To the Moon.

di Flarya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Frozen ***
Capitolo 2: *** That little girl ***
Capitolo 3: *** Days ***
Capitolo 4: *** Dark nights ***



Capitolo 1
*** Frozen ***


Mi chiamo...Jack Frost.
Come lo so?
È stata la luna a dirmelo. Ma è la sola cosa che mi abbia detto.
Ed è successo tanto, tanto tempo fa.




Lo stesso giorno in cui la luna mi parlò, scoprii che nessuno poteva vedermi.
Mi chiedevo perché, mi chiedevo cosa fare, dove andare, ma la luna non rispose più.

            All'inizio, io...credevo di non esistere. Nessuno poteva sentirmi, né vedermi...qualsiasi cosa io facessi. Perché provai, provai davvero a richiamare attenzione. Ma nessuno poteva vedermi. 
Potevo ridere, o urlare, era lo stesso.
Però esistevo.
Se chiamavo il vento, le finestre sbattevano tanto forte da rompersi. Se lanciavo palle di neve, colpivo il bersaglio! Oh, e questo era davvero divertente, perché si girava e rigirava, cercando il colpevole! Ed ero io, io Esistevo!

Passavo così le mie giornate, tra dispetti e lunghi monologhi inascoltati, scivolando tra la gente, veloce e invisibile come il vento. Mi divertivo così.




 

 

Io...in tutti questi anni non sono riuscito a versare una sola lacrima.
Non che mancassero le occasioni. Soltanto...non ci riuscivo.
Mi è capitato che mi pizzicassero gli occhi, o che mi si annebbiasse appena la vista...ma nulla di più.

Ho pensato che tutte le lacrime che potevo versare si fossero gelate intorno al cuore. L'avevano racchiuso in un involucro ghiacciato, freddo come tutto ciò che mi circondava, così che non potessi più piangere.



 

 


 

 

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Capitolo 2
*** That little girl ***


 
 

 

            I primi giorni dopo... essermi "svegliato", ecco, mi sentivo perso.
Non avevo nulla da fare, né un luogo cui tornare... vagavo senza meta, e finivo sempre per tornare lì, al laghetto ghiacciato dove tutto era iniziato.
Là ho incontrato quella bambina. Beh, incontrato è una parola grossa. L'ho vista.

Stava lì, sulla riva, accoccolata nella neve. 
Guardava il laghetto con aria triste, e di tanto in tanto mormorava qualcosa che da lontano non riuscivo a sentire. Era così piccina che pensavo di poterla avvolgere tutta in un abbraccio, ed i suoi capelli erano di un castano caldo, rassicurante. Le prime volte mi limitai a guardarla da lontano. Sì, perché lei tornava tutti i giorni. E tutti i giorni si accoccolava al freddo, nella neve. E dopo un po' piangeva, e le lacrime dapprima calde diventavano scie ghiacciate sulle guance arrossate.
Poco a poco mi avvicinai, e fu così che la sentii.
«Jack?» 
Pensai chiamasse me, e mi   precipitai. «Tu puoi vedermi?» 
Chiaramente no, non poteva. Ero un povero illuso. La osservai da vicino, mentre chiamava il mio nome, rivolgendosi chissà a chi.
«Jack, per favore, torna indietro.» Osservai i lucciconi rotolarle giù dalle guance, e lasciare piccoli buchi se cadevano sulla neve. «È tutto così triste senza di te.»
Con l'indice le premetti il naso, e subito si arrossò per il freddo. Allora nascose il viso tra le braccia.
Avrei voluto fare qualcosa per lei, ma tutto ciò che a quel tempo sapevo fare erano capriole nel vento ed acrobazie sul ghiaccio, roba che comunque non poteva vedere.


Continuai ad osservarla tutti i giorni, finché la neve cominciò a sciogliersi per lasciare posto ai boccioli.
Poi lei non venne più.


 

 






 

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Capitolo 3
*** Days ***




Riempivo le giornate in diversi modi.
Volai con maestosi uccelli nei cieli, gareggiai con i lupi nei boschi, disegnai complicati arabeschi ghiacciati sugli specchi d'acqua, ornai di ghiaccio gli alberi e i tetti delle case. I bambini erano gli unici che prestavano attenzione alle mie creazioni, che ogni tanto si meravigliavano per i giochi che la luce creava nel ghiaccio, o gioivano nel trovare congelati al loro posto i pupazzi di neve che avevano fatto il giorno prima. 
Gli adulti, beh, non si fermavano a guardare queste cose.
Così giocavo con i bambini, davo inizio a battaglie di neve, li seguivo in spericolate corse sugli slittini, in delicate danze sui pattini.

La notte era tutto diverso. Le strade si svuotavano presto, ed eravamo di nuovo soli, io e la luna.
Non mi parlò mai, eppure continuava a seguirmi, ovunque andassi.
Ero sicuro che sentisse le mie parole, quindi le parlavo.

«Oh, avanti, se tu non vuoi parlarmi, puoi, per favore, trovare una persona che lo faccia?
  Una sola, davvero! Va bene una!»


 

«Tu mi hai messo qui, no? Dovresti preoccuparti un po' per me.»

 

 

«Perché non mi dici cosa devo fare?
  O vuoi dirmi che esisto senza motivo?
  Cioè, se sono qui ci sarà qualcosa d'importante che posso fare!»


 

«Comincia ad essere stancante, questa situazione. Non credi ci sia bisogno di una svolta?
  ...per favore, parlami!»

 




 

 


 Mi sentivo come un lupo che ulula alla luna. 
Non riceve mai risposta, mai la raggiunge, mai, eppure ogni notte leva il suo ululato, ogni notte leva il suo pianto.

La notte mi stancava moltissimo. Era un confronto a senso unico, e continuavo a perdere. Mi logorava.
E non c'era soluzione.



 

 
 




 

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Capitolo 4
*** Dark nights ***




               E poi, c'erano le notti senza luna.
Era una cosa che mi spaventava moltissimo. Sapevo che erano notti come le altre, ma era una paura irrazionale, che mi aggrovigliava lo stomaco e non andava via. Ed ogni notte senza luna mi sembrava più lunga e più buia della precedente, non mi ci abituavo mai.
Stavo appollaiato sul ramo di un albero, o su un tetto, oppure nascosto in un angolo di un giardino, ed in quei momenti tutto era di nuovo buio, e freddo, ed il mio cuore gelato batteva così forte da far male, e temevo si rompesse.

Lì, rannicchiato nell'abbraccio dell'oscurità, ero solo.
Ogni volta sembrava che il mattino non sarebbe più arrivato.

«Per favore, torna presto.
  Anche se non rispondi, va bene, davvero!


Non lasciarmi da solo...»




La sola cosa che di tanto in tanto mi confortava, in quelle notti primordiali, era quella sottile sabbiolina dorata che a volte decorava il cielo.
Non scoprii presto cosa fosse, ma guardarla attorcigliarsi e distendersi tra le stelle in qualche modo mi tranquillizzava, mi permetteva di respirare.
Splendeva, e mi placava il cuore.


 

 


 

 



 

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