Il blog di una ragazza qualsiasi

di Birds
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Enter title here ***
Capitolo 2: *** Optional like the original title of this post ***
Capitolo 3: *** Spectrum ***
Capitolo 4: *** Come il blog diventò un termometro ***
Capitolo 5: *** Il silenzio assordante ***
Capitolo 6: *** Defying gravity ***
Capitolo 7: *** My farewell ***



Capitolo 1
*** Enter title here ***


11/12/12

How original. How funny.

My first and best title is 'Enter title here'. Ha. Ha.

Davvero, se dovessi fare un elenco delle cose in cui faccio proprio pena, dare titoli ai post soggiornerebbe in una top-ten davvero imbarazzante. Come l'arguto lettore inesistente avrà notato, passo dall'inglese all'italiano e viceversa senza una logica qualsiasi. D'altronde, neanche questo post -il blog intero- ne ha una.

I just need to see my thoughs written down. On a computer.

Ultimamente scrivere sulla carta non mi piace. Da una parte non voglio che i miei pensieri possano essere letti da qualcuno che non sia io, poi scrivendo di getto, trovo scomodo tornare indietro e segnare la pagina vistosamente quando faccio degli errori (di sintassi, la maggior parte delle volte)

So, here I am. I really don't know what to write.

Gli argomenti ci sono. Solo che questa giornata è stata una merda, e domani sarà anche peggio, MOLTO peggio. In parte -d'accordo, praticamente tutto- è per colpa mia. Non ho voglia? Procrastinare è il mio secondo nome. Ma ne parlerò in un'altro post. In molti altri, dato che sembra essere diventato il mio stile di vita.

Anyway. I should be studying right now.

Brutta cosa il senso di colpa (verso di chi? In questo momento, in questi mesi, mi faccio solo schifo). In realtà alterno il disprezzo all'indifferenza, della serie: sono io la padrona del mio corpo, a cui si oppone la voce della ragione che sussurra come il Grillo Parlante di darmi una scossa e di riprendere in mano la mia vita. Inizio ad odiarla, quella voce. Strafottente, crede di sapere tutto. Mi rivedo molto di più con il lato scansafatiche di me, anche se la notte, quando i pensieri corrono a briglia sciolta, so bene quale delle due finisce per prevalere e togliermi il sonno.

Ho detto che ne avrei parlato in un altro post, ma ecco che ho iniziato a scrivere senza rendermene conto. Odiata professoressa, prima di bruciare all'inferno, guardi quanto sono prolifica. Al prossimo compito, mi dia una tastiera e uno schermo e le scriverò un'enciclopedia.

I have to go now, I keep thinking about my so-undone homework. I'm not going to read what I've just typed. Good luck, you'll need it to understand this post.

Il prossimo post parlerà di suicidio.

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Capitolo 2
*** Optional like the original title of this post ***


12/12/12

[Il genio del male che è in me ha colpito ancora, intitolando in modo originalissimo questo post]

E' andata. Me la sono cavata un'altra volta.

(Se il Lettore Inesistente non ha presente di cosa stia parlando, legga qui)

Mi sono salvata il culo per un pelo, ancora, per l'ennesima volta. Una vocina flebile dentro di me rappresentante la Ragione, sussurra che sarebbe stata meglio una batosta, così forte da scuotermi e rimettermi sulla famosa e tanto decantata retta via.

Anche no.

La parte arrogante-e-scansafatiche-nonchè-irresponsabile dell'autrice zittisce l'altra e sottolinea che ne ho ricevute altre, di batoste, forti o meno- e nessuna mi ha fatto aprire gli occhi o cose del genere. Continuo la mia vita. Forse una lacrima versata inutilmente, più per la delusione di chi ci crede fino alla fine. Forse un piccolo monologo interiore di autocommiserazione (AH. Sono la regina dell'autocommiserazione. A volte immagino cosa succederebbe se avessi una malattia grave come il cancro. E per 'immagino', intendo dire che mi faccio i film mentali sulle reazioni scioccate dei miei conoscenti -più di uno dichiarerà certamente il suo amore imperituro per la sottoscritta- e non in che modo la malattia dovrebbe incidere sulla mia vita. Per una volta non sono egoista, toh.) Ma dopo le seghe mentali, scrollata di spalle e si va avanti come se non fosse successo nulla.

C'è qualcosa di sbagliato in me? Affatto. Penso che le mie decisioni siano alquanto infelici, ma lo sarebbe di più incolpare la genetica e andare ad inalberarsi in questioni inesistenti. E' solo questione di volontà e di motivazione. Non ho neanche quest'ultima: il futuro mi sembra così lontano che non mi spaventa l'idea di esserne delusa. Oggi mi sembra lontana anche la prossima settimana. E forse -solo per oggi- posso fingere che sia così.

Pensavo che dovrei riaffrontare l'argomento, per ora sono in fila:

-suicidio -autocommiserazione -indifferenza

(oggi niente inglese, non so perchè)

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Capitolo 3
*** Spectrum ***


Spectrum

 

Dunque, suicidio.

Come promesso al Fedele Lettore Inesistente (d’ora in poi abbreviato in FLI, tanto abbiamo raggiunto una certa confidenza).

L’altro giorno, davanti all’allettante prospettiva di 132 pagine di date e nomi da recuperare in un pomeriggio in vista dell’imminente interrogazione, ho fatto la cosa che mi riesce meglio. Procrastinare. Perciò ho chiuso a doppia mandata la porta del bagno e ho lasciato che l’acqua bollente riempisse la vasca fino all’orlo. Niente musica a palla come accade nelle scene irreali dei film per pre-adolescenti in cui la protagonista balla davanti allo specchio in costume adamitico con tanto di spazzola a mo’ di microfono. Il silenzio assordante era abbastanza colpevolizzante. Per qualche strano motivo che ricondurrò alla mia precedentemente manifesta natura masochista, volevo sentire il suono del disprezzo. Comunque.

Dopo aver lasciato uno strato di pelle nell’acqua, ho deciso di averne avuto abbastanza di leggere dal computer appoggiato fuori dalla vasca sul cesto dei panni sporchi. A parte il trascurabile fatto che mi si stavano dislocando un paio di ossa, stavo tralasciando il mio dovere. Autocommiserarmi.

Ho lasciato scivolare nell’acqua le braccia sofferenti e ho richiamato alla mente senza sforzo un pensiero che continua a perseguitarmi, sibillino. La tranquillità con la quale lo ho formulato mi sorprende ogni volta.

Se mi suicidassi, che succederebbe? 

Non intendo alle persone che rimangono, sarei morta e quindi adiòs. L’egoismo è una brutta bestia, ma ne ho viste di peggiori. E poi si perdona tutto alla povera ragazzina suicida che ha concluso la sua triste vita con un gesto disperato.

No, piuttosto mi riferivo a quello che accadrebbe a me se decidessi di morire. Alla mia persona. Non al mio corpo, quello diventerebbe pasto per vermi dopo poco tempo. Ma la mia anima? Che fine farebbe? Non sono qui per inalberarmi in questioni filosofiche, sotto la voce ‘pragmatismo’ dovrebbe esserci la mia foto. Non credo in niente, praticamente. Atea, perchè le mie scarse conoscenze scientifiche mi permettono comunque di avere una visione chiara di come gira il mondo. Non andrei in giro a predicare la non-esistenza di divinità qualsiasi, intendiamoci. Ognuno è libero di credere in qualcosa di superiore, anche sotto le fattezze di un termosifone su ruote con motore a scoppio. L’importante è evitare la maledetta recita. Drama, direbbero gli anglofoni. Per piacere, falsi credenti, annegate tutti nella vostra ipocrisia, grazie.

Dunque, riflettevo sul fatto che un suicidio non avrebbe alcuna conseguenza diretta su di me. Anzi, non ne avrebbe affatto. Perchè non farlo subito? Diciamo che l’unico impedimento è costituito dal fatto di doversi applicare un attimo per trovare il metodo più svelto e indolore. E quello infallibile, naturalmente.

Un suicidio incompiuto, o malriuscito, potrebbe essere peggio dell’atto stesso. Caro FLI, ti immagini cosa succederebbe alla mia vita? Ospedale, clinica, psicologo o psichiatra, forse entrambi. Per non parlare degli sguardi delle persone che conosci. Solo questo post mi procurerebbe qualche seduta con la cara dottoressa che in famiglia sembrano aver consultato tutti tranne me. Su Internet si vedono spesso ragazze che esibiscono orgogliose le loro cicatrici sui polsi, documentando ogni centimetro quadrato della propria pelle con una macchina fotografica che possiede più pixel dei neuroni del loro cervello. D’accordo. Hai tentato, hai fallito. Ti sei ripresa. Ma perchè, PERCHE’ sbandierarlo come se fosse qualcosa di cui andare orgogliosi?

Sei contenta adesso? Fai una foto al tuo sorriso perfetto. Dopo il fatto, hai conosciuto un ragazzo proprio come te in un gruppo di sostegno? Immortala quello e condisci il tutto con didascalie commoventi. Non mi interessa il tuo disperato tentativo di ottenere attenzione così simile al mio.

Facciamo tutti un bel respiro.

Allora la risposta è la seguente: Se mi suicidassi, non succederebbe proprio un bel niente, ma sono troppo pigra per tentare. Evviva il mio pesaculismo estremo, un urrà alle autorità italiane che ci rendono così difficile l’accesso ad armi da fuoco e affini. Miei salvatori.

 

This entry was posted in Uncategorized on dicembre 17, 2012 

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Capitolo 4
*** Come il blog diventò un termometro ***


Come il blog diventò un termometro

Una volta ho letto in un libraccio scadente di una ragazza che si sentiva in colpa e si auto-accusava di non meritare il titolo di ‘vera credente’, in quanto i fedeli pregano sempre, non solo quando sono in difficoltà. 

La stessa cosa sembra accadere qui. Mi ero ripromessa di seguire un ordine logico e di proporre un post al giorno, ma non sono dell’umore adatto. Non triste, piuttosto distratta da altro, o stanca. 

Quindi sarebbe questo, il blog? Un termometro per il mio umore? Come funziona, la normalità della mia vita è inversamente proporzionale al numero di pubblicazioni? Quindi -indirettamente- la mia latitanza sul web indica un cambiamento positivo -o perlomeno la fine di un periodo di magra? 

In fondo, è il fine per cui l’ho aperto. Sono triste, scrivo. Anche se non so farlo, anche se non ho il tempo, anche se mi rifiuto di rileggere il prodotto finale. Non dico che abbia degli effetti positivi, ma quanto meno inquadro il problema e lo ridimensiono. I pianti greci sono diminuiti di una considerevole percentuale da quando scrivo le mie cavolate qui sopra. Il giudizio inconsapevole del Fedele Lettore Inesistente riesce a fornirmi una visione d’insieme più oggettiva.

Conclusione: come al solito le mie riflessioni scadenti non hanno portato a nulla, se non alla confusione del FLI. Benone.

This entry was posted in Uncategorized on dicembre 20, 2012. Modifica

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Capitolo 5
*** Il silenzio assordante ***


Il silenzio assordante

Che titolone. Comunque ho sempre avvisato il Fedele Lettore Inesistente della mia incapacità di scrivere, tantomeno di trovare per le porcate che scrivo titoli che non facciano venire voglia di buttarsi da un precipizio.

Comunque, ieri ho fatto caso alla relatività della mia percezione del rumore. O del silenzio, è uguale.Cominciamo dall’inizio. Ieri pomeriggio come al solito stavo evitando sibillinamente i miei doveri di studentessa, che avrei fatto la mattina dopo alle cinque. Nel procrastinare, ho deciso che per la mia psiche era necessario fare qualcosa di produttivo in sostituzione dei compiti per sentirmi meno in colpa, quindi ho iniziato a mettere in ordine il caos della mia stanza (che in realtà non era nemmeno tanto, ma sono strana. Mi da fastidio il disordine anche se non mi smuovo facilmente per evitarlo). Ho messo le cuffie e ho iniziato a pensare. Dopo una pila di vestiti che giaceva sul pavimento da due settimane e i libri che si erano accumulati sulla scrivania senza che nessuno li mettesse in ordine, sono arrivata a tali conclusioni.

1. Sulla concentrazione. Non riesco a concentrarmi con le cuffie. Non riesco a scrivere un post, non riesco a fare i compiti, non riesco a leggere. In compenso riesco benissimo a disegnare con la musica pompata nelle orecchie, il che mi porta a chiedermi quanto il disegno coinvolga le mie facoltà intellettive. Ma questo è un altro discorso.

2. Sul silenzio del mondo. Mi piace cantare con le cuffie, ma alzo il volume al massimo per non sentire la mia voce. Non che io sia stonata, anzi, ma mi piace urlare a squarciagola ignorando le pareti particolarmente sottili di questa casa. A volte sento la vecchia del piano di sopra che litiga con la nipote, quindi se riesco a sentire loro, loro dovrebbero sentire me. Non me ne frega più di tanto. Ad un certo punto stavo piegando una felpa sottratta al Grande Fratello (prima o poi parlerò anche di lui) e gliel’ho messa in camera. Mi ha fermato  per dirmi qualcosa, allora mi sono tolta gli auricolari ed è successo. Peggio di uno schiaffo. Il mondo era troppo, troppo silenzioso. Non che fossi diventata sorda con una sessione intensiva di musica al massimo volume, ma la scomoda sensazione mi ha fatto ri-infilare le cuffie ad un tempo record, ignorando il mio basito fratello. C’è da porsi qualche domanda.

2.1. Se con la musica non riesco a concentrarmi, ho scoperto che il rumore bianco (orribile traduzione dell’originale white noise) o il suono della pioggia conciliano particolarmente la lettura. Dopo un po’ non ne puoi più fare a meno e togliendoti le cuffie, inizi a sentire il silenzio assordante. Mi mette malinconia, il silenzio. Ma ancora di più sapere che ho bisogno di riempirlo ad ogni costo per non sentirmi sola.

 

This entry was posted in Uncategorized on gennaio 24, 2013.

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Capitolo 6
*** Defying gravity ***


Defying gravity

Oggi in classe si parlava di dinamica e delle forze come l’attrito e la gravità. Mentre il professore di fisica continuava a vaneggiare e ad interrompere la lezione ogni due per tre per lasciar cadere il registro a terra con un gran botto e dimostrare così l’attrazione che ci tiene ben fermi a terra, come al solito ho preso a farmi gli affari miei con lo sguardo perso nelle crepe del muro sopra la lavagna. Detto così sembro sempre di più JD di Scrubs, che si fa i trip mentali più dettagliati che abbia mai visto/provato/sentito. 

Quando sono stanca e torno dalla palestra con la tracolla del borsone che trancia la spalla, penso sempre alla gravità. E’ una sorta di autolesionismo. Sono distrutta e trascino le gambe, mettendo a stento i piedi uno dopo l’altro, e a cosa vado a pensare? Alla forza che mi trascina verso il basso, che mi fa percepire i chili di mal distribuiti e gli asciugamani che si sono accumulati nella borsa perchè sono troppo stravolta per svuotarla e metterli a lavare quando torno. 

Ma perchè?

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Capitolo 7
*** My farewell ***


(Ho scritto questa lettera alla mia migliore amica prima che partissi per l'Australia) Questa non è una lettera di addio, una di quelle che metteresti al sicuro fra le pagine di un libro per non rovinarla. Serve solo a condividere con te i miei pensieri disorganizzati.

Ti avevo già sentita cantare prima, ovviamente. La musica è la tua realtà, e a dire il vero non riesco ad immaginarti senza di essa. Quando istintivamente accenni un ritornello, o quando le note nelle tue orecchie sono così forti da cancellare per 3:06 minuti il mondo che a volte ami, a volte temi ('La musica va sentita solo così', hai detto).

Al saggio l'altro giorno, non ho ascoltato la ragazza che conosco da tre anni, aperta con pochi e timida con tutti gli altri. Ho sentito la voce di qualcuno che ha trovato il suo posto nel mondo e non ha intenzione di spostarsi da lì. Quando hai finito, mi sono dovuta sforzare per non piangere dalla commozione e dall'orgoglio. Ho visto la donna meravigliosa che sei e diventerai.

Vorrei che ti potessi sentire in questo modo ogni giorno, canto o meno, e che tu capissi quando è il momento di dire basta, prima di ferirti a causa degli altri. Ho capito che ti aspettano grandi cose, più grandi di te e di me e di questa minuscola scuola che costituisce il nostro micro-cosmo. Non ridere, non sto scherzando. Aspetto solo il momento in cui tu te ne accorga, e spero di esserci ad assistere. 

Come hai cantato tu stessa, è ora di provare a sfidare la gravità.

Grida e fai sentire la tua voce.

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