Serva del principe

di HisRose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Merlino era andato qualche giorno a trovare la madre ad Ealdor. Inizialmente Arthur aveva protestato, ma quando Merlino gli disse che Gwen lo avrebbe sostituito allora gli diede il permesso di andare. Di certo non voleva sprecare quei tre giorni con Gwen stando tutto il giorno ad allenare i cavalieri, a fare riunioni, a discutere con il padre e altri doveri reali, così si fece venire in mente un’idea.
 
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“Sire, ho delle belle notizie: non siete malato”, gli annunciò Gaius. Arthur roteò gli occhi, a quanto pare era un pessimo attore.
“Sei sicuro Gaius? Perché non mi sento molto bene”, insistette lui.
Gwaine e Leon entrarono nella camera per avere informazioni sul benessere del principe, seguiti da Gwen. Non appena Gaius la vide, essendo a conoscenza dei sentimenti che i due provavano l’uno per l’altro e sapendo anche che Gwen era la sostituta di Merlin, capì e si avvicinò frettolosamente ai tre. Prese sottobraccio Gwaine e Leon.
“Ha una terribile malattia”, gli spiegò, “molto contagiosa, dovete andarvene subito”, poi si girò vero Gwen: “Cara tu puoi restare, l’hai già avuta da bambina non c’è pericola che ti possa ritornare”.
Gwen lo guardò confusa, lei non si ricordava di aver avuto una malattia terribile e contagiosa. Da piccola si ammalava molto poco fortunatamente. Quando stava per parlare Gaius la interruppe dicendo che le porte della camera del principe sarebbero dovute rimanere chiuse fin quando il principe non fosse guarito o si sarebbero potute ammalare tutte le persone che vivevano a palazzo. Detto questo trascinò i due cavalieri con sé e chiuse la porta.
Arthur rimase steso nel letto, continuando a fissarla con un ghigno sul viso.
Gwen gli si avvicinò preoccupata e gli poggiò una mano sulla fronte. Arthur si mise a sedere di scatto, circondò Gwen con le sue braccia e la strinse forte a sé, nascondendo il viso nei suoi capelli.
Ginevra rimase sorpresa per quel gesto e ricambiò l’abbraccio, ridendo.
“Perché ridi Ginevra?”, le sussurrò il principe nell’orecchio.
Adorava il modo il cui il suo nome suonava sulle sue labbra, le faceva venire i brividi e poi le piaceva il fatto che era l’unico a chiamarla Ginevra.
“Non siete veramente malato, non è vero?”, chiese lei.
“Certo che lo sono”, disse stringendola più forte, “non hai sentito cosa ha detto Gaius?”.
“Sì, ho sentito, ma hai troppe energie per una persona che ha una malattia terribile”, spiegò lei iniziando a ridere di nuovo. Arthur adorava il suono della sua risata, era una dolce melodia per lui, lo faceva rilassare, lo faceva sentire bene.
“Te lo concedo, magari non è una malattia così grave come ha detto Gaius”, confessò lui, affondando sempre di più il viso nei suoi capelli, sciogliendosi nel suo odore.
Arthur la lasciò andare leggermente solo per darle un bacio. Adorava il suo piano, avrebbe avuto Gwen tutta per sé per tre giorni interi.
“Cosa facciamo tre giorni qui dentro?”, chiese Gwen, guardando in giro per la stanza.
“Potresti iniziare con il raccontarmi tutto di te”, disse lui con un sorriso in faccia, facendole segno di sedersi affianco a lui.
“E cosa vorresti sapere?”, chiese lei accettando il suo invito di sedersi al suo fianco.
“Tutto. Partendo dall’inizio ovviamente. Raccontami della tua infanzia”, disse lui guardandola negli occhi.
“Arthur”, disse lei ridendo, “mi conosci da quand’ero piccola, io sono nata in questo palazzo”, le ricordò. La mamma di Gwen aveva lavorato nel castello per tanti anni prima di morire e partorì proprio nella sua camera, nel corridoio dei servi.
“Vero, ma io e te non passavamo molto tempo insieme quando eravamo piccoli e non so molto di te”.
“Ti ricordi quando ci siamo conosciuti?”, chiese lei sorridendo al ricordo.
“Come dimenticarlo”, le rispose lui, “ricordo che tua madre doveva badare a me quel giorno, ma doveva anche svolgere i suoi servizi al castello così mi portò nella sua camera qui a palazzo dove c’eri tu stavi mettendo in ordine canticchiando”, aggiunse lui ridendo.
“Dovetti cantarti quella canzone tutto il tempo finché non ti addormentasti” gli ricordò lei.
“Adoravo il suono della tua voce”, le spiegò lui con un ghigno, circondandola con le braccia, stringendola a sé e poi stampandogli un bacio sulle labbra. Si staccò da lei riluttante, ma entrambi avevano bisogno d’aria. “Scommetto che da piccola eri una che non finiva mai nei guai”, confessò lui e Gwen scoppiò a ridere. Arthur rimase sorpreso dalla sua reazione.
“Da piccola era una peste”, confessò lei, “finivo sempre nei guai perché non riuscivo a mantenere la bocca chiusa”.
“Oh, ma è per questo che mi sono innamorato di te”, si intromise lui rubandole un altro bacio.
“Mi ricordo che una volta mio fratello stava giocando fuori casa con uno dei suoi giocattoli e dei bambini glielo strapparono dalle mani. Mio fratello lo rivoleva indietro, ma i bambini non avevano alcuna intenzione di restituirglielo. Io aveva assistito alla scena dalla finestra di casa mia e uscii con una spada alta il doppio di me chiedendo a quei bambini se ancora non volevano restituire il giocattolo a mio fratello”.
Arthur scoppiò a ridere. Si immaginava la scena e non poteva far altro che pensare quanto dovesse essere stata carina Gwen.
“Non ti facevo così ribelle Ginevra”, le disse sorridendole.
I due continuarono a parlare della loro infanzia per tutta la mattinata.
 
_____
 
Gwen stava fissando le due spade appese al muro. Le conosceva bene, d’altronde era suo padre che le aveva forgiate. Avrebbe sempre voluto imparare a combattere, così da essere totalmente indipendente e non il peso che devo essere salvato.
“Mi insegni?”, chiese ad Arthur, afferrando una delle spade.
Arthur la guardò riluttante, non sapeva cosa fare, ma quando guardò nei suoi occhi capì quanto ci teneva, quindi accettò. Tanto nessuno avrebbe sentito il rumore delle spade, poiché i cavalieri stavano facendo il loro allenamento e gli altri funzionari di corte si trovavano nell’altra ala del palazzo.
Gwen gli porse l’altra spada.
“Metti questo piede un po’ più avanti… ok perfetto”, disse sorridendole.
I due si allenarono per parecchio tempo, tra un bacio e l’altro. Chi perdeva il combattimento doveva pagare e il prezzo era un bacio, perciò spesso Arthur faceva vincere Gwen, anche se molte volte era stata lei a batterlo.
Quando finirono di allenarsi, Arthur rimise le spade apposto e tirò Gwen verso di sé, stringendola forte e baciandola.
“Gli allenamenti così sono molto più piacevoli”, disse lui guardandola negli occhi.
“Quindi ora inizierai a chiedere ai cavalieri di baciarti quando perdi un combattimento?!”, disse lei ironica. Entrambi scoppiarono a ridere.
 
 
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“La cena era squisita”, commentò Gwen posando la forchetta sul tavolo.
Arthur le sorrise, poi si alzò per andare a cambiarsi.
Sapere che Arthur era nudo dietro il separé rendeva Gwen alquanto imbarazzata e cercò in tutti modi di riempire la sua mente con altri pensieri, fin quando Arthur non rispuntò nella camera.
Si era cambiato solo i pantaloni e non indossava nessuna maglietta.
Non puoi farmi questo, pensò Gwen, mentre Arthur le si avvicinava.
“Tieni questi non dovrebbero essere troppo larghi”, disse porgendole alcuni suoi vestiti e indicandole il separé.
Gwen indossò la sua maglietta e annusò il suo odore, cosa che la fece sorridere; poi indossò i suoi pantaloni, ma non le piaceva molto come le stavano. Non voleva uscire da lì dietro e sembrare una completa idiota di fronte ad Arthur… che era a torso nudo. Questo è un gioco che si può giocare in due, pensò lei togliendosi i pantaloni e quando fu certa che la maglietta copriva tutto quello che doveva coprire uscì fuori.
“Ginevra…”, disse lui sorpreso.
Rimase qualche minuto a fissarla e avrebbe continuato a farlo se Gwen non avesse interrotto il silenzio.
“Come facciamo adesso?”, chiese lei imbarazzata.
Arthur le lanciò uno sguardo interrogativo.
“C’è un letto solo”, gli spiegò.
“Oh, tranquilla, dormirò su un materasso”, le rassicurò lui.
“No, dormirò io lì. Questa è camera tua, non posso dormire nel tuo letto”.
“Non è una cosa discutibile Ginevra, non ti lascerò dormire sul materasso”, controbatté lui.
“Neanche io, non poteri mai e non lo farò”.
Ci fu qualche secondo di silenzio. Erano troppo testardi nessuno avrebbe lasciato l’altro dormire su un materasso scomodo.
“Oppure…”, iniziò a dire il principe imbarazzato per la proposta che stava per fare, “… potremmo….”, lasciò la frase i sospeso. “Sempre se a te sta bene”, aggiunse frettoloso.
Lei lo guardò shockata, le guancie si stavano colorando di rosso al ché lui sorrise. Adorava quando arrossiva.
“Certo, mi sta bene”, rispose lei infine.
Si sistemarono sotto le coperte, entrambi imbarazzati dalla situazione, ma contenti.
Lui la strinse forte a sé iniziando ad accarezzare le sue gambe nude sotto le coperte e affondando il viso nei suoi capelli. Gwen si sentì come colpita da un fulmine, tante scosse percorrevano il suo corpo e la avvolgevano in un caldo abbraccio. Si strinse ancora di più a lui, se possibile.
Entrambi si addormentarono con un’espressione di pace sui loro volti. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Durante tutta la notte erano sempre stati abbracciati l’un l’altro anche se in  posizioni diverse, fino a quando di mattina non si ritrovarono con le gambe intrecciate. Il viso di Gwen era nascosto nell’incavo del collo di Arthur, mentre il braccio di quest’ultimo la stringeva forte a sé come se qualcuno avesse potuto portargliela via durante la notte; la mano poggiata sulla sua schiena.
Gwen si svegliò e stampò un bacio sul collo di Arthur come se fosse la cosa più naturale del mondo. Lo sentì gemere di piacere nel sonno al ché le scappò un sorriso e continuò a lasciare una scia di baci che andavano dal collo fino al suo petto cercando di muoversi il meno possibile per non svegliarlo. Le piaceva stare tra le sue braccia, così stretta a lui e poter annusare il suo odore.
“Oh Ginevra, potrei abituarmici sai?”, disse lui d’un tratto e Gwen scoppiò a ridere, nascondendo di nuovo il viso nell’incavo del suo collo.
Arthur la baciò e poi fu lui a nascondere il viso nel l’incavo del suo collo, iniziando a restituirle tutti i baci che prima lei gli aveva dato.
 
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Era tardo pomeriggio. I due avevano passato l’intera giornata a chiacchierare e a ridere, ma non avendo nient’altro da fare nella camera decisero di uscire dal palazzo, attraverso il corridoio segreto dei servi, dove nessuno li avrebbe visti; e dirigersi verso il bosco per fare una passeggiata.
Camminavano mano nella mano, mentre ridevano e scherzavano.
“Oggi è davvero un giorno caldo”, commentò Gwen.
Arthur le sorrise e le fece chiudere gli occhi. La guidò cautamente, facendo attenzione che non cadesse e che non andasse ad urtare da nessuna parte.
Arthur la prese per i fianchi e la posizionò in un punto preciso.
“Ora puoi aprire gli occhi”, le sussurrò nell’orecchio.
Lei rimase senza fiato. Una vasta distesa d’acqua di un blu intenso si espandeva davanti a lei.
Si girò per ringraziare Arthur di averle fatto vede un posto de genere, ma non appena lo fece notò che lui stava per spingerla in acqua.
“Non ci provare”, disse Gwen ridendo, facendo scambio posto con lui.
Lui scoppiò a ridere prendendo le mani di lei fra le sue.
“Un bacio vale il perdono?”, chiese lui facendosi serio improvvisamente.
“È un inizio”, commentò lei con un sorriso e ricambiò il suo bacio.
Quando si staccarono, Gwen si vendicò spingendolo nell’acqua, ma i suoi riflessi fecero in modo che prima di cadere potesse afferrarla e trascinarla nell’acqua con sé.
“Ora chi è che si deve far perdonare?”, chiese Arthur imprigionandola tra le sue braccia.
Lei rise, poi si alzò sulla punta delle dita. Fermò le sue labbra a pochi millimetri da quelle di lui, per stuzzicarlo un po’, mentre lui non bramava altro che le sue labbra, così fu di nuovo lui a baciarla.
Lei circondò la vita di lui con le gambe, poi Arthur iniziò a camminare per uscire dall’acqua.
La adagiò cautamente sul terreno e si posizionò su di lei. Continuarono a baciarsi fino a quando Gwen non sentì dei rumori.
Arthur alzò lo sguardo, visto che era l’unico dei due che poteva vedere cosa accadeva intorno a loro, e vide in lontananza una pattuglia di Camelot.
Arthur si alzò di scatto e aiutò Gwen a fare lo stesso, poi i due iniziarono a correre verso Camelot.
Quando i due furono al sicuro, fuori le mura del regno, scoppiarono a ridere.
 
_____
 
Il tempo si era fatto ancora più afoso. Era la nottata più calda di sempre.
Le coperte erano sul pavimento, ai piedi del letto. Gwen e Arthur erano uno perpendicolare all’altro. Gwen era stesa, mentre Arthur aveva poggiato la testa sullo stomaco di lei. La mano sinistra di Gwen era intrecciata nel capelli biondi del principe, mentre la mano destra era intrecciata con quella di Arthur.
 

 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


“No, non ti alzare”, sussurrò Arthur mezzo addormentato.
“Prima o poi dovremo”, commentò lei ridacchiando.
In tutta risposta lui la strinse più forte a sé, affondando il viso nei suoi capelli.
Lei si girò, in modo tale da poterlo vedere in faccia e gli lanciò uno sguardo interrogativo.
Qualcosa non andava.
“Questa è la nostra ultima mattina nel letto insieme”, le spiegò.
“C’è ancora domani mattina”, disse lei confusa.
“No, perché Merlino torna stasera, quindi riprenderà il suo lavoro domani mattina e dato che conosco il mio servo, entrerà senza bussare e ci vedrà”, disse lui, arrabbiato e triste per il fatto che era l’ultimo giorno che avrebbe potuto passare con la sua Ginevra.
Lei gli accarezzò la guancia e al suo toccò Arthur chiuse gli occhi, sciogliendosi in quella carezza.
“Arthur, Merlino non è così stupido. Gaius gli racconterà che tu ti sei finto malato e lui già sa che io lo sostituisco. Collegherà i tasselli ”, lo rassicurò lei.
Lui riaprì gli occhi. “Merlino?”.
“Non sottovalutarlo”, disse lei facendosi scappare una risata.
Lui tentò di sorridere, ma fallì.
Gwen iniziò a preoccuparsi. “Cosa c’è che non va, Arthur?”, gli chiese.
“Non voglio che tu te ne vada domani”, confessò lui.
Arthur si era abituato così tanto alla sua presenza, sembrava naturale che loro fossero stesi nel letto insieme, sembrava naturale che loro si baciassero, era quello che Arthur aveva sempre voluto e stava per finire.
Lei aprì le braccia invitandolo, accettò senza pensarci due volte appoggiando la testa sul petto di lei, mentre quest’ultima iniziò ad accarezzargli i capelli.
Lui assaporò il momento, sentendosi al sicuro nel suo abbraccio, sentendosi amato.
 
….
 
I due stavano felicemente chiacchierando quando una melodia invase il castello.
“Che cos’è?”, chiese Gwen, alzandosi.
“Probabilmente sono gli intrattenitori che provano per la festa di domani”, le spiegò il principe.
Lei notò che a Gwen piaceva la melodia, così si alzò in piedi e le offrì la mano.
“Mi faresti l’onore di questo ballo?”, chiese lui.
Un sorriso che poteva illuminare il mondo compare sul viso di lei, che accettò il suo invito.
La mano destra di lui le cinse la vita, l’altra era intrecciata con quella di Gwen.
Iniziarono a volteggiare a ritmo di musica.
“Non pensavo sapessi ballare il waltzer”, commentò Arthur. Lei riusciva sempre a sorprenderlo.
“Neanche io”, ammise Gwen timidamente, “penso di averlo imparato guardando gli altri ballare”.
Lui le sorrise. Un giorno balleremo di nuovo insieme, alle nostre nozze, pensò il principe.
 
….
 
Quella notte fu Ginevra a decidere quale delle sue magliette usare per la notte e scelse la sua preferita, quella bianca. Quando Arthur la vide dovette usare tutte le sue forze per non saltarle addosso.
Arthur le prese la mano e la portò con sé. Lui si sedette sulla poltrona facendole segno di sedersi in braccio a lui. Gwen obbedì senza pensarci due volte.
La mano destra del principe era piazzata sulla gamba nuda di Gwen, mentre l’altra le cingeva la vita.
Arthur si chinò per baciarla. Lei sentì tutto l’amore e la disperazione in quel bacio. Disperazione per un sogno che stava per finire.
“Potremmo sempre rifarlo”, suggerì lei, al che gli occhi del principe si illuminarono di nuovo.
“Potrei dare dei giorni liberi a Merlino per andare a trovare la madre ogni mese”, ragionò il principe.
Gwen sorrise, il che fece sorridere Arthur.
Questa volta Arthur la baciò con amore, passione e speranza.
 

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