You and me against the world - Pensieri Pericolosi

di Spring Dania
(/viewuser.php?uid=8782)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Pensieri Pericolosi ***
Capitolo 2: *** Tutte le cose belle finiscono ***
Capitolo 3: *** Noi siamo ***
Capitolo 4: *** Sull'autostrada per l'Inferno... ***
Capitolo 5: *** ...e sulle scale per il Paradiso ***
Capitolo 6: *** Un mondo folle ***
Capitolo 7: *** Nessun occhio può vedere ***
Capitolo 8: *** Non dirò una parola ***
Capitolo 9: *** Un giorno perfetto ***
Capitolo 10: *** È abbastanza presto, ora? ***
Capitolo 11: *** Buchi neri e rivelazioni ***
Capitolo 12: *** Amore insano ***
Capitolo 13: *** Bizzarro ***
Capitolo 14: *** Veleno ***
Capitolo 15: *** Sopravvivenza ***
Capitolo 16: *** Sindrome del cuore inquieto ***
Capitolo 17: *** Il corvo e la farfalla ***
Capitolo 18: *** Il tempo in una bottiglia ***
Capitolo 19: *** Intorpidito ***
Capitolo 20: *** Fammi volare via ***
Capitolo 21: *** La tua donna ***
Capitolo 22: *** Folle ***



Capitolo 1
*** Prologo - Pensieri Pericolosi ***


I personaggi di questa fanfiction sono situati in un universo alternativo, nel nostro mondo, e appartengono a Masashi Kishimoto.
Scrivo per diletto e non a scopo di lucro.
È la mia prima ff… buona lettura. ^^

Prologo
Pensieri pericolosi
 

Tell me why are we, so blind to see
That the one's we hurt, are you and me
been spending most their lives, living in the gangsta's paradise
been spending most their lives, living in the gangsta's paradise
spending most our lives, living in the gangsta's paradise
spending most our lives, living in the gangsta's paradise
 
Gangsta's Paradise - Coolio

Altri dieci metri, solo dieci e ce l’avrebbe fatta.
Il silenzio della strada era tale che anche solo l’idea di romperlo sarebbe stata orribile.
Era notte, le 23:30 del 10 di ottobre.
Un uomo stava trascinandosi lungo la strada su cui sorgeva, imponente, un grande edificio a cui aveva pensato nel disperato tentativo di risolvere il suo problema.
Non voleva che finisse così, non lo voleva affatto, ma era l’unica possibilità di sopravvivere, almeno per il fagottino che reggeva tra le braccia. Lui non ce l’avrebbe fatta e l’avrebbe testimoniato, a chiunque l’avesse trovato, la grossa ferita che si vedeva lungo l’addome.
Aveva sbagliato con loro e adesso doveva pagare.
L’orfanotrofio era il luogo più vicino che aveva potuto raggiungere nel suo stato.
Si arrampicò lungo gli scalini che conducevano al portone del grande edificio, posò il neonato a terra e, dopo essersi accasciato sul marmo pulito, spirò.
Il mattino dopo fu l’urlo della cuoca, alla vista del cadavere, a risvegliare la curiosità e il panico tra i bambini dell’orfanotrofio e gli amministratori.
La polizia riconobbe immediatamente l’uomo a causa della sua fedina penale sporca, della criminalità che si muoveva tra le strade di Tokio e che formava le famose bande rivali.
Sarutobi, il dirigente dell’orfanotrofio, prese con se il piccolo e lo affidò alle donne presenti nella struttura, mentre erano in procinto di fare colazione.
“Signore.” Il medico dell’infermeria si rivolse a Sarutobi con grande rispetto. “La polizia le ha detto il nome di questo bambino?”
Il dirigente dell’orfanotrofio fissò il piatto di ramen che era appena stato riposto sul tavolo e poi alzò lo sguardo, le dita delle mani intrecciate tra di loro.
“Si, si chiama Naruto. Naruto Uzumaki.”

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Tutte le cose belle finiscono ***


Ci ho lavorato tutto il giorno... spero che vi allieti... purtroppo l'inizio non mi viene mai bene ma penso che il seguito si prospetti meglio ;-)
 
Capitolo 1
Tutte le cose belle finiscono
 
 
Honestly what will become of me?
Don't like reality
it's way too clear to me
but really life is daily…
We are what we don't see…
Missed everything daydreaming.
 
All good things – Nelly Furtado
 
15 anni dopo…
 
 
“AHAHAHAH!!! Che opera d’arte! Che opera d’arte!”
“Sei sempre la solita testa quadra, Naruto…”
A quell’affermazione, un ragazzo dalla chioma bionda come i raggi del sole si voltò verso il compagno che l’aveva pronunciata: lo fissò con i suoi occhi azzurri mentre la sua espressione allegra e divertita si tramutava in uno sguardo corrucciato e poco lusinghiero.
Il ragazzo di quindici anni dinanzi a lui sembrava il suo opposto, sia nel carattere sia nell’aspetto: aveva gli occhi e i capelli neri come la pece e al seguito un grande manipolo di ammiratrici; chiunque l’avesse voluto descrivere, avrebbe sottolineato la sua bellezza esteriore a parità di quella sua riservatezza a volte massacrante che però lo rendeva diverso dagli altri.
Soprattutto da Naruto.
“Sasuke, hai qualche problema? No dico… hai visto cos’ho fatto? Sono riuscito a risolvere questa equazione nel giro di un minuto, mentre tu ne hai impiegati cinque… HO BATTUTO IL TUO RECORD DA UN PEZZO! NON TROVI?!”
“Non c’era bisogno però di imbrattare tutta la lavagna, potevi farla su un foglio. Sai com’è, la signora delle pulizie aveva appena finito di pulire.”
Il biondino si voltò verso la lavagna un tempo nera, che adesso sembrava ricoperta da una superficie indelebile di zucchero a velo.
Sorrise lievemente e abbassò la mano che stringeva il pezzo di gesso un tempo molto lungo: erano in quella classe da circa dieci minuti, erano riusciti ad eludere la sorveglianza del bidello e adesso stavano cercando di ingannare il tempo.
Mancavano altri dieci minuti al suono della campanella, alle 8:30.
Naruto guardò il compagno mentre cercava di ripulire la lavagna che aveva sporcato: Sasuke Uchiha non era una persona che poteva certo essere definita da Naruto amico; ma era errato definirlo anche nemico.
Si conoscevano da quando erano bambini e avevano attraversato tutto il loro percorso di studi assieme, tra momenti felici, imbarazzanti e snervanti.
Erano però molto diversi.
Naruto aveva vissuto una vita intera senza la figura dei genitori.
Il giovane Uzumaki era figlio di una delle personalità più importanti tra le bande rivali della città e, secondo i pareri di coloro che non lo conoscevano, si prospettava per lui un futuro pessimo, segnato o dall’ambiente della criminalità o dal continuo bisogno di essere accettato dagli altri, perché lui valeva più di quei criminali che giravano di strada in strada.
Il giovane Uchiha, invece, aveva conosciuto i suoi genitori, che erano morti circa sette anni prima.
Questo per colpa del fratello maggiore, Itachi, che col tempo era stato influenzato dagli ideali che scorrevano tra le stesse bande rivali che avevano rovinato il futuro di Naruto e il suo, quegli ideali presenti negli ambienti che frequentava normalmente, come la scuola, il lavoro estivo o le attività pomeridiane come il pugilato e alcune arti marziali come il Ju-Jitsu.
Il torto subito da Sasuke, da parte di Itachi, era qualcosa di indescrivibile perché il padre era stato proprio il capo della polizia di Tokio.
Anche Naruto e Sasuke praticavano quel tipo di combattimento nel tempo libero.
Sarutobi, il dirigente dell’orfanotrofio, ricordava benissimo la volta in cui Naruto era tornòato da scuola pestato.
Lui credeva in quel ragazzino. Dunque si era rimboccato le maniche.
Specialmente, in aiuto di Naruto, era giunto un ragazzo più grande che aveva passato parte della sua giovinezza nell’orfanotrofio, proprio perché i suoi genitori erano stati uccisi in un tentativo di rapina di una banca da parte di alcuni amici del padre di Naruto. Ma questo il giovane Uzumaki non lo sapeva.
Iruka Umino, insegnante di matematica presso la scuola media del quartiere, non lo aveva rivelato a nessuno, eccetto al dirigente dell’orfanotrofio.
Ma questa è un’altra storia.
Iruka era proprio il professore della classe che Naruto e Sasuke frequentavano: erano al terzo anno e poco mancava al mese di marzo, agli esami.
Egli entrò nella classe e si sorprese, non tanto per la presenza di Sasuke ma per la figura gioiosa di Naruto, che di solito arrivava in ritardo.
Iruka sgranò gli occhi. “Voi non dovreste aspettare fuori come tutti gli altri?”
“Professor Iruka! Ho battuto il record di Sasuke!”
Il giovane insegnante sorrise di fronte all’allegria del suo allievo a cui era più affezionato: certo era l’unico che si permettesse di accompagnare l’appellativo di professore al suo nome e non al cognome.
Sasuke emise l’ennesimo sbuffo di quella mattina; Iruka fece per rispondergli ma lo interruppe il suono della campanella.
“Cavolo, come passa il tempo.” Disse Naruto mettendosi una mano dietro la testa e raggiungendo il compagno al suo posto.
In pochi secondi l’aula si riempì di persone e, come da copione, il biondino si ritrovò spazzato via dal suo posto dal manipolo di ammiratrici di Sasuke di cui parlavamo prima.
“Mi siedo io accanto a Sasuke!”
“No io!”
“Io!”
La figura intimidatoria di una ragazza dai capelli rosa si fece strada tra le ragazze e, senza troppi preamboli, si accomodò accanto al giovane Uchiha.
“Come stai Sasuke?” gli chiese sorridendo dolcemente.
“Sakura…” Naruto guardò gli occhi verdi della ragazza con un misto di tristezza e di rabbia; gli piaceva quella ragazza ma certe volte lo faceva proprio innervosire, perché aveva occhi soltanto per Sasuke, che in quel momento sembrava disposto a tutto tranne che a guardar ragazze.
Naruto si alzò. “Uff… che rottura…” e, dopo aver lanciato un’occhiataccia al compagno, voltò lo sguardo verso la classe in cerca di un posto da occupare.
“Avanti, diglielo Hinata…”
“Mi vergogno Kiba…”
“Di che ti devi vergognare, diglielo e basta.”
La quindicenne dai capelli neri e gli occhi color della neve scosse la testa diventando tutta rossa.
“Ok, lo faccio io…” un ragazzo dagli ispidi capelli castani alzò il braccio. “Ehi, UZUMAKI! Qui c’è un posto!”
Naruto si voltò verso la fonte della voce e vide Kiba, un suo compagno di classe con cui praticava Ju-Jitsu, che spesso stuzzicava e da cui veniva stuzzicato.
“Dici a me?”
“E a chi, testa quadra, quante altre persone conosci che si chiamano Uzumaki?” il ragazzo sembrò pentirsi di aver invitato il compagno a sedersi vicino alla sua compagna di banco, Hinata.
“Ciao… N-n-naruto…”
“Ehi ciao Hinata!” Naruto sorrise solare all’amica, com’era solito fare. “Aspetta che mi sistemo il cravattino così sono più affascinante.”
La ragazza divenne più rossa di prima e cercò di nascondersi ma Kiba, prontamente, avviò una conversazione molto animata con lui. “Allora Naruto, hai saputo che alla fine anche Hinata si iscriverà al liceo scientifico nell’indirizzo di informatica?”
Naruto sorrise. “Mi fa molto piacere! A questo punto siamo in cinque della nostra classe a frequentare quell’indirizzo! Sei riuscita a convincere tuo padre, vero?”
La giovane Hyuuga, che era a dir poco incandescente, annuì molto lentamente.
Il biondino rifletté un momento e prese a guardare Kiba, che ricambiò lo sguardo: il padre di Hinata era famoso tra i docenti della classe per l’autorità che era abituato ad esercitare sulla figlia, non a caso la famiglia Hyuuga era una tra le più ricche della città e risiedeva in una grande abitazione in campagna.
Dopo qualche minuto di conversazione generale da parte di tutta la classe, Iruka esordì rivolgendosi ai suoi studenti.
“Allora ragazzi, gli esami sono imminenti ed è meglio dedicarci ad un ripasso generale di matematica. Vediamo…” Iruka prese a scorrere il registro. “Allora… Haruno e Uzumaki, alla lavagna.”
Naruto ridacchiò sotto lo sguardo dolce di Hinata mentre si alzava: il ragazzo era migliorato molto nel corso di quei lunghi tre anni di scuola media; non lo conosceva dai tempi delle elementari come Sasuke Uchiha ma spesso si parlava di lui come un bambino movimentato ed arrogante che però era stato seguito di continuo proprio dal loro insegnante di matematica, si diceva in giro che si conoscessero bene.
“Vediamo… Naruto, potresti illustrare alla classe i vari procedimenti di risoluzione di un’equazione di secondo grado?”
“Certamente professore…”
 
“Bravo Naruto, non credevo che potessi sostenere così bene un’interrogazione.”
Sakura si stava complimentando con lui e stava sorridendo lievemente.
“Lo pensi davvero?”
“Si. Però non sei certo a livello di Sasuke.” La ragazza prese a rivolgere gli occhi al cielo con sguardo sognante.
“Ma ce l’avete tutte con questo Sasuke… io lo conosco da anni e non ci trovo niente di speciale.”
“Si vede che non ne capisci di ragazzi e ragazze.”
Naruto le si parò davanti e fece un sorriso molto malizioso. “Tu dici?”
“NARUTO! LEVATI DAI PIEDI!”
“Ahia! Che male… che bisogno c’era di colpirmi?!”
“Smettila di fare lo stupido.”
“Come vuoi…” sospirò il ragazzo stancamente, continuando a camminare lungo la strada che conduceva all’orfanotrofio.
“Allora Sasuke, come sono andata all’interrogazione oggi?”
“Magnificamente…” commentò l’Uchiha senza troppo entusiasmo.
 
Che noiosa…
 
Naruto fissò la coppia davanti a lui accigliato, lui avrebbe pagato pur di essere al posto di Sasuke e ricevere le attenzioni di Sakura.
“Ehi! NARUTO!”
Il biondino si voltò: dietro di lui correva Kiba.
“Stasera tu e Sasuke venite in palestra?”
“Certamente.” Naruto sorrise fieramente. “Dobbiamo allenarci per la cerimonia di consegna della cintura marrone di aprile, l’aveva detto il maestro, no?”
“Naruto, siamo arrivati.”
La voce di Sasuke interruppe la conversazione tra Naruto e Kiba. Effettivamente l’orfanotrofio era proprio dinanzi a loro.
“Non vedo l’ora di diventare maggiorenne… così me ne vado via da questo posto…” Naruto fece una smorfia.
“Non potete uscire la sera, vero?” Sakura intervenne con un tono di voce leggermente rammaricato: molto tempo prima considerava l’esuberanza e l’arroganza di Naruto delle caratteristiche assimilate col tempo per l’assenza dei genitori.
Sasuke le aveva risposto a tono, dicendole che il suo carattere non dipendeva dall’assenza dei genitori ma dal fatto che fosse solo in ogni caso.
“Abbiamo un limite fino alle 19:30… dopo c’è la cena.” Sasuke rispose col suo solito tono inespressivo ed apatico.
“Va bene… ragazzi.” Kiba fece un cenno di saluto. “Io me ne torno a casa, dopo devo portare Akamaru a spasso… ci vediamo più tardi all’allenamento!”
“Ciao Kiba!” i tre lo salutarono all’unisono e lo videro scomparire verso la strada principale.
“Posso venire al vostro allenamento?” la voce di Sakura ruppe il silenzio che si era creato lungo gli ultimi venti metri di strada.
“Mi piacerebbe tantissimo!” disse Naruto con entusiasmo, nonostante la ragazza pendesse solo dalle labbra di Sasuke, che si mossero in due semplice parole.
“Si, certo…”
 
L’atmosfera della palestra era velata dall’odore dei fiori di campo appena colti e da quello del sudore di ogni persona presente.
 
Torsione del braccio destro dietro la schiena…
Gli blocco il sinistro…
Preparati al volo... Naruto...
 
Sasuke riuscì a far cadere Naruto, dopo averlo bloccato. Lui si mise seduto e piegò una gamba, massaggiandosi il braccio. “Uffa…”
“Per oggi basta ragazzi, ci vediamo tra due giorni.”
“Si, maestro.” I due si inchinarono, giungendo le mani.
Sakura sorrise lievemente e uscì dalla palestra. I suoi compagni la raggiunsero dopo circa venti minuti e decisero che l’avrebbero accompagnata a casa prima di tornare all’orfanotrofio.
“Sei veramente bravo, Sasuke.”
“Mmh…”
“Ehi, guarda che ci sono pure io.” Naruto mise un broncio che fece ridacchiare Sakura per qualche minuto.
Poi parlò. “Sapete, aspetto con ansia gli esami, non vedo l’ora di cominciare il nuovo corso di studi.”
“Hai saputo che con noi ci sarà anche Hinata?”
Sasuke alzò lo sguardo. “Pensavo che suo padre non glielo permettesse.”
“No, è riuscita a convincerlo.” Disse il biondino con un largo sorriso.
“Mi fa piacere per lei.” Disse Sakura sorridendo a sua volta: Hinata era forse l’unica ragazza della sua classe con cui non avesse legato molto ma, a dir la verità, non le sarebbe dispiaciuto cercare di condividere qualcosa con quella ragazza tanto timida quanto misteriosa.
“AAAAAAH… ho una fame che mi mangerei tutta la dispensa dell’istituto.”
“Sei sempre la solita testa quadra.” Disse Sakura. “Stavamo facendo un discorso serio e guarda come hai rovinato tutto.”
“Eh dai, tu non ti sei allenata per un’ora di fila!”
“Tutte scuse!”
Sasuke sbuffò leggermente, in vista del solito battibecco tra Naruto e Sakura.
Non volle richiamarli come faceva di solito e forse fu proprio quest’azione che gli permise di cogliere un movimento sospetto dietro l’automobile posteggiata a qualche metro di distanza.
Si fermò.
Sakura e Naruto continuarono a punzecchiarsi e solo dopo qualche secondo si accorsero dell’immobilità dell’amico e del suo sguardo profondamente interdetto.
“Che ti succede, Sasuke?” chiese Sakura perplessa.
“Sakura, dietro Naruto.”
“Sasuke, cosa c’è che non va?” chiese Naruto improvvisamente serio.
“Non te ne sei accorto? Qualcuno ci sta seguendo.”
Gli occhi dei due compagni sembrarono uscire fuori dalle orbite. Sasuke si mise in posizione di attacco, facendo una di quelle tante mosse di Ju-Jitsu che aveva praticato proprio l’ora precedente.
Naruto lo imitò e stando in silenzio si accorse finalmente del fatto che qualcuno li stesse spiando.
Quando uscì allo scoperto fu il primo ad attaccare e come di consueto, urlò.
“AAAAAAAAAAAH! NON MI SCAPPI!”
Riuscì ad immobilizzare l’avversario.
“BRAVO NARUTO!” urlò Sakura.
Questi però, in tutta risposta, si liberò senza troppe esitazioni, facendo fare a Naruto un volo di tre metri lungo la strada, muovendo solo il braccio.
“Oh, no!”
Si voltò verso Sasuke. “È te che voglio, Uchiha!”
“Come fai a conoscere il mio nome?!”
“Tutti gli abitanti della città conoscono il tuo nome!”
Sasuke strinse i denti. “Dimmi chi sei.”
“Il mio nome è Orochimaru.”
 
Flames to dust
Lovers to friends
Why do all good things come to an end?
Flames to dust
Lovers to friends
Why do all good things come to an end?
come to an end come to an
Why do all good things come to end?
come to an end come to an
Why do all good things come to an end?
 
Travelling I only stop at exits
wondering if I'll stay
young and restless…
Living this way I stress less…
I want to pull away when the dream dies,
the pain sets it and I don't cry,
I only feel gravity and I wonder why…  
 
All good things – Nelly Furtado

Ringrazio NINA, Inu_Kagghy, Beckil, mimi, Hinata-chan 6 e _Ellis_ per le loro recensioni, cercherò di migliorarmi comunque e appena ci avrò preso meglio la mano e saremo più avanti con la storia vi riserverò delle sorprese su questa ff. ^^

Ancora l'arrivo di Kakashi e degli altri personaggi è un po' lontano...  XD

A presto, un bacio, Asdrel ^^


Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Noi siamo ***


Allora… vi ringrazio tantissimo per le recensioni, non credevo che una storiella di questo calibro potesse suscitare tanto entusiasmo tra i lettori, sono molto contenta! ^^
Commenterò le vostre recensioni a storia finita… intanto godetevi questo secondo capitolo. ^^
 
 

Capitolo 2
Noi siamo
 
 
See the devil on the doorstep now…
My oh my…
Telling everybody, oh just how to live their lives,
sliding down the information highway,
buying in just like a bunch of fools.
Time is ticking and we can't go back…
My oh my…
 
We are – Ana Johnsson
 
“Orochimaru..?” mormorò Naruto a voce bassa. “Che razza di nome è..?”
“Zitto..!” mormorò Sakura a voce bassa ma alterata.
Orochimaru aveva un aspetto orribile: Il suo volto era mascherato dall’ombra ma si potevano notare degli unti capelli neri che scendevano, lunghi, da sotto il cappello.
Il suo sguardo era a dir poco agghiacciante: a parere di Sakura, non riusciva a capire se portasse le lenti a contatto o se quel dorato fosse il colore naturale dei suoi occhi.
Il colorito della sua pelle era latteo, pallido come un cencio e sul suo volto spiccava un largo sorriso di malvagità.
Sakura prese a sudare freddo di fronte a quella visione inquietante della natura umana. No, forse non era propriamente umano… perché quel suo volto aveva un che di scheletrico e il suo naso lungo e leggermente appiattito ricordava la testa di un serpente.
I tre rimasero immobili sotto quello sguardo perverso e la sua visione fu ancora più spietata quando videro la sua lingua uscire dalla bocca, per leccarsi le labbra.
“Ma non ti sei visto? Sei disgustoso…” intervenne nuovamente Naruto.
Orochimaru non lo degnò di uno sguardo bensì continuò a fissare Sasuke.
“Sai, si diceva in giro che tu fossi una persona veramente molto prudente.”
“Sei tu quello che si è esposto.” Disse Sasuke a tono.
“INFATTI! Non siamo molto felici di vedere il tuo brutto muso!”
“Finiscila…!!!” la tempia di Sakura rischiò di scoppiare per l’agitazione, incitata dalle frasi sprovvedute di Naruto.
“Io non ho pensato mai il contrario. La tua soglia della pazienza è veramente molto lontana.” Il suo tono di voce metteva i brividi.
“Che cosa vuoi?”
“Permettimi di dirti una cosa, prima di passare alla proposta vera e propria…” Orochimaru alzò lievemente il capo e lo guardò. “So che pratichi Ju-Jitsu e sei più forte del tuo livello. Io posso aiutarti ad incrementare il tuo potere con arti marziali più serie.”
Sasuke non voleva trattenersi troppo in dialoghi con tipi del genere.
Poi notò qualcosa che avrebbe voluto vedere molto tempo prima e che risvegliò in lui un sentimento di vendetta già provato.
Sul suo braccio sinistro, sopra la veste nera, stava legato un fazzoletto azzurro con disegnato un piccolo serpente.
“Io posso darti proprio quel potere che a te serve, l’autorità che desideri per liberarti di tuo fratello, dell’organizzazione dell’Akatsuki.”
A sentire quei nomi, quell’incitazione, alla vista di quel fazzoletto, in mente gli vennero ricordi, ritagli di giornali letti per anni sino al giorno prima, serate in palestra a sudare sotto lo sguardo vigile del suo insegnante o giornate passate all’orfanotrofio assieme al biondino che adesso si muoveva febbrile dietro di lui.
Sasuke si ricordava bene del fazzoletto dell’Akatsuki, era nero e rosso.
Ne possedeva uno perché Itachi, a distanza di tre anni dallo sterminio della famiglia, lo aveva cercato mentre usciva da scuola.
Quel giorno Naruto era ammalato…
Sul fazzoletto era stata cucita una targhetta su cui erano scritti il nome e il numero di cellulare di Itachi.
 
Se non dovessi essere io a cercarti… dovrai essere tu in grado di trovarmi…
 
Da quel momento lo portava sempre con se, nel caso in cui un giorno avesse deciso di abbandonare quello che aveva costruito per sfidare una volta per tutte il fratello maggiore.
“Sasuke, non lo ascoltare.” Disse Sakura di botto, con una serietà che nessuno si sarebbe mai aspettato. “Non sei il tipo disposto a diventare la pedina nelle mani di qualcuno. Avrai modo di vendicarti di tuo fratello, con metodi più legali.”
Orochimaru, in tutta risposta, lanciò alla ragazza quello che sembrava uno spillo lungo una decina di centimetri e molto affilato.
Naruto la fece abbassare velocemente e il senbon le sfiorò lo zigomo destro, su cui comparve un taglio non profondo che però determinò un leggero tremore nella ragazza.
Una scintilla parve attraversare l’azzurro degli occhi del biondino, una scintilla rossa che si sarebbe volentieri tramutata in fuoco, visto che le sue pupille erano rivolte all’indirizzo del nemico.
Il biondino strinse il pugno e divenne una maschera di puro disprezzo, mentre fissava Orochimaru.
“Ti avverto, lottatore di arti marziali più serie dei miei stivali…”
Orochimaru alzò lo sguardo verso di lui e persino Sasuke si voltò a guardarlo.
“…non la toccare mai più.”
 
Perché Sasuke non si muove..? Dov’è Kiba quando serve?!
 
Naruto non poté fare a meno di pensare al suo amico e alle efficaci tecniche di combattimento che conosceva oltre a quelle del Ju-Jitsu.
Non si diede per vinto però: anche se il suo amico era un ottimo lottatore, soprattutto se sfruttava le armi snodabili, lui era determinato e si sentiva in grado di difendersi.
Non quanto Sasuke, ovvio… ma questo non voleva dire che fosse un incapace.
Si mise in posizione di difesa e stette in silenzio, in atto di chi aspetta.
 
Kiba era uscito dalla palestra già da dieci minuti: il sole stava calando e solo qualcuno si aggirava per strada a quell’orario.
Si diresse verso una traversa poco lontana e si rese conto di essere in perfetto orario.
“Kiba!”
Il giovane ragazzo andò incontro alla compagna, stringendo la sua sacca con il materiale per la palestra. “Ciao piccola! Com’è andato l’esame?”
Hinata corse verso di lui con il sorriso sulle labbra: teneva in spalla un borsone dall’aria ingombrante. Aveva appena conseguito l’esame d’ammissione in una scuola di arti marziali dove si praticava Wing Tsun, un’arte molto simile al Ju-Jitsu che si basava a sua volta sul prevalere su avversari grossi e forti anche se si era fisicamente deboli.
Kiba non aspettò risposta dalla compagna.
“Da come sorridi, penso proprio che sia andato bene.”
Hinata annuì mentre arrossiva lievemente.
Kiba era una delle pochissime persone che frequentava e che l’aveva sempre aiutata nei momenti più difficili, soprattutto quando si trovava in cattivi rapporti con suo padre, il famoso Hiashi Hyuga.
“In quanti avete fatto l’esame?”
“Eravamo cinque… ma siamo passati solo in due, io ed un ragazzo che si chiama Shino Aburame.” Hinata si sforzò di ricordare il nome di quello strano ragazzo silenzioso che era stato esaminato per primo.
“Tuo padre ha assistito?” chiese Kiba con leggera esitazione.
La ragazza trattenne il respiro e abbassò lo sguardo.
Kiba pensò che sarebbe stato meglio cambiare argomento ma venne interrotto da Hinata. “Senti, io torno a casa con l’autista, ti serve un passaggio?”
“Si, accetto volentieri, grazie, sono giusto un tantino stanco… oggi con Naruto ce le siamo veramente suonate, non ho tutta questa voglia di fare il tragitto a piedi che porta alla fermata dell’autobus. Mi salvi la vita.” Disse il giovane Inuzuka ridendo, mettendosi una mano tra i capelli castani.
“Bene, allora dobbiamo andare da questa parte.” Disse Hinata sorridendo.
Continuarono a camminare per qualche altro minuto, attraversando qualche traversa e parlando del più e del meno.
“Comunque, grazie per stamattina.” Disse Hinata ad un certo punto.
“Per cosa?”
“Grazie per Naruto. Capisco che dovrei essere io quella a farmi avanti ma è solo grazie a te se Naruto oggi si è seduto accanto a me e lo farà anche per gli ultimi giorni dell’anno scolastico.”
Kiba inclinò gli occhi in una buffa espressione di contentezza che però fu storpiata da un improvviso sguardo di perplessità.
“Che succede Kiba?”
Il ragazzo le fece segno di stare in silenzio e ascoltò per un momento le voci che provenivano da dietro l’angolo dell’isolato.
Hinata obbedì e prese ad ascoltare a sua volta. Impallidì.
“Ti avverto lottatore di arti marziali più serie dei miei stivali… non la toccare mai più.”
 
“E tu pensi che io possa dare conto ad un simile aborto della società civile? Uzumaki?” Orochimaru fece un sorriso di ripugnante malvagità. “Non lo sai che l’organizzazione di tuo padre era quella più debole della città? Se proprio tuo padre c’è rimasto secco c’è un motivo.”
Naruto trasalì. “TI FACCIO VEDERE IO!”
“NARUTO FERMATI!!!” Sakura aveva le mani sulla bocca e gli occhi che traboccavano di lacrime.
Il ragazzo dalla chioma bionda fece un salto e col pugno già preparato si protese verso Orochimaru.
La situazione degenerò: Orochimaru estrasse da sotto la giacca un pugnale della lunghezza di trenta centimetri e lo sferrò verso Naruto.
Sasuke fissò la scena sconvolto, Sakura non aveva più il coraggio di guardare.
 
Oh no… È la fine…
 
Prima di chiudere gli occhi, Naruto fece un’espressione inorridita, lasciandosi cadere di schiena, mentre il pugnale viaggiava verso di lui, ormai in trappola.
Non vide la scena che si parò dinanzi agli occhi di Sasuke e Sakura, non vide il terrore nei loro occhi per il pericolo che lui stava correndo e che avrebbero corso anche loro, probabilmente.
Non vide nemmeno lo shuriken a stella che viaggiò verso quel coltello tanto affilato e che lo deviò per un soffio.
Naruto sentì il loro suono metallico e quando si rese conto che la lama non stava arrivando più, si decise a riaprire gli occhi e a rialzarsi velocemente.
Orochimaru aveva uno strappo sulla spalla e una strana espressione di dolore sul volto: sembrava quasi innaturale.
“Chi si vede… il ninja-copia…” mormorò a voce bassa.
Naruto si voltò e vide un uomo molto alto, vestito interamente di blu, il cui volto era mascherato: si intravedeva solo un occhio scuro e da sopra la maschera emergeva una grande quantità di capelli argentei.
“Orochimaru… non credo che questi siano avversari di cui vantarsi. Vattene.”
“Per una volta seguirò il tuo consiglio… non prima però di aver fatto quello che dovevo fare sin dall’inizio.” Il lottatore dal colorito perlaceo sciolse il nodo che legava il suo fazzoletto azzurro al braccio e lo lanciò al giovane Uchiha, che lo prese e lo infilò in tasca velocemente.
“Così saprai dove trovarmi.” Orochimaru lanciò un fumogeno verso il suo nuovo avversario e scomparve definitivamente.
Sakura cadde ginocchioni, esausta. “Credo che prenderò in considerazione l’idea di iscrivermi ad un corso di auto-difesa…”
“Non dovreste aggirarvi in posti come questi ad una certa ora.” Disse lo sconosciuto che li aveva aiutati ad affrontare il temibile lottatore di pochi minuti prima.
Naruto si alzò e strinse il pugno. “È una vera sfortuna, visto che in questi posti noi ci viviamo.”
“E dov’è che vivresti, scusa?”
“All’orfanotrofio.” Disse Naruto con leggera stizza. “Ci vivo per colpa di tipi come quelli.” Aggiunse indicando il luogo in cui prima si trovava Orochimaru.
“Mmh… poveretto.” Intervenne l’uomo dai capelli argentei. “Va bene… ci vediamo ragazzi, state più attenti.”
I tre rimasero immobili. Quando la figura scomparve, Sakura ritornò del tutto in se. “Ragazzi, mi accompagnate a casa, così la facciamo finita?”
Sasuke annuì e affondò la mano nella tasca in cui si trovava il fazzoletto appena ricevuto in dono da quel ninja pericoloso di nome Orochimaru.
Il gruppo si era già sciolto in due parti, quando giunsero a casa di Sakura, e Naruto e Sasuke si affrettarono a raggiungere l’orfanotrofio prima che chiudessero i portoni.
La cena era pronta da un pezzo e, mentre i due erano in bagno, Naruto diede voce a qualche pensiero che si era manifestato nella sua mente al momento in cui si erano ritrovati ad affrontare Orochimaru.
“Mi spieghi perché non hai mosso un dito?”
Sasuke si voltò di scatto verso di lui. “Cosa vorresti dire?”
“Non hai fatto niente. Capisco che Sakura dovesse stare dietro di me ma c’è mancato poco che ci rimettesse le penne con quel senbon o che io andassi all’altro mondo con quel pugnale.”
Sasuke rimase in silenzio, con uno sguardo indecifrabile.
Naruto invece lo fissò con una chiara espressione irata.
“Va bene che provi rancore nei confronti di tuo fratello… anche io sono rimasto solo, sebbene la mia situazione sia diversa dalla tua. Ma se vuoi veramente vendicarti di tuo fratello, dovevi avere il coraggio di sfidarlo… era per te stesso, per Sakura nonostante dice che esistono metodi legali per farla pagare a Itachi… ti sei comportato da coniglio.”
Sasuke non poté obiettare: Sarutobi li aveva appena raggiunti e aveva ordinato loro di presentarsi presso la mensa.
Ma quando fu sicuro di non essere sentito da nessuno, Sasuke si voltò verso Naruto e fece un sorriso arrogante. “Tu sei giusto uno di quelli che vorrei sfidare.”
 
What about the world today?
What about the place that we call home?
We've never been so many
and we've never been …
so alone…
Keep watching from your picket fence,
you keep talking but it makes no sense,
you say we're not responsible
but we are, we are…
You wash your hands,
you come out clean,
but fail to recognize the enemy's within…
You say we're not responsible
but we are, we are…
We are…
 
We are – Ana Johnsson
 

L’angolo per i lettori:
Aaaah… che sollievo aver digitato questo capitolo… già al secondo mi era venuto un blocco…
 
x  Beckil: mi fa piacere che la pensi così, purtroppo credevo di avere qualche problema in quest’ambito, come puoi vedere in questo capitolo il tipo coi capelli argentei (che penso conosciate bene ^^) è situato in tutt’altro contesto, anche se tengo molto al fatto che prima si mostri come un tipo un po’ cinico ed ironico e poi emerga il carattere che noi conosciamo bene. ^^
 
x eleanor89: eh si… purtroppo Naruto all’inizio è messo spesso sotto una cattiva luce, però si sa, alla fine risulta essere uno dei migliori per il suo carattere forte… poi ho voluto creare quel rapporto di amicizia con Kiba appunto perché, negli episodi subito dopo il tradimento di Sasuke, entrambi sono molto affiatati.
Per Sakura, penso proprio che cercherò di mettere su qualcosa anche per lei, poverina… dopo questo capitolo penso che voglia correre ad apprendere lotta libera da John Cena LoL.
Comunque, ho letto la tua “Gelato alla fragola”, è stupenda ^______^
 
x mimi: XDDDDDDDD eeeeh… una storia non vale nulla senza i cattivoni come il serpentone, non ne posso fare a meno, mi spiace ^^”
 
x _Ellis_: guarda, Hinata è il mio personaggio preferito dopo Naruto, dopo questo capitolo aspetta di vederla quando ci sarà il suo “cambiamento” come nell’anime.
 
x hina22688: si, è una Naru/Hina anche se per vederli in seri rapporti sentimentali mi sa che dovrete aspettare un po’… ma è una Naru/Hina ;-)
 
x Nina: che allegria, mi tiri su di morale, continua a leggere :D
 
x Hinata-chan 6: Neko-girl… ho cominciato a leggerla, è davvero carina! Appena ho un secondo ti lascio un commento grande grande ;-) un bacio!
 
x Inu_Kagghy: Orociock LOOOOL non hai idea di quanto ho potuto ridere… non ci avevo proprio pensato a questo nomignolo! XDDDD
Per Iruka non potevo fare da meno, mi serviva la sua presenza perchè è così buono…  *_________* certo, il mio preferito è Kakashi, però Iruka è sempre Iruka :D
Comunque, la coppia principale, come ho già detto è quella di Naruto ed Hinata, però ti avverto che ci vorrà un po’ prima che si mettano realmente insieme.
 
x Yonoa: grazie!!! comunque ecco il capitolo che aspettavi ^^
 
x hinata_chan: la penso esattamente come te per le AU, perché la storia non dipende dalla trama come per quelle normali… comunque la canzone all’inizio piace tantissimo anche a me, è appunto la canzone introduttiva del film con Michelle Pfeiffer intitolato “Pensieri pericolosi” ^^
You and me against the world è invece il nome di un album di un gruppo norvegese, gli Apoptygma Berzek… se non li conosci, ascolta “In this together” ^^
 
Ok… ho sprecato più spazio per voi lettori che per la storia… questo significa che mi devo immediatamente mettere a lavoro… @_@

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Sull'autostrada per l'Inferno... ***


 

CCCCHIAAAAAAAAOOOO!!  Scusate, vi ho fatto aspettare molto per questo capitolo ma almeno è un pochino più lungo degli altri… comunque, ho aggiunto nelle note sulla storia la voce “Spoiler” perchè penso che in futuro tratterò materia presente nella seconda parte della prima serie e in quella Shippuden… ci tenevo ad informarvi, cari lettori, perchè la mia storia sarà divisa in tre parti… la prima parte è “Pensieri Pericolosi” che voi state leggendo, la seconda è “Continua a sognare” e la terza è “Sete di distruzione”… quindi preparatevi :D

 

 

Capitolo 3

Sull’autostrada per l’Inferno…

 

 

Livin' easy, lovin' free, season ticket on a one-way ride
Askin' nothin', leave m
e be, takin' everythin' in my stride
Don't need reason, don't need rhyme
Ain't nothing that I'd rather do
Goin' down, party time, my friends are gonna be there too

I'm on the highway to hell
Highway to Hell
I'm on the highway to hell

 

Highway to Hell – AC/DC

 

 

“AAAAAAAAAH! SONO DI NUOVO IN RITARDO!”

Naruto scese dall’autobus fissando l’orologio con sguardo a dir poco stralunato: non aveva sentito la sveglia e di certo Sasuke non era stato di suo aiuto poiché non era andato a dargli, sebbene fosse stato in grado di farlo solo nella sua classica modalità cinica, la cattiva notizia del suo ritardo, dal momento che non si era presentato a colazione.

Konohamaru, un suo amico che altri non era che il nipote di Sarutobi, gli aveva lanciato in confidenza una merendina mentre lui scappava a tutta velocità con lo zaino sulle spalle.

Aveva fatto di tutto perché arrivasse quel giorno e alla fine era riuscito a convincere i suoi insegnanti di potersi meritare il voto massimo agli esami di terza media.

Quello era il suo primo giorno di scuola al liceo.

NON doveva permettersi di arrivare in ritardo.

“A Sasuke gliene dico quattro…” mormorò tra se e se ma si decise a stare zitto notando, tra un palazzo e l’altro, quello che sembrava l’edificio a cui mirava tanto.

 

“Chissà dove sarà finito Sasuke..?” mormorò piano Sakura.

L’aula magna era invasa da ragazzi la cui età variava dai quindici ai diciotto anni.

Dovevano chiamare gli studenti delle prime classi e non era riuscita a trovare ancora qualcuno che conoscesse, dopotutto quattro dei suoi amici sarebbero stati in classe con lei: per fortuna erano stati sorteggiati tutti nella sezione F poiché all’informatico tutti preferivano le lingue e l’ordinario.

“Bene bene, chi si rivede…”

Sakura si voltò al sentire quella che sembrava una voce femminile vagamente familiare: si ritrovò davanti una ragazza all’incirca della sua età.

I suoi capelli erano lunghi e di un eccezionale biondo platino e l’azzurro dei suoi occhi variava dal profondo del mare all’immenso del cielo.

“…Ino?!”

“Non ci hai messo molto a ricordarti di me, Sakura.”

La ragazza dai capelli rosa fissò Ino accigliata. “E come potrei dimenticarmi di te, Ino… anche dopo tre anni una persona potrebbe ricordare la tua faccia da maiale.”

“EHI!”

“E mi stupisco anche del fatto che tu sia qui, in questo posto… non pensavo che potessero accettare una come te..!”

“Parli così solo perché sei stata in classe con Sasuke alla scuola media… ma vedrai… non ti darò mai pace da adesso in poi.”

Ino fece un sorriso superbo che, in tutti quegli anni, Sakura non era mai riuscita a reggere per più di tre secondi.

Uno… due… TRE.

 

IO TI AMMAZZO INOOOOOOOOOOOOOOO!!!

 

“Che vorresti dire?!”

“Vuol dire che saremo nella stessa classe e che con Sasuke non avrai speranze… non hai guardato i tabelloni?!”

 

NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!

 

Sakura si contenne e fece per ribattere il più civilmente possibile ma qualcosa di molto inaspettato la travolse in un attimo.

“SAKURA!!! Finalmente ti ho trovata! È da quando sono arrivato che ti cerco!”

“Naruto… STACCATIIII!!!”

“Si Naruto, staccati.”

Sakura si voltò così velocemente che Naruto rischiò di cadere. Gli sguardi di molti curiosi erano caduti su di loro e già alcuni li guardavano persino con diffidenza.

“EHI!!! Potevi anche svegliarmi stamattina!”

“Non è colpa mia se non senti la sveglia… testa quadra…”

“OH! Ma guarda chi c’è!” Ino si fece avanti, abbracciando da dietro Sasuke. “È da tanto tempo che non ci vediamo, Sasuke!”

Naruto fissò la scena contrariato mentre Sakura sembrava emanare fumo dalle orecchie e dalle narici del suo naso.

“TOGLITI DI MEZZO, INOOOO!”

D’altro canto, Sasuke fissava arcigno il profilo della biondina con la coda dell’occhio e a Naruto non parve molto entusiasta della situazione.

“Eccoti Ino, finalmente.”

I quattro si voltarono.

Davanti a loro c’erano due ragazzi di stazze diverse: quello che aveva parlato era magro, i suoi occhi erano a mandorla e scuri come i suoi capelli legati in un codino alto; l’altro appariva tarchiato, caratteristica accentuata dal fatto che stesse mangiando delle patatine, e i suoi capelli erano di un riccio che andava tra il castano e il rosso.

Naruto li fissò per un momento, stringendo le palpebre per poi sgranare gli occhi indicandoli con un’espressione sconvolta.

“NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!”

Il ragazzo col codino alto emise uno sbuffo annoiato. “Mmh… cominciamo bene…”

“SHIKAMARU!!! CHOJI!!!”

“Ciao Naruto.” Disse il ragazzo tarchiato sorridendo ilare.

Shikamaru e Choji erano due ragazzi che avevano frequentato la scuola elementare con lui e, assieme a Kiba, avevano formato una combriccola imbattibile; Sasuke era sempre stato troppo solitario e, anche per quel motivo, veniva continuamente inseguito dalle ragazzine delle altre classi.

Sakura, Ino e Hinata dunque non erano con loro, ai tempi si formavano le classi di sessi separati.

Poi la scuola media aveva provveduto a dividerli e proprio per il primo giorno di liceo si erano ritrovati.

“Cosa ci fate qui?” chiese il biondino con uno sguardo da idiota.

“Chi non muore si rivede…” mormorò Shikamaru. “Siamo capitati nello stesso corso… io non volevo iscrivermi qui, a dir la verità, pensavo di fare un istituto tecnico…”

Ino, che sino a quel momento era parsa a Naruto una tipa di indole calma, trasalì.

“Shikamaru..! Ma come puoi permetterti di fare questi ragionamenti proprio adesso?! Da questo momento in poi mi darai ascolto sempre e comunque! Smettila di essere pigro!”

“Ma uffa… che rottura…”

“Ino ha ragione, Shikamaru… dovresti essere un po’ più attivo.”

“Si ma anche tu dovresti controllarti!” la biondina sembrava emanare scintille e quasi spaventò i due diretti interessati. “A quale pacchetto di patatine sei arrivato?!”

Choji smise di mangiare e si mise il mento poderoso tra le mani. “Mmh… fammi pensare… dovrebbe essere il quarto dell’ultima ora…”

“CHE COSA!!! MA CAVOLO! SEI SOLO UN…”

Shikamaru ebbe la geniale idea di tappare la bocca di Ino con una mano, al momento in cui vide l’amico sfoderare un’espressione di forte ostilità.

“Quante volte ti ho detto di non chiamarlo in quel modo, non devi neanche osare.” Le mormorò all’orecchio per non farsi sentire dagli altri.

La ragazza annuì lievemente e si staccò dal compagno.

Immersi in quella strana atmosfera, una sorridente Sakura fu la prima ad avere l’iniziativa. “Andiamo a cercare dei posti, forza.”

Quando si sedettero (Sakura e Ino ebbero la grande idea di far sedere Sasuke nel mezzo, per evitare litigi) un donnone dai lunghi capelli biondi, che doveva trattarsi della preside, salì sul palco degli insegnanti e a voce alta esordì.

 

“Kakashi! Finalmente sei arrivato… non ti smentisci mai! Come sempre sei in ritardo, persino il primo giorno di scuola!”

“Scusa Kurenai, ho perso tempo aiutando una vecchietta a portare la spesa..!”

“Perché alle 8,00 di mattina il supermercato è aperto, vero?”

L’uomo dai capelli argentei fissò la collega e il suo sguardo rosso inclinato in un’espressione di severa fermezza e si mise una mano dietro la testa, facendo un sorriso stupido.

La donna scosse i suoi lunghi capelli neri e fece una smorfia di profonda disapprovazione che mutò in un’altra di stupore quando sentì una mano forte premerle sulla spalla. “Avanti Kurenai, in fondo la cerimonia di benvenuto per gli studenti non è ancora iniziata.”

“Asuma.” Kurenai si voltò a guardare il volto sorridente dell’uomo dietro di lei. “Qui non si fuma.”

Asuma si passò una mano tra i suoi capelli corti e scuri, per poi torturare il pizzetto con due dita. “Tranquilla… questa sigaretta è spenta, non l’ho ancora accesa.”

Kakashi li inquadrò con gli indici e i pollici. “Sapete che fate proprio una bella coppietta?”

Kurenai arrossì lievemente e abbassò lo sguardo. “Non dire stupidaggini, Kakashi.”

“Sono curioso di vedere gli studenti che avremo quest’anno e quanto saranno dotati.” Asuma provvide subito a cambiare argomento.

Kakashi continuò a sorridere. “Anche io, non vedo l’ora.”

“Guardate, è arrivata la signorina Tsunade, fate silenzio.”

Effettivamente l’altera preside della Leaf High School di Tokio aveva appena fatto il suo ingresso nell’aula magna, seguita da una giovane donna e da altri due uomini.

“Guarda, ci sono Shizune, Kotetsu e Izumo.” Disse Asuma ridacchiando.

“Li ho notati… non li invidio per niente.” Fece Kakashi facendosi improvvisamente serio. “Tsunade li farà lavorare intensamente…”

Tsunade salì sul palco e, dopo aver salutato tutti gli insegnanti presenti ed essersi avvicinata al microfono, esordì.

“Buongiorno a tutti e benvenuti alla Leaf High School!”

Un mormorio si diffuse per tutta la sala, in risposta.

“Molte persone qui sono venute a curiosare, hanno facce familiari.” Disse Tsunade con lieve sarcasmo. “Altri hanno varcato la soglia di questa scuola per la prima volta e mi auguro che siano in grado di percorrere questo percorso di studi nel migliore dei modi, sfruttando tutte le risorse possibili.” Fece una piccola pausa. “Saprete sicuramente che a seconda dell’indirizzo scelto passerete a scuola un certo numero di ore, che potranno aumentare nel caso decideste di seguire le attività pomeridiane e i progetti che la scuola propone. Saranno proposti corsi di attività sportiva, artistica, musicale e tali altri… avrete l’imbarazzo della scelta.”

Il mormorio si diffuse ancora di più e questo incrementò il rumore e l’entusiasmo presenti nella sala.

“Adesso vi chiamerò, seguendo l’ordine delle classi. Al momento in cui dirò il vostro nome, dovrete venire qui vicino al palco dove si trovano i vostri insegnanti, che vi accompagneranno nelle vostre classi.”

 

“Favoloso… ormai manca poco alla sezione F.”

Hinata sorrise. “È vero Kiba, finalmente rivedremo i nostri compagni e avremo modo di conoscere quelli nuovi.”

“La preside ha detto che i corsi pomeridiani comprenderanno attività di tipo artistico… potresti farti avanti, hai un grande talento.”

“T-t-tu credi Kiba?”

“Ma certo.”

“Bene… passiamo alla sezione F… Aburame Shino!”

Hinata sgranò gli occhi e si alzò appena per confermare il suo dubbio.

“È il ragazzo con cui pratico Wing Tsun!”

“Dici sul serio?!”

“Si, lui!”

“Akimichi Choji!”

Hinata si voltò verso Kiba. “Choji non era il ragazzo che andava alle elementari con te e… Naruto?”

Kiba annuì frenetico mentre vedeva il ragazzo farsi spazio tra la folla di ragazzi. “È proprio lui! Quel grassone..! A questo punto dovrebbe esserci anche Shikamaru.”

“I-i-io credo che… non dovresti chiamarlo così…”

Kiba, soffiando come un gatto, guardò l’amica che stava arrossendo in modo impercettibile. “Eh va bene… d’accordo…”

“Haruno Sakura!”

“Guarda, c’è Sakura!”

“Ora dovrebbe venire il mio turno…”

E infatti.

“Hyuuga Hinata!”

“Ora ti raggiungo, manca poco alla lettera I.” disse Kiba alzando il pollice in sua direzione: vide la ragazza dirigersi verso il palco insegnanti con il suo solito andamento timido e misterioso; Hinata stava procedendo con calma ma quel suo equilibrio interiore fu rotto non appena venne pronunciato il nome della persona successiva.

“Hyuuga Neji!”

Le sue mani si diressero verso il petto e presero a stritolarsi a vicenda, quasi volessero torturarsi; le sue labbra si socchiusero e cominciarono a tremare percettibilmente, scosse dal respiro affannoso dovuto al battito accelerato del suo cuore.

Kiba si accorse del cambiamento dell’amica, soprattutto perché il suo colorito già pallido cambiò gradazione e la trasfigurò in un fantasma.

“Inuzuka Kiba!”

Il giovane Inuzuka si alzò e cercò di raggiungere il più velocemente possibile Hinata, che in quel momento si era rifugiata dalle grinfie del cugino Neji andando a salutare prima Sakura e poi Shino Aburame, un tipo dall’aria veramente solitaria che, in quel momento, indossava un giubbotto a collo alto ed un paio di occhiali da sole che, assieme alla capigliatura riccia ed alta, rendevano scarno il suo viso serio.

“Nara Shikamaru… Rock Lee… TenTen... Uchiha Sasuke… Uzumaki Naruto… Yamanaka Ino…”

In poco tempo furono radunati tutti gli studenti della sezione F.

Una giovane dagli occhi e dai corti capelli neri si avvicinò al gruppo mentre la preside passava alla sezione G. “Salve ragazzi, sono la professoressa Shizune ed insegno fisica… adesso il professor Hatake vi accompagnerà nella vostra classe.” Indicò un uomo dai capelli argentei che in quel momento parlottava con una donna dall’aria stravagante: sembrava che stessero avendo un battibecco.

Sasuke si mise una mano sulla faccia mentre Sakura e Naruto li fissavano straniti. “Perfetto… un altro mentecatto…”

“Kakashi… la tua classe…”

La professoressa Shizune si rivolse all’uomo con un tono lievemente sarcastico.

Sembrò ignorarla, troppo preso dalla conversazione. “Anko, quello che mi stai dicendo non mi riguarda.”

“Ti riguarda eccome, razza di struzzo con i capelli da spaventapasseri!!! Se sei stato invitato ai congressi sull’arte e la filosofia come membro onorario c’è un motivo! Non puoi permetterti di arrivare costantemente in ritardo, hai un’immagine da difendere, sei il professore…”

“HATAKE KAKASHI! MITARASHI ANKO! Non è il momento di fare scena davanti a questi ragazzi!” la professoressa Shizune si voltò verso l’uomo. “Kakashi, accompagna i tuoi studenti nella loro classe, qui hai finito.”

Kakashi respirò profondamente. “Oh… che liberazione…” poi si voltò verso il gruppo di ragazzi. “Andiamo… forza.”

Naruto lo fissò stranito e si voltò verso Sakura e Sasuke, agitando la mano davanti al naso, come se volesse scacciare qualcosa di poco gradito. “Non mi ispira per niente questo Kakashi…”

Hinata si portò una mano alla bocca e rise sommessamente, intimidita: il fatto che nella sua classe ci fosse il cugino Neji la terrorizzava ma si sentiva sempre sollevata quando c’era Naruto, le infondeva fiducia e dava allegria.

Il professor Hatake li fece uscire dall’aula magna e li condusse nella I^ F, che stava al piano terra.

L’aula sembrava immensa, forse perché la classe era composta da pochissimi elementi, cosa che sembrò non sfuggire a Sasuke. “È strano che siamo così pochi… nei tabelloni c’erano molti più studenti iscritti al nostro corso…”  

Sakura si voltò a fissarlo. “A dir la verità non ci avevo pensato, effettivamente siamo pochi… se non ricordo male per formare una classe bisogna formare un numero compreso tra le venti e le trentacinque persone…”

Naruto si mise una mano dietro la testa. “Aaaah… quanti problemi che vi fate…”

“È vero, siete l’unica classe dell’istituto composta solamente da dodici elementi.”

I tre si voltarono: dietro di loro si ergeva la figura del professor Hatake. 

“La verità è che molti hanno abbandonato questo corso perché considerato impegnativo…” il professore si piegò e ruppe la linea perfetta formata dalla sua lunga statura. Il suo sguardo era fisso sui tre ragazzi e metteva paura: non avevano notato che un occhio del professore fosse rosso rispetto all’altro nero e che una cicatrice lo attraversasse. “…la preside ha deciso di non smembrare la vostra classe tra i corsi ordinari perché ha ritenuto opportuna l’idea di dare una possibilità a chi non si è ritirato… adesso andate a posto.”

Il gruppo di dodici e si sciolse e tutti si andarono a sedere.

Nella prima fila stavano seduti, divisi rispettivamente in due ali, Sakura e Sasuke, accanto alla porta, e Neji e Rock Lee accanto alle finestre; nella fila dietro erano appostati Naruto con Kiba e Shino con Hinata; dietro il biondino e l’amico si erano seduti Shikamaru e Choji mentre TenTen ed Ino (per sua sfortuna Sakura aveva già occupato il posto accanto a Sasuke) erano nell’ultimo banco dell’altra ala.

Davanti a loro, Kakashi Hatake.

“Bene, benvenuti nel corso F… se dobbiamo seguire la procedura standard, adesso vi dovreste presentare.”

Naruto alzò la mano. “Non dovrebbe essere lei il primo a fare le presentazioni?”

“E va bene.” Il professore Hatake si passò una mano tra i capelli. “Il mio nome è Kakashi Hatake, sono il coordinatore di questa classe ed insegno Storia e Filosofia; i miei interessi non vi riguardano e di hobby… ne ho tanti.”

Sakura si voltò crucciata verso Naruto e bofonchiò: “Sai che presentazione, ha detto solo come si chiama…”

“Ah, un’altra cosa…”

Gli studenti lo fissarono silenziosi, alcuni preoccupati come Sakura e Hinata, altri seri come Sasuke e Neji.

“…io vi detesto.”

 

No stop signs, speed limit, nobody's gonna slow me down

Like a wheel, gonna spin it, nobody's gonna mess me around

Hey Satan, payin' my dues, playin' in a rockin' band

Hey Mumma, look at me, I'm on my way to the promised land

 

I'm on the highway to hell

Highway to Hell

I'm on the highway to hell

 

Don't stop me

 

Highway to Hell – AC/DC

 

 

L’angolo per i lettori:

Va bene va bene… ho cercato di fare del mio meglio… adesso commento le vostre recensioni ^^

 

Hinata-chan 6: mi fa piacere che ti piaccia, questo è il capitolo che aspettavi. ;)

 

Inu_Kagghy: guarda, sopra c’è scritto CIAO con l’H, ormai inserisco l’H dappertutto tanto che ho cominciato a dire anche OroCCCHiao, ti rendi conto???

Comunque, Hinata e Naruto sono nella stessa fila di banchi e li divide solo un corridoio tra le due ali… non sei contenta?? ^^

 

mimi: Orochimaru è un energumeno disgustoso, su questo non ci piove :D

 

Beckill: ccccciau ^^ per Hinata e Naruto dovresti essere contenta, l’ho già detto ad Inu XDD sono quasi compagni di banco, mentre con Kiba lo sono per davvero, aspetta e vedrai :D

 

Nina: una recensione è sempre una recensione asd comunque Naruto non si arrende mai, lo dovresti sapere!

 

hinata_chan: questa ff avrà l’atmosfera del film, anche se tratta argomenti diversi… da un lato hai la criminalità presente in America dove si hanno disposizione cazzotti e pistole XD dall’altro hai cazzotti di gran lunga migliori e armi bianche :D

 

Yonoa: oh che bello ^^ comunque stai tranquilla che Hinata e Naruto sono in mani sicure, Sakura è troppo occupata con Sasuke :D

 

hina22688: ho altri due progetti dopo questa ff… il criceto continua a muovere la ruota nella mia testa… :D

 

maho87: e io spero di essere più veloce :D grazie per la recensione un bacio

 

sasusaku: dal tuo nick immagino che ti piaccia la coppia Sakura-Sasuke… bene nella storia risulterà fondamentale per il suo proseguimento, quindi preparati ;)

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** ...e sulle scale per il Paradiso ***


PERDONO! Vi chiedo perdono! >.< Dovete perdonare il mio ritardo assurdo, non seguite le orme di Kakashi per una volta… vi prego! Come nell’episodio 101 con i tre ninja idioti XDDD va bene sto zitta, buona lettura ^^

                                                         

 

Capitolo 4

...e sulle scale per il Paradiso

 

There's a lady who's sure

all that glitters is gold

and she's buying a stairway to heaven…

When she gets there she knows

if the stores are all closed

with a word she can get what she came for.

Ooh, ooh, and she's buying a stairway to heaven.

There's a sign on the wall

but she wants to be sure

'cause you know sometimes words have two meanings.

 

Stairway to Heaven – Led Zeppelin

 

Le quattro ragazze presenti impallidirono mentre i restanti otto ragazzi fissarono accigliati il professor Hatake.

Ognuno però aveva modo e modo di manifestare il proprio risentimento nei confronti dell’insegnante: Sasuke, Neji e Shino sembravano quelli più controllati, gli unici in grado di mantenere la calma; Choji stava mangiando freneticamente le patatine poste sotto il suo banco; la mano di Naruto posata sul banco tremava percettibilmente e i suoi occhi azzurri erano sgranati mentre Kiba mostrava i denti occupati a digrignarsi; Shikamaru sbadigliò e stancamente si poggiò al banco. “Oh ci risiamo… che seccatura…”

“Bene.” L’espressione sul volto del professore Hatake mutò da seria e terrificante ad allegra e amichevole. “Adesso è il vostro turno…” si appoggiò alla cattedra ed indicò Neji. “Comincia tu. Come ti chiami?”

“Il mio nome è Neji Hyuuga…” il ragazzo abbassò lo sguardo.

“Hai qualche interesse? Qualche ambizione?”

Silenzio.

“Preferisco non rispondere…”

Kiba strinse piano i denti e si sporse oltre Naruto per cercare di vedere Hinata, che in quel momento stava fissando il bordo del banco con profondo sguardo di tristezza: gli aveva parlato più volte del cugino ma non pensava che fosse così freddo.

Il professor Hatake inarcò un sopracciglio e, indeciso, indicò il ragazzo seduto accanto, che sembrava sprizzare allegria da tutti i pori.

“Il mio nome è Rock Lee e il mio sogno è di dimostrare a tutti che si possono superare i propri limiti anche senza possedere un grande talento.”

Neji sorrise amaramente. “Che idiozia…”

Kakashi abbassò lo sguardo, nascondendo il volto con il lungo ciuffo di capelli argentei e una mano.

 

Sembra molto determinato… somiglia tanto a Gai… anche esteticamente... è la sua copia sputata…

 

Il suo viso puntò verso le persone sedute dietro.

“Il mio nome è Hinata Hyuuga… le mie materie preferite sono il disegno, la storia dell’arte e la letteratura…”

“Io sono Shino Aburame e provo grande interesse verso le materie scientifiche…”

“Allora il tipo parla…” Naruto si voltò verso Kiba che annuì freneticamente.

“Il mio nome è TenTen e il mio sogno è di diventare un giorno in gamba come la preside Tsunade! Le mie materie preferite sono l’educazione fisica e la biologia.”

“Mi chiamo Ino Yamanaka e provo particolare interesse verso la letteratura. Mi piace vivere in mezzo alla natura infatti…”

Kakashi guardò la biondina sorridendo. “Yamanaka? I tuoi genitori possiedono un negozio di fiori vero?”

La ragazza annuì. “Come fa a saperlo?”

“Lascia perdere.” I suoi occhi erano puntati sull’ultimo banco dell’altra ala. “Dunque voi due dovreste essere Shikamaru Nara e Choji Akimichi.”

 

Sono tutti e tre identici ai loro genitori…

 

Dovette attendere molto tempo prima che arrivasse una risposta dai due, poiché il primo si era appena svegliato da un profondo stato comatoso mentre il secondo tentava disperatamente di nascondere le sue patatine.

Naruto e Kiba tentarono disperatamente di non ridere.

“Vi pregherei di non dormire o mangiare durante le mie ore… andiamo avanti…”

Kiba fece uno dei suoi soliti sorrisi perfidi. “Io sono Kiba Inuzuka e farò di tutto pur di diventare un veterinario di successo; amo gli animali e ho un cane che si chiama Akamaru e, se potessi, me lo porterei sempre dietro.”

“Bene, vedo che in molti hanno le idee chiare…” disse Kakashi affabile, rivolgendosi a Naruto. “Tocca a te.”

Naruto si sistemò il colletto della polo che indossava e fece un sorriso genuino che piacque molto a Hinata. “Il mio nome è Naruto Uzumaki e…”

Qualche fremito si mosse lungo la classe: Kakashi si era avvicinato di più al banco e si era chinato per fissare meglio Naruto.

“…la cosa che mi piace di più è mangiare il ramen del ristorante di Ichiraku assieme al mio ex insegnante di matematica. Il mio più grande sogno è di diventare presto un bravo lottatore di arti marziali e di raggiungere i risultati più alti a scuola per essere accettato da tutti.”

 

E così è lui che erediterà la fortuna della Banda della Volpe a Nove Code…

 

“Anche tu sembri molto determinato…” Kakashi indietreggiò e sul suo volto serio apparve lo stesso sorriso stupido che pochi minuti prima aveva rivolto a Kurenai Yuhi e ad Anko Mitarashi: stava guardando Sakura.

“Come ti chiami, confettino?”

Sakura fece un’espressione lievemente inorridita che fece ridere Kiba, incuriosire Naruto e trasalire Sasuke. “Il mio nome è Sakura Haruno… mi piace la medicina…”

 

…e un giorno sposerò Sasuke.

 

“Ok ok… Sakura.” Kakashi continuò a fare quel sorriso stupido mentre la guardava. “Bene… l’ultimo sei tu…”

Sasuke, che teneva la testa nascosta dai capelli e dalle mani, sollevò lo sguardo e prese a guardare fisso davanti a se.

“Il mio nome è Sasuke Uchiha. Non ho un sogno in particolare… più che altro è un’ambizione…”

“Parlaci di quest’ambizione…” disse il professore tornando serio.

“Farò di tutto per ridare vita alla mia famiglia…” ci fu una piccola pausa.

L’aria che tirava nella classe era tesissima e tutti erano col fiato sospeso.

“…e c’è anche una persona… di cui mi vorrei liberare.”

Kakashi gli voltò le spalle e prese un gessetto per scrivere alla lavagna.

 

Itachi Uchiha… si, non c’è dubbio… è suo fratello…

 

Come se niente fosse, il professore cominciò a parlare di tutt’altro argomento. “Dunque, come è già stato detto, io sono il vostro insegnante di Storia e Filosofia… tratteremo la Storia a tappe, seguendo gli avvenimenti storici a seconda dei vari settori che la riguardano: commercio, economia, sviluppi scientifici, rivoluzione industriale e politica nel corso del tempo.”

Silenzio. Qualcuno prese appunti.

“Il discorso sulla Filosofia è un tantino più complicato: introdurre il concetto di Filosofia non è molto semplice.” Kakashi si mosse di qualche metro, poiché la lavagna era molto lunga. “Se vi capitasse di aprire un vocabolario e cercare la parola filosofia su di esso, trovereste prima di tutto l’etimologia… phílos ‘amico’ e sophía ‘saggezza’… amore della sapienza. Poi parlerebbe del fatto che essa si tratta di un ramo della conoscenza che studia le basi della realtà, i modi di apprendere una qualsiasi disciplina, i problemi e i valori collegati al modo in cui agiscono gli uomini. È per questo che tratteremo la teoria dell’essere… e i Pre-Socratici…”

BUM!

“AAAAAAAAAH!” Shikamaru si sollevò di scatto dal suo stato di leggero torpore.

“Gai, che sorpresa…” il professore non parve molto entusiasta della visita appena ricevuta. “Ragazzi, vi presento il vostro professore di Biologia, il professore Maito. Forza… salutate…”

Tutti si alzarono in fretta e dissero all’unisono: “Buongiorno.”

Questi sembrò non degnarli di uno sguardo. “KAKASHI! Ho appena visto sul tabellone che uno dei nostri studenti e uno di quelli di cui mi parlavi qualche settimana fa… sai di quell’affare della Banda…”

“Stai zitto… lo so benissimo…” gli si avvicinò con in volto uno sguardo di pericoloso terrore. “È dietro di te.” Aggiunse a voce bassa. “Non ce bisogno che lo urli troppo forte. Ce ne occuperemo appena si saranno calmate le acque…”

Gai stette un attimo serio per poi voltarsi verso i ragazzi e fece una sequenza di azioni che sconvolse gran parte degli studenti: rivolse il pollice teso verso di loro e sfoderò un sorriso a trentadue denti con tanto di luccichio, come nei cartoni animati.

“Tutto a posto, il professor Gai ha trovato la soluzione anche a questo problema! Ci vediamo domani per la nostra lezione di biologia!”

Sakura, Ino e TenTen sgranarono gli occhi; Hinata arrossì lievemente per l’imbarazzo mentre le sopracciglia di Shino, Kiba e Naruto sembrarono sparire tra i capelli.

“E così questo pazzo è il nostro professore di Biologia…” Shikamaru scosse la testa, imitato da Choji, che aveva inaspettatamente smesso di mangiare.

Neji arricciò il naso in una smorfia sprezzante mentre Sasuke parlò a voce bassa. “Sakura… siamo capitati in una classe dove gli insegnanti sono dei mentecatti…”

L’unico che sembrava pendere dalle labbra di Gai Maito era Rock Lee.

Il professore di biologia uscì saltellando, sotto lo sguardo spazientito del professore Hatake. “Scusate ragazzi, dov’eravamo rimasti…”

Neanche a dirlo suonò la campanella, dunque il professore sistemò la propria borsa da lavoro e aspettò che arrivasse l’insegnante successivo.

“Che ne dici di questo professore?” chiese Naruto a Kiba.

“È stravagante ma non è male… l’altro sembra completamente suonato…” disse Kiba facendo una smorfia.

“Kakashi, è permesso?”

“Ibiki, entra! Ragazzi, vi lascio al professore Morino… ci vediamo domani!”

Ibiki Morino insegnava Lingua e Letteratura Giapponese e aveva la particolarità di essere un uomo molto inquietante: egli portava sulla testa quella che sembrava una bandana nera e sul suo volto apparivano molte cicatrici.

Il suo sguardo era duro e profondo e quando parlò la situazione non sembrò migliorare.

“Mi auguro che facciate del vostro meglio in questo corso di studi… non è il massimo vedere che, di trenta studenti, solo dodici hanno deciso di non ritirarsi…”

Silenzio.

“Intanto, credo che vi sarà utile passare queste due ore facendo un test per misurare le vostre conoscenze…”

Sakura scattò in piedi, inorridita. “CHE COSA?! Un test il primo giorno?!”

“SILENZIO! Volete passare queste due ore a girarvi i pollici?!”

Naruto rifletté. Effettivamente il professore Morino aveva ragione ma non c’era alcun motivo di usare quel tono, incuteva troppo timore.

Rivolse un breve sguardo a Sakura, che gli dava le spalle: non gli avrebbe mai permesso di copiare nel caso in cui non fosse stato in grado di svolgere qualsiasi esercizio in prova.

Si guardò intorno e presto si rese conto che alla sua sinistra stava seduta Hinata, silenziosa e trasparente come un fantasma. Non si era neanche accorto che fosse così vicina a lui.

“Pss… Hinata…”

Ella si voltò e, rendendosi conto di essere stata chiamata in causa propria da lui, arrossì di botto. “N-n-naturo…”

“Ti dispiacerebbe aiutarmi nel caso non riuscissi a fare qualcosa nel test? Non ho ripassato niente di analisi del periodo in queste due settimane..!!! Sono un idiota!!!” a voce molto bassa Naruto insultò se stesso con un’espressione mortificata sul volto.

“Non ti preoccupare Naruto, se vuoi puoi copiare… ma stai attento a non farti scoprire…”

Naruto, istintivamente, fece un sorriso genuino. “Ti ringrazio Hinata, farò di tutto per non farmi beccare..!”

Hinata, se possibile, arrossì più di prima e la sua mano destra nascose il suo sguardo.

Ibiki consegnò i test, girando per la classe, e quando arrivò alla cattedra guardò l’orologio appeso sopra la porta. “Avete esattamente un’ora e mezza… DA ADESSO!”

Il tempo passò molto in fretta, forse perché alcuni elementi all’interno della classe avevano lo stesso problema di Naruto.

“Mi raccomando ragazzi… siete l’ultima speranza del corso di informatica… se fallirete non avrete speranze di continuare…”

Sakura si mise una mano tra i capelli. “Dannazione…”

“Sakura, non serve a niente farsi prendere dal panico…”

“Sasuke… non abbiamo uno straccio di vocabolario…”

“Non ti serve il vocabolario in un test simile.”

Il professore Morino alzò lo sguardo. “Pregherei di non parlare mentre fate il test. Ah… un'altra cosa… ci sono le penalità… una risposta esatta vale quattro punti… una non data zero punti e una sbagliata meno uno… ogni volta che alzerete la mano mi segnerò il vostro nome…”

Shikamaru sgranò gli occhi. “Che cosa?! Ma non è possibile! Senza un vocabolario… e non si possono fare nemmeno domande!”

“SILENZIO!”

Naruto guardò di sottecchi Ibiki Morino e socchiuse le palpebre in un’occhiata in tralice; Kiba, interdetto, lo fissò per un attimo così come Hinata, che era preoccupata.

Il biondino infatti stava alzando la mano molto lentamente.

 

“Ehi Kakashi! Com’è andata la prima lezione nel corso F?”

Kakashi Hatake si fermò lungo il corridoio del piano terra, mentre si dirigeva verso la sala professori e si voltò, sorridendo. “Bene Asuma, sono elementi dalle personalità molto varie. Li ho lasciati in mano a Ibiki.”

“Cosa?! Stanno già affrontando il suo test psi…”

“SSSH! Zitto! Non vorrai farti sentire, la loro classe è proprio là!”

“Kakashi!”

Verso di loro stavano camminando con passo affrettato Kurenai e Anko.

“Com’è andata, Hatake?” chiese Anko col suo solito atteggiamento da superiore.

“Bene, sembrano dei ragazzi molto determinati… come ho già detto ad Asuma, li ho lasciati nelle mani di Ibiki.”

Anko trasalì. “Che cosa?! Ma rischieranno di uscire fuori di testa così!”

Kurenai invece era perplessa. “Perché? Di che state parlando?”

Il sorriso di Asuma illuminò il volto di Kurenai. “Vedi, tu sei qui solo da un anno… sai poco dei metodi che da qualche anno a questa parte Ibiki ha cominciato ad usare verso gli studenti…”

“Che genere di metodi?”

“Vedi… siamo molto fortunati.” Kakashi si coprì il volto con una mano. “Ibiki, prima di essere un professore di Lingua e Letteratura Giapponese, è uno psicologo. Aiutava la polizia fino a qualche anno fa, ecco perché ha tutte quelle cicatrici.”

“Conosce bene le debolezze più intime e profonde dell’uomo…” Asuma si avvicinò ad una finestra e la aprì, per poi accendere una sigaretta e cominciare a fumare. “E la cosa più terrificante è il fatto che sia in grado di manipolare quei ragazzi facendo leva sui loro limiti emozionali… per questo propone da molti anni la storiella del test d’ingresso, gli interessa vedere come sono fatti i ragazzi del suo corso…”

 

“IDIOTA! COSì rischi di farti abbassare il…

SBAM!

“…voto…”

Naruto aveva abbassato di scatto la mano e l’aveva scagliata sul banco, provocando un grande frastuono: se ci avesse messo più forza, avrebbe rotto il banco in due.

I suoi occhi non erano più socchiusi bensì spalancati in una fervida espressione di convinzione che sorprese non poco l’insegnante.

“Ma lei per chi mi ha preso?! Io non mollerò mai, è chiaro?! Accetto volentieri la sua sfida ma se pensa che rimarrò in primo superiore a vita, lei si sbaglia di grosso! Ho abbastanza forza di volontà per diplomarmi col massimo dei voti!”

Si alzò.

“Lei non mi spaventa affatto!”

Ibiki stette in silenzio e fissò il volto di ogni singolo individuo presente in quella classe. Ognuno sorrideva o era rilassato.

 

Incredibile… nessuno era mai riuscito a spezzare l’atmosfera tesa che si creava nella classe ogni volta che proponevo questo test…

 

“Dimmi ragazzo… come ti chiami?”

Naruto lo fissò dritto negli occhi. “Naruto Uzumaki, signore.”

“Naruto Uzumaki…”

Hinata fissò con grande ammirazione il biondino.

Ibiki fese un gesto che nessuno si sarebbe mai aspettato: abbozzò un sorriso.

“…sei davvero un ragazzo divertente.”

 

 

* * *

 

 

Kiba si passò una mano sulla fronte. “Ragazzi, anche se per oggi abbiamo avuto solo tre ore di lezione… come sono stanco.”

Naruto sistemò meglio lo zaino sulla spalla. “Non dirlo a me, amico… io sto morendo di fame…”

Sasuke sbuffò leggermente. “Ti pareva.”

“Che ne dite di andare tutti quanti a mangiarci una bella ciotola di ramen?!”

Sakura strinse un pugno. “Guarda che è il tuo piatto preferito, non il mio!”

“Si, sono più buoni i dango.” Disse Kiba. “Mi viene l’acquolina in bocca.”

“Almeno fatemi prendere una gazzosa!” disse il biondino fermandosi ad un chiosco poco distante. Kiba fece uno dei suoi strani sorrisi perfidi. “Per una volta hai fatto una proposta intelligente.”

Naruto lo guardò male e, una volta comprata la bevanda, cominciò a bere. Poi si guardò intorno. “Ehi, ma dov’è Hinata?”

“È sempre molto di fretta.” Disse Kiba improvvisamente malinconico. “Hinata è abituata a tornare a casa con l’autista, sai… suo padre è un giudice molto importante… da oggi poi con lei ci sarà suo cugino Neji.”

“Neji è suo cugino?” chiese Sakura.

“Si, avevano gli stessi occhi, non l’hai notato?”

“Un tipo un po’ antipatico…” disse Naruto senza pensarci troppo.

“EHIIIIII! VOI QUATTRO!”

Tutti si voltarono e videro che verso di loro stavano venendo due compagni, un ragazzo e una ragazza, che altri non erano che TenTen e Rock Lee.

“Ehi ciao!” disse Sakura gentile.

TenTen fece un sorriso garbato. “Anche noi andiamo verso quella direzione.”

Rock Lee salutò Naruto, Kiba e Sasuke ma quando si voltò verso Sakura arrossì visibilmente, cosa che non sfuggì a TenTen. “Ci risiamo…”

“Tu dovresti essere Sakura, vero?”

“Eh?” Sakura lo fissò per un momento. “Si, sono io.”

Il ragazzo alzò il pollice e fece uno sorriso a trentadue denti, imitando il professore Gai Maito in ogni sua azione. “Il mio nome è Rock Lee e voglio essere il tuo fidanzato!”

Naruto e Kiba, che in quel momento stavano bevendo, sputarono rumorosamente la gazzosa mentre Sasuke arrossì, apparendo lievemente irritato.

Sakura era sbiancata. “Non se ne parla… non mi piaci…”

Il ragazzo assunse un’aria sconfitta.

“HAI DELLE SOPRACCIGLIA ENORMI!”

 

 

In a tree by the brook

there's a songbird who sings,

sometimes all of our thoughts are misgiven.

Ooh, it makes me wonder,

Ooh, it makes me wonder.

There's a feeling I get

when I look to the west

and my spirit is crying for leaving.

In my thoughts I have seen

rings of smoke through the trees,

and the voices of those who stand looking.

 

Stairway to Heaven – Led Zeppelin

 

 

L’angolo per i lettori:

Ibiiiiiiiiiiki quanto adoro questo personaggio *-*, al prossimo capitolo vedrete invece in azione Hayate, Kurenai e Asuma *-* me lovva la coppia Kurenai/Asuma anche se ci sarà uno stralcio di Kakashi/Anko ;-)

 

Passiamo adesso alle risposte alle recensioni ^__________^

 

Inu_Kagghy: LA MIA TESSSSSSSSSORA (come gollum XD) Non ci sono dubbi… Shika va con Temari, Sasuke con Sakura e Ino la voglio rendere un po’ umana perché deve andare con Choji… giusto un piccolo riferimento alla puntata dove Shika gli dice che alle ragazze non piacciono necessariamente i tipi magri magri XDD Shino si renderà molto utile assieme a Kiba per le sofferenze che Hinata incontrerà a causa di Neji e per il suo amore segreto nei confronti di Naruto ;) Kakashi… è il mio idolo :D

 

Beckill: L’ALTRA TESSSSSSSSSSSORA ^^ naruto si preoccupa per hinata, che puccio *-* comunque, se ti piacciono gli AC/DC devono piacerti anche i Led *________________* io li adoro! Kakashi in fin dei conti si è comportato bene ;) quindi non ci dobbiamo preoccupare tanto! Un bacione ^^

 

mimi_chan92: la prima settimana di scuola sarà composta da giornate di tre ore, quindi mi dilungherò un pochino appunto per presentare ogni personaggio nella sua interezza ^^ mi fa piacere che pensi che il personaggio di Kakashi sia IC! A presto!

 

hina22688: solo per l’aspetto fisico sono versione Shippuden, perché per essere alle superiori bisogna avere 15 anni, purtroppo è questa la pecca della mia ff, non potrò fare lo sbalzo di tre anni, tutto è molto rettilineo… pazienza, il mio vero scopo è di trattare la maturazione mentale e costante di ogni personaggio… un bacione hina ^^

 

hinata_chan: weeeeee ^^ rispondo subito alla tua domanda: allora si… neji, rock lee e tenten dovrebbero essere in seconda perché sono un anno più grandi, solo che questa condizione mi avrebbe dato del filo da torcere nella narrazione, volevo rappresentare in tutte le sue caratteristiche la compattezza che vi è nel gruppo nel manga e nell’anime :D e poi è una ff e soprattutto un AU quindi penso che il problema non sussista ^^” un baciuz

 

layla thepunkprincess: sasuke purtroppo fa sempre qualcosa di idiota, quindi che si possiamo fare, il brutto è che è il favorito di kakashi ^^” hinata una mossa se la da… nel prossimo capitolo tratterò principalmente l’argomento attività pomeridiane (la buon’anima di hayate mi servirà a questo ghghgh) ci sentiamo presto!!

 

eringad: mi fa piacere che ti piaccia! A me piace tantissimo la tua ‘Family’ e appena ne sarò in grado ti lascerò un commento (si spera) grande quanto il palazzo dell’hokage ^_________^ continua a leggere e fammi sapere se ti piace il seguito!

 

sasusaku: come hai potuto vedere sasuke è arrossito quando rock lee si è dichiarato a sakura! E si è dato da fare anche nell’ora di ibiki, dovresti essere contenta! ;)

 

Infine, oltre a Beckill, ringrazio Allimac, ami90, inuyoukai e ny152 di aver inserito questa ff tra i preferiti!

Spero di postare il prossimo capitolo il più presto possibile! Un bacione grosso grosso da Asdrel!

 

  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Un mondo folle ***


*Asdrel fa il suo ingresso con due scudi alle braccia* NON UCCIDETEMI VI PREGO! Sono alle prese con un trasloco che fa semplicemente paura ed in più si ci mette la famiglia e le vacanze estive in una casa in montagna dove non c’è internet -.- mi dispiace per la mia inattività… comunque ho sfornato questo capitolo nel giro di tre giorni, giusto il tempo in cui sono stata a casa (stasera torno il montagna e non so quando farò ritorno… >.<).

Buona lettura!

 

Capitolo 5

Un mondo folle

 

All around me are familiar faces,
worn out places, worn out faces…
Bright and early for their daily races
going nowhere, going nowhere…
Their tears are filling up their glasses
no expression, no expression…
Hide my head I want to drown my sorrow
no tomorrow, no tomorrow…

 

Mad World – Gary Jules (by Tears for Fears)

 

Tirò le tende, rendendosi conto che il cielo si era da poco oscurato e che la luce accesa della sua stanza attirava gli sguardi delle persone fuori.

Si passò una mano tra i capelli rosei e si guardò per un momento allo specchio, in cui risplendevano in particolare i suoi occhi verdi, come pozze d’acqua.

Si sedette alla sua scrivania e prese un libro poggiato accanto al mouse ottico del suo computer, sfogliandolo brevemente per poi sbuffare: non aveva alcuna voglia di leggere in quel momento, le sarebbe piaciuto di più stare con i suoi amici.

La cosa era alquanto improbabile, visto che sia Sasuke sia Naruto vivevano in un istituto per ragazzi orfani. Le sarebbe piaciuto parlare anche con qualche altro compagno di classe, persino con quella vacca di Ino.

Senza riflettere troppo, accese il computer e si connesse nel Messenger, per parlare con chi fosse stato disponibile. Effettivamente qualcuno c’era.

 

Bad as I wanna be scrive:

Ehi Sakura! Che fai?

Sakura - Uffa… non è giusto scrive:

Ciao Kiba! Niente, mi sto annoiando!

Bad as I wanna be scrive:

Capisco perfettamente… allora! Come va?

 

Sakura si alzò dalla sedia e guardò attraverso la persiana, oltre il vetro della finestra che dava sulla strada e, vedendo la gente che a quell’ora usciva di casa per andare a divertirsi, sospirò brevemente.

“Ogni tanto potrebbe andar meglio…”

 

Sakura - Uffa… non è giusto scrive:

Bene dai, tu?

Bad as I wanna be scrive:

Tutto a posto! Come ti sono sembrati Hatake e Morino?

Sakura - Uffa… non è giusto scrive:

Sinceramente? Due pazzi col botto…

Bad as I wanna be scrive:

Ahahahaha XD

 

“SAKURA!!! È PRONTO DA MANGIARE!”

La ragazza sbuffò e incessantemente prese a premere i tasti della tastiera.

 

Sakura - Uffa… non è giusto scrive:

Scusa Kiba, neanche il tempo di connettermi e devo già andare a mangiare, ci sentiamo o a limite ci vediamo domani a scuola… -.-

Bad as I wanna be scrive:

Non ti preoccupare! Ciao!

Sakura - Uffa… non è giusto scrive:

Ciao!

 

“INSOMMA SAKURA, SBRIGATI!”

“ARRIVO!!! NON C’È BISOGNO DI ARRABBIARSI!”

Spense il computer nervosamente e, dopo essere uscita dalla sua stanza, scese le scale per dirigersi nella sala da pranzo.

 

 

* * *

 

 

Le sue mani si mossero lungo i tasti del pianoforte con grande concentrazione: stava suonando un brano di corta durata intitolato Foot Tapper che però aveva la particolarità di essere molto movimentato.

Shino sistemò gli occhiali da sole sul naso. “Hinata, sei davvero brava.”

La ragazza dagli occhi color della neve allontanò le proprie mani dai tasti e, con voce dall’insicuro tono basso, alzò lievemente lo sguardo verso l’amico. “Come sono andata?”

“Bene Hinata, non c’è che dire, però…”

 

Però cosa..?

 

“Non te ne sarai accorta ma, quando suoni, trattieni il fiato.” Shino si alzò dalla poltrona poco distante e si avvicinò al pianoforte a coda del salone della villa degli Hyuuga. Si poggiò ad esso con una mano.

“Hai assunto un colorito verde da quando hai cominciato a suonare.”

Hinata emise un buffo suono tra uno sbuffo e una risatina sommessa. “Scusa…”

“Oh, non è con me che ti devi scusare.” Shino inarcò un sopracciglio. “Ma metti caso che in questo momento entrasse tuo cugino…”

Hinata abbassò lo sguardo: Neji, da quando era finita la scuola media, viveva con la sua famiglia e la cosa non la entusiasmava per niente; ne aveva parlato a Shino poiché conosceva Neji, famoso tra i campioni di Wing Tsun per il suo apparente talento naturale.

“Dai andiamo.” Shino prese il suo borsone e fece per dirigersi verso la porta del salone. “Manca poco all’allenamento.”

Arrivati nella palestra di Wing Tsun, Hinata si soffermò molto sul pensare che il mondo le andasse contro in qualsiasi circostanza, nonostante i suoi amici tentassero di aiutarla: la maestra aveva cominciato ad incitarla sin dal primo momento in cui aveva messo piede in quella palestra.

Shino la fissò per un attimo.

 

“Sembrano tutti un branco di idioti, non è vero ragazzi?”

“Guarda quello… è stato zitto tutto il tempo, non ha detto neanche una parola…”

“Sembra uno zombie effettivamente.”

“L’altra pivellina ha una faccia da funerale… è altamente improbabile che la prendano, vero ragazzi?”

“Io ti consiglierei di fare silenzio… se ci tieni veramente ad entrare a far parte di questa palestra…”

 

“Più veloce, Hinata.”

Hinata tentò di parare il colpo di Shino, mentre le parole della sua maestra la incitavano: se avesse dovuto considerare la leggenda sull’arte del Wing Tsun, avrebbe detto che Shino non era stato coerente.

Non era fisicamente debole, era semplicemente fortissimo.

Senza troppe cerimonie, egli bloccò un pugno della ragazza con la mano e l’altra con un teso movimento dell’altro braccio e, con un calcio ben assestato sul fianco, la fece cadere a terra.

Hinata abbassò lo sguardo mortificata ma vide la mano di Shino farsi avanti per aiutarla ad alzarsi. “Lo sai che non amo ripetermi… ma te l’ho già detto: devi essere più sicura.”

Poi guardò la maestra: il suo corrucciato volto dal colorito pallido era in competizione con la tuta bianca che indossava; l’unica cosa che spiccava in mezzo a quel bianco erano i suoi occhi rossi e il colorito del medesimo colore che avvolse le sue guance quando, nella palestra, entrò uno strano tipo con degli scuri capelli sparati leggermente verso l’alto e gli occhi neri; le sue basette scendevano verso il mento per unirsi in un bizzarro pizzetto ben elaborato.

“Che ci fai qui?!”

L’uomo sorrise brevemente e si appoggiò allo stipite della porta, mostrando quelle che sembravano delle armi foderate.

La maestra gli fece segno che poco dopo l’avrebbe raggiunto perché effettivamente la lezione si era appena conclusa.

“Va bene, ragazzi, ci vediamo tra due giorni.”

 

“Sei stato impeccabile come sempre, peccato che per colpa tua siamo arrivati con mezz’ora di ritardo!”

“Anko, se non la smetti non te lo do il passaggio per tornare casa.”

La donna si passò una mano tra i suoi scuri capelli sparati e fece una smorfia. “Va bene, va bene… Kakashi.”

Silenzio.

 

“Ciao HATAKE!” Anko fece un sorriso da un orecchio all’altro e si abbassò sulle ginocchia, per guardare meglio il ragazzo seduto all’ultimo banco della classe.

“Che vuoi, Anko?”

Anko fece uno sguardo deluso. “Stamattina ti sei alzato col piede sbagliato?”

Kakashi abbassò il libro e si guardò i piedi; poi alzò lo sguardo serissimo. “Che hanno di storto i miei piedi, me lo spieghi?”

Anko sbuffò. “Sei davvero di spirito, Hatake…”

“Ma perché non mi chiami mai col mio nome? Cos’ha di male il nome KAKASHI?”

“Il tuo nome ti fa assomigliare ad uno spaventapasseri più di quanto sei… meglio che ti chiami per cognome, quindi.”

“Ancora con questa storia?”

“Dovresti acconciarli meglio questi capelli, che poi sono sempre sparati da una parte, perché devi nascondere il tuo occhio rosso?”

“Perché è una cosa fin troppo preziosa perché io possa perderla mostrandola senza ritegno alle persone che mi stanno intorno.”

“Chi te l’ha donata l’ha fatto perché tu la sfruttassi. Non ti hanno mai insegnato che le cose preziose si condividono con gli amici?”

 

L’uomo si passò una mano sulla faccia e prese a fissare, con i suoi occhi dai diversi colori, la donna. “È un incubo o mi hai veramente chiamato per nome?”

“Non eri tu che volevi sempre essere chiamato per nome?”

“Si hai ragione, mi arrendo.” Kakashi sorrise lievemente quando incontrò gli occhi di Anko ma improvvisamente divenne serio. “Aspetta.”

“Che succede?”

“Guarda un po’ chi c’è laggiù…”

Anko lo fissò interrogativa per poi seguire la direzione dello sguardo dell’uomo dai capelli argentei. I suoi occhi divennero stralunati.

“Avevo ragione a dire che hanno una relazione, vero?”

“ASUMA! KURENAI!”

 

 

* * *

 

 

“Naruto, ti devo lasciare qui?”

Sasuke sfiorò il colletto della camicia bianca che indossava, sistemando lo zaino su una spalla, e vide il biondino tornare dal bar con in mano due enormi bicchieroni di caffé americano.

Naruto lo fissò per un momento e inarcò un sopracciglio. “Ma lo fai apposta!” guardò la sua semplice maglietta arancione a maniche lunghe e la felpa nera che indossava. “Poi non venirti a lamentare che Sakura ti viene costantemente dietro.” Gli porse il caffé e prese a bere il suo mentre camminavano.

“Che colpa ne ho io se tu non hai stile?”

Naruto fece una faccia rabbiosa. “Da quando in qua tu parli di stile?! Sei Sasuke o qualcun altro?!”

Sasuke stirò le labbra in un mezzo sorriso arrogante. “Sono sempre io, testa quadra.”

In poco tempo arrivarono presso la Leaf High School.

Intanto erano stati raggiunti da Sakura, Kiba, TenTen e Rock Lee e attesero qualche minuto nel cortile il suono della campanella

“Chissà che professori avremo oggi…” mormorò Naruto incerto.

“Oh, sta zitto che tu ieri ti sei guadagnato sin da subito la simpatia di Morino…” brontolò Kiba contrariato.

“EHI! Non sono l’unico che si è guadagnato la simpatia di un professore! Hatake faceva lo sguardo dolce a Sakura!”

Sakura trasalì e si buttò su Naruto. “COME HAI DETTO??!”

TenTen rise sommessamente mentre Rock Lee fissò la ragazza dai capelli rosa con gli occhi che brillavano.

Poco dopo giunse pure Shino, che fu raggiunto dal trio di Ino-Shika-Cho.

“Ho controllato l’orario.” Disse Ino affabile. “E ho visto che oggi avremo inglese… matematica… ed educazione fisica.”

Rock Lee e Sakura, nello stesso istante e inconsapevolmente, alzarono il pugno verso l’alto, esultando. “SIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!”

Naruto, Sasuke, Kiba e TenTen li fissarono ammutoliti e straniti; loro in compenso si guardarono sbalorditi, anche se le conseguenti reazioni furono molto diverse.

“MA ALLORA LA PENSIAMO ALLO STESSO MODO!”

“NON CI CONTARE!” Sakura fissò inorridita il ragazzo che le rivolgeva uno sguardo straordinariamente perso.

Sasuke si mise una mano sugli occhi, imitato da TenTen. “Sono dei casi clinici…”

Passarono altri minuti; la cosa più strana che accadde, però, fu l’arrivo puntuale e preciso di un enorme fuoristrada nero e lucido, con i vetri a specchio, che in quel momento si era fermato davanti il cancello.

Naruto rimase scioccato dal mezzo di trasporto, così come tutti i presenti; solo Kiba e Shino apparvero per niente sorpresi ed in qualche modo attenti.

Lo sportello che dava sul marciapiede si aprì con lentezza indicibile, facendo sì che uscissero due personaggi di sesso differente, dall’espressione facciale molto diversa, così come l’andamento.

Il primo era rigido e composto e sul suo volto vigeva uno sguardo vigile e sprezzante: continuava a storcere il volto in un’orribile smorfia, come se avesse costantemente la puzza sotto il naso.

La seconda invece sembrava molto assorta nei suoi pensieri, cosicché tenne ininterrottamente basso lo sguardo, anche quando raggiunse i compagni di scuola che tanto la salutarono e che lei cercò di assecondare il più possibile.

Naruto fissò il ragazzo con aria contrariata per poi passare in rassegna alla ragazza, con preoccupazione.

Nessuno contò il numero di volte in cui i due ragazzi si presentarono con quell’aria di perfetto distacco dalla realtà, nessuno si soffermò sul numero di volte in cui i due non si rivolsero la parola o sul numero di volte in cui l’uno si soffermò nel parlare dell’altra in presenza di altre persone, nessuno osò violare l’atmosfera per giorni, settimane e forse mesi.

Nessuno, a parte Kiba e Shino, sapeva perché tutto questo accadesse. Ma una cosa era certa.

Neji e Hinata Hyuuga erano appena arrivati.

Si mostravano completamente fuori dal mondo e i loro occhi, dello stesso grigiore quasi bianco, sembravano fermare il passare del tempo, tempo che poi riprendeva a scorrere quando i due creavano un contatto con le persone che stavano loro intorno.

 

“Bene, oggi hai tu la prima ora.”

“Mentirei se non ti dicessi che sono curiosa.”

“Preparati, allora.”

Kurenai in risposta fissò il suo interlocutore per poi guardare l’orologio nervosamente.

“Che c’è, aspetti Asuma?”

“Ancora con questa storia?”

“Guarda che vi ho visti con i miei occhi l’altra sera e c’era anche Anko.”

“Si, purtroppo per me ho sentito i suoi toni soavi.” Kurenai fece una smorfia, sbuffando rumorosamente.

“Che c’è di male ad ammettere che state insieme?”

“NON stiamo insieme, ieri Asuma mi ha prestato delle armi bianche e ne ha approfittato per accompagnarmi a casa.”

“Si, va bene va bene.” Kakashi mise le mani dinanzi a se come per difendersi. “È proprio dietro di te.”

Kurenai arrossì lievemente e si voltò.

 

“Ti ringrazio tanto per le armi che mi hai prestato, Asuma.”

“Non c’è problema Kurenai, puoi tenerle quanto vuoi e, se ti fa piacere, ne ho di altre che ti potrebbero interessare… magari quando i tuoi allievi saranno ad un livello più alto.”

“È un pensiero molto gentile.” Kurenai sorrise grata.

“Scusa, fallo di nuovo.”

“Cosa?”

“Sorridi un’altra volta.”

“Cos’ha di strano il mio sorriso?”

“Oh, niente… è solo che mi piace molto il tuo sorriso.”

 

Asuma la spinse lungo il corridoio. “Sei tremendamente in ritardo!”

Kurenai lo fissò per un momento, poi si rese conto che aveva ragione e tornò alla realtà, camminando con grande fretta verso il corso F.

Aprì la porta e poggiò la borsa da lavoro con uno scatto nervoso sulla cattedra. “Buongiorno ragazzi, scusate il ritardo. Sono la professoressa Kurenai Yuhi, insegno inglese.” Fece una pausa. “Questo alle mie spalle è il professor Asuma Sarutobi, il vostro docente di matematica. È un piacere conoscervi.”

Disse tutte quelle parole senza neanche guardare in faccia i dodici studenti della classe ma, non appena si voltò, si rese conto che qualcuno avesse un volto noto.

“Maestra Kurenai…” mormorò Shino esterrefatto.

Hinata si sporse leggermente. “M-m-maestra…”

La classe fissò i due compagni e Naruto sembrava il più sorpreso di tutti.

Kiba rispose ai suoi dubbi. “È l’insegnante di Wing Tsun di Hinata e Shino…”

Naruto sgranò gli occhi e mosse un po’ il capo per guardare la compagna, giusto appena con la coda dell’occhio. “Hinata pratica Wing Tsun..?”

 

Eppure è più trasparente del vetro…

 

Naruto continuò a guardarla: era così diversa da Sakura… così riservata, così gentile, così dolce… Sakura in confronto a lei era decisamente un mostro.

Almeno, con lui era un mostro. Con Sasuke era tutta un’altra faccenda.

La professoressa Yuhi si mostrò subito un’ottima insegnante, molto diversa da Hatake e Morino e per questo meno imprevedibile.

Più imprevedibile fu l’insegnante che la seguì nell’ora successiva, che avevano già avuto il piacere di conoscere.

“Vediamo… siccome la professoressa Kurenai mi ha già presentato, forse è meglio cominciare ad introdurre una definizione di matematica.” Il professore Sarutobi si poggiò alla cattedra con andamento naturale. “Prima però vorrei chiedervi una cosa.”

“Cosa professore?” chiese Ino innocentemente.

“Sino ad ora cosa vi hanno sempre detto della matematica? C’è una frase comune in particolare…”

Sakura alzò la mano. “Che non è un’opinione.”

“SBAGLIATO! Lo è invece, a tutti gli effetti!”

Shikamaru, che sino a quel momento era stato poggiato al banco con aria annoiata, alzò lo sguardo scattando. “Come ha detto scusi? La matematica è un’opinione?!”

Asuma sorrise lievemente. “Noi tratteremo la matematica a questo modo… la matematica principalmente è lo studio degli enti numerici e geometrici e, oltretutto, viene applicata in materie scientifiche, come per esempio la fisica. A mio parere non è altro che un gioco.”

Le orecchie di Shikamaru erano più esterrefatte dell’espressione che dominava sul suo volto e su quello dei suoi compagni.

Istintivamente alzò la mano. “Intende anche lo shougi..?”

Il professore sorrise. “Credo che avrò a che fare con una bella classe.”

 

Kakashi si passò una mano sul volto, affacciato alla finestra della sala professori, per poi affondare la mano nella borsa da lavoro ed estrarne un libro.

“Leggi ancora Il paradiso della pomiciata?”

“Si, ti crea qualche problema?”

Anko fece una smorfia. “No sai com’è… ogni tanto potresti cambiar genere, mi stupisco sempre se penso al fatto che un filosofo come te sia capace di leggere questa roba.”

“Che vuoi farci se è il mio passatempo preferito?”

“Hai ragione, tutti hanno i propri passatempi.”

“E il tuo è quello di venire sempre da me?”

“No, ma sai com’è Kakashi…”

Quella rompiscatole aveva di nuovo detto il suo nome, per la seconda volta, dopo una vita che lo chiamava con l’appellativo di Hatake: l’uomo tese le orecchie e aspettò.

“…il mio passatempo preferito è mangiare dango.”

“E questo cosa c’entra?”

“C’entra che a pranzo verrai a mangiare con me. Bisogna lasciare Kurenai e Asuma da soli perché la loro relazione decolli.”

Kakashi decise di voltarsi e sul suo volto spiccava il suo classico sorriso stupido da vero idiota.

“Allora, ci stai Kakashi?” Anko gli tese la mano.

“Ci sto, Anko.”

 

Hayate Gekko entrò nella I^F tossendo rumorosamente.

Tutti si alzarono senza esitazione e il professore si presentò. “Buongiorno ragazzi.” tossì. “Sono il professore Hayate Gekko e insegno educazione fisica…”

Tutti presero a mormorare tra di loro entusiasti e il professore continuò a parlare.

“Oggi non farete pratica ma, poiché all’interno della scuola sono io ad occuparmi delle attività extrascolastiche…”

Tossì di nuovo.

Ino lo fissò inarcando un sopracciglio, Hinata si mise una mano sulla bocca.

“Molto bene …” Hayate farfugliò qualcosa a bassa voce. “Avete la possibilità di iscrivervi al circolo letterario del professore Morino… imparare a suonare uno strumento o entrare a far parte del coro della scuola…”

Un altro colpo di tosse.

“A seguire… il corso di primo soccorso della preside Tsunade curato dalla professoressa Shizune…”

“E l’attività sportiva?” chiese Rock Lee.

“In aggiunta ci sono le attività di pugilato, pallavolo, pallamano, calcio, basket e baseball…” non c’era niente da fare, il professor Gekko continuava a tossire.

“Ci sono domande?”

Sasuke alzò la mano. “Per iscriverci ad uno di questi corsi, cosa dobbiamo fare?”

“La settimana prossima mi darete i vostri nominativi e lì vi spiegherò tutto.”

Dopo questo, gli studenti dovettero ripetere per l’ennesima volta la loro presentazione all’insegnante ed erano già arrivati a Kiba quando qualcuno entrò nella classe senza nemmeno bussare.

La donna che aveva appena fatto il suo ingresso non stava parlando, stava semplicemente urlando.

“HAYATE!!! FERMO!!! COMUNICAZIONE URGENTE!!!”

Hayate tossì. “Ragazzi… salutate…”

“È la pazza furiosa che parlava con Hatake quando ci hanno smistati…” mormorò Kiba a Naruto, che rise sotto i baffi.

“Va tutto bene, Anko?”

La donna sembrò fissare le occhiaie di Hayate. “A dir la verità tu mi sembri messo peggio di me… comunque volevo dirti che c’è stato un cambiamento: nel settore artistico è stato aggiunto il corso di pittura che sarà curato da me. Quindi, ragazzi, prendete nota.”

TenTen alzò la mano. “Mi scusi, lei è la professoressa..?”

“Anko Mitarashi, sono la vostra insegnante di Disegno e Storia dell’Arte.” Anko sorrise parlando con un tono di voce alto e allegro. “E tengo molto a precisare che non tollero per niente chi parla, dorme o mangia durante le mie ore di lezione.” Detto questo scoccò uno sguardo inquisitorio a Naruto, Kiba, Shikamaru e Choji, che si ricomposero in poco tempo. “Avete capito bene..?”

Sembrò assumere un tono di voce ben peggiore da quello che aveva utilizzato il professor Hatake il giorno precedente, quando aveva dichiarato di detestarli.

“Comunque, forse è meglio fare qualche cambio di posto… che ne dici Hayate.”

“Se lo dici tu…”

“Mmh bene…” Anko prese a fissare la classe mentre tutti gli studenti erano terrorizzati di perdere il proprio fedele compagno di banco.

Sakura dentro di se sembrava una bestia.

 

SCORDATI DI PORTARMI VIA SASUKE!!!

 

“Bene… bene… bene…”

Silenzio.

“TU!” indicò Kiba. “Fai cambio con la signorina seduta nella tua stessa fila, forza!”

Naruto, che era poggiato al banco, alzò la testa e si voltò alla sua sinistra, sorridendo di contentezza. “Oh, che fortuna averti vicina!”

STONK!!!

Kiba non ebbe il tempo di prendere lo zaino che già si era schiantato sul banco vicino, imitato dall’insegnante di arte.

“MA CHE LE PRENDE?!”

“HINATA, FORZA SVEGLIATI! PROFESSORESSA! HA VISTO COS’HA FATTO?!”

 

And I find it kinda funny
I find it kinda sad,
the dreams in which I'm dying
are the best I've ever had…
I find it hard to tell you
I find it hard to take,
when people run in circles
It's a very, very mad world mad world…

 

Mad World – Gary Jules (by Tears for Fears)

 

 

L’angolo per i lettori:

Raga… è stata dura ma alla fine ce l’ho fatta… come promesso c’è stato un po’ di Asuma/Kurenai e di Kakashi/Anko… ^^

Ma passiamo ai commenti delle recensioni!

 

layla thepunkprincess: guarda un po’ cosa è successo a hinata! Poverina XD comunque sasuke è sempre sbruffone e per la tua gioia inserirò kin, dosu e zaku (anche a me piace tantissimo, poi nell’episodio 32 con choji!)

 

Rory_chan: ehilà ^^ praticamente io ho postato dopo due settimane esatte quindi mi tocca aspettarti solo per una settimana lol comunque la coppia Sasuke/Sakura per me sarà proprio fondamentale, ai mio parere sono proprio compatibili, hanno persino lo stesso taglio di capelli XD

 

Beckill: TESSSSSSSSSORINA ^^ vedo che in questo sito esistono persone che ascoltano musica decente ghghghghgh a me piace tanto il rock anche se qualche canzone “fuori-genere” come All Good Things non mi dispiace! Cmq… a proposito di Naruto e Hinata… sei scioccata vero?!

 

hina22688: è problematico, non mi andava di farli troppo piccoli sennò la storia durerebbe a vita! Anche perché l’ho già detto, oltre a “Pensieri pericolosi” ho in mente altri due seguiti, per seguire tutta la storia di Naruto. Comunque sono contenta che ti piaccia così tanto! ^^

 

Inu_Kagghy: GIOIA MIAAAA! Ti autorizzo categoricamente a utilizzare il tuo forcone, mi faccio schifo da sola! Comunque, Kakashi è semplicemente il mio mito, quindi per rappresentarlo ci metto sempre molto impegno! Ibiki è un tipo troppo affascinante e Gai oltre ad essere malato mentale è incredibilmente amorevole! Poi in “Konoha Middle School” mi fa semplicemente morire… “Corriamo verso il tramonto!” XDDDDDDDDDDD

Ho introdotto Anko, Kurenai, Asuma e Hayate!

 

bambi88: ciao Roberta! Comunque avrai letto che ho intenzione di seguire tutta la storia di Naruto, quindi ci saranno anche i fratelli della sabbia! (SHIKA DEVE STARE CON TEMARI!)

 

hinata_chan: mi dispiace che non ti piacciano questi pairing! Anche se credo che per Ino e Sakura non ci saranno solo Sasuke e Choji… voglio dire… in un futuro prossimo… hai presente quello strano tipo chiamato “Sai” e quell’altro essere chiamato “Rock Lee”? certo… Rock Lee non potrà stare con Sakura… ma ci sarà un attimo di Sakura/Rock Lee! Io mister sopracciglio lo vedo più con TenTen, c’è un episodio non ancora uscito in Italia dove si vede chiaramente! Va bene, smetto…

 

mimi_chan92: hai sentito la mia mancanza?! Amorina… t_t e io che sono stata così assente, maledetta montagna… al di là di questo… rock lee è semplicemente un mito… e… non credi che naruto si stia dando da fare?! ^^

 

sasusaku: che entusiasmo… ^________^ tenterò di aggiornare, internet permettendo, non ti assicuro niente!

 

Kowalski: una nuova fan! Se c’è Temari deve per forza esserci Gaara! Una cosa che mi piace di Gaara è la grande somiglianza che ha con Naruto, devo creare qualcosa per mostrare questa somiglianza in questa AU ^^ mi inventerò qualcosa, promesso!

 

vampirosolitario91: e ce n’è un’altra! ^^ mmh non ti assicuro niente per sasuke, anche se il mio obiettivo, diversamente dal suo, sarà di mantenere i legami dei personaggi principali, da un punto di vista interiore, purtroppo mi sono ripromessa e ho promesso agli altri lettori di seguire al 99% la storia originale.

Un baci8

 

 

Aggiornerò appena possibile e devo tutti i miei ringraziamenti a bambi88, crazykikka, Felicia91, Joy Wyatt, tak10 e vampirosolitario91 per avermi aggiunta tra i preferiti. ;)

Un bacio a tutti, Asdrel

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Nessun occhio può vedere ***


*Un mucchio di verdura e pomodori piove su Asdrel* Raga, leggete e poi ne parliamo, ok? ^^

 

Capitolo 6

Nessun occhio può vedere

 

The path is clear

though no eyes can see
the course laid down long before.
And so with gods and men
the sheep remain inside their pen,
though many times they've seen the way to leave.

He rides majestic
past homes of men
who care not or gaze with joy,
to see reflected there
the trees, the sky, the lily fair,
the scene of death is lying just below.

 

Firth of fifth – Genesis

 

“Mi devo fumare una sigaretta.”

Shikamaru infilò una mano in tasca, estraendone un accendino e un pacchetto di sigarette che aveva comprato il giorno prima.

“Se continui così rischi di diventare peggio del professor Asuma.” Ino fissava l’amico, le braccia conserte e il naso arricciato in un’espressione contrariata.

Shikamaru alzò lo sguardo verso il cielo. “Come vorrei essere una nuvola e volare in libertà senza dover dare peso alle seccature…”

“IO SAREI UNA SECCATURA?!”

“Si.”

Ino divenne una vipera. “RIPETILO SE HAI IL CORAGGIO!”

Naruto rimase seduto sui gradini del portone che collegava le strutture della scuola con il cortile interno in cui gli studenti passavano la ricreazione. Sbuffò leggermente.

Come se gli avesse letto nel pensiero, Shikamaru espirò il fumo della sigaretta e parlò. “Non voglio fare biologia… è una rottura.”

“Io invece trovo che Maito sia molto in gamba.” Disse Rock Lee con un gran sorriso.

“Il problema dei nostri compagni non è lui, Maito è matto, fa ridere.” Disse Sasuke con sguardo serio. “Il problema vero è la materia in se e gli argomenti che stiamo facendo.”

Hinata fissava i fiori delle aiuole presenti nel cortile; Kiba la raggiunse con passo veloce, assieme a Shino che invece si muoveva lentamente e con delicatezza.

Una farfalla volò tra una margherita e l’altra. Kiba si accovacciò e prese a fissarla con sguardo incuriosito, come quello del bambino che era stato alcuni anni prima.

Shino si chinò e, con la stessa grazia lenta con cui si muoveva di solito, si accovacciò a sua volta per muovere il dito verso la farfalla arancione e nera.

Essa si spostò sul suo dito con un frenetico movimento delle ali, dunque Shino si avvicinò ai compagni di classe e rivolse lo sguardo, coperto dalle lenti nere dei suoi occhiali da sole, alle ragazze.

Con scarso successo però, perché Sakura e Ino non riuscirono ad avvicinarsi più di tanto all’insetto più bello che potesse esistere.

“Dal modo in cui ponete le vostre mani, si capisce che siete sul punto di toccare le sue ali… e questo non le permetterà più di volare.” Disse Shino impassibile, all’udire le lamentele delle due ragazze.

Choji, che in quel momento aveva imboccato l’ultima patatina del suo pacchetto, si avvicinò a Shino assumendo la stessa posizione delle sue dita, e con la stessa naturalezza di quest’ultimo riuscì a far posare la farfalla sul proprio indice. Ino rimase stupita da quella scena alquanto insolita.

 

Non avevo mai visto un lato così sensibile in Choji…

 

Shikamaru notò lo sguardo esterrefatto della biondina. “Non lo sai che Choji in giapponese significa proprio farfalla?”

“Davvero?”

“Mmh…”

Ino distolse lo sguardo da Shikamaru e istintivamente raggiunse Hinata presso l’aiuola; si piegò sulle ginocchia, raccogliendo quattro margherite che divise tra lei e le tre compagne, che le rivolsero un sorriso grato.

Sasuke vide Sakura sistemarsi la margherita tra i capelli per qualche secondo: Sakura lo notò e sorrise brevemente; il moro distolse lo sguardo arrossendo.

 

Gli darò tempo…!!!

 

La giovane Haruno esultò mentalmente ma, per non dare nell’occhio, diede un’occhiata in giro, parlando di tutt’altro. “Questo cortile è un po’ squallido, poi con questo grigio così… omogeneo…”

“Cosa pretendevi, ragazzina. Questa è la scuola pubblica.”

I ragazzi si voltarono verso la fonte della voce, che apparteneva ad un ragazzo molto più grande di loro: i suoi capelli erano di uno splendente grigio argento, legati in una coda, e i suoi occhi scuri apparivano profondi dietro le lenti dei suoi occhiali da vista.

“E tu chi sei?” chiese Naruto con strafottenza.

Il ragazzo sorrise. “Mi chiamo Kabuto Yakushi, ho diciotto anni, frequento la terza del vostro stesso corso.”

Shikamaru spense la sigaretta con un pestone. “Che cosa vuoi da noi?”

Kabuto alzò le mani in segno di resa, continuando a sorridere. “Proprio niente, volevo solo avvertirvi di fare meno rumore durante le prossime ricreazioni… perché altrimenti potreste avere problemi con gli altri studenti…”

“Problemi di che tipo?” chiese Sasuke corrucciato.

Kabuto si sistemò gli occhiali, volgendogli lo sguardo di uno che la sa lunga. “Le bande di Tokio possiedono sempre le loro piccole matricole…”

Silenzio.

“… e non fanno semplicemente a pugni per questioni infantili, se forse non mi sono spiegato bene. Giusto per farvelo sapere… quelle matricole sono mimetizzate…”

Sasuke parlò.

“Matricole, hai detto? Quante bande conosci?”

“Quella della Sabbia; quella del Suono e quella del Serpente… agiscono assieme anche se la seconda è molto più potente, ma sono comandate dallo stesso capo; infine quella dell’Akatsuki…” il tono di voce di Kabuto divenne odiosamente molle.

Hinata fissò Kabuto: quel ragazzo le piaceva sempre meno e le parve che stessero pensando lo stesso i suoi amici; ebbe l’improvviso impulso di andare in bagno.

“Scusate, mi assento un attimo, vado in bagno…”

“Vengo con te, Hinata.” Disse Sakura.

Sasuke fissò Sakura allontanarsi per poi distogliere lo sguardo, lievemente sconvolto.

Kabuto sorrise.

“Tu sei Sasuke Uchiha, vero?”

 

“Sakura, io ho finito.”

“Si, andiamo. È appena suonata la campanella.”

A differenza della ricreazione, che era passata velocemente, la lezione di Biologia del professore Maito procedeva troppo lentamente per i gusti dei giovani della prima classe del corso F: essendo ancora agli inizi del loro corso di studi presso la Leaf High School, le cose procedevano sempre troppo lentamente, dato che gli studenti avevano appena finito di acquistare i libri in adozione e per il momento dovevano solo seguire lezioni; erano passate due settimane circa dall’inizio della scuola ma i pochi alunni del corso F sembravano essersi ambientati rapidamente, forse troppo rapidamente…

“HATAKEEEE!!! VIENI QUA SPAVENTAPASSERI!!!”

Kiba, così come Shikamaru e Choji, cercò di trattenersi il più possibile dal ridere: Naruto stava facendo un’imitazione molto fedele della professoressa Mitarashi, imitando perfettamente il sorriso sadico della donna, mentre il professore Maito scriveva alla lavagna e dava loro le spalle.

“NOOOO!!! Ti prego Naruto, smettila, non ce la faccio più!!! Ci fa rapporto se ci becca!!!”

L’intervento di Ino dopo la supplica di Kiba non aiutò molto, indicando il ragazzo con i capelli biondi con l’indice esile, tremando leggermente per le risate silenziose. “No aspetta, e dove la metti la volta in cui avevamo lezione con lei e c’era un bordello assurdo in classe… ed è arrivato il professor Hatake e ha detto ‘Ragazzi siete soli?’… è diventata una bestia!”

Naruto stette un attimo immobile per poi cominciare a ridere improvvisamente al ricordo di quella scena esilarante.

“AAAAH!!!” Gai si era appena voltato, con un enorme sorriso sul volto. “Questi giovani che sorridono alla vita! Anche io trovo l’ATP estremamente divertente, ragazzo mio!”

Kiba infilò un pugno in bocca per non scoppiargli a ridere in faccia mentre Choji rischiò di rimanere soffocato dalle patatine che mangiava continuamente.

Quando la situazione sembrò tornare alla normalità, Ino picchiettò sulla schiena di Naruto con due dita. “Avanti, ci riesci?!”

“…BRUTTA STREGA, VUOI FARMI MORIRE?!”

“Ragazzi, più vi guardo e più mi sento felice!” fece il professore voltandosi nuovamente. “Vi farà piacere sapere che appena ci sarà il consiglio di classe metterò una buona parola su tutti voi!” e si sedette alla cattedra, scrivendo sulla sua agenda.

TenTen lo fissò per un momento e poi sospirò, imitando piano il tono allegro della voce del loro professore di Biologia.

Ino cercò di frenare l’impulso di sbattere i pugni sul tavolo.

Naruto rise sommessamente ma d’improvviso gli vennero delle fitte alla pancia. “Oh no… non ora…”

Sakura, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, si voltò verso l’amico, udendo i suoi lamenti. “Che succede, Naruto?”

“Non mi sento molto bene…”

“Il solito zuccone, chissà che hai bevuto oggi al posto del latte…”

Hinata posò una mano sulla bocca e rise piano: i battibecchi tra Naruto e Sakura erano sempre una cosa da non perdere.

Con grande sforzo riuscì ad inserirsi nella conversazione.

“Ehi r-r-ragazzi… voi frequenterete le attività pomeridiane?”

Naruto si issò sulla sedia e si voltò a guardare la compagna di banco, facendo uno dei suoi splendidi sorrisi; ella distolse lo sguardo.

“Si, oggi pomeriggio io dovrò andare al corso di chitarra assieme a Sasuke, mentre tre volte a settimana farò sport.”

“Cosa fai?” chiese Hinata.

Naruto fece lo stesso sorriso di prima. “Calcio, sempre con Sasuke e poi… Kiba e Shino.”

“Tu invece cosa farai, Sakura?”

Sakura alzò lo sguardo. “Eh? AH! Parlavi con me!” fece un sorriso svampito. “Beh… mi sono iscritta al circolo letterario di Morino.”

Hinata sorrise. “Anche io sono iscritta al circolo letterario. Oltre a quest’attività però ho intenzione di fare anche il corso di danza classica nella palestra femminile.”

“Esiste un corso di danza classica? Gekko non ne aveva parlato.” Disse Naruto.

“S-s-si ma lui non ne ha parlato perché tossendo se n’è dimenticato… non mi sembra che il professor Gekko stia tanto bene, poverino…”

“Bene, allora andiamo assieme!” disse Sakura rivolta a Hinata. “Anche perché TenTen si è iscritta alle lezioni di batteria mentre Ino a quelle di flauto traverso.”

Naruto si fece perplesso. “Sakura, tu fai attività sportiva?”

Sakura prese a tossire rumorosamente, più di Hayate Gekko.

“Allora?”

Tosse. Sakura non accennava a rispondere.

“Ehi, Sakura?”

“Si è iscritta a pugilato.”

La voce di Sasuke era arrivata, come un dito su un nervo scoperto, alle orecchie di Naruto, Kiba, Ino e Rock Lee.

Il primo sgranò gli occhi sollevandosi sulle braccia e sporgendosi verso Sasuke. “COSAAAAAA???!”

Il secondo aveva fatto una faccia a dir poco esterrefatta, arricciando le labbra; per una volta però rimase in silenzio.

La terza strinse i pugni con poca grazia. “SAKURA VA A FARE PUGILATO?!”

Il quarto sembrava il più felice di tutti. “SIIIIIIIIIIIII!!! ANCHE IO MI SONO ISCRITTO A PUGILATO!!!”

 

 

* * *

 

 

“Pallavolo, che rottura…”

“Senti, il baseball non lo volevi fare perché tu non vuoi correre e Choji si stanca; di pallamano e calcio neanche a parlarne! Choji poteva fare pugilato, sarebbe stato il più forte, solo che a te non andava! Quindi accontentati.”

“Shikamaru, ha ragione Ino, la pallavolo è bella e noi siamo in grado di coprire tutti i ruoli: tu saresti la difesa, Ino il palleggiatore e io l’attaccante.”

Ino annuì con convinzione.

“Non abbiamo nemmeno cominciato e già hai deciso la formazione?” Shikamaru si mise una mano sulla fronte. “Oddio no…”

“INO! EHI INO!”

La biondina si voltò, inquadrando il gruppo di persone formato da Sakura, TenTen, Hinata, Sasuke, Naruto e Rock Lee.

“Com’è andata la lezione di flauto traverso?”

Ino mostrò la custodia lunga e rigida che stava impugnando. “Tutto a meraviglia. E a voi? Com’è andata la lezione di chitarra, Sasuke?”

Sakura le rifilò un’occhiataccia e TenTen rise piano.

 

TIENI LE TUE MANACCE LONTANO DA SASUKE, MOSTRO!!!

 

“Non c’è male…” mormorò piano Sasuke.

Naruto mostrò più entusiasmo. “Abbiamo le dita un po’ doloranti però per fortuna non è la prima volta che strimpelliamo una chitarra, il direttore del nostro istituto è molto in gamba.”

Sakura sorrise: Naruto non si vergognava a parlare dell’orfanotrofio in cui viveva, a differenza di Sasuke; era così sincero.

“Ma adesso tocca al calcio.” Disse Sasuke. “Avete visto Kiba?”

A rispondere fu Hinata. “Lui fa solo l’attività sportiva, quindi è andato a pranzare a casa ma penso che stia per arrivare.”

“Mmh…”

“Sai qualcosa di tuo cugino?” chiese Rock Lee con un sorriso gentile.

Hinata si irrigidì. Naruto se ne accorse.

“Neji è tornato a casa ma non ho altre sue notizie… mi spiace Rock Lee…”

Ci furono pochi attimi di silenzio, poi TenTen decise di spezzare l’atmosfera silenziosa, dopo aver rivolto una risoluta occhiataccia ad un ignaro Rock Lee.

“Hinata, tu frequenti il corso di danza classica, vero? Possiamo andare assieme, ci sono pure io.”

Che carina TenTen, si conoscevano solo da due settimane ma con lei si mostrava estremamente dolce; sembrava aver notato che tra lei e Neji ci fossero dei problemi ma dava a vedere il fatto che non le interessassero gli affari degli altri.

“Che state confabulando?”

Kiba era appena arrivato, accompagnato da Shino, e sul suo volto spiccava quello strano sorriso maligno che a volte usava in presenza degli altri ragazzi. Ma non con lei.

“Parlavamo.” Disse Naruto.

Era rimasto insolitamente zitto, forse dopo l’intervento di Rock Lee.

“Va bene.” Fece Sasuke sistemando lo zaino sulla spalla e stringendo la custodia della chitarra. “Sparpagliamoci…”

 

 

* * *

 

 

La lezione di pugilato di Sakura si rivelò tanto interessante quanto il circolo letterario di Morino: illustrarono le regole della boxe e poi li fecero allenare a coppie con i sacchi lenti.

Il corso era frequentato in tutto da sei persone: c’erano Sakura, Rock Lee, Neji Hyuuga; oltre a loro un gruppo di tre persone che se ne stava in disparte, composta da due ragazzi poco socievoli e una ragazza dai lunghi capelli neri.

Neji era un campione di Wing Tsun, disciplina molto diversa dal pugilato, ma era avvantaggiato: i suoi migliori pregi erano la grande attenzione che affidava al suo avversario e il modo in cui riusciva a metterlo a tappeto in pochissime mosse.

Forse sarebbe diventato meno aggraziato ma Rock Lee aveva insistito tanto.

Quando finirono Neji se ne andò subito, annunciando che l’autista lo aspettava davanti l’ingresso della scuola; dunque Rock Lee cominciò a parlare animatamente con Sakura che aveva perso le speranze e cercava di assecondare il ragazzo come meglio poteva.

“Lee scusa, vorresti entrare nello spogliatoio delle ragazze?”

Il moro sgranò gli occhi, arrossendo vistosamente. “OH NO! CERTO CHE NO!”

“Ci vediamo in cortile allora.” Sakura sorrise e appena si fu chiusa la porta dello spogliatoio alle spalle sospirò, sentendosi stranamente salva.

Si cambiò e, dopo essersi guardata allo specchio appeso nel bagno dello spogliatoio, sistemò i lunghi capelli rosa come meglio poté.

Guardò l’orologio: erano le 17:00 e si sentiva molto stanca; era il momento di tornare a casa.

Con un movimento molto leggero della mano mosse la maniglia della porta dello spogliatoio ma presto si pentì di averlo fatto.

Uno dei tre ragazzi asociali che frequentavano il corso pugilato si era mosso ad una tale velocità che era riuscito a metterla con le spalle al muro e a bloccarle le braccia.

Era in trappola.

“Cosa volete da me..?” chiese Sakura con un filo di voce.

Se non avesse tenuto le gambe in una stretta morsa, probabilmente poco dopo se la sarebbe fatta addosso.

“Ma guarda un po’ chi c’è… ti chiami Sakura Haruno… vero?”

Il ragazzo che l’aveva bloccata aveva metà del volto coperto.

“Chi siete? Che cosa volete da me?” ripeté la ragazza.

“Vogliamo avere qualche informazione su Sasuke Uchiha, sei la sua ragazza e non sbaglio…” disse l’altro ragazzo.

“DITEMI CHI SIETE!”

“Io sono Kinuta Dosu…” mormorò il ragazzo che l’aveva bloccata a muro.

“E io mi chiamo Zaku Abumi.” Disse l’altro ragazzo, i cui capelli scuri erano sparati come se avesse ricevuto una scossa elettrica.

Poi vide qualcosa che la terrorizzò: entrambi avevano legato al braccio quello che sembrava un fazzoletto con disegnata una nota musicale.

 

“…quella del Suono e quella del Serpente… agiscono assieme anche se la seconda è molto più potente… ma sono comandate dallo stesso capo…”

 

Le parole di Kabuto Yakushi le tornarono in mente.

Erano tre della Banda del Suono. Sicuramente possedevano qualche arma e le avrebbero potuto fare del male in qualsiasi momento.

La porta dello spogliatoio femminile si aprì, rivelando la figura altera e perfida della ragazza che faceva pugilato con loro, Kin.

Sakura non si perse d’animo. “Si può sapere cosa volete? Lo so che fate parte della Banda del Suono e siete in stretto contatto con Orochimaru.”

I tre sbiancarono.

Dosu strinse la presa che esercitava sui polsi della ragazza. “Sai troppe cose per i miei gusti.”

Zaku annuì ed estrasse dalla tasca quello che sembrava un oggetto metallico che con uno scatto rivelò una sottile lama affilata; Kin incrociò le braccia e si appoggiò al muro, in attesa.

“NON LA DEVI TOCCARE!!!”

Quell’urlo apparteneva a qualcuno che in futuro sarebbe stato chiamato Bestia verde della Foglia.

Rifilò un calcio ben assestato a Zaku, a cui scivolò dalle mani il coltello e diede un calcio a Dosu.

“Rock Lee…” sussurrò piano Sakura.

Egli le rivolse un fugace occhiolino e le sorrise, per poi darle le spalle. “Mi sembrava strano che ci mettessi tanto, io ti stavo aspettando.”

“Ti ringrazio di esserti preoccupato così tanto…”

Rock Lee strinse i pugni e alcune lacrime di commozione scivolarono sulle sue guance.

Zaku rise forte. “Che riflessi… che velocità… complimenti sopracciglione, non c’è che dire…”

Dosu si rialzò, veloce. “È vero… ma non è niente in confronto alla velocità del Suono…”

Zaku si fece avanti e, senza che Rock Lee potesse accorgersene, aggredì il ragazzo vestito di verde con una mossa che andava ben oltre la normale boxe.

Dosu gli diede man forte, lasciando giacere a terra Rock Lee.

“Preparati al peggio… Sakura…”

 

“Ehi, avete sentito quelle urla?”

“Ma di che parli, Ino?”

“Provenivano dalla palestra. La lezione di pugilato è finita da un pezzo.”

Choji mise le mani dietro la testa. “Aaaaaaah! Ma di che ti devi preoccupare.”

Ino abbassò lo sguardo. “Hai ragione, sarà una sciocchezza.”

“AAAAAAAAH!”

“Com’è che siamo arrivati dentro la palestra, Ino?”

“Guarda bene, Choji.” Disse Shikamaru preoccupato. “Quella ragazza è Sakura e a terra c’è Rock Lee. Che vuoi fare Ino? Non vedi che la stanno aggredendo?”

Ino strinse i denti. “Non è che non voglia aiutarla ma non possiamo intervenire così, magari ci fossero stati Naruto, Sasuke o Kiba… persino Rock Lee è stato abbattuto.”

“Una volta tu e Sakura eravate amiche.”

 

“Ino…”

“Dimmi Sakura!”

“Anche tu…

“Cosa?”

“Anche tu sei innamorata di Sasuke? Non è così?”

 

Sakura si liberò dalla stretta di Dosu ma scivolò a terra.

Sentì un forte dolore alla testa e gli occhi appannati.

 

Cosa c’è sotto il mio fianco…

 

Cercò con la mano.

 

IL COLTELLO DI ZAKU!

 

Lo agguantò velocemente e lo strinse in pugno, nascondendolo allo sguardo dei due ragazzi, ma aveva abbassato la guardia.

“AAAAAAAAAAAAAAAH!”

Kin le stava tirando i capelli. “I tuoi capelli sono più belli dei miei, non c’è che dire. Ma tu sei stata avventata!”

Sakura mostrò il coltello e lo fece scattare.

“Non ti servirà a niente.”

Ino tese le orecchie.

Sakura si voltò, giusto quel poco che le permettesse di vedere Kin in faccia.

Sorrise perfida.

“Chi ha detto che voglia usarlo su di te?!”

Kin stesse un attimo in silenzio poi sgranò gli occhi. “Che vuoi dire?!”

Sakura si mosse velocissimamente ma Ino assistette a quella scena a rallentatore: il coltello si intrufolò tra la massa rosa dei suoi capelli e la divise in due parti, rovinandoli completamente.

 

“Ino, la sai l’ultima! Si dice in giro che Sasuke preferisca le ragazze con i capelli lunghi!”

“Preferisca le ragazze con i capelli lunghi!”

“Preferisca le ragazze con i capelli lunghi!”

 

Sakura si alzò, stringendo con la mano convulsa il pugnale.

A Zaku bastò prenderla per le spalle per bloccarla e fare cadere la piccola lama; Sakura si aggrappò al braccio del ragazzo, stringendolo forte e mordendolo.

“LEVATI, STUPIDA!” se avesse continuato a darle colpi sul capo, avrebbe rischiato un trauma cranico.

Loro cercavano informazioni su Sasuke per Orochimaru; Sasuke e Naruto l’avevano difesa da Orochimaru, persino Rock Lee che non c’entrava nulla con quella storia.

Toccava a lei.

Zaku si alzò. “È il momento di darti la lezione che ti meriti, ragazzina.”

“LASCIALA STARE!”

Ino si era posizionata tra i due, affiancata da Shikamaru e Choji.

Choji si voltò verso Shikamaru. “Se chiamavamo la polizia era meglio! Perché devo entrarci anche io?!”

“Ino ha voluto così e io non sono da meno! Lo vuoi capire si o no?!”

Zaku sorrise sadico. “Nessuno ti ha chiesto di intervenire, CICCIONE.”

 

CICCIONE… CICCIONE… CICCIONE…

 

Shikamaru inorridì. “Oh no, Choji non sopporta di essere chiamato ciccione…”

“Scusa..? Com’è che mi hai chiamato..? Credo di non aver capito bene..?”

“Ho detto che sei solo un ciccione.”

Choji trasalì e strinse i pugni. “IO NON SONO UN CICCIONE! SONO SOLO ROBUSTO DI COSTITUZIONE!”

Ino esultò dentro di se.

 

Molto bene, si è arrabbiato…

 

“ADESSO TI DO LA LEZIONE CHE TI MERITI!” Choji si era buttato su Zaku e lo stava affrontando a testa alta, dimentico del fatto che spesso Ino o Naruto e Kiba, persone che il combattimento lo avevano nel sangue, lo prendessero in giro.

Shikamaru riuscì a stendere un Kinuta Dosu già ferito.

Ino però non aveva mai praticato lotta e sicuramente non era il tipo che aveva il coraggio di far del male a qualcuno.

 

“Sakura ci sta mettendo troppo.”

“Infatti, di solito sono io quello che ritarda.”

“Naruto, aspettami all’ingresso, io la vado a cercare.”

Sasuke corse per il corridoio stringendo la fascia dello zaino. Scese le scale in fretta, verso il seminterrato, per poi attraversare il cortile in direzione della palestra.

La visione davanti ai suoi occhi lo spinse ad affondare la mano nella tasca dello zaino per recuperare qualcosa che aveva ricevuto poco tempo prima.

 

“KIN! MUOVITI!” urlarono Zaku e Dosu.

Kin si occupò di Ino che però aveva agguantato il coltello abbandonato a terra.

Ma non servì.

“SAKURA!”

La ragazza dai capelli rosa mutilati alzò lo sguardo. “Sasuke… sei tu…”

“Dimmi chi ha osato farti del male!”

Shikamaru lasciò andare Kinuta Dosu e con uno scatto recuperò due sbigottiti Ino e Choji. “Andiamocene da qui, prima che Uchiha se la prenda pure con noi!”

Le dita sporche di Sakura indicarono principalmente l’immagine leggermente sbiadita di Zaku Abumi.

Sasuke gli si parò davanti con uno sguardo omicida. “Come hai osato farle del male... dimmelo bastardo…” il braccio andò a bloccare Zaku per il collo.

Con la mano libera gli strinse un braccio e con uno scatto lo fece mettere in modo tale che gli desse le spalle; poggiò una gamba sulla sua schiena e strattonò il braccio con forza.

“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!!!”

“SASUKE, BASTA!” Sakura si era alzata di scatto e lo aveva abbracciato da dietro. “Lascialo stare! Non ne vale la pena!”

Sasuke stette un attimo immobile per poi mollare la presa su Zaku.

Si voltò verso Dosu, che lo aveva raggiunto subito dopo aver notato il nastro azzurro con disegnato il serpente. Il nastro che gli aveva dato Orochimaru.

“Sei più potente di noi… Sasuke Uchiha… e vogliamo chiederti scusa per quello che abbiamo fatto.”

Sakura vide che stava slacciando il nodo del nastro d’argento, su cui era disegnata la nota, legato al braccio.

Glielo consegnò dopo aver fatto un lieve inchino.

La Banda del Suono proverà sempre grande rispetto verso di te.”

I tre si dileguarono sotto lo sguardo rabbioso del ragazzo, che stringeva i due nastri.

“Sasuke, non seguirli mai… ti prego…”

Sakura si era stretta a lui più di prima. Sentì la maglietta pulita, che aveva indossato subito dopo aver giocato a calcio, inumidirsi: stava piangendo.

E ne aveva tutte le ragioni.

“Vieni Sakura.” Le passò un braccio attorno alle spalle, non prima però di averle accarezzato i capelli tagliati malamente.

Prese da terra quel coltello che quella sera era passato di mano in mano e, dopo aver preso le cose della ragazza dallo spogliatoio, uscirono dalla palestra.

“Ti accompagno a casa.”

 

The mountains cuts off the town from view,

like a cancer growth is removed by skill.
Let it be revealed.
A waterfall, his madrigal.
An inland sea, his symphony.
Undinal songs
urge the sailors on
till lured by sirens' cry.

Now as the river dissolves in sea,
so Neptune has claimed another soul.
And so with gods and men
the sheep remain inside their pen,
until the Shepherd leads his flock away.
The sands of time were eroded by
the river of constant change

 

Firth of Fifht – Genesis

 

 

L’angolo per i lettori:

Ragaz scusate se non ho aggiornato subito ma sapete già che al momento sono un po’ occupata, vi chiedo scusa. ^^

 

Inu_Kagghy: Valechan ^^ tessssssssora, me la faccio addosso come Sakura se penso al tuo forcone XDDD cmq non ti preoccupare perché quella che fa veramente tardi sono io, ma cerco ogni volta di riparare ^^

Comunque Sakura finalmente è più vicina a Sasuke e anche Rock Lee ha avuto la sua parte, ho voluto curare molto la rivincita di Sakura in questo caso. Shino purtroppo non ha agito in questo capitolo, così come la coppia Kurenai/Asuma che non si è vista (a parte il commento su Asuma e il fumo XDD)

Hayate lo dovevo mettere per forza, primo perché poverino è morto in missione, secondo perché mi serve per introdurre Genma e una possibile coppia Genma/Shizune ghghgh ma intanto pensiamo a Kakashi/Anko e Naruto/Hina un baiocco

 

Beckill: gioiuzza mia! Torni oggi… che bello! Allora puoi recensirmi ^^ comunque… condividiamo gli stessi gusti musicali, sono felice! Spero che ti piacciano anche i Genesis che assieme ai Pink Floyd sono i padri della musica rock ^^ comunquezzzz Hinata in questo capitolo si è spinta un pochettino… nel prossimo capitolo sarà completamente protagonista. Un abbraccio!!!

 

 

vampirosolitario91: Kakashi e Anko sono una coppia che per me è scontata ^^ io li adoro cmq Sasuke in questo capitolo mi è piaciuto particolarmente, dimostra di provare qualcosa per Sakura, a presto ^^

 

Felicia91: mi fa piacere che ti piaccia, fammi sapere anche per questo capitolo =) cmq ho dato una lettura veloce a una tua ff, appena ho tempo la leggo più attentamente e lascio una recensione, perché ha una trama interessante ;-)

 

mimi_chan92: ho cercato di fare del mio meglio ma come sempre sono arrivata con tremendo ritardo, esorcizzatemi perché va contro la mia volontà aggiornare con così poca costanza.

 

hina22688: ghghghgh Hinata mi piace troppo, è troppo troppo tenera e gentile, l’ho già detto a beckill cmq… nel prossimo capitolo sarà protagonista al 100% e col tempo sverrà sempre meno ^^

 

bambi88: gioia, i professori sono sicuramente dei pazzi e in questo capitolo Gai ne ha dato la piena prova O.o (parlo come una che sta scrivendo una recensione, non come un’autrice lol) cmq ho già detto che il prossimo capitolo sarà incentrato su Hinata, anche se ci sarà un pezzettino di trio della Sabbia quindi apparirà Temari, anche se ancora non s’incontrerà con Shikamaru (purtroppo t.t) un bacione Roberta

 

layla the punkprincess: per la tua gioia ho inserito il tre della Banda del Suono (sarà più interessante quando ci sarà il Quartetto del Suono) ^^ cmq il loro ruolo non è ancora sfumato anzi, più in là scriverò un capitolo dedicato a loro (in qualche modo), fai caso all’episodio della prima serie di naruto in cui l’hokage riesce a sigillare dentro di se le anime dei due hokage risuscitati ^^

 

sasusaku: in questo capitolo hai finalmente potuto vedere un tributo alla coppia espressa dal tuo nickname, spero che tu sia soddisfatta, un bacio!!

 

eringad: non ti preoccupare, comunque questo è il seguito, dimmi cosa ne pensi perché sono curiosa ^^

 

Ringrazio Andrearomanista, DarkPhoenix, gryffyndor_ery e Kaled per avermi aggiunta tra i preferiti. ^^

 

Lasciate una recensione ^^

Un bacio, Asdrel

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Non dirò una parola ***


Sì ragazzi, dopo veramente tanto tempo sono tornata.

Mi dispiace veramente tantissimo di avervi abbandonati a storia iniziata ma purtroppo ho attraversato una fase molto critica che, per fortuna, ho superato da diverso tempo ma che mi ha privato del respiro giusto per scrivere non solo questa storia ma tutto quello che ero riuscita a elaborare prima di avere questa crisi.

Un saluto speciale va ad Inu_Kagghy, Beckill e bambi88.

Spero che mi perdoniate e che torniate a seguire la mia storia, farò di tutto per farvi viaggiare con le mie parole.

 

Capitolo 7

Non dirò una parola

 

Everyone needs love…

You know that it's true,

someday you'll find someone…

That'll fall in love with you

but oh the time it takes;

When you're all alone

someday you'll find someone…

That you can call your own

but till then ya better...

 

My Michelle – Guns N’Roses

 

“Uffa, quanto vorrei che tu fossi qui.”

Sapere di aver rischiato la vita non sembrava tangerla minimamente; sapere che Ino, che nella sua vita aveva un tempo ricoperto un ruolo importante, si fosse preoccupata per lei evidentemente non era abbastanza.

In quel momento gli occhi verdi di Sakura, fissi sul soffitto di norma bianco adesso incupito dal buio della notte, non volevano saperne di chiudersi, per andare ad ammirare i mondi inesplorati nel profondo della sua anima; si limitavano a disegnare quelli già conosciuti proprio su quel soffitto all’apparenza anonimo, a colorare il supporto del lampadario di metallo con mille colori, a modificare lo sguardo di quei personaggi famosi stampati sui poster appesi nella sua camera unicamente con quei profondissimi occhi neri, neri come quella stessa notte illuminata solo dalla luce di qualche lampione che filtrava attraverso le aperture della persiana.

Era bello sapere che qualcuno si fosse preoccupata per lei, soprattutto sapere che ad averlo fatto fosse stato Sasuke, anche se Rock Lee aveva decisamente dimostrato di essere una persona su cui poter contare.

Il solo ricordo del ragazzo che la riportava a casa da sua madre (che aveva strillato con leggero terrore vedendola con alcune abrasioni e i capelli falciati) la fece sorridere e sospirare con emozione.

Rock Lee non aveva riportato gravi lesioni ma anche lui era stato accompagnato a casa sua con il sostegno di Naruto che si trovava fuori dalla palestra al momento dell’aggressione dei due ragazzi.

Sakura non sapeva che anche il suo amico da capelli biondi in quel momento stava guardando fisso il soffitto della sua, di camera.

Lui però non sognava come lei, non riusciva a capacitarsi di quanto fosse stata fortuita la situazione: se fosse stato lui ad accorgersi per primo che Sakura stesse tardando, l’idea di entrare per vedere cosa stesse succedendo sarebbe stata sua, anche se non era molto sicuro che la sua abilità di mettere al tappeto quei tre delinquenti sarebbe stata pari a quella di Sasuke.

Il suo disappunto si manifestò nei giorni successivi, quando vide Sakura moltiplicare le sue attenzioni nei confronti del giovane Uchiha, che però comunque non sembrava particolarmente preso.

Era come se qualcosa lo preoccupasse, come se tutto ciò che gli accadesse attorno fosse solo un superfluo filo scucito dal ricamo accurato del grande arazzo dell’insieme.

Di ciò se n’era perfettamente accorto il professor Hatake che, alla fine dell’ora di storia precedente la ricreazione di un caldo mercoledì di aprile, si era rivolto a lui con curioso interesse.

Sasuke, va tutto bene?”

Sasuke si era tolto la giacca della divisa e si era snodato leggermente il nodo della cravatta.

“Tutto bene, professore.”

La voce non tradì la stanchezza che invece si poteva percepire di fronte alla scompostezza nel vestiario del ragazzo; tuttavia Kakashi non desistette nel suo intento e continuò a rivolgersi a Sasuke.

“Socrate diceva: le parole false non solo sono cattive per conto loro, ma infettano anche l’anima con il male. Non mi voglio fare i fatti tuoi ma se c’è qualcosa che ti turba, sappi che puoi parlarne. Io qui non sono solo una macchina di voti e nozioni che scalda una sedia.”

Il ragazzo fece un cenno di assenso senza dire una parola, come per dire che aveva capito.

 

“Due onigiri e una Sprite, per cortesia…”

Hinata pagò ciò che aveva appena ordinato per poi indietreggiare dal bancone con andamento incerto. Si guardò intorno con il suo sguardo grigio chiaro e prese a camminare lungo il corridoio del primo piano della scuola in direzione della classe.

“Ehi Hinata! Dimmi che c’è ancora qualcosa da mangiare!”

Kiba! Beh, si… qualcosa è rimasto ma vai subito.”

“Mi fai compagnia? Quella demente della Mitarashi mi ha trattenuto per mezza ricreazione per farmi vedere il compito di arte e non sono riuscito a venire subito.”

“Com’è andata?”

“Bene dai, 85 anche se poteva andare meglio. E a te?”

“S-s-sono sicura che potrai prendere di più… io ho preso 95.”

“Bravissima! Ero sicuro che ti fosse andato benissimo, però mentre che c’era poteva metterti 100.”

Hinata arrossì. “Non è un problema…”

Quando si furono avvicinati al bancone, Kiba uscì dei soldi dalla tasca. “Mi dà due tramezzini e una mezza minerale.” Poi si voltò di nuovo a guardare Hinata. “Sì ma a te piace l’arte. Non volevi diventare architetto?”

“S-s-si… mi piacerebbe. Ma bisogna vedere cosa vuole mio padre… vorrebbe che studiassi legge per portare avanti l’attività del suo studio legale…”

Hinata abbassò lo sguardo.

Kiba la guardò per qualche secondo: e già, non ci aveva pensato… Hyuuga era un ricco bastardo.

“Ma la vita è tua, non di tuo padre… e tu hai ancora tante cose da imparare, da vedere, e se tu lo vuoi non sarà di certo un manuale di Diritto Privato a segnare per sempre la tua esistenza.”

Si erano fermati a pochi passi dalla soglia della loro classe, dove ancora qualcuno stava facendo lo spuntino o, come Shino, si portava avanti nei compiti.

Kiba, mi serve assolutamente il tuo quaderno di Giapponese Antico! Choji ha versato sul mio la salsa di soia del suo piatto di tonno e adesso non si legge più niente! E Morino oggi mi interrogherà sicuramente, sono rovinato! Sakura non mi vuole dare il suo perché dice che anche lei è senza voti!”

Forse una persona che camminava dall’altra parte della città non aveva sentito per poco le urla di Naruto che, alla loro vista, aveva scavalcato alcuni banchi con un paio di manovre poco delicate ed era uscito dalla classe.

Kiba mise le mani avanti agitando il tramezzino che stava trangugiando. “Che cosa?! È proprio un idiota, ti presterei il mio quaderno ma l’ho lasciato a casa perché già ho il voto e non mi deve più interrogare!”

“E ORA COME FACCIO?!”

“Tranquillo, N-n-naruto… ti presto il mio… penso che n-n-non avrai problemi a capire la mia scrittura…”

Naruto puntò i suoi brillanti occhi azzurri su Hinata, che in quel momento stava tormentando la linguetta della lattina di Sprite che aveva bevuto mentre camminava con Kiba.

“Dici sul serio?!”

“S-s-si… certo… a me non serve…”

Aaaaaah! Hinata sei una vera amica, non so come farei senza di te!”

Naruto abbracciò la ragazza con un trasporto tale che fece smettere di respirare la ragazza e la fece diventare di un colore degli stessi toni di un pomodoro molto maturo.

Kiba assistette alla scena divertito, mentre il ragazzo biondo continuava a gioire per il colpo di fortuna.

“Insomma, potreste togliervi dai piedi?”

La velocità con cui le guance di Hinata sbiancarono, nell’udire quella voce, fu incalcolabile persino per Kiba che la stava guardando direttamente da diversi minuti; Naruto sembrò accorgersi del fatto che qualcosa non andasse quando vide che nella sua stretta soffocante la ragazza aveva cominciato a tremare.

“Sii più gentile la prossima volta.” Sbottò Naruto.

“Come se dei vostri stupidi problemi di scuola ne importasse qualcosa a qualcuno.”

Neji li superò con tre lunghi passi ed entrò in classe scuotendo la sua liscia chioma nera, gonfiando il petto e camminando spedito in direzione del suo banco.

La presenza incombente di Hiashi Hyuuga nella vita di Hinata, forse, non era un problema poi così grave.

 

Anko quella mattina non si era svegliata particolarmente di buon umore e ciò non era di certo una novità.

Messo piede fuori di casa, però, il suo sguardo diffidente si era rilassato in maniera insolita e non era più disturbato dinanzi alla prospettiva di passare dieci ore della sua giornata presso la Leaf High School.

Aveva camminato in direzione della fermata della metro, posta di fronte al palazzo in cui si trovava il suo coloratissimo appartamento, quando un cespuglio di capelli argentei aveva colpito la sua attenzione.

Kakashi?”

“Ah ma allora il mio nome te lo ricordi.”

“Ma che ci fai qui?!”

“Mi trovavo nei paraggi. Vuoi un passaggio?”

Kakashi fece un cenno al suv su cui stava poggiato e il cui colore era uguale a quello dei suoi capelli. Anko inarcò un sopracciglio.

“È un BMW, vero?”

“Colpito e affondato.”

“Quando l’hai comprato?”

“La settimana scorsa ma me l’hanno consegnata ieri pomeriggio perché il colore era troppo richiesto e dovevano portarla al concessionario.”

Anko alzò il capo in segno di sorpresa e approvazione e si avvicinò all’automobile, facendo segno che aveva intenzione di salire.

“E come mai così in orario?”

“Volevo scatenare la tua invidia di fronte al mio nuovo acquisto dunque non mi è risultato difficile arrivare qui senza incappare in imprevisti di qualsivoglia tipo.”

“Certo, non andando a piedi è difficile incontrare vecchiette armate di spesa o incapaci di attraversare la strada.”

Kakashi si grattò la testa sorridendo stupidamente e aprì la portiera sinistra dell’auto, facendo segno ad Anko di salire. “Dopo di lei.”

Anko fece una smorfia ma obbedì, dopodiché Kakashi occupò il posto di destra e mise in moto per andare a introdursi lungo la strada, alla volta del liceo.

“E questi?” la donna non aveva fatto in tempo ad allacciare la cintura che aveva già notato sul cruscotto una pila di libriccini tutti dello stesso autore e dai titoli incentrati sulla stessa tematica.

Il paradiso della pomiciataLe tattiche della pomiciataLe violenze della pomiciata… questo Jiraiya non ha niente di meglio da fare che scrivere queste sciocchezze? TU non hai niente di meglio da fare che leggerle?”

“Ognuno ha i suoi passatempi.”

“Sì certo, come no?” Anko prese i tre libriccini e li squadrò con curiosità innata.

“Se vuoi te li presto.” Esordì Kakashi con lo stesso stupido sorriso.

“Non ci contare!” Anko li rigettò sul cruscotto ma l’impatto fece sussultare uno dei tre libri dal quale cadde un nastro con su cucita una targhetta su cui era incisa una piccola foglia.

“Ma questa…?”

Anko non ebbe il tempo di formulare alcun pensiero, dato che Kakashi aveva velocemente sfilato l’oggetto dalle mani della collega per riporlo all’interno della giacca.

“Questa non è affar tuo.”

“Ma quella foglia, io lo so cos’è!”

“Ed è meglio che non ne parli qui.” sbottò Kakashi. “Scendi, siamo arrivati.”

Anko non poté non protestare ma quel pensiero la tormentò per tutta la mattinata, tanto che non ebbe nulla da obiettare nemmeno di fronte al fatto che il compito di Naruto Uzumaki fosse sufficiente e per niente al livello dei compiti di altri suoi compagni di classe.

Anzi, si ritrovò persino ad assegnare un pari voto ai compiti di arte dei due cugini Hyuuga nonostante quello svolto da Neji fosse scritto in maniera decisamente più articolata rispetto a quello di Hinata e niente sapendo che avrebbe potuto gettare le basi di una vera e propria guerra.

 

“Dannazione, questo sudoku non ne vuole proprio sapere di risolversi.”

Shikamaru Nara odiava la scuola.

Odiava aspettare l’auto del padre alla fine delle lezioni davanti al cancello della scuola.

Odiava lo sport.

Odiava qualunque cosa che richiedesse un minimo di impegno.

E decisamente gli piaceva il sudoku, gli piacevano gli scacchi, gli piaceva lo shouji. Ma odiava quei momenti in cui ciò che gli piaceva rischiava di farsi impegnativo e odiava se stesso poiché non era in grado di lasciarsi andare alla stessa pigrizia che lo attanagliava di norma durante il resto della giornata.

Una volta aveva letto una di quelle riviste di scienza e miracolosamente aveva scoperto di soffrire di una malattia chiamata pigrizia nevrastenica. Il nome di per sé poteva risultare contraddittorio ma la verità era quella.

Shikamaru era perfettamente in grado di innervosirsi ogni qual volta gli si presentasse un intoppo, qualcosa di imprevisto che richiedesse in qualche modo ulteriore fatica.

E in tutto questo detestava amaramente chiunque osasse intromettersi tra la sua fatica e la sua pigrizia.

“Serve una mano?”

Le mani del ragazzo si poggiarono sul muretto tempestato di muschio della scuola e i suoi occhi si sollevarono in direzione della voce che si era appena rivolto a lui, una voce femminile mai sentita e il cui tono sostenuto era ben lontano da quello stridulo e talvolta irritante della voce di Ino Yamanaka.

La proprietaria di quella voce era una ragazza che forse aveva un anno in più di lui e dei voluminosi capelli biondo cenere, legati in quattro code bizzarre.

“No.”

“Dai, fa vedere.”

Il ragazzo inarcò un sopracciglio.

“Faccio da solo.”

La ragazza mosse le dita della mano destra perentoriamente.

Shikamaru sbuffò e consegnò il ritaglio di giornale e la matita con la quale aveva tracciato i numeri, sperando vivamente che non fosse in grado di risolverlo.

La ragazza impugnò la matita con fare pratico e sbruffone, guardò il riquadro di ottantuno caselle e cancellò diversi numeri per poi scriverne altri. Infine fece un sorriso scaltro e arrogante.

“Era più facile del previsto.”

Shikamaru le strappò di mano il foglio e osservò i numeri. La soluzione quadrava.

“Non ti avevo chiesto di risolverlo, hai insistito tu.”

“Puoi sempre rifarlo.”

“Non ci proverò la stessa soddisfazione.”

“Siamo permalosi. Come ti chiami?”

“Fatti i fatti tuoi.”

“Io lo so chi sei, sei Shikamaru Nara, quello del primo anno che si è iscritto alla gara di matematica dell’istituto.”

Shikamaru stavolta aggrottò entrambe le sopracciglia.  “Ma di che t’impicci…”

“Di niente, sono solo felice di notare che un mio possibile avversario che rischiava di strapparmi la nomina di vincitrice più giovane degli ultimi dieci anni non è poi così bravo come sembra.”

Le palpebre di Shikamaru si socchiusero leggermente. “Ma chi sei, razza di strega?”

La ragazza si poggiò le mani sui fianchi e sorrise con fare denigratorio.

“Sono Temari, del secondo B.”

 

Now you're clean

and so discreet…

I won't say a word

but most of all this song is true

cause you haven't heard

so c'mon and stop your cryin'…

'Cause we both know money burns

honey don't stop tryin;

and you'll get what you deserve…

 

My Michelle – Guns N’Roses

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Un giorno perfetto ***


Uuuh quante visualizzazioni :) e grazie a ladyvampire90 per aver scritto la recensione, per aver aggiunto la storia tra le seguite e tra quelle da ricordare =)
Ringrazio inoltre tofuavariato per aver aggiunto la mia ff tra le preferite, Uchiha_sama per averla inserita tra quelle da ricordare e rory94, sasukina90 e VeRy327 tra quelle seguite. ^^



Capitolo 8
Un giorno perfetto


Just a perfect day
problems all left alone
Weekenders on our own
It’s such fun…
Just a perfect day
you made me forget myself
I thought I was
someone else, someone good …

Perfect day – Lou Reed

“Ogni giorno che passa mi stupisco sempre di più della determinazione dei ragazzi che fanno parte di quella classe.”
Un difetto che aveva Asuma Sarutobi era quello di fumare come una ciminiera; era stato etichettato come fumatore accanito sin dai tempi del liceo e la sua fama si era incrementata mentre frequentava l’università e su questo non ci pioveva.
La sua voce era diventata rauca, i suoi vestiti erano sempre impregnati dell’odore del tabacco bruciato, i suoi denti non avevano un colore tendente al bianco da circa vent’anni e in più le sue dita difficilmente non stuzzicavano il pacchetto delle sigarette quando non fumava.
Tutto sommato Asuma era un bell’uomo, piuttosto equilibrato in tutto ciò che faceva e galante con le donne abbastanza per non poter passare inosservato e troppo poco per far loro montare la testa; forse perché comunque i suoi pensieri si concentravano per lo più su una soltanto e quindi tendeva a non esporsi in maniera particolare.
E poi aveva un particolare pregio.
Asuma Sarutobi riusciva a notare in breve tempo le menti geniali, a incoraggiare i più timidi a fare meglio e a sorridere di fronte alle stranezze.
“Che è successo?” Chiese Kurenai, gentilmente, alzando gli occhi dal suo giornale.
La sala professori era deserta.
Asuma sorrise brevemente e raccontò a Kurenai il motivo di quell’affermazione: quella mattina era andato alla macchinetta del corridoio del primo piano per bere del the con Kakashi, che discretamente stava tessendo le lodi del motore del suo nuovo suv, quando gli era venuto incontro Shikamaru Nara con uno sguardo seriamente irritato.
La cosa strana di quell’incontro era che il ragazzo gli si era fermato davanti con le mani in tasca, gli occhi visibilmente sgranati e il naso deformato in una smorfia indisponente.
“Qualcosa non va, Shikamaru?” gli aveva chiesto Asuma.
“Valuti un po’ lei.” Aveva risposto Shikamaru come se la cosa non lo riguardasse.
“Come sarebbe a dire?”
“Sa benissimo di cosa sto parlando.”
La provocazione che gli aveva lanciato il ragazzo quella mattina era priva di qualunque senso: per prima cosa, Shikamaru Nara era uno dei suoi migliori studenti, uno di quelli che dava l’impressione di essere in grado di ragionare su un compito di matematica o su un quesito posto alla lavagna avendo studiato unicamente per un paio di giorni o per poche ore a settimana; secondo fatto, Asuma conosceva i genitori del ragazzo e inoltre al colloquio non avevano fatto altro che ripetergli che il ragazzo si sentiva decisamente a suo agio nelle ore di matematica, un po’ meno in quelle di fisica, ma comunque amava la materia e apprezzava il lavoro e la simpatia dell’insegnante.
Non riusciva a capire quale torto avesse mai potuto fargli.
Le risposte alle domande che Asuma aveva cominciato a porgersi però, dacché il ragazzo gli si era presentato davanti, non tardarono ad arrivare.
“Lei! Non mi sta facendo fare mezzo esercizio decente da quando mi ha fatto iscrivere a quelle dannate gare di matematica!” Shikamaru si era messo a braccia conserte. “Mentre qui ci sono certe cornacchie che si vantano di essere le più giovani vincitrici degli ultimi dieci anni!”
Ecco qual era il problema, una donna. E sapeva anche di chi stava parlando.
“Stavo facendo il mio stupido sudoku, quella vacca si è intromessa e me l’ha risolto in tre… dico, TRE SECONDI!” Shikamaru aveva alzato indice, medio e anulare. “Senta professore, inizialmente non era da me impegnarmi più del dovuto… non posso però sopportare di essere umiliato così! Pretendo una maggiore dedizione, da parte sua.”
Kurenai guardò Asuma con tanto d’occhi, mentre quest’ultimo scoppiava a ridere al racconto di quel curioso episodio.
“E cos’hai deciso di fare?”
“Niente. Gli ho detto di venire due volte a settimana a casa mia per fare un po’ di esercizio di potenziamento oltre a quello che fa per conto suo. Mi ha chiesto la dedizione, gliela sto dando. Ho fatto bene?”
Kurenai fece per posare la matita rossa con la quale stava correggendo gli ultimi tre compiti della prima F quando Anko entrò nella sala professori, correndo a perdifiato.
“Oh, Anko.” Esordì Kurenai, rassegnandosi all’idea di poter comunicare col collega di matematica ogni qual volta fosse presente Anko.
“Finalmente, vi ho trovati!” La donna poggiò tutto il suo peso sulle mani, stancamente, inclinando di un paio di centimetri sotto di sé il tavolo al quale stavano seduti Asuma e Kurenai.
“Che è successo?” domandò Kurenai.
“Ieri mattina è successa una cosa pazzesca.” Anko si piegò in due tossendo amaramente per poi riprendere la parola. “Kakashi è venuto a prendermi con la sua macchina.”
Asuma e Kurenai si guardarono per diversi secondi con sguardo complice.
“No, no! Che avete capito?!” Anko prese a gesticolare, arrossendo vistosamente. “Non avete capito niente! Non è di questo che volevo parlarvi… È venuto a prendermi con la sua nuova macchina e quando sono salita ho trovato sul cruscotto una specie di nastro e c’era una targhetta con su incisa una foglia! UNA FOGLIA! Non è per caso il simbolo di quella banda?! E Kakashi ne fa parte!”
I due tornarono a guardarsi, stavolta con sguardi intrisi di serietà; rimasero in silenzio.
“Allora?! Non vi viene in mente niente?”
“Anko… non so che dirti!” proruppe Kurenai innocentemente.
“Sei sicura di aver visto quella foglia che dici di aver notato? L’hai vista di sfuggita?”
“Io, non lo so… mi è sembrata una foglia.”
“Può darsi che ti sbagli o sicuramente ci sarà una spiegazione.” Incalzò Asuma. “Non penso che se fosse stato suo si sarebbe fatto scoprire così facilmente…”
“Oh, andiamo! Non è una coincidenza che Kakashi arrivi sempre in ritardo, sicuramente ha altre cose per la testa!”
“Secondo me ti fai troppi problemi tralasciando i particolari più importanti.”
“Quali particolari?”
“Che in tutto questo Kakashi sia comunque venuto a prenderti a casa tua senza che tu glielo avessi chiesto. C’è qualcosa sotto?”
“Ma come ti viene in mente?!”
Senza che Anko se ne rendesse conto, Asuma era perfettamente riuscito a deviare il discorso dove voleva lui, mettendo da parte quella nota scomoda.
Nel frattempo Naruto e Sasuke, camminando in direzione dell’orfanotrofio, stavano litigando su chi avesse fatto meglio il compito di biologia di quel giorno.
Chissà come mai, le interrogazioni e i compiti di Naruto contenevano sempre qualche imperfezione, a parte qualche sporadica performance in cui egli riusciva perfettamente a fare persino meglio dei suoi compagni di scuola.
Le uniche materie in cui non sembrava avere esitazioni erano quelle scientifiche, in linea generale, e nei corsi pomeridiani che stava seguendo con i suoi compagni stava ottenendo ottimi risultati. Andava data una ritoccatina a tutta la parte umanistica.
“Senti, alla fine quando abbiamo l’esame per la cintura nera?”
Sasuke non rispose subito: in quei giorni era stato decisamente silenzioso, forse come conseguenza di ciò che era accaduto a Sakura nella palestra della scuola. Naruto aveva saputo tramite Sakura che Sasuke aveva ricevuto da quei tre teppisti il fazzoletto della Banda del Suono, come segno di rispetto di fronte alla sua determinazione e alla sua forza.
Ovviamente il biondino aveva fatto parola di non dire alcunché ad altri, soprattutto al diretto interessato.
“Fra due settimane.”
“Davvero?! Così presto? Come vola il tempo.”
“Ma com’è possibile che dimentichi sempre tutto?”
“Senti, non ci ho pensato.”
“E quando mai pensi qualcosa?”
Sasuke fece un ghigno di fronte all’espressione indignata di Naruto, che non disse altro e si limitò a incrociare le braccia e voltare la testa da un'altra parte.
La loro attenzione però fu presto catturata da una strana presenza inquietante, perfettamente immobile in fondo alla strada, poggiata al muro di un edificio posto esattamente di fronte all’istituto in cui i due ragazzi risiedevano.
Aveva folti capelli rossi, il colorito della sua pelle era pallido, quasi cereo, e i suoi occhi verdi erano cerchiati da due profonde occhiate. Quel ragazzo all’apparenza della loro stessa età indossava inoltre abiti scuri di buona fattura e portava ai piedi dei robusti anfibi di pelle nera e uno di questi stava poggiato sul muro, come se egli avesse l’atteggiamento di qualcuno che ha la situazione perfettamente sotto controllo, nonostante le evidenti occhiaie che sembravano il simbolo di una grave mancanza di sonno.
Naruto e Sasuke lo guardarono con delle occhiate serie e di sfida non indifferenti fin quando fu loro possibile e il ragazzo ricambiò gli sguardi con altrettanta profondità, forse persino peggiore di quella dei due ragazzi messi insieme.
“Ma chi è quello…?” fece Naruto quando furono abbastanza lontani da non poterlo vedere più.
“Non lo so…” rispose Sasuke guardando dritto. “Non l’ho mai visto.”
“Uchiha, Uzumaki…” i due ragazzi ricevettero un cenno di saluto dal portiere, una volta entrati nell’istituto e, come da normale amministrazione, presero a salire le scale in direzione delle loro stanze.
“Ah, Uzumaki, vieni qui un momento.” Il portiere lo chiamò.
“Che succede, signor Ebisu?”
“Il professor Sarutobi ti vorrebbe nel suo ufficio, dice che è abbastanza urgente.”
Naruto deglutì: che accidenti aveva fatto stavolta?
Sasuke ricambiò l’occhiata come se stesse pensando la stessa cosa e si congedò con un semplice. “Ci vediamo a cena.”
Naruto percorse dunque il corridoio del piano terra che portava agli uffici amministrativi dell’orfanotrofio, in direzione dell’ufficio del direttore Sarutobi, chiedendosi cosa avesse mai potuto fare di tanto grave da essere convocato.
Da quando era iniziato il liceo, Naruto aveva cominciato a comportarsi con maggiore riguardo verso sé stesso e gli altri, capitava per esempio di incrociare quel birbantello di Konohamaru che gli proponeva qualche marachella ma riusciva sempre a mantenere il controllo e a continuare per la sua strada, decidendo di chiudersi in camera e studiare per fare del suo meglio.
Quando arrivò alla porta del vecchio Hiruzen, bussò, con un lieve movimento di impazienza.

Meglio che ci leviamo il pensiero…

“Avanti!” esclamò la voce gracchiante di Sarutobi.
Naruto aprì la porta, leggermente in apprensione, e si decise ad entrare dentro l’ufficio del direttore, che stava seduto dietro la scrivania e di fronte al quale si trovava un uomo vestito in maniera abbastanza distinta, con dei lunghi capelli grigi legati in una coda.
“Buonasera professor Sarutobi, voleva vedermi per caso?”
“Oh, Naruto! Ragazzo mio, entra siediti!” Sarutobi si mise in piedi per andare a sistemargli la sedia. “Ti vedo piuttosto preoccupato, è successo qualcosa?”
Naruto scosse le mani, ponendosi sulla difensiva. “Oh, no professore! Sinceramente mi chiedevo come mai mi avesse convocato, dato che di norma lo ha fatto solo per mettermi in punizione ma è da diverso tempo che non mi metto nei guai.”
“Infatti è così, ti stai comportando brillantemente.” Sorrise il direttore. “Ti ho convocato qui per presentarti quest’uomo, il signor Jiraiya.”
L’uomo sorrise bonariamente. “Sono felice di conoscerti, finalmente.” E tese la mano per stringergliela.
Naruto ricambiò, mostrando comunque una certa perplessità. “Tanto piacere…”
“Sicuramente, Naruto…” cominciò Sarutobi. “… ti starai chiedendo come mai ti abbia presentato il signor Jiraiya… vedi, diverso tempo fa è venuto fuori che tua madre aveva espresso la volontà di affidarti a un tutore, questo signore per l’appunto, che si è battuto per diversi anni per mezzo di avvocati e tribunali di ogni tipo affinché riuscisse a rendere valida tale richiesta.”
“Mia madre mi aveva assegnato un tutore…?”
Naruto non riusciva a credere alle sue orecchie: per quanto ne sapeva sua madre era morta dandolo alla luce.
“Esattamente.” Rispose Jiraiya. “Tua madre sapeva di correre alcuni rischi e aveva agito di conseguenza, falsificando la firma di tuo padre alla dichiarazione di tutela, poiché undici anni fa era irreperibile. La questione che si è posta ai giudici che hanno trattato il caso riguardava per lo più il ruolo di tuo padre, ma essendo morto alla fine hanno stabilito che il reato di falsificazione da parte di tua madre non sussisteva e quindi potevi essere messo sotto la mia tutela. A tale scopo la direzione dell’orfanotrofio e in particolare il professor Sarutobi, mio grandissimo amico, hanno fatto del loro meglio per facilitare tutte queste procedure e mi preme farti sapere che, quando avrai compiuto vent’anni e quindi raggiunto la maggiore età, ti verrà dato tutto quel che apparteneva ai tuoi genitori e che ovviamente ti spetta.”
Naruto fissava quelle due persone sorridenti con tanto d’occhi.
“Mi dispiace che tu abbia dovuto ricevere queste notizie tutte in una volta e dopo così tanto tempo.” Proruppe Sarutobi, evidentemente rammaricato. “Pensavo però che illuderti che potesse succedere qualcosa sarebbe stato peggio. Ho pensato che sarebbe stato meglio renderti partecipe di ciò se fossi stato certo che tutti i problemi fossero stati risolti.”
“Io… io non so che dire.”
Naruto guardava le sue mani, poste sulle sue ginocchia, contorcersi con nervosismo.
“Naruto.” Continuò Sarutobi. “So che qui hai stretto delle salde amicizie e hai vissuto tutti gli anni che hai compiuto… ma vivere in un’altra casa non significherà di certo non poter più venire qui a fare visita al tuo amico Sasuke. Capisci bene che la fortuna che hai avuto tu di essere affidato a qualcuno lui non l’avrà… e non ha nessuno oltre te, noi persone della comunità e i suoi compagni di scuola. Il ragazzo è diligente e pieno di qualità, sono sicuro che potremo accordarci anche sulla possibilità di far restare Sasuke fuori dall’istituto oltre l’orario di rientro, qualche volta.”
Naruto continuò a tenere lo sguardo rivolto verso il basso.
“Sasuke ha molte persone. Non è solo.”
E Sakura ne era la testimonianza vivente.
“Non intendevo dire questo.” Sarutobi mosse le mani come per scusarsi. “Ma non penso che tu stesso sospettassi che un giorno avresti avuto la possibilità di vivere al di fuori di questo luogo, prima del compimento della maggiore età.”
Naruto aprì bocca, pronto a rispondere, ma ben presto si rese conto di non aver nulla da dire e la richiuse, sentendosi improvvisamente maturato di un paio di anni.
Qualche minuto dopo entrò alla mensa per dare la notizia al suo migliore amico, che in quel momento era seduto davanti al suo piatto di misto sushi; era triste a dirlo ma Sasuke non avrebbe mai sospettato che qualcosa di estremamente importante aveva appena cambiato la vita di Naruto.
Naruto strinse la sua ciotola di ramen e si passò le mani sulla faccia, visibilmente stanco. Faticò a dividere le bacchette e dopo un paio di minuti buoni si costrinse ad abbandonarle sotto la sua mano destra, sul tavolo.
Sasuke lo notò. “Ehi testa quadra, tutto a posto? Che aveva da strigliarti Sarutobi?”
Naruto respirò a fondo e alzò la testa solo dopo che fu riuscito a darsi coraggio.
“Il tribunale dei minori mi ha affidato a un tutore che quindici anni fa era stato nominato da mia madre. Domani dovrò lasciare l’orfanotrofio e andare a vivere a casa di questa persona.”

* * *

“Karadajuu fuu no wa shinzou ni, Hageshinku chi narase yo STOMPING! Taeru tsuki wo usaku CALL ME! Kawarisugiru ga nuki ka STORY!”
Sotto il getto dell’acqua Anko riusciva a dare libero sfogo alla sua voce, perfettamente in grado di giungere a toni molto alti e di incantare insospettabili visitatori.
Uscita dalla doccia si era bardata del suo bianco accappatoio spugnoso, quando improvvisamente aveva udito il trillo del campanello; qualcuno suonava alla porta.
“Oh… e chi sarà?” disse piano mentre si pettinava di fronte allo specchio umidiccio.
Si strinse ancora di più nell’accappatoio e indossò le ciabattine per poi andare in direzione della porta e guardare dallo spioncino.
“No… non ci posso credere! Kakashi, ma che ci fai qui?”
Kakashi si passò una mano tra i capelli argentei e mostrò due cartoni di pizza, sorridendo dolcemente. “Spero che tu non abbia mangiato.”
“Oddio no… entra!” Anko divenne paonazza. “Perdonami se sono impresentabile, se hai qualche minuto di pazienza mi vesto e mi asciugo i capelli…”
E si dileguò.
Kakashi si sedette sul tatami del soggiorno dell’appartamento di Anko, impugnando il telecomando del televisore e mettendo sull’edizione della sera del telegiornale.
Anko, dal canto suo, aveva appena finito di indossare i vestiti meno attraenti che si trovavano all’interno del suo guardaroba, un buffo maglione azzurro con su stampata la faccia enorme di un orsacchiotto rosa sotto la quale stava la scritta ‘ANKO’; poi si era messa un paio di fuseaux neri e le pantofole della stessa tonalità rosa della faccia dell’orso, il tutto reso inguardabile dalla sua faccia a dir poco congestionata.
Il fatto che i suoi capelli non fossero molto lunghi contribuì a fare aspettare Kakashi non più di dieci minuti e, quando tornò in soggiorno, vide che si era perfettamente messo a suo agio accendendo il televisore e guardando i quadri appesi alle pareti.
“Quello è un vero Klimt?”
“No, l’ho dipinto io. È una copia molto fedele, me lo dicono tutti.” Rispose Anko.
“Bel pigiama.”
“Grazie. La pizza si è raffreddata? Ma come mai sei qui? Non mi dispiace la tua visita ma se l’avessi saputo non ti avrei fatto aspettare.”
Kakashi fece cenno con la mano come se la cosa fosse superflua, mentre Anko si spostava verso la cucina per prendere tutti gli oggetti per apparecchiare la tavola.
“Cosa ti porto? Acqua, Coca Cola… birra?”
“No vabbè, sono venuto con la macchina, prendi pure la Coca Cola.”
Anko ritornò in soggiorno armata di Coca Cola, forbici per la pizza, bicchieri e tovaglioli. “Ti sei affezionato alla tua macchina, eh? Non butti più un passo senza di lei.”
“È molto confortevole.”
Anko si sedette di fronte al collega e cominciò a tagliare le pizze. “Itadakimasu.”
“Anche a te.”
“Senti, me lo spieghi come hai avuto quel nastro? Mi hai detto che in macchina non volevi parlarne perché non era sicuro, ma qui siamo a casa mia, non ci sente nessuno.”
Sebbene si pentì immediatamente di essere stata così diretta, Anko lanciò il sasso e ora stava solo a Kakashi afferrarlo; certo, dato che lui era piombato così a casa sua, non sarebbe stato così maleducato rispondere a quella domanda.
Kakashi alzò gli occhi, rassegnato dinanzi all’idea che Anko non lo avrebbe lasciato in pace se non le avesse detto la verità. Facevano come il cane e il gatto ma erano grandi e vaccinati e lo sapevano tutti che il tempo che quei due passavo insieme era molto e che si conoscevano troppo bene e da troppi anni per poter mentirsi l’un l’altra.
“Quello è il mio nastro della Banda della Foglia. Ufficialmente è una banda il cui unico interesse era difendere le persone dalla violenza esercitata da altre bande e i cui componenti non agiscono più da diversi anni; ufficiosamente io, in maniera autonoma, mi sono rimesso in moto perché quelle stesse bande che, per alcuni anni, si erano placate ora si stanno muovendo.”

Si è deciso a rispondere… finalmente.

Anko non osò interromperlo.
“Da parte mia è stato molto imprudente tenere il nastro sul cruscotto della macchina ma non essendo io il capo della banda, non posso farmi vedere in giro con quel tipo di segno di riconoscimento dopo così tanto tempo di silenzio, devo agire da solo. Lo tengo con me nella speranza che qualcosa possa risorgere.” Rispose Kakashi. “Alcune settimane fa tre nostri studenti sono stati aggrediti dal capo delle Bande del Suono e del Serpente, Orochimaru… mi trovavo nei paraggi e li tirati fuori dai guai ma lui mi ha riconosciuto nonostante la maschera e quindi sono portato a stare molto all’erta.”
“Orochimaru… era il mio maestro di karate.”
“Davvero?”
Anko si era lasciata sfuggire quella scomoda verità ma ignorò la domanda di Kakashi. “E… ti ha riconosciuto…?”
“Non sa che mi chiamo Kakashi Hatake e non sa com’è la mia faccia… ma sa qual è il mio stile di combattimento e da questo si è ricordato qual era il mio soprannome storico.” Rispose il collega.
“Chi erano i nostri tre studenti che sono stati aggrediti da Orochimaru…?”
“Sasuke Uchiha, Naruto Uzumaki e Sakura Haruno.”
“Ma secondo te perché li ha aggrediti?”
“Orochimaru aveva interesse a parlare con Sasuke Uchiha… entrambi hanno troppo rancore verso Itachi Uchiha… il fratello maggiore di Sasuke che ha ucciso tutta la sua famiglia…”
Kakashi non disse più una parola e Anko rimase improvvisamente con la bocca secca: quella conversazione aveva cominciato a sfociare in parti oscure della realtà che molti stentavano a immaginare.
Era strano ripensare al suo vecchio maestro Orochimaru, soprattutto perché quando era solo una ragazzina della stessa età di Sasuke, Naruto e Sakura… lei doveva aver subito un trauma ben peggiore, perché non ricordava più nulla.
Ciò che le era accaduto per mano di Orochimaru non era nitido.
“C’è qualcosa che vuoi dirmi?”
Anko si riscosse e tornò a guardare il volto ansioso di Kakashi, nascondendo il viso dietro al braccio poggiato sul suo ginocchio. “Io… io non ricordo bene…”
“Non c’è problema…” rispose Kakashi abbracciandola. “Io sono qui.”

Oh, it’s such a perfect day
I’m glad I spent it with you
Oh, such a perfect day
You just keep me hanging on,
you just keep me hanging on…

Perfect day – Lou Reed


Prossimo capitolo: ‘È abbastanza presto, ora?’

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** È abbastanza presto, ora? ***


capitolo 9

Perdonate l'enorme ritardo ma ho avuto alcune cose da fare ^^ Però vi ho messo un capitolo decisamente più lungo, siate clementi ^^


Capitolo 9

È abbastanza presto, ora?

I am the son
and the heir
of a shyness that is criminally vulgar…
I am the son and the heir
of nothing in particular…
You shut your mouth
how can you say
I go about things the wrong way;
I am Human and I need to be loved
just like everybody else does…

How soon is now? – The Smiths

Bisognava dire la verità: Sasuke detestava il rumore; detestava chiunque osasse parlare a voce eccessivamente alta, chiunque si azzardasse a violare inavvertitamente o volutamente la sua placida calma interiore; un po' odiava il mondo, sotto questo punto di vista, ma non poteva di certo vivere col tormento che la gente che lo circondava non fosse come lui, seria e implacabile.
Persino Sakura talvolta gli era risultata rivoltante e noiosa come persona da avere vicino, anche se nell'ultimo periodo si era reso conto che tutto sommato non era poi così male, nonostante intorno a lui ci fossero persone decisamente più silenziose della ragazza dai capelli rosa, come ad esempio Hinata o Neji Hyuuga, o Shino Aburame.
Certamente esisteva qualcuno a cui aveva dovuto abituarsi obbligatoriamente, oltre Sakura che aveva la tendenza a frequentarlo spesso e volentieri, mettendoci tutto l'impegno che aveva in cuor suo; qualcuno che a diverse persone risultava insopportabile, qualcuno che non faceva altro che parlare a voce alta, che straparlare, che dire sempre la sua, che irrompere nelle situazioni più impensate.
Qualcuno come Naruto.
La sola idea di essere stato costretto a crescere con lui, quando prima di essere scaraventato nella triste realtà dell'orfanotrofio aveva una vera e propria famiglia, aveva avuto il potere di mettergli i brividi sino a un paio di settimane prima, quel tranquillo giorno di aprile in cui, ritirandosi dalla cena, aveva trovato tutti i suoi appunti di scuola sparsi interamente in ogni punto immaginabile della sua stanza, tutto a causa di una finestra dimenticata aperta.
In verità l'aveva sempre disgustato il fatto di essere un orfano come lui, questo perché Naruto non aveva mai avuto l'opportunità di conoscere i suoi genitori, aveva dovuto soffrire quel trauma solo in parte, poiché l'istituto in cui vivevano era stato la sua famiglia da sempre.
Per Sasuke invece non era così semplice: ogni mattina si svegliava con l'immagine della madre che gli sorrideva, con il ricordo del padre tanto affezionato a quel traditore del suo sangue, con il rimbombo nella sua testa delle parole di sua madre che un giorno gli aveva rivelato quella fatale verità su quel padre che tanto lo trascurava.
"Hai ragione, tuo padre parla sempre di Itachi... ma, quando siamo soli, lui mi parla solo di te."
Itachi.
Suo fratello, Itachi.
Il traditore del suo sangue, Itachi.
Quando la sua famiglia era stata sterminata, aveva dovuto assorbire del tutto la prospettiva di dover passare i successivi tredici anni presso l'istituto, covando un desiderio di vendetta a molti incomprensibile e di cui invece erano ben consapevoli persone come il professor Hatake, che col passare dei giorni sembrava leggergli dentro ogni sofferenza recondita, incognita persino a quella non meglio identificata presenza nella sua vita che di nome faceva Sakura.
Naruto invece non dava l'impressione di uno che si impicciava particolarmente della sua vita passata; aveva avuto però sempre quella strana capacità di mandarlo in bestia con poco e sinceramente aveva dovuto faticare prima di ammettere che per lui era un vero amico su cui contare.
Ammissione che aveva dovuto fare a se stesso proprio circa due settimane prima, il giorno dopo in cui aveva trovato tutta la sua camera in disordine per opera del ragazzo, che si era seduto dinanzi a lui e gli aveva detto con voce rotta dalla tristezza che avrebbe dovuto lasciare l'istituto per andare a vivere con la persona alla quale era stato affidato.
Dunque per quanto Naruto apparisse insopportabile ai suoi occhi, gli aveva lasciato qualcosa di buono dentro, qualche ricordo difficile da rimuovere, qualche sensazione intensa come quella volta nel torneo nazionale a squadre di arti marziali in cui avevano unito le loro forze ed erano riusciti a raggiungere il terzo posto.
Ora che non viveva più con lui, sentiva di aver subìto una mancanza e, sebbene riuscisse a farlo, gli veniva difficile nasconderlo agli altri.
L'unico in grado di averlo capito era sempre stato lui, Hatake.
Eppure di per sé non aveva nulla da temere: alla fin fine Naruto non avrebbe più dormito nella camera accanto alla sua ma in un'altra casa; per il resto, avrebbero sempre frequentato la stessa classe, avrebbero sempre condotto le medesime attività insieme e Sarutobi gli aveva persino proposto di dormire a casa dell'amico qualche sera, d'altronde non si era mai comportato male a differenza del biondino che, per diversi anni, ne aveva combinata una dopo l'altra.
Tuttavia...
"Ciao Sasuke!"
Ino Yamanaka. Che caspita voleva Ino Yamanaka?

Contiamo fino a tre e vediamo se Sakura riesce a fare un nuovo record...

"Ino! Levati dalle scatole!"
Due secondi, per l'appunto. "Ragazze, lasciatemi in pace..."
"Che palle! Uno non può nemmeno studiare in santa pace che deve essere costretto a sopportare tutto questo baccano già di prima mattina!"
Ino, Sakura e Sasuke si voltarono contemporaneamente in direzione di Shikamaru che, dagli scalini dell'entrata della scuola, gesticolava brandendo una penna e un block notes pieno di calcoli e scarabocchi.
"Shikamaru, stai bene?" domandò Sakura inarcando le sopracciglia, incerta.
Ino, d'altro canto, si era avvicinata allo storico compagno di giochi e aveva poggiato una mano sulla fronte di quest'ultimo per poi stringergli il polso e guardare le lancette dell'orologio, misurando la frequenza del battito. "Eppure di febbre non ne ha..."
Shikamaru la fissò come se volesse incenerirla col solo potere dello sguardo, divincolandosi dalla leggera presa e riprendendo a scribacchiare freneticamente. "Non rompere."
"Come mai tutta questa voglia di studiare? Devo cominciare a chiamarti cervellone?"
"Sono gli esercizi che mi ha assegnato SARUTOBI, razza di imbranata!" Shikamaru sbattè le mani sul cartone del block notes. "La prossima settimana ho la gara di matematica e devo riuscire a battere quella..." indicò Temari del secondo B, che si apprestava a fare il suo ingresso nel cortile del liceo seguita da altri due ragazzi. "... sottospecie di strega!"
"Quella che gli ha risolto il sudoku in meno di dieci secondi." convenne Kiba, ridacchiando, che aveva assistito a tutta la scena mentre ripassava la lezione del giorno di scienze.
"Non ti ci mettere anche tu o ti faccio saltare i tuoi canini sporgenti." sbottò Shikamaru esaurito. "Questi esercizi sono impossibili, non dovevo provocare il professore!"
"Ora non lamentarti."
Sasuke aveva smesso di ascoltare i compagni di classe da quando Shikamaru gli aveva indicato Temari, al cui fianco destro procedeva la strana presenza di un ragazzo dai capelli rossi e vestito interamente di nero.

Ma certo... è il ragazzo che ho visto l'altro giorno con Naruto...

Era una presenza decisamente glaciale.
Alla sinistra di Temari, che sfilava fiera e a testa alta destando l'irritazione di Shikamaru, camminava un ragazzo abbastanza alto con degli scuri capelli castani e un'espressione sul volto decisamente più rilassata rispetto a quella dell'altro ragazzo.
I suoi occhi scuri erano solcati da un leggero tratto di matita viola.
Dovette ben presto distogliere la sua attenzione dal trio, poiché un paio di auto accostate alla scuola avevano attirato la sua attenzione, tra cui un'elegante berlina di una famosa marca tedesca con i vestri oscurati da cui scese niente meno che Naruto.
Al seguito v'erano poi i così diversi cugini Hyuuga, i quali raggiunsero il cancello della scuola ignorando l'automobile che li aveva appena accompagnati così come gli sguardi di chi li guardava: Neji era fin troppo occupato a squadrare la parte più alta dell'edificio per accorgersi delle persone sedute sugli scalini come Shikamaru o persino di quelle poggiate al muro come lui; Hinata, d'altro canto, aveva concentrato tutta la propria attenzione su quello spirito libero di Naruto, il quale procedeva con passo incerto ed esitante.
"Ehi Sasuke, che si dice?"
"Sempre la stessa vita. E la tua, come va?"
"Mi ci devo abituare."
La verità era che Naruto avrebbe dovuto abituarsi a tante nuove cose.
Alla nuova routine di essere accompagnato a scuola, a un nuovo mezzo di trasporto da utilizzare, a un nuovo letto su cui dormire, a nuovi vestiti da indossare, a una nuova casa in cui vivere, così come ad altre usanze a lui insolte e ad altri molto comuni che, ben presto, si sarebbero presentate dinanzi ai suoi occhi in maniera ricorrente.

* * *

"Vedi? Non è poi così difficile creare un account e utilizzare questo programma."
"Ammazza, pensavo fosse molto più complicato."
Kiba era ancora troppo impressionato dalla grandezza della villa di Jiraiya per imbestialirsi di fronte all'arretratezza tecnologica di Naruto: stavano seduti su un divano bianco lungo tre metri da circa mezz'ora, con il netbook sulle gambe e di fronte a un televisore a schermo piatto di dimensioni immani, e un'enorme vetrata che dava a ovest, sul tramonto, illuminava l'enorme salone con una luce leggermente soffusa ma anche particolarmente piacevole.
La camera di Naruto invece consisteva in un'enorme mansarda ben climatizzata composta da un letto a una piazza e mezzo (per riparare al danno di quindici anni di rovinose cadute da un normale letto singolo), da una scrivania molto grande con una libreria in cui si pensava di dover riporre molti libri (sebbene il ragazzo ne possedesse decisamente pochi) e da un piccolo salottino composto per lo più da un divanetto e due poltroncine con un tavolino di legno intagliato.
La rete wireless però sembrava prendere meglio in soggiorno.
"Adesso devi scegliere un nickname, un soprannome."
"Un nickname? Dio, non saprei... non è che abbia proprio tanti bei soprannomi..."
"Baka sarebbe quello più appropriato."
"Non scherzare!"
"Va bene, va bene, calmati..." sorrise Kiba sebbene la sua provocazione avesse colto nel segno.
I due si riposizionarono, con sguardo riflessivo, e non parlarono per alcuni minuti, finché non prese a squillare il cellulare (nuovo di zecca, tra l'altro) di Naruto, sulle note di Around the world dei Red Hot Chili Peppers.
Era Sakura.
"Sakura, dolce fiore del mio cuore!"
"Oh, Naruto, sei sempre il solito! Ogni volta che ti chiamo mi ricordo perché non l'ho fatto per giorni!"
Naruto fece una faccia falsamente rattristata sotto lo sguardo guardingo di Kiba. "Daaaaai... non mi trattare così!"
"Senti, stasera io e Ino pensavamo di andare in discoteca e di dirlo anche agli altri. Vuoi venire?"
"Mmh, penso non ci siano problemi... Jiraiya mi dice sempre che non esco mai... aspetta che lo dico a Kiba."
"Sta lì con te?"
"Sì."
"Passamelo!"
Naruto fece una smorfia e allungò il cellulare in direzione del compagno.
"Ehi Sakura, dimmi!"
"Kiba! Dobbiamo andare in discoteca, come ci organizziamo?"
"Ci possiamo vedere in centro e poi da lì ci spostiamo."
"Vi accompagno io!" esclamò Jiraiya che era appena entrato in salone, con un sorriso gioviale sul volto, e aveva sentito le parole di Naruto e Kiba. "Devo andare là."
"E che ci devi andare a fare in centro?" domandò Naruto inarcando un sopracciglio.
"Come siamo curiosi...!" esclamò Jiraiya cominciando a strofinare i capelli del ragazzo.
"Ahia, basta, basta!"
"Va bene Sakura, ci vediamo alle 20.30 in punto." Kiba chiuse la comunicazione e si voltò verso Naruto. "Benissimo, ci siamo organizzati. Senti, mi potresti indicare dov'è il bagno?"
"Eh? Ah, sì... è la prima porta a destra lungo il corridoio."
"Grazie..." Kiba si alzò e intascò la mano da cui recuperò il suo cellulare, poi si chiuse in bagno.
"Vediamo..."
Uno squillo, due squilli, tre squilli.
"Kiba...?"
"Ehi Shino. Ti disturbo?"
"Ovviamente sì ma farò il sacrificio di ascoltarti."
Kiba sbuffò. "Quasi mi pento di averti chiamato."
"Sputa il rospo."
"Sei impegnato stasera?"
"No."
"Stavamo pensando di andare in discoteca in centro, mi ha chiamato Sakura."
"Non mi fa impazzire ma... ok. Vengo."
"Lo diresti anche a Hinata?"
"Non so se verrebbe, anche se sono sicuro che non avrà granché da fare dopo la palestra."
"Beh dai... chiariscile le idee, allora. Perché stasera ci sarà anche Naruto."

"Mmh, che buona questa zuppa di miso!"
"Sì, credo sia la migliore in tutta Tokio!"
Ino fece schioccare le bacchette sul bordo della ciotola per poi poggiarvele e tastarsi la pancia. "Ci voleva proprio."
"Io preferisco di gran lunga una bella bistecca."
Choji prese a divorare il suo pasto, sotto gli occhi sconcertati di Ino e Sakura, mentre Shikamaru tentava di ultimare l'ennesimo sudoku sul retro di una rivista, sorseggiando ritmicamente il suo the.
"Insomma Choji, la vuoi smettere?"
"Già, ha ragione Ino. Sei inguardabile quando fai così."
"Che ci posso fare se sto morendo di fame."
Sakura ridacchiò dinanzi al breve battibecco poggiando una mano sulla bocca, per poi puntare gli occhi in direzione della vetrata del ristorante.
"Oh! Guarda chi è arrivato!"
Hinata fece un cenno di saluto, seguita da un compostissimo Shino, e si fiondò all'interno del locale per andare a sedersi al tavolo presso il quale stavano già seduti gli altri quattro ragazzi.
Bisognava dire che quella sera sia Sakura sia Ino si fossero ben tirate a lucido: erano vestite più o meno uguali, indossavano entrambe delle magliettine scollate ma non discinte, portavano ai piedi i tacchi e le loro gambe erano foderate dai pantaloni, con l'unica differenza che quelli di Sakura fossero di finta pelle mentre Ino portasse dei normalissimi blue jeans; del resto non stavano andando a fare chissà cosa ma semplicemente a ballare.
Hinata invece, a dispetto dell'abbigliamento che indossava normalmente a scuola che era quasi sempre composto da gonna e camicia, quella sera si era sciolta indossando un semplice vestito primaverile sul blu, accompagnato da una semplice giacchetta di tessuto jeansato.
Era molto carina.
"Buonasera a tutti!"
"Ehi, Hinata! Ma sei bellissima!" esclamarono all'unisono Sakura e Ino, per poi guardarsi e rivolgersi delle simpatiche smorfie.
"Hanno ragione...!" convenne Shikamaru sollevando gli occhi dal sudoku. "Stai molto bene, dovresti uscire più spesso con noi."
"E per dirlo Shikamaru..." fece Ino inarcando le sopracciglia.
Hinata sventolò le mano destra davanti al volto, arrossendo lievemente. "Oh dai, smettetela."
"Già Hinata, dovresti evitare di venire a scuola combinata in stile castigo e penitenza..."
"Shino, smettila! Così sei offensivo!" Sakura sgranò gli occhi.
"Non sono offensivo, sono realista."
"Oh Sakura, non te la prendere, sono abituata a sentire Shino parlarmi in questo modo. Eravamo in palestra e mi ha costretta a tornare a casa per cambiarmi..." la ragazza arrossì ulteriormente.
"Avete mangiato?"
"Si, abbiamo mangiato a casa mia!" rispose Hinata.
"Bene." sbottò Ino. "Choji, sbrigati così paghiamo il conto."
"Ma io ho ancora fame!"
"Vieni o non ti guarderanno mai le ragazze!"
Una volta usciti dal locale, i ragazzi si incamminarono alla volta della discoteca, davanti alla quale trovarono Naruto e Kiba.
"Hinata, che vestito strippante!"
"Naruto...?"
Hinata faticò ad alzare lo sguardo in direzione del ragazzo biondo e rispose con un timidissimo: "Grazie..."
"Dico sul serio, stai benissimo!"
"Prima di entrare, aspettate un momento ragazzi!" Li interruppe Choji, fermandoli lungo il marciapiede. "Devo darvi una cosa prima che lo dimentichi...!"
E affondò le mani dentro la tasca del giubbotto per prenderne alcuni cartoncini.
"La settimana prossima, il 30 di aprile, ci sarà la mia festa di compleanno." disse tutto allegro. "E a mezzanotte spegnerò le candeline... perché io compio gli anni l'1 di maggio...!"
"Che bella notizia!" esclamò Ino. "Devo decidere cosa mettermi..."

Sakura sospirò, mentre i ragazzi si incamminavano verso la soglia della discoteca; Naruto se ne accorse.
"Sakura, va tutto bene?"
"Sì, sì. Scusami Naruto." La ragazza sorrise, apprensiva. "Mi dispiace solo che Sasuke non possa essere qui, adesso."
Naruto esitò; poi sorrise anche lui ma con occhi tristi. "Sasuke ha avuto il permesso di dormire a casa mia qualche volta, purtroppo però non può decidere di farlo su due piedi, ha bisogno dell'autorizzazione del direttore dell'istituto. Se ci organizzassimo meglio... penso che sarebbe felice di uscire con noi... e con te." Il biondo tenne molto a precisare l'ultima parola pronunciata, prima di poggiare una mano sulle spalle della ragazza dai capelli rosa. "E poi hai sentito Choji? La settimana prossima è il suo compleanno... penso che Sasuke verrà certamente."
Kiba osservò i movimenti di Naruto e Sakura, accigliato, per poi voltarsi verso Hinata (visibilmente smarrita) e trascinarla in direzione dell'entrata della discoteca. "Vieni dai, andiamo a ballare."
"Oh, Kiba... non sono capace!"
"Nemmeno io, dai. Siamo qui per divertirci!"
Dopo aver mostrato i documenti al buttafuori e aver pagato l'ingresso con l'obbligo di dover uscire a mezzanotte esatta e di non bere alcolici, i ragazzi si fiondarono lungo la pista, sebbene Choji, Shikamaru e Shino preferirono accalappiarsi un tavolo con delle poltroncine.
"Allora Hinata!" urlò Naruto in mezzo al frastuono. "Che mi racconti?"
La ragazza si scosse sotto al fulgore delle luci a intermittenza e si rivolse al ragazzo biondo, sebbene non la sentisse.
"Come hai detto?!"
Hinata deglutì per poi farsi coraggio.
"Ho detto che sono molto contenta che stasera ci sia anche tu!"
Naruto sorrise in maniera solare, mentre i suoi denti bianchi spiccavano allo scattare del raggio di luce blu tra le tante colorate.
"Ehi Ino!" gridò Sakura. "Vuoi qualcosa da bere?!"
"No, stai tranquilla, ci ha già pensato Shikamaru per me!"
"Peeerfetto!" Sakura si insinuò tra i ragazzi che ballavano e si avvicinò al bancone del bar, dove stava lavorando freneticamente ma anche con grande maestria una ragazza decisamente più grande di lei e anche molto bella: aveva dei corti capelli blu e dei profondi occhi dello stesso colore.
"Cosa ti do?"
"Una lattina di Coca andrà benissimo."
"Ci andiamo leggeri stasera?"
"Non posso bere alcolici, mi dispiace." fece Sakura arrossendo visibilmente.
La ragazza si chinò leggermente, perplessa. "Sei minorenne? Non l'avrei mai detto..."
"KONAN! Mettila sul mio conto, offro io alla ragazza."
Sakura virò lo sguardo alla sua sinistra, in direzione della voce suadente che aveva appena udito: essa apparteneva ad un ragazzo visibilmente impostato i cui capelli neri legati in una coda fuoriuscivano dal cappuccio che gli andava a coprire il capo e parte del viso, tra cui gli occhi.
Lo fissò per qualche secondo, esitante.
Konan estrasse una lattina di coca dal frigorifero per poi avvicinarla alla ragazza dai capelli rosa.
"Non ti spaventare, non ho cattive intenzioni." rispose il ragazzo facendo sussultare leggermente il cappuccio da cui emerse leggermente un naso ben diritto.
Quella voce aveva qualcosa di familiare... eppure non riusciva a capire dove avesse potuto già sentirla.
"Ti ringrazio." rispose Sakura con un leggero tremore nella voce.
"Non ti ho mai vista qui... è la prima volta che vieni?"
"No, la terza..."
"Oh... se non bevi alcolici vuol dire che sei ancora minorenne. Frequenti il liceo, suppongo."
"Si..."
"Vai al Leaf? Perché ci andavo pure io, è qui in zona."
"Io... si."
"SAKURA! Insomma, quanto ci stai mettendo?!" Ino e Naruto si stavano sbracciando in sua direzione.
"Sì, arrivo!" disse forte Sakura per poi voltarsi verso il ragazzo. "Scusa, devo andare." e dopo aver impugnato la lattina, girò sui tacchi per fuggire al tavolo dove stavano seduti i suoi compagni.
"Ma quanto ci hai messo? Hai chiesto al bar tutti i tipi di bevande che avevano?" domandò Ino sbuffando.
"No, un ragazzo mi ha offerto una coca cola..."
Ino fece un sorriso accattivante di fronte al lieve imbarazzo di Sakura. "Oooh...! E chi era questo giovanotto?"
"Non saprei, non so nemmeno come si chiama." Sakura si voltò in direzione del bancone: il ragazzo era sparito.
"Sei un disastro... non combinerai mai niente con i ragazzi, di questo passo."
"Perché tu in caso hai combinato qualcosa nell'ultimo anno."
"SHIKAMARU!"
"Ahia! Mi hai fatto male! Si può sapere come fai a negare l'evidenza?!"
E di fronte all'ennesimo battibecco tra Ino e Shikamaru, Sakura non poté fare a meno di notare che il ragazzo con cui aveva parlato aveva appena schedato la sua faccia con il suo nome e la scuola che frequentava.

There's a club, if you like to go
you could meet somebody who really loves you,
so you go, and you stand on your own
and you leave on your own
and you go home, and you cry
and you want to die…

How soon is now? – The Smiths

Prossimo capitolo: 'Buchi neri e rivelazioni.'

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Buchi neri e rivelazioni ***


capitolo 10 Che bello!!! I miei vecchi lettori e recensori Beckill e Andreatorinista!!! Ma come sono conteeeeenta :) :) Anche se mi ricordo che una volta ti chiamavi 'Andrearomanista' :D sbaglio?!  Vabbè, tutti cambiano xD poi in 4 anni...!
Scusate l'attesa ma ho avuto degli esami universitari troppo importanti che mi hanno messa molto sottopressione, non penso che vi interessi molto ma sono stata rimandata ad un orale di una materia dopo averne passato lo scritto e quindi ho dovuto rifare scritto e preparare meglio orale... tutto ciò dovendo portare a termine altre due materie... vabbè vah, università maledetta!
Cercherò di farmi perdonare sfornando più capitoli possibili nel minor tempo possibile... promesso :)



Capitolo 10
Buchi neri e rivelazioni

Far away,
this ship is taking me far away,
far away from the memories
of the people who care
if I live or die...
Starlight,
I will be chasing your starlight
until the end of my life,
I don't know if
it’s worth it anymore...

Starlight - Muse



"Konan... dimmi... che aspetto aveva quella ragazza?"
"Aveva gli occhi verdi e i capelli rosa."
"Rosa?"
"Sì, proprio rosa."
"Allora sarà più semplice del previsto trovarla."
"Ma hai sentito che scuola frequentava? Ha detto che va al Leaf..."
"Proprio come me."
"Proprio come tuo fratello. Chi ti dice che non frequentino la stessa classe?"
"Non è mica un problema."
"Tu hai una concezione dei problemi alquanto discutibile."
"Questione di punti di vista..."
"Parli tu che la vista non ce l'hai."
"Grazie per avermelo ricordato."
"Non sottovalutare questa mancanza... grazie alla tua cecità, il giudice della Corte Distrettuale ti ha concesso gli arresti domiciliari e saltuariamente uscite in libertà vigilata come quella di stasera. Del resto non sei ancora stato condannato."
"Beh... che dire... Festeggiamo."
"D'accordo." Konan versò del sakè in due bicchierini diversi. "Offre la casa."
"Alla salute, Konan."
"Alla tua, Itachi."

Hinata stringeva la sua borsetta nervosamente, solleticando ogni tanto la cerniera in cerca dello specchietto su cui ritraersi ritmicamente.
"Piantala e posa quello specchietto." le disse Kiba chiudendo la cerniera.
"Scusa..."
"E non chiedermi scusa...!" Kiba rise. "Insomma Hinata, lo vuoi capire che stai benissimo? Il tuo problema è... QUI!" sbottò indicando la propria testa. "Nel tuo cervello."
"Io... non so cosa dire..."
"Ma tu infatti non devi dire niente, certe cose sono più difficili a dirsi che a farsi. Tu sii solo te stessa, sei una persona meravigliosa ma tendi a tenere tutto dentro di te, a non esprimere la tua personalità al meglio. Insomma, questa cosa mi dà troppo sui nervi."
"... Kiba...!"
Hinata osservò l'amico forse manifestando maggiore timidezza e dispiacere.
Era davvero tanto impedita nei confronti delle altre persone? Kiba aveva ragione? Aveva ragione quando le sbatteva in faccia quanto fosse portata a tenere ogni sua emozione dentro di lei, per la sola paura di manifestarla, per il solo pensiero di farsene una colpa dopo averlo fatto? Che libertà era quella? La sua timidezza non era altro che una prigione invisibile la quale non poteva che isolarla dal resto del mondo e da tutte le persone fondamentalmente diverse da lei... e forse anche da quelle uguali a lei.
Era il ritratto umano della vergogna, la peggiore nemesi per suo padre, l'annichilimento ambulante lungo la strada dinamica dell'esistenza terrena, la nota dieci toni sotto all'armonia di un accordo, la più insignificante briciola del pane conviviale.
"Forse sono stato un po' duro." convenne Kiba, mordendosi un labbro, dopo qualche secondo di silenzio tra i due. "Non volevo essere tanto brusco."
"No vabbè, non preoccuparti, sento cose ben peggiori da mio padre."
"Senti Hinata, però non puoi dirmi che non è vero." la smania di Kiba, nel dover fare quell'ammissione cercando di non risultare offensivo, fece capire alla ragazza quanto ciò fosse difficile per lui. "Tuo padre ti tratta in un modo che io disapprovo, assolutamente... però obiettivamente io penso che tu così ti stai facendo del male... devi avere molta più fiducia in te stessa." fece una pausa. "Adesso tu ti alzi e scendi in pista."
"Ma io...!"
"Ho detto, scendi in pista!" sbottò spingendola con una manata sulla schiena, facendola sussultare spaventosamente dopo aver urtato contro qualcuno.
"Sta più attenta!"
"Per l'amor del cielo, scusa! Non l'ho fatto apposta!" Hinata fece un inchino, giungendo le mani in segno di scusa dinanzi al volto, contratto dall'imbarazzo. "Ti sei fatto male?"
"Beh, guarda dove mette i piedi." la voce del ragazzo che aveva urtato era dura e non sembrava ammettere repliche.
"Giuro, non so come scusarmi...!"
"Hinata, ci sono problemi?"
Hinata venne su all'udire la voce incuriosita di Kiba e finalmente vide che aspetto avesse il ragazzo che aveva accidentalmente aggredito: era alto ed esile ma al tempo stesso la camicia nera che indossava sembrava foderargli dei muscoli in qualche modo... sudati, come se avesse fatto tanta attività fisica per molto tempo ma la sua muscolatura non fosse pompata bensì forte e al tempo stesso leggera; i suoi capelli erano di uno strano colore tendente al grigio e le sue labbra arricciate in quell'espressione infastidita sembravano il tassello di un mosaico bizantino, come se fosse un'immagine bidimensionale creata secoli prima. La sua immagine era talmente abbagliante in tutto quel buio che Hinata, in un primo momento, sentì l’impulso di avvicinarsi al ragazzo e toccarlo per capire se tanta perfezione fosse reale; era così perfetto da poterlo paragonare ad un angelo che, in quel momento, era stato privato delle ali o che forse aveva tradito la più alta divinità cristiana per scendere nell'infuocato fiume degli inferi.
Era bellissimo e in quell'istante Hinata realizzò di aver accolto un tale pensiero eretico nella sua testa, lei che sempre era stata fedele a Naruto... insomma, era lui l'angelo senza ali a cui avrebbe dovuto guardare.
Il ragazzo ricambiò lo sguardo per qualche secondo, mostrando una certa diffidenza, per poi allontanarsi e sparire in mezzo alla marea di persone che riempiva la discoteca.

* * *

"Dormire a casa tua? Dici che lo posso fare?"
"Beh guarda... La festa di compleanno di Choji è tra sei giorni... penso che se glielo dici subito ti darà il permesso." Naruto guardò il tutore seduto davanti a lui, a tavola, mentre stringeva all'orecchio il telefono cordless.
Sasuke rimase in silenzio per diversi secondi. "Guarda, provo a chiederglielo."
Jirayia fece segno a Naruto e indicò sé stesso per poi fare il gesto di fare una telefonata. "Sarutobi."
"Ah! Sasuke, puoi dire a Sarutobi di telefonare qui a Jirayia così si mettono d'accordo loro due... guarda ti lascio il numero."
"Ho capito."
"Va bene, allora ci sentiamo."
"Ok, a presto." Sasuke chiuse la chiamata.
La prospettiva che i suoi orizzonti si ampliassero, grazie al contributo della presenza non tanto più insignificante di Naruto, sembrava piacergli più di quanto avrebbe potuto sospettare. Andare a una festa e passare la notte fuori dal suo letto era qualcosa al pari di una trasgressione particolarmente tosta.
Almeno per lui.
Cos'avrebbe potuto significare?
Innanzitutto, trovarsi fuori di casa ad un orario oltre a quello di rientro dell'orfanotrofio, anzi... a dirla meglio, uscire di casa molto tempo dopo l'orario di rientro.
Poi c'erano fattori per lui decisamente poco importanti ma del tutto nuovi, come per esempio andare a una festa. Era stato a ben poche feste dopo che aveva perso i suoi genitori e sicuramente, per quello che ne ricordava, nessuna di queste aveva avuto il piacere di ospitare così tanti giovani nel pieno della loro pubertà.
Terzo fatto: andava a dormire a casa di un amico... cosa mai fatta in vita sua; per come l'aveva supposta Naruto, ciò voleva solo dire playstation fino a notte fonda.
Per non parlare del cibo decente che avrebbe sicuramente mangiato a casa di Choji Akimichi.
"Mmh... quindi si tratterebbe di rientrare qui in istituto dopo l'ora di pranzo... mmh... si capisco perfettamente. Tutto sommato è una buona idea. Mi assicuri che lo accompagni tu? Mmh... capisco. Molto bene, allora ti aspetto tra sei giorni, alle ore 18.30. Di niente Jirayia, grazie a te... ciao... sì, sì, ho capito. Ciao."
Sarutobi abbassò il telefono e osservò Sasuke con un sorriso visibilmente soddisfatto.
"Vedo che il tuo amico Naruto si è dato da fare."
"Già."
"Va bene Sasuke, puoi andare, mi sono già messo d'accordo col tutore di Naruto, giorno 30 puoi passare la notte da lui e tornerai intorno alle 15.00 del'1 maggio."
"Ma si tratta di una cosa... una tantum... o anche volendo, ciò mi è permesso senza problemi?"
Sarutobi intrecciò le mani. "In teoria noi non permettiamo ai nostri ragazzi di uscire ma tu qui dentro sei il più grande, frequenti il liceo, sei una persona responsabile, hai degli ottimi voti a scuola, vai molto bene anche nelle attività extracurriculari da te frequentate e sei sempre molto puntuale. Inoltre io conosco molto bene il tutore di Naruto, è stato un mio studente e ho la massima fiducia. Quando vorrai andare da lui, potrai farlo tranquillamente, l'importante è che tu me lo faccia sapere con un certo preavviso."

Quando Sakura chiuse il libro di matematica, si mostrò piuttosto stupita nel notare di aver finito di studiare così presto.
Non era una materia che odiava ma non era nemmeno la sua materia preferita... tutti quei calcoli... quei numeri... quelle macchinazioni... non erano per niente alla sua portata, tanto che aveva già deciso che quando avrebbe frequentato l'università, ne sarebbe rimasta totalmente alla larga.
Erano monotoni, e se è per questo non andava pazza nemmeno per la fisica... in un certo senso... per tutto quel decodificare la realtà... eppure non poteva nemmeno dire di avere una materia preferita nell'ambito umanistico e forse, sotto questo punto di vista, invidiava Sasuke, Naruto e Shikamaru... che più che essere bravi ad usare i numeri, a suo parere erano stati abili nel trovare qualcosa in cui andassero veramente bene.
E per lei non era affatto una cosa semplice.
Un po' si era appassionata alla boxe e Rock Lee si era rivelato un ottimo compagno di allenamenti, ormai non la stressava nemmeno più di tanto con quella storia del fidanzamento, anzi, non voleva affatto essere inopportuno con lei... forse si sforzava di essere gentile e rispettoso cercando di non dare l'impressione di fare il cascamorto.
Sasuke invece sembrava così distante, tanto per cambiare.
Così chiuso, così schivo... così diffidente nei suoi confronti. Dopo che era accorso in suo aiuto, non le aveva più rivolto una sola parola sull'accaduto e gli unici argomenti che il ragazzo riuscisse ad esternare in sua presenza riguardavano la scuola e lo studio.
Non fece in tempo a deprimersi ulteriormente che vide il suo cellulare illuminarsi e tremare leggermente, segno del fatto che fosse appena arrivato un messaggio; con una manovra stanca e un po' rassegnata del braccio, poggiò la mano sull'estremità opposta della scrivania, recuperandolo, per poi premere alcuni tasti.
Naruto mi ha appena detto che
il giorno della festa di Choji
viene pure Sasuke e dorme da lui.
Io non ti ho detto niente.
Fagliele vedere a Ino.
Sakura sgranò gli occhi dallo stupore.
Recuperò il telefono cordless presente nella sua stanza e digitò in fretta e furia un numero dopo aver guardato nella rubrica del cellulare.
Uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli.
"Pronto, parla Tsume Inuzuka, chi è in linea?"
"Buonasera signora, sono Sakura. Vorrei parlare con Kiba, è in casa?"
"Sì certo, te lo chiamo subito, aspetta un momento."
"Grazie."
Sakura aveva preso a camminare per la sua camera in maniera palesemente nervosa e il modo con cui faceva schioccare le unghia del pollice e dell'indice della mano sinistra ne era una chiara prova.
"Sakura?"
"Kiba! Spiegami questa storia!"
"In particolare?"
"Che vuol dire che devo fare come se tu non mi avessi detto niente?"
"Beh, mi sembra chiaro. Molti concordano sul fatto che Naruto a volte mantenga un comportamento da idiota ma credo che, in tal caso, sia evidente che si sia esposto abbastanza per poter permettere a Sasuke di partecipare a una festa e quindi di farlo incontrare a te di sera, cosa che se non sbaglio non accade nella normalità."
"...a me?"
"Sakura. Naruto non è idiota... secondo me ti vuole anche eccessivamente bene, talvolta a scapito di altri." Kiba fece una pausa. "Ormai si è rassegnato dal venirti dietro perché sa che non ti volteresti mai per vedere che ti sta seguendo nel tuo cammino. E lo stesso vale per Hinata... Hinata impazzisce all'idea di parlare con Naruto anche per qualche minuto soltanto, di sentirsi realizzata ai suoi occhi."
"Ma perché mi dici questo?"
Sakura si sentiva quasi mortificata e non sapeva cosa dire.
"Allora Sakura... io non ti devo condizionare, però accetta questo mio consiglio. Prendi un bel vestito per la festa, non parlare della festa con Sasuke, non parlare della festa con nessuno fino a che questa non sarà cominciata. E se proprio ci tieni a ringraziare il tuo amico Naruto, non farlo con la convinzione che tutto questo sia stato fatto per fare una favore a te, per farti contenta... anche se tutti e due sappiamo benissimo che è così. A volte... devi tentare di essere meno egoista."
Le parole di Kiba riecheggiarono nella testa di Sakura, come una martello che spinge un chiodo dentro un muro, nell'orario di riposo.
Davvero Kiba pensava che lei fosse così egoista? Lo pensava Kiba che era una persona che stimava? E allora gli altri? Gli altri cosa pensavano?
Probabilmente la reputavano una saputella con la puzza sotto il naso e che non faceva altro che andare dietro al bello del gruppo, alla cui ombra viveva quello che non sapeva emergere, quello che tutti reputavano stupido.
Ciò la costrinse a rimanere in silenzio a scuola per tutta la mattinata del lunedì, seduta sotto lo sguardo guardingo del professore di storia e filosofia, e accanto al solito Sasuke taciturno.
"Confettino, c'è qualcosa che ti turba?"
"Eh...?!" Sakura si riscosse dai suoi pensieri. "Eh, no professore, mi scusi..."
E si riassestò alla sua posizione originaria, mettendosi a fissare il vuoto col mento poggiato alla mano, sotto le occhiate esterrefatte di tutti i suoi compagni di classe, in particolar modo di quelli di Sasuke, seduto di fianco a lei e leggermente stranito da tutto quel silenzio da parte della compagna di banco.
"Oh... capisco... ma quindi suppongo che tu non abbia sentito nulla di quel che ho spiegato sinora."
Sakura aveva sentito benissimo cosa le avesse detto il professore. Rimase in quella posizione ma si decise ad alzare gli occhi verso Hatake.
"Le chiedo scusa, professore."
"Devo supporre che tu abbia molti pensieri per la testa... beh, ti dovrei pregare di stare più attenta dalla prossima volta in poi ma... in fin dei conti non posso biasimarti." Hatake si andò a sedere dietro la cattedra, decidendo di chiudere il libro. "Cartesio ha espresso la sua dottrina filosofica, il famoso Cogito ergo sum , esprimendo il bisogno puramente umano del dubitare... dubitare di qualcosa non è che un modo di pensare e il pensare rende l'uomo res cogitans , sostanza pensante... questo ragionamento mi spinge a ragionare sul fatto che tutti i tuoi pensieri comunque ti rendono viva e reale, in tutto questo insieme classe, dove per esempio vedo persone che prendono appunti, persone che si limitano ad ascoltarmi ed altre che si annoiano." e fece riferimento a Choji e Shikamaru che, da in fondo alla classe, emettevano borbottii di stanchezza, scatenando dunque una leggera risata generale e un piccolo sorriso alla ragazza.
Quando suonò la campanella, tutti presero a posare tutte le loro cose e lo sguardo di Sakura guizzò dal suo banco a Naruto, che stava per uscire dall'aula. "Ehi, Naruto! Vieni un momento!"
"Ehi Sakura!" Il biondo le mostrò il suo solito sorriso raggiante. "Oggi ti sei fatta pescare da Hatake. Sei fortunata, quel professore è stranissimo."
"Naruto, io ti volevo ringraziare."
"Per cosa?"
"Per Sasuke." rispose la ragazza con voce leggermente tremante. "Ho saputo che alla fine ha avuto il permesso di essere ospitato da te, per venire alla festa di Choji. Tu sei... un vero amico. Dico... per Sasuke, sei il migliore amico che gli potesse capitare."
Da come l'aveva guardata, per un istante Sakura temette che Naruto se la fosse presa... invece le sorrise e le poggiò le mani sulle spalle.
"Mi fa piacere che tu pensi questo di me, Sakura. Ora devo proprio andare, il mio tutore mi sta aspettando fuori in macchina." E si allontanò.
Sakura rimase nel corridoio della scuola mentre le ultime persone uscivano dall'aula e tra queste notò la figurina inerme di Hinata.
"Ehi Hinata!"
"Oh Sakura...! Va tutto bene?"
"Sì, ti ringrazio, prima ero sovrappensiero ma mi è passata." le sorrise grata. "Hai già deciso cosa mettere alla festa di Choji? Se ne sta parlando tanto."
"Io beh... no, non ho deciso."
"Se vuoi possiamo uscire, magari ti do qualche consiglio. Vediamo come devi fare per far perdere la testa a Naruto."
Hinata arrossì in tutta risposta, portandosi una mano alla bocca, mentre uscivano dall'edificio scolastico e si trovavano nel giardino antistante il cancello.
"Allora Hidan. Konan mi ha detto che la ragazza ha i capelli rosa. I capelli rosa."
"Sì ma io non ho visto ragazze con i capelli rosa... semmai rossi."
"Fidati. Ce li ha rosa."
Itachi Uchiha era uscito allo scoperto, poggiato a una monovolume posteggiata di fronte al cancello della Leaf High School, in compagnia di quel poco di buono di Hidan, il ballerino di danza classica che si dilettava a pestare la gente che non pagava quello spacciatore senza scrupoli di Kakuzu.
Perché si divertiva tanto in quell'attività?
Perché non perdeva mai: Hidan aveva il fisico perfetto di chi si è allenato ogni santissimo giorno della sua vita.
Si passò una mano tra i suoi capelli di colore grigio, così insolito per un ragazzo della sua età, per poi rollare una sigaretta e rialzare lo sguardò in direzione della scuola, sussultando leggermente.
Itachi se ne accorse. "L'hai vista?"
"Sì ed è in compagnia di una che mi pare di... ma certo, è quella ragazzina che l'altra sera mi è caduta addosso in discoteca. Guarda, non ti dico quante centinaia di volte si è scusata."
"Andiamo, guidami tu." Itachi strinse forte il braccio di Hidan, muovendo il bastone per gli ostacoli e sistemando sul naso gli eleganti occhiali da sole.
"Ma io ti consiglio un vestitino semplice, sul nero... farebbe un bel contrasto con i tuoi occhi grigi."
"Ho capito."
"E poi magari i capelli sistemali per mostrare il viso, sei molto carina. Non devi vergognarti di mostrare il viso."
"Io... io ti ringrazio Sakura."
"Ma di che cosa...?!"
"Sei veramente molto gentile." Hinata non fece in tempo ad abbassare lo sguardo, che vide la visione dell'angelo demoniaco della discoteca materializzarsi dinanzi ai suoi occhi.
"Hinata, è tutto ok?"
"C-c-ci sono due persone... due ragazzi... e io... io uno di quei due l'ho visto in discoteca. Cioè gli sono caduta addosso... che vergogna..."
Fu lì che Sakura notò a sua volta quelle due strane presenze. La cosa che la stupì fu che uno dei due, che all'apparenza sembrava cieco, conoscesse il suo nome.
"Buongiorno Sakura. Ti ricordi di me?"
"Ma lei...?"
"Ti prego, non darmi del lei. Non ti ricordi? Ti ho offerto una coca cola in discoteca, l'altra sera."
Sakura strabuzzò gli occhi. "Ma certo che mi ricordo...! Certo, però tu sapevi tutto di me ma tu a me non hai nemmeno detto come ti chiami."
"Hai ragione, sono proprio un maleducato. Stavate tornando a casa, suppongo."
"Sì, ci stanno aspettando..."
"Non c'è problema, magari qualche volta pranziamo insieme, quando avete il rientro per le attività." tese la mano in attesa che Sakura gliela stringesse. "Io sono Itachi."
Nessuno dei quattro avrebbe potuto sospettare che in quel momento qualcuno li stesse guardando e ascoltando, attanagliato da mille pensieri di rabbia.




Hold you in my arms
I just wanted to
hold you in my arms...
My life,
you electrify my life...
Let's conspire to re-ignite
all the souls that would die just to feel alive...

Starlight - Muse



Prossimo capitolo: "Amore insano"


Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Amore insano ***


capitolo 11 Ciao ragazzi, scusate se interrompo sempre questa storia per un mare di tempo e non scrivo mai ma mi devo laureare.

Capitolo 11
Amore insano


Sometimes I feel I’ve got to
run away I’ve got to
get away
from the pain that you drive into the heart of me
The love we share
seems to go nowhere
I’ve lost my lights
I toss and turn I can’t sleep at night

Tainted Love – Soft Cell

“Hinata, oggi hai fatto veramente un buon lavoro, ricordati soltanto di non abbassare mai la guardia e di non tenere scoperti il volto e soprattutto le parti del corpo in qualche modo sporgenti.”
“Sì, maestra!”
“Shino, tieni più alto il gomito sinistro quando ti difendi, devi cercare di mantenere sulla sinistra la stessa rapidità che riesci ad avere a destra.”
“Cercherò di fare del mio meglio, maestra.”
“Bene.” Kurenai recuperò alcune armi bianche da terra per posarli nel suo borsone. “Allora ragazzi ci vediamo tra due giorni a scuola, una buona serata. Ci penso io a sistemare qui.”
“Arrivederci.” I due ragazzi si congedarono dopo aver accennato un breve inchino, lasciando sola l’istruttrice all’interno della palestra.
Kurenai si sistemò la cintura del kimono per poi uscire dal tatami e indossare le infradito, prendendo il borsone in direzione del suo spogliatoio.
“Ehi, sei ancora qui?”
Kurenai alzò la testa. “Asuma…! Che ci fai qui?”
Asuma alzò le spalle, sulla soglia della palestra. “Passavo di qui e ho visto che c’erano ancora le luci accese. Ne hai per molto?”
“No, devo solo cambiarmi.”
“Ti va una pizza?”
Il sorriso di Kurenai brillò negli occhi di Asuma.
“Va bene, ci metterò dieci minuti al massimo.”
Hinata osservò la maestra da dietro il cancello della palestra, sorridendo con un leggero rossore sul volto: come la invidiava… il professor Sarutobi doveva proprio essere una brava persona, così gentile e galante… avrebbe tanto voluto avere la stessa fortuna della sua insegnante.
“Hinata insomma, non spiare la maestra.”
Il tono serio di Shino non fece che incentivare il già crescente imbarazzo manifestatosi sulle gote della ragazza sotto forma di rossore.
“Ma io n-n-non…”
“Non ti preoccupare.”
“Shino, ma cos’hai capito…?!”
“Più di quanto pensi.”
“Vieni al compleanno di Choji?”
“Sì.” Il ragazzo fece una pausa. “Non mi piacciono le feste ma l’unico modo per far sì che Kiba stia zitto una buona volta è farmi vedere al compleanno stasera.”
“Dai, secondo me sarà divertente, insomma…”
“Ti cambi qui?”
“No…! Torno a casa, mi sono organizzata con Sakura per scegliere insieme cosa mettere e poi tra l’altro alla festa ci sarà anche…” Hinata ingoiò un pesante groppone che aveva in gola e ricominciò a parlare dopo aver ripreso fiato. “… ci sarà anche mio cugino Neji che è stato a lezione di pugilato a scuola, quindi dovrei comunque andare a casa.”
“Capisco. Il tuo autista è arrivato?”
Hinata affacciò il capo fuori dall’uscita della palestra. Ancora erano solo le 17 e la strada era discretamente illuminata dal sole non ancora tramontato.
Dell’auto dell’autista neanche l’ombra.
“Strano… non è ancora arrivato, di solito è puntualissimo. Chissà come mai sta ritardando.”
La risposta al dubbio di Hinata non tardò ad arrivare, essendo che il cellulare della ragazza aveva preso a squillare.
“Sì, pronto!”
“Signorina, le chiedo scusa per il ritardo ma sono rimasto bloccato!”
“Ko! Si figuri… cosa è successo?”
“C’è stato un incidente stradale giusto all’incrocio con la strada della palestra e la polizia sta deviando il traffico verso un’altra direzione, non posso transitare in nessun modo.”
“Ho capito!”
“Le devo chiedere di uscire sulla strada principale e di raggiungermi a piedi, ho parcheggiato davanti alla sala karaoke, è quella sulla destra, scendendo di un centinaio di metri. Guardi, ho fatto scendere suo cugino dalla macchina affinché le venga incontro.”
“Va bene Ko, la ringrazio…” Hinata chiuse la comunicazione e, dopo aver posato il cellulare, rialzò gli occhi verso Shino, spiegandogli la situazione.
“Devo proprio andare, ci vediamo più tardi allora.”
“D’accordo Hinata, a più tardi.”
Hinata uscì in fretta e furia dalla palestra, inorridendo dinanzi al solo pensiero di far aspettare più del dovuto quell’essere dall’inscalfibile pelle di diamante di suo cugino Neji.
Se avesse tardato troppo, avrebbe trovato un motivo valido per subire l’ennesima umiliazione sotto gli occhi severi e cupi di suo padre.
“Ehi, bambolina! Che ci fai da queste parti?”
Hinata si fermò inaspettatamente: le sue gambe furono in grado di irrigidirsi di punto in bianco al momento sbagliato e nel posto sbagliato.
“Resti zitta? Non dici niente?”
Hinata sbatté le palpebre per poi girarsi di scatto verso il suo interlocutore, facendo sussultare il borsone della palestra.
“Hidan…!”
Il ragazzo si passò una mano tra quei capelli grigio innaturale e sorrise, mostrandosi nella sua perfezione estetica, e si tolse quegli insignificanti Wayfarer dalla semplicissima montatura nera ma, a parere di una confusa Hinata, così perfetti su quel viso dal pallore etereo.
“Vedo che ti ricordi come mi chiamo.”
“Ehm…”
“Ti ho fatto una domanda, su, rispondimi.”
Hinata fece strisciare leggermente un piede a terra e poi indicò alle sue spalle con il pollice. “Io frequento la palestra che c’è in fondo alla strada.”
Hidan abbassò il busto, con la conseguenza di trovarsi il capo a pochi centimetri dal volto di una rossissima Hinata. “Ma non mi dire… pratichi Wing Tsun? Tu?”
“Io, s-s-sì…”
“Hai capito la piccola Hinata. E cos’altro fai?”
“Beh… io faccio pure danza classica a scuola e so suonare il piano…”
“Fai pure danza classica? O sei una cima oppure vai troppo male a scuola… per fare tutte queste cose.”
“Senti, io adesso devo proprio and…”
“Sì, un secondo… Stasera ti andrebbe di andare all’Opium? Il locale dove ci siamo visti l’altra settimana.”
Sembrava molto sicuro di sé.
“Beh guarda, stasera proprio non posso, ho già un altro impegno.” Tagliò corto la ragazza.
Non le piaceva quella situazione.
Hinata era timida e, a dispetto di quel tipo, molto insicura delle sue capacità; tuttavia giorno per giorno si era convinta di avere il dono di provare buoni sentimenti, di provare amore e questo lei (lo sapevano tutti) l’aveva più volte mostrato, seppur in maniera implicita, grazie all’ammirazione e l’affetto che era in grado di provare verso una persona soltanto.
Che di certo non era qualcuno spuntato fuori dal nulla, uscito fuori dal cilindro; Naruto era un ragazzo chiassoso, imbranato… ma lei adorava quel suo modo di ridere e di incoraggiare sé stesso e gli altri a vivere la vita senza preoccupazioni, superando gli ostacoli con obiettività e Hinata aveva voluto assimilare quella dottrina come se ne fosse la completa padrona, l’unica e sola fautrice.
L’espressione sul volto di Hidan divenne perplessa, dopo quella risposta: probabilmente nessuna aveva mai declinato un suo invito.
“Ehi, Hinata. Ma si può sapere cosa stai facendo? Ti sei piantata in asso?”
Ecco.
Ecco vedere arrivare Neji ad arricchire molto allegramente il quadretto grottesco… ovviamente non aveva tardato a notare qualcosa di strano nel ritardo di quella sua cugina scellerata e priva di ogni morale.
Hinata? La ragazza peggiore del mondo.
A parere di Neji i drogati, gli alcolizzati… erano decisamente persone metafisicamente ed empiricamente più elevate di lei.
Hinata non sapeva con precisione come mai Neji ce l’avesse tanto con lei, sapeva bene però che il motivo di fondo aveva qualcosa a che vedere con il defunto padre di suo cugino, il fratello di suo padre, lo zio Hizashi.
“Quanto altro tempo hai intenzione di perdere?”
“Neji… io…”
“Scusa ma Hinata stava parlando con me perché sono stato io a fermarla.” Hidan intervenne appena in tempo per placare l’irritazione nascente di Neji “Sono un suo amico e dovevo darle questo.” e scrisse qualcosa su un piccolo cartoncino che le porse gentilmente, mentre fissava il ragazzo con un’espressione accattivante, come se aspettasse quasi che dicesse qualcosa di inopportuno.
Neji rimase in silenzio, senza parlare, dopodiché diede le spalle e ricominciò a camminare.
“Su, andiamo.”
Hinata si voltò a guardare Hidan -che le aveva fatto un saluto languido muovendo le dita della mano accanto alla testa- e rispose facendo un cenno del viso arrossato. “Grazie, ci vediamo.”
Si allontanò con passo affrettato, raggiungendo a malapena il cugino e arrivando finalmente all’auto di Ko, che non sembrava particolarmente turbato dall’attesa e stava addirittura fumando una sigaretta per ingannare il tempo.
“Hinata, è andato bene l’allenamento?”
“S-s-sì, la ringrazio Ko.”
E salì in macchina stringendo in mano il cartoncino, sul quale era stampato il logo di una famosa palestra di danza poco distante da quella in cui praticava Wing Tsun. Era indicato il numero di telefono e subito sotto c’era scritto, in un’ordinatissima grafia, un numero di cellulare.
Chiamami.

“Naruto, come sei… elegante.”
“Ti piace?!” Naruto esplose, facendo una giravolta e mostrando il bel completo nero che indossava abbinato alla camicia bianca. “Me l’ha comprato quel vecchio volpone di Jiraiya, è Armani Jeans!”
Era la prima volta che Sasuke fissava Naruto in maniera così sorpresa.
Non era solo sorpreso per via del completo, che di per sé beh… copriva un certo costo… tutto si poteva dire a Sasuke tranne che non ne capisse di moda ed eleganza, sebbene provvisoriamente (ovvero fino al compimento della maggiore età) le sue risorse economiche fossero un po’ limitate.
Si era reso conto del fatto che il portamento del biondo da un po’ di giorni si fosse perfezionato… più che altro era sorpreso che potesse accadere un fatto del genere.
Naruto? Quello stupido di Naruto?
Jiraiya aveva già posato lo zaino di Sasuke col cambio per il giorno successivo dentro il cofano della sua bella auto. Si posizionò al posto di guida, abbassando il finestrino e partendo solo dopo aver salutato Sarutobi con un vigoroso cenno della mano.
“Allora, ragazzi, stasera si fa baldoria?”
“Non si parla d’altro in classe da un po’ di giorni!” esclamò Naruto sorridendo, poi si rivolse a Sasuke. “Mi pare che Choji abbia detto che stasera ci sarà pure un dj.”
“Sì… pare anche a me…”
Jiraiya osservò Sasuke dallo specchietto retrovisore. “Allora Sasuke, dimmi… Naruto mi ha detto che vai più che bene a scuola, ti piace studiare?”
Sasuke ricambiò uno sguardo indecifrabile: non si capiva bene se fosse compiaciuto o corrucciato all’idea di sostenere quella conversazione.
“Cerco di apprendere tutto ciò che mi è possibile…”
“È una bella risposta.” Jiraiya continuò ad osservarlo per qualche minuto, finché non mise la freccia ed accostò. “Il tuo amico è già uscito, ci stava aspettando.”
Kiba infatti era seduto sul muretto del giardino all’entrata del suo condominio, ostentando anche lui un look decisamente inconsueto rispetto al suo normale abbigliamento: camicia bianca ben stirata, giacca elegante su un jeans molto scuro…
“Ehi Kiba, sembri uscito da una sitcom americana!”
“Guarda Naruto, non so se esserne felice o se offendermi.”
“Credo che quello di Naruto volesse essere un complimento, è da molto che aspetti?” Jiraiya fece uno dei suoi sorrisi a trentadue denti e attese che il ragazzo si fu accomodato sul sedile posteriore accanto a Sasuke.
“Buonasera dottore, non si preoccupi comunque… ero appena sceso.”
“Dottore?” Jiraiya scoppiò in una fragorosa risata. “Va bene che ho un titolo di studio universitario… non credo però sia il caso che tu mi chiami così. L’unico dottore decente che conosco è la vostra preside, non c’è che dire.”
“Conosce la dottoressa Senju?” chiese Kiba.
“Per me lei è Tsunade, andavamo a scuola insieme.”
Naruto sembrava seriamente sconvolto da quella rivelazione. “COOOSA?! Tu conosci la preside e non me l’hai mai detto?! Guarda un po’ quanto devo faticare per entrare nella squadra di matematica di Sarutobi… se l’avessi saputo ti avrei chiesto di metterci una buona parola…!!!”
“MA SENTILO!” L’esclamazione irritata di Jiraiya fece ridacchiare Sasuke e Kiba. “Io nella mia vita mi sono fatto da solo con le mie mani, non ho mai avuto l’aiuto di nessuno… e se posso aggiungere una cosa, ahimè, una volta ho fatto arrabbiare così tanto Tsunade che non so se oggi, a distanza di anni, mi abbia perdonato…!”
“Che le ha fatto?!” esclamarono Kiba e Sasuke all’unisono.
“Mi ha beccato mentre sbirciavo le ragazze nello spogliatoio della scuola.”
Dentro l’auto esplose una fragorosa risata che si fu conclusa soltanto quando Jiraiya riprese a parlare. “Me le diede di santa ragione… una cosa allucinante! Vi dovete guardare bene dalle donne, ragazzi… sono delle creature divine e io sono del parere che senza di loro non riusciremmo a fare granché.”
“Jiraiya, lei se ne intende di donne?” domandò Kiba.
“Io sono un dongiovanni.”
“Tu sei un pervertito.”
“LA VUOI FINIRE NARUTO?! Dicevo… Ho cinquant’anni ma, modestamente, ancora me la cavo bene. C’è qualcuna che ti piace?”
Kiba ci pensò su. “Beh non saprei… non è una cosa di cui, per ora, mi sono preoccupato.”
“E tu, Sasuke? Ti piace qualcuna?”
“Sasuke non guarda le ragazze ma è il più corteggiato da sempre.”
“NARUTO! SASUKE HA UNA BOCCA PER RISPONDERMI!”
Sasuke aveva una bocca per rispondere a una domanda il cui argomento non aveva sortito alcun interesse particolare sino a qualche giorno prima.
Naruto dimostrava di aver proprio ragione, quando diceva che Sasuke era uno dei ragazzi più corteggiati, praticamente già da quando frequentava le elementari. Aveva sempre scatenato l’invidia di molti ragazzi poiché le ragazze, provando una forte attrazione nei suoi confronti, tralasciavano la possibilità di frequentare altri maschi, con qualità ben diverse da quelle di Sasuke, vista la sua bellezza mozzafiato, il suo vastissimo bagaglio culturale e i suoi modi di fare educati e raffinati.
A Sasuke tuttavia non era mai importato nulla di tutto ciò, sapevano tutti che nella sua testa frullasse una quantità di pensieri, indecifrabili al mondo esterno, tale da allontanarlo da cose frivole come il fatto di trovarsi una ragazza, di farle regali, di chiamarla… un po’ soprattutto per la sua infanzia difficile.
Oltre a questo, bisognava anche considerare episodi come l’aggressione che Sakura aveva dovuto subire nella palestra della scuola, unicamente per via del fatto che avesse contatti con lui: questo era un valido motivo per il quale Sasuke aveva cominciato a convincersi sempre più di non dover avere rapporti troppo stretti –e per nessun motivo– con altre persone che non fossero in grado di difendersi… e Sakura non lo era affatto.
Poi però era accaduto l’inevitabile.
Si era trovato di fronte ad una situazione dalla quale nessuno, al suo posto, si sarebbe potuto tirare indietro e per la quale probabilmente in altri contesti avrebbe fatto carte false.
Sakura conosceva Itachi.
Ma non conosceva suo fratello per fama, lo conosceva al punto che quest’ultimo era andato da lei appositamente nonostante la sua cecità, scortato da un’altra persona che probabilmente aveva avuto modo di riconoscere la ragazza, che con i suoi capelli rosa non passava di certo inosservata.
Sakura conosceva Itachi e aveva acconsentito alla richiesta di lui di pranzare insieme qualche volta.
Sakura conosceva Itachi e, Sasuke ne era più che certo, non sapeva che si trattasse di suo fratello.
Sakura conosceva Itachi e non era a conoscenza del fatto di trovarsi in pericolo.
Sakura conosceva Itachi e in quel momento lo preferiva a lui.
L’aveva vista mentre gli lasciava il suo numero di cellulare, raggiante come non mai e forse dimentica del fatto che, fino a poco tempo prima, l’unica fonte delle sue attenzioni era stata proprio lui, Sasuke.
Ma del resto Sakura aveva adorato Sasuke solo per via del fatto che fosse un bel ragazzo.
Tuttavia anche Itachi era bellissimo, questo glielo avevano detto sempre tutti.
Ora più che mai Sasuke si rendeva conto di quanto valore avesse l’affetto di una persona, solo ora che aveva capito che stava rischiando di perderla… ora più che mai riusciva a comprendere l’idea di essere rimpiazzato da qualcun altro e nella sua mente, alla domanda di Jiraiya, si risvegliarono mille domande… come riconquistarla, come attirare la sua attenzione, come allontanare quel pazzo di Itachi ma soprattutto… come distruggergli la vita e riprendersi la sua…
“Mi piace una ragazza.”
“Davvero?!” Naruto si voltò dal sedile anteriore. “Non me l’hai mai detto!”
“Piantala, vuol dire che non ne era ancora convinto.” Sbottò Jiraiya mettendo la freccia ed accostando. “Ecco, siamo arrivati. Vi passo a prendere allora all’una esatta.”

“Forza Shikamaru! Mi sono messo in gioco per vincere, non per partecipare!”
“Insomma, Lee… lo vuoi capire che io detesto il Nintendo Wii, avrei accettato di buon grado se si fosse trattato di un videogioco sulla strategia di guerra… non su una versione grottesca di Flash Dance!”
“Abbiamo vinto! TenTen, sei stata grande!”
“Dammi il cinque, Ino!”
“Basta vi detesto, voglio la rivincita… FIFA, basta, non rompete le scatole.”
Lee aveva già impugnato il gioco armeggiando nell’armadietto di Choji, quando quest’ultimo fece il suo ingresso nella sua stanza.
“Ragazzi dai, venite di là, sono arrivate un po’ di persone.”
“Ma io volevo giocare, porca…!”
“Ecco il solito maschio colpito profondamente nell’orgoglio.” Ino rise diabolicamente di fronte all’espressione scocciata di Shikamaru, che suo malgrado si costrinse a sollevarsi dalla poltroncina su cui stava seduto, bestemmiando probabilmente in aramaico o qualche altra lingua sconosciuta e scatenando le risate di Naruto e Kiba, che erano arrivati in quel momento e che presto furono seguiti dall’entrata in scena per molti inaspettata di Sasuke.
“Sasuke!”
Come Kiba aveva previsto, Ino non si aspettava di certo che il giovane Uchiha prendesse parte alla festa di compleanno di Choji e non nascose un sorrisetto di fronte all’evidenza, visto e considerato che la ragazza non aveva cercato di valorizzarsi in modo particolare con un abbigliamento adeguato, dato che il suo vestito azzurro a maniche corte e lungo fino alle ginocchia non lasciava spazio a nessuna fantasia particolare. Era molto carina… ma lui sapeva bene che avrebbe potuto esserlo di più.
Sakura evidentemente aveva tenuto la bocca chiusa.
Sasuke non sembrava molto contento delle attenzioni che Ino gli stava rivolgendo, Kiba d’altro canto non perse tempo ad avvicinarsi e a schiacciare l’occhio al compagno di classe, prendendo la ragazza sottobraccio e tirandola con forza verso di sé.
“Ino, vieni un momento che vorrei parlarti.”
“Kiba, che diamine vuoi?!”
“Oh, sei uno splendore anche tu stasera… senti ti volevo chiedere…”
Sasuke osservò la scena con leggero sollievo e si guardò intorno, notando che la dimora di Choji, pur non essendo del livello economico di quella del tutore di Naruto, era molto grande, accogliente e piena di calore umano: effettivamente era confortante la visione della madre di Choji tanto intenta a dare gli ultimi ritocchi al consistente buffet organizzato nel salone, o quella del signor Akimichi che accoglieva ogni ragazzo con una sonora pacca sulle spalle, mentre conversava con quelli che dovevano essere i signori Nara e i signori Yamanaka, viste le evidenti somiglianze con i figli.
Un clima familiare che gli mancava, su questo non c’erano dubbi.
Probabilmente nessuno si era accorto di quanto Sasuke fosse ipnotizzato da quell’ambiente ma ben presto dovette riscuotersi dal suo torpore.
Sakura aveva fatto il suo ingresso in casa Akimichi, stretta in un vestito verde acqua con le maniche a tre quarti e morbido sui fianchi, al seguito di Neji e a fianco di Hinata: evidentemente erano venuti insieme perché consegnarono a Choji un pacco consistente, affermando che era da parte di tutti e tre.
Pur essendo l’abitazione pervasa da persone di tutte le età, Sasuke si costrinse a non distogliere lo sguardo dalla ragazza e velocemente si mosse tra i presenti, cercando di non perderla di vista.

“Se avessi saputo che ci sarebbe stato anche lui mi sarei conciata meglio di così.”
Kiba alzò gli occhi dallo schermo del cellulare e lo posò nella tasca della giacca, soffermando la sua attenzione su una corrucciata Ino, che cercava probabilmente tra la folla il fascinoso Uchiha.
“Lascia stare, io ti trovo molto carina.” Rispose lui dopo una fragorosa risata. “Vieni dai, perché non prendiamo qualcosa? Tutti stanno già mangiando… guarda quanta gente c’è, il cibo di certo non manca.”
“Oh, puoi dirlo forte.” Convenne lei, lasciandosi condurre attraverso il salone. “Ogni volta che mi è capitato di restare qui per pranzo o per cena, sono tornata a casa che pesavo un chilo di più.”
“Beh, la signora Akimichi ci va pesante con le porzioni.” Disse Kiba con un sorriso imbarazzato, assaggiando uno degli antipasti posti lì vicino. “Però devo dire che è veramente un’ottima cuoca, non c’è che dire… ehi, Naruto, ti stai divertendo?”
Naruto in tutta risposta sollevò il capo dalla zuppa di ramen che aveva appena finito di ingurgitare, per poi ingoiare faticosamente e annuire soddisfatto. “Ero in stato di contemplazione.”
“A me più che contemplazione sembrava fagocitazione.”
Ino rise.
“Senti forse sono esagerato ma non mangiavo un ramen così buono da una vita.”
“Metti giù questo piatto.” Kiba gli strappò di mano le bacchette, mentre vedeva con la coda dell’occhio una figura conosciuta muoversi in loro direzione: probabilmente chi avesse osservato la scena con attenzione, sarebbe giunto alla conclusione che Kiba era un ottimo coordinatore. “Guarda Naruto, c’è Hinata! Sei arrivata finalmente!”
Naruto mise via il piatto, si voltò a guardare Hinata, stretta timidamente nel suo vestito nero, e le rivolse un sorriso sorpreso. “Ciao Hinata! Diamine, sei uno schianto!”
“Grazie N-n-naruto, stai benissimo anche t-t-tu…”
Kiba sorrise e prese Ino per un braccio, allontanandosi. “Vieni con me Ino, vediamo se possiamo osservare questo miracolo…”
“Ehi Hinata!” Choji spuntò fuori di punto in bianco. “Scusami, ma ho detto più volte a mio padre che tu sei bravissima a suonare il piano, io non ho mai imparato ma qui ne abbiamo uno, ti andrebbe di suonarci qualcosa?! Così per animare la festa, magari qualcosa di movimentato!”
“Oh mio dio…” Ino si passò una mano sulla faccia, mentre Kiba era troppo intento a sbattere la testa contro il muro.
“Io… io… non so Choji.” Hinata arrossì furiosamente.
“Hinata, tu suoni il pianoforte?” Naruto le passò un braccio attorno alle spalle, avvicinandosi paurosamente a lei. “Ti prego, se sei così brava suona qualcosa, sono veramente curioso di sentirti.”
A giudicare dal colorito violaceo che aveva assunto il viso di Hinata, Kiba si preoccupò seriamente di dover cercare un medico in sala per prevenire un possibile infarto fulminante.


Once I ran to you (I ran)
now I’ll run from you…
This tainted love you’ve given
I give you all a boy could give you…!
Take my tears and that’s not nearly all!
Tainted love
Tainted love

Tainted Love – Soft Cell

Prossimo capitolo: “Bizzarro”

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Bizzarro ***


capitolo 12
Sono tornata T_T
Allora, ho notato che pian pianino quando aggiorno alcune persone inseriscono la mia storia tra le preferite, tra quelle da ricordare e tra le seguite... so che molti l'avevano notata tempo fa mentre altri in tempi più recenti, tuttavia non so rendermi conto facilmente, tranne per alcuni, di chi e chi... me ne accorgo solo dai numeri! :D Quindi desidero ringraziarvi tutti indistintamente perché, nonostante non ci siano nuove recensioni, c'è sempre qualcuno che in modo tacito mi lascia intendere che valga la pena continuare questa storia. :)

Un grazie particolare va a Saretta che mi ha scritto in privato chiedendomelo esplicitamente... io ci provo, ma sono sempre super occupata T_T due anni fa mi sono laureata e a novembre di quest'anno mi prendo la laurea specialistica e ho sempre la cervicale che mi fa "pai pai" T_T

Vi ho scritto un capitolo bello LUNGO...

Mi sono ispirata per la parte iniziale a un film bellissimo e popolarissimo, ho pensato fosse un ottimo spunto! Indovinate qual è ;)


Capitolo 12
Bizzarro


Hey boy, take a look at me
let me dirty up your mind…
I’ll strip away your hard veneer
and see what I can find…

Queer - Garbage

“Porca vacca ma è di una bravura pazzesca.”
Shikamaru.
“Nessuno aveva messo in dubbio la bravura di Hinata.”
Shino.
“Nessuno l’aveva mai messa in dubbio perché nessuno si era mai degnato di ascoltarla.”
Kiba.
L’atmosfera nel salone di casa Akimichi si era sciolta del tutto nel momento in cui Hinata si era seduta davanti al piano e aveva iniziato a suonare The crave di Jelly Roll Morton, uno dei brani jazz per pianoforte più belli che esistessero sulla faccia della Terra.
Naruto la osservava poggiato alla parete vicino al pianoforte, discretamente ipnotizzato dalla musica, mentre la ragazza manifestava un’espressione concentrata, un po’ emozionata per via del fatto che tanti occhi fossero puntati su di lei e un po’ per la paura di sbagliare.
All’accordo finale poggiò le mani sulle ginocchia e un fragoroso applauso esplose in tutto il salone.
“Hinata sei stata eccezionale, non pensavo che fossi così brava a suonare.”  Naruto si era abbassato leggermente per farle quel complimento e gli altri amici si erano avvicinati per incoraggiarla, visto il successo che stava riscuotendo.
“Sei bravissima!” esclamò Ino esterrefatta.
“Hinata, ti ringrazio tantissimo, vogliamo il bis!” disse Choji mentre molti degli invitati si complimentavano con lui per la scelta di far suonare la compagna di classe.
“I-i-io davvero, non so cosa dire…!”
“Anche io so suonare questo pezzo, lo suono io.”
Neji si era materializzato alle spalle di Hinata, urtando la quiete mentale della ragazza che, sotto i volti incuriositi di chi stava vicino, arrossì violentemente e si alzò dallo sgabello, quasi mormorando frasi di scusa.
Il ragazzo invece sedette con un gesto elegante, dopo essersi levato la giacca, e iniziò a suonare lo stesso pezzo come richiesto… con la differenza che la parte finale di ogni fraseggio risultasse dirompente e intensa, quasi come se una terza mano stesse suonando quell'accordo oltre alla melodia preesistente che aveva già suonato Hinata.
Oltre a questo si era preso la briga di aggiungere un arrangiamento decisamente articolato verso la fine del brano, nonostante l’espressione sul suo volto non facesse altro che incentivare l’idea che per lui tutto ciò fosse un gioco e che non impiegasse particolari sforzi nel metterlo in atto.
Una volta che Neji ebbe concluso la sua interpretazione di quell’opera, tutti gli invitati applaudirono di fronte alla sua innata bravura, scatenando tuttavia fiumi di insicurezza e inadeguatezza nella povera Hinata che osservava la scena quasi mortificata.
Le passò accanto con un sorriso tracotante e di sfida, lasciandole intendere in qualche modo che qualunque cosa avesse fatto nella vita, lui sarebbe rimasto comunque il migliore, agli occhi degli altri ma soprattutto a quelli di suo padre.

Sakura era nel bagno di casa Akimichi quando Hinata aveva iniziato a suonare.
Udendo quella musica così familiare che l’amica le aveva già dato il piacere di ascoltare, si affrettò ad asciugarsi le mani per raggiungere i compagni in salone, dove animava la festa.
Aveva già intravisto Kiba e Ino tra la folla, quando una mano l’acchiappò per un braccio nel vero senso del termine, facendola sussultare nel lungo corridoio.
“Sasuke!”
Sasuke le si avvicinò, osservandola visibilmente colpito.
“Ciao Sakura.”
“Non sapevo che ci fossi anche tu qui!”
Sakura lo scrutò con i suoi occhi verdi strabuzzati: come promesso a Kiba, stava fingendo di non essere a conoscenza del fatto che Sasuke fosse presente a quella festa.
Si stava mostrando falsamente sorpresa di fronte a qualcosa che in realtà lei, con l’aiuto di qualcun altro, aveva programmato.
Ciò era perfettamente nei modi di fare di Sakura, in altre circostanze tutto ciò sarebbe risultato decisamente più prevedibile.
In realtà però c’era una nota stonata in quella situazione.
Sasuke non si era mai, mai, mai… degnato di guardarla come in quel momento.
La osservava con tanto d’occhi, forse era sorpreso della scelta di quel vestito tanto azzeccato, forse aveva bisogno di una faccia amica.
O più semplicemente era felice di vederla.
“Naruto mi ospita a casa sua, stanotte.”
Nonostante il piano diabolico organizzato, Sakura fu spinta a sorridere in un modo semplicemente spontaneo, senza vergogna, davvero appagata.
"Mi fa piacere."
Sakura fece per superarlo ma Sasuke quella sera sembrava irremovibile: la trattenne per un polso e la costrinse a voltarsi a guardarlo.
"Non lasciarmi solo, Sakura."
Sakura lo osservò per qualche secondo: le cose stavano decisamente prendendo una piega anomala.
"Come hai detto?"
"Stammi vicino, Sakura."
Sasuke la osservò con uno sguardo scuro e corrucciato.
Sakura inclinò leggermente la testa, cercando di cogliere ancora meglio il senso di quelle parole e l'intensità degli occhi neri del ragazzo.
"Non ti lascio solo."

Kiba si passò una mano sul viso. "Shino."
"Kiba."
"
Neji è un deficiente."
"Per usare un eufemismo. Ma non se ne sono accorti in molti, purtroppo."
"Questo non toglie il fatto che sia una testa di cazzo."
Shino osservò Kiba sistemarsi il colletto della camicia, sotto la giacca. "Beh ma forse possiamo risolvere il problema... Naruto."
Naruto si voltò: teneva in mano due piatti di stufato che la mamma di Choji aveva appena servito al tavolo del buffet. "Avete visto Hinata? Le ho preso da mangiare."
Shino respirò profondamente e prese in mano i due piatti, uno dei quali porse a Kiba. "Non c'è qui, vai a cercarla."
"Il mio stufato! E uno era di Hinata."

Kiba sbuffò. "Vai a cercarla, subito!"
"Ma è quello che sto facendo! Se mi levate il cibo..."
"Non ti preoccupare, la signora Akimichi avrà sicuramente cucinato altre cose! Prima vai a cercarla."
Shino accennò mezzo sorriso.
"Si ma dove sarà andata?"
I tre si misero a scrutare la folla, in cerca della ragazza, nello stesso momento in cui Sakura e Sasuke fecero il loro ingresso nel salone.
Sasuke accompagnava delicatamente Sakura tra la folla, cingendole lievemente un braccio.
Naruto osservò la scena, sostituendo al precedente sguardo corrucciato un'improvvisa espressione indecifrabile.
Kiba si accorse di quel comportamento anomalo: Naruto non era di certo il tipo di persona che si privava di esternare un qualsiasi tipo di emozione; anzi, era particolarmente conosciuto, come lui del resto, per la sua impulsività emotiva e non esitava di certo a manifestare il proprio dissenso quando ce n'era bisogno.
Del resto non era nemmeno in grado di trattenere la gioia in alcune circostanze.
Vederlo agire con quel fare circospetto mise Kiba in confusione: di solito era Sasuke quello che restava in silenzio, impassibile,
in atto di chi aspetta. (NdSpringDania: cit rubata ad Alessandro Manzoni!)
Invece stavolta era Naruto ad essere immobile
di fronte alla manifestazione della natura umana; la sola vista di quella scena doveva aver azionato dentro di lui un campanello d'allarme.
Del resto Sasuke in macchina, prima di giungere alla festa, qualcosa aveva detto.
Mi piace una ragazza.

Quella di Naruto era la consapevolezza che la sua ospitalità nei confronti di Sasuke, quel giorno, fosse stata determinante.
Determinante.
Non c'era un'altra parola per descrivere quell'azione, era l'unico aggettivo possibile da concepire in quella circostanza.
Kiba continuò a seguire la coppia con lo sguardo, finché questa non si fu arrestata nei pressi del tavolo del buffet, dove Sakura e Sasuke iniziarono a servirsi per la cena.
Quando si furono avvicinati, fu proprio Kiba il primo a esordire: "Ciao Sakura! Stai benissimo!"
"Grazie Kiba, anche tu non sei niente male." Sakura sorrise, un po' troppo apertamente, per poi chiedere: "Ma Naruto?"
Kiba si voltò di scatto e lo stesso fece Shino.
Naruto era sparito o, quanto meno, si era allontanato senza farsi completamente notare.
Per essere più specifici si era recato al di fuori del salone, scontrandosi contro Choji, che barcollò mentre trasportava un vassoio pieno di riso con sushi.
"Ehi, stai più attento!"
"Scusa, Choji." Naruto continuò a camminare in direzione della stanza di Choji, il quale stava caracollando verso il salotto, e dopo essere entrato nella camera dell'amico vide la porta chiusa del bagno.
Bussò, un po' impaziente.
Fece dunque
per tendere l'orecchio, in attesa di una risposta, ma la porta si aprì immediatamente: il trucco sugli occhi di Hinata era impeccabile ma era evidente che fosse appena stato applicato, con lo scopo di darsi un contegno.
Hinata aveva pianto, su questo non ci pioveva, lo testimoniavano i suoi occhi rossi.
"Oh Naruto, scusa... ti libero subito il bagno."
Hinata partì in quarta per superarlo ma Naruto fu un po' più veloce.
Per natura era rumoroso, distratto e, per certi versi, grossolano... ma anche lui si era reso conto di quanto sgradevole fosse in generale il comportamento di Neji con quella ragazza.
Ciò era diventato palese, soprattutto da quando la professoressa Mitarashi li aveva fatti diventare compagni di banco, e Naruto era tutto fuorché stupido, questo Hinata lo sapeva bene.
Lei lo aveva sempre saputo.
"Hinata, frena un attimo."
"Naruto..!"
"Dimmi che ti prende, dai. Sei venuta qui, ma che fai?"
"Volevo stare un po' da sola, non è niente..."
"Hinata, non prendermi in giro."
"Naruto, d-d-davvero..."
Hinata si morse un labbro, cercando di trattenersi dal tentativo di emettere l'ennesimo singulto: trovarsi in quella situazione la faceva sentire patetica.
Non solo non era assolutamente in grado di contrastare l'atteggiamento arrogante di Neji, non era nemmeno capace di mostrarsi forte di fronte agli occhi di Naruto.
"Hinata... tuo cugino è solo un idiota."
Udire quelle parole, pronunciate da Naruto, fu come avvertire uno schiaffo in pieno viso; fu in quel frangente che Hinata si decise a mandare giù quel magone che avvertiva in gola e a guardare il biondino con un'espressione decisamente più rilassata di quella precedente.
Il pensiero di Naruto combaciava perfettamente col suo, l'unica differenza stava nel fatto che Naruto avesse il coraggio di ammettere come stessero realmente le cose, mentre lei invece no.
Hinata strabuzzò gli occhi con stupore ma, nonostante il rossore che era comparso sulle sue gote, stavolta si decise a parlare. "Io, Naruto..."
"Che noia...!"
L'attenzione reciproca dei due fu totalmente rapita da quell'esclamazione irritata: quella voce era inconfondibile.
"
Devo fare il mio ballo lento con Sasuke!"
"Ma dobbiamo cercarli per forza?!"
"Insomma Shikamaru, sei un deficiente... Sasuke! Dove sei?! Ah... ma ci siete voi!"
Ino si era catapultata dentro la stanza, in cerca di qualcuno che non trovò.
Alle sue spalle spuntò Shikamaru, il quale sbuffò e ritornò in corridoio.
Ino in compenso osservò i due ragazzi con un po' di esitazione, per poi fare un sorriso stupido. "Ho forse interrotto qualcosa?"
Naruto li osservò stranamente accigliato, Hinata arrossì ancora più del dovuto.
"Ino, forza, andiamo... qui non c'è nessuno, è inutile che ti sforzi!"
"SHIKAMARU! VUOI STARE ZITTO?!"
"Sei insopportabile." sbottò Shikamaru, trascinando Ino fuori dalla stanza.
Naruto tornò a guardare Hinata. "Dai, andiamo."
"Naruto, io non so cosa fare..."
"Non devi fare niente, Hinata." Naruto le poggiò una mano sulla spalla. "A me stai bene così."

E si allontanò, voltandole le spalle, mentre con un inconsueto gesto nervoso si grattava la testa.

* * *

I sabato sera di Kakashi Hatake erano relativamente noiosi.
Dai tempi dell'università, ormai, il numero di weekend passati fuori città era pressoché rasente lo zero, per non parlare delle rarissime visite presso i locali cool in città.
Aveva amici con cui uscire ogni tanto a bere una buona birra, senza troppe pretese, e alcuni di questi erano colleghi di lavoro come Gai, Asuma e Ibiki... ma l'unica donna, con cui fosse rimasto da solo per più di dieci minuti negli ultimi due anni, era Anko Mitarashi.
E ciò era accaduto solo nelle ultime settimane, da quando Kakashi aveva acquistato la sua bella BMW e aveva iniziato a offrirle ogni mattina un passaggio per andare a scuola.
Quella sera aveva messo sul fuoco una zuppa di cipolle, la cui ricetta gli era stata insegnata da una ragazza francese con cui era stato ai tempi dell'università, il cui odore aveva pervaso più o meno tutto l'ambiente cucina-soggiorno.
L'ennesimo volume de Il paradiso della pomiciata giaceva sul divano.
Quindi in linea di sostanza i sabato sera di Kakashi Hatake erano relativamente noiosi.
In realtà tutti tranne quello e Kakashi dovette rendersene conto, quando il suo cellulare ebbe cominciato a suonare in maniera insistente.
"Pronto?"
"Hatake, che stai facendo?"
"Zuppa di cipolle."
"Spegni il fuoco, te la mangi domani. Prendi la macchina e passa a prendermi. Usciamo."
Anko Mitarashi era una sbruffona di prima categoria.
"Usciamo a fare cosa?"
"Che ne so, facciamo qualcosa."
"Non mi va di uscire, stasera."
"Perché, domani invece sì?"
"Non mi va di uscire neanche domani, lunedì lavoriamo."
"Allora usciamo stasera, visto che domani è domenica."
"Anko, ti rendi conto che mi hai telefonato per ordinarmi di passarti a prendere con la macchina e portarti fuori?"
"Sei una persona profondamente noiosa."
"Puoi venire qui, se vuoi ceniamo insieme."
"Cioè stai invitando a cena una donna per mangiare zuppa di cipolle, questo significa che ti vuoi rendere assolutamente inavvicinabile."
Kakashi si passò una mano sulla faccia: quella donna era un mostro.
"Anko, che cosa vuoi?"
"Kurenai mi ha chiamata, lei e Asuma vanno a mangiare una pizza e mi ha chiesto se per caso vogliamo unirci a loro. L'appuntamento sarebbe tra trenta minuti."
"Ma non è meglio che li lasciamo da soli?"
"Kakashi, datti una sistemata e vieni a prendermi."
Anko provvide bene ad interrompere la comunicazione, mentre Kakashi alzò la testa verso lo specchio appeso all'ingresso di casa, osservando l'espressione stupita di chi è appena stato incastrato.
Sbuffando con atteggiamento disturbato, spense il fuoco e si affrettò a farsi una doccia.
Indossò una camicia blu su un paio di jeans puliti e, portando la giacca a braccio, infilò in tasca il portafogli e uscì di casa, in direzione del garage.
Casa sua era poco distante da quella di Anko, che chiamò non appena ebbe imboccato la traversa in cui abitava.
"Vedi che sono qua sotto."
"Non è vero, non ti vedo dalla finestra di casa."
Kakashi sbuffò. "Almeno ti sei vestita decentemente?"
"Che significa decentemente?"
"Intendo dire con quella fantastica felpa con l'orsacchiotto con cui ti ho sorpresa a casa l'altra volta."
"Per stasera dovrai accontentarti."
Anko chiuse la chiamata proprio mentre Kakashi si prestava ad accostarsi sotto casa sua con l'auto.
Kakashi dunque avviò una chiamata per Asuma.
"Amico mio illustrissimo."
"Asuma, a quanto ho capito stasera ceniamo insieme."
"Sì dai, non stare chiuso a casa."
"Ah... quindi quest'idea malata è tua."
"Mia e di Kurenai."
"Ah, Kurenai è pure d'accordo."
"Qual è il problema?"
Kakashi stava per rispondere ma Anko era già salita in macchina.
Dire che fosse uno schianto era veramente riduttivo: non era vestita in modo volgare ma, a differenza di tutte quelle volte in cui Kakashi l'aveva osservata, quella sera si era valorizzata, sfruttando tutte le sue possibilità.
I capelli mossi erano sciolti e indossava un paio di semplici jeans, con le scarpe col tacco verdi e una maglia nera con le maniche e le spalle di tulle: sulla spalla aveva uno strano tatuaggio.
"Nessuno, a dopo." Kakashi chiuse e continuò a guardare Anko. "Ciao."
"Credi di avermi guardata abbastanza per stasera?" Anko gli sorrise, inarcando un sopracciglio.
"No." disse Kakashi in tutta risposta, mettendo in moto.

"Come ti stai trovando?"
"Non saprei dirti... Naruto è Naruto."
Quando Jiraiya aveva incontrato Tsunade, dopo essere diventato ufficialmente il tutore di Naruto, si era immediatamente domandato come quella donna fosse stata in grado di conservare un così bell'aspetto per così tanto tempo.
Era intatta, nonostante fossero passati quindici anni dall'ultima volta che si erano visti.

E oltre a sembrare così giovane, era anche bellissima... ma questo Jiraiya lo avrebbe pensato anche se Tsunade fosse stata vecchia di ottant'anni.
"Sai che è in una classe... particolare."
"Sì, lo so. So anche che Orochimaru si è rifatto vivo."
"Chi te l'ha detto?"
"Kakashi Hatake."
Tsunade giocherellò brevemente con la zuppa di pesce. "Capisco..."
"Non doveva?"
"No, ha fatto bene a dirtelo..."
"Quello che mi preoccupa non è tanto Naruto... ma il suo amico, Sasuke."
Tsunade arricciò le labbra, ancora tinte di rossetto nonostante la cena. "Sasuke è un ragazzo geniale ma problematico."
"Orochimaru lo vuole nella sua banda di gente criminale." Jiraiya si avvicinò leggermente a Tsunade. "Sono preoccupato che altra gente possa arrivare a Naruto."
"
Devi stare molto attento, ora che Naruto vive con te. Ma Sasuke, per adesso, rappresenta la priorità. Dobbiamo fare in modo che Orochimaru non possa entrare ulteriormente in contatto con lui... Sasuke ha una storia troppo tragica, per poter rifiutarsi ad una tentazione del genere."
"E come facciamo?"
Tsunade fece per rispondere ma in quel preciso istante vide entrare nel locale Asuma Sarutobi, seguito da Kurenai Yuhi, Kakashi Hatake e Anko Mitarashi.
Tornò a guardare Jiraiya e fece un sorriso.
"Lo tentiamo in maniera diversa."

The queerest of the queer,
the strangest of the strange,
the coldest of the cool,
the lamest of the lame,
the numbest of the dumb…
I hate to see you here
you choke behind a smile
a fake behind the fear…
The queerest of the queer…

Queer - Garbage


Vi è piaciuto? ^.^
Se sì o no, allora scrivetermi qui sotto perché :) :)

Sondaggino: Vi è mai capitato di restare profondamente rapiti da una persona che è peggio di quanto sembri?


Prossimo capitolo: “Veleno”

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Veleno ***


capitolo 13
Grazie a tutti coloro che hanno aggiunto la storia tra le seguite ^///^
Tra tesi e un esame in preparazione, ho sfornato questo capitoletto :3

Capitolo 13

Veleno




Your cruel device,
your blood like ice.
One look could kill,
my pain, your thrill.

"Che ne pensi di questa serata?"
"Beh... una sorpresa incontrare Tsunade fuori dalla scuola."
Kakashi e Anko erano saliti in macchina, congedandosi dagli altri quattro con cui avevano cenato fino a un'ora prima.
Per Anko fu strano incontrare il proprio diretto superiore fuori dall'ambiente di lavoro... ma dovette tirare un sospiro di sollievo.
Non parlarono infatti di scuola, Tsunade fece semplicemente cenno a Kakashi, Asuma e Kurenai di andare quanto prima nel suo studio, per parlare di Sasuke Uchiha.
"Perché vi deve parlare di Sasuke Uchiha?"
"Ti ricordi che ti ho detto che Orochimaru ha braccato lui, Naruto e Sakura?"
"Certo che mi ricordo."
Kakashi annuì, mentre teneva saldamente il volante. "Pare che poco tempo fa un gruppo di ragazzi, seguaci di Orochimaru, siano andati da Sakura Haruno a chiederle informazioni su Sasuke. Lei e Rock Lee le hanno prese."
Anko trasalì. "Chi te lo ha detto?"
"Jirayia. Naruto deve avergli raccontato tutto."
Anko poggiò mestamente le mani sulle ginocchia: Orochimaru era un'ombra che incombeva tragicamente sul suo passato e che, improvvisamente, si stava ripresentando nella sua vita, per vie secondarie.
Il fatto che dei ragazzi dovessero pagare per i suoi crimini era un abominio.
"Anko?"
"Eh?"
"Siamo arrivati."
Anko si voltò in direzione del finestrino: la porta rossa della sua casa singola era lì, alla sinistra dell'auto.
"Ah, sì."
Prese dunque la borsa tra i piedi. "Bene... Kakashi, ti ringrazio."
"Quel tatuaggio che hai... è il segno di Orochimaru. Da un po' non ne vedevo uno."
Gli occhi di Kakashi erano puntati sulla spalla di Anko, la quale coprì con la mano quello strano tatuaggio costituito da quelle che sembravano tre gocce concentriche.
Kakashi spostò i suoi occhi dalla spalla al viso contrito di Anko.
"Capisco..."
"Non credo che sia possibile." Sbottò Anko, voltandosi verso Kakashi.
"Tu credi?"
"Ci sono molte cose che io non ricordo."
"O cose che ti ostini a non voler ricordare."
"Non è così semplice."
"Guarda che io c'ero quando la polizia ti tirò fuori dal nascondiglio di Orochimaru."
Anko sgranò gli occhi. "E tu che ne sai?!"
"Sarutobi."
"Lo conosci?"
"Asuma, Kurenai ed io andavamo a scuola insieme. Il padre di Asuma ha denunciato la tua scomparsa per primo, no?"
Sì, si era trattato di un sequestro.
E sì, era stato Sarutobi, il direttore dell'orfanotrofio in cui lei e Orochimaru erano cresciuti, a denunciare la sua improvvisa scomparsa alla polizia: quando l'avevano ritrovata, il suo ultimo ricordo era proprio quello di Orochimaru che la portava con sé attraverso la città.
Anche Orochimaru, che in quel preciso istante camminava per le strade buie di Tokio, ne era al corrente.
Sarutobi si era sempre arrogato del diritto di poterlo giudicare ma il suo potere su di lui era sempre stato molto limitato.
Orochimaru, prima di diventare un criminale, era stato un poliziotto; poi si era fatto corrompere e le dinamiche del rapimento di Anko avevano lasciato supporre strane ipotesi, qualcosa che non era mai stato compreso proprio per la mancanza di ricordi di quest'ultima.
Era certo però che Orochimaru fosse stato il mentore di Anko e che l'avesse rapita il giorno del suo diciottesimo compleanno, per poi nasconderla per circa sei mesi.

Quando Orochimaru bussò alla porta, quest'ultima si aprì quasi istantaneamente.
Ad aprirla fu Zaku Abumi.
"Maestro, benvenuto."
Orochimaru lo osservò guardingo, notando il suo braccio destro ingessato. "Sasuke Uchiha ti ha fatto questo?"
Zaku esitò e abbassò il capo, mortificato. "Ho fatto del mio meglio, maestro."
"Non direi..." Orochimaru si andò a sedere al centro della stanza, mentre Kin gli accendeva un sigaro con un plateale gesto della mano. "Ma almeno è servito a conoscere meglio questo Uchiha... è notevole."
"Maestro, se posso..." Intervenne Kin. "... Uchiha è circondato da persone cui non possiamo rimanere indifferenti. Gente che è abituata a proteggersi reciprocamente."
"Non sappiamo chi siano questi ragazzi e cosa facciano." chiese Dosu. "E noi... cosa dobbiamo fare?"
Orochimaru non rispose subito. Prese il telefono e lo guardò per qualche secondo, poi fece segno a Kin di andare alla porta.
"Aprila."
Kin ubbidì con un po' di perplessità dipinta sul volto.
Dietro la porta stavano appostate tre persone, per la precisione una ragazza e due ragazzi.
"Maestro, chi sono queste persone?" chiese Dosu osservando in tralice i tre ragazzi: uno dei due maschi aveva uno strano sguardo scuro; era come se stesse esaminando ogni singolo particolare della stanza.
"Vi presento Gaara, Kankuro e Temari. Sono il Trio della Sabbia e da oggi lavoreranno con noi."


* * *

I wanna love you, but I better not touch (don’t touch)
I wanna hold you, but my senses tell me to stop
I wanna kiss you, but I want it too much (too much)
I wanna taste you, but your lips are venomous poison!


* * *


Quel lunedì mattina Shikamaru si era svegliato con l'emicrania peggiore di tutta la sua vita.
Il suono della sveglia e la voce di sua madre, che si lamentava di prima mattina, non avevano contribuito di certo a fargliela passare.
Una strana sensazione di costrizione aveva attanagliato il lato sinistro del suo cervello: era come se la sua parte più razionale fosse in quel momento incapace di effettuare una qualsiasi elaborazione.
Il che era alquanto insolito, visto e considerato che Shikamaru passava la metà del suo tempo a dormire e l'altra metà a ragionare.
"Shikamaru, mi stai ascoltando?"
Ino Yamanaka, quando parlava, era come una mietitrebbiatrice.
"No, Ino, non ho capito niente." disse Shikamaru, massaggiando il lato sinistro della testa.
Persino l'elastico per tenere fermi i capelli era fastidioso.
"Sei distratto, stamattina!"
"Non sono distratto, è che ho un'emicrania spaventosa!" Sbottò Shikamaru, più rabbioso del solito. "Choji! Dammi qualcosa da mangiare!"
Ino non credette alle sue orecchie: decisamente, qualcosa era fuori dalla norma.
"Ho due panini in più, se ti interessa." rispose l'amico soavemente, porgendogliene uno.
"Vuoi un'aspirina?" chiese allora la ragazza, preoccupata.
"No, Ino, prenderò una dose di nimesulide." rispose Shikamaru, dando un morso vorace al panino. "Perciò devo mangiare."
"Non è un po' pesante?" la voce di Ino era divenuta apprensiva.
"No."
Ancora le porte della scuola non erano state aperte e i tre ragazzi attendevano pazientemente sugli scalini all'ingresso.
"Chi... abviamo p... ima ora?" chiese Choji, mentre masticava.
"NON PARLARE CON LA BOCCA PIENA! QUANTE VOLTE DEVO DIRTELO, CHOJI?!"
Choji deglutì con una smorfia. "Chi abbiamo alla prima ora?"
"Sarutobi." replicò Ino.
Shikamaru deglutì a sua volta e inarcò un sopracciglio: perché il nome di Sarutobi aveva iniziato a rimbombare nella sua testa, amplificando il dolore dell'emicrania?
La risposta alle sua domande non tardò ad arrivare.
Quando il cortile si riempì di studenti e le porte della scuola si aprirono, si lasciò trasportare all'interno dei corridoi per ritrovarsi davanti alla bacheca degli avvisi.
Il suo nome era il primo della lista agli ammessi al secondo esame dei giochi matematici, seguito da quello della ragazza che lo aveva braccato fuori dalla scuola.
Temari.
Sbuffò lievemente: sicuramente Sarutobi ne sarebbe stato soddisfatto... ma a dire di Shikamaru, quella sarebbe stata soltanto l'ennesima seccatura.
Fece per voltarsi con l'intenzione di raggiungere in classe Ino e Choji, che probabilmente lo stavano cercando, quando la sua visuale fu oscurata da un pugno che lo colpì in pieno sul naso: in un istante, l'emicrania di fuoco di dissolse in un vortice nero e Shikamaru cadde a terra, svenuto.

"Chi è assente?"
"Shikamaru Nara... e Neji Hyuuga."
"Professore, mi scusi." Ino si alzò in piedi. "Shikamaru è entrato con me e Choji. Non capisco perché non sia ancora arrivato in classe."
Asuma stuzzicò il pacchetto delle sigarette poggiato sulla cattedra. "Se non è assente allora credo che sia andato a vedere i risultati dei giochi matematici."
Ino si sedette, interdetta: non ci aveva pensato.
"Bene... direi che oggi possiamo cominciare con il moto rettilineo uniforme e vedere di fare anche qual... che c'è?!"
Asuma si era interrotto non appena si era reso conto che qualcuno stesse bussando alla porta dell'aula: quella si aprì, lasciando entrare Gai Maito.
"Asuma, devi venire con me."
"Non posso venire dopo? Stavo iniziando a spiegare."
"Temari ha dato un pugno a Shikamaru."
Sopraffatto dal brusìo dell'aula, Asuma si alzò sbuffando e recuperò il pacchetto di sigarette, per poi rivolgersi alla classe. "Ma guarda questa... Restate in silenzio per favore, torno subito."
Sakura tamburellò il braccio di Sasuke. "Secondo te che è successo?"
"Shikamaru deve essere arrivato primo ai giochi matematici..."
"Oggi Neji non c'è?" chiese Kiba a Hinata.
"No... ha un po' di febbre."
"Quindi oggi pomeriggio non avrai premura di tornare a casa."
"Beh... suppongo di no. Ho lezione di danza questo pomeriggio."
"Intendo dire che puoi passare un po' di tempo svagandoti."
Hinata fece spallucce. "Che intendi dire?"
Kiba guardò per un attimo in direzione di Naruto, per poi dargli uno scappellotto. "Ehi, Naruto. Che ne penseresti se oggi Hinata venisse a guardare il nostro allenamento di Ju Jitsu?"
Naruto sollevò la testa dal libro di fisica, leggermente distratto: stava leggendo il capitolo che Sarutobi doveva ancora iniziare a spiegare.
Era a buon punto.
"Mmh? Hinata al nostro allenamento? E perché no?"
Hinata arrossì. "Devo tornare a casa per portare i compiti a Neji..."
"Neji può aspettare." rispose Kiba semplicemente. "Chiedi al tuo autista di passare a prenderti un'ora e mezza più tardi. La palestra è qui vicino. Che vuoi che sia?"
Hinata sorrise delicatamente e anche lei cominciò a studiare la lezione del giorno, sbirciando ogni tanto in direzione di Naruto.
Passata la mattinata di lezioni, scoprirono che il vincente Shikamaru era stato colto di sorpresa dalla sua rivale in matematica, che con un solo pugno gli aveva rotto il setto nasale facendolo finire in ospedale.
Hinata pranzò in compagnia di Sakura e Rock Lee, che attendevano di andare alla lezione di pugilato.
"Come mai non è venuto Neji?" le chiese Rock Lee affettuosamente.
Sebbene fosse amico di Neji, quel ragazzo non gli somigliava per niente: era un ragazzo beneducato e pieno di buoni pregi.
"Gli è venuta un po' di febbre ed è rimasto a casa a cautelarsi."
"Tu e tuo cugino non parlate molto, vero?"
Che domande.
"Rock Lee, non essere impiccione." sbottò Sakura imbarazzata.
Anche stavolta Hinata arrossì.
Dopo qualche minuto si congedò dai due ragazzi per dirigersi alla volta della lezione di danza classica.
Quando questa fu terminata, fece una doccia veloce per poi indossare dei vestiti puliti e uscire da scuola, correndo in direzione della palestra dei compagni.
"Bambolina, ma vai sempre di corsa tu?"
Il sangue di Hinata si gelò.
Era di nuovo Hidan e non sembrava molto contento.
"Non mi hai più chiamato."
Hinata portò indietro i capelli con una mano, nervosamente. "Ho tante cose da fare."
"Una telefonata non avrebbe fatto male a nessuno."
"Mi dispiace Hidan... m-ma... veramente, ho un impegno adesso. Devo proprio andare."
Le cose evidentemente non stavano andando per il verso giusto e questo Hinata lo intuì dalla scintilla che balenò nei occhi gelidi di Hidan, quando le si avvicinò.
"E dov'è che stai andando?"
"Non credo che questo sia affar tuo."
Hinata si voltò. "NARUTO!"

You’re poison runnin’ through my veins
You’re poison, I don’t wanna break these chains.

Poison - Alice Cooper

Prossimo capitolo:  "Sopravvivenza"

Vi prego.. lasciatemi una recensione :'(

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Sopravvivenza ***


Ciaooo!!! :B
Oggi un saluto speciale va a Maiko_chan per la sua dettagliatissima recensione, per quanto riguarda questo nuovo capitolo… vi avverto che oggi Naruto ha i cocones un po’ girati XD ieri ho fatto quell'esame e aspetto i risultati, quindi sono un po' su di giri!

Bimbi belli comunque se avete suggerimenti per il titolo di qualche capitolo (che sia ispirato a qualche canzone famosa), siete i benvenuti :3 però vi avverto… ascolto quasi esclusivamente musica rock XD

Capitolo 14
Sopravvivenza



Race…
Life's a race
that I am gonna win…
Yes, I am gonna win
and I'll light the fuse
and I'll never lose
and I choose to survive…
Whatever it takes…

Survival - Muse

Naruto era vestito di tutto punto, la tuta nera opaca con lo stemma rosso della sua palestra, il borsone a tracolla.
Inarcò un sopracciglio.
Hidan fece altrettanto. “Senti, ragazzino… non credo che qualcuno ti abbia interpellato.”
“Nemmeno la ragazza ha interpellato te. Lasciala stare.”
Hidan storse leggermente il naso: quel tipetto non era stupido e lo testimoniava anche lo sguardo fermo con cui lo stava osservando.
Come se quella fosse una questione personale.
“Ti è andata bene, cara Hinata… la prossima volta…”
“La prossima volta cosa?”
Naruto aveva preso a fissare Hidan con la stessa aria inquisitoria di prima… ma leggermente più risentita; aveva sfilato la tracolla della pesante sporta per poi lasciarla cadere sull’asfalto, perforandolo con i suoi brillanti occhi azzurri.
Hidan continuò a ricambiare lo sguardo con la medesima intensità: quel ragazzo aveva l’aria di uno che si sarebbe battuto solo se lui gli avesse dato motivo di farlo.
Certe cose facevano parte dei principi della maggior parte di coloro che praticavano un qualsiasi tipo di arte marziale.
Usare certe conoscenze solo se necessario.
“Ragazzi, è tutto a posto? C’è qualche problema?”
Kiba e Sasuke erano arrivati in quell’istante, anche loro vestiti come Naruto: a parlare era stato Kiba, che osservò lo scontro implicito tra Naruto e il ragazzo, mentre Hinata cercava per quanto possibile di mantenere la calma.
A rispondere non fu Naruto bensì Hidan.
“Nessun problema. Ciao bambolina.”
E si allontanò con le mani in tasca.
Solo quando fu sparito dalla visuale dei quattro ragazzi, questi ultimi si decisero ad entrare in palestra.
“Ma che voleva quel tipo?” chiese Kiba.
“È quel ragazzo con cui mi sono scontrata per sbaglio in discoteca.”
Hinata era avvilita.
Kiba si fece stranito. “Ah, ma lo conoscevi?”
Hinata annuì. “Mi era già capitato di incontrarlo un altro paio di volte, una volta fuori dalla scuola e una volta dopo essere andata all’allenamento di Wing Tsun. Quella volta fuori dalla scuola ero con Sakura e c’era un ragazzo che lei evidentemente conosceva e che la stava aspettando… ed era in compagnia di questo ragazzo, Hidan, che mi ha riconosciuta immediatamente.”
“E la seconda volta?” chiese inaspettatamente Sasuke.
“La seconda volta è stato due giorni fa… ha insistito nel darmi il suo numero di telefono ma io non l’ho chiamato… la cosa non mi interessa e inoltre non ha l’aria di essere proprio una brava persona…”
“Ho l’impressione che ti tenga un po’ troppo d’occhio, Hinata.” Sentenziò Naruto una volta per tutte, mentre varcano l’ingresso della palestra.
Hinata non si aspettava di certo una simile affermazione dal biondino ma non poté fare a meno di pensare che chiunque avrebbe convenuto con lui, circa il fatto che il comportamento di Hidan avesse un che di morboso e anomalo.
“Chi è questa bella signorina, ragazzi?”
Il maestro di Ju Jitsu di Naruto, Kiba e Sasuke era un soggetto molto interessante chiamato Genma Shiranui, il quale indossava una strana bandana sui capelli scuri.
Quando Hinata era entrata nella palestra, l’aveva subito osservata con una strana espressione incuriosita.
“Maestro, lei è Hinata!” esordì Naruto con entusiasmo. “È una nostra amica, sa… pratica Wing Tsun!”
Shiranui fece un cenno di apprezzamento. “Allora facciamole vedere di cosa siamo capaci, su… a lavoro!”
Hinata rise e abbassò lo sguardo sul cellulare: Sakura era già entrata in azione.
Sei all’allenamento dei ragazzi?
Senza che Hinata se ne potesse rendere conto, i ragazzi si erano cambiati e avevano iniziato il loro intenso allenamento, mentre la ragazza stava seduta a gambe incrociate sul tatami, intenta ad osservarli.
Sì, Kiba mi ha detto di venire… per Naruto
È stato carino!
Si :) invece prima di venire qui ho incontrato di nuovo Hidan…
L’amico di Itachi?
Lui… sta diventando fastidioso :S hai più visto Itachi?
Sakura sollevò lo sguardo dal display del cellulare: no, non aveva più visto Itachi dopo quella volta all’uscita da scuola.
Lei non aveva di certo avanzato richieste sul suo numero di cellulare ma nemmeno lui si era sbilanciato.
Tuttavia Sakura non poteva fare a meno di constatare che quel ragazzo celasse un fascino misterioso.
In che senso fastidioso? Comunque no, non ho nemmeno il suo numero
L’ho incontrato e si è arrabbiato perché non l’ho cercato :S
Capisco… nemmeno io mi fiderei :/
Poi è arrivato Naruto, mi ha difesa ^///^
Sakura aggrottò le sopracciglia e fece un sorriso sorpreso.
Davvero? :)
Sì, poi sono arrivati Kiba e Sasuke… Hidan è andato via.
Perché non inviti Naruto a uscire? :P Non essere timida.
Stavolta fu Hinata a sollevare lo sguardo dal display del telefono.
Naruto si stava allenando su un sacco veloce: lo vide dare una decina di colpi a quest’ultimo per poi fermarsi a riprendere fiato; slacciò la cintura, con l’intenzione di sistemare la giacca del kimono.
Probabilmente si sentì osservato perché improvvisamente si voltò in direzione di Hinata, intenta a squadrare il busto esile del ragazzo foderato dalla t-shirt nera in tessuto tecnico.
Le sorrise, forse leggermente imbarazzato, e riallacciò la cintura, riprendendo l’esercizio.
Hinata scosse la testa, sentendosi scoperta.
Non puoi capire che figuraccia, Naruto si è accorto che lo stavo guardando! :O
Scema, invitalo! :P:P:P
Che vergogna! >.<
DAAAAAAIIIIIIIIIIIIIIIIIII! .-.
Hinata si morse il labbro inferiore e rifletté: era abituata a uscire con Kiba e Shino, i quali andavano spesso a casa sua e talvolta si trattenevano anche a cena.
Ma con Naruto sarebbe stata la stessa cosa?
E se invece…?
“Hinata, hai un po’ d’acqua?”
“Oh… tieni Kiba.”
Kiba impugnò la bottiglia, dopo essersi asciugato il collo e il viso con un’asciugamani pulita, e iniziò a bere a fontanella.
Poi parlò.
“Tutto ok?”
Hinata fece per rispondere ma in quell’istante arrivò Naruto.
“Che stanchezza ragazzi… sto morendo di fame.”
“Naruto… vuoi un po’ d’acqua…?”
Kiba le fece un cenno di approvazione e si allontanò in direzione dello spogliatoio.
Naruto sorrise. “Sì, grazie Hinata! Hai visto quanto sono forte?”
Hinata arrossì ma deviò la domanda. “Adesso… torni a casa?”
Naruto bevve l’acqua che era rimasta nella bottiglietta di Hinata. “Sì, dovrei finire di studiare il capitolo di fisica che oggi Sarutobi ha iniziato in classe… e poi ci sarebbe la lezione di giapponese antico.”
Hinata trattenne il respiro: per via del fatto che Shikamaru fosse finito in infermeria, Sarutobi aveva spiegato solo poche pagine di quel capitolo.
Era impressionante come Naruto si applicasse allo studio per ottenere risultati eccellenti: probabilmente Sasuke, che aveva seguito Kiba nello spogliatoio della palestra, era abituato a fare la stessa cosa, ma sicuramente Naruto aveva già raggiunto (se non superato) il suo livello.
Naruto non era più il ragazzo pasticcione di qualche tempo prima, che si divertiva a scarabocchiare sul foglio del compito in classe e si cacciava nei guai.
Hinata sapeva che ciò era stato principalmente dovuto alla sua infanzia difficile, vissuta nella più completa emarginazione sociale.
Ai tempi delle elementari alcuni genitori passavano la metà del loro tempo a puntarlo col dito, probabilmente consci di qualcosa che invece Hinata sconosceva.
Eppure lei lo aveva sempre trovato divertente, spigliato… e sincero.
“Naruto, s-se vuoi… beh, possiamo studiare insieme… a casa mia.”
Hinata non credette di averlo fatto.
Hinata non credette di averlo fatto con una tale semplicità.
“Casa tua?”
Oh no…
“Ovviamente… se non ti va… non sentirti obbligato.”
“Ma scherzi? Certo che mi va!”
Naruto aveva sorriso ilare alla richiesta della ragazza.
Hinata continuò a restare impressionata dal suo coraggio per poi scuotere la testa, cercando di risvegliarsi da quel torpore.
Le aveva detto di sì.
“Davvero?!”
“Santo cielo, Hinata… Sei la mia compagna di banco! E poi tu sei bravissima nelle materie umanistiche!”
“Ah… bene…”
“Vado subito a cambiarmi, corro a chiamare Jirayia!”

Se c’era qualcosa che Shikamaru proprio non poteva sopportare, questo qualcosa era il genere umano femminile.
Quella di non tollerare tale branca del genere umano era una regola che il ragazzo si era preposto più o meno da sempre, sin da quando era bambino.
Non che le donne non gli piacessero o che non le rispettasse ma il problema si traduceva nel fatto che le donne, in generale, tendessero a comportarsi come se il mondo fosse un loro bene esclusivo.
E per la precisione il mondo, a dire di Shikamaru, non apparteneva di certo solo al genere umano maschile… ma a tutti e nel rispetto di tutti, quindi anche alle donne.
Il problema stava nel fatto che le donne ne facessero un impiego smodato, tale da distruggere l’impalcatura della calma maschile.
Un riscontro evidente di questa teoria era Ino Yamanaka: Ino era un’amica d’infanzia di Shikamaru, era una ragazza di buona famiglia e piena di buone qualità quali la lealtà, il senso dell’amicizia, l’onestà, una spiccata intelligenza e, Shikamaru doveva ammetterlo, era anche una bella ragazza
Ma c’erano cose che Shikamaru proprio non sopportava: per esempio il fatto che Ino si ostinasse a voler accalappiare Sasuke, nonostante a quest’ultimo di lei non importasse un bel niente, costringendo Shikamaru per esempio ad aiutarla a cercare il ragazzo per mezza casa di Choji nel bel mezzo di una festa.
Era una di quelle cose che, personalmente, il ragazzo non concepiva.
Quando si svegliò, avvertì una fitta lancinante al naso.
Era steso sul suo letto e la sveglia segnava le 17:30.
Con un po’ di difficoltà si alzò e, dopo essere uscito dalla sua camera, si diresse in direzione della cucina, dove trovò i suoi genitori e il professor Sarutobi, intenti a prendere un the.
“Shikamaru, ti sei svegliato!”
Yoshino Nara era stranamente in apprensione.
“Professore, che ci fa qui?”
“Temari No Sabaku ti ha dato un pugno sul naso, volevo assicurarmi che stessi bene.” Rispose Sarutobi su due piedi.
Shikamaru inarcò un sopracciglio: adesso ricordava quel piccolo dettaglio; quel pugno che si era trovato davanti alla faccia, subito dopo aver visto i risultati dei giochi matematici.
“È stato per via dei risultati dei giochi, vero? Che intenzioni aveva quella strega?”
“Beh… l’hai battuta.” Rispose Shikaku Nara, facendo spallucce.
“Si vede che il potenziamento che hai fatto con me è stato utile.” Sarutobi sorrise. “Mi dispiace solo che Temari ti abbia rotto il setto nasale.”
“Professore, mi ascolti bene!” Shikamaru puntò il proprio naso con l’indice. “Non ho alcuna intenzione di continuare su questa strada se le conseguenze sono queste!”
“TU ADESSO TI ESERCITERAI E ANDRAI A SOSTENERE LE PROSSIME GARE ALL’UNIVERSITÀ!” Sbottò Yoshino, agitando un cucchiaino.
“Ma mamma!”
“Tua madre ha ragione…” convenne Shikaku. “Non sarà una donna a fermarti…”
“Tu sta’ zitto!”
“…”
Asuma continuò a sorridere di fronte allo strano battibecco dei coniugi Nara. “Se partecipassi alla fase successiva, che si terrà presso il dipartimento di matematica dell’università, oltre ad avere la possibilità di ottenere un buon risultato nel concorso stesso, potresti essere preso in considerazione per ottenere una borsa di studio, per i tuoi successivi studi. Non scartare quest’opzione solo perché quella sconclusionata ti ha dato un pugno.”
Shikamaru sbuffò rumorosamente, con la conseguenza di avvertire un’ulteriore fitta al naso.
“E comunque ho cercato di fare in modo che Temari venisse squalificata dalla gara per il suo comportamento poco sportivo ma mi hanno detto che non è una cosa di nostra competenza e perciò è solo stata sospesa per tre giorni. Non vuoi dimostrare di essere comunque il migliore?”
Shikamaru si grattò la testa. “Che seccatura…”

Dire che la villa in cui viveva Hinata fosse grande era piuttosto riduttivo.
Già solo guardando l’accogliente giardino all’ingresso, Naruto avrebbe dovuto capire che c’era qualcosa che non tornava nella sua concezione di proporzione.
Tuttavia tutte le stanze erano curate in modo tale da avere un ambiente illuminato e accogliente ma mai dispersivo.
“Naruto… v-vieni.”
“Santo cielo, Hinata… ma la tua casa è grandissima!” esclamò Naruto decisamente stupido. “La casa di Jirayia è davvero bella ma non è così grande, sono sorpreso!”
Hinata arrossì. “È decisamente troppo grande.”
Hinata dunque condusse Naruto attraverso il soggiorno verso un lungo corridoio che conduceva ad una larghissima sala da pranzo e all’esterno: dall’altra parte della casa era presente una sorta di giardino d’inverno che conduceva ad un ulteriore ambiente esterno in cui era presente una piscina e un campo da tennis.
“Mamma, sono a casa!” disse la ragazza, notando delle persone nel giardino esterno.
“Hinata, cara.” Le rispose una voce di donna.
Naruto raggiunse la ragazza, notando finalmente che al bordo della piscina vi era una donna con una bambina, entrambe molto somiglianti a Hinata.
“Ciao mamma, Hanabi.” Hinata le andò a salutare. “Abbiamo un ospite, ti ricordi di Naruto?”
La donna, che indossava un raffinato tailleur nero, osservò Naruto per un istante con uno sguardo di incertezza, per poi inarcare le sopracciglia in un’espressione meravigliata.
“Naruto… ma certo. Ti sei fatto grande.”
“Signora Hyuuga.” Naruto si fece avanti per stringerle la mano e fece poi un sorriso ad Hanabi. “Complimenti per la casa… è bellissima. Suo marito non c’è?”
“Grazie, Naruto.” La donna sorrise. “Mio marito è fuori per lavoro.”
“Come sta Neji?” chiese Hinata.
“Ancora così, così.”
“Ho capito… ora salgo da lui.”
“Naruto, ti possiamo offrire qualcosa?” chiese la signora Hyuuga.
“Tranquilla mamma, ci penso io…” intervenne Hinata timidamente, per poi voltarsi verso Naruto. “Ti va una merenda?”
Naruto non fece in tempo a rispondere che immediatamente il suo stomaco emise suoni intrisi di fame e sofferenza.
Hinata rise, cercando di mantenere un po’ di contegno, e invitò il ragazzo a seguirla, stavolta in una grande cucina ad isola con cappa al centro e un tavolo di vetro, decisamente più piccolo di quello della sala da pranzo ma comunque grande.
In men che non si dica la ragazza mise sul fuoco una teiera e tagliò alcune fette di un’invitante torta di mele che si trovava in frigorifero.
“Ha tutta l’aria di essere buonissima.”
Hinata ne sistemò una su un fazzolettino e gliela porse.
Naruto assaggiò la fetta, inizialmente incerto per poi mostrare un’espressione mista di terrore e godimento.
“Naruto, va tutto bene?”
“Hinata è buonissima! Ma chi l’ha fatta?”
“Ehm… io… mi piace tanto fare dolci…”
Hinata non sapeva più che pensare: Naruto si era subito mostrato felice all’idea di passare un pomeriggio di studio con lei e le aveva appena detto che la sua torta di mele era buonissima.
“Davvero, quali altri sai fare?”
“Mi piace fare tutto… biscotti… cioccolatini…ah, sai! Una volta è venuta Sakura e ha insistito tanto nel dover inserire cose in più negli ingredienti che avevo preparato… un disastro!”
Naruto osservò Hinata per qualche breve istante.
Davvero Hinata era in grado di parlare così tanto?
Di dire così tante parole tutte insieme?
“Che succede qui?”
Hinata smise improvvisamente di ridere, proprio in concomitanza del fischio della teiera e del sopraggiungere di Neji in cucina.
Il suo colorito da roseo divenne pallido.
“Ehi… N-neji…! Ti senti meglio?”
“Mah…”
Aveva iniziato a tormentarsi le mani, esattamente come faceva tutte le volte che si sentiva a disagio.
Tutte le volte che c’era Neji.
“Vuoi un po’ di the?” gli chiese la ragazza delicatamente. “Ne ho appena fatto una teiera intera, c’è anche un po’ di torta di mele…”
“…”
“Sai, oggi è successa una cosa strana… una ragazza ha dato un pugno a Shikamaru perché ha fatto meglio di lei ai giochi matematici…”
“…”
Sembrava di assistere ad un monologo imbarazzante, nemmeno Sasuke poteva essere così silenzioso.
Sasuke era in grado di non dire una parola per ore intere ma almeno manifestava un minimo segno di vita se qualcuno gli diceva qualcosa.
Poi se una cosa non gli piaceva, lo ammetteva chiaramente, senza remore.
“Comunque ti ho portato i compiti, te li do subito.”
“Finalmente una cosa interessante.”
Naruto inarcò un sopracciglio. “Senti, che problemi hai tu?”
“Come, prego?”
“Ti sto chiedendo che problemi hai.” Replicò Naruto, irritato.
Hinata inorridì.
Naruto era pazzo? Probabilmente sì.
Kiba e Sakura… accidenti a loro.
“Non credo che questi siano affari tuoi.” Rispose Neji, arrossendo.
Era visibilmente imbarazzato, Hinata probabilmente non lo aveva mai visto così.
“Invece credo proprio di sì.” Naruto sembrava voler insistere. “Non mi piace quando qualcuno è scortese con Hinata, più che altro perché non mi sembra che si meriti certi atteggiamenti.”
Il viso di Hinata ruotò quasi istantaneamente per squadrare quello di Naruto.
Lo stava dicendo sul serio?
Evidentemente sì, a giudicare dal suo sguardo fermo.
“Continuo a ripeterti che questi non siano affari tuoi.” Sbottò Neji: stava iniziando a dare segni di impazienza.
“Neji, oggi proprio non è giornata perciò veniamo al dunque…” Naruto respirò profondamente. “Ti sembra giusto che Hinata sia così gentile con te e voglia raccontarti quel che succede a scuola e tu debba essere invece così ostile? È da quanto sei entrato in questa stanza che tua cugina cerca in tutti i modi di essere carina e tu fai il diavolo a quattro per non risponderle o per risponderle male.”
Nessuno si era mai permesso di contraddire Neji in quel modo… anzi, più semplicemente nessuno si era mai permesso di contraddire Neji.
Neji fece per ribattere, poi chiuse la bocca e inclinò le labbra in un sorriso.
Un sorriso sardonico.
“Sai Naruto, ti ho sempre considerato un inetto, invece stai dimostrando di essere più sagace di quanto pensassi…”
“Neji, con me non attacca.”
“Ma d’altro canto tra di voi sapete scegliervi bene…”
Naruto si era avvicinato a Neji, in maniera pericolosa. “Senti Neji, a me non interessa niente dei problemi che hai e puoi insultare me quanto ti pare e piace… ma devi smetterla di comportarti in modo così scortese con Hinata. Non te lo permetto.”
Hinata deglutì: la situazione aveva preso una piega inaspettata.
Il sorriso era sparito dal volto di Neji, il quale si era avvicinato pericolosamente a Naruto, quasi a voler sfiorargli il naso.
“Ti ho già detto che è una cosa che non ti riguarda, devi starne fuori.”
E detto questo, uscì.

You won't pull ahead
I'll keep up the pace
and I'll reveal my strength
to the whole human race…
Yes I am prepared
to stay alive
and I won't forgive,
revenge is mine
and I won't give in
because I choose to thrive…
Yeah, I'm gonna win!

Survival - Muse

Prossimo capitolo: “Sindrome del cuore inquieto”




Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Sindrome del cuore inquieto ***


Ciao bimbiiiiii scusate se mi sono fatta attendere tanto per aggiornare ma dal 10 di giugno a oggi ho dato ben 3 esami e tra una settimana ho... udite udite...

L'ULTIMA MATERIA DELLA MIA VITA!!!

Perciò incrociate le dita per me e non maleditemi perché ho quasi finito la tesi e se tutto va bene (tocchiamo tutti i metalli del mondo!) il 24 di novembre diventerò, signori e signori...
Dottore magistrale in Electrical Engineering.

T_T
Vi voglio bene, anche se non mi lasciate recensioni (mi farebbe piacere se ne lasciaste qualcuna!) vedo che aumentano sempre i fan e mi fa tanto piacere.
:B

Capitolo 15
Sindrome del cuore inquieto


I’ve got a really bad disease
It’s got me begging
on my hands and knees…
Take me to the emergency
‘cause something seems to be missing.
Somebody take the pain away,
it’s like an ulcer bleeding in my brain…
Send me to the pharmacy
so I can lose my memory.

Restless heart syndrome – Green Day

“Avete visto Ibiki?”
“Sì, è in sala professori.”
“Grazie.”
Era un’assolata mattinata di maggio e Anko camminava per i corridoi della scuola.
Dopo le lunghe discussioni con Kakashi, era giunta alla conclusione che Ibiki Morino fosse l’unica persona in grado di aiutarla.
Kakashi l’aveva avvertita tuttavia sul fatto che parlare con Ibiki non sarebbe stata affatto una cosa semplice: a quanto ne sapeva lui, il collega aveva deciso di cambiare vita, mollando tutto quel che avesse a che fare con la polizia e i criminali, per dedicarsi a nuovi studi e a un degno lavoro di insegnante.
Anko si passò una mano sulla fronte sudata: sembrava che in quella scuola tutti quanti, chi più chi meno, avessero alle spalle un passato oscuro o sconveniente.
Quando raggiunse la sala professori, vide Ibiki seduto accanto a una delle finestre sul giardino, intento a correggere alcuni compiti.
“Giapponese antico?”
“Eh già…”
“Ti posso parlare un momento?”
Ibiki alzò la testa. “Siediti, Anko. In cosa posso esserti utile?”
Anko accettò l’invito del collega senza esitazioni e si guardò bene dal parlare a voce troppo alta, visto e considerato che alcuni colleghi fossero presenti all’interno della stanza.
Non voleva essere al centro dei discorsi di qualcuno con le orecchie troppo indiscrete ma pensò che l’unico modo per passare inosservata sarebbe stato quello di confondersi nel brusio generale.
“È una cosa importante.”
Ibiki la osservò per alcuni secondi senza dire una parola.
“Che mi devi dire di così importante?”
Anko fece un respiro profondo. “Si tratta di Orochimaru. Ho bisogno del tuo aiuto, Ibiki.”
Ibiki posò la penna su uno dei compiti, come se si aspettasse quell’affermazione.
“Cosa ti fa pensare che io possa aiutarti?”
“Eri un poliziotto.”
“Questo non significa niente.”
“Ho bisogno di aiuto e solo tu puoi aiutarmi.”
Anko era una delle persone più schiette che Ibiki conoscesse: era facile intuire se qualcosa le stesse passando per la testa ma la sua non era una prerogativa comune, non molti erano capaci di ammettere le proprie debolezze e di mostrarsi completamente.
Lei invece era estroversa e a volte esibizionista.
In quel momento ci teneva a ribadire quel concetto, che evidentemente per lei era molto importante: voleva il suo aiuto, perché solo lui poteva aiutarla.
E quando qualcuno chiede aiuto, lo fa perché può perdere tutto.
O niente.
“Anko, sono molti anni che non lavoro più in polizia.”
“Ma tu eri ancora in polizia quando Orochimaru iniziò a farsi corrompere.”
“Ti ripeto che questo non significa niente…”
“Non hai qualche conoscenza?” Anko cercò con tutte le sue forze di continuare a parlare a bassa voce. “Avrai visto o sentito qualcosa…!”
Ibiki strinse brevemente un pugno sul tavolo. “Orochimaru era più sul campo… Io facevo negoziazioni, interrogatori… Tsunade era alla scientifica…”
CHE COSA?
“TSUNADE…!” Anko si rese conto di aver pronunciato troppo forte il nome della preside, perché Ibiki le diede un forte pestone sotto il tavolo.
“Scusa…! Tsunade era in polizia?”
Pronunciò la parola polizia, scandendo ogni singola sillaba: non credeva alle sue orecchie.
“Era una biologa della polizia scientifica.” Ci tenne a precisare Ibiki.
“E che ci fa qui ADESSO?!”
“Non ne ho idea…”
Anko sbuffò. “Cavolo Ibiki, mi aspettavo un minimo di collaborazione da parte tua… credevo che con tutti gli interrogatori fatti in vita tua, potessi dirmi qualcosa.”
Ibiki sospirò e si alzò in piedi, raccattando tutti i compiti. “D’accordo Anko… Però non ti prometto nulla.”

* * *

Sakura camminava affamata come non mai e con un forte senso di vuoto dentro di sé.
Il professor Hatake aveva insistito nel trattenerla a fine lezione per un certo lasso di tempo, per chiederle se fosse tutto a posto e per dirle che aveva saputo di ciò che era successo diverse settimane prima nella palestra della scuola.
Sakura gli aveva raccontato che dopo quella volta i ragazzi che l’avevano aggredita non si erano più presentati a lezione, soprattutto perché Sasuke si era opposto in maniera piuttosto violenta, durante quella circostanza.
Ovviamente la ragazza non aveva accennato a interrompere quell’attività sportiva, anzi da quel momento si era accanita come non mai a portarla avanti, soprattutto grazie alla compagnia di Rock Lee che, giorno dopo giorno, si stava rivelando un amico più che fedele.
Hatake l’aveva congedata con un po’ di reticenza, lasciandole intendere in modo chiaro che nessun altro episodio di quel tipo sarebbe stato tollerato: qualunque cosa fosse accaduta, avrebbe immediatamente dovuto avvertirlo e avrebbe persino dovuto sporgere denuncia alla polizia.
Sakura uscì da scuola con la bocca impastata.
Alle 14:00 solo un quarto del locale, in cui Sakura era entrata, era occupato dagli studenti che la fissarono per qualche istante, per poi distogliere immediatamente lo sguardo.
Cercò qualche compagno di classe che, come lei, avesse necessità di pranzare prima delle attività pomeridiane scolastiche ma si rese conto di trovarsi da sola, probabilmente avevano già finito di pranzare.
Si diresse dunque al bancone per servirsi di un’abbondante ciotola di riso e chiedere all’impiegata di tagliarle una grossa fetta di torta al cioccolato.
Non le importava quanto avrebbe mangiato, Ino non era lì a prenderla in giro.
“Ciao cara… come stai?”
Sakura alzò gli occhi: Itachi era lì, davanti a lei, la mano poggiata sulla sedia accanto alla sua.
Ovviamente non la vedeva ma qualcuno dietro di lui invece sì: Konan, la barista della discoteca, ci vedeva benissimo ed evidentemente l’aveva notata.
“Oh… Itachi.”
Sakura lo osservò con un filo di circospezione.
“È incredibile come sia in grado di trovarti, senza neanche vederti.”
Eh già… era davvero incredibile.
Sakura si limitò a trattenere il respiro e a non proferire parola.
“Hai già pranzato?”
“No, mi sono seduta adesso.”
“Capisco… ti dispiace se mi unisco a te?”
“No, siediti…”
Konan si rivolse dunque a Itachi. “D’accordo, mi metto a lavoro. Che vuoi da mangiare?”
Sakura alzò gli occhi verso la ragazza. “Lavori qui?”
Quella annuì. “Di solito faccio il turno della mattina ma oggi ho fatto cambio con un collega… e ovviamente Itachi mi ha scroccato un passaggio in macchina per trovarsi in zona.”
“Lavori qui e in discoteca… non è stancante fare due lavori?”
Konan fece spallucce. “Ci ho fatto l’abitudine… allora che ti porto?”
“Niente dolci.” Sentenziò Itachi, sebbene con un sorriso soave.
Konan arricciò le labbra e si allontanò.
Sakura la osservò a lungo, per poi soffermarsi nuovamente sul viso di Itachi: era un ragazzo particolarmente bello ma non si limitava ad essere semplicemente una persona ben vestita e di bel aspetto.
Innanzitutto, i suoi capelli lunghi non gli conferivano in alcun modo un’aria trasandata… anzi, sembrava che in qualche modo gli attribuissero un atteggiamento più principesco.
Li teneva legati in una coda scomposta, poggiata sulla spalla destra, ma forse ciò che conferiva più di tutto all’immagine quell’aspetto così regale era la direzione indefinita verso cui puntavano le sue iridi, neanche tanto rovinate dalla cecità, come di chi squadra l’ambiente circostante in ogni suo singolo particolare.
Era come se quel suo handicap fosse diventato uno strumento di espressione della sua stessa personalità, come se l’incapacità di vedere materialmente il mondo si fosse tramutata in capacità assoluta di sentirlo spiritualmente.
Nella sua disabilità, possedeva una nuova abilità.
I suoi pensieri furono presto interrotti dall’arrivo pressoché tempestivo di Konan, con un vassoio per Itachi.
“Ecco a te… riso e spiedo di seppia. Ti serve aiuto?”
“No, Konan… faccio da solo, grazie. Tu cosa mangi, Sakura?” domandò Itachi, quando Konan si fu allontanata.
“Riso e torta al cioccolato.”
“Poche proteine… dovresti mangiare anche un secondo piatto.”
Sakura sorrise istintivamente, pensando a Ino. “Devo rientrare a scuola per le attività extra, se mangiassi così tanto mi addormenterei sul posto.”
“Cosa fai?”
“Pugilato.”
Itachi non rispose ma i suoi occhi fecero uno scatto fulmineo verso l’alto: era meravigliato.
“Cosa c’è?”
“Io praticavo arti marziali ma è stato molto tempo fa.”
“Come mai hai smesso?” chiese Sakura. “Scusami se te lo chiedo… ma è stato perché sei diventato cieco?”
Itachi sbatté le palpebre, in un gesto meccanico. “No, io sono cieco solo da poco tempo. Ho smesso per vari motivi… logistici.”
Lo disse con un tono leggermente ironico che Sakura colse; non capì tuttavia a cosa fosse dovuto.
“E come sei diventato cieco?”
Itachi sorrise nuovamente.
“Sono diabetico.”
Sakura deglutì l’ultimo boccone di riso a fatica. “Sei diabetico?”
“Non è una patologia molto diffusa qui in Giappone… eppure sì, sono diabetico. Ma non è una cosa legata alla mia alimentazione, è un problema genetico… di famiglia.”
Sakura posò le bacchette dentro la ciotola del riso e sorseggiò il suo the alla menta.
“Sei sorpresa?”
“Un po’ sì.”
“Per me non è un problema.” rispose Itachi. “È una cosa con cui ho imparato a convivere. Piuttosto… qualcuno ti sta cercando?”
Sakura sgranò gli occhi dinanzi alla solita espressione di finto disinteressamento di Itachi per voltarsi alle sue spalle: Hinata era appena entrata nel locale e la stava cercando.
“Ma come hai…?”
“Niente rumore di passi dopo aver sentito la porta chiudersi.” La risposta di Itachi era ovvia. “È la tua amica dell’altro giorno?”
“Sì.” Sakura sollevò il braccio, cercando di farsi notare dalla compagna.
“Ciao, Sakura…” Quando Hinata giunse, osservò Itachi con circospezione; si guardò intorno, in cerca di Hidan, e notò con un certo sollievo che era assente. “Buon pomeriggio…”
“Ciao, Hinata.” Sakura mosse una sedia. “Hai pranzato?”
“Sì, ti stavo cercando e ho pensato che potessi trovarti qui.”
“Ne vuoi un pezzo?” chiese Sakura, alludendo alla torta al cioccolato.
“No, grazie.” Hinata si sedette.
“Credo che ci siamo già incontrati.” Proferì Itachi.
“Sì, infatti…”
“Hidan ti ha dato fastidio?”
Sakura si domandò più volte chi fosse più in imbarazzo tra lei e Hinata, la quale arrossì visibilmente e si morse il labbro con nervosismo.
“Lui, beh…”
“Il mio amico si diverte un mondo ad importunarti.”
Itachi lo disse come se per lui fosse effettivamente un dato di fatto.
Hinata continuò ad osservare Itachi con leggera preoccupazione, temendo che qualunque cosa dicesse potesse, comunque, scatenare qualcosa di indesiderato.
“Gli hai mai dato il tuo indirizzo di casa?” chiese Itachi, con voce atona.
“No.”
“Ha il tuo numero di cellulare?”
“No.”
“Lo hai mai incontrato da sola?”
Hinata trattenne il respiro. “Sì ma scusa tu… sai per caso…”
“Signorina… io conosco di te solo il tono della voce… ma per essere piaciuta a Hidan si vede che qualcosa in te lo ha colpito. Io so com’è… e ti posso dire che non è un bravo ragazzo. È uno di quelli che, per una questione di principio, preferisce fare una rissa piuttosto che continuare per la sua strada. Devi stare molto attenta.”
Sakura e Hinata si guardarono a lungo, prima che Itachi riprendesse parola.
“Sakura, quando rientri a scuola?”
Sakura guardò l’orologio. “Credo che sia ora di andare.”
“Mi ha fatto molto piacere parlare con te.” Disse Itachi. “Sarebbe bello poterci… poter parlare di nuovo.”
Stava per dire che sarebbe stato bello potersi vedere di nuovo.
Sakura mise la borsa a tracolla e impugnò il vassoio ormai vuoto del pranzo. “Senz’altro.”
Vide allora Itachi affondare la mano nella tasca del giubbotto ed estrarre il portafogli, in cerca di qualcosa all’interno; recuperò un cartoncino verde ruvido che tastò con una certa insistenza e che poi consegnò a Sakura.
“Questo è il mio numero. Non posso essere sempre io a trovarti…” Convenne il ragazzo con un sorriso.
Sakura ricambiò, sebbene non potesse vederla, e prima di andare via gli poggiò sulla spalla una mano, che lui sfiorò brevemente.
“Ciao, Itachi.”
“Ciao, Sakura.”

Shikamaru non era ad allenarsi quel pomeriggio.
Essendosi rotto il setto nasale, il medico gli aveva vietato nel modo più assoluto di praticare attività sportive, dunque gli aveva sottoscritto un certificato medico che avrebbe dovuto portare a Gekko.
Sceso nella palestra maschile, vide che si stavano tenendo gli allenamenti di pugilato cui normalmente prendevano parte Sakura, Rock Lee e anche Neji, che ancora non era rientrato per via della sua febbre.
Rock Lee si allenava come un forsennato e questo ovviamente contribuiva ad arricchire la sua immagine di ragazzo serio e determinato; Sakura tuttavia non era da meno e la sua espressione in quel momento non stava tradendo alcuna emozione: era solo concentrata, solo presa dal sacco lento.
Ben presto la ragazza si accorse di lui e gli fece un cenno di saluto che Shikamaru ricambiò all’istante, avvicinandosi.
“Stai bene?” chiese lei, continuando a colpire il sacco lento.
“Ci difendiamo… Naruto e Sasuke?”
La ragazza si fermò per riprendere fiato. “Credo siano a casa.”
“A casa? Niente calcio?”
“Oh no…” Sakura scosse la testa. “Non fanno più calcio, solo chitarra… il Ju Jitsu leva troppo tempo e il loro maestro li ha iscritti a una gara.”
“Capisco.” Shikamaru infilò le mani in tasca. “D’accordo, casomai chiamo sul cellulare… ti lascio in pace, buona serata Sakura.”
“Ciao, Shika.” rispose la ragazza, tornando al suo allenamento.
Shikamaru uscì dalla palestra maschile e si diresse dunque verso quella femminile, dove il corso di danza classica si stava concludendo, lasciando spazio all’allenamento di pallavolo.
Ino e Choji accorsero in sua direzione in men che non si dica.
“Gekko non è ancora arrivato?”
“No ma penso che sarà qui tra qualche istante.” Rispose Ino. “Come ti senti?”
“Un po’ meglio ma questa seccatura non ci voleva.”
“Prendila con filosofia… non potendo fare pallavolo avrai più tempo da dedicare allo studio.” Bofonchiò Choji, sebbene un po’ contrariato.
“Per favore… io mi volevo ritirare ma mia mamma non ha voluto sentire ragioni.”
“Forse avresti dovuto essere un po’ più convincente.”
A parlare era stata una voce femminile che certamente non apparteneva a Ino: Temari li sorprese proprio alle spalle, cosa che evidentemente le riusciva senza alcuna difficoltà.
Stavolta però non era sola: era affiancata da due ragazzi che all’apparenza le somigliavano molto e che in un certo qual modo mostravano all’incirca la sua identica espressione sprezzante; uno di questi aveva i capelli e gli occhi castani, l’altro i capelli rossi e gli occhi verdi, cerchiati da due profondissime occhiaie.
Dovevano essere i suoi fratelli.
“Ti sei portata la calca, stavolta?” Sbottò Ino acida.
“Come siamo divertenti.” Sibilò Temari, socchiudendo gli occhi.
“Scusa ma non ti sei comportata sportivamente.” Sentenziò Shikamaru, osservandola arcigno. “Aspetto delle scuse da parte tua.”
“Non puoi parlare di fair play quando nessuno ti ha chiesto di giocare.” Rimbeccò Temari.
“Non vorrei deluderti ma sono stato scelto da un insegnante.”
“Non ci siamo capiti.” Temari si avvicinò, con fare minaccioso. “Tra te e me non può esistere competizione.”
Shikamaru fece per rispondere ma gli occhi di Temari fecero un guizzo quando Choji si protese davanti.
“Potrebbe anche non esistere competizione.” Proferì a voce bassa. “Ma non azzardarti mai più a torcere un capello a Shikamaru.”
“Ci penserai tu in caso a vendicarlo?” chiese il fratello castano.
“Non mi interessa.” Sbottò Choji. “Non permetto a nessuno di fare del male al mio amico.”

I’m elated,
Medicated…
Lord knows I tried to find a way…
to run away!

Restless heart syndrome – Green Day

Prossimo capitolo: Il corvo e la farfalla

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Il corvo e la farfalla ***


Ciaooooo ^^ ragazzi scusate l’attesa ma due giorni fa ho finalmente finito gli esami!
Non si può capire quanta tensione si possa accumulare in queste circostanze.

.-.

Ho cercato di essere di parola, con tutti coloro che hanno recensito la storia, ringrazio perciò Heart_break e flyikary19 per le loro recensioni, l'incoraggiamento e i vari consigli… quindi lettori :D se gradite qualche nuovo sviluppo della storia (sempre entro certi limiti perché ho comunque un programma da seguire) o avete delle preferenze, io comunque ne tengo conto ^^
Un saluto va anche a Maiko_Chan che non ho più sentito da quando quest’estate sono sparita, sorry :’(
Per finire… un grazie gigantesco va a circa quella ventina di persone che ha aggiunto la mia storia tra i preferiti e le seguite… davvero, grazie.
Se mi recensite, vi metto tra i ringraziamenti XD i tempi di aggiornamento sono questi ma come avete visto, ho una vita un po’… movimentata ^^”
Come richiesto: capitoletto bello lungo che parla di Naruto e Sasuke ma anche di altre cose… :D


Capitolo 16
Il corvo e la farfalla


I painted your room at
Midnight, so I'd know
yesterday was over…
I put all your books on the top shelf,
even the one with the four leaf clover
man, I'm getting older…
I took all your pictures off the wall
and wrapped them in a news paper blanket…
I haven't slept in what seems like a century,
and now I can barely breathe…

The crow and the butterfly - Shinedown


“Dove andiamo quest’estate?”
C’erano volte in cui Sakura sinceramente si stupiva dinanzi a determinate domande, più che altro se poste da Ino Yamanaka.
Era come se non si aspettasse che la ragazza fosse in grado di porsi quesiti relativi a determinate argomentazioni, come se fosse convinta che il cervello dell’amica materialmente non lo permettesse.
Tutte le volte perciò che la ragazza sollevasse problematiche di quel tipo, era come se Sakura in un certo qual modo cadesse dalle nubi, come se non confidasse nel fatto che Ino potesse formulare discorsi tanto stimolanti.
L’idea di partire in estate era decisamente intrigante ma ciò che più incuriosiva Sakura era qualcos’altro.
“Perché? Quest’estate vorresti partire in mia compagnia?”
A quel punto un’altra domanda poteva sorgere spontanea.
“Siamo amiche, fronte spaziosa, che ci trovi di strano?”
E un’altra ancora.
“Ma mi stai prendendo in giro, vero?”
E ancora.
“Sakura, cosa non hai capito della parola amiche?”
Era difficile comprendere chi delle due si volesse ostinare ad avere l’ultima parola, anche su ciò che effettivamente avevano in comune.
Bisognava comunque dire che sia Sakura sia Ino fossero decisamente cambiate, in meglio.
Ino si era dimostrata una persona su cui contare, soprattutto quando era corsa in aiuto di Sakura per via dell’aggressione, ed evidentemente la stimava e rispettava a tal punto da avere piacere di andare in vacanza con lei, nonostante i dissidi del passato.
“D’accordo… con chi vorresti partire?”
“Beh… con Shikamaru, Choji e poi gli altri… Naruto, Sas…”
“TI PAREVA!”
“Cosa?”
“Dico, mi sembrava troppo bello che non parlassi di Sasuke.” Disse Sakura, tuttavia stupendosi di non averla presa male come al solito.
Anche Ino se ne accorse ma non indagò troppo sulla questione, dato che furono presto raggiunte da Choji e Kiba, il quale si avvicinò con una vaschetta contenente dei dolci di riso.
“Merenda.”
“Oh… che delizia…!” Esclamò Ino.
“Non li mangi?” chiese Sakura incuriosita.
“Non posso mangiare tutto questo riso.” Kiba fece spallucce.
“Io gli ho già dato una mano.” Sorrise Choji gioviale.
Sakura e Ino fecero per posare le mani dentro la vaschetta ma Shikamaru e Naruto furono più veloci e fecero piazza pulita.
“Ma che cosa…?!”
“Kiba, devi fare i complimenti a tua madre.” Sentenziò Naruto.
“Davvero…” Disse Shikamaru, cercando di trattenersi dal non scoppiare a ridere.
“Ci avete lasciato a secco…!” Esclamò Sakura.
“Infatti, li stavo offrendo alle ragazze!” Sbottò Kiba.
“Che stupidi.” Sbuffò Ino.
“Dai Kiba, non prendertela, hai detto tu che devi scendere di categoria!”
Kiba fece un’espressione atroce, le ragazze si fecero perplesse.
“Ma come Sakura, non lo sai?” Chiese Shikamaru, sorpreso. “Proprio tu che fai pugilato?”
“Ma di che parli?”
“È per via delle gare di ju-jitsu.” Disse Naruto. “Kiba ha appena saputo che deve scendere di categoria.”
“Deve pesare 70 kg esatti e deve riuscirci in una settimana…” Shikamaru mostrò sette dita.
“Perché devi perdere peso?” chiese Ino.
“Perché altrimenti lo iscriveranno alla categoria superiore e rischierà di essere massacrato da quelli più grossi di lui.”
Quando Naruto pronunciò quelle parole, si affrettò a tirare Shikamaru per un braccio e a iniziare a correre lungo il corridoio del piano, mentre Kiba mollava la vaschetta ormai vuota tra le mani di Sakura per mettersi a inseguirli.
“Kiba ferito nell’orgoglio…” sentenziò Shino, che aveva osservato la scena dalla soglia dell’aula.
Hinata rise.
Sakura sbatté le palpebre quasi istantaneamente e porse la scatola dei dolci di Kiba a Ino, che iniziò a protestare; si avvicinò dunque a Hinata e la spinse dentro la classe.
“Che fai per le vacanze estive?”
“C-c-come?”
“Ti ho chiesto che cosa fai per le vacanze estive.”
“Io… io niente, cioè… non lo so.”
Sembrava spiazzata.
“Ino mi chiedeva la stessa cosa.”
“Volete partire?”
“Non lo so.” Tagliò corto Sakura. “A te piacerebbe? Potremmo proporre la stessa cosa ai ragazzi.”
Hinata sgranò gli occhi. “Intendi anche… Naruto e Sasuke?”
Sakura fece un cenno di assenso e si voltò a guardare Sasuke, seduto al suo banco e intento a svolgere degli esercizi di matematica.
Hinata si fece pensierosa. “Hai già qualche idea?”
“No ma Sasuke da solo non può partire.”
Hinata annuì. “Si… ho capito.”

“Kiba se l’è presa.”
Naruto e Shikamaru lo avevano seminato, scendendo le scale che portavano al seminterrato della scuola.
Shikamaru si poggiò con le mani alle ginocchia, sfiatando. “Però è stato divertente.”
Naruto ridacchiò e alzò poi la testa verso l’alto. “Non sono mai stato in questa zona della scuola.”
“Effettivamente nemmeno io.” Rispose Shikamaru risollevandosi e ricominciando a camminare. “Non c’è nessuno…”
I corridoi erano infatti vuoti, sebbene non fosse ancora suonata la campanella che segnava la fine della ricreazione.
Le porte delle aule erano aperte e mostravano la sola presenza di oggetti quali zaini, libri e giubbotti.
Per il resto erano vuote.
Naruto vide una lampada intermittente che pendeva dal tetto mentre Shikamaru si concentrò sull’osservare da dietro le finestre sporche di polvere e acqua: nel cortile si era formata una folla consistente di studenti.
Naruto lo notò. “Sono tutti fuori…”
Si avvicinarono ancora di più ai vetri delle finestre del corridoio e lo spettacolo che si presentò davanti ai loro occhi fu raccapricciante: gran parte degli appartenenti alla folla stavano incitando qualcosa che non somigliava né a una rissa né ad un combattimento ad armi pari.
Era un pestaggio, in piena regola.
“Non riesco a capire chi…” Naruto aprì la finestra e scavalcò il muretto per ritrovarsi in piedi sulla superficie del cortile.
Shikamaru esitò di fronte alla mossa di Naruto ma alla fine si avvicinò, curioso più che altro di sapere chi stesse compiendo quelle violenze.
E poi li vide.
C’era uno di quelli che avevano aggredito Sakura dopo la lezione di pugilato.
Ed era a terra, sanguinante.
Era difficile dire se il sangue gli stesse uscendo dal naso rotto (Shikamaru sapeva bene che male facesse) o dalla testa o dalla bocca.
“Quello a terra… lo riconosci?”
“È quello stronzo che ha aggredito Sakura.”
Stringeva convulsamente le mani all’addome, come se un dolore viscerale lo stesse attanagliando.
Shikamaru non osò immaginare quanta infamia regnasse nella mente del ragazzo che in quel momento stava pestando Dosu Kinuta, non osò pensare se effettivamente si trattasse di infamia o di una risposta eccessiva, e non di certo monumentale, ad una provocazione, cosa che a parere del ragazzo risultava altamente probabile.
“Si ma quello in piedi… io quello l’ho già visto da qualche parte.”
“E io so anche chi è…”
Naruto si voltò di scatto a guardare Shikamaru, che deglutì, spaventato.
“Lo conosci?”
Quelle occhiaie che solcavano il viso cereo del ragazzo erano inconfondibili.
Shikamaru scosse la testa. “No, so solo chi è… è il fratello più piccolo di Temari No Sabaku.”
Naruto osservava la scena stralunato.
“Dove lo hai visto?” chiese Shikamaru.
“Per strada… mentre tornavo a casa. Abitavo ancora in istituto… ero con Sasuke.”
Shikamaru fece per convenire ma, nello stesso istante in cui la campanella di fine ricreazione prese a suonare, la sua attenzione fu attirata da quella voce ormai fin troppo conosciuta.
“GAARA! KANKURO, AIUTAMI!”
I due ragazzi si voltarono e videro Temari scavalcare la stessa finestra da cui erano usciti Naruto e Shikamaru, venendo superati da lei e dal ragazzo chiamato Kankuro, che Shikamaru aveva già incontrato nella palestra.
“GAARA, FERMATI! FATEMI PASSARE!”
La ragazza superò la folla di incitatori e Gaara, solo in quell’istante, si sollevò, facendosi trascinare via dalla sorella più grande.
“Lasciami stare, Temari.”
“Che cos’hai fatto?!”
“Quello che si meritava.” Rispose il ragazzo con una glacialità disumana.
Pronunciò quelle parole dinanzi a due storditi Naruto e Shikamaru, osservandoli con la stessa intensità con cui li aveva guardati le volte precedenti che si erano visti.
Non era solo una considerazione, era un avvertimento.
Temari spinse Gaara in direzione della scuola, guardando verso Shikamaru con uno sguardo misto di freddezza e vergogna che voleva dire solo una cosa.
Non guardarmi.

* * *

Da circa tre giorni, gli orari di Sasuke erano piuttosto cambiati.
Non che sforasse oltre l’orario di rientro previsto dalla comunità.
Il professor Sarutobi però, già al secondo giorno, lo aveva fermato per chiedergli come mai e la spiegazione di Sasuke era stata esauriente.
“È per via di Naruto, professore. Mi ha chiesto di accompagnare la mia amica Sakura a casa quando si fa troppo tardi o quando c’è poca gente in giro. Ha subìto un’aggressione, anche per causa mia, e vorremmo evitare episodi del genere.”
Il direttore lo aveva squadrato con sorpresa per poi abbassare la testa in un cenno di approvazione. “Non fare troppo tardi però…”
In realtà la prima richiesta era partita dal professor Hatake, il quale gli aveva giustamente fatto notare che in ogni caso tra amici fosse necessario proteggersi e che Sakura, sebbene si sforzasse di imparare a cavarsela da sola, fosse ancora debole e indifesa.
Proprio in quella circostanza gli aveva parlato del fatto che sapeva tutto: era a conoscenza di tutto ciò che stava accadendo attorno a Sasuke e del fatto che proprio Sakura avesse corso dei rischi perché si fosse trovata in mezzo.
Tra lui e Orochimaru.
“Ma… lei professore?”
“Sasuke, è giunto il momento che io ti spieghi una cosa.”
Kakashi Hatake aveva un pregio: quello di dire le cose per come stavano; non mentiva, al massimo celava quel che pensava, ma quando parlava diceva sempre la verità.
“Orochimaru vuole qualcosa che tu hai. Non so bene di che si tratti ma so che questo è il suo obiettivo. Qualunque cosa sia, non devi assolutamente farti soggiogare… pur di ottenere ciò che vuole, sarebbe capace di trovare un modo per farti cadere nella sua rete… e Dio solo sa a cosa possa darti in pasto.”
Sasuke lo aveva guardato con una certa preoccupazione.
“Lei come sa tutte queste cose?”
“Le so e basta.”
“Professore… le dovrei credere sulla parola.”
Kakashi si era passato una mano sul viso. Poi aveva sospirato.
“C’era un gruppo una volta. Era un gruppo che molti definivano una banda ma così non era. Era un gruppo che includeva persone che hanno vissuto nell’istituto in cui anche tu e Naruto siete cresciuti e che si occupava di salvare ragazzi da situazioni difficili, ragazzi che il più delle volte frequentavano anche questa scuola. I ragazzi della Foglia… ragazzi come me.”
Sasuke aveva aggrottato le sopracciglia: non se lo sarebbe aspettato.
“Lei viveva nell’istituto di Sarutobi? Era orfano?”
Poi Sasuke aveva ricordato. Aveva ricordato che nell’ufficio di Sarutobi c’era una targa di riconoscimento nei confronti di un certo Sakumo Hatake.
Kakashi ovviamente lo aveva capito.
“Mio padre era un avvocato penalista che si occupava di casi difficili, quali stupri, episodi di violenza domestica... Una volta non riuscì a dimostrare in tribunale che il suo cliente era stato incastrato e quello finì in galera e si suicidò... mio padre, per la vergogna, fece lo stesso. Era una brava persona.”
Poi Naruto, alcuni giorni prima, era tornato tutto trafelato in aula e se l’era preso da parte, mentre il professore Maito si accingeva a spiegare.
“Mi devi promettere che almeno uno di noi ogni giorno accompagni Sakura a casa.”
“Ma che…?”
“Non dobbiamo lasciarla sola, Sasuke.”
“Naruto, mi vuoi spiegare?”
“Ti ricordi di Dosu Kinuta?”
Sasuke ovviamente se ne ricordava ma rimase in silenzio e annuì.
“E ti ricordi di quella volta che abbiamo visto quel ragazzo, tornando in istituto, che ci osservava?”
Sasuke aveva fatto mente locale. “Il ragazzo coi capelli rossi.”
“Sono stato nel cortile con Shikamaru e ho scoperto chi è: si tratta di Gaara No Sabaku, il fratello di Temari… quella che ha rotto il naso a Shikamaru… stava pestando Dosu. A sangue, Sasuke. Senza alcuna pietà, senza preoccuparsi di essere punito per questo, sotto gli occhi di tutti. Non dobbiamo mai più lasciare sola Sakura… se questo ha a che fare con Dosu Kinuta, potrebbe essere un problema anche per te.”
Anche stavolta Sasuke non disse nulla ma inorridì e fece di nuovo un cenno di assenso.
“Perciò, Sasuke? Che ne pensi?”
A parlare stavolta non fu Naruto bensì Sakura, al presente, intenta a camminare al suo fianco sul marciapiede, stringendo i lacci dello zaino.
“Io non posso partire in vacanza con te, Sakura.”
Sakura fece una smorfia. “Ma non possiamo trovare una soluzione? Per esempio vedere se puoi partire con Naruto?”
“Non usare quel ragazzo per i tuoi scopi, Sakura.”
Anche stavolta Sakura mostrò il broncio, che si affievolì non appena vide una gelateria.
“Ti va di mangiare un gelato, Sasuke? Dai, te lo offro io.”
Sasuke vide che Sakura era arrossita e guardò l’orologio. “Ok.”
Sakura gioì in modo abbastanza evidente e lo trascinò verso il negozio, dove ordinò due ricchi coni gelato e invitò il ragazzo a sedersi con lei.
“Ma in alternativa cosa potresti fare in estate?”
Santo cielo, quella ragazza era davvero testarda.
“Di solito sono partito con i ragazzi dell’istituto… facendo attività formative al mare o in montagna.”
“Sai già ancora cosa ci sia in programma quest’anno?”
“Credo che sia il mare.”
“Beh, magari se sapessi in che località tu passerai le vacanze, potremmo trovare il modo di passare un po’ di tempo insieme. Che ne dici, Sasuke?”
Testarda, dura come il legno.
Eppure non gli dispiaceva sentirle dire quelle cose: era un modo come un altro per coinvolgerlo in un’attività quanto meno normale per i ragazzi della loro età.
“Anche Naruto faceva questo tipo di vacanze, no?”
Sasuke annuì: non vivendo più in comunità, tecnicamente Naruto non era più obbligato a prendere parte a quelle vacanze.
In ogni caso non poteva considerare quel fatto in maniera così nostalgica; Naruto era stato solo per una vita intera e sapere che la madre avesse cercato di provvedere al suo benessere, nonostante le difficoltà che evidentemente si erano presentate con la sua nascita, per Sasuke doveva essere motivo di solidarietà e non di certo di invidia.
Quando finirono il gelato, Sasuke istintivamente si infilò la mano in tasca per recuperare il portafogli ma Sakura lo fermò.
“Ho detto che offro io.”
“Sakura.”
“Dai.”
Il ragazzo si rilassò alla sua originaria posizione ma mostrò un sorriso: non se lo aspettava.
“Devo solo… maledizione, questo portafogli gigante…”
Sakura lo stava praticamente vuotando sul tavolo e l’attenzione di Sasuke fu presto attirata da un cartoncino verde che la ragazza gettò da parte, nella disperata ricerca di una banconota o di qualche tipologia di nichelio.
Sul biglietto di Sakura c’era scritto qualcosa.
Un numero.
Quel numero.
E quel numero era un pugno sullo stomaco.
“Ecco!” Sakura sollevò con sguardo vincente una banconota, forse fresca di bancomat, e andò a pagare i due gelati, tornando con un portafogli tintinnante di monete.
Sasuke nel frattempo aveva fatto un respiro profondo.
Sakura aveva quel numero ma il modo in cui aveva gettato via il cartoncino voleva solo poter dire che non desse troppa importanza a ciò che vi si associava.
E poi Sakura era pazza di lui, non poteva aver cambiato così idea su due piedi, senza sapere nemmeno a cosa andasse incontro.
Non era una stupida.
Calma…
“Sakura? Vorrei tornare a casa, è meglio che ti accompagni.”
“Oh… d’accordo.” Disse Sakura, leggermente delusa. “Andiamo.”
Il tragitto verso casa di Sakura fu pervaso da un silenzio strano e la ragazza per certi versi se ne accorse: Sasuke era troppo intento a camminare con lo sguardo basso e le mani in tasca, come se l’unica cosa di suo interesse fossero i suoi piedi che calpestavano l’asfalto.
Arrivarono sotto casa di Sakura e quest’ultima salutò Sasuke, sebbene fosse leggermente amareggiata. “Allora, ci vediamo domani Sasuke. Buona ser…”
“Sakura.”
La ragazza si voltò. “Dimmi.”
“Sakura, se devi dirmi qualcosa, qualsiasi cosa… dimmela, d’accordo?”
Sakura ricambiò lo sguardo intenso che il ragazzo le rivolse e, dopo aver sorriso, fece cenno di sì. “Ok. Ciao, Sasuke.”
Sasuke vide il portone dell’edificio chiudersi e, solo in quell’istante, il suo sguardo fermo ma protettivo si contorse in una smorfia di odio e inquietudine.
Affondò quindi la mano nella tasca dello zaino e recuperò il cellulare, digitando quel numero che per anni aveva tormentato le sue notti con incubi e insonnia.
Portò il telefono all’orecchio e attese, finché una voce maschile e attraente avviò la comunicazione.
“Pronto?”
“Senti, stronzo, adesso mi ascolterai una buona volta. Io non so quali siano le tue intenzioni e non mi interessa se in questo momento tu sia dell’idea che io non sia ancora pronto ad affrontare te e tutto quel che è successo. Però ti do un consiglio e spero che sia l’ultima volta in assoluto perché la prossima volta verrò direttamente a cercati per dirtelo di persona. Devi stare lontano da Sakura. Finché le starai lontano, la questione tra te e me resta personale… ma se provi ancora ad avvicinarti a lei o a coinvolgerla in qualche modo, a metterla in pericolo o a provare anche solo lontanamente a pensarla, io ti ammazzo… Itachi. Hai già rovinato la mia vita, non permetterò che tu possa rovinare anche la sua.”

Just like a crow chasing the butterfly,
dandelions lost in the summer sky…
When you and I were getting high as outer space,
I never thought you'd slip away…
I guess I was just a little too late.

The crow and the butterfly - Shinedown



Prossimo capitolo: Il tempo in una bottiglia

Suggerimenti???

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Il tempo in una bottiglia ***


Ciao amori! Saluto Heart_break, flyikary19 e kry333 per le recensioni e i vari pareri e consigli :D poi Maiko_chan ovviamente (ti ho delusa per la mia lunga assenza, lo so T_T scherzo XD), ringrazio anche SLN per avermi inserita tra i suoi AUTORI PREFERITI grazieee °-° e tutti quelli che hanno più recentemente aggiunto la mia storia tra le preferite, le seguite e le ricordate… avanti… lo so che ora dimentico qualcuno!
Lizzie1096, Kalyma P Jackson, Britt16Raymond, Arya M, tempestxd, sivaice, Dark_Shadow, Haruna_Chan_, Dryad, lele06, Heartofgold (cuore d’oro °-°), Siria_Ilias, melly658, midnightx5, Mizzy e DrCox!
In realtà siete molti di più ma ho solo messo i nomi di chi mi ha aggiunta più recentemente, in ogni caso se qualcun altro di voi continua a seguirmi… batta un colpo! ;) una recensione o un messaggio per dirmi che apprezzate fa sempre piacere e in genere rispondo subito nonostante le mille cose da fare!
Tornando a noi…
Per scrivere questo capitolo mi sono ispirata a 2 cose! Innanzitutto la canzone è BELLISSIMA e fa venire da piangere proprio, per coloro i quali non abbiano visto il film, è tratta da “X-Men, Giorni di un futuro passato” con Hugh Jackman *-* seconda cosa… tra i miei maestri c’è l’immancabile Gianrico Carofiglio, autore della serie di romanzi giudiziari sull’avvocato Guerrieri. Chi l’ha letta potrebbe trovare delle somiglianze interessanti con l’ispettore Tancredi!


Capitolo 17
Il tempo in una bottiglia


If I could save time in a bottle,
the first thing that I'd like to do
is to save every day till eternity passes away
just to spend them with you…

If I could make days last forever,
if words could make wishes come true,
I'd save every day like a treasure and then,
again, I would spend them with you…

Time in a bottle – Jim Croce

Quindici anni prima.

“Che cos’abbiamo oggi?”
“Questo non è niente di che… hanno trovato un chilogrammo di cocaina nello scantinato di un’agente immobiliare.”
“Fedina penale?”
“Fino ad oggi intatta, sebbene quella del suo ex fidanzato non lo sia. Guarda la foto segnaletica: lo abbiamo arrestato sei anni fa con l’accusa di spaccio di droga, adesso si è dato alla fuga. Lei non parla.”
“Ex fidanzato… andiamo bene. C’è altro?”
“Sì, qualcosa c’è. Un ragazzo è scomparso.”
“Di che si tratta?”
“Si chiama Tenzo Nakamura, diciotto anni, orfano, diplomato alla Leaf High School col massimo dei voti. Studia chimica farmaceutica e per pagarsi gli studi lavora in una drogheria vicino casa.”
“Minorenne e orfano… chi ne ha denunciato la scomparsa?”
“Da un anno è stato dato in affidamento a una coppia di anziani che vive vicino alla comunità dove è vissuto: fino a che non avrà compiuto vent’anni e sarà quindi maggiorenne, vivrà con loro. Il droghiere ha dunque chiamato per chiedere come mai non si fosse presentato sul posto di lavoro, perciò si sono insospettiti nel non vederlo tornare. Finora non avevano mai notato nulla di strano: sostengono anzi che sia un ragazzo molto puntuale e che mantenga con tutti ottimi rapporti non solo lavorativi ma anche interpersonali. È il terzo in due mesi.”
“Tenzo… Juugo… Kimimaro.”
“Nessuna traccia, nessun segno.”
“Fa’ una cosa… dammi queste carte, non ho tempo da perdere. Tu continua a interrogare la fidanzata dello spacciatore… io studio meglio questo caso.”
“D’accordo, a dopo.”
“A dopo.”
Quella storia dei minorenni scomparsi stava cominciando a degenerare e a diventare sempre più arcana.
Un omicidio era un omicidio, un suicidio era un suicidio… per quanto tremendi potessero essere, erano fatti di cui bisognava prendere atto.
Una scomparsa invece era il niente, Ibiki lo sapeva bene e non riusciva a spiegarsi ciò in alcuna maniera.
Una persona scomparsa era una persona il cui destino si annullava ma allo stesso non cessava di esistere: non si sapeva bene a cosa quella persona fosse andata incontro e non si sapeva neanche quanto tempo fosse necessario affinché se ne riavessero notizie.
Di alcune persone non si era mai più saputo alcun che.
Continuò a camminare lungo il corridoio del dipartimento di polizia, per raggiungere il suo ufficio ed entrarvi, chiudendo la porta.
Il lavoro di Ibiki aveva di bello solo un aspetto ovverosia quello di poter aiutare qualcuno… le volte che ci riusciva.
Andare alla ricerca di una persona scomparsa non era una di quelle, vista e considerata la natura sconosciuta dell’evento.
Una cosa che dava molte soddisfazioni a Ibiki, nel suo lavoro di poliziotto, era negoziare: era perfettamente in grado di gestire una conversazione al telefono con un rapinatore o con una qualsiasi persona che avesse messo qualcuno sotto sequestro.
Talvolta le scomparse si ricollegavano a questo e dopo poche ore era facile che venisse avanzata una richiesta di riscatto in cambio della vita del sequestrato… ma questo accadeva quando di mezzo c’era una sola cosa: i soldi.
Alcune scomparse si ricollegavano ad esempio a soggetti incidentati i cui cadaveri non erano ancora stati rinvenuti… ma non era questo il caso.
No.
Le ultime scomparse che si erano verificate riguardavano invece minorenni cresciuti in situazioni difficili o più semplicemente di disagio; non era stata avanzata alcuna richiesta di riscatto e, di certo, non si poteva dire che le persone che si occupassero di tali soggetti scomparsi avessero un conto in banca degno di nota.
Questo aveva spinto Ibiki a supporre alcune ipotesi fondamentali verso le quali risultava difficile dissentire.
Le persone sequestrate potevano essere entrate nel giro della criminalità oppure, nel peggiore dei casi, essere state adescate da qualcuno, persone senza scrupoli e con la mente malata come pedofili o sfruttatori… con uno stile di vita che neanche le bestie feroci.
Era un problema che per molti rappresentava un tabù, non per Ibiki tuttavia che da tempo aveva iniziato ad odiare il suo lavoro, per via della possibilità di fallire dinanzi al nulla più totale.
Prese la foto di Tenzo e la posò sulla scrivania, poi vi pose accanto le fotografie degli altri due ragazzi scomparsi e iniziò a osservarle.
Tenzo aveva diciotto anni, Juugo e Kimimaro rispettivamente tredici e dodici anni.
Tenzo nella foto appariva sorridente e felice, i due ragazzini mostravano invece uno sguardo scuro e profondamente immotivato: era evidente che appartenessero a due differenti categorie di persone disagiate.
Tenzo poteva aver attraversato un periodo triste della sua vita ma sicuramente aveva avuto la fortuna di incontrare qualcuno pronto ad aiutarlo e ad assisterlo nel suo percorso di crescita; per gli altri due non si poteva dire altrettanto.
Ibiki era ancora immerso nei suoi pensieri quando si accorse che il telefono del suo ufficio aveva iniziato a squillare; guardò ancora per un altro secondo le foto di Juugo e Kimimaro, dunque agguantò la cornetta e rispose.
“Pronto.”
“Ibiki, sono Orochimaru, abbiamo un problema. Un uomo ha intenzione di far esplodere una bomba all’interno di una banca. Devi venire subito a negoziare.”

“Ti piace questo vestito?”
“Non lo so.”
“Secondo me ti starebbe a pennello.”
“Come fai a dirlo?”
“Ti ho studiata bene.”
“Certo che tu non sai fare altro.”
“Dai, sto scherzando…”
Tsunade si voltò a guardare Jirayia con gli occhi ridotti a due fessure, per poi tornare a guardare un tubino nero esposto in una delle vetrine di una sontuosa boutique.
“E poi costa troppo.”
“Il fatto che costi troppo non significa che tu non possa privarti del piacere di indossarlo.”
“Un’altra volta.” Rispose Tsunade, riprendendo a camminare.
Jirayia si mise le mani tra i capelli. “Ma che cosa ho fatto per meritare un trattamento del genere?”
Tsunade rise ma continuò a passeggiare mentre Jirayia si affrettava a spostarsi al suo fianco. “Dai… ho prenotato qui vicino. Faremo tardi se non ci sbrighiamo.”
Jirayia annuì e fu presto condotto da Tsunade all’interno di un noto ristorante del centro; si levarono le scarpe e si accomodarono sul pavimento, in una sala un po’ solitaria caratterizzata dalla presenza di più tavoli bassi.
“Allora mia cara… a cosa devo quest’invito di stasera?”
La osservò con un’attenzione maggiore del solito, notando che l’espressione della donna fosse molto sostenuta.
Tsunade in compenso scosse i lunghi capelli biondi e alzò lo sguardo circospetto sull’amico.
“Sto pensando di lasciare la polizia.”
Jirayia in quel momento stava bevendo del the.
Non sbuffò. Non soffocò.
Lo bevve tutto d’un fiato, posò la tazza sul tavolino e fece un sospiro.
“Perché?” le chiese.
“Lo sai benissimo.”
Era vero: Jirayia conosceva benissimo il motivo per cui Tsunade stesse valutando di non lavorare più in quell’ambiente.
Da quando un anno prima Dan, il suo storico fidanzato, era morto mentre era in servizio, Tsunade non era più stata in grado di esaminare un cadavere.
Guardare quei corpi privi di qualunque respiro vitale le faceva materialmente immaginare che su quel tavolo da laboratorio non ci fossero degli emeriti sconosciuti ma sempre e soltanto il suo fidanzato.
Poi aveva fatto domanda per entrare nella polizia scientifica, dove la sua scienza innata si era, per così dire, ridotta alla semplice analisi di prove rinvenute su luoghi di delitti oppure per determinate richieste della squadra mobile comandata da Orochimaru.
Poi però due mesi prima era avvenuto l’irreparabile.
Il fratello più piccolo di Tsunade, Nawaki, era stato coinvolto per puro caso in una sparatoria, avvenuta non molto lontano dal liceo che frequentava, la Leaf High School.
Era dunque più che plausibile che Tsunade volesse scappare da tutto e da tutti; l’unico motivo per cui Jirayia si ostinasse a fare lo gnorri era dovuto ad un fatto puramente egoistico.
Jirayia amava Tsunade dal primo momento in cui l’aveva vista.
Qualsiasi rifiuto che la donna avesse rivolto nei suoi confronti non aveva fatto altro che provocare l’apertura di profonde ferite, che Jirayia aveva sempre tentato di rimarginare conferendosi quell’identità di dongiovanni per cui era diventato famoso tra i suoi amici.
“Non hai pensato di superare la cosa in modo diverso?”
“Ho perso la voglia di fare quel lavoro.”
Jirayia fece per replicare ma presto arrivò un vassoio pieno di uramaki e Tsunade prese a mangiare avidamente; non poté dunque fare che imitarla e rimasero in silenzio per diversi minuti, almeno finché Jirayia non si fu deciso a parlare di nuovo.
“Se lasciassi la polizia, dove andresti?”
Tsunade masticò ancora per qualche secondo, per poi bere e ricominciare a guardare Jirayia.
“Vorrei rendermi utile.”
“Guarda che il tuo lavoro è utile.”
“Voglio entrare nell’insegnamento e provare a far capire a quei ragazzi come si vive.” Ribatté secca. “Dopo l’università ho conseguito l’abilitazione per l’insegnamento di biologia… ho fatto domanda e mi hanno proposto di andare a insegnare in una scuola fuori città. Ho qualche mese per decidere.”
Jirayia rimase in silenzio.
“Ho bisogno di evadere, Jirayia. Ho bisogno di… andare via da qui. Dimenticare.”
Jirayia si passò una mano sul viso, sebbene cercare di mostrarsi forte di fronte a lei gli costasse uno sforzo immane.
“Io non condivido questa tua scelta, voglio essere sincero con te. Devi però… devi fare quello che ti senti.”
Tsunade osservò l’espressione visibilmente stanca di Jirayia e fece per aprir bocca ma dovette interrompersi, quando si accorse che il cercapersone di Jirayia aveva preso a squillare.
Lui lo guardò velocemente e alzò la testa verso Tsunade, che continuava a esaminare l’amico con espressione concitata.
“Paghiamo e andiamo via.” Disse Jirayia. “È Orochimaru, devo telefonargli per vedere cosa vuole.”
Tsunade arricciò il naso con un gesto di stizza e si alzò.
Un quarto d’ora dopo erano davanti la filiale di una banca del centro, al piano terra di un lussuoso edificio dall’architettura moderna.
La piazza era invasa da tantissime auto della polizia e accanto ad una di queste stava appostato Orochimaru; poco lontano Ibiki dava disposizioni ad alcuni poliziotti.
Orochimaru gettò un’occhiata rapida ai due amici, soffermandosi in modo particolare sull’eleganza di entrambi e squadrando le gambe di Tsunade; poi ruotò gli occhi sul viso di Jirayia, che ricambiò lo sguardo con una lieve espressione di sfida e agguantò con una mano il rapporto che Orochimaru reggeva.
“Come mai sei qui, Tsunade? Hai ritirato la tua domanda di dimissioni?”
Jirayia si voltò di scattò verso Orochimaru, sul cui viso era comparso un sorriso sprezzante, per poi girarsi a guardare Tsunade, che scrutava Orochimaru in modo concertato ma presumibilmente stava combattendo dentro di sé una battaglia per non guardare Jirayia.
Dunque le cose stavano così: Tsunade aveva già deciso di andarsene.
E allora per quale motivo aveva allestito tutta quella manfrina, piena di tutti quei vorrei e di possibilità?
Jirayia non diede a Tsunade il tempo di rispondere e l’anticipò, sbattendo il rapporto tra le mani di Orochimaru. “Quando mi hai chiamato sul cercapersone eravamo fuori a cena. Che succede?”
Orochimaru fece un viscido sorriso di approvazione per poi divenire nuovamente serio. “Un disperato sta minacciando di far esplodere una bomba dentro quella banca. Ibiki forse sta trovando un punto di incontro; per mettere in sicurezza l’area e disinnescare la bomba però ci serve un artificiere.”
“E ovviamente hai chiamato me.”
“Non era mia intenzione interrompere la tua serata.”
Jirayia ignorò il commento di Orochimaru.
Si tolse l’impermeabile che gettò sul sedile posteriore dell’auto e poi legò i lunghi capelli argentei in una coda; appese dunque il distintivo della polizia al collo e poggiò la valigetta che aveva portato con sé. Si voltò verso Tsunade.
“Sei sicura di voler restare qui? Ti chiamo un taxi.”
Tsunade sbatté le palpebre. “Ormai che ci siamo…”
Attesero altri dieci minuti, quando il telefono all’interno della volante squillò e Orochimaru fece cenno a Ibiki di avvicinarsi; questi accorse in un attimo e rispose al telefono, mentre il primo mise le cuffie.
“Sì.” Disse guardando gli altri tre.
Mosse gli occhi in modo indefinito e si concentrò su Jirayia.
“Ascoltami, lo so che è difficile ma se fai come ti ho detto, non succederà niente di brutto. Sì… lo so. Ma non è questa la cosa giusta. Come dici?”
Ibiki e Orochimaru si guardarono.
“Vuoi che venga io?”
Orochimaru indicò insistentemente Jirayia.
“Vengo solo se mi permetti di portare un mio amico.”
Pausa.
“Non è una persona che ti vuole fare del male, è una persona che ti può aiutare… No, nessuno ti vuole mettere la camicia di forza. Verrò con un artificiere, d’accordo? Arriviamo. Niente armi però ci servono gli strumenti per disinnescare la tua bomba. Te li faremo vedere. Fidati di me.”
Pausa.
“Ok.” Ibiki chiuse il telefono. “Andiamo, Jirayia.”
Jirayia annuì e, prima di incamminarsi con la sua valigetta, prese la pistola che teneva nella cinta e la posò con il caricatore sull’impermeabile; Ibiki lo imitò.
“Andate disarmati?” chiese Orochimaru, sgranando gli occhi.
“Ibiki ha detto niente armi.” Scandì Jirayia, dunque si rivolse a Tsunade, che lo guardava con un’espressione non più ansiosa bensì delusa.
Ormai era chiaro: voleva andare via perché non voleva più trovarsi in situazioni come quelle, in cui lei aspettava che Jirayia tornasse da una banca in cui un disperato aveva minacciato di farsi esplodere con una bomba.
Non voglio più soffrire…
“Tranquilla…” le sorrise Jirayia, quasi leggendole nel pensiero. “Faccio in un battibaleno.”

* * *

“Alla fine hai deciso in quale facoltà iscriverti?”
“Storia. Tu ovviamente andrai a matematica, no?”
“Ovviamente.”
“E Kurenai?”
“Ha deciso di partire per l’Inghilterra… vuole imparare l’inglese.”
“Capisco. Le hai detto cosa pensi di lei?”
“Certo che no.”
“Non è una risposta ovvia questa.”
“Deve vivere la sua vita. E poi non stiamo insieme.”
“Perché tu non le hai detto cosa provi.”
“Senti un po’, guarda che ho visto come guardi Anko Mitarashi ogni volta che visiti la comunità. Ma tu non vuoi parlarle… oggi tra l’altro ha fatto il compleanno, perché stasera non prendiamo la macchina e usciamo con lei e Kurenai? Magari fate amicizia.”
“Non cambiare argomento.”
“Silenzio, assenso… lo sai, vero?”
“È molto carina ma non è la ragazza giusta per me.”
“Cosa te lo fa pensare?”
“Ho un sesto senso.”
“Un sesto senso del cavolo…”
Kakashi gli gettò un’occhiataccia.
“Sicuro di non voler uscire stasera?”
“No, Asuma… magari un’altra sera. Non mi va di lasciare mia mamma da sola.” Disse Kakashi. “Mi ha fatto piacere farti compagnia e poi volevo salutare tuo padre.”
Asuma non replicò e gli fece cenno di seguirlo, accompagnandolo nello studio del padre come richiesto.
Il professor Sarutobi era intento a leggere un libro, seduto su una poltrona del suo studio e, quando alzò gli occhi sui due ragazzi, fece un sorriso.
“Ciao, Asuma. Kakashi… che sorpresa. Resti con noi stasera?”
“Buonasera professore, sono passato solo a salutarla. Mia mamma mi aspetta a casa.” Affermò Kakashi, andando a stringergli la mano.
“Capisco… ma tu sai che le porte di questa casa sono sempre aperte per te e tua madre.”
“Lo so, professore.”
“Allora arrivederci, Kakashi.”
“Arrivederci, professore.”
I due ragazzi uscirono.
“Beh…” Cominciò Asuma. “Se non vuoi uscire stasera… non insisto.”
“Grazie, Asuma.”
Asuma fece un sorriso comprensivo, dunque Kakashi lasciò l’edificio e riprese a camminare lungo la direzione di casa.
Percorsi duecento metri notò la figura solitaria di Anko passeggiare dall’altro lato della strada: portava una capiente borsa a tracolla e sembrava tranquilla, guardando le vetrine dei negozi e tenendo sotto braccio un album da disegno.
Fece per attraversare, con l’intenzione di andare a salutarla, quando vide un’auto accostare e fermarsi vicino a lei.
Anko si arrestò e sorrise all’indirizzo del guidatore: era un uomo coi lunghi capelli neri che Kakashi aveva già avuto modo di incontrare all’interno della comunità e anche per via di suo padre.
Un poliziotto di nome Orochimaru.
Studiò Anko mentre saliva in macchina e quando Orochimaru si rimise su strada, per una brevissima frazione di secondo i loro sguardi si incrociarono.
Quando fu sparito dietro l’angolo, Kakashi si mise le mani in tasca e riprese a camminare.
“Kakashi.”
Il ragazzo si voltò. “Obito, sei tu.”
Gli occhi rossastri di Obito quella sera avevano un che di inquietante: Kakashi pensò che ciò fosse dovuto anche all’espressione preoccupata del ragazzo.
“Che succede, Obito?” chiese Kakashi, con un po’ di insistenza.
Obito diede un ultimo tiro alla sigaretta che stava fumando e la gettò a terra, pestandola.
“Non qui… Dobbiamo trovare un posto sicuro per parlare.”
Era visibilmente angosciato.
Kakashi obbedì e seguì l’amico in un vicolo deserto.
“Che succede?” ripeté Kakashi.
“Stamattina ho incontrato il maestro Minato prima di andare a scuola.”
“Che ti ha detto?”
“Mi ha detto che non sta passando un bel periodo. Teme che possa saltargli la copertura, forse qualcuno lo ha scoperto ma non so altro.”
“In che senso?”
“Dice che ormai è un dato di fatto che si siano intensificate le attività relative al traffico di ragazzi.”
“Traffico di ragazzi?”
“Sì.”
“Ma… perché mi dici questo?”
Obito sollevò i suoi intensi occhi rossi su Kakashi.
“Mi prendi in giro?”
“No, voglio sapere quali siano le tue intenzioni.”
“Non voglio aspettare con le mani in mano in attesa che qualcuno venga a dirmi che Rin è morta.”
“La polizia si sta occupando di cercare Rin.”
“Kakashi… la polizia è MARCIA.”
“Non credo che tutta la polizia sia così.”
“Guarda che non sono stato io a spingere tuo padre al suicidio perché hanno incastrato una persona innocente.”
Kakashi sussultò all’udire quelle parole: Obito aveva toccato un nervo scoperto.
“Tieni fuori mio padre da questa storia. Io non posso fare niente per Rin.”
“Non vuoi neanche sforzarti di andare a cercarla o di andare nei posti che lei frequentava?”
“Non sta a noi fare questo, Obito.”
“Questi sono discorsi da codardo… Kakashi. Sei ancora in tempo per ripensarci.”
Obito fece per tornare sui suoi passi ma fu presto bloccato da una figura col volto coperto.
“Ehi.” Sbottò Obito.
Quello non disse niente ed estrasse una grossa pistola su cui stava montato un silenziatore.
“Attento, Obito!” scattò Kakashi, gettandosi sull’amico.
Obito estrasse a sua volta un’arma e iniziò a sparare.
Per un attimo Kakashi non riuscì a comprendere quale fosse stata la causa di quell’improvviso e allucinante bruciore all’occhio.
Fu solo quando si fu ritrovato a terra, schiacciato dal peso di un immobile Obito, ed ebbe avvertito tutto quel silenzio che si rese conto di essere caduto nell’oscurità inquieta.


But there never seems to be enough time
to do the things you want to do, once you find them…
I've looked around enough to know
that you're the one I want to go through time with…

Time in a bottle – Jim Croce

Prossimo capitolo: Intorpidito


A parte che Tenzo Nakamura è una licenza proprio spregiudicata… questo capitolo è stato UN PARTO, davvero ragazzi… in ogni caso voglio essere BUONISSIMA, il prossimo capitolo parla di un Numb Gaara!
È tardi stasera perciò scusate si ci sono errori!

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Intorpidito ***


Ciaooooo bimbiii ^^ scusate se vi ho fatto aspettare tanto per questo capitolo ma dovete capire che sono delle settimane incasinatissime, poi sono stata male e dovevo fare una cosa per la tesi in tempi record… °-°
Perciò perciò perciò… partiamo coi ringraziamenti!
Innanzitutto grazie a Heart_break che è un tesoro, poi grazie per le recensioni dettagliatissime a kry333 che già conosco ^^ a Lizzie1096 che mi ha scritto dopo che l’ho ringraziata per avermi aggiunta tra le sue storie, che carina ^^ e Mfelewzi, a quest’ultimo in modo particolare lo ringrazio (sei maschio??) per gli utili consigli anche se forse non sono riuscita a metterli tutti in pratica, soprattutto per la lunghezza del capitolo (sebbene sia più lungo di una pagina di quello della volta scorsa! XD), la tua recensione è stata in assoluto quella più sconvolgente *-* spero di avere il tempo e la forza di fare tutto quello che mi hai scritto, sarebbe molto divertente!
Infine grazie anche a Hikari Hanazono per aver aggiunto You and me against the world tra le storie seguite!
Prima o poi capirete da cosa viene fuori il titolo della mia storia… :D anzi… si accettano scommesse!
Intanto però concentratevi su “Numb” e ditemi se è appropriata!

Capitolo 18
Intorpidito


Can't you see that you're smothering me
holding too tightly, afraid to lose control…
Cause everything that you thought I would be
has fallen apart right in front of you…
(Caught in the undertow just caught in the undertow)
Every step that I take is another mistake to you
(Caught in the undertow just caught in the undertow)
and every second I waste is more than I can take…!

Numb – Linkin Park

Oggi.

Anko guardò l’orologio: stando a quanto diceva lui, la sua lezione sarebbe dovuta incominciare circa un quarto d’ora prima.
Arricciò il labbro inferiore.
Forse le lancette dei minuti erano troppo avanti.
Si affacciò dunque alla finestra del corridoio che dava sul cortile della scuola, al cui centro capeggiavano delle frequenti macchie rosse.
I suoi studenti le avevano raccontato che alcuni giorni prima ci fosse stato il pestaggio di un ragazzo: per un momento Anko aveva supposto che si fosse trattato di un atto di bullismo ma poi, dopo essersi confrontata coi colleghi, era giunta a una conclusione diversa.
Non si era trattato di uno scontro ma di una supremazia a tutti gli effetti.
“Ehi, Anko.”
Anko si voltò all’udire la voce di Ibiki, che avanzava stringendo in una mano la sua borsa da lavoro.
“Ciao, Ibiki.”
Lui si fermò, estrasse dalla borsa alcuni fascicoli di spessore consistente e glieli porse.
“Ti ho portato ciò che mi avevi chiesto.”
Anko per un istante rimase come in trance, poi sbatté le palpebre.
“Hai… hai trovato tutto?”
Ibiki annuì.
“Io… io non so come ringraziarti.”
“Non devi ringraziarmi, Anko.”
“È stato difficile trovare tutte queste cose? Come hai fatto a ottenerle?”
Ibiki fece un respiro profondo. “No… non ho avuto particolari difficoltà. Ho conservato ogni dettaglio di ogni indagine che io ho dovuto portare avanti.”
Anko sgranò gli occhi.
“Ti sei occupato tu del mio caso?”
“Non di te direttamente ma sì. Ad interrogare te ci ha pensato qualcun altro… io ho dovuto fare il resto ma, dopo un po’ di tempo, non me la sono sentita di continuare.” Soppesò le parole per qualche istante. “In quel periodo scomparvero molti ragazzi… tu sei stata una dei pochi a essere stata ritrovata… viva tra l’altro.”
Anche Anko respirò profondamente.
“Capisco… grazie.”
Ibiki forse non si aspettava quella reazione dalla collega ma alla fine fece un gesto con la mano, come se desse alla cosa poca importanza. “Non potevo fare finta di nulla sapendo di avere queste cose a casa, dopo che me le avevi chieste. Ti chiedo solo di non divulgarle… Alcuni casi sono ancora aperti.”
Anko annuì e posò i fascicoli dentro la borsa. Alzò gli occhi sulla porta dell’aula.
“Ibiki, che ore sono?”
“Credo che tu possa bussare tranquillam…”
Anko probabilmente aspettava solo il La da Ibiki, sicché iniziò a bussare insistentemente e aprì la porta prima ancora di ricevere risposta.
“Buongiorno professoressa Mitarashi, posso fare qualcosa per lei?”
“Kakashi, potresti cortesemente uscire e permettermi di fare la mia ormai mezz’ora di lezione?”
“Davvero?” Kakashi posò il libro di storia sulla cattedra e guardò l’orologio, sobbalzando. “La campanella non è suonata.”
“Già.” Sbottò Anko, posando la borsa sulla cattedra, sotto l’espressione sconvolta di Kakashi. “Si è imboscata nel sottobosco politico.”

* * *

La città più che muoversi sembrava trascinarsi.
Gaara aveva poggiato la fronte sul vetro del finestrino dell’auto, mentre questa si spostava lungo le strade di Tokio illuminate dagli ultimi raggi di sole e dalle prime luci dell’illuminazione pubblica.
La radio trasmetteva una canzone in maniera intermittente, invadendo l’abitacolo con un volume basso.
Che canzone era?
Kankuro aveva appena ingranato la seconda marcia, per poi rallentare e fermarsi.
“Gaara, siamo arrivati.”
“Vuoi che ti accompagni?” gli chiese Temari, seduta sul sedile anteriore.
“No…” rispose Gaara, senza muovere gli occhi. “Conosco la strada.”
“Passiamo a prenderti tra un’ora.”
Gaara non rispose, aprì lo sportello e scese dall’autoveicolo, dirigendosi verso il portone di un edificio di dieci piani.
Kankuro osservò il fratello allontanarsi. “Sai, ho saputo che Orochimaru si è convinto che abbia fatto più trambusto Gaara in mezza giornata che i suoi in diversi mesi.”
“Era arrabbiato?”
“No, al contrario.”
“Io sono molto preoccupata.” Rispose Temari. “Che cosa vorrà da questo Sasuke Uchiha?”
Strano a dirsi, questo non lo sapevano né Kankuro né Gaara, che era giunto presso lo studio di un noto psicanalista della città.
Quando arrivò, la segretaria gli disse timidamente che poteva entrare nella stanza del dottore, che era il suo turno.
Il ragazzo la osservò in maniera impersonale e obbedì, chiudendosi la porta alle spalle.
“Ciao, Gaara.”
“Salve.”
Baki era seduto alla sua scrivania ma si alzò. Gli andò incontro e gli fece segno di sdraiarsi sulla poltrona nera reclinabile al centro della stanza, mentre lui si accomodò su una comoda poltroncina rossa.
“Come stai?”
“Lo sa benissimo, dottore, lei e i suoi colleghi in ospedale mi avete imbottito di farmaci nell’ultima settimana.”
“Vedo che nonostante tutto mantieni una certa consapevolezza.”
“Dottore, lei si diverte a evidenziare quali intenzioni stiano dietro a ciò che dico o che non dico?”
“È il mio lavoro.” Tagliò corto Baki, senza mostrare nervosismo. “Andiamo a ritroso. Sei in grado di spiegarmi la differenza avvertita tra il prima e il dopo aver assunto questi farmaci che stai prendendo?”
Ecco come si intitolava quella canzone.
Numb.
“Mi sento… intorpidito.”
“Intorpidito in che senso?”
“Nel senso che non mi sento le forze.”
“Ti senti debole?”
“No… mi sento bloccato.” Asserì Gaara, guardando il soffitto. “Come se avessi i polsi in catene.”
Lo vide scrivere qualcosa sul suo blocchetto. Era maledettamente irritante e probabilmente se non fosse stato tanto intorpidito avrebbe reagito diversamente.
“Ti senti in una prigione? E quale pensi che sia il modo giusto per evaderne?”
“Se non prendessi le medicine…”
Bingo.
“Questo significa che senza le medicine ti sentiresti in condizione di gestire la situazione? In libertà, per così dire?”
“Dottore, cosa vuole sapere?”
“Rispondi alla mia domanda.”
“Le ho detto che con le medicine mi sento intorpidito, quindi senza le medicine mi sentirei più sveglio.”
“Ma quando ti arrabbi… sei consapevole di quello che fai, Gaara?”
“Dosu Kinuta ha avuto quello che si meritava.”
“Non hai risposto alla mia domanda. Sei consapevole?”
Gaara distolse lo sguardo dal soffitto e si rivolse allo psicanalista.
“Di fare del male… sì, ne sono consapevole.”
“E perché lo fai? È una cosa che ti fa stare bene?”
Gaara tornò a guardare il soffitto.
“Non so se mi faccia stare bene o male… ma posso dire che è una cosa che mi fa sentire vivo.”
“Quindi adesso che stai parlando con me e non stai esercitando violenza… non ti senti vivo. Sbaglio?”
“Le ho già detto che quando prendo le medicine mi sento intorpidito.”
“Continui a non rispondere alle mie domande.”
“Adesso non sento niente, se è questo che le interessa.” Replicò Gaara. “Ma ci tengo a sottolineare che in questo momento risento degli effetti delle medicine che… mi fanno stare in una bolla.”
“E cosa pensi che avresti provato se non ti fossero state somministrate le medicine, adesso?”
“Non credo di poterglielo spiegare.”
Baki picchiettò il blocchetto con la penna. “Senti, torniamo a noi… spiegami il significato di sentirti vivo.”
“Quando colpisco qualcuno e gli faccio del male, io riesco a sentire il mio vero me.”
“È una sorta di sadismo?”
“No.”
“E allora cos’è?”
“È… differenza di percezione.”
“Di cosa?”
“Io sento solo il mio battito e quello di colui che ho di fronte. Sento il mio respiro e il suo. Solo che il suo è debole… il mio è forte. Mi sento vivo, così.”
Lo disse sempre con quello sguardo fisso verso il tetto e la voce atona, come se non avesse personalità.
Invece più Baki si ostinava ad ascoltare quei pensieri, più si faceva convinto che quel ragazzo dovesse sopportare le conseguenze di quello che molti psicanalisti definivano disturbo borderline della personalità.
Ma quel ragazzo non era schizoide… quel ragazzo aveva cognizione nel perdere il controllo.
Lui mollava le redini per il solo gusto di avvertire il sopraggiungere dell’adrenalina, perché ciò determinava l’insorgere di un’emozione.
Il suo era un comportamento del tutto antisociale e misantropo ma non solo, possedeva anche una connotazione fortemente drammatica.
Ma a cosa poteva essere dovuta?
Quel suo mero desiderio di affermazione della personalità doveva sicuramente trovare fondamento in qualcosa di ben più profondo.
Non si spedisce così una persona in ospedale.
“Perché hai picchiato Dosu? Voglio dire… hai sottolineato quanto questo ti avesse fatto sentire vivo e che in qualche modo se lo fosse meritato. Bene. Che ti ha detto?”
Gaara si voltò a guardarlo, continuando a tacere.
“Qualcosa deve averti detto… chissà che desiderio covavi dentro di te di sentirti vivo, per ridurlo in quello stato. Che ti ha detto?”
Stavolta Baki sentì di aver toccato un nervo scoperto perché Gaara si mosse nuovamente, cercando di sistemarsi sul suo posto, e strinse leggermente i denti.
Probabilmente, se non avesse preso le medicine, gli avrebbe già sferrato un pugno.
“Sto aspettando.”
“Una persona che normalmente si rivolgeva a lui per fare una determinata cosa, stavolta si è rivolta a me. Lui ha preso la cosa come un affronto personale.”
“E tu lo hai pestato?”
“Non subito.”
“Ti ha detto qualcos’altro allora.”
“Mi ha detto che era meglio che me la facessi alla larga.”
“E poi?”
“Io gli ho detto che quello era un suo problema.”
“E cos’è successo?”
“Mi ha detto che sono uno stronzo figlio di puttana e poi altre cose sempre su mia madre. Dovevo farlo… dottore.”
Baki si mise dritto: quella era una cosa che poteva aspettarsi ma a cui non aveva pensato.
“Tua madre è morta, giusto?”
“Dandomi alla luce. Non l’ho mai conosciuta.” Disse Gaara. “Mio padre mi odia per questo.”
“Come fai a dirlo?”
“Perché è così, mi odia. Io odierei mio figlio se mia moglie morisse per causa sua.”
Baki esitò prima di rispondere di fronte a una tale veemenza nell’esprimere un pensiero tanto gelido.
“E tu provi odio verso te stesso?”
Gaara deglutì e stavolta chiuse gli occhi.
“A me piace sentirmi vivo, dottore. L’unico motivo per cui valga la pena sopravvivere in questo mondo è trovare un modo per ammettere la propria esistenza. E io l’ho trovato… nell’amare solo me stesso e nel fare stare male gli altri.”

* * *

Quel sabato mattina Jirayia si era alzato molto presto e, dopo aver preparato la colazione, aveva svegliato Naruto.
Il ragazzo, diversamente da quanto accadeva di solito, non aveva protestato ed aveva obbedito senza esitazione alcuna, precipitandosi in cucina e mangiando abbondantemente: le gare di Ju Jitsu si avvicinavano e ogni momento, al di fuori dello studio e degli incontri ordinari, era buono per allenarsi, che lo facesse da solo o in compagnia.
Con il fatto che Kiba dovesse scendere di categoria, il maestro Shiranui gli aveva prescritto degli allenamenti e una dieta leggermente diversi dai suoi, per evitare di mettere su una massa maggiore del previsto: ogni cosa che mangiava, andava bruciata nella maniera più immediata possibile.
Invece il peso di Naruto, così come quello di Sasuke, era largamente al di sotto della soglia prevista e, proprio per questo motivo, il ragazzo poteva permettersi il lusso di mangiare cibo più proteico, senza preoccuparsi del fatto di poter mettere su più massa muscolare di quella già posseduta.
Jirayia dunque lo aveva accompagnato al parco, per consentirgli di allenarsi all’aria aperta.
“Vado a fare un po’ di spese in centro, d’accordo?”
“Va bene, ci vediamo al tempio verso le 11.30?”
“Sì, così dopo pranziamo.”
Jirayia si era dunque allontanato a bordo dell’auto e Naruto, che indossava semplicemente un paio di pantaloncini, una t-shirt e una felpa, aveva fatto il suo ingresso nel parco e azionato il contapassi, cominciando a correre per i viali, facendo ben attenzione a schivare le famiglie che passeggiavano, i bambini che giocavano e le persone come lui intente a correre.
Il cielo era sereno e la temperatura fresca, dunque Naruto convenne che fosse stata proprio una buona idea approfittare di quella mattinata per allenarsi.
Stava correndo già da quarantacinque minuti e il suo cuore pulsava in modo insistente.
Cominciò a correre sempre più lentamente e a respirare a fondo, sollevando ritmicamente le braccia ogni volta che inspirava e abbassandole tutte le volte che espirava ma la sua attenzione fu però attirata da una figura che stava lasciando il tempio, presso cui avrebbe dovuto rincontrare Jirayia: il professore Hatake camminava tranquillo, le mani in tasca.
A Naruto risultò spontaneo accelerare verso il professore. “Professore Hatake!”
Kakashi ruotò la testa e si accorse di lui. “Naruto! Che sorpresa.”
Naruto rallentò del tutto e si fermò, respirando profondamente, e gli porse una mano. “Professore, non si avvicini troppo, sono molto sudato.”
“Lo vedo, Naruto.” Il professore non sorrise ma mostrò un’espressione di sereno compiacimento. “Ti stai allenando?”
“Tra un paio di settimane ho delle gare di Ju Jitsu perciò devo mantenermi in forma.”
“Capisco. Mi pare che con te si allenino anche Sasuke e Kiba, giusto?”
“Precisamente.”
“Allora in bocca al lupo.” Stavolta Kakashi sorrise.
“Crepi e grazie, professore.” Rispose Naruto. “Lei invece cosa sta facendo?”
Lo chiese sapendo di essere stato un po’ inopportuno: vedere qualcuno uscire da un tempio e chiedergli cosa stesse facendo non era poco educato però forse avrebbe potuto chiederlo diversamente.
Probabilmente mesi prima Naruto non si sarebbe reso conto del peso delle sue parole tuttavia, in quella circostanza, vide bene di mostrare un’espressione affabile e comprensiva.
Kakashi però non parve irritato da quella domanda e replicò, sistemando il colletto del giubbotto.
“Ogni sabato vengo qui al tempio per rendere omaggio ai miei genitori, a due miei amici e al mio maestro, che sono morti da diversi anni. Lo faccio da così tanto tempo che ormai è diventata un’abitudine… quasi meccanica.”
Lo disse con la stessa naturalezza con cui Naruto gli aveva posto la sua domanda.
“Capisco.” Rispose Naruto. “Mi dispiace molto, per lei. Però…”
Kakashi si concentrò sul ragazzo: evidentemente stava elaborando un pensiero profondo perché cercò di parlare usando i termini giusti e lo fece gradualmente.
“Cosa?”
“Voglio dire, ci sono tanti modi di rendere omaggio a qualcuno che non c’è più.” Rispose il ragazzo, ficcando le mani nella tasca della felpa. “Andare al tempio è uno di questi ma uno non deve farlo per forza, se non lo sente. Si possono benissimo fare altre cose che in qualche modo ci consentano… di elevare lo spirito, come lei dice spesso a lezione. Aiutare gli altri… lei per esempio ha un bellissimo rapporto con Sasuke. Ho visto quanto si preoccupi per lui.”
Kakashi sinceramente non si sarebbe aspettato che Naruto potesse parlare in quel modo, manifestando quella spiccata sensibilità: invece, osservandolo meglio, era come se in quel momento potesse avvertire il frastuono della battaglia di pensieri che animava la mente del ragazzo, come se dentro di lui ci fossero delle voci urlanti, in grado di esplodere come una bomba ad orologeria, nascoste dalla taciuta apparenza di quegli occhi che lo guardavano e squadravano.
Tentavano forse di comunicargli quanto Naruto desiderasse non sprecare la sua vita, quanto sentisse il bisogno di sentirsi realizzato, quanto pungenti fossero alcune piaghe della sua anima -come se fosse pervaso da tanti mostri-, quanto rimbombassero in lui quelle paure che fino a pochi secondi prima a Kakashi erano quasi apparse bizzarre… paura di un compito, paura della folla, paura delle conseguenze di un terremoto, paura della tempesta, paura di non poter impedire un avvenimento, paura di perdere qualcuno, paura di essere tradito, paura di morire…
“Tu dici?”
Domanda barbina.
“Ma certo professore, Sasuke vede una figura paterna più in lei che in chiunque altro.” Rispose Naruto, come se ritenesse la cosa ovvia. “Io ho sempre avuto un ottimo rapporto con il mio professore di matematica delle superiori, anche lui cresciuto nell’istituto in cui vivevo fino a qualche mese fa… Sasuke invece non ha mai considerato qualcuno in quel modo. Mi creda, lei è il primo in assoluto… non so se la veda proprio come una figura paterna ma credo che conti molto su di lei.”
Kakashi sinceramente non si aspettava delle parole simili da quel ragazzo.
Non sapeva proprio cosa dire.
“Non ho mai avuto un bel rapporto con le persone perché sono sempre stato tenuto a distanza ma da un po’ di tempo mi risulta più facile capire certe cose.” Disse Naruto, con semplicità. “Tutto sommato mi ritengo molto fortunato, sebbene si potrebbe stare meglio.”
“Tenuto a distanza?”
“Non mi va di parlarne ora, professore.” Il tono di Naruto non era esitante. “Ma penso che molti aspetti del mio carattere sarebbero stati diversi se non avessi vissuto in una determinata maniera. Ma alla fin fine, ribadisco, nonostante tutto posso comunque ritenermi fortunato. Credo che in giro ci siano situazioni più delicate… Ha visto cosa è successo l’altra mattina? Si hanno notizie di Dosu Kinuta?”
“Il ragazzo che ha aggredito Sakura in palestra.”
“Esattamente.”
Kakashi annuì. “È in ospedale.”
“Ma chi è stato a pestarlo?” chiese Naruto. “So che si chiama Gaara… ma che persona è? Lei lo conosce?”
Kakashi scosse la testa. “Non è un mio studente quindi quel che so è davvero molto limitato… so che è il figlio di una persona molto potente, di un avvocato di un certo livello. Perché me lo chiedi?”
Non aveva risposto a tutta la domanda: a quanto si diceva, il padre di quel ragazzo, oltre ad essere un avvocato rampante, era abituato a difendere persone dalla dubbia moralità.
E a farle assolvere da tutte le accuse, presumibilmente.
Naruto strinse le labbra. “Quando abitavo in istituto mi è capitato di incontrarlo assieme a Sasuke, come se fosse appostato ad osservare. Sul momento non ci ho pensato più di tanto ma poi ho visto cosa ha fatto a Dosu Kinuta…”
“E hai fatto due più due.”
“Diciamo di sì. Sono molto preoccupato, professore.”
Kakashi si strinse il mento. “Vedi, Naruto… poco fa tu mi dicevi che non hai vissuto in maniera egregia ma che in fin dei conti le cose poi siano andate per il verso giusto… forse perché c’è sempre qualcuno che è stato pronto ad aiutarti e supportarti. Ma non tutte le persone reagiscono allo stesso modo, si vede che Gaara è una di quelle. C’è gente che preferisce comportarsi in una certa maniera per costruirsi una maschera di falsità, piuttosto che ammettere di avere bisogno di cambiare. Perché a volte cambiare è possibile solo quando lo si vuole davvero.”
Naruto annuì. “Sì, ho capito.”
Kakashi fece per parlare nuovamente, con l’intenzione di congedarsi da quell’inaspettata conversazione, ma sia lui sia il ragazzo si resero presto conto che lungo la loro stessa strada stessero avanzando delle persone di loro conoscenza.
Hiashi Hyuuga incedeva con un passo misurato, portando a guinzaglio un bellissimo esemplare di Kai Ken, e dietro di lui Neji e una bambina procedevano allo stesso modo; una bella donna dal dolce sorriso si muoveva al suo fianco, accompagnata da Hinata.
C’era la famiglia Hyuuga al completo, ciascun membro abbigliato in modo adeguato per una tranquilla passeggiata al parco in una bella giornata di sole.
In quel gruppo probabilmente la persona più fuori dagli schemi sembrava Hinata, che si muoveva con un atteggiamento sì leggiadro ma più timido e inoltre, rispetto ai suoi parenti, indossava un abbigliamento un po’ più sportivo: se non fosse stato per i leggins neri, tecnicamente lei e Naruto sarebbero stati vestiti in modo uguale, in tenuta da corsa.
Quando si accorse di loro, gli occhi di Hinata fecero un guizzo estasiato, sembrava davvero felice di vederli.
“Naruto! Professore!”
“Ehi, ciao Hinata!” esordì Naruto istantaneamente. Poi si voltò verso Neji e gli fece un cenno di saluto.
Quello lo ignorò.
Naruto si trattenne dal dargli un pugno sul naso. “Signora Hyuuga, è davvero un piacere rivederla… invece non ho avuto questo piacere con lei, signor Hyuuga. Mi chiamo Naruto Uzumaki, sono un compagno di classe di Hinata.”
Questi ricambiò la stretta di mano, con leggera reticenza. “Salve.”
“Papà…” disse Hinata timidamente. “Vorrei presentarti il professor Hatake.”
“Oh.” Protese la mano con maggiore convinzione stavolta. “Hiashi Hyuuga. Cosa insegna?”
“Storia e filosofia.” Rispose Kakashi secco. “Hinata è davvero molto ben dotata, lo stesso vale per Neji.”
Neji fece una smorfia di diniego ma anche Kakashi provvide a ignorarlo.
“Sì, mia figlia Hinata è davvero molto ben dotata.” Rispose Hiashi. “Soprattutto per le materie umanistiche come la storia, la filosofia, la storia dell’arte… mi dispiace che però non coltivi interesse alcuno per il diritto, che è la cosa che più mi interessa.”
Hinata abbassò lo sguardo, Naruto serrò la mascella.
“So che Hinata ha un buon curriculum e il suo rendimento nell’ultimo mese è soltanto aumentato.” Rispose Kakashi, facendo spallucce. “Probabilmente ha solo bisogno degli stimoli giusti dalle persone giuste… ognuno deve fare le cose che più interessano, non che più interessano a qualcun altro.”
Kakashi aveva notato che, da quando Anko aveva spostato Hinata nel posto accanto a Naruto, la ragazza oltre ad essere più felice si esprimesse con toni più sicuri e svolgesse i compiti con serenità e concentrazione.
Naruto…
Evidentemente quel ragazzo per una vita intera aveva vissuto in una solitudine così atroce da averlo costretto a dare agli altri, senza mai ricevere.
Hiashi non rispose ma provvide bene a concludere quella conversazione. “È stato un piacere, professor Hatake.”
“Il piacere è tutto mio.” Rispose Kakashi. “Arrivederci signora Hyuuga, ci vediamo a scuola ragazzi.”
Naruto rimase inchiodato di fronte a quell’inconsueta famiglia dalle parvenze eccentriche, mentre il professor Hatake si allontanava, ma il Kai Ken tenuto dal signor Hyuuga attirò la sua attenzione: il cane lo aveva annusato e in brevissimo tempo aveva iniziato a scodinzolare in maniera giocosa.
“Ehi, quanto sei simpatico.” Il ragazzo si abbassò, carezzandogli la testa e le orecchie.
“Posso portare Hideioshi a spasso con Naruto?”
Hinata lo chiese più con un tono di preghiera che di cortesia.
Hiashi mostrò uno sguardo di indifferenza e le porse il guinzaglio.
“Ci vediamo al gazebo.” Le disse sua madre, prendendo Hanabi per mano. “Neji, vai con loro o vieni con noi?”
Il ragazzo scosse la testa. “Io vado al tempio, vi raggiungo dopo.”
Hinata e Naruto iniziarono a correre con Hideioshi a fianco e solo dopo una buona mezz’ora si fermarono.
“Vieni spesso qui al parco con i tuoi?” chiese Naruto in maniera confidenziale, mentre si sedeva sul prato. “Ti spiace se mentre tu parli, io faccio un po’ di addominali?”
“No…! Certo che no! Sto intralciando il tuo allenamento?”
“Ma cosa dici?! Perciò, rispondimi… vieni spesso?”
“Nei fine-settimana in cui mio padre è a Tokio.”
“Capisco.”
“E tu?”
“Io devo…” Si sollevò, sbuffando. “Allenarmi…” Si riabbassò. “Quanto più possibile… Niente, non posso fare addominali mentre parlo con te.”
Hinata rise, accarezzando il dorso di Hideioshi, intento a prendere il sole. “Non parlare allora.”
“Nah… mi piace parlare con te.” Rispose Naruto: tutto ciò che diceva era semplice e diretto, niente di più.
Hinata arrossì. “Non posso vanificare i tuoi allenamenti.”
“Hinata senti, tu pratichi Wing Tsun, giusto?”
E questo cosa c’entrava?
“Io… sì.”
“Ti va di darmi una mano con gli allenamenti? So che quella che tu pratichi è una disciplina molto severa e anche aggressiva. Ho bisogno di confrontarmi con qualcuno di diverso da Sasuke e Kiba.”
Hinata trattenne il respiro. “Io, non so… tu dici che possa esserti di aiuto?”
Naruto mostrò uno sguardo strano, come di incertezza mista a sicurezza. “Almeno potrò dire di averci provato, no?”
E anche questa volta Hinata, incantandosi di fronte all’espressione di pacata soddisfazione di Naruto, dovette ammettere che aveva ragione.


I've become so numb, I can't feel you there,
I've become so tired so much more aware…
I'm becoming this, all I want to do
is be more like me and be less like you…

Numb – Linkin Park

Prossimo capitolo: Fammi volare via


Ok… ok… questo capitolo non regge assolutamente il confronto con il precedente che in assoluto secondo me è il più bello che io abbia scritto finora.
Però ragazzi i parti vengono una volta ogni tanto, non tutte le settimane XD
Cosa vi è piaciuto e cosa non vi è piaciuto? In ogni caso ho cercato di accontentare un po’ di richieste da parte vostra sui contenuti e inoltre vi ho fornito la mia versione AU di Gaara!
Poverino… T_T
Vi invito a riflettere su una cosa che ho scritto, riguardo la prigione. Baki ha usato il termine “Evadere”.
Che ne pensate?

Il prossimo capitolo conterrà una canzone in francese!
Al solito... scusate la presenza di eventuali errori!

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Fammi volare via ***


Ciaoooo a tutti ^^ Partiamo subito col dire che la canzone di questo capitolo è molto vecchia, ne è stata riproposta una versione un po’ commerciale, per i miei gusti, tuttavia è molto carina e orecchiabile e le sue parole sono molto belle, leggendone il testo mi è venuto istintivo pensare alla mia storia! Soprattutto quando dice J'ai pas choisi de naître ici entre l'ignorance et la violence et l'ennui, mi è sembrata azzeccata!
E quindi… quindi niente, ho avuto un gran mal di testa in questi giorni, quindi vediamo fino a che punto mi tratterrò dallo scrivere boiate.

Grazie a selenagomezlover99 per aver aggiunto la storia tra le seguite e le ricordate, saluto poi flykari19 per le sue calorisissime recensioni, Mfelewzi che è diventato il guru della combriccola e per ultima ma non per ultima Heart_break che mi fa ridere sempre tantissimo, soprattutto quando mi manda l’emoticon inchino (ノ_ _)ノ

Ok, smetto… scusate se sto aggiornando solo ora ma ho finito di scrivere la tesi e ho la consegna entro lunedì perciò sono divisa tra correzioni, saldature, circuiti e dolori cervicali potenti.

Capitolo 19
Fammi volare via


Minuit se lève en haut des tours,
les voix se taisent et tout devient aveugle et sourd…
La nuit camoufle pour quelques heures
la zone sale et les épaves et la laideur…
J'ai pas choisi de naître ici
entre l'ignorance et la violence et l'ennui…
Je m’en sortirai, je me le promets
et s'il le faut, j'emploierai des moyens légaux…

Envole Moi – Matt Pokora feat. Tal (by Jean Jacque Goldman)

“Guarda questo qui!”
“Ma è costosissimo!”
“Sì ma è troppo bello, sarebbe fantastico andarci!”
“Con quali soldi?!”
“Uffa, che rottura che sei, Sakura! Sto solo guardando!”
Chiunque in quell’istante fosse entrato nel negozio di fiori degli Yamanaka, sarebbe rimasto colpito di fronte all’entusiasmo con cui due ragazze, una bionda e l’altra dai capelli rosa, fossero intente a guardare qualcosa in un netbook.
Era ormai da un’ora che Ino, tra un cliente e l’altro, si ostinava a visitare siti di villaggi vacanze e alberghi lungo la costa, in cui andare possibilmente a passare le vacanze, col disappunto di Sakura di concentrare la propria attenzione su quelli con un maggiore numero di stelle.
“Magari potessi andarci.” Sbuffò ad un certo punto la bionda, prendendo atto del fatto che Sakura avesse ragione: certi luoghi non erano ancora alla loro portata. “Che ne diresti di un campeggio?”
“Beh, sì… sarebbe divertente.” Ponderò Sakura. “Non è un’idea malvagia ma il campeggio va assolutamente fatto in gruppo. Dove pensi che potremmo andare?”
“Il campeggio si fa al mare oppure in montagna.”
“Grazie, proprio non ne avevo idea.”
“Senti, mi hai fatto una domanda ovvia, che volevi che ti dicessi?”
“Sarebbe il caso che stabilissimo se andare al mare o in montagna a fare questo benedetto campeggio.”
“E sulla base di quale criterio?”
Sakura arricciò le labbra: l’unico motivo per cui fosse chiaramente disponibile ad andare in vacanza era quello di coinvolgere anche Sasuke.
Non che non volesse partire con Ino e gli altri ma non le piaceva l’idea che il ragazzo rimanesse in qualche modo escluso.
Anche Ino era del suo stesso parere ma lei ci vedeva solo il lato ludico della situazione, Sakura invece desiderava proprio che Sasuke facesse un’esperienza diversa e più da ragazzo normale.
Poi certo… anche lei avrebbe voluto vedere un po’ di lato ludico…
“Senti, ci voglio pensare.” Tagliò corto prendendo la borsa e il giubbotto dall’attaccapanni. “Adesso comunque è meglio che vada, non vorrei che si facesse buio.”
“Mandami un messaggio appena arrivi a casa.”
“D’accordo.” Sorrise Sakura all’indirizzo di Ino. “Ciao, salutami i tuoi.”
Uscì dal negozio di fiori percorrendo il marciapiede, circondata da passanti, e iniziò a muoversi lungo il tragitto in direzione della scuola: il negozio di Ino era a circa quindici minuti di cammino, mentre casa sua era posizionata al di là della scuola.
Il sole faticava sempre più a tramontare, segno che le giornate si stessero allungando in previsione del periodo estivo: il buio invernale aveva sempre esercitato una strana influenza negativa sull’umore della ragazza e sulla sua capacità di portare avanti gli impegni.
Al mondo esistevano persone meteoropatiche, il cui umore era essenzialmente schiavo del clima; Sakura invece non riusciva a tollerare il buio, l’oscurità.
Non che avesse paura del buio, semplicemente non le piaceva, apprezzava molto di più il cielo azzurro e i tardi tramonti estivi: la sola idea di dover studiare il pomeriggio con il buio scatenava in lei qualche sintomo di depressione.
Aprì la borsa e recuperò il cellulare assieme agli auricolari, intenzionata ad ascoltare della musica, quando vide una chiamata di Naruto e un messaggio in cui le chiedeva di farsi sentire.
La ragazza sgranò gli occhi con sorpresa e provvide bene a rispondere all’invito del ragazzo, richiamandolo sul cellulare.
Dopo pochi squilli, Naruto rispose.
“Ehi, Sakura!”
“Naruto, mi cercavi?”
“Sì.” Rispose il ragazzo entusiasmato. “Sei per strada? Non avevi pugilato oggi pomeriggio.”
“No, sono stata a pranzo da Ino e sto tornando adesso a casa. Mi volevi dire qualcosa?”
“Ti chiamavo per quella storia delle vacanze estive!” esclamò il ragazzo. “Jirayia mi ha consigliato qualche posto in cui andare e volevo parlartene.”
“Ah, sì…”
“Che cosa c’è?”
“No, niente… comunque ok, domani mattina ne riparliamo a scuola.”
“Va tutto bene?”
“Come dovrebbe andare?”
“Non so, mi sembri strana.”
“È che sto… camminando.” Affermò Sakura su due piedi.
“Mmh… d’accordo. Domani ne riparliamo. Ciao, allora.”
Chiuse la chiamata ma Sakura aveva capito che il ragazzo non fosse rimasto tanto convinto dalle sue parole e non avrebbe potuto dargli torto.
Tuttavia i suoi pensieri in quel momento erano fin troppo condizionati.
Stava ancora camminando, mentre ascoltava Teardrop dei Massive Attack, quasi giunta a due isolati di distanza da scuola, quando notò qualcosa di inaspettato.
Vide un ragazzo con i capelli acconciati a cresta che stava uscendo dalla soglia di un basso edificio dall’aria antica e visibilmente malconcia.
Teneva il portone aperto con una mano mentre l’altra era protesa verso l’interno, in attesa di qualcuno che poi uscì a sua volta.
Sakura sussultò: era Itachi.
Era strano e insolito che ad accorgersi della presenza dell’altro stavolta fosse stata lei perché normalmente era sempre stato Itachi a sorprenderla, pur non vedendoci.
Quello di avvicinarsi a lui fu un gesto quasi istintivo.
“Itachi?”
Quando il ragazzo udì la sua voce, mostrò la stessa espressione di sbigottimento di quando Sakura gli aveva detto che praticava pugilato.
“Sakura, sei tu?”
Il ragazzo che lo accompagnava la osservò incuriosito.
“Sì.” A Sakura risultò spontaneo sorridere. “Stai bene?”
“Diciamo bene.” Sembrava sorpreso. “E tu?”
“Anch’io… diciamo bene.”
“Capisco…” le disse con tono sospeso. “Cosa fai di bello?”
“Stavo tornando a casa.” Replicò Sakura. “Ho passato il pomeriggio con una mia amica. E tu?”
“Io stavo uscendo a fare due passi.”
“Vuoi fare la strada insieme?”
Sakura glielo chiese con un tono di lieve agitazione, tale però da non attirare troppo l’attenzione.
Almeno, Itachi e il suo amico non parvero essersene accorti.
Itachi esitò in modo evidente prima di risponderle; poi mosse la mano all’incirca in direzione dell’amico. “Kisame. È un problema se parlo un poco con la mia amica?”
Quello scosse la testa in un evidente gesto meccanico.
“No.” Guardò poi Sakura. “Io cammino davanti.”
Sakura fece un piccolo sorriso e il ragazzo chiamato Kisame iniziò a procedere lungo il marciapiede, mentre Itachi si chiuse la porta alle spalle.
“Ti serve aiuto?” domandò Sakura a Itachi.
Itachi le si avvicinò e sollevò il suo bastone. “Mi basta tenerti per un braccio.”
Sakura fece per cingergli un gomito ma Itachi le scostò la mano e fu lui a stringerle un braccio.
“Mi aggrappo io a te.”
Sakura arrossì ma si sentì sollevata al pensiero che Itachi non potesse accorgersene.
“Abiti lontano da qui?” le domandò in modo pacato.
“No… qualche minuto di strada a piedi. Dietro la scuola, a circa sette minuti.”
“Capisco.” Rispose Itachi. “Quindi non siamo tanto distanti.”
Kisame di tanto in tanto ruotava la testa per assicurarsi che tutto fosse a posto ma deambulava a distanza, con discrezione.
Sakura fece per scendere dal marciapiede, con l’intenzione di attraversare la strada, ma si fermò.
“Che c’è?”
“Dobbiamo scendere un gradino.”
Itachi socchiuse la bocca. “Grazie.”
“Non esci mai da solo?” gli domandò mentre si preoccupava di verificare che non ci fossero automobili.
“Esco anche da solo… col bastone e i segnali acustici riesco ad orientarmi ma preferisco sempre essere accompagnato, anche per brevi tragitti.”
Lo disse ostinandosi a puntare lo sguardo vitreo dinanzi a sé, quasi come se volesse evitare di rivolgersi a Sakura.
La ragazza aveva più volte osservato che, quando parlava con qualcuno, Itachi tendesse a ruotare leggermente la testa in direzione della fonte interlocutrice, probabilmente per assicurarsi di cogliere ogni parola ascoltata.
In quella circostanza ciò non stava accadendo.
“Tu… ti occupi di qualcosa?”
Sakura gli fece quella domanda senza nemmeno aspettarselo: era come se la presenza di Itachi le incutesse timore e la appassionasse allo stesso tempo.
Quel ragazzo esercitava su di lei un’attrazione dalle radici misteriose, più lo guardava e più avvertiva dentro di lei la sensazione che qualcosa di nuovo ma allo stesso tempo dall’aria familiare la solleticasse.
Come quando ad un’età già avanzata si assaggia una pietanza che ricorda i sapori dell’infanzia, suscitando ansia e commozione al tempo stesso.
“Faccio il centralinista.”
“Ma prima facevi altro, giusto?”
“Sì, studiavo psicologia e nel frattempo… lavoricchiavo.”
Lo disse con un tono non freddo ma secco, come se volesse sviare.
“Capisco… è molto interessante, però. Non hai mai pensato di continuare con la psicologia?”
Itachi non rispose alla considerazione di Sakura; si limitò a camminare per la lunghezza di un isolato fino a quando, all’incrocio successivo, Sakura non si fu fermata per l’ennesima volta, sotto lo sguardo distaccato ma vigile di Kisame.
“Itachi, io sono quasi arrivata a casa.”
“Sakura, mi toglieresti una curiosità?”
“Certo, dimmi.”
“Perché vuoi parlare con me?”
Il suo sguardo vitreo stavolta era fisso verso l’alto: stava immaginando, probabilmente, di osservare il cielo ancora illuminato dagli ultimi raggi di sole.
L’espressione di Sakura si fece perplessa ma questo Itachi non avrebbe potuto intuirlo se non udendo il tono della sua voce.
“Come, che significa perché voglio parlare con te?”
“C’è un motivo per cui tu finora mi abbia assecondato?”
Sakura si sentì spiazzata. “Itachi, continuo a non capire. Perché mi chiedi queste cose?”
“Non so.” Sbottò lui. “Mi chiedo perché tu lo faccia.”
Sakura inarcò un sopracciglio. “Guarda che sei stato tu a parlarmi la prima volta, in discoteca, e a voler fare amicizia con me. Non ti sei neanche presentato, ti sei fatto dire dalla tua amica che aspetto avessi e sei venuto a cercarmi, mi pare di aver sempre contraccambiato, almeno in parte, il tuo interesse nei miei confronti.”
Ripensò a quella volta a pranzo in cui lui le aveva dato quel numero di telefono a cui lei non aveva mai chiamato.
Bisognava anche dire le cose per come stavano: Itachi non aveva mai detto niente di più personale del suo nome, della sua cecità o, giusto appunto in quel frangente e solo perché lei glielo avesse domandato, del suo lavoro.
Né tanto meno Sakura si era degnata di dirgli su di lei più di quanto fosse stato detto a Itachi dai suoi amici, in virtù della semplice apparenza.
Non aveva dato ulteriore confidenza a quello che fondamentalmente aveva in ogni istante ritenuto un estraneo… per paura, insicurezza o semplice senso di responsabilità e adesso che lo stava facendo, che si stava mostrando gentile, doveva anche sentirsi biasimata.
L’espressione di Itachi non tradì alcuna emozione, tuttavia Sakura si accorse che i muscoli della sua faccia si fossero rilassati; anche il tono della sua voce parve fare lo stesso quando replicò.
“C’entra il fatto che sono cieco? Ti faccio pena? Oppure c’è qualche altro motivo che ti spinge a frequentarmi?”
Sakura tuttavia all’udire quelle parole fece un passo indietro: non se lo aspettava.
Però, ora che ci pensava, per certi versi quella storia le faceva tornare in mente la sua volontà di portare in vacanza Sasuke.
Per cosa lo faceva?
Per divertimento?
Per amore?
O per compassione…?
“Itachi, senti… io non so perché tu pensi queste…”
Sakura dovette interrompersi perché Itachi aveva alzato la mano dal suo braccio ed era risalito al collo e poi al viso.
Restò di sasso mentre il ragazzo le sfiorava la guancia, la fronte, il naso e poi la bocca.
Poi ritrasse la mano e parlò.
“Scusami, Sakura, non volevo spaventarti. Volevo solo capire una cosa.”
“Che cosa?” esalò Sakura, senza fiato.
“Sei molto bella, Sakura. Volevo solo assicurarmene.”
“E cosa c’entra col discorso di prima?”
“Sakura, una ragazza bella come te può frequentare uno come me solo per pietà…” fece una breve pausa. “… o curiosità.”
“Non ho mai avuto un amico cieco.” Ribatté Sakura in maniera risentita. “Forse questo, sì… mi incuriosisce. Ma non ti compatisco.”
Itachi continuò a osservare verso l’alto e mostrò l’ombra di un sorriso, ma sempre in maniera piuttosto celata.
“Sakura, tu sei una brava ragazza. Anzi…” Aggiunse, con una nota di rammarico. “… non ti offendere però se te lo dico… ma tu sei una ragazzina. Mi hanno detto che hai le fattezze di una ragazza ma alla fine non sei altro che una ragazzina. Non puoi frequentare uno come me.”
Sakura strinse le palpebre. “Non posso?”
“Solo una pazza lo farebbe. Kisame, andiamo?”
Il suddetto si avvicinò ma Itachi fece capire di avere ancora qualcosa da dire.
“Sakura, per me è stato davvero un grande piacere conoscerti. Prenditi cura di qualcuno che abbia davvero bisogno di te.”
E si allontanò, lasciando una disorientata Sakura sola in mezzo al marciapiede.

* * *

“Quando è successo?”
“Ieri.”
“Ti ha detto proprio così?”
“Sì. È stato un po’ deprimente.”
“Lo immagino. Ti ricordi cosa ti ha detto su Hidan?”
Hinata aggiunse alcune frasi al compito di Giapponese Antico posato sulla scrivania, mentre con la mano sinistra teneva il telefono accostato all’orecchio.
“Certo che mi ricordo. Che era meglio che non venisse mai a sapere il tuo indirizzo di casa e il tuo numero di cellulare.”
“Se è per questo non ha avuto il tempo di scoprire neanche il mio cognome.”
“Lo stesso vale per me. Ma nemmeno io sapevo su di lui più di tanto.”
“Sakura, forse è meglio che sia andata così… io non mi sarei fidata. Mi chiedo come non ti abbia messo in agitazione anche il solo fatto di essere osservata in questo modo da qualcuno solo perché lui volesse sapere qualcosa in più su di te.”
“Già… è vero.” Rispose Sakura, sospirando.
“Ora però… dovresti tranquillizzarti, alla fin fine non è successo niente.”
“Sono tranquilla, davvero.”
“Sicura? Se vuoi parlare… non ti fare problemi. Io ti ascolto volentieri.”
“No, credo di averti raccontato tutto. Non me la sono sentita di riferire una cosa simile a Ino, ho pensato che tu oltre a conoscere la storia avresti capito.”
“Hai fatto bene a parlarne con me.” Rispose Hinata, mentre con la mano destra si ostinava a scrivere. “Posso aiutarti in qualche modo?”
“Organizzi le vacanze estive al posto mio, per favore?”
Hinata rise. “Sembra un’impresa ardua, non so se sia il caso di accettare.”
“Io volevo provare a coinvolgere Sasuke ma è davvero molto difficile.”
“Per via del fatto che viva in istituto.”
“Se sapessimo dove andasse…”
“Beh… dopo mi vedo con Naruto, provo a chiedere a lui?”
“TI VEDI CON NARUTO?!”
“S-s-sì…!”
“E me lo dici così?”
“Non è un appuntamento!” esclamò Hinata arrossendo, indignata. “Mi ha chiesto di dargli una mano negli allenamenti in preparazione delle gare e io…”
“…e tu ovviamente hai accettato, mi auguro.”
“Sì.”
“Non è un appuntamento… ma è un buon inizio. Tra quanto arriva?”
“Beh dovrebbe essere qui tra…” Hinata posò la penna e guardò l’orologio appeso alla parete. “Accidenti, doveva essere qui un quarto d’ora fa!”
Questa constatazione scatenò una serie di grugniti dall’altro capo del telefono.
“Sakura…?”
“Come fa a piacerti quell’IDIOTA…?”
Hinata ridacchiò imbarazzata. “Non so… ora provo a mandargli un messaggio.”
“D’accordo, allora aggiornami più tardi.”
“Certo, ciao Sakura… buon pomeriggio!”
“Divertiti, Hinata!”
E chiuse la comunicazione.
Hinata osservò il telefono per qualche altro secondo dopodiché impugnò il cellulare e digito rapidamente il numero di Naruto che ormai sapeva a memoria.
Attese che l’amico rispondesse.
“HINATA!”
“Naruto, tutto ok?”
“Hinata, mi sono perso!”
Hinata si passò una mano sulla fronte, sorridendo esasperata. “Mi sapresti dire con esattezza cosa c’è vicino a te?”
Naruto farfugliò qualcosa di poco preciso su un’edicola e Hinata si alzò.
“D’accordo, arrivo tra un momento, aspettami lì.”

“Cos’è che dicevi di questa modalità di contrasto?”
“Che devi restare rilassato.”
“Questa cosa te l’ha insegnata la professoressa Yuhi? Da quanto tempo pratichi Wing Tsun?”
“Da alcuni anni ma io mi sono iscritta quest’anno nella palestra della professoressa perché è molto più vicina, uscendo da scuola. Francamente è stata una sorpresa scoprire che è la nostra insegnante di inglese.”
“È curioso in effetti… ti ha spiegato come mai ha una seconda attività?”
Hinata fece spallucce. “Non so… mi ha detto che la palestra è un passatempo, una valvola di sfogo. Per entrare sia io sia Shino abbiamo fatto una selezione e recentemente la professoressa mi ha spiegato che non avesse nulla a che vedere con la nostra preparazione di base.”
“In che senso?”
“Nel senso che voleva solo essere sicura che i suoi allievi fossero delle persone dall’animo gentile e non che usassero la sua arte in modo ecco… sbagliato.”
Naruto annuì e si issò sul prato del giardino di casa Hyuuga.
“Quindi devo stare rilassato.”
“Sì.” Annuì Hinata. “Se i tuoi muscoli sono tesi… non rispondi al tuo avversario come dovresti. Cioè… devi avere lucidità e consapevolezza, combattere con rabbia è un errore… ma fin qui niente di nuovo.”
“Sì, in effetti.”
“Però il discorso è il seguente… più che colpire con la tua forza, devi provare a colpire con la forza che viene dall’esterno, quella dell’avversario. Con la muscolatura rilassata, il tuo movimento risulta più fluido e armonico.”
Naruto sorrise con intraprendenza e annuì. “D’accordo, mettiamoci a lavoro.”
Hinata arrossì. “Certo, cominci tu?”
Naruto si posizionò sul prato, rivolto verso Hinata e guardando in direzione della casa: sbatté le palpebre ma tuttavia i suoi occhi si ostinarono a mettere a fuoco l’espressione insolente di Neji.
Era poggiato allo stipite della porta-finestra, le braccia conserte, intento ad osservarli.
“Neji, ti serve qualcosa?”
Glielo domandò con un tono altrettanto sfrontato, spingendo Hinata a girare su sé stessa e a focalizzare a sua volta la presenza del cugino.
“Ehi, Neji…!”
Neji ruotò leggermente il busto fino a che non ebbe mostrato il suo profilo ai due ragazzi.
“Che perdita di tempo…”
Naruto non ebbe il tempo di rispondergli: era già andato via.
Si riconcentrò dunque su Hinata, le orecchie in fiamme, notando che la ragazza avesse abbassato lo sguardo.
“Hinata ma… come fai?”
“A far cosa…?”
Mentre cercava di scuotersi dal suo triste torpore, due lacrime le scesero sulle guance in modo invadente.
Naruto non guardarmi… ti prego, non guardarmi…!
Naruto deglutì e corrugò la fronte in un’espressione poco lusinghiera.
“Adesso basta, Hinata. È arrivato il momento di mettere fine a questa situazione di… disagio e accondiscendenza.”
Nemmeno Naruto seppe con quale prontezza avesse detto quelle parole e Hinata rimase stupìta, chiedendosi cosa realmente volesse intendere il ragazzo, parlandole in quella maniera.
Continuò a domandarselo ancora per giorni, finché non accadde qualcosa che avrebbe completamente cambiato la sua vita.
Erano andati a lezione di educazione fisica ed era già da dieci minuti che correvano attorno ai campi di calcio e pallavolo.
Le ragazze si erano fermate tutte, completamente sfiancate.
“Mi sta scoppiando la milza.” Proruppe TenTen, chiudendo un occhio.
“A chi lo dici…” aggiunse Ino. “Ragazze, tutto bene?”
Sakura si era poggiata sulle ginocchia, la testa bassa, ma aveva sollevato una mano facendo segno che sì, era tutto ok.
Hinata si risollevò su sé stessa e riprese a correre, affiancando Kiba che, nel frattempo, aveva doppiato il giro assieme a tutti gli altri ragazzi.
“Ehi, ma è vero che aiuti Naruto negli allenamenti di Ju Jitsu?”
Hinata avvampò. “Ci siamo visti solo un paio di volte… gli ho dato qualche consiglio. Ho sbagliato qualcosa?”
Kiba strinse le palpebre. “No… è solo che non me lo aspettavo.”
“È stato lui a chiedermelo… se vuoi posso aiutare anche te.”
Kiba ridacchiò sardonicamente. “Non ce n’è bisogno, conosco il tuo stile di combattimento e anche quello di Shino… non ho bisogno di questi trucchetti.”
“Non sono trucchetti, sei cattivo…”
Kiba guardò Hinata e vide che il suo sguardo si era fatto più scuro del solito. “Dai, scherzavo. Va tutto bene?”
Hinata deglutì il magone che aveva in gola e risollevò la testa, sorridendo, sebbene lo stesse facendo in maniera tirata. “Sì… tutto bene. Adesso corriamo, devo recuperare un giro.”
E superò i ragazzi con quell’intenzione, sotto gli occhi colpiti di Kiba.
Dopo qualche giro, il professore Gekko recuperò il suo fischietto e interruppe la corsa, obbligando i ragazzi a fare tre serie di addominali.
“D’accordo ragazzi, oggi abbiamo a disposizione il campo da calcio perciò adesso vi dividerò in due squadre. Oggi le ragazze giocano con voi… quindi facciamo due ragazze per squadra: Sakura e Hinata in una squadra mentre Ino e TenTen nell’altra. Nella prima squadra voglio Naruto, Shikamaru, Kiba e Choji mentre nella seconda Sasuke, Neji, Lee e Shino. Vorrei che faceste giocare le ragazze, una volta tanto, quindi in porta preferirei vedere uno di voi ragazzi.”
I ragazzi sbuffarono mentre le ragazze si guardarono con eccitazione.
Ino si avvicinò a Sakura. “Peccato, in squadra con Sasuke ci sono io.”
“Chiudi quella boccaccia.” Ribatté Sakura, sogghignando.
“Che facciamo, Shika?” chiese Choji.
Shikamaru osservò prima Naruto e poi Kiba, che gli fecero cenno di sì con la testa.
“Allora… Choji, tu vai in porta. In attacco io metterei Kiba e Sakura… Naruto, tu sei veloce perciò stai a sinistra. Hinata a destra… non sei veloce come Naruto però ti posso dare una mano io, che starò a centrocampo.”
I ragazzi si distribuirono sulla superficie in cemento del campo e attesero che facessero lo stesso i componenti dell’altra squadra.
Hinata squadrò il campo: Neji era in attacco assieme a Sasuke.
Gekko fischiò… e via.
La formazione di Shikamaru non faceva proprio scintille ma sembrava funzionare.
Kiba diede il calcio di inizio passando a Sakura, che si voltò in direzione di Hinata, spingendole la palla.
La ragazza si spostò e passò dunque a Shikamaru, che spedì con un cross dritto in direzione di Naruto, il quale si era già spostato nei pressi della porta dell’altra squadra.
Kiba ricevette la palla, dribblò Ino con un sorriso, poi superò Sasuke con maestria, e lanciò di tacco a Sakura, che segnò sotto l’espressione esterrefatta di Rock Lee.
Hinata esultò saltando sul posto e agitando le braccia in direzione dell’amica; Gekko fischiò e Sasuke rimise la palla in gioco.
Stavolta Neji assunse il comando.
Si spostò sulla sua sinistra in direzione di Hinata, che tentò un’operazione mal riuscita di contrasto, lasciando passare il ragazzo.
Shikamaru accorse dietro di lei tirando in direzione di Choji, che spedì la palla in fondo al campo, verso Naruto.
L’azione di gioco continuò per alcuni minuti, almeno finché Sasuke non fu tornato in possesso palla.
Sakura si gettò su di lui per recuperare, sotto lo sguardo irritato di Ino, ma il ragazzo scartò in direzione di Shikamaru, che gli rubò la palla e tirò nuovamente verso Hinata.
La ragazza vide Neji avanzare verso di lei da sinistra, dunque prese a correre a velocità lungo la fascia destra, nel tentativo di aprire un contrasto con TenTen, ma qualcosa non glielo permise.
Senza rendersi conto del come e del quando, il polpaccio sinistro iniziò a dolere in maniera incalzante, mentre lei invece sembrò levitare di una cinquantina di centimetri, per poi atterrare di striscio alla destra di TenTen, sulla ruvida linea di bordocampo.
Sollevò gli occhi e vide la palla fuori dal campo.
“Hinata, ti sei fatta male?”
Kiba era accorso verso di lei, seguito da Sakura.
Vide alle loro spalle anche Shino.
Si issò sulle mani, cercando di sollevare il ginocchio destro, e si accorse che quello sanguinava e bruciava mentre sulla pelle dal colorito latteo del polpaccio sinistro era comparso un livido.
Strinse i denti in un’evidente smorfia di dolore e tentò di alzarsi completamente accorgendosi che, poggiando il piede destro, il ginocchio sanguinante le facesse male.
“Il ginocchio… mi fa molto male.”
Ruotando la testa, notò Neji scuotere i pantaloncini e rimettersi in piedi, perfettamente in ordine, per poi darle le spalle.
Le aveva fatto un fallo, apposta.
“N-n-neji…!”
Lo vide fermarsi.
Evidentemente aveva davvero avuto il fegato di chiamarlo e riprenderlo per quell’azione scorretta, per cui non si era nemmeno scusato.
Si voltò e la osservò, con la solita smorfia.
“Beh?”
“Si può sapere perché l’hai fatto?”
“Fatto cosa?”
“Guarda che mi hai fatto male.”
“Sai che novità…”
“Ehi, ma sei stupido o cosa?”
Naruto si era avvicinato a Neji.
“Non ce la fai proprio a farti gli affari tuoi, vero, Uzumaki?”
“Senti, Hyuuga… ti ho detto un mare di volte che devi lasciare stare in…”
“Neji, pretendo che mi chiedi scusa.”
Hinata scostò il braccio del compagno e si avvicinò a Neji.
“Hinata…!” Kiba sembrava preoccupato.
Ma Hinata non sembrava voler sentire ragione: quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
“Ho sempre desiderato una serenità intensa, Neji… almeno una volta tanto, ma mi sembra impossibile ottenerla quando penso che attorno a me ci sono persone come te, che fanno di sé stesse delle figure onnipotenti, onnipresenti e onniscienti.”
Neji si avvicinò ulteriormente.
“Come…?”
Il suo tono era calmo ma nascondeva l’insorgere di una rivolta.
“Tu… mi devi lasciare in pace. Sei una persona apatica e non capisci che questa tua necessità di totale mancanza di emozioni è morbosa… ma ti devo smentire. Tu provi qualcosa… e l’unica emozione che riesci ad ammettere nella tua vita è fatta di odio, di odio e basta.”
Lo vide avvicinarsi e sgranare gli occhi in un’espressione che sinceramente intimorì Hinata: sembrava furibondo, tuttavia lei non demorse.
Tutti avevano gli occhi puntati su di lei: era insolito ma sul suo viso delicato era spuntata un’espressione di rabbia; non era una rabbia furente come quella di Neji, era una rabbia lucida e calma, di chi ha pensato e ripensato a qualcosa per tanto tempo.
Di chi ha incassato troppi colpi e non riesce più a reggersi in piedi.
“Prego…?”
“Mi hai sentita… non mi rimangio quello che ho detto. Sei una persona… triste. Se continuerai così, finirai per cadere in un baratro e io non posso permetterti che ci trascini dentro anche me.”
Neji ghignò. “In un baratro? L’unica persona qui che può cadere in un baratro sei tu…”
Hinata scosse la testa.
“Io… io non nego le mie debolezze, a differenza di te. Tu pensi di non potere cadere mai ma ci sono dei momenti nella propria vita in cui si rischia di precipitare e... l'unica cosa da fare è cercare di spiccare il volo.”
Neji trasalì. “Sei solo una presuntuosa…!”
“Ehi, ma come fai a comportarti in questo modo?” domandò Naruto, mettendosi in mezzo.
“Senti, Uzumaki. Questa questione non ti riguarda, lo sai bene.”
“Ti ho già detto che non ti permetto di trattare Hinata questo modo.”
“Non dirmi quello che devo fare… razza di fallito.”
Sakura si mise una mano sulla bocca.
Gli occhi di Naruto emisero uno scintillio innaturale, prima ancora che Neji capisse cosa effettivamente stesse succedendo: Naruto si era scagliato contro di lui e lo aveva fatto cadere a terra, schiacciandolo col solo peso del corpo.
Tese un pugno ma non lo sferrò. “Non azzardarti mai più a darmi del fallito.”
Neji diede un colpo di reni e si rimise nuovamente in piedi, spingendo il compagno con un forte strattone.
“Tu continui a dirmi quello che devo fare!”
“Se volessi pestarti, guarda che lo farei, stronzo. Io non lo so cosa ti sia successo ma credimi… se hai sofferto, guardati intorno. Non sei il solo…”
“Non ti permetto di dirmi quello che devo fare e di poter esprimere un giudizio su di me… Tu non sai niente di me!”
“Ma tu a me puoi dare del fallito!”
“Beh, bisogna essere proprio ciechi per negarlo, d’altro canto solo una stupida come Hinata può dare retta a uno come te.”
SBANG!
“BASTA! Voi due, venite con me in presidenza… SUBITO.”

“Ma che è successo?”
“Ci sono Naruto e Neji in presidenza, pare che stessero per suonarsele.”
“Che ha combinato Naruto?”
“Mi hanno detto che stavolta non sia stato lui a cominciare e che abbia solo reagito.”
“Sei serio?”
Gai non credeva a quello che Kakashi gli stesse dicendo.
Lo vide fare cenno di sì con la testa e si costrinse a raggiungere con lui la soglia della presidenza, presso cui erano stati condotti i due ragazzi.
Tsunade osservava i due con fare circospetto e le mani incrociate sotto il mento.
“Allora?”
I due ragazzi erano seduti uno fianco all’altro, a una certa distanza tra di loro: Neji stava tamponando il naso sanguinante con un fazzoletto e Naruto teneva le braccia conserte.
“Insomma, sto parlando con voi due!”
“Senta ma che cosa vuole, io non ho mai avuto l’intenzione di alzare le mani su di lui… ma mi ha dato più volte del fallito, voleva per caso che gli stringessi la mano?”
Naruto era livido.
“Ma neanche che gli facessi sanguinare il naso! Hyuuga…” Tsunade fece una pausa. “Perché hai dato del fallito a Uzumaki?”
Neji roteò gli occhi in un’espressione di impazienza e sbigottimento. “Aveva da ridire su delle cose che ho detto…”
“DELLE COSE?!” esplose Naruto. “Allora… hai DELIBERATAMENTE fatto del male a Hinata mentre giocavamo a calcio, lei ti ha giustamente fatto notare il tuo comportamento scorretto e tu non solo hai risposto in maniera sgarbata ma hai anche iniziato a infierire… preside, non potevo fare finta di niente, Hinata tra l’altro è la mia compagna di banco!”
“Ed è anche la cugina di Neji.” Convenne Gai secco. “Vivi con la famiglia di Hinata, vero Neji?”
Kakashi lo squadrò: sembrava più serio del solito.
“Questo c’entra qualcosa?”
“Lo sanno tutti che ce l’ha con sua cugina Hinata.” Sbottò Naruto dalla sua sedia.
“SILENZIO!” urlò Tsunade. “Neji, rispondi.”
“Non avete mai visto delle persone dello stesso nucleo familiare litigare tra loro?”
“In ogni caso il tuo comportamento in questa sede è stato fuori luogo.” Rispose Hayate, che finora era rimasto in disparte. “A quanto mi risulta Hinata non ti aveva provocato in alcun modo quindi le tue azioni, mi spiace dare ragione a Naruto, sono avvenute deliberatamente… questo non giustifica tuttavia il fatto che Naruto abbia voluto rispondere con la violenza ai tuoi attacchi.”
“Ci sono problemi in famiglia?” chiese Kakashi.
Gai si voltò verso di lui: al solito, Kakashi era molto schietto quando arrivava il momento di mettere in luce i propri ragionamenti.
Neji chiuse gli occhi e non rispose, almeno non subito.
Tsunade fece per parlare nuovamente ma fecero il loro ingresso nel suo studio sia Jirayia sia Hiashi Hyuuga.
“Neji, ma cosa ti è successo?” domandò quest’ultimo, sconvolto.
“Beh… non è difficile da immaginare.” Rispose Jirayia, premendo le palpebre con le dita.
“Preside, sono Hiashi Hyuuga, lo zio di Neji.” Iniziò Hiashi. “Mi spiace conoscerla in questa circostanza, oserei dire… imbarazzante. Devo però avvertirvi che non voglio perdere tempo in alcun modo. Esigo delle spiegazioni.”
“Non la tratterrò a lungo.” Rispose Tsunade. “Naruto ha dato un pugno a Neji. A quanto pare è cominciato tutto per via di una serie di cose che Neji ha detto e ha fatto nei confronti di Hinata.”
Hiashi sbiancò.
“Hinata? Neji, è così?”
Neji non rispose. Si limitò a guardare di lato, evitando accuratamente di incrociare gli sguardi degli altri presenti.
“Io sono… desolato. Neji non mi aveva mai dato motivo di preoccuparmi di certe cose, lui è sempre stato impeccabile.”
“Senta signor Hyuuga, ma lei dove ha gli occhi?” Ribatté Naruto: Jirayia gli diede un colpo alla spalla ma Naruto non si costrinse a zittirsi. “Lo sanno anche i muri che Neji ce l’abbia a morte con Hinata e io l’ho realizzato con i miei stessi occhi, a scuola… fuori dalla scuola… persino a casa sua. Non potevo restare con le mani in mano, saranno anche fatti suoi ma non posso fare finta di niente quando vedo un comportamento ingiusto nei confronti di qualcuno che non lo merita.”
“Non lo merita?!” scattò Neji, girandosi. “Ma che ne sai tu di cosa una persona meriti o non meriti? Tu non sai niente di me e di cosa mi sia successo, come fai a dire se il mio comportamento sia ingiusto o meno?!”
Kakashi sospirò. “È evidente che ci sia qualcosa che non va. Non è nostro compito sistemare ciò che non funziona in famiglia… ma qui invece sì. Nonostante tutto, Naruto ha ragione… abbiamo notato tutti quanto Hinata senta il peso di un trattamento di subalternità. Perché ce l’hai con lei, Neji? È solo per capire…”
Neji ci pensò prima di risponde ma d’altro canto non aveva molte alternative.
“E va bene.” Sentenziò poco dopo. “Vi dirò tutto.”

Envole moi!
Envole moi!
Envole moi!
Loin de cette fatalité qui colle à ma peau…
Envole moi!
Envole moi!
Remplis ma tête d'autres horizons, d'autres mots!
Envole moi!

Envole Moi – Matt Pokora feat. Tal (by Jean Jacque Goldman)

Prossimo capitolo: La tua donna

Della serie… Neji si confessa mentre Itachi se la canta e se la suona!
Per quanto riguarda la sua età… è molto più grande, ha all’incirca 26/27 anni, mentre Sasuke come già sapete ne ha 15.
Lo stesso vale per molti altri personaggi, le età possono non corrispondere ma io un po’ mi devo adattare…
A me piace l’idea che Sakura trasponga il suo interesse per Sasuke in qualcuno che ha molte caratteristiche in comune con lui, vale a dire suo fratello.
Alla fine se vi ricordate in Naruto Shippuden, quando Sakura vede Itachi per la prima volta, lo scambia per Sasuke ma solo dopo si rende effettivamente conto di chi si tratti.
Vorrei aggiungere solo un ultimo punto: non vorrei che venisse frainteso il rapporto tra Sakura e Itachi in modo anomalo, della serie… uno di 26/27 anni che ci prova con una di 15 anni.
Chiariamo: non ho alcuna intenzione di raccontare di un qualsiasi tipo di relazione, anche se solo di natura platonica, tra un adulto e una minorenne.
Perciò l’attrazione tra questi due finisce qui.
Per ora…

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** La tua donna ***


Pensiero ricorrente:
Il mio pensiero ricorrente è dedicato a tutti i nostri fratelli morti a Parigi, a Beirut, sul Sinai e in Siria e a tutti coloro che combattono e che cercano la libertà,
ogni giorno, da chi invece terrorizza, alimenta la criminalità, fomenta estremismi e ignoranza o cavalca l’onda dello sciacallaggio.
Perché prima di parlare bisogna sempre ascoltare, documentarsi, capire.

"Il dolore che proviamo per questa terribile perdita mi rammenta, ci rammenta,
che nonostante proveniamo da luoghi diversi e parliamo lingue diverse i nostri cuori battono all'unisono."
Albus Silente, 'Harry Potter e il Calice di fuoco'

Quello che spero è che ciascuno di noi continui a inseguire i propri sogni e la propria vocazione, nonostante il terrore, nonostante l’odio e le ingiustizie.
Spero che EFP, quale portale di scrittura creativa, si faccia sempre e in ogni caso ponte di cultura e divulgazione.
Chiunque voglia farsi promotore di questo pensiero può tranquillamente copiarlo e incollarlo sul proprio profilo.

Spring Dania



Capitolo 20
La tua donna


When I saw my best friend yesterday,
she said she never liked you from the start…
Well me, I wish that I could claim the same
but you always knew you held my heart
and you're such a charming, handsome man,
now I think I finally understand…
Is it in your genes? I don't know
but I'll soon find out, that's for sure…
Why did you play me this way?

Well I guess what you say is true,
I could never be the right kind of girl for you,
I could never be your woman…

Your woman – White town

“Mio padre è mancato sette anni fa.” Cominciò Neji. “Lui e mio zio Hiashi erano gemelli monozigoti perciò sono stati concepiti nello stesso istante: tuttavia mio zio è nato per primo perciò è il primogenito.”
Naruto osservò il compagno in tralice ma non fiatò.
“Essendo nato per primo, mio zio è diventato l’erede della fortuna che negli anni è stata costruita dalla famiglia Hyuuga e che, devo ammettere, lui ha saputo gestire e portare avanti.
“Saprete sicuramente che da un paio di anni è diventato giudice… ma ancora oggi mantiene la fama di principe del foro. Anche mio padre era avvocato ed era bravo tanto quanto mio zio… ma era il secondogenito e proprio per questo motivo è stato sempre socio di minoranza.”
Il silenzio continuò a regnare nella presidenza. Neji riprese fiato.
“Tuttavia lui e mio zio hanno sempre lavorato insieme anche se, a conti fatti, gran parte dei meriti e dei successi andassero a mio zio. Da bambino non capivo bene questa cosa… vedevo solo una persona dedita al proprio lavoro, professionale, altruista. Col tempo mi accorsi che mio padre era triste, che gli pesava il fatto che le sue capacità non fossero riconosciute da tutti. Poi accadde qualcosa.”
Kakashi spostò il peso del proprio corpo da un piede all’altro.
“Che successe?” chiese Gai.
“Il giorno dell’ottavo compleanno di Hinata, mio zio avrebbe dovuto prendere parte a un processo come parte civile contro un politico che era stato accusato di corruzione. Perciò quel giorno chiese a mio padre di sostituirlo.”
Il silenzio che si era creato nella presidenza era carico di tensione e di preoccupazione: nessuno osava parlare.
“Uscendo dal tribunale, tuttavia, fece per raggiungere la sua macchina ma fu investito da un tizio che guidava in stato di ebbrezza. Mi dissero che poco prima aveva parlato al telefono con mio zio.”
Quello che si leggeva sul volto di Neji era livore allo stato puro.
“Mio padre, sin dalla nascita, era stato destinato ad essere secondo. Non avrebbe mai potuto eguagliare mio zio, non avrebbe potuto mai ottenere un successo equivalente al suo perché il destino aveva già deciso per lui.”
Kakashi si toccò il mento: quel ragazzo per tutto quel tempo aveva concentrato tutto il suo odio su Hinata, convincendosi che lei fosse la causa della morte del padre.
Se un solo elemento di quella storia avesse preso una piega diversa, probabilmente non avrebbero nemmeno avuto bisogno di sostenere quella conversazione.
Tsunade osservava Neji, tenendo le dita intrecciate.
Jirayia osservò tutti i presenti, finché notò Naruto stringere i denti in maniera leggermente convulsa e iniziare ad articolare un discorso.
“A me dispiace che tu abbia sofferto tanto Neji… ma non sono d’accordo con te quando dici che il destino decide per ognuno… perché è il contrario: è ognuno che decide il proprio destino. Chiunque mi conosca sa che io, più di chiunque altro, ho avuto un’infanzia difficile ma questo non significa che non ci sia stato qualcuno capace di farmi capire cosa è giusto e cosa è sbagliato e di condurmi sulla buona strada. E poi comunque è sempre stata una mia iniziativa intraprenderla.”
Istintivamente il pensiero di Naruto andò al professor Sarutobi e a Iruka, che più di chiunque altro avevano avuto la volontà di occuparsi di lui e di salvarlo da una vita all’insegna dell’esclusione e dell’ostilità.
Hiashi riservò a Naruto un’occhiata furtiva, giusto appunto con la cosa dell’occhio; Kakashi lo vide contrarre leggermente i muscoli della faccia.
Forse il ragazzo aveva per l’ennesima volto colto nel segno.
“Hinata è una brava ragazza, dall’animo gentile… io penso, anzi, sono sicuro che lei si sia convinta che tu pensi tutte queste cose di lei, che lei sia consapevole dei motivi di tutto questo rancore che tu provi… e che io posso comprendere. Prendersela con lei però non serve a niente. Non ti restituirà tuo padre.”
Neji chiuse gli occhi e poggiò le mani sulle ginocchia.
“Io… vorrei andare a casa.”
Hiashi fece un gesto di assenso con la testa e guardò Tsunade, aspettando la sua approvazione.
“D’accordo.” Disse lei. “Potete andare, anche tu Naruto… vai a casa. Signor Hyuuga, vorrei parlare con lei ancora qualche minuto, da sola. Neji, ti dispiace aspettare qui fuori?”
Il ragazzo si alzò e uscì dalla presidenza e, a turno, i professori, Naruto e Jirayia lo imitarono.
“Mi dica, preside.”
“Signor Hyuuga… non prenderò provvedimenti disciplinari né per Neji né per Naruto ma spero davvero che non accadano più episodi del genere.”
“Le do la mia parola.”
“Per quanto riguarda sua figlia… è meglio che la porti in ospedale.”
Hiashi mostrò un’espressione interrogativa.
“Quando prima Naruto ha detto che Neji le ha fatto male, non stava scherzando… ha qualcosa al ginocchio. La porti in ospedale.”

“Ecco fatto, puoi andare, non perdi più sangue.”
“Grazie…”
“Ho detto a tuo zio di aspettare in sala d’aspetto per tua cugina.”
“Sì.”
Neji uscì.
Il corridoio dell’ospedale era di un bianco innaturale: era come se tendesse ad allargare gli spazi in maniera spropositata.
Dipingere le pareti di bianco determina come effetto ottico quello di rendere una stanza più ampia ma in un ospedale sembra rafforzare determinati aspetti che poco hanno a che fare col colore, come ad esempio il rimbombo assordante di un’eco al battere dei piedi sul pavimento.
Di fatto il bianco illumina e, in uno spazio spoglio come quello di un ospedale, sembra assumere un ruolo pregnante.
Neji però era convinto che ricordasse troppo il pallore della morte.
Il rosso invece a suo dire era un colore decisamente eccentrico: poteva animare improvvisamente quel bianco immobile e mastodontico… anche con una semplice macchia; aveva poi un che di sinistro ma al tempo stesso di vigoroso nel rappresentare ciò che di fatto alimenta la vita.
“Ti senti meglio?”
Hiashi era appena tornato con due bicchieri in mano.
“Un po’ meglio… ho un lieve mal di testa.”
“Tieni, è the verde.”
Neji afferrò il bicchiere offerto dallo zio, mentre quest’ultimo si accomodava su una delle sedie fissate al pavimento. Mosse la mano, invitandolo a fare lo stesso.
Neji obbedì e iniziò a sorseggiare il the: improvvisamente quel senso di sbandamento nel vedere tutto quel bianco smise di attanagliarlo.
“Fu tuo padre a dirmi di non andare in tribunale, quel giorno.”
Hiashi teneva la testa poggiata al muro dietro di sé e guardava verso l’alto; Neji ruotò lentamente il capo per guardarlo.
“Prima giustamente accennavi al fatto che essendo io a capo dello studio, essendo il socio di maggioranza… la maggior parte dei meriti andasse a me. In realtà su di me gravavano tantissime responsabilità, problemi di facciata, cose che tuo padre conosceva molto bene. Tuo padre si esponeva solo in alcuni casi minori, per quelli più complessi io ero sempre in prima linea.” Fece una pausa. “Non che Hizashi non lo fosse, però talvolta certe cause si trasformavano in faccende mediatiche di un certo peso.”
Neji non lo interruppe, si limitò a stringere il bicchiere.
“Poi iniziarono i problemi.” Riprese Hiashi. “La carriera procedeva, con molti alti e alcuni bassi… ma la famiglia era diventata un optional e tutto quel lavoro non faceva altro che allontanarmi da tua zia e dalle bambine.”
Lo disse compiendo uno sforzo immane, Neji ne era sicuro.
“Finché non arrivò quel giorno. Ero in studio quando tuo padre mi telefonò.”
La voce di Hiashi aveva preso a tremare.
“E poi?” chiese Neji.
“Mi disse che lui era andato in tribunale e che non c’era bisogno che andassi anche io al processo perché… ci eravamo occupati insieme di quel caso ma lui conosceva il dossier a memoria e, cosa a suo dire più importante, pochissimi conoscevano il suo modo di parlare, di esprimersi e di porre domande.” I suoi occhi si illuminarono. “Io ero bravo ma appartenevo a una scuola… vecchia. E il mio matrimonio si stava frantumando.”
La tensione era palpabile.
“Gli chiesi se fosse sicuro di ciò che stesse dicendo e lui mi rispose che dovevo andare al compleanno di Hinata e che il peggio che potesse accadere sarebbe stato perdere la causa. Gli dissi che era proprio quello il problema ma lui rispose che, in ogni caso, una perdita non è un fallimento… e che per vivere la propria vita bisogna fare esperienza di tutto e anche degli errori e degli insuccessi, perché così da quelli impari a trovare la strada giusta. Questo è un ragionamento che può fare solo un vincente… Neji. Uno che il destino se lo costruisce.”
Una lacrima scese sul viso di Hiashi. Neji non credeva ai suoi occhi.
“Poco prima di essere investito, tuo padre mi aveva chiamato per dirmi che tutto fosse andato per il verso giusto e che mi avrebbe raggiunto. Dopo quello che è successo… io promisi a tua madre che mi sarei assolutamente preso cura di te, che mi sarei occupato della tua istruzione e che non avrei passato giorno alcuno senza ricordarmi dell’impegno che tuo padre aveva messo nel lavoro e nella vita. Non… non prendertela con Hinata.”
Neji deglutì nervosamente: tutte quelle parole stavano avendo lo strano effetto di farlo sentire peggio di prima, come se la ragione di tutti i suoi sforzi e sacrifici si fosse volatilizzata con un solo alito di vento.
“Signor Hyuuga?”
I due alzarono la testa all’unisono, rivolti al medico del pronto soccorso.
“Sì?” chiese Hiashi.
“Venite con me.”
Hiashi e Neji si alzarono.
Il primo parlò. “Come sta mia figlia?”
“È proprio di questo che volevo parlare. Abbiamo riscontrato una lieve distrazione sul tibiale anteriore destro.” Rispose il medico, guidando i due lungo il corridoio. “E sono arrivati i risultati della risonanza.”
“Una risonanza?”
Neji si sentì girare la testa.
“Cosa è venuto fuori?” chiese Hiashi.
Il medico si fermò davanti a una porta. “Si tratta del crociato anteriore destro… l’impatto dovuto alla caduta lo ha lesionato.”

* * *

Da quando aveva scoperto che Itachi avesse provato ad avere contatti con Sakura, Sasuke era entrato in uno stato di panico generale.
Non c’era giorno in cui fosse seduto accanto alla ragazza senza che ne scrutasse ogni singolo movimento.
Ogni qual volta la ragazza si azzardasse a prendere in mano il cellulare, Sasuke sembrava pronto a scattare come una molla: cercava sempre di sbirciare il nome di tutti coloro che le scrivevano ma in ogni caso il nome o il numero visualizzato non sembravano mai corrispondere alla persona di Itachi.
Da un lato gioiva del fatto che la ragazza non avesse contatti col fratello, dall’altro sembrava provare una sorta di delusione dinanzi all’evidenza che Itachi, dopo la sua telefonata, fosse sparito dalla circolazione.
Del resto era passato tanto tempo dall’ultima volta che si erano visti, ovverosia cinque anni prima, quando Itachi era ancora in libertà e ci vedeva: probabilmente si era lasciato andare ad una vita di eccessi, eccessi che avevano iniziato, man mano, a distruggere le sue stesse membra.
Sakura d’altro canto non sembrava aver perso la sua cognizione del mondo: a suo dire Sasuke non sembrava essersi reso conto del fatto che la ragazza avesse notato i suoi atteggiamenti strani, a cominciare dal continuo sbirciare sul suo telefono per finire al modo insistente con cui ultimamente la osservava.
Anche Ino aveva iniziato a prendere atto del fatto che per Sasuke fosse inconcludente: anzi, sembrava quasi che manifestasse nei suoi confronti un fastidio maggiore del solito.
Non che normalmente le avesse dato retta ma del resto neanche nei confronti di Sakura si era mai mostrato così disponibile… eppure avrebbe dovuto iniziare a farsi due domande quella sera alla festa di Choji.
“Che cosa c’è tra te e Sasuke?”
Sakura non si era abbassata a rispondere a una domanda del genere: aveva scrollato le spalle ed era tornata al suo libro di storia.
“Non so di che cosa stai parlando.”
“Senti, non prendermi in giro.”
“Non prendo in giro nessuno.”
“Ma lui ti piace!”
“Questo non impone che debba esserci qualcosa tra me e lui.”
“Ti ho detto di non prendermi in giro.”
“Ino? Basta.”
Aveva tagliato corto, in maniera netta.
Sakura poteva solo essere felice del fatto che Sasuke fosse in qualche modo interessato a lei o alle sue azioni, ciò che l’aveva stranita più di tutto però era stata la maniera inattesa con cui quelle attenzioni fossero venute alla luce.
Finora il loro rapporto era stato di amicizia, rispetto e condivisione… non costellato da occhiate furtive.
Per quanto Ino risultasse invadente aveva avuto comunque il potere di accendere una lampadina nella mente di Sakura: Sasuke si era accorto di lei.
“Tu dici?”
“Non ne sono sicura ma ho questa impressione.”
“Effettivamente è strano… ma ti è sembrato più espansivo?”
“Più espansivo del solito no, semplicemente più… curioso.”
“Sì, ho capito.”
“Che mi consigli di fare?”
“Mah… io sono una frana, lo sai, Sakura…!”
“Sei un’amica, Hinata.”
“Dai, non te la prendere…”
Sakura guardò il calendario appeso alla parete. “Per quanto tempo dovrai portare il tutore?”
“In totale tre settimane ma in questi giorni non devo assolutamente fare sforzi e quando lo avrò levato devo stare molto attenta… fare attività fisica è fuori discussione e prima di ricominciare devono operarmi.”
“Che scocciatura.”
“Già…”
“Ma Neji?”
“Neji è… tranquillo. Nel senso che non dice più le cose che diceva prima.”
“Capisco. Comunque in tutto ciò non mi hai dato alcun consiglio.”
“Beh… che ti posso dire, Sakura? Parlatene.”
“Proprio tu fai la predica?!”
“Io… io sono timida e comunque io non so se Naruto ricambi qualcosa nei miei confronti… Sasuke invece…”
“Sì, ho capito.”
“Ecco… bene.”
“Dai, Hinata. Adesso torno a studiare. Riposati, vengo a trovarti tra due giorni.”
“Ok, grazie Sakura. Buon pomeriggio.”
“Ciao.” Sakura riagganciò.
Hinata aveva ragione: tutti quei dubbi sarebbero stati chiariti solo se avesse parlato con Sasuke.
Non le importava che risposta le avrebbe dato… o almeno, sì le importava ma non le sarebbe importato cosa poi avesse iniziato a pensare di lei.
Non lo fece subito.
Aspettò qualche giorno, cercando di confermare che le sue impressioni fossero esatte, dopodiché si costrinse a parlargli un pomeriggio mentre tornavano insieme a casa.
“Sasuke, stai bene?”
“Sì, perché me lo chiedi?”
“Ultimamente ti ho visto strano.”
Stai parlando con Sakura Haruno, mica con un cactus.
“No, ti sbagli.”
“Sicuro?”
Sasuke non sapeva fino a che punto valesse la pena mentire a Sakura.
Non le mentì ulteriormente ma non rispose in modo affermativo.
“Non so…” disse Sakura, passeggiando con le mani nelle tasche dei jeans. “Ho visto che ultimamente mi osservi in modo insistente. Non che mi dispiaccia… ma non lo avevi mai fatto prima.”
Ecco, era fatta: gli aveva detto tutto, esattamente come le aveva consigliato Hinata.
Sasuke in ogni caso si era aspettato che la ragazza fosse in grado di capire qualcosa dei suoi atteggiamenti.
“Sì, è vero.”
“E come mai?”
Sasuke continuò a camminare. “Mi chiedevo se ti stessi frequentando con qualcuno.”
Beh… in parte è così.
“No… non mi vedo con nessuno.”
Sakura ebbe la prontezza di rispondere ma lo fece palesando una lieve nota stonata: come se si fosse sentita scoperta.
Sasuke ne era certo: Sakura non stava mentendo ma qualcosa gli suggeriva che la ragazza avesse subito una specie di delusione, un rifiuto.
Come se provasse una sorta di rammarico all’idea che in quel momento non stesse frequentando qualcuno.
Sasuke si convinse quasi istantaneamente che Sakura stesse parlando di Itachi e, a dispetto delle sensazioni che aveva provato nei giorni precedenti, avvertì una sorta di sollievo all’idea che la ragazza fosse stata lasciata in pace e che quindi il fratello gli avesse dato retta.
Però…
“Allora ti vedevi con qualcuno.”
“Perché dici così?”
“Rispondimi.”
Sakura guardò Sasuke: sembrava che il ragazzo in quel momento le stesse leggendo la vita negli occhi.
“Non mi vedevo con qualcuno.” Cominciò Sakura. “Ma avevo fatto amicizia con una persona, un ragazzo non vedente. Forse si è sentito compatito… non lo so. Mi ha detto che non voleva più avere niente a che fare con me.”
Sasuke annuì. “E come si chiama?”
“Itachi.”
Bingo.
Quello che Sakura gli stava dicendo era piuttosto chiaro: Itachi l’aveva allontanata, le aveva detto di restare a distanza, che non dovevano vedersi o sentirsi.
Ora il dubbio era: Itachi si era davvero ritirato a vita privata o era un modo per fingere e attirarlo dunque in una trappola, facendogli abbassare la guardia?
Istintivamente pensò al professore Hatake: lui, più di tutti gli altri, gli aveva sempre detto che se ci fosse stato qualcosa che, in qualche modo, avesse rappresentato motivo di preoccupazione, avrebbe fatto bene a parlarne con lui o con una qualsiasi altra persona affidabile oppure alla polizia.
“Però… c’è una cosa che non mi convince.”
Sasuke si concentrò sull’ascoltare Sakura; la ragazza stava mostrando un’espressione concentrata.
“Cosa?” le chiese.
“Questo ragazzo, ti ho detto che è non vedente… è stato lui a cercarmi più volte. Nel senso che… quando lo incontravo c’era sempre qualcuno con lui. Qualcuno che gli ha detto che aspetto avessi, penso che avessero notato il colore dei miei capelli.”
“Quello è decisamente inusuale.”
“Tutte le volte che l’ho incontrato, è stato sempre lui a notarmi per primo, o meglio… c’è stato sempre qualcuno che mi notasse e glielo riferisse.”
“Intendi dire che ti sei sentita seguita o più semplicemente osservata?”
“Sì.”
“Gli avevi detto che vai al Leaf, immagino.”
“In realtà è stato lui a chiedermelo.”
“Capisco…”
“Perché… perché ti interessano tutte queste cose?”
“Perché sono preoccupato per te.”
Che bugiardo…
Allora, bisognava chiarire una cosa: Sasuke si preoccupava veramente per Sakura, lui era il solo a sapere di cosa fosse capace quella mente malata di suo fratello Itachi.
Ma si preoccupava per lei anche per qualche altro motivo?
Eppure quando aveva scoperto che al centro dei pensieri di Sakura ci fosse qualcun altro, aveva come avvertito una morsa al cuore; c’era sempre comunque da sottolineare il fatto che Sasuke avesse saputo sin da subito che quel qualcun altro fosse Itachi.
Il problema era il seguente: Itachi gli aveva portato via la famiglia e la felicità; non gli avrebbe portato via anche l’unica fonte di svago e normalità simboleggiata dallo spirito vivace e affezionato di Sakura.
Sakura era sempre stata lì per lui, pronta ad amarlo, e così doveva continuare ad essere.
Si poteva dire che la sua fosse una gelosia ancestrale.
Probabilmente quel modo di pensare, il fatto di accorgersi di avere le cose fuori posto e di dover quindi rimetterle in sesto, era da maniaco del controllo, era la radice di un sentimento di possessione, un sentimento sbagliato e più terreno che platonico.
Tuttavia Sasuke non aveva mai provato niente per nessuna e probabilmente quello era il suo modo di manifestare i suoi sentimenti.
Doveva solo migliorare.
“Ti preoccupi per me?”
“Ma certo, Sakura.” Sospirò Sasuke, abbassando lo sguardo. “Non ti accompagnerei a casa quasi tutti i pomeriggi se non mi preoccupassi per te.”
Sakura sgranò gli occhi. “Quindi tu ci tieni a me.”
“Io tengo molto a te.”
Sebbene nella sua mente fossero affiorate tante domande, quel pensiero era davvero sincero; del resto non si era ancora perdonato per ciò che avevano fatto alla ragazza quella sera in palestra.
Vide Sakura fermarsi e guardarlo con gli occhi sgranati, mentre il rossore le invadeva il viso.
Erano lì, soli, sul marciapiede.
Gli prese la mano, probabilmente Sasuke se lo aspettava perché non si scompose né disse alcuna parola.
“Io… devo andare.”
Non si era reso conto che alle spalle di Sakura ci fosse il portone del suo condominio: era chiaro che non avesse voglia di congedarsi da quell’insolita ed espansiva conversazione.
“Ah, sì. Non mi ero accorto che fossimo arrivati.”
“Ti andrebbe di uscire con me?”
Sasuke sbatté le palpebre.
Come?
“Io… si può fare. Quando?”
“Sabato prossimo c’è il festival del quartiere… i nostri compagni ci stanno andando tutti insieme. Possiamo unirci a loro ma non dobbiamo stare tutto il tempo insieme. Si indossa lo yukata.”
“Io non credo di averne uno.”
“Te ne presto uno io. Allora, ci vieni? Ci andiamo prima di pranzo se ti va… o dimmi quando preferisci tu.”
“No, va bene. D’accordo.”
Sakura sorrise e fece una cosa che stavolta Sasuke non si sarebbe aspettato: si avvicinò e gli scoccò un bacio sulla guancia, poi girò i tacchi ed entrò nel palazzo.
Sasuke poggiò la mano sulla guancia, sorpreso, poi sorrise e riprese a camminare.
Stava procedendo lungo il marciapiede, imboccando la traversa che lo avrebbe condotto verso l’istituto quando udì un rumore alle sue spalle.
Si girò di scatto ma non vide nessuno.
Si guardò intorno, incerto sul da farsi, ma alla fine ricominciò a camminare a passo sostenuto, finché non fu arrivato presso l’edificio della comunità.
Citofonò.
“Chi è?”
“Sasuke.”
Il portone si aprì e si richiuse solo dopo che il ragazzo ebbe fatto il suo ingresso.
Una figura maschile si scostò da dietro un muretto, dopo aver osservato la scena, per poi recuperare il cellulare e digitare un numero.
“Kabuto.”
“Maestro, ho delle nuove informazioni.”

* * *

“Sei sicuro che Hinata non riesca a venire?”
“Mi ha detto che riesce a camminare solo con le stampelle.”
“Poverina… e tu non ti sei offerto di aiutarla?”
“Ma per chi mi hai preso, certo che mi sono offerto! Solo che non posso costringerla, se non si sente. Il medico le ha detto di non fare sforzi.”
“Questo è anche vero. A che ora pensate di arrivare?”
“Io verrò probabilmente insieme a Kiba e Shino e poi ci raggiungeranno Shikamaru, Ino e Choji… non sappiamo ancora se prima o dopo pranzo.”
“Non c’è bisogno che veniate prima di pranzo!”
“Ma sentila, è perché scusa?”
“Fatti gli affari tuoi!”
“Mmh…! A volte sei davvero ingiusta, Sakura! Scommetto che ti devi vedere con quel pallone gonfiato di Sasuke!”
Sakura rise. “Però Naruto, che perspicacia!”
“NO! Questo non dovevi farlo!”
Sakura continuò a ridere. “Dai, smettila. Devo andare adesso, a più tardi!”
Naruto gracchiò un breve saluto e chiuse la telefonata.
Sakura piegò lo yukata maschile che suo padre le aveva messo a disposizione per poi poggiarlo sul letto e appese il suo all’anta aperta dell’armadio, per indossare quindi un paio di jeans e una t-shirt.
Andò dunque in cucina e vi trovò sua madre intenta a preparare la colazione.
“Buongiorno!”
“Ehi, Sakura.” Iniziò la signora Haruno. “Vedi di sbrigarti a far colazione, ci sono alcune commissioni che devi assolutamente fare.”
“Ti pareva…” sbuffò Sakura contrariata.
La madre le servì un’abbondante tazza di latte con caffè e un piattino con due fette di pane tostato ricoperte di burro e marmellata. “Smettila di lamentarti.”
Sakura fece un sorriso esasperato e iniziò a mangiare, nel frattempo la madre le piazzò sotto il naso la lista delle cose da fare.
“Devi andare al supermercato a comprare i detersivi per la lavatrice che devo finire di fare il bucato, poi le cose da mangiare, il giornale per tuo padre. E bisogna ritirare il mio kimono dalla lavanderia, eccoti la ricevuta.”
“Serve altro?” mugugnò Sakura, iniziando a bere il latte.
“Sbrigati che si fa tardi e tu dopo devi uscire! A che ora arriva il tuo amico Sasuke? Papà ti ha dato lo yukata?”
“Prima di pranzo, comunque sì.” Rispose Sakura.
Ingurgitò le due fette di pane tostato e dopo aver riposto tutto nel lavandino della cucina, corse subito a indossare le scarpe e impugnò chiavi e borsa.
Fece tutto come le aveva detto la madre, perdendo un po’ di tempo presso la lavanderia, quando la titolare del negozio parve mostrare sintomi di incertezza nella ricerca del kimono di sua madre.
Dopo aver benedetto tutti gli dei del cielo, andò in direzione del chiosco dei giornali, acquistando il quotidiano preferito del padre.
Sistemò il giornale dentro la borsa della spesa sulla spalla sinistra, sorreggendo il kimono con la mano destra.
“Eccomi!”
“Ah, sei stata veloce!”
Sakura porse il kimono alla madre e poggiò la borsa della spesa sul tavolo della cucina, impugnando il giornale.
Fece per andare in direzione dello studio di suo padre quando qualcosa in fondo alla prima pagina attirò la sua attenzione, costringendola a bloccarsi.

Delitto Uchiha: concessa libertà vigilata a Itachi Uchiha

Dopo aver scontato quattro anni presso l’istituto di detenzione della regione ed aver trascorso l’ultimo anno agli arresti domiciliari ospedalieri, è stata recentemente concessa la libertà vigilata a Itachi Uchiha, anni 27, nonostante dovesse scontare più della metà degli anni di reclusione previsti dalla pena inflittagli, dopo la condanna per gli omicidi dei genitori Fukagu e Mikoto Uchiha e dei familiari Tekka Uchiha, Yashiro Uchiha e Shisui Uchiha.
Tale riduzione della pena è stata concessa a causa della cecità che da tempo affligge il pluriomicida, rendendo la struttura carceraria inadeguata ad ospitarlo.
Itachi Uchiha attualmente lavora presso la centrale operativa di Tokio in qualità di centralinista e il provvedimento cui è sottoposto prevede l’obbligo di firma giornaliero.

Ad aver attirato l’attenzione di Sakura però non era stato di per sé l’articolo ma la foto di Itachi posta lì accanto.
“Sakura, va tutto bene?”
“Io… sì.”
Sakura si era ridestata da quello stato di torpore e aveva ripreso subito chiavi e borsa.
“Che fai, esci?”
“Sì, torno subito.”
“E il giornale di tuo padre?”
“Glielo riporto appena torno, non ci vorrà molto.”
Sakura uscì di casa, ignorando le proteste di sua madre: l’unica cosa che le interessava in quel momento era andare a parlare con Sasuke.
D’istinto prese il cellulare e fece il numero di Hinata.
“Sakura?”
“Ciao, Hinata. Scusa se ti disturbo… hai il giornale di oggi a casa?”
“Aspetta che guardo.”
Le chiese se la testata fosse la stessa, sapendo bene che in un ambiente colto come quello dell’amica non avrebbe ricevuto risposte negative.
Infatti…
“Sakura, ma è…?”
“È lui. È il fratello di Sasuke.”
“Secondo te Sasuke ha capito che…?”
Era bello parlare con Hinata perché parlava poco ma quando lo faceva dimostrava di capire tutto e di dire cose sensate.
“È quello che sto andando a chiedergli.”
“Io… Sakura, non essere troppo prevenuta.”
“Non lo sarò.”
“D’accordo. Ci sentiamo dopo?”
“Sì, ci sentiamo dopo. Devo andare.”
Chiuse la chiamata e ficcò il cellulare nella tasca dei jeans ma qualcosa o, meglio, qualcuno la trattenne.
“Andare dove?”

Well I guess what they say is true,
I could never spend my life with a man like you…
I could never be your woman.

I could never be your woman,
I could never be your woman,
I could never be your woman.

Your woman – White town

Prossimo capitolo: Folle

Ringrazio Heart_break, kry333, flyikary19, Mfelewzi e Rairakku per le loro recensioni.
Ringrazio poi quest’ultima e maryantony1406 per aver inserito la storia tra le seguite e poi Kira_asia per averla aggiunta tra le ricordate.
Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento.
Per qualsiasi curiosità, non esitate a scrivermi una recensione, sarò ben lieta di rispondervi.

Scusate se non ho scritto le mie solite riflessioni pre e post capitolo in cui vi spiego i miei percorsi mentali ma mi è sembrato doveroso esprimere un pensiero sugli avvenimenti degli ultimi giorni, soprattutto perché proprio venerdì pomeriggio parlavo con le persone che conosco di voler svolgere un tirocinio all'estero, mentre poi è arrivata la tragedia e tutto mi è crollato addosso.


Tornando ad argomenti più allegri... per quanto riguarda i prossimi aggiornamenti, potrei avere un rallentamento sulla tabella di marcia perché giorno 24 mi laureo, qualche giorno dopo si laurea il mio fidanzato... perciò sarò un po' in coma e probabilmente mi organizzerò per andare qualche giorno in uno chalet in montagna a scialarmi XD

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Folle ***


Ciao bimbi! Scusate se mi sono fatta attendere tanto per aggiornare ma sono successe tantissime cose! Innanzitutto mi sono laureata.. e questo lo sapevate, poi ho fatto un po' avanti e indietro in questo periodo e credetemi... questo capitolo l'ho scritto sempre e soltanto in aeroporto. Ho dovuto prendere qualche aereo, ho fatto 4 colloqui di cui 2 di presenza per la stessa azienda, funziona così quando decidono di farti fare la selezione da neolaureato per uno stage.
Quando ero davanti ai gate, in attesa dell'imbarco, aprivo sempre il tablet e scrivevo; ragazzi una cosa allucinante la tratta Fiumicino-Fontanarossa con Ryanair, non comprate mai quel volo, spendete un patrimonio in Alitalia che almeno vi danno lo spuntino e vi collegano al terminal col tubo ma non prendete mai Ryanair Fiumicino-Fontanarossa, a meno che non costi 15 euro e a volte succede.
Comunque... la novità è che il 23 prendo un altro volo per Malpensa e il 24 ne prendo uno per Tartu che, per chi non lo sapesse, si trova in Estonia. Ho vinto una borsa di studio Erasmus+ di tre mesi e vado a fare un tirocinio post laurea presso l'Istituto di Tecnologia dell'università locale, sono molto felice perché è un passo in più per entrare nel mondo del lavoro. Sono del tutto intenzionata a continuare a scrivere mentre sarò lì, anzi spero che il mio soggiorno in Estonia non faccia altro che contribuire come fonte ispiratrice... la cosa che mi preoccupa è il freddo.
Io sono abituata a minime di 12°C e a Tartu questa settimana sono previste minime di -7°C.

.-.

Allora, torniamo a noi. Questo capitolo davvero mi ha distrutta. Vuoi gli impegni, vuoi il dover scrivere sempre in aeroporto, vuoi che sono un po' esaurita e sotto pressione per i fatti miei, non riuscivo mai a trovare il punto di convergenza.
Ringrazio Heart_break, Mfelewzi che mi ha chiesto di aggiornare proprio mentre stavo aggiornando, SasuSaku forever, Saku_Nami e stef23.
Siate clementi, davvero.

Capitolo 21

Folle

I remember when, I remember, I remember when I lost my mind,
there was something so pleasant about that place.
Even your emotions had an echo
in so much space
and when you're out there
without care,
yeah, I was out of touch
but it wasn't because I didn't know enough,
I just knew too much…

Does that make me crazy?
Does that make me crazy?
Does that make me crazy?
Possibly…

Crazy - Gnarls Barkley

“Chiedo scusa? È questo l’istituto Sarutobi?”
Ebisu sollevò gli occhi sulla ragazza dai capelli rossi che gli si era appena parata davanti.
“Sì. Prego, come posso esserle utile?”
“Devo parlare con il professor Sarutobi.”
“Ha un appuntamento?”
“Temo di no.”
“Mi dispiace, il professore in questo momento è impegnato. Se vuole parlare con lui, prenda appuntamento altrimenti può aspettare che si sia liberato… sta facendo la terapia di gruppo del sabato.”
La ragazza sbuffò leggermente, mostrando un’espressione confusa e ansiosa.
“È successo qualcosa?”
“È che… devo assolutamente andare a parlare lui… ho dei problemi e non so come fare…”
Ebisu la osservò mettersi le mani ai capelli, dunque si alzò da dietro la sua scrivania. “Mi aspetti qui.”
Quando le diede le spalle, la ragazza si affrettò ad estrarre una pistola dalla cinta dei pantaloni e a dargli un colpo sulla nuca, facendolo svenire.
“Coglione…”
Si voltò verso tre ragazzi che, fino a quel momento, erano rimasti in disparte. “Chiudiamolo da qualche parte, prima che si svegli e chiami la polizia.” Disse il più alto.
“E secondo te perché credi che lo abbia stordito, Kidomaru?”
“Sta’ zitta, Tayuya… e dammi una mano. Dove lo mettiamo?”
Tayuya si guardò attorno, per poi soffermarsi su una porticina in fondo ad alcuni scalini.
“Deve essere uno scantinato.”
“Mettiamolo lì dentro.”
Chiusero la porta a chiave e Kidomaru si voltò verso gli altri due ragazzi: uno di questi era più grosso, con un’espressione decisamente poco accomodante stampata sul viso, l’altro era slanciato e con i lisci capelli argentei.
“Sakon, ci dividiamo?” chiese al secondo.
Sakon indicò il piano di evacuazione dell’edificio, appeso al muro. “Ci sono in totale quattro livelli… proseguiamo per ciascun piano e il primo che trova Sarutobi, avvisa tutti gli altri. Dobbiamo essere sicuri che nessuno chiami la polizia.”
Kidomaru estrasse una pinza dalla tasca del jeans. “Adesso taglio il cavo del telefono.”
Sakon annuì.
“E dopo cosa facciamo?” chiese Jirobo.
Sakon si voltò a guardare Tayuya ed entrambi si rivolsero un sorriso sardonico.
“Avvisiamo il maestro Orochimaru.” Concluse, poi.

Quella mattina Tsunade si era svegliata con un forte dolore alle cosce, ai polpacci e ai legamenti delle gambe.
Una persona qualunque probabilmente avrebbe pensato di aver praticato un’eccessiva attività fisica, dopo un lungo periodo di inattività, e che quindi quei dolori potessero essere legati alla normale produzione di acido lattico.
Tsunade tuttavia sapeva bene che si trattasse di qualcosa di diverso.
Da alcuni anni infatti aveva iniziato a soffrire della Sindrome delle gambe senza riposo.
Non era una malattia bensì un fastidio che, saltuariamente, si ostinava a presentarsi.
Quel dolore alle gambe tendeva a sopraggiungere normalmente durante le primissime ore del mattino e talvolta anche subito dopo l’essersi stesa a letto.
La sensazione di dolore era identica a quella dovuta alla presenza dell’acido lattico sulla muscolatura… ma più forte e tendeva a perdurare per diversi giorni.
Non si trattava neanche di una vera e propria infiammazione.
L’unico rimedio utile a far passare quel fastidio alle gambe consisteva semplicemente nel muoverle: Tsunade avvertiva dunque la sensazione di fastidio ma una volta in piedi, una volta intenta a camminare, quel fastidio sembrava svanire del tutto.
Aveva sempre cercato di non darvi troppo peso ma chiunque conoscesse bene Tsunade sapeva che quella condizione rappresentava per lei una situazione di disagio.
Ma in realtà ciò che metteva a disagio Tsunade era il disagio stesso.
A pensarci bene forse Shizune si trattava dell’unica persona che fosse a conoscenza di quel fatto.
Si affrettò a lavare le stoviglie sporche del pranzo e messe nel lavandino della cucina, per poi dirigersi verso il soggiorno, accendendo il televisore.
Poi prese il portatile e iniziò a scaricare la posta elettronica, mentre il telegiornale mostrava le ultime notizie.
Stava osservando le newsletter di una nota marca di capi di abbigliamento, quando il telefono di casa squillò.
Tsunade si voltò a guardarlo: le persone che conoscevano il suo numero di casa erano relativamente poche.
Chiunque avesse necessità di parlare con lei poteva farlo telefonando al numero della presidenza, al cellulare, scrivendole una mail oppure cercandola sui social network.
Ma era davvero difficile che qualcuno potesse contattarla al suo recapito fisso.
Shizune era una di quelle persone ma erano solite sentirsi mediante la messaggistica istantanea, Jirayia invece la chiamava sempre e solo sul cellulare.
“Pronto?”
“Tsunade?”
Era Jirayia.
“Perché mi stai chiamando al numero fisso?”
“Scusa se ti ho disturbato, è molto importante.” Disse l’amico dall’altro capo del telefono. “Sono con i genitori di una tua allieva… Sakura Haruno. Ti sto chiamando da casa sua, sei in vivavoce.”
Sakura Haruno?
“Che succede?”
“È successo un casino. Hanno occupato l’istituto Sarutobi… e pare che Sakura, Naruto e Sasuke siano scomparsi.”

* * *

8 ore prima.

“Come sarebbe a dire è uscita?”
“Mi ha detto che sarebbe rientrata immediatamente ma è già da un’ora e mezza che è fuori. Sasuke, che succede?”
Sasuke non rispose subito.
Alzò gli occhi sulla signora Haruno e arricciò le labbra. “Forse mi sono sbagliato. Deve essere andata direttamente al parco.”
“Non so… mi aveva detto che avrebbe dovuto prestarti lo yukata.”
Cazzo.
“Provo a chiamare Hinata, allora.”
Sasuke si congedò in fretta e furia dalla soglia di casa, affondando la mano nella tasca dei jeans e facendo il numero di Sakura.
Il cellulare squillava a vuoto, in maniera insistente.
Chiuse la chiamata con irruenza per poi selezionare il nome di Hinata dalla rubrica.
Hinata probabilmente fu sorpresa di ricevere quella telefonata perché Sasuke ne percepì il tono ansioso.
“Sasuke…?!”
“Hinata, scusa ma è importante. Sai dove sia Sakura?”
“Sasuke… io non so, ci ho parlato circa un’ora e mezza fa e mi ha detto che stava venendo da te, a cercarti.”
Sasuke si bloccò sul marciapiede.
“Come hai detto?”
“Doveva parlarti.”
“Ma eravamo rimasti che sarei andato da lei, che motivo avrebbe avuto di venire da me? Anche sua madre mi ha detto che è uscita già da un’ora e mezza.”
Hinata restò in silenzio per qualche secondo, prima di parlare.
“Hai visto il giornale di oggi?”
Sasuke alzò lo sguardo.
“No.”
“È meglio che tu lo veda. Sakura ti sta cercando.”
Sasuke non seppe bene come rispondere a quell’imperativo ma si decise ad obbedire, senza fare troppe storie.
Quando pochi minuti dopo si fu reso conto di cosa effettivamente stesse parlando Hinata, Sasuke avvertì una sensazione di cedimento alle ginocchia: era come se improvvisamente un dolore acuto le avesse attanagliate entrambe, trasmettendo al ragazzo una sensazione di sofferenza, impossibile da trattenere.
L’asfalto duro macchiò i jeans del ragazzo e i pugni che quest’ultimo sferrò verso il basso, incurante della sporcizia e delle macchie di pneumatico.
Il volto di Itachi lo osservò dal giornale, con quell’aria di mistica noncuranza che aveva sempre caratterizzato ogni sua azione.
Chi per strada lo vide rimettersi in piedi, pensò semplicemente che fosse accidentalmente caduto… ma non si trattava di questo.
Quello provato da Sasuke nei confronti di Itachi non si trattava più di semplice gelosia ancestrale o di odio, ma di una vera e propria follia che in un brevissimo istante balenò negli occhi del ragazzo, sostituendo al lucido e calcolato pensiero sul fratello un’ansia adrenalinica e priva di inibizione.
Fu qualcosa che durò meno di un secondo, che solo chi si fosse trovato di fronte a Sasuke avrebbe notato.
La sicurezza del ragazzo, esattamente com’era vacillata, ritornò al suo punto di equilibrio stabile, lasciando nuovamente posto alla solo apparente compostezza fisica e mentale.
Riprese il telefono e il giornale, poi digitò nuovamente il numero di Sakura e attese.
Il numero della persona chiamata potrebbe essere spento o non raggiungibile.
Sasuke cercò di mantenere la calma: magari le si era scaricato il telefono proprio mentre stava andando a cercarlo.
No.
Sakura non era esattamente il tipo che si faceva scaricare il cellulare giusto prima di un appuntamento con lui.
L’opzione chiamata era fallita perciò l’alternativa che gli restava era andare a cercarla.
Dove poteva trovarsi?
Hinata gli aveva detto che Sakura era uscita di casa per andare a cercare lui: questo significava che si era diretta specificatamente da casa sua in direzione dell’istituto.
Aspettò.
Il ragionamento di Sasuke non faceva una piega, sicuramente le cose erano andate in quel modo.
Prese a camminare e il suo passo si affrettò sempre di più, ripercorrendo a ritroso il medesimo percorso che aveva effettuato qualche minuto prima.
Doveva per forza essere andata così, sicuramente era andata così.
Non incontrò la ragazza lungo il suo cammino.
Giunto nuovamente all’istituto, si avvicinò alla portineria, dove trovò Ebisu.
“Scusami Ebisu, è venuta Sakura a cercarmi? Sai, quella ragazza con i capelli rosa…”
“No, Sasuke non ti ha cercato nessuno.”
CALMA.
“Ok, grazie.”
Uscì e aspettò ancora.
Qualcosa non quadrava.
Riprese il telefono.
“Pronto?”
“Hinata.”
“Sasuke!”
“Hinata, non trovo Sakura. Sono tornato in istituto e mi hanno detto che non l’hanno vista.”
“Calmati. Non vi siete incrociati?”
“No.”
“Non hai pensato che possa essere con gli altri? So che avrebbero dovuto raggiungervi nel pomeriggio.”
“Esatto, nel pomeriggio. Non credo che Sakura avrebbe cambiato piani così, senza avvisarmi. Anche sua madre mi ha detto che sapeva che Sakura avrebbe dovuto aspettarmi… Sono preoccupato, Hinata. Dopo quello che ho visto sul giornale, temo che possa essere successo qualcosa.”
Hinata restò in silenzio per qualche secondo, poi parlò.
“Chiama Naruto, io contatto Ino.”
“Ok. Ci sentiamo tra un poco.”
Sasuke non perse tempo a seguire il consiglio di Hinata e selezionò immediatamente il numero di Naruto dalla rubrica.
“Sakura? No, non l’ho vista, sono a casa. Mi aveva detto che doveva vedersi con te.”
Naruto sembrò straordinariamente serio quando Sasuke l’ebbe contattato.
“Quando?”
“Due ore fa. Ma perché me lo chiedi?”
“È una storia lunga.”
“Sasuke…?!”
“Non posso spiegartelo adesso, è davvero una storia lunga. In ogni caso sua mamma non ha sua notizie e Hinata mi ha detto di averle parlato; dice che è uscita per andare a cercare me… ma nessuno l’ha vista in giro. Sono preoccupato, Naruto… speravo che almeno tu potessi aggiornarmi.”
“Su cosa dovrei aggiornati? Non so sinceramente dove sia, mi aveva detto che doveva uscire con te e che non voleva né me né gli altri tra i piedi… ma perché sei preoccupato?”
“Non mi risponde proprio al cellulare.”
Pausa.
“E sua madre?”
“Ti ho detto che non sa niente, quando sono andato a casa di Sakura mi ha detto che era uscita, dicendole che sarebbe stata subito di ritorno. Io sono qui davanti al nostro istituto… come un idiota.”
Naruto non disse niente.
Quando Naruto restava senza parole, c’era davvero di che preoccuparsi ma l’attesa non parve durare molto.
“Ha detto che dovevate andare al parco. Possiamo provare a cercarla lì.”
“Dici che sia andata lì? Ma per fare cosa, se eravamo rimasti che ci saremmo visti a casa sua? Doveva prestarmi uno yukata, tra l’altro… dovevo cambiarmi da lei.”
“Sasuke, non ne ho idea… ma da qualcosa bisogna pur cominciare. Hai detto che hai parlato con Hinata, giusto?”
“Sì, starà parlando con Ino.”
“Va bene, proverò a parlarne con lei. Mi faccio spiegare bene cosa non vuoi dirmi.”
Sasuke sbuffò ma si rese conto di non essere in una posizione adeguata per protestare.
“D’accordo. Allora adesso vado al parco.”
“Ok, ci vediamo lì. Comunque ascolta una cosa.”
“Che c’è?”
“I genitori di Sakura… sanno che Sakura non si trova?”
Sasuke esitò prima di rispondere. “Non ho lasciato trasparire questo.”
“Chiama a casa di Sakura e prova a vedere se per caso sia rientrata.”
“Sì, è una buona idea.”
“Sasuke?”
“Sì?”
“Rischiamo di ottenere un buco nell’acqua. Diamoci un tempo massimo, chiediamo ai ragazzi di darci una mano… ma in caso se vediamo che la situazione non migliora mettiamo in allarme la famiglia di Sakura… e la polizia.”
Sasuke deglutì.
La polizia?
Chiuse il telefono senza dire altro.
Naruto osservò il display del cellulare per qualche secondo, per poi dirigersi in salone, dove Jirayia stava indossando il soprabito.
“Jirayia, è successa una cosa strana.”
“Che succede?”
Il tutore lo guardò in maniera interrogativa: i più gli avevano confidato che dacché si era allontanato dallo stile di vista dell’istituto, Naruto aveva continuato ad essere sì impulsivo ma pian piano aveva anche iniziato ad essere più deciso e perspicace.
Vederlo arrivare con quell’espressione turbata era un vero e proprio campanello di allarme.
“Mi ha chiamato Sasuke.” Affermò il ragazzo, in modo concitato. “Sostiene che Sakura sia sparita dalla circolazione e che nemmeno sua madre abbia sue notizie. Dice che avrebbero dovuto vedersi e che non risponde al cellulare, è come se fosse spento.”
“Credi che le sia successo qualcosa?”
“Sasuke sostiene che avrebbero dovuto vedersi a casa di lei e che ad un certo punto, stando a quanto dice la signora Haruno, Sakura sia invece uscita di casa in fretta e furia.”
“E sulla base di cosa afferma che le sia successo qualcosa?”
“Mi ha detto di parlare con Hinata.”
“Beh, chiamala.”
Naruto osservò il sopracciglio alzato di Jirayia e agguantò il telefono cordless poggiato sul tavolino, cercando di digitare il numero di casa dell’amica.
“Vediamo… sì, mi pare che il numero… ok, squilla.”
Jirayia attese.
Anche Naruto rimase in attesa finché non ebbe ottenuto una risposta.
“Sì, buongiorno… sono Naruto Uzumaki. Vorrei parlare con Hinata, è in casa?”
“…”
“Grazie.”
Naruto guardò Jirayia, iniziando a parlare poco dopo. “Sì, Hinata. Sono Naruto, senti mi ha chiamato Sasuke, era preoccupato per Sakura. Mi spieghi che succede?”
Jirayia vide il ragazzo strabuzzare gli occhi in modo insolito.
“Itachi Uchiha?!”
Gli fece segno di mettere il vivavoce e Naruto annuì con un cenno del capo. “Senti Hinata, non ti imbarazzare ma ti sto mettendo in vivavoce, sono con Jirayia… sai, lui è un poliziotto.”
“O-o-ok!” si udì un timido trillo, proveniente dall’altro capo del telefono. “Non perderò troppo tempo… Stamattina sul giornale è uscito un articolo dedicato al fratello di Sasuke, Itachi Uchiha.”
Jirayia strinse il bordo del tavolo. “Non ho ancora comprato il giornale oggi, cosa diceva?”
“Diceva che hanno concesso la libertà vigilata al fratello di Sasuke perché è malato e non vedente.”
Jirayia non parve sorpreso. “Credo che sia una notizia datata.”
“Sì.” Confermò Hinata inaspettatamente. “Il problema è che Sakura ultimamente aveva avuto a che fare con un ragazzo non vedente che spesso e volentieri trovava i mezzi per trovarla e un po’ la corteggiava… a scuola o comunque nei dintorni. Stamattina ha visto la foto sul giornale e ha scoperto essere proprio il fratello di Sasuke e… anche io l’ho incontrato mentre ero con lei… posso confermarlo, quando ho visto la foto l’ho riconosciuto subito.”
“Che cosa intendi quando dici che Itachi Uchiha spesso e volentieri trovava i mezzi per trovarla, pur essendo non vedente?”
“Voglio dire che era sempre con qualcuno in grado di riconoscere Sakura. Come se la seguissero… una sorta di stalking. Io le avevo detto di non fidarsi.”
“Quindi?”
“Sakura è convinta che Sasuke lo sapesse e che non le avesse detto niente.”
Jirayia alzò gli occhi verso Naruto: lo vide rabbrividire.
“Credi che quindi stamattina sia andata a cercare Sasuke, per chiedergli spiegazioni?”
“No… lo so per certo, ho parlato al telefono con lei. Mi ha detto che stava andando da lui in istituto e ha chiuso la chiamata. Poi circa un'ora e mezza dopo mi ha telefonato Sasuke e mi ha detto che Sakura è assolutamente irreperibile.”
“Sì, è quello che ha appena raccontato a me.” Intervenne Naruto, duramente. “Ma quello stupido non ha voluto raccontarmi i dettagli.”
“Ho parlato con Ino e mi ha detto che lei non ha assolutamente visto o sentito Sakura.”
“Ok, grazie Hinata.” Concluse Jirayia. “Ti lascio parlare con Naruto.”
Naruto prese il telefono e tolse il vivavoce. “Sasuke mi ha detto che sarebbe andato a controllare al parco ma gli ho detto che se ci sono problemi è meglio chiamare la polizia.”
“Sì, hai fatto bene. Dovete aiutarvi a vicenda… io purtroppo con questo ginocchio non posso fare molto. Mi puoi tenere aggiornata?”
“Certamente. Ti ringrazio, Hinata… sei stata molto gentile.”
“A dopo, Naruto.”
“Ciao.” Naruto chiuse la comunicazione e prese a osservare Jirayia, poggiandosi alla scrivania. “Che devo fare?”
Jirayia si passò una mano sul viso. “Vestiti. Ti accompagno al parco.”

Sasuke sapeva che, decidendo di recarsi a casa di Itachi senza dire nulla, Naruto si sarebbe imbestialito come pochi.
Arrestò la sua corsa solo dopo essersi reso conto di essere giunto presso il condominio in cui viveva Itachi, così vicino sia alla scuola sia all’abitazione di Sakura.
La sensazione che provò però fu ben diversa da quella di perplessità che aveva avvertito sotto casa di Sakura, da quella di estemporanea follia accanto all’edicola o da quella di inquietudine dinanzi all’istituto.
Quella che provò Sasuke, una volta fermatosi, fu paura.
Ma non provava paura al pensiero che Sakura si fosse cacciata in qualche guaio.
Provava paura al solo pensiero di dover affrontare Itachi.
Un pensiero balenò nella sua mente mentre osservava il portone: davvero era intenzionato a citofonare a suo fratello?
Cos’avrebbe potuto chiedergli?
Ciao Itachi, sono tuo fratello Sasuke. Sono ancora in collera con te per aver sterminato la nostra famiglia ma oggi sono venuto qui per chiederti se per caso hai sequestrato Sakura.
Era un pensiero surreale e ridicolo.
Ovviamente provò a citofonare ma non ottenne alcuna risposta.
Le cose erano due: o non era in casa o non voleva rispondere.
Sasuke rimase incollato al citofono ma non c’era assolutamente possibilità di ricevere alcun segno di vita.
Provò a citofonare a qualcun altro.
“Mi scusi, sono un amico di Itachi. Forse non ha sentito il citofono… sono preoccupato.” Buttò lì su due piedi. “Non è che potrebbe aprirmi?”
Pregò il cielo che se la bevessero: Itachi era cieco, non sordo ma poteva anche essere che una persona con una disabilità come la sua corresse dei rischi anche tra le mura di casa e che fosse legittimo preoccuparsi.
Volle il cielo che il portone si aprisse e che Sasuke si precipitasse lungo le scale, fermandosi ad intervalli regolari per analizzare i nomi sopra i campanelli di ciascuna porta, finché al terzo piano non si fu imbattuto nel nome Uchiha.
Prese a suonare ma non ricevette alcuna risposta perciò iniziò a bussare in maniera incessante.
Poggiò istintivamente l’orecchio sulla superficie di legno ma non udì alcun suono e quella convinzione balenò nuovamente nel cervello di Sasuke.
O non era in casa o non voleva rispondere.
Mentre osservava la superficie del legno della porta, udì la suoneria del suo cellulare e rispose.
“Naruto.”
“Sasuke ma dove ti sei cacciato? Sono qui al parco.”
“Ti sto raggiungendo.”
“Ma dove sei?”
Sasuke fece un respiro profondo e chiuse gli occhi.
“Sto uscendo da casa di mio fratello.”
“…”
“Non è qui. E se è qui, allora non risponde nessuno.”
“Dove stai?”
“Non importa. Ci vediamo al parco?”
“D’accordo, sono all’ingresso est.”
Naruto chiuse la comunicazione e si voltò verso Jirayia. “Sasuke è andato a casa di suo fratello.”
Jirayia arricciò il labbro, guardandolo attraverso il finestrino abbassato.
“Che ti diceva?”
“Dice che non c’è nessuno o che non risponde nessuno.”
Jirayia agitò il giornale appena acquistato. “Qui c’è scritto che Itachi Uchiha lavora al centro operativo. È davvero possibile che non sia in casa.”
“Che pensi che dobbiamo fare?”
“Bisogna avvisare la famiglia di Sakura e chiamare la polizia.”
“Posso aspettare Sasuke?”
“Naruto, non fare fesserie. Voglio che andiate a casa di Sakura dopo.”
“A casa di Sakura?”
“Dovete spiegare voi ai genitori di Sakura che cosa può essere successo.”
“Ah… sì, capisco.”
“Perciò trova Sasuke e andate lì, io cercherò di raggiungervi quanto prima.”
“Ci vediamo lì?”
“Sì.”
“Ti ricordi dove sta?”
“L’abbiamo accompagnata più di una volta a casa.” Disse Jirayia.
“E tu adesso dove vai?”
Jirayia lo guardò. “Vado a lavoro e nel frattempo do un’occhiata in giro. Tienimi aggiornato, farò il possibile per venire da voi.”
Naruto annuì e osservò l’auto di Jirayia allontanarsi lentamente.
Si appoggiò alla superficie ruvida del muretto della recinzione del parco, in attesa che Sasuke giungesse presso il punto di incontro che avevano concordato.
Passarono alcuni minuti, in cui il biondo si ostinò a mangiucchiare le pellicine sul bordo delle unghie, finché qualcosa non attirò la sua attenzione: tre ragazzi e una ragazza entrarono a passo spedito nel parco.
Era quasi sicuro di averli già visti nei dintorni della scuola, mai dentro.
La ragazza aveva i capelli di un particolare rosso acceso e non perse tempo a scoccargli un’occhiataccia e a dirgli: “Che cazzo hai da guardare?”
Naruto non arrossì di certo ma, preso alla sprovvista, si affrettò a rivolgere lo sguardo altrove.
“Te la prendi con tutti gli sfigati che ti guardano.” sentenziò uno dei tre ragazzi, che sembrava avesse il fisico imbottito di grasso e muscoli insieme.
“Fatti i cazzi tuoi, ciccione. Non ti spacco la faccia perché dobbiamo fare quel lavoro.”
Naruto riuscì a udire solo le parole bagascia e merda secca prima che il volume delle loro voci scemasse completamente.
Non dovette attendere a lungo prima che arrivasse Sasuke: sembrava distrutto.
“Niente, vero?”
“Niente.”
“Sasuke, ho parlato con Hinata e con Jirayia. Dobbiamo andare dai genitori di Sakura… avvisare la polizia.”
“La polizia?”
“Jirayia mi ha detto che sul giornale c’è scritto che tuo fratello lavora al centro operativo… sai, magari è al lavoro e con questa storia di Sakura non c’entra niente.”
Sasuke ci mise un po’ ad elaborare le parole pronunciate da Naruto: era come se appena udito il termine niente la vista gli si fosse completamente annebbiata.
Sentì le gambe vacillargli sotto il peso del corpo ma la sensazione che provò non fu la stessa avvertita quella mattina, alla vista del giornale.
Fu come se gli fossero venute a mancare totalmente le forze.

* * *

Quando Sakura aprì gli occhi, tutto ciò che vide attorno a lei fu il buio più totale.
Provò ad alzarsi da terra ma scoprì presto che le sue braccia erano state legate a delle sbarre di legno, a giudicare dalla consistenza al tatto.
“Aiuto!” gridò, scuotendole. “Qualcuno mi aiuti!”
Silenzio. Sembrava che non stesse volando una mosca.
Com’era finita lì?
Quella non era una domanda a cui poteva rispondere.
Una cosa però insisteva nel tormentarle la mente: cloroformio.
Qualcuno l’aveva fatta svenire… e sapeva anche chi.
Gaara.
Aveva visto il suo sguardo folle proprio poco prima di perdere i sensi, i suoi occhi chiari cerchiati da quei solchi profondi, dovuti a una grave mancanza di sonno.
La vera domanda era: perché?
Neanche a quel quesito avrebbe potuto dare una risposta, almeno non in quel momento.
L’unica cosa che sapeva di Gaara era che non fosse affatto normale e che l’ultima volta che aveva messo le mani su una persona, quest’ultima era finita in ospedale in maniera quasi irrimediabile.
Le mani erano legate alle sbarre con una di quelle fascette di plastica, usate per unire insieme i cavi elettrici.
Provò a tastarsi le tasche, per quel che poteva.
Ovviamente non aveva il cellulare addosso, glielo aveva preso.
Era bloccata, in trappola, in un luogo che non conosceva.
Però, a giudicare dall’odore che aspiravano le sue narici, probabilmente si trovava in una palestra: quell’odore di sudore misto a polvere le trasmise una sensazione sgradevole che ovviamente contribuì ad alimentare il suo stato di malessere.
I suoi dubbi però scemarono, almeno in parte, quando vide una soglia aprirsi in fondo alla sala in cui si trovava, lasciando intravedere la silhouette di qualcuno in contrasto con una fonte luminosa.
I capelli scompigliati sul capo le suggerirono immediatamente che si trattava proprio di Gaara ma quell’apertura verso l’esterno, e quindi verso la luce, le permisero di squadrare con attenzione qualche dettaglio dell’ambiente circostante, imperscrutabile al buio.
Il pavimento verde di linoleum, l’ombra della rete del campo di pallavolo e la sagoma del contenitore metallico dei palloni le fecero subito capire che si trovava non in una palestra qualsiasi ma proprio in quella della Leaf.
Era a scuola ed era legata alla spalliera della palestra femminile.
“AIUTO!” gridò.
“È inutile che gridi. Non possono sentirti.”
Gaara manifestò subito una compostezza inattesa, quasi lucida.
“Che cosa vuoi?!” esclamò Sakura in maniera irruenta. “E perché mi hai portata qui?”
“Questi non sono affari tuoi.”
“Ah, no?!”
Chissà che ora era.
Proprio mentre si poneva quell’ennesima domanda, Sakura intravide un barlume di speranza: probabilmente, anzi, sicuramente, Sasuke in quel momento la stava cercando.
Sasuke non era di certo il tipo da rimanere con le mani in mano se lei inaspettatamente non si fosse presentata a un appuntamento con lui.
Le venne da sorridere: per una volta la sua testardaggine sarebbe risultata utile a qualcosa.
Ma in realtà non c’era alcun motivo letico per cui avrebbe dovuto essere contenta.
Era comunque in trappola.
“Perché mi hai portata qui a scuola?” insistette.
Niente panico…
Gaara non rispose. Si limitò ad osservarla con uno strano sguardo corrucciato, come se stesse rimuginando su qualcosa di poco convincente.
“Evidentemente è destino che la gente mi aggredisca nelle palestre di questa scuola.”
“Chi ti ha aggredita qui?”
“Non è stato qui, è successo nell’altra palestra… dove si fanno i corsi di pugilato.”
Sakura alzò gli occhi sul ragazzo.
Non sapeva bene se fosse il caso di dirgli quello che stava pensando ma non aveva molta scelta, in qualche modo doveva riuscire ad uscire da quella circostanza poco piacevole.
“Sono stata aggredita da Dosu Kinuta e i suoi amici.”
Ottenne l’effetto sperato: Gaara probabilmente non era al corrente di quell’informazione e il riferimento a Dosu Kinuta forse non lo aveva spaventato ma quanto meno scosso.
“Dosu Kinuta? E perché?”
“Questi non sono affari tuoi.”
Gaara la guardò: le parti si erano invertite.
“È molto meglio per te che tu me lo dica.”
“Non provare a torcermi un solo capello.”
“Non puoi chiamare la polizia.” Gaara estrasse il telefono di Sakura. “Il tuo telefono ce l’ho io… ed è spento.”
“Fuori è pieno di persone che a quest’ora mi staranno già cercando.”
“Cosa te lo fa pensare?”
“Lo so e basta.”
“Dimmelo.”
“Te lo dico solo se mi dici perché mi trovo qui.”
Silenzio.
Il fatto che Gaara non stesse ribattendo mise Sakura in stato di allerta: evidentemente quella faccenda che lui l’avesse sequestrata e che tuttavia fuori ci fosse qualcuno disposto a cercarla sembrava turbarlo molto.
Forse aveva dato per scontato che quel territorio sarebbe rimasto off limits abbastanza a lungo da non dover avere problemi.
Le cose non stavano così, almeno non per lei.
Ma la domanda continuava ad essere una: perché lei si trovava lì?
“Tu stai con Sasuke Uchiha, vero?”
Sakura distolse lo sguardo, arrossendo. “Non sto con Sasuke…”
“Ma lo conosci bene.”
“Perché la cosa ti interessa?”
“Sono io quello che fa le domande.”
“Non ti dirò niente finché non mi dirai che cosa ci faccio qui.”
“Sei qui perché l'ho voluto io. Perché, come ti ho detto, conosci Sasuke Uchiha.”
“Non ti dirò niente su Sasuke, stai perdendo il tuo tempo.”
“Invece…” Gara si accovacciò, per osservarla più da vicino. “Adesso mi spieghi perché Orochimaru si sta dando tanto da fare per questo Sasuke Uchiha.”
A Sakura si raggelò il sangue: il fantasma di Orochimaru che andava alla ricerca disperata di Sasuke le fece, per l’ennesima volta, tornare in mente in quale situazione di disagio sociale vivesse il ragazzo; le fece ricordare che non tutte le persone erano ben intenzionate o disposte a vivere una vita fatta di lavoro, sacrificio e onestà.
Alcune persone erano disposte a tutto pur di ottenere ciò che volevano e Orochimaru era una di queste, Sakura lo aveva sentito sulla sua stessa pelle cosa significava essere vittima di un sopruso.
Anche quello che le stava attuando Gaara era un vero e proprio terrorismo psicologico, mirato ad ottenere qualcosa, qualcosa che con Sakura aveva poco a che fare.
“Io non lo so.”
“Ne sei sicura?”
“Anche se sapessi qualcosa, stai certo che non ti direi niente. Ma in ogni caso stai perdendo il tuo tempo… io non so niente.”
Sakura sentenziò quel pensiero con fermezza, come se in quel momento non fosse legata alla sbarra della spalliera, con di fronte un ragazzo dalla sanità mentale piuttosto limitata.
“Che ti ha fatto Dosu Kinuta?”
“Lui e i suoi amici mi hanno pestata perché volevano qualcosa da Sasuke.” Rispose Sakura con sdegno. “Li aveva mandati Orochimaru… ma ti ripeto, io non so niente di cosa voglia da lui… e spero di non doverlo mai sapere.”
Gaara continuò a osservare Sakura con una freddezza glaciale.
Stava probabilmente ragionando su quale dovesse essere la prossima mossa ma forse in quel momento non era in grado di prendere una decisione.
Si limitò a farle un’altra domanda.
“Ora che sai perché sei qui… dimmi perché sei tanto convinta che presto arriverà la polizia.”
“Non lo so se arriverà la polizia.” Sbottò Sakura. “Ma sono sicura che qualcuno in questo momento mi stia cercando. Sasuke mi starà cercando.”
“Questo lo immaginavo ma supponi che per esempio Sasuke si sia imbattuto nelle persone sbagliate.”
“Persone come te?”
Gaara non rispose ma attese comunque una replica alla sua tesi.
Sakura strabuzzò gli occhi.
L’idea che in quel momento Sasuke fosse con qualcuno dalle pessime intenzioni e che lei fosse lì a dover ragionare sulla follia di certi individui non la spaventava.
La terrorizzava.
Ma Gaara non aveva tenuto conto di una cosa.
Gaara non aveva tenuto in considerazione il fatto che nella vita di Sakura non ci fosse solo Sasuke ma ci fossero anche altre persone, come i suoi genitori, Naruto, o Hinata.
Persone con cui lei, prima di cacciarsi in quella situazione tanto precaria, aveva parlato e che conoscevano i suoi programmi per la giornata e soprattutto i suoi recenti stati d’animo, le sue ansie e preoccupazioni.
Sakura non sapeva se Gaara volesse Sasuke o lei per arrivare in maniera indiretta a Sasuke.
Tuttavia, se davvero Gaara si trovava in prossimità di casa sua o dell’istituto Sarutobi, certo non avrebbe mai potuto conoscere la causa per la quale Sakura fosse tanto motivata ad andare a parlare con Sasuke, in quel frangente.
“Tu non ce li hai degli amici, vero Gaara?”
Sakura seppe di aver toccato un nervo scoperto quando vide Gaara mostrare un’espressione di rabbia atroce mista ad imbarazzo.
“Che hai detto…?”
“Ti ho chiesto se hai degli amici. Lo sai che cosa vuol dire avere degli amici?”
Le dita delle mani di Gaara avevano preso a tremare convulsamente mentre reggevano il telefono di Sakura.
Probabilmente non era preparato ad un’affermazione del genere.
Decise di cavalcare quell’onda.
“La verità è che tu, Gaara, non hai la più pallida idea di che cosa siano i rapporti interpersonali e non puoi neanche lontanamente immaginare che cosa accade quando una persona a cui vuoi bene è nei guai.”
“Perché tu osi parlarmi in questo modo…?”
Fece cadere il telefono a terra e le sue mani presto si tuffarono in mezzo ai capelli, stringendoli.
Era fatta.
A Sakura non importava se Gaara le avesse fatto del male ma ormai il gioco valeva la candela.
“Te lo spiego subito… tu non lo sai ma stamattina ho scoperto una cosa e ho deciso di chiamare la mia amica Hinata per confidarmi con lei e dirle cosa fossi intenzionata a fare; tu non puoi essere a conoscenza del fatto che questo pomeriggio io e Sasuke avremmo dovuto incontrare il nostro amico Naruto e tutti gli altri al parco e che sarebbe risultato strano non farci vedere nei paraggi; certo l’opzione alternativa poteva essere che entrambi ci fossimo concessi del tempo insieme ma a questo punto entrano in gioco i miei genitori. A mia madre avevo detto che sarei uscita ma sarei anche tornata subito a casa e… sai com’è, quando io dico a mia madre di fare una cosa ma non la faccio, irrimediabilmente se lei lo scopre, si preoccupa e inizia a telefonare in maniera osses…”
Sakura non riuscì a finire la frase.
C’erano tante cose che Gaara non sapeva.
Gaara non sapeva quanto Sakura e Hinata fossero amiche; Gaara non sapeva come mai Sakura fosse importante per Sasuke; Gaara non sapeva, anche se presto lo avrebbe imparato, quanto Naruto fosse diffidente nei confronti delle persone che si nascondevano dietro a una maschera e non si rivelavano per come erano, sia che si parlasse di Sasuke e del suo passato, sia che si parlasse di Gaara e della sua violenza, nascosta dietro alla sua apparente indifferenza.
E poi c’era un’altra cosa che Gaara non sapeva e non avrebbe mai avuto modo di conoscere.
L’amore di una madre.

And I hope that you are having the time of your life
but think twice, that's my only advice…

Come on now, who do you, who do you, who do you,
who do you think you are?
Ha ha ha! Bless your soul…
You really think you're in control…

Well,
I think you're crazy,
I think you're crazy,
I think you're crazy,
Just like me…

Crazy - Gnarls Barkley

Prossimo capitolo: Non è abbastanza

Secondo voi che canzone metterò la prossima volta?

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=146446