My first breath after Death di ScarletPuppet (/viewuser.php?uid=206404)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1 - Aima: l'arrivo ***
Capitolo 2: *** Chapter 2 - Sensazioni dall'Egitto ***
Capitolo 3: *** Chapter 3: il fuoco della vendetta ***
Capitolo 4: *** Chapter 4: l'urlo di guerra. ***
Capitolo 5: *** Chapter 5: il fuoco e il ghiaccio ***
Capitolo 1 *** Chapter 1 - Aima: l'arrivo ***
Chapter 1 - Aima: l'arrivo
My first breath after Death
Chapter 1 – Aima:
l’arrivo.
«Qual
è il tuo nome, ragazzina?»
Quella
domanda la spiazzò all’istante, eppure era così facile. Restò in silenzio vari
secondi a pensare. Non voleva dare il suo vero nome, le ricordava troppo quell’orrendo
posto che, per nascita, era la sua casa. Si guardò le mani e, mantenendo una
maschera impassibile, finalmente rispose.
«Scarlet
Puppet.»
«Beh,
benvenuta a Sparta. Più precisamente, al Santuario di Ares! Io sono Thea, il
tuo mentore finchè non diventerai una Bloodline.»
La
ragazza sorrise, mostrando dei denti bianchissimi. Gli occhi erano languidi e
sembravano fatti di oro liquido, i capelli arruffati erano mori e sfumavano in
un rosso intenso, quasi fossero fiamme ardenti.
«Cos’è
una Bloodline?»
Chiese
la dodicenne, con ingenuità, non avendo mai sentito nulla di simile.
«Sono
i cavalieri posti a protezione di Ares, Dio della Guerra. Ti è sconosciuto
anche lui?» le chiese il mentore, ridacchiando.
«No,
so chi è. Ma io so già combattere, perché mi devi insegnare?», chiese Scarlet.
«Sai
già combattere? Dimmi, ragazzina, da dove vieni?»
Thea
la squadrò curiosa, in attesa di un’imminente risposta. La rossa, però, decise
di stare in silenzio. Nessuno doveva sapere quali fossero le sue nobili
origini. Il mentore le fece segno con la testa di seguirla.
«Dove
andiamo?»
«I
primi Spartani buttavano giù da quella rupe i bambini ritenuti deboli o
deformi. Questo Santuario fu fondato da Pentesilea in persona, che, lasciata la
Scizia, si diresse nelle vicinanze di Sparta per onorare il padre. Inutile dire
che il Nostro Signore abbia scelto questo luogo come sua fissa dimora.
L’incarico di difendere i cinque accessi al tempio principale è adibito alle
cinque donne più forti. In questo luogo prevaliamo rispetto ai maschi. Ad Ares
questo non crea nessun problema, a patto che ci alleniamo duramente per una
durata complessiva di sei anni per ricevere l’investitura e senza smettere
anche dopo aver ottenuto le armature. Tornando alla storia del monte Taigeto,
qui non è molto diverso. Appena un nuovo individuo arriva, viene
sottoposto a varie prove e, in base ai risultati, si decide se tenerlo come
soldato o meno. Sorte che toccherà anche a te, come avrai intuito.»
«Come
saranno queste prove?», chiese la bambina.
«Sarà
il dio Ares in persona a deciderlo.»
Passarono
per uno dei cinque templi le cui colonne erano decorate da bassorilievi
rappresentanti picchi. Thea le disse che tutto le sarebbe stato spiegato se
avesse superato le prove assegnate. In caso contrario, non le avrebbero detto
niente. Arrivate al tempio centrale attraversarono una lunga navata coperta da
un soffice tappeto cremisi in tinta con i tendaggi in parte strappati. In
fondo, su un trono dorato tempestato di rubini e affiancato ai lati da due
statue rappresentanti cani, vi era seduto un uomo dai lineamenti duri, gli
occhi azzurri velati da una strana follia incorniciati da corti capelli neri e
il corpo scolpito protetto da una resistente armatura rossa e oro. Aima si
inginocchiò davanti a quella maestosità. Ares picchiò la sua lancia a terra.
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Capitolo 2 *** Chapter 2 - Sensazioni dall'Egitto ***
Chapter 2 - Sensazioni dall'Egitto
Chapter 2 – Sensazioni dall’Egitto
«Non
si discute, mocciose! O pagate il biglietto, o restate qui. Il viaggio verso
Sparta non è gratis!»
Le
due gemelle guardarono il marinaio che avevano davanti con occhi languidi e
stanchi. Dovevano andarsene al più presto da quella malfamata cittadina egiziana,
e di certo non potevano permettersi mezzi di lusso. Dopo vari piani impossibili
da realizzare per due bambine di dieci anni, avevano pensato che, sicuramente,
imbarcarsi su una nave merci non sarebbe costato nulla, visto che, sotto i loro
abiti sporchi, nascondevano borse piene di cibo rubato. Arrivate a
destinazione, però, l’impresa si era rivelata alquanto ardua. L’uomo che
avevano davanti pretendeva un pagamento, ma loro non avevano niente oltre il
cibo.
«Per
favore, non chiediamo nemmeno cibo!»
Pregò
la più piccola, mentre la sorella le stringeva la mano.
«LLA*! E ora andatevene. Non penserete
che io avrò pietà di voi solo perché siete due stupide Iatiuo*!»
La
parola pietà rimbombò nella testa di entrambe. Le due gemelle si scambiarono
uno sguardo di intesa, poi afferrarono le mani dell’uomo che stava loro davanti
carezzandole appena con le dita.
«Per
favore!», chiesero all’unisono.
L’uomo
venne pervaso da un moto di pietà improvviso, ritrovandosi quasi sull’orlo
delle lacrime e perdendo il controllo delle proprie emozioni. Alla fine accettò
di portarle con lui.
Dopo
alcune ore arrivarono a destinazione. Avevano corrotto con i loro poteri il
marinaio affinché le nascondesse nella stiva. Una volta approdati, l’uomo diede
loro alcuni denari in piccole borse a tracolla. Scesero furtivamente dalla
barca e si diressero nel centro della città, dove vennero fermate da due
poliziotti.
«Credo
che dovrete fare un giro con noi in questura. Vi abbiamo viste scendere clandestinamente
dalla barca egiziana appena approdata. Con questi abiti addosso si possono
dedurre facilmente le vostre intenzioni.»
Disse
il primo agente. Le due sorelline spalancarono gli occhi e scapparono facendosi
strada fra la gente. Alla fine si ritrovarono nel bosco, ma non si fermarono comunque.
Improvvisamente inciamparono, cominciando a scivolare contro una ruvida parete
di roccia. Quando toccarono terra persero i sensi.
Le
due gemelle si svegliarono contemporaneamente su un vecchio letto coperte da un
lenzuolo di lino. Si guardarono per alcuni istanti, studiandosi a vicenda come
facevano spesso. La più giovane afferrò una delle sottili striature argentee
che si confondevano nei folti crini neri dell’altra.
«Vorrei
averle anch’io, invece i miei capelli sono tutti neri.», confessò.
«Sei
bellissima lo stesso. Hey, ma dove siamo?»
Chiese
la più grande, mettendosi a sedere.
«Siete
nell’ospedale del Santuario di Ares, dio della Guerra.»
Rispose
una voce femminile tremendamente fredda
e tagliente.
«Avanti,
Chlothilde, sii un po’ più calda. Sono appena arrivate.»
Disse
un’altra persona, decisamente più gentile. Le piccole egiziane si girarono
nella direzione da cui provenivano le voci, trovandosi davanti due donne
rivestite ognuna da un’armatura. Una era bionda con freddi occhi azzurri, l’altra
aveva capelli castani e occhi color nocciola.
«Benvenute
al Santuario di Ares, ragazze. Se sarete ritenute degne diverrete ufficialmente
nostre allieve.»
Affermò
la seconda, sghignazzando alla reazione scocciata dell’altra.
*LLA = no!
*Iatiuo = orfane!
Sono parole
arabe. Non ne garantisco l'esattezza, poichè le ho cercate su
google traduttore e ho ascoltato la pronuncia. Se ho scritto cavolate
ditemelo!
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Capitolo 3 *** Chapter 3: il fuoco della vendetta ***
Chapter 3 - il fuoco della vendetta
Chapter 3: il fuoco
della vendetta
«Hey,
l’avete saputo?» chiese una ragazzina del Santuario, Sveva, alle sue amiche.
«Cosa?»
chiesero le compagne all’unisono.
«La
Nobile Demetra del Cavallo dal respiro infuocato ha portato qui una nuova
aspirante. Pare che sarà la sua protetta.», continuò Sveva con una punta di
gelosia.
«Io
l’ho vista! È arrivata qui ieri mattina dal Canada. Demetra era stata
incaricata giorni prima di andarla a cercare.»
«E
com’è?», chiese un’altra.
«Capelli
neri, occhi scarlatti. Alcune voci dicono che sappia padroneggiare il fuoco,
anche se non in modo superlativo.», continuò la ragazzina più informata.
«Spero
solo che non faccia casini.» commentò dura Sveva «Ci basta già Scarlet che
spezza le ossa a chi le dà fastidio.»
Aima
osservava un rametto di bacche scure con attenzione, confrontandolo con il
disegno sul libro di piante che Thea le aveva dato. È l’unico aiuto che posso darti per la prova che ti aspetterà, le
aveva detto porgendole quell’insieme di vecchi fogli di carta rilegati in una
spessa copertina di pelle scura. Ancora due giorni e sarebbe stata mandata
chissà dove a sopravvivere.. ed era solo l’inizio di una serie di tre prove.
Continuò ad osservare il rametto, imprimendoselo bene nella mente. Bacche
simili c’erano anche ad Asgard, ma molti particolari erano differenti rispetto
alla Terra. Per esempio, i minerali erano più numerosi e diversi varchi
dimensionali si aprivano in vari punti del posto; oppure, le nebulose si
affacciavano al cielo ogni fine del mese. Il mondo umano, però, le piaceva di
più. Non aveva motivi particolari per spiegare quella preferenza, forse l’unica
vera ragione era che suo padre non era lì. Sapeva, però, che la stava cercando.
Forse l’aveva già individuata ma aspettava ad agire, forse no. Diamine,
l’avrebbe ucciso volentieri per tutto quello che le aveva fatto. Thea era stata
gentile con lei, ma a che prezzo? Chi le poteva assicurare che fidarsi di
quella donna dall’aspetto selvaggio, o di chiunque altro in quel posto, anche
di Ares stesso, fosse una mossa giusta? Fissò nuovamente il ramoscello, che,
improvvisamente, prese fuoco. Scarlet non ebbe particolari reazioni e, anzi, si
girò verso un piccolo Cosmo che si espandeva appena. La maschera fredda e
scettica prese il sopravvento.
«Hai
bisogno di qualcosa?» chiese ad una ragazzina dai capelli neri e dagli occhi
rossi. Doveva avere all’incirca la sua età.
«Che
anima cupa e triste. Dovresti smetterla di tormentarti.»
«Fammi
un favore: levati dai piedi. Non ho bisogno di psicologhe improvvisate che
credono di sapere cosa penso o come sto.», replicò l’asgardiana.
«E
pure malfidente.»
Aima
la osservò con sufficienza, incrociando i suoi occhi scarlatti con i due rubini
della coetanea.
«Ti
ha portato qui Demetra?»
«Sì.
Sapevo che sarebbe venuta. Il mio potere non può passare inosservato a tutti.»
Spiegò
la ragazzina, sfregandosi le mani e aprendole a coppa rivelando del fuoco.
«Come
ti chiami?» chiese improvvisamente ad Aima.
«Scarlet
Puppet.» rispose semplicemente. Non le interessava il nome della sua nuova
conoscente.
«Aletto,
il fuoco della vendetta. Piacere!»
Aletto
allungò la mano, ma Aima non la strinse.
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Capitolo 4 *** Chapter 4: l'urlo di guerra. ***
Chapter 4: l'urlo di guerra
Chapter 4: l’urlo di
guerra
Il
canto dei volatili incaricati di sorvegliare l’intera superficie del Santuario
si levò nel cielo, attirando l’attenzione di tutti. Ogni persona, cavaliere o
allievo che fosse, sapeva della presenza di quei grandi uccelli al comando di
Ares, ma da decenni non cantavano
più. Demetra alzò lo sguardo, e con lei Aletto, che stava attendendo di partire
per l’estero in attesa della sua prima prova.
«Credo
che Keira sia tornata dall’Islanda.»
Kiana
del Barbagianni si avvicinò alla sua pari grado non prima di aver sorriso ad
Aletto. Il Cavallo dal respiro infuocato annuì lentamente, continuando ad
ascoltare il canto degli uccelli.
«Se
loro hanno ricominciato a cantare significa che la nuova arrivata è un tassello
importante per questo luogo.»
«Probabile
che sia così.»
Fece
eco l’altra, ritornando dalla sua nuova protetta, una delle due gemelle
egiziane.
«Cosa
significa?»
Chiese
ingenuamente il fuoco della vendetta, gli occhi illuminati dalla luce della
curiosità. La Bloodline incrinò il sorriso, solitamente sempre acceso, e
osservò la ragazzina non senza un pizzico di preoccupazione.
«Più
avanti lo saprai, purtroppo.»
«Perché
sembrano tutti sconvolti dal canto di quegli uccelli?» chiese atona la nuova
arrivata alla guerriera che era andata a prelevarla dalla sua terra natia.
«Sono
decenni che non cantano. E ogni qual volta che succede, significa una cosa
molto importante, cara Johanna. Presto vorrai tornare più di prima nella tua
cara Islanda.»
Gli
occhi color topazio della piccola islandese, completamente in contrasto con la
pelle pallida e i capelli biondissimi, fissarono inespressivi quelli verdi di
Keira dell’Avvoltoio. La Bloodline si legò i rossi capelli lisci in una coda
alta senza distogliere lo sguardo da Johanna. Era particolare quella ragazzina,
e Keira voleva saperne qualcosa di più prima di portarla da Ares per farle
decretare le tre prove.
«Guerra?»,
chiese infine l’islandese.
«Perspicace.»
si complimentò l’Avvoltoio con un sorrisino «Credo che il tuo arrivo, con
questo accompagnamento premonitore di una guerra, abbia decretato
definitivamente la tua destinazione all’armatura che io indosso.» continuò
Keira.
«Continuo
a ripensare a ciò che mi hai spiegato durante il tragitto, ma continuo a non
capire.» fece Johanna, ripensando alla storia sui cavalieri, sugli dei. La rossa annuì.
«È
normale non capire, all’inizio nemmeno io capivo. Con gli anni, però, ti
renderai conto e potrai farti un’idea tutta tua.» spiegò Keira.
«Ma
io voglio capire adesso che posso
ancora scegliere se restare o meno! Se rimango qui senza capire, potrei
arrivare, fra qualche anno, a decidere di andarmene e magari essere uccisa
perché verrei considerata una traditrice, se è vero ciò che dici!» continuò la
ragazzina.
«Sei
giovane, ma sei piuttosto intelligente. Mi dispiace, ma non puoi scegliere
nemmeno adesso. Da ora in poi inizierai una nuova vita. Quindi, in memoria di
questo tuo arrivo con presagio di guerra, ti do il benvenuto al Santuario di
Ares.»
Sorrise
l’Avvoltoio, pronta a continuare. A Johanna si illuminò lo sguardo, perché
sentiva che, nonostante non volesse rimanere lì un secondo di più, stava per
succedere qualcosa che l’avrebbe segnata per sempre.
«Benarrivata,
Enio: l’Urlo di Guerra!»
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Capitolo 5 *** Chapter 5: il fuoco e il ghiaccio ***
Chapter 5
Chapter 5: il fuoco e
il ghiaccio
Aima
aveva superato la sua prova da qualche giorno. L’avevano lasciata una settimana
intera nella foresta pluviale senza niente a parte i vestiti e, come se non
bastasse, si era imbattuta in creature decisamente non appartenenti alle specie
presenti sulla Terra. Doveva ammettere di essersela cavata per un pelo:
l’ultimo nemico che era riuscita ad uccidere le aveva quasi staccato un
braccio. Tuttavia non se l’era cavata malissimo, e, a malincuore, ne doveva dare
merito suo padre. In quel momento, però, i suoi pensieri erano altri. Le voci
nel santuario correvano veloci, e le sue orecchie sempre attente avevano
captato le novità principali: Aletto era tornata dalla sua prova conciata
malissimo. Si trovava nell’ospedale del santuario sotto le cure di Kiana del
Barbagianni.
Non
riuscì a capire cosa la spinse a dirigersi verso l’ospedale – una struttura di
medie dimensioni e accogliente – per poi varcarne la soglia. Altre voci
dicevano che il fuoco della vendetta era stato mandato ad Asgard, a lottare contro il gelo polare. Aveva superato la prova,
ma quando Demetra era andata a riprenderla l’aveva trovata mezza congelata in
un piccolo spazio dove la neve era stata sciolta probabilmente dai poteri della
ragazzina. La rossa entrò nella stanza dove Aletto riposava. Si avvicinò al
lettino e si sedette lì vicino, osservando la coetanea. Apparentemente sembrava
tutto tranquillo, ma, sotto uno sguardo attento, si poteva notare il respiro
irregolare e, ancora, una leggera sfumatura violacea sulle labbra. Kiana del
Barbagianni entrò con una borsa dell’acqua calda fra le mani, e sembrò sorpresa
di trovare lì Aima.
«Tu
qui?» chiese posizionando la borsa in pelle alle estremità inferiori di Aletto.
«Quindi?»
replicò Scarlet, atona.
«Non
parli mai con nessuno, non capisco perché sei venuta a trovarla.»
«Ci
ho parlato una volta.» proferì gelida la rossa.
Kiana
sorrise, quasi con fierezza. Guarda,
Chlothilde, pensò, sta nascendo un
rapporto come il nostro ed uscì dalla stanza. Aima rimase lì a lungo. Stava
per andarsene quando Aletto aprì appena gli occhi languidi e stanchi. Le
sorrise. Scarlet non mutò la sua espressione impassibile, ma arrossì appena
quando la mano della coetanea strinse debolmente la sua costringendola, seppur
inconsapevolmente, a rimanere lì.
Il
giorno dopo Aletto peggiorò. Aima si svegliò e, resasi conto dell’improvvisa
vampata di calore che stava soffocando la compagna, chiamò Kiana, la quale corse
a calmare le membra bollenti del fuoco della vendetta.
«Cos’ha?»
chiese Scarlet, scoprendosi a sopprimere un moto di preoccupazione.
«Devi
sapere che Aletto ha una temperatura corporea oltre la media. Ciò non le genera
alcun fastidio finchè non supera anche quella soglia. Il suo organismo deve
aver mandato un’ondata di calore improvvisa dopo essersi accorto – seppur tardi
– del gelo che la stava opprimendo.»
Aima
rimase lì finchè Aletto non si calmò. Tuttavia non uscì dalla stanza neanche
dopo: il tocco del giorno prima bruciava ancora sulla pelle come un obbligo per
restare. Il fuoco della vendetta si svegliò più volte, ma parve non focalizzare
bene la compagna fino a mezzogiorno, quando aprì gli occhi nuovamente, dicendo:
«Grazie
per essere rimasta.»
Note: vi lascio
questo capitoletto per scusarmi del ritardo del nuovo capitolo de "I
fili del destino". Davvero, la scuola mi sta distruggendo. D:
Non pensate male: Chlothilde e Kiana non stanno inseme. Lo dico per evitare fraintendimenti. xD
Vi lascio
dicendovi che il nuovo capitolo del I fili del destino è a buon
punto, mi serve solo superare qualche ostacolo.
Alla prossima!
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