Il filo rosso del destino

di cattivamela
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** il segreto ***
Capitolo 2: *** La ciliegina sulla torta ***
Capitolo 3: *** Preoccupazione ***
Capitolo 4: *** Acqua gelida ***
Capitolo 5: *** Amare abbastanza ***
Capitolo 6: *** Insegnami ***
Capitolo 7: *** i discendenti (parte uno) ***
Capitolo 8: *** i discendenti (parte due) ***
Capitolo 9: *** risveglio ***
Capitolo 10: *** In pericolo ***
Capitolo 11: *** il vuoto ***
Capitolo 12: *** Lei. ***



Capitolo 1
*** il segreto ***


Era una giornata come le altre, la sveglia era suonata alle sei, ma come mio solito alle sette meno dieci ero in bagno e come una furia cercavo di rendermi presentabile. Non avevo nemmeno dato un’occhiata ai libri dentro la cartella, speravo che fossero quelli giusti. Non avevo voglia di beccarmi una sgridata dai professori, non era nei miei progetti. Come non lo era, incontrare un fratello incazzato con tutti i capelli scompigliati e il “grazioso” – si fa per dire – pigiamino blu con i cow-boy. I suoi occhietti neri mi fissavano, pieni d’ira.
“Hai la delicatezza di un elefante! Sentivo i tuoi passi anche dalla camera di mamma e papà!”
Ghignai, ignorando l’offesa. “Disse il bambino di dieci anni che dorme ancora con mammina e papino, che c’è? Hai avuto un incubo? Piccino!” mi chinai, arrivando alla sua altezza. Cercò di fulminarmi con lo sguardo, credendosi minaccioso.
“Lo dico a mamma! Poi vediamo chi è il bambino quando inizi a lamentarti” mi alitò in faccia, poggiando le mani paffute sui fianchi. Storsi il naso.
“Non ho voglia ne tempo di parlare con te, peste. Ah, una cosa.. lavati i denti, la bocca ti fa puzza peggio di Bobby” indicai con il mento una palla di pelo candido attorcigliato sul tappetino davanti al divano, mi fissava curioso con la lingua penzolante e gli occhioni neri vispi. Perfino Bobby è più educato di mio fratello. Non feci in tempo a chiudere la porta, che Tomas iniziò a sbattere i piedi, piagnucolando.
Il vento di dicembre mi investì in pieno, facendo svolazzare la sciarpa viola che avevo accuratamente avvolto al collo, scendendo le scale, rischiando di rompermelo. Fino a qui, tutto normale, la solita vita di una studentessa al terzo anno di liceo, fino a quando una signora sulla quarantina mi passò davanti, reggeva la mano della sua bambina così piccola rispetto alla sua, e fu lì che la mia routine personale iniziò. Allacciato al mignolo magro della signora dall’aspetto dolce vi era un filo rosso, che terminava in una sfumatura all’altezza della sua caviglia con un taglio netto. La bambina saltellava contenta come la cartella rosa sulle sue spalle, agitava la mano e anche lei, aveva un filo rosso più piccolo. Sospirai, sconsolata e ritornai sui miei passi.
Mi chiamo Rain , e riesco a vedere il famoso filo rosso del destino. Pensai tra me e me, ripensando per la milionesima volta a come tutto questo fosse assurdo, a come pur non volendo, ero riuscita a comprendere il significato del destino, così lo chiamavo. Sospirai, sconsolata mentre salivo sull’autobus diretto verso scuola. Frugai nella tasca dello zaino, afferrando il mio personale libretto in cuoio.
“Quando il filo di una persona termina in una sfumatura netta, l’anima gemella è ancora viva. Quando invece, il filo rosso è tagliato diagonalmente e qualche filetto spunta disordinato l’anima gemella della persona in questione non è più in questo mondo. Ognuno di noi ha un filo, fortunato chi trova la propria ed inconfondibile metà, ma non per forza i destini di due persone si incontrano. I fili rappresentano solamente un percorso, che la persona a sua insaputa può percorrere o no.”
La gente parla di destino, che ogni cosa che noi facciamo o diciamo, ogni scelta che prendiamo sia scritta da qualche parte, magari in un libro con il nostro nome inciso sopra. Invece no, la nostra vita dipende solo ed esclusivamente da noi.
Lo riposi accuratamente dietro il libro di matematica e chiusi la cerniera, guardandomi attorno. Lo sguardo passava veloce da un mignolo all’altro, finche’ non ne trovai uno spoglio.
Non poteva essere.
Alzai lo sguardo, incontrando due occhi di ghiaccio che mi fissavano smaniosi. Il cuore fece un balzo, e con forza strinsi il poggia gomiti a cui mi reggevo.
Non può essere.
Perché non ha il filo? Iniziai a ripensare alle varie leggende di cui avevo letto, per un momento allungai la mano verso lo zaino per poter ricontrollare il libro, ma lo sguardo di ghiaccio era attento, fissava ogni mia mossa,  lo vidi stringere la mascella e minacciarmi con gli occhi.
Sa cosa tengo lì dentro. Vuole uccidermi. Zittii il mio inconscio, deglutendo. Pensa Rain, pensa.
Ho mai detto a qualcuno del mio segreto? No, mai. Nemmeno a mia madre.
Qualcuno ha mai letto il mio libro? No, non credo.. ma Tomas ogni tanto fruga tra le mie cose quindi… Si la possibilità c’è, ma non vedo come possa aver detto qualcosa a questo tizio che può avere al massimo due anni in più di me che continua a fissarmi, dandomi sui nervi. Ricambiai lo sguardo, studiandolo. I suoi capelli erano castani, con qualche sfumatura bionda, nessuna barba incolta ricopriva gli zigomi alti o la mascella. Stringeva le labbra carnose, fulminandomi con lo sguardo. Continuai a fissarlo, scendendo verso la mano.. e niente. Nessun filo! Ne nella sinistra ne nella destra. Rialzai lo sguardo, incerta. Poteva avermi scambiato per qualcun’altra? Magari una sua odiata ex? Chissà quante ne ha avute… Si, era proprio da me fare pensieri su un ragazzo che poteva essere il mio assassino. L’autobus continuava a riempirsi ed a svuotarsi passando dalle varie fermate, ne mancavano ancora due alla mia scuola, ed io continuavo a stare immobile sul sedile, indecisa sul da fare, senza staccare mai i miei occhi dai suoi. Alla fine fu lui ad interrompere il contatto scese ad una fermata prima della mia, mi lanciò un’occhiata neutra prima di scendere dall’autobus per poi continuare a fissarmi finche’ il conducente non svoltò l’angolo. Sospirai.
Spero di non incontrarlo più.
L’atrio verdeggiante della scuola mi diede il benvenuto, controllai l’orario. Le 8.20, non male. Cercai Jessika tra la folla finche’ non la vidi, meravigliosa anche nei suoi jeans larghi mi salutò sorridendo.
“Che faccia! Hai incontrato un fantasma?” ridacchiò.
 Peggio. “No, sai com’è.. non riesco mai a svegliarmi all’orario giusto e come al solito ho fatto di fretta, rischiando di perdere l’autobus. Tu, piuttosto.. come mai di buon umore? Oggi abbiamo chimica ti ricordo”
Alzò gli occhi al cielo, riavviandosi i capelli neri. “Grazie per avermelo ricordato, anche se la notiziona che sto per dirti potrebbe anche farmi scordare un due in chimica.”
Fischiai, sorpresa iniziando a camminare dentro scuola. “Ho sentito da Monica che sta per arrivare un nuovo alunno”
Sentii un groppo in gola salirmi, insistente. “Maschio o femmina?”
Alzò le spalle, aprendo il portone trasparente. Immediatamente, l’aria calda e familiare dell’istituto mi rilassò i muscoli, ma non abbastanza. “Non si sa. Però ammettilo, è una cosa strana che quasi all’inizio delle vacanze di Natale arrivi qualcuno”
“E’ una cosa strana che qualcuno venga qui!” la corressi. La scuola non è una delle migliori, e ovviamente chiunque sceglierebbe quella più lontana ma più prestigiosa rispetto a questa, dove i professori scopavano allegramente nei camerini.
Sbuffò. “Non fare la perfettina, è una cosa straordinaria! Pensa se è un ragazzo, magari un figone da paura” incominciò a battere le mani contenta, saltellando sul posto.
Si, come quello sull’autobus.
“Pensa se magari è una ragazza, oppure un nerd patentato con tanto di occhiali rotondi e acne perfino dietro le orecchie”
Storse il naso, entrando in classe “Che schifo!”
Nemmeno il tempo di salutare i miei compagni, che voilà, la professoressa era già qui e intimava gli studenti di sedersi.
“Bene ragazzi, oggi voglio presentarvi il nuovo studente, che per nostra e vostra fortuna è in classe con noi!” annunciò, contenta.
Wow, nemmeno l’appello? Si, perché sarà sicuramente un figo da paura e la Brook vorrà sicuramente farselo.
Risi sotto i baffi, mentre vedevo la Brook sorridere contenta sotto i suoi neri, quasi quanto il preside. 
Aspetta, nuovo studente? Maschio… oddio, no, per favore!
Mi misi le mani nei capelli mentre un senso di angoscia si faceva sempre più insistente, e il groppo alla gola cominciava a dolermi.
Vedevo Jessika fissarmi curiosa e preoccupata, probabilmente dai miei improvvisi cambiamenti d’umore. La Brook continuò, meritandosi le mie imprecazioni.
“Viene dall’Australia ed è un anno più grande di voi, poiché è stato bocciato. Accomodati pure, Cameron”
La porta verde vomito della classe si aprì, e con mia grande sfortuna occhi di ghiaccio trovò subito il mio sguardo. Sfiga doppia, perché le mie compagne seguito il suo sguardo magnetico,  mi fissavano minacciose, mentre Jessika noncurante si perdeva in quei occhi che a me fanno accapponare la pelle.
“Lui è Cameron De Franchi, e sarà vostro compagno fino al diploma”
Dei gridolini repressi continuavano a ripetersi, mentre nella mia testa urlavo. 



Intanto, vi ringrazio per essere arrivati fin qui, e mi scuso per il penoso capitolo ma quando un'idea mi balena in testa non riesco a non imprimerla per iscritto. Ho deciso di postarla qui per vedere qualche reazione, ma non mi aspetto molto. Mi scuso se trovate errori grammaticali o altro e vi prego di informarmi se ne trovate! Per chi volesse sapere il volto di occhi di ghiaccio guardi qua: http://i50.tinypic.com/25qq4x2.jpg
Se qualcuno vorrà seguire questa storia e avrò abbastanza recensioni nel prossimo capitolo, postero anche il link della foto della protagonista. 
Baci :* badapple. 

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Capitolo 2
*** La ciliegina sulla torta ***


“Lui è Cameron De Franchi, e sarà vostro compagno fino al diploma”
Perfetto, il mio assassino viene nella mia scuola, per giunta nella mia classe. Quando e dove mi ammazzerà? Nel bagno dei professori? Spero che faccia in fretta, non voglio morire lentamente.
“Hai visto che figo, e sembra che stia guardando proprio da questa parte!” mi bisbigliò Jessika, fissandolo.
Oh perché?! Cos’ho fatto di male?
Aggrottai la fronte, non volendo staccare lo sguardo dal mio quaderno di filosofia, fattosi improvvisamente interessante.
Ti ha scambiata sicuramente per una delle sue ex. Oppure guardi troppi film.
“Cameron” La Brook pronunciò il suo nome con una punta che secondo lei era sensuale – ma somigliava di più ad un lamento di un gatto che aveva mal di pancia – guardandolo con occhi languidi.
“Oh Dio! Se continua così giuro che vomito” Gemetti, non avrei vomitato solo per quello.
Occhi di ghiaccio, o meglio Cameron fece un sorrisetto, lanciandomi una breve e veloce occhiata, tanto che la vidi solo io.
“puoi dirci come mai ti sei trasferito nella nostra scuola?” continuò la vecchia arrappata.
“Per mio padre, sa motivi di lavoro”
 Oh Cristo, anche la sua voce mi fa accapponare la pelle. Strinsi i denti, tirando aria. Mi raddrizzai sulla sedia, mentre un brivido ne percorreva tutta la lunghezza. Intanto, Gaia, la ragazza di buon costume della classe ha approfittato di essere a primo banco, accavallando le gambe e affilando gli occhi verdi.
Jessika continuava a fissarmi, preoccupata “Rain, c’è qualcosa che non va?” sussurrò.
Scossi la testa, abbassando lo sguardo sullo zaino, infilandone una mano dentro, stringendo il libro in cuoio. “No, ho solo un po’ di freddo tutto qui. Gaia ha visualizzato il bersaglio” feci mezzo sorriso, guardando negli occhi la mia amica.
Ridacchiò, più sollevata. “Povero Cameron”.
“Oh, ho capito. Vabbe’, non c’è da preoccuparsi.. ti troverai molto bene qui con noi”
O magari qui con te, vecchia zitella.
“Adesso siediti pure vicino a Simon, iniziamo la lezione.”
 
“Basta! Oggi è stato uno strazio.” Violet si era letteralmente lanciata sulle spalle di Jessika che aveva rischiato di rotolare giù per le scale.
“A chi lo dici” mormorai, massaggiandomi la cute mentre Jessika borbottava un “stai più attenta la prossima volta, o mi rompo l’osso del collo”
“Sembri un po’ giù, non è che hai mangiato di nuovo salame piccante prima di andare a dormire?” Fissai gli occhi verdognoli di Violet, sembrava seria ma un angolino della sua bocca era leggermente sollevato in su, Jessika si era voltata.
“Mi stai prendendo per il culo?”
“No. Però potrebbe essere, ti ricordi al pigiama party di Darlene? Ti sei abbuffata di antipastini al salame e per tutta la notte hai avuto mal di pancia e senso di vomito!” mi indicò con l’indice.
Alzai un sopracciglio “No, non ho mangiato salame. In realtà ieri non ho mangiato nulla”
“Di nuovo?” si lamentò Jessika. Violet scosse la testa. Intanto gli studenti si dirigevano fuori dall’istituto, alcuni rimanevano a parlare seduti sulle panchine o sulle proprie macchine.
Vidi Gaia parlare amorevolmente con il capitano della squadra di Basket, insieme alla sua combriccola di “best friend forever and ever” che condividevano tutto, ma proprio tutto, pure i cazzi da succhiare.
“Non avevo fame” mi giustificai, guardandomi attorno.
L’emicrania mi sta sfracellando il cervello, spero di non incontrare qualche rompi coglioni.
Correggo: speri di non incontrare Cameron De Franchi.
Impossibile. Esisteva la fortuna per Rain Morgan? Assolutamente no! Eccolo lì, appoggiato ad un muretto chiacchierava con una ragazzina bassa, addirittura più bassa di me – e ce ne voleva per dirlo, anche se in confronto a lui chiunque era basso -  con una folta e lunga chioma bionda. Subito si voltò nella mia direzione, ghiacciandomi.
“Oh, guarda.. il nuovo arrivato ti fissa, Rain.” Strinsi il pugno, la paura cresceva.
Diamine, cosa vuole da me?!
“E’ proprio un figo! Fossi in te non me lo farei scappare.” Commentò Violet, fissandolo senza pudore.
Io invece scapperei da lui a gambe levate.
La biondina si voltò, mostrando un visetto angelico e due occhi enormi, azzurri. Mi fissò con curiosità per qualche minuto, si girò verso occhi di ghiaccio e poi di nuovo verso di me, sorridendomi.
Sentii il sangue affluire giù, lontano dal viso, gli occhi spalancarsi e del sudore freddo scendere giù.
Inquietante. Si, vogliono proprio uccidermi.
Aumentai i passi ed in pochi secondi ero già fuori dal cancello, con le mie amiche che mi guardavano preoccupate.
“Ho bisogno di tornare a casa, scusatemi. A domani.” Non diedi il tempo di replicare, poiché mi ero lanciata a tutta velocità verso la fermata.
“Sono a casa!” annunciai, buttai lo zaino a terra facendo fare la stessa fine al giubotto, non calcolai mio padre in grembiule mi lanciai sugli scalini, spalancando la porta della mia camera, aspirando il cuscino.
“Le maledizioni di Frank allora servono a qualcosa!” sentii mio fratello ridere compiaciuto.
“Tomas, chiudi quella fogna perché giuro che se mi alzo da questo letto ti faccio diventare pelato come il nonno!” lo minacciai. La porta si chiuse di scatto, e finalmente il silenzio mi circondò.
“Mi dispiace, stai male?” Gemetti, mi alzai facendo forza sulle mani.
“Tomas.. per favore, sto veramen-“ la porta era chiusa, di mio fratello neanche l’ombra.
Stai diventando pazza.
Probabile. “Sto parlando con te” mi irrigidii, spiaccicando la schiena sul muro freddo.
Solo ora, mi accorsi che Bobby mi fissava la testa inclinata e le orecchie tese. “Rain?” di nuovo, questa voce.
Mi tappai le orecchie.
Adesso oltre alla guardia del corpo per l’assassino ho bisogno di uno psicologo?
“Bobby, aiutami tu. Ti prego” sussurrai, guardando il mio cagnolino che mi fissava amorevolmente. Raddrizzò la tesolina “Sono qui per questo, e comunque il mio nome non è Bobby” 
Cacciai un’urlo. Sto perdendo la ragione, ho bisogno di uno strizza cervelli. Adesso!
“Che faccia! Hai visto un fantasma?” domandò ancora il mio cane.
No no, la voce nel tuo cervello.
“Oh santo cielo! Papà, chiama il dottore!” Urlai scattando giù dal letto. Tirai con forza la maniglia, strattonandomi il braccio.
Non si apre, cos..?
“TOMAS!” Urlai “apri questa porta!”
“No, così impari! Vecchia strega”
Ringhiai, sbattendo la spalla sulla porta.
Giuro che lo uccido.  
Ancora, un’altra fitta alla testa. Mi accovacciai, dolorante.
“Dobbiamo fare presto, ascoltami Rain” Bobby mi si avvicinò.
Gemetti, gattonando lontano. “Vai via!”
“Rain.. hai bisogno d’aiuto, il mal di testa peggiorerà se-“
“Ma cosa sei tu? Perché parli adesso, non potevi farlo prima? Oppure potevi proprio non farlo? Lasciamo perdere… sto parlando con un cane” risi senza felicità.
“Ti spiegherò tutto dopo, ma adesso ti prego, fatti aiutare” abbaiò.
“No, spiegami adesso!” Balbettai, socchiudendo gli occhi. La vista inizia a farsi vitrea, mi sento dentro una bolla.
Svieni, forse è meglio. Dopo non ricorderai più nulla.
“Sono il tuo protettore, e stai subendo un’attacco-“
“Da chi?” sussurrai. Le forze iniziavano a mancarmi, mi trascinai fino al bordo del letto.
“Dalei” mormorò, rizzando le orecchie.
Chiusi gli occhi, stanca.
 
Uno schiaffo, due.
Ahia, ma che?
“Rain, apri gli occhi! Diana si sta riprendendo, prendi acqua e zucchero”
Spalancai gli occhi, trovando mio padre accovacciato su di me “Papà! Ma che diamine fai? Scendi giù!” urlai, spostando le sue mani dalla mia faccia.
Alzai lo sguardo vedendo Bobby che mi fissava, uscì la lingua leccandomi il viso.
Mio padre lo accarezzò. “Devi ringraziare lui, se non fosse stato con te saresti rimasta incosciente fino a cena” sorrise, grattandogli la testolina.
“Ha abbaiato come un forsennato, sfregando le unghiette sulla porta” continuò mia madre, con una punta di tristezza, indicò la porta dalla quale era appena entrata con il bicchiere in mano.
Sbarrai gli occhi, lo smalto bianco era completamente scomparso alla base.
“Tomas, vieni qui!”  urlò mia madre, parecchio incazzata.
La mano di mio fratello si aggrappò alla porta, e metà della sua faccia – preoccupata - sbucò da dietro lo stipite.
“L’hai combinata grossa, vieni qua e chiedi scusa a tua sorella” Mi indicò.
Ghignai, guardandolo negli occhi. Non finisce con un rimprovero di mamma.
“Scusa Rain..” sussurrò, poi scappò via sbattendo la porta di camera sua.
Mio padre sospirò, alzandosi sulle ginocchia “mettiti a letto, e cerca di rilassarti”
“Va bene” si alzò pure mia madre, seguendo papà fuori.
Guardai Bobby, era comodamente seduto sul mio letto, la lingua penzolante e lo sguardo curioso.
Era solo un sogno?
“No, non lo era”
Appunto.
Sospirai, massaggiandomi le tempie “Non sono pazza, vero?” domandai più a me stessa che al mio cane.
E’ assurdo. Si, sono sicuramente pazza.
“No, prima o poi sarebbe dovuto succedere” mi fissò con quei occhietti.. così dolci.
“Quindi, tu sei il mio protettore”
Abbassò la testolina. “E chi è lei?
“La protettrice del tuo simile”
“Il mio simile?” alzai un sopracciglio, alzandomi da terra.
“Si, la persona che riesce a vedere come te il filo
Sospirai ancora una volta, dirigendomi verso il bagno.
Lo sapevi che riguardava questo, per forza.
Mi osservai allo specchio.
Sono stanca.
“E chi sarebbe?” domandai, spazzolandomi i capelli.
“Già l’hai capito”
Occhi di ghiaccio.Lo sapevo che voleva uccidermi.
“Vuole uccidermi?” deglutii, fissando il lavabo. Sentivo il cuore pulsarmi in gola.
“Probabile”
Volevi avere una risposta? Bene, adesso ce l’hai. Cosa vuoi fare adesso? Andare alla polizia e dire: aiutatemi, un tizio che come me vede i fili rossi del destino vuole uccidermi!
“Perché?”
“Non lo so.” Le coperte del letto si spostavano.
Un’ondata di paura mi prese “Sei il mio protettore, in pratica dovresti proteggermi. Ma come puoi, se in teoria, non sai nemmeno perché vuole uccidermi?!” mormorai isterica.
“Il mio compito è proteggerti e basta, non ho bisogno di sapere le motivazioni” La voce del pensiero di Bobby si era fatta più vicina, mi girai, trovando un biondo niente male appoggiato alla porta del bagno di camera mia, completamente nudo.
Nudo?
Mi tappai gli occhi, trattenendo un urlo.
“Cosa? Ma come? Bobby?!”
Lo sentii sospirare “Il mio nome non è Bobby, Blaze. Mi chiamo Blaze.”
“Okay, Blaze. Mettiti qualcosa addosso.”
Sentii dei passi allontanarsi, aprire la porta. Un cassetto si aprì, e si richiuse. La porta si chiuse nuovamente

“Puoi guardare”.
Tolsi le mani, ammirando gli occhi azzurri di Bobby, anzi… Blaze.
 “Ma io… c’è.. io mi sono spogliata davanti a te!” sussurrai, isterica.
Ridacchiò, mostrando una dentatura perfetta. “Tu vedi il tuo cane trasformarsi in un umano e la prima cosa che dici è che ti ho visto nuda?”
“Oh mio Dio. Ripetimi che non sono pazza” mi appoggiai al lavandino.
Scosse la testa, incrociando le braccia muscolose.
Sospirai “Allora, Blaze” calcai il suo nome “a cosa devo questa tua prima trasformazione in un umano niente male?”
Sorrise ancora, abbassando lo sguardo “Primo, doveva accadere” ripeté, alzai gli occhi al cielo “secondo, non vuoi sapere di più sul tuo dono?”
Oddio, mi sembra tanto Ghost Whisperer.
“Ad esempio, perché non riesci a vedere il tuo filo del destino?” continuò.
E già. Altro piccolo particolare.
Annuii, incerta.
“Be’, tu e il tuo simile non riuscite a vederlo perché non avete un’anima gemella”
“Grazie, non l’avevo capito!” ironizzai, sorpassandolo. Presi il cellulare sopra il letto.
“Nel senso che potete scegliere qualsiasi compagno, anche se questo è legato ad un’altra persona”
Mi fermai “Sono un cupido che fa il lavoro inverso?” domandai, aggrottando la fronte.
Blaze scrollò le spalle “in un certo senso.. forse”
“Mi sembri un protettore un po’ confuso, sai?” lo interruppi.
Sospirò, esasperato “ dunque, due tizi vogliono uccidermi. Come può, questo mio dono, proteggermi?” sventolai la mano a destra e a sinistra.
“Non c’entra niente”
Sentii il sangue affluirmi sulle guance “E allora che cazzo mi dici?! Non voglio sapere niente, la mia vita è già abbastanza incasinata per questo dono che tu consideri tanto speciale che, a dirti la verità, non serve ad un cazzo!”
Lo vidi ammutolirsi “Imbecille, fammi parlare!” urlò.
Lo zittii “I miei genitori sono al piano di sotto! Come spiego loro che Bobby, il nostro cane, si è trasformato in un umano?!”
“Non mi interessa, fammi parlare!”
Gonfiai le guance, borbottando. “Sei un discendente di Eros. Anche lui lo è, il tuo simile. Ma non riesco a capacitarmi del perché vuole ucciderti. In realtà, dovreste essere alleati.”
Risi “Questa è proprio la ciliegina sulla torta!”


Siccome non ho visto molte recensioni, pubblico solo il link della foto del nuovo arrivato Bobby/Blaze, rifatevi gli occhi! ** 
link: 
http://i49.tinypic.com/2u88io4.jpg
Perdonate il richiamo a Ghost Whisperer, mi è venuto sul momento! o_o'
baci, e buone feste! :*

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Capitolo 3
*** Preoccupazione ***


Blaze sospirando, si accomodò accanto a me sul letto.
“Rain, prendi la cosa seriamente prima che la protettrice ti prenda di sorpresa” mi fissò dritto negli occhi, incredibilmente serio.
“i protettori, sono incredibilmente forti. E non lo dico per vantarmi, ma riesco a spezzare un tronco d’albero con un solo pugno” fece mezzo sorriso, e gli occhi azzurri si restrinsero, sorridendo anche loro.
La cosa è seria.
Mordicchiai il labbro, annuendo. Dei passi iniziarono a salire le scale, veloci.
Scattai in piedi, guardando Blaze allarmata.
Lui sorrise e fece l’occhiolino. In pochi secondi, il viso d’umano si tramutò nuovamente in un visetto piccolo e dolce, la maglietta e i jeans alle sue zampe. Bobby scese dal letto scodinzolando, allegro.
Sorrisi, divertita. “Rain, la cena è pronta!”
 
La mia solita mattinata inizia.
“Buon giorno! Mi sembri di buon umore” Violet mi stampò un bacio sulla guancia, lasciandomi residui di lucidalabbra.
Alzai le spalle “Sono normale”.
“Perciò, com’è questo nuovo studente? De Franchi mi pare..” Daniel attirò l’attenzione, comodamente appoggiato al suo SUV nero, con un sorriso sornione sulle labbra spesse mi guardava.
Alzai gli occhi al cielo, lanciando un’occhiata di fuoco a Jessika, si ammutolì subito.
“Se ti aspetti che io confessi una cotta per il nuovo arrivato, ti sbagli. Jessika viaggia con la fantasia” mormorai, incrociando le braccia al petto.
Esasperata, gonfiò le guance “Il primo giorno ti ha fissata tutto il tempo!” cercò di giustificarsi “ed è italiano, italiano!” scandì, sbarrando gli occhi azzurri. “non te lo fare scappare, non hai un ragazzo dai tempi delle medie!”
Spalancai la bocca, Daniel rise. “Questa è un’offesa.”
“Grazie mille, cupido. Se voglio un ragazzo, me lo prendo e basta!”
Cazzata colossale.
Stai zitta, Rain. Prima di infilarti nei guai, addirittura più pericolosi della situazione della protettrice e del suo protettore assassini.
Jessika alzò un sopracciglio “Si? Allora spiegami perché ‘non te ne sei preso’ uno.” Virgolettò.  “Oppure, sei lesbica?” Strabuzzò gli occhi.
“Jessika, non ho bisogno del consulente per il fidanzato. Anzi, non ho proprio bisogno del fidanzato, ok? Grazie, lo stesso” sbuffai, scocciata.
Violet mi diede una pacca sulla spalla “Andiamo in classe. Ci vediamo dopo, ragazzi.” Non la vidi nemmeno alzare la mano per salutarli, dietro la spalla di Daniel occhi di ghiaccio mi fissava intensamente, quasi volesse perforarmi, immobile al cancello d’entrata.
Fuggi. La sua protettrice potrebbe essere vicino.
Indietreggiai, prima di iniziare a camminare velocemente verso l’entrata, non mi voltai nemmeno per vedere se Violet mi aveva seguita, corsi in classe, sentendomi al sicuro solamente quando il professore di storia entrò.
Al suono della campanella mi scusai con Rose, la mia compagna di banco, tentai di farmi strada tra la massa di studenti che si accalcavano fuori dalle aule per andare a mangiare, cercando di non scivolare da qualche parte, o di non cadere dalle scale. Ma il mio tentativo fu inutile, alla seconda rampa di scale il mio piede mancò lo scalino, e prima che potessi cadere a terra due braccia mi presero.
Che fortuna, Rain! Il destino ti vuole morta!
Alzai gli occhi, ritrovandomi faccia a faccia con Cameron. Immediatamente, ghiacciai, forse fu il contatto diretto con i suoi occhi, ma sentii il mio corpo raffreddarsi e il cuore battere furiosamente.
“Stai bene?” domandò, mentre un sorrisetto gli increspava le labbra. I miei occhi si spalancarono.
Il destino non esiste.
“Si..” balbettai, allontanandomi senza staccare mai il mio sguardo dal suo, pronta a anticipare ogni sua mossa. Ma occhi di ghiaccio mi strinse il gomito, impedendomi di indietreggiare ancora. Di nuovo, un brivido mi percorse la schiena.. Aspirai forte col naso, inebriandomi dell’odore del dopo barba e di nicotina.
Discendente di Eros, o no. Sempre stupendo è.
I capelli castani erano coperti da un cappello di lana grigio, il naso leggermente arrossato e le labbra rosse semiaperte, gli occhi mi scrutavano attenti. Non sembrano minacciosi.
Sbagliato.
Afferrò anche l’altro gomito con forza, e con forza assurda mi issò sulla sua spalla. Provai a gridare, ma prontamente un’emicrania allucinante mi fece quasi svenire sulla spalla che premeva contro il mio stomaco.
Oh no. Oh no.
Artigliai la giacca in pelle, conficcando le unghia. Mi sporsi, scalciai ignorando il mal di testa.
Infilai le dita dentro il colletto della felpa, scendendo giù fino alla schiena nuda, graffiandola per tutta la lunghezza. Lo sentii imprecare.
Scese la scale, girò l’angolo, ritirandosi in palestra. Il portone si chiuse, rimbombando nel silenzio dell’istituto.
Mi poggiò a terra, mentre l’emicrania continuava a far il suo lavoro.
Aggrottò la fronte, mentre un gattino nero si poggiava sulla mia pancia.
“Cosa abbiamo qui…” mormorò, divertito il gattino.
Un protettore.
Gemetti.
Blaze! Bobby!
“Ti fa male la testa?” continuò. La sentii ridacchiare, occhi di ghiaccio continuava ad aggrottare la fronte, arricciare le labbra. Guardava me, dritto negli occhi.
“Si, mi fa male.” Strinsi i denti.
 Quanto avrei voluto darle un pugno.
Il gattino fece le fusa, muovendo la coda a destra e a sinistra, lentamente. “Bene. Perché è solo l’inizio”
“Aspetta.” Sbarrai gli occhi, l’emicrania era leggermente diminuita. Voltai il capo verso occhi di ghiaccio.
“Non è questo che volevi?” la protettrice sembrava sbigottita, ne approfittai per afferrare il telefono nella tasca posteriore dei jeans.
Chi chiami? Bobby? Adesso ha anche il cellulare? Sei spacciata.
Si, era questo. Ma..”
“Tuo padre continuerà ad assillarti! Sempre!” lo interruppe. Cameron strinse i pugni.
Il mio telefono volò dall’altra parte della palestra. Mossi una gamba, cercando di alzarmi.
Il gatto ringhiò, e poi accadde tutto velocemente, venni scaraventata contro le panchine della palestra.
“Se non vuoi romperti qualche osso stai ferma” mi minacciò. Mi alzai sulle ginocchia, reggendomi agli spalti. Un dolore acuto mi perforò nuovamente la testa, ringhiai.
“Mi hai rotto!” Urlai alla protettrice, rizzò la coda ignorandomi. Cameron mi fissava sbigottito.
“Cameron,” la gatta si mise davanti ai suoi piedi alzando la testolina nera “ascoltami, se te ne sbarazzerai tuo padre non avrà più motivo di compararti a lei, sarai finalmente libero, e potrai fare ciò che vuoi!”
Occhi di ghiaccio non l’ascoltava, guardava me. Il portone della palestra si spalancò, Blaze mi fissava preoccupato con il fiatone.
“Oh, guarda chi c’è! Che piacere, Blaze” ridacchiò la gattina, inclinando la testa.
“Piacere non ricambiato. Cosa vuoi, Silver?” sbottò.
Mi misi in piedi del tutto, una fitta mi perforò la caviglia e quando alzai lo sguardo vidi la chioma bionda di Silver darmi le spalle, mentre fissava Blaze. E’ la ragazzina che avevo visto il primo giorno insieme a lui. Indossava un paio di jeans e una maglietta semplice, eppure era di una bellezza disarmante.
Forse tutti i protettori sono così..
Cameron si era girato totalmente dalla mia parte, osservando i miei movimenti. Mostrai i denti, furiosa. Non si sorprese, continuò a fissarmi mentre zoppicando andavo a mettermi dietro il mio protettore.
Osservai il profilo serio di Blaze, la mascella contratta e lo sguardo indecifrabile.
Silver non si scompose. Azzurro dentro azzurro, si scambiavano occhiate di fuoco.
“Semplicemente.. lei.” Mi indicò.
Tanto bella quanto inquietante.
“Si era capito” ironizzai.
“Be’, mi dispiace. Non si può.” Blaze alzò le spalle, tranquillo. Se non mi avesse guardato come una madre guarda un figlio appena caduto, avrei pensato che la questione non lo toccasse minimamente. La bionda inclinò la testa, guardandomi intensamente.
 “Niente mal di testa, cara. Riprovaci e in due secondi sono lì davanti che ti spacco il musetto” sorrisi, per niente intimorita.
Fatti avanti, su!
Scoppiò a ridere, tenendosi la pancia. “A chi vuoi fare paura, umana?” la voce si era fatta improvvisamente cupa, come il suo viso, che di angelico adesso non aveva nulla.
“Adesso basta, Silver” sbottò Cameron, con voce ferma. Altri brividi.
In uno scatto gli prese il viso tra le mani. Erano così vicini… Lei sfiorò la punta del suo naso con quello di occhi di ghiaccio.
“Ne stai solamente approfittando, Silver. Ho cambiato decisione.” Rispose, ad una domanda silenziosa.
“Cosa?” Urlò, sta volta. “perché?! E’ solo una semplice umana!” mi indicò, senza guardarmi.
“Anch’io sono umano.” Voltò il capo inespressivo, allontanando le mani di Silver dal suo volto.
La gattina si voltò verso la mia direzione, ringhiando. Le sorrisi apertamente, con le budella attorcigliate.
Sfacciata.
Blaze alzò un braccio davanti al mio viso “Hai sentito il tuo amico?”
Silver incrociò le braccia sul petto, ritrasformandosi in gatto.
“Ci vediamo” sussurrò Cameron, fissandomi prima di uscire dalla palestra, seguito dalla protettrice che zampettava tranquilla.
La campanella suonò, squarciando il silenzio momentaneo.
Sospirai “Ma cosa ti è saltato in mente?!” urlò Blaze. Sbarrai gli occhi. “Sfidare un protettore incazzato… vuoi morire?” mi fissava, furioso.
“Non sono morta, vedi? Puoi anche smetterla di farmi la ramanzina” sbottai.
“Se non fossi arrivata in tempo ti avrebbe staccato la testa solo con la forza del pensiero” continuò.
“Mi hai sentito.” Affermai. Non l’avevo chiamato in nessun modo tranne con la mente.
Annuì, sfinito. “Un’altra particolarità di protettore e protetto. Se vuoi, puoi istaurare un contatto mentale con il tuo protettore, con quello di altri è impossibile”
Devo scrivermele sul libro ‘ste cose.
“Però.. hai capito cos’è capace di fare? Anzi, cosa siamo capaci di fare?”
Scrollai le spalle “Non è così tanto, poi a quanto pare hanno smesso di darmi la caccia” mentii. Un fitta mi paralizzò la caviglia, ricordandomi della caduta.
“Sei così sfacciata..” mi rimproverò.
Ridacchiai, inclinando la testa di lato. “Dunque, vuoi venire con me in classe a studiare algebra oppure vuoi tornare alla tua comodissima vita da cagnolino domestico?”
Sbarrò gli occhi “Per quanto possano essere disgustosi, preferisco di gran lunga mangiare croccantini piuttosto che venire con te”.  Mi salutò, per poi ritirarsi dall’uscita d’emergenza.
 
Feci una smorfia, distogliendo lo sguardo. Accavallai le gambe, evitando di appesantire la caviglia gonfia.
“Questo vestitino è troppo carino!” esultò Jessika, saltellando con Violet che aveva appena afferrato un vestito lungo e strisciante verde scuro.
Quando un problema è.. diciamo, per metà scomparso, altri se ne presentano. La festa d’istituto prima delle vacanze è vicina, mancano due giorni.
“Rain, alzati e vieni a provarti questo” Jessika indicò un vestitino – molto “ino” – color panna, bretelle sottili, con un rivestimento in pizzo trasparente e bianco.
“Scherzi? Non me lo metterei nemmeno se fosse l’unico vestito nel mio armadio” sbottai, sventolando la mano.
Violet ridacchiò. “La festa è vicina. Non vorrai presentarti in jeans e maglione, spero.”
Sorrisi, raggiante. Jessika scosse la testa, mettendosi una mano sulla fronte.
“Be’.. proprio in jeans e maglietta no, dai..” intervenne Violet, sistemandosi un ciuffo riccio dietro l’orecchio “vado a cercarti qualcosa”. Poso il suo vestito sulle mie ginocchia, scomparendo dietro l’angolo.
Sospirai, rassegnata.
La calma e spensieratezza non fa parte della mia vita.
Prima, l’inizio di tutto: il filo. Non ci avevo mai fatto caso, ma dopo un po’ di anni avevo iniziato a chiedermi perché tutte queste persone legassero un filo rosso al proprio mignolo, solo quando chiesi a mia madre il perché, realizzai che solo io riuscivo a vederli. Il perché non mi era chiaro, solo quando.. tra i miei libri di scuola elementare trovai il famoso libretto in cuoio.
“Puoi tenermelo, per favore?” Jessika mi porse il suo vestito blu che richiamava i suoi occhi azzurri. Annuii distratta.
Lei mi fissò, aggrottando la fronte “Sei ancora arrabbiata per la discussione di ieri?”
La guardai, confusa. “No. Perché?”
“E’ che.. mi dispiace. So di aver esagerato.” Sospirò, distogliendo lo sguardo.
Feci un piccolo sorriso,  notando le sue dita attorcigliarsi tra loro, segno che era imbarazzata.
“Non ti preoccupare. Sai che con quei occhioni dolci che ti ritrovi, non potrei mai arrabbiarmi sul serio con te” ridacchiò, alzando lo sguardo.
“Però, pensaci.. Non è male De Franchi. Fate una bella coppia.” Ammiccò. Risi, divertita.
Non cambia mai.
Lo sguardo fisso sul mio, così penetrante come se scavasse dentro i miei occhi per leggere ogni singolo pensiero. Le sue labbra increspate in un sorriso apparentemente minaccioso. Le sue mani stringersi attorno ai miei gomiti, la presa forte e sicura.
“Ammetto che è un bel ragazzo, ma ha un non so che di inquietante” mormorai, presa dai miei flashback improvvisi.
Scrollò le spalle “Di tenebroso, vorrai dire.. Lo stile di Damon Salvatore” si mordicchiò il labbro.
Scoppiai a ridere.
“Voilà!” Violet sbucò con in mano un vestitino nero a tubino, con una scollatura a cuore e parte della schiena scoperta.
Inclinai la testa “Non male..”
Jessika mi fissò con gli occhi sbarrati. “Devo farti un trofeo Violet, io non sono mai riuscita a pescare un abito che le piacesse”
Violet si inchinò, con aria superiore. “Provalo.”
Poggiai i vestiti delle mie amiche sulla sedia, prendendo il mio, mi chiusi in camerino. Non vidi niente di speciale, ma stavo comoda e il nero era abbastanza semplice come la scollatura.
Aprii la tendina “Be’, non volevo nulla di speciale. E questo mi va più che bene. Aggiudicato”
Jessika annuì, portandosi una mano sotto il mento, studiandomi dalla testa in giù. “Ti sta bene. Violet, sei incaricata di svuotare e riempire l’armadio di Rain con vestiti nuovi”
Sbarrai gli occhi “Preferisco di no.”
“Con questo ci puoi abbinare un paio di scarpe che ho nell’armadio, ci stanno perfettamente” continuò Jessika, colpendo il pugno con la mano.
Scossi la testa “Vi ho permesso di scegliermi un vestito, ma non vi permetterò mai di farmi indossare dei tacchi. Me ne frego della moda, qui le mie converse nere vanno benissimo” chiusi la tendina, ignorando Jessika che stizzita insultava le mie converse.
Dopo aver accompagnato le mie amiche a casa, decisi di prendere il bus, anche perché il dolore alla caviglia non mi permetteva di camminare per molto tempo. Le luci  natalizie illuminavano la strada, e all’interno delle case, attraverso le finestre riuscivo a vedere gli alberi di natale ornati di lucine colorate. 
Scesi alla mia fermata, zoppicando leggermente. Stavo per affondare le mani dentro la borsa per cercare le chiavi di casa, quando un passo dietro di me mi fermò.
“Ti fa male?”
Strabuzzai gli occhi, aprendo la bocca. Occhi di ghiaccio, in persona, mi aveva domandato se la caviglia mi faceva male? Davanti casa mia? Alle sette di sera per giunta?
Era tutta una scena, vuole ucciderti.
Prima la tua amichetta me la sloga, e adesso sei qui, a chiedermi se mi fa male? Ma come sai il mio indirizzo, oddio.” Sputai, incredula
 “Lo so, e basta. Per quanto riguarda Silver, mi dispiace” mormorò, con voce calda. Continuava a fissarmi in quel modo..
“Come se le scuse bastassero. Sai, Blaze mi ha detto che dovremo essere ‘alleati’” virgolettai con una mano, mentre con l’altra cercavo le chiavi di casa, pronta a svignarmela in caso l’avessi fatto incazzare. “eppure tu e la tua amica avete tentato di uccidermi. Non sono così stupida, da accettare le tue scuse adesso, e magari venirmi a prendere un caffè con te”
Aggrottò la fronte, confuso. “In realtà, ero qui solo per chiederti scusa e capire come stavi.”
“Ah.”
Figura di merda. Guardi troppi film, Rain. Magari ti sei anche immaginata che iniziasse a filtrare con te.
“Non mi interessa nemmeno se accetti o no le mie scuse” fece un sorrisetto sghembo, fissando lo gnomo da giardino accanto al mio piede con sopra una decorazione natalizia.
Aprii la bocca, senza parole.
Ma che..
“Mettici del ghiaccio, e un po’ di pomata” indicò con il mento la caviglia dolorante “ci vediamo a scuola” mi diede le spalle, sparendo in pochi secondi.
“Che pezzo di merda!” Gridai, certa che mi sentisse. 



Buona sera, siccome avevo gia pronto il capitolo ho deciso di aggiornare:) 
il 4 è in corso.. quindi, non so dirvi se lo pubblicherò entro la prossima settimana.. vedremo. Ringrazio le recensioni, ne sono rimasta molto contenta! 
Come premio, ecco qui il viso della nostra protagonista u_u: 
http://i46.tinypic.com/10sg0at.jpg
Qui, invece abbiamo Jessika: http://i46.tinypic.com/30xbi2q.png
ed infine, Violet: http://i50.tinypic.com/smq29w.jpg

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Capitolo 4
*** Acqua gelida ***


Image and video hosting by TinyPic Vi informo che in questo capitolo il linguaggio è un po' più forte rispetto agli altri! 


Scesi le scale, ridendo ad alta voce. Avrei rischiato di svegliare i miei genitori, ma l’avrebbe fatto lo stesso Tomas urlando come una femminuccia, trovando uno scarafaggio
morto dentro il letto.
L’avevo detto io, che non l’avrebbe passata liscia solo con il rimprovero di mamma.
Sei più infantile di tuo fratello.
La scuola era euforica. Gli studenti si rifiutavano di seguire le lezioni, parlottando sulla festa, sui vestiti eccetera. D’altronde, ai professori non interessava, anzi.. se la prendevano comoda, vagando su facebook durante l’ora di lezione.
Sfortunatamente la Brook non aveva intenzione di uscire dalla borsa il suo costoso iPhone. Piuttosto, preferiva chiacchierare amorevolmente con il nuovo arrivato.
Accavallava le gambe, lanciava occhiate.
Arricciai il naso, stizzita. “Quanto è arrappata la Brook da 1 a 10?” domandò Jessika, fissandola con disgusto.
“11.”
Osservai il suo mignolo. Il filo era stato interrotto con un taglio netto, e terminava in filature disordinate. Provai un po’ di pena per lei, ma non era abbastanza.
“Be’, almeno non rischia di andare in carcere per pedofilia”
Risi di gusto, tenendomi la pancia.
“Signorina Morgan!” mi richiamò la vecchia, smisi di ridere con una certa difficoltà, mordicchiandomi il labbro. Jessika mi diede una gomitata.
“posso sapere cosa c’è di così tanto di divertente?” mi fissò con quei occhietti marroni, terribilmente pieni d’astio. Magari una scopata le farebbe bene.
Ad esempio, il suo vestiario prof.
“Nulla, scusi” mormorai.
“Professoressa, non si preoccupi, Rain ride sempre senza alcun motivo. Non è una cosa nuova.” Mi voltai verso Gaia. Aveva le gambe accavallate, il braccio poggiato sul banco che reggeva il gomito. I capelli biondi – super ossigenati – ordinati in una perfezione maniacale dietro la schiena.
Sorrisi, guardandola. “Almeno io non ci provo con il professore di Educazione fisica” dissi ad alta voce.
Lecca culo, chiudi quella fogna.
Sbarrò gli occhi, impreparata.
Solo io ero stata così tanto fortunata da vederla amoreggiare in maniera spinta in palestra con il professore, almeno vent’anni più vecchio di lei, ciccione e pelato. Avevo rischiato di vomitare anche l’anima.
Disgustoso. Solo per avere la sufficienza.
Jessika ridacchiò, portandosi la mano davanti la bocca.
Si voltò, furiosa e rossa in viso. Schioccai la lingua, notando solo adesso Cameron che mi guardava, divertito. 
Come al solito, d’altronde.
La Brook non fiatò, e finalmente, si decise a smanettare sul suo iPhone fino a quando la campanella non suonò.
“Gaia mi sa che ti ha preso di vista” Jessika si alzò dal banco, raccogliendo le sue cose. Io già ero pronta.
“Perché?” alzai un sopracciglio.
“Perché? Non vedi come Cameron ti fissa? Sembra che ti voglia mangiare”
Sbuffai. “Può anche darsi, ma sinceramente non mi importa più di tanto. Se lo può tenere.”
Un’altra seccatura? No, ti prego.
Jessika mi guardò, alzando le sopracciglia. “Non credo che Cameron abbia interesse verso lei.”
“Gaia ha sempre avuto tutti. Non ti stupire poi, se li vedi entrate assieme mano manina” dissi, immaginandomi già la scena, disgustata. La immaginò anche lei, storcendo la bocca.
Una mano mi fermò, afferrandomi la spalla. “Come va la caviglia?”
Alzai lo sguardo.
Ma quanto cazzo è alto?
“Bene.” Balbettai. Non avevo avuto difficoltà oggi, a pensarci.
Annuì, inclinando il capo, osservandomi meglio. “Sei stanca”
Aggrottai le ciglia, stizzita. “Forse.” Stavo per affogare dentro quel mare di ghiaccio, quando Jessika si schiarì la voce.
Ma perché continua a preoccuparsi?
“Ehm, Rain.. dovremo andare, ricordi?”
E’ solo una mia impressione..
“Si..” mi staccai dal suo sguardo ipnotizzante. Solo notai che si era abbassato leggermente per guardarmi dritto negli occhi, e adesso raddrizzava la schiena.
“Cameron, andiamo?” La voce stridula di Gaia lo chiamò, fulminandomi con lo sguardo. Lanciai un’occhiata a Jessika, che apriva leggermente la bocca.
Occhi di ghiaccio non dava segni, continuava a fissarmi come se pensasse a qualcos’altro. “Vedi che sto bene, puoi anche andare” dissi irritata, senza pensarci.
Figura di merda imminente. Ricorda, Rain.. non gli interessi.
Il suo sguardo si accese, annuì e se ne andò, lanciandomi un’ultima occhiata come se volesse dirmi qualcosa.
“Lo sapevo io! Perché non mi hai detto niente?!” Urlò Jessika, stringendomi il braccio.
“Ieri sono caduta, e lui mi ha aiutata, niente di che.” Mentii, guardando il punto dov’era appena scomparso con quell’oca.
“Niente di che?! Si è preoccupato per te! Alla faccia di quella troia..” rise.
“Se ne sono appena andati. Insieme.” Sbottai. La vidi rabbuiarsi, gli occhi le si illuminarono.
“Si, ma aveva tentennato prima. Non voleva andarsene!” affermò, convinta.
Sbuffai, trattenendo una risata. “Certo”
“Probabilmente, Gaia vedendoti parlare con lui avrà avuto un colpo, spero che non ti combini una delle sue.” mormorò, pensierosa.
Preoccupante.
“Tranquilla, me la caverò.”
“Rain!” urlò Jessika dalle scale, ancora.
“Sisi!” gridai di rimando, infilando le converse nere abbastanza basse. Presi la sciarpa e il giubotto scendendo le scale di corsa.
“Non fare tardi” mi raccomandò mio padre, asciugandosi le mani su uno straccio. Annuii, sorridendo a Bobby, abbaiò ansimando allegramente, per poi leccarmi la mano.
Dovrei considerarlo come un complimento?
Accarezzai per ringraziarlo. Non avevo ancora voglia di sperimentare la comunicazione mentale, anche se poteva risultare molto utile, sarebbe stato il mio peggior incubo, dato che non avevo alcuna voglia di condividere i miei pensieri con un’altra persona.
Abbastanza pericoloso, dato che stai iniziando a fare pensieri su Cameron.
 “Ma quel vestitino non è troppo corto?” domandò mia madre, storcendo la bocca.
“Dici?” le domandai, incerta fissandomi. In realtà mi arriva a metà coscia, forse un po’ troppo per me…
Mio padre l’abbracciò ridendo “No, per niente. Ti sta benissimo, andate!”
Lo guardai storto, chiudendo la porta.
I miei non sono pensieri.. pericolosi. Solo che, non riesco a smettere di pensare a come sia strano, ecco!
Si, certo.
Sbuffai, la mia battaglia interiore non aveva fine.
“C’è qualcosa che non va?” domandò Jessika, accendendo il motore.
Scossi la testa “Sarebbero stati meglio i jeans.”
 
“C’è un po’ di casino” Violet si sporse da dietro i sedili, mentre Jessika posteggiava nell’unico posto libero del parcheggio della scuola.
“Ci saranno anche esterni.” Mi tolsi la cintura, scendendo dalla macchina.
“Ehi, quella macchina si muove!”
Risi, vedendo l’espressione di Jessika farsi prima confusa, sorpresa e poi disgustata.
“Un po’ di pudore!”
“Se bevi troppi bicchieri di alcolici sta sera farai la stessa fine.” La presi in giro.
“Ma nemmeno se mi pagano!”
“Ehii, c’è una visitina.” Violet guardava dietro le mie spalle, seguii il suo sguardo, incontrando quello di Occhi di ghiaccio.
Oddio, è una persecuzione!
Indossa un giubotto in pelle color cuoio, sotto una maglietta semplice, con un paio di pantaloni che sembrano neri. Al suo fianco, Gaia, o meglio ‘confettino rosa’.
Sentii Jessika imprimere uno sbuffo infastidito.
“Oh, Rain!” esclamò, poggiandosi una mano sulla guancia “pensavo fossi dentro quella macchina, bel vestito comunque!” mi fece l’occhiolino.
Ghignai, divertita. “Non posso dire lo stesso, Miss Piggy*”
Notai con la coda dell’occhio Cameron sorridere, prima di seguire Violet all’interno della scuola.
La palestra era completamente addobbata con scritte in rosso ‘buon natale’, palline rosse appese al tetto, buffet sia a destra che a sinistra il centro completamente libero per concedersi a un ballo frenato, cosa che già il preside stava facendo con l’insegnante di inglese.
Per poco non scoppiai a ridere, vedendolo mentre con la sua bassa statura cercava di far fare una piroetta a Doris la bidella, molto più alta rispetto a lui.
Visualizzai Daniel insieme ai suoi amici, lo salutai con la mano dirigendomi verso la direzione opposta: buffet. Presi uno dei tanti bicchieri di plastica messo sul tavolo, osservando la palestra riempirsi pian piano.
“Sempre più acida..” mi stuzzicò Violet, ghignando.
Sorrisi “Lo prendo come un complimento”
“Devo dire che sei stata sempre brava a tenere testa a quel confettino rosa” la indicò Jessika, con il mento. Tra le sue grinfie teneva il braccio di Occhi di ghiaccio, parlando con una delle sue tantissime migliori amiche, sembrava annoiato.
“Non mi interessa tenerle testa” le diedi un’ultimo sguardo, schifata. “preferisco non averla tra i piedi, tutto qui.” Buttai giù tutta la coca, strizzando leggermente gli occhi per le bollicine che mi solleticavano la gola.
Sicura?
Le luci si spensero, un faro illuminò il vice preside sul piccolo palchetto dietro le mie spalle.
“Buona sera a tutti!” partì un applauso, presi un altro cocktail, forse succo con un po’ d’alcool? Non mi importa.
Cercai lo sguardo freddo di Cameron, tra i volti leggermente illuminati dei studenti, convinta che i suoi occhi fossero nettamente più potenti di quel faro che accecava Robbinson.
“volevo innanzitutto ringraziare il club di arte e teatro per il magnifico allestimento della palestra. Poi volevo ricordarvi che la scuola-“
Bla bla bla.
Magari è da qualche parte a sbaciucchiarsi con la puttanella.
Sentii lo stomaco brontolare. Buttai giù un altro bicchiere, afferrandone un altro ancora.
 “Vi auguriamo buone feste a voi e famiglia! Divertitevi” Le luci si riaccesero, e il dj iniziò ad alzare il volume della musica. Scossi la testa quando Jessika provò a trascinarmi in pista, presi un altro bicchiere, guardandomi attorno nervosa.
Rifiutai l’invito di Daniel, correndo al bagno.  
Tirai l’acqua e un sospiro di sollievo, afferrai la maniglia e prima che potessi aprire del tutto la porta un getto d’acqua fredda mi prese in pieno. Annaspai serrando gli occhi, stringendo lo stipite in plastica.
Una risatina mi fece aprire gli occhi “Povero pulcino.” Gaia mi squadrava dalla testa ai piedi con un secchio in mano, una finta espressione dispiaciuta sul volto.
“un vero peccato, il tuo vestitino mi piaceva davvero..”
Furiosa, mi scostai un ciuffo fradicio dalla fronte, la fissai gelida. La vidi tentennare, ma subito dopo la sua lingua velenosa ricominciò a muoversi.
“Non mi piacciono i bastoni tra le ruote.” Ghignò. Girò i tacchi rigorosamente fucsia e andò via.
Mi guardai allo specchio, storcendo la bocca. I capelli erano un disastro appiccicati totalmente alla fronte, li scostai, gli occhi contornati leggermente di nero per il mascara, alzai il vestito appiccicoso ormai fattosi scomodo e umido.
Brrrr.
Afferrai il cellulare dal corsetto e digitai lettere in tutta fretta, tremando.
Sentii tante piccole gocce d’acqua gelida scendere copiose, quando cercai di alzarli, un altro brivido.
Quanto ci mette Jessika ad arrivare?!
Sentii la porta aprirsi. Ghiacciai nuovamente sul posto, sbarrando gli occhi.
Silver ridacchiò, incrociando le braccia sul suo vestitino color argento. “Hai fatto un tuffo in piscina?”
Sbuffai, seccata. “Peccato che qualcuno già sia arrivato a rovinarmi la giornata – come se ne avessi mai avuta una tranquilla e serena – quindi, puoi anche andartene, Silver.”
Inclinò la testa, leggermente infastidita. “Non ti ho dato il permesso di chiamarmi col mio nome”
Risi senza felicità “E come dovrei chiamarti, allora? Miss gelosia? Senti, penso che la fuori avrai visto un confettino fucsia vagare tutta contenta per la sala, no? Bene, si chiama Gaia ed è lei quella che sta appiccicata al tuo protetto, non io!” alzai la voce.
Le sue labbra a cuoricino si dipinsero in una smorfia.
Bingo!
“Cosa ti fa pensare che io provi qualche interesse per il mio protetto?”
Guardai il mio riflesso allo specchio “Non avresti ragioni, per quanto tu possa essere fastidiosa, sei sempre un protettore.”
“Il protettore fa ciò che richiede il protetto. Potrei anche uccidere una bambina, se me lo chiedesse, tu non mi conosci.”
Guardai il suo mignolo, attraverso lo specchio. Mi notò, spostando la mano dietro le balze argentate del vestito. Il filo era intatto, leggermente scolorito.
“Per quanto tu possa provarci.. non è lui, la tua anima gemella” sussurrai, osservando il suo viso incupirsi.
“Non ti interessa.” Sibilò, con voce ferma.
“Cosa vuoi?”
Ringhiò, e in meno di un secondo la sua mano aveva letteralmente appiccicato il mio collo alle mattonelle bianche del bagno.
“Avrei voluto farti più male di una caviglia slogata.” Minacciò, mostrandomi i denti. Afferrai la sua mano, fissandola negli occhi.
Così piccola e così forte.
I protettori hanno una forza sovraumana.
“Peccato che Cameron non te l’ha permesso” balbettai. Strinse ancora di più la presa, soffocandomi.
“Gli farò cambiare idea.” La porta del bagno si aprì, facendo entrare un po’ dell’assordante musica che c’era fuori per qualche secondo.
“Silver” la chiamò Occhi di ghiaccio, calmo. Silver non si voltava, continuava a guardarmi lanciando fulmini con gli occhi che ricambiavo senza esitazioni.  “lasciala”
Lo fece, immediatamente si mise al suo fianco e intrecciò la mano con quale prima stringeva il mio collo alla sua, fissandomi in segno di sfida. Lui la sciolse, ammonendola con lo sguardo severo.
La vidi fare il broncio, annuire e scomparire senza dire una parola dietro la porta.
Ancora appiccicata al muro, sbuffai. Si voltò verso di me, curioso. “Tienila a cuccia, non voglio altre seccature.” Mormorai.
“Lo vedo..” abbassò lo sguardo, osservando il disastro.
“Smettila di fissarmi.”
“Non ti sto fissando”
Inclinò la testa “Senti freddo.” Cambia argomento, sempre.
Mi abbracciai istintivamente le braccia, senza rispondere presi il cellulare, controllando lo schermo. Niente.
Dovrò uscire fuori per provare a cercarla.
Feci per avanzare ma quando ero quasi vicino alla porta, afferrò il mio braccio. Rabbrividii, irrigidendomi. Sbarrai gli occhi, seguendo la sua mano che delicatamente poggiava il suo cappotto in pelle sulle mie spalle.
“Non ti fidi di me.” Di nuovo, non era una domanda. Mi allontanai leggermente, stringendo la manica del capotto.
“Vuoi uccidermi.” Spiegai.
“Non più.”
“Perché?” Fece mezzo sorriso. Il mio cuore perse un battito.
Non sei normale.
“Perché non voglio più”
Bugia.
“No, intendevo.. perché volevi uccidermi? Ricordo che in palestra Silver ha detto qualcosa a proposito di tuo padre.. ” sbarrò leggermente gli occhi, confuso.
“Non sono affari tuoi” sbottò, incazzato.
Strinsi i pugni, irritata “Allora, non è affare tuo nemmeno occuparti della mia salute” gli restituii il giubotto.
“Ti ho detto che-“
“Stammi lontano! Tu, la tua protettrice e la tua nuova fidanzata!” lo interruppi. Fissandolo con astio. Girai i tacchi, allontanandomi a tutta velocità dal bagno.
 
“No, è qualcosa riguardo suo padre.” Dissi, asciugandomi i capelli. “ha detto qualcosa tipo ‘non ti paragonerà più a lei’, ‘potrai fare ciò che vuoi’”
Sbucò dalla porta, nei suoi soliti jeans e maglietta, i capelli leggermente bagnati e un velo di barbetta incolta gli accarezzava le guance.
“Alcune famiglie, possono essere discendenti dai figli di Eros e quindi generazioni intere potrebbero avere il tuo stesso dono. Suo padre, magari sapendo della tua esistenza potrebbe volere che tu e suo figlio collaboriate.”
Alzai un sopracciglio, fissandolo. “Non c’è un modo per non rivederlo più?”
Scosse la testa “Credo proprio che si sia trasferito nella tua scuola solo per ucciderti. Ma adesso, dato che  afferma che non vuole più…”
“Potrebbe andarsene..” continuai, sorridendo leggermente.
Un nodo si formò in gola, contrastando la mia felicità.
Alzò le spalle, seguendomi in camera. Spensi la luce, lasciando solo acceso la lampadina sul mio comodino. Mi sistemai sotto le coperte, mentre lui si sedeva a terra.
“No, no” scossi la testa, tambureggiando con le dita lo spazio vuoto accanto a me.
Mi fissò, aggrottando la fronte “Devo mettermi a letto con te?” domandò, corrugando la fronte.
“Perché no.”
Mi fissò, dubbioso. Poi si alzò sulle ginocchia e si distese accanto a me. Spensi la lampadina, e mi accovacciai sopra il suo petto ampio. Bisognosa di calore.
Sospirò, circondando la mia spalla con il braccio. “Grazie..” sussurrò.
Mi addormentai con il sorriso sulle labbra. 


Grazie per essere arrivati fin qui, il capitolo è più lungo rispetto agli altri.. forse anche più noioso, chiedo venia! 
La nostra Iris ha un bel caratterino, proprio come Silver.. si comporta da cattivona ma in fondo non lo è... 
Ringrazio per tutte le recensioni, e vi posto i link dei personaggi:) 
Gaia: 
http://i50.tinypic.com/30xbvw1.png
Silver: http://i48.tinypic.com/wi6hlj.jpg
Cameron in questo capitolo: http://i50.tinypic.com/2cdaoa9.jpg
Rain in questo capitolo: http://i48.tinypic.com/34h9xz5.jpg

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Capitolo 5
*** Amare abbastanza ***


Starnutii ancora, stringendomi la sciarpa al collo.
Maledetta miss piggy.
Bobby guaì, sistemandosi al mio fianco sul divano. Lo accarezzai, tranquillizzandolo.
“Hai passato tutta la notte a stranutire e tossire, ti starà venendo la febbre.” Sentii flebile la sua voce.  Scrollai le spalle, socchiudendo gli occhi. Afferrai il cellulare, sentendolo vibrare.
Tu ancora mi devi spiegare perché sei entrata nella mia macchina completamente fradicia!
Sbuffai leggermente, rispondendo al messaggio di Jessika.
La risposta fu fulminea.
Dopo niente! Ci vediamo alle 4 al solito bar, non tardare.
“Bobby!” lo chiamai, grattandogli la testolina. I suoi occhietti neri mi guardarono, incuriositi. “Andiamo a fare una passeggiata?”
 
“Oh, ma che bello questo cagnolino!” Cinguettò Jessika, appena mi vide.
“Comunque ciao.” Tossii. Alzò lo sguardo, senza smettere di coccolare Bobby.
Chissà come le percepisce le coccole..
“Sei proprio ridotta male, hai il colorito di un cadavere.”
“Non è niente di che”
Sospirò, alzandosi. Girò le spalle ed inizio ad incamminarsi verso il bar. La seguii.
Si accomodò nella sedia in plastica rosso spento, poggiando la borsa lucida nera sul tavolino, anch’esso in plastica. Sprofondai il naso dentro la sciarpa, difendendomi dal freddo tagliente.
“Che è stata Gaia non c’è dubbio.” Sbottò, all’improvviso. Bobby si accomodò vicino alle mie gambe inquieto.
La guardai, senza fiatare. “E non c’è dubbio nemmeno che l’ha fatto per Cameron.” Continuò, incitata dal mio silenzio.
“Ma se volevi solamente una conferma, una telefonata non bastava?” tossicchiai, nervosa.
Borbottò qualcosa, per poi strabuzzare gli occhi seguendo qualcuno alle mie spalle. Mi voltai.
Miss Piggy sui suoi tacchi rosa shock, cercava di raggiungere Cameron che con le mani in tasca camminava velocemente, quasi volesse evitarla, e stava proprio svoltando verso il bar.
Un senso di angoscia mi attanagliò lo stomaco, e senza pensarci nascosi il viso sotto la sciarpa, coprendomi con il cappuccio. Bobby mi mordicchiò la caviglia, tirando leggermente.
Jessika bisbigliò qualcosa, ma non lo sentii, perché appena la sua voce entro dentro le mie orecchie tutti i suoni si fecero più bassi, come se qualcuno avesse abbassato il volume per un attimo.
“Senti, non voglio avere niente a che fare con te” lo sentii mormorare, seccato. Individuai il rumore dei tacchi sbattuti contro il marciapiede.
“Cosa? Ma se ieri sei stato con me-“
“Ho cambiato idea, non sei il mio tipo” la interruppe. Morsi il labbro, iniziando a respirare a fatica sotto la sciarpa pesante.
“Cosa?!” quasi gridò, con quella vocina acuta “mi stai scaricando?”
Lo sentii sospirare “Scaricare? Perché c’è stato mai qualcosa fra noi due? Non ho voglia di stare dietro ad una bambina capricciosa, con complessi di inferiorità così forti da inzuppare una ragazza nel bagno della palestra.”
Scostai la sciarpa, prendendo un respiro d’aria fredda. I due si voltarono verso di me, esattamente paralleli al nostro tavolo. Quando Gaia mi vide strabuzzò gli occhi contornati di nero, fulminandomi. Cameron non sembrò tanto sorpreso, mi scrutò solamente.
“E’ così? Dimmelo! Stai con un insulsa ragazzina?!” gridò, isterica, puntandomi il dito contro attirando l’attenzione di tutta la gente attorno al bar.
Mi coprii il viso con le mani, imprecando.
Perché tutte a me?!
Bobby ringhiò, tirando leggermente il collare.
“Se è così insulsa perché te la prendi tanto?” domandò, Jessika con una punta di soddisfazione.
Soffocò un gridolino, sbattendo un piede sull’asfalto. Girò i tacchi e prima di scomparire dietro la folla mi fulminò, muovendo i capelli biondi.
Alzai lo sguardo, e vidi Jessika sorridere sorniona.
 Nella sua testa già mille filmini mentali si staranno formando, in cui i protagonisti saremo io e Cameron. Mi alzai di scattò, spostai la sedia aggirai il tavolino e piantai i piedi davanti a quelli di occhi di ghiaccio.
“Cosa ti è saltato in mente?!” sputai, tra i denti.
Immediatamente, il contatto con i suoi occhi gelidi mi fece bene, fui quasi tentata di tirare un sospiro di sollievo.
Mi guardò confuso “Stavo facendo una passeggiata quando l’ho incontrata e mi ha seguito fin qui”
“Proprio qui davanti ti dovevi fermare?! Dio Santo! Adesso farà di tutto per rovinarmi la vita scolastica” mi misi le mani nei capelli.
Scrollò le spalle.
Non è affar suo.
Certo, Rain… che ti aspettavi?
“Ti avevo detto di starmi lontano” sussurrai, senza farmi sentire da Jessika che con gli occhi a forma di cuoricino ci osservava.
“Sei tu che sei qui, adesso. Potevi startene comodamente seduta e lasciarmi tornare a casa” fece mezzo sorriso, spostando la sguardo su Bobby che ringhiava.
“Dì al tuo cane di darsi una calmata..” sussurrò, irrigidendo la mascella improvvisamente.
Spalancai la bocca, pronta a parlare, ma Jessika mi interruppe “Continuate a parlare, lasciate perdere il cane”
Bobby abbaiò.
“E’ solo un cane, dopotutto..” mormorò, fissandomi intensamente.
Rimasi interdetta. Che vuole dire?
Improvvisamente Bobby si fece silenzioso, mi voltai per controllare ma Cameron mi afferrò il mento, stringendo forte.
Artigliai la sua mano, spalancando gli occhi. “Lui è solo un cane.” Ripeté.
Digrignai i denti “Lei è solo un gatto.”
“Lo so.” Disse, tranquillo. Lasciò la presa, andando via. Sbarrai ancora di più gli occhi, scioccata.
E’ un pazzo lunatico!
“Siete troppo carini!” cinguettò, Jessika, dopo che si era fatto un po’ lontano. Eppure da come le sue spalle si mossero, capii che l’aveva sentita.
“Io non starò mai con lui.” Sbottai, fissando la sua schiena.
“Blaze.. cosa ti è preso?” domandai al mio cane o meglio guardiano, chiudendo la porta di camera mia.
Nessuna risposta.
“Blaze, rispondimi.” Sussurrai, inginocchiandomi davanti al suo musino basso.
Nessuna risposta, di nuovo. Sospirai, guardandolo mentre andava ad accucciarsi ai piedi del mio letto.
Chiusi gli occhi, concentrandomi sul suo viso, quello che conoscevo da umano. Rividi nella mia mente i suoi occhi azzurri, e chiamai, mentalmente.
Blaze.”
Una fitta leggera al capo mi fece aprire gli occhi. Sentii le orecchie pulsarmi.
Adesso devi rispondermi.” Pensai, vedendo la sua testolina alzarsi e fissarmi con occhi sorpresi.
“Perché?” domandò, sentii l’eco della sua voce da umano rimbombare nella mia testa, e la fitta si affievolì, pian piano.
“No, perché tu!” aggrottai la fronte “non hai detto una parola da quando siamo tornati a casa!”
Bobby guaì, alzandosi dal letto. In meno di un battito di ciglia il suo corpo si trasformò, il suo viso mutò. Due occhi azzurrissimi mi fissano.
“Perché hai voluto proprio adesso?” quasi gridò, aggrottando le sopracciglia bionde, preoccupato.
Mi alzai, confusa. “Qual è il problema? Non sarebbe dovuto succedere comunque?!”
“No, solo che adess-“ La sua voce venne rimpiazzata da un fischio, la sua faccia preoccupata da una serie di immagini sfocate. Riconobbi il volto giovane di Blaze, ridere e scherzare in un’uniforme da basket. Lo vidi mentre era arrabbiato, mentre consolava un amico, mentre baciava una ragazza bionda. Lo vidi in giacca e cravatta con il viso ricoperto da una folta barba, lo vidi nudo nel letto insieme ad una donna, ne percepii il piacere. Lo vidi piangere, correndo sotto la pioggia e sentii il battito del suo cuore accelerare, poi solo due fari bianchi.
Caddi di nuovo sulle ginocchia, con gli occhi pieni di lacrime puntati dentro i suoi, spaventati.
“Cos-?” balbettai, con voce smorzata.
Mi afferrò le spalle “Rain, perché piangi?!”
“Ho sentito..” sussurrai.
“Cosa?!”
“La tua tristezza”
Sbarrò gli occhi, consapevole. Quando una lacrima gli solcò il volto, ne percepii nuovamente il dolore, come quella visione.
“Blaze, sei morto?” singhiozzai, incapace di muovermi. Avrei voluto asciugargli quelle lacrime, avrei voluto consolarlo come aveva fatto con il suo amico, avrei voluto dirgli che era solo un brutto sogno. Ma le sue lacrime dicevano il contrario. Piangeva come un bambino, sembrava fragile come tale.
Serrò la mascella, aspirando forte con il naso.
“Non doveva accadere così, non volevo che venissi a sapere senza preavviso..” cominciò, asciugandosi le lacrime. Si sedette davanti a me, lasciando le mie spalle. Rimasi immobile.
“I protettori non sono angeli caduti dal cielo. Non sono creature create appositamente per questo. Io..” balbettò, insicuro. “io ero umano. Avevo una vita, un padre e una madre, anche una sorellina”
Cercai di immaginarlo accanto al padre, con i suoi occhi azzurri e la forma del viso. Accanto alla madre, con la stessa forma degli occhi e lo stesso colore di capelli.
“I protettori diventano tali per una punizione.”
“perché?” riuscii a domandare in un sussurro, le guance ancora umide.
“Perchè non hanno amato abbastanza.” 


Scusate per il capitolo corto, ma avevo voglia di aggiornare dato che non lo facevo da tempo! :) 
Scopriamo qualcosa in più su Blaze/Bobby e come ben vedete qualcosa dentro Rain cresce.... 
Bacioni, e alla prossima. 
L'aspetto di Blaze da cagnolino
: http://i47.tinypic.com/2vj60pe.jpg
Non è adorabile? ** 

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Capitolo 6
*** Insegnami ***


Blaze osservò i miei occhi, preoccupato. Non riuscii a capire se lo era per aver appena immagazzinato tutti i pensieri, o se lo era per la mia reazione.
Anche lui avrà visto tutta la mia vita…
Non ricevendo nessuna risposta, continuò. Incitato dal mio silenzio.
“Nella mia vita passata ero… un uomo d’affari” spostò lo sguardo in un punto preciso dietro le mie spalle, ma ciò che vedeva non era la porta della mia camera, ma i suoi ricordi.
“mi piaceva la vita, la mia vita. Donne, macchine, serate eleganti, donne, soldi. E ancora soldi. Ricordo ancora di quanto ero impaziente nel ricevere la mia paga mensile. Non mi importava di lasciarmi dietro donne incinte, o cuori spezzati, quella era la mia vita e non permettevo a nessuno di rovinarla. Ero egoista, approfittatore.” Ricontrollò il mio viso, spostando nuovamente lo sguardo. Ad ogni singola parola la sua fronte si corrugava, ed un leggero luccichio gli illuminava gli occhi. Mi si formò un piccolo nodo alla base della gola, che mi costrinse a respirare con la bocca. Temevo che continuasse. Anche solo il pensiero di lui, steso su una barella… Strinsi i pugni.
“Ne avevo baciate, toccate, corteggiate di donne. Finché un giorno, incontrai Marie. Proveniva dalla Svezia, e lavorava nella mia stessa agenzia. Mi infatuai così tanto di lei, che per un attimo abbandonai tutti i miei beni materiali, cercando in tutti i modi di conquistarla. Ci riuscii.” Sussurrò ad occhi chiusi, preso nell’uragano di pensieri e immagini che lo stava investendo, quasi vidi Marie, le sue labbra a cuoricino e i capelli biondo cenere corti e pieni di boccoli. Socchiusi gli occhi, lasciandomi invadere dalle sue sensazioni. “Ma la lussuria e i soldi mi richiamarono, e come uno sciocco, ripresi la mia vita di sempre con l’aggiunta di Marie. Finché non mi scoprì. Mi trovò a letto con una donna, scoppiò a piangere immediatamente. Gli occhi le si riempirono di lacrime e scappò via. Cercai di inseguirla, sotto la pioggia battente ma era buio e non mi accorsi di essere finito proprio al centro della strada.”
“Una macchina ti prese e…” non finii la frase, mentre lentamente Blaze apriva gli occhi.
“E in un secondo fui al cospetto di Eros. C’era una luce abbagliante, riuscii a vedere solo dei boccoli neri e un sorriso triste, ero troppo confuso per capire. Mi risvegliai nel corpo di Bobby, con la consapevolezza di essere stato punito, con il rimpianto di non aver capito che Marie era la donna della mia vita”
“Blaze.. mi dispiace” balbettai, allungando la mano verso la sua guancia. Lui non si ritirò, poggiando maggiormente la guancia ruvida sul mio palmo.
Stupido Cameron.
“Scusa per l’imbarazzo..” borbottò.
Mi scappò un sorriso “Non ho visto molto, tranquillo”
Le sue labbra si distesero pure in un sorriso – minuscolo, ma sempre un sorriso –
“Non hai avuto molti ragazzi, vero?” ridacchiò, malizioso.
Arrossii di botto. Ritirando la mano, come scottata. Rizzai la schiena.
“Non sono affari che ti riguardano” sbottai, a bassa voce.
 
Le vacanze di Natale erano iniziate da solo una settimana, eppure io già ne ero stanca. Sotto l’albero i regali impacchettati venivano aperti, i parenti si riunivano a tavola, mangiando fino a scoppiare. Non provo più quell’atmosfera natalizia che prova mio fratello, la gioia nel sapere che Babbo Natale aveva mangiato i biscotti e bevuto il latte. La consapevolezza di non essere più una bambina si fece ancora più intensa, quando mio padre per far una sorpresa a Tomas bussò alla porta vestito di Babbo Natale. Perfino Blaze aveva ricevuto qualche regalo, croccantini provenienti da chissà quali paesi, collari colorati, palline e coperte in lana. Risi sotto i baffi quando mia zia Charlotte cercò di infilargli il collare rosso con i lustrini e lui scappò, con la coda tra le gambe.
“Non me lo metto nemmeno se mi paghi!”
Risi di gusto, rotolandomi nelle coperte.
Illuminata da un piccolo lumino nell’angolo più estremo della mia camera, vidi la testolina di Bobby alzarsi, le orecchie tendersi.
“Che ridi?” sentii chiaramente la sua voce nella mia testa, curiosa.
“Penso al tuo meraviglioso collare natalizio” risposi automaticamente, senza aprire bocca.
Mi sembra ancora strano parlare con lui in questo modo.
Bobby emise un piccolo sbuffo, abbassando la testolina chiara. “Divertente.” Borbottò.
Ridacchiai, poggiando le mani sulla mia pancia.
Che gonfia!
“Ho mangiato come un maiale” mi lamentai, a bassa voce.
La risposta fu immediata “Tu sei un maiale” sentii il suo tono di voce divertito.
Sbuffai “Divertente.” Lo imitai. “Ha parlato il cane con i brillantini sul collare”
“Non ho deciso io di mettermi sto coso!” sbottò infastidito, sentii le sue zampette tamburellare sul tappeto.
Sospirai “Sai.. ancora mi sembra impossibile.” Sussurrai, spostando lo sguardo sul soffitto scuro.
“Cosa?”
“Che riesco a vedere il filo, che ho un cane-protettore-guardiano, e che ho un nemico”
“Be’.. non dovrebbe essere proprio tuo nemico..”
“Lo so, lo so” mormorai veloce “solo che lui mi considera così” sospirai, ancora.
“Ti piace?” non sentii nulla, oltre alla sua domanda, nemmeno il mio cuore battere.
“No.”
“I tuoi pensieri non dicono lo stesso” disse, tranquillo.
“Una cosa sono i miei pensieri, un’altra è ciò che dico” borbottai, indispettita.
“Appunto!”
Mi misi seduta con uno scatto, sbattendo le mani sul materasso “Non mi piace. Ho una strana sensazione quando sto con lui, credo sia collegata al fatto che abbiamo lo stesso dono. Non avrò avuto tanti ragazzi, ma lo capisco quando mi piace una persona” incrociai le braccia al petto, aspettando la sua risposta.
“Io invece credo che lui stia usando i suoi poteri su di te”
“Cioè?” domandai, esasperata.
“Non te l’ho detto? Il discendente di Eros può fare innamorare due persone o farle innamorare di te stessa a suo piacimento, non importa il legame del filo che tiene unita quella persona con un’altra, il potere di Eros è più forte”
Spalancai la bocca. “Quanto dolore avrei potuto evitarmi!” quasi urlai.
“Già! Ad esempio con quel Paul…”
Arrossii “Stai zitto!” pigolai, mettendomi in ginocchio, indicai il buio “se fossi venuto prima!”
Sentii il suo collare suonare piano, e vidi a sua testolina alzarsi totalmente “Ma se mi avevi detto che-“
Lo scatto della portafinestra lo interruppe. Mi pietrificai, spostando lo sguardo sulla tenda che svolazzava grazie al vento gelido. Un brivido mi percorse la schiena, forse di freddo.
O di paura. E’ venuto ad ucciderti!
Bobby si avvicinò, cauto, annusando l’aria. Lentamente una figura enorme – di un uomo – iniziò ad avvicinarsi spostandosi sul balcone, scattai in piedi, a contatto con il pavimento freddo gelai ancora di più. Bobby ringhiò, allontanandosi. Feci due passi verso la porta, la figura continua ad avvicinarsi. Un altro, altri due. Mi voltai completamente cercando nel buio la maniglia ma una mano ghiacciata mi bloccò il polso e mi tappò la bocca.
Mugolai, dibattendomi. “Sssh.. Non vogliamo farci scoprire, giusto?”
Sbarrai gli occhi, riconoscendo la voce. Occhi di ghiaccio mi annusò l’incavo del collo, prima di togliere la mano sulla mia bocca.
“Cosa fai qui?!” sbottai, voltandomi. I suoi occhi azzurri sembravano illuminare la mia stanza.
Un altro brivido. Un sorriso leggero gli increspò le labbra
“Sono venuto a vedere cosa fa l’altra discendente” mormorò, con voce roca.
“Di notte? Ma tu non eri quello che volevi starmi lontano?!” puntai un dito contro il suo petto ricoperto da una felpa, rendendomi conto solo adesso di essere nella tuta enorme di mio padre. Arrossii, ringraziando l’oscurità.
“Non l’ho mai detto.” Sussurrò, e sentii il suo respiro caldo sulla mia bocca.
Rimasi in silenzio, senza parole.
“Cosa vuoi?” la voce irata di Blaze interruppe il silenzio, Cameron si voltò.
“L’ho appena detto.”
“Hai una buona immaginazione, ma come scusa non basta. Ti ha mandato Silver?”
Cameron ridacchiò, infilandosi le mani dentro la felpa, completamente a suo agio.
Questo qui è pazzo!
“Sono io quello che da ordini a Silver, non lei a me.”
“Ordini? Cos’è un animaletto domestico?!” sbottai, senza riflettere sulle parole. Mi schiaffeggiai mentalmente.
Vidi nell’ombra della mia camera Occhi di Ghiaccio alzare le sopracciglia, sorridendo leggermente.
“In poche parole…” non finì la frase.
Sentii le guance andarmi a fuoco, sbattei un piede sul tappeto, stizzita. “Anche loro sono persone, non sono animali. Questo ti è chiaro? Oppure la tua arroganza è così forte da bruciare ogni singolo neurone che ti rimane in quella testolina?” sibilai.
Spalancò gli occhi, per poi ridere tenendosi la pancia. “Sei divertente”
Mi abbassai allungando la mano sotto il letto, afferrando la mia arma segreta. Misi tutta la forza che avevo e un colpo di pantofola arrestò le sue risate. Mi guardò, più scioccato che divertito.
“Esci. Da. Casa. Mia.” Sillabai, dura. In sottofondo la risatina allegra di Blaze.
“Vorresti cacciarmi via con una ciabatta?” indicò con il mento, terribilmente serio.
Fa paura..
Alzai l’oggetto incriminato “Problemi?”
Non rispose, si limitò solamente a guardarmi con quei occhi così freddi, e magnetici.. basta!
Fece un passo in avanti, e prima che potessi dire o compiere qualche movimento mi ritrovai in una bolla nera, dove potevo chiaramente percepirne i contorni. Davanti a me Cameron continuava a fissarmi, molto più vicino.
“Tu non hai capito contro chi ti sei messa.” Sussurrò, senza smettere di fissarmi.
Deglutii, incapace di muovermi. “Io non mi sono messa contro ness-“
“Solo io sono il discendente di Eros.” Sbottò, cupo. “tu sei solo un fenomeno da baraccone, un esperimento di mio padre andato a male. Tu sei nulla in confronto a me.” Continuò avvicinandosi sempre di più finché la sua fronte non toccò la mia.
“Non ti lascerò in pace finché non rinuncerai, e credimi, non sarà per niente facile per te.”
Fu in un secondo, le mie palpebre iniziarono a farsi troppo pesanti, la mia bocca si schiuse automaticamente e le sue labbra furono sulle mie. Sentii il sapore del fumo sulla lingua, il sapore di qualcosa di fresco. Lo stomacò iniziò a contorcersi, le gambe iniziarono a tremare e prima che riuscissi a toccare terra con le ginocchia lui era scomparso, insieme alla bolla nera.
Ansimai, lasciando cadere la ciabatta.
“Rain?”
“Credo che tu abbia ragione.” Mi toccai le labbra, confusa. “sta usando i suoi poteri su di me.”
Scodinzolò, accucciandosi al mio fianco. “Stai bene?”
“Non hai visto la bolla? Perché non hai fatto nulla?” mi voltai come una furia verso i suoi occhietti neri, con le guance a fuoco.
“Te lo ripeto: non posso proteggerti da un discendente. E’ troppo forte.”
Mi toccai le guance, strizzando gli occhi.
“Che bastardo!” imprecai. “Vuole la guerra? E che la guerra sia!”
“Che vuoi fare?” domandò, uscendo fuori la lingua.
“Insegnami ad usare i poteri” 



Salve ragazze! Chiedo scusa per il ritardo.. ma questo per me è stato ed è ancora veramente un brutto brutto periodo! (mi scuso anche per la cosa oscena che ho scritto)
Spero che nonostante tutto il capitolo vi piaccia, e mi scuso ancora :)
Alla prossima, baci! :*
 

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Capitolo 7
*** i discendenti (parte uno) ***


Manca una settimana al ritorno a scuola, e invece di affrettarmi a completare i miei compiti delle vacanze sono qui ad allenarmi.
E chi l’avrebbe mai detto! Tu una tipa atletica!
“Devi semplicemente concentrarti e pensare a ciò che vuoi fare accadere!” spiegò, nuovamente Blaze, incrociando le braccia.
Si vedono i muscoli pure attraverso la felpa.. Rain! Concentrati!
Mi strinsi nella mia felpa grigia, nascondendo il naso sotto la sciarpa, chiusi gli occhi.
Immaginai una volata di vento, che scompigliasse quei capelli biondi praticamente perfetti che Blaze continuava ad aggiustarsi. Niente.
Sbuffai. “Non ci riesco!” piagnucolai, come una bambina.
Alzò gli occhi al cielo, esasperato. “Credo che stare qui impalati senza fare nulla non aiuti. Corriamo!”
Sbarrai gli occhi “No, è stancante..” sbottai, seria.
Alzò le sopracciglia “Credi che far innamorare la gente con un battito di ciglia non includa qualche sforzo fisico? Ti sbagli!” si scrocchiò le mani. “Andiamo!” mi intimò, iniziando a correre.
Storsi la bocca, e di malavoglia lo raggiunsi.
“Altri venti minuti!” Ansimò, Blaze davanti a me.
Gemetti “Tu sei pazzo!” urlai, zoppicando “nemmeno se mi paghi”
“Corri e chiudi il becco!”
Un’ondata di nervosismo mi prese – sicuramente dovuta al ciclo – ringhiai arrabbiata, beandomi dell’immagine del mio protettore con le gambe all’aria e il sedere per terra. Una fitta alla testa mi fece fermare, subito dopo un tonfo.
Esattamente come nella mia testa, Blaze si massaggiava il fondoschiena e gli occhi azzurri furiosi mi lanciavano fulmini. Scoppiai a ridere, accovacciandomi accanto a lui, mentre la fitta iniziava a farsi più intensa, e pian piano scompariva.
“Ci sei riuscita!” mi complimentò senza sorriso sul volto, con voce stizzita.
Non feci in tempo a controbattere che una spinta violenta mi fece cadere faccia a terra. Mugolai.
“Cosa ci trova in te non riesco proprio a capirlo” La voce infuriata di Silver era vicina, vicinissima.
“Silver!” urlò Blaze, mettendosi dietro di me. Mi voltai leggermente, reggendomi con le mani e la vidi. I capelli biondi arruffati, la faccia angelica distorta dalla rabbia, il naso arricciato.
“Togliti dai coglioni, Blaze. Non ti riguarda!” gridò, fissandomi.
Rabbrividii alzandomi, lentamente. “Silver, non provocarmi.” Sbottò, duro Blaze stringendo i pugni.
Per un attimo lo sguardo infuocato di Silver si spostò dal mio, e con un balzo disumano gli fu di sopra. “Se no che fai angioletto?” ringhiò, artigliandogli la gola.
Blaze per risposta, la spinse via, facendola schiantare contro un palo della luce che quasi si spezzò, traballando pericolosamente.
“Non voglio farti del male.” Blaze allargò le braccia, aggrottando la fronte.
“L’ho sentito.” Sussurrò, Silver a testa china. “il tuo odore… sulle sue labbra.
Mi morsi un labbro, mentre un brivido di piacere – decisamente inopportuno – mi fece contorcere le budella. Il mio protettore se ne accorse, e mi fece segno di no con la testa.
Non rispondere.
“Come hai osato..!” alzò il capo, reggendosi sulle ginocchia. Era di nuovo pronta ad attaccare, e sta volta l’obbiettivo non sarebbe stato Blaze.
“Non sono stata io!” urlai, mentre le guance mi andavano a fuoco“è stato lui! Smettila di farti i complessi da puttanella infelice. E parla con lui!”
Oh-oh.
“RAIN!” urlò Blaze, rimproverandomi.
Silver mi travolse come una furia, facendomi cadere di schiena, percepii il suo corpo sopra il mio. Vidi il suo pugno alzarsi velocemente, mugolai e strizzai gli occhi.
Basta!
Un colpo d’aria e l’esile corpo della protettrice venne scaraventato via. Silver strisciò indietro, raschiando con le unghie sul terriccio.
Allora funziona il mio potere!
Non è il momento, idiota.
Silver ripartì, lo sguardo accecato dalla rabbia, Blaze a travolse a sua volta, facendola cadere di fianco. Le afferrò i polsi, e mettendola faccia a terra la bloccò.
“Smettila di comportarti come una bambina, per l’amor del cielo!” digrignò i denti, cercando di tenerla ferma.
“Silver, non cambi mai” sussultai, alzando gli occhi.
“Jeremy, muovi il culo e vieni ad aiutarmi!” mugugnò Silver, sotto il peso del mio protettore.
Jeremy sorrideva sornione, con le braccia conserte dietro la schiena. Spostò lo sguardo su di me.
“Oh, un’altra discendente. Piacere mio” esclamò, arricciando il naso pieno di piccole lentiggini, il viso incorniciato da lunghi capelli castani, leggermente all’insù sulle punte. “non mi aspettavo che fossi così… carina.” Disse tranquillo. “Oh, ciao Blaze!” salutò allegrò, proprio come un bambino.
“Si può sapere dove eri finito?” dei passi veloci mi fecero voltare nuovamente. Un ragazzino con due occhioni verdi mi guardò, incuriosito.
“Matt” Jeremy si voltò, ancora più felice.
Inquientante.
“Lei è un’altra discendente, e loro due sono miei compagni! Non è un’incantevole coincidenza?” mi indicò.
Matt non sembrò sorpreso più di tanto, mi salutò con un cenno del mento. “Matt.”
Si presentò, scrutandomi “Rain.” Sussurrai, alzandomi da terra.
Perché sono tutti così belli i discendenti di Eros? Siamo sicuro che io sia una di loro?
“Come si sente ad incontrare un altro tuo simile?” mi domandò, mentre Matt si affiancava al suo protettore. Guardai il suo mignolo, non trovando nessun filo rosso.
Scrollai le spalle, indifferente. “Umiliata. Siete tutti così estremamente.. belli” commentai, storcendo la bocca “e comunque niente di nuovo, a parte che l’altro discendente e la sua protettrice vogliono uccidermi” indicai Silver, che stanca aveva poggiato la guancia contro il terreno e ci fissava, stufa.
Matt aggrottò la fronte, Jeremy scoppiò a ridere “Silver vuole ucciderti? Veramente?”
“Non si nota?” domandò ironico Blaze alzando un sopracciglio biondo.
“Perdonala, è sempre stata una tipa violenta. Ma in realtà se le dici quattro paroline dolci il suo cuore si scioglie come burro.”
“Ah davvero?” risi nervosa.
“Hai finito di agitarti come un pesce nella rete? Non ti lascio finché non ti calmi” sbottò, esasperato Blaze, tirandola indietro.
Silver strinse i denti, emettendo un piccolo lamento “Okay, okay… Non la toccherò!”
“Non mi fido.”
“Blaze mi stai spezzando la schiena, cazzo!” urlò quasi, Blaze mi guardò preoccupato lasciando i polsi della bionda che sospirò, poggiandosi nuovamente a terra.
“Per sta volta…” sussurrò.
 
“Hai incontrato la discendente femmina?” domandò mio padre, da dietro la poltrona in pelle.
Strinsi i pugni contro il divano “Si.”
“E dunque?”
“Cosa devo dirti?” alzò lo sguardo, incontrando quello del padre. Gli occhi grigi lo scrutavano, seri. Tomas storse la bocca, in segno di disappunto.
“Come è la ragazza?”
“Assolutamente banale. Non ha niente.” Fronteggiai il suo sguardo, il groppo in gola salì.
Vidi i suoi occhi stringersi, la mascella contrarsi. “Se è banale o no, lo dirò io. Tu portala qui, poi vedremo.” Disse tranquillo, lisciandosi la barba nera. “D’altronde, è una discendente, proprio come te Cameron.”
“Si.” Gli voltai le spalle, raggiungendo la porta e chiudendola.
Ringhiai, rabbioso allontanandomi nel corridoio buio.
 
“In tutto ci sono tre discendenti. Si narra, che essi facciano innamorare le persone legate dal filo rosso”
Poggiai il bicchiere vuoto sul tavolino, incrociando le braccia. “Dobbiamo girare per la città armati di arco e frecce con la punta a forma di cuore?” alzai un sopracciglio.
Matt sorrise, illuminandosi il viso che fin’ora era stato sempre serio.
Jeremy sbuffò, fingendosi offeso “Non proprio. Ma il vero compito dei discendenti è questo, guidare le persone verso le loro anime gemelle. Ma da generazioni nessuno lo fa più” sventolò la mano, guardando il suo protetto.
“E quindi?” domandai, stanca.
“Adesso i poteri di Eros vengono sfruttati in altri modi. Scopi personali, più che altro.”
Sai che comodità far innamorare qualsiasi ragazzo tu voglia?
Blaze mi ammonì con lo sguardo.
“Alcuni li usano in maniera.. sbagliata.” Sussurrò, Matt. Jeremy lo strinse a sé con fare protettivo. Vidi una dolcezza sconfinata nei suoi occhi.
Curiosa, mi rivolsi a Blaze “Tutti gli Dei possiedono una bellezza nota, e anche i suoi discendenti. Possiedono un’anima pura, limpida che non può essere scalfita da nessun peccato. Sono creature divine, che possono ottenere l’immortalità, in un solo modo.” Spiegò, facendo girare il tappo della bottiglia.
Una fitta mi prese lo stomaco, me lo toccai, nervosa.
“Il sacrificio di un altro discendente.” Sbottò Jeremy, fissando un punto dietro le mie spalle, con aria cupa.
Deglutii. “Non preoccuparti..” mormorò Blaze, stringendo le mie mani con la sua.
Lo guardai negli occhi. “Ci sarò io a proteggerti”
“Ed io proteggerò te..” sentii sussurrare Jeremy all’orecchio di Matt, ma non ci feci molto caso.
Aggrottai la fronte, mordendomi le labbra. Ripensando a quando quelle di Occhi di Ghiaccio le avevano toccate. Rabbrividii, spostando lo sguardo da quello di Blaze, impaurita che riuscisse a vedere ciò che mi passava per la testa. I miei occhi iniziarono a pizzicare.
Cameron, vuoi realmente uccidermi? 



Salve ragazze/i! Rieccomi con la nuova prima parte del capitolo 7 (si perché è troppo corto scusatemi^^) 
Entrano in scena due nuovi personaggi niente male, e scopriamo che i discendenti non sono due, ma bensì tre! Sorpresona. 
Avrete sicuramente notato un certo come dire... 'feeling' tra Jeremy e Matt, be', la sottoscritta ha voluto mettere una bella coppietta omosessuale. <3 E' la prima volta che ne scrivo ufficialmente, e quindi scusatemi se non riesco a descrivere bene certe scene, comunque.. avremo modo di conoscerli meglio! :) 
Conosciamo anche il padre di Cameron, Tomas. Vi dico già che non è un'uomo armato di buone intenzioni. 
Non sottovalutate Silver, anche se può sembrare cattiva in realtà come ha detto Jeremy ha veramente un cuore di burro, molto sensibile. 
L'altra volta ho parlato di Marie, l'amata di Blaze e mi sono scordata di mettere la foto.. quindi ecco qua: 
http://i46.tinypic.com/2zsxm3t.jpg
Ecco qui anche Jeremy: http://i47.tinypic.com/14k8l95.jpg
e Matt: http://i46.tinypic.com/8zo8wz.jpg
Un'altra foto di Rain: http://i47.tinypic.com/zv3ama.jpg
Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate dei personaggi, veramente tanto! :)) 
A presto, bacioni!

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Capitolo 8
*** i discendenti (parte due) ***


“Signorina Morgan!” La Brook mi richiamò, con quella odiosa vocina da zitella acida. “Vedo che è molto interessata alla mia lezione, la prossima volta perché non viene interrogata dato che l’argomento l’affascina così tanto?” ghignò, ironica, mentre si segnava la mia prossima interrogazione sul suo taccuino.
Non risposi, aspettando che ricominciasse a parlare.
Discententi. Eros. Occhi di Ghiaccio. Silver. Matt e Jeremy. Eros. Filo rosso.
Mi stropicciai gli occhi, stanca. Mentre tutte le spiegazioni di Blaze vorticavano attorno al mio cervello.
Presi il mio libro, lisciando la pagina pulita con la mano, alzai lo sguardo reggendo la penna verso Blaze.
Mi guardò divertito “Realmente ti segni tutte quelle cose?”
Annuii, scrollando le spalle. “Mi aiuta a ricordare.”
Alzò le sopracciglia, prendendo fiato “I prescelti, sono i discendenti in linea diretta da Eros, o meglio ancora il famoso Cupido. Essi sono protetti dai loro protettori, un legame mentale e fisico li lega.”
“Aspetta, aspetta.. Fisico?” lo interruppi, alzando la penna dal foglio.
Annuì “Fisico. Se in caso dovessero pugnalarmi allo stomaco tu sentiresti dolore nello stesso punto. Funziona così anche per le emozioni forti come la rabbia, tristezza o eccitazione” spiegò.
“Ah” balbettai incerta “ok.. continua” ripresi a scrivere
“I discendenti possono ottenere l’immortalità sacrificando un altro discendente appartenente solo alla stessa linea. I prescelti hanno dei poteri, nel tuo caso o in quello di Cameron e Matt la capacità di far innamorare qualsiasi persona si voglia, la bellezza naturale e la capacità di attrarre più gente.”
Risi divertita “Sai, credo proprio che il mio potere riguardante l’attrazione non funzioni proprio!” Alzai lo sguardo, trovando un Blaze alquanto scettico.
“Perché ancora non hai provato a ‘stregare’ qualcuno” Virgolettò, con le dita.
“E come si fa?” domandai, curiosa.
Ghignò, avvicinando il viso al mio “Lo devi guardare negli occhi, sbattere le ciglia, e concentrarti”
Strizzai gli occhi, mentre lui si allontanava ridendo. “Non prendermi in giro!” mi lamentai.
Alzò le mani, senza smettere di ridere.
 Adoro il modo in cui i suoi occhi si curvano quando ride o sorride.
“Perché non provi?”
“E’ una sfida?” assottigliai lo sguardo, fingendomi offesa.
Rise “Prova!”
La campanella suonò, facendomi sobbalzare sul posto.
“Rain sembri veramente distrutta. Le vacanze di Natale non ti hanno aiutata per niente?” Mi domandò Denis raccogliendo i suoi libri. I suoi occhietti scuri mi fissavano, curiosi. Strinse i suoi libri al petto, e riuscii a vedere il suo filo svolazzare leggiadro, come per avvertirmi della sua presenza.
“Per niente” ripetei, trascinando i piedi fino al mio armadietto, storcendo la bocca.
Oggi sembra che tutti i fili rossi vogliano farsi vedere.
Una ragazza bionda salutò un’altra rossiccia, muovendo energicamente la mano mostrando il suo filo. Mani che salutavano, chiudevano gli armadietti, armeggiavano con il cellulare, che si stringevano tra di loro.
Ad un certo punto una piccola fitta mi immobilizzò, proprio di fronte a Occhi di Ghiaccio, poggiato all’armadietto. Rabbrividii istantaneamente, le sue minacce iniziarono a perforarmi il cervello, ricordandomi. Lo guardai con sguardo di sfida, per nulla intimorita. E poi quello sguardo penetrante mi entrò dentro, facendomi vacillare per un attimo. Sbatté le ciglia, e intorno a me tutto iniziò a muoversi a rallentatore.
“Lo devi guardare negli occhi, sbattere le ciglia, e concentrarti!”
Trattenni il respiro, stringendo i denti.
“Prova!”
Spalancai le palpebre, concentrandomi sulla differenza tra il nero intenso della pupilla e dell’occhio, memorizzai ogni suo singolo particolare come il piccolo neo che aveva appena sotto la bocca, le ciglia lunghe, la bocca chiusa e rigida, l’espressione costantemente seria e cupa. Mi domandai come una persona potesse vivere tutto il giorno senza mostrare un sorriso, o fare una piccola risata. Inclinai il capo senza rendermene conto.
Vidi la freddezza nei suoi occhi e mi chiesi se fosse stato sempre così, freddo come i suoi occhi, con nulla capace di scalfirlo. Vidi i suoi occhi socchiudersi lentamente, si spostò dall’armadietto e si voltò completamente verso di me, togliendomi la visuale del largo corridoio.
Aggrottò le sopracciglia, deciso, e sentii come una scossa partire dal contatto dei nostri occhi fino al cervello. Storsi leggermente il naso, infastidita.
Volevi la guerra? Eccola!
Tentennò per un secondo, prima di avvicinarsi ancora di più quasi fino a sfiorare i nostri nasi. La fitta si fece più intensa, e le orecchie iniziarono a fischiare leggermente. Strinsi i denti, immergendomi completamente in quel mare di ghiaccio. Sentii il cuore pulsare frenetico, le farfalle agitarsi dentro lo stomaco. Una parte di me brama disperatamente quelle labbra a pochi centimetri dalle mie, mi supplica, il suo sguardo mi attira.
Sbatto leggermente le ciglia, incurante del dolore alla testa, e aumento ancora di più l’intensità avvicinandomi ulteriormente. Arrivo a toccare il suo petto con le mani, a sfiorare i suoi avambracci. Mi accarezza leggermente la schiena, aprendo completamente il palmo.
Socchiudo la bocca, respirando leggermente. Improvvisamente la fitta scompare, i suoi occhi si chiudono davanti i miei, la sua bocca si posa sulla mia.
Vittoria! Vittoria!
Sento subito il sapore del fumo, la sua lingua cerca la mia che frenetica risponde immediatamente. Questo contatto tanto desiderato si interrompe subito, si allontana da me, guardandomi spaesato, subito dopo infuriato.
Si, ho vinto! Problemi?
Metto da parte la delusione, e sorrido, contenta.
“Non sarà facile nemmeno per te, discendente.” Sussurrai.
Sorpreso spalancò gli occhi, mentre un ghigno gli apriva le labbra che fino a pochi secondi fa erano sulle mie. Desiderai ancora di sentirne la morbidezza.
Si voltò, senza smettere di ghignare e svoltò l’angolo nello stesso momento in cui la campanella che annunciava la fine della ricreazione.
“Blaze!”lo chiamai mentalmente, urlando quasi. Corsi fuori da scuola, svoltando velocemente a destra. Vidi il mio autobus svoltare l’angolo, ma non me ne importò tanto, troppo presa dall’euforia.
“Cosa?”rispose, allarmato.
Ridacchiai, esaltata. “Ho vinto!”
“Che hai vinto?”domandò, non capendo.
“Ho stregato Cameron! Non ti immagini che faccia aveva!”
“Cosa?!” urlò, e dal tono della sua voce mi sembrava più arrabbiato che sorpreso.
“Si, ci sono riuscita!” esultai, coprendomi la bocca che non smetteva di sorridere con la sciarpa, una signora mi guardò aggrottando la fronte.
E si, ma adesso non ti esaltare troppo. Te la farà pagare.
Oh, stai zitta stupida voce! E’ il mio momento di gioia.
“Tu sei completamente pazza!” mi sgridò “sai che adesso saranno cazzi?!”
Sbuffai, alzando gli occhi al cielo. Continuai a camminare dirigendomi verso casa.
“Anche tu?” domandai, scocciata.
“Anche io? Rain, è figlio di un altro discendente che non ha buone intenzioni!” gridò. Me lo immaginai nel fare avanti e indietro nel salone di casa sotto gli occhi curiosi di Tomas.
“Ma poi, di tutti i ragazzi in quella scuola proprio lui?”
“Era una vendetta” mi giustificai.
Lo sentii sospirare. “Comunque, torna a casa per favore!” mi supplicò “Tomas mi sta torturando!”
Risi, attraversando un incrocio. Una fitta mi prese in pieno.
Mi fermai, reggendomi la testa con le mani, chinandomi in avanti.
“Rain?” 
La vista iniziò ad annebbiarsi, l’udito iniziò a farsi sempre meno chiaro. Sentii la voce di una signora chiedermi cosa avevo, poi qualcuno gridare di chiamare l’ambulanza.
“Oh cazzo, cazzo! Rain!” Urlò Blaze, in preda al panico.
 La vista mi si annebbiò totalmente, e prima che la mia guancia toccò terra una voce familiare disse “Non si preoccupi, la conosco.”
 
Mi svegliai di soprassalto, affondando le unghia nei cuscini candidi ai miei lati. Mi guardai attorno spaesata. Il mio zaino era proprio accanto ad una grande portafinestra, le tende bianche ordinatamente legate ai lati. La stanza era color avorio molto chiaro, arredata con mobili di legno bianco raffinati e moderni allo stesso tempo. Scesi dal lettone matrimoniale, facendo cadere qualche cuscino, misi le converse e di fretta e furia frugai nelle tasche del mio zaino cercando il cellulare.
Uno scatto mi immobilizzò. “Cerchi questo?” mi voltai, fulminando Occhi di Ghiaccio che reggeva tra il pollice e l’indice il mio telefonino.
“Sai che questo è rapimento?!” urlai, isterica. Senza aspettare risposta mi avventai sopra di lui.
Cameron ridacchiò divertito, mentre senza sforzi con una mano afferrò il mio fianco alzandomi leggermente, e con l’altra – con la quale teneva anche il mio telefono – chiuse la porta a chiave.
“Lasciami!” iniziai a calciare, dare pugni, ma sembrava che nulla gli facesse effetto. Mi guardava con quella faccia da ebete – meravigliosa faccia da ebete – con un sorrisetto divertito. Gli occhi freddi sembrava che brillassero, un’espressione dolce gli accarezzava il volto.
“Ma sei bipolare, per caso?! Mi porti qui per farmi uccidere e mi fissi con questa faccia da cane bastonato!” sputai fra i denti.
Cameron in tutta risposta avvicinò il suo viso al mio, facendo scontrare i nostri nasi. Mi irrigidii, mentre un formicolio mi attraversava lo stomaco.
“Sei proprio strana.” Sbottò, improvvisamente. “dovresti essere spaventata, pregarmi di non ucciderti. Dovresti aver paura di me. Invece no..” finì con un sussurro, aggrottando la fronte.
“Non lo so nemmeno io.” Risposi, assorta. “non sei cattivo..” mormorai, osservando il suo viso cambiare d’espressione. Sorpreso, divertito, poi cupo.
Finalmente, fece poggiare i miei piedi sulla moquette. “Andiamo.” Afferrò il mio polso, e mi guidò fuori dalla camera, percorremmo un lungo corridoio percorso da metri e metri di tappeto con figure di fiori e piante. Poi svoltammo a destra, e bussò alla terza porta a sinistra.
“Avanti.” una voce maschile ci invitò ad entrare, e Cameron prima di stringermi il polso sbarrò la porta, per poi chiuderla alle mie spalle.
Un uomo sulla cinquantina quasi, mi fissava con le mani giunte davanti la bocca, gli occhi grigi simili a quelli di Cameron emanavano una luce strana, quasi inquietante, i capelli corti erano leggermente lucidi. Un uomo bello quanto inquietante.
“Ciao Rain.” Si alzò dalla poltrona, mostrando un sorriso amichevole. Cameron rigido più di me mi trascinò davanti la sua scrivania, e da vicino sembrò ancora più bello, quasi un Dio greco.
“Io sono Booker De Franchi, desolato di conoscerci in questa maniera” Mi porse la mano, senza esitazioni l’afferrai, trovandola gelida. Lo stesso sguardo divertito del figlio gli illuminò gli occhi.
“Sei una ragazza sveglia e coraggiosa, notevole da parte tua.” Mormorò, risedendosi.
“Cosa vuole da me?” domandai, sapendo già la risposta.
“Blaze!”
“Evita di chiamarlo, riesco a sentire sai?” Sobbalzai, sentendo la voce di Silver al mio fianco.
Mi guardò con quel faccino angelico. Rabbrividii.
Sono nella merda.



Buondì ragazze/i! Eccovi l'altro capitolo, e come al solito spero che vi piaccia! 
Non ho altro da dirvi, a parte che ho creato una pagina su facebook Il regno delle mele (nome stupido, lo so.) https://www.facebook.com/IlRegnoDelleMele?ref=hl
Non è granchè, è solo per avvertirvi e aggiornarvi su quando usciranno i nuovi capitoli (o quando usciranno nuove storie se vi interessa) dato che non seguo un vero e proprio schema, ma pubblico quando riesco a terminare i capitoli e come avete visto alcune volte o ritardo troppo, o pubblico troppo velocemente. Vi avverto che la pagina non rimarrà se non ci dovesse essere nessun intervento o altro, perché a quel punto sarebbe inutile. XD comunque, vi auguro un buon rientro dalle vacanza ç_ç 
bacioni!
 

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Capitolo 9
*** risveglio ***


“Be’, il tuo protettore ti avrà sicuramente avvertito dei pericoli che minacciano un discendente, no?” domandò Booker, con un tono decisamente sarcastico. 
Deglutii, stringendo i pugni. Con la coda nell’occhio vidi Cameron abbassare lo sguardo, stringendo la mascella.
Non risposi. Mi limitai a fissarlo, gelida.
Booker fece un sorrisetto inquietante, come se avessi appena detto una cosa divertente.
“E’ davvero un peccato… sprecare una così bella ragazza” mormorò.
Non feci in tempo a rispondere, che una fitta mi devastò, facendomi cadere sulle ginocchia. Mi accovacciai, stringendo la testa tra le mani.
“No!” sbottò Cameron, la fitta non diminuì. “possiamo usare altri discendenti. Perché lei?”
“Se non fossi mio figlio, potrei anche usare te di quanto sei inutile” Sibilò Booker, con voce dura.
Gemetti.
“Almeno avresti potuto rendermi fiero, sacrificandoti!” continuò, alzando la voce. Cameron non  rispondeva. “Figlio ingrato! Sei vivo solo grazie a quella puttanella di tua madre!”
Sentii le orecchie fischiare, il viso andarmi a fuoco. Strinsi i capelli tirando leggermente.
“Che pezzo di merda…” sussurrai, con voce rotta.
 
Improvvisamente la mia rabbia si tramutò in sorpresa, istintivamente allentai i pugni, pronti a colpire il viso di mio padre, che si voltò verso quel fagottino accartocciato su se stesso, incredulo.
“Sai solo gridare e blaterare cose inutili” continuò, lasciando cadere le mani sul tappeto. Lentamente alzò la testa, e lo fissò, gli occhi iniettati di sangue le labbra seppur leggermente sorridenti si storcevano in una smorfia di dolore.
Silver la guardò e aggrottando la fronte, provò a caricare ancora la dose ma Rain rispose con una smorfia più accentuata.
“perché non sacrifichi il tuo culo, bastardo?” domandò, rabbiosa.
Vidi il volto di mio padre sbiancare, ma fu una questione di secondi, la maschera di cera ritornò aprendosi in un sorriso.
“Sei una ragazzina notevole. Come puoi resistere alla pressione di un protettore?”
“Rispondi alla mia domanda, cane” disse tra i denti, sgranando gli occhi verdi.
“Silver basta.” Sbottai. Silver mi guardò, sgranando gli occhi furiosi. “Basta!”
Lanciò uno sguardo a mio padre che annuì. La mia protettrice abbassò lo sguardo, arrabbiata e ferita allo stesso tempo. Sentii la sua tristezza sulla mia pelle, un forte bruciore allo stomaco.
Rain chiuse gli occhi lentamente, lasciò cadere nuovamente la testa sul pavimento, svenuta.
“Riportala in camera” ordinò Booker a Silver, pensieroso mentre con la sua solita lentezza si accomodava sopra la poltrona in pelle. Fissò un punto davanti a lui, con sguardo gelido. “non utilizzeremo lei per il rituale.” Sussurrò.
“Cosa?” sbottai.
“E’ troppo interessante per essere un banale sacrificio.” Le labbra si aprirono in un ghigno lento e inquietante.
Per la prima volta in vita mia rabbrividii, sconcertato.
“Torna anche tu in camera, Cameron. Chiamami Charles.” Sbottò, senza gentilezza. E nello stesso modo mi allontanai, senza rispondergli, sbattendo la porta alle mie spalle.
Che gran figlio di puttana!
Sentii la rabbia corrodermi, le mani prudere, lo stomaco bruciare ardente. Avrei sferrato volentieri un pugno ben assestato a qualcosa, a qualcuno.
Proseguii a passo svelto, diretto verso la statua in marmo bianco di mio padre alla fine del corridoio, ma gli occhi verdi di Rain mi immobilizzarono. Appoggiata allo stipite della porta, con espressione dolorante mi guardava.
Cosa le hai fatto? Non ti senti incolpa?
Per un attimo un fulmine di rabbia le trapassò gli occhi, poi di paura.
“Come stai?” le chiesi, freddo.
Vidi la sua espressione cambiare, da impaurita a delusa, da delusa a sfacciata. Con quel suo atteggiamento superiore, e come se fosse su un piedistallo guardandomi dall’alto nonostante il dolore appena provato non mi rispose.
Si staccò dallo stipite incerta sui suoi stessi piedi, nemmeno mi guardò mentre zoppicando mi superò. Una fitta mi attanagliò lo stomaco e involontariamente le afferrai il polso, impedendole di continuare.
Mi fulminò, furiosa, strattonando il braccio con tutta la forza che le rimaneva.
“Non puoi andare, sei ancora troppo debole..” le sussurrai. E stranamente sentii sollievo nel pronunciare queste parole.
“Preferisco morire in mezzo alla strada, piuttosto che per mano tua.” Sibilò, stringendo la mascella.
Aumentai la presa sul suo polso “Non puoi andare.” Ripetei, deciso.
“Non dire cazzate!” alzò la voce, accusandomi con lo sguardo “non ti importa niente della mia salute! Mi hai trascinata qua senza il mio volere, dinnanzi a quel pazzo di tuo padre, la tua protettrice mi ha spappolato il cervello e cosa mi dici ora? Sei ancora troppo debole!” Mi scimmiottò.
Ha ragione. Ma una vocina nella mia testa si oppose, dichiarando il contrario. Perché?
La trascinai verso di me, osservando i suoi occhi grandi spalancarsi ancora di più mentre la sollevavo. Il mio corpo al contatto con il suo si rilasso impercettibilmente.
Non si oppose, forse per la troppa stanchezza, forse perché era ciò che desiderava e arrendendosi poggiò la testa contro il mio petto chiudendo gli occhi. Avvolsi un braccio sotto le sue ginocchia, e voltai le spalle riportandola nella camera dove si trovava prima. La adagiai sui cuscini bianchi, sentendola sospirare. Aprì leggermente gli occhi fissandomi stanca.
“Tuo padre..” sussurrò “è un pezzo di merda.” Ridacchiai. Le accarezzai la gamba magra ricoperta dai jeans, il ginocchio, il polpaccio fino a scendere alla caviglia le slacciai le scarpe buttandole a terra.
“Adesso dormi. Il mal di testa passerà presto.”
Si girò su un fianco, rannicchiandosi su se stessa si massaggiò una tempia. La vidi così piccola e indifesa che automaticamente la mia mano si andò a posizionare sulla sua schiena, compiendo movimenti circolari “Non ignorarla.”
Aggrottai la fronte, confuso. “Silver. Non ignorarla” biasciò con fatica. “c’è sempre un legame tra di voi.. che tu lo voglia.. o no.”
Sorpreso, la vidi rilassarsi al mio tocco e pian piano il suo respiro si fece sempre più profondo e rilassato.
“Perché ti fidi di me, Rain?” sussurrai. Come puoi fidarti di me? Dopo che ho tentato di ucciderti, dopo tutto questo..
Mi alzai lentamente, per evitare di svegliarla. Aprii la porta ma appena misi un piede fuori dalla stanza la sua voce mi fermò “Non lo nemmeno io.” Chiusi alle mie spalle, mentre un calore improvviso mi prese lo stomaco, risvegliando una sensazione che dormiva supina da anni.
Mi sorpresi del fatto che riuscissi a provare ancora sentimenti del genere, e che col passare del tempo non fossero spariti del tutto. Un barlume della mia vecchia coscienza mi gridò di andare a cercare la mia protettrice.
“Silver.” Chiamai, ascoltando il silenzio del corridoio.
“Perché mi fai questo, Cameron?” la voce spezzata, i battiti del cuore accelerati, gli occhi mi pizzicarono. Stava piangendo. La vidi inginocchiata accanto al corpo di Adam, i suoi occhi neri senza vita facevano quasi male. Poi di nuovo, una vasca piena di liquido roseo.
Strinsi le mascelle, preoccupato.
Girai l’angolo, dirigendomi verso il balcone della sala principale. Trovai la finestra aperta e le tende pesanti rosse svolazzare intorno. Silver era seduta sul bordo della balconata, abbracciandosi le ginocchia.
Mi avvicinai, vedendo il suo corpo tremare ad ogni singhiozzo.
“Mi rimpiazzi per quella umana” ringhiò, singhiozzando subito dopo.
“Anche io sono umano, Silver.” Voltò rabbiosa il viso dall’altra parte, stringendo i pugni tremanti. Le afferrai il polso, accarezzando leggermente le cicatrici bianche che lo ricoprivano.
“Tu non sei innamorata di me.” Dichiarai. Spostò il suo sguardo sorpreso dentro il mio.
“Cosa dici?” balbettò. “Si.. invece.”
Scossi la testa, deciso. “Tu hai paura di perdermi, come hai perso Adam” i suoi occhi vacillarono, riempiendosi nuovamente di lacrime. “ma non mi ami. Lo sento Silver. Tu sei legata a me.. ma non in quel senso”.
Impaurita come un gattino, aggrottò le ciglia. “Non è vero” protestò, leggermente.
La tirai giù dalla balconata, strofinandole le braccia nude infreddolite.
“Scusa.” Sussurrai, alzando gli occhi verso il cielo scuro.
“Eh?” mormorò, sorpresa.
“Non sei solo un animale..” dissi, con imbarazzo pensando alle parole di Rain “sei la mia protettrice”
Osservai le sue labbra curvarsi leggermente in un sorriso stanco, affondò la testa nel mio petto, sospirando un ‘grazie’.
 
 
Aprii leggermente gli occhi, infastidita dalle prime luci del mattino. Sbadigliai, stiracchiandomi.
Sorrisi sentendo la testa leggera, senza quel peso insopportabile e acuto del mal di testa.
Un momento… Oddio!
Mi misi seduta di scatto, trovandomi di nuovo nella stanza dove Cameron mi aveva portata prima che svenissi letteralmente aggrappata alla porta. Riconobbi solamente le mie converse ai piedi del letto poste disordinatamente, e uno sguardo intenso azzurro.
Silver mi stava osservando curiosa, appollaiata sulla poltrona bianca proprio davanti a me, con l’ombra di un sorriso sulle labbra rosee. Come al solito sembrava un angelo con quei lunghi capelli perfettamente ordinati sulle spalle, che in confronto ai miei sembravano un nido d’uccelli.
Un momento ancora. Silver mi fissa senza lanciarmi occhiate di fuoco?
“Cosa?” balbettai “basta mal di testa per favore!” supplicai quasi, mordendomi il labbro. Alzò un sopracciglio, offesa.
“Non ho nessuna cattiva intenzione, almeno per ora” sbottò, incrociando le braccia al petto.
Sbarrai gli occhi “Che ore sono?!” urlai.
Sbatté le ciglia più volte “Le sette e un quarto.. perché?”
Mi misi le mani nei capelli “Mia madre!” gridai, guardando fuori dalla finestra il sole che illuminava il cielo stranamente azzurro come gli occhi che mi fissavano, divertiti.
“Cameron le ha mandato un messaggio con il tuo telefono, dicendole che andavi a dormire da una amica” spiegò, alzando le spalle.
“Ah.” Sospirai.
“Scusa.”
“Come, scusa?” domandai, accigliandomi.
Sbuffò, seccata. Non le piace scusarsi. “Scusa” ripeté infastidita “ho esagerato ieri sera.”
Oh-oh. Si è scusata, capito?
La mia vocina interiore esultò, presuntuosa. Per un attimo la zittii, verificando se il suo sguardo fosse abbastanza sincero e sorprendendomi lo era. Che un miracolo mi avesse aiutata?
“Be’, se vuoi fare colazione giù c’è qualcosa da mettere dentro lo stomaco. Altrimenti lì c’è il bagno” indicò alla sua destra.
Uscii dalla stanza lasciandomi sola con i miei pensieri.
Che fosse cambiata? E se realmente lo fosse, cosa è stato a farla cambiare?
Non sono affari tuoi, sh.
Scrollai le spalle, sbadigliando e con la lentezza di un bradipo mi tolsi i vestiti del giorno prima e con mio estremo sollievo mi lavai e insaponai per bene lasciando che l’acqua calda facesse il suo lavoro.
Misi un paio di jeans e un maglione largo che mi lasciava la spalla scoperta, trovati nel mobile accanto alla doccia, asciugai i capelli ripensando alla sera prima. Al modo in cui Cameron mi aveva guardata, o toccata e avvampai senza una ragione precisa.
Magari è il phon puntato sulla faccia.
“Allora, fino a quanto vuoi rimanere li a contemplarti? Dobbiamo andare a scuola” sobbalzai.
Occhi di ghiaccio portava una semplice felpa e un paio di jeans ma come al solito sembrava estremamente bello.
Borbottai qualcosa, sorpresa dallo spavento, poggiando il phon sul lavabo lo fulminai.
“Oh scusa rapitore, se non sono stata abbastanza veloce!” mugugnai con vocina acuta.
“Andiamo!” sorrise, prima di scomparire dietro la porta. Lo seguii a ruota.
“Andiamo? Cosa? E come?” domandai, sbarrando gli occhi.
Mi lanciò il giubbotto e lo zaino, aprii la porta, imboccò il corridoio e scese le scale. Mi sorpresi nuovamente di quanto quella casa fosse grande.
“Hei!” protestai, quando uscii dalla porta di casa.
Girò a sinistra imboccando un vialetto in pietra circondato da fiori – rose forse – diretto verso quello che doveva essere un mini garage. Si inginocchiò velocemente, lasciandomi osservare la sua schiena larga e possente. Poi aprii, lasciandomi ammirare le due moto lucide e dall’aspetto nuove.
Si avvicinò a quella blu elettrico infilando le chiavi nella apposita fessura l’accese, facendola rombare.
“Andiamo a scuola con la moto?” domandai, incredula.
“Si. Qualche problema?” ridacchiò, lanciandomi una veloce occhiata mentre da un armadietto in legno uscì un casco nero e uno blu identico alla tinta della moto.
Mi porse quello nero, mentre usciva la moto sul vialetto in pietra, chiuse il garage alle sue spalle e indossò il casco blu.
“Vuoi rimanere lì impalata?”
Sbuffai, misi il casco e mi accomodai dietro di lui.
“Non andare forte” sbottai, rigida. Mentre con molto imbarazzo avvolgevo le braccia attorno al suo busto, con la consapevolezza di avere voluto sempre questo. 


 


Salve ragazze/i! Scusate per l'immenso ritardo ma c'e voluto un po' per partorire sto capitolo ma ce l'ho fatta! 
Iniziamo a vedere qualche piccolo pezzo del passato di Silver, ed a capire un po' i sentimenti sia di Cameron che di Rain. 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e come al solito aspetto qualche vostra recensione per sapere cosa ne pensate. 
Bacini, :*

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Capitolo 10
*** In pericolo ***


Mi accorsi di essere arrivati solo quando Cameron mi puntellò sulla coscia, chiedendomi di alzarmi. Scesi frettolosa dalla moto, e con un gesto meccanico mi sfilai il casco guardandomi attorno, e constatando con orrore che tutta la scuola ci osservava. Chi sorpreso, chi curioso, chi infuriato. Specificamente solo una persona ci guardava infuriata. Gaia artigliava con quelle sue unghie laccate di rosa antico la tracolla della sua borsa, le labbra coperte di lucidalabbra strette in una linea dura, sentii la potenza del suo sguardo perforare la mia figura. Abbassai gli occhi, imbarazzata. 
“Per forza qui dovevi parcheggiare?” spostai lo sguardo su di lui, per tenermi occupata. Cameron si scostava i capelli appiccicati sulla fronte dal casco, mi guardò di profilo, ridacchiando.
“Si.” Scrollò le spalle, incatenò la ruota della moto, prese il mio casco e sempre seguendomi con lo sguardo entrò nell’edificio. “Hai paura che la gente creda che ci sia qualcosa tra di noi?” domandò, con una punta di ironia che per un nanosecondo mi trapassò il cuore.
Lo fissai, scettica. “Non la gente. Ma la ragazza. Sai, non voglio altri problemi con quell’ochetta” risposi guardando alla mia destra. Non mi andava di guardarlo negli occhi.
“A me non interessa” sussurrò. Sbarrai gli occhi, puntandoli nei suoi che soddisfatti ricambiavano. “Come mai oggi la signorina vuole evitarmi? Fino a pochi giorni fa non credo che questo contatto ti impaurisse” schioccò la lingua, riferendosi alla mia piccolissima sfida.
Arrossii di botto, aggrottando le sopracciglia. “E’ una tua impressione.”
Si fermò al suo armadietto, e veloce come un fulmine posò i caschi e prese due o tre libri non ci feci caso, perché proprio in quel minuto Violet sbucò dal corridoio e sbigottita prima fissò lui poi me, facendo facce strane. Risi di gusto.
“La tua amica ti vuole?” Occhi di Ghiaccio mi fissò, quasi con una punta di tristezza improvvisa  negli occhi.
Perché?
Annuii, facendomi nuovamente seria.
Cosa fai, stupida?! Rimani con lui.
“Be’.. ci vediamo, e grazie” balbettai, voltando le spalle per raggiungere la mia amica che mi tempestò di domande fino all’arrivo in classe.
 “Sono tornata!” sospirai, buttando la cartella a terra. Nemmeno feci due passi che Bobby mi saltò addosso, iniziando ad abbaiare come un forsennato.
“Bobby ha sentito molto la tua mancanza!” mia madre sbucò da dietro la cucina sorridente, e per un attimo mi trapassò il pensiero che non avrei potuto più rivederla se le cose fossero andate diversamente. “è pronto a tavola.”
“Perché non rispondevi?!”feci una smorfia, annuendo a mia madre. Una fitta mi ghiacciò il cervello e fu più doloroso del solito, colpa forse di Silver.
“Non riuscivo a sentirti. E’ stata Silver.” Spiegai, mentre con calma affondavo la forchetta nella pasta.
“Dannazione! Mi sono preoccupato da morire, cazzo.”  Imprecò, sistemandosi al mio fianco. Sentii il suo pelo strisciare contro la gamba coperta dai jeans.
“Mi ha chiesto scusa.”
“Chi?” domandò sbigottito.
“Silver.”
Una risatina si sprigionò nella mia testa“Impossibile”
“Be’, allora ero sotto effetto di qualche sostanza” sbuffai “il padre di Cameron vuole sacrificare qualche discendente per l’immortalità. Prima voleva me… ma mi ha ritenuta troppo ‘speciale’ per essere sacrificata”
“Allora chi vuole?”
“Non saprei..”
“Dovremo avvertire Matt” non era una domanda. Mi morsi un labbro, aggrottando le ciglia preoccupata.
 
“Adesso parla!” la vocina fastidiosa di Gaia mi riportò alla realtà. Sbuffai, spostando lo sguardo dal mio riflesso aprii il rubinetto, sciacquandomi le mani.
“A cosa ti riferisci?” cercai di non gridarle in faccia, o almeno di non prenderla a schiaffi. Ma era abbastanza difficile guardandole quella faccia da pesce lesso.
“Lo sai benissimo!” strillò con voce acuta. Aspirai forte dalla bocca stringendo i denti.
“Senti miss succhia cazzi, non è giornata okay? Smamma!” sbottai, afferrando un fazzoletto dalla tasca posteriore dei jeans. Si avvicinò rumorosamente con quei tacchi almeno di 20 centimetri.
“Dov’è Cameron? Tu se sai sicuramente qualcosa!” mi alitò in faccia. Mi iniziarono a prudere le mani, mi allontanai facendo un passo indietro, trattenendo una smorfia mentre uno strano formicolio si allargava dentro il mio stomaco.
Gelosa?
Sempre nei momenti meno opportuni!
Cameron era sparito.. da quasi 4 settimane. Non si avevano notizie dato che nessuno aveva mai avuto contatti con lui, esclusa io e lei. Sospirai.
“Non lo so.” Risposi, stizzita feci un passo avanti ma lei mi parò l’uscita.
Storse le labbra impasticciate orribilmente di lucidalabbra rosa, fulminandomi.
“Brutta puttana! Vuoi tenertelo tutto per te, eh?!” Urlò.
Avvampai, stringendo i pugni. “Anche se fosse? Lui non è tuo!” ringhiai.
Oh! Perfetto, ti comporti anche tu da ragazzina gelosa?
 Vidi la sua mano alzarsi, pronta a darmi uno schiaffo, ma prima che poté toccare la mia guancia un’altra mano la fermò. Spalancai gli occhi, sorpresa, mentre Gaia altrettanto sbigottita squadrava Blaze da capo a piedi formando una O con quelle labbra disgustose.
“Cosa ci fai qui?!” sibilai, quasi mi uscirono gli occhi fuori dalle orbite.
Blaze lanciò un’occhiata di disgusto all’oca, che ricambiò cambiando improvvisamente umore si sistemò una ciocca bionda dietro l’orecchio, addolcendo lo sguardo.
Patetica.
“Dobbiamo sbrigarci!” lasciò il polso di Gaia, afferrando con foga il mio mi trascinò fuori dal bagno delle donne della mia scuola.
“Cosa? Ma ho lezione!” protestai. Sentii i tacchi di Gaia dietro le mie spalle.
“Si tratta di lui!” Imboccò il corridoio principale.
Trattenni il respiro.
“Cameron?!” Strillò l’ochetta dietro “dov’è?!”
E’ in pericolo!
Non rispose, ma aumentò il passo procedendo verso il parcheggio. Un SUV bianco ci aspettava proprio di fronte al cancello della scuola, Blaze raggiunse il veicolo a grande falcate e poi spalancò lo sportello.
“Hei Rain, come va?” domandò allegro Jeremy al posto del guidatore, mentre Blaze saliva.
 “Non è il momento di fare il cordiale, Jeremy. Rain sbrigati a salire prima che quell’oca afferri per la disperazione lo specchietto della macchina!” ringhiò.
Mi voltai intravedendo Gaia che correva agitando le braccia, imprecai rabbiosamente chiudendo la portiera e l’auto partì con uno scatto che mi fece sbattere la testa sul sedile rivestito in pelle nera. Al mio fianco Matt guardava preoccupato e teso fuori dal finestrino.
“Potete spiegarmi, per favore?” sbottai, scivolando fino a toccare entrambi i sedili mi sporsi in avanti per vedere sia il volto di Blaze che quello di Jeremy.
“Be’, è semplicissimo baby.” Jeremy continuava ad accelerare. Il rombo del SUV iniziava a farsi sempre più insistente e il paesaggio al di fuori dell’auto scorreva veloce. “Cameron è stato scelto dal padre per il sacrificio” disse con voce tranquilla, lanciandomi un’occhiata.
Gelai sul posto, senza fiatare.
“Silver mi ha chiesto aiuto” proseguì Blaze, fissando davanti a se con occhi gelidi “e anche se lui è un figlio di puttana devo aiutarla, dobbiamo.” Sussurrò a denti stretti.
Continuai a guardare Blaze che stringeva convulsamente i pugni, imprecava ad ogni semaforo senza mai staccare gli occhi dalla strada.
Senza che me ne rendessi conto l’auto si bloccò frenando rumorosamente, eravamo arrivati. Scattammo tutti nello stesso momento fuori dall’auto, imbattendoci davanti al grande cancello nero.
“E ora?” domandai, tesa. Blaze mi afferrò per la vita, avvolgendo un altro braccio sotto le mie ginocchia “Scavalchiamo!” mi sussurrò all’orecchio, piegò le ginocchia e saltò superando i spuntoni appuntiti del cancello. Ridacchiò, guardando il mio viso scioccato per poi ritornare a correre, svoltando dietro la gigantesca villa. Jeremy e Matt avevano fatto la stessa cosa.
“Abbiamo un piano per entrare?” domandò Matt abbassandosi vicino alle aiuole, che non aveva aperto bocca per tutto il viaggio.
Jeremy ridacchiò “Cercare di entrare.”
Sbuffai, con lo stomaco in subbuglio. La sua ironia non riusciva a colpirmi.
Come fa a essere così tranquillo?!
“Non lo è”.Rispose Blaze al mio pensiero.
“Non è ancora il giorno del sacrificio, da quello che mi ha detto Silver. E’ solamente chiuso in camera sua. Il problema sono i parenti venuti da lontano per partecipare al sacrificio, e la servitù.”
“Sapete scassinare una porta?” sussurrai. Tre paia di occhi mi guardarono, confusi. Indicai la porta nascosta in parte da una siepe ma indicata da un leggero sentiero dall’altra parte del cortile. Doveva essere la porta di retro della cucina, o dello scantinato.
Jeremy annuì, e con cautela attraversò il viale seguito da me e gli altri. Frugai tra le tasche dei jeans e della felpa, trovando per pure fortuna una forcina, la passai a Jeremy che la infilò nella serratura avvicinando l’orecchio. Ci vollero circa 3 minuti, nei quali Blaze si guardava intorno,  nervoso.
“Cos’è Silver, per te?”  domandai, facendo finta di nulla.
“Un’amica” lui fece altrettanto.
“Ecco!” sussurrò vittorioso Jeremy, con un sorrisone stampato in faccia. Aprii la porta lentamente controllando da entrambi i lati, era il retro della cucina apparentemente vuota. Entrammo guardandoci intorno. La cucina completamente in marmo bianco era vuota, le stoviglie lavate e messe ai loro posti, i ripiani splendenti e lucidi.
“Maniaci della pulizia.” Sussurrò Jeremy, scioccato rubandomi un sorriso.
“Io credo sia di più..”
“Da questa parte.” Mormorò Blaze, facendo segno con il braccio. Fuori dalla cucina vi era un salone enorme con moquette rossa e lunghe tende altrettanto rosse che coprivano quasi del tutto le grandi finestre. Un lungo tavolo in legno scuro era posto in mezzo alla sala, con quasi dieci sedie per lato e due alle estremità, proprio come le lunghe tavole dei re. Dopo ogni finestra ai muri c’erano appesi diversi quadri che raffiguravano volti sconosciuti e severi, e paesaggi luminosi e verdi.
“E’ una amica, una cara amica.. Prima che ti parlassi io e lei comunicavamo sempre, mi raccontava di come era essere un protettore, di Cameron. Quel tizio.. l’ha cambiata.”
Imboccammo la prima porta in fondo alla sala, entrando in un’altra sala identica alla seconda con la differenza che al posto del tavolo vi era una grande scalinata in marmo, le stesse scale che settimane fa avevo sceso insieme a lui, voltai lo sguardo verso la porticina che portava al garage delle moto.
“Di sopra ci sono le camere.” Sussurrai, Blaze davanti a me annuì senza voltarsi. Incominciammo a salire, ritrovandoci davanti ad un bivio di due corridoi all’estremità delle scale. Non l’avevo notato quand’ero con Cameron.
Certo, troppo impegnata a fissarlo.
“Perché?”  domandai al mio protettore ignorando la vocina interna.
“Ragazzi!” Sobbalzai, coprendomi la bocca con la mano. Silver ci corse incontro, abbracciando di slancio Blaze. Jeremy li fissò con un sorrisetto.
“Grazie per essere venuti” sussurrò, contro il petto di Blaze. Lo vidi sospirare e accennare ad un sorriso imbarazzato, mi guardò.
“Me lo spiegherai dopo”.
“Dove dobbiamo andare?” le domandai tesa. Dovevo vederlo, subito. Dovevo vedere come stava.
Si voltò, guardandomi “Siamo troppo esposti, venite.” Sussurrò, correndo nel corridoio destro la seguimmo senza fiatare.
“La casa è divisa in due lati.” Spiegò, guardandosi attorno cercando di fare meno rumore possibile sul tappeto rosso. “il corridoio sinistro è quello delle camere degli ospiti, della libreria, servitù e dell’ufficio di Booker.”
Ricordai il lungo tappeto rosso di fiori e piante, la statua infondo al corridoio.
“Il corridoio destro è quello delle stanze dei “importanti” come Cameron, la mia, e i cugini e fratelli più stretti. Al momento sono quasi tutte piene, quindi dobbiamo fare attenzione.”
“Ogni discendente ha il proprio protettore, giusto?” sussurrai. Silver si voltò per annuirmi, con un’espressione seria in volto “e sono tutti quanti molto pericolosi, anziani e forti. Se ci dovessero scoprire potremmo essere tutti sacrificati anche se non avrebbe un risultato maggiore.”
Aggrottai le ciglia, deglutendo. Intanto stavamo percorrendo il lungo corridoio, rispetto all’altro il tappeto era rosso ma semplice e le mura erano più chiare.
“Sacrificare più discendenti non porta un maggiore potere di immortalità, praticamente è una cosa inutile. Il sacrificio, comunque sia, è molto lungo e particolarmente doloroso.” Spiegò Jeremy. Matt si strinse al suo fianco.
Improvvisamente ebbi anche io paura, più di quanta ne avessi già. Per me, per Blaze, per Matt e Jeremy.. per Cameron. Dovevamo trovarlo, al più presto.
“Shh!” intimò Silver. Ghiacciai sul posto, affilando l’orecchio. Sentii dei passi risalire le scale. Lo stomaco si attorcigliò.
“Cazzo!” imprecai. Blaze senza pensarci si scagliò sulla prima porta davanti a noi chiudendola non appena tutti eravamo entrati. Una donna sulla quarantina dagli occhi azzurri ci fissò sbigottita, aprii la porta pronta a cacciare un urlo, ma prontamente Jeremy le diede un colpo dietro la nuca, prendendola tra le braccia prima che potesse cadere sulla moquette grigia.
“Merda, merda!” imprecò Blaze, infilandosi le mani tra i capelli biondi “non doveva prendere questa piega!”
“Cosa facciamo?” domandò Matt, in preda al panico. 



Salve a tutti! Chiedo umilmente perdono per il grandissimo ritardo! Ho avuto tempo in meno per scrivere, ma finalmente ce l'ho fatta! 
Siamo entrati nella grande villa De Franchi, e sta volta è Rain a venire in aiuto di Cameron insieme ai discendenti. Tra Blaze e Silver c'è qualcosa di tenero, almeno dalla parte di Blaze.. ho in mente un bel scenario! :''D (ssh, segreto.)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e ci vediamo al prossimo! 
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Buona estate! Bacioni :*

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Capitolo 11
*** il vuoto ***


Mi mordicchiai nervosamente l’unghia, guardandomi attorno in cerca di idee. Silver si era seduta sul letto, affilando attentamente l’udito.
Jeremy zittì Matt con un cenno, spostando anche lui l’orecchio verso la porta mentre con un braccio teneva ancora la donna svenuta. I passi si avvicinavano, decisi e si fermarono proprio davanti la porta. Sbarrai gli occhi, pietrificandomi sul posto, respirando a stento quasi per paura di poter essere sentita. Sentii una presa fulminea sul mio polso, Blaze mi indicò il doppio armadio che copriva per metà un triangolo di muro, e mi fece segno di far silenzio. Annuii,  senza mai staccare lo sguardo dalla porta, mentre tutti si muovevamo veloci e silenziosi per trovare un nascondiglio. Silver era scivolata sotto il letto, Matt si era chiuso dentro l’armadio dietro il quale insieme a Blaze mi nascosi, Jeremy perdeva tempo sistemando la donna svenuta in una posizione più naturale possibile sopra il letto. La porta si aprì con un cigolio e lui scattò spiaccicandosi contro il muro che veniva sempre di più ricoperto dalla porta bianca. Buttai fuori l’aria, ritirando la testa dietro l’armadio, chiusi gli occhi. Sentii quelli di Blaze puntati sopra di me. Ascoltai il silenzio, in attesa di qualche suono o rumore. E finalmente la porta si chiuse.
Sospirai, voltandomi e due occhi azzurri come il cielo mi immobilizzarono.
“Cosa ci fate voi qui?!” sibilò, Cameron. Silver scattò fuori dal letto, Jeremy ridacchiò e Matt uscì dall’armadio.
“Siamo venuti a salvarti il culo!” sputò Blaze, venendo fuori dietro le mie spalle.
“Non ve l’ho chiesto” ribatté, furioso. Io non riuscivo a muovermi.. sentivo lo stomaco in subbuglio, una sensazione di sollievo mi rilassò parzialmente. Ma mancava qualcosa. Mi era mancato.
“L’ho chiesto io!” li interruppe Silver, con voce spezzata. Cameron spostò lo sguardo su quello della piccola bionda, che stringeva convulsamente i pugni. “Non lo permetterò, Cameron.”
Improvvisamente lo sguardo ghiacciato di Cameron da duro e irritato si fece dolce, ma solo per un mezzo secondo, per poi ritornare al normale sguardo incantatore. La cosa seppur fosse stata minima mi infastidì, e un nodo alla gola si formò.
“Qui per voi c’è solo morte.” Sbottò.
“Anche per te..” sussurrai, sentendo lo sguardo sorpreso di Blaze sulle mie spalle. Jeremy rispose prontamente
“Non importa se c’è morte, Silver ha chiesto il nostro aiuto, e noi siamo venuti. Ricordati non lo facciamo per te.” Incrociò le braccia, disse serio.
La stanza calò nel silenzio più assoluto, ma nuovi passi ci allarmarono nuovamente. Silver sussurrò a Cameron di nascondersi, facendo lo stesso. Matt ritornò dentro l’armadio e Jeremy insieme a lui. Blaze mi trascinò dalle spalle, e notai gli occhi di Cameron farsi cupi.
La porta si aprì, silenzio. “Cameron? Che ci fai qui?” una voce bassa e incuriosita spezzò il silenzio.
“Ero venuto a vedere come stava zia Hanna..” mormorò
“Ah capisco.. Sta dormendo?” la voce si era tranquillizzata
“Cosa ci fai qui?” altri passi, veloci e secchi. Quella voce la riconobbi. Fredda come il ghiaccio, come gli occhi di suo figlio.
Cameron non rispose. Due passi. “Non hai sentito?! Cosa ci fai qui?” Tuonò, facendomi tremare. “Non ti avevo detto di non uscire dalla tua camera finché Kim non ti fosse venuto a prendere?!” Il tono di voce si alzava, facendosi sempre più rabbioso. Strinsi i pugni.
“Rain, non ci pensare.”Sbottò allarmato nella mia testa Blaze.
“Suvvia Booker, stava solo controllando Hanna..” La voce amichevole fu interrotta da un colpo secco, uno schiaffo.
“Non ti permettere mai più, figlio indegno! Non sai nemmeno fare la cosa più semplice” sibilò, con astio.
 Ora basta!
“HEI!” gridai.
Uscii fuori dal nascondiglio, e a grandi passi mi diressi verso quella voce rabbiosa. Sentii le mani pizzicarmi, e il corpo scaldarsi a vista d’occhio, come se stessi bruciando viva. Booker De Franchi mi fissò stupito, ma prima che riuscisse ad aprire quella fogna un mio pugno gli fece voltare il viso.
“Ancora non ti sei convinto a chiudere quella bocca?” sibilai, con tutta la rabbia che avevo in corpo.
Gli occhi di Booker si accesero di pura rabbia “Come ti permetti.” Sputò, e vidi il suo pugno alzarsi. Accadde tutto in un attimo.
Cameron mi avvolse con le sue braccia muscolose, spostandomi di scatto di lato, Blaze parò il pugno prendendolo con la mano destra. Booker rispose prontamente con la mano libera sferrò un altro pugno sotto il mento di Blaze, ne sentii il dolore e mugolai.
A quel punto Jeremy uscii dall’armadio, tirò un calcio all’addome di Booker facendolo mugolare, afferrò entrambe le braccia mentre Blaze davanti a me di spalle si inginocchiava.
“Blaze!” mi avvicinai ancora dolorante. Si teneva la mascella con la mano mentre con l’altra cercava di non cadere. Sentii le orecchie fischiare, il cuore battergli troppo velocemente. Stava svenendo.
“Jeremy, attento!” urlò, fissando un punto non definito.
Jeremy si voltò solo per vedere in tempo due occhi neri come la pece. Una forza sovraumana lo scaravento contro il letto dove la signora Hanna – a quanto pare – era adagiata. Jeremy portò una mano in avanti, proteggendo da se stesso il corpo della donna. Sentii l’uomo dalla voce amichevole sospirare. Era un uomo alto e slanciato, poco muscoloso. Aveva gli occhi di Cameron e di Booker, ma essi erano pieni di uno sguardo gentile nonostante la situazione. Si era scansato, e velocemente prendeva la donna dalle spalle per proteggerla.
“Zachary, prendi zia Hanna ed esci subito da qui!” Sbottò Cameron.
Zachary annuì, e non vidi tracce di disgusto o di rabbia nei suoi occhi, a differenza di Booker che adesso mi guardava con gli occhi iniettati di sangue.
“TU!” urlò, e rabbrividii. Non per la rabbia che i suoi occhi comunicavano, ma per l’essere dietro le sue spalle. “Damide prendila!”
Gli occhi color pece di Damide si posarono su di me. Il suo viso bianco come il marmo mi fissava senza alcuna espressione, quasi fosse stato scolpito. Era alto quasi sul metro e novanta, i suoi capelli altrettanto neri erano cortissimi, rasati ai lati. Notai la sua mano sinistra ricoperta di tatuaggi di lettere sulle dita. Doveva essere il protettore del padre di Cameron.
Silver si materializzò accanto a Blaze, ignorando Booker che continuava ad urlare a Damide di attaccare, lo fissò.
“Non la toccherai.” Sussurrò al protettore.
“Chi te lo dice?” rispose Damide, mentre un sorriso inquietante si dipingeva sul suo volto.
Improvvisamente la mia vista si vece vitrea, mille pallini neri mi impedivano di vedere.
Non ci vedo!
“Non vedo!” Urlai, scattando in piedi.
“Damide!” Urlò rabbioso Blaze, lo sentivo ancora davanti a me. Sentii i passi di Silver sposarsi, sentii lo schianto di un mobile sicuramente in legno, pugni e imprecazioni. D’un tratto non sentii più le mani di Cameron stringermi saldamente le spalle, due tonfi dietro di me. Ancora due schianti spaventosi, un boato. “Brutto bastardo!” imprecò Jeremy, rumore di vetro che si rompeva, il pavimento tremò mi arrivò una volata di qualcosa che sembrava polvere, odore di cemento. Indietreggiai spaventata e confusa da tutti quei rumori, una mano mi afferrò la gola.
“Schifosa bastarda!” sibilò, proprio davanti al mio viso. Riuscivo a sentire l’alito caldo, e provai l’impulso di sputargli. Booker continuava a stringere, soffocandomi.
Annaspai, conficcandogli le unghia sul braccio. “Ti avevo risparmiata! Sibilò ancora, mi stava trascinando di peso dalla gola. Riuscii ad emettere un suono strozzato.
“RAIN!” Urlò la voce di Blaze, troppo lontana.
“Ma adesso mi hai fatto cambiare idea.” Raccolsi la saliva dentro la mia bocca, e sputai. La presa si alleggerì improvvisamente, e scattai indietro ma Booker afferrò nuovamente la mia gola, sta volta con più rabbia. Mi trascinò, stringendo.
Avevo bisogno d’aria, mugolai.
 Si fermò, ridendo di gusto. Mi immobilizzai, spaventata sentendo i che i talloni non poggiavano più sul pavimento. Cercai di spingere con le gambe facendo leva sulle punte che poggiavano ancora, mossi le gambe sentendo pezzi di vetro sotto le converse, ma niente, era troppo forte. Una volata di vento mi fece rabbrividire, sentii i capelli svolazzare.
NO!
“Ci vediamo all’infermo, cane” Sussurrò al mio orecchio, prima di spingermi verso il vuoto.


Vi devo fare delle doppie scuse. Primo per il ritardo immenso! Mi dispiace tantissimo ragazzi, spero che nessuno di voi mi abbia mandata a quel paese D: Secondo per il capitolo corto. Era davvero da un po' che non aggiornavo, per mancanza di tempo, mare, vacanza studi (già perché studio) e quindi ho voluto pubblicare qualcosa.. anche se questa "qualocosa" è molto corta e orribile. Mi farò perdonare con il prossimo capitolo, lo prometto. Baci! :*

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Capitolo 12
*** Lei. ***


Adagiai con cura il corpo di mia moglie sul divanetto scuro della stanza infondo al corridoio di casa – o per meglio dire inferno – di mio fratello. Si sentivano rumori sempre più rumorosi. Udii uno schianto, tremò il pavimento, e del vetro rompersi. Allarmato ritornai indietro, chiudendo a chiave la porta. E mi arrestai sorpreso. Nel muro vi era un buco a grandezza di una persona, abbastanza massiccia, poco più lontano l’intruso e il protettore di mio fratello combattevano a suon di pugni, calci e spintoni. L’intruso spinse con forza Damide, facendolo schiantare contro un tavolinetto in legno.
“Arcal, ho bisogno del tuo aiuto.”
“Dimmi pure!” Egli si materializzò davanti ai miei occhi, sorridendo divertito.
Sospirai, sconsolato. “Sai benissimo di cosa ho bisogno, falli calmare. Non mi è mai piaciuto il modo di affrontare le cose di Booker.”
Arcal si guardò alle spalle, osservando i due protettori. Nel mentre, Damide aveva scagliato l’intruso contro il muro, creando altre crepe.
Il mio protettore si aggiustò la chioma bionda, facendo un lieve inchino. “Ai tuoi ordini, Zach.”
Si voltò lentamente “Bene, bene! Ragazzi, sapete che con la violenza non si risolve nulla?” Attirò l’attenzione, allargando le braccia in segno di pace. Prontamente, Damide sorrise arricciando il naso “Cosa sei venuto a fare qui, angioletto?” sputò con voce falsamente gentile.
“Sono venuto ad aiutarvi” Affermò, e dal suo tono di voce capii che stava sorridendo. Vidi gli occhi di Damide socchiudersi, come quelli dell’intruso, ed entrambi caddero nelle braccia di morfeo, o di Arcal.
Prontamente prima che il mio protettore potesse seguirmi verso la stanza dove rumori di lotta continuavano imperterriti, alcune cameriere senza nessuna sorpresa o sgomento iniziarono a sistemare il disastro che i due avevano combinato, e scossi la testa, amareggiato. Il suo modo non mi è mai piaciuto!
Cameron era steso a terra a pancia sotto, vicino a lui un ragazzetto mingherlino. Sbarrai gli occhi, preso dal terrore. Mio fratello Booker, gli occhi iniettati di sangue, teneva per la gola una ragazzina sospesa nell’aria attraverso una finestra rotta. Sentii la rabbia invadermi totalmente, e la paura per quella ragazza invadermi lo stomaco.
Oh no!
Ma prima che potessi dire qualcosa ad Arcal, lui già si era lanciato contro mio fratello, ma fu troppo tardi. Booker lasciò la presa, lasciando cadere la ragazza.
“No!” Urlai.
Arcal prese mio fratello per il colletto della camicia, sbattendolo brutalmente indietro a pancia in su sul pavimento, e immediatamente si fiondò giù dalla finestra rotta. Non mi preoccupai per le condizioni di mio fratello, soprattutto dopo quello che aveva fatto, e mi avvicinai cauto e veloce alla finestra. La ragazzina mora era tra le braccia del mio protettore, gli occhi spalancati fissavano il vuoto, ancora sotto l’effetto di Damide. Con un balzo ritornò su, adagiandola sul letto morbido dove fino a poco fa vi era mia moglie. Sospirai, sollevato, voltandomi per accertarmi delle condizioni di mio nipote, notando che la sua protettrice era china su di lui, poggiandogli la mano sulla fronte. Si voltò verso di me, quasi sentisse la mia domanda muta.
“Ha solo preso un brutto colpo.” Spiegò, riportando lo sguardo su Cameron.
“Cosa è successo?” sbottò improvvisamente, con voce bassa la ragazzina. Stava sbattendo velocemente le palpebre, confusa, si stropicciò gli occhi.
“Oh, nulla di grave. Stavi per cadere dal terzo piano, e farti molto male” Rispose Arcal, sfoggiando un sorrisino divertito, tipico da lui. Sospirai, sconsolato e mi avvicinai.
La ragazza lo guardò, scettica, stava per rispondere ma la interruppi “Oscurare la vista è un potere speciale della discendenza di Damide, il protettore di mio fratello.” Spiegai. Mi guardò direttamente negli occhi, sorprendendomi. Nel suo sguardo non vi era panico, paura, nessuna delle emozioni di shock che di solito si provava dopo un trauma, mi guardava, curiosa e determinata.
“Mi dispiace” aggrottai la fronte, e accennai con lo sguardo a Booker, svenuto sul pavimento. “Non posso dirti che è una brava persona in realtà, ma posso affermarti che prima non era così.”
Spostò anche lei lo sguardo, che cambiò velocemente mostrandosi disgustato, e non potei biasimarla.
“Io sono Zachary De Franchi, e lui è il mio protettore, Arcal.” Sorrisi, avvicinandomi e porgendole la mano. Volevo dare fiducia a questa ragazza.
Lei ricambiò il sorriso, e qui notai la bellezza caratteristica dei Discendenti di Eros. “Sono Rain, piacere di conoscerla Zachary, nonostante le circostanze.” Mi strinse la mano, strappandomi una leggera risata. Sentii qualcuno mugolare alle mie spalle.
“Rain!” mi girai, incontrando gli occhi chiari di un giovane, il suo protettore immaginai. Quando si accorse che Rain, era adagiata sul letto, la sua espressione contratta si rilassò, le andò incontro e la strinse in un abbraccio.
Improvvisamente mi ricordai di mia moglie Hanna, chiusa nella stanza accanto, svenuta e senza la minima idea di tutto questo. Diedi un’ultimo sguardo a Rain, stretta nelle braccia del suo protettore, con la fronte aggrottata e un leggero sorriso sulle labbra. Avevo sentito parlare di un’altra discendente femmina, mio fratello ne aveva parlato, ma il piano era rimasto quello di sacrificare suo figlio, e mio nipote Cameron. In quel momento capii di aver già deciso.
“Rain” la chiamai, sobbalzò, facendo voltare il suo protettore che mi guardò in cagnesco – forse perché avevo interrotto il momento – “prendi Cameron, il tuo amico di là, e fuggite.”
Sembrò sorpresa, e finalmente vidi un’espressione diversa sul suo volto. “Non permetterò a mio fratello di uccidere mio nipote, nemmeno per l’immortalità.”
Arcal mi guardò, sorpreso “Arcal ed io vi aiuteremo a portare i vostri amici dentro la macchina. Ma dobbiamo fare presto.” Mi avvicinai al ragazzino mingherlino, prendendolo per le spalle, mentre Silver insieme al protettore della discendente prendevano Cameron. Li condussi all’uscita della villa, sotto lo sguardo dei servitori, ma poco mi importava. Adagiai il ragazzo nel loro Suv, li guardai infilarsi dentro la macchina, fare marcia indietro e ingranare, ma prima che potessero voltare l’angolo, la mano di Rain si alzò salutandomi.
Voltai le spalle, e velocemente iniziai a ritornare sui miei passi.
“Questa cosa vi costerà molto cara…” sentii mormorare.
Scrollai le spalle “Poco male. Io, tu ed Hanna adesso andiamo.”
“Dove?” domandò, al mio fianco.
“A casa.”
*
Mi svegliai di soprassalto, sentendomi stringere.
“Come stai?” Mi guardai attorno, sentendo il motore della macchina rombare sotto di me. Blaze, il protettore di Rain stava guidando, Silver al suo fianco si voltò, sorridendomi.  “Ce l’abbiamo fatta!” continuò , facendomi l’occhiolino.
Guardai a sinistra, e dall’altra parte della macchina, schiacciata come me nella portiera c’era Rain, che con quei occhi grandi e verdi mi osservava, con la fronte aggrottata.
“Cosa avete fatto?” sbottai, alterato.
“Ti abbiamo salvato il culo, e per colpa di quel cazzone di tuo padre Rain stava per morire!” Urlò Blaze, diventando rosso dalla rabbia, guardandomi attraverso lo specchietto.
Sentii la rabbia invadermi lo stomaco. “Cosa?” sibilai.
“Adesso basta.” Sbottò Rain, guardando un punto fisso davanti a se “l’importante è che siamo tutti fuori, vivi e vegeti.”
“Come è successo?” domandai, non capii bene a chi.
“Ho detto basta!” alzò ancora il timbro di voce, guardandomi. Incastrò le sue pupille dentro le mie per qualche minuto, mi sembrò di perdermi al loro interno, abbassò lo sguardo e si voltò verso il finestrino, osservando il paesaggio che sfrecciava.
E mi sentii felice, mi sentii sollevato. Ero fuggito, e lei mi era venuta a salvare.
 


Salve a tutti carissimi! Perdonatemi per l'attesa infinita, e intanto per approfittarne vorrei augurarvi buon anno in ritardo (molto ritardo) Spero abbiate passato bene le feste e che vi siate mangiati buonissime e tantissime cose. Il capitolo personalmente credo che sia una schifezza, e non so dirvi con precisione quando riaggiornerò la storia. 
Ringrazio ancora per le persone che mi seguono e che seguono questa storia, e volevo avvisarvi che ne pubblicherò un'altra (si, perché quando mi partono le dita non riesco più a fermarle) e che a breve (in giornata) sarà nel mio 'profilo'. Spero vogliate leggerla! 
Bacioni, e grazie! <3 
 

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