A dance for three di CowgirlSara (/viewuser.php?uid=535)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - Il mondo è fatto a scale... ***
Capitolo 2: *** Galli, galline, cani, tappi e mosconi ***
Capitolo 3: *** La fortuna è cieca, ma la sfiga ha un'ottima mira ***
Capitolo 4: *** La danza delle coppie ***
Capitolo 5: *** Salva l'ultimo ballo per me ***
Capitolo 1 *** 1 - Il mondo è fatto a scale... ***
RIVALE - 1
Vi
avevo promesso che sarei tornata, eheheh! Confesso che avevo iniziato
questa storia già quando ero al termine dell’altra, ma
tempo fa ho fatto giuramento di non postare nessuna ff prima essere
moooolto prossima alla sua fine, ma ho già iniziato
l’ultimo capitolo ed ho le idee piuttosto chiare, quindi vi posso
concedere il primo! Anche questa non sarà una storia molto
lunga, ultimamente ho osservato che mi vengono meglio le ff brevi.
Voglio,
nell’occasione anche ringraziare le persone che hanno commentato
“Rear Window”. Sono felice che vi sia piaciuta. Io ho amato
le vostre recensioni, così precise e simpatiche. Vi aspetto
anche adesso! RoyAi Forever!!!!
I personaggi di Full Metal Alchemist appartengono ai loro legittimi autori. Questa storia è scritta senza scopo di lucro.
Nessun Roy Mustang ha subito conseguenze permanenti dai maltrattamenti patiti in questo racconto.
Buon divertimento e arrivederci alle note finali!
A Dance for
Three
(Un rivale per
il colonnello)
1 – Il mondo è fatto a scale, c’è chi scende e c’è chi sale.
La
macchina si fermò nel suo posto riservato alle otto e trenta
precise, come ogni mattina. Ma quando alla guida c’era Riza
Hawkeye non si poteva pensare il contrario. Il colonnello Roy Mustang
scese composto, fresco di barba appena fatta e soddisfatto di
sé. Si aggiustò il cappotto, rivestendosi di
quell’algida sensualità che da sempre faceva sospirare il
personale femminile del comando e venire travasi di bile ai colleghi
maschi. Con un gesto del capo scostò la zazzera corvina dalla
fronte, poi si stampò in faccia il suo sorrisetto malandrino e
tentatore e si avviò lungo il piazzale, verso l’entrata,
seguito come un’ombra dall’immancabile tenente.
Ma quella mattina, al quartier generale di Central City, c’era una novità.
Il
colonnello Mustang entrò nell’edificio col suo usuale
passo deciso, ma, percorrendo i corridoi, non trovò le solite
impiegate che, casualmente, stavano fuori degli uffici proprio
all’ora in cui passava lui, o le soldatesse dagli sguardi
ammiccanti che, sempre casualmente, incrociavano il suo cammino.
L’unica che incontrò fu il sergente Pernice… ehm,
in realtà si chiamava Pernilla o qualcosa del genere, ma il suo
adunco naso a becco l’aveva trasformata, nella fertile fantasia
di Roy, in un esemplare della nota razza aviaria. E la donna non era
proprio il suo tipo, anzi, delle sue attenzioni avrebbe fatto
egoisticamente a meno.
Deluso
dalla mancanza della sua dose quotidiana di ammirazione, il colonnello
entrò leggermente depresso nel suo ufficio; appese mestamente il
cappotto e attese che Riza, efficiente come al solito, gli posasse la
giornaliera tazza di caffè sulla scrivania. Il peggio,
però, doveva ancora venire.
Nel corso
della mattina altri segnali preoccupanti minarono la fiducia del
colonnello nel proprio fascino. Quando si recò
nell’ufficio di un suo superiore, la segretaria di
quest’ultimo, una svampita bionda che moriva dietro a Roy da
almeno due stagioni, si stava spenzolando fuori della finestra e lui
dovette schiarirsi la voce per ben due volte, prima che si accorgesse
del suo arrivo. Anche dopo, ad ogni modo, non fu mielosa e lasciva come
era solita essere con lui. Ma passi, si disse il colonnello, in fondo
non era che quella gli piacesse poi tanto. Trovò, però,
anche le ragazze del centralino affacciate alle finestre che davano
sulla piazza d’armi. Stavolta non avevano mollato i telefoni per
stare a guardare lui sospirando. Ma ciò che più lo
insospettì e preoccupò, fu il comportamento di Kenzia.
Lei era una tipa dell’ufficio cartografia con cui era uscito
qualche settimana prima e che poi aveva cominciato a tormentarlo senza
tregua per un secondo appuntamento. Lui amava essere desiderato, non si
concedeva mai la prima sera. Ma a questa Kenzia non voleva proprio dare
una seconda possibilità. Era noiosa come parlare col muro.
Quando, però, lei lo ignorò bellamente, incrociandolo nel
corridoio, Roy sentì le sue certezze vacillare. Non pensò
che, forse, si era solo annoiata di corrergli dietro, perché
aveva una strana sensazione, una specie di presagio di sventura…
Ben
presto, però, Roy scoprì, se non altro, la causa dei suoi
mali. Verso le undici si recò in bagno e mentre era in uno dei
gabinetti, entrarono altre due persone.
“Ma che succede oggi?” Fece uno dei due soldati all’altro. “Sembrano tutte impazzite!”
“È colpa di uno nuovo.” Rispose quello. E qui Mustang aguzzò le orecchie.
“Chi?”
“Il
Maggiore in visita Anthony Paul.” Spiegò il più
informato. “È arrivato ieri pomeriggio e già oggi
hanno tutte perso la testa per lui!” I due risero forte.
“Che branco di galline!”
“E pensa a quel fesso del Colonnello Mustang!”
Roy, che
si stava allacciando i pantaloni, si raddrizzò a quelle parole,
pronto ad uscire fuori lanciando, letteralmente, lingue di fuoco.
“Già!”
Rincarò l’altro soldato. “Poveraccio,
c’è voluto proprio poco per destituirlo dal suo ruolo di
reginetto della base!”
“Ahahah, vorrei proprio vedere la sua faccia!” E ridendo se ne uscirono dal bagno.
Solo
allora Roy uscì dal gabinetto sbattendo la porta. Era andato
davvero vicino a farli neri. Bruciati ovviamente. Si avvicinò ai
lavandini, proprio dove poco prima parlavano male di lui, e si
lavò le mani; poi si guardò allo specchio. Era vero, la
sua faccia non aveva un’aria molto soddisfatta.
Il colpo di grazia, ad ogni modo, dolorosissimo e inaspettato, arrivò all’ora di pranzo, in sala mensa.
Il tenente
Hawkeye entrò in mensa con la solita aria diligente. Era sola,
perché il colonnello si era fermato in bagno. Forse aveva
mangiato qualcosa che gli aveva fatto male, perché era
già la terza volta quella mattina. Archiviò quel pensiero
e si diresse verso i vassoi, ripromettendosi di far mangiare in bianco
il suo superiore. Quando ebbe preso posate e bicchiere, si accorse di
qualcuno che stava per urtarla. Fece per spostarsi, ma fu colpita
ugualmente. Non riportò danni, però le caddero le due
cartelline che aveva in mano.
Lei si piegò subito per raccoglierle, ma fu anticipata da qualcun altro. Colui che l’aveva urtata.
“Mi scusi, spero che non si sia fatta male.” Le disse l’uomo.
“No, grazie.” Rispose Riza, senza alzare gli occhi. Quando ebbero raccolto tutto si alzarono.
Il tenente
guardò il suo interlocutore. Era un uomo alto, anche più
alto di Havoc, portava i gradi da maggiore. Aveva i capelli castano
chiaro, corti e ricci, pettinanti indietro col gel. I tratti del suo
viso erano delicati, nonostante la lievissima barbetta incolta. Aveva
occhi piccoli, ma di un bellissimo colore verde. Il sorriso era
compiaciuto ma dolce. Era innegabilmente affascinante. Lei si mise
sulla difensiva per istinto, stringendosi le cartelline al petto.
“Maggiore Anthony Paul.” Si presentò invece lui, porgendole la mano.
“Tenente Riza Hawkeye.” Replicò lei, stringendogliela.
“Mi
permetta, Tenente, di offrirle il pranzo, per scusarmi delle mia
sbadataggine.” Affermò allora lui. Riza lo guardò
poco convinta.
“Non credo che…” Fece per ribattere, ma Paul l’anticipò.
“Via!”
Esclamò mellifluo. “Non vorrà farmi sentire in
colpa per tutto il giorno?” Lo disse in un modo talmente galante
e sincero che anche le consolidate difese di Riza tentennarono, ma non
ancora abbastanza.
“Ecco…”
“A quale tavolo mangia di solito?” L’interruppe però l’uomo, come se avesse accettato.
“Al
tavolo del Colonnello Mustang.” Rispose immediata lei, col tono
di chi diceva una cosa ovvia e incontrovertibile.
“E c’è posto anche per me?” S’insinuò il maggiore.
“Io…
ecco, di solito…” Tentò lei, lanciando occhiate al
tavolo e sperando che fosse già occupato dalla truppa del suo
ufficio, ma non era così. Sempre in ritardo, quei disgraziati!
“C’è posto…” Si arrese infine.
“Oh, bene!” Si congratulò l’uomo. E lei, chissà perché, l’accettò.
Presero da
mangiare e lui si fece addebitare tutto, poi andarono al tavolo. Il
maggiore Paul era un ottimo conversatore e una volta intuito
l’interesse di Riza per le armi da fuoco, spostò
sapientemente l’argomento, coinvolgendola in una piacevole
digressione sul miglior calibro per i proiettili. Le poche altre donne
presenti in sala, nel frattempo, preparavano maledizioni e bambolotti
da infilzare con spilloni con fattezze somiglianti in modo preoccupante
a quelle della Hawkeye. Come se non fosse bastato l’odio eterno
guadagnatosi per essere l’eletta che accompagnava, giorno e
notte, i passi del divino Mustang.
Ma a proposito del nostro amato colonnello!
Roy
Mustang arrivò in mensa seguito da Havoc, Falman e il resto
della compagnia. Come se avesse avuto il radar, la prima cosa che fece
il colonnello fu guardare verso il tavolo. La rassicurante visione di
Riza, che aveva immediatamente intercettato il suo sguardo, fu subito
turbata da quella di un tizio seduto a capotavola che fissava il suo
tenente con trasporto.
Il
colonnello fece il giro col turbo inserito, mettendo sul vassoio alcune
cose a caso, poi si diresse a grandi passi al suo tavolo, dove
quell’individuo aveva usurpato il suo posto e monopolizzato
l’attenzione del, ribadiamo, suo tenente.
“Salve.” Salutò, quasi minaccioso, sbattendo il vassoio sul tavolo. Hawkeye spalancò gli occhi.
“Signore…”
Fece alzandosi; si sentiva stranamente in imbarazzo, colpevole.
“Le presento il Maggiore Anthony Paul.” Ahhh, era lui.
Il
maggiore si alzò, pronto a stringere la mano al colonnello e
quest’ultimo si ritrovò a dover sollevare gli occhi per
guardarlo, poiché era superato in altezza di diversi centimetri.
Improvvisamente si rese conto di cosa doveva provare Edward… ma
si rivestì della sua dignità.
“Colonnello Roy Mustang.” Disse presentandosi e stringendo la mano al collega.
“Piacere.” Rispose l’altro.
La stretta
andò via via potenziandosi. Roy non aveva certo intenzione di
cedere per primo, non davanti al suo rivale, doveva fargli capire di
stare al suo posto. L’altro, che aveva sentito parlare della fama
di Mustang, non voleva far pensare di essere il più debole,
specie adesso che aveva capito su che campo si sarebbe giocata la
partita…
Continuarono
a stritolarsi vicendevolmente la mano fissandosi negl’occhi,
sotto lo sguardo un po’ divertito dei colleghi e quello sconvolto
di Riza. Erano due bambini, pensava la donna e, come si fa con i
mocciosi, bisognava imporsi con la forza.
“Basta
con i convenevoli, adesso.” Intervenne il tenente.
“Dovremmo finire il pasto, sta per terminare la pausa.”
Aggiunse, sedendosi e ricominciando a mangiare.
Con un
ultimo sguardo in cagnesco, i due si lasciarono le mani e si misero a
sedere, continuando però a scambiarsi occhiate malevole. Riza
scosse il capo.
Roy
Mustang si ritrovò a mangiare un pessimo polpettone con spinaci,
perché non aveva guardato cosa prendeva, e la mano gli faceva
tanto male da non reggere la forchetta, ma sorrise, pensando che il
caro Paul non dovesse stare meglio.
“Tenente,
pensavo…” Anthony parlò dopo qualche minuto di
silenzio, allungando una mano nel chiaro intento di sfiorare quella di
Riza (almeno nella mente di Roy).
“No!” Lo bloccò subito il colonnello, gli altri due spalancarono gli occhi.
“Non devo pensare?” Chiese provocatorio il maggiore.
“Non intendevo quello…” Replicò supponente Mustang.
“Signore, ma si sente bene?” Intervenne la donna. “È un po’ strano stamattina…”
“Sto benissimo!” Rispose piccato lui.
“A me non sembra…” Commentò Paul.
“A me sì.”
“Ma non direi…”
“Ah, no?”
“Non ha finito di dirmi cosa pensava, Maggiore.” Li bloccò Riza, già stanca di quel clima.
“Ma
certo, arrivo!” Esclamò subito lui, mollando il colonnello
alla sua bile e tornando a dedicarsi al bel tenente. “Mi chiedevo
se lei potrebbe prendere in considerazione l’idea di venire a
cena con me, una di queste sere.” Le propose garbato.
Roy fece
un risatina retorica. “Ma non se ne parla proprio!”
Buttò lì, senza pensare a ciò che diceva.
Riza,
infatti, alzò su di lui uno sguardo offeso. Per chi
l’aveva presa? Da quando si permetteva di decidere per lei? Era
forse una sua proprietà?! Da quello sguardo lui capì di
essersi tirato sui piedi non solo una zappa, ma proprio un
trattore…
“Signore,
se non le dispiace le mie decisioni le prendo da sola.”
Affermò quindi la donna, dura; poi si girò verso Anthony.
“Sarei felice di accettare, Maggiore.” E il sorrisino che
lui fece, valeva più di mille parole.
Il mondo
di Roy Mustang, nel frattempo, andava miseramente in pezzi. La sua
unica, vera certezza era crollata ed era anche colpa sua. Oh,
Riza… Riza! Ma come aveva potuto accettare il subdolo invito di
quel… quel… coso viscido e intrigante! Ma non lo vedeva
che razza di sfuggente, untuoso, miserabile egocentrico era?! Non si
accorgeva che quel tipo aveva una sola cosa in testa? Non voleva
nemmeno pensare a cosa era… Oddio! Sarebbero usciti insieme!!!!
Lei si sarebbe vestita da donna, truccata. Lui l’avrebbe aiutata
a mettersi il cappotto, l’avrebbe sfiorata, toccata e…
Omioddio… no, no, NOOOOO!
L’ultimo
boccone dell’orrendo polpettone gli si fermò in gola,
provocandogli una crisi di tosse. Chiedendo scusa e prima che Hawkeye
si alzasse per soccorrerlo, si allontanò dalla tavola. Gli era,
ormai, impossibile restare ancora lì.
L’umore
del colonnello Mustang non si rialzò e per il resto della
giornata rimase stabilmente sotto le suole delle sue scarpe. Fece il
suo lavoro senza lamentarsi e questo era un brutto segno. Il sintomo
peggiore, però, fu che non rivolse più la parola al
tenente Hawkeye, nemmeno una volta, per sbaglio. Non che di solito si
parlassero molto, spesso gli bastava uno sguardo per capirsi, ma
stavolta non ci furono nemmeno quelli. Si evitavano proprio.
La sera,
quando, come sempre, se ne andarono insieme, lui la precedette fuori
dall’ufficio. Cosa stranissima, perché, galantuomo
com’era, le teneva usualmente la porta aperta per farla passare
prima. Lei lo seguì. Era ancora un po’ arrabbiata con lui,
per come si era permesso d’intervenire nelle sue decisioni. Era
una donna indipendente, che sapeva badare a se stessa, quindi in grado
di decidere come e con chi passare il suo tempo libero. E lui non si
doveva permettere. Cavolo, era come se lei fosse intervenuta in uno
qualsiasi dei suoi appuntamenti. E dire che, qualche volta, ne avrebbe
pure avuto voglia. Roy Mustang non era nella posizione di poter
criticare.
Salirono
in macchina, ognuno coi suoi crucci, sbattendo le portiere in sincrono.
Riza prese il volante e mise in moto. Roy si accomodò sul
sedile, guardando fuori dal finestrino.
Faceva
freddo, era quasi inverno e le strade erano già sgombre di
persone, nonostante l’ora non tarda. Il tenente Hawkeye guidava
un po’ nervosa, non riusciva a sbollire.
La sosta
ad un semaforo le servì per prendere un lungo respiro, poi si
girò appena verso il sedile del passeggero. Il colonnello
sembrava si fosse addormentato, col capo reclinato contro il
finestrino. Riza guardò il suo bel viso serio, adombrato dai
capelli un po’ scomposti e si arrese al fatto che non riusciva a
portargli rancore. Non era capace di vederlo triste, arrabbiato,
preoccupato. Ogni suo umore si rifletteva anche su di lei. A volte era
difficile gestire questa specie di simbiosi, questa alchimia che
innegabilmente esisteva tra loro. L’alchimia
dell’alchimista… humpf, buffo, eppure così…
magico.
Sciocca,
si disse la donna, ripartendo al verde. Doveva smetterla di pensare a
lui in un modo in qualche senso romantico. Era il suo superiore! E,
ormai, avrebbe dovuto capire che proprio non gli interessava, che la
considerava magari utile, ma nulla di più. Quindi perché
farsi dei problemi ad accettare il galante invito di un uomo
affascinante quanto lui? Beh, ora… proprio quanto lui diciamo di
no, però senz’altro alla sua altezza, ecco.
Il
tenente, sugli ultimi fili del ragionamento, svoltò nella via
che avrebbe condotto sotto casa del colonnello. Con la solita
praticità pensò che fosse il caso di svegliarlo.
Allungò una mano e gli toccò delicatamente un ginocchio.
“Colonnello, siamo quasi arrivati.” Sussurrò quindi, senza lasciare la presa.
La sua
voce carezzevole lo svegliò senza troppi traumi. Si
guardò intorno un po’ spaesato, poi avvertì il
tocco della mano di Riza sul suo ginocchio. Sentiva chiaramente la
stretta gentile delle sue lunghe dita attraverso la stoffa, calde. Lo
percorse un brivido, pensando a quelle stesse dita, nello stesso posto,
ma con la gamba nuda. Eccitato? Sì, un pochino. Ma più
che altro, a turbarlo, era l’intimità di quel gesto, che
sicuramente lei aveva fatto con spontaneità, senza pensarci. La
naturalità di uno scambio tra persone che, bene o male,
dividevano gran parte della vita.
Quando
Riza lasciò la presa, per tornare con la mano sul cambio, Roy si
sentì abbandonato e ricordò che lei doveva uscire con
quel tipo. Si sarebbe lasciata andare a certi gesti anche con qualcun
altro? Alla sola idea il colonnello Mustang rabbrividiva e le sue dita
cominciavano involontariamente a mandare scintille, mentre il suo
sguardo si tramutava in quello di un assassino seriale affetto da gravi
turbe psichiche. Era schifosamente geloso. Se ne rammaricò.
La macchina si fermò sotto la palazzina in cui abitava il colonnello. Qui le loro vite si dividevano, come ogni sera.
Forse a
causa dell’ormai appurata Alchimia dell’Alchimista, i due
si voltarono l’uno verso l’altra all’unisono.
Scambiarono un lungo, muto sguardo. I penetranti occhi scuri di Roy in
quelli grandi e solari di Riza, almeno finché lui non
chinò il capo.
“Deve
dirmi qualcosa, Signore?” Suggerì lei, per facilitargli il
compito, dato che non spiccicava parola da un intero pomeriggio.
Lui
rialzò il viso. “Oggi in mensa, beh, io… immagino
di essere stato un po’ infantile…” Esordì
titubante, con un braccio appoggiato sulla spalliera del sedile. Lei lo
incitò a proseguire con un cenno. “…ed
egoista…” Non le bastava, era chiaro. “…e
dispotico.” Riza annuì convinta. “Volevo scusarmi
con lei.”
La ragazza
ci pensò per qualche secondo, ma lui aveva un’aria
così rammaricata e tenera, che tenergli il broncio sarebbe stato
praticamente impossibile. “Scuse accettate.” Gli concesse
infine.
“Grazie.” Soffiò Roy sollevato. “Immagino che non ci sia niente da aggiungere…”
“Direi di no.” Fece lei.
Invece, di
cose da aggiungere ce ne sarebbero state un milione. Un milione di
parole, di baci, di carezze, di segreti. Ma tutto questo, entrambi, lo
avevano messo via, in una scatola sul ripiano più
irraggiungibile del cuore. In attesa. Del giorno giusto. Del momento
giusto. Forse, della persona giusta. Anche se la persona giusta,
magari, ce l’avevano davanti.
“Buonanotte, Tenente.” Le augurò Mustang, aprendo lo sportello. Era l’ora davvero.
“Buonanotte
a lei, Signore.” Rispose gentile Riza, mentre lui scendeva.
“A domani.” Aggiunse, prima che richiudesse la portiera.
“A domani.” Fece mestamente lui.
Roy rimase
sul marciapiede, mentre la macchina andava via, guardandola sparire in
fondo alla strada. Provava un vago senso di perdita, come un po’
ogni sera, ma quel giorno di più. Poi subentrò la rabbia.
Con le altre donne potevano fare quello che gli pareva, ma decise che
nessuno gli doveva portare via Riza. Tanto più il maggiore
Anthony-Viscido-Paul! Corse in casa, doveva preparare un piano
difensivo o sarebbero stati guai.
Passarono
un paio di giorni senza rilevanti novità. Il colonnello Mustang
teneva abilmente sotto controllo la situazione grazie ad una rete
d’inconsapevoli spie sparse per il comando, ma, per ora, non
c’erano notizie che l’appuntamento fosse stato fissato.
Una
mattina Roy si presentò in ufficio da solo. Havoc e Fuery erano,
stranamente, già al lavoro e lo guardarono perplessi. Era
capitato rarissime volte che il colonnello arrivasse senza tenente.
“Il Tenente Hawkeye?” Gli domandò, infatti, Jean.
“Si
è fermata un momento a prendere dei documenti nell’ufficio
del Comandante Bones.” Spiegò l’uomo, mentre
appendeva distrattamente il cappotto.
“Ahahh…” Commentò Havoc, un po’ malizioso. Roy si girò di scatto.
“Che vuol dire?” L’interrogò sospettoso.
“Ecco…” Il ragazzo, sotto quello sguardo inquisitorio, s’impappinò subito.
“Ehm…”
Intervenne Fuery, aggiustandosi gli occhiali. “…forse lei
non lo sa, ma il Maggiore in visita Paul è stato momentaneamente
assegnato all’ufficio del Comandante Bones…”
Il
colonnello non gli diede neanche il tempo di finire la frase, in un
istante era sulla porta. “Torno subito.” Dichiarò
prima di sparire.
“Ma
Colonnello, tra dieci minuti…” Tentò Havoc.
“…ha un appuntamento con Edward Elric…”
L’ultima parte del discorso la sentì solo Fuery.
Amelia
Rose, la scialba e timida segretaria del comandante Bones, fece
letteralmente un salto, quando la porta dell’ufficio le si
spalancò di fronte e il colonnello Roy Mustang, in tutto il suo
splendore, entrò d’impeto.
“Co… Colonnello Mustang…” Balbettò la ragazza sorpresa.
Lui
riconquistò in un attimo la calma ed il suo savoir faire,
avvicinandosi alla scrivania con lo sguardo più seducente del
proprio repertorio.
“Amelia…” La chiamò dolcemente, mentre quella arrossiva come un pomodoro maturo.
“Colonnello…”
Mormorò lei estasiata. “Posso fare qualunque cosa…
ehm, qualcosa per lei?”
Lui,
soddisfatto dell’effetto che riusciva ancora ad avere sulle
donne, si sporse sulla scrivania, investendola con il profumo fresco
del suo dopobarba e quel suo fascino un po’ selvatico.
“Amelia…”
“Sì?” Fece la ragazza adorante.
“Cercavo
il Tenente Hawkeye.” Affermò subito, tornando pratico e
raddrizzandosi. “Non l’ha mica vista, per caso?”
“Beh,
sì…” Rispose Amelia, ancora un po’
frastornata. “È andata via un attimo fa…”
“Oh,
grazie!” Esclamò Roy, poi guardò la scrivania vuota
alla sua sinistra. “E… il Maggiore Paul?” Chiese
quindi, con aria disinteressata.
“Credo sia sceso in caffetteria.” Disse la ragazza.
“La
ringrazio di cuore, Amelia…” Mormorò sensualmente
il colonnello, lei si sciolse come un ricciolo di burro in padella.
“Sa che stamattina lei è particolarmente
affascinante?” Aggiunse, come da guida del provetto seduttore.
“Anche
lei, Colonnello…” Dichiarò la ragazza, piuttosto
rapita; purtroppo non poté godersi altro, poiché Roy se
ne andò un po’ troppo in fretta, così come era
arrivato.
Mustang si
stava precipitando a rotta di collo giù per le scale che dal
secondo portavano al piano terra, dove c’era la caffetteria.
Sapeva di stare infrangendo tutta una serie di codificate norme
dell’etichetta militare, ma non poteva perdere tempo. Era sicuro
che fossero insieme e forse, a quest’ora, potevano aver
già fissato l’appuntamento!
Girò
l’ennesima rampa, ormai prossimo all’obiettivo, ma dovette
fermarsi, con una mano sulla ringhiera e l’altra sul muro. In
fondo a quella serie di gradini c’era Edward Elric, nella stessa
posizione, che lo fissava minaccioso. Si scambiarono una lunga occhiata
in puro stile film western.
“Togliti di mezzo, Acciaio, non ho tempo da perdere stamattina!” Sbottò subito Roy.
“Veramente, avevamo un appuntamento.” Gli ricordò il ragazzo, continuando a fissarlo negl’occhi.
“Ah,
sì? Allora fai una cosa, vai nel mio ufficio e aspettami, che io
arrivo.” Replicò indispettito il colonnello, riprendendo a
scendere.
“Possiamo andare insieme.” Dichiarò Ed.
“No, io adesso ho da fare.” Ribatté Roy.
“E che cosa?”
“Affari miei.”
“Vengo con lei.”
“Ma
non se ne parla proprio!” Altro che gli automail, quello
d’acciaio aveva proprio il cranio, santo cielo! “E ora
fammi passare.” Gli ordinò quindi.
“Guardi,
che se tra dieci minuti non è in ufficio io me ne vado!”
Lo minacciò l’alchimista, scansandosi.
“Fai un po’ come ti pare, brutto nan…”
“Come ha detto?!” Ringhiò Ed voltandosi, ma Roy era già sparito.
La corsa
fino alla caffetteria non servì a molto, se non a provocarsi un
fiatone assurdo. Non c’erano ne Riza ne Paul. Se nessuno sembrava
aver visto il tenente, alcune signorine gli riferirono che il maggiore
era andato in palestra. E giù, di nuovo corsa, fino alla
palestra che stava dall’altra parte dell’edificio. Anche
lì, però, fece un buco nell’acqua. Gli dissero che
Paul era tornato in ufficio. La sola idea dei due piani di scale lo
sconfortava, ma che fare sennò? Salì.
Arrivato a
destinazione, ormai trascinandosi pietosamente, girò
l’ultimo angolo, prima dell’ufficio del maggiore e si
trovò davanti Riza, come un’apparizione divina. Un attimo,
però… che ci faceva lì? Veniva forse
dall’ufficio di Paul? Era con lui?! Ma la voce della donna lo
bloccò prima che il suo cervello uscisse di strada.
“Colonnello,
ma dove era finito? La sto cercando da un sacco di tempo.” Lo
rimproverò la donna. Lui si appoggiò con un braccio al
muro e prese fiato, prima di rispondere.
“Mi… mi sto allenando per la maratona di Central City…” Soffiò, con intento ironico.
Il tenente
lo guardò perplessa, alzando un sopracciglio.
“Cos’è, s’è dato al podismo da quando
le donne non le danno più le soddisfazioni di una volta?”
Soggiunse sarcastica; Roy ridacchiò senza entusiasmo.
“Edward Elric la sta aspettando.” Gli ricordò poi,
prima di precederlo alle scale.
“Qualcuno
ha mai pensato ad installare un ascensore, in questo posto?”
Commentò sconsolato l’uomo, mentre la seguiva.
Roy, nei
giorni successivi, per quanto fece, non riuscì a scoprire nulla
sui movimenti di Riza e del maggiore. Dovette arrendersi. Era sicuro
che il tenente Hawkeye non avesse intuito il suo interesse. Era, forse,
anche perché lei, d’interessi in quella faccenda non ne
aveva proprio, ma questo il colonnello non poteva sospettarlo…
CONTINUA
NOTA:
di questo capitolo vi suggerisco di ricordare due cose. Amelia Rose, un
personaggio che ho adorato creare e che, secondo me, rispecchia un
po’ noi fangirl del colonnello; tornerà, ehhh, se
tornerà… ^__^ E la maratona di Central City, non spoilero
nulla, ma voi tenetela a mente… ^__- Aspetto i vostri commenti,
un bacio!
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Capitolo 2 *** Galli, galline, cani, tappi e mosconi ***
dance for three - 2
Eccoci
col secondo capitolo di questa piccola commedia romantica. Sono felice
che l'apprezziate, ma per i ringraziamenti ci vediamo alla fine.
Adesso vi lascio alla lettura e, mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacio!
Sara
2 – Galli, galline, cani, tappi e mosconi
Era una mattina
autunnale umida e un po’ nebbiosa, che invitava alla malinconia.
Erano inviti che Roy Mustang rifiutava con difficoltà.
L’uomo uscì dal portone tirandosi su il bavero del
cappotto. La macchina era già ferma lì davanti. Fece un
breve sorriso, dirigendosi allo sportello.
Riza gli
sorrise, appena lui fu salito. Da come Roy le rispose, lei capì
che quel giorno era in vena di nostalgie. Le piaceva, in un certo
senso, quando aveva quell’aria un po’ triste e dolce, le
faceva venire voglia di abbracciarlo e stringerlo, fino a cancellare
ogni brutto pensiero. Lei, però, era un militare e lui, il suo
superiore, quindi si limitò a salutarlo, mentre l’uomo
carezzava un festoso Hayate, che quel giorno li seguiva in ufficio.
Il viaggio in
auto fu bello, anche se sembrava strano dirlo di qualcosa di
così breve e abituale. L’abitacolo era caldo, invaso dal
profumo dolce di Riza e c’era un’atmosfera rilassata.
Hayate si accucciò contro il fianco di Roy, trasmettendogli quel
piacevole tepore tipico dei cuccioli. Il colonnello ed il tenente, ogni
tanto, si scambiavano occhiate complici e tranquille. Tutto, per una
volta, sembrava tornato come un tempo.
Almeno finché non arrivarono al comando.
Lì,
attorniato da un nugolo di galline starnazzanti, c’era il nuovo
re del pollaio: il maggiore Anthony Paul. Come se non bastasse
c’era pure un discreto numero di donne affacciate alle finestre
dell’edificio. Tirava pubblico, il nostro viscidello!
Il colonnello
Mustang, dall’alto di un’inspiegabile sicurezza, data
probabilmente dall’aver risentito Riza vicina come al solito,
decise di essere superiore. Tanto quello non avrebbe mai avuto il suo
stile, neanche se fosse rinato cento volte.
Gli
passò a fianco con un sorrisetto sicuro, ma si perse, invece, il
sorriso che anche Riza, camminando dietro di lui, indirizzò al
maggiore.
“Buongiorno, Tenente Hawkeye.” Salutò Anthony, con tono seducente.
Il colonnello
si voltò bruscamente, come se gli avessero puntò le
chiappe con un qualche apparecchio elettrico, quindi guardò
torvo il rivale. Ma non era l’unico che sembrava non apprezzare
il maggiore Paul… Hayate, infatti, ringhiava cupo
all’indirizzo del militare.
“Salve,
Maggiore.” Salutava nel frattempo il tenente. “Buono,
Hayate.” Aggiunse rivolta al cane, che fissava minaccioso le
parti basse di Paul.
Un sorrisino
malignamente trionfante apparve sulle labbra sottili di Mustang. Un
alleato piccino è sempre meglio di niente, disse tra se. Specie
se è un alleato importante…
Hawkeye e Paul
stavano parlando di chissà cosa, nemmeno gl’importava,
così il colonnello approfittò della distrazione per
incitare silenziosamente Hayate ad attaccare. Usando i segni che gli
aveva insegnato per fregare i panini a Breda, lo scatenò contro
il maggiore. Con un piccolo balzello il cane gli fu addosso e, dopo
aver acchiappato coi denti il lembo dei suoi pantaloni, cominciò
a tirare furiosamente, ringhiando.
“Ah!” Esclamò la vittima, scuotendo la gamba.
“Oh,
oddio!” Lo seguì la donna. “Fermo Hayate,
giù!” Ma non c’era verso di staccarlo.
Ridacchiando
soddisfatto, il colonnello si diresse all’entrata, mentre
lasciava tutto il cortile in preda a quel putiferio. Mai mettersi
contro Roy Mustang. O i suoi amici a quattro zampe!
Quella giornata iniziata nel migliore dei modi, però, si concluse nel peggiore.
Verso le cinque
del pomeriggio, quando aveva ormai quasi finito di firmare la montagna
di rapporti sulla sua scrivania, il colonnello Mustang alzò gli
occhi sul suo tenente, ferma davanti a lui. Non aveva bisogno di
chiederle se doveva dire qualcosa, gli bastò incitarla con un
gesto.
“Signore, devo chiederle un’ora di permesso, domani.” Dichiarò Riza.
“Per quale motivo, se è lecito?” Replicò lui.
“Niente di particolare, motivi personali.” Rispose la donna.
“Non deve fare visite mediche o cose del genere, vero?” Domandò sinceramente preoccupato Roy.
“No, sto
bene.” Affermò tranquilla lei. “È solo
che… ecco, domani ho un appuntamento e quindi ho bisogno di un
po’ di tempo, cose da donne, sa…”
Ecco, in quel
momento, se Roy fosse stato un nano di gesso, sarebbe andato in pezzi
come uno di quei simpatici cosi colpito da un martello. Come era potuto
succedere sotto i suoi occhi?!
“Un… un appuntamento?” Balbettò, cercando di mantenere un certo autocontrollo.
“Sì,
certo.” Annuì distaccata Riza. “Lo sapeva che dovevo
andare a cena con il Maggiore Paul.”
“Sì.”
Rispose Roy, mentre catalogava i vari modi di bruciare qualcuno: alla
griglia, flambé, sopra un girarrosto… e chissà
perché tutti gli ingredienti avevano la faccia di Anthony…
“Allora?” Fece il tenente con espressione interrogativa. “Me lo concede il permesso?”
“Ma
certo!” Acconsentì il colonnello, fingendo abilmente una
calma ormai scomparsa. Non per nulla era conosciuto come un glaciale
stratega. “Vada pure, si diverta e… stia attenta.”
Aggiunse.
“Devo stare attenta? Ma a che cosa, Signore?” Ribatté perplessa la ragazza.
“Ai mosconi.” Rispose serafico lui.
“Ai mosconi, Signore?” Fece Riza, sempre più stupita.
“Eh, già, nei ristoranti a volte…”
“Le
garantisco, Colonnello, che se vedessi qualcosa del genere in un
ristorante, chiamerei subito l’ufficio d’igiene.”
Proclamò severa la donna.
“Ne sono sicuro, Tenente…” Commentò sconsolato lui.
“Bene.”
Annuì compita Riza. “Quando ha finito coi rapporti mi
chiami, sarò pronta in un attimo.” Gli suggerì poi,
prima di lasciarlo finire il suo lavoro.
Ma il
colonnello, appena solo, si sgonfiò come un palloncino bucato,
crollando sulle cartelline ancora aperte sotto di lui, sul piano della
scrivania. Come, come era potuto succedere?!?!
Gli era
sfuggito qualcosa. Eh, sì, non c’era verso. Aveva commesso
qualche errore e non se ne era reso conto. Sì, beh, in
realtà di qualcosa si era anche accorto, o meglio, aveva
deliberatamente compiuto azioni che avevano portato alla situazione
attuale. Tipo fare finta di non provare nulla per Riza. Reprimere
qualsiasi tipo di slancio verso di lei. Certo, principalmente, si era
comportato così per via delle regole militari. Altrimenti poteva
compromettere la carriera di entrambi. Ma forse, alla fine, lo aveva
fatto talmente bene che lei pensava di non interessargli. Era
terribile. Ma anche giusto, purtroppo. Quindi non doveva lamentarsi se
poi lei accettava la corte di un altro.
Sì,
vabbene, era dura in qualsiasi modo, chiunque fosse stato. Ma proprio
lui? Il viscido, l’untuoso, insopportabile maggiore Anthony Paul?!
Ora, dopo
averli visti insieme, a ridere, a prendere gli ultimi accordi per la
serata, non gli restava che sbattere lentamente la testa contro il muro
del bagno, fortunatamente vuoto.
Non
sentì il cigolio della porta principale che si apriva. Non vide
il ragazzino biondo entrare e appoggiarsi alla porta di uno dei
gabinetti e guardarlo con aria strafottente e divertita.
“Grattacapi, Colonnello?” Fece sarcastico il nuovo arrivato.
Quando
riconobbe la voce, Roy si sentì morire e scrollò il capo
depresso, poi, roteando gli occhi, reclinò il capo sulla spalla
per guardarlo.
“Salve, Acciaio.” Salutò mollemente.
“Mi sbaglio, o stava sbattendo la testa contro il muro?” Continuò gongolante il giovane alchimista.
“Arriva un momento in cui un uomo deve fare anche questo.” Rispose dignitosamente il colonnello.
“Specie quando vede un certo Tenente tubare con qualcuno più alto di lui…” Soggiunse velenoso Edward, con un sorrisetto malefico.
“Ah,
Acciaio, quando imparerai che le dimensioni non contano!”
Commentò, apparentemente impassibile l’uomo, incrociando
le braccia. “Sono le prestazioni che fanno la differenza.”
“Allora quel tipo deve essere molto performante per piacere al Tenente Hawkeye…” Alluse Ed, perfidamente compiaciuto.
“Che fai, infierisci?” Replicò Roy compito, senza perdere la calma.
“È divertente!” Sbottò il ragazzo con un sorriso. “Quel tipo non le piace proprio, eh?”
“Humpf!”
Sbuffò il colonnello. “Non pensare chissà
cosa.” Riprese poi, girandosi verso i lavandini. “A
prescindere dall’affetto
che io provo per il Tenente Hawkeye e dal timore che lei sia coinvolta
in una relazione con qualcuno che potrebbe, potenzialmente, spezzarle
il cuore…” Spiegò lavandosi le mani con calma.
“…io penso che il Maggiore Anthony Paul sia…”
E si girò verso l’interlocutore, rimettendosi i guanti.
“…un viscido, untuoso, miserabile, egocentrico, vanesio
approfittatore.” Concluse secco.
“A parte
il viscido e l’untuoso, somiglia molto a lei.” Roy lo
guardò malissimo. “Beh, forse anche il miserabile si
può togliere…” Precisò quindi Ed. “Ad
ogni modo non penso che il Tenente Hawkeye sia così ingenua da
farsi imbambolare dal primo scimunito che passa…”
Affermò poi sicuro, incrociando le braccia.
“Questo non lo credo neanche io.” Rifletté Mustang.
“…se
fosse una sciocca non sarebbe riuscita a tenere a bada lei, vecchio
marpioncello, per tutto questo tempo…” Continuò il
ragazzo con aria saggia, senza accorgersi che nel corso della frase gli
occhi del colonnello si erano pericolosamente assottigliati.
Al trovò il fratello qualche minuto dopo, mentre cercava di liberarsi dal cestino dei rifiuti che qualcuno gli aveva incastrato sulla testa.
Roy
restò un fascio di nervi per tutta la giornata, ma nessuno se ne
accorse, poiché lui mantenne stoicamente la sua facciata
distaccata. Con Riza fu gentile come al solito e non le diede motivi
per sospettare una qualsiasi cosa.
Quando,
però, il tenente Hawkeye, dopo aver assolto con precisione e
velocità a tutti i suoi compiti, si congedò dal suo
superiore consegnandogli le chiavi della macchina, il colonnello mise
in moto il proprio piano d’azione.
Liquidò
con uno sguardo omicida il tentativo, da parte di Havoc, di ricordargli
il metro e mezzo di rapporti da firmare impilati sulla sua scrivania e
si diresse dall’unica persona che poteva aiutarlo.
“Buonasera, Amelia.” Salutò entrando, stavolta garbatamente, nell’ufficio del Comandante Bones.
“Oh,
salve, Colonnello.” Rispose la ragazza, arrossendo subito.
“Se… se cercava il Comandante, devo dirle che purtroppo se
n’è già andato…”
“Ma io
non cercavo lui…” Fece subito Roy, sfoderando le sue
maniere galanti. “Io cercavo lei, Amelia.” Precisò
avvicinandosi alla scrivania, quindi si sedette davanti a lei.
“Ah, se… se è così…” Balbettò paonazza la segretaria.
“Ehh,
purtroppo sono costretto ad approfittarmi di nuovo della sua squisita
gentilezza, Amelia.” Affermò, con tono rammaricato, quel
navigato seduttore che era il colonnello.
“Ma non
si preoccupi, Signore!” Esclamò subito lei. “Sono
pronta ad aiutarla in qualsiasi modo!” Aggiunse con un sorriso
disponibile.
Roy se ne
rendeva conto, era orribile il modo in cui si approfittava del proprio
ascendente su quella povera ragazza. Ma in amore e in guerra tutto
è lecito, quindi cosa c’era di più giusto delle sue
motivazioni? Amelia era anche carina, tutto sommato. Sì, magari,
un po’ scialba e troppo timida, però passabile. Il
colonnello si disse che, per ripagare quell’indegno sfruttamento,
le avrebbe presentato Havoc. Secondo lui, quei due, erano perfetti
insieme… L’importante, adesso, era che nessuno mettesse le
grinfie addosso a Riza, tutto il resto passava in secondo piano.
“Lei è davvero troppo, troppo gentile, Amelia.” Le disse con un sorriso sinceramente dolce.
“Si figuri, Colonnello…” Ribatté lei, abbassando gli occhi pudica.
“Il fatto
è…” Riprese l’uomo, andando direttamente al
punto. “…che dovrei consegnare dei documenti urgentissimi
al Maggiore Paul, però so che stasera ha un appuntamento, quindi
è andato via prima…”
“Eh, sì.” Confermò la ragazza annuendo.
“Mi
chiedevo se, per caso, lei non sapesse dove è andato,
perché purtroppo non posso proprio aspettare domani.”
Continuò il colonnello, spiando le reazioni della segretaria.
Amelia sospirò, mettendosi le mani in grembo.
“Mi
dispiace tantissimo, Signore.” Rispose poi rammaricata. “Il
Maggiore è stato piuttosto abbottonato sull’uscita di
stasera, non ha lasciato detto dove andava…”
L’espressione di Roy, a quelle parole, si pietrificò.
“…per la fretta ha anche dimenticato
l’agenda…” Per illuminarsi di nuovo alle successive,
mentre i suoi occhi seguivano la mano della ragazza indicare
l’altra scrivania.
Come se lo
sguardo di Roy fosse stato un riflettore, un fascio rotondo di luce
evidenziò l’agenda di pelle blu abbandonata sul tavolo di
Anthony. L’uomo si alzò di scatto.
“Aspetti
un momento, Colonnello Mustang!” Intervenne la ragazza, vedendolo
andare verso la scrivania. “Non credo che lei possa leggere
l’agenda del Maggiore, è un oggetto personale.” Gli
disse seguendolo.
“Non si
preoccupi assolutamente, Amelia.” Dichiarò lui con un
gesto teatrale. “Io e il Maggiore Paul siamo molto amici, quindi
non è un problema!” Proclamò mentendo
spudoratamente con l’impeccabile stile che gli era proprio.
“Se lo dice lei…” Commentò perplessa la segretaria.
Mustang, nel
frattempo, stava già sfogliando l’agenda. Trovato il
giorno giusto, gli bastò un’occhiata per capire di aver
raggiunto il suo obiettivo. L’appunto, vergato in una calligrafia
nervosa, recitava «prenotazione ore 8 da Breton». Hm, però, non bada a spese, il nostro moscone… pensò Roy con disappunto.
“Lei mi
è stata infinitamente d’aiuto, Amelia.”
Affermò infine, soddisfatto, dopo aver richiuso l’agenda.
“Prego, Signore.” Annuì compita lei. “Però…”
“Saprò come ricambiare il tempo che ha perduto.” L’interruppe l’uomo, dirigendosi alla porta.
“Sì, grazie, ma vede, Colonnello…” Tentò la ragazza, allungando una mano verso di lui.
“No, no,
non si disturbi oltre, Amelia!” Soggiunse lui, bloccandola.
“Arrivederci!” Salutò poi, sparendo nel corridoio.
“Colonnello…”
Gli soffiò dietro la segretaria, ma lui era già andato,
quindi non le restò che sbuffare, cadendo sulla sedia.
Roy Mustang
conosceva quel ristorante. Era un posto costoso e raffinato e, di
solito, lui lo sceglieva quando usciva con signore particolarmente
esigenti. O quando era deciso a concludere. Poiché solo un degno
finale in camera da letto, valeva una cena da Breton. E questa era la
terribile conferma delle intenzioni di Anthony Paul.
A tutto
ciò pensava il colonnello, abbarbicato su una rugginosa scala
antincendio, in una scomoda e disagevole posizione, armato di binocolo
a infrarossi (debitamente sottratto a Fuery). La visuale
dell’entrata, se non altro, era perfetta.
La macchina del
maggiore, riconoscibile dalla pesante rigatura su uno sportello che
qualcuno ci aveva lasciato la settimana prima, arrivò puntuale.
L’uomo scese; indossava un elegante completo scuro ed un ampio
cappotto di cammello. Aggirò l’auto e aprì lo
sportello alla sua accompagnatrice. Roy aguzzò la vista.
Fai che non abbia la gonna, fai che non abbia la gonna…
pregò mentalmente il colonnello, mentre lei scendeva.
Sospirò di sollievo, quando vide che Riza aveva dei pantaloni
chiari e una giacca marrone col collo di pelliccia. Una volta entrati
nel locale, li perse di vista, ma non si arrese.
Restò
per circa due ore appollaiato, vittima di zaffate vento gelido che gli
ghiacciavano il sudore sulla schiena e dell’inclemenza dei
piccioni, i quali rischiavano seriamente, ogni volta, di finire
arrostiti per la gioia dei gatti randagi.
I due
lasciarono il ristorante che erano quasi le undici. Roy era pronto a
balzare giù e buttarsi all’inseguimento di Riza e Anthony.
Scendendo velocemente, purtroppo, il colonnello mise un piede in fallo
tra gli sbrecciati gradini arrugginiti della scala, rimanendo
incastrato. Un piccione, nel frattempo, svegliato da
quell’improvviso baccano, gli volò intorno. Lui lo
scacciò malamente, ma il volatile gli sganciò un
ricordino in piena faccia. Cercando di pulirsi perse l’equilibrio
e, dato che non ci vedeva, l’uomo precipitò senza appiglio
emettendo un gemito gutturale. Per fortuna si fermò su qualcosa
di morbido. Era il cassonetto dei rifiuti.
Quando
riuscì a raggiungere la propria macchina, che aveva occultato in
un vicolo, zoppicava da una gamba, gli faceva male il collo in modo
strano e puzzava come una discarica. Si mise al volante e partì,
dopo aver aggiustato una foglia di appassita insalata che gli penzolava
dal taschino.
Riza, nel
frattempo, si trovava in una situazione piuttosto imbarazzante. La cena
era stata piacevole, sia per il cibo che per la compagnia. La
conversazione era stata addirittura brillante e la donna era sorpresa
di poter stare così bene con un uomo. Non che provasse disagi
particolari a passare del tempo in compagnia di uomini, del resto lo
faceva ogni giorno, al lavoro. Ma c’era un uomo in particolare
con cui a volte non era così facile relazionarsi, specie quando
cominciava ad essere malizioso, provocante, allusivo, invitante,
sensuale… Roy, accidenti a te!
Ma dicevamo.
Riza era in macchina con Anthony, fermi sotto casa della donna e da
qualche minuto era sceso, per la prima volta nella serata, un silenzio
pesante. Lei si tormentava un orecchino, incerta su come concludere la
serata. Lui sembrava in attesa di un segno.
“Riza…” “Anthony…”
Avevano parlato in contemporanea. Si guardarono e risero.
“Siamo
sciocchi, eh?” Fece lui, sfiorandole il dorso della mano con le
dita. “Abbiamo passato una così bella serata e non
sappiamo come salutarci.”
“Già.” Rispose la ragazza abbassando gli occhi. “Era tanto che non avevo un appuntamento…”
“Non ci
credo.” Intervenne sorpreso il maggiore. “Una donna
così bella…” Riza arrossì appena.
“…e nessuno che la invita, oppure… sei tu che
rifiuti?”
“Beh,
è che… io sono sempre al lavoro, non ho molto tempo
libero e credo che alcuni uomini siano un po’ intimoriti da
me.” Spiegò il tenente, tranquilla.
“Sai.”
Affermò accomodante Anthony, sistemandosi girato verso di lei.
“Quando si vuole fare qualcosa sul serio, il tempo si riesce a
trovarlo.”
“Certo.”
Replicò immediata Riza. “Ma i miei doveri verso il
Colonnello Mustang spesso m’impegnano anche fuori dagli orari di
lavoro…”
“Oh, il Colonnello è uno schiavista!” Sbottò lui roteando gli occhi con aria disincantata.
Riza gli
scoccò subito un’occhiata indignata. Lei era la prima a
calcare sui difetti del suo superiore, ma era risaputo che non era mai
stato uno stacanovista. Semmai era lei che… E poi, non
sopportava che qualcuno, chiunque fosse, attaccasse Roy. Difenderlo era
un istinto primordiale.
“Guarda
che il Colonnello non mi obbliga a fare niente, anzi, il più
delle volte sono io che lo costringo a restare per finire il suo lavoro
e…” Fece una pausa per riprendere fiato.
“…l’impegno di proteggerlo in missione me lo sono
preso volontariamente, non mi ha obbligato nessuno.”
“Uh, guai a chi te lo tocca, eh?” Commentò divertito il maggiore.
“Non dire
sciocchezze.” Ribatté lei, un po’ colpevole.
“Le cose non stanno come pensi…”
“Io non
penso niente.” Soggiunse Anthony avvicinandosi a Riza fino a
sfiorarle la gamba con la propria. “Se non che voglio passare
ancora del tempo con te.”
La ragazza
abbassò imbarazzata gli occhi, fissando le proprie mani strette
in grembo. Sentiva la mano dell’uomo accarezzare piano la sua
spalla, invitante. Ma non così tanto.
“Ascolta,
Anthony.” Mormorò infine, risollevando lo sguardo su di
lui. “Io non voglio offenderti, sono stata benissimo stasera, ma
non voglio precorrere i tempi…”
“Sai
essere adorabile anche quando respingi, Riza.” L’interruppe
Anthony con un sorriso tenero, sfiorandole i capelli. Lei si ritrasse
appena, quel gesto era troppo intimo.
“Scusa.” Disse poi.
“Non fa niente, davvero.” Soggiunse lui tranquillo. “Tanto non mi arrendo.”
Riza sorrise.
“Sei caparbio.” Commentò. “Grazie di tutto e
buonanotte.” Aggiunse poi, prima di aprire lo sportello.
“Grazie a
te, a presto.” Le rispose lui, salutandola.
“Buonanotte.” La donna gli sorrise ancora una volta, poi
chiuse la portiera e si diresse verso l’entrata del suo palazzo.
Roy, arrivato
pochi minuti prima, vide il tenente Hawkeye correre da sola verso le
scale del suo portone e poi la macchina di Paul ripartire. Sorrise
soddisfatto, nonostante la puzza che nemmeno quindici docce avrebbero
cancellato, il dolore al piede e un torcicollo che non gli permetteva
di girarsi verso sinistra. Il maggiore, con suo grande giubilo, era
andato decisamente in bianco.
CONTINUA
Ringraziamenti:
Shatzy - Mi fa piacere che trovi la stori intrigante, spero di continuare nel modo migliore. Hai ragione sul titolo, ha volutamente un doppio significato e ti anticipo che tutti i titoli dei capitoli avranno questo tipo di riferiemnti. Mi sono divertita molto a "maltrattare" Roy, è uno dei miei hobby preferiti infierire sugli uomini che amo! ^__- (ne sa qualcosa il mio adorato Milo, povero ammooore). Sai, alla fine, Anthony sarà meno viscido di quello che crede Roy. Sì, è vero, la parte centrale è un po' triste, ma ci voleva, in fondo la situazione dei nostri due amorucci è un po' così, sempre in bilico, indecisa e questo crea malinconie. Questi momenti si alterneranno a quelli più leggeri. Infine, Ed e le battute non mancarenno! Grazie!
Kaho_chan - Ma certo che NON è più affascinante di Roy! Ci mancherebbe! Lo dice la stessa Riza. E' solo che il fascino di Anthony non risiede tanto nella sua bellezza, quanto nel fatto che lui rappresenta una novità. Grazie dei complimenti!
Winry4ever - Grazie dei complimenti. Sì, Roy e Riza sono adorabili, mi scatta la vena romantica nelle loro scene (anche quella un po' malinconica, ripeto). Roy si sente abbandonato giustamente, dal suo punto di vista, ma non si arrenderà e lo hai visto da questo capitolo!
_mame_ - Ripeto, Anthony non è più affascinante di Roy e sai che ti dico? Credo che Riza, la prima volta, ci sia uscita più per ripicca verso il comportamento di Roy, che per altro. Segui la storia e conoscerai il finale, non dico altro!
eleanor89 - Ma grazie, sei troppo gentile! Sono contenta che la trovi realistica, mi piace rendere i personaggi più veri e non sempre è facile. E' un po' un mio obiettivo e mi fa piacere quando ci riesco! Confesso che era tanto che cercavo di ritrovare una vena ironica che pensavo di avere un po' perso, se ci sono riuscita per me è molto!
kawai79 - Grazi, grazie! Spero che anche questo secondo capitolo non ti abbia deluso! Anche se il mio povero Roy ha dovuto soffrire!
Stray - La tua recensione mi fa molto piacere, perché seguo i tuoi 100 themes e li adoro! Almeno tu sei al mare, io non andrò in vacanza neanche quest'anno, sigh! Secondo te Roy è IC? Bene, perché non ne ero tanto convinta, cmq vedremo nei prossimi capitoli!
Un grazie enorme ed un bacio a tutti! Continuate a seguirmi, mi raccomando!
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Capitolo 3 *** La fortuna è cieca, ma la sfiga ha un'ottima mira ***
dance for three - 3
Ecco
qua il terzo capitolo delle disavventure del nostro amato colonnello!
Spero che gradirete e continuerete a lasciarmi i vostri apprezzatissimi
commenti! Enjoy!
Per note e ringraziamenti ci vediamo alla fine!
3 – La fortuna è cieca, ma la sfiga ha un’ottima mira.
Il mattino dopo Riza
si presentò davanti a casa del colonnello, pronta a riprendere
le solite abitudini. Roy si presentò zoppicante, col collo
bloccato, ma con un’espressione trionfante. La donna lo
fissò perplessa, mentre scendeva con difficoltà i pochi
gradini dal portone al marciapiede e raggiungeva la macchina.
“Colonnello, ma… sta bene?” Gli domandò preoccupata il tenente.
“Assolutamente sì!” Rispose entusiasta l’uomo.
“Ma… ma sta zoppicando e il suo collo…” Gli fece notare allarmata.
“Ah, uno stupido
incidente domestico.” Glissò lui con noncuranza, aveva la
storia pronta. “Facevo la doccia, sono uscito e c’era la
finestra aperta, ho sentito subito un colpo di freddo al collo,
così sono andato a chiuderla, ma sono scivolato sbattendo il
piede.” Spiegò tranquillo. “Ma questo non mi
fermerà, oggi è una giornata stupenda!”
Riza ormai aveva gli
occhi di fuori. Chi era quest’uomo in uniforme? Che fosse stato
sostituito da un homunculus? Per istinto liberò la pistola dalla
chiusura del fodero.
“Signore, si
è accorto che sta per piovere?” Gli domandò per
sicurezza, prima di scaricargli addosso un intero caricatore.
“Ah!” Fece
Roy, alzando gli occhi al cielo grigio. “Non me ne ero
accorto.” Commentò poi allegro, prima di salire in
macchina. Niente sembrava scalfire il suo buon umore.
Lei lo seguì
sul mezzo, mettendosi al posto di guida. Dopo essersi aggiustata la
giacca, lo guardò. Roy sorrideva beato, lisciando con le dita la
visiera del cappello.
“È sicuro di stare davvero bene, Colonnello?” Chiese ancora una volta.
“Ma
sì!” Esclamò lui, cercandola con gli occhi.
“Non posso voltarmi verso di lei, mi fa male un piede e sta per
venire giù il finimondo, ma sto benissimo.”
“È proprio questo che mi preoccupa…” Mormorò Riza, mentre metteva in moto. Roy canticchiava.
Arrivarono puntuali al
comando, sotto una pioggerellina fine che, in altre circostanze,
avrebbe ridotto Roy ad un vegetale. Il colonnello, invece, continuava
ad essere allegro.
Percorrevano il corridoio est, in direzione delle scale, quando le cose cominciarono a precipitare.
“Non mi chiede niente di ieri sera?” Buttò lì Riza, camminando a fianco del suo superiore.
Lui la guardò
in tralice, a causa del torcicollo. “Non vedo perché
dovrei impicciarmi della sua vita privata.” Rispose poi, con aria
innocente. “Ad ogni modo, se vuole…”
“È stata una bella serata, abbiamo anche mangiato bene.” Raccontò la donna.
“Beh, Breton
è un ottimo ristorante…” Commentò distratto
il colonnello. Riza si fermò, costringendolo a fare lo stesso,
poi lo guardò sospettosa.
“Come sa che siamo andati da Breton?” Gli chiese quindi.
“Mah, me l’avrà detto lei…” Rispose lui con un sorrisetto tirato.
“Non ricordo di
averlo fatto.” Replicò il tenente e, precisa
com’era, Roy poteva giurare che sapesse di non averlo fatto.
“Ne avrà
parlato con qualcuno…” Tentò, evitando il suo
sguardo, cosa anche facile visto il male al collo.
“Ne ho parlato solo con Anthony.” Anthony… argh, lo chiama per nome…pensò sconsolato Roy.
“Eh, l’avrò sentita parlare con lui.” Affermò l’uomo.
“Ci ascolta?” L’interrogò lei.
Sì, poteva
vederlo. Un baratro oscuro in fondo al quale lo aspettavano tremolanti
fuochi fatui e una Riza con pistole al posto delle mani, fucili al
posto delle gambe e una bocca deforme piena di affilati denti aguzzi. E
lui stava inesorabilmente scivolando verso di lei.
“Ecco…”
Mustang stava per trovare l’ennesima scusa campata in aria,
quando capitò qualcosa di peggiore di quella pericolosa
conversazione.
Roy e Riza, parlando,
erano quasi arrivati alle scale, quando lui vide qualcuno scendere. Era
qualcuno che, quella mattina, sarebbe stato molto meglio evitare.
Posò saldamente una mano aperta sulla schiena del tenente e la
fece voltare dall’altra parte, cominciando a camminare nel modo
più veloce che gli fosse consentito dal piede dolorante. Lei fu
costretta a seguirlo.
“Andiamo in caffetteria!” Proclamò spingendola.
“Ma, Signore,
non è necessario, scenderò io, come sempre, a prenderle
il caffè…” Replicò perplessa la donna.
“Oggi ho voglia di andarci.” Dichiarò Mustang sicuro, ma lei lo guardava con espressione sospettosa.
“Proprio oggi che ha male al piede?” Chiese Riza, con tono da interrogatorio.
“Sì,
sì, sento che camminare mi fa bene.” Ma, ormai, il tenente
pensava che si stesse clamorosamente arrampicando sugli specchi. Se ne
chiese il perché.
“Colonnello
Mustang!” Lo chiamò, in quel momento, una voce femminile
dalle loro spalle. Lui fece finta di non aver sentito e proseguì.
“Signore, la stanno chiamando.” Gli fece presente Riza, costringendolo a fermarsi.
“Colonnello!”
I due militari si
fermarono. Incuriosita Riza. Vagamente spaventato Roy. Sì,
perché chi li seguiva non era altro che Amelia Rose. Come si
dice: il cadavere viene sempre a galla.
“Buongiorno, Amelia…” Salutò stentato Mustang.
“Buongiorno.”
Replicò lei, dopo aver risposto al gentile cenno del tenente
Hawkeye. “Sa, l’ho fermata perché mi chiedevo se
poi, ieri sera, è riuscito a rintracciare il Maggiore
Paul.” Aggiunse candidamente la segretaria.
Roy sentì, fisicamente,
gli occhi di Riza spalancarsi e poi appuntarsi su di lui come fossero
stati affilati rampini da montagna. Tentò di guardarla, ma non
poteva girarsi più di tanto. Provò una risatina nervosa,
ma gli uscì una specie di ghigno.
“Eh,
no…” Rispose infine, rivolto ad Amelia. “Ho avuto un
piccolo incidente domestico e… non mi sono potuto muovere da
casa…” Spiegò poi, rigido come un palo.
“Oh, mi spiace!” Si rammaricò la segretaria. “Nulla di grave, spero.”
“No, no!” Negò lui. “Sto bene.”
“Bene.”
Annuì la ragazza. “Ora devo andare, se ha bisogno di me sa
dove trovarmi.” Aggiunse, prima di salutare e andarsene.
Roy, allora, si
voltò verso Riza. Lei era lì che lo fissava gelida,
fredda come se fosse stata una statua scolpita nel ghiaccio. Il suo
sguardo era accusatorio e implacabile. Aveva, ovviamente, capito tutto.
“Non dica niente…” La supplicò lui.
“Si vergogni,
Colonnello.” Scandì, però la donna,
dopodiché gli diede le spalle, avviandosi decisa verso le scale.
Roy rimase lì, immobile, sentendo un vento glaciale sferzare
sulla sua schiena.
Lo sfortunato incontro
con Amelia diede come risultato l’arrivo anticipato
dell’inverno nell’ufficio di Mustang. Riza era talmente
fredda che sulla sua scrivania ballavano i pinguini e, ogni volta che
il colonnello le rivolgeva la parola, spuntavano iceberg tra i tavoli.
Inutile dire che gli altri colleghi si sentivano piuttosto a disagio.
La donna, nel
frattempo, continuava ad avere rapporti più che amichevoli con
il maggiore Paul e questo non favoriva di certo le relazioni tra lei e
Mustang. Il colonnello avrebbe voluto ricucire, ma sentiva di aver
commesso un errore clamoroso. Ogni volta che alzava gli occhi su Riza,
provava una stretta al cuore. A fargli fare un passo avanti, per uno
strano caso, ci avrebbe pensato la famigerata buona vista della
sfortuna.
Una mattina in cui il
fiume del gelo scorreva meno impetuoso del solito, arrivò
nell’ufficio di Mustang un soldato dell’ufficio
amministrativo. L’uomo doveva consegnare una comunicazione al
colonnello. Per un caso se lo trovò davanti e poté dargli
il foglio di persona. Roy scorse le poche righe e la sua espressione si
fece sempre più accigliata e perplessa.
“Che significa questo?” Domandò infine, rivolto al soldato, quello si strinse nelle spalle.
“Io dovevo solo
consegnarle la comunicazione, non so cosa c’è
scritto.” Rispose poi. “Con permesso.” Aggiunse,
appena prima di andarsene.
“Di che si
tratta?” Domandò Riza, per la prima volta in diversi
giorni interessata a qualcosa che riguardava Roy.
“Sembra che
ultimamente la sfortuna mi perseguiti.” Si lamentò
Mustang, piombando sulla sedia e porgendo il foglio al tenente. Riza lo
lesse.
“Che cos’è?” Domandò Fuery, dando voce alla curiosità di tutta la banda.
“Pare che il
Colonnello abbia tralasciato alcuni dei suoi obblighi militari.”
Dichiarò sarcastica la donna. Lui fece una smorfia.
“Non capisco…” Mormorò Havoc.
“Se il
Colonnello non sparerà un certo numero di colpi al poligono di
tiro entro la fine del mese, gli sarà tolta l’arma
d’ordinanza e sarà relegato ad impegni d’ufficio
fino a data da determinarsi.” Spiegò Riza, con un tono
veramente irritante.
“È
assolutamente incredibile!” Sbottò Roy, appoggiandosi
desolato su una mano sollevata. “Se la tengano pure,
l’arma, io ne ho bisogno, io sono il Flame Alchemist!”
Proclamò quindi, allargando le braccia in un moto
d’orgoglio.
“Temo di doverla
smentire, Signore.” Intervenne Riza saccente. “Lei è
un militare e deve avere un’arma, se non ce l’ha non
può muoversi o andare in missione come un militare, quindi
è necessario che lei abbia una pistola.”
“Ergh…”
Mugugnò Mustang, poi la guardò. “Ma possono davvero
farmi questo? Possono murarmi vivo in un ufficio?” Domandò
preoccupato.
“Possono.”
Sentenziò lei. “Loro sono l’Ufficio Amministrativo e
la burocrazia non guarda in faccia nemmeno gli Alchimisti.”
“Humpf…”
Sbuffò pesantemente l’uomo, scrollando il capo. “Non
so neanche dove ho messo la pistola, saranno almeno tre anni che non la
uso…” Aggiunse poi, sconsolato.
“È
nell’ultimo cassetto a sinistra della sua scrivania.” Gli
disse Riza, che si era alzata per riporre alcuni documenti
nell’archivio. Roy spalancò gli occhi.
“Santo cielo,
Hawkeye, ho paura che lei sappia perfino dove tengo le mutande!”
Affermò quindi, alzandosi per raggiungere la propria scrivania.
“Secondo
cassetto dall’alto della cassettiera grande.”
Dichiarò la donna, ancora voltata verso il raccoglitore di
metallo. Tutti i presenti la fissarono con gli occhi di fuori.
“Qualcosa che non va?” Chiese poi, voltandosi verso
l’interno dell’ufficio, gli altri scossero il capo.
“Colonnello, ad ogni modo, stasera potrei fermarmi al poligono
per darle una mano… se vuole.”
Lo sguardo di Roy
s’illuminò improvvisamente. Questa era un’occasione
d’oro! Non se la sarebbe lasciata sfuggire per nulla al mondo.
Loro due soli nel poligono di tiro. Come ai vecchi tempi. In un
ambiente che le era congeniale. E lui doveva approfittarne.
“Mi farebbe davvero molto piacere, Tenente.” Le disse con un sorriso. Lei annuì e si rimise al lavoro.
Il poligono di tiro
era un grande stanzone dal soffitto basso, immerso nella penombra; le
poche luci erano basse e sparse. I suoni rimbombavano tra le pareti
grigie. C’era odore di polvere da sparo e metallo. Roy si diresse
verso il grande banco, diviso in vari spazi da pannelli. In fondo alla
stanza, illuminati da singole luci, c’erano i bersagli; gli
lanciò una fuggevole occhiata, poi proseguì.
Riza era impegnata in
una delle finestre di tiro. La osservò. Era piegata sul fucile,
immobile, con gli occhi puntati sul bersaglio. L’uomo, per un
attimo, si dimenticò di respirare, in attesa del colpo. Lei non sarà mai più bella di così…
pensò fuggevole. Lo sparo fu più silenzioso di quanto lui
si sarebbe aspettato. Roy sorrise. Non doveva nemmeno guardare la
sagoma di cartone, per sapere che si trattava di un centro. La donna si
sollevò e tolse le cuffie, con un sorriso soddisfatto.
“Bell’arma.” Si complimentò il colonnello.
“Una delle mie
preferite.” Affermò lei prendendo il fucile.
“Leggero, preciso…” Afferrò la leva per
scaricare i bossoli. “…letale.” E
l’azionò, facendoli cadere con un borbottante suono
metallico.
“Bene.” Commentò Mustang. “Ho, ufficialmente, paura di lei.”
La donna gli
lanciò un’occhiata in tralice, ma chiaramente divertita.
“Se non s’impegna a fondo stasera, dovrà averne
parecchia.” Lo minacciò quindi. “La sua
pistola?”
“Eccola.” Roy le porse la sua automatica d’ordinanza.
Riza la prese,
l’osservò, la soppesò, poi, fulminea,
l’alzò puntandola alla testa del colonnello. Lui
spalancò gli occhi.
“Mi arrendo.” Scherzò poi. “Faccia di me quello che vu…”
“Ma questa
pistola è assolutamente inefficiente!” Sbottò
però il tenente, interrompendolo e abbassando l’arma.
“Come?” Fece lui stupito, aggrottando la fronte.
Lei, ad ogni modo, non
lo stava ascoltando. Gli aveva dato le spalle e stava già
smontando la pistola su tavolo degli attrezzi che c’era dietro di
loro.
“Come si fa ad
avere una pistola conciata in questo modo!” Si lamentava nel
frattempo, impegnata in operazioni che avrebbe potuto fare ad occhi
chiusi. “Guardi qua, l’otturatore è completamente
ostruito!”
“La smetta di farmi la predica!” Intervenne offeso il colonnello. “Glielo ho detto che non la uso da
anni, come pretende che possa essere pulita!”
Riza si voltò
verso di lui con espressione severa. “È buona norma pulire
bene un’arma, prima di riporla, specie, quando si pensa di non
doverla usare per un po’.” Roy roteò gli occhi
esasperato, mentre si appoggiava, braccia conserte, ad un pannello.
Il tenente si
alzò e lo raggiunse. “Non siamo qui per perdere tempo,
comunque.” Esordì sbrigativa. “Lei inizi a sparare
con la mia pistola.” Continuò, tirando fuori la nove
millimetri. “Io, nel frattempo, finirò di pulire la
sua.”
“Bene.” Acconsentì lui, annuendo. “Dia qua.” E prese la pistola dalle mani della donna.
“Oh, aspetti un
attimo!” Lo bloccò però lei. “Sia
delicato.” Gli suggerì preoccupata dal modo sgraziato con
cui maneggiava la pistola. “Un’arma è un oggetto
sensibile…” Gli spiegò quindi, aggiustando la
posizione della sua mano sull’impugnatura.
Non si era accorta
che, nel farlo, si era avvicinata decisamente troppo al colonnello. La
sua spalla poggiava contro il torace di lui e i capelli biondi
sfioravano il viso dell’uomo. Roy pensava a tutto, fuorché
alla pistola. Sorrideva sornione, riempiendosi i polmoni del suo
profumo e si godeva i tocchi leggeri di Riza sulle proprie dita.
“Ha
capito?” Gli domandò infine la ragazza, alzando gli occhi.
Fu in quel momento che si accorse, con sgomento, di quanto erano vicini.
“Credo di
sì…” Mormorò Roy a due centimetri dalle sue
labbra. “Devo essere delicato come lo sarei con…”
Sorriso sensuale e invitante. “…con una donna.”
Riza arrossì
leggermente e si scostò. “Qualcosa del
genere…” Biascicò imbarazzata. “Ora non perda
altro tempo.” Aggiunse, prima di rimettersi a pulire la pistola.
Roy sorrise
soddisfatto ed impugnò l’arma come sapeva perfettamente
che andava impugnata, preparandosi ad assolvere i suoi compiti.
Gli spari, da qualche
minuto, si susseguivano in modo regolare e questo tranquillizzò
Riza, ancora un po’ scossa dall’incontro ravvicinato col
colonnello. Non c’è niente di più rilassante di un colpo andato a segno… pensò la ragazza, mentre rimontava l’arma di Mustang.
Quando ebbe finito
sospirò, tolse la giacca dell’uniforme e portò le
braccia dietro alla nuca per stiracchiarsi e sciogliersi i capelli.
Scosse il capo e si massaggiò brevemente le spalle. Non si
accorse che l’uomo aveva seguito tutta la scena, mentre
ricaricava la pistola.
“Cosa
c’è, Colonnello?” Fece la donna, quando si accorse
che gli spari non riprendevano. “Si è già
stu…” Ma non poté finire la frase.
Le mani di Mustang si
erano appena posate, calde, sulle sue spalle ed avevano preso a
massaggiarle delicatamente il collo. Sorpresa, Riza provò a
scostarsi, ma lui la trattenne con gentile forza.
“Anche lei male al collo?” Le domandò dolcemente Roy.
“No.” Rispose subito lei, un po’ rigida. “Sono… sono soltanto un po’ stanca…”
“Ah, allora mi
lasci fare.” Sussurrò la voce del colonnello sui suoi
capelli. “Sono un ottimo massaggiatore…”
E Riza si arrese,
rilassandosi sotto le sue dita. Era davvero abile e lei, per la propria
sanità mentale, preferì non pensare al numero delle donne
con cui si era esercitato. Si concentrò, allora, su quelle mani
calde ed esperte che le davano sollievo dalla pesantezza della giornata.
Roy, invece, era ben
conscio di ciò che stava facendo. Aspettava da giorni
un’occasione per fare pace con lei e sapeva che l’unica
arma su cui poteva contare era quel legame quasi chimico che
c’era tra loro. E, in fondo, un po’ di seduzione non aveva
mai fatto male a nessuno, no? Approfondì il massaggio sulle
spalle sottili di Riza, volutamente lento e sensuale. Sapeva bene qual
era il modo giusto e, quando sentì un gemito soffocato di lei,
sorrise compiaciuto.
Quando, però,
Riza si accorse che quelle dita pretendevano più del lecito,
ritrovò immediatamente la padronanza di se, sottraendosi leggera
alla presa di Roy.
“Credo che possa
bastare, ora.” Affermò compita. “Lei dovrebbe
ricominciare a sparare, Signore.” Aggiunse, mentre si rimetteva
su i capelli col fermaglio.
Mustang, un po’
deluso e anche imbarazzato, per come si era lasciato trascinare dal
piacere di massaggiarla, annuì e tornò verso la finestra
di tiro. Anche Riza riprese il fucile.
Appena prima di
rimettersi a sparare, Roy lanciò uno sguardo stranamente
malinconico al suo tenente. Odiava che ci fossero barriere tra loro,
anche se era consapevole che qualche ostacolo era inevitabile.
C’erano le loro uniformi ed i loro gradi a dividerli, comunque.
“Hawkeye…” La chiamò piano, lei sollevò gli occhi.
“Sì, signore?” Fece, con le mani a mezz’aria nel gesto d’infilarsi le cuffie.
“Mi ha perdonato?” Le chiese allora lui, con tono triste.
Anche lo sguardo di
Riza si fece un po’ più triste. “Non lo so.”
Ammise infine, dopo qualche istante di riflessione.
“Capisco.”
Mormorò Roy abbassando il capo. “Voglio, però, che
sappia che mi dispiace.” Le disse poi, con espressione
rammaricata.
Lei lo fissò
per qualche secondo, prima di mettere le cuffie e imbracciare il
fucile. “Non ci credo.” Affermò poi scettica.
“Ma lei recita bene.”
Il colonnello
scrollò il capo, se lo doveva immaginare. Con un sorriso
retorico, si rimise a sparare. In qualche modo, però, si sentiva
rassicurato dal ritmo dei colpi, come se quella coordinazione fosse la
prova che l’affinità tra loro esisteva ancora. Nonostante
tutto.
Il giorno dopo, Roy
era di umore decisamente più ottimista. Osservava compiaciuto il
lavoro dell’ufficio attraverso la porta aperta. Riza era china
sulle sue carte ed il sole che entrava dalla finestra creava un bel
riflesso dorato sui suoi capelli. Il colonnello sorrise, rimettendosi a
lavorare.
Distratto dai
documenti da firmare, Mustang non si accorse che era entrato qualcuno
nell’altra stanza, almeno finché Riza non si alzò
sorridendo caldamente. Insospettito, Roy si mise in piedi, cercando di
vedere chi c’era di là, dato che la visuale gli era
impedita dalla porta.
“Mi dispiace che
ieri sera non sei potuta venire.” Disse la voce di Anthony Paul,
mentre il colonnello si sporgeva oltre la scrivania.
“Sono
rammaricata di aver dovuto disdire.” Rispose il tenente.
“Ma ho avuto un impegno all’ultimo momento e non ho potuto
fare diversamente…”
“Ah…” Fece Roy sornione. Quell’impegno era lui e il suo tenente aveva dato buca a Paul per sparare insieme a lui. Eheheh!
“Voglio
rimediare subito, Anthony…” Quel tono disponibile, da
parte di Riza, però, abbatté subito la soddisfazione del
colonnello. Ma come?!
“Beh, possiamo vederci anche stasera, se vuoi.” Accettò subito il maggiore. Seh, figurati, non aspetta altro! Pensò Roy.
“Mi
piacerebbe.” Replicò lei, mentre il colonnello, ormai,
aveva posato anche un ginocchio sulla scrivania, nell’intento di
vederli meglio.
“Possiamo andare
via insieme, ti va bene? Poi andiamo a mangiare qualcosa…”
Certo che era spudorato, fissare un appuntamento con Riza sotto i suoi
occhi! Sì, ma… che diritti aveva Roy sul tenente Hawkeye?
Sospirò sconsolato.
“Sì, va benissimo…”
Havoc e Fuery, nel
frattempo, osservavano sempre più preoccupati la posizione
precaria in cui si era messo il loro capo. Lui non aveva idea che lo
stessero osservando, poiché aveva una visuale limitata, mentre
loro ce l’avevano praticamente davanti. Lo videro sporgersi
sempre di più, mettendo le mani e un ginocchio su cartelline di
scivolosi fogli.
“Adesso cade…” Mormorò Jean allarmato.
“Mi sa di sì…” Rincarò pessimista l’altro.
Non fecero in tempo a
formulare il pensiero che Mustang crollò oltre la propria
scrivania con un tonfo sordo ed un breve lamento soffocato, portandosi
dietro un’intera pila di carte da firmare. Tutti si voltarono
verso la sua stanza.
“Oh, mio Dio,
Colonnello!” Esclamò subito Riza. “Scusami, Anthony,
è meglio se parliamo dopo.” Aggiunse poi, rivolta al
maggiore, con tono sbrigativo.
“A dopo.”
La salutò lui, quindi si sporse verso Mustang. “Buona
giornata, Colonnello.” Dichiarò, chiaramente sarcastico e
divertito, prima di andarsene.
Roy, nel frattempo, si
era risollevato da terra con velocità, spolverandosi e
aggiustando la divisa, sotto lo sguardo preoccupato dei suoi sottoposti.
“Tranquilli, non
mi sono fatto niente.” Proclamò subito a mani alzate.
“Tornate pure al lavoro.” Li incitò quindi, con
gesti sbrigativi e un’espressione che cercava di essere dignitosa.
“Colonnello, ma…” Tentò d’intervenire il tenente Hawkeye.
“Le ho detto che
sto bene, torni al lavoro, via, via!” Sbottò lui,
interrompendola. Rassegnata, la donna gli diede le spalle, tornando
alla sua scrivania.
E, finalmente, Roy
poté girarsi ed assumere un’espressione sofferente, degna
dell’acutissimo dolore che provava ad un ginocchio, a un gomito
ed al fianco sinistro. “Oh, Dio… diodiodiodio!” Si
lamentò, piegandosi e camminando tutto storto.
Falman era stato
l’ultimo a salutare, prima di andarsene. Il turno di servizio,
anche per quel giorno, era terminato. Il tenente Hawkeye si
fermò nel vano della porta, guardando nella stanza del
colonnello.
Lui era seduto a gambe
larghe sulla propria sedia, guardava assorto fuori della finestra, dove
il sole stava tramontando. Sembrava malinconico. Si era slacciato il
colletto dell’uniforme e allentato la camicia, i capelli erano un
po’ arruffati. La luce rosata formava strane, misteriose ombre
sul suo viso e schiariva stranamente i suoi occhi scuri. Era bellissimo
e Riza non poté trattenere un certo tuffo al cuore, guardandolo.
“Tenente?” Fece all’improvviso Roy, senza voltarsi, facendola sussultare in modo impercettibile.
“Signore…”
Rispose lei, dopo un lungo respiro. “Mi chiedevo se sarebbe un
problema, per lei, tornare da solo stasera.” Affermò
infine.
Era dispiaciuta di
doverglielo chiedere, si sentiva quasi in colpa. Perché Riza
percepiva la malinconia in lui. Avvertiva i suoi momenti di
fragilità come fossero i propri e non le piaceva lasciarlo solo
quando stava così.
“Vada pure.” Le disse l’uomo, con un gesto distratto. “So che ha un appuntamento.”
“Lei sta bene?” Gli domandò allora.
Roy sollevò gli
occhi e incrociò lo sguardo del suo tenente. Sapeva che lei non
si riferiva alla caduta di quella mattina. Era una domanda più
profonda, la sua. Ma il colonnello sorrise appena.
“Sto bene.” Le disse, affidandosi ancora una volta alla sua arte di bugiardo.
“Capisco.”
Annuì Riza, che ovviamente non si faceva ingannare dai suoi
raggiri. “Ad ogni modo…” Continuò
avvicinandosi alla scrivania. “…mi sono permessa di
prenderle questa.” Posò sul tavolo un pacchetto di
farmacia.
Lui lo guardò,
poi osservò lei, ripagato da un dolce sorriso.
“Grazie…” Mormorò un po’ confuso.
“Ma si figuri,
Signore, di niente.” Rispose gentile lei. “A domani.”
Lo salutò quindi, mentre Roy si alzava, per mettersi vicino alla
finestra.
Prima di uscire
definitivamente dalla stanza, Riza lanciò un’ultima
occhiata al colonnello. Era appoggiato al muro e guardava fuori con
espressione triste. La donna, decidendosi finalmente ad andare,
pensò che quella serata non se la sarebbe goduta per niente.
Roy restò
accanto alla finestra per un tempo che gli sembrò lunghissimo,
finché non vide Riza uscire col maggiore Paul. Lui le teneva una
mano sulla schiena, accompagnandola verso la macchina. Era chiaro,
ormai: tra loro c’era qualcosa. Si doveva arrendere. E poi, che
diritto aveva di mettersi in mezzo? L’idea, per la verità
abbastanza campata in aria, che Riza provasse qualcosa per lui? Ma
andiamo, cosa glielo aveva fatto pensare?
Guardava ancora verso
il cortile, quando capì di non essersi immaginato proprio tutto,
che un legame esisteva davvero. Riza, appena prima di salire in auto,
alzò improvvisamente lo sguardo verso una finestra ben
conosciuta. Aveva un’espressione preoccupata e indecisa. I loro
occhi s’incontrarono, trovandosi anche a quella distanza. Roy
sollevò una mano in un muto saluto, sperando di rassicurarla.
Lei annuì, tentennò ancora un attimo, poi salì
nella vettura.
Il colonnello sorrise
amaramente, volgendosi all’interno. Fu allora che si
ricordò del pacchetto lasciato dal tenente. Lo guardò
incuriosito, poi lo prese e aprì.
Era un tubetto di
pomata per le contusioni. Mustang sorrise. Pensava sempre a tutto, il
tenente Hawkeye, senza di lei sarebbe stato un uomo perduto. Eppure,
proprio a lui era sempre mancato il coraggio per fare un passo avanti,
per paura di metterla in una posizione sconveniente e pericolosa. Per
il timore che, se poi fosse finita o stata scoperta, questo gli avrebbe
impedito di continuare a lavorare insieme. E lui non poteva pensare di
avere una sintonia simile con qualcun altro.
Se le cose stavano
così, allora, era meglio che lei si facesse una vita con un
altro uomo, piuttosto che perderla del tutto. E il loro legame perfetto
sarebbe continuato come sempre. Per sempre.
Tutti questi pensieri,
ad ogni modo, gli facevano più male di uno sparo nel cuore.
Chissà se c’era ancora quella bottiglia di whisky lasciata
da Maes nello stipetto della libreria; ne avrebbe volentieri bevuto un
bicchiere, mentre si spalmava la pomata sul ginocchio.
CONTINUA
I ringraziamenti, in ordine rigorosamente a caso!
eleanor89 –
Grazie! Sono felice se ti diverti a leggere, è nata come una commedia,
quindi! Beh, uno spaziettino per Ed mi ero ripromessa di trovarlo e gli
altri comprimari sono troppo divertenti, mi piace metterceli! Quanto al
numero dei capitoli non dico nulla, manca troppo poco alla fine!
_mame_
- Che dire… io non riesco proprio a vedere quei due separati, quindi
puoi immaginarti le mie conclusioni… Anche io odio far soffrire Roy!
(Seh, come no! NDTutti) Gli altri capitoli sono addirittura più
malinconici, come hai già visto in questo, ma come dici tu ci sta bene.
The_Dark_Side – Grazie, sei molto gentile! Figurati, i capitoli mica scadono, io ho letto storie finite da anni!
Winry4ever
– Potevo conciarlo peggio, il nostro colonnello, ammettiamolo, sono
stata forse più cattiva nel 3, dato che l’ho fatto sgamare, no? Anthony
l’avevo pensato totalmente stronzo, all’inizio, ma poi mi è uscito meno
peggio di quel che credevo, vedrete.
kawai79 – Mamma mia, sei troppo carina! Arrossisco! E spero che il finale romantico-maliconico ti piaccia altrettanto!
Daphne91
– Grazie! In effetti volevo proprio che fosse anche un pochino comico,
ma niente potrà mai scalfire il suo fascino, nevvero? ^__-
Shatzy
– Ti ho lasciata per ultima perché il tuo era il commento più lungo.
Intanto grazie per il complimenti, sono felice che la storia ti diverta
e coinvolga. Tranquilla, Roy non si ammazzerà, ma i guai lo
perseguitano a quanto pare. Spero che anche le altre apparizioni di Ed
ti piacciano, perché ce ne saranno altre; sembra troppo saggio? Mah, mi
è venuto così, mi sembrava abbastanza normale, in fondo non ha detto
niente di che, tanto a fare l’immaturo ci pensa nei prossimi capitoli,
eheheh! La tua analisi del titolo è perfetta, azzeccata. Davvero non
hai capito che è il tappo? ^___- Ora ti spiego la faccenda temporale.
Allora, il permesso Riza glielo chiede il giorno prima
dell’appuntamento, infatti dice “…domani ho un appuntamento…”, mentre
la scena con Ed nel bagno e quella con Amelia dell’agenda si svolgono
il giorno dopo, quello appunto dell’appuntamento. Forse mi sono
spiegata male io all’inizio della scena del bagno… Ah, Amelia voleva
semplicemente far notare a Roy, che glielo impedisce con la sua fretta,
che aveva fatto una cosa non tanto bella… (Ho già detto che adoro
Amelia?!) Roy e Riza non sono carini, insieme, sono perfetti! Adoro
scrivere le scene di loro insieme. Quanto a Anthony, ripeto, non è del
tutto stronzo, anzi, hai abbastanza ragione su di lui, ma scoprirai
tutto solo alla fine! Ora vi lascio, che devo finire la storia!
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Capitolo 4 *** La danza delle coppie ***
dance for three - 4
Oh, madonnina, quanti bei
commenti che mi fate, sono proprio felice, era molto che una mia storia
non aveva tanto successo! Grazie!! Questo è il penultimo
capitolo ed è, per forza di cose, interlocutorio e più
breve del solito, era nato come un unico capitolo finale, ma poi era
troppo lungo e l’ho diviso. Spero che possiate apprezzare anche
questo passaggio verso il finale. Divertitevi e non fate mancare il
vostro prezioso commento!
Ciao a tutti!
Sara
P.S.: per le risposte ai commenti, ci vediamo come sempre in fondo al capitolo. ^___-
4 – La danza delle coppie
I giorni si susseguirono in un grigio e nebbioso autunno, che non
faceva altro che immalinconire sempre di più Roy. Spesso, Riza
lo sorprendeva a guardare fuori della finestra con aria triste e
nemmeno il paio di missioni cui parteciparono servirono a risollevargli
l’umore.
I rapporti tra i due ufficiali erano, in compenso, rientrati nella
solita routine; anche se Mustang era diventato stranamente poco
invadente. Non le faceva domande, non era più ossessionato da
Paul, acconsentiva a tutte le richieste di Riza senza fare storie.
Sembrava… arreso. E questo a lei non piaceva per niente.
Ogni tanto, la sera, dopo la fine del turno, Roy e Riza si fermavano al
poligono di tiro, per adempiere ai famosi obblighi amministrativi del
colonnello. Nessuno dei due avrebbe confessato che passare due ore in
quello stanzone gelido e lugubre gli piaceva, eppure nel loro cuore
aspettavano la sera in cui sarebbe accaduto. E questo, pensavano
entrambi, era stupido.
Una di quelle sere, il tenente rientrò nel poligono portando un
piccolo vassoio con due tazze di the caldo. Il colonnello stava
sparando. Era molto più concentrato ultimamente e lei non sapeva
se era un bene o un male, anche se un po’ le mancava il Roy
farfallone e distratto.
La donna posò il vassoio nel piano della finestra di tiro
accanto a quella di Mustang. Lui la guardò interrogativo, dopo
aver smesso di sparare e tolto il caricatore esaurito. Lei gli fece
cenno di togliersi anche le cuffie e Roy ubbidì con un sorriso.
“Qui fa piuttosto freddo e ho pensato che una tazza di the le
avrebbe fatto piacere.” Affermò, indicandogli il vassoio.
“Oh, sì, grazie!” Rispose entusiasta lui. “Non mi sento più le dita!”
Il colonnello prese la sua tazza e sedette sulla sedia vicina al tavolo
degli attrezzi. Riza fece lo stesso, però sedendosi sul bordo
del tavolo. Sorseggiarono la bevanda ancora fumante, traendone un
discreto sollievo.
Roy osservò la donna bere un breve sorso e fare un piccolo
sospiro soddisfatto, poi sorrise. Era bello essere lì con lei,
nonostante il silenzio e il freddo. Da qualche giorno rifletteva su una
cosa e pensava che quello fosse il giusto momento per proporla a Riza.
“Senta, Tenente…” Esordì l’uomo.
“Mi dica, Colonnello.” Replicò Riza disponibile.
E i loro occhi s’incontrarono, tra l’alzare il capo di lui
e l’abbassarlo di lei. Un giorno, pensò Roy, avrebbe
dovuto studiarci su questo fatto, su come i loro occhi riuscissero ad
incatenarsi a vicenda in quel modo. Come se avessero una calamita
incorporata. Ma finì quasi subito, non ci fu il tempo per fare
ricerca. Lui distolse lo sguardo, lei chinò gli occhi arrossendo
appena.
“Diceva, Signore?” L’interrogò Riza poco dopo.
“Ecco…” Riprese Roy, dopo aver tossicchiato per
tornare controllato. “Sa che la settimana prossima ci sarà
il ballo dell’esercito e…”
La donna sembrò improvvisamente a disagio. Scivolò
giù dal tavolo e fece qualche passo verso la barriera delle
finestre di tiro. Lui s’insospettì, ma continuò.
“…mi chiedevo se lei volesse venirci con me.” Ecco, la proposta era fatta, ora stava a lei.
Riza guardava ancora verso i bersagli, o meglio, un punto leggermente
più in passo. Le sue dita nervose percorrevano il bordo del
banco. Ma era inutile tergiversare, tanto valeva dirglielo e basta.
“Colonnello…” Iniziò girandosi finalmente
verso di lui, ma evitando comunque il suo sguardo. “…non
è facile, ma… vede, Signore, il fatto è che me lo
ha già chiesto qualcun altro e… io ho accettato.”
Lo sapeva. Ma non voleva dire che facesse meno male. Era almeno una
settimana che ci pensava, da quando erano arrivati gli inviti e ora era
tardi. Niente da fare, lui, in questa storia, arrivava sempre dopo
l’orchestra. Continuava a perdere treni uno dopo l’altro,
con Riza.
“Mi dispiace…” Si rammaricò la ragazza.
“No, non fa niente.” Replicò Roy, con un gesto noncurante che nascondeva la sua amarezza.
“Sono sicura che lei troverà un’altra persona che
l’accompagni.” Affermò Riza, con una punta appena
percettibile d’irritazione.
“Sì, lo chiederò ad un’altra…”
Mormorò apatico il colonnello, guardando da tutt’altra
parte.
A un’altra, sì…
pensò con strana rabbia la donna. “Porto via queste
tazze.” Annunciò poi, brusca, sfilando dalle dita
dell’uomo la tazza ormai vuota.
“Faccia pure.” Reagì blando Roy, alzandosi.
“Io finisco con i miei colpi di oggi.” Aggiunse, mentre
raggiungeva la sua arma sul bancone.
Riza uscì veloce e con passo nervoso, ma tanto lui non se ne
accorse, preso com’era dalle sue recriminazioni. I due avevano
qualcosa in comune, ad ogni modo: una stranissima voglia di piangere.
Non era il suo periodo migliore, ma Roy quel giorno si sentiva
magnanimo. Era qualche minuto che, invece di leggere il suo rapporto,
osservava la figura tormentata di Edward Elric seduto sul divano. Quel
ragazzo aveva un cruccio, glielo si leggeva in faccia.
“Cosa c’è che non va, Acciaio?” Gli domandò infine, vinto dalla curiosità.
Ed alzò gli occhi scrutando l’espressione stranamente
divertita e inaspettatamente comprensiva del colonnello.
S’insospettì in modo immediato.
“Non c’è niente.” Rispose sgarbato, girandosi dall’altra parte.
“Stai tranquillo, a me puoi dirlo.” Continuò
accondiscendente Roy. “Sono un uomo adulto, esperto, posso darti
un consiglio…”
“A cosa sta alludendo, Colonnello?” L’interruppe il giovane alchimista aggrottando la fronte.
Mustang incrociò le braccia sul piano della scrivania e si
sporse verso di lui con un sorriso complice. “Da quanto è
arrivata in città?” Chiese con aria saputella.
“E lei che ne sa?” Ribatté cupo l’altro.
“Ho i miei informatori…” Si vantò l’uomo gongolante.
Edward sbuffò, chinando il capo. Inutile cercare di nascondere
qualcosa a quell’uomo, per quanto gli desse fastidio doveva
ammettere che Roy Mustang stava sempre un passo avanti.
“Due giorni fa.” Soffiò infine.
“E ti da il tormento, eh?” Insinuò Mustang divertito.
“Uff, sì…”
“Ha saputo del ballo, immagino.” Affermò Roy, tornando ad appoggiarsi alla spalliera.
“Ha visto gli inviti e Al, che non regge neanche il semolino, le
ha detto tutto!” Si lamentò il ragazzo sconsolato; nemmeno
sapeva perché stava dicendo quelle cose proprio al suo superiore.
“Che male c’è?” Fece allora l’uomo; Ed
lo guardò allibito. “Mi sembrava di aver capito che lei ti
piacesse…”
“Questo non l’ho mai detto.” Precisò l’alchimista d’acciaio.
“Se non ti piace, forse dovresti chiarire con lei.” Gli suggerì saggiamente il colonnello.
“Non ho detto nemmeno questo…” Rettificò Ed, sconsolato.
“Hai le idee un po’ confuse, ragazzo mio.”
Commentò ironico Roy; l’altro lo guardò malissimo.
“Parla bene, lei!” Sbottò il ragazzo, incrociando le
braccia. “Le basta schioccare le dita per avere intorno orde di
femmine pronte a zerbinarsi ai suoi piedi, ma io devo stare attento con
Winry!” Continuò con ardore. “Se non peso ogni
parola, quella mi smonta come un passaverdura!”
“Credo questo sia un motivo per cui dovresti invitarla al ballo.” Dichiarò il colonnello con calma.
Passò qualche minuto di silenzio in cui Edward scrutò il
vuoto con aria riflessiva e Roy osservò lui, aspettando
decisioni o reazioni.
“Come s’invita una ragazza al ballo?” Chiese infine
il giovane, tormentandosi l’elastico dei capelli, ma continuando
a non guardare l’interlocutore.
“Non importa come.” Rispose Roy, sollevando gli occhi e
scrutando malinconico la figura chiara di Riza alla sua scrivania.
“L’importante è farlo prima che lo faccia un
altro…”
“Eh?!” Fece perplesso Ed. “Quale altro?”
“No, scusa, mi ero distratto!” Si riprese subito il
colonnello. “Veniamo a noi.” Continuò, cambiando
argomento con urgenza. “Questo rapporto fa schifo, Acciaio,
è pieno di errori di grammatica e la tua calligrafia è
peggio delle zampe di gallina…”
“Grrr…” Mai, si ripromise Ed, mai mostrare il fianco
al colonnello, quello era un artista nell’approfittarsi delle
debolezze altrui. Bastardo!
Roy, nel frattempo, sorrideva soddisfatto. I battibecchi con Acciaio lo
mettevano sempre di buonumore e per un attimo poteva non pensare ai
suoi, di crucci. Anche se gli bastava alzare la testa dai documenti,
per sapere che non sarebbe durato a lungo. Lei e i suoi capelli biondi
erano lì a ricordarglielo.
Era inutile stare a piangersi addosso per i recenti sviluppi della sua
vita sentimentale, si disse un giorno Roy. Non si sarebbe presentato da
solo al ballo, facendo la figura del fesso davanti ad un trionfante
maggiore Paul con al braccio… No.
Il problema, adesso, era tutto nel trovare una ragazza da portare con
se. Ce ne sarebbe voluta una abbastanza carina da essere alla sua
altezza, ma non appariscente. Una poco impegnativa, ma abbastanza
intelligente da non farsi illusioni. Una che gli facesse fare una bella
figura, senza obbligarlo a starle appiccicato tutta la sera.
Perché lui, alla festa, avrebbe avuto altre situazioni da tenere
sotto controllo. Ecco, ci voleva una così.
Ma dove trovarla… La risposta forse era proprio nel corridoio
del comando che stava percorrendo in quel momento, nel cenno di saluto
che qualcuno gli aveva appena fatto.
Mustang si girò d’impeto, costringendo il tenente Hawkeye, che lo seguiva, a fermarsi sorpresa.
“Amelia.” Chiamò l’uomo e la ragazza che avevano appena incrociato tornò sui suoi passi.
“Mi dica, Colonnello.” Fece poi, accondiscendente come sempre.
Roy le si avvicinò con un sorriso. “Qualcuno l’ha
già invitata al ballo?” Le domandò a bruciapelo,
dimenticando lo stile ossequioso che di solito le riservava.
Amelia spalancò gli occhi incredula. Lo stava chiedendo proprio
a lei? Oddio, ora sveniva… Un attimo, però, si disse la
giovane segretaria, spostando lo sguardo. Lo stava facendo davanti al
tenente? Cos’era questa storia? Aveva sempre creduto che loro
due…
“No…” Rispose però, timidamente.
“Bene.” Fece lui compiaciuto. “Le piacerebbe venirci con me?” Le propose quindi.
Oh, mamma mia! La ragazza era assolutamente allibita. Non pensava che
un uomo come il colonnello Mustang potesse mai interessarsi ad una come
lei. Ma era comunque perplessa. Continuava a guardare Riza, poi Roy e
di nuovo la donna, che sembrava impassibile.
“Amelia?” La richiamò l’uomo e lei
tornò a dedicargli la sua attenzione. “Deve rispondere a
me, non al Tenente.”
“Oh! Ah, mi scusi…” Balbettò lei arrossendo.
“Mi farebbe davvero molto piacere, Signore.” A quella
risposta affermativa, lui le sorrise con dolcezza.
“Allora, siamo d’accordo?” Soggiunse Roy, lei
annuì. “Mi faccia sapere di che colore è il suo
vestito e poi ci accorderemo per quando dovrò venire a
prenderla.”
“S… sì…” Rispose meccanica la ragazza, senza riuscire a non lanciare occhiate al tenente.
“A più tardi, Amelia.” La salutò quindi il
colonnello, prima di darle le spalle e proseguire. Lei però non
lo guardava più, disinteressata al pur splendido panorama
posteriore dell’uomo. La segretaria aveva gli occhi
negl’occhi di Riza.
Era lo sguardo di due donne intelligenti. Amelia sapeva di non essere
all’altezza del colonnello, ma sembrava che quell’occhiata
del tenente significasse che glielo affidava con fiducia. Lei
annuì e Riza sorrise, prima di seguire Roy in un’altra
giornata di lavoro.
Il vestito era perfetto. Color blu cobalto scuro. Scollatura non troppo
profonda sul davanti, più ampia sulla schiena, spalline sottili
che s’incrociavano dietro. Gonna ampia che lambiva il pavimento.
Le donava. Era tanto che non si sentiva così bella. Era tanto
che non si sentiva così… triste.
Riza, quella sera, aveva usato particolare cura nel prepararsi, non
perché lo volesse davvero, ma soprattutto per non pensare. Anche
cercando di rimettere insieme i pezzi che avevano condotto alla
situazione attuale, non riusciva a darsi una spiegazione esauriente.
Lei stava uscendo con un uomo. Bene. Un uomo piuttosto bello,
affascinante, comunicativo, estroverso e anche abbastanza esplicito. Un
uomo che non le nascondeva il desiderio che provava nei suoi confronti.
Garbato, intelligente, che probabilmente provava davvero qualcosa per
lei. E lei? Non riusciva proprio a lasciarsi andare.
Si diede della stupida. Aveva qualcosa che non andava, di sicuro.
Cominciava a pensare di essere difettosa dal lato emotivo. Ogni volta
che Anthony aveva uno slancio verso di lei, riusciva a respingerlo con
un atteggiamento decisamente freddo. Non riusciva proprio a
sciogliersi. Ma come faceva, se la sola idea di abbandonarsi a lui la
faceva sentire come una gelatina appena uscita dal frigo? Che cosa le
serviva per scaldarsi un po’?! Forse era priva di qualsiasi forma
di erotismo…
No, questo no. Perché c’era, qualcosa che la faceva
bruciare come una donna dovrebbe davanti ad un uomo che le piace.
Pensò ad un paio di occhi scuri che potevano essere glaciali e
calcolatori ed un attimo dopo ardere a freddo, sciogliendo qualsiasi
resistenza.
Scrollò il capo sconsolata. I sogni erotici sul colonnello era
meglio riporli sul fondo di un grosso baule, poi coprirli di mattoni,
chiudere con un catenaccio ed un grosso lucchetto e buttarli in qualche
canale di scolo. Salvo poi scoprire, nel momento meno opportuno, che si
erano liberati di nuovo. Malefici e immortali.
Riza finì di aggiustarsi i capelli e poco dopo suonarono alla
porta, era sicuramente Anthony. Lei prese un corto giacchino di lana
candida e lo raggiunse in macchina. Il maggiore le aveva portato un
piccolo bouquet di fiori da mettere al polso. Le baciò la mano e
glielo mise, lei lo ringraziò con un sorriso. Il ballo
dell’esercito li aspettava.
Roy entrò nel salone tenendo al braccio Amelia. La ragazza
indossava un semplice ed elegante vestito giallo pallido. Il colonnello
le aveva personalmente appuntato il bouquet di fiorellini viola alla
scollatura. Lui, invece, portava l’alta uniforme, come era solito
fare in certe occasioni.
Affermare che ci sembrava nato dentro era poco. Quando la sua
accompagnatrice lo aveva visto era rimasta priva di voce per qualche
secondo. Quel tipo di abbigliamento risaltava le doti naturali di Roy:
la sua eleganza innata, il suo portamento, quel fascino non
appariscente ma inevitabile. Molte signore, quella sera, si pentirono
di essere state un po’ distratte.
Il salone dove si sarebbe svolto il ricevimento era in condizioni
perfette: il pavimento era lucidato a specchio, i lampadari di
cristallo brillavano, illuminando a giorno la sala. L’orchestra
era stata sistemata in un palco sul fondo, davanti ad un drappeggio di
tende rosse. I tavoli per la cena erano stati disposti in una sala
più piccola, adiacente a quella del ballo, dove, però
avevano allestito un tavolo per i rinfreschi. L’atmosfera era
piacevole ed accogliente.
Riza e Anthony arrivarono quando c’era già un certo
movimento. La ragazza, in modo del tutto istintivo, si guardò
subito attorno. Non le fu difficile individuare il colonnello Mustang.
Lui era… perfetto come sempre e Amelia, che lo accompagnava, era
davvero molto carina con quel vestito. Riza represse una lieve fitta di
gelosia e rimorso, chinando gli occhi.
“Andiamo al tavolo?” Le domandò Anthony, attirando
la sua attenzione; lei annuì, ma mentre lo seguiva non
riuscì a trattenersi dal lanciare un’altra occhiata a Roy.
Poco dopo arrivò anche un riluttante Edward con al braccio
un’entusiasta e trionfante Winry, radiosa nel suo vaporoso
vestito rosa. Si prospettava una serata interessante.
CONTINUA
Risposte in ordine quasi casuale:
MistralRapsody – Beh, a volte è facile farsi sfuggire delle storie,
bisogna stare attenti! Eheheh! Sono felice che invece sei incappata
nella mia e che ti sia piaciuta! Anthony a volte è un po’ spocchioso,
in effetti, però io come autrice l’ho rivalutato scrivendo. Amelia la
adoro. Punto. E Roy è entrato di prepotenza tra i miei dieci personaggi
maschili preferiti!
Winry4ever – Vedi che Anthony migliora?
Nemmeno io sono una sua grande fan, ma magari ha le sue ragioni per
fare quel che fa. Roy starà bene, dai. Forse non subito… ma si
riprenderà. Ah, mi spiace, come hai visto quella scena non era
prevista, chissà magari in un’altra ff. Grazie di tutto, per i
complimenti e per i preferiti!
_mame_ - Eh, lo so che è
divertente far soffrire i nostri beniamini (parla una che ha
praticamente strappato o’ core a quello che dichiara essere il suo
personaggio preferito in assoluto…). Eh, la scena del poligono la adoro
anch’io! Non voglio dire nulla sul finale, ma amo troppo quei due per
farli patire in modo esagerato! ^__-
SteelRose Alchemist – Oh,
mamma mia! Addirittura capolavoro! Sei troppo gentile! Beh, è una
soddisfazione essere riuscita a convincere anche una fan delle RoyEd.
Quando riesco a dare anche solo un po’ di divertimento e di emozione,
sono contenta. Grazie ancora per i complimenti anche troppo grossi e
spero che seguirai la storia fino alla fine.
fumiko – Grazie!
Anche io penso che siano perfetti insieme! Come hai visto in questo
capitolo, le malinconie non sono finite, ma c’è ancora spazio per
salvare la situazione. ^__-
kawai79 – Ma grazie! Sono davvero
felice che il capitolo 3 abbia coinvolto così tanto chi lo ha letto!
Viene voglia di consolarlo, il nostro Roy, eh? Ma non disperate, il
Colonnello è pieno di risorse! Non ti preoccupare del ritardo, tanto
anche io ero fuori e quindi non ho potuto leggere! ^__-
Lyla –
Ma siete tutte esagerate con i complimenti! Davvero, non me li merito,
grazie, mi fate arrossire! Trovi che ho caratterizzato bene Roy? Che
sia addirittura perfetto? Mamma mia… Non so se questo Roy sia come dici
tu, però io mi sono impegnata a “disegnarlo”, non volevo che risultasse
sforzato e ci tenevo a mantenere il suo fascino, perché lo adoro, è
così attraente… Non credo di essere un gran genio delle trame, però se
poi risultano scorrevoli e, in qualche modo, coinvolgenti, mi fa
tantissimo piacere. Ormai non manca molto alla fine e spero di non
deludere nessuno. Grazie ancora.
Shatzy – E veniamo a noi…
mamma mia, Shatzy, tu mi scrivi dei romanzi al posto delle recensioni!
Per riuscire a rispondere a tutto, analizzare tutti i punti che mi
proponi ci vorrebbe una serata di chat e non si finirebbe! Ho paura di
perdere qualcosa a risponderti così. Proviamo. Sul titolo ovviamente
hai ragione, hai colto il segno. Quanto alla scena del poligono,
ripeto, la adoro. Solo loro due potevano far diventare romantico un
posto del genere! La frase di Riza l’avevo pensata come riferita alla
pistola, ma sai che la tua interpretazione mi piace? Io, in effetti,
pensavo ad un riavvicinamento, però, non so, gli eventi mi sono un po’
sfuggiti di mano. Per un po’ sono stata in dubbio se mettere la scena
della scrivania nel 3, poi però gli eventi successivi, la pomata, la
finestra, erano più collegati ai fatti del capitolo 3 e mi sono convita
che era meglio metterla lì. Roy non morirà, tranquilla! Anche se ancora
ne deve passare qualcuna! Di quello che Riza e Roy provano alla fine
del capitolo se ne potrebbe parlare per ore, tu hai espresso benissimo
quello che anche io pensavo scrivendo. Bellissimo ciò che hai detto sul
loro rapporto, la penso alla stessa maniera. Alla fine ci siamo ormai
vicinissimi, ma non anticipo nulla. Ah, i cassetti di Roy! Beh, sono
dell’opinione che Riza sappia tutto di lui, che, da bravo e degno
rappresentate del sesso maschile, non saprebbe trovare da solo manco le
succitate mutande, anche se stanno nello stesso cassetto da trent’anni.
Quindi lei deve sapere tutto. Anthony. Beh, certo che come personaggio
ha un suo scopo, che non è chissà che di misterioso, solo serviva ai
fini della trama, ma nell’ultimo capitolo si scopriranno almeno le sue
vere intenzioni verso Riza e questo è tutto ciò che ho intenzione di
dire. Come hai visto, Ed è tornato alla grande e sarà con noi anche per
il finale. Ahahah, la Maratona! Ehhh, se ho detto che tornerà, tornerà…
Che altro dire, mi spiace se mi sono persa qualcosa per strada e ti
ringrazio di nuovo per i bellissimi commenti-autostrada, che apprezzo
tantissimo, devi saperlo. Mi raccomando non mancare sull’ultimo!
Oddio,
come farò a rispondervi dopo l’ultimo capitolo? Forse apro un post sul
forum, vi faccio sapere. Grazie ancora, siete troppo gentili, davvero
non lo merito. Un bacio grande!
|
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Capitolo 5 *** Salva l'ultimo ballo per me ***
dance for three - 5
Eccoci
qua. Come sempre, arrivata alla fine di un’avventura, mi prende
quel vago senso di malinconia, inevitabile quando si trae soddisfazione
da un lavoro. Succede anche a voi? Eggià…
Stavolta
non risponderò una per una alle recensioni che mi avete lasciato
(oddio, siete stati troooooopppppoooo buoni!!!!), non per pigrizia, ma
solo perché molti dei vostri dubbi saranno chiariti da questo
ultimo capitolo e poi perché non saprei davvero che dire per
rispondere ai vostri (per me esagerati) complimenti. Vi posso solo
dire: GRAZIE!!!!!!!
Per
me è un soddisfazione enorme, credetemi, enorme, essere riuscita
con questa storia senza troppe pretese a conquistare se non il
rispetto, per lo meno la stima di persone come voi. Grazie ancora! Mi
avete davvero commossa!
Cosa
altro dire? Non sono proprio soddisfattissima dell’epilogo, a voi
il giudizio. Spero che gradirete questo finale leggermente melenso.
Aspetto i vostri commenti e… tra qualche giorno controllate il
capitolo, perché penso che aggiungerò la risposta alle
recensioni finali in una postilla.
Grazie ancora a tutti, di cuore. Un bacio
Sara
5 - Salva l’ultimo ballo per me
Un paio d’ore
dopo, quando la cena era finita ed il ballo era nel vivo, Riza si
avvicinò al tavolo delle bevande. Anthony era andato in bagno e
lei ne approfittava per rinfrescarsi la gola.
“Complimenti, è un bellissimo vestito.” Le disse una voce ben conosciuta.
La donna si
voltò, per trovarsi davanti il colonnello che le sorrideva con
gentilezza. Lei abbassò gli occhi imbarazzata, cercando qualcosa
da guardare che non fosse il bellissimo uomo che aveva davanti. Averlo
di fronte, negli ultimi tempi, le dava una gran pena al cuore.
“Grazie…” Mormorò quindi.
“Sono belli
anche i fiori.” Continuò Roy, indicando il piccolo bouquet
di rose bianche bordate d’azzurro. “Glieli ha presi il
Maggiore Paul?”
“Certo.” Rispose Riza, osservando i fiori. “S’intonano col vestito…”
Vorrei che tu t’intonassi con me, come una volta… pensava lui, nel frattempo, con una certa tristezza. Non possiamo più ignorare questa cosa tra noi, Riza…
“Amelia è
deliziosa, stasera, davvero molto carina.” Riprese la ragazza,
lanciando un’occhiata alla segretaria, che conversava con alcune
persone dall’altra parte della sala.
“Già…”
Fece lui, seguendo il suo sguardo, ma tornò subito a guardare
lei. “È una donna molto intelligente e dolce,
l’avevo sottovalutata.”
“Lei sottovaluta sempre le donne, Signore.” Intervenne Riza con un sorriso.
Gli occhi di Roy si
fecero improvvisamente seri, fissandola. Erano scuri e profondi, pieni
di pensieri ed emozioni come non li vedeva dai tempi di Ishbal. Le si
svuotò lo stomaco davanti a quelle profondità e si
sentì scivolare via.
“Non ho mai sottovalutato lei, Tenente.” Le disse con un fremito nella voce.
Riza scosse il capo,
cercando di respingere quella nuova intromissione nella sua anima. Non
credeva che Roy fosse consapevole di quanto riusciva ad andare a fondo
dentro di lei, ma le faceva male e non poteva permetterglielo.
“Roy, io…” Balbettò la ragazza abbassando gli occhi.
“Io devo…” Tentò lui.
“Riza, tutto a posto?” Domandò una voce maschile alle loro spalle.
Si voltarono per
vedere il maggiore Paul che arrivava. Si portò accanto al
tenente e le circondò la vita con un braccio. Mustang
seguì con disapprovazione il gesto, poi alzò uno sguardo
ostile su Anthony, che rispose con aria seria.
“Allora, tutto bene?” Chiese ancora una volta Anthony, rivolgendosi di nuovo alla donna.
Lei lo guardò,
distogliendo finalmente gli occhi da Roy. “Sì, certo, ci
stavamo solo… salutando.” Rispose infine, incrociando
nuovamente lo sguardo dell’uomo dai capelli neri.
“Beh, buonasera,
Colonnello.” Salutò quindi il maggiore, poi si girò
verso Riza. “Che ne dici, balliamo?” Lei stentò un
attimo prima di voltare il capo, ma poi annuì sorridendo.
“Credo che anche lei dovrebbe invitare la sua dama,
Colonnello.”
A quell’invito,
Roy spostò gli occhi da quelli di Riza, tornati ancora su di
lui, a quelli di Anthony. “Stia certo che lo farò.”
Gli rispose duro.
“A più
tardi, Signore.” Soffiò Anthony, trascinando via la donna.
Ma questo non impedì un ulteriore capitolo del gioco di sguardi
tra lei e Roy. Un altro triste capitolo.
Il colonnello Mustang
prese con rabbia un bicchiere di champagne e lo bevve tutto in un
fiato. Aveva ragione Paul, perché diavolo continuava a perdere
tempo? Era meglio che ballasse con Amelia e la finisse di pensare a
Riza. Sì, ma come faceva se lei c’era? Non solo fisicamente, nella sala da ballo, ma nella sua mente, nel suo cuore. Riza esisteva,
solida, viva. E sentiva che, se l’avesse persa, i fantasmi
annidati nella sua anima sarebbero tornati fuori e, senza di lei, come
avrebbe fatto a respingerli?
A distrarlo dai suoi
pensieri fu una figuretta rosa che si avvicinò leggermente
traballante al tavolo e afferrò veloce un bicchiere di champagne
alla fragola. Roy la guardò preoccupato. Era,
all’apparenza, allegra, ma la sua gaiezza era senz’altro
dovuta all’alcool, perché i suoi occhi non erano proprio
vivaci. L’uomo le scostò delicatamente una ciocca di
lunghi capelli biondi dalla spalla e ci posò sopra una mano
calda.
“Winry…” Chiamò piano; la ragazzina sussultò appena, volandosi.
“Oh, Colonnello,
buonasera!” Salutò quindi, con allegria etilica. “Ha
sentito quant’è buono questo coso alla fragola?”
“Winry, quanti
ne hai bevuti di quelli?” Le domandò con tono paterno, non
poteva permettere che quella ragazzina si ubriacasse.
“Eh…
ecco… due o tre…” Balbettò incerta lei.
“…forse… cinque…” Roy roteò gli
occhi, era già bella che partita, questi adolescenti!
“Tesoro…”
Riprese gentile l’uomo, sfilandole il bicchiere di mano, Winry lo
guardò male. “…adesso è meglio se vai a
prendere una boccata d’aria…”
“No!” Si
oppose la ragazza, stringendo i pugni. “Lo so io cosa è
meglio!” Dichiarò quindi, mentre lui la fissava
sbalordito. “Sarà meglio che quell’idiota patentato
di Edward Elric si decida ad invitarmi a ballare, sennò…
sennò… Questo è un ballo, no? E allora
perché io non ballo, eh? E dove cavolo si è ficcato quel
coniglio di Ed?! Si può sapere?!”
Ah, ecco qual era il
problema! Quando beccava Acciaio gli faceva un culo come una rosa!
Mollare quella povera ragazzina da sola, in balia dello champagne alla
fragola! Senza contare che, vestita a quel modo, era davvero deliziosa
e, in quello stato, poteva fare brutti incontri. Si guardò
intorno e, per fortuna, vide Shieska a qualche metro da loro.
“Aspetta qui,
cara, che vado a cercarlo.” Le disse, tenendola delicatamente per
le spalle. “Adesso ti porto da Shieska e andate un po’
fuori sul balcone, ok?” Winry annuì. “A Ed ci penso
io…” Lei annuì ancora, con sguardo fiducioso e Roy
l’accompagnò dall’altra ragazza.
Affidata Winry
all’amica, finalmente poté dedicarsi ad Amelia, che, dopo
aver seguito la scena, lo aspettava con un sorriso. Era vero, aveva
proprio sottovalutato quella ragazza, era una che capiva le cose e non
era giusto che la trascurasse così.
“Tutto a posto?” Gli domandò lei, quando l’uomo la raggiunse.
“Sì, ha solo bevuto un po’ troppo.”
“Oh, poverina…”
“Balliamo?”
Le propose però lui, distraendola dall’osservazione di
Winry e Shieska. Amelia annuì sorridendo, gli porse la mano e si
fece portare al centro della sala.
Passò circa
un’ora, durante la quale si susseguirono balli e pause. Edward
non si fece vivo, almeno sulla pista. Il colonnello, però, si
era praticamente dimenticato della vicenda, poiché ogni volta
che alzava gli occhi sugli altri ballerini, si trovava ad incrociare
quelli di Riza, la qualche, ovviamente, li chinava subito quando si
accorgeva che lui la guardava.
La faccenda
andò avanti per un po’ e la donna, infine, si
stancò. Era spossante dover evitare quegl’occhi e aveva
paura che Anthony se ne accorgesse. Approfittò di una pausa per
dire al suo accompagnatore che andava alla toilette e si
allontanò veloce.
Il colonnello Mustang,
in quel momento, si era fermato per bere ed era accanto al solito
tavolo con Amelia. Quando vide Riza staccarsi dal maggiore e prendere
la via per i bagni, pensò che doveva approfittarne,
c’erano cose che voleva chiarire in tutti i modi. Stava per dire
alla sua dama che andava in bagno, ma si rese conto che non poteva
mollarla di nuovo.
“Colonnello…”
Lo chiamò qualcuno alle sue spalle; si girò e vide Havoc.
Ah, per una volta il sottotenente giungeva a proposito! “Il
Comandante…”
“Jean Havoc!” L’interruppe però il suo superiore, stupendolo.
“Sì?” Fece il ragazzo perplesso; Roy lo prese per un braccio, portandolo accanto a se.
“Sottotenente Jean Havoc le presento la signorina Amelia Rose.” Fece il colonnello con un sorriso.
Lo sguardo dei due
giovani s’incontrò. Lei sorrise e chinò gli occhi,
arrossendo appena. Lui si grattò la nuca imbarazzato. Era un
buon inizio, pensò Mustang.
“Posso lasciarvi
un attimo da soli?” Fece l’uomo, ponendosi tra i due e
tenendoli entrambi per un braccio, come ad unirli. “Dovrei andare
alla toilette.”
“Ma prego…” Mormorò Amelia.
“Faccia pure…” L’assecondò Havoc.
“Bene!” Esclamò soddisfatto Roy, prima di lasciarli e incamminarsi un po’ troppo velocemente.
Dopo qualche secondo
d’imbarazzo e risatine nervose, Amelia alzò gli occhi in
quelli di Jean. Era carino. Begl’occhi blu. Magari aveva
un’aria un po’ imbranata, però…
“Così lei collabora col Colonnello Mustang…” Buttò lì, per intavolare una conversazione.
“Eh, sì…” Rispose Jean, cui mancava disperatamente una sigaretta.
“È una
persona speciale, eh?” Lui annuì non proprio convinto.
“Com’è lavorare con lui?” Gli chiese quindi.
“È… ecco, è… avventuroso…”
“Addirittura…”
Roy era di fronte
all’elegante porta imbottita che conduceva al corridoio dei
bagni, indeciso. Quando allungò la mano per afferrare la
maniglia, la porta, con un soffio, si aprì verso l’interno
e Riza uscì fuori a testa bassa.
La donna alzò
gli occhi e si trovò davanti il volto leggermente sorpreso
dell’uomo. Non riuscì ad evitarsi un forte tuffo al cuore
e, nel tentativo di impedire una conversazione come la precedente,
abbassò di nuovo il capo e fece per superare Mustang.
“Riza,
aspetta!” La richiamò però lui, allungandosi nel
tentativo di afferrarla; non ci riuscì, ma la ragazza si
voltò, colpita dalla confidenza in quelle parole.
“Che cosa vuole,
Colonnello?” Gli domandò quindi e quella nota di
disperazione nella sua voce non sfuggì all’uomo.
“Perché?” Le chiese Roy, avvicinandosi con sguardo tormentato.
“Perché
cosa?” L’interrogò lei, mentre sentiva un improvviso
tremito che risalendo dalle mani le invadeva tutto il corpo.
“Perché sei venuta al ballo con lui?” Le porse la domanda, fermandosi proprio davanti a lei.
Erano uno davanti
all’altra, a solo un paio passi di distanza. Riza sentiva il
calore emanare dal corpo di Roy, il suo respiro la raggiungeva,
provocandole profondo disagio ed emozione. Lui la guardava
negl’occhi, avvertiva il profumo dei suoi capelli sciolti, quasi
gli sembrava di sentire il battito accelerato del suo cuore. O forse
era il proprio, che gli rombava in petto.
“Perché
lui me lo ha chiesto prima…” Rispose infine la donna,
ostentando una freddezza che non possedeva in quel momento. Perché tu non me lo hai chiesto prima…
“Questo non
conta!” Esclamò Mustang, battendo un pugno sul muro
accanto a lei; cosa che li avvicinò ancora di più.
“Non
conta?” Replicò la donna. “Non conta? Solo quello
che vuoi tu conta, è vero?” Lui, che non si aspettava
quella reazione, spalancò gli occhi e si scostò di un
passo.
“Che vuoi dire…” Mormorò confuso.
“Voglio
dire… perché sarei dovuta venire con te, sempre che tu ti
fossi deciso a chiedermelo prima o poi, per starmene lì, in un
angolo, con la mia uniforme, a guardarti ballare con
un’altra!” Riza gli gridò questo con rabbia, mentre
i suoi occhi diventavano lucidi.
Roy, sempre più
perplesso e addolorato, la guardava aggrottando la fronte, rendendosi
conto di non conoscere affatto quella donna che proclamava di amare,
che lei gli aveva sempre nascosto una parte importate della sua anima.
E lui voleva sapere ogni cosa, voleva scoprire i suoi lati oscuri, come
lei conosceva i suoi.
“Riza,
io…” Riprese con rammarico. “…io non volevo
che mi accompagnassi come Luogotenente, volevo… volevo che tu
fossi la mia dama, che indossassi questo vestito per me…”
Le confessò, per una volta sincero.
La donna, indignata,
si sottrasse a lui con un movimento fluido, dandogli le spalle. Non
poteva permettersi di fargli vedere le proprie lacrime, quelle che
versava per lui.
“Avresti dovuto
chiedermelo prima.” Gli rimproverò dura. “Sarebbe
bastato un giorno… sarebbero bastate poche ore…”
“Riza…” Tentò l’uomo, allungando una mano, ma lei si girò di scatto.
“No.”
S’impose, negando col capo. “Adesso è troppo tardi,
Roy.” Lui si sentì gelare da quelle parole. “Se non
sbaglio c’è qualcuno che ti aspetta di là e…
aspettano anche me.”
Mustang sospirò
e rilasciò le braccia lungo i fianchi. Aveva ragione, era tardi.
E c’erano troppe cose tra di loro. Se questa conversazione
continuava rischiava di perderla per sempre.
“Buonasera, Colonnello.” Lo salutò Riza, prima d’incamminarsi verso la sala.
Roy, nonostante quello
che si era detto fino ad un attimo prima, non riuscì a
trattenersi e, stavolta, fece un lungo passo verso di lei e la prese
per un polso obbligandola a voltarsi. Nella furia del gesto,
l’uomo afferrò anche il bouquet, che si disfece. I fiori
si ruppero ed i petali bianchi piovvero a terra in un triste valzer.
Entrambi li seguirono
con lo sguardo mentre cadevano, poi alzarono il capo e si guardarono.
Avevano tutti e due gli occhi lucidi. L’espressione di Riza era
triste e arrabbiata, quella di Roy rammaricata e confusa. La donna
sfilò la mano dalla presa di lui.
“Scusa…” Sussurrò il colonnello.
“Lascia stare…” Replicò lei scuotendo la testa, poi si allontanò senza dire altro.
Roy restò
qualche minuto in quel corridoio semibuio a commiserarsi, guardando i
petali bianchi sparsi sulla moquette scura. Ogni cosa che faceva
sembrava portarlo più lontano da Riza, si sentiva smarrito.
Temeva non ci fosse modo di rimediare.
La porta dietro di
lui, ad un tratto, soffiò di nuovo, aprendosi. Mustang si
voltò e vide Edward uscire con espressione, strano per lui,
timorosa. Si guardarono negl’occhi per un attimo, poi abbassarono
subito il capo, entrambi imbarazzati.
“Hai sentito
tutto?” Domandò il colonnello, mettendosi dritto e
dignitoso come un vero soldato deve sempre essere, soprattutto nei
momenti di difficoltà.
“Sì…” Ammise Ed sconsolato.
“Bene.” Annuì un compito Roy, guardando da tutt’altra parte.
“Mi
dispiace…” Affermò tristemente il giovane
alchimista, sembrando veramente addolorato. “È una brutta
situazione.”
“Hm…”
Fece l’uomo con un’alzata di spalle. “Mi ci sono
cacciato da solo, quindi penso che dovrò tentare di uscirne allo
stesso modo.”
“Davvero, sono molto dispiaciuto.” Rincarò il ragazzo.
“Ti ringrazio
per la solidarietà, Acciaio, ma preferirei tentare di sollevarmi
da questo lago di letame in solitudine.” Replicò amaro il
colonnello.
“Beh, allora, se
è così… la lascio…” Dichiarò
mesto Ed, superando Roy con un’ultima occhiata preoccupata.
L’imbarazzo, comunque, lo vinse ed evitò di guardarlo
ancora.
“Ah,
Edward.” Lo richiamò però il superiore,
sorprendendolo, perché non lo chiamava quasi mai per nome.
“Sì?” L’interrò il ragazzo, dopo essersi girato verso di lui.
“Non essere
stupido come me.” Gli consigliò, facendogli aggrottare le
sopracciglia. “C’è una ragazza molto carina, di
là, con grandi occhioni blu e un bel vestito, ha bevuto un
po’ troppo, ma credo che se tu la invitassi a ballare ne sarebbe
molto felice.”
Edward spalancò
la bocca in un sospiro colpevole, poi ripensò al modo indegno in
cui aveva abbandonato Winry e chinò gli occhi.
“Grazie, Colonnello.” Disse infine, consapevole delle sue colpe e pronto a rimediare.
“Di nulla,
Acciaio.” Incassò l’uomo, con un cenno umile.
“Fatti valere, non prendere esempio da me, se te la lasci
scappare, poi te ne pentirai.”
Il ragazzo
annuì, guardandolo entrare dalla porta dei bagni con aria
abbattuta, ma pur sempre rivestito del suo contegno da militare. Ed,
quindi, prese un lungo respiro. Basta errori, per quella sera, si
disse, prendendo spedito il corridoio che conduceva in sala.
Il colonnello Mustang
tornò in sala quasi mezz’ora dopo averla lasciata. Era
rimasto in bagno a riflettere, guardandosi allo specchio e dandosi
dello stupido. La situazione sulla pista da ballo si era, nel
frattempo, evoluta.
Edward e Winry
ballavano piano, al ritmo di una musica ormai lenta e dolce, che si
accordava con la stanchezza degli utenti e dei ballerini a fine serata.
Lui era un po’ più basso e la ragazza, per poggiare il
capo sulla sua spalla, si doveva piegare un modo un po’ strano,
ma dal sorriso sulle sue labbra si sarebbe detto che non le costava
troppo. Erano proprio una bella coppia, pensò Roy.
Spostando lo sguardo,
il colonnello incontrò un’altra coppia, a dire il vero un
po’ più impacciata, ma altrettanto carina. Havoc e Amelia
erano un po’ più spostati verso le grandi finestre e
tentavano di ballare, pestandosi reciprocamente i piedi ad ogni passo,
tra scuse e sorrisi. Si erano proprio trovati, quei due, lo sapeva che
sarebbero andati d’accordo.
Roy sbuffò un
sorriso. “Sembra che qualcosa di buono, alla fine, stasera
l’ho fatto…” Commentò scuotendo il capo.
Non vide Riza. A dire
il vero non la cercò nemmeno. Non voleva vederla con lui.
Pensò di andare via, ma poi si diresse verso la sala del
banchetto e sedette ad un tavolo vuoto. La bottiglia di champagne, per
fortuna, non era vuota. Per l’ennesima volta, nella sua vita,
pensò di tendere pericolosamente all’alcool…
Era passata
mezzanotte, quando Anthony e Riza decisero di andare via. L’uomo
sembrava particolarmente stanco e annoiato e lei, dopo lo scontro con
Roy non era certo dell’umore migliore.
I due ufficiali,
allora, ritirarono i soprabiti al guardaroba e si diressero al
parcheggio. La notte era umida e fredda, non c’era la luna e una
nebbia fine e bianca aveva cominciato ad alzarsi dai canali.
Il maggiore Paul
precedeva il tenente Hawkeye e lei si domandava il perché di
quell’atteggiamento; lui, difatti, non era mai stato un tipo
distaccato, ma quella sera sembrava distratto, pensieroso.
Giunti nel parcheggio,
Riza lo vide fermarsi e lei fece altrettanto. Tra le auto parcheggiate
s’intrufolava già la lieve nebbia. La donna
rabbrividì, guardando le ampie spalle contratte del suo
accompagnatore.
“Che cosa facciamo, adesso?” Le domandò l’uomo senza voltarsi.
“Non capisco, Anthony…” Mormorò perplessa lei. “Andiamo a casa?”
“E, stasera, mi farai salire?” Replicò Paul, girandosi verso Riza.
La donna si
gelò sul posto, lo guardò negl’occhi confusa, poi
prese un lungo respiro. “Anthony io… ecco,
io…” Balbettò quindi.
“Tranquilla.” Fece lui scrollando il capo, con espressione arresa ed un sorriso triste. “Lo so.”
“Che cosa vuoi dire?” L’interrogò la donna, insospettita.
“Andiamo…”
Rispose lui, levando per un attimo gli occhi al cielo, per poi
riposarli su di lei. “Non sono stupido, tu stasera hai parlato
con me, cenato con me, ma avevi la testa altrove. Ballavi con me, ma
desideravi le braccia di un altro.” Riza non poté che
restare in silenzio, fissandolo attonita. “Non mi hai detto cosa
è successo ai tuoi fiori.” Riprese lui poi, indicando il
polso ormai sguarnito della donna.
Anche lei lo
guardò, sollevandolo appena, quindi cercò di nuovo gli
occhi di Anthony. “Solo un incidente…”
“Sì, un
tamponamento col Colonnello Mustang…” Affermò
ironico il maggiore; lei, a quella parole, trasalì. “Cosa
vi siete detti?” Le chiese poi, con garbo.
“Niente di particolare.” Rispose Riza, cercando di tornare lucida.
“Non credo, o non saresti così turbata.” Soggiunse l’uomo.
“Ti garantisco che tra me ed il Colonnello non c’è niente.” Si sentì di precisare la donna.
“Di concreto,
forse no.” Ribatté lui, mentre si girava verso destra,
mettendosi ad osservare il canale che scorreva vicino al parcheggio.
“Ma non è me che stai rassicurando con questa
frase.” Aggiunse definitivo, lanciandole un’eloquente
occhiata.
Trascorse qualche
minuto di silenzio. Anthony continuava a guardare il buio nebbioso di
quella notte. Riza, invece, avvertiva il freddo entrarle nelle ossa.
Non si era mai sentita messa in difficoltà come quella sera. Lei
era sempre stata una donna forte, indipendente, che prendeva le
decisioni da sola, senza bisogno di troppi consigli; le sue uniche
incertezze, i soli logoranti dubbi, glieli aveva sempre regalati il suo
rapporto con Roy Mustang. Riza era una donna troppo razionale e
intelligente, però, per permettersi di cedere ai suoi sentimenti
verso di lui, troppo ligia al dovere per compromettergli la carriera.
La sua, di carriera, al limite, poteva anche essere sacrificata, ma non
quella del suo superiore.
Ma Riza, fino a quella
sera, non aveva mai avuto la consapevolezza che sarebbe bastata una sua
sola parola, per far esplodere la passione. Quella notte gli occhi di
Roy non avevano mentito guardandola, non si erano nascosti dietro al
dovere e al grado e lei non si era mai sentita così debole,
così pronta a cedere. Povero Anthony!
“Sai…”
Fece l’uomo, rompendo finalmente il silenzio. “…sono
sempre stato un rubacuori, io, fin dai tempi della scuola.” Le
raccontò senza guardarla. “Mi piace corteggiare le donne,
vedere l’effetto che gli faccio.” Continuò, mentre
tornava a girarsi verso di lei. “Ma non pensavo di andare tanto
lontano da casa e trovare una donna che lo rubava a me, il
cuore.” Confessò sincero.
“Oh, Anthony…” Mormorò rammaricata lei; il maggiore si avvicinò.
“Forse, per via
della mia condotta col genere femminile, avevo delle colpe da scontare,
altrimenti non capisco perché mi sia innamorato della donna di
un altro…” Affermò mesto.
“Io non
sono… la donna di nessuno…” Tentò il tenente
in un moto d’orgoglio. Lui sorrise benevolo.
“Oh, Riza, forse
ancora non te ne sei resa conto, ma è così.”
Dichiarò Anthony, dolce, ma con tono inconfutabile.
“Che cosa succede, ora?” Domandò infine la donna, dopo qualche attimo passato a guardarsi negl’occhi.
Anthony chinò
il capo, mantenendo il suo mesto sorriso. “Niente. Io riparto, la
settimana prossima torno a casa.” Le disse.
“Oh…” Commentò soltanto la donna.
“Vorrei,
però…” Riprese l’uomo, fissandola
intensamente. “…poter portare con me almeno un tuo
ricordo, un bacio.”
Riza sorrise e annuì. “Questo si può fare.”
Si avvicinarono, lui
le prese il viso tra le mani e carezzò le sue guance morbide con
i pollici, quindi si piegò su di lei, posando le proprie labbra
sulle sue, in un contatto soffice. Fu un bacio breve e dolce. Quando si
lasciarono lui guardò altrove e lei arrossì appena.
“Credi
che…” Mormorò quindi il maggiore, sempre con lo
sguardo rivolto alla notte. “Potresti tornare da sola? Io…
io preferirei andarmene…”
Riza sorrise
tristemente e abbassò il capo. Capiva il suo turbamento e si
sentiva anche un po’ in colpa, per non essere riuscita a
ricambiarlo.
“Stai tranquillo.” Lo rassicurò quindi. “Torno dentro e mi faccio chiamare un taxi.”
“Grazie.” Rispose immediato l’uomo, con un certo sollievo.
“Non
c’è proprio niente di cui devi ringraziarmi,
Anthony.” Replicò la donna, ancora imbarazzata da tutta la
situazione.
“Verrai a salutarmi?” Le chiese infine lui, prima di andarsene.
“Ci puoi contare.” Assicurò il tenente con un sorriso, lui annuì.
“Buonanotte, allora.” La salutò poi.
“Buonanotte.”
Rispose Riza, quindi lo guardò andare via velocemente, con un
ultimo cenno di saluto, prima di sparire tra la nebbia.
Riza, rimasta sola,
sospirò profondamente e poi si appoggiò di spalle contro
il fianco di un’automobile parcheggiata. Doveva ancora riordinare
le idee su quello che era successo. Rabbrividì per il freddo e
si strinse nella giacca bianca, che non si era infilata ma aveva sulle
spalle.
“Non posso
credere che l’abbia lasciata qui da sola.” Affermò
una voce familiare, con tono quasi scandalizzato.
Riza alzò gli
occhi e fece un breve sorriso a Roy che si stava avvicinando. Non
ripensò alla discussione che avevano avuto, perché le
faceva piacere che fosse arrivato.
“Mi creda, ha le
sue buone ragioni per farlo.” Replicò poi. “Ci
osservava da molto?” Gli chiese poi, memore delle esperienze
passate. Lui scrollò le spalle.
“So che i miei
precedenti non depongono a mio favore, ma, mi creda…”
Rispose il colonnello con un sorrisetto senza ironia.
“…sono uscito dalla sala soltanto un attimo fa, ho
visto… solo il bacio.”
Riza fece una smorfia buffa, levando gli occhi al cielo, mentre lui la raggiungeva, fermandosi a pochi passi da lei.
“Era un bacio d’addio.” Confessò la ragazza, guardando davanti a se.
Un bacio
d’addio? Roy non sapeva se esultare, ballare o che. Il primo
istinto sarebbe stato quello di abbracciarla e piangere dalla
felicità. Doveva controllarsi, però. Tossicchiò,
cercando di darsi un contegno. Ma cominciava a sperare che,
forse, i suoi timori fossero abbastanza infondati.
“È…
finita?” Domandò infine, con voce più stentata di
quanto avrebbe voluto. Riza gli dedicò un’occhiata
retorica.
“In
realtà… non credo che sia mai nemmeno iniziata.”
Affermò con un’alzata di sopracciglia.
Roy, sopraffatto
dall’emozione, con le gambe di ricotta e le mani che tremavano
affondate nelle tasche, non riuscì a fare altro che appoggiarsi
a sua volta contro la macchina, con un sospiro. Trascorsero qualche
minuto così, fianco a fianco, persi nella contemplazione del
vuoto.
“Mi deve
perdonare, Tenente.” Dichiarò ad un certo punto Mustang,
attirando l’attenzione della donna, che lo guardò.
“E per quale motivo, Signore?” Ribatté quindi, incuriosita.
“Perché sono un uomo complicato.” Rispose lui, alzando il viso verso il cielo scuro.
“È parte
del suo fascino.” Replicò però Riza, riportando i
suoi occhi su di se. “Se non lo fosse, non sarebbe più
lei.”
“Sì, ma la faccio soffrire.” Soggiunse Roy, fissandola negl’occhi con le sue iridi cupe come la notte.
“Io sto bene.” Annunciò però lei, con un sorriso. “Non sto soffrendo… adesso.”
Lo sguardo che si
scambiarono, fu sufficiente ad entrambi per capire che niente avrebbe
mai potuto alterare la magia tra di loro. Il parlarsi con gli occhi. Il
non aver bisogno di dire. L’Alchimia dell’Alchimista.
“Balliamo?” Propose allora Roy, scostandosi dall’automobile. Riza spalancò gli occhioni chiari.
“Ma, Signore, qui? In un parcheggio?!” Esclamò piuttosto allibita.
“Chi l’ha
detto che per ballare ci vogliono una sala e un’orchestra?”
Proclamò lui tutto entusiasta, porgendole la mano.
“Beh, per lo meno la musica ci vorrebbe…” Precisò lei, ancora scettica.
“Oh, andiamo!
Non sia così pragmatica!” Fece l’uomo, invitandola
con un gesto. “La senta nella sua mente, la musica.” Le
consigliò poi, con tono dolce e convincente.
E Riza, infine,
sconfitta da quel tenero attacco, allungò la mano, che fu subito
catturata da quella di Roy. Nello staccarsi dalla fiancata,
però, le scivolò la giacca dalle spalle; lei la vide
cadere e guardò l’uomo.
“Così ho
freddo.” Affermò e fece per riprenderla, ma lui
l’attirò a se, stringendole il braccio intorno alla vita.
“Lasci stare, la scaldo io…” Sussurrò poi, a pochi centimetri dal suo viso.
La donna sentì
veramente come un fuoco divampare dall’interno del proprio corpo
e si domandò fino a che punto si spingessero le prerogative del
Flame Alchemist…
Iniziarono a ballare
un valzer lento e, fin dai primi passi, si trovarono in perfetta
sincronia, come se la musica nelle loro menti fosse la stessa,
ritrovando quell’accordo che per troppo tempo era sembrato
perduto. Piroettarono quasi senza peso sull’asfalto, con la
nebbia che danzava con loro, tra i loro piedi, formando sinuosi vortici
attorno alle pieghe dell’abito di Riza. Per tutto il tempo non
smisero di guardarsi negl’occhi.
Si fermarono dopo un
tempo che non seppero quantificare. Entrambi avevano un leggero
fiatone. La ragazza rabbrividì, sentendo il sudore gelarle sulla
schiena.
“Sta tremando.” Costatò Roy osservandola.
“Fa
freddo…” Rispose lei, con un sorriso forzato, per
l’emozione ancora forte e viva, ma anche per la temperatura di
quella notte quasi invernale.
Il colonnello sorrise
appena, con dolcezza, poi si scostò dalla donna e, con un gesto
fluido, si tolse il cappotto e glielo depositò sulle spalle.
Riza se lo strinse subito addosso, ristorata. E poi, era una sensazione
bella non solo perché ne aveva bisogno. Quel soprabito era
caldo, portava il tepore del corpo di Roy, il suo profumo. L’uomo
le sorrise di nuovo e lei rispose nello stesso modo.
“La ringrazio.” Gli disse poi.
“Di nulla.” Rispose lui. “Riza, io…” Riprese poi, dopo qualche istante di reciproco imbarazzo.
“Sì?” L’incitò lei.
“Io…”
Era chiaramente titubante, guardava ovunque fuori che nella sua
direzione. “Riza, io volevo dirti tante cose,
stasera…” Affermò infine.
“Lo so.” Fece la ragazza comprensiva.
“Vorrei solo che
potessi capire.” Mormorò a voce bassa, chinando gli occhi
e parlandole con sincerità. “Vorrei che tu vedessi cosa
c’è oltre i miei doveri, i miei silenzi, i miei…
fantasmi.” Io lo vedo,
avrebbe voluto dire Riza, ma preferì continuare ad ascoltarlo.
“Non sai quanto è dura la battaglia, tutti i giorni, con i
sentimenti, i dubbi e le colpe…”
“La conosco bene, quella battaglia, Roy.” Lo rassicurò il suo tenente. Lui sorrise mesto.
“Voglio solo che
tu ci sia, per combatterla insieme a me.” Le confessò
infine. “Tu ci sarai, Riza?” Domandò poi,
supplichevole.
E Riza fece una cosa
che lui non si sarebbe mai aspettato da una donna, di solito,
controllata come lei. Si avvicinò cauta, tolse le braccia
candide da sotto il cappotto, gliele passò intorno al collo e,
dopo essersi sollevata appena sulle punte, lo baciò. Con
passione. A lungo. Roy, ad un certo punto, perse ogni controllo,
l’abbracciò con forza e affondò nella sua bocca con
la stessa determinazione di un naufrago che si aggrappa ad un pezzo di
legno per non affogare. Lei rispose con una tenerezza che non credeva
di possedere, realizzando che avrebbe dovuto farlo molto prima.
Perché era perfetto come nient’altro.
Quando finì,
tutti e due avevano respiro e battito accelerati; si guardarono
negl’occhi, sorpresi e felici. Riza sorrise dolcemente.
“Non sono mai andata via, Roy.” Gli disse quindi, rispondendo alla sua precedente domanda.
L’uomo, preso
dalla foga e dall’emozione del momento, l’afferrò
per le spalle. “Oh, io ti…”
Riza, però, si sottrasse alla sua presa con garbo, interrompendolo. “Mi accompagneresti a casa?”
Roy sapeva cosa aveva
fatto. Aveva bloccato una dichiarazione repentina, fatta
sull’onda emotiva di quel magico istante, di cui avrebbe potuto
pentirsi, anche se non lo credeva. Dio, se lo conosceva bene! La
ringraziò mentalmente, aveva ragione: i tempi non erano maturi.
Le sorrise.
“Volentieri.”
Accettò, quindi, porgendole il braccio; lei lo prese con un
sorriso e s’incamminarono verso l’auto del colonnello,
scambiandosi uno sguardo complice.
Forse non era il tempo
per le dichiarazioni, ma di certo lo era per qualcos’altro. Una
dolce promessa dietro ad uno sguardo. La promessa di esserci per
sempre.
Epilogo
Qualche settimana dopo, al quartier generale.
Era una mattina di
sole, nonostante l’inverno fosse infine arrivato a Central City.
Il colonnello Mustang stava ricevendo i rapporti dal tenente Hawkeye,
osservandola compiaciuto e non capendo o memorizzando un beato cavolo
di quello che diceva.
Oh, se era bella quel
giorno! Negli ultimi tempi si ritrovava a pensarlo più spesso
del solito. Forse perché lei sembrava diventata più
consapevole, più donna. Sorrise sornione, chiedendosene
retoricamente il perché.
Si scambiarono,
infine, uno sguardo pieno di sottintesi, ma tenero e intimo, mentre lei
gli porgeva un ultimo foglio, spingendolo verso di lui con le sue dita
candide, che Roy avrebbe solo voluto prendere e baciare.
“E poi ci sarebbe questo, da firmare.” Gli disse con un sorriso.
Il colonnello prese la
scheda con nonchalance, rispondendo al sorriso, poi abbassò gli
occhi per leggerla. In un attimo la sua espressione si trasformò.
“Che cos’è?!” Domandò allarmato, alzando subito gli occhi su Riza.
“Il modulo
d’iscrizione alla Maratona di Central City.” Spiegò
tranquilla la donna, continuando a sorridere.
“Ehhhhh?!” Sbottò lui incredulo.
“Per gli
allenamenti possiamo cominciare domattina alle quattro.”
Affermò poi, distrattamente, il tenente, mettendosi a spulciare
una cartellina.
“Alle quattro?!” Esclamò Roy, strabuzzando gli occhi.
“Va bene.”
Soggiunse Riza comprensiva, con un sorriso materno, lui si fece
speranzoso. “Alle quattro e mezzo.” Concesse, con
l’espressione che diventava improvvisamente cinica.
“Ergh…” Si lamentò il colonnello, crollando sui rapporti da firmare.
“Su, su, non
faccia così!” L’incitò lei, mentre usciva
dalla sua stanza. “Ci aspetta molto lavoro, se vogliamo
vincere!”
Roy, quando la voce di
Riza si fu spenta nell’altra camera, sospirò sconsolato,
posando il mento sulla mano sollevata. Sapeva che lei, prima o poi,
gliel’avrebbe fatta pagare. Doveva averla fatta penare parecchio,
con il suo comportamento tormentato e indeciso degli ultimi tempi, se
Riza era andata a ritirare fuori quel suo accenno alla Maratona, per
altro chiaramente sarcastico…
Il principio dello
scambio equivalente, forse, valeva anche in quella circostanza. Lui
aveva fatto soffrire Riza e lei si rivaleva facendogli correre una
maratona. Ma, allo stesso tempo, Roy aveva sofferto, moltissimo, ed ora
era ripagato con la più dolce delle monete…
E allora, forse,
poteva anche faticare un po’ e fare la gara, se poi, alla sera,
distrutto dalla fatica, avesse trovato una buona cena ed un bagno
caldo. Una bagno da fare in compagnia, magari…
“Allora, lo
firmi o no, quel modulo?” Gli domandò una voce dolce
all’orecchio; Roy sussultò alzando gli occhi. Riza era
tornata lì e gli sorrideva.
Il colonnello fece un
sorriso, poi afferrò la sua stilografica e, con un gesto fluido
e deciso, virò la sua firma in fondo all’iscrizione. Il
tenente scosse il capo e prese il foglio.
“Sei proprio uno
sciocco.” Gli disse quindi, con una dolcezza tale che non
sembrava proprio un insulto. Lui la guardò sorpreso, mentre
usciva dalla stanza, appallottolava il modulo e lo buttava nel cestino
della carta.
Roy si lasciò
andare contro la spalliera, ridendo piano e scuotendo la testa. Quella
donna non avrebbe mai finito di sorprenderlo! E l’amava per
questo.
Riza gli lanciò
un ultimo, dolcissimo sguardo sorridente. Roy rispose allo stesso modo.
Non c’era niente che valesse quanto lei. Era stato stupido a
pensare che qualcuno potesse portargliela via. Solo ora, che la sua
protettiva presenza gli era così vicina, capiva che niente e
nessuno avrebbe potuto privarlo del suo amore. E così sarebbe
stato per sempre.
Ti amo, Riza. E te lo dirò presto. E, stavolta, non mi fermerai… Pensò Roy sornione, rimettendosi a firmare carte, prima che il suo tenente tornasse armato…
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