Le due spade

di Fabio93
(/viewuser.php?uid=27705)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tutto ebbe inizio quando… ***
Capitolo 2: *** Port Royale ***
Capitolo 3: *** Partenza e nuovi arrivati ***
Capitolo 4: *** Ops, cima sbagliata! ***
Capitolo 5: *** Vecchi amici a Tortuga ***
Capitolo 6: *** Un problema inaspettato e inizia il mistero... ***
Capitolo 7: *** Cat Island ***
Capitolo 8: *** Uno sporco lavoro ***
Capitolo 9: *** L'isola dei coralli ***
Capitolo 10: *** Rivelazioni ***
Capitolo 11: *** Le trame nell'ombra ***
Capitolo 12: *** In bilico! ***
Capitolo 13: *** Il primo scontro! ***
Capitolo 14: *** Danni collaterali ***
Capitolo 15: *** Andros in vista ***
Capitolo 16: *** Una minaccia lontana ***
Capitolo 17: *** Il manto nero ***
Capitolo 18: *** Missione a L'Avana e lotta sulla spiaggia ***
Capitolo 19: *** Andros si sveglia ***
Capitolo 20: *** Verso la battaglia! ***
Capitolo 21: *** I tentacoli del kraken ***
Capitolo 22: *** Legami di sangue ***
Capitolo 23: *** La fine della tempesta ***
Capitolo 24: *** Frettoloso arrivederci ***
Capitolo 25: *** Demoni del passato ***
Capitolo 26: *** Ritorno alle origini ***
Capitolo 27: *** Le due spade ***
Capitolo 28: *** A un metro dalla salvezza ***
Capitolo 29: *** Faccia a faccia ***
Capitolo 30: *** Duello per il medaglione ***
Capitolo 31: *** Epilogo di una lunga storia ***



Capitolo 1
*** Tutto ebbe inizio quando… ***


Le due spade

Vi presento il primo capitolo della mia storia, lo scopo di quest’introduzione è chiedervi scusa in anticipo per eventuali errori ed imprecisioni nel testo, avviso anche che, riguardo ai possedimenti coloniali, potrei aver sbagliato qualcosa nel distribuire alle varie nazioni i territori caraibici, spero capiate che l’ho fatto per necessità narrative…Ora smetto di annoiarvi, vi auguro una buona lettura e non esitate a farmi presente di eventuali errori!!!
Il protagonista è, in parte, un omaggio a Jack Sparrow...


Capitolo 1: Tutto ebbe inizio quando…

Il sole aveva da poco fatto capolino dall'orizzonte illuminando il cielo d'oriente di una luce rosata in netto contrasto con le masse blu delle nuvole che coprivano a tratti il cielo; il mare placido rimaneva una sconfinata distesa scura, in quelle ore, più che di notte, incuteva timore a chi non si fosse ormai abituato a fronteggiarlo.
Nonostante la sua relativamente breve esperienza, il capitan Michael Brown era uno di questi uomini, si esponeva al vento frizzante della mattina dalla prua della sua caracca pirata appena rimessa in sesto al porto di Tortuga; scrutava l'orizzonte in cerca di un segno di vita da parte di qualche nave mercantile in rotta per Port Royale.
«Non avete ancora rinunciato ad avvistare qualcosa, eh?» gli chiese beffardo Sean, un omone pelato sulla quarantina con parecchi denti d'oro (a quanto diceva) che gli davano un'aria poco affidabile anche quando sorrideva.
«Vedrete che prima o poi succederà qualcosa ed allora mi dovrete delle scuse!» affermò Michael girandosi ad osservare l'amico, in confronto al quale era di corporatura più esile nonostante fosse più alto ma soprattutto poteva vantarsi della sua folta chioma di capelli nerissimi e dei suoi denti insolitamente candidi.
Michael passò oltre spostandosi per il ponte a controllare le funi, facendosi strada fra l'equipaggio che già lavorava sulla nave; ogni uomo, per quanto terribile e forte fosse, lo salutava con rispetto quando lo incrociava: era una piacevole sensazione sentirsi stimato, anche se per ottenere il rispetto di quella gente molto poco raccomandabile, aveva dovuto macchiarsi di peccati irripetibili.
«Io ti ripeto che è un rischio inutile restare così vicini a Port Royale!» continuò Sean seguendolo, era uno dei pochi che si potesse permettere un simile linguaggio colloquiale con Michael dato che le loro storie si erano incrociate molto tempo addietro a Cartagena durante una piccola scorribanda.
Il capitano non lo degnò di una risposta sporgendosi invece a poppa, ma anche da quella prospettiva il mare era piatto, fatta eccezione per la scia lasciata dall'imbarcazione che si allungava per parecchie miglia.
Il capitano emise un sospiro deluso, erano ormai parecchi giorni che tentavano di incrociare la rotta di un qualche mercantile, ma forse aveva davvero sbagliato i suoi calcoli restando così vicino a Port Royale; d'altra parte in quei dieci anni di attività si era guadagnato un bel po' di attenzione da parte della Compagnia delle Indie britannica.
«Nave dritta a prua!» annunciò con la sua voce squillante da ragazzino Jonatan dalla coffa, interrompendo, in modo tutt'altro che spiacevole, i suoi pensieri. Il capitano rivolse lo sguardo alla coffa togliendosi il cappello nero adornato da un ciuffo di piume rosse a mo' di ringraziamento al ragazzino di tredici anni che gli aveva appena illuminato la giornata, rivolse poi un sorriso beffardo a Sean prima di dirigersi alla suddetta prua.
Arrivato sfoderò il suo cannocchiale e dopo una breve ricerca scorse gli alberi di una nave che incrociava la loro rotta.
«Si direbbe un flute...» constatò con un lieve sorriso passando poi il cannocchiale a Sean.
«Un flute, sì! E da come è basso si direbbe anche bello carico!» aggiunse raggiante Sean ridando il cannocchiale al legittimo proprietario.
«Ordini?» chiese poi impaziente mentre tutto l'equipaggio puntava gli occhi su Michael.
«Beh, il flute è inglese, issate la bandiera inglese e correggete la rotta per farla convergere con quella del flute!» ordinò con semplicità lui senza nemmeno guardare l'equipaggio che già si metteva ai propri posti «Ah, dimenticavo, caricate i cannoni e qualcuno mi porti le mie pistole!» aggiunse poi sempre scrutando la preda che procedeva lenta verso di loro, ignorando il pericolo che la attendeva.
Dopo poco Duffy, un uomo poco più vecchio di lui dai capelli lunghi ed unti con le due spade che tintinnavano sbatacchiando sui suoi fianchi, gli porse le due pistole che lui portava sempre con sé sorridendogli e mostrandogli i suoi molti denti marci.
Il capitano prese la cintura che univa le due armi, personalizzate e modificate da lui stesso, a canna doppia, legandosele alla vita, cariche e pronte all'uso; poi rimase in attesa di raggiungere il flute mentre la sua caracca, la Dark Light, si inclinava leggermente di lato per intercettare la rotta dell'altra nave.
Dopo un'attesa quantomeno distruttiva, il flute era ormai distante poche centinaia di metri, Michael prese il cannocchiale, localizzando il capitado dell'altra imbarcazione che a sua volta lo scrutava da prua, lui sventolò il cappello per salutarlo, cercando di apparire innocuo, l'altro non diede risposta ma, al contrario, diede una qualche istruzione al timoniere correggendo la rotta per allontanarsi dalla nave: evidentemente la loro manovra avventata per avvicinarsi li aveva insospettiti.
Michael non diede importanza alla manovra, in fondo il flute stava esponendo il fianco ed ora era a portata di cannone, piuttosto portò lo sguardo sull'equipaggio di cui la nave sembrava scarseggiare.
«Bene!» disse riponendo il cannocchiale «Mostriamo loro la vera faccia della Dark Light! Fuori i cannoni!» urlò, subito acclamato dall'equipaggio che salì sul ponte munito di fucili e sciabole sguainate, il timoniere, ormai abituato, fece virare la nave per permettere una mira migliore ai cannoni, con un sonoro schianto i portelli si sollevarono mostrando minacciosi i quaranta pezzi d'artiglieria della caracca.
«Issate la bandiera!» ordinò poi senza fretta vista la lentezza del flute; le urla eccitate dei pirati quasi coprivano la sua voce mentre la bandiera inglese veniva sostituita con la bandiera della ciurma di Michael: un teschio su sfondo nero con in bocca un rubino rosso sangue che osservava minaccioso l'altra nave.
«Fuoco!!» urlò poi. Il suo ordine venne riferito sotto-coperta e, con un rombo assordante, tutti i cannoni di destra, rigorosamente caricati a mitraglia, fecero fuoco: la nave si inclinò per il portentoso rinculo mentre un fumo bianco e denso dall'odore acre della polvere da sparo copriva il flute alla visuale della caracca.
«Virate ed avvicinatevi a quei mammalucchi!» ordinò poi al timoniere, con un sorriso crudele dipinto in volto, in piena estasi guerriera. Con una stretta e brusca virata la nave oltrepassò la bianca cortina avvicinandosi velocemente al flute che intanto aveva estratto i cannoni; il fianco esposto ai pirati risultava tutto bucherellato dalle scariche delle batterie e gran parte dell'equipaggio era stato macellato dalle micidiali rose di piombo.
Appena la caracca fu abbastanza vicina, l'altra imbarcazione fece fuoco con le sue poche batterie e istintivamente Michael si abbassò tenendosi il cappello mentre le palle di cannone colpivano la barca alzando migliaia di schegge lignee. I pirati urlarono per la sorpresa, poi più forte per la rabbia: la paratia era semi-distrutta e l'albero di mezzana era stato danneggiato compromettendo la velocità di crociera.
«Fategli assaggiare un po' di piombo!» ordinò il capitano: ancora una volta i cannoni spararono assordandoli tutti, appena il fumo si diradò i pirati notarono con esultanza che l'equipaggio si era ridotto ad ormai una decina di individui.
«Prepararsi all'arrembaggio!» urlò raggiante Michael incoraggiato dalle grida dei suoi uomini. Mentre la caracca si avvicinava minacciosa al flute inerme, i pirati mulinavano urlanti le sciabole ed i fucili, impazienti di saziarsi del sangue dei marinai dell'altra barca.
Quando ormai la caracca stava per accostarsi, con un grido che coprì quello selvaggio dei pirati, decine e decine di uomini, anzi, soldati in divisa blu, sciamarono fuori dalla coperta, schierandosi poi ai lati del flute, coi fucili puntati.
«Non è proprio il carico che mi aspettavo...» commentò Michael mentre il sorriso gli svaniva dal volto, quei soldati inglesi superavano di molto il numero della sua ciurma: doveva allontanarsi immediatamente. «Via di qui e in fretta!» urlò al timoniere. Contemporaneamente i soldati fecero fuoco coi fucili e i proiettili sibilarono attorno al capo del capitano mentre qualche uomo cadeva in mare, fulminato, alcuni suoi uomini risposero al fuoco mentre gli altri prendevano i posti di manovra.
«Caricate i cannoni, affondate quella bagnarola!» ordinò aggrappandosi poi ad una fune dell'albero di bompresso mentre la caracca compiva una strettissima virata per allontanarsi inclinandosi pericolosamente di lato.
«Nave a prua!» gridò Jonatan; tutti, immediatamente, si girarono e videro una nave molto più grossa che si avvicinava minacciosa alla caracca: un possente galeone da guerra con una cinquantina di cannoni puntava dritto verso di loro. Michael rimase paralizzato per lo shock: la marina inglese gli aveva teso una trappola micidiale, senza via d'uscita. Per scostarsi dal flute, erano andati contro-vento, mentre il galeone li raggiungeva frontalmente, sospinto dalla brezza.
Un rombo simile a cento tuoni interruppe le sue riflessioni, le palle da cannone fischiarono rumorosamente sulle loro teste: erano palle incatenate e si impigliarono negli alberi, spezzandone gli alberetti e squarciando le vele.
«Maledetti bastardi!!» inveì Michael contro l’equipaggio del flute. Ora la nave, già contro vento, era completamente immobile ed inerme, ormai lo scontro col veliero era inevitabile.
«Fuoco al mio ordine!»disse e tutti i pirati rimasero col fiato sospeso mentre l’imponente nave gli sfilava davanti sovrastandoli con la sua mole.
«Fuuuoooco!!» sbraitò; le batterie della caracca fecero fuoco una dopo l’altra distruggendo e storpiando il fianco del galeone, eppure la nave sembrava incassare i colpi senza nessuna conseguenza.
I cannoni tacquero e poi fu il turno del galeone armato con cannoni più pesanti e potenti. Con un rombo assordante che li investì quasi in modo fisico, la caracca si inclinò quasi a rovesciarsi tremando sotto le palle di piombo, schegge di ogni dimensione si sollevarono in aria, alcuni dei suoi uomini vennero spazzati via, presi in pieno. La scarica sembrava non finire mai, ma alla fine un silenzio, assordante quasi quanto il rombo dei cannoni, calò sulla nave; l’albero di trinchetto pendeva fuori bordo, sbilanciando tutta la caracca col fianco dilaniato dalle palle di piombo, l’intera nave era avvolta dal fumo e dall’odore della polvere da sparo.
Tutti i pirati rimasero a guardarsi sbigottiti, Michael tremava di rabbia vedendo la sua nave rovinata. Delle urla spezzarono il silenzio mentre i soldati del galeone abbordavano la caracca grazie a delle funi; Michael lanciò un grido quasi disumano lanciandosi all’assalto sguainando la spada, un soldato gli si parò davanti menando un fendente verticale, lui lo bloccò senza problemi e con una spinta lo fece arretrare trafiggendolo poi con un affondo, il soldato si piegò in due con un rantolo; il capitano estrasse la spada passando al prossimo soldato che gli dava le spalle, con un grido gli trafisse un polmone. Continuarono così per parecchio tempo, tenendo testa ai soldati fino a impregnare il ponte di sangue.
Michael stava duellando con un soldato quando, con la coda dell’occhio, vide un lampo di luce, con un balzo si sottrasse al fendente rimettendosi poi in guardia a fronteggiare il nuovo avversario.
Si trovò davanti un uomo della sua età, biondo con gli occhi verdi e furbi, magro, ma muscoloso.
«Mi concede l’onore?» gli chiese quello tentando un affondo.
«Come potrei rifiutare un duello col capitano Cromwell?» rispose lui deviando il colpo e rispondendo, ma quello arretrò di un passo e la lama si limitò a sfiorarlo, poi tornò avanti con un fendente obliquo. Michael fermò la spada facendo incrociare le lame, applicando forza crescente.
«Commodoro, ora!» precisò l’altro disimpegnandosi con una piroetta alla quale seguirono altri veloci scambi.
«Oh, vi siete ripreso bene dall’incidente a Charles Town!» commentò il pirata in un momento di pausa prima di tornare a duellare. Il commodoro fece una smorfia ricordando la sconfitta del suo bastimento che aveva tentato di fermare Michael nei pressi della città.
Michael tentò di prevalere sull’avversario con la forza, ma quello era molto più veloce di lui ed evitava tutti i confronti diretti con la sua lama, attaccandolo con fendenti mirati e rapidi.
Dopo un po’ si rese conto che il commodoro stava per avere la meglio, allora tentò un affondo, ma l’altro lo eluse replicando con un fendente. Michael lo deviò appena in tempo, la lama però gli procurò un profondo taglio sulla spalla; il capitano arretrò, si concesse un attimo per riprendersi e tornò all’attacco con tutta la forza che gli rimaneva. La sua lama si abbatteva come un maglio sulla guardia di Cromwell che aveva la faccia contorta nello sforzo di resistere. Alla fine riuscì a disimpegnarsi tentando poi di trafiggere la spalla del nemico: quella mossa però, offrì l’occasione a Michael di incrociare le lame e con un sonoro stridio le spade si bloccarono. I due erano faccia a faccia, Michael con un sorriso tirato, consapevole della sua superiorità fisica, e il commodoro con la faccia rossa e contratta.
«Sei finito!»gli disse Michael con voce gracchiante per il prolungato sforzo; lentamente le due spade si avvicinavano alla faccia di Cromwell, spinte dalla forza di Michael.
Il capitano rivolse al commodoro un sorriso beffardo, sicuro della sua vittoria, ma sottovalutò l'agilità del suo avversario: infatti quello si disimpegnò e, prima che la spada del pirata lo raggiungesse, gli trafisse con la punta della lama la mano.
Il pirata si lasciò sfuggire un piccolo grido di dolore e lasciò cadere la spada. Spalancò gli occhi accorgendosi del suo errore, tentando di recuperare l'arma, ma la punta della sciabola del commodoro lo bloccò permettendo all’inglese di impossessarsene.
«Bell’arma!» commentò col fiato corto osservando la spada del pirata, ne inclinò la lama e la luce, in quel modo, creò dei riflessi rossi sul metallo.
«Ecco perché vi chiamano Spada Rossa!» aggiunse riportando lo sguardo sul pirata.
«Lusingato che vi ricordiate il mio soprannome...»ribatté lui con finta allegria «Beh, immagino di aver perso...» aggiunse aprendo le braccia in segno di resa, poi, con uno scatto fulmineo estrasse le due pistole caricandole e puntandole verso il viso del commodoro.
Cromwell non smise di sorridere, anzi, con un cenno del capo, invitò il pirata a guardarsi attorno: solo allora Michael si accorse che tutti i suoi uomini erano disarmati ed inermi, il pirata alzò le spalle tenendo le armi puntate sul nemico.
«Meglio andarsene con stile!» disse preparandosi a far fuoco, improvvisamente negli occhi gli esplosero migliaia di luci colorate, cadde a terra, colto da un dolore lancinante e l'ultima cosa che sentì fu il tonfo del suo corpo che si accasciava, svenuto, sul ponte.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Port Royale ***


Ecco il secondo (lunghissimo) capitolo, voglio ringraziare tutti quelli che hanno commentato il primo, riguardo alla parte finale del capitolo non aspettatevi molte situazioni del genere (non sono pratico di queste cose…) ma spero apprezziate quel poco che ho scritto, buona lettura!

Capitolo 2: Port Royale


Si risvegliò lentamente dal profondo sonno in cui era caduto. Subito avvertì un forte dolore alla nuca, grugnì, cercando di mettere a fuoco qualcosa, ma non riusciva a vedere nulla. La stanza in cui si trovava era buia e puzzolente ed ondeggiava forte, tentò di alzarsi ma fu costretto al suolo di ruvido legno da delle pesanti catene.
Il tintinnio metallico che provocò creò del movimento attorno a lui.
«Vi siete svegliato infine!» disse una profonda voce vicino a lui.
«Sean?» azzardò il capitano.
«Sì, sono io.» confermò l'omone avvicinandoglisi più possibile.
«Cos'è successo?» gli domandò Michael, tentando di far ordine nella sua mente.
«Beh, durante l'attacco vi hanno colpito alla testa con un fucile, siete svenuto e poi ci hanno rinchiusi qui. Credo ci portino a Port Royale.» rispose Sean a voce rauca e bassa.
«Siamo a bordo del galeone?» chiese ancora.
«Sì, capitano.» gli rispose quello.
«Ho sete...» disse Michael osservando la stanza in cui era chiuso, ora distingueva le figure dei suoi uomini incatenati al muro, un po' di luce entrava dalle travi delle pareti, dovevano essere ai lati della nave.
«Tutti hanno sete, qui ci danno pochissima acqua...» disse Sean.
«Chi è rimasto di noi?» domandò il capitano.
«Siamo in dieci: voi, io, Jonatan, Duffy, il nostro timoniere Jona...» rispose facendo l'elenco dei presenti, troppo stanchi per rispondere.
Dopo questo breve discorso, il capitano tornò a sonnecchiare per risparmiare energie, cullato dal rollare della nave.
Ogni giorno, sempre puntualmente, il carceriere portava loro un bicchiere d'acqua ed occasionalmente un tozzo di pane. Questo permise a Michael di tenere conto dei giorni che passava a bordo del veliero, il quale navigava piuttosto lento; il viaggio durò una settimana, durante la quale la sete fu una compagna inseparabile.
Il sonno, nel quale il capitano restava immerso per la quasi totalità del giorno, fu interrotto dal cigolio del cancello di metallo sull'entrata della loro prigione. Accompagnata da due soldati armati, la figura bassa e tarchiata del carceriere sgattaiolò dentro scrutandoli con sguardo torvo prima di staccare le loro catene dai ganci che le trattenevano alle pareti.
«Alzatevi, topi di fogna!» ordinò loro con disprezzo. I pirati, stanchi e debilitati, obbedirono, poi sull'ordine dei soldati, uscirono fuori dalla stanza ritrovandosi a percorrere in fila indiana i corridoi della coperta del galeone inglese: erano stretti, ma caldi.
Li fecero uscire sul ponte e subito Michael respirò con avidità l'aria pura dell'esterno, che gli ridiede forza e lucidità dopo tutti quei giorni passati al buio a patire fame e sete.
Ai suoi occhi la luce diurna sembrava insopportabile nonostante fosse una giornata di nebbia, mentre percorrevano il ponte della nave il capitano si accorse di essere a Port Royale; la nebbia celava le moltissime case in muratura che si stendevano oltre l'enorme porto, ricco di grandi navi mercantili.
Nonostante il maltempo il porto era in pieno fermento: affari, probabilmente, neppure la cortina di nebbia riusciva a smorzare la vitalità, la ricchezza e la potenza che la città trasmetteva solo a guardarla.
Tramite una passerella traballante i pirati scesero a terra dove degli altri soldati in divisa rossa li aspettavano, schierandosi al loro fianco, li condussero per le vie labirintiche ed affollate del borgo.
Era umiliante vedere gli sguardi sprezzanti e disgustati della gente quando li vedevano passare. Quegli uomini che venivano condotti alla prigione, perché solo quella poteva essere la loro meta, non erano gli stessi, fieri e feroci, che poco tempo addietro avevano solcato i mari incuranti dei bastimenti da guerra che li inseguivano: ora erano delle figure piegate in due per il peso delle catene che li legavano come il fato, sporchi, dai vestiti laceri e le facce pallide ed ossute, dai passi strascicanti.
In fine arrivarono alla prigione, un edificio massiccio e rude, grigio ed austero, pieno di soldati armati o di fucile o di frusta; li condussero in una cella spaziosa ma maleodorante e umida col pavimento coperto di paglia; ce ne erano altre tre più piccole in quell'ala della prigione.
I soldati li liberarono dalle opprimenti catene e li costrinsero poi ad entrare nella cella, un silenzio afflitto e sonnolento calò sui pirati quando i soldati li lasciarono.


Era il terzo giorno di reclusione, anche lì l'ospitalità non era delle migliori, però non soffrivano più la sete né la fame, dalla piccola finestra situata poco più in basso del soffitto giungevano i rumori degli altri detenuti che sgobbavano ai lavori forzati nel cortile della galera.
«Maledizione, non ce la faccio più a rimanere chiuso qui dentro!» esclamò tutto d'un tratto Jona, coi pugni serrati attorno alle fredde sbarre della cella.
«Datti una calmata, non serve a nulla scaldarsi.» gli disse Michael, disteso sul pagliericcio sporco, con gli occhi che fissavano il soffitto.
«Meglio qui che sulla forca!» commentò Duffy mentre giocherellava col suo occhio di vetro.
«Non ne sarei tanto sicuro...» ribatté Sean, coi suoi tanti anni di onesta pirateria, abituato a scorrazzare liberamente per il mare sconfinato: soffriva più di tutti la reclusione.
Del resto l'isolamento e la monotonia delle giornate erano un nemico peggiore di quello che li attendeva alla forca, dove erano sicuri di finire prima o poi.
«Vorrei sapere perché non ci mandano ai lavori forzati...» si domandò ad alta voce Michael, sempre fissando il soffitto scrostato.
Dei passi interruppero le sue riflessioni, tutti si girarono verso l'entrata del corridoio scorgendo il carceriere, questa volta un uomo robusto e tozzo, venire verso di loro, scortato da due soldati.
Si fermò davanti alla loro cella, salutandoli con un bonario sorriso.
«State indietro!»intimarono i soldati allontanando Jona e Sean dalle sbarre mentre il carceriere apriva la cella con un sonoro stridio.
«Ebbene, Michael Brown è pregato di seguirci.» annunciò il carceriere.
Ci fu un modesto mormorio di stupore mentre il capitano si alzava e si dirigeva, barcollando per la prolungata inattività, verso il carceriere.
«Dove mi portate di bello?» chiese il pirata ai soldati, che però non lo degnarono di uno sguardo, così il capitano spostò altrove la sua attenzione.
Percorsero i labirintici ed umidi corridoi della galera, a mano a mano che passavano i detenuti di ogni cella li guardavano con aria torva, a volte spenta o con la scintilla della follia negli occhi.
Alla fine uscirono all'esterno, era una bella giornata, col cielo sgombro ed il sole caldo ed abbacinante, lo spiazzo della prigione era vasto e pavimentato, senza alberi; poco più in là della loro posizione altri detenuti lavoravano su delle impalcature necessarie a chissà quale scopo mentre i soldati, di sotto, li spronavano facendo schioccare la frusta, i limiti del cortile erano recintati con pesanti inferriate.
I soldati lo scortarono verso l'uscita del cortile per poi proseguire in un sentiero lastricato sotto il sole battente che però al pirata non dispiaceva, anzi, gli ridava vigore e lucidità; dopo qualche minuto di camminata in perfetto silenzio arrivarono al palazzo del Governatore.
Il capitano emise un fischio d'approvazione davanti alla struttura, era un edificio enorme che si estendeva su quattro piani, un'edera gli si arrampicava sui muri fino al tetto verde opaco, le finestre erano grandi e incorniciate da splendidi bassorilievi.
Passarono la porta di legno sull'entrata ritrovandosi in un corridoio arredato con sfarzo, pavimento a scacchiera, grandi dipinti sulle pareti e lussuosi lampadari. Salirono fino al quarto piano senza incrociare anima viva.
I soldati si fermarono davanti ad una porta di legno massiccia, probabilmente in quercia rossa, uno di loro avanzò e bussò con discrezione.
«Avanti!» disse una voce maschile oltre la porta.
Il soldato girò la maniglia e fece entrare il pirata, da dietro alla sua scrivania piena di fogli compilati e non, il Governatore Courney si alzò ad accoglierlo nel suo ricco abito rosso pieno di ricamature dorate, con la parrucca bianca che gli scendeva fin sulle spalle.
«Oh, che piacere... Spada Rossa, Michael Brown!» disse con un sorriso conciliante.
«E' un onore essere ricevuto dal governatore in persona!» ribatté con sarcasmo il pirata.
«Suvvia, toglietegli quelle manette e lasciateci soli.» ordinò il Governatore e subito i soldati tolsero le manette al pirata uscendo poi dalla stanza.
«Grazie!» disse loro Michael prima che uscissero massaggiandosi i polsi, approfittò di quel momento per guardarsi attorno, lo studio non era molto grande e diventava soffocante con tutti i mobili che lo arredavano: un tavolino con bottiglie di rhum, scaffali ai lati della stanza ricchi di forzieri chiusi, dipinti, una testa di cervo impagliato... solo allora Michael si accorse della presenza di Cromwell, appoggiato ad una libreria, il quale, in silenzio, vedendosi notato, salutò il capitano con un sorrisetto.
«Ebbene, cosa vi ha spinto a far venire un pirata nella vostra... umile dimora?» chiese Spada Rossa avvicinandosi al Governatore.
«Un pirata, dite bene...» rispose quello allontanandosi e prendendo a camminare apparentemente distratto per la camera «…perché è di questo che siete accusato, ed immagino ben sappiate cosa attende i pirati come voi...» aggiunse guardandolo con sguardo penetrante.
«Sapete, si dice che l'impiccagione sia uno dei modi più orribili per morire....» continuò giocherellando distrattamente con una pistola fino a poco prima appesa alla parete «La corda che vi si stringe attorno al collo, lacerandovi al pelle, il sangue che affluisce al viso, il crescente bisogno di respirare...» disse, il pirata si massaggiò istintivamente il collo «Dopo poco il vostro cervello comincerà ad urlare "aria!aria!" ed alla fine, dopo una lunga agonia sopraggiungerà la morte...» terminò con voce greve.
Il capitano deglutì, scosso, poi riprese a sorridere.
«Ovviamente voi non permetterete che io vada incontro ad una così orrenda morte....» azzardò con ironia.
«Infatti.» confermò il Governatore, lasciando il pirata di stucco; dopo un primo momento di shock Michael si mise a lavoro per intercettare i pensieri di Courney.
«Mi sono detto, perché non dare, per una volta, la possibilità ad un pirata di rimettersi sulla retta via?» raccontò avvicinandosi al tavolino coi liquori, afferrò una bottiglia contenente un liquido ambrato e due bicchieri.
«Dunque vorreste salvarmi dalla forca?» domandò Spada Rossa avvicinandosi con aria guardinga.
«Esatto.» confermò l'altro porgendo un bicchiere pieno di liquore al pirata, quello, dopo aver osservato con aria disgustata il bicchiere, scostò la mano del governatore afferrando al bottiglia.
Il Governatore attese che Michael bevesse qualche generoso sorso del liquido prima di continuare come se nulla fosse.
«Ovviamente, per l'enorme favore che vi faccio, ho bisogno che mi dimostriate che siete degno della grazia...» disse, il pirata smise di bere girandosi insospettito verso il Governatore.
«E cosa dovrei fare per dimostrare la mia buona fede?» chiese dubbioso.
«Uccidere il pirata Daniel Ritch, meglio noto come SoleNero.» rispose dopo un breve momento il Governatore, il pirata lo guardò come se non avesse inteso bene, ma vedendo le facce serie degli altri due, si rese conto di aver capito bene e nascose la sua preoccupazione sotto un'espressione serena.
«Perdonate la mia curiosità, ma il suddetto pirata agisce a nord dei vostri possedimenti, nelle colonie Olandesi, che interesse avete ad eliminarlo?» domandò ancora sbigottito.
«Risponderò io alla vostra domanda» disse il commodoro, parlando per la prima volta «Come ben sapete, in questo periodo fra l'Inghilterra e l'Olanda, c'è molta tensione...» continuò, aspettando che il pirata annuisse prima di continuare.
«Ebbene, l'Olanda è sul piede di guerra e sta radunando una flotta per attaccare le nostre colonie.» spiegò con aria mesta.
«Ma la vostra flotta è molto più potente, non vedo perché...» cominciò, subito zittito da un secco gesto del commodoro.
«Dite il vero, non dovremmo temere la flotta olandese, sennonché in tempi recenti l'Olanda ha stretto un patto con SoleNero, una spia ci ha riferito che, se egli si limita ad attaccare i convogli inglesi può tenersi tutto il bottino ed evitare la caccia da parte della marina olandese.» continuò guardando fuori dalla finestra dietro la scrivania del governatore.
«Supponiamo che Daniel Ritch aiuti gli olandesi in caso di guerra e, come ben sapete, Ritch ha una sua piccola flotta, rapida e potente che sarebbe un fastidio per noi.» aggiunse con una lieve smorfia al pensiero «Naturalmente non possiamo attaccare con le nostre navi il pirata in territorio olandese, per questo chiediamo la vostra collaborazione...» terminò tornando a guardare il pirata.
«Per evitare che ve la diate a gambe il commodoro vi accompagnerà nell'impresa.» aggiunse il Governatore.
Il pirata sorrise al commodoro, seppur poco lieto di averlo alle costole.
«Rendete inoffensivo Ritch prima della guerra e vi sarà data la grazia, a voi ed alla vostra ciurma, i modi ed i mezzi li lascio a voi.» aggiunse.
«Allora acc..» iniziò il commodoro, interrotto dalla porta che si aprì, tutti si girarono di scatto, sorpresi, sulla soglia stava una ragazza, lussuosamente vestita, dai lunghi capelli rossi raccolti in una coda e gli occhi azzurri, il viso delicato ma forte, doveva avere vent'anni, i suoi occhi splendidi e quelli del pirata che gli stava davanti si incrociarono lasciando entrambi scossi.
Lui era di fronte ad una ragazza stupendamente bella e ricca e lei di fronte ad un ragazzo nel fiore dell'età che, nonostante il soggiorno in galera, risultava ancora bello, coi capelli folti, i denti bianchi e il corpo tornito.
«Isabella, figlia mia, cosa c'è ora?» le chiese con una nota di disperazione il Governatore interrompendo i due, intenti a studiarsi.
«Morin, la serva, ha rotto il mio splendido vaso di Singapore, pretendo che venga cacciata!» spiegò lei evidentemente furiosa.
"E così è la figlia del Governatore... interessante..." pensò il pirata con un lieve sorriso sempre osservandola.
«Ci penserò poi, ora non posso, ti prego va' via.» le rispose seccato Courney; la ragazza fece un'espressione contrariata, poi arretrò, fece un inchino al padre ed al commodoro e girandosi, prima di uscire, lanciò un languido sguardo a Michael.
«Stavamo dicendo?» chiese il pirata tornando ad osservare il commodoro.
«Giusto...allora, accettate?» domandò il commodoro con un sorriso incoraggiante.
“Altro che grazia…se m’imbarco in questa cosa rischio di farmi far la pelle da Ritch…e di far tornare lui…ma, dovendo scegliere fra una probabile morte e una sicura…” ragionò per qualche istante Spada Rossa sotto gli sguardi ansiosi dei presenti.
«Molto bene, accetto!»disse il pirata posando la bottiglia di prima, ormai vuota, sulla scrivania del governatore.
«Ebbene…» disse Courney sedendosi, rilassato «La vostra nave è in riparazione, sarà pronta fra due settimane, nel frattempo potrete girare libero per la città.» spiegò.
«Ed i miei uomini?» chiese Spada Rossa.
«Resteranno qua fino alla partenza, come assicurazione sulla vostra fuga» disse Cromwell.
«Bene, bene, allora… dal momento che sono libero, potrei riavere i miei effetti personali?» chiese il pirata portando le mani al petto nudo per enfatizzare le sue parole.
«Certamente.» assicurò il Governatore «Gerald!» chiamò, subito entrò nella stanza un servitore evidentemente rimasto in attesa «Porta gli effetti del signor Brown.» ordinò al servitore che, con un inchino si congedò, tornando poco dopo con tutto quello che il pirata aveva prima di essere catturato, probabilmente avevano dato per scontata la sua scelta.
Si vestì in fretta con un sorriso soddisfatto nel sentirsi ancora i suoi abiti addosso, poi tastò la tasca destra della giacca, scoprendola vuota si avvicinò al servo.
«Non è che avete dimenticato qualcosa?» gli domandò scrutandolo torvo, senza contare che il servo era più basso di tutta la testa.
«No, signore...»rispose timidamente Gerald, il pirata avvicinò la sua bocca all'orecchio dell'altro.
«Sicuro, sai c'era un sacchetto con cinquanta dobloni d'oro nella mia giacca...?» spiegò, con finto fare conciliante.
«Sarà andato perso...» si difese il servo.
«Uhm, non è che te lo sei messo...» disse piano «In tasca?» concluse alzando la mano contenente un sacchetto pieno di monete appena prelevato dalla tasca di Gerald, quello, con aria mortificata, scomparve oltre la soglia della porta.
«E' stato un piacere conoscervi!» disse al Governatore, poi salutò i due uomini sfiorandosi il cappello ed uscì gongolante dalla stanza, con la spada che tintinnava ad ogni suo passo.
Percorse in fretta il corridoi della casa, desideroso di trovarsi all'esterno, proprio mentre allungava la mano per aprire la porta dell'uscita, una voce lo bloccò.
«Aspettate di grazia!» lo pregò una serva anziana ed in carne che correva verso di lui, Michael si bloccò, sorpreso, quando lo raggiunse, gli porse un biglietto.
«Da parte di Miss. Courney.» disse semplicemente allontanandosi immediatamente, il capitano fece un sorriso divertito aprendo il biglietto.

Sarebbe per me un vero piacere potervi parlare in privato, che ne dite se ci vedessimo domani alle quattro di pomeriggio alla collina con la chiesa abbandonata di S. Juan?

Le parole erano scritte in bella calligrafia ed il foglio aveva un vago profumo femminile, un profumo che il pirata non sentiva da tempo.
Il capitano ridacchiò ad un simile invito uscendo all'aria aperta, respirando a pieni polmoni la brezza che portava con sé l'odore della libertà.


Era quasi arrivato in cima alla collina dove doveva trovarsi il luogo d'incontro con Isabella; aveva passato il giorno prima a girare per la città, si era comprato un pranzo abbondante e dei vestiti nuovi, poi aveva chiesto informazioni su dove fosse la suddetta chiesa ed aveva preso alloggio in una locanda di periferia.
Arrivò in cima e tirò un sospiro di sollievo, proprio lì sorgeva la chiesa, un edificio semi-distrutto ed invaso dalle erbacce e dai rampicanti, solo il campanile era intatto e si ergeva fiero a dominare la baia al di sotto della collina.
Da quel punto si aveva un magnifico panorama del mare calmo e placido sotto il sole calante.
«Vi aspettavo mezz'ora fa...»disse un voce alle sue spalle, il pirata si girò di scatto, colto di sorpresa, davanti a lui, appena uscita dalla chiesa in rovina, stava Isabella, magnifica, con un abito dorato che sembrava risplendere di luce propria riflettendo i raggi solari, i suoi occhi, grandi e profondi, lo guardavano con malizia.
«Perdonatemi, mi si deve essere rotto l'orologio.» affermò lui con un sorriso, Isabella ridacchiò avvicinandoglisi fino a quasi sfiorarlo.
«Allora Miss. Courney, cosa vi spinge a chiedere un incontro con un uomo come me?» chiese Michael scrutandola dall'alto in basso con un sorriso soddisfatto in volto.
«Mi chiedevo cosa si provasse a conoscere un pirata...» rispose semplicemente lei, era stata, in effetti, più la voglia di trasgressione, il gusto del pericolo che l'attrazione fisica a farle scegliere di incontrare quell'uomo.
Si sedette sull'erba, facendo segno al capitano di sedersi affianco a lei.
«Ebbene, perché non mi parlate un po' della vostra vita da pirata?» propose lei, lui iniziò un lungo discorso descrivendo le sue prime razzie, di come avesse preso la sua barca, di come ci si sentisse a veleggiare libero per il mare...
Il sole stava ormai tramontando quando lei fu costretta ad interromperlo, mettendogli un dito sulle labbra.
«Mi dispiace, ma devo lasciarvi, ora, sennò mio padre si preoccuperà...» gli disse alzandosi e sistemandosi il vestito.
«E' un vero peccato... spero di potervi rincontrare uno di questi giorni..» rispose lui alzandosi e sperando che la ragazza accettasse.
«Se vorrete rivedermi, vi basterà tornare qui alla stessa ora, fino al giorno della vostra partenza.» rispose Isabella con un languido sorriso prima di iniziare a ridiscendere la collina.
Il capitano sorrise e si rimise a sedere, guardò il sole tramontare, ma in realtà i suoi occhi non vedevano l'astro diurno svanire oltre l'orizzonte, troppo impegnati a rievocare l'immagine di lei.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Partenza e nuovi arrivati ***


Quanta fatica per scrivere il terzo capitolo! Avrò rifatto l’inizio almeno una decina di volte!!
Spero che la mia fatica non vada sprecata e che il capitolo vi piaccia!
Un caloroso ringraziamento a coloro che hanno recensito i capitoli precedenti, grazieeee!

Capitolo 3: Partenza e nuovi arrivati


Era il giorno prima della partenza del capitano, lui ed Isabella stavano seduti fra l’erba alta nei pressi della chiesa sulla collina.
I due si stavano scambiando un bacio, un bacio lungo, silenzioso e pieno di rammarico.
In fine i due si separarono, guardandosi negli occhi alla luce del tramonto.
«Non sopporto l’idea che tu ti allontani da me…» gli disse Isabella con gli occhi prossimi alle lacrime.
«Lo sai che non posso evitarlo…» le disse Michael con espressione greve.
«Lo so…» rispose lei scoppiando in lacrime, Michael la strinse a sé, chiudendo gli occhi ed appoggiando il viso sui capelli morbidi di lei.
La ragazza era scossa da violenti singhiozzi, ognuno dei quali era una coltellata nel cuore di Michael.
Dopo qualche minuto lei si calmò, rimanendo comunque stretta nell’abbraccio del pirata, alzò la testa per guardarlo e rivolgergli un timido sorriso.
«Se tu non fossi un pirata...» disse appoggiando la guancia al suo petto e guardando il sole tramontare.
«Se non lo fossi non sarei così interessante!» ribatté il capitano.
«Vero…» disse Isabella ridacchiando «Ma potremmo sposarci e vivere una vita agiata e nel lusso!»
«Credo di sì!» disse il pirata dopo una pausa «Immagino che tuo padre sia molto ricco…»
«Oh, certo, ha possedimenti in molte isole dei Carabi, ha investito soprattutto nella produzione di zucchero e cotone nel sud, tutte attività che gli portano molti guadagni.» rispose pronta la ragazza; Michael deglutì.
«E… suppongo che tenga i suoi soldi in diverse città, vero?» chiese Spada Rossa con fare disinteressato.
«Principalmente sì… ma tiene una parte nel suo palazzo, tante monete e concessioni racchiuse in molti grossi forzieri…» raccontò Isabella.
«Ma non mi dire… e le tiene in casa tutte quelle monete?» domandò il capitano con l’acquolina in bocca.
«Sì, in un’ala nascosta del palazzo, solo io e lui abbiamo le chiavi…»
«Uhm… e così tu avresti le chiavi… e come mai le ha date a te?»
«Perché io gli avevo detto che lui non aveva fiducia in me e, per dimostrarmi il contrario, a diciotto anni, mi ha regalato le chiavi.» spiegò lei, poi lo guardò incuriosita «Ma perché me lo chiedi?»
«Curiosità!» rispose il pirata con un po’ troppa enfasi.
Lei parve convinta, poi si alzò e si rassettò il prezioso vestito.
«Ora devo andarmene…promettimi che tornerai da me!» gli disse con sguardo implorante.
«Tornerò.» affermò Michael alzandosi e guardandola sicuro negli occhi, Isabella parve rassicurarsi e lo baciò.
Il bacio quella volta durò poco. Lei se ne andò lasciandolo da solo col suo sapore ancora in bocca.


Il comandante stava dormendo tranquillo nel suo letto nella stanza della locanda, quando…
«Svegliatevi, ed in fretta anche!» gli intimò ad alta voce un uomo appena entrato facendo irrompere la luce esterna nella stanza. Michael sobbalzò e si mise a sedere, afferrando la bottiglia di rhum sul comodino e stringendola a sé, come per proteggerla.
«Chi siete e che diavolo volete?!» domandò scosso, cercando la spada a tentoni.
«Vi siete già scordato di me?» chiese l’uomo avanzando verso di lui, una volta che l’intruso gli fu davanti e gli occhi del pirata si abituarono alla luce, riconobbe il viso del commodoro.
«Commodoro!» esclamò sorpreso alzandosi ed allontanandolo per dirigersi verso l’armadio al lato della stanza «Qual buon vento?» domandò.
«La vostra nave è pronta a salpare, ci tenevo a venirvi a prendere di persona.» spiegò quello con un raggiante sorriso, mentre il pirata si vestiva.
«Beh, un attimo e potrete scortarmi al porto…» disse Michael afferrando la spada e legandosela alla cinta facendo poi lo stesso con le pistole. Afferrò poi la bottiglia con il rhum, ne prese un generoso sorso e gargarizzò, ingerendo poi la bevanda.
«L’igiene orale è importante!» si giustificò notando il commodoro che lo guardava stranito «Beh, andiamo?» chiese uscendo dalla stanza subito seguito da Cromwell.
Scesero le scale e si ritrovarono nell’ingresso della locanda, si avviarono verso l’uscita, ma furono fermati da una voce irritata.
«Il conto signor Brown…» li avvertì la proprietaria seduta dietro al bancone di legno guardandoli con aria seccata.
«Oh!» disse il capitano tornando indietro verso la vecchia, ma sveglia proprietaria «Subito!» aggiunse tirando fuori il sacchetto con le monete, guardandolo poi stranito sentendolo stranamente leggero. Lo aprì, scoprendolo vuoto, lo esaminò attentamente, senza scorgervi moneta alcuna.
Con un sorriso scherzoso lo capovolse sul bancone mentre la proprietaria assumeva un cipiglio minaccioso.
«Oh, non si preoccupi.» la rassicurò dando una pacca sulla spalla del commodoro «Il mio amico sarà felice di pagare il conto!» affermò con un sorriso candido per poi uscire dalla locanda seguito dallo sguardo sbigottito del commodoro.
«Allora?» domandò seccata la proprietaria, con uno sbuffo irritato il commodoro si accinse a pagare il conto del pirata.
Cromwell uscì sospirando dalla locanda guardando con aria minacciosa Michael.
«Mi dovete due dobloni, seppiatelo!» lo avvertì puntandogli un dito al petto, quello scostò la mano dell'ufficiale incamminandosi poi verso il porto.
«Ve li ridarò poi...» disse distratto mentre il commodoro gli si affiancava.
«Si dice che il poi sia amico del mai.» commentò quello irritato.
«Appunto!» sentenziò il pirata chiudendo poi la conversazione facendosi strada fra la gente che affollava le vie della città.
Arrivare al porto fu una liberazione per entrambi dopo l'immane calca del centro-città. Il suddetto porto era fra i più grandi esistenti: si estendeva per parecchie centinaia di metri, vi erano attraccati tutti i tipi di navi e convogli, da ogni parte si vedeva gente intenta a contrattare sul prezzo delle merci...
Nonostante la moltitudine che vi lavorava freneticamente il porto appariva quasi sgombro talmente era spazioso.
Avanzarono per qualche centinaio di metri, poi, tra la folla, Michael distinse i suoi uomini, appena usciti dalla galera.
«Capitano!» gridarono in coro avvicinandoglisi, Michael li salutò ad uno ad uno, scambiando qualche parola con ognuno, si soffermò un po' di più con Sean che sembrava fin troppo euforico di rivederlo.
«Pensavamo ci aveste abbandonati!» si lagnò quello stringendo forte le spalle del capitano, quasi temendo si trattasse di un sogno.
«Oh, non avrei mai e poi mai potuto farlo!» lo tranquillizzò Spada Rossa con un sorriso, poi scorse dietro di loro un gruppo numeroso di uomini di colore che lo guardavano con aspettativa.
«E questi?» domandò al commodoro avvicinandosi a loro e squadrandoli da capo a piedi.
«Mi sono preso la libertà di selezionare degli uomini per la sua nave... non vorrà partire con soli dieci uomini?» rispose il commodoro.
«Potevo avere in mente qualcosa del genere!» si lamentò Michael «Sono pirati anche loro?»
«Sì, il loro capitano è morto, vi seguiranno, se vorranno rimanere in vita…» rispose il commodoro.
Il capitano annuì, fece le stesse domande a tutti i neri, tenendo a mente i nomi di quelli che gli sembravano più promettenti, in tutto formavano un gruppo di circa cinquanta reclute.
Alla fine ne rimase solo più uno: era un uomo alto, muscoloso, dalla testa pelata e lucida come una palla di cannone, le sue iridi erano fredde e minacciose ed il bianco degli occhi, messo in risalto dal colorito della pelle, li rendeva ancora più temibili.
«Tu saresti?» chiese il capitano studiandolo, vedendolo da vicino ci si rendeva conto che era più vecchio di quello che sembrava e molto più muscoloso.
«Il mio nome è Zula, capitano, ma tutti mi chiamano...il Mamba...» rispose quello con voce bassa e vibrante.
«Mamba? E perché vieni chiamato così?» gli domandò Michael con un misto di curiosità ed inquietudine.
«Perché il mamba il serpente più pericoloso della mia terra.» disse quello con voce minacciosa ed un ghigno piratesco in volto.
Il capitano gli sorrise allontanandosi tornando al commodoro.
«Bene, ora dirò i nomi di quelli che voglio ingaggiare, gli altri sono pregati di levare il disturbo!» annunciò poi con un sorriso pacato, detto questo, procedette a far l'elenco dei nuovi membri della ciurma, una trentina in tutto, e Zula era uno di questi.
«Ora, che ne dite di mostrarmi la mia nave?» propose il pirata al commodoro. Mentre gli uomini scartati venivano riportati in prigione da alcuni soldati, l’ufficiale rispose con un cenno del capo, il capitano guardò nella direzione indicata, scorgendo le due navi ancorate poco distante.
«Noto che avete fatto camuffare la vostra nave, furbo!» commentò Michael avvicinandosi al galeone del commodoro. Tutta la nave era stata modificata: ora aveva una forma meno aggressiva ed i portelli dei cannoni erano stati mascherati e resi quasi invisibili, sul fianco stava la scritta Golden Wind; vista da lontano, doveva proprio sembrare una nave mercantile.
Il pirata passò oltre, arrivando alla sua nave; fece un sorriso d'approvazione vedendola rimessa a nuovo, lo scafo era stato riparato dopo lo scontro con il galeone, ma, a parte quello, nulla era cambiato.
«Ho chiesto di mettere a bordo delle batterie più potenti delle precedenti.» disse il commodoro raggiungendolo, il capitano annuì distrattamente, intento ad osservare la sua preziosa caracca.
«Aaah!» gridò poi sobbalzando all'improvviso, il commodoro lo guardò sorpreso.
«Che è quella?!» domandò indicando la bandiera che sventolava sull'albero maestro con aria disgustata.
«E' la bandiera britannica...» rispose confuso il commodoro, il pirata lo guardò dritto negli occhi, con aria minacciosa.
«Per l'appunto, e cosa ci fa sulla mia nave?» chiese il capitano con un sorrisetto isterico.
«Non penserete mica di attraccare in un porto olandese con una bandiera pirata? E poi l’avete issata spesso per i vostri attacchi ai mercantili…» disse Cromwell, a quell'affermazione il capitano si fermò a riflettere.
«Detesto dovervi dare ragione...» mugugnò prima di andare a sfiorare il fianco dell'imbarcazione, quasi a consolarla.
«Direi che siamo pronti a partire...» disse il commodoro, apprestandosi a salire sulla sua nave.
«No che non lo siamo!» disse il capitano bloccandolo.
«Come?» domandò il commodoro stupito.
«Immagino che l'unico modo per stanare SoleNero sia far pensare che la vostra sia una nave mercantile... ma a che serve una nave mercantile senza merci?» spiegò il pirata indicando il galeone, troppo alto sull'acqua per sembrare carico di merci preziose.
«Avete ragione...» ammise il commodoro, «Provvederò a comprare qualcosa al mercato...» aggiunse, ma il pirata scosse ancora una volta la testa.
«No no no, ci ho ripensato, partiamo, penseremo in seguito a questo!» annunciò, chiamando con un gesto della mano i suoi uomini e salendo sulla nave.
«Ma...» iniziò il commodoro, poi però rinunciò a protestare e salì sul galeone, il suo equipaggio, privo di uniforme, era già a bordo.
Michael, assaporò la sensazione di ritrovarsi ancora una volta a capo della Dark Light, percorrendola da poppa a prua, mentre l'equipaggio si preparava a salpare.
Bloccò per un braccio Sean che gli passava davanti e che lo guardò con aria interrogativa.
«Qualcuno ha caricato le provviste?» domandò, colto dal dubbio.
«Sì, ci ha pensato oggi il commodoro.» rispose Sean con un sorriso.
«Ed il rhum?» chiese ancora il capitano.
«Anche il rhum!» rispose ancora quello prima di allontanarsi mentre Michael annuiva soddisfatto.
La nave fu pronta in pochi minuti, le vele bianche erano tutte spiegate e gonfiate dal vento favorevole, l'imbarcazione scattò verso il mare aperto, quasi fosse impaziente di veleggiare ancora libera per il mare.
Michael se ne stava a prua, appoggiando le braccia all'albero di bompresso, spaziando con lo sguardo sull'orizzonte oceanico quando Sean lo chiamò.
«Capitano!? Abbiamo una rotta?» chiese osservandolo impaziente, quello si girò e ci pensò un attimo.
«Fate rotta per CatIsland!» rispose ricordandosi che era stata la meta decisa fra lui e Cromwell nei giorni trascorsi nella città. Tornò poi a godersi la brezza marina, Sean annuì e riferì il tutto al timoniere.
La caracca virò dolcemente, preparandosi a circumnavigare la parte nord dell'isola di Port Royale mentre il galeone la seguiva da più lontano, intralciato dalla sua stessa mole, a largo, fuori dal porto della città, le onde erano più alte e forti, la nave le fendeva con agilità, mentre il ponte vibrava come fosse vivo. Cosa poteva desiderare il capitano più di quella magnifica sensazione di libertà? ...Forse... un po' di rhum!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Ops, cima sbagliata! ***


Spero siate pronti a sorbirvi il mio ennesimo capitolo (doveva pur accadere qualcosa durante il viaggio, sennò era... banale) ad ogni modo spero di aver descritto gli avvenimenti in modo comprensibile e che vi possa piacere. Grazie a chi ha letto e commentato i capitoli precedenti!
Recensite numerosi!

Capitolo 4: Ops, cima sbagliata!


Il sole si accingeva ormai a tramontare dietro l'isola di Cuba, il capitano stava dando gli ultimi ordini per ottimizzare la navigazione: era il quarto giorno di viaggio ed avevano navigato alla massima velocità ottenibile lasciandosi alle spalle Port Royale e guadagnando un bel vantaggio sul galeone del commodoro che stentava a seguirli.
In quei gironi il capitano era stato così occupato da non toccare quasi rhum, ma ora che si accingevano a superare Tortuga, poteva prendersi una pausa e rilassarsi.
Stappò la bottiglia che si era portato dietro dalla locanda e la portò alla bocca, appoggiato al parapetto della nave.
Emise un grugnito seccato scoprendo che conteneva solo un misero sorso.
«Zula!» chiamò gettando la bottiglia in mare; il nero, impegnato a dare ordini ai suoi compagni, lo raggiunse con aria seccata.
«Potresti, gentilmente, procurarmi una bottiglia di rhum?» gli chiese Michael con un sorriso cordiale, Mamba mugugnò qualcosa prima di dirigersi sotto-coperta.
Tornò poco dopo con una bottiglia di rhum, appena uscito sul ponte, si diresse verso Michael e gliela porse.
«Grazie!» disse lui, prendendone un generoso sorso, si bloccò subito e, dopo un momento di shock, sputò il contenuto addosso al nero che arretrò, sorpreso e schifato.
«Cos'è uno scherzo?!» domandò serio Spada Rossa, portando al mano alla spada.
«Non è colpa mia se non sapete bere...» rispose quello sfiorando l'impugnatura della sciabola.
«Non fare il furbo...» disse Michael rovesciando il contenuto della bottiglia sul ponte.
«Acqua?!» esclamò Zula vedendo il liquido trasparente fuoriuscire dalla bottiglia.
«Esatto...» sentenziò il pirata buttando anche quella bottiglia in mare.
«Non è colpa sua!» si intromise Sean, che aveva assistito alla scena mentre scendeva dall'albero di maestra per sistemare una vela, Michael lo guardò con aria interrogativa.
«Ve l'ho detto, il commodoro ha caricato tutte le provviste...» spiegò scendendo, con un balzo, sul ponte.
«Vuoi dire che non abbiamo rhum?!» esclamò il capitano con espressione preoccupata mentre Sean annuiva, cupo in volto.
Michael lanciò un grido di frustrazione battendo i pugni sul parapetto. «Perché proprio il rhum?» chiese senza aspettarsi risposta, fece dei profondi respiri e si calmò girandosi a fronteggiare Zula.
«In ogni caso, dovrei punirti per la tua mancanza di rispetto!» gli disse con un sorriso amaro.
«Il mio rispetto lo si deve ottenere, non è un diritto!» ribatté il nero, gonfiando i muscoli.
«Ah, e cosa dovrei fare per ottenere il tuo rispetto?» chiese il capitano avvicinandoglisi.
«Battiti...» propose l'omone sorridendo, pronto alla lotta.
Il capitano si girò, come per pensare alla proposta, poi, con uno scatto, estrasse la lama e tentò di trafiggere il nero, che però si scansò con inaspettata prontezza.
«Ci sto!» disse Michael mentre Zula estraeva la sciabola e si lanciava all'attacco.
Il capitano parò i fendenti del nero, non senza sforzo: la sua forza era incredibile; si disimpegnò con un balzo, tentando un affondo.
Il nero arretrò, appena il capitano ritirò la lama, si abbassò leggermente, menando un fendente orizzontale per falciare i piedi al pirata.
Michael saltò, la lama fischiò sotto i suoi piedi; ancora in aria, il pirata rispose con la stessa mossa ma diretta al viso del nero. Fu troppo rapido per l'avversario: la lama fece un taglio profondo nella guancia e nella mascella di Zula spargendone il sangue sul ponte.
Il nero arretrò, sorpreso, ma il capitano non gli lasciò tregua costringendolo a rimanere in guardia con una serie di scambi velocissimi.
Zula parò un fendente orizzontale di Michael, bloccandogli lama, poi, con un verso simile ad un muggito, sferrò un calcio nello stomaco del capitano che venne catapultato qualche metro più in là.
Spada Rossa era a terra che grugniva per il dolore, in un attimo il nero gli fu addosso sovrastandolo, Michael rotolò per sottrarsi alla sua lama che rimase incastrata nel ponte.
Michael ne approfittò per rialzarsi, tentò di corrergli addosso per trafiggerlo, ma una fitta allo stomaco lo costrinse a rimanere immobile mentre Zula estraeva la spada dal legno.
Il Mamba cominciò a tempestarlo di colpi, il capitano, piegato in due per il dolore, non aveva la forza di reagire e si limitò a difendersi passivamente dai suoi colpi mentre veniva spinto verso il parapetto della nave.
Zula, con un grido feroce, tentò un affondo rapidissimo, il capitano scartò di lato evitando il colpo per un soffio, poi, con tutta la forza che gli rimaneva, sferrò un pugno al naso del nero, il colpo fu reso ancora più forte dall'impugnatura metallica sella spada che ricopriva le nocche di Michael: il nero urlò, barcollando all'indietro con la mano premuta sul naso sanguinante.
Zula si riprese quasi subito, ora furioso e determinato ad uccidere quell'uomo; Michael indietreggiava, tentando di allontanarsi dal nero che avanzava minaccioso, ma si trovò presto bloccato dal parapetto di prua, Mamba era distante meno di un metro.
Il capitano afferrò una cima e si apprestò a tagliarla, il nero, intuendo il suo piano, si aggrappò alla stessa fune; il capitano fece un sorriso soddisfatto e divertito, mollò la cima e la tagliò.
Quella, con un sonoro schiocco, si spezzò, ma, invece di trasportare Zula in alto, come si era aspettato, lo trascinò di botto verso la punta, fuori bordo, dell'albero di bompresso, il nero spalancò gli occhi, catapultato oltre il parapetto, lasciò la presa ma ormai era per metà oltre il parapetto e cadde con un tonfo in mare, sollevando mille schizzi ed inveendo contro il capitano.
«Ops! Cima sbagliata!» disse Michael ridacchiando e girandosi, solo allora si accorse che tutto l'equipaggio si era firmato per osservarli.
«Allora? Che fate lì imbambolati? Sistemate quella cima e ripescate il Mamba, su, su, scattare!! Io, intanto, vado a vedere se è pronta la cena!» disse mentre l'equipaggio si svegliava e ricominciava a lavorare, appena il comandante scese sotto-coperta, al riparo dagli sguardi altrui, si piegò per il dolore alla pancia ed appoggiandosi alla parete.
Appena la cima fu rimpiazzata, il pranzo fu servito sul ponte, l'umore era allegro e si discuteva sul duello appena avvenuto, Michael conversava amabilmente con Sean e Duffy mentre mangiava la sua minestra di pesce.
Ad un tratto tutti si girarono verso l'entrata della coperta dalla quale era appena salito qualcuno, Michael, incuriosito, si girò: sulla soglia, stava Zula, si era cambiato ed asciugato prima di venire, e lo fissava con rabbia, col petto che si gonfiava a tempo con i suoi polmoni, mostrando i possenti pettorali.
Michael, riprese a mangiare come se nulla fosse, mentre il nero avanzava minaccioso.
«Mi hai buttato fuori bordo...» disse Mamba sovrastandolo con tutta la sua statura, sembrava una montagna nera, Michael lo guardò preoccupato, bevendo un sorso d'acqua.
«Davvero...?!» si difese il capitano sorseggiando rumorosamente il brodo dal cucchiaio, il nero, alzò una mano e la avvicinò al suo collo, come per strozzarlo... poi gli diede una forte pacca sulla spalla, iniziando a ridere, mostrando dei denti bianchissimi, tutta il suo aspetto minaccioso era scomparso; Michael, lo guardò sorpreso.
«E va bene, ti sei guadagnato il mio rispetto!» gli disse Zula sempre ridendo, andando poi dai suoi amici galeotti.
Michael, gli sorrise tirando un silenzioso sospiro di sollievo, la serata trascorse fra canti e battute, tutti erano di buon umore, fu una notte perfetta che lasciò tutti assonnati e divertiti, ma, purtroppo, non brilli.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Vecchi amici a Tortuga ***


Finalmente sono riuscito a pubblicare anche questo capitolo (so che speravate di esservi liberati di me, ma non è così!). Spero di averlo scritto in modo piacevole visto che è un capitolo FONDAMENTALE per la storia, è qui che la trama inizia a diventare più interessante... e se pensavate che il Mamba fosse l'apice della mia creatività sarete costretti a ricredervi!! Ringrazio tutti coloro che hanno commentato i precedenti capitoli e spero di poter fare lo stesso col prossimo, buona lettura!!

Capitolo 5: Vecchi amici a Tortuga


Il capitano si svegliò in piena notte, al suono della campana che segnava la fine del turno di guardia, si rigirò nel suo letto che, seppur scomodo e sgualcito, era un vero privilegio in una nave pirata.
Dovevano essersi ormai lasciati dietro Tortuga, giudicò il capitano prima di iniziare a vagare col pensiero... si rizzò a sedere di scatto, ricordandosi solo ora di una cosa fondamentale, scese dal letto, afferrò la lanterna sul tavolo della sua cabina e si guardò attorno, cercando qualcosa con cui accenderla.
«Al diavolo!» esclamò uscendo dalla cabina nel buio completo correndo dove dormiva la ciurma che non stava di guardia.
«Svegliatevi, svegliatevi! Tutti ai posti di manovra, avanti!!» strillò, svegliando di soprassalto tutti i pirati che iniziarono a vestirsi in fretta.
Il capitano salì sul ponte, si avvicinò di corsa al timone, custodito da uno del turno di guardia.
«John?» azzardò il capitano raggiungendolo, quello si girò, sorpreso.
«Sono Jack, capitano...» rispose quello, un po' imbarazzato.
«Beh, non importa, correggi la rotta, si fa porto a Tortuga!» ordinò il capitano passando oltre mentre Jack faceva virare silenziosamente la caracca, intanto tutto l'equipaggio era sul ponte ed attendeva ordini.
«Avanti, accendete tutte le luci, fatevi vedere dal galeone e, orsù, spiegate tutte le vele!» ordinò Michael con fare sbrigativo, si avvicinò all'albero di mezzana, guardando verso l'alto.
«Coffa! Dov'è il commodoro?» chiese ad alta voce, attendendo la risposta di Jonatan che era di turno.
«Non è molto distante, a poppa!» rispose gridando Jonatan, Michael si diresse a poppa e prese il cannocchiale: le piccole luci del galeone li seguivano a uno o due chilometri di distanza.
"Speriamo tengano il passo..." pensò il pirata richiudendo il cannocchiale e riprendendo a spronare la ciurma.
Arrivarono a Tortuga all'alba, la città era già sveglia piena di gente intenta a divertirsi o a sbrigare faccende d'affari non proprio in regola. Il porto era molto piccolo ed affollato da tanti piccoli brigantini e pinacce tanto che la caracca fu costretta a farsi strada scostando poco gentilmente le altre imbarcazioni, accompagnata dalle proteste dei guardiani.
La nave attraccò in fine con l'aiuto di quattro uomini a terra, l'equipaggio sbarcò tramite una passerella e si radunò a terra, Michael si accinse a parlare alla ciurma.
«Allora, Duffy, Sean, Giona, Jack, Zula, resterete con me, gli altri hanno la giornata libera, ma vi voglio tutti pronti a salpare entro 'sta sera!» disse, l'equipaggio emise un grido di approvazione per poi sparpagliarsi per le vie animate della città mentre il gruppo da lui nominato gli si stringeva attorno, un po' deluso, ma senza fare domande.
Poi Michael notò Jonatan che si dirigeva, a testa china, verso di lui.
«Scusate, capitano, ma io non so che fare da solo a Tortuga, non c'è nulla che possa fare al vostro fianco?» gli chiese, quasi supplicante.
«Vedremo di trovare qualcosa.» gli rispose Michael con un sorriso rassicurante, subito ricambiato dal ragazzino.
Il galeone arrivò qualche minuto dopo, facendosi largo alla stessa maniera della caracca, Michael, corse verso il commodoro che scendeva dalla nave dando ordini con aria seccata.
«Si può sapere perché avete fatto porto?!» lo aggredì subito quello con fare irato.
«Anzitutto, perché mi avete lasciato senza rhum!» replicò il pirata con un sorriso amaro, tutti i suoi uomini emisero un sordo brontolio di protesta al ricordo.
«E poi per la faccenda delle merci, ricordate?» aggiunse poi, il commodoro spalancò gli occhi, ricordandosi di quell'affare in sospeso.
«Bene, allora sbrighiamoci a prendere queste merci e poi ripartiamo!» disse incoraggiando Michael a proseguire, ma quello scosse la testa con aria decisa.
«Prima il rhum!» disse, avviandosi poi verso il centro città, seguito dai suoi uomini, il commodoro fece per protestare, ma, alla fine, seguì il capitano con uno sbuffo.
Tortuga era una città unica nel suo genere: era costituita perlopiù da basse case in muratura, le strade erano larghe ma affollatissime fino in periferia, piene di ladri, ubriachi e prostitute.
La sporcizia si ammassava ai lati delle vie mischiando il suo fetore al tanfo di tutta quella folla poco propensa all'igiene; nella città si gestivano attività di tutti i tipi, concentrate soprattutto in periferia, per quello, nonostante fosse un borgo nato per dar modo a gente poco benmessa di divertirsi, lì il denaro scorreva a fiumi.
Si fecero largo fra la calca giungendo in un quartiere di periferia, sede delle migliori distillerie della città: c'era un gran via-vai di carri pieni di bottiglie di rhum o di botti, tutti entravano ed uscivano dalle quattro distillerie: degli edifici costituiti da due grosse cisterne nel quale la bevanda fermentava, un magazzino ed un comignolo dal quale usciva un untuoso fumo nero.
Michael si diresse senza esitazione verso la più grande delle quattro, entrò nel magazzino e si guardò attorno, in estasi: la stanza di un centinaio di metri quadri era piena fino al soffitto di casse di bottiglie di rhum, decine di servi neri si arrampicavano sulle enormi pile di liquore per portare le casse richieste sui carretti che attendevano più in basso.
«Siamo in paradiso...» disse Michael con un sospiro, un lavoratore gli si parò davanti con aria inquisitrice.
«Siete qui per comprare?» chiese squadrandoli ad uno ad uno con aria sospettosa.
«Non proprio... vorrei vedere la proprietaria.» spiegò osservando le pile di rhum Spada Rossa.
«E' occupata, non riceve visite.» disse lui secco sempre guardandoli torvo.
«Oh, capisco, gli dica che la cerca il capitano Brown!» disse Michael posando in fine lo sguardo sul nero sorridendo sicuro.
«Oh, Michael, sei tu?!» domandò emozionata una voce alle sue spalle, tutti si girarono, sulla soglia del magazzino stava una donna alta e massiccia, se non fosse stata per la sua statura sarebbe stata almeno obesa, il viso era flaccido con gli occhi piccoli e scattanti, i capelli bruni ricadevano disordinatamente sulle spalle, le labbra sorridenti ed il vestito rosso porpora perfettamente pulito e liscio, senza una piega.
«Miranda, certo che sono io!» rispose Michael con un raggiante sorriso, avvicinandosi alla donna e baciandole la mano piena di anelli sfarzosi.
«Oh, da quanto tempo è che non ti vedo?» chiese lei osservandolo meglio, mangiandoselo con gli occhi.
«Saranno due anni, non ho più avuto occasione di passare da te...» rispose semplicemente il pirata.
«Troppo!» disse lei, scuotendo la testa e conducendolo verso un tavolo presso le pile di rhum.
«Non avrai mica smesso di bere!?» chiese lei allarmata bloccandosi un attimo.
«Mio dio, no!» esclamò Michael sdegnato.
«Meno male!» disse Miranda sospirando di sollievo e sedendosi su una sedia dietro al tavolo, estrasse una chiave arrugginita dalla tasca interna del vestito ed aprì un cassetto sotto il mobile estraendone poi uno spesso libro pieno di cifre, il libro contabile, evidentemente.
«Allora, parliamo un po' d'affari...» propose lei diventando improvvisamente seria ed impugnando una penna messa immezzo al libro, intingendola nel calamaio appoggiato sul tavolo.
«Quante casse?» chiese, preparandosi a segnare le cifre sul libro e guardandolo con aria interrogativa.
«Mmh... diciamo venti!» decise dopo un attimo di riflessione il pirata, subito Miranda si mise a scribacchiare e sussurrando qualcosa fra sè e sè, calcoli, probabilmente.
«Sono dodici dobloni!» annunciò lei con un sorriso, il capitano lo ricambiò estraendo un sacchetto con delle monete, ne prese dodici e le buttò sul tavolo, facendole tintinnare allegramente.
«Grazie...» disse lei automaticamente mettendo l'incasso nel cassetto, così come il libro e richiudendolo.
«Inowi!!» urlò poi, subito un nero scese dalle pile di rhum dove stava lavorando e la raggiunse, aspettando ordini.
«Ah, dimenticavo, ci presti un carretto?» aggiunse Michael prima che Miranda parlasse, lei annuì e poi tornò al nero.
«Prendi un carretto e caricaci dodici casse di rhum per i signori...» disse lei, il nero si congedò con un piccolo inchino e scattò via.
«Allora, come stà la famiglia?» chiese Miranda con un sorriso enigmatico, il pirata smise di sorridere e e si guardò attorno a disagio: i suoi uomini ed il commodoro stavano parlottando fra di loro.
«Credo bene, ma fra non molto potrò informarmi...» rispose Michael tornando a sorridere, Miranda portò lo sguardo sulla spada del capitano che annuì impercettibilmente.
Miranda si alzò dalla sedia con un sospiro e gli si avvicinò, tornando a sorridere, il pirata scosse la testa. «Ma non qui!» la avvertì mentre lei si accingeva a parlare.
«Vediamoci al solito posto.» propose il pirata, Miranda sorrise, la voce di Zula li fece trasalire entrambi.
«Il rhum, capitano!» lo avvisò: Inowi aveva appena lasciato un malconcio carretto davanti a loro, pieno di casse con bottiglie tintinnanti piene di ottimo rhum.
«Bene, portiamolo alla nave!» disse Michael avvicinandosi ed accarezzando le casse col prezioso liquido.
«Ma, non abbiamo un animale da traino!» protestò Sean, il carretto era molto pesante ed Inowi si era servito di altri quattro compagni per fagli fare quei pochi metri.
«Voi dite?» rispose il pirata con un sorriso furbo e malizioso.
Arrivarono al porto molti minuti dopo, c'era un laborioso movimento attorno alle navi attraccate, Michael si fermò con un sorriso soddisfatto davanti alla sua caracca.
«Bene, potete lasciare il carro...» disse con semplicità, con un sospiro di sollievo gli uomini lasciarono di botto il carro, che fino ad allora avevano trascinato dalle travi dove, normalmente, si aggiogavano i buoi, c'era voluta tutta la loro forza per trasportare il carico di rhum, più Jonatan che si era goduto il viaggio comodamente seduto sopra le casse.
«Attenti al rhum, per Giove!» imprecò il capitano sentendo tintinnare le bottiglie abbandonate poco gentilmente alla forza di gravità, i suoi uomini si sedettero ansimanti vicino al carretto e Michael li guardò con aria interrogativa.
«Beh, che fate lì, il rhum non si carica da solo, avanti!» li spronò indicando la caracca, con uno sbuffo indignato i pirati si alzarono e cominciarono a portare le casse nella stiva, Michael chiamò con un gesto della mano Jonatan che gli si avvicinò con sguardo solenne.
«Assicurati che lavorino come si deve!» gli disse ad alta voce, per farsi udire da Sean e gli altri, il ragazzino annuì e si mise a spronare con entusiasmo i compagni.
«Si può sapere che ci fa un tredicenne nella vostra ciurma?» gli chiese il commodoro quando il pirata si girò verso di lui.
«Oh, l'ho salvato per caso da un paio di briganti che lo inseguivano, più tardi è saltato fuori che avevano ucciso i suoi genitori e bruciato la sua casa, così lo abbiamo messo di vedetta sulla coffa, credo che ormai ci consideri la sua vera famiglia...» spiegò il capitano portando gli occhi su Jonatan.
«Ma lasciamo perdere questi discorsi malinconici, che ne dite di sbrigare la faccenda delle merci?» propose con un sorriso Michael al commodoro.
«Va bene, spero che il posto dove le volete raccattare non sia lontano come la distilleria...» commentò quello guardandolo con sguardo inquisitore.
«Suvvia, vi pare che un attività commerciale possa sorgere lontana dal porto?!» disse il pirata col tono di chi spieghi qualcosa ad un bambino ottuso.
«Allora dov'è la suddetta attività?» chiese il commodoro, Spada Rossa indicò un punto alle sue spalle, Cromwell si girò: a poche centinaia di metri c'era una grossa struttura in murature che spiccava fra tutte le altre, casse di merci di tutti i tipi erano accatastate dentro e fuori l'enorme magazzino, in quel momento una gru stava posando un enorme carico sul ponte di un brigantino a palo.
«Cooosa?!» esclamò il commodoro furioso, protendendosi vero il pirata, che si piegò leggermente indietro «Era proprio qui e abbiamo dovuto farci tutta quella strada per arrivare alla distilleria?! Non potevamo prima stivare le merci?!» continuò Cromwell, Michael lo guardò indignato.
«Il rhum è più importante!» affermò con sicurezza, si incamminò poi verso l'attività, sottraendosi ad altri attacchi da parte del commodoro che lo seguiva poco distante.
L'edificio era composto da una parte abitabile ed un enorme magazzino pieno di roba e protetto da molti mercenari, sull'entrata trafficata del magazzino c'era una grande insegna in legno che portava scritto "Steven's", il nome dell'attività.
Michael chiese informazioni sull'ufficio del proprietario ad un uomo che vigilava sull'entrata della parte abitabile dell'edificio, lui si propose di accompagnarli, salirono al secondo piano e l'uomo indicò una porta di legno in fondo ad un angusto corridoio e si mise ad aspettare che entrassero.
Il pirata bussò, una voce burbera lo invitò a venire avanti.
Lo studio del signor Steven Fisherman era piuttosto austero, fatta eccezione per una grossa libreria, un tappeto spesso e colorato e la scrivania; il proprietario sollevò gli occhi, resi enormi dalle spesse occhiali, dai documenti che stava compilando per guardarli.
Era incredibile pensare che esistesse un uomo ricco ed onesto a Tortuga! A ragion veduta visto che il suddetto Fisherman si era arricchito in modo che definire legale sarebbe un insulto; già il fatto che la sua attività sorgesse a Tortuga faceva capire la “politica” della suddetta.
Il suo sguardo si accese nel vedere Michael, si alzò e gli andò in contro.
«Michael, quanto tempo!» lo salutò con una forte stretta di mano ed un sorriso.
«Salve Steven!» disse il pirata, lo sguardo dell'altro si posò poi sul commodoro.
«E voi sareste?» chiese stringendo anche a lui la mano.
«Io sono Ben Cromwell, com...» si presentò il commodoro, interrotto dal pirata con una pacca sulla spalla.
«Compagno di viaggio e di avventure!» finì per lui Michael "Mio dio, solo un pazzo si presenta come commodoro a Tortuga!" pensò.
«Oh, bene, siete qui per affari?» domandò Fishermann sperando in una risposta affermativa.
«Sì, abbiamo bisogno di un bel po' di merce per un lungo viaggio!» rispose Spada Rossa mentre il commerciante annuiva compiaciuto.
«Bene, spero tu abbia i soldi, Michael!» lo ammonì Steven, il capitano gli rispose con un largo sorriso. «Beh, ho salvato ben due volte te e la tua attività da un attacco marittimo e fin ora non ti ho chiesto nulla in cambio...» spiegò il pirata guardandolo con sguardo penetrante.
“Fortuna che non ne ho mai avuto il tempo…” pensò subito dopo il pirata attendendo una risposta da Steven.
«Allora, vi farò un prezzo da amici...» propose il commerciante, il pirata lo guardò di storto.
«Va bene, vi darò ciò che i serve… gratis...» si arrese Steven con un sospiro; pronunciò “gratis” con un inspiegabile riluttanza…
«Grazie!» disse Michael tornando a sorridere.
Il commerciante si rimise a sedere, aprendo un grosso tomo rilegato in pelle messo in disparte sulla srivania.
«Allora, vediamo cosa mi avanza e cosa serve a voi...» disse aspettando le loro richieste con la penna in mano.
«Scegliete voi, la barca è vostra.» disse il pirata al commodoro che si avvicinò alla scrivania mentre lui curiosava per la stanza.
«Allora, mi sembrerebbe adeguato...» iniziò il commodoro.
«Un po' di canapa per le corde...» disse Michael interrompendo Cromwell, che lo guardò perplesso mentre il commerciante annotava.
«Si, beh, comunque... magari anche un po'...» riprese il commodoro.
«Di zucchero ben imballato...» completò Spada Rossa giocherellando con un mappamondo di pregevole fattura.
«Va bene... stavamo dicendo...» tentò di continuare Cromwell.
«Del rhum...» propose il pirata.
«Hai già il tuo rhum!» sbottò il commodoro, Michael alzò le mani in gesto di resa: non era un buon segno che il commodoro gli desse del tu!
Un'ora dopo Steven rimise la penna nel calamaio con un sospiro esausto dopo la lunga contrattazione, svoltasi soprattutto col pirata, nel mentre aveva fatto una lista a parte con le merci da consegnare al commodoro.
«Consegnate questo all'addetto nel magazzino, penserà lui a caricare le merci.» disse Fischerman porgendo il foglietto al commodoro che lo prese e gli diede una rapida lettura...
«Eccellente, grazie di tutto!» disse Michael portando fuori il commodoro, uscirono finalmente all'aperto, in quell'ora non c'era più gente al magazzino ed i lavoratori oziavano all'ombra della costruzione, fatta eccezione per un uomo che si aggirava a controllare lo stato delle merci.
Il capitano gli si avvicinò e gli toccò la spalla per chiamarlo.
«Possiamo rivolgerci a voi per far stivare delle merci?» chiese, quello annuì semplicemente ed il commodoro gli porse la lista.
L'addetto lo lesse attentamente, poi annuì ancora e chiamò con un fischio un gruppetto di operai lì vicino che stavano pranzando con delle gallette.
«Spostate qui davanti la vostra nave.» ordinò l'uomo e Cromwell scattò dal suo equipaggio che subito iniziò la manovra mentre gli operai preparavano la gru e assicuravano le merci; Michael osservava tutti appoggiato al muro all'ombra del magazzino.
Dopo un mezz'ora passata ad oziare Michael si diresse verso Cromwell che dirigeva i lavori di stivaggio sul ponte.
«Vi lascio al vostro lavoro, io faccio un giro per la città, a 'sta sera!» gli urlò dal basso, il commodoro non lo degnò di uno sguardo e lui si incamminò di buona lena verso il centro.
Fendette la folla a passo deciso fino a ritrovasi davanti ad una locanda sgangherata e poco affollata, appena entrato lo accolse un forte odore d'alcool e di cibarie, il caldo era molto intenso, quasi quanto il rumore; la locanda era composta da una sala da pranzo piuttosto spaziosa e le cucine, nient'altro.
La sala da pranzo era molto affollata e piena di grandi tavoli circolari di legno e le rispettive sedie, la maggior parte dei clienti era intenta a far baldoria ed ubriacarsi.
Michale attraversò la sala, sedendosi ad un tavolo libero vicino ad una grossa finestra, si sedette sulla sedia scricchiolante ed attese guardando la gente fuori dell'edificio.
Qualche minuto dopo una prosperosa cameriera lo raggiunse.
«Vuoi ordinare qualcosa?» gli chiese con tono smielato.
«Mi ricordo che qui facevate la miglior zuppa di frutti di mare della città, è ancora così?» chiese Michael con un sorriso, lei annuì.
«Allora portamene due porzioni!» disse tornando poi a guardare fuori mentre la cameriera si allontanava.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Un problema inaspettato e inizia il mistero... ***


Finalmente sono riuscito a postare il dannato capitolo sei (eccellente...ND Mr.Burms) eludendo gli impegni scolastici d'arte... ammetto di non avere molto da scrivere, non sono molto creativo nelle introduzione per cui passo subito ai ringraziamenti per i vostri commenti... ho fatto la rima! (eccellente... ND Mr.Burms) Un ringraziamento particolare a SimmyLu ed a Sihaya10 che hanno commentato costantemente il mio racconto, grazie ç__ç !!

Capitolo 6: Un problema inaspettato e inizia il mistero...


Miranda arrivò alla locanda quando il sole ormai calava, indossava un abito più semplice di colore verde scuro, scrutò tutti i presenti, localizzando il pirata vicino alla finestra ai lati della stanza.
Michael stava osservando i riflessi rossi che il sole creava sulla spada, davanti a lui, sul rozzo tavolo, stavno i due piatti vuoti ed una bottiglia di rhum, inclinò leggermente la lama vedendo Miranda dietro di sè che gli rivolgeva un sorriso incerto.
«I riflessi ormai arrivano fin quasi all'impugnatura...non sei quì solo per il rhum , vero?» chiese lei sedendosi, Michael scosse la testa rinfoderando la spada.
«Allora, l'hai portato?» chiese lui con uno sguardo penetrante e fare ansioso, lei abbassò lo sguardo.
«No...non ce l'ho...» rispose semplicemente, lui sgranò gli occhi.
«Come non ce l'hai!?»esclamò protendendosi verso di lei con fare minaccioso.
«Me l'hanno rubato durante un attacco a Tortuga da parte di pirati...» spiegò lei dispiaciuta.
«Chi te l'ha rubato?!» chiese lui afferrandole le spalle e stringendole dolorosamente.
«Non lo so: sono entrati in casa, mi hanno immobilizzata e derubata...» spiegò lei ora spaventata, lui rimase pietrificato, con le mani che ancora la stringevano.
«Mi fai male...» piagnucolò lei, lui la lasciò e ricadde indietro sulla sedia con una mano sul viso.
"Cosa faccio adesso?" si chiese, disperato: molto tempo fa lui e Miranda, prima che la ricchezza la facesse diventare la matrona che era ora, si erano amati, lui le aveva chiesto di custodire un oggetto che un giorno gli avrebbe salvato la vita, ed ora lei lo aveva perduto...
"Pensa!" si intimò, doveva pur esserci qualcosa da fare no?
Improvvisamente si ricordò di una storia udita durante la scorsa visita alla città: in quella stessa locanda aveva ascoltato due uomini parlare di un sedicente mago che aveva la fama di saper scoprire la posizione di oggetti nascosti in tutto il mondo, sotto lauto pagamento, svolgeva la sua attività nei sotterranei della vecchia fortezza fuori città.
Si alzò di scatto, e si avviò verso la porta, la mano di lei lo fermò.
«Mi dispiace...» gli disse semplicemente, con gli occhi lucidi.
«Non è colpa tua...» rispose lui con un sorriso mettento la mano di Miranda sul tavolo.
«Ma almeno paga il conto!» le disse passano oltre ed uscendo dalla locanda, uscì quasi correndo dalla città trovandosi a percorrere nel buio un isolato sentiero di collina, gli unici rumori erano i suoi passi sulla ghiaia ed il canto dei grilli, era ormai parecchio più in alto della città che appariva un enorme ammasso di luci tremolanti, più lontano, la distesa nera e placida del mare sotto il cielo stellato.
In fine il sentiero si interruppe in uno spiazzo sterrato pianeggiate, al centro sorgeva la fortezza abbandonata di Tortuga.
Era una specie di castello piuttosto piccolo con un basso muro di cinta crollato in più punti come la maggior parte della struttura che appariva spettrale alla luce argentea della luna.
Si fece largo fra le erbacce cercando l'entrata dei sotterranei, la trovò vicino ad una torre d'osservazione ancora intatta: era un buco quadrato ed angusto completamente avvolto dal buio e dal silenzio.
Scese i gradini accidentati ritrovandosi in un corridoio apazioso ed umido, molto caldo, il buio sembrava quasi solido, si sedette per far abituare gli occhi e per cercare di avvertire qualche rumore sospetto.
Il silenzio avvolgeva l'intero posto, quando avvertì una leggera virazione nell'aria, un rumore appena udibile, sordo e ritmico. Attese che si rafforzasse: veniva nella sua direzione, s'incamminò sfiorando il muro, per intercettarlo: erano dei passi, erano sempre più vicini eppure ancora non si vedeva nessuno, svoltò l'angolo dove veniva il rumore e... sdonk!
Il pirata si ritrovò addosso un uomo vestito da un pesante mantello, si erano scontrati ed erano caduti, Michael lo spinse via e si rialzò col fiato corto per la sorpresa.
«Ma che modi...» disse l'altro alzandosi e rassettandosi il mantello, la voce aveva una cadenza femminile, eppure l'altro, si vedeva, era un uomo...
«Chi sei?» gli chiese Michael sospettoso.
«Mi chiamo Jeson Floyd, ma chiamami pure Jess.» disse lui con tono smielato, il pirata fece un passo indietro, allarmato.
«Sinoue, il Saggio, mi ha detto che stavi arrivando e mi ha detto di condurti da lui...» spiegò Jess avvicinandosi, il pirata aveva la fuga bloccata dal muro.
«Sinoue... è il mago, giusto?» chiese Michael pressato contro la parete, l'altro annuì.
«Non avere paura, mica ti mangio...» lo tronquillizzò Floyd con una sommessa risatina.
«Allora, andiamo?» chiese poi, prendendo il pirata per mano e conducendolo per i labirintici corridoi dei sotterranei guidato solo dalla sua memoria.
Durante il viaggio, Michael vinse il ribrezzo ed il disagio imprimandosi nella mente il percorso fra i corridoi, alla fine vide una luce tremolante, sbucarono in un tunnel più largo, alla sua fine c'era una porta aperte a due lanterne accese.
Folyd spinse al di là della porta il pirata e si allontanò, Spada Rossa si guardò attorno: era in una stanza molto spazisa ed umida, piena di mobili e mansole con sopra strane bottiglie e statuette intagliate in legno.
Erano tutti oggetti inquietanti, soprattutto una grande maschera appesa al soffitto che lo guardava minacciosa, al centro della stanza stava un anziano dalla pelle nera e la folta barba canuta, il corpo pieno di tatuaggi e cicatrici; stava seduto dietro un basso tavolino vuoto su un grande tappeto circolare.
Appena Michel entrò aprì gli occhi profondi e lo guardò con sguardo cordiale ma penetrante, sembrava penetrargli nell'anima.
«E', contagioso?» chiese Michael indicando la direzione in cui era uscito Floyd, l'anziano rise e scosse la testa.
«State tranquillo, e sedetevi davanti a me, signor Brown...» lo invitò lui con una voce calda e profonda, il pirata lo guardò sorpreso: come conosceva il suo nome?
Si sedette sul tappeto, guardandosi intorno con circospezione, osservò meglio il vecchio: al collo portava una testa di serpente impagliato con delle perline al posto degli occhi, al pirata si accapponò la pelle.
«Per quello che volete ci vorranno molti soldi.» disse il vecchio mentre il pirata si accingeva a parlare, Michael inarcò un sopracciglio.
«Diciamo, tutto quello.» disse ancora Sinoue indicando il sacchetto di monete che Michael portava alla cinta.
«Tutto?!» esclamò indignato il capitano, il mago annuì, Michael si concesse un attimo di riflessione: il mago sembrava d'altra parte aver dimostrato di possedere dei veri poteri, e poi era in una situazione disperata, non aveva scelta; prese il sacchetto e lo gettò con un tonfo sul tavolo.
Sinoue sorrise e lo mise da parte, poi prese un foglietto ed un carboncino e li avvicinò al pirata.
«Sapreste fare un disegno del vostro medaglione?» chiese quello, Spada Rossa rimase sconcertato e spalancò gli occhi: come sapeva del medaglione?
«Se sapete del medaglione non sapete come è fatto?» gli chiese il pirata riprendendo il controllo di sé.
«No, non riesco a scavare abbastanza a fondo nella vostra mente...» rispose quello semplicemente, il pirata si preoccupò vedendo compromessa la sua privacy.
"Non pensare a cose sconcie, non pensare a cose sconcie! ...pensa al rhum, pensa al rhum!" si disse per difendersi dai tentacoli psichici del mago.
Prese il foglietto ed iniziò a scarabocchiare sotto lo sguardo penetrante del mago, alla fine posò il carboncino e porse il foglietto ad Sinoue con un sorriso.
Quello sul foglio c'era un grosso medaglione circolare, con al centro due teschi uniti per il cranio, uno con un rubino e l'altro con uno zaffiro in bocca, ai limiti del pendaglio c'erano degli intricati disegni, riprodotti dal pirata solo in parte.
Il vecchio posò con cautela il foglio sul tavolino, una mano sparì sotto il mobile.
«Porgetemi la vostra mano.» lo invitò quello, dopo un attimo di diffidenza il pirata mise la sua meno nel palmo del mago che gliela strinse forte guardandolo negli occhi, Michael si sentiva rapito da quell'espressione enigmatica, poi all'improvviso, il mago estrasse un contello trafiggendogli il palmo.
Il pirata cacciò un grido sorpreso alzandosi di scatto stringendosi la mano sanguinante, goccie purpuree macchiavano il foglio col medaglione.
«Voi siete pazzo!» affermò infuriato il pirata, si accorse però che il mago aveva gli occhi serrati, le mani tremanti sopra il foglio e le labbra socchiuse.
Il mago aprì gli occhi di scatto, quasi folgorato, le pupille erano vitree e vacue, Michael fece un passo indietro, guardò il foglio macchiato col suo sangue e rimase di pietrificato. Il sangue sembrava aver preso vita e tracciava rapidamente linee rosse sulla carta, quando tutte le linee furono unite il mago lasiò ricadere la mani, gli occhi erano dinuovo puntati sul pirata.
«Tutto qui?» chiese ostentando indifferenza Spada Rossa, il mago annuì, col fiatone; il pirata afferrò il foglio, notò che il suo sangue, il suo prezioso sangue, aveva tracciato una precisa mappa di un'isola dalla vaga forma di stella, una linea più marcata procedeva dritta fra le montagne dell'isola trminando con una X.
«Conoscete l'isola?» gli chiese Sinoue appena ebbe ripreso il controllo dei suoi polmoni, il pirata scosse la testa... poi un guizzo, un ricordo lampante, che si dibatteva per riemergere nella sua memoria, Michael guardò meglio l'isola; ma sì, l'aveva già vista! Ma dove?
Spalancò gli occhi, per l'orrore e per la sorpresa, ma certo! Quella era l'isola dove suo zio, pirata anch'egli, era solito a nascondere i suoi bottini, il ricordo risaliva a molto tempo prima... non ricordava però le circostanze... ma dunque era stato suo zio a rubare il medaglione... eppure lui non agiva in quella zona, perchè era venuto a Tortuga?
«Scusatemi, posso vedere la vostra spada?» chiese ad un tratto il mago.
«No!» rispose immediatamente Michael cacciandosi in tasca il foglietto.
«Non importa, credo di sapere di che si tratti, deve essere rossa vero? E magari in un certo periodo dell'anno, i suoi riflessi si allungano ed arrivano all'impugnatura, dico bene?» chiese il vecchio con un sorriso furbo dipinto il volto.
«Noooo!» affermò il pirata facendo per andarsene ma Sinoue lo bloccò con un gesto della mano.
«Tenete questo.» disse lanciandogli qualcosa, il capitano l'afferrò al volo: era una statuetta in legno duro e scuro, assomigliava perecchio ad un totem con la testa di drago.
«Vi conviene tenervelo stretto, ciò che vi minaccia non può essere combattuto con la spada.» spiegò, poi chiuse gli occhi quasi fosse caduto addormentato, ed un opprimente silenzio calò nei sotterranei.
«Il Saggio deve riposare, vuoi che ti riaccompagni fuori... Michael?» gli chiese Jess con tono languido appena entrato nella stanza.
«No! Grazie, ma conosco la strada...» rifiutò subito il capitano allontanandosi per i corridoi bui sempre stringendo in mano la strana statuetta, gli ci volle qualche minuto per uscire dai sotterranei e fu un sollievo per lui scorgere l'uscita illuminata dala luce lunare.
Uscì dalla fortezza a lunghi passi, riflettendo sulla sua situazione apparentemente senza via d'uscita.
"Temo mi toccherà l'inferno fra non molto" constatò, il tono del suo pensierò era quasi scettico, eppure sembrava quella la sua unica meta, in quel momento.
"Ho solo una cosa da fare quì" si disse dirigendosi verso un altro sentiero di collina, quasi invisibile a chi non lo cercasse con attenzione, lo percorse abbandonandolo poi dopo qualche centinaio di metri procedendo per i boschi, arrivò ad una piccola grotta semi invasa dai rampicanti, col terreno ricoperto da foglie ed aghi di pino.
«Ah, eccoti, cara la mia banca!» disse inginocchiandosi e tastando il terreno, infine trovò una parte più dura, rimosse il terricchio, scoprendo una botola, la serratura era chiusa da un lucchetto con una combinazione da scrivere con quattro lettere. Compose la combinazione (r.h.u.m.) ed il lucchetto si aprì, la botola rivelò un piccolo forziere al suo interno ed un fagotto di stracci, Michael prese entrambi: pesavano molto ambedue.
Richiuse la botola e tornò alla nave, la città ancora non dormiva.
Depositò gli oggetti nella sua cabina e poi andò a chiamare Sean. Dormiva beato sulla sua amaca sgualcita, Michael gli diede una pacca sulla spalla e quello si svegliò di soprassalto, rischiando di cadere malamente, il capitano fece un passo indietro per cautela.
«Capitano?» mugugnò con la voce impastata.
«Sì, fai salpare la nave e sveglia in qualche modo quelli sul galeone MA fallo silenziosamente: io vado a dormire!» gli disse allontanandosi e lasciandolo coi suoi dubbi su come eseguire gli ordini.


Quella notte il capitano dormì molto profondamente, senza sapere come Sean avesse fatto ciò che gli era stato ordinato, per quanto ne sapeva poteva anche aver preso a cannonate il galeone... eppure il suo sonno fu tormentato da un lungo e straziante incubo: solo... solo su un ponte di una nave, il mare è nero, come l'aria... tutto è immerso nel silezio... e io ho paura, una paura irrazionale, mi sembrava di essere esposto agli occhi malvagi di qualcuno... o qualcosa... una sagoma emerge dall'oscurità, mi si avvicina, io sono immobile, mi pare di essere immezzo a della melassa, che paura: la sagoma comincia ad assumere fattezze umane, eppure non è umana, io so chi è eppure non vedo il suo viso, devo scappare prima che... prima che... la sagoma estrae qualcosa, una lama, emette lampi blu profondo... e poi arriva il dolore, un dolore reale, non del sogno, il sangue riempie l'aria, la colora di un orribile colore... ma no, non è aria quella che mi circonda... è acqua!
Aprì gli occhi, era sul suo letto, in un bagno di sudore, l'oblò della nave gettava la pallida luce mattutina, si sentiva l'equipaggio lavorare sul ponte e la nave ondeggiava al ritmo delle onde del mare aperto.
Si vestì in fretta ed uscì sul ponte: era una bella giornata e c'era un possente vento marino che gli ridiede forza, Sean gli si avvicinò.
«Buon giorno capitano, avete dormito? Siete pallido!» chiese Sean vedendo quanto fosse bianca e tirata la faccia di Michael.
«Per forza, hai fatto tanto di quel rumore ieri notte che non ho chiuso occhio!» mentì il pirata sorridendo sotto i baffi vedendo Sean chinare il capo.
«Scusate...» disse, ma il capitano non volle sentire scuse.
«Un corno, ora vedi di portarci a Cat Island più in fretta possibile!» ordinò Sean scattò a dare ordini per migliorare la navigazione, Michael sorrise soddisfatto.
«Ed ora... Rhum!» disse tornando sotto coperta.
Arrivò alla sua cabina, parzialmente illuminata dalla luce che passava dall'oblò, si avvicinò alla scrivania fissata al pavimento ed afferrò una bottiglia di rhum, mentre si accomodava sulla sedia, lo sguardo gli cadde sul fagotto raccolto ieri notte.
Non era piacevole averlo nella sua cabina più di quanto non lo fosse essere spinto giù da una passerella, eppure era una parte della sua storia, una parte che aveva con minuziosa cura messo da parte ed isolato per dimenticarsene.
Solo ora si rese conto di quanto fosse precaria la sua situazione, solo quando quella parte della sua vita gli si era parata davanti, ed ora tutti gli eventi vissuti si intrecciavano come un perverso gioco del destino.
Suo malgrado avvicinò a sé il fagotto, tolse gli stracci permettendo al loro contenuto di rivedere la luce del sole: una grossa e massiccia tavola in puro oro, su cui erano incise delle misteriose parole in una lingua dimenticata da tempo.
L'aveva presa molti anni addietro in un isola nascosta, assieme alla spada, ed ora pagava le conseguenze per la sua azione.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Cat Island ***


Devo dire che sono sorpreso della velocità con cui sono riuscito ad aggiungere un nuovo capitolo... beh, come al solito non ho molto da dire se non che Chuk Norris aprova questo raccnto ed è meglio per voi che lo leggiate *__* Grazie come sempre per i vostri commenti!


Capitolo 7: Cat Island


Navigarono per parecchi giorni, il vento sempre a favore col galeone che li seguiva da lontano, arrancando per non sparire dietro l'orizzonte.
Passarono in mezzo a tante piccole isole lussureggianti e a secche dal colore blu pastello, ad una ad una, superarono Turk Islands e Charles Town, appena entrati in territorio olandese un brivido scosse l'equipaggio che cominciò a guardarsi attorno quasi temesse di veder spuntare dal nulla Ritch e la sua flotta.
Navigarono in muta efficienza fino a che Cat Island non si parò loro davanti.
Era una giornata umida, la nebbia aleggiava sulle onde ricoprendo il mare di una cupa foschia colorata di rosso dall'alba. Michael era da poco salito sul ponte ed era impegnato a dare delle disposizioni per migliorare la velocità di crociera, disposizioni inutili, peraltro, visto che tutto era perfetto, ma doveva pur far vedere chi comandava no?
Il capitano si sporse da prua, l'aria mattutina era sempre piacevole per lui, spaziò per un po' con gli occhi e poi la vide: l'isola emerse come dal nulla, completamente ricoperta da fitta vegetazione che ondeggiava a ritmo col vento, come un grande oceano verde. Solo una punta di pochi metri era sgombra da piante, coperta da una soffice sabbia bianca quasi a pelo d’acqua.
Il pirata non era mai stato a Cat Island, ma, stando spesso a Tortuga, si era fatto un'idea chiara di tutte le isole dei Caraibi grazie alle chiacchiere nelle locande.
«Jona!» chiamò senza staccare gli occhi dall'isola paradisiaca.
«Sì capitano?» rispose lui.
«Immagino sappiate cosa fare, ma ve lo dico per sicurezza, circumnavigate l'isola ed arriverete in città, confido in voi mentre io mi assento per un attimo.» gli disse, quando lo vide annuire, scese sotto coperta ed entrò nella sua cabina.
Riavvolse la tavola negli stracci e la ficcò in un cassetto, prese una chiave, messa in uno sportelletto nascosto nella scrivania e si diresse verso il forziere di Tortuga, appoggiato per terra affianco al letto.
Con espressione bramosa aprì il forziere, i suoi occhi si accesero al suo contenuto: vi erano riposti decine e decine di sacchetti pieni di monete luccicanti, un ghiotto tesoro per qualunque pirata.
Michael ne prelevò tre e poi risalì sul ponte; la nave aveva doppiato la punta sabbiosa, ora, davanti a loro, si stendeva una lunga e dritta spiaggia bianca che proseguiva per parecchi chilometri, molto lontana, si intravedeva città illuminata dal sole ancora debole.
Ci vollero parecchi minuti per avvicinarsi alla città, la caracca procedeva lentamente ed il galeone diventava sempre più grande, come la città.
Quando arrivarono, il borgo era ancora addormentato, persino il porto era immerso in un'atmosfera sonnacchiosa, c'erano poche barche attraccate, in tutto una decina ma tutte molto grosse e cariche. Appena arrivati al porto degli uomini a terra li aiutarono velocemente ad attraccare e a sbarcare, ovviamente in cambio di una lauta tassa d'attracco!
«Sean!» disse il capitano avvicinandoglisi mentre l'equipaggio si disperdeva per la città dopo il permesso del pirata.
«Si, capitano?»
«Vorrei che provvedessi a stivare le provviste che ci mancano.» gli disse lanciandogli due pacchetti di monete.
«Volentieri, ma dove posso procurarmele?» chiese quello, il capitano lo guardò con aria seccata.
«Cerca in giro!» gli disse e quello si allontanò con aria smarrita.
Fatto questo Michael si mise a girare per la cittadina mentre il sole si alzava e la città si svegliava: era costituita da un esiguo numero di casette in muratura dai tetti di colori accesi divise da strade strette ma pulite e, fuori dalle mura di cinta, si stendevano verdi pascoli e campi strappati alla foresta che ricopriva tutta l'isola. Al centro c'era una chiesa molto alta, con un campanile bianco che sembrava sfiorare il cielo, l'intera città sembrava essere uscita dall’opera di un pittore.
Camminando col sacchetto in tasca che tintinnava ad ogni suo passo, la città era costruita in salita, trovò una locanda in periferia, dall'aria poco raccomandabile e vi entrò.
Il locale era poco affollato e puzzava di alcool e di tabacco, qualcuno dei presenti lo osservò truce ma i più non lo degnarono di uno sguardo mentre lui si sedeva ad uno dei tavoli rotondi che occupavano la locanda. Si sedette vicino ad una grande finestra dal vetro sporco dalla quale si vedeva il porto inattivo, osservagli uomini presenti che chiacchieravano ad alta voce mentre attendeva l'arrivo del galeone mangiucchiando varie pietanze dall'aspetto poco sano.
Il galeone arrivò verso mezzo giorno al porto, il pirata attese ancora qualche ora, la locanda era ormai molto affollata e le chiacchiere si alzavano di tono, prima di mettersi al lavoro.
Era molto tardi quando Spada Rossa tornò al porto a passo traballante, il sacchetto ormai vuoto e la vista sfocata.
Gli equipaggi di entrambe le navi erano già rientrati, sul molo, il commodoro Cromwell lo vide avvicinarsi ed emise un sospiro di rassegnazione.
«Ma come vi siete ridotto?» gli chiese con fare sorpreso: il pirata oscillava coma una canna esposta al vento e, mentre si avvicinava a Cromwell, capitava spesso tornasse sui suoi passi per un po' prima di capire di aver cambiato direzione.
«Che volete dire?» domandò Michael ora vicinissimo al commodoro che si ritrasse con aria disgustata: l'alito del capitano puzzava di alcool.
«Vi siete ubriacato tutto il dì!» lo accusò con disprezzo l'ufficiale, Michael fece una faccia oltraggiata.
«Ehi, io ho fatto solo il mio dovere!» ribattè spingendo la spalla dell'altro offeso, la spinta ebbe più effetto sul pirata, che si inclinò pericolosamente all'indietro, recuperando l'equilibrio solo all'ultimo momento.
«Temo abbiate una visione un po' distorta di "doveri".» disse il commodoro.
«Ora come ora vedo tutto distorto...» disse il capitano, cingendo con un braccio le spalle dell'altro «Comunque, ciò non toglie che Ritch non si farà vivo senza un'esca, la vostra nave, per inciso, ma se non viene a sapere che la vostra è una nave piena zeppa di merci di inestimabile valore non si farà vedere comunque!» spiegò poi con un sorriso sbilenco.
«Stavate dunque spargendo la voce?» gli chiese il commodoro, il pirata annuì, tornando a reggersi con le proprie gambe.
«Ma come fate a sapere che c'è un informatore di Ritch sull'isola?» domandò ancora, dubbioso.
«Beh, perchè nonostante Cat Island non sia una grande città commerciale, è anche vero che molti ci fanno scalo per rifornirsi prima di arrivare a Nassau o a Gran Bahama.» spiegò Spada Rossa barcollando di lato ed allargando le braccia per rimanere in piedi.
«E poi qualche voce mi ha detto che i tentacoli del pirata olandese arrivano anche qui.» disse per dar forza alle sue idee nonostante non avesse sentito nulla del genere.
«Come fate a sapere tante cose su Ritch?» chiese il commodoro, curioso.
«Volete davvero saperlo?» chiese il capitano con un sorriso furbo, l'ufficiale annuì.
«Ebbene...» iniziò Michael, poi cominciò a cadere in avanti, dritto come una colonna, il commodoro tentò di afferrarlo.
«Troppo lentoooo!» sentenziò il pirata scansandosi con un balzo dal commodoro e finendo contemporaneamente in acqua, sempre con un sorriso ebete stampato in volto.
«Santo Cielo!» disse Cromwell chinandosi a riportare all'asciutto il pirata che sembrava troppo ubriaco anche per annaspare.
«Rimarremo qui altri tre giorni...» boffonchiò quello come se nulla fosse successo, prima di mettersi a ronfare, beato. Il commodoro gli fece passare un braccio sulla sua spalla e lo trascinò affianco alla caracca.
«Ehi, voi, riportate a bordo il vostro capitano!» urlò alla ciurma di Michael, Zula e Duffy si affacciarono al parapetto e subito presero il capitano riportandolo a bordo della caracca scambiandosi pungenti commenti.
«E' proprio un relitto.» disse Duffy ridacchiando.
«Fa quasi pena...» commentò Zula con un sorriso da lupo mentre depositavano il capitano nella sua cabina.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Uno sporco lavoro ***


Nuova settimana nuovo capitolo e soprattutto suspance!
.......
..........
Non so cosa scrivere, al solito, concludo ringraziando per le recensioni e complimentandomi con Mermaid per aver commentato per prima.


Capitolo 8: Uno sporco lavoro


L'indomani Michael si svegliò molto tardi, con la testa che gli pareva di piombo, la ciurma era intenta in lavoretti come lavare il ponte, lucidare il parapetto... tutti si bloccarono nel vederlo uscire, evidentemente ansiosi di ricevere il permesso di andare in città.
«Ebbene, andate a farvi un giro...» permise il capitano con un gesto seccato della mano che poi portò alla testa.
«Anzi!» aggiunse, tutti si fermarono, sulle spine.
«Duffy, per avermi definito un relitto, tu resti qui a lavare la nave...» sentenziò, Duffy fece una faccia di puro stupore e costernazione prima di riprendere a lavorare di straccio.
«E tu...» disse cercando la parola osservando il grosso nero, Mamba.
«Zula! Ecco... sì... beh, non mi ricordo cosa hai detto ma resti qui lo stesso!» decise, Zula emise un grugnito di rabbia prendendo al spazzare il ponte mentre gli altri sbarcavano con evidente sollievo.
«Un ultima cosa, Sean...» disse, Sean si bloccò, osservò il capitano preoccupato e tornò da lui con aria mesta.
«Cerca una locanda e divertiti, ma spargi la voce sulle mirabolanti ricchezze della galeone del commodoro, ok?» chiese consegnando al compagno un sacchetto di monete, per un attimo il pirata parve confuso, poi capì cosa volesse Michael e corse via prima di essere incolpato di qualche cosa.
Dopo un attimo d'esitazione, il capitano tornò alla sua cabina, la luce gli dava il volta-stomaco.

Il giorno dopo fu il turno di Zula spargere la voce sostituendo un malandatissimo Sean che, con tutta evidenza, si era dato parecchio da fare alla locanda.
Quando Zula tornò non diede segno di essere ubriaco, nonostante il suo alito dicesse il contrario, doveva reggere molto bene il rhum, Michael si fece dire in quale locanda era stato, in modo da non andare nella stessa per spargere meglio la voce.
L'ultimo giorno Michael decise che doveva terminare da sé il lavoro per farlo in bellezza, così scese dalla nave col suo equipaggio, munito di spada e sacchetto di monetine, passò molto tempo a chiedere indicazioni per una locanda vicina, ma solo una sembrò adatta al suo scopo: era grande e piena zeppa di clienti chiassosi già al pomeriggio. Una volta all'interno, Michael notò che le pareti erano tutte rivestite in legno, il centro della taverna presentava uno spazio rotondo più in basso del resto del locale e ci si arrivava scendendo pochi scalini, in quella specie di piazzetta c'era un grosso e lercio tappeto rosso porpora ed un enorme lampadario, risate ed alcool si mescolavano in un'atmosfera da capogiro che rendeva difficile orientarsi.
Fece amicizia con tre signori che se ne stavano seduti in disparte a parlottare fra loro muniti di traboccanti boccali di birra, dopo essersi meritato la loro attenzione offrendo loro un giro di birra, riuscì ad arrivare all'argomento che più gli interessava: le merci stivate nel galeone.
Apprese che i tre erano dei mercanti di passaggio diretti a Gran Bahama e che sembravano interessati al racconto del capitano.
La conversazione durò non troppo tempo perché Michael si trovò a divagare mentre le parole gli uscivano impastate per via della sbronza crescente.
«Oh, scusatemi, vado a riempirmi il boccale!» disse, loro annuirono distrattamente ricominciando a discutere fra loro.
Michael si fece largo fra la folla di ubriachi e coppie di ubriachi, arrivò a stento alle tre grandi botti di birra custodite da un dipendente che faceva pagare ogni boccale.
In quel punto c’era una ressa incredibile e le gomitate erano l’unico modo per avanzare.
Spinse un po' più in là un omaccione che gli rendeva difficoltoso muoversi e quello si girò, visibilmente irritato.
«Ehi, sta' fermo, omuncolo!» gli disse con la faccia arrossata dalla troppa birra.
«Modera i termini! Sappi che parli col capitano di una grande nave!» ribattè Michael, l'alcool rendeva tutti irascibili.
«Capitano o no stai al tuo posto, capito!?» gli disse quello puntandogli un dito grassoccio in faccia, dopo aver riconosciuto l'estremità che l’uomo gli puntava addosso, il capitano gliela morse con fare rabbioso.
L'uomo cacciò un urlo e ritrasse la mano mentre il capitano sputacchiava per terra, Michael rialzò lo sguardo sull'avversario e vide calare la gigantesca mano sul suo bel viso. Il pugno gli fece esplodere tante luci colorate negli occhi, si appoggiò al tavolo dietro per non cadere.
Preso dalla rabbia si rigirò scagliando il boccale di legno, che teneva ancora in mano, contro la faccia dell'altro ubriaco, lo colpì sulla guancia facendogli partire un numero imprecisato di denti, la testa di quello sbattè poi con un tonfo sulla botte di birra, il corpo gli si afflosciò e rimase a terra inerme mentre due amici si chinavano su di lui.
Dalla mano dell'omone era sfuggita una bottiglia piena di rhum che si stava riversando irreparabilmente per terra, il capitano la raccolse e ne pulì il collo.
«Grazie!» disse bevendone un lungo sorso mentre si allontanava. Quando abbassò la bottiglia ne vide riflessa l'immagine di uno dei compagni dell'ubriaco di prima che gli correva incontro con le braccia allargate come ad abbracciarlo.
Spada Rossa si scostò, l'altro rimase un attimo immobile, sorpreso dalla rapidità del pirata che gli assetò un potente calcio sulla coscia, paralizzandogli il muscolo grande e facendolo cadere in ginocchio con un gemito.
Un altro tizio magrolino si fece sotto con un grido acutissimo, il capitano portò le mani alle orecchie dando un altro calcio, questa volta alle parti basse, al tizio, che si piegò in due con un muto grido di dolore.
Nel mentre uno degli amici, alto ed in camicia blu, che era chinato sull'omaccione, si rialzò e tirò fuori una pistola.
«Muori, bastardo!» urlò, la vista dell’arma fece esplodere grida in ogni dove mentre la gente si accalcava per uscire dal locale.
L’uomo fece fuoco ma mancò il pirata facendo andare in pezzi la bottiglia di rhum.
Dopo un attimo di confusione il pirata osservò con aria affranta la bottiglia, lasciò cadere il collo dell'oggetto e guardò con odio il colpevole di quello che lui considerava un omicidio.
Intanto l’uomo colpito alla coscia si era rialzato, Michael e i due estrassero le spade, ormai il locale era mezzo vuoto ed era più facile muoversi.
Michael alzò la spada per difendersi da un fendente dell'uomo con la pistola, con la mano libera gli diede un pugno sull'occhio scansandolo, il compare tentò un affondo, Michael lo evitò facilmente colpendo l’uomo al petto con la spada facendogli un profondo taglio orizzontale per tutto il busto; l’uomo si ritrasse urlante e sanguinante lasciando cadere la spada.
L'uomo in blu si era ripreso e puntava verso di lui con un grido di rabbia, senza difficoltà Spada Rossa bloccò il suo assalto, fece fare un ampio giro alla lama avversaria che volò via di mano al nemico, poi con un guizzo fulmineo della spada purpurea tagliò per tutta la sua lunghezza il braccio dell'avversario che si allontanò appoggiandosi al muro col braccio zeppo di sangue.
Mentre Michael rinfoderava la spada quello afferrò una lanterna appesa lì vicino e la mulinò in aria mentre il pirata eludeva le sue mosse con scioltezza dovuta soprattutto alla bevuta.
L'uomo, poco prima colpito ai genitali, si rialzò con un gemito e recuperò la spada del compagno, nella locanda ormai regnava il caos: se la gente rimasta non si picchiava, fuggiva a gambe levate verso l’uscita dove quasi tutti si accalcavano. L'uomo si avvicinò all'entrate e, con decisione, tranciò il cavo che teneva il lampadario al soffitto che si sganciò con un sonoro schiocco.
Michael ed il so avversario guardarono verso l'alto, entrambi non ebbero nemmeno il tempo di urlare, si gettarono il più lontano possibile sul pavimento.
Il lampadario si schiantò a terra con un fracasso infernale.
Dopo un attimo di stordimento, il capitano si alzò con aria frastornata ed osservò il lampadario, poi rimase per un attimo paralizzato dalla paura: la lanterna era stata infranta dal lampadario ed ora, le candele sopra di esso, diedero fuoco all'olio.
Ci fu una guizzante vampata e la fiamma subito si allargò a tutto il tappeto iniziando ad aggredire il pavimento ed i muri di legno.
«Oh cavolo...» disse Michael girando i tacchi e correndo verso l'uscita della locanda mentre il fuoco divampava al suo interno.
Una volta fuori si allontanò correndo e si fermò solo dopo molta strada piegandosi in due, scosso da un'irrefrenabile risata.
Una volta scaricata la tensione si mise a girare per la città poco affollata perdendosi nei suoi illogici pensieri da ubriaco mentre la città lo osservava, silenziosa e buia, era certo di andare in discesa, per cui sarebbe arrivato al porto in qualche modo...
«Oh, ma che sorpresa!» disse una voce alle sue spalle, il capitano si fermò, giratosi, vide il commodoro Cromwell che gli si avvicinava.
«Commodoro, voi che ci fate qui?» chiese con voce un po' impastata il capitano.
«Beh, pensavo ripartissimo domani, così ho fatto un giro della città per curiosità.» spiegò alzando le spalle ed affiancandosi a Michael «Vedo che avete "lavorato" anche oggi.» continuò Cromwell riprendendo a camminare, le loro erano le uniche voci nella città ormai dormiente.
«Certo...certo...» rispose il pirata con un portentoso sbadiglio, poi, senza una ragione apparente, estrasse la spada e la puntò verso il cielo, osservandone bene la lama.
«Ah, già... non è la mia che riflette le stelle...» si accorse, ridacchiò e rinfoderò l'arma.
«Che intendete dire?» chiese l'ufficiale inarcando un sopracciglio.
«La mia riflette solo i raggi del sole, è quella blu che riflette le stelle...» spiegò Michael con un sorriso, inciampò, nonostante non ci fossero sassi, ma riprese l'equilibrio proprio prima di cadere.
«Quella blu? Parlate di una spada?» domandò Cromwell come se nulla fosse, il capitano sbadigliò ancora.
«Certo, erano due quando le ho... le abbiamo trovate col tesoro, non ero ubriaco allora, non ci vedevo doppio!» disse Spada Rossa con fare semplice.
«Tesoro? Quale tesoro?» chiese il commodoro, ora visibilmente più interessato.
«Un tesoro enooorme, su un isola nascooosta!» disse il pirata con un sorriso da lupo, il commodoro soppesò un attimo le parole dell'altro: diceva il vero o era semplicemente ubriaco? Decise di insistere ancora, d'altra parte poteva davvero aver trovato un grande tesoro...
«Dov'è il tesoro?» chiese innocentemente l'ufficiale, il pirata sghignazzò poggiandogli una mano sulla spalla.
«Inutile chiederlo, non lo potrete mai ritrovare... è affondato negli abissi... con lui...» spiegò Michael con voce greve, un brivido lo percorse al ricordo...
«Lui chi?» insistè il commodoro sempre più curioso, erano quasi arrivati al porto, il rumore delle onde diventava ad ogni passo più forte.
«Quello che ha preso l'altra spada!» disse il pirata come se fosse ovvio, il porto si aprì davanti a loro, immobile e calmo, le navi ondeggiavano a tempo col respiro del mare, le uniche luci erano le lanterne accese dagli equipaggi delle imbarcazioni e dei riflessi lunari sull'acqua.
«Sì, ma chi è?» domandò più bruscamente il commodoro, il pirata si bloccò, come per riflettere, il ricordo di "lui" sembrava averlo parecchio scosso, la mente gli ritornò lucida.
«Scusate, ma temo di non essere abbastanza ubriaco per rispondere a questa domanda.» si giustificò con un sorriso poco convinto sulle labbra, la delusione di Cromwell fu quasi palpabile.
«Beh, ora io torno sulla mia nave e levo il disturbo dall'isola, vi invito a fare lo stesso.» disse salendo poi sulla passerella che portava sulla caracca pirata.
«Concordo, ma fate attenzione a non cadere ancora!» raccomandò il commodoro salendo anche lui sul galeone.
«Farò attenzione! Sennò sarebbe il terzo bagno in un mese!» rispose allegro il capitano, Cromwell fece una faccia disgustata.
Appena salito sul ponte, Michael venne notato da Sean e Jack che scattarono in piedi, i loro visi si rilassarono visibilmente riconoscendo il capitano.
«Mi fa piacere che badiate alla nave!» disse Michael avvicinandosi ai pirati «Ma è ora di salpare, Jack, sveglia il resto dell'equipaggio!» ordinò e quello scattò sotto coperta, poco dopo il trambusto degli uomini svegliati i soprassalto raggiunse i due sul ponte.
«Dove andiamo?» chiese Sean, lo sguardo un po' offuscato dal sonno.
«Da nessuna parte, salpate e girate attorno alla città, di modo che non ci vedano più e poi aspettate il galeone.» ordinò, poi si diresse sotto coperta prima che l'afflusso della ciurma sul ponte glielo potesse impedire.
Mentre il capitano si riposava un po' nella sua cabina la nave si allontanò dal porto con un'agile manovra, poi, silenziosamente, la caracca, sospinta dalla brezza di terra, scomparve nel buio della notte, si distingueva solo la vaga forma delle vele illuminate dagli astri notturni, ma, aggirata la baia dove sorgeva la città, la nave diventò invisibile.
Il capitano tornò sul ponte poco dopo, a parte il parlottare dell'equipaggio, la notte era densa di silenzio, le stelle andavano via via affievolendosi e la luna era ormai molto vicina all'orizzonte.
«Gettate l'ancora!» ordinò Michael, un gruppetto di uomini corse ad eseguire l'ordine, l'ancora venne buttata fuori bordo e sollevò uno sbuffo d'acqua prima di inabissarsi nel mare nero.
«Ammainate le vele!» disse il capitano, il suo ordine venne passato di bocca in bocca, mentre ad una ad una le vele si afflosciavano sugli alberi, l'ancora incontrò un ostacolo e la nave si bloccò quasi di colpo, il ponte vibrò e poi fu ancora il silenzio.
Il capitano si sporse dal parapetto, portandosi il cannocchiale all'occhio, non scorse nulla per parecchi minuti, il commodoro aveva deciso di partire più tardi, per non far pensare ad un qualche legame con le due imbarcazioni.
Dopo parecchi minuti d'attesa, dalla sagoma dell'isola emerse il galeone del commodoro, a quella distanza la nave non era visibile, si distinguevano solo le vele e le luci di segnalazione.
«Eccellente.» mormorò il capitano richiudendo il cannocchiale, si girò verso la ciurma che sonnecchiava o parlottava sommessamente.
«Ai posti di manovra! Tirate su l'ancora!Issate tutte le vele, Jona, facci raggiungere il commodoro, ok?» disse avvicinandosi al timoniere mentre la ciurma si metteva, lesta, al lavoro, Jona annuì, il capitano gli diede una fraterna pacca sulla spalla e passò oltre.
«Capitano...» lo bloccò Sean, aveva un'aria da cospiratore.
«Che c'è?» chiese Michael notando il modo di fare insolito dell'amico.
«Beh, insomma, sappiamo tutti che affrontare Ritch non è una passeggiata, anche con l'aiuto del commodoro potremmo perire nell'impresa...» iniziò, bisbigliava, sembrava temere orecchie indiscrete, il capitano annuì, intuendo dove voleva andare a parare.
«Noi siamo più veloci della Gold Wind, possiamo superarla facilmente e sfuggire a Cromwell, perchè non ci liberiamo di quella sanguisuga e non torniamo a reggere il nostro destino con le nostre mani?» chiese con l'aria di essersi tolto un grande peso dalle spalle.
«Non si può fare...» rispose Michael con un sorriso dispiaciuto, Sean rimase di stucco.
«E perchè?» chiese.
«Perchè ci ritroveremo comunque la marina alle calcagna e poi... Ritch ha una cosa di mio possesso che devo assolutamente riprendere...» rispose Spada Rossa con aria grave, gli occhi mandarono lampi di furia per un attimo, poi Michael si girò e tornò alla sua cabina, lasciando Sean ai suoi dubbi.
«Ah, un ultima cosa» aggiunse prima di andarsene «Appena vedrete un'isola abbastanza grande, attraccate e portate con voi il commodoro» ordinò, poi non fu più visibile a Sean.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** L'isola dei coralli ***


Nuovo capitolo infine! Pare che il precedente non sia piaciuto molto e mi scuso per questo...Comunque mi sono impegnato per scrivere un nuovo capitolo che vi possa soddisfare: credo che questo capitolo sia uno dei migliori, spero che piaccia anche a voi! Ah, faccio molto uso di termini nautici, se avete problemi a capirli, comunicatelo nelle recensioni! Grazie per i commenti^^


Capitolo numero 9: L'isola dei coralli


Michael venne destato da un'insolita sensazione, era già mattina perché il sole acquistava vigore fuori dalla sua cabina e la illuminava già con forza.
Era una sensazione assai sfuggevole, come se qualcosa fosse cambiato, si alzò e si vestì in fretta, solo quando fu in piedi capì cosa non andava.
In tanti anni di navigazione era ormai capace di avvertire ogni cambiamento di moto della nave, ora lo scafo vibrava e rollava incessantemente, come se le onde fossero più alte.
"Che ci sia brutto tempo?" si chiese, si protese per prendere la spada sulla scrivania ma, un improvviso scossone della caracca, gliela fece cadere.
Con una smorfia si chinò a recuperarla: una parte era uscita dalla fodera risplendeva di barbagli color del fuoco, il capitano si fermò con la mano a pochi centimetri dall'arma.
"Il tempo è scaduto..." si disse, quelle parole riecheggiarono cupe nella sua mente, per un attimo fu preso dal panico, sentì il bisogno di fuggire...si costrinse a stare calmo: lui non poteva tornare, non finché Michael aveva dei legami di sangue...sì, non poteva ancora prenderlo, così era scritto...
Si riscosse e riprese la spada, osservò ancora per un attimo i riflessi rossi, poi la rinfoderò con uno scatto e se la legò in vita.
Mentre saliva verso il ponte lo colse un odore molto particolare eppure per nulla raro: odore di terra!
Salì sul ponte: l'equipaggio stava lavorando febbrilmente sotto gli ordini secchi di Sean, la caracca si avvicinava velocemente ad un isola solitaria coperta da una fitta foresta verde, si dirigevano in una baia al riparo dal mare aperto, sembrava abbastanza grande per la caracca ed il galeone.
Rimase a fissare la piccola e bassa isola, unica macchia di terra nel mare blu, proprio ora, un grosso stormo di fenicotteri atterrava sulla sabbia.
«Finalmente un ordine eseguito bene!» commentò Michael quando Sean gli si avvicinò. «Oh, capitano...beh, grazie» lo ringraziò con un ghigno soddisfatto.
«Bene, se non ti dispiace riprendo il comando della mia nave» disse Spada Rossa spingendo da parte il compagno.
Michael guardò verso l'alto: le grandi vele erano gonfiate dalla brezza di mare che soffiava incessantemente verso terra.
«Ammainate le vele di mezzana!» urlò, subito alcuni uomini scattarono ad eseguire gli ordini: non dovevano arrivare con toppa forza nella baia.
Corse verso il timoniere che teneva la nave dritta verso l'isola.
«Con permesso...» disse, Jona lo guardò confuso per un secondo, poi capì e si fece da parte mentre il capitano prendeva il timone e faceva virare la nave facendola procedere col fianco rivolto alla spiaggia.
«Sean, osserva il mare!» ordinò Michael mentre la baia sfilava davanti all'equipaggio, ubbidiente, Sean si sporse dal parapetto di babordo ed osservò le acque cristalline del mar caraibico.
«Perché devo guardare?» chiese il pirata scrutando l’acqua che spumeggiava qualche metro sotto di lui.
«Fa’ come ti dico!» ordinò Michael, era sorpreso che a nessun’altro fosse venuto in mente di controllare quell’eventualità…
Sean spaziò per poco con lo sguardo: tutta l'acqua sembrava della stessa, meravigliosa, tonalità verde acqua sotto la quale si intravedevano i guizzi improvvisi dei piccoli branchi di pesce; stava per girarsi, quando il suo sguardo si fermò su qualcosa.
Vicina alla costa c'era una sottile linea più chiara, si distinguevano a malapena delle forme confuse sotto l'acqua: a Sean gelò il sangue.
«Ci sono dei coralli attorno alla baia!» gridò senza distogliere lo sguardo da quella trappola mortale, l'equipaggio iniziò a borbottare, inquieto, molti si sporsero dai parapetti per osservare meglio i coralli che circondavano l'isola.
Michael imprecò a bassa voce: barriere esili come quella bastavano ed avanzavano per squarciare lo scafo della caracca e condannandola ad un atroce destino.
«Ci sono altri coralli dritti a prua!» urlò Jonatan dalla coffa, il capitano si riscosse ed aguzzò la vista: una piccola catena di coralli aguzzi sbarrava loro la strada e la caracca vi si dirigeva contro a gran carriera.
«Merda!» inveì Spada Rossa girando violentemente il timone, l'equipaggio gridò di sorpresa mentre la caracca si inclinava ad un angolo assurdo sollevando enormi schizzi a tribordo.
Michael strinse nervosamente i pomelli del timone, non vedeva molto bene quello che succedeva a prua e non gli rimaneva che sperare silenziosamente.
“Fa’ che li eviti…” pregò, dirigendo le sue suppliche ad un dio al quale, in effetti, non aveva mai creduto.
Tutto l'equipaggio premeva sul parapetto dietro l'albero di bompresso, Zula, grazie alla sua statura, osservava il mare una spanna al di sopra delle teste dei compagni: la punta della nave era vicinissima ai coralli che sembravano tendersi sotto il pelo dell'acqua, come per catturarli.
Ormai la barriera era a pochi metri, i pesci che vi abitavano scapparono, spaventati dall'incursione dell'imbarcazione.
Zula si accorse che la nave perdeva velocità: con un brivido di terrore si accorse che avevano il vento contrario e la caracca perdeva lo slancio necessario alla virata: se la nave si fermava, il mare l'avrebbe subito trascinata sui coralli.
Cominciò a sussurrare delle preghiere della sua terra d'origine, incapace di distogliere gli occhi dall'acqua insidiosa della prua della nave, i coralli sfilarono sul fianco della caracca che, con un ultimo guizzo, terminò la virata e fu ripresa dal vento, un urlo di gioia salì dalla ciurma e parve scuotere tutta la Darck Light.
Michael tirò un profondo e liberatorio sospiro di sollievo, e si rilassò, allentando la presa sul timone, la nave stava tornando sui suoi passi, verso la baia, non troppo lontano, il galeone del commodoro, li stava raggiungendo.
«Jonatan, riesci a vedere i coralli da lassù?» chiese ad alta voce, riprendendo a concentrarsi sulla navigazione.
«Sì capitano!» rispose con voce un po' tremante il ragazzino, il capitano annuì, pensieroso.
«C'è un passaggio fra i coralli?» chiese ancora, bisognava fare in fretta: la baia si avvicinava.
«Sì, sì, lo vedo!» rispose dopo qualche attimo Jonatan.
«Bene, dovrai guidarmi attraverso la barriera, te la senti?» domandò Michael cercando contemporaneamente di rassicurare se stesso: c'era una buona probabilità di fallire ed affondare o comunque di arrivare alla baia con mezza nave, poteva anche tirare dritto, ma aveva bisogno di attendere se voleva che Ritch si facesse vivo, e la prossima isola poteva essere a chissà quanti chilometri...
«Ma, capitano...» rispose un po' titubante Jonatan, la ciurma tornò a guardare a prua, mentre i denti aguzzi dei coralli si avvicinavano inesorabilmente.
La nave procedeva nel silenzio, la baia era ormai poco distante.
«Non c’è tempo per esitare, te la senti, ragazzino?» chiese più forte Michael.
Attimi di spaventoso silenzio, tutto era nelle mani di Jonatan, forse troppo giovane per tale responsabilità.
«D’accordo» rispose in fine.
«Ammainate le vele dell'albero di trinchetto!» ordinò Spada Rossa, subito la ciurma eseguì gli ordini, la caracca rallentò ancora, sospinta solo più dall'albero maestro e di bompresso.
«Ora, capitano, virate leggermente a tribordo!» disse Jonatan, Michael eseguì, la caracca s'inclinò leggermente.
«Basta così!» desse il ragazzino, la caracca si rimise a navigare dritta, i coralli le si chiusero attorno come una gigantesca tenaglia, Jonatan conduceva la nave nell'unica strisciolina di mare sgombro e profondo.Impiegarono alcuni minuti a virare in continuazione, secondo i capricci della barriera, Michael si stava letteralmente sciogliendo in un bagno di sudore.
«Ancora a tribordo, capitano, e stretto!» disse Jonatan, Michael iniziò subito a virare bruscamente, eppure vide le pareti coralline avvicinarsi alla fiancata della sua caracca.
«Di più!» ordinò Jonatan, il capitano girò ancora il timone, finalmente i coralli si allontanarono dallo scafo della nave che si rimise in linea.
«E' finita!» disse Jonatan, ma fu subito contraddetto da Zula.
«No, capitano, ci sono coralli dritti a prua» lo avvertì con voce preoccupata, Michael si irrigidì di colpo: non avevano lo spazio per virare, si sarebbero sfracellati!!
«Ma sono più in profondità, magari li passiamo...» aggiunse il nero, poco convinto.
Michael si rese conto che gli tremavano le mani, si impose di controllarsi, fece dei respiri profondi e guardò avanti: li vedeva anche lui: un numeroso gruppo fra l'acqua blu scuro, però, in effetti, erano piuttosto in basso, c'era la possibilità di scamparla.
Si aggrappò con tutte le sue forze a quel pensiero mentre la caracca puntava dritta verso la barriera mortale, tutta la ciurma trattenne il fiato, come se le parole avessero potuto appesantire la nave.
Il tempo parve rallentare per il capitano: i secondi gli sembravano ore, talmente era sotto pressione: attese, guardando fisso la prua della nave...la prua era passata, si rese conto, ora toccava alla parte centrale...contò i battiti del suo cuore, il sudore gli imperlava la fronte, il respiro era roco ed irregolare...il centro era passato...ora toccava alla poppa, una goccia di sudore gli rigò la guancia e gli cadde, con lentezza esasperante, sulla mano, si sentì grattare sul fondo della nave che rimase bloccata dalle braccia protese dei coralli.
Michael s'irrigidì, impietrito, il sangue gli si gelò dalle vene.
"Ecco, siamo fritti..." pensò, poi notò che la nave s'inclinava verso il basso sulla prua, la nave scivolò di poco in avanti facendo sobbalzare il capitano.
La poppa era più leggera della prua che la trascinava in avanti inclinando la nave…forse avrebbero superato i coralli!
"Avanti bella!" incitò la sua nave che continuava ad inclinarsi ma senza muoversi di un millimetro.
"Avantiii" pregò la sua caracca, s'inclinò ancora, ma non accadde nulla.
«E dai!» sbottò infine sbattendo i piedi sul ponte, si spaventò dell'effetto della sua azione: la nave si liberò dalla morsa dei coralli all'improvviso, facendo sobbalzare tutti, poi fu libera, finalmente nella baia.
Tutti urlarono di pura gioia, 'sta volta anche Michael si unì al grido sollevando il suo cappello in aria, sventolandolo all'impazzata.
L'esultanza della ciurma minacciava di andare avanti per secoli ed alla fine, Michael si vide costretto a stroncarla.
«Jack, Duffy! Andate a controllare la sentina!» sbraitò, mozzando le grida di gioia dei pirati mentre i due scattavano sotto coperta.
«Ammainate tutte le vele!» ordinò subito dopo, quando la caracca rimase a galleggiare placida nella baia, sospinta dalle onde della risacca, girò il timone per prepararsi meglio allo sbarco, ma si sorprese nel notare che la nave non rispondeva e proseguiva dritta per la sua strada.
«Proprio la nave doveva ammutinarsi?!» si chiese ad alta voce girando freneticamente il timone da una parte e dall'altra senza risultato apparente, intanto Duffy e Jack erano risaliti.
«Non ci sono danni allo scafo!» dissero, il capitano fece un sospiro di sollievo, era un vero e proprio miracolo.
Alla fine il capitano rinunciò a manovrare la nave: il timone doveva essersi danneggiato.
«Ragazzi, il timone è andato: sarà necessario tirare in secca la nave!» annunciò in fine, la ciurma parve visibilmente preoccupata.
Michael fece gettare l'ancora e, quando la nave fu bloccata, fece scendere in mare degli uomini su delle scialuppe.
«Avanti, scaricate tutto ciò che ingombra la nave e non è fissato alle pareti!» ordinò, poi andò nella sua cabina.
Tutto il suo mobilio era fissato, per cui non poteva essere tolto, aprì, invece, il forziere coi sacchetti di monete e ci ficcò dentro il fagotto preso a Tortuga e la mappa dell'isola scritta col suo sangue.
Chiuse il forziere e cercò la chiave, per prima cercò sulla scrivania, nulla.
Controllò ogni angolo della cabina, ma non trovò nemmeno l'ombra dell'agognata chiave e fu costretto a rinunciare.
Con riluttanza uscì col forziere non chiuso dalla sua cabina cercando qualcuno a cui affidarlo; lo diede a Duffy, perché lo sistemasse nella barcaccia, la scialuppa più grande, dove venivano messe le cose preziose.
«Ho contato i sacchetti...» lo avvertì il capitano con sguardo severo, lasciando in sospeso la minaccia mentre il forziere passava in altre mani.
Mentre Spada Rossa tornava alla sua cabina, notò che il galeone era finalmente arrivato all'isola ed iniziava ad addentrarsi nei coralli, con evidenti difficoltà nelle manovre che strapparono un sorrisetto soddisfatto al pirata.
Stavano ancora scaricando a terra tutte le provviste e gli oggetti dell'equipaggio che appesantivano la nave quando il galeone li raggiunse, Michael interruppe momentaneamente il trasferimento di tutte le mappe e gli oggetti vari della sua cabina per trasferirsi a poppa ad osservare il galeone.
"Voglio vedere se riescono a passare..." pensò divertito: il galeone era molto più pesante ,e dunque basso, della caracca, per cui era improbabile che riuscisse ad oltrepassare i coralli.
Il capitano sorrise vedendo il galeone bloccarsi davanti alla barriera che impediva l'accesso alla baia, poi il sorriso gli svanì dalle labbra: il commodoro, probabilmente dopo aver assistito alla loro disavventura, aveva fatto mettere due cannoni dritti a prua.
I cannoni fecero fuoco simultaneamente riempiendo il ponte della nave di fumo e sollevando due immense colonne d'acqua che ricaddero in mare con un poderoso impatto.
Michael fece un fischio ammirato per la potenza delle batterie del galeone che fecero fuoco più e più volte, facendo vibrare l'aria della baia con la loro potenza fino a ridurre in briciole i coralli, oltrepassando la barriera con indifferenza lasciandosi dietro un'impenetrabile nube di fumo bianco.
«Che bruti!» commentò Spada Rossa scuotendo la testa e tornando a lavoro.
Dopo parecchio tempo tutta la roba che appesantiva la nave fu ammassata sulla spiaggia, mentre il commodoro organizzava il campo dei sui soldati, e la caracca galleggiava altissima sull'acqua.
Michael la fece trainare lentamente dalle scialuppe e poi tirare a secco e inclinare su un lato.
«Poteva andare peggio...» commentò il capitano osservando la carena della nave assieme a Sean. Lo scafo era scheggiato e graffiato, il timone era stato completamente distrutto, la corda che lo azionava non c'era più.
«Vero, ma non sarà un danno semplice da riparare» ribatté Sean con tono greve, il capitano osservò il sole che ben presto sarebbe uscito di scena.
«Abbiamo poche ore di luce, cominceremo domani...il trasferire tutto il contenuto della caracca a terra ci ha fatto sprecare un sacco di tempo!» disse, allontanandosi dalla nave seguito da Sean; il commodoro aveva già allestito il campo per i suoi uomini, la ciurma di Michael, invece, stava tuttora lavorando.Il pirata era però costretto ad ammettere la lungimiranza di Cromwell che aveva dotato la Dark Light di tende ed il necessario per accamparsi.
Michael si avvicinò alla roba ancora accatastata sulla sabbia bianca e notò con sollievo che la sua era già nella tenda.
Il capitano lasciò Sean ai suoi doveri e si diresse, ansioso, verso la sua tenda: era la più grande, alta circa due metri e molto spaziosa, fatta di tela bianca sorretta da sottili paletti di legno.
Appena vi entrò sospirò di piacere: la tenda gettava una fresca ombra, molto piacevole rispetto al caldo sole caraibico dell'esterno.
Gli unici oggetti che la arredavano erano un letto ed un mobile da campo con sopra tutta la sua roba, subito il suo sguardo cadde sul forziere che si era portato dietro da Tortuga, appoggiato per terra, in mezzo alla sabbia.
Si chinò su di esso e lo aprì, un po' titubante, si sentì molto sollevato nel constatare che il suo prezioso fagotto era dove lo aveva lasciato, si guardò attorno, per essere sicuro che nessuno potesse vederlo e ne scoprì il contenuto...

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Rivelazioni ***


Bene, sono finalmente riuscito a rendere leggibile questo abominio, ebbene, non aspettatevi troppo da questo "capitolo cuscinetto" servito solo a tenervi sulle spine bwhahah! In ogni caso grazie a tutti per i "numerosi" commenti, nn fermatevi ora *_*


Capitolo numero 10: Rivelazioni


Michael uscì dalla tenda qualche minuto dopo, appena sbucò fuori il commodoro gli si parò davanti facendolo sobbalzare.
«Finalmente ho l'occasione di parlarvi!» esclamò il commodoro.
«Ho avuto parecchio da fare...» si scusò il capitano passando oltre, il sole stava ormai accingendosi a tramontare.
«L'importante è che ora abbiate del tempo da dedicarmi...» disse il commodoro affiancandoglisi .
«E...di cosa volete parlarmi» chiese distratto il pirata, evidentemente con la mente da tutt'altra parte.
«Vorrei sapere...» non terminò la frase, irritato dai modi menefreghisti del pirata, gli si parò davanti, bloccandolo con un cipiglio minaccioso.
«Vorrei sapere: perché siete sbarcato su quest'isola dimenticata da Dio!?» chiese in fine con un sorriso tirato.
Il capitano sbuffò, irritato, e scostò dalla sua strada.
«Dobbiamo dare il tempo all'informatore di Ritch di INFORMARE il pirata che la vostra nave è in circolazione, per questo, nel frattempo, ho deciso di prendermi un meritato riposo» spiegò al commodoro, che si fermò, disarmato dalla logicità del pensiero del pirata.
«Ma come avrà fatto a diventare commodoro quello lì?» si chiese ad alta voce Michael mentre Cromwell tornava dai suoi uomini.
Il capitano si avvicinò a passi svelti verso le cucine che eranp più che altro un insieme di scatole di provviste sistemate alla rinfusa assieme a pentole varie; il cuoco era intento a far sistemare le provviste con ordine, schiavizzando Duffy e il Mamba.
«Danny!» chiamò Spada Rossa, il cuoco si girò, visibilmente irritato, la sua espressione mutò subito vedendo avanzare Michael.
«Sì, capitano?» rispose, attendendo le direttive del superiore.
«Aspetta a tirar fuori le nostre provviste, vorrei vedere se c'è qualcosa di fresco da procurarci, su quest'isola…» lo avvertì, l'altro annuì e si girò tornando a dar ordini ai compagni.
Michael trovò Sean mentre quello trasportava la sua roba nella sua tenda, ma interruppe il suo lavoro vedendo il capitano.
«Sean, hai un po' di tempo per venire a caccia con me?» gli chiese Spada Rossa con un sorriso incoraggiante.
«A caccia?» chiese sorpreso il pirata.
«Sì, magari c’è qualcosa di buono da mangiare che si aggira per la foresta»
«Contate su di me per qualsiasi cosa mi impedisca di mangiare la solita carne secca!» rispose subito Sean abbandonando il suo lavoro per seguire il capitano.
«Hai visto Jonatan?» domandò il capitano, Sean scosse il testone pelato.
«No, proprio no...ah, eccolo là!» rispose indicando un punto verso il mare: il ragazzino era seduto sulla sabbia umida, intento a tirar sassi nell'acqua limpida della baia, prendendo di mira i pesciolini che vi nuotavano.
«Molto bene, prendi due fucili e munizioni e della polvere!» ordinò il capitano all'amico, che subito andò in cerca delle armi mentre Michael andava da Jonatan.
«Ehilà, mirare delle a delle creaturine indifese ti diverte?» chiese Michael a Jonatan raggiungendolo, quello si girò di scatto, grattandosi la nuca, imbarazzato.
«Capitano...beh, ecco...» bofonchiò, con aria colpevole mentre il capitano lo guardava truce.
«Beh...diverte molto anche me!» disse il pirata con un ghigno, il ragazzino ridacchiò sollevato.
«Che ne dici però di venire un po’ a caccia?» gli chiese Michael, il ragazzino lo guardò incuriosito.
«Caccia?» chiese, cauto.
«Certo, molla quei sassi e fai un po’ di pratica col fucile!» disse, gli occhi di Jonatan si illuminarono mentre sul suo viso si dipingeva un sorriso a trentadue denti.
«Cavolo non posso perdere una simile occasione!>> disse quello schizzando in piedi come una molla.
«Oh, ecco Sean con l'occorrente!» esclamò Spada Rossa dirigendosi verso il compagno. Sean porse un fucile a Michael, per la precisione porse a Michael il SUO fucile: l'arma del capitano si distingueva per delle rifiniture sulla canna che la rendevano un'arma di classe, non per nulla l'aveva rubata alla nave di un riccone; l'equipaggio aveva l'espresso divieto di utilizzarla.
Sean gli porse anche una sacca di cuoio con dentro polvere da sparo ed una tasca per le pallottole che il capitano si mise a tracolla.
Il ragazzino rimase stupito di non ricevere un’arma.
«Ma come caccio senza fucile?» chiese perplesso Jonatan, il capitano gli rispose con un sorriso rassicurante.
«Non sparerai, ma ci aiuterai in un altro modo...» gli spiegò, il ragazzino si rabbuiò, pentendosi di aver creduto al capitano che ora guardava Sean.
«Possiamo andare?» chiese il capitano e Sean annuì, così i tre si misero in marcia, addentrandosi nella foresta che ricopriva l'interno dell'isola.
Muoversi nella foresta era piuttosto arduo a causa delle erbacce e dei rampicanti che la invadevano, Michael era costretto a farsi strada con la spada mentre l'elsa e l'archibugio si impigliavano sempre in qualche ramo contorto.
La luce del sole penetrava a fatica e rendeva ancor più surreale il paesaggio verdeggiante che li avvolgeva, la foresta era tutt'altro che silenziosa: il frusciare delle foglie, i versi alieni delle creature che li circondavano eppure che si celavano alla loro vista riempivano l'aria rendendo l'atmosfera densa di mistero.
Michael sbuffò, facendosi aria per contrastare l'umidità che rendeva soffocante l'atmosfera, ridacchiò sommessamente vedendo Sean, vicino a lui, tirarsi uno schiaffone mentre cercava di uccidere le enormi zanzare che li assediavano.
Il capitano tagliò con un fendente dei rami che gli bloccavano il passaggio, l'operazione fu più ardua del previsto e il pirata fece un gran baccano, quando infine i rami cedettero, due uccelli verde acceso con una coda smisurata lo sorvolarono gracchianti, ed un ramo gli cadde con un tonfo sulla spalla.
Il capitano fece per scrollarselo di dosso, ma la sua manata, anziché fare un rumore frusciante sul ramo, produsse un sibilo irritato; Spada Rossa si girò lentamente: adagiato sulla sua spalla stava un grosso pitone verde che lo fissava pacatamente con due piccoli occhietti gialli.
Rimasero a guardarsi per un attimo: uomo e serpente, poi l'uomo cedette, con un grido il capitano gettò per aria il rettile che sibilò sorpreso mentre atterrava per terra con un tonfo, nel mentre il capitano si era già allontanato di parecchi metri.
«Maledette bestiacce!» urlò, rivolto un po' a tutta la fauna del luogo mentre Jonatan tratteneva a stento il riso.
Ripresero la marcia, passarono parecchi minuti quando il capitano si fermò un attimo: da poco lontano giungeva un rumore inconfondibile, si piegò il più possibile, imitato dagli altri due, avanzò ancora per qualche metro, poi la foresta finì di botto: davanti a lui c'era il mare.
Gli altri due lo raggiunsero in fretta, osservando interessati il paesaggio: proprio davanti ai loro occhi si stendeva una scogliera sulla quale il mare si infrangeva con forza,curioso che non l’avessero vista prima, essa era abitata da decine e decine di...fenicotteri.
«Fenicotteri?» esclamò Jonatan «Pensavo che qui non ci fossero...» aggiunse un po' sorpreso.
«E' già tanto che tu sappia cosa sono i fenicotteri, comunque questa è l'unica specie che vive nei Caraibi» gli disse Sean con un ghigno, evidentemente gli piaceva far la parte del sapientone.
I fenicotteri oziavano fra i loro nidi emettendo talvolta uno stridulo e breve verso con gli enormi becchi, erano di colore rosa spento, dal collo magro ed il corpo scarno. «Ora ti dico cosa devi fare» disse Michael a Jonatan, continuò appena il ragazzino annuì.
«Io e Sean ci nasconderemo là» disse indicando un punto alla loro destra dove la foresta si allungava fino al mare.
«Tu vai dall'altra parte, aspetta un poco per darci il tempo di caricare e sistemarci e poi fai un gran baccano e cerca di far volare i fenicotteri sopra le nostre teste, va bene?» chiese aspettando poi la risposta.
«Intesi» rispose raggiante Jonatan allontanandosi, subito Michael e Sean presero il suo esempio andando nella direzione opposta.
Il capitano e Sean si nascosero dietro un rigoglioso cespuglio con delle bacche rossastre, poggiarono a terra il calcio degli archibugi e li caricarono in silenzio. Caricata l'arma Spada Rossa la appoggiò per terra, affianco a sé, sempre fissando la colonia di fenicotteri.
«Quanti ne dobbiamo prendere per sfamare tutta la ciurma?» chiese sotto voce Sean osservando gli uccelli, che non sembravano molto in carne.
«Non lo so, speriamo di prenderne abbastanza...» rispose Michael meditando sulla domanda.
«Piuttosto, come facevi a sapere che erano qui?!» chiese ancora Sean, questa volta molto curioso.
«Oh, ne ho visto atterrare qualcuno da queste parti mentre ci avvicinavamo all'isola...» disse con semplicità.
«Se sapevi che erano qui, potevamo anche passare per la costa, al posto di attraversare tutta la foresta, no?» domandò Sean, Michael lo guardò con un sorriso divertito.
«Assolutamente no! Ero molto curioso di vedere l'interno di una foresta tropicale, fin'ora le ho solo viste da lontano...» spiegò sbatacchiando più volte le palpebre, il compagno scosse la testa, incredulo.
Delle grida interruppero la loro conversazione: Jonatan si era attivato e i fenicotteri si alzarono in volo progressivamente, Michael temette all'inizio che volassero verso il mare, ma poi sembrarono cambiare idea e dirigersi verso il loro nascondiglio.
Entrambi imbracciarono i fucili, appena i fenicotteri furono a tiro, fecero fuoco: con due sbuffi di fumo le pallottole partirono verso gli uccelli, con una traiettoria un po' incerta dovuta all'innata imperfezione delle canne degli archibugi.
Due fenicotteri vennero colpiti, i due ebbero il tempo di sparare altre tre volte, prima che lo stormo si allontanasse, avevano ucciso entrambi un fenicottero a tiro e si avvicinarono alle carcasse scambiandosi reciproci complimenti.
Jonatan li raggiunse poco dopo, trotterellando.
«Ottimo lavoro!» gli disse il capitano appena lo vide, il ragazzino sorrise.
«Queste non si possono mangiare?» chiese subito dopo, vedendo i nidi colmi di uova.
«No, non quelle...anzi, è meglio andare, prima che lo stormo ritorni e sia preso dall'istinto materno!» disse Sean caricandosi in spalla i fenicotteri uccisi, Jonatan lo guardò, confuso.
«Tradotto: è meglio levare il disturbo prima che quei fenicotteri tornino e decidano di attaccarci per difendere le uova!» spiegò Michael con un sorriso, prima di riavviarsi nella foresta.
Tornarono all'accampamento quando il sole era ormai scomparso nel mare e portarono alle cucine i fenicotteri uccisi, anche lì i pirati si erano dati da fare, catturando un po' di granchi polposi.
«Ma si mangiano?» chiese Duffy, che aveva assistito al deposito degli uccelli, il cuoco alzò le spalle.
«Si mangiano le gru, perchè non i fenicotteri?» rispose strappando un ciuffo di piume dalla pelle di uno degli uccelli.
Michael si sedette con Sean vicino ad una catasta di legna, che dopo avrebbe fatto da falò, raccolta dai pirati mentre i due erano a caccia.
«Ah, Zula?!» chiamò il capitano interrompendo il discorso con Sean vedendo passare davanti a loro il muscoloso pirata.
«Porta questo alla mia tenda» ordinò lanciando il fucile a Zula, che si allontanò a grandi passi mentre i due riprendevano a discutere.
Arrivò in fretta nella tenda del capitano, vi entrò e diede uno sguardo attorno, una cosa attirò la sua attenzione: il forziere che lui stesso aveva portato lì, non era più per terra ma sul tavolino da campo. Non ci diede troppo peso ed appoggiò il fucile sopra il letto del capitano, arretrò un po' ed urtò per sbaglio il tavolino, il forziere, già in precario equilibrio, cadde per terra con un assordante fracasso riversando a terra il suo contenuto.
Zula sobbalzò e trattenne un'imprecazione, in fetta si mise a gettare nel forziere i sacchetti di monete, la sua mano si fermò un attimo sul fagotto di stracci, i suoi occhi si accesero: dagli stracci lerci, si intravedeva l'inconfondibile luccichio dell'oro.
Il nero controllò che vicino alla tenda non ci fosse nessuno e scostò gli stracci che rivelarono la tavola in puro oro che vi era avvolta, con sopra scolpite delle strane lettere.
Doveva valere molto a giudicare di quanto brillava.
Il pirata sfiorò con il polpastrello la superficie levigata del prezioso oggetto, ma fosse stato tutto lì, dopo un momento di sorpresa l'avrebbe riposta, eppure le antiche rune incise sulla reliquia, gli sembravano familiari.
Ricordò, spalancando gli occhi: era la lingua che la sua tribù usava nei tempi antichi, la sua famiglia diceva che un tempo la maggior parte del mondo la parlava e gliel'aveva fatta imparare nonostante fosse ormai dimenticata ai più.
Lesse in fretta le prima righe, due parole lo turbarono: "tesoro" e "maledizione", ancora una volta controllò che nessuno lo potesse sorprendere, e poi iniziò a leggere tutto il testo della tavola...

Lo so, lo so vi starete domandando come mi sia venuto in mente di far comparire dei fenicotteri ebbene non immaginate quante siano poche le specie cacciabili nei Caraibi T_T...

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Le trame nell'ombra ***


Immaginando che sentiste la mia mancanza ho finalmente deciso di pubblicare, devo ammettere che è stato davvero difficile scrivere questo capitolo e renderlo leggibile senza grando risultati tra l'altro, per cui devo anche ringraziere di cuore Simmy-Lu per il suo aiuto preziosissimo! Commentate numerosi se non volete pagarne le conseguenze...


Capitolo 11: Le trame nell'ombra


La cena fu pronta quasi a tarda notte, un grande falò illuminava i pirati mentre venivano distribuite le porzioni di carne di fenicottero su dei rozzi piatti di legno.
Appena gli fu data la sua parte della cena, Michael afferrò con avidità la succulenta coscia di fenicottero e fece per portarsela alla bocca quando qualcuno chiese ad alta voce.
«Non è che è nocivo?» quelle parole lo bloccarono per un istante.
«Beh, io non ne ho mai mangiati, non lo so...» rispose una seconda voce, Michael posò la coscia sul piatto e la guardò, come se sulla pelle abbrustolita dell'uccello ci fosse la risposta alla sua domanda.
Ancora nessuno dei pirati aveva toccato il cibo, cosa che rendeva ancora più indeciso il capitano.
Spada Rossa si girò, vicino alla sua ciurma, cenavano gli uomini di Cromwell, che avevano impiegato un po' più di tempo per procurarsi un po' di pesce fresco.
Michael strappò dalle mani del vicino il piatto ed ignorò le sue proteste.
«Commodoro?» chiamò, l'ufficiale smise di mangiare per un istante e lo guardò con aria interrogativa.
«Gradite un po' di fenic...ehm, di carne?» chiese con un affabile sorriso porgendo il piatto al commodoro.
«Molte grazie!» rispose l'altro afferrando il contenuto del piatto e mettendolo nel suo, fatto questo, ne portò un pezzo alla bocca.
Tutti lo guardavano con aria di aspettativa.
«Gradevole...» commentò, alle sue parole tutta la ciurma iniziò a mangiare, sollevata, e nessuno lo degnò più di uno sguardo.
Al fenicottero seguirono granchi e noci di cocco, il tutto annaffiato con abbondanti dosi di rhum, il risultato fu che, a notte fonda, il morale era ancora alto e gli uomini svegli.
«Sì, Maracaibo sarebbe una di quelle città che mi piacerebbe prendere a cannonate!» disse Michael conversando con i suoi uomini, portò la bottiglia di liquore alla bocca e ne bevve un lungo sorso.
Si fermò solo quando la gola gli parve andare in fiamme, poggiò la bottiglia sulla sabbia e fissò per un attimo il fuoco che gli danzava davanti agli occhi, disegnando strane e flessuose ombre sulla spiaggia.
Nel seguire i guizzi delle fiamme, il capitano fu colto da un capogiro e da un improvviso senso di nausea.
«Uomini, io vado, a domani!» disse alzandosi, la ciurma lo salutò mentre lui si allontanava barcollante diretto alla sua tenda con la bottiglia ancora in mano.
L'equipaggio si zittì appena Michael entrò nella tenda, i soldati del commodoro si erano ritirati già da tempo.
Dopo qualche minuto ancora nessuno parlava, si udiva solo il sussurro ritmico del mare; improvvisamente Zula si alzò e spiò attraverso il telo che faceva da porta alla tenda del capitano, dopo poco tornò dai compagni.
«Il capitano dorme.» annunciò sedendosi.
«Allora, di cosa ci volevi parlare?» chiese Jona con la voce un po' impastata.
Zula guardò uno per uno i pirati: parlare sarebbe stato rischioso, c'era una buona probabilità che non gli credessero e lo denunciassero a Michael.
Alla riunione mancava solo Sean, che era andato a dormire prima per un malditesta martellante. I compagni di Zula imbarcati a Port Royale gli avrebbero dato man forte, con il loro appoggio avrebbe potuto confidarsi con gli altri.
Il Mamba inspirò profondamente e cominciò a parlare.
«Avete tutti presente il forziere che il Capitano si porta dietro da Tortuga?»
Molti annuirono al ricordo del forziere misterioso.
«Ebbene... ieri, per caso, ho fatto cadere il forziere e ho visto quello che conteneva...» disse Zulla, tutti i pirati lo guardarono con aspettativa.
«Voi non ci crederete, ma il forziere contiene una tavola d'oro massiccio...» disse, facendo un pausa programmata, per far accrescere l'attenzione, molti mormorarono «... ma non è questo ciò che volevo dirvi. Sulla tavola ci sono delle incisioni nell'antica lingua del mio popolo...» concluse facendo un'ulteriore pausa.
«Allora, ci vuoi dire che c'era scritto?» chiese Duffy, impaziente, come il resto del gruppo. Zula lo fulminò con lo sguardo e quello parve farsi piccolo piccolo sotto i suoi occhi.
Il nero trasse un profondo respiro prima di riprendere a raccontare.
«Il nostro capitano si porta appresso una terribile maledizione.» disse con voce profonda, per nulla alterata dal rhum.
Le luci delle fiamme gli davano un aspetto mistico e tenebroso.
«Una maledizione?!» chiese, un po' scettico, Jack.
«Ma che vai dicendo?!»
«Dico il vero: ha profanato il tesoro di un antico re, ma ignorava che la reliquia fosse protetta da una maledizione! La spada che il Capitano porta sempre con sé, quella da cui ha preso il soprannome, ha una gemella... entrambe furono forgiate per proteggere il tesoro del sovrano. Una spada è rossa... l'altra è blu. Se lui ha solo la spada rossa...qualcun'altro ha quella blu; e chi prende quelle spade diventa il guardiano del tesoro... per l'eternità.» spiegò con tono solenne, per un po' nessuno rispose, la sua voce aveva un effetto ipnotico sui pirati che lo ascoltavano.
Il fuoco scoppiettava mentre i pirati riflettevano sulle parole del nero.
«Allora come lo spieghi che lui sia ancora qui?» gli chiese Jona, spalleggiato dall'annuire del gruppo.
«Non vi ho ancora detto tutto: i due guardiani si scambiano i ruoli ogni cinque anni, uno libero per il mare, e l'altro a far da guardia alla reliquia nelle profondità degli abissi. Ogni cinque anni il guardiano sommerso può cercare il suo compagno e, se lo uccide, allora ne può prendere il posto nel nostro mondo... Se invece è il guardiano a perire, allora la maledizione si spezza... ma il guardiano non può essere ucciso…» disse con un amaro sorriso, un brivido passò sulla schiena degli ascoltatori.
«Ma certo, è tutto vero, ricordate il nostro viaggio per cercare il tesoro del Re Athalinuzu... o come si chiamava?» chiese Duffy tutto d'un tratto, per un po' la ciurma lo guardò con aria sbigottita, poi un lampo di comprensione passò negli occhi dei pirati: tutti si immersero per un attimo nei loro ricordi, l'arrivo sull'isola del tesoro... la scoperta che qualcuno li aveva preceduti... la battaglia...
«Ma come facciamo a sapere se i cinque anni sono passati? Io non ricordo quanto tempo è passato da quando Michael ha preso la spada...» chiese qualcuno dei pirati, Mamba sogghignò.
«La tavola dice che i riflessi delle spade segnano il passare del tempo, quando i riflessi raggiungono l'impugnatura, allora i cinque anni sono passati.» rispose Zula.
«Io ho visto il capitano osservare i riflessi rossi della spada ed arrivavano all'impugnatura!» esclamò Jack, la ciurma cadde nel panico.
«Allora c'è una nave di non-morti che ci segue!» esclamò qualcuno.
«Siamo condannati!»
«Dobbiamo nasconderci!»
«No, è tutto inutile....»
«Dov'è il mio cappello?»
«SILENZIO!!» tuonò Zula, sovrastando le voci dei pirati che lo guardarono sorpresi.
«Strillate come un branco di donnacce!» li accusò il nero con un'espressione di sommo disprezzo.
«Come ti permetti, cane rognoso?! Siamo inseguiti una nave maledetta e tu ci critichi per il nostro timore?» gli chiese Jona fissando negli occhi Mamba.
«Ehi!» disse un pirata di colore, compagno di Mamba, alzandosi «Io e Zula siamo compagni da moltissimi anni, siamo come fratelli, se insulti lui insulti anche me; e a me non piace essere insultato.»
Jona e il nero si fissarono fino a che Jona non abbassò lo sguardo.
«Non c'è motivo di aver paura: la tavola dice anche che finché Michael ha dei legami di sangue sulla terra, il guardiano non può tornare.» spiegò con fare risoluto.
«Ok, ma chi ci dice che il capitano abbia dei legami di sangue?» chiese Duffy.
«Non lo so, ma c'è la possibilità di scamparla, almeno per ora...» disse il nero alzando le spalle.
«Ma non possiamo continuare ad andare per mare con il capitano, altrimenti verremo trascinati negli abissi!» protesto ancora Duffy.
«Lo so, è per questo che dobbiamo…ammutinarci.» spiegò Zula, tutti lo fissarono esterrefatti, come se non comprendessero le sue parole.
«Scordatelo! Non tradiremo il nostro capitano!» affermò Jack alzandosi in piedi.
«Giusto, troveremo un’altra via…»
«Non credo ci sia ed io non voglio finire negli abissi a far la guardia ad un tesoro maledetto!» disse Zula alzandosi a sua volta a fronteggiare il pirata.
«In questo caso…» fece Jack tentando di estrarre la spada ma un pugno del Mamba lo mandò con le gambe all’aria fra la sabbia.
«Maledetto!» urlò Duffy scattando in piedi.
«Fermo!» gli ordinò uno degli amici di Zula afferrandogli le spalle e ributtandolo per terra e puntandogli un pugnale alla gola.
Anche gli altri componenti della ciurma di Michael fecero per reagire ma i compagni galeotti di Zula erano più numerosi e pronti a fronteggiarli.
«Potete scegliere: fatevi uccidere ora o seguirmi! Potrei far fuori vuoi e Michael all’istante, ma credo che sarebbe difficile spiegare la cosa al commodoro; se mi aiutate ce ne andremo da qui sani e salvi e ci libereremo dei cani della marina.» spiegò Mamba con un sorriso poco incoraggiante.
La situazione rimase in stallo per un secondo, poi i pirati rinunciarono a qualsiasi voglia di combattere e si arresero.
«Ti seguiremo…» annunciò Jona con voce mesta.
«Benissimo, allora non appena salperemo sbatteremo Michael fuori dalla nave e ci lasceremo il commodoro alle spalle…» sentenziò Zula, nessuno obbiettò.
«Allora, a domani» disse Mamba, evidentemente soddisfatto: con l’appoggio dei suoi uomini sarebbe stato lui il capitano, se Michael fosse stato abbandonato...

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** In bilico! ***


Lo so, lo so, sono terribilmente in ritardo con la pubblicazione, e sono pienamente consapevole di avervi delusi ma...ma a chi voglio darla a bere? Non ho tenuto col fiato sospeso nessuno...beh, grazie comunque per i commeti e godetevi il capitolo...


Capitolo 12: in bilico!


I giorni successivi passarono in fretta, fra la riparazione della nave e le continue escursioni nella foresta, al capitano non sembrò quasi vero che fosse già ora di partire.
Michael dirigeva le manovre dal ponte, alcuni uomini, dal basso, aiutavano a togliere le funi d'ormeggio mentre gli altri si tenevano pronti a spiegare le vele.
Il sole era quasi scomparso dietro all'orizzonte quando la nave fu pronta a salpare, appena l'alta marea la cinse, Michael fece spiegare le vele dell'albero di trinchetto e si cimentò ancora nello slalom attraverso ai coralli, impresa resa ancora più ardua dalla scarsità di luce.
Dopo qualche minuto, la provvidenza divina li liberò dal labirinto corallino ed il capitano poté tirare un sospiro di sollievo.
Si concesse un attimo di pace, alzò la testa al cielo, per osservare la volta celeste, era un panorama straordinario, eppure si sentiva a disagio, avvertiva sulla pelle la sgradevole sensazione che stesse per succedere qualcosa ma scacciò in fretta quel pensiero.
«Bene, ed ora spiegate le vele» disse, ma nessuno rispose all’ordine.
Si girò verso l’equipaggio, i suoi uomini erano immobili che si scambiavano occhiate incerte.
«Beh?! Siete forse diventati sordi? Muovetevi!» ordinò, la ciurma parve decidersi…ma non nel senso buono.
Gli uomini formarono un gruppo compatto e minaccioso davanti al capitano costringendolo ad arretrare fino alla prua.
«Ma che diavolo vi prende, obbedite agli ordini!» scattò Michael, cominciava ad avere paura della piega che prendeva la situazione.
«Mi dispiace capitano» disse Zula emergendo dal gruppo «Ma il vostro viaggio finisce qui!» annunciò.
«Ma che…?!» il capitano fu interrotto da Sean che venne buttato a terra sul ponte davanti a lui.
«Stai bene?» gli chiese Spada Rossa aiutandolo a rialzarsi.
«Sì, ma è da vedere quanto durerà...» rispose Sean, Michael si avvicinò a Zula con aria sprezzante, la paura aveva lasciato posto alla collera.
«Lurida carogna, ho fatto male a prenderti nel mio equipaggio!» disse, per tutta risposta il nero gli puntò la spada al collo ma il capitano non parve farci caso.
«Vi conviene collaborare se non volete finir male...» lo avvertì Mamba ma Micahel non voleva sentir ragioni.
Sollevò una mano, come per colpire l’uomo, inevitabilmente quello spostò gli occhi sul pugno alzato, allora Michael lo colpì al mento con l’altra mano, facendolo barcollare.
Il nero si tastò il mento con aria stordita, prima che potesse riprendersi il capitano lo colpì ancora ed ancora, fino a che quello cadde a terra con la faccia sanguinante ed allora il pirata gli si gettò addosso tempestandolo di pugni rabbiosi.
«Toglietemelo di dosso!» urlò Zula tentando di difendersi dalla furia dell’avversario.
«Maledetto, ti ucciderò con le mie mani!» affermò Michael, in quel momento si sentì afferrare da delle robuste braccia che lo tirarono su impedendogli di muoversi nonostante lui cercasse di liberarsi in tutti i modi.
Zula si alzò pulendosi con l’orlo della manica il sangue sul viso, poi guardò Michael con aria omicida.
«Tenetelo fermo» ordinò il Mamba ai suoi compagni, preparandosi a prendere a pugni il capitano.
«Te lo scordi!» disse quello mollandogli un calcio sull’inguine.
Il nerò muggì crollando a terra e piegandosi in due, la ciurma era allibita.
Michael riprese a lottare per liberarsi dalla presa degli altri due.
«Lasciatemi! LASCIATEMI!» urlò con voce acuta e gli occhi fuori dalle orbite.
Alla fine riuscì a divincolarsi e si gettò ancora addosso al Mamba in preda ad una furia omicida.
Quell’uomo gli aveva rivolto contro il suo equipaggio, gli stava rovinando tutto, doveva morire!
Questa volta più uomini lo staccarono dal nero, tentò di liberarsi ma qualcuno lo colpì in testa con l’impugnatura della spada, nella sua testa ci fu una grande esplosione di luce, il suo corpo perse ogni forza e gli altri lo sbatterono a ridosso del parapetto di prua.
Michael si riprese in fretta ma, prima che potesse rialzarsi, Zula, con la faccia sanguinante contratta in una smorfia di rabbia gli puntò addosso una pistola armata.
«Un altro movimento e ti faccio fuori seduta stante!» sibilò quello.
Michael si calmò e tentò di ragionare, non sarebbe stato facile mantenere la calma, ma farsi uccidere non sarebbe servito a nulla, forse avrebbe ottenuto qualcosa mercanteggiando.
«Sta bene» disse dopo un attimo «Qual'è il motivo di quest'ammutinamento?»
«Beh, capitano, credo che vi siate dimenticato di dirci che siete maledetto» spiegò Zula con un acido sorriso.
Michael impallidì, possibile che sapesse?
«Come hai fatto…?»
«Ho letto la tavola che ci tenevate nascosta» spiegò quello.
«L’hai tradotta? Devi essere più vecchio di quel che credevo!» ironizzò il pirata «Ma forse ti è sfuggita la parte sui legami di sangue»
«Tenete forse la vostra famiglia nascosta nella stiva?» domandò il nero.
«No, ma ciò non toglie che io abbia dei parenti»
«Ah, lo direi anche io se fossi al vostro posto» rispose Zula.
«Ho uno zio olandese, e posso assicurarvi che presto lo vedrete coi vostri occhi» disse Michael sforzandosi di mantenere un tono calmo, l’umore della ciurma cambiava.
Molti dei pirati non erano favorevoli all’ammutinamento e lui stava fornendo loro una via d’uscita.
«Mio zio…è Ritch, meglio noto come Solenero»
La ciurma ammutolì, poi Mamba scoppiò in una grossa risata.
«Certo, come no! Lo stesso che voi avete accettato di uccidere!» disse trattenendo a stento l’ilarità.
«Tu non sai nulla di lui, al mio posto non esiteresti» disse Mciahel rabbuiandosi improvvisamente «E comunque avrei dovuto parlarvi dell’esistenza di un medaglione, speravo di trovarlo a Tortuga, ma a quanto pare mio zio mi ha preceduto, è un medaglione interessante, sapete, ha il potere di proteggermi dall’altro maledetto nel caso tornasse»
«E noi dovremmo crederci?»
«Se non esistesse non andrei a vagabondare per i mari col rischio che corro»
«Forse dovremmo fidarci» propose Jona, molti annuirono, gli altri erano indecisi, Zula era disperato.
Michael decise di mettere a segno il punto finale.
«Dovete sapere che esiste un’isola nascosta, nella quale Ritch accumula i suoi tesori, in attesa di poterli spendere, pensate: quanto possono accumulare decine di navi pirata?» un lampo i avidità passò sugli occhi di tutti, la vittoria era vicina.
«Come sappiamo che non menti?» domandò il Mamba esasperato.
«Avrai visto una mappa tracciato col…sangue no?» chiese il capitano, Zula annuì, pensoso.
«Sapete arrivarci?»
«Ho un piano, non temere» disse quello «E guarda caso è proprio lì che si trova il mio medaglione, due piccioni con una fava giusto?»
Michael comprese di aver vinto.
«Allora, che ne dite di ridarmi il comando? Almeno finchè non vi avrò condotti all’isola» i pirati rifletterono per un po’.
«Va bene, ma ricorda che cammini sul filo di un rasoio» lo avvertì Zula riluttante, Michael quasi si sentì mancare per il sollievo.
«Ma se uccidiamo Ritch, l’altro maledetto non potrà darci la caccia?» domandò qualcuno, la domanda che Michael aveva temuto.
Tutti si girarono a guardarlo.
«Tranquilli, sapete meglio di me che nessuna nave è in grado di tenerci testa in velocità, arriveremo all’isola prima di essere raggiunti» spiegò, poco convinto delle sue stesse parole, ma i pirati parvero accettarlo.
«Ora, il fatto che io sia di nuovo capitano mi fa chiedere perché non abbiate ancora spiegato le vele» disse con un sorriso, gli uomini sorrisero divertiti e si misero a lavoro, l’atmosfera pesante di poco prima si era dissolta.
Michael si aggrappò al parapetto per non afflosciarsi sul ponte, il cuore gli batteva fortissimo e sudava freddo, era stato vicinissimo alla morte.
«Ci siete riuscito» si complimentò Sean, Michael non ebbe la forza di rispondere non gli sembrava possibile.
«Quale rotta…capitano?» chiese Jona dal pozzetto.
Nei giorni passati Michael ed il commodoro avevano deciso di fare rotta uno per Andros e l’altro per Nassau.
«Fate rotta per Nassau!» ordinò, l’avventura ricominciava.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Il primo scontro! ***


Sono tornato, e puntualmente per altro! Correggere questo capitolo è stata una vera fatica e spero per voi che vi piaccia! Tra l'altro devo dire che non mi aspettavo commenti positivi riguardo al capitolo precedente, mi avete lasciato piacevolmente sorpreso! Prima di lasciarvi alla lettura vorrei dare il bentornato a Sihaya10, mancavi da troppo tempo ormai, grazie per aver lettto e commentato!


Capitolo 13: Il primo scontro!


Il commodoro si svegliò di scatto, senza un motivo preciso. Stette immobile nel suo letto per un po' pensando a cosa lo avesse svegliato; non c'era nulla di anormale, eppure avvertiva un anomalo senso di irrequietezza che lo rendeva nervoso.
Si alzò e guardò fuori dalle ampie finestre dei suoi alloggi, il cielo era tinto di una magnifica sfumatura rosa che andava via via espandendosi come una ferita nella quale si intravedeva il globo rosso del sole nascente.
A oriente le masse scure delle nuvole fluttuavano sopra il mare rendendo ancora più bello il panorama.
Rinfrancato dallo spettacolo del giorno nascente si vestì indossando la sua diletta uniforme blu e bianca ed i suoi stivali impeccabili; si sistemò poi la parrucca sui capelli biondi e si ammirò allo specchio che aveva messo nella cabina.
Il commodoro era molto esigente per quanto riguardava il suo aspetto ed uscì sul ponte solo quando fu sicuro di essere perfetto.
La sottile carezza del vento lo accolse appena uscì all'esterno, diede uno sguardo agli uomini che lavoravano in un efficiente silenzio finché non fu interrotto.
«Buon giorno commodoro!» lo salutò il tenente Sheen, un ragazzo di appena vent'anni magro ed esile, che pure aveva fatto molto in fretta carriera.
«Buongiorno tenente» rispose il commodoro con un sorriso asciutto «Come và la navigazione?»
«Il vento è calato e soffia da oriente, ora, signore!» rispose immediatamente Sheen, il commodoro annuì osservando brevemente le enormi vele del galeone.
«Avete avvistato delle navi?» chiese ancora avanzando verso la prua seguito a ruota dall'ufficiale.
«No, signore, l'orizzonte è rimasto sgombro per tutta la notte!» disse il tenente, i due erano ora proprio davanti all'albero di bompresso, ogni tanto qualche schizzo lanciato dallo scafo che fendeva le onde punzecchiava loro il viso.
Il commodoro scrutò l'orizzonte col suo cannocchiale, scorse subito la piccola sagoma della caracca di Michael Brown che si allontanava velocemente.
«Se continua così lo perderemo...» commentò Sheen al suo fianco, Cromwell non diede segno di aver sentito e ripose il cannocchiale.
«Quello stolto non sa tenere a freno la sua nave...non c'è modo di ottenere qualche nodo in più dalle nostre vele?» domandò il commodoro tornando a studiare il velame.
«Temo di no, signore, abbiamo navigato al massimo delle nostre capacità fino ad ora» rispose il tenente.
Il commodoro osservò ancora un attimo l'orizzonte dove la caracca pirata veleggiava ad una velocità per loro insostenibile.
Non c'erano molte caracche in giro per i mari nonostante fossero delle ottime navi: veloci, agili, robuste, ma soprattutto, con batterie capaci di tener testa a quelle dei galeoni più potenti.
Cromwell si sorprese di provare invidia verso Mchael Brown e subito scacciò quei disdicevoli pensieri.
«Molto bene, allora andate a controllare lo stato delle merci nella stiva, voglio un rapporto dettagliato fra mezz'ora!» ordinò Cromwell, Sheen annuì e si allontanò.
Il commodoro sbuffò, lieto di non aver più fra i piedi quell'ufficiale che non lo lasciava solo un secondo, fece un breve giro del ponte scambiando qualche parola con i suoi uomini e controllando lo stato del sartiame; era tutto perfetto: il suo ruolo sembrava superfluo con un equipaggio così diligente.
Si appoggiò al parapetto di prua ad osservare il sole che ormai prendeva vigore ed il colorito rosso ad est; a bordo di un galeone della marina le giornate erano sempre così monotone...
Qualcosa, fra le nuvole ad oriente, attirò la sua attenzione, dapprima non ci fece caso, poi però si sporse dal parapetto, colto da un sospetto che non sapeva se accogliere con paura o gioia.
Nello stesso momento che lui prendeva il cannocchiale dalla coffa qualcuno gridò «Navi a babordo!»
Eccole lì, ingrandite dalle lenti del cannocchiale di Cromwell, le due navi che procedevano parallele a loro spiccavano di netto fra le nuvole che avevano nascosto la loro sagoma al galeone per tutto il tempo.
Erano due, non erano particolarmente grandi ma procedevano molto in fretta e stavano superando il galeone.
Ed ecco che, sotto gli occhi di Cromwell, eseguivano una rapida virata e puntavano verso di loro, lanciate ad incredibile velocità col vento in poppa.
Era una manovra insolita in mare, dove ognuno segue la sua rotta rimanendo diffidente di tutti i convogli che incontra.
Con un brivido d’emozione il commodoro si rese conto che quelle due navi potevano significare una sola cosa: Ritch era finalmente arrivato!
«Presto, caricate i cannoni, prendete i fucili, ricordate le istruzioni che ho dato prima di partire!» urlò il commodoro, tutti i soldati scesero sotto coperta, scambiandosi animati commenti lasciando soli sul ponte solo una manciata di uomini.
Le istruzioni che il commodoro aveva dato al suo equipaggio prima di partire da Port Royale prevedevano che i portelli sarebbero stati aperti solo quando la nave nemica fosse stata vicinissima e l'intero equipaggio sarebbe uscito sul ponte immediatamente dopo.
Era la stessa tattica adottata per catturare Spada Rossa; mancava solo un piccolo dettaglio...
Il commodoro corse a prua e scrutò l'orizzonte: la caracca era troppo lontana per essere avvertita, potevano solo sperare che si accorgesse della battaglia e che venisse ad aiutarli.
«Cannoni pronti!» lo avvertirono da sotto coperta, un brivido d'eccitazione gli percorse la schiena, le navi nemiche non erano più tanto distanti ed ora si potevano osservare meglio: erano due fregate, affusolate e velocissime, erano navi di medie dimensioni e relativamente poco armate ma erano in due, il che le portava automaticamente in vantaggio visto che per il galeone, goffo e pesante, non sarebbe stato facile seguire le manovre di entrambe le navi.
Il commodoro fece scorrere lo sguardo da l’una all’altra nave; fra le vele bianche piene di rattoppi di vari colori si vedeva la bandiera di Ritch: un kraken bianco con occhi gialli e maligni su sfondo nero.
La vista di quell'effige fece accapponare la pelle all'ufficiale.
«Virate di trenta gradi a babordo!» ordinò Cromwell, il galeone eseguì un impacciata manovra e caricò frontalmente le due fregate; esse sfoderarono i cannoni ( il commodoro ne contò circa quattordici per lato) e si allontanarono l'una dall'altra preparandosi a colpire da entrambi i lati il galeone.
A distanza di poche decine di metri si sentirono le grida selvagge dell'equipaggio delle navi che ricopriva d'insulti il commodoro o almeno era quello che facevano pensare le parole urlate in olandese dei pirati.
«Fuori i cannoni!» ordinò Cromwell appena le prue delle tre barche furono sullo stesso livello, i pirati nemici cessarono immediatamente di urlare vedendo spuntare i cannoni dai portelli camuffati che li avevano portati a sottovalutare la loro preda: nonostante la sua lentezza, il galeone, era uno spettacolo di letale bellezza con tutti i cannoni che sporgevano minacciosi dallo scafo.
«Fuoco!» ordinò il commodoro, un secondo dopo le possenti batterie fecero fuoco l'una dopo l'altra, i loro rombi erano assordanti e facevano vibrare intensamente l'aria mentre lo stesso galeone era squassato dalla loro potenza.
Appena le batterie tacquero tutti i soldati uscirono sul ponte brandendo gli archibugi ed urlando raggianti, col sangue che ribolliva, desideroso di combattere.
Tutti i misero a scrutare attraverso la nube bianca che aveva avvolto le navi nemiche, ma di loro non c'era traccia, come se il micidiale attacco del Gold Wind le avesse disintegrate.
Poi una voce ruppe il silenzio che era calato sulla battaglia «Vuur!!»*
Altre esplosioni diradarono la cortina creata dal galeone ma, questa volta, erano i pirati ad attaccare.
Le batterie delle fregate fecero fuoco contemporaneamente con un rombo non meno forte di quello del galeone.
Con un impeto di terrore il commodoro riconobbe i proiettili sparati dai pirati che si allargavano in mortali rose davanti ai suoi occhi.
«Mitragliaaaa!» avvertì gettandosi a terra, ma la sua voce si perse nel ronzio come di un gigantesco sciame di api infuriate della mitraglia nemica.
I soldati sul parapetto vennero spazzati via, i loro corpi parvero disperdersi in brandelli e sangue, i proiettili s'infransero sulla murata sollevando tante piccole schegge scaraventando gli addetti ai cannoni per terra come bambole di pezza.
Un proiettile sfiorò la spalla del commodoro mentre si gettava a terra, la velocità del piombo fece schizzare il sangue venoso tutt'intorno, l'ufficiale gemette e si premette una mano sulla spalla ferita.
Si alzò e si guardò attorno: il ponte era invaso dai feriti agonizzanti con gli arti strappati dai morsi famelici del piombo incandescente; solo pochi erano usciti illesi.
Cromwell si riscosse ed osservò le due navi nemiche che si allontanavano dal galeone per ricaricare, il commodoro provò una perfida soddisfazione vedendo le murate semi-distrutte dal suo attacco.
«Virate a tribordo, caricate i cannoni e pronti a far fuoco!» ordinò scavalcando alcuni feriti per osservare meglio i movimenti del nemico mentre il galeone invertiva la rotta.
Le due fregate stavano tornando all'attacco, una frontalmente, l'altra procedeva a zig-zag per fare un giro largo contro-vento; ora che il galeone aveva invertito la rotta si avvicinava minacciosamente alla fregata che procedeva dritta.
All'improvviso la fregata virò esponendo il fianco alla prua del galeone aggirandolo, mentre il timoniere della Gold Wind virava automaticamente le batterie nemiche fecero fuoco.
Questa volta spararono contro di loro delle solide palle di cannone ma la fregata era ancora distante e molte finirono in mare sollevando colossali, ma innocue, colonne d'acqua.
Alcune, però , riuscirono a colpire le murate del galeone.
Un proiettile colpì la prua della nave, il ponte in quella zona si corrugò e si accartocciò, l'albero di bompresso s'impennò come un essere vivente spezzando tutte le funi che lo reggevano e ricadde in mare.
Il galeone però sembrò non risentire del colpo e caricò la fregata, ormai molto vicina, scostando con furia incurante l'albero distrutto.
La fregata aveva ripreso velocità e la nave del commodoro, con la punta orrendamente mutilata, riuscì ad affiancarvisi solo per poco tempo, i cannoni tuonarono squarciando e dilaniando la murata che la fregata esponeva loro, catapultando come giocattoli i corpi dei pirati in mare; l'albero di mezzana venne abbattuto e troncato di netto immobilizzando la nave che tentava invano di liberarsi dalla morsa del sartiame.
«Affianchiamoci a quei pirati, soldati, al parapetto e pronti al fuoco!» ordinò il commodoro portandosi al parapetto di tribordo seguito dai suoi uomini che puntarono i fucili sui pirati della nave nemica che facevano altrettanto.
«Sparate!» ordinò, tutti i soldati fecero fuoco sollevando piccoli pennacchi di fumo, le pallottole decimarono i pirati prima che potessero rispondere al fuoco.
Il galeone passò oltre; intanto l'altra fregata aveva completato il giro e si era avvicinata alla loro poppa col favore del vento, anche lei sparò mandando in frantumi il castello di poppa, la nave tremò sotto i colpi nemici e la fregata si allontanò ancora per ricaricare, l'altra, inoltre, aveva tranciato le funi che la tenevano legata all'albero distrutto ed aveva ripreso a navigare veloce portandosi fuori dal raggio d'azione del galeone.
«Virate di babordo!» ordinò Cromwell, il timoniere eseguì, ma la nave rispose a fatica girandosi in modo lento e goffo.
Cromwell osservò con un frustrante senso d’impotenza le fregate che navigavano fuori portata preparandosi all’attacco.
Non poteva fare altro che guardare il nemico prepararsi a spedirlo negli abissi.
«Imbarchiamo acqua, signore!» gli urlò Sheen mentre correva verso di lui, il commodoro notò che aveva l'uniforme macchiata di sangue sul fianco destro e zoppicava.
In quel momento Cromwell ebbe l’assoluta certezza che non avrebbero vinto quella battaglia, solo un miracolo poteva salvarli...


Michael se ne stava tranquillamente appoggiato al parapetto di prua della sua caracca fischiettando beatamente ed osservando le onde che si infrangevano sulla punta della sua nave. L'imbarcazione procedeva spedita verso Andros e lui non aveva nessuna direttiva da dare ai suoi uomini, stava però meditando di raccattare qualcuno per giocare a dadi…
Stava giusto per chiamare Sean quando un rombo anomalo gli giunse alle orecchie: era un rumore ovattato e vibrante, sembrava venire da lontano...
«Che cos'era?» chiese Duffy a tutta la ciurma che si era bloccata per un attimo.
«Per me era un rombo di cannoni!» disse Sean con tono sicuro, anche Michael era della stessa opinione.
«Non è che...?» sussurrò, poi corse a poppa aprendo contemporaneamente il cannocchiale, si sporse dal parapetto ed osservò l'orizzonte.
Proprio come pensava: il galeone si stava battendo con un altra nave...anzi con due navi! Proprio mentre le osservava lo raggiunse un altro rombo simile al precedente.
«Jona! Inverti la rotta, dobbiamo tornare dal commodoro, ed in fretta!» urlò, Jona eseguì virando e puntando verso il galeone (il vento spirava da est ed era semi-favorevole in ogni caso).
«Capitano, che succede?» chiese Sean.
«Credo che Ritch si sia infine fatto vedere« rispose Michael, la ciurma bisbigliò, a disagio.
«Avanti, caricate i cannoni, tenetevi pronti, fra un po' avremo di che divertirci!» urlò con un ghigno, i pirati dimenticarono la temporanea paura e corsero a prendere i loro fucili mentre gli addetti caricavano i cannoni.
Michael tornò ad osservare la battaglia, per fortuna la caracca era veloce e sarebbero presto arrivati: il galeone aveva appena preso un brutto colpo a prua, ma ora stava per contrattaccare caricando quella che sembrava una fregata.
Il capitano guardò meglio la bandiera dei nemici, non c'era dubbio, era quella di suo zio!
«Cannoni pronti!» urlarono da sotto-coperta, Spada Rossa annuì, ora il galeone era stato pesantemente colpito a prua, se non intervenivano in fretta poteva dire addio al commodoro.
Tutta la ciurma era ora armata ed attendeva il momento di agire scambiandosi coloriti commenti.
«Alzate la nostra bandiera!» ordinò Michael: quello parve rinfrancare tutti gli uomini dandogli la carica necessaria ad affrontare lo scontro: non c'era nulla che incoraggiasse di più un uomo che combattere per la propria bandiera.
Quando arrivarono sul luogo dello scontro il galeone non faceva altro che arrancare cercando di colpire i suoi nemici che gli danzavano attorno tempestandolo di colpi.
Michael puntò gli occhi su una fregata priva di un albero che procedeva più lentamente e si avvicinava da ovest al galeone.
«Virate a babordo, affondiamo quel relitto con i topi che ci navigano!» urlò, tutti esultarono mentre la caracca virava ed il vento la prendeva fra le sue spire spingendola a folle velocità, in poco tempo furono davanti alla fregata che aveva inutilmente tentato di sottrarsi allo scontro.
<«Fuori i cannoni e fuoco!» ordinò il capitano, le batterie scattarono fuori dai portelli e, appena la fregata passò loro davanti, spararono: l'imbarcazione nemica sussultò, la murata esposta esplose in mille pezzi catapultando per aria schegge ed uomini.
Finito il bombardamento la nave nemica s'inclinò e cominciò ad affondare mentre la ciurma si tuffava in acqua o saliva sulle scialuppe rimaste.
«Divertitevi col tiro a segno» disse Michael, i pirati si sporsero dai parapetti, prendendo di mira coi fucili tutti quelli che nuotavano in cerca della salvezza mentre il galeone investiva e rovesciava le scialuppe che tentavano la fuga.
Molto presto il mare pullulò di cadaveri e pezzi di legno, non era rimasto nulla che si muovesse da usare come bersaglio.
«Lasciamo il resto agli squali!» propose Spada Rossa, con riluttanza gli uomini riposero le armi.
«La seconda fregata fugge verso sud, la seguiamo?» chiese Zula, tutti guardarono il capitano con sguardi imploranti.
«No, lasciamola andare, se dirà a Ritch che sono stato io ad attaccarli, il mio caro zietto non potrà fare a meno di venirmi a salutare…» spiegò, la ciurma parve delusa«E poi è meglio vedere se il commodoro ed i suoi "valorosi" soldati sono ancora tutti interi!» aggiunse, i pirati risero continuando a commentare l'argomento sollevato dal capitano mentre la caracca si accostava al galeone.



*vuur: fuoco

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Danni collaterali ***


Finalmente ci si rivede! Pare che Dio non voglia veder pubblicato questo capitolo perchè prima mi si rompe il computer, poi il monitor, poi non posso connettermi...insomma ho tribolato per postarlo indiragionpercui leggetelo e FATEVELO PIACERE!!!! Grazie per i calorosi commenti ^^


Capitolo 14: Danni collaterali


Michael osservò il galeone dal parapetto della caracca che vi si accostava: le fiancate erano tutte bucherellate vicino ai portelli dei cannoni ed, in alcuni punti, si vedevano lunghi squarci dove le avevano sfiorate le palle di cannone.
La prua presentava un enorme squarcio dove prima stava il bompresso ed anche la poppa era ridotta male: il ponte era tutto accartocciato e distrutto con pezzi di legno che pendevano dalle murate. Come se non bastasse tutto il ponte era intriso di sangue.
Le figure atterrite dei soldati si aggiravano per la nave con occhi confusi mentre osservavano i cadaveri dei compagni sparsi ovunque sul ponte.
«Gettate l'ancora!» ordinò il capitano, Zula e due compagni scattarono ad eseguire.
«Portate una passerella!» disse ancora, appena la nave si fu fermata, Sean e Jack portarono subito una lunga e flessuosa asse di legno e l'appoggiarono sui parapetti delle due navi, assistiti dai soldati.
Spada Rossa camminò in fretta fino a ritrovarsi sull'altra nave dove il commodoro lo accolse.
«Devo ringraziarvi per il vostro provvidenziale intervento.» disse, senza sorridere, dopo quella battaglia non avrebbe potuto.
«Senza di voi saremmo tutti morti» aggiunse, non sapendo se sentirsi ferito nell’orgoglio per essere stato salvato di un pirata, o essere grato per questo.
«Già, vi conviene addestrare meglio i vostri uomini per le future battaglie!» lo stuzzicò Michael, il commodoro parve visibilmente scosso, poi i suoi occhi si accesero di furia.
«Non permettetevi di criticare i miei uomini se non volete ferire anche il mio onore!» lo attaccò con sguardo minaccioso ma il pirata non fece una piega.
«Lasciate da parte l'onore quando siete in una battaglia, o sapete forse come spararlo contro il nemico?» commentò il capitano, lui e l'ufficiale si fissarono ancora per un momento prima di venire distratti.
«Signore, che dobbiamo fare riguardo alla falla?» chiese Sheen intromettendosi nelle discussione, lo sguardo del commodoro persistette ancora un attimo sul pirata prima di spostarsi sul tenente.
«Non c'è modo di ripararla?» chiese Cromwell, il tenente scosse la testa.
«Temo di no, è un bel buco...» affermò, il commodoro sbuffò, ci mancava solo quella!
«Voglio darle un'occhiata...voi piuttosto, non avete nulla da fare sulla mia nave.» disse Cromwell rivolto a Michael.
«Al contrario, devo assicurarmi che non affondiate prima di arrivare a terra: mi servite per combattere Ritch.» rispose con un sorriso il pirata «Posso accompagnarvi ad esaminare la falla, dunque?» chiese.
«E sia» rispose dopo un attimo il commodoro incamminandosi, seguendo Sheen, sotto-coperta.
Scesero in fretta fino allo stanzone dove dormivano tutti i soldati ed i graduati, il pirata si bloccò un istante alla vista che gli si presentò davanti: la stanza era stata allestita come ospedale improvvisato, vi erano ammassati tavoli e giacigli in ognuno dei quali stava un soldato ferito.
L'odore del sangue era quasi palpabile e rendeva pesante l'aria assieme alla prima puzza di putrefazione e al sudore degli infortunati, i loro lamenti aleggiavano nell'aria come le suppliche di un anima del purgatorio.
Passarono in mezzo ai feriti lanciando qualche occhiata qua e là, vi erano ferite di ogni genere, nonostante la morsa del disgusto il capitano non riusciva a distogliere lo sguardo dagli uomini sofferenti: uno era senza un braccio, era pallidissimo con gli occhi che sembravano enormi, in compenso la divisa si era tinta di un bel rosso acceso...
Un altro ancora era senza un occhio, un ragazzo incredibilmente giovane tentava di trattenere le grida di dolore mentre il medico, anche lui pallidissimo, straziato dal compito che doveva svolgere su molti dei suoi compagni, gli segava via una gamba ridotta in brandelli.
Fra i feriti si muovevano operosamente una manciata di uomini, comandati da un uomo alto e dinoccolato che stava scaldando un pugnale sulla fiamma di una lanterna.
«Ralph!» chiamò il commodoro, raggiungendo l’uomo che si era seduto affianco di un soldato steso su una branda improvvisata.
Ralph degnò appena di un’occhiata il commodoro, e perlopiù osservò la sua ferita alla spalla, aveva gli occhi stanchi e sembrava patire per ogni suo compagno presenta nella stanza.
«Quanti morti?» chiese un po’ titubante l’ufficiale.
«Troppi…» rispose il medico brusco.
«Potresti darmi una cifr…» il commodoro fu interrotto dall’arrivo di un altro medico più giovane col grembiule bianco macchiato di sangue e…qualcos’altro.
«William ha una brutta ferita al torace, credo che il proiettile si ancora dentro, è un punto difficile» spiegò, rivolgendosi a Ralph.
Quello fece un grugnito e si alzò.
«Vado io, tu occupati di lui» disse lasciando il posto all’altro vicino al ferito.
«Ed ora, se volete scusarmi» fece rivolto al commodoro prima di allontanarsi.
Infine, il gruppo si lasciò alle spalle l’ambulatorio.
Fu un enorme sollievo ritrovarsi nella stiva, lontani dalle grida imploranti dei moribondi.
La stiva era molto grande e buia, le merci erano accumulate in pile ordinate che sembravano estendersi all'infinito, l'ondeggiare della nave provocava dei sinistri scricchiolii ma, per il resto, la stiva era immersa nel silenzio.
Si fecero guidare da Sheen fra i lunghi e stretti passaggi fra la roba stivata, man mano che camminavano s'intensificava uno strano rumore gorgogliante, solo quando Sheen si fermò capirono di cosa si trattava: era lo sciabordio dell'acqua che stava riempiendo lo scafo della nave.
«Ecco, è qui» disse il tenente sollevando una botola nel pavimento, che doveva portare ad un’altra parte della stiva; il commodoro ed il capitano si chinarono su di essa, da sotto l'acqua li salutò con dei vacui e danzanti riflessi della poca luce che entrava nella stiva.
«Oh, è una bella falla!» commentò il pirata, l'acqua arrivava fin quasi alla botola e si alzava a vista d'occhio.
«Già...non c'è modo di rallentare l'acqua?» chiese Cromwell.
«Potremmo fare una catena di uomini per gettarla fuoribordo ma servirebbe a ben poco...» rispose scuotendo la testa Sheen.
«Dobbiamo tentare, per ora spostate lontano le merci, la polvere e le provviste, poi penseremo alla catena» ordinò il commodoro rialzandosi e sospirando, il suo viso era tirato per la tensione tanto che sembrava invecchiato di qualche anno.
“Che disastro” pensò, amareggiato, poi però il volto gli si illuminò, quello poteva dargli l’occasione che cercava.
«Riuscirete ad arrivare a Nassau?» chiese Michael distogliendo anche lui l'attenzione dalla falla; la domanda su cui l’ufficiale contava.
«Non lo so...magari potreste tenere voi un po' delle nostre merci...così saremmo più leggeri...» propose il commodoro guardando con occhi penetranti il pirata che, da parte sua, sorrise amabilmente.
«Oh, lo farei...ma temo che in questo modo potrei essere attaccato anche io da una nave pirata, cosa che, senza il vostro galeone a coprirmi, risulterebbe piuttosto fastidiosa!» rispose, affabile.
«Ma così colerò a picco! Avete bisogno di me per combattere con Ritch» affermò l’altro con un’indignazione che non provava, tutto stava andando per il verso giusto.
«Sapete meglio di me che c’è una soluzione alternativa al problema» affermò il pirata «Fate porto ad una città più vicina ed io attenderò ad Andros che il galeone venga riparato!»
Il commodoro finse di rifletterci, perché aveva ben chiaro dove dirigersi: dal principio aveva avuto ordine di far porto in una certa città per avere aggiornamenti sugli ordini.
«Molto bene allora» disse infine «Farò vela per l’Avana, dunque!»
«Eccellente, vedete che se usate quello che c’è sotto la vostra parrucca qualcosa di sensato lo dite?» fece il pirata allontanandosi ed uscendo dalla stiva.
«Tsk! Pirati!» commentò Sheen chiudendo la botola.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Andros in vista ***


Rieccomi, in ritardo, ma rieccomi! Ho tardato con questo capitolo per motivi scolastici visto che sono sempre carico di compiti, ad ogni modo spero di aver fatto un buon lavoro col testo e spero lo penserete anche voi una volta letto. In realtà vi dico che il capitolo doveva essere lungo il doppio ma ho dovuto dividerlo e spero di averlo fatto nel punto giusto, ma questo potrete dirmelo col capitolo successivo, ora vi lascio alla lettura, grazie per i commenti! Ah, se per caso qualcuno di voi conosce l'olandese, non si alteri troppo se scopre che le frasi che io ho inserito nel capitolo sono grammaticalmente scorrette.


Capitolo 15: Andros in vista


Gli uomini si fissarono dai rispettivi posti ai lati del tavolino sul ponte oscillante della caracca, era passata l'una ed il sole batteva nel cielo sgombro facendoli sudare di caldo oltre che per la tensione.
Sul tavolino scricchiolante erano depositate tante monetine d'oro scintillante, al centro del tavolo c'erano quattro carte da poker: un jack, due dieci, un asso ed un tre.
Michael studiò ancora una volta le due carte che aveva in mano e poi spostò lo sguardo sugli altri pirati della partita: tutti e tre, Sean, Duffy e Jack, sudavano ma i loro sguardi non davano idea di ciò che avessero in mano.
Sul piatto c'erano già venti dobloni, attorno a loro la ciurma parlottava e scommetteva sull'esito della partita.
«Credo di dover rilanciare...» disse il capitano afferrando tre monete d'oro e buttandole assieme alle altre già scommesse.
«Rilancio» affermò Sean dopo un attimo aggiungendo altre monete al mucchio scintillante.
«Mhh...» fece Duffy osservano più volte gli altri e le sue carte, in preda all'indecisione «Vedo!» disse in fine con un sorriso incerto.
«Ah!Io lascio!» disse Jack poggiando le carte sul tavolo strappando un tenue sorriso soddisfatto dalle labbra dei giocatori, qualcuno fra la ciurma si scambiò dei soldi ridacchiando per l'esito della scommessa.
«Uhm...vediamo...» fece Michael prendendo sei monete ed osservandole scintillare nel suo palmo «Credo che vedrò il punto!» disse poggiando le monete nel piatto con un sorrisetto furbo.
«Allora, vediamo cos'abbiamo in mano!» propose Michael, spesero ancora un attimo a studiarsi poi poggiarono le carte sul tavolo.
«Ahahah, tris di Jack!» disse raggiane Spada Rossa con una breve risata soddisfatta.
«Tris di tre...» grugnì Sean al suo fianco.
«Io...ho un poker di dieci...» aggiunse con voce rotta dall'emozione Duffy, lo sguardo di Michael si poggiò su di lui, sconvolto mentre la sua pelle perdeva un po' di colore.
Intorno a loro la ciurma era in subbuglio in uno scambiarsi di soldi e commenti.
«Fa' vedere!» intimò il capitano afferrando le carte di Duffy, non c'era dubbio: erano due dieci, uno di cuori e l'altro di quadri.
Spada Rossa si lasciò ricadere sulla sedia, improvvisamente spossato osservando con palese rammarico Duffy che si portava via il sostanzioso bottino con un incredulo sorriso ebete.
«Capitano!» lo chiamò la voce inconfondibile di Zula.
«Che c'è ora?» chiese Michael con voce seccata girandosi a guardare il nero che gli sorrideva, divertito.
«Volevo avvisarla che il commodoro ha cambiato rotta circa un quarto d'ora fa» disse alzando le spalle, Spada Rossa si accigliò.
«E che aspettavi a dirmelo?» chiese alzandosi di botto raccogliendo le monete ancora sue mettendole al sicuro in un sacco di tela logora.
«Non volevo interrompere la partita...» rispose con semplicità il nero, Michael fu sul punto di sparargli, ma si trattenne, voleva ucciderlo lentamente...
«Grazie per non averlo fatto!» rispose in fine con un sorriso tirato, il pirata sorrise amabilmente.
«Ad ogni modo non datevi pensiero, si stanno dirigendo a L’Avana, continuate la rotta per Andros» ordinò il capitano chiudendo così l’argomento.




Due giorni dopo la separazione col commodoro, di sera, il capitano Michael Brown se ne stava comodamente seduto nella sua cabina a bere the (probabilmente sarete sorpresi da quest'affermazione ma vi giuro che è proprio andata così, NDA); avevano sostato per un giorno su un isoletta sperduta ma con un piccolo fiumiciattolo al centro che aveva permesso alla nave di riempire le sue scorte d'acqua.
Michael aveva deciso di spenderne parte per farsi una tazza di the miracolosamente conservatasi nella stiva della caracca ed ora si godeva la raffinata bevanda, farlo lo faceva sentire molto inglese.
In principio aveva deciso di conservare il the per un'occasione speciale tipo la distruzione della compagnia delle indie, ma il desiderio di erbe commestibili lo aveva assalito per qualche arcana ragione.
"Magari è il mio sesto senso che mi dice che la compagnia delle indie è stata distrutta..." pensò il pirata poggiando l'ormai vuota tazzina di terra cotta, che lui tentava di vedere come di porcellana, sul tavolo della cabina.
Sospirò godendosi un ultimo minuto di tranquillità prima di afferrare il cappello e dirigersi alla porta della cabina, nell'aprirla si ritrovò davanti Sean col pugno alzato, pronto a bussare.
«Sì?» chiese Michael con un cortese sorriso, Sean abbassò il pugno con espressione un po' imbarazzata.
«Volevo avvertirla che c'è una nave in vista, signore, si avvicina da prua» spiegò l'uomo ritrovando il suo parlato burbero.
«Uhm...» fece il capitano camminando in fretta verso il ponte, il vento lo aggredì appena uscì all'aperto: da quando il commodoro si era allontanato il vento aveva preso vigore tanto che le sartie erano pericolosamente tese.
Spada Rossa mise una mano sul cappello per trattenerlo mentre si dirigeva verso la prua; gli uomini sul ponte lavoravano con un ritmo piuttosto pacato, la luce era ancora poca, ad est si vedeva soltanto una lieve luce azzurra che preannunciava la venuta del sole, per il resto le uniche luci erano le lanterne ai lati del ponte che, con le loro fiammelle danzanti, davano alla nave un aspetto spettrale.
Nessuno parlava sul ponte, tutti erano troppo stanchi, solo il sussurro del mare e lo scrosciare delle onde si facevano sentire.
Michael si sporse da prua, l'albero di bompresso sembrava perdersi nel buio, il capitano guardò davanti a se: due lucine tremolanti si avvicinavano zigzagando a loro.
Al pirata ci volle un po' di tempo per distinguere le sagoma della nave che era molto piccola dotata di due alberi e dalla forma tozza.
«Credo sia una pinaccia...» disse Michael a Sean ancora al suo fianco.
«Io avrei detto uno sloop» commentò Sean, Michael scosse la testa.
«No, non vedi che ha due alberi?» chiese dando le spalle all'imbarcazione che aveva parecchio rallentato e sembrava volersi accostare.
«Ammainate le vele e pronti con l'ancora!» urlò Michael ai suoi uomini, rompendo l'atmosfera sonnolenta che regnava sul ponte.
Una dopo l'altra le enormi vele si afflosciarono privando di spinta la nave che i bloccò definitivamente quando l'ancora s'incagliò.
La pinaccia si accostò a loro da babordo, sull'albero sventolava fieramente la bandiera olandese; a bordo c'erano circa quattro marinai che si intravedevano con la poca luce delle lanterne, più due uomini: uno era tarchiato e vecchio con dei grossi baffi, vestito elegantemente con le mani paffute che stringevano una piccola risma di fogli.
Il secondo era più giovane coi capelli corti e brizzolati, anche lui vestito in modo distinto e reggeva una lanterna che disegnava strane ombre sulla sua faccia; entrambi osservavano i pirati dal basso con aria di aspettativa.
«Credo vogliano salire» disse Spada Rossa, come se venisse dato l'ordine, due uomini gettarono una scaletta mal ridotta ai due che subito salirono, il ragazzo in testa.
I due si ritrovarono da soli sul ponte, circondati dalla ciurma di Michael che li osservava famelica, disposta a semicerchio, i due si sistemarono i vestiti e sfoggiarono un sorriso sicuro, il più vecchio porse la mano a Michael.
«Dag, ik are Hut Worster, hem haf de mijn hulp, zijn van het courant economisch aan Andros!» spiegò l'uomo, man mano che procedeva gli occhi della ciurma si fecero sempre più a palla, fino a minacciare di uscire dalle orbite.
Seguì un lasso ti tempo indeterminato in cui nessuno parlò.
«Io dico...di buttarli in mare!» propose Jona con un ghigno.
«Sì!» approvarono i compagni.
«Facciamoli passeggiare sull'asse!» disse Zula, i due olandesi fecero un passo indietro...o almeno avrebbero voluto farlo, ma i cinque metri buoni di caduta libera dietro di loro li fecero desistere.
Michael scosse la testa con stizza prima di sorridere ai due.
«Dag, nee baan ongerust maken de mijne kameraden are alleen binnen beetje hongerig; ik are James Raza, de capitain aan boot!» disse Michael (comprendi? NDA), la ciurma parve ancora più scossa.
«Parlate olandese?» chiese Duffy.
«Ma certo che parlo olandese, eikel! Dimentichi che mio zio, e mia madre, erano olandesi!» spiegò con fare seccato Michael; riportò lo sguardo sull'uomo, che ora sorrideva.
Michael aveva detto all'uomo, che a quanto pareva rappresentava il giornale economico di Andros, di non preoccuparsi, la sua ciurma era solo un po' affamata.
«Sono felice che parliate olandese, potreste rispondere a qualche domanda?» chiese Hut Worster con uno strano luccichio negli occhi.
Spada Rossa sapeva già cosa gli avrebbero chiesto: era già successo qualche volta che la sua nave fosse intercettata da qualche giornalista; a quei tempi le città più importanti avevano tutte un giornale che riportava tutte le notizie economiche (navi in arrivo, informazioni sulla borsa, guerre...)e sarebbe stato seccante inventarsi tutte le informazioni, ma non voleva destare sospetti così decise di sottoporsi all'intervista.
«Certo, nessun problema» rispose dopo poco il capitano con un sorriso condiscendente.
«Grazie signor Raza..allora, volete far porto ad Andros vero?» chiese l'uomo tirando fuori una penna, più propriamente una piuma, mentre il ragazzo al suo fianco svitava un calamaio e glielo porgeva.
«Certo» rispose Michael.
«Bene, qual'è il nome della vostra imbarcazione?»
«Uhm...» il pirata ci pensò qualche secondo prima di rispondere «Black Dragon!» disse in fine.
«Venite nella città per scopi commerciali?» alla domanda il capitano annuì.
«Dunque siete un mercante» altro cenno affermativo.
«Siete qui per vendere? Non so, pelli? Carne? Rhum?» chiese l'uomo, all'ultima domanda Michael impallidì, la ciurma lo imitò per solidarietà.
"Come si può essere tanto pazzi da vendere del rhum?" si chiese il pirata, poi però si ritrovò a riflettere che, se nessuno lo vendesse lui non potrebbe acquistarlo...che mondo pazzo!
«No» rispose con enfasi «Voglio comprare»
«Oh, bene...e cosa vorreste comprare esattamente?» domandò il giornalista con bramosia mentre la piuma annotava per conto suo le parole del pirata.
«Uhm...vediamo...carne...?» azzardò: non sapeva se la città producesse carne ma la risposta sembrò soddisfare l'olandese, per cui bene così!
L'intervista andò avanti per un bel po' e l'alba illuminava già il cielo quando il due si ritennero soddisfatti.
«Grazie per la vostra attenzione, se volete potrete acquistare una copia del "Beschein aan Andros" (gazzetta di Andros in lingua popolare) sarà stampata domani mattina!» annunciò Worster prima di scendere la scaletta e tornare sulla sua pinaccia che subito riprese a navigare in cerca di qualcuno da mettere al torchio.
«Vanti, specie di barilotti ripieni di rhum! Spiegate le vele e vediamo di raggiungere Andros!» ordinò il capitano ed il ritmo sulla nave riprese il consueto andazzo.
Michael dovette aspettare solo una decina di minuti prima che Andros fosse in vista: la punta delle montagne che sovrastavano la città emergevano con fierezza
dall'orizzonte, colorate di azzurro dalla luce del mattino.
«Preparatevi all'attracco!» ordinò Michael, sebbene fossero ancora lontani dall'isola, era impaziente di rimettere i piedi per terra e godersi i numerosi doni che la città poteva offrirgli.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Una minaccia lontana ***


Saaaalve! Scommetto vi crogiolavate nell'ansia di vedere il mio nuovissimo capitolo, vero? Beh, in questo caso consentitemi di avvisarvi sull'indicibile bruttezza di questo capitolo: ho provato a dargli un senso nella storia, ma temo di non esserci riuscito completamente...perdono! Comunquamente vi ringrazio per i commenti e cercherò di evitare altre note dell'autore idiote...Tra l'altro, mi sono accorto di quante volte ho detto SPERO nell'introduzione precedente, e forse anche in quelle prima, SPREO non ve ne siate accorti perchè altrimenti le mie SPERANZE di diventare un buono scrittore sarebbero infrante ed io SPERO di no e SPERO SPERIATE anche voi ciò che SPERO io! (lo so, potevo evitarmela)


Capitolo 16: Una minaccia lontana


«Vuur!Fuoco!» ordinò il capitano, l'immensa nave fece fuoco contro il suo nemico stremato: enormi esplosioni squassarono il ponte del galeone spagnolo che sussultò emettendo un rumore simile ad un lamento prima di rovesciarsi ed affondare, spargendo in mare quel che rimaneva della nave da guerra.
La ciurma, composta da quasi cento uomini, emise un grande boato di gioia guerriera al quale si unì anche l'uomo che aveva messo fine all'esistenza della nave nemica.
«Moordaddig! Morte!» urlarono riempiendo l'aria delle loro voci gruttuali e spettrali che si trasformarono pian piano in roche risate.
«Capitano, c'è un'altra nave che si avvicina da tribordo!» urlò l'uomo di vedetta sulla coffa.
Il capitano grugnì guardando alla sua destra: una fregata piuttosto mal ridotta si avvicinava a loro, non l'avevano vista prima perchè erano impegnati nella battaglia, ma ora tutti i pirati fiutarono l'odore del sangue.
«Devo far caricare i cannoni?» chiese il primo ufficiale al suo fianco.
L'uomo scosse la testa, c'era qualcosa di familiare in quella nave....
«Capitano, porta la nostra bandiera!» urlò la coffa, la notizia non sorprese l'uomo: ricordava tutte le numerose navi al suo servizio.
Poi ci fu del movimento sulla prua della fregata ed una lucina tremolante cominciò ad accendersi e spegnersi: dei segnali di luce.
«Dice...» iniziò l'uomo sulla coffa ma il capitano lo interruppe.
«Lo so cosa dice, topo di sentina!» urlò zittendo immediatamente il pirata, d'altra parte era un uomo che incuteva timore a tutti: aveva un corpo muscoloso e massiccio, una folta barba nerissima e degli occhi gialli, spietati quanto insoliti, persino il suo nome era temuto, Daniel Ritch, SoleNero!
L'altra nave stava comunicando che era la fregata di Morgan Doorst e chiedeva il permesso di accostarsi.
«Rispondete che hanno il permesso di accostare!» urlò Ritch, gli uomini si misero subito all'opera.
Il capitano olandese non era per nulla sorpreso che lo avessero trovato: lui progettava l'imboscata a quel convoglio del tesoro spagnolo da più di un mese ed i suoi sapevano che la battaglia si sarebbe svolta lì.
Ci volle qualche minuto per far accostare le due navi, appena il capitano della fregata mise piede sul ponte SoleNero lo prese per il collo con la sua manona, grossa come la testa dell'altro, e lo sbattè con violenza sull'entrata della sua cabina, situata a poppavia, sul ponte.
«Che diavolo hai fatto alla mia nave figlio di puttana?» gli chiese il capitano sollevando il pirata da terra senza sforzo mentre quello era ancora senza fiato per la botta.
«Mentre assaltavamo il galeone inglese...ci hanno attaccati...» spiegò con voce rotta il pirata, un brusio sorpreso si diffuse fra gli spettatori.
«Chi vi ha attaccati?» chiese Ritch allentando la presa sul collo del sottoposto.
«Non lo so, un altro pirata...» rispose Morgan con voce piagnucolosa «La bandiera era un teschio con un rubino in bocca...»
Daniel strabuzzò gli occhi lasciando ricadere a terra il pirata che riprese aria a grandi boccate.
«Che ne è stato dell'altra nave?» chiese Ritch dando le spalle all'uomo.
«...Distrutta...» rispose quello, la ciurma rabbrividì: il capitano non avrebbe gradito.
Eppure non sembrava furioso: Ritch fissava l'orizzonte con sguardo assente, le labbra leggermente contratte.
"E così ti sei fatto vivo finalmente...cerchi vendetta...o il tuo prezioso amuleto?" si chiese il capitano raffigurandosi il nipote sulla sua caracca da quattro soldi e quell'orribile cappello con piume rosse quando sarebbe dovuto essere un altro al suo posto...
"Qualunque cosa tu cerchi sappi che troverai solo morte!" urlò nella mente, come se il suo avvertimento potesse raggiungere l'odiato Michael.
«E' successo vicino ad Andros?» domandò riportando lo sguardo sul pirata steso sul ponte che annuì timidamente.
«Boyd!» chiamò, un pirata pieno di orecchini tintinnanti si fece avanti.
«Sì, capitano?»
«Porta la tua feluca ad Andros, e in fretta!» ordinò, quello annuì e chiamo alcuni compagni per farsi aiutare a calare in mare l'imbarcazione.
«Che facciamo, andiamo anche noi ad Andros?» gli chiese il primo-ufficiale, il capitano guardò all'orizzonte: sebbene volesse catturare al più presto Michael a non più di un giorno di vantaggio stava un galeone del tesoro spagnolo, una preda che non poteva lasciarsi sfuggire.
«No, finiamo il lavoro che abbiamo iniziato» rispose dopo un attimo di riflessione guardando il pesante galeone imbottito d'oro che fuggiva all'orizzonte.
«Quanto a te...» disse girandosi a guardare il pirata della fregata che iniziò a sudare visibilmente: tutti sapevano cosa succedeva a chi veniva sconfitto.
«Sjambok!» urlò, il suo grido venne ripreso da cento voci esultanti e bramose di sangue.
Due uomini corsero nella sua cabina e gli portarono la grossa frusta nera, in pelle d'ippopotamo che si era procurato da un mercante africano.
Lo sjambok era una frusta terribile, di solito quelli su cui veniva usata non sopravvivevano ai profondi tagli che procurava.
Il pirata cominciò a chiedere pietà a gran voce, mettendosi anche a piangere mentre lo legavano all'apposita rete messa sul ponte per ricordare a tutti cosa succedeva se facevano un errore.
Il capitano della fregata venne legato alle corde macchiate di sangue rappreso dei molti che lo avevano preceduto.
«Vi prego…vi prego...» piagnucolò con la voce rotta dai singhiozzi.
Ritch sollevò con un gesto lento il braccio che reggeva la frusta e dopo aver lasciato ribollire il pubblico che assisteva entusiasta alla scena, la calò con rapidamente sulla schiena dell'altro.



Come dimensioni, Andros, assomigliava molto a Port Royale, sebbene fosse meno importante in ambito politico ed economico.
Nonostante questo erano abissali le differenze fra Andros e qualsiasi altra città inglese dei Caraibi, che apparivano chiaramente a Michael che scrutava la città mentre la caracca si avvicinava al porto.
La luce crescente del giorno dava un'aria armoniosa al villaggio composto da tante case tutte molto simili e dai tetti rossi, solo un palazzo, situato più in alto del resto della città, si distingueva: era veramente grosso, dipinto di bianco perla con un tetto fin troppo spiovente, dietro di lui si estendevano enormi piantagioni d'uva e pascoli naturali.
Nonostante la sua superficie, la città era chiusa da un imponente, seppur di legno, muro di cinta; anche il porto presentava alcune particolarità: era di dimensioni mediocri, protetto da una muraglia di pietra con cannoni ogni dieci metri, senza contare delle torri da cannoni situate dietro di essa, quelle difese non erano troppo gradite a chiunque tentasse l'assalto alla città, sempre se ci fosse stato uno tanto matto da tentarlo!
C'erano poche navi nel porto che ondeggiavano pacatamente, indifferenti al mare mosso, la cosa strana era che c'erano ben tre fluti tutti identici con le murate di colore blu e oro; dovevano appartenere a qualche mercante locale.
Non fu difficile trovare il posto per attraccare, e la tassa richiesta non era nemmeno troppo alta, come al solito, Michael incaricò Sean di prendere le provviste per la nave mentre lui faceva un giro per la città.
Andros non era proprio il tipo di città che un pirata avrebbe scelto per divertirsi: tutta la gente passava il tempo a passeggiare ed a chiacchierare dello stato di salute delle rispettive famiglie, non c'erano locande degne di questo nome ed il borgo era immerso in un ritmo di vita che, giusto per non offendere, si sarebbe potuto definire solenne.
Camminando, Michael arrivò al centro: era una grande piazza circolare con un complicato disegno nero sul pavimento, in mezzo c'era un grosso pozzo ricoperto dall'edera.
Quello doveva essere il posto più animato della zona: sulla piazza si affacciavano numerose attività di vario genere in cui la gente fluiva abbondante dopo aver visitato i banchi del mercato dove le massaie, senza togliere nulla ai massai, discutevano animatamente coi mercanti ed ogni tanto volava anche qualche parolaccia tipo cavolo o corbezzoli, sempre vegetali comunque.
Il capitano fece un giro per curiosità fra i banchi del mercato in cui scarseggiava la frutta, ma cosa più importante: il rhum!
Michael continuò a passeggiare fino al grande palazzo su per le colline, doveva essere per forza il palazzo del Governatore ed era molto più sfarzoso e grande di quello di Port Royale.
Dietro di esso i braccianti si davano da fare nelle numerose piantagioni ed i vaccari conducevano al pascolo le sterminate mandrie di buoi e capre.
Solo alla sera il pirata riuscì a trovare una locanda: era piccola e calda, ben tenuta e con clienti per bene...in pratica era terribilmente noiosa!
Niente rhum ovviamente: solo birra calda che Michael fu costretto a bere da solo perchè quella non era una delle taverne di Tortuga dove, volente o nolente prima o poi facevi amicizia con i tuoi volenti o nolenti vicini di tavolo...
Tornò alla nave con una gran voglia di abbandonare quella città.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Il manto nero ***


Santo cielo, quanto sono in ritardo con la pubblicazione, sono davvero imperdonabile...beh, visto che avrete fretta di leggere il capitolo non vi scoccio con un'inutile introduzione, grazie per i commenti e recensite numerosi (non è una richiesta...)


Capitolo 17: il manto nero


Circa due settimane dopo il capitano si ritrovò a dover respingere le numerose richieste di mercanti vari che gli volevano vendere della carne "a buon prezzo", era ormai pomeriggio quando riuscì a convincere tutti che aveva già acquistato tutta la carne che gli serviva e restava in città perchè gli piaceva il posto.
Michael si appoggiò ad un palo di legno del molo e si sedette a terra, esausto.
Il sole colorava di arancione tutta la città che iniziava ad illuminarsi mentre dalle case si alzavano lunghi e sottili pennacchi di fumo.
Il capitano si godette il panorama, cullato dal rumore della risacca e dagli scricchiolii delle navi vuote (tranne la sua che era ovviamente piena di carne!), il tutto reso più bello, e sfocato, da una bottiglia di dolce dolce rhum.
In quei giorni erano arrivate molte navi, soprattutto grossi galeoni ed il porto era quasi colmato da questi enormi mercantili per cui fu una vera sorpresa vedere arrivare una nave come quella in porto.
Era una piccola feluca con un solo albero che avanzava spedita con l'unico uomo a bordo che si dava parecchio da fare per prepararsi all'attracco.
Si fermò proprio a fianco della caracca di Michael, il capitano della feluca scese e lo osservò.
Spada Rossa fece altrettanto: quello che gli stava davanti era un uomo alto e magrissimo con una bandana a strisce che copriva la pelata e numerosi orecchini d'oro che tintinnavano ad ogni suo passo.
I loro occhi si incrociarono per un attimo, nel fissare le iridi nere ed acquose dell'uomo Michael si sentì parecchio a disagio, il collo gli formicolò e, senza rendersene conto si irrigidì, pronto a scattare in piedi, colto da un insensato brutto presentimento.
L'uomo distolse gli occhi, fissando la caracca di Michael, tornando poi a guardare il capitano, questa volta nei suoi occhi passò qualcosa; trionfo? Consapevolezza? Fu troppo breve per dirlo, prima che Spada Rossa potesse decifrare il suo sguardo l'uomo sgattaiolò via scomparendo come un'ombra per le vie della città, lasciando il capitano più che mai inquieto, a fiutare il pericolo nell'aria.
Boyd Flujnn camminò velocemente per le vie periferiche di Andros, l'unico rumore che provocava era il tintinnare dei suoi orecchini, incontrò poca gente sul suo percorso, quando vedeva qualcuno subito cambiava strada o si nascondeva all'ombra di un vicolo: nessuno doveva sapere dove andava.
Dopo parecchia strada si fermò davanti ad una distilleria abbandonata: l'edificio era buio e mal ridotto, nessun rumore proveniva dal suo interno se non il grattare di qualche ratto che si muoveva fra le macerie che invadevano la costruzione.
La grossa canna fumaria si ergeva nel buio della notte stagliandosi contro la luna argentea che la colorava di un rosso sbiadito. Il complesso puzzava ancora di liquore.
Boyd fece il giro della distilleria facendosi strada fra le erbacce fino al retro, la porta reggeva ancora, ai suoi piedi si vedevano recenti segni di uomini che vi ci erano passati.
L'uomo avvicinò la sua mano alla porta, per aprirla...
«E tu chi diavolo sei?» chiese una voce profonda alle sue spalle, Boyd sobbalzò e si girò di scatto, fece appena in tempo a vedere una figura ammantata uscire dalle erbacce prima che un pugno guantato sbattesse la sua faccia sulla porta.
Il rumore della sua testa sul metallo rimbombò per tutto l'edificio, prima che Boyd potesse riprendersi l'aggressore lo afferrò e lo sbattè a terra, fra i rovi.
La figura ammantata gli poggiò un ginocchio sulla schiena, Boyd si dibattè per liberarsi ma si fermò sentendo il gelido tocco del metallo affilato sul suo collo.
«Allora, bamboccione, che ci fai da queste parti?» domandò l'uomo ridacchiando, aumentando un po' la pressione col coltello sul collo del pirata.
«Fermo, sono Boyd Flujnn!» lo implorò lui, quello si fermò, stupito.
La porta del retro si aprì con forza, Boyd sentì i passi di più uomini sul terriccio, ma non poteva muoversi ne vedere qualcosa nella sua posizione.
«Che cazzo è tutto questo baccano?» chiese una voce autorevole dietro di lui.
L'aggressore rinfoderò il pugnale e si alzò, Bloyd fece lo stesso scrollandosi di dosso la terra e ringraziando il fato per non averlo fatto ammazzare.
«Nulla, l'ho sorpreso qui davanti, pensavo fosse un impiccione...» si giustificò l'aggressore, Boyd si guardò attorno massaggiandosi il mento: oltre al suo aggressore c'erano altre quattro persone, tutte ammantate ed incappucciate, vestite di nero.
«E invece?» chiese la voce di prima, apparteneva al più grosso di tutti che superava di tutta la testa anche il più alto del gruppo.
«Sono Boyd!» lo informò seccato, ma non troppo burbero, il pirata, gli animi di tutti si calmarono, il boss abbassò le spalle e lo osservò a lungo.
Non era tanto lui ad incutere timore, quanto il suo capo: Ritch.
Quegli uomini facevano parte di un gruppo criminale organizzato che operava ad Andros e Nassau e si stava piano piano impadronendo dell'economia di entrambe le città senza che l'esercito riuscisse a farci nulla.
Erano in accordo con Ritch perchè lui forniva loro le armi per mandare avanti il gruppo in cambio di una generosa parte dei profitti; in sostanza dipendevano molto dall'aiuto del pirata.
«Oh, scusa per l'inconveniente, vieni dentro...» lo invitò il boss, gli uomini lo scortarono facendolo entrare nel retro e poi nei sotterranei.
Man mano che scendevano la luce aumentava così come il rumore di voci.
Alla fine si ritrovarono in una piccola stanza umida piena di lanterne accese, occupata da alcuni tavoli e sedie occupate de altre figure ammantate, la stanza comunicava con numerose altre, tutte identiche.
Gli uomini che lo avevano scortato si scoprirono il volto, il suo aggressore era piuttosto giovane, col viso escoriato e mancante di un occhio; il boss era invece più anziano con una grossa mascella quadrata, gli occhi piccoli ed i capelli brizzolati e nerissimi.
«Ti manda SoleNero?» chiese l'omone avvicinandoglisi e facendo agli altri un cenno con la mano, il gruppo si disperse.
«Sì, devo parlare col capo!» affermò Boyd, si sentiva a piccolissimo di fronte a quel tipo, il boss annuì.
«D'accordo, seguimi» disse, girandosi e cominciando a percorrere le varie sale seguito a stento dal pirata.
Dopo qualche minuto si fermò davanti ad una porta di legno mal ridotta e bussò discretamente.
«Sono Lordam!» annunciò.
«Vieni dentro...» disse una voce all'interno della sala, il boss aprì la porta.
La stanza in cui entrarono era esattamente come le altre, solo era illuminata da una sola lanterna che dava un aria lugubre e spettrale all'ambiente. Dalla parte opposta alla porta c'era un lungo tavolo di legno dietro al quale stava un divano viola.
Sul divano stava comodamente seduto un uomo, anzi, quasi un ragazzo: vestiva la consueta uniforma nera, col mantello che copriva gran parte del divano, aveva dei folti capelli neri e degli occhi azzurro ghiaccio.
Al suo fianco stava una ragazza mulatta poco vestita che guardava i nuovi arrivati con un broncio infantile.
«Allora?» domandò il capo, la sua voce fece gelare il sangue a Boyd, non aveva nulla di particolare ed era proprio questo che la rendeva particolare: era piatta, fredda, priva di qualsiasi calore umano.
« C'è Boyd, lo manda Ritch...» spiegò Lordam, che sembrava meno imponente di un attimo prima, lo sguardo del capo si spostò su Boyd.
Non era la prima volta che lui faceva da intermediario fra Ritch e l'organizzazione Manto Nero, ma era la prima volta che vedeva il capo.
«Oh, in questo caso lasciateci soli....» ordinò il capo, Lorda e la ragazza uscirono silenziosamente dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
«Lì c'è una sedia...» disse il capo indicando all'angolo della stanza «Se volete prenderla...»
Boyd afferrò la sedia e l'appoggiò davanti al tavolo, di fronte al capo.
«E' un piacere conoscervi signor Boyd» disse l’uomo osservandolo con quegli occhi ancor più sinistri della sua voce.
Boyd si limitò ad annuire, aveva la gola improvvisamente secca.
«Allora, cosa vuole Ritch....desidera ancora aumentare il prezzo delle armi?> chiese, terminando la frase con una nota di stizza nella voce.
"Se c'è qualcuno che può tenere testa a Ritch è sicuramente lui" pensò Boyd.
Il pirata si schiarì la voce prima di parlare.
«A dir la verità, in cambio dei numerosi favori che il mio capo ha fatto alla vostra organizzazione…» iniziò il pirata, il capo sorrise sarcastico«Vorremmo che faceste fuori una persona per noi»
Il capo si fece attento, sporgendosi in avanti e poggiando i gomiti sul tavolo.
«Deve essere una persona importante se metterà in pari la nostra organizzazione dopo tutti i "favori" che ci avete fatto...» commentò il capo.
«A dire il vero è un pirata...» disse Boyd.
«E perchè lo vuole morto?»
«Non è importante»
Il criminale scrollò le spalle chiudendo per un attimo gli occhi per poi tornare a fissare quelli del pirata.
«E' alto, capelli neri e sorridente, porta un cappello con piume rosse ed una spada dello stesso colore...ha una caracca»
«Oh, sì, i miei uomini l'hanno visto...a dirla tutta pensavamo fosse un mercante…»
«E' un lavoro da fare in fretta» insisté Bloyd.
«Certamente, sarà fatto in breve, ora potete anche andarvene»
Boyd fu sorpreso di come fosse terminato quel colloquio ma fu ben felice li levare il disturbo, appena uscito dalla stanza inspirò grandi boccate d'aria e si accorse che gli tremavano le mani.



Michael bevve l'ultimo sorso i birra dal suo boccale e si frugò in tasca; posò delle monete sul tavolo, indossò la giacca ed uscì all'aperto.
Fuori dalla locanda l'aria era fredda e lo fece rabbrividire, il silenzio avvolgeva la città, per le strade c'era pochissima gente.
Michael si diresse verso il porto, con lo stomaco pieno di una buonissima zuppa di granchio, camminando velocemente.
Subito dopo aver passato il centro città, ebbe la netta sensazione che qualcuno lo osservasse, si girò di scatto ed osservò la strada: nulla si muoveva nella luce argentea della luna piena, nessun rumore permeava il buio che regnava ai lati delle strade.
Dal giorno prima, in cui aveva visto l'uomo sulla feluca, aveva avuto un brutto presentimento ma decise di non pensarci e di continuare per la sua strada.
Giunse al sentiero sterrato che separava la città dal molo: il mare distava qualche centinaio di metri e la sua voce si perdeva nel grosso prato deserto tagliato dal sentiero.
Solo i suoi passi rompevano il silenzio, uniti al canto di qualche timido grillo ed al fruscio delle foglie...non c'era vento.
Si fermò ancora, nessun rumore ma la sensazione di essere seguito era più forte che mai, ricominciò a camminare....un fruscio...un ramo spezzato....
Quei rumori non erano normali, lo sapeva, ed improvvisamente fu assolutamente certo che qualcuno fosse dietro di lui, ancora prima di sentirsi afferrare rudemente per la spalla…

Se qualcuno si stesse chiedendo come faccesse il capitano a conservare un eventuale carico di carne nella sua stiva senza che marcisse irrimediabilmente (ovviamente è la stiva che marcisce, non la carne) ebbene, non dimenticatevi della carne secca!

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Missione a L'Avana e lotta sulla spiaggia ***


Capitolo 18: missione all’Avana e lotta sulla spiaggia


Il commodoro era giunto da parecchi giorni a L'Avana e la sua nave era ancora in riparazione, si accertava ogni giorno che i lavori procedessero velocemente ed ogni giorno il capomastro lo rassicurava e diceva che non mancava molto...
Camminava speditamente per le vie della città stando ben attaccato ai muri delle case: quel giorno pioveva molto forte.
La gente correva a casa il più in fretta possibile, i rumori dei loro passi erano smorzati dallo scrosciare della pioggia che confondeva e distorceva tutto ciò che stava davanti al commodoro.
L'ufficiale si fermò e guardò in alto: un'insegna di legno con scritto "El puerco feliz" a grandi lettere gialle gli comunicò che era arrivato.
Un'improvvisa raffica di vento lo invitò ad entrare: il locale era spazioso e ben illuminato; faceva caldo, l'atmosfera era piena delle voci dei clienti e dell'odore delle loro ordinazioni.
Cromwell si guardò attorno, un uomo seduto ad un tavolo ai lati del locale gli fece segno di avvicinarsi.
Il commodoro gli andò in contro facendosi largo fra i tavoli.
A Port Royale gli era stato detto di fare tappa a L'Avana per ricevere eventuali ordini o comunicazioni da parte del governatore, e la scusa delle riparazioni gliene aveva dato la possibilità.
L'uomo che doveva incontrare si chiamava Ramon e doveva consegnargli un ordine diretto dal Governatore di Port Royale.
L'ufficiale si sedette, Ramon lo accolse con un sorriso, era vestito di verde con un cappello nero, aveva dei folti capelli marroni ed era privo di barba.
«Salve» lo salutò l'informatore bevendo un sorso dal calice di birra che aveva davanti.
«Salve» disse il commodoro liberandosi del pesante mantello.
«Siete in anticipo» commentò Ramon.
«Avevo fretta di ricevere le direttive» spiegò il commodoro, l'altro annuì.
«Desiderate ordinare?» chiese una cameriera arrivando al loro tavolo.
«Si, vorremmo due bistecche di vitello ben cotte!» disse Ramon con un sorriso, la cameriera lo ricambiò e poi si allontanò.
«Ebbene?» chiese il commodoro, impaziente.
«Ecco qua» disse lo spagnolo estraendo dalla giacca una busta sigillata con della ceralacca rossa.
Il commodoro l'afferrò e, dopo un attimo di esitazione l'aprì, Ramon non parve contento di tanta fretta.
Cromwell lesse velocemente il testo, poi, come se non ci credesse, lo rilesse, poi guardò Ramon con aria stupita ma gli occhi di lui rimasero distaccati.
Quell'ordine creò un'emozione nel commodoro oscillante tra la gioia e il rammarico, ripose la busta all'interno della sua giacca e rimase in silenzio, ad aspettare le pietanze.


Una mano afferrò la spalla di Michael che si girò di scatto spingendo via l'uomo alle sue spalle che per poco non cadde.
«Ehi!» disse quello, Michael si ritrovò davanti un barbone dai capelli grigi e dai vestiti laceri e luride.
Il capitano rimase molto sorpreso e si grattò la nuca, confuso: possibile che fosse lui la causa del suo disagio?
«Volevo solo chiederti se avevi qualcosa da offrire a un pover’uomo come me» disse il barbone rimettendosi davanti a lui.
«Guarda io...» la voce di Michael fu coperta da un poderoso botto, schizzi di sangue macchiarono la giacca del pirata mentre il barbone si irrigidiva e poi si afflosciava a terra, morto.
Ora, davanti al pirata, stavano quattro uomini incappucciati, uno dei quali teneva in mano una pistola fumante.
«Oh, un vero peccato che si sia messo in mezzo...» commentò l'uomo nascondendo la pistola sotto il mantello, aveva una vago accento russo...
I suoi compagni ridacchiarono, Michael si irrigidì, il respiro gli si fece più veloce, la vista più acuta.
«Che volete?» chiese il capitano mentre il gruppetto si avvicinava si avvicinava.
«...Te...» disse uno di loro sfoderando nel contempo la spada e lanciandosi verso il pirata.
Michael ebbe giusto il tempo di estrarre la spada per parare il fendente, i due si esibirono in una breve serie di scambi quando finalmente Michael riuscì a ferirlo al petto.
Immediatamente un secondo uomo lo raggiunse con la spada alzata, pronta per recidergli di netto il capo.
Michael si scansò di lato e la spada colpì con un tonfo il terreno; con una mossa veloce e dettata dall’istinto il pirata tagliò la gola all’uomo con un affondo, mentre quello era ancora piegato in avanti dopo il colpo mancato.
Il criminale emise uno strano verso prima di accasciarsi al suolo; il capitano sentì dei passi ma non fece in tempo a girarsi.
Un terzo uomo tentò di trafiggerlo sulla schiena, tuttavia il pesante mantello bloccò gran parte della lama e solo la punta dell’arma tagliò le carni del pirata.
Michael grugnì e crollò a terra portandosi una mano alla schiena tamponandosi la ferita che già macchiava i suoi abiti del caldo sangue scarlatto.
L’uomo rialzò la spada ma Michael si spostò leggermente di lato evitando il metallo affilato e sferrò un calcio alla gamba dell’uomo facendolo scivolare nella polvere.
Con fatica il pirata si rimise in piedi ma non potè riposarsi perché l’individuo, che prima aveva ferito al petto, gli fu subito addosso, pronto a menare un fendente mortale.
Con i riflessi da incallito combattente Michael bloccò il polso dell’uomo con la mano libera e con l’altra gli sferrò un poderoso pugno reso ancora più potente dall’impugnatura della spada.
Il malvivente gettò la testa all’indietro sputando più di un dente prima di rovinare al suolo.
Il terzo uomo raggiunse il capitano con un balzo iniziando subito a tempestarlo di colpi, Michael riuscì a respingerli fino a quando un’improvvisa fitta di dolore alla schiena non lo bloccò.
Rapido l’assalitore fece scattare in avanti la spada, tuttavia Michael riuscì a spostarsi ricevendo il colpo sul fianco.
La lama recise i vestiti e la pelle con estrema facilità, subito il pirata sentì il sangue scorrergli dall’anca fino al ginocchio; ora però il nemico era sbilanciato e Michael gli mollò un fendente sulla mano recidendo il pollice all’aggressore.
Quello urlò di dolore lasciando cadere la spada a terra mentre il suo compagno ne prendeva il posto.
L’uomo sollevò le braccia, reggendo una grossa pietra, Michael alzò il braccio come per parare un affondo, tuttavia la pietra lo colpì con violenza, l’arto perse ogni forza e sensibilità lasciando cadere la spada.
Il nemico sollevò ancora la pietra con un ruggito di rabbia, Spada Rossa lo colpì con un calcio facendolo cadere per terra; la pietra rotolò via e il capitano la raccolse scagliandola sulla testa dell’uomo che si ruppe con un rumore secco e disgustoso.
Michael si inginocchiò a terra, col fiatone e scosso da forti brividi, il braccio stava riacquistando sensibilità ed iniziava a dolere.
Con orrore sentì il terzo uomo rialzarsi e corrergli incontro, il pirata si costrinse a rialzarsi: l’uomo aveva estratto un coltello dalla manica e tentò di affondarlo nel petto del pirata.
Michael si scansò ed il coltello lo sfiorò appena, allora, ignorando il dolore al braccio ferito, bloccò il gomito dell’avversario passando il braccio all’interno di quello dell’altro, poi afferrò il pugnale con l’altra mano e, facendo forza, cominciò a piegare l’arto del nemico.
L’assassino tentò di fermare il coltello, sempre più vicino al suo collo, ma alla fine Michael riuscì a ficcarglielo in gola e ad ucciderlo.
«I miei complimenti» fece una voce; solo allora Michael si ricordò del quarto uomo che era rimasto impassibile a osservare il combattimento.
«Ti sei difeso bene» ammise quello sfoderando la spada che mandò un sinistro bagliore «Ma ora è finita»
L’uomo si avventò sul pirata con rapidi fendenti, con le sue ultime forze Spada Rossa li evitò, poi però inciampò in una pietra cadendo rovinosamente al suolo.
Michael sentì, con il viso nelle polvere, il suo avversario ridere di gusto e poi i suoi passi, sempre più vicini.
«Addio» disse l’assassino fermandosi alle spalle della vittima, in quell’istante Michael vide la sua spada luccicare invitante proprio davanti a luie, affianco ad essa, quella di uno dei criminali che aveva ucciso; la afferrò girandosi verso il nemico, appena in tempo per fermare il suo attacco a pochi centimetri dal suo viso.
A quel punto il capitano afferrò la seconda spada e, con un urlo la conficcò nel ventre dell’avversario.
L’uomo emise un gemito strozzato quando l’arma lo trapassò da parte a parte, si staccò da Michael lasciando cadere la spada, mosse qualche passo verso la città, poi perse l’equilibrio, cadde e rimase immobile.
Michael si rialzò a fatica ed osservò i quattro uomini che giacevano ai suoi piedi, poi, con passi lenti e barcollanti, si diresse verso la sua caracca.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Andros si sveglia ***


Ecco, finalmente il capitolo 19! Perchè è così importante? Ma perchè abbiamo ufficialmente superato la metà storia, olè!! Ho notato un drammatico calo di commenti, vedete di riprendevi o sono calci rotanti!!


Capitolo 19: Andros si sveglia


Michael aprì lentamente gli occhi, sbattendoli più volte, infastidito dalla luce che entrava dalla finestra della sua cabina. Dopo essersi svegliato rimase immobile nel suo letto, cullato dal moto calmo delle onde e dal scricchiolare del legno mentre da fuori giungevano i rumori della città che si svegliava.
Erano passate due settimana dallo scontro coi banditi, da allora le sue ferite si erano rimarginate, infatti aveva scoperto che non erano molto profonde, nonostante avessero sanguinato abbondantemente.
Comunque non aveva avuto più grane da quel giorno, si doveva essere trattato di una banda di delinquenti da quattro soldi in cerca di una preda facile: non aveva motivo di preoccuparsi.
Alla fine si alzò in piedi, non senza fitte di dolore, che ancora persisteva dopo la battaglia, ed iniziò a vestirsi.
Decise che quella sera sarebbe andato alla locanda coi suoi uomini, non voleva che dei borseggiatori da strapazzo potessero intimorirlo, e si sarebbe goduto la serata…


Michael bevve un altro sorso di birra dal grosso boccale di birra, pulendosi poi la bocca con la manica.
«Ebbene capitano?» chiese Duffy impaziente, giochicchiando con le carte che aveva in mano senza però lasciare che gli altri le vedessero.
Infatti, come previsto, il capitano stava trascorrendo la serata alla locanda con quattro suoi uomini: Jack, Duffy, Sean e Zula.
I cinque erano seduti attorno ad un rozzo tavolo, ognuno con la sua birra spumosa davanti alle carte del poker.
Michael diede una rapida occhiata alle sue carte, poi spostò gli occhi sui suoi uomini, come per studiarli, e poi sul mucchio di monete al centro della tavolata, valutando se rilanciare o meno.
Spada Rossa afferrò una moneta dorata dal suo mucchio, cominciando a rigirarsela fra le dita con aria pensosa.
«Lascio» annunciò in fine rimettendola a posto.
Mentre i compagni continuavano la partita lui si mise ad osservare l’oscurità della notte che premeva fuori dalle finestre della locanda: non era sicuro di aver fatto bene a trascinare con lui i suoi uomini, che fosse stato troppo imprudente?
Scosse la testa, per scacciare i dubbi: sarebbe andato tutto bene, si disse, riconcentrandosi sul gioco, dimentico dei suoi precedenti grattacapi.


La figura ammantata attendeva la sua preda all'ombra di un vicolo, quella notte c'era più gente del solito, ma non credeva che potesse creare problemi.
L'uomo fumava un sigaro puzzolente comprato in una bottega del centro, la lucina rossa della brace illuminava parzialmente il suo nascondiglio, l'uomo prese il sigaro e ne fece cadere un po' di cenere riportandoselo poi alla bocca.
La tensione lo faceva sudare, la sua pazienza era al limite.
"Ma quando esce quello?" si chiese buttando fuori dalla bocca una densa nuvoletta di fumo azzurro; il suo obbiettivo ci stava mettendo più del solito ad abbandonare la locanda...
Non osava pensare a cosa gli avrebbe fatto il capo se avesse fallito… non doveva fallire si ripetè per la centesima volta.
Si guardò attorno, dalla sua posizione non si vedeva molto, ma riuscì ad intravedere qualcuno dei suoi compagni nascosti nella notte....
Quella volta erano in molti, non ci sarebbero stati errori.
Riportò gli occhi sulla locanda; un brivido d'eccitazione gli percorse la schiena: il bersaglio stava uscendo, attorno a lui c'erano altri uomini, ma non importava, non avrebbe fallito.
Gettò a terra il sigaro e si avvicinò a grandi passi alla preda ignara che rideva e scherzava coi suoi compagni, l'uomo estrasse dal mantello una pistola col cane già armato, puntò e fece fuoco...
Come sempre, appena uscì dalla locanda, il capitano rabbrividì, poi uno di loro fece una battuta e si sentì in dovere di ridere, nel farlo si dimenticò di mettere un piede davanti all'altro ed inciampò.
Mentre lui mulinava le braccia per rimanere in equilibrio ci fu uno sparo, il proiettile lo sfiorò facendo vibrare l'aria attorno al suo viso con un sibilo tale da minacciare di spaccargli un timpano.
Due mani aiutarono il capitano a rimettersi in piedi mentre lì attorno si scatenava il caos: la gente presente fuggiva urlando e si riversava nella taverna più vicina per cercare rifugio.
Michael sentì uno di loro gemere: era Jack, colpito alla spalla dal proiettile.
Il capitano si accorse della figura ammantata proprio davanti a lui, che aveva estratto una spada e l’aveva sollevata, pronto a colpirlo.
Prima che l’uomo potesse agire, Zula gli fu addosso a spada sguainata e lo trapassò da parte a parte; l’aggressore rabbrividì e crollò a terra.
Immediatamente, dalle altre strade, apparvero altri criminali armati di spade, un attimo prima celati delle tenebre.
«Tutto bene Jack?» chiese Michael mentre il suo gruppo gli si stringeva attorno.
«Sì…posso combattere» affermò l’uomo con una smorfia.
«Bene» disse Michael osservando gli assalitori che si erano avvicinati, minacciosi «Due per ognuno, ragazzi!» fece infine con tono leggero ed estraendo la spada.
Con un urlo i pirati saltarono addosso ai nemici, iniziando a duellare nelle strade ormai deserte.
Spada Rossa duellò per qualche secondo con un nemico, poi riuscì ad eluderne la difesa ed a colpirlo al collo con un guizzante affondo.
Subito un secondo lo raggiunse, costui era armato di due lunghi ed affilati coltelli.
Il criminale cominciò subito a tempestare il capitano di colpi, costringendolo ad arretrare sempre più, poi Michael riuscì, con una rapida mossa a colpirgli un braccio facendogli cadere l’arma di mano.
L’uomo muggì, non si esclude una parentela con Zula, e preparò un fendente diretto al petto del nemico.
Michael fece per bloccarlo quando una fitta intensa quanto inattesa in corrispondenza di una ferita, lo bloccò.
Fortunatamente riuscì comunque a bloccare l’attacco, che però gli fece volare via di mano la spada.
Spada Rossa guardò prima la spada, poi l’uomo che ora rideva soddisfatto, poi estrasse velocemente la pistola che teneva nascosta nella giacca e sparò.
Il colpo sollevò l’avversario da terra, in uno svolazzare di mantelli, facendolo ricadere per terra come una burattino senza fili.
Michael raccolse la sua arma e vide che anche i compagni erano riusciti a difendersi, tuttavia non potè festeggiare: dalle strade erano magicamente apparsi altri criminali armati, in un numero decisamente troppo alto perché i pirati potessero cavarsela.
I nemici preclusero al gruppo qualsiasi via di fuga, cominciando a stringersi attorno ai pirati.
Michael si trovò spalla a spalla coi compagni, attendendo che uno dei nemici gli saltasse addosso, quando un proiettile fendette l’aria colpendo una figura ammantata.
Tutti si guardarono attorno, stupiti, quando, improvvisamente, un gran numero di soldati in divisa irruppe nella strada, gettandosi addosso ai malviventi.
Michael non riusciva a credere alla sua fortuna, guardando esercito e criminali che si ammazzavano a vicenda: mai avrebbe pensato che un militare gli avrebbe salvato la vita!
«Defiliamoci!» ordinò agli uomini, ed il gruppo approfittò del caos per fuggire, correndo a passo spedito verso il porto.
«Presto, andiamo!» incitò i suoi compagni correndo verso il molo; corsero a perdifiato per tutta la città, incitati dal rumore della battaglia fra i banditi ed i soldati.
Mai Michael provò più gioia di vedere la sua caracca galleggiare placida ad aspettarlo, poi un movimento attirò la sua attenzione: un uomo pieno d'orecchini e munito di bandana si stava fiondando verso una feluca.
Spada Rossa era fin troppo sicuro che quell’uomo centrasse qualcosa con le aggressioni…e magari anche con suo zio…
Il pirata sorrise e lo rincorse, l'uomo parve non accorgersene ma era troppo veloce per Michael che stava per rinunciare.
Poi i due arrivarono alla feluca e il capitano lo raggiunse assestandogli poi un calcio sulla schiena facendo cadere il pirata rumorosamente.
«Tu vieni con noi!» gli disse prendendolo per il collo e spingendolo verso la caracca pungolandolo con la sciabola.
I due salirono sul ponte dove l'equipaggio stava già lavorando.
«Sean!» chiamò il capitano, subito il pirata, già salito prima di lui sulla nave, lo raggiunse.
«Manca qualcuno?» chiese Michael.
«No, capitano!»
«Bene, sbatti questo in cella» ordino il pirata; Sean prese il prigioniero e lo portò via.
La caracca prese il largo appena possibile e Michael si ritenne soddisfatto solo quando furono a due chilometri dalla città.
Michael era sul parapetto della caracca col respiro ancora affannoso quando le vide: delle luci tremolanti che suggerivano la forma di un grande galeone si avvicinavano a loro a babordo.
«Appena in tempo!» disse il capitano riconoscendo la nave del commodoro.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Verso la battaglia! ***


Capitolo 20: verso la battaglia!


La mattina dopo Andros era scomparsa dietro l'orizzonte ed attorno alle due navi, che avevano navigato ininterrottamente per tutta la notte, si stendeva un'uniforme ed infinita distesa blu.
«Avanti, gettate l'ancora!» urlò Michael ai suoi uomini che subito provvidero.
Il capitano si appoggiò stancamente al parapetto, sbuffò e si tolse il cappello sventolandoselo davanti per farsi aria; due occhiaie violacee sotto gli occhi lo facevano apparire piuttosto spossato ed in effetti lo era non avendo chiuso occhio per tutta la notte, ma c'era ancora una cosa da fare.
Gli schizzi sollevati dalla caduta dell'ancora gli sfiorarono il viso, facendolo riemergere dalle sue riflessioni, guardò verso l'orizzonte: il galeone del commodoro era abbastanza lontano ma recuperava in fretta, forse a L'Avana si erano disfatti delle merci, comunque era troppo distante, non c'era tempo di avvertire il commodoro dei suoi intenti.
Michael distolse lo sguardo, cercando Sean, lo trovò ad armeggiare con le corde per ammainare le vele dell'albero di maestra.
«Sean» lo chiamò avvicinandoglisi; quello si girò tenendo in mano la fune.
«Accompagnami dal nostro detenuto, ho bisogno di parlargli...» disse terminando con uno sbadiglio; Sean annuì.
«Pensaci tu» disse rivolto ad un compagno passandogli la fune e seguendo il capitano sotto coperta.
Le celle erano situate ai lati della nave ma in esse non filtrava un solo raggio di sole e, quando erano piene, il tanfo degli uomini che vi erano rinchiusi era tale da appestare tutto lo spazio attorno ad esse.
Sean prese un mazzo di chiavi arrugginite appese ad un gancio vicino alla porta, prese la più lunga e grossa e la usò per entrare nelle prigioni.
La stanza era immersa in un buio quasi totale, quando aprirono la porta alcuni ratti sgattaiolarono via fra i buchi fra le pareti.
Il capitano entrò nelle prigioni munito di lanterna, anche quella appesa fuori dalla porta, e la accese: subito una tenue luce gialla illuminò le tre celle presenti.
Erano tutte abbastanza grandi da permettere a quattro uomini di starci scomodi ma avevano il soffitto basso ed erano spesso soggette alle visite dei topi.
Il capitano si diresse, a testa china, verso la cella centrale e ne illuminò l'interno: all'angolo più lontano dalle sbarre era seduto il pirata catturato ad Andros, con le mani poggiate a terra, trattenute da grosse e pesanti catene.
«Salve!» lo salutò Spada Rossa, quello evitò di guardarlo ma sbatté più volte gli occhi per abituarsi alla luce.
«Apri!» disse rivolto a Sean che lo guardò con aria diffidente.
«Ti ho detto APRI!» ripeté il capitano; il pirata sbuffò ed aprì la cella di Boyd con un malinconico stridio.
Michael consegnò al compagno la lanterna ed entrò richiudendo la porta alle sue spalle, si sedette di fronte al prigioniero, sorridendogli mentre quello lo guardava in cagnesco.
«Allora...tu arrivi ad Andros e per poco non mi ammazzano e, quando non ci riescono, ti vedo fuggire...chi ti manda ad uccidermi?» gli chiese Michael serio, attese qualche minuto ma l'altro non rispose.
«Non è che ti manda..non so...Daniel Ritch?» chiese il capitano avvicinandogli si u po'.
Nessuna risposta.
«Avanti, grandissimo pezzo di merda, dimmi chi ti ha ordinato di...» non riuscì a terminare la frase: il prigioniero gli si avventò addosso con le bocca spalancata, pronta ad azzannarlo.
Michael arretrò di scatto, con gli occhi spalancati, poi le catene tintinnarono bloccando l'uomo; il capitano reagì mollandogli un pugno ascendente sulla mascella con tutta la sua forza.
La testa del pirata si piegò all'indietro sbattendo violentemente contro la parete di legno, quando era ancora stordito, Michael lo afferrò per i capelli, gli girò la faccia e gliela fece sbattere contro il legno per una, due, tre volte...
Il naso di quello si frantumò imbrattando di sangue il suo volto e la parete, il capitano, con la faccia contorta da un orribile smorfia di rabbia, concentrò le forze e gliela sbatté ancora una volta sulla parete.
Quella volta l'uomo urlò, Michael lo lasciò andare e si allontanò, sedendosi dalla parte opposta, col fiatone.
Boyd rimase come il pirata lo aveva lasciato ancora per un po', poi tornò a guardare Spada Rossa con odio ancora più visibile, il naso era tutto storto ed il sangue continuava a riversarsi sul suo petto.
«Allora vuoi parlare?!» domandò il capitano alzandosi e torcendo ancora i capelli dell'altro riuscendo a strappargli un rantolo prima che quello gli sputasse nell'occhio un misto fra saliva e sangue.
Michael uscì dalla cella pulendosi l'occhio e si diresse verso l'esterno, Sean richiuse la cella e fece per seguirlo, ma lui lo bloccò.
«Aspetta qui» gli ordinò uscendo, Boyd ora sorrideva.
Il capitano torno qualche minuto dopo, aveva in mano un pugnale, Sean era seduto a sonnecchiare e sobbalzò quando Michael gli diede un piccolo calcio per svegliarlo.
«In piedi!» gli disse «Apri» aggiunse.
Mentre Sean armeggiava con la serratura della cella Michael prese la lanterna ed aprì lo sportelletto di vetro, poi sorrise al detenuto che lo guardava, curioso e spaventato.
Il capitano introdusse la punta del coltello nella lanterna, mettendola sul fuoco, lo estrasse quando la punta fu rovente, splendente di una minacciosa luce rossa.
«Allora» disse entrando nella cella ed afferrando per i capelli del pirata «Continuiamo a fare i preziosi?» chiese avvicinando la punta del pugnale all'occhio di Boyd. Il prigioniero iniziò a dibattersi, Michael rafforzò la presa.
«Ancora un po' di resistenza e te lo ficco nell'occhio!» minacciò Spada Rossa, Boyd si calmò, fissando la punta arroventata del coltello.
«Dunque, ti ha mandato SoleNero?» chiese Michael.
Silenzio. La punta del coltello si avvicinò all'occhio di Boyd che iniziò a sudare ed a tremare.
«Avevi il compito di uccidermi?» insistè.
Ancora silenzio, un centimetro separava la lama dall'occhio del pirata.
«Rispondi!» gli intimò il capitano.
Silenzio.
Michael alzò le spalle e, con espressione neutra e distaccata, ficcò la sottile punta dell'arma nell'occhio producendo un rumorino simile a qualcosa che frigge.
Boyd urlò disperatamente, dibattendosi, Michael conficcò un po' più a fondo la lama, finchè non accadde...
L'occhio di Boyd esplose, come succede a qualsiasi occhio trapassato da un oggetto rovente, tanti pezzetti d'occhio gelatinosi si sparsero per la stanza imbrattando i due. Michael non fece una piega, Boyd urlò ancora più forte e si afflosciò contro la parete, respirando affannosamente.
«Così ci pensi due volte a fare il coglione!» gli disse Spada Rossa pulendo il pugnale da una strana sostanza gialla sulla veste di quello, poi uscì dalla stanza e arroventò ancora una volta la punta del pugnale.
Boyd fissò terrorizzato, con l'unico occhio buono, la punta dell'arma e Michael, che sorrideva ancora.
«Che...che vuoi fare...?» gli chiese con voce rotta.
«Beh, hai due occhi no?» disse Michael inginocchiandoglisi davanti.
«No, No! ASPETTA!» lo implorò il prigioniero vedendo Michael avvicinarsi con il pugnale al suo occhio.
«Risponderò a TUTTO!» assicurò Boyd, ma Michael non abbassò il coltello.
«Bene! Allora cominciamo dalle cose semplici, tanto per farti abituare a ragionare» propose il capitano con un incoraggiante sorriso, Boyd deglutì ed annuì.
«Qual è il tuo nome?»
«Boyd...»
«Bene, Boyd, perchè eri ad Andros?»
«Dovevo informare una banda di criminali locali che dovevano uccidervi...»
«Per conto di chi l'hai fatto?»
«SoleNero»
«Uhm...sai dirmi dov'è Ritch?»
«Sì, sì: è Fra Cacum e Nombre de Dios, ma stava venendo verso Andros, per cui sarà più vicino ora...»
«Bene, bene...sai per caso dov'è che nasconde i suoi tesori in attesa di venderli? Un'isola...»
«No, sono al suo servizio da un mese e non ci ho mai fatto porto...ma qualcuno, a bordo del Kraken, l'ammiraglia, lo saprà...»
«Molto bene, mi sei stato utile» disse il capitano allontanando il pugnale dal suo occhio ed uscendo dalla cella.
«Eccellente» fece porgendo a Sean l'arma <>
«E di lui che ne facciamo?» chiese il compagno.
«Oh...impiccatelo, ormai non ci serve più...ah, spiegate la cosa al commodoro, magari tramite le bandierine, io vado a dormire» disse Michael uscendo mentre Boyd urlava per protestare.


Michael si sdraiò sul suo letto chiudendo gli occhi, cominciò ad andare alla deriva col pensiero...molti pensieri affollarono la sua piccola mente mentre lui veniva avvolto dalle spire del sonno...
Sul ponte l'equipaggio urlò, l'urlo si ripeté, come a scandire un tempo.
<>
Il capitano capì che si trattava dell'impiccagione del detenuto, che avveniva dall'albero di trinchetto.
Un altro urlo, più lungo ed enfatico...poi più nulla, esecuzione finita...ora non rimaneva che rimuovere il corpo e....e.....
Michael si addormentò.


Zula e Sean afferrarono dai due lati la grossa botte di legno vuota.
«Uno, due...TRE!» dissero assieme scaraventando la botte in mare; quella cadde pesantemente e poi rimase in superficie a galleggiare a lato della caracca.
«Ottimo lavoro, ragazzi!» disse Michael con un asciutto sorriso, rivolto ai due.
Erano passati sei giorni dal cambiamento di rotta ed ora, lui ed il commodoro, avevano da poco superato Florida Keys e veleggiavano al fianco di un anonimo arcipelago di tante piccole isolette.
Il cielo, quella mattina, era denso di nubi grigie che si addensavano più a nord-ovest e rendevano difficile al sole illuminare il mare.
Il vento era molto forte e freddo ed aggrediva con rabbia i vestiti del capitano e della sua ciurma facendoli rabbrividire mentre si spostavano sul ponte.
Il vento cambiò ancora una volta direzione, facendo rollare un po' la caracca e allontanare un po' la botte dalla murata.
Il capitano osservò per un attimo il galeone del commodoro, che li seguiva da poco lontano, ora che si era liberato di tutto quel peso, le due navi viaggiavano quasi a pari velocità.
«Possiamo dare il permesso di fuoco?» chiese Sean: era in corso un esercitazione di tiro per i cannoni e la botte era il bersaglio.
Era l'unica cosa che era venuta in mente a Michael per spezzare la monotonia delle giornate, nell'attesa di incrociare Ritch: da quando si erano diretti verso il loro nemico, l'umore della ciurma era calato, i pirati non avevano nemmeno più voglia di giocare a carte e non facevano altro che lavorare e, nei momenti di pausa, imbottirsi di rhum.
«Sì» rispose dopo un momento Michael osservando la botte galleggiare «E a chi becca "per sbaglio" il commodoro, raddoppio il premio!» aggiunse, Sean ridacchiò.
Per inciso: il premio era una doppia razione di pane e dell'ultima frutta che si era conservata, un premio ghiotto, in qualsiasi modo lo si guardi.
I cannoni fecero fuoco, alzando grossi schizzi attorno alla botte, ma senza colpirla.
Questa era una complicazione per le batterie successive perché i colpi sbagliati facevano muovere in modo imprevedibile il bersaglio.
Ad un certo punto una palla di piombo fece centro facendo a pezzi la botte con un rumore secco spargendo in giro schegge e schizzi d'acqua.
«Chi è il vincitore?» chiese Michael mentre il rombo dei cannoni si perdeva nel vuoto.
Sean scese sotto-coperta, dove si sentivano le urla d'acclamazione dei pirati, e ne riemerse solo dopo qualche minuto.
«Floyd Tibbs, capitano!» comunicò, Michael annuì.
«Bene, dite alle cucine che possono preparare il pranzo!» ordinò, Sean scattò ad eseguire.
Nelle due esercitazioni della mattina uno solo aveva preso la botte, Michael si augurò che non significasse una qualche mancanza d’efficienza dell'equipaggio perché voleva che tutto fosse perfetto quando si fossero scontrati contro suo zio: non ci dovevano essere errori.
Mezz'ora dopo i pirati si ritrovarono sul ponte a mangiare e discutere, buona parte di essi era riunita attorno a Floyd e discutevano sul risultato della gara. Michael era, invece, nella sua cabina a sgranocchiare un tozzo di pane che aveva un sapore strano.
Lo osservò per un attimo, contemplando le sue molteplici sfumature dovute ai suoi altrettanto molteplici ingredienti che gli davano un sapore più orribile che raro.
«Dovrò dire al cuoco di metterci un po' meno topo...» si disse il capitano mangiandone l'ultimo boccone, non che il sapor di topo gli dispiacesse, ma era un po' restio a mangiare qualcosa che frequentava abitualmente i bagni della nave.
Spada Rossa finì le strisce di carne secca date per pranzo e tornò sul ponte dove i suoi uomini oziavano e parlottavano sommessamente.
Michael osservò la nave del commodoro che procedeva fiera e dritta fra le grosse onde sollevate dalla brezza e notò un insolito movimento.
Prese il cannocchiale e scrutò l'imbarcazione: degli uomini stavano issando due bandierine sugli alberi, una verde su quello maestro ed una blu su quello di trinchetto. «Il segnale di pericolo...» sussurrò il capitano, osservò preoccupato l'orizzonte: nulla.
«Jonatan!» chiamò Michael con tensione crescente.
«Sì, capitano?» rispose flebilmente la voce del ragazzino.
«Guarda bene l'orizzonte, temo che avremo visite fra poco...» urlò Michael, la ciurma rumoreggiò, spostando gli occhi sul mare, preoccupata dall'imminente pericolo.
Jonatan osservò l'enorme distesa blu scuro che si stendeva tutt'attorno, ma non notò nulla di anormale fra le onde minacciose...poi ecco, fu solo un attimo ma al ragazzo parve di scorgere qualcosa, un oggetto stabile fra tutto quell'ondeggiare.
Si concentrò sul punto dell'apparizione col suo cannocchiale e rieccolo!
«Vedo gli alberi di una nave... dritta a prua!» urlò Jonatan, i pirati si sporsero dal parapetto osservando ansiosi il mare.
A quella notizia Michael fu come percosso da una forte scossa che lo lasciò stordito, col sangue che ribolliva ed il cervello annebbiato da un improvviso timore.
Scrollò la testa, impedendosi di perdere il controllo: era una buona cosa che Ritch si fosse presentato con una sola nave quando quelle al suo servizio sfioravano il centinaio.
«No, aspettate!>> urlò Jonatan, la ciurma si zittì «Ne vedo un'altra...no, sono altre due! Sono tre navi!»

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** I tentacoli del kraken ***


Salve, rieccomi dopo una lunghissima attesa con il nuovo capitolo! Credo mi sia venuto bene, senza modesitie, per cui spero di ricevere commenti positivi da MOLTE persone^^ Un particolare ringraziamento a Drako che ha commentato gli ultimi capitoli!

Capitolo 21) I tentacoli del Kraken



La caracca era immersa in un profondo ed attonito silenzio: davanti ad essa stavano le tre navi di Daniel Ritch che avanzavano imperiosamente, spinte dal vento che spirava in più direzioni.
Quella al centro era la nave ammiraglia, nell'osservarla, Michael fu percorso da un brivido: era un'enorme nave di linea dalle vele nere, senza rattoppi.
Era grande quasi il doppio della caracca di Michael ed avanzava a grande velocità, vantando non meno di cinquanta cannoni.
Kraken, quello era il suo nome, un nome adatto ed infatti, un grosso polipo di legno dall'aria minacciosa li osservava coi tentacoli che si svolgevano su tutta la prua.
Spada Rossa osservò i due grandi galeoni che la spalleggiavano: erano dipinti di nero pece ed erano bassissimi sull'acqua, carichi, probabilmente, di munizioni, cannoni e polvere da sparo; la nave del commodoro pareva un giocattolo di fronte a quelli.
«Che facciamo?» chiese Sean mentre la distanza fra i due convogli si riduceva.
«...Uh...caricate i cannoni, portate sul ponte le bombe ed i fucili!» urlò con foga, ma i suoi sforzi di sembrare padrone della situazione erano poco credibili persino ai suoi occhi.
Mentre la ciurma si dava da fare, Michael arrivò al parapetto di prua, cercando di elaborare una qualche strategia per sopravvivere a quella situazione.


«Finalmente ti rivedo, Michael...» disse SoleNero osservando le due navi che si avvicinavano al suo possente convoglio.
«Non vedo l'ora di assaggiare il sangue della tua ciurma.» continuò passandosi la lingua sulle labbra spaccate in più punti.
Osservò la sua ciurma prepararsi alla battaglia e poi gli uomini che si muovevano velocemente sui ponti delle altre due navi, poteva ben immaginare la paura che doveva provare il nipote nel vedere i due galeoni che avevano raggiunto la sua nave di linea nei pressi di Cacum, era una fortuna che avesse incrociato la loro rotta mentre tornavano al rifugio.
«Peccato che non sarò io ad ucciderti...» disse il pirata con un po' di rammarico, mentre le altre due navi si lanciavano all'assalto.


Con grande sorpresa, Michael vide le vele del Kraken afflosciarsi sugli alberi e mentre la nave si bloccava, le altre due continuavano ad avanzare.
"Mio zio non vuole rovinare la sua nave se può farne a meno, evidentemente..." pensò Spada Rossa, qualche centinaio di metri separavano le quattro imbarcazioni.
I due galeoni nemici estrassero i cannoni diventando molto simili a due ricci pieni d'aculei, uno spettacolo bello quanto letale.
"Un colpo di quelli e dico addio alla nave..." constatò il capitano "E anche se li affondo, poi non potrò avere la meglio su Daniel..."
«I cannoni sono armati, li estraiamo anche noi?» chiese Sean, con una nota di tensione nella voce, Michael esitò.
Ci doveva essere qualcosa da fare!
"Pensa!" si intimò guardandosi attorno, cosa c'era che potesse aiutarlo?
Erano in mezzo al mare aperto, fatta eccezione per quelle isole...
Michael osservò i galeoni, bassissimi sull'acqua, poi osservò quello del commodoro, notevolmente più alto: sì, poteva funzionare!
«No!» disse Michael lasciando l'amico di stucco; il capitano corse al pozzetto ed afferrò il timone spostando brutalmente Jona.
Spada Rossa girò velocemente il timone, facendo virar bruscamente la nave verso tribordo, dirigendosi verso il fitto arcipelago.
Michael si guardò dietro, il commodoro lo seguiva da vicino mentre le navi avversarie si mettevano lentamente sulla scia.
La caracca si mise a veleggiare fra l'intricato labirinto di isole, sparendo in breve dalla visuale di Ritch.
I due galeoni neri, nonostante rimanessero parecchio indietro, non si facevano staccare e Michael sapeva di dover trovare una soluzione in fretta.
Il capitano aguzzò la vista, scandagliando il mare davanti a lui, quand'ecco che vide quello che cercava: una stretta lingua d'acqua bassa, di colore blu chiaro, separava due isole molto vicine.
«Una secca!» urlò qualcuno da prua, la ciurma si mise a sbraitare, preoccupata di arenarsi, ma Michael non ci fece caso, continuando dritto verso le acque insidiose.
La caracca superò con un guizzo la secca, scomparendo dietro il profilo di un isola, la ciurma tirò un sospiro di sollievo.
Spada Rossa si girò verso poppa, dopo qualche secondo da dietro l'isola emerse la Golden Wind, intatta; Michael attese ancora, senza staccare gli occhi dall'isola, quando un rumore secco, come di legno in frantumi giunse alle sue orecchie, poi uno più forte, un impatto di qualcosa di imponente e pesante che si spalmava contro qualcosa dello stesso peso.
Il capitano scoppiò in una risata liberatoria, afflosciandosi sul timone, facendo sbandare lievemente l'imbarcazione.


Ritch si sporgeva dal parapetto osservando l'arcipelago in cui le navi erano scomparse, era da un bel po' che erano sparite ed i rumori dei cannoni ancora non si facevano sentire.
"Ma dove si sono andati a cacciare?" si chiese il pirata tamburellando nervosamente con le dita sul legno.
«Forse sarebbe il caso di raggiungerli...» suggerì il primo ufficiale al suo fianco.
«Taci!» gli intimò il capitano quasi ringhiando, la tensione lo rendeva più irascibile del solito.
«Si vede qualcosa!» urlò la coffa, il capitano aguzzò la vista...ed ecco che dal profilo di un isoletta emergeva la sagoma di una nave.
«Non è possibile!» urlò SoleNero riconoscendo la caracca di Michael.
Un'altra nave la seguì, un galeone, ma si rese conto, con un tuffo al cuore, che non era uno dei suoi.
Quello era molto più leggero e batteva la bandiera britannica, solo allora Ritch, che fino ad allora aveva pensato che quel mercantile fosse di Michael, si rese conto che il nipote aveva collaborato con la compagnia delle indie per farlo fuori.
«Che pezzo di merda!» inveì il pirata continuando a fissare l'arcipelago ma le sue navi non arrivarono.
«Le avranno fatte arenare...» commentò il primo ufficiale: Daniel capì che era l'unica possibilità; le acque basse di quella zona dovevano aver intrappolato le sue due navi mentre quelle più leggere degli altri due ne erano uscite indenni.
«Dannazione!» disse il capitano battendo un pugno sul parapetto «Spiegate tutte le vele! Fate rotta a nord-ovest!» la ciurma rumoreggiò ma nessuno mise in discussione l'ordine del capitano.
«Ci ritiriamo?» chiese il primo ufficiale, Ritch ghignò.
«No, voglio solo cercare un posto adatto per l'ultimo atto di questa sudicia commedia!» rispose il pirata portando lo sguardo dove si addensavano i nuvoloni che coprivano il cielo.
«Ma da quella parte c'è la tempesta!» protestò il sottoposto.
«Già, ha attraversato gran parte delle colonie spagnole, l'abbiamo già incontrata fra Nombre de Dios e L'Avana, ed ora che è cresciuta, voglio vedere se le navi dei miei nemici sono abbastanza solide da resistere alla sua furia!» spiegò SoleNero con un sorriso tutt'altro che allegro, mentre la nave si metteva in moto.


«Che fanno? Scappano?» chiese Sean mentre la caracca si lasciava alle spalle l'arcipelago, vedendo il Kraken dirigersi a nord-ovest.
«Non credo...qualsiasi cosa abbiano in mente, è sicuro che non stanno scappando« disse Michael lasciando il timone a Jona.
"Questa storia non mi piace..." pensò il capitano osservando il cielo nero davanti a loro mentre si mettevano all'inseguimento di Ritch.


Per un giorno intero la nave di linea tenne testa alla caracca ed al galeone, facendo loro sudare ogni metro di vantaggio guadagnato fra le onde che diventavano sempre più alte ed il vento sempre più forte.
Ma quel giorno, era chiaro che tutto sarebbe finito, in un modo o nell'altro...
La caracca rollava in modo tremendo, spinta dalla forza colossale delle onde; il vento fischiava nelle orecchie del capitano mentre osservava la nave di suo zio, distante ormai poche centinaia di metri, addentrarsi nella tempesta vera e propria.
Michael sospirò alzando gli occhi al cielo, proprio sopra la loro nave, la tempesta gli restituiva lo sguardo.
Le nuvole, nerissime vorticavano come impazzite nel cielo, gettando una cupa ombra sul mare spezzata solo dai lampi dei fulmini che saettavano da una parte all'altra del cielo minaccioso.
La tempesta era uno spettacolo unico: era bellissimo e pure una minaccia incombente, che ti sovrastava schiacciandoti con la sua maestosità e potenza, la pura manifestazione della furia del mare e degli elementi che si mescolavano dando vita ad un vero e proprio mostro, enorme e nero.
"E così dunque che finirà?" si chiese Michael sempre osservando il cielo.
«Inizia a piovere...» disse poi mentre le prime gocce iniziavano a bagnargli il viso.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Legami di sangue ***


Capitolo 22) Legami di sangue


«Dove diavolo è il Kraken?» chiese Michael aggrappandosi ad una fune mentre la nave s'inclinava sotto l'impatto di un onda gigantesca, il capitano venne investito dall'acqua che si riversò sul ponte che tentò di farlo precipitare in mare aggredendogli le caviglie con le sue gelide mani.
Michael aguzzò la vista, ma la pioggia gli impediva di vedere più in là dell'albero di bompresso.
Un altro fulmine squarciò il cielo ed un tuono fece vibrare l'aria tutt'attorno.
«Che cazzo di situazione!» inveì Spada Rossa correndo al pozzetto facendosi strada fra i pirati che s'affaccendavano sul ponte invaso dall'acqua.
Prima che potesse arrivare al timone la nave s'inclinò ancora costringendolo a bloccarsi e ad aggrapparsi a Sean, che era lì appresso, per non scivolare.
Un onda si abbattè sulla murata destra che gemette sotto l'impatto dell'acqua.
«Lascia fare a me!» urlò il capitano a Jona che si scostò, lasciandogli il timone.
Michael virò, puntando la prua verso un onda molto alta, spinta dalla furia del vento, la caracca si ritrovò ben presto in cima alla montagna d'acqua.
Spada Rossa spaziò con lo sguardo sul mare aperto ma solo un tremendo caos di onde, vento e pioggia gli si presentò davanti.
Una saetta cadde a qualche centinaio di metri da loro illuminando per un attimo il mare: eccolo, il Kraken, anche la possente nave di linea lottava con le onde per rimanere intera, non era poi tanto lontana da loro.
Arrivò il tuono, l'aria vibrò e scoppiettò con un rumore assordante che lasciò i pirati storditi con le orecchie che fischiavano come delle teiere.
«Fuori i cannoni!» urlò Michael a squarciagola per sovrastare il rumore della pioggia e delle sartie che gemevano nel tentativo di tenere ben saldi alberi e vele sotto la furia degli elementi.
Chissà come la sua voce venne udita ed i cannoni si affacciarono dai portelli permettendo alle onde di allagare anche la coperta.
Michael si guardò attorno, non c'era traccia del commodoro.
Con un scroscio assordante un'onda si abbattè sulla nave inclinandola pericolosamente, l'acqua investì il pozzetto, il capitano scivolò rimanendo aggrappato al timone mentre la nave virava bruscamente.
Spada Rossa si rimise in fretta in piedi riprendendo il controllo della nave; localizzò ancora un'onda piuttosto grande che incombeva su di loro come un gigante nero.
Puntò il muso della caracca contro di essa portandola ad un'altezza tale da poter osservare una buona fetta di oceano.
«Eccoti!» disse: il profilo della nave di linea era ben visibile ora, anche per gli addetti ai cannoni; Michael virò offrendo il fianco alla nave di Ritch.
«Fuoco!» urlò ai suoi uomini, i cannoni rombarono anche se le loro voci si persero nell'ululare del vento.
Con profonda delusione, il capitano vide i proiettili colpire le onde tutt'attorno ma nessuno raggiunse il Kraken.
L'onda su cui la caracca si arrampicava diventò più alta e ripida, cominciando a collassare su se stessa, la spinta del vento non fu più sufficiente e la nave cominciò a scivolare verso il basso mentre l'onda si piegava verso di loro.
«Merda!» inveì Michael proprio mentre l'acqua li investiva.
Il capitano si ritrovò sommerso nel mare freddissimo, una forza enorme lo strappò dal timone e lui si ritrovò per un attimo in balia della corrente prima di cozzare contro il parapetto.
Aprì la bocca per urlare e subito l'acqua gli si infiltrò nei polmoni, soffocandolo.
Finalmente l’onda terminò ed il ponte fu libero dall'acqua; Spada Rossa sputò fuori l'acqua che aveva ingerito e tossì violentemente, vicino al rigetto, c'erano molti uomini nelle sue stesse condizioni sul ponte.
La caracca, senza comando, rollava sotto la spinta del mare, Michael si riprese e corse verso il timone, brandendolo e raddrizzandolo sentendolo vibrare e scuotersi sotto la sua presa.
«Caricate i cannoni!» urlò con voce rauca.
«Cannoni pronti!» gli urlarono dopo qualche minuto.
Spada Rossa ripetè la precedente manovra ritrovandosi in cima ad una colossale montagna d'acqua ribollente.
Spaziò un attimo con lo sguardo prima di scorgere la sagoma del Kraken a poca distanza ed alla loro stessa altezza: un bersaglio facile!
Il suo sorriso si spense vedendo le murate dell'altra imbarcazione illuminarsi di bagliori rossi e riempirsi di fumo, subito disperso dal vento.
Il mare attorno a loro alla Dark Light esplose sollevandosi in enormi colonne che si riversavano sul ponte investendo i pirati presenti.
Una palla di cannone colpì la prua un po' più a destra dell'albero di bompresso mentre un'altra sfiorava l'albero maestro portandosi via parte di esso.
Il resto della scarica fu parata dall'acqua attorno.
Michael risalì ancora sulla cresta dell'onda: la nave di Ritch era ancora dove l'aveva lasciata, ma questa volta era inerme.
«Fuoco!» urlò il capitano, le batterie sputarono addosso al nemico i loro temibili proiettili, con un moto d'esultanza Michael vide la nave di linea colpita dalle palle di piombo che ne percossero la murata.
«Ahahaha!» il capitano si mise a ridere, la caracca arrivò dall'altro lato dell'onda cominciando a ridiscenderlo a folle velocità.
A Michael mancò il respiro mentre sentiva lo stomaco che si schiacciava contro il suo dorso.
Spada Rossa vide il mare, relativamente, piatto alla fine dell'onda e la caracca ci stava andando spedita, discendendo ad un angolo impossibile.
Si aggrappò al timone con tutte le sue forze, la prua si immerse nel mare per parecchi metri frenando la nave, la pressione conseguente a tale deceleramento fece scricchiolare lo scafo, il capitano fu pressato contro il timone mentre i pirati si aggrappavano al primo appiglio per non scivolare verso il basso.
La caracca si rimise in linea mentre la prua riemergeva fortunatamente intatta, Michael tirò un sospiro di sollievo, col cuore che batteva all'impazzata.
Appena l'equipaggio si fu ripreso, fu dato l'ordine di caricare i cannoni.
Salirono su un'onda, ma del Kraken non c'era traccia, sparito!
Ripeterono la manovra una, due, tre volte ma della nave di linea non c'era traccia.
Che fosse affondata? Michael non poteva crederci; vide un'onda più grande delle altre, alta persino più della caracca, vi si diresse cominciando la solita scalata con la nave che arrancava sui lati della montagna d'acqua blu.
Si preparò a cercare la nave avversaria...ma non fu necessario.
Enorme, imponente, terribile, la nave di linea emerse dalla cima della loro stessa onda, sovrastando la caracca con la sua mole.
Mentre si avvicinava a loro Michael vide che il polipo sulla prua della nave era stato distrutto da una cannonata ed ora era deforme e grottescamente brutto.
Il capitano fissò poi i cannoni del Kraken, sfioravano la sessantina.
"Non posso permettere loro di fare fuoco!" si disse Michael stringendo la presa sul timone.
Ecco, ora la nave era proprio di fianco a loro.
Michael le virò contro, le due murate si schiantarono l'una contro l'altra rendendo inutilizzabili i cannoni di entrambe le parti.
Le due navi rimasero incastrate per un attimo.
«All'arrembaggio! Lanciate i rampini, portate qui le asce!» urlò Spada rossa ritrovando il vigore, in vista della battaglia.
In un attimo le due imbarcazioni si videro legate da un inestricabile groviglio di funi e rampini mentre sui ponti delle medesime esplodevano le bombe a mano lanciate dai rispettivi equipaggi.
Michael aspettò che alcuni dei suoi uomini lo precedessero nell'arrembaggio, per tenere occupati i nemici che li attendevano sui parapetti, poi afferrò una fune ed iniziò l'ascesa verso il ponte del Kraken.
La corda era mossa da tutte le parti dal vento e la pioggia la rendeva scivolosa ma, alla fine, Michael si ritrovò sul ponte dell'altra nave.
Appena fu salito, un pirata gli si lanciò addosso urlando con la spada alzata, Michael si scostò all'ultimo momento facendo cadere in mare l'altro grazie al suo stesso slancio.
Il capitano osservò il suo nemico cadere in acqua, poi si girò ed il suo cuore iniziò a battere forte.
SoleNero era davanti a lui che lo fissava malignamente, la sua figura era resa ancor più terribile dal contesto e dalla luce dei lampi.
«Da quanto tempo, caro nipote!» lo salutò quello con un sorriso estraendo la sciabola che portava alla cinta.
Michael non rispose ma sguainò la sua spada che s'illuminò per un momento di una tenue luce rossa.
SoleNero iniziò il duello con un rapido movimento della spada che Michael bloccò in fretta, il braccio del capitano fu scosso dalla forza dello zio mentre il tintinnio delle loro spade si perdeva nei rumori della battaglia.
I due si guardarono negli occhi per un attimo, era strano combattere contro qualcuno che porta il tuo stesso sangue nella vene.
Quell'attimo di calma finì presto, i due iniziarono subito un duello serrato piroettando e scambiandosi rapidi colpi di spada.
Michael tentava di eludere gli attacchi di Ritch ed allontanarsi dalla sua portata per riposare il braccio che già gli doleva; ma lo zio non glielo permetteva, anzi, i suoi attacchi diventavano sempre più pressanti e Michael si avvicinava progressivamente al parapetto.
Michael si ritrovò ben presto con la ritirata tagliata col braccio che si muoveva sempre più lento.
«Così presto? Pensavo avresti combattuto un po' più a lungo...» disse Ritch incrociando le lame ed applicando una tensione crescente.
Michael arretrò di qualche passo, poi il parapetto lo bloccò, tentò di opporre resistenza ma lo zio era troppo forte e lo faceva inarcare sempre più fuori bordo.
«Pronto a fare il bagno?» chiese lo zio, Spada Rossa guardò in basso dove l'acqua mulinava vorticosamente fra gli scavi delle due navi.
«In questi casi è opportuno usare la testa!» disse il capitano, Ritch lo guardò stranito, poi Michael scattò in avanti con la testa, puntando al naso dello zio.
SoleNero abbassò il capo ricevendo la testata sulla fronte, il dolore gli riempì la testa facendolo barcollare, il nipote ne approfittò e, con uno sforzo sovrumano, lo scansò facendolo quasi cadere a terra.
Michael si fece largo fra la calca della battaglia ritrovandosi attorniato da gente che duellava e s'insultava in svariate lingue; si guardò attorno cercando di scorgere lo zio fra i pirati che combattevano.
Sperava di non rivederlo durante la battaglia: nonostante avesse buoni motivi per farlo, era riluttante a scontrarsi con suo zio.
Eppure sapeva che doveva essere lui ad ucciderlo, era come una clausola nel contratto delle vita, un accordo implicito.
«Ciao, Michael!» disse una voce dietro di lui, il capitano si girò di scatto, appena in tempo per vedere suo zio emergere dalla calca e fiondarsi su di lui.
Michael riuscì a bloccare i suoi attacchi più per istinto che per bravura, con la lama che si muoveva in modo automatico, prima che la ragione potesse avere il sopravvento, eppure lo zio sorrideva.
Poi Spada Rossa si accorse che Ritch lo stava spingendo ancora contro il parapetto, evitò il successivo fendente con una piroetta portandosi fuori portata dello zio.
«Vieni qui!» disse lo zio attaccando ancora, Michael deviò il fendente con un'abile mossa e passò al contrattacco ma lo zio riuscì a difendersi all'ultimo momento.
Michael si allontanò con un salto dalla lama dello zio.
«Smettila di fuggire!!» gli intimò Ritch dopo un po', Michael continuava a danzargli attorno schivando i suoi attacchi ed evitando di incrociare le spade per impedire allo zio di usare la forza.
«Io non fuggo!» lo avvisò il nipote schivando l'ennesimo attacco.
«Sta’ fermo!« urlò Ritch lanciandosi in un affondo, Michael sorrise scattando di lato, ora Ritch era sbilanciato, impossibilitato a difendersi.
«Ora vedrai il valore delle mia tattica!» gli disse il capitano dirigendo la spada contro il suo fianco scoperto, puntando al rene.
Una granata esplose proprio vicino ai due, l'onda d'urto investì Michael, svuotandogli i polmoni e riempiendogli le orecchie con l'enorme esplosione.
Il pirata rimase immobile, stordito dal botto che l'aveva avvolto di un fumo bianco e dall'odore acre.
Poi qualcosa emerse dal fumo, quel qualcosa urlò e lo colpì sotto il mento con una forza devastante. Michael si ritrovò disteso sul ponte allagato del Kraken, la prima cosa che avvertì fu il dolore al mento, poi il freddo ed i rumori della battaglia...
Fece per alzarsi ma il tocco freddo del metallo glielo impedì: Daniel Ritch troneggiava sopra di lui, una figura spettrale in mezzo alla tempesta, con la spada puntata contro la sua gola.
Michael si guardò attorno: la sua spada giaceva a poca distanza dalla sua mano, ma troppa, tuttavia, per permettergli di afferrarla.
«Addio, Michael!» disse lo zio preparandosi ad affondare la spada nella sua gola.
«Davvero vuoi uccidere il tuo adorato nipote?» chiese Michael per guadagnare tempo, con la mente che lavorava per trovare una via d'uscita; ma non c'era una via d'uscita, non questa volta....
Lo zio sorrise e punzecchiò un po' la gola del nipote con la lama, godendosi ogni attimo della sua vittoria.
«Ho ucciso tuo padre, cosa mi impedirebbe di uccidere anche te?»
Michael spalancò gli occhi, le sue orecchie divennero insensibili al rumore, gli occhi non videro più ciò che gli accadeva attorno, risucchiati dal tremendo ricordo che riaffiorava nella memoria di Michael.

Quella sera Michael e sua madre erano fuori, in giardino, lei gli stava leggendo qualcosa, non ricordava cosa, ma rammentava che in quel momento si sentiva felice, perfettamente al sicuro.
Poi avevano sentito degli zoccoli sul sentiero sterrato ed erano corsi all'ingresso della loro tenuta a Rum Kay nelle Bahamas, pensando che, finalmente, Dave Brown fosse tornato dalla sua cavalcata sulla collinetta che osservava dall'alto la piccola cittadina e le poche fattorie.
Quel giorno, infatti dopo l'arrivo di una lettera, il padre di Michael era partito a cavallo verso la collinetta senza dare spiegazioni.
Ebbene, il cavallo tornò, ma senza Dave. Dopo aver controllato la collina in cui l'uomo era scomparso, i soldati ne avevano scoperto il cadavere: un buco nella fronte, creato da una pallottola.
Michael si sentì parecchio confuso in quei giorni, a soli nove anni faceva fatica a capire cosa fosse successo al padre. Ma quando capì che non avrebbe più rivisto il padre, per lui fu come se sul sole fosse calata una patina nera, impedendo all'astro di scaldare e colorare le sue giornate.
All'inizio Michael e sua madre avevano pensato ad una cospirazione della marina olandese, perché il padre di Michael era stato un pirata.
Dave Brown era stato la maledizione dei Caraibi, da solo aveva messo in ginocchio le colonie di tutti gli imperi e né Inghilterra, né Francia o Spagna o Olanda erano riuscite a fermarlo.
Così gli avevano proposto di lasciare la pirateria, in cambio Dave non avrebbe avuto fastidi da parte dell'esercito. Stanco di una vita all'insegna delle ferocia, Dave accettò, ritirandosi a Rum Kay.
Poco dopo sposò Aida, una ragazza del posto, sorella di un certo Daniel.
Il fratello non aveva mai visto di buon occhio il marito della sorella, anzi, lo aveva odiato fin dal primo sguardo.
Insomma, la storia del padre suggeriva un certo interesse da parte dell’esercito in quello che era chiaramente stato un omicidio.
Poi Michael trovò quella lettera, arrivata nel giorno fatale, nascosta sul fondo di un cassetto della scrivania del padre.
Lo zio che lui non aveva mai conosciuto invitava Dave sulla collina per risolvere le loro controversie e c'erano riusciti, in un certo senso.
Ma ormai era tardi per prendere provvedimenti: Daniel Ritch aveva già intrapreso la strada della pirateria abbandonando la famiglia sull'isola.
Aida non sopportò la notizia e si suicidò, lasciando Michael al suo destino...

Certo, Michael aveva sempre sospettato che fosse stato lo zio ad uccidere suo padre, e lo aveva odiato per questo, ma come osava dirglielo in faccia e con quel sorriso?!
Che diritto aveva di farlo?!
Ritch sorrise nel vedere gli occhi del nipote ardere di odio impotente, ridacchiò, poi alzò un po' la spada, preparandosi ad affondarla nel collo del pirata. Un'ombra minacciosa strisciò sul ponte della nave, gettandola in un buio ancora più profondo. Ad uno ad uno, tutti i pirati alzarono lo sguardo verso la montagna d'acqua che li sovrastava, ma non era quello che li preoccupava: su, in cima all'onda, il galeone del commodoro li scrutava minaccioso gettandosi a tutta velocità contro il fianco del Kraken.
L'impatto fu tremendo: il galeone affondò nella murata dell'altra nave come una lama nel burro dilaniando il legno, gettando in mare i corpi dei combattenti, incastrandosi nella murata e legandosi saldamente al Kraken.
Dopo un attimo di shock i soldati si animarono ed invasero il ponte della nave di linea con un urlo guerriero travolgendo i pirati di SoleNero come un'onda di marea.
Ritch osservò la scena ad occhi sbarrati, preoccupato per la sorte della battaglia.
Michael invece nemmeno sentì l'urto, nemmeno udì il grido dei soldati: tutto il suo corpo era concentrato sulla persona davanti a lui che, fino ad un momento prima era stato suo zio; ora, invece, era soltanto l'assassino di suo padre. Le sue orecchie erano assordate da una specie di rombo che divenne sempre più forte; provava una strana sensazione come se fosse in un grande fiume d'odio che tentava di portarlo via, senza fare resistenza si fece trasportare, si abbandonò a quella rabbia che crebbe in lui dandogli una nuova e portentosa energia.
Fulmineo, Michael sollevò la gamba colpendo all'inguine SoleNero che grugnì incespicando nel fare qualche passo indietro, Michael si rialzò in fretta e riafferrò la spada girandosi poi verso il suo avversario.
«Bastardo!» sibilò Michael lanciandosi all'attacco, Ritch spalancò gli occhi per la sorpresa ma parò il primo fendente, ed il secondo ed il terzo; ma Michael non accennò a fermarsi continuando a sferrare colpi.
«Bastardo!» disse con più enfasi aumentando la forza dei suoi colpi, Daniel pensò di avere il braccio di piombo, freddo e fatica gli impedivano di muoversi come avrebbe voluto, mentre Spada Rossa sembrava non subire l'effetto della stanchezza anzi, i suoi fendenti erano sempre più forti e veloci.
«BASTARDO!» urlò il capitano ed ecco che un ultimo colpo mandava in frantumi la guardia dell'avversario sbilanciandolo e scoprendogli il petto, guardando dritto negli occhi il suo nemico Michael li vide strabuzzare e poi osservarlo, privi di qualsiasi ardore guerriero.
Abbassò lo sguardo e vide la sua lama penetrata profondamente nella spalla di Ritch, il pirata sembrò sul punto di stramazzare a terra, poi il petto gli si gonfiò e lui si erse in tutta la sua statura con gli occhi ardenti. Prima ancora che Michael potesse provare sorpresa, il pugno del pirata lo colpì in viso, scaraventandolo ancora una volta per terra.
Il capitano si rialzò in fretta e guardò SoleNero che gli si avvicinava minaccioso col sangue che gli sgorgava copiosamente dal petto colando sui suoi vestiti e mischiandosi all'acqua sul ponte.
"Com'è possibile?!" si chiese Michael mentre il terrore gli riempiva il petto "Come fa a reggersi in piedi?!"
«Non basta questo per uccidermi, Michael...» disse Ritch con voce profonda e vibrante fermandosi davanti al pirata che lo guardò con odio.
«Oh, guardatelo!» fece Ritch «Sei tanto arrabbiato per la morte di tuo padre?!»
Michael si limitò a fissarlo puntandogli la spada al petto, ma Ritch avanzò incurante e, suo malgrado, Michael si sorprese ad arretrare.
«E' terribile quando le cose capitano a te, vero? Ma quando capitano agli altri non è la stessa cosa...» disse Daniel «Cosa dovrei dire io?! Tu mi hai portato via il mio bene più grande, e ti lamenti perché ho rovinato il tuo passato?!»
Michael capì cosa intendeva, provò una piccola fitta di rimosso, ma si affrettò a nasconderla, non era sua la colpa dell'accaduto.
«Tuo figlio è sempre stato un ficcanaso...» disse Michael.
«E' per colpa tua che è morto ed ora fa la guardia ad un tesoro sommerso al tuo posto!» urlò Daniel con gli occhi che mandavano lampi roventi.
«Come sai della maledizione?» chiese Michael sorpreso, non pensava che Daniel conoscesse tutti i dettagli.
«Dovresti stare attento a come parli nelle taverne quando sei ubriaco!»
«Ehi, io ho iniziato a cercare il tesoro, e tuo figlio mi è corso dietro, avrei dovuto lasciarglielo?»
Ritch non volle sentire altro e si lanciò su Michael, lui tentò di trafiggerlo ancora, ma la spada del nemico glielo impedì, un altro pugno lo colpì spaccandogli il labbro e scaraventandolo sul parapetto.
Michael non riuscì nemmeno a riprendersi prima che Daniel gli sferrasse un calcio al costato che gli svuotò i polmoni e per poco non lo scaraventò fuori bordo.
Michael cominciò ad arretrare nella folla di combattenti, tentando di mantenere una distanza dallo zio che sembrava improvvisamente animato di una forza demoniaca.
Erano ormai arrivati all’albero di bompresso quando Ritch, stanco della caccia, si slanciò in avanti con inaspettata rapidità colpendo il nipote con un pugno che lo sbattè addosso al parapetto di prua.
Spada Rossa si aggrappò ad una fune per non cadere, la lama di SoleNero balenò davanti a lui, diretta al suo stomaco; lui arretrò col bacino, la lama gli tagliò i vestiti ma lo mancò recise con uno schiocco la fune a cui era aggrappato.
La fune si mosse come di vita propria, con un guizzo improvviso e rapido, colpendolo al viso con grande forza.
La rapidità della fune e la forza della frustata sollevarono Michael di qualche metro da terra, fortunatamente il pirata atterrò sull’albero di bompresso e ci si aggrappò con tutte le sue forze.
Infine Michael riuscì ad issarsi sul legno bagnato, ed a rimettersi in piedi: proprio in quell’istante anche Ritch scavalcava il parapetto per raggiungere, a passi lenti e cauti, il nipote sull’albero.
I due sollevarono le spade e fecero per avventarsi l'uno contro l'altro, ma la nave ebbe uno scossone: Michael incespicò ma mantenne l'equilibrio mentre Ritch scivolò, riuscendo a tenersi all'albero, ma la sua spada sparì in mare.
Michael fissò Daniel e gli si avvicinò con la lama puntata su di lui eppure non lo trafisse.
Diavolo, quello era suo zio! Per quanto impegno ci mettesse il suo braccio non affondava la spada nella schiena di Ritch…non riusciva a trovare il coraggio di ucciderlo…
“Ma perché proprio ora?!” si domandò frustrato, fino ad un momento prima non avrebbe esitato, ma la rabbia che lo aveva invaso ora era dissipata dalla ragione… in mezzo alla battaglia non aveva avuto tempo di riflettere, non poteva perdere tempo a pensare a cosa fosse giusto e cosa no.
Ora invece, i dubbi tornavano ad assillarlo…
Rivide suo padre, steso sull’erba, con gli occhi spenti…
«E' finita...» disse allo zio, sapeva che ora non avrebbe esitato, ma Ritch, sorprendentemente, ridacchiò.
«Sì, è finita...» detto questo urlò e si avventò su Michael colpendolo con la testa sul petto.
Spada Rossa emise un rantolo strozzato, i piedi persero la presa e lui cadde fuoribordo svanendo fra le onde del mare grosso.

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** La fine della tempesta ***


Capitolo 23: La fine della tempesta


Jonatan era sulla coffa, teneva stretto il piccolo cannone installato sulla coffa*, nella speranza che gli si presentasse un qualche bersaglio da riempire di piombo, ma dalla cima dell'albero su cui si trovava, scosso dal vento e dalla pioggia, era una probabilità assai remota.
I suoi compagni e gli avversari erano mischiati in una lotta caotica e disordinata dove si faceva fatica a distinguere un uomo dall'altro, non poteva sparare rischiando di colpire un alleato!
Eppure voleva sparare l'unico colpo a sua disposizione: per lui era una tortura non poter partecipare alla battaglia, voleva rendersi utile, in qualche modo.
Cercò con lo sguardo un possibile avversario, e poi vide qualcuno muoversi sul bompresso: aguzzò la vista con le mani intorpidite che rafforzavano la presa sull'arma, poi però rimase stupito.
L'uomo sull'albero portava un cappello con delle piume rosso vivo, tutte infradiciate dalla pioggia ma ben distinguibili: era il suo capitano!
Ma che ci faceva lassù?
Poi sopraggiunse un altro uomo, massiccio, enorme, i due sembrarono volersi sfidare ma il secondo perse l'equilibrio prima ancora di potersi battere.
Jonatan esultò in silenzio quando vide Michael puntare la spada sul nemico, però accade qualcosa di inaspettato: l'uomo scattò in avanti e scaraventò Michael in mare. «No!» gridò Jonatan seguendo la caduta del capitano fino a quando scomparve fra le onde.
Riportò lo sguardo sull'altro pirata che si era portato sulla punta dell’albero e guardava in basso, come per accertarsi che il capitano fosse veramente morto.
«Schifoso...» sibilò Jonatan puntando il cannone, prese accuratamente la mira calcolando approssimativamente l'effetto del vento, poi abbassò il cane del cannoncino che fece fuoco.
Il rinculo svuotò i polmoni di Jonatan, che emise un suono simile ad uno sbuffo, e fece gemere il legno della coffa, il fumo dell'esplosione si diradò in fretta per il vento e Jonatan vide che l'uomo era vivo e vegeto; però l'albero su cui stava si era completamente distrutto per effetto del colpo, il legno resistette ancora un po', poi il vento ebbe il sopravvento e lo staccò dalla prua gettandolo in acqua in modo violento, fra lo schioccare di corde e vele spezzate fra le quali l'assassino del capitano era sparito.

Michael aprì gli occhi ma non vide nulla, soltanto una fredda oscurità che lo avvolgeva completamente.
Sentiva un gran freddo: era come se il freddo gli fosse entrato in corpo congelandolo dall'interno e spegnendo ogni fiamma di vita in lui.
Per un momento non capì, poi nelle orecchie dolenti, sentì il vorticare dell'acqua attorno a lui e ricordò, e con il ricordo venne il bisogno d'aria.
”Aria!!” gridò il suo corpo a gran voce, Michael si mise a nuotare verso la fioca luce in superficie, le membra gli sembravano di granito, ogni suo movimento portava una dolorosa fitta.
Michael si rese conto si stringere ancora la spada, pensò di lasciarla, per nuotare più in fretta, ma non poteva farlo, qualcosa gli diceva che quella spada gli serviva ancora.
Quando fu proprio sotto la superficie qualcosa cadde in mare con forza rimandandolo in basso, un pezzo di legno gli sfiorò la spalla e la superficie si oscurò.
I polmoni gli bruciavano in modo atroce, ogni cellula del suo corpo supplicava un filo d'aria; con un ultimo sforzo, Michael riemerse ed inspirò a fondo gettando nei polmoni più acqua che aria.
Tossì violentemente, poi si accorse che c'era una specie di velo sopra di lui che gli rendeva difficile respirare e rimanere a galla: sembrava una vela.
Lo scostò con le braccia quasi insensibili e finalmente vide il cielo: era ancora denso di nubi grigie che vorticavano incessantemente, come a darsi battaglia come gli uomini sulla nave al fianco di Michael.
Il capitano capì che era un pezzo di albero quello in mare; qualcosa si mosse sull’albero: un uomo tentò di togliersi di dosso delle funi, aveva una gamba rotta, piegata in modo impossibile, con l'osso che usciva dalla carne.
I due si guardarono e si riconobbero, la faccia di Ritch si trasformò in un orrenda maschera d'odio, urlò, un urlo lungo ed angoscioso quasi inumano.
Il pirata si diede la spinta con la gamba buona e scivolò sulle vele bagnate; fu addosso a Michael ancora prima che quello potesse fare qualcosa e gli strinse con le mani enormi il collo.
La testa di Michael fu spinta sott'acqua, lui tentò di divincolarsi, ma i suoi muscoli erano intorpiditi e privi di qualsiasi forza, tentò di urlare ma l'acqua gli si insinuò in gola ghiacciandogli il petto con un dolore atroce.
Spada Rossa sfruttò il fatto di essere in acqua ed invertì le posizioni con una goffa mossa: ora Ritch era sott'acqua.
Eppure le mani dello zio continuavano a stringere il collo del nipote, il capitano si sentiva la testa gonfia e sul punto si scoppiare, con gli occhi che si riempivano di stelle colorate.
Alzò la spada e la calò con rabbia sul petto di Daniel una, due, tre, quattro volte affondandocela di parecchi centimetri, riempiendo l'acqua di sangue e brandelli di carne; ma lo zio non mollava la presa, anzi, più Michael colpiva più la stretta si faceva ferrea, il gigante che lo stava soffocando non voleva morire, nemmeno con gli intestini a mollo nel mare.
Michael alzò la spada ed afferrò il polso dello zio, tagliandolo a fondo, fino ai tendini, riempiendosi di sangue che gli colava addosso e lo riempiva del suo odore, ma la mano di Ritch perse tutta la sua forza e così l'altra.
Il capitano trasse dei profondi respiri affannosi, era finita ora...
La testa di Ritch emerse dall'acqua, piena di sangue, con gli occhi invasi da vene rosse, la bocca spalancata in un muto grido di ferocia, un immagine che Michael non avrebbe mai dimenticato.
Michael urlò, di vera paura, senza pensarci affondò la spada nella bocca dello zio, respingendola in acqua, il suo corpo ebbe qualche fremito, poi più nulla.
Michael estrasse la spada lorda di sangue e si allontanò dal corpo dello zio, issandosi sui resti dell'albero, privato di ogni energia, col corpo immerso in un profondo torpore e la mente annebbiata, incapace di formulare un qualunque pensiero mentre l'oscurità l'avvolgeva.
Si accorse di avere una mano in acqua, fece per tirarla su quando vide che una sottile striscia di sangue univa il suo palmo col cadavere dello zio, poi il sangue si dissolse nell'acqua agitata e l'oscurità avvolse la mente del capitano...


* ammetto che non so come si chiami il suddetto cannone, ma per capirci, intendo uno come quelli retti dai due soldati nel terzo film di Pirati dei Caraibi, se non avete presente fate appello alla vostra immaginazione!

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Frettoloso arrivederci ***


Capitolo 24: frettoloso arrivederci


Il commodoro alzò gli occhi al cielo: la pioggia stava calando d'intensità ed anche il vento si faceva via via meno intenso e furioso.
Con un urlo un nemico interruppe i suoi pensieri, il commodoro lo disarmò con un rapido movimento della spada e poi lo trafisse in pieno petto, quello emise un rantolo strozzato e cadde a terra, l'ufficiale si scrutò attorno per prevenire un altro attacco, ma nessuno si fece avanti.
Per un attimo quello che vide lo sorprese: tutti gli uomini di Ritch stavano inginocchiati sul ponte con le mani alzate chiedendo pietà ai suoi uomini ed a quelli di Michael.
Cromwell rinfoderò la spada e sospirò, all'improvviso si sentì stanco e debole: aveva combattuto ininterrottamente per molto tempo, quello scontro sembrava non dover finire mai, ma ora che si era concluso la fatica stava prendendo il sopravvento sul suo corpo dolente ed intorpidito.
«Pare che abbiamo vinto» disse Sheen affiancandoglisi: aveva i vestiti zuppi ed un braccio ferito, ma sorrideva gioiosamente per la vittoria.
«Così sembra...» disse il commodoro senza scomporsi, mosse qualche passo in avanti ed osservò i suoi uomini «Mettete quelli che restano della ciurma di Ritch sul parapetto di tribordo!» ordinò con la voce più alta possibile.
«Trovami Ritch» ordinò poi con voce più bassa a Sheen che annuì e si mise all'opera andando dai prigionieri.
Sean osservò i sodati fradici ed ansanti trascinare i loro nemici sconfitti a ridosso del parapetto, osservò l'ometto pelato inginocchiato davanti a lui, indeciso sul da farsi.
«Avanti ragazzi, accontentiamo il commodoro» disse con voce roca rivolto ai compagni prendendo poi il pelato per il colletto della sua camicia lacera e trascinandolo verso tribordo mentre quello piagnucolava in olandese.
«Sta' zitto!» gli intimò sbattendolo sul parapetto con violenza, quello piagnucolò con più energia.
«Non riesco a trovare il capitano Ritch!» urlò un ufficiale rivolto al commodoro, quella frase scosse un po' il pirata, aveva l'impressione di essersi dimenticato qualcosa.
«Com'è possibile?!» chiese il commodoro avvicinandosi.
«Non è fra loro...»
«Dov'è il tuo capitano?» chiese Cromwell ad un pirata che lo guardò con aria ottusa, dopo un po' scosse la testa.
«Questi cani non capiscono l'inglese...» commentò Sheen.
«Ehi, ragazzi, dov'è il capitano? Dov'è Michael?» chiese Sean ai compagni, quelli spalancarono gli occhi rendendosi conto della sua assenza e guardandosi freneticamente attorno.
«Non lo vedo...»
«È sparito!»
Sean si mise a girare freneticamente per il ponte facendosi largo a spintoni ma di Michael non vide l'ombra, ormai un pensiero sgradito cominciò a strisciargli nella mente: e se il capitano fosse stato ucciso? Non, non voleva nemmeno pensarci, non doveva pensarci...ma ormai la paura cominciava a stringergli il petto, anche i suoi compagni sembravano preoccupati e si aggiravano freneticamente per il ponte.
Delle grida interruppero la loro vana ricerca, i pirati si guardarono attorno cercando di capire da dove venissero.
«È Jonatan!» urlò qualcuno, tutti si accalcarono sul parapetto protendendosi verso la coffa lontana.
«Fatemi passare!» urlò Sean allontanando a spallate i pirati raggiungendo in fine il parapetto: la pioggia era ormai cessata e, nonostante il buio della notte che avanzava, il ragazzino sulla coffa era ben visibile a quella distanza.
Era troppo lontano: le sue urla non avevano senso per le loro orecchie, poi Jonatan prese ad indicare con insistenza il mare ed i pirati guardarono nella direzione indicata Sulla superficie delle acqua scure galleggiavano, sballottate dalle onde possenti, un groviglio di corde e vele che venivano coperte periodicamente dall'acqua per poi tornare in superficie in modo ancor più disordinato ed informe.
«Io non vedo niente...» disse Zula, Sean fece scorrere lo sguardo fra quell'ammasso di corde e vele lacerate fino a scorgere quello che sembrava un albero di solido legno semisommerso, su quello stava riversa un figura con la vita immersa in mare.
«È il capitano!» urlò indicandolo.
«Ehi, è lui!»
«Sì, sì!»
«CAPITANO!» si misero a chiamare a gran voce i pirati nel tentativo di svegliarlo, ma quello non si muoveva ne dava cenno di sentire le loro grida, ad ogni onda sembrava venir trascinato via dall'albero.
Sean smise di gridare, un atroce dubbio lo assaliva guardando il capitano: che fosse...morto?
Poi con suo grande sollievo, il capitano scosse le membra tentando di girarsi per guardarli ma quel movimento lo fece scivolare giù dall'albero, annaspò debolmente tentando di rimanere a galla, poi un onda lo investì trascinandolo sott'acqua, sulla ciurma cadde un profondo e scosso silenzio.
Senza nemmeno pensarci Sean si issò sul parapetto rimanendo un attimo in equilibrio fissando l'acqua nera che sotto di lui vorticava incessantemente, trasse un profondo respiro e si tuffò.
La caduta gli fece rivoltare lo stomaco, poi l'oscurità lo avvolse in un freddo abbraccio, il suo corpo fu percorso da un dolore intensissimo che si attenuò quasi subito, il pirata si guardò attorno, ma gli sembrava di nuotare nel vuoto: attorno a lui si stendeva un buio uniforme e perpetuo, il dolore e il rumore dell'acqua turbinante erano gli unici legami con la realtà.
Sean nuotò più in basso coi polmoni che iniziavano a chiedere aria, ma l'acqua era sempre buia e vuota, scese ancora più in basso, le orecchie presero a fargli male così come le braccia e le gambe, sapeva che non poteva resistere per molto in quel freddo...
Poi qualcosa si mosse in quelle acque: poco più in basso il capitano si muoveva debolmente nel tentativo di tornare in superficie, Sean lo raggiunse con uno scatto e tentò di afferrarlo per i vestiti, ma le dita non facevano presa ed il capitano affondava sempre di più mentre tante piccole bollicine gli uscivano dalla bocca dischiusa.
Sean gli cinse la vita con il braccio riprendendo a nuotare più velocemente possibile, il dolore al corpo dovuto al freddo si era ridotto ad un fastidioso senso di torpore ed i polmoni si contraevano spasmodicamente in cerca di aria.
Michael stava scivolandogli via, lui tentò di rafforzare la presa, ma non aveva più forza nelle braccia ne nelle gambe e non riusciva nemmeno più a nuotare, osservò le increspature dell'acqua in superficie, distante solo pochi metri eppure irraggiungibile...si guardò attorno, lì vicino c'era la punta dell'albero che s'inabissava progressivamente; afferrò una cima e tentò d'issarsi verso l'alto, ma non ci riuscì.
Sean fissò la superficie, i polmoni gli bruciavano mentre il resto del corpo era diventato insensibile a qualsiasi stimolo: non poteva più andare avanti...
Le tenebre gli avvolsero la mente...

Zula afferrò i corpi dei due uomini fra le fredde acque marine portandoli in superficie e depositandoli sull'albero.
«Gettatemi una cima!» urlò il Mamba con la voce roca per lo sforzo, le acque cominciavano a intorpidirgli le gambe.
Dall'alto del ponte del Kraken i compagni gli lanciarono una corda che lui afferrò al volo (le navi di allora abbondavano di cime! ) stringendola con tutta la sua forza mentre afferrava il corpo inerte di Sean cingendogli il torace col braccio libero.
«Tiratemi su!» urlò ai pirati che cominciarono ad issarlo verso il ponte mentre il nero sbuffava con i muscoli gonfiati nello sforzo di rimanere aggrappato alla corda, che si alzava con lentezza esasperante, e di reggere Sean.
Alla fine raggiunse la sommità della murata, i compagni afferrarono Sean e lo depositarono sul ponte, Zula fece qualche respiro profondo prima di farsi calare in mare e ripetere l'operazione col capitano.
Il corpo di Michael venne adagiato sul legno fradicio del ponte della nave, Zula gli si sedette affianco con le braccia tremanti per lo sforzo.

Michael si sentiva immerso in un profondo senso di pace, si sentiva avvolto da uno strano calore, in un luogo senza confini, un enorme spazio vuoto.
Sentiva il suo corpo scivolare sempre più in basso in questa calda oscurità, man mano che scendeva, si sentiva sempre più distaccato da tutte le sensazioni, provava solo un piacevole senso di...nulla.
«Caiano...?» una voce profonda e roca fece irruzione in quel vuoto rimbalzandogli nelle orecchie con forza dolorosa.
Doveva essere una qualche lingua araba, si disse.
«Capitano?!» lingua araba un corno! Quella era la voce del Mamba! Perchè quell'idiota lo stava svegliando?!
Suo malgrado, il capitano riaprì gli occhi, venendo accecato dalla luce.
Michael si rizzò a sedere di scatto sputando fuori dai polmoni una dose considerevole di acqua e prendendo a tossire in modo convulso, riuscendo a stento a respirare. «Si, è svegliato!»
«Pensavo fosse andato...»
Michael emise un lamento strozzato rimettendosi sdraiato sul ponte: tutti i muscoli gli dolevano in modo allucinante, gli sembrava che la pelle gli stesse andando a fuoco ed aveva un gran mal di testa.
«Capitano?» qualcuno lo chiamò, Michael sbattè le palpebre per abituarsi alla luce e si guardò attorno: tutti i suoi uomini erano riuniti attorno a lui e lo osservavano con un accenno d'ansia, dovevano essere sul ponte del Kraken a giudicare dai cadaveri e dalle pozze di sangue che andavano asciugandosi sul legno, il cielo era ancora minaccioso ma non pioveva più, anche la nave beccheggiava di meno, segno che la tempesta era passata...
«Michael?» Spada Rossa si mise a sedere, tossicchiò un po' e poi guardò in direzione della voce: Sean era inginocchiato affianco a lui e gli sorrideva debolmente; era pallido e le sue labbra avevano un vago colorito violaceo, ma intuì che aveva un aspetto migliore del suo.
«Sembra che l'abbiate scampata ancora una volta, e dovreste ringraziare Zula per questo!» gli disse il pirata con voce arrochita, Michael cercò la figura del nero fra i pirati.
Zula era in piedi appoggiato al parapetto e lo guardava con aria di aspettativa, in attesa di un qualche ringraziamento.
«Beh, che hai da guardare?! Fila sulla Dark Light, razza di scansafatiche, e pure voi, preparate la nave per la partenza, non abbiamo tempo da perdere!» ringhiò Michael, la ciurma parve un po' scossa, poi i pirati si dileguarono passando sul ponte della caracca tramite le cime che ancora la legavano alla nave di Ritch.
Michael grugnì e si mise in piedi, le gambe facevano fatica a sostenere il suo peso e gli tremavano vistosamente mentre lui si avvicinava al commodoro che aveva conservato il suo aspetto aristocratico e si esibiva in una posa che doveva considerare nobile.
«Spero siate soddisfatto, la ciurma di Ritch ora è inoffensiva e la marina inglese non dovrà preoccuparsi di una guerra con l'Olanda; posso levare l'ancora ora?» chiese Michael all'ufficiale, tentando di bloccare il poco apprezzabile tremore alle gambe.
«Certamente, voglio anche ringraziarvi a nome della compagnia delle indie per aver contribuito a sventare una minaccia che avrebbe potuto porre fine al nostro amato impero» rispose il commodoro solennemente e porgendogli la meno con un ampio sorriso.
«Perdonatemi, ma dopo queste nobili parole...volete sposarmi?» chiese Michael sbatacchiando le palpebre; qualche soldato ridacchiò e venne fulminato con lo sguardo dal commodoro che non aveva apprezzato la battuta.
«Portate via i prigionieri!» urlò l'ufficiale per sedare le risate fra i suoi uomini che cominciarono a scortare i sopravvissuti della ciurma di Ritch verso il galeone.
«Fermi! Aspettate!» disse Michael avvicinandosi ai prigionieri, i soldati lanciarono degli sguardi interrogativi al commodoro, che fece segno di lasciar correre.
«Qualcuno di voi» iniziò il capitano squadrando i prigionieri con aria truce «Saprebbe condurre la mia nave all'isola dove Ritch teneva i suoi tesori?» chiese parlando in olandese per non incuriosire il commodoro.
Solo uno fra i pirati alzò debolmente la mano, Michael gli si avvicinò, studiandolo: era un uomo massiccio dai capelli biondissimi e senza un occhio.
Michael lo guardò dritto negli occhi, o almeno in quello che gli rimaneva, con lo sguardo più minaccioso che gli riuscisse.
«Giuro che se non porti la mia nave su quell'isola e mi tiri qualche brutto scherzo, ti farò avere una morte degna del sudicio verme che sei!» gli disse Michael, quello annuì, visibilmente intimorito, nonostante l'aspetto, non doveva essere un duro.
«Perfetto, commodoro, se non vi dispiace, questo lo prendo io!» annunciò Spada Rossa prendendo l'olandese per il colletto e facendo per trascinarlo verso la caracca ma i soldati gli bloccarono la strada, Michael alzò un sopracciglio osservando il commodoro.
«Un piccolo prezzo in cambio dei vostri servigi» disse Cromwell con un mezzo sorriso facendo un cenno col capo ai soldati che si allontanarono da Michael.
«Molte grazie» disse il capitano con un sorriso «Ora, se mi scusate...» fece riprendendo il suo cammino verso la sua caracca.
«Ancora una cosa...» disse il commodoro proprio mentre Michael si accingeva a calarsi con una fune sulla Dark Light «Sapete se Daniel Ritch è...sopravvissuto?»
Ci fu un attimo di silenzio prima che Michael riuscisse a rispondere.
«Il mare ha reclamato il suo corpo...e ora, a mai più rivederci!» disse il capitano costringendo il prigioniero a calarsi sulla caracca e seguendolo a ruota mentre l'equipaggio si preparava al viaggio.
Cromwell osservò Michael sbraitare ordini ai sottoposti, con le gambe ancora instabili e ripensò agli ordini ricevuti poco tempo prima a L'Avana.
Il Governatore gli aveva comunicato che, nel caso in cui Michael Brown fosse sopravvissuto allo scontro, lui avrebbe dovuto provvedere ad eliminarlo: la compagnia delle indie non poteva permettersi di lasciare un uomo del genere libero di veleggiare per il mare.
"Ritenetevi un uomo fortunato, Michael Brown" pensò il commodoro con un mezzo sorriso "Per ora non posso affrontare una battaglia navale, ma, contrariamente alle vostre previsioni, ci rivedremo..."

«Avanti, tagliate quelle cime, issate tutte le vele, finchè il vento è ancora forte, muovetevi, MUOVETEVI!» urlò Michael rivolto alla ciurma che lavorava freneticamente per prendere il largo.
«Sean!?» chiamò Michael, il pirata lo raggiunse subito abbandonando il suo lavoro sull'albero di bompresso «Quanti morti?»
«Abbiamo perso venti dei nostri, capitano» lo informò Sean, Michael si mordicchiò il labbro con fare nervoso.
«A proposito, non credete che sia meglio...uhm, dare ai nostri compagni un funerale?» chiese Sean.
«No! Non possiamo sprecare tempo prezioso, ricorda che i nostri guai sono appena cominciati...» disse Michael con fare un po' troppo brusco, lui stesso fu sorpreso dei suoi modi.
«Sì, ma...alcuni uomini potrebbero essere scontenti di questo»
«Nah! Se mi dessero una moneta per ogni uomo che ho dovuto lasciare senza sepolture beh, probabilmente avrei venti monete!» disse Michael «Ci penseranno gli uomini del commodoro» aggiunse con tono che faceva capire che considerava chiuso l'argomento.
«Metti il prigioniero al timone, trattalo bene, ma non concedergli troppa libertà, fagli ricordare la sua situazione e assicurati che la navigazione si ottima!» si raccomandò Spada Rossa poi, senza aggiungere altro, si diresse alla sua cabina col corpo che gli bruciava dolorosamente ad ogni passo.

Il sole calava in mezzo all'oceano, l'acqua ondeggiava placidamente ma nulla si muoveva nella luce calante, e, in quelle acque sperdute, la terribile battaglia di Michael non era altro che un eco lontano…poi qualcosa scosse il fondo del mare con un sordo boato, l'acqua s'increspò mentre sotto la superficie, qualcosa cominciava a muoversi...

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Demoni del passato ***


Salve, comprendo che questo capitolo vi ricorderà UN CERTO FILM DI PIRATI, ed era mi intenzione modificarlo opportunamente ma sinceramente non ne avevo l'animo, per cui non sorprendetevi nel trovare delle somiglianze.

Capitolo 25: demoni del passato



Stavano navigando da parecchi giorni ormai verso nord est, Michael e la sua ciurma si erano da tempo lasciati alle spalle le colonie olandesi ed ora, mentre il capitano scrutava l'orizzonte dalla prua della sua caracca pirata, non vedeva nulla che una piatta ed uniforme distesa d'acqua.
Michael sospirò rinunciando a scorgere qualcosa nel mare: da quando erano partiti per la fantomatica isola del tesoro di Ritch non avevano visto altro che piccole isolette sperdute nell'oceano più qualche grosso mercantile venuto dall'Europa, prede ghiotte che erano purtroppo obbligati ad ignorare.
Spada Rossa osservò il suo equipaggio: i pirati erano tutti seduti sul ponte a chiacchierare o dormire, solo qualcuno giocava a dadi ma nessuno lavorava anche perchè non c'era nulla da fare.
Non appena erano partiti, sulla ciurma era calata un atmosfera di tensione quasi palpabile sembravano tutti sul punto di ribellarsi e gettare Michael in mare ma, per fortuna, la garanzia dell'oro teneva insieme l'equipaggio che sembrava disposto a stare ancora sotto il suo controllo.
Comunque non si poteva biasimarli: erano diretti ad un'isola che, secondo la rotta tracciata dal prigioniero, era parecchie migliaia di miglia a nord di Charleston, nel bel mezzo del nulla, lontana da qualsiasi rotta commerciale; chiunque sarebbe stato teso alla prospettiva di un simile viaggio.
Proprio mentre rifletteva, Sean fece capolino dalla coperta e si diresse velocemente verso il capitano.
«Allora, Sean, come stiamo coi viveri?» gli chiese Michael, aveva poco prima mandato Sean a controllare le loro scorte e, dalla faccia del sottoposto, non si aspettava buone notizie.
«Credo che, se la rotta è giusta e non incontriamo bonaccia, dovremmo farcela con le nostre scorte» disse Sean con aria mesta «Ma per il ritorno dobbiamo sperare di incontrare un mercantile bello carico, sennò...» il pirata lasciò che il suo sguardo cupo terminasse la frase al posto delle parole.
Michael si mordicchiò il labbro, non avrebbe potuto tener calmi i suoi ancora per molto in quelle condizioni.
«Grazie Sean, non farne parola con nessuno» gli ordinò «Ah, di a Paulie di spazzare un po' il ponte...comincia a puzzare troppo....»
Sean annuì e si allontanò, Michael sospirò e si sedette per terra, si sentiva incredibilmente stanco; giocherellò con la collana col totem regalatagli da Sionue molto tempo prima, la trovava piuttosto inquietante ma si sentiva più sicuro a tenerla al collo ora che Ritch era morto.
La spada fremette nella sua elsa.
Michael guardò con aria stupita la lama legata alla cintola, doveva esserselo immaginato...la spada vibrò ancora, più forte.
Il capitano la estrasse e la guardò ad occhi sbarrati: i riflessi della spada erano di un rosso intensissimo, sembrava aver preso fuoco, come se un velo scarlatto le danzasse attorno.
«Capitano!» urlò Jonatan dalla coffa attirando su di se gli sguardi di tutti.
«Che c'è, Jonatan?» chiese Michael rinfoderando la spada.
«Non lo so...fareste meglio a guardare a poppa!» urlò il ragazzino di rimando, un brivido gelido passò sulla schiena del capitano.
Michael si spostò rapidamente a poppa e prese il cannocchiale ma non c'era nulla dietro di loro, solo la loro scia nel mare vuoto...no, qualcosa c'era!
Era una specie di onda a "v" che avanzava rapidamente verso di loro ingrossandosi man mano che procedeva.
«Che succede, capitano?» chiese Sean raggiungendolo, ormai tutti i pirati si accalcavano sul parapetto per vedere qualcosa.
Michael porse il cannocchiale a Sean e gli indicò l'onda che ora era ben visibile anche ad occhio nudo.
«Non ho mai visto uno cosa simile...» disse Sean ridando lo strumento al capitano «Sembra che ci sia qualcosa che si muove sotto l'acqua...»
«Qualunque cosa smuova tutta quell'acqua deve essere enorme...» commentò Spada Rossa allontanandosi dal parapetto «Avanti, uomini, portate sul ponte i fucili, caricate i cannoni! Jona, prendi tu il comando e gira la nave di novanta gradi a tribordo!» urlò Michael mentre i pirati scattavano ad eseguire gli ordini, Jona scansò dal timone il prigioniero olandese e fece virare la caracca.
Intanto alcuni uomini portarono sul ponte delle casse di legno contenenti fucili, munizioni e polvere e le distribuirono ai compagni che si accalcavano attorno a loro.
Duffy porse a Michael il suo fucile con proiettili la polvere da sparo, il capitano caricò in fretta l'arma e si diresse a tribordo dove già una decina di pirati scrutava l'acqua coi fucili puntati.
Spada Rossa osservò l'onda che ormai era prossima a schiantarsi sulla murata, sotto la superficie dell'acqua s'intravedeva qualcosa ma era troppo informe per poter dire cosa.
«Sparate al mio ordine!» disse Michael puntando i fucili, ora tutta la ciurma era sul parapetto, pronta al fuoco «Fuori i cannoni!»
Con degli schianti tutti i cannoni uscirono dai portelli, esponendo le loro spaventose facce al nemico.
«Attendete il mio segnale....» ribadì Michael vedendo le facce tese dei sottoposti.
L'onda era distante solo poche decine di metri...
"Ora!" pensò il capitano ma, prima che riuscisse a dare l'ordine, l'onda si abbassò arrestandosi a pochi metri dalla murata mentre la sagoma che si era ben distinta poco prima era sparita.
Un silenzio sorpreso e basito calò sulla caracca, tutti si guardavano in volto con aria confusa; Michael si sporse un po' di più dal parapetto per scrutare l'acqua, ma non c'era nulla di sospetto.
«Ma che diavolo era?» chiese Duffy, tutti iniziarono a parlare contemporaneamente.
Una bolla d'aria emerse in superficie, poi un'altra e poi altre ancora, ora il mare ribolliva come l'acqua di una pentola.
«Cosa succede?!» chiese qualcuno con una nota isterica nella voce.
Michael continuava ad osservare l'acqua, c'era una sfumatura più scura nell'oceano sotto di loro, come un'ombra che continuava ad allargarsi...c'era qualcosa sotto di loro? Proprio mentre si poneva questa domanda un palo di legno schizzò fuori dal mare sfiorando il viso del capitano che si ritrasse con uno scatto mentre altri due pali uscivano dall'acqua ribollente.
«Ma che diavolo...» la voce di Sean si perse nel boato che seguì: il lato della caracca dove la ciurma era ammassata venne sollevato con forza mentre la nave veniva bruscamente spinta di lato da una forza spaventosa.
Michael cadde riverso al suolo battendo la testa, gli occhi gli si riempirono di macchie luminose mentre la nave beccheggiava paurosamente e l'equipaggio veniva sballottato da una parte all'altra del ponte.
Un grosso rampino di ferro cadde a pochi centimetri dal volto confuso del capitano incidendo profondamente il legno, poi venne tirato indietro e s'incastrò sul parapetto.
Michael si alzò in piedi di scatto, il ponte aveva smesso di oscillare, quello che vide gli mozzò il fiato: proprio davanti a lui stava una grossa nave, sul suo ponte un equipaggio di una ventina d'uomini ruggiva ed inveiva contro di loro mentre invadeva il ponte della caracca tramite le funi dei rampini.
Lo scafo della nave era coperto d'alghe e molluschi, le vele erano stracciate, gli alberi marci ma quel che era peggio era l'equipaggio: erano tutti pallidi e fradici, con la pelle flaccida, come quando ci si immerge per parecchio tempo, ed il corpo incrostato di sale che aderiva alla loro pelle, quasi fosse un tutt'uno col loro corpo.
Da quella massa grugnente e maleodorante di mostri emerse una figura alta, nonostante l'aspetto abominevole aveva un magnetismo carismatico; la figura guardò dritto negli occhi Michael, con le sue iridi gialle e profonde, nelle quali ci si poteva perdere, Spada Rossa non avrebbe mai potuto dimenticare quegli occhi.
Nonostante i capelli abbastanza lunghi da coprirgli le spalle che gli ricadevano malamente sul volto pallido, il capitano riconobbe immediatamente la figura di suo cugino: Jeroen Ritch.
«Avanti, uomini!» disse Jeroen con voce sorprendentemente forte «Divertitevi un po' con questo branco di cani!»
Gli uomini di Jeroen ruggirono scagliandosi contro quelli di Michael ed ingaggiando una lotta serrata, nella confusione che si scatenò sul ponte Michael perse di vista il cugino, finchè non sentì la sua voce, abbastanza vicina da sentire il calore del fiato di Jeroen sul collo.
«Finalmente ti ho preso!» Michael si allontanò con un balzo estraendo la spada e puntandola contro il cugino, la lama risplendeva di un colore intensissimo.
«Detto fra noi, pensavo di essermi lasciato il tuo brutto muso alle spalle» ribattè Michael con l'intento più di infondersi coraggio che offendere l'avversario, ma il tono beffardo delle sue parole suonava falso anche alle sue orecchie.
«Non ho resistito alla voglia di rivederti...» Jeroen mosse un passo in avanti, scansando due pirati che duellavano, Michael gli puntò la spada alla gola.
«Su, coraggio, fallo! Pensi che risolverai qualcosa?» chiese Jeroen con tono beffardo.
«Io credo di sì!» disse Spada Rossa trafiggendogli la gola con un rapido affondo; Jeroen chiuse gli occhi mentre delle bollicine rosse gli si formavano ai lati della bocca ed un rivolo di sangue gli scendeva sul petto ma, a parte questo, nulla accadde.
«Ammetto che non sia piacevole ma...posso sopportarlo!» commentò il cugino riaprendo gli occhi ed estraendo la spada: era esattamente come quella di Michael, solo che era di un blu acceso che quasi feriva gli occhi.
Jeroen menò un fendente diretto al viso di Michael che si scansò appena in tempo per evitarlo, il secondo attacco quasi non lo vide, lo parò all'ultimo momento: il cugino era bravo con la spada e non era facile difendersi nella ressa.
Michael si rese conto di non poter fare altro che rimanere sulla difensiva mentre gli attacchi dell'avversario divenivano mano a mano più incalzanti: doveva trovare una soluzione prima che fosse troppo tardi.
«Avanti, cugino, perchè combattere? Tu sei libero ora no? Per cui che ne dici di lasciar perdere e di far finta che nulla sia successo?» provò Spada Rossa con un sorriso tirato deviando un affondo diretto alla sua gola.
«Mmh...no! Voglio che anche tu soffra come ho sofferto io in questi anni! Voglio fartela pagare per quello che mi hai fatto!» affermò Jeroen attaccando con più foga e spruzzando un po' di sangue schiumoso sul viso di Michael.
«Ehi, quel tesoro era mio! Non potevi cercartene uno tuo?! Che colpa ne ho io se ti sei messo in mezzo?» gli chiese Spada Rossa col fiatone, faceva sempre più fatica a star dietro ai fendenti del cugino.
«Per la verità quando tu sei arrivato sull'isola io c'ero già e comunque, dato che tu non hai parenti ed io sono qui, ne devo dedurre che mio padre è morto ed ho la sensazione che tu c'entri qualcosa...»
«Potrebbe essere morto per cause naturali...»
«Prenderò il tuo "potrebbe" come un'ammissione di colpa!» sentenziò Jeroen menando un fendente contro Michael, nel pararlo, il braccio del pirata venne spinto di lato lasciando scoperta la sua guardia.
Gli occhi di Jeroen s'illuminarono vedendo il cugino scoperto e si preparò ad affondare la sua spada nel suo petto, ora che lui non poteva reagire.
Duffy cadde fra i due, spinto dal suo avversario, impedendo a Jeroen di portare a termine il suo affondo.
Il pirata iniziò a tremare vedendo Jeroen guardarlo con aria omicida, con la spada sollevata, pronta a sferrare il suo colpo mortale.
«NO, NO, TI PREGO!! PRENDITI IL CAPITANO E LASCIACI IN PACE!» urlò Duffy coprendosi il volto con le mani, Jeroen rise di gusto mentre per un attimo la battaglia si placava e tutti lo osservavano, in attesa di una risposta.
«Impossibile, se poi lo uccidessi, chi gli farebbe da equipaggio?!» un silenzio di tomba, rotto solo dalle roche risate degli uomini di Jeroen, cadde sulla nave, poi lui tagliò la gola a Duffy, che cadde a terra rantolando mentre i pirati ricominciavano a combattere.
Jeroen cercò con gli occhi il cugino ma quello era scomparso nella calca.
"Dannazione!" cominciando ad aggirarsi fra la battaglia infilzando, di tanto in tanto, qualche nemico, ma di Michael nemmeno l'ombra.
«Muori!» gli urlò la voce di Spada Rossa nell'orecchi, mentre lui usciva dalla calca per avventarsi su Jeroen.
Michael spalancò gli occhi vedendo il suo fendente colpire l'aria: la reazione del cugino era stata sorprendentemente veloce; si era buttato all'indietro, schivando il fendente del cugino e contemporaneamente contrattaccando con un rapido movimento della lama.
Fortunatamente il colpo, disegnato in un momento di equilibrio precario, incise profondamente il mento di Michael invece di tagliargli la gola.
Spada Rossa arretrò, tamponandosi la ferita con la mano mentre tutto il collo gli si riempiva di sangue, Jeroen, invece, fissava con aria estasiata il sangue del cugino colare sulla sua spada.
«Finalmente, la mia lama è bagnata dal tuo sangue, questo segnerà la mia libertà!» proclamò chiudendo gli occhi, come in attesa di qualcosa di estremamente piacevole, ma quella cosa non venne.
«Perchè non succede niente?» chiese Jeroen osservando la lama intrisa di sangue «Ci vuole più sangue?!» disse rialzandosi e guardando Michael con espressione furiosa, il petto che si gonfiava a ritmo sempre più veloce, gli occhi ardenti di puro odio.
«'Sta volta non mi fermerò fino a che non ti avrò ridotto in pezzi!» urlò, avventandosi su di lui con un fendente diretto alla gola, Michael si ritrasse e la lama gli sfiorò la pelle tagliando la cordicella che legava al suo collo il totem di Sinoue. La statuetta cadde a terra, rompendosi con uno schiocco, immediatamente ci fu un grande flash luminoso che accecò tutti i presenti.
«Che diavolo...?» si chiese Michael sbattendo gli occhi per abituarsi al cambiamento di luce, quello che vide lo lasciò di stucco: Jeroen ed i suoi uomini, si stavano letteralmente sciogliendo; la pelle esposta al flash sfrigolava e colava abbondante sul ponte mentre loro sembravano fare fatica a tenersi in piedi.
Dopo un momento di sorpresa, Michael approfittò della situazione ed estrasse le sue due pistole facendo fuoco con tutte le quattro canne.
Il botto gli fece fischiare le orecchie mentre l'odore della polvere da sparo gli si insinuava nelle narici, agitò le braccia per diradare il fumo denso e guardò il cugino: era addossato al parapetto con sola metà testa dalla quale si poteva ben vedere il cervello, aveva un buco nel petto ed altri due sulle gambe, il suo colpo continuava a sfrigolare mentre le ferite cominciavano a sanguinare.
Spada Rossa gli si avventò contro afferrandolo per le spalle, le sue dita penetrarono nella carne molliccia e colante, lo sollevò con un grugnito e lo getto fuori bordo.
Jeroen cadde in mare, senza un urlo o rumore di sorta, Michael si accasciò sul parapetto: le mani gli tremavano così come le gambe.
Rivedere suo cugino e la sua ciurma in quello stato era stato traumatizzante, e poi la sua spada non arrecava loro danno; doveva trovare quel medaglione, ed in fretta!
«Avanti!» urlò rialzandosi e tentando di tenere un tono di voce sicuro «Buttateli in mare!»
I nemici erano come intontiti, gettarli in acqua fu una questione di pochi minuti, nessuno di loro si ribellò, sembravano immersi nell'oblio, quanto agli uomini di Michael erano tutti visibilmente scossi e spaventati, le loro facce erano contratte e pallide.
Michael osservò i nemici sguazzare placidamente nel mare mentre la sua ciurma si scambiava allibiti commenti.
«Riprendiamo la navigazione, ed in fretta!» ordinò, nessuno gli diede retta, erano tutti troppo spaventati.
«RIPRENDIAMO LA NAVIGAZIONE!» sbraitò Spada Rossa, i pirati lo osservarono con espressione ottusa, poi sembrarono ricordarsi che lui era il loro capitano e scattarono a lavorare velocemente, spinti dalla forza che gli dava la paura.
Michael sentì un brivido salirgli lentamente sulla schiena, sudava abbondantemente, aveva il respiro affannoso: aveva paura.
Tentò di scrollarsi il terrore di dosso concentrandosi sulla navigazione, ma la paura rimaneva lì, nei recessi della sua mente, un ombra dietro ogni suo pensiero, una scintilla folle nei suoi occhi; sapeva che non sarebbe riuscito a tranquillizzarsi, la paura l'avrebbe seguito da lì fino alla fine.
Michael strinse forte il parapetto, poi si sporse e vomitò.

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Ritorno alle origini ***


Il primo di due capitoli flashback, spero sia gradito...


Capitolo 26: indietro alle origini


La nave avanzava lentamente fra le onde del mare placido lasciandosi dietro una ribollente scia che in breve si perdeva nella notte.
Michael continuava a sporgersi dalla prua della caracca ma non vedeva altro che un manto impenetrabile di tenebra davanti a se.
Il pirata alzò lo sguardo verso il cielo notturno ma non c'erano stelle quella notte, nemmeno una luce per orientarsi, gli sarebbe bastato anche il più flebile lume a rischiarare le tenebre che li avvolgevano; ma non c'era nemmeno una dannata luce.
Stavano navigando allo sbaraglio nella notte alla ricerca di un isola sulla quale nessun uomo aveva posato lo sguardo per centinaia di anni e la cui esistenza era stata dimenticata dall'umanità.
Con un sospiro il capitano distolse gli occhi dal deserto nero che circondava la sua caracca per osservare i suoi uomini sul ponte: alcuni lavoravano rapidamente aggirandosi come ombre ai limiti dei cerchi di luce delle lanterne mentre gli altri si limitavano a fissare mesti la notte che li circondava.
Michael si sentiva frustrato: non aveva mai provato quella sensazione, l'atmosfera era mesta, pesante, opprimente oltre ogni dire.
Non c'erano luci non c'erano suoni, gli sembrava di navigare nel vuoto, l'ambiente sembrava in bilico, immerso in uno stato di precarietà, come se stesse per succedere qualcosa di inaudito e sconvolgente.
«Capitano?» lo chiamò l'ombra di Sean avvicinandoglisi, il buio impediva a Michael di distinguere i lineamenti dell'amico.
«Che vuoi?» bisbigliò Michael chiedendosi poi perchè avesse sussurrato e scoprì che aveva quasi paura di alzare la voce oltre quel flebile sussurro, per quanto illogico, non voleva farsi sentire dal buio...
«Capitano, forse dovremmo tornare indietro, siamo lontanissimi da qualsiasi rotta di navigazione convenzionale, nel bel mezzo del nulla e per giunta non sappiamo dove siamo...credo che sarebbe meglio...»
«NO!» gridò Michael con voce un po' troppo acuta, l'eco della sua voce si perse nel mare mentre i due si fissavano senza vedersi veramente.
«Ma...» tentò ancora Sean.
«Ho detto di no» rispose il capitano tornando a bisbigliare: aveva speso due anni alla ricerca di quell'isola, alla ricerca di un tesoro dalle proporzioni immense raccogliendo indizi in ogni parte dei Caraibi ed ora che poteva sfiorare il suo obbiettivo tendendo il braccio, ora che era così vicino a cotanta ricchezza non si sarebbe tirato indietro per la paura del buio.
Ci fu una pausa carica di tensione che venne poi rotta dal parlare rassegnato di Sean.
«Continuiamo su questa rotta?»
«Virate di trenta gradi a tribordo» disse Michael come gli dettava l'istinto, l'altro grugnì e si allontanò.
Passarono altre ore, o minuti o secondi, Michael aveva perso la cognizione del tempo ormai ma comunque gli sembrava di navigare dalla notte dei tempi e di aver cominciato a giocherellare con la pistola qualche anno prima.
Gettò un altro rassegnato sguardo davanti a se: non era cambiato NULLA.
"E va bene" pensò con un sospiro "Ora rinuncio, butto via due anni di ricerca e torno indietro, torno ai Caraibi, al caldo...alla luce..."
Stava per mettere in atto il suo pensiero quando, finalmente, qualcosa accadde: il cielo si aprì, la notte si aprì ed i raggi argentati della luna fendettero bruscamente l'oscurità, dissipandola.
Michael alzò gli occhi al cielo, pieno di stelle luminosissime con la Luna che gettava la sua pallida luce su di loro, mai prima di allora, il firmamento gli era parso così bello...
«Oh Dio, che roba è quella?» chiese qualcuno con voce tremante; Michael abbassò leggermente lo sguardo: proprio davanti alla nave stava un'immensa ed altissima scogliera dalle pareti frastagliate ed aguzze che s'innalzavano come le mura di una cattedrale fino al cielo.
«È l'isola!»
«L'abbiamo trovata, per mille balene!»
Ci fu un tripudio di voci esultanti e sorprese che riempì il silenzio della notte mentre la caracca si avvicinava solennemente alla scogliera, tutti erano incantati dalla sua bellezza spettrale.
Infine la luna venne coperta dalla massa rocciosa e gli uomini ricaddero nel buio, poi, il mare che fino ad allora era stato placido, sembrò prendere vita ribollendo e spingendo verso gli scogli la caracca; gli uomini urlarono di sorpresa mentre la nave veniva catapultata verso la terra ferma a velocità crescente.
Sul ponte scoppiò la confusione più totale mentre i pirati imprecavano ed urlavano terrorizzati, Michael rimise la pistola alla cinta correndo al pozzetto.
«Il timone, Jona!» ordinò al pirata prendendone il posto e girando velocemente il timone per far virare la nave.
La caracca si girò velocemente cominciando ad offrire il fianco alla scogliera ma il vento era troppo debole e non bastava a contrastare la spinta furiosa della corrente.
Michael si arrovellò il cervello cercando una via d'uscita, ma non c'era una via di scampo, si sarebbero schiantati sulla roccia.
Poi i suoi occhi captarono qualcosa: quasi invisibile nel buio s'intravedeva una macchia nera nella scogliera, un entrata molto simile ad una bocca dove l'acqua marina si gettava a pazza velocità.
Michael raddrizzò la caracca puntando dritto al buco: doveva passarci in mezzo sperando che sboccasse da qualche parte se voleva sopravvivere.
"E se ci passo come esco poi?" si chiese "Ci penserò poi!" decise, non aveva altra scelta.
La nave prese velocità mentre si dirigeva verso la bocca di pietra ma il timone era sempre più difficile da tenere, era sempre più faticoso contrastare la forza del mare.
«Jona! Non stare lì impalato, vieni a darmi una mano!» sbraitò Michael, Jona scattò aiutandolo a tenere il timone mentre lui gli spiegava con parole sbrigative il suo obbiettivo.
La caracca raggiunse il buco nella roccia, per un attimo il capitano temette che si sarebbero sfracellati su una delle pareti, poi però la nave si raddrizzò entrando perfettamente nella bocca.
Da quel momento fino alla fine sembrò di cavalcare un cavallo imbizzarrito talmente le acque spingevano velocemente la caracca, il tunnel era dritto con le pareti frastagliate ma la corrente tentava con ostinazione di spingere la nave contro la roccia quasi staccando le braccia di Jona e Michael dal timone.
Quasi non si accorsero quando tutto finì talmente fu rapido il cambiamento: improvvisamente la corrente cessò e loro si ritrovarono in un ampia baia circondata dagli scogli altissimi, davanti a loro stava un'isola rocciosa ed oscura, solo una striscia di sabbia divideva il mare dalle montagne che regnavano sull'isola.
Michael si accasciò sul timone, con le braccia a pezzi iniziando a ridere in maniera isterica ed irrefrenabile: finalmente erano arrivati all'isola! C'erano riusciti!
«Ehi! Ma quella è un'altra nave!»
Quelle parole riecheggiarono nella sua testa come il rombo di un cannone soffocando immediatamente la sua risata.
Il capitano scattò in piedi dirigendosi a babordo dove tutti gli altri erano ammassati a scambiarsi commenti sulla nave, Michael si fece spazio fra i curiosi e si sporse dal parapetto: proprio al loro fianco stava un veliero elegante ed affusolato, s'intravedeva appena, non vi erano luci sul ponte, doveva essere deserto.
«C'è già qualcuno sull'isola!»
«Capitano!» lo chiamò Duffy «Bruciamo la nave ed aspettiamo che muoiano così prenderemo il tesoro indisturbati!»
«No!» rispose ad alta voce Michael «Anzitutto non so se possiamo andarcene e, viste le nostre scorte di cibo dobbiamo affrettarci a cercare una via d'uscita» spiegò zittendo i pirati cenciosi «E poi voglio scendere a prendere quei bastardi»
Ci fu un lugubre silenzio mentre i pirati soppesavano gli ordini del capitano, Michael infatti voleva annientare quel nemico con le sua mani, voleva sentir affondare la sua spada nelle sue carni; per troppo tempo gli aveva dato fastidio, ora era tempo di eliminarlo per sempre!
«Prendete i fucili e calate le scialuppe...e fate silenzio!» ordinò Michael, per un attimo nessuno si mosse, poi i pirati vinsero l'indecisione scattando a prendere le armi e sistemandosi nelle varie scialuppe.
Michael prese posto nella barcaccia assieme ad una manciata di altri uomini, una volta sistemati i compagni iniziarono a calarli in mare.
Il capitano osservava l'acqua scura del mare avvicinarsi a ritmo irregolare a loro, gli uomini stavano ingobbiti sui loro posti, pronti a prendere i remi, si sentiva solo il cigolio delle carrucole.
Michael si rese conto che le mani gli tremavano leggermente, sentiva tutti i muscoli in tensione, il sangue ribollirgli nelle vene.
"Sono solo eccitato" si disse, non voleva ammettere di avere paura... l'uomo con cui si stava per scontrare era un uomo potente che gli aveva dato la caccia per molto tempo con la sua flotta e, suo malgrado, si era trovato a temere quel corsaro che mai gli aveva dato tregua, spingendolo a scrutare nelle tenebre ogni singola notte alla ricerca dell'ombra delle sue navi.
I suoi uomini non sapevano con chi avevano a che fare, la nave ammiraglia del corsaro non si era mai fatta vedere da loro, ma Michael l'aveva vista in un tempo lontano, quando la sua vita ancora non era quella di un pirata, allora aveva visto la nave di Jeroen Ritch.
La scialuppa toccò l'acqua con un leggero scroscio, subito i pirati presero a spingerla a ritmo lento ma costante verso la riva mentre il capitano osservava l'isola avvicinarsi dalla prua della barcaccia.
Finalmente toccarono terra, Michael aspettò che gli uomini tirassero la barca in secca prima di scendere sulla sabbia, una volta che tutti gli uomini si furono riuniti procedettero verso le rocce che dominavano l'isola.
Proprio davanti a loro si apriva un'enorme apertura quadrata che proseguiva in un lungo tunnel all'interno della montagna, giusto prima che la oltrepassassero i pirati notarono che ai lati dell'entrata c'erano due enormi statue di uomini taurini impegnati a sorreggere il soffitto della caverna, i loro corpi erano invasi dal muschio ed erano irregolari, come rovinati dalle intemperie, ma emanavano una forte aura di mistero e potenza.
Subito dopo la "porta" si stendeva un immenso tunnel anch'esso quadrato, con le pareti ed il pavimento perfettamente lisci che sembrava procedere all'infinito scomparendo nel buio della montagna.
Michael si rese conto solo vagamente di quel che rappresentava il tunnel: era indubbiamente opera di uomini, uomini di una civiltà antichissima, quanti uomini dovevano aver lavorato per la costruzione di un simile tunnel scavato nella nuda roccia?
Nessuno aveva portato lanterne, per passare inosservati, così ben presto si ritrovarono nel buio pesto incapaci di vedere cosa c'era davanti o dietro di loro, accompagnati solo dal rumore dei loro passi e dei loro respiri ansanti.
Poi, davanti a loro, cominciò ad intravedersi un'appena accennata luminescenza, che pian piano si trasformò in una vera e propria luce danzante, riuscirono anche a sentire le voci degli uomini che stavano cercando.
Istintivamente accelerarono il passo, quasi si misero a correre nella fretta e, alla fine, uscirono dal tunnel.

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Le due spade ***


Capitolo 27: le due spade


Per un attimo i pirati furono abbagliati dallo spettacolo che si presentò davanti ai loro occhi: si trovavano in una sala sconfinata resa ancora più grande dopo il buio del tunnel.
Ovunque i loro occhi si posassero venivano abbagliati dal luccichio dell'oro, statuette, gioielli, armi di valore incalcolabile erano ammassati ai lati della sala in mucchi disordinati dove gli uomini che loro avevano cercato si aggiravano cercando i pezzi più interessanti.
All'altra estremità della sala stava un grosso altare in pietra davanti ad un'enorme statua anch'essa d'oro che osservava inquisitrice i presenti.
Michael si impose di ignorare il tesoro che lo circondava.
«Jeroen! Fatti vedere dal tuo adorato cugino!» chiamò a gran voce, le sue parole riecheggiarono nella montagna mentre gli uomini del cugino si accorgevano della loro presenza e sciamavano giù dalle montagne d'oro per accoglierli.
Ad occhio e croce erano un po' più dei pirati decise Michael; gli olandesi si avvicinarono minacciosamente fino a che un ordine dato da una voce autoritaria non li bloccò.
«Fermi! Non toccatelo!» anche queste parole rimbombarono assordanti nella stanza, pian piano gli uomini si divisero facendo emergere dal gruppo la figura alta e slanciata di Jeroen.
Com'era diverso allora! I capelli castani erano pettinati in modo ordinato, i vestiti erano puliti e curati, il viso era sereno e dall'aria furba con un sorriso sottile ed ambiguo dipinto sulle labbra, solo gli occhi erano rimasti gli stessi.
«Che onore!» fece Jeroen passando all'inglese e togliendosi il grande cappello blu che portava in testa facendo un inchino a Michael «Cugino, speravo proprio che ci raggiungessi prima della nostra partenza!»
«Visto che hai tirato fuori l'argomento, come hai fatto a trovare il tesoro?» chiese Michael trattenendosi dal saltare addosso all'uomo che gli aveva rovinato la vita.
Jeroen era un corsaro ma più spesso un cacciatore di taglie e, non appena aveva saputo che il cugino era diventato un pirata non aveva perso tempo a dargli la caccia riducendo la sua flotta da quattro navi ad una caracca.
«Oh beh, visto che tu sei la mia preda più ambita ho preferito avere degli informatori nei luoghi che più spasso frequentavi come Tortuga ad esempio... vedi ho saputo che stavi battendo rotte insolite e che sembravi raccogliere indizi su qualcosa, mi ci è voluto tempo ma alla fine sono venuto in possesso delle tue informazioni e non ho resistito dal mettermi anche io a caccia di questo tesoro!» spiegò allargando le braccia in un gesto rassegnato.
«Sei uno sporco ficcanaso!»
«Oh, quale insulto!» lo sbeffeggiò Jeroen mantenendo il suo sorrisetto irritante.
«E va bene, ora siamo qui, uno davanti all'altro, ognuno ha qualcosa che l'altro vuole, ognuno vuole la vita dell'altro...» spiegò Michael cercando di apparire calmo «Una vita per una vita»
«Mi stai proponendo un duello?»
«Esattamente»
«Spiegami perché!» ribatté Jeroen «Ho tanti uomini quanto te, perché dovrei duellare con te rischiando di perdere la vita?» chiese, Michael non rispose.
«Perché dovrei battermi quando potrei spararti adesso?» domandò prendendo la pistola dalla cinta di un suo uomo e puntandola contro il viso del capitano.
«Già ma che gusto ci sarebbe? Ora che mi hai qui davanti a te, non ti darebbe più soddisfazione vedermi implorare pietà mentre tu ti accingi a trafiggermi con la tua spada?» chiese Michael, Jeroen non diede segno di cedimento, la situazione rimase invariata per molti secondi pieni di tensione.
«Come hai ragione!» disse in fine Jeroen ridando la pistola al sottoposto «E duello sia!» sentenziò estraendo la spada: sottile lunga e dall'estremità ricurva.
Michael sorrise soddisfatto estraendo la sua sciabola, grossa e pesante ma potenzialmente distruttiva sulla difesa dell'avversario; fece un paio di affondi e qualche fendente facendo fischiare l'aria, come per riscaldarsi prima di tenerla puntata dritta contro il cugino.
«Non intervenite!» comandarono i due ai loro uomini che fissarono i due duellanti con aria bellicosa.
I due si avvicinarono a passi cauti l'uno all'altro, fissandosi con occhi bramosi gli uni del sangue dell'altro, la loro parentela non bastava a frenare l'odio che li univa.
Un odio che era sbocciato non appena i loro padri si erano incontrati e che ora aveva l'occasione di sfogarsi tramite la nuova generazione.
Michael studiava l'avversario girandogli attorno, gli uomini che li accerchiavano si scambiavano commenti a bassa voce poi i suoni della folla scomparvero quando lui si gettò sul cugino.
Mise tutta la sua forza nel primo colpo, le spade cozzarono con un sonoro stridio mentre Michael sentiva il braccio di Jeroen tremare sotto il suo attacco.
Il capitano non si fermò martellando la guardia del cugino fino a farlo barcollare all'indietro con un ultimo fortissimo fendente; Jeroen rischiò di scivolare recuperando l'equilibrio all'ultimo momento rimettendosi in guardia mentre Michael ripartiva all'attacco, sicuro della sua superiorità.
Il secondo attacco non andò come si sarebbe aspettato: invece di bloccare i suoi fendenti il cugino si limitava a deviarli col filo della lama facendoli fischiare a qualche centimetro dal suo corpo impedendo al pirata di sfruttare la sua forza.
Dopo un po' Michael perse la pazienza e cominciò a menare fendenti a raffica ma la figura del cugino rimaneva sempre al di fuori della sua portata, cosa che lo mandava in bestia.
Jeroen deviò l'ennesimo colpo di Michael facendogli descrivere un ampio cerchio impedendogli di toccarlo, proprio in quel momento il sinistro di Michael scattò in avanti sfruttando l'inevitabile breccia nella guardia del cugino dovuta a tale movimento e lo colpì dritto in faccia.
La testa di Jeroen scattò all'indietro; l'uomo si afflosciò a terra col naso che sprizzava sangue, la folla emise un boato mentre Michael impugnava la sua spada come una mannaia avvicinandosi al cugino a terra, pronto a calare la lama su di lui.
Grugnendo il capitano sferrò il colpo, appena in tempo Jeroen pose la sua spada fra quella del cugino ed il suo viso, la situazione rimase in stallo per un attimo poi Jeroen colpì con un calcio lo stomaco Michael mandandolo gambe all'aria.
Dopo un momento di confusione il pirata scattò in piedi tentando di ignorare il dolore allo stomaco che però lo costringeva a stare ingobbito a guardare il cugino che gli girava attorno con aria famelica.
«Bastardo!» sibilò Michael esprimendo in quella parola tutta la sua frustrazione e la rabbia accumulatasi in anni di persecuzioni del cugino.
Jeroen gli sorrise, sputò un po' di sangue per terra e si lanciò all'attacco.
Michael non avrebbe mai pensato che il cugino fosse così abile: i suoi occhi seguivano a stento i suoi movimenti e le sua braccia ancora peggio, la sua difesa era grossolana ed improvvisata, ad ogni fendente sibilante di Jeroen Michael rischiava di perdere l'equilibrio sbilanciandosi per bloccare il colpo all'ultimo momento.
Perché stava andando così?! Finalmente si batteva col cugino, perché era ridotto così male? Dopo tutto quel tempo ad immaginarsi come sarebbe stato sconfiggerlo ora si ritrovava impotente davanti ai sui attacchi fin troppo rapidi. Perché non riusciva a colpirlo?! Non doveva andare così!
Jeroen trovò in fine una breccia nella guardia di Michael, il pirata vide avvicinarsi la lama al suo petto, la sua spada non poteva difenderlo, istintivamente balzò all'indietro ma non fu abbastanza.
Sentì chiaramente il metallo freddo squarciargli il petto, ma solo dopo arrivò il dolore: una fitta iniziale, un dolore ruggente che lo accecò con la sua forza, lo fece piegare in due mentre gli indumenti gli si riempivano di sangue.
Poi il dolore diminuì, riducendosi ad un fastidioso bruciore sui pettorali, Il pirata tossì e si guardò il palmo: non c'era sangue.
«Temo non fosse abbastanza profondo per arrivare ai polmoni» constatò Jeroen che era rimasto ad osservare il cugino soffrire, Michael grugnì rimettendosi in guardia cercando di mantenersi in una posizione meno umiliante e fulminando il cugino con lo sguardo.
Jeroen caricò ancora, ora Michael non riusciva a difendersi in modo decente, ogni movimento risvegliava il dolore assopito nella profonda ferita sul torace.
«Tu e la tua famiglia siete arrivati alla fine!» proclamò Jeroen preparandosi ad un fendente discendente, e per Michael si riaccese la speranza.
Con un movimento fulmineo, ignorando il tremendo dolore, il pirata incrociò le lame afferrando con la mano libera il polso del cugino impedendogli di disimpegnarsi, negli occhi di Jeroen passò un ombra di terrore: già il cugino lo faceva inarcare all'indietro schiacciandolo con la sua forza.
«Vorrei che ci fosse tuo padre al tuo posto, così da veder morire lui...al tuo posto...» disse Michael con voce sibilante, davanti a lui la faccia di Jeroen si andava arrossando mentre gli spettatori ruggivano incitando ambo le parti.
Improvvisamente Jeroen sputò un misto di sangue e saliva nell'occhio di Michael che si ritrasse lasciando libero il cugino.
«Sei... una merda!» disse al cugino con voce rabbiosa mentre si ripuliva l'occhio.
«Ehehehe... non è ancora la mia ora, Michael...» rispose quello riprendendo fiato, col petto che si gonfiava lento ed i vestiti inzuppati di sudore «Finalmente potrai raggiungere tuo padre»
Gli occhi del capitano lanciarono lampi d'ira all'avversario, il suo corpo sembrò ingrossarsi, la sua figura farsi più possente sostenuta dalla tremenda rabbia che lo divorava soffocando ogni altro senso.
«Non toccare mio padre» riuscì solo a dire con le labbra contratte, Jeroen sembrava soddisfatto di quello che vedeva, come se fosse tutto calcolato.
Michael si lanciò in avanti mulinando la spada e menò un fendente verso Jeroen, diretto dritto alla sua faccia; quello che successe dopo non gli fu mai chiaro, il movimento del cugino fu troppo veloce per i suoi occhi accecati dalla furia; fatto sta che si ritrovò disarmato con la mano sanguinante, la spada era per terra a qualche passo da lui.
«Come dicevo, non sarò io a morire» disse la voce divertita di Jeroen, Michael si girò verso di lui e sentì la punta della sua spada premergli sul collo.
Jeroen lo pungolò con la lama costringendolo ad indietreggiare, Michael guardò i suoi uomini protesi verso di lui, come cani in attesa dell'ordine di attaccare, sapeva che ormai dare quell'ordine era la sua unica speranza, ma sapeva anche che non l'avrebbe mai dato, l'onore glielo impediva, preferiva perire per mano del cugino che vederlo trafiggere da un altro.
Michael sentì col piede uno scalino, cominciò a salirli cercando di sottrarsi a Jeroen che ghignava osservandolo sudare freddo.
«Scappa, scappa! Il tuo terrore rende ancora più dolce la mia vittoria!» disse Jeroen con occhi bramanti di sangue.
Michael si sentì bloccare, si rese conto di essere arrivato all'altare ai piedi della statua d'oro, non poteva più arretrare e Jeroen aveva il campo libero.
Con la coda dell'occhio Michael vide due spade appoggiate sull'altare di pietra, il cugino, preso dal compiacimento, non le aveva notate, la sua gioia fu tale che per poco non si mise a ridere per il sollievo.
«All'inizio avevi parlato di supplicarmi, beh, credi sia giunto il...»
Jeroen non terminò la frase: la spada rossa che Michael aveva afferrato gli trafisse le labbra strappandone buona parte, il sangue schizzò in aria disegnando un arco in linea con la traiettoria della lama.
Jeroen si piegò in due portando la mano libera alla bocca intrisa di sangue che continuava a colare copioso, Michael assestò un calcio sulla sua spada facendogliela volare lontano.
«Ora supplicami tu!» disse il pirata tentando di trafiggere la testa del nemico ma quello gli afferrò il braccio, si spostò di lato facendolo cadere giù dalle scale.
Michael perse la cognizione dello spazio fino a che non cadde malamente sul terreno con tutte le membra doloranti.
Afferrò la spada che giaceva al suo fianco e si rialzò: Jeroen stava sulle scale, armato di una scintillante spada blu cobalto puntata contro di lui.
Michael si aspettava che il cugino lo attaccasse da un momento all'altro ma non successe nulla: Jeroen aveva uno sguardo vacuo e perso nel vuoto, la bocca aperta come in un muto grido di dolore.
Dopo una breve attesa il pirata decise di attaccare e fece per correre verso il nemico ma la terra tremò sotto i suoi piedi con una forza tale da scaraventarlo in aria facendolo ricadere qualche metro più in là.
Per un attimo Michael percepì solo dolore, poi aprì gli occhi: tutta la stanza tremava in modo spaventoso, oggetti dorati cadevano dall'alto delle pile di oggetti, l'aria era riempita da un rombo assordante che copriva ogni altro rumore.
Il capitano si rialzò tenendosi in piedi a stento, la situazione era così confusa che non provava nemmeno paura poi, con un tremendo schianto, una parte del pavimento esplose cominciando ad eruttare un impressionante getto d'acqua che inondò il pavimento mentre Jeroen ed i suoi uomini stavano fermi a fissare il vuoto.
«Fuori di qui!!!» urlò Michael mettendo la spada nell'elsa di quella vecchia e cominciando a correre verso i tunnel coi suoi uomini.
La situazione diventò caotica: l'acqua afferrava le loro caviglie minacciando di trascinarli a terra, enormi crepe si aprivano nel pavimento vomitando acqua, il soffitto stava crollano ed enormi massi cadevano fra i fuggitivi sollevando un polverone impenetrabile.
A Michael sembrò che il tunnel non finisse più ma alla fine si ritrovò all'aperto, con uno schianto tremendo i giganti a guardia del tunnel crollarono intrappolando alcuni dei suoi uomini, ma non c'era tempo di soccorrerli se qualcuno voleva salvarsi.
Senza pensarci si rimise a correre nella sabbia, perse il conto delle volte che cadde per poi rialzarsi scansando i suoi uomini che gli finivano addosso nella fretta.
In qualche modo riuscì a raggiungere le scialuppe, i pirati presero subito il largo avvicinandosi alla caracca fra le enormi onde sollevate dal terremoto che quasi capovolgevano le piccola barche.
Raggiunsero la murata della caracca e si ammassarono sulle scalette che i compagni tiravano dall'alto arrampicandocisi in fretta, ora il mare ribolliva come se il fondale ardesse.
Michael salì sul ponte dove gli uomini rimasti sulla nave lo riempirono di domande alle quali lui non prestò attenzione.
«LEVATEVI DAI PIEDI! ISSATE LE VELE!» urlò con quanto fiato aveva in corpo disperdendo i pirati.
Poi gli ritornò in mente il problema che all'inizio aveva messo da parte: non avevano un modo di uscire!
Il sangue gli si gelò nelle vene. Non era possibile che ora non potessero fuggire da quell'incubo.
Scosse con forza la testa, scacciando i dubbi che lo attanagliavano: doveva esserci un modo!
«Uomini, cercate una via d'uscita, una qualunque fessura, avanti!» ordinò portandosi al parapetto al quale doveva reggersi forte per non cadere.
Aguzzò la vista ma non c'era nulla attorno a loro se non la roccia nuda della scogliera.
«A babordo capitano!» urlò Jonatan, il capitano osservò nella direzione indicata e vide una piccola breccia nella pietra dalla quale l'acqua schiumosa fluiva in mare aperto.
Michael corse al pozzetto dove Jona gli lasciò il timone; Michael lo girò velocemente, ma la nave non seguiva i comandi.
Il capitano guardò le vele spiegate: il vento le gonfiava a malapena negando alla nave la forza motrice necessaria per girarsi.
Improvvisamente una parte della scogliera franò con un rombo possente cadendo in mare generando un'onda alta quasi quanto la caracca.
La nave fu spinta in avanti dal muro d'acqua, scansò la nave di Jeroen e si avvicinò all'apertura.
Michael girò freneticamente il timone, la caracca sembrava non girare affatto ma alla fine entrò miracolosamente nella fessura.
La forza dell'acqua scaraventò immediatamente la nave contro la parete del buco, l’impatto staccò Michael dal timone sbattendolo a terra, per un attimo la nave fu fuori controllo ma la corrente era tale che la caracca si trovava già in mare aperto.
Michael si rialzò, intontito, il mare ora era calmo, la situazione gli sembrava troppo stabile dopo il caos precedente.
Osservò ancora disorientato il lato distrutto della nave dove il legno era stato strappato dalla murata dalle rocce, era un miracolo che non si fossero sfracellati...
«Capitano...» lo chiamò Jona con voce roca, Michael si riscosse e, con le gambe tremanti e la mente vuota, riprese il timone: il vento fori dalla scogliera era forte e la nave si allontanò in fretta dall'isola.
Navigarono sotto un pesante silenzio fino alle luci dell'alba, solo allora Michael trovò il coraggio di guardarsi indietro: nulla era rimasto dell'isola o della nave del cugino, solo una chiazza di schiuma bianca testimoniava lo spaventoso evento di poco prima.
Improvvisamente il cuore di Michael accelerò, il respiro divenne irregolare: tutta la paura che non aveva avuto il tempo di provare nella situazione caotica sull'isola gli cadeva addosso opprimendolo col suo peso.
Michael cadde a terra con l'oscurità che già gli copriva gli occhi...

Michael si rizzò a sedere di scatto, per un attimo si sentì smarrito, si guardò attorno: era buio, solo una pallida luce illuminava l'ambiente.
Si rese conto di essere nella sua stanza sulla nave, era madido di sudore, persino le coperte consumate erano umide al tatto.
Qualcuno bussò alla porta.
Michael si alzò, si sentiva decisamente debole, quell'incubo era stato così reale...
Aprì la porta trovandosi davanti Sean che lo guardò preoccupato.
«Beh? Sentivi la mia mancanza o vuoi anche dirmi qualcosa?» chiese scocciato il capitano.
«Abbiamo avvistato una nave...» disse quello con voce grave e lo sguardo cupo.

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** A un metro dalla salvezza ***


Capitolo 28: a un metro dalla salvezza


Michael per un momento non afferrò quello che Sean aveva detto, il suo cervello si rifiutava di credere che fossero stati raggiunti, che le loro speranze fossero state infrante a meno di un giorno di navigazione dall'isola di Ritch!
Il capitano afferrò i vestiti e le armi correndo sul ponte.
Una volta all'esterno il forte vento lo aggredì gelandogli la pelle, si mise in fretta la giacca attendendo l'arrivo di Sean; poi si accorse che tutto l'equipaggio era addossato al parapetto di tribordo, osservando in silenzio i primi raggi del sole nascente.
«Levatevi, fatemi passare!» ordinò ai pirati scansandoli ed affacciandosi al parapetto, il vento era fortissimo ed incredibilmente freddo, aveva l'effetto di tanti piccoli aghi sul viso di Michael mentre osservava l'oriente.
Lentamente afferrò il cannocchiale che si era messo poco prima alla cinta e lo aprì, esitò ad usarlo, spaventato da quello che avrebbe visto, fece un profondo respiro e lo inforcò, osservando il mare ad est.
Il sole stava sorgendo, i primi raggi dipingevano l’aria di un'eterea luce azzurro cupo che si fondeva col mare e con le nuvole nere che solcavano il cielo.
Aguzzò la vista ed infine lo vide. Un galeone procedeva velocemente verso di loro, un'ombra nera che si muoveva come un fantasma nella luce blu.
Michael si aspettava di sentirsi spaventato, infuriato...invece si sentiva svuotato, come rassegnato: cosa c'era da fare?
Rimase lì a guardare la figura spettrale della nave che si avvicinava nella luce crescente, era come ipnotizzato dalla figura della fine che lo raggiungeva.
Non si era aspettato che Jeroen lo raggiungesse così presto, che sarebbe spuntato col sorgere del sole...
Vagamente Michael si rese conto che c'era qualcosa di strano nella figura della nave, ma tutto appariva sfocato in quella luce impalpabile.
Poi fu l'alba: per un attimo l'orizzonte si mostrò in tutti i suoi particolari all'occhio del capitano, dopodichè ci fu un esplosione di luce rossa che illuminò il cielo come un fuoco ardente accecando Michael.
Però, anche se solo per un attimo, aveva visto chiaramente la nave.
Tutto il suo corpo fu percorso da un brivido d'eccitazione, le mani gli tremavano, cominciò a ridere in modo isterico; tutti gli uomini lo guardarono preoccupati.
«Capitano?!» fece Sean poggiandogli una mano sulla spalla.
«Quella non è la nave di Jeroen!» affermò, tutta la ciurma si irrigidì, poteva chiaramente sentire gli sguardi increduli su di lui ed immaginare le loro facce sbalordite.
«Ora il sole è troppo forte per usare il cannocchiale in contro-luce ma basta osservarle: quelle sono due navi!» spiegò con un largo sorriso.
Ci fu un forte brusio sul ponte.
«Siete sicuro, capitano?» domandò Sean.
«Certo, poi il galeone di Jeroen è più piccolo, quello è grosso e pesante, è una nave da guerra» aggiunse ritornando serio, anche le facce degli altri divennero tirate.
«Questo vuol dire che potremmo avere comunque problemi»
«Non è detto, magari sono solo di passaggio, non facciamoci notare ed andrà tutto bene» disse Michael, anche se più che una sicura affermazione la sua era una preghiera.
Improvvisamente l'aria fu scossa da un potente boato, simile a quello di decine di tuoni.
Il capitano riportò lo sguardo sulle navi: ora erano poco distanti e le sagome delle due imbarcazioni erano ben distinguibili, da quella più vicina s'innalzava una grossa nuvola di fumo bianco che già si disperdeva al vento.
Era un colpo d'avvertimento: quelle navi non erano di passaggio.
Michael inforcò il cannocchiale: la nave che aveva sparato era una fregata militare dipinta di blu ed oro che avanzava fiera tagliando le onde con la prua affilata, sull'albero maestro sventolava la bandiera inglese e quella della Compagnia delle Indie Britannica.
Chi potevano essere? Si chiese Michael, la risposta arrivò immediatamente portando con sé una forte ira omicida: in una delle due navi c'era Cromwell!
Ma come avevano fatto a trovarli? Il capitano ripensò ai tanti bastimenti commerciali che avevano incrociato all'inizio del loro viaggio, dovevano aver chiesto a quelle navi delle informazioni: questo significava che avevano avuto il preciso intento di ritrovarli fin dall'inizio, il patto fra lui e la marina inglese non era mai esistito!
Michael rimise a posto il cannocchiale, con le mani che tremavano: se volevano la battaglia, allora l'avrebbero avuta!
«Caricate i cannoni» sibilò girandosi verso l'equipaggio, nessuno si mosse.
I pirati erano titubanti, quel viaggio li aveva privati di qualsiasi voglia di combattere.
«Avanti! Se non facciamo nulla quelli ci faranno a fettine, e so che a nessuno di voi farebbe piacere! Non abbiamo fatto tanta strada per essere fermati ORA!» proclamò Michael, quelle parole parvero smuovere la ciurma che cominciò rumoreggiare, facendo commenti d'assenso.
«E allora cosa diavolo aspettate?! Caricate i dannati cannoni! Alzate la bandiera! Portate le armi sul ponte e diamo il ben venuto al commodoro!» urlò, la ciurma emise un grido combattivo scattando ad eseguire ed ad armarsi.
In un attimo i pirati portarono sul ponte tutti i fucili e le munizioni assieme alle bombe a mano tutti stivati in delle grosse casse rettangolari attorno alle quali i pirati si ammassarono per prendere le proprie armi.
A Michael venne passato il suo fucile e le munizioni, il capitano armeggiò con il fucile e lo caricò con cura.
«Cannoni pronti!» gli comunicò Zula con un ghigno.
«Bene, allora facciamoli vedere ai nostri ospiti!»
«Fuori i cannoni!» urlò Zula, le parole vennero trasmesse fino agli addetti ai cannoni; con un sonoro schianto i pezzi d'artiglieria si affacciarono minacciosamente dai portelli offrendo le loro bocche nere come pozzi ai nemici.
Michael si affacciò dal parapetto inspirando a grandi polmoni l'aria frizzante del vento, ora la sua nave era pronta alla battaglia, l'odore del combattimento era nell'aria e gli faceva ribollire il sangue.
Osservò le due navi inglesi avvicinarsi alla sua caracca dai due lati: speravano di prenderlo nel mezzo facendo fuoco su entrambi i lati, ma la fregata era troppo veloce per il galeone, dopotutto la manovra non sarebbe riuscita...
«Jona! Trentadue gradi a tribordo!» urlò Michael al pirata che svelto girò al timone, la caracca s'inclinò di lato allontanandosi dalla fregata e puntando dritta verso al pesante galeone.
La fregata si accorse del tentativo di Michael di eludere la loro manovra e virò per intercettarlo, ma ormai era troppo tardi, la nave fece fuoco per colpire la caracca ma i proiettili non raggiunsero il bersaglio.
Le palle di cannone fischiarono finendo in mare a pochi metri dalla murata sinistra del veliero sollevando enormi colonne d'acqua che ricaddero pesantemente sul ponte della nave infradiciando i pirati.
«Ahahahah!» il capitano fu scosso da una potente risata piena di adrenalina mentre l'acqua gli pioveva addosso inzuppandolo «Jona! Altri venti gradi!»
Proprio quando le prue della caracca e del galeone stavano per cozzare la nave pirata virò velocemente allontanandosi dal veliero da guerra.
«Fuoco!» ordinò Michael, dopo un istante i cannoni tuonarono scuotendo la nave e colpendo la prua del galeone e mandandola in frantumi.
Anche il galeone fece fuoco; Michael si tenne al parapetto mentre la nave veniva scossa dai potenti colpi dell'altra nave, alcuni pirati vennero catapultati in aria assieme a pezzi di legno che ricaddero sul ponte.
In ogni caso la caracca era già lontana e le batterie avversarie fecero ben pochi danni per via della distanza.
«Com'è la situazione là sotto?» chiese Michael affacciandosi sotto-coperta da dove venivano dei flebili lamenti.
«Buona, non ci sono grandi danni!» risposero gli uomini da sotto.
«Perfetto, allora sbrigatevi a ricaricare!» ordinò allontanandosi «Jona, torna indietro dalle altre due navi!»
La caracca virò lentamente fino ad essere ripresa dal vento e spinta verso le navi del commodoro.
La fregata stava virando in modo da intercettarli esponendo loro il fianco con le minacciose batterie pronte a far fuoco.
«Pronti con le bombe a mano!» urlò Michael, al suo ordine alcuni uomini corsero verso le casse contenenti le armi prendendo due bombe ciascuno.
Le bombe a mano erano delle rozze palle di piombo molto pesanti imbottite di polvere da sparo pronte ad essere lanciate sul ponte dell'altra nave.
Non avevano un grande potenziale distruttivo ma facevano un gran baccano, cosa che era utile a disorientare i nemici.
Solo poche decine di metri separavano le due navi ormai, le due prue erano in rotta di convergenza perfetta a novanta gradi.
«Jona, vira a tribordo!» urlò il capitano: la caracca virò violentemente facendo scricchiolare lo scafo e mandando per terra alcuni uomini.
«Fuoco!» ordinò Spada Rossa mentre la caracca ancora girava.
Le batterie di entrambe le navi fecero fuoco contemporaneamente con un immenso boato, una puzzolente nube bianca invase il ponte della Dark Light mentre le palle di cannone ne dilaniavano la murata facendo piovere sul ponte centinaia di schegge di legno.
Michael sentì il ponte gonfiarsi e tirarsi all'impatto col piombo finché la parte più vicina al parapetto non esplose gettando in mare molti uomini.
Finalmente il cannoneggiamento finì e la nube si dissolse: la fiancata della fregata era squarciata in più punti ora erano ben visibili i cannoni all'interno dello scafo dal quale usciva molto fumo.
«Finiamoli! Gettate le bombe!» ordinò Michael.
Sean si avvicinò a Zula, che reggeva in mano una torcia, con le sue due bombe a mano strette nei palmi.
Jack accese in fretta le micce delle due bombe che subito sprigionarono delle scintille colorate emettendo un sibilo rabbioso.
Il pirata corse in fretta verso il parapetto: la caracca era appena un po' più alta della fregata, sarebbe stato un lancio facile!
Appena arrivò al parapetto alzò le braccia, pronto a scagliare sul ponte avverso le due bombe che continuavano a sibilare, ma si bloccò col sangue gelato nelle vene: tre file di soldati erano disposti proprio sotto di lui, pronti a far fuoco sui pirati che accorrevano per lanciare la bombe.
"Maledizione!" imprecò rendendosi conto di essere un bersaglio facile.
«Fate fuoco sui soldati!» ordinò Michael, Sean si girò vedendo il capitano ed i compagni sporgersi in basso coi fucili puntati sui nemici.
I pirati fecero fuoco per primi falciando le linee ordinate dei soldati, Sean gettò sul ponte le due bombe assieme ai suoi compagni che erano sopraggiunti.
I soldati tuttavia riuscirono a sparare: i proiettili sibilarono fra i pirati squarciandone i petti e le membra, un dardo colpì Sean al braccio facendolo cadere riverso sul suolo.
Il pirata si ritrovò steso sul ponte con i pensieri confusi, poi sentì un bruciante dolore al braccio che gli strappò un gemito di sofferenza.
Si accorse di essere in una pozza di sangue che il suo arto perdeva a volontà da un grosso buco nel bicipite.
L'uomo tamponò la ferita con la mano buona non riuscendo tuttavia a porre rimedio all'emorragia; si alzò, ancora confuso si guardò attorno: molti suoi compagni erano riversi sul pavimento con i corpi dilaniati dai proiettili, fu proprio allora che si accorse che alcuni di loro stringevano ancora in mano le bombe sibilanti...

Michael fece fuoco col suo fucile, la canna sputò scintille per un attimo, poi il suo viso fu investito dal fumo dello sparo, il vento lo diradò giusto in tempo per permettergli di vedere i soldati venire scaraventati all'indietro dalle rose di piombo con i petti che spruzzavano sangue ovunque.
I soldati risposero al fuoco, Michael si abbassò istintivamente quando un dardo gli sfiorò l'orecchio destro, qualcuno venne colpito ma per la maggior parte i proiettili si dispersero nell'aria.
"Bene!" pensò inginocchiandosi ed afferrando proiettili e polvere dalla borsa che teneva a tracolla e mettendoli in fretta, assieme ad uno stoppino, nella canna dell'archibugio.
Staccò la canna per la ricarica attaccata al fucile e schiacciò per bene i proiettili; si rialzò e fece per puntare sugli avversari quando delle esplosioni molto vicine fecero vibrare l'aria.
Lo spostamento d'aria lo investì in pieno buttandolo a terra assieme ai suoi uomini con violenza inaudita mentre le orecchie ancora fischiavano per il botto.
Per un attimo perse l'orientamento, poi si rese conto di avere addosso almeno due dei suoi uomini, caduti in seguito all'esplosione.
«Levatevi!» intimò scansandoseli di dosso e rimettendosi in piedi: il ponte era invaso dal fumo, non si vedeva assolutamente nulla.
Il capitano tossì più volte, soffocato dal forte odore di polvere da sparo, chiedendosi cosa diavolo fosse successo.
Poi il fumo si diradò: sul ponte mezzo squarciato stavano i resti degli uomini che si trovavano vicino all'esplosione, pezzi di gambe, di mani...uno spettacolo raccapricciante.
Qualcosa si mosse, Michael guardò la fonte del movimento e vide Sean appoggiato al parapetto che tentava di rialzarsi.
Spada Rossa corse immediatamente verso l'amico, facendosi strada fra i pezzi di corpi sparsi per il ponte, fino a raggiungere l'amico: era sporco di sangue in ogni parte del corpo, col viso allucinato ed una tremenda ustione sul petto che lasciava esposta la carne viva e sanguinolenta.
«…Cazzo...» fu tutto quello che il pirata riuscì a dire osservando l'amico «Ti aiuto io» gli disse facendogli passare un braccio sul suo collo per trasportarlo lontano dal parapetto.
«Mutato!» chiamò il capitano.
Dopo poco, un nero gli si avvicinò tossicchiando, era l'unico della ciurma che avesse delle conoscenze mediche utili; era un ragazzo dai capelli corti e gli occhi furbi, dalla corporatura piuttosto esile.
«Lo lascio a te» gli disse Michael, il ragazzo osservò con aria sconvolta il corpo di Sean prima che il capitano glielo affidasse perchè lo portasse sotto-coperta per curarlo.

Jona fu quasi strappato dal timone in seguito all'esplosione, quando finì, fu come se lo avessero preso a pugni nello stomaco.
Dopo un attimo si fece forza e guardò avanti, il fumo invadeva il ponte e gli bloccava la visuale: non era una cosa buona con la fregata così vicina...
La foschia venne diradata poco dopo: la prua della fregata era proprio davanti a loro, Jona virò in fretta, ma ormai era troppo tardi per evitare l'impatto...

Michael tentò di scorgere qualcosa fra il fumo irrespirabile e nel contempo di togliersi dalla mente l'immagine dell'amico ferito: non c'era tempo per distrazioni...
Poi, all'improvviso, la foschia si disperse rivelando, proprio davanti alla caracca, la prua della fregata militare, ci fu un poderoso impatto che fece cadere a terra Michel come se avesse ricevuto un pugno, lo scafo fremette e il rumore di legno spezzato riempì per un attimo l'aria.
Il capitano si alzò barcollando, osservò con aria confusa la prua che era leggermente gonfia, come se l'impatto l'avesse schiacciata contro il resto della nave; poi dal parapetto sbucarono almeno una decina di rampini che si agganciarono con uno schianto alla nave, quasi immediatamente i soldati cominciarono a fluire dal sottostante ponte della fregata a quello della Dark Light.
Michael estrasse la spada, facendo un profondo respiro.
«AVANTI, UOMINI!» urlò ai pirati lanciandosi all'attacco verso i soldati seguito da quello che rimaneva della sua ciurma.
Mentre correva verso prua Michael incontrò gli occhi di un soldato che correva verso di lui con la spada sguainata ed i due si prepararono a fronteggiarsi.
Spada Rossa vide a pochi metri dal soldato il suo fucile che doveva essere ancora carico, con uno scatto coprì la distanza che lo separava dall'avversario e, proprio quello menava un fendente diretto al suo collo, si inginocchiò.
Il pirata scivolò in avanti mentre la spada del soldato gli passava poco sopra la testa strappandogli via il cappello; rapidamente afferrò il fucile e ne sollevò la canna puntandola al petto del nemico e facendo fuoco.
Ci fu una scintilla ed un botto, il colpo sparato fece volare via il soldato che cadde a terra come un mucchio di stracci col sangue che sgorgava a fiotti dal petto squarciato.
Un altro soldato si avventò sul pirata, Michael gli lanciò contro il fucile, quello si riparò col braccio e scansò l'arma ma il capitano riuscì comunque ad avere il tempo di rialzarsi.
Il soldato tentò un paio di attacchi che Michael bloccò senza difficoltà aspettando di vedere un varco nella sua difesa, vide però gli occhi del soldato illuminarsi di quello che sembrava trionfo, il capitano si chiese per un attimo perchè il soldato fosse contento, poi capì.
Spada Rossa si spostò fulmineamente di lato buttando a terra qualcuno vicino e rischiando lui stesso di cadere disteso: proprio dove poco prima c'era la sua schiena stava la lama della spada di un secondo militare.
I due avanzarono immediatamente verso Michael, il secondo alzò la spada, pronto a colpirlo, allora il capitano gli si gettò addosso: l'ultima cosa che quello si sarebbe aspettato.
La cosa non riuscì perfettamente ed il soldato non cadde ma almeno si allontanò un po', giusto per dare il tempo di bloccare il polso del secondo militare mentre tentava di trafiggerlo e poi mollargli un pugno sul mento.
Spada Rossa si girò appena in tempo per vedere il secondo attaccarlo, schivò il primo fendete che gli sibilò a pochi centimetri dal naso; il secondo fu più rapido e gli tranciò le vesti, nell'evitarlo Michael inciampò in qualcosa e cadde giù disteso sul ponte.
Il capitano si accorse di essere inciampato su un cadavere che lo fissava con gli occhi vacui e lo stomaco squarciato, il soldato troneggiò su di lui, pronto ad ucciderlo.
Michael tentò si spostarsi ma scivolò sul sangue che inzuppava il ponte e si ritrovò paralizzato col cuore in gola.
Quando l'avversario stava per calare la spada sulla sua testa una lama spuntò dalla sua gola, quello si immobilizzò, poi un getto denso di sangue gli uscì dalla bocca spalancata mentre una mano lo afferrava e lo scansava facendolo cadere di lato.
Michael riconobbe il suo salvatore come Zula, i due si scambiarono uno sguardo d'intesa, poi entrambi ripresero a lottare contro gli avversari.
Nel mezzo della battaglia Michael perse la cognizione del tempo, perdendo il conto degli avversari uccisi e dei compagni persi; quando improvvisamente vide che, nonostante gli altri suoi uomini fossero accorsi da sotto-coperta per aiutarli, i pirati stavano per essere travolti dai soldati.
Sul ponte si erano formati due fronti compatti che si fronteggiavano ferocemente ma i pirati iniziavano a retrocedere, all'inizio fu un movimento appena accennato, poi diventò una vera e propria ritirata verso poppa.
"Se solo ci fosse un modo per fermarli..." pensò Michael, poi si ricordò dei rampini.
Da quelli i soldati si rifornivano di uomini freschi, una volta tagliati avrebbero potuto respingere i soldati e liberare la caracca dalla stretta della fregata...solo Michael doveva passare per le fila dei nemici per raggiungerli.
Trasse un profondo respiro, poi gettò fuori l'aria accumulata con un poderoso grido di guerra scattando in avanti fendendo le linee nemiche buttando a terra i soldati che tentavano di fermarlo; i pirati capirono le sue intenzione ad attaccarono con più vigore per impedire ai nemici di fermarlo.
Finalmente Michael arrivò al parapetto, proprio allora dai rampini si stavano issando dei soldati.
Si avvicinò al più vicino colpendolo con un pugno sul naso mentre scavalcava il parapetto, quello cadde all'indietro portandosi i suoi compagni con lui.
Il capitano si sporse all'infuori: sotto di lui c'erano altri nemici aggrappati alla corda ed osservavano i loro compagni annaspare in mare, poi volsero lo sguardo verso l'alto e sui loro visi passò un'ombra di paura vedendo Michael.
Spada Rossa sorrise agli avversari menando un fendente alla corda provocando un taglio superficiale, i soldati persistevano.
Al secondo colpo la corda era quasi del tutto recisa e cominciava a sfilacciarsi e a cedere, i soldati si lasciarono cadere in mare proprio mentre il capitano tagliava definitivamente la corda.
La caracca ondeggiò leggermente, libera da una delle corde che la legavano all'altra nave, Michael passò al secondo ripetendo il procedimento, il terzo si spaccò da solo con un forte schioccò per opera delle due navi che tiravano in direzioni diverse, il ponte si mosse facendo incespicare gli uomini sotto di esso, poi la caracca fu presa dal vento e si allontanò dalla fregata sradicandone l'albero di bompresso.
I soldati osservarono con aria atterrita la fregata che si allontanava, poi guardarono Michael che sorrise affabilmente.
«Arrendetevi e vi verrà risparmiata la vita» affermò con un sorriso tirato ed il fiatone, i soldati erano sul punto di opporre resistenza, poi cambiarono idea e gettarono via le spade inginocchiandosi sul ponte.
«Bene, uccideteli» disse Michael con un ghigno diabolico, prima che i soldati potessero reagire la ciurma di Michael fu loro addosso.
Il capitano si girò verso il mare: la battaglia non era ancora finita dopotutto.
Il pirata sentì il cuore accelerare quando vide il galeone del commodoro avanzare verso la caracca, dietro al parapetto erano disposte due file di soldati armati di fucili, a prua spiccava la sagoma inconfondibile del commodoro.
«Caricate i cannoni!» ordinò il pirata ai compagni che gettavano in mare i cadaveri degli avversari.
«Tu!» disse ad un pirata che si dirigeva sotto coperta.
«Dammelo!» aggiunse indicando il fucile che quello teneva in mano, il pirata glielo lanciò e poi corse ai cannoni.
Il fucile era carico, Michael prese la mira con l'intento di colpire il commodoro in piedi a prua, fece fuoco, ci fu uno sbuffo sulla prua del galeone, il commodoro era ancora vivo.
Poi toccò ai soldati, i fucili spararono contemporaneamente, le pallottole passarono fischiando sul ponte.
Una colpì il parapetto davanti a Michael sollevandone molte schegge, un'altra lo colpì alla spalla buttandolo a terra.
Il capitano si toccò la spalla con la mano, la ferita era superficiale ma bruciava moltissimo.
«Cannoni pronti!» gli annunciarono mentre lui si rialzava.
«E allora fuoco!»
Le batterie di ambedue le navi rombarono, la caracca venne squassata dai colpi del galeone, una palla la trapassò da parte a parte, una abbatté un alberetto che cadde sul ponte schiacciando un paio di uomini.
Michael attese che la solita nube si diradasse e volse gli occhi al galeone: l'albero di mezzana era danneggiato ed oscillava pericolosamente, ma non sembravano esserci altri danni rilevanti, poi qualcos'altro attirò la sua attenzione gelandogli il sangue.
Una terza nave fece fuoco sul galeone che parve gonfiarsi come un pallone per poi esplodere vomitando schegge di legno che piovvero sulla caracca, l'albero maestro venne spezzato e cedette schiantandosi sul ponte compromesso spaccandolo in due.
Ora il galeone era un ammasso di vele e legno scomposto che galleggiava appena sull'acqua, dalla stiva si alzava un denso fumo nero e l'acqua brulicava di soldati gettati in mare da quella unica, formidabile scarica di cannonate.
Poi, da dietro il galeone distrutto, sbucò la sinuosa forma di un veliero...la nave di Jeroen.
Michael si sorprese nel notare che era tornata al vecchio splendore: le vele erano integre, lo scafo pulito...sembrava ringiovanita in un certo senso.
Il capitano rimase ad osservare la nave del cugino avvicinarsi senza riuscire a fare nulla, era sbiancato e sudava abbondantemente, era paralizzato dal terrore.
Poi la fregata fece fuoco verso la nave di Jeroen, quell'evento lo riportò alla realtà.
«Avanti Jona, portaci via di qui! Issate tutte le vele! Buttate in mare l'alberetto!» urlò agli uomini, poi iniziò ad organizzare i compagni per aiutare i feriti e riparare provvisoriamente ai danni subiti, dietro di loro la fregata e la nave del cugino si stavano fronteggiando in un duello mortale, ma non sarebbe durato a lungo e in quelle condizioni non potevano distanziare il veliero.
Forse era davvero finita...
«Terra!»
Quell'urlo penetrò la sua barriera di autocommiserazione.
«TERRA!» urlò più forte Jonatan, Michael volse lo sguardo davanti a sé: all'orizzonte c'era una sottile striscia azzurra: l'isola di Ritch.

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Faccia a faccia ***


Capitolo 29: Faccia a faccia


«Capitano, non riusciamo a fermare l'acqua!» annunciò ansando Zula, il pirata era bagnato fradicio come probabilmente lo erano quelli che lavoravano con lui sotto coperta.
Michael si morse nervosamente il labbro, dopo lo scontro con la fregata avevano scoperto la presenza di una grossa falla nello scafo, i pirati avevano subito iniziato a lavorare per tapparla, ma a quanto pare era troppo grossa per essere riparata in mare.
Il capitano guardò oltre la spalla di Zula: la nave di Jeroen si stagliava nitidamente contro il cielo del tramonto e guadagnava rapidamente terreno, aveva vinto in fretta contro la fregata ed aveva ripreso subito ad inseguirli; il pirata spostò lo sguardo a prua dove era ben visibile l'isola di Ritch, così vicina eppure così lontana...
«Capitano, che facciamo?!» chiese il nero.
Michael aveva la mente in subbuglio, tutto succedeva troppo in fretta: l'attacco della marina, l'arrivo di Jeroen ed ora la falla che impediva alla caracca di navigare velocemente.
Si sforzò di pensare lucidamente, se si lasciava prendere dal panico era finita.
«D’accordo» balbettò «Arginate la falla come meglio potete e buttate fuori bordo tutto ciò che non ci è necessario, cominciate con la polvere da sparo e le munizioni!» ordinò, sperava di non doversi scontrare sul mare con la nave del cugino.
«Ci serviranno più uomini!»
«Voi tutti, ascoltatemi!» urlò rivolto alla ciurma che lavorava sul ponte per tentare di mantenere costante la velocità nonostante la falla e la perdita dell'alberetto.
Gli uomini interruppero momentaneamente i loro lavori per ascoltare, avevano i volti contratti dalla paura.
«Chiunque non sia indispensabile per la navigazione vada sotto-coperta ad aiutare gli altri, Zula vi spiegherà cosa fare» disse, i pirati discussero un attimo, poi alcuni corsero da Zula che li condusse alla falla.
Michael si sentì sollevato di non dover dare altre indicazioni, non ne aveva la forza, era troppo agitato per pensare con razionalità.
Ben presto gli uomini cominciarono a gettare in mare le palle di cannone e barilotti di polvere fino a che dietro alla nave non si formò una lunga fila di oggetti galleggianti.
Michael poté sentire chiaramente la nave sollevarsi sull'acqua e prendere velocità, il suo sollievo fu così intenso che riuscì a stento di impedirsi di mettersi a ballare.
L'isola ormai era vicinissima, era circondata dalla sabbia bianca ed al centro sorgeva una rigogliosa foresta che si arrampicava sulla collina che sormontava l'isoletta, insomma, ad un osservatore casuale non sarebbe parsa diversa da una delle tante altre isole sparse per i Caraibi.
Ad un certo punto Sean passò davanti al capitano che lo afferrò per il braccio bloccandolo.
«Il prigioniero è in cella vero?» chiese Michael, si riferiva all'uomo della ciurma di Ritch che, dopo aver stabilito una rotta per l'isola, avevano messo al sicuro in cella, visto che la sua utilità non era più immediata.
Sean annuì.
«Bene, vallo a prendere e portalo qui!» disse Michael lasciando andare Sean che corse vie tornando poco dopo col prigioniero, sembrava piuttosto spaventato: per lui che non aveva assistito allo scontro, la situazione era ancora più caotica.
«Dove dobbiamo attraccare?» chiese Michael indicando l'isola, per un attimo quello non capì, poi riconobbe l'isola e rispose che dovevano circumnavigarla fino a trovare una piccola baia.
Michael riferì tutto a Jona e la caracca virò lentamente per accostarsi alla spiaggia, la nave di Jeroen era ormai molto vicina.
Il capitano scrutò l'isola alla ricerca della baia, ma non ne vide nessuna.
I minuti passavano ma non c'era traccia della baia, il pirata stava per aggredire il prigioniero quando quello indicò un punto sull'isola: eccola, una baia piccolissima dalle acqua cristalline circondata dalla sabbia bianca.
Con rammarico Michael si rese conto che per accedervi avevano bisogno di calare le scialuppe, operazione che avrebbe richiesto tempo.
Si guardò indietro: la nave di Jeroen era scomparsa dietro il profilo dell'isola, forse avevano ancora tempo.
Il capitano si rese conto che la caracca si stava accostando alla costa, per evitare di incagliarsi.
«Jona, mantieni la rotta!» urlò Spada Rossa.
«Ma così ci incaglieremo!» protestò quello.
«Fa' come ti dico e taci!» ordinò Michael, di umore irritabile, la caracca procedette diritta verso la baia, poi, all'improvviso, si bloccò di colpo mandando giù distesi molti uomini, il legno gemette ma non si sentì nessuno schianto, per cui lo scafo aveva resistito.
La caracca era così parzialmente bloccata dal fondale della baia, sarebbe stato difficile riprendere il mare, ma quello non era il suo problema più grosso.
«Forza, richiamate gli uomini sotto-coperta e calate le scialuppe!» sbraitò Michael; gli uomini calarono in fretta le scialuppe, Michael prese posto nella barcaccia ed intimò agli uomini di remare più forte possibile.
La scialuppa procedeva speditamente, spinta dalle possenti vogate degli uomini piegati sui remi, con i muscoli tesi per lo sforzo; dietro di loro stavano le altre barche, piene di uomini.
Fortunatamente non c'erano grandi onde, ma, nonostante questo, la costa pareva non avvicinarsi mai.
Michael guardava l'entrata della baia con ansia, aspettandosi di veder spuntare da un momento all'altro il cugino, le dannate scialuppe erano troppo lente, ogni secondo era prezioso.
Quando infine la barcaccia tocco la sabbia lui balzò fuori trascinando con sé il prigioniero, provando l'impulso di correre a cercare il medaglione ma si rese conto che doveva aspettare i suoi uomini, si girò verso il mare: le scialuppe erano molto vicine alla riva ma procedevano lentamente; Michael fece saettare lo sguardo dalla bocca della baia alle barche.
Finalmente tutti i pirati giunsero sulla riva e tirarono in secca le scialuppe.
I pirati si radunarono attorno al capitano, accendendo le lanterne che si erano portati dietro; Jeroen non li aveva ancora raggiunti, fortunatamente.
«Dove dobbiamo andare?» chiese Michael al prigioniero con una forte nota d'ansia nella voce.
«Ritch tiene i suoi tesori in una stanza ricavata da una grotta sulla collina, dobbiamo salire per trovarla» spiegò quello indicando la collina davanti a loro, Michael annuì.
«Andiamo allora, fai strada!» disse il capitano spingendo avanti l'olandese che cominciò a farsi strada nella fittissima foresta che sorgeva già a pochi metri dal mare.
«Aspettate!» disse Zula dopo pochi passi, tutti lo guardarono, irritati.
«Che diavolo c'è?»
«Alcuni miei compagni possono rimanere indietro per confondere le tracce, almeno guadagneremo un po' di tempo se i nemici non riusciranno a seguirci» spiegò, a Michael non sembrava probabile che Jeroen potesse seguire le loro tracce nella foresta ma accontentò Zula che ordinò a due ragazzi di rimanere indietro mentre gli altri riprendevano a camminare.
Avanzarono frettolosamente nella foresta facendosi largo con la forza nella fitta vegetazione, ad ogni passo Michael rischiava di inciampare in qualche radice o arbusto, ora che calava la sera la foresta appariva come una massa indistinta ed impenetrabile di piante.
Nonostante ciò l'olandese si muoveva con straordinaria sicurezza nella vegetazione, doveva aver percorso molte volte quel tragitto; il capitano cercava di tenerlo d'occhio, ma molto spesso quello scompariva nel folto per riapparire magicamente qualche passo più avanti, mentre lui arrancava per tenere il passo.
Improvvisamente quello si fermò, per poco Michael non gli finì addosso e la sua ciurma con lui.
«Siamo arrivati» disse e Michael tradusse ai suoi uomini che comunque avevano capito il significato delle parole.
Si trovavano davanti ad un grosso spuntone di roccia grigia e ruvida, infestata dal muschio e dai rampicanti, la sua base era nascosta dalla terra e da un fitto strato di rovi, tutt'attorno la foresta.
«Beh, dov'è l'entrata?» chiese Michael dopo un attimo, durante la lunga camminata aveva cercato di non pensare al cugino che lo rincorreva ma ora l'ansia tornava a tormentarlo, quasi gli pareva di sentire le urla eccitate degli uomini alle loro calcagna.
«Non mi ricordo...» ammise quello dopo un attimo, quell'affermazione colpì Michael con la forza di una martellata sul petto.
«Come sarebbe a dire?!» gli chiese afferrandolo per il colletto e sbattendolo contro la roccia, i pirati guardavano la scena preoccupati «Sei arrivato fin qui e non ti ricordi dov'è l'entrata?!»
Sulla faccia dell'olandese si dipinse una maschera di paura.
«È da molto che non ci torno, poi la vegetazione è cresciuta parecchio...» piagnucolò con la voce rauca, Michael fu sul punto di picchiarlo, ma invece lo lasciò andare.
"Calmati, ammazzarlo non ti aiuterà" si disse passandosi nervosamente la mano fra i capelli.
«D'accordo, sbrigati a trovarla» gli disse, quello annuì e cominciò ad ispezionare i dintorni della roccia, Michael spiegò la situazione ai pirati che parvero piuttosto scossi.
I minuti si trascinarono penosamente, i pirati erano tesissimi, nessuno parlava, tutti stavano in piedi dritti come colonne guardandosi attorno in attesa della venuta dei nemici.
All'improvviso si udì un frusciò nel bosco, tutti si voltarono e dalla foresta spuntarono i due compagni di Zula, i pirati trassero un sospiro di sollievo...per quanto temporaneo.
I due avevano il fiato corto ed erano zuppi di sudore, stavano piegati in due a riprendere fiato quando Zula ne prese uno e cominciò a fargli delle domande.
«Avete coperto le tracce?» chiese il nero scrollando l'amico per le spalle.
«Sì...ma c'è di più!» disse quello fra un respiro e l'altro.
«Per poco non ci raggiungevano, sanno seguire le tracce molto bene...sono vicini» disse quello, la ciurma rumoreggiò.
«Quanto vicini?» chiese Michael con un ansia.
«Molto»
Il capitano ebbe un tuffo al cuore, si girò verso l'olandese che si aggirava nella boscaglia.
«L'hai trovato?!« gli chiese con ansia, i pirati sembravano sul punto di scappare via.
Michael cominciò a pensare a cosa sarebbe successo se i nemici li avessero raggiunti, i suoi uomini si sarebbero battuti per difenderlo o si sarebbero arresi consegnandolo a suo cugino?
«L'ho trovata!» annunciò infine il prigioniero, Michael ed il suo equipaggio si tuffarono immediatamente nel sottobosco per raggiungerlo.
L'olandese stava inginocchiato accanto ad un cespuglio di spine scarlatte, all'ombra del grande masso, Spada Rossa gli si inginocchiò affianco: ai suoi piedi c'era una grossa pietra squadrata con un anello di ferro che serviva a sollevarla.
«Mi serve aiuto per aprirla» disse l'olandese, Michael subito afferrò l'anello di ferro arrugginito, proprio allora sentì un fruscio nella foresta.
Provò a tirare, assieme all'altro, ma la pietra non si mosse, era incredibilmente pesante.
Michael ci riprovò e fece forza tendendo tutti i muscoli sollevando pian piano la lastra, ci fu un rumore di rami spezzati alle sue spalle, se li era immaginati o...?
«Eccoli!» grugnì qualcuno dalla foresta, subito un coro di grida sanguinarie si levò nel silenzio della notte e, dalla buia foresta, cominciarono ad emergere le figure degli uomini di Jeroen.
Il terrore diede forza al capitano che, con un ultimo sforzo alzò la pietra lasciandola poi ricadere sull'erba con un tonfo sommesso.
Ora poteva vedere ciò che la pietra nascondeva: uno stretto passaggio con una scaletta di legno che si perdeva nel buio.
In quell'istante i nemici furono loro addosso, notò subito che non erano più ricoperti di sale e pallidi, sembravano uomini normali, come loro, le tracce delle maledizione stavano scomparendo...
«Uomini, alle armi, se questi vogliono la vostra pelle, fategliela pagare cara!» urlò Michael, gli uomini sembrarono prendere coraggio dalle sue parole ed iniziarono a combattere contro i nemici; Michael sorrise: li avrebbero trattenuti abbastanza.
Stappò una lanterna dalle mani di un pirata e la consegnò al prigioniero.
«Scendi!» gli ordinò indicando col capo la botola, quello accettò, ansioso di allontanarsi dalla battaglia e Michael si affrettò a seguirlo.
Michael seguì l'olandese giù per la traballante scala di legno, mentre le roccia gli si chiudeva attorno e i rumori della battaglia si smorzavano diventando un eco insensato nel buio, spezzato solo dalla debole luce della lanterna.
Quando era prossimo a pensare di non arrivare mai a terra, sentì coi piedi il fondo, lasciò la scaletta e si voltò.
Davanti a lui si stendeva una specie di tunnel irregolare, la luce della lanterna disegnava strane ombre che sembravano strisciare sinistre fra le rocce coperte di muschio; l'aria era pesante e calda, la fine del tunnel era nascosta dalle tenebre.
Il prigioniero sorrise vedendo la faccia titubante di Michael , quello se ne accorse e si riprese.
«Fai strada» gli disse, quello annuì e cominciò a correre avanti, Michael lo seguì e ben presto il tunnel finì sfociando in una grossa grotta a cupola.
Michael si era immaginato che il posto dove suo zio teneva i suoi averi fosse colmo d'oro e di oggetti preziosissimi e luccicanti, ma la realtà era ben diversa: ai margini della grotta erano accatastate molte casse di merci varie, liquori, armi e barilotti di polvere da sparo ma anche lana, velame, tinture...insomma, il tipico bottino custodito da un mercantile europeo.
E poi, infine, c'era un angolo dedicato agli oggetti di valore: forzieri, monete ed anche una statuetta d'oro massiccio raffigurante il Cristo...e un piccolo scrigno rosso con una grossa serratura al centro.
Quando lo vide il respiro si bloccò: era in quello scrigno che Miranda aveva messo il medaglione.
Il prigioniero stava accendendo delle torce appese alle pareti quando un botto fortissimo riempì l'aria rimbalzando nella grotta quasi sfondando i timpani del pirata.
Non appena il rumore si spense Michael si girò verso l'olandese: il suo corpo giaceva in posa scomposta in una pozza di sangue che andava allargandosi, il petto era dilaniato in modo orrendo.
«Da quanto tempo...» disse una voce, Michael si girò di scatto, col cuore in gola: Jeroen stava all'entrata della grotta con una pistola fumante in mano ed un sorriso sarcastico sulle labbra.
Anche lui era cambiato: i suoi vestiti erano asciutti e ben messi, la pelle era colorita ed i capelli ordinati; era come affacciarsi sul passato.
«Vedo che sei sorpreso di vedermi» disse Jeroen gettando da parte l'arma scarica «Beh, non pensavi mica che ti avrei lasciato andare così vero?»
Michael avrebbe voluto dire qualcosa, una delle sue tipiche frasi sdrammatizzanti, ma aveva la gola secca e le labbra contratte.
«Fin dal primo giorno, fra i nostri padri non è corso buon sangue» disse Jeroen avvicinandosi lentamente a Michael «I nostri padri si sono odiati, e il loro odio si è trasmesso a noi»
Michael era sul punto di scoppiare in lacrime, a pochi metri da lui stava la sua salvezza, perchè suo cugino doveva arrivare proprio ora? Se lo avesse affrontato in battaglia avrebbe corso il rischio di perdere, proprio ora...
«Ammettiamolo, non ci siamo mai sentiti come cugini, per cui è tempo di porre fine a quest'inutile faida: non c'è posto per entrambi in questo mondo...» annunciò estraendo con un gesto lento e fluido la spada.
«Sei sempre stato bravo a parole» disse finalmente il capitano »Vediamo quanto lo sei con la spada»
«Non chiedo altro» affermò Jeroen

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Duello per il medaglione ***


Capitolo 30: Duello per il medaglione


«Avanti» tentò un’ultima volta il pirata per rimandare lo scontro «Io e te, in fondo, siamo uguali; certo, io sono più alto e bello, però, come dimostra il nostro modo di agire, siamo entrambi degli egoisti che servono sé stessi prima di tutto; in nome di ciò che ne dici di seppellire l'ascia di guerra?» propose con un sorriso ammiccante.
Jeroen ridacchiò scuotendo il capo.
«Certo, come no!» fece, poi lanciò un terribile urlo di furore guerriero lanciandosi contro il cugino.
Michael fece appena in tempo ad estrarre la spada bloccando la carica del nemico, poi, facendo forza con le gambe, lo spinse indietro.
Mentre Jeroen incespicava cercando di mantenere l'equilibrio, Michael si girò, correndo verso il forziere.
Purtroppo sentì Jeroen rincorrerlo e il cugino gli fu alle spalle dopo poche falcate costringendo Michael ad affrontarlo.
I due iniziarono a scambiarsi veloci attacchi che facevano fischiare l'aria; Michael aspettava solo che Jeroen commettesse un errore mentre attaccava la sua guardia, di modo da voltarsi e prendere il forziere.
Ad un certo punto Jeroen scoprì volutamente la guardia e Michael si gettò su quello spiraglio tentando un affondo per infilzargli il petto ma il cugino fece un balzo all'indietro e il pirata si ritrovò sbilanciato in avanti per un attimo...più che sufficiente però perchè l'olandese scattasse in avanti con la spada alzata, pronta ad essere calata sull'altro.
Peccato però che non avesse calcolato la bravura del capitano.
Michael lasciò che Jeroen fosse proprio davanti a lui, poi alzò la punta della lama trafiggendogli la gola, Jeroen emise un verso strozzato e gorgogliante a quel punto Spada Rossa scappò nuovamente verso il forziere.
Non fece in tempo a muovere un passo che si sentì afferrare per il colletto dei vestiti, per un attimo gli mancò l'aria, poi sentì Jeroen che lo spingeva verso di lui per poi catapultarlo dall'altra parte della stanza.
Michael incespicò e cadde a terra con la gola dolorante, tossicchiò ed alzò lo sguardo: ora fra lui ed il forziere c'era in cugino la cui ferita si era già rimarginata miracolosamente.
Il pirata provò una fitta di disperazione perchè ora sarebbe stato costretto a duellare; non c'era traccia di tristezza per il cugino, i legami fra i Brown e i Ritch si erano spezzati durante quella tempesta...
Jeroen tornò all'attacco, anche questa volta il pirata rimaneva sulla difensiva, lasciando che l'altro sprecasse le sue energie abbattendole sul muro creato dalla sua spada che respingeva ogni fendente nemico, poi però accadde qualcosa d'inaspettato.
Jeroen afferrò la spada di Michael con la mano nuda, la lama scavò profondamente il palmo del cugino che però sembrò non risentirne.
Proprio allora Jeroen fece saettare la sua arma tentando di trafiggere lo stomaco di Michael, quello arretrò il più possibile ricevendo il colpo sulla coscia.
Sentì il metallo recidergli la carne ed un lampo di dolore lo costrinse in ginocchio mentre Jeroen alzava la spada per colpirlo ancora, ma questa volta non avrebbe fallito.
Jeroen calò la spada verso il volto del pirata, con un ghigno di trionfo, ma quello sollevò il braccio afferrando il polso del cugino bloccandolo con la spada che gli sfiorava i capelli.
I due cominciarono a lottare silenziosamente l'uno contro l'altro, con le facce contorte dallo sforzo nel tentativo di trafiggere l'avversario, poi Jeroen mise fine a quella lotta dando una ginocchiata in piena fronte a Michael che era in ginocchio.
Il pirata vide arrivare il colpo ma non riuscì ad evitarlo, ricevette la ginocchiata proprio sopra il naso, la vista gli si offuscò e lui cadde all'indietro sopra ad un mucchio di cianfrusaglie ammassate contro la parete.
Gli ci volle qualche secondo per schiarirsi la mente, vide, con gli occhi appannati dalle lacrime di dolore, Jeroen che allontanava con un calcio la sua spada.
Michael cercò con la mano qualcosa con cui difendersi mentre il cugino gli si avvicinava, alla fine le sue mani si strinsero attorno a quello che si rivelò poi essere un pesante crocifisso dorato; con un ruggito lo lanciò contro il cugino.
Quello spalancò la bocca, sorpreso ed alzò il braccio per proteggersi un secondo in ritardo, il crocifisso lo colpì sopra l'occhio con un rumore sordo.
L'olandese barcollò ma si mantenne in piedi mentre dalla fronte scendeva un piccolo rivoletto di sangue, approfittando della confusione del cugino, Michael gli si avventò contro, gli cinse le gambe con le braccia e, con un muggito, le sollevò facendolo cadere pesantemente a terra.
Michael si concesse appena un attimo di riposo, poi non perse tempo e si rialzò scattando verso il forziere, fece appena un passo che Jeroen gli afferrò la caviglia facendolo scivolare.
Michael scalciò, tentando di liberarsi, ma inutilmente: il cugino lo stava tirando verso di sé; allora il pirata tentò di afferrare la spada che però era troppo lontana, allora vide il crocifisso, proprio accanto a lui; lo prese e lo scagliò ancora contro il viso del nemico che lasciò immediatamente la sua caviglia contorcendosi dal dolore.
Finalmente Spada Rossa arrivò allo scrigno e gli si inginocchiò davanti e, con le mani tremanti dall'emozione, lo sollevò da terra: era leggerissimo e, se mosso, si sentiva ciò che conteneva urtarne le pareti.
Michael fece per aprirlo, ma quello rimase chiuso: ma certo, non aveva la chiave!
Nella sua mente si fece il vuoto.
Non aveva la chiave...
Il pensiero gli rovinò addosso con tutto il suo peso, lasciò cadere a terra lo scrigno, gli occhi fissi nel vuoto, quasi a cercare lo sguardo del Fato, che lo aveva condannato ad una così amara sorte...
Sentì il cugino rialzarsi e si voltò: sul viso dell'altro non c'erano tracce delle precedenti ferite, solo un sorriso da lupo e gli occhi che brillavano di gioia maligna.
Per un attimo il capitano pensò di farsi raggiungere e di lasciare che il destino facesse il suo corso: ormai era inutile cercare riparo, che altro c'era da fare?
Poi scacciò in fretta quel pensiero: avrebbe venduto cara la pelle, soprattutto perchè era suo cugino a volerla!
Cercò automaticamente la spada sulla cinta, ma le sue mani tastarono solo l'elsa vuota e lui si accorse di aver lasciato la spada vicino al cugino rantolante, ed infatti ora era proprio lui a stringerla in pugno.
Disperato si guardò attorno in cerca di un'arma, ma non ve ne erano, così puntò gli occhi verso l'entrata della grotta, alle spalle di Jeroen.
«SEAN!» urlò con una gioia talmente palese che Jeroen non poté fare a meno di voltarsi: non c'era nessuno.
Rimproverandosi per un tale errore si rigirò verso il cugino, ma subito fu colpito da un colpo ascendente al mento, menato da Michael col forziere.
Jeroen cadde ancora una volta per terra, Michael corse dall'altra parte della stanza, per prendere tempo: ora doveva trovare qualcosa con cui aprire il forziere, o romperlo.
Improvvisamente, come guidato da un antico istinto, l'occhio di Michael si posò sulla statua del Cristo.
L'afferrò: era molto pesante ed in oltre la statuetta dorata era poggiata su un cubo d'oro, adatto a spaccare il piccolo forziere.
Intanto Jeroen era ancora a terra che scuoteva la testa, come per schiarirsi le idee...
Michael alzò l'idolo e lo abbatté sul forziere...ci fu un tonfo sordo, ma il legno resistette...
Jeroen si mise faticosamente in ginocchio, la mente ancora offuscata dal colpo, gli occhi che cercavano l'odiato cugino nella grotta...
Il pirata ci riprovò con più forza ed il legno scricchiolò, deformandosi, Miranda aveva scelto bene il forziere per custodire il medaglione...peccato che non avesse previsto che poi Michael avrebbe dovuto romperlo!
Il pirata diede una fuggevole occhiata all'altro che si era alzato e lo aveva individuato, i due si guardarono per un secondo, poi uno si chinò a raccogliere le spade mentre l'altro alzava ancora in alto la statua.
Jeroen recuperò l'arma e si mise a barcollare verso Michael che colpì con tutta la forza che aveva lo scrigno che finalmente si ruppe con un gran fracasso.
Michael gettò da parte la statua e ficcò la mano nel buco che aveva creato cercando il medaglione a tentoni, senza trovarlo.
Jeroen era ormai davanti al cugino, sorrise ed alzò le spade per trafiggerlo quando quello si girò verso di lui sventolandogli davanti al naso un oggetto d'oro.
Il medaglione emise un leggero tintinnio, i due teschi incisi su di esso sembravano ghignare di malevola soddisfazione, Jeroen balzò all'indietro come se avesse visto un serpente, gettando a terra la spada rossa, diventata improvvisamente caldissima, il suo volto aveva perso tutto il colore.
Da parte sua, Michael sorrideva tenendo l'oggetto dritto davanti a sé: aveva vinto, ora Jeroen non poteva più fermarlo!
«Non fai più il superiore adesso, eh?» lo canzonò il pirata chinandosi a raccogliere la sua spada, Jeroen fissava con gli occhi fuori dalle orbite il cugino, incapace di reagire.
«Su una cosa avevi ragione» disse Michael guardando negli occhi il cugino «Non c'è posto per entrambi in questo mondo!» affermò trafiggendo il nemico con la spada, sullo stomaco.
Jeroen si piegò in due con un verso gorgogliante, Michael rigirò la lama nella ferita con soddisfazione...poi si rese conto che qualcosa non andava.
Non c'era sangue nella spaventosa ferita dell'olandese e poi, con un simile colpo, avrebbe dovuto essere già a terra a dissanguarsi, invece era solo piegato dal dolore, come una fitta di mal di pancia.
Anche Jeroen parve capirlo, con espressione stupita si raddrizzò, osservando prima il medaglione e poi Michael.
Le espressioni dei due si invertirono.
Il medaglione, l'unica speranza per Spada Rossa, non aveva funzionato.
«Dopotutto» disse Jeroen «Pare che questa leggenda del medaglione fosse appunto...una leggenda!»
Con un rapido gesto menò un fendente diretto al viso di Michael, per istinto, quello si scansò ma sentì lo stesso l'acciaio trafiggerlo.
Crollò a terra, lasciando cadere il medaglione e la spada, sentiva il sangue scorrergli sulla faccia, aprì gli occhi, ma vide solo sangue; si passò la manica sul viso, ma da un occhio continuò a non vederci, era lì che Jeroen l'aveva colpito.
«Guardami, mentre ti uccido...» fece Jeroen, Michael si mise a sedere ed osservò con aria rassegnata il cugino.
Quello si chinò a raccogliere il medaglione, passandoselo fra le dita ed osservandolo con un vago sorriso.
«Peccato che non abbia funzionato vero?» chiese Jeroen...poi qualcosa cambiò.
Il medaglione parve risplendere di una tenue luce azzurra e, all'improvviso, la catenina che serviva per indossarlo, si strinse attorno alla mano dell'olandese.
Jeroen aprì la bocca per protestare quando un potente e violento vento si alzò nella caverna, sovrastando col suo ululato le sue parole.
Michael spalancò gli occhi, anzi, l'occhio, davanti a ciò che stava succedendo: Jeroen cominciò a disperdersi come polvere ed ad essere disintegrato dal possente vento; cadde in ginocchio mentre il suo corpo si consumava in polvere danzante, e poi prese ad urlare, delle urla disumane recanti un così immenso dolore che sarebbero rimaste incise per sempre nella mente di Michael.
Alla fine, di Jeroen non rimase più nulla, nemmeno la cenere ed il vento cessò, rimase solo l'eco, lontano, delle urla dell'olandese.
Michael rimase seduto per terra, a fissare il medaglione che non brillava più, abbandonato sulla fredda pietra.
Non provava esultanza, gioia o rammarico...non provava niente, si sentiva un involucro vuoto, capace solo di fissare il punto in cui suo cugino, il demone che aveva minacciato per tutti quei giorni la sua vita, era sparito.
Poco dopo, o molto dopo, questo non lo seppe mai dire e nemmeno lo chiese, il suo equipaggio lo venne a prendere e cominciò a riportarlo verso il mare, senza fare domande.
Nel suo oblio, Michael si accorse però di una cosa, la nave di Jeroen, la Blue Terror, era ancora ancorata nella baia...

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Epilogo di una lunga storia ***


Capitolo 31: Epilogo di una lunga storia


«Su, su, svegliatevi signorina!» disse una voce femminile entrando prepotentemente nel sonno della ragazza.
La giovane aprì gli occhi, sbattendo le palpebre, confusa, ma, prima che potesse formulare un qualsiasi pensiero, tutto fu invaso da una luce accecante che le strappò un gemito di sofferenza.
Dopo qualche secondo i suoi occhi si abituarono alla luce e lei potè spaziare con lo sguardo per la sua stanza da letto, alla ricerca della colpevole che l'aveva destata.
La colpevole era Maggie, un'anziana serva dai lineamenti molli, i capelli arruffati e la voce sorprendentemente squillante.
«Dovete alzarvi, signorina Isabella, è tardi!» avvisò quella sistemando le sfarzose tende della finestra che aveva appena aperto per svegliare la figlia del governatore.
In tutta risposta la ragazza grugnì e fece sprofondare il viso nel cuscino; la serva sbuffò e si sedette accanto a lei nel letto, mettendole una mano sulla spalla.
«Sapete che oggi è una giornata importante, non potete tardare!»
Quelle parole fecero irrigidire il corpo della fanciulla, fino a poco prima felicemente dimentica di ciò che la attendeva.
«Sì...lo so» mugugnò rigirandosi ancora nel letto per fissare il soffitto della stanza, decorato da accese pitture.
Quel giorno era il giorno dell'arrivo di Lord Anthony Murray, un nobile inglese al quale il padre intendeva darla in sposa, il quale aveva preannunciato il suo arrivo pochi giorni prima tramite una nave che precedeva la sua nel viaggio.
Inutile dire quanto la cosa risultasse spiacevole alla ragazza, ma le sue numerose proteste erano cadute nel vuoto, non poteva fare altro che rassegnarsi...
«Avanti, vi aiuto a vestirvi» propose la serva con tono incoraggiante e Isabella acconsentì pigramente, alzandosi dal letto.


Dopo essersi resa presentabile, Isabella si fece accompagnare fuori dalle sue numerose serve: era una giornata calda e soleggiata, rinfrescata da un forte vento che spirava da nord facendo frusciare le fronde degli alberi che attorniavano la reggia del Governatore.
Appena fuori dall'ingresso del palazzo stava il Governatore Courney, vestito di tutto punto che osservava la figlia avvicinarsi con un sorriso compiaciuto.
La ragazza invece osservò il padre, ma anche la carrozza scortata da quattro soldati a cavallo che stava dietro di lui, come un prigioniero osservava la forca.
«Isabella! Perchè quell'aria truce?» domandò il Governatore appena la ragazza lo raggiunse, ma ella non rispose, limitandosi ad osservare il cielo sgombro da nubi.
«Suvvia, figlia, è inutile che metti il broncio, ne abbiamo già discusso e sai bene che il destino che ti attende non può essere cambiato!» disse l'uomo con tono leggermente contrariato.
«Lo so, padre, è per questo che non mi sembra il caso di sprecare altre parole» rispose la figlia salendo poi sulla carrozza assieme alle serve.
Courney sbuffò e poi la seguì, a quel punto il conducente fece muovere i cavalli e la carrozza partì sobbalzando.
A velocità sostenuta i cavalli procedettero fino ad uscire dalla proprietà lasciandosela presto alle spalle per addentrarsi fra le strade affollate della città.
Isabella guardò con occhi spenti gli edifici del borgo scorrere fuori dal vetro della carrozza, coperti ulteriormente da delle ricercate tendine rosse.
Dopo una manciata di minuti, trascorsi in un teso silenzio, la carrozza arrivò al porto, procedendo per una decina di metri per poi arrestarsi nei pressi di un ponte d'attracco.
Proprio in quel momento i marinai erano impegnati a far attraccare un massiccio galeone, molto basso sull'acqua e che esponeva con fierezza i colori inglesi che sventolavano sull'altissimo albero maestro.
Mentre la ragazza osservava con aria ammirata la possente nave, dal parapetto della stessa venne calata una passerella dal quale scese un uomo vestito di ricchi abiti e con un lungo mantello verde.
«Siamo arrivati giusto in tempo» disse il Governatore prima che la scorta si affiancasse alla carrozza ed aprisse le porte per far scendere il gruppo.
Il nobile sceso dalla nave, accompagnato da un gruppetto di servi, si avvicinò a passi lunghi, mentre Isabella si sentiva soffocare, nonostante la fresca brezza marina le scompigliasse i lunghi capelli.
«È un piacere averla qui, Lord Anthony» esordì il Governatore.
«Ed è un onore per me poter presenziare qui davanti a voi» rispose quello con voce melliflua ed accennando ad un inchino; Anthony era un uomo alto e magro, con dei capelli nerissimi semi-celati dal largo cappello e dei baffi molto sottili.
Quello che più colpiva erano i suoi occhi color ghiaccio, apparentemente privi di qualunque calore umano.
Quegli occhi si spostarono su Isabella, esaminandone il bel volto e facendola rabbrividire.
«E voi dovete essere Isabella, giusto?» chiese l'uomo sfiorandole la mano con le labbra.
«È un vero piacere sapere che il mio futuro sposo sia dotato di un così ammirevole intuito» disse la ragazza, pronunciando "sposo" come se parlasse di un orribile insetto.
«Isabella!» la redarguì il padre «Perdonatela, è solo un po' nervosa» disse poi rivolto ad Anthony con un sorriso imbarazzato.
«Non preoccupatevi, capisco perfettamente...»fece per aggiungere qualcosa quando un'improvvisa esplosione scosse l'aria e la terra, facendo sobbalzare tutti i presenti.
Isabella si girò, impaurita: da un edificio vicino al porto si alzava una grossa e densa nube di fumo; immediatamente alla prima esplosione ne susseguirono altre di eguale potenza e la folla cominciò ad urlare e scappare invadendo il porto mentre la scarica di esplosioni continuava ad abbattersi sulla città.
In un attimo Isabella si ritrovò attorniata da una marea di gente urlante che scappava e spingeva da tutte le parti facendole perdere l'orientamento.
Improvvisamente dalle urla spaventate dei cittadini emersero le grida guerresche di degli individui che si facevano largo nella calca a suon di sciabolate, lanciando in giro granate che esplodevano con enorme fragore fra la gente.
«Pirati! Proteggete il governatore!» in un secondo la scorta di soldati si chiuse attorno a Courney scansando coi fucili chiunque si avvicinasse.
«Isabella!»urlò il padre tentando di oltrepassare i soldati che si allontanavano progressivamente dal porto, mentre la calca spingeva la ragazza nella direzione inversa.
Per quanto Isabella cercasse di raggiungere il padre la gente la spingeva via con troppo forza, la ragazza si sentiva del tutto impotente, come prigioniera di un incubo infantile, mentre il panico le attanagliava le viscere.
«Resistete!» urlò Anthony a pochi metri da lei, facendosi largo per soccorrerla, quando lei era ormai sicura di essere in salvo si sentì afferrare la gola da un braccio prima che un uomo la immobilizzasse stringendola con violenza contro il proprio petto.
«Lasciatela!» ordinò il nobile tentando di percorrere gli ultimi metri che lo separavano dai due.
«Mi rincresce ma le viene con me!» affermò il rapitore con voce stranamente familiare trascinando via la ragazza «Uomini! Abbiamo ciò che ci serve, andiamocene!»
Così com'erano apparsi, all'ordine dell'uomo, i misteriosi pirati sparirono come il vento nella pianura lasciando sul loro cammino le rovine fumanti delle case colpite dalle granate.


L'uomo si confuse velocemente fra la folla, allontanandosi in fretta dal porto mentre Isabella tentava di urlare, ma il braccio di quello la stringeva troppo forte per permetterglielo: aveva a stento aria per respirare.
Infine il rapitore la costrinse a montare su di un cavallo, nascosto in un vicolo, sempre stringendola nella sua morsa di ferro, per poi cavalcare via, lontano dalla città.
La cavalcata durò parecchi minuti, e si arrestò in un punto imprecisato fra i boschi delle colline che dominavano l'isola.
L'uomo si fermò in una piccola radura fra gli alberi, dove la luce penetrava a stento fra il fogliame; nella zona erano già presenti altri dieci uomini e rispettivi cavalli.
Isabella e il rapitore smontarono, e finalmente lui allentò la presa sul suo collo.
«Finalmente un po' d'intimit...!» prima che il criminale potesse aggiungere qualcosa Isabella gli rifilò un calcio nelle parti basse, cosa che lo fece piegare in due e le diede la possibilità di fuggire.
Prima però che potesse fare anche un solo passo fu acciuffata da un altro uomo, grande il doppio di lei, che le cinse la vita immobilizzandola come in un grottesco abbraccio.
«Lasciami!LASCIATEMI ANDARE!» strillò la ragazza con quanta voce aveva in corpo, menando calci e schiaffi all'impazzata, sperando di prendere colui che la tratteneva.
«Uomini, non fatele male...e tu, Isabella, puoi calmarti perchè non ti verrà fatto alcun male...» disse il capo dei banditi con voce strozzata, tuttavia quella voce fece scattare qualcosa nella memoria della giovane, che si immobilizzò all'istante.
L'uomo allora la lasciò andare, e lei, ancora col fiatone ed il cuore che batteva forte, osservò meglio il volto del rapitore.
Il capo si tolse il grande cappello nero che gli cingeva la testa, liberando i folti capelli neri che gli coprivano la fronte, osservandola con sguardo divertito.
«Michael!» urlò Isabella dopo un momento di sbalordimento, gettandosi al collo del pirata.
«Oh, questa accoglienza è certamente migliore della precedente...» disse il pirata ricambiando l'abbraccio.
«Scusami, non ti avevo riconosciuto...»
«No, scusami tu! Devi perdonare le mie maniere, ma era l'unico modo per strapparti dalle grinfie di tuo padre...»
«Scusarti? Semmai dovrei ringraziarti...»
Finalmente la ragazza si staccò dal pirata, osservandolo in viso...ed allora notò la benda nera che copriva uno dei suoi occhi.
«E questa?» domandò sfiorando col dito la pezza nera, sul viso del pirata passò un ombra di sofferenza, subito nascosta.
«Oh, il ricordo di uno scontro particolermante accanito» spiegò con fare leggero «Voi, lasciateci soli!» ordinò poi, rivolto agli uomini.
Immediatamente i pirati si allontanarono, lasciando i due soli nella radura.
«Oh, Michael, per quanto tempo ho desiderato il tuo ritorno!»
«Già...anche tu mi sei mancata>> disse il capitano, guardando altrove.
«Dove sei stato per tutto questo tempo? Ho chiesto a mio padre cosa volesse da te, ma lui non mi ha mai risposto»
«Ho dovuto servire l'impero, per la prima e l'ultima volta: giuro!» disse Michael con un sorriso amaro «Purtroppo...»
La frase rimase in sospeso, come se il capitano non avesse il coraggio, o il pudore, di proseguire.
«Cosa?»
«Ho dovuto combattere a lungo, per mantenere fede all'accordo fatto con tuo padre...e questo non mi ha portato altro che disgrazie e sofferenza» spiegò, toccandosi l'occhio bendato.
«Con ciò che mi rimaneva sono giunto da te...speravo che noi due potessimo avere un qualche futuro, ma per come stanno ora le cose...credo che questa mia visita debba essere vista come un addio» terminò con un filo di voce, Isabella spalancò gli occhi: possibile che ora che il suo amato capitano era tornato, dovesse già ripartire? E per mai più ritornare per giunta?
«No! Non puoi andartene ora! Mio padre vuole darmi in sposa ad un altro uomo! Non puoi permettere che accada!»
«Lo so...ma se venissi con me non ti aspetterebbe che miseria e povertà!» la parola povertà parve spegnere per un attimo la foga di Isabella, colpita quasi fisicamente da quell'affermazione.
«Non c'è via dunque...?» domandò con un sussurrò; Michael sbuffò e fece per scuotere la testa, poi parve illuminarsi come per un'improvvisa illuminazione.
«Ricordi quella volta, sulla collina? Prima che io partissi...»
«Come potrei scordarlo...»
«Ecco...parlasti di un tesoro, che tuo padre custodisce nella sua dimora...e che tu hai le chiavi»
La ragazza ammutolì improvvisamente.
«Vuoi rubare il denaro di mio padre?!» domandò incredula.
«Beh...tuo padre è molto ricco...ecco...quel denaro ci darebbe la possibilità di fuggire via da qui, non saresti più costretta a sposare quell'uomo» spiegò il pirata con un sorriso speranzoso, Isabella riflettè e, dopo qualche minuto d'incertezza, il suo viso si illuminò di nuova determinazione.
«Hai ragione, facciamolo...ma come?»
«Ci sarà un'occasione in cui si possa fare irruzione nella casa di tuo padre»
Isabella riflettè per qualche secondo.
«Beh, fra tre giorni, ci sarà una festa in onore di Lord Anthony...potrebbe essere l'occasione adatta?»
«Perfetto...ho già in mente un piano...lascia fare a me...»


Isabella sedeva affianco a Lord Anthony nella grande tavolata allestita dal padre, seduto a capotavola con le gote arrossate dal troppo vino, un po' per festeggiare l'arrivo del futuro marito della figlia, un po' per festeggiarne il ritorno a casa indenne.
Courney non si era infatti spiegato come fosse possibile che quei malviventi avessero lasciato andare la figlia senza torcerle un capello, comunque aveva mobilitato gran parte delle truppe dell'isola per scovare i furfanti, anche se senza risultato.
Isabella rise con aria frivola all'ennesima battuta del Lord, come del resto fece il resto del gruppo, composto da molti ricchi amici del Governatore ed anche da un ammiraglio e da un commodoro d'identità imprecisata.
Nonostante l'aria allegra la ragazza era sul punto d'esplodere: era ormai molto tardi, fra poco le donne avrebbero dovuto abbandonare il tavolo per lasciare gli uomini a discutere fra di loro...e sempre in quegli istanti il piano di Michael avrebbe avuto inizio.
Le aveva spiegato solo sommariamente cosa avesse intenzione di fare, raccomandandole di non uscire mai dalla casa.
Ancora una volta la giovane si sfiorò il collo con la mano: poco più in giù, nella ricca veste, erano nascoste le chiavi del tesoro del padre, chiavi con cui avrebbe acquistato la sua agognata libertà.
Improvvisamente la tavolata si zittì mentre un rombo sordo faceva vibrare l'aria.
«Cos'è stato?» «Un tuono?» Il Governatore fece per dire qualcosa per tranquillizzare gli ospiti, ma la sua voce venne coperta da veri e propri boati che si susseguirono velocemente rimbombando violentemente nella casa.
«Cannoni!» fece il commodoro scattando in piedi, fra i presenti si diffuse un mormorio spaventato.
«Signor Governatore, perdonateci, ma la situazione potrebbe richiedere il nostro intervento...» disse l'ammiraglio alzandosi dal tavolo, poi i due ufficiali si diressero a passi svelti verso l'esterno.
Intento nella sala molti altri si erano alzati per osservare fuori dalle ampie finestre ciò che stava accadendo: più in basso, nel porto, s'innalzavano massicce colonne di fumo, illuminate da lampi improvvisi provenienti da una nave il cui profilo era coperto dal fumo e dal buio.
A quel punto tutti i nobiluomini presenti si scusarono frettolosamente e si precipitarono fuori dalla grande sala: non potevano lasciare le loro ricchezze incustodite durante un attacco!
Isabella invece rimase incollata al vetro, ad osservare l'attacco al porto: il piano del capitano era appena iniziato!


Michael osservava la casa del Governatore appoggiato al tronco freddo di uno dei tanti alberi che attorniavano la tenuta, la cui ombra celava anche i suoi compagni.
Il capitano fissava con crescente ansia le finestre illuminate della casa, dove probabilmente gli ospiti di Courney probabilmente erano impegnati ad ingozzarsi.
Mentalmente Michael ripassava le tappe del suo piano, non che ci fosse bisogno di una particolare organizzazione per attuarlo, ma quantomeno poteva tenere a bada il freddo e la tensione.
Diede un rapido sguardo ai suoi uomini, accucciati come belve nel buio della notte, che aspettavano diligentemente il momento dell'azione.
Improvvisamente dei rombi di cannone irruppero nel silenzio notturno, rimbombando per l'intera città; Michael spostò lo sguardo sul porto, illuminato dagli spari delle batterie della Blue Terror.
Mentre osservava il cannoneggiamento dalla dimora del Governatore uscirono tutti gli invitati al banchetto, che montarono frettolosamente sulle loro carrozze, ansiosi di essere portati a casa.
Due guardie aprirono il cancello che bloccava l'accesso per la villa per far uscire le carrozze; Michael attese che si fossero allontanate un po' prima di agire.
«Giù le mani dal cancello!» ordinò alle guardie uscendo dal riparo della selva, mentre quelle si accingevano a chiudere i battenti; dopo un momento di sorpresa le due guardie si affrettarono a chiudere il cancello per impedire ai pirati di entrare.
Michael estrasse velocemente le sue due pistole, facendo fuoco con tutte le canne, per essere sicuro di colpire i bersagli: i due uomini furono sollevati da terra dalla rosa di proiettili e caddero a terra come bambole di pezza, senza emettere nessun suono.
Tuttavia il rumore degli spari fece accorrere tutti i soldati di guardia alla villa, già messi in allerta dai cannoni.
«Avanti uomini!» urlò Michael fiondandosi aldilà dell'inferriata assieme ai compagni, armati fino ai denti.
In un secondo l'aria si riempì di proiettili e di fumo, mentre l'odore della polvere da sparo asfissiava i combattenti intenti a spararsi l'un l'altro.
I pirati erano tuttavia in maggioranza, ed ebbero facilmente la meglio, anche se potevano essere certi che ben presto sarebbero arrivati i rinforzi.
«Jonathan!» chiamò il capitano facendo subito accorrere il ragazzino «Ti ricordi dov'è la polveriera?»
Il ragazzo annuì.
«Bene, allora prendi questa e prepara tutto per la festa» fece Spada Rossa porgendo al bambino una pistola, quello annuì ancora e, tenendo saldamente l'arma fra le mani, corse via, diretto alla polveriera.
Intanto i pirati sfondarono la porta d'ingresso, facendo irruzione nella lussuosa dimora del Governatore.
«Trovatemi il Governatore e sua figlia!» ordinò Michael facendo disperdere i pirati per la casa.
Il capitano si diresse verso i piani alti, dove c'era lo studio del Governatore e forse anche le camere da letto, accompagnato da Sean ed un manipolo di uomini.
Appena arrivarono al terzo piano trovarono Courney che scortava la figlia verso la sua stanza, accompagnati da un terzo uomo, che dedusse essere lo sposo di Isabella.
«Governatore! Da quanto tempo!» lo salutò il pirata, l'uomo, sentendo la sua voce, fece un vistoso salto di sorpresa.
«Voi!» fece poi riconoscendo Spada Rossa.
«Non provate a toccare Isabella!» intimò il terzo uomo avvicinandosi a Michael e facendo per estrarre una pistola, nascosta sotto le ricche vesti, ma il pirata lo precedette mollandogli un pugno sul naso, mettendolo al tappeto.
Subito dopo ne prese la pistola, caricandola ed avvicinandosi al Governatore.
«Avreste dovuto pensare meglio a come sbarazzarvi di me» disse con un gelido sorriso, poi con una mossa improvvisa lo colpì in testa col calcio della pistola, facendolo crollare a terra privo di sensi.
«Padre!» urlò Isabella, portandosi le mani alla bocca in segno d'orrore.
«Tranquilla, è solo svenuto» disse poi per calmare la ragazza, afferrandola per un braccio «Piuttosto, vediamo di sbrigare quella faccenda...»
Isabella fece un profondo respiro ed annuì, Michael le sorrise.
«Sean, imbavaglia il nostro amico Governatore e chiudilo in una stanza a caso» ordinò «Voi altri, con me» disse poi agli altri pirati.
«Facci strada, tesoro» fece poi ad Isabella.
La ragazza condusse gli uomini nei sotterranei della villa, facendo percorrere loro degli umidi corridoi in pietra che sembravano senza fine, fermandosi infine davanti ad una massiccia porta di legno.
La ragazza armeggiò con la veste, estraendone delle massicce chiavi di ferro che inserì nella serratura della porta, aprendola con un sonoro cigolio.
Essa portava in una piccola stanza, occupata interamente da grossi forzieri lignei, chiusi da grosse serrature.
Michael puntò la pistola sulla serratura del primo, facendola saltare con un gran clangore metallico; una volta alzato il coperchio il forziere rivelò al suo interno una moltitudine di sacchi di tela colmi di monete d'oro purissimo.
«Uomini, prendetene quanti più ne potete e gambe!» ordinò Michael arraffando alcuni sacchi, per poi fare dietrofront e dirigersi con la ragazza fuori dalla casa.
Nel cortile esterno i suoi uomini stavano ingaggiando una battaglia con i rinforzi delle precedenti guardie.
«Jonathan! Accendi il fuoco!» urlò con quanto fiato aveva in corpo.
«Sì, capitano!» gli giunse in risposta la flebile voce del ragazzetto che comparve poco dopo correndo a perdifiato.
«Gambe in spalla, compari!» urlò agli uomini, che abbandonarono la lotta per fuggire verso gli alberi che fino a poco prima li avevano nascosti e montando sui cavalli che avevano tenuto legati ai tronchi delle piante.
Proprio mentre si allontanavano dalla casa, una prorompente esplosione scosse la terra, illuminando l'isola a giorno con un'enorme fiammata e scuotendo gli alberi con lo spostamento d'aria.
Isabella, a cavallo con Michael, si lasciò sfuggire un urlo di spavento, girandosi per osservare le fiamme che avvolgevano la sua casa.
«Non ti preoccupare, l'incendio verrà domato, era solo per attirare l'attenzione» la rassicurò il pirata con voce calma.
Cavalcarono nella notte per molto tempo, fermandosi finalmente sulla spiaggia, dove trovarono ad attenderli delle scialuppe, più in là, a qualche centinaio di metri da riva, si scorgeva la sagoma nera della Dark Light.
«Avanti, caricate tutto sulle scialuppe e partiamo!» ordinò Michael, salendo sulla barcaccia mentre gli uomini la spingevano in acqua.
«Amore, asp...» fece Isabella muovendo qualche passo per salire a bordo...ma Michael la bloccò puntandole con una mossa rapidissima la spada alla gola.
«C...cosa significa!?»
«Mi dispiace, amore, ma le donne portano sfortuna a bordo di una nave!» si scusò Michael mentre gli uomini iniziavano a remare ed ad allontanarsi dalla riva.
Isabella rimase a bocca spalancata a guardare le scialuppe allontanarsi, infine si riscosse e, presa dall'ira, si mise a strillare con tutta la sua voce.
«Michael Brown!! Un giorno avrò la mia vendetta!!»
Michael fece un gesto di stizza con la mano, quasi a voler scacciar via le fastidiose parole della ragazza.
«Mi dispiace, dolcezza, ma sono troppo pirata per innamorarmi...» urlò il capitano salendo sulla Dark Light per mezzo di una scaletta calata dal parapetto.
Una volta sul ponte trovò Sean ad attenderlo.
«La Blue Terror si sta avvicinando di poppa, che rotta, capitano?» domandò con aria d'aspettativa.
«Ma che domande, rotta per Tortuga!» rispose Michael passando poi oltre per sporgersi dal parapetto, mentre le grandi vele della caracca si gonfiavano e la nave balzava in avanti con impeto, bramosa di libertà, sotto la guida del suo capitano che già volgeva gli occhi verso altri orizzonti ed altre avventure...


FINE



Diamine, ho davvero finito questa storia! Non credevo ci sarei mai riuscito...ho le lacrime agli occhi nel ripensare a tutti questi mesi di duro lavoro... E dunque, siamo giunti definitivamente all'epilogo, spero di aver prodotto un finale all'altezza delle aspettative (ben poco pretenziose, trattandosi di un mio racconto); lasciate un commento, se volete, e ditemi se ho faticato vanamente o meno. Grazie a tutti per aver letto fino in fondo "Le Due Spade"!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=146185