But I promise that I will see you again

di Winry977
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo concerto ***
Capitolo 2: *** Vicini di casa ***
Capitolo 3: *** Complimenti. ***
Capitolo 4: *** Brezza notturna ***
Capitolo 5: *** Doti artistiche ***
Capitolo 6: *** Sfide ***
Capitolo 7: *** Caffè ***
Capitolo 8: *** Rossore. ***
Capitolo 9: *** Ogni trauma ha un suo limite. ***
Capitolo 10: *** Braccia esili, braccia tatuate. ***
Capitolo 11: *** Terrore. ***
Capitolo 12: *** Proposte. ***
Capitolo 13: *** Lupi. ***
Capitolo 14: *** Romanzi. ***
Capitolo 15: *** Il colore dei limoni. ***
Capitolo 16: *** Occhi a calamita. ***
Capitolo 17: *** Sintomi dell'amore ***
Capitolo 18: *** Iniziative. ***
Capitolo 19: *** Cose non dette. ***
Capitolo 20: *** Flemma. ***
Capitolo 21: *** -Sei uno stupido, Andrew Dennis Biersack! ***
Capitolo 22: *** Guerre di vestiti ***
Capitolo 23: *** Morti, zombie e sonnambuli. ***
Capitolo 24: *** -Ha... ha fatto tutto da solo... ***
Capitolo 25: *** Disarmata ***
Capitolo 26: *** Fotografie appese alle pareti. -The End- ***



Capitolo 1
*** Primo concerto ***


Richiusi la cerniera della giacca di pelle, e mi accinsi a sistemarmi il trucco nero davanti lo specchio. Mentre ero assorta nei miei pensieri, mi sentii tirare i jeans larghi pieni di tasche estere e di catene pendenti. Ad aver compiuto quel piccolo gesto era stata la manina di una bambina di quasi quattro anni. Abbassai lo sguardo e le sorrisi, mentre una cascata di capelli mi accarezzava le guance.

-Mamma, dove andiamo tra poco?

-Nadia, te l'ho detto. Andiamo a un concerto.- risposi dolcemente.

-Cos'è un concerto?

Sollevai la mia bambina da terra, e la misi a sedere sul cassettone che mi allontanava dallo specchio attaccato alla parete.

-Un concerto è un evento in cui delle persone cantano e suonano. Ti ricordi chi andiamo ad ascoltare oggi?

-Mmm...- si portò l'indice la mento, pensandoci su -Andy?

-Esatto! Brava la mia bambina!- esultai, facendola ridere. -E ti ricordi chi suona con lui?

-CC...- cominciò lei a numerare sulle dita. -Jake... Ashy... e... Jinxx!

-Bravissima! Adesso mamma si “aggiusta” la faccia e poi andiamo, ok?- la rimisi a terra.

-Ok, mamma!- e corse via, sgambettando allegramente verso la sua stanza.

 

Ormai avevo ventitré anni suonati, e l'uomo grazie al quale era nata la piccola Nadia era scomparso dalla mia vita non appena aveva saputo che ero rimasta incinta. In quello stesso anno uscì un album di una band che mi colpì molto. L'album si chiamava “We stitch these wounds” e loro erano i Black Veil Brides. Comprai quel CD senza pensarci troppo e mi fece compagnia sia durante che dopo la gravidanza. Andai pure a un concerto che fecero nella mia stessa città, Los Angeles. Quando feci conoscenza con i membri della band rimasero stupiti nel vedere una quasi ventenne incinta ad un concerto come il loro, solo che al posto di sembrare una “quasi ventenne” gli sembrò che avessi già venticinque anni. Dopo quel meeting con loro, decisi che li avrei fatti conoscere pure alla bambina che aspettavo.

Quando li ascoltò la piccola Nadia, che ai tempi aveva solo un anno, all'inizio si spaventò sentendo la voce urlante del cantante, soprattutto nella canzone “Perfect Weapon”. Poi, dopo qualche tempo, cominciò ad abituarsi a quella voce roca, e cominciò a cantare le loro canzoni, anche se stonando un po' le note, storpiando le parole che non capiva e imitando le urla di quel cantante che lei considerava strano.

Una volta mi fece una domanda che mi fece venire da ridere. -Mamma, pecché hanno i capelli lunghi? Le femmine hanno i capelli lunghi, ma loro non sono femmine, vero?

Quando uscì il secondo album, “Set the world on fire” esultammo di gioia sia io che la piccola Nadia, e ci piacque tanto quanto il primo CD; ma a me, ovviamente, fece un effetto maggiore, dandomi l'impressione che fosse anticonformista.

 

-”We 'cream! We shout! We are the falle' angelsh!” canticchiò saltellando per la casa Nadia, richiamandomi dai miei pensieri.

Quando fui finalmente pronta, presi per mano la mia bambina e camminammo fino alla macchina. Quando vi entrammo la richiamai dal sedile anteriore: -Nadia... cosa devi fare ora?

-Cintura!- esclamò lei allacciandosela sul pancino.

-Brava, ora possiamo andare.-

Mentre guidavo lei cantava tutte le canzoni della band che stavamo per vedere a squarciagola, e io stavo ad ascoltare quel mini pre-concerto.

-“Here is to you' perfect weappon! C'ack bones with blind agg'etion!”

 

Quando arrivammo al luogo dove si sarebbe tenuto il concerto, la sala che avrebbe ospitato la nostra band non era ancora del tutto piena, e noi riuscimmo a farci spazio e ad arrivare alla prima fila, dove presi in braccio Nadia.

-Allora, sei pronta? E' il tuo primo concerto!- le accarezzai la guancia sinistra.

-Shii!

-E sei contenta?

-Cetto!- esclamò lei, facendomela sembrare la cosa più ovvia del mondo. Poi volse il suo sguardo al palcoscenico e lo indicò. -Mamma, cosa sono quelli?

Si riferiva ai pochi strumenti che erano stati montati dai vari tecnici. -Oh, allora. Quello davanti a noi, sul “bastone”, si chiama microfono.

-Micofono.- ripetè lei.

-Bene, quella laggiù è una batteria, si, quella con i tamburi che ti piacciono tanto.

-Batteìa! Quella di CC!

-Bravissima! Allora ricordi!- le sorrisi, spostandole un ricciolino dalla fronte. Le luci cominciarono ad abbassarsi, e io strinsi a me mia figlia. -Ti ricordi cosa devi fare se ti fanno male le orecchie o se la musica è troppo forte?

Lei mimò un gesto nel quale si tappava le orecchie. -Perfetto. Ora tieniti pronta, sta per cominciare!

 

Il concerto cominciò con “Love isn't always fair”, e le canzoni si alternavano tra i due album, includendo anche qualche EP, come “The Gunsling” che Nadia non conosceva. Lei applaudiva e cantava a squarciagola le canzoni, senza spaventarsi minimamente degli assoli o degli urli improvvisi di Andy; e sventolava verso il palco insieme a me il pugnetto a forma del simbolo del rock. Quando me ne accorsi pensai che sarebbe diventata una perfetta rocker da grande, come me. Il concerto finì qualche ora dopo, ma noi non eravamo per niente esauste, e ci avviammo verso la sala del meeting.

-Ora dove andiamo, mamma?

-Oh, a incontrare Andy, CC, Jinxx, Jake e Ashley.

-Siii! Ashy!- era il suo componente preferito e le piaceva da morire la scritta che aveva sulla pancia: “Outlaw”. Mentre eravamo in fila mi accorsi che eravamo tra gli ultimi e che Nadia era un po' spaventata da tutte le persone che ci circondavano. Cercai di distrarla: -Lo sai che la mamma ha già incontrato Andy?

-Davve'o?

-Eh, si! E lui non riusciva a credere che io fossi lì.

-Pecché?

-Oh, perché avevo un pancione che mi faceva sembrare vecchia!

-Ma tu sei vecchia?

-Ma no, che non lo sono.- risi io.

-Allo'a dobbiamo dirglielo!- si decise lei, mentre ci avvicinavamo alla band per farci fare una foto e autografare un poster.

 

-Mamma! Mamma! Quello è Ashy!- indicò il bassista del gruppo.

-Eh, già. Hai visto il suo tatuaggio sulla pancia?

-Shi- fece lei sgranando gli occhi dalla felicità.

Jake fu il primo a inquadrarci. -Toh, guarda che cosa insolita.- ci sorrise -Una madre e una bimbetta ad un concerto come il nostro. Chi vi porta qui, ragazze?

-Oh, la vostra bella musica.- risposi io al chitarrista.

-Jaaaake!- chiamò la piccola Nadia, afferrando una delle borchie che portava attaccate alle spalle, attirando la sua attenzione.

-Ehi, ma io mi ricordo di te!- esclamò Jinxx, che aveva appena finito di parlare con un fan, che si era avvicinato a due ragazze che sicuramente viaggiavano con lui.

-Davvero? Oh, che onore!- esclamai io felice.

-E questa bella bambina chi è?- chiese CC alle spalle di Jinxx, solleticandole la pancia e facendola ridere.

Si presentò da sola, non appena smise di ridere. -Nadia.- si indicò il viso paffuto.

Sorrisi, e mi volsi a guardare Andy e Ashley, che stavano finendo di firmare il poster.

-Andyyy!!- chiamò la piccola.

Il cantante si girò nella nostra direzione, e dopo averci individuate, si avvicinò a grandi passi, suscitando in me una breve risata, mentre poggiavo per terra la piccola Nadia. -Ma guarda chi si rivede! Sei tornata senza pancione, eh?

-Oh, allora ti ricordi anche tu di me.

Annuì, sorridendomi.

-Andyyy!- una vocina dal basso cercava di attirare l'attenzione, tirando le catene appese ai jeans di quel cantante dagli occhi azzurro cielo. Lui si inginocchiò al suo livello. -Dimmi piccolina.- e le rivolse uno sguardo dolce che mi intenerì.

-Mamma non è vecchia!- esclamò la piccola nascosta dietro la mia gamba sinistra con voce decisa.

Scoppiammo a ridere, e quando Andy si calmò le rispose: -Ma certo che non è vecchia! E' molto bella, vero?- mi volse uno sguardo dal basso e io mi sentii avvampare la faccia. Ero più grande di lui solo di un anno, e ricevere un suo complimento, anche se indiretto, era una bella sensazione.

-Visto mamma? Sei bella!- Poi la bimba si accorse che mancava il suo bassista preferito e lo cercò con gli occhi. Quando lo trovò apostrofò il suo nome, chiamandolo.

-Ashyy!!- lo indicò. E lui si avvicinò subito a noi, accucciandosi davanti la piccola Nadia.

-Ma guarda un po'. Ciao.- le sorrise. -Vuoi farti una foto con lo zio Ash?

Nadia, dalla sua postazione dietro la mia gamba, volse il suo muso verso il mio viso, facendo gli occhioni da cucciolo. -Possho?

-Certo.- e le feci cenno di andare dal bassista.

Lei gli si avvicinò, e lui la prese in braccio, mentre io gli facevo la foto. Nadia imitò il simbolo del rock con la manina, e Ashley, notandola, scoppiò a ridere, e la imitò. Poco dopo la foto, lei cominciò a giocherellare con i capelli di chi la teneva in braccio.

-Ti piacciono?

-Shi, sono liscissimissimi!- sorrise lei.

Lui la poggiò delicatamente per terra, e lei corse da me, riaggrappandosi alla mia gamba.

-Sei contenta?

Lei annuì.

-Allora ci facciamo una foto con tutti gli altri. Ok? Vuoi stare in braccio a me o a qualcuno di loro?

Lei si guardò attorno, poi indicò Andy, che si accucciò per prenderla in braccio.

Mentre lei correva da lui, io porgevo la macchina fotografica ad una ragazza dello staff, che stava lì per fare le fotografie. Mi misi in posa, e nel giro di qualche secondo mi trovai circondata dai Black Veil Brides al completo.

A foto scattata, arrivò il momento di salutare la band, e Nadia scoppiò in lacrime. Mi inginocchiai, e la abbracciai, cercando di calmarla. -Dai, li rivedremo. Andremo ad un altro concerto, te lo prometto.- lei rivolse i suoi occhioni imperlati di lacrime verso la band, intenta a guardarci.

-Li vuoi salutare tutti?

Lei annuì, e corse da Jinxx e Jake. L'ultimo che salutò fu CC. Lui la prese in braccio e la abbracciò, stringendola delicatamente a sé. In qualche modo, vedendo quella scena mi si strinse il cuore, facendomi venire la sensazione di un nodo alla gola.

Quando la mia bambina tornò da me, io la ripresi in braccio, e preso il poster e salutati tutti, mi girai per andarmene. Neanche il tempo di fare due passi, che una mano mi fermò. Io mi girai, e mi trovai davanti Andy. Non disse nulla. Mi mise in mano un biglietto e basta.

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Capitolo 2
*** Vicini di casa ***


Mentre tornavamo a casa, mi accorsi che Nadia si era addormentata, e per accompagnare il suo sonno avviai il CD “We stitch these wounds” nel lettore della macchina. Mentre guidavo mi lasciai invadere dai ricordi di un passato doloroso e di una gravidanza dalla quale ero uscita più sola che mai. Quando il pensiero dell'uomo che mi aveva messa incinta mi attraversò le tempie, le lacrime cominciarono a rigarmi il viso senza alcun ritegno. Mentre la vista cominciava ad offuscarsi, decisi di accostare la macchina al lato della strada, giusto il tempo di ristabilirmi, e sperai che mia figlia non si svegliasse mentre io ero in quello stato.

Asciugandomi le lacrime con le dita tremanti e soffiando il naso, mi ricordai del biglietto di Andy, che avevo infilato distrattamente in una tasca dei jeans. Lo tirai fuori, e vi trovai scritto sopra solo un indirizzo. I miei occhi si spalancarono dallo sbalordimento e lo rilessi più volte: era il mio stesso indirizzo, e loro vivevano proprio al numero civico davanti casa mia.

“Possibile che non ci siamo mai incontrati??” pensai tra me e me, cercando di mettere a tacere la mia eccitazione, che aveva sostituito lo sconforto. Ragionandoci, mi resi conto che non uscivo spesso, se non per fare la spesa e per accompagnare e recuperare mia figlia all'asilo. Le gettai uno sguardo dallo specchio retrovisore: dormiva ancora, e aveva una faccia serena. Tornai a fissare il pezzo di carta, con meno stupore di prima, ricordando che qualche sera avevo sentito degli schiamazzi dalla casa davanti dalla quale spesso si riuscivano a intravedere le luci accese fino a notte tarda. Era chiaro che non sapevo cosa fare: ricevere quel biglietto mi aveva in parte scioccata, soprattutto perché sembrava un invito ad andare a casa della mia band preferita. Decisi che una volta tornata a casa e messo a dormire la piccola Nadia ci avrei riflettuto.

 

La mattina dopo sembrò non passare mai. Mi recai al lavoro, dopo aver portato mia figlia all'asilo, con una noia tale che i miei collaboratori non ci misero molto per notarla. Eppure non mi dissero nulla al riguardo, perché sapevano che per quanto il mio lavoro potesse scocciarmi, lo facevo bene e con molta costanza. Lavoravo in una casa editrice e avevo il compito di tradurre i libri in lingua straniera nel nostro inglese leggermente americanizzato.

Quella mattina stavo finendo di tradurre una biografia di un noiosissimo politico; e quando le mie sei ore lavorative scadettero io portai in fretta e furia dal mio capo la traduzione completa e, con leggera frenesia, mi congedai gentilmente dai mie colleghi.

Tornata a casa pranzai come al solito da sola in compagnia di un buon CD scelto a caso dal grande porta-CD che tenevo in soggiorno, e rimasi in attesa delle quattro per andare a prendere Nadia all'asilo, perdendomi nelle mie meditazioni su cosa fare e su quando andare a far visita a chi abitava nella casa davanti a me. Mi serviva un giorno libero per potermici recare di persona e senza Nadia. Mi avviai verso l'ingresso dove tenevo la borsa con dentro un foglio sul quale erano segnati i giorni lavorativi. Lo trovai e restai a leggerlo per qualche minuto: l'unico giorno libero che avevo era la domenica che veniva. “E dove la lascio Nadia?” pensai accigliandomi.

Rimasi con quel dubbio per i giorni che seguirono, finché non arrivò il sabato. E quello stesso pomeriggio arrivò l'occasione che cercavo: quando andai a prendere Nadia all'asilo una madre di una sua amichetta mi fermò a parlare, e dopo aver chiacchierato un po' sui progressi delle nostre figlie, lei mi fece la proposta di lasciargliela per tutto il giorno seguente, nonché domenica.

Non mi lasciai sfuggire quella proposta e accettai con entusiasmo, accordandomi con lei sull'orario in cui avrei ripreso la piccola: alle sette e mezza mi sarei recata nella parte a est della città in una via chiamata Groove Street, mentre di mattina sarebbe venuta la madre a casa mia per prendere Nadia. Era un accordo perfetto, che, con un po' di fortuna, mi avrebbe consentito di appoggiarmi a quella donna in futuro in caso di bisogno.

 

Il giorno dopo alle nove e mezza spaccate la madre -che si chiamava Claire ed era di origini francesi- di quella bambina suonò al mio campanello e Nadia, dopo avermi salutata con un bacio sulla guancia, attraversò saltellando il piccolo pezzo di strada che separava il cancello dalla porta di casa. Non appena sentii richiudere il cancelletto dello spiazzale, mi fiondai in camera da letto a prepararmi, ma mentre cercavo i vestiti realizzai che a quell'ora del mattino, di domenica per giunta, la gente dormiva ancora; e, di certo, se avessi suonato al campanello dei miei vicini e mi avessero aperto li avrei trovati ancora in pigiama o addirittura dormienti. Decisi che di mattina mi sarei semplicemente rilassata, cercando di non pensare alla settimana di lavoro e di traduzioni che mi aspettava, e non fu tanto difficile. La mia testa era soltanto per il gruppo di ragazzi che vivevano davanti a me. Non riusciva a immaginarmi cosa avrebbero fatto non appena mi avessero aperto la porta, se mi avessero rispedita a casa, pensando che fossi una fan sfegatata, se mi avessero fatta entrare come se niente fosse, come mi avrebbero trattata... insomma, passai la mattinata a fantasticare su cosa sarebbe potuto succedere quel pomeriggio. La mia mente rimuginò così tanto su quelle fantasie che a pranzo spiluccai a malapena un'insalata di risa a base di pomodori, peperoni e cetrioli tagliuzzati, olive e mais. Aspettai le quattro per cominciare a vestirmi e per mettermi un minimo di matita sugli occhi. Decisi di non buttarmi su vestiti troppo elaborati: indossai una maglietta viola scuro con tessuto sintetico che era a forma di fascia al livello del seno ma che dalle spalle andava a formare delle pieghe che di fermavano dove iniziava il bacino, stringendosi nuovamente, sotto di essa indossavo dei semplici jeans neri che si stringevano attorno ai muscoli poco accentuati, e un paio di converse.

Quando mi accorsi che si erano fatte le cinque mi diressi a grandi passi verso la porta per uscire, impugnando la borsa, il biglietto di Andy, anche se non ne ebbi bisogno, il cellulare e le chiavi. Mi richiusi il cancello alle spalle, attraversai la strada e suonai il campanello della casa opposta alla mia. La differenza tra la mia casa e quella dei miei vicini di casa era che la mia aveva un cancello e la loro no, quindi dava la possibilità di arrivare direttamente davanti al portone di entrata. Passarono cinque minuti e quando mi stavo già arrendendo all'idea di tornarmene a casa, Andy in persona spalancò la porta.

-Oh, non ci speravamo più! Benvenuta!- si stampò in faccia un sorriso sgargiante che mi riscaldò il viso.

-Uh... ehm... mi aspettavate?

-Eccome!- urlò una voce dall'interno della casa. -Da quando i nostri tour sono stati sospesi, Andy è rimasto ad aspettarti per tutta la settimana. Ogni volta che suonava il campanello saltava sulla sedia!- Andy si passò una mano tra i capelli, in notevole imbarazzo. Mi fece entrare e mi condusse in un salotto ben ordinato, dal quale si distaccava una specie di scomparto semi esagonale in legno con delle sedie e un tavolo. Il soggiorno era abbastanza spazioso, con dei quadri moderni dai colori scuri attaccati alle pareti, un divano nero in pelle era posto proprio sotto uno di quei quadri e accanto ad esso erano poste delle chitarre dai temi diversi, su delle asticelle che le reggevano. Le distinsi tutte: a partire dal basso bianco a strisce nere di Ashley fino alle chitarre di Jake e Jinxx. In un angolo della stanza erano posizionati un microfono e la batteria di CC, sulla quale spiccava la scritta “Black Veil Brides”. Ai piedi del divano c'era un tappeto con delle frange blu scuro e sopra di esso un tavolino in vetro trasparente sul quale erano poggiate due bottiglie di birra mezze piene e un posacenere. Agli angoli del salotto erano poste delle lampade ancora spente nonostante la luce esterna stesse già calando. Attorno al tavolino erano poste altre due poltrone e un divanetto delle stesse dimensioni dell'altro, dove notai, però, una testa dormiente appoggiata al bracciolo destro.

-Jinxx!- lo richiamò la stessa voce che aveva urlato al mio arrivo, che si distinse in quella di Jake. Il richiamato sobbalzò sul bracciolo e si alzò di scatto, guardandosi attorno con aria confusa. Andy mi rivolse un sorriso, mentre il resto della band si riuniva.

-Beh sono dell'idea che tu conosca già i nostri noi, ma noi non conosciamo il tuo.- mi fissò con i suoi occhioni azzurri, nei quali mi persi per un decimo di secondo, poi risposi.

-Samantha, ma mi faccio chiamare Sam da tutti... non mi piace il mio nome.

-Uh, quindi possiamo chiamarti Sam?- domandò CC, sedendosi su una poltrona.

-Ehm... ok...- poi calò un breve silenzio, interrotto poi da me: -Come mai mi avete chiesto di venire qui?- mi rivolsi in particolare ad Andy.

-Oh, diciamo che quando ti abbiamo vista la prima volta ci hai sorpresi... cioè... ci sei sembrata una tipa interessante..- notai un leggero rossore sul viso di Andy, mentre Ashley gli lanciava un'occhiata di sbieco. Ashley mi invitò a sedermi su una poltroncina, nonché quella all'opposto di CC, e mi fece una domanda riguardo Nadia. -Ho notato che tua figlia ha una certa passione per me...- sorrise, accarezzandosi il mento liscio con soddisfazione. Sorrisi, pensando al mio piccolo esserino che saliva in braccio a quel famoso bassista.

-Si, ha una passione innata per te. E adora il tuo tatuaggio sulla pancia, anche se non sa leggere. Ti adora. Perciò, quando ti sei auto proclamato “zio Ash” si sarà sentita al settimo cielo. Ha proprio sognato di incontrarvi.- ripensai al meeting dopo il concerto.

-Se ti va...- cominciò CC. -... ogni tanto potresti portarla.. ci farebbe piacere rivedere quella bimbetta.. era molto dolce.- annuii, contenta di aver ricevuto una specie di secondo invito a tornare in quella casa. Passammo diverse ore parlando, finché non mi ricordai che dovevo andare a prendere Nadia dalla sua amica.

-Scusate, che ore sono?

Jinxx guardò il suo orologio da polso. -Le sette meno cinque.

-Uh! Devo andare a prendere mia figlia!

-Non è a casa tua?

-No... l'ho lasciata a giocare da una sua amichetta e mi ci vorrà mezzora per arrivare a casa sua. Scusate, devo andare!

-Figurati...- ci alzammo e io indossai la mia giacca.

-Se vuoi ti accompagno alla tua macchina...- propose Jake.

-Non preoccuparti, è davanti casa mia.

Si accigliò. -In che senso?

Sorrisi e gli feci cenno di avviarsi con me verso l'uscita, Quando aprirono il portone e gli dissi che quella davanti a loro era casa mia, rimasero sbalorditi. Indicai la mia macchina verde-acqua parcheggiata lì davanti.

-Aspetta, ma tu sapevi che vivevamo qui già da prima che ti dessi il biglietto?- domandò Andy stupito.

-Oh, no.- ridacchiai io, osservando i loro volti dalle bocche semi aperte. -Non so perché, ma non ci siamo mai incontrati, stranamente.

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Capitolo 3
*** Complimenti. ***


Passarono diversi giorni e i ragazzi si fecero vivi di nuovo in un tardo pomeriggio. Solo che stavolta suonarono al mio campanello, giusto nel momento in cui Nadia mi si era appisolata addosso sul divano mentre guardava un cartone animato e io leggevo un libro di piacere.

Appoggiai delicatamente la sua testolina sul bracciolo morbido della poltrona e accorsi alla porta, trovandomi davanti la mia band preferita. Un fremito di eccitazione attraversò la mia trachea, ma mi contenni, e li feci accomodare, pregandoli di fare piano perché la piccola dormiva.

-A cosa devo la vostra visita, ragazzi?- dissi io piano e chiudendo la porta.

-Beh, ci sentivamo soli, e abbiamo pensato “Perché non andare a fare visita a Sam?”... beh, eccoci qui!- sorrise Jinxx.

-Oh, sono onorata!- risposi felice. -Ma non ho molto da offrirvi... vi va di restare a cena e ci ordiniamo una pizza?- proposi.

-Massì! Volentieri!- esclamò Jake a nome di tutti. Il mio viso si illuminò e ordinammo una pizza per tutti.

-Ma Nadia cosa mangia?- domandò Andy.

-Oh, prenderà qualcosa da me.- risposi io. -Tanto non mangia molto, e ci sono pure gli omogenizzati...

-Mamma...- una vocina si udì dal fondo della cucina, e scorsi mia figlia camminare stropicciandosi gli occhi. -Ho fame...- poi si bloccò, non appena vide Ashley. -Ashy??- spalancò gli occhi. Poi si guardò attorno e notando la presenza della nostra band preferita in casa nostra, corse a nascondersi dietro di me.

-Ehi.- risi io prendendola in braccio dalla mia posizione sulla sedia. -Hai visto chi è venuto a farci visita? Tuuuutti i Black Veil Brides...

Christian si avvicinò alla piccola. -Ti avevamo promesso che ci saremmo rivisti, e noi manteniamo le nostre promesse.- sorrise. Lei lo guardò un po' intimorita, poi allungò le mani verso il suo viso e le poggiò sulle sue guance. Lui scoppiò a ridere e, chiedendomi il permesso, la prese in braccio.

Passammo la serata scherzando e facendo divertire la piccola Nadia, che al culmine della stanchezza, si addormentò addosso ad Ashley con in mano un cucchiaino di omogenizzato.

Mi feci aiutare a metterla a letto da lui, e tornati in sala da pranzo trovai Jinxx intento a scarabocchiare il cartone della pizza con un pennarello lasciato in giro da Nadia. Sembrava un bambino. -Annoiato?- domandai dopo averlo osservato un po' con aria divertita mentre disegnava una specie di fantasmino. Lui saltò sulla sedia e fece cadere per terra il pennarello.

-Jinxx sei proprio imbranato!- esclamò Jake raccogliendolo.

-Stanco, più che altro.- rispose Jinxx rivolto a me. -Ci siamo divertiti. Adoro quella creaturina.- portò lo sguardo verso il corridoio che portava alla camera da letto.

Restammo a parlare per un'altra ora, e quando si accorsero che anche io faticavo a stare sveglia decisero di andarsene dopo avermi aiutata a rassettare la cucina; dopodiché si congedarono e io mi fiondai letteralmente a letto, ringraziando il cielo che il giorno dopo sarebbe stata domenica.

 

Il mattino dopo faticai a svegliarmi. Ero ancora stanca, e non avevo alcuna voglia di alzarmi, quindi quando Nadia si svegliò la feci salire sul mio letto e restammo lì a parlare della sera precedente.

-Mamma... Dove sono Ashy e Andy?

-A casa. Volevi che restassero qui?- chiesi dolcemente.

-Shi.- rispose lei mettendosi un dito in bocca.

-E dove li mettevamo a dormire?- scherzai io.

-Ashy stava qui.- e mise un dito sul materasso su cui era sdraiata con forza. -Andy qui.- e lo spostò sul mio materasso.

-E Jinxx, Jake e CC?

-Per terra!- esclamò lei.

Scoppiai a ridere e lei pure. La presi e me la portai vicina alla faccia dandole un bacio sulla fronte. -Magari un giorno glielo diciamo!

-La p'ossima volta che vengono!- esclamò lei con decisione.

E nello stesso momento suonarono alla porta. -Chi sarà?- chiesi io. -Ce la fai a vedere dal citofono?- mi rivolsi a lei.

-Si!- e scattò giù dal letto e corse verso l'entrata, mentre io indossavo una vestaglia pigramente.

-Maaaammaaa!- mi chiamò Nadia. -E' Andyy!!- ne rimasi sorpresa, e mi avviai verso la porta per aprire.

-Andy! Ragazzi!- esclamai vedendoli tutti lì. -Avete nostalgia di noi?- scherzai io.

-Eh si!- rise Jake, mentre li facevo entrare.

-Scusate, sono ancora in pigiama. Vi dispiace aspettare un po'? Giusto il tempo di vestirmi.- loro annuirono e notai un lieve rossore sulle goti di Andy.

Tornai cinque minuti dopo e notai Nadia seduta sulle gambe di Jinxx.

-Uh, comodità portami via.- scherzai guardandoli. -Beh, ragazzi vi offro un caffè. Vi va?

-Uh, si grazie!- esclamarono tutti in coro. Mentre armeggiavo tra i fornelli e apparecchiavo la tavola sentii Nadia parlare.

-Dovete dormi'e qui!

Sentii delle fioche risate. -Qui? E dove, dimmi.- rise CC.

Nadia illustrò il nostro piano e alla fine Jake esclamò. -Hei, Sam! Perché Andy ed Ash dormono comodi sul tuo letto, mentre io, Jinxx e CC stiamo per terra?

Scoppiai a ridere. -Non lo so. Scelta di Nadia!- risposi mentre le porgevo una tazza di latte con dentro dello cioccolato sciolto. La rivolta venne rigirata alla piccola Nadia, che dopo aver sorseggiato un po' il latte, si decise a rispondere.

-Ashy è il mio prefe'ito ed è licelcato. Andy ha detto che mamma è bella. E voi... non so 'ove mettelvi.- concluse soddisfatta e continuando a bere. Ashley rischiò di affogarsi col caffè mentre cercava di trattenere una risata.

-Eh, ragazzi. Dovevate fare i complimenti alla mamma!- ironizzò Andy, facendomi avvampare la faccia. “Certo che questi ragazzi...” pensai tra me e me “...ne hanno di sparate!"

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Capitolo 4
*** Brezza notturna ***


In una notte in cui non riuscivo a chiudere occhio decisi di fare qualcosa che non facevo da molto tempo. Controllando che Nadia dormisse profondamente, come si dimostrò, decisi di uscire di casa dopo aver indossato dei vestiti comodi. Socchiusi il portone alle mie spalle e, vagando nel giardino con una torcia accesa in mano, cercai la scala che portava fino al tetto della casa. Quando la trovai mi ero già abituata all'unica fioca luce emanata dal lampione poco distante dalla mia villetta, quindi spensi la torcia e dopo averla riposta in una tasca, poggiai la scala al tetto e la salii. Quando arrivai in cima salii sulle tegole e mi ci sedetti sopra, restando ad osservare l'ambiente lì attorno.

Ascoltavo il silenzio circostante e in contemporanea ammiravo il cielo stellato sopra di me. Mentre mi rilassavo lassù una melodia mi passò per la testa e la individuai come “Cancer” dei My Chemical Romance. Questo mi riscattò in testa il ricordo di me che suonavo il pianoforte da piccola in mezzo alla mia famiglia, prima che accadesse l'inevitabile. Ricordai come quell'atmosfera familiare mi riscaldava il cuore e come mi piaceva suonare quel grande strumento. Tempo prima avevo imparato due canzoni dei My Chemical Romance ed ero riuscita a riprodurle sul pianoforte che conservavo nel soggiorno, ormai nascosto sotto un grande telone bianco. Oltre a “Cancer” ero riuscita a riprodurre “I don't love you” che avevo ascoltato spesso durante la mia assurda gravidanza. Mi persi letteralmente nei miei ricordi e neanche la leggera brezza notturna che si era formata riuscì a distogliermi da essi facendomi rabbrividire di tanto in tanto. Solo delle voci provenienti dalla strada mi riscossero. Abbassai lo sguardo e sul marciapiedi notai cinque ragazzi che guardavano nella mia direzione con curiosità. Sorrisi, facendogli un cenno con la mano e invitandoli a salire anche loro lassù.

-Visto? Te lo avevo detto che era Sam!- disse Ashley ricambiando il saluto sventolando la mano. Attraversarono la strada e io gli aprii il cancello con un bottone automatico che tenevo attaccato alle chiavi di casa -non si poteva mai sapere, meglio portarsi le chiavi per le evenienze-. Rimasi lassù ad attenderli, con le gambe strette al petto e le mani immerse nelle tasche della felpa.

-Buonasera.- salutò allegro Jake, che fu il primo a sedersi accanto a me.

-Buonasera a voi.- ricambiai sorridendo.

Si sedettero attorno a me, e all'opposto di Jack trovai Ashley, mentre alle mie spalle c'erano Jinxx, Andy e CC.

-Come mai qui su a quest'ora della notte?- domandò CC.

-Non riuscivo a prendere sonno e la piccola Nadia canta Sweet Blasphemy mentre dormiva.- ripensai alla sua vocina che interpretava quelle poche parole che si ricordava di quella canzone e mi venne da ridere.

-Che carina.- scoppiò a ridere Jinxx.

-E voi? Che ci facevate là giù a quest'ora della notte?- rivoltai la domanda, con tono malizioso.

-Uh, niente di che. Eravamo usciti per rinfrescarci le idee, ma quando abbiamo cominciato ad incontrare fans scatenate abbiamo deciso di tornarcene a casa.- rispose Ashley. -Una si era appiccicata ad Andy chiedendogli di sposarla.- ridacchiò il bassista voltandosi a guardare il vocalist alle nostre spalle.

-Cosa ridi? Per quanto possa essere fico avere delle fans così appassionate, diventa imbarazzante quando ti fanno domande del genere, o magari più spinte.- era chiaramente ancora in imbarazzo, si poteva capire dal tono della voce basso. Ridacchiai e scossi la testa, tornando a guardare il cielo stellato, e restammo tutti in silenzio, con i visi all'insù.

La loro presenza era piacevole, ma i miei pensieri non si lasciarono intimorire da essa e ripresero a fluire nella mia testa come un fiume in piena, travolgendomi con il ricordo di una gravidanza piena di nausee e minacce di aborto. Ero felice di avere una figlia e la amavo con tutta me stessa, ma i ricordi erano irremovibili. Esistevano nella mia testa proprio come esistevo io, e ne soffrivo più che mai pure a distanza di anni. Ma non solo perché quell'uomo era scomparso dalla mia vita non appena aveva scoperto che ero incinta, anche perché mi ero ritrovata completamente sola nel momento del bisogno, senza amici, una persona che mi amasse e che mi aiutasse, senza parenti.

Il mio fiume venne interrotto da un mio nodo alla gola e dalla voce di Ashley.

-Ti posso fare una domanda invadente?

Mi riscossi. -Certo, dimmi pure.

-Perché Nadia non ha un padre?- lo disse tutto d'un fiato e in parte mi lasciò sconvolta, quella domanda, perché sembrava che mi avesse letto nella mente.

-Lui... lui se ne andò non appena scoprì di avermi inseminata.- risposi io con voce tremula, mentre il nodo pre pianto mi torturava la trachea. Mi rattristiva molto parlare di quegli argomenti, ma sapevo che di loro potevo fidarmi e che potevo parlare apertamente, nonostante ci conoscessimo da poco tempo. Erano sempre stati un punto di riferimento per me, quindi non appena ebbi la piena occasione di incontrarli fu come se li conoscessi da tantissimo tempo.

-E... durante la gravidanza chi ti ha assistito?- stavolta a porre la domanda era stato Jake.

-Nessuno.- risposi io semplicemente. Non c'era molto da dire: quel “nessuno” racchiudeva l'assenza di chiunque avrebbe dovuto far parte della mia esistenza ma che realmente non c'era. Sprigionai dalla mia gola un sospiro tremolante, e nel buio cercai di nascondere le due lacrime che mi stavano scendendo giù per il viso, paradossalmente fredde quanto quella brezza che mi colpiva a tratti il viso facendomi rabbrividire.

Mi alzai di scatto, cercando di non perdere l'equilibrio mi diressi verso la scala e ne discesi senza fiatare. Non appena giunsi alla fine della scala, quest'ultima venne a sua volta percorsa dai ragazzi, ma io non restai ad osservarli. Quegli stradannatissimi ricordi mi avevano percosso così tanto la mente che mi ritrovai appoggiata al muretto che divideva la strada dal mio giardinetto con gli occhi sommersi di assurde lacrime e con le mani che cercavano di asciugarle invano.

Sentii dei passi avvicinarmisi ma non mi girai.

-Ehi, scusami... non avrei dovuto...- mi mormorò Ashley in un orecchio. Sospirai e si formò una nuvoletta si vapore.

-Tranquillo. E' tutto a posto.- finalmente mi calmai, e riuscii a girarmi e a sorridergli.

Lui mi si avvicinò e mi abbracciò, in segno di scusa, e io ne rimasi in partenza sorpresa, poi mi lasciai cullare dal calore del suo corpo e lo ricambiai.

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Capitolo 5
*** Doti artistiche ***


In un pomeriggio pieno di lavoro e di pagine da tradurre mi ricordai solo alle quattro meno dieci che dovevo andare a prendere Nadia all'asilo e che ero tremendamente in ritardo. Cercai una scusa per staccarmi dal lavoro, ma il capo non mi concesse alcun distacco dalla mia scrivania. La testa mi scoppiava ed io ero stanchissima, perché quella stessa mattina avevo ricevuto l'ordine di restare in ufficio anche di pomeriggio.

Restai a ragionare per un po' sul da farsi, mentre ritornavo nervosamente alla mia scrivania, chiudendomi la porta alle spalle. “Che faccio?” pensai mordicchiandomi il labbro e ripoggiando lo sguardo sullo schermo del PC. Ticchettai qualche parola, ma mi fermai subito. Un'illuminazione mi aveva pervaso la mente: i ragazzi. Loro potevano andare a prenderla e tenerla a casa mentre ero occupata. Composi velocemente il numero della loro casa -Jake me lo aveva lasciato scritto su un fogliettino la mattina in cui gli avevo offerto il caffè-.

Il telefono suonò per un po', poi una voce ansimante mi rispose.

-Pronto?- era CC.

-Pronto, Christian? Sono Sam!

-Oh, ciao Sam! Questo è il tuo numero di cellulare?

-Si, ascolta, ho bisogno di un favore!- fissai lo schermo del PC: mancavano cinque minuti alle quattro.

-Dimmi pure.

-Uno di voi non potrebbe andare a prendere Nadia all'asilo, per favore?

-Uhm... direi di si... potrebbe andare Andy. Anche perché io sono un po' impegnato ora... aspetta un minuto...- “Un minuto è pure troppo...” pensai freneticamente, mentre sentivo la voce di CC che urlava ad Andy di vestirsi velocemente e di raggiungerlo. -Sarà pronto tra un attimo, my lady. Qual'è l'orario di chiusura dell'asilo?

-Le quattro e venti!

-Sono ancora meno cinque, ma lui si sbrigherà. Dov'è?

Gli spiegai dove fosse l'asilo e lui afferrò il concetto al volo.

-Oh, CC! Ringrazia Andy da parte mia! Non sapevo proprio a chi rivolgermi!- sospirai di sollievo.

-Figurati. Ti aspettiamo per un qualsiasi orario, ok?

-Ok, grazie ancora!- ci salutammo e io riattaccai con in cuore in pace, nello stesso momento in cui scoccarono le quattro in punto. Feci una breve telefonata all'asilo, e avvertii una maestra che sarebbe venuto un certo Andrew Biersack a prendere mia figlia. Non appena riattaccai anche con lei, mi lasciai ricadere sullo schienale della sedia con un sospiro.

 

Finii le traduzioni alle otto passate, e la mia emicrania era passata solo grazie ad una pasticca contro il mal di testa. Per lo meno avevo reso sul lavoro e avevo persino finito il libro da tradurre. Sospirando di sollievo portai al capo il mio lavoro, e dopo avermi ringraziato mi disse che mi avrebbe concesso di restare a casa il giorno dopo.

Ero felice: il mio lavoro era stato ben ricompensato.

Uscii dalla casa editrice che quasi fluttuavo nell'aria, e mi diressi verso la dei ragazzi. Mentre tenevo fisso lo sguardo sulla strada la mia mente venne pervasa da un senso di rilassamento tale che quasi quasi vedevo in rosa. Ero sempre stata soddisfatta del mio lavoro, quindi mi rendeva felce aver completato un libro in un solo giorno e aver ricevuto come premio un giorno di vacanza.

Arrivai davanti casa mia, parcheggiai l'auto, e dopo esser scesa da essa attraversai la strada quasi saltellando. Forse stavo dando troppo sfogo alla mia gioia. Ma non faceva nulla, ero felice e basta... forse energica.

Suonai il campanello e aspettai che mi aprissero la porta. Quando mi aprirono mi trovai davanti Jinxx con la faccia tutta disegnata di nero e bianco, e io non potei fare a meno di ridere.

-Tua figlia è un'artista!- esclamò ridendo a sua volta. -Da grande diventerà una truccatrice provetta!

-Eh, si. Ha preso dalla madre che se ne intende molto di disegno.- ero praticamente piegata in due dalle risate. -Ma che roba è quella che ha usato per... dipingerti?

-Il trucco che usiamo per i concerti.- rispose lui, facendomi entrare. Mentre percorrevo il corridoio che conduceva al salotto, vidi una piccola figura sgambettare e venirmi incontro, abbracciandomi le gambe.

-Mamma!

-Ehi! Ciao piccola!- la sollevai prendendola in braccio, e ricominciando a camminare verso il soggiorno. -Ti sei divertita?

-Si!- e cominciò ad elencarmi tutte le cose che aveva fatto, poi perfezionate dalle parole di Jake: non appena Andy era andato a prenderla lei aveva fatto i salti di gioia vantandosi che un cantante era andato a prenderla all'asilo. Poi, appena arrivata a casa loro, Ashley la aveva intrattenuta facendola giocare con i suoi capelli e facendola “marciare” sul suo corpo, ammirando il suo tatuaggio da ricercato; e dato che la cosa sembrò divertire Jinxx, lo usarono come cavia per sperimentare il futuro lavoro della piccola Nadia, che risultò entusiasta di poter dipingere la faccia di quel ragazzo che suonava una “chitalla litmica”. Infine, dato che non accennava a stancarsi, CC le fece suonare la batteria con lui, facendola sedere sulle sue gambe e guidando le sue braccine sui vari tamburi.

-E' instancabile quella bimbetta.- disse soddisfatto, lasciandosi cadere sul divano con visibile stanchezza, mentre Nadia sgattaiolava per la casa cercando Ashley.

-Non ha disturbato, spero.- mi accomodai vicino a lui, guardandolo con leggera preoccupazione.

-Ma figurati. E' stato divertente! Guarda, puoi lasciarcela quando vuoi.- si offrì con un sorriso.

-Si, ma la prossima volta ti fai “truccare” tu!- intervenne Jinxx che era andato a togliersi tutto quel colore dalla faccia, e che era tornato con un asciugamano tra le mani, asciugandosi il viso.

Intanto Nadia tornò trascinando per i jeans Ashley, che la seguiva divertito, e con alle spalle Andy. Io mi alzai per salutarli, e loro rimasero intenti a fissarmi.

-Ehm... che c'è?

-Sembri un'altra persona così vestita!- esclamò Ashley, che stava strabuzzando gli occhi nel fissarmi. Io mi guardai a mia volta: indossavo un paio di jeans blu scuri stretti, che evidenziavano i lineamenti delle gambe; delle ballerine grigie con la punta nera lucida e un merletto che ricopriva il perimetro della calzatura che lasciava intravedere la parte superiore della pianta del piede; una camicia bianca; coperta da un maglione verde dalle maniche che arrivavano fino al gomito, la cui scollatura consentiva di vedere parte della camicia, sopra la quale era poggiata una collana dalle pietre verdi di varia forma unite da una catena dorata. Infine i capelli erano liberi e sciolti sulle spalle, lisci e castani in tutta la loro naturalezza, e solo il ciuffo era tirato di lato con una forcina.

-Beh, forse mi distacco un pochino dal mio solito stile...- vagheggiai io.

-Un pochino? Ragazza, sembra che devi andare ad un colloquio di lavoro!- esclamò Ashley, facendomi strappandomi una risata. Poi volsi il mio sguardo verso Andy, che non aveva spifferato ancora una parola e che aveva le labbra semi dischiuse. Gli sorrisi, facendolo riprendere da quel suo imbambolamento temporaneo.

-Beh, dai. Spero di non avervi arrecato disturbo. Ora credo che io e la piccola pulce, nonché Nadia, ce ne andremo a casa. Vero?- le volsi uno sguardo dall'alto, mentre lei cercava di scalare il corpo di Ashley, che la fissava con tenerezza e che poi la prese in braccio.

-Zio Ash, la p'ossima volta ti possho tluccale?- chiese lei innocentemente, finalmente al livello del viso del bassista.

-Oh, tesoro. Credo proprio che la prossima volta truccheremo Jake, che sarà felicissimo di avere nuove idee per il suo trucco, ormai un po' vecchiotto. Vero amico?- gli si rivolse ridacchiando, mentre notava il suo sguardo in disaccordo, ma che ignorò lo stesso, vedendo un grande sorriso stamparsi sul visetto della mia bambina. Me la passò tra le braccia e io, dopo aver salutato tutti mi avviai verso la porta.

-Aspetta, ti accompagno!- si offrì Andy, che finalmente si era ripreso dal suo coma ad occhi aperti.

-Oh, grazie.- risposi, mentre mi apriva la porta. Mi accompagnò fino al mio cancello, e davanti ad esso, io lo potei ringraziare di essere stato disponibile ad aiutarmi nel momento in cui ne avevo più bisogno. Lui si grattò la testa. -Ma figurati, è stato un piacere.- mi sorrise, facendomi rischiarire il cuore. Mi faceva volare il suo sorriso, e io, sotto sotto, avevo sempre avuto una piccola cotta per quel vocalist, ma non lo avevo mai dato a vedere. Quindi mi tuffai nell'oceano che si specchiava nei suoi occhi, e lo salutai.

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Capitolo 6
*** Sfide ***


Non seppi bene come, ma dalla sera in cui avevo chiesto ai ragazzi di occuparsi di Nadia qualcosa era cambiato nei miei sentimenti. Era stata come una scintilla, ed era scattata nello stesso momento in cui Andy mi aveva lasciata davanti al cancello di casa mia con Nadia, che a momenti mi si addormentava appoggiata al ginocchio.

Avevo sempre pensato che sarebbe stato un sogno avere a che fare con i propri idoli, instaurandoci un'amicizia, e, guarda caso, quel sogno si era avverato. Per non parlare del fatto che avevo sempre nascosto una piccola cotta per il vocalist della mia band preferita, ma era solo una cosa assurda, perché ritenevo che il cantante della mia band preferita non mi avrebbe mai degnata di uno sguardo nemmeno da amici. Quindi mi ero limitata a seppellire un sentimento impossibile nei confronti di una persona alla quale avrei parlato al massimo per cinque minuti ad un suo concerto. Eppure, quando al concerto lui mi consegnò quel biglietto che avrebbe fuso le nostre esistenze intuii che qualcosa si sarebbe riacceso in me. E così fu, la stessa sera che quel cantante mi aveva accompagnata davanti casa mia, concedendomi di perdermi in quell'oceano che si trovava nei suoi occhi.

 

Quando lo rividi qualche giorno dopo, il mio cuore fece un sobbalzo, perché nelle poche giornate passate lui era stato il mio unico pensiero fisso; e la piccola cotta, che prima avevo semplicemente seppellito nei meandri dei miei assurdi desideri, era ora tornata a incendiarmi la mente. Non riuscivo a fare a meno di dare vita a fantasie assurde nella mia testa, e pensai addirittura che con quelle ci avrei persino potuto elaborare un film!

Il giorno in cui rividi il ragazzo che tanto mi torturava la mente era un venerdì pomeriggio, fin troppo nuvoloso per poter uscire a fare qualcosa di stuzzichevole, anche perché, a causa dell'assenza di Nadia, che era andata a dormire a casa di una sua amichetta, ero più sola di un cane. Non avevo neanche voglia di parlare con la sua baby-sitter, che per un periodo si era congedata dal suo lavoro perché in dolce attesa.

Ero appostata alla finestra, a fissare la casa di fronte alla mia, persa un'altra volta nei miei pensieri; anche se per una volta non riguardavano Andy, il mio sguardo non poteva fare a meno di distaccarsi da quell'appartamento. Ad un certo punto la casa si aprì ed io sussultai. Ne uscirono uno alla volta tutti i ragazzi che vi vivevano, e dopo essersi chiusi la porta alle spalle rimasero qualche minuto a parlottare tra loro sull'uscio di casa. Poi si avvicinarono al marciapiede.

“Vabbé staranno andando a prendere l'auto...” pensai, ma la mia supposizione non si manifestò nella realtà. Attraversarono la strada ed arrivarono al mio marciapiede. A quel punto mi alzai di scatto e feci un passo indietro dalla finestra. “Avranno visto un micio accanto al mio cancelletto...” ipotizzai, ma per la seconda volta venni smentita e suonarono al campanello. Restai così sorpresa che mi trovai a fare su e giù per il corridoio a pensare se ero presentabile o meno... mi accordai con me stessa che un cardigan lungo color vinaccio con sotto una maglietta un po' scollata viola scuro e dei pantaloni attillati intonati a tutto il resto andavano bene, quindi mi decisi ad aprire, nello stesso momento in cui Jake stava per ripremere il campanello.

-Uh, scusate il ritardo ragazzi! Ditemi pure.- gli aprii il cancelletto.

Loro si accomodarono in casa e con un gran sorriso stampato in faccia Jinxx mi propose di uscire.

-Con questo tempo?- chiesi io dubbiosa.

-E allora?- fece lui spallucce.

-Dal silenzio che c'è mi sembra di dedurre che non ci sia Nadia... o sbaglio?- domandò Jake preoccupato per l'incolumità della sua faccia.

-Hehe, non c'è, tranquillo. Per oggi non rischi di farti dipingere la faccia.- ridacchiammo.

-Beh, allora non dovrebbero esserci problemi, no?- insisté CC.

-Non lo so, ragazzi, non sono neanche pronta...- guardai per l'ennesima volta il mio abbigliamento.

-Secondo me stai benissimo.- intervenne il bassista. -Ma se proprio vuoi cambiarti ti aspettiamo.- sorrise, e così facendo mi convinse.

Io guardai Andy con la coda dell'occhio, e lo trovai intento ad osservarmi con un mega sorriso stampato in faccia. Mi sembrava di sciogliermi sotto il suo sguardo, e così decisi che nel giro di dieci minuti al massimo sarei stata pronta per uscire.

Dopo aver affrontato l'ardua scelta su come vestirmi uscii dalla mia camera con indosso un altro cardigan, però nero e di una stoffa più leggera rispetto a quello di prima; con sotto una maglietta nera con sopra incise le stesse ossa che corrispondevano alla posizione interna al mio corpo; dei leggins neri coperti per fino al ginocchio da degli stivali neri (anche quelli).

-Che dite, sono troppo appariscente?- chiesi entrando in salotto, dove qualche minuto prima li avevo messi in attesa.

-Fico! Forse è un po' appariscente ma ti dona!- esclamò Jake appena mi intravide.

-E' vero! E poi... il nero mette in evidenza la tua carnagione pallida. Stai benissimo.- erano le prime parole che Andy aveva spiccicato da quando era entrato in casa, ed il mio cuore mancò un battito, anche se la mia perplessità non se ne andò ancora del tutto.

-Con tutti i miei ventitré anni, mi sento come se fossi una sedicenne... mi sa che mi vado a cambiare....

Ashley mi fermò subito.

-Guarda che stai benissimo, e poi... guarda che noi non siamo vestiti tanto meglio... dico, ma ci hai visti?- in effetti loro erano “tappezzati” di borchie, catene ed erano tutti vestiti in nero. Mi convinsi che tra loro non avrei fatto alcuna stramba figura e che eravamo tutti “intonati” tra noi. -D'accordo, mi fido di ciò che dici.- risi io, e ci avviammo verso l'uscita. E dopo averla superata spuntò un nuovo dilemma.

-Come arriviamo in città?- domandò CC. -Macchina, piedi, o...?

-Prendiamo la mia macchina.- proposi io.

-Sei sicura? E se ci riconoscono?- si accigliò Andy.

-Beh, considera che è sera ormai, e che il cielo ormai è quasi del tutto oscurato. E inoltre i finestrini della macchina sono oscurati, in modo da non lasciarne scorgere l'interno.- spiegai io, fissando il riflesso del suo piercing al labbro. Sapevo che se avessi fissato gli occhi mi sarei impampinata mentre parlavo e chissà che idea gli avrei trasmesso. “Forse mi sto facendo davvero troppe pippe mentali...” pensai accomodandomi al posto di guida, mentre anche gli altri si sedevano all'interno della vettura.

-Ehm...- Jinxx attirò la mia attenzione. -Non dirmi che mi devo sedere sul seggiolino di Nadia!

Una fragorosa risata si diffuse all'interno della mia macchina, e scendendo lo liberai da quell'imbarazzo, lasciando il seggiolino all'interno del mio giardino, dove nessuno lo avrebbe notato, perché posto proprio dietro un cespuglio.

Quando mi risedetti, accanto al mio posto c'era Ashley.

-Beh? Dove si va?- chiesi accendendo la macchina.

-Che ne dite di andare da Simon?- propose Jake.

-Direi che è una buona idea... mi sono rotto di andare sempre da Daniel!- confermò CC.

Non avevo idea di dove si trovasse Simon o di chi fosse Daniel, fatto sta che Ashley mi guidò per le strade di Los Angeles con la stessa calma che aveva un padre che insegnava a sua figlia a guidare.

Giunti al locale del tanto nominato Simon, mi accorsi che l'insegna del suo locale mi era totalmente nuova, e mi sorpresi di non averla mai notata, perché passavo spesso da quelle strade. Ashley mi consigliò di parcheggiare sul retro, dal quale poi saremmo entrati. E così fecimo. Appena entrammo un ragazzo biondo di circa la mia stessa età ci venne incontro nel piccolo corridoio dalle pareti color magenta che ci oscuravano la vista.

-Ragazzi! D'accordo che siete famosi, ma preferirei che entraste dall'entrata principale!

-Simon, da quanto tempo!- cambiò discorso Jinxx.

-Lo sai che ci piace fare le nostre entrate a sorpresa, e poi stasera siamo in compagnia.- intervenne CC, che era accanto a me e che mi indicò.

Feci un passo avanti e mi ritrovai davanti quel ragazzo dalla mano un po' scarna ma con una certa energia che mi stringeva la mano sorridendo. -Piacere. Io sono Simon. E tu...?

-Io sono Samantha, ma puoi chiamarmi Sam.- risposi io con lo stesso entusiasmo.

Quando staccò la mano tornò a rivolgersi ai ragazzi, ma il suo sguardo si spostava da loro a me in continuazione. -Beh? Che fate? Vi accompagno subito nel lato bar o prima vi ambientate un po'?

-La seconda che hai detto.- rispose con tranquillità Ashley.

-Allora vi faccio prendere posto ad un tavolo.- affermò il ragazzo guidandoci attraverso il corridoio rosso scuro. Entrammo in un localino poco spazioso e poco popolato, ma con gente molto simile a noi, che appena ci videro esultarono e qualcuno ci venne pure in contro, salutando i ragazzi, che non perdevano occasione di presentarmi. Conobbi diverse persone: una ragazza dai capelli del colore di un foglio di carta, che mi strinse la mano più energicamente di Simon dicendomi che ero proprio una ragazza fortunata a poter uscire con quei musicisti che avevo accanto; un chitarrista chiamato Josh e una sfilza di fans appassionate che mi circondarono facendomi mille domande su come ero riuscita a diventare amica di quei cinque “pezzi di gnocchi”. Mi veniva da ridere a vederle, però era come se mi sentissi una di loro, perché se fossi stata più piccola di età e fossi stata loro coetanea, penso che mi sarei comportata allo stesso modo.

Finalmente riuscimmo a sederci al tavolo senza più persone che ci ronzavano attorno, e Simon si decise a servirci.

-Beh? Volete mangiare qualche stuzzichino? O vi buttate su un kebab o una pizza? O qualcosa di dolce magari?

-“Dolce” tipo cosa?- chiesi io, ed il ragazzo ci elencò una serie di dolci tra cui alcuni di cui io andavo pazza: flan, crêpes e torta al cioccolato.

-Diamine, sono indecisa!- rimasi a pensare per un po' e poi decisi che col passare del tempo li avrei assaggiati tutti, uno alla volta, ma quella sera il mio stomaco era solo per le crêpes, quindi feci la mia ordinazione francese, mentre gli altri si buttarono su piatti molto più salati, come kebab e pizze... tutti, tranne Andy, che ordinò una torta al cioccolato.

-Vuoi stuzzicarmi?- mi rivolsi a lui quando Simon scomparve tra i tavoli.

-Mmm... chissà... sai com'è... mi è parso di capire che hai una certa passione per i dolci... quindi... ho pensato che prendere qualcosa che ti facesse gola ti inducesse a cedermi qualcosa della tua pietanza francese.- disse con tono malizioso.

Ridacchiai. -Eh, ti ho capito! Vuoi fare uno scambio, eh? E va bene, accetto.

Mangiammo di gusto e a metà serata, ci ritrovammo senza qualcosa da fare, anche perché il locale non era neanche pieno quella sera. Quindi proposi io di fare qualcosa che avrebbe stuzzicato la curiosità dei ragazzi.

-Ok, dato che non facciamo nulla, vi sfido.

-E a che cosa?

-A bere.- in effetti ero in vena di alcool, e poi il giorno dopo Nadia sarebbe rimasta dalla sua amica fino al tardo pomeriggio, quindi me lo potevo permettere una volta tanto.

-Bevendo? Tu? Ma dai.- ironizzò Jinxx.

-Sembra il contrario, ma io a vent'anni partecipavo a gare nelle quali si beveva parecchio. Tipo in stile nordico: chi non riusciva a reggere un bicchiere di troppo perdeva.

Ashley si accigliò, ma si vedeva che la cosa lo interessava. -Sei sicura?- chiese poi con tono malizioso. -Guarda che io non mi ritiro così facilmente da una sfida.

-Io invece si.- intervenne Jake. -Stasera non reggo l'alcool, mi è rimasta la pizza sullo stomaco, e non ci tengo a farmi vedere in male condizioni davanti a tutti. E poi chi guida fino a casa?- insomma, ne uscì incolume.

-Beh, allora ci state? Ordiniamo il primo giro, allora.- conclusi io, facendo un cenno a Simon.

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Capitolo 7
*** Caffè ***


Simon ci servì il primo giro di birre, e fino al quarto bicchiere nessuno vacillò dalla sua postazione. Poi, man mano che i bicchieri aumentavano, il primo a crollare fu CC, che scoppiò in una sonora risata accollandosi a Jinxx, ma rifiutando un qualsiasi altro bicchiere di birra. A seguito suo vi furono Jinxx e Ashley, il quale si addormentò con la testa sul tavolo e con una mano che stringeva il boccale pieno a metà. In gara restammo io ed Andy, ed in pratica non vedevamo neppure dove fossero i nostri bicchieri, al punto che le nostre mani dovevano vagare un po' nell'aria prima di trovare le superfici fredde dei boccali. Quando ormai eravamo esausti e ridevamo come due idioti ai rimproveri di Jake, che cercava di fermarci, io crollai addormentata addosso ad Andy, che era seduto accanto a me.

Poco dopo fui svegliata da Jake che cercava di portarci tutti alla macchina insieme a Simon e a CC, che si stava riprendendo dal suo stato di ebrezza. Ma io ero tutt'altro che sobria. Ancora ero sotto effetto dell'alcool e non c'era verso di farmi smettere di ridere come un'idiota, e di farmi camminare normalmente -camminavo sbandando da un lato all'altro insieme ad Ashley ed Andy-.

Dopo tante smancerie, riuscimmo ad arrivare a casa, ma siccome Jake -come mi raccontò il giorno dopo- non se la sentiva di lasciarmi da sola nel mio appartamento, decise di portarmi a casa loro.

Sempre rischiando di schiantarci contro qualche muro, entrammo in casa barcollando e non so come finii stramazzata nel letto di Andy, e dopo aver fatto qualcosa che nemmeno Jake mi raccontò crollai nel sonno profondo.

Mi risvegliai il mattino dopo con un'emicrania dell'altro mondo e accanto ad Andy. Quasi urlai quando mi accorsi della sua presenza accanto a me, e mentre indietreggiavo tra le coperte caddi dal letto, ma non mi importava molto del dolore al sedere o alla testa, piuttosto mi interessava il batticuore che mi stava torturando il petto.

La porta della stanza si aprì lentamente, quasi in stile film horror, e ne scorsi il viso assonnacchiato di Ashley. -Tutto bene? Ho sentito un tonfo.

-Si, ero io che cadevo dal letto. Senti, hai qualcosa per l'emicrania?- dissi sottovoce.

-Si... ma è in cucina... vieni con me.- rispose stancamente e stropicciandosi gli occhi. Mi alzai, e a piedi scalzi lo seguii.

Arrivati in cucina trovammo Jake ai fornelli che preparava la colazione.

-Oh, buongiorno!- esclamò con tono sgargiante.

-Jake! Non urlare! Mi sembra di avere delle campane in testa!- esclamò il bassista, massaggiandosi le tempie.

-E ci credo che ti senti le campane! Avete bevuto alla grande ieri sera! Mi sorprendo solo che nessuno abbia dato di stomaco!

-Jake...- lo chiamai io. -Ti prego. Dammi qualcosa per l'emicrania e parla piano.

Lui annuì e dopo mangiato mi diede un pillola. Ero troppo stanca però per reggermi in piedi, e non appena ingurgitai la medicina, mi sedetti sul divano e mi appisolai lì.

Quando mi risvegliai avevo addosso una coperta rossa molto calda che mi dava un senso di conforto, e persino l'emicrania era svanita. Mi misi a sedere, ignorando il fatto che tutti erano seduti attorno a me, e mi stropicciai gli occhi.

-Che carina. Sembra un cucciolo appena svegliato.- disse Jinxx dalla poltroncina accanto alla mia.

-Mh?- fu l'unico verso che riuscii ad emettere.

-Certo che lo reggi bene l'alcool.- commentò Andy. -Peccato che tu abbia perso e che ti sia addormentata sopra di me. Proprio un peccato.- disse con tono malizioso.

-Mh? Ho perso? Pazienza, la prossima volta ti vincerò!

-Ammesso che ci sia.- intervenne Jake che era seduto accanto a me. -Avete bevuto così tanto che è stata una gran faticaccia riportarvi qui!

Sbadigliai, mettendo un braccio attorno alle spalle del chitarrista. -Allora la prossima volta tu sarai il mio sfidante principale.- dissi con tono da finta sbronza, procurandogli un leggero rossore.

-Piuttosto, mentre ero brilla cos'ho combinato? Di solito causo danni catastrofici.

-Non mi sei sembrata molto catastrofica. Non appena ti ho risvegliato dal tuo temporaneo appisolamento ti sei avvinghiata ad Andy ed Ashley e avete cominciato a camminare come se vi trovaste su una nave travolta dalla burrasca. In macchina vi siete messi a cantare a squarciagola come dei bambini dell'asilo, e stonandomi un timpano, insieme a Jinxx. E a casa avete cominciato a girovagare e a fare idiozie finché non vi siete addormentati.

-Ah ecco! A proposito. Perché dormivo nel tuo letto?- mi rivolsi ad Andy.

-E che ne so, io. Non mi ricordo nulla di ieri sera! Jake, tu ne sai qualcosa?

Il rossore che prima era comparso sul suo viso si accentuò di poco. -Non lo so.... a... a un certo punto vi ho abbandonati in quella stanza perché Jinxx stava per svuotarci il frigorifero!- eppure non mi sembrò molto convinto di sé.

 

Pranzammo insieme, finché non arrivò il momento di tornare a casa, perché aspettavo il ritorno di Nadia. Li salutai tutti, ma Andy decise anche quella volta di accompagnarmi a casa, e dato che ero in anticipo, lo invitai ad entrare per un po' in casa. Ci sedemmo al tavolo della cucina e chiacchierammo per un po' di musica.

-Tu non hai idea di quanto ammiri la tua voce! Se facessi un mini concerto per Nadia credo che ti salterebbe addosso!

-Non preoccuparti che l'ha già fatto!- rise lui. -Piuttosto mi sorprendo che tu non l'abbia fatto, dato che mi ammiri così tanto...- mi lanciò un'occhiata indecifrabile ma che mi parve avere un doppio senso.

-Ma col mio peso ti scafazzerei! Non posso permettermi di rovinare quel bel corpicino che ti ritrovi!

-Potrei correre il rischio...- altra occhiata indecifrabile. Cominciavo a convincermi che ci stesse provando con me, e d'un tratto cadde il silenzio, nel quale io lo fissavo nei suoi occhi ghiacciati e lui fissava i miei, il cui colore era di un blu zaffiro molto più intenso del suo.

Restammo così finché non suonarono al campanello ed io andai a recuperare Nadia, che trovai addormentata sul sedile posteriore della macchina della madre della sua amichetta, che aveva deciso di accompagnarla, la ringraziai e rientrai in casa, trovando Andy dove lo avevo lasciato prima.

-Puoi aiutarmi a metterla a letto?

Lui annuì, e mi seguì nella mia stanza. Mi aiutò a immergere mia figlia tra le coperte senza svegliarla e tornammo in cucina. Non era tardo pomeriggio, e decisi di offrire il caffé al vocalist nuovamente seduto al tavolo della cucina. Il silenzio cominciava a farsi pesante, finché io non rimasi incantata a fissare la caffettiera nell'attesa che il caffè fosse pronto; e cercai di darmi un tono, perché dopo quell'affermazione ero rimasta un po' scossa, e di trovare qualcosa di cui parlare. Ad un tratto sentii Andy alle mie spalle, e ricaddi nel mondo ultraterreno. Il caffè era pronto e stava per uscire dal suo contenitore. Lui spense con finezza il fornello da dietro le mie spalle ed io mi girai su me stessa per trovarmi i suoi occhi puntati nei miei, di nuovo, solo ad una distanza molto ravvicinata. Troppo effettivamente. Sentivo il suo respiro sul mio, e dalla sua giaccia si espandeva un leggero calore. Il suo diaframma saliva e scendeva, in contrapposizione al mio: i nostri bacini erano praticamente attaccati.

-Sam... io...- interruppe il silenzio tra noi. Però non trovò molto da dire. Mi mise una mano sul fianco destro e lentamente mi si avvicinò. Io entrai in ebollizione, non seppi cosa fare e mi sentii avvampare il viso. Quando fu abbastanza vicino, chiuse gli occhi, e le nostre labbra entrarono a contatto, morbide e tiepide. L'ansia mi si sciolse addosso ed io mi lasciai andare a quella passione. Avevo tanto rimuginato su cosa potesse nascere tra noi, ma non pensavo che sarebbe successo così in fretta.

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Capitolo 8
*** Rossore. ***


Erano passati due giorni da quando io ed Andy ci eravamo baciati, e non avevamo più avuto il coraggio di sentirci o cercarci. Eravamo imbarazzatissimi. Al terzo giorno decisi di fare io la prima mossa: mi preparai insieme a Nadia e ci dirigemmo verso casa loro, mentre lei canticchiava Youth and Whisky.

-These angelsh who ca'y me, they tol' me youf and whisky! Mamma, perché andiamo dai B'ack Veil Blides?- chiese lei dal basso puntandomi i suoi occhioni dolci di quel verde che di certo non aveva ereditato da me.

-Gli facciamo una sorpresa... ti va? E poi stasera c'è una sorpresa!- dissi io sorridendole e prendendola per mano mentre attraversavamo la strada.

-Che sorpresa?- chiese lei avvinghiandosi alla mia mano.

-La scoprirai appena suoneremo al loro campanello.- dissi io osservandola dolcemente mentre lei saltellava per la strada. Arrivate davanti la porta esitai un po' prima di aprire e rimasi in ascolto dei rumori che provenivano dalla casa.

Udii un ritmo a me molto noto, e dopo averlo orecchiato un po' lo distinsi come Rebel Love Song. Però al momento in cui dovevano cominciare le parole della canzone non udii nulla e il sottofondo si interruppe.

-Andy! Diamine! È l'ennesima volta che la proviamo! Ti vuoi concentrare?!- esclamò la voce seccata di Ashley.

-D'accordo che non sai cosa fare con lei e che non vi sentite da due giorni... e che sei cotto per di più! Ma svegliati, ragazzo! Tra qualche settimana abbiamo un concerto!- esclamò la voce di Jake.

-Oh! Ma non so cosa fare! E ho paura di essere rifiutato in blocco!- esclamò lui, facendomi mancare un battito cardiaco. Come se potessi rifiutare il cantante della mia band preferita. “Roba da matti!” pensai io. -Ho paura che si metta con me solo perché sono un cantante!- un altro battito mancato.

-Amico... ti sembra che sia come le altre? È diversa! E si vede a un miglio di distanza!- esclamò Jinxx.

-Lo so! Lei è carina, sincera, un po' timida ma convinta di sé... certo che è diversa! E poi non ci è saltata addosso come le altre la prima volta che ci ha visti! Hai visto che autocontrollo?

-Ecco, lo vedi che lo sai anche tu? Quindi mettiti l'anima in pace e canta questa dannatissima canzone!- esclamò CC.

Sospirai mentre un sorriso aleggiava sulla mia faccia. Aspettai che finissero di suonare tutta la canzone e poi lasciai che Nadia suonasse il campanello, mentre tutto attorno a noi cominciava a scurirsi e nel cielo si cominciavano a creare sfumature gialle e arancioni che in qualche strambo modo mi facevano pensare alle pesche.

Poco dopo mi venne ad aprire CC, e lo trovai con in mano le sue drum-sticks e con i capelli tutti scarmigliati. -Ehi, ciao Sam! Qual buon vento ti porta in questa catapecchia?

-Mamma dice che c'è una solplesa!- disse dal basso Nadia abbracciando il ginocchio del batterista.

-Uh, davvero? Beh intanto entra, così ci illustri questa sorpresa.- e ci fece entrare, conducendoci nel solito salotto, dove erano tutti riuniti con in mano le chitarre collegate agli amplificatori. Tutti a parte Andy. “Chissà come mai.” pensai con un'ombra di malizia.

-Andy?!- chiamò il batterista non vedendolo.

-E' al bagno.- disse Ashley con un sospiro, mentre si avvicinava per salutarmi. -Cosa ti porta nella nostra catapecchia, Sam?

-Certo che siete fissati voi! Ragazzi, questa non è una catapecchia! Comunque...

-Mamma dice che c'è una solplesa!- mi incalzò Nadia, correndo verso Ashley che la prese al volo e la sollevò tenendola in braccio. -Ashy!- rise lei abbracciandolo.

-E' cotta di me. C'è poco da fare.- disse lui ridendo e ricambiando l'abbraccio. -Sono troppo fico per non fare questo effetto pure sulle bambine.- e fece un sorriso mostrando i suoi denti bianchi.

Io mi guardai attorno, e feci finta di non aver mai udito la conversazione alla quale avevo assistito prima di suonare alla porta. -Ma ho interrotto qualcosa?

-Stavamo suonando, ma qualcuno ha deciso di abbandonarci.- rispose Jake fissando la porta che si affacciava sul corridoio. -Senti, va' a chiamare Andy!- disse rivolto a Jinxx, che si alzò sbuffando.

-E chi lo sente ora a quello...- brontolò mentre poggiava la chitarra.

Tornò pochi minuti dopo con dietro il vocalist scomparso.

-Ehm... scusat...- non ebbe neanche il tempo di finire che Nadia, scesa dalle braccia di Ashley, si era catapultata nella sua direzione e aveva preso a rimproverarlo anche lei.

-Andy! Mamma ha una solplesa! Non puoi falla aspetta'e!

Trattenni una risata.

-Visto Andy? Persino la piccola Nadia ti rimprovera!- sottolineò CC.

Lui arrossì notevolmente, ma io gli rivolsi un sorriso e lui parve rilassarsi un po'.

-Beh? Che sorpresa?- chiese Ashley, mentre il vocalist si sedeva su una poltroncina.

-Uh, niente di che. Stasera si mangia all'Italiana, e ci chiedevamo se vi andava di unirvi a noi...- in pratica passavamo più tempo a mangiare che a uscire normalmente. Ma meglio di niente.

-Italiana?- chiese Nadia mentre si sedeva sopra le gambe del chitarrista ritmico, che cercava di nascondere la penna che prima teneva in mano fissando un tabulato.

-Stasera... si mangia...- CC si sedette alla batteria e fece un rullo di tamburi, facendomi ridere. -Lasagne!- CC batté un piattello.

-Yeeee!- esclamò Nadia crollando sul torace di Jinxx.

-Davvero? Sai cucinarle?- chiese sorpreso Ashley.

-Certo. Mi piace cucinare.- dissi io contenta.

-Beh, accettiamo. Però da te è un po' piccolo... che ne dici se stasera ci riuniamo qui?- propose Jake.

-Per me è perfetto. Basta che avete una teglia abbastanza grande. Poi per gli ingredienti mi basta andarli a prendere.

-Ok, allora mettiamoci all'opera! Magari poi facciamo pure un concertino serale!- propose CC, volgendo uno sguardo di sbieco al cantante, che non aveva spifferato una sola parola.

-D'accordo! Andy, mi aiuteresti per favore? E... Nadia, potresti restare qui per un po'?- lei annuì felice.

-Oh, allora direi che nell'attesa potremmo fare un corso di disegno!- consigliò Jinxx, fissando il chitarrista accanto a lui.

-Eh, no. Non ci provate!

-Nadia, ti va di disegnare la faccia di Jake? Oggi mi sembra un po' smorticella.- e dal nulla spuntò una matita per occhi nera, ben presto impugnata da mia figlia, la quale si accinse a scalare il corpo del chitarrista che nel frattempo Ashley teneva fermo sul divano.

Intanto Andy non sapeva se guardare me o la piccola Nadia che stappava la matita.

-Andy?- lo chiamai io, incerta.

-Ah, si!- si alzò di scatto, e mi seguì. Entrati in casa, con fare silenzioso cominciai a cercare gli ingredienti, mentre il vocalist non sapeva dove mettere le mani. Trovai la pasta sfoglia e la poggiai sul tavolo, per poi armeggiare con i vari barattoli di salse.

-Sei nervoso o sbaglio?- chiesi io a bruciapelo, interrompendo il silenzio.

-Chi io? Naaah. Sono sovrappensiero...- vagheggiò lui.

-Eppure questo non spiega i tuoi silenzi.- impugnai tre barattoli di salsa e li misi sul tavolo accanto la pasta sfoglia, dirigendomi poi verso frigorifero. Lui si appoggiò con il gomito al muro alla mia destra e mi osservò con una nuova espressione maliziosa in viso. Aggrottai la fronte, e mi sentii avvampare il viso, sentendomi osservata.

-Secondo te cosa frulla nella mia testa?- mi spiazzò, lo ammetto. Non sapevo cosa rispondere.

-Ehm... boh, donne?

-Oh, non parlare al plurale. Non sono quel tipo di persona.

Un sorriso mi si stampò sul viso. Chiusi lo sportello del frigorifero, ma il mio calore in faccia non accennava a sciogliersi. Probabilmente ero diventata tutta rossa, e non potevo fare a meno di tenere gli occhi fissi sul pavimento. Poggiai gli ultimi ingredienti sul tavolo, e non seppi più cosa fare. Sotto la mia visuale comparvero due scarpe nere. Un dito mi alzò il viso, e poi si spostò tra i miei capelli lisci insieme al resto della mano sciogliendosi in una carezza. Un brivido mi pervase, e in qualche modo riuscii ad alzare lo sguardo verso gli occhi ghiacciati di chi mi stava davanti. Neanche il tempo di un sospiro, che mi trovai le sue labbra morbide attaccate alle mie, e ci perdemmo in un assurdo bacio appassionato. Non so perché lo considerassi assurdo, ma credo che fosse per tutta quell'ansia che ci aveva assalito pochi minuti prima. Non fu qualcosa di semplice come l'ultima volta: fu più lungo e con più dettagli. Le mie mani corsero sul suo torace e si annodarono attorno al suo collo, mentre lui usava lo stesso procedimento per i miei fianchi. Ci staccammo molto dopo, rendendoci conto che nell'altra casa c'era qualcuno che moriva di fame in attesa delle mie opere culinarie.

Ci avviammo per la strada l'uno accanto all'altra reggendo gli ingredienti che di lì a poco avrei usato per cucinare. Io riuscivo a reggerli in una sola mano, lasciando che l'altra mi scendesse semplicemente lungo un fianco. Ad un tratto entrò a contatto con una mano molto più calda della mia e le mie dita si intrecciarono con le dita dell'altra mano senza troppe cerimonie.

Quando entrammo Jake ci venne incontro.

-Era ora! Guardate come mi hanno combinato! Se aveste ritardato ancora di più sarebbero passati alle braccia!- in effetti la mia bambina si era data da fare: non aveva trascurato un solo angolo della sua faccia, ma si vedeva che alcuni segni erano fatti da mani più esperte delle sue.

Entrammo in soggiorno e tutti ci fissarono, per poi esplodere in una specie di applauso misto ad acclamazioni. Ah, già. Le nostre mani non si erano sciolte. Arrossii violentemente.

-Finalmente! Era ora!- ci venne incontro Jinxx.

-Eh già! E bravo Andy!- gli si rivolse Ashley.

-Ehi, ma avete finito?- rise lui. Io abbassai lo sguardo, mentre sentii persino le orecchie riscaldarsi.

-Forza Sam! Inauguriamo questa “conquista” con un bel piatto italiano!- esclamò CC entusiasta, mentre Nadia ammirava le nostre mani dal basso.

-Mamma, pecché tieni la mano di Andy?

-Oh... ehm...- stavo entrando in ebollizione persino con mia figlia.

-Vieni, tesoro, te lo spiego io, mentre tua madre cucina.- disse Ashley facendola sedere sulle sue gambe, mentre io mi avviavo velocemente in cucina.

 

Tutto fu pronto nel giro di un'ora, e quando ci sedemmo a tavola Nadia inaugurò il tutto esclamando: -Mamma! Ti adolo!

-Per le lasagne?

-Pu'e. Ma sop'attutto pel Andy!

Inarcai le ciglia, volgendomi verso Ashley che se la rideva di soppiatto. -Sarei proprio curiosa di sapere cosa le hai spiegato!- esclamai mentre dividevo le porzioni.

-Uh, nieeente...- disse lui ridacchiando.

-Meglio mangiare, va'.

A cena conclusa restammo spaparanzati sulle sedie con le pance piene. -Beh, complimenti alla cuoca.- sorrise Jinxx.

-Che si fa ora?- disse CC pieno di energie.

-Uh, ci rilassiamo. Io sono troppo pieno per poter suonare.- disse Jake che sembrava quasi sprofondare sulla sedia. Sentii uno sbadiglio provenire dalla sedia vicino la mia.

-Mamma... sono 'tanca.- mormorò Nadia, appoggiandosi al mio braccio con la sua testolina mora.

-Vuoi andare a dormire?

-Shi, shi.- e ne seguì un altro sbadiglio.

-Beh allora aiutiamo i nostri musicisti a riordinare e poi togliamo il disturbo, ok?- lei annuì, ma non ebbe neanche il tempo di mettersi a sedere composta che subito si addormentò sul tavolo. Sospirai, facendo segno di negazione con la testa e spiattellandomi in faccia un mezzo sorriso.

-Nel frattempo può dormire nel mio letto, se vuoi.- si offrì Andy.

-Ehi, guarda che prima della figlia, lì ci deve dormire qualcun altro!- ironizzò Ashley, ricevendo un pugno sulla spalla da Andy, mentre io cercavo di nascondere il mio rossore sollevando la testolina liscia della mia bambina dal tavolo e prendendola in braccio. Andy si alzò e mi fece strada fino alla sua stanza. Poggiai sul materasso mia figlia e le misi addosso delle coperte temporanee.

Non mi accorsi però che Andy, nel frattempo, mi si era avvicinato di parecchio, al punto che quando mi girai mi ritrovai il suo viso attaccato al mio, in modo da poter sentire persino il suo respiro sul mio. -E' pericoloso stare in una stanza da letto da soli, lo sai?- un sorrisetto provocante.

-Solo perché lei dorme non significa che siamo soli.- ribattei io, con la stessa malizia.

-Uhm... vediamo che succede.

-Vuoi rischiare eh? Poi trovi tu una giustificazione.- ribattei io, e stavolta fui io a rialzarmi sulle punte dei piedi e a baciarlo. Peccato che il fatidico momento fu interrotto.

-Ehi, vi siete persi?- entrò senza bussare Jinxx, ammutolendosi non appena ci vide. -Ah.- emise poi.

Mi schiaffai una mano sulla fronte, mentre Andy lo spingeva fuori dalla stanza soffocando i suoi risolini. -Uhm... dove eravamo rimasti?- chiese tornando pochi secondi dopo.

Mi avvicinai a lui. -Credo che riprenderemo tra poco, quando tu deciderai di accompagnarmi a casa perché sarai sicuro del fatto che non ce la farò mai a mettere a dormire da sola mia figlia. Ci stai?

Il suo viso si illuminò, dandomi un brivido di felicità, e tornammo in cucina, dove tutti ci aspettavano. Ci fermammo sulla porta vedendo che, più che aspettarci, ci stavano fissando come se fossimo due alieni.

-Piccioncini....- bofonchiò CC. -Se volete della privacy potete pure chiudere la porta e scriverci Do not disturb. O magari appendere alla maniglia una cravatta.- che ai tempi del college era simbolo di non voler essere disturbati perché nella stanza c'era più di una persona. E di certo non si stava in due solo a “studiare”.

-Grazie CC. Me ne ricorderò.- rispose Andy all'ironia dei ragazzi, mentre io mi affrettavo a riordinare la cucina e a sgombrare il campo.

 

Salutai tutti, tenendo in braccio mia figlia e poi d'un tratto Andy prese l'iniziativa di accompagnarmi a casa. “Chissà come mai mi ha seguita.” mi chiesi maliziosamente, mentre chiudevo la porta della stanza da letto e mi abbandonavo a lui sul mio divano.

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Capitolo 9
*** Ogni trauma ha un suo limite. ***


In una di quelle mattinate in cui io e Nadia eravamo a fare colazione insieme ai ragazzi, all'improvviso mi squillò il telefono. Pensai che fosse il mio capo per aggiornarmi sugli orari di lavoro, o su qualche nuovo libro da tradurre, quindi mi congedai per un paio di minuti dalla cucina, dove eravamo tutti riuniti e mi spostai nel soggiorno.

Appoggiatami al vetro della finestra con la spalla, guardai finalmente lo schermo del telefono e vidi però che non era stato il capo a comporre la telefonata, ma un numero sconosciuto. Tutto sommato non me ne preoccupai, e risposi tranquillamente.

-Pronto?

Nessuna voce mi rispose, ma udii solo un sospiro.

-Ehm.. pronto?- ripetei perplessa.

-Ehm... Samantha?

Mi venne un colpo. No, il mio cuore mancò proprio un paio di battiti, e dovetti appoggiare una mano alla finestra per sentirne il freddo penetrare nelle mie dita e per rendermi conto che non era un incubo dal quale ci si poteva risvegliare.

-Tu...

-Samantha! Ti prego, non riattaccare. Ti prego! Io vorr...- Chiusi le chiamata, e rimasi imbambolata a fissare il vuoto. No. Non era possibile. Non poteva essere lui. Come aveva avuto il mio numero di cellulare? E perché mi aveva chiamata? Il cellulare squillò di nuovo, ma io staccai la chiamata. E lo continuai a fare finché non si rassegnò all'idea che non gli avrei risposto.

Quando smise di chiamare, io mi accasciai sul pavimento, in lacrime. “Cosa vuole? Perché mi ha chiamata? Perché? Perché??” mi chiedevo mentre mi portavo le ginocchia al petto e le stringevo come se potessero darmi del conforto, come se potessero proteggermi. Non avevo il coraggio di tornare nell'altra stanza, quindi restai lì per terra a bagnare le maniche della felpa che indossavo, finché non arrivò qualcuno.

-Sam? Ti sei persa?- era Jinxx. -Ehi, ma che ci fai lì per terra?- mi si avvicinò e si inginocchiò al mio fianco, mentre io non mi decidevo ad alzare il viso nella sua direzione, nella speranza di non fargli giungere alle orecchie un singolo singhiozzo che potessi emettere. Tutto invano. Intuì il mio pianto pure senza che mi udisse.

-Ma che è successo? Che ti prende? Perché piangi?- mi accarezzò la testa, e io trovai il coraggio di alzare il viso.

-P...Perché... il telefon...- distolsi lo sguardo dai suoi occhi, lo alzai verso l'alto nella speranza di non fare uscire le lacrime, ma era tutto inutile.

-Ehi, ehi. Calmati. Dai, andiamo di là, che tutti si stanno chiedendo che fine hai fatto.- estrasse dalla sua tasca un fazzolettino di carta e mi asciugò le lacrime, per poi aiutarmi a mettermi in piedi. Cercai di assumere un'espressione diversa mentre rientravo in cucina con davanti Jinxx, ma non riuscivo a nascondere il mio solito rossore che si creava quando piangevo, e le ciglia erano notevolmente imperlate di lacrime, e tutti si accorsero del mio status.

-Ma che è successo?- mi venne in contro Andy abbracciandomi e facendo riscorrere le lacrime sul mio viso.

-Non lo so... non l'ho capito... credo che riguardi la telefonata che ha ricevuto.- rispose Jinxx preoccupato.

-Ehi, tesoro, che ti prende? Che è successo? Chi era?- mi chiese chi mi abbracciava, dandomi un bacio sulla fronte, e conducendomi al tavolo. Quando mi sedetti mi sentii a disagio, ma non potevo di certo scappare. L'unica cosa che mi preoccupò fu la possibile reazione di Nadia nel vedermi in quello stato: non mi aveva mai vista piangere, ed era una delle cose dalle quali cercavo di preservarla. Non a caso fu la prima a parlare.

-Mamma? Pecché piangi?- mi venne in contro e mi abbracciò, affondando la sua testolina tra le spalle. Io la accarezzai. -Eh, tesoro mio. È un po' difficile da spiegare, ma stai tranquilla, eh?- lei mi fissò negli occhi e mi diede un bacio sulla guancia, e solo quello mi rasserenò non poco. Poi scese e corse in un'altra stanza, dicendo che per farmi felice mi avrebbe fatto un disegno. Le sorrisi, ma non appena scomparve nell'altra stanza, io tornai cupa.

-Quindi? Chi era al telefono?

-Lui.- risposi io semplicemente, senza pensare a quanto fosse enigmatica quella risposta.

-Lui, chi?- chiese Jake inarcando un sopracciglio.

-L'uomo che mi ha messa incinta. Luke.- Ashley si accigliò.

-Non ti ha detto cosa voleva?

-Probabilmente parlare dei suoi problemi. Mi ha pregata di non chiudere la telefonata, ma io non ho alcuna intenzione di avere a che fare con quell'uomo. E' stato fonte di grandi problemi, a partire dal momento in cui gli ho detto che ero stata inseminata. Gli ho chiuso la chiamata in faccia e ho continuato a rifiutare le altre, ma ora ho paura... una paura folle di quello che possa succedere.- la mia voce vacillò, e dovetti respirare a fondo prima di riprendere controllo di me.

-Magari voleva solo sentirti...- accennò CC.

-Non penso... lui è il tipo che chiama la gente solo quando ha bisogno di aiuto. E' un approfittatore bello e buono, ma quando si fissa con qualcosa diventa quasi ossessionato da essa.

-Dovremmo preoccuparci della tua incolumità?- chiese Jinxx.

-Spero di no...

 

In serata tarda, quando ormai anche Nadia dormiva in soggiorno, Andy tornò a farmi visita.

-Ehi... ho pensato che un po' di compagnia in più ti facesse bene...- disse salutandomi con un bacio sulle labbra, in modo da stamparmi in faccia un sorriso.

-Beh, se ti va di restare, per me va bene, giusto il tempo di mettere una coperta addosso Nadia, che si è appisolata sul divano, e non mi va di svegliarla.

Lui annuì e mi seguì nel salotto, dove la stessa mattina ero scoppiata in lacrime.

Poco dopo, ritornammo in cucina e chiacchierammo sorseggiando whisky, l'uno vicino l'altra, seduti sulla panca appoggiata al muro sotto la finestra. Ad un tratto calò il silenzio, e senza pensarci troppo, lui attirò il mio sguardo su di sé e mi puntò addosso i suoi occhi oceanici. Si avvicinò, con la stessa lentezza di un ragazzo che sta per baciare la sua ragazza per la prima volta, chiudemmo gli occhi e ci abbandonammo ad un a bacio appassionato, quasi diabetico. Nel giro di pochi secondi mi ritrovai distesa lungo la panca in legno e con Andy sopra di me, intento ad accarezzarmi i fianchi e a baciarmi. Avevo un bisogno pazzo di lui, e decidemmo che ci saremmo spostati in un posto migliore e più morbido. Giunti in camera da letto, dopo che io lo avevo trascinato per il corridoio tenendolo per mano e dopo aver chiuso la porta per evitare che Nadia si svegliasse, ci lasciammo andare sul letto matrimoniale, nel quale ero solita a dormire da sola, l'uno sopra l'altra. Eravamo entrambi eccitati,e non ci volle molto perché le nostre magliette volassero fuori dal letto, seguite gradualmente dai jeans e dai vestiti intimi. Ammetto di essere stata leggermente incerta, ma poi mi lasciai andare, e mentre Andy mi sussurrava dolci parole nelle orecchie, man mano le sue mani cominciarono a conoscere ogni centimetro della mia pelle, come le mie del resto. Al momento migliore, lui si introdusse dentro di me, e con dolci movimenti cominciò ad andare avanti e indietro, facendomi emettere piccoli gemiti.

Al momento del suo culmine, lui chiamò il mio nome, e io il suo; dopodiché ci ritrovammo abbracciati a dormire l'uno accanto all'altra, come una sola cosa. Non pensai mai a quello che avevo passato anni prima, al trauma che avevo subito o ad una qualsiasi altra cosa. L'unica cosa certa era che io amavo Andy con tutta me stessa.

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Capitolo 10
*** Braccia esili, braccia tatuate. ***


Al nostro risveglio, mi trovai tra le braccia tatuate del mio vocalist preferito, che tanto amavo. Lo fissai mentre aveva un'aria dolce e assopita nel sonno. Sembrava quasi un esserino indifeso e mi trasmetteva una tenerezza unica. Guardai la sveglia posta sul comò alle sue spalle: erano ancora le sette meno un quarto, e io sarei dovuta andare al lavoro alle otto e mezza, quindi avevo tutto il tempo desiderato.

Neanche a farlo a posta, quando appoggiai la mia testa sul petto di Andy, per sentirne il profumo, lui si svegliò, e mi passò delicatamente una mano tra i capelli lisci e sparpagliati sulle mie spalle nude. Pochi secondi dopo alzai lo sguardo nella direzione del suo viso e lui mi baciò sul naso, provocando una risata appena accennata. Non volevo rompere quel silenzio, nel quale il solo contatto fisico trasmetteva molti più sentimenti di quanto si potesse pensare. Dopo una manciata di minuti suonò la sveglia, che io avevo l'abitudine di puntare ogni mattina appena mi alzavo, in modo da ritrovarmela pronta per il giorno dopo. Suonò alle sette in punto, ed Andy si staccò appena da me per spegnerla.

-Quindi ti alzi presto la mattina, tu.- fu la sua prima frase.

-Eh, si. A proposito! Devo svegliare Nadia!

Per quanto potessi essere in pensiero per lei, mi vestii molto lentamente e con la stessa lentezza mi avviai verso il salone, dove aveva dormito. Mi prese un colpo: era tutta scoperta, il che non era mai un buon segno, e le coperte erano tutte buttate per terra. Tutto sommato, il suo corpicino era ben adagiato sul divano, ma si vedeva che tremava dal freddo ed era tutta rannicchiata in posizione fetale. Mi sedetti accanto a lei, e pochi minuti dopo mi raggiunse Andy completamente vestito.

Smossi lievemente la piccola Nadia, e dopo qualche mugolio soffuso lei aprì lentamente i suoi occhi, che poi stropicciò sbadigliando.

-Mamma? Ho... ho f'eddo.

La presi in braccio e le toccai la fronte, sperando che il mio presentimento non fosse reale. “Diamine.” pensai guardandola negli occhi visibilmente lucidi.

-Cavolo, ha la febbre...- dissi io. -Mi sa che devo prendermi un giorno di vacanza e che lo recupererò domani...

-Perché?- chiese Andy, sedendosi accanto a me.

-Non posso lasciarla da sola a casa, e neanche portarla a lavoro... devo restare per forza...

-Se ti va... puoi lasciarla a noi...- propose subito, quasi senza pensarci.

-Davvero? Posso approfittare?

-Ma certo, amore. Per te, farei di tutto.- e mi schioccò un bacio sulle labbra. Per fortuna che Nadia mi si era riappisolata addosso. Non credo che avrebbe capito cosa significasse quel gesto. La svegliai con tocco gentile.

-Nadia...

Lei alzò lentamente il viso verso di me, e poi lo girò verso Andy.

-Andy...- mormorò con voce rauca allungando una manina verso di lui, il quale la sfiorò delicatamente, quasi come se fosse un fiore.

-Tesoro, stanotte chissà quanto avrai scalciato per aver buttato le coperte a terra... hai la febbre ora...- le lisciai i capelli, e lei voltò i suoi occhioni lucidi verso il mio viso. -Sai che fai? Vai per un po' da Andy. Così io lavoro un po' e poi ci vediamo all'ora di pranzo. Ok?

-Andy?- si voltò a guardarlo con un sorriso stanco. -Da Andy? E dallo zio Ashy?

-Esatto, dolcezza.- rispose allora Andy. -Da me e dallo zio Ash.

 

Mi preparai, mentre Andy intratteneva a letto Nadia giocherellando con lei. Mentre udivo le sue risate, talvolta soffocate da un accesso di tosse, pensavo che la giornata era cominciata meglio di quanto credessi, e ne ero proprio felice.

Quando fui pronta, accompagnai Andy e Nadia nella casa opposta, mentre lui teneva in braccio mia figlia. Mi invitò a pranzo, e fui felice di accettare.

-Beh, Nadietta. Andiamo? Magari c'è qualcuno che dorme ancora. Potremmo svegliarlo, che dici? Lo sai che Jinxx parla nel sonno? Magari mentre entriamo nella sua stanza lo troviamo che dice qualcosa senza saperlo. E magari potremmo disegnare la faccia dello zio Ash, che non si sveglia neanche con le cannonate. Ti va?

Solo a sentire quello che avrebbero fatto di lì a poco, sul visetto della bambina comparve un sorriso di eccitazione, e abbracciò Andy in segno di assenso.

Prima di andarmene, mi schioccò un bacino sulla guancia, mentre Andy lo spostò sulle mie labbra, augurandomi una buona giornata.

 

Le ore lavorative passarono molto velocemente, per via del nuovo romanzo che dovevo tradurre, la cui trama mi aveva particolarmente interessata. A mezzogiorno avevo tradotto un quarto di libro, il che mi sorprese, perché di solito ci mettevo molto di più solo per un quarto di romanzo.

Mi congedai dal capo e dai colleghi e tornai di buon umore verso casa mia, per cambiarmi e per poi dirigermi verso la casa dei ragazzi.

Quando attraversai il viale alberato con la macchina intravidi un uomo con addosso una giacca marrone in pelle, che osservava con particolare attenzione i numeri civici delle case vicino la mia.

“No. Ti prego. Non può essere lui.” pensai mentre il mio respiro aumentava velocità.

Lo superai ma lo osservai dallo specchietto retrovisore, e pochi secondi dopo riuscii a vederlo chiaramente in faccia: era lui, Luke, e sapevo perfettamente che mi stava cercando. Era lontano da casa mia di tre appartamenti, e pensai che se mi fossi mossa con discrezione, avrei potuto evitare di incontrarlo. Peccato che mio cuore martellava nel mio petto come un forsennato, e rischiai persino di parcheggiare sul marciapiede.

Respirai a fondo, e decisi di scendere quando lui si era chinato per osservare il nome del citofono di una casa. Chiusi delicatamente lo sportello, e mi avviai a passi silenziosi verso il mio cancello. Nell'aprirlo fece uno scatto rumoroso, e fu proprio quello che mi fregò. Lui si voltò verso di me, ma io ero già entrata e mi ero richiusa il cancelletto alle spalle.

-Ehi! Samantha! Aspetta!

Cercai freneticamente le chiavi del portone e nello stesso momento in cui lui giunse al mio cancello io mi chiusi la porta alle spalle. Mi aveva trovata persino lì. Come aveva avuto il mio indirizzo? Come sapeva che abitavo lì?! In preda ai pensieri, ai dubbi, alle ansie, lui cominciò a suonare al campanello più volte. Non osai urlargli di andarsene, non feci nulla perché si fermasse. Restai lì, con la schiena appoggiata al portone, e pian piano mi lasciai scivolare sul pavimento freddo, e le lacrime ricominciarono a rigarmi il viso. La paura che la mattina precedente mi aveva percossa, era tornata di nuovo a riscuotermi, e mi vorticava nello stomaco, dandomi un forte senso di nausea.

Smise di suonare mezzora dopo che io ero entrata in casa. E lo sentii urlare: -D'accordo! Tornerò domani! Non mi arrendo! Ti devo parlare e ti parlerò!-

Quelle che prima erano lacrime di paura, si trasformarono in qualcosa di peggiore: il mio era puro terrore, e quelle goccioline cominciarono a scendere dai miei occhi ancora più velocemente di prima, facendomi bruciare le palpebre. Mi alzai e mi diressi in bagno, per sciacquarmi la faccia, e quando rialzai il viso, ebbi il coraggio di andarmi a cambiare di vestiti e di andare nell'altra casa.

 

Attraversai con grande fifa la strada, e con mio grande sollievo non vi intravidi alcuna persona. Però cercai di sbrigarmi lo stesso, e corsi davanti l'appartamento dei ragazzi. Suonai il campanello e mi chiesi se avevo ancora gli occhi arrossati dal pianto, mentre mi guardavo attorno nella paura che Luke spuntasse dal nulla e mi trovasse. Per fortuna Andy aprì la porta e io mi fiondai all'interno della casa, saltandogli praticamente addosso. Lo strinsi forte, e lui, anche se perplesso, ricambiò la stretta. -Tutto bene?- chiese poi guardandomi negli occhi. Scossi la testa, e lui, per quanto perplesso, non fece alcuna domanda. Mi alzò il viso e mi baciò con tanta passione da cancellare ogni mio presagio. Quando si staccò, doveva essersi accorto di avermi illuminata in viso, perché gli comparve un sorriso a 100 Watt.

Poco dopo andammo nella camera da letto di Ashley, dove dormiva Nadia, attorniata dai ragazzi che la osservavano come se fosse un televisore. La osservai con tenerezza e lasciai che mi aggiornassero di come stava e di quello che aveva fatto. Aveva 38 di febbre, quindi si sarebbe ripresa anche quel giorno stesso.

-Ti informo che il tuo ragazzo e tua figlia si sono divertiti ad impastarmi la faccia di trucco!- esclamò il bassista.

-Dai, su. Sarebbe toccato anche a te prima o poi.- rise il vocalist.

-Allora la prossima volta sarà la tua.- ribatté CC al posto di Ashley.

-Non ti preoccupare che ci sarà anche la tua. Piuttosto, che ne dite di sederci a tavola?- propose Ashley, ignorando la faccia del batterista preoccupato per la sua incolumità.

Feci un vago segno di assenso, ma la mia testa era volata di nuovo a quello che mi era successo qualche mezzora prima.

Più volta cercai di distogliere la mente dall'immagine di Luke che mi segue per le strade, ma non c'era verso di evitare di pensarci, e ben presto mi accorsi che tutti mi stavano fissando.

-Va tutto bene, Sam? Stai impallidendo...- notò Jake.

-Eh? Uh... beh... Ecco...

-Mi sa che è successo qualcosa...- “Perspicace il chitarrista ritmico” pensai io.

Annuii lentamente. -Luke.- riuscii solo a dire quello, perché gli occhi avevano già ricominciato a bruciarmi.

-Luke? Ti ha richiamata??- chiese preoccupato Andy.

-Peggio. Ha scoperto dove vivo...- abbassai lo sguardo, e mi morsi il labbro, cercando di inghiottire quel groppo che mi torturava la gola.

-Cioè? Ti ha trovata e ti ha fermata?- chiese CC accigliato.

Annuii una seconda volta. Il mio respiro vacillò, ma io trattenni le lacrime con tutte le mie forze.

-Ho paura. Una paura folle. No, il mio è proprio terrore. Ha giurato che sarebbe tornato, e ho paura di quello che potrebbe succedere, è visibilmente ossessionato da me e da qualcosa che vuole da me. Io... non so cosa fare...- guardai il piatto vuoto, e quando una sola lacrima da terrore mi stava per rigare la guancia, due braccine mi abbracciarono il ventre dal basso. Voltai lo sguardo, e trovai Nadia che mi stringeva a sé. Mi morsi nuovamente il labbro.

-Mamma non deve essele t'iste.

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Capitolo 11
*** Terrore. ***


Il giorno dopo svolsi la mia solita routine lavorativa, con Nadia ancora dai Black Veil Brides perché ancora ammalata, e ammetto che quando dovetti tornare a casa venni pervasa da una certa ansia di ritrovarmi davanti Luke. Guidai con estrema lentezza, fiancheggiando il viale alberato, e, purtroppo, la i miei dubbi sul ritrovarmelo davanti casa si avverarono.

Mentre stavo per parcheggiare mi accorsi della sua presenza solo notando la sua solita giacca marrone in pelle. Quando fermai la macchina rimasi indecisa sul da farsi: avevo paura, e lui non ci mise molto a notare la mia macchina parcheggiata alle sue spalle. Quando mi vide, rimase fermo, sul bordo del marciapiede ad aspettare che scendessi dalla vettura, con un sorrisetto che sembrava dire “Dovrai scendere prima o poi.”

Sospirai, mi presi di coraggio, e scesi.

-Sono giusto un paio di ore che ti aspetto, ma ormai credo di aver intuito la tua routine. Evidentemente ogni giorno lavori fino all'una e poi te ne torni un mezzora dopo circa. O sbaglio?

Non risposi. Non lo guardai nemmeno in faccia. Mi mossi lentamente e con circospezione, cercando di non avvicinarmi troppo a lui. Lo temevo come se fosse uno sconosciuto in vena di perversione, perché effettivamente mi dava quell'impressione, se non peggiore. Sapevo che in fondo gli era tornata una certa fissa nei miei confronti, quindi la sua ossessione sarebbe persino potuta diventare violenta. Mi sentivo disarmata in sua presenza, debole. Lui, notando le distanze, prese ad avvicinarsi lentamente e io cominciai a cercare le chiavi del cancello. Poi un fulmine mi trapassò le tempie. Le chiavi erano in macchina, e io avevo i piedi piantati per terra dal terrore di quello che potesse desiderare da me quell'uomo.

-Non ti mordo mica.

-Lo so. Piuttosto potresti fare qualcos'altro.- risposi io, tremante.

Lui inarcò un sopracciglio. -Tipo?- si interruppe un paio di secondi, ma non mi diede neanche il tempo di rispondere che riprese a parlare. -Senti io...

-Che cosa vuoi?- lo precedetti.

-Vorrei vederlo.

-Vedere chi?

-Il bambino.

Mi accigliai. -E' una femmina, non un maschio.- precisai.

Un sorriso gli aleggiò sul viso. -Una bambina! E... mi somiglia?

-... più di quanto pensassi. Ha i nostri occhi blu, ma ha preso da te i capelli ricci...- osservai per un millesimo di secondo Luke. Non era cambiato molto da quando era scomparso: i capelli prima lunghi e ricci erano ora rasati ai lati, i suoi occhi del colore dello zaffiro si stagnavano ancora sul suo viso, solo più stanchi e con più occhiaie ad incorniciarli, e un piccolo strato di barba gli ricopriva le guance. Si, era rimasto lo stesso uomo di prima, solo che sin dal primo momento in cui lo avevo visto mentre cercava il mio numero civico mi aveva terrorizzata, e quello fu il motivo per cui riabbassai velocemente gli occhi.

-Posso vederla?

Scossi la testa, prima lievemente, poi con movimenti più secchi e violenti, mentre lui mi implorava di farmi vedere almeno una foto. Fece un passo avanti, e un groppo alla gola mi tolse il fiato per una manciata di secondi. Un altro, e un altro ancora. Era a pochi centimetri da me, e finalmente io trovai il coraggio di allontanarmelo, ponendo tra noi il mio braccio destro.

-No! Non la vedrai! Vattene!

-Samantha... Sammie ti prego!

-No! E non chiamarmi con quel nomignolo!- una dannatissima lacrima mi scese da un occhio, e fu in quel momento che si zittì e che dalla casa opposta alla mia uscì qualcuno.

-Sam!- era CC, e non potevo sperare altro che qualcuno venisse in mio aiuto. Mi voltai a guardarlo, chiedendogli aiuto solo con lo sguardo.

-E tu chi sei?- chiese con aria di sfida il batterista, frapponendosi tra me e Luke.

-Tu piuttosto.- ribatté.

-Un amico. E tu non mi sembri tanto a posto. Ti dispiacerebbe andartene?

-Oh, dovresti farlo tu. Perché ti stai intromettendo in qualcosa che non ti riguarda.- si fissarono con occhi glaciali e per un secondo pensai che passassero alle mani.

-Oh, mi riguarda eccome. Ti sembra che lei- mi indicò -sia tanto felice di vederti? Non direi, perché a prima vista mi sembra che sia sull'orlo di un pianto. Quindi non sei desiderato. E mi sembra di capire che anche lei ti abbia detto di andartene, giusto Sam?- annuii tremante. -Bene, quindi, amico, smamma.

Luke mi fissò, facendomi sentire più a disagio di prima. -Se è questo che vuoi. Ma sappi che non finisce qui. Non sono venuto qui solo per la bambina, ma anche per altro.- CC lo fissò in cagnesco. -Tornerò, mettitelo in testa, Samantha.- e se ne andò.

Io rimasi imbambolata a fissare le spalle ricurve di Luke che si allontanavano ricurve da noi, e un'altra lacrima mi rigò il viso. Paura. Ecco cosa provavo. Temevo quell'uomo, e sapevo che io stavo diventando di nuovo la sua ossessione, il che non avrebbe portato a nulla di buono.

CC mi riscosse, mettendomi un braccio attorno alle spalle e mormorandomi che era tutto finito e che per calmarmi mi avrebbe offerto qualcosa da bere a casa sua. Annuii, mentre i miei singhiozzi cominciavano ad aumentare ad ogni passo che facevo.

 

Entrai a casa loro, e mentre bagnavo maniche della mia felpa delle mie lacrime, mi ritrovai senza accorgermene in salotto, ormai punto di ritrovo per tutti. Andy mi venne incontro, stringendomi a sé e relegandomi tra le sue braccia, ma senza fare domande. Sapeva già, come tutti del resto, che non sarebbe passato molto perché io esterniassi a loro quello che mi era successo.

Tra un fazzolettino e l'altro riuscii a spiegare tutto, e CC raccontò come aveva fatto a intuire che fossi in una mala situazione: semplicemente aveva udito la nostra discussione dalla sua finestra, e accorgendosi che si trattava di me, era accorso fuori.

Mentre Jake mi massaggiava su e giù la schiena, io chiesi di Nadia.

-E' a letto, la febbre le si è alzata. Ma solo di un grado, ora sta dormendo nel mio letto.- rispose Jinxx, ed io feci cenno di aver capito, poi calò il silenzio, per essere interrotto da me pochi secondi dopo. -Non so cosa fare... davvero... ho paura... lo so che comincerà ad essere ossessionato. Me lo sento... oddio, che terrore, che terrore!

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Capitolo 12
*** Proposte. ***


“Ci risiamo” penso scocciata, mentre annaffio le piante del giardino con Nadia che gioca sul praticello a fianco del piccolo sentiero che conduce al cancelletto, e vedo Luke che si avvicina alla mia casa. “Ma è possibile che ogni giorno io debba avere un crollo emotivo?! Diamine è il terzo giorno che viene qui!”. Quando Nadia vide quell'uomo fissarla intensamente si vergognò e si venne a rifugiare dietro le mie gambe. Lui non mi salutò neanche, e da parte mia, non lo feci nemmeno io. Il suo sguardo era fisso su nostra figlia, e lui la guardava come se fosse un fiore sbocciato fuori dal cemento, mettendola però a disagio.

Ad un certo punto mi seccai. -Senti, non mi sembra che lei apprezzi la tua presenza. Piantala e vattene.- sbuffai acida.

Lui mi volse solo un'occhiata di sbieco. -E' stupenda.- disse solo questo, mentre la piccola cercava di nascondersi dal suo sguardo attento.

-Mamma... chi è lui?- mi chiese alzando il visetto e facendo risplendere i suoi occhi blu mare.

-Oh, io sono...

-No! Zitto non dirlo!

-Tuo...

-Non ti azzardare! Tesoro, lui è un signore che...

-Padre.- concluse lui, facendomi imbestialire. Per quanto potessi aver avuto timore di lui, se mi avesse fatta arrabbiare non mi sarei trattenuta dall'urlargli contro. Ma in quel momento temevo solo la reazione che potesse avere la piccola Nadia. Abbassai freneticamente lo sguardo e la trovai con un'espressione accigliata e perplessa sul volto.

-Pad'e?

-Tesoro, chiamami pure papà.- a quella parola Nadia spalancò gli occhi. Non mi aveva mai chiesto perché non avesse un papà o perché all'asilo andavo solo io a prenderla quando gli altri bambini venivano riportati a casa da entrambi i genitori. Eppure mi aveva chiesto solo perché andassi solo io a prenderla, e io non ero stata in grado di risponderle. Aveva chiaramente sentito la parola papà all'asilo, quindi mi aveva pure chiesto cosa fosse, e anche lì ero rimasta incerta sul risponderle.

-Mamma, io ho un papà?

-Ma certo, sono io!- rispose al mio posto Luke, facendomi entrare in piena collera. Nadia affondò il suo visino tra i miei pantaloni larghi, e io finalmente parlai.

-Basta così! Vattene da qui!

-Altrimenti?- chiese lui con tono di sfida. -Non sono venuto qui solo per lei- indicò la bambina. -Ma anche per altro... ho bisogno di aiuto, Samantha.

-Mi dispiace, non sono disponibile.- la mia voce vacillò, ma io cercai di non darlo a vedere.

-Ti scongiuro, Sammie.

-Ti ho già detto di non chiamarmi così, porca miseria!- alzai il tono di voce, mentre la mia ira cresceva ogni minuto in più in cui lui si tratteneva lì.

-E va bene, va bene. Però stammi a sentire. Sono... sono in crisi economica. Ho bisogno di soldi...- si interruppe guardandomi intensamente.

-Che vuoi? Non crederai che io sia disposta a sborsare qualcosa in tuo aiuto. Non ti meriti nulla! Tu...- mi interruppi, mi ricordai della presenza di Nadia, che stava ancora attaccata alle mie gambe, mezza impaurita dall'uomo e da me che stavo alzando la voce. Abbassai lo sguardo, cercando di contenermi.

-Io, cosa?- riprese col suo solito tono di sfida, solo con una punta in più di acidità.

-.... non è il momento, né il posto adatto per parlarne...

-Oh, si che lo è. Vorrei proprio sentire quello che hai da dire.- allungò una mano verso il mio viso, me lo alzò verso la sua direzione, in modo da trovarmi a fissare i suoi occhi blu. Il suo sguardo ricominciò ad intimorirmi, e la sua stretta attorno la mia mandibola era fin troppo forte, al punto che mi dovetti scostare da lui bruscamente, e indietreggiare di qualche passo, con Nadia dietro di me.

-Avanti! Sputa il rospo! Io cosa?!- stavolta urlava, e dal basso sentii un leggero mugolio che ben presto si sarebbe aperto in un pianto. -Allora?!

-Smettila, ti ho già detto che non...

-Oh, invece è il momento adatto, eccome! Ecco, davanti a nostra figlia è pure meglio! Forza!

Guardai Nadia dall'alto, e si vedeva a un miglio come stesse cercando di trattenere le lacrime. Senza che le dicessi niente, tempo prima, aveva imparato a cercare di non piangere davanti gli estranei grazie ad un esperienza fatta all'asilo davanti delle maestre. E in quel momento, il suo viso arrossato mi strinse il cuore in una maniera unica. Avrei preferito che si sfogasse, che piangesse, ma andava contro i suoi piccoli principi da bambina. Rimasi intimidita, e non seppi più che fare, finché non sentii il mio nome chiamato da lontano.

-Ehi, Sam!- era Jinxx, e in quel momento mi parve un salvatore sceso dal cielo, perché non sapevo proprio come uscirmene. -Oh, scusa, vedo che sei in compagnia. Senti... ti volevo parlare di quella cosa...- Mi accigliai, non sapevo di cosa parlasse, finché non intuii che stava cercando di attirarmi in casa sua per fare andare via Luke. Cercai di stamparmi in faccia un'espressione illuminata.

-Ah! Quella cosa! C... certo! Volentieri. Viene con noi anche Nadia. Luke, per oggi vattene e basta.

Lui fissò glacialmente sia me che Jinxx, poi sbuffò e se ne andò senza fare troppe storie.

Tirai un sospiro di sollievo, e presa in braccio Nadia, che era scoppiata in un pianto liberatorio, entrammo a casa di Jinxx e dei ragazzi, che trovammo intenti a fumare nel piccolo giardinetto nel retro della casa. Appena il nostro salvatore attirò la loro attenzione loro sobbalzarono letteralmente e ci vennero incontro spegnendo le sigarette.

-Ehi! E' successo qualcosa di nuovo? Ma perché piange?- CC fu il primo a parlare e ad accorgersi di Nadia che piangeva.

-Ohi, piccolina. Che succede?- le chiese dolcemente il bassista, accarezzandole una guancia bagnata dalle sue calde lacrime da bambina.

Lei tirò su col naso. -Un b'utto signole ha ghidato cont'o mamma. E... e... ha detto che è il mio papà...- mi si strinse al collo ricominciando a piangere. Era una bambina di quasi quattro anni, e, per quanto poteva essere infantile, capiva le cose alla svelta e aveva un grande cuore. Le accarezzai la testolina, cercando di farla calmare, ma non fu un'impresa facile. Ci sedemmo sul divano, ormai sede dei nostri racconti e delle nostre conversazioni, e man mano riuscimmo a calmare Nadia, ma non me. Io ero troppo amareggiata e impaurita per calmarmi, e lo intuirono tutti solo fissandomi.

-Beh, quindi è tornato?- chiese Andy vicino a me e cingendomi il fianco. Annuii tristemente e abbassai lo sguardo sulla piccola, che nel calmarsi aveva cominciato a fare domande.

-Mamma... io ho davvero un papà?- era una una di quelle poche volte che riusciva a fare una frase completa senza abbreviazioni nelle lettere e senza storpiare le parole, e mi sembrò un grande passo, fatto però al momento sbagliato. Non seppi bene come rispondere. Poi sospirai.

-Si, tesoro. Ma è molto cambiato.

-Ma è cattivo?

-Ehm... non proprio, tesoro. E' solo un po' arrabbiato ora...- per fortuna non fece più domande, perché non sapevo come avrei potuto reagire o rispondere, e cominciò a giocherellare con i miei capelli, ignorando una qualsiasi cosa potessimo dire.

-Non solo la voleva vedere e ci è riuscito. Ora pretende pure un aiuto economico da me.- raccontai amareggiata e sospirando. -Non so più cosa fare, ormai mi aspetto una sua visita ogni giorno, e non credo che lui terrà i nervi saldi molto a lungo. Avrà un accesso di rabbia, me lo sento.- solo la paura di quello che potesse succedere mi fece vacillare la voce, e restammo in silenzio per un po', finché Andy non ebbe un'illuminazione.

-Venite a stare da noi.- propose deciso. Gli altri sgranarono gli occhi, però sembrarono essere d'accordo, mentre la mia fronte invece si aggrottava.

-Ma così verrebbe a rompere da voi. No, non voglio che entriate anche voi in questa storia. E poi mi vedrebbe entrare in casa vostra, quindi mi troverebbe lo stesso...

-Ma tu entrerai dal retro.- Jake indicò una porticina in fondo al giardino.

-Non lo so, ragazzi. Non lo so proprio.

A quel punto intervenne Nadia, che era ancora intenta ad intrecciare i miei capelli. -Mamma, viviamo qui ola?

Mi fece sorridere, ma non sapevo cosa rispondere nemmeno a lei, incerta.

-Dai, ti prego, Sam. Fallo per lui!- CC indicò il vocalist accanto a me, facendoci arrossire entrambi, nonostante io mi fosse voltata a fissarlo intensamente. -E anche per noi, ovviamente!- sottolineò Ashley. -A noi farebbe un grande piacere avervi in casa. Anche perché di recente i nostri concerti sono stati annullati, quindi siamo liberi, e tutti per voi.

-Shiiii!- esultò Nadia, strappandomi pure un capello.

-Ahi! E va bene, piccola pulce. Staremo qui per un po'.- e le feci il solletico, facendola ridere a crepapelle, mentre si dimenava tra le mie gambe e quelle di CC.

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Capitolo 13
*** Lupi. ***


Andai a casa accompagnata da Ashley, che si era offerto di aiutarmi con i bagagli da trasportare da casa a casa. Quando misi piede fuori casa ero indecisa e incerta. Avevo paura che Luke rispuntasse fuori dal nulla, proprio come l'ultima volta. E come quell'ultima volta, non successe. Eppure, Ashley uscendo di casa aveva assicurato che mi avrebbe “protetta” da chiunque, e nel dirlo mi aveva circondato le spalle con un braccio. Aveva notato che uscendo mi ero impaurita un po'. Tutto il coraggio con cui avevo affrontato Luke all'inizio ero svanito, e io mi sentivo terribilmente fragile. Strusciò la sua mano sul braccio che mi cingeva, -Su, su. Va tutto bene.

Io abbassai lo sguardo. Ero una miscela di emozioni, non riuscivo a stare calma, e quando entrammo in casa mia tirai un sospiro di sollievo.

Mentre organizzavamo i vestiti e le cose che mi sarebbero servite, tutta la discussione che avevo avuto con Luke mi attraversò la mente. La sua presa su di me, il pianto di Nadia, quello che le aveva detto. Tutto. Senza accorgermene le mie mani presero a tremare e per poco non feci cadere per terra una boccetta di sapone aperta, che il bassista prese al volo.

Sospirai, esasperata dalla mia ansia e chiusi gli occhi per calmarmi un po', appoggiandomi al muro freddo. Nulla, la sua dannata voce urlante mi trapanava i timpani. Mi si forma un nodo in gola. Sto per entrare in crisi, lo so. Il timore che mi percuote è unico e incancellabile, e mentre una stradannata lacrima mi percorre uno zigomo, sento una mano calda poggiarsi sulla mia spalla. Apro gli occhi, e vedo davanti a me una delle poche persone di cui mi fido di più al mondo fissarmi con sguardo premuroso. Tengo lo sguardo basso, non dovrei avere neanche motivo di essere in quello stato: andrò da loro, ormai ci saranno meno rischi di vedere quel bastardo, e invece niente. Ho paura. “Sono peggio di una checca.” mi biasimo.

A un certo punto vedo le punte delle sue scarpe vicino alle mie, e alzando lo sguardo mi ritrovo avvolta in un suo abbraccio. Caldo. Tremante lo stringo a me, perché so che il conforto di un amico è l'unica cosa di cui ho bisogno.

-Noi ci saremo sempre per te, Sam. IO, ci sarò. Ci stai a cuore, ormai. Se ci vuoi parlare, noi saremo sempre disposti ad ascoltarti e ad aiutarti.

Ora piango davvero. Sono le prime parole confortanti che mi sento dire dopo anni e anni di solitudine. -Oh, Ash.- singhiozzo affondando la testa sulla sua spalla.

-Ehi, ma perché ora piangi?

-P... Perché in questo momento anni e anni di solitudine mi sembrano essersi dissolti.

-Che dolce che sei. Ci credo che Andy è cotto di te!- tra le lacrime, mi misi a ridere, arrossendo notevolmente.

 

Torniamo nella casa opposta alla mia stracarichi di roba, ma per lo meno io mi sono tranquillizzata, e rivolgo un sorriso di ringraziamento ad Ashley, che mi ricambia.

Entriamo e sentiamo Nadia ridere a crepapelle. “E' sempre felice, e lo sono anch'io, ogni volta che la sento e la vedo così.” penso entrando in soggiorno e trovandola ancora sulle gambe di CC che ride per il solletico e le facce buffe che gli sta facendo Jinxx.

Rido anch'io, perché è proprio divertente, e sentendomi, tutti si girano con dei grandi sorrisi chilometrici stampati in faccia.

-Ce ne avete messo di tempo! Mamma mia quanta roba!- esclama CC, aiutandoci a tenere le cose e a poggiarle da qualche parte. E forse è proprio quello il problema: neanche lui sa dove metterle.

-Penso che prima di lasciare le cose in giro, dobbiamo trovarvi una sistemazione.- accenna Jake.

-Mamma! Mamma! Posso dormire con lo zio Ashy?- adoro quando riesce a formare delle frasi complete. Finalmente si sta evolvendo.

-Credo che tu prima debba chiedere il permesso a lui.- le sorrido, volgendo uno sguardo al bassista, che sembra divertito da quella domanda.

-Oh, per me va bene. Tanto non mi muovo troppo nel letto. Ma giusto ogni tanto, dolcezza. Ok?

Non credo che le importi tanto del suo “ogni tanto”, perché ha cominciato a scorrazzare per il salone ridendo e abbracciando la gamba del bassista. -Si, è cotta di me.- afferma divertito.

-Sam... tu dormi con me... ti va?- disse Andy, alzatosi e venutomi incontro con un sorrisetto mezzo malizioso. Annuii con un mezzo sorriso stampato in viso. Jinxx emise un fischio.

-Che proposta “dolciosa”. Finalmente quel letto verrà condiviso con qualcuno, eh? E bravo il nostro vocalist!- gli diede una pacca sulla spalla, mentre il suo viso prendeva colorito di un lieve rosso.

-E piantala Jeremy!- gli diede un pugno sulla spalla, mentre lui cambiò espressione.

-Ehi, mi hai chiamato Jeremy!

-Mah, no?- ribatte Andy.

-Lo sai che odio essere chiamato così!

-Ma tu mi hai istigato! Te lo meriti!

Ero divertita da quel litigio giocoso, e lo erano anche tutti i presenti. -Sentite voi due!- intervenne Ashley. -A me sta crollando un braccio, e vi sarei grato se mi aiutaste a posare questa roba nelle stanze apposite! Jinxx, vieni con me!- e si diresse verso la sua stanza seguito dal violinista che faceva una linguaccia a Andy. Ridacchiò e mi sollevò da terra reggendomi tra le braccia con persino i piedi sollevati da terra. In pratica era come se fossi sdraiata sulle sue braccia.

-Andiamo mia cara. La nostra nuova “casa” ci attende!

Scoppiai a ridere, mentre CC mi sfilava di mano le cose e le portava nella stanza del cantante. -Mi verrà il diabete. Meglio che porti la vostra roba nella vostra nuova “casa”. Nadia, ti affido il vecchio Jake. Mi raccomando, disegnalo per bene. La penna è lì sul tavolo.- la indicò con sguardo furbo.

Jake sobbalzò sul divano e si alzò di scatto, ma ormai la penna era tra le mani della mia bambina.

-Shiiii! Jaaaaake! Abbassati!- lo tirò per i pantaloni, ma lui prese a correre per il salotto.

-Ma non se ne parla!

Nadia prese a inseguirlo tutta contenta, mentre io ed Andy ci sganasciavamo dalle risate. Lui mi reggeva ancora tra le sue braccia tatuate, e i nostri occhi si incontrarono e si fissarono così intensamente che nel giro di poco ci trovammo a baciarci. Nel mentre CC era tornato. -Ehi, aspirapolvere! Non qui! C'è una bambina presente! La camera da letto è di là!- scherzò.

-Caro, che ne dici di dirigerci nel nostro habitat?- dissi io, con lo stesso tono furbo che Andy aveva usato con me.

-Agli ordini, capitano!

Sembrava un gioco, quasi quasi. E quando arrivammo nella stanza da letto, Andy mi poggiò delicatamente sul letto, dopo essersi richiuso la porta alle spalle.

-Ma che stramba casa che abbiamo trovato! E' piena di vestiti ovunque!- ironizzai io, notando il disordine, e mettendomi al centro del letto.

-Mmm... credo che entro stanotte ci saranno molti più vestiti per terra, e non so se saranno solo i miei.- inarcò malevolmente un sopracciglio.

-Ma che pervertito!- gli tirai un cuscino, e lui gattonò sul materasso nella mia direzione.

-Guarda che qui non sono io quello disteso sul mio letto. Attenta, al lupo.

-Lupo? E senti, un po', lupo caro. Che ne sai che non ti ritrovi tu disteso sul letto?- mi misi a sedere.

-Tsè. Vediamo che sai fare.- disse cercando di farmi riabbassare. Cominciò una specie di lotta a chi si stendesse per primo, e, come previsto, vinsi io. Ci ritrovammo l'una sopra l'altro.

-Lupacchiotta.- rise lui, mezzo ansimante. -Hai vinto, eh?

-Era ovvio.- dissi io soddisfatta.

-Non ci contare troppo.- ridacchiò lui, rigirandosi e invertendo le posizioni. Ora lui si trovava sopra il mio corpo disteso sul materasso, ansimante e divertito. I suoi capelli mi solleticavano le guance, e più io cercavo di spostarli, più lui li muoveva sulla mia pelle, facendomi ridere. I momenti bui che avevano riempito la mia giornata sfumarono in quei momenti di felicità.

Lui si fermò, restando comunque sospeso sopra di me e fissandomi. -Lupa.- mi si avvicinò e mi baciò appassionatamente, riprendendo quello che prima avevamo interrotto.

 

Bussarono alla porta. -Non vorrei interrompere qualcosa! Ma la cena sarebbe pronta! E Sam! Tua figlia è riuscita a pasticciarmi la faccia, grazie a qualcuno, che si è impegnato ad immobilizzarmi sul tappeto!- scoppiammo a ridere.

-Povero Jake. Arriviamo!- risi io, mentre Andy si metteva a sedere tra le coperte scombinate. Lo raggiunsi, e lo baciai di nuovo. -Su, su. Hai detto tu che stanotte molti vestiti prenderanno il volo. Avrai il tuo momento.

Fischiettò. -E poi sono io il pervertito!- e ci avviammo in cucina, mano nella mano.

Dopo mangiato ci sedemmo in giardino, per goderci l'atmosfera serale. In silenzio ci stendemmo sull'erba fresca, e restammo intenti a fissare il cielo. “Che pace.” pensai tra me e me. “Vorrei che questi attimi durassero per sempre.”

Chiusi gli occhi, ma potei tenerli così per poco, perché arrivò Nadia, tutta sgambettante, e si buttò addosso ad Andy.

-Andyy!!

-Oh, Nadia! Mi hai fatto prendere un colpo!- ridacchiò, mettendosi a sedere e facendola sedere sulle sue gambe. -Dimmi, dolcezza.

Lei lo fissò, poi guardò me, che mi ero da poco rizzata a sedere.

-Mmm... Voglio i tuoi capelli!- una risata aleggiò tra noi, e il vocalist si prese in mano una ciocca di capelli e la sventolò sul visetto della bambina, che rideva al solletico che le procurava. Poi se ne andò, tornando dentro alla ricerca di qualcuno da disegnare.

-E' così bello farla ridere.- disse Andy guardandola correre. -E' dolcissima.

-Lo so.- la guardai anch'io, con spirito materno.

-Non come la madre che è una pervertita!-ironizzò lui.

-Ehi!

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Capitolo 14
*** Romanzi. ***


Il giorno dopo della nostra sistemazione a casa della band Nadia tornò all'asilo e io andai a lavoro con l'anima più in pace del solito. Cominciai a tradurre un nuovo romanzo, particolarmente interessate, e mi rilassai anche scherzando con i miei colleghi, con i quali non avevo molti dialoghi da diverso tempo. Ritornando da casa però mi colse un brivido di ansia. Mi aspettavo di ritrovare Luke fuori casa mia in attesa del mio ritorno da lavoro, e, infatti, questo si avverò. Lo trovai appoggiato al muretto del mio giardino con un telefono in mano, con lo sguardo chino su di esso e con degli auricolari infilati nelle orecchie. Era molto concentrato, quindi non si accorse che io stavo indugiando davanti la casa dei ragazzi. Cercai di ragionare su un modo per non farmi notare e per arrivare intatta nella casa opposta alla mia, senza farmi prendere dal panico, e mi risultò un'azione abbastanza complicata. Guardai quasi con disperazione la porta alla mia sinistra e di soppiatto guardavo Luke alla mia destra. Sospirai, cercando ancora di mantenere la calma, finché non vidi che dalla finestra accanto il portone dei ragazzi si sollevò una tenda e ne emerse Jake. Capì subito la situazione vedendo che io gli facevo cenno che c'era Luke davanti casa, e lui mi fece cenno di fare il giro dell'appartamento e di entrare nel garage -che loro tenevano vuoto perché la loro macchina stava sempre fuori-. Appena vi entrai, dalla porticina che si affacciava sul giardino comparve Jake in persona, e mi fece cenno di avvicinarmi silenziosamente mentre lui chiudeva la saracinesca.

-Grazie.- dissi quando lui ebbe finito.

-Ma figurati- mi sorrise -in fondo, sei qui anche per questo, no?

In pratica adottammo quella routine di parcheggiare la mia macchina nel loro garage per tutta la nostra permanenza lì.

 

In una di quelle giornate piovose in cui dovevo per forza restare in ufficio a lavorare accadde il peggio.

Il capo mi aveva imposto di restare in ufficio perché il libro che stavo traducendo era particolarmente urgente, perché sarebbe dovuto andare in stampa il giorno dopo; quindi restai al pc per tutto il giorno. A opera conclusa potei tirare un sospiro di sollievo e tornarmene a casa. Indossai la giacca, aprii l'ombrello e mi avviai verso la macchina.

Mentre guidavo pensai con soddisfazione al mio lavoro e che quella sera mi sarei presa una pausa da tutto, anche perché il capo mi aveva lasciato il giorno dopo libero. “Che pace.” pensai mentre un leggero sorriso aleggiava sul mio viso. Ma ben presto si dissolse.

All'inizio della contrada in cui abitavamo incrociai Luke che attraversava la strada diagonalmente. Il che mi costrinse a fermarmi nel bel mezzo di un incrocio, per fortuna deserto in quel momento. Feci una frenata brusca nello stesso momento in cui la pioggia cominciò a placarsi, e vidi gli occhi di Luke puntati sui miei. Eravamo sconcertati l'uno dell'altra, e gli ci volle un po' per realizzare che aveva rischiato di essere schiacciato, almeno secondo me, perché poi si riscosse e cominciò a chiamare il mio nome. Anzi, più che chiamarlo lo urlava, e mi scongiurava di aprirgli le portiere, che io avevo invece serrato. Cominciò a inquietarmi, anche perché non accennava a togliersi da davanti la macchina, non consentendomi di ripartire. Era fuori di sé e arrivò persino a salire sul cofano della macchina. Fu in quel preciso momento che mi resi conto di essere ancora in mezzo all'incrocio. Avrei preferito ripartire, ma Luke non accennava a spostarsi per concedermi la visuale sulla strada. Continuava a bussare sul vetro e a chiamarmi, mentre io mi guardavo attorno per capire se c'era qualcuno che venisse nella mia direzione. Ma niente, i vetri erano appannati, e non riuscivo a intravedere se c'erano macchine provenienti dalla mia destra o sinistra che fosse. Non ci volle molto perché la mia curiosità fosse colmata. Sotto la distrazione e lo sguardo ossessionato di Luke, la mia macchina venne travolta da un'altra, colpendola sulla fiancheggiata sinistra; e di conseguenza colpì anche me, facendomi entrare in uno stato di coma.

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Capitolo 15
*** Il colore dei limoni. ***


Sbattei un po' le palpebre prima di riuscire a focalizzare bene l'ambiente in cui mi trovavo. Mi guardai attorno: ero sdraiata su un letto che emanava un forte odore di medicinali con una flebo attaccata al polso che mi dava un leggero fastidio. Le pareti della stanza erano del colore dei limoni, e mi piacevano molto, anche perché non erano di un colore molto usato negli ospedali, solitamente di colore bianco o azzurro ghiaccio. Alla mia sinistra c'era una tendina che mi fece pensare che condividessi la stanza con qualcuno. La scostai leggermente, e vi intravidi una ragazzina bionda addormentata con la gola fasciata. Mi fece tenerezza, e riportai la tenda al suo stato originario per non disturbarla. Cercai di mettermi a sedere sul letto, ma avvertii un dolore al costato sinistro, e automaticamente vi porta le dita sopra, tastandolo. Era fasciato, e capii subito che dovevo essermi rotta qualche costoletta durante l'incidente.

Mi incupii. “Ah, già.. l'incidente...” sospirai, lasciando ricadere il capo sul cuscino e fissando il soffitto, mentre l'immagine di Luke sul cofano della macchina mi ritornava alla mente. “Chissà se si è salvato, o se è stato coinvolto...” feci spallucce. Da una parte se lo meritava, e il karma lo aveva “punito” per tutto quello che mi aveva fatto passare.

In quel momento bussarono alla porta.

-Ben svegliata!- esclamò un medico anziano occhialuto, dai capelli grigi brizzolati e con una folta barbetta che gli si addiceva.

La ragazza accanto si mosse nel letto emettendo un gemito. -Shh! Parli piano!- gli dissi io.

-Oh, si, certo. Beh, vedo che il suo coma non l'ha danneggiata. Riesce a muoversi?- mi chiese squadrandomi con i suoi occhi marroni.

-Oh, si. Ma non riesco ancora a stare seduta.. Sa, per via delle costole...

-Ah, si. Sa, se n'è rotta tre. E' stato un miracolo che non si sia rotta altre cose! Dicono che la macchina ha colpito la parte posteriore della sua macchina e che probabilmente è per questo che le sue lesioni sono ridotte solo al costato.

-Tre....- ripetei tastando le fasce delicatamente.

-Ma, comunque!- tuonò allegramente. -Ha delle visite!- e fece cenno a chi stava fuori dalla stanza di entrare. Tutti i Black Veil Brides e la mia piccola Nadia, in lacrime, varcarono la soglia. Christian teneva in braccio mia figlia, che cercava di nascondere il suo visetto dal medico, che finalmente uscì senza fare troppo rumore. Nadia si girò e mi guardò con gli occhioni gonfi di lacrime.

-Mamma!- allungò le mani verso di me, e il batterista la mise a sedere sul materasso. Lei mi buttò le mani al collo, piangendo e dicendo che le ero mancata.

-Shhh...- le accarezzai la testolina, stringendola, per quanto potevo, a me. -Tranquilla, tranquilla. Sono qui, va tutto bene.- la tenni stretta a me finché il suo piantò non diminuì, e poi mi rivolsi ai ragazzi, che ci avevano osservate per tutto il tempo in silenzio.

-Ehi, ma cos'è questo silenzio imbarazzante?- chiesi io con un sorriso stanco.

Non ci fu molto da dire. Andy mi gettò le braccia al collo allo stesso modo in cui lo aveva fatto mia figlia ed io sentii sulle mie spalle un paio di goccioline calde.

-Sapessi quanto siamo stati in pena per te. Sei stata in stato di coma per cinque giorni.- disse Ashley prendendomi una mano quando Andy si staccò da me, nascondendosi il viso con i capelli e passandosi una mano sugli occhi.

Sgranai gli occhi. -Cinque? E' assurdo! Non sono neanche stata colpita direttamente!

Nadia si sdraiò, letteralmente, accanto a me, stringendomi un braccio.

-Mamma, quando torni a casa?

Ormai parlava normalmente, e per me fu una grande gioia sentirla articolare bene tutte le parole.

-Tesoro, questo dipende dal dottore e da quando sarò guarita.- le vezzeggiai i capelli.

-Ma... Ma a me manchi!- la sua voce tremò sull'ultima parola, e già prevedevo un nuovo pianto.

-Su, su. Sei una bambina forte! E poi c'è lo zio Ash con te. Ed Andy, Jake, Jinxx e CC, quindi non sei sola. Ora che mi sono svegliata potrai vedermi più spesso.- le sorrisi dolcemente, mentre lei tirava su col naso.

-Beh, ragazzi, come state voi?

-Ehm... a parte preoccupati per te, stiamo bene.- rispose Jinxx.

-Non sai che progressi ha fatto la nostra piccola Nadia.- raccontò Jake con più entusiasmo. -Finalmente ha imparato ad articolare la “r”e ha fare frasi un po' più complete. Ci abbiamo messo un po', ma almeno abbiamo trovato anche un modo per far passare questi giorni senza di te.

La guardai con aria stupita. -Davvero sei diventata così brava?

-Sì!- esclamò lei più di buon umore. -Ora so dire “concerto”!

-Oh, questo si che è un passo avanti! Brava la mia piccola pulce.- le arruffai i capelli. -E hai disegnato la faccia di qualcuno?

-Si!- esclamò Christian. -La mia! Ha cercato di riprodurre il trucco che uso per i concerti! Solo che era in versione arcobaleno e più estesa!

-Uh, ci stiamo evolvendo, eh? Chi non è stato ancora dipinto tra voi?

Tutti puntarono un indice contro Andy. -Oh, no.- disse lui ridacchiando e indietreggiando.

-Oh, si! Ora tocca a te!- esclamò Jake, che era quello che aveva subito la sua furia creativa più di tutti.

-Dai, su. Qualche volta anche io mi faccio colorare, giusto per essere tutti alla pari.- dissi io con tono di rassegnazione.

-Ecco, visto? Lei si offre come vittima, perché non lo fai anche tu?- disse Ashley. -Prendi esempio.- gli pattò la spalla.

-Sentite, poi si vede, ok?- rise Andy.

In quell'istante entrò il medico di prima. -Orario di visite scaduto!- e uscì nuovamente, mentre i ragazzi mi si avvicinavano.

-Mamma, non me ne voglio andare.- Nadia mi strinse il braccio a cui prima si era attaccata.

-Tesoro, devi, purtroppo. Lo ha detto il medico. Dai, fatti salutare.- le diedi un bacio sulla guancia, e le tremò il labbro inferiore. -Su, non voglio vederti piangere. Sei forte, giusto? Dai, che domani ci rivediamo. Tanto non vado da nessuna parte.

Lei mi abbracciò, dandomi una punta di commozione. -Forza. Vai dallo zio Ash.- il bassista si avvicinò, mi salutò e prese in braccio la piccola, che appena si trovò tra le sue braccia, incassò il visetto tra i suoi vestiti.

Quando mi salutarono tutti, Nadia si lasciò sfuggire un gemito di pianto, e lì mi commossi più di prima. Provavo la loro nostalgia solo vedendoli allontanarsi da me. Mi sforzai di sorridere, ma persino a me tremava il labbro inferiore. Andy se ne accorse, e mi baciò con tanta passione, che le lacrime non poterono trattenersi dal scendere dagli occhi. Non volevo restare lì da sola per un'altra giornata.

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Capitolo 16
*** Occhi a calamita. ***


Passai quella giornata tra le pareti gialle della mia stanza, assistita da qualche infermiera e nella solitudine più totale, anche perché la ragazza con cui dividevo la stanza non accennava a svegliarsi. O almeno era quello che intuivo dal silenzio al di là delle tende.

Quando finalmente fu lei a scostarle, le trovai sul viso un'espressione tra l'agitato e il disperso. Scoprii che i suoi occhi erano completamente neri e mi sembrarono una cosa molto rara da trovare in una persona, anche perché spaccavano il pallore presente sul suo viso. Alla gola notai un cerotto bianco, che lei si tastava in continuazione con fare nervoso.

-Ehi, ben svegliata!- le dissi io pacatamente, e lei assunse un'espressione equivocamente impaurita. -Tutto ok?- le chiesi accigliata.

Lei prese in mano un block-notes messo sul suo comodino e me lo porse. C'era scritto che non poteva parlare perché aveva subito un intervento alle corde vocali e non se ne conosceva bene l'esito. Aggrottai la fronte, riportando lo sguardo su di lei.

-Beh, non se ne conosce l'esito, quindi non puoi sapere se è andato male o bene.- cercai di rassicurarla ridandole il blocchetto. Lei assunse un'espressione più rilassata e si lasciò ricadere sul materasso, cominciando a scrivere su un foglio. Poi me lo porse.

-Beh, visto che non so quando potrò riaprire bocca, parlerò tramite questo “coso”. Piacere, io sono Alesha.

Le sorrisi, e lei ricambiò. -Io sono Samantha, ma tutti mi chiamano Sam, perché a me non piace molto questo nome.

-Samantha! A me piace molto questo nome! E' molto bello, invece!

-Oh, se lo dici tu.- ridacchiai.

In quel momento bussarono alla porta ed entrò lo stesso medico rumoroso del giorno prima, tutto esultante come al solito.

-Buongiorno, e ben svegliate! Oggi vi comunicherò l'esito delle vostre operazioni e della vostra permanenza qui.

-Operazioni?- chiesi io perplessa.

-Beh, no. Tu non sei stata operata effettivamente.- si aggiustò gli occhiali sul naso. -Ma comunque, non vi aspettate notizie tutte rose e fiori. Allora, cominciamo da te, signorina...- si rivolse ad Alesha. -Tu hai subito un intervento alle corde vocali, se ricordi. Beh, ha avuto successo, ma per precauzione preferiamo che tu non parli fino a domani. Ok?

Alesha si rasserenò e sul viso le comparve un sorriso chilometrico.

-Passiamo a te... Samantha, giusto?

Annuii.

-Bene, per te è tutto regolare e le tue costole si stanno riprendendo alla giusta velocità. Sia tu che la signorina Alesha verrete dimesse tra due settimane. Lei,- si rigirò verso la mia compagna di stanza -Si dovrà trattenere perché sotto osservazione. Altrimenti la avremmo mandata via dopo una settimana.- e scoppiò in una fragorosa risata, uscendo dalla stanza.

Alesha riprese a scrivere. -Come ti sei fratturata tre costole?

-Ho fatto un incidente...- dissi incurante dei ricordi di Luke.

-Beh, dai. Almeno non ti sei rotta qualcos'altro.

-Eh, già.- le sorrisi.

Neanche il tempo di scrivere un'altra frase sul blocchetto che bussarono nuovamente alla porta. Credo che fosse orario di visite, perché tutti i ragazzi e Nadia sorpassarono la soglia della nostra stanza con un'aria molto più pacata di quella del giorno prima.

-Ragazzi! Nadia!- esclamai io felice di vederli.

-Mamma!- lei mi si fiondò praticamente addosso rischiando di rompermi una quarta costola.

-Ehi, ehi. Piano.- risi io, salutandoli uno alla volta. -Eh, ragazzi. Lei è Alesha, la mia compagna di stanza.- presentai Alesha ai presenti, mentre lei arrossiva in volto, e scriveva sul blocchetto.

-Salve...

-Come sei formale- rise Jinxx. -Piacere io sono Jinxx, lui è Jake, Ashley, CC ed Andy.

Ogni nominato fece un cenno.

-Ed io sono Nadia!- esclamò mia figlia, con come risposte un dolce sorriso.

-E' tua figlia?

-Si, questa piccola pulce è mia.- risposi io scompigliandole i capelli.

-Come mai scrivi su un block-notes?- chiese CC, cambiando argomento.

Alesha alzò le sopracciglia e si portò una mano alla gola, mostrando il cerotto poco visibile per via dei lunghi capelli biondi.

-Un'operazione?- tirò a indovinare. Lei annuì. -Capisco.

-Beh, che si dice? Come hai passato la giornata di ieri?- chiese Andy sedendosi accanto a me.

-Bah, ho dormicchiato. Non ho nulla da fare... Mi manca la vostra compagnia.- gli accarezzai una mano, e lui strinse la mia a sua volta. Lo fissai dritto dritto negli occhi, e quando entrambi ci trovammo incantati l'uno perso nelle pupille dell'altra, con un colpo di tosse ci venne fatto notare che era calato un silenzio imbarazzante.

-Quando verrai “scagionata” da questo campo di limoni?- chiese Ashley, seduto in fondo al letto.

-Tra due settimane.- dissi abbassando gli occhi sulle lenzuola spiegazzate.

-Due settimane?! Ma è tantissimo!- esclamò Jake.

-Eh, non dirlo a me.

-Scusami, ma io vado a contestare col medico. Due settimane sono un'eternità chiusa qui dentro!- CC si alzò dalla sedia e uscì dalla camera.

-Secondo me non avrà molta fortuna.- Alesha mi porse il blocchetto.

-Perché?

-Per quanto possa sembrare giocoso, se quel medico si impunta su una cosa è difficile fargli cambiare idea. L'ho sentito dire da una mia amica che è già stata operata da lui.

-Oh, beh, si vedrà.

-Perché hai un cerotto alla gola?- Nadia prese parola, mentre giocherellava con la mia mano senza flebo, che pareva intimorirla. Alesha mi rivolse uno sguardo, nella speranza che potessi spiegare a mia figlia come se lo era procurato.

-Tesoro, è perché si è operata, quindi non può parlare.

-Ah! Però sei bella!- le si rivolse, mentre Alesha abbassava lo sguardo e si coloriva di un leggero rosso con un mezzo sorriso sulle labbra.

Nel frattempo CC era tornato. -Ha diminuito la tua permanenza qui di quattro giorni. Ma meglio di niente. E' stata una battaglia vinta a metà.- poi si rivolse ad Alesha. -Tu invece quanto resterai qui?

-Due settimane.

-Uh, tornerei volentieri di là per contestare anche per te... Ma sai com'è.. non è che il medico abbia preso proprio bene la mia piccola “rivolta”.

Alesha accennò ad una risata. -Non fa niente. Grazie lo stesso.

Notai che fissava in uno strano modo Jinxx, e mi parve di capire che si fosse invaghita di lui, solo solo per come spalancava gli occhi quando parlava lui.

-Come procede a casa? Nadia fa i capricci?

Jinxx rispose, attirando lo sguardo di Alesha su di sé. -Naaah. Va all'asilo normalmente, mangia tutto, si diverte a svegliarci la mattina cantando le nostre canzoni -oggi ha cantato New Religion- e dorme un po' con ognuno di noi.

-Forse l'unica pecca è che canta anche nel sonno...- accennò Jake. -Sai com'è... canticchia nel pieno della notte... e l'unico che riesce a dormire senza svegliarsi qui è Ashley, che ci ha fatto l'abitudine in pratica.

-Oh, yeah!- disse Ashley soddisfatto di sé.

-“Oh, yeah” un corno!- ribatté CC. -Io non sono riuscito ad addormentarmi e ho fatto nottata. Perché...- fece avvicinare la piccola Nadia a lui. -Questa piccola peste mi ha mollato una serie di calci nei fianchi!- e si mise a farle il solletico, facendola piegare in due dalle risate. -E perché io mi chiedo?- domandò senza darle possibilità di risposta.

Scossi la testa ridendo anch'io.

-Ma cos'è tutto questo chiasso?!- entrò un'infermiera.

-Uh.. Ehm... ecco...

-Abbassate i toni! E poi l'orario di visite è terminato!- e se ne uscì seccata.

-Isterica, ma niente male.- osservò Ashley con aria maliziosa e carezzandosi la mascella.

-Senti un po', tu! Com'è che ad ogni infermiera che passa tu ripeti sempre la stessa frase?- chiese Andy ironico.

-Che ci posso fare? Io dico ai miei occhi di non guardare, ma loro sono come delle calamite!

-Aspetta, aspetta.- li interruppi io. -Mi stai dicendo che hai avuto questa stessa reazione per ogni infermiera che hai incontrato per venire fin qui?

Ashley si stampò in faccia un sorriso mezzo ebete e prese a fischiettare come se nulla fosse. Scossi il capo. -Sei peggio di qualcuno di mia conoscenza, tu.- e volsi uno sguardo laterale ad Andy.

-Ma tu guarda cosa mi tocca sentirmi dire.- il vocalist si passò una mano dietro il collo con fare scherzoso. -Appena torni vediamo chi è il peggiore.

-Ehi! Ma ti sembrano discorsi da fare davanti una bambina?!- esclamò Jake con un velo di imbarazzo. -E poi davanti una ragazza che neanche ci conosce! Andy, sei sempre il solito.

-Come sei diplomatico, tu!

Mi voltai verso Alesha che si gustava la scena tutta divertita e guardando di tanto in tanto Jinxx, che faceva altrettanto.

L'infermiera di prima tornò. -Devo ripetervi che dovete andare? I pazienti devono mangiare!- e se ne andò di nuovo.

-Eh, si.- sospirò il bassista. -Mi sono innamorato di un'infermiera isterica. Vabbè, era destino.

Scoppiammo tutti a ridere.

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Capitolo 17
*** Sintomi dell'amore ***


Dopo un paio di giorni Alesha poté parlare e mi accorsi, insieme alla gioia degli altri, che la sua voce era molto bella, dolce e rassicurante, per quanto la facesse sembrare timida. Col passare del tempo, diventammo buone amiche e persino confidenti. Eppure io non potevo fare a meno di spiare il modo in cui lei guardava il chitarrista ritmico. Sarebbero stati molto bene insieme. E così, dopo che un pomeriggio i ragazzi e mia figlia se ne andarono dalla nostra stanza non potei fare a meno di parlare del fatidico argomento.

-Ehi, Alesha...

-Si?

-A te piacciono questi ragazzi?- vagheggiai, mentre lei invece prima sbiancava e poi riprendeva violentemente colore, arrossendo.

-Oh... ehm... si... beh... bisogna vedere cosa intendi per piacere. Cioè... sono simpatici, mi fa piacere vederli, e tua figlia e molto dolce e... beh, si, insomma!- mi venne da ridere.

-Ma non c'è qualcuno che ti piace più di tutti?- “Ogni tanto è bello farsi i fatti altrui.” constatai mentalmente e mezza divertita. Il suo rossore aumentò.

-Uhm... forse...- bevve dal bicchiere d'acqua che pochi minuti prima la dottoressa le aveva portato insieme al pranzo.

-Davvero? E chi? Se posso chiedere.- beh, si, mi dovevo pure dare un po' di contegno.

-Oh... è una cosa che è destinata a cancellarsi. E'... E'... Jinxx... hai presente?

“Lo sapevo.” pensai con soddisfazione. -Uh, allora non mi sbagliavo. Mi sembrava che ci fosse qualcosa sotto!

-T..Te n'eri accorta?- si portò le mani sulle guance rosse, incorniciandole con le dita affusolate.

-Oh, si. Però mi sembra che lui ti guardi abbastanza spesso, eh... non credo che sia una cosa destinata a svanire se provate a frequentarvi.- le sorrisi e lei mi ricambiò, affievolendo il suo rossore.

-Mmm... Però... anche tu stai con qualcuno di loro, o sbaglio?- Quel cambiamento di argomento mi sorprese al punto che il suo rossore si trasferì sulla mia faccia. -Beccata!- esclamò lei entusiasta. -E scommetto che è Andy.- annuii piazzandomi in faccia un sorrisetto sghembo. -Bingo! Un altro punto per me. E scommetto pure che vi frequentate!

-Ma come fai a capire tutto?- chiesi ridacchiando.

-Ma si capisce! Da come vi tenete la mano, da come vi fissate e persino da come scherzate!

-Hai vinto, sei un genio.- ridemmo insieme.

 

Quando fui “scagionata” dall'ospedale io e Alesha ci ripromettemmo che ci saremmo rincontrate, e io la invitai a cena non appena avesse avuto un po' di tempo libero. Uscii dalla mia camera dal colore dei limoni e mi avviai serena verso l'uscita di quel posto odorante di medicinali. Neanche giunta davanti alla porta che un leggero venticello mi accarezzò il viso e poco dopo la luce esterna mi offuscò per qualche secondo la vista. Quando riuscii a focalizzare l'ambiente esterno trovai tutti i ragazzi, Andy compreso, ad aspettarmi alla fine della scalinata che portava a me. Gli corsi incontro e gli saltai letteralmente addosso, rischiando di scaraventarci tutti a terra.

-Ehi, piano! Non vorrai rompertele di nuovo quelle costole!- rise Christian.

 

-Nadia dov'è?- io dopo un po' che eravamo in macchina.

-A casa. Si era addormentata sul divano come un gattino, e ci è sembrato brutto svegliarla.- rispose Jake dal posto di guida.

-A proposito!- esclamò Jinxx girandosi verso di me e distogliendo lo sguardo dal paesaggio esterno al finestrino. -Oggi è il suo compleanno!- mi sbattei una mano sulla fronte. -Stamattina ha cominciato a saltellare per la casa sventolando ai quattro venti che oggi è il suo compleanno e che fa quattro anni. Non abbiamo idea di cosa regalarle!

Ci pensai su per un po'. Poi mi illuminai, e spiegai fugacemente cosa si poteva organizzare per l'occasione.

-Ehi, Sam. Tu quando lo fai il compleanno?

-Ehm... Domani...- risposi vagamente guardandomi le scarpe, senza alcun motivo oltretutto.

 

Arrivati a casa, la stessa Nadia ci venne ad aprire. Solo che nella confusione aggrovigliò i suoi sentimenti. -Black Veil Brides cattivi! Mi avete lasciata sola a casa!- poi mi vide. -Mamma! Sei tornata!- mi strinse forte e con felicità le gambe. -Oggi è il mio compleanno, lo sai? Faccio quattro anni. Sono grande! E questi- indicò chi mi stava accanto. -Mi hanno lasciata sola! Oh, mamma sei tornata! Che bello! Festeggiamo!- e mi “trascinò” in casa tirandomi per i pantaloni larghi. In tutto questo noi ammiravamo la piccola Nadia tutti divertiti e la seguivamo ovunque lei ci portasse.

 

Decisi di prendermi una piccola pausa da tutto e mi decisi di farmi una doccia rilassante, mentre tutti si preparavano alla cena e a quello che io avevo proposto di fare. Quando tornai in accappatoio nella stanza mia e di Andy, lo trovai disteso sul letto con gli occhi chiusi e senza alcuna maglietta. Sembrava che riposasse, e non me la sentii di disturbarlo. Quindi mi mossi nella massima discrezione e nel silenzio più totale. Quando fui pronta feci per uscire dalla stanza, ma una mano mi fermò, e, girandomi, mi trovai davanti il ragazzo che amavo con un sogghigno stampato in faccia.

-Dove credi di andare, mia lupa? Sei mancata per troppo tempo, e ora che sei tornata te ne vai già?

-Sempre il solito tu?- risi io. Mi trascinò, letteralmente, sul letto, mentre io cercavo di andare a chiudere la porta, per non farci trovare chissà come da chi ci avesse cercati. Quando riuscii a chiuderla, lui mi prese del tutto in braccio e mi ripose sul letto. Poi si alzò.

-Good job. E ora che vuoi fare, lupo delle nevi?- chiesi io con i capelli cosparsi sulle lenzuola e con un ghigno stampato in faccia.

-Recupero tempo perso e disfo il tuo lavoro.- disse maliziosamente avvicinando le sue mani ai miei vestiti e baciandomi con passione, come non faceva da settimane. -Certo che ti impegni proprio in fatto di strati...- commentò osservandomi. -Ma quante cose ti metti? Mi sa che per stasera non riuscirò a dare sfogo al mio istinto lupesco.- si mise a sedere sul materasso, ma stavolta fui io a tirarlo giù sul materasso. -Mmm... Signorina Samantha. Dove vuole arrivare stasera?- sorrise malevolmente, e lo stesso feci io. Appoggiai il mio palmo destro sul suo petto, e lui rabbrividì, prendendo subito la mia mano.

-Mamma mia, che mani congelate! Sei appena uscita dalla doccia, ma sembra che tu provenga da un frigorifero!- esclamò. -Mi hai fatto rabbrividire!

-Eh... mio caro, è stato il Karma. Ha sentito che mi hai chiamata Samantha e ti ha punito. E' la legge del Karma, bello. Non ci posso fare nulla io.

Lui mi fece stendere accanto a lui.-Vieni qua, donna del Karma.- e mi strinse a sé, baciandomi.

Nello stesso momento qualcuno bussò alla porta. -Se non interrompo niente, di là è pronto da mangiare!- esclamò la voce di Christian dall'altra parte della porta.

Feci un mezzo sorriso. -Arriviamo!

 

A tavola parlammo del più e del meno, finché non si toccò il fatidico argomento Alesha.

-Ehi, che ve ne è parso di Alesha?- chiesi.

-Alesha? La ragazza con cui condividevi la stanza?- chiese Ashley.

-Si, proprio quella.

-Mmm... fattibile.- rispose Ashley.

-Ashley!- esclamò Andy. -C'è una bambina presente! E poi ti sembrano cose da dire a tavola??

-Che c'è? Ha chiesto un parere ed io ho risposto. Era molto carina, ma la sua timidezza è stata la sua unica pecca. Credo che con me non si sarebbe trovata molto bene.- sospirò.

-E meno male che lo sai!- esclamò Jake.

-Col tuo carattere.. ehm.. estroverso, credo che sarebbe morta di timidezza!- sottolineò Christian. Io osservai Jinxx invece. Teneva lo sguardo fisso sul piatto, ed aveva un certo colorito in viso. Lo riscossi. -Ehi, Jinxx. Tu che ne pensi?

Riuscii nel mio intento. -Eh? Chi? Io?

-Vedi altri Jinxx in questa stanza?- mi guardai attorno.

-Oh, beh. Si... carina...

Christian si accigliò. -Cos'è questo vagheggiare? Quando si parla di ragazze sei sempre molto partecipe... com'è che ora dici solo “carina”?

Il chitarrista ritmico si fece scivolare davanti al viso i capelli lunghi fino al collo, e masticò un boccone.

-Mmmm.. fatemi ragionare un attimo...- cominciò Jake. -Silenzioso, capelli davanti il viso, pochi commenti, colore tendente al rosso sul viso... ragazzi. Jinxx è cotto.

Gli andò il boccone di traverso. -Si, decisamente. Hai fatto bingo, Jake.- commentò il vocalist dando delle pacchette sulla schiena di Jinxx.

-Ma... Ma...- balbettò lui.

-Su, su. Ci stareste bene insieme!- dice Christian pattandolo insieme al bassista.

-Dico ma avete finito?!- esclama lui.

 

Quando decidiamo di mettere in pratica la mia fatidica idea per il compleanno di Nadia, Jinxx mi prende da parte. -Senti, Sam... mi chiedevo se... mi puoi dare il numero di Alesha?- la mia faccia si illumina.

-Lo sapevo! Evvai! Mi aspettavo che prima o poi me lo avresti chiesto!- esulto.

-Che cosa?- chiese esternamente a tutto Andy.

-Niente, niente!- si affretta a chiarire Jinxx. -Poi me lo dai?- torna a chiedermi.

-Ma certo, scemo!- gli do una pacca sulla spalla e gli sorrido.

La mia idea consiste nell'allestire un mini concerto per Nadia, come regalo si compleanno. I ragazzi ci invitando ad accomodarci sul divano, mentre loro sistemano gli amplificatori e tutto. Andy si mette davanti il microfono.

-Ebbene, per la gioia delle nostre spettatrici ed in onore della piccola Nadia, ecco a voi Set The World On Fire! Buon compleanno Nadia!- e Christian attacca a suonare la batteria, sotto lo sguardo eccitato di Nadia. Suonano, ci divertiamo, Nadia canta con loro, ed Andy la fa cantare pure con lui prendendola in braccio e lasciandole impugnare il microfono. Non sono mai stata più entusiasta di assistere ad uno spettacolo del genere.

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Capitolo 18
*** Iniziative. ***


Il giorno dopo, nonché domenica ed il mio compleanno, mi alzai così presto che uscii di casa alle prime luci del giorno, mentre tutti dormivano saporitamente. Scrissi su un bigliettino il numero di Alesha, che Jinxx desiderava tanto e lo lasciai in soggiorno, per poi dirigermi verso l'uscita. Ero stata convocata al lavoro per via di un libro che doveva andare in stampa entro pochi giorni, quindi appena varcai la soglia dell'ufficio trovai pochissime persone già ai computer o nei propri studi. Erano le sette spaccate ed io salutai il capo timbrando ed avviandomi verso il mio studio. Ero tranquilla, non avevo alcuna urgenza di diffondere ai miei collaboratori che quel giorno compivo gli anni, nonostante il mio capo mi avesse fatto un piccolo augurio.

Mi misi subito al lavoro, cominciando a ticchettare i tasti della tastiera e traducendo ogni riga che leggevo sulla carta in lingua straniera. Ero così concentrata e presa da lavoro che non mi accorsi di come passò il tempo e dei segretari che entravano per portarmi un caffè o per offrirmi qualcosa. L'unica volta in cui guardai l'orario fu quando arrivai quasi a metà libro, ed erano le dodici, nonché l'ora di pranzo. Mi guardai attorno, notando su un piccolo vassoio un panino ed un dolcetto, seguito da un bigliettino del capo: “Volendo potresti uscire pure prima del solito oggi.”

Lo fissai un po'... -Naaaah.- dissi poi prendendo il panino e addentandolo.

Nelle ore tarde del pomeriggio il mio capo entrò nella stanza in cui stavo chiusa da ore, e ci mancò poco che lo ignorassi del tutto.

-Sam? Sam, mi ascolti? Interrompi un attimo, per favore...

Scostai di poco gli occhi dallo schermo del pc e lo fissai da sopra il monitor.

-Di solito non faccio ricevere visite in ufficio, ma ci sono dei tizi che mi stanno facendo una certa pressione...- fece cenno a chi stava fuori dalla porta di entrare, e lui uscì. All'inizio entrò nella stanza solo Nadia, e mi sorpresi vedendola correre verso di me tutta contenta. Poi ne seguirono tutti i Black Veil Brides che esclamarono -Buon Compleanno Sam!- e infine, la persona che mi sorprese più di tutti: Alesha. Mi sorpresi, ma fui davvero felice della sua presenza, e mi alzai per andare ad abbracciarla e a ringraziarla della sua presenza.

-Grazie, ragazzi! Non dovevate!

Ashley mi circondò le spalle con un braccio. -Ma figurati! E' stato un piacere. E poi che compleanno sarebbe se lo passassi solo al lavoro? Su, che ti abbiamo pure portato la torta!

Jake estrasse da dietro la schiena uno scatolo azzurro che emanava un forte profumo di crema e di fragole.

-Non sai che fatica farla in una mattinata! E poi, dietro i gridolini di tua figlia, che mi pregava di lasciarle assaggiare l'impasto!- il batterista le scompigliò i capelli, mentre apriva l'involucro. Appena la vidi ne rimasi estasiata. Faceva venire l'acquolina in bocca solo a guardarla. C'erano due strati di pan di Spagna divisi da una crema nella quale erano racchiusi dei piccoli pezzi di frutta. Sulla superficie uno strato di panna con delle fragole cosparse sul perimetro, e al centro si stagnava la scritta “Buon Compleanno” in glassa al cioccolato.

-Credo che entro oggi prenderò almeno due chili...- mormorò Alesha con la mia stessa espressione in viso. Ci guardammo reciprocamente e pregammo Andy, che teneva il coltello da torta, di intagliarla al più presto.

-Prima però, dobbiamo congratularci con Jinxx, che ha avuto l'ottima idea di chiamare Alesha. Anche perché è stato il primo a trovare il fatidico bigliettino... vero Jinxx?

Sembrava che cascasse dalle nuvole: era tutto intento a spostare lo sguardo da Alesha alla torta e viceversa. -Eh? Ah, si. Niente di che, pensavo che ti avrebbe fatto piacere.- disse rivolto alla mia amica con un leggero rossore.

Assaporammo la torta con tale allegria da farmi dimenticare il lavoro, e Nadia si divertì persino ad imboccare, letteralmente, Jake, che si divertiva tanto quanto lei. Ad un certo orario decisi di mettere da parte il lavoro e di dedicarmi solo alle persone presenti. Quando decidemmo di spostarci a casa dei ragazzi, lasciammo un po' indietro Jinxx e Alesha nel tragitto verso le macchine. Poco dopo i due si divisero con un sorriso stampato in faccia misto ad un certo rossore, e Jinxx salì sulla mia macchina insieme ad Ashley e Nadia.

-Allora, casanova! Di che avete parlato?- attaccò subito il bassista.

-Come sei diretto, eh Ash?- scherzai io.

-Eh, vedi... Bisogna giungere subito al punto quando si tratta di queste cose.- disse sogghignando dai sedili posteriori. -Allora?- si rivolse di nuovo al chitarrista ritmico.

-Ehm.. beh... ecco... le ho chiesto di restare in contatto... perché... mi farebbe piacere se ci incontrassimo...- disse guardando fuori dal finestrino e aggrovigliandosi le dita.

-Tutto qui?- chiese deluso Ashley. -Amico, potevi dirle di uscire! Anche solo domani sera!

-Come corri, Ash! Non è facile!- esclamai io mentre guidavo.

-Ecco! Appunto! Non è che posso chiederle un appuntamento anche per domani sera!- sottolineò Jinxx.

-E perché no? A me capita spesso.

-Ma perché tu sei meno timido. Dai, Ash. Lo sanno tutti che attiri ragazze solo con uno sguardo!

-In effetti è vero.- realizzò lui.

 

Passammo la serata in giardino a scherzare, parlare e ascoltare musica. Persino io ed Andy riuscimmo ad appartarci per un po' in cucina, finché qualcuno non venne a cercare chissà cosa dalle nostre parti.

-Ragazzi, dov'è l'accendino?- chiese Christian. Andy si staccò da me, e lo fulminò con lo sguardo. -Ehi, calmo. Lo sai meglio di me che esiste la camera da letto!

Risi, e lanciai al batterista il mio accendino, che tra l'altro non usavo mai.

Quando Nadia si addormentò addosso Jake e anche Alesha si rese conto dell'ora tarda, andandosene, tutti ci buttammo a capofitto addosso a Jinxx per sapere com'era andata con lei.

-Non ci crederete mai...- disse lui. -Ho seguito il consiglio di Ash, ovvero di proporle di uscire anche per domani, e...

-Ha funzionato? Ha detto di si??- chiese il bassista con interesse.

-Si, Ash. Ha funzionato!- rispose tutto contento.

-Bene! Ora dimmi, chi è un genio?- incrociò le braccia scrutando compiaciuto l'amico.

-Tu.- sospirò Jinxx.

-E chi è il miglior consigliere per “acchiappare” ragazze?

-Sempre tu, Ash.

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Capitolo 19
*** Cose non dette. ***


Un paio di giorni più tardi dal mio compleanno accadde l'inevitabile.

Dopo un po' di tempo, mi capitò spesso di pensare a Luke. Non sapevo perché ma mi suscitava pena, anche perché prima di andarmene dall'ospedale avevo saputo che era uscito dall'incidente conciato proprio per le feste. Mi raccontarono che dopo essere volato dall'altra parte della macchina venne addirittura schiacciato, letteralmente, da due motorini, che gli sfrecciarono sopra gli arti superiori, procurandogli gravi fratture. All'inizio mi ero autoconvinta che se lo meritava, ma nemmeno io riuscivo ad essere convincente con me stessa: mi faceva pena, quasi come se fosse colpa mia pure il fatto che due motorini avevano “sgommato” sulle sue braccia. Un cipiglio mi perseguitò per parecchio tempo, finché non decisi che sarei andata a chiedere sue notizie.

Ovviamente decisi di parlarne con Andy, e la notizia suscitò un certo scalpore.

-Dimmi che stai scherzando, Sam.- disse lui serio mentre riordinava la cucina dopo aver cenato. -Vuoi andare a trovare quell'uomo? Ti ricordo che è stata una grande fonte di problemi per te e per Nadia. Non credo proprio sia il caso di andare a trovare quel pazzoide.

-Andy, non vado a fare una visita di piacere. E poi, mettiti nei miei panni: è anche colpa mia se ora è ricoverato in quel campo di limoni.

-No, Sam. Non è colpa tua, ma dei suoi istinti maniacali!- cominciò ad agitarsi. -Non sono d'accordo. Per niente, Sam.

-Cosa sei? Geloso? Non credo neanche che sia in grado di muoversi dal letto, cosa pensi che possa fare, eh?- mi accigliai, cominciando a seccarmi.

-N...Non sono geloso!

-Già la tua contraddizione lo mette ancora più in evidenza!

-Non è vero!- gli scivolò un bicchiere di mano, che finì per fortuna nel lavandino metallico. -Senti, non voglio e basta, ok?

-Me lo stai ordinando?- inarcai un sopracciglio.

-Io non ordino nulla a nessuno, e lo sai! Sam! Per l'amor di Dio! Apri gli occhi! Ricordati tutto quello che ti ha fatto passare! Come puoi provare della pena per lui?! Se lo merita!

-Può pure essere una punizione karmatica, non mi interessa! Se provo pena per lui, ed ho la curiosità di vedere in che stato si trova, non ci posso fare nulla!

-Lo sai già in che stato si trova! Ma cosa avrai intenzione di fare una volta che lo avrai trovato e avrai constatato la sua mala salute? Gli pagherai pure i debiti perché ti farà più pena di prima?!- eravamo paonazzi, tutti e due, ed io non riuscivo a smettere di serrare la mia mascella. Perché tanta gelosia? Gli avrei fatto una visita e basta. Neanche di piacere. Non capivo perché doveva farsi tutti quei film mentali.

Sospirai arrabbiata e lui continuò a parlare. -Sai che ti dico? Vai! Va' a farti fregare da quel pazzo! Va' a fare la crocerossina per lui! Non hai idea della cosa masochista che hai intenzione di fare!- questo era troppo. Mi alzai con rabbia, presi la giacca e me ne andai nell'altro appartamento, senza Nadia, che tra l'altro dormiva già nel letto di Ashley, senza la mia roba e senza niente. Volevo sbollire, stare da sola. Mi richiusi la porta della casa alle spalle mentre dall'altro capo della strada Andy mi chiamava dicendo che dovevo smetterla di comportarmi in quel modo e che doveva dirmi una cosa. Ma niente, ero troppo furiosa.

Quella sera mi addormentai sul mio letto con tutti i vestiti. Nella furia del momento non avevo neanche considerato l'opzione di mettermi addosso le coperte, e quindi mi autocostrinsi a passare la nottata in balia della casa fredda e di sogni completamente disconnessi tra loro.

 

Il mattino dopo fu un trauma completo.

Non mi alzai alle luci della mattina o con la mia sveglia o con qualcuno accanto, ma con lo squillare del campanello. Mi alzai a fatica e andai ad aprire, trovando davanti al cancello Jake con in braccio Nadia addormentata e due borsoni. Mi accigliai, stropicciandomi gli occhi e aprii il cancelletto, che scricchiolò rumorosamente.

-Ehi Sam... Ieri te ne sei andata senza dire nulla. Ma che è successo?

Storsi un angolo della bocca. -Niente, una discussione con Andy.

-Riguardo cosa? Se posso chiedere...- disse lui aggrottando la fronte.

-Mah... niente... sciocchezze ospedaliere...

-Ospedaliere?- si sorprese. -Non ti ha detto nulla di oggi?

-Oggi? Che deve succedere oggi?

Sospirò, gettandosi un'occhiata alle spalle, verso la casa. -Ecco perché stamattina non ha neanche aperto bocca. Era cupo in volto e appena gli si chiedeva qualcosa non rispondeva e se lo faceva era pure brusco...- scossi la testa, già spazientita. -Sam, il punto è un altro. Mi dispiace che lui non te ne abbia parlato, ma... noi stiamo partendo.

Un fulmine a ciel sereno. Ecco cos'era stata quella notizia. Ero sconcertata e arrabbiata allo stesso tempo, e un senso di nausea mi colse lo stomaco.

-Cosa?- mormorai io, fissando spaesata il mio amico.

-Partiamo in tour...- mi mise in braccio Nadia, che emise un mugolio ma non si svegliò.

-Ma per quanto tempo? E perché Andy non me l'ha detto? E dov'è ora?- il mio sguardo vagò alle spalle di Jake, ma non vidi altro che una macchina priva di gente al suo interno.

-Per due mesi...

-Due?! E quando aveva intenzione di dirmelo Andy?!

-Eh.. ieri sera... ma a quanto ho capito te ne sei andata senza lasciarlo parlare...- sospirammo all'unisono. -Comunque, gli altri sono già partiti. Io mi sono alzato tardi, quindi mi hanno lasciato il compito di portarti Nadia e di avvisarti della nostra partenza.- era amareggiato, ma non quanto me.

-Mi sa che perderò il volo, se non mi muovo. Sam... mi dispiace, davvero. Spero di sentirti per telefono, come lo speriamo tutti, ma non so neanche se si potrà parlare al telefono...-

Deglutii, e involontariamente mi scese una lacrima. Una sola. Che fu colta dal chitarrista. -Non piangere. Due mesi, se ben occupati possono volare. A presto, Sam.- mi diede un bacio su una guancia accennando un timido abbraccio, per non svegliare Nadia, e dopo essere salito in macchina mi fece un ultimo cenno con la mano, e partì.

Rimasi lì, davanti il portone di casa mia, sotto shock, e con Nadia che nel sonno sussurrava il nome di Ashley.

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Capitolo 20
*** Flemma. ***


“Altro che occupare bene le giornate, qui va tutto a rilento!” pensai trascinandomi verso l'ufficio una settimana dopo la partenza dei ragazzi. In una settimana non avevo fatto nulla di particolare a parte accompagnare Nadia all'asilo, lavorare, riprenderla, tornare a casa e cercare di “occupare” il tempo per farlo passare più velocemente.

Lavoravo flemmaticamente al pc, quasi come se le dita si staccassero a stento dai tasti della tastiera, e la mia mente era solo per l'ultima conversazione con Jake ed Andy, conclusasi male per di più. Da una parte mi odiavo per aver trattato male Andy, e riflettendoci aveva più che ragione: per quanto io potessi avere dei sensi di colpa insensati, Luke era un pazzo e dopo tutto quello che mi aveva fatto passare si sarebbe persino meritato si perdere l'uso di un arto. E io cosa avevo fatto? Mi ero messa a difenderlo. -Sono una stupida.- mormoravo in continuazione ad ogni volta che ripensavo alle parole di Andy. -Una stupida, una scellerata bella e buona.

 

In un pomeriggio piovoso, all'inizio della seconda settimana senza Andy, mi decisi a chiamarlo. Anche se esitai mille volte e ad ognuna di esse, ogni volta che componevo il suo numero lo cancellavo all'istante nel timore della sua reazione. Alla fine mi decisi ad avviare la telefonata e rimasi in attesa di una risposta, mentre mi mordicchiavo nervosamente il labbro.

Quando sentii interrompersi il rumore di attesa della chiamata mi illusi che potesse aver risposto lui, ma invece era la sua segreteria telefonica che diceva di lasciare un messaggio perché il numero chiamato non era raggiungibile. “Fuck” pensai e chiusi la chiamata. Poi ci ripensai, e ricomposi il numero. Al bip che mi concedeva di parlare, indugiai un po'.

-A...Andy? Sono io, Samantha. Ti volevo dire... ti ho chiamato per dirti che mi dispiace. Scusami.- mi si affievolì la voce. -Lo so, è stata una discussione inutile... perdonami se ti ho parlato male e se me ne sono andata a quel modo. Sai cosa? Non andrò mai da quell'uomo. E non per farti un favore, ma perché so che è sbagliato per una questione di principio. Non se lo merita. Scusami di tutto. Spero di sentirti presto. C...Ciao.- chiusi quasi freneticamente la telefonata, e da quel momento passai non solo le giornate a trascinarmi ovunque andavo, con Nadia alle costole che mi chiedeva “Quando torna zio Ash?” e mi diceva di tirarmi su di morale; ma cominciai a stare con l'ansia di una qualsiasi risposta di un qualsiasi genere dalla persona che amavo.

 

Quella dannata risposta arrivò due settimane dopo, all'inizio del secondo mese. La trovai registrata tra le chiamate perse e salvate nella segreteria telefonica. -Due settimane, per la miseria! Due! E dico due!- esclamai appena la trovai. Schiacciai nevroticamente il tasto di ascolto e la voce del vocalist si fece sentire quasi subito. “Ciao, Sam...” solo sentirlo chiamare il mio nome con tono pacato mi fece calmare un po'. “... Non ce l'ho con te. Va tutto bene, non hai bisogno di scusarti. So che sei una persona logica e che avresti capito da te. Non preoccuparti. Anzi, scusami tu per come ti ho trattata. E scusami per non averti avvertita della nostra partenza. Ci manchi molto, ma a me più di tutti. E... CC! La pianti di starmi addosso?!” mi venne da ridere all'idea del batterista che cercava di parlare al telefono stando addosso al vocalist. “... in ogni caso, Sam. Mi manchi davvero. Spero di sentirti presto anch'io, e scusami per il ritardo. ... A presto.” e staccò la telefonata.

Un'onda di angoscia, tristezza e nostalgia mi si riversarono addosso come una cascata. Mandai un SMS ad Andy, rispondendogli che mi mancava a morte e che neanche lui aveva bisogno di scusarsi. E che lo amavo.

Nessuna risposta. Di nuovo.

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Capitolo 21
*** -Sei uno stupido, Andrew Dennis Biersack! ***


Ormai mancava solo un giorno per la fine di quei due lunghissimi e strazianti mesi. Io ero distrutta emotivamente: Andy non mi aveva più risposto, né chiamata, né nulla. Il silenzio. Ecco cosa c'era stato tra noi per quei due lunghi mesi. Ok, Jake mi aveva avvertita che ci sarebbero stati problemi nella comunicazione, ma dato che almeno una volta Andy mi aveva risposto mi ero aspettata qualcosa di più di un solo messaggio in segreteria. E invece no. Niente. Da una parte ero afflitta, dall'altra infuriata. Se c'era una cosa che mi dava fastidio era il silenzio. Mi aveva sempre infastidito il silenzio delle persone quando mi aspettavo qualcosa, una risposta, un chiamata.

Nadia quando venne a sapere che i nostri vicini di casa erano partiti era scoppiata in lacrime, dicendo che voleva dormire con il suo bassista preferito. Si era abituata all'idea solo qualche settimana più tardi, quando al posto di piangere aveva cominciato a fare il conto alla rovescia in attesa che i due mesi passassero. E così cominciammo a riempire il calendario di crocette giornalmente, ma questo non fece altro che allungare ancora di più le giornate.

 

Finalmente giunse l'ultimo giorno, ed io e Nadia cominciammo a gironzolare per la casa senza sapere cosa fare. Lei camminava avanti e indietro, e canticchiava qualche litania. Io ero in condizioni peggiori. Andavo in cucina, aprivo il frigo, lo fissavo a lungo e poi lo richiudevo chiedendomi perché mi trovavo lì. Poi prendevo o cominciavo a fare qualcosa ma poi la interrompevo subito, pensando che stavo facendo qualcosa di stupido. Oppure ancora restavo indecisa sulle cose più banali, parlando pure da sola.

-Cucino, la pasta o il riso? E mangiamo carne o pesce? O magari uova??- si ero in condizioni catastrofiche.

In serata, verso le otto, sentii un rumore di auto, ma pensai che fosse solo un caso, così, dopo tutta quell'ansia, mi limitai a sorpassare la finestra che si affacciava sulla strada e ad avviare un CD nello stereo. Dopo un po' suonarono, ed io ebbi un tuffo al cuore. Io e Nadia accorremmo alla porta e la aprimmo. Subimmo la stessa reazione nella stessa frazione di secondo: davanti a noi c'era una figura scura di CC che sorrideva. Aprii freneticamente il cancello, e nell'andargli incontro, sia io che Nadia gli saltammo addosso abbracciandolo.

-Ehi, piano! Sono appena tornato dopo tutto!

-CC!- esclamò Nadia strusciando una guancia contro la sua gamba. -Mi sei mancato!

-CC... gli altri dove sono?- chiesi io, staccandomi e fissando il mio amico, i cui capelli si erano allungati notevolmente.

-In casa, stanno depositando la loro roba e...

-Perfetto!- lo interruppi io. -Ed Andy è in casa, quindi?

-Si, ma...

-CC, occupati di Nadia.- sorpassai frettolosamente il batterista ed entrai in casa loro senza neanche bussare. Entrai in soggiorno, ma trovai tutti tranne che Andy. Non dissi nulla, uscii dalla stanza senza che mi notassero e accorsi nella stanza da letto di Andy, dove lo trovai buttato sul letto con un cuscino in faccia.

-Sei uno stupido, Andrew Dennis Biersack!- lui sussultò sul materasso, mettendosi di scatto a sedere. -Non un messaggio in segreteria, una chiamata... neanche un dannatissimo messaggio, porca miseria! Niente! Niente!! Il silenzio! Una tomba!- lui si alzò e mi venne incontro con un'aria di cucciolo bastonato. -Due mesi! Sai cosa sono due mesi di silenzio?! Un inferno! Non hai idea di quanto io abbia sofferto!- ho un nodo ala gola, ma lo faccio estinguere nel giro di poco. Lui è vicinissimo a me. -Tu.. Tu mi hai fatto stare in pena! Non sapevo dov'eri, come andava, non...- mi interruppe. Mi baciò, interrompendo il mio flusso di rabbia, lasciandomi di stucco. Mi stacco, però. La mia rabbia non era ancora placata. Indietreggiai, sotto il suo sguardo, accigliato e perplesso. Abbassai il capo, a disagio e senza motivo. Nell'indietreggiare mi ritrovai con le spalle contro il suo armadio e con lui ad un respiro da me. Pose il suo indice caldo sotto il mio mento, e mi alzò il viso. Quando i nostri sguardi si incontrarono, mi accorsi che i suoi occhi erano particolarmente lucidi, e mi intenerii a tal punto che mi raddolcii, e lui si fiondò a capofitto sulle mie labbra, baciandomi e lasciando sprigionare la sua malinconia.

Sofferenza, nostalgia, la solitudine di quei due mesi, si sprigionarono dai nostri baci. Ci abbracciamo, le nostre mani navigarono sui nostri corpi in onore del tempo perso.

Siamo un fuoco di emozioni, e veniamo interrotti dopo pochi minuti, con qualcuno che tossicchia dall'uscio della porta.

-Ehm... sai, com'è. Le porte esistono per essere chiuse, ma a noi sarebbe piaciuto salutarti, sai.- è Ashley, e ci guarda con un sopracciglio inarcato. Mi stacco da Andy, e dopo averlo fissato per un decimo di secondo come a dire “Noi due continuiamo dopo” mi fiondo ad abbracciare il mio amico bassista, alla cui gamba destra è avvinghiata Nadia che struscia la guancia come faceva prima con CC. Torniamo in salotto ed abbracciamo anche Jake e Jinxx che a momenti scoppiano a piangere dalla felicità.

“Mah... certo che questi ragazzi sono proprio una massa di scemi.” penso ironicamente e cercando di non ridere mentre osservo Nadia rincorrere Jinxx con in mano un pennarello mentre gli urla: -Dai, Jiiiiiinxx! Non ti ho disegnato per troppo tempoooo!

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Capitolo 22
*** Guerre di vestiti ***


Tornai a stare a casa dei ragazzi la sera stessa in cui tornarono, e non credo ci fosse bisogno di dire come passammo la notte io ed Andy. Momenti di tristezza, nostalgia, silenzi, vennero tutti ricuciti al buio. Quella stessa domenica decidemmo di andare a fare una passeggiatina nei dintorni della nostra contrada, mentre Nadia era a casa di un'amichetta. Parlammo di tutto, a partire dai concerti fino a quello che avevano fatto nel viaggio di ritorno.

-Lo sai che Jinxx russa in una maniera unica?- disse Ashley.

-Io benedico i miei amati cuffioni, grazie ai quali ho passato notti tranquille in camper.- disse invece Jake con aria che sembrava sognante.

Jinxx sospirò. -Come se fosse colpa mia!

Io gli pattai la spalla, -Dai, su. Ti do i cerottini per il naso?

Lui si illuminò. -Davvero? Oh grazie Sam!

Scoppiammo tutti a ridere. Poi notammo che il cielo cominciava ad oscurarsi ad una velocità quasi allucinante, e restammo per un po' con i visi rivolti verso di esso in attesa che le nuvole si dissolvessero. Poveri illusi che non eravamo altro. Il primo a ricevere una gocciolina sul naso fu CC, che se lo tastò e si sfregò le dita dicendo: -Questo non è un buon segno.

-Concordo.- sottolineò Andy asciugandosi una guancia.

-Ragazzi, quanto ci siamo allontanati da casa nostra?- mi guardai attorno preoccupata e un po' disorientata. Andy mi imitò.

-Direi giusto di qualche isolato...- si voltò a guardarmi. -Hai paura?- ghignò.

-Diciamo che i fulmini mi innervosiscono, ma per il resto, no, non ho paura.

Una goccia mi cadde sulla fronte, e man mano che i secondi passavano cominciò a piovere, e ciò ci istigò a correre verso casa, senza né ombrelli né cappucci sotto i quali ripararci. Ci colpì in faccia persino una ventata d'aria ghiacciata e una macchina per poco non ci fece la doccia passando a tutta velocità. D'accordo che l'inverno stava finendo, ma addirittura un acquazzone del genere! Una luce ci illuminò i visi: il primo fulmine si era stagnato in cielo, ed io avevo buttato un'imprecazione. Mi mettevano a disagio i fulmini, ma forse solo per le storielle che mi raccontavano i miei genitori da piccola per “salvaguardarmi” da essi, evitando di indossare o avere per mano oggetti metallici e avendo con se qualcosa che fosse di gomma, come le scarpe.

Arrivati a casa ci chiudemmo il portone alle spalle, ansimanti e bagnati fradici; nel giro di pochi secondi fuori si era instaurato un temporale vero e proprio.

Io in pratica tremavo dal freddo e cominciai a starnutire senza alcuna pausa, mentre gli occhi presero a bruciarmi esageratamente.

-Ehi, tutto ok? Sei pallida!- notò Andy passandomi una mano sulla fronte da poco asciugata. -Ma... tu scotti! Sarà meglio che tu ti faccia una doccia calda e che ti riposi!

-Ma no, dai. E' giusto perché siamo stati sotto la pioggia. Però la doccia me la faccio lo stesso, mi riprenderò con quella.- sorrisi.

 

Quando uscii dalla doccia mi resi conto di aver dimenticato i vestiti puliti in camera da letto di Andy, e ci dovetti sgattaiolare in accappatoio, trovandolo poi intento ad asciugarsi i capelli con un phon spuntato dal nulla. Quando si accorse della mia presenza si preoccupò subito della mia salute, ma io lo rassicurai che mi sentivo bene, a parte qualche brividello dovuto al fatto che non avevo alcun vestito addosso a parte l'accappatoio. Mi guardò con aria maliziosa.

-Mmm... accappatoio soltanto, eh?- si alzò, fece il giro del letto matrimoniale e mi raggiunse, mentre io ero intenta a rovistare nell'armadio alla ricerca dei miei vestiti. Poi mi ricordai che li avevo tirati fuori prima di avviarmi verso il bagno, e mi girai verso di lui.

-Ehi, hai visto i miei vestiti?

-Chi? Io? Di quali vestiti parli?- vagheggiò lui.

-Andy... dove sono i miei vestiti?

-Ma quali?

-Quelli che avevo messo non mi ricordo dove prima di farmi la doccia.

-Ah! Dici... questi?- e me li sventolò sotto gli occhi, e quando stavo per riprendermeli lui non me lo permise.

-Andy, ridammeli!- mi avvicinai a lui.

-Prendili se ci riesci!- scherzò lui, allontanandoli dietro la sua schiena, quasi stendendosi.

-E dai! Così va a finire che mi raffreddo per davvero!- quasi mi dovetti stendere sopra di lui per riuscire a prenderli, tanto che alla fine la situazione si capovolse e me lo ritrovai sopra di me.

-Incastrata.- cantilenò lui sorridendomi e solleticandomi le guance con i capelli lunghi e facendomi scoppiare a ridere. -Non mi ricordo bene, hai detto che hai solo l'accappatoio addosso?

-E... esatto.- lui fece scivolare una mano sul mio fianco.

-E che succede se io sciolgo questa cordicella?- disse giocherellando con la cintura di spugna.

-Succede che... che... oh, Andy! Almeno chiudi la porta, per l'amor del cielo!- esclamai io, nel timore di farmi trovare così da qualcuno.

-A ha! Quindi potrebbe succedere qualcosa...- disse maliziosamente, alzandosi ed affacciandosi alla porta. -Ragazzi! Io e Sam, abbiamo un problema! Andate voi a prendere Nadia, ok??- urlò attraverso il corridoio.

-D'accordo! Poi vogliamo sapere che tipo di problema è!- rispose di rimando Ashley, e per tutta risposta Andy chiuse la porta. In tutto quel tempo io ero riuscita ad indossare almeno gli indumenti intimi e a mettermi sotto le coperte, nascondendomi completamente.

-Vuoi giocare a nascondino?- chiese lui, mentre io lo scrutavo di soppiatto da sotto le coperte. Sentii degli sprofondamenti nel materasso e poi il mio viso venne scoperto. -Tana per Sam!- esclamò Andy facendomi ridere e scoprendomi completamente.

-Ehi, fa freddo!- esclamai.

-Certo che sei una tipa freddolosa, tu!- ridacchiò, mentre facevamo la lotta a chi si prendeva i miei vestiti. Ad un certo punto mi trovai sopra di lui, nel tentativo di afferrare il pezzo di sopra del mio pigiama larghissimo. Restammo un po' a fissarci, finché lui non mi passò una mano tra i capelli e mi fissò dolcemente. Sembravamo due ragazzini, altroché. Lui innalzò di poco il capo e mi baciò.

 

Il mattino dopo mi svegliai con una flemma pazzesca. Ero stanca e ad ogni movimento tremavo come una foglia. Starnutendo mi avviai verso la cucina, dove trovai Andy che rovistava nel frigorifero come un lupacchiotto affamato.

-Ehi, buongiorno. Vedo che ti sei rivestita.- sorrise malizioso.

-Avresti preferito vedermi camminare nuda per la casa?

-Beh, se non ci fossero stati anche gli altri e la piccola Nadia... forse si.

Gli diedi una pacchetta sulla spalla, dandogli poi un bacio sulla guancia. -Pervertito... senti, hai qualcosa contro l'influenza? Non sto proprio bene.- un brivido mi attraversò la schiena. Lui fece capolino accigliandosi.

-Influenza? Allora ieri sera avevo ragione...

-Naaah, ieri sera mi sono ripresa con la doccia, sennò mi sarei lasciata cadere sul materasso con tutto l'accappatoio e ignorando il fatto che tu fossi in vena di perversione...

-Sei fissata, eh? Non sono pervertito!

Io inarcai un sopracciglio, e poi fui costretta a starnutire un paio di volte, indebolendomi poi notevolmente. Andy poggiò una mano sulla mia fronte.

-Te lo avevo detto che scottavi! Dai, va a letto che ti porto qualcosa. Nadia la accompagnerà Jake all'asilo.

Annuii, trascinandomi a letto e tirando su col naso. Non appena ci arrivai, stramazzai su di esso e crollai in un sonno profondo.

Dormii per tutto il giorno e solo di sera mi venne a svegliare mia figlia.

-Mamma? Mamma?- mi scuoteva leggermente.

Io riemersi dal calore delle coperte. -Mm... Nadia? Che c'è, tesoro?

-Che hai?

-Un po' di influenza.- risposi stancamente.

-E passa?- chiese lei preoccupata e sgranando gli occhi.

-Certo, piccola pulce mia. Vedrai che già domani starò meglio.

-Promesso?

-Promesso.- le presi una manina accarezzandola, poi Jinxx la chiamò dall'altra stanza. -Va' dallo zio Jinxx. Ti affido una missione, ci stai?- lei annuì facendosi attenta. -Devi disegnarlo. Ce la fai? E magari poi gli fai pure una foto.- le sorrisi stancamente.

-D'accordo mamma.- mi diede un bacio sulla fronte e scappò in soggiorno, mentre io restavo in ascolto di quello che succedeva nell'altra stanza dalla mia postazione a letto.

-Ehi, ehi! Perché sempre io? Dai, facciamolo ad Andy, che è l'unico rimasto incolume da quando ci avete conosciuti!- sentii Jinxx obiettare e mi venne da ridere.

-Oh, ed io che c'entro?- disse Andy.

-C'entri, c'entri! Nessun pennarello o trucco ha ancora sfiorato la tua faccia!

-Un momento!- si intromise mia figlia, e la sentii sgambettare fino alla mia stanza da letto. -Mamma, Andy va bene?

Scoppiai a ridere. -Ma certo!

-Perfetto, grazie!- e tornò in soggiorno. -Mamma ha detto che va bene anche Andy!- annunciò nell'altra camera.

-Come sarebbe a dire “Mamma”??- chiese con tono incredulo Andy. -Saaaaam!

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Capitolo 23
*** Morti, zombie e sonnambuli. ***


Mi svegliai il mattino dopo particolarmente energica. Stare sommersa sotto le coperte mi aveva fatto davvero bene, e ormai dell'influenza non c'era più alcuna traccia. “Per fortuna” pensai assonnata e camminando verso la cucina sistemandomi i capelli scompigliati dal letto con una mano. Entrata in salotto, attraversatolo e giunta in cucina, incrociai Jake chino a rovistare nel frigorifero alla ricerca di un po' di cibo.

-Uff, abbiamo finito i Waffle... Oh, Sam! Buon giorno! Come stai oggi?- si girò sorridendomi entusiasta.

-Molto meglio di ieri. Sono in forze. Infatti ogni volta che sto male e mi sommergo di coperte mi riprendo nel giro di ventiquattr'ore. Comunque i Waffle sono nello scaffale in alto a destra.- glielo indicai con un cenno della testa.

-Uh, grazie.- e si girò per prenderli. -Non andrai al lavoro spero...

Mi accigliai. -Veramente contavo di andarci. Anche se mi sono ripresa solo stanotte, ce la faccio.

-Mmm... sicura?

-Ma si, tranquillo.

Sentimmo dei passi strascicati alle nostre spalle. -Ragazzi... le vostre voci si sentono fino alle camere da letto...- era Jinxx, mezzo addormentato e con addosso un pigiama che era il doppio di lui.

-Pardon.- mi scusai io, sorridendogli.

-Vedo che ti sei ripresa, eh?- notò subito.

-Già.

Sul volto del chitarrista ritmico aleggiò un leggero sorriso, ma il suo atteggiamento dimostrava che era tutt'altro che felice: si trascinava, letteralmente, ovunque andasse con un andazzo quasi da sonnambulo. -Jinxx, va tutto bene? Mi sembri un morto!- esclamò Jake scrutandolo.

-Un morto sarebbe pure più vivo di me... sono in crisi, ragazzi...

Io mi avvicinai a lui, e massaggiandogli la schiena gli chiesi cosa avesse. -Non ti avrò mica trasmesso l'influenza!

-Macché, stra tranquilla. E'... E' Alesha...

-Che c'entra Alesha? Vi siete lasciati??

-Si vabbé! No, non ci siamo lasciati, ma... il fatto è che quando siamo partiti lei non ha preso molto bene la nostra partenza e quando le ho detto che avremmo avuto problemi anche a comunicare si è seccata abbastanza, e per quanto io di tanto in tanto cercassi di parlare, lei non rispondeva mai, e neanche richiamava. Insomma, la cosa è stata abbastanza preoccupante. Fatto sta che ieri sera sono finalmente riuscito a contattarla e lei se l'è presa con me perché non mi ero fatto sentire. Poi io ho rivoltato la cosa su di lei, e... e niente, abbiamo litigato senza neanche esserci visti in faccia. In pratica mi sto deprimendo.- si rabbuiò.

-Povero Jinxx!- gli strinsi le spalle a mo' di abbraccio. -Dai, le parlo io. Tanto avevamo in programma di uscire una di queste sere. Anzi, sai che ti dico? La chiamo ed usciamo stasera, così cerchiamo di risolvere il tuo problema alla svelta. Che ne dici? Posso parlarle?

-Lo faresti davvero?- fece una faccia da cucciolo.

-Ma certo! Non ce la faccio a vederti camminare in modalità zombie!

-Oh, grazie, Sam!- mi abbracciò, lasciandomi un po' spiazzata ma facendomi ridere.

 

Quella stessa sera, io ed Alesha ci incontrammo in una pizzeria e cominciammo a parlare del più e del meno.

-Beh, come te la passi?- le chiesi io.

-Uh, non male. Finalmente alla casa discografica a cui lavoro hanno deciso di affidarmi un'aiutante! Non ce la facevo più a sistemare tutti quei documenti musicali da sola! Non sai che felicità! E tu?- rispose con entusiasmo.

-Io sono appena uscita da un'influenza di breve durata, e finalmente qualche giorno fa sono tornati i ragazzi. In pratica li stavo uccidendo di quanto mi erano mancati! Tu hai sentito Jinxx?

Lei si rabbuiò un po'. -Si... ma non è che sia stato proprio un bel modo di risentirsi... cioè... abbiamo parlato al telefono e abbiamo litigato sul fatto che non ci sentivamo da due mesi. Però mi sa di essere dalla parte del torto, perché io non mi sono mai scomodata a richiamarlo o a rispondere in tempo, prima che il cellulare finisse di squillare. Diamine, non so neanche come riappacificarmi con lui!

“Bingo.” pensai tra me e me. -Perché non vi incontrate di persona. Guarda io è da stamattina che lo vedo trascinarsi per la casa come se fosse un sonnambulo. Persino Jake ha detto che è peggio di un morto. Mi sa che ci è rimasto anche lui abbastanza male.

-Oddio, davvero? Che pena! Diamine, che ho combinato!

-Ehi, tranquilla. Si risolve tutto. Non ti ammassare di colpe!- le sorrisi. -Basta che vi vediate. Sono sicura che solo rivedendoti gli tornerà il buon umore.- sul suo viso si instaurò un timido sorriso.

-D...Dici?- e cominciava pure ad arrossire!

-Ma certo! Dai, ora gustiamoci questa pizza.- le sorrisi di buon umore.

 

Quando quella sera tornai a casa, non ebbi neanche il tempo di sfilare le chiavi -delle quali Andy mi aveva fatto una copia- dalla tasca che Nadia mi venne subito ad aprire colma di entusiasmo.

-Mamma! Ho disegnato Andy, ho disegnato Andy!

-Davvero? Uh, allora mostramelo.- ridacchiai io curiosa.

-Shi! Andyyyy!!- lo chiamò mentre entravo e mi trascinava per una mano facendomi incurvare di poco. Mi guidò fino al salotto, dove trovai i ragazzi che tenevano fermo il cantante su una poltroncina, mentre ridevano come degli adolescenti.

-Ma che opera d'arte!- esclamai io scoppiando a ridere alla sua visione. Era tutto colorato di verde, rosso e giallo, cosparso di ghirigori per tutto il viso. -Nadia, ti sei data da fare, eh? E brava la mia piccola pulce!- la presi in braccio, solleticandole i fianchi e facendola ridere. -Certo che ormai manco solo io all'appello. Dai, a Carnevale ci facciamo disegnare tutti da Nadia!

-Ma neanche per sogno!- esclamarono tutti in coro, scoppiando poi a ridere.

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Capitolo 24
*** -Ha... ha fatto tutto da solo... ***


Al mio secondo giorno di lavoro dopo la mia ripresa fisica, quando tornai all'ora di pranzo, notai una figura maschile davanti il mio appartamento. Non potevo crederci. Era Luke, e non è che fosse proprio in ottime condizioni, eh. Aveva un braccio ingessato e si reggeva su una stampella ospedaliera. Restai a fissarlo per un po' dallo specchietto retrovisore dell'auto mentre ero parcheggiata nel garage della band che ormai mi ospitava da chissà quanto tempo. Mi faceva pena da una parte. Che strano rivederlo dopo tutto quel tempo. Dopo tutto non ci vedevamo dai tempi dell'incidente, ovvero da più di due mesi. Dopo un po' si allontanò dalla mia casa a testa bassa e zoppicando e mi fece una pietà pazzesca. Tuttavia, non mi mossi per rincorrerlo, chiedergli di lui, o una qualsiasi cosa: il ricordo del mio litigio con Andy e quello che mi aveva detto si stagnava forte e chiaro nella mia mente... se lo era meritato.

Entrai a casa dopo aver abbassato la saracinesca del garage e mi diressi in cucina per cucinare qualcosa. Era la prima volta che cucinavo qualcosa per i ragazzi da quando erano tornati e avevo voglia di riflettere il mio flusso di pensieri sulle portate leggere che preparavo. Dopo un po' qualcuno entrò in cucina, facendomi sobbalzare.

-Oh, cucini tu oggi?- chiese CC.

-Oddio, CC, mi è preso un colpo!- esclamai io immediatamente.

-Scusa, non volevo. Però sai com'è. Di solito cuciniamo o io o Jake e nel sentire dei rumori provenire dalla cucina mi sono sorpreso, anche perché lui è una mattinata che sta in camera sua a strimpellare la chitarra.- restammo in silenzio cercando di ascoltare dei suoni esterni alla cucina che non fossero prodotti dal bollore dell'acqua nelle pentole o del gas sotto di esse, ed in effetti udimmo un assolo provenire dal corridoio.

-Si starà divertendo, eh?- dico io girandomi a tagliuzzare delle verdure.

-Già. Comunque si sta diffondendo un ottimo odorino per la casa, mi sa che ben presto attirerai quei lupi affamati relegati nelle loro stanze.- si avvicinò ad una pentola e con un cucchiaio di legno ne girò il contenuto, mentre sul mio viso si andava a creare un velato sorriso di compiacimento.

CC aveva ragione: nel giro di pochissimi minuti arrivò un timido Jinxx e un affamato Ashley, seguiti da Jake, che entrò esterrefatto dall'odore che si era divulgato in tutta la casa, ed Andy i cui brontolii dello stomaco si udivano in modo molto chiaro.

Mangiammo di gusto, ma io non riuscivo a non pensare a Luke. Sapevo perfettamente che il giorno dopo sarebbe tornato, ma tutto sommato non lo temevo più. Avevo intuito che si fosse calmato solo fissando il suo portamento: di solito, quando diventava ossessivo cominciava a muoversi nervosamente o a cercare un'occupazione nell'attesa che quello che desiderava si verificasse e muoveva in continuazione un piede come se dovesse tenere il tempo di una canzone. Invece quando lo avevo visto davanti a casa mia non faceva nulla e non si muoveva in modo agitato. Semplicemente “studiava” l'architettura della casa dall'alto al basso reggendosi sulla stampella. Era un buon segno, almeno secondo me.

Quando Ashley si accorse che ero più silenziosa del solito se ne preoccupò, e mi chiese cosa avessi.

-Niente di che. Sono sovrappensiero...

-Cioè?

-Ecco... avete presente Luke?

Andy si fece attento, smettendo di mangiare, e la cosa mi suscitò una strana sensazione di piacevolezza. -Oggi era davanti casa mia... ma... non era come al solito. Non era ossessivo, con l'aria stralunata o da pazzo. Era tranquillo, sereno forse, e non sembrava neanche che mi aspettasse, guardava semplicemente la casa e dopo neanche dieci minuti se n'è andato. Voi che ne pensate?

-Penso che non si sia scordato di te...- disse serio Jake. -Però questa sua tranquillità è una cosa di cui potresti approfittare... perché non gli parli, la chiudi con lui, ora che è calmo, e finisce questo tormento davanti casa tua?

Io volsi un'occhiata ad Andy per vedere cosa ne pensasse, e lui reagì subito. -Se lo vuoi fare.. cioè, se gli vuoi parlare, vorrei esserci anche io. Ma non per intromettermi, perché ho paura che abbia uno scatto di pazzia o chissà che...- stavolta fu lui a guardarmi in attesa di una risposta.

-Concordo...- mi affrettai a rispondere, facendo rilassare la sua espressione. -Ad essere sincera, non me la sarei sentita ad affrontarlo da sola, quindi ti avrei chiesto a prescindere di venire con me... Grazie.- gli sorrisi, ottenendo lo stesso gesto di rimando.

 

Il fatidico momento arrivò. Alla stessa ora di pranzo, mentre tornavo dal lavoro, ritrovai Luke davanti casa mia, con lo stesso portamento del giorno prima. Tranquillo, pacato. “Beh, meglio così” pensai io, e mentre parcheggiavo trovai Andy che mi attendeva in garage. Era evidente che si era già accorto della presenza di Luke davanti casa mia, quindi mi attendeva. Senza dire niente e con un solo cenno del capo, ci avviammo sulla stradicciola che poi avremmo attraversato per giungere a casa mia. Tossicchiai leggermente per farmi notare, e quando Luke si girò quasi non saltò.

-Oh, sei qui. Non mi aspettavo più di vederti.- mormorò quasi impaurito. -Pensavo che dopo l'incidente fossi scomparsa.- volse un'occhiata a chi mi stava dietro, ed Andy fece solo un cenno con la testa in segno di saluto.

-Vedo che non sei combinato tanto bene...- dissi io notando il braccio ingessato e la stampella.

-Già. Quando la macchina è entrata a contatto con la tua, sono stato scaraventato completamente dall'altra parte della strada, con un'energia tale che sono entrato in coma per due assurdi mesi solo sbattendo il cranio contro lo spigolo del marciapiede. E poi, mentre ero incosciente, due motorini mi sono pure passati sopra due arti...- alzò la stampella ed evidenziò il braccio gessato.

-Ma mi avevano detto che solo gli arti superiori erano stati lesi..- notai io.

-Bah, balle mediche.- disse semplicemente lui. Andy tossicchiò, ricordandomi il motivo per cui eravamo lì. -Ascolta, sono qui solo per chiudere definitivamente questa storia.- riprese a parlare Luke, sorprendendomi con quell'affermazione. Era come se mi avesse letto nel pensiero, tanto che nei nostri visi -mio e di Andy- si instaurarono delle espressioni stupefatte.

-Ti ho causato troppi problemi, Sam... Samantha- si corresse. -Scusami. Sono venuto per dirti che non ti darò più fastidio.

Mi accigliai. “Dov'è la fregatura?” pensai dubbiosa.

-Ovviamente sono ancora in crisi economica e...- si bloccò subito vedendo la mia espressione negativa sul mio viso. Sospirò. -... e mi piacerebbe rivedere nostra figlia per l'ultima volta.

La mia negazione arrivò, subito e secca. -No.- dissi solamente con sguardo severo. Lui si rattristì, e facendomi pena mi affrettai ad “addolcire” il diniego. -L'ultima volta non l'ha presa proprio bene, e poi non è neanche qui attualmente. Quindi, niente da fare. Mi dispiace.

-Ma... potrei anche aspettare...- obiettò insistendo, suscitando un altro colpo di finta tosse da parte del vocalist. Sospirò in segno di rassegnazione. -Ho capito... beh, allora non ho più nulla né da fare né da dirti. Me ne vado, Samantha. Non credo che ci vedremo più, a meno che non lo voglia il caso. Arrivederci, se mai succederà.- ci rivolse uno sguardo poco convinto di sé, poi si girò e se ne andò zoppicando sulla sua stampella, senza neanche il tempo di dirgli un vero e proprio “Addio”, sicuramente migliore di quel falso “Arrivederci”.

Mi girai verso Andy, che manifestava ancora dubbiosità ed era ancora esterrefatto. -Ha... ha fatto tutto da solo...- farfugliai un po' confusa. Poi ci rasserenammo a vicenda, e per la felicità di essermi tolta un peso del genere, gli gettai le braccia al collo abbracciandolo.

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Capitolo 25
*** Disarmata ***


Quella stessa sera, ci riunimmo tutti a tavola, senza ripensamenti, dubbi, pensieri tristi o roba del genere. Mentre mangiavamo allegramente e mentre Nadia raccontava quello che aveva fatto all'asilo, squillò il cellulare di Jinxx, e scusandosi, si congedò dalla cucina temporaneamente, mentre Nadia proseguiva a parlare senza notarlo.

-...e poi oggi Trisha, la mia amica, mi ha detto cosa vuole fare da grande! Vuole diventare un'esploratrice! Ma secondo me lo ha detto solo perché ha letto uno strano libro, che non mi ricordo neanche come si chiama!

-E tu che vuoi fare invece da grande?- chiese CC, ingoiando una forchettata di pasta e sorridendole con entusiasmo.

-Io diventerò una cantante, e suonerò la chitarra e la batteria!- disse lei con convinzione.

-Certo che sei ambiziosa, eh?- le scompigliò i capelli il chitarrista.

-E non vuoi imparare il basso?- le chiese Ashley con tono teatrale speranzoso e mezzo deluso.

-Tu non suoni la chitarra?- chiese lei intimidendosi osservandolo dalla postazione accanto alla sua.

-No, io suono uno strumento simile, ma che fa un suono un po' diverso da quello della chitarra. Io suono il basso.- spiegò lui.

-Allora suonerò anche il basso!- esclamò lei prendendo la mano del bassista e stringendola amorevolmente, suscitando in lui un sorriso di soddisfazione. Le scompigliò i capelli, e le diede un bacio sulla fronte. Mi sembravano due fratelli.

In quello stesso momento tornò Jinxx con un sorriso che avrebbe potuto illuminare tutta l'America, giusto mentre io toglievo i piatti fondi usati per mangiare il primo e prendevo i piatti piani. Lui si avvicinò a me e mi abbracciò, quasi stritolandomi e lasciandomi senza parole.

-Grazie Sam, grazie!- esclamò felice.

-Ehi, ma che è successo?- chiesi ricambiando l'abbraccio.

-E' successo che abbiamo fatto pace!- si staccò da me.

-Tu ed Alesha?- ricordai la sera in cui le avevo parlato in pizzeria.

-Si! Ha detto che aveva sbagliato e che era colpa sua. Ma dal mio canto, mi sono scusato anche io: ero stato abbastanza brusco. E così non ci sono più problemi! Oddio, non so come ringraziarti!- mi strinse un'altra volta, ed in preda all'entusiasmo si rimise a sedere a tavola, finendo il suo piatto. Ma non riusciva neanche a mangiare e non ci volle molto perché lo ammettesse da sé.

-Oddio, non riesco neanche a mangiare!

-Jinxx, tu devi mangiare!- intervenne Nadia. -Sennò ti succede quello che è successo a Trisha! Svieni perché non hai mangiato a colazione!

Lui scoppiò a ridere, e cercò di mangiare, mentre gli altri manifestavano entusiasmo nei suoi confronti dandogli pacche sulla schiena e scherzando. -Ragazzi, ora siete voi che non mi fate mangiare, però!- rise lui.

-Eh, Casanova, siamo contenti per te!- disse felice il bassista, mentre il chitarrista gli dava l'ennesima pacca sulla spalla insieme al batterista dal lato opposto. -E bravo, bravo!

 

Più tardi ci congedammo tutti nelle nostre stanze ed io mi lasciai andare sul letto matrimoniale stanca, ma felice, mentre Andy si chiudeva la porta alle spalle.

-Mi sento... non so... leggera. Mi sembra di essermi tolta un peso che durava da una vita.- sospirai quasi ridendo. Andy non disse nulla, si limitò a sorridere, per poi avvicinandosi a me e a darmi un bacio sulla fronte.

-Non sai come io sia rasserenato all'idea che tu stia bene e che quel tipo si sia eclissato dalle nostre vite.

Sorrisi di rimando, e mi accinsi ad indossare il mio pigiama, frugando sotto le coperte.

-Ehi, non avrai intenzione di indossare il pigiama!- esclamò lui mentre si toglieva la maglietta che indossava.

-Perché? Come dovrei dormire, scusa?

-Senza pigiama.- disse lui malizioso.

-Ma com'è possibile che tu sia un tale pervertito?- risi io.

-Non sono pervertito. Prendi esempio da me. Io dormo solo con un paio di pantaloni. Perché non lo fai anche tu?

-Perchè... caro il mio lupo famelico, tu mi salteresti addosso!

-Non ti piace l'idea?- mi si avvicinò con un aria maliziosa stampata in volto, facendomi intimidire. Era sempre così. Quando si comportava in quel modo malizioso io diventavo di colpo ed inspiegabilmente timida. E a quanto pare questa cosa divertiva particolarmente Andy.

-E... Ecco...- indietreggiai, sentendomi avvampare il viso.

-Uh, stai arrossendo. Questa reazione non mi è nuova. Mi sa che devo prenderlo come un “si”, allora.- disse lui senza cambiare espressione.

-Oh, Andy! Piantala! Lo sai che mi fa una strana sensazione vederti così... lupesco!

-Oh, Lupesco, ecco come sono. Mi piace l'idea.

A furia di indietreggiare mi trovai il letto dietro le gambe, ed inciampandoci fui costretta a sedermici sopra. Andy ne approfittò, e con la sola spinta di un dito mi fece stendere sul materasso. In qualche modo, il suo modo di fare mi faceva sentire disarmata e la mente mi si offuscava a tal punto che non sapevo più cosa fare.

Lui si mise sopra di me a cavalcioni, sorridendo soddisfatto nel vedermi con lo sguardo quasi perso. Ero... si, indifesa ai suoi occhi.

-Sempre così, tu. Ogni volta che faccio il pervertito, diventi come un cucciolo indifeso e non sai più che fare.

-Ah, quindi lo ammetti che sei un pervertito!- mi ripresi io temporaneamente.

Lui si passò una mano tra i capelli fischiettando e fingendosi vago, ed io ne approfittai per cercare di liberarmi, ma non c'era niente da fare.

-Dove vorresti andare, di grazia?

-Mi vorrei mettere il pigiama!

-Allora ti aiuterò io a metterlo.- disse lui con un sorrisetto che dava perfettamente l'idea di avere un secondo fine. -Tu stai ferma. Faccio tutto io.

E fu così, che si divertì a spogliarmi, baciandomi a tratti sul collo ed accarezzandomi delicatamente; e quando restai solo in intimo, lui indugiò. -Sei sicura di volere anche il pigiama?

-Sicurissima!

-E se io non volessi fartelo indossare?- disse guardando i vestiti notturni che teneva tra le mani.

-Vorrà dire che tu stare nella mia stessa condizione.

-Allora non sono l'unico pervertito!

Fischiettai anche io vagheggiando. Si, sembravamo una coppia di adolescenti. Ma tutto sommato era divertente, ed io lo amavo sempre di più.

Quando anche lui si trovò con i soli boxer addosso, spense le luci e mi raggiunse sul letto senza spifferare parola. Le sue mani calde accarezzarono la mia pelle, facendomi rabbrividire per il tocco leggero; mi baciò sul collo, fino a scendere sulle spalle e facendomi gemere. -Pervertito dentro, pervertito fuori.- sussurrai io, baciandolo con trasporto e accarezzando il suo petto liscio e sentendo il diaframma alzarsi e abbassarsi.

Non ci volle molto perché quei pochi vestiti che avevamo volassero fuori dal letto.

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Capitolo 26
*** Fotografie appese alle pareti. -The End- ***


Quattro anni dopo

 

Quella mattina mi svegliai sotto effetto di una voce maschile e da bambino di quasi quattro anni.

-With knives and pens, we've made our plight! Mamma! Alzati! Oggi torna papà!

Io mi rivoltai nel letto.

-Oliver... lasciami dormire. Papà torna stasera...- qualcuno mi scoprì completamente la faccia dalle coperte che mi ero appena portata sul viso.

-Mamma! Devo andare a scuola! E mio fratello non si decide a fare colazione! Di questo passo farò tardi!- esclamò Nadia, che ormai aveva otto anni.

-Olli... vai a fare colazione...

-Ma mamma! Non mi piace il latte!

-Tesoro, bevine almeno metà... ora lasciatemi dormire, vi prego!

-Ma che dormire e dormire, mamma! Devo andare a scuola!!- strillò Nadia.

-E va bene, va bene!- sospirai alzandomi e trovando davanti il visino dei miei figli.

Già. Ora ne avevo due. Oliver era nato circa quattro anni prima, ed era identico a suo padre, Andy. Aveva i suoi occhi azzurri e la sua capigliatura corvina, anche se corta, ma nella maggior parte dei lineamenti mi somigliava in una maniera unica. Nadia invece era cresciuta, andava a scuola e aveva una media brillante. Io ed Andy avevamo deciso di convivere insieme nella mia casa, ma tutto sommato, a parte i periodi dei concerti e dei tour, passavamo molto tempo nell'altra casa, con il bisogno di non stare troppo lontani dai nostri amici. Nello stesso anno in cui Andy mi aveva messa incinta, mi propose di sposarci, ed io, a ripensarci a distanza di quei quattro anni, potevo semplicemente dire che non ero mai stata più felice. Il matrimonio era stato spettacolare e lo coronammo con un concerto e con una luna di miele in Russia, che per chissà quale motivo ci ispirava entrambi. Evidentemente avevamo voglia di prendere freddo.

Anche Jinxx ed Alesha si avviavano verso le nozze, ormai, con la differenza che quando lui aveva preso per la prima volta l'argomento, lei non era incinta di tre mesi.

Nell'alzarmi, notai che Oliver mi scrutava con occhi quasi da cucciolo, che imploravano di non fargli bere la tazza di latte che lo aspettava in cucina. Sospirai, e gli consentii di mangiare qualcosa di migliore che gli avrebbe preparato Nadia nel tempo in cui io mi sarei vestita. Lui fece un salto di gioia, e saltellò verso la cucina trascinando la sorella esasperata per la mia lentezza nel vestirmi.

Poco dopo, mentre li accompagnavo rispettivamente a scuola e all'asilo, Oliver ricominciò a farmi domande sul ritorno di Andy, che era partito per un tour di un mese. Ormai non faceva altro che tormentarmi da una settimana.

-Mamma, papà torna stasera vero?

Nadia sospirò esasperata da quella domanda ripetitiva. -Si, Olli. Torna stasera. Lo sai meglio di tutti noi!

-Nadia, sii gentile con tuo fratello.- la richiamai io dolcemente. -Olli, tua sorella ha ragione. Tornerà stasera dal tour.

-Cos'è un tour?

-Il tour è un periodo in cui dei musicisti, come tuo padre, viaggiano per suonare in vari paesi.- dissi io svoltando l'angolo. Mi sembrava di tornare a quattro anni prima, quando Nadia mi chiedeva cosa fosse un concerto poco prima di andare a conoscere i Black Veil Brides di persona.

-Capito.- disse lui allegramente.

 

Quando arrivò la sera, Oliver cominciò ad analizzare ogni singolo testo delle canzoni del padre insieme a Nadia che gli spiegava che “The Mortician's Daughter” era una canzone d'amore e non triste. “Anche se veramente un tocco di malinconia ce l'ha” pensai io divertita ascoltandoli dall'angolo opposto della cucina, mentre preparavo la cena per tutti, compresa la band che stava per venire a farci visita dopo quella trentina di giorni che ci erano parsi un'eternità.

Mentre scolavo la pasta, qualcuno girò la chiave nella toppa del portone d'entrata ed io mi affrettai ad andare in contro a chi stava per entrare. Passai davanti una serie di foto appese al muro. Alcune ci ritraevano tutti insieme al concerto che avevano dato alle nostre nozze, poi c'era quella in cui Andy mi aveva dato per la prima volta il biglietto col suo indirizzo, e infine alcune in cui Nadia ci disegnava i visi e poi ci riunivamo tutti insieme per fotografarli.

Neanche il tempo di arrivare davanti la porta che mi trovai subito la faccia di Andy sorridente davanti. Non resistetti, gli gettai le braccia al collo e lo baciai, eliminando la distanza che c'era stata tra noi. Lui mi strinse forte, e quando ci staccammo io passai a salutare gli altri ragazzi abbracciandoli, mentre i bambini correvano ad abbracciare il padre quasi urlando dalla felicità. Oliver corse verso il padre, che lo prese al volo e lo sollevò abbracciandolo a sua volta.

-Olli! Come sei cresciuto!

-Papà, papà! Ho imparato Knives and Pens!- esclamò pieno di gioia. Poi vedendo che dietro di lui c'erano gli altri ragazzi si intimidì, e incassò il viso tra i vestiti di Andy.

-Hai ancora paura di loro?- si girò lui. -Dai, non fanno nulla! Saluta lo zio Jake.- Oliver staccò di poco il viso gettando un'occhiata al chitarrista che gli sorrideva divertito.

-C...Ciao..- mormorò, per poi tornare a nascondersi.

Quando Andy lo rimise a terra lui si nascose dietro le sua gambe, suscitando in tutti una tenerezza unica.

Nel frattempo Nadia era corsa ad abbracciare il suo bassista preferito.

-Zio Ash!- gli saltò addosso spiccando un salto, e lui la prese in braccia quasi tornando al periodo in cui lei aveva quattro anni stentati.

-Ehi, piccola pulce! Ti sono mancato?

-Certo, zio Ash! E ti ricordo che devi ancora insegnarmi il basso! Possibile che te lo scordi sempre?- rise lei, mentre lui la rimetteva per terra.

-E a noi non ci saluti?- chiesero in coro CC, Jake e Jinxx.

-Certo!- esclamò lei andandogli in contro.

-E non saluti il tuo vecchio?- chiese ridendo Andy, che ora mi cingeva un fianco.

Dopo un po' Nadia si girò e corse ad abbracciare anche il padre che la prese in braccio allo stesso modo in cui aveva fatto il bassista.

-Ehi, che profumino. Sam, che hai cucinato?- chiese CC curiosando in cucina.

-Ora vedi, ora vedi.- dissi io riportandolo in sala da pranzo. -Stasera si mangia alla grande!

 

Era bellissimo. Sembravamo una famiglia. Tutti insieme, seduti al tavolo, a mangiare, scherzare e ad ascoltare i racconti di viaggio dei ragazzi, a quella tavola si era per davvero diffusa un'aria familiare. Mi sentivo completa con loro, non c'era ombra di alcuna preoccupazione, dubbio o brutto ricordo. Eravamo... si, eravamo felici.

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