Cogli l'attimo

di Jay_Bismen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La famiglia.. ***
Capitolo 2: *** La Sicilia ***
Capitolo 3: *** La battaglia ***
Capitolo 4: *** Non sono fatta per seguire le regole ***



Capitolo 1
*** La famiglia.. ***


C’è una sola regola tra gli Audaci:                                                                                                                                                                  
devi seguire le regole del Capo e devi rimanere attaccato alla banda.
Se sgarri e non segui la regola dovrai pagare. E spesso il prezzo è la morte…
Ma io non sono fatta per seguire le regole.


Mi sveglio quando sento sbattere forte la porta di sotto. Sono nel mio letto,al caldo. Vorrei restare così per tutta la vita,ma so che non posso. Sotto papà urla. Come sempre. Ormai io e mio fratello Tommy ci siamo abituati … Lui forse un po’ meno,ma è più piccolo di me,posso capirlo. Forse. Dopo qualche secondo anche mamma si mette a starnazzare. Sicuramente stanno discutendo del futuro di Michael,il mio fratello maggiore. Non hanno ancora capito che sarà lui a decidere del suo avvenire,in qualunque modo la mettano. Dopo qualche minuto perdo completamente la speranza di ricominciare a dormire,perché le loro voci,con il passare del tempo aumentano di volume e a volte comincia a volare qualche piatto per la casa. E’ in questi momenti che Tommy comincia a spaventarsi davvero. Quando lo vedo piangere sotto le coperte per le loro grida,mi chiedo per quale motivo l’abbiano dovuto mettere al mondo. Solo per farlo patire per le loro continue discussioni? Io e Michael l’abbiamo provato sulla nostra pelle,e di certo non è una cosa piacevole. In questi momenti,quando sono nervosa provo rabbia,quando la giornata è abbastanza tranquilla sono quasi annoiata. Sbuffo ed esco da sotto le coperte. Poggio i piedi a terra con un tonfo,augurandomi che al piano inferiore si sia sentito e la smettano prima che scenda. Ma non lo hanno sentito,e se l’avessero captato,non ci fanno tanto caso.                                                                                                                                                                                    
–Oh,Dio,fa che la smettano,una volta per tutte – dico alzando gli occhi al cielo. Guardo l’orologio al mio polso. Sono le sette. Se non mi fossi svegliata,i miei non mi sarebbero venuti a chiamare per andare a scuola. Il che sarebbe stato meglio,forse. Ma ormai sono sveglia,e non voglio restare a casa e sentirli gridare nelle mie orecchie per tutta la giornata,quindi vado in bagno e mi vesto. Quando ho finito,mi affaccio nella cameretta di Tommy. Appoggio lo sguardo sul letto del mio fratellino. I suoi capelli biondo cenere risplendono alla luce fioca del sole che arriva dalle squarciature nella serranda chiusa. Gli occhi verdi mi fissano spaventati. Mi avvicino a lui.                                                                                                                                                   
–Ciao campione – dico sorridendo e scompigliandogli i capelli. Lui non risponde. – Oh,dai,non fare il taciturno. Alzati e vestiti,o farai tardi a scuola – e gli stampo un bacio sulla fronte. Per tutta risposta mi fa un sorrisino spento,mi abbraccia e si alza. Esco dalla sua camera e scendo le scale. I miei genitori sono in cucina,alzati uno di fronte all’altra,e si gridano in faccia. La scena sembrerebbe anche comica,se non fosse per i piatti che entrambi hanno in mano. Attraverso la stanza e mi faccio cadere sulla sedia. Mi servo di frittelle e tè e inizio a fare colazione. Solo quando Tommy è sceso e si è seduto,ed io ho quasi finito di mangiare,papà mi fa,con aria minacciosa:                                                                                                                                                                                         
-E voi,chi vi ha chiamati,perché state qua?                                                                                                                                                             
-Mi sono svegliata – faccio io – e ho visto che erano le sette. Se non ci fossi stata io a chiamare Tommy a questo punto staremo ancora nel letto. E lui si sarebbe perso un giorno di scuola.                                                                                           
–Beh,anche tu. Quindi non farla troppo lunga. – dice e si siede.  Lo guardo mangiare per un po’,poi Tommy mi fa segno che ha finito. Mi alzo,e senza dire una parola esco di casa,mentre lui si ferma un attimo per farsi dare un bacio dalla mamma. Quando esce sento papà dire – Si saluta,Christy!                                                                    
-Il mio vero nome è Christina,ma essendo troppo lungo ha convinto tutti a chiamarmi Christy. Avrei preferito Chris,ma dava un che di maschile al nome,quindi no. Come mio fratello,ho gli occhi verdi e sono magra,ma forte e agile. Ma al contrario suo ho i capelli castani,e quando esco,non risplendono al sole come  suoi. Borbotto un “ciao”,sbatto la porta e penso “ma chi se ne frega!?”. Prendo Tommy per mano e ci avviamo verso le scuole elementari...

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Capitolo 2
*** La Sicilia ***


Il mio fratellino ha cinque anni meno di me. Fa la terza elementare,io la terza media. Gli istituti non sono molto lontani,e lui non obbietta se lo accompagno,quindi lo faccio. Io ho sempre voluto che mia madre o mio padre mi prendesse per mano e mi facesse strada,magari chiedendomi qualcosa della mia vita. Mi sarebbe bastato anche Michael. Ma lui era troppo impegnato,anche se abbiamo solo tre anni di differenza. E i miei,figuriamoci se avrebbero lasciato per un momento i loro amati piatti per accompagnare me. Figurarsi che non volevano neanche una figlia femmina. Forse per questo hanno messo al mondo Tommy. E forse (no,sicuramente) perché credevano che avendo un altro bambino avrebbero potuto migliorare la loro condizione come coppia. Ma è questo lo Stato di oggi:i genitori sbagliano,e a pagarne sono continuamente e solo i figli,perché gli adulti non si rendono minimamente conto che loro potrebbero avere un cuore .E come se non bastasse, a quanto pare non sanno fare i genitori,se non si sono mai preoccupati né per Michael,né per me,né per Tommy. Ma almeno uno della famiglia si deve salvare. E sarà lui. Perché cerco di fare del mio meglio per fargli avere quello che io non ho avuto mai:dei genitori. Anche se nel mio caso potrebbe trattarsi più di un’amica che di una mamma. Ma credo sia uguale,se riesco a colmare il vuoto dell’amore di due persone che non si preoccupano più di tanto per lui. Inizieranno ad averne cura solo quando sarà abbastanza grande da poter portare il pane il casa,come è successo con Michael. E allora ci sarà da ridere. Perché io non gli permetterò di servirsi di lui. Costi quel che costi. Per strada incontro tanti miei compagni di scuola,ma nessuno mi saluta. Non sono della banda,loro,quindi per tradizione dovrei essere io a snobbarli. Ma non sono tanto presuntuosa da credere di essere meglio di loro. Anzi,so di essere molto peggio. E poi,io non seguo né regole, né tantomeno tradizioni. Se credo siano scemenze. E alcune delle regole degli Audaci non sono altro che scemenze. E,in generale,io non sono fatta per seguire le regole.
 Arriviamo davanti alla scuola di Tommy.                                                                                                                       
 –C’è Andrea – mi fa lui. Un bambino cicciottello corre verso di noi. – posso andare?                                                                         
-Certo – gli dico sorridendo – te la cavi solo? – annuisce – D’accordo,vai,ma state attenti. Non vi allontanate da scuola e non parlate MAI dico MAI con persone che non conoscete. Soprattutto se hanno un accento straniero.                                                                                                                                                                                                              
–Si – annuisce – Ti voglio bene. – mi stampa un bacio in faccia e corre dal suo amico. Lo fisso per un po’ giocare spensierato. Non ho niente conto gli stranieri,assolutamente. Solo che da qualche tempo le truppe stanno circolando intorno al nostro confine. Lo so perché con la banda andiamo a fare spesso sopralluoghi là vicino. Se dovesse entrare qualcuno senza farsi notare,potrebbe capire i nostri punti deboli e attaccarci dall’interno. La situazione è difficile da spiegare. Nel 2011,in Italia incominciò davvero a sentirsi il peso della crisi. La situazione si andò aggravando con gli anni,il Governo non fece niente per migliorare le condizioni del Paese. Anzi,contribuì a peggiorarle. Come si può immaginare,scoppiò una ribellione. I popoli combatterono per anni. Il Governo era molto forte. Dopo un po’,una parte del Paese controllata dai ribelli cadde sotto il predominio del Governo. Presto tutto  fu riconquistato dallo Stato. Tranne uno spicchio di terra. I ribelli di quella parte del Paese avevano capito che lo Stato avrebbe vinto,così provvidero. Costruirono un recinzione che richiudeva bene o male quella che un tempo era la Sicilia. La recinzione era elettrificata ed era nel mare. Chiunque vi si fosse arrampicato sarebbe morto. Per sicurezza,i ribelli costruirono un secondo muro in cemento armato,così che le possibilità di prendere la città divennero ancora minori. Era fatta. I ribelli di quella parte della città riuscirono a contrattare con il Governo. La regione era la maggiore produttrice di agrumi,cereali,era l’area più importante per l’estrazione di materie prime. Il Paese aveva bisogno di tutto questo. Inoltre,nella regione c’era una forte produzione di armi da fuoco. Tutta la faccenda era pericolosa per il Governo,così si fece un patto: la Sicilia avrebbe scambiato i suoi prodotti con il resto del Paese e non avrebbe ucciso nessuno in cambio di soldi, e tutto ciò di cui si poteva avere bisogno. La perdita non andò mai giù allo Stato,che cercò sempre di vendicarsi,ma invano. La recinzione e il muro ci proteggevano ancora,ma le truppe non si arrendevano ed eravamo in pericolo. Inoltre,non combattevamo solo contro lo Stato: le popolazioni che erano state sottomesse dal Governo vivevano in una situazione di povertà,per colpa dell’avarizia di chi governava,che teneva tutte le ricchezze per sé. Per noi non è così. Alcuni dei popolani credono ancora che noi siciliani non vogliamo far entrare nessuno nella città per egoismo,ma si sbagliano. Chiunque voglia entrare potrebbe essere qualcuno dell’esercito pronto a batterci,e non possiamo correre questi rischi. Per dirla tutta,ogni uomo vorrebbe vivere qui,oggi. Perché abbiamo pochi capi,che sanno farsi rispettare,ma che ci danno tutto quello di cui abbiamo bisogno. Il tenore di vita è alto,e la verità è che ci invidiano la ricchezza. Possiamo capire tutte le persone che ci guardano con disprezzo,e ammirare le poche che ci comprendono. Nessuno può fare di più,dicono. A me la cosa non va giù,perché davvero non è giusto che tante persone debbano pagare mentre noi stiamo comodi e tranquilli. Abbastanza comodi e tranquilli,perché ultimamente la situazione si sta aggravando. Viviamo ancora negli edifici di anni fa,e non sappiamo quanto possano essere resistenti,tutti rattoppati alla meglio come sono. Ma questa è la nostra vita,e di gran lunga è migliore di quella delle altre regioni. Dobbiamo ritenerci fortunati. Siamo dei principi.
Delle voci interrompono i miei pensieri. Dopo un po’,poco distante da me,sento più fischi uniti nella stessa melodia: il richiamo della banda. Mi giro a sinistra. Un gruppo di persone mi fissa...

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Capitolo 3
*** La battaglia ***


Alcuni giocano e scherzano tre loro,altri sono seri. Caius è al centro. E’ un bel ragazzo:capelli biondi,occhi castani,magro e muscoloso,come tutti i ragazzi della banda,d’altronde. Veste,come al solito,come un ragazzo di strada:jeans strappati sulle ginocchia e sulle cosce,la solita canotta nera col teschio. Non che io mi sia vestita meglio. Ho un jeans sbiadito,una maglia rossa a maniche corte,e da sopra un’altra nera,strappata. Tutti gli Audaci vestono più o meno così,da sconsiderati. Faccio una panoramica delle persone che ci sono. Sono sei: Caius e Peter,i capi,Jake, Jane, Martin e Jess. Vado verso di loro. Jane corre verso di me. E’ una bella ragazza:i boccoli neri le cadono sulle spalle e risaltano i suoi occhi color ghiaccio,è alta e magra. – Ehi! – mi fa sorridendo e finendomi addosso. Riusciamo a stento a non cadere. – Jane.. – ribatto. Ridiamo.                                                                                                                                                                                      
–Come va oggi? – chiede,poi aggiunge guardandomi seriamente – I tuoi genitori? E Tommy?                                                                                                      
-Oh,beh,li conosci i miei. E lui…beh,è piccolo. Si preoccupa tanto,non sa che fare. E quando non ci sono,ovvero spesso,sta solo. Mi preoccupo per lui… – sorrido e mi volto a guardare Tommy. Lo guarda anche lei.                                                                                                                                                                                 
 –Già…Beh,magari tra qualche anno entrerà anche lui a far parte della banda – mi dà una spallata e sorride. Io non dico niente. La verità è che non voleva neanche lontanamente che facesse parte del gruppo. Fare il  teppista,frequentare delinquenti… no,non era quello che mi ero prefissata per lui. Non ce l’avrebbe fatta. Qua il più forte vince,senza pianti da bambini,si sta alle regole oppure possono succedere cose brutte. Il mio fratellino,così fragile,non era fatto per svolgere la mia stessa vita,per non parlare della prova da fare per riuscire ad entrare nella banda…                                                                                                                                                        
-Beh,avete finito di confessarvi voi due? – dice Peter con una punta di sarcasmo nella voce. E poi – Giorno,Christy. – ci battiamo il cinque,come facciamo sempre. E’ stato lui a portarmi nella banda,qualche anno fa. I miei stavano litigando di brutto. Io ero uscita di casa e ero corsa via. Non avevo nessuno con cui parlare,discutere. Ero sola nel mondo. Poi incontrai lui. Ascoltò la mai storia e decise che ero la persona giusta per entrare tra gli Audaci. Il gruppo lo fondò lui anni addietro. All’inizio erano in tre: lui,Jane e Jake. Riuscii a superare la prova per entrare e mi infilai nella setta. Finalmente avevo una famiglia. Era tutto liscio come l’olio,fin quando non arrivò Caius…                                                                                                                                                                               
-Sì,certo grande capo – scherza Jane. Tutti ridono. Tranne Caius.                                                                                                                                  
 –Basta,femminucce. Oggi non si va a scuola. – dice. Martin e Jess ridono,tutti gli altri no.                                                                                   
–Perché? – fa Jake. –Io devo fare un compito,oggi. Non posso mancare.-Caius lo guarda con fare minaccioso –Vuoi rimanere tra gli Audaci,Jake?- dice.
–Sì –trema lui.                                                                                                                                                                                                                          
–Bene,allora tappati la bocca e ascoltami. Non si andrà a scuola,andremo a fare un giro al confine. Poi andremo alla base. E ci staremo fino a sera. Il resto ve lo spiego più tardi…                                                                                                        
Ancora mi aspetto che Peter obbietti. Di certo non è d’accordo con Caius. I suoi occhi nocciola me lo dicono quando si incontrano con i miei. Lui è il capo originale. Lui ha fondato il gruppo,dovrebbe avere più influenza di Caius,ma non è così. Il suo corpo slanciato e muscoloso resta immobile mentre il vento gli scompiglia i capelli castani,e non dice una parola per opporsi. Visto che nessuno dice niente,Caius continua: -Bene. Andiamo,prima che qualcuno veda che mariniamo la scuola. “Tutta Sicilia lo sa,ormai. Grazie a te perdiamo un sacco di giorni!” penso mentre ci avviamo verso il confine. La nostra collocazione è vicina alla ex città di Pantelleria,ed è là che ci dirigiamo,verso i due chilometri che ci separano dal mare e dal confine. Il paesaggio è fantastico,ogni volta che vengo desidero vivere qui,invece che in quella topaia di quartiere pieno di edifici pendenti e rattoppati. Tutti noi del gruppo viviamo vicini,così possiamo incontrarci senza problemi. Caius è arrivato a dare fuoco alla sua vecchia,stupenda casa per venire a vivere là e non essere escluso dal gruppo. Questo dovrebbe bastare per descrivere la sua pazzia. Corriamo per la spiaggia fin quando non vediamo un muro nero ed alto interrompere il cammino. Questo,il primo,non è elettrificato. Lo scavalchiamo. Arrivati dall’altra parte,lentamente ci avviciniamo al mare. Si intravede appena il cancello che fa da confine. Appena arriviamo ci rendiamo conto che qualcosa non va. Nel mare aperto,una decina di navi circonda l’isola. Un’imprecazione esce dalla bocca di Caius. –Lo sapevo! – urla e va verso una schiera di cannoni sulla spiaggia. Li aveva portati là qualche giorno prima,ma non avevamo capito a cosa servissero fino a quel momento. : Jess,tu resta là e dicci se ne arrivano altre,Angela,al cannone centrale,hai una mira formidabile,tutti gli altri si mettessero ad un cannone qualsiasi e diano fuoco. – Dobbiamo sparare a persone che non conosciamo nemmeno? – fa Jake. La sua pelle abbronzata risplende al sole e nei suoi occhi nocciola vedo stupore e rabbia.                                                                                                                                                                            
–Jake,te l’ho già chiesto. Vuoi rimanere nella banda sì o no? Allora spara! Sono uomini dell’esercito,come devo dirtelo? – scoppia Caius. Jake non parla più. Andiamo tutti alle nostre postazioni. Le navi non sono molto lontane. Anzi,non sono mai state tanto vicine. Iniziamo a sparare. Mi prendo qualche secondo per puntare bene… fuoco! Il colpo fa a segno. Intorno a me sento urla,esultanze,la voce di Jess che urla comandi dall’alto. Ma non guardo altro che le navi. Non subiscono soltanto i colpi,ne mandano anche. “Dobbiamo finirle al più presto,o non ce la faremo” penso. Ogni tanto una palla di piombo vola verso di me e soni costretta a fuggire,per poi ritornare. Abbiamo fatto fuori sei navi,quando le altre iniziano a battere in ritirata. Ci fermiamo tutti e guardiamo. Sarà una trappola? Attimi di terrore,poi le quattro navi spariscono all’orizzonte. Caius sputa a terra. Martin esulta – Ne ho fatte fuori due! Due!! Scommetto che nemmeno tu,Angela,sei riuscita a fare di meglio! – in realtà ne ho abbattute tre,ma sto zitta. – Gli abbiamo fatto paura,visto come sono scappati?? – Si batte il cinque con Jess. Peter viene verso di me. –Come va? –sorride.                                         
–Oh,benissimo,ho appena affondato tre navi e sono stata quasi uccisa da una palla volante. Va stupendamente direi.. – si asciuga il sudore e ride – Quello che non capisco – continuo – è perché se ne sono andati. Altri due colpi e ci avrebbero finito. I cannoni di Caius,Jake e Jane sono esplosi. Mancavano solo il mio il tuo e quello di Martin. Ci avrebbero vaporizzato.  – concludo. Peter mi da ragione,ma non riusciamo a trovare una risposta adatta. – Bene – dice Caius. – torniamo alla base e riposiamoci. Il resto lo faremo domani. – Jake lo guardò di traverso – e non preoccupatevi,fanciulle,non vi farò marinare la scuola..                                        

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Capitolo 4
*** Non sono fatta per seguire le regole ***


Ci avviamo doloranti verso la base. E’ nel nostro quartiere,ovviamente. Prima era una specie di teatro con tanto di galleria,così abbiamo tutto lo spazio che vogliamo. Ormai non sta più in piedi,quindi nessuno lo usa più. A parte noi. Ne abbiamo fatto forse il posto più bello di tutta la nostra bella Sicilia a pezzi. Abbiamo messo delle insegne fuori,e dentro i ragazzi hanno coperto le prima tristi e sgombre pareti di murales. Abbiamo anche riciclato vecchi oggetti dalla discarica,come un divano o una sedia. Ogni cosa che possa rivelarsi anche assolutamente inutile,sappiamo che può valere oro. E la portiamo qui. Il grande edificio è staccato dagli altri per una decina di metri a ogni lato e circondato da rocce qua e là e residui di erba gialla. Un tempo,dicono,era un posto magnifico. Durante la guerra civile era diventato un covo per ladri,vagabondi,fuggiaschi che lo avevano distrutto. Poi lo abbiamo trovato noi e lo abbiamo sistemato. All’entrata c’è un cartello con su scritto “Un popolo che non aiuta e non favorisce il suo teatro, se non è morto, sta morendo”. Dopo un breve corridoio,una grande tenda rossa sbarra la via per la platea. La superiamo. Alcuni sedili sono rotti,soprattitto sul lato destro,dove è posizionato il divano,altri resistono. In lontananza c’è il palco,la cui vecchia magnificenza fa ancora rabbrividire. Sono sempre stata attirata dal teatro. Dalla recitazione,forse. A volte ricordo immagini sfocate di attori e film,e mi sento a casa. Quando avevo quattro anni ancora la guerra non era scoppiata. L’Italia non era benestante,ma resistevamo. E non eravamo separati dal resto del mondo. Ricordo che dicevo sempre che da grande avrei fatto l’attrice. A quanto pare il mio sogno non sarebbe stato coronato. Ora non potevamo più usare oggetti del genere,non c’era campo nemmeno per un telefonino. Sembravamo tornati alla preistoria,chiusi nelle nostre case senza intrattenimenti, e dovevamo anche ringraziare di avere quel poco di elettricità. Precedo tutti e mi accomodo sul divano. Peter fa lo stesso. Dopo un po’ il nostro vociare si placa e Caius inizia a parlare.                                                                                                                                                                                                            
–Oggi abbiamo assistito ad un attacco da parte della flotta italiana. Questo ci fa capire che lo Stato non si arrende. Ci sta combattendo,e noi,in quanto Audaci metteremo in atto una controffensiva. Tutti seguirete le mie regole e farete quello che dico io.                                                                                                                                     
Arriccio il labbro. Non mi piace l’idea di farmi comandare da lui. – E se qualcuno – continua guardandomi – ha voglia di fare per conto proprio…beh…la conoscete la regola                                                                                                                   
Nessuno parla. Certo che la conosciamo. La prima cosa che dobbiamo fare entrando nel gruppo è recitarla davanti a Caius e Peter. I capi. Beh,in realtà il capo dovrebbe essere solo Peter. E questo mi fa saltare i nervi. Perché si fa mettere così i piedi in testa? –Tu che ne dici,Peter? – sibilo. Lui mi guarda spaesato mettendosi  seduto bene. – Io? – domanda confuso.                                                                                                                                                  
–Sì,tu. Tu sei il capo originario,hai fondato il gruppo. Non farti da parte – Forse la mia voce era un po’ meno innocente di quello che avrebbe dovuto essere,visto che gli sputo letteralmente in faccia le ultime parole.                                  
–Beh…No,insomma… . Fissa Caius, che guarda prima me poi lui con degli occhi che fanno rabbrividire –Per me va bene – dice infine.
Lo guardo come se mi avesse tradita,anche se Caius ha ricominciato a monologare,ma lui si tiene a distanza.                                                                                                                            
–Angela? – mi fa Caius. –Puoi dirmi cos’hai capito di quello che sto dicendo? – Lo guardo. Non lo stavo ascoltando.
Non rispondo,ma bado bene a non abbassare lo sguardo. Ma d’un tratto mi è vicino,mi prende la faccia con una mano e la gira verso di lui. Mi ritraggo per quel che posso,ma lui non molla –Tu dovresti imparare a stare attenta,quando parlo,feccia . Dovresti ascoltare il vero capo! Oppure potresti fare una cattiva fine- I suoi occhi vicini sono pieni di fiamme,ma non quanto lo è il mio odio per lui. Mi molla e la mia testa vaga. Feccia? Potrei fare una brutta fine? Ha forse dimenticato che è stato lui a insegnarmi a fare a pugni? Faccio per alzarmi e prenderlo alle spalle,ma una mano gelata mi prende dal polso e mi rigetta sul divano. Mi volto e guardo storto Peter. – No – mi sussurra. Spendo tutta l’energia che ho per tentare di liberarmi,ma non ci riesco. Mi arrendo e gli dico in silenzio che dopo oggi lo odierò per sempre. Non scherzo.                                                                                                                                                                                                                                      
–Bene. Stavo giusto dicendo che abbiamo bisogno di denaro. Per comprare attrezzature che ci potrebbero servire. Armi,cose del genere.                                                                                                                                                                                      
–Ma non ne abbiamo!  - ribatte Jess facendo svolazzare i suoi lunghi capelli rossi.                                                                                     
–Esatto. E’ per questo che stanotte andremo alla gioielleria Ninfa.                                                                                                                 
–Restiamo in silenzio mentre assimiliamo il significato delle parole di Caius. No. Non di nuovo. Avevamo già fatto cose del genere prima,per divertimento,ma credevo fosse finita dopo che Peter,Martin e lo stesso Caius erano finiti in carcere per qualche giorno.                                                                                                                                                
–No – mormora  Jane – Sei impazzito? Una rapina?                                                                                                                                         
-Jane,cara – dice lui avvicinandola – vuoi pagare tu tutto quello di cui abbiamo bisogno? – dice con un tono do voce talmente dolce da fari rabbrividire. Lui sa perfettamente che Lane e la sua famiglia vanno avanti a stenti. – No – sussurra lei. Non c’è altro da dire. Nessuno ribatte,anche se si vede che qualcuno vorrebbe. Tutti rimaniamo ad occhi aperti. Non vogliamo che si ripeta quello che è successo qualche anno fa. Ma non possiamo farne a meno. Già abbiamo sentito troppe volte Caius minacciarci di eliminarci dalla banda,oggi.                                   
–Io vado nel mio laboratorio – fa lui – venite a chiamarmi quando sono le undici di sera – detto questo,ci passa due scatole di pizza e delle bottiglie d’acqua che ha preso prima di chiamarci, e se ne va verso uno di quelli che prima era un camerino. Passiamo il resto della giornata cercando di scherzare un po’ tra noi e mangiando,ballando,ascoltando musica. Arrivati a una cert’ora ci addormentiamo anche. Beh,io no. Non ho parlato con Peter oggi. Sono troppo furiosa con lui. Guardo l’orologio. Sono le undici. Cavolo,Caius aveva detto di chiamarlo a quest’ora. Scendo dalla mia amaca e controllo se qualcuno è sveglio. Ma figurati.                                                    
Controvoglia mi dirigo verso il laboratorio. La porta è aperta e si sente una voce. Ma non è normale…è metallica,sicuramente non di Caius. Mi affaccio lentamente nella stanza tremando di paura. Non c’è nessuno. Solo una cosa è strana: la scivania. E’ ricoperta da tanti aggeggi  grandi un po’ più del palmo della mia mano. E’ da là che proviene il rumore. – Caius,Caius,mi senti? Generale Evans a rapporto. Notizia urgente. Insurrezione a Potenza. Se ci sei rispondi. Caius? – la voce ripete all’incirca sempre le stesse cose. Mi avvicino e guardo. Sembrano palmari,tutti uguali. Gli schermi trasmettono immagini tutti uguali,come se fossero sintonizzati su uno stesso canale,e la voce proviene da ognuno di loro. Ne prendo uno. Sono proprio ad alta tecnologia,credo,e solo alcuni bottoni so cosa fanno. C’è quello di accensione e spegnimento,quello che regola il volume… Non se conosco altri. Sento dei rumori dalla platea. E questo il momento,mi dico. Ora puoi scegliere se essere la solita santa oppure fare qualcosa che non potresti. Non mi ci vuole troppo per decidere. L’ho già detto prima.                                                                                                                                                              
Non sono fatta per seguire le regole.
 

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