Lamentele di una giovane ragazza di provincia di Neuilly (/viewuser.php?uid=197441)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'arrivo a casa ***
Capitolo 2: *** Le palpitazioni del cuore, che ti fanno sciogliere, come neve. ***
Capitolo 3: *** Al di là della siepe ***
Capitolo 4: *** Allo specchio ***
Capitolo 1 *** L'arrivo a casa ***
Seduta, osservando fuori dal finestrino del treno, pensavo a quello che finalmente stavo lasciandomi alle spalle.
Gli anni di solitudine al collegio non erano stati facili, finalmente potevo andare a vivere con mio padre, dopo quello che avevo considerato come la mia prigionia, il periodo trascorso nel rigido collegio delle suore. Rinchiusa dall'età di 4 anni, senza aver mai avuto la possibilità di visitare nient'altro che il giardino circostante e lo squallido paesino adiacente e, ora maggiorenne, ero stata richiamata a casa. Mio padre si era risposato con una vedova. Non conoscevo la mia matrigna, sapevo solo che era molto ricca e aveva un figlio poco piú grande di me. Mi auguravo che questo viaggio durasse per sempre, un treno che mi portasse a conoscere il mondo, posti nuovi, questa era la mia sciocca illusione, dovuta probabilmente all'aria di libertà che stavo respirando, dopo tanti anni di reclusione e questa, era per me un'esperienza nuova e inebriante. In realtà non mi interessava compiacere mio padre, quindi, al mio arrivo di certo non gli avrei gettato le braccia al collo. Sapevo bene che era un uomo freddo e duro, le rare volte che mi aveva fatto visita al collegio a mala pena mi aveva rivolto la parola, quasi con forzata cortesia. Differentemente da quello che si può credere, la cosa non mi importava, per me era un estraneo, un uomo che a Natale mi inviava un libro di preghiere e ogni tanto una lettera.
Il treno procedeva spedito, distrattamente guardavo fuori dal finestrino, e ogni tanto lanciavo un'occhiata veloce ai miei compagni di viaggio. Non erano interessanti, ma per una ragazza rinchiusa per tanti anni in un triste collegio di montagna, tutto era una novitá e una scoperta. Gi abiti delle donne raffinate suscitavano in me grande ammirazione, mentre io, con questo castigato abito nero, quanto avrei desiderato scambiarlo con la signora seduta accanto a me! Questi frivoli pensieri mi accompagnarono durante il viaggio, ogni tanto riuscì ad appisolarmi, ma la frenesia si era impossessata di me e tutto ciò che accadeva mi teneva sveglia e attiva.
Arrivai in tarda serata, spaesata scesi dal treno e mi diressi fuori dalla stazione. Non sapevo chi mi sarebbe venuto a prendere, non mi illudevo ovviamente che sarebbe potuto venire mio padre. Aspettai lì sola per qualche ora, la fame stava crescendo e cominciavo a sentire la fatica di questo lungo viaggio. Avevo sempre odiato aspettare e il tempo non sembrava passare mai, purtroppo la città mi era sconosciuta e non me la sentivo di avventurarmi da sola, per paura che finalmente qualcuno si sarebbe degnato di venirmi a prendere. Intanto il buio si stava mangiando la notte, quando all'improvviso fui investita dai fari di una macchina. "È lei la signorina Catherine?" "Sí, sono io." "Sono l'autista di suo padre. Sono venuta a prenderla." Salì nell'auto, sperando solo che il tragitto fosse breve e non vedevo l'ora di dormire in un letto caldo e morbido.
La casa si ergeva maestosa, circondata da un fitto bosco, sembrava un misto tra un'immagine di un libro di fiabe, ma allo stesso tempo conservava quell'alone misterioso degno del più macabro romanzo gotico. Venne ad aprirmi la cameriera, per mia sfortuna era tutto buio, tutti stavano dormendo e non riuscì a scorgere quasi nulla con la timida luce della candela che la domestica mi aveva consegnato. Probabilmente si era appena svegliata, perché mi sembrò poco incline ad accogliermi con la dovuta cortesia. "É molto tardi, la sua stanza é la terza a destra salendo per questa scalinata."- mi disse burbera. Confusa, salì le scale, senza sapere dove ero diretta. Avevo fame, non avevo toccato cibo dalla mattina, ma la stanchezza stava prevalendo e non avevo il coraggio di avventurarmi in questa casa buia, senza sapere dove fosse la cucina. L'indomani avrei curiosato, con la luce del giorno, ma non adesso. Le indicazioni della cameriera erano state poco precise, non riuscivo a orientarmi in quest'oscurità, avrei voluto che mi avesse accompagnato. Davanti a me c'erano diverse porte, quale poteva condurmi al letto tanto desiderato ? Contai 1,2,3 era la terza a sinistra o a destra? Aprì una porta e fui pervasa da un buon profumo di lavanda, la camera sembrava pulita e appena sistemata. Di sicuro era la mia, non c'erano dubbi ed ero così stanca, che spensi la candela e mi addormentai quasi subito, sopraffatta dalle emozioni della giornata.
"E tu chi sei?" Una voce decisa mi svegliò di colpo. Era giá mattina, potevo scorgere la luce dalle finestre e vidi il volto di un giovane divertito e stupito. "Non credevo che mia madre, per prorogare la mia permanenza in questa casa, sarebbe arrivata a infilarmi delle donne nel letto" Ero piena di vergogna, non sapevo cosa rispondere. Era tutto un equivoco! "Catherine cosa stai facendo in camera di James?"- la voce di mio padre mi riscosse dalla vergogna.
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Capitolo 2 *** Le palpitazioni del cuore, che ti fanno sciogliere, come neve. ***
Seduta a tavola, in attesa della colazione, ancora piú irrigidita del mio solito per il brusco risveglio e perchè il colletto del mio antiquato abito nero mi sembrava ancora piú opprimente. Avrei voluto uscire in giardino per prendere un po' d'aria, cercando di scordare quello che era successo stamani. Non mi importava niente del successivo rimprovero di mio padre, una signorina ben educata non si deve infilare nel primo letto che trova a sua disposizione e la stanchezza non è un valida giustificazione! La ramanzina mi faceva sorridere, chissà cosa avrebbe pensato quella bigotta della Madre Superiora?! No, non ero turbata da tutto questo. Stavo semplicemente ripensando al sorriso beffardo del giovane che mi aveva trovato nel suo letto..
James era appena arrivato a casa della madre e si era ritrovato nella sua stanza una donna! Beh non esageriamo, nel pensarci le mie guance si arrossavano, non mi ero mai sentita una donna, una che avrebbe potuto spingere un uomo a saltarle addosso.
Fui persa nei miei pensieri, finché non scese anche mio padre per la colazione con la sua consorte. Ovviamente, mi presentó quella, che da quel momento sarebbe diventata la mia matrigna, senza troppe cerimonie. Era una donna magra e con il viso severo, come nella migliore tradizione delle favole, peró non mi sembrò che mi guardasse in modo ostile, forse sapeva bene che non le avrei mai portato via l'affetto di mio padre, perché, in effetti lui per me non ne provava affatto. Il giovane, che avevo conosciuto al mio risveglio, era suo figlio, come capì subito quando la salutò e si sedette accanto a lei. Il pasto proseguì in silenzio, interrotto, ogni tanto dalle domande di mio padre a James, sul suo lavoro. Nessuno mi rivolse la parola, nessuno mi chiese come era andato il viaggio, nessuno si chiese dove ero stata fino a quel momento, visto ero comparsa così all'improvviso. Evidentemente, pensai con una certa malizia, la curiosità, di certo, non era un difetto della mia famiglia, e già ero abituata alla solitudine e a rifugiarmi nella lettura, per passare il tempo più piacevolmente. James non rivolse mai lo sguardo su di me, il che era veramente un peccato.
Quando mio padre si congedò, iniziai un solitario giro della casa, che era veramente enorme e piena di stanze, con una biblioteca grandissima e ben fornita, ma molto polverosa, probabilmente il luogo meno frequentato della casa. Stanca del mio girovagare senza meta, decisi di avventurarmi nella ricerca della mia vera camera, confidando che con la luce del sole, l'avrei trovata senza problemi. All'improvviso, mentre attraversavo un corridoio, mi sentí afferrare con una stretta forte e decisa. Era James, che con il suo sorriso beffardo mi guardava dall'alto in basso. "Dove stai andando? Camera mia é la porta a destra? Non ti piacerebbe venire a farmi compagnia?" "Signore, sono dispiaciuta per stanotte.. Il buio..la stanchezza.." "Tesoro non devi scusarti, anzi é stata una piacevole sorpresa trovarti avvolta nelle mie coperte, peccato solo che tuo padre é arrivato proprio nel momento piú sbagliato, non trovi ?" E dicendo questo, mi strinse più vicina a lui. Io non sapevo cosa rispondere, non ero abituata a simili confidenze e non ero avvezza a saper tener testa a un uomo, soprattutto a un uomo, che quando si avvicinava, mi faceva mancare l'aria. Mi guardò ancora, come se volesse aggiungere qualcos'altro, ma se ne andó sogghignando, lasciandomi lì impalata come una scema.
Raggiunta la mia camera, mi gettai sul letto, con il cuore che mi batteva nel petto e lo sguardo perso nel soffitto. Che sciocca ragazzina, farsi zittire da uno sconosciuto e chissà con quali occhi da pesce lesso l'avevo guardato. Onestamente, ero molto affascinata da James, non avevo mai incontrato molti uomini, ma lui mi sembrava di una bellezza decisamente superiore alla media, però ero terribilmente delusa da me stessa, non avevo saputo tenergli testa ed era bastato solo un suo sguardo, per farmi sciogliere come neve.
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Capitolo 3 *** Al di là della siepe ***
AL
DI LÁ DELLA SIEPE
Ripresa dall'imbarazzo, ripromisi a me stessa di comportarmi con
più maturità se avessi rincontrato James.
In
effetti, non c'era dubbio, lo avrei rivisto molto presto, dato che
abitavamo sotto lo stesso tetto !
Era
chiaro che le sue attenzioni non mi erano indifferenti, lui non mi era
indifferente.
Scossi
la testa, alla fine ero solo una giovane ragazzina che era stata
reclusa fino a ieri in un collegio, ma cosa ne potevo sapere dell'amore
?! E poi amore ? No, non era possibile che nella mia testa potevano
esserci simili pensieri.
Mi
alzai di scatto dal letto, lasciandomi alle spalle questa dolce
indolenza che mi aveva sopraffatta e decisi di occupare più
proficuamente il mio tempo.
Una
bella passeggiata in giardino era proprio quello che ci voleva!
Se
avevo trovato la casa bellissima, il giardino mi sembrò
davvero meraviglioso.
Un
paradiso avvolto da piante misteriose, di qualsiasi tipo, e fui pervasa
da mille profumi, tanto che persi la cognizione del tempo, ubriacata da
questo inebriante odore.
Le
ninfee galleggiavano indisturbate nel laghetto, confusa in
quest'atmosfera eterea, mi aspettavo di veder comparire all'improvviso
piccole fate o spiritelli e invece, scorsi, disteso nel prato un
giovane intento nella lettura.
Rimasi
incantata a guardarlo per molto tempo, era una strana creatura, che
perfettamente si ambientava con l'atmosfera magica che mi aveva rapito.
Forse
era il guardiano del giardino, pensai, uno spirito angelico che
proteggeva e custodiva la natura circostante.
Finalmente,
dopo quella che mi sembrò un'eternità, il giovane
alzò lo sguardo dalla pagina e mi vide.
"E
tu chi sei?"- mi disse.
L'incantesimo
si ruppe, precipitai subitamente nella realtà e mi avvicinai
a lui, per guardarlo meglio.
Era
biondo, con occhi grandi, sembrava un bimbo, anche se doveva avere la
mia età, anzi sicuramente aveva più anni di
quelli che dimostrava.
"Allora
ti hanno tagliato la lingua?"
"Sono
la figlia del proprietario della casa, mi chiamo Catherine !"
"Ah
non sapevo che il signor Stevens avesse figli suoi! E come mai non ti
ho mai vista?"
"Sono
rimasta in collegio fino a quando ho compiuto diciotto anni, e poi mio
padre ha ritenuto essenziale la mia presenza qui. E invece tu?" -
dissi, rivolgendomi alla creatura misteriosa.
"Piacere,
sono Charles. Abito nella casa accanto, vedi ad di là della
siepe? A volte me ne vengo qui nel vostro giardino a leggere, credo che
qui ci sia qualcosa di magico, non trovi?"- e cominciò a
guardarmi così intensamente, che non riuscì a
sostenere lo sguardo.
Mi
rendevo conto che la situazione era surreale, un completo sconosciuto
nel mio giardino, talmente affascinante che risplendeva, avvolto nella
sua angelica figura, tanto che, nella mia assurda ingenuità,
per un attimo, vedendolo assorto nella lettura, non credevo nemmeno che
fosse umano.
Invece
era lì, che mi sorrideva, come un cucciolo desideroso di
attenzioni.
Si
alzò in piedi, e in realtà era più
alto di quanto avessi creduto, e con gentilezza, disse:
"Tieni,
ho appena finito di leggerlo"- porgendomi il suo libro - "mi
raccomando, restituiscimelo appena lo hai finito, credo che lo troverai
interessante."
E
con queste parole si congedò con un inchino e si
allontanò, scavalcando con un rapido salto la siepe che
delimitava il giardino, mentre il mio sguardo seguiva ogni suo
movimento, finché sparì dalla mia vista.
Meccanicamente
rientrai in casa, l'ora di pranzo era stata da molto superata, anche se
non sentivo la fame, anzi in realtà non sentivo proprio
niente, ero in uno stato di totale atarassia.
Charles
andandosene, era come se si fosse portato via un pezzo di me.
Strinsi
nelle mani il suo libro e odorai il buon profumo di pelle della
rilegatura.
"Catherine,
cosa fai lì impalata ?"- disse mio padre con voce pungente.
Nascosi,
istintivamente tra le pieghe del vestito il libro: "Niente padre, sono
andata a fare una passeggiata." - non avevo la minima intenzione di
giustificarmi con lui.
"Che
bella vita la tua, tutto il giorno a oziare eh? E poi cosa sono questi
stracci che hai addosso da quando sei arrivata? Non te ne puoi andare
in giro conciata così, sembri una cameriera. Oggi andrai con
l'autista in città e vai a comprare qualcosa di decente da
mettere."
Non
potevo credere alle mie orecchie, gli avrei gettato le braccia al
collo, se nel suo tono non ci fosse stata tutta la freddezza che lo
contraddistingueva.
Subito
la mia mente si spostò sull'immagine delle belle signore che
avevo visto sul treno e sulla loro eleganza.
Le
luci della città mi entusiasmarono, sembravo una bimba
entrata in un negozio di giocattoli, tanto che l'autista sorrise,
quando vide nel mio volto un genuino stupore.
Mi
accompagnò all'atelier del sarto di famiglia.
Il
locale era frequentato dalle signore della più alta
società, donne che facevano dello sfoggio dell'abito un
vanto, il quale diventava una possibile arma di seduzione.
Erano
appesi ai manichini molti vestiti, ognuno per le varie occasioni, e
qualsiasi scelta poteva diventare, per queste donne, particolarmente
vanitose, una trappola, in quanto si sottoponevano
allo spietato giudizio delle amiche.
Per
fortuna, tutti questi problemi non attraversarono la mia giovane mente,
troppo poco avvezza alla moda e soprattutto alla maldicenza femminile.
Cosa
scegliere, quali tessuti, quali decorazioni?
Fui
accolta da un ometto piccolo e tarchiato, che con melliflua cortesia mi
aiutò nella scelta e affidandomi anche al mio gusto, ordinai
un abito a "collo di cigno", privo di particolari ornamenti e che mi
avrebbe lasciata libera nei movimenti, una giacca lunga con maniche
strette sugli avambracci, una gonna morbida sui fianchi, svasata e un
abito con decorazioni di paillettes e perline.
Il
sarto prese le misure e soddisfatta me ne tornai a casa, non vedendo
l'ora di indossare queste meraviglie.
La
mia gioia fu di breve durata, quando, salendo in camera,
scoprì che il libro di Charles, che avevo lasciato sul
letto, era sparito.
Chi
poteva averlo preso? Forse la cameriera l'aveva riposto in biblioteca
dopo aver spolverato?
"Hai
perso qualcosa ?"- sentì la voce di James, che si era
affacciato alla porta della mia stanza e.. con in mano il libro.
"Cosa
ci fai con il mio libro ?"
"Dolcezza
sappiamo entrambi che questo non è il tuo libro."
E
cominciò ad avvicinarsi pericolosamente, con il suo incedere
sicuro: "Dimmi Catherine, chi ti ha dato questo libro?"
"Era
in biblioteca"- mentì, cercando di apparire sicura di me.
"Odio
le bugie"- disse afferrandomi il viso -"sei così sciocca da
non aver visto che il tuo dolce amico ha scritto il nome sulla
copertina ? Se fossi in te non frequenterei certa gente, ci siamo
capiti?"
"Altrimenti?"-
cercai di farmi forza, nonostante la sua vicinanza non mi era
indifferente.
"Te
ne potresti pentire"- disse, passando lascivamente
la mano sul mio seno.
La
cosa mi avrebbe dovuto sconvolgere o intimorire, in realtà
sentì un fremito di piacere e desiderai che non si
allontanasse da me e dal mio corpo.
Ringrazio
chi ha letto la mia storia e chi ha lasciato una recensione, mi ha
fatto molto piacere !:)
Spero
che la presentazione di questo nuovo personaggio sia gradita, fatemi
sapere cosa ne pensate! Un bacio
Neuilly
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Capitolo 4 *** Allo specchio ***
ALLO
SPECCHIO
Passarono
attimi, che per Catherine sembrarono
ore, divisa tra il desiderio di abbandonarsi alle languide carezze di
James e
tra il timore per le sue parole, che avevano la precisa intenzione di
intimorirla.
"Allora,
promettimi che non rivedrai
Charles." - mi sussurrò con calore all'orecchio.
"Perché
non dovrei rivederlo?" - dissi
ansimando, mentre la sua mano, famelica, non cessava di accarezzare
pericolosamente il mio corpo.
"Perché
potrebbe essere pericoloso per te,
se non mi obbedirai! Io ti ho avvertita Catherine!" - il suo tono
cambiò,
da dolce e seducente, diventò improvvisamente freddo e duro.
Le
sue mani si staccarono da me, e io potei
riprendere fiducia in me stessa. Non volevo diventare la sua marionetta!
"Bene.
Dopo questa sciocca sceneggiata, ora
James esci dalla mia camera." - dissi ad alta voce, cercando di darmi
un
tono.
Perché
non avrei dovuto rivedere Charles? James
non aveva voluto dirmi i motivi, il suo avviso era stato deciso e
perentorio, e
lanciando, un'ultima occhiata di fuoco, uscì sbattendo la
porta.
“James
aveva dato per scontato, che Catherine, cresciuta ed allevata tra un
rosario e
una preghiera, la cosa che temesse di più era la perdita
della sua virtù.
In
realtà, Catherine era come tutte le donne,
tremendamente curiosa e qualsiasi divieto era solo un maggiore
incentivo per
accrescere in lei l'interesse verso tutto ciò che era
proibito..”
Durante
la notte non avevo fatto altro che
rigirarmi nel letto, cercando di trovare una possibile spiegazione a
tutto
questo odio nei confronti di Charles.
Non
conoscevo nessuno dei due in realtà, uno era
il mio fratellastro da appena due giorni e l'altro lo strano vicino di
casa che
si dilettava a leggere nel nostro giardino.
Non
ero intimorita dalle provocanti minacce di
James, cosa avrebbe potuto mai farmi?
È
vero, non ero immune al suo bel faccino, ma il
suo repentino cambiamento di atteggiamento mi aveva fatto capire che
non mi
dovevo lasciare piegare, ma accogliere la sfida !
Appena
sveglia sarei andata da mio padre a
chiedere informazioni sul conto di Charles, in fondo era il nostro
vicino di
casa.
Anche
se l'idea di chiedergli qualcosa non mi
entusiasmava e non volevo condividere niente con lui, ero talmente
decisa, che
niente mi avrebbe fermata.
Non
avevo chiuso occhio, rapidamente mi vestì e
mi diressi nel suo ufficio, e soprapensiero, cercando di pensare alle
parole
giuste da usare, entrai senza bussare.
Non
c'era nessuno, evidentemente era ancora
troppo presto, stavo per andarmene, quando la mia attenzione fu
attratta da un
magnifico dipinto.
Era
il ritratto di una donna, talmente magnetico
e luminoso, che mi avvicinai per ammirarlo con maggiore attenzione,
cercando di
cogliere tutti i più piccoli particolari. Nel quadro, la
donna stava affacciata
a una finestra, intenta a osservare il paesaggio, senza curarsi, che un
capace
pittore le stava cercando di “rubare”
l’intensità dello suo sguardo e la
dolcezza del sorriso.
"Lady
Susan" era intitolato.
Appena
lessi il nome, calde lacrime rigarono il
mio volto, lacrime che per molti anni erano sempre state ricacciate
indietro,
che adesso ebbero libero sfogo.
Susan
era il nome di mia madre.
Non
l'avevo mai conosciuta, non avevo suoi
ricordi, e non avevo nemmeno mai visto il suo viso.
Nessuno
poteva assicurarmi che quella era mia
madre, eppure il mio cuore mi diceva che era lei.
Quante
volte avevo desiderato conoscerla, quante
volte avevo sperato che mi portasse via dal collegio, ma avevo sempre
cercato
di farmi forza, imponendomi di non pensare di aver avuto anche io una
madre,
come tutte le mie compagne.
Non
avevo mai chiesto niente a mio padre su di
lei, ero stata così brava in tutti questi anni, e come mai
proprio adesso il
peso di questo dolore mi stava schiacciando?
Lo
so, era una ferita che non si era mai
rimarginata, ma che adesso si stava riaprendo disperatamente.
Mio
padre, entrando nel suo studio, mi trovò in
quest'imbarazzante situazione. Appena mi vide ebbe un attimo di
esitazione:
"Catherine, cosa ci fai qui? E cosa sono questi occhi gonfi? Ma non ti
vergogni? Ti avrei dovuta lasciare marcire in quel collegio di monache."
"Forse
era meglio, invece che rimanere qua
a mendicare la tua pietà." - pensai con rabbia.
Tutte
queste emozioni mi fecero dimenticare il
motivo per cui ero entrata, tutto era confuso nella mia testa, e non mi
interessava nemmeno più soddisfare la mia femminea
curiosità su Charles.
Com’era
buffo, vero?
Un
minuto prima volevo vendicare la mia dignità
ferita dalle sensuali provocazioni di James, e un attimo dopo tutto
questo mi
sembrava una grande banalità.
In
tutti questi anni non avevo mai odiato mio
padre, mi era semplicemente indifferente e in cuor mio gli ero stata
anche
grata di avermi richiamato a casa, però, la vista del
ritratto aveva cambiato i
miei sentimenti per lui.
Non
chiedevo un gesto d'affetto da parte sua o
una parola dolce, solo che mi avesse parlato di mia madre, almeno
rivelarmi
come era morta, credo che questo sia il diritto di ogni figlia.
Tirando
fuori il fazzoletto dalla tasca, mi
asciugai in fretta gli occhi e guardai mio padre senza abbassare lo
sguardo.
Non
mi volevo mostrare debole davanti a lui, era
stato uno stupido errore pensare di renderlo complice della mia vita.
"Ero
solo passata a chiederti, se potevi
mandare l'autista a vedere se i miei abiti siano pronti. Buona
giornata."
Forse
se fossi stata meno accecata dal dolore,
avrei notato che mio padre, tutto questo tempo, non aveva mai staccato
gli
occhi dal volto di Susan..
Allo
specchio, vidi nel riflesso un visino ancora un po’ sconvolto.
Notai
che la litigata con mio padre, aveva avuto l’effetto di
incrementare la
circolazione delle mie guance che apparivano molto arrossate.
Avrei
potuto tranquillamente evitare di truccarmi per settimane, pensai con
amarezza.
Non
ero solo triste, ma fortemente arrabbiata, un profondo odio mi aveva
assalito e
si mischiò al dolore.
Oh
quanto me ne sarei voluta andare!
Per
una donna non era facile essere indipendente di questi tempi, e non
potevo
lasciare questa casa tanto facilmente, se non con un anello al dito e
accompagnata da un marito.
Ci
mancava
solo che mio padre per liberarsi di me, mi giocasse pure lo scherzo di
un
matrimonio combinato.
Dalla
rabbia sbattei un vaso per terra, un prezioso vaso che si ruppe in
mille pezzi,
un triste paragone con quello che era successo poco fa al mio cuore,
quando
avevo visto il ritratto.
Benissimo,
un altro motivo per cui mio padre si sarebbe dovuto disfare di me, una
signorina per bene non può permettersi simili colpi di testa.
“Cosa
sta succedendo qua? Ho sentito un forte rumore” –
entrò nella camera, preoccupata,
la mia matrigna.
“Ci
mancava solo lei!” – fu il mio primo pensiero.
La
donna si limitò a osservare i cocci per terra e se ne
andò.
Fantastico!
Dovrei andare subito a preparare la valigia, sicuramente la Signora
starà
andando a riferire a mio padre che la sua amatissima figlia era uscita
di
testa.
All’improvvisò
rientrò, accompagnata dalla cameriera e le ordinò
di pulire immediatamente
questo disastro: “Meglio che tuo padre non se ne
accorga.” – mi sussurrò.
Rimasi
senza parole, perché questo inaspettato gesto di gentilezza
da una persona che
nemmeno mi conosceva?
Appena
la cameriera uscì, la mia matrigna mi si accostò:
“Siediti
Catherine. Non so cosa sia successo, immagino che tu abbia avuto una
discussione con tuo padre, vero?”
“Beh..”
– cercai di giustificarmi.
“Non
importa, non sono venuta qua per andare a fare la spia.
Ti
voglio solo dare un consiglio, da donna a donna.
Cerca
di cambiare atteggiamento, tutto questo tuo spirito combattivo non
farà altro
che danneggiarti.
Le
donne, come sai, contano meno di niente, siamo solo un
bell’ornamento, come questo
grazioso vaso che hai appena rotto, con il sacro obbligo di mostrarci
sempre
sorridenti e obbedienti.
Gli
uomini non sono veramente interessati a conoscere quello che le nostre
belle testoline
pensano, ci ritengono semplicemente inferiori e poco brillanti.
Ricordati,
alle donne non si addicono le guerre.
Noi,
però abbiamo un vantaggio, chi meglio di noi conosce la
“scienza dell’apparire”?
Mostrati più incline all’obbedienza e vedrai che
tuo padre non ti manderà via,
così come ha minacciato poco fa, appena gli ho annunciato
che la colazione era
pronta.
Tutto
è apparenza, tutto è inganno, un gioco, in cui
solo i più accorti sopravvivono,
quindi non lasciarti incantare dalla stupida moralità che ti
hanno insegnato in
quel collegio, e impara l’arte della
dissimulazione.”
Ascoltai
questo bizzarro discorso, disgustata.
La
repulsione verso questa donna, che stava cercando di insegnarmi a
“sopravvivere”, era insopportabile.
Più
la guardavo e più associavo al suo viso, che avevo
considerato solo un po’ anonimo,
un grande ribrezzo.
Non
ero una sciocca idealista, convinta che il mondo fosse buono e che mi
avrebbe
preservato da ogni pericolo, ma non mi sarei mai abbassata a sporcare
la mia
morale per compiacere qualcuno.
Forzatamente
cercai di sorriderle:
“La
ringrazio, per aver fatto pulire la mia stanza.” –
mi limitai a dirle.
“Rifletti
su quello che ti ho appena detto Catherine, lo dico solo per il tuo
bene.”
Appena
uscì scoppiai a ridere, ma in che posto ero finita?
Era
stata una mattinata al limite dell’assurdo, per fortuna che
mi era rimasto
l’appetito.
Rubacchiai
in cucina qualche biscotto e mi addentrai nel giardino, per passeggiare
e
prendere un po’ d’aria.
Le
mie gambe mi condussero, inconsapevolmente, nello stesso punto in cui
per la
prima volta vidi Charles, che stava leggendo il suo libro.
E
all’improvviso, ripensando a quella dolce mattina,
così tanto diversa da questa,
fui assalita dalla folle e insensata idea di scavalcare anche io la
siepe..
Sì,
lo so, è un capitolo un po’ triste rispetto ai
precedenti.
Spero
che il prossimo faccia tornare un po’ di buon umore alla
protagonista!
Ringrazio
chi segue la mia storia e chi ha recensito !
A
prestooo
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