2046

di Master_Of_Puppets
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Distruttore ***
Capitolo 2: *** 26 aprile 2046 ***
Capitolo 3: *** Hell ***
Capitolo 4: *** Sottosuolo ***
Capitolo 5: *** Stelle ***
Capitolo 6: *** Regina Rossa ***



Capitolo 1
*** Il Distruttore ***


"Il Distruttore"

“Le ruote che fischiano sulle rotaie d’acciaio, il freddo che penetra nella carne e si insinua nelle ossa e la solitudine della metro. Ora più che mai il ricordo di quel giorno è stampato nella mia mente: era metà gennaio e il mondo si stava spaccando in due, la notizia già resa ufficiale: “Apophis 99942 noto come “Il Distruttore” colliderà inevitabilmente con la Terra.” Nessuna missione per deviarne la traiettoria o per “salvare” l’umanità, nessun destino da cambiare, nulla, solo la vana speranza di sopravvivere alla catastrofe. Molti avevano iniziato a fare pazzie in vista di un futuro senza leggi né morale: presto tutto il mondo sarebbe caduto nella più completa anarchia. Le probabilità di impatto erano date al 92.4% quindi c’era uno spiraglio di salvezza, anche se minimo ma c’era! Proprio quel giorno in metro rividi un mio vecchio amico che senza dirmi nulla era venuto a vedermi e a salutarmi da Londra. Quando gli chiesi perché fosse a Mosca mi rispose “Sono venuto a vedere te vecchia volpe! Volevo vederti e stare un po’ con te prima della fine. Tu, credi finirà tutto così o pensi riusciremo a sopravvivere, in qualche modo?”. Io risposi che speravo che quel 5.6% di margine di salvezza divenisse realtà ma che era meglio non farsi troppe illusioni perché giorno dopo giorno quella percentuale diminuiva sempre più ed essendo progettista nei programmi militari russi sapevo bene che non c’era nulla in cantiere a parte qualche minima teoria su come evitare la fine. Il giorno successivo ero assieme a mia moglie e i miei figli col mio amico e sua moglie in un bar di Mosca a quattro passi dal loro appartamento, saranno state le 11 di mattina e faceva un freddo infernale, io bevevo un tè bollente lui caffè nero. Mi ricordo che mi ero dimenticato di dirgli della pessima qualità del caffè russo e al primo sorso vidi una smorfia di disgusto dipingersi sul suo volto e scoppiai a ridere chiedendogli scusa per non averlo avvisato e tutti ci mettemmo a ridere. Poco dopo andammo a casa mia, prendemmo la mia adorata metro. In quel momento i miei pensieri andarono ad un romanzo letto anni prima intitolato “Metro 2033” che ora mi pare essere più realistico che mai, nel libro c’erano bombe H a distruggere il mondo e non un asteroide ma il concetto non era poi così diverso. L’umanità si sarebbe comunque estinta e i pochi superstiti avrebbero dovuto vivere in un pianeta devastato e con un “inverno nucleare” di durata inimmaginabile. Mentre pensavo al racconto sentii il vento della metro che investiva la mia faccia ed infine i fanali, ecco la linea blu, la numero 3 che fa una sorta di U, dalla Mitino procede verso Sud fino alla Park Pobedy dove gira a Est e procede praticamente diritta fino alla Kurskaya e da lì verso Nord fino alla Schelkovkaya. Dalla Kuntsevskaya dovevamo arrivare alla Kievskaya che fa parte dell’anello che in quel periodo chiamavo affettuosamente “Anello dell’Hansa” proprio come viene chiamato in Metro. Dalla Kievskaya si doveva andare a Nord fino alla Novoslobodskaya e lì cambiare alla Mendeleevskaya e infine proseguire con la grigia fin qui, fino alla Dimitrovskaya. Ora il ricordo di quelle giornate lontane è debole ma ricordo che per fare tutto questo tragitto ci voleva meno di un’ora mentre oggi…beh, oggi, a 10 anni dalla catastrofe, la Metro è la casa di molti e in superficie ci andiamo noi Fantasmi, qualche predone e coloro che vogliono formare dei piccoli nuclei cittadini…comunque oggi se ci metti una giornata a fare un viaggio del genere e arrivi anche vivo devi considerarti fortunato. Bene ragazzi, la storia di oggi finisce qui…sono vecchio e vado a riposare! Voi dormite e fate bei sogni. Non prestate troppa attenzione ai ricordi di un vecchio Fantasma come me, dovete essere voi gli artefici del vostro destino e non imitatemi! Il mio “lavoro” se così si può chiamare non è affatto uno scherzo, anche i miei figli lo sanno…spero ritorneranno entro un paio di giorni così li rivedrò al Cremlino prima di partire insieme verso l’università…” concluso il suo racconto il vecchio si avviò alla sua “lussuosa” dimora adagiata su una delle pareti della Dimitrovskaya quando uno dei bambini gli urlò “Hey vecchio Dimitri! Qual è il tuo vero nome?!” il vecchio si girò, gli fece un sorriso e disse “Il mio è un nome che appartiene al Passato, quando sono diventato un Fantasma sono cambiato e con me è cambiato anche il mio nome! Noi Fantasmi abbiamo solo nome, la nostra vecchia identità viene rimossa e in quanto ai documenti ne abbiamo di nuovi coi nuovi nomi stampati! E ora va’ a letto!!” la risposta non soddisfò la curiosità del bambino che però si dovette accontentare e andò a dormire.
Dimitri stava per arrivare al suo appartamento quando vide che davanti alla porta c’erano un sacco di doni per lui: oltre al cibo, alcuni indumenti, qualche lettera e tre bottiglie di vodka c’era anche una rarissima Makarov da 12 colpi tenuta benissimo con 5 caricatori senza alcuna traccia di ossidazione. Si sorprese nel vedere lì pistola e cartucce visto che dovevano valere moltissimo ma vista la sua reputazione nessuno nel Nuovo Mondo si sarebbe sognato di toccare le sue cose o i regali che le persone gli facevano. Decise di prendere tutti i regali e portarli nell’appartamento, mentre rovistava tra i vari vestiti notò che c’era uno zaino pieno di pezzi di stoffa pulitissimi che pesava 8-9 chili così decise di aprirlo. Il contenuto lo lasciò senza parole: un AK-47 7.62mm stupendo, tutto il legno era tenuto in modo eccellente ed era stato trattato con una cera apposita inoltre la canna e tutti i meccanismi erano perfettamente tenuti e gli ingranaggi ben oliati e puliti. Per sicurezza lo smontò e vide che era stato modificato anche se era perfetto in tutto. Le modifiche erano molto simili a quelle di un AK-74 e di un AKM, la canna era stata segata alla fine in obliquo per annullare la tendenza dell’arma a impennare in fuoco automatico e il rompi fiamma era ottenuto attraverso quattro piccoli forellini nella parte terminale di canna che rimaneva inoltre erano stati aggiunti una slitta per mirini telescopici e due mirini: un PSO-1 per Dragunov e un’ottica NSP-2 notturna-infrarosso che, da sola, pesava 4 chili.
Dopo aver visto tutto questo arsenale Dimitri non sapeva come ringraziare le persone che gli avevano offerto quei doni ma pensò che forse non volevano che lui sapesse la loro identità e non andò a chiedere in giro. Poi iniziò a leggere le lettere che gli avevano scritto, vedendo che una era stata scritta a macchina decise di tenerla per ultima e così aprì quella di una certa Dana che gli scriveva “Carissimo protettore del Nuovo Mondo, sono Dana e ho 17 anni. So che tra poco compirai gli anni, me lo ha detto mio papà e ti facciamo tutti gli auguri! Mi ha detto di scriverti questa lettera di ringraziamento anche da parte sua, dice che tu gli hai salvato la vita un giorno di molti anni fa. Era salito in superficie a prendere della legna da ardere e a cacciare qualcosa da mangiare per me e mia madre quando è stato attaccato da dei banditi che lo hanno attaccato coi gas ed è rimasto cieco, poi sei arrivato te che hai ucciso i banditi e lo hai riportato a casa. Adesso è ancora cieco e per questo ha deciso di donarti il suo AK-47 e con tutto l’equipaggiamento. Lui non lo può più usare e quindi te lo vuole regalare per sdebitarsi. Dana, papà Boris e mamma Alisa” finito di leggere si scrisse il nome dell’uomo per andare a ringraziarlo di persona.
La seconda lettera era da parte di un certo Ermil, un bambino di 10 anni, che gli chiedeva che lavoro facesse prima di essere un famoso Fantasma e se avesse famiglia, si annotò anche quel nome per andare di persona a parlargli.
La terza invece era da parte di una certa Oksana di 23 anni che gli chiedeva se poteva diventare la sua fidanzata o almeno di poterlo seguire di persona in tutte le sue imprese poiché non voleva stare più col padre che la sfruttava e la maltrattava e pensò che avrebbe potuto portarla con sé fino a qualche qualche stazione o al Cremlino e infine quell’ultima lettera, scritta a macchina, incuteva timore. Prese la busta in mano e la aprì con un colpo secco del suo bellissimo coltello, probabilmente era unico al mondo, era in acciaio damasco a 270 strati e temperato, con l’elsa di argento lucente, impugnatura in avorio bianco e intarsi in oro ed era ovviamente tenuto alla perfezione. Aveva ucciso molte persone con quel coltello che si era comprato su internet anni prima al modico prezzo di 1500€. Iniziò a leggere “Salve, il mio nome è Artyom, non sono di questa stazione e non sono un Fantasma. Semplicemente ho saputo che si trovava qui e ho volto scriverle, per la verità questa lettera è sia da parte mia sia da parte di un suo caro amico che mi ha detto di firmarsi “Il Londinese”, e mi ha detto che leia avrebbe capito la sua vera identità. Comunque io volevo solo ringraziarla per rendere il Nuovo Mondo più sicuro con l’aiuto dlle sue squadre. Il suo amico mi ha solo detto di salutarla, dirle che sta bene, è a Londra, nella metro con sua moglie. Se vuole può andare a fargli visita. Mi ha detto una cosa che non ho sinceramnete capito ovvero:”Aggiungi un xd alla fine del messaggio”, ha poi aggiunto ridendo “lui capirà!”. La ringrazio ancora e la prego di accettare la mia Makarov come regalo per rendere più sicuro questo Mondo. Auguri di buon compleanno! Da Artyom e “Il Londinese”” appena finito di leggere pianse per la commozione, il suo vecchio amico era ancora vivo, stava bene e voleva vederlo. Questo Artyom gli aveva portato davvero buone notizie anche se aveva molto da imparare su come si usa una vecchia macchina da scrivere visti gli errori di battitura presenti nel testo era palese che non sapesse come cancellare.
Svelto si asciugò gli occhi si mise la Makarov tra i pantaloni e la vita tenendola ferma con la cintura, montò l’ottica notturna-infrarossi sul suo nuovo AK-47 e mise il PSO-1 nella sua custodia di cuoio e la ripose nello zaino assieme al resto dei regali. Così equipaggiato andò alla prima casa della lista: Boris, ecco la sua abitazione, molto modesta fatta di lamiere del treno e pezzi di compensato. Bussò alla porta e aspettò risposta, pochi secondi dopo aprì Dana, la ragazza di 17 anni che aveva scritto la lettera.
Appena lei lo vide venne paralizzata come da una scossa che le passava la schiena, era incantata da quell’uomo che si vedeva essere vissuto in un’altra epoca. I suoi 53 anni erano considerati un’età notevole e tutti gli portavano un profondo rispetto. Dal fondo della casetta una voce femminile disse “Allora Dana? Chi è alla porta?” Quando la ragazza rispose per poco non si mise a piangere nel pronunciare il nome “Dimitri”. Appena la ragazza rispose si vide sbucare da dietro la spalla della ragazza la faccia del padre di lei che subito le chiese informazioni su dove fosse il loro ospite, lui non esitò a presentarsi e prese subito la mano dell’uomo visibilmente in difficoltà a causa della cecità e disse “Salve signor Boris, sono Dimitri. Ho letto la sua lettera e sono venuto a ringraziarla di persona per il suo stupendo regalo, l’ho apprezzato moltissimo e non so come ringraziarla ma capisco cosa significhi per lei e accetto volentieri il suo AK, è davvero magnifico!” L’uomo per tutta risposta si mise a piangere, poco dopo arrivò anche la moglie che ringraziò Dimitri per aver salvato suo marito e averlo riportato a casa sano e salvo. Quando la donna ebbe finito di parlare al Fantasma il marito si asciugò le lacrime e gli disse “Dimitri, mio salvatore! Il mio AK è una misera ricompensa per quello che lei ha fatto a me, mi ha salvato la vita e mi ha riportato da mia moglie e mia figlia e oggi le posso abbracciare ancora! Se non fosse per lei sarei a marcire alla Savyolovskaya! Non la ringrazierò mai abbastanza per avermi salvato ma prego, resti con noi per cena” Lui declinò gentilmente l’offerta, doveva ancora far visita a due persone, dormire e prepararsi per partire il giorno dopo per tornare al Cremlino.
Arrivato alla casa del piccolo Ermil bussò e rivide la stessa scena di poco prima ma sta volta si fermò per una tazza di tè e tra un sorso e l’altro rispose a tutte le domande del bambino tra cui tre molto strane: “Come sono il sole e il cielo?”, “Cosa c’è lì fuori?” e “Cosa si faceva prima di Apophis?” Queste tre domande gli fecero pensare a quante cose non sapessero del Vecchio Mondo le nuove generazioni abituate alla distruzione o, molto spesso, solo ai tunnel bui della metro.
Infine andò a casa della ragazza ma, prima di passare riportò all’appartamento tutta la sua roba e si presentò a casa di lei senza nulla di valore, non sapeva perché ma non si fidava di lei. Quando bussò sentì dei passi veloci e leggeri che si avvicinavano, due lucchetti scattarono e la porta si aprì, il volto di una ragazza giovane e bellissima sbucò fuori dalla fessura della porta semiaperta e appena lo riconobbe gli disse “Sono pronta, quando si parte? Adesso? Ti prego portami con te, non posso più stare qui” e così dicendo mostrò una scottatura di sigaretta molto recente e aggiunse “mio padre mi ha detto che dovevo mettere tutto a posto, gli ho detto che lo avevo già fatto e lui per tutta risposta mi ha spento la cicca sul braccio...mi fa ancora male” Dimitri le disse di prendere tutto e seguirlo, l’avrebbe portata ad un appartamento poco lontano dal suo e sarebbero partiti la mattina del giorno dopo vero le 10:30. Poi si diressero ognuno al proprio alloggio, la salutò e, dopo essere entrato nel suo appartamento ripensò alla giornata, andò a letto, lesse l’ora 00.57, decise che era meglio dormire e si addormentò.
La mattina si svegliò da solo alle 9:00, si preparò, nascose per bene i regali nello zaino a parte la Makarov che, per sicurezza, teneva sempre nella cintura e andò a bussare all’appartamento della ragazza alle 10:25. Lei aprì subito, uscì col suo zaino, documenti e un piccolo coltello in tasca e si mise a seguirlo senza fare domande finché arrivarono al portello d’uscita. Solo allora lui le rivolse la parola e disse con tono serio e deciso “Devi sapere una cosa, tu sei vissuta sotto terra e i tuoi occhi non reggeranno la luce solare, tieni questi occhiali, non parlare per nessun motivo, non fare pazzie, non andare in giro, stammi sempre di fianco e può darsi che arrivi sana e salva alla tua meta” Immediatamente la ragazza prese gli occhiali, annuì sicura e squittì con voce acuta dalla paura “Basta che mi porti alla Mendeleevskaya o alla Lubyanka, lì conosco un po’ di gente che mi potrebbe aiutare”.
Nel sentire il nome di quella stazione Dimitri capì tutto, Lubyanka, la stazione dei predoni, la ragazza doveva essere proprio idiota per non sapere che un Fantasma qualunque sa perfettamente che a Lubyanka ci sono più grane che nella tana degli Sciacalli. Subito nella mente di Dimitri si disegnò un piano di cui non andava molto fiero ma era convinto che la ragazza volesse farlo cadere in un’imboscata così decise di abbandonarla alla prima occasione.
Appena usciti in superficie la ragazza restò immobile per una decina di secondi esterrefatta, Dimitri le diede un colpetto sulla spalla e le disse di muoversi e così si misero in cammino. Un deserto si apriva sconfinato davanti a loro, il sole era coperto dalle solite nubi grigio chiaro, da tempo non c’era una vera giornata di sole, la polvere di Apophis doveva ancora depositarsi, camminarono in direzione Sud per tre ore, superarono la Mendeleevskaya e la ragazza non disse nulla, era ormai evidente che era una spia dei predoni che volevano sbarazzarsi del capo dei Fantasmi di Mosca, gli unici in grado di ostacolarli. I Fantasmi erano in possesso del Cremlino all’esterno e sotto terra avevano il controllo di un complesso di 4 stazioni raggruppate a poche centinaia di metri dal loro centro di comando e di tutta la linea blu.
A quel punto Dimitri si fermò e le disse “Vedi quel boschetto di alberi morti? Va laggiù e prendi quanta più legna puoi, io vado a vedere se trovo qualcosa da mettere sotto i denti. Dammi pure il tuo zaino, lo porto io così non ti intralcia” Così dicendo aspettò che si fosse allontanata abbastanza da perderla di vista e decise di abbandonarla, col suo zaino da più di 10 chili e quello della ragazza si allontanò a passo spedito verso la stazione libera di Tverskaya, cinque minuti dopo aver abbandonato la ragazza sentì degli urli provenire da Est, probabilmente era stata presa da “Loro”, così venivano chiamate tutte quelle creature che erano spuntate dopo la Catastrofe. Dopo dieci minuti di cammino arrivò alla stazione dove prese un carrello fino alla Teatralnaya, altra stazione libera di proprietà dei verdi, chiamati così perché possedevano quasi tutta la linea verde o linea 2. Da lì c’era uno scambio con la linea blu, la famosa linea a U che era controllata dai Fantasmi dalla Kievskaya fino alla Kurskaya ovvero i due incroci della blu con l’anello. Da lì raggiunse in poco meno di 20 minuti la Arbatskaya che, assieme alla Borovitskaya, alla Aleksandrovky Sad e alla Biblioteka imeni Lenina formava il centro operativo sotterraneo dei Fantasmi Moscoviti (o Fantasmi di Mosca), da lì sarebbe finalmente arrivato al Cremlino in meno di un minuto.
Quando sbucò dal sottosuolo lo vide, alto, maestoso e ancora intatto, il Cremlino era La Roccaforte per eccellenza, nulla stava al suo confronto, era inattaccabile, fortificato con barricate di 4-5 metri di blocchi di cemento armato, rottami e detriti, avevano lasciato solo un piccolo varco con un enorme cancello. Una volta lì Dimitri fece il segnale prestabilito con le mani: un due fatto con pollice e indice della mano sinistra, un tre fatto con indice, medio e anulare della sinistra e un cinque unendo i due gesti, il tre con la sinistra e il due con la destra, poi c’era la sequenza con la torcia che erano un cerchio, due lampeggi, tre cerchi e luce fissa per qualche secondo. Dopodiché due guardie armate e corazzate spuntavano dalle torrette ai bordi del cancello e aprivano, a questo punto ti ritrovavi in un corridoio di due metri di larghezza con le stesse pareti di 4 metri ai lati che conduceva davanti all’unico ingresso rimasto agibile dall’esterno dove una guardia ti avrebbe chiesto la parola d’ordine che era una combinazione di numeri. Solo allora potevi veramente entrare nella fortezza anche nota come “La Roccaforte”, una volta superati tutti questi controlli Dimitri poté finalmente mettere piede nel suo amato Cremlino dove venne accolto calorosamente da tutti che subito gli chiesero come stava, cosa avesse fatto e come mai si portava dietro tutto quel bagaglio. Dopo aver mangiato, riso e chiacchierato con tutti decise di condividere la vodka con tutti i presenti che se la finirono tutta al primo giro, subito dopo molti dei presenti tornarono alle loro occupazioni e Dimitri fu finalmente solo così salì le scale verso il suo alloggio ai piani più alti.

[ho cancellato il vecchio capitolo perché modificarlo era un lavoraccio e così vado meglio io anche per la nuova organizzazione (purtroppo ho anche perso le vostre recensioni, mi dispiace)]

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Capitolo 2
*** 26 aprile 2046 ***


26aprile 2046

Dopo il lungo viaggio dalla Dimitrovskaia al Cremlino Dimitri era così stanco che entrò nel suo appartamento, chiuse la porta e si mise subito a letto con la speranza di restare vivo fino al giorno dopo per poter rivedere i suoi tre figli partiti due settimane prima per una missione di recupero. La notte passò come un lampo, nessun sogno e la mattina mentre era ancora addormentato nel suo letto un’ombra si intrufolò nella sua stanza, la luce si accese di colpo e si sentì gridare “EHI, Dimitri!!! Svegliati vecchio dormiglione! Sono già le 8 di mattina e i tuoi figli sono qui! Sono tornati dalla spedizione alla Perovo!” Dimitri si svegliò di soprassalto col mitra in mano e per poco sparò al suo primo ufficiale, un ex spetsnaz che aveva circa quarantacinque anni e che, assieme ai tre figli di Dimitri e altri due, gestiva le 6 squadre dei Fantasmi di Mosca. Nel sentire quella notizia gli occhi gli si illuminarono, saltò fuori dal letto ancora vestito dal giorno prima, si mise l’AK con l’ottica PSO-1 a tracolla, prese una fondina per la Makarov e si diresse col primo ufficiale Cheslav verso i piani inferiori dove attendevano i tre ragazzi con le rispettive squadre.
Mentre scendevano le scale vennero fermati da un sottotenente che disse subito “Signor Maresciallo, colonnello Cheslav. Sono appena arrivati quattro uomini che vogliono parlare con voi, li abbiamo già confinati in zona di quarantena come previsto per coloro che arrivano da lontano. Il loro punto di partenza è la cittadina di Vladivostok, sembra che laggiù le cose vadano male. Desiderano parlarle con urgenza.” Nell’udire questa notizia il Maresciallo rispose esterrefatto “Vengono da Vladivostok?! Dio mio! Devono avere grossi problemi laggiù! Li mandi tutti e quattro nel mio ufficio amministrativo, parlerò con loro dopo che avrò riabbracciato i miei figli. Questo è tutto sottotenente!”. Il ragazzo si congedò col saluto militare e andò al piano inferiore seguito dai due ufficiali.
Quando Dimitri scese l’ultimo gradino i suoi tre figli corsero verso di lui gridando e piangendo dall’emozione e lui gli disse scherzando “Tre colonnelli come voi che gridano e frignano nel rivedere il loro vecchio?! Ma chi vi ha insegnato a fare i duri?” e subito aggiunse “Dai figli miei venite qui e fatevi abbracciare! Non vedevo l’ora di sentire di nuovo la vostra puzza! E ditemi, come mai l’unica che si lava qui è vostra sorella Selena? Puzzoni che non siete altro! Dovete dare il buon esempio!” appena finì di parlare scoppiarono tutti a ridere ma Dimitri subito si dovette congedare per andare a parlare coi quattro di Vladivostok. Non aveva voglia di occuparsi tutto il giorno del suo compleanno con discorsi strani o con proposte di alleanza quindi entrò nell’ufficio amministrativo, salutò i quattro e iniziarono a parlare. La situazione era abbastanza stabile, la città reggeva bene e aveva ripreso le sue attività commerciali anche se solo col Giappone e loro erano andati fino a Mosca per sapere se Dimitri fosse intenzionato a stringere un accordo con loro per creare una tratta commerciale. Quando Dimitri chiese come volevano trasportare uno rispose “Ma in aereo ovviamente, ne abbiamo moltissimi ancora funzionanti e abbiamo moltissima benzina. Secondo lei come siamo venuti fin qui?” in effetti un viaggio lungo tutta la Russia di quei tempi non poteva che essere fatto in aereo così Dimitri disse che ci avrebbe pensato un paio di giorni e, fino a quel momento, avrebbe offerto loro ospitalità. Concluse tutte le faccende uscì dalla saletta e vide che fuori c’erano tutti i Fantasmi riuniti che stringevano uno striscione con su scritto “BUON COMPLEANNO DIMITRI, PER I TUOI 53 ANNI MERITI UNA GIORNATA DI RIPOSO!” e sotto scritto in piccolo “non è vero che la meriti” subito si mise a piangere dalla felicità e ringraziò tutti i suoi compagni. Trascorse in loro compagnia le successive 6 ore e ognuno, nel limite delle sue possibilità, gli aveva fatto un regalo: una cartolina sbiadita raffigurante il Cremlino con una dedica, una vecchia banconota, un caricatore pieno di munizioni, cibo, vodka, sigarette che non avrebbe mai fumato e tanti altri oggetti.
Quando si allontanò dal gruppo per parlare coi suoi figli notò che qualcosa si muoveva fuori dalle finestre ma non ci prestò troppa attenzione, era il suo compleanno, c’erano le guardie per occuparsi degli attacchi e lui non voleva uscire fino al giorno prestabilito, quando lo attendeva la missione all’Università. Accompagnò i tre nella sua stanza privata, accese le luci e le pareti vennero immediatamente inondate da una luce vivace, la più intensa luce artificiale che era rimasta stava nelle stazioni della linea blu e nel Cremlino. In tutto il resto della superficie le giornate erano scandite dal Sole mente nel sottosuolo la luce artificiale era sempre molto debole e soffusa o addirittura inesistente.
Le pareti della stanza erano coperte di oggetti appesi e scaffali pieni di cianfrusaglie. Sugli scaffali c’erano vecchi caricatori esauriti, una maschera antigas rotta, una foto di Dimitri con sua moglie e i suoi figli ancora giovani, qualche bottiglia vuota con l’etichetta cadente, lettere ingiallite, foto sbiadite, cartoline impolverate, un tesserino di riconoscimento della Sukhoi col nome di Zenit Marshall e un buco al posto della foto e diversi oggetti della vita quotidiana di prima. La parete destra era coperta di poster di aerei militari mezzi stropicciati o dagli angoli strappati, la sinistra invece era dedicata alla collezione di armi privata di Dimitri. Tra le varie armi c’erano un Dragunov SVD appeso al centro della parete che era perfetto e tenuto in modo eccellente, il legno era come nuovo, l’ottica era perfettamente calibrata e l’otturatore scorreva a meraviglia, su un angolo c’era invece una splendida Smith&Wesson modello 52-2 calibro 38swc tenuta tanto bene che l’avorio dell’impugnatura era ancora di un bianco candido e lucente, infine c’era una daga che sembrava molto antica, la lama era perfetta e lucente, doveva tagliare come un rasoio. Nelle pareti davanti e dietro c’erano quadri e qualche altro poster assieme ad un paio di calendari del 2003 e del 2004.
Tutti e tre i figli di Dimitri erano rapiti dalla visione di quei cimeli di un’epoca ormai finita raccolti in una sola stanza che pareva un museo. Nel frattempo l’uomo si era andato a sedere dietro una scrivania su cui c’erano gli oggetti più importanti della sala. I tre si sedettero dalla parte opposta della scrivania su delle sedie già predisposte e dall’imbottitura ancora buona. Una volta che tutti furono seduti aprì un cassetto e ne estrasse una bottiglia di Absolut Vodka 100 che probabilmente era rimasta unica al mondo e ne offrì ai tre che accettarono di buon grado un bicchierino di buona vodka. Mentre i quattro brindarono ai 53 anni di Dimitri si iniziava già a percepire un po’ di tensione nell’aria.
Selena si sentiva un po’ a disagio in quella stanza mentre Efrem e Gleb parevano essere a rilassati seduti di fronte al padre con un bicchiere di alcol in mano e così chiese “Allora papà, come ti senti ora che hai cinquantatré anni?”.
La domanda di Selena ruppe questo momento così surreale come un martello sul cristallo ma lui rispose calmo “Molte volte mi hanno posto questa domanda e penso che la mia risposta non muterà mai, “mi sento esattamente come ieri”. Fortunatamente sono ancora vivo, questo un tempo non mi avrebbe sorpreso mentre oggi come oggi cinquantatré anni non sono mica male!” Tutti risero e subito Efrem, il più vecchio dei tre che ormai aveva quasi 26 anni, disse “Allora papà, dicci della missione all’Università. Ci hai portati qui per questo, giusto? Allora forza, di che si tratta.” Subito l’atmosfera si fece più seria e tutti si misero ad ascoltare le parole del padre.
“Hai ragione Efrem, vi ho convocati qui per questo. Come ben sapete dopodomani ci aspetta un viaggio verso la stazione dell’università. Sì, quella che tutti chiamano “Hell”. Non so se corrisponda al vero ma ho sentito dire che laggiù c’è un gruppo di temerari che continua a resistere e che ultimamente hanno subito gravi attacchi. Non possiamo permettere che la sede dell’università crolli sotto i colpi di questi bastardi! Non mi importa se sono i mutanti, i predoni o gli Sciacalli! La loro fine è prossima! E poi ritengo che l’università debba essere protetta in quanto centro della cultura e non voglio che le generazioni post-Apophis crescano come un branco di ignoranti! Quella gente ha bisogno del nostro aiuto e in quanto difensori del Nuovo Mondo è il nostro dovere!”
Dopo il discorso di Dimitri Gleb, il figlio più piccolo, si alzò in piedi e disse “Ok Maresciallo Dimitri! Io ci sto! Decido di onorare la sua chiamata e darle supporto con la mia squadra! Io e i miei uomini saremo pronti entro 36 ore!” “Grazie Compagno Colonnello” rispose il vecchio, poi aggiunse rivolto agli altri due “In quanto a voi invece?” Efrem e Selena risposero allo stesso modo ma subito dopo lei aggiunse “Però c’è una cosa che vorrei mi dicessi. Te lo fai davvero per questo motivo o c’è qualcosa che non ci dici? Noi qui siamo i soli a conoscere chi eri prima e sappiamo tutti che la mamma stava lavorando all’università quel giorno. Puoi dirmi cosa sei venuto a sapere? Come mai questa partenza improvvisa e soprattutto come mai vuoi usare ben quattro squadre su sette per una sola stazione. Ognuno di noi è a capo di una squadra da 40 persone e siamo in tre, se poi aggiungiamo la tua squadra da 42 uomini arriviamo 162 uomini per una sola stazione. Non è che tu vuoi farti tutta la linea Rossa per eliminare del tutto i predoni? E dimmi cosa farai con Lubianka? Lì manderai tutte le squadre e ripulirai il casino dalle radici usando quasi trecento uomini?”
“Giusta osservazione Selena, ciò che dici potrebbe trovare fondamento se vi avessi chiesto di venire con me portando tutta la vostra squadra. Tuttavia i fatti sono un po’ differenti da come li hai descritti. Dovrete scegliere 4 uomini tra quelli che reputate migliori e verrete solo con loro, io ho già operato tale scrematura con la mia squadra. Così saremo solo in venti e non daremo troppo nell’occhio. Dopotutto siamo fantasmi mica cretini, dobbiamo essere rapidi e silenziosi per far fuori i nemici senza troppi incidenti. Per quanto riguarda vostra madre forse non ve l’ho mai detto perché non avevo mai trovato un momento opportuno ma ho già provato a salvarla dall’università. Stava andando tutto bene, eravamo più o meno dalle parti della Park kultury, ci mancavano solo un paio di chilometri per arrivare alla stazione quando siamo stati attaccati. Banditi, una squadra di 20 uomini contro me e i primi Fantasmi. Se non mi credete chiedete pure agli altri Colonnelli, li ho promossi dopo quella spedizione. Vostra madre è morta tra le mie braccia e io sono rimasto ferito nello scontro. Siamo sopravvissuti solo io, Nikolay, Ivan e Cheslav che mi ha portato qui e mi ha fatto medicare. Per quanto riguarda Lubianka la mia risposta è sì. La voglio radere al suolo quell’infetta stazione piena di predoni come anche voglio occupare la capitale degli Sciacalli, la dannata 1905. Inoltre vorrei rafforzare la nostra alleanza coi verdi e vedere cos’hanno da proporre i tizi venuti oggi da Vladivostok.”
Quando i tre ragazzi videro la determinazione e la solidità degli ideali del padre capirono che era proprio vero quello che si diceva “I Fantasmi sono veri e propri fantasmi, loro non esistono, sono persone fuori dal comune che rischiano la vita per mantenere la Superficie in uno stato di pace ed evitare conflitti tra le fazioni o le incursioni dei briganti. Sono persone indistruttibili e anche se sono vecchi sono duri a morire!”. Dimitri: il più importante Fantasma di Mosca o meglio, il capo dei Fantasmi di Mosca, lui aveva deciso di creare il gruppo dei Fantasmi di Mosca proprio con questo fine e tutti gli abitanti della Metro e della Superficie lo conoscevano come “Dimitri il Capo dei Fantasmi Moscoviti”. Era una delle personalità più rispettate di tutta la città e, anche se aveva oramai 53 anni, nessuno osava mai mettere in dubbio le sue capacità o le sue conoscenze.
Dopo essere stati messi al corrente sulle specifiche della missione all’Università i tre abbandonarono la stanza mentre Dimitri rimase all’interno a guardare come un turista tutti gli oggetti nella sua stanza. Si avvicinò ad uno scaffale e prese la foto di lui con la moglie e i figli e la baciò dicendo “Mi manchi moltissimo…so che sei ancora tra noi e stai vegliando sui nostri figli, hai visto come sono cresciuti? So che non vorresti che io ritorni all’”Inferno” ma devo farlo per recuperare quei documenti…solo così potremmo tornare a vivere……”.
Rimise a posto la foto e prese il tesserino col nome di Zenit Marshall, poi prese un caricatore vuoto e lo girò facendone uscire un secondo tesserino sempre della Sukhoi mezzo cancellato su cui si riusciva ancora a leggere “Fran        Progettista    militari    Sukhoi Company” e li mise entrambi nel suo portafogli nella tasca sinistra dei pantaloni. Continuò per qualche minuto a guardare tutta la stanza ripercorrendo con la mente la storia di ognuno degli oggetti lì appesi e sorrise, uscì e chiese ad un tenente di passaggio lì vicino di chiamargli i quattro di Vladivostok e dirgli che aveva deciso cosa fare per quanto riguardava l’alleanza commerciale. Il ragazzo scattò di corsa verso un gruppo di compagni per sapere dove si trovassero gli ospiti e andò a chiamarli per farli andare nell’ufficio del Maresciallo mentre Dimitri si avviava alla stanza dove ore prima aveva parlato coi quattro ospiti.
Pochi minuti dopo arrivarono tutti e quattro scortati dal tenente che, dopo averli fatti accomodare, si congedò e usci dalla stanza. Dimitri, come suo solito, offrì da bere ai suoi ospiti e, una volta serviti, iniziò a parlare “Bene signori, ora abbiamo più tempo per discutere. Io sono il Maresciallo Dimitri, capo dei Fantasmi di Mosca, mi scuso di non essermi presentato prima ma ero sovrappensiero. La questione è molto importante, voi volete stabilire una tratta commerciale con Mosca, noi possiamo parlare a nome di tutta la città. Come penso saprete noi agiamo nell’interesse comune quindi come le merci arriveranno qui verranno immediatamente ripartite e vendute alla popolazione. Attualmente noi possediamo la Kievskaya che praticamente è attaccata all’aeroporto a Sud-Ovest. Per prendere l’aeroporto non ci vorrà molto, non c’è quasi nulla, il problema sarà fortificarlo, proteggerlo, ripulirlo e mantenerlo. Per tutte queste operazioni dovrei tenere occupate almeno tre squadre al completo per almeno due-tre settimane. Ci sarebbe anche un piano B ma prima devo porvi qualche domanda: primo, gli aerei con cui vorreste trasportare le merci di che tipologia sono?”
“Allora signor Maresciallo prima di tutto mi presento, io sono Egor, uno dei capi di Vladivostok. Gli aerei a nostra disposizione non sono chissà cosa, si tratta di semplici aerei ad elica. Consumano relativamente poco e vanno bene per tratte brevi e atterrano in pochissimo spazio, per farle un esempio il nostro siamo riusciti a farlo atterrare sul ponte qui vicino. Non ci serve un aeroporto anche se ci farebbe molto comodo. Per i primi mesi può andare benissimo anche il ponte, in questo modo lei potrà fare tutto con calma e tenere occupati meno uomini” Quando Egor finì di parlare prese un discreto sorso di vodka e aspettò la risposta del Maresciallo
“Bene, queste notizie mi fanno molto piacere. Per quanto riguarda l’aeroporto quindi non vi occorre che sia agibile a breve, bene! Comunque vi garantisco che appena ne avrò la possibilità procederò a catturare la posizione e difenderla. Ma veniamo alle cose serie, nessuno ha mai fatto niente per niente, voi cosa volete in cambio?”
A questa domanda rispose un altro che si presentò come Vladimir e disse “Beh signore, la situazione è questa: abbiamo ripreso gli scambi commerciali navali e aerei col Giappone e questo ha portato molta ricchezza alla nostra città, come lei ben saprà la ricchezza attira la gente e infatti c’è stato un grande periodo di crescita della popolazione ma ora la cosa è insostenibile, non abbiamo nessuno che mantenga la città sicura e molti sono allo sbando. Come se ciò non bastasse sta ricomparendo una sorta di associazione mafiosa che sta prendendo il controllo dei commerci che prima erano lasciati ai singoli individui. La nostra richiesta è semplice, lei avrà le nostre merci per un mese che le verrà concesso per organizzarsi, poi dovrà inviare da noi tre squadre nel modo che preferisce per mantenere l’ordine nella nostra città, se non lo farà, ovviamente, le forniture verranno sospese. Tutto ciò se deciderà di accettare l’accordo, se si rifiuterà per qualunque motivo onoreremo la sua decisione e non ci saranno discussioni. Inoltre vorremmo stabilire con voi un canale radio per qualsiasi trasmissione, senza nessuna condizioni, se volete bene sennò non importa, questo è un di più. A lei la parola.”
A Dimitri era più che evidente che quell’uomo sapeva come parlare e da come gli aveva posto l’offerta sembrava non ci fossero che vantaggi per i Fantasmi e Mosca così ci pensò su per un minuto abbondante sorseggiando un po’ del liquore. Infine quasi come se si fosse svegliato dal suo torpore disse “Bene signor Vladimir. Quindi voi sareste disposti ad aprire una rotta commerciale con noi solo a patto che noi vi concediamo ben tre squadre? Potrei anche accettare ma aggiungo una condizione: tutti i rifornimenti di merci indispensabili quali medicine e altri prodotti medici, cibo di primaria importanza e acqua ci vengano forniti gratuitamente”
L’uomo ci pensò qualche secondo e poi disse deciso “E va bene! Affare fatto!” così dicendo si alzò e porse la mano a Dimitri che a sua volta si alzò e strinse la mano prima a Vladimir e poi agli altri e aggiunse “Per le comunicazioni abbiamo qualche radio militare, frequenze d’emergenza per comunicazioni importanti. Per il resto state sui 160 Mhz, è una frequenza ancora funzionante.”
Dopodiché i 5 si salutarono e Dimitri scortò di persona i quattro al loro aereo, un vecchio Antonov an-14 probabilmente della fine degli anni ’70, dopo essere partiti il Fantasma restò qualche minuto ad osservare quel “miracolo” della tecnica umana che era l’aereo, quasi ipnotizzato dal velivolo non si accorse che un mutante gli si stava avvicinando con un tubo di ferro. Ormai era a pochi metri da Dimitri quando un piccolo cedimento nell’asfalto fece capire all’uomo di non essere solo e, proprio in quel momento, si udirono due spari quasi simultanei. I suoi riflessi non lo avevano abbandonato e aveva fatto in tempo a girarsi già con la Makarov in mano e sparare prima di essere attaccato, allo stesso tempo uno dei cecchini appostati sulle torri del Cremlino aveva fatto fuoco col suo Dragunov colpendo il mostro sul petto. Dimitri si voltò verso la torre e fece l’occhiolino al cecchino anche se non poteva vederlo così da lontano e si diresse alla base per aggiornare tutti sugli ultimi fatti.

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Capitolo 3
*** Hell ***


Hell

Il giorno prima della spedizione per l’Università Dimitri era rimasto chiuso nel suo appartamento del Cremlino a preparare tutto l’equipaggiamento necessario per affrontare la missione. Alle sei di mattino del giorno prestabilito lui era già pronto. Aveva un paio di stivali da motociclista impermeabili della Alpinestars tutti neri, dei calzini molto spessi ma comodissimi, dei pesanti pantaloni di pelle un po’consunti sempre della stessa marca, una maglietta degli AC/DC sopra cui aveva messo un giubbotto in pelle anch’esso da motociclista con rinforzi sui gomiti e sulle spalle e imbottito con una tuta termica, per proteggere le mani dal freddo e dai colpi aveva dei guanti in pelle con inserti in titanio e fibra di carbonio sulle nocche e sui polsi. Oltre a questo indossava un giubbetto antiproiettile che proteggeva il suo corpo dalle pallottole e infine aveva un elmetto con una torcia integrata e l’attacco per un’ottica notturna/infrarosso. A tracolla portava il suo nuovo AK-47 col mirino PSO-1 mentre teneva quattro caricatori in delle tasche di stoffa rimovibili che aveva allacciato al giubbotto, la Makarov era tenuta in vista nella sua fondina di pelle appena sotto il braccio sinistro e due caricatori erano conservati in altre tasche di stoffa poco sopra la vita. Due granate a frammentazione e una fumogena stavano appese al suo petto come addobbi natalizi mentre l’impugnatura del suo coltello di acciaio damasco sporgeva da un fodero in pelle rinforzata e decorata allacciato alla coscia sinistra. Altri due caricatori erano tenuti sugli stinchi.
Nel pesante zaino invece conservava le razioni personali d’acqua e di cibo, qualche caricatore extra sia per il Kalashnikov sia per la pistola assieme ad un kit di pronto soccorso, alcuni strumenti per la manutenzione delle armi, una torcia di riserva e diversi filtri per la sua maschera antigas che teneva sempre appesa al collo per poterla mettere in pochissimi secondi. Prima di uscire dalla sua stanza prese il suo portafogli coi suoi documenti, qualche soldo e i due tesserini della Sukhoi e se lo ficcò in tasca, poi andò verso il suo comodino, aprì il secondo cassetto, dentro vi erano un paio di chiavi, il libretto di una moto e la sua patente, mise tutto in una tasca del giubbotto e disse tra sé e sé “Finito all’Università mi faccio un giro in moto!”.
Appena uscito dalla stanza vide che si erano già alzati molti dei suoi tra cui i quattro della sua squadra. Alle sette in punto, orario previsto per la partenza, tutti erano presenti all’appello, prima di uscire Dimitri disse rivolto a tutti i membri della squadra “Nessuno di voi è mai stato in quella stazione vero? Bene allora ci sono tre o quattro cose che è meglio che vi dica prima di partire: primo, nel raggio di un chilometro dalla stazione c’è Qualcosa, io la chiamo “L’Anomalia” molti invece usano chiamarla “La Terra del Male”. Non so dirvi cosa si trovi esattamente in quel luogo ma vi avviso che ciò che vedrete sarà reale al 100% anche se solo per voi, dopo un certo punto inizieremo ad avere delle fortissime allucinazioni. Per chi ha mai visto “Sfera” o “Solaris” la cosa sarà più semplice da capire: in pratica ognuno di noi vedrà le sue paure più oscure o i suoi ricordi più dolorosi comparirgli davanti, se vedete un palazzo questo sarà reale, potrete entrare e potrete salire ai piani alti ma non fatelo, potreste vedere i vostri cari che sono morti tempo fa che vi vengono in contro, voi non badateli e non toccateli, non fate nulla che non sia seguirmi a piedi. L’unico modo per vedere la realtà è scattare foto o usare una macchina da presa, loro non hanno allucinazioni e ci mostreranno la via giusta, se dovessimo per sbaglio cascare in una trappola sarà la fine. Secondo: ognuno ha un tempo di reazione differente e la forza dell’Anomalia cresce più ci si avvicina ad una specie di parco, noi passeremo al massimo a 3-400 metri dal centro, a quella distanza tutti noi avremo le visioni e dovrete mantenere la calma, lì non ci sono mostri e una volta sotto terra l’Anomalia non agisce più. Ultima cosa, mentre saremo nella Zona di Alienazione ovvero la Zona dove c’è l’influenza dell’Anomalia state vicini, evitate di fare stronzate, non sparate per nessun motivo e può darsi che ve la caviate. Ora andiamo! Ci vorranno circa due ore per arrivare a destinazione!” Così dicendo fece cenno alle guardie di aprire i cancelli per farli uscire, tutta la squadra lo seguì fuori dalla porta principale e, poi, dai cancelli delle mura. Una volta fuori avrebbero goduto per qualche centinaio di metri della protezione dei cecchini, poi sarebbero stati da soli. Dopo venti minuti di camino diretti sempre a Sud si udirono dei colpi di mitra in lontananza, tutti si fermarono preoccupati mentre Dimitri e la sua squadra procedeva senza badarci troppo, solo uno dei suoi si girò ma subito tornò a seguire il Maresciallo. Finiti gli spari anche le altre squadre ripresero camminare ma erano stati distanziati di quasi cento metri e dovettero correre per ritornare al passo. Arrivati alla Park Kultury Dimitri sì fermò, si abbassò a guardare delle impronte a terra, pochi secondi dopo si rialzò dicendo “Predoni, ci stavano seguendo poco fa e ora ci vogliono tendere un’imboscata, torniamo indietro e usiamo questo ponte come strada, è ancora intatto e ci porterà dove vogliamo. Inoltre ci permette di vedere subito gli aggressori, ci fornisce una posizione elevata da cui sparare e il parapetto di cemento ci darà protezione.” Mentre stavano tornando indietro per salire sul ponte si sentirono altri spari ma sta volta erano molto vicini, un centinaio di metri al massimo. Tutti si guardarono e con un solo sguardo capirono tutti che dovevano correre verso il ponte.
Appena saliti sul ponte videro in lontananza un gruppo di uomini, probabilmente della fazione degli Sciacalli che correvano verso di loro seguiti da dei mutanti. Gli uomini gridarono ai Fantasmi di aiutarli ma appena videro cosa li stava inseguendo iniziarono a correre anche loro. Un mostro alto almeno cinque metri con delle corna gigantesche stava correndo assieme ad una ventina di mutanti più piccoli verso di loro e distruggeva ogni cosa gli si parasse davanti usando un palo della luce. Ad un certo punto il mostro diede un’incornata ad un uomo che venne ucciso all’istante, mentre ancora il sangue dell’uomo colava lungo il corno della bestia imbrattandole il muso questa alzò il rottame di una macchina e, con un solo braccio la scagliò verso gli altri schiacciandone due. Appena gli uomini vennero colpiti dalla macchina si udì un rumore metallico e partirono schizzi di sangue da ogni parte, poco dopo sotto il rottame si dipinse una macchia di un rosso rubino che con quella strana luce che c’era sembrava ancora più agghiacciante.
I Fantasmi si appostarono dietro il parapetto, a quel punto Dimitri urlò “Fuoco! Sparate al Minotauro! Sparate!” prima ancora che finisse di dare l’ordine scoppiò l’inferno. Sembrava di stare in un deposito munizioni che va a fuoco, il fragore dei fucili, le raffiche rapide e brevi dei Kalashnikov, i colpi di pistola. Tutti sparavano al gigante senza pensarci troppo, si sentivano i proiettili ronzare verso il bersaglio, la carne che si lacerava spandeva sangue rosso scuro, anche da quella distanza si poteva sentire il rumore che facevano le ossa che venivano attraversate da quella scarica di piombo e, ogni tanto, un colpo finiva sul cemento esplodendo in migliaia di faville guizzanti. L’azione durò meno di un minuto, i Fantasmi erano rimasti fermi immobili dietro la loro postazione e avevano crivellato ogni forma vivente stava sotto di loro ad eccezione dei due Sciacalli sopravvissuti che si arresero immediatamente per non essere uccisi.
Quella degli Sciacalli è stata la seconda fazione a formarsi dopo quella dei Fantasmi, la loro filosofia era proprio come quella degli sciacalli: ripulivano le città e i cadaveri freschi o mezzi marci. Il loro motto era “Non importa come ti procuri qualcosa, se la tieni in mano è tua!”. Ultimamente però stavano portando avanti un conflitto coi predoni che invece andavano in giro per le cittadine ad uccidere e depredare. Quando i due furono davanti ai venti Fantasmi persero ogni ideologia e subito uno disse “Ci arrendiamo, non ammazzateci! Portateci con voi e vi aiuteremo! Vi saranno utili due che conoscono la Superficie come le loro tasche, questa zona l’abbiamo setacciata migliaia di volte, voi dove siete diretti?”
Dimitri sapeva bene che le fazioni indottrinavano per bene i loro e che difficilmente uno Sciacallo o un Predone sarebbe passato ad un’altra parte, gli era già capitato di trovare dei sopravvissuti che gli chiedevano asilo e poi si rivelavano essere delle spie nemiche ma decise di fidarsi dei due, i loro occhi avevano qualcosa di sincero e così li accolse nella squadra.
Mezz’ora dopo erano alla Vorob’evy Gory a circa due chilometri e mezzo dalla meta, proprio in quel momento udirono un verso agghiacciante e Dimitri guardò subito l’orologio e disse “Merda! Sono solo le otto e mezzo!”
Nel sentire il padre così spaventato Gleb chiese in preda al panico “E che cazzo succede a sta ora?!”
A rispondere fu un ex-Sciacallo “L’orto botanico, lì vivono i veri mostri! Avete presente il Minotauro di prima? Ecco, quello per i mostri dell’orto botanico è solo un antipasto. Lì ci vivono le creature più subdole e mortali che si siano mai viste, e si svegliano vero le nove di solito.”
Tutti tranne Dimitri e i suoi quattro compagni rimasero immobili dalla paura nel sentire quelle parole. Allora Gleb urlò disperato “E allora?! Che cazzo facciamo adesso?”
Nel sentirlo così atterrito il padre gli disse “Prima di tutto smetti di frignare e secondo dobbiamo correre, nemmeno Loro osano entrare nell’Anomalia! Se percorriamo i prossimi due chilometri di corsa arriveremo poco lontano dall’Università e saremo al sicuro!”
Nel sentir nominare quella stazione l’ex-Sciacallo restò congelato e urlò “Cosa!? Siete diretti all’Università?! Voi siete pazzi! Cosa cazzo ci andate a fare a Hell?”
“Dobbiamo cercare dei documenti, mia moglie lavorava lì e, prima di morire, mi ha detto che stava lavorando ad un progetto segreto e che hanno portato tutto nella stazione dopo Apophis. Con quelle informazioni potremmo distruggere il nucleo dei mutanti e l’Anomalia in un colpo solo, lei mi ha detto che quei mostri li avevano creati in laboratorio. Non sono venuti Dopo.” La risposta di Dimitri lasciò tutti sbigottiti, non aveva detto a nessuno queste informazioni e tutti si chiedevano il perché di tale decisione ma un secondo ululato agghiacciante fece dimenticare a tutti ogni domanda e si misero a correre verso l’Anomalia come dei centometristi.
In meno di cinque minuti arrivarono a circa novecento metri dalla stazione, lì iniziava l’Anomalia.
“Hey! Ma che ci fa un deserto coì in mezzo alla città?”
“Selena, qui non c’è nessun deserto. L’Anomalia sta già facendo effetto su di te, e siamo solo al novecentesimo metro” Dimitri sembrava seriamente preoccupato, la figlia aveva già le allucinazioni e il fatto che vedesse un deserto non era bene, sarebbe potuta morire rapidamente.
Avanzarono in modo piuttosto cauto, sempre diritti, come diceva la mappa. Molti iniziarono ad avere allucinazioni tra gli ottocentocinquanta e gli ottocento metri. Vedevano i loro genitori, i loro fratelli, le loro fidanzate, mostri che si acquattavano silenziosi dietro un edificio, ombre furtive. Uno di loro inizio a piangere e disse “No, ti prego! No! Non farlo! Un’altra volta no!”, Dimitri si avvicinò all’uomo e gli chiese cosa fosse successo “La mia fidanzata si è sparata, lei è morta ma l’ha fatto ancora! È qui, tra le mie braccia!” poi sì alzò, estrasse la pistola e le la mise in bocca, Dimitri non ebbe nemmeno il tempo di muoversi che un fragore risuonò tra gli edifici, la testa del ragazzo era stata fatta fuori per fuori dal colpo della Makarov, sangue rosso come il rubino fiottò dal foro. Il corpo ormai senza vita del poveretto si accasciò a terra con un tonfo secco, il sangue continuava ad uscire dal cranio forato mentre un riflesso condizionato causava forti spasmi ad un braccio. Il Fantasma non si perse troppo in ciance, prese lo zaino dal corpo e ne estrasse tutti ciò che poteva essere utile e distribuì qualche caricatore ai suoi, poi ne prese un paio anche per se, assieme ai medikit, l’acqua e il cibo mentre le armi le diede agli altri.
Appena ebbe finito si rialzò e riprese a camminare. Al settecentosessantesimo metro anche Gleb iniziò ad aver problemi con l’Anomalia e urlò improvvisamente “Cazzo! Fa un freddo cane! Sono l’unico a vedere una distesa di ghiaccio vero?”
La sorella subito gli passò la sua giacca, tanto lei era in un deserto con trenta gradi quindi non le serviva.
“Per fortuna che io e l’Anomalia ci conosciamo, all’inizio anche io ho avuto le allucinazioni circa a questo punto. Chissà sta volta a quanti metri mi verranno”
Solo due dei presenti erano stati nell’Anomalia prima quindi sapevano cosa li aspettava, gli altri invece avrebbero potuto vedere di tutto. Passati i seicento metri erano ormai tutti in preda a forti allucinazioni e solo Dimitri e gli altri due che avevano già passato l’Anomalia erano lucidi, Efrem aveva iniziato a vedere una fitta foresta appena superati i seicentocinquanta metri e questo preoccupò molto il padre. Arrivati al cinquecentosessantesimo metro gli altri due iniziarono ad avere allucinazioni simili, sfortunatamente avevano il terrore dell’orto botanico e si ritrovarono immersi nella vegetazione e poco dopo morirono per cause ignote.
Dimitri iniziò a vedere qualcosa di strano e sentì una voce cupa, profonda e tetra che diceva “Cinquecentotrenta metri per i tuoi cinquantatré anni, speravo di rivederti” subito dopo iniziava una foresta fittissima, dovette farsi largo col suo coltello per passare, poi vide l’albero segnato. Era quello dove aveva inciso il suo nome accanto a quello della sua futura moglie e sapeva che da quel punto in poi lei lo avrebbe assillato e avrebbe cercato di ucciderlo. Si voltò e disse “Bene, sta volta l’Anomalia mi ha preso ai cinque e trenta. Qualsiasi cosa faccia che non sia camminare diritto fermatemi. Se cambio strada, se dico qualcosa, se faccio QUALUNQUE cosa di diverso dall’andare dritto voi fermatemi. Intesi?” tutti annuirono spaventati e continuarono a marciare verso l’Università.
Poco dopo la strada si faceva molto stretta e tutti dovettero mettersi in fila due a due, a quel punto erano davvero vicinissimi al Nucleo, lì dove l’Anomalia aveva origine. Era l’unico tratto del paesaggio a non essere mutato dalle allucinazioni e tutti lo vedevano distintamente.
Un gigantesco pezzo di roccia usciva dal suolo di circa cinquanta metri e aveva un diametro di almeno trenta. Se ne stava lì, impiantato nella terra a troneggiare su tutto ciò che stava attorno. La cosa che colpiva però non era la stazza del masso ma il suo colore: era di un nero scurissimo e opaco, non aveva alcun riflesso ma la superficie sembrava liquida, solo qualche zona verso la cima cambiava colore e diventava di un viola intenso. La punta invece era di un rosso scurissimo ed il tutto sembrava circondato da una nebbia bianchissima e totalmente innaturale.
Nessuno era mai stato nel Nucleo (la zona dove inizia la nebbia, circa 150-200m), nemmeno Dimitri. Tutti erano molto turbati sia da ciò che vedevano sia da quello che la nebbia celava, a quella distanza si aspettavano di avere allucinazioni intensissime o di morire per chissà quale ragione, invece, nessuno vedeva più nulla di strano. Mentre si avvicinavano a quell’oggetto così inquietante iniziarono a sentire un calore dentro i loro corpi, era come se avessero appena bevuto del liquore ma senza gli effetti dell’alcol e non riuscivano a smettere di fissarne la punta.
A quel punto dovevano girare a sinistra per potersi allontanare da quella roccia ma molti continuarono ad avanzare come degli automi. Dopo numerosi scossoni e urli i pochi che non erano rimasti incantati dal masso riuscirono a far riprendere gli altri anche se dovettero trascinarli via a forza. Appena imboccata la strada verso l’Università Dimitri sentì la voce di sua moglie che lo chiamava, lui si girò e la vide, a cinquanta metri da lui diretta verso quella gigantesca roccia e lo invitava a fare altrettanto.
Per tutta risposta il Fantasma le sorrise e disse “Te sei solo una copia di mia moglie! Sei il mio ricordo di com’era lei un tempo e io so che lei è morta, quindi…” lasciò la frase in sospeso e prese la sua Makarov, la puntò verso l’allucinazione, saprò un colpo e colpì la donna in pieno petto, dal corpo non uscì nemmeno una goccia di sangue, sparò ancora, sempre al petto, la donna cadde sulle ginocchia e lui sparò ancora, un altro colpo, ancora uno.
Il corpo della moglie giaceva senza vita al suolo ma la voce continuò, sta volta era tornata la stessa di prima: profonda e tetra e gli disse “Bravo vecchio mio, ora che hai sconfitto i tuoi rimorsi e le tue paure potrai vedere le cose in modo diverso, sei il primo che ci riesce, ora potrai dire a tutti cosa fare. Ora mi ritieni ancora malvagia?”
Dimitri si voltò verso il Nucleo e disse “No, ora ho capito qual è il tuo obiettivo.” Fece un sorriso e si voltò e vedendo che tutti lo guardavano storto aggiunse “È una storia lunga, poi ve la spiego.”
Poco dopo furono all’ingresso dell’Università, lì iniziava la vera missione. Le entrate principali della Metro erano bloccate da lamiere, pezzi di cemento e terra, fortunatamente Dimitri conosceva le nuove entrate, aprì la porta di un edificio ed entrò. Poi si voltò verso gli altri e disse piano “State attenti a dove mettete i piedi e maschere a portata di mano, ci potrebbero essere zone contaminate e qui è molto buio quindi torce in mano e guardatevi in giro, ci saranno un molte trappole tutte per noi.” Poi riprese ad avanzare nell’oscurità, tutti accesero le loro torce e lo seguirono nella stanza poco più avanti.

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Capitolo 4
*** Sottosuolo ***


Sottosuolo

Scendevano gli scalini uno ad uno, piano e senza fare rumore. Dovevano evitare le trappole e i pezzi di vetro a terra, al minimo rumore sarebbero stati scoperti dai predoni. Alla fine della scalinata si ritrovarono in una sala molto ampia e totalmente buia, le pareti erano ricoperte di lastre di marmo bianco e giallo ma erano molto sporche a causa del tempo. Immediatamente Dimitri udì lo scatto di un otturatore e disse con un filo di voce “Shhh! State zitti! C’è qualcuno, giù giù! Mettetevi al coperto, non ci devono vedere!”.
Lui sapeva bene dove erano conservati i documenti ma continuava a ripetersi la mappa con la mente “Prendere i binari in direzione Prospekt Vemadskogo, settanta passi sulla passerella di sinistra, porta nascosta, bingo!”. In quel momento passarono due uomini con delle divise marroni, tipiche dei predoni della linea rossa, che stavano parlando di uno stupro “E quanti anni aveva?”
“E che ne so io! Quando si tratta di sesso io non chiedo mai niente! Metto il coltello alla gola e vado subito al sodo! Poi ci si diverte a volontà! Quando ti sei stufato la fai fuori e lasci lì il cadavere, tanto a mangiarselo ci pensano i topi o i mutanti!”
“Ma…e te come fai ad andare avanti così? Non provi neanche un po’ di pietà?”
“Pietà, coscienza e rimorso sono morte con l’arrivo di Apophis. Se ti fai ancora problemi del genere durerai poco! Ma non ti preoccupare, un paio di scopate e qualche razzia e capirai cosa intendo!” poi scoppiò a ridere, appena i due girarono l’angolo i Fantasmi ripresero ad avanzare silenziosi e invisibili. Salirono sulla passerella sinistra in direzione Prospekt Vemadskogo e andarono avanti per un po’, poi Dimitri si accorse che sul soffitto c’erano delle frecce fatte col gesso e decise di seguirle. Dopo meno di cinquanta passi vide una freccia che puntava dritta a sinistra, si voltò e con la torcia illuminò la parete ma non c’era traccia della porta tuttavia sembrava che il muro fosse fatto diversamente da quello del resto della galleria così decise di piazzare un calcio giusto dove doveva esserci la serratura della porta. Caricò il colpo e andò così pesante che lo stivale si piantò per dieci centimetri nella finta parete, così iniziò a togliere pezzi di cartongesso con le mani fino a scoprire tutta la porta, poi dovette fare una cosa che voleva evitare, sparò un colpo alla serratura, in fretta guardò dentro la stanzetta e notò due scatole nere, su una c’era scritto “DOCUMENTI SEGRETI” sull’altra invece “SUKHOI COMPANY”. Aprì il primo e trovo lo schedario che gli serviva mentre frugava continuava a ripetersi “Modulo 13D, 17F e 21M” poi esclamò “Eccoli! 13D…questo è il 17F ed ecco pure il 21M! Fantastico! Tienili te Selena! Voi quattro” disse voltandosi verso i suoi uomini “andate a vedere se arrivano quei bastardi, avranno sicuramente sentito lo sparo” poi prese l’altra scatola e la aprì, sapeva bene cosa conteneva ma fece finta di nulla e frugò come se non avesse mai visto quei documenti “Aha! La Sukhoi ci da buone notizie! Sentite qui! “13 Sukhoi SU-37, 11 Sukhoi T-50 e l’unico prototipo di Sukhoi SU-47 sono stati predisposti per essere conservati nel bunker sotterraneo antiatomico della Sukhoi” data quattro agosto 2033 sapete che vuol dire? Che lì sotto c’è il paradiso!” appena finì di parlare entrò un suo sottoposto dicendo “Luci, predoni a quaranta metri, saranno dieci uomini. Che si fa?” “Attacchiamo in modo intelligente, voglio un fuoco di sbarramento, due vadano a mettersi dietro quel pilastro. Efrem, te e la tua squadra mettetevi sulle rotaie di destra e sparate al mio segnale” poi si rivolse agli altri e disse
“Voi state buoni qui, e non fiatate. Non voglio che capiscano quanti siamo. Ora andiamo!” appena si misero in posizione uno dei predoni urlò teso “Chi va là? Sei te Boris? Non è uno scherzo divertente! Che cazzo era quello sparo?” prima che finisse di parlare i Fantasmi li avevano già puntati usando le luci delle loro torce per prendere la mira, Dimitri fece scattare l’otturatore del suo AK come prestabilito e tutti aprirono il fuoco, guizzi di fuoco uscivano dalle armi automatiche dei Fantasmi e i proiettili ronzavano dappertutto mentre l’eco delle esplosioni risuonava fortissima nelle gallerie, i proiettili che colpivano le pareti esplodevano in un fragore acuto e metallico trasformandosi in una vampata di faville. I nemici non ebbero neanche il tempo di accorgersi del piombo in arrivo, l’intera azione durò meno di venti secondi e tutti i predoni vennero uccisi, appena l’ultimo colpo venne sparato tutti i Fantasmi uscirono di corsa dalla stanza prendendo un pacco di documenti ciascuno, poi andarono tutti nella direzione da cui venivano i predoni, tutti ricaricarono e si prepararono a fare ancora fuoco contro qualcuno ma con grande sorpresa di tutti la stazione era deserta, in tutta l’Università c’erano solo quella dozzina di predoni come presidio. Nessuno se ne curò troppo e ripresero a correre verso la stazione successiva. Dimitri voleva andare a vedere quegli aerei per capire com’erano messi e se potevano essere usati e, avendo lavorato per diversi anni alla Sukhoi come progettista, sapeva perfettamente dov’erano conservati e anche come entrare nel deposito e pensò “Chissà se il mio tesserino funziona ancora, dopo dieci anni magari non c’è neanche più la corrente…mah, la roba russa è sempre eterna, specialmente se si tratta di cose militari!” con questo chiodo fisso nella mente percorse tutta la galleria fino a che non venne distratto da un odore metallico, ormai aveva sviluppato una sorta di sesto senso per le zone contaminate, come per riflesso si mise la maschera antigas e disse a tutti di fare altrettanto, dopo dieci passi il contatore geiger iniziò a fare rumore, subito lo prese per controllare, dopo che ebbe letto il numero che segnava si voltò di scatto e disse “Di corsa, all’uscita più vicina! Questi bastardi hanno usato scorie nucleari per farci una barricata impenetrabile, se restiamo qui altri dieci minuti potremo non rivedere più il sole!”.
Purtroppo siccome la linea rossa è lunga, dritta e senza intersezioni i Fantasmi dovettero tornare indietro di molto fino ad una zona che era franata e permetteva di uscire all’aperto, una volta fuori si tolsero le maschere e videro subito che erano capitati molto vicini all’orto botanico, così decisero di allontanarsi il più possibile e tornare indietro. La prassi per una missione come questa era rientrare entro sei ore dalla partenza e loro avevano impiegato due ore solo per il viaggio di andata e ormai era quasi mezzogiorno quindi avevano solo due prima che dal Cremlino partissero dei soccorsi in loro aiuto.
Dimitri esortò tutti a fare il ritorno a passo spedito e alle due meno venti furono nuovamente ai cancelli del Cremlino, lì Dimitri si voltò verso i due ex-Sciacalli che stavano tremando di paura e disse loro “Ora avete due possibilità: o ve ne tornate a casa e restate con la vostra fazione oppure varcate questo cancello come nuovi membri dei Fantasmi di Mosca. In entrambi i casi non vi verrà fatto alcun male, io sono il capo assoluto dei Fantasmi, se io ordino qualcosa quella è legge per i Miei” poi disse rivolto ad un Fantasma “Se io dico che questi due possono andare e che non gli verrà fatto alcun male te cosa fai?”
“Li lascio andare senza fare domande, li scorto fino a trecento metri dal Cremlino e poi torno indietro, signor Maresciallo!”
I due Sciacalli si guardarono e dissero “Un secondo solo” poi si dissero qualcosa sottovoce e conclusero “ok, siamo con voi ma ad una condizione: noi vi daremo informazioni sulle decisioni della nostra fazione e voi ci fornirete equipaggiamento e protezione.”
Nel sentire queste piccole richieste Dimitri pensò lo stessero prendendo in giro ma decise di accettare e li scortò personalmente all’interno della Rocca dando ordine a tutti di non parlare coi nuovi arrivati. Poi li scortò nel suo ufficio dove li fece sedere, come sempre offrì della Vodka che entrambi accettarono di buon grado e poi iniziò a parlare “Allora signori, le cose stanno così: voi ora siete conosciuti secondo un nome o un soprannome giusto?” entrambi annuirono “bene, la regola dei Fantasmi di Mosca è: niente nome, niente passato, niente pressioni. Dunque la mia richiesta è la seguente: dovrete rinunciare alla vostra identità se volete stare coi miei” poi aprì un cassetto chiuso a chiave e tirò fuori un paio di passaporti usati ma senza foto e proseguì “prendete, dopodiché chiedete di Diodora, lei vi darà dei vestiti nuovi e butterà le vostre uniformi da Sciacalli, poi dovrete passare da Gavril che vi farà le foto per i documenti, voi dite ad entrambi che vi mando io e non faranno storie. Anzi, mostrategli questo” prese un pezzo di carta su cui scrisse “Diodora: vestiti nuovi, Gavril: foto. Maresciallo Dmitri” e passò il foglietto firmato ai due che uscirono ringraziando e facendo un saluto militare, poi usci anche Dimitri che andò diretto nella sala di raccolta dove dovevano radunarsi tutti cloro che tornavano da una missione, una volta nella stanza raccolse tutti i documenti e se ne andò nel suo ufficio/museo per esaminarli.
Intanto i due nuovi Fantasmi chiedevano informazioni per capire dove stava Diodora, la trovarono in una stanzona imbucata tra mille scaffali che metteva a posto delle camicie, appena i due si avvicinarono lei si voltò di scatto e, non riconoscendoli, mise subito una mano sulla pistola che teneva in una fondina sulla coscia destra e disse “Che volete? Siete nuovi?” i due annuirono e le mostrarono il foglietto di Dimitri, quando lesse la firma del Maresciallo si mise subito composta e chiese con gentilezza “Quale taglia portate?”, i due risposero che non ne avevano così li squadrò da capo a piedi, si voltò e iniziò a frugare tra i vestiti appesi, ne tirò fuori due paia di pantaloni, due camicie, due divise, due paia di guanti in pelle senza dita e due paia di scarpe che andavano a pennello entrambi, soddisfatta gli disse che tutta quella roba faceva parte della “dotazione standard” di ogni Fantasma Moscovita e li salutò.
Poi i due trovarono Gavril, detto “Il Fotografo” che se ne stava in una stanzetta piena di macchine fotografiche e cineprese vecchissime, in mezz’ora i due Fantasmi avevano ottenuto dei nuovi vestiti e delle nuove identità, ora uno era diventato Gektor l’altro invece si chiamava Iosif.
Dimitri intanto era nel suo ufficio privato che leggeva i documenti e ascoltava musica a tutto volume, nessuno dei Fantasmi conosceva quei brani a parte qualcuno molto famoso gli altri erano tutti di band Rock o Metal poco conosciute Prima, solo il Colonnello Chaslav sapeva quasi tutti i titoli che venivano riprodotti. Molte delle informazioni contenute in quelle pagine gli erano già note, a fianco a lui c’era un blocco di fogli dove aveva scritto “Depositi missilistici a Nord. Distruggere il nucleo dei mutanti. Indagare sull’anomalia.” Dopo un paio di ore uscì dall’ufficio, e convocò tutte le squadre a rapporto nella sala di raccolta. Quando tutti ebbero preso posto dove gli spettava iniziò un piccolo discorso “Allora, la situazione è seria. Dai documenti che abbiamo ritrovato all’Università risulta che ci sono molte basi missilistiche con potenziale sufficiente da radere al suolo l’Orto e l’Anomalia. Ora c’è una cosa che ritengo di dovervi dire, l’Anomalia mi ha parlato, lo so che sembra una cosa folle ma vi assicuro che è così. Mettendo insieme le mie visioni e quelle degli altri e sommando a questo il suo discorso sono arrivato ad una sola conclusione logica: lei mette alla prova coloro che passano da quelle parti, il suo obiettivo non è uccidere ma vedere se le persone sono in grado di sconfiggere le proprie paure. Lei mi ha detto ora che hai sconfitto i tuoi rimorsi e le tue paure potrai vedere le cose in modo diverso, sei il primo che ci riesce, ora potrai dire a tutti cosa fare. So che è difficile da credere ma da quel momento non ho più avuto paura del fantasma di mia moglie e non ho più né rimorsi né rimpianti per la sua scomparsa, certo sono triste ma non sto più male come prima, non mi do più la colpa per ciò che è accaduto. Quindi ritengo che l’Anomalia non meriti di essere distrutta. Ora però sorge un problema, essendo una democrazia dovete votare anche voi, è una scelta troppo importante perché sia presa solo da me e pochi eletti, quindi ora vi verrà dato un foglietto dove dovrete scrivere se siete favorevoli alla distruzione dell’Anomalia o meno” poi fece una pausa per dare il tempo a tutti di riflettere e dare il proprio voto pro o contro, poi fece raccogliere i foglietti e li contò seduta stante.
“Bene, sono duecentootto contro l’attacco all’Anomalia e settantatré favorevoli quindi la maggioranza vuole lasciare le cose come stanno, per quanto riguarda l’Orto non vi pongo neanche la domanda perché so che saranno 281 favorevoli a raderlo al suolo. Ora ci sono altre tre questioni di cui parlare: per prima cosa ho trovato dei documenti della Sukhoi secondo cui ci dovrebbe essere un hangar nascosto dove stanno riposando diversi caccia, sono fonti attendibili ma datate 2033, la seconda cosa riguarda la nostra alleanza con la città di Vladivostok. Oggi mi hanno contattato alla radio, hanno detto che sono arrivati a destinazione e sono pronti a mandarci aiuti e merci, l’unica cosa negativa, come già vi avevo detto, è che tre squadre dovranno recarsi lì a tempo indeterminato. Decidete a sorte chi sarà ad andare e, anche se è presto, vi consiglio di dare la notizia a tutti i vostri cari, non li rivedrete per molto tempo una volta partiti. Per terza purtroppo c’è una brutta notizia che devo darvi: oggi, durante la missione all’Università sono morti tre nostri compagni Fantasmi mentre attraversavamo l’Anomalia, uno di loro si è sparato mentre gli altri sono morti di infarto. Tuttavia abbiamo trovato due nuovi compagni per la nostra Fazione, saranno collocati nella squadra che ha subito le maggiori perdite. Per oggi questi sono i fatti. Prendetevi una piccola pausa, tra dieci minuti ritornate qui, ho ancora bisogno del vostro tempo.” Così dicendo concluse il suo discorso e scese dal piccolo palco da cui stava parlando a tutti e iniziò a girare per la sala in mezzo alla folla. Tutti gli chiedevano notizie sull’Università e su Hell, solo un paio di temerari ebbero il coraggio di chiedere cosa ci fosse oltre i mitici “duecento metri” e lui fu più che felice di rispondere dando una descrizione dettagliata di ciò che aveva visto così gli disse della gigantesca roccia nera, viola e rossa che sporgeva dal suolo e della nebbia e tutti rimasero immobili ad ascoltare la storia. Finito di raccontare ritornò sul palco e riprese il discorso “Bene, ora c’è solo un’ultima cosa di cui vorrei parlarvi: avrei in mente di fare oggi stesso una breve missione esplorativa alla Sukhoi per vedere cosa resta di questo bunker zeppo di aerei, avrei bisogno di due colonnelli che siano disposti a seguirmi con almeno dieci uomini a testa. Io porterò solo cinque uomini della mia squadra e farò riposare gli altri che mi hanno seguito oggi per questo chiederei ai colonnelli Nikolay, Ivan e Cheslav di scegliere tra loro chi dovrà venire con me visto che gli altri hanno già dato abbastanza. Bene, io avrei concluso. Attendo vostre notizie. L’orario di partenza è fissato per le cinque e mezza quindi avete tre ore per prepararvi all’operazione. Buona fortuna a tutti!”
L’assemblea era definitivamente conclusa e tutti si alzarono dalle sedie e ritornarono alle loro occupazioni. Appena Dimitri scese dal palco il suo primo ufficiale gli andò in contro e gli disse “Maresciallo Dimitri, io e i miei siamo pronti a tutto sempre e comunque! Saremo noi la prima squadra per la sua nuova missione!”
“Grazie compagno colonnello, onoro la sua scelta. Se la sua squadra è già pronta non resta che attendere la seconda, solo allora vi rivelerò i dettagli della missione. Fino ad allora potete passare queste ore come meglio credete. Vi do una libera uscita per due ore.” Appena finì di parlare si scambiarono un saluto e Dimitri tornò alla sua stanza, mezz’ora dopo qualcuno bussò alla porta.
“Scusi se la disturbo Maresciallo, sono il colonnello Ivan per la missione alla Sukhoi. Posso entrare?”
“Prego compagno colonnello, entri pure” la porta si aprì e il colonnello si affacciò “si accomodi pure colonnello” poi tirò fuori la solita bottiglia e, mostrandola all’ufficiale chiese “vodka?”
“Sì, grazie Maresciallo. Ne prendo giusto un bicchiere” Dimitri iniziò a versare il liquore trasparente in un bicchiere cesellato, una volta servito l’ospite prese anche lui un po’ del forte distillato e brindarono alla loro. Poi il colonnello prese un sorso, le guance gli si tinsero di rosso fuoco e tossì forte “Cazzo se è forte questa roba!” Dimitri sorvolò sull’esclamazione del sottoposto e chiese “Era venuto qui per la missione Sukhoi, giusto? Cosa voleva dirmi?” il colonnello si ricompose e sbiascicò ancora sotto gli effetti del sorsetto “Ahh, sì! Volevo solo dirle che mi offro volontario per la missione, ho già trovato dieci uomini pronti a seguirmi questa…a seguirmi.” Ivan non era più abituato alla vodka a quarantacinque gradi e, pur essendo russo al cento per cento, con un solo sorso iniziava a straparlare e la lingua gli si impastava.
Alle cinque le due quadre erano nell’atrio a raccolta che ascoltavano le direttive di Dimitri “Allora ragazzi, la missione non sarà una passeggiata. Non dovremmo passare per zone strane ma troveremo dei territori contaminati da agenti tossici o radioattivi quindi portate le maschere. La Sukhoi è abbastanza lontana da noi ma ci possiamo muovere verso Nord usando le vecchie linee della Metro attraverso il territorio dei verdi fino alla Mayakovskaya, da lì saremo all’aperto fino all’hangar sotterraneo. Come al solito state attenti ai predoni e agli Sciacalli, passeremo vicini alla ‘905 quindi può darsi che ne troveremo, ricordate che non attaccano se non sono attaccati, se sparano, stendeteli. Pronti?” tutti assieme risposero gridando “SISSIGNORE!” “Ottimo! Allora partiamo!” così dicendo fece aprire di nuovo i cancelli del Cremlino e uscì all’esterno in quella che era una limpida serata d’aprile, il sole stava per tramontare e il freddo si faceva sentire sulle guance dei Fantasmi che furono costretti a mettere bandane o sciarpe davanti alla bocca per riscaldare l’aria per poter respirare tranquillamente, poi Dimitri iniziò a camminare verso la Teatralnaya, la prima delle tre stazioni verdi che dovevano attraversare.

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Capitolo 5
*** Stelle ***


Stelle

BAM BAM BAM. I colpi sulla porta d’acciaio risonarono con un’eco impressionante. Subito dopo si udirono delle voci, poi si aprì un sottile fessura sulla porta e una guardia dall’altra parte chiese loro i documenti. Dimitri porse il suo passaporto e attese, poco dopo si sentirono dei rumori metallici provenire dal portellone che si aprì emettendo un  fischio assordante di ferro poco oliato. Dietro c’erano tre guardie che, dopo averlo visto si misero sull’attenti per saluto. Lui per tutta risposta li fece tornare alle posizioni e chiese se sapessero se c’erano carrelli in partenza ma quello che pareva essere il capoguardia disse “Signore, è quattro ore che siamo qui e abbiamo ancora quattro ore di turno. Non abbiamo notizie di convogli in arrivo o in partenza, ma può chiedere all’interno” così dicendo diede ordine ai due di aprire il secondo portellone stagno per farli accedere alla stazione.
La Teatralnaya come tutte le stazioni della Verde era molto differente dalle altre. Le pareti erano pulitissime e sul pavimento si poteva ancora vedere bene un tema a quadratoni. La stazione era articolata in tre arcate, una grande centrale dove passava la gente e due più piccole ai lati dove c’erano perlopiù bancarelle di mercanti e qualche ristorante, le case invece erano posizionate agli estremi della stazione. Tutto era illuminato e l’aria non era eccessivamente umida come in altre stazioni.
La peculiarità della Verde era il cibo e la merce, infatti, nelle loro stazioni c’erano moltissimi spazi adibiti a zone di allevamento e parti riservate all’agricoltura e i prodotti tipici erano serviti ai ristoranti o nelle bancarelle. Dimitri diede ai suoi due ore di pausa durante le quali avrebbe cercato un passaggio per la Mayakovskaya e si avviò ai binari per parlare coi mercanti e i trasportatori. Gli altri invece occuparono un ristorante intero per fare cena e ordinarono tutti minestra di funghi con stufato di maiale o costicine che per loro era qualcosa di inimmaginabile vista la qualità delle razioni di cibo che avevano per le missioni.
I ventisette Fantasmi con le loro ordinazioni avevano intasato la cucina e dopo mezz’ora c’era ancora metà squadra senza cibo, poco dopo arrivò Dimitri. “Allora ragazzi, ascoltate. Ho trovato un passaggio per trenta persone tra circa due ore. Si tratta di un carrello motorizzato quindi è piuttosto veloce. A quanto mi dicono ci metterà solo dieci minuti ad arrivare al nostro capolinea. Vi va bene stare qui mezz’ora in più?” ovviamente tutti dissero di sì.
Poco dopo arrivò la cameriera “Salve, lei è con questi soldati?” “Sì, certamente signorina. Sono il loro capo.” Appena finì i parlare il volto della ragazza divenne rosso dall’emozione, dopo qualche secondo di pausa disse “E…cosa desidera?” “Io prendo le costicine di maiale, sembrano deliziose. Posso vedere come le fate? Da piccolo le cucinavo al barbecue con mio padre.” “Sì, certamente.” Poi aggiunse sorridendo “mi segua.”
Nella cucina regnava l’ordine, cerano diversi scaffali pieni di funghi secchi su un lato mentre dall’altra parte c’erano vari pezzi di carne di maiale secca. La carne fresca invece era appesa al soffitto con dei ganci in una piccola zona della cucina appositamente creata per quello scopo. Al lato opposto all’entrata c’era una piastra in ghisa spessa un centimetro, larga un metro e mezzo e profonda mezzo metro sotto cui era mantenuto attivo un fuoco di legna dove venivano cucinate bistecche, funghi freschi e dove si scaldava la zuppa, subito accanto c’era una griglia quadrata di circa mezzo metro di lato su cui veniva rosolata la carne.
Mentre si trovava lì a Dimitri vennero in mente le giornate d’estate passate a casa sua o dei suoi amici a cucinare braciole e bistecche sulla brace rovente, il calore in faccia, le guance rosse, la birra, la compagnia, le bottiglie di coca-cola che finivano una dopo l’altra e, alla fine, la classica vodka o del buon caffè per digerire il pranzo. Con quei ricordi che gli frullavano per la testa si mise ad aiutare i cuochi a preparare i piatti da servire ai suoi compagni e agli altri commensali.
Dopo venti minuti uscì dalla cucina con un sorriso beffardo sul volto e un piatto con quattro enormi costicine fumanti dall’aspetto formidabile. Appena si sedette iniziò a sbranare la carne, quando diede il primo morso il sapore del maiale cotto a puntino gli esplose in bocca riportandogli alla mente altri ricordi delle feste coi suoi amici, dopo tutte le volte che aveva mangiato quel piatto non aveva mai sentito nulla di così buono. Alzò lo sguardo e disse col boccone ancora in bocca “Non sho she shia la cocciura shulla griglia unta a dare questo sapore ma shono formigiabili!” poi non riaprì bocca finché non ebbe ripulito tutto fino a lasciare solo le ossa bianche.
Quando tutti finirono la cameriera ripassò a chiedere se volessero altro e tutti in coro risposero “VODKA!” poi Dimitri tradusse in un linguaggio più cortese “Vorremmo ventotto bicchieri di vodka, grazie.” Sentendo il Maresciallo parlarle in modo così gentile arrossì ancora e disse “Arrivano subito signori”, appena la cameriera si fu allontanata i due colonnelli che sedevano accanto a Dimitri si voltarono a fissarlo con sguardo interrogativo poi Ivan disse a Cheslav in tono abbastanza alto da farsi sentire anche da Dimitri “Il cuore del Maresciallo si è scaldato con quella cameriera eh?” l’altro colonnello si girò verso il compagno e rispose “Beh è carina!” intanto Dimitri li stava osservando un po’ risentito e disse “E anche se mi piacesse? Che c’è di male? Dopotutto non sono né sposato né fidanzato quindi non vedo cos’abbiate da ridire.” “Beh amico mio” rispose Cheslav “tu hai cinquantatré anni, lei ne avrà al massimo trenta, non credi che sia un po’ giovane per te?” “Ho quarantaquattro anni e sapete una cosa? La più giovane con cui sono stato quest’anno aveva diciannove anni” bisbigliò tra se “Cos’hai detto scusa” chiese curioso Ivan “Ah, nulla di importante. Era una citazione ma, lascia perdere.” E così liquidò la conversazione. Poco dopo passò un bambino con un foglietto e lo porse a Dimitri, lui lo prese senza farsi vedere da nessuno e si allontanò dal tavolo dicendo che andava a vedere i binari. Mentre camminava verso i binari spiegò il foglietto e lesse “10 minuti al deposito merci al binario 2” la scrittura era di una ragazza e pensò si trattasse della cameriera incontrata al locale così si diresse verso il deposito del binario due. Lei arrivò dopo pochi minuti con un pacchetto di carta e una lettera, li consegnò al Fantasma, poi lo guardò dritto negli occhi, lui pensò “tre secondi: uno, due, tre.” si avvicinò piano finché le sue labbra non sfiorarono quelle di lei e si baciarono per qualche minuto, poi lei gli disse sottovoce e rossa in volto “Aprili dopo, questo è un piccolo omaggio”. Infine gli sorrise e se ne andò lasciandolo solo coi suoi pensieri. Dopo dieci minuti lui tornò al tavolo dove c’erano ancora tutti i suoi compagni. Si avvicinò a Cheslav e disse piano “Vi aspetto al binario uno, io devo pensare. Raggiungetemi allo scadere del tempo, ok?” “Va bene, fai quello che devi.”
Poi si avviò al binario da solo mentre gli altri continuarono a chiacchierare.
Appena arrivato al binario si sedette su una cassa di merce e iniziò a pensare a tutto quello che era accaduto in quelle poche ore. Quella ragazza lo aveva colpito, aveva qualcosa di strano, di affascinante, non era sicuro di ciò che sentiva dentro di se ma sapeva che voleva rivederla. Poi ripensò alla moglie, ormai era passato molto tempo, un asteroide e nove anni avevano ormai cancellato molti ricordi sia belli sia brutti. Si convinse che era meglio così, se avesse trovato di nuovo l’amore sarebbe stata felice anche lei e si sentì scaldare il cuore al pensiero di aver trovato qualcuno che gli piaceva davvero. Il tempo passò velocissimo, ripensava a tutte le scene di felicità che aveva vissuto e sorrise. Sentì le voci dei suoi compagni in lontananza e guardò l’orologio, mancavano solo cinque minuti all’arrivo del carrello che si fermò sui binari davanti a loro poco dopo che la squadra si era radunata.
Il viaggio era gratis e durò solo quindici minuti. Arrivarono alla Mayakovskaya verso le otto di sera. Tutti assieme si prepararono a tornare in superficie andarono al portellone stagno che dava a Ovest, in direzione della 1905. Le guardie aprirono la prima porta, i Fantasmi entrarono nella zona di scambio e vennero chiusi dentro, poi le guardie aprirono la seconda porta e furono fuori, di nuovo all’aperto.
Salirono le scale con Dimitri in testa al gruppo e, appena arrivò a mettere piede sul terreno freddo e umido guardò in alto e vide le stelle, ancora belle come un tempo, loro erano una delle poche cose che non erano mutate dopo la Catastrofe. Brillavano alte nel celo nero della notte come capocchie di spilli d’oro infilzati in un telo di seta nera.
Si diressero spediti verso la 1905, poi sarebbero andati a Nord verso il bunker dove stavano gli aerei. Dopo quasi sue ore di cammino furono sopra il loro punto di arrivo, il luogo indicato dai documenti era quello e si misero a cercare un’entrata. Pochi minuti dopo salirono su un ponte, Dimitri si guardò attorno e disse “Ci siamo. È questo il posto.” A meno di mezzo chilometro di distanza c’erano due grandi capannoni recintati con cartelli che dicevano “DIVIETO D’ACCESSO AL PERSONALE NON MILITARE” ma i Fantasmi non se ne curarono troppo e sfondarono il cancello. Tutti si accorsero che per terra c’erano moltissime impronte di persone e ne dedussero era una zona molto frequentata. Si avvicinarono piano ai capannoni su cui era appesa la scritta “SUK  I” mentre la H e la O giacevano al suolo in pezzi. A fianco alla porta di servizio c’era uno scanner per tesserini, Dimitri prese il tesserino di Zenit Marshall e lo passò nel lettore. Subito dopo la strisciata si accese una luce rossa nella zona in basso a sinistra della tastiera numerica dove c’era scritto “ACCESSO NEGATO”, cambiò tesserino e passò quello mezzo cancellato. Sta volta aggiunse un codice dopo la strisciata e subito scattò una luce verde a destra con scritto “ACCESSO CONSENTITO”. Fortunatamente il deposito era alimentato da una centrale idroelettrica a pochi metri di distanza altrimenti nessuno sarebbe mai più stato in grado di accedere all’hangar. Una volta dentro si ritrovarono in uno stanzone enorme che faceva da atrio e c’erano due frecce, una a destra e una a sinistra che dicevano “HANGAR MILITARI” e decisero di perlustrare prima quello di sinistra, Dimitri dovette usare nuovamente la combinazione e il tesserino per accedere. Aprirono la porta che fischiò leggermente e tutti rimasero sbigottiti. Davanti a loro si apriva una stanza gigantesca ma completamente vuota fatta eccezione per una decina di autobotti piene di cherosene aeronautico e tutti persero un po’ di quell’entusiasmo che li aveva condotti fin lì e speravano che almeno la seconda stanza fosse piena di aerei proti a spiccare il volo ma anche nell’altra c’erano solo camion di carburante per aerei. Dimitri allora iniziò a porsi qualche domanda, era sicuro che ci fossero degli aerei custoditi lì poiché lui era uno di coloro che si erano occupati del progetto di salvataggio di quei velivoli e tutte quelle cisterne di benzina erano la prova che lì ci dovevano essere quei mezzi così si diresse in una stanzetta al piano superiore. Aprì la porta  prese la mappa dell’edificio e notò che c’erano due hangar anche sotto terra, scese di corsa le scale e si fiondò verso un enorme montacarichi da cinquanta tonnellate che stava in un angolo del primo hangar, aspettò che tutti fossero entrati e spinse il bottone per i sotterranei. Appena le porte si aprirono si ritrovarono ad un posto di blocco con sei guardie armate di AK-47. Mentre cinque tenevano i Fantasmi sotto tiro la sesta si avvicinò a Dimitri e gli disse “Salve, io sono Aksyon. Capo della sicurezza. Deve mostrare un tesserino valido per accedere a questa zona. Se cercherete di prendere il posto con la forza darò ordine di sigillare il posto e tagliare la corrente. Ci sono delle cariche pronte a saltare sulla diga.” Dimitri si avvicinò ad un tavolo dove c’erano solo un telefono e un lettore uguale agli altri.
Tirò fuori il tesserino consunto assieme ad un passaporto che nessuno aveva mai visto, aveva delle scritte incomprensibili e tutti capirono che non era russo. Porse i due documenti ad Aksyon che li prese e andò a sedersi dietro la scrivania, prese il telefono e disse “Ti mando una strisciata, preparati a confermarmi il livello di accesso” dall’altra parte una voce rispose “Roger, in attesa.” Poi, tenendo il passaporto aperto sul tavolo fece avvicinare Dimitri e gli porse il tesserino dicendo “Prego, strisciata e codice personale.” Fece la strisciata e digitò rapidamente 89364 senza farsi vedere da nessuno. Poco dopo il telefono squillò e la stessa voce di prima disse “Confermato: Capo progettista, livello A1 accesso a qualsiasi livello o dato anche classificato. È un pezzo grosso. Passo e chiudo.”
La guardia mise giù il telefono e disse a Dimitri “Benissimo, la sua identità è stata confermata. Lei può passare, gli altri restano qui. È un onore vedere che esiste ancora qualcuno che può far aprire quella porta. Era quasi dodici anni che non venivano più aperte.” Subito Dimitri disse “Come mai avete trasferito gli aerei al piano inferiore? Sicurezza? Speravo di essere io il primo a riaprire queste porte e toccare questi aerei dopo che li avevo sigillati qui” facendo così capire a tutti il perché della visita, dei tesserini e di tutti i dubbi che avevano assillato molti Fantasmi.
Senza attendere una risposta si voltò, oltrepassò il tavolo e si diresse verso l’ultimo portellone stagno, passò la tessera, digitò il codice e le porte si aprirono. All’interno vi era una debole luce ma subito saltarono agli occhi delle enormi sagome coperte da teloni bianco sporco pieni di polvere.
Senza nemmeno levare i teli Dimitri li riconobbe e si diresse immediatamente verso una sagoma differente da tutte le altre guardò verso il punto dove ci doveva essere l’abitacolo e disse “Ciao mio vecchio SU-47, è da tanto che non ci si vede eh?” poi si voltò e gridò “Lo porto fuori per un giro, è tanto che è fermo” poi prese il telo e gli diede uno strattone violento levandolo completamente e rivelando le fattezze dell’aereo. Si trattava di un prototipo unico di aeroplano a freccia negativa che può raggiungere una velocità di Mach 2.5.
Tutti rimasero allibiti quando aveva detto “lo porto fuori a fare un giro” ma lui aveva subito chiuso le porte bloccando tutti furi dall’Hangar. Poi aprì le porte del montacarichi secondario e salì con l’aereo spingendolo con una camionetta da rimorchio. Cliccò “Primo Piano” e il motore si attivò, due minuti dopo si ritrovò nell’hangar assieme alle cisterne di carburante. In meno di dieci minuti versò tutta una cisterna nei serbatoi del caccia che sembrò assorbirli come fosse niente. Intanto Dimitri si era preoccupato di bloccare tutte le porte col codice master: un codice che impedisce a chiunque di grado inferiore di aprire la porta su cui viene usato. Prese tutto l’equipaggiamento necessario per il volo e cercò di ripassare velocemente tutto quello che sapeva del volo con aerei da caccia che aveva imparato durante i due anni da aviatore, si mise al posto di guida, attivò l’iniezione principale. I motori fecero un ruggito ma subito si bloccarono, dieci anni senza mai essere accesi gli avevano fatto male. Provò di nuovo ma sta volta il ruggito durò più a lungo, dopo una rapida ispezione notò che c’era dello sporco nei reattori così tornò a bordo e usò solo l’aspirazione per pulirli usando l’aria compressa dalle turbine. Subito si sentì un fortissimo fischio seguito da un colpo e una densa nuvola di sporco uscì dal dietro dell’aereo. Essere sia progettista che pilota ha moltissimi vantaggi pensò Dimitri soddisfatto. Poi avviò ancora i motori che sta volta ruggirono potenti come non mai e li mandò su di giri facendoli fischiare fortissimo, poi aprì le porte dell’hangar e si preparò al decollo.
Tolse i fermi, mollò i freni e spinse la manetta dei propulsori al limite, poi superò il piccolo dentino di fine corsa ed entrò nella zona “postbuciatori”, a quel punto levò ogni fermo all’aereo che diede uno strattone in avanti, poi iniziò ad accelerare brutalmente e decollò. Dopo cinque minuti atterrò nell’hangar dove tutti lo aspettavano. Appena scese tutti gli si avvicinarono e lui esclamo eccitatissimo “Dannazione! Che gran ficata! Mi ero scordato di quanto fosse bello volare. Peccato che non ricordo molto e non ho neanche potuto raggiungere i 900! Mosca è stranissima di notte, non c’è nemmeno una luce, sono atterrato solo grazie ai radar unici che monta questo prototipo!” nessuno volle dire nulla, ormai sapevano che gli aerei c’erano e funzionavano e ritornarono al Cremlino con la grande notizia.
Una volta arrivati Dimitri corse verso una porticina che era sempre rimasta chiusa a chiave su cui stava la scritta “PRIVATO” in caratteri d’argento, la aprì e si richiuse dentro. Pochi minuti dopo si sentirono dei rumori di martellate, poi delle assi di legno che venivano schiodate. I rumori continuarono per una mezz’ora circa. Poi, verso le due del mattino ci fu il silenzio.
Il girono dopo non c’erano programmi e Dimitri aveva concesso a tutti un giorno di riposo e nessuno era già sveglio alle nove quando, dal piano inferiore si udì un rombo assordante di un motore acceso. Era un suono così forte che ovunque a un chilometro di distanza dal Cremlino si poteva udire quella nota cupa e profonda lacerare il silenzio. Tutti andarono al primo piano per vedere che stava succedendo, la porticina era spalancata e dentro si potevano vedere un sacco di attrezzi da meccanico, un tavolo da lavoro con degli stracci sporchi, una cassa di legno aperta su tutti i lati stava in un angolo della stanza e due taniche di benzina da dieci litri l’una erano appoggiate a terra.
Il rumore cessò all’improvviso, così com’era iniziato, poi Dimitri corse agitatissimo nella Rocca, salì al suo appartamento e cinque minuti dopo scese vestito di tutto punto con una giacca in pelle, guanti, pantaloni, stivali e casco già indossati e uscì di fretta con un paio di chiavi in mano. Allora la folla di uomini si riversò fuori colma di curiosità, volevano spere cos’era stato a far eccitare così tanto il loro capo che era sempre calmo e tranquillo mentre ora era tutto in preda all’euforia. Una volta in strada restarono con gli occhi sbarrati di fronte a quella splendida visione.

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Capitolo 6
*** Regina Rossa ***


Regina Rossa

Dimitri era al centro della strada, davanti a lui c’era una moto rosso fuoco che doveva avere almeno quarant’anni, sulla fiancata c’era scritto in bianco “DUCATI 998s”. Le carene non avevano nemmeno un graffio e luccicavano col sole del mattino e tutti, maschi e femmine, erano estasiati nel vedere una moto così bella ancora in condizioni perfette. Cheslav si avvicinò al suo capo e gli chiese “Come diavolo te la sei procurata? Una Ducati del 2002! Cazzo, non ne vedevo una da almeno quindici anni! Ricordo ancora che ne vidi una passare per Mosca, una cosa assolutamente unica, quel rombo così impressionante. E poi il suono della frizione che tintinna! Aaah cazzo! Quanti bei ricordi!” fece una piccola pausa e si mise ad osservare la moto più da vicino mentre Dimitri inseriva le chiavi, poi aggiunse “Hey, un momento! Questa targa la riconosco! È la stessa che ho visto anni fa! Aspetta, “It”? Non ci credo! Avevo notato che il tuo accento era strano ma non credevo fossi italiano!” senza dire nulla Dimitri accese il motore che immediatamente tornò a ruggire fiero e maestoso come un tempo, poi disse “Sì, sono italiano! E in quanto alla moto è il mio regalo per la laurea!” poi montò in groppa alla Rossa e partì in impennata dando pieno gas. Tutti rimasero voltati verso il loro capo finché non lo persero di vista anche se il rombo del motore continuava a sentirsi tra gli edifici, poi rientrarono nel Cremlino chiedendosi dove fosse diretto, ma Cheslav lo sapeva perfettamente e disse tra se “Buon viaggio verso la Teatralnaya e buona fortuna…amico mio…” poi rientrò con gli altri. Dal Cremlino alla stazione erano solo due chilometri ma Dimitri optò per una deviazione che allungò la strada di quasi otto chilometri. Mentre correva a centonovanta all’ora smise di pensare e si fissò solo sulla guida della sua Regina Rossa. Dallo zaino sulla sua schiena si intravedeva un secondo casco. Tutte quelle emozioni durante la corsa gli esplodevano nel cuore come bombe incendiarie facendogli provare delle sensazioni indescrivibili: la strada ancora in buono stato, nemmeno un’anima in giro e spazio, tanto spazio per correre alla massima velocità. Nel primo rettilineo di più di due chilometri la lancetta sfiorò i duecento ottanta all’ora, poi una breve serie di curve prese in staccatta, ancora un lunghissimo rettilineo dove tirare le merce una dopo l’altra e la lancetta arrivò ai trecento.
Ancora qualche curva e poi il rettilineo davanti al Cremlino, quando passò di lì fece ruggire il motore in una accelerazione mostruosa portando tutte le marce fino alla zona rossa del conta giri. Ormai tutti erano pronti a vederlo passare e, mentre i sei cecchini di guardia si erano gustati tutto il giro tenendolo nel mirino dei loro Dragunov, loro dovettero attendere il momento in cui era proprio davanti alla Rocca per poterlo osservare. Passò davanti all’edificio quasi a duecento all’ora, la moto urlava di gioia con la sua voce tenebrosa e profonda. Poi iniziò a frenare e arrestò la moto a circa venti metri dalla stazione dove lo attendeva la ragazza del giorno prima così scese e si tolse il casco.
Nella lettera lei gli aveva detto di trovarsi il giorno dopo fuori dalla stazione ed era lì che lo aspettava con un sorriso stampato. Subito la sua mente andò alle braciole nel pacchetto di carta che lei gli aveva regalato assieme alla lettera che si era mangiato una volta nel Cremlino. Si leccò i baffi al ricordo del delizioso sapore che avevano e si avvicinò alla ragazza che gli corse in contro abbracciandolo, dopo averlo baciato disse “Ciao Dimitri! Come stai? Ti sono piaciute le costicine? Ho visto che ti avevano fatto impazzire e ho pensato le avresti gradite!” “Oh, erano squisite Dana. Davvero, le migliori che avessi mai mangiato!” poi le mostrò il casco extra e le disse “Ti andrebbe di venire con me per un giretto? Prima passiamo al Cremlino che prendiamo un paio di cosette anche per te.” La ragazza felicissima della proposta lo baciò ancora e gridò per la gioia “Certo che ci vengo! Mi piace un sacco andare in moto! Sai io avevo una Ninja ZX-6R prima che esplodesse sto casino…magari è ancora nel garage di casa mia…non ci sono più stata dopo Apophis, potremmo passarci se ti va!”
“Per me va bene! Prima però andiamo a prenderti l’equipaggiamento adatto, così muori congelata se andiamo forte!” lei sorrise e chiese “A proposito di andare forte, eri te che facevi tutto quel rumore poco fa vero? Si sentiva anche da dentro la Metro”
“Eh, certo che ero io. Secondo te quanti pazzi ci sono che girano in moto di sti tempi?” risero entrambi e Dana chiese ancora “Te invece che moto hai? Oh, posso darti del tu vero?”
“Certamente, dammi del tu. Comunque ho una Ducati nove nove otto s: italiano con moto italiana. Me la regalarono i miei genitori per la laurea, lo stesso fecero con mio fratello, a lui però regalarono una novecentosedici. Chissà come sta adesso, dovrebbe avere sessant’anni…” lei rimase a fissarlo sbigottita per la rivelazione, non si aspettava che fosse italiano, poi quando vide che stava per mettersi a piangere pensando alla sorte del fratello gli disse in tono allegro “Dai che andiamo, sono emozionatissima! Non sono mai stata su una Ducati!” lui la guardò sorridendo e le passò il casco, poi la condusse alla moto, salirono e accese il motore che tornò ancora a ruggire in modo tremendo. Solo sentire quel rombo faceva venire la pelle d’oca a chi ci stava vicino, quelli sopra invece si esaltavano sentendo le vibrazioni del potentissimo bicilindrico.
Appena lei si fu sistemata per bene sul codone la avvisò ti tenersi più stretta che poteva cingendogli la vita e partì accelerando in modo deciso ma evitò di impennare. In meno di un minuto erano al Cremlino. Nel vedere l’imponete edificio Dana restò paralizzata, si era ormai dimenticata della sua maestosità e restò a fissarlo per tutto il tempo in cui Dimitri era occupato a mettere a posto la moto, poi lui le prese la mano e la portò all’interno. Le fece fare un breve giro delle varie sale e la presentò a vari uomini che incontrò durante la visita, poi salì le scale e con lei si diresse al suo alloggio.
Una volta dentro si tolse l’equipaggiamento da motociclista, la ragazza gli si avvicinò da dietro e lo prese infilando le sue braccia sotto quelle di lui. Dimitri girò lo sguardo e la vide con la testa appoggiata alla sua schiena, si liberò dolcemente dalla presa della donna e le cinse i fianchi con le mani stringendola a se, poi la baciò sul collo, sempre più su finché con le sue labbra sfiorò quelle di lei, si guardarono per un secondo, lei gli si avvicinò pianissimo e lo baciò dolcemente in bocca.
Dimitri iniziò subito a baciarla con decisione e passione e lei gli tolse la maglietta rivelando diverse cicatrici che gli segnavano la schiena e la pancia. Passando la mano sulle vecchie ferite si allontanò da lui dolcemente e chiese con un filo di voce “Come te le sei fatte?” lui si indicò la pancia “Tre pallottole di un predone” poi, indicando una lunga cicatrice sulla schiena disse “Caduta in moto” infine le prese una mano e se la passò sulla spalla sinistra, lì la pelle sembrava raggrinzita, come fosse ustionata e le sussurrò “Questo è stato un mutante dell’orto botanico, con del dannato acido mi ha distrutto il giubbetto antiproiettile e mi ha bruciato la carne” finito di descrivere l’origine delle sue ferite la baciò in modo ancora più vigoroso e le tolse la giacca, poi le passò le mani intorno alla vita e, mentre lei continuava a tenergli le mani tra i capelli, iniziò a sfilarle anche la felpa ed infine le tolse anche la maglietta scoprendole il reggiseno bianco immacolato. A quel punto lei si mise a letto, lui andò a chiudere a chiave la porta, spense la luce e si infilò anche lui sotto le coperte. Ripresero a baciarsi e il reggiseno volò fuori dal letto seguito dai pantaloni del Fantasma e da quelli di lei. Poi anche le mutandine della ragazza e i boxer di lui andarono a finire sul pavimento assieme agli altri vestiti.
Dopo aver fatto l’amore per circa un’ora lui si sdraiò accanto a lei, la abbracciò e la baciò per qualche minuto poi la guardò negli occhi e disse con un filo di voce “Ti va di mangiare qualcosa? Ti porto quello che vuoi.” Lei sorrise, gli passò una mano sul petto e, dopo un paio di secondi rispose sorridendo “Un paio di uova e della pancetta bella croccante, signore. Con un bicchiere d’acqua. Grazie.” Dimitri uscì dal letto e si rivestì, poi le disse “Non uscire di qui, intanto dai un’occhiata in giro se ti va.”
Mentre lui era al piano di sotto Dana si alzò e si rivestì, poi iniziò a camminare nella stanza. Si sedette sulla scrivania e aprì tutti i cassetti per vedere cosa contenevano. In molti vi erano documenti e fogli pieni di scritte o con qualche disegno, in uno c’era una pistola carica con sotto una foto della moglie di Dimitri e dei suoi figli. Sopra la scrivania c’era un blocchetto di appunti e una matita mezza consumata. Un lingotto d’oro teneva fermi dei documenti che dovevano essere molto importanti e decise di non toccarli, poi si avvicinò agli scaffali che erano pieni di libri e lesse qualche dorso ma non riuscì a capire in che lingua erano scritti così prese un volume a caso e lo sfogliò senza successo, l’unica cosa che riuscì a leggere fu “Mosca” scritto nell’introduzione del libro che doveva trattare di fantascienza. Rimise a posto il libro e andò a curiosare nell’armadio a muro sul lato opposto della stanza.
Dentro vi erano diverse giacche e camicie, tre completi molto eleganti, uno smoking bianco completo e uno classico con giacca nera ma senza papillon. Poi c’era una zona tutta dedicata all’abbigliamento motociclistico con tre giacche in pelle da uomo di cui una della Ducati Corse, e le altre due della Alpinestars, una da uomo e una da donna poi c’era un paio di pantaloni in pelle, degli stivali sempre Alpinestars e tre paia di guanti. Dentro una scatola appoggiata a terra c’erano degli stivali, un paio di guanti e di pantaloni in pelle tutti da donna. Appeso ad un lato dell’armadio c’era un vestito da donna. Decise di prenderlo assieme all’equipaggiamento da moto e provarseli. Il vestito le stava molto bene a parte per la taglia del reggiseno che era una taglia più piccolo, in quel momento entrò Dimitri con un vassoio su cui c’era tutto quello che la ragazza gli aveva chiesto di portare. Nel vederla col vestito della moglie restò paralizzato, la guardò a lungo poi disse “Dove hai preso quel vestito?” lei indicò l’armadio aperto “Oh, ok. Sta attenta con quell’abito, è costosissimo”
“È molto bello, era di tua moglie?”
“Già, gliel’ho regalato io per una festa. Lo smoking senza era del mio matrimonio, il papillon l’ho perso anni fa. Quello bianco invece l’ho messo al matrimonio di mio fratello, mi piace moltissimo. Se hai notato è ancora nella protezione di plastica originale. La roba da moto invece era per quando la portavo in giro.”
“Ho capito, posso provarmela?”
“Certo, dovrebbe andarti bene. La giacca è appesa lì.” disse appoggiando il vassoio sulla scrivania “Il resto è nella scatola. Forse ti andranno stretti di petto, mia moglie aveva una terza.” Lei sorrise e rispose
“In effetti questo vestito mi va un pochino “stretto”, per il resto è fantastico!” poi aggiunse “Io non avevo Alpinestars, costava troppo per me e prendevo giacche più economiche. Te invece dovevi essere molto ricco, ho visto quella foto, lì non hai una S* ma una R* [fondo pagina]. E poi tutta questa roba, ti sarà costata moltissimo.” Poi prese la giacca da donna e la scatola, posò il tutto sul letto e prese i guanti. Dimitri la guardò e, quando prese i guanti disse “Quelli mi sono costati duecentosettanta euro, i pantaloni in pelle da donna invece cinquecentoquaranta euro, la giacca settecento e gli stivali tre e venti”
“Cosa?!” disse lei sbigottita “Sono più di milleottocento euro! Quanto guadagnavi?”
“Beh, io ero capo progettista alla Sukhoi. Prendevo più di settemila euro al mese ma preferivo spendere molto in protezioni e accessori per la moto piuttosto che per cavolate come cellulari. Per quanto riguarda la foto hai visto bene, io ho anche una R.” poi le sorrise e aggiunse “Ora sbrigati sennò si fredda tutto!” lei si era completamente dimenticata che il cibo era pronto e la stava aspettando sul tavolo ed era andata avanti a fare domande e a discorrere. Subito andò a sedersi e iniziò a mangiare. Era tutto squisito, le uova erano una pietanza costosissima visto che le galline erano molto rare e difficili da allevare al contrario dei maiali che invece erano più facili da gestire. In dieci minuti il piatto era vuoto, poi si vestì in tenuta da motociclista e scese con Dimitri.
Al piano terra si era ormai radunata una gran folla c’era chi mangiava ai tavoli e chi chiacchierava amichevolmente. Molti si misero a fissare i due che si dirigevano allo stanzino privato dove era parcheggiata la moto. Una volta dento il Fantasma chiuse la porta a chiave e le fece vedere tutto il garage che aveva lì dentro. In un angolo c’era una cassa con scritto “FRAGILE 998R” poi c’era un grande telone che copriva la sagoma di un’auto, lei lo alzò appena e vide il cofano di una supersportiva rossa, alzò ancora il telo senza farsi vedere, un cavallino tutto nero in una cornice gialla stava in piedi sulle zampe posteriori e subito sotto la scritta “Frerrari” subito dopo Dimitri si voltò e le disse “È una testarossa* [fondo pagina], non è mia, l’ho “presa in prestito” dalla villa di un riccone. Probabilmente era morto.” Vicino al tavolo da lavoro c’era la cassa aperta dove prima riposava la 998s. Per lei quello era un posto magico, poi lui le disse di aprire il portellone sul retro.
Il grande basculante di metallo emise un cigolio acuto e una folata di vento entrò nella stanza portando un po’ di foglie secche dentro la stanza. Dimitri si fece dire dalla ragazza dove fosse casa sua, prese la chiave dalla tasca del giubbotto, la inserì nel quadro e la girò di quarantacinque gradi, poi spinse il bottone dell’accensione e il possente ruggito del bicilindrico inondò subito tutto l’edificio risuonando profondo in ogni stanza, poi portò la moto fuori, Dana salì, si strinse forte al petto del Maresciallo e partirono.
La ragazza abitava a circa sette chilometri dal Cremlino in direzione Nord-Ovest quindi a Dimitri bastò seguire la linea Verde fino alla Aeroport. Una volta arrivati scesero e la ragazza, vedendo casa sua dopo tanto tempo, non poté fare a meno di correre verso il portone del suo condominio. Vicino all’entrata c’era un camion della DHL divelto e ribaltato su un fianco. La ragazza lo condusse fino al garage di casa sua, Dimitri sparò un paio di colpi sulla serratura e migliaia di scintille rosse e gialle guizzarono dalla porta, poi aprì piano la posta e puntò la torcia all’interno. Dentro c’era una vecchia Volkswagen nera tutta coperta di polvere, lì attaccato c’era un telino verde stinto con la scritta Kawasaky in nero che lasciava intravedere la sagoma di una moto. Dana avanzò e tirò via il telo dalla moto svelando una vecchia Kawasaky Ninja ZX-6R verde elettrico. “L’ho fatta rialesare per sei e cinquanta, siccome è del duemilasei ha un sei e trentacinque sotto le carene, così con un paio di fresate me la sono gonfiata, fa cento quarantacinque cavalli alla ruota ed è leggerissima. Ha un sacco di parti in carbonio. La tua quanti cavalli fa?”
“La nove nove otto s fa 135 cavalli, pesa cento ottantasette chili e tocca i trecento, la nove nove otto R è molto modificata e ha quasi tutto in carbonio, pesa solo cento settantasei chili ma fa quasi cento cinquanta cavalli alla ruota. Solo che le mie sono quattro anni più vecchie della tua. E dobbiamo ancora vedere se parte, e ne dubito. Faccio venire il carrello per sicurezza”
“Ok! Prendo un po’ di benzina dalla tua e provo ad accenderla, va bene?”
“D’accordo, fa pure. Intanto contatto il Cremlino che mandino il carrello attraverso la verde fino a qui. Ce la fai a portarla alla stazione?”
“Sì, non dovrebbe essere difficile.” Disse lei prendendo la moto, poi iniziò a spostarla verso l’uscita. Dimitri le diede una mano a portarla fuori dal garage e dritta in strada. Da lì si diressero verso la fermata della Metro e scesero tenendo la moto ben ferma su ogni scalino, arrivati al portellone stagno bussarono, lo sportellino si aprì e ci fu il solito controllo dei documenti. Una volta dentro la stazione si avviarono ai binari, si sedettero e aspettarono i ragazzi di Dimitri col carrello da trasporto. La Aeroport era la quinta stazione dal Cremlino in direzione Nord e ci voleva pochissimo a percorrere quel tratto di binari coi carrelli motorizzati. Dopo quindici minuti arrivarono tre fantasmi su un carrello con diverse cinghie e una tanica di benzina per il motore, Dimitri li aiutò a caricare la Kawasaki e si avviò verso l’uscita per riprendere la sua moto, quando Dana si voltò per vedere dove fosse lui era già scomparso. Poco dopo si udì anche nelle profondità della Metro il rombo della moto del Maresciallo, poi anche gli altri Fantasmi avviarono il motore del carrello e si diressero a tutta velocità verso il loro quartier generale sotterraneo.
Venti minuti dopo trovarono il loro capo che li aspettava al binario quattro della Borovitskaya, ultima fermata della linea grigia ancora attiva assieme alla Chekhovskaya. Assieme slegarono la moto della ragazza e la portarono al Cremlino dove Dimitri aveva già preparato tutto il necessario per metterla a posto, entrò nello stanzino con Dana, chiuse a chiave la porta e per le quattro ore successive non si videro più, si sentivano solo voci e suoni metallici che provenivano da dentro quel luogo sacro. Al quarto tentativo la moto partì e ritornò a ruggire anche lei come un tempo, la ragazza aveva le lacrime agli occhi per la commozione, sì voltò verso Dimitri che le sorrise e le disse “Visto? È partita alla fine!” lei sorrise, lo abbracciò e lo baciò per qualche minuto poi lo fissò per qualche secondo e sussurrò piano “Ti amo Dimitri…”
“Anch’io ti amo Dana! Ti amo davvero!” poi la baciò e aggiunse “Faccio il pieno a tute e due e facciamo il giro di Mosca?” lei lo fissò con uno sguardo di sfida e disse “Tu tira fuori la R, così vediamo quale va di più!”
“Ok, poi però non dire che non te l’avevo detto!” si voltò e andò verso la cassa dove riposava la nove nove otto R, la aprì e tirò fuori la moto che sembrava fosse stata usata di recente. Aprì il serbatoio e vi mise dentro un grosso imbuto, poi iniziò a versarvi la benzina. Quando vide che non ce ne stava più tolse l’imbuto, chiuse lo sportellino e avviò il motore che subito andò a coprire il rombo della Kawasaki, si mise il casco e, rivolto alla ragazza, disse “Pronta?” lei annuì e partirono.



*S e R si riferiscono al modello di moto. La prima è la Ducati 998S che Dimitri aveva usato per andare a prendere Dana. La 998R, in quanto esclusivamente monoposto, non poteva essere usata dal Fantasma per recuperare la ragazza che quindi non aveva mai visto quella moto e si chiede dove la tenga nascosta. Inoltre la 998R è costosissima in quanto a tiratura limitata a 700 esemplari e con moltissime parti in fibra di carbonio. Il prezzo al momento dell’uscita della moto era di circa 25000€, ora se ne trovano a 15-16000€.
*La Ferrari Testarossa è un modello di Ferrari molto vecchio, il primo esemplare risale al 1984. La Ferrari nelle mani di Dimitri è una F512M, l’ultima “evoluzione” della Testarossa uscita nel 1994. Ha un motore V12 boxer (6 cilindri per bancata in due bancate a 180° di angolo) capace di erogare 440 cavalli. Raggiunge i 310km/h ed è stata fatta in tiratura limitata a 500 esemplari.

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