I Cancelli d'Oro.

di Raksha3
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Aioria del Leone. ***
Capitolo 2: *** La donna Cavaliere. ***
Capitolo 3: *** La sfida. ***
Capitolo 4: *** Il tuo vero aspetto. ***
Capitolo 5: *** Inquietudine. ***
Capitolo 6: *** La Sacerdotessa ritrovata. ***
Capitolo 7: *** Neve. ***



Capitolo 1
*** Aioria del Leone. ***


Non sapete cosa fare in queste tristi giornate invernali? Siete estremamente annoiati? Bene! 
Venite pure al Grande Tempio a scoprire cosa sta succedendo di così tremendo! Yuhuhuhu.
Bene, visto che ho fatto la stupida fino ad adesso, posso anche essere seria per un minuto. Questo capitolo è nato come una cavolata e ho deciso di continuarlo per vedere come va. Solitamente le mie storie si fermano al capitolo 5, ma stranamente questa è arrivata un po' più lontano. 
Tenterò di postare una-due volte a settimana, studio permettendo. 
E' la prima volta che scrivo dei Saint, anche se sono su Efp da più di un anno, vorrei che mi diceste se sono IC, perché credo di essere stata abbastanza fedele, ecco. 
I primi capitoli sono di introduzione e di comprensione, poi comincerà la vera e propria storia, con tutti i misteri e le stregonerie del caso. Spero vi divertiate e grazie moltissime a Sagitter no Tania per avermi dato appoggio nei momenti di crisi!
Buona lettura! 

Aioria del Leone.



"Dobbiamo andare.", sussurrò Primavera ghignando.
"Ma le porte? Chi penserà a chiudere le porte dell'Olimpo? Carpo, dille qualcosa!", disse Estate con una smorfia rivolgendosi alle due sorelle. Lei che era ligia al lavoro non poteva permettere che il suo compito venisse trascurato.
"Sta zitta, Auso. Dobbiamo andare.", ribatté Primavera prendendo la sorella per un polso.
"Tallo, lasciala andare, non ti pare di essere troppo manesca di questi tempi?", sussurrò Autunno ridacchiando.
"Sorella, è necessario staccarla dai Cancelli dell'Olimpo con la forza, guarda! Si è legata con una catena.", esclamò Tallo continuando a tirare Auso.
"Sei o non sei una Dea, Tallo? Usa i tuoi poteri. Basta uno schiocco di dita.", disse Carpo schioccando le dita. In pochi secondi la catena di Auso si disintegrò e le tre divinità si presero per mano.
"Nell'Isola di Pasqua nessuno disturberà i nostri piani.", esordì Tallo sistemandosi i lunghi capelli neri sulla spalla destra.
"Zeus e Athena la pagheranno per aver sottovalutato il nostro potere.", Carpo chiuse il libro che aveva nella mano sinistra e con un debole Stock, sparirono.



Un anno prima...


Aioria se ne stava seduto sui gradini della sua Casa ad aspettare la chiamata del Gran Sacerdote. Pensava ad Aiolos e a quanto quel luogo fosse triste senza di lui. Era un traditore ma restava pur sempre suo fratello.
Ricordava di quando saliva quei gradini insieme a lui parlando della sua prossima investitura a Cavaliere D'Oro. Non poteva che ricordare da solo. Spesso pensava a cosa sarebbe successo se Aiolos non avesse tradito Athena, se fosse rimasto al Grande Tempio insieme a lui. Sicuramente lo avrebbe aiutato nei momenti peggiori, gli avrebbe asciugato la fronte quando si allenava, ma la verità era che Aiolos era un traditore e oltre ad aver disonorato l'armatura del Sagittario, aveva disonorato il loro sangue.
Quel giorno la tranquillità che regnava al Tempio era fuori dal normale, non c'erano ragazzini che correvano in su e in giù, ai campi d'addestramento vigeva il silenzio e Aioria si annoiava. Si chiese dove fossero finiti tutti dato che, seppur passeggiando per tutto il Tempio, non c'era nessuno in giro.

Scese i gradini fino alla fine della scalinata delle Dodici Case e si diresse verso il campo di addestramento conscio del fatto che sicuramente avrebbe trovato qualcuno.
Sentiva un lontano brusio provenire dall'Anfiteatro in cui si svolgevano gli incontri. Lì, anni prima, aveva visto ragazzini in tenera età uccidersi a vicenda. Da quel giorno non era più tornato nell'Anfiteatro. Possibile che vigesse ancora la legge del più forte? Che non ci fosse più compassione tra aspiranti cavalieri? E che ce ne fosse così poca da portare alla morte di giovani ragazzi?
Aioria non sapeva rispondere a queste domande.
Si avvicinò con malavoglia e vide molti giovani seduti sulle gradinate. Al centro un Cavaliere lottava con un ragazzo. La maschera che portava e l'armatura che indossava lo mostravano come donna, ma la forza che aveva nelle sue gambe era pari a quella di un uomo. Si muoveva scattante e veloce, non stancandosi anche dopo lunghi salti.
Aiolia fu attirato da un ragazzino che conosceva di vista e si avvicinò cauto.

Maiolos, chi sono i due che si stanno affrontando?”, domandò indicando il centro dell'Anfiteatro.
Aioria, che piacere! Quei due, dici? Il ragazzo è Taro, un ragazzo pragmatico, mentre l'altra... Non ne ho idea. E' arrivata stamattina da chissà dove e Taro l'ha sfidata per la sua armatura. E' bella non trovi? Quei colori si confondono con il paesaggio quando corre.”, disse il ragazzino sorridendo.
Aioria capì che aspirava ad un'armatura bella come quella della sconosciuta. La guardò per qualche secondo e la riconobbe come l'armatura di Bronzo della Lince.
La ragazza sferrava colpi sicuri e forti, simbolo di un duro allenamento. Il colpo fatale arrivò all'improvviso e ammutolì la folla.

Non ti finirò, aspirante Cavaliere. In me vige l'onore datomi da quest'armatura.”, esclamò lei cominciando a salire le gradinate per l'Anfiteatro.
Ora, se qualcuno vuole dirmi dove posso trovare la Casa del Leone, ne sarei molto contenta.”
Aioria sorrise pensando che quella ragazza cercava proprio lui. Che volesse sfidarlo?
Con passo svelto tornò alla sua casa e si sedette sui gradini con fare annoiato.
Pochi minuti dopo la ragazza dell'Anfiteatro si presentò al suo cospetto, inchinandosi debolmente.

Aioria del Leone?”, domandò sotto la maschera.
Proprio io. Cosa ti porta alla mia casa, giovane Cavaliere?”
Aioria la guardò bene, le gambe erano corte ma magre, allenate e scattanti come quelle di un felino. Era bassa e aveva lunghi capelli color nocciola. La maschera che le copriva il volto era metà bianca e metà rossa, così come l'armatura.

Non mi riconosci con la maschera, vero?”
La domanda spiazzò Aioria che non aveva minimamente pensato di conoscere quella strana ragazza. Pensò a fondo a quante ragazze Cavaliere conoscesse, ma nessuna di esse portava un'armatura di color rubino.

Dana, ti dice qualcosa?”, disse la ragazza levandosi la maschera.
Aioria si aprì in un sorriso. La guardò intensamente. I suoi lineamenti non erano più quelli di una bambina ma di una giovane ragazza in pieno sviluppo. I muscoli delle braccia e delle gambe rivelavano il suo duro allenamento ma gli occhi, quelle due perle verdi, erano rimasti gli stessi.

Dana...”, balbettò. Ancora non riusciva a muoversi per lo shock.
Sono proprio io. E non guardarmi con quella faccia da schiaffi! Abbracciami Cavaliere D'Oro del Leone!”, intimò la ragazza aprendo le braccia.
Aioria ci si tuffò dentro e la sollevò da terra. Pesava sempre poco, come quando era partita.

Mi sei mancata da morire, vorrei che tu non fossi mai partita. E' stato un inferno senza di te.”, disse Aioria immergendo il naso nei suoi capelli.
Anche tu. Non sai quanto è stato duro il mio allenamento. Pensavo di non poter tornare più ad Atene.”, confessò la ragazza carezzandolo dolcemente.
Devi raccontarmi tutto, Dana. Andiamo.”, disse Aioria spingendola verso la casa.
Questa quindi è la casa di Leo, giusto?”
Giusto.”
Dana sorrise, entrando dalla grande porta. Non vedeva Aioria da più di due anni e ne sentiva la mancanza quando si trovava a Tenerife, l'isola spagnola in cui aveva conquistato la sua armatura. Lui non era cambiato affatto, portava i soliti capelli scompigliati che somigliavano tremendamente alla criniera del suo segno, il Leone. Dana si guardò intorno ed osservò la grande casa. Molte colonne reggevano le salde mura e altrettante porte d'avorio costellavano la parete come stelle.

Casetta accogliente, io l'avrei fatta più grande.”, asserì ridacchiando.
Sempre la solita spiritosa. Andiamo a sederci, così mi racconti del tuo viaggio.”, disse Aioria scortandola verso il tavolo basso del salone.
Si sedettero su due sedie d'avorio e Dana sorrise pensando alla ricchezza che si ostentava in quella casa. Sicuramente l'arredamento non era opera di Aioria, lui avrebbe optato per qualche mobile in legno e qualche soprammobile tanto per dare senso di accoglienza e calore.

So cosa pensi. Non sono stato io a scegliere l'avorio.”, disse Aioria, come se le avesse letto nella mente.
Dana sorrise, si conoscevano così bene da poter anticipare l'uno i pensieri dell'altro.

Insomma, dimmi, com'era Tenerife?”
Rocciosa.”, disse lei levandosi i bracciali dell'armatura.
Rocciosa? Solo questo?”
Calda e rocciosa. Mi hanno costretto ad allenarmi sotto il Chinyero, il vulcano, faceva un caldo pazzesco e c'era puzza, molta puzza!”, enfatizzò mentre si slacciava il corpetto e la cintura. “Il mare, non c'è che dire, splendido, se solo avessi avuto il tempo e la fortuna di farci un tuffo, non sai quanto gioia in più avrei.”
Ti hanno proprio distrutto, laggiù.”, sospirò Aioria poggiando i gomiti sul tavolo. Dana portava una veste greca con le gambe coperte dal body nero e il busto dalla tunica color panna.
Perché a te qui hanno fatto la carità?”
Effettivamente no.”
Aioria ripensò al suo duro allenamento, alla mancanza di Aiolos quando ne aveva più bisogno e si ritrovò immancabilmente a pensare al suo tradimento. Si chiese se fosse un avvertimento, come a dirgli che non ci si deve fidare nemmeno del proprio sangue.
Il suo sguardo divenne triste e pensieroso, bloccato a terra da voragini aperte all'interno del suo animo.
Dana se ne accorse e lo fissò per qualche secondo. Era sempre il solito Aioria ma aveva qualcosa che mancava: credeva meno in se stesso e nelle persone che lo circondavano.

Come stai, Aioria?”, domandò a bruciapelo.
Sto. Non riesco a perdonarlo.”
Aiolos era un ragazzo con la testa, non avrebbe mai fatto niente senza una motivazione valida e giusta. Era sotto la protezione di Sagitter. Sono sicura che c'è dell'altro dietro a questa storia, ma se non vuoi indagare tu per primo, chi sono io per costringerti?”, disse lei prendendogli la mano.
Grazie, Dana. Grazie di essere di nuovo qui.”, le sorrise dolcemente.
Bene, bene, una donna dentro la casa del Sacro Leo, e per di più senza maschera.”
A quelle parole i due si girarono di scatto. Un ragazzo in armatura d'oro avanzava lentamente verso di loro. Aveva un mantello che penzolava ad ogni movimento e un'andatura fiera. I capelli di un nero cupo facevano risaltare i verdi occhi. Dietro di lui un altro ragazzo dai lunghi capelli scuri lo seguiva.
I due si avvicinarono e guardarono Dana.

Milo, Shura, ben arrivati.”, disse Aioria alzandosi e lasciando la mano calda della compagna.
Costei non indossa la maschera come è di regola.”, sussurrò Milo indicando Dana con sguardo severo.
Ha il mio permesso. Piuttosto voi due che ci fate qui?”, chiese Aioria.
Volevamo sapere se hai notizie del Grande Sacerdote.”
Shura, tu presiedi una delle case più vicine al Grande Tempio e vieni a chiedere a me?”
La mia casa è solo una mera vicinanza, tu vieni chiamato più spesso di tutti noi e pensavamo che potessi sapere qualcosa. Sono giorni che non ci sono novità.”, disse il ragazzo che doveva essere Shura.
Dana guardò tra le braccia del ragazzo e notò l'elmo d'oro. Due lunghe corna affusolate si poggiavano sulla base tonda del copricapo.

Caprone.”, sussurrò all'orecchio di Aioria. Il Cavaliere dovette trattenere le risate anche se i sussulti si notavano dalle sue spalle.
Effettivamente la ragazza ha ragione.”, disse Milo guardando il compagno con un sorriso.
Caprone? Stupida donna, infrangi le regole del Tempio e in più dici blasfemie sulla mia costellazione? Dovresti essere punita.”, disse Shura leggermente irritato.
Posso sapere, Aioria, chi è costei?”, domandò Milo evitando il discorso caprone per non far scoppiare un duello che la ragazza avrebbe perso.
E' mia sorella Dana.”


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Capitolo 2
*** La donna Cavaliere. ***


Buonasera a tutti quanti! Ho visto che nello scorso capitolo in pochi hanno letto ma ancora meno hanno commentato... Non importa! Sono felice che ci sia qualcuno che legga, anche se non si mostra. 
Questo è il secondo capitolo della storia in cui vengono spiegate alcune cosette e ci sarà anche l'apparizione del Gran Sacerdote... OOOOOOH paura. 
Dana è un'OC che mi è venuta in mente mentre dormivo, come sempre e spero che vi piaccia il suo carattere un po' malandrino, è una ragazza ancora acerba a cui piace infastidire la gente.
Sempre la solita storia sugli IC dei personaggi, se non fossero tali vi prego di dirmelo così inserisco OOC negli avvertimenti. Spero di essere rimasta fedele. 
Per quanto riguarda la storia, si svolge un annetto e più prima delle 12 case, spero l'abbiate capito. 
Ringrazio tutti quelli che l'hanno messa tra le seguite/preferite/ricordate e soprattutto ringrazio Sagitter no Tania che mi supporta e rompe le palle da mattina a sera sbavando su quei gran figaccioni dei Cavalieri di Lost Canvas e su Milo v.v 
Un bacio a tutti e buona lettura. 

La donna Cavaliere.

“E' mia sorella Dana.”, disse Aioria lasciando spazio alla ragazza. Se ne stava poggiata al muro con un'espressione compiaciuta per lo sguardo strano che avevano i due Cavalieri. Erano rimasti impietriti. Era noto che Aioria avesse un fratello, che fosse Aiolos del Sagittario, ma non una sorella e per giunta non un Cavaliere donna.
“Sorpresi, eh?”, sorrise lei avvicinandosi. Si alzò sulle punte per guardare negli occhi Shura.
“Tu saresti il Cavaliere D'Oro Shura del Capro... Capricorno, giusto?”
“Dillo di nuovo, avanti.”, esclamò lui avvicinando il viso a quello di lei con fare minaccioso. La ragazza scese dalle punte e si avvicinò all'altro Cavaliere.
“Tu, invece, sei Milo dello Scorpione, a quanto noto dal tuo grazioso copricapo con la punta. Ho sentito molto parlare della tua Cuspide Scarlatta, attacco che inietta il veleno dello scorpione nella vittima.”
“Lieto di sapere che le voci circolino, ma dimmi, Aioria, è davvero tua sorella questa donna?”, disse Milo compiaciuto.
“Non proprio, è mia cugina, la figlia della sorella di mia madre, siamo cresciuti insieme dopo la scomparsa dei suoi genitori ed è diventata come una sorella per me.”, asserì Aioria grattandosi la testa.
“Donna..”, cominciò Shura venendo interrotto dalla ragazza che gli si piazzò davanti.
“Ehy, Caprone, il mio nome è Dana, non Donna.”
“Come osi.”
“Sei un Cavaliere, giusto Dana?”, domandò Milo sedendosi su una delle sedie d'avorio. Si tolse l'elmo e lo poggiò delicatamente sul tavolino. Giocherellò qualche secondo con la punta che era una vera e propria coda di scorpione.
“Giusto. Quando ero a Tenerife per il mio allenamento il Cloth della Lince mi ha scelta e si è legato a me con la catena delle stelle.”
“Tenerife. Interessante come il luogo in cui sei maturata sia anche nello Stato in cui è nato Shura.”
“E perché mai dovrebbe, è solo una mera coincidenza data dal Fato.”, asserì la ragazza riservando un'occhiata per il Cavaliere del Capricorno.
Shura si allontanò alla volta della sua casa lasciando i tre a conversare. Quella ragazza non solo diceva sciocchezze ma era anche una donna blasfema che non indossava la maschera come tutte le altre, era un demone mandato dall'Ade.
Milo rifletté sulla risposta della ragazza notando quanto i caratteri dei due si somigliassero.
“Eppure gli ideali spagnoli della gentilezza e del garbo avrebbero dovuto plasmarti.”
“Il mio animo non è così debole da essere plasmato da culture diverse dalla mia terra natia. E poi, pur essendo spagnolo, non vedo tutta questa gentilezza da parte del tuo amico.”
“E' fatto così, c'è poco da fare. Ora, dato che sei appena arrivata, non ti dispiacerà presentarti al cospetto del Gran Sacerdote per fare le presentazioni.”
“E' presto, Milo.”, la difese Aioria. Sapeva che se il Gran Sacerdote avesse saputo di lei, l'avrebbe presto mandata in qualche strana missione, separandoli, e lui non l'avrebbe mai accettato.
“Nessuno può avvicinarsi al Tempio senza il consenso del Gran Sacerdote, neppure una così bella fanciulla.”, esclamò Milo alzandosi. “E' giusto che lei vada, puoi accompagnarla.”
Aioria lo guardò allontanarsi e disprezzò il momento in cui aveva chiesto a Dana di entrare nella sua casa.
La ragazza continuava a fissare Milo allontanarsi e lo salutava con la mano come facevano i bambini. Lei era così, bambina dentro e donna fuori. Aioria sperò che il Gran Sacerdote si rendesse conto di quanto avesse aspettato il suo ritorno e che la lasciasse qualche mese in più al Grande Tempio.
Si promise che l'avrebbe scortata fino a lui quella sera stessa, altrimenti sapeva che l'avrebbe fatto Milo, o peggio, Shura.
Con lo sguardo preoccupato si avvicinò alle Sacre Vestigia di Leo e ci passò sopra un dito. La metteva poco quando stava al Tempio, solo per andare al cospetto del Gran Sacerdote.
“Quindi dobbiamo andare?”, domandò Dana sedendosi.
Aioria annuì in silenzio, poi aggiunse: “Non voglio che ti mandino in chissà quale posto per chissà quale missione suicida.”
“Non lo faranno. E' meglio andare adesso.”, disse la ragazza cominciando a mettersi l'armatura. Il Cloth della Lince le stava a pennello, le rendeva facili i movimenti e le mosse senza intralciarle con il suo peso. Il colore, lei amava il rosso rubino con cui era decorata la sua armatura.
Aioria l'ammirò per il coraggio con il quale parlava, ma credeva poco alle sue parole.
Si allacciò i bracciali e gli spallacci e quando ebbe finito con il resto fece un respiro profondo. Aveva perso Aiolos, per tradimento o no l'aveva comunque perso, e non voleva perdere anche Dana, l'unico barlume di speranza e di compagnia che c'era in quel posto.
“E così, quella è l'armatura del Sacro Leone. Ti sta d'incanto.”, disse lei girandogli attorno come un avvoltoio.
“Sei inquietante quando mi guardi così.”
“Ma come, nessuna donna ti ha ancora scrutato da sotto le sue folte ciglia?”, domandò Dana sorridendo.
“Tu sei il demonio.”, esclamò Aioria. “Hai fatto arrabbiare Shura, che difficilmente perde il controllo davanti ai Cavalieri di rango più basso, e in più adesso mi prendi anche in giro?”
“Sono fatta così, mi conosci. E poi è stato il Caprone a cominciare, tutto quel “donna qui, donna là, dovrebbero ammaestrarti”, che sono un animale?”
Lo sguardo che le riservò Aioria parlò per lui guadagnandosi una gomitata dalla sorella.
“Dana, mettiti la maschera, almeno per adesso.”
“Ma prude...”
“Mettila, non fare la bambina!”, esclamò il Cavaliere.
Dana si posizionò la maschera rossa e bianca sul viso e si lisciò i capelli.
“Ancora non capisco perché noi donne sì e voi no. Eppure siamo donne, come Athena, mah non capisco proprio.”
Aioria alzò le spalle e si diresse verso il Grande Tempio. All'undicesima casa, quella del Capricorno si fermò un momento.
“Per favore non metterti a discutere con Shura adesso. E' un Cavaliere forte e non vorrei che ti sfidasse a duello.”, dichiarò apprensivo Aioria.
“Puoi smettere di fare l'apprensivo? Non sono più una bambina.”, esclamò lei camminando a passo fiero nella casa del Capricorno.
Passò velocemente guardando e immagazzinando più informazioni possibili sul Cavaliere. Una grossa statua se ne stava in bella mostra vicino al corridoio. Raffigurava Athena e un Cavaliere a cui stava donando una spada. Si ripromise di farsi raccontare la storia da qualcuno, prima o poi, o meglio di chiedere direttamente al Capricorno che cosa volesse ostentare. Aioria la ricchezza e lui? La fede?
Shura non si fece vedere e i due passarono indisturbati. Anche la casa del Cavaliere dell'Acquario era deserta. Alla dodicesima casa furono costretti a fermarsi davanti al lungo corridoio di rose velenose di Aphrodite.
“Chi è là che vuol passare dal mio prato fiorito?”, domandò un bellissimo Cavaliere dall'armatura dorata. Aveva lunghi capelli chiarissimi e degli occhi azzurri penetranti. Era di una bellezza abbagliante tanto che Dana dovette coprirsi gli occhi anche da sotto la maschera.
“Aioria del Leone con un nuovo Cavaliere in visita al Grande Tempio.”
“Aaah Aioria, sei tu e chi è costei dai meravigliosi e morbidi capelli?”, esclamò il Cavaliere uscendo alla luce del sole.
“Mia sorella Dana, Cavaliere dei Pesci, vorrebbe incontrare il Gran Sacerdote per porgli i dovuti saluti e onori.”, disse Aioria guardando negli occhi l'affascinante Cavaliere.
“Meraviglioso, vorrei poter vedere il suo grazioso viso per poter giudicare quanta beltà cresce in lei, ma essendo donna non posso permettermi di levarle la maschera.”
“Esattamente.”
“Mi concedi però di baciarti la mano, come segno di una profonda cavalleria che si cela nel mio animo nobile?”
Per quanto la domanda fosse insensata, Dana acconsentì e si lasciò baciare la mano dal Cavaliere.
“La tua pelle profuma, caro Cavaliere. Sono certo che il Gran Sacerdote avrà cura di una così giovane fanciulla.”
“Ti ringrazio, Cavaliere dei Pesci.”, disse Dana.
“Aphrodite.”, la corresse il Cavaliere.
I due lasciarono la casa dei Pesci con sguardo serio. Ormai erano vicini al Grande Tempio e l'ansia cresceva dentro l'animo di Dana. Aveva paura di essere rispedita in un luogo tetro e puzzolente come Tenerife.
Aioria la strinse per le spalle e la guardò. Nonostante non potesse vedere i suoi occhi, sapeva che lei lo stava osservando.
“Non permetterò che ti allontanino di nuovo.”, disse lui abbracciandola.
“Confido nel mio buon Fato.”, confessò entrando nel Tempio.
Fecero pochi passi quando il Gran Sacerdote disse: “Aioria, Cavaliere D'Oro del Leone, sono lieto che tu abbia portato tua sorella al mio cospetto.”
“Sommo Sacerdote, mia sorella è tornata da poco ad Atene per renderle omaggio. Ha appena acquisito l'armatura della Lince diventando così Cavaliere.”, esclamò Aioria inginocchiandosi.
“Sono felice che lei sia qui, una nuova seguace di Athena è ben accolta al Tempio. Mi chiedo solo se il suo sangue non sia più simile a quello di Aiolos che al tuo, fedele Leone.”, disse il Gran Sacerdote dal suo scranno rosso. Dana non aveva alzato il viso un secondo stando con gli occhi incatenati al suolo.
“Mio Signore, questa donna è devota ad Athena quanto lo sono io e di conseguenza porterà rispetto al Tempio e a chi ne fa parte.”
“Sono lieto. Alzati, Dana della Lince e giura fedeltà a questo Tempio.”
Dana si alzò e fece nuovamente un piccolo inchino. “Io, Dana della Lince, dichiaro di essere fedele ad Athena e al Grande Tempio, di proteggere i suoi valori e la giustizia di cui detiene il potere.”
Con il pugnale che aveva al fianco si incise un dito e versò la goccia di sangue ai piedi della statua di Athena, quella più vicina a lei. Si inginocchiò di nuovo e piegò la testa per salutare la grande Dea.
“Il tuo giuramento di sangue mi allieta, Dana della Lince. A Tenerife vi hanno insegnato come farlo, cosa che non capita tutti i giorni in altri luoghi. Ora, dato che hai fatto il tuo dovere, puoi andare, mentre tu, Aioria, resta qui.”, disse il Gran Sacerdote congedando la ragazza.
Dana se ne andò a passo lento, pregando che bastasse per dileguarsi da quella sala gremita di aure negative.

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Capitolo 3
*** La sfida. ***


Buona seeeeera a tutti, di nuovo. Sono ancora qui per postare il secondo capitolo in due giorni, poi però basta eh! Finché non avrò almeno 4 recensioni a questo capitolo non andrò avanti, quindi mettetevi in testa di commentare v.v almeno un commentino piccolo piccolo piccolo. Questo capitolo inizia a raccontare un pochino di più sulla veeeera storia di cui voglio narrarvi le vicende. Ci sarà il buon vecchio Aldebaran, che Tania adora, e che io stimo per la sua presenza bonacciona e bisbocciona (ma esiste?). 
Ringrazio Sagitter no Tania che mi rallegra tutti i giorni con i suoi discorsi idioti e i suoi ormoni a mille (per Milo, Kardia, Degel, Shura, e tanti altri ahah) ringrazio anche tutti quelli che hanno commentato gli scorsi capitoli e anche Sara, la nuova entrata che mi tartassa i maroni per spoilerini e capitoli a gogo. Vi tromberei tutti... No, via ora tutti un ce la fo.

La sfida.

Dana saliva e scendeva le scale vicino al tempio, in attesa di Aioria, ma passavano i minuti e di lui non c'era traccia. Sperava che non si stesse prendendo una sgridata perché lei si era presentata così, senza avvertire e aveva chiesto ospitalità nella sua casa. Forse il Gran Sacerdote sapeva che lei non portava la maschera quando stava con Aioria e lo stava ammonendo. O forse stavano solo parlando di affari più grandi di lei, ma a questo non pensò.
Decise di aspettarlo nella sua casa, in modo da lasciargli tutto il tempo per pensare alle parole che le avrebbe detto per cacciarla o per mandarla in qualche luogo depravato.
La verità era che non voleva lasciare di nuovo Atene, le ricordava sua madre e tutti i momenti belli che aveva passato da piccola, prima di iniziare il duro allenamento. Si ricordava quando giocava con Aioria sotto lo sguardo di Aiolos già ragazzo e poi la sua investitura a Cavaliere D'Oro.
Le piaceva pensare ad Atene come la culla della sua vita, la sua intera esistenza era basata su quella città.
Aioria era la sua famiglia, la sua casa e non voleva abbandonarlo di nuovo. Additato come fratello del traditore la tristezza e lo sconforto crescevano in lui giorno dopo giorno.
Passeggiava verso la casa di Aioria quando si sentì chiamare.
“Donna.”
“Dana!”, urlò lei verso Shura del Capricorno.
“Dana, dove hai lasciato Aioria?”, il tono che usò era serio e pacato, come se avesse riacquisito la tranquillità a cui era abituato.
“E' al cospetto del Gran Sacerdote.”, disse lei.
“Perfetto. Quando lo vedi riferiscigli che Shura del Capricorno vuole parlare con lui.”
“Non sono una messaggera, diglielo tu.”
“Vedo che la gentilezza non è una tua qualità. Complimenti per la maschera, comunque. Addio Cavaliere della Lince. Riferisci il messaggio.”, esclamò tornandosene nella sua casa.
“Idiota.”, disse Dana storcendo la bocca sotto la maschera. Forse era un bene che quella cosa le stesse addosso, poteva fare smorfie e linguacce senza farsi notare. Il Cavaliere del Capricorno era l'unico essere vivente per cui provasse antipatia in quel momento.
Si concesse qualche minuto per pensare a cosa fare e poi entrò di nuovo nella casa del Cavaliere. Si tolse la maschera, sapendo che la rabbia lo avrebbe costretto ad irrigidirsi e si avvicinò alla statua.
Chiuse gli occhi qualche secondo e poi sentì i suoi passi.
“Il mio addio non è servito a farti tornare a casa, vedo.”, disse lui poggiandosi contro la colonna. Come quella mattina non portava l'elmo d'oro e i suoi capelli scuri si arricciavano debolmente.
“Ero soltanto curiosa.”, esclamò girandosi.
“In questa casa devi portare la maschera.”, ordinò lui con tono perentorio. Si avvicinò alla ragazza e le prese la maschera dalle mani. Shura la guardò qualche secondo ammettendo che se avesse dovuto mettersela lui, non lo avrebbe fatto. Era rigida e sembrava scomoda.
“E se non volessi metterla?”
“Ti costringerò.”, sussurrò guardandola negli occhi. Si accorse del dolce verde con cui era sfumata l'iride che si mescolava ad un tenue azzurro. Niente a confronto dei suoi occhi verde foresta, in cui tutti quelli che lo guardavano finivano prigionieri.
Dana rise.
“Sei uno sciocco, Cavaliere del Capricorno, se speri di darmi ordini. Potrai anche essere un Cavaliere D'Oro e io un Bronze, ma non starò qui a farmi mettere i piedi in testa da te. Come essere umano sei pari a me.”, disse lei sicura di sé.
“Qui non si tratta di parità dei sessi, mia cara, ma più di regole da rispettare.”
“Regole, regole e ancora regole. Non sento parlare d'altro da anni ormai. Adesso posso fare quello che voglio.”, aggiunse.
Shura chiuse gli occhi per un momento e fece un respiro profondo. Per lui il Grande Tempio era sacro e lei lo stava insultando con i suoi capricci.
“Cosa volevi sapere?”, domandò poggiando la maschera su un tavolo poco distante.
Dana si voltò verso la statua e le girò intorno come aveva fatto quella mattina con Aioria.
“Toh, un avvoltoio.”
“Io starei attento alle parole, Caprone.”, disse lei sorridendo.
Shura non si scompose, aveva iniziato lui quella volta e se l'era cercata.
“Adesso stiamo in silenzio, vero? Sei nel torto e non vuoi rispondere alle provocazioni, giusto Cavaliere?”
Il ragazzo continuò a pensare a lei come un demone mandato per affliggerlo con la sua spavalderia.
“Non rispondo semplicemente perché se finisse in uno scontro sarei il vincitore indiscusso.”
“Non essere così sicuro, Shura.”
Il Cavaliere respirò profondamente. Aveva voglia di muovere il suo braccio destro verso di lei e tagliarle quella lingua troppo lunga con la sua Spada.
“La spada, Athena, il guerriero, cosa ostentano?”, domandò Dana fermandosi di fronte a lui.
“Orgoglio.”
“Orgoglio.”
“Già, orgoglio. Athena consegnò la Spada Sacra al più fedele Cavaliere D'Oro dello Zodiaco.”
“Vorrei ascoltarla, questa storia.”, gli confidò Dana. I suoi occhi si accesero di curiosità e Shura non poté far altro che accorgersene. Ghignò.
“Non credo che tu sia all'altezza di ascoltare la mia storia, perciò ti prego di tornartene alla tua casa e non assillarmi con le tue curiosità di bambina.”, disse il ragazzo voltandosi e avviandosi verso un corridoio secondario.
I nervi di Dana saltarono uno ad uno. La ragazza sentì lo schioppo di ogni piccolo nervo che si frantumava nella sua testa. La rabbia montò in lei. Dana non era più una bambina, nessuno poteva permettersi di parlarle così senza conoscere il suo passato, senza conoscere le cose che aveva dovuto affrontare da sola, trovando il coraggio negli angoli più bui del suo cuore.
Sentì tendere i muscoli quando scattò verso il Cavaliere D'Oro caricando un pugno di grande forza.
In una frazione di secondo, Shura del Capricorno si voltò e fermò la mano della ragazza all'altezza del suo viso. Con forza la spinse indietro sbattendola alla colonna alle sue spalle.
Dana ansimava per lo sforzo. Aveva messo tutto l'odio che aveva accumulato negli anni dentro quel pugno ed era stata bruscamente fermata.
Sentiva il forte odore della pelle del ragazzo e lo sfrigolio dell'armatura d'oro contro la sua.
“Ti ho già detto che questo scontro è evitabile ed ha un solo vincitore e non sei tu, Cavaliere della Lince.”, disse Shura avvicinando il viso a quello di lei, guardandola intensamente negli occhi.
“Non puoi essere imbattibile, non puoi trattarmi come se non fossi un tuo pari.”, gli sputò lei.
“Mi dispiace smontare i tuoi sogni di dolce ragazzina, ma io non sono un tuo pari.”
“Non sarai superiore per sempre.”
“Allora facciamo così, se tu riesci a colpirmi almeno una volta, ammetterò che siamo in parità, fino a quel momento rimettiti la maschera e non parlarmi più con questa strafottenza, ragazzina.”
“Non chiamarmi ragazzina, stupida Capra.”
Shura la strattonò di nuovo facendole battere la schiena un'altra volta, poi, la lasciò andare e si riavviò verso la porta d'avorio.
Dana rimase sola a massaggiarsi i polsi e vide che la presa con cui l'aveva stretta le aveva lasciato due brutti segni sulla pelle. Quel ragazzo era l'animale più odioso che ci fosse al mondo.


Da quel giorno fu guerra aperta tra i due Cavalieri, ogni scusa era buona per Dana, ogni momento libero era gioia perché le concedeva di recarsi nei pressi della casa del Capricorno per sferrare il suo attacco. Ogni volta, però, veniva scoperta o bloccata. Mai una volta era riuscita a colpirlo da quando avevano cominciato la sfida.
Aioria si chiese per quanto sarebbe andata avanti quella storia. Ogni mattina la vedeva alzarsi e correre in su e in giù per il Grande Tempio, a volte anche per ore intere. Tentava di guadagnare una velocità pari a quella del Cavaliere D'Oro. Non aveva il cuore per dirle che Shura l'avrebbe sempre bloccata perché possedeva, come ogni Cavaliere con la Sacra Armatura, il dono della velocità della luce.
Quella mattina Aioria decise di andare alla casa del Toro per parlargli delle novità conferitegli dal Gran Sacerdote settimane prima. Aveva pensato di tenerle per sé, perché erano solo un sospetto infondato e ci aveva ragionato molto prima di prendere quella decisione. Il Cavaliere del Toro, Aldebaran, non era particolarmente saggio, non più di quanto lo fosse lui stesso, ma capiva l'importanza del dialogo ed era bello parlare con lui.
Aioria pensava che fosse il Cavaliere più alla mano del Grande Tempio.
“Dana!”, chiamò a gran voce vedendo la ragazza saettare verso la casa del Capricorno.
La ragazza si fermò di scatto, colta in fallo. Si nascose dietro una colonna.
“Ti ho vista, è inutile che ti nascondi.”, esclamò Aioria sorridendo.
“Si?”, disse lei mostrando solo la testa. Era vestita in abiti quotidiani e aveva una fascia stretta alla fronte.
“Per quanto andrà avanti questa storia? Finiscila di importunare Shura o si arrabbierà.”
“L'ha proposta lui questa sfida.”
“Non mi interessa, smettila di fare la bambina!”, esclamò Aioria alzandosi dalla sedia d'avorio su cui stava rilassato.
“Non chiamarmi bambina, Aioria!”, urlò lei mostrandosi del tutto. Teneva gli occhi bassi in atteggiamento risentito. Aioria non voleva che si arrabbiasse. Si avvicinò cauto per paura che Dana esplodesse in un impeto d'ira e quando le fu abbastanza vicino l'abbracciò.
Dana rimase sorpresa. Sapeva che il ragazzo aveva capito cosa l'aveva fatta arrabbiare e fu grata di non doversi spiegare a parole. Con la mano Aioria le carezzava i capelli spingendole la testa contro la sua spalla. Il profumo dei suoi capelli era tenue e dolce, un odore che non feriva le narici ma le rilassava. Chiuse gli occhi e sospirò.
“Dana, capiscimi. Conosco Shura da molti anni e so quanto può essere meschino con chi non è forte quanto lui. Ti prego, fermati prima che questa storia degeneri.”
“Non mi farà del male. E' una semplice sfida.”, disse lei sciogliendo l'abbraccio. Si avviò verso la casa del Capricorno, lasciando Aioria a pensare.
Rimasto solo, decise di andare da Aldebaran. Il Cavaliere se ne stava nella sua casa, in piedi e a braccia conserte ad ammirare il cielo. Aioria gli si avvicinò lentamente.
“Aioria del Leone, che bellissima sorpresa!”, disse lui battendogli una pacca sulla spalle con la grossa mano.
“Ciao, Aldebaran.” tossicchiò il Leone. Le pacche di Aldebaran erano sempre potenti, non riusciva a controllare la sua forza taurina. Il Toro si girò di nuovo verso il cielo e sorrise.
“Ti sei soffermato ad ammirare la purezza del cielo in questi giorni, Aioria?”, esclamò bonariamente il Cavaliere D'Oro. Non indossava l'armatura e vestiva lunghi pantaloni neri e una maglia blu. I muscoli della braccia sembravano voler uscire dalla stoffa.
“E' proprio di questo che sono venuto a parlarti.”
“Lassù sta per succedere qualcosa di brutto. Io lo vedo. Non c'è giorno che io non guardi il blu intenso del cielo che ormai viene quasi sempre oscurato dalle nubi.”
“Il Gran Sacerdote pensa la stessa cosa.”, asserì Aioria alzando il naso al cielo.
Il tenue azzurro veniva spezzato da alcuni raggi solari ma anche da nubi grige e cariche di pioggia.
“C'è qualcuno che trama. Qualcuno che ha bisogno di far succedere qualcosa.”, disse il Toro sedendosi sui gradini antecedenti la casa.
“Aldebaran, ogni tanto, quando parli, ti dimentichi di dire le cose che pensi e le persone si perdono.”, esclamò Aioria con una smorfia.
“Scusami!”, disse Aldebaran ridendo di gusto. Lui sapeva che cosa Aioria era arrivato a dirgli ma non voleva pensare allo scontro imminente con qualche forza spaventosa. A lui piaceva starsene al Tempio con i suoi compagni e aspettare che Ade lo prendesse con sé una volta finito il corso della sua vita. Amava vivere di risate e bisbocce divertenti, non gli piaceva combattere sapendo di morire.
“Sai, Aioria, io amo la vita e la lotta ma ho paura del cielo, dei suoi cambiamenti che non premettono niente di buono.”
“Il Gran Sacerdote ha detto di aspettare a dirlo a tutti. Dobbiamo attendere che succeda qualcosa. Dice che Athena gli ha parlato e che gli ha detto di attendere in silenzio.”
“Quando si scatenerà l'Apocalisse, sarà troppo tardi.”, sentenziò lui. Guardò il Leone nei suoi occhi azzurri e sorrise bonariamente: “Ho sentito che tua sorella è qui, me la ricordo, ancora piccola e indifesa che giocava con te. Dille di passare qualche volta.”
“Se non stesse sempre a casa di Shura, glielo direi.”, disse Aioria con una smorfia.
“Col Caprone? Noooo, dille che qui c'è carne migliore!”
“Tanta carne, Aldo.”
“Sta zitto, i miei sono muscoli!”, rise Aldebaran. Gli mancava la presenza di Aioria sempre vicino a sé, con i suoi sorrisi e le sue battute. Da quando era arrivata la sorella se ne stava sempre chiuso nella sua casa a farle da babysitter.
“E' grande ormai, Aioria. Lasciala vivere come crede, questo cielo non preannuncia niente di buono e lei deve viversi la sua giovinezza, come devi farlo tu.”
“E tu?”
“Io sono Aldebaran del Toro, la mia vita la vivo al secondo.”, esclamò Aldebaran dandogli un'altra pacca sulla spalla.
“Che Athena ci protegga.”
“Che Athena ci protegga.”

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Capitolo 4
*** Il tuo vero aspetto. ***


Il tuo vero aspetto.

Ci vediamo a fondo pagina! 

Shura se ne stava tranquillamente appollaiato su una sedia fuori dalla sua casa. Si godeva il lieve tepore del sole in attesa dell'inverno, a lui piaceva il freddo e la pioggia, quelle gocce che lavavano via le sue colpe.
Da quando Dana era arrivata ad Atene, il fardello che si portava appresso da tempo gli stringeva lo stomaco ogni volta che la vedeva, Aiolos era un suo amico, ma aveva dovuto farlo. Era nel giusto ma uno strano senso di malinconia lo attanagliava pensando a lui. Non la voleva intorno e sperava di averle messo paura quel giorno nella sua casa.
Purtroppo l'ostinata ragazza continuava a stargli alle calcagna, sferrando attacchi privi di forza e di volontà. Avrebbe voluto tagliarla in due o rispedirla a Tenerife, ma il Gran Sacerdote credeva che fosse necessaria al Tempio, per una qualsiasi missione, per inviarla al posto di un Cavaliere D'Oro.
Un Cavaliere di Bronzo che non si metteva nemmeno la maschera sarebbe stato una pedina preziosa, come ogni Cavaliere del suo basso rango, poiché erano preziosi per missioni suicide.
Chiuse gli occhi per qualche secondo e ascoltò i rumori lontani del campo di addestramento. Fu un rumore flebile, quasi impercettibile a fargli drizzare le orecchie. Un passo, poi un altro. Piedi che si poggiavano lievemente al suolo e membra che nemmeno strusciavano sulle vesti. Un'andatura sicura e leggera come quella di un felino.
“Ti ho sentito, Dana.”, disse a bassa voce, sicuro che lei non stesse ascoltando. Ghignò al pensiero che la ragazza stava per colpirlo. Molte volte aveva pensato di lasciarglielo fare, così si sarebbe arresa e lo avrebbe lasciato alla sua solitudine. Poi, però, era tornato in sé.
Quando la ragazza sferrò il suo colpo, Shura si mosse veloce e sicuro bloccandola. Il suo petto schiacciato contro la schiena della ragazza e la mano, pronta ad attaccare, a battere con la pelle del collo. Un rivolo di sangue tinse di rosso le dita di Shura.
“Sei impazzito?”, domandò Dana sussurrando. Il suo petto si alzava e si abbassava velocemente, segno della fatica. Shura invece, se ne stava tranquillo, come se niente fosse.
“Perché non mi dai pace? Perché un uomo non si può godere al tranquillità a cui ambisce? Perché un semplice Cavaliere di Bronzo ha il coraggio di sferrare attacchi continui senza portare rispetto?”
“Perché tu mi hai proposto questa sfida.”
Shura si sentì colpito da quella risposta così schietta. La ragazza non avrebbe mai lasciato il combattimento per sua pura volontà. Era sicura e forte di carattere al contrario dei suoi attacchi che lo lasciavano indenne. Si strappò un pezzo della maglia che indossava e lo passò alla ragazza. Lei se lo premette sul collo, tamponando la ferita ricevuta. Seppur non troppo profonda, sanguinava.
“Vieni.”, disse scortandola nella casa. Con passo lento e indeciso Dana lo seguì. Stranamente portava la maschera e le sue espressioni non erano decifrabili.
Era strano che Shura del Capricorno non la rimproverasse o non le rompesse un paio di costole per averlo attaccato nel suo territorio, ma anzi la stava scortando all'interno della sua dimora, con un'aria gentile.
Che diavolo ha in mente?.. Pensò lei. Entrarono in un grosso bagno di marmo bianco con una grossa vasca al centro. L'acqua si muoveva lentamente facendo apparire giochi di luce sui muri.
“Siediti lì.”
Dana lo guardò alzando un sopracciglio. Fortunatamente la maschera rossa e bianca non mostrava le sue smorfie.
“Smettila di guardarmi ed obbedisci una buona volta.”
“Non mi fido di te.”
“E' reciproco.”, disse lui. “Ma se non vuoi dissanguarti è necessario che tu ti sieda su quella poltrona. La ferita che ti ho fatto non è profonda ma hai l'abilità di sanguinare copiosamente per un misero taglietto, forza.”, ordinò.
Lei si sedette, come aveva chiesto il ragazzo. Shura si allontanò per qualche secondo, entrando in una seconda stanza che Dana aveva ignorato. Entrando non si era concentrata che sulla grandissima vasca al centro dello stanzone. Aveva una voglia matta di spogliarsi e di farsi un bagno ma ricacciò dentro quel sogno proibito. Aioria aveva un bagno simile ma l'acqua era sempre fredda e non avrebbe fatto arrabbiare Shura lavandosi lì.
Si ripromise di farci un salto quando il Cavaliere si fosse allontanato dalla casa.
Tornò poco dopo con uno sgabello in legno e un cofanetto in mano.
Si sedette di fronte a lei e le guardò la mano che teneva fermo il lembo di stoffa.
“Dammelo.”
“No.”
“Dana, dammelo.”, ordinò Shura storcendo le labbra e scoprendo i denti.
“No, finché non lo chiedi gentilmente.”, disse lei girandosi dalla parte opposta a lui. Shura alzò gli occhi al cielo e sospirò.
“Per favore, mi dai quel lembo di stoffa sanguinolento?”, disse reprimendo l'istinto di farla a fette.
Dana staccò piano la sua mano dal collo e gli passò il panno. Al centro c'era una macchia scura di sangue colato che ormai aveva macchiato la pelle del collo. Shura si piegò verso il cofanetto abbandonando il panno a terra e prendendo un pezzo di cotone. Con calma e con delicatezza cominciò a pulire la ferita di Dana osservando come il rosso del suo sangue contrastava con la pelle estremamente chiara. La ragazza teneva gli occhi chiusi e ogni tanto emetteva qualche mugolio.
“Mi fai male.”
“Non fare la bambina.”
“Non sono una bambina.”
“Allora sopporta il dolore.”, disse lui. Dana storse le labbra e continuò a fissare il viso di Shura da sotto la maschera. Aveva un'aria indaffarata e precisa, inarcava le sopracciglia e si mordicchiava le labbra. I capelli scuri gli ricadevano sugli occhi e ogni volta lui li spostava con la mano libera. Se non fosse stato Shura, Dana avrebbe ammesso che era un bel ragazzo.
“Un Cavaliere di Bronzo, sono proprio impazzito.”, sussurrò.
“Prima o poi dovrai ammettere che non siamo così diversi.”
“E' difficile ammetterlo per il Cavaliere più vicino ad Athena.”
“Non fare il modesto, Shura. Io so che sei forte ma voglio rispetto anche se sono una donna.”
“Tu credi che io non ti porti rispetto perché sei una donna? Rifletti prima di parlare o la prossima volta la gola te la taglio.”
Il Cavaliere le girò intorno al collo una benda pulita e bianca che profumava di nuovo.
“Ho finito.”
“Perché l'hai fatto?”, domandò Dana guardandolo negli occhi. Il verde foresta che contornava l'iride la costringeva a perdercisi.
“Perché non voglio averti sulla coscienza.”, disse lui continuando a mettere le cose al proprio posto. Si alzò e si diresse verso la stanza da cui era uscito poco prima. Dana scattò in avanti e lo fermò per un polso. Il cofanetto cadde a terra aprendosi mentre l'altra mano poggiava lo sgabello.
“Cosa vuoi?”
“Tu sei buono e io non voglio concludere questa sfida.”, ammise lei. Shura sorrise. Lui non era buono, era giusto, era forte ma non aveva pietà nemmeno per gli amici. Tutte le volte che incrociava i suoi occhi verdi, lui rivedeva le azioni che aveva commesso e che l'aveva portato ad essere un dannato, anche se giusto.
“Non mi conosci.”, sussurrò alzando lo sguardo e posandolo sulla vasca. Dana sospirò e gli poggiò una mano sulla guancia, dolcemente ma come un leggero schiaffo. Shura sussultò di quel contatto sgradito ma poi sentì la sua pelle fredda a contatto con la sua mano calda e si costrinse a guardarla. La maschera le copriva interamente il volto, lasciandole solo il collo scoperto. Era tentato di sollevare quel guscio di plastica e di lasciarle sentire l'odore di tradimento che c'era nell'aria. Sicuramente Aioria non l'aveva informata del fattaccio e lui non riusciva a dirlo, non riusciva ad ammettere cosa aveva fatto in nome di Athena, non con lei.
“Ho vinto.”, sussurrò lei.
“Hai vinto.”, disse Shura. Chiuse gli occhi per qualche minuto godendosi il calore che quella strana ragazza riusciva ad infondergli. Forse c'era speranza per lui, anche se non la vedeva con chiarezza. Forse avrebbe potuto redimere le sue colpe proteggendo lei e il Tempio. Forse avrebbe potuto godersi la sua solitudine standole vicino lo stesso.
Prese coraggio e fece per parlare quando una voce lo disturbò.
“Dana!”, l'urlo di Aioria proveniva dall'esterno della casa del Capricorno e la ragazza fu costretta a scappare veloce, non voltandosi mai.

Auso se ne stava in camera sua a rovistare nella grande cesta di mogano di fronte al letto. Era sicura di averci messo dentro una cosa importantissima ma non riusciva proprio a trovarla. Il vecchio tomo doveva trovarsi sotto le sue vesti cerimoniali e invece non c'era.
Non sapeva come dirlo a Carpo, la sua fredda e calcolatrice sorella. Carpo si infuriava di rado e mai con le sue due sorelle, quella più irascibile era Tallo. Lei l'avrebbe pestata a sangue.
Auso si sentiva in colpa ma riprese a cercare il tomo con maggior vigore, guardando tra le pieghe dei vestiti, sotto il letto e persino dentro ai vecchi cassetti ammuffiti di un guardaroba.
Un rumore destò la sua attenzione.
“Sorella, cerchi forse questo?”, domandò Tallo appena entrata. I lunghi capelli color del vino le ricadevano perfettamente sulle spalle, alcuni le circondavano il viso lasciando che ciocche selvagge le nascondessero gli occhi viola. In mano aveva un grosso tomo marrone e pieno di polvere.
“Tallo! Dove l'hai preso?!”, esclamò Auso irritata.
“L'ho trovato mentre cercavo la mia veste. E' interessante.”
“Lo so, per questo devo darlo a Carpo. Andiamo, ridammelo.”
“E lasciare a te gli onori con nostra sorella? Non ci penso nemmeno!”, disse Tallo sogghignando.
“Tallo, non farmi arrabbiare, dammelo!”
La voce di Auso divenne forte e sicura, era l'ordine di una Dea e nessuno poteva infrangerlo.
Tallo, però, rimase ferma con il libro in mano e se lo passava dalla destra alla sinistra e viceversa. In quel momento, prima che Auso si scagliasse su di lei, entrò Carpo e si sedette sul letto della sorella.
“Tallo, sii buona e dammi il libro di Auso.”, disse sistemandosi gli occhialini sul naso.
Tallo obbedì alla sorella maggiore e lei si mise a sfogliare le pagine con aria curiosa.
“Ma bene, Auso, proprio quello che ci serviva.”, esclamò dopo poco. Le immagini di un incantesimo si susseguivano sulle pagine ingiallite dal tempo.
“Dove l'hai trovato?”
“Durante la nostra ultima visita all'Isola di Pasqua lo trovai per caso vicino alle Teste e lo nascosi qui. Non pensavo avesse potuto servirci ma ho fatto la cosa giusta.”
“Meraviglioso. Questo libro è la chiave per i nostri desideri.”, esclamò Carpo sogghignando. Tallo incrociò le braccia al petto e si poggiò contro lo stipite della porta.
“Chi sarà la prescelta?”, domandò.
“Auso, è la più piccola e il suo corpo si adatta meglio alle trasformazioni del tempo.”
“Perfetto.”
Le tre sorelle risero, guardandosi negli occhi l'una sapeva di poter vincere sull'altra ma insieme avrebbero rivoltato l'Olimpo e preso possesso della Terra.
Vedevano il futuro scritto nei loro volti.

Bene, insomma, si fa per dire. Intanto, BUONA FINE DEL MONDOOOO yuyuyuyu. Nonostante non sia successo proprio nulla io continuo a dire a tutti la stessa frase e un po' mi vengo anche a noia. Ma voi che leggete, seguite, recensite, non mi annoiate mai! Per prima cosa, ho deciso di mettere l'avvertimento OOC, dato che mi è stato fatto notare che i caratteri dei personaggi non sono proprio genuini e veri, per cui, anche per lasciare libero sfogo alla mia visione delle cose, ho messo l'avvertimento. Ciò non toglie che voi dobbiate assolutamente dirmi cosa ne pensate, dei caratteri, della storia, di tutto! Soprattutto di Dana che essendo una OC è difficile mantenerla costantemente coerente con se stessa. 
In questo capitolo vediamo come lei inizi ad avvicinarsi con il Cavaliere del Capricorno, anche se lui non è molto felice lolololol. In più, abbiamo un bel pezzo sulle tre Ore, lo so che lo aspettavate e presto saprete molto di più, ma dovete pazientare. Questa fict durerà moooolto più del previsto (ho già 7 capitoli pronti e nell'8 si comincia a capire che cosa sta succedendo, fate voi.) 
Ringrazio moltissimo chi recensisce, mi aprite il cuore anche se non sono sempre e puramente positive. Mi fa piacere che qualcuno critichi dei punti vacillanti, in modo da farmi capire che cosa sbaglio. Vorrei che lo faceste tutti! 
Poi ringrazio Sagitter no Tania per le sue sclerate matte di mezzanotte, per la sua bava continua (sfottereeeeeeeeeeeee), per le sue battute e per i suoi meravigliosi consigli. Inoltre la ringrazio anche per la splendida figura che sta facendo fare alla OC di Clash Of The Gods che mi rappresenta (Nefera <3). Grazie, Tany <3 
Fatemi sapere che cosa ne pensate. A voi le tastiere e buon 21/12/12, che gli alieni volino sopra la vostra casa e vi ignorino!

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Capitolo 5
*** Inquietudine. ***


Buon Nataleeeeeeeee, ci vediamo a fine capitolo per le spiegazioni.

Inquietudine

Il Gran Sacerdote era inquieto. Non amava sentirsi minacciato, perché solitamente era lui a dirigere i giochi, ma durante quei mesi in cui era nato il suo sospetto il cielo l'aveva condannato.
Si sentiva schiacciare sotto il peso del Fato e non sapeva cosa fare se non attendere. I Cavalieri diventavano ogni giorno più irrequieti e lui non riusciva a pensare ad altro che al mutamento del tempo.
Percepiva l'inverno arrivare di gran fretta, troppo presto rispetto agli altri anni e non c'era via d'uscita a quella condanna. All'Olimpo stava succedendo qualcosa di spaventoso, lui lo sentiva.
Chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie. Solo nelle sue stanze poteva togliersi la maschera ed ammirare il suo bel giovane viso. Aprì gli occhi e si guardò riflesso nello specchio. I lunghi capelli gli ricadevano sulle spalle donandogli avvenenza e bellezza, gli occhi grandi ma allo stesso tempo sottili incutevano terrore. Lui era il Gran Sacerdote e aveva potere su tutti.
Aveva aspettato all'ombra di Shion per molto tempo fino a che non era riuscito a rubargli il trono.
Adesso che però sedeva là, impotente contro l'Olimpo, si sentiva piccolo e offeso.
Il suo potere riusciva a fare tutto e comandare chiunque, ma non in quel caso.
Si rimise la maschera e si aggiustò il mantello, dopodiché uscì dalla sala silenziosamente e si sedette sul suo scranno.
“Ancella!”, gridò. Una ragazza minuta e dai lunghi capelli biondi entrò nel salone e si inginocchiò di fronte a lui. Non parlò e chiuse gli occhi. La faccia riversa sul pavimento non dava segni di emozioni e Saga se ne rallegrò.
“Manda questa lettera all'Isola di Pasqua, fa che arrivi diretta, senza soste, e assicurati che un uomo di fiducia la consegni alla Sacerdotessa del Tempio che si trova là. E' essenziale che le arrivi prima che giunga l'inverno.”, ordinò severo porgendole una lettera imbustata.
La ceralacca sull'angolo centrale della busta portava il simbolo del Grande Tempio ed il nome della Sacerdotessa era scritto in piccoli ed eleganti caratteri.
“Qualcos'altro che posso fare per lei?”, domandò l'ancella inchinandosi di nuovo.
“Voglio che vada anche tu per assicurarti di persona che giunga a destinazione.”
“Certo, Sommo Sacerdote.”
“Quella lettera è di vitale importanza per il Grande Tempio. E ora va.”, ordinò nuovamente congedando la ragazza. Odiava gli imprevisti e se quella ragazza avesse fallito, sarebbe stato tutto vano. Non poteva mandare nessuno dei suoi Cavalieri perché avrebbero destato sospetti, così aveva scelto un'umile ancella che non avrebbe rotto le scatole a nessuno. Sapeva che sarebbe passata inosservata e che avrebbe consegnato la lettera senza problemi. La Sacerdotessa doveva giungere al Tempio con l'oggetto dei suoi desideri, o sarebbe stato vano ogni sforzo.

La guardava tirare calci e pugni all'aria come un'ossessa. Era una settimana che faceva così e non se ne spiegava il motivo. I capelli le fluttuavano intorno al viso appiccicandosi per il sudore e la rendevano minacciosa. Una volta finì per spaccare in due una colonna caduta e spezzata dal tempo. La ridusse in briciole e nemmeno urlò quando vide il sangue che le colava dalla mano.
Aioria odiava vederla così e non sapere cosa la faceva arrabbiare.
“Dana, ora basta!”, urlò Aioria alzandosi dai gradini della sua casa. “Vuoi dirmi cosa stai facendo?”
“Rompo ogni cosa che mi capita per le mani, se vuoi rompo anche te.”, rispose Dana spenta. Aioria non capiva le donne, non capiva nemmeno gli uomini ma almeno loro erano semplici da inquadrare.
Dana era una specie di essere umano che non aveva ne capo ne coda, un labirinto senza uscita.
“E perché, di grazia?”
“Perché sono un'ottusa ragazzina senza contegno. Non rispetto le regole, non sto zitta, faccio di testa mia. Non sono proprio un bravo Cavaliere!”, gridò Dana stringendosi nelle spalle prima di sferrare un altro pugno al cielo.
Aioria non resistette e la fermò per le braccia.
“Adesso basta. Tu sei mia sorella, hai nel sangue la dote di essere un buon Cavaliere e non c'è nessuno che ti possa far cambiare. Sei tu e basta. Devi solo abituarti alle regole del Tempio e sono certo che ce la farai. Dimmi, cos'hai?”
“Te l'ho detto, ora lasciami.”
“No, non ti lascio e non ti lascerò mai. Forza, vieni qui.”, disse Aioria accogliendola tra le braccia. La strinse a sé poggiando la testa sulla sua. Chiuse gli occhi ed ascoltò i sospiri di Dana e sentì le sue mani che gli stringevano la maglia.
“Qualsiasi cosa sia successa, non ha più importanza. Vai a farti un bagno, sicuramente ti passerà.”


Dana si sedette sul bordo della vasca da bagno di Aioria ed immerse i piedi nell'acqua calda. Si strinse le ginocchia al petto e cominciò a pensare al gesto compiuto nella casa del Capricorno. Shura aveva lasciato uscire il suo lato buono e lei l'aveva fatto scappare con le sue manie da crocerossina.
Il gesto di toccargli la guancia era stato il colmo. Non solo non portava la maschera ma si permetteva anche di flirtare -senza saperlo- con un Cavaliere che non era il suo destinato coniuge. Si sentì stupida e cercò di rimediare pensando ad un piano. Sarebbe presto andata da Shura a scusarsi e l'avrebbe fatto con la maschera indosso.
Si sarebbe gentilmente inchinata e avrebbe ammesso di aver sbagliato.
Pensando a quel geniale piano si immerse nell'acqua bollente. Reclinò la testa con fare soddisfatto e si bagnò i lunghi capelli castani lasciandoli fluttuare sul pelo dell'acqua. Si lasciò andare trattenendo il respiro e chiuse gli occhi.
Pensò a quanto fosse bella la compagnia di Aioria, che c'era sempre quando aveva bisogno e con un solo abbraccio sapeva farla sorridere di nuovo. Si chiese se non fosse di troppo in quella casa. Era sempre stato abituato alla solitudine e alla privazione, ma ora che lei era lì si sentiva meno solo e lei non sapeva se fosse un bene o no.
Sorrise ricordando a quando erano piccoli e tutti gli dicevano: “Diventerai un grande Cavaliere, come Aiolos.”
Si rialzò non appena sentì un rumore nei pressi della vasca. Non appena i suoi occhi si riabituarono alla luce con un gesto repentino si coprì il seno e la pelle nuda che erano comunque nascosti dalla schiuma del bagno.
“Che diavolo ci fai qui, maledetto pervertito!”, urlò Dana tentando di nascondersi.
“Shhh non gridare altrimenti Aioria mi prende a pugni, anche se vincerei non sono convinto che ti piaccia l'idea che massacri il tuo caro fratellino.”
Ne ho già massacrato uno... Pensò Shura rabbuiandosi. Le lanciò la maschera poggiata sul piccolo tavolino che c'era nel bagno.
“Mettila, ti ho già visto troppe volte e non voglio né che mi sposi né che tenti di uccidermi, anche perché moriresti nel tentativo.”
“Esci da qui, Shura!”, disse lei nuovamente alterata. La maschera le si adagiò piano sul viso e si attaccò a contatto con l'acqua rimasta lì.
Shura se ne stava seduto su una piccola poltroncina su cui era poggiato l'asciugamano della ragazza. Le vie di fuga erano bloccate dallo sguardo del ragazzo. Non le dispiaceva vederlo in quel momento di intimità personale ma non era proprio il caso. Il piano che aveva escogitato era crollato.
“Cos'è esattamente che vuoi da me?”
“Volevo chiederti scusa per il mio comportamento poco consono dell'altro giorno.”, disse lui inchinandosi.
“Perché questo ti pare consono? Esci!”, urlò.
Shura cominciò a camminare su e giù per il bagno e sempre più spesso girava intorno alla vasca in cui Dana tentava di rannicchiarsi sempre di più.
“Vedi, io sono il Cavaliere più vicino ad Athena e non posso permettere che un semplice Cavaliere di Bronzo mi manchi di rispetto. Per di più tu sei la sorella di Aiolos... quindi...”
“Quindi cosa? Cosa c'entra Aiolos in questa storia? Tu sei tu, io sono io. C'è stato un momento in cui ho pensato che fossi troppo serio, troppo concentrato. Il mio animo di donna mi ha costretta a fare ciò che ho fatto, ma non ricapiterà più, avrai tutto il rispetto che chiedi.”, disse Dana rannicchiandosi ancora di più.
“Smettila di fare così, non le guardo le bambine.”, disse il ragazzo alzando gli occhi al soffitto.
“Allora aspettami di là, se hai qualcos'altro da aggiungere.”
“Non ci penso nemmeno. Devo chiarire ora e subito.”
Shura continuava a camminare su e giù per il bagno con le braccia conserte. Ogni tanto alzava le mani e si spostava qualche ciuffo dalla faccia e faceva buffe smorfie.
Dana si rilassò un attimo e si distese nella vasca chiudendo gli occhi. Una piccola corrente di acqua fredda la fece sobbalzare.
“Shura, l'acqua si sta freddando e io vorrei uscire di qui.”
“Se continui a parlare a sproposito non riuscirò mai a pensare.”, esclamò il ragazzo mettendosi le mani nei capelli. Dana pensò che fosse estremamente avvenente in quel gesto così impaziente. Shura manteneva la calma sempre, anche quando lei lo stressava, ma quando impazziva faceva quel gesto così naturale ed era lei a crollare.
“Tu... Tu, stupida donna...”, si fermò per guardarla negli occhi e si inginocchiò sul bordo della grossa vasca. La guardò negli occhi e sospirò.
“Pensi davvero le cose che hai detto? Pensi davvero che io sia giusto e buono? Oooh tu non lo sai cosa ho fatto, non lo puoi sapere, se lo sapessi non diresti ciò. Sei una stupida. Dimmi, lo pensi davvero?”, domandò sussurrando. Dana aveva le guance arrossate e stava cominciando a gelare nell'acqua fredda del suo bagno. Doveva rilassarsi e invece era impettita e tremante. Annuì poco convinta.
Shura sospirò amareggiato e le posò una mano sul capo bagnato. Si avvicinò piano continuando a fissarla intensamente. La maschera gli impediva di capire che espressione avesse. Era strano da parte sua prendersi così tante premure. Sapeva cosa stava succedendo e non voleva che accadesse.
Piano, spostò la mano verso la maschera che la copriva, pronto a sfilargliela come segno di fiducia. Dana sogghignò quando si scostò velocemente e il ragazzo finì dentro la vasca d'acqua ghiacciata. Una serie di schizzi e spruzzi bagnò il pavimento del bagno mentre Dana correva all'asciugamano.
“Così impari a non bussare prima di entrare, Caprone.”, esclamò uscendo dal bagno muovendo le anche con fare provocante.
“Maledetta donna. Io le odio le donne! Maledetto Aiolos.”, disse Shura sputando acqua e sapone e sussurrando l'ultimo accidente al Cavaliere deceduto.

Capitolo un po' corto, lo ammetto, ma sono tutti estremamente necessari. Dall'8 diventerà interessante anche la trama visto che comincerà a svilupparsi. 
Vediamo il Gran Sacerdote Saga alle prese con i suoi pensieri, spero di averlo reso abbastanza maligno anche se in questa mia "storia" non sarà il cattivo che appare nelle 12 Case, per una volta in vita sua sarà giusto che si comporti nel suo modo. Vediamo che manda una lettera, non si sa a chi, non si sa per cosa. eheh, sono cattiva, ammettetelo. Pure a Natale io non vi svelo nulla e spero di invogliarvi a leggere con questi miei escamotage. 
Nella seconda parte vediamo ancora Dana e il fratello, la ragazza visibilmente turbata dall'ultimo incontro con Shura e Aioria che tenta di capire il perché di tutto ciò, povero Leo le donne sono troppo complicate perché un animale le capisca. 
E poi, terza parte, Shura che capisce cosa sta succedendo al suo animo deviato, cosa ha combinato Dana con la sua innocenza e dolcezza, con la sua turbolenza. Ora, lo so che è inverosimile che Shura del Capricorno si sciolga (e per questo c'è l'OOC <3 ), però dai, passatemelo, è troppo affascinante un ragazzone tenebroso che capisce i suoi sentimenti e comincia a ragionarci su! 
Concludo con i miei soliti ringraziamenti: Grazie a Sagitter no Tania che mi assilla per postare (ma se postavo domani, CHE TE CAMBIAVA A TE?!) e che commenta assiduamente, sei una patata dolce <3 , e grazie a tutti quelli che seguono in silenzio, io vedo che ci siete e tenete alto il mio morale che in questo periodo è già alle stelle, e grazie tantissime a KillerKing che mi ha dato consigli utilissimi sugli IC e sulla storia, spero che continuerai ad essere presente, i tuoi commenti sono importanti. 
E infine ringrazio tutti quelli che leggono e Buon Natale a tutti quanti.

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Capitolo 6
*** La Sacerdotessa ritrovata. ***


La Sacerdotessa ritrovata.

Se ne stava seduta nei pressi del Tempio ad ascoltare il vento che le parlava con i suoi deboli sussurri. I capelli castani scuri ondeggiavano alle sue spalle e qualche ciuffo le si poggiava sulle gote. La solitudine del Tempio la rendeva triste, lei che era vissuta ad Atene con tante persone attorno, con la sua famiglia di cui non sapeva più niente, con altri Cavalieri come lei.
Sentì dei passi sconosciuti che si avvicinavano velocemente, frettolosi, quasi a voler scappare da qualcuno. Una ragazza dai capelli biondi che spuntavano da sotto un grigio cappuccio le si avvicinò guardandosi intorno.
Aprì il mantello e le porse una piccola busta bianca con il simbolo del Grande Tempio di Atene impresso nella ceralacca.
“E' del tuo signore?”, domandò la donna guardando la lettera. La ragazza si limitò ad annuire e sparì qualche secondo dopo con la velocità con cui era arrivata.
Urania si sedette su una colonna troncata a metà e aprì la busta. Le dita toccarono la carta ruvida all'interno e le fecero ricordare l'ultima volta che aveva ricevuto qualcosa. Era un piccolo regalo da parte di suo padre: un medaglione dorato che da sempre nascondeva gelosamente agli sguardi degli altri. Dentro di esso una foto di quando era bambina per ricordarle l'innocenza dei tempi andati.
Aprì la lettera piegata a metà e lesse il contenuto a voce bassa.
“Il pugnale di Astorione”
Urania sospirò e pensò alla leggenda di Astorione*. Un giovane devoto ad Athena viveva nel suo tempio in piena armonia con gli altri sacerdoti. Un giorno una bellissima donna lo fece innamorare e perse il senno per lei. Cominciò a corteggiarla regalandole fiori, gioielli, serenate, lasciò persino il tempio per dedicarsi interamente a lei ma la donna aveva altri progetti. Si sposò l'anno dopo il suo arrivo al tempio con un giovane che la trattava male e non la voleva che per un solo scopo. Astorione, deluso e in preda alla follia d'amore, prese il pugnale d'oro che usava per i sacrifici alla Dea Athena e si trafisse il cuore incitando un'ultima preghiera affinché la donna vivesse in pace e serenità. Il suo suicidio, però, non fu vano. Quando la donna capì che il giovane era innamorato di lei lasciò il marito e si risposò con un uomo che amava veramente. Visse contenta e felice fin quando non trovò una lettera in una stanza del tempio. Le ultime parole di Astorione erano state la sua preghiera per lei e il sacrificio del giovane le aveva concesso una vita di dolcezza.
La donna entrò nel Tempio e prese in mano il vecchio pugnale adagiato sotto la statua della Dea Athena, in una piccola teca di cristallo. Lo avvolse in un panno color vinaccia e lo ficcò in fondo ad una grossa borsa dello stesso colore.
Si preparò al viaggio e allontanandosi dalla sua casa la guardò con un sorriso.
“A mai più rivederci.”

Il suono del suo ansimare rimbombò nella casa dello Scorpione. Aveva corso tutte le scale per arrivare lì e attraversato tutte le case senza farsi notare, non aveva tempo da perdere con gli altri, ma solo con lui. Lo ricordava ancora come un ragazzino di 7 anni, dai capelli scuri che gli coprivano il viso e gli occhi azzurri e che indossava fiero la sua armatura d'oro appena ricevuta.
Era il più giovane dei Cavalieri D'Oro. Si ricordava con ben presto avevano dovuto separarsi e come lo aveva visto serio mentre lei veniva spedita lontano.
Sapeva che Milo aveva avuto una buona crescita, accompagnata dalla serietà e dalla forza di Camus dell'Acquario, ma lei avrebbe voluto stargli accanto.
“Chi è là? Mostrati Cavaliere di Athena.”
La sua voce la fece tremare di gioia. Le scosse le viscere con il suo suono melodioso. Era più calda e forte di quanto la ricordasse e non appena lo vide spuntare dall'interno della sua casa lo vide più alto, più muscoloso e molto più avvenente di quando era bambino.
Gli occhi la ingannarono ricordandole il bambino fiero e con le ginocchia sempre distrutte. Quasi le venne da piangere a vederlo così.
“Milo...”, sussurrò guardandolo. La maschera d'argento le copriva il volto e ringraziò Athena per quel dono così inaspettato. Le sue lacrime di gioia non venivano viste da nessuno.
“Chi sei?”, domandò il Cavaliere, avvicinandosi ulteriormente. La ragazza era indecisa se levarsi la maschera o no. Per il Tempio, se una donna si levava la maschera doveva amare o uccidere il Cavaliere o l'uomo che la vedeva, ma lei... Lei era un caso a parte. I sentimenti che la legavano a Milo erano forti e incontrollabili per lei.
“Sono io, sono...”, disse lei levandosi la maschera. Milo chiuse istantaneamente gli occhi seppur avendo già visto quelli del Cavaliere di fronte a lui. La ragazza si bloccò e rimise la maschera al suo posto.
“Solo tu puoi essere così pazza, Urania.”, esclamò Milo riaprendo gli occhi. Urania si sentì stringere nuovamente il cuore al suono del suo nome. Milo l'aveva riconosciuta.
“Se ora ti abbraccio, mi uccidi con la tua Cuspide Scarlatta?”, domandò lei. Milo rise debolmente e scosse la testa. Era felice di rivederla. I capelli le avvolgevano le spalle come una candida coperta color castagna e si rese conto che non era più la bambina che ricordava. Aveva braccia muscolose e il fisico asciutto. Le erano cresciuti i seni e adesso era una donna più che matura. Avvampò all'idea di averla lì, tutta per sé come era stato quando erano più piccoli.
Ricordava gli occhi chiari della ragazza che lo guardavano mentre veniva portato alla sua nuova casa su per le scale del Tempio e il suo pianto quando se n'era andata. Adesso che si trovava di fronte a lui, voleva stringerla come non aveva fatto quel giorno. Dirle che non era tutto perduto e che avrebbero potuto tornare ad essere amici.
Urania si tuffò tra le braccia del compagno stringendosi a lui con forza. Le mancava sentire il suo profumo, toccare la sua pelle e guardarlo. Gli anni di solitudine al Tempio dell'Isola di Pasqua erano finiti.
“Non ho molto tempo per stare qui, il Gran Sacerdote vuole vedermi, ma ti prometto che non appena avrò finito la mia udienza verrò da te e recupereremo tutti quei momenti che ci sono stati negati. E poi, mi devi raccontare cos'è successo da quando me ne sono andata.”
“E' molto tempo.”, disse Milo guardando la maschera che nascondeva il volto della cara amica.
“Ne ho da vendere.”, sussurrò lei staccandosi dall'abbraccio. “Devo correre.”
Lei sciolse la sua mano da quella del Cavaliere e cominciò a correre verso il Grande Tempio.
Milo rimase a fissare il punto in cui era scomparsa per qualche minuto, con il cuore che gli martellava nel petto, pregandolo di farlo uscire.
Si diresse verso le sue stanze e si bloccò di fronte ad un piccolo scrigno poggiato davanti ad uno specchio dai bordi scarlatti. Lo aprì piano, assaporando il momento. Non apriva quel piccolo oggetto dal giorno in cui Urania se n'era andata.
All'interno, sopra un cuscinetto rosso e morbido, stava un fiore bianco.
Chiuse gli occhi e toccò i piccoli petali raggrinziti.
“Andiamo, Milo. Non essere triste. Tornerò presto e sarò un Cavaliere più forte di te.”, aveva detto Urania nel suo ricordo.
“Non ci provare. Nessuno sarà mai più forte di Milo lo Scorpione!”, aveva ululato il bambinetto. Con fare soddisfatto aveva gonfiato il petto in direzione dell'amica per poi piegarsi in due e ricominciare a mugolare.
“Basta, ti prego. Altrimenti piango anche io!”
Urania era passionale, era sentimentale fin da quando era bambina e il ricordo di quelle piccole e calde lacrime che le sfioravano le guance lo riportò indietro. Urania si era seduta a terra e si era guardata intorno tentando di evitare il suo sguardo.
“Tieni.”, aveva detto pochi secondi dopo porgendogli un giglio bianco.
“Questo fiore conservalo fin quando non tornerò. Finché i suoi petali saranno morbidi io starò bene, sarò sana e salva, e presto sarò di nuovo qui, pronta a batterti in un duello alla pari.”
Le mani del piccolo Milo dei suoi ricordi avevano stretto il bocciolo e lo avevano nascosto in una tasca dei pantaloni. Milo aveva dato un lungo abbraccio alla bambina, gli occhi chiari arrossati dal pianto, l'odore di lacrime e di dolore.
“Tornerò, lo prometto. Solo per te.”, aveva detto lei con voce spavalda, poi era salita sulla corriera e si era appiccicata al vetro, salutandolo. Milo era corso a casa velocemente e aveva nascosto il bocciolo dentro lo scrigno guardandolo ogni giorno, aspettando il ritorno di Urania.
Crescendo non si era dimenticato di lei, anzi, la pensava intensamente e pregava Athena di farla tornare il più velocemente possibile, e magari con tutti gli arti al proprio posto, ma l'Urania che si era trovato davanti era tutto tranne che quella bambina. Era una donna forte e matura nell'aspetto e sperava che non fosse cambiata nemmeno nel carattere.
Si chiese perché ci avesse messo tanto e perché non indossasse la sua armatura ma erano cose futili riguardo alla domanda che più lo angosciava. Urania sapeva dei sentimenti che provava per lei? Urania sapeva delle notti in cui si era perso a sognarla?
Per Milo era meglio non indagare.

* La leggenda di Astorione è una MIA invenzione. 

Salve a tutti, buone feste e felice capodanno a voi! Non vedevo l'ora di mostrarvi questo nuovo personaggio femminile ispirato alla Sacerdotessa di Clash Of The God di Sagitter no Tania. Vi consiglio di passarci se volete farvi due risate e poi leggere una bella storia seria con sempre un sottofondo umoristico. Il link è in fondo. 
Partiamo dalle spiegazioni. Nella prima parte credo sia tutto chiaro, visto che è un po' la presentazione del personaggio e la sua missione. Sì, cari, lei è la Sacerdotessa che Saga ha mandato a chiamare, in seguito capiremo meglio a cose gli è servita; effettivamente non gli frega nulla di Urania della Gru. 
La sua armatura. Allora, so che qualcuno romperà, forse, perché appartiene a Yuzuriha MA, ho letto, mi sono informata e NO, dopo la morte di Yuzuriha nessuno ha avuto l'armatura. E perché non Urania? Ecco la spiegazione u.u 
Tornata al Tempio va dall'unica persona che più le ricorda la sua vita quando viveva lì, il caro Milo dello Scorpione u.u (Tani, briccona, guarda qua). C'è poco da dire, ho voluto far finta che appena arrivato al Tempio e guadagnata l'armatura lui avesse conosciuto Urania e fossero diventati subito amici stretti fino al momento in cui lei dovette partire per l'Isola di Pasqua. 
Ringrazio sempre tutti quanti che leggono e basta, che hanno messo tra le seguite/recensite/ricordate etc etc, poi Sagitter no Tania, KillerKing e Moncheri che hanno sempre commentato e spero che lo facciano ancora. (si vede che i ringraziamenti stanno diventando monotoni?!) 
Basta, ho finito di lagnare. A voi le tastiere!

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Capitolo 7
*** Neve. ***


Neve.

Ci vediamo alla fine!

Il tempo passò al Grande Tempio, il cielo cambiava continuamente turbando Aioria più di quanto avesse voluto. Il Gran Sacerdote aveva avuto ragione. L'inverno era arrivato con le sue piogge torrenziali e, al contrario degli altri anni, aveva deciso di portare la neve anche ad Atene. Aioria capì subito che stava succedendo qualcosa di strano dai primi fiocchi di neve candida che vide. Atene non era famosa per la neve, non l'aveva vista che una o due volte al massimo e sempre in occasioni catastrofiche.
Se ne stava seduto sugli scalini della casa insieme a Dana quando la ragazza ne vide uno scendere dal cielo. Dana toccò quella poltiglia d'acqua ghiacciata e lo guardò con occhi spalancati.
“La neve non cade ad Atene.”, sussurrò con un brivido nella voce.
“Il Gran Sacerdote aveva ragione.”, imprecò Aioria correndo in direzione del Grande Tempio. Disse a Dana di restare in casa e di non uscire mai di lì fino al suo ritorno. Qualcosa di tremendo stava per accadere.
Dana corse in camera sua agguantando il mantello e la maschera buttati sul letto. Se li mise e si tirò il cappuccio sui capelli fino a nascondere persino il viso. Corse con quanta più forza poté fino alla decima casa. I suoi rapporti con Shura non erano cambiati molto ma spesso la riceveva per una partita a scacchi o semplicemente per intrattenersi con qualche chiacchiera. Dana, dal canto suo, voleva sempre ribadire la sua schiacciante vittoria su di lui.
Alla decima casa non aspettò che il Cavaliere uscisse per darle il bentornato ma entrò di corsa mollando il mantello sulla prima sedia che vide. Si guardò intorno senza trovare il ragazzo.
“Dove diavolo sei finito, proprio adesso che devo parlarti seriamente. Stupida capra!”, esclamò lei battendo i piedi in terra. Aprì tutte le porte che vide lungo le pareti gettando dentro le stanze un'occhiata fugace.
Fu quando vide un grosso letto che si fermò nonostante l'agitazione. Ai quattro angoli si alzavano piccole colonnine tutte unite da un panno di seta rosso. Si arrotolavano sulle punte creando un baldacchino da sogno. Dana sorrise pensando a quanto fosse strano che un Cavaliere così burbero dormisse in un letto così bello e simbolo di tranquillità.
Entrò a passo lento dando un'occhiata fugace alle porte del corridoio sperando che Shura non arrivasse in quel momento, cogliendola in fallo.
Si avvicinò piano al baldacchino e quello che vide quasi la fece gridare. Il Cavaliere se ne stava rannicchiato sotto le grosse coperte con la testa poggiata di lato. Se ne stava a pancia in su, come un uomo virile e forte ma che non ama le attenzioni ed è riservato. A Tenerife una donna le aveva spiegato che ad ogni posizione per dormire corrisponde un carattere e sicuramente la posizione del soldato era quella giusta per Shura.
Le palpebre si adagiavano morbide sui suoi occhi chiari e i capelli erano sparsi sopra il cuscino bianco. Aveva un'aria così calma e delicata che a Dana venne voglia di carezzarlo. Si trattenne ma si inginocchiò al lato del letto e si levò la maschera.
Ascoltò il suo respiro pacato e silenzioso, anche se ogni tanto dava qualche sbuffo, come un leggero russare ma controllato. Piegò le braccia sulla coperta e ci distese sopra il viso. Da quell'angolazione vide la calma che si nascondeva dentro un Cavaliere così angosciato, così scontroso. Il controllo e la forza che si celavano agli occhi di tutti ma che poi venivano fuori mentre dormiva.
Sorrise guardando la linea delle sopracciglia che lo rendevano serio quando era sveglio e dolce adesso che dormiva. La mascella non era contratta come era abituata a vedere ma distesa e rilassata. Shura era bello e lei non riusciva a non sorridere mentre lo guardava dormire.
Si chiese se avesse dovuto svegliarlo per annunciargli la catastrofe ma preferì lasciarlo dormire beato. Si alzò lentamente e si mise la maschera prima di uscire dalla stanza.
Si sistemò il mantello sopra i capelli e si preparò alla corsa verso la casa di Aioria quando una voce assonnata ed impastata la fermò.
“Ti ho sentita uscire dalla mia stanza. La prossima volta potresti anche bussare.”, disse Shura grattandosi la testa. Aveva indossato una lunga vestaglia bianca che probabilmente copriva il pigiama o l'intimo con cui dormiva.
Dana sorrise ironicamente mentre guardava il ragazzo che poco prima sembrava un angelo trasformarsi nel diavolo che la prendeva in giro.
“Credo che con questo siamo pari.”
“Touché”, esclamò Shura allacciandosi in vita la vestaglia. “Ma che brava, abbiamo imparato a metterci la maschera, che bella cosa.”
“Shura, io ti uccido.”, esclamò lei saltandogli al collo. Shura la bloccò contro la colonna sorridendo.
“Ancora con questa storia? Non ti sei stufata di comportarti come cane e gatto? Tranquillizzati e andiamo di là, ho bisogno di mangiare qualcosa per svegliarmi.”
Shura si staccò da lei e si diresse verso l'enorme cucina all'interno della seconda porta d'avorio. Era simile a quella di Aioria se non per le tende scure che evitavano alla luce di penetrare con tutta la sua forza.
“Non c'è tempo di mangiare!”, esclamò Dana ricordandosi l'imminente catastrofe.
“C'è sempre tempo per mangiare!”, ribatté lui stizzito. Dana lo afferrò per un polso e lo portò ad una delle finestre oscurate con le tende scure. Ne aprì una con poca grazia ferendo gli occhi del Cavaliere.
“Per l'amor di Athena, Dana! Sono un Cavaliere ma la luce appena sveglio fa male anche a me!”, disse lui coprendosi gli occhi. Se li massaggiò e scosse la testa per riprendere vigore.
“Sta nevicando, Shura!”, urlò Dana da sotto la maschera. Avrebbe voluto gettarla via per far vedere il terrore che stava provando.
“E con questo, sai quanta neve... Un momento, ad Atene non cade la neve!”, esclamò Shura guardando la maschera di Dana. La ragazza incrociò le braccia al petto come a dire “te l'avevo detto” e il ragazzo non poté far altro che levarsi la vestaglia e correre a mettersi qualcosa che lo coprisse dal freddo.
Dana vide la schiena nuda di Shura che si muoveva su e giù per le stanze in cerca degli abiti adatti. Apriva armadi e cassetti e poi li richiudeva con forza.
“E quello sarebbe il Cavaliere più forte e pacato del Grande Tempio?”, domandò la ragazza a voce alta. Shura si posizionò di fronte a lei e la guardò trucemente.
“C'è momento e momento per stare calmi, questo non è un momento di quelli. Per Zeus, sta succedendo qualcosa ai Cancelli dell'Olimpo, ad Atene non nevica! Dobbiamo informare il Gran Sacerdote.”, esclamò Shura tornando alla sua occupazione.
“Sta già andando Aioria.”, disse Dana sedendosi su una sedia e agguantando una focaccina fredda.
Shura si bloccò nel mezzo del corridoio e guardò la ragazza. Se ne stava appollaiata sulla sedia a mangiare mentre gli porgeva la vestaglia. In quel momento provò la seria voglia di ucciderla. Prese la vestaglia in malo modo e si diresse verso la sua stanza. Dana osservò la schiena muscolosa del ragazzo che scendeva verso il basso disegnando due glutei sodi e gambe forti e agili.
“Per me puoi restare anche così, eh!”, urlò al ragazzo mentre sbatteva la porta.
Dana rimase sola e decise che avrebbe potuto cucinare qualcosa per colazione a Shura. Entrò nella cucina e aprì vari sportelli prima di trovare una buona padella per fare due uova o qualsiasi altra cosa potesse fare con i pochi ingredienti che il ragazzo aveva nella dispensa.
Lei, però, non sapeva cucinare. A Tenerife si arrangiava con il poco cibo che aveva a disposizione e ogni tanto faceva la zuppa, ma a colazione non mangiava mai niente di sostanzioso.
Al Tempio ci pensava Aioria, per cui non sapeva fare niente.
“Sono un Cavaliere, posso fare tutto.”, disse Dana per incoraggiarsi. Lasciò la maschera sul tavolo e cominciò a cuocere un uovo.
Shura intanto si stava mettendo addosso qualcosa di caldo, la neve ad Atene era un presagio di cattivo auspicio oltre che previsione di grande freddo invernale. Sicuramente i Cancelli dell'Olimpo dovevano essere presidiati dalle Dee delle Stagioni e se avevano deciso di anticipare l'inverno, un motivo c'era. Shura camminò su e giù per la stanza pensando a cosa stesse accadendo.
Sentì un odore strano, qualcosa che bruciava e si rese ben presto conto che proveniva dalla sua cucina. Scattò come un gatto verso la porta d'avorio e vide Dana alle prese con qualcosa.
“Che stai facendo?! Mi metti al rogo la casa, pazza!”, urlò Shura spingendola a sedere al tavolo.
Tentò di salvare quell'uovo che la ragazza stava cucinando ma fu totalmente impossibile. Era negata in cucina. Una donna che era negata nelle materie culinarie non era una buona donna.
Prese altre due uova e le saltò bene bene in padella prima di metterle in due scodelle. Ne porse una alla ragazza e si sedette di fronte a lei.
Alzò lo sguardo dal piatto e vide due grossi occhi verdi che lo osservavano con ai lati una striscia di lacrime. Non aveva notato la maschera poggiata sul tavolo altrimenti si sarebbe infuriato ma in quel momento non se la sentiva di rimproverarla.
Si alzò e andò verso di lei inginocchiandosi.
“Che stai facendo?”, domandò con sguardo serio. Dana tentò di trattenere le lacrime che le scendevano per le guance.
“Io... Io... Sto piangendo! Ma non voglio farlo! I Cavalieri non piangono!”, esclamò Dana coprendosi il viso. Shura per la prima volta sentì il desiderio di abbracciarla ma fu lei a prendere l'iniziativa. Si aggrappò con forza alla maglia del ragazzo e cominciò a singhiozzare.
Shura non era mai stato abbracciato così, non era mai stato abbracciato e basta, e trovandosi in quella situazione non seppe proprio cosa fare. Dapprima pensò di scansarsi, di lasciare che un Cavaliere capisse per cosa è giusto piangere e per cosa no, ma poi diventò umano, quel briciolo di umanità che aveva nascosta in sé lo costrinse ad alzarsi e a stringere Dana per le spalle.
Fu un abbraccio impacciato ma gli piacque terribilmente. Le spalle esili della ragazza stavano a meraviglia nella tana creata dal suo petto e sentire l'odore dei suoi capelli, concederle un rifugio sicuro lo fece rilassare un momento.
Le accarezzo la testa con movimenti meccanici; lo aveva visto fare a qualche amico quando erano adolescenti o anche Aioria quando stava con Marin, ma non si credeva capace di farlo.
“Più lentamente.”, sussurrò Dana. Shura avvampò e si irrigidì fin quando la ragazza non si scostò e afferrò la maschera, poggiandola nuovamente sul suo viso. Shura rifletté per qualche secondo, poi la fermò e le prese un lembo della maschera alzandolo lentamente.
“Puoi... - cominciò titubante – Puoi smettere di indossarla quando sei qui, se vuoi.”
Dana non era pronta a quello che era uscito dalle labbra del Cavaliere così rimase imbambolata e con la bocca spalancata. Sorrise quando capì che Shura si era finalmente aperto a lei, era riuscita a far emergere l'uomo che stava in lui e non quella macchina da guerra scontrosa che aveva conosciuto due mesi prima.
L'affetto che piano piano era nato in lei adesso la costringeva a guardarlo e ad implorare Athena che la proteggesse da azioni sconsiderate.
Shura mandò al diavolo tutti i valori in cui credeva. Non c'era più rispetto, non c'erano più la distanza e la gerarchia, c'era solo un uomo e una donna, due persone normali. C'era anche lui, in mezzo a quei due, lo Shura pazzo che aveva ucciso Aiolos e che non aveva la forza per confessarlo a sua sorella, ma se ne stava sopito e schiacciato dalle emozioni.
Stavolta fu lui ad abbracciarla, a stringerla a sé con violenza, quasi a volerla soffocare. Gli piaceva sentirla lì vicino, sentire che potevano scontrarsi da un momento all'altro ma che ci sarebbe sempre stata a ribadirgli che lui era un Cavaliere giusto, un Cavaliere con delle speranze.

Benebenebene. Questo è il capitolo più OOC che ho nel mio repertorio, ma con questo nuovo anno alle porte ho pensato che fosse meglio rallegrarvi con qualche cavolata alla Dana's Show. 
C'è poco da rammentare qui alla fine, a parte che si inizia a capire cosa sta succedendo e Shura lo spiega. Spiega in piiiiiccoli termini quale catastrofe è avvenuta. I Cancelli dell'Olimpo sono ovviamente di mia invenzione e sono dei grandi cancelli d'oro presidiati dalle Dee delle Stagioni, le Ore, e che non fanno nè entrare nè uscire niente e nessuno, così come gli agenti atmosferici. 
Da questo piccolo particolare, dalla neve ad Atene, Shura capisce che sono aperti. Voi direte, perché è così problematico?
E io vi dico che se i Cancelli non sono presidiati e sono aperti, le stagioni non sono controllate e possono durare a loro piacimento, inoltre si scombinano molti fattori climatici che non sono proprio all'ordine del giorno. 
La neve ad Atene non è così rara, se devo confessarmi, però non capita sempre, perciò ho scelto questo agente atmosferico per mettere un po' di pepe. 
A voi le tastiere e speriamo che salgano i numerini delle recensioni.
Ringrazio i soliti, soprattutto KillerKing e Sagitter no Tania. <3

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