Non è mai un errore

di ChiaraMad
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Verità nascoste ***
Capitolo 2: *** A volte ritornano ***
Capitolo 3: *** Notte ***
Capitolo 4: *** Rivelazioni ***
Capitolo 5: *** Vicini, lontani ***
Capitolo 6: *** Il seme dell'amicizia ***
Capitolo 7: *** Confessioni ***
Capitolo 8: *** La prospettiva di te ***
Capitolo 9: *** L'equilibrio perfetto ***
Capitolo 10: *** La voce del silenzio ***
Capitolo 11: *** Ad occhi aperti ***
Capitolo 12: *** Spiegami perchè ***
Capitolo 13: *** Sembra tutto più facile ***
Capitolo 14: *** Sapore di sale ***
Capitolo 15: *** Vicini, troppo vicini ***
Capitolo 16: *** Ti scatterò una foto ***
Capitolo 17: *** Devo tutto a te ***
Capitolo 18: *** Lontano ***
Capitolo 19: *** Stretti, complici ***
Capitolo 20: *** L'illusione di una notte ***
Capitolo 21: *** Per quanto si può fingere? ***
Capitolo 22: *** Prova di maturità ***
Capitolo 23: *** Tutti i giorni della mia vita - parte 1 - ***
Capitolo 24: *** Delusioni ***
Capitolo 25: *** Fino a quando il resto non conta ***



Capitolo 1
*** Verità nascoste ***


Se ne stava seduta sul suo letto. Quel letto singolo, non molto grande. Quel letto che l'aveva accudita per più di tre anni, non appena arrivata a Roma la prima volta, con sua madre e sua sorella. Non l'aveva più rivisto, ne tanto meno usato quel letto. 
Tanto il tempo passato lontana, tanto il tempo passato altrove. In un'altra città, distante millecinquecento chilometri dalla città in cui si trovava ora. 
Le era mancata tanto, quella citta, fatta di tetti e persone, di emozioni e ricordi. Quanti ricordi, la legavano a quella città? 
Se ne stava seduta sul suo letto, con le gambe incrociate ed un foglio in mano. Un articolo riscritto sei volte. Qualcosa mancava, qualcosa non tornava. 
I pensieri di una ragazza, non più ragazza, ma ormai donna. "Cresciuta troppo infretta". Sua madre, spesso glielo ripeteva. Spesso, la guardava negli occhi e cervava di scovare nel più profondo di essi, quella luce, quella scintilla che tanto li caratterizzava, quando ancora era una ragazza, sotto il tetto di quella casa così grande, così piena d'amore, di famiglia. 
E lei, si nascondeva. Non poteva esser la ragazza di qualche anno fa. Ormai, era una donna. E doveva comportarsi come tale. Come tutti volevano, come tutti si aspettavano. 
Leggeva e rileggeva l'articolo, in cerca di qualcosa da cambiare. Da modificare. Una parola, messa magari nel posto sbagliato, che non c'èntrava nulla con quello che aveva scritto, nella notte passata a battere a computer, allo stesso ritmo della pioggia che si schianta sul vetro di una finestra, provocando quel rumore tanto rilassante, capace di farti addormentare, rilassare, riflettere e pensare. 
Si mordicchiava di tanto in tanto le labbra, con lo sguardo fisso sul foglio. Lei, era così. Per lei, tutto doveva esser perfetto. Tutto doveva quadrare alla perfezione. Ma spesso, si chiedeva se non fosse stato proprio questo "l'errore più grande della sua vita". Spesso, si chiedeva come sarebbe andata se avesse scelto diversamente. 
Un sospiro, due, tre. I pensieri, proprio non volevano saperne di smetter di far rumore. Non volevano lasciarle tregua. 
Si alzò di scatto dal letto, nervosa. Continuava a ripetersi di star calma. Di star tranquilla. 
"Quanto mi è mancata Roma. E mi sento una stupida, ad esser tornata solo ora. Ad aver aspettato così tanto, per tornare alla mia vita di prima. Per tornare dalla mia famiglia."
Si guardava attorno. Uno sguardo triste, malinconico. Gli occhi lucidi, e la voglia di piangere da un momento all'altro.
Si portò indietro i capelli, con una mano. Quel gesto che tanto la caratterizzava. Quel gesto, che faceva capire a tutti come si sentisse realmente. 
Una foto. Appesa al muro azzurro, rimasta li, attaccata, mai tolta. L'aveva attaccata lei, un anno e mezzo dopo l'arrivo in quella casa. 
E non l'aveva mai tolta. Quel coraggio, le mancava. Le era sempre mancato. Quella forza, non ce l'aveva. Non aveva la forza di cancellare quel momento. Quei momenti.
La guardò, avvicinandosi piano. Abbassò lo sguardo, per poi rialzarlo e sorridere, leggermente. 
"Io, Carlotta, Marco e Walter. Nemmeno ricordavo questa foto. E guardarla ora, mi fa uno strano effetto. Eravamo ancora giovani, dei ragazzini che piano piano muovevano i passi per entrare nel mondo adulto, quello vero. Qualche settimana prima della maturità. Io e Carlotta, abbracciate, vicine, sorridenti. E Marco e Walter, abbracciati, vicino a noi. Eravamo allegri. Contenti. Amici. Quanto mi mancano Carlotta e Walter. Quanto mi mancano, le serate passate davanti alla tv, sul divano, coi popcorn e le risate, le battutte assurde di quattro ragazzi che un tempo, erano legati da qualcosa di speciale. E vorrei non fosse così. Vorrei che loro, i miei amici, non se ne fossero mai andati. Vorrei che fossero qui, con me, ora, a guardare questa foto con lo stesso sguardo che ho io ora. Vorrei tornare a quel momento, anche solo per un attimo. Dove tutto era semplice, dove tutto era bello, dove tutto bastava a farmi sorridere a pieno viso, come invece non accade da tempo ormai.
L'unica ragione del mio sorriso, è mia figlia. Marta. Se non avessi lei, non avrei davvero nulla. Piccola, dolce, e bisognosa di quell'amore incondizionato che solo una famiglia come questa, saprebbe dare. Sono stata capace di toglierle la famiglia. I nonni, gli zii. Suo padre. E mi sento dannatamente in colpa, nei confronti di una bambina che dalla vita, non merita questo. Merita di più."
Si gira di scatto, sentendo entrare qualcuno. Spaventata, si mette una mano davanti al petto.
"Mamma, sei tu!"
"Oh, scusa tesoro, non volevo spaventarti."
Notò il sorriso di sua madre, che tanto le era mancato. Abbozzò un sorriso, tranquillizzandola. Notò il vassoio che teneva in mano, pieno zeppo di roba da mangiare. Sorrise, pensando che sua madre, infondo, non era poi cambiata tanto dall'ultima volta che l'aveva vista.
"Ma tutte quelle cose sono per me?"
Annuì semplicemente, invitandola a sedersi sul letto, difronte a lei. Lucia, contenta, felicissima di riavere la figlia in casa. Contenta di rivederla li, in quella stanza, a scrivere di nuovo articoli a quella scrivania. Le era mancata davvero tanto. Le era mancata sua figlia. Desiderava tanto che tornasse. E trovarsela davanti con  Marta, sua nipote, in braccio, non fece altro che alimentare il suo cuore di quella gioia inmensa, tanto aspettata, così voluta, che sognava di provare da tempo.
Era tornata da solo un giorno, e aveva preso a coccolarla come tanto piaceva fare a lei, quando ancora Eva era ancora una ragazzina. Il caffè, i suoi piatti preferiti, i continui sorrisi dispensati a lei e a Marta, gli abbracci, e i baci che tanto le erano mancati. Da quando Eva varcò la soglia della porta di casa, per Lucia, non esisteva altro. Solo Eva e Marta. Cercava di recuperare tutto il tempo perduto, in chiacchere, momenti passati tra madre, figlia e nipotina.
"E' bello avervi di nuovo qui, tesoro."
Sorrise a sua madre, addentando un biscotto che si trovava sul vassoio. 
"Si.. Sono contenta anche io, di esser di nuovo qui.."
Sua madre sorrideva, contenta. Lo sguardo di una madre, verso una figlia che tanto aveva sognato di riabbracciare.
"Amore, spero non ti dispiaccia che la mansarda sia occupata da Maya e Marco.."
L'aveva guardata, cercando di scovare negli occhi della figlia qualcosa, che le dicesse il motivo del suo in'aspettato ma atteso ritorno.
Eva, che cercava di sorridere alla madre, per rassicurarla. Sentire quel nome, accostato ad un altro che non era il suo, l'aveva sempre smossa dentro. Le creava disagio, forse una leggera punta di fastidio. Sentire il nome di Maya, vicino a quello di Marco, era un duro colpo per lei. Ma non sapeva spiegarsi questa sua strana sensazione. Non sapeva dare una risposta a se stessa. Infondo, si diceva, tra lei e Marco era tutto finito, mesi fa.
"No, no, figurati. Infondo, io sono l'ultima arrivata, quindi.."
Cercò di sorridere, cercò di buttarla sul ridere. Era vero, era l'ultima arrivata. Ma tutti in quella casa, la coccolavano, la facevano sentire amata, la facevano sentir bene. 
Come se lei, non se ne fosse mai andata. 
"Tesoro.. Ti va di parlare un po'?"
"E di cosa, mamma?"
Aveva colto nella domanda di sua madre, la voglia di sapere, di conoscere quello che le passava per la testa. Sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato. Ma voleva aspettare. Voleva tenersi ancora per un po' tutto dentro. Voleva tenersi i suoi pensieri, ben nascosti, nella sua mente, e nel suo cuore. 
Erano tante le cose che c'erano da dire. Ma troppi i silenzi. Troppe le chiamate sbrigative che le avevano accompagnate in quei mesi. Aveva evitato sua madre, per evitare di dover darle spiegazioni su quello che le stava succedendo a Parigi.
Abbassò lo sguardo, colpita. Lucia, capì. Continuò.
"Amore.. E' tanto che non parliamo io e te. Parigi.. La lontananza.. E poi, Jan.."
"Mamma, non è mai esistito nessun Jan!"
Spalancò gli occhi da sola, sorpresa di se stessa, di quello che era appena uscito dalla sua bocca. Era nervosa, era agitata, seccata. E sua madre, sapeva benissimo che, per farsi dire qualcosa da Eva, bastava semplicemente farla arrabbiare un po'. Non aveva peli sulla lingua. E lei, assieme ad un'altra persona, lo sapeva benissimo.
Rimase sorpresa della sua risposta. Aprì la bocca, guardandola. Ma non era sorpresa. Infondo, lei sapeva che sua figlia nascondeva qualcosa. 
Lo sguardo di chi sà. Evà, la guardò, confusa. Non riusciva a spiegarsi la reazione di sua madre. E tanto meno, ancora non riusciva a darsi una risposta per quella frase detta di getto, d'impulso, che, sicuramente, ora porterà ad altre domande, forse troppo complicate e dolorose da affrontare.
"Eva.. Non tenermi lontana, ancora.. Parlami.."
La ragazza aveva abbassato lo sguardo. Le parole di sua madre, erano riuscite a smuoverla. Erano riuscite ad aprire quel cassetto dove lei, aveva chiuso a chiave quei pensieri e quei ricordi che tanto la facevano star male. Nemmeno lei sapeva darsi una risposta. Nemmeno lei, sapeva il perchè di quel "Jan", inventato mesi prima.
Non sapeva che fare. Non sapeva se iniziare a parlare, o andarsene alla svelta da quella stanza, diventata troppo piccola per contenere i pensieri di entrambe.
Optò per la seconda. Fece per alzarsi dal letto, ma le parole di sua madre, riuscirono a fermarla un'altra volta.
"Marco, non lo meritava, Eva.."
Come un fulmine a ciel sereno, un'altra volta, quel nome. Di solito, non cedeva così facilmente. Ma questa volta, messa con le spalle al muro da sua madre, non sapeva più che dire. Quel nome, era capace di ammutolirla, togliendole qualsiasi parola di bocca.
Allora restò sul letto, con la testa bassa. Le mani giunte, sulle ginocchia. Sospirò più volte, per darsi coraggio. Per tirare fuori quelle parole che aveva dentro, ma che non avevano la forza di uscire dalla sua bocca.
"Che cosa vuoi sapere?"
Non sapeva cosa dire. Voleva che sua madre l'aiutasse a metter ordine, a quei pensieri che si accavallavano nella sua testa. Tanti, troppi. Non sapeva ne come, ne da dove iniziare. 
"Dimmi di Parigi.. Del giorno in cui Marco, è partito.."
Voltò la testa dall'altra parte, evitando lo sguardo di Lucia, ancora puntato su di lei.
"Quel giorno.. Avevamo litigato.  Era qualche mese che ci trovavamo a Parigi. Tutto andava bene, tutto era apparentemente perfetto. Marta andava all'asilo. Io lavoravo per la rivista, in una redazione. Ero soddisfatta del mio lavoro. Mi faceva star bene, quel posto. Solo che.."
"Che?"
"Marco.. Si insomma, lui.. Aveva provato ad intraprendere la carriera da musicista, li. Solo che nessuno, era interessato a lui. Provava, cercava di suonare nei locali, andava a case discografiche. Ma niente. Il tempo passava, e lui era sempre triste. Giù. Insoddisfatto di se stesso. Poi un giorno, prese una decisione drastica. Aveva deciso di mollare la musica. Non ne voleva sapere più niente. Pensa che aveva persino venduto tutti i suoi strumenti. Aveva tenuto solo la chitarra. E poi.. Si trovò un lavoro, da cameriere, in un ristorante in centro. Gli avevo detto più volte che stava sbagliando. Che non doveva arrendersi così. Che stava buttando all'aria tutto. Abbiamo iniziato a litigare spesso, sempre per quel motivo. Fino a quando, la decisione drastica, l'ho presa io.."
"E sarebbe?"
"Il giorno che ti dicevo prima.. Avevo preso una decisione difficile. Mi costò cara. Mi costò tutto. Ma non ce la facevo più a vederlo così. 
Mi hanno insegnato che l'amore, è sacrificio. Annullare se stessi, per la persona amata. E credimi mamma, io lo amavo, con tutta me stessa. Non'ostante tutto. Ma non ce l'ho più fatta. Abbiamo litigato, e quando mi ha chiesto se c'èra un altro.. Ho preso la palla al balzo, ed ho annuito, in silenzio. Aveva le lacrime agli occhi. Mi sentivo male, per quello che avevo appena fatto. Gli avevo spezzato il cuore. Ma era giusto. Non ce l'ho fatta a vederlo soffrire. Così ho mentito, per allontanarlo da me. Perchè stare assieme, significava per lui rinunciare al suo futuro. E io, non volevo che lui un giorno, potesse identificarmi con i suoi rimpianti, mamma."
Lo sguardo basso, le lacrime agli occhi. Il respiro accellerato. Eva aveva confessato tutto alla madre, rimasta in silenzio, ad ascoltare ogni singola parola uscita dalla sua bocca. Era incredula. Era sbigottita. Un po' arrabbiata. Ma fermò quella rabbia, non appena vide gli occhi di sua figlia,
 pieni di lacrime, lucidi. Si avvicinò a lei.
"Amore.. E' stato un bel gesto da parte tua. Ma è stato incredibilmente stupido! Marco ha sofferto tantissimo. E Marta? Non hai pensato a lei in quel momento?"
Le lacrime sgorgavano, non potevano più esser trattenute. 
"Mamma, no. In quel momento, ho pensato solo a lui. E' vero, ho sbagliato, ho tolto a mia figlia il diritto di avere un padre accanto. E dio solo sa quanto mi sento in colpa, mamma. Perchè lei, non doveva risentire dei miei errori. Non deve star male, per colpa di una mia stupida decisione. Ma.. Ora, è tutto a posto. Marco la vedeva sempre, e Marta era davvero contenta. E ora, è felicissima. Qui, con voi. E anche io, sono contenta."
Lucia aveva sorriso, leggermente. Ascoltava le parole di sua figlia, fiera, orgogliosa, ma pur sempre addolorata. Non credeva possibile quello che Eva, aveva fatto per Marco. 
Sapeva che la figlia, era matura, intelligente, responsabile. E sapeva anche che aveva un cuore grande, capace di amare fino infondo. 
"Amore.. Capisco come ti senti. So che fa male. Ma.. E' questo quello che vuoi?"
"In che senso, scusa?"
Lucia aveva sospirato, preoccupata. Guardava la figlia in lacrime, davanti a lei. In'erme, senza difese. Le faceva male, vederla così. Le faceva male, vedere quelle lacrime uscire dai suoi occhi. E le faceva ancor più male, farle quella domanda tanto importante, che si teneva dentro ormai da qualche tempo. Ma lei, lo sapeva. Lucia, sapeva che prima o poi, avrebbe dovuto farlo.
"Sei.. Sicura di voler veder Marco, felice con un'altra donna, Eva?"
Aveva abbassato un'altra volta lo sguardo. Non ce la faceva a guardare negli occhi sua madre. Non ce la faceva a mentire. Avrebbe voluto gridare che quella felicità, poteva dargliela solo lei. Che quella notte, aveva fatto l'errore più grande della sua vita, a lasciarlo partire. Che aveva sbagliato a permettergli di posare i suoi occhi su qualcun altra. Che aveva sbagliato, a lasciare che lui si innamorasse di un'altra, che non fosse lei. 
Ma non lo fece. Mentì, tenendosi dentro la verità, che la torturava e la logorava, dentro. Quello che lei voleva, non importava a nessuno. O meglio, quello che lei voleva, era già di qualcun altro. E lei, non poteva essere egoista. Non poteva, rovinare la felicità.
"Mamma.. L'unica cosa che io voglio davvero, è che.. Marco sia felice. Il resto non conta."
Cercò di sembrare convincente. Cercò di asciugare le lacrime, che scendevano sul suo viso. E poi in un attimo, si ritrovò tra le braccia di sua mamma, cullata, protetta in quell'abbraccio, che tanto le era mancato. Affondò il volto nel suo petto. Chiuse gli occhi, lasciandosi stringere, abbandonandosi a quel momento. 
"Tesoro.. Tu ora, hai solo bisogno di tranquillità.."
Le accarezzava la testa, inspirando forte quel profumo di more, che tanto le era mancato. Sua figlia era cresciuta. Era diventata donna. E lei, non se n'èra nemmeno accorta.
Rimasero ferme, così. In quell'abbraccio che sapeva d'amore, di madre e figlia che si ritrovano dopo tempo. Di calore, di profumi mancati, e mai dimenticati.


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Note dell'autrice.
Allora, eccomi di nuovo qui! Non avendo trovato spunto per continuare le mie precedenti ff -giuro non le lascerò così D: - 
mi trovo di nuovo qui a rompervi le scatole con questa idea malsana, arrivatami in testa -attenzione o.O- prima del finale di questa obrobriosa stagione, che nemmeno riesco a considerare esistente. -.-"
Non ce la facevo, ho preso, e ho postato questa cosa uscita dalla mia mente, dopo la rabbia assurda provata in questi ultimi giorni!
Come avete capito, è una storia COMPLETAMENTE alternativa a quella vista in tv. Una sorta di finale alternativo a quello visto, e l'ipotetico svolgersi di una sesta serie -sempre arrivata dalla mia mente xD -
Ci saranno sviluppi, ma attenzione, non prenderò quasi niente dalla fiction originale! :D Sono sicura di fare un favore a tante, tantissime persone qui dentro -fan dell'apetta sfascia famiglie a parte, ovviamente! xD -
Presto, molto presto, - sicuramente domani xD - posterò il seguito, dato che ho scritto un sacco di capitoli! Presa da non so quale foga, mi son data alla pazza gioia a scrivere, per dimenticare lo scempio dell'altra sera! -.-"
Se siete arrivati a legger fino a qui, vi ringrazio di cuore. (: 
Grazie ancora, un bacio a tutti. 

Chiara. <3

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Capitolo 2
*** A volte ritornano ***


E mentre in una stanza accadeva tutto questo, in un'altra stanza non molto lontana, stava invece succedendo qualcosa di diverso. Di in'aspettato. Qualcosa, che andava completamente contro a tutto quello che prima, i muri di quella stanza, avevano costodito in silenzio. 
La mansarda, occupata da due ragazzi. Giovani, cercavano di muovere i passi per concretizzare quello che li univa. Avevano superato tante difficoltà, aggirato un sacco di ostacoli che sembravano insormontabili. Lei, aveva persino abbandonato la sua famiglia, il suo titolo nobiliare, per star con lui. 
Lui, aveva ripreso a sorridere, da quando c'èra lei. Aveva ripreso a vivere, a scrivere canzoni, ad amare. Lo credeva, con tutto se stesso. Credeva davvero di provare amore, per quella ragazza bionda che gli stava davanti, arrabbiata, quasi delusa, con le braccia incrociate e gli occhi lucidi. 
Credeva davvero di esser riuscito ad andare avanti. A dimenticare. Credeva davvero che andarsene via da quei sguardi complicati, citati da lui stesso nella canzone scritta tempo addietro, sarebbe bastato a voltar pagina. Credeva che mai più niente, gli avrebbe fatto cambiare idea. Credeva di amare davvero, un'altra volta. 
Marco, credeva di amare Maya. Ne era convinto. Avrebbe dato tutto per lei. Era pronto a rischiare un'altra volta. Dopo che invece, aveva promesso a se stesso che mai più, avrebbe consegnato il suo cuore nelle mani di un'altra donna. E invece, l'aveva fatto. Lei, Maya, era riuscita a farlo crollare, a farlo cedere. A farlo innamorare un'altra volta. Mesi passati assieme. Lui le stava davanti, nervoso, teso. Le mani in tasca, e gli occhi scuri che cercavano di evitare quelli di lei.
Fino a quel giorno, tra loro era stato tutto perfetto. Niente discussioni, niente litigi. Niente urla, niente scenate. 
Tutto perfetto, fino ad un solo giorno prima. Avevano deciso di prendere casa, insieme. Avevano deciso di fondere le loro vite, per sempre. Ma lui, ancora non'ostante tutto, aveva ancora qualche incertezza. Qualche dubbio, che ancora, lo legava in qualche modo al suo passato. 
Le urla di lei, lo facevano sentire male. Lo facevano sentire in colpa. Marco, sapeva di esser in colpa. Ma non lo aveva ancora ammesso a nessuno. Tanto meno a se stesso. Maya, lo sapeva, invece. Aveva visto il suo sguardo cambiare, aveva visto il suo sorriso più luminoso, aveva visto tutto questo, non appena lei, la sue ex, assieme a loro figlia, varcò quella porta di casa. Lo vedeva diverso, lo vedeva guardare lei, come invece non aveva mai guardato lei.
Lo vedeva. Vedeva i loro sguardi, vedeva lui sorridere in'ebetito, quando lei entrava in cucina o in soggiorno. Lo sentiva diverso. Lo sentiva quasi più distaccato. Distante. Ed era scoppiata. Non ce la faceva più. Gli aveva urlato contro, non riuscendo più a trattenersi. 
Al contrario di quello che pensava Maya, Eva non aveva nessuna intenzione di metterle i bastoni tra le ruote. Anzi, con lei era sempre stata cordiale e gentile. L'aveva salutata con una stretta di mano, non appena arrivata a casa. Aveva cercato di non metterla a disagio, di farla star tranquilla, seppur evitandola come la peste. 
Maya, gelosa, non credeva possibile che Eva, fosse semplicemente tornata per star con la sua famiglia. Credeva che quella ragazza dai lunghi capelli scuri, sotto quel sorriso e quello sguardo innocente, quasi spento, nascondesse qualcosa. E invece, si sbagliava. 
Lui, che non convinto, provava a rispondere alle sue domande. Cercava di convincer se stesso che Maya sbagliava. Che aveva visto male, e che lui, non era affatto scosso dalla presenza di Eva. 
"E allora Marco, guardami! Guarda che vi ho visti! Ho visto te e ho visto lei!"
"Ma Maya, non è così, davvero.."
Non era affatto convinto delle sue parole. Si sentiva insicuro, si sentiva sbagliato. E solo un giorno prima, tutto questo non esisteva. Eva, non esisteva. Non sapeva cosa fosse. Non riusciva a darsi una risposta. Non sapeva da cosa fosse dettato quel suo stato d'animo. 
Era convinto di non provar più niente per lei. Era convinto di averla rimossa. Era convinto che tutto quello che voleva, era Maya. E nient'altro. 
Eppure sentiva dentro di lui, qualcosa di diverso. Strano. Era felice, questo si. Aveva riabbracciato sua figlia, Marta. Gli era mancata tanto, e ritrovarsela davanti dopo aver aperto quella porta, l'aveva reso l'uomo più felice del mondo. Gli era mancato fare il padre. Gli era mancato tenerla in braccio, giocarci, guardarla semplicemente dormire, beatamente. Ma dentro se stesso, sapeva che, quella felicità, non era semplice frutto del ritorno di Marta. Sapeva, anche se lo negava a se stesso, nascondendolo, che anche Eva, in tutto questo, aveva fatto la sua parte, se pur non volendo. Lei gli aveva sorriso gentilmente, entrando in casa. E non gli aveva più parlato. Non voleva creare situazioni imbarazzanti. E Marco, guardandola, l'aveva capito. E cosa ancora più strana, si sentiva in colpa ad abbracciare, baciare Maya davanti agli occhi di lei. Non sapeva darsi una spiegazione. Eppure lei, non aveva lasciato trasparire niente. Anzi, li evitava, li schivava, cercava di starci assieme il meno possibile. Senza però sembrare troppo evasiva. 
E ora lui, guardava Maya davanti ai suoi occhi. Non sapeva che dire. 
"Marco, guardami! Dimmi che non è così!"
"Ma Maya, non è così!"
Cercò di farsi coraggio. Cercò di guardarla negli occhi, per rassicurarla. 
"Perchè non riesco a darmi una spiegazione? Perchè non riesco a capire cosa mi sta succedendo? Marco, che hai? Eri sicuro, eri felice. Eri convinto di esser innamorato di lei. Eppure, perchè non riesci a dirle quelle due parole? Ci hai mai pensato?"
"Sei distante! Sei freddo, da quando lei è tornata! E non mi dire che non è così, perchè l'hanno visto anche i muri come sorridi, non appena lei entra in una stanza! Quello sguardo non te l'ho mai visto! Cos'è, uno sguardo speciale che riservi solo a lei, Marco? Eh? Rispondimi!"
"Maya, vedi cose che non esistono! E smettila di urlare, potrebbe sentirti qualcuno.."
"Ma che mi sentano! Marco, da quando lei è tornata, non stai nemmeno più cercando casa! Ti ricordi che volevamo andare a vivere insieme? O no?"
"Maya, si che me lo ricordo! Smettila di incolparmi di qualcosa che non ho commesso!"
"Marco, è così! Basta! Pensavo di essere riuscita a fartela dimenticare! Ma poi basta un suo semplice sorriso, e tu cambi di nuovo! Sei come il vento Marco!"
"Non sai nemmeno quello che stai dicendo! E smettila di urlare!"
"Si invece, lo so benissimo! E dato che ti ho visto, il fatto che tu stia mentendo davanti all'evidenza, è assurdo!"
"Bene, allora sai che ti dico?"
"No, sentiamo!"
"Che stasera in questo letto, ci dormi da sola!"
Non sapeva come fare, per uscire da quella situazione. Decise di arrabbiarsi, per andarsene alla svelta da quella stanza. Non voleva star li, davanti a lei, che lo guardava con lo sguardo di chi sà. Non voleva dare spiegazioni in'utili. Spiegazioni che, nemmeno lui, era riuscito a concedersi. Nemmeno lui sapeva quello che stava succedendo. Nemmeno lui, sapeva che cosa fosse quella strana sensazione che lo accompagnava da un giorno a questa parte. 
Prese la giacca che si trovava sulla sedia, e uscì da quella stanza, di corsa, in fretta. 
Scese le scale, correndo. Quasi si scontra con suo fratello, che lo guarda sbigottito, sorpreso. 
"Oh, ma che c'hai?"
"Non ho niente."
Secco, freddo. Voleva solo andarsene da quella casa. Non voleva vedere nessuno. Voleva solo starsene solo. Solo, e pensare, come non faceva da tanto tempo.
Arrivò all'ingresso, con il solo intento di prendere e uscire da quella porta. Si bloccò, in un attmo, non appena vide la porta aprirsi all'improvviso.
Lei l'aveva evitato, aveva fatto di tutto per non rimanere nella sua stessa stanza per più di pochi minuti. Giusto il tempo di scambiarsi Marta, e poi di nuovo ad evitarlo. Si erano scambiati poche parole. Pochi attimi passati assieme. Lei si fermò, guardandolo. Pochi attimi in cui i loro sguardi si incontrarono ancora. Pochi attimi in cui, lei, si fermò a guardarlo. Lui rimasto immobile, ancora nervoso, ancora troppo arrabbiato ed insicuro per poter rimanere a parlare li con lei. Abbassò lo sguardo, avvicinandosi alla porta, tenuta aperta dalla mano di lei. 
"Ciao Eva."
Marco aveva abbassato lo sguardo, cercando di uscire dalla porta. Eva, l'aveva guardato in modo strano, quasi preoccupata di quell'espressione nervosa sul volto di lui. Avrebbe voluto fermarlo. Prenderlo per un braccio, e chiedergli cosa fosse quell'espressione sul suo volto. Ma non lo fece. Non si lasciò andare. Si scostò da quella porta, lasciandolo passare, salutandolo con un freddo "ciao". Distaccata, distante, come forse, non era mai stata per davvero. Nemmeno dopo il ritorno da Milano, nemmeno dopo il ritorno da Londra di lui. 
Marco la guardò un attimo, prima di uscire da quella porta. Se la chiuse alle spalle, sbattendola, forte. 
E proprio nell'istante in cui il rumore di quella porta sbattuta con forza, riecheggiava nell'aria fresca d'inizio Estate, gli venne in mente un momento passato, qualche anno prima. Lei, distesa sul letto, con lo sguardo puntato davanti a lei, a guardare il muro, in cerca di parole giuste da usare per esprimere quel sentimento che la stava tormentando. Il rirorno in'aspettato di Alex, e la voglia di lei di dipingere quel muro di nero. 
"Almeno non è grigio."
"Quindi tu mi stai dicendo che la rabbia, è meglio dell'indifferenza?!"
"Almeno è qualcosa.."
Grigio indifferenza, nero rabbia. Era un giorno intero che la guardava, e cercava di capire qualcosa dal suo sguardo. Era un giorno intero, che cercava di capire se il continuare ad evitare Maya da parte di lei, fosse rabbia, gelosia, o semplice indifferenza. Non sapeva darsi una risposta. E nemmeno sapeva perchè si trovava li, a camminare per Roma, come non faceva da tempo, da solo, senza una meta. Non era più successo. Da quando stava con Maya, non ne aveva più avuto bisogno. Non aveva bisogno di pensare, di riflettere. Non aveva bisogno mettere ordine nella sua testa e nel suo cuore. Perchè lei, Maya, non gli creava nessu subbuglio interiore. 
E lo aveva capito da poco. Poche ore, per capire che Maya, non riusciva a trasmettergli quella sensazione di paura, mista ad entusiasmo, amore, eccitazione, euforia, gioia, tristezza, malinconia, contentezza. Non ci riusciva. Questo mix, questo turbine di emozioni, lo aveva un'altra volta travolto dopo tempo, e lui, non sapeva spiegarsi il perchè. Oppure più semplicemente, non era pronto ad ammettere a se stesso che, quelle emozioni, erano provocate dalla vicinanza-lontananza di una persona di sua conoscenza. 
Si guardò attorno, dopo aver camminato, senza sosta, senza meta. E si ritrovò difronte ad un parco. Un parco grande, non molto affollato. Le otto di sera, e l'aria calda che soffiava sul viso. Chiuse gli occhi, godendosi l'aria, godendosi l'ossigeno, respirando a pieni polmoni quell'aria fresca di cui tanto aveva bisogno. 
Si sedette li, su una panchina, distante dalla gente, dalle persone. Solo, in disparte. 
Voleva star li, solo, a pensare, e a crogiolarsi nei sensi di colpa verso quella che, da qualche tempo, era ormai diventata la sua fidanzata. E voleva ricordare, per quanto fosse per lui difficile, tutto quello che aveva cercato col tempo e col dolore di cancellare, seppellire. Da una parte, non gli dispiaceva la presenza di lei, Eva. Infondo, era sempre la madre di sua figlia. E mai, l'avrebbe dimenticato. Ma dall'altra parte, non poteva fare a meno di sentirsi in colpa, per quello che stava pensando, e per quello che sentiva la sua ragazza nei suoi confronti. 
"Eccoti di nuovo qui, Marco. Mesi passati ad evitare che tutto ciò accada. Mesi, passati con Maya, nella più totale convinzione di sentire amore per lei. E allora, cos'è quello che mi lega a lei? Che cosa diavolo mi ha spinto, a pensare di amarla? Non lo so. Non so niente. Non so nemmeno perchè mi trovo qui, nel parco di sempre, seduto su una panchina a pensare, come non facevo da tempo. Come non avevo più bisogno di fare. L'ultima volta, mesi fa, con ancora il pensiero di Eva, nella testa. Lei, che mi ha spezzato il cuore. "Si Marco, c'è qualcun altro."
Lasciarla li, con le lacrime agli occhi e il mio cuore che chiedeva pietà. Partire quella notte, dando un ultimo bacio a mia figlia addormentata nel suo letto.
E poi, tornare, e prendere all'amo la teoria del "chiodo scaccia chiodo". Teoria del disimpegno, teoria del divertimento, teoria stupida. 
Una donna diversa ogni notte. Una sola notte, per poi sparire dalla loro vita. Assurdo, immaturo, da stronzo. Eppure, per un po', tutto quello che era immaturo e irresponsabile, mi ha fatto sentire per un po' bene, meglio. Ho continuato per un po', fino a quando Maya, mi ha fatto capire quanto stessi sbagliando. Che non serviva a niente. E che mi sarei solo fatto del male in'utilmente. Spesso, in questi mesi, non avrei davvero saputo come fare senza di lei. Senza i suoi consigli, senza il suo sostegno. Mi è stata accanto, dopo che Eva mi aveva lasciato, distruggendomi dentro. 
Ricordo ancora le notti insonne, passate a rigirarmi nel letto, ad immaginare lei, assieme a quell'altro lui. Lui che la sfiorava, la toccava, la baciava, l'amava, come solo io potevo fare.  Notti passate a piangere in silenzio, a chiedermi come mai lei avesse posato i suoi occhi su un altro uomo, che non fossi io. 
E poi ecco che arrivava la risposta. Ecco che mi sentivo ancora più male, di quanto già non stessi prima. Il continuo ricordo della mia sbandata, del mio periodo di crisi. Di Sofia. 
La mia testa tra le mani, e un sorriso amaro sul mio volto. Sono io, ad aver rovinato tutto. Sono io, ad aver fatto si che lei, mettesse i suoi occhi su un altro uomo che non fossi io. 
Se potessi tornare indietro, non rifarei gli stessi errori. Ma non posso. Per quanto io voglia, non posso tornare indietro e, con una passata di spugna, cancellare tutto. Ora nella mia vita, c'è Maya. E lei, non merita di soffrire. Non merita di star male per colpa mia, che non so nemmeno che cosa mi stia succedendo. 
Avevo detto basta, al mio amore per Eva. Avevo detto basta, a quei sguardi complicati. Avevo detto basta, alla voglia di baciarla senza fiato. Avevo detto basta, all'abbraccio la mattina dentro al letto. All'elenco di ogni mio e suo difetto.
Quel giorno sulla spiaggia, ero convinto davvero di esserci riuscito. Di avercela fatta. Di non sentire più niente. 
Eppure è bastato il suo ritorno, per far crollare ogni mia stupida certezza. E' bastato un suo sguardo, per farmi vagare in quest'oceano di dubbi ed incertezze. 
E' bastato solo questo. Eppure lei, non è tornata per me. Cerco di convincermi, ripetendolo nella testa, silenziosamente. Lei, non è qui per te. Lei, è qui per la sua famiglia. E' qui, per ricominciare da zero. Non me l'ha detto lei. Ma ho sentito parlare Lucia e Alice. Sedute in cucina, con una tazza di te caldo tra le mani. 
Parlavano di lei. E io, non ho potuto far altro che fermarmi ed ascoltare la loro conversazione, in silenzio, nascosto dietro la porta chiusa della cucina. 
"Non sarà facile per lei.. Ha bisogno del sostegno della sua famiglia, tesoro.."
"Lo so mamma, lo so. Tutti, cercheremo di starle accanto. Ok, non proprio tutti."
Rimasi confuso da quell'affermazione. Alice rise di gusto, prima di esser fermata da Lucia, con una semplice parola.
"Alice.."
E poi dei passi sulle scale, e allontanarsi di soppiatto da quella porta, per evitare di esser beccato ad origliare. 
Quel "Non proprio tutti" da parte di Alice, che ancora adesso mi lascia confuso. Eppure tutti, è da ieri che si fanno in quattro per lei. Lucia, mio padre. I miei fratelli, persino Cesare e Gabriella. Per lei e Marta, hanno fatto di tutto. E non capisco cosa Alice intendesse con quel "non proprio tutti". 
E passò li tutta la serata, fino a tarda notte. Aveva bisogno di pensare e starsene solo. Aveva bisogno di fare chiarezza nei suoi pensieri, che combattevano e duellavano nella sua mente, non dandogli tregua. Forse è vero quando si dice che da soli, si sta meglio. Perchè non c'è nessuno con cui confrontarti. Non ci sono parole, non ci sono discorsi complicati e dolorosi. Ma c'è solo il silenzio. Che ti ascolta, e non chiede niente in cambio. Che ti ascolta, e non giudica ciò che la tua mente sta dicendo. Se ne sta li, in silenzio, e ascolta e basta. E spesso, c'è bisogno solo di questo.
Marco, sapeva che quella notte forse non sarebbe servita a niente. Che si sarebbe forse ritrovato con più domane di prima, e che sicuramente, non avrebbe poi risolto quel subbuglio interiore che si sentiva dentro, da quando aveva aperto la porta alla sua ex, con sua figlia in braccio.
---------------------------------------------------------------------- Di nuovo qui, tra voi! :D Questo capitolo, è stato un vero parto podalico. D: Non so se sono riuscita a racchiuderci dentro, tutto quello che potesse realmente pensare Marco, - il nostro Marco, non il principe o.O - dopo aver rivisto lei, Eva. Dopo aver rivisto Marta, sua figlia. Pensieri, riflessioni. E anche lui, è avvolto da sensi di colpa. Emozioni contrastanti. Mente e cuore. Ragione e sentimento. E' uscita sta cosa, spero che il prossimo venga meglio. D: Detto questo, vi ringrazio per il tempo che dedicate nel legger questa cosa, che un po', -almeno per me xD- inizia a rimuover dalla mia testa quel finale assurdo che siamo stati tutti quanti costretti a vedere. -.-" Grazie, grazie ancora. (: Un bacio. ** Chiara. <3

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Capitolo 3
*** Notte ***


Notte. Notte fatta per dormire. Notte fatta per pensare. Notte fatta per piangere. Notte fatta per sorridere, in silenzio, con se stessi.
L'orologio appeso in cucina, segnava l'una e mezzo. Ma una ragazza, non riusciva a dormire. Era da poco riuscita a far addormentare sua figlia, che non aveva chiuso occhio per tutta la notte. Si girava e rigirava nel letto, in cerca di quel sonno che proprio non voleva accoglierla. Non quella notte. 
Si alzò piano dal letto, cercando di non svegliare Marta, appena addormentata. Uno sguardo ad Alice, beatamente addormentata. Un sorriso, prima di richiudere piano la porta della stanza.
Avvolta nel buio, cercava di muoversi senza inciampare. Scese piano le scale, dirigendosi in cucina. Non aveva sonno, non riusciva a dormire. Troppi i pensieri.
Si avvicinò al frigo, aprendolo, al buio. Una teglia a metà di tiramisù fatto dalla madre, quel pomeriggio. Sorrise, dicendosi: "Perchè no?"
Infondo, era tempo che non lo faceva. Svegliarsi nel cuore della notte, arrivare in cucina, e divorare qualcosa. Affogare i propri dispiaceri nel cibo. Metodo infallibile, per dar un po' di sollievo al cuore e alla mente, che proprio non ne volevano sapere di star in silenzio.
Prese la teglia, una forchetta dal cassetto, e si diresse piano verso il tavolo della cucina. Si sedette, affondando la forchetta in quel dolce che tanto le piaceva. 
Un boccone, due, tre. E si sentiva meglio, si sentiva più leggera. Si sentiva più rilassata, tranquilla. 
Nemmeno aveva sentito i passi sulle scale, che si stavano dirigendo in cucina. 
Alice accese la luce della cucina, trovandosi davanti Eva, spaventata.
"Ma che ci fai sveglia a quest'ora?"
"Potrei chiedere la stessa cosa a te, sorellona.."
Sorrise, avvicinandosi al tavolo.
Si guardarono un attimo. Eva, invitò la sorella con uno sguardo, ad unirsi a lei. Sorrise, dirigendosi verso il cassetto per prendere una forchetta.
"Allora? Come mai non riesci a dormire?"
Alice guardò la sorella, per poi abbassare lo sguardo.
"Non riesco a prendere sonno.. E te invece?"
"Hai mai sentito parlare di pensieri che fanno rumore?"
Alice aveva sorriso alla sorella, annuendo divertita. 
"Certo che ne ho sentito parlare.. Ho anche sentito che tormentano sopratutto di notte.."
"Di notte le emozioni sembrano più dense.. Di notte.."
Aveva citato le parole di quella canzone che conoscevano bene entrambe. E ad Alice, era davvero mancata tanto la sorella. Le erano mancate le loro chiacchiere infinite. Parlare, raccontarsi, ridere, piangere assieme. Le serate davanti alla tv, a leggere pezzi di libri assieme. Le era mancato vederla girare per casa. Le era mancata tanto anche sua nipotina, Marta. Così tanto simile a lei, alla sorella. Cos' dolci, entrambe. Così dannatamente perfette, ai suoi occhi. 
La guardava, e il pensiero di Maya, le balzò per un attimo in testa. Certo, Maya era generosa, simpatica, dolce. Spesso, si era ritrovata a chiederle consiglio per qualcosa che la tormentava. Ma lei, non era Eva. Non poteva nemmeno minimamente avvicinarsi a quello che lei era, e che per tutti in quella casa, rappresentava. Era sua sorella, era sua amica. E le voleva bene, le voleve un bene dell'anima. Eva era diversa da tutti. Con lei, non poteva competere nessuno. Nessuna principessa -si diceva- potrebbe competere con lei. E' bellissima, è intelligente, è dolce, romantica. Divertente, sarcastica. Continuava a ripetersi questo nella sua mente, mentre guardava la sorella maggiore mangiare quel dolce, che tanto piaceva ad entrambe. 
"Eva.. Perchè hai lasciato Parigi?"
Aveva aperto la bocca, e girato lo sguardo dall'altra parte, come faceva di solito, quando non si aspettava una domanda o qualcos'altro.
Era rimasta sorpresa. Non si aspettava una domanda del genere da parte della sorella. Non si aspettava di dover affrontare quell'argomento un'altra volta.
Decise di risponderle. Infondo, era giusto che lei sapesse. 
"Non me la sentivo di rimanere ancora in una città che non ho mai sentito mia per davvero.."
"Si ma.. Avevi una vita. Un lavoro.. Un finto fidanzato francese.."
Spalancò gli occhi, puntando lo sguardo sulla sorella. Eva, non credeva a quello che aveva appena sentito. Come faceva Alice a saperlo?
"Scusa, ma tu.. Che ne sai?"
"Diciamo che.. Ho parlato con mamma. E mi ha raccontato della conversazione che avete avuto oggi pomeriggio, in camera nostra."
Un sorriso vincente sul volto di Alice, aveva messo un'altra volta Eva con le spalle al muro. Non si sarebbe più potuta nascondere.
"Eva, non ti sto dicendo che hai sbagliato a tornare a Roma, anzi.. Siamo tutti felicissimi di riaverti qui! Ma.. Ora, cos'hai intenzione di fare?"
"Alice.. So che non sarà semplice. Non lo è mai per nessuno. Ma voglio ricominciare tutto da zero. Sarà complicato, doloroso. Ma voglio ricominciare. Tutto, tutto quanto. Un nuovo lavoro. Una nuova vita. Una nuova me, insomma. Basta con i problemi, basta con le paure, i silenzi, le continue incomprensioni con tutti gli altri. Voglio solo ricominciare. Ho bisogno di tranquillità.."
Alice le aveva preso la mano. Aveva gli occhi lucidi, assieme a quelli della sorella che raccontava quello che aveva in mente di fare. Sapeva che sarebbe stata dura. Sapeva che non sarebbe stato facile per la sorella. Con Marco e Maya, per casa. Con Marta da crescere. Ma una cosa, la sapeva. Lei, le sarebbe stata sempre accanto. Sempre. In qualsiasi situazione. Le era mancata troppo, in quei mesi. E ora che l'aveva ritrovata, non voleva perderla per nessun motivo al mondo.
"So, che non sarà facile. Che avrai bisogno di tempo, forza e coraggio. Ma io te lo giuro, non ti lascerò sola. Non vi lascerò mai. Ricorda che io.. Sarò sempre dalla tua parte. Sempre. Qualsiasi cosa accada, Eva. E so che per te, non è facile. Sopratutto ora, con.."
Si fermò, alzando la testa verso l'altò, indicando il soffitto. Non voleva farsi sentire. Non voleva che Maya odiasse Eva, più di quanto già la stesse facendo in quel momento. Ma se Maya fosse stata un'ostacolo, si diceva, l'avrebbe abbattuto, assieme alla sorella. Non avrebbe lasciato che lei, si intromettesse nella vita della sorella. Ne tanto meno in quella di Marta. 
Una smorfia da parte di entrambe, e poi una risata. Quel gesto, significava invece tanto. Alice, sapeva. Sapeva che Eva, voleva avere a che fare il meno possibile con Maya. E sapeva che non sarebbe stato semplice. Perchè lei, le urla, in mansarda, le aveva sentite. Qualche ora prima, lei aveva sentito quella litigata. E ne aveva capito anche il motivo. 
"E tu? Abbiamo parlato tutto il tempo di me, ma.. Non mi hai detto che ci fai sveglia a quest'ora.."
Alice aveva abbassato lo sguardo, con la mano stretta a quella della sorella che, invece, aspettava una sua risposta.
"Francesco?"
Aveva scosso piano la testa, in silenzio.
"Ali, dai, apriti con me!"
Eva aveva cercato di incalzarla. Di farla sorridere, con quel "apriti con me", che più di una supplica, sembrava una vera e propria liberazione.
Infatti Alice, aveva sorriso, divertita dall'esclamazione della sorella. Decise così, di confidarle quei pensieri che facevano rumore, non lasciandola dormire.
"Ti posso chiedere una cosa?"
"Certo, sono qui per questo.."
"Hai mai fatto una cosa, della quale poi avresti dovuto pentirti, ma poi invece, col passare del tempo, hai scoperto che se avessi avuto la possibilità, lo avresti rifatto ancora?"
"Fammi un esempio.."
"Non so, così, a caso eh.."
Alice cercava di sembrare il più vaga possibile. Si vergognava troppo, a confessarle ciò che realmente la torturava.
Ma al contrario di quello che pensava lei, ad Eva non era affatto sfuggito il suo nervosismo.
"Ad esempio.. Metti che c'è una ragazza, che sta con un ragazzo. Però questa ragazza, ha anche un amico, alla quale tiene molto. Tiene davvero tanto. Mettici pure che un tempo, questo amico non era poi tanto amico nei suoi confronti. E metti che il ragazzo con la quale sta la ragazza, abbia avuto un periodo difficile. Così loro si sono lasciati. E col passare del tempo, lei ha iniziato a.. Provar qualcosa per il suo amico. Fino ad una notte passata assieme. 
Il ragazzo di prima però, si è pentito del suo sbaglio. E così la ragazza, l'ha perdonato, tornando con lui. Solo che però, non gli ha confessato della notte passata con l'amico. Secondo te, la ragazza, dovrebbe star zitta e far finta di niente, o.. Dovrebbe dire la verità al suo ragazzo?"
Eva, aveva ascoltato tutto con attenzione. Aveva colto nello sguardo della sorella, una strana luce, che brillava. L'aveva guardata per tutto il tempo, lei con la testa bassa, e lo sguardo che evitava accuratamente il suo. Le aveva stretto la mano, prima di parlare. Eva, aveva capito tutto. Aveva capito che, quella ragazza, in fondo, non era poi tanto presa a caso. E che, in quel momento, le stava proprio sedendo davanti, con'unespressione preoccupata.
"Alice.."
"Mmh?"
"Con chi hai passato la notte?"
Alice l'aveva guardata allibita, stupita. Possibile che alla sorella, non sfugga mai niente?
Eva aveva sorriso, in silenzio. Poi, continuò.
"Andiamo, davvero non mi vorrai far credere che ti sei inventata tutta questa situazione al momento, presa poi a caso!"
Aveva iniziato a ridere di gusto, seppur silenziosamente, per non svegliare gli altri. Aveva stretto ancora di più la mano alla sorella, per darle coraggio, e dirle chi fosse quel famoso amico.
"E va bene, hai vinto! Questa ragazza.. Si insomma.. Sono io!"
"Ma dai? Non l'avevo capito, guarda.."
Continuava a sorridere, prendendola in giro. 
"Dai, chi è il tuo "amico"?"
"Se te lo dico, prometti di non urlare, o di non farti venire un infarto?"
Continuava a ridere, silenziosamente.
"Si, dai, te lo prometto! Allora? Chi è?"
Alice si guardò attorno, per prender coraggio e dire quel nome formato da quattro lettere. Non sapeva come dirlo. Così abbassò lo sguardo, evitando quello della sorella. 
"E'.."
"Ali, dai!"
"E' Rudi!"
Eva rimase allibita, esterrefatta, sbigottita. Un altro po', e si strozzava col tiramisù che stava mangiando. 
Spalancò gli occhi, incredula. La bocca spalancata. E lo sguardo di chi, vuole sapere di più. Sguardo di chi, non può credere alle proprie orecchie.
La fronte corrucciata, e un'espressione spaesata. Ancora qualche secondo di silenzio, prima di lasciar uscire quell'esclamazione che teneva dentro ormai da qualche minuto.
"Che cazzo hai detto?!"
Non era solita usare quei termini. E la sorella lo sapeva. Li usava solo quando qualcosa la sorprendeva, la lasciava senza parole, la lasciava semplicemente allibita. Non era rabbia, e Alice lo sapeva. Era pura sorpresa. 
Cercò di ricomporsi, di calmarsi. Ma non ci poteva davvero credere. 
"Ecco, sapevo come avresti reagito.."
"Alice, tu sei stata a letto con Rudi Cesaroni?"
"Non era un letto! Sta zitta, che se ti sente qualcuno sono morta!"
"No ti prego, risparmiami i dettagli!"
Bisbigliavano, cercando di fare il meno rumore possibile. 
Alice cercava di calmare la sorella, chiedendole di smetterla di ripetere: "Sei stata a letto con Rudi, sei stata a letto con Rudi", come fosse in balia di qualche strana ipnosi. Una scena quasi comica, che si concluse non appena il rumore della porta d'ingresso, aveva distratto entrambe.
"Ma chi è?"
Aveva bisbigliato Alice alla sorella, alzandosi piano dalla sedia per andare incontro a quei rumori.
"E io che ne so!"
Si alzarono entrambe di scatto, andando verso la porta d'ingresso. Camminavano piano, avvolte dal buio dell'ingresso. Il rumore aumentava, e la paura di entrambe cresceva. Alice si avvicinò all'appendi abiti per poi prenderlo in mano, come fosse una sorta di mazza. Eva si era avvicinata alla porta, guardando la sorella, spaventata. 
"Al mio tre.. Uno, due, tre!"
Eva aveva contato fino a tre, e aveva aperto la porta. Spalancò gli occhi, quando davanti, invece che un possibile ladro, si ritrovò Marco, barcollante e sicuramente ubriaco.
Alice aveva posato l'appendi abiti, e si era avvicinata a lui, preoccupata, con gli occhi spalancati.
"Che carine, mi avete aspettato alzate?"
Un sorriso ebete stampato in volto, e gli occhi lucidi. Allegro, completamente in balia dell'alcol che aveva ingerito nella notte trascorsa al bar vicino al parco. Si era fatto accompagnare a casa da Francesco, che l'aveva riportato fino a li, per poi andar via, evitando di svegliare qualcuno. 
Eva rimase immobile, guardandolo sorriderle, come non faceva da tempo. Mentre Alice, si apprestò subito a provare a sorreggerlo, per quanto le fosse possibile.
Lui, che non capiva più niente, avvicinò il suo viso a quello di Eva. Lei era rimasta ferma, a guardarlo negli occhi come non faceva da tempo.
"Che fai ferma li? Dammi una mano a portarlo sul divano! Che se lo becca giulio così, è morto!"
"Ragazze, ma lo sapete che io vi voglio tanto ma tanto bene? E tu, Eva, lo sai che mi sei mancata tanto tanto?"
Se pur con titubanza, si era avvicinata per sorreggerlo. Le sue parole, l'avevano lasciata ancora più stupita. E' vero, era ubriaco. Ma lei, aveva sempre creduto ad una cosa, che le aveva insegnato l'esperienza. "In vino veritas". 
Barcollavano tutti e tre, cercando a piccoli passi di avvicinarsi al divano in soggiorno.
"Alice, ma tu lo sai che Francesco ti ama tanto tanto?"
Rideva, scoppiava a ridere per ogni cosa. Alice rideva divertita, assecondandolo. Anche Eva, sorrideva, divertita. L'aveva stretta forte, Marco. Le aveva messo una mano sulla spalla, avvolgendola col braccio. Continuava a parlare, a dire cose che apparentemente, sembravano senza senso.
"Tutto quello che ho! Marta!"
Continuava a ridere.
"Smettila! Che così svegli tutti!"
"Shh, Shhh!"
Si portava un dito davanti al naso ridendo. Eva e Alice lo guardavano divertite, assecondandolo.
"Scusa, non è meglio se lo portiamo di sopra?"
"E come vuoi fare? Lo trasciniamo? No, mettiamolo sul divano, Ali. Rischiamo di svegliare tutti così."
Si avvicinarono al divano, facendolo sedere piano. Lui, continuava a parlare.
"Maya, io ti devo dire una cosa.."
Rideva tra una frase e l'altra, ma Eva e Alice si erano fermate a prestare attenzione alle sue parole. 
"Io, non voglio venire a vivere con te! Ne ora, e ne mai!"
Eva e Alice, erano rimaste in silenzio. Sorprese dalle parole di lui. Era ubriaco. Tutto ciò che usciva dalla sua bocca, era solo pura verità. Non poteva mentire, non ne era capace. Almeno, non ora. 
Dopo aver detto quel "Ne ora, ne mai!" scoppiò in un'altra risata. 
Eva lo guardava, come non aveva più fatto da tempo. Ora, poteva perdersi nel suo sguardo. Poteva annegarci dentro, senza la paura di in'utili conseguenze. Tanto lui, il giorno dopo, non se ne sarebbe mai ricordato. Lo fecero stendere sul divano, togliendogli le scarpe, la giacca, e il maglione bagnato d'alcool.
"Su dai, ora stenditi, che io ed Eva andiamo a dormire!"
Alice lo aveva lasciato sul divano, allontanandosi. L'unica che non potè farlo, era rimasta vicino al divano, con la mano stretta a quella di lui che, come un bambino, non voleva più lasciarla andare, per nessun motivo al mondo.
"No, no no, no no, ti prego, resta qui con me.."
L'aveva trascinata a sedersi vicino a lui. E lei, non sapeva cosa fare. Non sapeva come poter lasciarlo.
Alice rise divertita, vedendo lui trascinare sul divano lei che, al contrario, non riusciva a stare tranquilla. Quell'effetto, riusciva a farglielo solo lui. 
Lui si distese sul divano, stringendo forte la mano di lei. Lei, non sapeva che fare. 
Lui aveva appoggiato la testa sul cuscino, accoccolandosi. Aveva stretto ancora la mano di lei. Eva, non trovava la forza di staccare la sua mano da quell'incastro perfetto. Alice, prese il plaid dall'altro divano, e lo coprì. 
"Senti.. Aspetta che si addormenti, e poi vieni su."
"Si.."
Aveva annuito incerta alla sorella. Li aveva lasciati li, soli. Lo aveva fatto di proposito. Marco continuava a sorridere, con gli occhi chiusi, stringendo la mano di lei. 
"Marco.. Marco.."
Aveva bisbigliato piano il suo nome, cercando di non farsi sentire, cercando di fare il meno rumore possibile.
Lo guardava. Gli occhi chiusi, le labbra socchiuse in un sorriso appena accennato. Un'espressione rilassata in volto, e la mano stretta a quella di lei. In quel momento così perfetto, non pensava a niente. Aveva solo bisogno di tenere stretta la mano di lei, aveva bisogno di sentirla vicina, aveva bisogno di quella sensazione mai sopita che solo lei, era capace di trasmettergli con uno sguardo. Un sorriso. 
Sarebbe rimasto li per sempre. In quella posizione, in quel momento. Aveva la mente annebbiata, aveva i sensi fuori uso. Ma quella notte, l'aveva passata a pensare. Ad elaborare pensieri su pensieri, senza darsi tregua. Voleva capire, voleva andare a fondo a quello che sentiva. 
E così, si era ritrovato seduto sullo sgabello di quel bar che l'aveva accolto spesso, in quei ultimi mesi. E tra una birra e l'altra, si era lasciato trasportare da quello che teneva dentro, nel profondo di se stesso. 
Eva era ancora li, su quel divano che tante di quelle volte li aveva visti complici, vicini, innamorati. Tante volte quel divano, era stato testimone delle loro nottate passate a raccontarsi, quando ancora erano del ragazzini innamorati dell'idea dell'amore. Quando ancora non sapevano che cosa fosse quel sentimento così grande che piano piano li stava travolgendo. 
Lei, non riusciva a trovare la forza per abbandonare la sua mano. In tutto quel tempo passato lontani, si era convinta ad andare avanti, a dimenticarlo. A non provare più niente per lui, a non stravolgergli la vita un'altra volta, dopo che lui, una vita, se l'era ricostruita assieme ad un'altra donna. Non aveva il diritto, non poteva provare niente per lui, non poteva chiedere nulla, dopo che l'aveva lasciato andare via in lacrime quella notte, a Parigi. Si ripeteva dentro la sua testa, che tutto, tutto quanto in quel momento, era sbagliato. Che lei, non era tornata per lui. Che lei, era tornata per ricominciare da zero, per la sua famiglia, per assicurare la presenza d'amore e d'affetto a sua figlia, unica ragione del suo sorriso. Non poteva riprendere da dove aveva lasciato, non poteva tornare la ragazza di un tempo. La aspettava una nuova vita, l'aspettava un nuovo lavoro. L'aspettava una nuova Eva. E nella vita della nuova se stessa, non ci sarebbe stato nessun amore tormentato. Nessun amore irrepremibile ed inconfessabile. Non si sarebbe più fatta del male, ma sarebbe andata avanti, a testa alta. 
Scosse la testa, prese coraggio, e decise di lasciare la mano di lui, disteso sul divano con gli occhi ancora chiusi. 
Si alzò di scatto per allontanarsi, per scappare da quel divano così dannatamente comodo e caldo, così accogliente. Non poteva fare un passo avanti, per poi farne tre indietro. Non poteva. 
"Eva, eva, dove sei?"
Lui aveva iniziato a mugugnare il suo nome, con gli occhi chiusi, agitandosi. Lei l'aveva guardato, con uno sguardo triste. Gli occhi lucidi, e i pensieri contrastanti che la stavano torturando dentro. Fece un passo verso il divano, sfiorando la testa di lui. Si sentiva in colpa. Non poteva lasciarlo li solo. Ma sapeva che se fosse rimasta ancora, li, accanto a lui, si sarebbe fatta ancora del male. Avrebbe sofferto in'utilmente. 
"Sono qui.. Sono qui Marco.."
Gli aveva accarezzato leggermente la testa. E lui, era tornato tranquillo. La faceva tremare quel contatto, la faceva star bene, la faceva star male. Lasciò la sua testa, solo dopo aver sentito il suo respiro calmo, regolare. Si era finalmente addormentato, accarezzato dalla calda mano di lei, sulla sua testa. Lei sorrise, vedendolo così. Così indifeso, così dolce, così bambino. Le era mancato, tutto questo. Le era mancato vederlo addormentato, con le labbra socchiuse e quell'espressione rilassata in volto. Le era mancato sentirlo pronunciare il suo nome. Le era mancato il contatto con la sua pelle, le era semplicemente mancato tutto di lui. Ma non poteva. Sorrise, scuotendo la testa, allontanandosi finalmente da quel divano. Lo guardò un'ultima volta, prima di voltarsi per salire le scale. Non aveva sentito i passi, non aveva sentito nessun rumore. Rimase sorpresa, quando davanti a lei si ritrovò Maya. Nervosa, agitata, preoccupata. Quasi si scontrano.
"Scusa, non ti avevo vista.."
"No, scusami tu.. Eva, hai visto Marco? E' tutta la notte che lo aspetto, non risponde al telefono, e sono preoccupata."
Eva abbassò lo sguardo, incassando il colpo. Ora, c'èra lei, a prendersi cura di lui. Lei, non avrebbe più dovuto farlo.
Alzò lo sguardo verso Maya, piegando le labbra in un sorriso che più che tale, sembrava una smorfia. 
"Vieni.."
L'aveva invitata a seguirla, scendendo assieme le scale. Si ritrovarono in soggiorno, per poi avvicinarsi al divano. Eva aveva indicato con un braccio il divano, sorridendo leggermente. 
Maya si era avvicinata al divano, preoccupata.
"Oddio, ma quando è tornato?"
"Circa mezz'ora fa."
"Ma cos'è sta puzza?"
"Penso abbia bevuto un po' troppo.. Va beh, io vado a dormire, che è tardi. Buonanotte."
Aveva cercato di salutarla alla svelta, per tornare al piano di sopra. Maya, seduta vicino a Marco, l'aveva guardata con un mezzo sorriso, ringraziandola.
"Grazie.."
Alzò gli occhi al cielo, infastidita, prima di voltarsi di nuovo verso di lei. Cercò di sorriderle, tranquillamente. Più che un sorriso, quello di Eva sembrava un ghigno.
"Figurati, non mi devi ringraziare."
Maya l'aveva guardata un'ultima volta, per poi tornare a guardare Marco addormentato. Vennero entrambe distratte da un mugugno inizialmente incomprensibile, che poi, diventò chiaro e più che comprensibile.
"Eva.. Eva, ti prego.."
Eva aveva spalancato gli occhi, socchiudendo leggermente la bocca. Non ci poteva credere. Lui, stava ancora mugugnando il suo nome nel sonno. Maya, restò stupita. Aveva guardato Eva, fulminandola. Al contrario, Eva, che era un'ottima attrice all'evenienza, sorrise avvicinandosi a lei, per tranquillizzarla. 
"Pensa che vicino a lui, ci sia ancora io.."
Finse di ridere divertita, trascinando con se Maya, che invece, non era poi rimasta tanto convinta dalle sue parole. 
"Amore.. Marco.. Sono io, Maya.."
Si era avvicinata a lui, accarezzandogli il viso. Eva, incassò un'altra volta il colpo, in silenzio. Le faceva male vederla con lui. Le faceva male, vederla nella posizione in cui si trovava lei prima. 
Voltò la testa dall'altra parte, infastidita.
"Scusa, ma ora vado a dormire. Notte."
"Buonanotte."
Entrame avevano risposto fredde e secche, fulminandosi con gli sguardi. Eva aveva finto di sorriderle, e Maya aveva fatto lo stesso. Non si sopportavano. Maya odiava Eva. E anche se Eva ancora non sapeva dare un nome a quella strana sensazione di fastidio che la invadeva non appena la vedeva comparire davanti ai suoi occhi, sapeva che di certo, con lei, non ci avrebbe mai parlato più di tanto. Le aveva portato via la persona che più amava su questa terra. Ma continuava a ripetersi che, Maya, non aveva proprio portato via niente a nessuno. Perchè Marco, non era più suo da un bel pezzo. Si voltò salendo le scale, di corsa, in fretta. Voleva andarsene al più presto da quel soggiorno, voleva andarsene al più presto da quella situazione assurda. Voleva solo tornarsene in camera sua, nel suo letto, sotto le coperte, per non avere un'altra volta davanti agli occhi l'immagine di lei, vicino a lui. Per non avere più nelle orecchie, il suono del suo nome pronunciato da lui, nel sonno. Rumore di una supplica, di una preghiera. "Eva, Eva ti prego.."
Quella frase, continuava a risuonare nella sua mente. Quella notte, lo sapeva, avrebbe portato a dei momenti difficili da affrontare, ma troppo importanti per rinunciarvi. Aveva ancora davanti agli occhi, lo sguardo stupito, quasi arrabbiato di Maya.
Arrivò piano nella sua stanza, cercando di fare il meno rumore possibile, per evitare di svegliare Alice e Marta addormentate. Sorrise accarezzando il volto della sorella, per poi infilarsi sotto le coperte, nel suo letto, accanto a sua figlia addormentata. Dormiva, dormiva beatamente, con la bocca socchiusa e le labbra piegate in avanti. La guardò, e per un attimo nella sue mente, si fece spazio il ricordo dell' l'espressione di Marco addormentato. Così simile, uguale a lei. Le sfiorò la testa, accarezzandola. La guardava, la contemplava. Si avvicinò a lei, accoccolandosi contro il suo piccolo corpo esile. 
"Amore della mamma. Dormi, dormi tranquilla. Perchè la mamma, da ora in poi, non farà più niente che non voglia anche tu. Si lascerà guidare da te. Ti prometto che, tutto ciò che farò da qui in poi, sarà solo per te. Per garantirti un futuro migliore. Per vederti sempre sorridere
come solo tu sai fare. Ti prometto che starai sempre bene. Ti prometto di darti tutto l'amore che ho, ti prometto che non ti strapperò più alla tua famiglia. Alla nostra famiglia. Questa nostra famiglia, che ti ama talmente tanto, che per te farebbe di tutto. Crescerai qui, con i tuoi nonni, i tuoi zii, e con il tuo papà che ti è mancato tanto. E io sarò con te, qui, ora e per sempre. Ti insegnerò a conoscere questa famiglia pazza e strana, che sa davvero volere bene alle persone alla quale vogliono bene. Me l'ha detto tuo nonno Giulio, un giorno di qualche anno fa. E io, gli ho creduto. Come voglio che anche tu, ti abituassi a vivere in questa casa, in questa famiglia. L'altro giorno mi hai chiesto chi fosse quella ragazza che sta sempre con papà. Ti ho guardata, amore mio, e ti ho detto la verità. Non ho avuto la forza di mentirti.
"E' la fidanzata di papà, amore." Cercai di sorridere, cercai di fingere davanti a te di star bene. Hai inclinato la testa di lato, e mi hai guardata come solo tu riesci a fare. Mi hai abbracciata, forte, come se sapessi che in realtà quello che ti stavo dicendo, non mi faceva star bene. 
E ti ho stretta a me, amore mio. Sei l'unica ragione del mio sorriso. Sei tutto quello che ho, e che avrò per sempre. Nessuno mi farà mai pensare il contrario. Sei l'unica certezza che ho. Sei qualcosa di indelebile, di indissolubile, che mi legherà per sempre al tuo papà. 
Perchè in te c'è tanto di me, quanto ce n'è di lui. E te lo prometto, amore mio. Non ti porterò più via da lui. Perchè credimi, il tuo papà ti vuole tanto bene."
Si asciugò un paio di ribelli lacrime che stavano scendendo sul suo viso. Chiuse gli occhi, stringendo forte sua figlia, unico scudo contro la vita al di fuori di quella stanza. 

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Eeeeccomi! :D
Allora, questo capitolo è lungo, molto lungo. Onestamente, non so nemmeno come sia venuto. o.O 
Ho cercato di far accadere qualcosa, smuovendo un po' le acque. Non so se ci son riuscita, però. -.-" 
Cmq, detto questo, spero che vi sia piaciuto leggere, e se siete arrivati fino a qui, come sempre vi ringrazio, di cuore. (: 
A presto, con un altro capitolo! :D
Un bacio, e grazie ancora. **

Chiara. <3

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Capitolo 4
*** Rivelazioni ***


Il sole alto nel cielo. Mattina arrivata troppo presto, per chi ancora voleva starsene a letto, per chi ancora voleva dormire, per chi ancora, non voleva aprire gli occhi, e smettere di sognare. Mattina arrivata troppo presto per chi, invece, aveva tanti impegni, tante cose da fare in quella giornata. Mattina arrivata troppo presto, per chi invece, non aveva chiuso occhio tutta la notte. 
Lucia, se ne stava sotto le coperte, con gli occhi aperti e svegli, a guardare suo marito beatamente addormentato al suo fianco. Quella notte, aveva dormito ben poco. Non riusciva ad addormentarsi. Troppi i pensieri che le affollavano la mente. Troppi i problemi che di li a poco, si sarebbero venuti a creare. Troppa l'ansia, la preoccupazione nei confronti della figlia, appena tornata a casa, dopo mesi passati lontana, assieme alla sua nipotina. Continuava a pensare alla conversazione avuta il giorno prima, assieme, in quella che una volta era la sua stanza. 
Continuava a pensare alle lacrime della figlia, alla tristezza che le si leggeva chiaramente negli occhi. E continuava a pensare a Marco, che di tutto quello che sentiva Eva, non sapeva niente. Non sapeva la verità. Non sapeva che non c'èra mai stato nessun altro. Non sapeva che Eva, aveva sacrificato se stessa, per l'amore che provava per lui. Non sapeva niente di tutto questo. E poi pensava che ora, c'èra Maya. 
L'aveva sempre considerata una ragazza in gamba. Una ragazza intelligente, dolce, gentile. 
Si era piano piano affezionata a lei, questo si. Ma non aveva mai preso il posto di Eva, in quella famiglia. Nessuno pensava a lei, come sostituta di quella ragazza fantastica che era sua figlia. Aveva visto lo sguardo preoccupato di Maya, non appena aveva visto Eva entrare dalla porta d'ingresso. Sapeva che sarebbe stato difficile. Sapeva, che per la figlia, sarebbe stata una sofferenza continua, anche se in'utile. 
Marco, nei mesi passati con Maya, aveva riacquistato il sorriso che col tempo, si era spento sul suo volto. Aveva ripreso a vivere. Si era innamorato di lei. Lucia, l'aveva rivisto felice, contento. E le si stringeva il cuore a pensare che Eva, sua figlia, lo amasse ancora, non'ostante tutto. 
Venne distratta da Giulio, che rumorosamente, aveva emesso un verso incomprensibile.
"Che ore sò?"
Gli occhi ancora chiusi, e un rumoroso sbadiglio. Lucia sorrise, guardando il marito. 
"Buongiorno.. Sono le.. sei e mezza, amore.."
Aveva aperto gli occhi ora, e la guardava ancora assonnato. 
"Ma che ce fai sveglia a quest'ora?"
"Non ho dormito poi molto.."
Si era portato le mani sul viso, strofinandoselo piano. Distese un braccio, invitandola ad accoccolarsi contro di lui. 
La testa sulla spalla di lui, e uno sguardo preoccupato, perso nel vuoto. Lucia, non riusciva proprio a stare tranquilla.
"Sei preoccupata per Eva, vero?"
Aveva sospirato, e aveva annuito, silenziosamente. 
"Amore, Eva è una ragazza in gamba. E' sveglia, intelligente.. E Dio solo sa quanto sia determinata e forte quella ragazza. Ha lasciato Parigi, è vero. Ma che doveva fà? A storia col francesino era finita, e che c'è stava a fà ancora li, sola, con Marta?"
Lucia aveva sbuffato, nervosa. Non sapeva se era il caso di dire al marito che, il "francesino", come tanto amava chiamarlo lui, non c'èra mai stato, e che nemmeno era mai esistito.
Chiuse gli occhi, sospirando. Giulio, la guardò stranito.
"Amò, ho detto qualcosa de male?"
Lucia prese coraggio, e decise di dire quelle cose a suo marito. Era giusto che anche lui, sapesse ciò che era realmente successo.
"Tesoro.. Ci sono delle cose che dovresti sapere.."
"Si ma mò dopo, che stamattina c'ho un sacco de cose da fa con Cesare!"
Aveva guardato la sveglia sul suo comodino, e si era alzato di scatto dal letto, per correre in bagno. Lei sorrise scuotendo la testa, per poi alzarsi e andare in bagno con lui. 
La casa, era ancora silenziosa. Tutti ancora, dormivano nei loro letti, avvolti dai loro sogni. 
Marco, era ancora addormentato, sul divano, coperto dalla coperta che Alice aveva usato ieri notte. Maya, dopo esser stata a guardarlo dormire per un'altra ora buona la notte prima, era tornata in mansarda, più tranquilla. 
Nella stanza dei ragazzi, Rudi e Mimmo addormentati nello stesso letto, dopo la notte passata a giocare alla Playstation. 
E poi, la stanza delle ragazze. Alice, ancora dormiva, con la bocca socchiusa e le labbra piagate in avanti. 
Nel letto vicino al suo, Eva e Marta. Lei, accoccolata vicino al viso di sua figlia, dolcemente addormentata. Un'espressione tranquilla in volto. 
Lucia al piano di sotto, in cucina, intenta a preparare il caffè per tutti. Non sapeva che di la in soggiorno, ci fosse qualcuno addormentato sul divano. Non sapeva dei segreti della quale quella cucina, fosse stata testimone la notte scorsa. 
Preparava il caffè, ma il pensiero fisso che aveva in mente, non ne voleva proprio sapere di lasciarla stare. 
Continuava a pensare ad Eva, Marco e Maya, in quella casa, sotto lo stesso tetto. Non riusciva a darsi tregua, non riusciva a darsi pace. E poi pensava a Marta. Così piccola, così innocente. Non poteva di certo assistere alle scene che, di li a poco, se lo sentiva, si sarebbero venute a creare. 
"Ammazza oh, non s'è svegliato ancora nessuno?"
Gliulio le arrivò alle spalle, baciandole la spalla. Sorrise, scuotendo la testa.
"No, stamattina dormono ancora tutti."
"Bene, allora vuoi dire che.."
Si era avvicinato a lei, con sguardo malizioso, con un sorriso che lasciava intendere quello sguardo.
"Ma amore, tra un po' si sveglieranno tutti!"
Avevano riso entrambi, assieme. 
"Amò, che me dovevi dì prima?"
"Prima quando?"
"Prima, quando m'hai detto che ci sarebbero delle cose che dovrei sapere, su Eva.."
"Parla piano, non voglio che qualcuno ci senta!"
"Ma che te frega, tanto stanno tutti de sopra a dormì! Dai, dimmi!"
Lucia si era avvicinata furtivamente alla porta della cucina, per controllare di esser davvero soli. L'aveva chiusa piano, e si era di nuovo avvicinata al marito, rimasto vicino alla cucina, in attesa del caffè.
"Giulio.. Hai presente il Francesino?"
"Si, quello de Eva?"
"Si, quello. Non l'ha lasciata."
"Ma come non l'ha lasciata? E allora che ce fa Eva qua?"
"Parla piano! Il francesino.. Beh ecco.. Non è mai esistito! Mo te l'ho detto!"
Lucia aveva tirato un lungo sospiro di sollievo, accompagnandolo con un gesto delle braccia. 
Giulio era rimasto fermo, immobile, con la bocca e gli occhi spalancati. Non sapeva cosa dire. Non credeva alle parole appena uscite dalla bocca della moglie. Riprese conoscenza, iniziando a gesticolare, nervoso, camminando avanti e indietro per la cucina.
"Ma che che che, che significa che non c'è mai stato? Ma che tua figlia c'ha le visioni pure?"
"Non urlare! Che se ti sente qualcuno, Eva mi ammazza! Si, non c'è mai stato! Ha detto una balla a tutti!"
"Ma perchè? Che motivo c''haveva de'nventasse sta balla?!"
Era incredulo, era allibito, non riusciva a capire il perchè di quella bugia, raccontata a tutti, per tutti quei mesi. 
"E' difficile da spiegare, ma ti prometto che appena saremo soli te lo spiego! Ti dico solo che c'èntra pure tuo figlio!"
"Pure? Ma che, lui o sà?"
"No! E' proprio per questo che devi stare zitto!"
La porta della cucina si aprì di colpo. 
"Buongiorno!"
"Mimmo! Ma che ce fai già sveglio?"
"Papà, sono le sette, devo andare a scuola, ricordi?"
Mimmo aveva preso posto al tavolo, addentando un biscotto. 
"Si, si, me lo ricordo.."
Entrambi erano tentati di chiedere al ragazzo se avesse sentito qualcosa. Se avesse intravisto movimenti strani in casa, ultimamente.
Si guardarono, e annuirono, avvicinandosi piano al ragazzo che, stranito, li guardava in'espressivamente.
"Mimmo.." 
Cominciò Lucia.
"Non è che hai sentito qualcosa.."
"Sarebbe?"
"Non lo sò, qualcosa di nuovo, qui in casa?"
"Sentito, ho sentito si!"
Aveva riso divertito, guardando i genitori, che lo guardavano curiosi.
"Che volete sapere?"
Mimmo, era cresciuto. Non era più un bambino, ma ormai un ragazzo. Era intelligente, era sveglio. Stava crescendo bene.
"Non lo so, dicci te.."
"Vi riferite alla litigata di ieri?"
Giulio e Lucia si guardarono, straniti. Possibile, che non avessero sentito nulla? 
"E chi è che mo ha litigato?"
E' vero, Mimmo era cresciuto. Ma era pur sempre un "Cesaroni".
Sorrise divertito, per poi allungare una mano verso di loro.
"Certe informazioni, costano.."
Lo sguardo alto. Finge indifferenza, aspettando una reazione da parte di loro due, rimasti immobili, stupiti da quella richiesta.
"Me sembra de vedè Rudi.."
"Ho la borsa in camera, ora parla!"
"E va bene, va bene."
Si avvicinò a loro, facendo cenno di avvicinarsi. 
Rimasero in silenzio, aspettando una risposta da parte di lui. 
"Marco e Maya, ieri sera, hanno litigato."
Spalancarono entrambi gli occhi. Non potevano credere a quello che avevano appena sentito. Non ci credevano, perchè non era mai successo. Era la prima volta. Sapevano che tra loro, era sempre stato tutto perfetto. E sapevano che quella litigata, era stata scatenata da qualcosa, o meglio qualcuno, in quella casa. 
"Il motivo? Lo sai?"
"No, non lo so. Ho solo sentito urlare."
Si era portato la tazza di latte alla bocca, scuotendo la testa. 
Giulio e Lucia, si guardavano preoccupati. Sapevano che qualcosa, li avrebbe portati a discutere. Sapevano bene che Maya, infondo, Eva non la sopportava poi tanto. 
Si erano allontanati da Mimmo, per parlare.
"E mo? Che facciamo?"
"Niete, Giulio. Non possiamo intrometterci nelle vite dei nostri figli. Ne soffrirebbero troppo. Lasciamo che se la sbrighino da soli. Anche se.."
"Anche se?"
"Tu potresti parlare con Marco, e vedere un po' se magari ti dice qualcosa.. E io potrei parlare con Eva. Però mi raccomando amore, non insistere. Discrezione, non essere troppo diretto nelle domande!"
"Va bene, va bene, ho capito, ho capito. Appena lo vedo, je parlo."
Un bacio a fior di labbra, per poi tornare a sedersi al tavolo, in attesa di tutti gli altri. 
Eva si era svegliata. Aveva guardato Marta ancora addormentata, e aveva deciso di andare a farsi una doccia calda, prima che il bagno fosse occupato da tutti, come succedeva ogni mattina, in quella casa.
Rimase li, sotto il getto d'acqua calda della doccia, come non faceva da tempo. La rilassava, la tranquillizzava. 
Il suo bagnoschiuma preferito, quello alla pesca. Dolce, profumato, le rendeva la pelle morbida, liscia, vellutata. 
Quale modo migliore, per iniziare la giornata che la stava attendendo di li a poco?
Uscì dalla porta del bagno, nell'esatto momento in cui Maya, aveva finito di scendere l'ultimo gradino della scala che portava in mansarda. Provò ad evitarla, in'utilmente.
"Buongiorno Eva.."
"Buongiorno.."
Entrambe, cercavano di sorridersi tranquillamente, non riuscendoci. Maya aveva continuato a scendere le scale, mentre Eva, voleva soltanto arrivare in camera sua, per vestirsi e non incontrarla più per il resto della giornata. Non la sopportava, la detestava, con tutta se stessa. Eppure continuava a ripetersi di non averne il diritto. Ma non ce la faceva. Le bastava vederla, per sentire un'irrefrenabile istinto omicida pervaderla. Scosse la testa, ridendo di se stessa, ricordando una frase che tanto la caratterizzava.
"Posso sembrare calma quanto voglio. Ma nella mia testa, ti ho già ucciso tre volte."
Entrò piano in camera, per evitare di svegliare Alice e Marta, ancora addormentate. Richiuse piano la porta, iniziando a rivestirsi. 
"Ehi.."
Alice era sveglia, girata su un fianco. Gli occhi socchiusi, ancora assonnati. Non aveva poi dormito molto quella notte. 
"Buongiorno sorellina!"
"Sei allegra oggi?"
"Si, anche se prima sulle scale ho incontrato l'ape.."
Alice scoppiò a ridere di gusto. Eva, era persino arrivata ad usare un soprannome, da quanto la detestava. Una smorfia da parte di Eva, seguita da uno sguardo di rimprovero alla sorella. La sua risata, aveva svegliato Marta.
Eva si avvinò a lei, sorridendo. 
"Amore!"
Marta aveva gli occhi aperti, era sveglia, coperta nel letto.
"Mamma!"
Allungò le braccia verso la sua mamma, per farsi prendere in braccio.
"Hai dormito bene amore mio?"
L'aveva presa in braccio, baciandole la testa. L'aveva stretta a lei. 
"Andiamo a lavarci?"
"Sii!"
Eva si era alzata con lei, tra le braccia. Aveva sorriso, dirigendosi con lei in bagno.
"Eva, ci vediamo di sotto!"
Si erano sorrise, e poi si erano lasciate. Alice si era alzata dal letto, e si era subito messa davanti all'armadio in cerca di qualcosa da mettere. Continuava a pensare alla conversazione avuta la notte prima, con Eva. Continuava a rivedere davanti ai suoi occhi, l'espressione allibita di Eva, che quasi cadeva dalla sedia. Non riusciva a credere di esser riuscita a confessare alla sorella quel segreto inconfessabile. Eva voleva sapere di più. Voleva parlare, approfondire. Ma non ce n'èra stato il tempo. Erano state interrotte. Fortuna? Sfiga? Dipendeva dai punti di vista. Sapeva che prima o poi, avrebbe dovuto affrontare l'argomento, con la sorella. Ma per quel giorno, non ci voleva pensare. Voleva pensare a lei. Voleva pensare agli sguardi che aveva visto scambiarsi con Marco, la notte prima. Voleva pensare al sorriso ebete di lui, distante un niente dal viso di lei. 
Lo aveva osservato negli ultimi due giorni. E lo vedeva diverso. Cambiato. Vedeva il suo sorriso ancora più luminoso. Vedeva i suoi occhi brillare, non appena la sorella entrava in una stanza. 
E avrebbe voluto che, anche il fratello di lui, fosse così. Avrebbe voluto vederlo così. Scosse la testa, ricacciando dentro quei pensieri. Non poteva, fermarsi un'altra volta a pensare a lui. Non poteva. Ora, c'èra Francesco, che l'amava, la desiderava. E non meritava di soffrire. 
Aveva imparato piano a conoscerlo. Aveva visto il lui qualcosa che le piaceva. Si era buttata a capofitto nella storia con lui, per evitare di 
pensare ancora a quello che per tutti, era il suo fratello. 
Non voleva sconvolgere un'altra volta l'equilibrio che, con tanta fatica, era riuscita a costruirsi in quei mesi, con Francesco. Aveva bisogno di tranquillità. Aveva bisogno di star bene. La maturità, imminente, vicina. Un pensiero che non l'abbandonava mai, era quello che, presto, avrebbe dovuto lasciare la casa in cui aveva vissuto per tutto quel tempo, per trasferirsi forse in un'altra città. Sperava di riuscire a trovare qualcosa a Roma, per star vicino alla sua famiglia, ai suoi amici, a Francesco. Ma il pensiero di Rudi, non la mollava per un istante. Sapeva che anche lui, presto, avrebbe potuto abbandonare quella casa. Sapeva che, di li a poco, le loro vite si sarebbero forse divise. E stava male nel pensare che, Rudi, forse a questo, non ci aveva mai pensato. 
E in tutto questo, Alice non voleva abbandonare la sorella maggiore, tornata da poco per ricostruirsi una vita, andata col tempo in pezzi. Piano piano, voleva ricominciare da zero. Aveva una domanda da farle. Ma non trovava ne la forza, ne il coraggio. Il momento giusto, sembrava non esistere. Voleva trovare le parole giuste, per chiederle se, nella sua nuova vita, quella della "nuova Eva", avrebbe voluto un altro ragazzo accanto. Un altro uomo, da amare, e che a sua volta l'amasse come solo lei merita. 
Voleva chiederle se aveva intenzione di lasciarsi alle spalle tutto. Marco, il loro passato burrascoso. Voleva chiederle se, nella sua nuova vita, avesse voluto un'altro uomo accanto, che non fosse lui. 
Aveva paura della sua risposta, della sua reazione. Non sapeva come Eva, avesse potuto reagire ad una domanda del genere. Eppure lo sapeva. Alice, sapeva che quella domanda, prima o poi, avrebbe trovato il coraggio di fargliela. Ancora non sapeva ne come, ne quando. Ma sapeva che prima o poi, avrebbe fermato la sorella, e le avrebbe chiesto se accanto a lei, nella sua vita, avesse intenzione di accogliere un nuovo amore. Una nuova persona. Sarebbe stato difficile. Ancora ricordava gli sguardi della notte precedente, tra lei, e quello che era solo suo fratello. Ma non di Eva. Non lo era mai stato.
Decise di non pensarci. Aveva davanti una giornata piena, pesante. Maggio stava per finire, e Giugno era alle porte. La maturità, non era lontana. E tutto ciò, la spaventava.
 
La casa aveva ripreso a vivere. Tutti, erano svegli, in piedi, a prepararsi per iniziare una nuova giornata. Chi a scuola, chi in bottiglieria, o chi semplicemente a casa. 
Marco, si svegliò, sul divano. Aprì piano gli occhi, ancora assonnato, ancora intontito dalla notte prima. 
La fronte corrucciata. Si mise piano a sedere. Non aveva ancora capito dove si trovava. Si guardò attorno, con gli occhi ancora socchiusi. 
Sentì qualcosa appiccicato alla sua fronte. Si portò la mano alla testa, dolorante. Gli occhi chiusi, fortemente. Le labbra piegate in una smorfia. Si tolse il post-it che aveva appiccicato alla fronte. Gli occhi ancora chiusi, il dolore alla testa troppo forte.
Non si ricordava niente. Non ricordava niente della sera prima.
Lesse il post-it giallo, distrattamente.
"Buongiorno amore mio. Non ho voluto svegliarti, così sono uscita per andare al lavoro. Quando torno, dobbiamo parlare. Ti amo."
Gli occhi ancora strizzati, per il dolore alla testa che, quella mattina, proprio non lo voleva lasciare in pace.
Accartocciò il post-it, gettandolo via, nervoso. Sapeva di aver litigato con Maya la sera prima. Quello, se lo ricordava, e anche bene. 
Non ricordava però com'èra finito a dormire sul divano. O meglio, non ricordava cos'avesse fatto ieri sera, dopo esser uscito di casa, sbattendo la porta. Si portò la mano alla testa, massaggiandola piano. Ed ecco che dei piccoli flash, gli apparvero davanti. 
Il parco, il bar. Francesco. Si battè più volte la mano sulla testa, cercando di ricordare.
"Ma si può sapere che cavolo è successo ieri sera? Ok Marco, piano, piano, cerca di ricordare esattamente quel cavolo che hai fatto ieri, dopo che hai litigato con Maya. Sono uscito di casa. Ho camminato, e sono arrivato al parco. Sono rimasto seduto li, per un po'. E poi? Cos'è che ho fatto? Mi trovo sul divano."
Si annusò, e storse il naso non appena capì di puzzare tremendamente di alcol.
"Il bar! Ma certo! Qualche birra, forse troppe. Non avevo intenzione di bere, ma è successo."
Si alzò piano dal divano, scostandosi la coperta di dosso. Si guardò ancora intorno, confuso. Le mani sul viso, esasperato. Proprio non riusciva a ricordare niente.
"Come ci sono arrivato a casa?"
Frugò nelle tasche dei jeans, estrasse il telefono, per vedere se qualcosa lo potesse aiutare a ricordare un particolare della sera prima. Un messaggio, non letto. E tredici chiamate perse, da parte di Maya.
Lesse il messaggio, iniziando finalmente a capire qualcosa della sera prima.
"Buongiorno! Non voglio pensare al mal di testa che avrai non appena ti sveglierai.. Ma.. Ti scrivo per dirti che ieri sera, hai avuto una fortuna incredibile che io mi trovassi a Roma! Altrimenti, a casa ci saresti tornato da solo, Cesaroni. Buonagiornata!
Ps: Fatti una doccia, puzzi terribilmente!"
Sorrise leggendo il messaggio di Francesco. Eppure, davvero non riusciva a ricordare quello che era successo non appena tornato a casa.
Come ci era finito sul divano? Era certo che, qualcuno, lo avesse aiutato. Ma non ricordava chi. Non sapeva chi. 
Non aveva idea di chi, quella sera, fosse stato così gentile da portarlo sul divano, spogliarlo, e rimboccargli le coperte. 
Sapeva che non era stata Maya. La conosce troppo bene. Quando dorme, nemmeno le bombe riuscirebbero a svegliarla. 
Suo padre? No, l'aveva escluso a priori. Se l'avesse beccato così, sapeva che, non solo l'avrebbe spedito in mansarda a calci, ma gli avrebbe fatto ricordare tutto a suon di schiaffi.
Capì che ne i suoi genitori, e ne Maya, avrebbero potuto aiutarlo. 
Non rimanevano che i suoi fratelli. Rudi e Alice. Si sentiva strano. Si sentiva in colpa, nei confronti di Maya. Quel "ti amo" scritto sul post-it da parte di lei. La guardava, la sentiva vicino. Ma non riusciva a pronunciare quelle due paroline, formate da cinque lettere, tanto importanti, tanto forti. 
Scosse la testa, avviandosi verso la cucina. Sentiva parlare, sentiva discutere, sentiva ridere. Aprì la porta, portandosi una mano alla testa. 
"Ma buongiorno! Come mai sta mattina non sei sceso con Maya?"
Suo padre gli aveva sorriso, sedendosi al suo solito posto. Non sapeva cosa rispondere. Nessuno sapeva della sua notte. O almeno, non suo padre e Lucia. Cercò di sorridere, ignorando il mal di testa. 
"Giorno.. E' che mi sono svegliato tardi, tutto qui.."
Si sedette al suo posto, cercando di essere naturale. Il rumore del cucchiaio che girava nella tazza di Mimmo, lo stava martellando.
"Puoi fare più piano?"
L'aveva quasi urlato, non rendendosene conto. Il fratello l'aveva guardato strano, non capendo. Si scusò, alzandosi dal tavolo.
"Scusate, io vado di sopra."
Uscì dalla cucina, senza più guardare nessuno. Francesco aveva ragione, aveva bisogno di una doccia per rimettersi in sesto. Salì piano le scale, tenendosi la testa con una mano. Nemmeno aveva visto Alice scendere, di corsa.
"Oh, ma buongiorno!"
La guardò dolorante, rispondendole appena.
"Buongiorno.."
"Notte brava, eh?"
Spalancò gli occhi, sorpreso. Alice lo guardava sorridendo, aspettando che lui dicesse qualcosa. Capì che forse la sorella, sapeva qualcosa della notte passata. Si avvicinò piano a lei, prendendola per un braccio, trascinandola in mansarda con lui.
"Marco, devo scendere!"
Aveva protestato, ridendo divertita. Sapeva che cos'avesse Marco, e sapeva già cosa dovesse chiederle.
Arrivarono in mansarda, sedendosi sul letto.
"Dimmi che cosa sai di ieri sera.."
"Scusa, non ti ricordi proprio niente?"
Alice aveva riso divertita, prendendolo in giro. Vide l'espressione seria di lui, e smise di ridere, arrendendosi.
"Ok, ok, scusa.. Volevo solo prenderti un po' in giro.."
Poi, continuò.
"So che.. Ieri sera, hai bevuto un po'.. Ok, un po' tanto."
"Mi devi dire esattamente quello che ho fatto, non appena sono tornato a casa."
"Beh.. Ti abbiamo aperto la porta, e dato che non ti reggevi in piedi, ti abbiamo portato a piccoli passi sul divano."
"Tu e Rudi, vero?"
Sorrise, convinto che fossero stati i suoi due fratelli, assieme, ad aiutarlo. 
Alice scosse la testa negando.
"Scusa, tu da sola? Cavolo, ne hai di forza per sorreggermi."
Alice, scosse un'altra volta la testa, negando. Sospirò, e decise che era giusto che anche Marco sapesse della notte scorsa. 
Marco rimase confuso, non capendo. 
"A sorreggerti.. C'eravamo io.. Ed Eva."
Aveva socchiuso la bocca. Aveva aperto leggermente di più gli occhi. Aveva abbassato lo sguardo, non credendo alle parole della sorella. 
Eva. Lei, l'aveva aiutato assieme ad Alice. E come uno stupido, lui, non ricordava assolutamente niente.
Non avevano parlato molto, in quei due giorni. Non si erano scambiati tante parole. Lui, aveva pensato che lei lo stesse evitando, quasi apposta. L'aveva vista gentile, nei confronti di Maya. E se anche non se lo sapeva spiegare, tutto questo lo metteva terribilmente a disagio. 
Entrambe, nella stessa casa. Eva non faceva niente, per mettere a disagio ne lei, e ne lui. Non c'era, loro entravano in una stanza, e lei contemporaneamente usciva. L'unica a complicare la situazione, era Maya. La detestava, la odiava. Maya, non riusciva proprio ad accettare la presenza di Eva, in quella casa. Si diceva che non ne aveva il diritto. Che infondo, quella era sempre casa di Eva. Prima di lei, c'èra Eva. Quella, era la sua famiglia. E Maya, non aveva nessun diritto di pensare che lei li, fosse fuori posto. 
Non aveva avuto il coraggio però di dirle quello che pensava. Sapeva che Maya era gelosa. Sapeva che se lui avesse parlato, esprimendo il fatto di esser contrario ai suoi pensieri, lei sarebbe scoppiata un'altra volta. Come era successo la sera prima.
"Scusa.. Tu.. Ed Eva?"
"Si, io e lei. Perchè?"
Non sapeva che dire. Certo, non poteva confidare alla sorella che quella sua risposta, l'aveva scosso. Non si aspettava l'aiuto da parte di lei. Non si aspettava nemmeno che lei, l'avesse visto. Pensò subito di aver combinato un casino, ricordando che quando è ubriaco, non bada più a nulla di quello che dice.
Era diventato preoccupato. Le mani a gesticolare. Si alzò di scatto, iniziando a camminare avanti e indietro per la stanza.
"Alice, mi devi dire se ho detto o fatto qualche cazzata! Ti prego, è importante!"
Lei l'aveva guardato divertita. Sapeva a cosa si riferiva lui. Sapeva cosa intendesse con "cazzata". 
"No, non mi pare! Hai solo detto: Ragazze, ma lo sapete che io vi voglio tanto ma tanto bene? E tu, Eva, lo sai che mi sei mancata tanto tanto?"
Aveva spalancato gli occhi, incredulo. Si era portato le mani nei capelli, esasperato.
"Ho detto altro? Qualcos'altro di simile?"
Alice continuava a ridere divertita. Non l'aveva mai visto così.
"Mi pare di ricordare.."
Si portò una mano al mento, alzando la testa verso il soffitto.
"Maya, io ti devo dire una cosa.. Io non ci voglio venire a vivere con te! Ne ora, ne mai!"
Si era fermato di colpo. Non riusciva a credere alle parole di Alice. Non riusciva a credere di aver detto una cosa del genere. La pensava davvero? Era ubriaco, quindi sicuramente era qualcosa che pensava e non ha mai detto.
"Alice.. Ho detto altro? Maya non era li, vero?"
La guardava con lo sguardo supplichevole, le mani sul viso. Il mal di testa, aumentato.
"No.. Ma.. Ci sarebbe una cosa che dovresti sapere, e che sicuramente non ricordi.."
"Alice ti prego, non dirmi che ho fatto qualche cazzata!"
"No.. No.. Oddio, dipende dal tuo punto di vista."
"Ti prego, dimmelo e basta!"
Non ce la faceva più. Doveva saperlo.
"Ieri.. Diciamo, che.. Eri un po'.. Affettuoso?"
"Alice, che cosa intendi per affettuoso?"
Aveva gli occhi spalancati. Non riusciva a calmarsi. 
"Te la faccio breve.. Ieri notte, eri appiccicato a mia sorella, e non volevi più lasciarla andar via!"
L'aveva detto ridendo, di getto. Non sapeva a cosa avrebbe portato. Ma sapeva che questo, l'avrebbe sconvolto.
E infatti, lui era rimasto sconvolto. La bocca semi aperta, gli occhi spalancati. Scosse la testa, tornando a sedersi accanto ad Alice.
"No, no, no no, no, no non può essere.. Non posso esser stato così idiota!"
"E invece si, caro mio!"
Aveva continuato a ridere, alzandosi dal letto. 
"Scusa, ma ora devo davvero scappare, se no faccio tardi a scuola! Buona giornata fratellone!"
Gli aveva lasciato un bacio sulla guancia, per poi uscire dalla mansarda di corsa. 
Lui si lasciò cadere sul letto, pesantemente. Le mani sul viso, il respiro accellerato. Sapeva che tutto ciò, avrebbe portato a qualcosa. Sapeva che se quel giorno lui l'avesse guardata, niente sarebbe stato più come prima. Si sarebbe sentito ancora più a disagio nel stare vicino a Maya. Si sarebbe sentito in colpa a guardare Maya negli occhi. Si sarebbe sentito male, nell'incrociare lo sguardo di Eva.
Rise di se stesso, scuotendo la testa. La sua, era una situazione complicata. Decise di andare a farsi una doccia. Decise di non pensare a nulla. Ma sapeva che, l'avrebbe aspettato una giornata pesante.

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Ciao a tutti! :D
Allora, questo capitolo mi è venuto più lungo - non chiedetemi perchè xD -.
Ho provato ad infilarci dentro Giulio e Lucia, preoccupati per i figli, come invece non abbiamo visto nella serie. -.-"
Eva, Maya, e il loro odio reciproco! xD
I penseri di Alice, e il risveglio di Marco. 
Insomma, ho cercato di metterci dentro un bel po' di roba. :D
Spero vi sia piaciuto, come gli altri! (:
Vi ringrazio, davvero, grazie a tutti! :D
A presto, col prossimo capitolo! 
Un bacio. 

Chiara. <3

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Capitolo 5
*** Vicini, lontani ***


Stava scendendo le scale, con sua figlia in braccio. I capelli lunghi, mossi, a ricadere sulle spalle. Una camicetta bianca, leggera, e una minigonna in jeans. Così donna, così mamma. Bella, bellissima. Entrò in cucina, salutando tutti.
"Buongiorno a tutti!"
La cucina era piena. Ezio, Stefania, Cesare. Rudi si alzò, sorridendole. Lo guardò stranita, sorridendo.
"Eva, mi dai Marta che così tu ti bevi il caffè in pace? Che non la vedo mai non la vedo!"
"Che gentile! Che vuoi in cambio?"
Aveva riso divertito, prendendole Marta dalle braccia. Lei, aveva subito iniziato a giocare con i suoi buffi capelli, ridendo.
"Niente, stai tranquilla sorellona.."
Lei gli aveva accarezzato il viso, ringraziandolo. Si era seduta al posto di Rudi, accanto ad Alice.
Si avvicinò a lei, piano, sussurrandole qualcosa all'orecchio.
"Non pensare che la discussione di ieri, sia terminata.. Guarda che oggi, non mi scappi."
Alice aveva sorriso, annuendo piano. 
"Va bene, va bene.. Oggi riprendiamo da dove abbiamo lasciato."
Le aveva sorriso, alzandosi dal tavolo, di scatto.
"Mamma, noi andiamo che siamo in ritardo!"
"Va bene tesoro, buona giornata ragazzi!"
Rudi aveva lasciato Marta a Lucia, per poi uscire di corsa per raggiungere la porta d'ingresso.
"Lucì, movite che dobbiamo annà pure noi!"
"Hai ragione, oggi abbiamo l'incontro con l'autrice!"
Eva le aveva guardate divertita, portandosi la tazza alle labbra. Le erano mancate le colazioni in quella casa. Le era mancato vedere quel caos generale che avvolgeva tutti, ogni mattina, in quella cucina. 
"Eva, te dispiace se oggi ci portiamo Marta in bottiglieria?"
Giulio si era avvicinato a lei, sorridendo.
"No, tranquilli, così si diverte pure lei. Io ne approfitto per scrivere un po' di articoli.."
"Amore mio, grazie!"
Le aveva preso il viso tra le mani, baciandole una guancia. Le era mancato anche Giulio. 
"La creatura la prenno io!"
Cesare si era avvicinato a Lucia, per prendere Marta in braccio. Sapeva essere dolce e tenero. E a Marta quel strano omone, piaceva. 
"Movamose che è tardi!"
"E sta calmo no! Mica vorrai metterte a lavorà proprio oggi!"
Avevano tutti riso divertiti alla battuta di Cesare. Uscirono tutti assieme, lasciando Eva in cucina, sola, a bere il suo caffè.
"Tesoro, buona giornata!"
Lucia aveva salutato la figlia con un bacio. 
"Mi raccomando, non stancarti troppo!"
Stefania l'aveva salutata, invitandola a non starsene tutto il tempo sul suo computer.
"Buona giornata a tutti!"
Aveva riso divertita, addentando un biscotto. La porta d'ingresso che si chiude, e il silenzio attorno a lei. 
La casa era deserta, era silenziosa. Non c'èra nessuno. Silenzio, pace, tranquillità. Riusciva a godersi il silenzio di quella casa, solo di notte. Di giorno, non ne aveva mai avuto la possibilità. Troppo rumorosa, troppo affollata. Gente che va, che viene. 
Aveva deciso di starsene tutta la mattinata a casa. Voleva starsene sola, a pensare, a riflettere. A leggere vecchi pezzi di libri, come non faceva da tempo. Come quando da ragazzina, se ne stava in camera sua, sul suo letto, a leggere, a scrivere i suoi pensieri su quell'agenda che sembrava un diario. 
Se ne stava li, seduta al tavolo della cucina, a bere il suo caffè. Nemmeno aveva sentito i passi al piano di sopra. Nemmeno aveva sentito qualcuno scendere le scale. Era convinta di esser sola, era convinta che tutti, ma proprio tutti, fossero usciti di casa.
Lui aveva sceso le scale, di corsa. La doccia l'aveva rimesso in sesto. Si sentiva meglio, si sentiva nuovo. Era convinto anche lui di esser solo. Ma arrivò davanti alla porta della cucina, fermandosi. Ed era rimasto immobile. 
Fulminato da quella visione. Lei, seduta al tavolo, voltata di spalle. Le gambe accavallate, la tazza vicino alle labbra. Leggeva il giornale. 
Non sapeva nemmeno lui perchè si fosse fermato. Non sapeva nemmeno lui, cosa fosse quella strana sensazione che l'aveva invaso, non appena l'aveva vista sola, al tavolo, a leggere il giornale. 
Aveva inclinato la testa, di lato, guardandola meglio. Lei, ancora non si era accorta di lui, rimasto sulla porta, a guardarla. 
Lui aveva sentito il cuore, accellerare furioso, dentro al petto. Aveva sentito il silenzio, che lo portò subito a pensare che fossero soli. 
Un brivido gli percorse la schiena. Un brivido caldo, un brivido intenso, non appena lei si era portata i capelli all'indietro, con una mano. Lei, intenta a leggere un articolo che le interessava. Si era morsa le labbra, com'era solito fare quando era immersa in qualcosa. 
E lui, non ce l'aveva più fatta. Deglutì, chiudendo gli occhi. Il ricordo della notte trascorsa accanto a lei. 
"Buongiorno!"
Finse naturalezza, entrando in cucina.
Lei si voltò di scatto, spaventata. Credeva di esser sola. Rimase sorpresa, nel trovarselo davanti. Una camicia azzurra, leggermente sbottonata. Le maniche arrotolate. Un paio di jeans scuri. I capelli ancora bagnati, alti. La sottile barba, incolta.
Cercò di risvegliarsi, sorridendo, tornando di nuovo con gli occhi sul giornale. 
"Buongiorno.."
Lui si avvicinò al suo posto, cercando di sembrare tranquillo.
"Ma gli altri?"
Cercava di intraprendere una conversazione con lei. Voleva spezzare quel silenzio forzato. 
"Sono usciti tutti, ci siamo solo noi."
Si pentì subito di quel "ci siamo solo noi". Non voleva creare situazioni imbarazzanti. Si versò dell'altro caffè, cercando di non dire altro.
Lui si portò la tazza alle labbra, bevendo il suo caffè. Quel silenzio lo stava uccidendo.
"Marta?"
"E' in bottiglieria con Giulio, Ezio e Cesare.."
"Cavolo, speravo di passare la mattina con lei.. Oggi avevo la giornata completamente libera.."
Lui continuava a guardarla. Lei evitava il suo sguardo, sfogliando il giornale. 
"Non ti preoccupare, non penso che staranno tutto il giorno in bottiglieria.."
"Tu oggi, hai da fare?"
Ora lo guardava. 
"Non lo so.. L'altro giorno mi ha chiamata la Zavattini. Dice che vuole parlarmi.."
"Ha dimenticato del vaso cinese?"
Lui aveva sorriso, facendo ridere lei, leggermente più rilassata. 
"Si, così pare.."
Lui guardava lei, e lei guardava lui. Pensavano entrambi alla sera prima. Pensavano a quel breve ma intenso contatto che li aveva uniti.
"Senti, io devo andare in un'agenzia immobiliare, per disdire una richiesta.. E' da quelle parti.. Vuoi un passaggio?"
Aveva addentato un cornetto. Si sporcò il naso, la bocca piena. Lei rise divertita, guardandolo. Solo dopo pochi attimi, le parole di lui arrivarono all'udito di lei. Agenzia immobiliare, disdire una richiesta. Ed ecco che quello che lui in balia dell'alcol aveva detto la sera prima, si fece spazio nella sua mente. 
"Maya, io non voglio venire a vivere con te! Ne ora, ne mai!"
Cercò di cacciare quel pensiero, cercando di rifiutare il più gentilmente possibile il suo passaggio.
"No, davvero, non ti preoccupare. Tu, hai da fare, e non voglio di certo.."
Non aveva fatto in tempo a finire. Lui aveva finito il cornetto, e con la bocca ancora piena, come un bambino, si era alzato dalla sedia per avvicinarsi a lei, e trascinarla quasi di peso.
"Non esiste, mi sentirei in colpa a non darti un passaggio! Tranquilla, io a parte quello non devo fare altro. Dai, andiamo?"
Lei non sapeva che fare. Aveva visto il sorriso sul volto di lui. E rassegnata, aveva sorriso leggermente.
"Va bene, andiamo.. Fammi prendere la borsa.."
Lui aveva annuito, avviandosi verso la porta d'ingresso. 
Nemmeno lui sapeva perchè aveva insistito così tanto. Non sapeva spiegarsi il perchè. Non riusciva a capire perchè in quel momento, Maya quasi non esistesse. E si sentiva in colpa. Dannatamente in colpa, pensando che lei non meritasse di soffrire. 
Ma voleva delle risposte. Voleva capire se quella sensazione che lo invadeva non appena Eva gli compariva davanti, fosse un'altra volta quella sensazione che credeva di aver seppellito dentro se stesso. Doveva sapere. Doveva dare un nome a quella sensazione, a quei continui brividi, a quei continui sorrisi.
Doveva dare un senso a quelle parole che erano uscite la notte prima, dalla sua bocca. Doveva dare un senso ad ogni suo perchè. 
Sapeva che sarebbe stato doloroso starle vicino. Ma aveva bisogno di sapere. Aveva bisogno di capire perchè con Maya, non volesse andare a vivere. 
"Hai preso tutto?"
"Si, si, ma.."
Lei l'aveva guardato, corrucciando la fronte. 
"Non avrai intenzione di uscire così, vero?"
Lui si guardò, stranito. Non aveva capito.
Lei avvicinò un dito al suo naso, indicandolo.
"Hai il naso sporco di zucchero.."
Aveva sorriso leggermente, divertita.
Lui aveva voltato la testa dall'altra parte, ridendo.
Si portò una mano sul naso, strofinandolo. 
"E adesso?"
"Adesso possiamo andare.."
Lui si era voltato sorridendo, per avviarsi alla macchina davanti al garage. Lei l'aveva seguito, distante, a passi lenti. 
Non voleva stargli troppo vicina. Non voleva far del male a se stessa. 
Lui aveva frugato nella tasca dei jeans, estraendone le chiavi. 
In macchina, calò un'altra volta il silenzio tra di loro. Silenzio rotto soltanto dalla radio. 
Le note di una canzone conosciuta bene da entrambi, si spargevano per la macchina. Marco guidava, silenzioso. Eva con lo sguardo al di fuori del finestrino.
Lui alzò il volume della radio, iniziando a canticchiare quella canzone che tanto gli piaceva. 
Gli erano sempre piaciuti, gli Zero Assoluto. Amava quel loro modo di scrivere, di cantare. 
Adorava cogliere il significato di ogni singola frase, nei loro testi, in cui in tutti quegli anni si era sempre rispecchiato, in un modo o nell'altro. 
Eva si era persa nelle parole della canzone. L'aveva guardato di sbieco, prima di tornare a guardare fuori dal finestrino, pensierosa.
 
Vuoi sapere cosa penso
Dopo tutto questo tempo sono ancora io
E come ieri e come adesso
E' di notte che mi accendo e trovo le parole
 
Lui aveva iniziato a battere il ritmo sul volante, lasciandosi trasportare da quella canzone. 
Guidava, e pensava. 
"Vorresti sapere cosa penso? Vorresti sapere che cosa sta passando ora per la mia testa, Eva? Sei seduta accanto a me, con lo sguardo perso fuori dal finestrino, e quell'aria persa, quasi assente. Stai pensando anche tu? Stai pensando anche tu a quello che sto pensando qui, io ora? Non lo so. L'unica cosa che so, è che ancora, non'ostante tutto questo tempo passato, trascorso, tu per me sei ancora qualcosa di importante. E anche se ancora non ho capito bene cosa, sento che tutto quello che avevo dentro qualche mese fa, non si è mai spento. Non si è mai rimosso, cancellato. Forse si è solo accantonato in un angolo, leggermente, per lasciar spazio a quel qualcosa di nuovo che tanto aspettavo. Quella nuova persona, quella nuova ragazza, quella nuova donna, che sapevo sarebbe arrivata dopo di te.
Ogni tanto penso ancora a ieri, a quel passato che tanto mi lega a te, e a quello che eravamo. Penso a quelle giornate passate assieme, a raccontarci, a gurdarci negli occhi di nascosto, stando attento che l'altro non abbia visto. 
E credimi, il pensiero di ieri notte, proprio non vuole lasciarmi stare. Non riesco a pensare ad altro, non riesco a smettere di pensare di averti sfiorata ancora, non riesco a farmene una ragione, perchè di quei attimi io invece, vorrei ricordare tutto. Per farmi un'altra volta del male. Per rivivere ancora, se non appieno, quello che di noi è rimasto, e non è andato distrutto, come fumo al vento.
La notte porta consiglio. La notte porta pensieri, porta nuovi dubbi, porta a volte nuove paure e nuove incertezze. 
E la notte per me, è sempre stata questo. Pensieri, dubbi, notti passate insonni a pensare, a riflettere, a piangere in silenzio, con me stesso. Ed ecco che il pensiero di Maya, mi ritorna in mente, riportandomi alla realtà. Lei mi è stata accanto, lei mi è stata vicino, lei mi ha sostenuto. Lei mi ha lanciato quell'ancora di salvezza che tanto stavo cercando, evitando di farmi affogare nell'oceano della mia disperazione per te. E' entrata nella mia vita, a portare un po' di sole dove tu avevi lasciato solo nuvole. 
Dopo che tu, quella notte, mi dicesti di esserti innamorata un'altra volta, ma di un uomo che non ero io. Hai scelto un altro. Hai preferito distruggere tutto quello che siamo stati, per ricominciare ad amare un'altra persona che con me, non c'èntrava nulla. Mi hai spezzato il cuore, in mille pezzi. Mi hai distrutto, mi hai portato via quello che avevo di più importante. 
Marta, mia figlia, rimasta con te a Parigi. Millecinquecento chilometri di distanza che mi separavano da lei. 
E non te l'ho mai detto. Non ti ho mai accusato di nulla, non ho voluto farti pesare questa scelta che aveva distrutto la mia vita. Non ti ho urlato contro come avrei dovuto fare. Sono stato in silenzio, sono stato codardo. Sono scappato da quella città, lasciandoti sola, quella notte. "
Pensava e guidava, canticchiava tenendo il ritmo sul volante, tamburellando con i polpastrelli delle dita. 
Ogni tanto guardava lei, silenziosa, appoggiata al finestrino. Non sapeva che anche lei, si era fatta trasportare da quella canzone, da quelle parole. Non sapeva che anche lei, amasse quella canzone, che anche lei come lui, stesse pensando a loro. 
 
Se ti dico che è finita la passione
Che non ho più bisogno di mille persone
Che ogni volta che mi sveglio 
E non ho chiaro cosa voglio
E' da ieri che ti penso
Vorrei sapere per davvero ma tu come stai?
E dirti tutte quelle cose che non direi mai
Sono persone, frasi giorni mesi e storie
Sono pensieri come quando fuori piove
 
"Ti guardo guidare e canticchiare questa canzone che passa in radio. Semplice coincidenza, o segno?
Guardo le case scorrere veloci, al di fuori del finestrino. Guardo il cielo azzurro, sopra di noi, e penso.
Penso, come non mi capitava di fare da tempo. Penso a me. Penso a te. A noi. A quello che eravamo. A cosa questa canzone riesce ogni volta a trasmettermi. Riesce a farmici rispecchiare in modo profondo. E' come se mi guardassi allo specchio, cercando ogni dettaglio di me, del mio corpo, del mio viso, cambiato in questi ultimi mesi. Perchè io, mi sento cambiata. Mi sento diversa. Ho voglia di rinascere, come dicevi tu nella tua canzone. Ti guardo ogni tanto, stando attenta a non farmi vedere da te, che hai gli occhi puntati sulla strada. 
Ti guardo, e noto che tu invece, non sei cambiato, non sei diverso. Sei sempre il solito ragazzo, quasi uomo. La solita aria da bambino che tanto ti caratterizza. Il solito sguardo, lo stesso carattere. Riesco però a notare qualcosa di diverso, in te. Ti vedo più maturo, ti vedo più cresciuto. Quasi più uomo, come non eri qualche mese fa. 
E l'unico cambiamento tangibile e visibile nella tua vita, da quando te ne sei andato quella notte, è Maya. 
Lei, che ha preso un po' il mio posto nella vita di tutti voi. Ha fatto da sorella a Mimmo, Rudi e Alice, quando io non c'èro. Ha fatto da figlia, a mamma e Giulio. E a te, ha fatto da donna, da amante, da amore. Ha preso il mio posto nella tua vita, ha preso il mio posto in mansarda, accanto a te. A consolarti, c'èra lei. C'èra lei a farti sorridere, c'èra lei a farti star bene. C'èra lei ad amarti, c'èra lei a viverti. C'èra lei a camminarti accanto. C'èra lei a stringerti la mano, dopo che io ti avevo lasciato andare. 
C'èra lei a ridarti la passione che io, avevo spezzato tra di noi. E' come se quella notte, ti avessi detto che era finita la passione. 
Ti ho mentito, ti ho detto che quella mia passione era per un altro. E invece, non avevo bisogno di nessuno. Di nessuno che non fossi tu. Ma ti ho lasciato andare, pensando che un giorno, non avrei voluto leggere nei tuoi occhi il rimpianto. Il rimpianto di aver lasciato tutto, per noi. Come mi dicesti tu, in quella lettera che ancora tengo in quella scatola tanto piena di noi. Lettere, foto, appunti, pensieri. Momenti di noi, e di quello che siamo stati. 
Chissà, magari un giorno lontano ti dirò che ho mentito. Ti dirò che non c'è mai stato nessun altro. Ti dirò che tenevo troppo al tuo futuro, e che ti amavo più di me stessa, più di quanto io potessi immaginare. Che quella notte, riuscivo a mala pena a guardarti negli occhi perchè per me, mentirti, è difficile. E' doloroso. Magari ti dirò che volevo solo che tu realizzassi i tuoi sogni. Che volevo che tu, realizzassi te stesso. 
Ancora mi sento in colpa, per averti tenuto lontano da Marta. Per averti impedito di crescere nostra figlia, assieme, accanto a me. Magari, un giorno ti chiederò scusa, per tutto il male che sono riuscita un'altra volta a farti. 
Ora però, non si può. Non ti posso dire tutto questo. Non posso sconvolgere quest'equilibrio precario che ci siamo costruiti col tempo, per Marta. Non posso dirti che ad ogni mio risveglio, ti vedo accanto a me. Ti vedo nei miei sogni, nei miei pensieri. Nelle mie paure, e nelle mie lacrime, versate in silenzio, stando attenta che qualcuno non senta. Non posso dirti che è da ieri, che sei rientrato prepotentemente nei miei pensieri. Non posso dirti che è da ieri, che ti vedo per mano, con lei, e questo mi uccide. Vi vedo camminare in un parco, stretti, abbracciati, vicini, complici. Come solo noi, sapevamo fare tempo fa. 
Non posso dirti che io, in realtà, detesto me stessa, e quello che sono diventata da quando non ci sei più. Non posso dirti di detestare quella che ora è la tua ragazza. Non posso chiederti come stai, e non posso dirti tutto quello che vorrei."
 
Non guardarmi così
Non guardarmi così
 
La canzone, era riuscita a stravolgere entrambi. Avevano ammesso a loro stessi tutto quello che fino a qualche tempo fa, si erano negati, nella più totale speranza di non ricadere più in quei pensieri rumorosi, dolorosi. 
Avevano sperato di non pensare più a nulla del genere.
Ma la canzone, non era d'accordo con loro. Il destino, si era divertito a giocare un'altra volta con loro, e la loro storia, mai finita per davvero.
 
Sarà che forse già ci siamo detti tutto
Che fino adesso abbiamo già parlato troppo
Rincontrarsi un'altra volta per sapere come stiamo
Più vicino, più lontano
E stare qui facendo finta che è lo stesso
Tu dimmelo se riesci ancora a dargli un senso
Se è solo un'altra voglia di malinconia
Un modo per sentirsi accanto
E recitare la magia
Stessi posti stessi sguardi di nascosto
Nel silenzio di un dettaglio di un ricordo
Vorrei lasciarti e poi lasciarmi andare
Vorrei che ogni nostro incontro fosse quello per ricominciare
Ora bastasse almeno mezz'ora
Per cancellare tutta questa mia paura
Come ogni singola parola
Come ogni piccola porzione che ti porti via stasera
 
Il sole alto nel cielo, limpido e azzurro. Alice, stava davanti alla finestra, in classe, a contemplarlo, in silenzio.
Era appena finita la seconda ora di matematica. "Due palle!" Come dicevano i suoi amici, che dietro di lei si stavano divertendo, rumorosamente. 
Lei invece, era silenziosa. Persa. Si era eclissata, si era quasi spenta. Iolanda la guardava da lontano, preoccupata. Si avvicinò a lei, piano, cercando di sorriderle.
"Ehi.. Guarda che prima la prof scherzava eh.."
Cercava di farla sorridere, cercava di farla aprire. Sapeva che c'èra qualcosa che non andava con l'amica. Ma ancora, non sapeva quali fossero i pensieri che la stavano torturando. 
Alice aveva sorriso, leggermente, con lo sguardo puntato ancora al di fuori di quella finestra. Non riusciva a smettere di pensare. Non riusciva a far finta di niente. 
Iolanda la guardò un'ultima volta, prima di alzare gli occhi al cielo e sospirare. 
"Vieni con me."
L'aveva presa per un braccio, trascinandola fuori dalla classe. Alice aveva cercato di fermarla, incredula. 
"Iolanda, ma che fai!"
Tutti le avevano guardate stupiti, increduli. Non sapevano che cosa stesse succedendo. 
"Oh, ma che c'hanno Alice e mia sorella?"
"Ah, non lo so.. E' tutta la mattina che è strana.."
"Tua sorella è sempre stata strana, Rudi.."
"Sorellastra! Budino, sorellastra!"
Si alzò dal banco di scatto, lasciandolo li, infastidito. Sentire quella parola, lo uccideva. Lo faceva star male. Non l'aveva mai considerata una sorella. Era stata di tutto per lui. Una nemica, un'amica, una confidente. Ma mai una sorella.
"Ma che c'avranno tutti oggi? Boh.."
Budino aveva addentato un craker, alzando le spalle. Non capiva il comportamento dei suoi amici.
Iolanda, aveva trascinato Alice in biblioteca. Aveva bisogno di parlare, di sfogarsi. E lei, lo sapeva. L'aveva vista diversa, in quei giorni. E sapeva che aveva bisogno di un consiglio, di qualcuno che l'ascoltasse. 
L'aveva fatta sedere su un banco, standole davanti, con le braccia incrociate, aspettando che iniziasse a parlare.
Alice aveva alzato gli occhi al cielo, infastidita. Non si aspettava una reazione del genere da parte dell'amica.
"Alice, mi vuoi dire che ti succede ultimamente?"
Era preoccupata, era in ansia per lei. 
Alice abbassò lo sguardo, negando.
"Niente.."
Iolanda, sapeva invece che dietro a quel niente, si nascondeva tanto. Quasi tutto. Erano sette anni che si conoscevano. Erano sette anni, che avevano vissuto praticamente tutto assieme. Erano quasi sorelle, unite da un legame speciale, indissolubile.
"Guarda che ti conosco.. E so che quando dici niente, invece dietro c'è tanto.. Allora?"
Aveva sospirato, arrendendosi davanti all'amica. Si portò i capelli indietro con una mano. Gesto che la faceva tanto assomigliare a sua sorella.
"Veramente.. Non lo so nemmeno io.."
Poi, continuò.
"E' un periodo un po' così.. Non lo so.. La maturità.. Francesco.. L'unica cosa che mi ha fatta sorridere in questi due giorni, è stato il ritorno di Eva e Marta."
"Ali, non ti devi preoccupare della maturità. Sei bravissima, intelligente! Di che ti preoccupi? Uscirai col cento, te lo assicuro! Al massimo quelli che si devono preoccupare, siamo io, Rudi, e tutti gli altri! Noi si che siamo messi male!"
Aveva cercato di farla sorridere, facendole notare la loro situazione scolastica. Non sapeva che, per l'amica, sentire quel nome formato da quattro lettere, era ancora qualcosa di pesante. Pensava che fosse andata avanti. Pensava che Francesco, fosse riuscito a sotterrare quello che provava per Rudi. Alice, si era tenuto tutto dentro. Non ne aveva parlato con nessuno. Nemmeno con lei. Pensava che l'avrebbe dimenticato, pensava che sarebbe andata avanti. Ma non sapeva quanto infondo lei si sbagliasse. 
Era rimasta in silenzio, sperando che l'amica avesse capito. Non voleva esser costretta a dirglielo. Non voleva far ancora del male a se stessa, esternando quello che pensava.
Iolanda aprì la bocca, guardandola. Alzò un sopracciglio con un cenno del capo. 
"Non mi dirai che.."
Alice aveva semplicemente annuito all'amica, che aveva capito tutto. 
Iolanda si portò una mano alla bocca, spalancando gli occhi. Non credeva possibile che l'amica, fosse ancora innamorata di lui. 
Si era portata entrambe le mani sul viso, e aveva annuito silenziosamente, ancora. 
"Iole.. Io.. Ci ho provato, te lo giuro. Credevo davvero di averlo dimenticato. Credevo davvero che Franscesco, fosse tutto quello di cui avevo bisogno. Ma non ci riesco. Non faccio altro che pensare a lui. A quella notte alle terme, a quella notte in cui abbiamo fatto l'amore. 
Non faccio altro che pensare alla maturità. Ma non perchè sono preoccupata. Ma perchè presto mi porterà forse lontano da qui. Mi separerà dalla mia famiglia, dai miei amici. Da Francesco, da lui. Non voglio che questo accada. Ma non voglio nemmeno che Francesco soffra. Non lo merita, è un ragazzo straordinario. Mi fa stare bene, mi fa sentire amata. Ma.."
"Non è Rudi.."
Alice aveva chiuso gli occhi, tristemente, accasciandosi su quel banco, affianco all'amica. 
"Ali?"
"Mhh?"
"Tu.. Lo ami?"
Alice l'aveva guardata, stupita. Non si aspettava una domanda del genere. Non si aspettava di dover dare la risposta ad una domanda, che non si era più posta ormai da tempo. Da quel giorno al parco, dove lui era riuscito un'altra volta a spezzarle il cuore. 
Sospirò, sospirò più volte. Le lacrime agli occhi, il respiro accellerato. 
"Io.. Io, non lo so.."
Iolanda aveva abbassato la testa, avvicinandosi a lei. L'aveva abbracciata, forte, stretta, trasmettendole quel bene infinito che provava per lei. 
La faceva star male vederla così. La faceva star male, vederla soffrire. Sapeva che per l'amica sarebbe stato difficile, sapeva che sarebbe stata dura. Ma lei, le sarebbe stata accanto, sempre, come aveva fatto. Le sarebbe stata vicino, l'avrebbe sostenuta, e le avrebbe offerto la sua spalla per sfogarsi e piangere. Le voleva bene, la voleva vedere felice. 
"Ali, sappi che qualsiasi decisione prenderai.. Io sarò sempre vicino a te. Sarò sempre dalla tua parte, ti sosterrò come meglio potrò, e non ti lascerò sola nemmeno per un'attimo. Te lo prometto."
Alice si era abbandonata su di lei, abbracciandola forte. Aveva lasciato le lacrime scorrere, aveva lasciato che le sue emozioni prendessero il sopravvento. L'aveva ascoltata commossa, sapeva che l'amica per lei, ci sarebbe stata sempre.
"Grazia amica mia.. Ti voglio bene.."
Le accarezzava la testa, calmandola. L'abbracciò forte, rispondendole.
"Anche io. Anche io ti voglio bene, amica mia."
Un momento magico, importante, testimone di un'amicizia vera, forte e sincera. Rimasero li, strette in quell'abbraccio, fregandosene della lezione di storia appena iniziata. Rimasero li, ferme, lasciando tutto il resto al di fuori di quella stanza. Perchè l'una, ci sarebbe sempre stata per l'altra. Per sempre. 

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Eeccomi di nuovo qui! :D
Allora, qui, ho inserito una canzone - che io amo **- che descrivesse più o meno in modo chiaro, ciò che Eva e Marco stanno passando, pensando, nel riaversi di nuovo così vicini.
Alice, e i suoi pensieri. Confessa a Jolanda, ciò che la turba. Un'amicizia speciale, la loro. **
Annuncio che, nel prossimo capitolo, ci sarà il ritorno - spero gradito xD - di qualcuno.. (:
Detto questo, spero vi sia piaciuto! :D - A me non convince tanto. Posso dire però di esser soddisfatta dei pensieri riguardanti la canzone! ** -
Grazie ancora a tutti! (:
Un bacio,

Chiara. <3

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Capitolo 6
*** Il seme dell'amicizia ***


Le vie di Roma, erano piene di gente, indaffarata, impegnata. C'èrano le mamme che andavano a far la spesa per il pranzo. Le nonne che passeggiavano per le vie del corso, rilassate. Chi si apprestava ad iniziare la sua giornata, al lavoro. Chi invece se la prendeva comoda, e si fermava a bere qualcosa in un bar riparato, al fresco. 
Giugno era alle porte, e il caldo si sentiva sempre più forte. 
Un ragazzo moro, non molto alto, si lamentava del caldo, facendosi aria con un giornale trovato su una panchina all'aeroporto. 
Una ragazza bionda, alta, gli stava accanto, ridendo divertita. Continuava a dirgli che mancava poco. Che sarebbero arrivati presto. E che si sarebbe potuto levare quei vestiti di dosso, non appena fossero arrivati a casa.
"Ahò, io non ce la faccio più!"
"E dai, non manca tanto! Invece di pensare al caldo, pensa alle facce di tutti, quando ci vedranno!"
Si era avvicinata a lui, baciandolo leggermente.
"Si, secondo me prendono tutti un'infarto!"
Avevano riso divertiti, assieme. Si guardavano attorno, scrutando con occhi più maturi quel quartiere che li aveva visti crescere, qualche anno prima. L'avevano lasciato, per inseguire i loro sogni. Per crescere, assieme. Per vivere il loro amore ritrovato, mai finito. 
"Roma mi è mancata da morire, in questi due anni.."
"Non dirlo a me.. Mi è mancato tutto di questo posto. E poi ti giuro, non vedo l'ora di riabbracciare i miei genitori!"
"Allora dai, muoviamoci!"
L'aveva preso per mano, trascinandolo, alzandosi dalla panchina. Erano allegri, erano felici, contenti di esser ritornati in quella città che tanto era mancata a tutti e due, con tutte le persone che ci vivevano dentro. 
Erano passati prima a casa di lei, per lasciar giù le valigie. E poi, avevano deciso di andare a farsi un giro per Roma, per rivedere tutto quello che di quella città, era mancato ad entrambi.
Correvano per le strade di Roma, tenendosi per mano. Ridevano, divertititi. Avevano urtato qualche passante, chiedendo subito dopo scusa. Avevano fretta, avevano fretta di arrivare. Avevano fretta di rivedere la loro famiglia, i loro amici, per raccontare le novità. Per raccontare tutto quello che era successo alle loro vite, lontane da quella città.
Avevano fretta di riabbracciare tutti. Avevano fretta di tornare a rivedere quelle persone così importanti, che erano mancate ad entrambi.
Correvano, ridevano, a perdifiato. Innamorati, complici.
Scesero la lunga scalinata di corsa, arrivando davanti a quella bottiglieria così conosciuta. 
Avevano il fiatone, entrambi. Ma erano felici. 
Guardavano quel locale. Si avvicinarono piano, a piccoli passi. Ancora non ci credevano. 
"Amore, non ci credo.."
Lui era rimasto immobile, con gli occhi lucidi. Era felice, era emozionato. 
Lei lo trascinò dentro, sorridendo. Entrarono assieme, per mano. 
Non li avevano visti subito. Cesare stava pulendo dei bicchieri. Giulio, stava giocando con Marta, seduta sul bancone. 
E li videro. Entrambi, spalancarono la bocca, increduli. Ezio, non si era accorto di niente. Leggeva il giornale, commentando ogni notizia a suo modo. 
I due ragazzi, avevano fatto cenno di star zitti. Si erano avvicinati piano a quello sgabello, sorridendo come non mai. 
Lui si avvicinò, il più silenziosamente possibile. Giulio e Cesare, avevano sorriso divertiti. 
Ezio si sentì due mani davanti agli occhi. Sobbalzò, spaventato.
"Ma che è oh!"
Si alzò di scatto, voltandosi. Lasciò cadere il giornale a terra, spalancando gli occhi. Non ci poteva credere. 
"Sorpresa!"
I due ragazzi l'avevano gridato, sorridenti. Ezio scoppiò a piangere, avvolgendo suo figlio in un abbraccio. Piangeva, ma era infinitamente contento di rivedere suo figlio, con la sua fidanzata che per lui era come una figlia.
Walter l'aveva abbracciato forte, con le lacrime agli occhi. Piangevano entrambi, contenti, felici di potersi stringere ancora, dopo il tempo passato lontani. Giulio, Cesare e Carlotta, guardavano la scena commossi, ma felici. 
"Walterino! Quanto sei mancato a papà! Mio figlio, mio figlio, Walterino mio.."
"Papà, anche tu me sei mancato, anche tu.."
Continuavano a stringersi, piangendo. 
Giulio si era avvicinato a Carlotta, per abbracciarla. Era contento di rivedere entrambi. 
"Ma quando siete arrivati?"
"Questa mattina! Abbiamo fatto un giro per Roma, e poi vi abbiamo fatto una sorpresa!"
Giulio l'aveva chiesto a Carlotta. 
Lei sorrise, con gli occhi lucidi, non appena vide Marta seduta sul bancone, tra le braccia di Cesare.
Si avvicinò a lei, prendendola in braccio. La strinse, forte. Quanto le era mancata quella bambina? Nel vedere Marta, le si riempì il cuore di gioia. Era contenta, era felice. Perchè Marta in bottiglieria, era segno della presenza della madre, Eva, sua Amica, a Roma.
Le era mancata da morire. Si sentivano spesso, ma non era come vedersi, come guardarsi negli occhi, come abbracciarsi. 
Aveva riempito Marta di baci, facendola sorridere.
"Giulio, Marta è qui.. Quindi, c'è anche Eva?"
L'aveva chiesto speranzosa. Giulio aveva annuito, sorridendole. 
"Ma certo! Sta a casa! Se andate la trovate da sola!"
Walter ed Ezio, si staccarono dal loro abbraccio. Ancora in lacrime, ancora sorridenti. 
"Pà, e mà?"
"Tua madre sta in libreria! Dove na volta ce stava il negozio de cessi de Barilon!"
"Ma che Barilon non vende più cessi?"
"No, ma movamose annamo in libreria!"
Ezio si era avvicinato a Carlotta, abbracciandola forte. Quei due ragazzi, erano mancati a tutti. 
Walter si era fatto abbracciare da Giulio e Cesare, commossi.
"Ma dimme te oh, Walterino.."
"Bella Giù!"
Ridevano, allegri. 
"Dai, annamo in libreria che voglio vedè che faccia fa tu madre!"
Ezio aveva trascinato i due ragazzi, abbracciandoli. Carlotta aveva lasciato Marta sul bancone, lasciandosi trascinare.
E dopo pochi attimi, si ritrovarono tutti e tre davanti l'entrata della libreria. 
Walter era emozionato. Non vedeva l'ora di riabbracciare sua madre. Chissà che faccia avrebbe fatto?
Ezio entrò per primo, e trovò Stefania e Lucia alla cassa, dietro il bancone.
"Che ce fai qua te? Guarda Ezio, vattene che sennò t'ammazzo oggi guarda!"
"No, ciùciù, c'ho na sorpresa per te.. Anzi, due.."
Walter e Carlotta, erano rimasti dietro la porta, in attesa.
Entrarono sorridenti, emozionati.
"Sorpresa!"
Stefania aveva spalancato gli occhi e la bocca. Era stupita, non credeva a quello che stesse vedendo.
Aveva preso lucidità, ed era corsa in contro al figlio, per abbracciarlo. 
"Amore mio!"
Aveva le lacrime che sgorgavano, che non potevano proprio esser trattenute. Le era mancato tanto suo figlio. Casinista, bambinone. Ma dolce, tenero. Così suo. Aveva sognato di poterlo riabbracciare, aveva sognato di poterlo stringere. 
Piangevano entrabi, stretti in quell'abbraccio. Una mamma che riabbracciava suo figlio, così cresciuto, così maturo, così uomo, dall'ultima volta che l'aveva visto, l'anno prima.
Carlotta era andata ad abbracciare Lucia, felice di rivederla. Le era sempre piaciuta, l'aveva sempre fatta sentire a suo agio, quella donna. La madre della sua migliore amica. Le venne naturale, chiedere di lei.
"Eva? E' qui? Ho visto Marta prima, e così.."
"Si certo, è qui! E' tornata l'altro giorno, per restare.. Se vai ora, la trovi a casa da sola!"
"La ringrazio signora.."
"Carlotta, quante volte ti ho detto di darmi del tu? Mi fai sentir vecchia così!"
"Va bene, scusa."
Stefania e Walter, si erano staccati dal loro abbraccio. Lei, era corsa ad abbracciare Carlotta, sorridente.
"Ammazza, ma che sei più alta de prima?"
Carlotta aveva riso divertita, abbracciando forte Stefania. Le voleva bene. Per lei, era come una seconda madre, quella donna.
"Mamma, ce presti la macchina che andiamo a fa na sorpresa a Eva?"
"Si amore, aspetta che prendo le chiavi dalla borsa!"
Stefania si avvicinò alla sedia con la borsa, per prender le chiavi e lanciare a Walter.
"Ragazzi, potete dire ad Eva che oggi a casa per pranzo, non torna nessuno?"
"Va bene! A dopo!"
 
Avevano salutato le due donne, uscendo dalla libreria di corsa. Entrambi, erano ansiosi di riabbracciare l'amica. Salirono in macchina, di corsa. 
"Ma te lo sapevi che Eva era tornata?"
"No, l'altro giorno non mi ha detto niente al telefono! Ma boh, le chiederò! Sembra un sogno, siamo di nuovo tutti qui!"
"Già, pure Marco! Peccato che ora ce sta pure sua Altezza.."
"Se ne tornasse a palazzo, farebbe un favore a tutti!"
"Pure ad Eva?"
Walter guidava, erano quasi arrivati davanti casa Cesaroni. 
"Non lo so.. Però guarda che se dici a Marco qualcosa di quello che mi ha detto Eva, ti ammazzo!"
"Sarebbe? Che non c'è mai stato nessun altro?"
"Si amore, Eva mi ha chiesto di non dire niente. E io non voglio tradire la sua fiducia.."
"C'hai mai pensato che se Marco lo sapesse, le cose tra quei due testoni cambierebbero?"
"Con sua altezza di mezzo? Non lo so.."
"Si ma.. Noi che ci stiamo a fare?"
"Che hai in mente?"
L'aveva guardato curiosa. Lui aveva sorriso furbescamente, guardandola di sbieco, tornando a guardare la strada.
"Vediamo.. Se magari riuscissimo a metter fuori gioco sua altezza reale?"
"E come vorresti fare?"
"Boh, magari facendole notare quanto sia fuori posto, quanto quei due ancora si amano.. Qualcosa del genere, che ne so, mi verrà in mente quando la vedrò!"
Carlotta aveva riso divertita. Entrambi, volevano bene a quei due testoni. E vederli separati, non era mai stato bello per loro.
Walter parcheggiò, davanti al cancello. Sorridevano entrambi, elettrizzati. 
Scesero dalla macchina di corsa, entrando dal cancello sempre aperto. Avevano risalito il viale in pietra, di corsa. E tanti, tantissimi ricordi erano riaffiorati nella mente di entrambi. La maturità, le giornate passate in quella casa a studiare. Le serate passate su quel dondolo in giardino, a raccontarsi. 
Erano arrivati davanti alla porta d'ingresso, sorridenti. Si erano stretti le mani, elettrizzati. Già si immaginavano la faccia della loro amica, non appena li avesse visti davanti a quella porta.
Suonarono il campanello, una volta. 
Sentirono un "arrivo!" da parte della loro amica, che stava salendo i due gradini all'ingresso.
Il cuore di entrambi accellerò, e il sorriso non se ne voleva andare dai loro volti. 
La porta si aprì, e l'immagine di Eva comparve ai loro occhi.
Eva era incredula. Aveva aperto la porta distrattamente. Si era ritrovata davanti i suoi amici, sorridenti come non mai, a gridare come dei pazzi. Eva e Carlotta avevano iniziato ad urlare, abbracciandosi. Saltellavano, contente di potersi riabbracciare. Walter le guardava divertito, sorridente.
Era contento di rivere Eva e Carlotta, riabbracciarsi. Era rimasto in disparte, lasciando loro il tempo di risentirsi vicine. Piangevano entrambe, contente, sorridenti. 
"Ma non ci posso credere! Voi!"
Carlotta l'aveva lasciata per farsi abbracciare da Walter. Anche lui si era lasciato andare, anche lui aveva lasciato scorrere quelle lacrime. 
L'aveva abbracciata, facendola girare. L'aveva stretta forte, lei rideva divertita, contenta di riabbracciare Walter, il suo migliore amico, l'amico di sempre. I suoi due migliori amici, erano davanti a lei, assieme. Credeva di sognare, credeva di aver immaginato tutto.
"Quanto sei bella!"
Eva continuava a sorridere, contenta. Si erano staccati, erano tutti e tre vicini. 
"Ragazzi, mi siete mancati da morire.."
"Anche tu tesoro, anche tu!"
Avevano tutti e tre le lacrime agli occhi. Era un momento perfetto, era un momento unico. Eva, che aveva aspettato tanto il loro ritorno. Aveva sognato di poterli riabbracciare, di poterli stringere a lei. Come in quella foto che ricordava, attaccata al muro in camera sua. Piena d'emozioni, piena dei sorrisi di quattro ragazzi uniti, dall'amicizia e dall'amore. 
 
Caldo. Afoso, pesante. Nessuno spiffero di aria a refrigerare. 
Giornata perfetta per stare in spiaggia, sotto il sole, o magari all'ombra, a leggere un buon libro, o a fare quattro chiacchere in pace con una persona cara. 
Per farsi un giro per Roma, con gli amici, in cerca di qualche posto fresco in cui stare, per star meglio e ripararsi da quel caldo soffocante. 
Oppure starsene a casa, tranquillamente, sul divano, a guardare la tv, leggere un libro, battere a computer i compiti per il giorno dopo, o chiaccherare, ridere e scherzare, come stavano facendo tre ragazzi, che non si vedevano da tempo. Tre ragazzi, che si erano sempre voluti bene, che credevano al "uno per tutti, e tutti per uno", convinti dentro se stessi che mai niente di quella frase sarebbe cambiato, nemmeno col passare degli anni. Erano in soggiorno, seduti sul divano, sorridenti, allegri, euforici. Una birra, e due bibite gassate, sul tavolino. 
Si stavano parlando, raccontando. Sorridendo, ricordando che mai più niente li avrebbe divisi. 
Erano stati lontani, erano stati distanti. Erano cresciuti, maturati come doveva succedere. Desideravano diventare grandi, assieme. E ci erano riusciti. Anche se ognuno di loro, aveva intrapreso una strada diversa, quasi parallela a quella intrapresa dagli altri.
Ricordare i vecchi tempi, accompagnandoli ogni tanto ad un nostalgico "Bei tempi quelli" o "Vi ricordate quella volta?".
Si erano raccontati tutto. E si stupirono di come nemmeno il tempo, fosse riuscito a guastare quel rapporto speciale, unico che li univa. 
Di solito quando non si vede qualcuno per qualche tempo, le conversazioni si affievoliscono, l'entusiasmo quasi sparisce, e quella voglia di raccontarsi svanisce piano piano, lasciando quasi un senso di disagio incolmabile. 
Ma a loro, Eva, Walter e Carlotta, non era successo. 
Ne erano contenti. Erano soddisfatti che quel loro legame, fosse resistito anche dopo la distanza, il tempo passato lontani. 
"Vi giuro ragazzi, io ancora non ci credo che siamo di nuovo tutti qui, come una volta.."
Eva sorrideva. Uno sguardo sognante, contento. Ancora non credeva che il suo desiderio, si fosse realizzato. Ancora non credeva che forse, guardare quella foto, aveva attivato qualcosa aiutato dal destino, riportando i suoi amici, quelli di sempre, li, in quella città, Roma, che li aveva visti crescere, protagonisti di mille storie, mille avventure.
"Beh.. Non proprio tutti.."
Walter aveva abbassato lo sguardo, quasi triste. Si aspettava di trovare l'amico, in casa. Si aspettava di poterlo riabbracciare, di poterlo rivedere. Quel "Siamo di nuovo tutti qui, come una volta.." detto da Eva, aveva riacceso in lui quella voglia di far tornare tutto a posto. Tutto com'èra, tutto come doveva essere. Com'èra qualche anno prima, quando i "Fantastici quattro" come tanto gli piaceva chiamare lui e i suoi amici assieme, erano ancora uniti, forti. Legati da qualcosa di indissolubile. 
Non c'èra nessuna Parigi. Nessuna principessa sbucata dal nulla. Ma c'èrano solo loro, e nient'altro. 
Eva e Carlotta, avevano colto la sua nota amara. Uno sguardo comune, per poi rassicurarlo assieme.
"Walter, Marco tornerà tra poco.. E' andato a prendere.. Maya."
Aveva maledetto se stessa, per aver pronunciato un'altra volta quel nome. Maya. Non riusciva a sopportarla. Non riusciva a far finta di niente, nemmeno dentro se stessa. Ma doveva farlo. Doveva esser forte, doveva andare avanti. 
Si era tradita, abbassando il tono di voce, abbassando lo sguardo pronunciando quel nome. Carlotta l'aveva capito. Rimase in silenzio, cercando di trattenere quel sorriso che le era partito dal cuore, vedendo l'amica chiaramente infastidita da quella principessa rompi palle, come tanto amava definirla in momenti comici, assieme a Walter. 
Lui cercò di sorridere, rompendo quell'attimo di silenzio. 
"E va beh dai.. Sua altezza, mica poteva venì a piedi!"
Le ragazze avevano riso divertite, guardandolo stupite. Carlotta gli aveva tirato una sberletta sulla spalla, divertita. Eva invece l'aveva guardato con gli occhi spalancati, travolta da quell'irrefrenabile risata che le aveva provocato quel "sua altezza".
Aveva cercato di rimuovere dalla testa quell'infinito viaggio in macchina assieme a lui. Troppi pensieri, troppi silenzi. Non avevano parlato molto. Troppo l'imbarazzo da parte di lei. Troppa la paura di avvicinarsi di lui. "Paura che la falena si bruci". 
Lei, appena arrivata davanti alla redazione, l'aveva salutato con un "ciao", scendendo dalla macchina, alla svelta, fuggendo. Aveva cercato di sorridere, per quanto le fosse possibile. Aveva cercato di sembrare naturale. 
"L'agenzia è qui vicino, parcheggio, e poi ci vediamo dopo. Non ci metterò molto, ti aspetterò in macchina."
Anche lui, cercava di esser naturale. Anche lui, cercava di sorriderle. Ma non ci riusciva. Troppi i pensieri. Troppo forte il ricordo della sera prima. Nella testa di lui, e nella testa di lei. Non ne avevano parlato. Eppure lui sapeva che lei, era al corrente di quello che era successo. Ma il fatto che lei non ne parlasse, convinceva lui del fatto che, per lei, tutto quello che quella notte aveva significato per lui, per lei, non avesse significato niente. L'aveva semplicemente aiutato, si ripeteva. 
Lei non ne parlava, non voleva farlo sentire a disagio. Non voleva creare situazioni imbarazzanti. Non voleva arrivare ad un punto di non ritorno. Eva sapeva. Eva sapeva che se avesse parlato, raccontandogli della notte scorsa, qualcosa tra di loro, sarebbe nuovamente cambiato. E lei, non voleva. Quel rapporto quasi in'esistente che erano riusciti a recuperare nell'arco di mesi, le andava bene. Non voleva avvicinarsi, non voleva scottarsi, non voleva ne illudersi e ne star male un'altra volta. Voleva andare avanti, voleva che lo facesse anche lui. Le costava dolore, vederlo con lei. Ma era giusto così, si ripeteva.
Aveva parlato con la Zavattini. La rivoleva nella sua redazione. Rivoleva quella ragazza forte, senza peli sulla lingua. Quella ragazza "con le palle", come l'aveva definita lei stessa qualche anno prima, dopo aver capito il carattere di quella ragazza che, a differenza di molti altri suoi colleghi, aveva avuto il coraggio di risponderle, di dire la sua opinione. e di mandarla al diavolo. 
"Le ragazze come te, sono ben poche Cudicini. E' per questo, che ti rivoglio qui, come mia giornalista."
Le aveva porto un contratto. Le aveva dato il tempo di leggerlo, e le aveva dato tre giorni di tempo se decidere di accettare o meno l'offerta. 
Era felice, era contenta di quell'altra possibilità che quella donna, le stava offrendo. 
Uscì dall'ufficio, per dirigersi alla macchina come le aveva detto Marco. Lo trovò appoggiato alla macchina, con le braccia conserte e lo sguardo nel vuoto. Era rimasta a guardarlo pochi attimi, nascosta dietro ad una colonna. Non voleva esser vista. Non voleva fare tre passi indietro, dopo che ne aveva fatto uno avanti. 
E allora si avvicinò alla macchina, con la borsa sulla spalla e il contratto in mano. 
"Allora? Com'è andata?"
Lui ritrovò la parola, dopo aver ingranato la prima per partire. 
"Bene, grazie.. Mi ha dato un contratto, da firmare."
"Mi fa piacere, davvero.."
E poi di nuovo il silenzio. Lui guidava, e lei si perdeva nelle parole delle canzoni che quasi apposta, passavano distrattamente alla radio.
"Amore, attento a non dire niente del genere davanti a lei o Marco! Se no, sai che casino?"
Venne riportata bruscamente alla realtà, da Carlotta che, ancora divertita, aveva risposto a Walter. Scosse la testa, cercando di scacciare quei pensieri. Sorrise, cercando di ritornare presente in quella conversazione che, aveva abbandonato per qualche attimo, ricordando la sua mattinata. 
Il suo sguardo però, non sfuggì all'amica. Carlotta, che aveva notato la tristezza negli occhi di lei dopo quel "Maya" pronunciato forzatamente, aveva deciso di giocarci sopra, per ottenere delle risposte importanti, fondamentali, che l'avrebbero aiutata a capire cosa realmente pensasse l'amica su quella ragazza.
Si era girata verso Walter, cercando di fargli capire di continuare, con lo sguardo. Aveva indicato velocemente verso Eva che, ancora assorta nei suoi pensieri, non aveva visto lo sguardo complice degli amici, seduti sul divano di fronte a lei.
"Ma veramente, Marco sa di queste mie battute! Anzi, pure lui ci ride come un matto!"
"Veramente? Allora mi sa che non è poi tanto importante sta "sua altezza".."
"Dici? Non saprei, di lei non mi parla quasi mai.."
"Amore, evidentemente non è poi così speciale come tutti crediamo.."
"Sarà pure na principessa, ma non è poi tutta sta meraviglia! Sono io che chiedo sempre a lui di dirmi di lei! Altrimenti, nemmeno me ne parlerebbe!"
Walter e Carlotta, si erano scambiati un altro sguardo complice. Avevano guardato Eva, che ascoltato il loro scambio di battute, cercava di sorridere sembrando naturale. Non riusciva, non ce la faceva. Le parole dei suoi amici, l'avevano scossa. E per quanto cercasse di nasconderlo, ne a Walter e ne a Carlotta, era passato in'osservato quel sorriso spontaneo anche se leggero, partito dal cuore, a testa bassa, e mani giunte che, l'avevano in'evitabilmente tradita, assegnando un altro punto alla squadra formata dai suoi amici.
"E tu Eva? Che ne pensi?"
Carcava di sembrar tranquilla, naturale.
"Che penso di cosa?"
"Ma come de cosa! De Marco e "Sua altezza"!"
"Li vedo.. Bene, assieme.."
Le era costato molto dire quelle parole. Le era costato dire quel "insieme" senza abbassare la testa o girare lo sguardo. 
Ma anche questa volta, ne Carlotta e ne Walter, avevano creduto alle sue parole. L'avevano visto, quello sguardo. L'avevano visto quel sorriso che, più che tale, sembrava una smorfia. 
"Sarà, ma noi non l'abbiamo ancora vista.. Aspettiamo a dirlo, che poi magari non è manco sto granchè!"
"Scusa, ma dov'è che è andato a prendere sua altezza?"
Eva aveva guardato Carlotta, stranita da quella domanda.
"Credo.. Sia andato a prenderla a lavoro. Mi pare di aver capito che faccia la fotografa.."
"Pensavo fosse annato a palazzo!"
Un'altra risata generale li aveva travolti. Walter continuava a scherzarci sopra, facendo ridere Carlotta ed Eva, che a differenza di Carlotta, non si lasciava mai andare completamente. Non voleva far trasparire niente.
Walter si portò il polso davanti, guardando l'orologio.
"Ammazza oh! E' già mezzogiorno e mezzo! Io c'ho fame!"
"Ah si, Eva, tua madre mi ha detto di dirti che oggi a pranzo, non torna nessuno."
"Ma come? Ti ha detto perchè?"
"No, non mi ha detto niente."
"Ragazze, allora io proporrei di andar a mangiare qualcosa fuori! Vi giuro, sto morendo di fame!"
Si era portato una mano sullo stomaco, accarezzandolo. 
Avevano riso divertite, accontentandolo.
"E va bene, va bene, andiamo.. Solo che.."
Si bloccò di colpo, ricordando che Lui e "sua altezza", sarebbero invece tornati a momenti. Decise di non pensarci, e di non rimanere a casa ad aspettarli. Non voleva vederli. Si alzarono dal divano, prendendo le loro borse. 
"Amore, sembra che non mangi da giorni!"
"Lo so, ma sai meglio di me che quando ho fame non posso non mangiare! Cudicini, sei pronta?"
"Si, andiamo pure!"
E risero tutti e tre assieme, uscendo dalla porta di casa. 
E anche questo, era terribilmente mancato a tutti e tre. Uscire assieme per andare a mangiare qualcosa. Passare la giornata a ridere, di tutto e di niente, accompagnati da quella sensazione di benessere che solo lo stare uniti, riusciva a provocare in tutti e tre. 
Si erano seduti in un ristorante in centro, sotto un grande tendone. 
"Dio quanto mi è mancata la cucina italiana!"
Walter sfogliava il menù, sorridente. Gli era mancato tutto, di quella città.
"E' vero, la cucina italiana, non si batte!"
Eva e Carlotta sedute vicine, sfogliavano il menù, ridendo divertite guardando Walter, che sembrava un vero morto di fame. 
Vennerò distratte da un rumore, provenire dalla borsa di Eva. La prese, estraendone il cellulare. Una busta lampeggiante, col nome di Marco. Lesse il messaggio a voce alta, sospirando.
"Noi siamo appena arrivati a casa. Tu dove sei?"
Guardò il messaggio. Quel noi, ancora troppo fastidioso, doloroso da leggere. 
"Che cosa gli dico?"
"Dije de venì qua! E dije pure de portasse appresso sua altezza!"
Eva l'aveva guardato, contrariata. 
"Si, e cosa gli dico? Si scusa, sono uscita di casa per andare a pranzo con degli amici. Ma c'è una sorpresa, venite al ristorante davanti alla fontana in centro?"
Sarcastica, infastidita. Carlotta aveva riso divertita, stingendole una mano. 
"Tesoro, digli di venire al ristorante, e basta.."
Eva aveva alzato gli occhi al cielo, contrariata. 
"Eddai, voglio rivederlo! Non riesco ad aspettà oggi pomeriggio!"
L'aveva guardato, sorridendo. Si era convinta. Anche se le sarebbe costato vederli assieme, anche se le avrebbe dato un'enorme scarica di fastidio rivederla accanto a lui. Lo stava facendo per Walter, suo amico, che l'aveva supplicata, mettendo il labbruccio come era solito fare, quando voleva qualcosa a tutti i costi.
"E va bene, va bene.. Ma che gli dico?"
Aveva il telefono tra le mani, e ancora non sapeva cosa scrivere. 
"Digli di venire al ristorante.. E che c'è una sorpresa!"
Carlotta, le aveva stretto un'altra volta la mano, sorridendole.
Eva era tornata con lo sguardo sul telefono, per scrivere il messaggio.
"Venite al  "Papa Joe". C'è anche una sorpresa."
Aveva sospirato un paio di volte, prima di premere invio. Doveva ritrovare il sorriso, doveva sembrare tranquilla, anche con lei davanti. Doveva far vedere a Maya che, la sua presenza, non la turbava. Doveva esser vincente, com'èra sempre stata. Anche se sarebbe stato doloroso, doveva farlo per i suoi amici. Per se stessa. E per Marco. Doveva farlo per lui, ancora una volta. Per Marta, sua figlia. Richiuse il telefono, aspettando la risposta, appoggiando il telefono sul tavolo. 
"Non vedo l'ora di rivederlo!"
"E poi finalmente vedremo sta "sua altezza"!"
Lei cercava di sorridere, ascoltando la loro conversazione.
"Gli prenderà un colpo nel vederci!"
"Questo è poco ma sicuro!"
Avevano riso divertiti, interrotti dal "bip" del telefono di Eva, sul tavolo.
"Va bene, dieci minuti e siamo li."
Aveva letto il messaggio, ad alta voce. Walter aveva alzato le braccia al cielo, e Carlotta aveva sorriso soddisfatta. 
Eva era rimasta in silenzio, nascondendo la testa dietro al menù, non sapendo cosa dire. Non sapeva che sarebbe successo. Non sapeva che cosa avrebbe fatto. E non sapeva nemmeno che, la sua migliore amica, aveva in mente qualcosa. Una sorta di piano, per riavvicinarli, per farli confrontare. Per far confessare loro quelle verità nascoste che, solo lei e Walter, sapevano fino in fondo. 
Non sapeva se ci sarebbe riuscita. Ma sapeva che i continui sguardi tristi dell'amica, erano frutto di un sentimento che, ancora, non'ostante il tempo passato, la stava logorando dentro, anima e corpo, mente e cuore. Le bastava guardarla, le bastava specchiarsi nei suoi occhi castano chiaro, quasi verdi, per leggere dentro di lei. 
Conosceva bene l'amica, e sapeva che, lei, nemmeno in passato, aveva resistito a vedere lui con un'altra ragazza che non fosse lei. Sapeva bene che, sia lei che lui, erano prede di quel mostro dagli occhi verdi, che si beffa della carne di cui si nutre. Ovvero?
La gelosia. E voleva usare questo loro punto debole, a suo vantaggio. Voleva sfruttarlo, voleva vedere dove avrebbe portato entrambi questo sentimento irrazionale, dettato solo ed esclusivamente dalla paura di perdere qualcuno, per noi importante. 
Voleva rivederla sorridere. Voleva rivedere in Eva, quello sguardo acceso, emozionato, innamorato, della stessa ragazza che cinque anni prima, le aveva confessato davanti al cancello di casa sua, di essersi innamorata del suo fratellastro.
Ancora ricordava le parole. Lo scambio di battute d'entrambe, di quel tiepido pomeriggio di inizio Autunno.
"E' una cosa difficile da ammettere.. Anche a me stessa. Va beh insomma, a me piace Marco!"
"Eh??!"
"Lo amo! Lo amo da più di un anno!"
"Ma cazzo è tuo fratello!"
"Cosa urli?! Fratellastro poi! Per favore, non ti ci mettere anche tu con queste cose! Per favore, non è un incesto! Non siamo fratelli di sangue! E poi io ti giuro.. Ci ho provato a far finta di niente, a dimenticare.. Ma non ci riesco. E stasera andiamo al ristorante, io e lui da soli.."
"E allora dobbiamo prendere un taxy! Perchè sennò facciamo tardi veramente!"
"Grazie grazie grazie!"
"Prego prego prego!"
Sorrise ricordando quel momento. Sorrise, ricordando la felicità dell'amica, in quel momento. E voleva rivederla così. Voleva che tornasse ad esser felice, come in quel momento, come quando lui e lei stavano assieme. Perchè ancora non c'èra nessuno ad ostacolarli, e loro erano liberi di amarsi, anche se clandestinamente. Voleva rivederla sorridere, come invece non succedeva più da mesi.
Voleva aiutarla. E sapeva che l'unico modo per far tornare quel sorriso luminoso sul suo volto, era restituirle ciò che di più amava al mondo, assieme a sua figlia Marta, altra unica ragione del suo sorriso

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Soorpresa! :D 
Ecco, questo è il ritorno che vi avevo annunciato un paio di capitoli fa! 
Adoro questi due, e l'idea di metterli dentro alla storia, mi è venuta dopo aver sentito la tremenda mancaza di entrambi! **
Spero vi sia piaciuto - a me non molto o.O -! 
Grazie, grazie ancora a tutti! (:
Al prossimo capitolo, prestissimo! xD
Un bacio,

Chiara. <3

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Capitolo 7
*** Confessioni ***


"Venite al Papa joe. C'è una sorpresa."
Aveva letto il messaggio, stupito. Non si aspettava che lei si trovasse in quel ristorante. 
L'aveva lasciata un paio di ore prima, davanti casa, salutandola. Avevano passato la mattinata assieme, anche se distanti. Avevano parlato poco, e avevano fatto loro quel silenzio che apparteneva ad entrambi. 
L'aveva accompagnata davanti alla redazione, e poi si era diretto in quell'agenzia immobiliare per disdire quella richiesta fatta qualche settimana prima, quando ancora niente lo turbava. Quando ancora lei, non era di nuovo li, vicino a lui, nella sua stessa città, sotto lo stesso tetto. Quando ancora lui, non aveva dubbi, incertezze che lo logoravano.
Aveva disdetto la richiesta, scusandosi, firmando qualche foglio.
Non era pronto. Non se la sentiva. Aveva provato a convincere se stesso del contrario, continuando a ripetersi che era la cosa giusta. Che Maya, la amava, e che con lei, avrebbe voluto passare il resto della sua vita. Tutto questo, fino ad un paio di giorni prima. Tutto questo, fino a quando lei ancora non c'èra. Tutto questo, fino a quando non l'aveva vista di nuovo davanti a quella porta con loro figlia in braccio, sorridente. Fino a quando non l'aveva rivista girare per casa, come tanto amava vederla solo qualche mese prima. Come quando era ancora tutto perfetto, come quando ancora non c'èra nessun Jan, Jack, o come diavolo si chiamava l'uomo che era riuscito a portargli via la donna che aveva sempre amato. 
Doveva spiegare a Maya, ciò che lo turbava. Ma non voleva ferirla. Non voleva farla soffrire, dicendogli la verità. Aveva deciso di dirle che prima, avrebbero dovuto chiarire tante cose, tra di loro e con loro stessi. Che voleva esser sicuro di quello che stava facendo, e che voleva lo fosse anche lei. 
"Non voglio che finisca dopo qualche giorno, tutto qui.."
Aveva cercato di esser il più delicato possibile. Aveva cercato di dirle che gli dispiaceva. Lei aveva annuito, sorridendo, più tranquilla. Aveva poi abbassato la testa, scusandosi con lui. 
"Marco, io vorrei chiederti scusa.."
E lui aveva cercato di sorriderle, per tranquillizzarla. Aveva cercato in lui quella forza che gli mancava.
"Scusami, per ieri sera.. E' che.. La presenza di Eva, mi ha scossa. So quanto sia stata importante per te, e so quanto per te sia stato difficile dimenticarla. Ho avuto paura.. E quando ieri sera ho saputo che ti è stata accanto sul divano, dopo che sei tornato.. Non ce l'ho più fatta. Mi sento inferiore a lei. Sento che se solo lei volesse, potrebbe portarti via da me come niente. Sento di non poter competere con lei, che è stato il tuo primo amore."
Lei continuava a parlare. Lui l'aveva ascoltata, seduti in quel bar in centro dove si erano fermati per parlare, dopo che lui era andato a prenderla a lavoro. 
Lei parlava, ma lui si era perso nei suoi pensieri, un'altra volta. Ancora il ricordo della notte precedente, ancora il ricordo di lei, vicino a lui. Ancora la sensazione di averla toccata, anche se leggermente, che invadeva ancora la sua mente. 
Avrebbe dovuto rassicurare Maya, seduta davanti a lui, con lo sguardo basso e gli occhi quasi lucidi. Avrebbe dovuto dirle che si sbagliava, che Eva non era affatto superiore a lei. Che se anche solo Eva avesse voluto provare a portarlo via da lei, lui non l'avrebbe seguita. Avrebbe dovuto dirle che Eva per lui, era solo un ricordo. Avrebbe dovuto dirle che l'aveva dimenticata, e che ora nella sua vita, e nel suo futuro, vedeva solo lei, e nient'altro. 
Ma c'èra una parte di lui, totalmente avversa alla prima. Andava contro a quello che pensava, andava contro alla mente troppo razionale per potergli far capire che cosa desiderasse davvero, con tutto se stesso. 
Se solo ne avesse avuto la forza, le avrebbe invece detto che aveva ragione. Che aveva colto il punto, che era vero, che tutto ciò che lei aveva appena detto, era solo la pura verità, che lui aveva taciuto anche a se stesso.
Avrebbe voluto dirle che Eva, per lui, era stata importante, ma che lo era ancora. Avrebbe voluto dirgli che per lui, era ancora qualcosa di essenziale, di indispensabile. Ma che non si sapeva spiegare il motivo, non sapeva dare una risposta a tutti quei perchè che l'avevano assalito, subito dopo averla vista sorridere con loro figlia tra le braccia. 
Avrebbe voluto dirle che non l'aveva dimenticata, e che mai ci sarebbe riuscito. Avrebbe voluto dirle che la paura che la stava invadendo, presto avrebbe potuto diventare realtà se solo lui avesse trovato il coraggio di andare da Eva e dirle che non l'aveva dimenticata. Che non sapeva spiegarsi il motivo di quelle sensazioni dentro lui. 
E poi, avrebbe voluto dire a Maya che, se solo Eva avesse voluto riaverlo, lui si sarebbe forse ridato a lei, come un tempo. 
Anima e corpo. Ma ancora, non sapeva trovare risposta a quei pensieri per lui assurdi. Non poteva rovinare tutto, un'altra volta. Non poteva lasciarsi trasportare un'altra volta da quei pensieri, in'opportuni. Aveva deciso di sorridere a Maya. Alla sua ragazza, che continuava come un fiume in piena ad esporre il suo timore, e la paura di avere quella ragazza mora, dagli occhi profondi, per casa. 
Si era alzato dalla sedia, cercando di sorridere, cercando di convincere se stesso che era giusto. 
Non disse niente. Si avvicinò a lei, appoggiando le sue labbra sulle sue. Baciandola, piano. 
E lei, si era zittita. E lui, non era costretto a dire niente. Lo faceva sempre, quando non riusciva a trovare cosa dire. Quando lei, gli diceva "ti amo", aspettando di sentirsi rispondere "ti amo anche io". E si sentiva ancora uno stronzo, nel pensare che lui quelle due parole, proprio non riusciva più a dirle. Non a lei. Non di nuovo. 
Aveva appoggiato piano le sue labbra su quelle di lei. E si stupì nel pensare dopo mesi, che baciare Maya, non era come baciare Eva. Con lei, era diverso. Era tutto diverso. Lui, loro, il bacio che li univa era ogni volta diverso. Adorava sentire le sue labbra, sulle sue. Adorava perdersi in quei lineamenti, assaporare il sapore devastante, eccitante, di quelle labbra che erano sempre riuscite ad attrarlo, come una calamita. 
Baciava Maya, ma pensava ad Eva. Non era più successo. Non da quando Maya, era entrata nella sua vita. 
Si sentiva in colpa, nel pensare a lei. Si sentiva in colpa a baciare Maya, si sentiva uno stronzo. 
Si staccarono in contemporanea. Lei, con gli occhi chiusi, sorridente. Lui, con gli occhi aperti, e un'espressione seria. Si staccò da lei, allontanandosi. Non poteva farle questo. Non poteva pensare ad un'altra donna, mentre le loro labbra erano unite in un bacio.
Tornarono a casa, assieme. Lui aveva cercato di sembrare sorridente. Di sembrare presente, ascoltando Maya che gli stava raccontando la sua giornata. 
Aprirono la porta d'ingresso, per poi essere avvolti dal silenzio della casa, vuota.
"Eva?"
Lui aveva richiuso la porta, chiamandola. Maya l'aveva guardato, cercando di nascondere quella sensazione di fastidio che l'aveva avvolta, non appena l'aveva sentito pronunciare un'altra volta il nome di lei. Come la notte prima.
Si avvicinò a lei, notando il suo sguardo.
"Tutto bene?"
"Si, è che.. Ieri sera, mentre dormivi.. Hai sussurrato più volte il suo nome, nel sonno.."
Lui era rimasto attonito, quasi sconvolto. Cercava di sembrare tranquillo, cercava di sorriderle.
"Forse perchè ero convinto che vicino a me, ci fosse ancora lei?"
Aveva cercato di scherzare, prendendola in giro. Aveva cercato di farla star tranquilla. Mentre dentro se stesso, cercava ancora una risposta a tutti quei perchè, quelle rivelazioni che l'evavano avvolto.
E poi mandarle un messaggio, per sapere dove si trovava.
"A chi scrivi?"
"Ad Eva, per sapere dov'è.."
"Ah.."
Aveva un'altra volta abbassato lo sguardo. Lui l'aveva baciata un'altra volta, colpevole.
"Dice di andare assieme al Papa Joe.. Che facciamo?"
Lui l'aveva guardata preoccupato, aspettando una sua risposta. Pregava dentro se stesso che lei acconsentisse, anche se si trattava di Eva.
Lei aveva sorriso, non convinta. E aveva annuito, uscendo dalla porta d'ingresso, stupendolo.
"Dai, andiamo?"
Lui l'aveva guardata interrogativamente, per poi seguirla e richiudere la porta alle sue spalle.
"C'è una sorpresa."
Guidava, continuando a pensare a che cosa si riferisse Eva con quella "sorpresa". 
"Amore, tutto bene?"
"Si, si.. E' solo che nel messaggio, c'èra scritto di una sorpresa.. Sono curioso, tutto qui.."
"Vedremo.."
E dopo pochi minuti, erano arrivati davanti al ristorante. Scesero dalla macchina, assieme. Lei si era avvicinata a lui, sorridendo. L'aveva preso per mano, trascinandolo dentro al locale. Lui aveva cercato di rispondere alla sua stretta, affiancandola. 
Il ristorante pieno, le voci che si sovrapponevano, in lontananza. 
Marco si guarda in giro, cercando di scorgere la figura di Eva fra i tavoli. 
"Io non la vedo.."
Lei si guardava in giro, cercandola.
"Proviamo fuori."
La mano di lei ancora intrecciata a quella di lui. Lui non aveva il coraggio di lasciarla. La trascinò fuori, arrivando sotto quel tendone. 
Pochi passi, ed entrambi avevano riconosciuto la figura di lei, voltata di spalle, a parlare con una ragazza bionda. 
Un sorriso contento di lui. Marco aveva sorriso, capendo di che cosa Eva parlasse con termine "sorpresa". 
Aveva riconosciuto Carlotta, seduta vicino ad Eva. Aveva subito pensato che non fosse sola. E che con lei, ci fosse lui. Il suo amico, quello di sempre, quello che mai avrebbe potuto esser sostituito, da nessuno.
"Ma che c'è?"
"Sono loro!"
"Ma loro chi?"
E lui l'aveva trascinata, contenta, verso quel tavolo. Lei non capiva, guardandolo con uno sguardo interrogativo.
Aveva lasciato la mano di lei, per avvicinarsi a passi lunghi e decisi verso quel tavolo. Il sorriso disegnato sul suo volto.
Tutti e tre, si voltarono in contemporanea verso di lui. 
"Oddio non ci posso credere!"
Carlotta si era alzata, sorridente, per abbracciarlo. L'aveva stretta forte, le era mancata. 
"E invece credici caro mio!"
Maya era rimasta indietro di qualche passo, a guardare la scena, confusa. Lei, non li conosceva. Lei, non sapeva quello che stava succedendo.
"Walter!"
"A Marco!"
Si erano guardati con le lacrime agli occhi, e si erano corsi incontro, abbracciandosi forte. Stretti, l'uno nelle braccia dell'altro. Quanto avevano sognato quel momento? Quanto avevano aspettato, per riabbracciarsi?
Due bambini, in lacrime. Eva e Carlotta, li guardavano divertite. Quasi commosse davanti a quella scena.
"Non ci posso credere!"
"E' tutto vero!"
Ancora abbracciati, ridevano, felici, tra le lacrime.
Maya si era avvicinata al tavolo, imbarazzata. Si sentiva quasi di troppo. Ed era la prima volta, che lui l'aveva lasciata per correre ad abbracciare qualcuno, da quando stavano assieme.
Si staccarono dal loro abbraccio, sorridenti. Ancora vicini. Uno sguardo comune di entrambi. E poi quel gesto che tanto li caratterizzava.
"Bello pisellone!"
Eva e Carlotta, scoppiate a ridere, riconoscendo quel gesto così famigliare, così loro.
Maya invece, li aveva guardati stranita. Non riusciva a capire.
"Ma, ma quando siete arrivati? E' questa la sorpresa che mi dicevi?"
Si era rivolto ad Eva, continuando a sorridere. 
"Si, è proprio questa!"
Lei aveva sorriso, guardandolo. 
Lui sorridente, si risvegliò dopo pochi attimi, ricordando di non esser solo.
Si avvicinò a Maya, a passi veloci. 
"Ragazzi, lei è Maya. Maya, loro sono i miei amici. Walter e Carlotta."
Eva aveva abbassato lo sguardo, incassando il colpo. Uno sguardo comune, complice, di Walter e Carlotta. 
Carlotta le aveva porto la mano, che lei subito strinse, sorridendo.
"Piacere, Carlotta."
"Piacere mio, Maya."
Carlotta aveva sorriso. Un'ottima attrice all'evenienza.
"Walter, piacere."
Si strinsero la mano, sorridendo. 
Marco aveva guardato la scena, sorridente. 
E poi si erano seduti, tutti e cinque, a quel tavolo. Eva e Carlotta, vicine, così come Marco e Walter. Maya a capo tavola.
"Vi giuro, ancora non riesco a credere che siete qui! Quanto vi fermate?"
Marco aveva addentato un pezzo di pane, rivolgendosi agli amici.
"Amore, glielo diciamo insieme?"
Carlotta aveva sorriso, prendendo Walter per mano.
"Siamo tornati per restare!"
L'avevano detto assieme, sorridenti. 
"E' meraviglioso avervi di nuovo qui."
Carlotta aveva preso la palla al balzo, iniziando a mettere in atto il suo piano.
"Già. Siamo di nuovo tutti e quattro a Roma! Come una volta!"
Marco ed Eva avevano smesso di sorridere, abbassando lo sguardo. Lui continuava ad addentare il pane, mentre lei aveva nascosto la testa dietro al menù, pregando silenziosamente dentro se stessa che, quel pranzo, finisse al più presto.
"I fantastici quattro, di nuovo assieme!"
Walter aveva rincarato la dose, notando lo sguardo dei loro amici. 
Maya, imbarazzata, se ne stava in silenzio. Sfogliava il menù, cercando di ignorare il fatto che, lei li, tra i "fantastici quattro", era in'evitabilmente di troppo. 
Marco l'aveva guardata, sentendosi in colpa.
"Già.. Ordiniamo? Voi che prendete?"
Aveva cercato di cambiare argomento, per cercare di sbloccare quella situazione di imbarazzo che li stava in'evitabilmente avvolgendo.
"Io.. Direi du bucatini all'amatriciana! Te amore?"
"Vediamo.. Una pizza Margherita, che qui la fanno bene!"
Walter e Carlotta continuavano a guardarsi, guardando i loro amici.
"E voi?"
Walter si era rivolto a Marco e Maya, che in contemporanea avevano smesso di sfogliare il menù per dargli attenzione.
"Io direi.. Una cacio e pepe.."
Maya rise leggermente, ricordando un momento particolare della loro storia.
Tutti la guardarono interrogativamente. Tutti, tranne Eva.
"Perchè ridi?"
Lui aveva cercato di sorriderle, prendendole la mano appoggiata sul tavolo.
Walter e Carlotta avevano guardato la scena, in silenzio. Eva, vedendo la mano di lui intrecciata a quella di lei, incassò un'altra volta il colpo, silenziosamente. Faceva male vederli assieme. Faceva male far finta di niente.
Aveva abbassato un'altra volta lo sguardo, chiudendo gli occhi per qualche attimo, leccandosi le labbra, com'èra solita fare quando qualcosa la infastidiva, la imbarazzava. O più semplicemente, la metteva a disagio.
Carlotta, se ne accorse.
"Stavo pensando che.. Quando mi hai portata in quella trattoria romana, la prima volta, avevi ordinato la stessa cosa."
"Si, e ti ricordi che figura quando hai iniziato a mangiare dal piatto di quell'altro, convinta che si dovesse far così?"
Avevano entrambi sorriso divertiti. Marco spostò lo sguardo sui suoi amici, spiegando loro la storia.
"Non era mai stata in una trattoria. E non sapeva come comportarsi."
"Amore, non l'avevo mai fatto prima. A casa dei miei, non si usava fare così.."
Walter aveva preso la palla al balzo.
"A palazzo?"
Lei l'aveva guardato un attimo, smettendo di sorridere. Marco l'aveva guardato stupito, cercando di trattenere quella risata che gli stava partendo da dentro. 
Lei aveva risposto, sorridendo, con lo sguardo basso.
"Si, a palazzo."
Eva, che non sopportava più quella situazione, decise di alzarsi, sotto lo sguardo stupito di Carlotta.
"Scusate, torno subito."
Aveva cercato di sorridere, allontanandosi da quel tavolo. Non ce la faceva a rimaner li. Non ce la faceva a vederli assieme. Non ce la faceva, a vedere lui, Marco, con un'altra donna.
Si chiuse in bagno, sospirando, nervosamente.
"Non ce la faccio. Non ci riesco. Non riesco a far finta di niente. Non riesco a continuare a far del male a me stessa, guardandoli assieme. Non riesco a vedere le loro mani unite, non riesco a vedere lui dispensare i suoi sorrisi a lei. 
Hanno passato mesi assieme. Hanno vissuto momenti importanti, che ora sono i loro ricordi. 
I ricordi di loro assieme, della loro storia, vissuta in ogni minima sfumatura, sfaccettatura. Lei c'è stata, quando io non c'èro. 
Ha capito che quello che le era capitato tra le mani, era qualcosa di speciale. Di importante. Non come ho fatto io. Io, che l'ho lasciato andare quella notte, per permettergli di inseguire i suoi sogni, mentendogli, dicendogli di non amarlo più. Dicendogli che lui per me, non rapprensentava più nulla. Dicendogli di essermi innamorata di un altro. E ora, cara Eva, ne stai pagando le conseguenze. Stai soffrendo forse come ha sofferto lui, quando gli hai detto di Jan. Con l'unica differenza che, questo fantomatico Jan, non è mai esistito, mentre Maya, che ora sta di la, vicina a lui, è reale. E' vera. Ed è sua, come lui è ormai suo. 
Vorrei trovare la forza per tornare di la, e far finta di niente. Fingere che vedere la mano di lui, intrecciata a quella di lei, non mi faccia alcun effetto. Non abbia su di me nessun potere. Vorrei sorridere, mascherando un'altra volta quella voglia di scappare da qui, ora, lasciandolo li con lei. 
"I Fantastici quattro". Walter, e il suo nome dato al gruppo, qualche anno fa, quando ancora eravamo dei liceali, in procinto di diventare universitari. Quando ancora, eravamo uniti, quando ancora non esisteva niente all'infuori di noi."
Venne distratta dai suoi pensieri, non appena sentì qualcuno bussare alla sua porta. 
"Eva, sei qui?"
Si asciugò velocemente gli occhi lucidi, per poi uscire dal bagno, e trovarsi difronte Carlotta, che l'aveva seguita, avendola vista alzarsi di colpo da quel tavolo. 
Aveva capito che c'èra qualcosa che non andava.
"Tesoro, tutto bene?"
"Si scusa, è che non mi sentivo bene, tutto qui."
Eva aveva guardato l'amica, cercando di nascondersi. Si avvicinò alla porta, per uscire, ma Carlotta la bloccò, parlando alle sue spalle.
"Lo so che non è facile."
Eva aveva abbassato la testa, chiudendo gli occhi. Era in'utile nascondersi. Carlotta, l'aveva capito. Carlotta, era la sua migliore amica. 
Era rimasta immobile, ferma, con la mano sulla maniglia. Carlotta si avvicinò a lei, voltandola dolcemente verso di sè.
"Eva.. Non devi continuare a fingere. Non con me."
E allora lei, aveva girato lo sguardo, evitando gli occhi di lei, che al contrario, cercavano i suoi.
"So come ti senti. So che per te non è facile. Mi è bastato guardarti, per capire che cosa stai provando in questo momento."
E allora guardò l'amica, arrendendosi. Rassegnandosi. Era in'utile, continuare a far finta di niente. Era in'utile fingere che tutto andava bene. Gli occhi lucidi, lo sguardo bassò.
"Carlotta.. Io, ci ho provato. Ho provato a far finta di niente, a dimenticare. Ma io non ci riesco."
"Tesoro, sfogati! Sono qui per questo! Non ce la faccio nemmeno io a vederti così.."
L'aveva abbracciata forte, sospirando. Eva si era abbandonata sulla sua spalla. Non riusciva più a tenersi tutto dentro. 
Piangeva sulla spalla dell'amica, cercando di dare a se stessa una risposta a quello che la stava pervadendo. Carlotta, che le accarezzava i capelli, sorridendo dolcemente, nel vedere l'amica finalmente abbandonata a lei. Si era finalmente lasciata andare, confessandole quello che realmente sentiva nel vedere lui e lei, assieme, uniti, davanti ai suoi occhi. 
"Io non lo so che cosa mi stia succedendo. Ho vissuto tutti questi mesi a Parigi, convinta di esser riuscita a dimenticare tutto quello che invece, appena tornata a Roma, è di nuovo tornato a galla un'altra volta. L'ho fatto per me, per Marta, ma sopratutto per lui. Perchè stava buttando all'aria il suo futuro.Non volevo che lui un giorno, potesse identificarmi con i suoi rimpianti. E tu lo sai, perchè te l'ho detto Carlotta. Lo sai, perchè mi sei stata vicina in questi mesi. Ho sbagliato, ma non mi pento di aver messo lui, davanti a me stessa. Quello mai. Voglio solo che lui, sia felice, Carlotta. E se è Maya, che lo rende così, allora io non posso far altro che farmi da parte, e lasciarlo esser felice con lei. Fa male, hai ragione. Ma passerà, andrò avanti assieme a mia figlia, e finalmente riuscirò una volta per tutte ad accostare il suo ricordo, come mi disse lui in quella lettera che tengo in quella scatola tanto piena di noi, infondo all'armadio."
Carlotta l'aveva ascoltata, in silenzio, continuando a stringerla. Sapeva che però, non era quello che lei voleva. Sapeva che non voleva dimenticarlo, sapeva che quella felicità, avrebbe voluto dargliela solo lei.
"Tesoro.. guardami.."
Aveva preso il suo viso tra le mani. Gli occhi pieni li lacrime, le guance bagnate. 
"Tu.. Lo ami ancora?"
Aveva abbassato lo sguardo, continuando a piangere. 
"Ma non sei sempre stata tu, a dirmi che l'amore nella vita era tutto? Che quando si è innamorati, l'unica cosa che si vuole davvero, è avere accanto la persona amata? Non avevi detto tu, che in amore, è tutto concesso?"
"Carlotta, io non posso! L'ho lasciato, e lui è andato avanti! Si è innamorato di Maya! Non posso fargli questo, non posso rovinare la felicità che lui è riuscito a ritrovare col tempo."
"Eva! Non è così! Se solo tu gli dicessi la verità, tutto cambierebbe! Se solo gli dicessi che Jan non è mai esistito, cambierebbe tutto! E lo sai. Sai quanto ti ha amata. Sai meglio di me che tu per lui, sei sempre stata almeno un centinaio di metri sopra a tutte le altre. Devo ricordarti Simona?"
"Carlotta, era diverso. Io non gli avevo spezzato il cuore, dicendogli di essermi innamorata di un altro!"
"Ma non è vero! Tu non ti sei innamorata di nessun francese! E se lui sapesse che l'hai fatto perchè non volevi che buttasse all'aria il suo futuro, sua altezza la mollerebbe senza pensarci due volte!"
"E' in'utlie, io non voglio che lui la molli per me, che sono stata capace di mentirgli guardandolo negli occhi."
Continuava a piangere, mentre parlava all'amica, alzando di tanto in tanto il tono di voce.
"Ma tu l'hai fatto per lui, cazzo! Eva, non puoi continuare a mentire a te stessa! Tu lo vuoi, tu lo ami! E se solo ne avessi la possibilità, Maya la butteresti dal ponte, nel Tevere!"
"Smettila di urlare! Potrebbe sentirti qualcuno!"
"E se anche fosse? Almeno quell'idiota del mio amico, saprebbe la verità che tu gli hai tenuto nascosta per tutti questi mesi!"
Eva aveva abbassato lo sguardo, in silenzio.
Carlotta le prese le mani, stringendole.
"Tesoro.. Io voglio rivederti felice. E so che quella felicità, può ridartela solo l'idiota che sta di la.. Ma scusa, non gli è mai venuto qualche dubbio, quando ti chiedeva di conoscerlo, e tu gli raccontavi balle assurde?"
Aveva sorriso, guardandola.
"No.. Ma sappiamo entrambe che non è mai stato tanto sveglio.."
Risero assieme, divertite.
"Eva.. Digli la verità."
"Carlotta, che faccio, gli dico: "Marco scusa, dovrei dirti una cosa. Sai, non è mai esistito nessun Jan! L'ho detto solo perchè volevo che tu mi lasciassi, e che non buttassi all'aria il tuo futuro!" E se poi mi chiede: "Scusa, ma allora tu mi amavi?" Che cosa dovrei dirgli? Carlotta, è assurdo!"
"Sei tu quella assurda! Mi chiedo come cazzo hai fatto ad inventarti una balla del genere! Non sarebbe mai venuta in mente a nessuno!"
"E' la prima cosa che mi è venuta in mente! E comunque, io non gli dirò niente. Non voglio che lui stia male un'altra volta, e sempre per colpa mia. Ora torniamo di la. Non vorrei che sua altezza e quei due, sospettassero qualcosa."
Carlotta rise divertita, di gusto.
"Che c'è da ridere?"
"Ti piace chiamarla "sua altezza", vero?"
Aveva sorriso, alzando lo sguardo. 
"Andiamo?"
Uscirono assieme dalla porta, per tornare di la. 
Eva si sentiva meglio. Si sentiva più leggera. Confessare tutto quello che aveva dentro all'amica, l'aveva fatta star meglio. Era riuscita a togliersi qualche peso di dosso, ammettendo finalmente all'amica ciò che aveva negato a se stessa per mesi. Non sapeva se avrebbe portato a qualcosa. Ma sapeva che, quella conversazione avuta nel bagno qualche attimo prima, sarebbe rimasta segreta. Come sarebbe rimasto segreto il motivo della loro separazione. Come sarebbe rimasto segreto, quello che lei, ancora provava per lui, non'ostante tutto. Ma.. Per quanto ancora, sarebbe riuscita a sopportare sua altezza?
 
Sera. Il cielo ancora chiaro, l'aria ancora calda. 
Maggio se ne stava andando. E Giugno, stava portando con se l'aria sempre calda, le giornate più lunghe. Si stava portando dietro l'Estate, ormai alle porte. Le vacanze vicine. Chi aveva deciso di starsene a Roma, con la figlia e la moglie, a godersi l'estate in santa pace, chiudendo il negozio in cui lavorava. Chi invece, aveva programmato assieme alla moglie e alla nipotina, una vacanza a tre, in una località di mare. Lucia e Giulio, volevano portar con loro Marta. Un mese, al mare, come tanto desideravano fare da tempo. Avrebbero dovuto chiederlo ad Eva e Marco. Ma entrambi, sicuri del loro si assicurato, già si gustavano il momento della vacanza assieme alla loro nipotina.
Avevano pensato che quella di partire assieme a Marta, sarebbe stata un'idea fantastica. Avrebbe permesso ad Eva di star tranquilla. Sapevano entrambi che, la figlia, aveva bisogno di star tranquilla, serena. Dopo Parigi, avrebbe avuto bisogno solo di serenità. Sarebbe stato difficile per lei star lontana da Marta per tutto quel tempo, e lo sapevano. Ma avrebbero cercato di convincerla, in tutti i modi possibili. Poi, pensavano a Marco. Non sarebbe stato facile convincerlo, perchè sapevano quanto il ragazzo aveva sofferto l'assenza di sua figlia. 
"Eddai, ci proveremo!"
Giulio provava a far star tranquilla Lucia, seduta accanto a lui sul divano, in soggiorno, con Marta sulle gambe. 
"E va bene.. Amore, hai parlato con Marco della cosa di questa mattina?"
"E no, non l'ho ancora visto! M'ha mandato un messaggio, e m'ha detto che stasera lui e Maya, sarebbero andati a mangià a casa della nonna de lei. E te, con Eva?"
"No, non ancora. Oggi pomeriggio quando sono tornata a casa, l'ho vista con Carlotta, stavano giocando con Marta. Non volevo interromperle.."
"Lucì, je dobbiamo parlà a quei due.."
"Lo so amore, lo so.."
Stavano giocando con la loro nipotina. Lei rideva divertita, e loro sembravano tornati bambini. Quasi più di lei. Era mancata a tutti, quella bambina. E averla per casa, sembrava ad entrambi un bellissimo sogno. 
"Ma, Eva do sta?"
"Penso sia di sopra.. Ha detto che poi stasera sul tardi, usciva con Walter e Carlotta."
Giulio l'aveva guardata sorridendo.
"Eh già, Ezio e Stefania li hanno trascinati a casa loro, pe a cena.."
Sorride divertita, baciando le mani di Marta.
"Già.. Sono contenti di riaverli qui a Roma. Tu oggi dovevi vedere quant'era contenta Stefania!"
"Beh? Perchè non hai visto Ezio! Un bambino guarda!"
Sorridevano entrambi, ricordando la faccia dei loro amici.

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Eccomi di nuovo qui! :D
Aaaallora, questo capitolo, è venuto così. -.-" La principessa preoccupata della presenza di della nostra Eva - come darle torto? ** -
Marco e i suoi continui dubbi ed incertezze. Eva lo smuove, Maya no. **
Confronti tra Eva e Carlotta. 
Nell'ultimo paragrafo, ho cercato di preannunciare qualcosa.. :D - spero di esserci riuscita! o.O -
Detto questo, spero vi sia piaciuto sto capitolo! (: 
Ancora grazie, davvero! - Me sempre più commossa! :') -
Un bacio, 

Chiara. <3

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Capitolo 8
*** La prospettiva di te ***


In un'altra stanza non molto lontana, una conversazione interessante stava animando due sorelle, intente a raccontarsi.
"Te lo giuro Eva! Non so nemmeno io come sia potuto succedere!"
"Alice, non puoi dirmi che è successo e basta! Ci sarà stato qualcosa che.. Boh, non lo so, è così assurdo!"
Sedute entrambe sul letto di Eva, a gambe incrociate, abbracciavano un cuscino. Parlavano, si raccontavano.
Alice, stava finalmente raccontando alla sorella maggiore quello che aveva dentro. Abbassava ogni tanto lo sguardo, imbarazzata. 
Le aveva raccontato tutto. Dalla a alla z, dall'inizio alla fine, senza tralasciare nulla. Non voleva più avere alcun segreto, che la dividesse dalla sorella. Avevano un sacco di tempo da recuperare. Avevano un sacco di cose da raccontarsi che, nel tempo passato rispettivamente lontane, non avevano avuto la possibilità di dirsi.
Eva ogni tanto rideva divertita, vedendola gesticolare, nervosa, imbarazzata. Ma più guardava la sorella, e più le sembrava di vedere lei alla sua stessa età, solo qualche anno prima, in quella stessa stanza, con Carlotta. 
Gli stessi dubbi, le stesse incertezze. Le sembrava di vedere in un certo senso, la sua immagine riflessa allo specchio. 
Anche lei, si era innamorata del suo fratellastro. Anche lei, sentiva lo stesso disagio, fastidio, nel sentire la parola "fratelli" ad unire il loro nome, Marco ed Eva, proprio come stava succedendo ora alla sorella.
Ogni tanto si rattristava, ascoltando la sorella. Ogni tanto, si avvicinava per abbracciarla. Le voleva bene. Ma le sembrava strano, quasi assurdo che, tra lei e quello che era sempre stato il suo acerrimo nemico, fosse successa una cosa del genere. 
Più lo pensava, e più gli sembrava assurdo. Incredibile. Ma poi, più la sorella raccontava, più lei si convinceva che, l'amore, era proprio questo. 
Sentimenti contrastanti, dolore, sofferenza. Ma anche sorrisi incontrollati. Attimi in cui il cuore, prevale su tutto, e ti porta a fare quello che più desideri. Proprio come era successo a lei, solo qualche anno prima, nella stessa casa, con il suo "fratellastro".
"Non si sceglie chi amare. Si ama e basta". Non ricordava chi l'avesse detto. Non ricordava nemmeno dove l'aveva sentita, quella frase. Ma ci credeva. E lo sapeva, perchè lei quel "Al cuor non si comanda" l'aveva vissuto sulla propria pelle. 
"Eva, io non lo so.. E' che.. Ho sofferto tanto, per lui. Sono stata male, ho pianto giorno e notte. Ricordo che nemmeno riuscivo più a sorridere. Poi però, è arrivato Francesco, e.. Boh, non lo so, è cambiato tutto. Mi faceva ridere, mi faceva star tranquilla. Mi faceva sentire amata, desiderata. Mi da sicurezza, mi sento protetta, Eva. E' solo che.. Quella notte, con.."
Aveva guardato la sorella, cercando di farsi capire, senza dover esser costretta a dire il nome. E lei aveva annuito, lasciandola proseguire, attenta ad ogni singola parola detta da lei.
"E' stato qualcosa di.. In'aspettato."
"Alice?"
"Mmh?"
"La cosa però, non ti dispiace, vero?"
Si era avvicinata a lei, guardandola. E lei, era subito arrossita, voltando lo sguardo dall'altra parte. Eva se n'èra accorta, sorridendo.
"Va bene che sei mia sorella, ma è imbarazzante parlare di queste cose con te!"
"Eddai, non vedermi come una sorella maggiore! Pensa a me come.. Ad un'amica!"
"Perchè dovrei? Tu a me della tua vita sessuale, non hai mai raccontato niente!"
Alice le aveva puntato il dito contro, guardandola. E lei aveva spalancato gli occhi, scoppiando a ridere di gusto, davanti alla faccia esterrefatta della sorella.
"Tushè, tushè.."
Aveva alzato le mani, in segno di resa. E si era alzata dal letto, per andare verso l'armadio ed aprirlo.
Ricordava le parole di Carlotta, nel pomeriggio passato assieme, a giocare con Marta.
"Stasera tu esci con noi! Non voglio scuse tesoro! Stasera ci divertiamo, come ai vecchi tempi!"
Aveva sorriso scuotendo la testa. Aprì l'armadio, iniziando a rovistar dentro, in cerca di un vestito da mettere.
Alice l'aveva guardata, sorridendo. Era un sacco di tempo che non vedeva la sorella davanti all'armadio, dubbiosa su cosa mettersi, per uscire. Le piaceva vederla così. Le piaceva pensare che, in fondo, non era passato poi tanto tempo dall'ultima volta che l'aveva vista così.
"Esci stasera?"
"Si, con Carlotta e Walter. E te?"
Si era alzata dal letto, andandole in contro.
"Si, con i ragazzi."
"E Francesco?"
Aveva un vestito tra le mani, indecisa se metterlo o meno. Un vestito nero a fascia, corto. Era tempo che non lo metteva. 
"No, lui non c'è."
Prese un altro vestito, bianco, lungo fin sopra al ginocchio, attillato, con uno scollo a v. Non sapeva quale mettere. Li buttò entrambi sul letto, guardandoli, indecisa. La mano chiusa a pugno, sotto al mento, e la testa inclinata di lato, verso destra. 
"Mi dispiace che non lo vedi.."
"Ma no, e poi è un po' che non passo la serata coi miei amici."
Si avvicinò a lei, voltata di spalle, ancora intenta a guardare i vestiti. 
"Quello nero, fidati!"
Si voltò verso di lei.
"Sei sicura? Non lo so, mi sembra un po' troppo.."
"Provocante? No, fidati, e poi ti sta benissimo!"
Le aveva sorriso, incoraggiandola a scegliere il vestito nero. Eva alzò gli occhi al cielo, sorridendo. 
"E va bene, mi hai convinta! E tu? Che metti?"
"Ah, non lo so. Devo ancora sentire le altre, per sapere dove andiamo, quindi io aspetto.. E voi, dov'è che andate?"
Vennero distratte dal telefono, che vibrava sul comodino. Eva si avvicinò per prenderlo, e leggere il messaggio.
"Tesoro, siamo li tra un'oretta! Abbiamo appena finito la cena con Ezio e Stefania. Il tempo di arrivare a casa e sistemarci, e poi siamo da te! Ah, si, stasera ti voglio bellissima! Ti portiamo ad una festa, a casa di un'amica. 
Ps: Stasera si rimorchia!"
Risero assieme di gusto, nel leggere il messaggio di Carlotta. Era sempre la solita. Il tempo, non l'aveva minimamente cambiata.
"Ho un'ora di tempo, vado giù da mamma e Marta."
"Ti aspetto qui, che voglio vedere come ti sta il vestito!"
Sorrise, uscendo dalla porta, per scendere al piano di sotto dalla madre.
La trovò sul divano, vicino a Giulio, con Marta sulle gambe che rideva divertita.
Lucia si voltò verso di lei, spaventata.
"Mi hai fatto prendere un colpo!"
"Allora Eva, stasera n'do annate?"
"Di preciso non lo so. Mi hanno solo detto di una festa.."
"Divertiti pure tesoro, a Marta pensiamo noi. Stasera, sta con i nonni! Vero amore?"
Si era rivolta a Marta, con una voce dolce. Giulio le aveva guardate divertito, scuotendo la testa.
Eva si era avvicinata al divano, per prendere in braccio la figlia, sorridente.
"Amore della mamma! Ti sei divertita oggi con i nonni?"
"Sii! Voglio tare coi nonni!"
L'aveva riempita di baci, facendola ridere.
"Amore, questa sera la mamma non c'è.. Ma tu prometti che farai la brava coi nonni?"
"Promesso!"
"E poi domani, andiamo al parco con zia Alice!"
"Siii!"
"Amore, finiamo di leggere la storia?"
Lucia le aveva interrotte, per lasciare che Eva potesse andare a vestirsi. 
"Storia! Storia!"
Avevano tutti riso divertiti, guardandola inteneriti.
"Tesoro, divertiti stasera."
"Eva, c'hai le chiavi, no?"
"Si si Giulio, non ti preoccupare."
Si era allontanata guardandoli, per poi salire di corsa le scale e tornare in camera.
Alice, davanti all'armadio, indecisa su cosa mettersi.
"Allora, dove andate?"
"Mi hanno solo detto: Vestiti bene."
Aveva fatto una smorfia, contrariata. 
"Ali, vado a farmi una doccia veloce, torno subito!"
Era uscita dalla stanza, per andare in bagno. 
Alice, ancora davanti all'armadio. E poi decise. Una canottiera bianca, abbastanza scollata. Un paio di jeans scuri, attillati, e dei sandali col tacco, neri. 
Jolanda le aveva scritto di vestirsi bene, dicendole che quella sera, ci sarebbero stati tutti. Non sapeva ancora dove volessero andare, ma aveva deciso di vestirsi normalmente. Niente di troppo elaborato.
Francesco, non ci sarebbe stato. Fuori Roma, per lavoro, sarebbe tornato il giorno dopo. Un po' gli mancava. Dall'altra parte però, era quasi sollevata, più tranquilla. E non capiva il perchè. Si sentiva in colpa a pensarlo, eppure era quello che sentiva.
"E' la distanza, che aiuta a capire l'importanza di una persona. Certo, Francesco mi manca, ma.. Non come credevo."
Scosse la testa, spogliandosi, per poi rivestirsi. Si era guardata allo specchio, sorridente. Si piaceva. Era un po' di tempo, che, guardandosi allo specchio, iniziava ad apprezzare ciò che vedeva. Prima, non le era mai successo. 
Venne distratta dall'entrata di Eva, che aveva chiuso rumorosamente la porta. 
Lasciò cadere l'accappatoio a terra, rivestendosi. 
Alice si era avvicinata a lei, sorridente.
"Allora? Come sto?"
Eva sorrise, guardandola fare un paio di giri su se stessa, soddisfatta.
"Dico che.. Stai benissimo sorellina!"
"Si, lo so, lo so.. Tu più tosto? Dai, fammi vedere sto vestito!"
Era passato un sacco di tempo, dall'ultima volta che le due, si erano consigliate che cosa indossare. 
 
"Nonna, grazie per la cena e la bella serata."
"Non dovete ringraziarmi ragazzi, è stato un vero piacere avervi ospiti questa sera."
Roma, dall'altra parte della città. Il palazzo di Lady Victoria. Due ragazzi si stavano apprestando ad uscire, salutando la signora. 
Lei con un forte abbraccio, e lui con un'educata stretta di mano. 
Erano stati invitati a passare la serata da lei. Maya, aveva insistito, e lui, si era lasciato trascinare da lei, seppur contro voglia. 
Ogni volta che entrava in quel posto, si sentiva strano. Si sentiva in'adatto ad un posto del genere. Si sentiva semplicemente fuori posto. Non era abituato al lusso, non era abituato ad esser servito, e ne tanto meno mangiare con più di dieci posate diverse. 
Non sapeva come comportarsi. Non si sentiva a suo agio, in quel posto. Lei cercava di farlo star tranquillo, ma lui non riusciva proprio a sentirsi a proprio agio, in un posto così diverso da lui. Dalla sua famiglia, e dal luogo in cui era cresciuto. 
Ci aveva provato, per lei. Aveva provato più volte a nascondere il senso di disagio, di insicurezza, ogni volta che era costretto da lei ad entrare il quel posto. 
Erano diversi, e questo, l'aveva capito. Non bastava imparare il galateo, non bastava imparare qualche lingua per mettersi alla pari. Non ci sarebbe mai riuscito. E ne tanto meno voleva cambiare modo di vivere. Lui, che aveva sempre amato la semplicità. Non riusciva ad adattarsi a quel posto dove invece, Maya, stava benissimo. Si vedeva. La vedeva tranquilla, la vedeva a suo agio. 
Erano troppo diversi, e lui questo finalmente, l'aveva capito. 
Quel palazzo, non aveva niente a che vedere con lui. Non aveva niente a che vedere con la sua vita, e la sua famiglia. Quel posto, era solo ed esclusivamente di Maya. Lui, non l'avrebbe mai considerato suo.
Erano in macchina, diretti verso casa. Lui guidava, silenzioso, avvolto dai suoi pensieri. Lei gli parlava, ma lui non la stava a sentire. 
"Sono un coglione, ecco cosa sono. Sono un'idiota che credeva col tempo, di abituarsi alla vita da nobile. Un idiota, che credeva possibile riuscire ad abbandonare tutto quello che era stata la sua vita, per più di vent'anni. Ti guardo, Maya. Ti guardo, e finalmente noto quanto tu, sia diversa da me. E non solo per il titolo che investi. Non solo perchè sei una principessa. Siamo diversi, punto e basta. Tu sei seria. Non sgarri mai, non commetti mai nessun errore. Sei perfetta. Sei la ragazza che, tutti, vorrebbero avere. E ora che tutti dicono ad alta voce che tu sei la mia ragazza.. Scusa, ma non posso continuare a nascondere a me stesso che, io, non ti ho mai sentita mia. E ti giuro, non lo so. Non so perchè non riesco a capacitarmi del fatto che io, non mi senta tuo. Non ci riesco, mi dispiace. 
Ti sto solo illudendo, come uno stronzo. E forse, l'ho sempre fatto. In tutti questi mesi, passati assieme, ti ho illusa. Ma non perchè volevo io, questo no. Ma perchè quello che si era illuso di esser riuscito ad innamorarsi un'altra volta, ero io. Sono stato io a credere di esser riuscito ad andare avanti, mettendo una pietra sopra a tutto quello che c'èra stato prima di te. Mettendo la parola "fine", ad una storia che ancora oggi, non'ostante tutto, sento più mia di qualsiasi altra cosa al mondo. Una storia vera, una storia che vale. 
E mi vengono in mente le parole di quella canzone della Pausini. "Una vita sola non può bastare per dimenticare una storia che vale."
Questa storia infinita, questa storia iniziata per caso. Ti guardo, e capisco che un futuro per noi, non c'è. E lo sai perchè? Perchè tu, hai la tua vita. Hai mollato tutto, per me che non lo merito. Per me che, in realtà, forse non ti ho mai amata. 
Non so perchè. Mi sento uno stronzo, a pensarlo, ma è così. E non posso più nasconderlo a me stesso. Forse non ci ho capito più niente perchè sei bellissima. Perchè mi facevi star bene, mi facevi sentire importante, come invece non mi ero più sentito da tempo. Mi hai fatto dimenticare il dolore pulsante, che provavo fino a qualche mese fa. 
Scusa se però ti dico che, fino infondo, non ci sei riuscita. Non sei riuscita a cancellare tutto. Perchè una parte di quel dolore, è rimasta. E non è sangue, e non è ricordo. E' ancora viva, dentro me, che batte, pulsa, nella mia testa e nel mio cuore che, tu, sei riuscita per un po' ad anestetizzare. E per questo, ti dico grazie. Ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per me. Ti ringrazio, per il bene che mi hai donato. Ma più di questo, io non posso offrirti. Non posso darti nient'altro di me. Non posso darti il mio amore, destinato ad un'altra. 
Non posso dirti "ti amo", perchè non sarebbe vero. E non posso nemmeno darti il mio cuore. E lo sai perchè? Perchè in una notte di qualche anno fa, l'ho consegnato nelle mani di una ragazza. Una ragazza, che ora è una donna. E ce l'ha ancora lei. Non me l'ha ancora ridato. E forse, non lo farà mai. Una parte di me, spera che lei, non lo faccia mai. Sono uno stupido, un'imbecille, un'idiota, lo so. 
So che lei, si è innamorata di un altro. So che lei, quel cuore me l'aveva riconsegnato molto tempo prima. So che me l'ha spezzato, più volte. Ma assieme a quell'innata capacità di distruggere, Maya.. Eva, è sempre stata capace a ricomporlo. In un modo o nell'altro, lei è sempre riuscita a rimettere a posto i pezzi, facendolo battere ogni volta ancora più forte, e solo per lei. 
Vorrei trovare le parole per dirtelo, Maya. Vorrei dirti che io, per te, sono stato un grosso errore. Che tu, devi tornare alla tua vita, dalla tua famiglia che hai lasciato per me. E Dio solo sa quanto mi sento in colpa. Ma non posso continuare a mentire a me stesso. Non ce la faccio. 
Vorrei guardarti negli occhi, e dirtelo. Ma non ce la faccio. Sono un codardo, un bastardo. 
Non riesco a spezzarti il cuore. Non lo meriti. Non meriti di avere accanto un ragazzo che non sa ciò che vuole. Meriti qualcuno di diverso, di più simile a te. Come Jay. Ecco, lui si che per te, era giusto. E ti chiedo scusa, se non l'ho capito prima. Scusa, se ti ho sottratta a lui, convinto di poter darti quello che avevo e per sempre. Scusa, se ho creduto che la sensazione di benessere che mi infondevi con uno sguardo, fosse amore. Scusa, se credevo di essermi innamorato di te, Maya. Scusa, se ho creduto che tu, bastassi a cancellare l'amore dannato che ancora mi lega ad Eva, non'ostante tutto. Scusa se non te lo dirò, e continuerò come uno stronzo a soffrire in silenzio, facendoti soffrire a tua volta, ma a tua insaputa. Scusa, se non avrò mai il coraggio di dirti che lei per me, è ancora Lei. E scusa, se non avrò mai il coraggio di andare da lei e dirle tutto questo. Me ne starò zitto, in silenzio. Fingerò di amarti. 
E' brutto da dire, lo so. Ma è quello che farò. Perchè io, Maya, non ti amo. Ti ho voluto bene, ma l'amore si prova una volta sola nella vita. E quell'amore, per me, è Eva. L'amore della mia vita, la madre di mia figlia che, in un modo o nell'altro, mi legherà a lei per sempre. Ora, è però finita. Certo, per me non lo è mai. E mai lo sarà. Ma per lei, si. Io per lei, sono solo il padre di sua figlia, e nient'altro. Lei non prova più amore per me. Lei, non crede più in noi, ne tanto meno in me. E tutto questo, perchè sono stato io a sbagliare. Tutto questo perchè sono stato io, a rovinare tutto. Proprio come mi disse lei quella mattina, prima di partire per Venezia, con nostra figlia tra le braccia. 
Io parcheggio davanti casa, siamo arrivati. E tu, continui a parlare. Non ti sei accorta del mio silenzio. E lo sai perchè? Perchè ti importa solo di te. Ecco un'altra cosa che ho capito in questa serata che, sembra piena di rivelazioni."
Lei continuava a parlare, e lui nemmeno l'ascoltava, perso nei suoi pensieri. 
"Amore? Amore, ci sei?"
Si era risvegliato, guardandola. Lo sguardo basso, le mani in tasca, distante da lei.
"Si, si.."
Lei non si era accorta di nulla. Continuava a parlare di lei. Avevano risalito il viale in pietra, suonando al campanello.
Si trovarono davanti Walter, sorridente.
"E tu, che ci fai qui?"
Marco era rientrato in casa, sorpreso di trovarsi l'amico davanti.
Poi vide Carlotta, in soggiorno.
"Anzi, voi che ci fate qui?"
"Siamo venuti a prendere Eva! Usciamo!"
Walter gli aveva risposto, sorridente. Carlotta si era avvicinata a loro, salutando Maya, pur contro voglia.
Carlotta aveva guardato Walter, indicando con lo sguardo i due davanti a loro.
"E voi? Che fate? Venite con noi?"
Marco e Maya si erano guardati, scuotendo la testa, in segno di negazione. 
"No dai, noi rimaniamo a casa.. Vero Maya?"
"Si, si, non abbiamo voglia di uscire.."
Un altro sguardo tra Walter e Carlotta. E avevano iniziato entrambi ad insistere, avendo in mente qualcosa.
"Ragazzi, non esiste! E' Venerdì sera! Mica avrete intenzione di rimanere a casa, come i vecchi, no?"
Carlotta l'aveva aiutato.
"Esatto! Non potete dire di no! Ora andate a prepararvi! Avete circa un quarto d'ora, quindi sbrigatevi!"
Avevano iniziato a spingerli verso le scale, incitandoli a salire.
"Ma, Walter, Carlotta.."
Marco aveva cercato di protestare, guardando Maya, nella sua stessa situazione.
"Vestitevi eleganti!"
Carlotta l'aveva urlato, sorridente. Marco aveva guardato Maya, e poi i suoi amici, rassegnato.
"E va bene, avete vinto, va bene. Ma solo per questa volta!"
Avevano iniziato a salire le scale, di per andare a cambiarsi. Nemmeno avevano visto Alice, scendere di corsa, assieme a Rudi.
Marco li guardò sorridendo, assieme a Maya.
"Beh? E voi due, dove andate così eleganti?"
"Eleganti? Dai, non esagerare.."
"Ad una festa! Dai, andiamo che siamo in ritardo!"
Avevano sceso le scale di corsa, lasciandoli li. 
Salutarono velocemente Walter e Carlotta, all'ingresso, e uscirono di corsa, assieme.
"Ammazza che fretta che c'avevano quei due!"
Walter che rideva divertito, seguito da Carlotta, vicino a lui.
"Si infatti!"
Lui si era guardato attorno, investigativo, per esser sicuro di esser soli. Si avvicinò a lei, bisbigliando.
"Hai organizzato tutto nei minimi particolari, vero?"
"Si, si, non ti preoccupare. Sua altezza, avrà una bella sorpresa ad attenderla.."
Si erano sorrisi, quasi in modo maligno. Poi, si ricordarono della cosa che dovevano dire ai loro amici.
"Amore, glielo diciamo stasera?"
Walter l'aveva guardata, sorridendo.
"Certo, magari a fine serata. Sono proprio curioso di vedere le loro facce amore, ti giuro!"
Si voltarono verso le scale, sentendo dei passi. Marco e Maya, stavano scendendo, vestiti di tutto punto. Lei un vestito bianco, abbastanza corto. E lui una camicia bianca, con una giacca sopra nera. Si erano cambiati, seguendo il consiglio di Walter e Carlotta, convinti ad uscire con loro. 
"Ammazza quanto state bene!"
"Anche voi non siete male.."
Marco aveva sorriso, avvicinandosi a loro. Maya sorrideva, vicina a lui. 
Pochi attimi, e gli sguardi di Walter e Carlotta, si bloccarono verso le scale, sorridenti. Marco sorrideva guardandoli, cercando di svegliarli.
"Oh! Ma che c'avete, na paresi?"
Aveva riso divertito, guardando i suoi amici. Scosse la testa, voltandosi anche lui verso le scale. 
Un attimo, un misero secondo. Aveva smesso di sorridere, fulminato da quella visione. 
Il cuore che perse un battito. Un brivido a pervadergli il corpo. 
L'aveva vista. Stava scendendo le scale, per raggiungerli. I capelli mossi, sulle spalle. Un vestito nero, corto, a fascia. Il rumore dei tacchi, a riecheggiare forte nella sua testa. "Bellissima" pensò. Riconobbe gli orecchini pendenti d'argento. Quelli che le aveva regalato suo padre per il cento alla maturità. Il trucco leggero. La borsa sulla spalla. 
Lui si era fermato a guardarla. Non sorrideva, serio. Walter e Carlotta, sorridevano invece vincenti, guardando lei, e guardando l'espressione persa di lui. La bocca leggermente socchiusa. 
Anche Maya, la guardava. Con gli occhi leggermente spalancati, e una sensazione di rabbia, mista ad invidia per quel corpo perfetto, per quella bellezza che aveva davanti agli occhi. 
Eva sorrise leggermente, abbassando lo sguardo imbarazzata. Non si aspettava una reazione del genere, da lui. 
Certo, sapeva di esser sempre riuscita a fargli un certo effetto. Ma.. Non pensava di riuscirci ancora, dopo tempo. Ne tanto meno pensava di vedere un'espressione del genere da parte di lui, con lei, Maya, o come tanto amava chiamarla "sua altezza", li accanto.
E allora sorrise vincente, verso Walter e Carlotta, avvicinandosi a loro, finendo di scendere le scale. 
Maya continuava a guardarla, gelosa. E lui, non smetteva di guardarla. 
"Sei bellissima, tesoro!"
"Amore, non esser così riduttiva.. Eva: Sei uno schianto!"
E lei, aveva riso divertita, con le mani intrecciate a quelle di Carlotta.
Marco, si risvegliò di colpo, non appena vide lei salutare entrambi, sorridente.
"Ciao Marco.. Ciao Maya.."
Lei sorrideva. Lei, ne era capace. E lui, aveva abbassato lo sguardo, sorridendo, quasi imbarazzato.
Lui era rimasto in silenzio, sorridendole semplicemente. Maya si era avvicinata a lei, salutandola.
"Ciao Eva.."
Walter e Carlotta, intuita l'aria pesante, decisero di prendere e uscire, trascinando gli altri.
"Dai, andiamo? Che è tardissimo!"
E così uscirono di casa, diretti alle macchine. 
 
Le dieci e mezza di sera. Una villa romana, molto bella. Il giardino molto grande, pieno di statue. Curato in ogni minimo dettaglio.
La piscina, e l'ingresso grande. Un posto affollato, pieno di ragazzi, che si divertivano ballando, a ritmo della musica messa dal Dj. 
Chi si divertiva in piscina, chi invece se ne stava dentro, a chiaccherare, con qualcosa da bere tra le mani. 
Era un bel posto. 
Arrivarono davanti a quella grande villa, assieme. Walter, Carlotta ed Eva vicine. E Marco e Maya, pochi passi più indietro. Lui, pensieroso, distante. Lei con lo sguardo ancora puntato verso Eva, pochi passi davanti a lei.
Non la sopportava. Non riusciva a tollerare la sua presenza. L'aveva vista scendere le scale. E aveva visto un'altra volta lo sguardo di lui, verso lei. Si sentiva inferiore, si sentiva fuori posto, quando c'èra lei. 
Venne distratta dai suoi pensieri, non appena vide delle persone avvicinarsi verso di lei, correndo. Si era fermata di colpo, stupita. Marco, nemmeno se n'èra accorto. Camminava con lo sguardo davanti a lui, perso nel vuoto. Ogni tanto guardava Eva, camminare davanti a lui, e ricordava quello che poco prima, aveva pensato in macchina, dopo la cena con Maya. Si sentiva in colpa. Ma non poteva farne a meno. Non poteva fare a meno di perdersi a guardarla. Cosa che invece, con Maya, non gli era mai successa. Si fermò voltandosi verso di lei. Rimase stupito della cerchia di persone che l'aveva travolta, con macchine fotografiche, videocamere, microfoni e quaderni per appunti.
Cercò di avvicinarsi a quella folla, non riuscendoci. L'avevano spinto a terra. La stavano intervistando. La stavano assalendo. 
"Altezza, è vero che non sposerà più il principe Jay del Lichtenstein?"
"Altezza, ha intenzione di rimanere a Roma per sempre?"
"E' vero che ha lasciato il principe Jay perchè si è innamorata di un italiano?"
Walter e Carlotta, ridevano divertiti, vedendola in panico, poco più distante da loro. 
Cercava di rispondere alle domande, nel modo più sbrigativo ma educato possibile. Non poteva far fare una brutta figura alla corona, un'altra volta. 
Eva guardava i suoi amici, stupita. Poi guardava verso di lei, attonita. Sapeva che era una principessa. Ma non credeva di poterla vedere un giorno rilasciare interviste. 
Marco si era alzato da terra, nervoso. Ecco un'altra cosa che li distingueva. Odiava il fatto di non riuscire ad avere un attimo di pace, con lei, in giro per Roma.
Quando i giornalisti correvano ad intervistarla, lui automaticamente spariva. Lei, era troppo presa da se stessa. Non che gli interessasse di avere la sua attenzione. Ma non sopportava questo suo modo di fare, a volte egoista e narcisista. 
Scosse la testa un paio di volte, sospirando. Si avvicinò ai suoi amici, nervoso.
"Hai capito sua altezza!"
"Walter!"
"Amore, scusa ma.."
"No Carlotta, Walter ha ragione."
L'avevano guardato tutti e tre, stupiti. Non si aspettavano una risposta dal genere, da parte sua. 
"Scusa, non vai a salvare la tua principessa?"
"Walter, io non sono un principe! No,non ha bisogno di esser salvata, non andrò a salvarla! E' la sua vita, e io di certo non le impedirò di viverla! La verità è che ho sbagliato tutto, basta."
Lo guardavano ancora tutti, più stupiti di prima. 
"Scusa, che cosa intendi con sbagliato tutto?"
Marco aveva sospirato, alzando gli occhi al cielo. Non gli andava di parlarne. Non ora, non li, con Eva ad ascoltare. 
Sperava l'amico avesse capito. Sperava non servissero parole. 
E Walter, aveva capito. L'aveva guardato, alzando la testa, in cenno di risveglio. Abbassò lo sguardo, scusandosi con lui.
Carlotta guardava Eva, difronte a lui, in silenzio. Lei, con lo sguardo basso. E lui invece, che la guardava, incurante. Si voltò un'ultima volta verso Maya, ancora avvolta da quella cerchia di giornalisti impazziti. Ed invitò gli altri ad entrare. 
"Beh? Entriamo?"
"Scusa, ma non aspettiamo.. Maya?"
Carlotta, che stava per dire "sua altezza", si bloccò, cambiando nome. 
"No."
Lui aveva risposto in modo secco, e freddo. 
Tutti lo guardavano ancora stupiti, non capendo quel suo modo di fare.
Si era incamminato verso l'ingresso, serio. Walter aveva guardato Eva e Carlotta, preoccupato. Corse dall'amico, affiancandolo. 
"Guai all'orizzonte.."
Carlotta che camminava vicino ad Eva, aveva guardato un'altra volta verso Maya, scuotendo la testa. Lei, ancora intenta a rispondere ai giornalisti. 
Eva aveva abbassato lo sguardo.
"Mi dispiace, per lui.."
"Guardala da un'altra prospettiva.. Ora sua altezza, è quasi fuori gioco.."
Eva l'aveva guardata seria, alzando gli occhi al cielo.
"Carlotta, non mi interessa, te l'ho già detto. Non sono così meschina e maligna come credi!"
Aveva ripreso a camminare, infastidita. Non voleva metter fuori gioco nessuno. E se anche da una parte vedere Maya in difficoltà la faceva godere, dall'altra invece non sopportava il fatto che lei si stesse comportando così con lui. 
"Eva, io ti ripeto ciò che ti ho detto oggi: Digli la verità."
Si era avvicinata a lei, prendendole le mani. Aveva guardato in direzione di Marco e Walter, indicandoli con lo sguardo. Li vedevano parlare, da lontano. 
Eva aveva abbassato lo sguardo, chiudendo gli occhi. Non ce la faceva. Non poteva dirgli una cosa del genere. Scosse la testa, negando.
"No, io non glielo dirò. Non voglio. E poi, ora non avrebbe.. Alcun senso. Credimi Carlotta, non porterebbe a niente. E poi.. E' giusto così."
Aveva guardato un'altra volta verso Maya, e poi ancora verso di lui.
"Eva, o la smetti di dire cazzate, o ti giuro che mi metto ad urlare! Non puoi saperlo! Come fai a dire che non porterà a niente? Avanti, conosci Marco! Invece cambierebbe tutto! E tanti saluti sua altezza! Non vuoi esser felice?"
"Io sono felice!"
"Smettila di ripeterlo! Non ci credi nemmeno tu!"
"Carlotta, è così! Punto e basta! E' tardi! E io non voglio fare proprio niente! Lui ama lei, punto! Non posso fare altro!"
"E tu che ne sai? Eva, pensaci. Tutto, dipende da te. E poi dai, davvero credi che lui la ami? Ma hai visto come ti ha guardata, quando hai sceso le scale? Dai, un'altro po' e cadeva ai tuoi piedi!"
"Non significa niente.."
"Si ok, va bene, se ne sei convinta, non significa niente."
Carlotta aveva alzato gli occhi al cielo, esasperata. 
"Si, ne sono convinta! E ora entriamo, dai."
Si erano prese sotto braccio, sorridendo. Avevano deciso di entrare in quel posto. Maya, ancora non li aveva raggiunti. 
Ancora per quanto, sarebbe andata avanti così? Ancora per quanto, sarebbe riuscita a tenersi dentro quel segreto, che la stava consumando dentro? 

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Di nuovo qui tra voi con questo capitolo - abbastanza intenso! xD - postato con ritardo pazzesco! D:
Scusate, ma il Sabato è sempre pieno di cose da fare. -.-" 
Eva e Alice, e poi i pensieri di Marco, sempre constrastanti. Qui, inizia a vederci un po' chiaro.. Chissà, magari nel prossimo capitolo.. .. xD
Ok, basta, sparare cavolate! xD
Ancora grazie, davvero a tutti! **
Al prossimo capitolo, - anticipo che forse qualcuno attaccherà a ballare la Macarena! xD - 
Un bacio a tutti, 

Chiara. <3

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Capitolo 9
*** L'equilibrio perfetto ***


A shot in the dark
A past, lost in space
Where do I start
The past, and the chase
You hunted me down
Like a wolf, a predator
I felt like a deer in love lights
 
Se ne stava seduta sola. Su un divano, con un drink tra le mani. Si era staccata da Walter e Carlotta, preferendo starsere un po' per conto suo, da sola. Avevano passato la serata a ridere, a divertirsi. Lei, aveva cercato di nascondere agli amici quella sensazione di tristezza, malinconia, che l'aveva avvolta di colpo, non lasciandola stare. Avevano ballato, avevano riso, come non facevano da tempo. 
E ora, se ne stava su un divanetto, distante, sul terrazzo di quella grande villa.
Pensava, rifletteva. Aveva ancora davanti agli occhi l'immagine di prima. Aveva ancora davanti, la scena di Maya, avvolta dai giornalisti, e di lui, Marco, che l'aveva lasciata li sola, quasi fregandosene. E questo, l'aveva in'evitabilmente stupita. 
E se anche cercava di negare a se stessa che vederlo così distaccato da lei, l'aveva fatta per un attimo sorridere in silenzio, dall'altra parte non poteva che pensare di non averne il diritto. "Passerà."
Era una semplice discussione, che si sarebbe risolta il giorno dopo, si diceva. 
Ogni tanto, le capitava di far ricadere lo sguardo su di loro. Marco e Maya, poco più distanti da lei, a parlare animatamente, in un angolo del soggiorno.
Lui era entrato, e lei l'aveva raggiunto solo dopo essersi liberata dei giornalisti insistenti che l'avevano assalita al suo arrivo. 
Eva fissava il vuoto, portandosi ogni tanto quel bicchiere alle labbra. 
Non era passata in'osservata. Quella bellissima ragazza dai capelli scuri e mossi, non era passata in'osservata tra gli occhi di molti ragazzi presenti quella sera. Chi si è avvicinato, provandoci. Chi la guardava da lontano, stando attento a non farsi vedere. Chi invece da lontano le sorrideva, facendo ridere di gusto Walter e Carlotta, vicino a lei. 
Aveva liquidato gentilmente tutti. E a chi si avvicinava troppo, diceva semplicemente: "Mi dispiace, ho una figlia."
E questo bastava. Bastava per farla rimanere sola, e bastava per farli andar via. Ogni tanto sorrideva divertita, apprezzando il fatto di esser vista come donna, da tutti quei ragazzi. Era tempo, che non si sentiva così. Era tempo che non usciva, e si trovava qualche pretendente ai piedi, che ci provava. Non si era più sentita desiderata, non si era più sentita donna. A Parigi, non usciva. Preferiva starsene a casa con Marta, sotto le coperte, a guardare un bel film o a giocare. Non c'èra posto per le uscite, non c'èra nemmeno la voglia da parte di lei di sentirsi un'altra volta così. Non dopo che lui, se n'èra andato. Non dopo che lei, aveva giurato a se stessa che non avrebbe più dato importanza a quel sentimento chiamato amore, che l'aveva fatta soffrire, l'aveva dilaniata dentro, facendola star male. Non voleva uscire con nessuno, non voleva innamorarsi un'altra volta. Voleva solo sua figlia.
Nella stanza risuonava "She wolf", canzone nella quale Eva, in quel momento, riuscì a rispecchiarcisi dentro, con l'immagine di lui e lei, Maya, davanti ai suoi occhi. Lui con lo sguardo basso, le mani in tasca. Lei vicina a lui, i loro visi distanti un niente. 
"Non so ancora quanto tempo me ne starò qui lontana, seduta, a guardarti di fronte a lei. Non so quanto ancora ho intenzione di farmi del male, guardando lei vicino a te, con le labbra vicine alle tue. La vedo parlare, sembra stia cercando di scusarsi. Ti sta chiedendo scusa per come si è comportata prima? Si, questo lo credo. L'hai perdonata? Questo non lo so. Perchè ti guardo, e tu non ti muovi. Sei serio, sei immobile davanti a lei. Lo sguardo verso il muro dietro di lei. Noto le tue mani in tasca, ricordando che lo fai spesso, sempre, quando sei teso. Sei nervoso. Quando non sai cosa dire. O più semplicemente, non ti va di parlare di niente. O almeno, non in quel momento. E io lo so, perchè ti conosco. So leggere i tuoi movimenti. E ogni tanto, non ti nascondo che riesco ancora a leggere nei tuoi occhi. Per me, sei come un libro aperto, in un certo senso. Un libro che ho sfogliato più volte, non arrivando però mai fino in fondo, alla fine. Ci ho provato, ci abbiamo provato assieme. Ma non ce l'abbiamo fatta. 
Troppo difficile arrivare in fondo, per noi. La vedo davanti a te. Gli occhi lucidi. Sei riuscito a far piangere anche lei? Si, è una cosa che ti riesce bene. Sei capace di far male alle persone che ti stanno attorno, pur non essendone coscente. Pur non volendo, riesci a trasmetter la voglia di urlare, di piangere ad una persona che ti sta davanti arrabbiata, con un semplice sguardo. 
E ricordo che, quando non parli, fa male. Perchè il tuo silenzio, per me, era più forte e doloroso di altre mille parole, dette in un momento di rabbia. Preferivo vederti, sentirti urlare. E te lo giuro, quella notte in cui te ne sei andato in silenzio, è ancora dentro la mia testa. Non riesco a dimenticare quel silenzio assordante, da parte tua. Non riesco a dimenticare le tue lacrime, scese sul tuo viso per colpa mia. E forse, mai la dimenticherò, quella notte, Marco. Ora vedo lei in silenzio, davanti a te, con gli occhi lucidi, le lacrime che stanno per scendere. E credimi quando ti dico che, quelle lacrime, su di me non hanno alcun effetto. Dovrei gioire, dovrei esser contenta di vedere la donna che ti ha portato via da me, in lacrime, davanti ai miei occhi. Ma sai cosa? Non ci riesco. Non ce la faccio a gioire della tristezza altrui. Non io. Non ce la faccio, ad esser così stronza, così meschina. 
Forse è perchè sono troppo buona, o forse perchè dato che anche Maya è una donna, è una sorta di unione femminile. Un concetto quasi femminista, che mi impedisce di sorridere soddisfatta davanti alle sue lacrime. 
Davvero, non so darmi una spiegazione. Ora sei tu a parlare. Lei ti ascolta triste. Vedo le lacrime scenderle sulle guance. Che cosa le hai detto? Sei stato capace di far del male anche a lei? Si, credo di si. Perchè a te, è quasi sempre importato di te stesso. Sei egoista, Marco. "Bamboccio egoista ed egocentrico!" Quante volte, ti ho urlato contro dicendoti di essere immaturo? Quante volte ti ho detto che sei innamorato della tua immagine riflessa allo specchio? Tante. E ancora oggi, lo credo. 
Beh, se non tutta me stessa, una parte di me crede ancora a quelle urla, a quegli insulti. Crede ancora che tu sia immaturo, egoista, egocentrico. Eppure, io, Eva Cudicini, che compirò ventiquattro anni il mese prossimo, posso ancora dire, confermare senza alcuna incertezza che, quel bambino egoista ed egocentrico, è riuscito a rubarmi il cuore, l'anima e il corpo. E' riuscito ad insegnarmi ad amare. E' riuscito a farmi sorridere, piangere. E' riuscito a darmi una figlia, Marta, che mi legherà a lui per sempre. 
E come dice la canzone, "Sono a pezzi, sono a pezzi, sono a pezzi." Come dice la canzone, sono in ginocchio, sono impotente davanti a lei, con la quale non posso competere. Eppure lei piange. E tu, non stai facendo niente per consolarla. Lei piange, piange forte. 
E dovrei esser felice di vederla portarsi le mani agli occhi, per asciugare le lacrime, e vedere te freddo, con le mani in tasca e lo sguardo perso. Continui a parlare, continui a parlare a lei che davanti a te piange. "Non sono un principe, non ha bisogno di esser salvata, è la sua vita."
Nella mia testa ancora le tue parole, quelle di prima. Non hai voluto salvarla. La ami, ma non hai voluto salvarla. Non hai voluto portarla via da quella cerchia di giornalisti impazziti. Non hai voluto diventare il suo principe. "Non sono un principe."
L'hai detto, e io, Walter e Carlotta siamo rimasti immobili, in silenzio, increduli. 
E lo sai perchè? Perchè noi ti conosciamo. Sappiamo che quello, non era il Marco innamorato perso che tanto ti caratterizza quando ami qualcuno. Perchè il Marco che conosco io, e della quale mi sono innamorata qualche anno fa, avrebbe fatto di tutto per la persona che dice di amare. L'avrebbe salvata, e se necessario, si sarebbe trasformato in principe, per portarla via da una situazione pesante. E invece, non hai fatto niente. Te ne sei fregato, mi verrebbe da dire. 
E ora tu continui a parlare, e lei continua a piangere. Non l'abbracci, non cerchi di avvicinarti a lei. Non le asciughi le lacrime. Sei irriconoscibile, ora. Abbassi lo sguardo, tenendo le mani in tasca. Ed ecco che riaffiorano nella mia testa tutti i momenti, gli attimi in cui tu hai asciugato le mie di lacrime. Tutte le volte in cui mi hai abbracciata, mi hai consolata, vedendomi piangere in'erme davanti ai tuoi occhi. Anche quando litigavamo, anche quando non ci parlavamo. Io piangevo, triste, ma tu eri sempre li ad abbracciarmi, ad infondermi forza e calore con la tua stretta calda sulla mia vita. 
"Io ti amo". Questo mi dicevi, ogni volta. E se anche non me lo dicevi perchè non stavamo insieme, io lo sapevo. Mi bastava sentirti sospirare tra le mie braccia, sotto alla mia testa. Mi bastava sentirti stringere di più la tua stretta sui miei fianchi, ad ogni mio sospiro. 
E ora, con lei, non lo stai facendo. Non la stai abbracciando, ne la stai consolando. 
E ora è lei ad urlarti contro. La vedo agitare le braccia, nervosa. E tu, non ti muovi, non fai niente. Nemmeno le rispondi. 
Alzi lo sguardo verso di lei, ma non dici niente. E credimi, ora la voglia di sapere che cosa sia successo tra te e lei, mi sta logorando dentro, giuro. Vorrei sapere, vorrei capire perchè ti stai comportando da stronzo. Come con me, non hai mai fatto per davvero. 
Io urlavo, e tu urlavi con me. Io urlavo, e tu mi rispondevi. E poi io scoppiavo, non riuscendo a trattenere le lacrime che chiedevano di scendere dai miei occhi. E poi tu abbassavi lo sguardo, sospirando, triste. Io che cercavo di andarmene, e tu che mi raggiungevi, trascinandomi a te, abbracciandomi. E chiedevi scusa, chiedevi il mio perdono. 
"Eva, scusami, ti prego."
Quante volte l'hai detto? Tante, troppe. E quante volte ti ho perdonato, accontentando entrambi? Quasi tutte. 
Lei si calma, davanti a te. Tu ancora fermo, con le mani in tasca. Non la guardi. E io ancora, mi chiedo perchè le stai facendo del male.
Lei abbassa lo sguardo, e ti spinge lontano, andandosene. 
Stupita, esterrefatta. Ancora non ci credo. La stai lasciando andare via. Non la stai seguendo, non stai andando da lei per scusarti. 
E sei immobile, davanti a quel muro. Abbassi la testa, e il mio cuore perde un battito. Perchè sorridi. Stai sorridendo, da solo. Lei se n'è andata, e tu sorridi. Mi chiedo perchè non sei corso da lei. Mi chiedo perchè l'hai lasciata andar via. Prendi un bicchiere dal tavolo, portandotelo alle labbra. E ancora, sorridi. E io, non capisco perchè. Ti guardo stupita. Tu non mi vedi. E vedo Walter, avvicinarsi a te, preoccupato, indicando l'ingresso con un braccio. Tu non smetti di sorridere, e parli. Parli a lui. E lui ti guarda stupito. 
Vorrei sapere. Vorrei sapere anche io, che cosa è successo tra te e lei. Vorrei sapere che cosa è successo al ragazzo della quale tempo fa, mi sono innamorata. Vorrei sapere perchè si è comportato così, il padre di mia figlia. Vorrei sapere perchè ancora, non'ostante tutto, quel ragazzo, ancora lo amo."
Eva ancora non credeva a ciò che aveva appena visto. Immobile, ancora seduta su quel divano. Nemmeno si era accorta di Carlotta che le stava andando in contro, con due bicchieri di mojito in mano. 
Si risvegliò, guardandola. 
"Tutto bene, tesoro?"
Carlotta, sorridente. Si siede vicino a lei, guardando verso Marco e Walter, poco più distanti.
"Si, si.."
Eva, con lo sguardo basso, e la fronte corrucciata. 
Non riusciva a smettere di pensare a lei e lui, davanti a lei, poco prima. E se anche era scossa dall'avvenuto, non poteva di certo negare a se stessa
che la scena di prima, non le era poi dispiaciuta tanto. Era divisa in due parti, Eva. Contrastanti. Da una parte, una scarica di felicità in'aspettata. E dall'altra, unita al senso di colpa, un senso di tristezza. Ma non per Maya. Per lui. Era dispiaciuta. Eppure lui sorrideva, e lei non ne capiva il motivo.
"Direi che ora sua altezza, è fuori gioco.."
Carlotta sorrideva verso l'amica. Eva, era seria.
"Dai, ti prego. Ti ho già detto che non mi interessa. Anzi, mi dispiace per lui.."
"Ma che sei scema? Ma non lo vedi come ride?"
"E a te pare normale vederlo ridere dopo quello che è successo?"
"Finalmente ci sei arrivata!"
Carlotta rideva vincente, mentre Eva, non riusciva a capire l'amica. Un'espressione corrucciata in volto.
"Non credo di aver capito.."
L'amica alzò gli occhi al cielo, sbuffando. 
"Eva, è evidente! Sorride perchè è tranquillo! E perchè di Maya, forse non gli è mai importato niente! Se gli e ne fosse importato qualcosa, di certo l'avrebbe seguita! E invece è rimasto li, a sorridere! Possibile che tu non l'abbia capito?"
Carlotta esasperata, guardava l'amica. Eva alzò un sopracciglio, guardandola.
"Ma capire cosa? Non c'è niente da capire!"
"E invece si! Secondo te perchè lei se n'è andata?"
"E io che cavolo vuoi che ne sappia?!"
"Eva, hanno litigato!"
"Questo l'ho visto sai?! Non sono cieca, ce li avevo davanti!"
"Possibile che tu non abbia capito che il problema di sua altezza, sei tu?"
Rimase attonita. Lo sguardo nel vuoto. Era rimasta ad osservarli, guardandoli discutere animatamente. Possibile che non si fosse accorta di niente? Possibile che non avesse capito che le lacrime di lei, erano scese per colpa sua? No, non ci credeva. 
Ed ecco di nuovo quella scarica d'energia, di gioia che aveva iniziato a pervaderle un'altra volta la mente, il corpo e il cuore. 
Ecco di nuovo quella sensazione calda, quella sensazione mai sopita, che solo lui riusciva a trasmettergli. 
"Tesoro.. Credimi, è il momento giusto. Digli la verità."
Aveva guardato Carlotta, che la guardava seria. Le mani unite alle sue. Gli occhi diventati in'evitabilmente lucidi.
E poi di nuovo, quella sensazione orribile addosso. Quel senso di colpa, quella sensazione di schifo verso se stessa. Lei, l'aveva lasciato, spezzandogli il cuore. Lei, gli aveva mentito. Lei, soffriva ogni giorno per quella bugia, detta per salvare il futuro, la carriera di lui. Aveva sacrificato se stessa, sacrificando loro, la loro storia, il loro amore.
Non poteva. Non ne aveva il diritto. Pensava che dirgli quella verità nascosta, non avrebbe cambiato niente. Anzi, lui, l'avrebbe forse odiata ancora di più per il male che aveva fatto ad entrambi, lasciandolo credere inferiore ad uno stupido francese, mai esistito. 
"No. Carlotta, no."
Carlotta alzò gli occhi al cielo, un'altra volta.
"Perchè no? Eva, è la cosa giusta! E poi, non ci pensi a Marta? Eh?"
Sua figlia, loro figlia. Era riuscita a strapparle il padre. Era riuscita togliergli sua figlia.
Si sentiva un mostro, si sentiva in colpa. Ricordava tutte le notti passate a piangere. Guardando quelle foto, rileggendo quelle lettere che non riesci più a buttare via, dal labirinto della nostalgia. Ne sentiva la mancanza, giorno e notte. Sentiva il bisogno di tornare a quei momenti, crescere dentro di lei, sempre più. Ogni giorno, ogni settimana, ogni mese.
Eppure, "Eva, hai scelto tu!" continuava a ripeterselo, per autoconvinzione, per sentirsi un attimo in pace con se stessa.
Era stata egoista, questo si. A Marta, non aveva pensato. Non in quel momento. L'aveva ammesso in lacrime, alla madre. Aveva sbagliato, aveva commesso un errore. Ma non era pentita della scelta che aveva fatto. Mettere lui, davanti a se stessa. 
Guardava Carlotta, di sott'occhi. Non aveva la forza di guardarla, non aveva la forza di continuare a mentire. 
"Ti prego, usciamo da qui."
Eva aveva voltato lo sguardo, alzandosi in piedi. Si era incamminata verso l'uscita, seguita da Carlotta che aveva fatto un "Ok" a Walter, da lontano. Erano uscite, erano fuori. 
Walter continuava a parlare ad ascoltare Marco. Gli stava raccontando di quello che sentiva. Di quello che l'aveva spinto a comportarsi con Maya in quel modo. "Sono stato uno stronzo, lo sò." Continuava a ripeterlo, dispiaciuto. Ma non triste. Era tutto, forchè triste. 
"Marco, tu mi devi spigare bene perchè io non ci ho capito niente!"
Walter, non c'è niente da spiegare. Abbiamo litigato, basta."
Lui, tranquillo, appoggiato al tavolo, ogni tanto si portava il bicchiere alle labbra. 
"Questo l'ho capito, ma.. Perchè?!"
Walter non stava capendo. Vedeva l'amico tranquillo, davanti a lui. E gli sembrava strano, conoscendolo. 
"Ho capito un po' di cose. Forse se le avessi capite prima, tutto questo non sarebbe mai successo."
"Sarebbe?"
Aveva sospirato, continuando a parlare. Si era tenuto dentro tutto, per troppo tempo. E ora, voleva parlare al suo amico. Voleva liberarsi di quel peso estenuante che si era autocaricato qualche mese prima.
"Walter.. Io ci ho provato. Ho provato a far andare bene le cose, a farle funzionare. Pensa che le ho persino chiesto di andare a vivere assieme. E lo sai perchè? Perchè ero convinto che tutto quello che avevamo superato assieme, significava qualcosa. Ero convinto che non mi importasse niente del fatto che lei, fosse una.. Principessa, Walter. Avevo convinto me stesso, avevo convinto tutti della mia scelta. Avevo convinto me stesso del fatto di essermene innamorato. Lei, mi ha curato, Walter. Mi è stata accanto, mi ha sostenuto. E' riuscita a farmi trovare la voglia di sorridere, dopo che tutto nella mia vita si era oscurato. Mi ha fatto ritrovare la voglia di vivere, di cantare, di comporre, di amare, dopo che.."
Si era bloccato, chiudendo gli occhi. Pronunciare il nome di lei, difficile in quel momento. Walter si avvicinò a lui, una mano sulla spalla, ad infondergli forza per continuare a parlare. 
"Eva.. Dopo che Eva mi aveva lasciato per.. Jean, Jack, o come cazzo si chiama quel francese maledetto."
Un attimo. Un istante. Gli occhi lucidi di Marco, a scatenare dentro a Walter la voglia di svelare quel segreto taciuto. Segreto troppo importante. Segreto che avrebbe cambiato tutto. Guardava l'amico, triste. E l'aveva visto così, solo quando si trattava di Eva. 
E allora aveva chiuso gli occhi, prendendo coraggio, per dire al suo amico quello che avrebbe cambiato un'altra volta la sua vita. 
Aveva abbassato la testa, avvicinandosi. Voleva dirglielo. Doveva dirglielo. 
"Eh, Marco.. Io, dovrei.."
Ma poi si bloccò di colpo, ricordando le parole di Carlotta. "L'ho promesso ad Eva, non voglio tradire la sua fiducia."
Marco si bloccò, curioso.
"Eh?"
"No, no, niente scusa. Mi dicevi di Jean, Jack,"
"Si, lui. Non so quante notti ho passato sveglio, ad immaginare sto Jean con lei, Walter. Quante notti, l'ho immaginato toccarla, amarla, fare l'amore con lei, torturando me stesso. E poi continuavo a pensare a Marta. Al fatto che ora, suo padre, sarebbe stato l'altro. L'avrebbe
vista crescere, le sarebbe stato accanto come avrei dovuto io. Si sarebbe goduto tutto di lei, di loro, al mio posto. E faceva male. E poi quando tutto per me era scuro, pesante, e senza via d'uscita.. E' arrivata Maya. Le devo molto, per tutto quello che ha fatto per me. Ma io.. Non la amo. Credevo di amarla, quando invece non ero ancora riuscito a dimenticare che l'unica donna che io potessi amare si trovava a millecinquecento chilometri di distanza, con nostra figlia. Credimi, io non volevo illudere Maya. Ma è successo, e non me ne sono nemmeno reso conto. E poi.. Le certezze che mi ero costruito col tempo, con dolore convinzione.. Sono miseramente crollate.."
Non aveva fatto in tempo a finire, Walter l'aveva preceduto, con un sorriso triste.
"Quanto Eva è tornata. Vero..?"
Aveva abbassato la testa, sospirando. Gli occhi chiusi. Aveva semplicemente annuito, in silenzio. Poi un sorriso, sul suo volto.
"E' stupido, lo so.. Lei, mi ha lasciato per un altro, e io ho appena litigato con Maya, lasciandola andare via, perchè non riesco a smettere di pensarla."
Aveva scosso la testa, ridendo di se stesso. Guardava l'amico, sorridente, davanti a lui.
"A Marco, io te l'ho sempre detto, in questi mesi.. E ora? Che vuoi fare?"
"Che voglio fare? Non lo so. Devo vedere Maya, per parlarle. Devo dirle la verità. Non merita di soffrire per uno stronzo come me. 
Ora mi importa solo di Marta, nient'altro."
"E nemmeno di Eva?"
L'aveva guardato alzando un sopracciglio, investigativo. Marco aveva abbassato lo sguardo, evitando quello dell'amico.
"Non capisco.."
"Marco, te sto a dì, se Eva mettiamo se rifacesse na vita, co n'artro.. Te, staresti a guardare un'altra volta?"
"Walter, perchè dovrei fare qualcosa? E' finita, punto! Lei non prova più niente per me!"
"Ma che che cazzo ne sai? Ma dico io, come puoi esserne così sicuro!"
"Walter, se le fosse importato ancora qualcosa di me, l'avrei capito! Ci conosciamo da anni, ed è difficile non notare quando uno dei due mente, o sta nascondendo qualcosa!"
Walter aveva alzato gli occhi al cielo, scuotendo la testa.
"E mica tanto.." 
"Eh?"
L'aveva detto sotto voce, facendoselo scappare.
"Niente niente, dico solo che non ne puoi esser sicuro!"
Aveva cercato di cambiare discorso, per evitare di esser costretto a confessargli il segreto di Eva.
"Fidati, è così! La conosco troppo bene! Eva per me, non prova più niente!"
Aveva rafforzato le parole, scuotendo le mani davanti alla faccia dell'amico. 
"Ti devo ricordare che Eva è anche un'ottima attrice? Ma che te lo sei dimenticato come fingeva bene, quando non stavate assieme? Quando c'èra Alex? E pure quando aspettava Marta! Marco, Eva se se deve nascondere lo sa fare! Te no!"
Un'aria saccente, agitava il dito davanti al naso di Marco, che lo guardava infastidito.
"E basta però! Dai, andiamo, non c'ho più palle de rimanè qua."
"Annamo và, nascondino!"
"E mo che è sto nome?"
"No'ò so, ma rende l'idea, no?"
Avevano riso entrambi divertiti, uscendo da quell'edificio. 
"Ma n'do stanno quelle due?"
Le cercavano con lo sguardo, tra la folla. 
Individuate, fecero per avanzare verso di loro. Ma si bloccarono, non appena videro due ragazzi alti, molto belli, eleganti, dirigersi verso di loro, sorridenti. 
Eva e Carlotta avevano sorriso, educatamente. Speravano entrambe di liberarsi al più presto di quei due. Davanti a loro, avevano iniziato a presentarsi, a fare complimenti, a provarci. Non sapevano come uscire da quella situazione. Marco e Walter, vista la scena, avevano riso divertiti, guardandosi.
"Quelle due, c'hanno bisogno de na mano!"
 Uno sguardo comune, un sorriso, e poi si erano diretti a passi decisi, lunghi, verso di loro.
Eva e Carlotta, voltate di spalle, nemmeno avevano visto i due ragazzi, avvicinarsi, sorridenti, verso di loro.
Walter si mise vicino a Carlotta, stupendola. Una mano sulla schiena, a decretare il possesso al ragazzo che gli stava davanti.
Eva aveva sorriso, guardandolo. Smise di sorridere non appena si sentì cingere la vita, da dietro. Era rimasta sconvolta. Il ragazzo di fronte a lei, guardava alle sue spalle, infastidito. 
E lei, si era persa in quel momento. Aveva sentito il corpo di lui, sfiorare la sua schiena. Le sue mani, appoggiate sui suoi fianchi. Aveva sentito il cuore perdere un battito. Un brivido caldo, pervaderle il corpo. Era rimasta immobile. Non se l'aspettava. Non credeva di poter godere un'altra volta della stretta di lui, dolce, sulla sua vita. 
E si era perso anche lui. Voleva solo darle una mano, a liberarsi di quel coso che le stava davanti. Doveva solo starle dietro, al massimo accanto, e sarebbe bastato. Ma non riuscì a fermarsi. Non riuscì a bloccare le sue mani, dirette a cingere piano la vita di lei, voltata di spalle. Rimase immobile, alle spalle di lei, godendo di quel contatto leggero, quasi impercettibile che l'aveva unito un'altra volta a lei. 
Carlotta, che sorrideva verso Walter, indicando con lo sguardo i due amici, al suo fianco. 
I due "importunatori" ancora davanti a loro, in attesa di una qualsiasi risposta da parte di uno di loro quattro.
"Amore, eccomi. Tutto bene qui?"
Walter, che fingeva di esser serio, vicino a Carlotta, si era rivolto a loro con lo sguardo.
"Scusa, ma stai con lui?"
L'altro aveva parlato ad Eva, guardando Marco, ridendo. E lui, prese la palla al balzo, sentendo il silenzio da parte di lei.
"Si, sta con me."
Secco, aveva sorriso vincente, guardando il ragazzo davanti a lui, che smise di ridere in un attimo. 
E lei, Eva, era rimasta in silenzio. Incapace di dire altro. Aveva abbassato la testa, cercando di nascondere quel sorriso partito a razzo dal cuore, che si era disegnato sul suo volto. L'aveva spiazzata, l'aveva letteralmente stupita.
Lui, con le mani ancora sulla sua vita. Non aveva la forza di staccare le sue mani da quel calore, quella sensazione meravigliosa che l'aveva invaso, non appena si era permesso di appoggiarvi le mani.
I due ragazzi se ne andarono, lasciando i quattro amici a sorridere, divertiti. 
"Beh, care ragazze, io direi che ci dovete un favore! O no Marco?"
Erano scoppiati a ridere, assieme, divertiti. Carlotta guardava Eva, sorridere, imbarazzata, ancora tra le braccia di lui. Lui continuava a ridere, quasi apposta, per non dover esser costretto a lasciare la presa sulla vita di lei. 
Eva abbassò la testa, prima di prendere coraggio, e voltarsi tra le braccia di lui, indietreggiando leggermente. 
Cercava di sorridere, sembrando naturale, tranquilla. Carlotta, che continuava a guardarla sorridente.
E lui aveva smesso leggermente di ridere. L'aveva guardata, vicina a lui. Aveva ritrattatto le mani, stringendole poi a pugno, nelle tasche dei suoi jeans.
"Ragazzi, grazie! Non sapevamo come fare per mandarli via! Vero Eva?"
Si era avvicinata all'amica, continuando a sorridere soddisfatta da quello che aveva appena visto. 
"Si, si.. Grazie ragazzi.."
Cercava di sorridere, nascondendo quell'imbarazzo che l'aveva quasi fatta arrossire, tra le braccia di lui. Incredibile, ancora riusciva a farle quest'effetto.
Marco le aveva sorriso, nervoso, con le mani in tasca. Ancora intontito dalla vicinanza di prima.
"Di niente.. Andiamo? Si è fatto tardi.."
Aveva cercato di cambiare discorso, guardando Walter, sorridere verso di lui. 
"Si, in effetti è l'una passata ragazzi. Io, sono molto stanca.. Vero amore?"
"C'hai ragione, c'ho un sonno.."
Si era portato le mani agli occhi, strofinandoli.
"Eva, tu vai con Marco? Così possiamo andare direttamente a casa, perchè stiamo crollando tesoro.."
Carlotta aveva finto di sbadigliare, guadagnandosi un'occhiataccia di Eva, contraria alla sua idea. 
Gli occhi verso l'amica, spalancati. La stava supplicando con lo sguardo di non farle ciò. Non voleva star sola con lui. Non ne aveva la forza. Non dopo essergli stata così dannatamente vicino, da poter sentire il suo respiro sul suo collo. 
L'amica invece, contraria, voleva che lei tornasse a casa con lui. Li aveva visti, e sapeva che tra quei due, c'èra ancora qualcosa di forte, di indissolubile a legarli.
Marco aveva guardato verso Walter, contrariato. Nemmeno lui, voleva star solo con lei. Nemmeno lui, voleva esser costretto a subire un'altra volta la dolce tortura di averla accanto, in macchina, soli. 
"Mi sembra un'ottima idea! Allora dai, annamo!"
Walter aveva iniziato a camminare avanti, lasciando Carlotta ed Eva dietro.
"Carlotta ti prego, non puoi farmi questo!"
Eva aveva bisbigliato a denti stretti vicino all'orecchio dell'amica, sorridente.
"Smettila, mi ringrazierai per quello che sto facendo!"
"Non puoi lasciarmi sola con lui!"
"E invece si, lo sto facendo!"
Eva l'aveva guardata male, rassegnata. 
Voleva solo arrivare a casa, alla svelta. Voleva infilarsi sotto le coperte, e addormentarsi, per smettere di pensare a tutto quello che era successo in una sola giornata. Maya, Marco, quella serata strana. Voleva solo addormentarsi, per non pensare più a niente.
Arrivarono alle macchine, salutando Walter e Carlotta, sorridenti. 
Eva e Marco, tesi, nervosi. Non riuscivano a star tranquilli.
Silenzio, nessuno dei due parla. 
Lui guida silenzioso, e lei altrettanto silenziosa, cerca di non pensare al fatto di esser sola con lui, un'altra volta. Due volte, nello stesso giorno. 
Prima di partire lasciando Parigi, sapeva che non sarebbe stato semplice. Sarebbe stato tutto, forchè facile. Ma odiava quelle situazioni. Sola, con lui, avvolti dal silenzio.  
Lui si girava ogni tanto verso di lei, furtivo. Non voleva farsi vedere, non voleva farsi scoprire. Quel silenzio, ancora una volta protagonista di uno dei loro momenti, assieme. E allora sospirò, prendendo coraggio. E allora decise di essere forte, lui. Decise di spezzare quel silenzio. Decise di lasciar parlare entrambi. Decise di godere un'altra volta della voce di lei, seduta accanto a lui, silenziosa, con telefono in mano.
Guardò un attimo verso di lei, prima di tornare a guardare la strada.
"Bella serata, eh?"
Lui aveva cercato di sorridere leggermente, anche se nervoso. E allora lei si era girata verso di lui, quasi spaventata. Non pensava di dover esser costretta a parlargli. Abbozzò un sorriso, abbassando lo sguardo.
"Già. Walter e Carlotta hanno avuto una bella idea."
Lui guidava. Un leggero sorriso, il cuore che ogni tanto aumenta il battito.
"Mi è mancato tutto questo.. Walter, Carlotta.. Queste feste.."
Lei aveva sorriso, con la testa bassa.
"Si, anche a me sono mancati quei due."
"Carlotta ha ragione.. Sembra un sogno.."
Lei l'aveva guardato un attimo, prima di tornare con lo sguardo al di fuori del finestrino.
"Che siano tornati?"
"No, che tutti e quattro siamo di nuovo qui, come una volta."
Lui l'aveva detto ricorrendo a tutta la forza, a tutto il coraggio che gli era rimasto in corpo. Non sapeva se Eva avesse inteso qualcosa. E nemmeno sapeva quale forza sovraumana l'aveva invaso, per fargli dire quella frase.
Lei aveva semplicemente abbozzato un sorriso, in silenzio. Non sapeva che dire. Non si aspettava una risposta del genere da lui. 
"Eva.. Mi dispiace per Parigi e per.. Jean."
Lei con lo sguardo fuori dal finestrino, aveva spalancato gli occhi, incredula. Chiuse gli occhi con forza, cercando di non farsi vedere.
Non avevano più toccato l'argomento. "Eva, diglielo." Continuava a pensare alle parole di Carlotta. Ma non poteva. Non poteva dirgli una verità così importante. Continuava a pensare a Maya. Al fatto che lui, non meritasse questo da lei. Lui si era rifatto una vita. E lei no. Ma lui, non lo sapeva. Viveva nell'ignoto, non pensando minimamente al fatto che quel "Jean", non fosse mai esistito.
E questa volta, prese lei coraggio. Per mentirgli, ancora. Per salvare un'altra volta la situazione. 
"Ma no.. Sono io ad aver detto basta. E' meglio così."
Si era sentita un mostro. Si era sentita male. 
Lui, invece, aveva sentito una strana sensazione invaderlo, non appena lei aveva detto: "Sono IO ad aver detto BASTA."
Gli erano rimasti impressi quel io, e quel basta. Aveva a stento trattenuto un sorriso, svoltando a destra. 
"E.. Maya?"
Eva aveva trovato la forza per chiedergli di lei. Lui aveva sospirato, leccandosi le labbra. Si sentiva in colpa, per averla lasciata andar via in lacrime, dopo il loro litigio. 
Lei l'aveva guardato un attimo, per poi tornare con lo sguardo al di fuori del solito finestrino, che spesso usava per non dover esser costretta a parlare con lui.
"Abbiamo.. Litigato."
"Mi dispiace.."
"Ma no dai, è stato solo un momento. Passerà."
Lei si era sforzata di sorridere, pur sentendo una scarica di dolore attraversarle il cuore. Faceva male. Ma continuava a ripetersi silenziosamente, che era stata lei a scegliere. A far tutto. 
E lui aveva cercato di convincere se stesso di quelle parole. Aveva cercato di sembrare tranquillo, non facendo trasparir niente di ciò che pensava in realtà. Con Maya, doveva parlarci. E questo, lo sapeva bene.
"Spero non ti sia dispiaciuto, l'aiuto di prima.."
Lui l'aveva guardata, a metà tra il serio e il sorridente. Imbarazzato, si sentiva quasi in colpa ad averla stretta prima. Ma non verso se stesso. Perchè se avesse potuto, l'avrebbe rifatto ancora, altre mille volte. Ma verso Eva. Non sapeva che cosa pensava lei. E non sapeva se per lei quella stretta, avesse significato qualcosa.
Lei, che torturava le sue mani, giocherellando con l'anello d'argento al suo medio, con lo sguardo basso, imbarazzato. Ricordava ancora bene l'attimo in cui il suo cuore, aveva smesso di battere. L'attimo in cui le mani di lui, si erano dolcemente appoggiate sulla sua vita. 
"Eh? No, no.. Grazie.."
E si era lasciata sfuggire un sorriso, troppo evidente, troppo sincero. Aveva cercato di trattenerlo, non riuscendoci. Lui se ne accorse. Sorrise guardandola un attimo, prima di tornare con gli occhi sulla strada.
"Perchè sorridi?"
"No è che.. Stavo pensando che.. Sei diventato un'ottimo attore.."
Entrambi sorridevano, divertiti.
"Beh, guarda che non è stato poi difficile dirlo.."
Lei aveva sorriso imbarazzata, voltando lo sguardo, evitando quello di lui, che al contrario, cercava il suo.
E lui era tornato serio, guardando la strada, sorpreso da se stesso, e dalle parole che era riuscito a dire durante quel viaggio in macchina, troppo breve, troppo bello per esser interrotto.
Arrivati davanti casa, scesero dalla macchina, in silenzio. Lei, aveva preso a camminare in avanti, sistemandosi la borsa sulla spalla. Voleva fuggire. Voleva andarsene, voleva solo non rivederlo fino al giorno dopo. Quel viaggio in macchina, quelle frasi buttate lì, l'aveva un'altra volta in'evitabilmente avvicinata a lui. La serata, il ricordo di Maya in lacrime. E poi la stretta di lui, sulla vita di lei. 
"Mi dispiace per.. Jean." Continuava a pensare a quella frase, senza darsi pace. Si sentiva in colpa. Gli aveva mentito un'altra volta. 
"Beh, guarda che non è stato poi così difficile dirlo.." Ancora quella frase nella sua testa. 
Stavano risalendo il vialetto in pietra. Lei davanti, e lui dietro, distante. Le mani in tasca. Lei che rovista nella borsa per cercare le chiavi. 

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Soooooorpresa! :D 
Di nuovo qui tra voi! 
Capitolo intenso, mooooolto intenso, oltre che lungo! xD
Maya, sembra se ne sia andata.. - appunto, non cantate vittoria, la storia è appena iniziata! xD -
Marco che confessa a Walter quello che si era tenuto dentro per troppo tempo! :D
Eva scossa da quello che ha visto, e Carlotta che ancora una volta fa da cheerleader alla storia dell'amica con Marco! **
E poi il riferimento a Jean.. xD Ragazzi, lo ammetto: Questo capitolo, finalmente mi soddisfa! :D
Grazie ancora a tuttI! :D Anticipo che nel prossimo capitolo, succederà qualcosa.. - ok, adesso sto zitta! xD -
A prestissimo! :D
Un bacio,

Chiara. <3

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Capitolo 10
*** La voce del silenzio ***


Apre, cercando di fare il più piano possibile. Entra dentro casa, seguita da lui, che richiude la porta alle sue spalle. 
La luce dell'ingresso accesa. Uno strano rumore provenire dalla cucina. Si guardano un attimo, prima di dirigersi assieme in cucina. La luce spenta. Ed è un attimo. Un istante. 
Rimangono entrambi immobili, guardando attentamente i due ragazzi davanti a loro. 
Lei con la schiena appoggiata al frigo, le braccia al collo di lui, a stringerlo. Lui con le mani sulla vita di lei, a stringerla. 
Uniti da un bacio. Appassionato, forte, divoratore. Troppo presi dal loro momento, nemmeno avevano sentito i due fratelli entrare. 
Eva e Marco, rimasero a guardare quella scena per qualche attimo. 
Lui aveva spalancato gli occhi e la bocca, incredulo. La fronte corrucciata. Non riusciva a credere a ciò che stava vedendo.
Lei, con gli occhi spalancati e la bocca socchiusa. Lei, sapeva. Ma non credeva di poter assistere ad una scena del genere.
"Oh porca puttana."
Marco aveva ritrovato la parola, continuando a guardare davanti a se, scioccato. 
Rudi e Alice, spaventati, si erano staccati di scatto, guardando verso i fratelli, sulla soglia della porta della cucina.
Alice, imbarazzata, con lo sguardo basso, e il respiro affannato. Rudi altrettanto imbarazzato, evitava lo sguardo esterrefatto di Eva e del fratello, ancora intenti a guardarli.
"Io, credo che voi due, ci dobbiate delle spiegazioni!"
Eva aveva bisbigliato verso i due fratelli, avvicinandosi al tavolo, per sedersi.
Marco ancora immobile, non riusciva a muoversi. 
"Beh? Che c'è?"
Rudi si era avvicinato al fratello, cercando di risvegliarlo.
"Si può sapere che cazzo stavate facendo voi due?!"
"Ma che sei orbo? Baciando, no?"
Alice ancora imbarazzata, non riusciva a guardare la sorella, che al contrario, la voleva seduta di fronte a lei.
"Ragazzi, coraggio.."
Eva aveva invitato i fratelli a sedersi, esigendo da parte loro una spiegazione. 
E allora l'avevano accontentata, dirigendosi velocemente verso il tavolo, sedendosi di fronte a lei, vicini.
Eva aveva guardato ancora Marco, sulla soglia della porta, ancora immobile. Sorrise divertita, invitandolo a sedersi.
Lui annuì semplicemente, con la fronte ancora corrucciata. Spostò una sedia, per sedersi al posto che di solito era occupato da zio Cesare.
Dritto, immobile sulla sedia. Guardava ancora verso i fratelli, imbarazzati, seduti vicini davanti ad Eva.
"Allora?"
Eva li aveva invitati a parlare, guardandoli dolcemente.
"E' che.."
"Noi ci amiamo!"
Alice che aveva iniziato a parlare incerta, si girò verso di Rudi, stupita ma terribilmente contenta di quelle parole. Quanto aveva aspettato di sentire dalla bocca di lui quelle parole? Era felice. Sorrise guardandolo, con le lacrime agli occhi. 
"Questo, l'avevo capito fratellino.."
Marco che guardò Eva, esterrefatto. Lei sorrideva, guardando verso di Rudi, confuso.
"C'è, mi stai dicendo che tu sapevi di..?"
Lei annuì semplicemente, sorridendo. 
"Scusa, ma te che ne sai?"
Rudi che si era rivolto alla sorella, confuso, guardava verso Alice che imbarazzata, al contrario teneva lo sguardo basso, e le mani unite sul tavolo. 
"Beh.. Diciamo che.. Non si finisce a fare l'amore in una piscina di notte, se non c'è qualcosa chiamato "amore" sotto, fratellino.."
Eva sorrideva, vincente, guardando Rudi sconvolto, imbarazzato. 
Marco ancora più sconvolto, a momenti cadeva dalla sedia. 
"Ma che le hai detto di.."
Lui nel panico, guardava verso Alice che, semplicemente, aveva annuito in silenzio.
"No, no no, no, voi adesso mi dovete spiegare bene, perchè io non c'ho capito niente! Tu mi stai dicendo che loro due, Rudi e Alice, sono finiti a fare l'amore in una piscina, di notte?"
Eva aveva sorriso divertita, guardandolo. Aveva annuito, sorridente.
"Già.. I nostri fratelli.."
"Scusa, ma perchè stai così sconvolto? Pure te ed Eva ve siete innamorati! Che te lo sei dimenticato? E allora?"
Eva aveva abbassato lo sguardo, imbarazzata. Il ricordo della loro storia. Di quello che avevano passato. Quando ancora il loro amore era clandestino, quando tutto non poteva ancora esser vissuto alla luce del sole. 
Marco aveva abbassato la testa, nervoso, imbarazzato come Eva, vicina a lui. Alzarono la testa contemporaneamente, e i loro sguardi per un istante si incontrarono. Rudi, aveva ragione. Non poteva esser sconvolto, Marco. Dato che anche lui, si era innamorato di Eva, proprio come Rudi si è innamorato di Alice. Non c'èra niente di complicato. Ne tanto meno di sbagliato.
"Hai ragione.. Scusami. No, non l'ho mai dimenticato, Rudi."
Eva l'aveva guardato, in silenzio. Non si aspettava quell'affermazione da parte di lui. Marco, si affrettò subito ad aggiungere qualcosa, a quella mezza frase rimasta sospesa.
"E' che.. Boh, è strano, va bene? Non ho mai pensato a voi due come.."
"A voi?"
Alice aveva un'altra volta fatto riferimento alla loro storia. Eva l'aveva guardata, fulminandola con lo sguardo. 
Marco abbassò un'altra volta la testa, colpito. Rispose subito dopo, stupendo tutti i presenti.
"Si. Io, non ho mai pensato a voi due, come a me ed Eva."
"Che ti devo dire? Sarà che Cesaroni e Cudicini sono destinati a stare assieme!"
Eva aveva un'altra volta abbassato lo sguardo, imbarazzata. Era diventato tutto troppo pesante. Voleva solo andarsene da quella cucina, per smettere di vivere quelle emozioni che la stavano in'evitabilmente travolgendo, a parlare della sua storia con Marco.
Decise di cambiare argomento, interrompendoli.
"Ma lo sapete che cosa sarebbe successo se, al posto di me e Marco, vi foste trovati davanti mamma e Giulio?"
"Ragazzi, Eva ha ragione. Non potete fare così, dovete stare attenti. Altrimenti, a farvi beccare è un attimo."
Rudi e Alice, avevano sorriso, guardandosi. I loro fratelli, avevano capito. Chi meglio di loro, poteva capire ciò che stavano vivendo?
"Ecco.. A proposito di non farci beccare. Voi, com'è che facevate? Dico, dove andavate per non farvi beccare?"
Marco che guardò subito verso Eva, non sapeva che rispondere. Aspettava una risposta da parte di lei che, con lo sguardo basso ad evitare quello di lui, e le mani giunte sul tavolo, era rimasta in'evitabilmente sorpresa da quella domanda, fatta dai loro fratelli. Volevano un consiglio. Chi meglio di loro, poteva darglielo?
Lei, allora prese coraggio, e rispose ai suoi fratelli, cercando di sembrare tranquilla. Cercando di far sembrare che ciò che stesse per uscire dalla sua bocca, non la toccasse più nel profondo di se stessa. Doveva fingere. Doveva farlo, ancora, davanti a lui, che continuava a guardarla, con la bocca chiusa e gli occhi leggermente più aperti.
"Stavamo attenti, in casa. Poi uscivamo."
"Sorellina, vogliamo sapere i dettagli! Mica possiamo rischiare di farci beccare!"
Eva aveva abbassato un'altra volta lo sguardo. Non ce la faceva. La forza di ricordare quei momenti, le mancava.
E allora lui, Marco, rimasto in silenzio per tutto il tempo, decise di prendere la parola, per rispondere al posto di lei.
"Boh.. Ad esempio, in casa, quando tutti dormivano, scendevamo in soggiorno, in piena notte. Oppure.. In giardino, dietro la casa, o nel capanno degli attrezzi. Poi, anche se non sembra, il bagno è un buon posto."
Gli scappò un sorriso, ricordando un momento particolare della loro storia. Lei che l'aveva ascoltato in silenzio, aveva sorriso leggermente, ricordando lo stesso momento, lo stesso attimo, in cui il bagno li aveva visti protagonisti indiscussi della loro storia clandestina.
"E poi?"
"Boh, poi magari in giro, stando attenti. Oppure anche quando sapete che la casa è deserta. Quelli saranno gli unici momenti in cui potrete esser liberi di parlarvi, stare assieme, senza la continua presenza di qualcuno. La paura di esser beccati però, quella non ve la toglie nessuno. Però sarà proprio quell'energia, a darvi la forza per amarvi. Credetemi, vi aspettano momenti di adrenalina pura, fratellini!"
Lui aveva sorriso divertito. Eva, che l'aveva ascoltato in silenzio, aveva fatto sua ogni singola parola. Ricordava ogni singolo momento. E come diapositive in bianco e nero, si susseguivano ai suoi occhi, in quel momento.
E allora anche lei, non era riuscita a trattenere un altro sorriso sincero, partito a razzo dal cuore. 
Rudi e Alice, avevano riso divertiti. Le mani unite, sul tavolo. Quella luce, che brillava nei loro occhi. Un nuovo amore, forte, intenso, passionale.
"C'è qualche altro posto?"
Marco aveva guardato Eva, sorridendo. E lei, aveva fatto altrettanto, guardando poi verso i due fratelli.
"Beh.. Un posto.. Ci sarebbe pure. Però.. No, quella è stata una nostra idea, e non ve la vogliamo svelare! Vero Eva?"
Lui aveva riso divertito, accennando a quel "posto segreto". E lei, l'aveva semplicemente guardato, imbarazzata, sorridente, con lo sguardo basso. Aveva capito, un'altra volta. Lei, aveva capito che lui, si stava riferendo al tetto. Quante notti passate, a guardare le stelle, a baciarsi, a stare stretti vicini, innamorati, complici? Le ricordava tutte, quelle notti. E si stupì nel vedere che, nemmeno lui, aveva dimenticato quei particolari della loro storia.
"Marco, Eva.. Vi dobbiamo dire grazie. Insomma, so che per voi, non debba esser così semplice vedere me ed Alice così.."
"Rudi, credimi, meglio di me ed Eva, non vi può capire nessuno. E se sono papà e Lucia a preoccuparti.. Non ti preoccupare di questo per il momento. Ragazzi, vivetevi ogni attimo. Ci sarà tempo per preoccuparsi di quello che verrà dopo. Non abbiate rimpianti. Godetevi ogni giorno, assieme. E lasciate perdere tutto il resto. Le paure, le incertezze.. Quelle, affrontatele assieme. 
Non scappate. Perchè poi quando tornerete indietro perchè avrete capito di aver sbagliato.. Sarà troppo tardi."
Marco si era lasciato andare. I suoi fratelli sorridenti, davanti a lui, avevano fatto tesoro di ogni singola parola. 
Eva aveva abbassato lo sguardo, colpita un'altra volta dalle sue parole. Colpita da quello che lui, aveva detto, ricordando palesemente quello che loro avevano vissuto qualche anno prima, assieme, nella loro storia. 
L'infarto, Londra. Alex. Tutto un susseguirsi d'eventi che li aveva in'evitabilmente allontanati, l'uno dall'altra. 
Poi la rabbia, l'orgoglio. Non erano stati abbastanza forti e uniti, per lottare assieme. Non erano ancora così maturi, come adesso, per capire che stavano sbagliando.
Marco, ancora una volta sorpreso di se stesso e di quello che era riuscito a dire. La fronte corrucciata, e lo sguardo basso ad evitare gli occhi di Eva che, era rimasta stupita delle sue parole. 
"Ragazzi, scusatemi ma non mi sento bene. Vado a dormire, che è meglio. Buonanotte."
Voleva solo scappare dalla cucina. Voleva andarsene lontano, voleva non dover esser costretto un'altra volta a specchiarsi nello sguardo di lei. 
"Ali, Rudi, scusate ma, vorrei andare a dormire anche io. Buonanotte."
E anche lei si era alzata dalla sedia, di scatto. Voleva andare in camera sua. Dimenticare quella serata troppo piena. 
Troppo forti le parole di lui. Troppo forti, per lei che ancora lo amava. Troppo forti e sincere, per lei che aveva avuto il coraggio di mentirgli.
"Amore, che dici?"
Alice guardava verso l'ingresso della cucina, investigativa. Rudi, con la stessa espressione, era rimasto colpito dalle parole del fratello. Anche lui, aveva capito a cosa si riferisse, quando parlava di non avere paura. Non scappare. 
"Che dico? Dico che.. Infondo mio fratello e tua sorella...."
"Beh, si. Questo si era visto.. Insomma, l'aria è sempre così tesa quando sono assieme nella stessa stanza. Infondo, non hanno ancora dimenticato di essersi amati. Anche se per Marco ora, c'è Maya."
"Si, però pure tua sorella col francesino amore, c'ha dato dentro!"
Lui aveva riso divertito. Smise, non appena vide la faccia di lei, seria.
"Ok, scusa.. Però dai amore, non pensiamoci, eh? La vita è la loro! Che diritto abbiamo noi di intrometterci? Che dici? Andiamo a dormire?"
Alice aveva sospirato, annuendo in silenzio. Rudi, non sapeva. Lui, non sapeva la verità di Eva. Alice, non gli e l'aveva detto. Non lo trovava giusto, nei confronti della sorella maggiore. 
Sorrise, avvicinandosi piano al volto di lui. Sfiorò piano le sue labbra, perdendosi in quel bacio formato da due sorrisi innamorati. Quello di lui, ed il suo. 
Andarono a dormire, salendo piano le scale. Un altro bacio, furtivo, per poi chiudersi nella propria stanza, sorridendo. 
Alice, con la schiena appoggiata alla porta, uno sguardo sognante, innamorato. Gli occhi rivolti al soffitto.
"Beh? Per quanto hai ancora intenzione di rimanere sulla porta?"
Venne risvegliata da Eva, sdraiata nel suo letto, con un libro tra le mani. Sorrideva, sfogliando il libro, attendendo che la sorella si mettesse vicino a lei. 
Alice aveva sorriso, divertita, per poi andare a sedersi accanto alla sorella, quasi correndole incontro. 
Era felice, lo era davvero.
Eva lasciò il libro, per poi sedersi a gambe incrociate vicino alla sorella.
E passarono la notte a parlare. A raccontarsi. A ridere assieme. 
Alice, contenta di poter condividere la sua gioia, assieme alla sorella. Eva, felice di ascoltare la felicità della sorella che, da come aveva detto lei stessa più volte in quella notta, stava vivendo un sogno ad occhi aperti.
 
Il tempo passava. E la maturità, si avvicinava. Giugno, era ormai arrivato. Il caldo, era sempre più forte. Le giornate ormai lunghe. 
Da quella notte, erano passate due settimane. Il tempo volava, e portava con se il vecchio, per far posto al nuovo.
Lucia e Stefania, in libreria, non vedevano l'ora di poter chiudere per godersi quelle settimane di ferie, di meritato riposo.
Giulio, Cesare ed Ezio, sempre in bottiglieria. Ezio, non lavorava mai. Passava il più delle sue giornate, assieme a Walter. Quel figlio che gli era mancato tanto in quei mesi. 
Diego, aveva finalmente conosciuto Walter. Era contento. Walter, al contrario, non sopportava quel ragazzo che, in un certo senso, si era "fregato" i suoi genitori, come continuava a dire a Marco, che lo ascoltava ogni volta ridendo. 
Marco, poteva finalmente passare tutto il suo tempo con Marta, sua figlia. In quelle due settimane, assieme, avevano fatto di tutto. Avevano recuperato il tempo perduto. Quei momenti padre-figlia, troppo importanti per rinunciarvi. 
Passavano le giornate in spiaggia, sotto l'ombrellone, a costruire castelli di sabbia. Oppure in acqua, assieme, divertendosi come due matti. Lui, quasi più bambino di sua figlia. Poi, al parco, a giocare sullo scivolo, o sul gonfiabile che Marta amava tanto. 
A casa, non c'èrano quasi mai. E ad Eva, andava bene così. Meno lo vedeva, e meglio stava. Dopo quella notte, non si erano più quasi rivolti la parola. Lui entrava in una stanza, e lei contemporaneamente usciva. Si erano evitati, accuratamente. Il ricordo di quella notte, e delle parole usate da lui, era ancora troppo forte nelle menti di entrambi. 
Eva, aveva deciso di accettare il lavoro che le aveva offerto la Zavattini, firmando il contratto a tempo indeterminato che aveva preso qualche giorno prima, dall'ufficio dell' "arpia", come amava chiamarla lei.
Scriveva articoli quasi tutto il giorno. E il suo tempo libero, lo passava con Marta, quando non era con Marco. 
Maya, per una settimana intera, non mise piede in casa Cesaroni. Tutti, si chiedevano il perchè. 
Eva e Marco che, invece sapevano, no. Lui passava tutto il suo tempo con Marta. 
Quel giorno, era appena ritornato assieme a sua figlia dal parco. 
E l'aveva vista sola, in soggiorno, seduta al tavolo da pranzo, ad aspettarlo. 
Lui, era rimasto immobile. Abbassò lo sguardo, chiedendo a Mimmo se potesse stare per qualche minuto con Marta. 
Dopo la notte in cui lei se ne andò, non si erano più sentiti. 
E allora lei si avvicinò a lui, piano. 
"Mi dispiace Marco. Ti prego, perdonami. Non so cosa mi sia preso. Questa settimana senza di te, è stata un vero inferno per me. Mi manchi. Sono una stupida, ti prego perdonami."
E allora lui sorrise. E allora lui, finse di sorridere. E allora lui, si aggrappò un'altra volta a lei. E allora lui, decise di continuare a mentire a se stesso, e a tutti. 
Stava male. Ma non voleva far insospettire nessuno. Ricordava la conversazione avuta con suo padre, un paio di giorni prima, in mansarda.
"Ma niente niente non è che Maya non c'è perchè tu ed Eva.."
"No papà. Basta con sta storia! Ti ho detto di no! Tra me ed Eva è finita mesi fa! Come te lo devo dire?"
E aveva mentito anche a suo padre. Come stava mentendo a lei, in quel momento. 
Doveva salvare le apparenze. Doveva tranquillizzare suo padre. Doveva esser forte.
E allora, lui, l'aveva baciata. L'aveva stretta a lui, cercando di autoconvincersi che fosse la cosa giusta da fare. 
Eva, che entrò in quel momento dalla porta d'ingresso, vide la scena. Rimase pochi attimi immobile, per poi prendere e salire le scale velocemente. Quell'immagine, l'aveva fatta male. Non l'aveva più vista, Maya. E se anche con lui non aveva parlato tutta la settimana, l'immagine di lei, abbracciata a lui, l'aveva in'evitabilmente colpita, quasi affondandola.
E allora Maya, tornò in quella casa. Di nuovo in mansarda, di nuovo assieme a lui. 
Per spiegare la situazione, avevano semplicemente detto a tutti: "Scusate, a voi non capita mai di litigare?"
E quella risposta, bastò.

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Eeccomi di nuovo qui! :D
Chiedo umilmente scusa per il ritardo, ma sapete, ho avuto un po' da fare. -.-"
Aallora: Qui, sono passate due settimane dalla notte in cui Rudi e Alice, vennero beccati dai fratelli in cucina. :D
Maya, come vedete, non si è tolta dalle scatole. -.-" -mi serve! xD -
Eva e Marco, non si sono quasi più parlati. 
Capitolo non molto importante, insomma. Anticipo che però nel prossimo, qualcosa accadrà - non dico cosa! xD -
Ancora grazie a tutti! ** 
Aprofitto per augurare a tutti voi un felice e sereno Natale,di cuore! <3 
Un bacio,

Chiara. <3

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Capitolo 11
*** Ad occhi aperti ***


Tarda sera. La casa deserta, silenziosa. 
Marco, in mansarda, solo. La chitarrà tra le braccia. Sfiorava piano le corde, con la penna in bocca, e il moleskine sotto gli occhi. 
Aveva buttato giù dei versi. Gli piacevano. Era soddisfatto di quello che era riuscito a comporre, dopo mesi che non riusciva a scriver niente.
 
Ogni tanto penso ancora a te
Quasi sempre quando non c'è lei
Poi sto male non sai quanto
Ti vorrei
 
Ogni tanto non penso che a te
Lei diventa tutto non ci sei
E' così perfetto siamo
Solo noi
 
Aveva iniziato a canticchiare piano. Sorridente. Quei versi, quella musica, lo entusiasmavano. Aveva scritto tutto d'un fiato. Era quello che sentiva. Era quello che dentro, non gli lasciava pace. 
Pensava ancora a lei. Lo sapeva, lo sentiva. Gli bastava vederla, per sentire l'irrefrenabile voglia di baciarla, senza fiato.
Lo sguardo perso. Troppo preso dalla musica, nemmeno aveva sentito dei passi diretti verso la mansarda. 
Si girò di scatto verso l'ingresso, spaventato. 
"Scusa, non volevo spaventarti.. Posso?"
Lei, che con un sorriso, aveva chiesto il permesso di entrare, guardandolo. E lui, era rimasto immobile. Sentì solo il cuore accellerare di colpo nel petto, ed un sorriso disegnarsi sul suo volto. 
"Certo.."
E allora lei, entrò. Chiuse la porta alle sue spalle, piano. 
Si avvicinò a lui, piano, sorridendo. Lui appoggiò la chitarra sul letto, guardandola. 
Era rimasto sorpreso del fatto che lei, si trovasse li con lui, in quel momento. Non si erano più quasi rivolti la parola, per due settimane. 
"E' la tua nuova canzone?"
"Si, o quasi.."
"Come quasi?"
Lei l'aveva guardato curiosa, sorridente. E lui, si era perso un'altra volta in quella visione. Lei, bella. Seduta vicino a lui, sul letto. 
Un vestitino rosso, corto, per niente attillato. Si risvegliò, scuotendo la testa, tornando serio.
"E' che.. E' qualche mese che non riesco a scriver niente.. Poi però all'improvviso stasera, è venuto tutto fuori. Forse è vero che quando ci si tiene dentro qualcosa per troppo tempo, poi è difficile tirarla fuori.."
Si era alzato dal letto, dirigendosi verso la scrivania. Non poteva star così vicino a lei. Non poteva starle ancora così vicino, facendo del male a se stesso. 
"A volte succede perchè.. Si ha semplicemente paura delle conseguenze."
Lui l'aveva guardata curioso, aspettando che lei continuasse. 
"Spesso si fatica a dire la verità perchè si ha paura di far soffrire qualcuno. E allora così, teniamo tutto dentro, facendo del male a noi stessi. Mentiamo, continuando a farlo perchè crediamo che sia la cosa giusta da fare. Ma in realtà nel profondo di noi stessi.. Sappiamo che è la verita, ciò di cui abbiamo bisogno."
Lui l'aveva ascoltata in silenzio, affascinato. Era sempre bello sentirla parlare. Era sempre qualcosa di meraviglioso, sapere quali fossero i suoi pensieri, le sue riflessioni.
Lei che lo guardava. Un mezzo sorriso, sul suo volto. 
Lui con le braccia incrociate, appoggiato alla scrivania. Sorrideva, guardandola.
"Parli come se avessi un segreto inconfessabile che ti tormenta!"
Aveva riso divertito, guardandola. Smise di ridere, non appena vide l'espressione di lei, seria, quasi triste. Si alzò dal letto, avvicinandosi piano a lui. E lui, era rimasto ancora una volta sorpreso dai gesti di lei. A pochi passi da lui. Lo sguardo basso, le mani a torturare l'anello d'argento al suo medio. Era nervosa. Lui, la conosceva. Rimase distante.
"In effetti.. E' così, Marco."
Secca, decisa, aveva alzato lo sguardo verso di lui, incontrando i suoi occhi. E lui, era rimasto un'altra volta fermo. La bocca socchiusa. Non sapeva cosa dire. 
"Eva, che vuoi dire..?"
Incerto, aveva faticato a parlare. Lei abbassò lo sguardo, sospirando.
Un attimo di silenzio, prima di tornare a guardarlo, triste.
"Marco io ti amo."
Fermo, immobile, esterrefatto. La bocca socchiusa, la fronte corrucciata. Il cuore che ha perso un battito, per poi riiniziare a battere più forte di prima. Il respiro andato. Lo stomaco contorto in una morsa. 
"Ti amo ancora Marco. Ti amo, e forse non ho mai smesso di amarti."
Lei con gli occhi lucidi, davanti a lui. Lui incredulo, non riusciva a credere di averla davanti ai suoi occhi, in tutto il suo splendore. Non credeva possibile che lei un giorno, potesse ancora dedicargli quelle due paroline. Non ci credeva. 
"Jean è stato un errore. Ho sbagliato. Va bene? Ho sbagliato! Mi dispiace! Ma ero ancora arrabbiata con te per quello che mi avevi fatto."
Lei, in lacrime davanti a lui. Una stretta, una morsa al cuore. Lei, aveva ammesso di aver sbagliato. Aveva ammesso le sue colpe. Quante volte in tutti quei mesi, avrebbe desiderato che lei gli dicesse tutto questo? Ancora il ricordo della sua "cazzata", del suo errore. Abbassò lo sguardo, incassando il colpo. Il primo a sbagliare, era stato lui.
"E.. Mi sono lasciata andare! E ti chiedo scusa!"
Piangeva, Eva. Lui aveva respinto a fatica l'impulso di correre ad abbracciarla. Stringerla. Non sopportava di vederla in lacrime. Ogni sua lacrima, per lui, era una pugnalata al cuore. Stava male, lei. E ora, anche lui. Non riusciva a dire niente. Ne una parola. A parlare, era solo lei, in lacrime.
"Perchè.. Perchè non facevo altro che pensare a.. A te! E a tutto quello che io avevo buttato! E così, ho mollato tutto. Ho mollato Parigi, ho mollato il lavoro, ho mollato lui e sono qui Marco, sono qui!"
Lei, in lacrime, avanza piano verso di lui, guardandolo. E lui rimane immobile. Aspettando che lei, si avvicini. Il respiro affannato. Il cuore che non accenna minimamente a fermarsi.
"Sono qui per te. Perchè è con te che voglio stare Marco. Non è finita tra noi. Lo sai anche tu, che non è finita tra noi. Non è finita Marco.."
Lei, aveva abbassato lo sguardo. Le lacrime che scendevano sul suo viso. Si avvicinò piano a lui. E lui, era rimasto immobile, fermo, incapace di dire e fare niente. Aveva ascoltato ogni sua singola parola. Aveva ripensato ad ogni singolo attimo. 
Sentì le mani di lei, appoggiate sul suo petto. Un brivido. Un brivido, che pervase tutto il suo corpo. 
Lei si era alzata piano sulle punte, avvicinando il suo volto a quello di lui. Gli occhi socchiusi. Sentì il respiro di lei, sulle sue labbra. Poi, un tocco leggero, appena accennato. Le sue labbra, appoggiate a quelle di lei. Un attimo, pochi secondi. Lei aprì gli occhi, allontanandosi. Lo sguardo basso. Lui ancora con gli occhi chiusi, fermo. Lei si allontanò a passi svelti, verso l'uscita. Non doveva farlo. Non avrebbe dovuto baciarlo. 
Lui si risvegliò, guardandola. Chiuse forte gli occhi, abbassando lo sguardo. E poi si lasciò andare. 
Lei che aveva aperto la porta, per andarsene. Lui, che avanza verso di lei, deciso. Un braccio a spingere la porta, richiudendola. 
Lei che lo guarda stupita, quasi spaventata, con le lacrime agli occhi. 
Imprigionata tra le sue braccia, il suo corpo a sfiorare appena quello di lui. 
Questa volta, era stato lui a baciare lei. Lei, con la schiena completamente appoggiata alla porta. Le braccia al collo di lui, a stringerlo forte. 
Lui, con le mani sulla vita di lei. Uniti da un bacio, stretti in un abbraccio. I corpi che si sfiorano. Dopo tempo, passato lontani, a sognare ogni attimo di quel momento che li stava vedendo protagonisti. E non c'èra nessuno. Esistevano solo loro. Niente genitori impiccioni, niente fratelli. Nessun Jean. E tanto meno nessuna Maya. Ma solo loro, uniti in quel bacio appassionato, testimone del loro amore mai finito. 
Non c'èra nessuna Parigi. Nessuna scelta sbagliata. Ma solo loro, in quella stanza che una volta era la loro. 
Le mani di lei tra i capelli di lui. Le mani di lui a stringere la vita di lei. Un movimento rapido, deciso. Si staccarono assieme dalla porta, camminando a tentoni verso il letto. E stava succedendo. Ancora nessuno dei due, era capace di credere che tutto quello che stava succedendo, era realtà. Caduti sul letto, ancora abbracciati. Le labbra ancora unite, le mani che dolcemente si sfioravano. 
Le mani di lei, a sbottonare la camicia di lui. Per poi lanciarla via, lontano. 
Il vestito di lei, sparito. Le mani di lui sul corpo di lei, capaci di farla rabbrividire. Quel brividi caldi, che solo lui, con il suo tocco, era capace di trasmetterle. Lei, che accarezzava la schiena di lui, sopraffatta da quelle emozioni che la stavano invadendo dopo tempo. E lui, era li, con lei. Lui, ancora non ci credeva. Era tutto perfetto, era tutto come aveva sempre desiderato da mesi. 
Si stavano amando, con passione, con dolcezza. Avevano passato mesi a sognare quel momento. Avevano passato mesi, a credere che, tutto quello che stavano vivendo in quel momento, non sarebbe accaduto più. 
Un bacio, un altro ancora, e un'altro bacio ancora. E lui, stava bene. Dopo tempo, si sentiva di nuovo bene. Si sentiva suo, si sentiva desiderato, amato. 
Una luce bianca, forte, ad annebbiare il corpo di lei. Il respiro affannato. Avvolto dal buio della stanza, si mise a sedere nel letto. La fronte corrucciata, sudata. Si guardò attorno, spaventato. E affianco a lui, vide solo Maya, addormentata. Lei, non c'èra. Eva, accanto a lui, non c'èra. Chiuse gli occhi. E aveva capito. Era stato solo un sogno. Sembrava reale, sembrava vero. Eppure, era solo un semplicissimo sogno. 
Aveva sognato di amarla, di nuovo. Aveva sognato di loro, un'altra volta assieme, a fare l'amore. 
Scosse la testa, sospirando, cercando di calmarsi. Non voleva svegliare Maya. Non voleva dover spiegarle quel suo in'aspettato risveglio.
Guardò la sveglia sul comodino, che segnava le due e mezza. Era ancora notte fonda. 
"Doveva succedere, Marco. Prima o poi, sarebbe successo. Eppure, erano mesi che non mi capitava. Non avevo più sognato di lei. Almeno, non in quel modo. Non avevo più sognato di amarla. Può un sogno, sembrare così dannatamente reale? Può un sogno, portarti in paradiso per pochi attimi, per poi farti precipitare nell'inferno più doloroso ad ogni tuo risveglio? Si, può. 
Ne ho la prova, ne ho la conferma. Un semplice sogno, può trasmettere tutto questo. Gioia, allegria, tristezza. Può controllarti, può portarti in universi alterni in cui il mondo reale, quello che ti circonda, non esiste. Com'è che diceva quella canzone? "I sogni son desideri, di felicità."
E se fosse vero? Se questo sogno fosse semplicemente dettato dalla voglia di riaverla mia, anche solo per un attimo? Dovrei smetterla di pensare a lei. Ma non ci riesco. Non ce la faccio. Maya, che dorme accanto a me. Nemmeno immagini quanto io mi senta in colpa verso di te, Maya. Mi sento in colpa nel pensare che, da quando c'è di nuovo Eva nella mia testa, io non ho nemmeno più la forza di toccarti. Amarti. 
Non ce la faccio. Perchè è lei che vorrei amare. E' lei che vorrei qui, ora, accanto a me. E' lei, che sogno, Maya. Non te. Di te, non ho mai sognato. Nessun'altra donna, ha avuto il potere di manovrare i miei sogni. C'è riuscita sempre e solo lei. 
E mi sento uno stupido a pensare che io, per un attimo, avevo sentito la sensazione della sua pelle nuda sotto le mie dita. Avevo davvero sentito il sapore delle sue labbra, unite dolcemente alle mie. Ma è stata sono una dolce illusione. 
E pensare che nemmeno ci parliamo io e te, Eva. Poche parole, dettate dalle circostanze. "Buongiorno" "Ciao" "Marta?"
Questi sono più o meno i vocaboli che usiamo io e te, da qualche giorno. Ormai due settimane. 
E il perchè, non lo so. E come uno stupido che ancora ha paura di te, non ho il coraggio di chiederti il motivo di questo tuo silenzio nei miei confronti. Certo, sei impegnata, hai da fare. Passi quasi tutta la tua giornata in quella redazione, a lavorare. Poi torni a casa, il più del tuo tempo lo passi a scrivere articoli, in camera tua. Ti vedo giocare con Marta. E ti vedo sorridere, ti vedo felice, come non ti ho più vista nei miei confronti. L'altra sera, ti sei addormentata sul divano. Eri stanca, e sei crollata assieme a nostra figlia, tra le tue braccia. 
Vi ho viste per caso. E sono rimasto a guardarvi dormire, in silenzio, quasi contemplandovi nella pen'ombra del salotto. Vi ho coperte. Ho lasciato un bacio sulla fronte di Marta, e a te una carezza sul viso. Proprio come ho fatto quella mattina in cui mi risvegliai per primo, dopo che assieme, la notte prima ci eravamo addormentati sul divano, vicini, abbracciati. Quando ancora aspettavi nostra figlia. 
Quando ancora tra noi, bruciava quell'amore intenso che ancora oggi mi unisce a te, Eva. Tu invece a differenza mia, sei stata forte. Sei riuscita ad andare avanti. Sei riuscita a dimenticare la nostra storia, il nostro amore. Le parole che ci siamo sussurrati a vicenda, innamorati. I nostri momenti, i nostri attimi. Le lacrime che hai versato per me. Per noi. 
E vorrei esser forte anche io. Vorrei anche io prendere la nostra storia, accartocciarla, e buttarla fuori, lontano da me, per smettere di riviverla in ogni attimo della mia vita, come sta accadendo ormai da qualche giorno. 
E' come se tu, non mi volessi lasciare in pace. Tormenti i miei sogni. Ed io, proprio non riesco a guardare avanti, dimenticando di averti amata più di me stesso, Eva."
Le mani sul viso, triste. Si scosta le coperte di dosso, per alzarsi piano dal letto, facendo attenzione a non svegliare lei, addormentata.
Doveva uscire da quella stanza. Prese il moleskine, una penna, e la chitarra. Aveva bisogno di scrivere. Aveva bisogno di esternare tutto quello che aveva dentro. Sentiva qualcosa, dentro al petto, alla bocca dello stomaco. Qualcosa che voleva uscire. Voleva prender vita.
Un ultimo sguardo a Maya addormentata, prima di richiudere la porta alle sue spalle, e scendere il soggiorno.
Avvolto dal buio, camminava piano avvicinandosi all'interruttore, per accendere la luce. 
Si avvicinò al divano, lentamente. Si sedette li, ripensando al sogno di poco prima. Gli occhi chiusi, la bocca socchiusa. 
Riaprì gli occhi scuotendo la testa. E poi un sorriso. L'immagine di loro assieme, ad amarsi, come solo loro avvolti dal loro amore, erano capaci di fare. Andando in un mondo parallelo. Un universo sconosciuto a tutti. 
C'èrano solo loro. E niente e nessun altro. 
Sfogliava il moleskine, cercando l'appunto che si era scritto qualche giorno prima. Sorrise scorrendo le parole col dito, come a voler imprimerne il significato dentro se stesso.
Era un semplice abbozzo. Ancora troppo lontano dall'esser una canzone finita. 
 
Ogni tanto penso ancora a te
Quasi sempre quando non c'è lei
Poi sto male te lo giuro
Non vorrei
 
"Ed è vero. Io ogni tanto Eva, penso ancora a te. Penso a quello che una volta, eri per me. Che volevi esser per me. Penso a quanto ci siamo amati. Penso a tutto quello che abbiamo passato assieme, in questi sette anni. I nostri momenti, da fidanzati, da amici, da fratellastri. Noi da genitori. Tutto quanto, tutto quello che abbiamo vissuto nella nostra storia. Già, io ancora la definisco nostra. Ma ormai, è solo la mia. 
Tu sei andata avanti. Ci sei riuscita. Hai smesso di amarmi, e di vedere me nei tuoi occhi ad ogni tuo risveglio. Sei stata forte. Con nostra figlia, in questi mesi a Parigi, con lui, Jean. 
Non l'ho mai visto. Non ce n'è mai stata l'occasione. E sai che ti dico? E' meglio così. Perchè non voglio farmi ancora una volta del male, vedendo quello che tu hai scelto al posto di me. Non voglio passare poi la giornata intera a confrontare me con lui, chiedendomi continuamente cos'avesse lui che io invece non avevo. 
Sei stata tu, a lasciare me. Facendomi male, obbligandomi ad abbandonare in un certo senso mia figlia con un altro uomo che, in un certo senso, sarebbe diventato suo padre. 
E quasi sempre, quando non c'è Maya, tu sei nei miei pensieri. Anzi, tolgo quel quasi, perchè ci sei sempre. Giorno, notte, ad ogni mio risveglio. L'ultima persona alla quale penso prima di addormentarmi, assieme a Marta, sei tu. E se anche cercavo di nasconderlo a me stesso convincendomi di amare Maya.. Beh, non è così. E' sempre stato così.
Ti vedo girare per casa come un tempo. In cucina al mattino, prima di uscire ed andare al lavoro. Sulle scale, al piano di sopra. Oppure ti vedo uscire dal bagno, come accadeva qualche anno fa. Quando ancora io e te, eravamo dei ragazzini. 
Seduti vicini al mattino, ai nostri soliti posti. A volte capita di sfiorarti. Di sentire per un piccolissimo attimo la tua mano appoggiata alla mia. 
Tutto questo, per stare male. Per farmi star male, e ricordarmi ancora una volta che tu, non sei più mia. 
E vorrei non fosse così. Vorrei poter tornare indietro, a quando io e te eravamo ancora felici assieme. Vorrei trovare il modo per cancellare tutti gli sbagli, gli errori che ho commesso in passato. Londra, mio padre, Alex. Se io non fossi stato codardo quella volta, non ci sarebbe stato mai nessun Alex. Tu, Eva, saresti stata solo mia. E io solo tuo. 
Non immagini nemmeno quanto io ancora mi senta in colpa, quanto ancora io mi senta una merda nel pensare che, a far tutto, a rovinare tutto, e a portarci fino a qui, sono stato io. Io, soltanto io. Quell'errore che ancora mi tormenta nei momenti di solitudine rivolti a te.
Quello sbaglio. Quell'errore di un pomeriggio di inizio Primavera. 
Un idiota, un coglione. Ecco cosa sono stato."
 
Ogni tanto non penso che a te
Lei diventa tutto non ci sei
E' così perfetto siamo
Solo noi
 
"E' a te che penso. E Maya non c'è. Sta diventando tutto, Eva. Sta occupando il posto che vorrei occupassi ancora una volta tu.
C'èravamo solo io e lei. E tu, non c'èri. Non eri presente, non eri ancora tornata in questa casa assieme a nostra figlia. 
Lei mi aveva convinto ad anadare avanti. Era riuscita a farmi dimenticare di te per un po' di tempo. Era riuscita a farmi dimenticare del dolore pulsante che albergava dentro me, non lasciandomi tregua. Tu, non c'èri.
E ora, ci sei. Ci sei ancora, ci sei sempre stata."
 
Ti prego vai via
Non serve lo sai
Quel che c'è stato
Non tornerà
 
"E vorrei dirtelo. Come lo sto dicendo ora a me stesso, Eva. Vorrei chiderti di andartene. Di tornare a Parigi, alla tua vita. Da Jean.
Sai, una piccola parte di me si è illusa che tu, sia tornata qui per me. Si è illusa che tu, voglia ricominciare un'altra volta qui, con me. Noi, di nuovo assieme. 
Vorrei dirti che quello che ci ha unito, non tornerà. Che tutto quello che ci ha visti uniti, assieme, innamorati in questi anni, non tornerà. 
Che l'amore incondizionato che provo nei tuoi confronti, è finito. Ma non è così. Provare a convincere se stessi di qualcosa, quando invece si sa benissimo che non è la verità. E' un po' quello che sto facendo io. E' un po' quello che ho deciso di fare con Maya. E credimi, questo mi fa sentire ancora più stronzo di quanto non mi senta adesso."
 
Spiegami perchè
Tormenti i miei sogni
E non riesco più a
Guardare avanti
 
Spiegami perchè
Tutti i nostri sbagli
Da lontano sembrano
Bei ricordi
Spiegami perchè
 
 
 
Era sorridente, Marco. Aveva scritto tutto sul blocchetto. Non era ancora finita. Ma stava venendo bene. Gli piaceva. 
Era riuscito a racchiuderci dentro tutto quello che sentiva, che lo turbava e lo smuoveva, ancora una volta. 
Sempre lei. Sempre e solo lei, capace di trasmettergli tutto questo. Suscitare il dubbio, l'incertezza. Con un semplice sorriso, ed uno sguardo al mattino prima di uscire di casa.

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Cacchiarola, chiedo umilmente scusa a tutti per il ritardo! D:
Ma sapete, tra famiglia, feste, parenti, regali, panettoni e pandori, e cioccolate calde.. .. ** Non ho avuto tempo per collegarmi! D:
Coooooomunque, anyway.. 
Capitolo molto, ma molto intenso, come vi avevo promesso! :D - E ho detto tutto! (come direbbe il nostro amato Walter! ** ) - xD
Marco e i suoi sogni.. xD Eva qui, non si è vista molto.. - Ok, si è vista eccome! xD -
Ricordo che il nostro amato Marco, non sa la verità su Eva e quel Jean.. xD Eva, non cede. Alice e Rudi? **
E.. Maya. -.-" Veniamo a lei: Mi serve, non posso ancora liquidarla! D: 
Detto questo, ancora grazie, a TUUUTTI quanti! ** - Me semprepiù commossa! :') -
GRAZIE! :D
Ancora scusa, per il ritardo! D:
Presto, prestissimo, posterò il seguito che - deve ancora esser scritto! o.O -
Un bacione a tutti quanti,

Chiara. <3

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Capitolo 12
*** Spiegami perchè ***


Le strade affollate. Il pomeriggio troppo caldo, i finestrini abbassati per lasciar passare un po' d'aria. 
Aveva passato la giornata assieme a sua figlia, dopo che per via del lavoro, non aveva più potuto molto. 
Uscite di casa al mattimo presto, avevano lasciato un biglietto a Lucia, dicendo che sarebbero state via tutto il giorno assieme a Carlotta. 
Eva guidava ascoltando Carlotta parlare, accanto a lei. Marta, addormentata dietro, era crollata dopo la giornata a giocare assieme alla mamma che, in quei giorni, le era mancata davvero molto. Eva e Carlotta avevano deciso di passare la giornata assieme, con Marta. Negozi, shopping. Una pizza per pranzo, poi al parco giochi con Marta che saliva e scendeva contenta, sullo scivolo. 
Avevano riso, avevano giocato. E Marta, si era davvero divertita tanto con la mamma e la zia.
"Tesoro, capisco che si voglia prendere una pausa! Ma.. Io vorrei che lui riprendesse la sua passione. Voglio che lui quando si alza al mattino, abbia qualcosa da fare come ha fatto in questo anno e mezzo a New York!"
"Carlotta, stai tranquilla, dai. Infondo è solo un mese che siete qui, ed è normale cheWalter abbia deciso di prendersi questo periodo di pausa dai motori."
Eva sorrideva, cercando di tranquillizzare l'amica, svoltando a sinistra.
"Si, si, lo so, ma.."
"Tesoro, credimi, andrà tutto bene. Devi solo lasciargli i suoi spazi. Sai, anche io tempo fa ho fatto lo stesso errore.."
Un velo di tristezza nella voce, guardando un attimo l'amica, prima di tornare a guardare la strada. 
Carlotta che la guardava guidare accanto a lei, aveva capito a cosa si riferisse l'amica con quel "lasciargli i suoi spazi."
"Ti riferisci a Marco, vero?"
Eva aveva annuito silenziosamente, guardando la strada, portando la mano sul cambio.
"Si.. L'ho assillato così tanto due anni fa, quando lui voleva mollare la musica.. Avrei dovuto lasciargli i suoi spazi, invece. Non avrei dovuto esser invadente, e avrei dovuto capire che lui, in quel periodo, aveva solo bisogno di staccare, di riflettere lucidamente su quello che gli stava succedendo, in quel periodo che.. In'evitabilmente, ci ha allontanati."
Carlotta guardava l'amica, sorridendo tristemente. Aveva capito a cosa lei si riferisse, un'altra volta. 
"Eva?"
"Mmh?"
"Pensi che se tu ti fossi comportata diversamente, tutto questo non sarebbe mai successo?"
Eva, la guardò un attimo, prima di tornare a guardare la strada. Carlotta, continuò.
"Tesoro.. Non è colpa tua. Non so quante volte io te l'abbia ripetuto in questi mesi. So che ti senti in colpa, e so che stai pensando che, se tu potessi tornare indietro, non rifaresti gli stessi errori. Ma non puoi. Tu hai sbagliato, è vero. Ma hai sbagliato per lui. Per fare in modo che lui possa inseguire il suo sogno. Tu, non l'hai lasciato quella notte perchè non lo amavi. Ma perchè al contrario, lo amavi più di te stessa! So che potrebbe sembrarti ripetitivo, da parte mia, ma.. Tesoro, gli devi dire la verità."
Eva, che continuava a guardare la strada, in silenzio. Gli occhi velati di un sottile velo di lacrime. Carlotta le stringe la mano sul cambio, sorridendo dolcemente verso l'amica. Sapeva quanto stesse soffrendo. Sapeva bene che, lei, soffrisse ancora per quella scelta fatta per lui, e non per se stessa. La conosceva, e sapeva che, Eva, non era mai stata egoista. Sempre pronta ad aiutare gli altri, in difficoltà. Una ragazza che si è sempre fatta in quattro, per le persone che ama. Riusciva sempre a sacrificare il bene di se stessa, per vedere sorridere gli altri. Per far del bene alle persone che le stavano attorno. Carlotta sapeva quanto lei, ancora amasse Marco. E ricordava tutto, in quel momento. Come flash, davanti ai suoi occhi, uno ad uno si susseguivano i momenti in cui l'amica, si era sacrificata per lei. Le volte in cui era costretta assieme a Marco a far da palo a Pivian. I pomeriggi passati assieme a lei, invece di passarli con Marco. 
Sorrise, ricordando il giorno del loro mesiversario. Avevano discusso, lei ed Eva. E poi, si era ritrovata un'altra volta ad esser costretta a chiedere il suo aiuto. Pivian, Walter, la casa sul Tevere e il loro appuntamento. 
Aveva chiamato Eva, quel pomeriggio. E l'aveva pregata di venire assieme a Marco alla casa sul Tevere, per fermare Walter. 
Aveva programmato poi di lasciar loro le chiavi nella pianta all'ingresso, sopra ad un biglietto. 
"Scusami ancora, di tutto! In frigo c'è lo schampagnè, siete ancora in tempo per godervi il vostro mesiversario! Baci, Carlotta"
Sorrise ricordando quel momento, attirando l'attenzione di Eva, ancora intenta a guidare.
"Perchè ridi?"
"No, è che.. Stavo pensando a quella volta del mesiversario.. Tuo e di Marco.."
Eva sorrise leggermente, ricordando quel giorno. Il pomeriggio passato assieme, prima sul solito muretto ad Ostia. Il vento che le scompigliava i capelli. Il sorriso di lui, dolce, i continui baci. E poi il brindisi, proposto da lui.
"A che brindiamo?"
"Come a che brindiamo, Marco?"
"All'amore, alla felicità, ai tuoi occhi, alle tue labbra.."
Sorrise, zittendolo con una mano sulle labbra. 
"A noi. Brindiamo a noi."
Un sorriso, e poi un bacio, un altro ancora.
Si risvegliò guardando la strada, prima di sorridere guardando Carlotta.
Ogni tanto, di notte, si ritrovava a guardare il soffitto, in silenzio, ricordando uno ad uno tutti quei momenti. Gli mancava, aveva bisogno di rivivere quei momenti che li avevano visti protagonisti solo qualche anno fa, in quella città. 
"No Carlotta, io, non posso."
"Ma si può sapere perchè ti ostini così tanto a tenergli nascosto che Jean non è mai esistito?!"
"Non urlare, che si sveglia Marta!"
"Scusa! Tesoro, dico davvero.. Hai idea di come tutto cambierebbe?"
"Non cambierebbe niente! Lo conosco, e inizierebbe ad odiarmi Carlotta!"
"Ma scusa, per una volta che sei tu a sbagliare?"
Eva, con lo sguardo sulla strada, gli occhi leggermente socchiusi dopo un respiro troppo proofondo. Si passa la lingua tra le labbra, mordicchiandosele.
"Appunto. Lui ha sbagliato, e io ho fatto lo stesso. Non posso tornare indietro Carlotta."
"Eva, prima o poi verrà a saperlo da solo. Non vuoi esser tu a dirglielo?"
"Io non gli dirò un bel niente! E giuro che se tu e Walter.."
"No, no, tranquilla.."
Carlotta aveva sorriso verso Eva, cercando di tranquillizzarla. La vedeva tesa, era sempre nervosa quando parlavano di "Jean". La capiva.
Eva con lo sguardo sulla strada, si girò un attimo verso Carlotta. Sorrise leggermente
"Grazie. Per tutto."
Un sorriso dolce da parte di Carlotta, un'altra stretta di mano, sul cambio. Erano amiche, e si volevano bene. Ne avevano passate tante assieme. Avevano passato quei mesi lontane, ma sempre e comunque in contatto.
L'una, non avrebbe saputo come fare senza l'altra. Era un'amicizia speciale, la loro. 
Si completavano a vicenda. Diverse, l'una l'opposto dell'altra. Una mora, l'altra bionda. Una alta, l'altra leggermente più bassa. 
Il giorno e la notte. Una istintiva, capace di prendere la vita così come viene, senza aver bisogno di star li a chiedersi se è la cosa giusta o meno. 
E l'altra, riflessiva, con il costante bisogno di riflettere, di pensare, di capire qual'è sempre la cosa giusta da fare, da dire. Quale sia il modo migliore per affrontare qualcosa.
Si confortavano, riuscivano con un sorriso a trasmettere all'altra la voglia di continuare a vivere. 
E mentre questi pensieri dolci vagavano per la mente di entrambe, in radio quasi distrattamente, passava quel vecchio successo della Pausini. Gran cantante, bellissima canzone. 
L'amicizia, qualcosa di estremamente importante. Qualcosa alla quale mai, si potrebbe rinunciare. L'amicizia è quel qualcosa che, riesce a portare un sorriso dopo che l'amore, ha lasciato una lacrima.
 
È facile allontanarsi sai 
Se come te anche lui ha i suoi guai 
Ma quando avrai bisogno sarà qui 
Un amico è così 
 
Non chiederà nè il come nè il perché 
Ti ascolterà e si baterà per te 
E poi tranquillo ti sorriderà 
Un amico è così 
 
E ricordati che finché tu vivrai 
Se un amico è con te non ti perderai 
In strade sbagliate percorse da chi 
Non ha nella vita un amico così 
 
Non ha bisogno di parole mai 
Con uno sguardo solo capirai 
Che dopo un no lui ti dirà di sì 
Un amico è così 
 
E ricordati che finché tu vorrai 
Per sempre al tuo fianco lo troverai 
Vicino a te mai stanco perché 
Un amico è la cosa più bella che c'è 
 
È come un grande amore, solo mascherato un po' 
Ma che si sente che c'è 
Nascosto tra le pieghe di un cuore che si dà 
E non si chiede perché 
 
Ma ricordati che finché tu vivrai 
Se un amico è con te non tradirlo mai 
Solo così scoprirai che 
Un amico è la cosa più bella che c'è 
 
E ricordati che finché tu vivrai 
Un amico è la cosa più vera che hai 
È il compagno del viaggio più grande che fai 
Un amico è qualcosa che non muore mai 
 
"Tesoro!"
Tardo pomeriggio. Casa Cesaroni quasi vuota. Eva fece il suo ingresso con Marta addormentata, in braccio, affiancata da Carlotta. Lucia le andò in contro, asciugandosi le mani con uno strofinaccio.
Eva sorrise alla madre, facendole cenno di non far rumore. Lucia sorrise, scusandosi, rientrando in cucina.
Sorrise un'altra volta verso la madre, prima di avviarsi sulle scale per raggiungere camera sua, e mettere sua figlia sul letto.
Carlotta dietro di lei, sorrideva accarezzando piano i capelli di Marta. 
Arrivarono al piano di sopra, entrando in camera, lasciando la porta appoggiata. 
Eva appoggiò delicatamente Marta sul letto, accarezzandola. 
Un sorriso dolce, materno, verso la figlia beatamente addormentata davanti a lei.
"E' stanchissima, poverina.."
Carlotta sorrise, accanto a lei, guardando verso Marta. La bocca leggermente socchiusa, il piccolo petto che si alza e si abbassa. La piccola manina chiusa a pugno, al lato del viso. 
Eva si abbassò, lasciandole un bacio, prima di sorridere assieme a Carlotta, uscendo silenziosamente dalla camera.
Richiuse piano la porta. Voltata di spalle, non aveva nemmeno visto Marco scendere con la chitarra in spalla, dalla scaletta che portava in mansarda.
"Ciao Carlotta!"
Marco sorrise salutando Carlotta, fermandosi a guardare Eva, voltata di spalle. I lunghi capelli sciolti, e una camicetta marrone, leggera. La riconobbe subito, lui. Sorrise, abbassando la testa, ricordando quel giorno in cui, l'aveva vista indossarla. 
Lo studio di Carlos, il fotografo. L'aveva portata via di peso, caricandosela sulla spalla. 
Lei che scalciava e urlava per le scale, insultandolo, implorandolo di metterla giù. 
E poi, ritrovarsi davanti a quella fontana in centro, a litigare.
Scosse la testa, risvegliandosi. Eva si voltò lentamente, avendo sentito la sua voce. Aveva chiuso forte gli occhi, rimanendo con la mano attaccata alla maniglia. Aveva visto con la coda dell'occhio Carlotta, sorridergli, alzando la mano in cenno di saluto. 
Si girò verso di lui, accennando un sorriso. Il cuore che perde un battito, la bocca che si socchiude leggermente. Eva, era rimasta ferma a guardarlo. Lui si avvicinò a lei, salutandola timidamente. Una mano in tasca, e l'altra sulla spalla, a sorreggere la chitarra. 
"Ciao, Eva.."
E lei, era stata in'evitabilmente percorsa da un brivido. Vicini. Lei, appoggiata alla porta della sua stanza, quasi cerca di tenersi distante, con lo sguardo e la testa bassi, per evitare di incontrare gli occhi di lui. Carlotta, che vicino a loro, aveva visto tutta la scena, sorrise divertita, abbassando lo sguardo. 
"Ciao Marco.."
E lui, aveva sorriso di più, guardandola. Abbassò un attimo lo sguardo, quasi imbarazzato, prima di rialzarlo verso di lei, che a stento, stava cercando di trattenere un sorriso partitole a razzo dal cuore.
"Ma Marta? Lucia mi ha detto che oggi, eravate fuori.."
"Si, visto che oggi avevo la giornata libera, ne ho approfittato per passare un po' di tempo con lei.."
Aveva evitato lo sguardo di lui, tenendo la testa bassa. Le mani appoggiate ancora alla porta della stanza, il cuore che ancora dentro al petto batte come un pazzo. I pensieri che si accavallano, si scavalcano per passare in primo piano. 
Era tempo che non vivevano uno di quei momenti. Quei momenti in cui, c'èrano solo loro. Carlotta, silenziosamente, li aveva lasciati soli, fingendo di andare al bagno. L'amica, che capisce sempre tutto.  
Non si erano più quasi parlati, Eva e Marco. Lei sempre impegnata, sempre a scrivere articoli su articoli, sommersa dal lavoro.
E lui, a casa, non c'èra quasi mai. Impegnato tra lo studio di registrazione, e le ultime pratiche burocratiche per il cd. 
Aveva ancora qualche pezzo da scrivere, ma non era preoccupato. In pochi giorni, era riuscito a riempire quel moleskine, con pensieri, parole, abbozzi. Aveva lasciato libero sfogo alle sue emozioni. Le sue emozioni che, ancora una volta, parlavano di lei. 
Si risvegliò, guardandola. Quanto era bella? Era l'unica cosa che riusciva a pensare. Lo stomaco che si contorceva in una morsa, il cuore impazzito, il sangue che circola più velocemente nelle vene, fino ad arrivare alla testa ed annebbiare tutti i sensi. 
"E.. Avete passato una bella giornata?"
Lei l'aveva guardato quasi stupita da quella domanda. Non se l'aspettava. Sorrise, guardandolo, cercando di sembrare tranquilla. Cercando di nascondere ancora una volta quella voglia irrefrenabile di perdersi nelle sue labbra. In un bacio, caldo. Un bacio innocente, leggero. 
Rimosse quel pensiero, scuotendo la testa, risvegliandosi, abbassando un'altra volta lo sguardo, evitando gli occhi di lui. 
"Si, si, certo, è stata una.. Bellissima giornata."
"Mi.. Fa piacere che tu sia riuscita a passare un po' di tempo con nostra figlia.."
Un attimo, un secondo. Il cuore che perde un altro battito, sentendolo pronunciare quelle due parole. Lo sapeva, certo. Eva, pensava giorno e notte al fatto che Marta, oltre che figlia sua, fosse anche figlia di lui. Un segno tangibile, indelebile, testimone di quanto si sono amati. 
Il regalo più grande che si erano fatti a vicenda, quella notte sulla scrivania, quattro anni prima. 
"Già, era un po' che non stavamo un po' da sole.."
Un sorriso, prima di tornare un'altra volta ad abbassare lo sguardo. Sembravano due bambini. Due adolescenti imbarazzati e insicuri, timidi.
Come quando a quindici anni ti piace qualcuno e, non sai come dirglielo. Oppure, te lo tieni per te, sperando che quell'altro non lo venga a sapere mai, perchè hai troppa paura di esser rifiutato. Hai troppa paura di sentire quel "no" uscire dalle sue labbra, e così te ne stai zitto, fermo ed immobile, davanti a lei o lui, godendo solo della sua vista, accanto a te. 
E allora lui, prese coraggio. La mano ancora stretta sopra la spalla, a sorreggere la chiratta. L'altra mano in tasca, sulla difensiva. Un lungo respiro, prima di alzare un'altra volta lo sguardo da terra, guardandola. Era troppo difficile per lui. Era troppo difficile per lui, non perdersi in quei laghi verdi che gli stavano davanti, quasi ipnotizzandolo. 
Si sentì in colpa, pensando poi a Maya. Lo sapeva, avrebbe dovuto trovare il modo di parlarle. Di dirle la verità, cercando di non ferirla. 
Ormai, aveva capito tutto, dentro se. Eva, lo smuoveva dentro. Era capace ancora dopo tempo, di fargli sentire le farfalle allo stomaco e i colibrì nella pancia. Riusciva a fargli battere il cuore con un sorriso, uno sguardo che poi riusciva sempre a mandarlo in palla. 
Riusciva a farlo tornare bambino. Riusciva a farlo tremare, rendendolo timido, quasi indifeso. E lui, amava sentirsi così. Uomo, ma alcontempo bambino. E anche lei, pensava lo stesso. Marco, la rendeva così. Sorridente, incredibilmente timida. Riusciva ancora dopo tempo a farla arrossire con un semplice sguardo. Un sorriso, che riusciva a farle perdere la testa, ogni volta. Il solito sfarfallio nello stomaco, quei brividi caldi, quella sensazione di benessere. Lo guardava ferma, cercando di sorridere, ancora appoggiata a quella porta, cercando di stargli lontana, cosciente del fatto che, la sua vicinanza, era pericolosa. 
Lui, strinse di più la mano alla spalliera della chitarra, cercando di sorridere, sembrando tranquillo.
"Sai, mi chiedevo se stasera ti andasse di venire al locale di Francesco, con Walter e Carlotta.."
Lei l'aveva guardato, accennando ad un sorriso. Lui aveva sospirato sollevato, sentendo quel peso sciogliersi dentro al petto. 
Ecco che però nella mente di lei, si fece largo Maya. Il ricordo di lei, che era riuscito a portarglielo via, in un certo senso. 
Una fitta al cuore e allo stomaco, ricordando che ora, c'èra anche lei. 
E allora sorrise, cercando di nascondere quel dolore pulsante che l'aveva colta, nel momento esatto in cui nella sua mente, si era fatta spazio lei. 
"Non lo so.. No.. Andate tu, Maya, Walter e Carlotta, e divertitevi.."
Aveva cercato di rifiutare il più gentilmente possibile, sorridendo leggermente. Rimase stupida dalla risposta di lui che, davanti a lei, teneva ancora stretta la mano alla spalliera della chitarra, cercando di darsi forza.
"Veramente.. Siamo solo io, Walter e Carlotta.. Maya è andata in America, ad Hardvard, a trovare un'amica credo.. Dai, ci sono anche Rudi e Alice.. E, mi hanno detto che stasera, Alice ha intenzione di raccontare tutto a Francesco. Non possiamo lasciare i nostri fratelli soli, quindi tu stasera vieni!"
Lei l'aveva guardato in silenzio, stupita, vedendolo sorridente avvicinarsi alle scale, di fretta. Non le aveva dato il tempo di obbiettare, ne di rispondere. L'aveva lasciata li, scendendo le scale di spalle, salutandola, dicendo che fosse di fretta.
"Ma, Marco!"
Aveva cercato di richiamarlo sulle scale, seguendolo con lo sguardo. Alzò gli occhi al cielo, preoccupata, agitata. Sbuffò nervosa, alzando la testa al cielo.
Non si aspettava di esser incastrata un'altra volta. Lui, ci riusciva bene. Ricordò di colpo la mattina di qualche settimana prima, quando lui era riuscito a convincerla a farsi dare un passaggio da lui, quasi trascinandola alla porta. Non era riuscita a dirgli di no. E nemmeno questa volta, ce l'aveva fatta.
Sorrise leggermente, scuotendo la testa, andando a sedersi sulla cassapanca vicino al bagno.
Avvicinò la testa alla porta, invitando Carlotta ad uscire.
"Puoi uscire, ora!"
In una frazione di secondo, Carlotta aveva aperto la porta, iniziando a saltellare. Eva aveva capito, guardandola. Sorrise, guardandola con finto rimprovero.
Carlotta che sorridente, agitava le braccia al cielo, quasi ballando, facendo ridere Eva, seduta sulla panca.
"Hai sentito tutto, vero?"
"Fino all'ultima parola tesoro!"
Risero assieme, sedendosi vicine. 
"Come mai tu e Walter non mi avete detto che stasera uscivate con lui?"
"Tesoro, veramente nemmeno io sapevo niente! Sicuramente lui e Walter avranno organizzato tutto senza consultare nessuno, come al solito!"
Carlotta, ancora sorridente, guardava verso Eva che, a sua volta, sorrideva guardandola. 
"Allora? Cosa ti metti per l'appuntamento?"
"Carlotta, non è un appuntamento!"
"Quello che è! Cosa ti metti stasera?"
"E che ne so?"
"Dai, sua altezza non c'è! E' perfetto! Così stasera troverai il momento per dirgli la verità!"
Eva alzò gli occhi al cielo, infastidita. 
"Sei peggio di un disco rotto! Ti ho detto che non gli dirò niente! E smettila di chiamarla sua altezza, potrebbe sentirti qualcuno!"
Carlotta rise divertita, guardandola. 
"E adesso perchè ridi?"
"Niente, niente.. Penso al fatto che stasera tu e lui vi ritroverete soli!"
"Non saremo soli, Carlotta!"
"Ma però vorresti!" 
Carlotta continuava a ridere, prendendola in giro, puntandole il dito contro. 
"La smetti di fare la scema, per un attimo?"
Eva l'aveva guardata sorridendo, invitandola a smettere. Carlotta sorrise, passandole un braccio attorno alle spalle, appoggiando la testa di lei sulla sua spalla. 
"E' che.. Prima.. Averlo davanti, vicino.. Ti giuro Carlotta, stavo impazzendo!"
"Ne sei innamorata, è normale.."
Eva aveva abbassato lo sguardo, con la testa appoggiata alla spalla dell'amica. Non aveva risposto, era rimasta in silenzio. 
"Ma.. Cos'è sta storia che tua sorella e Rudi stanno assieme?"
Carlotta aveva cercato di cambiare argomento, vedendo il viso triste di Eva. 
"Si, stanno assieme. E.. Pare che questa sera Alice, voglia finalmente dirlo a Francesco.."
"Ahia, non immagino cosa succederà stasera.."
"Spero per loro niente di grave. Non voglio che i miei fratelli soffrano.."
Un'occhiata veloce all'orologio da polso. Eva si alza dalla panca, guardando Carlotta.
"Che dici? Scendiamo giù in cucina, da mia madre?"
"Va bene, andiamo!"
Un sorriso, e poi giù per le scale, assieme. 
 
"C'è fammi capire, sua altezza è andata dove?"
Seduti in un bar in centro, Marco e Walter, con una birra davanti, parlavano, raccontandosi le ultime novità.
"Oh, ma la smetti di chiamarla sua altezza?"
"Si va beh, è andata dove?"
"Mi ha detto che è andata a trovare un'amica, che studia ad Hardvard."
Si portò il bicchiere alle labbra, bevendo un sorso.
"Semo sicuri che non è andata da un amico?"
Marco, con lo sguardo perso, nemmeno l'aveva ascoltato. Non faceva altro che pensare alla conversazione avuta poco prima con Eva, sulla porta della camera delle ragazze. Ok, non proprio conversazione. Ma più agli sguardi, ai sorrisi che si erano lanciati in silenzio. Quegli sguardi fugaci che li avevano uniti, dopo giorni che quasi non si erano rivolti la parola. 
Continuava a pensare al battito del suo cuore, impazzito, davanti a lei. Ripensava ai suoi occhi, alle sue labbra, al suo viso. Pensava a quel profumo di pesca dei capelli di lei, che l'aveva invaso non appena si era avvicinato alla porta per salutarla. 
Pensava ancora una volta al suo sorriso, dolce e amabile, che tanto era simile a quello di Marta, loro figlia. 
E ogni tanto, pensava a Maya, lontana, distante. Si sentiva leggermente sollevato. Era partita quella mattina, salutandolo con un bacio all'aeroporto. E nemmeno li, lui aveva sentito niente. 
E si sentiva in colpa. Non meritava di soffrire. Non meritava di star male, per lui che non l'amava e che, ora lo sapeva, mai l'aveva amata. Le voleva bene, ma non l'amava. E finalmente, dopo mesi, l'aveva capito. 
"Oh, Marco? Terra chiama Marco! Scendi dal pianeta Eva!"
Lui si risvegliò, scuotendo la testa, dopo aver sentito il nome di lei. 
Walter sorrise, prendendolo in giro.
"Aaaaaah, ma allora lo vedi che è sul pianeta Eva che stai, invece de sta qua con me?"
Marco aveva abbassato lo sguardo, evitando quello dell'amico, seduto difronte e lui, che lo guardava sorridente.
Non sapeva che dire. 
"Come va tra voi?"
Marco sospirò portandosi il bicchiere alle labbra. 
"Non lo so.. L'unica cosa che so, è che non posso continuare a mentire a Maya Walter.. Non lo merita."
"Allora stai ammettendo di esser ancora innamorato di Eva?"
Abbassò un'altra volta lo sguardo, in silenzio.
"A Marco, guarda che è chiaro come il sole! E poi, Maya è partita sta mattina, e tu mi sembri quasi.. Sollevato!"
Spalancò gli occhi, guardando verso Walter, che innocentemente, si era portato il bicchiere alle labbra. 
"Walter, io non lo so.. Tra me ed Eva, è finita mesi fa.. O ti devo ricordare Jean?"
Una fitta al cuore, nel nominare un'altra volta lui.
E Walter, non sapeva cosa fare. Si trovava un'altra volta tra due fuochi. Voleva rivedere i suoi amici, felici. Voleva rivedere il sorriso sul volto di Marco, ma si sentiva in colpa pensando ad Eva. Le voleva bene, tanto. Non poteva tradire la sua fiducia. 
Lui, sapeva la verità. Sapeva della verità nascosta di Eva. 
"Marco.. Non ti sto chiedendo di lui! Ti sto chiedendo: Tu la ami si, o la ami no?"
Esasperato, quasi con rabbia, pronunciò quella parolina che teneva dentro di se, e che in tutto quel tempo, non aveva avuto la forza di tirar fuori. Era da poco riuscito ad ammetterlo a se stesso. Perchè non ammetterlo all'amico?
"Si!"
Guardò verso Walter, per poi abbassare lo sguardo. La testa bassa, che guardava a destra e a sinistra. Non riusciva a credere di esser riuscito ad ammettere all'amico di esserne ancora innamorato. Di amarla. Di volerla ancora, tutta per se, come un tempo. Come diceva quella canzone di Eros, "Più bella cosa". 
Ricordava la mattinata passata alla casa discografica, dove l'aveva incontrato assieme al suo produttore. Una stretta di mano, emozionato. Ancora non riusciva a crederci. Gli avevano proposto di rifare alcune delle sue canzoni, ed inserirle nel suo disco. Accettò subito, entusiasta. 
Non l'aveva ancora detto a nessuno. Voleva fare una sorpresa, cantando la sera stessa al locale. 
Aveva capito che, lei e solo lei, era quella bella cosa, quell'emozione per sempre che, dentro lui, avrebbe sempre smosso anima, corpo e cuore. 
Walter, scoppiò in un applauso, facendo girare alcune persone sedute vicino a loro. 
"Era ora! Mo adesso mi dici che vuoi fare?"
"Walter, non voglio fare niente!" 
"Scusa, ma stasera al locale, c'è pure Eva, no?"
"Si, e allora?"
"Ma che te le devo dare tutte io le idee?"
Walter agitò un dito davanti al volto dell'amico, con aria saccente. 
Marco, che lo guardava con la fronte corrucciata, non aveva capito che cosa avesse in mente l'amico.
"Devi cantare.. E quindi, io direi che potresti cantare qualcosa che solo lei, potrebbe capire! Che ne so, tipo.. "Più bella cosa" de Ramazzotti!"
Marco spalancò gli occhi, incredulo. Possibile che l'amico, riuscisse a leggergli nel pensiero?
 
E la sera, arrivò. La cena passata in famiglia. Riuniti attorno al tavolo, a ridere, scherzare, parlare del più e del meno. 
Giulio che raccontava della sua giornata in bottiglieria, con Cesare ed Ezio che riuscivano sempre a far ridere tutti i presenti.
Stefania e Lucia che invece, raccontavano della loro giornata in librebria. Marta che giocava in braccioa Mimmo che, raccontava assieme a Matilde dell'interrogazione di storia. 
E Rudi e Alice, seduti vicini, che di tanto in tanto, guardavano l'orologio appeso al muro, ricordando che cosa li avrebbe attesi di li a poco. 
Avevano deciso di dire la verità a Francesco. Si stringevano le mani sotto al tavolo, cercando di infondersi quel coraggio che ad entrambi mancava. 
Nessuno aveva notato il loro silenzio. Solo Eva e Marco, seduti vicini di fronte a loro, avevano notato quell'aria persa di lui, e l'espressione preoccupata di lei. 
Eva aveva notato quei movimenti sotto al tavolo, così come Marco. Le sembrava di vedere lei, alla sua stessa età, quando qualche anno prima, lei e Marco avevano deciso di dire ai loro genitori della loro storia. 
Si alzò dal tavolo, chiedendo scusa, dirigendosi al piano di sopra. Ricordava ancora l'invito di lui, di qualche ora prima.
Salì di sopra, di corsa. Lui la guardò con la coda dell'occhio, alzarsi. Aspettò un po' prima di alzarsi. 
Eva, sotto la doccia, continuava a ripensare a qualche ora prima. 
Uscì velocemente, indossando l'accappatoio azzurro, aprendo la porta. La testa bassa. Nemmeno aveva visto Marco davanti a lei, vicino. Quasi si scontrano. 
"Oh, scusa!"
Eva alzò la testa di scatto, trovandoselo davanti. Si allontanò dalla porta, facendogli spazio per lasciarlo passare. 
E lui, si perse nella visione che aveva davanti. Lei. I capelli bagnati, scalza. Si fermò per pochi attimi, a guardare la spalla destra di lei, scoperta. Lei, davanti a lui. Un leggero colorito porpora sulle guance. Notò la sua spalla scoperta, e imbarazzata, la tirò su, cercando di allontanarsi da lui, rimasto immobile sulla porta a guardarla, in silenzio. Lei si voltò, dirigendosi verso la sua stanza, imbarazzata. 
Lui rimase ancora sulla porta, guardandola camminargli velocemente davanti. Non era riuscito a dire una parola. Scosse la testa, risvegliandosi, dopo aver sentito la porta della camera di lei richiudersi. Entrò velocemente in bagno, facendosi una doccia. 
Il profumo di pesca, a penetrargli prepotentemente nelle narici. Sorrise, ridendo di se stesso, per poi entrare velocemente nella doccia, lasciando cadere i vestiti a terra. 
 
"Posso?"
Carlottà entrò in camera delle ragazze, richiudendo la porta alle sue spalle. 
Vide Eva, davanti allo specchio. Una minigonna in jeans, corta fin sopra il ginocchio, attillata. E una canottiera bianca, abbastanza scollata. 
"Tesoro, sei bellissima!"
Si avvicinò a lei sorridendo, facendola sorridere.
"Grazie! Ma anche tu sei bellissima!"
Notò i pantaloncini in jeans molto corti, e i sandali col tacco non molto alto. Una maglietta a fascia rossa, attillata.
"Grazie, grazie, lo so!"
Entrambe fecero un paio di giri davanti allo specchio, per poi scoppiare a ridere divertite. 
"Walter?"
"E' giù che aspetta, c'è anche Marco!"
Eva smise di sorridere, ricordando l'imbarazzo che l'aveva travolta qualche minuto prima, nel ritrovarselo davanti dopo esser uscita dalla porta del bagno. 
"Ho detto qualcosa che non va?"
Eva scosse la testa, guardando il pavimento.
"No è che.. Prima, quando sono uscita dal bagno dopo la doccia, me lo son trovata davanti. Avevo addosso solo l'accappatoio, e la spalla scoperta.. Lui, l'ha guardata in silenzio.. Non sai che imbarazzo Carlotta!"
Carlotta scoppiò a ridere divertita, sedendosi sul letto. Eva la guardò male, per poi sorridere leggermente ricordando quel momento.
"E mi vorresti ancora dire che gli sei indifferente?"
"Non significa niente! E' solo che non si aspettava di trovarmi davanti alla porta del bagno, tutto qui.."
"Si, si, come no, e io sono cappuccetto rosso! Eva, scommetto un drink che adesso appena scenderai dalle scale, rimarrà imbambolato a guardarti come l'altra volta!"
"Carlotta!"
"E' una scommessa! Accetti? O hai paura di perdere?.."
Carlotta l'aveva guardata sorridendo, cercando di stuzzicarla. 
Eva sospirò, guardandola male. Poi, accettò.
"E va bene, ma tanto vinco io!"
"Si si, va bene! Dai, ora scendiamo che quei due ci stanno aspettando!"
Carlotta si alzò dal letto, iniziando a trascinare Eva per un braccio, fino alla porta.
"Aspetta, la borsa! Se no con cosa te lo offro il drink?"
"Aaaaah, allora lo sai già che perderai!"
Eva fece una smorfia, richiudendo la porta alle sue spalle. 
"Guarda che una scommessa, è una scommessa!"
Carlotta l'aveva guardata sorridendo, puntandole un dito contro.
"Dai, andiamo!"
Scesero le scale lentamente. 
Di sotto, tutti vennero distratti da quel rumore di tacchi provenire dalle scale. 
Alice, guardò verso Eva, soddisfatta. Stava benissimo. Walter sorrise, guardando verso Carlotta ed Eva, per poi guardare verso Marco. 
La bocca leggermente socchiusa, gli occhi leggermente spalancati. Seguì la direzione del suo sguardo, incontrando la figura di Eva. 
La stava guardando. Ne era rimasto subito colpito, affascinato. Aveva sentito il cuore accellerare, ed un brivido caldo attraversargli la schiena. Socchiuse leggermente gli occhi, godendo di quel brivido, di quella scossa che aveva percorso tutto il suo corpo. 
Carlotta sorrideva, guardando verso Walter, indicando con lo sguardo Marco. Eva, sorrise vincente, ma imbarazzata dal suo sguardo su di lei. 
Aveva perso. Ma mai come in quel momento, sentì quella sconfitta travolgerla totalmente, scuotendola dentro. Era felice, di aver perso. 
Finite le scale, Carlotta si avvicinò al suo orecchio, sussurrando sorridendo.
"Hai perso tesoro!"
Eva sorrise divertita, abbassando leggermente lo sguardo, imbarazzata, sentendo ancora lo sguardo di lui su di lei. 
 
Il locale pieno, affollato. Chi ascolta la musica seduto ai tavoli, chi al bancone. Chi invece sotto al palco, balla divertito a ritmo della musica. 
Francesco, che si trovava la bancone, camminò verso ai suoi amici, sorridente, accogliendoli calorosamente.
"Ma che bella sorpresa! Ci siete proprio tutti!"
Si avvicinò ad Alice, cingendola per i fianchi, sorridente, avvicinando il suo viso a quello di lei. 
Alice rimase immobile, vicino a Rudi, che aveva abbassato lo sguardo, arrabbiato. Eva si avvicinò a lui, stringendogli leggermente la mano, per tranquillizzarlo. Marco gli aveva dato una pacca sulla spalla, avvolgendolo poi con un braccio. 
Walter, intuita l'aria pesante, cercò di iniziare a parlare per rompere quel silenzio.
"Francè, sto posto è proprio bello!"
Si avvicinò a lui, sorridendo, prendendolo sottobraccio, iniziando a camminare, allontanandosi dal resto del gruppo.
Uno sguardo complice con Rudi e Alice, prima di rigirarsi velocemente verso di lui.
Alice si avvicinò a Rudi. Un bacio veloce, a fior di labbra.
"Ehi.. Devi stare tranquillo, mi hai capito?"
"Si, si amore, è che.. Quando ti ha stretta a lui ho sentito un'irrefrenabile voglia di gonfiarlo!"
Risero tutti divertiti alla sua affermazione e, Eva, accanto a Carlotta, se ne era lasciata scappare un'altra, che fece ridere gli altri, e lasciò Marco con qualche dubbio in più, assieme ad un sorriso partito a razzo dal cuore.
"Tipico Cesaroni.."
Eva rideva assieme a Carlotta, Alice e Rudi. Marco tornò un attimo serio, per poi sorridere, guardandola. 
Lei abbassò lo sguardo, imbarazzata, sorridendo leggermente. Aveva capito di essersi lasciata scappare qualcosa di troppo importante. 
Ricordava benissimo quando lui, geloso, la faceva sorridere divertita, completamente abbandonato a lei. 
Carlotta, guardò i due amici sorridendo vincente, per poi trascinare Eva al bancone. 
Marco, ancora sorridente, le aveva guardate divertito, per poi lasciare Rudi e Alice soli, seguendole.
"Amore, andrà tutto bene."
Alice si era avvicinata a lui, vedendolo quasi triste.
Lui alzò lo sguardo verso di lei, per poi guardare verso Francesco, distante, assieme a Walter. 
"Scusami, è che.. Ho paura che poi tu, ti possa pentire di aver scelto me a lui.."
"Non le devi dire nemmeno per scherzo queste cose! Io ti amo, mi hai capito?"
Il viso di lui tra le mani. Lei sorride, e lui sorride guardandola. Un abbraccio, veloce. 
Si dirigono entrambi al bancone, sorridenti.
"Tesoro, mi devi un drink! Ricordi?"
Eva sorrise verso Carlotta, ricordando la scommessa di qualche minuto prima.
"Si, lo so, lo so!"
"Ma, cos'è che avete scommesso?"
Marco le guardò curioso, non capendo la loro scommessa.
Eva guardò verso Carlotta, tornando seria. Panico, non sapeva cosa rispondere.
Venne preceduta da Carlotta che, cercando di sorridere, l'aveva guardato cercando di sembrare convincente.
"Eh? Ah si, abbiamo scommesso che Francesco avrebbe abbracciato Alice, non appena l'avrebbe vista! Vero Eva?"
"Come? Si, si, certo! Lei ha vinto, e io ho perso!" 
Si portò il drink alle labbra, cercando di zittirsi, calmandosi. 
"Va beh, scusate ragazzi, ma io devo andare sul palco!"
Marco si alzò dallo sgabello, sorridendo. Un ultimo sorso, prima di avviarsi verso il palco. Eva lo guarda con la coda dell'occhio, cercando di non farsi vedere. I pantaloncini di lui, scuri, e la polo bianca sbottonata sul petto. I capelli alti, la barba di qualche giorno.
Guardò verso il palco, vedendolo salire, con la chitarra tra le mani. 
"Guarda che si vede.."
Si girò verso Carlotta, risvegliandosi.
"Che cosa?"
"Te lo stai mangiando con gli occhi, tesoro.. E.. Non posso di certo darti torto!"
Carlotta aveva sorriso, prendendo in giro Eva, seduta vicino a lei. 
Vennero distratte da Walter, che si avvicinò a loro, solo.
"Francesco?" Chiese preoccupata Alice.
"E' dovuto andar via, ha avuto un imprevisto, ed è corso via!"
"Scusa, ma ha lasciato il locale?"
Carlotta lo guardò stupita. 
"No, c'è suo fratello.."
Alice aveva risposto, con lo sguardo basso. 
Rudi sospirò, quasi sollevato. 
Vennerò distratti tutti da una voce, sul palco. Si girarono contemporaneamente alle loro spalle, guardando Marco, vicino al microfono, seduto su uno sgabello. 
"Buona sera a tutti!"
Il pubblico aveva iniziato ad applaudire, fischiando, chiamando il suo nome. 
Eva aveva guardato verso il palco, sorridendo leggermente. Era contenta nel constatare che, il suo sacrifico fatto qualche mese fa, era servito. Lo vedeva sorridere, con la chitarra al collo. 
"Grazie, grazie a tutti! E' un po' che non suono qui, e chiedo scusa per l'assenza. Sono qui stasera a cantarvi qualcosa. Inizio con un nuovo pezzo. L'ho scritto qualche notte fa. Non riuscivo ad addormentarmi, e così come un pazzo ho preso un quadernetto e la chitarra, e ho scritto in un certo senso, ciò che mi tormentava. E' uscita questa canzone. Spero vi piaccia!"
Sorrise un attimo, per poi guardare sorridente verso il bancone. Walter, coi pollici alzati ed un sorriso idiota, stampato in volto. Guardò un attimo verso Eva, sorridendo. Lei abbassò lo sguardo, sorridendo imbarazzata, evitando lo sguardo di lui.
Marco si alza un attimo dallo sgabello, facendo velocemente cambio di chitarra. Prese quella elettrica, a pochi passi da lui. 
In piedi, vicino al microfono, iniziò a suonare, sorridente. 
 
Ogni tanto penso ancora a te
Quasi sempre quando non c'è lei
Poi sto male te lo giuro
Non vorrei
 
Il ritmo piace al pubblico. Eva lo osserva, sul palco. Carlotta sorride, guardanola. 
"Chissà a chi pensa.."
Carlotta con lo sguardo alto, un leggero sorriso innocente. Eva la guarda male, per poi sorridere divertita. Aveva ascoltato l'inizio della canzone, guardando verso il palco. Si era persa nella voce di lui, e in quelle poche parole che poco prima avevano iniziato a riempire il locale. Sorrise, evitando lo sguardo di lui che, al contrario, cercava il suo.
"Carlotta, dai.."
 
Ogni tanto non penso che a te
Lei diventa tutto non ci sei
E' così perfetto siamo
Solo noi
 
Lui con gli occhi socchiusi, muoveva sicuro le mani sulla chitarra, continuando a cantare.
Lei abbassò lo sguardo.
 
Ti prego vai via
Non serve lo sai
Quel che c'è stato
Non tornerà
 
Spiegami perchè
Tormenti i miei sogni
E non riesco più a 
Guardare avanti
 
Spiegami perchè
Tutti i nostri sbagli
Da lontano sembrano 
Bei ricordi
Spiegami perchè
 
"Ti guardo da lontano, cantare sul palco, come non succedeva da tempo. Sento il cuore battere, ad ogni tua singola parola. Continui a dire di pensare ancora a me. Come puoi dire questo? Come puoi dire una cosa del genere, ora che lei per te sta diventando tutto?
Sogni ancora di me? Di noi? Questa canzone, è un controsenso, lo sai Marco? Prima dici che non fai altro che pensare a me. Poi, dici che tra noi non tornerà niente. Sei sempre il solito indeciso. Il solito bambino insicuro, della quale però, mi sono innamorata. Abbiamo sbagliato entrambi, è vero. Tu hai fatto i tuoi sbagli, pensando a te. Mentre io, ho sbagliato perchè ho pensato a te. Non sono stata egoista. Ho pensato a te. Ho sacrificato me, per te. Ma tu, ancora non lo sai."
 
Ogni tanto penso solo a te
Come se non ci fosse più lei
Poi sto male non sai quanto
Ti vorrei
 
"E invece, lei c'è, Marco. Anche se è lontana, lei c'è. C'è stata quando io non c'èro. Ora, c'è lei. E se anche con tutta me stessa vorrei che così non fosse, lei c'è. Sento il mio cuore battere, sento il mio corpo attraversato da continui brividi. E non sai quanto anche io, ti vorrei. Quando vorrei sentire un'altra volta la tua stretta sulla mia vita. Quanto vorrei ancora perdermi nelle tue labbra. Quanto ancora, vorrei averti mio, anche solo per un attimo che sembri un'eternità."
 
Ti prego vai via
Non serve lo sai
Quel che c'è stato
Non tornerà
 
Spiegami perchè
Tormenti i miei sogni
E non riesco più a 
Guardare avanti 
 
Spiegami perchè
Tutti i nostri sbagli
Da lontano sembrano
Bei ricordi
Spiegami perchè
 
Sei sempre la più bella
Te lo dicevo sempre io
Che ne sarà di noi?
 
Spiegami perchè
Tormenti i miei sogni
E non riesco più a 
Guardare avanti 
 
Spiegami perchè
Tutti i nostri sbagli
Da lontano sembrano
Bei ricordi
Spiegami perchè
 
"Abbasso lo sguardo, sentendo le mie guance quasi infuocate. Sento quella sensazione di imbarazzo che, solo tu, riesci con uno sguardo a trasmettermi. Mi guardi dal palco, con le labbra vicine al microfono, dischiuse in un sorriso quasi impercettibile. La testa bassa e gli occhi alti. Sento quella voglia crescere, dentro me. Sento quel bisogno pulsante, diventare sempre più grande. 
Poi mi ricordo che non posso. Marco, io non posso amarti. Vorrei, ma non posso. Ti ho fatto del male, allontanandoti da me. Ti ho permesso di innamorarti un'altra volta."
 
La canzone finisce, e lui, scende dal palco, contento. Felice. La gente applaude, verso di lui.
Marco si avvicina al bancone, sorridente. Walter gli va in contro, abbracciandolo. 
"Bello pisellone!"
Aveva fatto ridere tutti, Walter. 
"E basta, cò ste mani!"
Il suo sguardo ricadde su Eva, seduta, poco più distante da lui. Lo sguardo basso, ad evitare quello di lui. Si sedette difronte a lei, sorridente. 
"Beh? Che mi dite della canzone?"
Carlotta che, continuava a guardare Eva, sorridendo vincente, l'aveva guardato sorridendo, rispondendogli.
"A me, è piaciuta! Molto bella!"
"Ammazza oh, c'ho ancora i brividi!"
Walter aveva riso divertito, guardando Marco davanti a lui, sorridente. 
Guardò verso Eva, cercando di sembrare tranquillo. Aveva cantato la sua nuova canzone, davanti a lei. L'aveva guardata per tutti quei tre minuti. L'aveva vista ogni tanto sorridere, abbassare lo sguardo, evitando il suo. Mentre cantava, continuava a pensare che, quei sorrisi imbarazzati, di lei, non potevano non significare niente. Sentiva quella dolce sensazione crescere dentro di lui. Sentiva che lei, aveva colto il significato di quella canzone. Sentiva che lei, in quel momento, c'èra. E la canzone, l'aveva ascoltata.
Marco prese il bicchiere in mano, imitando Walter che l'aveva alzato, proponendo un brindisi.
"Io, proporrei un brindisi a Marco, e alla sua nuova canzone! Salute!"
Carlotta, sorridente, continuava a guardare Eva, imbarazzata, prendere il bicchiere e alzarlo timidamente in alto, seguendo tutti gli altri.
"Però, proprio bella sta canzone fratello!"
Rudi si era avvicinato a Marco, sorridente. 
"Ma perchè, le altre no?"
"Beh, diciamo che questa secondo me è la migliore che hai fatto! Ricorda tanto lo stile dei Blink."
"Ma che, mio fratello s'intente di musica e io non lo sapevo?"
"Eh, quante cose che non sai di me!"
Una risata generale, un altro brindisi. Sguardi, sorrisi. A volte imbarazzati, a volte naturali. Avevano passato la serata al locale, assieme, tutti quanti. Rudi e Alice, leggermente più sollevati, continuavano a ripetere che l'avrebbero detto a Francesco, non appena l'avessero visto. Walter con le sue battute, continuava a prendere in giro Marco, facendolo sorridere. E lui, era sereno. Era tranquillo. Sorrideva, senza pensieri. Si era perso per tutta la serata nel sorriso di Eva, seduta difronte a lui, che parlava e scherzava come tutti gli altri.
Si erano guardati per tutto il tempo, di sott'occhi, cercando di non farsi vedere dall'altro. 
Qualche gomitata di Carlotta, qualche calcio sotto al tavolo di Walter. Avevano passato la serata a sorridersi, a guardarsi come non facevano da tempo. 
"Ragazzi, che dite? Si è fatto tardi, e mamma e Giulio a casa non ci sono! Mi hanno mandato prima un messaggio, dicendo di star tranquilli, e che lei, Giulio e Marta, dormivano fuori con Ezio e Stefania!"
Eva rimase sorpresa ad ascoltare le parole di Alice. 
"Ma come? A me non ha scritto niente!"
Prese velocemente la borsa, cercando il telefono. Non c'èra, l'aveva dimenticato a casa.
"Cavolo, ho lasciato il telefono a casa!"
Sbuffò nervosa.
"Va beh dai, tanto Marta è con loro! Domani li chiamiamo, e gli chiediamo meglio. Va bene?"
Marco si era avvicinato ad Eva, tranquillizzandola. Lei si voltò verso di lui. Un sorriso, e poi un "va bene" a fil di labbra. Lui. Era l'unico che possedeva il potere di calmarla, tranquillizzarla. Le bastava un sorriso, per non capire più niente, e ad acconsentire ad ogni sua richiesta.
"Che facciamo? Andiamo?"
Carlotta si era alzata, sistemandosi la borsa sulla spalla. 
"Si dai, che è pure tardi!"
"Allora dai, andiamo!" 
Si alzarono tutti, dirigendosi all'uscita. Rudi e Alice, vicini, si avvicinarono ai loro fratelli, poco più distanti, vicini a Walter e Carlotta.
Alice si avvicinò ad Eva, trascinandola sotto braccio, assieme a Carlotta.
"Allora? Come stai?"
Eva la guardava confusa, non capendo. Carlotta le rinfrescò la memoria, allontanandosi assieme a loro dai ragazzi.
"Ma come cosa? Dai, la canzone!"
"Parlate piano, che se vi sente vi ammazzo!"
Si voltò velocemente alle sue spalle, preoccupata. 
"Aaah, allora lo vedi che hai capito pure tu?"
Alice le agitava un dito davanti al viso, sorridendo vincente assieme a Carlotta. 
Eva, esasperata, con gli occhi al cielo. 
"No, non c'è niente da capire!"
"Ah no? E allora: "Spiegami perchè, tormenti i miei sogni, e non riesco più a guardare avanti" per te non significa niente?!"
Carlotta continuò.
"E allora:"Spiegami perchè, tutti i nostri sbagli, da lontano sembrano bei ricordi?"
"Fatela finita! E' solo una canzone!"
"Che però parla di te!"
"Una canzone non deve esser per forza rivolta a qualcuno, Carlotta!"
Alice e Carlotta esasperate, continuavano a camminare, trascinandola verso il parcheggio. 
"E invece si! Dai, è evidente!"
Vennero interrotte da Rudi, dietro di loro, che si rivolse ad Eva.
"Non provare a metterti dietro! Vicino ad Alice, ci sto io!"
Alice aveva sorriso divertita, lasciandosi trascinare da lui, baciandolo.
"E basta però!"
Marco da dietro, alzò gli occhi, chiedendo ai fratelli di smettere.
Sorrisero tutti divertiti, per poi salutarsi, e dirigersi alle macchine. 

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Eeeccomi di nuovo qui fra voi! :D 
Chiedo umilmente scusa per l'assenza, ma, le feste, la famiglia e gli amici, non mi hanno fatto trovare un attimo. D:
Mi faccio perdonare però, con questo capitolo più lungo, sperando sia soddisfacente. o.O Non mi convince molto, ma, aspetto tempi migliori. xD
Allora, c'è un po' di tutto. Eva e Carlotta, Marta che passa la giornata con la mamma e la zia. 
Rudi e Alice, e il bisogno di dirlo a Francesco. 
La principessa che, è partita per andare ad Hardvard. - Ma sarà davvero un'amica? o.O -
Eva e Marco, che piano piano si stanno "avvicinando" . La canzone "spiegami perchè", che lui è riuscito a cantare. :D
Walter che ormai, assieme a Carlotta, ha capito tutto dei suoi amici. :D
Che altro dire? Anticipo che, il prossimo capitolo, sarà pieno di sorprese! xD Un ritorno in'aspettato, e l'altro purtroppo obbligatorio. -.-" 
Anticipo anche che, nel prossimo capitolo, probabilmente molti dubbi saranno finalmente chiariti. - Non dico quali! xD -
Ancora grazie, grazie a tutti! ** 
Un bacio grande, e, tantissimi auguroni di buon e felice anno nuovo a tutti quanti voi! <3

Chiara. <3

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Capitolo 13
*** Sembra tutto più facile ***


Un'occhiata veloce all'orologio da polso. L'una e mezza.
Eva aprì lo sportello, sedendosi. Alice e Rudi, dietro di loro, seduti vicini. Marco che mette in moto, guardando con la coda dell'occhio Eva, seduta accanto a lui. Uno sguardo veloce alle sue gambe, sempre bellissime. 
"Oh, partiamo?"
Si risvegliò dopo aver sentito la voce di Rudi, che lo invitava a partire. Scosse la testa, ridendo di se stesso. 
"Si, si, scusate.."
Le strade deserte, le luci di notte. L'aria fresca di Roma, a refrigerare quella notte d'inizio Estate
Marco spezzò il silenzio in macchina, con una domanda ai fratelli.
"Allora? Pronti per la maturità?"
"Ma che stai a scherzà? Mancano due settimane, ti prego non me ne parlare!"
Rudi, totalmente contrariato alla domanda del fratello, aveva fatto ridere tutti di gusto. 
Eva, si rivolse ad Alice.
"E tu Ali? Ti senti pronta?"
"Dovresti saperlo: Le Cudicini, non hanno paura di niente!"
Sorrise divertita, assieme a Rudi e Marco, sentendo la sicurezza della sorella.
"Beh? E voi vi sentivate pronti?"
Rudi si rivolse ai fratelli. Marco gli rispose sorridendo.
"Ma che sei scemo? Ma figurati se mi sentivo pronto! Guarda che se non ci fosse stata Eva, io Walter e Carlotta, non l'avremmo mai passata la maturità!"
Eva sorrise divertita guardandolo.
"Beh, modestamente.. Ok, Marco ha ragione ragazzi! Erano tutti nel panico!"
Si portò indietro i capelli con una mano, ridendo divertita. E lui per un attimo, si era perso a guardarla, sorridendo.
"E poi ti ricordi Santuzzo?"
"Si, si, che Walter aveva capito che mi moriva dietro!" 
Ridevano entrambi divertiti. Completamente travolti da quella conversazione, da quelle risate che li avevano uniti, ricordando i loro vecchi tempi. E non c'èrano più insicurezze. Non c'èrano muri insormontabili. Non c'èra nessun imbarazzo, da parte di nessuno dei due. Stavano parlando, ridendo tranquillamente, come non facevano da tempo. 
Rudi e Alice, dietro, avevano notato tutta la scena. Erano riusciti ad inquadrare un'altra volta i loro fratelli, davanti a loro. Avevano sentito quelle risate complici, avevano visto quegli sguardi intensi. Avevano sentito dentro loro quell'alchimia pazzesca che li stava un'altra volta legando. Guardavano i loro fratelli, sorridendo. Un paio di sguardi, complici.
 
Qualche giorno dopo. Giugno sempre più caldo. Le giornate in piscina, ad Ostia in spiaggia. I gelati, rifrescanti, di pomeriggio o verso sera, sotto le stelle o le luci luminose di Roma.
Alice e Rudi che si preparavano per la maturità, assieme ai loro amici. Non avevano potuto parlare a Francesco. Era stato via tutta la settimana, per un impegno in famiglia. Giulio e Lucia, impegnati nelle loro attività assieme ai loro amici. Ezio e Stefania che avevano notato il comportamento avverso di Walter nei confronti di Diego. Avevano provato più volte a parlargli, a fargli capire che Diego, era un bravo ragazzo, e che mai però avrebbe preso il suo posto in famiglia. Ma non servì.
Carlotta, continuava ad assillare Eva. Continuava a dire all'amica di dire la verità. Di togliersi quel peso estenuante di dosso. 
Marco, che ora aveva capito un'altra volta di esserci "ricascato" come spesso diceva Walter, attendeva solo il ritorno di Maya, per poterle parlare. 
Non voleva più mentire. Ne agli altri, ne tanto meno a se stesso. Le avrebbe detto la verità. Le avrebbe detto che non l'ha mai amata, cercando di non ferire quella ragazza bionda, tanto fragile ed indifesa che era piombata nella sua vita. 
Ricordava ancora benissimo la serata al locale. Gli sguardi, i sorrisi che lui ed Eva si erano scambiati per tutta la serata. 
Poi da quella sera, avevano ricominciato a parlare, anche se certo non come prima. Marta, non doveva più esser divisa in due. Poteva godersi i genitori, insieme. Una favola, un gioco, costruire una torre insieme con i lego. Avevano ripreso a passare il loro tempo con Marta, assieme. 
Quella sottile barriera però, rimasta tra di loro, impediva all'una e all'altro di guardarsi negli occhi per più di qualche secondo, senza il bisogno di distogliere lo sguardo, quasi troppo sincero per poter riuscire a mentire ancora. 
Quei giorni assieme a Marta, erano serviti in qualche modo a riavvicinarli. Anche se ancora in un certo senso, distanti. 
Lui, che tornava dallo studio di registrazione, e le trovava li', a giocare in salotto sedute per terra, circondate da giochi di ogni genere. 
Oppure lei, Eva, che dopo aver passato la giornata in redazione a scrivere articoli, al suo ritorno a casa, li trovava addormentati, vicini, in camera di Giulio e Lucia, o in mansarda. Un sorriso, un bacio sulla fronte della piccola, ed una carezza al viso di lui, stando attenta a non svegliarlo. 
In quella settimana, Maya, non si era fatta mai sentire. E a lui, non mancava. Anzi, sentiva di star quasi meglio. Anche se una piccola parte di lui, si sentiva in colpa. 
Eva, senza la presenza di Maya per casa, si sentiva leggermente sollevata. Non era costretta a vederla, ne tanto meno a parlarle per non destare il sospetto di nessuno in quella casa. Sapeva però che, quella sensazione di leggerezza dentro se stessa, sarebbe durata ancora per poco. Sapeva che, di li a poco, "sua altezza", sarebbe tornata alla sua vita di tutti i giorni, in quella città. 
 
Eva, seduta sul divano, col computer sulle ginocchia. Un articolo sugli adolescenti con la fretta di crescere. 
Marta, seduta sul tappeto ai suoi piedi, circondata da matite colorate, che colorava un album pieno di immagini di cartoni animati.
La guardava sorridendo. Il sorriso di una madre rivolto alla figlia, ancora piccola, ancora così sua, bisognosa di lei.
"Gioca tranquilla, amore mio. Sei ancora piccola, sei ancora così mia. Ti guardo giocare sul tappeto, ai miei piedi, spensierata, sorridente. Le matite colorate che ti circondano, e i fogli sparsi per il tappeto. I capelli sulla fronte. Ogni giorno, diventi sempre più grande. Cresci a vista d'occhio, amore mio. Sai, ora capisco cosa intendeva la nonna, quando a me a zia Alice continuava a dire che stavamo crescendo troppo infretta. Perchè ci voleva ancora piccole, ci voleva ancora tutte per lei. Sai, piccola mia, è per questo che voglio godermi ogni singolo attimo di te. Ogni singolo momento, perchè so che non ritornerà. Ogni tanto sono costretta a staccarmi da te, per il lavoro. Ma so che sei con i tuoi nonni, o con i tuoi zii che ti vogliono tanto bene, e allora io mi sento meglio. Oppure so che sei assieme al tuo papà, alla quale in questi mesi per colpa mia, sei mancata da morire. Eppure sai cosa? Mi sembra ieri, quel 25 Aprile del 2009. Il giorno in cui sei nata tu, amore mio. Il giorno più bello della mia vita. Quello che mi ha riportato tra le braccia del tuo papà, che era corso in ospedale da Milano, per riuscire a dirmelo. Chissà, magari un giorno te lo racconterò. Quando sarai più grande, quando magari anche tu ti innamorerai come me di un ragazzo speciale che è entrato a far parte della tua vita. Quel giorno sembra ieri, eppure sono passati ben quattro anni amore mio. 
Stai piano piano diventando grande. E io, non posso fare niente per tenerti piccola, con me, per sempre. Stai crescendo bene, amore mio. E ogni giorno che passa, assomigli sempre di più al tuo papà. I tuoi occhi, che tanto mi ricordano quelli di lui."
Si abbassò con la schiena, fino ad arrivare con la mano a sfiorare la testa della piccola, con un sorriso. Era sua figlia. Era il regalo più grande che, la vita, potesse farle. E quel regalo, era riuscito a donarglielo lui, Marco. Quella notte di mezza Estate, su quella scrivania, lontano dagli occhi di tutti. 
Si risvegliò sentendo dei passi provenire dalle scale. 
Marco, si avvicinò piano al divano, sorridendo, guardando Eva e Marta assieme. 
"Ma allora non siete uscite?"
Eva si voltò verso di lui, spaventata. Sorrise, rispondendogli.
"No, alla fine abbiamo deciso di rimanere a casa. Vero amore?"
Marco si avvicinò a Marta, prendendola in braccio, facendola ridere. La riempì di baci, sorridente, prima di rimetterla giù, e rivolgersi un'altra volta ad Eva.
"I nostri genitori?"
"Credo tuo padre sia ancora in bottiglieria. E mia madre, in libreria, credo.."
Notò le chiavi della macchina, nella mano destra di lui. Lo sguardo fisso sul monitor, a battere veloce i tasti sulla tastiera. 
"Tu stai.. Uscendo?"
Lui smise di sorridere, abbassando leggermente lo sguardo, imbarazzato. 
"Si, si.. Sto andando.. A prendere Maya, all'aeroporto.."
Lei sentì una fitta allo stomaco. Cercò di nasconderlo, portandosi indietro i capelli con una mano, sospirando, continuando a guardare il monitor. 
"Ah."
Non riuscì a dire altro, continuando a battere sui tasti del portatile. 
Lui, la guardò un'altra volta, prima di abbassare di nuovo lo sguardo. Si sentiva in colpa, Marco. Eppure, non riusciva a capirne il motivo. In quei giorni, Maya non l'aveva più nominata. Dire il nome di lei davanti ad Eva, per lui era sempre stato qualcosa che lo metteva a disagio. 
Giocherellava nervosamente col mazzo di chiavi, guardandola. 
"Va beh, io.. Vado."
Lei si voltò a fatica verso di lui. La lingua tra le labbra.
"Ciao."
Lo salutò freddamente, prima di tornare a guardare il monitor, battendo sulla tastiera, senza mai fermarsi. 
Lui si voltò lentamente, avvicinandosi all'ingresso. Aprì la porta. Un ultimo sguardo a lei, per poi uscire scuotendo la testa. 
La porta che si richiude. Eva, che sospira, nervosa, appoggiando il portatile sul divano accanto a lei. Una mano sulla testa. Gli occhi chiusi, e una sensazione di fastidio mista a dolore dentro al petto. Lei. Di nuovo lei. 
In quei giorni, aveva continuato a ripensare alla canzone. Quella che lui, aveva cantato al locale, qualche sera prima. 
Ripensava alle parole, e al significato che quella canzone richiudeva. Non riusciva a smetter di pensarci. 
 
Il via vai di persone all'aeroporto. Chi entra, chi esce dal chek-in pieno di valige in mano. Marco, seduto su una sedia, aspettava nervoso di scorgere Maya tra la folla, aspettandola all'uscita dell'imbarco per Cambridge, Stati uniti. 
Durante al viaggio, aveva pensato alle parole adatte da dire. Al modo più giusto per spiegare a Maya quello che lo stava tormentando. 
Non voleva ferirla. Ma si era finalmente reso conto che, continuando così, l'avrebbe in'evitabilmente ferita ulteriormente mentendole. 
Lo sguardo sul pavimento, le mani che in cerca di coraggio, si strofinano sulle gambe. 
Ed eccola, in mezzo alla folla. La testa alta, in cerca di lui. Marco si alza dalla sedia, avvicinandosi a lunghi passi verso di lei. 
Lei, sorridente, molla le valigie a terra per corrergli incontro. Lui, che cerca di sorriderle nervoso, si lascia abbracciare da lei. Un bacio leggero sulle labbra. E lei, sorridente, contenta di rivederlo.
"Mi sei mancato, amore!"
Lo stringeva. E lui, si lasciava stringere, immobile. Lui rimase in silenzio, abbassando lo sguardo, prendendole le valigie che lei aveva lasciato a terra. Cercò di tergiversare, invitandola ad uscire.
"Andiamo?"
Lei annuì, ancora sorridente. Lui, in silenzio. Non era riuscito a dire niente. Si sentiva in colpa, nel pensare che di li a poco, il sorriso sulle labbra di lei sarebbe sparito. 
In macchina, lui silenzioso. E lei, che come un fiume in piena raccontava della sua settimana in America. Lui annuiva di tanto in tanto, sorridendo, sempre nervoso. Guidava, ascoltando la radio. 
Un'ora di viaggio. Lei, continuava a parlare. Arrivati finalmente davanti casa, lui parcheggiò. Lei, non aveva notato il silenzio di lui, troppo impegnata a parlare di se stessa. Non sapeva che lui, avesse preso una decisione che avrebbe cambiato la sua vita per sempre.
Le valigie di lei in mano. Risaliva il vialetto in pietra, con lo sguardo basso, sempre silenzioso. Lei davanti a lui, camminava tranquilla, continuando a sorridere. Maya suona al campanello. Pochi attimi dopo, si trova davanti Eva, con una penna tra le labbra. 
Smette di sorridere leggermente, salutandola. Continuano a guardarsi per attimi interminabili. Marco arriva davanti alla porta, alzando finalmente lo sguardo tenuto a terra per tutto il tempo. Vede Eva, davanti a lui. Immobile.
"Ciao, Eva.."
"Ciao Maya.."
Si scosta dalla porta, lasciandola passare, cercando di sorridere. Incontra lo sguardo di Marco, rimasto indietro, con le valigie di lui. 
Eva, che lo guarda seria, aspettando che entri. Lui abbassa lo sguardo, non riuscendo a sostenere quello di lei, portando dentro le valigie. 
"Aah, finalmente a casa!"
Eva si girò quasi stupita verso Maya. Marco, abbassò un'altra volta lo sguardo. 
"Amore, io vado di sopra, sono stanchissima.. Che fai? Mi raggiungi?"
Marco richiude la porta alle sue spalle. Guarda un attimo verso Eva, rimasta immobile vicino alla sedia tra la cucina e il salotto, con lo sguardo basso. Annuì leggermente verso Maya, appoggiando le valigie vicino alle scale.
Eva si avviò di nuovo verso il divano, ignorandolo. Marco la seguì con lo sguardo, tristemente. Scosse la testa, prima di avviarsi lentamente verso le scale, al piano di sopra. Un sospiro, prima di entrare in mansarda. Era arrivato il momento, di parlare e di dire le cose come realmente stavano. Non si sarebbe più nascosto dietro ad un sorriso. Non avrebbe cercato di tranquillizzarla, non appena Eva fosse entrata nel loro discorso. Un altro sospiro. Ed entrò in mansarda, richiudendosi la porta alle spalle, piano. La trovò distesa sul letto, con la macchinetta fotografica tra le mani. Si avvicinò piano al letto, con le mani in tasca e lo sguardo basso.
Lei gli sorrise, andandogli in contro, rimandendo sul letto. Si avvicinò piano a lui, sorridente. Le mani sul petto di lui, che cercavano piano di sbottonargli la camicia. 
"Perchè.. Non vieni qui con me?.."
Uno sguardo malizioso, prima di avvicinarsi piano alle sue labbra. Lui prese piano le sue mani, allontanandole dal suo petto, indietreggiando di un passo. 
Lei rimase stupita dal suo gesto, non capendo. 
"Qualcosa non va?"
Lui scosse piano la testa, con lo sguardo basso, in segno di negazione. Lo sguardo al suo polso destro. Un bracciale. Un bracciale d'argento, a catenina. Il bracciale che Eva, gli aveva regalato tempo fa, il giorno del suo ventesimo compleanno. Chiuse forte gli occhi, staccandosi definitivamente da Maya, rimasta in ginocchio sul letto, difronte a lui. Prese coraggio da quel sottile filo d'argento al suo polso. Alzò lo sguardo verso di lei. 
"Veramente.. Si. Maya, io e te, dobbiamo parlare."
Riuscì a dire tutto d'unfiato, guardandola negli occhi. Lei rimase stupita, immobile. Si alzò in piedi, andandogli in contro, preoccupata. 
"Amore, che c'è che non va?"
Maya, nervosa. Marco, le stava davanti, serio, con le mani in tasca. 
"Ci sarebbero delle cose che dovresti sapere, Maya.."
Lei, abbassò lo sguardo. Si sentiva in colpa. Doveva dirgli quello che era successo in quella settimana a Cambridge.
Lui aveva sospirato, chiudendo per un attimo gli occhi.
"Anche io, ti devo dire una cosa.."
Lui corrucciò la fronte, confuso, lasciandola continuare. Lei rimase con lo sguardo basso.
"Marco, io.. Ti ho mentito."
"In che senso?"
Maya sospirò, alzando lo sguardo verso di lui.
"Io.. In questi giorni, non sono stata da un'amica, Marco.."
Lui, sempre più confuso, non riusciva a capire dove lei volesse arrivare.
"Sono stata da Jay."
Secca, lo guardò negli occhi. Lui rimase stupito, rimanendo in silenzio. 
"E.. Sono stata a letto con lui."
Le lacrime agli occhi. Lui rimase stupito, spalancando gli occhi. Abbassò lo sguardo, con la fronte corrucciata.
"Amore, ti prego, è stato un errore! Io amo solo te! Mi dispiace, credimi! Ti prego, perdonami! So che ora sei arrabbiato, che ti ho fatto male dicendotelo, ma.. Io non potevo continuare a mentirti! Mi sento una stronza, davvero, io non so come sia potuto succedere! Ma.. Continuavo a pensare a te, e al fatto che una parte del tuo cuore non sarà mai mia!"
Si avvicinò a lui, in lacrime, cercando di prendergli le mani che lui teneva in tasca. Lui alzò lo sguardo verso di lei, indietreggiando. La fronte corrucciata. Marco, si stupì in quel momento nel pensare che, non sentiva proprio niente. Ne rabbia, ne delusione. Niente di niente. 
Abbassò lo sguardo. Un sorriso amaro, sul suo volto.
"Sai? Mi sembri me quando Eva ha scoperto che l'avevo tradita."
Lo sguardo di lei, da triste, diventò terrorrizzato. Un'altra volta lei. 
"E.. Adesso, che c'èntra?"
Lo sguardo di Marco, che da indifferente diventò arrabbiato.
"Eva c'èntra sempre, lo sai! Ce l'hai chiaro tu, ce l'hanno chiaro i miei amici! E ora finalmente ce l'ho chiaro anche io, Maya!"
"Marco, io ti ho appena detto che ti ho tradito, e l'unica cosa che mi sai dire, è che ora hai chiaro di amare ancora quella stronza di sotto?!"
"Non è una stronza, e lo sai! Lo stronzo sono io! E lo sai perché? Eh Maya? Lo sai perchè? Perchè pur di non farti del male, ho continuato a negare a me stesso la verità che tutti ormai avevano chiara da tempo! E sai cosa? Non mi interessa niente che sei stata a letto con Jay! E lo sai perchè? Perchè io non ti ho mai amata!"
Lei rimase immobile, colpita dalle sue parole. 
"Io ho fatto di tutto! Ho impedito a me stesso di prendere e baciare Eva, per non fare del male a te, cazzo! E ora, tu mi vieni a dire che mi hai tradito, dopo che io ho fatto di tutto per sopprimere dentro me stesso quello che ancora provo per lei? Maya, sai cosa ti dico? Che per me, puoi pure tornare da lui! Non mi interessa niente. Non è te che amo. E mi dispiace avertelo detto solo ora."
Maya, con le lacrime agli occhi.
"E tu credi che per me sia stato facile?! Eh Marco? Io per te, ho mollato tutto! La mia famiglia, il mio titolo nobiliare! Solo per te! Lei ti ha lasciato per un altro!"
"E pensi che io non lo sappia?! Credi davvero che io non pensi giorno e notte a quella dannata sera a Parigi?! Eh?! Perchè pensi che ci abbia messo così tanto a dirti tutto questo, allora?"
"Perchè sei solo un bambino!"
"No, perchè mi sentivo uno stronzo nei tuoi confronti! Ecco perchè!"
Entrambi urlavano. Lei, in un pianto disperato.
"Come cazzo pensi che mi senta io, ad averla per casa? Eh? Come pensi che mi senta io ogni giorno, a vedere te che guardi lei come invece non hai mai guardato me? Eh?!"
"Ad averla per casa?! Ti ricordo che questa è più casa sua, che tua!"
Lei si avviò verso la porta, guardandolo male.
"Vaffanculo Marco! Mio padre aveva ragione! Non avrei mai dovuto mollare tutto per uno come te!"
"Si brava! Quello che ha sbagliato, sono io! Tornatene alla tua vita allora, e lasciami in pace!"
Lei lo guardò un'ultima volta, prima di sbattere la porta ed andarsene. 
Lui sospirò, calmandosi. Gli occhi chiusi. Si buttò a peso morto sul letto. Le mani sul volto. Ce l'aveva fatta. Era riuscito a dire la verità a Maya. 
Si sentiva finalmente leggero. Aveva sentito quel peso sul petto dissolversi, piano piano, ad ogni parola urlatale contro.
Un altro sguardo a quel braccialetto al suo polso. Un sorriso. Adesso, sarebbe stato tutto leggermente più facile. 
 
Uno sguardo all'orologio appeso in cucina. Le otto di sera appena scoccate. 
Lucia che faceva avanti e indietro per la cucina, sentì solo il rumore di tacchi provenire dalle scale. Si diresse verso l'ingresso, per andare incontro a quei passi. Si ritrovò davanti Maya, attornata dalle valigie. La guardò stupita portarsi le mani agli occhi. Il trucco sbavato, segno evidente delle lacrime di qualche minuto prima. 
Si avvicinò a lei, con uno strofinaccio in mano. 
"Cara, ma dove stai andando?"
Maya si voltò verso di lei, nervosa. Cercò di sorridere, non riuscendoci.
"Lucia, grazie, di tutto, davvero. Ma.. Io, non posso più rimanere qui."
"Ma cosa dici? Ma che è successo?"
Eva, che in soggiorno aveva sentito la loro conversazione, smise di scrivere per ascoltare le loro parole. 
Maya, sospirò un paio di volte, prima di continuare.
".. Marco mi ha lasciata."
Lucia rimase stupita. Spalancò gli occhi e la bocca. Maya, che a stento riusciva a trattenere le lacrime. 
"Ma.. Ma come? Io pensavo che tra voi.."
"Lo pensavo anche io.. Anche io."
Eva spalancò gli occhi, incredula. La fronte corrucciata. 
"Cara, mi dispiace, davvero.."
Lucia, vedendola in lacrime, l'abbracciò. 
"Ma adesso, dove stai andando?"
"Da.. Sto andando da mia nonna. In questi giorni, passerò per prendere il resto delle mie cose."
Si staccò dall'abbraccio di Lucia, per avviarsi con le valigie verso la porta. 
"Lascia che ti accompagni, non voglio tu vada da sola!"
Lucia si apprestò a prendere le chiavi della macchina sul mobiletto all'ingresso.
Eva sospirò, guardando Marta giocare sul divano accanto a lei. Un bacio sulla fronte, per poi alzarsi ed andare all'ingresso. 
"Mamma, lascia, l'accompagno io. Tanto, non ho niente da fare, tranquilla."
Maya la guardò stupita. Cercò di rifiutare il più gentilmente possibile.
"No, no Eva, ma grazie comunque, posso chiamare un taxi."
Eva, si avvicinò a lei, prendendo le chiavi dalle mani di Lucia. Non l'ascoltò nemmeno.
"Mamma, stai tu con Marta?"
"Si certo amore, stai tranquilla!"
Maya la guardò un'altra volta stupita, prima di abbassare lo sguardo, e accettare.
Eva, aveva colto quella possibilità al volo. Aveva bisogno di parlare con lei. Aveva bisogno di sapere. Sarebbe stato doloroso, lo sapeva. Ma Maya, era l'unica persona che avrebbe potuto dirgli che cose era successo in quei mesi in cui, era stata lontana da Roma.
 
Il semaforo rosso, nessuna delle due aveva trovato la forza per rompere quel silenzio. 
Eva, guidava silenziosa. Maya, di tanto in tanto, la guardava, non avendo il coraggio di iniziare un discorso, con lei. Non avevano parlato molto. 
Maya, vedeva Eva come la donna che prima di lei aveva posseduto Marco. La vedeva irraggiungibile. Non si sentiva alla sua altezza. Marco in quei mesi passati da amici, quando ancora lui stava male perchè lei l'aveva lasciato per un altro, le aveva parlato di lei. Di come riusciva a farlo sentire speciale, amato. Di come lei, fosse dannatamente perfetta. L'aveva descritta più volte come una creatura divina, e Maya se lo ricordava bene.
Bellissima. Intelligente. Con lei, era sempre stata cordiale. 
Decise di rompere il silenzio, chiedendole come mai lei si fosse offerta di accompagnarla.
"Ma.. Come mai ti sei offerta di accompagnarmi?"
Eva si girò verso di lei, distogliendo per un attimo lo sguardo dalla strada. 
"Non avevo niente da fare, e.. Ho pensato che questa potesse essere un'occasione per conoscerci meglio."
Un sorriso amaro sul volto di Maya. 
"Perchè Marco mi ha lasciata?"
"No. Il fatto che tu e Marco vi siate lasciati, non c'èntra."
Svoltò a destra, guardandola con la coda dell'occhio. Aveva tante cose da chiederle. 
"E allora, che cos'è che vuoi da me?"
Parcheggiò la macchina davanti ad un locale. Maya la guardò confusa, non capendo.
Eva si slacciò la cintura, scendendo dalla macchina. Maya, la seguì, non capendo.
"Voglio.. Voglio delle risposte che, solo tu, puoi darmi. Che dici? Entriamo?"
La invitò a seguirla, con lo sguardo. Maya, titubante, esitò un attimo prima di annuire, in silenzio. Quella situazione, era inevitabilmente strana, per entrambe.
Sedute in quel locale, un paio di drink. Maya si portò il bicchiere alle labbra, guardando Eva seriamente, seduta difronte a lei.
"Allora? Che cos'è che vuoi sapere?"
Eva abbassò lo sguardo, prima di rialzarlo verso di lei.
"Beh.. Di te so solo che sei una principessa che in questi mesi ha vissuto qui a Roma, a casa dei miei genitori."
"E io di te, so solo che.. Sei la ex di Marco. Infondo io e te, non abbiamo proprio un bel niente in comune."
"Ed è qui che ti sbagli. Abbiamo in comune l'esser state innamorate di Marco."
Maya rimase in silenzio, guardando Eva. 
"Avanti, lo so che non mi sopporti. Con me, non devi fingere Eva."
"Ma io non sto fingendo. Se ti ho portata qui, è per parlare a viso aperto. E so che, nemmeno tu sopporti me!"
Eva sorrise guardandola, portandosi il bicchiere alle labbra. Maya sorrise guardandola, anche se ancora confusa.
"Marco, me l'aveva detto.."
Sorrise abbassando lo sguardo. Eva la guardò confusa, non capendo.
"Che cosa?"
"Che sei diretta."
Un altro sorriso, prima farle un'altra volta quella domanda.
"Eva?"
"Si?"
"Perchè siamo qui? Hai vinto! Era Marco ciò che volevi, no? Bene! Tra me e lui è finita! Puoi riprenderti ciò che era tuo!"
Maya, visibilmente arrabbiata, ancora non riusciva a capire perchè Eva l'avesse portata in quel posto, per parlare.
"Non è così, Maya. Io Marco, non lo considero un trofeo. Marco non è ne tuo, e ne tanto meno mio."
"Andiamo, ho visto come lo guardi. Tu, ne sei ancora innamorata!"
Eva abbassò lo sguardo, colpita. Maya aveva ragione. Negare, sarebbe stato in'utile. 
"E' vero, hai ragione. Ma quella che è ancora innamorata di lui, sono io. Lui, per me, non prova più niente."
Eva, con lo sguardo basso e il bicchiere tra le mani. Maya, che sapeva la verità. Maya che però, non voleva dirgliela.
Aveva litigato con Marco, a causa sua. Ma non voleva raccontarle niente di ciò che quasi un'ora prima, era successo in quella mansarda.
"Mentirei, se ti dicessi che mi dispiace. Infondo, tra me e lui è sempre andato tutto bene. Era tutto perfetto. Avevamo anche deciso di andare a convivere! Tutto questo, prima che arrivassi tu, Eva! E tu dimmi, come faccio io a non odiarti? Eh?"
"Non devi odiarmi. Io, non ho fatto proprio niente per fare in modo che tra te e lui finisca. Non sono stronza come credi. Che pensi, che non abbia visto tutti gli sguardi fulminei che mi tiravi, non appena mi giravo? Non mi hai mai sopportata. L'ho capito il primo giorno che ti ho vista, quando ti ho stretto la mano."
"E invece ti sbagli. Non è stato in quel momento. Ho iniziato a detestare la tua presenza in casa. E poi quando ti ho vista quella sera, accanto a lui che era tornato a casa ubriaco.. Beh, è stato li che ho iniziato ad.. Odiarti?"
"Beh.. Non posso darti torto. Ti confesso che.. Anche io, mi sarei comportata nello stesso modo, al tuo posto."
Poi Eva, continuò. 
"Ma.. Perchè tu e Marco vi siete lasciati?"
Maya, che non sapeva che dire. Nervosa, non aveva intenzione di dire la verità ad Eva, che le stava davanti, seria. 
"Non avevamo più niente da dirci.. Lui era sempre distante, sempre perso in qualcos'altro che non ero io. E così, è finita."
Abbassò lo sguardo, cercando di esser convincente.
"Senti, mi accompagni da mia nonna?"
"Si, si, andiamo"
Eva paga il conto, prima di uscire. Arrivano alla macchina, in silenzio. 
A rompere il silenzio, solo la radio. 
 
C'è un principio di magia 
Fra gli ostacoli del cuore 
Che si attacca volentieri 
Fra una sera che non muore 
E una notte da scartare 
Come un pacco di natale 
 
C'è un principio d'ironia 
Nel tenere coccolati 
I pensieri più segreti 
E trovarli già svelati 
E a parlare ero io 
Sono io che li ho prestati 
 
Quante cose che non sai di me 
Quante cose che non puoi sapere 
Quante cose da portare nel viaggio insieme 
 
C'è un principio di allegria 
Fra gli ostacoli del cuore 
Che mi voglio meritare 
Anche mentre guardo il mare 
Mentre lascio naufragare 
Un ridicolo pensiero 
 
Quante cose che non sai di me 
Quante cose che non puoi sapere 
Quante cose da portare nel viaggio insieme 
 
Quante cose che non sai di me 
Quante cose devi meritare 
Quante cose da buttare nel viaggio insieme 
 
C'è un principio di energia 
Che mi spinge a dondolare 
Fra il mio dire ed il mio fare 
E sentire fa rumore 
Fa rumore camminare 
Fra gli ostacoli del cuore 
 
Quante cose che non sai di me 
Quante cose che non puoi sapere 
Quante cose da portare nel viaggio insieme 
 
Quante cose che non sai di me 
Quante cose che non vuoi sapere 
Quante cose da buttare nel viaggio insieme

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Iiiincredibilmente ce l'ho fatta! :D 
Sono riuscita ad aggiornare! 
Allora, capitolo intenso e, per molti voluto! xD 
Pare che la Principessa, si stia togliendo dalle scatole.. xD
Eva che decide di parlare con Maya. Marco che finalmente, è riuscito a confessare tutto a quella che dovrebbe esser la sua ragazza. 
Mah, non mi soddisfa poi tanto. -.-" Ma so che qualcuno di voi, inizierà a ballare e cantare! xD 
Che dirvi ancora? Nel prossimo capitolo, - che sto scrivendo giusto ora o.O e sono ancora in alto mare, eh! -.-" -
ci saranno alcune sorprese! :D Forse, nuovi sviluppi.. xD
Ancora grazie, a tutti voi! ** E' un piacere per me, sapere che avete piacere nel leggermi! :')
Un grosso bacio, a presto - spero! xD -

Chiara. <3

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Capitolo 14
*** Sapore di sale ***


Le dieci di sera. Il vento che fa muovere i rami degli alberi. Qualche lampo nel cielo. Il temporale che piano piano stava iniziando a prender vita, sotto gli occhi di Eva, appena scesa dalla macchina per rientrare in casa. 
Aveva accompagnato Maya alla villa di sua nonna. Un "ciao" da parte di entrambe. Un "grazie per il passaggio." da parte di Maya. 
Eva scosse la testa, prendendo dalla borsa le chiavi per aprire. Un giro veloce di chiavi. Si ritrovò davanti Lucia, che stava scendendo le scale.
Richiuse la porta alle sue spalle. 
"Tesoro! Finalmente!"
Si avvicinò alla figlia, preoccupata.
"Tutto bene?"
Eva annuì.
"Si, si, tranquilla."
"Potevo accompagnarla io.."
"Guarda che.. Non è stato un problema. Anzi.. E' servito."
Lucia la guardò confusa, non capendo. 
Eva sorrise leggermente, verso la madre.
"Ma.. Marta?"
Cercò di tergiversare, cambiando discorso.
"Si è appena addormentata amore. Ha mangiato la cena, le ho fatto il bagnetto, e adesso è su che dorme nel letto, con Marco."
"Bene.. Grazie mamma.."
"Ma figurati, sai benissimo che per me non è affatto un problema! Piuttosto, vieni in cucina a mangiare qualcosa, su!"
Sorrise alla madre, lasciandosi trascinare in cucina divertita. 
 
Poco più distante, al piano di sopra, Marta addormentata sulle gambe di Marco. Lui che sorride guardandola, quasi contemplandola. Una mano ad accarezzarle la testa, piano. Un'altra a sorreggere il telefono, appoggiato all'orecchio. Parlava piano, cercando di non svegliare sua figlia addormentata.
"Walter, ti ho detto che è finita!"
"Ed era pure ora!"
"Ma la pianti di fare lo scemo?"
"No! Ma Eva? Dov'è?"
"Non lo so, Lucia mi ha solo detto che è andata ad accompagnare Maya. E' fuori da un paio d'ore ormai, e sono preoccupato!"
"Di sua altezza?"
"No, di Eva imbecillie! Poi, non capisco perchè l'abbia accompagnata lei. Ti confesso che questa cosa, mi sembra strana.."
"Non hai tutti i torti. Dai, sono sicuro che tra un po' torna. Carlotta dice che l'ha sentita mezz'ora fa, per messaggio. E la mia Marta? Che fa?"
Marco sorrise, guardando la figlia.
"Dorme sulle mie gambe!"
"Oh, tu ed Eva avete promesso! Domani la piccola è nostra! Giornata in spiaggia! Ma perchè non venite pure voi?"
"Mi piacerebbe, ma non posso. Sono indietro col disco, e devo ancora finire di incidere delle canzoni Walter! Chiedetelo ad Eva, lei domani non lavora. Credo.."
"Teoricamente ha detto di si, poi deve dare la conferma a Carlotta, non lo so! Bo va be, noi ci sentiamo domani allora?"
"Va bene, va bene! Allora a domani, buonanotte!"
"Buonanotte pisellone!"
"E basta!"
Sorrise divertito, attaccando il telefono. Marta che per fortuna, non si era svegliata. Il respiro regolare, la bocca socchiusa.
Continuava ad accarezzarla, piano. Qualche attimo dopo, sentì dei passi verso la mansarda. Chiuse gli occhi, decidendo di far finta di dormire. Aveva visto poco prima suo padre. Non voleva riprendere un'altra volta quella discussione. Non voleva esser costretto a rispondere alle domande di nessuno. La porta della mansarda socchiusa, i passi sempre più vicini. 
Eva, che piano piano apre la porta della mansarda, cercando di non fare rumore. Sorride, vedendo Marta dolcemente addormentata sulle gambe di Marco. I giochi sparsi per il letto, e sul pavimento. 
Si avvicinò piano verso il letto, sorridendo leggermente. Si abbassò piano su sua figlia, dandole un dolce bacio sulla fronte. Un sorriso, vedendo la piccola mano di lei stringere la maglietta del papà.
E lei, si era fermata a guardare lui, addormentato. Il cuore che accellera. Un sospiro.
Marco, sveglio ma con gli occhi chiusi, aveva riconosciuto quel sospiro troppo familiare. Voleva aprire gli occhi, per poter vederla. Per poter parlarle. Per poterle chiedere di cosa era successo tra lei e Maya, in quelle due ore passate assieme. 
Decise di farlo. Ma si bloccò subito, non appena sentì un tocco leggero sfiorargli la fronte. Un tocco caldo, un tocco inconfondibile. La mano di lei sulla fronte di lui, ad accarezzarlo piano, stando attenta a non svegliarlo. 
E lui sentì il cuore iniziare a battere furioso nel petto. Aveva sentito di nuovo quei colibrì, quelle farfalle svolazzargli nello stomaco e nella pancia. Aveva sentito quelle sensazione di calore, che solo lei riusciva a provocargli. Ed era rimasto fermo, immobile, incapace di aprire gli occhi e spezzare la magia di quel momento. Non ci poteva credere. Lei, si era fermata ad accarezzargli leggermente la fronte. Lei, gli aveva dedicato quel piccolo gesto, convinta che lui dormisse.
Una parte di lui, voleva trovare la forza per aprire gli occhi. Mentre quell'altra parte, totalmente avversa alla prima, voleva solo farlo rimanere immobile, a godere di quel breve momento che era riuscito un'altra volta a portare il suo cuore a battere furiosamente.
Eva staccò la sua mano dalla fronte di lui, sorridendo leggermente. Chiuse gli occhi, prima riaprirli e allontanarsi silenziosamente all'uscita della mansarda. 
Marco, sentì in'improvvisa scarica di freddo attraversargli il corpo. Eva, sobbalzò leggermente, ancora appoggiata alla porta, non appena sentì il rumore di un tuono, forte e deciso, provenire dall'esterno.
Marta, aprì di colpo gli occhi, spaventata. Iniziò a piangere, dopo aver sentito quel rumore troppo forte che era riuscito a svegliarla.
Eva si avvicinò veloce a lei, sedendosi sul letto, vicino a Marco. Lui aprì gli occhi. Rimase stupito nel vedere Eva, seduta vicino a lui, che cercava di tranquillizzare Marta.
"Amore, vieni dalla mamma!"
La prese in braccio, cullandola.
"Non devi avere paura! E' solo un tuono amore. La mamma è qui con te, shh.."
Eva aveva preso ad accarezzarla, stringendola a lei. Marco rimase immobile, quasi incantato, nel vedere quella scena davanti ai suoi occhi. Alzò la schiena di colpo, distraendo per un attimo Eva, con Marta tra le braccia, leggermente più tranquilla.
Attimi interminabili, in cui i loro sguardi furono di nuovo a contatto. Eva abbassò lo sguardo, tornando su Marta. Guardarlo negli occhi, era troppo difficile. 
"Ma, che cos'ha?"
Marco cercò di iniziare a parlare con lei, chiedendole di Marta.
"Ha sentito un tuono, e ha preso paura.."
Cercò di alzarsi, lasciando Marta sul letto. 
"No, mamma, non mi lasciare!"
Eva tornò a sedersi, parlando alla figlia, sorridendo dolcemente.
"Ma amore, la mamma vuole farti una camomilla, così dormi meglio.."
"No, la fa papà!" 
Marco rise divertito, alzandosi dal letto, dopo l'ordine della figlia. 
"Va bene, va bene, ho capito, vado io!"
Eva sorrise leggermente, ringraziandolo. Lui uscì sorridente dalla porta della mansarda, lasciandole sole. 
Continuava a ripensare a poco prima. Alla mano di lei, che dolcemente aveva sfiorato la sua fronte. 
Continuava a pensare a quel gesto strano, in'aspettato, che da lei non si sarebbe mai aspettato.
 
Alba. Alba chiara, alba fresca, alba estiva. Il sole che piano piano si levava nel cielo azzurro, limpido, dopo il temporale della notte prima. Ancora nel mondo dei sogni, addormentati. 
Walter, con la testa affondata nel cuscino, la bocca spalancata. Il lenzuolo azzurro, leggero, a ricoprirlo lasciando il petto scoperto. 
Dormiva ancora, tranquillo. Carlotta aprì piano gli occhi, accanto a lui. Uno sbadiglio, prima di stiracchiarsi sotto al lenzuolo. 
I capelli biondi sparsi sul cuscino. Alzò piano la testa, guardando verso la finestra. Sorrise leggermente, chiudendo gli occhi. Il sole alto, il caldo percepibile. Il temporale della sera prima, era sparito. Erano giorni che programmava assieme a Walter di passare una giornata in spiaggia, assieme alla piccola Marta. Era riuscita a convincere Eva a passare la giornata assieme a loro, quasi supplicandola. E lei aveva sorriso, e aveva ceduto.
Si alzò piano dal letto, cercando di non svegliare Walter ancora addormentato. Si avvicinò alla finestra, stiracchiandosi. La aprì, lasciando entrare qualche raggio di sole nella stanza. Si avvicino poi piano a Walter, sedendosi vicino a lui, sul letto.
Una carezza leggera sul viso, accompagnata da un piccolo bacio sulla testa. 
Un verso incomprensibile da parte di Walter, che aveva a malavoglia aperto gli occhi, ancora stanco dalla sera precedente.
Carlotta sorrise divertita, ancora assonnata, avvicinandosi piano al suo viso.
"Buongiorno amore.."
Lui sorrise ad occhi chiusi, rimanendo con la testa appoggiata al cuscino.
"Buongiorno a te amore mio.. Che ore sono?"
Gli occhi ancora chiusi. Qualche sbadiglio.
Carlotta diede un'occhiata veloce alla piccola radiosveglia sul comodino accanto a loro.
"Le sei e mezza amore.."
Lui aprì gli occhi, ricordandosi della giornata che assieme avevano programmato qualche giorno prima.
Alzò piano la testa dal cuscino, incontrando le labbra di lei, accanto a lui. Un sorriso, un altro bacio, e poi via di sotto a prepararsi per quella giornata speciale, assieme alla loro migliore amica, e alla piccola Marta che entrambi, amavano tanto.
 
Mattina presto. L'aria calda ancora leggermente fresca. La solita fila davanti al bagno. Il solito via vai dalla porta d'ingresso.
Il rumore del caffè sul fuoco, e quella leggera stanchezza, in attesa dell'inizio di quelle ferie che, sembrava proprio non volessero arrivare.
Lucia che portava la caffettiera sul tavolo, stanto attenta a non scottarsi. Giulio seduto al suo solito posto, in attesa di Cesare che quella mattina era in ritardo. 
Mimmo, ancora a letto, addormetato. La scuola era finita, e lui finalmente poteva rimanere a letto, senza il dovere di alzarsi troppo presto.
Alice in bagno, Rudi assieme a lei. Un bacio, un sorriso. Spesso dimenticavano di chiudere la porta a chiave. Spesso, rischiavano di esser beccati dai loro genitori che, invece, non sospettavano assolutamente nulla. 
Quella mattina Eva, ancora assonnata, entrò in bagno senza bussare. Gli occhi socchiusi, e un'espressione stanca. Rudi e Alice si staccarono di colpo, non appena sentirono la maniglia abbassarsi. Guardarono verso Eva, sospirando sollevati.
"Ma che non si bussa prima di entrare?!"
"Vi hanno mai detto che le porte vanno chiuse a chiave?"
Alice e Rudi abbassarono lo sguardo, colpevoli. In fondo la sorella, aveva ragione. 
Al piano di sopra, Marco, già sveglio, che indossava frettolosamente una camicia blu leggera, stando attento a non svegliare Marta ancora addormentata. 
Doveva esser puntuale, per quel appuntamento stipato qualche giorno prima. Era importante, doveva esserci. 
Sorrise un attimo, ricordando la sera prima. 
Dopo aver fatto la camomilla, tornò su, e trovò Marta addormentata tra le braccia di Eva, distesa sul letto, con la schiena appoggiata alla testiera e un libro tra le mani. Rimase pochi attimi a guardarla, prima di avvicinarsi. 
Lei che lo guardò un attimo, prima di prender piano Marta e appoggiarla sul letto, cercando di non svegliarla.
Lei si era alzata piano dal letto, per poi avvicinarsi piano alla porta, per uscire. Lui con la bottiglietta in mano, si guardò intorno. Non voleva se ne andasse. Voleva che lei rimanesse li con lui. Ma non ebbe il coraggio di dire niente. Sorrise leggermente, abbassando lo sguardo. E lei lo guardò un attimo, prima di ringraziarlo abbozzando un sorriso, ed uscire dalla porta richiudendola piano alle sue spalle.
Non era riuscito a fermarla. Non era riuscito a dirle niente. 
Scosse la testa, risvegliandosi. Un bacio veloce a Marta, una carezza, prima di uscire veloce dalla stanza e scendere al piano di sotto.
Eva uscì dalla sua stanza, richiudendo piano la porta alle sue spalle. Sentì dei passi scendere velocemente. Lo vide avvicinarsi a lei. Un sorriso leggero sul volto di entrambi. Lei, con la braccia incrociate. I capelli raccolti in una coda. Un ciuffo a ricadere al lato del viso.
Lui con le mani in tasca. La testa bassa, ed un sorriso. 
"Buongiorno.." 
"Buongiorno.."
Fece eco lei. 
"Marta?"
"E' su, sta ancora dormendo.. Tu oggi.. Vai con Walter e Carlotta?"
"Si, si. Alla fine, mi hanno convinta.."
Poche parole, accompagnate da un leggero sorriso. 
"Va beh, allora ci vediamo dopo in spiaggia?"
Lei corrucciò la fronte confusa. Carlotta le aveva assicurato che lui, non ci sarebbe stato, su parola di Walter.
"Si, ma.. Non avevi da fare, oggi?"
Cercò di sembrare naturale. 
"Eh? Si, però devo esser li tra mezz'ora. Il tempo di firmare qualche carta, e poi sono libero tutto il giorno.. Walter mi ha chiamato questa mattina, ha insistito e.. Ho ceduto."
Sorrise guardandola, a pochi metri da lui. 
Lei sorrise leggermente, guardandolo, prima di avviarsi sulle scale per andare in mansarda, a svegliare Marta. 
"Allora.. Buona giornata!"
Lei lo salutò così, prima di avviarsi sulle scale. 
Lui sorrise, scuotendo la testa, scendendo al piano di sotto.
"Marcolì, manco un caffè?"
"No pà, sono di fretta! Ciao!"
Uscì dalla porta d'ingresso velocemente. Si trovò davanti Walter e Carlotta. 
"Ma buongiorno!"
"Ciao ragazzi! Scusate, ma sono di fretta! Ci vediamo dopo! Buonagiornata!"
Li salutò scusandosi, avviandosi alla macchina. Gli occhiali scuri per il sole.
"Ma amore, non avevi detto che Marco non veniva?"
"Lo so, ma poi alla fine l'ho convinto!"
Si avvicinò piano a Carlotta.
"Dai, poi c'è occasione migliore di questa per lasciar soli quei due?"
Un sorriso diabolico di Walter, fece sorridere Carlotta.
"Che hai in mente?"
"Ancora non lo so amore, ma mi verrà in mente quando li avrò davanti insieme!"
Un altro sorriso malefico, prima di entrare in casa. 
Carlotta pensò subito ad avvertire Eva, al piano di sopra.
Entrò in mansarda, piano, bussando.
"Buongiorno tesoro!"
Eva si girò verso Carlotta, spaventata. 
"Ma che sei scema? Mi hai fatto prendere un colpo!"
Marta si alzò subito, tendendo le braccia verso Carlotta, sorridente.
"Ziaaaa!"
"Amore della zia!"
La prese in braccio, sorridendo.
"Sei contenta che oggi andiamo tutti al mare?"
"Siii!"
Eva sorrise divertita, prima di scoccare un'occhiata omicida verso Carlotta.
"Ma.. Non mi avevi detto che Marco, non sarebbe venuto?"
Carlotta la guardò siubito, cercando di giustificarsi.
"No, no, aspetta, io non sapevo niente! L'ho saputo questa mattina pure io!"
Eva alzò gli occhi al cielo, prima di avviarsi alla porta.
"Siete pronte? Avete preso tutto?"
Scesero le scale, arrivando in camera di lei. Frugò nella borsa con le cose per il mare, controllando di aver tutto.
"Allora, la crema solare, gli asciugamani.. I giochi, e il ricambio per Marta, per me.. Mancano solo i miei occhiali da sole, che sono di sotto in salotto!"
"Bene, allora dai, andiamo!"
Uscirono veloci dalla porta, scendendo di sotto.
"Amore, allora divertitevi! Per che ora tornate?"
"Non lo so mamma, ma non penso tardi.."
Lucia diede un bacio a Marta, stringendola. 
"Eddai, ci muoviamo?"
Walter che continuava ad invitare Eva e Carlotta ad uscire di casa, ribadendo più volte il fatto del traffico.
Sorridevano tutti e quattro. Marta in braccio a Walter, che si avvicinava alla macchina. 
"Cudicini, guidi tu?"
Eva sorrise, guardandolo. 
"E va bene, dai, tira!"
Le mani aperte davanti al viso, per riuscire a prender il mazzo di chiavi. 
Qualche altra risata, prima di salire in macchina. Walter dietro, assieme a Marta che giocava con lui, divertita.
Carlotta davanti, che cercava una canzone in radio che fosse decente.
Gli occhi spalancati, un sorriso sulle labbra. Era la canzone perfetta, per quella giornata assieme. 
 
Mi sveglio la mattina e do uno sguardo in giro 
Dicevan che era brutto invece il sole è d'oro 
Saluto la giornata e stiro un pò la schiena 
Mi devo guadagnare un pranzo e poi una cena 
 
A volte gira bene a volta gira male...è buffo 
Non so nuotare e faccio un tuffo 
M'immergo e poi respiro con la testa fuori 
Galleggio a pelo d'acqua come fanno i fiori 
Oh yes... 
 
..eccomi! 
Splende un grande sole su di me 
That's the sound of sunshine coming down 
(il battito del sole) 
And that's the sound of sunshine coming down... 
(su di noi...su di noi...su di noi) 
 
(Aye, aye, ayeehey...) 
 
I saw my friend Bobby he said "What's up man?" 
You gotta little work or a twenty to lend? 
I opened up my hand 
He said I'm glad to see, they can take away my job but not my friends you see. 
And here I am just waiting for this storm to pass me by. 
 
That's the sound of sunshine (of sunshine) coming down 
(il battito del sole...il battito del sole...il battito del sole) 
And that's the sound of sunshine coming down 
(il battito del sole...il battito del sole...il battito del sole) 
 
Voglio stare dov'è estate anche quando ovunque è gelo 
la chitarra sulla spiaggia il profumo di una vera 
il sole che mi scalda, le onde in movimento 
il profumo d'abbronzante che si espande nel vento 
In the ocean, and the girls so sweet 
So kick of your shoes and relax your feet 
They say that miracles are never ceasin', and every single soul needs a little realeasin' 
Spearhead che mi suona, un ritmo che rilassa 
e tutto il meglio resta il peggio invece passa 
 
And that's the sound of sunshine (of sunshine) coming down 
(il battito del sole...il battito del sole...il battito del sole) 
And that's the sound of sunshine coming down 
(il battito del sole...il battito del sole...il battito del sole) 
 
You're the one I want to be with 
Sei tu quella con cui voglio stare 
You're the one I want to be with 
Quanto il sole cade dietro il mare 
 
You're the one I want to be with 
Sei tu quella con cui voglio stare 
You're the one I want to be with 
Quanto il sole cade dietro il mare 
 
That's the sound of sunshine (of sunshine) coming down 
(il battito del sole...il battito del sole...il battito del sole) 
And that's the sound of sunshine coming down 
(il battito del sole...il battito del sole...il battito del sole) 
 
When the sun goes down 
When the sun goes down
 
Eva che batteva le mani a ritmo, sul volante, muovendo leggermente la testa. Carlotta accanto a lei, che batteva assieme a Marta e Walter le mani, a ritmo, cantando. I finestrini aperti, e quell'aria estiva sempre più calda. 
Era la canzone perfetta. Parlava di mare, di sole. Era una canzone spensierata, come loro in quel momento. I pensieri avevano lasciato spazio ad altro. 

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Eeeeeccomi qui! :D 
Allora, ho spezzato il capitolo in due, altrimenti veniva troppo lungo! o.O 
Eva e Marco vicini, ma non troppo! xD
Rudi e Alice che, presi dalla foga, rischiano ogni volta di farsi beccare! o.O
Walter, Carlotta e i loro piani malefici! ** 
Marta contenta di passare la giornata al mare! :D - anche io lo voglio il maree! D: -
Capitolo abbastanza soddisfacente, dai. o.O 
Anticipo che nel prossimo, ci saranno delle novità! xD
Ancora grazie a tutti! (:
Un grosso bacione, - e vista l'ora buonanotte xD -

Chiara. <3

 

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Capitolo 15
*** Vicini, troppo vicini ***


Il sole alto. La sabbia bollente. Le onde che piano piano si schiantavano sul bagn'asciuga. 
La spiaggia affollata, piena di ragazzi giovani assieme ai loro amici. Di coppiette felici. E poi tanti bambini che seduti sull'asciugamano accanto alla mamma, sotto l'ombrellone, costruivano con l'aiuto dei papà dei castelli di sabbia, con la paletta e col secchiello. 
Eva guardava Marta, sorridendo. Seduta accanto a lei, armeggiava con la paletta ed il secchiello assieme a Walter, per costruire un castello di sabbia. Lui, che quasi sembrava più bambino di lei. Il solito Walter. Il tempo, non era riuscito a cambiare niente di lui.
Carlotta sdraiata, accanto ad Eva, che prendeva il sole. 
Sorrideva di tanto in tanto, sentendo ridere Marta e Walter, accanto ad Eva.
"Ragazzi, che ore sono?"
Carlotta si mise piano a sedere, guardando verso Eva, accanto a lei. Un paio di occhiali scuri, a coprirle gli occhi.
"Sono le.. Dieci e mezza!"
"Bene, allora Marco deve arrivare tra un po'!"
Walter spuntò fuori, ricordando ad Eva che aveva quasi dimenticato che, li oggi, assieme a loro, ci sarebbe stato anche lui. 
Abbassò la testa, attirando l'attenzione di Carlotta, accanto a lei.
"Qualcosa non va?"
"Eh? No, ho solo caldo.. Ma se entriamo tutti in acqua?"
Eva si alzò sorridente, cercando di deviare il discorso, invitandoli a seguirla. Prese Marta in braccio, ed iniziò a correre veloce verso l'acqua, facendola sorridere divertita.
Walter e Carlotta, le seguirono, iniziando a correre assieme. Era una giornata perfetta. Era una giornata fantastica.  
Ridevano, e nessuno pensava a niente. 
Tutti in acqua, a schizzarsi ridendo, a prendersi in giro. Marta divertita, sulle spalle di Walter. 
E il tempo, sembrava volato. I pensieri, sembravano leggeri. Sereni, tranquilli, si stavano godendo quella giornata assieme, come non facevano da tempo.
"Ragazzi, io esco, vado a stendermi."
Eva aveva cercato di attirare l'attenzione di Walter e Carlotta, impegnati a giocare con Marta. Sorrise, prima di scuotere la testa, ed uscire dall'acqua dirigendosi agli asciugamani.
I capelli sciolti, bagnati. Si distese sull'asciugamano. Gli occhiali scuri sugli occhi, per il sole. Un'occhiata veloce a Marta, assieme a Walter e Carlotta, per poi distendersi rilassata. Le braccia lungo i fianchi, la gamba destra leggermente piegata verso l'alto. Gli occhi chiusi. Stava godendo di quel momento rilassante, provando a non pensare a niente. Provando a non pensare a lui, che a momenti, sarebbe arrivato come aveva annunciato prima Walter.
 
I finestrini abbassati per il caldo. La camicia blu, leggermente sbottonata. Gli occhiali scuri, per il sole. 
Aveva passato la mattinata allo studio di registrazione, assieme ad alcuni colleghi. Gli ultimi passi per concludere quel disco che, di li a poco, sarebbe finalmente uscito. Aveva chiesto di togliere alcune canzoni. 
"Non mi convincono molto.. Poi dai, ho ancora tempo, posso scriverne un'altra."
Si era giustificato così, col produttore Michele Gianburrasca. Un uomo sui quaranta, simpatico, ma estremamente esigente.
Poi aveva incontrato Eros, quella mattina. Una stretta di mano, emozionato, prima di iniziare a parlare di quelle due canzoni che lui avrebbe potuto inserire nel suo disco. "Quanto amore sei" e "Più bella cosa". Entusiasto, ancora non credeva di poter cantare quelle due canzoni tanto importanti. Le aveva sempre amate. Erano due canzoni che, in lui, riuscivano ogni volta a suscitare qualcosa di magico, meraviglioso. Quella "Più bella cosa" era sempre la stessa. Non era mai cambiata, in quegli anni. E quella quantità d'amore, la conosceva bene. 
Continuava a pensare alla sera precedente. A lei, Eva, che l'aveva accarezzato dolcemente, convinta che lui dormisse. Un pensiero fisso, che non gli aveva lasciato tregua. Quella dolce sensazione di calore. Quella voglia mai spenta di prender la mano di lei, aprire gli occhi, e appoggiare delicatamente le sue labbra sulle sue. E poi, aveva pensato ad altro. A Parigi. A Jean, che l'aveva avuta, che era riuscito a portargliela via. 
Scosse la testa, prima di parcheggiare, e scendere dalla macchina. Era finalmente arrivato ad Ostia, e avrebbe passato la giornata li, assieme a Walter, Carlotta, Marta ed Eva. Aveva pensato tutto il giorno al fatto che, assieme ai suoi amici, ci sarebbe stata anche lei.
Un borsone sulla spalla. Un'occhiata veloce al telefono nella tasca destra. Tre messaggi. Uno di Rudi.
"Oggi papà e Lucia, non ci sono! Sono appena usciti assieme ad Ezio e Stefania. C'èrano pure Cesare e Pamela, hanno solo detto che andavano a Milano per qualche giorno. Il motivo non l'ho capito, ma: Io e Alice, abbiamo casa LIBERA! Non so se mi spiego..
Quindi consiglio a te ed Eva, di non usare le chiavi per aprire la porta! Potreste vedere qualcosa di sconvolgente.."
Marco sorrise, scuotendo la testa. I suoi fratelli, avevano approfittato dell'assenza dei genitori per rimanere a casa, soli.
Un altro messaggio, Walter. 
"Oh, ma te sbrighi? Qua c'è gente che se sta a magnà con l'occhi Eva! E mica posso daje torto!"
Sorrise divertito, sentendo però una sensazione strana pervadergli la mente. Un'irrefrenabile gelosia, dettata da quel: "Gente che se sta a magnà co l'occhi Eva!"
Una chiamata persa, Lucia.
La richiamò, per sapere meglio qualcosa sulla storia di Milano.
"Pronto Marco!"
"Ciao Lucia! Ma, che andate a fare a Milano?"
"E te come lo sai?"
"Me l'ha detto Rudi."
"Tesoro, non ti preoccupare, staremo via solo qualche giorno. Tuo padre ha avuto un piccolo problema, assieme a Cesare ed Ezio. Stiamo andando da un certo Flavio. Lo conosci?"
"No, no. Ma che è successo?"
"E' lunga da spiegare! Tu però stai tranquillo! Puoi avvertire anche Eva? E' un po' che la chiamo, ma non mi risponde.."
"Va bene, va bene. Si, tranquilla, dirò io ad Eva che siete partiti. Quando tornate?"
"Tre, quattro giorni massimo! Mi raccomando tesoro, non fateci star in pensiero!"
"Ma no, state tranquilli! Non c'abbiamo cinque anni! Va beh, allora ci sentiamo stasera?"
"Va bene, dai un bacio a Marta da parte mia!"
"Ok, ciao Lucia, ciao."
Attaccò il telefono, sospirando. Gli occhi chiusi. Sarebbe rimasto dasolo, assieme ad Eva e ai suoi fratelli. 
Con la famiglia attorno, era più semplice veder Eva per casa. Sentiva che dasolo, non ce l'avrebbe mai fatta. Non sarebbe riuscito ancora a fingere per molto, lo sentiva.
Si avviò piano verso la scalinata, scendendo per raggiungere la spiaggia. 
 
Qualche passo più avanti, e aveva sentito il rumore del mare risuonare nell'aria. Quel profumo familiare, penetrargli nelle narici, quasi risvegliandolo. Gli occhi chiusi sotto gli occhiali scuri, e la mente che vola, che viaggia attraverso ai ricordi. 
La stessa spiaggia, qualche anno prima. Ricordava la giornata che aveva passato li, con i suoi amici. Quella giornata che, Lei, aveva organizzato solo per lui. Voleva che uscisse, che stesse meglio e che tornasse a vivere come un tempo. 
Era entrata in camera sua, assieme a Walter, staccandogli quel videogioco dalle mani. 
E assieme a Walter e Veronica, l'aveva trascinato di sotto. 
La giornata passata a ridere, a divertirsi, e a non pensare a niente. Rachele era sparita. Stava meglio, e doveva tutto un'altra volta a lei, che gli era stata vicino. 
E poi giocare con lei, assieme. Prenderla di peso, in braccio, e buttarla in acqua, tra le risate e gli sguardi che quel giorno, si erano lanciati.
Era passato del tempo, da all'ora. Si risvegliò, scuotendo leggermente la testa, tornando alla realtà. 
Ancora qualche passo, e si ritrovò a camminare sulla sabbia calda. Lo sguardo in alto, a cercare di scorgere tra la gente le figure dei suoi amici. La spiaggia affollata. Si avviò camminando piano, alla ricerca di quegli asciugamani familiari che l'avrebbero portato dritto da loro.
Ancora qualche passo, e il suo sguardo riuscì finalmente a scorgere l'immagine di un corpo familiare, sdraiato su di un asciugamano colorato. 
Ancora qualche metro, prima di raggiungere quella persona. Il cuore che inizia a batter forte, le mani che iniziano leggermente a tremare come una foglia, mossa dal vento autunnale. La testa bassa, a guardare l'immagine di Eva, sdraiata ai suoi piedi. I capelli sparsi sull'asciugamano, ancora bagnati. Gli occhiali scuri, che lasciavano intravedere gli occhi chiusi. 
Lui, immobile, con una mano sulla spalla a sostenere il borsone. Gli occhi che lenti, si spostavano sul corpo di lei, dalla testa ai piedi. Si soffermò a guardare il costume di lei, con la bocca socchiusa e gli occhi leggermente spalancati. La gamba destra di lei, leggermente sollevata. Un leggero sorriso, partito a razzo dal cuore. Il respiro andato. Marco cercò di risvegliarsi, salutandola, cercando di sembrare naturale.
"Ciao!"
Nervoso, aveva stretto la presa sulla spalliera del borsone.
Eva aprì gli occhi, spaventata. Non si era accorta di nulla. Ancora con la testa appoggiata all'asciugamano, si ritrovò davanti l'immagine di lui sopra di lei, in piedi alle sue spalle, sorridente. 
Si alzò di scatto, mettendosi a sedere, guardandolo. Imbarazzata, aveva cercato di sembrare naturale. Sforzò un sorriso, salutandolo.
"Ciao.."
Lui sorridente, prese velocemente il borsone, aprendolo, evitando di dover guardare il corpo di lei. 
"Ma, Marta?"
Cercò di non sembrare teso, rompendo il silenzio, stendendo il suo asciugamano sulla sabbia, accanto a quello di lei.
Lei, che guardava davanti a lei, indicando con lo sguardo Walter e Carlotta, poco più distanti.
"E' con Walter e Carlotta."
Uno sguardo veloce agli amici, prima di iniziare a spogliarsi. 
Eva, imbarazzata, abbassò lo sguardo, cercando di nascondere quel colore porpora che le aveva colorato le guance. 
Lui rimasto con un paio di pantaloncini, ed il petto nudo. Guardò lei per un attimo, sorridendo, notando il suo imbarazzo. 
Lui che si distende, sorridendo, godendo di quel sole rilassante. Lei, ancora seduta, che non riusciva a trovare la forza per muoversi, ancora terribilmente imbarazzata dalla situazione che, inevitabilmente, si era venuta a creare. 
Vennero distratti dalla voce di Walter, che con Marta in braccio, si stava avvicinando a loro, sorridente.
"Finalmente eh! Ma quando sei arrivato?"
Marco si mise seduto, guardando sorridente Walter.
"Ciao anche a te Walter! Sono appena arrivato."
Si alzò in piedi, andando verso Marta, sorridente.
"Amore di Papà! Vieni qua!"
"Papàà!"
Aveva iniziato a riempirla di baci, facendola ridere. La strinse forte, facendola girare, divertito. 
Eva alzò lo sguardo verso di loro, guardandoli. Sorrise dolcemente vedendoli abbracciati. 
Il sorriso di Marta, sua figlia, così simile a quello di lui. La stessa fossetta al lato destro della bocca, la stessa espressione divertita.
Carlotta, che notò l'espressione quasi incantata di Eva, sorrise vincente, avvicinandosi a lei.
"Per quanto ancora hai intenzione di guardarlo e basta?"
Eva si girò verso di lei, stupita. Carlotta, vicino al suo viso, aveva parlato piano, sorridendo.
"Io non lo stavo guardando.."
Abbassò leggermente lo sguardo, per sfuggire agli occhi di Carlotta, ancora sorridente.
"Tesoro, dai, si è visto! Se lui è tonto e non lo vede, io non sono mica cieca!"
Una gomitata scherzosa, un sorriso divertito. Eva aveva sorriso leggermente, con la testa bassa, invitandola a smettere.
Uno sguardo veloce ai ragazzi assieme a Marta, poco più distanti, prima di guardare Carlotta con rimprovero.
"La fai finita?"
"E poi, dai, non hai visto come ti ha guardata?"
"Ma guardata come? Tu stai male Carlotta! Hai pure le allucinazioni!"
Eva esasperata, con gli occhi al cielo, cercava di farla smettere.
"Non mi vorrai far credere che non hai visto come ti ha guardata, quando ancora eri distesa!"
"Avevo gli occhi chiusi, come facevo a vedere, Carlotta?"
"Te lo dico io, che ho visto: Si è fermato a guardarti per un bel po'!"
Un tonfo allo stomaco, ed una sensazione di calore a pervaderla in quell'istante. Non si era accorta del suo sguardo su di lei. Non si era accorta di nulla. 
Eva con la testa bassa, Carlotta che si avvicina a lei, alzandole il volto con una mano, parlando dolcemente.
"E vuoi ancora farmi credere che di lui, non ti interessa più niente?"
"Non ho mai detto che di lui non mi interessa più niente.. Ho solo detto che non posso, e che non voglio."
"Si che vuoi. Eva, l'unica cosa giusta che tu possa fare, sai qual'è?"
Eva scosse la testa leggermente, in segno di negazione.
Carlotta continuò.
"Dirgli la verità."
Eva voltò la testa dall'altra parte, scuotendo la testa.
"Per quanto ancora hai intenzione di mentirgli, Eva? Se c'è una cosa che so, e che ho imparato col tempo, è che i segreti sono come i cereali nel latte. Vengono sempre a galla."
Carlotta aveva ragione. Ed Eva, lo sapeva bene.
Vennero distratte dalle urla di Walter, in lontananza, che si avvicinava a loro.
"Ma che non venite in acqua?"
"Si, si un attimo, arriviamo!"
Walter si allontanò, tornando di nuovo in acqua con Marco e Marta, che giocavano divertiti.
"Carlotta, tu vai pure, io rimango un po' qua.."
"Guarda che poi mi diventi un'aragosta!"
Carlotta si alzò sorridendo, guardando Eva divertita, ancora seduta.
"No dai, io rimango qua."
"Eva?"
Carlotta tornò seria, guardandola.
"Pensaci a quello che ti ho detto.."
Eva annuì leggermente, guardandola. 
Ed era rimasta sola, distesa un'altra volta a prendere il sole. Un filo di crema solare, prima di abbandonarsi ad occhi chiusi, rilassata dal rumore del mare e dei gabbiani. 
 
"Oh, ma Eva?"
"E' rimasta la."
Walter si rivolse a Carlotta, prima di guardare Marco sorridendo.
"E mo che c'hai da ridere?"
Un sorriso malizioso, che Marco non riusciva a capire, sul volto di Walter, che si era avvicinato a lui.
Indicò velocemente verso Eva, con lo sguardo, sorridente.
Marco capì, e sorrise un attimo divertito, prima di annuire leggermente. Uno sguardo complice tra Walter e Carlotta, con i braccio Marta. 
Ed era successo tutto in pochissimi istanti. Marco e Walter che corrono fuori dall'acqua, come dei bambini, avvicinandosi ad Eva, ancora distesa. In punta di piedi, cercarono di non far rumore, avvicinandosi. Walter alle spalle di lei, e Marco ai piedi. 
Eva aprì gli occhi, stupita.
"Ma che siete scemi? Mi avete fatto prendere un colpo!"
Si alzò di scatto, spaventata. Loro, che ancora sorridenti, la guardavano in silenzio.
"Beh? Che avete da ridere?"
"Adesso lo vedrai!"
Un cenno a Walter, prima di abbassarsi e caricarla sulla spalla destra, sorridendo. Un "Oddio no!" da parte di lei, una risata di Walter. 
Un attimo, un misero istante, ed il cuore di entrambi aveva iniziato a battere furioso nel petto. Eva, sopraffatta dal gesto di lui, appoggiata alla sua spalla, sentiva la mano di lui sulle gambe, a sostenerla. Una corsa veloce, un "No, no, mettimi giù!" Una risata cristallina, che l'aveva risvegliato. Risentire dopo tempo la morbidezza del corpo di lei, sotto le sue dita. I colibrì che danzano e svolazzano nella pancia. Entrambi, stavano vivendo un gigantesco deja-vu. Quel pomeriggio d'inizio autunno, di qualche anno prima. Lo studio di un fotografo, delle foto che dovevano esser scattate, e la litigata davanti a quella fontana, che li aveva in qualche modo uniti. 
Stessa posizione, stesse identiche emozioni. Lei sulla spalla di lui, come quel giorno. 
Lui che arriva in acqua, gettandola piano, ridendo. Le braccia al cielo, in segno di vittoria. Carlotta che assieme a Marta ride divertita, guardando Eva accanto a lui.
Un sorriso divertito, ancora provata dalla vicinanza di lui. 
"Questa me la paghi, Cesaroni!"
Si alzò in piedi, guardandolo. Lui sorrise avvicinandosi piano a lei, con uno sguardo vincente, quasi di sfida. 
"Ah si? E come vorresti fare, Cudicini?"
Lei abbassò un attimo lo sguardo, prima di iniziare a schizzarlo, ridendo divertita. 
Entrambi, sorridenti, felici, allegri, spensierati. Sembrava che il tempo si fosse fermato. Sembrava che niente, fosse mai esistito. Nessuna separazione, nessun litigio, nessuna Maya, e tanto meno nessun Jean. C'èrano solo loro, con le loro risate cristalline, e quegli sguardi innamorati. 
Walter e Carlotta, che li guardavano, poco più distanti. 
"Hai capito Marco.. Si è svegliato finalmente!"
"E perchè, l'amica tua? Guardala come ride!"
Sorridevano, guardando verso i loro amici. 
"Amore, missione compiuta!"
Si voltò verso Carlotta, sorridente. Si scambiarono un cinque, divertiti.
"Amore, hai visto la mamma e papà?"
Carlotta si rivolse a Marta, che li guardava divertita.
"Si, si divertono!"
Walter si avvicinò a Carlotta, tornando serio.
"Amore, che dici? Oggi glielo diciamo?"
Carlotta sorrise, baciandolo leggermente.
"Va benissimo! E' una giornata perfetta per dirglielo!"
Un altro bacio, prima di tornare a giocare con Marta. 
 
E il tempo era volato. Si erano divertiti tutti e cinque, assieme. Walter e Carlotta, che stringevano Marta, facendola ridere. 
E poi la piccola, aveva finalmente potuto godersi i suoi genitori, assieme. Qualche castello di sabbia, con papà. Poi aiutata da zio Walter, e da papà, era riuscita a seppellire sotto la sabbia la mamma, assieme a zia Carlotta. Qualche altro bagno, e poi tutti seduti ad ascoltare l'annuncio di Walter e Carlotta, in un bar sul molo.
"Ragazzi, ci state facendo preoccupare! Ma che è successo?"
Marco, con Marta in braccio, si era rivolto ai suoi amici, preoccupato.
"Allora? Che ci dovete dire?"
Eva, che confusa non aveva ancora capito a cosa gli amici si riferissero.
Carlotta sospirò, prima di guardare Walter.
Le mani strette sul tavolo, in cerca delle parole giuste da usare. 
"Voi.. Si insomma, voi, avete mai fatto da testimoni a qualcuno?"
Un sorriso sul volto di Walter, un altro sul volto di Carlotta. Eva spalancò gli occhi, capendo. Marco, ancora confuso, guardava Walter con la fronte corrucciata.
"Ma non ci posso credere!"
Eva si alzò sorridente, assieme a Carlotta. Un abbraccio forte. Le mani strette, ancora incredula.
"E quando? Come? Oddio non ci posso credere!"
Marco che ancora non capiva, guardò verso Eva. Lei lo guardò divertita, chiudendo gli occhi, abbassando la testa sorridente.
Walte si alzò in piedi, risvegliandolo.
"A Marco! Me sposo, e me devi fa da testimone! Capito adesso?"
Marco spalancò gli occhi, incredulo. Poi sorrise, contento.
"Oddio, è fantastico! Ma quando?"
Carlotta ed Eva, tornarono a sedersi, sorridenti. 
"Ci sposiamo tra un mese! E.. Si insomma, noi ci chiedevamo se voi voleste essere i nostri testimoni.."
"Tesoro, io.. Sono davvero onorata di farti da testimone!" 
Un altro sorriso, un'altra stretta di mano su quel tavolo.
"E la data? La sapete?"
"Si, ci sposiamo esattamente il 16 Luglio ragazzi!"
Marta che si era addormetata, stanca, tra le braccia del padre. E loro quattro che erano rimasti un altro po' li, a parlare di quel giorno, e di quella decisione che avrebbe cambiato la vita di entrambi. 
Eva e Marco avevano accettato, entusiasti. Walter e Carlotta chiesero di non farne parola con nessuno. Volevano dirlo ai genitori, il giorno dopo.
"Ehm, veramente i nostri genitori sono a Milano."
Marco si ricordò della telefonata di Lucia, qualche ora prima.
"Ma come a Milano?"
Eva lo guardò stupita, non capendo.
"Si, sono a Milano da un certo Flavio. Mi sa che papà, Ezio e Cesare ne hanno fatte un'altra delle loro.."
"E quando tornano?"
"Hanno detto che staranno via qualche giorno, tre o quattro al massimo. Ma non mi hanno detto altro. Rudi ed Alice, ne hanno subito approfittato.."
Un sorriso divertito di tutti, immaginando a cosa Marco si riferisse. 
Eva abbassò leggermente lo sguardo, analizzando il significato di quelle ultime frasi. Aveva finalmente capito che, a casa, ci sarebbero stati solo loro. Soli. Lei e lui, assieme ai loro fratelli. 
Venne risvegliata da Carlotta, davanti a lei.
"E va beh dai, gli diremo tutto appena tornano!" 
"Ragazzi, che dite, andiamo?"
Walter guardò l'orologio, suggerendo di andare a casa. Le cinque di pomeriggio. 
"Si dai, che Marta si è anche stancata.."
Si alzarono tutti dal tavolo, dirigendosi verso il parcheggio. 
Carlotta si avvicinò a Walter, sussurrando piano, stando attenta a non farsi sentire dai suoi amici, poco più distanti.
"Amore, che dici se stasera ci prendiamo Marta? E' un po' che non sta con noi, e poi così.. Si insomma, hanno casa libera!"
Guardò verso Eva e Marco, sorridendo. 
Walter annuì, sorridendo raggiante.
"Sei un genio! E poi la piccola mi è mancata troppo! E' fatta, basta dirlo a quei due!"
Si avvicinarono a passi svelti verso ai loro amici, fermandoli. 
"Ragazzi! Ragazzi, aspettate n'pò!"
Eva e Marco, si girarono verso Walter, confusi.
Continuò Carlotta.
"Noi, ci chiedevamo se per stasera, potevate lasciarci Marta!"
"Si, vi prego, è na vita che non la vediamo! Ci è mancata troppo! E poi, ve la riportiamo domani mattina! Eh?"
Eva guardò Marco, titubante. 
"Tu? Che dici?"
"Per me va bene, decidi te.."
Eva chiuse un'attimo gli occhi, per poi riaprirli e guardare Marta, a cavalluccio sulle spalle di Marco.
"Io direi di chiederlo a lei."
Si avvicinò piano a Marta, sorridendole.
"Zia e zio, hanno chiesto se stasera vuoi stare con loro amore. Vuoi?"
Marta alzò la testa, pensandoci un attimo. 
"Siiii! Zia e zio!"
Carlotta si avvicinò a lei, prendendola in braccio, sorridente. Un ultimo abbraccio a papà, uno a mamma, e poi via con la zia e lo zio, divertita. 

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Tadan! :D 
Eccomi di nuovo qui! Chiedo umilmente scusa per l'assenza. -.-" Ma non ho avuto un attimo! o.O
Si stanno avvicinando, piano piano.. Capitolo semplice, infatti non succede niente di importante.
Adesso posto subito l'altro. Due capitoli, esattamente! xD
Un grosso bacio,
e grazie ancora a tutti voi! D:  - Me sempre più commossa! :') -
Un bacio,

Chiara. <3

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Capitolo 16
*** Ti scatterò una foto ***


Il silenzio in macchina, rotto solo dalla radio. Una canzone che passa distratta, a risuonare nelle menti di entrambi.
Marco che guida silenzioso, sorridendo di tanto in tanto, ricordando quella giornata passata assieme. 
Il mare, la spiaggia, la sabbia, Marta, i loro amici. E poi, loro. Loro felici, loro divertiti insieme. Le loro mani, i loro corpi a sfiorarsi. 
Continuava a pensare al sorriso di lei, così dolce e amabile che l'aveva accompagnato per tutta la giornata, come non era più successo da tempo. 
Ad entrambi, sembrava di esser tornati in un certo senso al Liceo. Quella giornata, era bastata a risvegliare quella parte di loro che credevano svanita. Il loro lato spensierato, ancora troppo irrimediabilmente innamorato. Erano tornati ragazzini, a sorridersi, a giocare, complici come non lo erano più stati da tempo. 
 
Ricorderò e comunque
E so che non vorrai
Ti sposerò perchè
Non te l'ho detto mai
Come fa male cercare
Trovarti poco dopo
E nell'ansia che ti perdo
Ti scatterò una foto
 
Un'altra canzone, che passava distratta per radio. Marco alzò leggermente il volume, iniziando piano a canticchiare quella canzone di Tiziano Ferro, che entrambi amavano. Vecchia di qualche anno, aveva accompagnato la loro storia quando ancora stavano assieme.
Eva, con lo sguardo al di fuori di quel finestrino, che guardava le case scorrere veloci, affascinata. 
I finestrini aperti, e l'aria fresca di Giugno a scompigliarle i capelli.
Ogni tanto si girava a guardare Marco, serio, accanto a lei. 
E anche lei, pensava a quella giornata passata assieme a lui. Il tocco caldo delle sue mani sul suo corpo. I suoi sorrisi, dispensati con dolcezza. Ripensava ai continui sguardi, agli attimi di leggero imbarazzo. 
Quella giornata, era riuscita a dare una bella picconata all'iceberg che, lei, era riuscita col tempo a tirare su tra di loro.
Quel ghiaccio, che piano piano si stava sciogliendo. Quel calore di quella giornata, che era riuscito a farla traballare, incerta. 
Aveva più volte cercato tutto il giorno, di ignorare i battiti impazziti del suo cuore. Aveva provato a sorridere, mascherando quella voglia irrefrenabile di perdersi nelle labbra di lui, dolci e salate, vicine e lontane. 
Marco si era lasciato trasportare dalla canzone, sorridendo leggermente. Pensieri, che inevitabilmente avevano fatto capolino dentro la sua testa.
"Tiziano canta, ed io come sempre ascolto affascinato le parole di questa canzone meravigliosa. 
Era tempo che non l'ascoltavo. Era tempo, che non mi perdevo nel dolce significato di questa canzone d'amore, vecchia di qualche anno. 
Ricordi, Eva? E' la colonna sonora di quel film con Riccardo Scamarcio e la Chiatti. "Ho voglia di te". Il primo film che abbiamo visto assieme al cinema, quando ancora eravamo "amici-fratellastri". Quando ancora nessuno dei due aveva avuto il coraggio di confessare all'altro, di essersi perdutamente innamorato. Quando ancora, tutto era semplice, facile. Tu che avevi appena rotto con Christian, ed io che avevo deciso di starti accanto, facendoti uscire di casa, trascinandoti al cinema o al parco, per farti smetter di pensare a quell'idiota che, di te, non aveva mai capito niente. 
Forse tu non lo ricordi. Ma io si, proprio come dice la canzone. E lo farò sempre e comunque, in ogni singolo attimo della mia vita, Eva.
Ricorderò sempre ciò che siamo stati. Quanto ci siamo amati, quanto abbiamo sofferto in silenzio, aspettando un gesto, un segno da parte dell'altro. Le serate passate sul divano con i pop-corn a guardare un film. Le cuscinate, gli equivoci in bagno, quando io mi dimenticavo di chiudere la porta a chiave, e tu entravi senza bussare, e mi trovavi sulla tazza, come "il Pensatore", a leggere il mucchio selvaggio.
Ricorderò tutto, Eva. Perchè la nostra storia, io proprio non riesco a dimenticarla.
Non posso fare a meno di sorridere, ascoltando queste parole. "Ti sposerò perchè non te l'ho detto mai."
Ed invece, io, questa cosa te l'ho detta. Ti ho chiesto di diventare mia moglie, una sera di inizio Primavera, un paio d'anni fa. 
Hai detto di si, abbiamo fatto l'amore, e poi come uno stupido sono riuscito a rovinare tutto. A rovinare quel momento perfetto. 
Tu avevi scoperto di lei, Sofia. Avevi scoperto di quanto fossi stato stronzo, immaturo. Di quanto fossi stato coglione ad andare a letto con una persona della quale, non mi era mai importato nulla. Perchè ho sempre amato solo te. Te l'ho urlato, ma tu non mi hai creduto. E come posso darti torto? Eh? Non posso, perchè anche io se fossi stato al tuo posto avrei fatto lo stesso. 
Sei poi partita, il giorno dopo, con nostra figlia in braccio. Ed io ero morto dentro, Eva. 
E ora? Ora sto provando a cercarti. Sto provando ad avvicinarmi piano a te, perchè senza te io, non voglio e non posso stare.
Fa male. Il tempo è passato, siamo entrambi cresciuti, maturati. Abbiamo fatto le nostre scelte, e abbiamo affrontato le conseguenze dei nostri sbagli. Tu con Jean, ed io con Maya. Lei, che all'inizio, mi ricordava tanto di te.
Ti ho già persa, irrimediabilmente, quando quella notte a Parigi, mi hai confessato di esserti innamorata di un altro che non ero io. 
Il fatto è che, forse, ti avevo già persa prima, Eva. Perchè tra noi, le cose non erano più come prima. Non erano più le stesse. 
Ci amavamo, questo si. Ma è come se tutto si fosse sgretolato, rotto, dopo la cazzata che io avevo fatto, rovinando il nostro rapporto, e macchiando il nostro amore. 
Mi giro un attimo verso di te, per poi tornare a guardare la strada. Questa foto, te la vorrei scattare per davvero. Per ricordare questa giornata, per ricordare il tuo bellissimo sorriso. I tuoi occhi, capaci di ipnotizzarmi."
 
Ricorderò e comunque
E so che non vorrai
Ti chiamerò perchè
Tanto non risponderai
Come fa ridere adesso 
Pensarti come un gioco
E capendo che ti ho perso
Ti scatto un'altra foto
 
"E so che non vorrai. So che non vorrai più ricordare quello che siamo stati. So che non vorrai più ricordare la sofferenza che ci ha travolti.
Ricordo ancora tutte le volte che, in questi mesi, ti ho chiamato perchè avevo voglia di sentirti. Non rispondevi, perchè di me per un po' non ne hai più voluto saper nulla. Sei andata avanti, tu. Poi col tempo, ci sono riuscito anche io. Con Maya, che ora, non c'è più. 
Strano, vero? Tutto questo sembra strano, assurdo. Fa quasi ridere. Ma io, non posso fare a meno di esser ancora innamorato di te, dei tuoi occhi, delle tue labbra, del tuo corpo. Nonostante tutto, io proprio non riesco a negare a me stesso di volterti ancora, in ogni singolo istante.
Mi basta uno sguardo, mi basta un tuo sorriso per andare in palla. E non sai quanto io, mi sia trattenuto oggi, Eva. Non sai quanto io abbia fatto violenza su me stesso, per non appoggiare le mie labbra sulle tue, per non stringerti forte a me inebriandomi col tuo dolce profumo di pesca. 
E magari penserai che io, con te, abbia solo giocato, e che magari tutt'ora mi stia divertendo a farlo.
Ma non è così. E non avere il diritto, la possibilità di dirtelo ancora, mi uccide giorno per giorno, togliendomi il fiato, il respiro, e la voglia di vivere. Ho capito di averti persa, si. Ma una parte di me, non si vuole proprio rassegnare. Non vuole credere che tu, sia potuta riuscire a dimenticarti di me. Il mio cuore, sente che tu ci sei ancora. Sente che il tuo cuore ancora appartiene al mio. Ti ricordi quel filo rosso invisibile? Quello che lega il mio cuore al tuo? Quello che solo noi riusciamo a vedere, e che gli altri ignorano? Beh, per me, quel filo, non si è mai spezzato, Eva. E forse è solo per questo che il mio cuore, risponde solo a te. Al tuo sorriso, ai tuoi occhi, alla tua voce."
 
Perchè piccola potresti andartene 
Dalle mie mani
Ed i giorni da prima lontani
Saranno anni
E ti scorderai 
Di me
Quando piove e i profili e le case
Ricordano te
E sarà bellissimo
Perchè gioia e dolore
Han lo stesso sapore
Con te
 
"Potresti andartene. Il fatto è che l'hai già fatto. Una, due, tre, quattro volte. Ormai, ho perso il conto di tutte quelle volte che tra noi, è finita. 
La prima volta, sono stato io a scappare. Londra. La seconda, sei stata tu. Da Alex, spezzandomi il cuore, punendomi del fatto di esser partito non dicendoti niente. E poi tu, di nuovo, scappando a New York con lui, dopo aver fatto l'amore con me, quella notte. La notte della maturità.
Notte magica, notte fatta di sorrisi e sospiri di due anime innamorate, che avevano realizzato assieme il regalo più grande.
Poi sono stato io a scappare, quando sei tornata qualche mese dopo. Mi sono buttato tra le braccia di Simona, per dimenticare, e per fartela in qualche modo pagare per quella sofferenza che mi avevi procurato, partendo con lui, dopo aver amato me su quella scrivania, come non avevi mai fatto prima.
Poi io ero pronto per te, ricordi? Ero pronto a dire basta alla storia con Simona, per tornare da te e dal bambino, perchè era l'unica cosa che desideravo fare in quel momento. 
E so che anche tu, sapevi cosa la mia mente stesse pensando. So che anche tu, avevi capito il mio amore incondizionato per te e quella creatura che ancora non sapevo fosse mia. Nostra.
Ma hai preferito tornare da lui, spezzandomi un'altra volta il cuore. L'hai accolto a braccia aperte, e sei tornata a vivere con lui, dimenticandoti in qualche modo di tutto quello che io avevo fatto per te in quei mesi, al magazzino."
 
Marco continuava a guidare, guardando di tanto in tanto Eva, seduta accanto a lui, silenziosa. Le mani sulle gambe, unite, a torturare il solito anello d'argento al suo dito medio. 
 
"Tutto assieme a te, è semplicemente meraviglioso. Gioia, tristezza, dolore, felicità. Hanno lo stesso sapore, hanno la stessa identica luce che li riflette ai miei occhi, solo se accanto a me ci sei tu."
 
Io vorrei
Soltanto che la notte
Ora velocemente andasse
E tutto ciò 
Che hai di me
Di colpo non tornasse
E voglio amore
E tutte le attenzione che sai dare
E voglio indifferenza se mai
Mi vorrai ferire
 
"Vorrei che tutto ora, passasse velocemente, Eva. Vorrei che tutto scivolasse via.
Vorrei guardarti negli occhi, e dirti che voglio amore. Che voglio amarti, che ti voglio mia. 
Vorrei poi dirti che di noi, non è mai svanito niente. Che per me, nonostante Jean, Parigi, Maya, sei ancora tutto.
Sai cosa? Mi uccide il solo pensiero che, tu, in un futuro non molto lontano, possa trovare qualcun altro. Che tu possa un'altra volta posare i tuoi occhi ed il tuo sguardo, su un altro uomo che non sia io. 
E allora ti chiedo di esser indifferente, di dirmelo appena, e di non ferirmi. 
E se vorrai farmi del male."
 
Finalmente rientrati a Roma, usciti dall'autostrada. Quasi vicini a casa. 
 
E riconobbi il tuo sguardo
In quello di un passante
Ma pur avendoti qui
Ti sentirei distante
Cosa può significare
Sentirsi piccolo
Quando sei il più grande sogno
E il più grande incubo
 
"Sai, spesso in questi mesi ho cercato il tuo sguardo, i tuoi occhi, nel viso di un passante qualunque. Perchè avevo bisogno di sentirti vicina, di sentirti ancora non'ostante tutto mia. E poi mi dicevo come uno stupido che, pur avendoti con me, tu non ci saresti stata. Perchè la tua mente, avrebbe dedicato i suoi pensieri a qualcos'altro di diverso. Il tuo cuore, che non mi apparteneva più, perchè era ormai diventato di un altro.
E mi sono sentito piccolo, insignificante. Mi sono sentito perso, indifeso, senza via d'uscita da questa storia di una vita.
Perchè sei il mio sogno più grande, ma sei anche il mio più grande incubo. Le mie paure, hanno il tuo nome. La paura di non significare più niente per te. La paura di dovertelo leggere negli occhi, paura che tu un giorno me lo dica con rabbia, o peggio ancora non indifferenza. Perchè forse di noi, non ti importa più niente. 
Eppure il tuo sorriso oggi, era vero. Era sincero. Era uno di quei sorrisi spontanei che ti nascono sul volto quando sei davvero felice, Eva.
E ancora come uno stupido, mi chiedo: Ma sono ancora io, la ragione del tuo sorriso?"
 
Svolta a destra, arrivando davanti a casa. La via deserta, ed il solito posto per il parcheggio vicino a quel cassonetto dell'immondizia sul marciapiede. 
La radio che si spegne, ed un altro sorriso sul volto di Marco. Aveva ancora una volta capito tante cose, ascoltando una semplice canzone. 
Scendono insieme dalla macchina, prendendo le borse. 
"Lascia, faccio io.."
Marco si avvicina a lei, prendendole il borsone di mano. Un sorriso comune, uno sguardo. Un "grazie" a fil di labbra, sussurrato da Eva. 
Incamminarsi verso il cancelletto, sorridendo con la testa bassa.
Risalire il piccolo viale in pietra, con un altro sorriso sulle labbra. La testa leggermente abbassata. 
Arrivare davanti alla porta, tirando fuori dalla borsa le chiavi. 
Eva si appresta ad aprire la porta, ma Marco la ferma con una mano.
Lei si gira verso di lui, stupita. Il cuore che ancora batte a mille, le farfalle nello stomaco che svolazzano, assieme ad i colibrì.
"Aspetta.."
Si girò completamente verso di lei, timidamente. La mano destra stretta sulla spalliera del borsone, a cercare quel coraggio che proprio non aveva intenzione di uscire. La sinistra, ancora appoggiata al polso destro di lei, rimasta immobile.
Eva che lo guardava in attesa, stupita da quel gesto, ma ansiosa di sapere che cosa avesse da dirle.
"Grazie per la bella giornata.."
Un sorriso sul volto di lui. La testa leggermente inclinata verso destra. Lei rimasta immobile, incredula. Sorrise risvegliandosi, guardandolo un attimo, prima di abbassare la testa. Le mani a giocherellare col mazzo di chiavi, nervose.
"Grazie a te.."
Un altro timido sorriso, prima di rialzare la testa leggermente, guardandosi. 
Vennero distratti da un rumore, provenire dalla porta. Alice comparve davanti a loro, stupita. 
"Ma siete voi! Ci avete fatto prendere un colpo! Pensavamo fossero Mamma e Giulio.."
Si spostò, lasciandoli entrare in casa, tirando un sospiro di sollievo. Rudi si avvicinò a lei, sorridente.
"Falso allarme amore.."
Un sorriso, un bacio leggero. Vennero interrotti dai fratelli maggiori, rimasti all'ingresso a guardarli. Entrambi tossiscono, risvegliandoli.
Marco si avvicina a Rudi, guardandolo.
"Va beh che c'havete casa libera, ma non dimenticate che ci siamo pure io ed Eva!"
Eva sorrise divertita, guardando Alice.
"Marco non è che abbia torto Ragazzi.. Capiamo la foga, ma è imbarazzante per noi!"
"Poi non dimenticate che c'è pure Mimmo!"
Alice e Rudi sorrisero, correggendoli.
Marco appoggiò i borsoni, dirigendosi assieme ad Eva in soggiorno.
Rudi continuò.
"Errato, Mimmo sa tutto!"
Eva e Marco spalancarono gli occhi, increduli.
"E come?"
"Ci ha visti stamattina, in camera di papà e Lucia.."
Marco, sconvolto.
"Scusate ma.. Visti come?"
Alice rispose, con la testa bassa.
Eva la guardò sconvolta.
"Eravamo sul letto, e.."
"Basta, ok basta, vi prego, risparmiateci i dettagli!"
Marco alzò le mani, gesticolando, chiedendo ad Alice di smettere.
Eva continuò, leggermente arrabbiata.
"Ma vi rendete conto di quello che sarebbe successo se al posto di Mimmo ci fossero stati mamma e Giulio?"
Marco la guardò un attimo, prima di continuare. 
"Non credete che un infarto sia sufficiente?"
Alice abbassò lo sguardo, colpevole. Rudi affrontò il fratello.
"Noi non siamo stati mica così scemi da farci beccare!"
Marco rimase in silenzio. Eva abbassò lo sguardo, visibilmente imbarazzata. Il ricordo dell'infarto, e di quella mattina, a riproporsi prepotentemente nelle menti di entrambi.
Alice lo guardò stupita. Lui si pentì subito, abbassando lo sguardo. Si rivolse ai fratelli, con lo sguardo basso. 
"Scusate.. Io, non volevo.."
Marco alzò lo sguardo, sorridendo leggermente.
"Va beh dai, non è che hai tutti i torti. E' una storia passata. Io ed Eva, volevamo soltanto farvi capire che non dovete comportarvi così. Se non volete farvi beccare, dovete star attenti."
Eva lo guardò, d'accordo. Poi continuò.
"E' difficile, lo so. Ma se non volete farvi beccare, stare attenti è l'unica soluzione."
Sorrise dolcemente, guardandoli difronte a lei, con la testa bassa, colpevoli.
Si avvicinò a loro, assieme a Marco. Abbracciarono i fratelli, rassicurandoli.
"Grazie ragazzi.. Promettiamo che staremo più attenti!"
Alice guardò verso Eva e Marco, sorridendo.
Un altro abbraccio, e poi ritrovare quel sorriso di sempre.
"Ma Marta? Dov'è?"
"E' con Walter e Carlotta. Ci hanno chiesto di tenerla, supplicandoci, e.. Non abbiamo saputo dire di no."
Si stavano dirigendo tutti in cucina. Un'occhiata veloce all'orologio appeso, per poi dirigersi al frigo, affamato.
Marco, con la mano sulla pancia, ed un'espressione addolorata in volto. 
"Ragazzi, io sto morendo di fame.."
Rudi lo guardò, con la stessa espressione.
"In effetti, c'ho fame pure io.."
Le ragazze che li guardano divertite, sorridendo.
Rudi si avvicinò ad Eva, sorridente.
"Sorellina, non è che potresti fare tu qualcosa per cena? Io e Alice siamo negati, e Marco è peggio di noi.."
Marco gli tirò uno scappellotto. Eva sorrise guardandolo. 
"Certo ma.. Voi mi darete una mano!"
Marco le sorrise, avvicinandosi.
"E va bene, hai vinto! Ma.. Che facciamo?"
Un altro sorriso, prima di aprire il frigo, e cercare qualcosa nelle dispense.
Qualche battuta, qualche altro sorriso, prima di accendere la radio ed iniziare a cucinare tutti assieme, divertendosi come matti.
E poi nella cucina, assieme al profumo del sugo che scoppietta sul fuoco, si espandeva nell'aria "We are Young" dei Fun. 
Carica d'energia, di significato. 
Rudi e Alice che ballavano per la cucina, divertiti, abbracciati. Lei che ride tra le braccia di lui. 
Un bacio, un sorriso. Eva che mescolava il sugo, li guardava sorridente. Un dolce sorriso sul volto. 
Erano giorni che li osservava. Erano giorni che si perdeva a guardarli da lontano, sorridendo leggermente. Innamorati, felici, complici. 
I suoi fratellini, erano davvero cresciuti. Più li guardava, e più le sembrava di vedere lei e Marco solo qualche anno prima, nella stessa posizione, nella stessa identica situazione. 
Prese un pezzo di pane da intingere nel sugo. Lo avvicinò alla bocca, soffiando. Ed in un misero istante, si sentì prendere il polso da una mano. Stupita. Marco, dietro di lei, l'aveva presa per mano facendola girare. Lei appoggiata con una mano al petto di lui, con l'altra mano sulle sue labbra. Un sorriso di lui, che aveva appena addentato al posto suo quel piccolo pezzetto di pane. Un attimo, un secondo, e senza nemmeno rendersene conto si era ritrovata sul petto di lui. I visi vicini, i respiri a confondersi. 
Un sorriso partito a razzo dal cuore di lei, a ricordare un momento simile. Un gigantesco deja-vu per entrambi. 
Qualche anno prima, nella stessa cucina. Quando era ancora incinta di Marta, e i loro genitori avevano passato la giornata e la notte fuori. 
Quel litigio che ancora ricordavano entrambi. Quella sera passata in cucina, a cucinare assieme ai piccoli. 
Stesse posizioni, stesse emozioni.
Il cuore di lei che batte, batte forte. Lui, con un leggero sorriso sul volto. Aveva appoggiato le mani sulla sua vita, stringendola. 
Non riusciva a credere di esserci riuscito. 
Eva si risvegliò, abbassando lo sguardo, imbarazzata. Un leggero color porpora sulle guance, ed un sorriso quasi impercettibile disegnato sulle labbra. 
Lei rialzò lo sguardo verso di lui, ancora appoggiata al suo petto. E in un attimo, lui tornò serio. Fermo, a guardarla negli occhi. Fermo, a gurdare le labbra di lei, vicine alle sue. 
E lei stava per cedere. Si staccò dal suo petto, voltandosi, cercando di far finta di niente. 
Tornò a mescolare gli spaghetti, sospirando. Gli occhi chiusi, e il cuore che batte ancora a mille per quella vicinanza interrotta. 
Lui rimase fermo. Scosse la testa, sorridendo leggermente, prima di dirigersi verso al tavolo, guardando divertito Rudi e Alice.
E quel deja-vu, l'aveva vissuto anche lui. Sentiva ancora il cuore battere, sentiva ancora il respiro troppo affannato. 
"Beh? Allora, è pronto?"
Rudi si avvicinò ad Eva, impaziente.
"Un attimo! E' quasi pronto!"
Lei che cercava di sorridere, sembrando tranquilla. 
"Ma.. Dov'è Mimmo?"
Si guardò attorno, notando la sua assenza.
Alice la guardò, rispondendole.
"Penso che sia ancora agli allenamenti di rugby, dovrebbe tornare tra poco.."
Vennero interrotte dal suono del campanello. 
Marco si avviò alla porta, sorridendo.
"Vado io, vado io!"
Aprì la porta, sorridendo. Il sorriso morto sulle labbra, nel vedere l'immagine di quella persona davanti ai suoi occhi. Lei, con lo sguardo basso, l'aveva salutato seriamente.
"Ciao Marco."
Lui rimase immobile, rispondendole.
"Ciao."
Si scostò per farla entrare. Le mani lungo i fianchi. 
Lei si richiuse la porta alle spalle. 
Si rivolse a lei, freddamente.
"Che ci fai tu qui?"
"Sono.. Sono venuta a prendere la mia roba. Domani mattina parto, torno in Lussenburgo dai miei."
Rudi e Alice, fecero capolino dalla cucina. Guardarono Maya pochi attimi, prima di salutarla. 
Eva, rimasta in cucina per tutto il tempo, decise di raggiungere tutti all'ingresso. Rimase stupita, nel trovarsi difronte Maya.
"Ciao Eva."
Maya sorrise leggermente, salutandola. Eva si sforzò di sorridere, guardandola.
"La tua roba è di sopra, in mandarda."
Marco si rivolse a lei, freddamente. Le mani in tasca, e lo sguardo verso le scale. 
Lo guardarono tutti stupiti. Maya no.
"Grazie. Salgo un attimo, e scendo subito."
Un ultimo sguardo ad Eva, prima di prendere e salire velocemente le scale. 
Rudi si avvicinò a Marco, confuso.
"Scusa ma.. Chi ha lasciato chi?"
Marco si girò verso di lui, per poi guardare un attimo Eva, di sfuggita, sulla porta della cucina.
"Io ho lasciato lei."
"Ma quando?"
"Ieri sera, Rudi."
Sperava che al fratello bastasse. 
"E perchè?"
Marco alzò gli occhi al cielo. Eva abbassò lo sguardo, leggermente. Alice diede uno scappellotto in testa a Rudi, capendo la situazione.
"Ahia! Ma che ho fatto?"
Si girò verso Alice, non capendo. La mano a massaggiarsi la testa. 
Marco sorrise divertito, guardando la scena. Tornò serio, sentendo un rumore proveniente dalle scale. Si girò, vedendo Maya scendere con un paio di borsoni sulle spalle. 
Alice cercò di rompere quel silenzio, rivolgendole la parola con un sorriso.
"Preso tutto?"
"Si, si, grazie. Va beh, allora io.. Vado."
Si avvicinò alla porta. Marco si spostò, con le mani in tasca e lo sguardo basso. Le aprì la porta, prima di salutarla.
"Ciao, e.. Buon viaggio."
"Grazie."
Lo ringraziò, seria, ancora sulla porta.
Salutò tutti con un leggero sorriso, prima di voltarsi per uscire. Si scontrò con Mimmo, appena arrivato. Il borsone degli allenamenti in spalla. Sorrise leggermente, guardando Maya.
"Ehi! Scusa, non ti ho visto.."
"Niente, tranquilla.. Allora, parti?"
Maya annuì semplicemente, guardandolo. 
"Grazie per.. Le ripetizioni, Maya.."
"Sono io che devo ringraziare te. Mi raccomando però, non dimenticarti ciò che ti ho insegnato, Cesaroni.."
Mimmo sorrise divertito, prima di abbracciarla qualche istante. 
Tutti avevano guardato la scena da dentro casa. Un ultimo saluto, e poi Mimmo entrò in casa, richiudendosi la porta alle spalle. 
Una pacca sulla spalla a Marco, un bacio sulla guancia ad Alice ed Eva, e una sberletta in testa a Rudi.
Salutò tutti, entrando in cucina, lasciando cadere il borsone all'ingresso.
"Beh? Io c'ho fame!"
Urlò sedendosi al tavolo, in attesa degli altri, rimasti ancora all'ingresso.
Eva e Alice sorrisero, scuotendo la testa, rientrando in cucina. 
E la serata, era passata così. Seduti al tavolo in cucina, dopo cena, erano rimasti a parlare. A ridere, scherzare, prendersi in giro, raccontarsi. Avevano ricordato i vecchi tempi da fratelli, passati in quella casa solo qualche anno prima. 
Una coppa di gelato al cioccolato, e delle fragole. La serata passava, e loro vivevano quel momento assieme, ricordando quanto fosse importante ciò che li legasse.
Poi Eva, aveva telefonato a Carlotta per sapere di Marta. Era tranquilla. Giocava con lei e Walter. Aveva mangiato, e dopo aver giocato un altro po' era crollata assieme a Walter sul divano, davanti ad un film.
Poi, telefonò alla madre, a Milano.
"Mamma! Ciao! Ma che ci fate a Milano?"
"E' una storia lunga, tesoro. Ti racconterò appena torniamo. Ma, voi, come state?"
"Noi stiamo bene, e voi?"
"Si, si, anche noi."
"Ezio! Ezio te stacco n'orecchio!"
Eva allontanò il telefono dall'orecchio, sentendo Stefania urlare dall'altra parte.
"Ma cos'è tutto questo casino?"
"Tesoro, scusa ma ora non posso parlare! Ti chiamo io domani mattina, promesso! Buonanotte, saluta tutti!"
Lucia attaccò il telefono velocemente.
"Mamma? Mamma? Niente, ha attaccato."
Guardò il display, confusa.
"Che ha detto?"
Guardò verso Marco, scuotendo la testa.
"Va beh dai, che ce frega? Abbiamo casa libera!"
Rudi aveva scatenato una risata generale, sottolineando un'altra volta il fatto di esser soli.
Marco spostò velocemente lo sguardo su Eva, in silenzio. Un sorriso leggero, e quella sensazione di benessere mai avuta prima.

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Come promesso, un'altro capitolo, subito dopo l'altro! :D
Allora, capitolo abbastanza intenso. 
Succedono tante cose! xD 
Ha rifatto la sua comparsa la principessa di sta minchia. - chiedo scusa per il termine, ma è più forte di me, sapete: La odio! o.O -
I nostri due piccioncini, sempre più vicini.. - non cantate vittoria, eh! xD -
Rudi ed Alice, che approfittano dell'assenza dei genitori.. xD
Insomma, tante tante cose! 
Confido che, questo capitolo - canzone sopratutto **- mi soddisfa! :D
Quello precedente, un po' meno. -.-"
Detto questo, vi ringrazio! :D
A presto - forse, ancora non lo so! o.O - con la continuazione! 
Un grandissimo bacio,

Chiara. <3

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Capitolo 17
*** Devo tutto a te ***


"Nano, tu stasera dormi con Marco!"
"Cosa?! E perchè scusa?"
Rudi si era rivolto a Mimmo, sul pianerottolo davanti alla porta del bagno.
Un sorriso, un'aria sognante. 
Si avvicinò al fratello, cercando di fargli capire il motivo dello sfratto. Una mano sulla spalla, e la mano davanti al viso del fratellino per spiegargli la situazione. Mimmo, con la fronte corrucciata, guardava il fratello con aria interrogativa.
Abbassò lo sguardo un attimo, capendo, per poi alzare gli occhi al cielo. Aveva capito.
Ormai non era più un bambino, ma un sedicenne sveglio e intelligente.
"Fammi capire.. Tu mi stai sfrattando dalla camera, e mi stai mandando a dormire con Marco che, fra parentesi russa pure, per dormire con Alice?"
"Io non ho detto dormire!"
Scoppiarono a ridere, assieme. Mimmo guardò Rudi, acconsentendo. 
"E va bene, va bene. Però non sul mio letto!"
Un dito puntato contro al fratello, in modo minaccioso.
Rudi alzò le mani, sorridendo. 
"Dai, Marco poi non è che russa poi così tanto.."
Mimmo alzò un sopracciglio, guardandolo. 
"Chi è che ha detto che io russo?"
Marco salì le scale, sentendo la loro conversazione. Si avvicinò a loro.
Mimmo lo guardò, rispondendogli.
"Tu! Rudi vuole che io dorma con te in mansarda, e io gli ho detto che tu quando dormi, russi terribilmente!"
Marco corrucciò la fronte, negando. Non capiva però il motivo di dover dormire con Mimmo.
"Io non russo! Scusate ma, perchè tu dovresti dormire con me?"
Mimmo guardò Rudi, alzando un sopracciglio.
"Perchè il qui presente assatanato, deve dormire con la sua donna.."
Marco spalancò gli occhi, stupito.
"Spero che lui stia scherzando, Rudi.."
Si rivolse a Rudi, quasi sconvolto.
Rudi alzò gli occhi al cielo, infastidito.
"No, non scherza!"
Marco incrociò le braccia, guardandolo male. Poi annuì, rassegnato.
"Ho capito che ne state approfittando, però siete sempre appiccicati!"
"Beh? Anche te ed Eva eravate così!"
Marco spalancò gli occhi, guardandolo male. Si avvicinò a lui, sussurrando.
"Abbassa la voce! Che se te sente t'ammazzo!"
Rudi lo guardò sorridente.
"Che pensi davvero, che io e Alice non ci siamo accorti di come vi guardate?"
Marco, esasperato, continuò a negare.
"No! Siete totalmente fuori strada! E smettila di parlare, che è di sotto!"
Rudi annuì, sorridendo, alzando le mani al cielo.
"E va bene, va bene. E comunque tu stasera, dormi con Marco!"
Si rivolse a Mimmo, sorridendo.
"No, non esiste! Piùttosto dormo sul divano!"
Marco lo guardò, corrucciando la fronte.
"Ma sono così terribile?"
"Si, lo sei davvero!"
Scoppiarono a ridere assieme, divertiti. Quel legame di fratellanza che, prima dell'arrivo delle ragazze, non avevano mai vissuto a pieno. 
E in un certo senso, dovevano tutto a loro. A quelle ragazze che arrivando in casa loro qualche anno fa, avevano del tutto stravolto la vita di tutti loro, migliorandola.
 
Al piano di sotto, poco più distanti, Eva e Alice sedute sul divano, con le gambe rannicchiate. 
Avevano frugato tra i dvd nella credenza, e avevano deciso di passare la serata assieme, a guardare un film, come non facevano da tempo. 
Un film d'altri tempi, bellissimo, rimasto nella storia. 
Quel film romantico, divertente, strappalacrime per chi si commuoveva ogni volta, come Alice, guardando il finale.
Una vaschetta di gelato al cioccolato, condivisa. Qualche battuta, commentando il film. 
Le note di "The time of my life" colonna sonora del film "Dirty dancing" che si alzavano piano nella stanza. 
Quel ritmo coinvolgente, trascinante. 
Alice, che per tutta la durata del film non ha fatto altro che ripetere alla sorella quanto fosse figo Patrik Swayze in quel film. 
Eva che ogni volta, rideva divertita ascoltando gli apprezzamenti della sorella. Per poi unirsi a lei, dovendo ammettere la sua ragione.
"Oddio, amo questa canzone!"
Alice prese il telecomando, alzando il volume.
Qualche attimo dopo, Eva si era persa nelle parole della canzone, ricordando un momento particolare della sua vita. Un momento magico, un momento intenso. Voluto, ed infinitamente sognato ed immaginato per tante di quelle volte.
Era quell'attimo di eterno che era riuscita a scoprire con lui, per la prima volta, quella notte, assieme. 
 
E ’stato il tempo più bello della mia vita
non ho mai provato ciò prima
sì giuro che è vero
e devo tutto ciò a te
Perché è stato il tempo più bello della mia vita
e devo tutto a te
 
"Johnny e Baby che ballano sul palco. Ed ecco che nella mia mente, riappare l'immagine di me, quella notte, distesa sul palco di quel teatro, tra le sue braccia per la prima volta. La prima volta sulla quale, avevo fantasticato così tanto. E che mai, mi sarei aspettata di vivere in modo migliore, se non con lui. 
E' stato l'attimo più bello della mia vita. Quell'attimo magico, vissuto con lui. Non potevo chieder di meglio, perchè lui, era l'unica cosa che io desiderassi davvero con tutta me stessa.
Non mi ero mai sentita così prima, non mi ero mai sentita donna fino a quel momento. Amata, desiderata, sognata.
E giuro, è vero. Tutto questo è vero, perchè ricordo tutto come se fosse ieri. E invece, sono già passati cinque anni. 
E devo tutto a te, Marco. Devo a te il dolce ricordo di quel momento. Quel buio, l'ho scoperto e attraversato con te. 
Quell'emozione, l'ho vissuta grazie a te e alla tua dolcezza che, sdraiato sopra di me su quel palco, ti fermavi di tanto in tanto per vedere se ero davvero pronta per continuare, oppure mi volessi fermare. Perchè hai saputo aspettarmi, e volevi con tutto te stesso che quell'attimo per me fosse perfetto. 
Un bacio, un altro ancora. Una carezza più spinta, e non solo appena accennata com'èra successo fino a quel momento.
Mi sono lasciata amare da te, perchè solo tu sei riuscito a darmi quella voglia, quell'energia e quella forza per fare quel salto, della quale avevo tanta paura.
"Certo, speriamo solo che non si metta a ridere per quanto sono imbranata.."
L'avevo confidato a Carlotta, una mattina a scuola. 
Avevo paura di non esser abbastanza. Di non essere all'altezza per te. 
Poi il giorno dopo, nello studio di Fernando. 
Descrivere le emozioni della prima volta, e paragonarla se possibile ad un film. 
"Mi sono sentita come quando Baby, riesce per la prima volta a ballare e, si sente bella."
Ripensandoci ora, un sorriso spontaneo che nasce sul mio volto impossibile da trattenere.
Ed è vero, è così. Tu, sei riuscito a trasmettermi quella sicurezza che mi mancava, infondendomi forza, amandomi quella notte con lenta e dolce passione."
 
Ho aspettato tanto
ed ora ho finalmente trovato qualcuno
che mi stia vicino
abbiamo visto la scritta sul muro
quando provammo questa Magica Fantasia
 
"Ho aspettato tanto, Marco. E sto tutt'ora aspettando di rivivere quelle emozioni che, solo tu, riuscivi a trasmettermi. Non c'è nessuno ora. Dopo te, non c'è mai stato. Non ho voluto, e non ho la forza di farlo. 
Forse ci sei ancora tu, e questo mi spaventa. Si perchè, è come se esistessi solo tu. E' come se non riuscissi più a guardarmi intorno.
E' tutta la sera che penso a quello che, prima, poteva succedere in cucina. Tra noi, tra me e te un'altra volta. 
Il tuo viso vicino al mio, e il cuore che non accenna a voler fermarsi, martellando furioso dentro al petto.
Le tue labbra, i tuoi occhi. E il cuore che continuava ad urlarmi disperatamente di alzarmi sulle punte, e unire il mio sorriso al tuo, mischiando i nostri respiri, ancora una volta. La tua presa sulla mia vita, e il tuo respiro caldo a soffiare leggero sul mio viso. 
Giuro, ancora non so quale sia stata la forza sovra umana che mi ha invasa, permettendomi di staccarmi dal tuo petto. 
Il profumo di muschio sul tuo collo, e la camicia blu leggermente sbottonata sotto la mia mano. 
Sarebbe bastato un attimo, un secondo, un misero istante per sfiorare le tue labbra, Marco.
E sembra fantasia. Sembra la trama di una favola inventata, eppure è la nostra storia. Già, io ancora la chiamo nostra. Ma dovrei usare il termine "Mia"."
 
 
Ora con la passione nei nostri occhi
non c’è modo di mascherare nulla
Segretamente
Così ci prendiamo per mano
perché sembra che abbiamo capito
l’urgenza
 
"Oggi sulla spiaggia, e poco prima in cucina, ho rivisto nei tuoi occhi qualcosa di familiare. Un'espressione del tuo viso, da me già vista e conosciuta. Ma forse, è solo il mio ennesimo castello in aria, fondato sul niente. 
Ho rivisto i tuoi occhi, Marco. Accesi da una strana luce, illuminati nel mezzo. Ho sentito il tuo petto alzarsi ed abbassarsi, sotto la mia mano. Il tuo respiro caldo, accellerato, soffiare leggero sul mio volto.
Ma magari è solo una mia fantasia, una mia fantasticheria insensata, perchè ancora nonostante tutto, sono innamorata di te. 
Eppure è una cosa difficile da ammettere, anche a me stessa. 
Spesso la voglia di prenderti per mano, è forte. Prenderti la mano e stringerla alla mia, mostrandoti quanto io abbia ancora bisogno di te. Io ho capito l'urgenza. Ma tu?"
 
 fa ricordare che
Tu sei l’unica cosa
di cui non ho mai abbastanza
così ti dirò qualcosa
questo potrebbe essere amore perché
 
"Tutto questo mi fa ricordare i momenti passati assieme. Quei momenti importanti, indelebili, che mi hanno fatto capire quanto tu sia per me qualcosa di fondamentale, importante. Sai ascoltarmi, consigliarmi. Riesci sempre a dirmi dove sbaglio, pur sapendo che potrei prendermela con te, arrabbiandomi. Sei il padre di mia figlia, Marco. Nostra figlia. Sei sempre stato un padre presente, in questi mesi, anche se la distanza ti impediva di poter vedere nostra figlia ogni giorno. Le sei stato sempre vicino, anche se a separarvi c'erano millecinquecento chilometri di distanza. 
Sei indispensabile, e non mi basti mai. Non mi sei mai bastato, perchè la voglia di averti accanto a me ogni attimo, è sempre prevalsa. 
Il bisogno di starti accanto, e di sentirti vicino. E poi mi ricordo, quasi troppo tardi, che non posso. Che tra noi è tutto finito, e che io per allontanarti da me, ti ho mentito. Stavi buttando all'aria tutto, e per impedirtelo sono riuscita a farti del male, guardandoti negli occhi, uccidendo contemporaneamente me stessa.
Non merito di averti accanto. Non posso, dopo tutto quello che ti ho fatto passare, Marco.
E questo, è amore. Il mio amore per te. Ho sacrificato me stessa, per i tuoi sogni. Come hai fatto tu quella notte, partendo per Londra, lasciandomi libera."
 
E ’stato il tempo più bello della mia vita
non ho mai provato ciò prima
sì giuro che è vero
e devo tutto ciò a te
 
"Amarti, è stato intenso, Marco. E' qualcosa che non dimenticherò mai, perchè dentro me hai lasciato un segno indelebile. 
Devo tutto quanto a te. Non riuscirò mai a ringraziarti abbastanza per le emozioni che sei riuscito a trasmettermi in questi anni."
 
Eva si volta verso Alice, guardandola. Un leggero sorriso divertito, vedendola muoversi a ritmo della musica sul divano. 
"Lo vorrei anche io un fisico così! Guarda!"
Alice che indicava la tv, con un filo di invidia per quel corpo a suo dire perfetto. 
"Ali, tu ce l'hai.."
Eva sorrise, accarezzandole una guancia dolcemente. 
"No, tu ce l'hai! Poi quant'è brava a ballare.."
Un'aria sognante, e poi continuare a guardare la scena finale del film.
Vennero distratte da Mimmo, che entrando in soggiorno, si era fermato a guardare la tv.
"Ecco cos'è tutto questo casino! State guardando Dirty dancing!"
Si avvicinò velocemente a loro, sedendosi sul divano accanto ad Eva.
Le ragazze lo guardarono stupite.
Alice si rivolse a lui, con la fronte corrucciata.
"Scusa ma.. Non hai sempre odiato questo film?"
Mimmo le rispose, continuando a guardare la tv. Abbassò poi lo sguardo, sorridendo imbarazzato.
"Si, hai ragione, ma.. Dopo tutte le volte che l'ho visto con Matilde, ha iniziato a piacermi.."
Johnny e i suoi amici che si avvicinano al palco, ballando. E le note di quella canzone meravigliosa a risuonare ancora nella stanza. 
 
L'orologio appeso che segna mezzanotte meno un quarto. L'aria fresca della notte, che passa attraverso le finestre aperte per tutta la casa. Marco che esce dal bagno, dopo essersi fatto una doccia fredda. Apre la porta, richiudendola alle sue spalle. Un asciugamano blu legato in vita, e i capelli ancora bagnati. 
Un rumore proveniente dalle scale, lo distrasse, facendolo voltare. Si ritrovò davanti Eva, salita per andare a farsi una doccia, prima di andare a letto.
Lei abbassò lo sguardo, imbarazzata, davanti a lui. 
Lui sorrise leggermente, vedendola arrossire davanti all'immagine di lui a petto nudo, proprio com'èra successo lo stesso giorno in spiaggia.
"Devi usare il bagno?"
"Si, grazie.."
"Aspetta, prendo due cose ed esco subito."
Marco, rientrò in bagno sorridente, prendendo i vestiti che aveva lasciato a terra. Sentì il telefono vibrare, nella tasca dei pantaloni.
"Ma chi è a quest'ora?"
Lo prese in silenzio, guardando il display lampeggiare nervoso.
Rispose, vedendo il numero sconosciuto.
"Pronto?"
"Marco, ciao! Come stai?"
Una voce familiare dall'altra parte del telefono. Sorrise contento, rispondendole. Era un sacco di tempo che non la sentiva.
"Franco! Ma non ci posso credere! Io sto bene, bene, e te?"
"Si, anche io! Scusa per l'ora, ma ti devo dire una cosa importante!"
"Cioè?"
"Sono a Roma! E ti ho chiamato per dirtelo, e per chiederti un favore.."
Marco corrucciò la fronte, non capendo, confuso.
"Certo, dimmi pure.."
Lei, rimasta tutto il tempo fuori dal bagno ad aspettare, aveva solo sentito il nome di Franco.
"Ho deciso di riaprire il Rock Studio, l'ho aperto la settimana scorsa."
"Ma davvero? Mi fa piacere che tu abbia mollato la radio."
"Si, si, proprio così. E ti dovrei chiedere un favore.. Mi chiedevo se magari domani sera ti andasse di venire qui a suonare, come ai vecchi tempi. Infondo hai cominciato li la tua carriera, giusto?"
Marco sorrise, contento.
"Certo! Hai ragione, devo tutto a quel posto. Allora ci vediamo domani pomeriggio al locale?"
"Va bene, va bene! Grazie Marco, oh non so come ringraziarti! Allora ti lascio andare.. Buonanotte, e scusa ancora per l'ora eh.."
"Macchè, figurati, grazie a te! Ciao Franco, ciao ciao!"
Richiuse il telefono, incredulo. Un'altra occhiata al display.
Uscì dal bagno, sorridente.
Lei si avvicinò a lui, curiosa.
"Sai chi era al telefono?"
"Franco?"
"Ma come lo sai?"
Corrucciò la fronte, non capendo.
"L'hai detto tu, prima.."
Sorrise leggermente, prendendolo in giro.
"Ah si, è vero, che scemo! Va beh, comunque mi ha chiamato per chiedermi un favore.."
"Sarebbe?"
"Mi ha chiesto di suonare domani sera al Rock Studio!"
Un altro sorriso contento. Lei lo guardò sorridente, ma confusa.
"Scusa, non l'aveva chiuso?"
"Si, ma ha lasciato la radio, e l'ha riaperto!"
Eva abbassò leggermente lo sguardo, triste. Il ricordo di quel posto, dove tutta la fine della loro storia era iniziata, un paio di anni fa.
Cercò di risvegliarsi, abbozzando un sorriso.
"Già.. La radio.."
Lui la guardò confuso, non capendo.
"Oi, va tutto bene?"
Eva sorrise leggermente annuendo, guardandolo. Si voltò per uscire dal bagno, e scappare da quella situazione.
Marco la bloccò, prendendole la mano.
"Scusa ma, non ti serviva il bagno? L'hai già dimenticato?"
Lui sorrise divertito, prendendola leggermente in giro. Lei sorrise, annuendo semplicemente in silenzio.
Un ultimo sguardo, prima di uscire dalla porta del bagno e lasciarla sola. 
Lei rimase pochi attimi a sfregarsi le mani, con gli occhi chiusi. La sensazione del suo tocco addosso.
 
 
Alice, rimasta sul divano assieme a Mimmo. Lo sguardo rivolto alla tv, annoiato. Il telecomando in mano a cambiare canale. 
Sobbalzò spaventata, non appena sentì un respiro caldo sul collo, seguito da un bacio. Un leggero sorriso, ad incresparle il viso. 
La mano destra intrecciata tra i capelli di lui, le labbra a sfiorarsi leggermente.
"E basta però!"
Mimmo alzò gli occhi al cielo, sbuffando infastidito. 
Sorrisero divertiti, prima di staccarsi leggermente, scusandosi, ed avviarsi verso le scale, mano nella mano, sorridenti.
Un altro bacio, arrivati davanti alla porta della camera delle ragazze. Le mani di lui appoggiate sulla vita di lei, a stringerla piano.
Le mani di lei, sul suo petto, le labbra vicine.
"Buonanotte Amore.."
Sorrise, baciandolo un'altra volta. Si staccò, girandosi per aprire la porta della camera.
Lui strinse la presa sulla sua vita, fermandola. Avvicinò il volto a quello di lei, sorridendo leggermente.
"Veramente.. Io.. Pensavo che stanotte potessimo dormire vicini.."
Un velato sorriso malizioso, sul volto di lui. Un sorriso sul volto di lei.
Ed era un gioco di sguardi, di sorrisi. I cuori che battono, i respiri vicini, pronti a mischiarsi un'altra volta.
Due giovani innamorati, bisognosi l'uno dell'altra, in ogni momento, in qualsiasi posto. La passione travolgente dalla quale entrambi erano affetti. Provare a resistere, era per loro impossibile.
"E Mimmo?"
"Dorme di sotto.. Abbiamo la camera tutta per noi, piccola.."
Un altro bacio, un altro sorriso, prima di prenderla per mano e trascinarla davanti alla porta di camera sua.
"Chiudi gli occhi.."
Alice sorrise emozionata, lasciandosi guidare da lui. La mano di Rudi sugli occhi di lei. Aprire piano la porta, ed entrare lentamente nella stanza.
Lui deglutì nervoso, prima di abbassare piano la mano tenuta per tutto il tempo sugli occhi di lei. 
"Aprili."
Un altro sorriso, e la mano a coprirsi leggermente il viso.
Alice emozionata, guardò davanti a lei stupita. La stanza illuminata solo dalle tante, piccole candele posizionate sul pavimento, a formare una scritta.
"Ti Amo"
Gli occhi lucidi, e la voglia di piangere ed urlare quanto fosse innamorata di quel ragazzo che le stava davanti.
"Se non altro, la camera non ha preso fuoco.."
Una piccola risata nervosa, da parte di lui. E un altro sorriso sul volto di lei. Appoggiare piano le mani sul viso di lei, bagnato da qualche lacrima di gioia. 
"Ti amo."
Sussurrarle un'altra volta quelle due parole magiche, per poi sentirsi rispondere "Anche io ti amo." e mischiare le labbra in un nuovo bacio, dolce e salato. 
Le mani di lei a tra i capelli di lui, a stringerlo con desiderio. Un altro bacio, un altro ancora, fino a ritrovarsi sdraiati sul letto. Le labbra che si cercano, i respiri che si confondono. Le mani che piano piano si muovono, infastidite da quel sottile velo di stoffa, desiderose di sentire la pelle dell'altro, calda, morbida. 
Le mani di lei a sollevare la maglietta di lui. 
Le mani di lui a sbottonare freneticamente la camicia di lei. Un altro bacio, un altro sorriso, prima di perdersi nell'amore fatto, e non più solo sognato. L'aria che entrava dalla finestra aperta, e quei due corpi che assieme avevano intrapreso la danza dell'amore. Tutto era perfetto, tutto era al suo posto. 

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Tadà! Eccomi! xD
Allora, capitolo tranquillo, infatti non succede niente. 
Amo alla follia questa canzone! ** Dio, che film. <3
Non so se siete del mio stesso parere, ma mentre scrivevo i pensieri della nostra amata Eva - dio quanto la amo! **- questa canzone mi ha dato una mano a trovare quell'ispirazione che va e viene. -.-"
Non è che sia molto soddisfatta ma, si fa quel che si può, sperando in un avvenire migliore. o.O
Detto questo, ringrazio ancora tutti voi, che leggete questa storia, e lasciate qualche recensione che io, leggo sempre con immenso piacere! :D 
Un bacio, a prestissimo - spero xD -

Chiara. <3

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Capitolo 18
*** Lontano ***


"Come, Berlino?"
Eva incredula, in piedi, con una cartellina contenente dei fogli, ascoltava il suo capo seduto difronte a lei, col mento appoggiato alle mani incrociate. Era uscita di casa presto, quella mattina. Aveva appena fatto in tempo a salutare sua figlia arrivata tra le braccia di Carlotta, con un bacio. Aveva preso la macchina, ed era corsa in ufficio, accompagnata da un terribile ritardo. 
La leggera gonna elegante, nera, e la solita camicetta bianca. I capelli raccolti in una coda, con la frangia davanti. 
"Si Cudicini, hai capito bene. Hai presente quella nuova band inglese, formata da cinque giovani ragazzi molto belli?"
"Scusa, intendi gli One Direction?"
"Proprio così. Attirano molto di questi tempi, e sono sicura che i lettori di "Up to you" apprezzeranno leggere l'articolo che tu stessa scriverai, dopo averli intervistati."
Eva corrucciò la fronte, confusa. 
"Mi stai dicendo di andare fino a Berlino per intervistarli? Cambia qualcosa aspettare che vengano loro a Roma, il mese prossimo?"
"Hai ragione, ma io voglio che tu vada a Berlino precedendo chiunque provi ad avvicinarsi a loro con videocamere e microfoni vari. Dobbiamo essere i primi, ad intervistarli per quell'evento. Ho molta fiducia in te, sono sicura che riuscirai nell'intento."
Eva la guardava ancora più confusa, quasi stupita. 
"E quando dovrei partire?"
"Cinzia ti ha già spedito tutto via e-mail. Partirai domani mattina."
Iva cercò di congedarla con un gesto della mano, muovendola a mezz'aria. 
Eva sospirò, prima di voltarsi per uscire da quell'ufficio in silenzio.
"Ah, Cudicini, dimenticavo: Con te verrà un nostro responsabile della fotografia."
Eva la guardò, confusa.
"E chi sarebbe?"
Si voltò un'altra volta verso Iva, con un'espressione accigliata. 
Aspettava una risposta che non arrivò. Sentì qualcuno bussare alla porta, e si voltò verso di essa dopo aver sentito un "avanti!" infastidito da parte del suo capo, ancora seduto a quella scrivania.
"E' permesso? Posso?"
Un ragazzo alto, dai capelli scuri, corti e alti, gli occhi chiari, verdi, fece il suo ingresso in quella stanza, con una macchinetta fotografica appesa al collo. La barba di qualche giorno, ed un sorriso, prima di entrare e richiudere la porta, rivolgendo lo sguardo ad Iva, che sorrise vedendolo.
"Belli! Proprio te volevo!"
Lui sorrise quasi soddisfatto, avvicinandosi alla scrivania della donna. 
"Ah si? E perchè?"
Si girò poi verso Eva, osservandola per qualche istante. Lei rimase seria, ascoltando le parole della Zavattini.
"Cudinini, ti presento Belli. Sarà lui ad accompagnarti a Berlino domani."
Eva si girò verso di lui, abbozzando un leggero sorriso. Lui le porse la mano, sorridendo sicuro, presentandosi.
"Piacere, io sono Matteo." 
"Piacere, Eva."
Strinse la sua mano, sorreggendo con un braccio la certellina coi fogli. 
"Sono sicura che vi troverete bene a lavorare insieme. Cudicini, voglio un pezzo da prima pagina. E Belli, voglio una copertina degna di questa rivista!"
Eva guardò verso di lei, seria, annuendo.
"Certo, farò del mio meglio."
Qualche altra raccomandazione per l'intervista e le foto, prima di uscire da quell'ufficio e tornare alla sua scrivania. 
Era la prima volta che vedeva quel ragazzo girare per la redazione. Lo guardò qualche attimo, prima di tornare a fissare il monitor del suo computer, ricominciando a scrivere quell'articolo che aveva tralasciato per correre nell'ufficio del suo capo.
 
Una giornata soleggiata, che aveva deciso di trascorrere in compagnia di sua figlia. 
Aveva aperto la porta sorridente, trovandosi davanti Walter e Carlotta davanti con Marta in braccio.
"Papà!"
"Amore mio!"
L'aveva presa in braccio, stringendola forte. L'aveva rimpita di baci, facendola ridere divertita tra le sue braccia.
"Ma venite, entrate! Il caffè è pronto!"
Walter e Carlotta entrarono sorridenti. La porta che si stava per richiudere, e tutti che si girarono verso le scale sentendo un rumore di tacchi, sempre più forte. Eva che scendeva le scale velocemente, si diresse verso Marta, sorridendo, baciandole la fronte, scusandosi dolcemente con lei.
"Amore, scusa ma la mamma non può stare con te oggi. Ma ti prometto che oggi appena torno, la mamma non ti lascia più! Va bene amore?"
Marta annuì, leggermente triste. Eva la prese in braccio, guardando per qualche attimo Marco, davanti a lei. 
L'abbracciò forte, stampandole tanti baci, ridendo. E ci era riuscita. L'aveva vista triste, e non voleva iniziare la sua giornata in quella redazione pensando allo sguardo triste di sua figlia. 
Guardò verso Walter e Carlotta, scusandosi. 
"Ciao ragazzi! Scusate ma, oggi sono veramente di fretta!"
"E lo vediamo!"
Si girò verso Marco, aprendo la porta.
"Oggi pomeriggio sono a casa, ma se per te è un problema tenerla posso sempre chiedere ad Alice.."
"No! No, tranquilla, per me non è un problema!"
Sorrise stringendo sua figlia a se, guardando verso Eva. 
"Bene, allora ci vediamo dopo! Ciao a tutti!"
La guardarono tutti stupiti per qualche attimo, fissando la porta che lei si richiuse poco dopo alle spalle. 
Aveva passato la mattinata a casa, con Walter, e Carlotta.
Aveva goduto di sua figlia, passando finalmente una giornata assieme a lei. Avevano giocato, riso, si erano fatti le coccole, e poi stanchi si erano fermati stesi sul letto, a leggere qualche pezzo di quei libri che Marta amava tanto.
Addormentati vicini, stesi sul letto. Un padre che stringe la figlia al suo petto. Un'immagine bellissima. La visione di qualcosa di meraviglioso, davanti agli occhi di Eva, entrata in mansarda in punta di piedi, per non svegliarli.
Un sorriso, prima di abbassarsi su Marta e lasciarle un leggero bacio sulla fronte.
Uno sguardo a lui, dolcemente addormetato, con le labbra socchiuse e un'espressione serena in volto. 
Ed Eva, non aveva resistito. Si era avvicinata a lui, quasi tremando. La mano che piano si alza, e si va ad appoggiare sulla testa di lui, sfiorandolo appena, accarezzandolo. Le dita a sfiorare la sua fronte, godendo di quel calore trasmesso da quel brevissimo attimo. Il sole di Giugno che entra dalla finestra, sbattendo sull'anello d'argento al suo medio, provocando un bagliore bianco, che la costrinse a socchiudere gli occhi per qualche attimo. Si allontanò velocemente, voltandosi, non appena sentì un sospiro di lui che si dissolveva nell'aria, lento.
Temeva di averlo svegliato, e non voleva farsi di certo scoprire a rubargli quella timida carezza, nel sonno.
Si rivoltò verso di lui, guardandolo, spaventata. Un sospiro di sollievo che le partì a razzo dal petto, non appena lo vide ancora placidamente addormentato. Si avvicinò, ancora titubante. Uno sguardo al suo viso. Si era persa a contemplarlo, in silenzio. Le braccia conserte, e la testa leggermente reclinata di lato, a guardare meglio ogni dettaglio di quel volto.
Gli occhi chiusi, e le labbra socchiuse che sembravano quasi accennare ad un sorriso beato. Si avvicinò piano, leccandosi le labbra, nervosa. 
Si perse ad osservarle, leggermente arricciate, per poi iniziare piano a seguire quella leggera linea al lato della bocca. Quella piccola fossetta che si accentuava di più ad ogni suo sorriso. 
Si avvicinò piano, ancora, ancora di più, ancora, ancora. Si era abbassata sul volto di lui, piano. Aveva sentito il suo respiro solleticarle il viso,  e aveva contemporaneamente sentito il suo cuore iniziare una corsa sfrenata. La mente, la coscienza che le aveva ripetutamente urlato silenziosamente di allontanarsi da quella posizione. Di voltarsi, di uscire da quella stanza ed andarsene. 
Le orecchie sovrastate dal ritmico battere del suo cuore, che sembrava impazzito. Sapeva che, di li a poco, l'avrebbe sicuramente sentito cedere in un botto assordante. Avrebbe solo dovuto abbassarsi un altro po', per risentire il sapore delle sue labbra. Forse l'idea di rubargli un bacio mentre dormiva, non era poi una delle migliori. Avrebbe forse complicato le cose tra loro, peggiorandole. Sarebbe poi stata obbligata a confessargli di quel segreto che portava con se da mesi, confessandogli di aver mentito spudoratamente, ma solo per lui.
Aveva bisogno di risentire quel sapore. Aveva bisogno di risentire le sue dolci morbide labbra appoggiate alle sue, come un tempo. Non si sentiva più viva, non si sentiva più se stessa, non si sentiva più Eva. 
Si ricordava poi, quasi sempre troppo tardi, di non potere. Di non avere il diritto di avanzare delle pretese verso di lui. Che era stata lei a fare tutto. 
 
"Siamo l'uno davanti all'altra, vicini, come non lo eravamo più stati da tempo Marco. E sono io che ho fatto tutto. Sono io che mi sono avvicinata furtivamente a te, nella speranza di riuscire a rubarti un innocente bacio, vedendoti placidamente addormentato. 
Ti sto davanti, ti guardo. Il tuo respiro che mi solletica il viso. Le tue labbra vicine alle mie, quasi si sfiorano. 
E' come se fossi ipnotizzata da questo ritmo assordante che pulsa dentro me. E' come se il tuo respiro, ad ogni soffio, mandasse in barba tutti i miei buoni propositi di starti lontano, e di ricominciare una vita senza di te. 
Eppure tu ora, non sei qui con me. Non sei a vivere questo momento, non sei a vivere questo quasi bacio, perchè stai dormendo. E' triste, ma mi sento patetica, in questo momento. E lo sai perchè? Perchè non ho il coraggio di starti vicino in questo modo, quando i tuoi occhi sono ben aperti e si specchiano dentro ai miei. Perchè ho paura. Paura di te, di me, e di tutto quello che potrebbe succedere tra noi se smettessi di fingere, ti buttassi le braccia al collo baciandot, e mandassi al Diavolo la recita che mi sono costruita attorno per assicurarti un futuro migliore, anche senza di me. 
E ho anche paura che tu, da un momento all'altro, possa aprire gli occhi e trovarmi qui, così, davanti a te, vicina alle tue labbra, con gli occhi socchiusi e la voglia di perdermici dentro. Sarebbe a quel punto che, Marco, non potrei più fingere. Sospiri un'altra volta, sotto di me. E io mi sento bruciare di quel fuoco caldo, dilaniatore, che brucia come calce viva sulla pelle."
 
E rimase ancora così, per qualche attimo, tra il cuore e la ragione. Tra l' "Io" e l'"Es" come direbbe Freud.
Camminava al lato di quei due sentieri, senza aver la forza di prendere ed imboccare nessuna di quelle strade. 
Sentì il cuore battere ancora. Le sembrò di sentirlo schiantarsi, con un botto quasi sordo. 
E allora chiuse gli occhi. Si leccò le labbra, lentamente, prima di sospirare un paio di volte per darsi quel coraggio, quell'ultima spinta che le mancava.
Lo sentì sospirare, ancora, e riaprì velocemente gli occhi, allontanandosi leggermente dal suo viso.
Niente, dormiva. E allora chiuse forte gli occhi, lei, scacciando ogni incertezza, cercando di scacciare ogni insensata paura, e tornare ad abbassarsi sul suo volto. "Coraggio Eva! Una volta sola, un solo bacio, e poi ti potrai finalmente mettere l'anima in pace. Perchè è questo che vuoi, vero? Dai, abbassati. Forza, un ultimo sforzo. Ce la puoi fare."
E allora spinta ed incitata da se stessa, aveva deciso di farlo. 
Con gli occhi chiusi, aveva iniziato quella lenta corsa per raggiungere le sue labbra. Le sarebbe bastato un tocco leggero, quasi impercettibile. 
Piano piano il respiro di lui, che andava a schiantarsi sul viso di lei, solleticandolo, facendola rabbrividire leggermente.
"Mamma!"
Aprì gli occhi di colpo, allontanandosi bruscamente, ancora provata da quella vicinanza tanto desiderata. 
Rivolse lo sguardo a sua figlia, che aveva aperto gli occhietti guardandola ancora assonnata. 
Si passò la lingua tra le labbra, chiudendo gli occhi, portandosi i capelli all'indietro con una mano. Cercò di calmarsi, avvicinandosi piano al letto, sorridendo, guardando Marta tra le braccia di lui.
"Amore.."
Si inginocchiò piano alla sua altezza, prendendo ad accarezzarle i capelli. Venne distratta dal fruscio del lenzuolo, che Marco aveva mosso stiracchiandosi, ad occhi chiusi.
Lui la guardò assonnato, cercando di delineare l'immagine sfuocata di lei ai suoi occhi, stropicciandosi gli occhi, e appoggiando la schiena alla testiera del letto, mettendosi seduto. 
"Ciao.. Ma quando sei arrivata?"
Un rumoroso sbadiglio, per poi rivolgerle la parola, con gli occhi ora ben aperti, anche se ancora assonnato.
"Ehi.. Sono appena rientrata.."
E lui sorrise dolcemente, guardandola. Lei sorrise leggermente, per poi abbassare lo sguardo, evitando gli occhi di lui. Il ricordo di pochi attimi prima, non l'aveva ancora abbandonata. 
"Come mai sei tornata così presto? Ti aspettavamo per le sei.."
Prese il telefono sul comodino, guardando il display. Le tre del pomeriggio.
Eva guardò un attimo per terra, prima di dirgli di quel viaggio che la Zavattini l'aveva costretta a fare, per lavoro.
"Eh si, lo so ma.. Iva mi ha mandata prima a casa, per preparare la valigia."
Lui corrucciò la fronte, non capendo.
"Scusa, parti?"
Lei annuì semplicemente, abbozzando un sorriso.
"E quando?"
"Domani mattina.."
Poi continuò.
"Iva mi ha chiesto di andare a Berlino, per intervistare i componenti di quel nuovo gruppo inglese, non so se hai presente.."
Lui la guardò, annuendo.
"Dici gli One Direction?"
"Si, esatto. Mi ha chiesto un'intervista esclusiva, ripetendomi continuamente di non far avvicinare nessuno. E' che ancora non so come fare.."
Lei sorrise, ricordando un episodio di qualche anno prima. Divertita, l'aveva guardato.
"Io non sono mica come te e Walter.."
Lui la guardò, per poi ridere divertito.
"Ti riferisci alla storia di Marrese?"
"Si, si.."
Un'altra risata che li aveva colti, a ricordare quel giorno. Marta, che si era di nuovo addormentata sulle gambe di Marco, stanca.
"Quella volta, ci siamo divertiti come pazzi!"
"Lo so, il punto è che io non so come fare.. Poi con me c'è un collega, che deve fare le foto per la copertina."
Lui la guardò un attimo, tornando serio. Una piccola scossa di gelosia incontrollata, dopo aver sentito la parola "fotografo".
"Ah.."
Non riuscì a dire altro, abbassando lo sguardo.
Lei si alzò in piedi, allontanandosi.
Si avvicinò alla porta silenziosamente, vedendo ancora nitido nella sua testa quel momento di qualche attimo prima, ricordando la dolce sensazione di solletico caldo sul viso, provocata dal respiro di lui sulla sua pelle.
"E, quando torni?"
Lei si girò verso di lui, quasi stupita da quella domanda che lui le aveva rivolto, quasi di getto, impedendole in un certo senso di uscire da quella stanza.
Un leggero sorriso, prima di rispondergli.
"Non molto, starò via due giorni.. Ho chiamato mamma questa mattina, e l'ho avvertita. Loro hanno detto che tornano tra qualche giorno, anche se ancora non sanno precisamente quando."
Lui spalancò gli occhi, stupito
"Ma come? Non dovevano tornare tra un paio di giorni? Ma che sta succedendo a Milano?"
"Non lo so.. Però qualcosa, sta succedendo.."
Un breve attimo di silenzio, prima di avviarsi un'altra volta verso la porta per uscire da quella stanza. Eva, che sentiva il cuore fare ancora troppo male, per quella vicinanza interrotta, e per quel sospiro breve, disperso nell'aria, dettato dall'irrefrenabile voglia di risfiorare un'altra volta le labbra di lui. Non poteva rimanere ancora per molto in quella stanza. Non riusciva a guardarlo negli occhi, come aveva fatto fino a qualche giorno prima, negando a se stessa quel bisogno dilaniante di sentirlo ancora, anche se per un solo misero attimo, suo.
Ferma sulla porta, le sembrava di aver visto sentito qualche attimo prima, una leggera nota "amara" in quel "ah" pronunciato da lui, dopo aver sentito che, a Berlino, non ci sarebbe andata da sola. Ok, forse stava dando di numero, e lo sentiva. 
Si girò verso di lui, sorridendo leggermente, abbassando la maniglia della porta ancora chiusa.
"Allora.. Io, vado a preparare la valigia."
Lui annuì semplicemente, cercando di sorridere, anche se forzatamente.
Tutto, si era come immobilizzato, quasi spento, dopo quella rivelazione fatta da lei, qualche attimo prima. Sentiva quel mostro dagli occhi verdi, logorargli il fegato e l'anima, dilaniandolo. Quella gelosia spesso incontrollata, quasi istintiva, che lo invadeva ogni qualvolta un nuovo uomo, entrasse nella vita di Eva. Christian, per un po' di tempo anche Walter, poi Alex, Giorgio, ed infine quel "Jean maledetto" che gli aveva portato via tutto. Sentiva ogni volta quella scarica di gelosia, di senso del possesso, ogni volta che si trattava di lei.
E se anche non ne aveva il diritto - si diceva - quel sentimento, quella sensazione, sarebbe sempre stato una costante "presente" nella sua vita.
Lei abbozzò un sorriso, prima di voltarsi, ed uscire definitivamente da quella stanza, chiudendosi alle spalle quel rumore sordo che aveva provocato il suo cuore, dopo aver goduto del suo respiro sul proprio viso.
Si appoggiò alla porta, con gli occhi chiusi, sospirando. Sentiva di dover dare un taglio a tutto. Sentiva che non ce l'avrebbe più fatta, il dolore era ancora troppo forte e pulsante. Vederlo per casa, ogni giorno, non l'aiutava - ovviamente - a toglierselo dalla testa.
Ricordava ancora la conversazione avuta con la madre, qualche giorno prima, in giardino, sul dondolo.
Non riusciva quasi più a respirare, l'aria era diventata troppo pesante. I sorrisi di lui, che riuscivano a farla impazzire. Le giornate - organizzate dai loro amici - passate assieme, quel continuo scambio di sguardi silenziosi, quello sfiorarsi quasi impercettibile. 
A Parigi, aveva finalmente acquisito la sua autonomia e - non volendo perderla - aveva deciso di informare del fatto che - aiutata da Carlotta - avesse in mente di cercare un appartamento, per andare a viverci con Marta. La madre - anche se titubante - non aveva obbiettato poi molto. 
Eva le disse semplicemente che, Marta, avrebbero potuto vederla ogni santo giorno, e che per quanto riguardava Marco, - domanda posta da Lucia - tutto per lei era finito. Aveva sorriso, cercando di tranquillizzare la madre. Un abbraccio, un ultimo sguardo pieno d'apprensione, carico di quel calore materno che, solo una madre, sarebbe capace di infondere alla figlia, - a suo avviso - cresciuta troppo infretta.
Si risvegliò da quei pensieri, ancora appoggiata alla porta di quella stanza. Si staccò velocemente, spaventata dal fatto che lui potesse aprire di colpo la porta, e trovara ancora li, ferma, sulla soglia.
Scese velocemente le scale, per andare in camera sua. La valigia aperta sul letto, e qualche vestito per il viaggio. 
La solita valigia gialla, non troppo grande. Infondo, erano solo due giorni, e niente di più.
Si fermò un attimo, pensando a come spiegare la cosa a Marta, ancora addormentata. Certo, non aveva nessun timore per la sua reazione - ormai era più sveglia di tutti in quella casa, assieme a Mimmo - dato che infondo sarebbe bastato spiegarle che sarebbe stato solo per due giorni e che - con lei - sarebbe sempre comunque rimasta li, con i suoi zii ed il suo papà, protetta dal forte arco delle sue braccia, come un tempo proteggevano anche lei.
 
Il Rock Studio affollato, in quella sera di mezza Estate, in cui l'aria fresca profumava di ghiaia appena raccolta.
Marco, seduto su uno sgabello, con una birra davanti, guardava ogni tanto verso l'entrata per scorgere Walter e Carlotta entare, accompagnati - forse - da Eva.
"Ma com'è che te non sei a Parigi?"
"E' ormai qualche mese, che sono a Roma.."
Franco lo guardò confuso, non capendo.
"Scusa, a te ed Eva non è andata come speravate?"
Marco guardò verso di lui, serio.
"No.. Non è andata proprio come immaginavo, però va beh.."
"Ma Eva? Non è con te? Pensavo veniste assieme, speravo di poterla salutare!"
Franco guardò verso l'ingresso, sorridente. Tornò serio, guardando verso Marco.
Lui non rispose. Il mento appoggiato al bicchiere, lo sguardo spento, le labbra leggermente protese in avanti, piegate in una smorfia. Aveva bevuto qualche birra e - dopo aver cantato qualche canzone - si era lasciato andare ancora, perdendo il conto dei boccali che Andrea - il barista - gli aveva passato quella sera, al bancone. 
"Oh! Marco?"
Franco cercò di risvegliarlo, agitandogli una mano davanti agli occhi. 
Marco rimase immobile, sorridendo leggermente, in silenzio. Un sorriso ebete, dettato dall'alcol che aveva iniziato a fare il suo corso dentro al suo corpo - rimbambendolo -.
"Sono un coglione, Franco.."
Quasi un sussurro, sospirato. 
Franco lo guardò confuso, corrucciando la fronte.
"Non sei un coglione, è solo che non hai mai retto l'alcol. E nemmeno adesso vedo.."
Si avvicinò a lui, sorridendo leggermente divertito.
Poi, continuò. 
"Io ancora mi chiedo: Perchè ti ostini a bere, se non lo reggi?"
Si grattò la testa, confuso. 
Venne distratto da una voce alle sue spalle. Un voce familiare, che lo fece subito voltare, sorridente.
"Franco!"
Walter lo abbracciò, sorridente. Anche lui aveva sentito la mancanza di quell'omone buono, che aveva imparato a conoscere grazie a Marco e a Simona, la sua ex ragazza. 
"Walter! E' bello rivederti!"
Sorrisero, contenti. Si voltarono in contemporanea verso Marco, ancora immobile, col solito sorriso - ebete - stampato in volto, e lo sguardo perso nel vuoto, a fissare un punto invisibile davanti a lui. Walter si avvicinò a lui, confuso.
"Oh! Marco! Oh! Ma che ce sei?"
Aveva agitato più volte le mani davanti ai suoi occhi, senza risultati.
Walter alzò gli occhi al cielo, capendo finalmente da cosa era dettato quello stato di "trans" dell'amico.
"Ma che hai bevuto?"
"Si, ha bevuto.."
"Ma a me n'sembra ubriaco.."
"Penso che sia brillo.. E' li, e non parla."
Walter lo guardò sorridendo leggermente, invitandolo ad alzarsi, sorreggendolo.
"Dai va, andiamo ubriacone!"
Sorrise a Franco, salutandolo, prima di uscire con Marco - ancora in silenzio - per dirigersi alla macchina, parcheggiata dall'altra parte della strada.
In macchina, Walter chiese all'amico che cosa lo turbasse.
"Oh. Me senti? Se po' sapere che c'hai?"
L'aveva guardato, cercando di farlo parlare.
Marco sospirò sommessamente, guardando fuori dal finestrino. La voce leggermente nasale, e quelle parole uscite dalla sua bocca con un tono quasi lamentoso. 
"Eva parte.."
Walter si girò verso di lui, stupito, per poi tornare a guardare la strada.
"Ma come parte? E n'dò va?"
"A Berlino.."
"E che ce va a fa?"
"Per lavoro.."
Walter sospirò sollevato, cercando di risollevare l'amico, rassicurandolo.
"E di che ti preoccupi? Dai, so solo pochi giorni, non ne devi fare un dramma!"
"Ci va.." La voce brilla, leggermente alta. "Con uno."
"E mo chi è?"
"Un fotografo."
"E' per fare le foto!"
"No."
"Si invece!"
Marco chiuse gli occhi, parlando, col tono di un bambino.
"Io la voglio tutta per me."
Sembrava un lamento. Come quando un bambino, chiede con sguardo triste, qualcosa che vuole davvero tanto.
Walter alzò un sopracciglio, sorridendo sarcastico.
"Ma dai? Non si era capito!"
Walter scosse la testa, ridendo leggermente. Poi, continuò.
"Adesso ho capito perchè stai così.. Ma a me, n'sembri ubriaco."
Lo guardò un attimo, confuso. Tornò a guardare la strada, svoltando a destra, sorridendo, prendendolo in giro.
"Però sei sulla buona strada!"
Marco, con gli occhi socchiusi, appoggiato al finestrino. Uno sguardo triste, quasi assente. Le labbra piegate in una smorfia, e la mano destra a sostenere la testa, appoggiata al finestrino.
Chiuse gli occhi, rivolgendosi a Walter.
"Ho sbagliato tutto. E'.. E' tutta colpa mia."
Un altro sospiro, prima di riaprire gli occhi e guardare davanti a se, in silenzio.
"Non è solo colpa tua.."
"E invece si. Se il non fossi stato così.. Così coglione da andare a letto con Sofia, tutto questo non sarebbe mmai successo."
Quasi arrabbiato con se stesso, aveva pronunciato quelle parole col solito tono rotto dall'alcol. 
Walter sospirò, guardandolo tristemente, di sbieco. 
Si sentiva terribilmente in colpa, ad avere la soluzione che avrebbe potuto - ancora una volta - aiutare il suo amico, risparmiandogli quell'atroce sofferenza che da qualche mese, lo stava vedendo protagonista.
Voleva poter dirgli quel segreto che lo stava logorando dentro. Avrebbe voluto urlarglielo in faccia, ordinandogli poi di correre da lei, fregandosene del resto. Ma non poteva. Aveva promesso, e non voleva tradire la fiducia di Eva, alla quale, voleva un bene enorme. 
E dopo qualche minuto di silenzio, rotto solo dai lamenti di Marco, arrivarono davanti casa Cesaroni, parcheggiando.
Walter scese, dirigendosi a sorreggere l'amico, risalendo quel viale in pietra, per raggiungere il portone d'ingresso.
Marco chiuse gli occhi, in una smorfia di dolore. Si portò una mano alla testa, rabbrividendo.
Il respiro affannato e caldo. La vista leggermente annebbiata.
Walter suonò, e pochi attimi si ritrovì davanti Eva, scalza. Dei pantaloncini corti, neri, e una maglietta bianca.
Rimase stupita, nel trovarsi davanti Walter, che cercava di sorreggere Marco con gli occhi chiusi.
Spaventata, si fiondò ad aiutare Walter, provando a sorreggerlo. 
"Ma che è successo?"
"Non lo so, ha bevuto un po', ma non penso sia per quello."
Si diressero verso le scale, barcollando. 
Marco, che con la vista annebbiata, aveva cercato di sorreggersi a Walter ed Eva, cercando di non cedere. E fu un attimo. Perse i sensi, piegando le gambe, cadendo.
Eva che si spostò davanti a lui, cercando di sorreggerlo, mettendogli le mani sulle spalle. Sentì il respiro caldo e affannato di lui, soffiarle leggermente sul viso. 
E dopo qualche minuto, Walter se n'era andato, lasciandoli soli. Salutò Eva, scusandosi.
"Mi dispiace, ma devo andare. Domani mattina però ti chiamo, così mi dici come sta, va bene?"
Eva aveva annuito, leggermente, preoccupata. Seduta sul letto, accanto a Marco, disteso, placidamente addormentato.
E poi in un attimo, si ricordò di dover partire, al mattino presto. L'aveva quasi dimenticato. 
Scosse la testa, risvegliandosi, guardando verso Walter.
"No, no.. Io domani parto.."
"E dove vai?"
"A Berlino per intervistare un gruppo. Torno tra un paio di giorni."
"Va beh, allora passerò di persona a vedere come sta."
Aveva sorriso, dirigendosi verso la porta, per uscire. Un ultimo sguardo ad Eva, un saluto, per poi uscire dalla stanza e chiudersi la porta alle spalle. 
E  lei, era rimasta così, ferma, seduta su quel letto a guarlardo dormire. Aveva preso ad accarezzargli la testa, leggermente. La mano appena appena appoggiata sulla sua fronte. 
Più il tempo passava, e più le sembrava impossibile trovare la forza per uscire da quella camera. Sarebbe rimasta li, ancora e ancora, a godere del soffio del suo respiro espandersi per la stanza, silenziosamente.
Sarebbe rimasta li, per un larco di tempo indefinito, fregandosene di quel viaggio che avrebbe dovuto affrontare il giorno dopo, per lavoro. Sarebbe rimasta li, in silenzio, a cullarlo per il resto della notte, contemplandolo.
M prese forza, e si alzò piano da quel letto, allontanandosi, dirigendosi verso la porta socchiusa. Un ultimo sguardo, triste, prima di voltarsi ed uscire da quella mansarda, lasciandolo solo ancora una volta.
L'aspettava una giornata intensa. L'aspettava - forse - una nuova vita.

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Eeccomi qui! :D
Si lo so, sono come sempre in ritardo! D:
Non ho la forza di fare un commento decente, chiedo scusa. Sto crollando! o.O 
Un bacio

Chiara. <3

 

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Capitolo 19
*** Stretti, complici ***


L'alba estiva, il sole che ancora sta sorgendo, e quell'aria fresca della mattina ad entrare piano dalle finestre aperte. 
Il cielo colorato di quel colore arancio, e quel poco traffico per le strade ancora quasi deserte.
Eva si alza piano dal letto, in punta di piedi, avvicinandosi piano alla porta, per evitare di svegliare Alice ancora addormentata. Uno sguardo al lettino accanto al suo letto. Sorrise dolcemente accarezzando piano la guancia di Marta, ancora addomentata. 
Uno sguardo veloce all'armadio, prima di prendere i vestiti preparati la sera precedente, sulla sedia alla scrivania.
Aprì piano la porta, richiudendola silenziosamente alle sue spalle.
Entrò in bagno, sempre cercando di fare il meno rumore possibile. Era ancora presto, e non voleva svegliare nessuno. 
Lasciò cadere i vestiti atterra, entrando sotto al getto d'acqua calda nella doccia. 
Quella mattina, sarebbe partita per Berlino. La valigia già pronta, all'ingresso. Sarebbe stata via giusto un paio di giorni, per lavoro. 
Qualche minuto, prima di uscire dalla doccia, legandosi attorno il grande asciugamano bianco, appeso. Scalza, aveva aperto la porta del bagno per dirigersi in camera sua, e vestirsi. 
Dei jeans scuri, ed una maglietta azzurra, con uno scollo a v. Si asciugò velocemente i capelli, frizionandoli con l'asciugamano. 
Un'occhiata veloce alla piccola sveglia sul comodino, che segna le 5:15 del mattino. Era ancora presto.
Scese allora di sotto, piano, cercando di fare il meno rumore possibile. 
Venne distratta da un rumore, proveniente dalla cucina. Rimase immobile, avvicinandosi piano alla porta socchiusa. 
La aprì piano, entrando lentamente. Rimase sorpresa nel vedere qualcuno sveglio a quell'ora, con la testa infilata nel frigo a cercare qualcosa, e la mano appoggiata all'anta, quasi per sorreggersi.
Qualche attimo, prima di capire chi si fosse trovata davanti, a quell'ora del mattino.
Si avvicinò piano a lui, sorpresa di trovarlo sveglio a quell'ora.
"Ma che ci fai tu sveglio a quest'ora?"
Marco, spaventato, tirò fuori la testa dal frigo per guardare chi fosse appena entrato in cucina. 
Sbattè contro l'anta aperta, facendosi male. 
"Ahia!"
Gli occhi chiusi in una smorfia di dolore, e la mano destra portata sulla fronte a massaggiare quella piccola botta.
Eva sorrise un attimo, guardandolo divertita. 
"Ma che ci fai te, sveglia a quest'ora?"
"Come? Non ricordi?"
Lo guardò confusa, anche se ancora divertita dalla sua espressione dolorante, stampata in viso.
Lui scosse la testa, negando.
"Io questa mattina, parto. L'hai già dimenticato?"
Marco aprì la bocca, risvegliandosi.
"Ah, si, si.. Scusa, l'avevo dimenticato.."
La mano ancora su quel piccolo livido, in cerca di un po' di sollievo.
Lei abbozzò un sorriso, prima di parlare.
Si avvicinò a lui, titubante, nervosa. Ancora il ricordo della sera prima nella sua testa.
"E tu, invece? Come mai sei già in piedi?"
"Sono sceso per prendere una bottiglietta d'acqua. E poi non riuscivo a dormire.."
Lei lo guardò, corrucciando un attimo la fronte. Aveva sentito nel suo tono, una leggera nota amara. 
Lui si avvicinò al tavolo, spostando una sedia per sedersi. Sospirò, portandosi la bottiglia alle labbra.
Lei lo guardò, in silenzio, aspettando che lui continuasse. 
"Ho un incredibile mal di testa, e.. Non ne so nemmeno il motivo."
Si portò una mano alla testa, dolorante. Possibile che non ricordasse niente, della sera prima?
Eva lo guardò, ancora in silenzio. Avrebbe voluto chiedergli qualcosa della sera prima. Ma non lo fece. Decise di sorridere, avvicinandosi piano al tavolo.
"Provato con l'aspirina?"
"Veramente, no.."
Sorrisero entrambi, divertiti. Poi lui, continuò.
"Scusa ma, a che ora hai l'aereo?"
Uno sguardo veloce all'orologio appeso, sopra la porta della cucina. Le 5:35.
"Per le sette, dovrei essere già all'aeroporto. Ho il volo alle otto. Quindi, se conto un'ora di check-in.. Dovrei partire per le sei."
"Marta?"
"Dorme. Sono riuscita a non svegliarla."
Qualche attimo di silenzio, prima di dirigersi in punta di piedi al piano di sopra, per non svegliare nessuno. 
Un'occhiata veloce al telefono, prima di prendere la borsa sulla scrivania. Un bacio a Marta, sempre cercando di non svegliarla, e poi di nuovo al piano di sotto per aspettare l'ora di partire.
"Hai preso tutto?"
Marco si avvicinò piano a lei, appoggiata alla cucina, con la tazza di caffè in mano. 
Sorrise, rispondendogli.
"Si, beh, certo, è solo per un paio di giorni, non ho preso tanta roba. Ma tu non torni a letto?"
Marco alzò le spalle, facendo una smorfia.
"No, non riesco a dormire. Anzi, dato che questa mattina mi vedo con Walter, vuoi un passaggio?"
Eva strabuzzò gli occhi, stupita.
"Fino all'aeroporto? Ma che sei matto? No dai, tranquillo, prendo la macchina di mamma."
"Sicura?"
Lui la guardò, per accertarsi della sua risposta. Lei sorrise, ringraziandolo, rifiutando gentilmente il suo passaggio.
"Si, sono sicura. Tranquillo."
Si portò i capelli indietro con una mano, sorridendo verso di lui. 
Lui annuì leggermente, sorridendo. Poi, continuò.
"E.. Quand'è che torni?"
Eva alzò un attimo la testa, pensando per qualche secondo alla risposta.
"Un paio di giorni. Venerdì sera, più precisamente."
Lui annuì ancora, portando le mani in tasca. Erano vicini. Inevitabilmente, si era avvicinato troppo a lei, appoggiata al mobile della cucina, intenta a scrutare il pavimento, cercando di nascondere quella sottile linea di imbarazzo nell'averlo così vicino.
Cercò di rompere quel silenzio fatto di sguardi e sorrisi, conscia del fatto che quella situazione di stasi, andava al più presto sbloccata.
"E tu? Come mai ti vedi con Walter?"
"Mi ha chiesto di andare con lui, in un posto. Non so niente di preciso. Dovrebbe esser qui per le sette. E se Marta non dorme, la porto con me."
Sorrise, sempre con le mani in tasca. Lei abbozzò un sorriso, cercando di nascondere quella fastidiosa sensazione di imbarazzo dal suo corpo.
Poi lui, continuò.
"Sai, ancora non mi sembra vero che.. Quei due tra un mese si sposano."
Lo sguardo verso un punto invisibile della cucina, davanti a lui. Eva sorrise, annuendo leggermente, con la testa bassa e gli occhi socchiusi, divertita.
"Già.. Nemmeno io riesco a credere di dover fare da testimone a Carlotta. Ho sempre pensato che la prima a sposarsi tra le due, sarei stata io."
Eva abbassò lo sguardo, chiudendo gli occhi, rendendosi conto della gaffe appena fatta. Imbarazzata, cercò di sorridere - anche se nervosa - guardandolo, appoggiando le mani sul piano della cucina alle sue spalle.
Lui abbassò lo sguardo, sorridendo. Non era sicuro a cosa Eva, si stesse riferendo. Non era sicuro che, quando lei parlasse di "matrimonio" prima della sua amica, si stesse riferendo a loro due. 
"Anche io, l'ho sempre pensato."
Era riuscito a dire quelle parole, guardandola di sott'occhi, sorridendo. Lei rimase stupita dalle sue parole. Cercò di sorridere, ignorando quel senso di imbarazzo, e cercando di ignorare i battiti accelerati del suo cuore, nel vederlo così pericolosamente vicino a lei, ancora appoggiata a quel ripiano della cucina, nervosa.
"Cosa?"
"Anche io come te, ho.. Sempre pensato che, mi sarei sposato prima."
Poi continuò, cercando di correggersi.
"Di Walter, dico."
Lei, che aveva abbassato lo sguardo, scrutava il pavimento in cerca di quella forza che le mancava, per staccarsi da quella cucina. Sospirò, per poi tornare a sorridere, staccandosi da quella cucina, avviandosi verso l'entrata della cucina, cercando di non sfiorarlo. Alzò lo sguardo verso l'orologio appeso, che segnava le 5:55.
Si girò verso di lui, pochi attimi.
"Allora io.. Vado." 
Poi continuò, cercando di abbozzare un sorriso. 
"Altrimenti, l'aereo lo perdo davvero."
"Aspetta, ti do una mano."
Si avviò verso di lei, sorridendo leggermente. La valigia gialla, appoggiata all'ingresso. Marco la prese, aprendo la porta, scendendo il piccolo viale in pietra, seguito da Eva, con la borsa sulla spalla.
Aprì il cancelletto, cercando di fare il meno rumore possibile. La macchina parcheggiata vicino al solito cassonetto per l'immondizia. 
Il sole ormai alto, ed il caldo percettibile. Lui aprì il portabagagli, sistemando la valigia all'iterno. 
Si avvicinò a lei, rimasta poco più distante. Lei che giocherellava con le chiavi in mano, davanti allo sportello della macchina. Marco, con le mani in tasca, ed Eva che aprì lo sportello, per poi voltarsi verso di lui, sorridendogli.
"Grazie.."
Lui sorrise, avvicinandosi di un altro passo, guardandola.
"Ma figurati.."
Ed eccola, l'ennesima situazione imbarazzante che li aveva colti ancora, quella mattina. 
"Allora io.. Vado.."
Abbozzò un sorriso, sistemandosi meglio la borsa sulla spalla. Non sapeva quale fosse il modo migliore per salutarlo. Avrebbe voluto alzarsi sulle punte, per poi magari stampargli un leggero bacio sulla guancia. Oppure un semplice abbraccio, per poi salire in macchina e andarsene da quella situazione pesante che, ancora una volta, l'aveva vista protagonista indiscussa.
"Stai attenta.."
"Certo. Infondo vado solo a Berlino.."
Sorrise lei, prendolo leggermente in giro.
"Guarda che c'è poco da ridere, sai? Berlino, non è una città raccomandabile.."
Poi continuò, cercando di esser serio.
"Ma che non li leggi i giornali?"
Lei sorrise divertita, lasciandolo continuare.
Lui sorrise leggermente, abbassando lo sguardo. La guardò di sott'occhi, con le mani sempre in tasca. Quasi sulla difensiva. Averla così vicina, lo rendeva inevitabilmente nervoso.
"E poi.. Una bella ragazza come te, non dovrebbe girare sola per quella città.."
Lei sorrise leggermente, abbassando lo sguardo, visibilmente imbarazzata. Ancora una volta, aveva cercato di nascondere il colore porpora delle sue guance, mascherando il tutto con un sorriso.
"Va bene, va bene. Starò attenta. Te lo prometto.."
Si era portata indietro i capelli con una mano, sorridendo. 
E lui, era rimasto ancora una volta immobile davanti alla sua bellezza. Fermo, a guardare ogni suo più piccolo gesto e movimento. 
Tirò fuori le mani dalle tasche, lasciandole ricadere al lato dei fianchi. 
Non gli bastava. Quel sorriso da parte di lei, non gli bastava. Non l'avrebbe rivista per due giorni, ed il solo pensiero lo uccideva. Avrebbe voluto osare di più Avrebbe voluto appoggiare le proprie labbra sulle sue. Avrebbe voluto stringerla a se, impendendole di andarsene da lui ancora. Marco, avvolto nei suoi pensieri, nemmeno si era accorto di Eva che, alzatasi sulle punte, si stava avvicinando per stampargli un bacio sulla guancia, sorridendo.
E allora prese coraggio, e portò le proprie mani sulla schiena di lei, stringendola a lui. Voleva farlo, ne aveva il bisogno. Aveva un disperato bisogno di sentire il suo corpo, dolcemente appoggiato al proprio. Lei rimase stupita, dal suo gesto. 
Eppure, si era lasciata guidare dalle sue braccia, acconsentendo ad ogni suo movimento. Aveva sentito le mani di lui, stringere piano sulla sua schiena. Chiuse gli occhi, godendo di quel momento, portando le sue mani sull'ampia schiena di lui. Appoggiò il volto sulla spalla, ad occhi chiusi, totalmente trasportata da quel momento. Da quel magico attimo in cui i loro corpi, avevano preso ad incastrarsi alla perfezione sotto gli occhi stupiti di entrambi. 
Marco, con gli occhi chiusi, ed il volto affondato tra i morbidi capelli di lei. Si lasciò trasportare dal dolce profumo di pesca, inebriandosi. Aveva sentito un sorriso ebete, disegnarsi sul suo volto. Aveva sentito il cuore prendere a battere furiosamente. Le mani leggermente sudate, e quella dolce sensazione di smarrimento mista a paura travolgerlo, subito dopo aver trovato il coraggio di spingersi oltre, e abbracciarla piano a lui. 
Rimasero così per qualche attimo, in silenzio, godendo l'una del profumo dell'altro. 
"Chiama appena arrivi.." Provò lui a dire, per risvegliarsi da quel momento, rimanendo comunque ancora attraccato all'esile corpo di lei, ancora appoggiato al suo.
Lei sorrise, rispondendogli, ancora appoggiata al corpo di lui. 
"Promesso.."
Un altro sorriso, prima di trovare la forza di staccarsi piano da quella posizione comoda e perfetta. 
I visi vicini, quasi a sfiorarsi. 
"Buonviaggio.."
Un altro sorriso, prima di staccarsi definitivamente dal corpo caldo di lui.
"Grazie.."
Eva si girò un'ultima volta verso di lui, prima di sedersi al posto di guida e lasciare che lui chiudesse lo sportello, piano, al posto suo.
Un altro sorriso, prima di mettere in moto. Un altro sguardo, prima di ingranare la prima, ed uscire da quella via, lasciando l'immagine di lui ancora sorridente, alle sue spalle.
 
Il cielo grigio e l'aria fredda di Berlino. Il via vai di gente all'aeroporto in centro, carica di valigie e borsoni, pronta per partire e prendere un aereo. Chi invece è appena tornato o arrivato, e si può godere quella città cupa e grigia quando il tempo è brutto, ma anche luminosa e splendente quando un piccolo spiraglio di sole fa capolino tra le nuvole. 
Le dieci e mezza del mattino. Eva, da poco atterrata, stava uscendo dal check-in con la borsa sulla spalla, trascinando quella valigia gialla dietro di sè, vicino al suo nuovo collega, con la quale - costretta dalla Zavattini - avrebbe dovuto trascorrere due giorni in quella città.
Durante il volo, non avevano parlato poi molto. Lei, aveva letto un libro, accompagnata dalla musica dell'ipod nelle orecchie.
E lui, silenziso, aveva preso a guardare fuori dall'oblò, scrutando il cielo azzurro che man mano, diventava sempre più grigio.
Eva si fermò in mezzo al marciapiede, tirando fuori dalla borsa il suo telefono che stava squillando.
Guardò il display, ed infastidita, rispose alla chiamata del suo capo.
"Si, pronto Iva!"
"Cudicini, siete atterrati?"
"Si, si. Siamo appena arrivati, stiamo aspettando un taxi per andare all'albergo."
"Bene. Il gruppo dovrebbe arrivare tra un paio d'ore. Mi raccomando, Cudicini. L'anteprima, deve essere nostra. A proposito, passami Belli."
Eva alzò gli occhi al cielo, voltandosi verso Matteo, alle sue spalle. Lui la guardò confuso, non capendo. Lei gli porse il telefono, che lui prese dopo aver fatto una smorfia di disappunto.
"Iva, pronto! Si, si, certo. Va bene, allora a dopo. Buonagiornata."
Chiuse il telefono, porgendolo ad Eva.
Lei si rivolse a lui, confusa.
"Che ti ha detto?"
"Niente, appena arriviamo all'albergo dobbiamo cercare di trovare subito quei cinque. E poi mi ha esplicitamente ordinato di fare più foto possibili."
Sbuffò infastidito, contrariato. Qualche attimo dopo, riuscirono a fermare un taxi, che li avrebbe portati all'albergo situato a Potzdammer Platz, nel centro di Berlino.
Scesero davanti ad un grande albergo a cinque stelle, accompagnati da un portiere vestito elegantemente.
Eva si avviò alla reception, seguita da Matteo che, alle sue spalle, era stato fermato da un paio di turiste, per scattare una foto.
"Schon gutentag, wie kann ich sie helfen?"
Eva si accigliò, non capendo una parola di ciò che avesse detto l'uomo davanti a lei.
"Excuse me, do you speak english?"
L'uomo scosse la testa, desolato. E allora Eva, provò col francese ma, anche in quel caso, l'uomo aveva semplicemente scosso la testa, desolato.
Eva sospirò, per poi sentire alle sue spalle una voce familiare, parlare con l'uomo davanti a lei, in perfetto tedesco. 
Matteo, sopraggiunse dietro di lei, rivolgendosi all'uomo davanti a loro.
"Beh, non te la cavi molto con le lingue, vedo!"
Lui sorrise divertito, prendendola leggermente in giro.
Lei lo fulminò con lo sguardo, prima di avviarsi verso l'ascensore.
Qualche attimo dopo, si erano ritrovati a seguire un giovane facchino, che li avrebbe condotti nelle loro stanze.
Le camere affiancate, al quinto piano di quel grande albergo. 
Quel tipo, non le stava poi molto simpatico. In quelle poche ore assieme, non aveva perso occasione per punzecchiarla, prendendola in giro. 
Entrò dentro alla sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle. 
 
"Un attimo, arrivo!"
Marco, che stava scendendo velocemente le scale per andare ad aprire la porta. Qualcuno che aveva suonato più volte, nervoso.
Aprì la porta, infastidito.
"Oh ma la smetti di suonare? E poi scusa, non dovevi venire alle sette?"
Guardò il suo orologio da polso, che segnava le undici in punto.
Walter entrò, lasciando la porta aperta.
"Si, scusa, è che ho avuto un piccolo contrattempo con Diego!"
"Che è successo?"
"No niente, gli ho dato una mano in officina."
Mostrò le mani all'amico, ancora leggermente sporche di grasso.
Poi, continuò.
"Oh, andiamo?"
"Ma dove?"
Walter iniziò a trascinare Marco, fuori dalla porta.
"Te statte zitto! Seguimi e basta!"
Qualche passo, prima di arrivare davanti alla macchina parcheggiata vicino al solito cassonetto per l'immondizia. 
Marco, si fermò un attimo. Un leggero sorriso si era disegnato sul suo volto. Le mani appoggiate sui fianchi, e un'espressione sognante sul viso, guardando davanti a se. Nella sua mente, ancora il dolce ricordo di qualche ora prima. Quando preso da un'inspiegabile coraggio, aveva deciso di abbracciare Eva, stringendola piano a se. 
"Oh, ma che c'hai, na paresi?"
Walter si avvicinò a lui, agitandogli le mani davanti alla faccia, cercando di risvegliarlo.
"Eh?"
Marco si girò verso di lui, risvegliandosi.
"Te movi? Dai!"
"E calmati, no?"
Salirono in macchina, assieme.
Walter ingranò la prima, partendo. 
"Ma Marta?"
"E' uscita questa mattina con Rudi ed Alice. Mi hanno chiesto di portarla con loro, e non ho saputo dire di no. Poi, Eva non c'è.."
Aveva abbassato lo sguardo, sospirando. Era ormai da un'ora che guardava di tanto in tanto il display del telefono, aspettando impaziente la telefonata di Eva. 
Walter, se ne accorse. Sorrise, cercando di rassicurare ancora una volta l'amico.
"Dai, tranquillo. E' solo per un paio di giorni!"
"Si, ma non ha ancora chiamato. E sto iniziando a preoccuparmi!"
Sospirò nervoso, tirando fuori dalla tasca il telefono per mostrarlo all'amico. 
"Magari c'ha da fare! E sta un po' tranquillo, no?"
Marcò annuì, poco sicuro. Cercò di distrarsi, cambiando argomento.
"Scusa, ma dov'è che mi stai portando?"
Walter sorrise, svoltando a destra.
"Eddai, adesso lo vedi! Qualche minuto e siamo arrivati!"
"E non mi puoi anticipare niente?"
"No!"
Marco sorrise, scuotendo la testa. 
Ancora qualche attimo di silenzio, prima di arrivare in una via quasi deserta. Qualche macchina parcheggiata vicino alle piccole palazzine. 
Walter scese, sorridente. Marco, si avvicinò all'amico, confuso.
Davanti a loro, una grande casa bianca. Un piccolo cancelletto in ferro, che Walter aprì subito dopo aver tirato fuori dalla tasca le chiavi. Marco lo seguì, non capendo.
Il grande giardino, ancora vuoto. Il piccolo viale che conduceva alla grande porta in legno. Due colonne bianche, al lato di quel piccolo ingresso.
Marco sorrise leggermente, iniziando forse a capire. Walter che apre la porta, sorridendo, contento di quel piccolo segreto che piano piano stava svelando all'amico.
Entrarono in quella grande casa, ancora vuota. Le pareti bianche e spoglie.
Walter richiuse la porta alle sue spalle, lasciando entrare Marco. Si guardava intorno, sorridente ma confuso. 
La casa, era completamente vuota. 
"Scusa ma.. Non mi starai dicendo che..
"Proprio così Marco! Questa è casa mia, e di Carlotta!"
Sorridente, iniziò piano a muoversi per quelle stanza, seguito da Marco, alle sue spalle.
"E Carlotta, lo sa?"
"Veramente.. Vorrei farle una sorpresa.. Sai, Sabato è il suo compleanno, e quindi.."
Marco sorrise, guardando l'amico. Si avvicinò a lui, abbracciandolo.
"E' bellissima, Walter!"
"Sai, ho pensato che l'appartamento dove stiamo ora, non è che sia proprio adatto. E così, m'è venuta l'idea di comprare sta casa.."
"Ancora vota!"
"Si, ma per poco! Conoscendo Carlotta!"
Risero entrambi, divertiti.
Marco guardò l'amico, tornando leggermente serio, anche se sorridente.
"Sai.. Ancora non ci credo che ti sposi.. Mi sembra ieri che passavamo la giornata a giocare a Calcio, al campetto.."
"Prima o poi, si cresce. Eva aveva proprio ragione."
"Eva ha sempre ragione."
Marco sorrise di più, corregendolo.
"Marco, mi sto solo sposando! Non sto andando in guerra!"
"Lo so, ma per me è.. Strano! Non so, è che.. Boh, ho sempre pensato che io, mi sarei sposato prima di te, tutto qui.."
"Con Eva?"
Marco lo guardò stupito, per qualche attimo. Walter sorrise vincente, guardando l'amico.
Abbassò lo sguardo, sorridendo leggermente.
"Proprio stamattina, io ed Eva ne stavamo parlando.."
Walter spalancò gli occhi, incredulo.
"De sposarve?"
"No, no! Ma che te pare che io ed Eva, parliamo di matrimonio?"
"Me l'hai detto tu!"
"Intendevo dire che stamattina, io ed Eva abbiamo parlato di voi! Lei ha detto che pensava si sarebbe sposata prima di Carlotta. Ed io, ho semplicemente detto che ho sempre pensato che mi sarei sposato prima di te."
"Con Eva!"
Marco alzò gli occhi al cielo, vedendo Walter ridere divertito.
"La smetti di fare il deficiente?"
"No, perchè so di aver ragione!"
Agitò il dito davanti al viso di Marco, con aria saccente.
Marco sorrise divertito, scuotendo la testa. Vennero distratti dalla suoneria di un telefono, risuonare nell'aria. Marco si portò velocemente la mano destra in tasca, estraendo il telefono. Guardò il display sorridendo contento, prima di alzare lo sportellino e rispondere velocemente a quella chiamata che stava aspettando da tutta la mattinata.
"Oi!"
"Ehi! Ciao! Ti disturbo?"
"No no, affatto! Aspettavo che mi chiamassi.."
Marco si lasciò sfuggire quella piccola verità, non riuscendo a trattenere quell'irrefrenabile gioai che l'aveva colto, dopo aver sentito la sua voce. Eva sorrise, sedendosi sul grande letto matrimoniale in quella stanza d'albergo.
Lui cercò di risvegliarsi, continuando.
"Sei arrivata?"
"Si, si, sono arrivata da poco."
"Com'è il posto?"
"L'albergo non è male.. E' Berlino che non mi piace molto.."
Marco sorrise, prendendola leggermente in giro.
"Io te l'avevo detto.."
Lei sorrise di più, ricordando la loro conversazione di poche ore prima, davanti al cancello di casa.
"Veramente io mi riferisco al clima. Fa incredibilmente freddo!"
"Beh, il clima di Berlino è questo! Piùttosto, hai intervistato quel gruppo?"
"No, no, deve ancora arrivare in albergo. Ma Marta? Che fa?"
"E' uscita con Rudi e Alice, questa mattina. Io sono con Walter in una.."
Walter gli agitò le mani davanti agli occhi, fermandolo, prima che continuasse e svelasse ad Eva la sorpresa che, sicuramente Carlotta, sarebbe venuta a scoprire grazie all'amico.
"Dove siete tu e Walter?"
"Eh? Ah, siamo.. Siamo in un'enoteca! Sai, Walter deve scegliere il vino per il ricevimento.."
Walter lo guardò male, in silenzio. Marco si scusò, muovendo le labbra.
"E Carlotta? E' con voi?"
"Carlotta? No, è.. Da sua madre, è una sorpresa che Walter vuole farle!"
Walter piegò le labbra, in un'espressione minacciosa verso l'amico. Marco, pregò silenziosamente che le domande di Eva, fossero giunte al termine.
Poi, continuò.
Aveva bisogno di farle quella domanda. Prese un lungo respiro, prima di rivolgerle quella domanda che sentiva il bisogno di uscire, prendendo vita.
"Ma.. Ti trovi bene col tuo collega?"
Eva si accigliò, confusa. 
"Si, si.. Diciamo di si.."
Marco sorrise, soddisfatto di quella risposta dal tono sarcastico che, lasciava presagire che lei ed il suo collega, non andassero poi tanto d'accordo.
Poi lei, continuò.
"Scusa, ma ora devo andare di sotto a vedere se quei cinque sono arrivati. Ci sentiamo dopo, così magari c'è anche Marta, ok?"
"Si, si, vai tranquilla.. Ti chiamo io più tardi, va bene?"
"Va bene.."
Sorrise, prima di alzarsi dal letto.
"Allora.. Ciao, e buonagiornata!"
"Grazie, anche a te. Ciao, ciao ciao Marco.."
Qualche altro ciao, seguito da quel continuo sorriso ebete che non se ne era andato nemmeno per un attimo dai volti di entrambi.

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Tadàdadà! :D Eccomi qui! :D
Aaaaaaallora: Capitolo abbastanza tranquillo. (: - aspettate il prossimo! xD -
Eva che parte. Si ritrova Marco in cucina, sveglio. Insomma.. Si stanno forse avvicinando? xD 
Bah, questo non lo so nemmeno io! o.O 
Marta con i suoi zii! ** :D 
Insomma, niente di troppo speciale.. 
Grazie a tutti, davvero! :D Spero presto di poter postare il seguito! Anche se è ancora un abbozzo. -.-"
Un grandissimo bacio,

Chiara. <3
 

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Capitolo 20
*** L'illusione di una notte ***


Le strade di quella grande città illuminate, di notte. L'aria fredda, quasi gelida. Le piccole gocce di pioggia a schiantarsi sul vetro di una finestra, provocando quel rumore sordo, rilassante. Il rumore del traffico ancora vivo. Una ragazza appoggiata alla finestra, che scrutava quel via vai di macchine, pensierosa. Guardava le grandi insegne dei locali, sotto di lei. 
Notte fonda, eppure lei non riusciva a prendere sonno. Ripensava alla conversazione avuta con la figlia, qualche ora prima.
Quanto le mancava, Marta? Eppure non la vedeva da un solo giorno. Le era bastato sentire la sua dolce vocina al telefono, per raggiungere quella serenità interiore che l'aveva abbandonata per tutta quella giornata a Berlino. 
Aveva passato il pomeriggio ad aspettare quel famoso gruppo inglese, assieme al suo collega. 
Pomeriggio trascorso al bar di sotto, analizzando quel foglio stampato dall'assistente del suo capo, con su scritte le domande che avrebbe dovuto rivolgere a quei ragazzi nell'intervista. 
Aveva conosciuto meglio il suo collega. Non avevano parlato poi molto durante il viaggio in aereo. 
Un ragazzo di ventisei anni, con la passione per la fotografia, fin da quando era bambino. 
"Me l'ha trasmessa mia madre, la passione.."
"Ma allora, perchè lavori per up to you?"
"Non si vive di sogni.. E quindi, ho dovuto metter da parte l'"arte" per trovare un posto fisso.."
Era rimasta sorpresa, da quella conversazione. Era proprio vero allora che, l'apparenza, ingannava spesso.
Poi finalmente, nel tardo pomeriggio, avevano intravisto il famoso gruppo fare il suo ingresso nella hall dell'albergo. 
Uno sguardo d'intesa, per poi salire piano e seguirli fino alla loro stanza, all'ottavo piano. 
Riuscirono ad ottenere l'intervista, solo dopo aver convinto la guardia del corpo davanti alla porta della stanza. 
Un'ora di intervista, e le foto per la copertina scattate da Matteo. Avevano il loro servizio. 
Sarebbero potuti tornare a casa subito, il giorno seguente. Iva, ne sarebbe stata entusiasta.
Appoggiata alla finestra, ferma. Aveva fatto una doccia, nel grande bagno, non riuscendo ad addormentarsi. 
Indossava il classico accapatoio grande, bianco e morbido che di solito si trova sempre negli alberghi.
I capelli ancora leggermente bagnati, a ricadere sulle spalle. 
 
"Sola, in una stanza d'albergo di una delle metropoli più grandi al mondo. Berlino. Non ci sono mai stata, prima d'ora. 
In questa città, cupa e grigia, caratterizzata dal freddo pungente, e l'aria pesante, poco naturale. Colpa dello smog, e di tutto l'inquinamento che questa città porta dentro se ogni giorno. Ricordo che qualche anno fa, Alice, ci sarebbe voluta venire.
"Un giorno, ci andiamo!" Avrebbe voluto venire in questa città, per vedere la settimana della moda di qualche anno fa. 
Infatti ieri sera quando le ho detto che sarei venuta qui per lavoro, mi ha maledetta in tutte le lingue del mondo. 
"Almeno portami qualcosa da li!" Ed infatti oggi pomeriggio, girando per le strade di Berlino - cercando di non perdermi - ho trovato un negozio niente male. Ho visto una maglietta verde in vetrina, e subito ho pensato a lei. Una canottiera con un'arricciatura a v sul decollette. E poi in un altro negozio a fianco, sempre in vetrina, ho visto un piccolo orsetto bruno, con in dosso una maglietta "I love Berlin", e subito ho pensato a Marta. L'orso, che è anche il simbolo di Berlino. L'ho comprato, senza pensarci su due volte. E nello stesso negozio, girando per gli scaffali, ho trovato un cappellino a visiera bassa per Mimmo. Ho sorriso, e - ancora - senza pensarci due volte, l'ho comprato. E poi, su un altro scaffale, delle magliette colorate, con scritte, immagini e disegni diversi, molto belli. 
Una maglietta nera, con il disegno del classico - bubble tee - stampato sopra. Era perfetta, per Rudi. 
E poi, attirata come una calamita, la mia attenzione è ricaduta su una maglietta grigia, molto bella. L'immagine di un orso bruno, con un cappello sulla testa, e la chitarra tra le zampe. E li - non so perchè - ho subito pensato a Marco. Forse sarà stata la chitarra, o l'immagine dell'orso che - in un certo senso - mi ricordava lui. E allora, l'ho comprata. Avevo qualcosa per tutti, uscita da quel negozio. 
E poi, sentire la dolce voce di Marta, al telefono, è stata la parte migliore della giornata. 
"Mamma, mi manchi tanto tanto! Quando torni?"
"Amore, la mamma torna domani! Sei contenta?"
"Siii!" Sorrisi diverita, ascoltandola. Erano solo poche ore che non la vedevo, eppure già mi mancava come solo l'aria può mancare ai polmoni. 
E poi c'è lui, Marco. Nella mia mente, ancora il ricordo di questa mattina, Io e lui, abbracciati, vicini, come non lo eravamo più stati da tempo. E il cuore che prende a battere furioso, dentro al petto. La sensazione di vuoto dentro, e poi sentire quella voglia crescere dentro di me. La voglia di stringerlo per più di un solo attimo. La voglia di mischiare il mio sorriso, al suo. La voglia di riaverlo per me, solo per me, per quell'attimo di eterno respirato assieme, questa mattina, davanti al cancello di casa. "
 
Eva sospirò, portandosi i capelli all'indietro, con una mano. Si avvicinò al letto, scostando le coperte, per poi stendersi piano, ad occhi chiusi. Sentiva di non aver sonno. Ma provò comunque a chiudere gli occhi, per cercare di addormentarsi. Si tolse l'accappatoio, sistemando meglio la leggera camicetta da notte nera, corta fin sopra al ginocchio. Provò a ridistendersi, cercando di eliminare quel turbine di pensieri che avevano ormai da qualche ora offuscato la sua mente, togliendole il sonno. 
Chiuse un'altra volta gli occhi, sospirando. E qualche attimo dopo, aveva sentito un rumore provenire dalla porta. Spaventata, si mise seduta, alzandosi piano dal letto. Qualcuno aveva bussato alla porta. Si alzò dal letto di scatto, guardando la piccola sveglia sul comodino accanto. Si avvicinò alla porta, piano, titubante, accendendo la luce della stanza. Il respriro leggermente accellerato. 
"Ma chi è a quest'ora?"
Si avvicinò ancora alla porta, parlando piano.
"Chi è?"
Nessuna risposta dall'altra parte. Allora chiuse gli occhi, sospirando. Si portò la lingua tra le labbra, appoggiando la mano destra sulla grande maniglia della porta in legno. Un altro respiro profondo, prima di aprire la porta di colpo, aprendo gli occhi. 
Spalancò gli occhi e la bocca, incredula. Davanti a lei, un ragazzo moro. I capelli corti e bagnati per la pioggia, a ricadere leggermente sulla fronte. Le mani appoggiate ai lati della porta. La testa bassa. 
Immobile, davanti a lei, aveva alzato la testa per scrutarla. Gli occhi scuri di lui, che passano velocemente su tutto il corpo di lei. 
Un'espressione seria sul volto di lui. Eva, che ancora incredula, faticava a credere di avere veramente davanti l'immagine di lui. Così bello, così uomo. Così dannatamente attraente. E lei si perse a guardare per qualche attimo il corpo di lui. Fasciato, in quella camicia bianca, bagnata, aderente. La vista annebbiata, ed il cuore che ancora una volta aveva preso a battere. 
Lei, ritrovò la parola, dopo attimi di silenzio. Sguardi intensi, accompagnati solo dal suono dei loro respiri affannati.
"Ma.. Marco, che ci fai tu.."
Non riuscì nemmeno a finire la frase. Lui, l'aveva zittita con un dito sulle labbra, entrando deciso nella stanza. Sicuro, aveva chiuso la porta, sbattendola, non smettendo di guardarla. Lei socchiuse gli occhi, sopraffatta da quel contatto. 
E lei, aveva sentito un brivido caldo pervaderle il corpo. 
La vista sempre annebbiata, e lui che avanza deciso verso di lei, in silenzio. Lei provò a parlare, un'altra volta.
"C.. Che cosa.."
E allora lui, avvicinò il volto a quello di lei. Le labbra vicine, i respiri a confondersi. La mente andata, ed il bisogno disperato di risentire quel sapore perso. 
"Shhh.."
La zitti un'altra volta, lasciando quel sussurro espandersi nell'aria. E in un attimo, lui aveva colmato la distanza inesistente tra le loro labbra, con un bacio appena accennato. Gli occhi chiusi, la mano di lui che di sposta sulla vita di lei, cingendola piano verso di se.
Lei che appoggia le mani sul suo petto, rispondendo lentamente a quel bacio. 
E non c'èra paura, non c'èra incertezza. C'èrano solo loro, in quel momento. Stretti, abbracciati in quella stanza, uniti da quel bacio lento, dolce, che si stavano scambiando al centro di quella camera. 
Si staccano in contemporanea, rimanendo vicini. 
"Ti amo, Eva."
Un altro sguardo, un altro ancora, per poi perdersi in un altro bacio, più intenso, forte, quasi divoratore. Le mani bisognose, che si spostano sui corpi, in cerca di calore. Le mani di lei, intrecciate tra i capelli di lui. 
Le mani di lui, che piano scendono dal viso, fino ad arrivare ad artigliare i fianchi di lei, stringendola forte. 
Un sospiro, un altro, e un altro ancora, prima di prenderla in braccio, spostando le sue mani sul fondoschiena di lei, sollevandola.
Ancora uniti da quel bacio. Le braccia di lei, legate al collo di lui. 
Aveva aperto la porta, e se l'era ritrovato davanti, stupita. E senza opporre alcuna resistenza, si era lasciata andare a lui, lasciandosi plasmare dai suoi movimenti e dalle sue mani, desiderosa di risentirlo suo, ancora una volta. 
Si era semplicemente lasciata andare, come non aveva fatto in quel mese e mezzo, assieme a lui. 
Si sentì appoggiare piano sul letto. E la camicetta da notte di lei, era sparita, volata in aria, in un angolo della stanza. 
Un altro brivido, nel sentire le mani di lui, percorrere lentamente il suo corpo. Le mani fredde, a contatto col suo corpo caldo. Un bacio, un altro ancora. Fino a spostare le sue mani sui bottoni della camicia bagnata di lui, per poi lanciarla via lontano, godendo del calore del suo petto nudo, a contatto col palmo della sua mano.
Un bacio, un altro ancora, fino a scendere piano lungo al collo, per poi arrivare al petto. 
E stava succedendo. Dopo mesi passati a sognare quel momento, dopo mesi passati a soffrire in silenzio, con la triste convinzione di non poter più rivivere un'emozione così grande insieme.
Le mani di lui, a stringere piano sulla vita di lei. 
Le mani di lei, sulla schiena di lui, ad accarezzarlo, stringendolo, quasi graffiandolo. 
Le labbra unite, quei baci accompagnati da piccoli morsi, ora più forti, ora più dolci. Come diceva quella canzone, mordendosi le labbra fino a farsi male. 
E quello, era amore. Si stavano amando, con lenta passione. Stavano vivendo quel momento, godendo di ogni singolo attimo. 
Sopraffatti da quella passione che li aveva dopo tempo travolti ancora, non lasciando a nessuno dei due possibilità di scelta.
Un'accecante luce bianca, a ricoprire piano il volto di lui, annebbiandolo. Il respiro affannato, avvolta nel buio di quella stanza d'albergo, si mise a sedere, spalancando gli occhi. Si guardò attorno, spaventata. Corrucciò la fronte, confusa, tastando con una mano il letto, in cerca di qualcosa di caldo. Chiuse gli occhi, mordendosi le labbra, delusa. Si portò una mano sulla fronte, scuotendo la testa. 
Era stato solo un sogno. Un dolcissimo sogno. Aveva sognato di amarlo, di nuovo. Aveva sognato di loro, un'altra volta assieme, a fare l'amore. 
Scosse la testa, sospirando, cercando di calmarsi. Guardò la sveglia sul comodino, che segnava le due e mezza. Era ancora notte fonda. 
Si ributtò sul cuscino, sospirando, chiudendo gli occhi, nervosa. Quella notte - se lo sentiva - non sarebbe riuscita a dormire.
Il costante pensiero di lui, nella testa a torturarla. 
 
"Bene, Eva. E' successo. Dopo mesi. Come quando nelle notti insonni a Parigi, ti risvegliavi avvolta dal buio, convinta di averlo ancora accanto a te. Convinta del fatto che lui, fosse ancora tuo, per poi magari tastare piano piano il letto ad occhi chiusi, in cerca di quel corpo caldo in cui poterti rifugiare. Cercare lui, nella penombra della stanza, che non c'èra.
E' successo ancora, e ancora, tante altre volte. Svegliarsi di notte, e scoprire con amarezza di aver solo vissuto un dolce sogno, e nulla più. E sembrava vero, sembrava reale, sembrava dannatamente perfetto. Lui che arriva, qui di notte, in questa città così luminosa e grande. Lui che entra, lui che mi bacia, lui che dice piano, quasi sottovoce, di amarmi. Lui che si riappropria delle mie labbra, trascinandomi piano verso il letto di questa grande stanza. La sensazione delle sue mani fredde sulla mia pelle nuda. Il suo respiro, ora più calmo, ora più affannato, a soffiare piano sul mio volto, quasi facendomi sentire quella sensazione di solletico. Il suo sapore tra le labbra, la sensazione calda provocata dal sentire il suo corpo dolcemente disteso sul mio.
Che stupida, sono stata. Una stupida, a credere a questa dolce illusione provocata dal mio inconscio. Dal disperato bisogno di risenirlo mio. Di sentirmi completamente sua. 
Incontrollato, irrazionale. Un sogno, riesce a trascinarti completamente al suo interno, creando una sorta di realtà parallela all'universo che realmente ti circonda. Felicità, gioia, serenità, tristezza, malinconia, delusione. Un mix d'emozioni, provocate da un solo e semplicissimo sogno, che riesce a farti sentire viva, forte. E' come se non ci fosse paura, non ci fosse nessuna incertezza. 
Il brutto di un sogno, è quando finisce. Quando tu ri svegli, aprendo gli occhi, spezzando quell'incantesimo, quella magia, tornando alla triste e amara realtà. 
Quando aprendo gli occhi poi, ti rendi conto di aver solo vissuto un semplicissimo sogno, che pur sembrando reale, è solo finta illusione. 
Spesso quando un sogno finisce, se bello, si rimane sempre con la voglia di sognare ancora, e ancora e ancora, ricominciando da dove abbiamo lasciato svegliandoci.  
E ora, Marco, capisco. Ora, dopo aver provato con tutta me stessa a rinnegare questi sogni per non viverli più, capisco che non c'è niente che io possa fare per comandarli, manovrarli a mio piacimento, evitando di imbattermi ancora nell'immagine del tuo corpo dolcemente appoggiato al mio. Non posso, anche se con tutta me stessa vorrei avere il potere di manovrarli, questi sogni. 
Sono sempre pieni di te. Di noi, assieme. Noi amici, noi fratelli, noi genitori, noi coinquilini, noi uomo e donna, noi amanti. 
Sono sogni che scuotono piano il mio sonno, lasciandomi poi con l'amaro in bocca ad ogni risveglio. 
A Parigi, a New York, a Venezia, Milano, quando ogni volta lontana da Roma, mi addormentavo con la speranza di sognarti ancora, in un sogno che mi avrebbe inevitabilmente ancora una volta trascinata al suo interno, facendomi affogare, non lasciandomi modo di fuggire, di respirare, di ritornare a galla. E' come se tu ogni volta, Marco, riuscissi ad entrare prepotentemente dentro me, dentro i miei sogni, senza nemmeno darmi la possibilità di ribellarmi, di impedirtelo, perchè mi basta un tuo sguardo, per andare in palla e non capire davvero più nulla di quello che mi circonda. I tuoi occhi scuri, quasi magnetici, liquidi, che a contatto coi miei, sono sempre riusciti a trasmettermi quella scintilla d'acqua ed elettricità, che ogni volta riusciva a farmi tremare dentro. 
Da quando sono tornata a Roma, dopo aver lasciato Parigi, è come se mi fossi rinchiusa in una bolla, per isolarmi da te, dai tuoi sguardi, dai tuoi sorrisi, e da tutto il resto del mondo. Ma ogni volta che tu ti avvicini, piano, quasi silenziosamente, e' come se ogni volta in qualche modo tu riuscissi a colpirla, a scheggiarla, a martellarla piano, nell'intento di romperla. E' come se ogni tuo sorriso, riuscisse a provocare ogni volta una piccola crepa in più su quella bolla perfetta, nella quale mi sono chiusa, rifugiandomi all'interno per allontanarmi da te. Per lasciarti vivere la tua vita, per lasciarti intraprendere la tua carriera musicale al meglio. Per lasciarti Marta, nostra figlia, dandoti l'oppotunità di crescerla accanto a te, e non più a millecinquecento chilometri di distanza come hai fatto in questi mesi, che - per colpa mia - ti hanno tenuto lontano da lei. 
Nella mia testa, ancora l'immagine delle tue lacrime, del tuo viso distrutto. A risuonare ancora nella mia testa, quella stupida frase falsa e fatta, che ho costretto a me stessa di dire, per allontanarti. Per impedirti di mandare tutto all'aria. Per non specchiarmi un giorno nei tuoi occhi, e leggere il rimpianto di aver scelto qualcosa ad un'altra. 
Non ce l'ho fatta. E allora ti ho mentito. 
Una stronza, che è riuscita a guardarti negli occhi, ferendoti. 
Forse avrai pensato che Jean, fosse stata solo una ripicca da due soldi, per fartela pagare. Per fartela pagare, per quell'errore che hai commesso in un triste pomeriggio di inizio Primavera. 
Quell'errore che ha rovinato tutto, quell'errore che mi ha fatta piangere ininterrottamente, giorno e notte. 
Evidentemente per te, non ero abbastanza. E hai trovato in lei, ciò che ti mancava e che io non sono stata capace di darti."
 
Sdraiata su quel grande letto matrimoniale, aveva silenziosamente iniziato a piangere. Le lacrime che scendono, il respiro caldo e affannato. Lacrime amare, lacrime tristi, provocate da un brutto ricordo, ormai lontano, ma alle volte ancora vivo e chiaro nella testa, pronto ad uscire, a fare capolino quando meno te l'aspetti, e a buttarti giù ancora, senza darti la possibilità di renderti conto di nulla. 
Sarebbe sempre stato un ricordo indelebile, quello. E per quanto Eva avesse provato in quei mesi a non pensarci più, per quanto avesse provato a dimenticare e cancellare quel momento, tutto era rimasto ancora nella sua mente, alle volte nitido e chiaro, altre sfuocato e quasi inesistente. Ci aveva provato, con tutta se stessa. Per lui, per se stessa, ma sopratutto per Marta. 
Era un ricordo lontano - si diceva -. Ma le lacrime, continuavano a scendere, ininterrottamente. Calde e salate, si andavano a schiantare sul lato della bocca, finendo la loro corsa percorrendo le guance rosse, calde. 
Le lasciò scorrere, le lasciò scendere, liberandosi di quella sensazione amara, arrivando a quel punto di rottura dei suoi pensieri, smettendo di soffocare quel pianto, adesso finalmente libero. 
 
La pioggia che ticchetta sul vetro della finestra, piano. Il cielo scuro e grigio, in quella mattina di mezza Estate, appena iniziata. 
Il vento che soffia leggero, tra gli alberi, provocando quel fruscio sordo, rilassante. 
Alice, in cucina, sola. Si svegliò presto, cercando di non fare rumore. Lei e Rudi, avevano passato la notte assieme, nella stanza dei ragazzi. Cercò di non svegliarlo, scostandosi piano dal suo petto nudo.
E ora era in cucina, appoggiata al piano della cucina, in attesa del caffè. 
La maturità che piano piano, ogni giorno, si avvicinava sempre di più. E quel segreto, quelle parole difficili da trovare. Doveva dire a Francesco la verità. Doveva riuscire a trovare la forza per guardarlo negli occhi, e dirgli: "Io non ti amo, Francesco." Avrebbe cercato di non ferirlo. Sapeva che, per quanto Francesco volesse sembrare forte e impassibile, era un ragazzo fragile e sensibile. Alice, sapeva quanto gli avrebbe fatto male sentire quelle parole. Erano giorni che cercava di trovare le parole giuste. Non voleva fargli del male. 
Francesco, per lei, era stato importante. L'aveva aiutata, l'aveva sostenuta. Le era stato accanto, aveva creduto in lei. Era riuscito a farla stare bene, a farle dimenticare per un breve lasso di tempo il suo amore folle, quanto impossibile, per Rudi. 
Era stato tutto, per lei. E ora, un leggero senso di colpa l'attraversava. Avrebbe dovuto spezzare il cuore a quel ragazzo che non meritava un trattamento del genere da parte di lei. 
Sospirò più volte, appoggiata a quella cucina, ancora in attesa del caffè. Nemmeno sentì il rumore di passi, provenire dalle scale.
"Buongiorno.."
Marco entrò in cucina, ancora assonnato. Le mani sul viso, ed un rumoroso sbadiglio. Gli occhi tenuti aperti, con fatica.
Alice si risvegliò, vedendolo sedersi al suo solito posto. 
"Buongiorno Marco!"
Si avvicinò al tavolo, cercando di sorridere tranquilla. Non voleva far notare la sua aria spenta.
Poi, continuò.
"Marta?"
"Dorme ancora, e non ho voluto svegliarla.. Infondo, è ancora presto.."
Un altro sbadiglio, che fece sorridere Alice. 
Poi Marco, continuò.
"Ma che ci fai sveglia a quest'ora?"
"Non mi andava di dormire ancora, e così.."
Alice abbassò lo sguardo, abbozzando un sorriso.
Marco la guardò per qualche attimo, serio. Ora gli occhi ben aperti.
"Alice? Tutto bene?"
Lei alzò lo sguardo, stupita. Possibile che ancora dopo tutto quel tempo passato a nascondersi, fosse ancora una pessima attrice?
"Si, si! Perchè?"
Nervosa, cercò di sorridere verso Marco che, al contrario, era rimasto serio.
"No, così.. Ma.. Avete parlato a Francesco?"
Alice smise di sorridere, abbassando lo sguardo. Sospirò, chiudendo gli occhi.
"No. Non abbiamo trovato il modo.."
Marco la guardò, serio, aspettando che lei continuasse.
"E' che.. Non è semplice! Non è facile dire a qualcuno di non amarlo, e di non averlo mai amato perchè.. Beh, perchè quel posto nel nostro cuore, è sempre stato occupato da qualcun altro!"
"Non dirlo a me.."
Marco abbassò lo sguardo, con un cenno del capo. Un sussurro, quasi più rivolto a se stesso che ad Alice.
"Eh?"
"No, no, niente! Continua.."
"Vedi.. Io, devo molto a Francesco. Mi è stato accanto, e ha fatto tanto per me. E' riuscito a farmi sorridere, quando l'unica cosa che volevo fare era piangere, e buttare tutto all'aria! E' stato.. Una sorta di ancora di salvezza, quando per colpa di.. Rudi.. Stavo affogando nel mare della mia disperazione per lui."
Alice sospirò, triste.
"Io gli ho voluto bene, Marco. Ma.. L'amore, quello vero, si prova una volta sola nella vita. C'è sempre e solo un'unica persona, capace di trasmettere emozioni così forti."
Marco, che ascoltava Alice, in silenzio. La vedeva triste, ma sicura di ogni singola parola uscita dalla sua bocca. 
E in un modo o nell'altro, nelle parole di Alice, ci si era rispecchiato davvero tanto. Aveva vissuto la sua stessa situazione, con Maya. 
Tutto questo, perchè Eva non c'era. 
"Nemmeno immagini quanto ti capisca, Alice.."
Attento, aveva ascoltato ogni sua singola parola, in silenzio.
"Marco, io amo Rudi. Lo amo con tutta me stessa! Lo amo, e nemmeno credevo potesse esistere un amore del genere!
E' solo che.. E' difficile trovare le parole giuste.. Non è mai facile dire la verità, alle persone che vogliamo bene.."
Marco sopsirò, abbozzando un sorriso.
"Alice.. Credimi, le parole giuste non esistono. E fattelo dire da uno che con le parole, ci ha a che fare ogni giorno. 
Le frasi, le parole che noi usiamo tutti i giorni.. Sono diverse dalle frasi delle canzoni, che si possono definire perfette. 
Non sappiamo mai cosa dire, perchè è vero, hai ragione. E' sempre difficile trovare il modo per dire la verità alle persone che vogliamo bene. Io però ho imparato che.. In certi casi, pensare non serve a niente. Non ti porta da nessuna parte. A volte, bisognerebbe lasciar parlare il cuore. 
Lui si, che ha ogni risposta. Dovresti andare da Francesco, e lasciare che quelle parole che hai dentro, si facciano strada nella tua mente. Lasciale uscire, lasciale andare. La paura, non potrà vincere per sempre.."
Cercò di sorriderle, rassicurandola. Aveva provato ad ignorare il fatto che, in fondo, più che ad Alice stesse parlando a se stesso.
Voleva vedere i suoi fratelli felici. Voleva vederli vivere quell'amore grande, intenso, come lui ed.. Eva. Come lui ed Eva, non erano riusciti a fare solo qualche anno prima. 
Voleva risparmiar loro la sofferenza, il dolore che lui ed Eva avevano provato nello stare lontani. E ora per lui, saperla lontana in una città sconosciuta, era qualcosa di doloroso. Straziante ed insopportabile, come quel pensiero fisso che l'aveva tenuto sveglio per quasi tutta la notte. 
Lei. Ancora una volta, lei.
"Grazie, Marco.."
Si alzò velocemente, sorridendo. Si avvicinò a lui, abbracciandolo.
Lui sorrise, divertito.
"E' bello avere un fratello come te!"
"Non ti ci abituare!"
Un altro sorriso, prima di sparire e lasciarlo solo in cucina. Si alzò, dirigendosi verso la caffettiera che Alice aveva spento qualche attimo prima. 
La portò sul tavolo, sedendosi. Un'occhiata veloce all'orologio appeso che segnava le sette del mattino. 
Aveva ancora un'ora di tempo, prima di andare alla casa discografica per firmare qualche altro foglio. 
Avrebbe voluto passare la giornata fuori, con Marta, magari al parco. Ma la pioggia che piano ticchettava sul vetro della finestra della cucina, gli fece subito cambiare idea. Avrebbe passato la giornata a casa, con sua figlia. 
Era da una parte felice. Ma non poteva nascondere a se stesso quella tristezza interiore, che l'aveva colto ancora una volta, subito dopo aver salutato Eva, la mattina prima. 
Era dopo mesi riuscito ad abbracciarla. Quello della mattina precedente, per lui, si poteva definire il "loro contatto più grande contatto fisico da mesi".
Sorrise scuotendo la testa, verso se stesso. Si versò del caffè, nella tazzina. Lo sguardo perso nel vuoto, e la consapevolezza di non poter rivederla fino al giorno seguente. 
 
Il cielo scuro e grigio. L'aria fredda che soffiava sui visi delle persone che passeggiavano per le strade di quella città nuvolosa. 
Gli edifici, i grattacieli coperti da quella sottile linea scura.
Una ragazza dai lunghi capelli scuri, appena scesa da un taxi bianco. L'aria fredda a scompigliarglieli, e la solita valigia bianca trascinata dietro. La borsa sulla spalla, ed il telefono all'orecchio. Aveva risposto alla chiamata di sua madre, sorridente.
"Pronto, mamma!"
"Eva, tesoro! Buongiorno, come stai?"
"Bene, bene, sono appena arrivata in aeroporto. E voi?"
"Si, anche noi stiamo bene tesoro.. A casa? Tutto bene?"
"Credo di si.. Ma, mamma.. Posso chiederti che cosa ci fate a Milano? E soprattutto, quando tornate?"
Entrò dentro l'aeroporto, seguita dal suo collega, alle sue spalle.
"Tesoro, è lunga da spiegare.. Ma ti prometto che appena torniamo, vi raccontiamo tutto nei minimi dettagli!"
"Appunto, quando tornate?"
Raggiunse a passi veloci il check-in per l'imbarco. 
"Amore, Domenica siamo a casa!"
Eva sorrise, sospirando sollevata.
"Beh, era ora! Cominciavo a credere che vi sareste trasferiti definitivamente a Milano!"
Lucia sorrise divertita.
"Ma dimmi, com'è Berlino, amore? E' andato tutto bene?"
"Si certo mamma. Berlino non è che mi piaccia poi tanto.. Ma l'intervista, è andata bene. Ciò che conta, è questo."
"Stai tornando a casa, tesoro?"
"Si, sono al check-in per l'imbarco proprio ora! A casa però non lo sa nessuno, pensano che debba tornare domani sera."
"Come mai stai tornando prima?"
"Siamo riusciti a fare l'intervista prima del tempo prestabilito. E quindi, stiamo tornando a casa.."
"Stiamo? C'è qualcuno con te?"
"Si, un collega. Lui ha fatto le foto, e io l'intervista."
Eva guardò verso Matteo, intento a guardare la carta d'imbarco.
"Sono contenta, tesoro! Allora non ti trattengo oltre, visto che sei al check-in. Ti chiamo dopo, va bene tesoro?"
"Va bene mamma. Allora, ci sentiamo dopo.. Buona giornata, e salutami Giulio!"
"Ciao Eva! Spero che a casa sia ancora intera!"
Eva sorrise divertita, ascoltando la voce di Giulio dall'altra parte del telefono. 
"Giulio, non ti preoccupare! Almeno, credo.."
"Nun fate danni!"
"Ma che, non ti fidi?"
"De te si! E' de mio figlio che n'me fido!"
Sorrise ancora, divertita, prima di salutarli.
"Stai tranquillo! Io vado, che è arrivato il mio turno. Ci sentiamo dopo, va bene?"
"Ok tesoro, fai buon viaggio! Buona giornata!"
"Ciao mamma, ciao Giulio. Ciao ciao!"
Richiuse il telefono, guardando il display che segnava le nove del mattino. 
"E' ancora presto, perchè non andiamo a prenderci qualcosa al bar?"
Venne distratta dalla voce di Matteo, che si avvicinava piano a lei, sorridendo.
Un libro tra le mani, ed un borsone scuro sulla spalla.
"Ma si, andiamo.."
Un altro sorriso, prima di incamminarsi verso al bar poco più distante da loro. 

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Sooorpresa! :D Eh si lo so, sono in ritardo. -.-" Ma ormai, non è una novità. o.O
Allora, capitolo abbastanza tranquillo - se non fosse per la notte di Eva.. xD -
Berlino, troppo distante per Marco. Alice, che sta in qualche modo cercando di trovare le parole giuste per dire a Francesco - o scassaman xD - di lei e Rudi.
Non mi soddisfa molto, come capitolo. Ma posso dire di esser soddisfatta della parte di Eva! :D Quella, mi è venuta abbastanza bene, dai.. o.O
Detto questo, vi saluto e vi ringrazio! Tutti! :D
Un grandissimo bacio, a prestissimo - spero, dato che l'ispirazione va e viene! o.O - 

Chiara. <3
 

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Capitolo 21
*** Per quanto si può fingere? ***


"Pronto papà?"
"Ciao Marcolì! Come stai?"
Marco, che guidava per raggiungere la casa discografica situata in centro. Marta, sul seggiolone vicino a lui, sorridente, guardava le gocce di pioggia schiantarsi sul finestrino accanto a lei, quasi affascinata.
"Bene, bene. Ma te? Si può sapere che ce fate ancora a Milano? E quando tornate?"
"Ma che tu ed Eva ve siete messi d'accordo? Pure lei stamattina l'ha chiesto a Lucia!"
Il semaforo rosso, e Marco che sorpreso aveva risposto al padre.
"Eva? L'avete sentita?"
"Si, stamattina, stava a.."
Giulio si fermò di colpo, vedendo Lucia davanti a lui sbracciarsi, per zittirlo.
Marco, confuso, continuò.
"Stava a fa che?"
"No, dico.. Stava in albergo, ancora!"
Il semaforo verde, e lui che riparte piano, annuendo.
"Ah.."
Cercò di scacciare il pensiero di lei dalla sua testa, cambiando discorso. Non voleva destare il sospetto di suo padre, ignaro di quello che ancora lui provava per lei.
"Ma, allora? Quando tornate?"
"Domenica stamo a Roma! Penso de sera.."
"Ma che ci siete andati a fa a Milano, scusa?"
"Niente, niente, te spiego appena tornamo! E' lunga.."
"Va bene.. Aspetterò.."
"Ma, a casa? Sta intera? E i tuoi fratelli? Che hanno combinato qualcosa?"
Marco sorrise, divertito.
"No, no, tranquillo pà. E' tutto apposto!"
"E' meglio per te! E a piccola?"
"Sta bene, sta bene. E' qui con me."
"Ma n'do stai?"
"Sto guidando, pà! Sto andando alla casa discografica."
"Co Marta? Passamela!"
Sorrise divertito, ancora, porgendo il telefono a Marta, sorridente.
"Bella de nonno! Come stai?"
"Ciao nonnino! Quando tonnate tu e nonna?"
"Presto amore! Il nonno e la nonna tornano presto, sei contenta?"
"Siiii! Vi voio tanto bene!"
"Anche il nonno e la nonna! Stai facendo la brava con papà e mamma?"
"Si, to facendo la brava!"
Giulio e Lucia sorrisero divertiti, sentendo la voce della loro nipotina. Entrambi, morivano dalla voglia di riabbracciarla. 
"Ciao nonnino!"
Marco prese il telefono dalla sua mano, divertito.
"Allora? Contenti?"
"E certo! Me raccomando: Te ed Eva c'avete ancora due giorni da badare ai vostri fratelli!"
"Papà, Eva torna domani! Ci sono io!"
Marco sbuffò, nervoso. Possibile che suo padre, non capisse mai niente?
"E va bene, ho capito! Però me raccomando comunque! Oh, devo chiudere che c'abbiamo na cosa da sbrigà! Te chiamo stasera, va bene Marcolì?"
"Va bene papà, allora buonagiornata! Salutami Lucia e gli altri."
"Ciao, ciao Marco, ciao."
Chiuse la chiamata, sospirando. Si rivolse a Marta, appoggiando il telefono sul cruscotto.
"Amore, sei contenta che Domenica tornano i nonni?"
"Siiii! Ma io voio che torna anche Mamma!"
Marco smise di sorridere, vedendo il viso triste di sua figlia. Anche lui come lei, desiderava che Eva tornasse.
"Amore, la mamma torna domani! Tu però prometti che farai la brava?"
Marta ci pensò su un attimo, alzando la testa. 
"Si!"
Marco sorrise, guardandola di sbieco, tornando a guardare la strada.
"Croce sul cuore?"
"Croce su cuore!"
Annuì decisa, facendo seguire il gesto alle parole. Un altro sorriso da parte di Marco.
Più guardava sua figlia, e più si accorgeva di quanto ogni giorno di più, assomigliasse alla madre, nei gesti nelle espressioni del viso, ed in quei piccoli movimenti che tanto gli ricordavano Eva.
La pioggia che si schiantava forte sul parabrezza della macchina, e quel cielo grigio insolito per quella giornata d'inizio Estate.
Domani, gli sembrava lontano. Domani, sembrava troppo distante per lui, che desiderava con tutto se stesso riaverla a casa, vicino. 
Aveva bisogno di lei. Della sua presenza. Non sapeva quanto ancora sarebbe riuscito a resistere, prima del suo ritorno.
 
"Ma non ci posso credere! Tu non dovevi tornare domani?"
Carlotta abbracciò l'amica, sopresa. 
Era rimasta a casa da sola, perchè Walter era uscito a sbrigare delle commissioni. L'orologio appeso nella cucina di quell'appartamento in centro, che segnava le dieci e mezza del mattino. 
Seduta sul divano, aveva sentito il suono del campanello. Rimase stupita, nel trovarci Eva, con la solita valigia gialla, completamente bagnata dalla pioggia che scendeva a dirotto, in quella grigia mattina d'inizio Estate.
"Si, lo so, ma abbiamo finito prima, e così.. Non ho detto niente a nessuno."
Sorrise, prima di richiudersi la porta d'ingresso alle spalle. I capelli bagnati, a ricadere sulle spalle.
"Ma sei tutta bagnata! Un'ombrello no?"
"Guarda che sono in macchina!"
Un altro sorriso, prima di dirigersi in cucina assieme, sorridenti.
"Tesoro, dai dimmi, com'è andata? Com'è Berlino?"
Poi continuo.
"Tu mettiti pure comoda, che io ti faccio un thè caldo. Guarda come sei messa!"
Gesticolando, Carlotta iniziò a muoversi veloce per la cucina, facendo sorridere Eva, seduta al tavolo poco più distante.
Sospirò, prima di iniziare a raccontare quello che era stato il suo breve viaggio in quella città.
"L'intervista, è andata bene. Non hanno poi fatto nemmeno storie. Anzi, si divertivano pure! Abbiamo fatto le foto, e poi niente. Iva era contentissima, tra l'altro."
Carlotta corrucciò la fronte, confusa, fermandosi un attimo.
"Abbiamo?"
Eva si portò una mano alla testa, ricordando di non averle detto niente del suo collega.
"Si, abbiamo. Con me c'èra un collega. Lui ha fatto le foto, e io l'intervista."
Carlotta annuì semplicemente, guardandola.
"E chi è questo collega?"
"Si chiama Matteo. Ha ventisei anni, e fa il fotografo."
Carlotta sorrise leggermente, guardando l'amica. 
"E com'è? Carino?"
Eva spalancò gli occhi, incredula.
"Carlotta! Non mi interessa!"
"Potresti semplicemente rispondere alla mia domanda?"
Eva alzò gli occhi al cielo, sorridendo leggermente.
"Si dai, non è male.."
Carlotta sorrise vincente, guardandola.
"E.."
"Carlotta, non c'è niente! E' solo un collega, niente di più!"
Eva sbuffò, infastidita.
Carlotta alzò le mani, in segno di resa, piegando le labbra in una smorfia.
"Va bene, va bene, scusa!"
Eva la guardò, nervosa.
"Ho altri problemi per la testa, ora.."
Carlotta sospirò, guardandola dolcemente.
"Eva.. La verità è che tu hai la risposta a tutte le tue domande."
La guardò stranita, non capendo.
Carlotta continuò.
"Per quanto ancora vorrai mentirgli, tenendogli nascosta la verità? Eh? Tesoro, non è giusto. Fai del male ad entrambi così. Non pensi che sia più semplice dirgli la verità, e basta?"
"E' tardi, ormai."
Eva abbassò lo sguardo, chiudendo gli occhi. 
Carlotta si avvicinò a lei, sorridendo leggermente. Prese una sedia, posizionandosi davanti all'amica.
"Se c'è una cosa che proprio tu mi hai insegnato, è che.. Non è mai troppo tardi per fare la cosa giusta."
Eva sospirò. Gli occhi lucidi, prova di quella tristezza che l'aveva invasa ancora una volta, a parlare di quel segreto taciuto, e di quella decisione presa tempo addietro.
"Non posso. Non posso sconvolgergli un'altra volta la vita. L'ho lasciato, e lui è andato avanti Carlotta. Tra noi è finita tempo fa. Che senso avrebbe far ricominciare tutto adesso? Che senso avrebbe provare a costruire un'altra volta qualcosa che è andato rotto? Su una menzogna, poi?"
"Eva, questo è quello che vuoi tu! La vita non è così infelice come credi! Sei tu che ti ostini a mentire a te stessa, e a lui sopratutto!"
Si alzò arrabbiata, urlando contro l'amica, seduta difronte a lei.
"Perchè ti fai del male? Perchè? Quando potresti andare da lui e dirgli la verità? Vi ho visti! Ho visto te, e ho visto lui! Gli sguardi, i sorrisi.."
Eva, con le lacrime agli occhi, ascoltava in silenzio l'amica. La tristezza, la rabbia di quel momento, a risuonarle forte e chiaro nella mente. 
Le parole dure usate da Carlotta, a smuoverla. 
E in fondo, aveva ragione. E se anche continuava a negarlo a se stessa, sapeva bene che l'unica cosa della quale aveva bisogno, era la pura e semplice verità. Avrebbe dovuto urlargliela in faccia, non appena tornata da Parigi. Oppure più semplicemente, avrebbe dovuto evitare di mentire. Avrebbe dovuto guardarlo negli occhi quella notte di qualche mese prima, e dirgli che l'unica cosa che impediva al loro rapporto di decollare, era quella piccola macchia nera, quella striscia incompleta che era la sua carriera musicale. 
Le lacrime che ancora una volta scendono sul suo viso. Il respiro accellerato e caldo, per quella verità tenuta ancora nascosta. Per quella verità che un giorno, - se lo sentiva - sarebbe stata costretta a dire davanti a tutti. Davanti a lui, spezzandogli ancora una volta il cuore.
Si sentiva terribilmente in colpa. Aveva fatto tutto lei. Era riuscita in un certo senso a distruggere tutto, con le sue stesse mani e le sue stesse paure.
Carlotta la guardò, dispiaciuta. La mano sul viso, distesa. Sospirò, prima di avvicinarsi piano all'amica, abbracciandola. 
Eva si lasciò andare a quell'abbraccio, stringendola forte. Gli occhi chiusi, il respiro ancora affannato.
Carlotta che le accarezzava piano la testa, calmandola.
"Tesoro.. Pensaci. Io.. Ti voglio bene, e non voglio vederti soffrire. E poi.. Dopodomani è il mio compleanno.."
Eva sorrise leggermente, ad occhi chiusi, tra le braccia dell'amica. Possibile che Carlotta, sapesse sempre come fare per farle tornare il sorriso?
Carlotta continuò.
"Me lo potresti fare un regalo, eh.."
"Io veramente pensavo a qualcos'altro, da regalarti.."
Strette in quell'abbraccio, unite da quell'amicizia indissolubile, forte e unica. 
L'una ci sarebbe sempre stata per l'altra. E questo, lo sapevano bene entrambe.
"Che dici? Andiamo a casa tua?"
Eva annuì, sorridendo leggermente.
"Si, andiamo. Anche se.. Prima o poi dovrò dire a tutti quello che voglio fare.."
"Cioè?"
"Non ti ricordi? Trovare un appartamento per me e Marta."
Carlotta sorrise, dirigendosi verso la cucina per spegnere l'acqua sul fuoco.
"Dai, stai tranquilla. C'è tempo, non l'hai nemmeno trovato!"
"Il fatto è che io, vorrei dirlo prima di trovare l'appartamento! Non è che posso andare li il giorno stesso e dire: Famiglia, ho trovato un appartamento e mi trasferisco con Marta! Non è che potete darmi una mano col trasloco?"
Un tono sarcastico, che fece ridere divertita Carlotta. 
"Lo so, lo so. Allora che aspetti a dirlo?"
"Non lo so. E' che.. Marta si trova bene con i nonni, gli zii, e suo padre.. Non mi va di portargliela via un'altra volta."
"Non la stai portando via. Potranno vederla sempre, no?"
"Si, ma.. So che per Marco non sarà facile staccarsi un'altra volta da lei. Però devo dirglielo. A Parigi ho acquistato la mia indipendenza, i miei spazi.. E non mi va di perderli, tornando a vivere con i miei!"
"E allora tu parla così, no? Vedrai, Marco capirà.."
Un altro sorriso da parte di Carlotta. Eva la guardò, poco convinta. Si portò indietro i capelli bagnati con una mano, sospirando.
"Lo spero.. Lo spero davvero.."
Carlotta si avvicinò a lei, scuotendola piano.
"Allora? Andiamo o no?"
"Ma Walter? Dov'è?"
"E' uscito, ma gli mando un messaggio e gli dico che vengo da te."
Si avviarono all'ingresso, a braccetto. 
"Non vedo l'ora di rivedere Marta! Mi è mancata un sacco in questi due giorni!"
"Perchè, suo padre no?"
Carlotta sorrise, pronunciando quella frase sottovoce.
"Eh?"
"No, niente scusa, andiamo!"
Un altro sorriso, prima di avviarsi velocemente alla macchina parcheggiata difronte a quella palazzina. 
 
E intanto in un'altra casa, poco più distante, due ragazzi stavano discutendo della loro storia. Lui, seduto sul divano, guardava lei fare avanti e indietro per tutto il salotto, nervosa.
"E' difficile! Non riesco a trovare le parole per dirglielo!"
"Forse perchè le parole giuste non esistono?"
Alice che si muoveva per il salotto, nervosa. Rudi scosse la testa, sospirando. Si alzò, passandosi una mano tra i capelli, avvicinandosi a lei.
Le andò davanti, cercando di fermarla. 
"La fai facile tu! Non devi mica mollare nessuno!"
Rudi le afferrò le mani, avvicinandosi piano, fermandola.
"Ehi, ehi, vuoi stare tranquilla? Ti prego, metti ansia anche a me così! Amore, te l'ho già detto.. Qualsiasi cosa succederà, l'affronteremo assieme. Non sei sola, ci sono io con te. So che non è facile per te.. So che non vuoi ferirlo.. Ma lo ferisci di più, continuando a mentire. 
Non sei d'accordo? E poi dovrei essere io quello nervoso! Un cazzotto sul muso non me lo toglie nessuno, lo sai vero?"
Cercò di tranquillizzarla, buttandola sul ridere. Lei lo guardò un attimo seria, prima di sorridere divertita a quella affermazione.
Scosse la testa, abbracciandolo. 
"Non succederà, tranquillo.. Non è il tipo."
"Lo spero!"
La strinse forte, sorridendo. Le mani ad accarezzarle piano la testa. Gli occhi chiusi. Entrambi, stavano godendo di quel momento provando a non pensare a quello che sarebbe successo quella sera.
Avevano deciso di dirlo a Francesco. Non sarebbe stato facile - e lo sapevano - ma era una cosa che andava fatta, per il bene di tutti. Di Francesco, e della loro storia appena iniziata, ma già così grande e intensa nelle loro pance, e nelle loro teste.
"Me lo prometti che andrà tutto bene, amore?"
Come una bambina che chiede speranzosa qualcosa, Alice si rivolse a lui, ancora appoggiata al suo petto.
"Si, te lo prometto piccola. Tu però devi star tranquilla, mi hai capito?"
Parlò dolcemente, stringendola.
"E basta però! Siete sempre appiccicati voi!"
Mimmo entrò in salotto, alzando gli occhi al cielo. 
Rudi e Alice rimasero abbracciati, sorridendo divertiti, al centro del soggiorno.
"Mi sembra di vedere Eva e Marco, qualche mese fa!"
"E no, quelli non li batte nessuno!"
Risero tutti divertiti, ricordando che i loro fratelli, erano davvero imbattibili per quanto riguardava la dolcezza.
"Zitto, che se te sente Marco c'ammazza!"
Rudi si rivolse a Mimmo, cercando di non ridere. Alice li guardò, divertita.
"Io mi chiedo perchè quei due continuano a fingere. Ormai ce l'anno chiaro tutti, che si amano ancora!"
"Amore, ma tu sai qualcosa di quello che è successo a Parigi?"
Alice tornò seria, cercando di non lasciarsi scappare quella piccola verità, negata dalla sorella qualche mese prima.
"No! Io.. Io non so niente!"
Non era mai stata una brava attrice. Il nervosismo, l'aveva un'altra volta tradita.
Rudi e Mimmo la guardarono confusi. Per fortuna - forse - non avevano capito niente. 
"L'ho chiesto a Marco, qualche mese fa. Ma mi ha solo detto che Eva, si era innamorata de n'altro."
Mimmo scoppiò a ridere.
"Ma stai scherzando? Dai, è impossibile!"
"Ahò, l'ha detto Marco eh! Io non è che lo posso sapere! Se l'ha detto lei, sarà vero.."
"Naah, io non ci credo. Secondo me c'è dell'altro che nessuno dei due, ha mai detto."
"Marco c'ha detto tutto. Eva ha solo detto che col francesino è finita."
Alice continuò a guardarli, nervosa. La storia della bugia di Eva, non poteva assolutamente venire fuori.
Cercò di cambiare discorso, per farli smettere di riflettere sulla storia dei fratelli.
"Beh? Che mangiamo per pranzo? Io inizio ad avere fame! Voi no?"
"In effetti hai ragione.. Inizio anche io ad avere un certo languorino.."
Rudi guardò l'orologio da polso che segnava le undici e un quarto, lasciandosi trascinare in cucina da Alice.
"Marco e Marta?"
"Sono usciti questa mattina, dovrebbero tornare tra un po'.."
"Beh, aspettiamoli.."
Qualche attimo dopo, e tutti vennero distratti dal suono del campanello.
"Eccoli!"
Alice si avviò all'ingresso, sorridente.
"Finalmente! Stavamo giusto pensando a cosa far per.."
Aprì la porta, convinta di trovarci dietro Marco e Marta. Rimase stupita, spalancando gli occhi, prima di sorridere ed urlare il nome della sorella.
"Eva!"
Rudi e Mimmo ancora in cucina, si guardarono confusi. Si alzarono, per andare all'ingresso.
"Ma non dovevi tornare domani?"
Eva sorrise divertita, guardando Carlotta accanto a lei.
"Eh lo so, ma ho finito prima e così.."
"Dai entrate, che vi state bagnando!"
Le lasciò entrare, scostandosi dalla porta. Eva appoggiò la valigia gialla all'ingresso, passandosi una mano tra i capelli.
"Eva! Ma non dovevi tornare domani tu?"
Rudi la guardò stupito.
"Si, ma ho finito prima, e quindi sono tornata.. Ma.. Marta? Dov'è?"
"E' uscita questa mattina con Marco, dovrebbero tornare tra poco!"
Mimmo si avvicinò a lei, sorridente. 
"Torni giusto per ora di pranzo! Adesso tocca a te cucinare, sorellina!"
Rudi si avvicinò a lei, sorridendo vincente. 
Lei lo guardò stupita, ma sorridente.
"E' a questo che vi servo, eh? Solo per cucinare!"
"Almeno servi a qualcosa, tesoro!"
Carlotta la guardò ridendo, prima di avviarsi in cucina.
"Scusate, ma prima di fare qualsiasi cosa ho bisogno di togliermi questi vestiti bagnati, e di una doccia."
"Vai pure, ma vogliamo mangiare!"
Mimmo sorrise prendendola in giro, prima di tornare in cucina assieme agli altri. 
Eva sorrise, scuotendo la testa. Si avviò verso le scale, avviandosi al piano di sopra, per farsi una doccia. I vestiti bagnati, lasciati cadere atterra sul pavimento bianco del bagno.
Il getto d'acqua calda, a riscaldarla. Gli occhi chiusi, a godere di quel momento rilassante. 
Pensava ancora alle spese fatte a Berlino, per tutti. Non vedeva l'ora di aprire la valigia, e godersi le espressioni stupite dei suoi fratelli.
Era ansiosa di dare a Marta quell'orsetto bruno, che indossava una maglietta con la scritta "I love Berlin".
Ne sarebbe stata contenta. Ed immaginare il sorriso di sua figlia, aveva disegnato sul volto di lei un altro sorriso. 
 
"Finalmente eh! Ma che avete fatto tutta la mattina?"
Marco aprì la porta d'ingresso, trovandosi davanti Rudi.
"Ciao! No, niente, alla casa discografica, e poi abbiamo fatto un giro. Vero amore?"
Si rivolse a Marta, sorridendole dolcemente, strofinando il proprio naso sul suo. 
La piccola, che rise divertita tra le braccia del padre, si abbassò, scendendo, andando in cucina.
Marco richiuse la porta alle sue spalle. E subito dopo, la sua attenzione ricadde su quella grande valigia gialla, appoggiata vicino alla sedia all'ingresso. Si fermò, immobile. Non ci credeva. Spalancò gli occhi, incredulo, per poi sentire un sorriso partito a razzo dal cuore, disegnarsi sul suo volto.
Si avvicinò alla valigia, sorridendo. Lei era tornata. Era tornata prima. Alzò velocemente la testa verso Rudi, che lo guardava confuso.
Entrò velocemente in cucina, cercando di scorgere con lo sguardo l'immagine di lei.
Niente. Si diresse verso le scale, salendo velocemente i gradini due a due. Sentiva il bisogno di vederla. Sentiva il bisogno di rivedere quei occhi specchiarsi nei suoi. Aveva bisogno del suo sorriso, della sua voce. 
Non aveva smesso di pensare a lei. Nemmeno per un misero attimo, in quei due giorni.
Arrivò velocemente davanti la porta della sua camera, fermandosi di colpo. Chiuse gli occhi, continuando a sorridere, avvicinando piano le nocche della sua mano alla porta, bussando.
Niente. Nessuno rispondeva dall'altra parte. Corrucciò la fronte, confuso. 
Nemmeno sentì il rumore della porta del bagno che si apriva. Eva rimase immobile, a guardarlo voltato di spalle. 
E in un attimo, il ricordo della notte precedente che si insinuò nella sua mente. Chiuse gli occhi, scuotendo la testa, cercando di rimuovere quel pensiero. 
"Oi.."
Esordì lei, abbozzando un sorriso, facendolo voltare, sorridente.
Un altro sorriso
"Oi, ciao! Ma quando sei tornata?"
Si avvicinò velocemente a lei, contento. L'avrebbe anche abbracciata, ma l'immagine di lei, coperta solo da quell'asciugamano blu legato attorno al corpo, lo fece desistere. Sorrise allora, cercando di nascondere quel nervosismo nell'averla un'altra volta così davanti agli occhi, vicina.
Le guance di lei, che in un secondo avevano preso il solito colore rosso prorompente, testimoni di quell'imbarazzo percettibile nell'aria, che aveva travolto entrambi, ancora una volta.
Eva abbassò lo sguardo leggermente, evitando gli occhi di lui che, al contrario, cercavano i suoi. Le mani in tasca, sulla difensiva.
Lei, strinse di più la stretta su quell'asciugamano, terrorizzata dal fatto che da un momento all'altro sarebbe potuto cascare.
Ritrovò il controllo di se stessa, alzando lo sguardo verso di lui, sorridendo, anche se imbarazzata da quell'ennesima situazione strana che li aveva visti un'altra volta protagonisti. 
"Poco fa.. Ho finito prima, e così.."
"Ma come mai ieri sera non hai detto niente?"
Lui, che ancora sorrideva contento, anche se leggermente nervoso.
"Ah, così, volevo fare una sorpresa.."
"E ci sei riuscita, infatti.."
Uno sguardo, un altro ancora, ed un altro ancora.
Se Carlotta fosse stata li in quel momento, probabilmente avrebbe dato una spinta ad entrambi, risvegliandoli. 
Poi lui, dopo un attimo di silenzio, continuò.
"Ma, com'èra Berlino?"
Lei sorrise, vedendo il sorriso divertito di lui.
"Non male, dai.. Fredda, direi.."
Vennero distratti entrambi da una voce, che chiamava i loro nomi dal piano di sotto.
"Marco! Eva! Ve date na mossa? Stamo tutti a morì de fame!"
Marco si voltò verso le scale, alzando gli occhi al cielo, infastidito da quell'interruzione. Dopo - lo sentiva - avrebbe strozzato suo fratello.
Cercò di non farsi vedere da lei, che aveva abbassato la testa divertita.
"Va beh, io vado a vestirmi.."
Si mosse veloce, cercando di raggiungere la porta della sua camera, per scappare un'altra volta da quella situazione assurda.
Lui annuì, abbozzando un sorriso imbarazzato, lasciandola passare.
Scosse la testa verso se stesso, scendendo al piano di sotto, lentamente.
 
E dopo pranzo, tutti si erano ritrovati in salotto, seduti sul divano, a parlare.
"Senti ma, il vestito l'hai già trovato?"
"No, infatti io ed Eva in questi giorni avevamo deciso di girare per negozi.. Vero?"
Carlotta si rivolse ad Eva, dopo aver risposto alla domanda di Alice.
Eva annuì, guardando verso di lei, sorridente.
"Infatti pure Walter m'ha chiesto di andare con lui, settimana prossima.."
Marco fece una smorfia, ricordando la conversazione avuta con Walter, qualche giorno prima. 
"Ecco appunto, a proposito di Walter.. Ma dov'è?"
Marco guardò confuso verso Carlotta, scuotendo la testa.
"Mi ha mandato un messaggio prima. Dopo aver fatto qualcosa stamattina, si è fermato in officina a dare una mano a Diego.. Quei due iniziano davvero ad andare d'accordo."
"E pensare che fino a qualche settimana fa, Walter nemmeno lo sopportava!"
Risero tutti divertiti alla battuta di Marco. Eva si alzò dal divano, dirigendosi all'ingresso, verso la valigia.
"Ma dove vai?"
Alice si rivolse a lei, confusa, cercando di trattenerla accanto a lei.
"A tirare fuori delle cose dalla valigia."
Eva sorrise leggermente, prendendo quella grande busta azzurra da dentro la valigia, con tutte le cose che aveva comprato il giorno prima a Berlino. 

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Di nuovo tra voi! :D Si lo so, sono in un ritardo pazzesco! -.-"
No, no, e no! Questo capitolo, non lo volevo nemmeno postare io! 
E' uscita sta roba, che a me non piace! Niente, ispirazione andata, è arrivato il blocco! -.-"
Scusate, davvero! 
E' un capitolo tranquillo, non succede niente infatti. Nel prossimo, - per la gioia di molti di voi xD - succederà qualcosa! - non dico cosa, ovviamente! o.O -
Detto questo, ringrazio tutti voi! Che legge e recensisce, e chi legge e basta! xD
Un ringraziamento speciale, va però a chi segue la mia storia da un po' ormai! 
Eliessa - Mi commuovi sempre! <3 -
Nadynana! - le tue recensioni, mi fanno ogni volta morire! <3  - 
minda92 - Grazie! - 

Un bacione a tutti, 

Chiara. <3 

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Capitolo 22
*** Prova di maturità ***


Il sole di Giugno alto nel cielo. Quel caldo percettibile, quel caldo afoso che scaldava le giornate. 
Un ragazzo si rigirava nel sonno, infastidito da quei raggi di luce provenienti dalla finestra socchiusa. Quel Sabato mattina appena iniziato, giorno di riposo per chi tutta la settimana aveva impegni a non finire. Gli occhi socchiusi, stanco. Si rigirò dall'altra parte, mettendosi la testa sotto al cuscino. Voleva starsene a letto, voleva non fare niente almeno per quel giorno. Voleva rimanere a casa, non aveva nessuna voglia di aprire gli occhi e svegliarsi. 
Ma a rendergli le cose impossibili, ci pensò la sveglia che suonava nervosa sul comodino. E allora mugugnando infastidito, Marco mosse il braccio a tentoni, cercando di beccare quella sveglia e spegnerla. Niente, non ci riuscì. La bocca aperta sul cuscino, gli occhi socchiusi. Si mise a sedere, assonnato, prendendo quell'oggetto tra le mani, facendolo smettere di suonare. Guardò l'ora segnata in rosso: Le sette e mezza. Lo appoggiò di nuovo sul comodino, cercando piano di alzarsi dal letto. Camminò piano, cercando di raggiungere la porta. Si portò una mano sulla spalla nuda, massaggiandola. Si stiracchiò, sbadigliando rumorosamente. Uscì dalla stanza, scendendo le scale per arrivare al piano di sotto. Aprì la porta della cucina, trovandosi davanti Rudi e Alice, seduti al tavolo a fare colazione, sorridenti.
"Buongiorno fratellone! Un po' di caffè?"
Rudi salutò il fratello maggiore, porgendogli la caffettiera. Marco scosse la testa rifiutando.
"Ciao ragazzi.. Come mai siete già.." Non riuscì a terminare la frase, uno sbadiglio rumoroso che fece sorridere divertiti i suoi fratelli.
"In piedi?" Continuò Alice, portandosi la tazza di caffè alle labbra. 
Marco annuì, confuso.
"Oggi andiamo a studiare a casa di Regina! Sai, la maturità è vicina, e così.."
"Ti prego amore, non me lo ricordare!"
Alice sorrise, avvicinandosi a lui, baciandolo leggermente. Marco alzò gli occhi al cielo, facendoli sorridere.
"Mamma mia, pure di primo.." Un altro sbadiglio di lui.
"Mattino?" Concluse Rudi, guardandolo divertito.
"Ma che Marta vi ha tenuti svegli tutta la notte?"
Marco annuì, ad occhi chiusi. 
"C'aveva la febbre, e così io ed Eva siamo rimasti svegli con lei fino alle tre.."
Rudi spalancò gli occhi, addentando un biscotto.
"Certo che però solo Marta potrebbe prendersi la febbre in piena estate! Ma adesso come sta?"
"Ieri sera aveva 39.8 di febbre.. Poi quando si è addormentata, per fortuna è scesa. Adesso per fortuna sta bene.."
Rudi e Alice sospirarono sollevati, guardandolo. 
"Secondo me è per il caldo.. E' impossibile dormire di notte."
"Non dirlo a me guarda, stanotte per addormentarmi mi sarò fatto almeno tre docce fredde! Manco dormire senza maglietta aiuta!"
Sorrise divertito, guardando verso Rudi.
"Va beh, io vado a farmi una doccia. Ho bisogno di svegliarmi.."
"Vai da qualche parte?"
Alice lo guardò curiosa, vedendolo sorridere.
"Alla casa discografica. Oggi ci sono le ultime cose da fare per il cd."
"Hai già finito di scrivere le canzoni che ti hanno chiesto?"
Marco scosse la testa, facendo una smorfia.
"Non proprio.. Ne ho tolte alcune, e di conseguenza dovrei scriverne altre tre.."
Rudi alzò gli occhi verso il soffitto, contando le canzoni già scritte dal fratello.
"Mi chiedo perchè.."
"Quella l'ho tolta."
"Non sento più niente.."
"Togli pure quella!"
Rudi lo guardò, spalancando gli occhi.
"Ma allora che cavolo ci metti dentro al cd?"
Marco sorrise guardandolo.
"Una l'ho già scritta. Poi ci sarebbero un paio di remake che dovrei fare, ma non vi voglio anticipare niente. E sono tre. Poi ci sarebbe un duetto.. E sono quattro. Il resto è tutto sul mio moleskine, in attesa di essere musicato."
Sospirò sommessamente, pensando a quelle canzoni che ancora aveva da scrivere. 
"Ma quanto tempo hai ancora?"
"Un mese e qualche giorno.. Ma non è un problema, anzi.." Poi continuò, allontanandosi verso le scale. "Va beh, io vado su! A dopo!"
Salì velocemente le scale, dirigendosi in bagno. Aveva bisogno di una doccia fredda, per riuscire ad ingranare in quella che sarebbe stata una giornata pesante. Aveva passato la notte sveglio accanto a sua figlia, e l'avrebbe rifatto altre mille volte. E poi con lui, c'èra anche lei. Avevano passato la notte assieme, svegli, con Marta che non ne voleva sapere di dormire. Vicini, complici come non lo erano stati da tempo. Avevano trascorso quella notte a prendersi cura della loro bambina, segno indelebile del loro amore. 
 
E quello, era un giorno importante. "E' il compleanno di Carlotta!" 
L'aveva detto ai suoi fratelli, uscendo da casa di corsa per dirigersi dall'amica. Marta quella mattina, aveva deciso di rimanere a casa con Mimmo, a giocare. 
E arrivò veloce da lei, abbracciandola forte, stringendola. Ventiquattro anni e non sentirli, proprio come si sentiva Carlotta. Non vedeva niente di diverso, si sentiva esattamente come sempre. 
Passò parte di quella giornata assieme ai suoi amici. Risate, battute, in un momento che pareva esser proprio spensierato. 
"Mi raccomando, di pure a quell'altro di essere puntuale stasera!"
Walter precisò un'altra volta quella frase, facendo sorridere Eva, che annuì semplicemente, prima di stampare un altro bacio a Carlotta ed uscire dalla porta, con la promessa che si sarebbero visti la sera stessa per festeggiare il compleanno dell'amica.
 
"Cesaroni, un mese e due settimane. Ci fidiamo di lei, e siamo più che sicuri che riuscirà a portare a termine le canzoni che le abbiamo chiesto, prima dello scadere del tempo."
Marco si alzò in piedi, stringendo forte la mano del produttore davanti a lui. Sorrise educatamente, rispondendo.
"Si, farò del mio meglio signore. Non la deluderò."
"Ne siamo convinti."
"Buona giornata."
"Arrivederci."
Uscì veloce dallo studio discografico, sorridendo. Sentiva di farcela, sentiva che l'unica cosa che doveva fare, era dar sfogo alle sue emozioni su quel moleskine, compagno di sempre. Scese le scale correndo, dirigendosi alla macchina. Si fermò poco prima, frugando dentro a quella borsa nera che portava a tracolla. E sorrise di più, trovando il moleskine tra le sue cose. Uno sguardo veloce al cielo. 
"E' un posto perfetto per scrivere una canzone."
Ripose il quadernetto nella borsa, salendo velocemente in macchina. Guidò per un po', arrivando in un posto per lui familiare. 
"Hai mai visto un canestro più grande di questo?" Ricordava ancora bene le parole di Simona, quel pomeriggio di mezz'autunno di qualche anno prima. Un grande campo in mezzo al nulla, silenzioso e tranquillo. Un posto rilassante, un posto nella quale non andava da tempo. Ci aveva scritto alcune delle sue canzoni li, appoggiato al tronco di quel grande albero in mezzo a quel grande campo verde. 
Prese la chitarra dal portabagli, iniziando piano a scendere quella grande distesa d'erba davanti a lui, arrivando sotto quell'albero che riusciva a proteggerlo dal sole, riparandolo dai raggi, all'ombra. 
Il profumo dell'erba, seduto sotto quel grande albero, prese la chitarra iniziando ad intonare qualche accordo. La penna tra le labbra, il moleskine aperto sull'erba. Sorrise, trovando un giro niente male, iniziando a scrivere alcuni versi.
 
Sabato mattina 
La sveglia suona da impazzire
E' iniziato un giorno
Che non voleva iniziare
 
Canticchiò piano, accompagnato dalla chitarra. 
 
"E' Sabato oggi. La sveglia che suona ogni mattina, che segna però finalmente quel giorno che tanto aspettavo. La settimana è finita, portandosi via quei giorni stanchi, pesanti, che sono costretto ogni giorno ad affrontare tra casa discografica e studio di registrazione."
 
Presto per alzarsi
Ma troppo tardi per dormire
Nei miei occhi spenti
Un altro sogno da finire
 
"La notte dura sempre troppo poco, e il mattino arriva sempre troppo in fretta. E proprio questa mattina quando quella maledetta sveglia ha suonato ancora risvegliandomi, un sogno meraviglioso stava scorrendo davanti ai miei occhi. Io, lei, noi. Stretti in un abbraccio, persi in un bacio. Quel bacio sulla quale da tanto fantastico, chiedendomi se mai un giorno sarà possibile risfiorare le sue labbra. Perchè senza di lei, senza quel sogno di noi, i miei occhi sono spenti. Senza luce, quasi senza vita. Perchè vorrei sognare ancora, vorrei vivere ancora per un istante quello che era un semplicissimo sogno dettato dalla voglia di riaverla ancora mia, per me, soltanto per me. Un sogno lasciato a metà, un sogno infranto non abbastanza forte per affrontare la realtà che ci circonda."
 
E ripenso ancora un po'
A quant'era bello
Quando mi svegliavi tu
Ed aspetto ancora un po'
Ad accendere il cervello
Che mi perdo qui nel blu
 
"Provo a non farlo, provo a dire a me stesso di smettere. Ma non ce la faccio. Non riesco a smettere di pensare a quanto era dannatamente bello vedere il suo sorriso al mio risveglio. I suoi occhi color nocciola, specchiarsi nei miei occhi scuri. Continuo a pensare alla sua voce, al dolce tocco della sua mano, alle sue morbide e calde labbra lievemente appoggiate sulle mie, per svegliarmi come solo lei era capace di fare, facendomi iniziare la giornata col piede giusto, l'umore perfetto ed il cuore a mille, pronto a battere e vivere quella giornata assieme a lei. Spesso al mattino, rimango a letto chiudendo gli occhi, immaginandoti accanto a me. E' solo una dolce illusione che non dura più di qualche attimo, perchè poi muovo la mano cercando di trovare qualcosa di caldo accanto a me, e rimango subito deluso perchè sotto al palmo della mia mano sento solo un lenzuolo freddo e triste, e niente più. Non ci sei tu, non c'è il tuo corpo caldo, non c'è l'abbraccio di ogni mattina, quello che ci scambiavamo innamorati solo fino all'anno scorso.
Alzo gli occhi al cielo, e guardo questo cielo azzurro e limpido sorridermi. E mi perdo, guardando questo blu perfetto che in silenzio mi accompagna in questa giornata ancora una volta dedicata completamente a te."
 
 
Tanto sai che mi incontrerai
Quando il mondo si addormenterà
E ogni notte mi seguirai
La mia luce non è spenta
Non è spenta
 
"E' stupido, lo so. Ma è come se una parte di me sapesse che ci sei ancora. Che ancora mi cerchi, che ancora mi sogni, magari di notte, quando il mondo non c'è perchè anche lui stacca la spina, addormentandosi. 
E magari un giorno, mi incontrerai davvero. Guarderai nei miei occhi, e riuscirai a leggerci dentro ciò che è inciso sul mio cuore e nella mia anima. Quelle parole, quelle frasi che non riesco a dirti. Quelle frasi rimaste a mezz'aria, tra uno sguardo ed un sorriso che non posso fare a meno di dedicarti ogni volta. Vorrei dimenticare che tu hai scelto un altro, hai scelto lui. Ma non ci riesco. Non ce la faccio a dimenticare. Ha fatto male, mi hai fatto male. Ma nonostante tutto, - non chiedermi perchè - non riesco ad odiarti. Non riesco a detestarti, non ce la faccio a non amarti. Perchè poi mi ricordo che ho sbagliato anche io, perchè mi ricordo che la prima a sbagliare, non sei stata tu. C'è nostra figlia, segno indelebile del nostro amore. Ed è forse proprio per questo che la mia luce, è ancora nonostante tutto accesa. Nonostante gli sbagli miei, nonostante quelli tuoi, noi siamo ancora qui. Forse non come vorrei, ma tu sei ancora qui. Ci sei sempre, ci sei sempre stata. Di notte, quando le emozioni sembrano più dense, quando tutto tace e niente si muove, quando fuori è buio e ad illuminare ci sono solo le stelle. Mi seguirai, nei miei sogni più nascosti, quei sogni che parlano sempre e soltanto di te."
 
Sabato mattina
E la sveglia suona ancora
Recito preghiere
Per dormire ancora un'ora
 
"E sempre di Sabato, quella sveglia non vuole proprio saperne di smettere di suonare. Spesso mi ritrovo a pregare silenziosamente che la notte scenda ancora, che l'inizio di quella giornata sia ancora lontano, e che quel sogno iniziato e rimasto a metà non abbia mai fine. 
Basterebbe ogni volta un'ora, un'ora soltanto per tornare a vivere quella realtà distorta che mi parla in un modo o nell'altro di te. Noi insieme, noi amici, noi genitori felici ed innamorati, a spingere nostra figlia sull'altalena al parco. Noi amanti, travolti da quella passione forte ed incontenibile. Noi a litigare furiosamente, come pazzi, urlando in preda alla rabbia. Noi a fare pace, scusandoci l'un con l'altra, a volte disperati, altre tranquilli, stringendoci forte, unendo i nostri respiri ed i battiti dei nostri cuori. 
E giuro che vorrei avere il coraggio di venire da te, per dirtelo e basta. Per dirti che mi manchi, che ho bisogno di te, che senza di te, noi, io non sono niente. Che l'aria che respiro, non basta a tenermi vivo, che tutto quello di cui ho bisogno per essere felice sono stato capace di lasciarmelo sfuggire dalle mani un'altra volta, come un idiota. Solo te e Marta, nostra figlia. 
Ma è tardi, il nostro tempo è passato. Tu sei andata avanti, dimenticandomi, dimenticandoti di noi. Mentre io non riesco a fare un pensiero che non includa il tuo sorriso rivolto una volta a me. Soltanto a me."
 
Tanti impegni 
Ma nessuna voglia di iniziare
Piovono pensieri
In un diluvio universale
 
"Tanti, troppi pensieri che ancora dopo tempo riescono a tenermi sveglio la notte. Piovono forte, decisi e dolorosi, schiantandosi in un tonfo sordo nella mia mente. E sono senza protezione, senza ombrello, senza niente con cui ripararmi da questi pensieri che martellano forte, quasi facendo male, in una sorta di diluvio inarrestabile. "
 
Ed ammetto che non so
Dare forma al giorno
Ed ho un po' paura anche io
Ma non mi preoccuperò
Di fare questo o quello
Perchè adesso sto volando qui con te
Sopra un cielo che non c'è
 
"E lo devo riconoscere, devo ammettere che senza te non riesco a dare forma ai miei giorni, travolto da quei pensieri fissi che riescono ogni volta a scaraventarmi dentro ad una realtà distorta. E sai cosa? Ho paura, ho tanta paura di non riuscire a costruire, a finire niente, senza l'aiuto della tua mano tesa verso di me. Quella stretta calda, capace di infondermi forza e coraggio. 
Ma cercherò di non pensarci, di non preoccuparmi, perchè farò tutto quello che c'è bisogno di fare per starti accanto, per vivere ogni mio respiro godendo del tuo sorriso.
E alzo un'altra volta lo sguardo verso questo cielo limpido e blu, sorridendo. E in un attimo, chiudo gli occhi, e vedo l'immagine di te e me assieme, a volare felici e spensierati in questo bellissimo cielo azzurro, coperto da tante, tantissime nuvole bianche che come direbbe Marta, sembrano piccole pecorelle."
 
Tanto sai che mi incontrerai
Quando il mondo si addormenterà
E ogni notte mi seguirai 
La mia luce non è spenta
Non è spenta
 
Ed era felice, era sorridente e soddisfatto di quella che era la sua nuova canzone. Uscita di getto, lasciando libero sfogo a quelli che erano i suoi pensieri. 
La schiena e la testa appoggiate a quell'albero, sospirò ad occhi chiusi, la chitarra tra le braccia, e quel quadernetto testimone dei suoi pensieri più nascosti aperto sull'erba fresca. 
Ce l'aveva fatta, era riuscito a scrivere un'altra canzone liberandosi di quel peso dentro al petto. 
In quel Sabato mattina da poco iniziato, sentiva finalmente quella sensazione di leggerezza e tranquillità, di semplicità e benessere, travolgerlo completamente. 
Rimase ancora li, a godere di quel venticello fresco che filtrava dai rami di quell'albero. 
 
"Muovetevi, che Walter e Carlotta stanno aspettando!"
Marco che davanti all'ingresso guardava nervosamente l'orologio al polso, cercando di far sbrigare i suoi fratelli che ancora non avevano finito di prepararsi. Le otto di sera, quel venticello fresco che entrava dalle finestre tenute aperte per il caldo. La camicia bianca leggermente sbottonata, i jeans scuri quasi eleganti, e i capelli corti lasciati alti. 
"E datte na calmata! Che all'età tua fa male agitasse!"
Rudi che stava scendendo le scale, sistemandosi il colletto della camicia, si avvicinò a lui prendendolo in giro, facendo sorridere Alice dietro di lui. Un vestitino corto, color verde chiaro, e delle scarpe col tacco nere. 
"Ha ha ha, molto divertente."
Marco fece una smorfia, infastidito dal sorrisetto vincente del fratello. Si rivolse ad Alice, prima di guardare un'altra volta l'orologio al polso.
"Eva?"
"Ha quasi finito, adesso scende. Ma.. Per che ora ci aspettano?"
"Walter mi ha detto per le otto e qualcosa."
E proprio in quel momento, Eva scese le scale con Marta in braccio. Entrambe sorridenti, guardavano davanti a loro i sorrisi di tutti.
Un vestito a fascia bejge, la borsa nera sulla spalla, e i capelli lasciati sciolti e mossi sulle spalle, ancora leggermente bagnati. 
"E' bellissima." Pensò lui, guardandola scendere quelle scale per l'ennesima volta. E guardò sua figlia, sorridendo, andandole in contro.
"Ma siete bellissime!"
"Siii, ma mamma di più!"
Marta che era scesa dalle braccia della mamma, per correre verso gli zii davanti a lei, sorridenti. Uno sguardo, un altro, un altro ancora, seguito poi da un sorriso imbarazzato, e da un "grazie" a fil di labbra da parte di lei. 
Marco si risvegliò da quel momento, scuotendo leggermente la testa, guardando verso i suoi fratelli.
"Oh, e Mimmo?"
"Eccomi, eccomi, scusate!"
Scese velocemente le scale, raggiungendo i suoi fratelli con un sorriso. 
"Ammazza quanto stai bene elegante oh!"
Rudi si avvicinò a lui, facendolo sorridere, imbarazzato. Era ogni volta più forte di lui, i complimenti lo facevano sempre arrossire. 
 
"Ce ne avete messo di tempo!" Esordì Walter, sorridendo. E tutti corsero ad abbracciare Carlotta, sorridenti. Muniti di buste, bustone, pacchetti e pacchettini colorati.  Seduti tutti al tavolo di quel ristorante in centro, guardavano Carlotta scartare felice i suoi regali di compleanno. E sembrava una bambina, gli occhi illuminati e lucidi, e quel sorriso spontaneo e allegro che non l'aveva abbandonata nemmeno per un attimo. La collana regalatale da Walter, che la fece sorridere commossa. Poi gli orecchini da parte di Eva, quel vestito di chanel da parte di Rudi ed Alice, che sapevano quanto Carlotta l'amasse. Quel cd di Eros, autografato con tanto di dedica, da parte di Marco. Poi quel profumo acquistato lo stesso pomeriggio da Mimmo, in una profumeria in via Condotti, e quel disegno tanto dolce e tenero di Marta, che fece sorridere tutti inteneriti. 
E Carlotta, si sentiva bene. Si sentiva amata, sentiva quel legame forte dentro di lei. Eppure, mancavano tante persone quella sera. I suoi genitori, sempre in giro per il mondo per affari. Sua sorella, che non sentiva più ormai da mesi. 
Ma del resto, non le importava. Aveva l'amore della sua vita accanto, l'amica di sempre che per lei era una sorella. Un amico meraviglioso, - un po' tonto pensò silenziosamente, guardandolo accanto ad Eva, sorridente - che assieme alla sua amica era sempre stato presente nella vita sua e di Walter. E poi Rudi, Alice e Mimmo, che considerava dei fratellini minori da proteggere, che erano sempre stati capaci di strapparle un sorriso anche nei momenti più tristi. E poi lei, quella piccola meraviglia di bambina che amava alla follia, e alla quale si sentiva legata in modo speciale. Marta, alla quale voleva così tanto bene.
"Stasera la porti li?" Marco si avvicinò piano a Walter, bisbigliando. Sorrise guardando verso Carlotta, affianco ad Eva, che di quella sorpresa non sapeva niente.
"Si, si, ma parla piano che se te sente te corco!" Uno sguardo minaccioso verso l'amico, che sorrise divertito alzando le braccia al cielo, in segno di resa.
E le ore scorrevano veloci, in quella serata d'estate trascorsa in quel ristorante dalle luci soffuse e l'aria tranquilla. 
Eva guardò l'orologio al polso che segnava le undici e quaranta. Guardò verso Marta, visibilmente stanca, tra le braccia di Mimmo. 
"Ragazzi, si è fatto tardi, e Marta è stanca.. Perchè non venite da noi?" Disse a Carlotta, sorridendo.
"E' un'idea, ma.. Noi dobbiamo andare in un altro posto." Walter che nervoso, aveva cercato di rifiutare l'offerta di Eva. L'aiutò Marco, alzandosi in piedi.
"E' tardi, è vero.."
Carlotta guardò verso Walter, non capendo.
"E dove? A quest'ora?"
Si alzò in piedi, sorridente, avvicinandosi a lei.
"E' una sorpresa.."Gli occhi illumitati da quello che sarebbe stato un segreto ancora per poco.
Eva si avvicinò a lei, abbracciandola. Il sorriso luminoso di entrambe, strette in quell'abbraccio forte. 
"Grazie per la bella serata tesoro.."
"Grazie a te, festeggiata.. Chissà di che sorpresa parla.."
"Non ne ho idea, ma dai sorrisi che si sono scambiati tutta la sera, credo che anche "Il tonto" ne sappia qualcosa.."
Eva sorrise divertita, guardandola indicare Marco con lo sguardo, poco più distante. 
"Può darsi.. Ma ora vai, che il tuo uomo aspetta!"
"Ti chiamo più tardi, così ti racconto tutto!"
"Ci conto!"
Un bacio sulla guancia, prima di lasciarsi abbracciare da tutti gli altri. Lasciò un bacio sulla fronte di Marta, vedendola beatamente addormentata tra le braccia di Marco. Una pacca sulla spalla all'amico, sorridente, accanto a lui. 
"Mi raccomando eh.."
"Speriamo bene.."
"Dai, sta tranquillo che sò sicuro che le piacerà!"
Uscirono poi da quel ristorante, diretti alle macchine. Si salutarono con la promessa di rivedersi il giorno dopo. 
 
Aprì piano la porta della camera, cercando di non far rumore. L'appoggiò piano nel lettino, accendendo la luce accanto a lui. La spogliò piano, cercando di non svegliarla, infilandole quel pigiamino rosa con gli orsetti, che lei tanto amava. E rimase a guardarla, quasi contemplandola, sorridendo a braccia conserte davanti a quel lettino, in silenzio. Venne distratto solo dal leggero rumore di passi nella stanza che si avvicinavano piano a lui. E voltò la testa, guardando Eva accanto a lui, sorridente, guardando verso la piccola addormentata. 
Si abbassò poi su Marta, lasciandole un leggero bacio sulla fronte. Eva si avvicinò a lei, baciandole piano la testa, sorridendo. Loro figlia, così piccola e dolce, così tanto simile a loro, così tanto essenziale nelle vite di entrambi. 
Sorrisero guardandosi un attimo, prima di avviarsi piano all'uscita di quella stanza, scendendo al piano di sotto. 
E trovarono i loro fratelli in cucina, seduti a quel tavolo, con una coppa di gelato davanti. 
"Ma che c'avete ancora fame?" Marco li guardò stupito, la fronte corrucciata.
"No, è per il caldo!" Una risata generale di tutti, seduti a quel tavolo. Vennero distratti solo da un rumore strano proveniente dall'ingresso. Si alzarono spaventati, dirigendosi verso la porta all'entrata. Immobili, in attesa che si aprisse. Sospirarono tutti sollevati, trovandosi davanti i loro genitori. L'aria stanca di entrambi, e quelle due valigie scure dietro di loro. 
"Ciao ragazzi!"
Corsero tutti sorridenti, ad abbracciarli. Eva guardò verso sua madre, incredula.
"Ma non dovevate tornare domani?"
"Si tesoro, ma siamo riusciti ad andarcene prima." 
"E per fortuna! Non sapete che settimana d'inferno abbiamo passato a Milano!" Disse Giulio sospirando, guardando verso i figli.
"Appunto, ci dovete raccontare che è successo! Ma che siete andati a fare a Milano?" 
"Vi prego, fateci prima andare a fare una doccia e a riposarci. Poi domani ve spieghiamo tutto per filo e per segno, che è pure tardi! Ma com'è che siete vestiti così? N'do annate a sta ora?" Li guardò incredulo, facendoli sorridere.
Intervenne Alice, accanto a Lucia, ancora sorridente.
"Noi siamo appena tornati."
Poi continuò Eva.
"Oggi era il compleanno di Carlotta, e siamo stati con lei e Walter fino ad adesso."
"Si lo sappiamo tesoro, questa mattina Ezio e Stefania l'hanno chiamata per farle gli auguri!"
"Dai amore su, annamo a dormì che sto crollando." Un rumoroso sbadiglio che fece sorridere tutti, prima di lasciarli andare al piano di sopra. Un "buonanotte" da parte di tutti, prima di rientrare in cucina e sedersi un'altra volta a quel tavolo.
"Finalmente, camera mia! E' na settimana che dormo sul divano, non ce la facevo più!"
"Nano, se te sente qualcuno e poi viene a chiedere perchè, t'ammazzo!"
 
E il giorno dopo come promesso, a colazione, Giulio e Lucia spiegarono ai figli di quell'inaspettata partenza per Milano. Raccontarono del testamento fatto da Romolo, loro nonno, e di quel cugino di nome Flavio alla quale aveva lasciato una parte della casa. 
Spiegarono che senza la sua firma, nella quale dichiarava di essere al corrente di quel lascito da parte dello zio, non avrebbero più potuto viverci, e sarebbero stati poi costretti a condividere la loro casa con lui. 
Raccontarono poi delle disavventure da agenti di borsa, che assieme ad Ezio e Cesare avevano avuto modo di vivere, assieme a loro cugino.  
Risero tutti divertiti, ascoltando la storia interessati. Marta, in braccio a Lucia che la stringeva forte. Rudi e Alice vicini, complici, custodi di quel segreto assieme ai loro fratelli, che prima o poi doveva esser svelato anche a loro, ai loro genitori, che forse potevano non capire, non accettare la loro storia. Le mani strette ed unite sotto al tavolo, attenti a non farsi vedere dagli occhi dei genitori, ignari di quel legame forte, e di quell'amore finalmente sbocciato, tra quelli che mai avrebbero visto assieme, come coppia.
Quelle mani che però non sfuggirono agli occhi di Mimmo, Eva e Marco, seduti vicini, sorridenti, anche loro a modo loro complici. 
Tanti erano i silenzi, tanti erano i segreti che l'uno non era riuscito a confessare all'altra. Tante erano le emozioni nascoste dentro loro, come tanta era la voglia di entrambi di togliere quel velo per mostrarsi all'altro, senza più nessuna paura o segreto taciuto e nascosto.
 
La redazione sempre affollata di gente che sale e scende nervosamente le scale, chi si concede una pausa davanti alla macchinetta del caffè, chi seduto alla sua scrivania a scrivere un articolo, a fare ricerche, chi poi nel suo ufficio sfogliava delle fotografie, indeciso assieme ad un gruppo di colleghi quale mettere come copertina della rivista quella settimana. 
Eva, seduta alla scrivania nel suo ufficio, intenta a finire di scrivere un articolo iniziato qualche giorno prima. 
E da quando i suoi genitori erano tornati, erano passate due settimane. La vita di tutti era ripartita da dove l'avevano lasciata. Giulio in bottiglieria, Lucia in libreria assieme a Stefania. Rudi ed Alice, che da quel giorno non si erano più staccati dai libri per studiare. E quel giorno, era arrivato. Guardò l'orologio appeso al muro vicino alla porta che segnava le undici in punto. E pensò subito a loro, seduti in quella classe, tesi e nervosi come li aveva visti poche ore prima al mattino, in cucina. 
Sapeva bene che ce l'avrebbero fatta, ma era curiosa di sapere com'era andata. Pensò poi a Marco, che quel giorno aveva deciso di portarsi Marta con lui e Walter, per gli ultimi preparativi per il matrimonio. Sorrise pensando all'eccitazione di Carlotta in quei giorni, che di pomeriggio l'aveva trascinata per negozi di abiti da sposa, sempre indecisa su quale scegliere, assolutamente proiettata verso la perfezione di quel giorno. 
E poi da tanti, tantissimi fiorai per tutta Roma per scegliere i fiori con la quale addobbare la chiesa, ed il boquet per quel giorno. Risultato? Non era riuscita a scegliere niente, troppo indecisa e titubante su tutto. 
Venne distratta dal suo collega, Matteo, che si avvicinò piano a lei, risvegliandola, porgendole un caffè, sorridendo. 
"E' da sta mattina che non ti sei mossa da qui. Finito l'articolo?"
Sorrise ringraziandolo, portandosi il bicchierino alle labbra. 
"Si, si, l'ho finito. Devo solo stamparlo e portarlo alla Zavattini."
"Allora muoviti a portarglielo, oggi è di buon umore!" Disse lui divertito, facendola ridere.
"Ha detto Cinzia che è uscita un attimo, dovrebbe tornare tra poco."
"Ma tu stasera vai alla cena?"
"Dici quella coi redattori?" Lui annuì semplicemente, guardandola. Lei sbuffò contrariata, facendolo sorridere.
"Non ci penso nemmeno! Oggi i miei fratelli hanno la maturità, e dato che sono sicura che l'hanno superata, vorrei festeggiare con loro stasera. E tu? Hai intenzione di andarci?"
"Beh, avrei di meglio da fare, ma.. Si, devo, la "Strega" mi ha esplicitamente detto che sono obbligato, e quindi.."
"Insomma, sei fregato!" Rise lei, guardandolo. In quelle settimane passate a lavorare assieme, sempre vicini, erano riusciti ad instaurare un ottimo rapporto tra colleghi. Dopo gli screzi iniziali, conoscendosi poi meglio, iniziarono poi ad andare d'accordo. 
Due amici, e niente più. - continuava a dire Eva a Carlotta -
Lui, era sempre gentile con lei. E in quell'ufficio frequentato da persone della quale non ci si poteva fidare più di tanto, Eva capì che l'unico ad esserle amico, era Matteo. Simpatico, intelligente, un ragazzo affascinante - come spesso diceva Carlotta -.
Eva ci si trovava bene. Un ragazzo con la quale si sentiva a suo agio, e che spesso riusciva a farla ridere. 
"Hai ragione, hai ragione.."
"Lo so, io ho sempre ragione!"
"Che fai, te la tiri pure?"
"No, quello che se la tira perchè è riuscito a finire in copertina, sei tu!"
"Ah giusto, dimenticavo che tu in copertina ci sei sempre!"
Un'altra risata, un altro sguardo, travolta dalla semplicità di quel momento. Riusciva ad infonderle una sensazione di benessere. A volte le sembrava di vedere Walter, solo qualche anno prima, leggermente più alto, coi capelli più scuri e gli occhi verdi.
"Dai, non esagerare, non sono poi così brava.." Disse lei, alzandosi in piedi.
"Stai scherzando spero! Guarda che secondo me qui dentro l'unica che riesce a scrivere così bene, sei tu!" Lei sorrise, abbassando la testa, leggermente imbarazzata.
"Non mi dirai che hai letto un mio articolo!" Lui annuì, guardandola con un sorriso. 
"Ma non mi avevi detto che tu certe cose non le leggi?" Lo prese in giro lei, guardandolo divertita. 
"C'è sempre l'eccezione alla regola, ricordatelo.." Sorrise ancora lui, prima di voltarsi e tornare nel suo ufficio, lasciandola sola in piedi davanti a quella scrivania, visibilmente sorpresa da quell'ultima frase da lui quasi sussurrata. 
 
Aprirono quel portone entrando di corsa, felici, sorridenti e allegri, contenti per quella che era una prova superata. 
Avevano faticato tanto, studiando giorno e notte per quell'esame che finalmente era finito, andato, portandosi dietro le paure e le incertezze di due ragazzi giovani quasi diciannovenni, che non vedevano l'ora di godersi quell'estate finalmente appieno, stando fino a notte fonda sulla spiaggia assieme ai loro amici, oppure partire finalmente per quel viaggio sulla quale entrambi fantasticavano da tempo, assieme.
Correvano vicini, tenendosi per mano. Spalancarono la porta d'ingresso facendo voltare tutti, in salotto. 
Lucia balzò in piedi, notando i loro visi illuminati da quella felicità estrema, correndo ad abbracciare entrambi, contenta e visibilmente orgogliosa. Giulio li raggiunse, felice anche lui per quella che sembrava una nuova conquista fatta dai suoi figli.
"Allora? Com'è andata ragazzi?" Lucia, che quasi saltellava assieme ad Alice, all'ingresso.
"Cento! Cento! Cento e ancora cento!" Incontenibile, fece sorridere divertito Giulio accanto a lei.
"E te? Devo prendere o scopettino?" Finse di esser minaccioso, guardando verso suo figlio.
"No, per niente! Ho preso settantasei!" Disse abbracciando forte suo padre, che lo stringeva orgoglioso.
"Ragazzi, siamo davvero orgogliosi di voi!" Iniziò Lucia, ancora abbracciata ad entrambi. 
"E quindi.." Continuò Giulio, sorridendo.
"Come promesso avete il permesso per organizzare la più grande festa del quartiere, perchè gli adulti si leveranno dalle palle!"
Ancora più felici, abbracciarono di nuovo i loro genitori. 
Nemmeno si accorsero di Marco e Marta, che aperta la porta, guardò verso di loro confuso.
"Ciao a tutti!" Poi sorrise, ricordando la di che giorno si trattava. Si avvicinò veloce a loro, con Marta in braccio che scalciava per correre dai nonni. La lasciò andare, guardando verso di loro.
"Allora? Che mi dite?" Notò i loro visi sorridenti. Rudi e Alice si guardarono un attimo, prima di urlare forte il loro risultato dell'esame, abbracciandolo forte.
"Cento/Settantasei!"
Un altro abbraccio, anche lui orgoglioso dei suoi fratelli. E in un attimo, ricordò quel giorno di qualche anno prima. Lui, Eva, Walter e Carlotta, e la maturità passata. Per Eva a pieni voti, con quel cento alla quale aveva sperato da mesi. Lui con un settantotto, e Walter e Carlotta con sessanta. Senza di Eva - lo sapeva benissimo - non ce l'avrebbe mai fatta a superarla.
"E indovina un po'?! Stasera c'abbiamo casa libera per na festa!" Quasi urlò Rudi, ancora euforico. 
"Ragazzi, sono davvero felice per voi! E' meraviglioso! Ma la festa l'hai autorizzata te?" Guardò verso Giulio, sorridendo sospettoso.
"Eh certo! E mica potevo dirglie de no dopo che a te e Eva ho detto si, no?"
"Cos'è che ho fatto io?" Aprì la porta vedendoli all'ingresso, sorridenti, corse verso i suoi fratelli, ansiosa.
"E allora? Com'è andata?" Le mani strette a quelle di entrambi, vedeva solo i sorrisi sui loro volti. E un'altra volta urlarono assieme quei numeri, tanto importanti per loro. 
"Cento/settantasei!" E l'abbracciarono, facendola sorridere, contenta anche lei assieme a loro di quella prova superata. Ora, erano degli adulti.
"E papà ci lascia organizzare una festa, perchè loro si levano dalle palle!" Una risata generale di tutti, prima di andare ad avvertire i loro amici di quella festa, lasciando sorridere orgogliosi i loro fratelli e i loro genitori. 
Eva si avvicinò veloce a Marta, prendendola in braccio, facendola sorridere.
"Ciao amore mio! Ti sei divertita oggi con papà?"
E Marco rimase a guardarla, sorpreso dalla dolcezza con la quale aveva pronunciato la parola papà, e da quello sguardo furtivo che gli aveva rivolto prima di iniziare a riempire di baci la piccola. Sorrise, non potendo farne a meno. 
"Sii! E papà e zio hanno fatto arrabbiare un signore!" Disse lei con le braccia sul collo di Eva, che guardò verso di lui confusa.
"Beh.." Iniziò lui, guardandola. "Walter non riusciva a scegliere niente, e non so quanti giri inutili abbia fatto fare al commesso. Ad un certo punto è sbottato, e l'ha mandato a quel paese! E mica potevamo dargli torto, così ci ha cacciato, e siamo usciti per andare in un altro negozio!"
Giulio e Lucia scossero la testa, sorridendo, tornando in soggiorno. Eva rise divertita, immaginando la scena del commesso che li sbatteva fuori a calci. Marta scese dalle sue braccia, per correre da Lucia, seduta sul divano. 
E finirono a guardarsi, sorridendo quasi imbarazzati, come ormai accadeva da qualche giorno.
"Com'è andata in redazione?" Provò ad iniziare lui, avvicinandosi a lei che rimase immobile, con la mano destra stretta alla borsa sulla spalla. 
"Bene, bene grazie. Un po' stancante ma.. E te? A parte l'incidente col commesso?" Sorrise ancora, non potendo farne a meno, divertita da quell'immagine nella sua testa.
"La smetti di ridere? Guarda che non è colpa mia!" Fintamente offeso, le puntò il dito contro scherzosamente, divertito.
"Scusa, ma non posso fare a meno di pensare alla scena!" 
"Te lo giuro, Walter è impossibile!" Disse lui alzando le braccia al cielo. 
"Non so quanti abiti abbia provato!" 
"Guarda che anche Carlotta è indecisa su tutto.. L'altro giorno si sarà provata una ventina di vestiti!" Disse lei sorridendo, ricordando quel momento. 
"Beh, voi donne siete sempre indecise su tutto!" La prese in giro, guadagnandosi una finta occhiataccia seguita da uno spintone leggero.
"Devi però ammettere che il vestito da sposa è importante!" 
"Va bene, va bene, hai vinto! Anche se sono sempre e comunque dell'idea che voi donne siete sempre più indecise degli uomini!"
"Certo, le donne sono intelligenti, e gli uomini no!"
Travolti da quello scambio di battute e risate, di sguardi e di sorrisi, dalla semplicità di quel momento. Completamente presi da quel gioco, e dalla naturalezza con la quale tutto si stava svolgendo. Nessun imbarazzo, nessun disagio. Erano di nuovo tornati ragazzini, anche loro assieme ai loro fratelli. Ad entrambi sembrava di essere tornati a quel giorno di qualche anno prima. La maturità, i preparativi per la festa, gli sguardi, i sorrisi, e quei momenti passati assieme a ridere, complici. Con l'unica differenza che però ora, non c'era nessun Alex, e nessuna partenza prevista per il giorno dopo. 
 
E come promesso, la sera, Giulio e Lucia uscirono di casa, portandosi dietro Marta, raccomandando ad Eva e Marco di tenere d'occhio la situazione. "Me raccomando! Se c'è qualcosa fuori posto, il primo che ammazzo sei te!" Disse Giulio a Marco, prima di uscire di casa assieme a Lucia con Marta in braccio, facendo sorridere lei ed Eva divertite.
E durante tutto il giorno, Alice e Rudi aiutati dai loro amici, organizzarono quella che sarebbe stata "La festa più grande di Roma".
Le casse posizionate in soggiorno, il tavolo pieno zeppo di cose da mangiare, da bere, compreso di alcolici.
L'orologio appeso in soggiorno che segnava le nove in punto, e la casa che piano si riempiva di ragazzi e ragazze, pronti a festeggiare quella prova di maturità superata. 
Le note di "Scream e shout" che si spargevano alte per tutta la casa. Chi ballava a ritmo della musica, chi cantava a squarcia gola quella canzone allegra, divertendosi. "I wanna scream, and shout, and let it all out" Chi gridava, chi seduto sul divano con un bicchiere in mano. Chi invece in giardino, a giocare a calcetto, o disteso su una sdraio a parlare tranquillamente. 
Marco, che faceva su e giù per le scale, andando a controllare il piano di sopra. "Marco, me raccomando!" Ricordava bene le parole di suo padre, prima di uscire di casa. 
Eva che invece controllava la situazione in giardino, seduta su quel muretto in pietra, guardava verso Rudi e Alice più distanti, vicini, complici. 
Guardò poi verso quelle sdraio poco più distanti da lei. E l'immagine di lei, Marco, Alex, Walter e Carlotta, si ripropose velocemente nella sua testa. Loro, lo stesso giorno, qualche anno prima, distesi su quelle stesse sedie a parlare dei tempi passati, e di quello che sarebbe stato il loro futuro dopo la maturità. 
Poi ricordava gli sguardi, i sorrisi tra lei e lui quella notte, il calore intenso provocato dallo sfiorarsi delle loro mani.
"Come mai una bella ragazza come te, se ne sta tutta sola?" Venne distratta da un ragazzo. La guardò avvicinandosi. Lei, con i capelli sciolti e mossi a ricadere sulle spalle. Una camicetta marrone, leggera, legata in vita, e dei pantaloncini in jeans molto corti. 
Guardò davanti a lei, risvegliandosi, trovandosi davanti un ragazzo alto, dai capelli biondi e gli occhi chiari, con una birra in mano, che non doveva avere più di diciotto anni. 
Sorrise guardandolo, rispondendo educatamente.
"Non sono sola, infatti.."
"Ah no? Ma com'è che non t'ho mai vista a scuola?" Disse lui, avvicinandosi a lei.
"Veramente, è da un po' che non ci vado a scuola." Sorrise ancora. Possibile che non avesse notato che era più grande di lui?
"Manco io ci vado spesso, ma alla maturità m'hanno dato settanta! E te?" Disse guardandola, continuando a sorridere.
"Cento.." Sorrise lei, lasciandolo stupito.
"Bella, e intelligente. Cos'altro potrebbe chiedere un uomo da una donna?" Disse lui, ancora sorridente, chiaramente provandoci. 
Eva lo guardò qualche attimo, trattenendo una risata.
"Hai ragione, ma.. Se ti dicessi che sono troppo grande per te?" Sorrise lei, prendendolo leggermente in giro, divertita da quella situazione.
"Ti direi che mi piacciono le sfide, e che ti avrei dato diciassette, diciott'anni al massimo!" 
Lei scosse la testa, ancora sorridendo.
"No, sono più grande.."
"Ma scusa, quanti anni c'hai?" La guardò confuso, facendola sorridere divertita.
"Ventiquattro, tra due settimane e qualche giorno!" Rise divertita, guardando la faccia allibita di lui.
Annuì semplicemente, distogliendo lo sguardo per qualche attimo, prima di tornare a guardarla.
"E se ti dicessi che non mi interessa?" Sorrise lui, avvicinandosi ancora a lei. Eva alzò gli occhi al cielo, sorridendo, prima di alzarsi in piedi e andare davanti a lui. Solo pochi attimi dopo, sentì una stretta familiare stringere piano sulla sua vita. Appoggiò istintivamente le sue mani, su quelle grandi e calde di lui, sobbalzando leggermente. 
Sorrise poi, guardando verso il ragazzo che guardò verso Marco, quasi schifato.
"Ti direi che sono impegnata.." Ancora sorridente, tra le braccia di lui.
"Con questo qui?" Lo guardò schifato, portandosi la birra alle labbra.
"Si, con me!" Marco che finse di esser minaccioso, guardandolo male, finse di muoversi verso di lui, facendolo scappare via spaventato.
E qualche attimo dopo, entrambi scoppiarono in una grande risata, divertiti da quel momento. La voltò velocemente tra le sue braccia, appoggiando di nuovo le mani sulla sua vita. Le mani di lei, appoggiate sulle spalle di lui.
"Hai visto com'è scappato?!" Rise lui, indicando con lo sguardo la direzione in cui il ragazzo era corso, scappando.
"Mi sa che l'hai spaventato un po' troppo!" Entrambi divertiti, travolti da quella risata, nemmeno si accorsero di quella vicinanza, di quello sfiorarsi dei corpi, e dei respiri di entrambi sul punto di essere mischiati.
"E volevo spaventarlo!" Ancora vicini, nessuno dei due si era ancora reso conto di quella vicinanza. 
"Poverino, dai!" 
"Non è colpa mia se attiri pure i minorenni!" Rise ancora lui, prendola in giro, con le mani ancora appoggiate alla sua vita.
"Non è colpa mia, scemo!"
"No, certo che no! Guarda come ti sei vestita, dai!" Alzò e abbassò velocemente il capo, guardandola dalla testa ai piedi, indicando verso il suo corpo, divertito.
"Non è vero! Guarda che sono una semplice camicetta e dei pantaloncini!" Ancora divertita e presa da quel momento, non si era ancora accorta dello sfiorarsi dei loro visi.
E in un attimo, lui tornò quasi serio, guardandola negli occhi. Si era finalmente reso conto di quella vicinanza, di quelle labbra così vicine, della punta del suo naso che quasi sfiorava quello di lei. 
"Lo sò che non è colpa tua.. E' semplicemente perchè sei bellissima."
E finalmente anche lei, si accorse di quel respiro caldo che soffiava sul suo viso, leggero, quasi solleticandola. Rimase sorpresa da quella frase, quasi sussurrata sulle sue labbra. E in un attimo, i cuori di entrambi avevano iniziato a battere furiosi. Era quello il momento perfetto, era quello l'attimo che aspettavano da tempo. Proprio come in quella notte, la notte della loro maturità. 
Non si erano più ritrovati così vicini da quella notte in mansarda. Quando Marta aveva la febbre, e loro erano stati costretti a star svegli con lei tutta la notte. 
Le mani di lei ancora strette sulle sue spalle. Le sarebbe bastato spingersi sulle punte, per sfiorare le labbra di lui, distanti un niente dalle sue. E lui avrebbe solo dovuto abbassarsi di poco, per incontrare le morbide labbra di lei in un bacio. Ed era quello che volevano entrambi, quello che desideravano in quel momento. Le palpebre di entrambi che si socchiudono piano, i respiri sempre più vicini, i visi che piano si avvicinano, lenti. Stava per succedere, dopo quasi un anno di lontananza. Tutto era perfetto, e le paure di entrambi sembravano essersi accantonate almeno momentaneamente in un angolo per far vivere loro quel momento. 
Ma il destino, si era divertito un'altra volta a giocare. Erano vicini, così vicini che sarebbe bastato un solo ed unico soffio per unire quelle labbra. Vennero interrotti dalla suoneria di un telefono, che vibrava nervoso nella tasca dei jeans di lui. Aprirono entrambi gli occhi, risvegliandosi. Quel rumore la fece voltare meccanicamente, allontanandosi velocemente dalla stretta di lui. E lui rimase immobile, incredulo. 
"Quando si dice il momento perfetto.." Sorrise amaramente, visibilmente infastidito, prima di infilare la mano in tasca e prendere il telefono, rispondendo alla telefonata di Walter, che non poteva scegliere momento più sbagliato di quello per chiamare.
Lei rimase voltata di spalle, ancora incredula per quello che stava per succedere. Chiuse gli occhi, inveendo silenziosamente contro se stessa. 
"Pronto, Walter!"
"Ciao! Ti disturbo?"
"No, tu non disturbi MAI Walter!" Sottolineò quel "mai", ancora infastidito per l'interruzione di quel momento.
"Ah bene! T'ho telefonato per dirti che stiamo arrivando!" Walter, che come al solito non capiva mai niente, non si accorse del tono sarcastico dell'amico.
Marco spalancò gli occhi incredulo. 
"E non potevi venire e basta, senza chiamarmi?!" 
"Si ok, a dopo!" Attaccò, senza lasciargli il tempo di rispondere. Richiuse il telefono, ancora allibito per la risposta di Walter. 
"Ma in che mondo vive?" Scosse la testa, ancora incredulo, guardando verso Eva, ancora voltata di spalle, con le mani appoggiate a quel muretto. 
"Vi state divertendo?" Si girò verso Rudi e Alice, guardandoli.
Annuì semplicemente, sorridendo poco convinto. Eva si voltò verso di loro, cercando di sorridere. Non riusciva a smettere di pensare a quel momento.
"Ho visto che Riccardo ci ha provato con te!" Rise Alice, avvicinandosi ad Eva. Lei la guardò divertita, ridendo.
"Si chiamava così? Si, ci ha provato, ma Marco l'ha fatto scappare via!"
Rise divertito anche lui, sedendosi sul muretto accanto a lei. 
"E certo! Mica potevo lasciarla con un minorenne!" 
"Guarda che ne aveva diciotto!" Lo corresse Rudi, divertito. 
"Va beh, era comunque troppo piccolo!" Eva che rideva ancora divertita, accanto a lui, aveva cercato di nascondere quell'imbarazzo dovuto a quell'istante di qualche minuto prima. E anche lui - diventato un bravo attore - riuscì a far finta di niente, parlando con i suoi fratelli, sempre seduto accanto a lei. 
E qualche attimo dopo, entrambi si erano lasciati trascinare da Alice e Rudi, che li avevano costretti a ballare. Alice con Marco, e Rudi con Eva. Divertiti, iniziarono a muoversi a ritmo di quella canzone vecchia di qualche anno. "When love takes over". 
 
"E' complicato, lo è sempre." 
 
"Sarebbe bastato un attimo. Un solo attimo per sfiorare di nuovo le tue labbra, Marco. Un attimo per mandare in fumo questi mesi di buoni propositi, un attimo per tornare a vivere solo di te. Eravamo vicini, e io che non me ne ero accorta subito, non ho nemmeno visto quanto fossero state vicine le nostre labbra in quel momento. E' complicato, tra te e me lo è sempre. Sono troppi i segreti che ti sto tenendo nascosti, facendoti ancora del male. E' ancora troppa la mia paura di guardarti negli occhi, e di urlarti che non c'è mai stato nessun Jean che abbia preso il tuo posto. Che ci sei sempre stato solo tu. Che prima quando Walter ti ha chiamato, ho sentito un'enorme e fastidiosa sensazione di fastidio pervadermi il corpo ed il cuore."
 
"E adesso sotto acqua posso respirare, non è mai stato così bello."
 
"E' strano, ma prima quando ero sul punto di baciarti, ho sentito una sensazione strana. Era come se fossi sott'acqua, come se quel respiro subacqueo me l'avessi donato un'altra volta tu col tuo sguardo ed il tuo sorriso. Il tuo respiro unito al mio, a formarne l'eco di uno solo. E sarebbe bastato un solo attimo. Sarei potuto tornare a vivere, sarei potuto tornare quel ragazzo che vive solo e soltando dei tuoi baci e delle tue carezze. Ma il destino non ha voluto, e ha giocato un'altra con me, Eva. Eri vicina, ti stavo toccando, stavo finalmente vivendo uno dei miei sogni tanto pieni di te, ma finalmente ad occhi aperti. C'eri tu, c'eravamo noi, stretti in un abbraccio, c'erano le stelle, e c'era quest'aria fresca in questa notte calda, che me ne ricorda un'altra. E non è mai stato così bello, così perfetto. Non ti ho più sentita così vicina, non come stasera. Perchè sembra assurdo, lo so, ma sento che anche tu volevi quel bacio quanto lo volevo io. Magari è solo una mia sensazione, ma l'unica cosa che so davvero, è che strozzerò sicuramente Walter appena lo vedrò arrivare da quella porta."
 
"Quando l'amore prende il controllo, si, sai che non puoi negarlo."
 
"E' come se quella parte di me che cerco di tenerti nascosta, prima, avesse preso per un attimo il sopravvento, scavalcando la mente, e la parte razionale di me. Non so a cosa ho pensato in quel momento, perchè l'unica cosa che ho sentito dentro me, è stata solo la voglia di sfiorare ancora le tue labbra. Per un istante solo, appoggiarci le mie, provando poi a mischiarci piano, come abbiamo sempre fatto io e te assieme. E' come una seconda notte della maturità. Perchè come in quella notte, sento che qualcosa accadrà. Forse non stasera, e forse nemmeno domani. Ma prima o poi succederà qualcosa, prima o poi riuscirò a guardarti negli occhi e a dirti tutta la verità. Lo farò, perchè è giusto così. L'ha detto anche Carlotta, continua a dirmelo. E' giusto che tu sappia. Che ti ho sempre amato, che ti amo ora, che ti amo stanotte, e che ti amerò per il resto della mia vita. E forse la notte, questa notte, mi sta dicendo silenziosamente che ora posso. Che la notte porta tutto via con se, che devo vivere di nuovo, almeno per questa notte."
 
"Quando l'amore prende il controllo, si, perchè c'è qualcosa qui stanotte."
 
"E finalmente qualche attimo fa, ho perso il controllo di me. L'ho perso, e ho lasciato volontareamente che quella sensazione, che quella voglia irrefrenabile prendesse il sopravvento. Mi sono lasciato andare, ascoltando solo il battito impazzito del mio cuore, che mi urlava silenziosamente di farlo e basta, di abbassarmi, di chiudere piano gli occhi, e di mischiare un'altra volta il mio respiro al tuo. 
E' bastato un attimo, la magia si è spezzata. Eppure qui, stanotte c'è qualcosa. E' nell'aria, e la stiamo respirando piano entrambi, Eva. 
Quell'attimo di eterno che abbiamo sfiorato assieme, lasciandoci trasportare dall'aria fresca che accarezzava piano la nostra pelle sotto le nostre camicie. Ti ho sentita vicina, ti ho sentita mia per davvero. E se anche questo è durato per un solo attimo, non voglio più privarmi di questa dolce illusione che riesci ad infondermi solo tu, con uno sguardo, un sorriso o un abbraccio caldo, anche se innocente."
 
"Dammi una ragione, devo saperlo, senti lo stesso?"
 
"Vorrei chiederti se anche tu prima hai sentito ciò che ho sentito, e tutt'ora sento io. Vorrei sapere se quello sguardo, se quella stretta che si faceva sempre più forte sulla mia vita, ha significato qualcosa per te, quanto ha significato per me. Se quel quasi mischiarsi dei nostri sorrisi, ha fatto battere il tuo cuore quanto il mio. 
Vorrei davvero sapere se quando l'altro giorno ti ho detto che ho deciso di andare a vivere in un appartamento qui a Roma assieme a Marta, il tuo sorriso è stato sincero, o l'hai fatto solo per nascondere che non fossi d'accordo, e che non volevi star lontano da nostra figlia. 
Dovrei chiederti se senti lo stesso, dovrei chiederti se tu ami ancora me quando io ogni giorno di più amo te. Forse ha ragione Carlotta, quando dice che l'unica cosa che fare è dirti la verità. Ma non ce la faccio, non riesco. Non posso guardarti negli occhi, e dire di averti mentito per tutti questi mesi. Una settimana, e assieme a Marta andrò a vivere in quel grande appartamento che mi ha trovato Carlotta. Forse non vedendo i tuoi occhi, questa sensazione fastidiosa se ne andrà lasciandomi in pace."
 
"Adesso amami come so che sai fare, possiamo lasciarci tutto alle spalle."
 
Entrambi travolti da quella canzone e da quei pensieri, nemmeno si accorsero di Walter e Carlotta che avanzavano verso di loro, sorridenti. Una maglietta azzurra e dei pantaloncini bianchi lui, e una canottiera rossa con una minigonna in jeans lei. Si guardarono attorno stupiti, guardando tutti quei ragazzi intenti a divertirsi senza freni. Salutarono Rudi e Alice, che si erano allontanati mano nella mano, tornando dai loro amici. 
Videro solo i loro due amici vicini, seri. Si guardarono un attimo confusi, prima di andare da loro, risvegliandoli da quel momento.
"Ma buona sera eh! Anvedi che festa hanno organizzato i ragazzi!" Disse Walter accanto all'amico, guardandosi attorno sorpreso.
"Già, sembra quella della nostra maturità!" Sorrise Carlotta, risvegliando l'amica. Eva annuì, cercando di sorridere. Marco fece lo stesso, con le mani in tasca, come faceva sempre quando era nervoso.
"E' vero, sono riusciti ad organizzarla bene.." Annuì Marco, abbozzando un sorriso.
"Già.. Davvero bene." Eva guardò verso Carlotta, sorridendo leggermente. Capita l'aria, e il comportamento strano dei due amici, decisero di sequestrarli separatamente, con una scusa.
"Mo me dici che c'hai?" Seduti al tavolo in giardino, Walter guardò Marco, aspettando di sentirlo parlare.
"Niente! Che dovrei avere?" Cercò di sembrare tranquillo, poco convinto.
"A Marco, ti conosco da quando sei nato! E lo capisco meglio di te quando stai dicendo una cazzata!" Si avvicinò a lui, serio. E allora Marco alzò gli occhi al cielo, sospirando. 
"Ce l'ho con te, va bene?" Disse fintamente arrabbiato, guardandolo. Walter corrucciò la fronte, non capendo.
Poi continuò.
"Non potevi scegliere momento più sbagliato per chiamare, lo sai?" Sospirò ancora, lasciando Walter ancora confuso.
"Ma che ho fatto?" Disse lui non capendo.
"Mi hai chiamato!" 
"E allora?" Con un cenno del capo, lo guardò ancora confuso. Marco alzò un'altra volta gli occhi al cielo, portandosi una mano sul volto, esasperato.
"Hai interrotto un momento meraviglioso." 
"Ma che, eri in bagno?" Disse lui, non capendo ancora.
"No!"
"E allora che cos'è che ho interrotto di così importante?"
"Io e Eva.."
"Stavate parlando?"
"No!"
"E allora che stavate facendo?"
"Walter, ci stavamo per baciare!" Spalancò poi gli occhi, guardandosi attorno, sperando di non vedere Eva nelle vicinanze. Walter spalancò gli occhi, incredulo.
"Coosa?! Ma che è successo?" Scosse la testa, incredulo ma contento, guardando verso l'amico.
Marco scosse la testa, nervoso, iniziando a parlare a raffica.
"Non lo so! Cera un ragazzino che c'ha provato, e l'ho mandato via spaventandolo! Siamo scoppiati a ridere, vicini, ti giuro non mi sono reso conto di niente! Non avevo nemmeno sentito le sue mani sulle mie spalle! E poi non so come, in un attimo mi sono reso conto di quanto eravamo vicini, e di quanto mi fosse bastato tanto così per baciarla Walter!" Avvicinò il pollice e l'indice di una mano, davanti gli occhi di Walter che lo ascoltava allibito. Rimase in silenzio per qualche attimo, prima di scoppiare in una risata, che riuscì ad infastidire l'amico.
"Beh? E adesso perchè ridi? Non c'è niente da ridere!" Disse seccato, guardando verso Walter.
"E invece si! Lo sai perchè rido? Perchè sei un cretino! A Marco, guarda che ormai ce l'hanno chiaro tutti che la ami!"
"Oh certo, l'unica che non se ne è accorta, infatti è lei!"
 
E poco più distante, sedute vicine sul divano in soggiorno, Eva e Carlotta stavano avendo una conversazione simile.
"Oh ma mi dici che c'hai? Sei strana! E per favore non dirmi che sei stanca per il lavoro, perchè con me non attacca!" Carlotta le agitò un dito davanti la faccia, guardandola vincente. Eva sospirò, arrendendosi.
"E' che prima, io e Marco.." Cominciò.
"Si?"
"In giardino.."
"Va avanti!"
"Eravamo.."
"Eva, ti prego! Non parlare a monosillabi!" Alzò gli occhi al cielo, guardando verso di lei, tenendo le sue mani strette alle proprie.
Iniziò a parlare a raffica, nervosa.
"Ero seduta in giardino, sul muretto in pietra! Poi arriva un ragazzo, avrà avuto diciott'anni al massimo, che si avvicina a me per provarci! Poi ad un certo punto, sento qualcuno stringermi la vita, dietro di me! Ti giuro, io non lo so com'è successo! Marco l'ha spaventato, e questo è corso via! E poi mi ha voltata verso di lui, e siamo scoppiati a ridere assieme per quella situazione! Eravamo vicini, tanto vicini, ma non me ne sono resa conto subito! E poi ho sentito il suo respiro sulle mie labbra, ti giuro stavo impazzendo! E non so come, abbiamo iniziato ad avvicinarci piano, e non mi sono resa conto di niente! Se Walter non l'avesse chiamato in quell'istante, io e lui ci saremmo baciati!"
Sospirò sommessamente, prima di vedere l'espressione allibita ma contenta di Carlotta, che si alzò dal divano iniziando a saltellare sul posto, lasciandola stupita.
"Lo sapevo! Lo sapevo! Lo sapevo! Lo sapevo! Lo sapevo!" 
Poi continuò, euforica.
"Devo però ricordarmi di sequestrare il telefono a Walter!" Continuava a muovere la testa, sorridente.
"Carlotta, non c'è niente di divertente! Non posso cancellare questi mesi con una passata di spugna! Gli ho mentito, e sto continuando a farlo!" Sbuffo nervosa, portandosi le mani sul viso.
"Perchè sei tu a volerlo! Sei tu che ti ostini a mentirgli, quando sai benissimo che l'unica cosa che tu possa fare, è dirgli questa cavolo di verità che tieni nascosta, neanche avessi ammazzato qualcuno guarda!"
"Ma pensi davvero che per me sia facile?! Eh? Non posso andare li e dirgli: Oh Marco, sai non è mai esistito nessun Jean, e in tutti questi mesi ti ho solo preso in giro perchè non volevo che tu buttassi all'aria il tuo futuro!" Disse sarcastica, guardando verso Carlotta.
Sapeva di dover dire la verità, ma non riusciva a trovare il modo, e ne tanto meno le parole per farlo. Conosceva bene Marco, sapeva quanto era orgoglioso e vendicativo. Se gli avesse detto la verità - lo sapeva bene - lui non le avrebbe più rivolto la parola. Si sarebbe chiuso in se stesso, evitandola proprio come quando appena tornata da New York qualche anno prima, nemmeno la guardava più in faccia, rivolgendole la parola appena. 
Certo, li però ne aveva tutte le ragioni. Se n'era andata, era partita lo stesso dopo aver fatto l'amore con lui su quella scrivania la notte della maturità. L'aveva respinto a New York, buttando quel cappellino a righe colorate che aveva trovato sullo zerbino di casa sua. 
Non si erano sentiti per mesi. E la notte in cui l'aveva vista di nuovo seduta su quella sedia all'ingresso, l'aveva lasciata li, salendo le scale, rivolgendole poche parole. "Quanto ti fermi?" "Sono tornata per restare." "Ben tornata".
"Eva, sono sicura che capirà! Tu almeno dagli la possibilità. Parlagli, digli la verità, digli quanto in questi mesi hai sofferto anche tu, sapendo di avergli mentito. Spiegagli che l'hai fatto per lui, e che non volevi che lui buttasse all'aria la musica per te."
 
"Walter, lo vuoi capire che per me non è facile starle vicino, facendo finta di nulla?"
"E chi t'ha detto che devi far finta di nulla! Tu vai la, e le dici quello che provi, punto e basta!" Disse agitandogli nervosamente le mani davanti agli occhi.
Marco alzò gli occhi al cielo, infastidito.
"Non posso dirle quello che provo, perchè lei è innamorata di un altro! Ti devo ricordare Jean?!" Lo guardò sarcastico, agitando la testa.
E allora Walter abbassò lo sguardo, sospirando. Non ce la faceva più. Non riusciva più a guardarlo negli occhi e a mentirgli. Il suo migliore amico, suo fratello, era tutto questo per lui. E meritava di sapere la verità. Meritava di essere felice, e solo lui poteva dargli le chiavi per aprire quella porta che sembrava quasi sbarrata, tenuta chiusa da un lucchetto troppo grande e resistente. 
Era arrivato il momento, non riusciva più a tenersi dentro quella verità troppo grande. 
Decise però non dire tutto. Di dargli piccoli indizi, piccoli segnali per portarlo sulla strada giusta. Non poteva tradire la promessa fatta ad Eva qualche mese prima. Le voleva troppo bene.
"Ma poi tu che cazzo sai davvero di sto Jean?" Lo guardò serio, provocandolo.
"Oh ma ti sei rincoglionito pure tu? Che devo sapere? Che è francese, era un suo collega, e che se chiama Jean! Che cazzo di domande sono?!" Portò le mani sul tavolo, nervoso ed infastidito da quelle domande che gli sembravano assurde.
"Ma te l'hai mai visto in faccia sto tipo?" Eccola la domanda giusta.
"No, sinceramente non l'ho mai incontrato! Ma a te che te frega?!" Sbuffò ancora infastidito, fulminando l'amico con lo sguardo. Poi continuò.
"E per favore, possiamo evitare di parlare del francese? Sai, non è una gran figata ricordare chi è riuscito a portarmela via Walter!"
Walter alzò gli occhi al cielo, sospirando. Doveva andarci giù pesante.
"Io al posto tuo, avrei voluto guardarlo negli occhi almeno na volta! E che ne so, magari pure un cazzotto ce stava bene, no?"
"La smetti di fare il deficiente almeno per una volta? Si va bene, avrei voluto anche io riempirlo di botte, ok? Ma non ci siamo mai incontrati! Eva non ha mai voluto!" Disse sbuffando, appoggiando la testa al tavolo.
"E te sei mai chiesto perchè?" Forse aveva esagerato, ma era l'unico modo per aiutarlo.
"Perchè? Ma che ne so! Ti pare che adesso mi chiedo pure perchè non me l'abbia presentato? Ma meglio! Vivo lo stesso!"
"Potevi almeno chiederle di presentartelo!"
"Senti, non mi interessa ok?! Adesso voglio solo bere una birra, e non pensare più a niente! M'accompagni dentro?" Si alzò dal tavolo, invitandolo a seguirlo. Walter annuì, sconsolato. Ciò che diceva Carlotta, era vero. L'amico, era proprio tonto.
 
In piedi davanti al tavolo in soggiorno, con due drink in mano. Le note di "My first kiss"  a risuonare alte per tutta la casa. 
"Allora? Quando hai intenzione di dirglielo?" Carlotta si portò il bicchiere alle labbra, guardando verso Eva che la guardava contrariata.
"Io non lo so, ma per favore, almeno per stasera non pensiamoci!" La pregò, sorridendo, trascinandola a ballare sulle note di quella canzone. 
E Carlotta si era lasciata convincere, anche se poco convinta. Sapeva quanto l'amica ci stesse male, sapeva bene quanto Eva si sentiva in colpa ogni giorno. Ma decise almeno per quella sera di assecondarla. Di lasciarsi andare assieme a lei, e di godersi quella festa che gli e ne riportava in mente un'altra. Ballavano vicine, divertendosi. Nessuna delle due voleva pensare a niente. Eva evitava di pensare a quel momento di qualche attimo prima, alle labbra di lui così vicine, ai respiri sul punto di confondersi ancora, al continuo sfiorarsi dei loro corpi vicini. Sarebbe bastato un attimo, e tutti quei mesi e quelle bugie per copione sarebbero andate all'aria. 
Ma non era pronta, ancora non se la sentiva di affrontare tutto. Ancora non se la sentiva di tornare indietro, non aveva ancora la forza per guardarlo negli occhi ed urlargli in faccia la verità che gli aveva tenuto nascosta in tutti quei mesi. 
Doveva allontanarsi da lui, doveva allontanarsi da quella forte tentazione di prenderlo e baciarlo, lasciandolo immobile, godendo di quell'attimo. Non poteva stargli così vicina ancora, facendo finta di nulla. Doveva allontanarsi, perchè lui era vicino. Troppo vicino. 
Si voltò un attimo verso l'ingresso, notandolo appoggiato allo stipite della porta con una birra in mano. Guardava verso Walter, serio davanti a lui. Lo vide scuotere la testa, seccato. Notò poi una ragazza mora, alta, molto bella, avvicinarsi a lui. Si avvicinò all'orecchio di lui dicendo qualcosa. E poi una sensazione fastidiosa, non appena vide la mano di lei appoggiata al petto di lui. Lo vide immobile per qualche attimo. Lei rimase col fiato sospeso per qualche attimo, la bocca socchiusa, guardando il viso serio, ma visibilmente imbarazzato di lui ancora appoggiato allo stipite della porta. Chiuse gli occhi non appena vide la mano di lui raggiungere quella della ragazza sorridente davanti a lui. Carlotta si voltò verso di lei, confusa. 
Riaprì gli occhi qualche attimo dopo, ancora in attesa. Vide lui sorridere, e allontanare la mano della ragazza, scuotendo la testa.
E sospirò all'improvviso, non potendo farne a meno. Sollevata dalla reazione di lui. Era inutile nasconderlo, era inutile fingere anche con se stessa. Non ce la faceva a vederlo con un'altra, non di nuovo. 
Lo vide allontanarsi assieme a Walter, lasciando la ragazza visibilmente stupita. Carlotta seguì lo sguardo di Eva, capendo finalmente quell'espressione strana sul viso dell'amica. Le appoggiò una mano sulla spalla, sorridendo.
"Hai visto? L'ha praticamente liquidata." Disse tranquillizzandola.
Eva si portò i capelli indietro, scuotendo la testa. Sospirò, guardando verso l'amica.
"Si, ho visto.." Chiuse gli occhi, voltandosi. Poi continuò.
"Ma non significa niente Carlotta. Fino a quando non troverò la forza per dirgli la verità, non ho il diritto di avanzare nessuna pretesa verso di lui. E' libero, e.. Se avesse voluto passare la notte con quella ragazza, io non avrei di certo potuto fare nulla per impedirlo, perchè non ne ho nessun diritto." Disse tristemente, alzando le spalle.
Carlotta, esasperata, alzò gli occhi al cielo. Contrariata, decise di spiazzarla.
"Ah si? Non vuoi dirgli niente?" La sfidò, avvicinandosi al suo viso. Eva annuì, sostenendo il suo sguardo. 
"Si, è così!" Disse poi, cercando di sembrare sicura e convincente.
"Bene, allora non mi dai altra scelta." Incrociò le braccia, guardandola. Eva tornò seria, preoccupata.
"Che vuoi dire?" Quasi terrorizzata dalle parole di Carlotta, si avvicinò a lei sperando di aver frainteso quel "non mi dai altra scelta".
"Se davvero non hai intenzione di dirgli la verità.." Eva la bloccò, prima che potesse finire la frase.
"Non avrai intenzione di dirglielo tu vero?" La guardò terrorizzata, non potendo credere a quello che stava sentendo.
Carlotta sospirò, chiudendo gli occhi. Fece un passo, abbracciandola forte. Eva si lasciò andare a quella stretta, stringendo forte l'amica. 
"Sai che non potrei mai farti qualcosa del genere.." Vicina al suo orecchio, sussurrò piano quelle parole, abbozzando un sorriso.
"Tesoro, io voglio solo vederti felice. So bene quanto per te sia difficile. Ma.. Vuoi davvero vederlo felice con un'altra donna che non sei tu? Vuoi ancora continuare a mentirgli, tenendogli nascosto che quel Jean non è mai esistito? Sai bene anche tu che è la cosa giusta da fare. Ma non hai il coraggio di farlo, e ti capisco. Anche se ancora non ho capito bene di quello che hai paura."
La scostò dalla sua spalla, guardandola negli occhi. Li vide lucidi, sul punto di piangere. 
"La verità è che io.. Non ho mai pensato alle parole giuste da usare."
"Le parole giuste non esistono. Devi solo andare da lui, e lasciare che.. Che sia il cuore a parlare. Tu hai parlato anche troppo, non credi?" Sorrise prendendola leggermente in giro, appoggiandole una mano sulla spalla. E allora Eva annuì, passandosi velocemente la lingua tra le labbra. Avrebbe dovuto trovare quel coraggio, quella forza, per riuscire ad andare prima o poi da lui, per dirgli la verità. 
"Si.. Si, ho.. Deciso di dirgli la verità Carlotta. Non stasera, non domani, non tra qualche giorno.. Non lo so quando, ma ho deciso che gli dirò la verità. Sono stanca di portarmi dietro questo peso. Hai ragione, non merita che io gli menta, ma.. Ho bisogno di tempo, ho bisogno di riflettere per trovare le parole più giuste da usare. Ho bisogno poi di trovare la forza per affrontare la sua rabbia. So già come la prenderà, lo conosco, so bene quale sarà la sua reazione nel sapere che per tutto questo tempo, gli ho mentito. E' orgoglioso. E nessuno meglio di me sa quanto possa essere anche stronzo.." Alzò gli occhi al cielo, ricordando in un attimo quei momenti di rabbia, vendetta e rancore che avevano provato l'uno verso l'altra, in quegli anni passati assieme.
"Anche tu però non scherzi in quanto saper esser stronza.. Ti devo ricordare quella volta a scuola che l'hai sedotto, e poi l'hai chiuso in bagno nudo?!" E risero entrambe divertite, ricordando quel giorno. 
"Ok, forse li è stato troppo.. Anche se bisogna ammettere che è stato divertente!" E rise ancora, guardando verso Carlotta, divertita.
"Visto? Non avrai nessun problema a tenergli testa!" 
"Ma che c'èntra? Eravamo dei ragazzini immaturi! Ora siamo genitori Carlotta! Non credo farò più qualcosa del genere!" 
"Va bene, va bene! Senti, e ti ricordi poi quando io e Walter vi abbiamo chiusi dentro alla casa sul Tevere?" E ridevano ancora entrambe, ricordando quelle settimane di qualche anno prima. 

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Hoplà! :D Ok ok ok, lo so lo so, sono scomparsa! D: Chiedo scusa in ginocchio, davvero! -.-" Ma non ho avuto un attimo, e in più ispirazione zero! o.O 
E' lungo, molto lungo, più degli altri! xD
Non mi è venuto proprio come volevo! -.-" Ma ahimè.. Tralasciamo. o.O
Ecco a voi, comunque! :D Ditemi che ne pensate: A me non piace. -.-"
Vorrei dedicare questo capitolo ad Eliessa, che mi ha aspettato impazientemente, come la sto aspettando io! Ecco, questo è per te! **

Un bacione a tutti voi, grazie! <3
Chiara. <3 

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Capitolo 23
*** Tutti i giorni della mia vita - parte 1 - ***


La giornata soleggiata, il cielo azzurro e limpido, le nuvole bianche a fare da contorno a quella che si prospettava una giornata meravigliosa per tutti. O meglio, per due ragazzi ancora giovani ma innamorati, pronti a fare quel passo tanto importante assieme, e di vivere la propria vita l'uno accanto all'altra, "tutti i giorni della mia vita".
Gli invitati che man mano prendevano posto in quella grande chiesa, i fiori sparsi per tutta la sala, ed uno sposo nervoso, davanti all'altare, che giocherellava stringendosi le mani e torturando quell'anello in argento che portava da anni. Le gambe che tremavano, il respiro che andava e veniva, ed il piede che continuava nervosamente a disegnare semicerchi su quel pavimento lucido sotto ai suoi piedi. La mano passata distrattamente fra i capelli, e il migliore amico di sempre che continuava a sorridere divertito, non potendo fare a meno di notare il nervosismo dello sposo, in attesa. Walter gli lanciò l'ennesima occhiataccia, vedendolo sorridere divertito. Marco cercò di tranquillizzarlo, appoggiandogli per la centesima volta quel giorno la mano sulla spalla. 
"Walter, sta calmo! Fa un bel respiro, ecco così.." Respirò poi, assieme a lui. 
"Non ci riesco a star calmo!" Rispose Walter stizzito, lanciando l'ennesima occhiataccia all'amico. Marco rise. "Si, ridi ridi, vedremo quando sarai tu a sposarti, bastardo!" Agitò le mani come al suo solito, minacciando Marco che, davanti a lui, proprio non riusciva a smettere di ridere. 
"Che poi Carlotta è pure in ritardo!" Guardò verso l'entrata della chiesa, nervoso. 
"Da brava sposa, insomma.." Rispose Marco sarcastico, alzando le spalle. 
"E se non viene?" Iniziò Walter terrorizzato. "E se ha cambiato idea? E se ha capito che sono un coglione, e che può avere di meglio? Eh?!" Si portò poi le mani al viso, disperato ed impaurito. Marco sbuffò esasperato, alzando gli occhi al cielo. 
"Sta tranquillo! Carlotta ti ama, va bene? E credimi che se pensasse che sei un coglione, sei anni fa non ti avrebbe manco guardato! Ha accettato di sposarti, l'avete deciso assieme. Ora tu però stai calmo, ti metti qui buono, e aspetti quella che tra meno d'un'ora sarà tua moglie. Va bene?"
Walter annuì, lievemente più rassicurato. Abbozzò poi un sorriso, ringraziandolo. Vennero interrotti da Ezio, che si avvicinò a loro con l'intenzione di rassicurare il figlio. 
"Ah bello de papà! Te stai pè sposà.. Me sembra ieri che te portavo al parco sotto casa, a giocà.." Sospirò poi quasi tristemente, asciugandosi velocemente gli occhi che stavano diventando lucidi. 
"Amore della mamma!" Stefania si avvicinò a lui, emozionata. "Quanto sei bello! Eppure me sembre ieri che.." 
Walter sorrise, divertito, guardando verso i suoi genitori. "Mamma, papà, me sto solo a sposà! Non vado mica al fronte eh!" Vide poi all'entrata Rudi e Alice, che correvano verso di lui. 
"Oh, stanno arrivando!" Esordì Rudi, posizionandosi accanto al fratello. 
"Eh? Ah si, bene! Andateve a sedè voi due, forza!" Indicò poi le panche ai genitori, nervoso. Ezio e Stefania corsero a sedersi, emozionati. 
Alice si posizionò di fronte a loro. Marco si voltò verso al fratello. Spalancò gli occhi, non appena vide l'occhio nero sul volto del ragazzo. 
"Oh ma che t'è successo?" Gli posò poi una mano sul volto, avvicinandosi preoccupato. Rudi alzò gli occhi al cielo, rispondendo.
"L'abbiamo detto a Francesco, stamattina.." 
"Cosa gli avete detto?" Corrucciò la fronte, confuso. 
"Che stiamo assieme Marco! Cosa se no?" Sospirò esasperato, per poi veder il fratello maggiore annuire, ricordando della loro storia. 
"E a loro?" Marco indicò verso i genitori, poco più distanti, intenti a giocare con Marta. "Quando avete intenzione di dirlo?" 
Rudi sospirò, annuendo. "Presto. Oggi però godiamoci questo giorno, mh?" Marco annuì, dandogli una piccola sberletta sulla testa. 
Le voci nella chiesa che si abbassavano, il prete già davanti all'altare, l'organista già pronto per suonare, e Walter nervoso cercava conforto nella sguardo dell'amico. 
"Eh n'attimo, n'attimo, stamo ad arrivà!" Cesare e Pamela entrarono in chiesa, tenendosi per mano, seguiti da Matilde che si stava coprendo il viso con una mano per la vergogna, diretta accanto a Mimmo. 
Cesare arrivò davanti all'altare, salutando lo sposo. Fece poi per andarsene, ma inciampò come sempre su quel gradino, cadendo. 
Un "Ah Cè!" da parte del fratello, "n'artra vorta!" esclamò Ezio, "Lei quel gradino, dopo tutti questi anni, proprio non riesce a vederlo, vero Cesare?" lo prese in giro Gabriella, come suo solito divertita. 
"Dai Cè, alzati che a sposa sta ppè arrivà!" Pamela lo tirò su, trascinandolo al loro posto. "Si ricordi che alla sua età, signora, non fa bene ridere delle disgrazie altrui.. Chissà, magari a prossima volta inciamperò perchè sarò troppo occupato a portare la sua bara!" Rispose Cesare malignamente. 
"Cesare!" Esclamò Pamela, riprendendolo. "Eh no?!" Sentenziò lui, per poi veder Gabriella indirizzargli un paio di corna, indignata. 
Marco rise divertito, scuotendo la testa, guardando verso suo zio che finalmente aveva preso posto accanto alla sua famiglia. Si voltò verso l'entrata. Sorriso sparito, bocca socchiusa, occhi leggermente sgranati. La vide entrare, da sola. 
Erano ormai due settimane che viveva nell'altro appartamento, assieme a Marta. Non l'aveva più vista molto, era sempre impegnata a lavorare in redazione, ed il tempo per passare a casa dei genitori era poco. 
Non avevano più parlato molto e, Marco, silenziosamente continuava a pensare che lei lo stesse in qualche modo quasi evitando. La guardò avvicinarsi a loro, a passi svelti, osservata da tutti. Salutò con un cenno della mano gli altri, in piedi davanti alle panche addobbate. Notò quel vestito, di quel beije chiaro, i capelli in parte raccolti col solito ciuffo a ricadere sulla fronte. La pouchette nella mano destra, ed il solito sorriso imbarazzato ad illuminarle il viso. Si posizionò accanto alla sorella, salutandoli con un sorriso. 
"Allora? Come ti senti?" Si rivose poi a Walter, divertita, vedendolo nervoso. "Eh, insomma.." Sibilò lui, abbozzando un sorriso.
"E' tutta la mattinata che trema.." Lo prese in giro Marco, facendola sorridere. "Ripeto: vedremo quando ti sporesai tu!" Rispose stizzito, scatenando una risata generale. 
Marco si avvicinò a lei, guardandola. Il solito sorriso, il solito battito accellerato del cuore di entrambi. 
"Sei bellissima.." Sibilò lui, per poi vederla abbassare la testa qualche attimo, imbarazzata ma sorridente. "Anche tu.." Rispose lei con un cenno del capo, ricambiando quel sorriso. 
"Ce ne hai messo di tempo ad arrivare!" Cominciò Alice, accanto a lei. Eva si scusò, mortificata. "Lo so, ma scusa, sono corsa in redazione per portare l'articolo finito. Finalmente sono in ferie.." Sospirò sollevata, guardando verso il soffitto. 
"E per quanto?" 
"Un mese, a partire da domani!" Rispose contenta, guardando verso la sorella. 
"Ma è fantastico! Allora dopo ti devo dire di un'idea che è venuta a me e Rudi.." 
"Sarebbe?" Chiese Eva, corrucciata. "Ti dico dopo." Indicò poi verso l'entrata, con lo sguardo. "Sta entrando Carlotta!" 
Il lungo vestito bianco, il boquet stretto tra le mani, i lunghi capelli biondi raccolti in uno chignon perfetto, ed il trucco leggero. La testa bassa, quel sorriso sincero ed emozionato che non accennava a sparire, il braccio sotto quello del padre accanto a lei, che lento muoveva i passi per raggiungere quello che era ormai il suo genero. 
La cerimonia iniziata, i fazzoletti che correvano tra i banchi, le lacrime che avevano iniziato a scendere sui volti della maggior parte della gente. 
Eva e Marco, i testimoni di quell'amore, che guardavano i loro amici contenti, felici di veder disegnata sui loro volti quella gioia tanto grande. 
Loro, che di tanto in tanto si scambiavano uno sguardo, proprio come quel giorno: Il giorno del matrimonio dei loro genitori, dove tutto per loro era iniziato dopo uno sguardo tra i banchi di quella stessa chiesa. 
E stava succedendo di nuovo. Dopo sei anni, gli stessi sguardi, gli stessi occhi un po' meno ingenui e più consapevoli di quello che li circondava. 
"Io Walter, accolgo te Carlotta come mia sposa. E ti prometto di essere fedele, sempre. Nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia. E di amarti e onorarti, tutti i giorni della mia vita." Infilò poi quel cerchio dorato all'anulare di lei, che emozionata, riusciva a stento a trattenere quelle lacrime che erano spuntate dispettose dai suoi occhi. Sospirò un paio di volte, prima di prendere la mano di lui e guardarlo negli occhi.
"Io Carlotta, accolgo te Walter come mio sposo. E ti prometto di essere fedele, sempre. Nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia. E di amarti e onorarti, tutti i giorni della mia vita." Il cuore di entrambi che aveva saltato qualche battito, ed i sorrisi luminosi a dominare sul loro volto. 
Stefania si strinse ad Ezio, in lacrime, orgogliosa dell'uomo meraviglioso che era diventato suo figlio. Giulio e Lucia, con i braccio la piccola Marta, guardavano i loro amici quasi inteneriti. 
"Cè, ti ricordi quanto era bello il matrimonio nostro?" Pamela si strinse a lui, sospirando rapita. "Eh mi ricordo si, non se semo fatti guardà dietro!" Confermò Cesare, stampandole un leggero bacio sulle labbra. 
Eva guardò i due sposi, anche lei felice e orgogliosa per i suoi amici. Li aveva visti crescere in quei anni, sempre innamorati e spensierati, felici di vivere la loro vita insieme giorno dopo giorno. Ricordava ancora quando al Liceo, lei e Marco li aiutavano a stare insieme alla casa sul Tevere, impedendo il più delle volte a Pivian di raggiungerli. 
O quando sempre assieme, si ritrovavano ad aiutare Walter a farsi perdonare da Carlotta per una cazzata che aveva fatto, facendoli ogni volta riconciliare dopo ogni litigio. 
E, in un attimo, guardando verso i due sposi davanti a quell'altare, un'altra immagine si propose ai suoi occhi: lei e Marco, sorridenti ed eleganti, intenti a scambiarsi le fedi sotto lo sguardo commosso dei loro amici accanto a loro, e della famiglia dietro a quelle panche addobbate di fiori colorati e profumati. Spalancò poi gli occhi, vedendo quell'immagine sparire avvolta da un accecante luce bianca. 
"Bene. Ora, col potere conferitomi dall'onnipotente, io vi dichiaro marito e moglie. Può baciare la sposa." Il prete guardò verso Walter, sorridente, vedendolo poi alzarsi leggermente per appoggiare le proprie labbra su quelle di Carlotta, che emozionata e felice, a fatica riusciva ancora a trattenere quelle lacrime che continuavano a scenderle sulle guance. 
"Evviva gli sposi!" Si sentì urlare da in fondo alla sala. "Auguri!" Seguiti da fortissimi applausi di tutti i presenti. Stefania ed Ezio che, in lacrime, guardavano orgogliosi verso il figlio e la nuora. Marta, Giulio e Lucia, Pamela e Cesare sempre abbracciati e sorridenti. Mimmo e Matilde, l'uno accanto all'altra, sorridenti, Gabriella che in lacrime continuava a passarsi quel fazzoletto sugli occhi, Rudi e Alice che accanto agli sposi si guardavano innamorati, anche loro felici. 
E poi loro, Eva e Marco che, felici, guardavano orgogliosi i loro amici, anche loro commossi, scambiandosi continui sguardi fugaci agli occhi di tutti ma non ai loro. 
Seguirono poi gli sposi, che mano nella mano uscivano dalla chiesa sorridenti come non mai. E poi il lancio del riso, le foto, gli abbracci e gli auguri di tutti. I "bello pisellone" i "adesso non si scherza più eh Walter Masetti?" i continui sorrisi, le prese in giro, fino ad arrivare a quel ristorante poco più distante. 
 
"Discorso, discorso, discorso!" Iniziarono tutti in coro, rivolti a Marco che, imbarazzato, si alzò da quella grande tavolata all'aperto con quel calice in mano. 
Eva sorrise divertita, vedendolo a disagio. Guardò poi verso Walter, in attesa. 
Marco si guardò attorno, incontrando lo sguardo di Eva che, con la piccola Marta sulle gambe, gli sorrideva con l'intenzione di rassicurarlo. E allora si sciolse, non potendo fare a meno che sorridere di rimando. Sospirò un paio di volte, per poi iniziare quel discorso.
"Allora.. Inizio col dirvi che con i discorsi, io, non è che sia sempre stato bravo. Ma dato che l'occasione lo richiede.." 
"Eh certo, sei il mio testimone!" Esordì Walter da in fondo alla tavolata, scatenando la risata generale di tutti. Marco gli lanciò una finta occhiata di rimprovero, per poi provare a parlare di nuovo.
"Questo, è un giorno importante. Il mio migliore amico di sempre si sposa, e devo ammettere che non avrei mai pensato un giorno di dover alzarmi in piedi con un calice in mano per brindare al suo matrimonio!" I presenti risero divertiti, per poi lasciarlo continuare.
"La verità è che Walter in questi anni, è davvero cambiato tantissimo. Mi ricordo ancora quando da bambini passavamo le nostre giornate a giocare a calcio, al campetto della Romulana assieme a tutti gli altri nostri amici. Oppure quando pioveva, i pomeriggi interi passati davanti alla televisione attaccati ad un videogioco. Siamo cresciuti assieme, abbiamo passato ogni singolo giorno della nostra vita gomito a gomito, dalla mattina a colazione con le nostre famiglie, alla sera fuori a divertirci. 
Ammetto che però non è stato semplice essere suo amico.. Abbiamo litigato spesso, a volte anche per le cose più stupide ed insensate! 
Come quando da adolescenti, ci ritrovavamo spesso a litigare e a competere per conquistare qualche ragazza.." Il suo sguardo si spostò quasi meccanicamente verso Eva, che capito il senso di quella frase, chiuse gli occhi sorridendo leggermente, abbassando la testa portandosi una mano alla fronte. 
Walter e Carlotta sorrisero divertiti, anche loro capendo a cosa si stesse riferendo l'amico. 
"Ma nonostante tutto, la nostra amicizia è sempre stata la più forte. Ha sempre vinto sul resto, perchè il bisogno che ognuno di noi aveva dell'altro, bastava a farci superare tutto. E' sempre stato un amico meraviglioso, e non lo sostituirei mai con nessun altro. Per me è un fratello. Dicono che sia difficile trovare una persona della quale potersi davvero fidare nella vita, che sia impossibile trovare qualcuno alla quale poter raccontare ogni singolo segreto più nascosto ed inconfessabile.. E invece non è così. Perchè in certi momenti se non ci fosse stato lui a capire i miei silenzi, sicuramente ora non avrei un decimo di quello che mi ha regalato la vita in questi anni. Perchè mi ha sempre aiutato, ha sempre trovato il modo di darmi quella spinta e quel coraggio per buttarmi ogni volta, perchè per lui la vita va presa e vissuta così, al "carper diem". Le occasioni vanno prese al volo, e l'amore va vissuto appieno. Mi ha insegnato a capire che se le cose non vanno nel verso giusto.. E' semplicemente perchè anche tu devi fare la tua parte, perchè anche tu devi avere il coraggio di fare qualcosa per farle girare nel verso giusto. Scherza, riesce sempre a trovare la parola o la battuta giusta per tirare su di morale qualcuno. Ed è una cosa bellissima, è importante saper trovare il lato positivo di ogni cosa. Perchè tu, Walter, mi hai insegnato che un giorno senza sorriso, è un giorno perso. In tutti questi anni mi hai regalato gran parte di tutti quei sorrisi, perchè mi sei sempre stato accanto, vicino. Il mio "Walter-ego", come dicesti quel giorno a Radio 101, quando persi la voce e tu da grande amico che sei ti eri proposto a farla al posto mio. Per fortuna che però quel giorno la voce m'è tornata eh!" Rise assieme agli altri, ricordando quel momento. 
"E poi c'è lei, Carlotta." Le sorrise, indicandola con lo sguardo. Lei ricambiò, stringendosi al braccio di Walter. 
"E' stata lei a dire si a quel pazzo del mio amico!" Divertito notò i sorrisi degli altri. "Bisogna ammettere che anche lei però in quanto a "pazzie" non scherza eh.." Carlotta rise divertita. "Era l'inizio dell'ultimo anno di liceo. Carlotta ha fatto il suo ingresso in classe, e mi ricordo che Walter appena l'ha vista è rimasto così, immobilizzato con la bocca spalancata e gli occhi che tra un po' uscivano fuori dalle orbite! Non ci è andato subito d'accordo, ma poi ha trovato il modo per farsi "notare".." E lui, Eva, Walter e Carlotta, risero ricordando la volta in cui Walter, fingendosi gay dopo uno scherzo dell'amico, era riuscito a farsi notare da Carlotta.
"Carlotta è riuscita a cambiarlo profondamente, come mai avrei immaginato. Anche se già sapevo come l'amore avesse il potere di cambiare tutto agli occhi di un ragazzo innamorato.." Di nuovo, quasi senza rendersene conto, incontrò lo sguardo di lei che, ancora una volta, abbassò lo sguardo colpita e affondata non riuscendo a trattenere l'ennesimo sorriso partito a razzo dal cuore. 
"E' sempre stata un'amica fantastica. C'è sempre stata, in qualsiasi momento. E' bello sapere di poter contare su delle persone come loro, che credetemi, non è una cosa da poco. Anche lei come Walter, ha sempre saputo dare agli altri quella forza, quella spinta in più per fare qualcosa che potrebbe sembrare stupido ma essenziale. In questi anni, noi "Fantastici quattro" ne abbiamo passate davvero tante assieme, e non cambierei niente di tutto quello che ho fatto con voi in tutto questo tempo. Siete splendidi, siete una coppia meravigliosa, e siete due amici straordinari. Una volta una persona ha detto: Forse l'amicizia può durare per sempre, e magari è il caso nostro. Ne sono sempre stato sicuro, perchè siete una certezza ferma e solida nelle nostre vite." Alzò poi il calice verso gli sposi, felice. "Allora alzo questo calice a voi, questo giorno importante, al vostro amore e alla nostra amicizia che è qualcosa di speciale. Auguri amici miei!" Sorrise di più, lanciando uno sguardo furtivo ad Eva, per poi guardare l'amico che, orgoglioso, lo guardava con le lacrime agli occhi come Giulio, fiero delle parole del figlio. "E.. Walter: Te lo prometto." Disse infine, vedendo l'amico annuire sorridente. 
I calici di tutti si alzarono, diretti a quegli sposi ancora giovani ma profondamente innamorati. 

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Uuuuuh, eccomi! Rispunto dopo secoli, ma alla fine torno sempre! o.O 
Chiedo scusa - macchèdicoscusa - umilmente perdono! Lo so, lo so lo so, ma giuro non ho avuto un attimo ne per scrivere - infatti il capitolo è corto! -.-" - ne per postare! Zero ispirazione, zero gradimento, zero autostima! Insomma, na cacca!
Questo è un capitolo di - passaggio - se così si può definire. Il matrimonio di Walterino e Carlotta! ** - Dio quanto li amo! <3 - E' la prima parte, perchè nella seconda verranno spiegate alcune cose che qui non ho messo per creare - ci sarò riuscita? D: - la suspence! xD  Vi basti notare quel "te lo prometto"
Posterò con più regolarità a partire dalla prossima settimana - la maturità incombe ed io sono come i nostri "fantastici quattro" modalità seconda serie, perchè spero in un miracolo per passarla! Scherzi a parte, sto puntando all'ottanta, novanta. Da suicidio direte voi! o.O - 
Come sempre vi ringrazio per il tempo che mi dedicate e, dato che ormai non lo faccio da un bel po', vorrei dedicare questo capitolo ad Eliessa e Nadynana che ogni volta riescono a commuovermi! D: <3
A presto, prestissimo! 
Un bacione a tutti voi, e ancora grazie. 

Chiara. <3 

 

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Capitolo 24
*** Delusioni ***


Flash-back

Scese di corsa le scale con sua figlia in braccio, lasciandola in soggiorno coi suoi fratelli, per aprire la porta. Lanciò uno sguardo alla porta aperta della cucina, vedendo i suoi genitori intenti a parlare con Ezio e Stefania. L'orologio che segnava le nove in punto di quella calda sera di Luglio.
Aprì la porta, vedendo davanti a se un ragazzo alto, dai capelli scuri e gli occhi verdi. Lo guardò interrogativamente. 
"Ciao! Sto cercando Eva, è in casa?" Chiese lui, guardandolo. Marco rimase immobile, per poi socchiudere la bocca attonito. Chi era quel ragazzo? E sopratutto, cosa voleva da Eva? - Pensò silenziosamente, guardandolo -.
"No, non c'è. Ma.. Tu chi sei?" Domandò in attesa, sentendo quel senso di gelosia pervaderlo.
"Ah si scusa, non mi sono nemmeno presentato." Si scusò. "Sono Matteo, un suo collega, piacere." Porse poi la mano, che Marco strinse titibante. "Marco, il padre di sua figlia, piacere." Si presentò così, per poi vederlo ritrarre la mano leggermente imbarazzato. 
"Va beh, allora puoi ridargliela tu?" Matteo porse la cartellina, abbozzando un sorriso. "Si, certo, faccio io non ti preoccupare." Lo rassicurò Marco, prendendola. "Grazie eh."
"Ciao ciao!" Matteo si voltò, scendendo quel viale in pietra. Marco richiuse la porta, sospirando. "Ci mancava solo il collega.." - sibilò piano, scuotendo la testa -.

Fine flash-back

Gli occhi stanchi rivolti alla strada, le mani a stringere il volante. La pioggia incessante che continuava a scendere, limitando la visuale. Lanciò uno sguardo al display del telefono illuminato sul sedile, accanto a lui, leggendo solo "studio". Sbuffò, sfufo, svoltando a destra. 
Aveva passato tutta la serata allo studio di registrazione, e dopo mesi, aveva finalmente terminato quel disco. "Spiegami perchè", era il titolo che capeggiava su quella copertina, che lo ritraeva seduto per terra, con la schiena appoggiata ad un muro bianco piazzato dietro, e lo sguardo serio puntato altrove. Una camicia bianca sbottonata, e dei jeans scuri, scalzo. 
Una settimana e sarebbe uscito in tutti i negozi. Una settimana di meritato riposo - si diceva - dopo quei mesi passati a far su e giù tra la casa discografica e lo studio. 
Erano passati ben cinque mesi, dal matrimonio dei suoi due migliori amici. 
Ricordava ancora la promessa fatta a Walter quel giorno, quando aveva alzato il calice e, sorridente, aveva finalmente deciso di dar ascolto a quello che urlava il suo cuore, da mesi.
Avrebbe parlato ad Eva, dicendole ciò che provava, dichiarandosi, cercando di dimenticare tutto quello che avevano passato prima, entrambi, lontani l'uno dall'altra. 
La voleva, la desiderava, aveva bisogno di guardarla negli occhi ed urlarle tutto quell'amore represso che sentiva ardere dentro, giorno e notte. Si era finalmente deciso.
Sospirò, con gli occhi quasi socchiusi che davano ancora sulla strada. 

Flash-back

Aveva passato la serata a camminare per la vie di Roma, cercando di prendere quel coraggio che non ne voleva sapere d'arrivare. Le mani in tasca a ripararsi da quel leggero freddo di Settembre, il colletto della giacca alzato. 
Voleva pensare, cercando di trovare le parole giuste per esprimere in modo migliore quello che provava, per trovare il coraggio di guardarla negli occhi e poter chiederle di più. Desiderava perdersi seguendo quei lineamenti perfetti, quella fossetta che si accentuava di più ad ogni suo sorriso bianco ed amabile. Il bisogno di risentire i morbidi capelli di lei tra le dita, di stringere quel corpo esile e di mischiare il proprio sorriso a quello di lei, confondendo i respiri, dando ascolto a quello che diceva solo il cuore. 
E quasi senza rendersene conto, le gambe l'avevano portato li, in quei posti che per entrambi avevano significato tanto. I loro posti, quelli dove assieme passavano la maggior parte del tempo da adolescenti, solo qualche anno prima. 
Alzò lo sguardo verso quel camioncino parcheggiato sotto ai fori imperiali. Il porchettaro, dove quando per la prima volta, cominciò ad accorgersi che non era Veronica la ragazza che voleva. 
Proseguì, fino ad arrivare davanti scuola. E senza rendersene conto, anche li, lo sguardo era andato a cercare quella banderuola impazzita che segnava sempre dalla parte sbagliata del vento. Quella che guardava quando voleva convincersi che essere innamorato di lei, era sbagliato. 
Scosse la testa, continuando a camminare. 
Via Giulia. La via preferita di lei. Una di quelle che le piacciono di più. Ricordava ancora quando, avvicinandosi ai portoni, guardava i nomi sui citofoni, ridendo di quelli buffi, e mordicchiandosi un'unghia quando qualcuno le ricordava qualcosa. 
E poi, Piazzetta del bel respiro. O ancora, quella panchina in pietra situata al Giardino degli Aranci. Quello dove lei adovara stare, magari leggendo un libro, aspettando l'ora di tornare a casa vedendo le pagine illuminarsi del rosso del tramonto. 
Sorrise di se stesso, continuando a camminare. 
E arrivò lì, fine del tour. Quella macchinetta per le fototessere situata lungo ponte Sant'Angelo, sul Lungotevere. 
"Non piangere - Se piangi mi uccidi - Ti amo - Da sempre."
Quei cartelli presero forma nella sua mente, uno ad uno, chiari e nitidi. 
E allora la forza l'aveva trovata. Il coraggio era arrivato, la paura di era dissolta, e la voglia di correre fino a casa di lei cominciò a pulsare dentro di lui. 
E allora sorrise, un sorriso vero, per poi cominciare a correre lungo quelle viuzze affollate di persone che tranquille si stavano godendo quella serata in compagnia dei loro affetti.
Correva, correva Marco, come un tempo. Come aveva sempre corso per lei. Urtò qualche passante, sempre sorridente, rispondendo con uno "scusa" sommesso dall'euforia per quella convinzione ritrovata. 
Il fiato cominciava a mancare, le gambe a cedere, ma non si fermò. Il cuore batteva, la testa volava all'immagine di lei sola in quella casa, la sua.
E arrivò davanti a quella via poco trafficata, rallentando. Girò l'angolo, e la vide. Li, in piedi, voltata verso ad una macchina scura. I lunghi capelli a ricadere mossi sul cappotto scuro, la pochette stretta nella mano. Non l'aveva visto.
Marco si fermò, sorridente come non mai, deciso a raggiungerla. Avanzò un passo, ma si bloccò, fermandosi. Vide quel collega, Matteo, uscire da quella macchina scura, che si avvicinò a lei con un sorriso, e senza dire nulla, l'attirò a sè baciandola. 
Il sorriso gli morì sul volto, gli occhi cominciarono a pizzicare, le gambe a cedere. Sentì distintamente il cuore cedere e frantumarsi in tanti piccoli pezzettini. Il respiro affannato, e quella sensazione alla bocca dello stomaco che cominciò a far male, immobilizzandolo. Si portò le mani al petto, dolorante, strizzando gli occhi scuri cercando di non piangere davanti a quell'immagine. 
Eva, non l'aveva respinto. Marco guardò, quasi per farsi del male, la mano di lei posarsi sul petto di lui, e quella di Matteo che si infilò tra quei capelli lunghi e morbidi. Le labbra unite, i corpi a sfiorarsi. Scosse la testa, devastato. Era successo un'altra volta, lei aveva scelto un altro. Cominciò silenziosamente a piangere, indietreggiando, muovendo la testa incredulo. Le mani tra i capelli. Si voltò, allontanandosi a grandi falcate da quello spettacolo. 

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Tadàààà! Si lo so, sono mesi che non aggiorno ragazzi.. Ma, ahimè, ispirazione zero. Ho ripreso la storia, ma abbiate pietà di me, sto cercando di ricominciare ad ingranare, infatti il capitolo come vedete, è corto. -.-" ARRIVERANNO TEMPI MIGLIORI! :D
Allora, è breve, ma ho cercato di far capire che comunque il tempo dopo il matrimonio, è passato. Cinque mesi, in cui sono successe alcune cose. Questo è ovviamente il punto di vista di Marco, sto cercando di buttare giù quello della nostra Eva cercando di seguire un filo logico che, porca miseria, non riesco proprio a trovare. Bah, qualche idea ce l'ho, quindi.. Spero che questo breve capitolo vi sia almeno un po' piaciuto! :) Non mi entusiasma, ma in qualche modo dovevo pur riprendere, no? :D
I capitoli torneranno alla solita lunghezza al prossimo aggiornamento, ovvero questa settimana. 
Lo so, probabilmente mi odiate per quello che ho fatto accadere - mi odio anche io D: - ma dovevo smuovere la situazione. ;)
Detto questo, come al solito vi ringrazio - me commossa :') - e spero come al solito di sapere che ne pensate. ;)
Grazie. :)
Un bacione grande,

Chiara. <3

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Capitolo 25
*** Fino a quando il resto non conta ***


La tv di sottofondo, la stanza lievemente illuminata dallo schermo acceso. Seduta sul divano, col pc sulle gambe intenta a finire un articolo, e la figlia addormentata accanto a lei, distesa. Distolse lo sguardo da quello schermo, posandolo al suo fianco. Sorrise dolcemente, guardando la piccola addormentata. L'accarezzò lievemente, stando attenta a non svegliarla. 
Richiuse il pc, sbadigliando stanca. I capelli raccolti da un mollettone, ed il pigiama caldo ad avvolgerla in quella notte di metà Dicembre.
Si alzò da quel divano, e la sua attenzione venne catturata da quella foto che stava lì, a pochi passi da lei, posta su quel tavolino in fondo al soggiorno, rilegata in una cornice argentata. Era stata scattata il giorno del matrimonio dei suoi due migliori amici, e ritraeva lei assieme a lui, sorridendi e vicini. Aggrappata al suo braccio, sotto a quel grande albero che stava sul retro di quel ristorante, dove dietro si poteva intravedere un laghetto e qualche panchina. 
"Dai dai, ora una foto ai testimoni!" Carlotta aveva insistito, ammiccando verso l'amica che, sorridente e un po' imbarazzata, aveva preso posto assieme a lui sotto quell'albero.
Erano passati cinque mesi, da quel giorno. 

Flash-back

Qualche giorno dopo al matrimonio, una tranquilla serata assieme all'amica in un locale del centro. Un paio di drink e la musica di sottofondo.
"Carlotta, io ho preso una decisione." Sospirò. "Ed è importante." Chiarì all'amica che la guardava in attesa.
"Ho deciso di.." Si bloccò, portandosi quel bicchiere alle labbra. "Di dirgli la verità." 
L'amica spalancò gli occhi mostrando un sorriso a trentadue denti, battendo le mani entusiasta.
"Oddio non ci credo! Ti prego dimmi che è vero!" Esclamò allibita ma contenta.
"Si, si, si e ancora si! Non ce la faccio più a mentirgli." Fece una breve pausa. "Ci siamo riavvicinati così tanto in questo periodo, che non posso fare a meno di sentirlo accanto a me, ogni sera. Non ce la faccio più a guardarlo e stargli lontana, ma sopratutto non voglio che lui abbia la possibilità di trovare ancora una volta qualcun altra. E poi Marta, merita un padre che sia sempre presente. Che le canti le canzoni prima di addormentarsi, che l'abbracci la notte dopo un incubo." Sorrise. "Non voglio più nascondermi, non voglio più privarmi di quella sensazione meravigliosa che mi travolge ogni volta, quando mi sta accanto." Concluse, chiudendo gli occhi.
"Sono davvero felice tesoro, era ora che tu decidessi di dire la verità a quell'idiota, e che ricominciassi a vivere, riprendendo da dove avevi lasciato." Allungò una mano, stringendo quella dell'amica. "E' la cosa giusta da fare, per te, per lui che merita di sapere la verità, e per la piccola, vostra figlia." Sorrise. 
"Grazie Carlotta, davvero." Ricambiò la stretta. Carlotta si alzò in piedi, trascinandola, lasciando due banconote sul tavolo in legno.
"Coraggio, andiamo allora!" Esclamò afferrando l'amica e trascinandola fuori da quel locale.
"Ma cos'è tutta sta fretta?" Chiese confusa, continuando a camminare.
"Non vorrei che tu cambiassi idea, tutto qui!" Fece l'occhiolino Carlotta, salendo in macchina assieme a lei che, capendo le intenzioni dell'amica, sorrise divertita. 
"No, stavolta, non cambierò idea." Confermò decisa, allacciandosi la cintura. 
Carlotta guidò per le strade di Roma, quasi sfrecciando sull'asfalto. 
"Vuoi rallentare?" La richiamò l'amica, preoccupata.
"Non ti darò il tempo di cambiare idea!" Sorrise, svoltando a destra. Eva scosse la testa, rassegnata. 
Guardò fuori dal finestrino, spalancando gli occhi incredula. Era lui. 
Stava uscendo da una birreria del centro, solo. 
"Eccolo!" Esclamò sorridente, lanciando uno sguardo all'amica che si fermò poco più distante da quell'uscita, dall'altra parte della strada. 
"Sei ancora qui? Vai!" La incoraggiò l'amica, invitandola a scendere dalla macchina e raggiungerlo. Eva sorrise, afferrando la maniglia per aprire la portiera. Ma si bloccò, nell'esatto momento in cui vide una ragazza con un vesito corto, dai lunghi capelli castani e mossi raggiungerlo, correndo sui tacchi. La vide appoggiargli le mani sulle spalle, voltandolo. Trattenne il respiro, spalancando gli occhi, incredula. 
La ragazza lo baciò, aggrappandosi a lui, che ricambiò appoggiandole le mani sulla vita. 
E sentì la terra sotto ai piedi mancare, gli occhi che piano cominciavano a pizzicare. E le lacrime che scendevano lungo le gote, arrivando a toccare le labbra.
E si era sbagliata. Il cuore un'altra volta spezzato, il respiro irregolare e caldo. Delusione, schifo, rabbia. Guardò ancora per qualche attimo quella scena davanti ai suoi occhi, attraverso il vetro di quel finestrino. 
"Eva? Stai bene?" Carlotta che, vista la scena, cercò di richiamarla, preoccupata. Si risvegliò, asciugando col palmo della mano quelle lacrime, deglutendo.
"Riparti." La voce rotta dal pianto, lo sguardo duro e serio. L'amica annuì semplicemente, triste, ingranando la marcia per ripartire. 

Fine flash-back

Da quella notte, poche parole con lui. Cercava di evitarlo il più possibile, senza però togliere alla figlia la possibilità di vedere il padre e la famiglia. 
Quella delusione bruciava ancora. Era pronta a ricominciare, ad ammettere i suoi errori, a dirgli la verità che aveva tenuto nascosta per mesi. 
Si sentiva finalmente pronta. E invece l'aveva trovato appiccicato alle labbra di una sciacquetta qualunque, all'uscita di quella birreria.
Aveva deciso allora di andare avanti, definitivamente, e di metterci una pietra sopra. Voleva solo dimenticarlo. 
E allora un pomeriggio di metà Settembre aveva deciso di accettare l'invito a cena di Matteo, il suo collega. Un ristorante in centro, un drink in un pub, per poi farsi riaccompagnare a casa dopo una serata tranquilla. 
"Grazie per la bella serata, Matteo." Sorrise, scendendo dalla macchina, seguita da lui. 
E allora davanti a quel cancello, senza dire niente, afferrò la sua vita e la baciò, così, alla sprovvista. 
Rimase colpita da quel gesto, ma non si tirò indietro. Ricambiò quel bacio, appoggiandosi a lui. 
Quale modo migliore, per andare avanti?
Sospirò, prendendo la figlia in braccio, per poi portarla piano nel suo lettino. Spense la luce, lasciandole un bacio sulla fronte, per poi andare nella sua stanza e infilarsi sotto a quel piumone rosso e caldo.

Scese dalla macchina assonnato, richiudendola. Attraversò la strada per arrivare al cancello di quella piccola palazzina situata appena fuori dal centro, infilando le chiavi per aprire. 
Non si accorse di due ragazzi alle sue spalle, che l'avevano seguito in macchina. 
"Eccolo sto pezzo di merda!" Quasi urlò il primo, scaraventandosi su di lui con una mazza in ferro.
"Oh ma che cazzo volete?!" Marco cercò di liberarsi dalla presa del secondo, alle sue spalle, che lo teneva bloccato. 
"Muoviti cazzo, dai!" Incitò l'amico davanti a lui, che lo guardava soddisfatto. Lo colpì più volte, atterrandolo. 
Marco si ritrovò a terra, dolorante, incapace di difendersi, ulrando per il dolore all'addome e alle spalle.
"Così impari a baciare le ragazze degli altri, stronzo!" Esclamò il ragazzo con la mazza, continuando a colpirlo. Uno, due, tre, infiniti colpi che era costretto ad incassare, incapace di muoversi. 
"Che cosa.." Provò a dire, prima di esser rialzato e preso a pugni sul volto. 
"Eh? Fa male vero?" Continuò a colpirlo, per poi lasciarlo atterra e scappare via assieme all'amico. 
Disteso sull'asfalto, sanguinante, senza forze e incapace di rialzarsi. Tossì più volte, sputando. 
Cercò di respirare, prendendo aria nei polmoni, ricordando poi improvvisamente di quella ragazza che all'uscita di quel locale, qualche mese prima, l'aveva baciato per riaccendere l'interesse del suo ragazzo nei suoi confronti. Le aveva fatto un favore, niente di più. 
Non riusciva ad alzarsi. Cercò allora di prendere il telefono nella tasca dei jeans, schiacciando il pulsante dell'ultima chiamata effettuata: Walter.

"Mi ha chiamato un'ora fa, c'aveva la voce rotta, non parlava, m'ha solo detto de venì davanti casa sua, e poi me sa che è svenuto." Spiegò Walter a Giulio e Lucia, che l'avevano raggiunto in ospedale, preoccupati.
"Ma che è successo?!" Gesticolò Giulio, assieme a Lucia, accanto a lui.
"E non lo so! Sono arrivato li, e l'ho trovato disteso davanti al cancello, l'hanno riempito di botte." Sputò tra i denti l'amico, portandosi le mani sul viso. 
"E che ha detto il dottore?" Domandò Lucia.
"Ha un braccio rotto, e qualche frattura al bacino per i colpi. Ha detto poi che non è gravissimo, ma dobbiamo aspettare che si svegli per vedere se non c'ha qualcosa pure alla testa. L'ho trovato in un pozza di sangue."
"Oh cielo!" Esclamò Lucia, portandosi una mano sulla bocca, sconvolta. Si strinse a Giulio, cercando di tranquillizzarlo.
Le due in punto, e Marco ancora non s'era svegliato. 
"Tesoro?" Lucia porse un caffè a suo marito, preso alla macchinetta nel corridoio affianco. La ringraziò, portandosi il bicchierino alle labbra.
Walter sospirò, amareggiato. Che cosa poteva essere successo? Perchè non era potuto esser li, a dare una mano all'amico?
"Walter, tu vai pure a casa da Carlotta. Ci stiamo noi qui." Lucia si avvicinò a lui, seduto sulla sedia, rassicurandolo con un sorriso e una carezza sul viso.
"Eh? E' che non mi va di lasciarlo." Soffiò lui, dispiaciuto.
"Tranquillo, se sappiamo qualcosa, ti chiamiamo. E' inutile che tu stia qui, poi a casa hai tua moglie incinta che sicuramente ha bisogno di te." Lo rassicurò lei, assieme a Giulio.
"Dai Walter, vai pure a casa, con Marco ci stiamo noi." Sorrise lui. "E grazie per averci chiamato." 
"Figurati." Sorrise, alzandosi dalla sedia e dirigendosi alla grande porta a vetri del corridoio, aprendola.

Avevano passato la notte in ospedale. Si erano addormentati all'alba, su quelle panche in legno nella sala d'aspetto. 
Le nove in punto. Lucia aprì gli occhi, appoggiata al petto di Giulio, stiracchiandosi leggermente. Sentì il telefono squillare nella borsa, estraendolo.
"Pronto tesoro?" Rispose.
"Mamma, ciao! Ti ho svegliata?" Chiese Eva dall'altra parte del telefono.
"No, tranquilla amore, come stai?" Sbadigliò.
"Bene, nonna è appena passata a prendere Marta, sono uscite ora. E tu invece?"
Sospirò. "Non bene tesoro. Io e Giulio abbiamo passato la notte in ospedale."
"E perchè? E' successo qualcosa?" Si allarmò, drizzandosi sulla sedia.
"Ieri notte Walter ha trovato Marco disteso per terra, sanguinante e privo di sensi, davanti casa sua. Pare che qualcuno l'abbia picchiato violentemente, tesoro." 
Eva smise di respirare per qualche attimo, chiudendo gli occhi. Sentì il sangu gelare nelle vene, in un attimo. Non avevano più parlato, loro. Si erano allontanati, dopo la sera in cui l'aveva visto con quella ragazza, all'uscita di quel locale. 
"Co.. Come? Che è successo?" Ritrovò la voce, alzandosi da quella sedia. 
"Non lo sappiamo, stiamo aspettando che si risvegli." Spiegò Lucia, lanciando uno sguardo a Giulio che si era appena svegliato accanto a lei.
"Va beh senti, dieci minuti e sono li, okay?" Aprì l'armadio, gettando sul letto un paio di jeans e un maglioncino bianco.
"Va bene tesoro, al quarto piano, ciao!"
"Ciao mamma!" Richiuse velocemente il telefono, vestendosi. 

Aprì quelle porte di vetro, entrando nel reparto. Vide subito Giulio e Lucia balzare in piedi, nella sala d'aspetto. 
"Allora?" Chiese subito. "Ci sono novità?"
"No." Rispose Giulio, scotendo la testa. "Non s'è ancora svegliato." 
"Ma voi non dovreste esser in bottiglieria e libreria?" Corrucciò la fronte, guardandoli."
"In effetti si, ma.." Fece spallucce lui.
"Sentite, qua ci sto io, non vi preoccupate. Voi andate pure, se c'è qualcosa, vi chiamo, okay? Poi siete stati qui tutta la notte, andate a riposarvi." Li invitò lei, rassicurandoli.
"Eva, sicura? Guarda che noi.." 
"Mamma, andate, sul serio." Provò a sorridere. "Se ci sono novità, vi chiamo subito." 
Giulio e Lucia si guardarono, annuendo poco convinti.
"E.. Va bene, noi andiamo. Però torniamo dopo pranzo tesoro." Puntualizzò Giulio, assieme a Lucia. 
"Va bene, allora ci vediamo dopo." Li salutò lei, dirigendosi verso il dottore che era appena uscito da una stanza li vicino.
Lo chiamò, vedendolo voltarsi.
"Mi scusi, la stanza di Marco Cesaroni?" Chiese lei, con la voce sommessa dall'agitazione.
"L'ultima sulla destra, in fondo al corridoio signorina." Le indicò la stanza, congedandosi.
Avanzò a lunghe falcate quel corridoio, arrivando davanti a quella stanza. La porta grigia chiusa. Sospirò, portandosi indietro i capelli con una mano, nervosa, e sistemandosi quella borsa sulla spalla. Appoggiò la mano sulla maniglia, spingendo la porta, entrando piano in quella stanza. La richiuse alle sue spalle, per poi voltarsi verso l'immagine di lui, disteso e addormentato, in quel letto d'ospedale. L'addome fasciato da delle bende bianche, e il braccio destro ingessato. Un cerotto sul naso, dei tagli sul viso e il labbro ferito. 
Si avvicinò piano, guardando attentamente l'ampio petto alzarsi e abbassarsi ritmicamente. Prese posto su quella poltrona accanto al letto, sospirando. 

"Sembrava una giornata tranquilla, questa. E poi scopro che sei in ospedale, che la notte prima ti hanno probabilmente preso a botte davanti casa, e non ne so il motivo. Probabilmente è perchè in questi mesi, io e te, non abbiamo poi parlato più di tanto. Non come facevamo prima, raccontandoci tutto magari davanti ad una tazza di caffè in cucina, a casa dei nostri genitori. Ci siamo allontanati, o almeno, io mi sono volutamente allontanata da te, ancora. E' stupido, lo so, ma credimi quando ti dico che l'averti visto un'altra volta attraccato alle labbra di un'altra donna che non ero io, mi ha distrutta, mi ha messa al tappeto, perchè un gesto così da parte tua, non me l'aspettavo. Il fatto è che una parte di me, in quei mesi, si era un'altra volta convinta che tu provassi qualcosa per me, che ancora magari un po' di me ti importasse, e che quei mesi venuti prima, dopo Parigi, avessero magicamente perso importanza, che il male che ci siamo fatti fosse passato in secondo piano lasciando spazio ancora una volta a quello che l'una provava per l'altro. E ho preso coraggio, volevo dirtelo, volevo urlarti che ero stata capace di mentirti per proteggerti, per far si che i tuoi sforzi e i tuoi sacrifici non siano stati vani, per non farti abbandonare la musica e mandare all'aria il tuo futuro. Volevo dirtelo, Marco. Volevo liberarmi di quel peso estenuante, ma non me ne hai dato il tempo. E' vero, tu non hai fatto niente di sbagliato. Non stavamo assieme, non avevo nessun diritto su di te, non potevo chiederti niente, e avevi tutto il diritto di vedere un'altra persona. 
Ma non ce l'ho fatta a starti accanto ancora come amica, dopo quella notte. 
E allora ho preferito allontanarti, perchè anche io come te avevo il diritto di ricostruirmi una vita, che quella volta, non t'avrebbe compreso al suo interno. 
Un'altra persona, un altro ragazzo che con te non ha niente a che fare. Matteo.
Eppure non ce la faccio, ancora no. E' come se una parte di me si sentisse ancora in colpa per tutto quello che c'è stato prima tra noi. E' come se Matteo non fosse abbastanza per cancellarti dalla mia testa e dal mio cuore, come se tu passando avessi lasciato un altro segno indelebile. 
E' ormai qualche settimana che esco con lui, ma è come se tu fossi sempre li, a guardarmi da lontano con lo sguardo misto a rimprovero e delusione, perchè sei tu a non permettermi di andare avanti e dimenticarti. 
Ma l'ironia della sorte non conosce limiti, e vuole che io sia qui con te in questa stanza d'ospedale. La mia mano stretta alla tua, appoggiata sul petto nudo e caldo. 
Ti accarezzo la testa, lievemente, e vedo che la muovi piano sospirando. Mugugni piano qualcosa, ed è lì che sento il mio cuore cominciare a battere forte nel petto. Non riesco a capire cosa hai detto, ma decido ugualmente di tenerti stretta la mano, aspettando di vederti riaprire gli occhi


Lei sospirò un'altra volta, umettandosi le labbra. Lo vide poi muovere piano la testa, e strizzare leggermente gli occhi ancora chiusi. 
"Marco?" Soffiò lei accanto al suo viso, speranzosa. "Marco?" Ripetè sempre a bassa voce, per evitargli un brusco risveglio. 
Lui strizzò ancora gli occhi, dolorante, per poi aprirli piano. Ci mise qualche secondo prima di mettere a fuoco l'immagine di Eva, accanto a lui. Spalancò leggermente gli occhi, socchiudendo la bocca, guardandola sorpreso di trovarla al suo fianco.
"Eva.." Soffiò lui, spostando poi istintivamente lo sguardo sulle loro mani unite sul letto. 
"Come ti senti?" Cominciò lei, guardandolo.
"Eh?" La fissò lui, ancora in uno stato di dormiveglia. "Ah, sto bene, direi.." Cercò poi di appoggiare la schiena al cuscino. "Ah!" Esclamò dolorante, notando il braccio destro ingessato. 
"Non direi poi tanto bene.." Sorrise leggermente lei, indicando il braccio. "Ma che è successo?" Chiese lei con un cenno del capo, vedendolo fare una smorfia contrariato.
"Ieri sera sono tornato a casa, e davanti al cancello c'erano due tipi con una mazza ad aspettarmi." Concluse quasi sarcastico, accennando un sorriso. 
"Questo l'ho capito, ma perchè?" Lo riprese lei, seria.
Marco la guardò, in silenzio per qualche attimo. Non poteva di certo dirle della ragazza.
"Eh? Ah non lo so, non ne ho idea.. Ma da quant'è che sei qui?" Cercò di cambiare discorso, guardandola curioso.
"Non molto, sono arrivata questa mattima. I nostri genitori sono stati con te tutta la notte, invece. Li ho mandati a casa perchè erano stanchi, tornano nel pomeriggio." Spiegò Eva, alzandosi in piedi difronte a lui. 
"Grazie. " Sorrise lui, inclinando leggermente la testa di lato. Non si aspettava di trovarla li al suo risveglio.
"Di niente." Ricambiò. "Aspetta, vado a chiamare mamma e Giulio. Ho promesso che li avrei chiamati non appena ti fossi svegliato." 
Marco annuì. "Va bene, e Marta?" Chiese lui.
"E' con nonna, è venuta a prenderla stamattina. Riposa, vado a prenderti qualcosa al bar di sotto." Uscì dalla stanza lanciandogli un ultimo sorriso, richiudendosi la porta alle spalle. 
Sospirò, rimanendo solo nella stanza. Si toccò piano il naso. "Ahia!" Spostò lo sguardo sulle bende sull'addome, corrucciando al fronte. Scosse poi la testa, sbuffando. Le aveva prese. Ma una cosa positiva in tutto quello che gli era successo, c'era: Lei, era li con lui. Del resto, non gli importava. 

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Hoplà! :D Eccomi di nuovo tra voi, con un capitolo che non è che mi soddisfi più di tanto, ma va beh. -.-"
Vi avevo lasciato con quel capitolo corto, e molti di voi hanno cominciato a detestare la mia povera Eva. Qui, ci sono le spiegazioni al suo gesto. ;)
Marco le prende! Ahahaha Piccola vendetta personale! >:D
Si staranno riavvicinando? Mah, non lo so manco io. D:
Detto questo, vi ringrazio per il tempo che perdete per leggere sta roba - Me sepre commossa :') -
Dedico questo capitolo alla mia Eliessa che - anche tu mi sei mancata! D: - aspettava la continuazione di sta cosa. :D
Grazie, grazie a tutti. 
Al prossimo capitolo, questa settimana probabilmente! :')
Un bacio grande, 

Chiara. <3


 

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