Olimpo, in modo che per taaanto tempo cerchiate di capire cosa ne uscirà… *sono proprio crudele*
Detto questo, da novembre in poi avrò ancora meno tempo ma prometto che mi ci metterò d’impegno!


Voglio sapere le vostre impressioni e voglio che mi diciate espressamente quale sarà il potere di Achille! Sono proprio curiosa…
 
Qui sotto, Achille tra il mare e l’Oltretomba. 

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Capitolo 11
*** Bugiardo ***


- Vieni avanti, figlio di Peleo.

Achille, a testa alta, avanzò nella casa di Zeus. Sotto i suoi piedi scorsero metri di marmo tanto candido da splendere nella penombra mentre piccoli mulinelli di nebbia celeste si sollevavano ad ogni suo movimento. Alle sue spalle l'uscio parve spegnersi e a ogni passo che faceva la strada già percorsa spariva, archi, colonne, statue, ogni cosa, ma l'ambiente rimaneva ancora gigantesco. Achille si stancò ben presto di camminare tanto per raggiungere Zeus, quindi semplicemente mutò forma, diventando di proporzioni gigantesche e, in quattro passi, fu da lui. Di fronte al Re degli Dei tornò alla sua misura originaria e scoprì che la parte di palazzo sparita dietro di sé aveva ripreso solidità in un muro che circondava i due Dei in quello che aveva le sembianze di un magazzino del grano.

- Achille, sei il benvenuto nell'Olimpo!

Zeus abbracciò Achille fin quasi a strozzarlo e nei suoi occhi il Nuovo Dio vide qualcosa che lo turbò. Achille era sempre stato empatico, aveva guidato i suoi uomini facendo leva sulla fiducia e mai sul suo potere e aveva da sempre avuto la capacità innata di vedere le bugie altrui, così come quella di mentire meglio a sua volta.

- Porgo i miei ringraziamenti, Zeus. Chiedo anzi scusa per il mio oltraggio.

L'aura di Zeus fremette e i due esseri dorati, così vicini, parvero la medesima cosa. Zeus aveva degli occhi infossati color di brace e Achille vi lesse ira repressa, confermata dalla smorfia breve ma ben visibile che avevano formato le carnose labbra del venerando.

- Non ne parliamo, i figli si perdonano.

Zeus pose un braccio sulle spalle di Achille, che si bloccò.

- Io non sono tuo figlio-rispose il giovane senza dare alcun tono alla voce.

Zeus chiuse gli occhi e sospirò.

- Achille, tua madre evidentemente non ti ha mai raccontato che tu sei figlio di Peleo solo formalmente.

Achille si allontanò dal braccio di Zeus e lo fissò negli occhi.

- Io sono tuo padre. Teti si è concessa a me dandoti un grande privilegio. Ecco il perché della tua aura così simile alla mia, ecco perché ora sei un dio.

Achille spalancò gli occhi, confuso.

- Quindi Peleo... lo sa?

- No, né deve saperlo, sia chiaro. Non è mai un bene mentire tanto a lungo per poi rivelarsi quando è tutto organizzato.

Achille annuì e fece un sorriso imbarazzato.

- Non sapevo di essere tuo figlio, chiedo ancora scusa per ogni disturbo che ho arrecato, farò ogni cosa per il bene dell'Olimpo, questo è un giuramento sacro.

Zeus parve distendersi e con lui la sua aura, che virò al giallo tenue.

- Non avrei mai pensato il contrario! Figlio mio, sei degno di tuo padre! Ora, ho sentito che non hai ancora un potere! Prendi tutta l'ambrosia che vuoi, nel frattempo. Cercheremo insieme il tuo talento.

Zeus guidò Achille a una giara di bronzo senza ornamenti e aprì il coperchio. Un odore indescrivibile giunse alle narici di Achille. Un'essenza che pareva di miele, cannella, chiodi di garofano, sesamo, fichi, menta e agrumi allo stesso tempo. Una resina liquida e, al solo vedersi, rinfrescante apparve sotto gli occhi di Achille con mille sfumature e tonalità iridescenti del verde. Solo allora Achille si rese conto di averne davvero bisogno, sentiva le vene svuotate.

- Prendila, per ora questa è tua. Inoltre, tu sarai da oggi il guardiano dell'umanità. Qualunque misfatto venga punito, guida le Erinni ma lascia illesi i ladri. A loro Dioniso ha offerto protezione. Ora va', Apollo forse ha delle notizie da darti.

Achille annuì, fece un piccolo inchino riconoscente e disse:- Grazie ancora, padre-portando con sé la giara.

Razza di bugiardo, pensò subito dopo.

 

Ho bisogno del tuo aiuto. Ecco ciò che Achille aveva sussurrato nella lotta. Ares era inquieto. Era la prima volta che un dio chiedeva aiuto a lui anziché a qualcun altro. Lui era la feccia, mantenuta sull'Olimpo per pietà. Aveva finto bene? Era riuscito a far capire ad Achille di aver udito la sua richiesta?

E poi un'altra cosa lo turbava.

Vide Achille uscire dalla dimora di Zeus con una giara. Achille lo trovò con lo sguardo e arrivò da lui.

- Ares, dunque mi hai sentito!

- Achille, devo dire che mi hai sorpreso molto.

Achille depose la giara ai piedi di Ares.

- Ares, ho davvero bisogno del tuo aiuto.

- L'hai già detto, questo. Ora spiegami in cosa posso esserti d'aiuto-sbuffò il dio, agitando l'ombra nera che lo circondava. Achille annuì.

- Quanto impiega un dio a morire per inedia?

Ares spalancò gli occhi e rise:- Inedia? Morire? Gli Dei non muoiono, possono solamente indebolirsi.

Achille annuì con una serietà che lasciò il dio della guerra perplesso.

- Achille, posso chiederti per quale motivo vuoi proprio il mio aiuto?

Achille si avvicinò un po' di più e mormorò:- Secondo te possono sentirci?

Ares non rispose, alzò le mani e scosse la sua aura. Una vampata di calore avvolse Achille, che si trovò circondato dalla nera nebbia di Ares. Achille era ora invisibile a chiunque tranne Ares, che aveva avvolto il suo interlocutore come se avesse un mantello.

- Ares, voglio distruggere l'Olimpo.

Il dio della guerra ridacchiò e disse:- Be', io ci provo da secoli e guarda cosa ho guadagnato. Come intendi farlo?

- Volevo far odiaer Zeus in modo che gli umani non si fidassero più e non dessero più sacrifici, ma non morirebbe mai e anzi farebbe udire la sua ira e chiederebbe ambrosia a chiunque dio abbia abbastanza timore di lui...

Ares fece sparire dalla faccia l'espressione divertita e capì ciò che Achille voleva fare.

- Oh.

- È una cosa troppo grande per me. E poi sai che ne andrebbe anche...

- Sono pronto-lo interruppe Ares deciso- Lo odio, lo odio con tutto il cuore, odio tutto di lui e del suo modo di fare. Se anche io ne debba morire, avrò la mia rivincita. E abbiamo anche degli alleati.

Achille lo guardò interrogativo.

- Ti ci porterò al più presto.

Sciolse la nebbia nera e Achille guardò riconoscente Ares.

- Ah, a proposito, grazie per avermi dato la vittoria, prima.

Ares fece un sorriso di sbieco che parve illuminare il suo volto così bello e selvaggio.

- Ah, no, mio caro. Ho lottato con tutte le mie forse, nel duello.

Detto ciò, sparì.

 

- Apollo, Zeus mi ha mandato da te.

Achille fissò Apollo e quest'ultimo abbandonò lo stylo e la tavola per scrivere, in ascolto. La sua aura celeste tremolò, curiosa.

- Voleva che mi aiutassi a trovare il mio potere, con le tue visioni. Mi ha assegnato momentaneamente un piccolo incarico, ma voglio trovare il mio destino.

Apollo annuì e gli disse:- Achille, quello che ho da dirti lascia interdetto anche me. Io non riesco a vedere il tuo destino.

Achille rimase un attimo immobile, vagamente deluso.

- Sono serio, Achille, mi preoccupi. Quei fiori attorno alla tua testa, non sono nulla di buono. Nussun altro dio ha delle voglie così significative, o meglio, nessun dio ha dei segni in generale. Quell'aura d'oro è qualcosa di straordinario, un sovvertimento dell'equilibrio naturale delle cose. Gli Dei sanno sempre qual è il loro potere mente tu non ne hai la minima idea, tu non sei un Dio, tu non sei umano, tu non sei nulla che io conosca!

Achille fu ferito da quelle parole ma proprio quando stava per rispondere, Apollo continuò:- Io sono davvero preoccupato per te. Se c'è qualcosa che posso fare per aiutarti, dimmelo.

Achille abbassò la testa e andò via senza dire altro.

 

Secondo voi, qual è il piano di Achille? 

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Capitolo 12
*** Zagreo ***


Achille, con fare annoiato, si avvicinò a Dioniso. Ora che era sobrio non assomigliava più ad uno straccio ma aveva la sua bellezza, con quegli occhi luminosi che gli davano un'espressione strafottente e da mascalzone pronto a giocartene una. Achille odiava i perdigiorno ubriaconi, ma Dioniso poteva forse aiutarlo nell'impresa che, per lui da solo, era semplicemente irrealizzabile. E poi, una chiacchierata per conoscersi cosa poteva avere di male?

- Ti saluto, Dioniso. Sono venuto per parlarti.

Dioniso, steso sulle nuvolette che aleggiavano ai piedi di Achille, si alzò a sedere, fissando divertito l'eroe.

- Che serio che sei! Su, stenditi accanto a me e raccontami la tua congiura.

Achille tentò di mostrarsi impassibile ma non ci riuscì e fu allora che Dioniso scoppiò a ridere.

- Dovresti vederti!-soffiò mentre si controrceva per le risate. Il figlio di Peleo, che non essendo mai stato un giocherellone odiava ogni forma di risata sguaiata, quando vide Dioniso non poté fare a meno di sorridere. Vide quel dio così ilare e il sorriso si trasformò ben presto in una risata gioiosa. Dioniso, anzi, la sola vicinanza di Dioniso, portava ad Achille una leggerezza e una vitalità che neppure in guerra aveva mai provato. L'eroe si sedette accanto al giovane, frenando per un attimo l'entusiasmo e Dioniso non si affrettò a spiegarsi. Si stiracchiò per bene e solo dopo aver sciolto ogni giuntura e ogni articolazione e aver sospirato a lungo disse:- Ares era davvero felice della tua idea. Non ho ancora che una vaga idea di quale essa sia, ma si è fidato di me al punto da coinvolgermi.

Achille rimuginò qualche istante: E se Ares gli avesse dato il proprio consenso per tradirlo al momento opportuno? E se questo non fosse stato nei piani di Ares, perché chiedere aiuto proprio a Dioniso?

- Achille, io non sono affatto Dioniso.

L'eroe si voltò un secondo verso Dioniso, che gli aveva letto nel pensiero, e dietro i suoi occhi astuti vide l'eco di un'anima completamente diversa. In lui vide la Vita.

- Il mio vero nome lo sanno in pochi tra i mortali e qui sull'Olimpo neppure Zeus sospetta che sono risorto nella mia integrità. Il mio nome è Zagreo.

Achille spalancò gli occhi e fece un piccolo inchino. Dioniso, per la prima volta serio, lo fermò subito con la mano e si guardò intorno. Poi si concesse un sorrisetto.

- Sei un dio, non venerarne un altro.

Achille annuì e mormorò:- Non sono ancora abituato, chiedo scusa.

Dioniso cacciò una risata e porse ad Achille dell'ambrosia, che l'eroe accettò riconoscente.

- Quella giara di ambrosia non ti basterà fino alla conclusione della tua missione, io per fingermi stupido e poco pericoloso ne ho accumulata tantissima, quindi approfitterai della mia fino... alla fine.

- Dioniso, posso chiederti perché...?

-...lo faccio? Una volta mi fu promesso il trono dell'Olimpo, ma non l'ho mai visto né mai lo vedrò. E devo ammettere che non sarei affatto bravo a regnare su mortali e immortali, lascerei fallire tutto. No, se il trono non può essere del legittimo erede, non può essere occupato da nessun altro e a quel punto saremmo comunque rovinati. Perciò almeno voglio che Zeus paghi per l'onta che ho subito, voglio che soffra prima di sparire. E poi noi due siamo simili: siamo entrambi figli indiretti della morte, io per stirpe, tu per l'immissione nello Stige. Siamo entrambi protettori della Vita, anche se avrei delle riserve su di te. Ade ha visto qualcosa nella tua anima, ma non l'ha saputo decifrare. Ah, e poi c'è questo.

Zagreo posò la mano destra sulla guancia di Achille e per un istante l'eroe vide la sua aura grigia sgretolarsi, diventare di un oro intenso e sparire.

- Quello che ho visto...

- Ho la tua stessa aura. E come hai visto, non sei l'unico ad avere dei fiori. I tuoi sono neri, i miei bianchi. Questo non so spiegarmelo. Ma suppongo che avremo le nostre risposte prima o poi. Per ora voglio solo partecipare alla tua impresa. Come vedi sono sobrio...

Achille annuì concentrato e disse:- Sai chi altri potrebbe aderire?

- Efesto, Ade, Artemide, Apollo e Prometeo certamente. Forse Poseidone, quasi tutte le Dee, Afrodite no a meno che Ares non la convinca. Hera, per quanto odi il marito, è troppo debole di mente per un simile atto. Atena è dalla tua parte, è saggia, capirà. E poi non corre buon sangue tra lei e il padre.

Achille fece un rapido calcolo e disse:- In pratica Zeus ha in odio il mondo intero. Come ha fatto a regnare fino ad ora?

Dioniso si limitò a sorridere. Poi aggiunse quasi tra sé e sé:- Per lo stesso motivo per cui si è proclamato tuo padre biologico quando sei andato da lui, schernendo l'onore di Teti, quella brava donna.

- Non ti chiederò neanche come fai a saperlo-sbuffò Achille trattenendo un sorrisetto.

- Diciamo solamente che la Vita aleggia ovunque...

Dioniso si amalgamò nella nuvoletta sul quale si stava poggiando e un istante dopo non ci fu più.

Achille si alzò e sapendo con una certezza assoluta che quei fiori erano indice di Morte.



Su, cari lettori, avanzate ipotesi, mostratemi i vostri dubbi, esternate i vostri pensieri! Cosa dovrà fare mai questo sciagurato? E cosa pensate di Dioniso?
Su, beSu 

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Capitolo 13
*** La Lancia ***


Si levò un coro di proteste dall'assemblea segreta degli Dei. Tutti i possibili alleati di Achille divennero furiosi e alcuni alzarono anche le braccia. Achille spalancò gli occhi e tentò di placarli prima che Zeus scoprisse il loro incontro.
- Vi prego, non agitatevi!-sussurrò preoccupato.
Le divinità parvero congelarsi e solo alcune continuarono a mugugnare.
- Achille, noi abbiamo accettato di ascoltarti contro Zeus, per capire come combatterlo. Ma non intendiamo morire anche noi. Non faremo ciò che ci chiedi-disse Apollo sibilando. Latona, che aveva ascoltato accanto a Teti tutto il tempo, dopo aver dato uno scappellotto al figlio ed essersi accertata che lui si rifugiasse al suo posto, venne avanti e disse adirata:- Tutti abbiamo dei conti in sospeso con colui che si è definito nostro re senza consenso altrui. Non è affatto più potente di noi, è il potere che gli concediamo a renderlo forte, oltre a scagliare folgori, neppure create da lui ma dai Ciclopi, non sa fare altro, mentre ognuno di voi detiene il potere su parte della natura. Che stolti e che accidiosi siete! Non v’importa nulla di ciò che accade qui, fate in modo che la nebbia che vi occulta gli occhi non venga smossa per non dovervi industriare nel decifrare ciò che finalmente vedete! Non fate nulla, nulla!
Artemide si fece avanti, prese con sé la madre con dolcezza e disse:- Achille, tu ci dici di rimanere immobili finché gli umani non crederanno più in noi e non ci sacrificheranno più nulla. Noi moriremo e Zeus sarà pregato di rimediare alla nostra abulia, acquisendo ancora più potere di quanto ne abbia già ma senza ulteriore concorrenza. La cosa si risolverebbe in un totale fallimento e nella nostra morte. Apprezzo il tuo coraggio, ma io mi dissocio.
Achille abbassò la testa per non vedere tutti gli Dei allontanarsi e lasciarlo da solo.
- Achille, tu non combatti solamente contro Zeus, vero?-disse la voce di Teti ora più vicina.
- Non potevo certo dire che li odio tutti, no? La mia sete di vendetta si unisce ora alla disperazione. Ma non ti preoccupare, vendicherò il tuo onore infranto, vendicherò Patroclo, Pentesilea e ogni anima giunta nell'Oltretomba per gli stupidi screzi di queste divinità egocentriche e volubili. A costo di morire.
La sua aura si illuminò di una tale intensità che la luce dorata parve fuoriuscire anche dagli occhi, divenuti all'improvviso di brace. Teti poté sentire il calore della sua rabbia accarezzare il suo corpo fatto d'acqua, che si increspò fino a diventare opaco.
- Figliolo, attento, abbiamo spettatori.
Ares, Efesto, Poseidone, Dioniso e Atena raggiunsero madre e figlio e Achille tentò di darsi un contegno.
Efesto, con la sua solita giovialità, diede un abbraccio fraterno all'eroe e disse:- Noi siamo con te, Achille, non ti preoccupare, abbiamo un'alternativa.
Poseidone si avvicinò con un sorriso paterno e disse:- Se ti potesse vedere mio padre... Crono sarebbe fiero di ciò che sei. Ma non abbiamo solo lui come nostro amico. Prometeo sta per arrivare.
Achille spalancò gli occhi e disse:- Ma lui non era un mortale?
Poseidone abbassò gli occhi e così fecero tutti gli altri tranne Dioniso, peraltro curioso quanto Achille, finché Atena non mormorò:- Chirone gli ha donato la sua immortalità. È stato colpito da una freccia avvelenata e non potendo morire soffriva in maniera indescrivibile, perciò Prometeo si è preso la sua vita salvandolo dalla disperazione.
Dioniso e Achille si guardarono agghiacciati. Entrambi allievi del buon centauro, non potevano credere che una creatura come lui potesse morire così. Dioniso perse colore e si accasciò a terra; Achille sfoderò la spada e, preso di nuovo dalla rabbia, ruggì:- Chi l'ha ucciso? Merita di morire anche lui!
Atena si fece avanti con le mani alzate per frenare il suo impeto e ad Achille tornarono in mente i precetti pacifisti del vecchio centauro.
- Achille, c'è una ragione se non ti svelerò il nome del suo assassino, riponi l'arma e pensa con cal...
Ares sbuffò e latrò:- Taci, Dea, tu e la tua calma da quattro soldi! Lui vuole vendetta, lasciagliela prendere, digli chi è stato.
Atena si erse in tutta la sua altezza e disse in tono pacato, prendendo la lancia:- Azzardati a rivelargli il nome dell'uccisore di Chirone e con questa lancia tirerò fuori dal tuo corpo grida di così tanta atrocità da impietosire i mortali che vivono in terra.
Ares ridacchiò per nulla intimorito e aggiunse:- Be', almeno ora non sei più rilassata.
Atena, stizzita, non rispose e si limitò a fissare il punto in cui una fiammata aveva illuminato le acque e le ninfee.
Un uomo, all'interno di quella fiammata arancione, iniziò ad apparire nella sua sfolgorante bellezza, emettendo una luce così potente da mandare riverberi con il riflesso dell'acqua, in una luminosità colorata come il tramonto estivo.
Achille osservò l'uomo, vestito solamente di un gonnellino di stracci, stiracchiarsi, un istante impedito dalla lunga cicatrice appena rimarginata sotto la mammella.
Parve solo in quel momento accorgersi del gruppo che lo osservava e disse:- Da quant'è che non ci si vede, eh?
La fiamma si ridimensionò fino a diventare la sua aura e Prometeo si guardò intorno mugugnando:- Qui una volta c'erano i pavoni e le colombe, Zeus è diventato negligente?
Atena, ammirata da quell'immortale, sorrideva a ogni suo gesto. Achille non capiva cosa lei ci trovasse di spettacolare in quell'ometto, ma Atena era assolutamente entusiasta, quindi non disse nulla.
- Questo, Achille, è Prometeo-annunciò lei.
Prometeo si voltò verso Achille e per la prima volta da quando era sull'Olimpo, l'eroe si vergognò dei fiori neri che corniciavano la sua testa. Si sentì esaminato da capo a piedi e la sua aura vibrò d'imbarazzo. Teti gli sorrise per calmarlo.
- Da tempo non vedevo un oro così-sussurrò Prometeo. Dopodiché, scacciati i pensieri con un infantile gesto delle mani, un sorriso a trentadue denti avanzò sul suo volto e gridò:- Efesto, amico mio, da quanto tempo! Sei un po' ingrassato o sbaglio? Be', dopo la guerra suppongo tu abbia avuto parecchia ambrosia, eh? Ma da quello che so l'ultimo manufatto che hai costruito è proprio qui, indosso a questo giovine! Quante ideuzze che ho, quante cosette potremmo fare...-disse accompagnando con gesti esasperati ogni parola e frugandosi sempre in testa come in cerca di ordine tra le proprie idee-Sai, ho avuto un certo avvoltoio poco gentile alle calcagna per secoli, non ho avuto molto tempo per metterle alla prova ma suppongo che con un paio di esperimenti potrebbe uscire qualcosa di buono.
Efesto annuì rassegnato e paziente e disse:- Certo Prometeo, ci lavoreremo, non ti preoccupare.
Poseidone fece una piccola risatina mentre i due Artigiani andavano alle fucine. Achille sentì una gomitata e vide Dioniso che sussurrava al suo orecchio:- Perché affidiamo le nostre vite a questo pazzo?
Atena gli rispose mentre Achille faceva spallucce:- Perché è il più grande genio dell'universo, Dioniso. Lui è l'Idea.
Quando anche gli altri furono spariti e rimase solo Dioniso, Achille lo guardò e fecero un piccolo inchino contemporaneamente per onorare il loro defunto maestro. In quel preciso istante una nuova costellazione apparve nel cangiante cielo dell'Olimpo ed entrambi sorrisero.




- Dunque è questa l'arma che avevate in mente?-chiese Poseidone, impaziente di tornare in mare, il suo regno. Efesto annuì soddisfatto e l'aura di Prometeo, pieno di orgoglio, tremolò come una vera fiamma. Sembrava che ciò che l'aveva condannato alla pazzia e alla sofferenza non l'avesse minimamente abbattuto ma anzi fosse divenuto parte di lui. Il fuoco, la sua essenza.
- Corpo di metallo, punta di folgore, anima di diamante. Ho costruito il diamante in modo che sembrasse spugnoso, bucherellato, per poter contenere del veleno che uccida anche se la ferita è superficiale.
Atena disse, accarezzando la lancia con un sorrisetto pieno di sottintesi:- Medusa è stata davvero disponibile.
Prometeo la guardò intimorito e disse:- Era suo il veleno?
Atena annuì con aria innocente e nessuno indagò oltre.
Achille soppesò la lancia e la trovò perfettamente equilibrata e aerodinamica. Atena e Ares lo guardarono con ammirazione e invidia.
- Zeus non ha mai usato armi, ha lasciato noi umani a ucciderci senza mai sentir l’odore del sangue. Non mi sfuggirà- asserì Achille.
- Nessun immortale può sfuggire alla Moira con questa lancia. Hai un grande potere, usalo con saggezza-disse Poseidone serio. Dopodiché tornò tra i flutti del mare. In quel momento nelle fucine entrò una figura e tutti si misero davanti ad Achille per difenderlo da sguardi inquisitori.
- Chiedo scusa-disse Artemide mostrando il suo arco e posandolo sul tavolo in segno di amicizia. -Apollo e mia madre non sanno che sono qui, quindi vi prego di non svelar loro nulla. Ho deciso, dopo lunga riflessione, di unirmi alla vostra causa. Credo non esista nessuno che conosca fino in fondo il mio odio verso Zeus. Mia madre è talmente buona che dubito, per quanto la sua furia sia terribile, che riuscirebbe a trovar vendetta, quindi ho deciso che della mia famiglia io sono l'unica a poterlo fare. Vi offro le mie frecce, sono a vostra disposizione.  Vi chiedo solo di riflettere bene ogni vostra mossa, prima di agire. Vi dico, inoltre, che Zeus per stasera ha in mente qualcosa. Potrebbe essere l'occasione giusta.
 
 

Quella sera, infatti, Zeus diede un banchetto in onore di Achille, il nuovo arrivato, e di Prometeo, l'esiliato ritornato immortale. Tutti si guardavano con amarezza dopo la riunione segreta, ognuno sentendosi colpevole di tradimento di fronte a Zeus.
Il cielo si era fermato e ora era ricolmo di stelle che si riflettevano nelle acque cristalline ingioiellate dai fiori sempre gonfi di vita.
Zeus si alzò alla luce delle lanterne e, dopo essersi sistemato i riccioli neri, parlò con una annoiata e placida Hera accanto:- Amici e fratelli, oggi festeggiamo il ritorno tra noi di Prometeo! Spero mi sia riconoscente per avergli permesso di sfuggire alla sua punizione, ma troveremo qualche altro modo per pagare la sua disonestà.
L'occhiata che Zeus mandò a Prometeo lo fece raggelare e lui non riuscì a tirar fuori neppure un sorriso. La sua aura si ridusse a un alone indistinto poco oltre il limite del suo corpo.
- Ma vogliamo soprattutto onorare l'arrivo di Achille! Che tra le altre cose si è già fatto valere in duello con Ares, battendolo senza sforzo. Il che m’induce a pensare che il suo ruolo non gli stia più a pennello come una volta. Ares, necessiti forse di aiuto? Vuoi che ceda il tuo posto a chi di dovere?
Ares digrignò i denti accanto ad Achille, strinse i pugni e disse:- No, padre.
Achille sapeva già dove Zeus sarebbe andato a parare quella sera, quindi strinse la presa sulla lancia che nascondeva sotto al tavolo.
- Ma dopotutto cosa ci si può aspettare da mio figlio? Oggi vi annuncio che Achille è sangue del mio sangue! Salutate il mio erede!
Fu una doccia fredda per tutti. Dei minori e altre creature spostarono gli occhi tra i due duellanti e alcuni non riuscirono a reggere il peso del loro scambio di occhiate. Ade aprì lievemente la bocca in un mezzo sorriso, quasi quello di un curioso che avesse trovato finalmente risposta. Ovviamente sapeva che il banchetto aveva qualche fine. Poseidone prese un angolo del tavolo e si costrinse a respirare. Peleo rabbrividì d’indignazione e vergogna mentre Dioniso rifletteva sull'ultima parola con grande disappunto. L'unico impassibile era Achille, che però stringeva le dita sulla lancia fino a farsi sbiancare le nocche. Atena lo fermò con lo sguardo.
- In effetti era ovvio. Peleo non ha neppure un’aura, non è un dio, come poteva essere possibile che Achille, con l’oro che lo circonda, fosse davvero suo figlio? Abbiamo salvato l’onore di Teti, ma Peleo può pure tornare a casa dopo questa rivelazione. Achille un mezzo-dio? Non credo proprio.
Zeus sogghignò prima a Peleo e Teti, che avevano un’espressione sconvolta e distrutta e poi ad Achille che, lottando per tenere a freno i conati, si alzò fulmineo, scavalcò la tavola in corsa, tirò indietro il braccio e, prima che Zeus potesse capacitarsi di qualunque movimento, la folgore trapassò il suo cuore. Il Re fissò allibito la punta avvelenata conficcata nel suo petto e Achille corse da lui. Si chinò su di lui, godendosi il terrore negli occhi del suo nemico, rigirò la lancia nella ferita con estrema lentezza e sussurrò:- Le bugie non pagano, padre.
Quando strappò via la lancia dalla carne quasi immateriale, Zeus sparì in una tempesta di sabbia. Agli altri Dei non rimase che inchinarsi di fronte al nuovo re.
Nessuno si era accorto che nella traiettoria della lancia Ilizia era stata ferita di striscio.
 



 
Bene, sono qui! Chiedo scusa per il ritardo, ma ho avuto parecchie grane da sistemare.
Qui, finalmente, Achille prende posizione e agisce.
Riguardo a Prometeo, so che fu liberato da Zeus in cambio dell’informazione riguardante la gravidanza di Teti, ma credo che fosse più appropriato liberarlo così; dato che ci sono molte versioni ho preferito quella della morte di Chirone e della conseguente creazione della Costellazione del Centauro. Bisogna pur dare una linea del tempo a queste diavolo di leggende! XD
Artemide è diventata un’alleata di Achille (a quanto pare è la Dea preferita di una certa Maky…)e non sarà l’unica.
Spero di poter aggiornare presto e grazie mille della pazienza! 

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Capitolo 14
*** La Rivolta ***


Dopo la momentanea foga, Achille si era ritrovato improvvisamente svuotato di se stesso, una volta sparita la rabbia, esaurito l'istante fisico dell'assassinio, l'eroe si era reso conto di aver ucciso il re degli Dei e aveva per un attimo creduto di non avere più uno scopo. Troppo abituato alle morti così palpabili, ritrovare quel mucchio di polvere tra le mani lo aveva stordito. Vedere inchinati ai propri piedi Dei che fino a qualche anno prima venerava devoto, gli aveva infuso un'istintiva insicurezza.

Seduto lì, tra i suoi nuovi sudditi, con la lancia in mano, ora aveva il pieno potere in mano e ne era quasi divertito. Aveva pensato di fare ben altro, ma non avendo mai pensato di prendere il posto di Zeus, ora la carica gli suggeriva nuove idee e prospettive.

Non più distruggere ma comandare gli Dei.

Molti non lo vedevano di buon occhio, ma Poseidone, Efesto, Atena, Dioniso e ovviamente Teti lo appoggiavano, anche loro un po' confusi dalle circostanze.

L'unico che Achille non riusciva a comprendere era Ade, che però raramente si faceva vedere sull'Olimpo. Era sfuggente, enigmatico e i suoi occhi così belli parevano sempre dire molto più di quanto Achille potesse capire a una prima occhiata. Dopo l'assassinio del re, ogni volta che lo vedeva si rendeva conto che era di buonumore per la prima volta da quando lo aveva conosciuto.

Decise di parlare con Dioniso per sapere cosa ne pensava della sua nuova carica. Si rendeva conto di essere sul trono illegittimamente.

Lo incrociò non appena desiderò parlargli, ciò gli risparmiò la ricerca ma non gli lasciò il tempo di pensare a cosa dire.

- Dioniso, per favore, desidero parlarti-disse a bassa voce al dio della Vita.

- Come desideri, mio re-rispose lui abbacchiato e risentito.

Achille pose una mano sulla sua spalla e ancor più sussurrando riprese:- Zagreo, ti prego, non essere arrabbiato con me. Lo sai bene che non vivremo abbastanza per regnare, né per rimanere ancora nemici...

- Non voglio esserti nemico, Achille, mi piace il tuo modo di fare, ma speravo avessi desistito. Io non voglio morire, io sono la Vita stessa, non puoi sapere se gli Dei, con la sola discordia, si terranno tanto impegnati quanto ti serve.

- Zagreo, basta che non reagiscano alle preghiere degli uomini per un mese divino e per secoli sulla Terra gli umani andranno perdendo la fiducia in loro fino a non sacrificare più nulla e destinari alla morte. Sai benissimo anche tu che a causa degli Dei gli uomini hanno subìto disgrazie inimmaginabili. Se davvero tieni alla Vita, sai bene che non correrai rischi, tu devi solo aiutarmi a metterli l'uno cont...

Achille all'improvviso si rese conto che era osservato. Poco lontano, Ermes li ascoltava atterrito. Prima di poter dire qualcos'altro, il Messaggero svanì.

Dioniso fissò Achille terrorizzato:- Siamo rovinati.

 

Ermes non si era limitato a diffondere la notizia, ma aveva anche mobilitato gli "anti-usurpatore". Era sempre stato il pupillo di Zeus e ora che aveva un motivo per vendicarlo intendeva sfruttarlo al meglio. In poche ore miriadi di Dei si riunirono di fronte ad Achille e alla sua congrega, prontamente informata del madornale errore del nuovo sovrano. Atena lo fissava impensierita mentre Dioniso tremava per ciò che sarebbe accaduto. Tutti gli altri erano decisamente sorpresi dal piano crudele di Achille. Non avevano mai capito quali erano le proporzioni e la vastità della sua opera.

Teti era semplicemente basita. Ferita, costernata, delusa. Non ne era mai stata messa a parte e questo la feriva più di ogni altra cosa. Ma il sapere che tra gli obiettivi del figlio c'erano tutti gli dei o le creature minori, lei compresa, aveva definito in lei l'idea di cosa aveva fatto salvandolo quel giorno al fiume Stige. Lei aveva creato un mostro, lei aveva oltraggiato il Fato. Ecco il pagamento.

Prometeo era troppo preso da alcune sue invenzioni per prestare attenzione a chiunque altro.

Gli oppositori si fermarono davanti ad Achille e Apollo prese tra loro la parola:- Tu, re, che insultasti la cattiveria di Zeus, ora vuoi mille volte di più superarlo distruggendo ogni cosa e riportandoci al Caos! Sciocco, si vedono subito le tue origini mortali, tu sei uno stolto, non appartieni a questo luogo! Torna al tuo sangue di uomo, Achille, non insultare oltre chi ti è ben superiore.

Per Achille, quello fu uno schiaffo morale. Impugnò la lancia e gliela lanciò senza troppi pensieri. Per Apollo fu una vera fortuna riuscire a schivarla e l'arma fu presa dai nemici di Achille, che la studiarono e se la passarono incuriositi e sprezzanti allo stesso tempo.

Teti non poté sopportare quella dimostrazione così disumana di Achille e gli disse:- Figlio mio, abbi saggezza, ascoltalo, vuole solo il meglio...

Achille si voltò verso la madre, nel pieno della sua furia e, trasformandosi in un flessuoso ghepardo, le ruggì contro in posizione d'attacco. Lei trasalì e il suo sguardo riuscì a placarlo e a sprofondarlo in una profonda vergogna.

- Madre...

Teti non lo ascoltò e tornò nell'Oceano con un colpo d'acqua violento. Achille capì di aver passato ogni limite. Non gli rimase che entrare nel Palazzo di Zeus, fuggendo per la prima volta nella sua vita.

 

- Non posso, è ancora mio figlio...

Atena scosse la testa e disse:- Non è più in sé, è stato capace perfino di minacciarti, è fuori controllo, ci distruggerà.

- Non posso imprigionarlo.

Efesto si fece avanti e disse:- Se non vuoi farlo tu, almeno permettici di costruire chi possa farlo al posto tuo. Prometeo ha in mente di costruire un tuo alter ego in modo che tu non sia costretta a...

- ...tradirlo? Accetto, ma voglio che viva. Non uccidetelo, vi prego.

Efesto scosse la testa risoluto e disse:- Certo che no, non gli faremo nulla.

Dioniso notò le catene che Efesto aveva tirato fuori e strabuzzò gli occhi.

- Efesto, birbone, ma non saranno mica quelle catene che hai usato per...

- Non, nominarla, neanche-disse Efesto rosso d'imbarazzo.-Rimane comunque la mia migliore invenzione.

Dioniso scoppiò a ridere di gusto, piegandosi in due e asciugando le lacrime. Perfino Atena non potè fare a meno di farsi una risatina dietro l'egida. Prometeo li guardò interrogativo un istante, poi riprese il filo dei suoi pensieri. Il calore delle fiamme provenienti dalle fucine si placò all'istante, lui prese un sacco di cenere e rialzò la temperatura. Con dell'acqua e un pizzico d'ambrosia modellò la cenere fino a trovarsi un modello a grandezza naturale della bella e giovane Teti. Soffiò con forza e la cenere cadde a terra fino a lasciare un'equivalente modello composto però d'acqua. Prometeo si avvicinò alla vera Teti e la ricoprì della stessa cenere che aveva tolto dal manichino. Schioccò le dita e la cenere tornò nuovamente sull'acqua, la coprì e sparì. L'acqua prese vita con un potente respiro e gli occhi delle due Teti si incrociarono. Una delle due, però, li abbassò amareggiata.

- Sbrigatevi a farlo.

 

Achille trovò la madre nella stanza accanto a quella dove si era rifugiato. In quel terribile momento, aveva desiderato di poter essere mortale per potersi suicidare dal disonore. Lo sguardo di Teti era però conciliante e questo lo rasserenò:- Madre, perdonami!

Achille baciò l'orlo dell'impalpabile veste della madre e lei gli accarezzò la testa.

- Non ti preoccupare figlio mio...

Con un colpo secco richiuse le sue braccia con le catene dorate.

- ... c'è sempre una soluzione.

L'acqua si dissolse e davanti al corpo disfatto della madre, Achille non seppe che fare. Iniziò a scuotere le catene, tentò di infrangerle, provò anche solo a muoversi ma non poté nulla.

 

Atena andò verso la figura che penzolava a testa bassa per le braccia. Era una stanza spoglia e quasi spaventosa, ma Achille era tanto triste da essere quasi sereno. Disonorato, facinoroso, odiato da tutti, prigioniero dei suoi stessi alleati. Tradito dalla propria madre.

Atena rimase a fissarlo, seduta poco lontano e lui non alzò neppure lo sguardo.

- Sono venuta a portarti le mie scuse e un po' di ambrosia.

Achille ridacchiò, incuriosito.

- Non ti vergogni a presentarti qui?

- Teti non ti ha tradito, né l'ho fatto io. Noi ti abbiamo aiutato. Hai perso di vista la ragione. Tuttavia penso anch'io che la morte degli Dei sia l'unica cosa da fare. Avrai ciò che vuoi, farò tutto ciò che posso per farlo. Sono con te.

Achille la guardò negli occhi:- Liberami allora.

Atena fece segno di diniego e si avvicinò con la bottiglia di ambrosia in mano.

- Mangia.

Achille obbedì, debole e affamato.

- Goditela, quest'ambrosia. Questo è l'ultimo pasto del condannato. Sarai giustiziato con la lancia che hai usato per salire al potere. Questo è il decreto del Consiglio. 

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Capitolo 15
*** La Morte ***


L'uomo attendeva fuori casa, sotto il caldo sole primaverile, in attesa di notizie e divorato dall'ansia crescente. All'interno, le grida strazianti sembravano uscire perfino dai muri. Non poteva ascoltarla, non poteva ascoltare la moglie soffrire e strillare in quel modo disperato. Tappò le orecchie con le mani e, dondolando su se stesso terrorizzato, iniziò a pregare:- Ilizia, protettrice dei parti, ti prego, veglia sulla nascita di mio figlio e allevia le sofferenze di mia moglie! Sei forse adirata con noi mortali? Perché in paese sono morti tutti i nascituri? Ti scongiuro, per tutti i sacrifici che ti ho donato, proteggici...
Un grido più alto degli altri si levò dall'interno della casa. Ma non era della moglie. In esso riconobbe la voce della serva ostetrica. Non poté più attendere e corse in casa, per trovare davanti a sé i due cadaveri delle persone che amava di più, moglie e prole. Inevitabile fu la sua furia. Gridò al cielo la sua rabbia, ferito, e si ripromise di vendicarsi. Non poteva certamente sapere, il povero mortale, che Ilizia era appena morta avvelenata.
 
 
 
Achille aveva ceduto e aveva fatto cadere la sua dura facciata, lasciando scivolare nella polvere della sua cella le lacrime inarrestabili. Piccoli fiori neri erano sorti dal leggero manto di terra che i fiumiciattoli dell'Olimpo non avevano mai lambito. Si sentiva incredibilmente debole. Non certo per fame, poiché l'ambrosia era ancora lì per lui. Lui si sentiva sconfitto. Chi aveva creduto di poter ingannare? Troppo inorgoglito per quell'aura dorata, aveva pensato forse di poter sovrastare il Fato? Già troppe volte l'aveva fatto, prima ancora di nascere. Ma era colpa sua, in fin dei conti? La madre, per troppo amore, lo aveva destinato a una fine disonorevole e lo aveva condannato a morir senza gloria.  Ma ancora non riusciva a spiegarsi perché nessuno lo avesse fermato fino a quel momento. E cosa significavano davvero quei fiori neri come la morte? All'improvviso ricordò i precetti del suo maestro Chirone. Devi avere equilibrio, gradire, ma mai adorare, essere incuriosito, ma mai desiderare. Il desiderio porta alla gelosia, all'invidia, alla vendetta,gli aveva detto. Un nuovo rivolo di calde lacrime prese a cadere al pensiero che il suo caro amico potesse avere ragione e lui lo avesse ignorato tanto superbamente.
Il suo stupido orgoglio... Le sue stesse lacrime lo infastidivano, la sua stessa debolezza lo induceva a disprezzarsi, in quel momento desiderò di avere le mani libere solo per potersi tergere il volto. Ma quelle catene gli impedivano ogni movimento che non fosse un leggero dondolio. Quasi desiderava poter sanguinare, quelle corde metalliche gli facevano male nello spirito; perfino avere un corpo dolorante e torturato poteva sembrargli una via di salvezza per la sua profonda rassegnazione. In quel momento avrebbe implorato il perdono di chiunque. E così si ritrovò a pensare a Patroclo e Pentesilea. Aveva mandato entrambi nell'Ade, aveva rovinato l'esistenza delle persone a cui teneva di più. E per quanto ci provasse, le lacrime non si placavano, ora accompagnate da singhiozzi sempre più violenti. Erano forse le Erinni a massacrarlo, ora? Si costrinse a rimanere presente a se stesso. Perché se davvero ripensava a tutto ciò che aveva fatto, si rendeva conto che nulla era per il suo bene ma per quello dell'intera umanità.
-L'uomo non deve vivere governato da Dei volubili e boriosi! Per il possesso di una sciocca mela dorata, le Dee hanno scatenato la più cruda guerra di tutti i tempi. Quanti giovani sono morti per difendere la patria? Altro che bella morte, la gloria non può consolare le madri piangenti né riportare i mariti a casa. Nessun onore restituisce agli orfani i genitori scomparsi, nessuna schiava ritrova la libertà elencando i propri meriti. La morte e la guerra sono frutti partoriti da voi superficiali maledetti, voi che scherzate sulla pelle degli uomini!-gridò improvvisamente determinato e rabbioso, sputando a terra. L'oro che lo circondava fremette con tanta forza da agitare e piegare le catene incantate e per un attimo si sentì davvero potente.
- Non mi muoverei tanto se fossi in te. Potrebbero scoprirti.
Da dietro una colonna apparve il dio che aveva parlato, seguito da unaltra figura. Emanava un'aura purpurea simile a una nuvola. Ade sorrise amichevole e si sedette per terra a pochi passi dal prigioniero, senza dire nulla, con Ares che lo seguiva. Achille li fissò torvo, in silenzio. Non sapeva cosa pensare del suo visitatore silenzioso. All'apparenza sembrava perfino più giovane di lui, forse aveva l'aria di un diciassettenne, ma nei suoi profondi occhi si vedevano esperienze millenarie che Achille non avrebbe mai potuto eguagliare. Sembrava anche più vecchio del fratello Zeus. Normalmente Achille non aveva difficoltà a vedere chi gli era nemico e chi no, ma il dio dei morti era impenetrabile e incomprensibile. Pareva scrutare la sua anima senza difficoltà. Alla fine decise di parlare:- Perché sei qui? Vuoi prenderti gioco di me prima della mia morte? E tu Ares? Non ti basta il tradimento che mi hai inflitto?
Ares attese che laltro parlasse per lui, Ade ampliò leggermente il sorriso e carezzò il suo scettro mettendoselo in grembo tra le gambe incrociate, sopra la tunica.
- Io ho votato a tuo favore, figlio mio.
- Perché ti ostini a chiamarmi figlio tuo? Io non ho nulla a che vedere con te.
Ade socchiuse gli occhi e sogghignò.
- Tu sei morto e risorto nell'acqua mortale dello Stige. Tu hai ripreso corpo dopo aver vissuto per qualche istante nella mia terra, l'Oltretomba. Tu sei il riassunto di tutto ciò che c'è in terra. Figlio di un'abitante dell'Oceano, di stirpe umana, erede dell'aldilà, dio. Hai più potere di chiunque altro, Zeus lo sapeva, tutti lo sapevano. Non crederai di aver ricevuto quell'ottima ospitalità per puro spirito di fratellanza! Qui sei temuto, anche ora che sei in catene. Zagreo ha trovato il modo di mimetizzarsi tra questi stolti, ma tu no. Tu sei il messaggero della Morte. Io di te so cose che neppure Apollo, il grande oracolo, saprà mai dirti. Gli Dei sono perfino riusciti a riunirsi in consiglio democraticamente per ucciderti.
Achille guardò confuso Ade. Quest'ultimo, pazientemente, riprese le proprie spiegazioni:- Tu avevi già iniziato a capire che eri speciale, non è così? Quei fiori che sbocciano solamente quando sei vicino alla guerra, al duello, alla morte... Così dissimili da quelli bianchi e puri di Dioniso. Nessuno sa che, quando diventasti immortale, creasti una corrente contro il destino. Due Fati ora gareggiano per regnare, tu sei il creatore della Morte, sei il suo strumento. Nel momento in cui fu oltrepassato il momento in cui saresti dovuto morire, nel momento in cui sei diventato immortale e dio, in quel preciso istante le due correnti sono entrate in collisione. Ilizia è morta pochi istanti fa. L'hai avvelenata tu. Zeus, guardiano dell'equilibrio, è morto per mano tua. Non nego di esserne stato deliziato-aggiunse ilare-ma hai comunque infranto la naturale corrente degli avvenimenti. Tuttavia, voglio mettere in chiaro che intendo aiutarti. Tutti mi descrivono come un bastardo insolente, ma la verità e che non mi comprendono. Nessuno avrebbe scelto la morte come regno, io invece ho preso questa decisione consapevolmente. Zeus mi ha poi infangato dicendo a tutti di avermici esiliato, ma era contento anche lui che non dovesse averne niente a che fare. Questa vita che tutti lodano altro non è che la prova, la sofferenza prima del premio. Lì, almeno parlando per me, posso estraniarmi dalle congiure, dalle superficiali macchinazioni di questi incapaci, raggiungere illuminazioni che Zeus non ha mai potuto ottenere, scoprire la Vita vera attraverso i racconti della Morte, elevarmi alle più pure caratteristiche degli uomini e degli Dei senza rinunciare a me stesso. Io sono sempre stato preso per un codardo manipolatore, la verità è che semplicemente sono diverso.
Ade per un istante si perse in malinconici pensieri e poi riprese con più vigore:- Voglio aiutarti, già te l'ho detto. Non è tuo destino morire ora. I due Fati sono agli sgoccioli, ma tu devi dare il colpo di grazia. Sappi però che gli umani non troveranno il bene che tu vuoi per loro in vita, perché se morissero gli Dei, anche loro andrebbero in rovina. Devi accettare il fatto che l'uomo non può sopravvivere con gli Dei né senza. Gli uomini stanno già combattendo tra loro, hanno rinunciato a sacrificare a Dei che, troppo presi dai loro problemi, non li ascoltano più. Tra poco moriranno tutti, ma senza il tuo impegno decisivo, quest'agonia si trascinerà per tempi lunghissimi.
Achille abbassò lo sguardo:- Quindi io devo porre fine all'intera Vita?
- No. Ares ti aiuterà e Dioniso rimarrà per riportare alla luce chi ripopolerà l'Universo, acquisendo il suo diritto di regnare e tu mi sostituirai nell'Oltretomba. Ci sarà finalmente equilibrio e l'umanità potrà godere della pace, qualora Dioniso voglia che essa viva di nuovo sulla terra.
- Ade... morirai anche tu. E tu Ares Lo sai che se così fosse morirai anche tu?
- Lo sappiamo, figliolo. Ma è meglio così. Ho imparato talmente tante cose... Ho le mie soddisfazioni. Persefone sa che l'ho sempre amata, non ho rimpianti. E onestamente non posso rimanere un giorno di più a vedere impotente quello che gli umani sopportano a causa nostra... e a causa loro.
Achille annuì sollevato e disse, molto più pratico:- Come posso liberarmi?
Ade risfoderò il suo candido sorriso e dalle pieghe della tunica evanescente prese un corno.
- Mai sentito parlare della Cornucopia?
- Non è il corno di Amaltea che può donare ogni cosa il possessore desideri?
Rifletté un istante e poi disse:- Ade, sei un genio.
Ade fece un saltello infantile di gioia e Ares, con un fluido movimento del braccio, estrasse una chiave dal corno. In poco tempo Achille fu libero.
- Tieni, Achille. Usala bene, questa Cornucopia, è l'unica arma che ti rimane. Io ora tornerò nel mio regno per godere degli ultimi istanti di vita con Persefone. Abbi cura di te, eroe.
Prima di scomparire apparve una dea che lo inchiodò a terra schiacciandogli il collo sotto il palmo della mano.
- E... E... Eris, lasciami...
- Tu, stupido idiota! Io devo regnare! La discordia ora regna comè giusto, ho lavorato più di un decennio per vincere, non osare portarmi alla morte dopo tanto patire! Voi, miserabili deuncoli, avreste dovuto consegnare a me lo scettro del potere! Vuoi morire? Esaudirò il tuo desiderio.
Eris strinse la presa e negli occhi di Ade ci fu un lampo di paura mista a soddisfazione. Non poté pensare altro prima che Achille prendesse per i capelli la dea. Mentre la trascinava via, Ade riprese fiato e si alzò in piedi con l'aiuto di Ares. Batté lo scettro a terra una volta e le catene di Efesto circondarono l'addome di Eris avvinghiandola come serpenti. 
- Codardo, affrontami in duello anziché usare queste stupide trappole!
Ade la liberò e non attese oltre. Sparì nell'Oltretomba prima che Eris potesse raggiungerlo. La dea cacciò un grido di rabbia pura e disse ad Achille, che la fissava sbalordito:- Siamo nemici da tempo, anche se più volte gli ho portato parecchi bocconcini. Tu, piuttosto, sei disposto ad aiutarmi?
- Eris, lascialo in pace-disse Ares in un ringhio.
La dea annuì sprezzante e disse, lucidando un'ascia bipenne spuntata fuori da chissà dove:- Certo, salviamo l'umanità... bla, bla... La verità è che se pure gli uomini sopravvivessero al tuo piano scellerato, continuerebbero a distruggersi e io avrei ciò che voglio, in ogni caso.
Gli rivolse un sorrisetto malizioso e disse:- E poi, non dovresti fare il beato salvatore tu che per cause davvero impensabili hai fatto strage di uomini in guerra. Non hai neppure esitato a distruggere la tua amata e poi sei venuto qui a far pagare agli Dei le tue stesse azioni. Davvero esemplare... ne sono colpita...
Achille fece finta di ignorare le parole della dea e si allontanò.
- L'ultimo pensiero di Pentesilea è stato: Possibile che neppure questo cosiddetto eroe riesca a mettere da parte le proprie ambizioni?
Ad Achille saltarono alcuni battiti del cuore.
- Tu menti, lei si fidava di me.
Eris gli si avvicinò e disse:- Mi dispiace...
Achille digrignò i denti e dalla Cornucopia estrasse un pugnale molto simile alla Lancia, ma di dimensioni ridotte e, in un rapido movimento menò un fendente che divise in due esatte metà il corpo attonito di Eris. Come Zeus, anch'essa scomparve in una tempesta di sabbia. Ares fece una risatina e disse:- Achille, permettimi di aiutarti. Sarà divertente far fuori Atena... Dopodiché, mi darai tu il colpo di grazia.
Achille soppesò il pugnale, annuì e andò a compiere la sua missione, con la coscienza pesante.
 
 
 
- Sorella, passami altro filo, insomma!
Cloto fissò la cesta del filo, si guardò intorno lievemente divertita e disse:- Atropo, non fare la sciocca, ridammi i fili.
Atropo guardò la bambina impaziente e disse:- Non guardare me! Su, tirate fuori questi fili e fate il vostro lavoro.
Riprese a lavorare e tagliò quattro dei sei fili rimasti. E mentre Achille e Zagreo prendevano i loro posti sui loro troni, anche le tre Moire, che per lungo tempo avevano giocato con la Morte, ne furono sopraffatte, assieme ad Ares. In quel momento, ci fu il silenzio e il Caos lasciò il posto all'Ordine.
 
 
 
Ecco la rapida conclusione della storia di Achille.
A questo punto ci sono alcune cose che devo spiegare:
Ho sempre detto che Teti è un'Oceanina ma in realtà è più propriamente una Nereide.
Non ho descritto la sua morte perché era troppo penosa. Avevo in mente di fare una cosa molto cruda perciò ho lasciato perdere.
Achille è ancora un uomo, in realtà, non dategli del debole quindi se esplode in lacrime. Nel resto della storia rimane viva la sua furia quindi almeno qui lasciamolo sfogarsi...
Ade è il migliore della situazione dal mio punto di vista, insieme ad Ares e ho perfino calpestato le mie idee fino a far sembrare Atena la più brutta e cattiva quando è la migliore alleata di Achille. Tra i suoi alleati molti nella distruzione totale lo appoggeranno, Poseidone si suiciderà addirittura per adempiere alla sua missione.
Achille, essendo l'eroe che ho odiato di più nella mitologia greca, in questa storia è stato quasi designato a comparsa mentre sono le vicende di chi lo circonda a interessare davvero.
Vi ringrazio per avermi seguita fino alla fine, spero di essere stata entusiasmante e che abbiate colto gli spunti di riflessione disseminati qui e lì. Au revoir.
  

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