A dance for three

di CowgirlSara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - Il mondo è fatto a scale... ***
Capitolo 2: *** Galli, galline, cani, tappi e mosconi ***
Capitolo 3: *** La fortuna è cieca, ma la sfiga ha un'ottima mira ***
Capitolo 4: *** La danza delle coppie ***
Capitolo 5: *** Salva l'ultimo ballo per me ***



Capitolo 1
*** 1 - Il mondo è fatto a scale... ***


RIVALE - 1
Vi avevo promesso che sarei tornata, eheheh! Confesso che avevo iniziato questa storia già quando ero al termine dell’altra, ma tempo fa ho fatto giuramento di non postare nessuna ff prima essere moooolto prossima alla sua fine, ma ho già iniziato l’ultimo capitolo ed ho le idee piuttosto chiare, quindi vi posso concedere il primo! Anche questa non sarà una storia molto lunga, ultimamente ho osservato che mi vengono meglio le ff brevi.

Voglio, nell’occasione anche ringraziare le persone che hanno commentato “Rear Window”. Sono felice che vi sia piaciuta. Io ho amato le vostre recensioni, così precise e simpatiche. Vi aspetto anche adesso! RoyAi Forever!!!!

I personaggi di Full Metal Alchemist appartengono ai loro legittimi autori. Questa storia è scritta senza scopo di lucro.

Nessun Roy Mustang ha subito conseguenze permanenti dai maltrattamenti patiti in questo racconto.

Buon divertimento e arrivederci alle note finali!



 A Dance for Three 

(Un rivale per il colonnello)



1 – Il mondo è fatto a scale, c’è chi scende e c’è chi sale.


La macchina si fermò nel suo posto riservato alle otto e trenta precise, come ogni mattina. Ma quando alla guida c’era Riza Hawkeye non si poteva pensare il contrario. Il colonnello Roy Mustang scese composto, fresco di barba appena fatta e soddisfatto di sé. Si aggiustò il cappotto, rivestendosi di quell’algida sensualità che da sempre faceva sospirare il personale femminile del comando e venire travasi di bile ai colleghi maschi. Con un gesto del capo scostò la zazzera corvina dalla fronte, poi si stampò in faccia il suo sorrisetto malandrino e tentatore e si avviò lungo il piazzale, verso l’entrata, seguito come un’ombra dall’immancabile tenente.
Ma quella mattina, al quartier generale di Central City, c’era una novità.
Il colonnello Mustang entrò nell’edificio col suo usuale passo deciso, ma, percorrendo i corridoi, non trovò le solite impiegate che, casualmente, stavano fuori degli uffici proprio all’ora in cui passava lui, o le soldatesse dagli sguardi ammiccanti che, sempre casualmente, incrociavano il suo cammino. L’unica che incontrò fu il sergente Pernice… ehm, in realtà si chiamava Pernilla o qualcosa del genere, ma il suo adunco naso a becco l’aveva trasformata, nella fertile fantasia di Roy, in un esemplare della nota razza aviaria. E la donna non era proprio il suo tipo, anzi, delle sue attenzioni avrebbe fatto egoisticamente a meno.
Deluso dalla mancanza della sua dose quotidiana di ammirazione, il colonnello entrò leggermente depresso nel suo ufficio; appese mestamente il cappotto e attese che Riza, efficiente come al solito, gli posasse la giornaliera tazza di caffè sulla scrivania. Il peggio, però, doveva ancora venire.
Nel corso della mattina altri segnali preoccupanti minarono la fiducia del colonnello nel proprio fascino. Quando si recò nell’ufficio di un suo superiore, la segretaria di quest’ultimo, una svampita bionda che moriva dietro a Roy da almeno due stagioni, si stava spenzolando fuori della finestra e lui dovette schiarirsi la voce per ben due volte, prima che si accorgesse del suo arrivo. Anche dopo, ad ogni modo, non fu mielosa e lasciva come era solita essere con lui. Ma passi, si disse il colonnello, in fondo non era che quella gli piacesse poi tanto. Trovò, però, anche le ragazze del centralino affacciate alle finestre che davano sulla piazza d’armi. Stavolta non avevano mollato i telefoni per stare a guardare lui sospirando. Ma ciò che più lo insospettì e preoccupò, fu il comportamento di Kenzia. Lei era una tipa dell’ufficio cartografia con cui era uscito qualche settimana prima e che poi aveva cominciato a tormentarlo senza tregua per un secondo appuntamento. Lui amava essere desiderato, non si concedeva mai la prima sera. Ma a questa Kenzia non voleva proprio dare una seconda possibilità. Era noiosa come parlare col muro. Quando, però, lei lo ignorò bellamente, incrociandolo nel corridoio, Roy sentì le sue certezze vacillare. Non pensò che, forse, si era solo annoiata di corrergli dietro, perché aveva una strana sensazione, una specie di presagio di sventura…
Ben presto, però, Roy scoprì, se non altro, la causa dei suoi mali. Verso le undici si recò in bagno e mentre era in uno dei gabinetti, entrarono altre due persone.
“Ma che succede oggi?” Fece uno dei due soldati all’altro. “Sembrano tutte impazzite!”
“È colpa di uno nuovo.” Rispose quello. E qui Mustang aguzzò le orecchie.
“Chi?”
“Il Maggiore in visita Anthony Paul.” Spiegò il più informato. “È arrivato ieri pomeriggio e già oggi hanno tutte perso la testa per lui!” I due risero forte.
“Che branco di galline!”
“E pensa a quel fesso del Colonnello Mustang!”
Roy, che si stava allacciando i pantaloni, si raddrizzò a quelle parole, pronto ad uscire fuori lanciando, letteralmente, lingue di fuoco.
“Già!” Rincarò l’altro soldato. “Poveraccio, c’è voluto proprio poco per destituirlo dal suo ruolo di reginetto della base!”
“Ahahah, vorrei proprio vedere la sua faccia!” E ridendo se ne uscirono dal bagno.
Solo allora Roy uscì dal gabinetto sbattendo la porta. Era andato davvero vicino a farli neri. Bruciati ovviamente. Si avvicinò ai lavandini, proprio dove poco prima parlavano male di lui, e si lavò le mani; poi si guardò allo specchio. Era vero, la sua faccia non aveva un’aria molto soddisfatta.

Il colpo di grazia, ad ogni modo, dolorosissimo e inaspettato, arrivò all’ora di pranzo, in sala mensa.

Il tenente Hawkeye entrò in mensa con la solita aria diligente. Era sola, perché il colonnello si era fermato in bagno. Forse aveva mangiato qualcosa che gli aveva fatto male, perché era già la terza volta quella mattina. Archiviò quel pensiero e si diresse verso i vassoi, ripromettendosi di far mangiare in bianco il suo superiore. Quando ebbe preso posate e bicchiere, si accorse di qualcuno che stava per urtarla. Fece per spostarsi, ma fu colpita ugualmente. Non riportò danni, però le caddero le due cartelline che aveva in mano.
Lei si piegò subito per raccoglierle, ma fu anticipata da qualcun altro. Colui che l’aveva urtata.
“Mi scusi, spero che non si sia fatta male.” Le disse l’uomo.
“No, grazie.” Rispose Riza, senza alzare gli occhi. Quando ebbero raccolto tutto si alzarono.
Il tenente guardò il suo interlocutore. Era un uomo alto, anche più alto di Havoc, portava i gradi da maggiore. Aveva i capelli castano chiaro, corti e ricci, pettinanti indietro col gel. I tratti del suo viso erano delicati, nonostante la lievissima barbetta incolta. Aveva occhi piccoli, ma di un bellissimo colore verde. Il sorriso era compiaciuto ma dolce. Era innegabilmente affascinante. Lei si mise sulla difensiva per istinto, stringendosi le cartelline al petto.
“Maggiore Anthony Paul.” Si presentò invece lui, porgendole la mano.
“Tenente Riza Hawkeye.” Replicò lei, stringendogliela.
“Mi permetta, Tenente, di offrirle il pranzo, per scusarmi delle mia sbadataggine.” Affermò allora lui. Riza lo guardò poco convinta.
“Non credo che…” Fece per ribattere, ma Paul l’anticipò.
“Via!” Esclamò mellifluo. “Non vorrà farmi sentire in colpa per tutto il giorno?” Lo disse in un modo talmente galante e sincero che anche le consolidate difese di Riza tentennarono, ma non ancora abbastanza.
“Ecco…”
“A quale tavolo mangia di solito?” L’interruppe però l’uomo, come se avesse accettato.
“Al tavolo del Colonnello Mustang.” Rispose immediata lei, col tono di chi diceva una cosa ovvia e incontrovertibile.
“E c’è posto anche per me?” S’insinuò il maggiore.
“Io… ecco, di solito…” Tentò lei, lanciando occhiate al tavolo e sperando che fosse già occupato dalla truppa del suo ufficio, ma non era così. Sempre in ritardo, quei disgraziati! “C’è posto…” Si arrese infine.
“Oh, bene!” Si congratulò l’uomo. E lei, chissà perché, l’accettò.
Presero da mangiare e lui si fece addebitare tutto, poi andarono al tavolo. Il maggiore Paul era un ottimo conversatore e una volta intuito l’interesse di Riza per le armi da fuoco, spostò sapientemente l’argomento, coinvolgendola in una piacevole digressione sul miglior calibro per i proiettili. Le poche altre donne presenti in sala, nel frattempo, preparavano maledizioni e bambolotti da infilzare con spilloni con fattezze somiglianti in modo preoccupante a quelle della Hawkeye. Come se non fosse bastato l’odio eterno guadagnatosi per essere l’eletta che accompagnava, giorno e notte, i passi del divino Mustang.
Ma a proposito del nostro amato colonnello!
Roy Mustang arrivò in mensa seguito da Havoc, Falman e il resto della compagnia. Come se avesse avuto il radar, la prima cosa che fece il colonnello fu guardare verso il tavolo. La rassicurante visione di Riza, che aveva immediatamente intercettato il suo sguardo, fu subito turbata da quella di un tizio seduto a capotavola che fissava il suo tenente con trasporto.
Il colonnello fece il giro col turbo inserito, mettendo sul vassoio alcune cose a caso, poi si diresse a grandi passi al suo tavolo, dove quell’individuo aveva usurpato il suo posto e monopolizzato l’attenzione del, ribadiamo, suo tenente.
“Salve.” Salutò, quasi minaccioso, sbattendo il vassoio sul tavolo. Hawkeye spalancò gli occhi.
“Signore…” Fece alzandosi; si sentiva stranamente in imbarazzo, colpevole. “Le presento il Maggiore Anthony Paul.” Ahhh, era lui.
Il maggiore si alzò, pronto a stringere la mano al colonnello e quest’ultimo si ritrovò a dover sollevare gli occhi per guardarlo, poiché era superato in altezza di diversi centimetri. Improvvisamente si rese conto di cosa doveva provare Edward… ma si rivestì della sua dignità.
“Colonnello Roy Mustang.” Disse presentandosi e stringendo la mano al collega.
“Piacere.” Rispose l’altro.
La stretta andò via via potenziandosi. Roy non aveva certo intenzione di cedere per primo, non davanti al suo rivale, doveva fargli capire di stare al suo posto. L’altro, che aveva sentito parlare della fama di Mustang, non voleva far pensare di essere il più debole, specie adesso che aveva capito su che campo si sarebbe giocata la partita…
Continuarono a stritolarsi vicendevolmente la mano fissandosi negl’occhi, sotto lo sguardo un po’ divertito dei colleghi e quello sconvolto di Riza. Erano due bambini, pensava la donna e, come si fa con i mocciosi, bisognava imporsi con la forza.
“Basta con i convenevoli, adesso.” Intervenne il tenente. “Dovremmo finire il pasto, sta per terminare la pausa.” Aggiunse, sedendosi e ricominciando a mangiare.
Con un ultimo sguardo in cagnesco, i due si lasciarono le mani e si misero a sedere, continuando però a scambiarsi occhiate malevole. Riza scosse il capo.
Roy Mustang si ritrovò a mangiare un pessimo polpettone con spinaci, perché non aveva guardato cosa prendeva, e la mano gli faceva tanto male da non reggere la forchetta, ma sorrise, pensando che il caro Paul non dovesse stare meglio.
“Tenente, pensavo…” Anthony parlò dopo qualche minuto di silenzio, allungando una mano nel chiaro intento di sfiorare quella di Riza (almeno nella mente di Roy).
“No!” Lo bloccò subito il colonnello, gli altri due spalancarono gli occhi.
“Non devo pensare?” Chiese provocatorio il maggiore.
“Non intendevo quello…” Replicò supponente Mustang.
“Signore, ma si sente bene?” Intervenne la donna. “È un po’ strano stamattina…”
“Sto benissimo!” Rispose piccato lui.
“A me non sembra…” Commentò Paul.
“A me sì.”
“Ma non direi…”
“Ah, no?”
“Non ha finito di dirmi cosa pensava, Maggiore.” Li bloccò Riza, già stanca di quel clima.
“Ma certo, arrivo!” Esclamò subito lui, mollando il colonnello alla sua bile e tornando a dedicarsi al bel tenente. “Mi chiedevo se lei potrebbe prendere in considerazione l’idea di venire a cena con me, una di queste sere.” Le propose garbato.
Roy fece un risatina retorica. “Ma non se ne parla proprio!” Buttò lì, senza pensare a ciò che diceva.
Riza, infatti, alzò su di lui uno sguardo offeso. Per chi l’aveva presa? Da quando si permetteva di decidere per lei? Era forse una sua proprietà?! Da quello sguardo lui capì di essersi tirato sui piedi non solo una zappa, ma proprio un trattore…
“Signore, se non le dispiace le mie decisioni le prendo da sola.” Affermò quindi la donna, dura; poi si girò verso Anthony. “Sarei felice di accettare, Maggiore.” E il sorrisino che lui fece, valeva più di mille parole.
Il mondo di Roy Mustang, nel frattempo, andava miseramente in pezzi. La sua unica, vera certezza era crollata ed era anche colpa sua. Oh, Riza… Riza! Ma come aveva potuto accettare il subdolo invito di quel… quel… coso viscido e intrigante! Ma non lo vedeva che razza di sfuggente, untuoso, miserabile egocentrico era?! Non si accorgeva che quel tipo aveva una sola cosa in testa? Non voleva nemmeno pensare a cosa era… Oddio! Sarebbero usciti insieme!!!! Lei si sarebbe vestita da donna, truccata. Lui l’avrebbe aiutata a mettersi il cappotto, l’avrebbe sfiorata, toccata e… Omioddio… no, no, NOOOOO!
L’ultimo boccone dell’orrendo polpettone gli si fermò in gola, provocandogli una crisi di tosse. Chiedendo scusa e prima che Hawkeye si alzasse per soccorrerlo, si allontanò dalla tavola. Gli era, ormai, impossibile restare ancora lì.

L’umore del colonnello Mustang non si rialzò e per il resto della giornata rimase stabilmente sotto le suole delle sue scarpe. Fece il suo lavoro senza lamentarsi e questo era un brutto segno. Il sintomo peggiore, però, fu che non rivolse più la parola al tenente Hawkeye, nemmeno una volta, per sbaglio. Non che di solito si parlassero molto, spesso gli bastava uno sguardo per capirsi, ma stavolta non ci furono nemmeno quelli. Si evitavano proprio.
La sera, quando, come sempre, se ne andarono insieme, lui la precedette fuori dall’ufficio. Cosa stranissima, perché, galantuomo com’era, le teneva usualmente la porta aperta per farla passare prima. Lei lo seguì. Era ancora un po’ arrabbiata con lui, per come si era permesso d’intervenire nelle sue decisioni. Era una donna indipendente, che sapeva badare a se stessa, quindi in grado di decidere come e con chi passare il suo tempo libero. E lui non si doveva permettere. Cavolo, era come se lei fosse intervenuta in uno qualsiasi dei suoi appuntamenti. E dire che, qualche volta, ne avrebbe pure avuto voglia. Roy Mustang non era nella posizione di poter criticare.
Salirono in macchina, ognuno coi suoi crucci, sbattendo le portiere in sincrono. Riza prese il volante e mise in moto. Roy si accomodò sul sedile, guardando fuori dal finestrino.
Faceva freddo, era quasi inverno e le strade erano già sgombre di persone, nonostante l’ora non tarda. Il tenente Hawkeye guidava un po’ nervosa, non riusciva a sbollire.
La sosta ad un semaforo le servì per prendere un lungo respiro, poi si girò appena verso il sedile del passeggero. Il colonnello sembrava si fosse addormentato, col capo reclinato contro il finestrino. Riza guardò il suo bel viso serio, adombrato dai capelli un po’ scomposti e si arrese al fatto che non riusciva a portargli rancore. Non era capace di vederlo triste, arrabbiato, preoccupato. Ogni suo umore si rifletteva anche su di lei. A volte era difficile gestire questa specie di simbiosi, questa alchimia che innegabilmente esisteva tra loro. L’alchimia dell’alchimista… humpf, buffo, eppure così… magico.
Sciocca, si disse la donna, ripartendo al verde. Doveva smetterla di pensare a lui in un modo in qualche senso romantico. Era il suo superiore! E, ormai, avrebbe dovuto capire che proprio non gli interessava, che la considerava magari utile, ma nulla di più. Quindi perché farsi dei problemi ad accettare il galante invito di un uomo affascinante quanto lui? Beh, ora… proprio quanto lui diciamo di no, però senz’altro alla sua altezza, ecco.
Il tenente, sugli ultimi fili del ragionamento, svoltò nella via che avrebbe condotto sotto casa del colonnello. Con la solita praticità pensò che fosse il caso di svegliarlo. Allungò una mano e gli toccò delicatamente un ginocchio.
“Colonnello, siamo quasi arrivati.” Sussurrò quindi, senza lasciare la presa.
La sua voce carezzevole lo svegliò senza troppi traumi. Si guardò intorno un po’ spaesato, poi avvertì il tocco della mano di Riza sul suo ginocchio. Sentiva chiaramente la stretta gentile delle sue lunghe dita attraverso la stoffa, calde. Lo percorse un brivido, pensando a quelle stesse dita, nello stesso posto, ma con la gamba nuda. Eccitato? Sì, un pochino. Ma più che altro, a turbarlo, era l’intimità di quel gesto, che sicuramente lei aveva fatto con spontaneità, senza pensarci. La naturalità di uno scambio tra persone che, bene o male, dividevano gran parte della vita.
Quando Riza lasciò la presa, per tornare con la mano sul cambio, Roy si sentì abbandonato e ricordò che lei doveva uscire con quel tipo. Si sarebbe lasciata andare a certi gesti anche con qualcun altro? Alla sola idea il colonnello Mustang rabbrividiva e le sue dita cominciavano involontariamente a mandare scintille, mentre il suo sguardo si tramutava in quello di un assassino seriale affetto da gravi turbe psichiche. Era schifosamente geloso. Se ne rammaricò.
La macchina si fermò sotto la palazzina in cui abitava il colonnello. Qui le loro vite si dividevano, come ogni sera.
Forse a causa dell’ormai appurata Alchimia dell’Alchimista, i due si voltarono l’uno verso l’altra all’unisono. Scambiarono un lungo, muto sguardo. I penetranti occhi scuri di Roy in quelli grandi e solari di Riza, almeno finché lui non chinò il capo.
“Deve dirmi qualcosa, Signore?” Suggerì lei, per facilitargli il compito, dato che non spiccicava parola da un intero pomeriggio.
Lui rialzò il viso. “Oggi in mensa, beh, io… immagino di essere stato un po’ infantile…” Esordì titubante, con un braccio appoggiato sulla spalliera del sedile. Lei lo incitò a proseguire con un cenno. “…ed egoista…” Non le bastava, era chiaro. “…e dispotico.” Riza annuì convinta. “Volevo scusarmi con lei.”
La ragazza ci pensò per qualche secondo, ma lui aveva un’aria così rammaricata e tenera, che tenergli il broncio sarebbe stato praticamente impossibile. “Scuse accettate.” Gli concesse infine.
“Grazie.” Soffiò Roy sollevato. “Immagino che non ci sia niente da aggiungere…”
“Direi di no.” Fece lei.
Invece, di cose da aggiungere ce ne sarebbero state un milione. Un milione di parole, di baci, di carezze, di segreti. Ma tutto questo, entrambi, lo avevano messo via, in una scatola sul ripiano più irraggiungibile del cuore. In attesa. Del giorno giusto. Del momento giusto. Forse, della persona giusta. Anche se la persona giusta, magari, ce l’avevano davanti.
“Buonanotte, Tenente.” Le augurò Mustang, aprendo lo sportello. Era l’ora davvero.
“Buonanotte a lei, Signore.” Rispose gentile Riza, mentre lui scendeva. “A domani.” Aggiunse, prima che richiudesse la portiera.
“A domani.” Fece mestamente lui.
Roy rimase sul marciapiede, mentre la macchina andava via, guardandola sparire in fondo alla strada. Provava un vago senso di perdita, come un po’ ogni sera, ma quel giorno di più. Poi subentrò la rabbia. Con le altre donne potevano fare quello che gli pareva, ma decise che nessuno gli doveva portare via Riza. Tanto più il maggiore Anthony-Viscido-Paul! Corse in casa, doveva preparare un piano difensivo o sarebbero stati guai.

Passarono un paio di giorni senza rilevanti novità. Il colonnello Mustang teneva abilmente sotto controllo la situazione grazie ad una rete d’inconsapevoli spie sparse per il comando, ma, per ora, non c’erano notizie che l’appuntamento fosse stato fissato.
Una mattina Roy si presentò in ufficio da solo. Havoc e Fuery erano, stranamente, già al lavoro e lo guardarono perplessi. Era capitato rarissime volte che il colonnello arrivasse senza tenente.
“Il Tenente Hawkeye?” Gli domandò, infatti, Jean.
“Si è fermata un momento a prendere dei documenti nell’ufficio del Comandante Bones.” Spiegò l’uomo, mentre appendeva distrattamente il cappotto.
“Ahahh…” Commentò Havoc, un po’ malizioso. Roy si girò di scatto.
“Che vuol dire?” L’interrogò sospettoso.
“Ecco…” Il ragazzo, sotto quello sguardo inquisitorio, s’impappinò subito.
“Ehm…” Intervenne Fuery, aggiustandosi gli occhiali. “…forse lei non lo sa, ma il Maggiore in visita Paul è stato momentaneamente assegnato all’ufficio del Comandante Bones…”
Il colonnello non gli diede neanche il tempo di finire la frase, in un istante era sulla porta. “Torno subito.” Dichiarò prima di sparire.
“Ma Colonnello, tra dieci minuti…” Tentò Havoc. “…ha un appuntamento con Edward Elric…” L’ultima parte del discorso la sentì solo Fuery.

Amelia Rose, la scialba e timida segretaria del comandante Bones, fece letteralmente un salto, quando la porta dell’ufficio le si spalancò di fronte e il colonnello Roy Mustang, in tutto il suo splendore, entrò d’impeto.
“Co… Colonnello Mustang…” Balbettò la ragazza sorpresa.
Lui riconquistò in un attimo la calma ed il suo savoir faire, avvicinandosi alla scrivania con lo sguardo più seducente del proprio repertorio.
“Amelia…” La chiamò dolcemente, mentre quella arrossiva come un pomodoro maturo.
“Colonnello…” Mormorò lei estasiata. “Posso fare qualunque cosa… ehm, qualcosa per lei?”
Lui, soddisfatto dell’effetto che riusciva ancora ad avere sulle donne, si sporse sulla scrivania, investendola con il profumo fresco del suo dopobarba e quel suo fascino un po’ selvatico.
“Amelia…”
“Sì?” Fece la ragazza adorante.
“Cercavo il Tenente Hawkeye.” Affermò subito, tornando pratico e raddrizzandosi. “Non l’ha mica vista, per caso?”
“Beh, sì…” Rispose Amelia, ancora un po’ frastornata. “È andata via un attimo fa…”
“Oh, grazie!” Esclamò Roy, poi guardò la scrivania vuota alla sua sinistra. “E… il Maggiore Paul?” Chiese quindi, con aria disinteressata.
“Credo sia sceso in caffetteria.” Disse la ragazza.
“La ringrazio di cuore, Amelia…” Mormorò sensualmente il colonnello, lei si sciolse come un ricciolo di burro in padella. “Sa che stamattina lei è particolarmente affascinante?” Aggiunse, come da guida del provetto seduttore.
“Anche lei, Colonnello…” Dichiarò la ragazza, piuttosto rapita; purtroppo non poté godersi altro, poiché Roy se ne andò un po’ troppo in fretta, così come era arrivato.

Mustang si stava precipitando a rotta di collo giù per le scale che dal secondo portavano al piano terra, dove c’era la caffetteria. Sapeva di stare infrangendo tutta una serie di codificate norme dell’etichetta militare, ma non poteva perdere tempo. Era sicuro che fossero insieme e forse, a quest’ora, potevano aver già fissato l’appuntamento!
Girò l’ennesima rampa, ormai prossimo all’obiettivo, ma dovette fermarsi, con una mano sulla ringhiera e l’altra sul muro. In fondo a quella serie di gradini c’era Edward Elric, nella stessa posizione, che lo fissava minaccioso. Si scambiarono una lunga occhiata in puro stile film western.
“Togliti di mezzo, Acciaio, non ho tempo da perdere stamattina!” Sbottò subito Roy.
“Veramente, avevamo un appuntamento.” Gli ricordò il ragazzo, continuando a fissarlo negl’occhi.
“Ah, sì? Allora fai una cosa, vai nel mio ufficio e aspettami, che io arrivo.” Replicò indispettito il colonnello, riprendendo a scendere.
“Possiamo andare insieme.” Dichiarò Ed.
“No, io adesso ho da fare.” Ribatté Roy.
“E che cosa?”
“Affari miei.”
“Vengo con lei.”
“Ma non se ne parla proprio!” Altro che gli automail, quello d’acciaio aveva proprio il cranio, santo cielo! “E ora fammi passare.” Gli ordinò quindi.
“Guardi, che se tra dieci minuti non è in ufficio io me ne vado!” Lo minacciò l’alchimista, scansandosi.
“Fai un po’ come ti pare, brutto nan…”
“Come ha detto?!” Ringhiò Ed voltandosi, ma Roy era già sparito.
La corsa fino alla caffetteria non servì a molto, se non a provocarsi un fiatone assurdo. Non c’erano ne Riza ne Paul. Se nessuno sembrava aver visto il tenente, alcune signorine gli riferirono che il maggiore era andato in palestra. E giù, di nuovo corsa, fino alla palestra che stava dall’altra parte dell’edificio. Anche lì, però, fece un buco nell’acqua. Gli dissero che Paul era tornato in ufficio. La sola idea dei due piani di scale lo sconfortava, ma che fare sennò? Salì.
Arrivato a destinazione, ormai trascinandosi pietosamente, girò l’ultimo angolo, prima dell’ufficio del maggiore e si trovò davanti Riza, come un’apparizione divina. Un attimo, però… che ci faceva lì? Veniva forse dall’ufficio di Paul? Era con lui?! Ma la voce della donna lo bloccò prima che il suo cervello uscisse di strada.
“Colonnello, ma dove era finito? La sto cercando da un sacco di tempo.” Lo rimproverò la donna. Lui si appoggiò con un braccio al muro e prese fiato, prima di rispondere.
“Mi… mi sto allenando per la maratona di Central City…” Soffiò, con intento ironico.
Il tenente lo guardò perplessa, alzando un sopracciglio. “Cos’è, s’è dato al podismo da quando le donne non le danno più le soddisfazioni di una volta?” Soggiunse sarcastica; Roy ridacchiò senza entusiasmo. “Edward Elric la sta aspettando.” Gli ricordò poi, prima di precederlo alle scale.
“Qualcuno ha mai pensato ad installare un ascensore, in questo posto?” Commentò sconsolato l’uomo, mentre la seguiva.

Roy, nei giorni successivi, per quanto fece, non riuscì a scoprire nulla sui movimenti di Riza e del maggiore. Dovette arrendersi. Era sicuro che il tenente Hawkeye non avesse intuito il suo interesse. Era, forse, anche perché lei, d’interessi in quella faccenda non ne aveva proprio, ma questo il colonnello non poteva sospettarlo…

CONTINUA

NOTA: di questo capitolo vi suggerisco di ricordare due cose. Amelia Rose, un personaggio che ho adorato creare e che, secondo me, rispecchia un po’ noi fangirl del colonnello; tornerà, ehhh, se tornerà… ^__^ E la maratona di Central City, non spoilero nulla, ma voi tenetela a mente… ^__- Aspetto i vostri commenti, un bacio!

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Capitolo 2
*** Galli, galline, cani, tappi e mosconi ***


dance for three - 2
Eccoci col secondo capitolo di questa piccola commedia romantica. Sono felice che l'apprezziate, ma per i ringraziamenti ci vediamo alla fine.
Adesso vi lascio alla lettura e, mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacio!
Sara


2 – Galli, galline, cani, tappi e mosconi


Era una mattina autunnale umida e un po’ nebbiosa, che invitava alla malinconia. Erano inviti che Roy Mustang rifiutava con difficoltà. L’uomo uscì dal portone tirandosi su il bavero del cappotto. La macchina era già ferma lì davanti. Fece un breve sorriso, dirigendosi allo sportello.
Riza gli sorrise, appena lui fu salito. Da come Roy le rispose, lei capì che quel giorno era in vena di nostalgie. Le piaceva, in un certo senso, quando aveva quell’aria un po’ triste e dolce, le faceva venire voglia di abbracciarlo e stringerlo, fino a cancellare ogni brutto pensiero. Lei, però, era un militare e lui, il suo superiore, quindi si limitò a salutarlo, mentre l’uomo carezzava un festoso Hayate, che quel giorno li seguiva in ufficio.
Il viaggio in auto fu bello, anche se sembrava strano dirlo di qualcosa di così breve e abituale. L’abitacolo era caldo, invaso dal profumo dolce di Riza e c’era un’atmosfera rilassata. Hayate si accucciò contro il fianco di Roy, trasmettendogli quel piacevole tepore tipico dei cuccioli. Il colonnello ed il tenente, ogni tanto, si scambiavano occhiate complici e tranquille. Tutto, per una volta, sembrava tornato come un tempo.
Almeno finché non arrivarono al comando.
Lì, attorniato da un nugolo di galline starnazzanti, c’era il nuovo re del pollaio: il maggiore Anthony Paul. Come se non bastasse c’era pure un discreto numero di donne affacciate alle finestre dell’edificio. Tirava pubblico, il nostro viscidello!
Il colonnello Mustang, dall’alto di un’inspiegabile sicurezza, data probabilmente dall’aver risentito Riza vicina come al solito, decise di essere superiore. Tanto quello non avrebbe mai avuto il suo stile, neanche se fosse rinato cento volte.
Gli passò a fianco con un sorrisetto sicuro, ma si perse, invece, il sorriso che anche Riza, camminando dietro di lui, indirizzò al maggiore.
“Buongiorno, Tenente Hawkeye.” Salutò Anthony, con tono seducente.
Il colonnello si voltò bruscamente, come se gli avessero puntò le chiappe con un qualche apparecchio elettrico, quindi guardò torvo il rivale. Ma non era l’unico che sembrava non apprezzare il maggiore Paul… Hayate, infatti, ringhiava cupo all’indirizzo del militare.
“Salve, Maggiore.” Salutava nel frattempo il tenente. “Buono, Hayate.” Aggiunse rivolta al cane, che fissava minaccioso le parti basse di Paul.
Un sorrisino malignamente trionfante apparve sulle labbra sottili di Mustang. Un alleato piccino è sempre meglio di niente, disse tra se. Specie se è un alleato importante…
Hawkeye e Paul stavano parlando di chissà cosa, nemmeno gl’importava, così il colonnello approfittò della distrazione per incitare silenziosamente Hayate ad attaccare. Usando i segni che gli aveva insegnato per fregare i panini a Breda, lo scatenò contro il maggiore. Con un piccolo balzello il cane gli fu addosso e, dopo aver acchiappato coi denti il lembo dei suoi pantaloni, cominciò a tirare furiosamente, ringhiando.
“Ah!” Esclamò la vittima, scuotendo la gamba.
“Oh, oddio!” Lo seguì la donna. “Fermo Hayate, giù!” Ma non c’era verso di staccarlo.
Ridacchiando soddisfatto, il colonnello si diresse all’entrata, mentre lasciava tutto il cortile in preda a quel putiferio. Mai mettersi contro Roy Mustang. O i suoi amici a quattro zampe!

Quella giornata iniziata nel migliore dei modi, però, si concluse nel peggiore.
Verso le cinque del pomeriggio, quando aveva ormai quasi finito di firmare la montagna di rapporti sulla sua scrivania, il colonnello Mustang alzò gli occhi sul suo tenente, ferma davanti a lui. Non aveva bisogno di chiederle se doveva dire qualcosa, gli bastò incitarla con un gesto.
“Signore, devo chiederle un’ora di permesso, domani.” Dichiarò Riza.
“Per quale motivo, se è lecito?” Replicò lui.
“Niente di particolare, motivi personali.” Rispose la donna.
“Non deve fare visite mediche o cose del genere, vero?” Domandò sinceramente preoccupato Roy.
“No, sto bene.” Affermò tranquilla lei. “È solo che… ecco, domani ho un appuntamento e quindi ho bisogno di un po’ di tempo, cose da donne, sa…”
Ecco, in quel momento, se Roy fosse stato un nano di gesso, sarebbe andato in pezzi come uno di quei simpatici cosi colpito da un martello. Come era potuto succedere sotto i suoi occhi?!
“Un… un appuntamento?” Balbettò, cercando di mantenere un certo autocontrollo.
“Sì, certo.” Annuì distaccata Riza. “Lo sapeva che dovevo andare a cena con il Maggiore Paul.”
“Sì.” Rispose Roy, mentre catalogava i vari modi di bruciare qualcuno: alla griglia, flambé, sopra un girarrosto… e chissà perché tutti gli ingredienti avevano la faccia di Anthony…
“Allora?” Fece il tenente con espressione interrogativa. “Me lo concede il permesso?”
“Ma certo!” Acconsentì il colonnello, fingendo abilmente una calma ormai scomparsa. Non per nulla era conosciuto come un glaciale stratega. “Vada pure, si diverta e… stia attenta.” Aggiunse.
“Devo stare attenta? Ma a che cosa, Signore?” Ribatté perplessa la ragazza.
“Ai mosconi.” Rispose serafico lui.
“Ai mosconi, Signore?” Fece Riza, sempre più stupita.
“Eh, già, nei ristoranti a volte…”
“Le garantisco, Colonnello, che se vedessi qualcosa del genere in un ristorante, chiamerei subito l’ufficio d’igiene.” Proclamò severa la donna.
“Ne sono sicuro, Tenente…” Commentò sconsolato lui.
“Bene.” Annuì compita Riza. “Quando ha finito coi rapporti mi chiami, sarò pronta in un attimo.” Gli suggerì poi, prima di lasciarlo finire il suo lavoro.
Ma il colonnello, appena solo, si sgonfiò come un palloncino bucato, crollando sulle cartelline ancora aperte sotto di lui, sul piano della scrivania. Come, come era potuto succedere?!?!

Gli era sfuggito qualcosa. Eh, sì, non c’era verso. Aveva commesso qualche errore e non se ne era reso conto. Sì, beh, in realtà di qualcosa si era anche accorto, o meglio, aveva deliberatamente compiuto azioni che avevano portato alla situazione attuale. Tipo fare finta di non provare nulla per Riza. Reprimere qualsiasi tipo di slancio verso di lei. Certo, principalmente, si era comportato così per via delle regole militari. Altrimenti poteva compromettere la carriera di entrambi. Ma forse, alla fine, lo aveva fatto talmente bene che lei pensava di non interessargli. Era terribile. Ma anche giusto, purtroppo. Quindi non doveva lamentarsi se poi lei accettava la corte di un altro.
Sì, vabbene, era dura in qualsiasi modo, chiunque fosse stato. Ma proprio lui? Il viscido, l’untuoso, insopportabile maggiore Anthony Paul?!
Ora, dopo averli visti insieme, a ridere, a prendere gli ultimi accordi per la serata, non gli restava che sbattere lentamente la testa contro il muro del bagno, fortunatamente vuoto.
Non sentì il cigolio della porta principale che si apriva. Non vide il ragazzino biondo entrare e appoggiarsi alla porta di uno dei gabinetti e guardarlo con aria strafottente e divertita.
“Grattacapi, Colonnello?” Fece sarcastico il nuovo arrivato.
Quando riconobbe la voce, Roy si sentì morire e scrollò il capo depresso, poi, roteando gli occhi, reclinò il capo sulla spalla per guardarlo.
“Salve, Acciaio.” Salutò mollemente.
“Mi sbaglio, o stava sbattendo la testa contro il muro?” Continuò gongolante il giovane alchimista.
“Arriva un momento in cui un uomo deve fare anche questo.” Rispose dignitosamente il colonnello.
“Specie quando vede un certo Tenente tubare con qualcuno più alto di lui…” Soggiunse velenoso Edward, con un sorrisetto malefico.
“Ah, Acciaio, quando imparerai che le dimensioni non contano!” Commentò, apparentemente impassibile l’uomo, incrociando le braccia. “Sono le prestazioni che fanno la differenza.”
“Allora quel tipo deve essere molto performante per piacere al Tenente Hawkeye…” Alluse Ed, perfidamente compiaciuto.
“Che fai, infierisci?” Replicò Roy compito, senza perdere la calma.
“È divertente!” Sbottò il ragazzo con un sorriso. “Quel tipo non le piace proprio, eh?”
“Humpf!” Sbuffò il colonnello. “Non pensare chissà cosa.” Riprese poi, girandosi verso i lavandini. “A prescindere dall’affetto che io provo per il Tenente Hawkeye e dal timore che lei sia coinvolta in una relazione con qualcuno che potrebbe, potenzialmente, spezzarle il cuore…” Spiegò lavandosi le mani con calma. “…io penso che il Maggiore Anthony Paul sia…” E si girò verso l’interlocutore, rimettendosi i guanti. “…un viscido, untuoso, miserabile, egocentrico, vanesio approfittatore.” Concluse secco.
“A parte il viscido e l’untuoso, somiglia molto a lei.” Roy lo guardò malissimo. “Beh, forse anche il miserabile si può togliere…” Precisò quindi Ed. “Ad ogni modo non penso che il Tenente Hawkeye sia così ingenua da farsi imbambolare dal primo scimunito che passa…” Affermò poi sicuro, incrociando le braccia.
“Questo non lo credo neanche io.” Rifletté Mustang.
“…se fosse una sciocca non sarebbe riuscita a tenere a bada lei, vecchio marpioncello, per tutto questo tempo…” Continuò il ragazzo con aria saggia, senza accorgersi che nel corso della frase gli occhi del colonnello si erano pericolosamente assottigliati.
Al trovò il fratello qualche minuto dopo, mentre cercava di liberarsi dal cestino dei rifiuti che qualcuno gli aveva incastrato sulla testa.

Roy restò un fascio di nervi per tutta la giornata, ma nessuno se ne accorse, poiché lui mantenne stoicamente la sua facciata distaccata. Con Riza fu gentile come al solito e non le diede motivi per sospettare una qualsiasi cosa.
Quando, però, il tenente Hawkeye, dopo aver assolto con precisione e velocità a tutti i suoi compiti, si congedò dal suo superiore consegnandogli le chiavi della macchina, il colonnello mise in moto il proprio piano d’azione.
Liquidò con uno sguardo omicida il tentativo, da parte di Havoc, di ricordargli il metro e mezzo di rapporti da firmare impilati sulla sua scrivania e si diresse dall’unica persona che poteva aiutarlo.
“Buonasera, Amelia.” Salutò entrando, stavolta garbatamente, nell’ufficio del Comandante Bones.
“Oh, salve, Colonnello.” Rispose la ragazza, arrossendo subito. “Se… se cercava il Comandante, devo dirle che purtroppo se n’è già andato…”
“Ma io non cercavo lui…” Fece subito Roy, sfoderando le sue maniere galanti. “Io cercavo lei, Amelia.” Precisò avvicinandosi alla scrivania, quindi si sedette davanti a lei.
“Ah, se… se è così…” Balbettò paonazza la segretaria.
“Ehh, purtroppo sono costretto ad approfittarmi di nuovo della sua squisita gentilezza, Amelia.” Affermò, con tono rammaricato, quel navigato seduttore che era il colonnello.
“Ma non si preoccupi, Signore!” Esclamò subito lei. “Sono pronta ad aiutarla in qualsiasi modo!” Aggiunse con un sorriso disponibile.
Roy se ne rendeva conto, era orribile il modo in cui si approfittava del proprio ascendente su quella povera ragazza. Ma in amore e in guerra tutto è lecito, quindi cosa c’era di più giusto delle sue motivazioni? Amelia era anche carina, tutto sommato. Sì, magari, un po’ scialba e troppo timida, però passabile. Il colonnello si disse che, per ripagare quell’indegno sfruttamento, le avrebbe presentato Havoc. Secondo lui, quei due, erano perfetti insieme… L’importante, adesso, era che nessuno mettesse le grinfie addosso a Riza, tutto il resto passava in secondo piano.
“Lei è davvero troppo, troppo gentile, Amelia.” Le disse con un sorriso sinceramente dolce.
“Si figuri, Colonnello…” Ribatté lei, abbassando gli occhi pudica.
“Il fatto è…” Riprese l’uomo, andando direttamente al punto. “…che dovrei consegnare dei documenti urgentissimi al Maggiore Paul, però so che stasera ha un appuntamento, quindi è andato via prima…”
“Eh, sì.” Confermò la ragazza annuendo.
“Mi chiedevo se, per caso, lei non sapesse dove è andato, perché purtroppo non posso proprio aspettare domani.” Continuò il colonnello, spiando le reazioni della segretaria. Amelia sospirò, mettendosi le mani in grembo.
“Mi dispiace tantissimo, Signore.” Rispose poi rammaricata. “Il Maggiore è stato piuttosto abbottonato sull’uscita di stasera, non ha lasciato detto dove andava…” L’espressione di Roy, a quelle parole, si pietrificò. “…per la fretta ha anche dimenticato l’agenda…” Per illuminarsi di nuovo alle successive, mentre i suoi occhi seguivano la mano della ragazza indicare l’altra scrivania.
Come se lo sguardo di Roy fosse stato un riflettore, un fascio rotondo di luce evidenziò l’agenda di pelle blu abbandonata sul tavolo di Anthony. L’uomo si alzò di scatto.
“Aspetti un momento, Colonnello Mustang!” Intervenne la ragazza, vedendolo andare verso la scrivania. “Non credo che lei possa leggere l’agenda del Maggiore, è un oggetto personale.” Gli disse seguendolo.
“Non si preoccupi assolutamente, Amelia.” Dichiarò lui con un gesto teatrale. “Io e il Maggiore Paul siamo molto amici, quindi non è un problema!” Proclamò mentendo spudoratamente con l’impeccabile stile che gli era proprio.
“Se lo dice lei…” Commentò perplessa la segretaria.
Mustang, nel frattempo, stava già sfogliando l’agenda. Trovato il giorno giusto, gli bastò un’occhiata per capire di aver raggiunto il suo obiettivo. L’appunto, vergato in una calligrafia nervosa, recitava «prenotazione ore 8 da Breton». Hm, però, non bada a spese, il nostro moscone… pensò Roy con disappunto.
“Lei mi è stata infinitamente d’aiuto, Amelia.” Affermò infine, soddisfatto, dopo aver richiuso l’agenda.
“Prego, Signore.” Annuì compita lei. “Però…”
“Saprò come ricambiare il tempo che ha perduto.” L’interruppe l’uomo, dirigendosi alla porta.
“Sì, grazie, ma vede, Colonnello…” Tentò la ragazza, allungando una mano verso di lui.
“No, no, non si disturbi oltre, Amelia!” Soggiunse lui, bloccandola. “Arrivederci!” Salutò poi, sparendo nel corridoio.
“Colonnello…” Gli soffiò dietro la segretaria, ma lui era già andato, quindi non le restò che sbuffare, cadendo sulla sedia.

Roy Mustang conosceva quel ristorante. Era un posto costoso e raffinato e, di solito, lui lo sceglieva quando usciva con signore particolarmente esigenti. O quando era deciso a concludere. Poiché solo un degno finale in camera da letto, valeva una cena da Breton. E questa era la terribile conferma delle intenzioni di Anthony Paul.
A tutto ciò pensava il colonnello, abbarbicato su una rugginosa scala antincendio, in una scomoda e disagevole posizione, armato di binocolo a infrarossi (debitamente sottratto a Fuery). La visuale dell’entrata, se non altro, era perfetta.
La macchina del maggiore, riconoscibile dalla pesante rigatura su uno sportello che qualcuno ci aveva lasciato la settimana prima, arrivò puntuale. L’uomo scese; indossava un elegante completo scuro ed un ampio cappotto di cammello. Aggirò l’auto e aprì lo sportello alla sua accompagnatrice. Roy aguzzò la vista.
Fai che non abbia la gonna, fai che non abbia la gonna… pregò mentalmente il colonnello, mentre lei scendeva. Sospirò di sollievo, quando vide che Riza aveva dei pantaloni chiari e una giacca marrone col collo di pelliccia. Una volta entrati nel locale, li perse di vista, ma non si arrese.
Restò per circa due ore appollaiato, vittima di zaffate vento gelido che gli ghiacciavano il sudore sulla schiena e dell’inclemenza dei piccioni, i quali rischiavano seriamente, ogni volta, di finire arrostiti per la gioia dei gatti randagi.
I due lasciarono il ristorante che erano quasi le undici. Roy era pronto a balzare giù e buttarsi all’inseguimento di Riza e Anthony. Scendendo velocemente, purtroppo, il colonnello mise un piede in fallo tra gli sbrecciati gradini arrugginiti della scala, rimanendo incastrato. Un piccione, nel frattempo, svegliato da quell’improvviso baccano, gli volò intorno. Lui lo scacciò malamente, ma il volatile gli sganciò un ricordino in piena faccia. Cercando di pulirsi perse l’equilibrio e, dato che non ci vedeva, l’uomo precipitò senza appiglio emettendo un gemito gutturale. Per fortuna si fermò su qualcosa di morbido. Era il cassonetto dei rifiuti.
Quando riuscì a raggiungere la propria macchina, che aveva occultato in un vicolo, zoppicava da una gamba, gli faceva male il collo in modo strano e puzzava come una discarica. Si mise al volante e partì, dopo aver aggiustato una foglia di appassita insalata che gli penzolava dal taschino.

Riza, nel frattempo, si trovava in una situazione piuttosto imbarazzante. La cena era stata piacevole, sia per il cibo che per la compagnia. La conversazione era stata addirittura brillante e la donna era sorpresa di poter stare così bene con un uomo. Non che provasse disagi particolari a passare del tempo in compagnia di uomini, del resto lo faceva ogni giorno, al lavoro. Ma c’era un uomo in particolare con cui a volte non era così facile relazionarsi, specie quando cominciava ad essere malizioso, provocante, allusivo, invitante, sensuale… Roy, accidenti a te!
Ma dicevamo. Riza era in macchina con Anthony, fermi sotto casa della donna e da qualche minuto era sceso, per la prima volta nella serata, un silenzio pesante. Lei si tormentava un orecchino, incerta su come concludere la serata. Lui sembrava in attesa di un segno.
“Riza…” “Anthony…”
Avevano parlato in contemporanea. Si guardarono e risero.
“Siamo sciocchi, eh?” Fece lui, sfiorandole il dorso della mano con le dita. “Abbiamo passato una così bella serata e non sappiamo come salutarci.”
“Già.” Rispose la ragazza abbassando gli occhi. “Era tanto che non avevo un appuntamento…”
“Non ci credo.” Intervenne sorpreso il maggiore. “Una donna così bella…” Riza arrossì appena. “…e nessuno che la invita, oppure… sei tu che rifiuti?”
“Beh, è che… io sono sempre al lavoro, non ho molto tempo libero e credo che alcuni uomini siano un po’ intimoriti da me.” Spiegò il tenente, tranquilla.
“Sai.” Affermò accomodante Anthony, sistemandosi girato verso di lei. “Quando si vuole fare qualcosa sul serio, il tempo si riesce a trovarlo.”
“Certo.” Replicò immediata Riza. “Ma i miei doveri verso il Colonnello Mustang spesso m’impegnano anche fuori dagli orari di lavoro…”
“Oh, il Colonnello è uno schiavista!” Sbottò lui roteando gli occhi con aria disincantata.
Riza gli scoccò subito un’occhiata indignata. Lei era la prima a calcare sui difetti del suo superiore, ma era risaputo che non era mai stato uno stacanovista. Semmai era lei che… E poi, non sopportava che qualcuno, chiunque fosse, attaccasse Roy. Difenderlo era un istinto primordiale.
“Guarda che il Colonnello non mi obbliga a fare niente, anzi, il più delle volte sono io che lo costringo a restare per finire il suo lavoro e…” Fece una pausa per riprendere fiato. “…l’impegno di proteggerlo in missione me lo sono preso volontariamente, non mi ha obbligato nessuno.”
“Uh, guai a chi te lo tocca, eh?” Commentò divertito il maggiore.
“Non dire sciocchezze.” Ribatté lei, un po’ colpevole. “Le cose non stanno come pensi…”
“Io non penso niente.” Soggiunse Anthony avvicinandosi a Riza fino a sfiorarle la gamba con la propria. “Se non che voglio passare ancora del tempo con te.”
La ragazza abbassò imbarazzata gli occhi, fissando le proprie mani strette in grembo. Sentiva la mano dell’uomo accarezzare piano la sua spalla, invitante. Ma non così tanto.
“Ascolta, Anthony.” Mormorò infine, risollevando lo sguardo su di lui. “Io non voglio offenderti, sono stata benissimo stasera, ma non voglio precorrere i tempi…”
“Sai essere adorabile anche quando respingi, Riza.” L’interruppe Anthony con un sorriso tenero, sfiorandole i capelli. Lei si ritrasse appena, quel gesto era troppo intimo.
“Scusa.” Disse poi.
“Non fa niente, davvero.” Soggiunse lui tranquillo. “Tanto non mi arrendo.”
Riza sorrise. “Sei caparbio.” Commentò. “Grazie di tutto e buonanotte.” Aggiunse poi, prima di aprire lo sportello.
“Grazie a te, a presto.” Le rispose lui, salutandola. “Buonanotte.” La donna gli sorrise ancora una volta, poi chiuse la portiera e si diresse verso l’entrata del suo palazzo.

Roy, arrivato pochi minuti prima, vide il tenente Hawkeye correre da sola verso le scale del suo portone e poi la macchina di Paul ripartire. Sorrise soddisfatto, nonostante la puzza che nemmeno quindici docce avrebbero cancellato, il dolore al piede e un torcicollo che non gli permetteva di girarsi verso sinistra. Il maggiore, con suo grande giubilo, era andato decisamente in bianco.

CONTINUA

Ringraziamenti:

Shatzy - Mi fa piacere che trovi la stori intrigante, spero di continuare nel modo migliore. Hai ragione sul titolo, ha volutamente un doppio significato e ti anticipo che tutti i titoli dei capitoli avranno questo tipo di riferiemnti. Mi sono divertita molto a "maltrattare" Roy, è uno dei miei hobby preferiti infierire sugli uomini che amo! ^__- (ne sa qualcosa il mio adorato Milo, povero ammooore). Sai, alla fine, Anthony sarà meno viscido di quello che crede Roy. Sì, è vero, la parte centrale è un po' triste, ma ci voleva, in fondo la situazione dei nostri due amorucci è un po' così, sempre in bilico, indecisa e questo crea malinconie. Questi momenti si alterneranno a quelli più leggeri. Infine, Ed e le battute non mancarenno! Grazie!

Kaho_chan - Ma certo che NON è più affascinante di Roy! Ci mancherebbe! Lo dice la stessa Riza. E' solo che il fascino di Anthony non risiede tanto nella sua bellezza, quanto nel fatto che lui rappresenta una novità. Grazie dei complimenti!

Winry4ever - Grazie dei complimenti. Sì, Roy e Riza sono adorabili, mi scatta la vena romantica nelle loro scene (anche quella un po' malinconica, ripeto). Roy si sente abbandonato giustamente, dal suo punto di vista, ma non si arrenderà e lo hai visto da questo capitolo!

_mame_ - Ripeto, Anthony non è più affascinante di Roy e sai che ti dico? Credo che Riza, la prima volta, ci sia uscita più per ripicca verso il comportamento di Roy, che per altro. Segui la storia e conoscerai il finale, non dico altro!

eleanor89 - Ma grazie, sei troppo gentile! Sono contenta che la trovi realistica, mi piace rendere i personaggi più veri e non sempre è facile. E' un po' un mio obiettivo e mi fa piacere quando ci riesco! Confesso che era tanto che cercavo di ritrovare una vena ironica che pensavo di avere un po' perso, se ci sono riuscita per me è molto!

kawai79 - Grazi, grazie! Spero che anche questo secondo capitolo non ti abbia deluso! Anche se il mio povero Roy ha dovuto soffrire!

Stray - La tua recensione mi fa molto piacere, perché seguo i tuoi 100 themes e li adoro! Almeno tu sei al mare, io non andrò in vacanza neanche quest'anno, sigh! Secondo te Roy è IC? Bene, perché non ne ero tanto convinta, cmq vedremo nei prossimi capitoli!

Un grazie enorme ed un bacio a tutti! Continuate a seguirmi, mi raccomando!

 


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Capitolo 3
*** La fortuna è cieca, ma la sfiga ha un'ottima mira ***


dance for three - 3
Ecco qua il terzo capitolo delle disavventure del nostro amato colonnello! Spero che gradirete e continuerete a lasciarmi i vostri apprezzatissimi commenti! Enjoy!

Per note e ringraziamenti ci vediamo alla fine!

 

3 – La fortuna è cieca, ma la sfiga ha un’ottima mira.

Il mattino dopo Riza si presentò davanti a casa del colonnello, pronta a riprendere le solite abitudini. Roy si presentò zoppicante, col collo bloccato, ma con un’espressione trionfante. La donna lo fissò perplessa, mentre scendeva con difficoltà i pochi gradini dal portone al marciapiede e raggiungeva la macchina.
“Colonnello, ma… sta bene?” Gli domandò preoccupata il tenente.
“Assolutamente sì!” Rispose entusiasta l’uomo.
“Ma… ma sta zoppicando e il suo collo…” Gli fece notare allarmata.
“Ah, uno stupido incidente domestico.” Glissò lui con noncuranza, aveva la storia pronta. “Facevo la doccia, sono uscito e c’era la finestra aperta, ho sentito subito un colpo di freddo al collo, così sono andato a chiuderla, ma sono scivolato sbattendo il piede.” Spiegò tranquillo. “Ma questo non mi fermerà, oggi è una giornata stupenda!”
Riza ormai aveva gli occhi di fuori. Chi era quest’uomo in uniforme? Che fosse stato sostituito da un homunculus? Per istinto liberò la pistola dalla chiusura del fodero.
“Signore, si è accorto che sta per piovere?” Gli domandò per sicurezza, prima di scaricargli addosso un intero caricatore.
“Ah!” Fece Roy, alzando gli occhi al cielo grigio. “Non me ne ero accorto.” Commentò poi allegro, prima di salire in macchina. Niente sembrava scalfire il suo buon umore.
Lei lo seguì sul mezzo, mettendosi al posto di guida. Dopo essersi aggiustata la giacca, lo guardò. Roy sorrideva beato, lisciando con le dita la visiera del cappello.
“È sicuro di stare davvero bene, Colonnello?” Chiese ancora una volta.
“Ma sì!” Esclamò lui, cercandola con gli occhi. “Non posso voltarmi verso di lei, mi fa male un piede e sta per venire giù il finimondo, ma sto benissimo.”
“È proprio questo che mi preoccupa…” Mormorò Riza, mentre metteva in moto. Roy canticchiava.

Arrivarono puntuali al comando, sotto una pioggerellina fine che, in altre circostanze, avrebbe ridotto Roy ad un vegetale. Il colonnello, invece, continuava ad essere allegro.
Percorrevano il corridoio est, in direzione delle scale, quando le cose cominciarono a precipitare.
“Non mi chiede niente di ieri sera?” Buttò lì Riza, camminando a fianco del suo superiore.
Lui la guardò in tralice, a causa del torcicollo. “Non vedo perché dovrei impicciarmi della sua vita privata.” Rispose poi, con aria innocente. “Ad ogni modo, se vuole…”
“È stata una bella serata, abbiamo anche mangiato bene.” Raccontò la donna.
“Beh, Breton è un ottimo ristorante…” Commentò distratto il colonnello. Riza si fermò, costringendolo a fare lo stesso, poi lo guardò sospettosa.
“Come sa che siamo andati da Breton?” Gli chiese quindi.
“Mah, me l’avrà detto lei…” Rispose lui con un sorrisetto tirato.
“Non ricordo di averlo fatto.” Replicò il tenente e, precisa com’era, Roy poteva giurare che sapesse di non averlo fatto.
“Ne avrà parlato con qualcuno…” Tentò, evitando il suo sguardo, cosa anche facile visto il male al collo.
“Ne ho parlato solo con Anthony.” Anthony… argh, lo chiama per nome…pensò sconsolato Roy.
“Eh, l’avrò sentita parlare con lui.” Affermò l’uomo.
“Ci ascolta?” L’interrogò lei.
Sì, poteva vederlo. Un baratro oscuro in fondo al quale lo aspettavano tremolanti fuochi fatui e una Riza con pistole al posto delle mani, fucili al posto delle gambe e una bocca deforme piena di affilati denti aguzzi. E lui stava inesorabilmente scivolando verso di lei.
“Ecco…” Mustang stava per trovare l’ennesima scusa campata in aria, quando capitò qualcosa di peggiore di quella pericolosa conversazione.
Roy e Riza, parlando, erano quasi arrivati alle scale, quando lui vide qualcuno scendere. Era qualcuno che, quella mattina, sarebbe stato molto meglio evitare. Posò saldamente una mano aperta sulla schiena del tenente e la fece voltare dall’altra parte, cominciando a camminare nel modo più veloce che gli fosse consentito dal piede dolorante. Lei fu costretta a seguirlo.
“Andiamo in caffetteria!” Proclamò spingendola.
“Ma, Signore, non è necessario, scenderò io, come sempre, a prenderle il caffè…” Replicò perplessa la donna.
“Oggi ho voglia di andarci.” Dichiarò Mustang sicuro, ma lei lo guardava con espressione sospettosa.
“Proprio oggi che ha male al piede?” Chiese Riza, con tono da interrogatorio.
“Sì, sì, sento che camminare mi fa bene.” Ma, ormai, il tenente pensava che si stesse clamorosamente arrampicando sugli specchi. Se ne chiese il perché.
“Colonnello Mustang!” Lo chiamò, in quel momento, una voce femminile dalle loro spalle. Lui fece finta di non aver sentito e proseguì.
“Signore, la stanno chiamando.” Gli fece presente Riza, costringendolo a fermarsi.
“Colonnello!”
I due militari si fermarono. Incuriosita Riza. Vagamente spaventato Roy. Sì, perché chi li seguiva non era altro che Amelia Rose. Come si dice: il cadavere viene sempre a galla.
“Buongiorno, Amelia…” Salutò stentato Mustang.
“Buongiorno.” Replicò lei, dopo aver risposto al gentile cenno del tenente Hawkeye. “Sa, l’ho fermata perché mi chiedevo se poi, ieri sera, è riuscito a rintracciare il Maggiore Paul.” Aggiunse candidamente la segretaria.
Roy sentì, fisicamente, gli occhi di Riza spalancarsi e poi appuntarsi su di lui come fossero stati affilati rampini da montagna. Tentò di guardarla, ma non poteva girarsi più di tanto. Provò una risatina nervosa, ma gli uscì una specie di ghigno.
“Eh, no…” Rispose infine, rivolto ad Amelia. “Ho avuto un piccolo incidente domestico e… non mi sono potuto muovere da casa…” Spiegò poi, rigido come un palo.
“Oh, mi spiace!” Si rammaricò la segretaria. “Nulla di grave, spero.”
“No, no!” Negò lui. “Sto bene.”
“Bene.” Annuì la ragazza. “Ora devo andare, se ha bisogno di me sa dove trovarmi.” Aggiunse, prima di salutare e andarsene.
Roy, allora, si voltò verso Riza. Lei era lì che lo fissava gelida, fredda come se fosse stata una statua scolpita nel ghiaccio. Il suo sguardo era accusatorio e implacabile. Aveva, ovviamente, capito tutto.
“Non dica niente…” La supplicò lui.
“Si vergogni, Colonnello.” Scandì, però la donna, dopodiché gli diede le spalle, avviandosi decisa verso le scale. Roy rimase lì, immobile, sentendo un vento glaciale sferzare sulla sua schiena.

Lo sfortunato incontro con Amelia diede come risultato l’arrivo anticipato dell’inverno nell’ufficio di Mustang. Riza era talmente fredda che sulla sua scrivania ballavano i pinguini e, ogni volta che il colonnello le rivolgeva la parola, spuntavano iceberg tra i tavoli. Inutile dire che gli altri colleghi si sentivano piuttosto a disagio.
La donna, nel frattempo, continuava ad avere rapporti più che amichevoli con il maggiore Paul e questo non favoriva di certo le relazioni tra lei e Mustang. Il colonnello avrebbe voluto ricucire, ma sentiva di aver commesso un errore clamoroso. Ogni volta che alzava gli occhi su Riza, provava una stretta al cuore. A fargli fare un passo avanti, per uno strano caso, ci avrebbe pensato la famigerata buona vista della sfortuna.

Una mattina in cui il fiume del gelo scorreva meno impetuoso del solito, arrivò nell’ufficio di Mustang un soldato dell’ufficio amministrativo. L’uomo doveva consegnare una comunicazione al colonnello. Per un caso se lo trovò davanti e poté dargli il foglio di persona. Roy scorse le poche righe e la sua espressione si fece sempre più accigliata e perplessa.
“Che significa questo?” Domandò infine, rivolto al soldato, quello si strinse nelle spalle.
“Io dovevo solo consegnarle la comunicazione, non so cosa c’è scritto.” Rispose poi. “Con permesso.” Aggiunse, appena prima di andarsene.
“Di che si tratta?” Domandò Riza, per la prima volta in diversi giorni interessata a qualcosa che riguardava Roy.
“Sembra che ultimamente la sfortuna mi perseguiti.” Si lamentò Mustang, piombando sulla sedia e porgendo il foglio al tenente. Riza lo lesse.
“Che cos’è?” Domandò Fuery, dando voce alla curiosità di tutta la banda.
“Pare che il Colonnello abbia tralasciato alcuni dei suoi obblighi militari.” Dichiarò sarcastica la donna. Lui fece una smorfia.
“Non capisco…” Mormorò Havoc.
“Se il Colonnello non sparerà un certo numero di colpi al poligono di tiro entro la fine del mese, gli sarà tolta l’arma d’ordinanza e sarà relegato ad impegni d’ufficio fino a data da determinarsi.” Spiegò Riza, con un tono veramente irritante.
“È assolutamente incredibile!” Sbottò Roy, appoggiandosi desolato su una mano sollevata. “Se la tengano pure, l’arma, io ne ho bisogno, io sono il Flame Alchemist!” Proclamò quindi, allargando le braccia in un moto d’orgoglio.
“Temo di doverla smentire, Signore.” Intervenne Riza saccente. “Lei è un militare e deve avere un’arma, se non ce l’ha non può muoversi o andare in missione come un militare, quindi è necessario che lei abbia una pistola.”
“Ergh…” Mugugnò Mustang, poi la guardò. “Ma possono davvero farmi questo? Possono murarmi vivo in un ufficio?” Domandò preoccupato.
“Possono.” Sentenziò lei. “Loro sono l’Ufficio Amministrativo e la burocrazia non guarda in faccia nemmeno gli Alchimisti.”
“Humpf…” Sbuffò pesantemente l’uomo, scrollando il capo. “Non so neanche dove ho messo la pistola, saranno almeno tre anni che non la uso…” Aggiunse poi, sconsolato.
“È nell’ultimo cassetto a sinistra della sua scrivania.” Gli disse Riza, che si era alzata per riporre alcuni documenti nell’archivio. Roy spalancò gli occhi.
“Santo cielo, Hawkeye, ho paura che lei sappia perfino dove tengo le mutande!” Affermò quindi, alzandosi per raggiungere la propria scrivania.
“Secondo cassetto dall’alto della cassettiera grande.” Dichiarò la donna, ancora voltata verso il raccoglitore di metallo. Tutti i presenti la fissarono con gli occhi di fuori. “Qualcosa che non va?” Chiese poi, voltandosi verso l’interno dell’ufficio, gli altri scossero il capo. “Colonnello, ad ogni modo, stasera potrei fermarmi al poligono per darle una mano… se vuole.”
Lo sguardo di Roy s’illuminò improvvisamente. Questa era un’occasione d’oro! Non se la sarebbe lasciata sfuggire per nulla al mondo. Loro due soli nel poligono di tiro. Come ai vecchi tempi. In un ambiente che le era congeniale. E lui doveva approfittarne.
“Mi farebbe davvero molto piacere, Tenente.” Le disse con un sorriso. Lei annuì e si rimise al lavoro.

Il poligono di tiro era un grande stanzone dal soffitto basso, immerso nella penombra; le poche luci erano basse e sparse. I suoni rimbombavano tra le pareti grigie. C’era odore di polvere da sparo e metallo. Roy si diresse verso il grande banco, diviso in vari spazi da pannelli. In fondo alla stanza, illuminati da singole luci, c’erano i bersagli; gli lanciò una fuggevole occhiata, poi proseguì.
Riza era impegnata in una delle finestre di tiro. La osservò. Era piegata sul fucile, immobile, con gli occhi puntati sul bersaglio. L’uomo, per un attimo, si dimenticò di respirare, in attesa del colpo. Lei non sarà mai più bella di così… pensò fuggevole. Lo sparo fu più silenzioso di quanto lui si sarebbe aspettato. Roy sorrise. Non doveva nemmeno guardare la sagoma di cartone, per sapere che si trattava di un centro. La donna si sollevò e tolse le cuffie, con un sorriso soddisfatto.
“Bell’arma.” Si complimentò il colonnello.
“Una delle mie preferite.” Affermò lei prendendo il fucile. “Leggero, preciso…” Afferrò la leva per scaricare i bossoli. “…letale.” E l’azionò, facendoli cadere con un borbottante suono metallico.
“Bene.” Commentò Mustang. “Ho, ufficialmente, paura di lei.”
La donna gli lanciò un’occhiata in tralice, ma chiaramente divertita. “Se non s’impegna a fondo stasera, dovrà averne parecchia.” Lo minacciò quindi. “La sua pistola?”
“Eccola.” Roy le porse la sua automatica d’ordinanza.
Riza la prese, l’osservò, la soppesò, poi, fulminea, l’alzò puntandola alla testa del colonnello. Lui spalancò gli occhi.
“Mi arrendo.” Scherzò poi. “Faccia di me quello che vu…”
“Ma questa pistola è assolutamente inefficiente!” Sbottò però il tenente, interrompendolo e abbassando l’arma.
“Come?” Fece lui stupito, aggrottando la fronte.
Lei, ad ogni modo, non lo stava ascoltando. Gli aveva dato le spalle e stava già smontando la pistola su tavolo degli attrezzi che c’era dietro di loro.
“Come si fa ad avere una pistola conciata in questo modo!” Si lamentava nel frattempo, impegnata in operazioni che avrebbe potuto fare ad occhi chiusi. “Guardi qua, l’otturatore è completamente ostruito!”
“La smetta di farmi la predica!” Intervenne offeso il colonnello. “Glielo ho detto che non la uso da
anni, come pretende che possa essere pulita!”
Riza si voltò verso di lui con espressione severa. “È buona norma pulire bene un’arma, prima di riporla, specie, quando si pensa di non doverla usare per un po’.” Roy roteò gli occhi esasperato, mentre si appoggiava, braccia conserte, ad un pannello.
Il tenente si alzò e lo raggiunse. “Non siamo qui per perdere tempo, comunque.” Esordì sbrigativa. “Lei inizi a sparare con la mia pistola.” Continuò, tirando fuori la nove millimetri. “Io, nel frattempo, finirò di pulire la sua.”
“Bene.” Acconsentì lui, annuendo. “Dia qua.” E prese la pistola dalle mani della donna.
“Oh, aspetti un attimo!” Lo bloccò però lei. “Sia delicato.” Gli suggerì preoccupata dal modo sgraziato con cui maneggiava la pistola. “Un’arma è un oggetto sensibile…” Gli spiegò quindi, aggiustando la posizione della sua mano sull’impugnatura.
Non si era accorta che, nel farlo, si era avvicinata decisamente troppo al colonnello. La sua spalla poggiava contro il torace di lui e i capelli biondi sfioravano il viso dell’uomo. Roy pensava a tutto, fuorché alla pistola. Sorrideva sornione, riempiendosi i polmoni del suo profumo e si godeva i tocchi leggeri di Riza sulle proprie dita.
“Ha capito?” Gli domandò infine la ragazza, alzando gli occhi. Fu in quel momento che si accorse, con sgomento, di quanto erano vicini.
“Credo di sì…” Mormorò Roy a due centimetri dalle sue labbra. “Devo essere delicato come lo sarei con…” Sorriso sensuale e invitante. “…con una donna.”
Riza arrossì leggermente e si scostò. “Qualcosa del genere…” Biascicò imbarazzata. “Ora non perda altro tempo.” Aggiunse, prima di rimettersi a pulire la pistola.
Roy sorrise soddisfatto ed impugnò l’arma come sapeva perfettamente che andava impugnata, preparandosi ad assolvere i suoi compiti.

Gli spari, da qualche minuto, si susseguivano in modo regolare e questo tranquillizzò Riza, ancora un po’ scossa dall’incontro ravvicinato col colonnello. Non c’è niente di più rilassante di un colpo andato a segno… pensò la ragazza, mentre rimontava l’arma di Mustang.
Quando ebbe finito sospirò, tolse la giacca dell’uniforme e portò le braccia dietro alla nuca per stiracchiarsi e sciogliersi i capelli. Scosse il capo e si massaggiò brevemente le spalle. Non si accorse che l’uomo aveva seguito tutta la scena, mentre ricaricava la pistola.
“Cosa c’è, Colonnello?” Fece la donna, quando si accorse che gli spari non riprendevano. “Si è già stu…” Ma non poté finire la frase.
Le mani di Mustang si erano appena posate, calde, sulle sue spalle ed avevano preso a massaggiarle delicatamente il collo. Sorpresa, Riza provò a scostarsi, ma lui la trattenne con gentile forza.
“Anche lei male al collo?” Le domandò dolcemente Roy.
“No.” Rispose subito lei, un po’ rigida. “Sono… sono soltanto un po’ stanca…”
“Ah, allora mi lasci fare.” Sussurrò la voce del colonnello sui suoi capelli. “Sono un ottimo massaggiatore…”
E Riza si arrese, rilassandosi sotto le sue dita. Era davvero abile e lei, per la propria sanità mentale, preferì non pensare al numero delle donne con cui si era esercitato. Si concentrò, allora, su quelle mani calde ed esperte che le davano sollievo dalla pesantezza della giornata.
Roy, invece, era ben conscio di ciò che stava facendo. Aspettava da giorni un’occasione per fare pace con lei e sapeva che l’unica arma su cui poteva contare era quel legame quasi chimico che c’era tra loro. E, in fondo, un po’ di seduzione non aveva mai fatto male a nessuno, no? Approfondì il massaggio sulle spalle sottili di Riza, volutamente lento e sensuale. Sapeva bene qual era il modo giusto e, quando sentì un gemito soffocato di lei, sorrise compiaciuto.
Quando, però, Riza si accorse che quelle dita pretendevano più del lecito, ritrovò immediatamente la padronanza di se, sottraendosi leggera alla presa di Roy.
“Credo che possa bastare, ora.” Affermò compita. “Lei dovrebbe ricominciare a sparare, Signore.” Aggiunse, mentre si rimetteva su i capelli col fermaglio.
Mustang, un po’ deluso e anche imbarazzato, per come si era lasciato trascinare dal piacere di massaggiarla, annuì e tornò verso la finestra di tiro. Anche Riza riprese il fucile.
Appena prima di rimettersi a sparare, Roy lanciò uno sguardo stranamente malinconico al suo tenente. Odiava che ci fossero barriere tra loro, anche se era consapevole che qualche ostacolo era inevitabile. C’erano le loro uniformi ed i loro gradi a dividerli, comunque.
“Hawkeye…” La chiamò piano, lei sollevò gli occhi.
“Sì, signore?” Fece, con le mani a mezz’aria nel gesto d’infilarsi le cuffie.
“Mi ha perdonato?” Le chiese allora lui, con tono triste.
Anche lo sguardo di Riza si fece un po’ più triste. “Non lo so.” Ammise infine, dopo qualche istante di riflessione.
“Capisco.” Mormorò Roy abbassando il capo. “Voglio, però, che sappia che mi dispiace.” Le disse poi, con espressione rammaricata.
Lei lo fissò per qualche secondo, prima di mettere le cuffie e imbracciare il fucile. “Non ci credo.” Affermò poi scettica. “Ma lei recita bene.”
Il colonnello scrollò il capo, se lo doveva immaginare. Con un sorriso retorico, si rimise a sparare. In qualche modo, però, si sentiva rassicurato dal ritmo dei colpi, come se quella coordinazione fosse la prova che l’affinità tra loro esisteva ancora. Nonostante tutto.

Il giorno dopo, Roy era di umore decisamente più ottimista. Osservava compiaciuto il lavoro dell’ufficio attraverso la porta aperta. Riza era china sulle sue carte ed il sole che entrava dalla finestra creava un bel riflesso dorato sui suoi capelli. Il colonnello sorrise, rimettendosi a lavorare.
Distratto dai documenti da firmare, Mustang non si accorse che era entrato qualcuno nell’altra stanza, almeno finché Riza non si alzò sorridendo caldamente. Insospettito, Roy si mise in piedi, cercando di vedere chi c’era di là, dato che la visuale gli era impedita dalla porta.
“Mi dispiace che ieri sera non sei potuta venire.” Disse la voce di Anthony Paul, mentre il colonnello si sporgeva oltre la scrivania.
“Sono rammaricata di aver dovuto disdire.” Rispose il tenente. “Ma ho avuto un impegno all’ultimo momento e non ho potuto fare diversamente…”
“Ah…” Fece Roy sornione. Quell’impegno era lui e il suo tenente aveva dato buca a Paul per sparare insieme a lui. Eheheh!
“Voglio rimediare subito, Anthony…” Quel tono disponibile, da parte di Riza, però, abbatté subito la soddisfazione del colonnello. Ma come?!
“Beh, possiamo vederci anche stasera, se vuoi.” Accettò subito il maggiore. Seh, figurati, non aspetta altro! Pensò Roy.
“Mi piacerebbe.” Replicò lei, mentre il colonnello, ormai, aveva posato anche un ginocchio sulla scrivania, nell’intento di vederli meglio.
“Possiamo andare via insieme, ti va bene? Poi andiamo a mangiare qualcosa…” Certo che era spudorato, fissare un appuntamento con Riza sotto i suoi occhi! Sì, ma… che diritti aveva Roy sul tenente Hawkeye? Sospirò sconsolato.
“Sì, va benissimo…”
Havoc e Fuery, nel frattempo, osservavano sempre più preoccupati la posizione precaria in cui si era messo il loro capo. Lui non aveva idea che lo stessero osservando, poiché aveva una visuale limitata, mentre loro ce l’avevano praticamente davanti. Lo videro sporgersi sempre di più, mettendo le mani e un ginocchio su cartelline di scivolosi fogli.
“Adesso cade…” Mormorò Jean allarmato.
“Mi sa di sì…” Rincarò pessimista l’altro.
Non fecero in tempo a formulare il pensiero che Mustang crollò oltre la propria scrivania con un tonfo sordo ed un breve lamento soffocato, portandosi dietro un’intera pila di carte da firmare. Tutti si voltarono verso la sua stanza.
“Oh, mio Dio, Colonnello!” Esclamò subito Riza. “Scusami, Anthony, è meglio se parliamo dopo.” Aggiunse poi, rivolta al maggiore, con tono sbrigativo.
“A dopo.” La salutò lui, quindi si sporse verso Mustang. “Buona giornata, Colonnello.” Dichiarò, chiaramente sarcastico e divertito, prima di andarsene.
Roy, nel frattempo, si era risollevato da terra con velocità, spolverandosi e aggiustando la divisa, sotto lo sguardo preoccupato dei suoi sottoposti.
“Tranquilli, non mi sono fatto niente.” Proclamò subito a mani alzate. “Tornate pure al lavoro.” Li incitò quindi, con gesti sbrigativi e un’espressione che cercava di essere dignitosa.
“Colonnello, ma…” Tentò d’intervenire il tenente Hawkeye.
“Le ho detto che sto bene, torni al lavoro, via, via!” Sbottò lui, interrompendola. Rassegnata, la donna gli diede le spalle, tornando alla sua scrivania.
E, finalmente, Roy poté girarsi ed assumere un’espressione sofferente, degna dell’acutissimo dolore che provava ad un ginocchio, a un gomito ed al fianco sinistro. “Oh, Dio… diodiodiodio!” Si lamentò, piegandosi e camminando tutto storto.

Falman era stato l’ultimo a salutare, prima di andarsene. Il turno di servizio, anche per quel giorno, era terminato. Il tenente Hawkeye si fermò nel vano della porta, guardando nella stanza del colonnello.
Lui era seduto a gambe larghe sulla propria sedia, guardava assorto fuori della finestra, dove il sole stava tramontando. Sembrava malinconico. Si era slacciato il colletto dell’uniforme e allentato la camicia, i capelli erano un po’ arruffati. La luce rosata formava strane, misteriose ombre sul suo viso e schiariva stranamente i suoi occhi scuri. Era bellissimo e Riza non poté trattenere un certo tuffo al cuore, guardandolo.
“Tenente?” Fece all’improvviso Roy, senza voltarsi, facendola sussultare in modo impercettibile.
“Signore…” Rispose lei, dopo un lungo respiro. “Mi chiedevo se sarebbe un problema, per lei, tornare da solo stasera.” Affermò infine.
Era dispiaciuta di doverglielo chiedere, si sentiva quasi in colpa. Perché Riza percepiva la malinconia in lui. Avvertiva i suoi momenti di fragilità come fossero i propri e non le piaceva lasciarlo solo quando stava così.
“Vada pure.” Le disse l’uomo, con un gesto distratto. “So che ha un appuntamento.”
“Lei sta bene?” Gli domandò allora.
Roy sollevò gli occhi e incrociò lo sguardo del suo tenente. Sapeva che lei non si riferiva alla caduta di quella mattina. Era una domanda più profonda, la sua. Ma il colonnello sorrise appena.
“Sto bene.” Le disse, affidandosi ancora una volta alla sua arte di bugiardo.
“Capisco.” Annuì Riza, che ovviamente non si faceva ingannare dai suoi raggiri. “Ad ogni modo…” Continuò avvicinandosi alla scrivania. “…mi sono permessa di prenderle questa.” Posò sul tavolo un pacchetto di farmacia.
Lui lo guardò, poi osservò lei, ripagato da un dolce sorriso. “Grazie…” Mormorò un po’ confuso.
“Ma si figuri, Signore, di niente.” Rispose gentile lei. “A domani.” Lo salutò quindi, mentre Roy si alzava, per mettersi vicino alla finestra.
Prima di uscire definitivamente dalla stanza, Riza lanciò un’ultima occhiata al colonnello. Era appoggiato al muro e guardava fuori con espressione triste. La donna, decidendosi finalmente ad andare, pensò che quella serata non se la sarebbe goduta per niente.

Roy restò accanto alla finestra per un tempo che gli sembrò lunghissimo, finché non vide Riza uscire col maggiore Paul. Lui le teneva una mano sulla schiena, accompagnandola verso la macchina. Era chiaro, ormai: tra loro c’era qualcosa. Si doveva arrendere. E poi, che diritto aveva di mettersi in mezzo? L’idea, per la verità abbastanza campata in aria, che Riza provasse qualcosa per lui? Ma andiamo, cosa glielo aveva fatto pensare?
Guardava ancora verso il cortile, quando capì di non essersi immaginato proprio tutto, che un legame esisteva davvero. Riza, appena prima di salire in auto, alzò improvvisamente lo sguardo verso una finestra ben conosciuta. Aveva un’espressione preoccupata e indecisa. I loro occhi s’incontrarono, trovandosi anche a quella distanza. Roy sollevò una mano in un muto saluto, sperando di rassicurarla. Lei annuì, tentennò ancora un attimo, poi salì nella vettura.
Il colonnello sorrise amaramente, volgendosi all’interno. Fu allora che si ricordò del pacchetto lasciato dal tenente. Lo guardò incuriosito, poi lo prese e aprì.
Era un tubetto di pomata per le contusioni. Mustang sorrise. Pensava sempre a tutto, il tenente Hawkeye, senza di lei sarebbe stato un uomo perduto. Eppure, proprio a lui era sempre mancato il coraggio per fare un passo avanti, per paura di metterla in una posizione sconveniente e pericolosa. Per il timore che, se poi fosse finita o stata scoperta, questo gli avrebbe impedito di continuare a lavorare insieme. E lui non poteva pensare di avere una sintonia simile con qualcun altro.
Se le cose stavano così, allora, era meglio che lei si facesse una vita con un altro uomo, piuttosto che perderla del tutto. E il loro legame perfetto sarebbe continuato come sempre. Per sempre.
Tutti questi pensieri, ad ogni modo, gli facevano più male di uno sparo nel cuore. Chissà se c’era ancora quella bottiglia di whisky lasciata da Maes nello stipetto della libreria; ne avrebbe volentieri bevuto un bicchiere, mentre si spalmava la pomata sul ginocchio.

CONTINUA


I ringraziamenti, in ordine rigorosamente a caso!

eleanor89 – Grazie! Sono felice se ti diverti a leggere, è nata come una commedia, quindi! Beh, uno spaziettino per Ed mi ero ripromessa di trovarlo e gli altri comprimari sono troppo divertenti, mi piace metterceli! Quanto al numero dei capitoli non dico nulla, manca troppo poco alla fine!

_mame_ - Che dire… io non riesco proprio a vedere quei due separati, quindi puoi immaginarti le mie conclusioni… Anche io odio far soffrire Roy! (Seh, come no! NDTutti) Gli altri capitoli sono addirittura più malinconici, come hai già visto in questo, ma come dici tu ci sta bene.

The_Dark_Side – Grazie, sei molto gentile! Figurati, i capitoli mica scadono, io ho letto storie finite da anni!

Winry4ever – Potevo conciarlo peggio, il nostro colonnello, ammettiamolo, sono stata forse più cattiva nel 3, dato che l’ho fatto sgamare, no? Anthony l’avevo pensato totalmente stronzo, all’inizio, ma poi mi è uscito meno peggio di quel che credevo, vedrete.

kawai79 – Mamma mia, sei troppo carina! Arrossisco! E spero che il finale romantico-maliconico ti piaccia altrettanto!

Daphne91 – Grazie! In effetti volevo proprio che fosse anche un pochino comico, ma niente potrà mai scalfire il suo fascino, nevvero? ^__-

Shatzy – Ti ho lasciata per ultima perché il tuo era il commento più lungo. Intanto grazie per il complimenti, sono felice che la storia ti diverta e coinvolga. Tranquilla, Roy non si ammazzerà, ma i guai lo perseguitano a quanto pare. Spero che anche le altre apparizioni di Ed ti piacciano, perché ce ne saranno altre; sembra troppo saggio? Mah, mi è venuto così, mi sembrava abbastanza normale, in fondo non ha detto niente di che, tanto a fare l’immaturo ci pensa nei prossimi capitoli, eheheh! La tua analisi del titolo è perfetta, azzeccata. Davvero non hai capito che è il tappo? ^___- Ora ti spiego la faccenda temporale. Allora, il permesso Riza glielo chiede il giorno prima dell’appuntamento, infatti dice “…domani ho un appuntamento…”, mentre la scena con Ed nel bagno e quella con Amelia dell’agenda si svolgono il giorno dopo, quello appunto dell’appuntamento. Forse mi sono spiegata male io all’inizio della scena del bagno… Ah, Amelia voleva semplicemente far notare a Roy, che glielo impedisce con la sua fretta, che aveva fatto una cosa non tanto bella… (Ho già detto che adoro Amelia?!) Roy e Riza non sono carini, insieme, sono perfetti! Adoro scrivere le scene di loro insieme. Quanto a Anthony, ripeto, non è del tutto stronzo, anzi, hai abbastanza ragione su di lui, ma scoprirai tutto solo alla fine! Ora vi lascio, che devo finire la storia!

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Capitolo 4
*** La danza delle coppie ***


dance for three - 4 Oh, madonnina, quanti bei commenti che mi fate, sono proprio felice, era molto che una mia storia non aveva tanto successo! Grazie!! Questo è il penultimo capitolo ed è, per forza di cose, interlocutorio e più breve del solito, era nato come un unico capitolo finale, ma poi era troppo lungo e l’ho diviso. Spero che possiate apprezzare anche questo passaggio verso il finale. Divertitevi e non fate mancare il vostro prezioso commento!

Ciao a tutti!
Sara

P.S.: per le risposte ai commenti, ci vediamo come sempre in fondo al capitolo. ^___-
 

4 – La danza delle coppie

I giorni si susseguirono in un grigio e nebbioso autunno, che non faceva altro che immalinconire sempre di più Roy. Spesso, Riza lo sorprendeva a guardare fuori della finestra con aria triste e nemmeno il paio di missioni cui parteciparono servirono a risollevargli l’umore.
I rapporti tra i due ufficiali erano, in compenso, rientrati nella solita routine; anche se Mustang era diventato stranamente poco invadente. Non le faceva domande, non era più ossessionato da Paul, acconsentiva a tutte le richieste di Riza senza fare storie. Sembrava… arreso. E questo a lei non piaceva per niente.
Ogni tanto, la sera, dopo la fine del turno, Roy e Riza si fermavano al poligono di tiro, per adempiere ai famosi obblighi amministrativi del colonnello. Nessuno dei due avrebbe confessato che passare due ore in quello stanzone gelido e lugubre gli piaceva, eppure nel loro cuore aspettavano la sera in cui sarebbe accaduto. E questo, pensavano entrambi, era stupido.
Una di quelle sere, il tenente rientrò nel poligono portando un piccolo vassoio con due tazze di the caldo. Il colonnello stava sparando. Era molto più concentrato ultimamente e lei non sapeva se era un bene o un male, anche se un po’ le mancava il Roy farfallone e distratto.
La donna posò il vassoio nel piano della finestra di tiro accanto a quella di Mustang. Lui la guardò interrogativo, dopo aver smesso di sparare e tolto il caricatore esaurito. Lei gli fece cenno di togliersi anche le cuffie e Roy ubbidì con un sorriso.
“Qui fa piuttosto freddo e ho pensato che una tazza di the le avrebbe fatto piacere.” Affermò, indicandogli il vassoio.
“Oh, sì, grazie!” Rispose entusiasta lui. “Non mi sento più le dita!”
Il colonnello prese la sua tazza e sedette sulla sedia vicina al tavolo degli attrezzi. Riza fece lo stesso, però sedendosi sul bordo del tavolo. Sorseggiarono la bevanda ancora fumante, traendone un discreto sollievo.
Roy osservò la donna bere un breve sorso e fare un piccolo sospiro soddisfatto, poi sorrise. Era bello essere lì con lei, nonostante il silenzio e il freddo. Da qualche giorno rifletteva su una cosa e pensava che quello fosse il giusto momento per proporla a Riza.
“Senta, Tenente…” Esordì l’uomo.
“Mi dica, Colonnello.” Replicò Riza disponibile.
E i loro occhi s’incontrarono, tra l’alzare il capo di lui e l’abbassarlo di lei. Un giorno, pensò Roy, avrebbe dovuto studiarci su questo fatto, su come i loro occhi riuscissero ad incatenarsi a vicenda in quel modo. Come se avessero una calamita incorporata. Ma finì quasi subito, non ci fu il tempo per fare ricerca. Lui distolse lo sguardo, lei chinò gli occhi arrossendo appena.
“Diceva, Signore?” L’interrogò Riza poco dopo.
“Ecco…” Riprese Roy, dopo aver tossicchiato per tornare controllato. “Sa che la settimana prossima ci sarà il ballo dell’esercito e…”
La donna sembrò improvvisamente a disagio. Scivolò giù dal tavolo e fece qualche passo verso la barriera delle finestre di tiro. Lui s’insospettì, ma continuò.
“…mi chiedevo se lei volesse venirci con me.” Ecco, la proposta era fatta, ora stava a lei.
Riza guardava ancora verso i bersagli, o meglio, un punto leggermente più in passo. Le sue dita nervose percorrevano il bordo del banco. Ma era inutile tergiversare, tanto valeva dirglielo e basta.
“Colonnello…” Iniziò girandosi finalmente verso di lui, ma evitando comunque il suo sguardo. “…non è facile, ma… vede, Signore, il fatto è che me lo ha già chiesto qualcun altro e… io ho accettato.”
Lo sapeva. Ma non voleva dire che facesse meno male. Era almeno una settimana che ci pensava, da quando erano arrivati gli inviti e ora era tardi. Niente da fare, lui, in questa storia, arrivava sempre dopo l’orchestra. Continuava a perdere treni uno dopo l’altro, con Riza.
“Mi dispiace…” Si rammaricò la ragazza.
“No, non fa niente.” Replicò Roy, con un gesto noncurante che nascondeva la sua amarezza.
“Sono sicura che lei troverà un’altra persona che l’accompagni.” Affermò Riza, con una punta appena percettibile d’irritazione.
“Sì, lo chiederò ad un’altra…” Mormorò apatico il colonnello, guardando da tutt’altra parte.
A un’altra, sì… pensò con strana rabbia la donna. “Porto via queste tazze.” Annunciò poi, brusca, sfilando dalle dita dell’uomo la tazza ormai vuota.
“Faccia pure.” Reagì blando Roy, alzandosi. “Io finisco con i miei colpi di oggi.” Aggiunse, mentre raggiungeva la sua arma sul bancone.
Riza uscì veloce e con passo nervoso, ma tanto lui non se ne accorse, preso com’era dalle sue recriminazioni. I due avevano qualcosa in comune, ad ogni modo: una stranissima voglia di piangere.

Non era il suo periodo migliore, ma Roy quel giorno si sentiva magnanimo. Era qualche minuto che, invece di leggere il suo rapporto, osservava la figura tormentata di Edward Elric seduto sul divano. Quel ragazzo aveva un cruccio, glielo si leggeva in faccia.
“Cosa c’è che non va, Acciaio?” Gli domandò infine, vinto dalla curiosità.
Ed alzò gli occhi scrutando l’espressione stranamente divertita e inaspettatamente comprensiva del colonnello. S’insospettì in modo immediato.
“Non c’è niente.” Rispose sgarbato, girandosi dall’altra parte.
“Stai tranquillo, a me puoi dirlo.” Continuò accondiscendente Roy. “Sono un uomo adulto, esperto, posso darti un consiglio…”
“A cosa sta alludendo, Colonnello?” L’interruppe il giovane alchimista aggrottando la fronte.
Mustang incrociò le braccia sul piano della scrivania e si sporse verso di lui con un sorriso complice. “Da quanto è arrivata in città?” Chiese con aria saputella.
“E lei che ne sa?” Ribatté cupo l’altro.
“Ho i miei informatori…” Si vantò l’uomo gongolante.
Edward sbuffò, chinando il capo. Inutile cercare di nascondere qualcosa a quell’uomo, per quanto gli desse fastidio doveva ammettere che Roy Mustang stava sempre un passo avanti.
“Due giorni fa.” Soffiò infine.
“E ti da il tormento, eh?” Insinuò Mustang divertito.
“Uff, sì…”
“Ha saputo del ballo, immagino.” Affermò Roy, tornando ad appoggiarsi alla spalliera.
“Ha visto gli inviti e Al, che non regge neanche il semolino, le ha detto tutto!” Si lamentò il ragazzo sconsolato; nemmeno sapeva perché stava dicendo quelle cose proprio al suo superiore.
“Che male c’è?” Fece allora l’uomo; Ed lo guardò allibito. “Mi sembrava di aver capito che lei ti piacesse…”
“Questo non l’ho mai detto.” Precisò l’alchimista d’acciaio.
“Se non ti piace, forse dovresti chiarire con lei.” Gli suggerì saggiamente il colonnello.
“Non ho detto nemmeno questo…” Rettificò Ed, sconsolato.
“Hai le idee un po’ confuse, ragazzo mio.” Commentò ironico Roy; l’altro lo guardò malissimo.
“Parla bene, lei!” Sbottò il ragazzo, incrociando le braccia. “Le basta schioccare le dita per avere intorno orde di femmine pronte a zerbinarsi ai suoi piedi, ma io devo stare attento con Winry!” Continuò con ardore. “Se non peso ogni parola, quella mi smonta come un passaverdura!”
“Credo questo sia un motivo per cui dovresti invitarla al ballo.” Dichiarò il colonnello con calma.
Passò qualche minuto di silenzio in cui Edward scrutò il vuoto con aria riflessiva e Roy osservò lui, aspettando decisioni o reazioni.
“Come s’invita una ragazza al ballo?” Chiese infine il giovane, tormentandosi l’elastico dei capelli, ma continuando a non guardare l’interlocutore.
“Non importa come.” Rispose Roy, sollevando gli occhi e scrutando malinconico la figura chiara di Riza alla sua scrivania. “L’importante è farlo prima che lo faccia un altro…”
“Eh?!” Fece perplesso Ed. “Quale altro?”
“No, scusa, mi ero distratto!” Si riprese subito il colonnello. “Veniamo a noi.” Continuò, cambiando argomento con urgenza. “Questo rapporto fa schifo, Acciaio, è pieno di errori di grammatica e la tua calligrafia è peggio delle zampe di gallina…”
“Grrr…” Mai, si ripromise Ed, mai mostrare il fianco al colonnello, quello era un artista nell’approfittarsi delle debolezze altrui. Bastardo!
Roy, nel frattempo, sorrideva soddisfatto. I battibecchi con Acciaio lo mettevano sempre di buonumore e per un attimo poteva non pensare ai suoi, di crucci. Anche se gli bastava alzare la testa dai documenti, per sapere che non sarebbe durato a lungo. Lei e i suoi capelli biondi erano lì a ricordarglielo.

Era inutile stare a piangersi addosso per i recenti sviluppi della sua vita sentimentale, si disse un giorno Roy. Non si sarebbe presentato da solo al ballo, facendo la figura del fesso davanti ad un trionfante maggiore Paul con al braccio… No.
Il problema, adesso, era tutto nel trovare una ragazza da portare con se. Ce ne sarebbe voluta una abbastanza carina da essere alla sua altezza, ma non appariscente. Una poco impegnativa, ma abbastanza intelligente da non farsi illusioni. Una che gli facesse fare una bella figura, senza obbligarlo a starle appiccicato tutta la sera. Perché lui, alla festa, avrebbe avuto altre situazioni da tenere sotto controllo. Ecco, ci voleva una così.
Ma dove trovarla… La risposta forse era proprio nel corridoio del comando che stava percorrendo in quel momento, nel cenno di saluto che qualcuno gli aveva appena fatto.
Mustang si girò d’impeto, costringendo il tenente Hawkeye, che lo seguiva, a fermarsi sorpresa.
“Amelia.” Chiamò l’uomo e la ragazza che avevano appena incrociato tornò sui suoi passi.
“Mi dica, Colonnello.” Fece poi, accondiscendente come sempre.
Roy le si avvicinò con un sorriso. “Qualcuno l’ha già invitata al ballo?” Le domandò a bruciapelo, dimenticando lo stile ossequioso che di solito le riservava.
Amelia spalancò gli occhi incredula. Lo stava chiedendo proprio a lei? Oddio, ora sveniva… Un attimo, però, si disse la giovane segretaria, spostando lo sguardo. Lo stava facendo davanti al tenente? Cos’era questa storia? Aveva sempre creduto che loro due…
“No…” Rispose però, timidamente.
“Bene.” Fece lui compiaciuto. “Le piacerebbe venirci con me?” Le propose quindi.
Oh, mamma mia! La ragazza era assolutamente allibita. Non pensava che un uomo come il colonnello Mustang potesse mai interessarsi ad una come lei. Ma era comunque perplessa. Continuava a guardare Riza, poi Roy e di nuovo la donna, che sembrava impassibile.
“Amelia?” La richiamò l’uomo e lei tornò a dedicargli la sua attenzione. “Deve rispondere a me, non al Tenente.”
“Oh! Ah, mi scusi…” Balbettò lei arrossendo. “Mi farebbe davvero molto piacere, Signore.” A quella risposta affermativa, lui le sorrise con dolcezza.
“Allora, siamo d’accordo?” Soggiunse Roy, lei annuì. “Mi faccia sapere di che colore è il suo vestito e poi ci accorderemo per quando dovrò venire a prenderla.”
“S… sì…” Rispose meccanica la ragazza, senza riuscire a non lanciare occhiate al tenente.
“A più tardi, Amelia.” La salutò quindi il colonnello, prima di darle le spalle e proseguire. Lei però non lo guardava più, disinteressata al pur splendido panorama posteriore dell’uomo. La segretaria aveva gli occhi negl’occhi di Riza.
Era lo sguardo di due donne intelligenti. Amelia sapeva di non essere all’altezza del colonnello, ma sembrava che quell’occhiata del tenente significasse che glielo affidava con fiducia. Lei annuì e Riza sorrise, prima di seguire Roy in un’altra giornata di lavoro.

Il vestito era perfetto. Color blu cobalto scuro. Scollatura non troppo profonda sul davanti, più ampia sulla schiena, spalline sottili che s’incrociavano dietro. Gonna ampia che lambiva il pavimento. Le donava. Era tanto che non si sentiva così bella. Era tanto che non si sentiva così… triste.
Riza, quella sera, aveva usato particolare cura nel prepararsi, non perché lo volesse davvero, ma soprattutto per non pensare. Anche cercando di rimettere insieme i pezzi che avevano condotto alla situazione attuale, non riusciva a darsi una spiegazione esauriente.
Lei stava uscendo con un uomo. Bene. Un uomo piuttosto bello, affascinante, comunicativo, estroverso e anche abbastanza esplicito. Un uomo che non le nascondeva il desiderio che provava nei suoi confronti. Garbato, intelligente, che probabilmente provava davvero qualcosa per lei. E lei? Non riusciva proprio a lasciarsi andare.
Si diede della stupida. Aveva qualcosa che non andava, di sicuro. Cominciava a pensare di essere difettosa dal lato emotivo. Ogni volta che Anthony aveva uno slancio verso di lei, riusciva a respingerlo con un atteggiamento decisamente freddo. Non riusciva proprio a sciogliersi. Ma come faceva, se la sola idea di abbandonarsi a lui la faceva sentire come una gelatina appena uscita dal frigo? Che cosa le serviva per scaldarsi un po’?! Forse era priva di qualsiasi forma di erotismo…
No, questo no. Perché c’era, qualcosa che la faceva bruciare come una donna dovrebbe davanti ad un uomo che le piace. Pensò ad un paio di occhi scuri che potevano essere glaciali e calcolatori ed un attimo dopo ardere a freddo, sciogliendo qualsiasi resistenza.
Scrollò il capo sconsolata. I sogni erotici sul colonnello era meglio riporli sul fondo di un grosso baule, poi coprirli di mattoni, chiudere con un catenaccio ed un grosso lucchetto e buttarli in qualche canale di scolo. Salvo poi scoprire, nel momento meno opportuno, che si erano liberati di nuovo. Malefici e immortali.
Riza finì di aggiustarsi i capelli e poco dopo suonarono alla porta, era sicuramente Anthony. Lei prese un corto giacchino di lana candida e lo raggiunse in macchina. Il maggiore le aveva portato un piccolo bouquet di fiori da mettere al polso. Le baciò la mano e glielo mise, lei lo ringraziò con un sorriso. Il ballo dell’esercito li aspettava.

Roy entrò nel salone tenendo al braccio Amelia. La ragazza indossava un semplice ed elegante vestito giallo pallido. Il colonnello le aveva personalmente appuntato il bouquet di fiorellini viola alla scollatura. Lui, invece, portava l’alta uniforme, come era solito fare in certe occasioni.
Affermare che ci sembrava nato dentro era poco. Quando la sua accompagnatrice lo aveva visto era rimasta priva di voce per qualche secondo. Quel tipo di abbigliamento risaltava le doti naturali di Roy: la sua eleganza innata, il suo portamento, quel fascino non appariscente ma inevitabile. Molte signore, quella sera, si pentirono di essere state un po’ distratte.
Il salone dove si sarebbe svolto il ricevimento era in condizioni perfette: il pavimento era lucidato a specchio, i lampadari di cristallo brillavano, illuminando a giorno la sala. L’orchestra era stata sistemata in un palco sul fondo, davanti ad un drappeggio di tende rosse. I tavoli per la cena erano stati disposti in una sala più piccola, adiacente a quella del ballo, dove, però avevano allestito un tavolo per i rinfreschi. L’atmosfera era piacevole ed accogliente.
Riza e Anthony arrivarono quando c’era già un certo movimento. La ragazza, in modo del tutto istintivo, si guardò subito attorno. Non le fu difficile individuare il colonnello Mustang. Lui era… perfetto come sempre e Amelia, che lo accompagnava, era davvero molto carina con quel vestito. Riza represse una lieve fitta di gelosia e rimorso, chinando gli occhi.
“Andiamo al tavolo?” Le domandò Anthony, attirando la sua attenzione; lei annuì, ma mentre lo seguiva non riuscì a trattenersi dal lanciare un’altra occhiata a Roy.
Poco dopo arrivò anche un riluttante Edward con al braccio un’entusiasta e trionfante Winry, radiosa nel suo vaporoso vestito rosa. Si prospettava una serata interessante.


CONTINUA

Risposte in ordine quasi casuale:

MistralRapsody – Beh, a volte è facile farsi sfuggire delle storie, bisogna stare attenti! Eheheh! Sono felice che invece sei incappata nella mia e che ti sia piaciuta! Anthony a volte è un po’ spocchioso, in effetti, però io come autrice l’ho rivalutato scrivendo. Amelia la adoro. Punto. E Roy è entrato di prepotenza tra i miei dieci personaggi maschili preferiti!

Winry4ever – Vedi che Anthony migliora? Nemmeno io sono una sua grande fan, ma magari ha le sue ragioni per fare quel che fa. Roy starà bene, dai. Forse non subito… ma si riprenderà. Ah, mi spiace, come hai visto quella scena non era prevista, chissà magari in un’altra ff. Grazie di tutto, per i complimenti e per i preferiti!

_mame_ - Eh, lo so che è divertente far soffrire i nostri beniamini (parla una che ha praticamente strappato o’ core a quello che dichiara essere il suo personaggio preferito in assoluto…). Eh, la scena del poligono la adoro anch’io! Non voglio dire nulla sul finale, ma amo troppo quei due per farli patire in modo esagerato! ^__-

SteelRose Alchemist – Oh, mamma mia! Addirittura capolavoro! Sei troppo gentile! Beh, è una soddisfazione essere riuscita a convincere anche una fan delle RoyEd. Quando riesco a dare anche solo un po’ di divertimento e di emozione, sono contenta. Grazie ancora per i complimenti anche troppo grossi e spero che seguirai la storia fino alla fine.

fumiko – Grazie! Anche io penso che siano perfetti insieme! Come hai visto in questo capitolo, le malinconie non sono finite, ma c’è ancora spazio per salvare la situazione. ^__-

kawai79 – Ma grazie! Sono davvero felice che il capitolo 3 abbia coinvolto così tanto chi lo ha letto! Viene voglia di consolarlo, il nostro Roy, eh? Ma non disperate, il Colonnello è pieno di risorse! Non ti preoccupare del ritardo, tanto anche io ero fuori e quindi non ho potuto leggere! ^__-

Lyla – Ma siete tutte esagerate con i complimenti! Davvero, non me li merito, grazie, mi fate arrossire! Trovi che ho caratterizzato bene Roy? Che sia addirittura perfetto? Mamma mia… Non so se questo Roy sia come dici tu, però io mi sono impegnata a “disegnarlo”, non volevo che risultasse sforzato e ci tenevo a mantenere il suo fascino, perché lo adoro, è così attraente… Non credo di essere un gran genio delle trame, però se poi risultano scorrevoli e, in qualche modo, coinvolgenti, mi fa tantissimo piacere. Ormai non manca molto alla fine e spero di non deludere nessuno. Grazie ancora.

Shatzy – E veniamo a noi… mamma mia, Shatzy, tu mi scrivi dei romanzi al posto delle recensioni! Per riuscire a rispondere a tutto, analizzare tutti i punti che mi proponi ci vorrebbe una serata di chat e non si finirebbe! Ho paura di perdere qualcosa a risponderti così. Proviamo. Sul titolo ovviamente hai ragione, hai colto il segno. Quanto alla scena del poligono, ripeto, la adoro. Solo loro due potevano far diventare romantico un posto del genere! La frase di Riza l’avevo pensata come riferita alla pistola, ma sai che la tua interpretazione mi piace? Io, in effetti, pensavo ad un riavvicinamento, però, non so, gli eventi mi sono un po’ sfuggiti di mano. Per un po’ sono stata in dubbio se mettere la scena della scrivania nel 3, poi però gli eventi successivi, la pomata, la finestra, erano più collegati ai fatti del capitolo 3 e mi sono convita che era meglio metterla lì. Roy non morirà, tranquilla! Anche se ancora ne deve passare qualcuna! Di quello che Riza e Roy provano alla fine del capitolo se ne potrebbe parlare per ore, tu hai espresso benissimo quello che anche io pensavo scrivendo. Bellissimo ciò che hai detto sul loro rapporto, la penso alla stessa maniera. Alla fine ci siamo ormai vicinissimi, ma non anticipo nulla. Ah, i cassetti di Roy! Beh, sono dell’opinione che Riza sappia tutto di lui, che, da bravo e degno rappresentate del sesso maschile, non saprebbe trovare da solo manco le succitate mutande, anche se stanno nello stesso cassetto da trent’anni. Quindi lei deve sapere tutto. Anthony. Beh, certo che come personaggio ha un suo scopo, che non è chissà che di misterioso, solo serviva ai fini della trama, ma nell’ultimo capitolo si scopriranno almeno le sue vere intenzioni verso Riza e questo è tutto ciò che ho intenzione di dire. Come hai visto, Ed è tornato alla grande e sarà con noi anche per il finale. Ahahah, la Maratona! Ehhh, se ho detto che tornerà, tornerà… Che altro dire, mi spiace se mi sono persa qualcosa per strada e ti ringrazio di nuovo per i bellissimi commenti-autostrada, che apprezzo tantissimo, devi saperlo. Mi raccomando non mancare sull’ultimo!

Oddio, come farò a rispondervi dopo l’ultimo capitolo? Forse apro un post sul forum, vi faccio sapere. Grazie ancora, siete troppo gentili, davvero non lo merito. Un bacio grande!

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Capitolo 5
*** Salva l'ultimo ballo per me ***


dance for three - 5
Eccoci qua. Come sempre, arrivata alla fine di un’avventura, mi prende quel vago senso di malinconia, inevitabile quando si trae soddisfazione da un lavoro. Succede anche a voi? Eggià…

Stavolta non risponderò una per una alle recensioni che mi avete lasciato (oddio, siete stati troooooopppppoooo buoni!!!!), non per pigrizia, ma solo perché molti dei vostri dubbi saranno chiariti da questo ultimo capitolo e poi perché non saprei davvero che dire per rispondere ai vostri (per me esagerati) complimenti. Vi posso solo dire:     GRAZIE!!!!!!!
Per me è un soddisfazione enorme, credetemi, enorme, essere riuscita con questa storia senza troppe pretese a conquistare se non il rispetto, per lo meno la stima di persone come voi. Grazie ancora! Mi avete davvero commossa!

Cosa altro dire? Non sono proprio soddisfattissima dell’epilogo, a voi il giudizio. Spero che gradirete questo finale leggermente melenso. Aspetto i vostri commenti e… tra qualche giorno controllate il capitolo, perché penso che aggiungerò la risposta alle recensioni finali in una postilla.

Grazie ancora a tutti, di cuore. Un bacio
Sara

5 - Salva l’ultimo ballo per me

Un paio d’ore dopo, quando la cena era finita ed il ballo era nel vivo, Riza si avvicinò al tavolo delle bevande. Anthony era andato in bagno e lei ne approfittava per rinfrescarsi la gola.
“Complimenti, è un bellissimo vestito.” Le disse una voce ben conosciuta.
La donna si voltò, per trovarsi davanti il colonnello che le sorrideva con gentilezza. Lei abbassò gli occhi imbarazzata, cercando qualcosa da guardare che non fosse il bellissimo uomo che aveva davanti. Averlo di fronte, negli ultimi tempi, le dava una gran pena al cuore.
“Grazie…” Mormorò quindi.
“Sono belli anche i fiori.” Continuò Roy, indicando il piccolo bouquet di rose bianche bordate d’azzurro. “Glieli ha presi il Maggiore Paul?”
“Certo.” Rispose Riza, osservando i fiori. “S’intonano col vestito…”
Vorrei che tu t’intonassi con me, come una volta… pensava lui, nel frattempo, con una certa tristezza. Non possiamo più ignorare questa cosa tra noi, Riza…
“Amelia è deliziosa, stasera, davvero molto carina.” Riprese la ragazza, lanciando un’occhiata alla segretaria, che conversava con alcune persone dall’altra parte della sala.
“Già…” Fece lui, seguendo il suo sguardo, ma tornò subito a guardare lei. “È una donna molto intelligente e dolce, l’avevo sottovalutata.”
“Lei sottovaluta sempre le donne, Signore.” Intervenne Riza con un sorriso.
Gli occhi di Roy si fecero improvvisamente seri, fissandola. Erano scuri e profondi, pieni di pensieri ed emozioni come non li vedeva dai tempi di Ishbal. Le si svuotò lo stomaco davanti a quelle profondità e si sentì scivolare via.
“Non ho mai sottovalutato lei, Tenente.” Le disse con un fremito nella voce.
Riza scosse il capo, cercando di respingere quella nuova intromissione nella sua anima. Non credeva che Roy fosse consapevole di quanto riusciva ad andare a fondo dentro di lei, ma le faceva male e non poteva permetterglielo.
“Roy, io…” Balbettò la ragazza abbassando gli occhi.
“Io devo…” Tentò lui.
“Riza, tutto a posto?” Domandò una voce maschile alle loro spalle.
Si voltarono per vedere il maggiore Paul che arrivava. Si portò accanto al tenente e le circondò la vita con un braccio. Mustang seguì con disapprovazione il gesto, poi alzò uno sguardo ostile su Anthony, che rispose con aria seria.
“Allora, tutto bene?” Chiese ancora una volta Anthony, rivolgendosi di nuovo alla donna.
Lei lo guardò, distogliendo finalmente gli occhi da Roy. “Sì, certo, ci stavamo solo… salutando.” Rispose infine, incrociando nuovamente lo sguardo dell’uomo dai capelli neri.
“Beh, buonasera, Colonnello.” Salutò quindi il maggiore, poi si girò verso Riza. “Che ne dici, balliamo?” Lei stentò un attimo prima di voltare il capo, ma poi annuì sorridendo. “Credo che anche lei dovrebbe invitare la sua dama, Colonnello.”
A quell’invito, Roy spostò gli occhi da quelli di Riza, tornati ancora su di lui, a quelli di Anthony. “Stia certo che lo farò.” Gli rispose duro.
“A più tardi, Signore.” Soffiò Anthony, trascinando via la donna. Ma questo non impedì un ulteriore capitolo del gioco di sguardi tra lei e Roy. Un altro triste capitolo.
Il colonnello Mustang prese con rabbia un bicchiere di champagne e lo bevve tutto in un fiato. Aveva ragione Paul, perché diavolo continuava a perdere tempo? Era meglio che ballasse con Amelia e la finisse di pensare a Riza. Sì, ma come faceva se lei c’era? Non solo fisicamente, nella sala da ballo, ma nella sua mente, nel suo cuore. Riza esisteva, solida, viva. E sentiva che, se l’avesse persa, i fantasmi annidati nella sua anima sarebbero tornati fuori e, senza di lei, come avrebbe fatto a respingerli?
A distrarlo dai suoi pensieri fu una figuretta rosa che si avvicinò leggermente traballante al tavolo e afferrò veloce un bicchiere di champagne alla fragola. Roy la guardò preoccupato. Era, all’apparenza, allegra, ma la sua gaiezza era senz’altro dovuta all’alcool, perché i suoi occhi non erano proprio vivaci. L’uomo le scostò delicatamente una ciocca di lunghi capelli biondi dalla spalla e ci posò sopra una mano calda.
“Winry…” Chiamò piano; la ragazzina sussultò appena, volandosi.
“Oh, Colonnello, buonasera!” Salutò quindi, con allegria etilica. “Ha sentito quant’è buono questo coso alla fragola?”
“Winry, quanti ne hai bevuti di quelli?” Le domandò con tono paterno, non poteva permettere che quella ragazzina si ubriacasse.
“Eh… ecco… due o tre…” Balbettò incerta lei. “…forse… cinque…” Roy roteò gli occhi, era già bella che partita, questi adolescenti!
“Tesoro…” Riprese gentile l’uomo, sfilandole il bicchiere di mano, Winry lo guardò male. “…adesso è meglio se vai a prendere una boccata d’aria…”
“No!” Si oppose la ragazza, stringendo i pugni. “Lo so io cosa è meglio!” Dichiarò quindi, mentre lui la fissava sbalordito. “Sarà meglio che quell’idiota patentato di Edward Elric si decida ad invitarmi a ballare, sennò… sennò… Questo è un ballo, no? E allora perché io non ballo, eh? E dove cavolo si è ficcato quel coniglio di Ed?! Si può sapere?!”
Ah, ecco qual era il problema! Quando beccava Acciaio gli faceva un culo come una rosa! Mollare quella povera ragazzina da sola, in balia dello champagne alla fragola! Senza contare che, vestita a quel modo, era davvero deliziosa e, in quello stato, poteva fare brutti incontri. Si guardò intorno e, per fortuna, vide Shieska a qualche metro da loro.
“Aspetta qui, cara, che vado a cercarlo.” Le disse, tenendola delicatamente per le spalle. “Adesso ti porto da Shieska e andate un po’ fuori sul balcone, ok?” Winry annuì. “A Ed ci penso io…” Lei annuì ancora, con sguardo fiducioso e Roy l’accompagnò dall’altra ragazza.
Affidata Winry all’amica, finalmente poté dedicarsi ad Amelia, che, dopo aver seguito la scena, lo aspettava con un sorriso. Era vero, aveva proprio sottovalutato quella ragazza, era una che capiva le cose e non era giusto che la trascurasse così.
“Tutto a posto?” Gli domandò lei, quando l’uomo la raggiunse.
“Sì, ha solo bevuto un po’ troppo.”
“Oh, poverina…”
“Balliamo?” Le propose però lui, distraendola dall’osservazione di Winry e Shieska. Amelia annuì sorridendo, gli porse la mano e si fece portare al centro della sala.

Passò circa un’ora, durante la quale si susseguirono balli e pause. Edward non si fece vivo, almeno sulla pista. Il colonnello, però, si era praticamente dimenticato della vicenda, poiché ogni volta che alzava gli occhi sugli altri ballerini, si trovava ad incrociare quelli di Riza, la qualche, ovviamente, li chinava subito quando si accorgeva che lui la guardava.
La faccenda andò avanti per un po’ e la donna, infine, si stancò. Era spossante dover evitare quegl’occhi e aveva paura che Anthony se ne accorgesse. Approfittò di una pausa per dire al suo accompagnatore che andava alla toilette e si allontanò veloce.
Il colonnello Mustang, in quel momento, si era fermato per bere ed era accanto al solito tavolo con Amelia. Quando vide Riza staccarsi dal maggiore e prendere la via per i bagni, pensò che doveva approfittarne, c’erano cose che voleva chiarire in tutti i modi. Stava per dire alla sua dama che andava in bagno, ma si rese conto che non poteva mollarla di nuovo.
“Colonnello…” Lo chiamò qualcuno alle sue spalle; si girò e vide Havoc. Ah, per una volta il sottotenente giungeva a proposito! “Il Comandante…”
“Jean Havoc!” L’interruppe però il suo superiore, stupendolo.
“Sì?” Fece il ragazzo perplesso; Roy lo prese per un braccio, portandolo accanto a se.
“Sottotenente Jean Havoc le presento la signorina Amelia Rose.” Fece il colonnello con un sorriso.
Lo sguardo dei due giovani s’incontrò. Lei sorrise e chinò gli occhi, arrossendo appena. Lui si grattò la nuca imbarazzato. Era un buon inizio, pensò Mustang.
“Posso lasciarvi un attimo da soli?” Fece l’uomo, ponendosi tra i due e tenendoli entrambi per un braccio, come ad unirli. “Dovrei andare alla toilette.”
“Ma prego…” Mormorò Amelia.
“Faccia pure…” L’assecondò Havoc.
“Bene!” Esclamò soddisfatto Roy, prima di lasciarli e incamminarsi un po’ troppo velocemente.
Dopo qualche secondo d’imbarazzo e risatine nervose, Amelia alzò gli occhi in quelli di Jean. Era carino. Begl’occhi blu. Magari aveva un’aria un po’ imbranata, però…
“Così lei collabora col Colonnello Mustang…” Buttò lì, per intavolare una conversazione.
“Eh, sì…” Rispose Jean, cui mancava disperatamente una sigaretta.
“È una persona speciale, eh?” Lui annuì non proprio convinto. “Com’è lavorare con lui?” Gli chiese quindi.
“È… ecco, è… avventuroso…”
“Addirittura…”

Roy era di fronte all’elegante porta imbottita che conduceva al corridoio dei bagni, indeciso. Quando allungò la mano per afferrare la maniglia, la porta, con un soffio, si aprì verso l’interno e Riza uscì fuori a testa bassa.
La donna alzò gli occhi e si trovò davanti il volto leggermente sorpreso dell’uomo. Non riuscì ad evitarsi un forte tuffo al cuore e, nel tentativo di impedire una conversazione come la precedente, abbassò di nuovo il capo e fece per superare Mustang.
“Riza, aspetta!” La richiamò però lui, allungandosi nel tentativo di afferrarla; non ci riuscì, ma la ragazza si voltò, colpita dalla confidenza in quelle parole.
“Che cosa vuole, Colonnello?” Gli domandò quindi e quella nota di disperazione nella sua voce non sfuggì all’uomo.
“Perché?” Le chiese Roy, avvicinandosi con sguardo tormentato.
“Perché cosa?” L’interrogò lei, mentre sentiva un improvviso tremito che risalendo dalle mani le invadeva tutto il corpo.
“Perché sei venuta al ballo con lui?” Le porse la domanda, fermandosi proprio davanti a lei.
Erano uno davanti all’altra, a solo un paio passi di distanza. Riza sentiva il calore emanare dal corpo di Roy, il suo respiro la raggiungeva, provocandole profondo disagio ed emozione. Lui la guardava negl’occhi, avvertiva il profumo dei suoi capelli sciolti, quasi gli sembrava di sentire il battito accelerato del suo cuore. O forse era il proprio, che gli rombava in petto.
“Perché lui me lo ha chiesto prima…” Rispose infine la donna, ostentando una freddezza che non possedeva in quel momento. Perché tu non me lo hai chiesto prima…
“Questo non conta!” Esclamò Mustang, battendo un pugno sul muro accanto a lei; cosa che li avvicinò ancora di più.
“Non conta?” Replicò la donna. “Non conta? Solo quello che vuoi tu conta, è vero?” Lui, che non si aspettava quella reazione, spalancò gli occhi e si scostò di un passo.
“Che vuoi dire…” Mormorò confuso.
“Voglio dire… perché sarei dovuta venire con te, sempre che tu ti fossi deciso a chiedermelo prima o poi, per starmene lì, in un angolo, con la mia uniforme, a guardarti ballare con un’altra!” Riza gli gridò questo con rabbia, mentre i suoi occhi diventavano lucidi.
Roy, sempre più perplesso e addolorato, la guardava aggrottando la fronte, rendendosi conto di non conoscere affatto quella donna che proclamava di amare, che lei gli aveva sempre nascosto una parte importate della sua anima. E lui voleva sapere ogni cosa, voleva scoprire i suoi lati oscuri, come lei conosceva i suoi.
“Riza, io…” Riprese con rammarico. “…io non volevo che mi accompagnassi come Luogotenente, volevo… volevo che tu fossi la mia dama, che indossassi questo vestito per me…” Le confessò, per una volta sincero.
La donna, indignata, si sottrasse a lui con un movimento fluido, dandogli le spalle. Non poteva permettersi di fargli vedere le proprie lacrime, quelle che versava per lui.
“Avresti dovuto chiedermelo prima.” Gli rimproverò dura. “Sarebbe bastato un giorno… sarebbero bastate poche ore…”
“Riza…” Tentò l’uomo, allungando una mano, ma lei si girò di scatto.
“No.” S’impose, negando col capo. “Adesso è troppo tardi, Roy.” Lui si sentì gelare da quelle parole. “Se non sbaglio c’è qualcuno che ti aspetta di là e… aspettano anche me.”
Mustang sospirò e rilasciò le braccia lungo i fianchi. Aveva ragione, era tardi. E c’erano troppe cose tra di loro. Se questa conversazione continuava rischiava di perderla per sempre.
“Buonasera, Colonnello.” Lo salutò Riza, prima d’incamminarsi verso la sala.
Roy, nonostante quello che si era detto fino ad un attimo prima, non riuscì a trattenersi e, stavolta, fece un lungo passo verso di lei e la prese per un polso obbligandola a voltarsi. Nella furia del gesto, l’uomo afferrò anche il bouquet, che si disfece. I fiori si ruppero ed i petali bianchi piovvero a terra in un triste valzer.
Entrambi li seguirono con lo sguardo mentre cadevano, poi alzarono il capo e si guardarono. Avevano tutti e due gli occhi lucidi. L’espressione di Riza era triste e arrabbiata, quella di Roy rammaricata e confusa. La donna sfilò la mano dalla presa di lui.
“Scusa…” Sussurrò il colonnello.
“Lascia stare…” Replicò lei scuotendo la testa, poi si allontanò senza dire altro.

Roy restò qualche minuto in quel corridoio semibuio a commiserarsi, guardando i petali bianchi sparsi sulla moquette scura. Ogni cosa che faceva sembrava portarlo più lontano da Riza, si sentiva smarrito. Temeva non ci fosse modo di rimediare.
La porta dietro di lui, ad un tratto, soffiò di nuovo, aprendosi. Mustang si voltò e vide Edward uscire con espressione, strano per lui, timorosa. Si guardarono negl’occhi per un attimo, poi abbassarono subito il capo, entrambi imbarazzati.
“Hai sentito tutto?” Domandò il colonnello, mettendosi dritto e dignitoso come un vero soldato deve sempre essere, soprattutto nei momenti di difficoltà.
“Sì…” Ammise Ed sconsolato.
“Bene.” Annuì un compito Roy, guardando da tutt’altra parte.
“Mi dispiace…” Affermò tristemente il giovane alchimista, sembrando veramente addolorato. “È una brutta situazione.”
“Hm…” Fece l’uomo con un’alzata di spalle. “Mi ci sono cacciato da solo, quindi penso che dovrò tentare di uscirne allo stesso modo.”
“Davvero, sono molto dispiaciuto.” Rincarò il ragazzo.
“Ti ringrazio per la solidarietà, Acciaio, ma preferirei tentare di sollevarmi da questo lago di letame in solitudine.” Replicò amaro il colonnello.
“Beh, allora, se è così… la lascio…” Dichiarò mesto Ed, superando Roy con un’ultima occhiata preoccupata. L’imbarazzo, comunque, lo vinse ed evitò di guardarlo ancora.
“Ah, Edward.” Lo richiamò però il superiore, sorprendendolo, perché non lo chiamava quasi mai per nome.
“Sì?” L’interrò il ragazzo, dopo essersi girato verso di lui.
“Non essere stupido come me.” Gli consigliò, facendogli aggrottare le sopracciglia. “C’è una ragazza molto carina, di là, con grandi occhioni blu e un bel vestito, ha bevuto un po’ troppo, ma credo che se tu la invitassi a ballare ne sarebbe molto felice.”
Edward spalancò la bocca in un sospiro colpevole, poi ripensò al modo indegno in cui aveva abbandonato Winry e chinò gli occhi.
“Grazie, Colonnello.” Disse infine, consapevole delle sue colpe e pronto a rimediare.
“Di nulla, Acciaio.” Incassò l’uomo, con un cenno umile. “Fatti valere, non prendere esempio da me, se te la lasci scappare, poi te ne pentirai.”
Il ragazzo annuì, guardandolo entrare dalla porta dei bagni con aria abbattuta, ma pur sempre rivestito del suo contegno da militare. Ed, quindi, prese un lungo respiro. Basta errori, per quella sera, si disse, prendendo spedito il corridoio che conduceva in sala.

Il colonnello Mustang tornò in sala quasi mezz’ora dopo averla lasciata. Era rimasto in bagno a riflettere, guardandosi allo specchio e dandosi dello stupido. La situazione sulla pista da ballo si era, nel frattempo, evoluta.
Edward e Winry ballavano piano, al ritmo di una musica ormai lenta e dolce, che si accordava con la stanchezza degli utenti e dei ballerini a fine serata. Lui era un po’ più basso e la ragazza, per poggiare il capo sulla sua spalla, si doveva piegare un modo un po’ strano, ma dal sorriso sulle sue labbra si sarebbe detto che non le costava troppo. Erano proprio una bella coppia, pensò Roy.
Spostando lo sguardo, il colonnello incontrò un’altra coppia, a dire il vero un po’ più impacciata, ma altrettanto carina. Havoc e Amelia erano un po’ più spostati verso le grandi finestre e tentavano di ballare, pestandosi reciprocamente i piedi ad ogni passo, tra scuse e sorrisi. Si erano proprio trovati, quei due, lo sapeva che sarebbero andati d’accordo.
Roy sbuffò un sorriso. “Sembra che qualcosa di buono, alla fine, stasera l’ho fatto…” Commentò scuotendo il capo.
Non vide Riza. A dire il vero non la cercò nemmeno. Non voleva vederla con lui. Pensò di andare via, ma poi si diresse verso la sala del banchetto e sedette ad un tavolo vuoto. La bottiglia di champagne, per fortuna, non era vuota. Per l’ennesima volta, nella sua vita, pensò di tendere pericolosamente all’alcool…

Era passata mezzanotte, quando Anthony e Riza decisero di andare via. L’uomo sembrava particolarmente stanco e annoiato e lei, dopo lo scontro con Roy non era certo dell’umore migliore.
I due ufficiali, allora, ritirarono i soprabiti al guardaroba e si diressero al parcheggio. La notte era umida e fredda, non c’era la luna e una nebbia fine e bianca aveva cominciato ad alzarsi dai canali.
Il maggiore Paul precedeva il tenente Hawkeye e lei si domandava il perché di quell’atteggiamento; lui, difatti, non era mai stato un tipo distaccato, ma quella sera sembrava distratto, pensieroso.
Giunti nel parcheggio, Riza lo vide fermarsi e lei fece altrettanto. Tra le auto parcheggiate s’intrufolava già la lieve nebbia. La donna rabbrividì, guardando le ampie spalle contratte del suo accompagnatore.
“Che cosa facciamo, adesso?” Le domandò l’uomo senza voltarsi.
“Non capisco, Anthony…” Mormorò perplessa lei. “Andiamo a casa?”
“E, stasera, mi farai salire?” Replicò Paul, girandosi verso Riza.
La donna si gelò sul posto, lo guardò negl’occhi confusa, poi prese un lungo respiro. “Anthony io… ecco, io…” Balbettò quindi.
“Tranquilla.” Fece lui scrollando il capo, con espressione arresa ed un sorriso triste. “Lo so.”
“Che cosa vuoi dire?” L’interrogò la donna, insospettita.
“Andiamo…” Rispose lui, levando per un attimo gli occhi al cielo, per poi riposarli su di lei. “Non sono stupido, tu stasera hai parlato con me, cenato con me, ma avevi la testa altrove. Ballavi con me, ma desideravi le braccia di un altro.” Riza non poté che restare in silenzio, fissandolo attonita. “Non mi hai detto cosa è successo ai tuoi fiori.” Riprese lui poi, indicando il polso ormai sguarnito della donna.
Anche lei lo guardò, sollevandolo appena, quindi cercò di nuovo gli occhi di Anthony. “Solo un incidente…”
“Sì, un tamponamento col Colonnello Mustang…” Affermò ironico il maggiore; lei, a quella parole, trasalì. “Cosa vi siete detti?” Le chiese poi, con garbo.
“Niente di particolare.” Rispose Riza, cercando di tornare lucida.
“Non credo, o non saresti così turbata.” Soggiunse l’uomo.
“Ti garantisco che tra me ed il Colonnello non c’è niente.” Si sentì di precisare la donna.
“Di concreto, forse no.” Ribatté lui, mentre si girava verso destra, mettendosi ad osservare il canale che scorreva vicino al parcheggio. “Ma non è me che stai rassicurando con questa frase.” Aggiunse definitivo, lanciandole un’eloquente occhiata.
Trascorse qualche minuto di silenzio. Anthony continuava a guardare il buio nebbioso di quella notte. Riza, invece, avvertiva il freddo entrarle nelle ossa. Non si era mai sentita messa in difficoltà come quella sera. Lei era sempre stata una donna forte, indipendente, che prendeva le decisioni da sola, senza bisogno di troppi consigli; le sue uniche incertezze, i soli logoranti dubbi, glieli aveva sempre regalati il suo rapporto con Roy Mustang. Riza era una donna troppo razionale e intelligente, però, per permettersi di cedere ai suoi sentimenti verso di lui, troppo ligia al dovere per compromettergli la carriera. La sua, di carriera, al limite, poteva anche essere sacrificata, ma non quella del suo superiore.
Ma Riza, fino a quella sera, non aveva mai avuto la consapevolezza che sarebbe bastata una sua sola parola, per far esplodere la passione. Quella notte gli occhi di Roy non avevano mentito guardandola, non si erano nascosti dietro al dovere e al grado e lei non si era mai sentita così debole, così pronta a cedere. Povero Anthony!
“Sai…” Fece l’uomo, rompendo finalmente il silenzio. “…sono sempre stato un rubacuori, io, fin dai tempi della scuola.” Le raccontò senza guardarla. “Mi piace corteggiare le donne, vedere l’effetto che gli faccio.” Continuò, mentre tornava a girarsi verso di lei. “Ma non pensavo di andare tanto lontano da casa e trovare una donna che lo rubava a me, il cuore.” Confessò sincero.
“Oh, Anthony…” Mormorò rammaricata lei; il maggiore si avvicinò.
“Forse, per via della mia condotta col genere femminile, avevo delle colpe da scontare, altrimenti non capisco perché mi sia innamorato della donna di un altro…” Affermò mesto.
“Io non sono… la donna di nessuno…” Tentò il tenente in un moto d’orgoglio. Lui sorrise benevolo.
“Oh, Riza, forse ancora non te ne sei resa conto, ma è così.” Dichiarò Anthony, dolce, ma con tono inconfutabile.
“Che cosa succede, ora?” Domandò infine la donna, dopo qualche attimo passato a guardarsi negl’occhi.
Anthony chinò il capo, mantenendo il suo mesto sorriso. “Niente. Io riparto, la settimana prossima torno a casa.” Le disse.
“Oh…” Commentò soltanto la donna.
“Vorrei, però…” Riprese l’uomo, fissandola intensamente. “…poter portare con me almeno un tuo ricordo, un bacio.”
Riza sorrise e annuì. “Questo si può fare.”
Si avvicinarono, lui le prese il viso tra le mani e carezzò le sue guance morbide con i pollici, quindi si piegò su di lei, posando le proprie labbra sulle sue, in un contatto soffice. Fu un bacio breve e dolce. Quando si lasciarono lui guardò altrove e lei arrossì appena.
“Credi che…” Mormorò quindi il maggiore, sempre con lo sguardo rivolto alla notte. “Potresti tornare da sola? Io… io preferirei andarmene…”
Riza sorrise tristemente e abbassò il capo. Capiva il suo turbamento e si sentiva anche un po’ in colpa, per non essere riuscita a ricambiarlo.
“Stai tranquillo.” Lo rassicurò quindi. “Torno dentro e mi faccio chiamare un taxi.”
“Grazie.” Rispose immediato l’uomo, con un certo sollievo.
“Non c’è proprio niente di cui devi ringraziarmi, Anthony.” Replicò la donna, ancora imbarazzata da tutta la situazione.
“Verrai a salutarmi?” Le chiese infine lui, prima di andarsene.
“Ci puoi contare.” Assicurò il tenente con un sorriso, lui annuì.
“Buonanotte, allora.” La salutò poi.
“Buonanotte.” Rispose Riza, quindi lo guardò andare via velocemente, con un ultimo cenno di saluto, prima di sparire tra la nebbia.

Riza, rimasta sola, sospirò profondamente e poi si appoggiò di spalle contro il fianco di un’automobile parcheggiata. Doveva ancora riordinare le idee su quello che era successo. Rabbrividì per il freddo e si strinse nella giacca bianca, che non si era infilata ma aveva sulle spalle.
“Non posso credere che l’abbia lasciata qui da sola.” Affermò una voce familiare, con tono quasi scandalizzato.
Riza alzò gli occhi e fece un breve sorriso a Roy che si stava avvicinando. Non ripensò alla discussione che avevano avuto, perché le faceva piacere che fosse arrivato.
“Mi creda, ha le sue buone ragioni per farlo.” Replicò poi. “Ci osservava da molto?” Gli chiese poi, memore delle esperienze passate. Lui scrollò le spalle.
“So che i miei precedenti non depongono a mio favore, ma, mi creda…” Rispose il colonnello con un sorrisetto senza ironia. “…sono uscito dalla sala soltanto un attimo fa, ho visto… solo il bacio.”
Riza fece una smorfia buffa, levando gli occhi al cielo, mentre lui la raggiungeva, fermandosi a pochi passi da lei.
“Era un bacio d’addio.” Confessò la ragazza, guardando davanti a se.
Un bacio d’addio? Roy non sapeva se esultare, ballare o che. Il primo istinto sarebbe stato quello di abbracciarla e piangere dalla felicità. Doveva controllarsi, però. Tossicchiò, cercando di darsi un contegno. Ma cominciava a sperare che, forse,  i suoi timori fossero abbastanza infondati.
“È… finita?” Domandò infine, con voce più stentata di quanto avrebbe voluto. Riza gli dedicò un’occhiata retorica.
“In realtà… non credo che sia mai nemmeno iniziata.” Affermò con un’alzata di sopracciglia.
Roy, sopraffatto dall’emozione, con le gambe di ricotta e le mani che tremavano affondate nelle tasche, non riuscì a fare altro che appoggiarsi a sua volta contro la macchina, con un sospiro. Trascorsero qualche minuto così, fianco a fianco, persi nella contemplazione del vuoto.
“Mi deve perdonare, Tenente.” Dichiarò ad un certo punto Mustang, attirando l’attenzione della donna, che lo guardò.
“E per quale motivo, Signore?” Ribatté quindi, incuriosita.
“Perché sono un uomo complicato.” Rispose lui, alzando il viso verso il cielo scuro.
“È parte del suo fascino.” Replicò però Riza, riportando i suoi occhi su di se. “Se non lo fosse, non sarebbe più lei.”
“Sì, ma la faccio soffrire.” Soggiunse Roy, fissandola negl’occhi con le sue iridi cupe come la notte.
“Io sto bene.” Annunciò però lei, con un sorriso. “Non sto soffrendo… adesso.”
Lo sguardo che si scambiarono, fu sufficiente ad entrambi per capire che niente avrebbe mai potuto alterare la magia tra di loro. Il parlarsi con gli occhi. Il non aver bisogno di dire. L’Alchimia dell’Alchimista.
“Balliamo?” Propose allora Roy, scostandosi dall’automobile. Riza spalancò gli occhioni chiari.
 “Ma, Signore, qui? In un parcheggio?!” Esclamò piuttosto allibita.
“Chi l’ha detto che per ballare ci vogliono una sala e un’orchestra?” Proclamò lui tutto entusiasta, porgendole la mano.
“Beh, per lo meno la musica ci vorrebbe…” Precisò lei, ancora scettica.
“Oh, andiamo! Non sia così pragmatica!” Fece l’uomo, invitandola con un gesto. “La senta nella sua mente, la musica.” Le consigliò poi, con tono dolce e convincente.
E Riza, infine, sconfitta da quel tenero attacco, allungò la mano, che fu subito catturata da quella di Roy. Nello staccarsi dalla fiancata, però, le scivolò la giacca dalle spalle; lei la vide cadere e guardò l’uomo.
“Così ho freddo.” Affermò e fece per riprenderla, ma lui l’attirò a se, stringendole il braccio intorno alla vita.
“Lasci stare, la scaldo io…” Sussurrò poi, a pochi centimetri dal suo viso.
La donna sentì veramente come un fuoco divampare dall’interno del proprio corpo e si domandò fino a che punto si spingessero le prerogative del Flame Alchemist…
Iniziarono a ballare un valzer lento e, fin dai primi passi, si trovarono in perfetta sincronia, come se la musica nelle loro menti fosse la stessa, ritrovando quell’accordo che per troppo tempo era sembrato perduto. Piroettarono quasi senza peso sull’asfalto, con la nebbia che danzava con loro, tra i loro piedi, formando sinuosi vortici attorno alle pieghe dell’abito di Riza. Per tutto il tempo non smisero di guardarsi negl’occhi.
Si fermarono dopo un tempo che non seppero quantificare. Entrambi avevano un leggero fiatone. La ragazza rabbrividì, sentendo il sudore gelarle sulla schiena.
“Sta tremando.” Costatò Roy osservandola.
“Fa freddo…” Rispose lei, con un sorriso forzato, per l’emozione ancora forte e viva, ma anche per la temperatura di quella notte quasi invernale.
Il colonnello sorrise appena, con dolcezza, poi si scostò dalla donna e, con un gesto fluido, si tolse il cappotto e glielo depositò sulle spalle. Riza se lo strinse subito addosso, ristorata. E poi, era una sensazione bella non solo perché ne aveva bisogno. Quel soprabito era caldo, portava il tepore del corpo di Roy, il suo profumo. L’uomo le sorrise di nuovo e lei rispose nello stesso modo.
“La ringrazio.” Gli disse poi.
“Di nulla.” Rispose lui. “Riza, io…” Riprese poi, dopo qualche istante di reciproco imbarazzo.
“Sì?” L’incitò lei.
“Io…” Era chiaramente titubante, guardava ovunque fuori che nella sua direzione. “Riza, io volevo dirti tante cose, stasera…” Affermò infine.
“Lo so.” Fece la ragazza comprensiva.
“Vorrei solo che potessi capire.” Mormorò a voce bassa, chinando gli occhi e parlandole con sincerità. “Vorrei che tu vedessi cosa c’è oltre i miei doveri, i miei silenzi, i miei… fantasmi.” Io lo vedo, avrebbe voluto dire Riza, ma preferì continuare ad ascoltarlo. “Non sai quanto è dura la battaglia, tutti i giorni, con i sentimenti, i dubbi e le colpe…”
“La conosco bene, quella battaglia, Roy.” Lo rassicurò il suo tenente. Lui sorrise mesto.
“Voglio solo che tu ci sia, per combatterla insieme a me.” Le confessò infine. “Tu ci sarai, Riza?” Domandò poi, supplichevole.
E Riza fece una cosa che lui non si sarebbe mai aspettato da una donna, di solito, controllata come lei. Si avvicinò cauta, tolse le braccia candide da sotto il cappotto, gliele passò intorno al collo e, dopo essersi sollevata appena sulle punte, lo baciò. Con passione. A lungo. Roy, ad un certo punto, perse ogni controllo, l’abbracciò con forza e affondò nella sua bocca con la stessa determinazione di un naufrago che si aggrappa ad un pezzo di legno per non affogare. Lei rispose con una tenerezza che non credeva di possedere, realizzando che avrebbe dovuto farlo molto prima. Perché era perfetto come nient’altro.
Quando finì, tutti e due avevano respiro e battito accelerati; si guardarono negl’occhi, sorpresi e felici. Riza sorrise dolcemente.
“Non sono mai andata via, Roy.” Gli disse quindi, rispondendo alla sua precedente domanda.
L’uomo, preso dalla foga e dall’emozione del momento, l’afferrò per le spalle. “Oh, io ti…”
Riza, però, si sottrasse alla sua presa con garbo, interrompendolo. “Mi accompagneresti a casa?”
Roy sapeva cosa aveva fatto. Aveva bloccato una dichiarazione repentina, fatta sull’onda emotiva di quel magico istante, di cui avrebbe potuto pentirsi, anche se non lo credeva. Dio, se lo conosceva bene! La ringraziò mentalmente, aveva ragione: i tempi non erano maturi. Le sorrise.
“Volentieri.” Accettò, quindi, porgendole il braccio; lei lo prese con un sorriso e s’incamminarono verso l’auto del colonnello, scambiandosi uno sguardo complice.
Forse non era il tempo per le dichiarazioni, ma di certo lo era per qualcos’altro. Una dolce promessa dietro ad uno sguardo. La promessa di esserci per sempre.

Epilogo

Qualche settimana dopo, al quartier generale.
Era una mattina di sole, nonostante l’inverno fosse infine arrivato a Central City. Il colonnello Mustang stava ricevendo i rapporti dal tenente Hawkeye, osservandola compiaciuto e non capendo o memorizzando un beato cavolo di quello che diceva.
Oh, se era bella quel giorno! Negli ultimi tempi si ritrovava a pensarlo più spesso del solito. Forse perché lei sembrava diventata più consapevole, più donna. Sorrise sornione, chiedendosene retoricamente il perché.
Si scambiarono, infine, uno sguardo pieno di sottintesi, ma tenero e intimo, mentre lei gli porgeva un ultimo foglio, spingendolo verso di lui con le sue dita candide, che Roy avrebbe solo voluto prendere e baciare.
“E poi ci sarebbe questo, da firmare.” Gli disse con un sorriso.
Il colonnello prese la scheda con nonchalance, rispondendo al sorriso, poi abbassò gli occhi per leggerla. In un attimo la sua espressione si trasformò.
“Che cos’è?!” Domandò allarmato, alzando subito gli occhi su Riza.
“Il modulo d’iscrizione alla Maratona di Central City.” Spiegò tranquilla la donna, continuando a sorridere.
“Ehhhhh?!” Sbottò lui incredulo.
“Per gli allenamenti possiamo cominciare domattina alle quattro.” Affermò poi, distrattamente, il tenente, mettendosi a spulciare una cartellina.
“Alle quattro?!” Esclamò Roy, strabuzzando gli occhi.
“Va bene.” Soggiunse Riza comprensiva, con un sorriso materno, lui si fece speranzoso. “Alle quattro e mezzo.” Concesse, con l’espressione che diventava improvvisamente cinica.
“Ergh…” Si lamentò il colonnello, crollando sui rapporti da firmare.
“Su, su, non faccia così!” L’incitò lei, mentre usciva dalla sua stanza. “Ci aspetta molto lavoro, se vogliamo vincere!”
Roy, quando la voce di Riza si fu spenta nell’altra camera, sospirò sconsolato, posando il mento sulla mano sollevata. Sapeva che lei, prima o poi, gliel’avrebbe fatta pagare. Doveva averla fatta penare parecchio, con il suo comportamento tormentato e indeciso degli ultimi tempi, se Riza era andata a ritirare fuori quel suo accenno alla Maratona, per altro chiaramente sarcastico…
Il principio dello scambio equivalente, forse, valeva anche in quella circostanza. Lui aveva fatto soffrire Riza e lei si rivaleva facendogli correre una maratona. Ma, allo stesso tempo, Roy aveva sofferto, moltissimo, ed ora era ripagato con la più dolce delle monete…
E allora, forse, poteva anche faticare un po’ e fare la gara, se poi, alla sera, distrutto dalla fatica, avesse trovato una buona cena ed un bagno caldo. Una bagno da fare in compagnia, magari…
“Allora, lo firmi o no, quel modulo?” Gli domandò una voce dolce all’orecchio; Roy sussultò alzando gli occhi. Riza era tornata lì e gli sorrideva.
Il colonnello fece un sorriso, poi afferrò la sua stilografica e, con un gesto fluido e deciso, virò la sua firma in fondo all’iscrizione. Il tenente scosse il capo e prese il foglio.
“Sei proprio uno sciocco.” Gli disse quindi, con una dolcezza tale che non sembrava proprio un insulto. Lui la guardò sorpreso, mentre usciva dalla stanza, appallottolava il modulo e lo buttava nel cestino della carta.
Roy si lasciò andare contro la spalliera, ridendo piano e scuotendo la testa. Quella donna non avrebbe mai finito di sorprenderlo! E l’amava per questo.
Riza gli lanciò un ultimo, dolcissimo sguardo sorridente. Roy rispose allo stesso modo. Non c’era niente che valesse quanto lei. Era stato stupido a pensare che qualcuno potesse portargliela via. Solo ora, che la sua protettiva presenza gli era così vicina, capiva che niente e nessuno avrebbe potuto privarlo del suo amore. E così sarebbe stato per sempre.
Ti amo, Riza. E te lo dirò presto. E, stavolta, non mi fermerai… Pensò Roy sornione, rimettendosi a firmare carte, prima che il suo tenente tornasse armato…


FINE



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