Il terzo fratello Mario

di Dama delle Comete
(/viewuser.php?uid=255060)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Risvegli ***
Capitolo 2: *** Un salto nel tubo ***
Capitolo 3: *** Il nuovo arrivato ***
Capitolo 4: *** Alla ricerca della prima pietra ***
Capitolo 5: *** Piante Piranha e ronzii ***
Capitolo 6: *** Leggende, e altre complicazioni ***
Capitolo 7: *** Voci che strillano nella testa ***
Capitolo 8: *** A Sarasaland ***
Capitolo 9: *** In trappola (di nuovo...) ***
Capitolo 10: *** "Uno di noi" ***



Capitolo 1
*** Risvegli ***


Il terzo fratello Mario
 

Capitolo uno

 

 
Nella cucina dei fratelli Mario si sentiva un piacevole profumo di frittelle.
Mario ne prese un paio e le mise sul piatto lucido, lo posò sul tavolo della cucina e sorrise soddisfatto: era molto bello con la tovaglia a quadretti, i due piatti candidi, le posate, le tazze e i bicchieri sistemati con cura, la brocca del latte caldo e la scatola di biscotti alle mandorle e nocciole.
Completò il tutto con un paio di tovaglioli puliti.
Finito di sistemare, chiamò suo fratello:- Luigiii! La colazione è pronta!
Si sentì un grugnito di risposta, probabilmente il fratello non l’aveva neanche ascoltato.
Mario si spazientì:- Se non vieni subito, le frittelle me le mangio tutte io!
Doveva averlo convinto, perché un minuto dopo arrivò sbuffando.
- Potevi anche aspettare un attimo! - brontolò, sistemandosi il cappello verde - Non sopporto di essere svegliato così!
Mario decise di lasciar perdere; si sedette togliendosi il grembiule a pallini e si servì. L’altro  fece lo stesso.
Mentre leggeva il giornale intingendo un biscotto nel latte, Mario disse al fratello:- Sembra che Daisy farà visita a Peach, oggi. Sei contento?
Lui arrossì, facendo cadere di nuovo una frittella sul piatto:- Perché dovrei essere contento?
- Perché lo sa tutto il regno che vi fate gli occhi dolci!
- N-non è vero! - balbettò, cercando di difendersi.
- Sarà... Ma per me è così! - sorrise.
Continuarono a fare colazione, scherzando e chiacchierando.
 
Il sole sorse, illuminando piano piano la sontuosa camera da letto.
La luce scivolò lungo il tappeto rosa cenere, percorse un tratto di pavimento rosa confetto e raggiunse finalmente il bel letto a baldacchino rosa fragola. Le coperte magenta di questo si mossero leggermente.
La principessa era stata svegliata dal sole, come ogni mattina.
Scostò le coperte, rivelando il suo bel corpo femminile, fasciato da una camicia da notte color salmone. Si mise seduta sul letto, si stiracchiò le braccia e sbadigliò con grazia, pronta per una nuova giornata.
Dopo essersi lavata, vestita con il solito vestito e aver fatto una breve colazione, si diresse verso la sala del trono, in cui doveva incontrare il proprietario di una bottega.
 
- Daisy, Daisy! Oh, dov’è finita quella benedetta ragazza? - sospirò preoccupata la regina Viola, guardandosi intorno nella camera della figlia.
In quel momento arrivò il marito.
- Non l’hai ancora trovata?
- No, accidenti! Ma perché deve sparire ogni santo giorno?! - si chiese, torcendosi le mani inguantate.
- È fatta così, tesoro, non possiamo farci niente.
 
La principessa di Sarasaland si guardò intorno furtiva: se fosse stata scoperta, poteva scordarsi di andare nel Regno dei Funghi. Aveva dormito nel Bosco Gufoso, e ora stava tornando al castello a cavallo di uno Yoshi. Lo faceva correre più che poteva, probabilmente sua madre la stava già cercando.
Quando uscì dal bosco, si diresse a tutta velocità verso il paesello attorno al palazzo.
Percorse velocemente le stradine strette, spingendo le persone che camminavano, e chiedendo frettolosamente scusa ogni volta.
Ma, all’improvviso, perse il controllo: lo Yoshi cominciò a sbandare da tutte le parti, rischiando di disarcionare Daisy.
- AAAAAAAHHH! - gridò lei.
A fatica, arrivò in prossimità del castello, ma proprio in quel momento, venne scaraventata in avanti dalla sua cavalcatura.
Così fece un bel volo, e si ritrovò a terra, davanti al portone, ma qualcosa le ostacolava la meravigliosa vista: sembrava un paio di piedi infilati in graziose scarpe.
Alzò la testa e vide sua madre con le mani sui fianchi e lo sguardo inviperito.
- Dove credevi di andare, ragazzina?
- B-buongiorno, mamma.
- “Buongiorno” un corno! - esclamò.
- Io...
- Potresti rimanere in casa, una volta tanto, e invece no, te ne vai in giro per il regno, senza avvisare ne niente! - continuò, stizzita.
- Ehm... Posso ancora partire?
- NO!
 
All’Osservatorio Cometa era mattina. O almeno, così diceva l’orologio appeso vicino alla porta della biblioteca.
La principessa Rosalinda era, insieme a uno svavillotto, seduta sul pavimento di questa, con l’aria di che non ha risolto un bel niente.
- Oh, Benny, mi dispiace, ma non lo troveremo mai!
Erano circondati da pile, mucchi e montagne di libri, piccoli e grandi, grossi e fini, vecchi e nuovi. Avevano cercato per tutta la notte un libro che lo svavillotto cercava da giorni: un libro di fiori.
- Ma perché ti serve tanto? - gli chiese.
Lui rispose guardandola con aria di rimprovero, come se non volesse dirglielo, ma, data la sua tenera età, non sapeva ancora parlare.
- Be’, qui non c’è di sicuro. Vado a sistemarmi: sono coperta di polvere.
Detto questo, si alzò e andò nella sua camera da letto, cercando ancora una volta di ricordare dov’era finito quell’accidenti di libro.
Si cambiò, si risciacquò il viso e andò in cucina, a fare colazione con gli altri svavillotti.
 
La voce roca di una persona interruppe il silenzio nella stanzetta, irritando l’altra. Entrambe erano lì da ore, e non avevano concluso nulla.
- Allora lo facciamo venire? - chiese, guardando ansiosamente un punto della stanza, che era immersa nell’oscurità. L’unica fonte di luce era un grande schermo luminoso, che ronzava a più non posso. A parte delle lucette di tutti i colori, era solo quello a illuminare la stanza.
- Dipende da come si metteranno le cose, poi decideremo - rispose l’altra con voce stanca, premendo bottoni e pulsanti, sotto il monitor.
- Va bene, padrone.
L’altra spinse una levetta e lo schermo si spense, la camera ripiombò nel buio assoluto.
 
 

I miei commenti
 
Oh yeah, sono tornata con una nuova fanfiction!
Questa è incentrata sul mondo che noi tutti conosciamo bene, quello fungoso!
Che succederà ai nostri amici?
Chi sono quelle due persone?
Daisy rinuncerà al suo viaggio?
Lo scoprirete nel prossimo capitolo!
*Muahahahaha, io lo so già!*
*I lettori prendono un Goomba e glielo tirano addosso*

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Un salto nel tubo ***


Capitolo due

 
 

I due fratelli entrarono nel palazzo, per fare una visita a Peach.
Videro Mastro Toad, che si aggirava per la sala del trono con in mano una lettera giallina.
- Mario! Luigi! Che sorpresa! Volete vedere la principessa?
- Sì, sa dov’è? - domandò Luigi.
- È nella sua stanza, andate pure.
- Grazie!
Bussarono alla porta, in attesa di una risposta.
- Avanti.
Entrarono nella stanza, Peach era seduta alla scrivania e leggeva qualcosa.
- Buongiorno, ragazzi! Volevate qualcosa? - li salutò sorridendo.
- Siamo venuti a trovarti! - le risposero in coro.
- Sapete che Daisy verrà qui, vero?
- Certo, era scritto sul giornale!
- Be’, c’è un problema: ha fatto arrabbiare la regina, che le ha proibito di venire.
- Accidenti! - esclamò deluso Luigi.
- Però, prima di andare, dovrei controllare una cosa in soffitta, potete venire?
- Sì, perché no?
 
La soffitta era buia e polverosa, c’era un odore di chiuso ed era un po’ sinistra.
I tre aprirono la porta, creando uno spiraglio di luce che illuminò il luogo, pieno di cianfrusaglie, mobili vecchi, quadri, bauli di vestiti...
Peach si guardò intorno e cominciò a cercare qualcosa. Apriva scatole, armadi, cassetti, ante, libri... Libri?
- Peach, ma cosa stai cercando? - le chiese Mario aggrottando le sopracciglia.
- Una vecchia lettera che mi ha spedito la mamma, dovrebbe essere qui da qualche parte... Cercherò un’altra volta, stiamo perdendo tempo.
Così uscirono dal castello, e, dopo aver passeggiato un po’ per le strade di Fungopoli, andarono a pranzare in un piccolo ristorante aperto da poco.
I tavolini erano coperti da tovaglie azzurre e in ogni angolino vuoto c’era un vaso di fiori: ce n’erano di tutti i tipi, tutti i colori e i profumi.
Il cibo era delizioso: quando se ne andarono erano sazi, avrebbero potuto non mangiare per tutto il giorno.
Decisero di fare una passeggiata nel parco vicino alla città, approfittando del sole splendente e il cielo azzurrissimo. Mentre camminavano per i sentieri di sassolini bianchi, si sentivano gli uccelli cinguettare e il venticello giocoso muoveva appena i capelli dorati della principessa.
Sembrava tutto perfetto, ma all’improvviso un grido agghiacciante esplose, spaventando gli uccelli, che volarono via impauriti.
I tre si presero un colpo: non se l’aspettavano.
- Che cosa è stato?! - chiese nel panico lei.
- Non lo so, ma sembrava qualcuno in pericolo!
- Veniva da quella parte! - disse Luigi, indicando un punto nel mezzo di alberi e cespugli.
Abbandonarono il sentiero di corsa e cercarono di farsi strada attraverso la vegetazione, ma questa opponeva resistenza: i rami li graffiavano, le radici li facevano inciampare, i rovi procuravano loro degli strappi sui vestiti. Ma alla fine si trovarono in una spazio sgombro, a parte qualche cespuglio e l’erba. Al centro era impiantato nel terreno uno dei famosi tubi verdi, che brillava al sole. Peach, Mario e Luigi si avvicinarono a questo, chiedendosi da dove veniva il grido se lì non c’era nessuno.
Ma qualcosa piombò loro addosso: un’ombra che precipitò su di loro, spaventandoli a morte.
- AIUTOOO! - strillò la principessa.
- AAAAHH! - urlò Luigi.
- PEEEACH! - gridò Mario.
 
Luigi era a terra a pancia in su, schiacciato da qualcosa, anzi, qualcuno.
Aveva le gambe bloccate da un paio di spalle e poggiava la testa su qualcosa di duro. Si girò verso la sua destra e vide i piedi di Mario che erano sotto di lui.
- Mario, Peach! State bene?
Gli rispose l’ultima:- Sì, credo. Ma non riesco a muovere la schiena!
- Io sento qualcosa sulla pancia! - disse Mario, guardò cos’era e mormorò:- È la testa di qualcuno!
- Peach! hai le spalle sulle mie gambe!
- Oh, scusa.
Sentì il sangue tornare a circolare in queste e tolse la testa dai piedi del fratello.
Questo domandò spaventato:- Che cos’è che si è mosso?
- La mia testa: era sopra di te.
Peach gemette:- Toglietemi questa cosa dalla schiena!
Per vedere la situazione, Luigi si decise a mettersi seduto. Sulla pancia di Mario, steso su un fianco, c’era la testa di qualcuno; invece la ragazza era buttata a pancia in giù, e aveva due gambe sulla schiena. Si affrettò a toglierle di dosso e sistemò anche il fratello. Ora nessuno era sopra o sotto a nessuno. Anche i suoi amici decisero di raddrizzarsi sulla schiena e si ritrovarono seduti, in mezzo a loro era sdraiata una persona. I due idraulici la girarono in posizione supina, per vederle il volto.
La persona si rivelò essere un giovane, vestito con abiti bizzarri: una maglietta a maniche corte grigia piena di scritte, un paio di pantaloni blu che sembravano una salopette senza bretelle e delle scarpe coi lacci. I capelli erano un po’ ricci, rossi e spettinati e gli occhi erano chiusi, impedendo loro di vederne il colore. In compenso aveva delle ciglia lunghe e nere.
- Ma è un ragazzo! - esclamò Mario, incredulo.
Peach si portò le mani alla bocca e il fratello spalancò gli occhi alla notizia.
- Come ci è arrivato qui? - chiese.
- L’importante è portarlo a palazzo: potrebbe essere ferito! - intervenne Peach, che sentiva che la sicurezza del ragazzo dipendeva improvvisamente da lei.
- Ma non sappiamo neanche chi accidenti è! - protestò il rosso.
- Però non sembra offensivo - rifletté l’altro.
Mario li fissò un momento, prima di sbraitare:- Oh, e va bene. Ma non prendetevela con me se ci cacciamo in un guaio!
Così si incamminarono, Peach in testa e gli altri due che portavano lo sconosciuto uno per la testa, uno per i piedi.
 
- Uhm... Sì, viene indubbiamente da Fuori, ma non saprei direi con certezza da dove, esattamente - stava borbottando tra se l’anziano medico di corte.
- Non ci interessa da dove viene, ma chi è! - esclamò irritato Mario, saltando giù dal davanzale della finestra di una delle camere per gli ospiti. Avevano portato là il moccioso, e la principessa aveva chiamato il medico per farlo visitare.
Ma lui non capiva perché si preoccupava tanto per lui, se fosse stato al suo posto, lo avrebbe lasciato lì dov’era. Ma lei non la pensava allo stesso modo.
Peach si avvicinò al letto dove giaceva immobile il ragazzino, e chiese ansiosa al Toad:- Ma sta bene?
- È sano come un pesce smack, ma è evidentemente sotto shock - decretò lui.
- Si sveglierà, vero? - disse preoccupata.
- Certamente, basta lasciargli un po’ di tempo. Direi che abbiamo finito.
- Grazie tantissime, dottore!
- Di niente principessa.
Li lasciò soli.
Luigi andò vicino a Peach, che fissava il ragazzo.
- Vedrai che andrà tutto ben...
- Principessa! Mi hanno detto cos’è successo! - li interruppe Mastro Toad, entrando come un ciclone nella stanza.
Si precipitò da lei, che lo guardò sorpresa:- Che ci fa qui, mastro?
Lui sembrava agitato.
- Sa, mi hanno riferito che lo avete trovato vicino a un tubo, nel parco!
- Più che trovato, ci è saltato addosso - lo corresse bruscamente Mario.
- Poco importa - ribatté senza scomporsi - Fatto sta che...
- Mastro, si calmi e parli più piano, o non capiremo niente - lo interruppe Peach, facendolo sedere sulla poltrona lì vicino.
- Allora, stavo dicendo che, non appena ho sentito parlare di questo tubo, mi è venuto in mente che potrebbe essere lo stesso da cui Mario e Luigi sono arrivati qui, anni fa!
Era stato lui, Mastro Toad, a trovarli confusi e spaesati vicino a un tubo, anni prima, pensò Mario. Li aveva portati al castello, e Peach aveva deciso di prendersi cura di loro.
- Lo stesso, dice? - si interessò Luigi.
- Esatto. Volevo chiedervi se questo tubo era al centro di uno spazio senza alberi, nel fitto del parco, lontano dal sentiero.
- È proprio quello! - disse impallidendo Peach.
- Ma allora lui viene... - capì all’improvviso Mario.
- ...Da New York! - completò il fratello.
 
Dopo che Mastro Toad se ne fu andato a dormire, dato che era già sera, i tre amici guardarono ancora una volta il ragazzo venuto da Fuori, che non accennava a svegliarsi. Ognuno era perso nei suoi pensieri.
- Sta dormendo! - li “svegliò” Peach: in effetti, il giovane aveva mosso una gamba e ora respirava tranquillo.
- Pazzesco... - commentò il rosso.
CRASH!
- Luigi che combini?! - lo rimproverò il fratello.
- Scusate, mi sono addormentato all’improvviso, e ho fatto cadere il bicchiere! - si scusò, ancora seduto sulla poltrona con affianco il tavolino.
Poco prima, infatti, era andato a prendersi un bicchiere d’acqua, assetato. Ora sul pavimento c’era un mucchietto di frammenti trasparenti.
- Sei un disastro, Luigi! - sospirò la principessa.
- Peach, guarda! - la chiamò Mario.
- Non ora, ho da fare - disse, mentre si chinava ad aiutare Luigi a raccogliere i pezzi.
- Sul serio, guarda!
- Non... Oh, santo cielo! - esclamò.
Il ragazzo aveva aperto gli occhi, e ora li guardava spalancandoli, con l’aria spaventata di chi non ha la minima idea di dove accidenti è.
 
 
 
I miei commenti
 
Ed ecco che entra in scena il nostro misterioso ragazzo! Ma chi sarà? (Sto cominciando a farmi troppe domande...)
Non ho nient’altro da dire: ci vediamo al prossimo capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Il nuovo arrivato ***


Capitolo tre

 
 
 
Mario, Luigi e Peach avevano lasciato dormire il ragazzo, che li guardava ancora come se fossero alieni. Avevano deciso di spiegargli tutto il giorno dopo, era troppo tardi. “Dormi, ti spiegheremo con calma domani mattina” aveva detto dolcemente Peach, per rassicurarlo, poi se ne erano andati a dormire.
Il giorno dopo era arrivato, insieme a un cielo coperto di nuvole e il sole che sembrava giocasse a nascondino dietro di loro. I due fratelli stavano tornando al castello, a dare una mano a Peach per dare le spiegazioni. Si erano incamminati da un minuto, quando Mario borbottò:- Dovevamo lasciarlo là.
Si infilò le mani nella tasca della salopette e continuò a camminare, lo sguardo rivolto verso terra.
- Ma che dici?! Hai sentito il medico, no? Viene da Fuori.
- Potrebbe essere una trappola di Bowser, dopo che avremo abbassato ancora di più la guardia, ci attaccherà - continuò lui.
Luigi guardava il fratello, incredulo: era sempre pronto a salvare e dare una mano a tutti, cosa gli era successo?
 - Mario, cosa ti prende? - gli chiese.
- Ragiono ancora, ecco cosa mi prende.
L’altro non ce la fece più.
- Ti stai comportando da egoista!
- Non è vero! Sono solo prudente! - protestò.
- Non mi sembra che non fidarsi di un poveretto che ha avuto un incidente si chiami “prudenza”!
- Ecco, ti ci metti anche tu! - disse rabbiosamente - Anche Peach, tutti a dire: “Mario, cos’hai?”, “Cosa succede?”, “Mario, ti senti bene?”! E non mi degna più di un solo sguardo!
Ecco, la molla era scattata.
Luigi ora aveva capito cos’aveva il fratello.
- Sei geloso! - esclamò inorridito - Sei geloso solo perché Peach si preoccupa per gli altri!
Mario non seppe cosa rispondere. Riprese a fissare per terra, schiumante di rabbia.
 
Dieci minuti dopo erano nella stanza insieme alla principessa e guardavano il giovane, ancora disteso sul letto. Adesso li guardava più calmo, con un paio di occhi verdi, ma era ancora confuso.
- Allora, ti avevamo detto che saremmo venuti, oggi, ed eccoci qui - disse nervosamente lei.
Il ragazzo annuì.
- Volevamo spiegarti che ti abbiamo trovato vicino a un tubo...
Mario la fulminò con lo sguardo.
- Be’, ci sei caduto addosso: devi essere saltato fuori dal tubo. Lo stesso che ha portato qui Mario e Luigi - continuò, facendo un cenno verso di loro con la testa.
- Mastro Toad mi ha detto che è un tubo diverso dagli altri: appare e scompare dal parco come vuole lui, senza una sequenza logica. Noi ti abbiamo portato qui, nel mio castello, svenuto. Ti ha visitato un medico, poi ti sei addormentato. Ecco.
Il giovane sembrava perplesso.
- ...Posso chiederti chi sei? - gli chiese.
Per la prima volta, lo sconosciuto parlò.
- Non lo so. Non ricordo nulla, né da dove vengo, né chi sono e come mi chiamo - spiegò con voce dispiaciuta - Ma voi chi siete? - aggiunse timidamente.
- Io sono Peach, la principessa di questo regno, lui è Mario e quello è Luigi, miei amici.
- Volevo ringraziarvi, chissà cosa poteva capitarmi se non mi aveste trovato.
- Ma ti pare! - sorrise lei.
 
Passata una settimana, a Fungopoli non si faceva altro che parlare di quel misterioso ragazzo che avevano trovato la principessa e i due baffuti fratelli. Se ne parlava a casa, a scuola, al bar, al lavoro, al parco, dal panettiere...
Il ragazzo dormiva nella camera per gli ospiti, durante il resto della giornata rimaneva lì, a leggere: Peach gli prestava montagne di libri, e lui era un avido lettore. Ma Mario sosteneva che lo era solo grazie all’interesse della ragazza. Non voleva ancora saperne di considerarlo come un ospite, credeva che fosse una trappola. Anche se si era rivelato un ottimo ragazzo: simpatico, ottimista, gentile...
Quel giorno, il fratello era andato a trovare il giovane, come ogni lunedì.
Bussò alla porta e attese.
- Sei tu, Luigi?
- Sì.
- Entra.
Fatto questo, si avvicinò al letto su cui l’ospite stava leggendo e lo salutò:- Come va?
- Bene, Peach mi ha prestato un libro molto interessante!
Se Mario fosse venuto a sapere che la chiamava per nome, sarebbe uscito dai gangheri.
Solo in quel momento si accorse che aveva dei vestiti diversi.
- Che è successo ai tuoi vestiti?
- Oh, me li ha cuciti Toadette ieri, sono un pochino largi, ma è stato un gesto gentile: qui non c’è niente della mia taglia! - sorrise, allungando un braccio e rivelando la manica che era più lunga del necessario di almeno un terzo del braccio.
- “Un pochino” ?! - ridacchiò.
- Sempre meglio di niente! - disse l’altro.
In quel momento qualcuno bussò.
- Sono io, Mario!
- Entra!
La porta si aprì, e comparve un Mario piuttosto allegro.
Dopo essersi avvicinato, disse:- Volevo dirti che mi dispiace di essere stato duro con te, ma ero diffidente. Adesso ho riflettuto parecchio e ho capito. Ricominciamo? - chiese, allungando la mano verso il ragazzo.
- Con piacere - sorrise, stringendogli la mano.
- Sbaglio o ti servono vestiti? - domandò allegramente.
- Direi di sì.
- Allora problema risolto: Luigi, ti ricordi nostro cugino Alfred, che si è trasferito anni fa? Ci ha lasciato un bel po’ di vestiti, dovrebbero andare bene!
 
Dieci minuti dopo, Mario era tornato al castello con degli scatoloni di vestiti.
- Ecco! - disse, posandoli per terra.
Ne aprì uno e prese per la spalla il fratello:- Tu provali, noi intanto aspettiamo fuori.
Uscirono e chiusero la porta.
- Sei sicuro che vadano bene?
- Certo! Alfred era circa alto come il ragazzo!
Li interruppe proprio lui:- Potete entrare!
Quando lo fecero, lo videro in piedi, con indosso una salopette blu uguale alle loro, una maglietta a maniche lunghe azzurro chiaro, un paio di scarpe marroni e l’inconfondibile cappello, anche questo azzurro. Peccato che avesse una “A” scritta.
- Mi vanno a pennello! - sorrise entusiasta.
- Sì, ti stanno proprio bene! - confermò Luigi.
Aveva appoggiato maglia e pantaloni sulla sedia lì vicino, dove stavano anche i jeans e la t-shirt, tutti  ammucchiati.
- Te li piego - disse Mario, che non sopportava il disordine.
Ma, mentre prendeva i vestiti, i jeans gli caddero e qualcosa sporse dalla tasca.
- Che cos’è? - chiese, mostrandolo al ragazzo.
- Non ne ho idea - rispose, aggrottando le sopracciglia - Da qua.
Appena lo ebbe in mano, lo aprì. Era un foglio piegato in due, dall’aria ufficiale.
- Ma è una carta d’identità!
- Davvero? Questo significa che... - iniziò Luigi.
- ...Saprò il mio nome! - esultò.
- Guardate voi! Non ho il coraggio di farlo! - gemette poi, ridando ai due la carta.
- Va bene, allora... - cominciò a leggere il rosso.
 
Nome ...................Kevin...............
Cognome..............Foster..............
Data di nascita.....18/04/1996.....
 
Lasciò perdere il resto, ma le informazioni lette fecero esclamare al ragazzo:- Allora mi chiamo Kevin! E ho sedici anni!
- Sembra proprio di sì!
- Evvai!
Proprio in quel momento, arrivò Peach, gridando felice:- Venite tutti, è arrivata Daisy!
- Chi? - chiese lui.
- Dopo te la presento. Oh, pensavo che non potesse venire, e invece...
 
I quattro andarono in giardino, in cui li aspettava la principessa.
- Daisy! Che bello vederti! - disse Peach, abbracciandola.
- Ssst! Non vorrai farti sentire? - bisbigliò, guardandosi intorno.
- Cosa intendi dire?
- Intendo dire che sono scappata! Non mi ha mica dato il permesso, mia madre!
- ...
- Ma chi è questo? - disse vivacemente, cambiando atteggiamento.
- Lui è un...
- Si chiama Kevin, lo abbiamo appena scoperto! E ha sedici anni! - la interruppe Mario.
- Come...?
- Abbiamo trovato la sua carta d’identità nei pantaloni!
- Bene! Kevin, questa è Daisy, la principessa di Sarasaland, un regno vicino.
- Molto piacere! - disse lei.
- Il piacere è mio.
Peach spiegò alla ragazza come avevano trovato Kevin, e questa sembrò sorpresa dal racconto.
- Forte! Chissà come ha fatto a finire nel tubo...
Un vento improvviso scompigliò i capelli e le gonne di Peach e Daisy, insieme a uno strano rumore... Sembrava...
- Oh, no! Le navi di Bowser! - gemette Peach.
- Che facciamo?! Che facciamo?! - disse Luigi.
- Andiamo a fermarlo! - esclamò il fratello, correndo verso il castello, alla torre più alta, trascinandoselo dietro. Gli altri lo seguirono, chiedendosi cosa aveva intenzione di fare.
Quando furono tutti sulla torre, il vento sempre più forte, videro che la nave più grande si stava avvicinando a loro. Comparve sul ponte Bowser, che si sporse dal bordo e gridò:- BWAHAHAHAH! PREPARATEVI A FARE UNA BRUTTA FINE!
La nave si avvicinò alla torre fino a quando si toccarono. Il re dei koopa scese con un balzo e li guardò, sogghignando:- Buongiorno, principesse. Vedo che siete già sul luogo del rapimento, ometti, eh?
- Bowser! Vattene da qui, non sei il benvenuto! - disse Peach.
- Ah, sì? E cosa farete se non eseguirò? Mi tirerete addosso un fungo? O preferite affrontare il mio esercito?
Non si erano accorti che erano stati circondati dagli sgherri di quel mostro; ora non potevano scappare.
Bowser notò solo in quel momento Kevin:- E tu chi sei, moccioso? Quegli idioti in salopette non erano mica solo due?
- Mi chiamo Kevin, e vengo da quello che voi chiamate “Fuori”.
- Bah, poco m’importa. Esercito: all’attacco! - ordinò.
Ma Peach prese da una tasca (tasca?) un telecomando con un unico pulsante rosso:- Questo lo credi tu! - e premette il bottone. Un allarme assordante esplose, e tutti si misero le mani sulle orecchie. All’improvviso un esercito di Toad arrivò sulla torre e iniziò a combattere contro quello nemico.
Mentre tutti erano occupati a guardare cosa era successo, Bowser afferrò le due principesse e risalì sulla nave. Quando gli altri tre se ne accorsero, era troppo tardi.
- TORNA SUBITO QUI! - gridarono, ma era già lontano.
Mario cercò di agguantarlo, ma con un gesto brusco quello lo scaraventò via, facendogli battere la testa.
- Mario! - lo chiamò il fratello, spaventato e corse a vedere come stava.
- Te ne pentirai, mostro! - urlò il ragazzo, furioso.
- Bwahaha, ci vediamo!
Intanto, i due eserciti che avevano combattuto fino a quel momento, si sciolsero: quello nemico imitò il padrone e se la diede a gambe.
Luigi e Kevin non sapevano cosa fare, e rimasero abbattuti a guardare le navi che ormai erano diventate tanti puntini in lontananza.
- Mario, Luigi! È successa una catastrofe! - esclamò Mastro Toad, correndo verso di loro.
Cosa accidenti poteva essere accaduto, ancora?!
 
 
 
I miei commenti
 
Ed eccoci qua, con il classico rapimento, solo che questa volta vengono rapite due principesse! (Come se le cose non fossero già difficili con una! nd Mario)
Che succederà alle due povere principesse?
Mario sta bene?
Cosa faranno i nostri eroi? Partiranno all’avventura?
Per scoprirlo, leggete il prossimo capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Alla ricerca della prima pietra ***


Capitolo quattro

 
 
 
Kevin non sapeva cosa fare: chi era quel mostro giallo che aveva rapito Peach e Daisy? Dove le avrebbe portate? Luigi aveva farfugliato qualcosa a proposito di un castello...
Ma lui e Mario, che fortunatamente si era solo preso un bel bernoccolo, non si erano nemmeno mossi dal palazzo: che avevano?
Dopo l’attacco, i tre erano tornati nella sala del trono, insieme a Mastro Toad, che aveva detto che era successa una disgrazia.
- Allora, cosa doveva dirci? - chiese stancamente Mario.
- Oh, se qualcun altro lo verrà a sapere sono spacciato! Mai e poi mai è successo... - continuò a borbottare.
Li condusse in una sala in cui nessuno dei tre era mai entrato, e chiuse la porta. Non si vedeva niente, era tutto buio...
Una luce si illuminò: la cosa che brillava stava appoggiata su un piedistallo, più lontano. Mastro Toad accese la luce, e i tre videro che per terra era posato un tappeto lungo che arrivava fino al piano rialzato su cui stava il piedistallo. Non c’erano finestre, l’unica fonte di luce era il bel lampadario sulle loro teste. Il Toad li fece avvicinare al piedistallo di marmo, sopra era appoggiata una corona pregiata, tutta argentata, con tre posti per delle pietre.
- Quale sarebbe la disgrazia? - chiese di nuovo Mario.
- “Quale sarebbe la disgrazia”, dice! Ma sei cieco? Le tre pietre sono sparite! - esclamò esasperato lui.
- Ma a cosa serve questa corona? - disse Kevin, che si accorse solo adesso di avere ancora la salopette indosso.
- Si tramanda da generazioni, la corona Silverty rappresenta il Regno dei Funghi! Se le tre pietre finiscono in mani sbagliate, cioè qualcuno di malvagio le tocca, il regno si distrugge!
- Cosa succede, esattamente? Viene occupato da qualcuno?
- No, no, letteralmente! Si disintegra come un biscotto schiacciato!
- Urca, la cosa è seria, allora - commentò Luigi.
- Dobbiamo cercarle subito! - esclamò Mario.
- Dove sono? - domandò il ragazzo.
- Le ho fatte rilevare da un mago, dovrebbero essere: una qui, nel nostro regno, una a Sarasaland e una nel territorio di Bowser. Ma non si sa esattamente dove.
- Partiamo tra cinque minuti, il tempo di prepararci - decise Mario.
- E Peach e Daisy?
- Se la caveranno, per qualche giorno, sono in gamba.
 
Dopo i cinque minuti stabiliti, i tre si ritrovarono al portone d’ingresso.
- Dove potrebbe essere la pietra? - chiese Kevin.
- Potremmo chiedere a l’esperto di pietre preziose, a Fungopoli - propose Luigi.
- Buona idea, andiamo! - disse il fratello.
Così, poco dopo, giunsero alla città, tutta agitata per l’ennesimo rapimento, stavolta doppio. Kevin si chiedeva come facessero ogni volta a perdere la principessa, almeno una volta saranno riusciti a impedirlo! Ma aveva molti dubbi su questo.
Si stavano dirigendo verso la casa dell’esperto, quando sentirono una voce di ragazza.
- Mario, Luigi! Ho saputo cos’è successo!
La persona si avvicinò a loro e Kevin vide una bellissima fanciulla, con i capelli biondo platino, gli occhi azzurro chiaro e un abito verde acqua. Stringeva in mano una bacchetta.
- Rosalinda! Che ci fai qui? - le chiese Mario. Luigi la salutò allegramente, mentre il ragazzo era troppo occupato ad ammirarla.
- Sono venuta a dare una mano! - spiegò, con una bella voce cristallina. Com’era melodiosa...
- In quattro sarà più facile! - continuò - Oh, ma lui chi è?
Ci pensò Luigi a spiegare:- Si chiama Kevin, è venuto da Fuori.
A sentire il suo nome, questo si svegliò di colpo dai suoi pensieri.
- Ehm, piacere.
- Io sono la principessa delle galassie, Rosalinda - si presentò lei, piegando le labbra in un meraviglioso sorriso.
Gli altri due le raccontarono in breve cos’era successo, e lei ascoltò attentamente.
- ...Quindi stavamo pensando di andare a chiedere all’esperto!
- Ottima idea, vi posso accompagnare nel viaggio? - domandò, implorante. Kevin si ritrovò a sperare che gli altri due accettassero.
- Uhm, per noi due andrebbe bene, e tu che dici, Kevin?
- Sì, sono d’accordo! - esclamò.
- Bene. Allora è deciso.
 
Arrivarono finalmente davanti alla porta di una bella casetta. Mario esitò un po’ prima di bussare. La porta venne aperta da un vecchio Toad (ma c’erano solo quelli in quel posto? Pensò il ragazzo, esasperato) dall’aria decrepita.
- Desiderate?
- Siamo qui per chiederle se sa qualcosa della corona Silverty a palazzo - spiegò andando dritto al sodo Mario. Ma il vecchio sembrò spaventarsi a morte.
- Non ne so niente delle pietre, andatevene!
Kevin bloccò la porta prima che venisse chiusa.
- Per favore, è importante! ...Aspetti... Mario non ha nominato le pietre!
- Oh, mi avete scoperto. Entrate, prima che qualcuno ci senta.
La casa era ordinata, degna di quella di un maniaco delle pulizie. Il vecchio li fece sedere su un divanetto scuro, nel salotto tirato a lucido.
- Allora, volevamo chiederle se sa dove si trova una pietra - cominciò il ragazzo - Sono tutte scomparse.
 - Scomparse? Che significa scomparse?
- Che non ci sono più - disse sicuro lui - Per questo ci serve il suo aiuto.
- Trovare una pietra, eh? Dovrei avere qualcosa che fa al caso nostro - mormorò, alzandosi e avvicinandosi a uno scaffale pieno di libri, ne prese uno e si sedette nuovamente. Aprì il libro in un punto segnato da un segnalibro ed estrasse una vecchia cartina ingiallita e strappata lungo i bordi. Raffigurava il Regno dei Funghi, completo di nomi.
- Io colleziono gemme, sapete, e questa è perfetta per trovarle.
- Una cartina magica! - riconobbe subito Rosalinda.
Lui annuì, puntò il dito sul foglio e sussurrò qualcosa che gli altri quattro non sentirono. Sul disegno apparve un puntino luminoso, esattamente su una macchia verde.
- È nel Bosco Gufoso, al Grande Albero! - esclamò Luigi, dopo aver letto il nome.
Il vecchio Toad rimise la cartina nel libro e dichiarò:- Meglio che andiate, il regno è in pericolo.
 
 
I miei commenti
 
Grazie per aver letto, ci vediamo al prossimo capitolo. Destinazione: Bosco Gufoso!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Piante Piranha e ronzii ***


Capitolo cinque

 
 
- Non è strano il fatto che non abbiamo incontrato nessun mostro, finora? - chiese sospettoso Luigi.
- Forse è perché aspettano di attaccarci tutti insieme - scherzò il fratello, però peggiorando la paura dell’altro.
- Mario, non spaventarlo! - lo rimproverò Rosalinda.
Era da un bel po’ che andavano avanti così, da quando erano arrivati al Bosco Gufoso. Camminavano seguendo il sentiero, sapevano che i vari nemici potevano attaccarli da un momento all’altro. Ma, stranamente, non si erano ancora fatti vedere. La fitta vegetazione impediva loro di procedere velocemente. Erano disposti a coppie, Mario e Luigi in testa e Kevin e Rosalinda dietro.
Per rompere un po’ il silenzio sceso dopo il rimprovero, il ragazzo parlò con lei.
- Allora, ehm... Cosa fai di solito?
- Be’, di certo andare in giro per i regni con idraulici e ragazzi carini non è un’abitudine! - disse sorridendo.
Cosa cosa? Non stava mica...
- Sai, non vedo persone da un bel po’, quindi sono molto contenta di essere con Mario, Luigi e te - continuò, sottolineando l’ultima parola.
Oddio! Stava davvero flirtando con lui! Era nel panico: cosa doveva fare? Cambiare discorso sperando che smettesse o imitarla?
Stava cercando di pensare in fretta, quando venne interrotto.
- Insomma, vedere persone della mia età è fantastico! Vedere a Fungopoli tanta gente mi ha ispirato: voglio farmi un sacco di amici! E tu sei il primo!
...Amico. Amico.
A Kevin non rimase altro che decidere di uccidersi lì o continuare a fare finta di niente. Optò per la seconda opzione.
- S-sono onorato di essere il primo.
 
Dopo qualche minuto, i quattro cominciarono a spazientirsi.
- Non la troveremo mai! - si lamentò Luigi.
- Ha ragione, che facciamo? - chiese il ragazzo, mentre continuavano a camminare, giungendo a pochi metri da un grosso tronco.
- Magari...
AAAH!
Rosalinda aveva gridato, spaventata dall’enorme bocca dalle labbra bianche che aveva cercato di mangiarla. Gli altri guardarono in su, e videro una gigantesca pianta piranha che li guardava (più che altro aveva la testa rivolta verso di loro, visto che non aveva gli occhi) con aria minacciosa.
Appena si accorse che erano in quattro, un ghigno malefico le comparve sulle labbra.
- Dite che ha fame? - disse Kevin, augurandosi il contrario.
- Nooo, dopotutto ci sta solo guardando leccandosi i baffi! - esclamò istericamente Luigi, tremando.
La pianta sferrò un altro attacco, contro di lui, che scomparve, inghiottito.
- LUIGI!
Quella masticò per bene e poi mandò giù, sorridendo soddisfatta.
- Brutta erbaccia! Ora ti faccio vedere io! - gridò furioso il fratello - Rosy, fa’ comparire un fiore di fuoco!
Lei eseguì, e dopo un rapido gesto di bacchetta, un fiore a forma di ovale apparve. Mario lo afferrò e Kevin osservò sbalordito che i suoi vestiti diventarono bianchi e rossi.
- Sarà meglio che ne prenda uno anche tu! - gli disse l’ometto, mentre la ragazza ne faceva comparire un altro.
Il ragazzo lo prese, si sentì scaldare da un piacevole calore, e si accorse che la salopette si era colorata di azzurro e maglia e cappello erano bianchi.
- Ma a cosa serve?
- Metti la mano dietro la testa e falla scattare in avanti!
Un po’ esitante, Kevin obbedì. Quando fece tornare in avanti la mano vide una pallina di luminoso fuoco rosso rimbalzare fino a raggiungere la pianta. Quella sembrò non gradire, perché cercò di mangiarselo. Lui schivò il colpo, stupendosi della sua prontezza di riflessi improvvisa, e continuò a bombardarla. Mario faceva lo stesso, e Rosalinda scagliava incantesimi lucenti.
Ma, se sembrava che i nostri eroi avessero la meglio, il terreno iniziò a tremare.
- Che succede?! - si chiesero in coro.
Nel terreno si formarono delle enormi crepe, da cui uscirono le radici della pianta, che iniziarono ad allungarsi, tremando e muovendosi a scatti, fino a circondarli.
Dopo essersi ripreso dalla sorpresa, Kevin si rese conto di essere in equilibrio su una di queste. Si guardò intorno, spaventato per i suoi amici, ma vedeva solo radici. Si era quasi rassegnato, quando li trovò: Mario si dimenava, le gambe a penzoloni, per salire; Rosalinda invece si teneva aggrappata, un po’ come in un abbraccio, per non cadere.
- E adesso che facciamo? - domandò disperata.
- Semplice: continuiamo a fare come prima! - rispose il ragazzo, cominciando a saltare da una radice all’altra, riprendendo a bombardare.
Dopo averlo guardato incredulo, l’idraulico lo imitò, e la ragazza fece altrettanto.
 
Mezz’ora, tante sfere di fuoco e molti incantesimi dopo, ce l’avevano fatta.
La pianta piranha iniziò a diventare rossa, sempre di più e... Prese fuoco. Delle fiamme scarlatte si alzarono, ma Rosy le spense in un attimo con un cenno di bacchetta. Quello che videro dopo li lasciò sbalorditi.
Il fuoco aveva distrutto la copertura, rivelando uno scheletro di metallo mezzo distrutto, che, dove doveva esserci la testa, formava un pannello di controllo, completo di poltroncina.
- Ma è un robot! - esclamò Kevin.
- E molto sofisticato, direi. Sembrava una pianta vera... - mormorò Mario.
- Guardate! - li chiamò la ragazza, che intanto si era avvicinata alla postazione. Anche loro andarono a vedere, e quando furono abbastanza vicini, lei indicò un piccolo schermo dal vetro rotto, su cui lampeggiava una scritta.
 
Modalità automatica attiva.
 
Mario spalancò gli occhi:- Per questo non c’era nessuno a pilotare quest’affare!
- Ma di chi è? Di certo non è un simpaticone, mandare a spasso un mostro affamato di gente - borbottò l’altro.
- Aspettate, a proposito di gente...
- Mario! Kevin! Rosy! - gridò una voce.
Il fratello sbucò da sotto un ammasso di ferraglia, fortunatamente tutto intero.
L’altro gli corse incontro, decisamente sollevato.
- Luigi, stai bene?
- Sì, non preoccuparti. Ma non sai che spavento! Quella cosa mi ha inghiottito, e dopo una specie di scivolo ho battuto la testa!
- Sei sicuro che sia tutto a posto?
- Certo! A parte un bernoccolo, sto benone.
- Mi hai fatto morire di spavento!
- Però ora è tutto a posto.
- Sì, e meno male.
“...Per adesso” pensò preoccupato il ragazzo, cercando di non pensare che quello probabilmente era solo l’inizio. Ma improvvisamente si accorse di una cosa.
- Ehi! Ma è la gemma!
- Dove?!
Lui indicò scioccato una pietra luccicante incastonata in un angolino, sui toni del viola. Non sapeva perché, ma era certo che fosse lei.
Dopo aver tolto di lì la pietra, Rosy disse allegramente:- Portiamola a Mastro Toad, ne sarà contento!
 
- Mastro! Mastro! - gridò Mario spalancando il portone del palazzo.
Ma il salone era vuoto. Il silenzio regnava, congelando i loro sorrisi.
- Dov’è? Dove sono finiti tutti? - sussurrò Luigi spaventato.
- Non mi piace non mi piace non mi piace non mi pace non mi...
- Mario, stai zitto! Sento qualcosa - lo zittì Kevin, guardandosi attorno.
Sentiva un debolissimo ronzio provenire dalla porticina che portava al corridoio secondario. Trascinò gli altri davanti a questo, ora il suono era più forte, e misto a delle voci... Delle grida.
- Dobbiamo proprio entrare?
- Sì, Luigi.
Deglutendo, Mario spalancò la porta.




I miei pensieri

Stra-scusate per il mio terribile ritardo, ma l'ispirazione era volata via peggio di un goomba con le ali! (Lo so, sono molto divertente)
Dunque, la parte avventurosa è cominciata! Finalmente!
Me ne vado subitissimo perché non so cosa accidenti scrivere ho molto da fare, come sempre.
Ciau!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Leggende, e altre complicazioni ***


Capitolo sei

 
Kevin notò subito i tanti Toad che dormivano sdraiati sul pavimento, sembrava lo staff del castello al completo. Il corridoio sembrava in attesa di qualcosa, col fiato sospeso. L’unica fonte di rumore era un piccolo televisore, appoggiato a un tavolino traballante. Il ronzio indistinto, appena i quattro si avvicinarono, si trasformò in una serie di grida, provenienti dall’apparecchio.
- Dentro c’è una videocassetta...
Un’occhiata più attenta allo schermo li agghiacciò: si sentiva la forte risata di Bowser, il quale sorrideva alla telecamera che impugnava, spiegando il tremolio.
- Bwahaha! Se volete rivedere tutte intere le principesse, venite qui a prenderle! - li sbeffeggiava.
Ma la scena cambiò. Ora venivano inquadrate due gabbie dall’aria robusta, che imprigionavano le due ragazze. Daisy, invece di essere spaventata, aveva l’aria di chi è incavolato a morte: teneva le mani aggrappate alle sbarre e strillava a più non posso, sputando termini che è meglio non scrivere. Peach invece stringeva con le mani inguantate le proprie braccia, come se cercasse di proteggersi. Almeno diceva parole più adatte a una persona del suo rango.
- Mario! La gemma è qui! È nel regno di Bowser!
Fortunatamente lui non la sentiva, troppo occupato a sghignazzare e fare battute per provocarli, ed evidentemente aveva commesso l’imprudenza di non controllare il video, prima di spedirlo lì insieme al tavolino.
- Trova le gemme prima di lui, Mario! Devi trovarle!
Il televisore si spense, grazie al telecomando che Mario aveva puntato verso lo schermo.
I quattro rimasero immobili, davanti all’apparecchio, incapaci di dire altro.
- Come fa a sapere delle gemme? - mormorò Kevin, estraendo la videocassetta (aveva notato che Peach non aveva neanche fatto il nome di Luigi, come se non esistesse).
- Impossibile scoprirlo - rispose cupo l’idraulico verde.
- Dobbiamo andare subito lì! - continuò l’altro, leggendo l’etichetta: Filmato per i nanerottoli.
- Ma Kevin, è evidente che è una trappola - protestò Rosy - Se ci cattura, non concluderemo niente!
- Io direi che è meglio rimanere un po’ qui, per pensare. Ci verrà in mente qualcosa, e poi dovremmo riposare un po’.
- Hai ragione, Mario, ma di loro che ne facciamo? - domandò il ragazzo, indicando i Toad.
- C’è solo una cosa da fare - rispose lui.
 
- E questo è l’ultimo - sussurrò Kevin, guardando il medico di  corte che faceva bere una strana sostanza all’ennesimo Toad addormentato.
- Sei sicuro? - gli chiese la principessa.
- Sì, prima li ho contati, e questo è il numero trentasette - annuì.
- È stata una faticaccia sistemarli tutti sul letto - sospirò lei.
- Non lamentarti, tu non hai dovuto correre come un pazzo in città, a cercare un litro di pozione per il risveglio - borbottò Luigi, tenendo ferma la testa del Toad.
Dopo la ricerca dell’idraulico, avevano svegliato il medico, per affidare il compito a mani più esperte. Un po’ alla volta si era svegliata tutta la servitù.
- Venite, questo qui si ricorda che è successo! - li chiamò il fratello, vicino a uno dei letti del salone.
Si avvicinarono, guardando curiosi il Toad, in attesa di un racconto.
- Be’, non ricordo con precisione - cominciò lui debolmente - Ricordo solo che stavo lavorando, e qualcosa mi ha come costretto ad andare nel corridoio. Lì ho visto tutti gli altri, che dormivano; ma poi ho cominciato a sentirmi debolissimo, e mi sono addormentato.
- Un incantesimo di Kamek, è poco ma sicuro - disse la ragazza.
- Bene, abbiamo finito, potete tornare a lavorare! - gridò Mario.
I Toad obbedirono, e presto il salone si svuotò. Rosalinda fece sparire i letti e rimasero a guardarsi, esausti.
 
Kevin camminava lentamente per i corridoi del palazzo, come un’anima in pena. I due fratelli erano andati a dormire da un pezzo, dicendo che sarebbe stato meglio non farlo a casa loro, per sicurezza, mentre Rosy... Be’, lui non lo sapeva: lei aveva detto che sarebbe andata in una camera per gli ospiti a riflettere un po’.
Stava ancora camminando, quando sentì dei rumori provenire da una delle stanze. Allora si avvicinò alla porta e bussò.
- Rosy, sei qui dentro?
- Sì, entra pure.
Così aprì, e poté osservare la camera: un grande letto a baldacchino verde smeraldo dominava la stanza, affiancato da due comodini di legno chiaro, uno per ogni fianco. Una piccola scrivania, dello stesso legno dei comodini, piena di cassetti, stava sullo stesso lato della grande finestra. La luce del tramonto illuminava i mobili, creando ombre e giochi di luce spettacolari. Alla sua destra, Kevin notò una porticina che probabilmente portava al bagno.
Ma la cosa più bizzarra era senz’altro la ragazza, che era seduta sul letto, circondata da mucchi di libri di tutti i tipi.
Vedendo la sua espressione sorpresa, disse:- Ho fatto comparire qui alcuni dei miei libri sul Regno dei Funghi, volevo saperne di più sulla Corona. Vieni a sederti qui - e gli indicò un angolino libero sul letto. Lui eseguì e sprofondò sulle coperte morbidissime.
- Hai trovato qualcosa?
- Sì, in quello ho trovato la storia, ma vorrei approfondire ancora.
Kevin afferrò il librone che gli aveva indicato, e lo aprì nel punto in cui c’era un segnalibro, curioso. Così cominciò a leggere.
 
Una delle leggende più antiche che caratterizzano il Regno dei Funghi, è quella della Corona Silverty. Si narra che fu donata dagli Spiriti al primo re del regno. Questi era disperato, poiché nei territori che possedeva regnava la guerra. I giorni non passavano senza che un esercito nemico attaccasse il palazzo. Il re temeva molto per i suoi due figli e sua moglie.
Un giorno, mentre il castello veniva nuovamente assalito, il sovrano e la sua famiglia si erano rifugiati in una delle tante sale, intanto fuori la battaglia infuriava. Dopo quello che sembrò un tempo interminabile, apparvero gli Spiriti, che, commossi dalla paura del re verso i suoi cari piuttosto che verso di se, donarono una corona interamente di puro argento, fatta eccezione per tre meravigliose gemme incastonate.
Gli Spiriti spiegarono che quella corona aveva il potere di esaudire infinitamente i desideri, ma se le tre pietre fossero separate, quel potere si sarebbe annullato. Raccomandarono al re di non fare cadere in mani sbagliate le gemme, altrimenti la Corona un nuovo e terribile potere avrebbe posseduto.
Dopo il dono degli spiriti, la guerra finì, su desiderio dell’uomo, e la pace aleggiò nel regno per lunghi anni, fino all’inevitabile morte del re, che era stato abbastanza saggio da non desiderare l’immortalità. Il regno passò al figlio maggiore, che ereditò anche la Corona. All’inizio sembrò andare tutto per il meglio, finché il figlio minore decise di cambiare le cose.
Una notte, si intrufolò nella camera del re, e lo sorprese nel sonno.
Il giorno dopo, il figlio minore annunciò fingendo enorme dispiacere l’assassinio di tutta la famiglia reale da parte di un vile. Fu talmente convincente che il popolo lo volle come nuovo sovrano, e lui ovviamente accettò, soddisfatto della riuscita del suo piano.
Ma quando, giorni dopo l’incoronazione, scoprì il luogo dov’era custodita la Corona, la sua ambizione aumentò. Si ricordò di cosa raccontava il padre ai figli dei meravigliosi poteri della Corona Silverty.
Desideroso di provare le capacità dell’oggetto, il re tese le mani per afferrare la Corona, ma era talmente pieno di malvagità che quella fece scaraventare lontano le gemme, fino a quando caddero in tre luoghi differenti. Il rimase sconvolto dalla reazione, e capì che doveva cambiare.
Diventò buono, e regnò saggiamente per un mese, fino a quando giunse la notizia che il regno nella parte occidentale si stava lentamente sgretolando. Così chiamò a se un valoroso guerriero, e lo mandò a trovare le gemme.
Giorni dopo, il soldato tornò dal suo viaggio, e consegnò le tre pietre al re, che le riunì alla Corona.
Il regno smise immediatamente di distruggersi, ma i danni erano gravi, un intero villaggio era rimasto a pezzi, i morti erano molti e il re decise di abbandonare il trono, stanco di tutti quei disastri.
Si isolò dal resto del regno, diventando un mendicante, mentre un nuovo sovrano veniva incoronato. Visse nella povertà per anni, fino a quando gli giunse voce che il nuovo re aveva dei problemi con delle gemme di una corona d’argento.
Il fratello minore allora si recò a palazzo, e riuscì a entrare dopo l’intervento del giovane sovrano, curioso di sapere cosa voleva dirgli quel povero uomo. Non appena raccontò su richiesta del mendicante che aveva scoperto i poteri della Corona ma qualcuno aveva rubato le gemme, quello si preoccupò molto, e gli spiegò chi era.
La scena di anni prima si ripeté: un eroe fu inviato a trovarle, ma quando tornò vittorioso, fu accolto con ansia e preoccupazione, poiché erano tutti troppo occupati a risistemare subito le pietre. Il regno evitò di distruggersi, dato che le pietre erano state ricongiunte alla Corona. Il figlio minore diventò consigliere di corte e il re governò saggiamente per lunghi anni.
Ma, l’eroe, in punto di morte, dato che era diventato anziano, confessò che era stato un terribile nemico a rubare le gemme anni prima e che gli aveva proibito di raccontare tutto, in più aveva annullato per sempre il potere di esaudire i desideri.
Il re allora andò di persona a eliminarlo, e ci riuscì. Ma il figlio dell’uomo malvagio sopravvisse e fuggì lontano.
Il re continuò a regnare felicemente, consigliato dal fratello minore, fino alla fine dei loro giorni.
 
- Ma che cosa vorresti approfondire, qui c’è già tutto!
- Non si sa mai, magari non è stato scritto qualcosa.
Kevin rimase pensieroso, rimuginando su quello che aveva letto. Era molto interessante, ma in fondo non serviva a molto...
Un pensiero, tanto improvviso quanto sicuro, gli balenò in testa.
- Rosalinda, tu non sei venuta a sapere dell’accaduto all’Osservatorio, vero?
Per la sorpresa lei fece cadere il libro che stava consultando.
- Cosa?
- Sai di cosa parlo, tu sei venuta a sapere del rapimento in città, sei venuta per un altro motivo.
Lei lo guardò esitante e spaventata, prima di sospirare:- ...È vero. Hai ragione.
- Ma perché?
- Vedi, ero all’Osservatorio, e ho visto che una persona sospetta parlava di te a un altro in un covo segreto. So che si riferivano a te perché poco dopo sei stato trovato da Mario, Luigi e Peach. Ti hanno mandato quei due qui.
- Che cosa?!
- Mi dispiace di non avertelo detto subito, non arrabbiarti, ma la questione delle pietre, il rapimento e tutto mi hanno distratta...
- Non sono arrabbiato, sarebbe successo anche a me di dimenticarmene.
Passarono qualche minuto in silenzio, finché Kevin mormorò per rompere il silenzio:- Secondo te perché Bowser ha rapito anche Daisy? Mario mi ha detto che di solito lo fa solo con Peach.
- Credo che lo abbia fatto perché ci prova gusto. Hai visto che faceva nel filmato, no? Si diverte un mondo a mandarci nel panico, così ne ha approfittato.
- Ah...
Di nuovo, un’idea passò veloce nella mente del ragazzo, ma stavolta non era sicuro che fosse come pensava.
- Rosy, e se...
 

 

I miei commenti

"E se..." cosa? Oggi vi lascio con questa domanda! (Anche perché non ho voglia di scrivere altro).

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Voci che strillano nella testa ***


Capitolo sette

 
- ...La persona che ha costruito la Pianta Piranha fosse un discendente del figlio dell’uomo che rubò le pietre nella leggenda?
- Be’... Potrebbe essere - gli rispose titubante lei, aggrottando le sopracciglia.
Ma Kevin ribatté, furioso:- Ma sì, è lui! Non ci sono dubbi!
- Ma...
- Dobbiamo dirlo agli altri!
Si stava per alzare, ma Rosalinda lo trattenne per un braccio e lo guardò severamente.
- Adesso è tardi, guarda, è buio, ed è troppo tardi per i sospetti. Staranno ancora dormendo, ma puoi dirlo loro domani.
- Come? È già buio?
In effetti, guardando le grandi finestre, la luna faceva capolino da un gruppo di nuvole, mentre il cielo era di un intenso color blu notte. Addio notizia serale, doveva aspettare.
Rosy si alzò dal letto, fece sparire i libri con un cenno della bacchetta e si diresse verso una porta finestra che prima il ragazzo non aveva notato. La aprì e si avvicinò al bordo del balconcino. Kevin la seguì, e guardò il paesaggio: pianure illuminate dal chiarore della luna.
La ragazza appoggiò i gomiti sulla pietra bianca e lo guardò.
- Dev’essere dura... Non ricordarsi nulla.
- Oh - disse colto alla sprovvista - Be’, almeno so il mio nome grazie alla carta d’identità, no? E poi credo che sia tu quella con la vita più difficile.
- Davvero? Credi che io sia messa peggio di te? - non sembrava offesa, piuttosto pensierosa.
- Ehm, sì. Tutto il giorno a badare agli sfavillotti, controllare il pianeta, eccetera...
- Allora mi ascoltavi, quando ti ho raccontato la mia vita, l’altro giorno! - esclamò.
- Certo! Perché dici questo?
- Niente... Mi sembrava che fossi distratto.
Certo che era distratto sghignazzò una voce nella testa di Kevin Era troppo occupato a contemplare con gli occhi a cuoricino la principessa continuò malignamente. Lui cercò di togliersela dai piedi scuotendo la testa.
- Che c’è?
- Nie... Niente.
Sei cotto di lei! Sei cotto di lei! Sei cotto di lei!
“Smettila” pensò il poveretto.
Ti piace! Ti piace!
“Non è vero!”.
Innamorato! Innamorato! Innamorato! Innamorato! INNAMORATO!
- Ho... Bisogno... Di dormire un po’ - borbottò stordito dalla voce che continuava a strillare. Grazie al cielo lei non la sentiva.
- Oh, buonanotte, allora.
- Buonanotte.
E corse via, ancora con la testa dolorante.
 
Era buio, in quella stanza.
Non si vedeva niente, solo la più completa oscurità.
Kevin si guardò intorno, e vide (ma se era buio! Mah...) sorpreso una torcia spenta. Appena la afferrò si accese, e finalmente vide dov’era. Il salone principale del castello.
Rosalinda lo guardava, l’espressione rilassata e tranquilla.
- Rosy, ma dove siamo? - le chiese confuso, facendo cadere la torcia, che scomparve.
Ma lei rispose solo - La festa sta cominciando.
Si avvicinò a lui, e Kevin notò solo allora che era vestita con un abito lungo color cielo, con le spalline sottili, la gonna frusciante decorata con ghirigori argentati, il corpetto con scollo a cuore, i guanti lunghi e bianchi e una coda di cavallo fermata da un nastrino.
Portava sul capo la Corona Silverty.
Le stava molto bene.
Lo sfiorò con un dito e i vestiti del ragazzo diventarono eleganti come il suo. All’improvviso dal soffitto scesero galleggiando delle coppie che danzavano e un’orchestra.
Rosy lo invitò a ballare con un cenno.
- Va bene...
Così lo trascinò nel ballo, e si ritrovò a danzare con lei, continuando a pensare che lui non sapeva ballare, però...
Era tutto molto bello, ma doveva andare, il regno era in pericolo...
- Kevin, perché hai smesso?
- Io... io...
Non fece in tempo a dire nulla che arrivarono due figure vestite di nero da capo a piedi. La più alta trascinò via Rosy, e iniziò a ballare con lei. La seconda prese il ragazzo per un braccio e lo guardò con occhi neri.
- Stai andando bene, ragazzo - mormorò con voce roca - Prendi questa, ti servirà.
Gli porse un rotolo di pergamena, e Kevin stava per srotolarlo, quando il buio lo avvolse.
- Rosalinda!
Ma non rispose nessuno.
 
 
 
I miei commenti
 
Scuuusate per la lunghezza, ma sono in un momento di vuoto! T.T
Vi prometto che sarà più lungo e interessante, il prossimo capitolo!! Grazie per avermi sopportata ancora una volta, siete mitici! xD
Alla prossima! (Se non avrete perso la pazienza)
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** A Sarasaland ***


Capitolo otto

 
Kevin si svegliò.
Credeva di essere ancora nel salone, ma poi si rese conto di aver sognato. Confuso, guardò l’orologio di legno che segnava le otto del mattino: si doveva alzare. Così si mise in piedi e si vestì con l’ormai immancabile salopette, si mise il berretto e uscì sbadigliando dalla stanza.
Mentre percorreva i corridoi silenziosi del castello, rifletté sul sogno: chi erano quei due uomini in nero? E cosa c’era scritto sulla pergamena?
Arrivò alle cucine che non era riuscito a rispondere a nulla.
I due fratelli e la principessa erano seduti al tavolo a fare colazione, mentre attorno a loro una decina di Toad affannati pulivano, cucinavano e portavano pile di piatti.
- Buongiorno - lo salutarono in coro i tre.
- ‘Giorno. Sapete...
- Tieni, è arrivata poco fa, stavamo per andare a cercarti - lo interruppe lei, porgendogli un rotolo di pergamena fermato da un nastro nero. Per poco il ragazzo non rimase di pietra dalla sorpresa.
Iniziò a leggere ad alta voce - “Ragazzo del mondo di Fuori, sappiamo che stai cercando le pietre e ne hai trovata una. Devi recarti immediatamente nel Regno di Sarasaland, lì troverai la seconda pietra, chiedi ai sovrani. Non preoccuparti per le principesse, stanno bene e vengono trattate con i guanti, anche se quella stupida tartaruga gialla vuole far credere il contrario. Ti ripeto: vai subito a Sarasaland” si firma con il nome Hoscurx.
- Uhmmm... Sa che vieni da Fuori, sa delle principesse, delle pietre e conosce Bowser. In più ti raccomanda di andare a Sarasaland... - fece il punto della situazione Mario.
- Ma come fa a sapere tutto? - si chiese la ragazza.
- F-forse ci spia, m-magari proprio in q-questo momento... - bisbigliò Luigi, tremando come una foglia.
Kevin espresse la sua opinione:- Impossibile, lo avremmo notato. Secondo me invece, sa tutte queste cose perché è complice di Bowser.
- Comunque, che facciamo? Partiamo per Sarasaland?
- Se ricordo bene è il regno da cui viene Daisy, vero, Mario?
-Sì, dici che è meglio andare là?
Il ragazzo annuì, pensieroso: forse là avrebbero potuto incontrare i genitori dell’esuberante principessa.
 
Così presero un tubo, che li portò dritti dritti a Sarasaland, dove Kevin sperò di non tornare mai più: faceva un caldo tremendo e l’aria era afosa.
Arrivarono in un villaggio, che sorgeva ai piedi di una collinetta su cui si ergeva imponente il castello: una costruzione bianca con torrette e torri dal tetto a cupola dorato.
Dopo aver percorso le affollate strade di sassi bianchi, si ritrovarono di fronte un portone di legno scuro. Due Toad-guardie, complete di lance, le guardarono dai due lati dell’entrata e una domandò con voce potente:- Chi siete? Sapete qualcosa della principessa?
- Sì - rispose Rosy - Avete di fronte la principessa Rosalinda, con i fratelli Mario e... un amico.
- Potete passare: il re è nella sala del trono.
Le guardie aprirono il portone, rivelando un magnifico salone, enorme, con il soffitto di vetro trasparente, che lasciava ammirare il cielo azzurrissimo, con tappeti e arazzi color oro, affreschi colorati e un bel trono dorato. Su questo sedeva un uomo barbuto, dall’aria stanca e afflitta. Si strofinava le mani sulla ricca veste blu e sospirava.
I quattro si avvicinarono al trono, e Rosy richiamò la sua attenzione:- Vostra maestà, sono Rosalinda, la Principessa delle Galassie. Con me ci sono degli amici: sappiamo dov’è vostra figlia.
- Davvero? Sapete dov’è la mia piccola Daisy? - sussurrò lui, buttando alle ortiche l’etichetta eccetera.
- Sì - continuò comprensiva lei - L’ha rapita Bowser, e la tiene prigioniera insieme alla principessa Peach. Ma per salvarla ci serve qualcosa.
- Che cosa? Avrete tutto ciò che desiderate!
- Le gemme della Corona Silverty sono sparite, e sappiamo che una si trova qui. Ne avete mai sentito parlare?
- Sì! Proprio qualche giorno fa, è stata trovata una pietra bizzarra, se volete la farò portare qui.
- Sarebbe magnifico.
Così il re chiamò un servo, che portò un cuscino di velluto su cui era posata un’inconfondibile pietra azzurrina.
- È lei! - esclamò la ragazza.
- Splendido. Sono felice di avervi aiutato, adesso è vo...
- VOSTRA MAESTÀ! CI ATTACCANO! - li interruppe una guardia, che corse nel salone urlando.
Poi successe il finimondo.
 
Un rumore assordante li assordò, mentre un crash terribilmente forte risuonò, accompagnato da una pioggia di vetri infranti. Kevin, che non riusciva a capire più niente, sentì voci che gridavano terrorizzate per un po’, prima di scorgere un affare di ferro, che produceva suoni metallici, e una mano gigante chiudersi su di lui.
Un attimo dopo una forte presa gli impediva di muovere le braccia, e sentiva il vuoto sotto di lui.
Serrò gli occhi pensando che sarebbe stata la fine, ma una voce roca lo distrasse.
- Lascialo, Sarko, ti stai facendo di nuovo prendere la mano.
 
Il ragazzo aprì gli occhi, sorpreso. Quella voce l’aveva già sentita...
Infatti, un uomo vestito di nero aveva appena fermato l’altro.
Erano gli uomini del suo sogno!
Ma la cosa più strana era il “mezzo di trasporto”: un enorme robot, con braccia, gambe e testa, all’interno della quale, attraverso una rientranza, si potevano vedere i due individui. Uno, il più basso, teneva un braccio sulla spalla dell’amico, che sbuffando premette qualche pulsante del pannello di controllo che si intravedeva. Infatti, sentì la stretta diminuire un po’.
Kevin guardò sbalordito il soffitto del palazzo in frantumi; c’erano schegge su tutto il pavimento, mentre i suoi amici lo guardavano ansiosi. Compreso il re, che borbottava cose come “Santi numi!”. Però sembrava che mancasse qualcuno...
- Chi siete?! - disse forte il ragazzo per farsi sentire. Quello più alto sghignazzò.
- Tranquillo, mica ti mangiamo. Siamo qui solo per la pietra.
- Non serve un robot gigante per una pietruzza - obbiettò sospettoso. Faceva fatica ad ammetterlo, ma aveva il timore che lo stritolassero prima che potesse sentire la risposta. Però, ora era sicuro che fossero appena caduti in una trappola.
Invece, l’altro uomo rispose, accarezzando il pannello:- Volevamo mostrare a tutti questo gioiellino, sai. Comunque...
- La pianta piranha! Allora è vostra!
Che strano, gli sembrava di sentire un rumore insolito... E qualcuno che bisbigliava.
- Ma che acume... - sibilò il più alto - E infatti l’avete distrutta per bene. Che terribile perdita...
- Però non avete risposto alla mia domanda: chi siete? E perché eravate nel mio sogno?
Proprio non voleva, ma l’ultima domanda gli era scappata. Che domande, i sogni sono sogni, e le coincidenze pure.
- Oh, sì, Sarko voleva divertirsi un po’. Sai, la macchina crea-sogni che ha appena finito è fantastica.
- Ma ora occupiamoci del motivo della nostra visita.
Detto questo, un braccio meccanico afferrò con delicatezza il cuscino della pietra, prima che un coro di grida indignate e furiose esplodesse. Rosalinda, in un momento di disperazione, volò fino alla mano gigantesca (il ragazzo strabuzzò gli occhi, non sapendo di quella sua capacità) e si aggrappò, mentre quella la sollevò e un secondo prima che Kevin potesse iniziare pure lui a strillare, la voce dell’uomo basso risuonò.
- Stupida ragazza, molla subito o strangolo il moccioso!
Quel gelido avvertimento lasciò Kevin di sasso. E ora? Se Rosy prendeva la pietra, lui sarebbe morto. Ma la gemma non doveva finire nelle mani di quei due.
L’uomo continuò.
- Dai, ritorna a terra e fai la brava, se non vuoi che lui faccia una brutta fine... - cercò di persuaderla.
Ma lei rimase dov’era e iniziò a gettare occhiate a Kevin, che la guardò senza capire. Sembrava, anzi, era disperata, ma non sembrava che lo fosse per la pietra... Pareva quasi che volesse dirgli qualcosa: faceva cenni con la testa verso la mano semichiusa del robot, poi lo guardava implorante.
E solo allora lui se ne accorse.
Guardò il cuscino che si intravedeva tra le dita metalliche e... non c’era nessuna pietra, nessun luccichio, niente. Solo il cuscino di velluto.
Ma dov’era la gemma? E di nuovo notò qualcosa: mancava Mario.
Disperato, decise di rischiare:- Strangolami pure, ma tanto non serve a niente.
- Che vuoi dire?
- Voglio dire che il re ci stava dicendo che non aveva mai sentito parlare della Corona, ne delle pietre. Quindi state stringendo un cuscino vuoto, no? - si inventò su due piedi.
Osservò terrorizzato i due aprire un po’ la mano, e quando videro il cuscinetto e basta, si misero a gridare.
- BRUTTO MOCCIOSO, STAI MENTENDO! AVETE NASCOSTO LA GEMMA!
E il ragazzo sentì la presa che aumentò, togliendogli il fiato. Rosy gridò il suo nome, ma un boato, misto a grida e rumori di armi, tuonò.
Mario, che conduceva un esercito armato fino ai denti, sorrideva tranquillo.
In un secondo si ritrovarono tutti a combattere: Kevin, liberato da un incantesimo della principessa, afferrò al volo il fiore di fuoco che gli lanciò Luigi, il re incitava i soldati, Rosy lanciava incantesimi da tutte le parti, mentre i tre in salopette bombardavano il robot di sfere infuocate.
Erano nel pieno della battaglia, quando la voce di Sarko gridò:- RITIRATA!
Così, il gigante metallico, mezzo distrutto, fece dietro-front, per poi sparire lontano.
 
Era un disastro, i quattro non sapevano che dire al re. La sala del trono era semi-distrutta, sua figlia era stata rapita e la pietra non si sapeva dov’era. Tuttavia, lui fu molto gentile: si limitò a raccomandare loro di salvare Daisy e li salutò.
Mentre tornavano al Regno dei Funghi, Kevin chiese:- Adesso che facciamo? Una gemma è sparita e una dobbiamo ancora prenderla.
- Di che stai parlando? Abbiamo fatto già metà del lavoro! - ribatté allegramente Mario.
- Ma... la pietra... non c’era sul cuscino - balbettò confuso.
- Ah, non l’hai ancora capito? - sorrise lui, tirando fuori da una tasca una pietruzza azzurra, piccola quanto splendente.
Kevin rimase a bocca aperta.
 
Ore dopo, lui e Rosy stavano cenando nelle cucine del palazzo, in silenzio. I Toad si erano misteriosamente dileguati, ma lei lo aveva rassicurato che non c’era nulla di cui preoccuparsi.
Si sentivano solo i rumori delle posate e delle bocche che lavoravano; per il resto, non volava una mosca. Anche perché i due erano occupati a riflettere sull’avventura appena vissuta. I due fratelli avevano detto che avevano un disperato bisogno di mangiare a casa loro, senza i servi che “ronzavano attorno a loro”, così aveva spiegato Mario. Così erano rimasti solo loro due.
Kevin avrebbe dovuto essere preoccupato per le principesse eccetera, invece non riusciva a distogliere lo sguardo dalla ragazza. Più tempo passava con lei, più si convinceva di essere cotto. Ma stranamente ora non gli dava più fastidio il pensiero, semmai imbarazzo. Sì: un cocente, vergognoso, timido imbarazzo.
- Non sapevo che sapessi volare - borbottò pulendosi la bocca, pensieroso.
- Eh? Ah, be’, ehm, non te ne ho mai parlato, vero? - balbettò.
- No. Sai volare da sempre? - chiese incuriosito.
- Non lo so, non ricordo - rispose malinconica, dopo aver vuotato il bicchiere.
- E puoi volare dove vuoi? Cioè, a tutta l’altezza che ti pare? - domandò ancora.
- No, solo fino a un paio di metri. Ma se faccio qualche incantesimo in particolare, posso arrivare a sei-sette metri.
Il ragazzo la guardò affascinato: conosceva una persona che sapeva volare!
Un momento, pensò accigliato, quando ha afferrato la mano del robot, quelli erano almeno una decina di metri...
- Ma... - continuò, abbassando gli occhi - C’è qualcosa che riuscirebbe a farmi volare ancora di più.
Lui la osservò incuriosito: sembrava in qualche modo imbarazzata.
- Mi vergogno un po’ a dirlo, ma prima, al castello di Sarasaland, c’è stato qualcosa che mi ha permesso di volare così in alto... - mormorò giocherellando con una forchetta.
Venne interrotta dal suono dell’orologio lì appeso, che segnava le otto.
- Accidenti, è tardi - esclamò la ragazza - Volevo controllare la leggenda che hai letto anche tu, quella volta.
E si alzò, mentre lui la imitava. Lei stava per andarsene, quando Kevin le afferrò il braccio.
- Aspetta, non hai detto cos’è la cosa che ti ha fatto volare così in alto - tentò di fermarla.
- Oh - disse semplicemente Rosalinda, girandosi - Be’, sei tu.
Quella notte il ragazzo non riuscì a dormire.
 
 


I miei commenti
 
Ed ecco un altro capitolo! È più lungo del solito, mi sembra. :)
Alla prossima!!

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** In trappola (di nuovo...) ***


Capitolo nove

 
- D-dobbiamo proprio?
- Sì, Luigi. O vuoi che Peach e Daisy rimangano là? - sibilò Mario, furioso per la paura del fratello.
Ci pensò Rosy a consolarlo:- Dai, ci sei stato tante volte, nel castello di Bowser...
- Sì, ma mi fa ancora paura!
Gli altri tre sospirarono.
Quella mattina avevano deciso che sarebbero subito andati al castello di Bowser, per liberare le principesse e prendere la pietra. Ma una cosa non era certa del tutto.
- Ma come facciamo a essere sicuri che lui sappia che la pietra è nel suo palazzo? - chiese pensieroso Mario.
- Be’, intanto andiamo, poi si vedrà. Credo che ci sarà qualche stanza sorvegliata parecchio, e poi non dimentichiamoci che è complice di quei due farabutti.
- Sarà come dici tu, Kevin, ma non mi piace l’idea di precipitarci là senza un piano...
- Perché, quando ci andate per salvare Peach avete un piano, di solito? - ribatté lui, ricordando quello che gli era stato raccontato.
L’altro stava per rispondere, ma la principessa li interruppe:- Ora basta, state esagerando!
Osservando la ragazza che li guardava con occhiate di rimprovero, irritata, si sentì arrossire fino alle punte dei capelli, già rossi di natura.
- Su andiamo - sospirò.
 
Così, si diressero verso l’uscita del castello, per prendere un tubo.
Mentre attraversavano il salone d’ingresso, videro Mastro Toad e Rosy, da perfetta principessa, gli andò incontro sorridendo.
- Mastro! È tanto che non la vediamo, come sta? - gli chiese gentilmente.
Lui, invece, si guardò intorno, quasi terrorizzato. Non rispose, e cercò di scappare via, prima che Mario gli saltasse addosso.
- Che cavolo stai facendo?! - si lasciò scappare il ragazzo, mentre i tre guardavano stupefatti i due che lottavano.
- A forza di vedere Kamek... travestito da Peach... sono piuttosto allenato - rispose, impegnato a fermare il povero Toad.
Finalmente, riuscì a tenerlo ben fermo, standoci seduto sopra.
- Avanti, parla! Chi sei veramente?
Vedendo che l’altro non accennava a confessare, prese dalla tasca della salopette una splendente stella gialla, e lo minacciò:- Rispondi, o vuoi che ti colpisca con questa?
Kevin capì solo dopo qualche minuto che intendeva dire che non avrebbe usato la stella in sé, ma i suoi poteri, quando glielo sussurrò Rosalinda, intuendo la sua perplessità (pensò sconsolato a quanto caldo aveva sentito quando lei si era avvicinata al suo orecchio).
- S-sono un complice d-di Sarko e Dlerk - rinunciò l’impostore - Mi hanno m-mandato qui a p-prendere una cosa.
- Cosa? - chiese incuriosito Mario.
- Una l-lettera. Giorni fa l’avevo t-trovata, ma sono r-rimasto per spiarvi - balbettò.
- Cosa c’era scritto sulla lettera?
- Delle informazioni s-sulla Corona Silverty, la spedì la regina anni f-fa alla principessa P-Peach.
- In effetti, poco tempo fa lo abbiamo visto con una lettera in mano! - confermò Luigi, incredulo come gli altri.
Mario, finito il suo interrogatorio, gli tolse la maschera che portava, rivelando la faccia di un ometto impaurito.
- Bene, diremo ai tuoi amici che ti abbiamo scovato, adesso credo sia meglio chiuderti da qualche parte.
 
Rinchiuso il farabutto in una delle vecchie celle sotterranee e liberato il vero Mastro Toad da là, dove aveva detto l’impostore, i quattro presero il tubo. Non appena uscirono da questo, furono investiti da una corrente d’aria calda, segno che erano sicuramente arrivati.
Kevin guardò intimorito l’imponente fortezza di Bowser: un grande edificio di pietra scura, ricco di torri possenti e statue raffiguranti il re. I nostri eroi si trovavano su una piattaforma sospesa su un inquietante mare di lava bollente mentre  il cielo era coperto da nubi nere. “Che bel posticino...” pensò.
Si diressero verso il portone che, con grande stupore del ragazzo, si aprì da solo.
- Ma chi è che ci ha aperto?
- Boh, è sempre così - rispose distrattamente Mario.
Il fratello non era d’accordo:- In effetti n-non ci abbiamo mai pensato... - mormorò guardandosi intorno terrorizzato. Ma fu ignorato.
Appena varcarono la soglia, davanti a loro videro un maestoso salone: era ancora più pieno dell’esterno di statue di Bowser e la temperatura era molto alta.
In fondo c’era qualcuno ad aspettarli.
 
- Che bella sorpresa! Siete stati molto gentili a venirmi a trovare! - esclamò maligno Bowser, mentre un gruppo di koopa armati uscì dall’ombra e li circondò; Mario tentò di ribellarsi, ma fu subito legato come gli altri.
Kevin controllò se stavano tutti bene: Rosy sembrava arrabbiata, probabilmente perché non era riuscita a prendere la bacchetta in tempo; Luigi tremava e Mario si dibatteva. Per il resto, era tutto a posto... Più o meno...
- Libera subito Peach e Daisy! - ringhiò Mario.
- E perché dovrei? Mi sono state utilissime fin’ora: vi hanno attirati qui e tra poco diventerò il re dell’universo grazie alla Corona! - ruggì soddisfatto il re dei Koopa.
- Non ci riuscirai mai! Noi te lo impediremo! - gridò Kevin e Bowser si accorse solo all’ora di lui.
- Tu sei il moccioso che hanno portato qui Sarko e Dlerk, vero? Non ho ancora capito come mai... Bah, lasciamo stare. Ora che sarò il re di tutte le galassie...
- Non credo proprio.
A interromperlo era stato Sarko, accompagnato dall’altro ometto.
Kevin li guardò confuso: loro non erano mica dalla parte di quel mostro?
- Non avrai creduto davvero che ti avremo lasciato impadronirti dell’universo così, come se noi non esistessimo, vero? - continuò Dlerk - No, no. Tu potrai tenere questa terra che chiami “il mio regno”, il resto è nostro, ci mancherebbe altro.
Il suo compare annuì, prima di tirare fuori da una tasca dei vestiti una pietruzza rossa:- E lo faremo grazie a questa!
Dlerk e Sarko scoppiarono in una risata, mentre agitavano la gemma.
All’improvviso, il ragazzo sentì che qualcosa gli stava pestando un piede: guardò e vide Rosy che lo osservò un momento, prima di sussurrare:- Appena ti ripesto il piede, usa questo - e gli passò un fiore di fuoco con una complicata manovra, perché le corde che li legavano impedivano i movimenti - Mi dispiace di averti sgridato insieme a Mario, ma ero nervosa - mormorò con un sorrisetto triste.
Per un attimo sembrò che volesse dire qualcos’altro, ma un fragoroso rumore di catene e ferro li fece voltare verso l’alto, da cui stava calando una gabbia nera che imprigionava le due principesse.
Bowser ridacchiava.
- PEACH! - gridò Mario.
- DAISY! - urlò Luigi.
Kevin ebbe solo un attimo per guardare le due ragazze, che avevano l’aria di chi non ne può più, prima che Rosalinda gli pestasse un piede di nuovo.
Afferrò forte il fiore, mentre una piacevole sensazione di calore lo riscaldava, e un forte suono tipico di un incantesimo risuonava nel salone.
 
 
 





 
 
I miei commenti
 
Scuuuusate: per il mostruoso ritardo e per la bruttezza del capitolo... Sono un disastro.
Spero di non venire presa a pugni da uno di voi magnifici lettori... *corre a mettersi l’armatura*

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** "Uno di noi" ***


Capitolo dieci

 
 
- Ora ve la vedrete con noi! - gridò Rosy, dopo aver liberato gli altri tre dalle corde con un incantesimo.
Lanciò ai due fratelli dei fiori di fuoco, che utilizzarono subito.
Kevin si ritrovò in salopette azzurra, e cominciò a bombardare i due uomini, che gridarono insulti, arrabbiati. Vide Mario e Luigi correre a liberare le principesse, e non appena uscirono dalle gabbie, li ringraziarono contentissime (per la precisione Daisy stritolò un imbarazzato Luigi in un abbraccio).
Bowser, con suo grande stupore, strappò di mano a Sarko la gemma, e corse al riparo dietro il trono.
Continuarono a combattere, fino a quando videro Dlerk premere il bottone di un telecomando, facendo arrivare il robot gigante che lui e il suo compare avevano usato a Sarasaland.
- Oh, no, ancora quel maledetto pezzo di metallo! - gridò sconsolato Mario, per farsi sentire sopra il frastuono provocato dal gigante di metallo, le sfere di fuoco, gli incantesimi e le grida.
Kevin ridacchiò, ma si rimise al lavoro non appena un braccio del robot cercò di spiaccicarlo come una frittella. Allora mirò alla testa, dove lo controllavano Sarko e Dlerk, che intensificarono i colpi: ormai riusciva a vedere solo una macchia di colori confusi, che mettevano in risalto quella enorme e grigia, cioè il robot.
Cercò di guardare come stavano i suoi amici, ma non capiva più niente. Era tutto un groviglio confuso di suoni e colori, e lui continuava a combattere. Finché...
- AAAH! - gridò una voce femminile, che Kevin riconobbe con terrore: Rosalinda.
Sentì gridare di rabbia gli altri, e l’esclamazione esultante dei due maledetti. Voleva far loro più male possibile, così, con un’energia inaspettata, iniziò a lottare con molta più foga e concentrazione. Ormai vedeva solo il robot e le facce dei due delinquenti.
 
Kevin si chiese all’improvviso quanto tempo fosse passato.
Chi lo poteva sapere? Intorno al castello di Bowser (che tra l’altro non si vedeva da un pezzo) era sempre buio e nuvoloso... Forse un’ora, o due.
Il ragazzo moriva dalla voglia di sapere come stava Rosy, che aveva visto insieme alle altre principesse, le quali evidentemente la stavano curando, qualsiasi fosse la sua ferita.
A quel pensiero, combatté concentrandosi con tutte le particelle del suo corpo.
Il robot era visibilmente danneggiato: aveva bruciature un po’ dappertutto e i due comandanti sembravano esausti, un po’ come loro.
- ORA BASTA! SI FA SUL SERIO!
Si chiese chi era stato a gridare, prima di scorgere un luminosissimo e infuriato Luigi (che a quanto pareva aveva usato una Stella) scagliarsi contro il robot, che si piegò in due con un brutto scricchiolio metallico.
Non lo aveva mai visto perdere il controllo. Prese mentalmente nota di non irritarlo mai.
Ora il robot era ancora più malridotto, e sembrava cominciare a cedere; proprio quando pareva crollare definitivamente, tutto si tinse di rosso e bruciava.
Un’esplosione.
“Che mossa stupida” pensò il ragazzo, osservando che in quel modo anche Sarko e Dlerk avrebbero rischiato la vita.
Ma non ebbe il tempo di commentare ancora, perché Peach lo prese per un braccio e gli strillò qualcosa nelle orecchie.
- VIA!!
Accidenti. Sapeva urlare, quando voleva.
Corsero fuori, e tutti ringraziarono il cielo che il portone si fosse aperto per l’esplosione, che era ancora in corso.
Qualche minuto dopo erano sulla piattaforma, in salvo.
- Idioti! Riparare la sala del trono costerà un occhio della testa! - brontolò Bowser, che a quanto pareva era venuto via pure lui.
- Dimmi che hai ancora la pietra! - lo supplicò Mario.
- Sì, sì... Tranquillo, nanerottolo.
Ignorando la zuffa nella quale i due si stavano precipitando, Kevin si guardò intorno: Luigi sembrava tornato normale e tremava, Mario e Bowser si insultavano allegramente, Peach e Daisy sorreggevano (il suo stomaco si strinse spiacevolmente) il corpo di Rosy, malconcio ma tuttavia ancora vivo. In effetti stava rinvenendo.
- Abbiamo l’ultima gemma! Finalmente! Ce l’abbiamo fatta! - esultò Mario, che era riuscito a prenderla dalle zampe del re dei koopa, e ora la stringeva nella mano che agitava in aria.
Tutti esultarono, felici che fosse tutto finito.
Il ragazzo stava per unirsi a loro, quando qualcosa di duro e lungo gli colpì forte la testa; si fece tutto sfocato, e le gambe gli cedettero, mentre tutti gridavano arrabbiati e sorpresi insieme.
- NOOO! KEVIN!
- SARKO, MALEDETTO!
Con la guancia appoggiata alla fredda e dura piattaforma, Kevin udì le voci chiamarlo disperate. Voleva rispondere, dire che era ancora vivo, ma la vista di una macchia rossa che si allargava sul metallo nero gli offuscava i pensieri. Intanto poteva sentire qualcosa di caldo e liquido scendere lungo la testa.
 
Erano morbidi, i cuscini.
Kevin sentiva le gambe sepolte sotto uno spesso strato di coperte, e la testa gli faceva un male terribile, anche se era adagiata su quei batuffoli soffici.
Si guardò intorno e riconobbe la stanza come la camera degli ospiti in cui era stato portato giorni prima.
A ripensarci, sembrava un’eternità.
All’improvviso sentì delle voci, probabilmente di servi, provenire da fuori.
- ...Sembra che le sue condizioni stiano migliorando.
- Come sta la principessa?
- È sconvolta, naturalmente. Il suo braccio è guarito ma è ancora ferita. Dentro.
Il ragazzo capì che stavano parlando di Rosy, e si mise in ascolto.
- E dov’è adesso?
- Nella sua stanza, credo.
I loro passi si allontanarono e quando non si sentivano più, Kevin si alzò di scatto e si diresse verso la porta, ma incrociò uno specchio.
Il suo viso era incorniciato dalla solita zazzera di capelli rossi, che erano stati lavati e pettinati con cura, ma gran parte della testa era avvolta da bende candide, simili a un turbante.
Si ricordò della botta in testa e del sangue per terra, e rabbrividì.
Corse fuori dalla stanza, incapace di stare un altro secondo senza vedere Rosy.
Giunto davanti alla porta, bussò come un pazzo, finché una voce stupita gli disse “Avanti”.
Kevin spalancò il rettangolo di legno e vide con grande sollievo che la principessa lo guardava a bocca aperta, distesa sul letto, con un libro in mano.
- Che accidenti ci fai qui?! Dovresti essere a letto! - sibilò.
- Io... Io volevo solo vedere come stai - balbettò confuso lui, colto alla sprovvista.
L’irritazione della ragazza svanì.
- Siediti qui, incosciente - sospirò.
Lui eseguì, intimorito.
- Che è successo? - riuscì solo a chiedere il ragazzo, cercando di ricordare di più.
- Sarko ti ha colpito alla testa.
- Fin qui ci ero arrivato anch’io - borbottò impaziente.
- Va bene, va bene. Dopo l’esplosione, Dlerk è morto e Sarko... be’, si è arrabbiato parecchio. Così ha preso un pezzo di metallo staccato dal robot e ti ha dato una botta.
- E poi?
- Poi lo abbiamo preso, naturalmente, e lo abbiamo portato con noi qui, dove lo abbiamo interrogato. Alla fine avevi ragione, sai? Erano davvero dei discendenti del figlio dell’uomo della leggenda.
- Ma allora le pietre sono state rimesse a posto?
- Sì: la corona è completa, finalmente!
- Che altro ha detto Sarko? - chiese interessato.
- Ha confessato che ha stretto un accordo con Bowser: lui doveva far rubare le gemme e in cambio i tre si sarebbero divisi i regni. Era tutto falso, come abbiamo visto. E... Ha detto che tu sei stato un errore - aggiunse mormorando.
- Un errore? Ma...? Cosa...? - iniziò a domandare confuso.
- Sai il tubo da cui sei uscito?
Kevin annuì.
- In realtà era solo una loro invenzione: già una volta hanno fatto un errore, con Mario e Luigi. L’avevano perfezionata, ma durante la prova ti hanno fatto venire qui per sbaglio.
Il povero ragazzo era a bocca aperta.
- E adesso lui dov’è? - domandò, desideroso di scambiare quattro chiacchiere con Sarko.
- Chiuso in una cella. Ma ora vai a riposarti, Toadette ha lavato i tuoi i tuoi vecchi vestiti, che devi mettere domani.
- Perché?
- Perché, - la ragazza fece un respiro profondo - Devi tornare a casa.
 
- No! Non voglio! Non potete costringermi! - urlava in preda al panico Kevin, scalciando come un bambino capriccioso le gambe.
Era mattina, e si rese conto di aver sognato: Rosalinda lo buttava nel tubo.
Si calmò, e si alzò dal letto.
Ora non aveva più il turbante di bende, ma il taglio c’era ancora, anche se ben nascosto dai capelli.
Consapevole che quella era la sua ultima ora nel Regno dei Funghi, si mise i vestiti con i quali era arrivato, che ora profumavano di detersivo, e si diresse nella sala del trono.
Guardò per un attimo Mario, Luigi, Peach, Daisy e Rosy, prima di fare un respiro profondo; gli sarebbero mancati da morire.
- Kevin, finalmente! - lo salutò allegramente Daisy, vedendolo.
Lui si avvicinò e li osservò uno alla volta: Mario pareva dispiaciuto, Luigi era triste, Daisy sorrideva incoraggiante, Peach si soffiava il naso e Rosy... sembrava sul punto di piangere.
- Rosy ti accompagnerà fino al parco, noi ti salutiamo qui - disse Peach, commossa.
- Ci mancherai, ragazzo: ormai sei uno di noi - lo salutò un po’ contrariato Mario.
- S-sei stato un g-grande a-a-amico - balbettò Luigi tirando su col naso.
- Il Regno dei Funghi ti ricorderà come un eroe, non essere triste! - esclamò cercando di restare seria (senza successo) Daisy, ma Kevin apprezzò lo sforzo: era una brava ragazza, un po’ strana, ma tutto sommato in gamba.
- A... andiamo - disse con voce inespressiva Rosalinda.
- E la mia memoria?
- Quando sarai Fuori tornerà, ha detto Sarko, però non dimenticherai la tua avventura qui - rispose Mario.
 
Il parco era bello come l’ultima volta, ma quel giorno sembrava in attesa.
I due ragazzi camminavano lenti, per far durare di più quel momento.
- Chi mi ha lavato i capelli? - chiese lui rompendo il silenzio.
- Io. Mi sono sempre piaciuti, così ho insistito - rispose lei, abbassando lo sguardo.
- Ma come hai fatto con il braccio?
- Era già guarito.
Kevin ricordò improvvisamente cosa aveva sentito: “...Ma è ancora ferita. Dentro”.
Calò un silenzio imbarazzato. Molto fastidioso. Ormai erano quasi arrivati.
- Quando ti ho sentita urlare ero... - cercò di dire, ma un groppo gli salì in gola.
Lei scosse la testa, mentre arrivavano nello spazio vuoto, a parte un tubo lucente.
- Oh no. È stato molto più spaventoso vedere te che cadevi, con quella ferita enorme... e il sangue dappertutto... - mormorò con voce rotta... E scoppiò a piangere.
Nulla avrebbe potuto preparare Kevin per quello che successe dopo.
Rosy gli gettò le braccia al collo, e affondò il viso nella sua t-shirt, bagnandola.
- Io... n-non posso sopportare il p-pensiero di non vederti... mai più! Mi fa troppo male! - singhiozzò, spezzando il cuore del ragazzo, ma che continuò a battere impazzito.
- E allora perché non mi fai restare qui?
- No! Tu... devi t-tornare a casa tua! N-non appartieni a questo m-mondo! - esclamò continuando a piangere, il viso premuto contro la maglietta, ormai zuppa di lacrime: una scena terribile, per il ragazzo, che trattenne un singhiozzo. Ci sarebbe mancato solo lui.
-...Ma appartengo a te.
Rosy sollevò la testa, e lo guardò con gli occhi ancora lucidi.
- Non piangere, dai! Guarda: io mi trattengo perché non voglio vederti triste per me. Su, fammi un sorriso! - e per incoraggiarla le fece da esempio, ma più che un sorriso, uscì una smorfia sghemba.
La ragazza deglutì e abbozzò un sorrisetto, più perché lui era davvero ridicolo, che per farlo contento.
- Ecco! Brava! - si complimentò con lei.
Stavano davanti al tubo, che scintillava sotto il sole lucente di quella mattina.
La principessa sembrò calmarsi, perché disse:- Ora tocca a me farti star meglio!
Kevin si chiese cosa gli avrebbe fatto fare, se era davvero sollevata, quanto tempo sarebbe passato prima di doversene andare, un attimo prima di dimenticare perfino il suo nome.
 
Il ragazzo non aveva mai sentito nulla di più morbido, caldo, delicato, avvolgente, incredibile, delle splendide labbra di Rosalinda. Erano contro le sue e lo stavano consolando meglio di qualunque sorriso; lei teneva le palpebre socchiuse, e da quella distanza si potevano contare le sue ciglia. Invece Kevin gli occhi li teneva spalancati, troppo sconvolto per riuscire a chiuderli per godersi il momento.
Poteva sentire il profumo inebriante della principessa, che aveva ancora le braccia attorno al suo collo.
Il bacio non durò meno di cinque minuti, durante i quali il ragazzo si era sentito in trance.
Dopo che si separarono, era ancora stordito.
- Vai, è il momento - sussurrò triste lei.
- Addio - disse solo Kevin, senza avere il coraggio di aggiungere altro. Tutto si poteva dire in un’unica parola: addio.
- Addio.
Il ragazzo si buttò, e nel buio tunnel in verticale, sentì delle scie calde sulle guance, che scorrevano in fretta per la velocità.
Pensò un po’ triste che non era riuscito a trattenersi, ma non era del tutto convinto di esserne dispiaciuto.
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
I miei commenti
 
E un’altra fic è finita!
Devo dire che la scena del combattimento poteva venirmi molto meglio, ma lasciamo perdere... ç.ç anche perché non mi va di essere fischiata...
Scrivere il finale mi ha emozionato, quasi mi commuovevo ^^”
Come ultima cosa, vorrei ringraziare bulmasanzo, Mosale, Rosalinathebest e Mixxo98, che hanno recensito; ancora Mosale e mendoza95, che l’hanno messa tra le preferite; di nuovo Mosale, che l’ha messa tra le ricordate; ancora bulmasanzo, di nuovo Mosale, ancora Mixxo96 e PhazonRydley, che l’hanno seguita.
Grazie di cuore e alla prossima fic!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1488112