My first breath after Death

di ScarletPuppet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1 - Aima: l'arrivo ***
Capitolo 2: *** Chapter 2 - Sensazioni dall'Egitto ***
Capitolo 3: *** Chapter 3: il fuoco della vendetta ***
Capitolo 4: *** Chapter 4: l'urlo di guerra. ***
Capitolo 5: *** Chapter 5: il fuoco e il ghiaccio ***



Capitolo 1
*** Chapter 1 - Aima: l'arrivo ***


Chapter 1 - Aima: l'arrivo

My first breath after Death

Chapter 1 – Aima: l’arrivo.

«Qual è il tuo nome, ragazzina?»
Quella domanda la spiazzò all’istante, eppure era così facile. Restò in silenzio vari secondi a pensare. Non voleva dare il suo vero nome, le ricordava troppo quell’orrendo posto che, per nascita, era la sua casa. Si guardò le mani e, mantenendo una maschera impassibile, finalmente rispose.
«Scarlet Puppet.»
«Beh, benvenuta a Sparta. Più precisamente, al Santuario di Ares! Io sono Thea, il tuo mentore finchè non diventerai una Bloodline.»
La ragazza sorrise, mostrando dei denti bianchissimi. Gli occhi erano languidi e sembravano fatti di oro liquido, i capelli arruffati erano mori e sfumavano in un rosso intenso, quasi fossero fiamme ardenti.
«Cos’è una Bloodline?»
Chiese la dodicenne, con ingenuità, non avendo mai sentito nulla di simile.
«Sono i cavalieri posti a protezione di Ares, Dio della Guerra. Ti è sconosciuto anche lui?» le chiese il mentore, ridacchiando.
«No, so chi è. Ma io so già combattere, perché mi devi insegnare?», chiese Scarlet.
«Sai già combattere? Dimmi, ragazzina, da dove vieni?»
Thea la squadrò curiosa, in attesa di un’imminente risposta. La rossa, però, decise di stare in silenzio. Nessuno doveva sapere quali fossero le sue nobili origini. Il mentore le fece segno con la testa di seguirla.
«Dove andiamo?»
«I primi Spartani buttavano giù da quella rupe i bambini ritenuti deboli o deformi. Questo Santuario fu fondato da Pentesilea in persona, che, lasciata la Scizia, si diresse nelle vicinanze di Sparta per onorare il padre. Inutile dire che il Nostro Signore abbia scelto questo luogo come sua fissa dimora. L’incarico di difendere i cinque accessi al tempio principale è adibito alle cinque donne più forti. In questo luogo prevaliamo rispetto ai maschi. Ad Ares questo non crea nessun problema, a patto che ci alleniamo duramente per una durata complessiva di sei anni per ricevere l’investitura e senza smettere anche dopo aver ottenuto le armature. Tornando alla storia del monte Taigeto, qui non è molto diverso. Appena un nuovo individuo arriva, viene sottoposto a varie prove e, in base ai risultati, si decide se tenerlo come soldato o meno. Sorte che toccherà anche a te, come avrai intuito.»
«Come saranno queste prove?», chiese la bambina.
«Sarà il dio Ares in persona a deciderlo.»

Passarono per uno dei cinque templi le cui colonne erano decorate da bassorilievi rappresentanti picchi. Thea le disse che tutto le sarebbe stato spiegato se avesse superato le prove assegnate. In caso contrario, non le avrebbero detto niente. Arrivate al tempio centrale attraversarono una lunga navata coperta da un soffice tappeto cremisi in tinta con i tendaggi in parte strappati. In fondo, su un trono dorato tempestato di rubini e affiancato ai lati da due statue rappresentanti cani, vi era seduto un uomo dai lineamenti duri, gli occhi azzurri velati da una strana follia incorniciati da corti capelli neri e il corpo scolpito protetto da una resistente armatura rossa e oro. Aima si inginocchiò davanti a quella maestosità. Ares picchiò la sua lancia a terra.

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Capitolo 2
*** Chapter 2 - Sensazioni dall'Egitto ***


Chapter 2 - Sensazioni dall'Egitto

Chapter 2 – Sensazioni dall’Egitto

«Non si discute, mocciose! O pagate il biglietto, o restate qui. Il viaggio verso Sparta non è gratis!»
Le due gemelle guardarono il marinaio che avevano davanti con occhi languidi e stanchi. Dovevano andarsene al più presto da quella malfamata cittadina egiziana, e di certo non potevano permettersi mezzi di lusso. Dopo vari piani impossibili da realizzare per due bambine di dieci anni, avevano pensato che, sicuramente, imbarcarsi su una nave merci non sarebbe costato nulla, visto che, sotto i loro abiti sporchi, nascondevano borse piene di cibo rubato. Arrivate a destinazione, però, l’impresa si era rivelata alquanto ardua. L’uomo che avevano davanti pretendeva un pagamento, ma loro non avevano niente oltre il cibo.
«Per favore, non chiediamo nemmeno cibo!»
Pregò la più piccola, mentre la sorella le stringeva la mano.
«LLA*! E ora andatevene. Non penserete che io avrò pietà di voi solo perché siete due stupide Iatiuo*
La parola pietà rimbombò nella testa di entrambe. Le due gemelle si scambiarono uno sguardo di intesa, poi afferrarono le mani dell’uomo che stava loro davanti carezzandole appena con le dita.
«Per favore!», chiesero all’unisono.
L’uomo venne pervaso da un moto di pietà improvviso, ritrovandosi quasi sull’orlo delle lacrime e perdendo il controllo delle proprie emozioni. Alla fine accettò di portarle con lui.

Dopo alcune ore arrivarono a destinazione. Avevano corrotto con i loro poteri il marinaio affinché le nascondesse nella stiva. Una volta approdati, l’uomo diede loro alcuni denari in piccole borse a tracolla. Scesero furtivamente dalla barca e si diressero nel centro della città, dove vennero fermate da due poliziotti.
«Credo che dovrete fare un giro con noi in questura. Vi abbiamo viste scendere clandestinamente dalla barca egiziana appena approdata. Con questi abiti addosso si possono dedurre facilmente le vostre intenzioni.»
Disse il primo agente. Le due sorelline spalancarono gli occhi e scapparono facendosi strada fra la gente. Alla fine si ritrovarono nel bosco, ma non si fermarono comunque. Improvvisamente inciamparono, cominciando a scivolare contro una ruvida parete di roccia. Quando toccarono terra persero i sensi.

Le due gemelle si svegliarono contemporaneamente su un vecchio letto coperte da un lenzuolo di lino. Si guardarono per alcuni istanti, studiandosi a vicenda come facevano spesso. La più giovane afferrò una delle sottili striature argentee che si confondevano nei folti crini neri dell’altra.
«Vorrei averle anch’io, invece i miei capelli sono tutti neri.», confessò.
«Sei bellissima lo stesso. Hey, ma dove siamo?»
Chiese la più grande, mettendosi a sedere.
«Siete nell’ospedale del Santuario di Ares, dio della Guerra.»
Rispose una voce femminile  tremendamente fredda e tagliente.
«Avanti, Chlothilde, sii un po’ più calda. Sono appena arrivate.»
Disse un’altra persona, decisamente più gentile. Le piccole egiziane si girarono nella direzione da cui provenivano le voci, trovandosi davanti due donne rivestite ognuna da un’armatura. Una era bionda con freddi occhi azzurri, l’altra aveva capelli castani e occhi color nocciola.
«Benvenute al Santuario di Ares, ragazze. Se sarete ritenute degne diverrete ufficialmente nostre allieve.»
Affermò la seconda, sghignazzando alla reazione scocciata dell’altra.

*LLA = no!
*Iatiuo = orfane!
Sono parole arabe. Non ne garantisco l'esattezza, poichè le ho cercate su google traduttore e ho ascoltato la pronuncia. Se ho scritto cavolate ditemelo!

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Capitolo 3
*** Chapter 3: il fuoco della vendetta ***


Chapter 3 - il fuoco della vendetta

Chapter 3: il fuoco della vendetta

«Hey, l’avete saputo?» chiese una ragazzina del Santuario, Sveva, alle sue amiche.
«Cosa?» chiesero le compagne all’unisono.
«La Nobile Demetra del Cavallo dal respiro infuocato ha portato qui una nuova aspirante. Pare che sarà la sua protetta.», continuò Sveva con una punta di gelosia.
«Io l’ho vista! È arrivata qui ieri mattina dal Canada. Demetra era stata incaricata giorni prima di andarla a cercare.»
«E com’è?», chiese un’altra.
«Capelli neri, occhi scarlatti. Alcune voci dicono che sappia padroneggiare il fuoco, anche se non in modo superlativo.», continuò la ragazzina più informata.
«Spero solo che non faccia casini.» commentò dura Sveva «Ci basta già Scarlet che spezza le ossa a chi le dà fastidio.»

Aima osservava un rametto di bacche scure con attenzione, confrontandolo con il disegno sul libro di piante che Thea le aveva dato. È l’unico aiuto che posso darti per la prova che ti aspetterà, le aveva detto porgendole quell’insieme di vecchi fogli di carta rilegati in una spessa copertina di pelle scura. Ancora due giorni e sarebbe stata mandata chissà dove a sopravvivere.. ed era solo l’inizio di una serie di tre prove. Continuò ad osservare il rametto, imprimendoselo bene nella mente. Bacche simili c’erano anche ad Asgard, ma molti particolari erano differenti rispetto alla Terra. Per esempio, i minerali erano più numerosi e diversi varchi dimensionali si aprivano in vari punti del posto; oppure, le nebulose si affacciavano al cielo ogni fine del mese. Il mondo umano, però, le piaceva di più. Non aveva motivi particolari per spiegare quella preferenza, forse l’unica vera ragione era che suo padre non era lì. Sapeva, però, che la stava cercando. Forse l’aveva già individuata ma aspettava ad agire, forse no. Diamine, l’avrebbe ucciso volentieri per tutto quello che le aveva fatto. Thea era stata gentile con lei, ma a che prezzo? Chi le poteva assicurare che fidarsi di quella donna dall’aspetto selvaggio, o di chiunque altro in quel posto, anche di Ares stesso, fosse una mossa giusta? Fissò nuovamente il ramoscello, che, improvvisamente, prese fuoco. Scarlet non ebbe particolari reazioni e, anzi, si girò verso un piccolo Cosmo che si espandeva appena. La maschera fredda e scettica prese il sopravvento.
«Hai bisogno di qualcosa?» chiese ad una ragazzina dai capelli neri e dagli occhi rossi. Doveva avere all’incirca la sua età.
«Che anima cupa e triste. Dovresti smetterla di tormentarti.»
«Fammi un favore: levati dai piedi. Non ho bisogno di psicologhe improvvisate che credono di sapere cosa penso o come sto.», replicò l’asgardiana.
«E pure malfidente.»
Aima la osservò con sufficienza, incrociando i suoi occhi scarlatti con i due rubini della coetanea.
«Ti ha portato qui Demetra?»
«Sì. Sapevo che sarebbe venuta. Il mio potere non può passare inosservato a tutti.»
Spiegò la ragazzina, sfregandosi le mani e aprendole a coppa rivelando del fuoco.
«Come ti chiami?» chiese improvvisamente ad Aima.
«Scarlet Puppet.» rispose semplicemente. Non le interessava il nome della sua nuova conoscente.
«Aletto, il fuoco della vendetta. Piacere!»
Aletto allungò la mano, ma Aima non la strinse.

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Capitolo 4
*** Chapter 4: l'urlo di guerra. ***


Chapter 4: l'urlo di guerra

Chapter 4: l’urlo di guerra

Il canto dei volatili incaricati di sorvegliare l’intera superficie del Santuario si levò nel cielo, attirando l’attenzione di tutti. Ogni persona, cavaliere o allievo che fosse, sapeva della presenza di quei grandi uccelli al comando di Ares, ma da decenni non cantavano più. Demetra alzò lo sguardo, e con lei Aletto, che stava attendendo di partire per l’estero in attesa della sua prima prova.
«Credo che Keira sia tornata dall’Islanda.»
Kiana del Barbagianni si avvicinò alla sua pari grado non prima di aver sorriso ad Aletto. Il Cavallo dal respiro infuocato annuì lentamente, continuando ad ascoltare il canto degli uccelli.
«Se loro hanno ricominciato a cantare significa che la nuova arrivata è un tassello importante per questo luogo.»
«Probabile che sia così.»
Fece eco l’altra, ritornando dalla sua nuova protetta, una delle due gemelle egiziane.
«Cosa significa?»
Chiese ingenuamente il fuoco della vendetta, gli occhi illuminati dalla luce della curiosità. La Bloodline incrinò il sorriso, solitamente sempre acceso, e osservò la ragazzina non senza un pizzico di preoccupazione. 
«Più avanti lo saprai, purtroppo.»
 

«Perché sembrano tutti sconvolti dal canto di quegli uccelli?» chiese atona la nuova arrivata alla guerriera che era andata a prelevarla dalla sua terra natia.
«Sono decenni che non cantano. E ogni qual volta che succede, significa una cosa molto importante, cara Johanna. Presto vorrai tornare più di prima nella tua cara Islanda.»
Gli occhi color topazio della piccola islandese, completamente in contrasto con la pelle pallida e i capelli biondissimi, fissarono inespressivi quelli verdi di Keira dell’Avvoltoio. La Bloodline si legò i rossi capelli lisci in una coda alta senza distogliere lo sguardo da Johanna. Era particolare quella ragazzina, e Keira voleva saperne qualcosa di più prima di portarla da Ares per farle decretare le tre prove.
«Guerra?», chiese infine l’islandese.
«Perspicace.» si complimentò l’Avvoltoio con un sorrisino «Credo che il tuo arrivo, con questo accompagnamento premonitore di una guerra, abbia decretato definitivamente la tua destinazione all’armatura che io indosso.» continuò Keira.
«Continuo a ripensare a ciò che mi hai spiegato durante il tragitto, ma continuo a non capire.» fece Johanna, ripensando alla storia sui cavalieri, sugli dei. La rossa annuì.
«È normale non capire, all’inizio nemmeno io capivo. Con gli anni, però, ti renderai conto e potrai farti un’idea tutta tua.» spiegò Keira.
«Ma io voglio capire adesso che posso ancora scegliere se restare o meno! Se rimango qui senza capire, potrei arrivare, fra qualche anno, a decidere di andarmene e magari essere uccisa perché verrei considerata una traditrice, se è vero ciò che dici!» continuò la ragazzina.
«Sei giovane, ma sei piuttosto intelligente. Mi dispiace, ma non puoi scegliere nemmeno adesso. Da ora in poi inizierai una nuova vita. Quindi, in memoria di questo tuo arrivo con presagio di guerra, ti do il benvenuto al Santuario di Ares.»
Sorrise l’Avvoltoio, pronta a continuare. A Johanna si illuminò lo sguardo, perché sentiva che, nonostante non volesse rimanere lì un secondo di più, stava per succedere qualcosa che l’avrebbe segnata per sempre.
«Benarrivata, Enio: l’Urlo di Guerra!»

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Capitolo 5
*** Chapter 5: il fuoco e il ghiaccio ***


Chapter 5

Chapter 5: il fuoco e il ghiaccio

Aima aveva superato la sua prova da qualche giorno. L’avevano lasciata una settimana intera nella foresta pluviale senza niente a parte i vestiti e, come se non bastasse, si era imbattuta in creature decisamente non appartenenti alle specie presenti sulla Terra. Doveva ammettere di essersela cavata per un pelo: l’ultimo nemico che era riuscita ad uccidere le aveva quasi staccato un braccio. Tuttavia non se l’era cavata malissimo, e, a malincuore, ne doveva dare merito suo padre. In quel momento, però, i suoi pensieri erano altri. Le voci nel santuario correvano veloci, e le sue orecchie sempre attente avevano captato le novità principali: Aletto era tornata dalla sua prova conciata malissimo. Si trovava nell’ospedale del santuario sotto le cure di Kiana del Barbagianni.

Non riuscì a capire cosa la spinse a dirigersi verso l’ospedale – una struttura di medie dimensioni e accogliente – per poi varcarne la soglia. Altre voci dicevano che il fuoco della vendetta era stato mandato ad Asgard, a lottare contro il gelo polare. Aveva superato la prova, ma quando Demetra era andata a riprenderla l’aveva trovata mezza congelata in un piccolo spazio dove la neve era stata sciolta probabilmente dai poteri della ragazzina. La rossa entrò nella stanza dove Aletto riposava. Si avvicinò al lettino e si sedette lì vicino, osservando la coetanea. Apparentemente sembrava tutto tranquillo, ma, sotto uno sguardo attento, si poteva notare il respiro irregolare e, ancora, una leggera sfumatura violacea sulle labbra. Kiana del Barbagianni entrò con una borsa dell’acqua calda fra le mani, e sembrò sorpresa di trovare lì Aima.
«Tu qui?» chiese posizionando la borsa in pelle alle estremità inferiori di Aletto.
«Quindi?» replicò Scarlet, atona.
«Non parli mai con nessuno, non capisco perché sei venuta a trovarla.»
«Ci ho parlato una volta.» proferì gelida la rossa.
Kiana sorrise, quasi con fierezza. Guarda, Chlothilde, pensò, sta nascendo un rapporto come il nostro ed uscì dalla stanza. Aima rimase lì a lungo. Stava per andarsene quando Aletto aprì appena gli occhi languidi e stanchi. Le sorrise. Scarlet non mutò la sua espressione impassibile, ma arrossì appena quando la mano della coetanea strinse debolmente la sua costringendola, seppur inconsapevolmente, a rimanere lì.

Il giorno dopo Aletto peggiorò. Aima si svegliò e, resasi conto dell’improvvisa vampata di calore che stava soffocando la compagna, chiamò Kiana, la quale corse a calmare le membra bollenti del fuoco della vendetta.
«Cos’ha?» chiese Scarlet, scoprendosi a sopprimere un moto di preoccupazione.
«Devi sapere che Aletto ha una temperatura corporea oltre la media. Ciò non le genera alcun fastidio finchè non supera anche quella soglia. Il suo organismo deve aver mandato un’ondata di calore improvvisa dopo essersi accorto – seppur tardi – del gelo che la stava opprimendo.»
Aima rimase lì finchè Aletto non si calmò. Tuttavia non uscì dalla stanza neanche dopo: il tocco del giorno prima bruciava ancora sulla pelle come un obbligo per restare. Il fuoco della vendetta si svegliò più volte, ma parve non focalizzare bene la compagna fino a mezzogiorno, quando aprì gli occhi nuovamente, dicendo:
«Grazie per essere rimasta.»

Note: vi lascio questo capitoletto per scusarmi del ritardo del nuovo capitolo de "I fili del destino". Davvero, la scuola mi sta distruggendo. D:
Non pensate male: Chlothilde e Kiana non stanno inseme. Lo dico per evitare fraintendimenti. xD
Vi lascio dicendovi che il nuovo capitolo del I fili del destino è a buon punto, mi serve solo superare qualche ostacolo.
Alla prossima!

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