I Cancelli d'Oro. di Raksha3 (/viewuser.php?uid=136581)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Aioria del Leone. ***
Capitolo 2: *** La donna Cavaliere. ***
Capitolo 3: *** La sfida. ***
Capitolo 4: *** Il tuo vero aspetto. ***
Capitolo 5: *** Inquietudine. ***
Capitolo 6: *** La Sacerdotessa ritrovata. ***
Capitolo 7: *** Neve. ***
Capitolo 1 *** Aioria del Leone. ***
Non sapete cosa fare in queste
tristi giornate invernali? Siete estremamente annoiati? Bene!
Venite pure al Grande
Tempio a scoprire cosa sta succedendo di così tremendo!
Yuhuhuhu.
Bene, visto che ho fatto
la stupida fino ad adesso, posso anche essere seria per un minuto.
Questo capitolo è nato come una cavolata e ho deciso di
continuarlo per vedere come va. Solitamente le mie storie si fermano al
capitolo 5, ma stranamente questa è arrivata un po'
più lontano.
Tenterò di
postare una-due volte a settimana, studio permettendo.
E' la prima volta che
scrivo dei Saint, anche se sono su Efp da più di un anno,
vorrei che mi diceste se sono IC, perché credo di essere
stata abbastanza fedele, ecco.
I primi capitoli sono di
introduzione e di comprensione, poi comincerà la vera e
propria storia, con tutti i misteri e le stregonerie del caso. Spero vi
divertiate e grazie moltissime a Sagitter no Tania per avermi dato
appoggio nei momenti di crisi!
Buona lettura!
Aioria
del Leone.
"Dobbiamo andare.", sussurrò Primavera ghignando.
"Ma le porte? Chi penserà a chiudere le porte dell'Olimpo?
Carpo, dille qualcosa!", disse Estate con una smorfia rivolgendosi alle
due sorelle. Lei che era ligia al lavoro non poteva permettere che il
suo compito venisse trascurato.
"Sta zitta, Auso. Dobbiamo andare.", ribatté Primavera
prendendo la sorella per un polso.
"Tallo, lasciala andare, non ti pare di essere troppo manesca di questi
tempi?", sussurrò Autunno ridacchiando.
"Sorella, è necessario staccarla dai Cancelli dell'Olimpo
con la forza, guarda! Si è legata con una catena.",
esclamò Tallo continuando a tirare Auso.
"Sei o non sei una Dea, Tallo? Usa i tuoi poteri. Basta uno schiocco di
dita.", disse Carpo schioccando le dita. In pochi secondi la catena di
Auso si disintegrò e le tre divinità si presero
per mano.
"Nell'Isola di Pasqua nessuno disturberà i nostri piani.",
esordì Tallo sistemandosi i lunghi capelli neri sulla spalla
destra.
"Zeus e Athena la pagheranno per aver sottovalutato il nostro potere.",
Carpo chiuse il libro che aveva nella mano sinistra e con un debole
Stock, sparirono.
Un
anno prima...
Aioria
se ne stava seduto sui gradini della sua Casa ad aspettare la
chiamata del Gran Sacerdote. Pensava ad Aiolos e a quanto quel luogo
fosse triste senza di lui. Era un traditore ma restava pur sempre suo
fratello.
Ricordava
di quando saliva quei gradini insieme a lui parlando della sua
prossima investitura a Cavaliere D'Oro. Non poteva che ricordare da
solo. Spesso pensava a cosa sarebbe successo se Aiolos non avesse
tradito Athena, se fosse rimasto al Grande Tempio insieme a lui.
Sicuramente lo avrebbe aiutato nei momenti peggiori, gli avrebbe
asciugato la fronte quando si allenava, ma la verità era che
Aiolos
era un traditore e oltre ad aver disonorato l'armatura del
Sagittario, aveva disonorato il loro sangue.
Quel
giorno la tranquillità che regnava al Tempio era fuori dal
normale,
non c'erano ragazzini che correvano in su e in giù, ai campi
d'addestramento vigeva il silenzio e Aioria si annoiava. Si chiese
dove fossero finiti tutti dato che, seppur passeggiando per tutto il
Tempio, non c'era nessuno in giro.
Scese
i gradini fino alla fine della scalinata delle Dodici Case e si
diresse verso il campo di addestramento conscio del fatto che
sicuramente avrebbe trovato qualcuno.
Sentiva
un lontano brusio provenire dall'Anfiteatro in cui si svolgevano gli
incontri. Lì, anni prima, aveva visto ragazzini in tenera
età
uccidersi a vicenda. Da quel giorno non era più tornato
nell'Anfiteatro. Possibile che vigesse ancora la legge del
più
forte? Che non ci fosse più compassione tra aspiranti
cavalieri? E
che ce ne fosse così poca da portare alla morte di giovani
ragazzi?
Aioria
non sapeva rispondere a queste domande.
Si
avvicinò con malavoglia e vide molti giovani seduti sulle
gradinate.
Al centro un Cavaliere lottava con un ragazzo. La maschera che
portava e l'armatura che indossava lo mostravano come donna, ma la
forza che aveva nelle sue gambe era pari a quella di un uomo. Si
muoveva scattante e veloce, non stancandosi anche dopo lunghi salti.
Aiolia
fu attirato da un ragazzino che conosceva di vista e si
avvicinò
cauto.
“Maiolos,
chi sono i due che si stanno affrontando?”,
domandò indicando il
centro dell'Anfiteatro.
“Aioria,
che piacere! Quei due, dici? Il ragazzo è Taro, un ragazzo
pragmatico, mentre l'altra... Non ne ho idea. E' arrivata stamattina
da chissà dove e Taro l'ha sfidata per la sua armatura. E'
bella non
trovi? Quei colori si confondono con il paesaggio quando
corre.”,
disse il ragazzino sorridendo.
Aioria
capì che aspirava ad un'armatura bella come quella della
sconosciuta. La guardò per qualche secondo e la riconobbe
come
l'armatura di Bronzo della Lince.
La
ragazza sferrava colpi sicuri e forti, simbolo di un duro
allenamento. Il colpo fatale arrivò all'improvviso e
ammutolì la
folla.
“Non
ti finirò, aspirante Cavaliere. In me vige l'onore datomi da
quest'armatura.”, esclamò lei cominciando a salire
le gradinate
per l'Anfiteatro.
“Ora,
se qualcuno vuole dirmi dove posso trovare la Casa del Leone, ne
sarei molto contenta.”
Aioria
sorrise pensando che quella ragazza cercava proprio lui. Che volesse
sfidarlo?
Con
passo svelto tornò alla sua casa e si sedette sui gradini
con fare
annoiato.
Pochi
minuti dopo la ragazza dell'Anfiteatro si presentò al suo
cospetto,
inchinandosi debolmente.
“Aioria
del Leone?”, domandò sotto la maschera.
“Proprio
io. Cosa ti porta alla mia casa, giovane Cavaliere?”
Aioria
la guardò bene, le gambe erano corte ma magre, allenate e
scattanti
come quelle di un felino. Era bassa e aveva lunghi capelli color
nocciola. La maschera che le copriva il volto era metà
bianca e metà
rossa, così come l'armatura.
“Non
mi riconosci con la maschera, vero?”
La
domanda spiazzò Aioria che non aveva minimamente pensato di
conoscere quella strana ragazza. Pensò a fondo a quante
ragazze
Cavaliere conoscesse, ma nessuna di esse portava un'armatura di color
rubino.
“Dana,
ti dice qualcosa?”, disse la ragazza levandosi la maschera.
Aioria
si aprì in un sorriso. La guardò intensamente. I
suoi lineamenti
non erano più quelli di una bambina ma di una giovane
ragazza in
pieno sviluppo. I muscoli delle braccia e delle gambe rivelavano il
suo duro allenamento ma gli occhi, quelle due perle verdi, erano
rimasti gli stessi.
“Dana...”,
balbettò. Ancora non riusciva a muoversi per lo shock.
“Sono
proprio io. E non guardarmi con quella faccia da schiaffi!
Abbracciami Cavaliere D'Oro del Leone!”, intimò la
ragazza aprendo
le braccia.
Aioria
ci si tuffò dentro e la sollevò da terra. Pesava
sempre poco, come
quando era partita.
“Mi
sei mancata da morire, vorrei che tu non fossi mai partita. E' stato
un inferno senza di te.”, disse Aioria immergendo il naso nei
suoi
capelli.
“Anche
tu. Non sai quanto è stato duro il mio allenamento. Pensavo
di non
poter tornare più ad Atene.”, confessò
la ragazza carezzandolo
dolcemente.
“Devi
raccontarmi tutto, Dana. Andiamo.”, disse Aioria spingendola
verso
la casa.
“Questa
quindi è la casa di Leo, giusto?”
“Giusto.”
Dana
sorrise, entrando dalla grande porta. Non vedeva Aioria da
più di
due anni e ne sentiva la mancanza quando si trovava a Tenerife,
l'isola spagnola in cui aveva conquistato la sua armatura. Lui
non era cambiato affatto, portava i soliti capelli scompigliati che
somigliavano tremendamente alla criniera del suo segno, il Leone. Dana
si guardò intorno ed osservò la grande casa.
Molte colonne
reggevano le salde mura e altrettante porte d'avorio costellavano la
parete come stelle.
“Casetta
accogliente, io l'avrei fatta più grande.”,
asserì ridacchiando.
“Sempre
la solita spiritosa. Andiamo a sederci, così mi racconti del
tuo
viaggio.”, disse Aioria scortandola verso il tavolo basso del
salone.
Si
sedettero su due sedie d'avorio e Dana sorrise pensando alla
ricchezza che si ostentava in quella casa. Sicuramente l'arredamento
non era opera di Aioria, lui avrebbe optato per qualche mobile in
legno e qualche soprammobile tanto per dare senso di accoglienza e
calore.
“So
cosa pensi. Non sono stato io a scegliere l'avorio.”, disse
Aioria,
come se le avesse letto nella mente.
Dana
sorrise, si conoscevano così bene da poter anticipare l'uno
i
pensieri dell'altro.
“Insomma,
dimmi, com'era Tenerife?”
“Rocciosa.”,
disse lei levandosi i bracciali dell'armatura.
“Rocciosa?
Solo questo?”
“Calda
e rocciosa. Mi hanno costretto ad allenarmi sotto il Chinyero, il
vulcano, faceva un caldo pazzesco e c'era puzza, molta
puzza!”,
enfatizzò mentre si slacciava il corpetto e la cintura.
“Il mare,
non c'è che dire, splendido, se solo avessi avuto il tempo e
la
fortuna di farci un tuffo, non sai quanto gioia in più
avrei.”
“Ti
hanno proprio distrutto, laggiù.”,
sospirò Aioria poggiando i
gomiti sul tavolo. Dana portava una veste greca con le gambe coperte
dal body nero e il busto dalla tunica color panna.
“Perché
a te qui hanno fatto la carità?”
“Effettivamente
no.”
Aioria
ripensò al suo duro allenamento, alla mancanza di Aiolos
quando ne
aveva più bisogno e si ritrovò immancabilmente a
pensare al suo
tradimento. Si chiese se fosse un avvertimento, come a dirgli che non
ci si deve fidare nemmeno del proprio sangue.
Il
suo sguardo divenne triste e pensieroso, bloccato a terra da voragini
aperte all'interno del suo animo.
Dana
se ne accorse e lo fissò per qualche secondo. Era sempre il
solito
Aioria ma aveva qualcosa che mancava: credeva meno in se stesso e
nelle persone che lo circondavano.
“Come
stai, Aioria?”, domandò a bruciapelo.
“Sto.
Non riesco a perdonarlo.”
“Aiolos
era un ragazzo con la testa, non avrebbe mai fatto niente senza una
motivazione valida e giusta. Era sotto la protezione di Sagitter.
Sono sicura che c'è dell'altro dietro a questa storia, ma se
non
vuoi indagare tu per primo, chi sono io per costringerti?”,
disse
lei prendendogli la mano.
“Grazie,
Dana. Grazie di essere di nuovo qui.”, le sorrise dolcemente.
“Bene,
bene, una donna dentro la casa del Sacro Leo, e per di più
senza
maschera.”
A
quelle parole i due si girarono di scatto. Un ragazzo in armatura
d'oro avanzava lentamente verso di loro. Aveva un mantello che
penzolava ad ogni movimento e un'andatura fiera. I capelli di un nero
cupo facevano risaltare i verdi occhi. Dietro di lui un altro ragazzo
dai lunghi capelli scuri lo seguiva.
I
due si avvicinarono e guardarono Dana.
“Milo,
Shura, ben arrivati.”, disse Aioria alzandosi e lasciando la
mano
calda della compagna.
“Costei
non indossa la maschera come è di regola.”,
sussurrò Milo
indicando Dana con sguardo severo.
“Ha
il mio permesso. Piuttosto voi due che ci fate qui?”, chiese
Aioria.
“Volevamo
sapere se hai notizie del Grande Sacerdote.”
“Shura,
tu presiedi una delle case più vicine al Grande Tempio e
vieni a
chiedere a me?”
“La
mia casa è solo una mera vicinanza, tu vieni chiamato
più spesso di
tutti noi e pensavamo che potessi sapere qualcosa. Sono giorni che
non ci sono novità.”, disse il ragazzo che doveva
essere Shura.
Dana
guardò tra le braccia del ragazzo e notò l'elmo
d'oro. Due lunghe
corna affusolate si poggiavano sulla base tonda del copricapo.
“Caprone.”,
sussurrò all'orecchio di Aioria. Il Cavaliere dovette
trattenere le
risate anche se i sussulti si notavano dalle sue spalle.
“Effettivamente
la ragazza ha ragione.”, disse Milo guardando il compagno con
un
sorriso.
“Caprone?
Stupida donna, infrangi le regole del Tempio e in più dici
blasfemie
sulla mia costellazione? Dovresti essere punita.”, disse
Shura
leggermente irritato.
“Posso
sapere, Aioria, chi è costei?”, domandò
Milo evitando il discorso
caprone per non far scoppiare un duello che la ragazza avrebbe perso.
“E'
mia sorella Dana.”
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Capitolo 2 *** La donna Cavaliere. ***
Buonasera a tutti quanti! Ho
visto che nello scorso capitolo in pochi hanno letto ma ancora meno
hanno commentato... Non importa! Sono felice che ci sia qualcuno che
legga, anche se non si mostra.
Questo è il
secondo capitolo della storia in cui vengono spiegate alcune cosette e
ci sarà anche l'apparizione del Gran Sacerdote... OOOOOOH
paura.
Dana è un'OC
che mi è venuta in mente mentre dormivo, come sempre e spero
che vi piaccia il suo carattere un po' malandrino, è una
ragazza ancora acerba a cui piace infastidire la gente.
Sempre la solita storia
sugli IC dei personaggi, se non fossero tali vi prego di dirmelo
così inserisco OOC negli avvertimenti. Spero di essere
rimasta fedele.
Per quanto riguarda la
storia, si svolge un annetto e più prima delle 12 case,
spero l'abbiate capito.
Ringrazio tutti
quelli che l'hanno messa tra le seguite/preferite/ricordate e
soprattutto ringrazio Sagitter no Tania che mi supporta e rompe le
palle da mattina a sera sbavando su quei gran figaccioni dei Cavalieri
di Lost Canvas e su Milo v.v
Un bacio a tutti e buona
lettura.
La
donna Cavaliere.
“E'
mia sorella Dana.”, disse
Aioria lasciando spazio alla ragazza. Se ne stava poggiata al muro
con un'espressione compiaciuta per lo sguardo strano che avevano i
due Cavalieri. Erano rimasti impietriti. Era noto che Aioria avesse
un fratello, che fosse Aiolos del Sagittario, ma non una sorella e
per giunta non un Cavaliere donna.
“Sorpresi, eh?”, sorrise lei
avvicinandosi. Si alzò sulle punte per guardare negli occhi
Shura.
“Tu saresti il Cavaliere D'Oro Shura
del Capro... Capricorno, giusto?”
“Dillo di nuovo, avanti.”, esclamò
lui avvicinando il viso a quello di lei con fare minaccioso. La
ragazza scese dalle punte e si avvicinò all'altro Cavaliere.
“Tu, invece, sei Milo dello
Scorpione, a quanto noto dal tuo grazioso copricapo con la punta. Ho
sentito molto parlare della tua Cuspide Scarlatta, attacco che
inietta il veleno dello scorpione nella vittima.”
“Lieto di sapere che le voci
circolino, ma dimmi, Aioria, è davvero tua sorella questa
donna?”,
disse Milo compiaciuto.
“Non proprio, è mia cugina, la
figlia della sorella di mia madre, siamo cresciuti insieme dopo la
scomparsa dei suoi genitori ed è diventata come una sorella
per
me.”, asserì Aioria grattandosi la testa.
“Donna..”, cominciò Shura venendo
interrotto dalla ragazza che gli si piazzò davanti.
“Ehy, Caprone, il mio nome è Dana,
non Donna.”
“Come osi.”
“Sei un Cavaliere, giusto Dana?”,
domandò Milo sedendosi su una delle sedie d'avorio. Si tolse
l'elmo
e lo poggiò delicatamente sul tavolino.
Giocherellò qualche secondo
con la punta che era una vera e propria coda di scorpione.
“Giusto. Quando ero a Tenerife per il
mio allenamento il Cloth della Lince mi ha scelta e si è
legato a me
con la catena delle stelle.”
“Tenerife. Interessante come il luogo
in cui sei maturata sia anche nello Stato in cui è nato
Shura.”
“E perché mai dovrebbe, è solo una
mera coincidenza data dal Fato.”, asserì la
ragazza riservando
un'occhiata per il Cavaliere del Capricorno.
Shura si allontanò alla volta della
sua casa lasciando i tre a conversare. Quella ragazza non solo diceva
sciocchezze ma era anche una donna blasfema che non indossava la
maschera come tutte le altre, era un demone mandato dall'Ade.
Milo rifletté sulla risposta della
ragazza notando quanto i caratteri dei due si somigliassero.
“Eppure gli ideali spagnoli della
gentilezza e del garbo avrebbero dovuto plasmarti.”
“Il mio animo non è così debole da
essere plasmato da culture diverse dalla mia terra natia. E poi, pur
essendo spagnolo, non vedo tutta questa gentilezza da parte del tuo
amico.”
“E' fatto così, c'è poco da fare.
Ora, dato che sei appena arrivata, non ti dispiacerà
presentarti al
cospetto del Gran Sacerdote per fare le presentazioni.”
“E' presto, Milo.”, la difese
Aioria. Sapeva che se il Gran Sacerdote avesse saputo di lei,
l'avrebbe presto mandata in qualche strana missione, separandoli, e
lui non l'avrebbe mai accettato.
“Nessuno può avvicinarsi al Tempio
senza il consenso del Gran Sacerdote, neppure una così bella
fanciulla.”, esclamò Milo alzandosi. “E'
giusto che lei vada,
puoi accompagnarla.”
Aioria lo guardò allontanarsi e
disprezzò il momento in cui aveva chiesto a Dana di entrare
nella
sua casa.
La ragazza continuava a fissare Milo
allontanarsi e lo salutava con la mano come facevano i bambini. Lei
era così, bambina dentro e donna fuori. Aioria
sperò che il Gran
Sacerdote si rendesse conto di quanto avesse aspettato il suo ritorno
e che la lasciasse qualche mese in più al Grande Tempio.
Si promise che l'avrebbe scortata fino
a lui quella sera stessa, altrimenti sapeva che l'avrebbe fatto Milo,
o peggio, Shura.
Con lo sguardo preoccupato si avvicinò
alle Sacre Vestigia di Leo e ci passò sopra un dito. La
metteva poco
quando stava al Tempio, solo per andare al cospetto del Gran
Sacerdote.
“Quindi dobbiamo andare?”, domandò
Dana sedendosi.
Aioria annuì in silenzio, poi
aggiunse: “Non voglio che ti mandino in chissà
quale posto per
chissà quale missione suicida.”
“Non lo faranno. E' meglio andare
adesso.”, disse la ragazza cominciando a mettersi l'armatura.
Il
Cloth della Lince le stava a pennello, le rendeva facili i movimenti
e le mosse senza intralciarle con il suo peso. Il colore, lei amava
il rosso rubino con cui era decorata la sua armatura.
Aioria l'ammirò per il coraggio con il
quale parlava, ma credeva poco alle sue parole.
Si allacciò i bracciali e gli
spallacci e quando ebbe finito con il resto fece un respiro profondo.
Aveva perso Aiolos, per tradimento o no l'aveva comunque perso, e non
voleva perdere anche Dana, l'unico barlume di speranza e di compagnia
che c'era in quel posto.
“E così, quella è l'armatura del
Sacro Leone. Ti sta d'incanto.”, disse lei girandogli attorno
come
un avvoltoio.
“Sei inquietante quando mi guardi
così.”
“Ma come, nessuna donna ti ha ancora
scrutato da sotto le sue folte ciglia?”, domandò
Dana sorridendo.
“Tu sei il demonio.”, esclamò
Aioria. “Hai fatto arrabbiare Shura, che difficilmente perde
il
controllo davanti ai Cavalieri di rango più basso, e in
più adesso
mi prendi anche in giro?”
“Sono fatta così, mi conosci. E poi
è stato il Caprone a cominciare, tutto quel “donna
qui, donna là,
dovrebbero ammaestrarti”, che sono un animale?”
Lo sguardo che le riservò Aioria parlò
per lui guadagnandosi una gomitata dalla sorella.
“Dana, mettiti la maschera, almeno
per adesso.”
“Ma prude...”
“Mettila, non fare la bambina!”,
esclamò il Cavaliere.
Dana si posizionò la maschera rossa e
bianca sul viso e si lisciò i capelli.
“Ancora non capisco perché noi donne
sì e voi no. Eppure siamo donne, come Athena, mah non
capisco
proprio.”
Aioria alzò le spalle e si diresse
verso il Grande Tempio. All'undicesima casa, quella del Capricorno si
fermò un momento.
“Per favore non metterti a discutere
con Shura adesso. E' un Cavaliere forte e non vorrei che ti sfidasse
a duello.”, dichiarò apprensivo Aioria.
“Puoi smettere di fare l'apprensivo?
Non sono più una bambina.”, esclamò lei
camminando a passo fiero
nella casa del Capricorno.
Passò velocemente guardando e
immagazzinando più informazioni possibili sul Cavaliere. Una
grossa
statua se ne stava in bella mostra vicino al corridoio. Raffigurava
Athena e un Cavaliere a cui stava donando una spada. Si ripromise di
farsi raccontare la storia da qualcuno, prima o poi, o meglio di
chiedere direttamente al Capricorno che cosa volesse ostentare.
Aioria la ricchezza e lui? La fede?
Shura non si fece vedere e i due
passarono indisturbati. Anche la casa del Cavaliere dell'Acquario era
deserta. Alla dodicesima casa furono costretti a fermarsi davanti al
lungo corridoio di rose velenose di Aphrodite.
“Chi è là che vuol passare dal mio
prato fiorito?”, domandò un bellissimo Cavaliere
dall'armatura
dorata. Aveva lunghi capelli chiarissimi e degli occhi azzurri
penetranti. Era di una bellezza abbagliante tanto che Dana dovette
coprirsi gli occhi anche da sotto la maschera.
“Aioria del Leone con un nuovo
Cavaliere in visita al Grande Tempio.”
“Aaah Aioria, sei tu e chi è costei
dai meravigliosi e morbidi capelli?”, esclamò il
Cavaliere uscendo
alla luce del sole.
“Mia sorella Dana, Cavaliere dei
Pesci, vorrebbe incontrare il Gran Sacerdote per porgli i dovuti
saluti e onori.”, disse Aioria guardando negli occhi
l'affascinante
Cavaliere.
“Meraviglioso, vorrei poter vedere il
suo grazioso viso per poter giudicare quanta beltà cresce in
lei, ma
essendo donna non posso permettermi di levarle la maschera.”
“Esattamente.”
“Mi concedi però di baciarti la
mano, come segno di una profonda cavalleria che si cela nel mio animo
nobile?”
Per quanto la domanda fosse insensata,
Dana acconsentì e si lasciò baciare la mano dal
Cavaliere.
“La tua pelle profuma, caro
Cavaliere. Sono certo che il Gran Sacerdote avrà cura di una
così
giovane fanciulla.”
“Ti ringrazio, Cavaliere dei Pesci.”,
disse Dana.
“Aphrodite.”, la corresse il
Cavaliere.
I due lasciarono la casa dei Pesci con
sguardo serio. Ormai erano vicini al Grande Tempio e l'ansia cresceva
dentro l'animo di Dana. Aveva paura di essere rispedita in un luogo
tetro e puzzolente come Tenerife.
Aioria la strinse per le spalle e la
guardò. Nonostante non potesse vedere i suoi occhi, sapeva
che lei
lo stava osservando.
“Non permetterò che ti allontanino
di nuovo.”, disse lui abbracciandola.
“Confido nel mio buon Fato.”,
confessò entrando nel Tempio.
Fecero pochi passi quando il Gran
Sacerdote disse: “Aioria, Cavaliere D'Oro del Leone, sono
lieto che
tu abbia portato tua sorella al mio cospetto.”
“Sommo Sacerdote, mia sorella è
tornata da poco ad Atene per renderle omaggio. Ha appena acquisito
l'armatura della Lince diventando così
Cavaliere.”, esclamò
Aioria inginocchiandosi.
“Sono felice che lei sia qui, una
nuova seguace di Athena è ben accolta al Tempio. Mi chiedo
solo se
il suo sangue non sia più simile a quello di Aiolos che al
tuo,
fedele Leone.”, disse il Gran Sacerdote dal suo scranno
rosso. Dana
non aveva alzato il viso un secondo stando con gli occhi incatenati
al suolo.
“Mio Signore, questa donna è devota
ad Athena quanto lo sono io e di conseguenza porterà
rispetto al
Tempio e a chi ne fa parte.”
“Sono lieto. Alzati, Dana della Lince
e giura fedeltà a questo Tempio.”
Dana si alzò e fece nuovamente un
piccolo inchino. “Io, Dana della Lince, dichiaro di essere
fedele
ad Athena e al Grande Tempio, di proteggere i suoi valori e la
giustizia di cui detiene il potere.”
Con il pugnale che aveva al fianco si
incise un dito e versò la goccia di sangue ai piedi della
statua di
Athena, quella più vicina a lei. Si inginocchiò
di nuovo e piegò
la testa per salutare la grande Dea.
“Il tuo giuramento di sangue mi
allieta, Dana della Lince. A Tenerife vi hanno insegnato come farlo,
cosa che non capita tutti i giorni in altri luoghi. Ora, dato che hai
fatto il tuo dovere, puoi andare, mentre tu, Aioria, resta
qui.”,
disse il Gran Sacerdote congedando la ragazza.
Dana se ne andò a passo lento,
pregando che bastasse per dileguarsi da quella sala gremita di aure
negative.
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Capitolo 3 *** La sfida. ***
Buona
seeeeera a tutti, di nuovo. Sono ancora qui per postare il secondo
capitolo in due giorni, poi però basta eh! Finché
non avrò almeno 4
recensioni a questo capitolo non andrò avanti, quindi
mettetevi in
testa di commentare v.v almeno un commentino piccolo piccolo piccolo.
Questo capitolo inizia a raccontare un pochino di più sulla
veeeera
storia di cui voglio narrarvi le vicende. Ci sarà il buon
vecchio
Aldebaran, che Tania adora, e che io stimo per la sua presenza
bonacciona e bisbocciona (ma esiste?).
Ringrazio
Sagitter no Tania che mi rallegra tutti i giorni con i suoi discorsi
idioti e i suoi ormoni a mille (per Milo, Kardia, Degel, Shura, e tanti
altri ahah) ringrazio anche tutti quelli che hanno commentato gli
scorsi capitoli e anche Sara, la nuova entrata che mi tartassa i maroni
per spoilerini e capitoli a gogo. Vi tromberei tutti... No, via ora
tutti un ce la fo.
La sfida.
Dana
saliva e scendeva le scale vicino
al tempio, in attesa di Aioria, ma passavano i minuti e di lui non
c'era traccia. Sperava che non si stesse prendendo una sgridata
perché lei si era presentata così, senza
avvertire e aveva chiesto
ospitalità nella sua casa. Forse il Gran Sacerdote sapeva
che lei
non portava la maschera quando stava con Aioria e lo stava ammonendo.
O forse stavano solo parlando di affari più grandi di lei,
ma a
questo non pensò.
Decise di aspettarlo nella sua casa, in
modo da lasciargli tutto il tempo per pensare alle parole che le
avrebbe detto per cacciarla o per mandarla in qualche luogo
depravato.
La verità era che non voleva lasciare
di nuovo Atene, le ricordava sua madre e tutti i momenti belli che
aveva passato da piccola, prima di iniziare il duro allenamento. Si
ricordava quando giocava con Aioria sotto lo sguardo di Aiolos
già
ragazzo e poi la sua investitura a Cavaliere D'Oro.
Le piaceva pensare ad Atene come la
culla della sua vita, la sua intera esistenza era basata su quella
città.
Aioria era la sua famiglia, la sua casa
e non voleva abbandonarlo di nuovo. Additato come fratello del
traditore la tristezza e lo sconforto crescevano in lui giorno dopo
giorno.
Passeggiava verso la casa di Aioria
quando si sentì chiamare.
“Donna.”
“Dana!”, urlò lei verso Shura del
Capricorno.
“Dana, dove hai lasciato Aioria?”,
il tono che usò era serio e pacato, come se avesse
riacquisito la
tranquillità a cui era abituato.
“E' al cospetto del Gran Sacerdote.”,
disse lei.
“Perfetto. Quando lo vedi
riferiscigli che Shura del Capricorno vuole parlare con lui.”
“Non sono una messaggera, diglielo
tu.”
“Vedo che la gentilezza non è una
tua qualità. Complimenti per la maschera, comunque. Addio
Cavaliere
della Lince. Riferisci il messaggio.”, esclamò
tornandosene nella
sua casa.
“Idiota.”, disse Dana storcendo la
bocca sotto la maschera. Forse era un bene che quella cosa le stesse
addosso, poteva fare smorfie e linguacce senza farsi notare. Il
Cavaliere del Capricorno era l'unico essere vivente per cui provasse
antipatia in quel momento.
Si concesse qualche minuto per pensare
a cosa fare e poi entrò di nuovo nella casa del Cavaliere.
Si tolse
la maschera, sapendo che la rabbia lo avrebbe costretto ad
irrigidirsi e si avvicinò alla statua.
Chiuse gli occhi qualche secondo e poi
sentì i suoi passi.
“Il mio addio non è servito a farti
tornare a casa, vedo.”, disse lui poggiandosi contro la
colonna.
Come quella mattina non portava l'elmo d'oro e i suoi capelli scuri
si arricciavano debolmente.
“Ero soltanto curiosa.”, esclamò
girandosi.
“In questa casa devi portare la
maschera.”, ordinò lui con tono perentorio. Si
avvicinò alla
ragazza e le prese la maschera dalle mani. Shura la guardò
qualche
secondo ammettendo che se avesse dovuto mettersela lui, non lo
avrebbe fatto. Era rigida e sembrava scomoda.
“E se non volessi metterla?”
“Ti costringerò.”, sussurrò
guardandola negli occhi. Si accorse del dolce verde con cui era
sfumata l'iride che si mescolava ad un tenue azzurro. Niente a
confronto dei suoi occhi verde foresta, in cui tutti quelli che lo
guardavano finivano prigionieri.
Dana rise.
“Sei uno sciocco, Cavaliere del
Capricorno, se speri di darmi ordini. Potrai anche essere un
Cavaliere D'Oro e io un Bronze, ma non starò qui a farmi
mettere i
piedi in testa da te. Come essere umano sei pari a me.”,
disse lei
sicura di sé.
“Qui non si tratta di parità dei
sessi, mia cara, ma più di regole da rispettare.”
“Regole, regole e ancora regole. Non
sento parlare d'altro da anni ormai. Adesso posso fare quello che
voglio.”, aggiunse.
Shura chiuse gli occhi per un momento e
fece un respiro profondo. Per lui il Grande Tempio era sacro e lei lo
stava insultando con i suoi capricci.
“Cosa volevi sapere?”, domandò
poggiando la maschera su un tavolo poco distante.
Dana si voltò verso la statua e le
girò intorno come aveva fatto quella mattina con Aioria.
“Toh, un avvoltoio.”
“Io starei attento alle parole,
Caprone.”, disse lei sorridendo.
Shura non si scompose, aveva iniziato
lui quella volta e se l'era cercata.
“Adesso stiamo in silenzio, vero? Sei
nel torto e non vuoi rispondere alle provocazioni, giusto
Cavaliere?”
Il ragazzo continuò a pensare a lei
come un demone mandato per affliggerlo con la sua spavalderia.
“Non rispondo semplicemente perché
se finisse in uno scontro sarei il vincitore indiscusso.”
“Non essere così sicuro, Shura.”
Il Cavaliere respirò profondamente.
Aveva voglia di muovere il suo braccio destro verso di lei e
tagliarle quella lingua troppo lunga con la sua Spada.
“La spada, Athena, il guerriero, cosa
ostentano?”, domandò Dana fermandosi di fronte a
lui.
“Orgoglio.”
“Orgoglio.”
“Già, orgoglio. Athena consegnò la
Spada Sacra al più fedele Cavaliere D'Oro dello
Zodiaco.”
“Vorrei ascoltarla, questa storia.”,
gli confidò Dana. I suoi occhi si accesero di
curiosità e Shura non
poté far altro che accorgersene. Ghignò.
“Non credo che tu sia all'altezza di
ascoltare la mia storia, perciò ti prego di tornartene alla
tua casa
e non assillarmi con le tue curiosità di
bambina.”, disse il
ragazzo voltandosi e avviandosi verso un corridoio secondario.
I nervi di Dana saltarono uno ad uno.
La ragazza sentì lo schioppo di ogni piccolo nervo che si
frantumava
nella sua testa. La rabbia montò in lei. Dana non era
più una
bambina, nessuno poteva permettersi di parlarle così senza
conoscere
il suo passato, senza conoscere le cose che aveva dovuto affrontare
da sola, trovando il coraggio negli angoli più bui del suo
cuore.
Sentì tendere i muscoli quando scattò
verso il Cavaliere D'Oro caricando un pugno di grande forza.
In una frazione di secondo, Shura del
Capricorno si voltò e fermò la mano della ragazza
all'altezza del
suo viso. Con forza la spinse indietro sbattendola alla colonna alle
sue spalle.
Dana ansimava per lo sforzo. Aveva
messo tutto l'odio che aveva accumulato negli anni dentro quel pugno
ed era stata bruscamente fermata.
Sentiva il forte odore della pelle del
ragazzo e lo sfrigolio dell'armatura d'oro contro la sua.
“Ti ho già detto che questo scontro
è evitabile ed ha un solo vincitore e non sei tu, Cavaliere
della
Lince.”, disse Shura avvicinando il viso a quello di lei,
guardandola intensamente negli occhi.
“Non puoi essere imbattibile, non
puoi trattarmi come se non fossi un tuo pari.”, gli
sputò lei.
“Mi dispiace smontare i tuoi sogni di
dolce ragazzina, ma io non sono un tuo pari.”
“Non sarai superiore per sempre.”
“Allora facciamo così, se tu riesci
a colpirmi almeno una volta, ammetterò che siamo in
parità, fino a
quel momento rimettiti la maschera e non parlarmi più con
questa
strafottenza, ragazzina.”
“Non chiamarmi ragazzina, stupida
Capra.”
Shura la strattonò di nuovo facendole
battere la schiena un'altra volta, poi, la lasciò andare e
si
riavviò verso la porta d'avorio.
Dana rimase sola a massaggiarsi i polsi
e vide che la presa con cui l'aveva stretta le aveva lasciato due
brutti segni sulla pelle. Quel ragazzo era l'animale più
odioso che
ci fosse al mondo.
Da
quel giorno fu guerra aperta tra i
due Cavalieri, ogni scusa era buona per Dana, ogni momento libero era
gioia perché le concedeva di recarsi nei pressi della casa
del
Capricorno per sferrare il suo attacco. Ogni volta, però,
veniva
scoperta o bloccata. Mai una volta era riuscita a colpirlo da quando
avevano cominciato la sfida.
Aioria si chiese per quanto sarebbe
andata avanti quella storia. Ogni mattina la vedeva alzarsi e correre
in su e in giù per il Grande Tempio, a volte anche per ore
intere.
Tentava di guadagnare una velocità pari a quella del
Cavaliere
D'Oro. Non aveva il cuore per dirle che Shura l'avrebbe sempre
bloccata perché possedeva, come ogni Cavaliere con la Sacra
Armatura, il dono della velocità della luce.
Quella mattina Aioria decise di andare
alla casa del Toro per parlargli delle novità conferitegli
dal Gran
Sacerdote settimane prima. Aveva pensato di tenerle per sé,
perché
erano solo un sospetto infondato e ci aveva ragionato molto prima di
prendere quella decisione. Il Cavaliere del Toro, Aldebaran, non era
particolarmente saggio, non più di quanto lo fosse lui
stesso, ma
capiva l'importanza del dialogo ed era bello parlare con lui.
Aioria pensava che fosse il Cavaliere
più alla mano del Grande Tempio.
“Dana!”, chiamò a gran voce
vedendo la ragazza saettare verso la casa del Capricorno.
La ragazza si fermò di scatto, colta
in fallo. Si nascose dietro una colonna.
“Ti ho vista, è inutile che ti
nascondi.”, esclamò Aioria sorridendo.
“Si?”, disse lei mostrando solo la
testa. Era vestita in abiti quotidiani e aveva una fascia stretta
alla fronte.
“Per quanto andrà avanti questa
storia? Finiscila di importunare Shura o si
arrabbierà.”
“L'ha proposta lui questa sfida.”
“Non mi interessa, smettila di fare
la bambina!”, esclamò Aioria alzandosi dalla sedia
d'avorio su cui
stava rilassato.
“Non chiamarmi bambina, Aioria!”,
urlò lei mostrandosi del tutto. Teneva gli occhi bassi in
atteggiamento risentito. Aioria non voleva che si arrabbiasse. Si
avvicinò cauto per paura che Dana esplodesse in un impeto
d'ira e
quando le fu abbastanza vicino l'abbracciò.
Dana rimase sorpresa. Sapeva che il
ragazzo aveva capito cosa l'aveva fatta arrabbiare e fu grata di non
doversi spiegare a parole. Con la mano Aioria le carezzava i capelli
spingendole la testa contro la sua spalla. Il profumo dei suoi
capelli era tenue e dolce, un odore che non feriva le narici ma le
rilassava. Chiuse gli occhi e sospirò.
“Dana, capiscimi. Conosco Shura da
molti anni e so quanto può essere meschino con chi non
è forte
quanto lui. Ti prego, fermati prima che questa storia
degeneri.”
“Non mi farà del male. E' una
semplice sfida.”, disse lei sciogliendo l'abbraccio. Si
avviò
verso la casa del Capricorno, lasciando Aioria a pensare.
Rimasto solo, decise di andare da
Aldebaran. Il Cavaliere se ne stava nella sua casa, in piedi e a
braccia conserte ad ammirare il cielo. Aioria gli si
avvicinò
lentamente.
“Aioria del Leone, che bellissima
sorpresa!”, disse lui battendogli una pacca sulla spalle con
la
grossa mano.
“Ciao, Aldebaran.” tossicchiò il
Leone. Le pacche di Aldebaran erano sempre potenti, non riusciva a
controllare la sua forza taurina. Il Toro si girò di nuovo
verso il
cielo e sorrise.
“Ti sei soffermato ad ammirare la
purezza del cielo in questi giorni, Aioria?”,
esclamò bonariamente
il Cavaliere D'Oro. Non indossava l'armatura e vestiva lunghi
pantaloni neri e una maglia blu. I muscoli della braccia sembravano
voler uscire dalla stoffa.
“E' proprio di questo che sono venuto
a parlarti.”
“Lassù sta per succedere qualcosa di
brutto. Io lo vedo. Non c'è giorno che io non guardi il blu
intenso
del cielo che ormai viene quasi sempre oscurato dalle nubi.”
“Il Gran Sacerdote pensa la stessa
cosa.”, asserì Aioria alzando il naso al cielo.
Il tenue azzurro veniva spezzato da
alcuni raggi solari ma anche da nubi grige e cariche di pioggia.
“C'è qualcuno che trama. Qualcuno
che ha bisogno di far succedere qualcosa.”, disse il Toro
sedendosi
sui gradini antecedenti la casa.
“Aldebaran, ogni tanto, quando parli,
ti dimentichi di dire le cose che pensi e le persone si
perdono.”,
esclamò Aioria con una smorfia.
“Scusami!”, disse Aldebaran ridendo
di gusto. Lui sapeva che cosa Aioria era arrivato a dirgli ma non
voleva pensare allo scontro imminente con qualche forza spaventosa. A
lui piaceva starsene al Tempio con i suoi compagni e aspettare che
Ade lo prendesse con sé una volta finito il corso della sua
vita.
Amava vivere di risate e bisbocce divertenti, non gli piaceva
combattere sapendo di morire.
“Sai, Aioria, io amo la vita e la
lotta ma ho paura del cielo, dei suoi cambiamenti che non premettono
niente di buono.”
“Il Gran Sacerdote ha detto di
aspettare a dirlo a tutti. Dobbiamo attendere che succeda qualcosa.
Dice che Athena gli ha parlato e che gli ha detto di attendere in
silenzio.”
“Quando si scatenerà l'Apocalisse,
sarà troppo tardi.”, sentenziò lui.
Guardò il Leone nei suoi
occhi azzurri e sorrise bonariamente: “Ho sentito che tua
sorella è
qui, me la ricordo, ancora piccola e indifesa che giocava con te.
Dille di passare qualche volta.”
“Se non stesse sempre a casa di
Shura, glielo direi.”, disse Aioria con una smorfia.
“Col Caprone? Noooo, dille che qui
c'è carne migliore!”
“Tanta carne, Aldo.”
“Sta zitto, i miei sono muscoli!”,
rise Aldebaran. Gli mancava la presenza di Aioria sempre vicino a
sé,
con i suoi sorrisi e le sue battute. Da quando era arrivata la
sorella se ne stava sempre chiuso nella sua casa a farle da
babysitter.
“E' grande ormai, Aioria. Lasciala
vivere come crede, questo cielo non preannuncia niente di buono e lei
deve viversi la sua giovinezza, come devi farlo tu.”
“E tu?”
“Io sono Aldebaran del Toro, la mia
vita la vivo al secondo.”, esclamò Aldebaran
dandogli un'altra
pacca sulla spalla.
“Che Athena ci protegga.”
“Che Athena ci protegga.”
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Capitolo 4 *** Il tuo vero aspetto. ***
Il tuo vero aspetto.
Ci
vediamo a fondo pagina!
Shura
se ne stava tranquillamente
appollaiato su una sedia fuori dalla sua casa. Si godeva il lieve
tepore del sole in attesa dell'inverno, a lui piaceva il freddo e la
pioggia, quelle gocce che lavavano via le sue colpe.
Da quando Dana era arrivata ad Atene,
il fardello che si portava appresso da tempo gli stringeva lo stomaco
ogni volta che la vedeva, Aiolos era un suo amico, ma aveva dovuto
farlo. Era nel giusto ma uno strano senso di malinconia lo
attanagliava pensando a lui. Non la voleva intorno e sperava di
averle messo paura quel giorno nella sua casa.
Purtroppo l'ostinata ragazza continuava
a stargli alle calcagna, sferrando attacchi privi di forza e di
volontà. Avrebbe voluto tagliarla in due o rispedirla a
Tenerife, ma
il Gran Sacerdote credeva che fosse necessaria al Tempio, per una
qualsiasi missione, per inviarla al posto di un Cavaliere D'Oro.
Un Cavaliere di Bronzo che non si
metteva nemmeno la maschera sarebbe stato una pedina preziosa, come
ogni Cavaliere del suo basso rango, poiché erano preziosi
per
missioni suicide.
Chiuse gli occhi per qualche secondo e
ascoltò i rumori lontani del campo di addestramento. Fu un
rumore
flebile, quasi impercettibile a fargli drizzare le orecchie. Un
passo, poi un altro. Piedi che si poggiavano lievemente al suolo e
membra che nemmeno strusciavano sulle vesti. Un'andatura sicura e
leggera come quella di un felino.
“Ti ho sentito, Dana.”, disse a
bassa voce, sicuro che lei non stesse ascoltando. Ghignò al
pensiero
che la ragazza stava per colpirlo. Molte volte aveva pensato di
lasciarglielo fare, così si sarebbe arresa e lo avrebbe
lasciato
alla sua solitudine. Poi, però, era tornato in sé.
Quando la ragazza sferrò il suo colpo,
Shura si mosse veloce e sicuro bloccandola. Il suo petto schiacciato
contro la schiena della ragazza e la mano, pronta ad attaccare, a
battere con la pelle del collo. Un rivolo di sangue tinse di rosso le
dita di Shura.
“Sei impazzito?”, domandò Dana
sussurrando. Il suo petto si alzava e si abbassava velocemente, segno
della fatica. Shura invece, se ne stava tranquillo, come se niente
fosse.
“Perché non mi dai pace? Perché un
uomo non si può godere al tranquillità a cui
ambisce? Perché un
semplice Cavaliere di Bronzo ha il coraggio di sferrare attacchi
continui senza portare rispetto?”
“Perché tu mi hai proposto questa
sfida.”
Shura si sentì colpito da quella
risposta così schietta. La ragazza non avrebbe mai lasciato
il
combattimento per sua pura volontà. Era sicura e forte di
carattere
al contrario dei suoi attacchi che lo lasciavano indenne. Si
strappò
un pezzo della maglia che indossava e lo passò alla ragazza.
Lei se
lo premette sul collo, tamponando la ferita ricevuta. Seppur non
troppo profonda, sanguinava.
“Vieni.”, disse scortandola nella
casa. Con passo lento e indeciso Dana lo seguì. Stranamente
portava
la maschera e le sue espressioni non erano decifrabili.
Era strano che Shura del Capricorno non
la rimproverasse o non le rompesse un paio di costole per averlo
attaccato nel suo territorio, ma anzi la stava scortando all'interno
della sua dimora, con un'aria gentile.
Che diavolo ha in mente?.. Pensò
lei. Entrarono in un grosso bagno di marmo bianco con una grossa
vasca al centro. L'acqua si muoveva lentamente facendo apparire
giochi di luce sui muri.
“Siediti lì.”
Dana lo guardò alzando un
sopracciglio. Fortunatamente la maschera rossa e bianca non mostrava
le sue smorfie.
“Smettila di guardarmi ed obbedisci
una buona volta.”
“Non mi fido di te.”
“E' reciproco.”, disse lui. “Ma
se non vuoi dissanguarti è necessario che tu ti sieda su
quella
poltrona. La ferita che ti ho fatto non è profonda ma hai
l'abilità
di sanguinare copiosamente per un misero taglietto, forza.”,
ordinò.
Lei si sedette, come aveva chiesto il
ragazzo. Shura si allontanò per qualche secondo, entrando in
una
seconda stanza che Dana aveva ignorato. Entrando non si era
concentrata che sulla grandissima vasca al centro dello stanzone.
Aveva una voglia matta di spogliarsi e di farsi un bagno ma
ricacciò
dentro quel sogno proibito. Aioria aveva un bagno simile ma l'acqua
era sempre fredda e non avrebbe fatto arrabbiare Shura lavandosi
lì.
Si ripromise di farci un salto quando
il Cavaliere si fosse allontanato dalla casa.
Tornò poco dopo con uno sgabello in
legno e un cofanetto in mano.
Si sedette di fronte a lei e le guardò
la mano che teneva fermo il lembo di stoffa.
“Dammelo.”
“No.”
“Dana, dammelo.”, ordinò Shura
storcendo le labbra e scoprendo i denti.
“No, finché non lo chiedi
gentilmente.”, disse lei girandosi dalla parte opposta a lui.
Shura
alzò gli occhi al cielo e sospirò.
“Per favore, mi dai quel lembo di
stoffa sanguinolento?”, disse reprimendo l'istinto di farla a
fette.
Dana staccò piano la sua mano dal
collo e gli passò il panno. Al centro c'era una macchia
scura di
sangue colato che ormai aveva macchiato la pelle del collo. Shura si
piegò verso il cofanetto abbandonando il panno a terra e
prendendo
un pezzo di cotone. Con calma e con delicatezza cominciò a
pulire la
ferita di Dana osservando come il rosso del suo sangue contrastava
con la pelle estremamente chiara. La ragazza teneva gli occhi chiusi
e ogni tanto emetteva qualche mugolio.
“Mi fai male.”
“Non fare la bambina.”
“Non sono una bambina.”
“Allora sopporta il dolore.”, disse
lui. Dana storse le labbra e continuò a fissare il viso di
Shura da
sotto la maschera. Aveva un'aria indaffarata e precisa, inarcava le
sopracciglia e si mordicchiava le labbra. I capelli scuri gli
ricadevano sugli occhi e ogni volta lui li spostava con la mano
libera. Se non fosse stato Shura, Dana avrebbe ammesso che era un bel
ragazzo.
“Un Cavaliere di Bronzo, sono proprio
impazzito.”, sussurrò.
“Prima o poi dovrai ammettere che non
siamo così diversi.”
“E' difficile ammetterlo per il
Cavaliere più vicino ad Athena.”
“Non fare il modesto, Shura. Io so
che sei forte ma voglio rispetto anche se sono una donna.”
“Tu credi che io non ti porti
rispetto perché sei una donna? Rifletti prima di parlare o
la
prossima volta la gola te la taglio.”
Il Cavaliere le girò intorno al collo
una benda pulita e bianca che profumava di nuovo.
“Ho finito.”
“Perché l'hai fatto?”,
domandò
Dana guardandolo negli occhi. Il verde foresta che contornava l'iride
la costringeva a perdercisi.
“Perché non voglio averti sulla
coscienza.”, disse lui continuando a mettere le cose al
proprio
posto. Si alzò e si diresse verso la stanza da cui era
uscito poco
prima. Dana scattò in avanti e lo fermò per un
polso. Il cofanetto
cadde a terra aprendosi mentre l'altra mano poggiava lo sgabello.
“Cosa vuoi?”
“Tu sei buono e io non voglio
concludere questa sfida.”, ammise lei. Shura sorrise. Lui non
era
buono, era giusto, era forte ma non aveva pietà nemmeno per
gli
amici. Tutte le volte che incrociava i suoi occhi verdi, lui rivedeva
le azioni che aveva commesso e che l'aveva portato ad essere un
dannato, anche se giusto.
“Non mi conosci.”, sussurrò
alzando lo sguardo e posandolo sulla vasca. Dana sospirò e
gli
poggiò una mano sulla guancia, dolcemente ma come un leggero
schiaffo. Shura sussultò di quel contatto sgradito ma poi
sentì la
sua pelle fredda a contatto con la sua mano calda e si costrinse a
guardarla. La maschera le copriva interamente il volto, lasciandole
solo il collo scoperto. Era tentato di sollevare quel guscio di
plastica e di lasciarle sentire l'odore di tradimento che c'era
nell'aria. Sicuramente Aioria non l'aveva informata del fattaccio e
lui non riusciva a dirlo, non riusciva ad ammettere cosa aveva fatto
in nome di Athena, non con lei.
“Ho vinto.”, sussurrò lei.
“Hai vinto.”, disse Shura. Chiuse
gli occhi per qualche minuto godendosi il calore che quella strana
ragazza riusciva ad infondergli. Forse c'era speranza per lui, anche
se non la vedeva con chiarezza. Forse avrebbe potuto redimere le sue
colpe proteggendo lei e il Tempio. Forse avrebbe potuto godersi la
sua solitudine standole vicino lo stesso.
Prese coraggio e fece per parlare
quando una voce lo disturbò.
“Dana!”, l'urlo di Aioria proveniva
dall'esterno della casa del Capricorno e la ragazza fu costretta a
scappare veloce, non voltandosi mai.
Auso
se ne stava in camera sua a
rovistare nella grande cesta di mogano di fronte al letto. Era sicura
di averci messo dentro una cosa importantissima ma non riusciva
proprio a trovarla. Il vecchio tomo doveva trovarsi sotto le sue
vesti cerimoniali e invece non c'era.
Non sapeva come dirlo a Carpo, la sua
fredda e calcolatrice sorella. Carpo si infuriava di rado e mai con
le sue due sorelle, quella più irascibile era Tallo. Lei
l'avrebbe
pestata a sangue.
Auso si sentiva in colpa ma riprese a
cercare il tomo con maggior vigore, guardando tra le pieghe dei
vestiti, sotto il letto e persino dentro ai vecchi cassetti ammuffiti
di un guardaroba.
Un rumore destò la sua attenzione.
“Sorella, cerchi forse questo?”,
domandò Tallo appena entrata. I lunghi capelli color del
vino le
ricadevano perfettamente sulle spalle, alcuni le circondavano il viso
lasciando che ciocche selvagge le nascondessero gli occhi viola. In
mano aveva un grosso tomo marrone e pieno di polvere.
“Tallo! Dove l'hai preso?!”,
esclamò Auso irritata.
“L'ho trovato mentre cercavo la mia
veste. E' interessante.”
“Lo so, per questo devo darlo a
Carpo. Andiamo, ridammelo.”
“E lasciare a te gli onori con nostra
sorella? Non ci penso nemmeno!”, disse Tallo sogghignando.
“Tallo, non farmi arrabbiare,
dammelo!”
La voce di Auso divenne forte e sicura,
era l'ordine di una Dea e nessuno poteva infrangerlo.
Tallo, però, rimase ferma con il libro
in mano e se lo passava dalla destra alla sinistra e viceversa. In
quel momento, prima che Auso si scagliasse su di lei, entrò
Carpo e
si sedette sul letto della sorella.
“Tallo, sii buona e dammi il libro di
Auso.”, disse sistemandosi gli occhialini sul naso.
Tallo obbedì alla sorella maggiore e
lei si mise a sfogliare le pagine con aria curiosa.
“Ma bene, Auso, proprio quello che ci
serviva.”, esclamò dopo poco. Le immagini di un
incantesimo si
susseguivano sulle pagine ingiallite dal tempo.
“Dove l'hai trovato?”
“Durante la nostra ultima visita
all'Isola di Pasqua lo trovai per caso vicino alle Teste e lo nascosi
qui. Non pensavo avesse potuto servirci ma ho fatto la cosa
giusta.”
“Meraviglioso. Questo libro è la
chiave per i nostri desideri.”, esclamò Carpo
sogghignando. Tallo
incrociò le braccia al petto e si poggiò contro
lo stipite della
porta.
“Chi sarà la prescelta?”,
domandò.
“Auso, è la più piccola e il suo
corpo si adatta meglio alle trasformazioni del tempo.”
“Perfetto.”
Le tre sorelle risero, guardandosi
negli occhi l'una sapeva di poter vincere sull'altra ma insieme
avrebbero rivoltato l'Olimpo e preso possesso della Terra.
Vedevano il futuro scritto nei loro
volti.
Bene,
insomma, si fa per dire. Intanto, BUONA FINE DEL MONDOOOO yuyuyuyu.
Nonostante non sia successo proprio nulla io continuo a dire a tutti la
stessa frase e un po' mi vengo anche a noia. Ma voi che leggete,
seguite, recensite, non mi annoiate mai! Per prima cosa, ho deciso di
mettere l'avvertimento OOC, dato che mi è stato fatto notare
che i caratteri dei personaggi non sono proprio genuini e veri, per
cui, anche per lasciare libero sfogo alla mia visione delle cose, ho
messo l'avvertimento. Ciò non toglie che voi dobbiate
assolutamente dirmi cosa ne pensate, dei caratteri, della storia, di
tutto! Soprattutto di Dana che essendo una OC è difficile
mantenerla costantemente coerente con se stessa.
In
questo capitolo vediamo come lei inizi ad avvicinarsi con il Cavaliere
del Capricorno, anche se lui non è molto felice lolololol.
In più, abbiamo un bel pezzo sulle tre Ore, lo so che lo
aspettavate e presto saprete molto di più, ma dovete
pazientare. Questa fict durerà moooolto più del
previsto (ho già 7 capitoli pronti e nell'8 si comincia a
capire che cosa sta succedendo, fate voi.)
Ringrazio
moltissimo chi recensisce, mi aprite il cuore anche se non sono sempre
e puramente positive. Mi fa piacere che qualcuno critichi dei punti
vacillanti, in modo da farmi capire che cosa sbaglio. Vorrei che lo
faceste tutti!
Poi
ringrazio Sagitter no Tania per le sue sclerate matte di mezzanotte,
per la sua bava continua (sfottereeeeeeeeeeeee), per le sue battute e
per i suoi meravigliosi consigli. Inoltre la ringrazio anche per la
splendida figura che sta facendo fare alla OC di Clash Of The Gods che
mi rappresenta (Nefera <3). Grazie, Tany <3
Fatemi
sapere che cosa ne pensate. A voi le tastiere e buon 21/12/12, che gli
alieni volino sopra la vostra casa e vi ignorino!
|
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Capitolo 5 *** Inquietudine. ***
Buon Nataleeeeeeeee, ci vediamo
a fine capitolo per le spiegazioni.
Inquietudine
Il
Gran Sacerdote era inquieto. Non
amava sentirsi minacciato, perché solitamente era lui a
dirigere i
giochi, ma durante quei mesi in cui era nato il suo sospetto il cielo
l'aveva condannato.
Si sentiva schiacciare sotto il peso
del Fato e non sapeva cosa fare se non attendere. I Cavalieri
diventavano ogni giorno più irrequieti e lui non riusciva a
pensare
ad altro che al mutamento del tempo.
Percepiva l'inverno arrivare di gran
fretta, troppo presto rispetto agli altri anni e non c'era via
d'uscita a quella condanna. All'Olimpo stava succedendo qualcosa di
spaventoso, lui lo sentiva.
Chiuse gli occhi e si massaggiò le
tempie. Solo nelle sue stanze poteva togliersi la maschera ed
ammirare il suo bel giovane viso. Aprì gli occhi e si
guardò
riflesso nello specchio. I lunghi capelli gli ricadevano sulle spalle
donandogli avvenenza e bellezza, gli occhi grandi ma allo stesso
tempo sottili incutevano terrore. Lui era il Gran Sacerdote e aveva
potere su tutti.
Aveva aspettato all'ombra di Shion per
molto tempo fino a che non era riuscito a rubargli il trono.
Adesso che però sedeva là, impotente
contro l'Olimpo, si sentiva piccolo e offeso.
Il suo potere riusciva a fare tutto e
comandare chiunque, ma non in quel caso.
Si rimise la maschera e si aggiustò il
mantello, dopodiché uscì dalla sala
silenziosamente e si sedette
sul suo scranno.
“Ancella!”, gridò. Una ragazza
minuta e dai lunghi capelli biondi entrò nel salone e si
inginocchiò
di fronte a lui. Non parlò e chiuse gli occhi. La faccia
riversa sul
pavimento non dava segni di emozioni e Saga se ne rallegrò.
“Manda questa lettera all'Isola di
Pasqua, fa che arrivi diretta, senza soste, e assicurati che un uomo
di fiducia la consegni alla Sacerdotessa del Tempio che si trova
là.
E' essenziale che le arrivi prima che giunga l'inverno.”,
ordinò
severo porgendole una lettera imbustata.
La ceralacca sull'angolo centrale della
busta portava il simbolo del Grande Tempio ed il nome della
Sacerdotessa era scritto in piccoli ed eleganti caratteri.
“Qualcos'altro che posso fare per
lei?”, domandò l'ancella inchinandosi di nuovo.
“Voglio che vada anche tu per
assicurarti di persona che giunga a destinazione.”
“Certo, Sommo Sacerdote.”
“Quella lettera è di vitale
importanza per il Grande Tempio. E ora va.”,
ordinò nuovamente
congedando la ragazza. Odiava gli imprevisti e se quella ragazza
avesse fallito, sarebbe stato tutto vano. Non poteva mandare nessuno
dei suoi Cavalieri perché avrebbero destato sospetti,
così aveva
scelto un'umile ancella che non avrebbe rotto le scatole a nessuno.
Sapeva che sarebbe passata inosservata e che avrebbe consegnato la
lettera senza problemi. La Sacerdotessa doveva giungere al Tempio con
l'oggetto dei suoi desideri, o sarebbe stato vano ogni sforzo.
La
guardava tirare calci e pugni
all'aria come un'ossessa. Era una settimana che faceva così
e non se
ne spiegava il motivo. I capelli le fluttuavano intorno al viso
appiccicandosi per il sudore e la rendevano minacciosa. Una volta
finì per spaccare in due una colonna caduta e spezzata dal
tempo. La
ridusse in briciole e nemmeno urlò quando vide il sangue che
le
colava dalla mano.
Aioria odiava vederla così e non
sapere cosa la faceva arrabbiare.
“Dana, ora basta!”, urlò Aioria
alzandosi dai gradini della sua casa. “Vuoi dirmi cosa stai
facendo?”
“Rompo ogni cosa che mi capita per le
mani, se vuoi rompo anche te.”, rispose Dana spenta. Aioria
non
capiva le donne, non capiva nemmeno gli uomini ma almeno loro erano
semplici da inquadrare.
Dana era una specie di essere umano che
non aveva ne capo ne coda, un labirinto senza uscita.
“E perché, di grazia?”
“Perché sono un'ottusa ragazzina
senza contegno. Non rispetto le regole, non sto zitta, faccio di
testa mia. Non sono proprio un bravo Cavaliere!”,
gridò Dana
stringendosi nelle spalle prima di sferrare un altro pugno al cielo.
Aioria non resistette e la fermò per
le braccia.
“Adesso basta. Tu sei mia sorella,
hai nel sangue la dote di essere un buon Cavaliere e non c'è
nessuno
che ti possa far cambiare. Sei tu e basta. Devi solo abituarti alle
regole del Tempio e sono certo che ce la farai. Dimmi,
cos'hai?”
“Te l'ho detto, ora lasciami.”
“No, non ti lascio e non ti lascerò
mai. Forza, vieni qui.”, disse Aioria accogliendola tra le
braccia.
La strinse a sé poggiando la testa sulla sua. Chiuse gli
occhi ed
ascoltò i sospiri di Dana e sentì le sue mani che
gli stringevano
la maglia.
“Qualsiasi cosa sia successa, non ha
più importanza. Vai a farti un bagno, sicuramente ti
passerà.”
Dana
si sedette sul bordo della vasca
da bagno di Aioria ed immerse i piedi nell'acqua calda. Si strinse le
ginocchia al petto e cominciò a pensare al gesto compiuto
nella casa
del Capricorno. Shura aveva lasciato uscire il suo lato buono e lei
l'aveva fatto scappare con le sue manie da crocerossina.
Il gesto di toccargli la guancia era
stato il colmo. Non solo non portava la maschera ma si permetteva
anche di flirtare -senza saperlo- con un Cavaliere che non era il suo
destinato coniuge. Si sentì stupida e cercò di
rimediare pensando
ad un piano. Sarebbe presto andata da Shura a scusarsi e l'avrebbe
fatto con la maschera indosso.
Si sarebbe gentilmente inchinata e
avrebbe ammesso di aver sbagliato.
Pensando a quel geniale piano si
immerse nell'acqua bollente. Reclinò la testa con fare
soddisfatto e
si bagnò i lunghi capelli castani lasciandoli fluttuare sul
pelo
dell'acqua. Si lasciò andare trattenendo il respiro e chiuse
gli
occhi.
Pensò a quanto fosse bella la
compagnia di Aioria, che c'era sempre quando aveva bisogno e con un
solo abbraccio sapeva farla sorridere di nuovo. Si chiese se non
fosse di troppo in quella casa. Era sempre stato abituato alla
solitudine e alla privazione, ma ora che lei era lì si
sentiva meno
solo e lei non sapeva se fosse un bene o no.
Sorrise ricordando a quando erano
piccoli e tutti gli dicevano: “Diventerai un grande
Cavaliere, come
Aiolos.”
Si rialzò non appena sentì un rumore
nei pressi della vasca. Non appena i suoi occhi si riabituarono alla
luce con un gesto repentino si coprì il seno e la pelle nuda
che
erano comunque nascosti dalla schiuma del bagno.
“Che diavolo ci fai qui, maledetto
pervertito!”, urlò Dana tentando di nascondersi.
“Shhh non gridare altrimenti Aioria
mi prende a pugni, anche se vincerei non sono convinto che ti piaccia
l'idea che massacri il tuo caro fratellino.”
Ne ho già massacrato uno...
Pensò Shura rabbuiandosi. Le lanciò la maschera
poggiata sul
piccolo tavolino che c'era nel bagno.
“Mettila, ti ho già visto troppe
volte e non voglio né che mi sposi né che tenti
di uccidermi, anche perché moriresti nel
tentativo.”
“Esci da qui, Shura!”, disse lei
nuovamente alterata. La maschera le si adagiò piano sul viso
e si
attaccò a contatto con l'acqua rimasta lì.
Shura se ne stava seduto su una piccola
poltroncina su cui era poggiato l'asciugamano della ragazza. Le vie
di fuga erano bloccate dallo sguardo del ragazzo. Non le dispiaceva
vederlo in quel momento di intimità personale ma non era
proprio il
caso. Il piano che aveva escogitato era crollato.
“Cos'è esattamente che vuoi da me?”
“Volevo chiederti scusa per il mio
comportamento poco consono dell'altro giorno.”, disse lui
inchinandosi.
“Perché questo ti pare consono?
Esci!”, urlò.
Shura cominciò a camminare su e giù
per il bagno e sempre più spesso girava intorno alla vasca
in cui
Dana tentava di rannicchiarsi sempre di più.
“Vedi, io sono il Cavaliere più
vicino ad Athena e non posso permettere che un semplice Cavaliere di
Bronzo mi manchi di rispetto. Per di più tu sei la sorella
di
Aiolos... quindi...”
“Quindi cosa? Cosa c'entra Aiolos in
questa storia? Tu sei tu, io sono io. C'è stato un momento
in cui ho
pensato che fossi troppo serio, troppo concentrato. Il mio animo di
donna mi ha costretta a fare ciò che ho fatto, ma non
ricapiterà
più, avrai tutto il rispetto che chiedi.”, disse
Dana
rannicchiandosi ancora di più.
“Smettila di fare così, non le
guardo le bambine.”, disse il ragazzo alzando gli occhi al
soffitto.
“Allora aspettami di là, se hai
qualcos'altro da aggiungere.”
“Non ci penso nemmeno. Devo chiarire
ora e subito.”
Shura continuava a camminare su e giù
per il bagno con le braccia conserte. Ogni tanto alzava le mani e si
spostava qualche ciuffo dalla faccia e faceva buffe smorfie.
Dana si rilassò un attimo e si distese
nella vasca chiudendo gli occhi. Una piccola corrente di acqua fredda
la fece sobbalzare.
“Shura, l'acqua si sta freddando e io
vorrei uscire di qui.”
“Se continui a parlare a sproposito
non riuscirò mai a pensare.”, esclamò
il ragazzo mettendosi le
mani nei capelli. Dana pensò che fosse estremamente
avvenente in quel
gesto così impaziente. Shura manteneva la calma sempre,
anche quando
lei lo stressava, ma quando impazziva faceva quel gesto così
naturale ed era lei a crollare.
“Tu... Tu, stupida donna...”, si
fermò per guardarla negli occhi e si inginocchiò
sul bordo della
grossa vasca. La guardò negli occhi e sospirò.
“Pensi davvero le cose che hai detto?
Pensi davvero che io sia giusto e buono? Oooh tu non lo sai cosa ho
fatto, non lo puoi sapere, se lo sapessi non diresti ciò.
Sei una
stupida. Dimmi, lo pensi davvero?”, domandò
sussurrando. Dana
aveva le guance arrossate e stava cominciando a gelare nell'acqua
fredda del suo bagno. Doveva rilassarsi e invece era impettita e
tremante. Annuì poco convinta.
Shura sospirò amareggiato e le posò
una mano sul capo bagnato. Si avvicinò piano continuando a
fissarla
intensamente. La maschera gli impediva di capire che espressione
avesse. Era strano da parte sua prendersi così tante
premure. Sapeva
cosa stava succedendo e non voleva che accadesse.
Piano, spostò la mano verso la
maschera che la copriva, pronto a sfilargliela come segno di fiducia.
Dana sogghignò quando si scostò velocemente e il
ragazzo finì
dentro la vasca d'acqua ghiacciata. Una serie di schizzi e spruzzi
bagnò il pavimento del bagno mentre Dana correva
all'asciugamano.
“Così impari a non bussare prima di
entrare, Caprone.”, esclamò uscendo dal bagno
muovendo le anche
con fare provocante.
“Maledetta donna. Io le odio le
donne! Maledetto Aiolos.”, disse Shura sputando acqua e
sapone e
sussurrando l'ultimo accidente al Cavaliere deceduto.
Capitolo
un po' corto, lo ammetto, ma sono tutti estremamente necessari. Dall'8
diventerà interessante anche la trama visto che
comincerà a svilupparsi.
Vediamo
il Gran Sacerdote Saga alle prese con i suoi pensieri, spero di averlo
reso abbastanza maligno anche se in questa mia "storia" non
sarà il cattivo che appare nelle 12 Case, per una volta in
vita sua sarà giusto che si comporti nel suo modo. Vediamo
che manda una lettera, non si sa a chi, non si sa per cosa. eheh, sono
cattiva, ammettetelo. Pure a Natale io non vi svelo nulla e spero di
invogliarvi a leggere con questi miei escamotage.
Nella
seconda parte vediamo ancora Dana e il fratello, la ragazza
visibilmente turbata dall'ultimo incontro con Shura e Aioria che tenta
di capire il perché di tutto ciò, povero Leo le
donne sono troppo complicate perché un animale le
capisca.
E
poi, terza parte, Shura che capisce cosa sta succedendo al suo animo
deviato, cosa ha combinato Dana con la sua innocenza e dolcezza, con la
sua turbolenza. Ora, lo so che è inverosimile che Shura del
Capricorno si sciolga (e per questo c'è l'OOC <3 ),
però dai, passatemelo, è troppo affascinante un
ragazzone tenebroso che capisce i suoi sentimenti e comincia a
ragionarci su!
Concludo
con i miei soliti ringraziamenti: Grazie a Sagitter no Tania che mi
assilla per postare (ma se postavo domani, CHE TE CAMBIAVA A TE?!) e
che commenta assiduamente, sei una patata dolce <3 , e grazie a
tutti quelli che seguono in silenzio, io vedo che ci siete e tenete
alto il mio morale che in questo periodo è già
alle stelle, e grazie tantissime a KillerKing che mi ha dato consigli
utilissimi sugli IC e sulla storia, spero che continuerai ad essere
presente, i tuoi commenti sono importanti.
E
infine ringrazio tutti quelli che leggono e Buon Natale a tutti quanti.
|
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Capitolo 6 *** La Sacerdotessa ritrovata. ***
La
Sacerdotessa ritrovata.
Se
ne stava seduta nei pressi del
Tempio ad ascoltare il vento che le parlava con i suoi deboli
sussurri. I capelli castani scuri ondeggiavano alle sue spalle e
qualche ciuffo le si poggiava sulle gote. La solitudine del Tempio la
rendeva triste, lei che era vissuta ad Atene con tante persone
attorno, con la sua famiglia di cui non sapeva più niente,
con altri
Cavalieri come lei.
Sentì dei passi sconosciuti che si
avvicinavano velocemente, frettolosi, quasi a voler scappare da
qualcuno. Una ragazza dai capelli biondi che spuntavano da sotto un
grigio cappuccio le si avvicinò guardandosi intorno.
Aprì il mantello e le porse una
piccola busta bianca con il simbolo del Grande Tempio di Atene
impresso nella ceralacca.
“E' del tuo signore?”, domandò la
donna guardando la lettera. La ragazza si limitò ad annuire
e sparì
qualche secondo dopo con la velocità con cui era arrivata.
Urania si sedette su una colonna
troncata a metà e aprì la busta. Le dita
toccarono la carta ruvida
all'interno e le fecero ricordare l'ultima volta che aveva ricevuto
qualcosa. Era un piccolo regalo da parte di suo padre: un medaglione
dorato che da sempre nascondeva gelosamente agli sguardi degli altri.
Dentro di esso una foto di quando era bambina per ricordarle
l'innocenza dei tempi andati.
Aprì la lettera piegata a metà e
lesse il contenuto a voce bassa.
“Il pugnale di Astorione”
Urania sospirò e pensò alla leggenda
di Astorione*. Un giovane devoto ad Athena viveva nel suo tempio in
piena armonia con gli altri sacerdoti. Un giorno una bellissima donna
lo fece innamorare e perse il senno per lei. Cominciò a
corteggiarla
regalandole fiori, gioielli, serenate, lasciò persino il
tempio per
dedicarsi interamente a lei ma la donna aveva altri progetti. Si
sposò l'anno dopo il suo arrivo al tempio con un giovane che
la
trattava male e non la voleva che per un solo scopo. Astorione,
deluso e in preda alla follia d'amore, prese il pugnale d'oro che
usava per i sacrifici alla Dea Athena e si trafisse il cuore
incitando un'ultima preghiera affinché la donna vivesse in
pace e
serenità. Il suo suicidio, però, non fu vano.
Quando la donna capì
che il giovane era innamorato di lei lasciò il marito e si
risposò
con un uomo che amava veramente. Visse contenta e felice fin quando
non trovò una lettera in una stanza del tempio. Le ultime
parole di
Astorione erano state la sua preghiera per lei e il sacrificio del
giovane le aveva concesso una vita di dolcezza.
La donna entrò nel Tempio e prese in
mano il vecchio pugnale adagiato sotto la statua della Dea Athena, in
una piccola teca di cristallo. Lo avvolse in un panno color vinaccia
e lo ficcò in fondo ad una grossa borsa dello stesso colore.
Si preparò al viaggio e allontanandosi
dalla sua casa la guardò con un sorriso.
“A mai più rivederci.”
Il
suono del suo ansimare rimbombò
nella casa dello Scorpione. Aveva corso tutte le scale per arrivare
lì e attraversato tutte le case senza farsi notare, non
aveva tempo
da perdere con gli altri, ma solo con lui. Lo ricordava ancora come
un ragazzino di 7 anni, dai capelli scuri che gli coprivano il viso e
gli occhi azzurri e che indossava fiero la sua armatura d'oro appena
ricevuta.
Era il più giovane dei Cavalieri
D'Oro. Si ricordava con ben presto avevano dovuto separarsi e come lo
aveva visto serio mentre lei veniva spedita lontano.
Sapeva che Milo aveva avuto una buona
crescita, accompagnata dalla serietà e dalla forza di Camus
dell'Acquario, ma lei avrebbe voluto stargli accanto.
“Chi è là? Mostrati Cavaliere di
Athena.”
La sua voce la fece tremare di gioia.
Le scosse le viscere con il suo suono melodioso. Era più
calda e
forte di quanto la ricordasse e non appena lo vide spuntare
dall'interno della sua casa lo vide più alto, più
muscoloso e molto
più avvenente di quando era bambino.
Gli occhi la ingannarono ricordandole
il bambino fiero e con le ginocchia sempre distrutte. Quasi le venne
da piangere a vederlo così.
“Milo...”, sussurrò guardandolo.
La maschera d'argento le copriva il volto e ringraziò Athena
per
quel dono così inaspettato. Le sue lacrime di gioia non
venivano
viste da nessuno.
“Chi sei?”, domandò il Cavaliere,
avvicinandosi ulteriormente. La ragazza era indecisa se levarsi la
maschera o no. Per il Tempio, se una donna si levava la maschera
doveva amare o uccidere il Cavaliere o l'uomo che la vedeva, ma
lei... Lei era un caso a parte. I sentimenti che la legavano a Milo
erano forti e incontrollabili per lei.
“Sono io, sono...”, disse lei
levandosi la maschera. Milo chiuse istantaneamente gli occhi seppur
avendo già visto quelli del Cavaliere di fronte a lui. La
ragazza si
bloccò e rimise la maschera al suo posto.
“Solo tu puoi essere così pazza,
Urania.”, esclamò Milo riaprendo gli occhi. Urania
si sentì
stringere nuovamente il cuore al suono del suo nome. Milo l'aveva
riconosciuta.
“Se ora ti abbraccio, mi uccidi con
la tua Cuspide Scarlatta?”, domandò lei. Milo rise
debolmente e
scosse la testa. Era felice di rivederla. I capelli le avvolgevano le
spalle come una candida coperta color castagna e si rese conto che
non era più la bambina che ricordava. Aveva braccia
muscolose e il
fisico asciutto. Le erano cresciuti i seni e adesso era una donna
più
che matura. Avvampò all'idea di averla lì, tutta
per sé come era
stato quando erano più piccoli.
Ricordava gli occhi chiari della
ragazza che lo guardavano mentre veniva portato alla sua nuova casa
su per le scale del Tempio e il suo pianto quando se n'era andata.
Adesso che si trovava di fronte a lui, voleva stringerla come non
aveva fatto quel giorno. Dirle che non era tutto perduto e che
avrebbero potuto tornare ad essere amici.
Urania si tuffò tra le braccia del
compagno stringendosi a lui con forza. Le mancava sentire il suo
profumo, toccare la sua pelle e guardarlo. Gli anni di solitudine al
Tempio dell'Isola di Pasqua erano finiti.
“Non ho molto tempo per stare qui, il
Gran Sacerdote vuole vedermi, ma ti prometto che non appena
avrò
finito la mia udienza verrò da te e recupereremo tutti quei
momenti
che ci sono stati negati. E poi, mi devi raccontare cos'è
successo
da quando me ne sono andata.”
“E' molto tempo.”, disse Milo
guardando la maschera che nascondeva il volto della cara amica.
“Ne ho da vendere.”, sussurrò lei
staccandosi dall'abbraccio. “Devo correre.”
Lei sciolse la sua mano da quella del
Cavaliere e cominciò a correre verso il Grande Tempio.
Milo rimase a fissare il punto in cui
era scomparsa per qualche minuto, con il cuore che gli martellava nel
petto, pregandolo di farlo uscire.
Si diresse verso le sue stanze e si
bloccò di fronte ad un piccolo scrigno poggiato davanti ad
uno
specchio dai bordi scarlatti. Lo aprì piano, assaporando il
momento.
Non apriva quel piccolo oggetto dal giorno in cui Urania se n'era
andata.
All'interno, sopra un cuscinetto rosso
e morbido, stava un fiore bianco.
Chiuse gli occhi e toccò i piccoli
petali raggrinziti.
“Andiamo, Milo. Non essere triste.
Tornerò presto e sarò un Cavaliere più
forte di te.”, aveva
detto Urania nel suo ricordo.
“Non ci provare. Nessuno sarà mai
più forte di Milo lo Scorpione!”, aveva ululato il
bambinetto. Con
fare soddisfatto aveva gonfiato il petto in direzione dell'amica per
poi piegarsi in due e ricominciare a mugolare.
“Basta, ti prego. Altrimenti piango
anche io!”
Urania era passionale, era sentimentale
fin da quando era bambina e il ricordo di quelle piccole e calde
lacrime che le sfioravano le guance lo riportò indietro.
Urania si
era seduta a terra e si era guardata intorno tentando di evitare il
suo sguardo.
“Tieni.”, aveva detto pochi secondi
dopo porgendogli un giglio bianco.
“Questo fiore conservalo fin quando
non tornerò. Finché i suoi petali saranno morbidi
io starò bene,
sarò sana e salva, e presto sarò di nuovo qui,
pronta a batterti in
un duello alla pari.”
Le mani del piccolo Milo dei suoi
ricordi avevano stretto il bocciolo e lo avevano nascosto in una
tasca dei pantaloni. Milo aveva dato un lungo abbraccio alla bambina,
gli occhi chiari arrossati dal pianto, l'odore di lacrime e di
dolore.
“Tornerò, lo prometto. Solo per
te.”, aveva detto lei con voce spavalda, poi era salita sulla
corriera e si era appiccicata al vetro, salutandolo. Milo era corso a
casa velocemente e aveva nascosto il bocciolo dentro lo scrigno
guardandolo ogni giorno, aspettando il ritorno di Urania.
Crescendo non si era dimenticato di
lei, anzi, la pensava intensamente e pregava Athena di farla tornare
il più velocemente possibile, e magari con tutti gli arti al
proprio
posto, ma l'Urania che si era trovato davanti era tutto tranne che
quella bambina. Era una donna forte e matura nell'aspetto e sperava
che non fosse cambiata nemmeno nel carattere.
Si chiese perché ci avesse messo tanto
e perché non indossasse la sua armatura ma erano cose futili
riguardo alla domanda che più lo angosciava. Urania sapeva
dei
sentimenti che provava per lei? Urania sapeva delle notti in cui si
era perso a sognarla?
Per Milo era meglio non indagare.
*
La leggenda di Astorione è una MIA invenzione.
Salve
a tutti, buone feste e felice capodanno a voi! Non vedevo l'ora di
mostrarvi questo nuovo personaggio femminile ispirato alla Sacerdotessa
di Clash Of The God di Sagitter no Tania. Vi consiglio di passarci se
volete farvi due risate e poi leggere una bella storia seria con sempre
un sottofondo umoristico. Il link è in fondo.
Partiamo dalle spiegazioni. Nella prima parte credo sia tutto chiaro,
visto che è un po' la presentazione del personaggio e la sua
missione. Sì, cari, lei è la Sacerdotessa che
Saga ha mandato a chiamare, in seguito capiremo meglio a cose gli
è servita; effettivamente non gli frega nulla di Urania
della Gru.
La sua armatura. Allora, so che qualcuno romperà, forse,
perché appartiene a Yuzuriha MA, ho letto, mi sono informata
e NO, dopo la morte di Yuzuriha nessuno ha avuto l'armatura. E
perché non Urania? Ecco la spiegazione u.u
Tornata al Tempio va dall'unica persona che più le ricorda
la sua vita quando viveva lì, il caro Milo dello Scorpione
u.u (Tani, briccona, guarda qua). C'è poco da dire, ho
voluto far finta che appena arrivato al Tempio e guadagnata l'armatura
lui avesse conosciuto Urania e fossero diventati subito amici stretti
fino al momento in cui lei dovette partire per l'Isola di
Pasqua.
Ringrazio sempre tutti quanti che leggono e basta, che hanno messo tra
le seguite/recensite/ricordate etc etc, poi Sagitter no Tania,
KillerKing e Moncheri che hanno sempre commentato e spero che lo
facciano ancora. (si vede che i ringraziamenti stanno diventando
monotoni?!)
Basta, ho finito di lagnare. A voi le tastiere!
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Capitolo 7 *** Neve. ***
Neve.
Ci
vediamo alla fine!
Il
tempo passò al Grande Tempio, il
cielo cambiava continuamente turbando Aioria più di quanto
avesse
voluto. Il Gran Sacerdote aveva avuto ragione. L'inverno era arrivato
con le sue piogge torrenziali e, al contrario degli altri anni, aveva
deciso di portare la neve anche ad Atene. Aioria capì subito
che
stava succedendo qualcosa di strano dai primi fiocchi di neve candida
che vide. Atene non era famosa per la neve, non l'aveva vista che una
o due volte al massimo e sempre in occasioni catastrofiche.
Se ne stava seduto sugli scalini della
casa insieme a Dana quando la ragazza ne vide uno scendere dal cielo.
Dana toccò quella poltiglia d'acqua ghiacciata e lo
guardò con
occhi spalancati.
“La neve non cade ad Atene.”,
sussurrò con un brivido nella voce.
“Il Gran Sacerdote aveva ragione.”,
imprecò Aioria correndo in direzione del Grande Tempio.
Disse a Dana
di restare in casa e di non uscire mai di lì fino al suo
ritorno.
Qualcosa di tremendo stava per accadere.
Dana corse in camera sua agguantando il
mantello e la maschera buttati sul letto. Se li mise e si
tirò il
cappuccio sui capelli fino a nascondere persino il viso. Corse con
quanta più forza poté fino alla decima casa. I
suoi rapporti con
Shura non erano cambiati molto ma spesso la riceveva per una partita
a scacchi o semplicemente per intrattenersi con qualche chiacchiera.
Dana, dal canto suo, voleva sempre ribadire la sua schiacciante
vittoria su di lui.
Alla decima casa non aspettò che il
Cavaliere uscisse per darle il bentornato ma entrò di corsa
mollando
il mantello sulla prima sedia che vide. Si guardò intorno
senza
trovare il ragazzo.
“Dove diavolo sei finito, proprio
adesso che devo parlarti seriamente. Stupida capra!”,
esclamò lei
battendo i piedi in terra. Aprì tutte le porte che vide
lungo le
pareti gettando dentro le stanze un'occhiata fugace.
Fu quando vide un grosso letto che si
fermò nonostante l'agitazione. Ai quattro angoli si alzavano
piccole
colonnine tutte unite da un panno di seta rosso. Si arrotolavano
sulle punte creando un baldacchino da sogno. Dana sorrise pensando a
quanto fosse strano che un Cavaliere così burbero dormisse
in un
letto così bello e simbolo di tranquillità.
Entrò a passo lento dando un'occhiata
fugace alle porte del corridoio sperando che Shura non arrivasse in
quel momento, cogliendola in fallo.
Si avvicinò piano al baldacchino e
quello che vide quasi la fece gridare. Il Cavaliere se ne stava
rannicchiato sotto le grosse coperte con la testa poggiata di lato.
Se ne stava a pancia in su, come un uomo virile e forte ma che non
ama le attenzioni ed è riservato. A Tenerife una donna le
aveva
spiegato che ad ogni posizione per dormire corrisponde un carattere e
sicuramente la posizione del soldato era quella giusta per Shura.
Le palpebre si adagiavano morbide sui
suoi occhi chiari e i capelli erano sparsi sopra il cuscino bianco.
Aveva un'aria così calma e delicata che a Dana venne voglia
di
carezzarlo. Si trattenne ma si inginocchiò al lato del letto
e si
levò la maschera.
Ascoltò il suo respiro pacato e
silenzioso, anche se ogni tanto dava qualche sbuffo, come un leggero
russare ma controllato. Piegò le braccia sulla coperta e ci
distese
sopra il viso. Da quell'angolazione vide la calma che si nascondeva
dentro un Cavaliere così angosciato, così
scontroso. Il controllo e
la forza che si celavano agli occhi di tutti ma che poi venivano
fuori mentre dormiva.
Sorrise guardando la linea delle
sopracciglia che lo rendevano serio quando era sveglio e dolce adesso
che dormiva. La mascella non era contratta come era abituata a vedere
ma distesa e rilassata. Shura era bello e lei non riusciva a non
sorridere mentre lo guardava dormire.
Si chiese se avesse dovuto svegliarlo
per annunciargli la catastrofe ma preferì lasciarlo dormire
beato.
Si alzò lentamente e si mise la maschera prima di uscire
dalla
stanza.
Si sistemò il mantello sopra i capelli
e si preparò alla corsa verso la casa di Aioria quando una
voce
assonnata ed impastata la fermò.
“Ti ho sentita uscire dalla mia
stanza. La prossima volta potresti anche bussare.”, disse
Shura
grattandosi la testa. Aveva indossato una lunga vestaglia bianca che
probabilmente copriva il pigiama o l'intimo con cui dormiva.
Dana sorrise ironicamente mentre
guardava il ragazzo che poco prima sembrava un angelo trasformarsi
nel diavolo che la prendeva in giro.
“Credo che con questo siamo pari.”
“Touché”, esclamò Shura
allacciandosi in vita la vestaglia. “Ma che brava, abbiamo
imparato
a metterci la maschera, che bella cosa.”
“Shura, io ti uccido.”, esclamò
lei saltandogli al collo. Shura la bloccò contro la colonna
sorridendo.
“Ancora con questa storia? Non ti sei
stufata di comportarti come cane e gatto? Tranquillizzati e andiamo
di là, ho bisogno di mangiare qualcosa per
svegliarmi.”
Shura si staccò da lei e si diresse
verso l'enorme cucina all'interno della seconda porta d'avorio. Era
simile a quella di Aioria se non per le tende scure che evitavano
alla luce di penetrare con tutta la sua forza.
“Non c'è tempo di mangiare!”,
esclamò Dana ricordandosi l'imminente catastrofe.
“C'è sempre tempo per mangiare!”,
ribatté lui stizzito. Dana lo afferrò per un
polso e lo portò ad
una delle finestre oscurate con le tende scure. Ne aprì una
con poca
grazia ferendo gli occhi del Cavaliere.
“Per l'amor di Athena, Dana! Sono un
Cavaliere ma la luce appena sveglio fa male anche a me!”,
disse lui
coprendosi gli occhi. Se li massaggiò e scosse la testa per
riprendere vigore.
“Sta nevicando, Shura!”, urlò Dana
da sotto la maschera. Avrebbe voluto gettarla via per far vedere il
terrore che stava provando.
“E con questo, sai quanta neve... Un
momento, ad Atene non cade la neve!”, esclamò
Shura guardando la
maschera di Dana. La ragazza incrociò le braccia al petto
come a
dire “te l'avevo detto” e il ragazzo non
poté far altro che
levarsi la vestaglia e correre a mettersi qualcosa che lo coprisse
dal freddo.
Dana vide la schiena nuda di Shura che
si muoveva su e giù per le stanze in cerca degli abiti
adatti.
Apriva armadi e cassetti e poi li richiudeva con forza.
“E quello sarebbe il Cavaliere più
forte e pacato del Grande Tempio?”, domandò la
ragazza a voce
alta. Shura si posizionò di fronte a lei e la
guardò trucemente.
“C'è momento e momento per stare
calmi, questo non è un momento di quelli. Per Zeus, sta
succedendo
qualcosa ai Cancelli dell'Olimpo, ad Atene non nevica! Dobbiamo
informare il Gran Sacerdote.”, esclamò Shura
tornando alla sua
occupazione.
“Sta già andando Aioria.”, disse
Dana sedendosi su una sedia e agguantando una focaccina fredda.
Shura si bloccò nel mezzo del
corridoio e guardò la ragazza. Se ne stava appollaiata sulla
sedia a
mangiare mentre gli porgeva la vestaglia. In quel momento
provò la
seria voglia di ucciderla. Prese la vestaglia in malo modo e si
diresse verso la sua stanza. Dana osservò la schiena
muscolosa del
ragazzo che scendeva verso il basso disegnando due glutei sodi e
gambe forti e agili.
“Per me puoi restare anche così,
eh!”, urlò al ragazzo mentre sbatteva la porta.
Dana rimase sola e decise che avrebbe
potuto cucinare qualcosa per colazione a Shura. Entrò nella
cucina e
aprì vari sportelli prima di trovare una buona padella per
fare due
uova o qualsiasi altra cosa potesse fare con i pochi ingredienti che
il ragazzo aveva nella dispensa.
Lei, però, non sapeva cucinare. A
Tenerife si arrangiava con il poco cibo che aveva a disposizione e
ogni tanto faceva la zuppa, ma a colazione non mangiava mai niente di
sostanzioso.
Al Tempio ci pensava Aioria, per cui
non sapeva fare niente.
“Sono un Cavaliere, posso fare
tutto.”, disse Dana per incoraggiarsi. Lasciò la
maschera sul
tavolo e cominciò a cuocere un uovo.
Shura intanto si stava mettendo addosso
qualcosa di caldo, la neve ad Atene era un presagio di cattivo
auspicio oltre che previsione di grande freddo invernale. Sicuramente
i Cancelli dell'Olimpo dovevano essere presidiati dalle Dee delle
Stagioni e se avevano deciso di anticipare l'inverno, un motivo
c'era. Shura camminò su e giù per la stanza
pensando a cosa stesse
accadendo.
Sentì un odore strano, qualcosa che
bruciava e si rese ben presto conto che proveniva dalla sua cucina.
Scattò come un gatto verso la porta d'avorio e vide Dana
alle prese
con qualcosa.
“Che stai facendo?! Mi metti al rogo
la casa, pazza!”, urlò Shura spingendola a sedere
al tavolo.
Tentò di salvare quell'uovo che la
ragazza stava cucinando ma fu totalmente impossibile. Era negata in
cucina. Una donna che era negata nelle materie culinarie non era una
buona donna.
Prese altre due uova e le saltò bene
bene in padella prima di metterle in due scodelle. Ne porse una alla
ragazza e si sedette di fronte a lei.
Alzò lo sguardo dal piatto e vide due
grossi occhi verdi che lo osservavano con ai lati una striscia di
lacrime. Non aveva notato la maschera poggiata sul tavolo altrimenti
si sarebbe infuriato ma in quel momento non se la sentiva di
rimproverarla.
Si alzò e andò verso di lei
inginocchiandosi.
“Che stai facendo?”, domandò con
sguardo serio. Dana tentò di trattenere le lacrime che le
scendevano
per le guance.
“Io... Io... Sto piangendo! Ma non
voglio farlo! I Cavalieri non piangono!”, esclamò
Dana coprendosi
il viso. Shura per la prima volta sentì il desiderio di
abbracciarla
ma fu lei a prendere l'iniziativa. Si aggrappò con forza
alla maglia
del ragazzo e cominciò a singhiozzare.
Shura non era mai stato abbracciato
così, non era mai stato abbracciato e basta, e trovandosi in
quella
situazione non seppe proprio cosa fare. Dapprima pensò di
scansarsi,
di lasciare che un Cavaliere capisse per cosa è giusto
piangere e
per cosa no, ma poi diventò umano, quel briciolo di
umanità che
aveva nascosta in sé lo costrinse ad alzarsi e a stringere
Dana per
le spalle.
Fu un abbraccio impacciato ma gli
piacque terribilmente. Le spalle esili della ragazza stavano a
meraviglia nella tana creata dal suo petto e sentire l'odore dei suoi
capelli, concederle un rifugio sicuro lo fece rilassare un momento.
Le accarezzo la testa con movimenti
meccanici; lo aveva visto fare a qualche amico quando erano
adolescenti o anche Aioria quando stava con Marin, ma non si credeva
capace di farlo.
“Più lentamente.”, sussurrò
Dana.
Shura avvampò e si irrigidì fin quando la ragazza
non si scostò e
afferrò la maschera, poggiandola nuovamente sul suo viso.
Shura
rifletté per qualche secondo, poi la fermò e le
prese un lembo
della maschera alzandolo lentamente.
“Puoi... - cominciò titubante –
Puoi smettere di indossarla quando sei qui, se vuoi.”
Dana non era pronta a quello che era
uscito dalle labbra del Cavaliere così rimase imbambolata e
con la
bocca spalancata. Sorrise quando capì che Shura si era
finalmente
aperto a lei, era riuscita a far emergere l'uomo che stava in lui e
non quella macchina da guerra scontrosa che aveva conosciuto due mesi
prima.
L'affetto che piano piano era nato in
lei adesso la costringeva a guardarlo e ad implorare Athena che la
proteggesse da azioni sconsiderate.
Shura mandò al diavolo tutti i valori
in cui credeva. Non c'era più rispetto, non c'erano
più la distanza e
la gerarchia, c'era solo un uomo e una donna, due persone normali.
C'era anche lui, in mezzo a quei due, lo Shura pazzo che aveva ucciso
Aiolos e che non aveva la forza per confessarlo a sua sorella, ma se
ne stava sopito e schiacciato dalle emozioni.
Stavolta fu lui ad abbracciarla, a
stringerla a sé con violenza, quasi a volerla soffocare. Gli
piaceva
sentirla lì vicino, sentire che potevano scontrarsi da un
momento
all'altro ma che ci sarebbe sempre stata a ribadirgli che lui era un
Cavaliere giusto, un Cavaliere con delle speranze.
Benebenebene.
Questo è il capitolo più OOC che ho nel mio
repertorio, ma con questo nuovo anno alle porte ho pensato che fosse
meglio rallegrarvi con qualche cavolata alla Dana's Show.
C'è
poco da rammentare qui alla fine, a parte che si inizia a capire cosa
sta succedendo e Shura lo spiega. Spiega in piiiiiccoli termini quale
catastrofe è avvenuta. I Cancelli dell'Olimpo sono
ovviamente di mia invenzione e sono dei grandi cancelli d'oro
presidiati dalle Dee delle Stagioni, le Ore, e che non fanno
nè entrare nè uscire niente e nessuno,
così come gli agenti atmosferici.
Da
questo piccolo particolare, dalla neve ad Atene, Shura capisce che sono
aperti. Voi direte, perché è così
problematico?
E
io vi dico che se i Cancelli non sono presidiati e sono aperti, le
stagioni non sono controllate e possono durare a loro piacimento,
inoltre si scombinano molti fattori climatici che non sono proprio
all'ordine del giorno.
La
neve ad Atene non è così rara, se devo
confessarmi, però non capita sempre, perciò ho
scelto questo agente atmosferico per mettere un po' di pepe.
A
voi le tastiere e speriamo che salgano i numerini delle recensioni.
Ringrazio
i soliti, soprattutto KillerKing e Sagitter no Tania. <3
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