Lamentele di una giovane ragazza di provincia

di Neuilly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'arrivo a casa ***
Capitolo 2: *** Le palpitazioni del cuore, che ti fanno sciogliere, come neve. ***
Capitolo 3: *** Al di là della siepe ***
Capitolo 4: *** Allo specchio ***



Capitolo 1
*** L'arrivo a casa ***


Seduta, osservando fuori dal finestrino del treno, pensavo a quello che finalmente stavo lasciandomi alle spalle. 
Gli anni di solitudine al collegio non erano stati facili, finalmente potevo andare a vivere con mio padre, dopo quello che avevo considerato come la mia prigionia, il periodo trascorso nel rigido collegio delle suore. 
Rinchiusa dall'età di 4 anni, senza aver mai avuto la possibilità di visitare nient'altro che il giardino circostante e lo squallido paesino adiacente e, ora maggiorenne, ero stata richiamata a casa.
Mio padre si era risposato con una vedova. Non conoscevo la mia matrigna, sapevo solo che era molto ricca e aveva un figlio poco piú grande di me.
Mi auguravo che questo viaggio durasse per sempre, un treno che mi portasse a conoscere il mondo, posti nuovi, questa era la mia sciocca illusione, dovuta probabilmente all'aria di libertà che stavo respirando, dopo tanti anni di reclusione e questa, era per me un'esperienza nuova e inebriante.
In realtà non mi interessava compiacere mio padre, quindi, al mio arrivo di certo non gli avrei gettato le braccia al collo.
Sapevo bene che era un uomo freddo e duro, le rare volte che mi aveva fatto visita al collegio a mala pena mi aveva rivolto la parola, quasi con forzata cortesia.
Differentemente da quello che si può credere, la cosa non mi importava, per me era un estraneo, un uomo che a Natale mi inviava un libro di preghiere e ogni tanto una lettera.

Il treno procedeva spedito, distrattamente guardavo fuori dal finestrino, e ogni tanto lanciavo un'occhiata veloce ai miei compagni di viaggio.
Non erano interessanti, ma per una ragazza rinchiusa per tanti anni in un triste collegio di montagna, tutto era una novitá e una scoperta.
Gi abiti delle donne raffinate suscitavano in me grande ammirazione, mentre io, con questo castigato abito nero, quanto avrei desiderato scambiarlo con la signora seduta accanto a me!
Questi frivoli pensieri mi accompagnarono durante il viaggio, ogni tanto riuscì ad appisolarmi, ma la frenesia si era impossessata di me e tutto ciò che accadeva mi teneva sveglia e attiva.

Arrivai in tarda serata, spaesata scesi dal treno e mi diressi fuori dalla stazione. Non sapevo chi mi sarebbe venuto a prendere, non mi illudevo ovviamente che sarebbe potuto venire mio padre.
Aspettai lì sola per qualche ora, la fame stava crescendo e cominciavo a sentire la fatica di questo lungo viaggio. 
Avevo sempre odiato aspettare e il tempo non sembrava passare mai, purtroppo la città mi era sconosciuta e non me la sentivo di avventurarmi da sola, per paura che finalmente qualcuno si sarebbe degnato di venirmi a prendere.
Intanto il buio si stava mangiando la notte, quando all'improvviso fui investita dai fari di una macchina.
"È lei la signorina Catherine?"
"Sí, sono io."
"Sono l'autista di suo padre. Sono venuta a prenderla."
Salì nell'auto, sperando solo che il tragitto fosse breve e non vedevo l'ora di dormire in un letto caldo e morbido.

La casa si ergeva maestosa, circondata da un fitto bosco, sembrava un misto tra un'immagine di un libro di fiabe, ma allo stesso tempo conservava quell'alone misterioso degno del più macabro romanzo gotico.
Venne ad aprirmi la cameriera, per mia sfortuna era tutto buio, tutti stavano dormendo e non riuscì a scorgere quasi nulla con la timida luce della candela che la domestica mi aveva consegnato. Probabilmente si era appena svegliata, perché mi sembrò poco incline ad accogliermi con la dovuta cortesia.
"É molto tardi, la sua stanza é la terza a destra salendo per questa scalinata."- mi disse burbera.
Confusa, salì le scale, senza sapere dove ero diretta.
Avevo fame, non avevo toccato cibo dalla mattina, ma la stanchezza stava prevalendo e non avevo il  coraggio di avventurarmi in questa casa buia, senza sapere dove fosse la cucina.
L'indomani avrei curiosato, con la luce del giorno, ma non adesso.
Le indicazioni della cameriera erano state poco precise, non riuscivo a orientarmi in quest'oscurità, avrei voluto che mi avesse accompagnato.
Davanti a me c'erano diverse porte, quale poteva condurmi al letto tanto desiderato ?
Contai 1,2,3 era la terza a sinistra o a destra?
Aprì una porta e fui pervasa da un buon profumo di lavanda, la camera sembrava pulita e appena sistemata.
Di sicuro era la mia, non c'erano dubbi ed ero così stanca, che spensi la candela e mi addormentai quasi subito, sopraffatta dalle emozioni della giornata.

"E tu chi sei?"
Una voce decisa mi svegliò di colpo.
Era giá mattina, potevo scorgere la luce dalle finestre e vidi il volto di un giovane divertito e stupito. 
"Non credevo che mia madre, per prorogare la mia permanenza in questa casa, sarebbe arrivata a infilarmi delle donne nel letto"
Ero piena di vergogna, non sapevo cosa rispondere. Era tutto un equivoco!
"Catherine cosa stai facendo in camera di James?"- la voce di mio padre mi riscosse dalla vergogna.











  

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Capitolo 2
*** Le palpitazioni del cuore, che ti fanno sciogliere, come neve. ***



Seduta a tavola, in attesa della colazione, ancora piú irrigidita del mio solito per il brusco risveglio e perchè il colletto del mio antiquato abito nero mi sembrava ancora piú opprimente.
Avrei voluto uscire in giardino per prendere un po' d'aria, cercando di scordare quello che era successo stamani.
Non mi importava niente del successivo rimprovero di mio padre, una signorina ben educata non si deve infilare nel primo letto che trova a sua disposizione e la stanchezza non è un valida giustificazione!
La ramanzina mi faceva sorridere, chissà cosa avrebbe pensato quella bigotta della Madre Superiora?! 
No, non ero turbata da tutto questo. Stavo semplicemente ripensando al sorriso beffardo del giovane che mi aveva trovato nel suo letto..

James era appena arrivato a casa della madre e si era ritrovato nella sua stanza una donna! 
Beh non esageriamo, nel pensarci le mie guance si arrossavano, non mi ero mai sentita una donna, una che avrebbe potuto spingere un uomo a saltarle addosso.

Fui persa nei miei pensieri, finché non scese anche mio padre per la colazione con la sua consorte. 
Ovviamente, mi presentó quella, che da quel momento sarebbe diventata la mia matrigna, senza troppe cerimonie.
Era una donna magra e con il viso severo, come nella migliore tradizione delle favole, peró non mi sembrò che mi guardasse in modo ostile, forse sapeva bene che non le avrei mai portato via l'affetto di mio padre, perché, in effetti lui per me non ne provava affatto.
Il giovane, che avevo conosciuto al mio risveglio, era suo figlio,  come capì subito quando la salutò e si sedette accanto a lei.
Il pasto proseguì in silenzio, interrotto, ogni tanto dalle domande di mio padre a James, sul suo lavoro.
Nessuno mi rivolse la parola, nessuno mi chiese come era andato il viaggio, nessuno si chiese dove ero stata fino a quel momento, visto ero comparsa così all'improvviso.
Evidentemente, pensai con una certa malizia, la curiosità, di certo, non era un difetto della mia famiglia, e già ero abituata alla solitudine e a rifugiarmi nella lettura, per passare il tempo più piacevolmente.
James non rivolse mai lo sguardo su di me, il che era veramente un peccato.

Quando mio padre si congedò, iniziai un solitario giro della casa, che era veramente enorme e piena di stanze, con una biblioteca grandissima e ben fornita, ma molto polverosa, probabilmente il luogo meno frequentato della casa.
Stanca del mio girovagare senza meta, decisi di avventurarmi nella ricerca della mia vera camera, confidando che con la luce del sole, l'avrei trovata senza problemi.
All'improvviso, mentre attraversavo un corridoio, mi sentí afferrare con una stretta forte e decisa.
Era James, che con il suo sorriso beffardo mi guardava dall'alto in basso.
"Dove stai andando? Camera mia é la porta a destra? Non ti piacerebbe venire a farmi compagnia?"
"Signore, sono dispiaciuta per stanotte.. Il buio..la stanchezza.."
"Tesoro non devi scusarti, anzi é stata una piacevole sorpresa trovarti avvolta nelle mie coperte, peccato solo che tuo padre é arrivato proprio nel momento piú sbagliato, non trovi ?"
E dicendo questo, mi strinse più vicina a lui.
Io non sapevo cosa rispondere, non ero abituata a simili confidenze e non ero avvezza a saper tener testa a un uomo, soprattutto a un uomo, che quando si avvicinava, mi faceva mancare l'aria.
Mi guardò ancora, come se volesse aggiungere qualcos'altro, ma se ne andó sogghignando, lasciandomi lì impalata come una scema.

Raggiunta la mia camera, mi gettai sul letto, con il cuore che mi batteva nel petto e lo sguardo perso nel soffitto.
Che sciocca ragazzina, farsi zittire da uno sconosciuto e chissà con quali occhi da pesce lesso l'avevo guardato.
Onestamente, ero molto affascinata da James, non avevo mai incontrato molti uomini, ma lui mi sembrava di una bellezza decisamente superiore alla media, però ero terribilmente delusa da me stessa, non avevo saputo tenergli testa ed era bastato solo un suo sguardo, per farmi sciogliere come neve.









    

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Capitolo 3
*** Al di là della siepe ***


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AL DI LÁ DELLA SIEPE 





Ripresa dall'imbarazzo, ripromisi a me stessa di comportarmi con più maturità se avessi rincontrato James. 

In effetti, non c'era dubbio, lo avrei rivisto molto presto, dato che abitavamo sotto lo stesso tetto !
Era chiaro che le sue attenzioni non mi erano indifferenti, lui non mi era indifferente.
Scossi la testa, alla fine ero solo una giovane ragazzina che era stata reclusa fino a ieri in un collegio, ma cosa ne potevo sapere dell'amore ?! E poi amore ? No, non era possibile che nella mia testa potevano esserci simili pensieri.
Mi alzai di scatto dal letto, lasciandomi alle spalle questa dolce indolenza che mi aveva sopraffatta e decisi di occupare più proficuamente il mio tempo.
Una bella passeggiata in giardino era proprio quello che ci voleva!

Se avevo trovato la casa bellissima, il giardino mi sembrò davvero meraviglioso.
Un paradiso avvolto da piante misteriose, di qualsiasi tipo, e fui pervasa da mille profumi, tanto che persi la cognizione del tempo, ubriacata da questo inebriante odore.
Le ninfee galleggiavano indisturbate nel laghetto, confusa in quest'atmosfera eterea, mi aspettavo di veder comparire all'improvviso piccole fate o spiritelli e invece, scorsi, disteso nel prato un giovane intento nella lettura.
Rimasi incantata a guardarlo per molto tempo, era una strana creatura, che perfettamente si ambientava con l'atmosfera magica che mi aveva rapito.
Forse era il guardiano del giardino, pensai, uno spirito angelico che proteggeva e custodiva la natura circostante.
Finalmente, dopo quella che mi sembrò un'eternità, il giovane alzò lo sguardo dalla pagina e mi vide.
"E tu chi sei?"- mi disse.
L'incantesimo si ruppe, precipitai subitamente nella realtà e mi avvicinai a lui, per guardarlo meglio.
Era biondo, con occhi grandi, sembrava un bimbo, anche se doveva avere la mia età, anzi sicuramente aveva più anni di quelli che dimostrava.
"Allora ti hanno tagliato la lingua?"
"Sono la figlia del proprietario della casa, mi chiamo Catherine !"
"Ah non sapevo che il signor Stevens avesse figli suoi! E come mai non ti ho mai vista?"
"Sono rimasta in collegio fino a quando ho compiuto diciotto anni, e poi mio padre ha ritenuto essenziale la mia presenza qui. E invece tu?" - dissi, rivolgendomi alla creatura misteriosa.
"Piacere, sono Charles. Abito nella casa accanto, vedi ad di là della siepe? A volte me ne vengo qui nel vostro giardino a leggere, credo che qui ci sia qualcosa di magico, non trovi?"- e cominciò a guardarmi così intensamente, che non riuscì a sostenere lo sguardo. 
Mi rendevo conto che la situazione era surreale, un completo sconosciuto nel mio giardino, talmente affascinante che risplendeva, avvolto nella sua angelica figura, tanto che, nella mia assurda ingenuità, per un attimo, vedendolo assorto nella lettura, non credevo nemmeno che fosse umano.
Invece era lì, che mi sorrideva, come un cucciolo desideroso di attenzioni.
Si alzò in piedi, e in realtà era più alto di quanto avessi creduto, e con gentilezza, disse:
"Tieni, ho appena finito di leggerlo"- porgendomi il suo libro - "mi raccomando, restituiscimelo appena lo hai finito, credo che lo troverai interessante."  
E con queste parole si congedò con un inchino e si allontanò, scavalcando con un rapido salto la siepe che delimitava il giardino, mentre il mio sguardo seguiva ogni suo movimento, finché sparì dalla mia vista.

Meccanicamente rientrai in casa, l'ora di pranzo era stata da molto superata, anche se non sentivo la fame, anzi in realtà non sentivo proprio niente, ero in uno stato di totale atarassia.
Charles andandosene, era come se si fosse portato via un pezzo di me.
Strinsi nelle mani il suo libro e odorai il buon profumo di pelle della rilegatura.
"Catherine, cosa fai lì impalata ?"- disse mio padre con voce pungente.
Nascosi, istintivamente tra le pieghe del vestito il libro: "Niente padre, sono andata a fare una passeggiata." - non avevo la minima intenzione di giustificarmi con lui.
"Che bella vita la tua, tutto il giorno a oziare eh? E poi cosa sono questi stracci che hai addosso da quando sei arrivata? Non te ne puoi andare in giro conciata così, sembri una cameriera. Oggi andrai con l'autista in città e vai a comprare qualcosa di decente da mettere."
Non potevo credere alle mie orecchie, gli avrei gettato le braccia al collo, se nel suo tono non ci fosse stata tutta la freddezza che lo contraddistingueva.
Subito la mia mente si spostò sull'immagine delle belle signore che avevo visto sul treno e sulla loro eleganza.


Le luci della città mi entusiasmarono, sembravo una bimba entrata in un negozio di giocattoli, tanto che l'autista sorrise, quando vide nel mio volto un genuino stupore.
Mi accompagnò all'atelier del sarto di famiglia.
Il locale era frequentato dalle signore della più alta società, donne che facevano dello sfoggio dell'abito un vanto, il quale diventava una possibile arma di seduzione.
Erano appesi ai manichini molti vestiti, ognuno per le varie occasioni, e qualsiasi scelta poteva diventare, per queste donne, particolarmente vanitose, una trappola, in quanto si  sottoponevano allo spietato giudizio delle amiche.
Per fortuna, tutti questi problemi non attraversarono la mia giovane mente, troppo poco avvezza alla moda e soprattutto alla maldicenza femminile.
Cosa scegliere, quali tessuti, quali decorazioni?
Fui accolta da un ometto piccolo e tarchiato, che con melliflua cortesia mi aiutò nella scelta e affidandomi anche al mio gusto, ordinai un abito a "collo di cigno", privo di particolari ornamenti e che mi avrebbe lasciata libera nei movimenti, una giacca lunga con maniche strette sugli avambracci, una gonna morbida sui fianchi, svasata e un abito con decorazioni di paillettes e perline. 
Il sarto prese le misure e soddisfatta me ne tornai a casa, non vedendo l'ora di indossare queste meraviglie.

La mia gioia fu di breve durata, quando, salendo in camera, scoprì che il libro di Charles, che avevo lasciato sul letto, era sparito.
Chi poteva averlo preso? Forse la cameriera l'aveva riposto in biblioteca dopo aver spolverato?
"Hai perso qualcosa ?"- sentì la voce di James, che si era affacciato alla porta della mia stanza e.. con in mano il libro.
"Cosa ci fai con il mio libro ?"
"Dolcezza sappiamo entrambi che questo non è il tuo libro."
E cominciò ad avvicinarsi pericolosamente, con il suo incedere sicuro: "Dimmi Catherine, chi ti ha dato questo libro?"
"Era in biblioteca"- mentì, cercando di apparire sicura di me.
"Odio le bugie"- disse afferrandomi il viso -"sei così sciocca da non aver visto che il tuo dolce amico ha scritto il nome sulla copertina ? Se fossi in te non frequenterei certa gente, ci siamo capiti?"
"Altrimenti?"- cercai di farmi forza, nonostante la sua vicinanza non mi era indifferente.
"Te ne potresti pentire"-  disse, passando lascivamente la mano sul mio seno.
La cosa mi avrebbe dovuto sconvolgere o intimorire, in realtà sentì un fremito di piacere e desiderai che non si allontanasse da me e dal mio corpo.






Ringrazio chi ha letto la mia storia e chi ha lasciato una recensione, mi ha fatto molto piacere !:)
Spero che la presentazione di questo nuovo personaggio sia gradita, fatemi sapere cosa ne pensate! Un bacio
Neuilly





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Capitolo 4
*** Allo specchio ***


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ALLO SPECCHIO

 

 

Passarono attimi, che per Catherine sembrarono ore, divisa tra il desiderio di abbandonarsi alle languide carezze di James e tra il timore per le sue parole, che avevano la precisa intenzione di intimorirla.
"Allora, promettimi che non rivedrai Charles." - mi sussurrò con calore all'orecchio.
"Perché non dovrei rivederlo?" - dissi ansimando, mentre la sua mano, famelica, non cessava di accarezzare pericolosamente il mio corpo.
"Perché potrebbe essere pericoloso per te, se non mi obbedirai! Io ti ho avvertita Catherine!" - il suo tono cambiò, da dolce e seducente, diventò improvvisamente freddo e duro.
Le sue mani si staccarono da me, e io potei riprendere fiducia in me stessa. Non volevo diventare la sua marionetta!
"Bene. Dopo questa sciocca sceneggiata, ora James esci dalla mia camera." - dissi ad alta voce, cercando di darmi un tono.
Perché non avrei dovuto rivedere Charles? James non aveva voluto dirmi i motivi, il suo avviso era stato deciso e perentorio, e lanciando, un'ultima occhiata di fuoco, uscì sbattendo la porta. 

“James aveva dato per scontato, che Catherine, cresciuta ed allevata tra un rosario e una preghiera, la cosa che temesse di più era la perdita della sua virtù.
In realtà, Catherine era come tutte le donne, tremendamente curiosa e qualsiasi divieto era solo un maggiore incentivo per accrescere in lei l'interesse verso tutto ciò che era proibito..”

Durante la notte non avevo fatto altro che rigirarmi nel letto, cercando di trovare una possibile spiegazione a tutto questo odio nei confronti di Charles.
Non conoscevo nessuno dei due in realtà, uno era il mio fratellastro da appena due giorni e l'altro lo strano vicino di casa che si dilettava a leggere nel nostro giardino.
Non ero intimorita dalle provocanti minacce di James, cosa avrebbe potuto mai farmi? 
È vero, non ero immune al suo bel faccino, ma il suo repentino cambiamento di atteggiamento mi aveva fatto capire che non mi dovevo lasciare piegare, ma accogliere la sfida !
Appena sveglia sarei andata da mio padre a chiedere informazioni sul conto di Charles, in fondo era il nostro vicino di casa. 
Anche se l'idea di chiedergli qualcosa non mi entusiasmava e non volevo condividere niente con lui, ero talmente decisa, che niente mi avrebbe fermata.

Non avevo chiuso occhio, rapidamente mi vestì e mi diressi nel suo ufficio, e soprapensiero, cercando di pensare alle parole giuste da usare, entrai senza bussare.
Non c'era nessuno, evidentemente era ancora troppo presto, stavo per andarmene, quando la mia attenzione fu attratta da un magnifico dipinto.
Era il ritratto di una donna, talmente magnetico e luminoso, che mi avvicinai per ammirarlo con maggiore attenzione, cercando di cogliere tutti i più piccoli particolari. Nel quadro, la donna stava affacciata a una finestra, intenta a osservare il paesaggio, senza curarsi, che un capace pittore le stava cercando di “rubare” l’intensità dello suo sguardo e la dolcezza del sorriso.
"Lady Susan" era intitolato.

Appena lessi il nome, calde lacrime rigarono il mio volto, lacrime che per molti anni erano sempre state ricacciate indietro, che adesso ebbero libero sfogo.
Susan era il nome di mia madre.
Non l'avevo mai conosciuta, non avevo suoi ricordi, e non avevo nemmeno mai visto il suo viso.
Nessuno poteva assicurarmi che quella era mia madre, eppure il mio cuore mi diceva che era lei.
Quante volte avevo desiderato conoscerla, quante volte avevo sperato che mi portasse via dal collegio, ma avevo sempre cercato di farmi forza, imponendomi di non pensare di aver avuto anche io una madre, come tutte le mie compagne.

Non avevo mai chiesto niente a mio padre su di lei, ero stata così brava in tutti questi anni, e come mai proprio adesso il peso di questo dolore mi stava schiacciando? 
Lo so, era una ferita che non si era mai rimarginata, ma che adesso si stava riaprendo disperatamente.

Mio padre, entrando nel suo studio, mi trovò in quest'imbarazzante situazione. Appena mi vide ebbe un attimo di esitazione: "Catherine, cosa ci fai qui? E cosa sono questi occhi gonfi? Ma non ti vergogni? Ti avrei dovuta lasciare marcire in quel collegio di monache."
"Forse era meglio, invece che rimanere qua a mendicare la tua pietà." - pensai con rabbia.
Tutte queste emozioni mi fecero dimenticare il motivo per cui ero entrata, tutto era confuso nella mia testa, e non mi interessava nemmeno più soddisfare la mia femminea curiosità su Charles. 

Com’era buffo, vero?

Un minuto prima volevo vendicare la mia dignità ferita dalle sensuali provocazioni di James, e un attimo dopo tutto questo mi sembrava una grande banalità.
In tutti questi anni non avevo mai odiato mio padre, mi era semplicemente indifferente e in cuor mio gli ero stata anche grata di avermi richiamato a casa, però, la vista del ritratto aveva cambiato i miei sentimenti per lui.
Non chiedevo un gesto d'affetto da parte sua o una parola dolce, solo che mi avesse parlato di mia madre, almeno rivelarmi come era morta, credo che questo sia il diritto di ogni figlia.
Tirando fuori il fazzoletto dalla tasca, mi asciugai in fretta gli occhi e guardai mio padre senza abbassare lo sguardo.
Non mi volevo mostrare debole davanti a lui, era stato uno stupido errore pensare di renderlo complice della mia vita.
"Ero solo passata a chiederti, se potevi mandare l'autista a vedere se i miei abiti siano pronti. Buona giornata."
Forse se fossi stata meno accecata dal dolore, avrei notato che mio padre, tutto questo tempo, non aveva mai staccato gli occhi dal volto di Susan.. 

Allo specchio, vidi nel riflesso un visino ancora un po’ sconvolto.

Notai che la litigata con mio padre, aveva avuto l’effetto di incrementare la circolazione delle mie guance che apparivano molto arrossate.

Avrei potuto tranquillamente evitare di truccarmi per settimane, pensai con amarezza.

Non ero solo triste, ma fortemente arrabbiata, un profondo odio mi aveva assalito e si mischiò al dolore.

Oh quanto me ne sarei voluta andare!

Per una donna non era facile essere indipendente di questi tempi, e non potevo lasciare questa casa tanto facilmente, se non con un anello al dito e accompagnata da un marito.

Ci mancava solo che mio padre per liberarsi di me, mi giocasse pure lo scherzo di un matrimonio combinato.

Dalla rabbia sbattei un vaso per terra, un prezioso vaso che si ruppe in mille pezzi, un triste paragone con quello che era successo poco fa al mio cuore, quando avevo visto il ritratto.

Benissimo, un altro motivo per cui mio padre si sarebbe dovuto disfare di me, una signorina per bene non può permettersi simili colpi di testa.

“Cosa sta succedendo qua? Ho sentito un forte rumore” – entrò nella camera, preoccupata,  la mia matrigna.

“Ci mancava solo lei!” – fu il mio primo pensiero.

La donna si limitò a osservare i cocci per terra e se ne andò.

Fantastico! Dovrei andare subito a preparare la valigia, sicuramente la Signora starà andando a riferire a mio padre che la sua amatissima figlia era uscita di testa.

All’improvvisò rientrò, accompagnata dalla cameriera e le ordinò di pulire immediatamente questo disastro: “Meglio che tuo padre non se ne accorga.” – mi sussurrò.

Rimasi senza parole, perché questo inaspettato gesto di gentilezza da una persona che nemmeno mi conosceva?

Appena la cameriera uscì, la mia matrigna mi si accostò:

“Siediti Catherine. Non so cosa sia successo, immagino che tu abbia avuto una discussione con tuo padre, vero?”

“Beh..” – cercai di giustificarmi.

“Non importa, non sono venuta qua per andare a fare la spia.

Ti voglio solo dare un consiglio, da donna a donna.

Cerca di cambiare atteggiamento, tutto questo tuo spirito combattivo non farà altro che danneggiarti.

Le donne, come sai, contano meno di niente, siamo solo un bell’ornamento, come questo grazioso vaso che hai appena rotto, con il sacro obbligo di mostrarci sempre sorridenti e obbedienti.

Gli uomini non sono veramente interessati a conoscere quello che le nostre belle testoline pensano, ci ritengono semplicemente inferiori e poco brillanti.

Ricordati, alle donne non si addicono le guerre.

Noi, però abbiamo un vantaggio, chi meglio di noi conosce la “scienza dell’apparire”? Mostrati più incline all’obbedienza e vedrai che tuo padre non ti manderà via, così come ha minacciato poco fa, appena gli ho annunciato che la colazione era pronta.

Tutto è apparenza, tutto è inganno, un gioco, in cui solo i più accorti sopravvivono, quindi non lasciarti incantare dalla stupida moralità che ti hanno insegnato in quel collegio, e impara l’arte della dissimulazione.”

Ascoltai questo bizzarro discorso, disgustata.

La repulsione verso questa donna, che stava cercando di insegnarmi a “sopravvivere”, era insopportabile.

Più la guardavo e più associavo al suo viso, che avevo considerato solo un po’ anonimo, un grande ribrezzo.

Non ero una sciocca idealista, convinta che il mondo fosse buono e che mi avrebbe preservato da ogni pericolo, ma non mi sarei mai abbassata a sporcare la mia morale per compiacere qualcuno.

Forzatamente cercai di sorriderle:

“La ringrazio, per aver fatto pulire la mia stanza.” – mi limitai a dirle.

“Rifletti su quello che ti ho appena detto Catherine, lo dico solo per il tuo bene.”

Appena uscì scoppiai a ridere, ma in che posto ero finita?

 

 

Era stata una mattinata al limite dell’assurdo, per fortuna che mi era rimasto l’appetito.

Rubacchiai in cucina qualche biscotto e mi addentrai nel giardino, per passeggiare e prendere un po’ d’aria.

Le mie gambe mi condussero, inconsapevolmente, nello stesso punto in cui per la prima volta vidi Charles, che stava leggendo il suo libro.

E all’improvviso, ripensando a quella dolce mattina, così tanto diversa da questa, fui assalita dalla folle e insensata idea di scavalcare anche io la siepe..

 

 

Sì, lo so, è un capitolo un po’ triste rispetto ai precedenti.

Spero che il prossimo faccia tornare un po’ di buon umore alla protagonista!

Ringrazio chi segue la mia storia e chi ha recensito !

A prestooo 

 

 

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