Voglio il tuo sangue

di AnnabelleTheGhost
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Programmi nel weekend? ***
Capitolo 3: *** Il vestito perfetto ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***


Prefazione
 

La neve era ovunque e la tempesta rendeva quei territori dell'Alaska impraticabili. L'ululato del vento pareva un lamento umano e le voci venivano soffocate dalla sua furia.
Alice si alzò di scatto e Tanya e le altre la guardarono con stupore.
«C'è qualcosa che non va?» chiese Irina.
Una visione.
Chiara. Come la neve.
Una ragazza, che ruzzolava, picchiava la testa e giaceva nel proprio sangue.

«Carlisle!» chiamò Alice. Il dottore si alzò e i due si scambiarono uno sguardo d'intesa.
Alice uscì nella tempesta e si mosse come un fulmine alla ricerca della ragazza. Si abbandonò al senso dell'olfatto e fu facile trovare quella scia di sangue delizioso che conduceva alla ragazza ferita.
Era cerea in viso, quasi quanto un vampiro, ma un pallido rosa tentava di colorare a stento le guance. Respirava a fatica e le gambe e il busto erano parzialmente ricoperti dal manto bianco.
Chiazze di un rosso vivo e lucente la circondavano, donando alla neve una tonalità insolita. Gli occhi erano socchiusi e lottavano tra la realtà, circondata dal bianco, e il mondo dell'incoscienza privo di colore.
Alice si inginocchiò accanto alla ragazza e la studiò con lo sguardo. Le labbra erano divenute viola: da quanto era lì al gelo?
Alice non sapeva se la ragazza avesse notato la sua presenza, non aveva idea neppure se questa era consapevole di trovarsi ancora in questo mondo...
Gli occhi della ragazza ebbero uno scatto, trovando Alice, che si sforzò di sorriderle, smettendo di respirare per non aggravare la situazione.
«Sei ancora viva, eh? Tieni duro!»
Quegli occhi nocciola rimasero puntati su Alice con curiosità.
«Come ti chiami?» mormorò Alice, sperando che il rumore della tempesta non coprisse la sua voce.
«Bella» gracchiò flebilmente.
«Bella, non ti preoccupare. Sta arrivando mio padre; lui è un dottore, riuscirà a curarti!»
Alice pregava dentro di sé che quella ragazza non morisse assiderata. Aveva paura che, toccandola, potesse causare danni e che il freddo del suo corpo le avrebbe fatto perdere le sue ultime forze.
Carlisle arrivò; Alice girò la testa di scatto. Gli occhi di Bella si posarono su di lui.
Carlisle esaminò la ferita, mentre la vampira lo scrutava con preoccupazione. «Allora, Carlisle?»
Lui tastava quel corpo congelato, scuotendo tra sé la testa.
Un rantolo provenne dalla ragazza; suoni che dovevano essere parole. «Voglio vivere...»
Carlisle guardò Alice, poi Bella di nuovo. Gli occhi di lei, unica cosa che era in grado di muovere in quel momento, divennero supplichevoli. «Voglio vivere...»
Carlisle chinò la testa, sfiorando con le labbra il suo orecchio destro. «Permettimi di morderti e ti donerò l'immortalità».

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Capitolo 2
*** Programmi nel weekend? ***


Capitolo 1
Programmi nel weekend?


 

 

Il sole mattutino entrò nella mia stanza, investendomi gli occhi e destandomi dal sonno. Era sempre stato ritenuto impossibile che il sole scoprisse la nostra città sperduta in Alaska, eppure stamattina le previsioni davano soleggiato. 

Mi stiracchiai pigramente. Avrei dovuto gioire per il bel tempo e mi sforzai di pensarla così ma le mie cellule erano troppe stanche per elaborare il fatto. La ricerca scolastica dell'altra sera mi aveva fatto coricare tardi e adesso erano... Guardai la sveglia... Le cinque del mattino! 

Maledetto sole! Non credevo fosse necessario chiudere le tende in questa terra del freddo perenne.

Mi rassegnai e andai a sciacquarmi il viso per non riuscire più a abbandonarmi al sonno.

Trovai mio padre al tavolo della cucina a sorseggiare un caffè con aria sonnacchiosa. La notte scorsa aveva dovuto fare i doppi turni ma stamattina il lavoro non gli avrebbe dato tregua comunque...

«Brutti sogni?» mi chiese, sforzandosi di sorridere.

Scossi la testa. «Visto che sole oggi?» 

Voltò la testa verso la portafinestra al piano terra coperta da tende, dalle quali trapelava uno spiraglio di sole.

«Insolito davvero... Mi chiedo se non sia un sogno...»

Strinsi le labbra e sorrisi. «Posso offrirmi di darti un pizzicotto!» proposi.

Charlie avvicinò le labbra alla tazza e bevve un sorso. Si inumidì i baffi con la lingua e tornò a guardare il tavolo.

«Nottata pesante?» domandai.

«Monotona...». Mise una mano davanti alla bocca e sbadigliò.

Mi stiracchiai nuovamente e mi avvicinai al tavolo ciondolando.

«Vuoi un passaggio per la scuola?» mi chiese, osservando lo scuro caffè.

«Sfrutterò il bel tempo per fare quattro passi...» riflettei; poter fare una camminata era raro da queste parti...

Dopo aver fatto con calma colazione e aver ammirato il paesaggio, decisi di vestirmi e sfoggiare i pochi vestiti più "leggeri" che possedevo. Una camicetta verde acqua e dei jeans a tubo slavati.

Quando tornai al piano di sotto, Charlie mi salutò rapidamente  e scappò via. Indossati guanti, sciarpa e un berretto, uscii di casa e mi incamminai.

Lo strato di neve era basso e si scioglieva sempre di più. Vivere in Alaska mi aveva insegnato ad indossare sempre scarpe impermeabili per ogni evenienza ma in questo momento i miei piedi erano accaldati. Era la prima volta che sentivo caldo ai piedi.

Era insolito notare la natura, sempre sepolta dalla neve, e gli alberi verdi.

Mi sarebbe tanto piaciuto vivere sempre così, in un posto caldo e soleggiato in Florida o California... Ma mi era toccata l'Alaska e non avevo potuto scegliere. La mia personalità si rispecchiava nell'ordinario tempo atmosferico; perciò, in fondo, ero destinata a vivere in un posto del genere.

Il fuoristrada di Mike mi sfrecciò accanto, rombando, e sostò per pochi minuti al mio fianco. «Ehi, Bella, sei rimasta a piedi oggi?» 

Sentii una risata femminile provenire dal lato del passeggero: era inequivocabilmente Jessica. Infatti poco dopo si sporse la fidanzata ufficiale di Mike facendomi ciao con la mano.

«Vuoi un passaggio?» La proposta di Mike gli fece guadagnare una gomitata da parte di Jessica.

«Non ti preoccupare» mi affrettai a dire prima di incorrere nelle ire di Jess.

Il fuoristrada sgommò via, intossicandomi con i fumi del gas di scarico. Riuscivo ancora a sentire i risolini di Jessica a distanza - non ci voleva troppa fantasia per capire cosa stesse facendo la coppietta o cos'era in procinto di fare.

Io non avevo mai provato quelle sensazioni, quel tocco possessivo degno di un uomo innamorato...

Nel mio caro paesino tutti mi conoscevano da quando ero bambina. Il mio viso era rimasto pressocché uguale a quello che avevo a dodici anni e il mio fisico non si poteva di certo definire attraente... Completamente priva di curve e coperto costantemente da almeno tre cappotti... 

Forse era stato il mio "nuovo" abbigliamento ad aver fatto incuriosire Mike. Scossi immediatamente la testa. Mike mi vedeva sempre come una sorellina; per questo aveva scelto Jess e non me...

Un refolo di vento mi attraversò la spina dorsale, perciò mi affrettai a indossare la giacca che avevo conservato nello zaino.

A scuola i ragazzi si rivelarono più allegri del solito e forse fu proprio questo entusiasmo collettivo che fece scorrere in men che non si dica le ore di scuola mattutine.

Feci per entrare nella mensa ma qualcuno mi prese a braccetto, impedendomi di proseguire. Era Angela, l'unica ragazza degna della nomea di migliore amica.

«Ehi, Bella! Non vorrai essere l'unica scorbutica qui dentro? Gli altri sono tutti all'aperto!» mi incoraggiò.

Tentai di farle notare che non avevo ancora preso il mio pranzo, ma non me ne diede modo.

Nel cortile esterno il mio gruppetto di amici si era situato in una panchina nel punto più soleggiato.

Angela mi fece spazio e tutti mi salutarono con cenni del capo o smorzati "ciao". Jessica era praticamente appiccicata a Mike, il che non le consentiva di avere mani libere per mangiare.

Angela allungò le mani verso il vassoio di Jess. «Lo mangi quello?»

Jessica assunse un'espressione quasi schifata, come se si fosse ricordata di uno spiacevole dettaglio. «No, no. Prendi pure!»

Angela mi passò il cibo, così ebbi modo di mettere a tacere il mio stomaco, che moriva di fame...

«Avete intenzione di venire al ballo?» ci chiese Mike per introdurci nel discorso.

Angela ed io annuimmo e scuotemmo la testa in contemporanea.

«Perché non vieni almeno quest'anno, Bella? Ti divertiresti!» disse Mike.

«Di certo non ti potrà far male...» aggiunse Angela.

Feci nuovamente di no con la testa. «Non ho il vestito». Era una scusa più che convincente e che bastava per mettere a tacere le insistenze, di solito. Stavolta, però, Angela si inserì per farmi pressione.

«Neanch'io ma questo giovedì andrò a fare compere. Vieni con me!»

«Sì, finalmente riusciremmo a vederti con un abito addosso!» scherzò Mike, ridendo e scoprendo i suoi denti perfetti.

Divenni rossa da capo a piedi: mi metteva in imbarazzo essere al centro dell'attenzione e divenire oggetto di discussione.

«Non credo sia il caso...» borbottai.

«Ormai è deciso! Bella verrà al ballo!» Stavolta si intromise Tyler, cosa che mi stupì, visto che era sempre impegnato a flirtare con Lauren, non degnando mai la sua attenzione agli argomenti trattati al nostro tavolo.

«Non puoi tirarti indietro!» mi sorrise Angela.

«D'accordo» chinai la testa e, se era possibile, arrossii ancora di più.

«Ma guardala! È diventata tutta rossa!» mi sbeffeggiò Lauren, come se stesse parlando di un cucciolo.

«È evidente che nessuno voglia più parlare di questo, no? Perché non ci concentriamo su cosa dobbiamo fare questo weekend?» sbottò Jessica. Sebbene i modi non fossero stati dei migliori, fui grata di questo dirottamento del discorso.

«Cosa vorresti fare, Jess?» le chiese Mike, stringendola più vicino. Lei si accoccolò sul suo petto.

Focalizzai la mia attenzione sulla mela che stavo mangiando con più forza del necessario.

«Che ne dite di una bella escursioncina?» propose.

«È sicuro?» chiese Lauren, storcendo il naso.

«Col bel tempo che c'è, che pericoli vuoi trovare? Approfittiamone!» insistette Jess.

«D'accordo, io ci sto!» esclamò Eric.

Jessica si voltò verso di me. «Anche tu sei invitata, Bella. Non ti preoccupare: non ci sarà bisogno di nessun abito per andare a fare trekking. Sempre che te la senti...»

Angela rispose a posto mio. «Bella ed io ci saremo!»

Jessica sorrise. «Bene». Baciò Mike ed io mi feci male ai denti per aver beccato il torsolo.


Nota dell'autrice: spero che la storia inizi a piacervi. Da qui in poi noterete che i personaggi sono molto Out Of Character: Angela è più espansiva, Jessica più stronza, Mike più carino, Bella più chiusa, timida e meno carina degli standard del film di Twilight.
A presto! Le recensioni sono più che gradite!

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Capitolo 3
*** Il vestito perfetto ***


Capitolo 2
Il vestito perfetto




Appena entrai nel negozio mi pervase la sensazione di essere fuori luogo. Era affollato, enorme e tutti quei vestiti esposti o appesi verso i quali si accalcava gente mi faceva sentire claustrofobica.
Angela invece sorrideva e sentivo i mormorii che uscivano dalle sue labbra su quali abiti le sarebbero stati a pennello e gli altri che l'avrebbero fatta sembrare grassa.
Per nessuna ragione al mondo volevo essere lì ma il fatidico giovedì era arrivato e la mia amica mi aveva costretto a venire.
Mi ero inventata la scusa di avere la febbre ma mio padre aveva fatto la spia e aveva permesso ad Angela di trascinarmi fuori.
Tutti i miei rimpianti mi avevano distratta e solo in quel momento mi resi conto di aver perso Angela. Ma non ebbi tempo di preoccuparmi poiché la adocchiai subito vicino a un manichino. La raggiunsi e con mio gran terrore notai la pila di vestiti che teneva tra le braccia. Avrebbe impiegato ore per indossarli tutti. Perché non mi ero portata qualcosa da leggere o, magari, delle parole crociate...
«Andiamo subito a provarli!» urlò. La seguivo come un cagnolino mentre lei apriva la folla a forza di gomitate verso i camerini.
Appena se ne liberò uno Angela vi si catapultò dentro ed io rimasi fuori, a tenere i vestiti, come un baccalà.
Sentii il rumore della stoffa che aderiva sul corpo di Angela, qualche sua piccola imprecazione e dei passi dal camerino. Poi la tendina si aprì e Angela mi fece ammirare uno sgargiante vestito verde insalata, che le scopriva solo la punta dei piedi.
«Ti piace?» domandò.
Annuii. Ero divenuta involontariamente rossa: Angela indossava abiti divinamente mentre io ero consapevole che sarei sembrata solo una goffa patata con i piedi.
La tendina si chiuse di scatto e i quindici minuti seguenti furono una rassegna di abiti succinti, lunghi, con spacco o senza spalline... Erano tutti belli e più Angela me li mostrava più mi sentivo dieci metri sotto terra a causa della mia morente autostima.
La pila tra le mie mani scemava e avevo iniziato a sperare che a momenti ce ne saremmo andate ed io sarei potuta tornare sotto le coperte. Ma una voce da dietro la tenda distrusse i miei sogni.
«Bella, che stai facendo?»
La domanda mi stupì. «Ti sto aspettando...»
«Come credi di poter provare dei vestiti lì fuori?»
Sgranai gli occhi e le dita si immobilizzarono sugli abiti. Ecco che la mia grande paura stava per avverarsi! «Non ci penso neanche!»
«ENTRA!» ripetè imperiosa e il suo braccio uscì dalla tenda per afferrarmi e, di nuovo, farmi fare qualcosa contro la mia volontà.
Il camerino era tenuemente illuminato e tutti i vestiti provati da Angela giacevano su uno sgabello in un angolo.
Angela aveva ancora indosso un vestito color cobalto e mi fissava con interesse dubbioso come un uomo che valuta la macchina che deve comprare.
«Aspettami qui e, intanto, spogliati!» Mi sorrise e scostò le tende.
Abbassai la cerniera della felpa, guardandomi allo specchio con insicurezza. Non avevo alcun desiderio di togliermi i vestiti in un piccolo camerino ma mi sforzai di non pensarci mentre mi abbassavo i pantaloni e sbottonavo la camicia.
Ero rimasta solo in intimo. Istintivamente mi portai le mani sul corpo, come per coprirlo o proteggerlo. La pelle era soffice e infreddolita. Non osavo guardare la superficie riflettente un'altra volta poiché sapevo che lo sconforto mi avrebbe travolto nel peggiore dei momenti.
Non ero per niente formosa e una volta tanto avrei voluto davvero qualcosa da coprire.
Un lungo abito venne sventolato all'improvviso davanti ai miei occhi, accompagnato dall'allegra voce di Angela che mi esortava ad indossarlo.
Lo afferrai quasi con paura e feci passare le mani sulle sue pieghe. Era blu elettrico con un discreto scollo a V e senza maniche. In vita pendeva un nastro bordeaux dalle mille sfavillanti sfumature. Non avevo il coraggio di indossarlo: sapevo che sarebbe stato solo tempo perso perciò lo rimandai subito al mittente.
«Non ti piace?» domandò con tono deluso.
«Non è questo il problema...» borbottai.
«E allora indossalo: cos'hai da perdere?» chiese con ingenuità. Avevo molto da perdere ma lei non poteva comprenderlo.
Per me era facile immaginarmi con un abito che mi avrebbe fatto sembrare bella, che mi avrebbe donato sicurezza e che mi rendesse capace di volteggiare sulla pista da ballo come un leggiadro pettirosso, fino a quando non mi sarei trovata faccia a faccia con lui, con i suoi occhi celestiali e con quelle labbra che ogni volta imploravano di essere baciate. Mi avrebbe vista diversa, finalmente, e noi...
Gli occhi si colmarono di lacrime e abbracciai ancora più forte il mio corpo.
Come potevo osare pensare a un noi quando a malapena riuscivo ad elaborare lui? Eravamo in due strade diverse, anzi, in fondo era la stessa. Vicini ma lontani e quella barriera invalicabile che ci separava. Non potevo scegliere un artefice di ciò poiché entrambi avevamo impilato un mattone dopo l’altro incosciamente.
Io con la mia timidezza.
Lui con la sua popolarità.
E quando il suo sguardo magnetico sembrava attirarmi e distruggere il muro, ecco che invece questo si consolidava ed io non facevo altro che sbattere e farmi male. Più e più volte, come un’illusa, una stupida masochista.
Lui non capiva e non avrebbe mai capito.
Ero un tenero cagnolino che gli faceva compagnia e lui provava affetto per me; quell’affetto protettivo di cui sarebbe capace solo un fratello, ma non un ragazzo o qualcuno che prova qualcosa per te.
Io non sarei mai stata come Jessica, senza peli sulla lingua, bella, decisa e seducente. Sarei stata il solito pulcino che avrebbe vissuto nella sua ombra e nessuno si sarebbe accorto di me, benchemeno lui.
«Ehi, Bella, tutto bene?» mormorò Angela. Vedevo la sua ombra da dietro la tenda; sentivo il suo respiro, che mi avvisava della sua vicinanza.
«No». Mi tremava la voce e non riuscii a completare la frase senza singhiozzare. L’eco lontana dei miei sogni ad occhi aperti era ancora palpabile nella stanza e mi si appiccicava addosso, facendomi soffrire ancora di più. «Voglio tornare a casa!»
Le dita di Angela scostarono la tenda. Senza fretta e con dolcezza mi si avvicinò. Non riuscivo ad alzare lo sguardo e mi resi conto che era arrivata alle mie spalle solo quando sentii il suo abbraccio.
Quel calore, dovuto solo a un affetto sincero, mi riscaldò sia fuori che dentro e il dolore scivolò via piano piano, anche se lasciava piccole cicatrici che continuavano a farmi soffrire.
Interruppi il pianto e lei ne approfittò per asciugarmi le lacrime dal viso con un gesto della mano.
Il corpo, ormai abituato al calore di Angela sulla schiena, si trovò improvvisamente infreddolito quando lei si scostò e prese il vestito che, inavvertitamente, era stato fatto cadere a terra.
«Solo una prova, su, e non sarai costretta a guardarti» mi disse alla sprovvista.
Mi guardò con un sorriso buono e incoraggiante ma rimasi irremovibile.
Starnutii e strinsi le gambe tra loro, infreddolita. Questi piccoli sbalzi di temperatura non facevano proprio per un corpo gracile come il mio.
«Non puoi rimanere nuda: mettitelo finché non recupero i tuoi vestiti sotto questa montagna...» mi disse, scherzando. Sconfitta da questo dato di fatto, indossai l'abito ripromettendomi che per nessuna ragione al mondo mi sarei guardata allo specchio.
La stoffa era morbida e calda e il velluto sotto il vestito che mi strusciava le gambe provocava un piacevole solletico.
Quando Angela si voltò il suo sorriso era radioso e mi guardava con quella soddisfazione che ha un pittore dopo aver realizzato il suo capolavoro.
Si alzò e mi sistemò il laccio rosso in vita con un fiocchetto. «Sembri una bambolina».
«Non è vero» dissi con la voce tremante tipica del post-pianto.
«Non mi credi? Vedrai cosa ti diranno i ragazzi al ballo... Mentre sbavano...»
Avvampai al solo pensiero. Strinsi le labbra e scossi la testa con vigore.
A sorpresa, Angela mi fece ruotare di centottanta gradi così da ritirovarmi davanti allo specchio.
Strizzai immediatamente gli occhi così da mantener fede alla mia promessa ma in quel nanosecondo in cui avevo scorto la mia immagine mi resi conto che c'era qualcosa che non andava...
Non riuscii a trattenere la curiosità, perciò mi ritrovai ad ammirarmi con gli occhi sgranati.
Sembravo davvero fatta di porcellana e incredibilmente il vestito stava perfettamente dalla vita in su, cosa che non avevo mai visto nei miei indumenti!
«Un po' di push-up inserito nel vestito» ammiccò Angela alle mie spalle. Notai anche il suo viso nello specchio e, per la prima volta, non provai gelosia nel confrontarmi con una coetanea.
«Li stenderai tutti al ballo. Ti basterà sopravvivere all'escursione» trillò stringendomi le spalle. «Ora, però, sarebbe il caso di trovare delle scarpe adatte...»

 

 
Nota dell’autrice: bonsoire! Mi dispiace di aver aggiornato solo adesso ma ero oberata di compiti e lo sono ancora. Sarà per questo che, fin quando non terminerà il primo quadrimaestre penso proprio che non riuscirò a scrivere altri capitoli quindi dovrete avere pazienza. Mi impegno, comunque, a scrivere un capitolo di ogni mia storia (Blood and Passion e L’altra faccia della notte – dateci un’occhiata, se vi va) in modo tale da non lasciare i miei lettori a bocca asciutta per troppo tempo!
Spero di aver reso al meglio i sentimenti di Bella e avervi fatto comprendere la situazione senza farla apparire “esagerata”.
A presto!

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