Exhale_______Pronti a Cadere di lexie (/viewuser.php?uid=23138)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cadute Indietro ***
Capitolo 2: *** Ritorno Alla Memoria ***
Capitolo 3: *** Due Stelle e Un Cane ***
Capitolo 4: *** In Qualche Luogo Un Orologio Ticchettava ***
Capitolo 5: *** Tu Chiamami Cometa Dolce e Fattissimo Poeta ***
Capitolo 6: *** Perfetto Il Giorno Muore ***
Capitolo 7: *** E L'Alba Brucia Più Di Quanto Illumini ***
Capitolo 8: *** Serpi, Madre Mi Chiamano... ***
Capitolo 9: *** L’Aurora Non E’ Ancora Timida Beltà ***
Capitolo 1 *** Cadute Indietro ***
Exhale
Pronti A
Cadere
Capitolo Primo
<<
Cadute Indietro >>
La
punizione era finalmente finita. Harry prese la sua borsa e corse alla
porta. Mentre la apriva si voltò a guardare Piton, poi
uscì senza aggiungere altro, chiudendo con attenzione la
porta. La cicatrice gli pulsava dolorosamente. Sapeva che avrebbe
trovato Ron ed Hermione in biblioteca a lavorare sull’ultima
valanga di compiti della Umbridge, ma non volle raggiungerli subito.
Gli avrebbe raccontato tutto dopo, ora aveva bisogno di tempo
per riprendersi; si sentiva male. Così prese a
camminare lungo i corridoi, dove i quadri assonnati del terzo piano lo
osservarono incuriositi. All’improvviso qualcosa
attirò la sua attenzione attraverso la vicina finestra. Un
rapido movimento. Una piccola volpe rossa era appena venuto fuori dal
Platano Picchiatore, che era stranamente immobile.
“Sarà
solo il gatto di qualche studente che va a caccia” si disse.
Ma poi gli ritornò alla memoria un ricordo di poco meno di
due anni prima, di Ron che veniva trascinato da un grosso cane nero
all’interno del Platano Picchiatore, la Stamberga Strillante,
un passaggio segreto che portava fuori dai confini di
Hogwarts…o dentro. E poi, come gatto, era un po’
strano. La reazione di Harry fu istantanea, la mano destra
afferrò la bacchetta, la stanchezza ed il dolore svanirono,
così si accinse a raggiungere il portone per seguire quella
volpe o qualunque cosa fosse realmente quella volpe. Sapeva che,
benché l’ora non fosse tarda, se fosse stato
trovato a gironzolare da solo, sarebbe stato sospetto. Ma mentre
percorreva il corridoio per raggiungere il portone, la vide. La volpe
era già dentro e con massima tranquillità si
dirigeva verso una scalinata che portava al piano superiore. Harry con
estrema cautela la seguì con la bacchetta ben salda nella
mano destra, ma non la fermò, voleva scoprire cosa stava
facendo quella dannata bestiaccia. Così si
ritrovò al corridoio del settimo piano dove un isolato
gargoyle si ergeva contro la parete, c’era vicino, avrebbe
potuto afferrarla, ma si bloccò prima di svoltare
l’angolo. Una figura stava in piedi accanto alla statua. Non
appena la volpe la vide, guaì soltanto ed il Preside,
sorridendo, si spostò appena, lasciando che la volpe lo
sorpassasse. Ci fu qualche parola sussurrata e mentre Silente si
voltava, il gargoyle si spostò rivelando una scala a
chiocciola. In pochi secondi la figura del Preside e quella
dell’ animale sparirono. Harry rimase lì ancora
per un po’, non sapendo cosa fare. Tornò alla sala
comune dove trovò Ron ed Hermione svegli ad aspettarlo e
raccontò loro tutto quello che aveva visto in quella strana
sera.
Nel
frattempo, dopo aver varcato la porta col battente d’ottone,
la volpe si sedette e cominciò a guardarsi attorno,
osservando incuriosita i quadri dei vecchi presidi sonnecchiare e Fanny
che ricambiava lo sguardo curioso. Intanto Silente andò a
sedersi alla sua scrivania, ricoperta di fragili strumenti
d’argento che continuavano a muoversi, emettendo buffi rumori
e del fumo.
“Daire
Iris Peverell… da quanto tempo. Per quanto sia un vero
piacere vederti di nuovo qui, permettimi di ricordati che da questo
momento, non sei più al sicuro. Ma confido nel fatto che tu
questo lo sappia…” nonostante queste parole, la
voce di Silente non suonava arrabbiata, anzi egli rivolse un gran
sorriso alla donna che si parava dinanzi. Al posto della volpe, ora
c’era una donna alta e molto magra, dai lunghi e
mossi capelli color amaranto e dagli occhi verdi, un incarnato di luna.
Indossava una lunga veste nera con uno scollo che lasciva vedere le
spalle dritte ed il collo, attorno al quale portava una collana con
delle pietre verdi incastonate in una pesante montatura d’oro
bianco. Era bella, dall’ aria estremamente superba e nobile.
Stava lì, in piedi accanto al trespolo di Fanny con lo
sguardo perso nel vuoto, ma non appena il Preside finì di
parlare, lo sguardo tornò vigile ed attento e si
posò su di lui.
“So
bene che questo non era il momento adatto per tornare qui e che non
appena il mio affezionato parente avrà sentore del mio
ritorno, non esiterà a venirmi a cercare. E di sicuro non lo
farà per darmi il bentornato in famiglia, ma tanto prima o
poi sarebbe venuto a cercarmi comunque…tanto vale che mi
prenda qui, almeno non mi troverà rintanata come un coniglio
in chissà quale posto sperduto” aveva parlato in
maniera del tutto piatta, non era traspirata alcuna emozione dalla sua
voce atona, eppure un velo di tristezza le aveva coperto gli occhi
verdi. Silente si alzò scuotendo piano la testa e sorridendo.
“Cosa
sentono le mie povere vecchie orecchie, la seconda volta che mi viene
fatto questo discorso in un giorno. Ormai sei qui e devo dire anche con
un certo ritardo, mi dispiacerebbe far raffreddare la cena.”
detto questo si volto verso il quadro di uno dei vecchi presidi.
“Phineas
per favore saresti così di gentile da dire a Molly che sto
arrivando e che con me ho un ospite per la cena…”.
Daire,
osservò incuriosita l’uomo uscire a grandi passi
dal quadro, cercando di ricordare qualcosa. Aveva già visto
altrove quel quadro, ma non riusciva a ricordare dove. Silente
capì a cosa stava pensando e le lasciò il tempo
per provare a ricordare, sebbene sapesse che non avrebbe potuto avere
un ricordo preciso. Ed ecco l’immagine di quel quadro in un
corridoio tornarle alla mente. Un corridoio di una casa di Londra, dove
era stata molte volte, la prima durante le vacanze estive nei suoi
quindici anni. Ed era stata triste, davvero triste , ma non
riuscì a ricordare altro.
Silente
capì che non riusciva a ricordare e si affrettò
nel distrarla, le si avvicinò e le offrì il
braccio.
“Mia
cara, non priviamo ancora gli altri della tua vista. Andiamo. Sapendo
del tuo arrivo, ho fatto allestire una Passaporta, è il modo
più sicuro per raggiungere la nostra meta. Il Quartier
Generale dell’Ordine della Fenice che si trova al numero
dodici di Grimmauld Place a Londra.”
Così
avanzò e toccò insieme al Preside un bollitore
annerito e mentre sentiva un sussulto potente all’altezza
dell’ombelico e la terra svanire sotto i suoi piedi, i
ricordi le vorticavano nella mente.
“Il
Quartier Generale dell’Ordine della Fenice che si trova al
numero dodici di Grimmauld Place a Londra”
quelle poche parole avevano fatto sì che il ricordo sbiadito
di prima venisse sostituito da quello del corridoio con il quadro di
Phineas Nigellus che portava ad una stanza da letto, dove due
adolescenti se ne stavano zitti, distanti, mentre i loro genitori in
salotto parlavano di mantenere “pura la discendenza”.
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Capitolo 2 *** Ritorno Alla Memoria ***
Capitolo Secondo
<< Ritorno Alla
Memoria >>
I loro piedi toccarono terra, mentre il
bollitore cadde con uno schianto e Daire riaprì gli occhi;
erano arrivati in un cupo corridoio, dove un candelabro appeso al
soffitto, a forma di serpente, brillava sopra di loro e i ritratti
anneriti da tempo affollavano i muri. Si udirono dei passi e la signora
Weasley emerse da una porta all’altro capo
dell’ingresso. Sorrise in segno di benvenuto andando verso di
loro, anche se il suo volto lasciava trapelare una certa diffidenza nei
confronti dell’ospite.
“Molly, lei è la signorina Daire Peverell.
Starà qui a Grimmauld Place per un certo periodo. So per
certo che verrà accolta molto calorosamente” poi
le sorrise, come se portare all’interno del Quariter Generale
dell’Ordine della Fenice un estranea fosse una cosa normale.
Molly esitò con aria preoccupata e Silente, notandolo si
sbrigò nell’aggiungere : “Suvvia, le
spiegazioni rimandiamole a dopo, non vorrai far aspettare ancora un
vecchio per la sua cena?”
Così Silente, che sembrava alquanto divertito,
offrì il braccio ad una Daire perplessa e taciturna, mentre
la signora Weasley faceva strada verso una porta che conduceva in
cucina. Poco meno tetra dell’ingresso , era una stanza
cavernosa con le pareti di pietre viva. La luce proveniva per lo
più da un gran fuoco all’altra
estremità. Al capo di un lungo tavolo di legno stava Remus
Lupin, chino su una pergamena. La signora Weasley si schiarì
la voce. Remus si guardò intorno e il suo sguardo si
posò inevitabilmente su Daire. Davanti ai suoi occhi si
riproponeva la stessa scena che si era proposta agli occhi di Silente
poco prima. Una donna algida e superba.
“Peverell…” esclamò Remus.
“Lupin…” rispose Daire con un cenno del
capo come saluto, mentre lui le si avvicinava. Silente distrasse la
signora Weasley, discutendo del miglior modo per cucinare una zuppa di
cipolle.
“Cosa ci fai qua?Non fraintendermi, ma credevo che non ti
avrei mai più rivista. O perlomeno non in questa
casa…”
“Cosa ci vuoi fare, Remus” cominciò lei,
prendendo a camminare per la cucina “molti sono stati i
motivi che mi ha riportato in Inghilterra. Accontentati di uno solo:
volevo cambiare clima. E non chiedermi gli altri, non mi va di
raccontarti bugie” terminò seccata. Era
evidentemente agitata.
“Vorrà dire che mi accontenterò. Ma
credo che lui non farà altrettanto. Lo sai,vero?”
le chiese Lupin.
“Invece si” rispose seccata “ Non gli
devo nessuna spiegazione e lui lo sa…”
Mentre parlava fu interrotta dall’ingresso di Sirius Black in
cucina.
“Molly, tra quanto si ce…”
Come se qualcuno gli avesse dato uno schiaffo improvviso, Sirius si
voltò verso Daire. Si bloccò ad osservarla
confuso.
“Non credo lo sappia” disse Remus mentre usciva
dalla cucina, dandole un colpo sulla spalla. In quello stesso istante,
tutta l’alterigia e la superbia di Daire sparirono, come se
la sola vista di Black, avesse fatto crollare tutte le sue difese,
costruite con difficoltà in tutto quel tempo.
“Sirius…io…”
cominciò titubante, muovendo un passo verso lui. Ma fu un
istante, lui tornò sui suoi passi, uscì dalla
cucina e svelto, dopo aver percorso il cupo corridoio, prese a salire
le scale che portavano al piano di sopra.
“Sirius…ti prego…” la voce di
Daire, che l’aveva seguito, s’era fatta
più sicura e salda, quasi come la presa della mano di Sirius
intorno al corrimano della scala, mentre se ne stava lì
fermo, in piedi, dandole le spalle.
“Non dire nulla. Non chiamarmi. Non pregarmi.”
dicendo questo si voltò e per un attimo incontrò
lo sguardo di lei, così languido come non lo era mai stato.
Sirius distolse lo sguardo, posandolo su un punto qualsiasi oltre la
figura di Daire, che stava ferma inerme. Estremamente disarmante nella
sua debolezza, cosa del tutto inusuale per lei. “Non
continuare…non voglio ascoltarti. Sarai la benvenuta qui per
tutto il tempo che vorrai restare, ma non pretendere che sia tutto
come…”s’interruppe, per un momento le
sue sicurezze vacillarono, mentre un serpente ritratto in un quadro
appeso al muro li osservava sibilando.
“Come prima?” domandò Daire, mentre lo
sguardo di lei cercava inevitabilmente d’incontrare quello di
lui.
“Già. Perché io non ti conosco
più e forse non ti ho mai davvero conosciuta,
altrimenti…”
“Altrimenti cosa?” aveva alzato di poco il tono.
Così simili, così testardi.
“Niente, lascia stare. E’ inutile anche solo
parlarne, Daire”
Lei lo guardò con risentimento. Sentir pronunciare il suo
nome da lui con tale durezza era stato come se le avesse dato un pugno
in pieno stomaco.
“Ora è tutto cambiato, anche il suono del tuo nome
per me…”detto questo, si voltò e
riprese a salire le scale. Voltò a destra e
sparì, mentre una lacrima rigava il volto di Daire. In quel
momento uscì Remus Lupin da una delle stanze del corridoio
si diresse verso Daire e la prese per mano, mentre al piano di sopra si
sentì sbattere con forza una porta.
“Ha bisogno di tempo…” disse Remus, in
quello che era stato un sussurro udibile solo a Daire, che nel
frattempo aveva sfilato la mano da quella di lui. Si voltò
di scatto e prese a camminare verso la cucina. All’improvviso
si voltò e fissò Remus.
“Ha bisogno di tempo che nessuno di noi due
ha…” di nuovo superba e altezzosa, come se
l’angoscia non le fosse stata dipinta sul volto fino a pochi
attimi fa. Riprese a camminare con Lupin che la seguiva; entrambi
entrarono i cucina dove trovarono Silente e Molly.
“Bene, credo sia ora che mi ritiri. Sono troppo vecchio per
stare in giro fino a quest’ora. Remus è stato un
piacere, Molly servo tuo. Oh,tranquilla ci penserà Remus ad
accompagnarmi”disse Silente notando Molly che aveva lasciato
le patate a pelarsi da sole,con l’evidente intenzione di
accompagnarlo alla porta. I due uscirono dalla cucina, lasciando le due
donne da sole.
“Inutile dirti che la situazione è molto delicata,
Remus. Non mi è ancora ben chiaro il motivo del ritorno di
Daire…in un periodo come questo. Ho un’idea. Ma
ahimè, è solo un’ipotesi. Osservali.
Conosci bene entrambi. Ci sono differenze profonde tra quei due , uno
fedele e sincero nei sentimenti…l’altra
estremamente indipendente…se torna indietro non è
certo perché riconosce un errore, ma perché deve
avere un proprio interesse. Attenzione,Remus…”
detto questo il Preside, uscì dalla casa e dopo pochi passi
si smaterializzò con la chiara intenzione di non tornare ad
Hogwarts, lasciando il bollitore annerito ai piedi di Lupin. Remus per
un attimo rimase lì, fermo, a fissare la porta. Poi
tornò sui suoi passi, in cucina, dove trovò le
due donne in rigoroso silenzio. Una che fingeva di essere occupata a
cucinare, l’altra che non si preoccupava di mascherare il suo
malumore.
” E
così…dimmi…ehm…dove sei
stata per tutto questo tempo? “disse Lupin, chiaramente in
imbarazzo, in un disperato tentativo di allentare la tensione.
” Dove avrei fatto bene, quasi sicuramente, a
rimanere…”
“Non dire così…devi capir…
“
Fu un attimo, si girò all’improvviso. Uno scatto.
Lo inchiodò con lo sguardo. Lo avrebbe fulminato, se avesse
potuto. Ed eccola…là, in piedi in quella cucina,
fredda dentro e fuori, impassibile. Immobile. Solo l’alzarsi
e l’abbassarsi del petto, indicava che fosse realmente viva.
“Signora Weasley, non voglia vedere la mia come una
scortesia, ma sono molto stanca. Vorrei riposare. Sono sicura che non
me ne vorrà se salto la cena per stavolta…
“ disse altezzosa. Come sempre. Com’era abituata.
Senza distogliere lo sguardo da Remus.
“Oh…si, certo cara. Vieni ti accompagno nella tua
stanza “ disse Molly, che non s’era persa nemmeno
una virgola del discorso, un po’ titubante, cercando conferma
in Remus.
Remus annuì appena, così Molly uscì
dalla cucina con Daire che la seguiva.
“Buonanotte…Lunastorta…”
“‘Notte Peverell …”
Le due donne lasciarono l’unica stanza un po’
illuminata e presero a salire le scale buie, teatro poco prima dello
scontro tra Daire e Sirius, passando sotto una fila di teste vizze
montate su targhe lungo la parete. Le teste degli elfi domestici che
avevano servito in quella famiglia.
”Bene…ecco…” erano giunte al
primo pianerottolo “ … la prima porta a
sinistra” sussurrò la signora Weasley.
” Grazie…”
Daire, mentre la signora Weasley tornava in cucina,
attraversò il tetro pianerottolo , giunta alla porta, pose
la dritta sulla maniglia a forma d serpente, la girò ed
entro nella stanza. Una stanza tetra e lugubre come il resto della
casa; un letto singolo era appoggiato alla parete. Era un letto a
baldacchino,la cui intera struttura era decorata con serpenti che
s’arrampicavano lungo di essa. Era umida e spoglia. Vi erano
solo uno specchio e un’altra porta,che probabilmente rendeva
comunicante quella stanza con un’altra. Chiunque altro vi si
sarebbe trovato a disagio. Ma lei sembrò non badare a nulla
di tutto ciò. La donna prese a spogliarsi. La schiena dritta
era ricoperta di cicatrici lunghe e sottili, come quelle di chi a lungo
è stato frustato. Segni indelebili di chissà
quale passato. Si legò in lunghi capelli in
un’alta coda lasciando scoperto la parte posteriore del
collo, anche lì v’erano delle cicatrici, ma
stavolta più piccole ed irregolari. Infreddolita
s’infilò una veste verde più leggera e
con un brivido si tolse la pesante collana.
L’appoggiò per un attimo sul letto, il tempo di
estrarre una sottile bacchetta dalla veste che si era precedentemente
tolta. Senza parlare e con un rapido movimento di polso, la bacchetta
colpì la superficie del letto e lì dal nulla
apparve una scatola rossa. Poi con la bacchetta sfiorò la
collana che si chiuse su se stessa, lasciando solo la pietra centrale,
dove comparve per una frazione di secondo un serpente. La ripose nella
scatola che con un altro colpo di bacchetta svanì.
Daire,infine, s’infilò nel letto gelido e poco
dopo s’addormentò.
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Capitolo 3 *** Due Stelle e Un Cane ***
Capitolo
Terzo
<<
Due Stelle E Un Cane >>
La mattina seguente , una
volta sveglia, Daire trovò due grossi bauli ai piedi del
letto. Entrambi erano pieni di vestiti. Si preparò in
fretta. Ma ponendovi estrema attenzione, in modo da coprire
attentamente tutte gli sfregi. Indossava vestiti babbani. Un lungo
jeans scuro con delle ballerine nere, un maglione nero dalla larga
scollatura,che le scopriva la parte anteriore del collo, dove era
tornata la pesante collana, e le spalle. Lì, per ognuna
delle clavicole, c’erano tatuate due pentacoli piuttosto
piccoli, ma evidenti. Una volta pronta, uscì dalla stanza.
La casa era poco più illuminata rispetto alla sera prima,
solo grazie alla luce che filtrava da qualche sudicia finestra sparsa
qua e là. Per un attimo rimase ferma ad osservare la lunga
stanza di fronte. Il salotto dal soffitto alto e le pareti verde oliva
coperte di arazzi. Poi nell’udire degli scricchiolii
provenienti dal pianerottolo di sopra, si affrettò a
scendere al piano inferiore. Ma in quel momento si udì un
sonoro scampanellio, seguito dalle solite urla del ritratto della
signora Black. Un’affannata Molly corse fuori dalla cucina,
con l’aria quasi esasperata, con l’intenzione di
chiudere le tende del ritratto. Ma Daire era più vicina. La
signora Black la vide. Sgranò gli occhi e tacque. Con
estrema facilità Daire chiuse le tende, mentre una
strabiliata signora Weasly ed un’intontita Tonks, che era
riuscita ad entrare, trascinandosi dietro però, come al
solito, il vecchio portombrelli, la osservavano meravigliate.
”
Buongiorno…” l’inespressivo saluto
rivolto alle due donne.
Con un cenno del
capo le risposero entrambe.
”
Ehm…Nymphadora…tu forse conoscerai la signorina
Daire Peverell… “ la signora Weasly fingeva, e
anche in malo modo, che nulla di strano fosse successo.
” Solo di
nome… “ rispose Tonks, con evidente astio nel
sentire quel nome a cui forse aveva collegato una storia.
Daire, non badandole
affatto, chino appena il capo e poi rivolse i propri passi verso la
cucina. Le altre due rimasero in dietro.
”
Nymphadora…ma…”
” Era la
promessa sposa di Regulus, il fratello minore di Sirius. Sai, quello
che si unì ai Mangiamorte. Fu un colpaccio per i Black
questo matrimonio combinato. Per quanto purosangue, il sangue di
Regulus valeva poco più della metà di quello di
lei.
E’
l’ultima esponente di una famiglia molto nobile. I Peverell
sono discendenti di Salazar Serpeverde. Alcuni credono , per questo
motivo, che sia imparentata con Tu-Sai-Chi. Comunque di fatto il
matrimonio non c’è mai stato. Non so
nient’altro. Ero piuttosto piccola.” concluse
sbrigativa. Voleva evidentemente tagliar corto.
In uno strano
silenzio Molly decise che era meglio non fare altre domande,
così le due donne raggiunsero l’altra in cucina.
*
Hogwarts: venti anni
prima. Poco prima di Halloween
“Ehi
Peverell, attenta a dove cammini!Potresti scivolare sulla bava di
quell’idiota che ti segue. . . “
Una ragazzo alto,
estremamente affascinante nella sua uniforme da Grifondoro, aveva
rivolto queste parole verso una ragazza più piccola di lui,
ma non meno alta. Lei aveva dei lunghi capelli color amaranto raccolti
in una coda mal fatta,a cui sfuggivano numerose ciocche di capelli che
inevitabilmente le finivano sul volto corrucciato. L’ esile
figura, fasciata dalla divisa dei Serpeverde, veniva seguita da un
altro Serpeverde, che quasi non osava camminarle al fianco ed era
carico d libri, evidentemente portava anche quelli di lei.
”Oh,sta
zitto!” appena un sussurro le parole del giovane Serpeverde.
”Cosa
c’è Regulus?Paura di sfigurare?!Ma dai,
tranquillo. Guarda che Peverell lo sa benissimo che razza di . .
.” non terminò la frase, fu interrotto da Daire.
”Oh
dannazione,Black!Non hai niente di meglio da fare?! Capisco che per te
sia estremamente difficile, con quel mezzo cervello che ti ritrovi,ma
credo che se t’impegnassi riusciresti a trovare un modo
migliore per impiegare il tuo tempo inutile!!” si era girata
di scatto verso Sirius. Estremamente tranquilla, quasi annoiata.
”Sirius..smettila
di fare l’idiota una buona volta!”disse Regulus,
stavolta molto più sicuro.
”Altrimenti?Chiami
mamma?Anzi,no .Farai venire Kreacher,vero? Peverell sai che il mio
fratellino qui…ha una tresca con l’elfo
domestico?” non aveva smesso un attimo di guardare lei, lei
che era così simile a sua madre. Lei che incarnava tutto
quello che lui odiava.
”Elfo
domestico che suppongo abbia un quoziente intellettivo più
alto del tuo, eh Black?Non che ci voglia molto
ovviamente…”
”Attento,
Felpato! Peverell morde...” disse uno degli amici di Sirius,
che aveva l’aria come di chi è appena uscito da
una lunga malattia.
”Suvvia,
Peverell. Non prendertela. Lo dicevo per te. Nessuno vorrebbe che ti
rompessi la tua “regale” testa,scivolando sulla
bava del nano.”
”Eppure
è strano,sai. Credevo che solo i cani
sbavassero…” detto questa, la ragazza si
girò,prese i suoi libri da Regulus, che stringeva nella mano
destra la bacchetta, e se ne andò. Non curandosi se lui la
stesse seguendo o meno. Sirius lo fissò con aria di sfida,
non aspettava altro. Nessuno dei suoi amici parlò. Ma
Regulus non cedette. Ripose la bacchetta e se ne andò.
“Ma come
diavolo…” si lasciò scappare Sirius.
Solo ora poteva parlare dell’affermazione della ragazza.
”Dico
davvero, Sirius. Ti conviene non stuzzicarla. Se quel riferimento
è quello che credo può voler dire una cosa sola:
lei sa. Quindi lasciala in pace!”disse Remus,seriamente
preoccupato.
”Ma come
diavolo…quella dannata!Sa sempre tutto…se
è stato Regulus, questa è la volta buona che lo
uccido quel deficiente…”
“Sai bene
che non può essere stato tuo fratello…”
*
Se ne stava
lì. Seduta su quel divano tutto consunto di uno strano verde
marcio. Il volto appoggiato sulla mano destra, il gomito sorretto dal
bracciolo di velluto, le gambe rannicchiate sul divano. Zitta. Una
statua di alabastro. Lo sguardo vitreo fissava un enorme arazzo che
copriva tutta la parete di fronte.
”Mi sono
sempre domandata perché Sirius non ci sia. Come si
può cancellare un figlio…”. Molly era
spuntata dalla porta alle spalle del divano.
”Uhm…”
un cenno di assenso. Daire non voleva che la signora Weasley si
sentisse ignorata del tutto.
”Bhé..cara,
non ci saranno riunioni prima di domani,
così…pensavo d andare a casa per un
po’.”
”Oh, si.
Certo. Arrivederci.” Non si girò. Non si
alzò. Non si mosse. Voleva solo troncare la conversazione.
”Ah…signora
Weasley. Grazie di tutto…” girando appena il
busto, per guardarla. Almeno quello le sembrava doveroso.
Molly
chinò appena il capo. Capì che ogni parola
sarebbe andata sprecata. Uscì dalla stanza.
”Se
continua così, posso stare tranquilla. Non si scanneranno di
sicuro…” e abbandonò la casa.
Ora erano soli. Ma
infondo soli lo erano già da anni.
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Capitolo 4 *** In Qualche Luogo Un Orologio Ticchettava ***
Capitolo
Quarto
<<
In Qualche Luogo Un Orologio Ticchettava >>
Hogwarts : venti anni prima.
Poco prima di Halloween
” Eccovi
finalmente!Dove cavolo eravate finiti?” disse James
”Al
solito…Felpato si divertiva a mordere le pantofole a
Peverell” rispose Remus, con una sorta di aria afflitta.
”Dimmi che
divertimento c’è ad avere una vipera come promessa
sposa di quel mentecatto di tuo fratello!”
commentò acido Sirius.
”Suvvia,
Felpato…dovresti volerle bene. E’ una della
famiglia!” dicendo questo James non potette fare a meno di
ridere.
” Bravo,
l’hai detto!E’ una della famiglia…ci sta
tutta in quello schifo. E dovresti vederla come si comporta. Quelle
poche volte che l’ho vista dai miei, prima di venire da te
Ramoso, stavo per vomitare. Si sente già padrona di
tutto.”
Erano arrivati in
Sala Grande. Si buttarono immediatamente su quattro sedie del tavolo
dei Grifondoro. Sirius era estremamente nervoso.
”Io…io
la trovo molto bella” fu il primo commento di Peter, che si
pentì subito di averlo fatto.
”Bella?Bella?Ma
dove hai gli occhi Codaliscia? Vabbhé che per te basta che
respiri!”
”Siriiiius!E
smettila!Le hai dato già troppa importanza. E comunque non
si può negare che sia bella.” Rispose Remus, senza
guardarlo. Chino sul libro di pozioni.
”Ragazzi,
mi piacerebbe vedere come vi scannate per le grazie della
PrincipessaEredeAlTronoDiSerpeverde, ma è arrivata
l’unica per cui vi scannerei.”
Un gruppo di quattro
ragazze, tra cui spiccava una con i capelli rossi, era appena entrato
in sala. James si alzò e le raggiunse. Lentamente. Lasciando
che tutti lo guardassero e che lei lo vedesse arrivare.
*
Erano passate poco
più di tre ore da quando Molly se ne era andata. E lei stava
ancora lì. Non si era mossa di un centimetro. Gli occhi
chiusi. Ripensava lei solo sa a cosa. Le labbra
all’improvviso s’incurvarono in una sorta di
sorriso. Era ancora più bella con quel sorriso sghembo
dipinto sul viso di porcellana. Poi uno scricchiolio, qualcuno scendeva
le scale. Lui scendeva le scale. Riaprì gli occhi. Un ultimo
passo. Lei poteva sentirlo. Era fermo all’entrata del
salotto. Poteva sentirlo respirare. Tutto taceva. Da qualche parte solo
un orologio ticchettava, scandendo lo scorrere del tempo.
1,2,3 …
provò a contare i tic, tac …
4,5,6 …
era ancora lì …
7,8,9 …
un altro respiro …
Non riusciva
più contare, troppo concentrata sul rumore di quel respiro.
Chiuse gli occhi, provò a sentire l’odore di lui.
Troppo tardi. Un piccolo passo, un tonfo nel cuore di lei. Si era
voltato ed aveva ripreso le scale. Riaprì gli occhi, avrebbe
voluto fermarlo. Appoggiò i piedi sul pavimento e si
alzò. Le mani le tremavano, mentre si mordeva il labbro
inferiore. Stava per risedersi quando qualcosa le tornò in
mente, il vero motivo per cui era tornata e allora mise un piede
davanti all’altro, fino ad arrivare alle scale. La mano non
smetteva di tremarle e la volontà non smetteva di vacillare.
Non ci sarebbe riuscita, avrebbe dovuto farlo,lo sapeva.
”Non
oggi…non ancora” si ripeté. Si
girò e diresse i suoi passi verso la sua stanza , dove poco
dopo si chiuse dentro.
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Capitolo 5 *** Tu Chiamami Cometa Dolce e Fattissimo Poeta ***
Capitolo
Quinto
<<
Tu Chiamami Cometa Dolce e Fattissimo Poeta >>
“Lascia
che ti dica che sto male, lasciami e continua a non parlare
…”
Una
pergamena ingiallita dal tempo ormai. Una grafia sottile ed
estremamente leggera. Semplice e senza fronzoli inutili. Due mani
stringevano quella lettera.
”Dannata…”appena
un sussurro quello di Sirius Black.
Se
ne stava seduto su un vecchio letto, in una stanza del tutto buia con
Fierobecco accanto che svogliatamente staccava piccoli brandelli di
carne da un piccolo corpo esanime, che poteva essere quello di una
lepre.
D’un
tratto l’uomo s’alzo di scatto, sentiva che stava
per arrivare. Una di quelle ondate di ricordi, così intense
che lasciano il corpo sconvolto a vibrare per la veemenza e la forza
dei particolari anche molto dopo che sono passate.
*
Hogwarts:
venti anni prima. Primi di Febbraio. In riva al lago.
”Sei
un maledetto idiota, Black!Che cavolo credi di fare,eh??!!Cosa credi
che ne possa uscire da tutto ciò, se non la tua morte?Come
hai potuto!” urlò una ragazza dai lunghi capelli
amaranto. Sembrava realmente sconvolta, mentre si stringeva nel suo
mantello.
”Diamine!Lo
vuoi capire che non m’importa della mia vita? La mia vita non
conta nulla per me!!” rispose Sirius.
”Che
non importi a te, non significa che non valga nulla per me! Sei un
idiota Sirius!Un dannatissimo idiota!”
La
ragazza sembrava realmente spaventata, continuava a guardarsi attorno
per essere sicura che nessuno li potesse ascoltare. Anche se era
notevolmente difficile che con quella temperatura così
rigida, qualcun altro a parte loro fosse in giro.
”Daire…”
le si era avvicinato, mentre la ragazza aveva indietreggiato un
po’. Lui non vi badò e mosse altri pochi passi,
così le fu di fronte. Alzò lentamente la mano
destra e la pose sul viso di lei. Era calda. Daire non poté
fare a meno di chiudere gli occhi sentendo quel contatto, godendo di
quello scontro tra la mano calda si lui e il proprio gelido viso.
”Daire…”
ripeté lui, come se il suono di quel nome fosse la migliore
delle droghe e il peggiore dei crimini. Lei aprì gli occhi
per perdersi in quelli di lui, inevitabilmente.
”Ci
uccideranno…lo sai!”
”No,
non lo faranno…”
”Sirius…ti
prego…io..”
Fu
un attimo. La frase le morì in gola. Lui le tappò
la bocca con la sua. Lei chiuse gli occhi e si abbandonò a
quella terribile colpa, le mani rapidamente si andarono a posare sul
volto di lui, come a poter trarre dentro di se quanto più
“di lui” potesse. Lui la strinse a sé,
le mani sui suoi fianchi, a voler evitare che potesse indietreggiare
ancora. Sfuggirgli ancora.
In
quel momento una lacrima le rigò il viso.
Fu
allora che cominciò a nevicare…
*
Stava
lì, fermo e terribilmente scosso. Certi ricordi non
andrebbero mai rivissuti.
All’improvviso
bussarono alla porta della sua stanza.
”Sono
io…” una voce ovattata arrivò
dall’altro lato della porta.
”
Vieni, Lunastorta…”
Uno
spicchio di luce si aprì sulla moquette,mentre con un
cigolio la porta veniva aperta da Remus che scivolò in
fretta all’interno della stanza, richiudendo altrettanto in
fretta la porta.
”Non
ci credo…cioè giù
c’è davvero quello che ho visto? Kreacher che fa i
servizi?” domandò all’amico divertito,
anche se chiaramente quello era solo un pretesto per iniziare una
spinosa conversazione.
”Già…a
quanto pare il sangue di Daire continua a renderla padrona in questa
casa. Ormai sono due giorni che le si è buttato ai piedi,
insomma come se con Daire << avesse visto la
luce >> ” rispose amareggiato Sirius.
”Ah…capisco”
si limitò a rispondere Remus, avendo capito di aver scelto
l’approccio sbagliato, così fu più
diretto.
”Come
stai?”
”Strano…”
”Come
strano?”
”Fuori
come una cometa…”
|
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Capitolo 6 *** Perfetto Il Giorno Muore ***
Capitolo
Sesto
<<
Perfetto Il Giorno Muore >>
Scozia, Orchidfields
[Peverell Manor] : venti anni prima. Poco dopo la notte di
Mezz’estate.
”Sciagurata!Come
hai potuto?!Dopo che è morto mio fratello mi sono preso cura
di te come se fossi stata mia!”
”Zio, vi
prego…”
”Taci!Mi
sono preoccupato di trovarti una nuova casa, un ragazzo che potesse
divenire per te un marito rispettabile. E tu?Piombi l’intero
casato nel ridicolo per una squallida tresca con quel traditore del suo
sangue!”
La stanza era
completamente buia, se non per la luce che proveniva dal camino e
faceva si che sull’elaborato tappeto si producesse
l’ombra di una ragazza accasciata a terra come se vi fosse
stata buttata. Sopra di lei sovrastava la figura di un uomo molto alto,
dalle spalle larghe e i lunghi capelli biondi raccolti in un nastro di
raso, rigorosamente verde. Gli occhi di un azzurro glaciale
continuavano a fissare la nipote.
”Una
sgualdrina, nulla di più!Umiliarci così, davanti
a tutti e peggio davanti a quella famiglia di miserabili dei Black!
Regulus era perfino troppo per una come te! A quanto pare è
giunta l’ora che ti venga insegnato come rispettare le
decisioni prese per te!”
”Madre…madre
vi prego!”
Stavolta la ragazza
non fissava più lo zio, ma un’esile donna che le
dava le spalle, mentre guardava fuori dalla finestra. Era piuttosto
minuta, i capelli di un acceso rosso raccolti in un’elaborata
acconciatura che le lasciava scoperto il collo, dove, una volta
voltatasi ad inchiodare la figlia con lo sguardo, poteva vedersi un
pesante medaglione verde.
“Cassandra,
non oserai!” disse l’uomo, fissandola con odio
malcelato.
”Certo che
no, Maurice!” rispose la donna in maniera pacata, mentre
attraversava la sala. Si fermò per un secondo a fissare
quella che fino ad allora era stata sua figlia.
”Madre…madre,
vi prego” singhiozzò la ragazza. Daire aveva perso
tutta la sua insolenza dinanzi alla madre.
La donna
continuò a fissarla per poco, poi si girò e
abbandonò la stanza accompagnata da un urlo.
”Noooooooooooooo!”
Daire urlava con
tutta la voce che aveva in corpo. Urlava contro ciò che
l’aspettava, anche se sapeva che nulla avrebbe potuto
evitarlo. Fu allora che raccolse tutta la forza che l’era
rimasta. Si alzò e prese a fissare lo zio , che la
ricambiò con un ghigno.
Ma tutto questo
Cassandra non poté vederlo, l’unica cosa che le
giunse, mentre si appoggiava con le spalle alla porta, fu la voce del
cognato:
”Crucio!”
*
”Puoi
sentirlo…” appena un sussurro, mentre la donna se
ne stava con il capo appoggiato ad una larga finestra dipinta come la
vetrata di una grande cattedrale.
”Cosa,
Daire?” le domandò Remus, seduto su una vecchia
poltrona, intento a studiare alcune carte.
”L’odore
del ghiaccio…nevicherà” rispose atona.
”Non
credo, è ancora piuttosto presto per la prima
neve” commentò Remus, senza alzare lo sguardo
dalle sue carte.
Allora Daire si
limitò a spalancare la finestra e lasciare che una folata di
vento gelido entrasse in quella casa, smuovendo le pesanti tende
bordeaux. Fece un respiro profondo, lasciando che quel gelo
l’entrasse nei polmoni, fino all’anima.
”Com’è?Dimmi,
Remus…”
”Chi?”
”Il figlio
di Lily…”
”Oh…Harry.
Bhè, diciamo che…”
”Che
t’importa?” domandò una terza voce.
Remus fu interrotto
dall’ingresso di Sirius ,rimasto fermo sulla porta a fissare
con incredibile ferocia quella donna che continuava a dargli le spalle.
”Sirius,
avanti…non c’è bisogno
di…”
”Va tutto
bene, Remus. Un cane difende sempre i suoi
cuccioli…” disse Daire serafica.
A Remus sembrava di
essere tornato indietro, agli anni di Hogwarts. Leggeva lo stesso odio
nei loro occhi, eppure sapeva che infondo qualcosa doveva esserci
ancora. Così si giocò quella
possibilità e cercò di lasciarli soli.
”Dove
diavolo stai andando?” gli domandò bruscamente
Sirius, nel vederlo allontanarsi.
”Lontano
dagli strepiti che credo staranno per arrivare” rispose
pacato, aspettando che l’amico lo facesse passare. Sirius si
spostò con aria a dir poco seccata, poi tornò a
fissare lei.
”Già,
i cani non abbandonano gli affetti…”
”I cani
non sono diversi da tutti gli altri esseri viventi” gli
rispose lei, mentre lentamente prese ad avvicinarsi a lui. “
Anche loro non sanno distinguere la distanza tra la fiducia e
l’illusione.”
Gli stava di fronte.
A meno di un passo di distanza. Lo fissava. Si sentiva in trappola. Ma
cercava di non darglielo a vedere, attaccando per prima. Fu un attimo.
Una folata di vento le scompigliò i lunghi capelli e
inevitabilmente il profumo di lei lo colpì in pieno. Come
uno schiaffo. Di scatto si mosse e la prese per i polsi, sbattendola
contro la parete. La distanza di un battito d’ali di una
farfalla tra le loro due bocche. Lei aveva chiuso gli occhi, ma poteva
sentirlo. Il corpo di lui che aderiva perfettamente al suo, come due
pezzi di uno stesso vaso rotto. Il petto di lei si alzava e abbassava
vistosamente, gli occhi di lui caddero sul quel pesante medaglione, fu
allora che le strinse i polsi con maggior forza. Le stava facendo male,
lo sapeva. Ma non riusciva a fermarsi. Il dolore la costrinse ad aprire
gli occhi e a fissarlo, mentre il respiro le si faceva affannoso,
sentendo lui premuto contro di se. Si morse appena il labbro inferiore,
nel sentire che lui non allentava la presa. Era ancora così
normale il male che lui voleva provocarle e lei lo sapeva. Come sapeva
di meritarlo, mentre lo fissava negli occhi. Occhi che le mostravano
tutto il rancore e le ferite che lui si portava ancora dentro.
Allora lei abbasso
appena la testa, fino a poggiare la fronte contro quella di lui. Lo
sentiva tremare d rabbia. Ma lo sentiva e questo le bastava. Stava
placando quella sete di lui che da anni la tormentava. Stavano fermi
così, a farsi del male e a respirarsi, quando ad un tratto
dalla finestra spalancata entrò danzando un piccolo fiocco
di neve che si posò sul pavimento marmoreo della sala,
lasciando di sé, al contatto con la superficie, solo una
piccola goccia d’acqua.
da lexie
Un grazie a Manny che segue
questa follia dal primo capitolo. Sono contenta che ti piaccia come sta
venendo fuori il rapporto tra Sirius e Daire...e vedrai il resto =P
Un grazie a
Fairyelly83. Non sai quanto mi faccia felice sapere che c'é
qualcuno che ansioso di vedere come continua.
Un bacio a
tuuuuuuuuuuutti quelli che hanno avuto la pazienza di leggere .
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Capitolo 7 *** E L'Alba Brucia Più Di Quanto Illumini ***
Capitolo Settimo
<<
E L’Alba Brucia, Più Di Quanto Illumini
>>
Hogwarts:
venti anni prima. Primi di Marzo.
”Yahhhhhhhwn!”
sbadigliò rumorosamente James, mentre si stiracchiava e
poggiava i piedi a terra, stando seduto sul letto scarlatto.
”Cavolo,
James!Hai un che di cavernicolo!” commentò
sorridendo Remus, impegnato ad abbottonarsi la camicia.
”Maledizione,
Remus…che pretendi?Il galateo alle sette di
mattina?E’ praticamente l’alba!” rispose
assonnato James che cercava disperatamente di svegliarsi, intanto che
la mano destra andava a stropicciare tutto il volto per poi infilarsi
nei disordinatissimi capelli.
Il
dormitorio maschile versava nel disordine più totale. Appesi
alle pareti c’erano ogni tipo di poster e foto, in molti
armadi personali sembrava fosse esplosa una bomba.
”Dov’è
Felpato?”biascicò Peter che si era appena
svegliato ed accorto dell’assenza dell’amico nel
letto affianco.
”Credo
sia stato fuori la notte” commentò asciutto Remus.
”Ah,il
vecchio Felpato! Deve aver colpito ancora. Non gliene sfugge
una.” rimpallò James compiaciuto.
Quella
mattina ci misero tutti un po’ di più a
prepararsi, quando scesero per fare colazione nessuno di loro aveva
visto Sirius tornare al dormitorio. E non lo videro nemmeno nella Sala
Grande. Solo dopo l’avrebbero visto entrare
nell’aula di pozioni in netto ritardo con una strana aria,
felicità mista a stanchezza avrebbe potuto commentare
qualcuno. Entrò, si scusò per il ritardo e si
sedette affianco a James. Lumacorno non lo rimproverò.
”
Non ti preoccupare, Black. Non ho intenzione di punirti per una tale
sciocchezza. Dei contrattempi possono capitare a tutti.“
disse con un risolino.
”
Si, come no. Ma vengono perdonati solo se ti chiami Black!”
fu il commento acido che si sentì provenire dagli ultimi
banchi.
Lumacorno
non sentì o più probabilmente finse di non
sentire e riprese la sua spiegazione.
”Dove
diavolo sei stato?” fu la domanda di James , non appena il
professore voltò loro le spalle.
”
L’hai mai vista l’alba, Ramoso?Non dico
l’alba normale, quella che si limita a rischiarare le ombre
della notte, ad illuminare. Parlo di quell’alba che ti segna,
che ti marchia a fuoco dentro, che ti brucia.”
”Di
cosa stai parlando?”
”
Dell’alba del condannato, Jamie. Dell’ultima alba.
Potrò vederne altre, ma nessun’altra mai
potrà essere come questa.”
”Oh,cavolo…per
tutte le bacchette di Merlino. Sirius… mi stai dicendo
che…tu…tu…ti sei…”
”…innamorato”
*
Il
petto di lei si abbassava e si alzava con un ritmo estremamente lento
che contrastava nettamente con quello di lui. Era stato quel profumo
muschiato e selvatico a colpirlo così, stava lì
muto, mentre ancora la stringeva, e non poteva far altro che respirare.
Non voleva far altro che respirare, nonostante la consapevolezza che il
buio stesse tornando a crescere sopra di lui, il buio di un desiderio
lacerante ed agonizzante che insieme al devastante senso di perdita era
diventato uno dei suoi peggiori demoni interiori. Era sempre stato un
impulsivo, con lei soprattutto.
Che
amore è un amore che spesso caccia il peggio di te e non il
meglio, come di solito si crede?Un amore che non fa altro che
violentarti nell’animo? Forse un amore irrazionale,
passionale, selvatico come il profumo di muschio di lei. Lui questo non
lo sapeva, mentre in un istante che a lei sembrò durare una
vita, la baciò. Baci del genere straziano, invece
di curare, possono lasciare ferite ancora più letali delle
parole, un’arma di ardore che rende martiri le carni e le
idee. A lei non importava se in quel momento Sirius era diventato il
suo carnefice, non c’era mai stato supplizio più
dolce per lei. Non c’era mai stato nulla che avesse avuto un
senso più violento e questo lui lo intuì, ma non
si fermò. La lingua di lui le passò lentamente
sulle labbra, mentre ancora la teneva incatenata a se contro il muro,
ma ne voleva di più. Un morso e una piccola goccia di sangue
possono saziare a volte i migliori cacciatori, ma non lui mentre ne
assaggiava il sapore e si faceva irretire da quel piccolo gemito che le
sfuggì.
Ma
in quel momento la porta si spalancò.
”
Sirius, corri…il ritratto di Phineas…ha un
messaggio da Silente” la voce di Remus non fece che
confermare quello che già il suo volto esprimeva.
C’era paura nell’aria.
Sirius
si staccò da lei con uno scatto, raggiunse l’amico
e con lui lasciò la stanza e non solo. Daire lentamente si
accasciò a terra, scivolando con la schiena lungo il muro.
Si succhiò il labbro inferiore che sanguinava appena e in
quel momento comprese.
Non
avrebbe mai rinunciato, sarebbe riuscita di nuovo a toccargli
l’anima, prima che questa volta fosse stato lui ad andarsene.
da lexie
Prima di tutto
m'inchino e imploro perdono per l'attesa e per la brevità
del capitolo, ma é la vacanze mi hanno distratta e questo
chap. é puramente di passaggio. Prometto che mi
farò perdonare con un bel capitolo lungo e molto presto =)
Per Manny :
il tuo "presto,presto" non sai quanto mi fa sentire in colpa! Mi
dispiace davvero tanto! E' strano il rapporto che ho con questi due,
nel descrivere i loro "scontri" e come se mi sfogassi, una specie di
catarsi. E ti prometto che il prossimo capitolo lo scriverò
lungo per poter saziare il tuo appetito =D
Per Kibi :
Tesssora!!Sai benissimo che questa ff non ci sarebbe se non fosse stato
per il tuo appoggio!Loving You!!!
Per Jame:
*me si é sciolta in brodo quando ha letto la tua
recensione*. Davvero superarcimegagrazie per i complimenti. Non sai
quanto mi sollevi il fatto che questa piccola ff stia venendo bene e
che non abbia tratti banali e comuni. Mi raccomando, da adesso in poi,
conto su di te per ogni mio errore ^_^
|
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Capitolo 8 *** Serpi, Madre Mi Chiamano... ***
Capitolo Ottavo
<< Serpi, Madre Mi Chiamano
… >>
”Sirius…Arthur
Weasley è gravemente ferito. La moglie, i figli ed Harry
Potter stanno per arrivare qui” cantilenò il
ritratto di Phineas appeso alla parete.
”Come
stanno arrivando qui?Cosa diavolo è successo?”
rimbeccò Sirius agitato.
”Non
sono a conoscenza dei dettagli, evidentemente Silente non li ha
ritenuti importanti. Allora?”
”Allora
cosa?Razza di…è chiaro che va bene. Muoviti a
riferire!”
Il
ritratto di Phineas non diede altri cenni, mentre spariva sdegnato per
tornare al suo ritratto ad Hogwarts. Sirius restò per alcuni
momenti a fissare il ritratto ormai vuoto ma fu riscosso dalla voce di
Remus.
Si
udì un lieve tonfo all’ingresso.
”Sirius…muoviti!Sono
arrivati!”
Immediatamente
i due scesero fino al pian terreno ed entrarono nella buia cucina, dove
le uniche fonti di luce erano il focolare e una candela tremolante,
Sirius notevolmente più preoccupato e teso di Remus fu il
primo a farsi avanti.
”Cosa
succede?”domandò, allungando la mano per aiutare
Ginny ad alzarsi. “Phineas Nigellus mi ha detto che Arthur
è stato gravemente ferito…”
”Chiedi
a Harry” disse Fred.
”Si,
voglio sentire anch’io” aggiunse George.
Gli
sguardi di Sirius e Remus si aggiunsero a quelli dei gemelli e di Ginny
che fissavano Harry. I passi di Kreacher, da poco uscito dalla cucina,
si erano fermati sulle scale, mentre dei passi più svelti e
leggeri si allontanavano dall’elfo verso il piano di sopra.
Passò
un’ora, forse qualcosa di più, in cui Harry
raccontò l’accaduto e i gemelli inevitabilmente
irrequieti finirono con il litigare con Sirius che li tratteneva dal
fare sciocchezze, quando giunse un messaggio dalla signora Weasley e
tutto in cucina tacque. Solo allora l’elfo domestico che era
rimasto tutto il tempo fermo sulle scale si mosse e raggiunse il primo
piano, per poi entrare nella prima stanza a sinistra.
”Mi…mia
signora..” titubante Kreacher tentò di richiamare
l’attenzione di Daire che osservava allo specchio totalmente
assente la sua immagine pallida.
”Si,
Kraecher…Allora?”si voltò lentamente,
fissando lo sguardo preoccupato sull’elfo.
”Ho
fatto come la padrona mi ha ordinato…ho ascoltato tutto. Il
traditore del suo sangue…quel Weasley, è stato
ferito, mentre lavorava per l’Ordine. Il giovane Potter ha
visto tutto in qualche modo che Kreacher non ha capito bene, signora.
Gli orribili ragazzini hanno alzato la voce col padrone, dicendo che
volevano andare dal loro orribile padre, ma lui non li ha ascoltati.
Poi è arrivato un messaggio, la misera traditrice del suo
sangue é...é andata all’ospedale. Ha
scritto ai figli che il padre era vivo ancora e ha ordinato loro di
restare qui; darà notizie appena potrà. Poi quel
sudicio ibrido, mia signora, ha detto qualcosa al padrone ed
è andato via.” Kreacher trasse un lungo respiro,
aveva fatto il discorso tutto d’un fiato, estremamente
contento di aver ubbidito ad un ordine impostogli da qualcuno che
rispettava davvero; dal canto suo Daire non ebbe difficoltà
a capire le cose come si erano svolte, nonostante la totale assenza di
nomi, rimpiazzati da quegli assurdi epiteti.
”Benissimo,
grazie Kreacher…ora và.”
Non
c’era gentilezza nel suo tono, ma l’elfo fece un
inchino egualmente soddisfatto e lasciò la stanza.
Avrebbe
voluto scendere, ma sapeva che non era il caso. Non che si preoccupasse
di essere vista o dell’eventuale reazione dei ragazzi alla
presenza di una totale estranea. Si preoccupava di Sirius. Aveva ancora
il suo sapore mischiato al sangue in bocca, ma ora c’era lui
in casa. Harry. Daire non sapeva che atteggiamento avrebbe assunto
Sirius con il suo “pupillo” tra quelle mura; nei
suoi piani non era calcolata la presenza di Harry lì. Era
una variabile impazzita di un calcolo matematico già di per
sé complesso. Inevitabilmente finì col
rassegnarsi e si sedette sul letto, impaziente richiamava a
sé Kreacher con la frequenza di ogni mezz’ora, ma
puntualmente l’elfo non portava alcuna notizia. Fu
così fino alle cinque e venti del mattino quando le
comunicò che era arrivata la signora Weasley, annunciando ai
figli che il marito se la sarebbe cavata e che in giornata sarebbero
potuti andare a trovarlo. Sirius si era offerto di ospitarli tutti
lì finché il signor Weasley non si sarebbe
rimesso, anche se probabilmente si parlava dell’intera durata
delle vacanze. Mezz’ora dopo che Kreacher aveva lasciato la
stanza sentì uno scalpicciare e un vociare, non riconobbe
nessuna delle voci, ma capì che dovevano essere i ragazzi
che andavano a dormire.
Una
volta sicura che fossero tutti chiusi nelle loro stanza, si
alzò e uscì dalla sua.
Trasse
un respiro profondo e prese a fare le scale. Entrò nella
cucina di nuovo buia e vide Sirius seduto di fronte al camino, chino si
teneva la testa tra le mani.
Lei
avanzò lentamente, lo raggiunse e si inginocchiò
davanti a lui. Gli occhi verdi pieni di lacrime cercarono quelli di
lui. Sirius alzò appena il volto e la fissò.
”Cos’è
stai per riandartene? Solo che stavolta mi stai avvisando?”
le domandò arrogante.
”No,
non me ne andrò...a meno che questo non sia ciò
che tu voglia” cercò di rispondere in maniera
fredda, ma era palese. Lo stava pregando. Pregando di non mandarla via.
”Da
quando per te conta ciò che voglio io? Non mi sembra che
t’importasse sedici anni fa!”commentò
gelido.
”Sirius…”
sussurrò Daire che non frenava più le lacrime
ormai.
”Cosa?Daire,
cosa?!” ringhiò lui, mentre bruscamente si
alzò dalla sedia, facendo cadere all’indietro lei.
“ Sei sparita! Eravamo in due ad aver perso tutto! Eravamo in
due, Daire! Ma tu sei sparita, sei partita e l’hai vinta
tu!Perché io mi sono ritrovato poi ad aver perso anche
te!”
Le
diede le spalle, mentre era scosso dalla rabbia. Lei si alzò
senza una parola e gli si avvicinò, sicura come non mai da
quando aveva messo piede in quella casa, lo abbracciò da
dietro. Il viso sulle sue spalle, le lacrime a bagnargli la camicia;
lui le prese le mani, le strinse per qualche secondo, poi sciolse quel
abbraccio, come se si fosse ritrovato stretto tra le spire di un
serpente mortale.
”Non
mi basta, Daire. Avevi tutto quanto, anche il mio sogno migliore e te
ne sei fregata!
Se
per te è stato facile rinunciare a me, per me da quella
mattina il mondo è finito!Per me non è stato
facile! Per me non è facile!”
Solo
allora si voltò e la fissò. Fissò
quegli occhi pieni di lacrime e quel volto pallido e inevitabilmente
ripensò alla prima volta che aveva visto una lacrima
scorrere su quel viso d’alabastro.
da
lexie
Ok,
sono orribile lo ammetto! Avevo promesso lo so, ma é stato
un periodaccio e poi mi sono resa conto involontariamente di aver
tirato in mezzo con Daire un cognome importante e volevo leggere
l'ultimo HP per capirci un pò meglio. Comunque la voglia
é ritornata e il prossimo chap. é già
in lavorazione!SCUSATEMI ANCORA
ç_______________________ç
x
fairyelly83: scuuuuuuuuuusa ç____ç lo so che
aspettavi!
x
jame: mi dispiace tantissimo per il tuo labbro! E con il prossimo mi
farò perdonare sicuramente! E con questo capitolo spero di
aver svelato un pò del significato dell'ultima frase del
capitolo precedente! ^___^
x
Manny: davvero mi aspettavo il tuo fantasma da un momento all'altro!
Grazie di tutto =*
x
Dance : graaaaaaaaaaaazie *_______*
x
miss nina: davvero trovi?cheeeee beeeello! me felice =D
|
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Capitolo 9 *** L’Aurora Non E’ Ancora Timida Beltà ***
Capitolo
Nono
<<
L’Aurora Non E’ Ancora Timida Beltà
>>
Hogsmeade: venti anni prima.
Fine Marzo. Nei pressi della Stamberga Strillante.
Come sempre la zona
intorno alla Stamberga Strillante era del tutto deserta.
Fatta eccezione per due figure che vi si avvicinavano.
La più alta, che era anche la prima lungo il sentiero,
trascinava la seconda tenendola per mano. ”Che ne dici di
qui?” domandò la figura più alta, dal
tono di voce chiaramente un maschio, mentre aveva bloccato il proprio
passo.
” La
Stamberga Strillante? Bhè, wow! Posto romantico! Ti sei
superato stavolta, Sirius! Cos’è? Pensavi che
sarei stata terrorizzata e così mi sarei stretta ancora di
più a te, mio eroe? E’ una tattica che ha
funzionato spesso, devo supporre, con le tue miriadi di sgallettate!
” nel dire questo la ragazzina si avvicinò al
corpo di Sirius, lentamente. Quasi felina.
Nel dire le ultime parole lo aveva guardato negli occhi. Ferma,
sussurrando appena a pochi centimetri dalla bocca di lui.
” Cazzo,
quanto sei bella quando sei logorroica. Ma una
domanda…smetti mai di essere così
acida?” nel domandarlo Sirius le rubò
appena un bacio. Leggero.
”
Naaa!”
Un sorriso si dipinse
sulle labbra della ragazzina. Ma durò poco.
S’infranse rapido sulle labbra di lui. Stavolta il bacio
durò più a lungo. Le mani di Sirius dolcemente
presero a sbottonare il cappotto verde di lei, per poi infilarcisi
sotto, all’altezza della vita. In un attimo furono sotto il
maglione di lei che fu percorsa da un brivido al contatto con quelle
mani fredde, ma così delicate. Mentre la baciava Sirius si
lasciò sfuggire appena un sorriso nel sentirla rabbrividire.
La ragazzina si strinse ancora di più a lui, il bacio si
fece decisamente meno casto. Sirius implacabilmente fece salire di poco
le sue mani, sempre delicatamente. Ancora un altro sorriso nello
sfiorarle il seno e nell’accorgersi dell’assenza
del reggiseno. Ma stavolta fu la ragazzina a sorridere, si
staccò decisa, mentre con la mano destra allontanava da
sé il corpo del ragazzo.
”Ah, no!
Black…no,no! Io non sono una delle tue sgallettate. E poi
questo posto non mi fa minimamente paura…”
sbottò con aria estremamente divertita la ragazza.
” Mi farai
impazzire, Daire. Ma tu questo già lo sai, vero?”
domandò enfatico Sirius, mentre le si avvicinò di
nuovo.
” E poi non
ti ho portata qui per quello che dici tu. Non ho bisogno di trucchetti
per farti stringere a me. Lo fai già da
sola…” aggiunse in maniera terribilmente beffarda
e tronfia. “ E’ solo che qui potremmo stare
tranquilli. Non ci viene nessuno…e se nessuno ci
viene…”
”Nessuno ci
vede…già…”
completò Daire, mentre gli prendeva la mano. “Odio
tutto questo, Sirius. Lo odio, davvero. Voglio poter stare con te,
ovunque! “
”Daire, sei
tu che dici sempre che non possiamo! Al diavolo tutti! Che ci
vedano…”
” Sirius,
non è così facile…”
” Come
minimo ci ammazzeranno” la canzonò lui, dondolando
appena la testa. “Lo so, me lo ripeti di continuo. Ma allora
andiamocene! Scappiamo…”
” E tu
ripeti a me questo di continuo. E io di continuo ti dico di no.
“
*
“
Dannazione!E smettila di piangere…” poco
più di un borbottio quello di Sirius, ma che giunse in
maniera distinta all’udito di Daire.
Un singhiozzo fu
l’unica risposta che ottenne da quella instabile creatura che
aveva di fronte. Così forte e algida
all’apparenza, così fragile in realtà.
”Daire, cosa
ti aspettavi? Decidesti di andartene, all’improvviso. Senza
dirmi nulla. Nemmeno il perché. Ora hai deciso di tornare,
sempre all’improvviso. Sempre senza dirmi nulla. E
sempre…senza dirmi nemmeno il perché.”
Continuava a fissarla,
stavolta non accennava a voler sfuggire allo sguardo di lei.
”Tu non sai
quanto me ne penta. Ogni giorno. Ogni notte. Ogni singolo secondo
ripenso a quel dannato giorno. Ho commesso un errore. Il più
grande della mia vita. Non avrei dovuto abbandonarti. E’ una
tortura la consapevolezza del male che ti ho fatto. Più
atroce della consapevolezza che non ti potrai mai più fidare
di me. Perché questo so di meritarlo, mentre
tu…tu non lo meritavi.”
”Perché,
Daire? Dimmi solo perché.”
” A che
servirebbe ormai…” rispose Daire. Il tono di voce
sommesso, il capo chino. Uno stato che rasentava la sottomissione.
Sirius non accennava a compiere un gesto qualsiasi, tanto meno quello
di distogliere quegli occhi grigi dalla figura di lei.
” Servirebbe
a me! Possibile che tu sia così stupida!”
ringhiò Sirius.
”
Ricordi…quel mio…<< dono
>> ? “ domandò
*
Hogwarts: venti anni
prima. Primi di Aprile. Biblioteca.
Una risolino
s’alzò da dietro degli scaffali, ma rapida una
mano s’alzò per tappare la bocca a cui era
sfuggito.
”Shhh…vuoi
che la vecchia ci trovi?” domandò Sirius
compiaciuto, mentre col suo corpo premeva quello magro di Daire contro
uno scaffale alto ed impolverato, pieno di libri, testimoni dello
sbocciare di quell’amore così intenso.
Lei, con una lentezza
esasperante, si liberò da quella presa.
” Ma tu
continui a farmi il solletico !” rispose Daire, riempiendo le
guance, per poi liberarle in uno sbuffo.
Fingendosi offesa, mise il broncio e puntò lo sguardo in
basso, giusto in tempo per vedere la mano destra del Grifondoro alzarsi
per afferrarle il mento. La costrinse a guardarlo.
” Stupida,
devo andare. Ho lezione… “ detto questo, Sirius si
chinò per rubarle l’ennesimo bacio.
” Stasera
c’è la Luna Piena…”
accennò lei, lasciando cadere in sospeso la frase di
proposito. Alzò gli occhi, portandoli sul viso arrogante di
lui, per non perdersi la reazione a quella frase.
” E quindi
?” chiese lui, impassibile. Come se quella condizione di Luna
Piena non implicasse niente di niente. Ora se ne stavo appoggiato allo
scaffale, puntellandosi sul palmo della mano destra, che lasciato il
viso di Daire, aveva afferrato la superficie lignea.
” E, quindi,
ogni volta che c’è Luna Piena non ci
vediamo…” iniziò, chiaramente
intenzionata a continuare. Ora che aveva iniziato, non aveva intenzione
di farsi fermare.
Peccato che
così non fu.
”
E’ una coincidenza. “ si sbrigò a
chiudere lui, probabilmente punto nel vivo. “Devo andare,
davvero, Daire. Se faccio un altro ritardo la McGranitt mi trasfigura
in un orologio” e fece per allontanarsi. Un’aria
fin troppo colpevole disegnata su quel volto solitamente strafottente.
” Sirius.
Smettila di mentirmi… io lo so. So di Remus…e di
voi! ” confessò Daire, una volta che lui le dava
già le spalle. L’aveva fatto controvoglia e
altrettanto dispiaciuta osservò l’esito delle sue
parole. Lui si bloccò, come impietrito dal peso di quella
rivelazione. La reazione che Daire tanto aspettava non si fece
attendere, fu fulminea.
Sirius si
voltò di scattò, tornando da lei. La costrinse
ancora di più a stringersi contro lo scaffale.
L’impatto fu così forte che un libro cadde a
terra, andando a sbattere contro il pavimento lucido con un tonfo.
” Tu non sai
niente!” le ringhiò contro, minaccioso come non lo
era mai stato. Era furente, sconvolto
dall’eventualità che qualcuno potesse essere
realmente a conoscenza di quel segreto. Anche se quel qualcuno era la
ragazza di cui era innamorato pazzo.
” Non lo
dirò a nessuno! Non l’ho mai detto a nessuno! Lo
so da sempre, Sirius. Da prima che io e te… “
” Pensavo che solo i cani
sbavassero…” ripeté lui,
perso in un ricordo preciso. “ Che coglione! “
forse s’era accorto che le aveva fatto male, o forse erano
solo i passi in avvicinamento che lo fecero allontanare da lei.
Daire ne
approfittò per chinarsi a raccogliere il libro che era
caduto. Era inspiegabilmente tranquilla e controllata, nonostante
Sirius fosse quasi pronta a sbranarla.
” Daire,
devi dimenticare! “ furono le uniche parole che gli uscirono
dalla bocca. L’unica soluzione possibile, per quanto
drastica, sarebbe stato un Incantesimo di Memoria.
” Non
capisci, Sirius! Non posso dimenticare! Non vi ho seguito. Non
è qualcosa che ho visto con gli occhi. “
” Che cazzo
stai dicendo ?! “ si stava sforzando di non urlare, di non
dar sfogo alla rabbia che gli cresceva in corpo. Intanto i passi si
facevano sempre più rapidi e vicini.
” Sirius,
io…ho delle visioni. Tutte le donne della mia famiglia sono
delle Veggenti. Ma la mia Vista è diversa, è
più forte e vivida. Non la controllo! Arrivano
all’improvviso. Coinvolgono passato, presente e
futuro…e riguardano solo persone a
me…vicine…”
Quella confessione
l’era costata molto. Troppo. Era sconvolta, scossa dalle sue
stesse parole che come un fiume in piena s’erano riversate
con impeto fuori dalle sue labbra carnose.
Lui la guardava
inebetito, il peso di quella dichiarazione l’aveva
tramortito. Aprì la bocca un paio di volte, ma non ne
uscì alcuno suono.
” Cosa state
facendo! E’ così difficile da rispettare il
silenzio !”
La signora Pince era
appena sbucata all’inizio del piccolo corridoio, formato
dallo spazio tra i due scaffali, dove si trovavano Daire e Sirius.
Lui, non
riuscì ad avere nessuna reazione se non quella di andarsene.
Sfilò davanti alla Pince, senza nemmeno guardarla.
Ogni suo passo, era un
battito del cuore di Daire.
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