Un angelo a scuola

di Lelaiah
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap. 1 Mai un attimo di pace ***
Capitolo 3: *** Cap. 2 Incontri improvvisi ***
Capitolo 4: *** Cap. 3 Sotto attacco ***
Capitolo 5: *** Cap. 4 Sensi di colpa ***
Capitolo 6: *** Cap. 5 Convalescenza ***
Capitolo 7: *** Cap. 6 Quando le supposizioni non bastano ***
Capitolo 8: *** Cap. 7 Di nuovo al lavoro ***
Capitolo 9: *** Cap. 8 Impensabile! ***
Capitolo 10: *** Cap. 9 Piccola, adorabile peste ***
Capitolo 11: *** Cap. 10 Imbarazzo ***
Capitolo 12: *** Cap. 11 Piccoli passi ***
Capitolo 13: *** Cap. 12 Problemi all'orizzonte ***
Capitolo 14: *** Cap. 13 Amico o nemico? ***
Capitolo 15: *** Cap. 14 Sviluppi ***
Capitolo 16: *** Cap. 15 Lucas ***
Capitolo 17: *** Cap. 16 Il nuovo cameriere ***
Capitolo 18: *** Cap. 17 Verità ***
Capitolo 19: *** Cap. 18 Compromessi ***
Capitolo 20: *** Cap. 19 Dubbi e sincerità ***
Capitolo 21: *** Cap. 20 Voglia di dolcezza ***
Capitolo 22: *** Cap. 21 Piano d'azione ***
Capitolo 23: *** Cap. 22 Con occhi diversi ***
Capitolo 24: *** Cap. 23 Flashback ***
Capitolo 25: *** Cap. 24 Noi due ***
Capitolo 26: *** Cap. 25 Scoperte ***
Capitolo 27: *** Cap. 26 Resa dei conti ***
Capitolo 28: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
I personaggi di questo racconto, escluso Revenge, appartengono alla fantasia di Mia Ikumi. La storia è stata scritta senza nessuno scopo di lucro.

Ebbene sì, confesso: anche io ho iniziato scrivendo racconti sulle Mew Mew! Ma che ci posso fare? Ryan è sempre stato uno dei miei personaggi preferiti e non ho mai capito perchè Strawberry dovesse stare con quell'ameba di Mark u.u

Questa è la mia versione della storia, arricchita con un pizzico di dark derivante dalla lettura (ai tempi della stesura, ma anche adesso) di libri sui vampiri.
Qualcuno potrà dire che vampiri e alieni non c'entrano gli uni con gli altri, be', ditemi che ne pensate. I capitoli di questa storia sono abbastanza lunghi, prologo compreso... spero non siano da suicidio...
Buona lettura! :)





Un angelo a scuola








Prologo


 
  Davanti all’alta porta di legno del caffè MewMew era appeso il cartello CHIUSO, come sempre a quell’ora.
Al suo interno tutto era silenzioso, la luce chiara dell’alba filtrava dalle finestre multicolori e spandeva riflessi dorati sul pavimento. Dalla cucina, dove era solito lavorare Kyle, non giungeva alcun rumore.
La porta che dava sulle scale che portavano alla cantina, era socchiusa. Un lontano ticchettio usciva dalla stanza dei computer, sede delle ricerche dell’equipe scientifica composta da Ryan e Kyle.
 -Ne sei sicuro?- chiese d’un tratto la voce chiara e penetrante di Ryan. Il ticchettio sui tasti del computer si fermò.
-Certo. Gli alieni hanno trovato un nuovo alleato.- rispose pacatamente Kyle. Ryan si appoggiò pensieroso allo schienale della sedia ed osservò i risultati del computer con aria critica.
-Mi chiedo come sia possibile…- disse, scorrendo alcune informazioni.
-Non me lo so spiegare nemmeno io, fatto sta che dobbiamo scovarlo al più presto e neutralizzarlo.- replicò l’altro deciso.
-Ma come?- domandò l’americano, pensieroso.
Kyle si sfilò gli occhiali, che usava solo quando utilizzava il computer, e si massaggiò la radice del naso.  -Io un’idea ce l’avrei.- lo informò. Il biondo lo guardò interrogativo. –Ma sono sicuro che non ti piacerà.- aggiunse.
-Finché non me ne parli non puoi saperlo.
-Ho rintracciato il possibile luogo d’infiltrazione del nuovo nemico e… ho scoperto che è la scuola che frequenta Strawberry.
-E con ciò?
-Ci serve un infiltrato.
-Possiamo benissimo chiedere a lei.- risolse velocemente Ryan.
-E’ questo il punto: gli alieni ormai avranno schedato tutte le MewMew grazie a Pie e il loro nuovo alleato le conoscerà una per una!- smentì Kyle. Ryan fece roteare gli occhi, leggermente spazientito. Odiava quando l’amico tirava troppo per le lunghe una spiegazione. –Ci serve qualcuno di… sconosciuto!- concluse, voltandosi ad osservarlo dritto negli occhi.
Il biondo ricambiò lo sguardo e in men che non si dica capì dove voleva andare a parare.
-No! Non se ne parla!- si rifiutò Ryan, scostandosi dalla sedia. –Non lo farò!
-Eddai, Ryan! Si tratta solo di fingerti uno studente del liceo!- lo supplicò Kyle, seguendo i suoi spostamenti con lo sguardo.
-Lo sai che non ho un buon rapporto con la scuola!- gli ricordò l’altro, smettendo di misurare a grandi passi la stanza. –O devo ricordarti come finivo ogni giorno?
Kyle non riuscì a trattenere un sorriso:-Deriso e malmenato.
-Infatti.- annuì l’altro. –Quindi trova qualcun altro! O infiltrati tu!
-Se io mi infiltrassi, chi penserebbe a mandare avanti il locale?- chiese, smaliziato.
-Le ragazze.- fu la risposta spiccia.
-Eh, no!- lo contraddisse l’amico. –Le ragazze non sanno preparare tutti i dolci che preparo io e non penso tu voglia metterti a fare lo chef!
Ryan si passò una mano tra i capelli, ormai alle strette.
-E va bene!- si arrese finalmente. Kyle sorrise soddisfatto. –Ma non pretenderai che faccia lo studente, vero? Potrei infiltrarmi nel personale.- obbiettò.
-Mi dispiace, dovrai frequentare le lezioni come un normale studente delle superiori! Perché in fondo, è questo che sei, no?- lo canzonò l’altro.
Ryan chiuse gli occhi, trattenendosi dallo scoppiare.
-Sì, mi fingerò uno studente.- acconsentì. –Ma come faremo per la mia… ammissione?
-A quello ho già pensato. Anzi, è tutto pronto!- lo rassicurò Kyle.
-Hai pensato proprio a tutto, vero?- gli chiese Ryan.
-Sì.- rispose l’altro, alzandosi e cedendogli il posto. –Ah, e vedi di essere uno studente diligente.- si raccomandò prima di salire.
Il ragazzo scosse la testa, divertito.
A volte si chiedeva perché non chiamasse Kyle “mamma”.

Diede un rapido sguardo ai risultati delle ricerche dell’amico e si accorse che il loro nuovo nemico era potenzialmente… un vampiro!?
-Cosa? Un vampiro?- disse sbalordito. –Come avranno fatto ad ottenere le simpatie di un vampiro? Anzi, come diavolo fa ad esistere?
Finì di controllare il resto del rapporto, poi spense il computer e uscì dalla stanza, chiudendola a chiave.
-Uff… che caldo fa oggi!- si lamentò, cercando di farsi aria con la mano. –Kyle!- chiamò appena giunto alla fine delle scale.
-Che c’è, Ryan?- chiese lui, sbucando dalla cucina. Indossava il suo cappello da pasticcere ed aveva già della crema tra le mani. –Sto preparando un dolce.
-Dobbiamo aprire il caffè.- lo informò l’altro entrando a sua volta in cucina.
-E con questo? Vai ad aprire tu, tra poco arriveranno anche le ragazze.- rimandò Kyle, tornando ad occuparsi della sua torta a due strati.
-Va bene, va bene. Vado!- rispose sbrigativo Ryan. Uscì dalla cucina sbattendo una mano sul muro, segno che aveva recepito il messaggio.
Afferrò le chiavi, abbandonate vicino alla cassa ed andò ad aprire la porta. Tolse i vari catenacci e spalancò i battenti, inspirando la calda aria estiva.
Non c’era nessuno per la strada, ma sapeva che tra non molto il locale si sarebbe riempito di persone per la prima colazione. Cambiò il cartello con “Aperto” e richiuse le porte per non far entrare l’afa.
-Kyle! Vado a farmi una doccia!- urlò incamminandosi verso le scale che davano al piano superiore.
-Basta che dopo scendi a darmi una mano!- lo redarguì l’amico.
Ryan assentì col capo mentre già saliva le scale.
“Ah, la porta sul retro.”, si ricordò d’un tratto proprio mentre si sfilava la maglietta. Fermandosi, ritornò sui propri passi ed andò ad aprire anche l’altra porticina, da cui di solito era solita sgattaiolare Strawberry, cercando di non farsi beccare in ritardo.
Diede un giro di chiave e la porta si aprì silenziosamente, rivelando al di là Strawberry.
La ragazza, vedendolo, rimase immobile con la mano quasi sulla maniglia. Subito dopo prese ad arrossire.
-Ryan…- riuscì a dire. “Che cavolo fai senza maglietta?”, avrebbe voluto urlargli, ma non ce la fece, imbarazzata com’era. Già, Ryan le faceva spesso quell’effetto considerando le situazioni imbarazzanti in cui si trovavano di frequente.
-Oggi non sei in ritardo?- la canzonò lui.
Strawberry sbattè più volte le palpebre, per riprendersi.
-Che cosa fai senza maglietta?!- riuscì finalmente a gridargli. Ryan fu colto di sorpresa e per poco non cadde all’indietro. –Stiamo per aprire, non vorrai mica presentarti così, vero?
-Certo che no, stupida!- replicò seccato lui. –Ho solo caldo e stavo andando a fare una doccia. Qualcosa da obbiettare?
-N-no. Non… vado a cambiarmi!- lo oltrepassò e filò verso i camerini.
-Sempre la stessa storia.- sbuffò rassegnato Ryan e salì al piano di sopra.  

  Quando scese il caffè era preda del più completo caos.
Strawberry come al solito si dava molto da fare, Mina era comodamente seduta a bere il suo the, Paddy stava esibendosi in uno dei suoi numeri di acrobazie e Lory aiutava come meglio poteva, prendendo le ordinazioni. Pam era fuori città per uno dei suoi innumerevoli servizi fotografici.
-Che confusione.- disse entrando in cucina. Kyle lo ignorò, troppo occupato a cuocere torte. –Kyle, vuoi una mano?- gli chiese, sporgendosi da sopra il tavolo per curiosare. Il moro si riscosse.  
-No… anzi sì! Aiuta Strawberry a portare i piatti. E non litigate, oggi c’è moltissima gente!- gli disse tutto d’un fiato.
Ryan lo guardò preoccupato, ma alla fine fece quello che gli aveva detto.
Prese due piatti e un terzo, che sistemò sull’avambraccio ed uscì dalla cucina affollata di pentole, scodelle, cucchiai e molte altre cose.
Per poco non sbattè contro Strawberry, che lo schivò per un soffio.
-Ehi, sta’ attenta!- sbottò Ryan. La ragazza incrociò le braccia e lo guardò truce.
-Questo dovrei dirlo io!- fu la replica, scocciata. –Cosa stai facendo?
-Porto i piatti.- rispose. –E prima che tu ribatta qualcosa sappi che è stato Kyle a chiedermelo.- la zittì. Lei lo guardò imbronciata, ma poi senza dire nulla sparì dentro la cucina.

Il tramonto.
-Uffa, che fatica!- Mina cadde su di una sedia, fingendosi stanca. Strawberry e le altre la guardarono truci. –Ehi, che cosa avete da guardare?
-Mina non hai alzato un dito!- le ricordò arrabbiata Strawberry.
-E con questo? D’estate si suda anche senza far niente.- ribattè, rispondendole per le rime.
-Sei senza speranza!- commentò la rossa, passandosi una mano sugli occhi.
-Su ragazze, non litigate.- cercò d’intervenire Lory, ma la discussione era già finita.
Strawberry allora si accorse di Ryan, seduto in disparte.
-Allora?!- esordì sbattendo una mano sul tavolo. Il ragazzo alzò lentamente lo sguardo su di lei, seccato. –Non guardarmi così. Non vorrai mica dirmi che ti sei stancato?- lo punzecchiò.
-Non sono in vena di scherzi.- fu la secca risposta.
-Invece per me sei stanco morto e non vuoi ammettere che sia faticoso lavorare tutti i giorni con questo ritmo.- continuò imperterrita lei.
-Lasciami in pace.- la liquidò abbandonandosi contro lo schienale della sedia.
-Vedi che ho ragione? Ora vado a chiedere a Kyle di farti lavorare anche domani, così imparerai a non dare solo ordini!- disse esultante Strawberry. Fece per incamminarsi, ma Ryan la fermò.
Strawberry non fece in tempo a rendersene conto che si ritrovò a un palmo da lui, trascinata giù a forza. Incontrando gli occhi azzurri del proprietario del caffè si sentì morire per l’imbarazzo.
-Mollami!- tentò di svincolarsi.
-Vedi di non punzecchiarmi mai più o ti trasformo in gatta.- la minacciò Ryan. Sorrise smaliziato e la lasciò andare.
Strawberry rimase un attimo interdetta prima di fargli la linguaccia e sparire nei camerini.
-Ryan! Smettila di trattarla così!- lo rimproverò ridendo Kyle. Il ragazzo si voltò. –Sei stravolto.
-Il lavoro mentale non mi dà alcun problema… ma non sono nato per fare il cameriere!- si legittimò lui.
-Sì, sì. A proposito, lo sai che fra due giorni inizia la scuola?- gli chiese avvicinandosi. Ryan saltò su, facendo cadere la sedia. –No, mi pare che tu non lo sapessi. Devo essermene dimenticato…
-Kyle! Lo sai che questa cosa non mi va giù, quindi non scherzare!- lo avvertì.
-Ma io non sto scherzando.- rispose l’altro con aria innocente.
-Cosa?! Oh, no!
-Mi dispiace, ma hai sempre detto che saresti disposto a tutto per il bene delle MewMew… quindi vai a prepararti psicologicamente.
-E’ un’ingiustizia!
-Ah, Ryan!- lo fermò Kyle. Lui si voltò a guardarlo. –Strawberry non deve saperlo.
Gli fece l’occhiolino e tornò in cucina, il suo regno.
-Sono rovinato!- si lamentò flebilmente Ryan.
I due giorni passarono in fretta ed arrivò il fatidico 16 settembre, l’inizio dell’anno scolastico.

-Ryan, muoviti!- vociò Kyle leggermente spazientito. In mano reggeva un cestino del pranzo.
Da in cima alle scale giunsero delle imprecazioni e poco dopo apparve Ryan, intento a sistemare il colletto della camicia.
-Eccomi, eccomi!- sbottò saltando gli ultimi scalini.
-Sembri proprio uno studente.- si complimentò Kyle, battendo le mani.
-Divertente.- fece Ryan, infilandosi le scarpe. –Sono in ritardo!- aggiunse rialzandosi.
-Veramente sei in anticipo di quaranta minuti.- lo corresse l’amico.
Ryan lo guardò interrogativo.
-Ti ho spostato avanti l’orologio così da farti abituare ai nuovi orari.- gli spiegò, sorridendo e porgendogli il cestino del pranzo.
-E questo?- chiese il ragazzo osservandolo pensieroso e abbandonando subito i suoi propositi di vendetta.
-E’ il tuo pranzo.- rispose piccato Kyle, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. –Comunque ora va’ a scuola.- e detto ciò lo spinse fuori.
Ryan guardò la porta richiudersi alle proprie spalle e con riluttanza si avviò a prendere la sua moto, con cui si sarebbe recato a scuola.
Si sentiva fuori posto e ridicolo con addosso quel paio di pantaloni neri, la camicia bianca e la valigetta con i libri. Anzi si sentiva proprio come quando frequentava veramente la scuola.
-Suppongo debba farlo.- disse rassegnato e montò in sella, alzando il cavalletto col piede. Indossò il casco, accese la moto, diede gas e partì.
In men che non si dica arrivò all’istituto che frequentava Strawberry, parcheggiò la moto, legandone la ruota con la catena e si mise ad osservare critico la costruzione. Mancava solo un quarto d’ora al suono della campanella e non c’era ancora nessuno.

  Non molto lontano dalla scuola, Strawberry stava uscendo di casa: per l’ennesima volta era in ritardo.  
-Ah! Sono in ritardo! In un ritardo mostruoso!- urlò, correndo in strada con ancora una fetta di pane in bocca. Lanciò una rapida occhiata all’orologio: mancavano solo sette minuti. –Devo sbrigarmi!
Si mise a correre come una forsennata e dopo soli quattro minuti era già arrivata al semaforo davanti alla scuola. Fu lì che incontrò Mimi e Megan.
-Buongiorno, ragazze!- le salutò agitando la mano.
-Ciao Strawberry!- la salutarono a loro volta. –Come sono andate le vacanze, hai fatto i compiti?
-Uh, sì li ho fatti…- ansimò lei, riprendendo fiato. –Però durante le vacanze non ho fatto altro che sfacchinare! Ed è tutta colpa di Ryan e del suo maledetto caffè!- aggiunse, arrabbiandosi al ricordo.
-Ryan?- gli occhi di Megan s’illuminarono. Il motivo: era un’ammiratrice del ragazzo.
-Sì, lui.- rispose tetra Strawberry. –Non fa altro che dirmi fai questo e fai quello! Non lo sopporto!- strepitò.
-Eddai, Strawberry, non dire così!- tentò di calmarla Mimi.
In quel momento la campanella della scuola suonò.
-Oh, no! La campanella! Muoviamoci!- le riscosse la rossa e in men che non si dica volarono d’altra parte della strada per poi inoltrarsi nella folla.
Riuscirono ad arrivare in classe per un pelo.
-Fiuu! Fortuna che ce l’abbiamo fatta!- si rallegrò Straberry lasciandosi cadere sulla sedia.
-Già, meno male.- assentirono le sue amiche, accomodandosi a loro volta.

  Intanto, sempre nello stesso edificio ma in un’altra classe, Ryan affrontava il ritorno a scuola dopo molto tempo.
“Ricorda che lo fai per il progetto!”, si disse per convincersi. Era in piedi accanto alla cattedra e dietro di lui, alla lavagna, c’era scritto il suo nome.
-Buongiorno ragazzi.- salutò il professore, alzandosi in piedi dietro la scrivania. –Oggi ricomincia la scuola e ho il piacere di presentarvi un nuovo compagno, entrato in questa scuola grazie alla sua intelligenza oltre la media. Prego.- lo presentò l’uomo tornando poi a sedersi.
-Piacere, mi chiamo Ryan Shirogane e vengo dall’America.- si presentò Ryan. Quanto odiava quella situazione e il doversi trovare di fronte a tutta quella gente.
La classe lo guardava con ammirazione e subito presero a rivolgergli le prime domande.
-Allora sei un genio?- chiesero.
-Sì, diciamo così.- rispose un po’ imbarazzato. Spesso dimenticava di avere un quoziente intellettivo superiore alla media perché aveva sempre cercato di vivere come gli altri.  
-Quanto hai vissuto in America?- chiese qualcuno.
-Quindici anni, fino a due mesi fa.- rispose paziente lui. Questa però era una bugia.
-Quindi parli bene l’inglese?- chiese qualcun altro.
-Certo. Parlo anche il francese, lo spagnolo, il tedesco, il cinese e l’italiano.- rispose, fingendosi compiaciuto di tanto interesse.
-Caspita! E i tuoi genitori che lavoro fanno?- intervenne qualcuno dal fondo dell’aula.
-Mio padre è un ricercatore di grande fama e mia madre fa la casalinga, dato che i soldi non mancano.- rispose rabbuiandosi. Non rivelò che i suoi genitori erano morti e sembrò che nemmeno i suoi compagni lo sapessero pur essendo suo padre molto famoso. Oppure l’avevano semplicemente dimenticato.
-Hai la ragazza?- chiese un gruppo di ragazze in visibilio.
Ryan non sapeva cosa rispondere, ma prontamente arrivò il professore in suo soccorso.
-Su, su… ora lasciamo che si accomodi e poi, alla fine delle lezioni, potrete fargli tutte le domande che vorrete!- li calmò l’uomo agitando le mani per ottenere il silenzio.
Il ragazzo, ringraziandolo silenziosamente, prese posto. Era fin troppo conscio degli sguardi emozionati che gli lanciavano le compagne. Non avrebbe mai immaginato di poter fare quell’effetto alla gente, ma evidentemente molte cose erano cambiate da quando lo chiamavano con disprezzo “genietto”.
La lezione passò abbastanza velocemente, ma il pensiero costante di dover trovare il nemico assillò Ryan per tutto il tempo.
Solo alla pausa pranzo potè tirare un sospiro di sollievo… ma solo dopo aver seminato le sue nuove ammiratrici.
Si recò sul tetto e lì si mise a mangiare, pensieroso.
“Devo riuscire a trovare il nemico… ma come posso in mezzo a tutta questa gente?”, si chiese addentando uno dei tramezzini preparati da Kyle. “Kyle mi ha detto di controllare i riflessi negli specchi… i vampiri non si riflettono, forse. Speriamo bene.”, continuò a ragionare. “Ma sarà comunque un’impresa disperata!”, si avvilì.
Si cacciò in bocca anche l’ultimo pezzo del suo pranzo e si avvicinò alla ringhiera, osservando il cielo. Era una bella giornata: il cielo era azzurro e alcune nuvole bianche si rincorrevano come bambini ridenti nelle sue immensità. Un leggero venticello spirava lì sopra, dove si poteva controllare tutta la scuola.
-Giusto! Devo chiamare Kyle.- si riscosse d’un tratto Ryan. Prese il cellulare e digitò in fretta il numero dell’amico.
-Pronto?- rispose quasi subito Kyle.
-Sono io.- disse sbrigativo Ryan.
-Ah, Ryan! Allora, come va il primo giorno di scuola?- gli chiese, visibilmente interessato.
-Le lezioni non sono nulla di complicato, ma il problema sono i compagni.- rispose lui, rabbrividendo al solo ricordo degli sguardi che gli lanciavano. –Le ragazze non hanno fatto altro che guardarmi e i ragazzi mi lanciavano degli sguardi terribili!
Dall’altro capo della cornetta Kyle non potè far altro che ridere.
-Kyle! Non devi ridere dei miei problemi!- lo criticò Ryan. Dopotutto Kyle aveva ragione, in fin dei conti doveva aspettarsi una reazione del genere: stava suscitando nei ragazzi un certo complesso di inferiorità dovuto al suo aspetto.
-Scusa, scusa! È solo che non posso farne a meno.- si scusò l’amico. –Dovevi immaginarlo, tu che sei un genio, come avrebbero reagito le ragazze vedendoti. Sei cambiato Ryan, ecco tutto.- spiegò tranquillamente. Per lui era la cosa più ovvia del mondo.
Per Ryan era una bella seccatura.
-Non è che posso condurre le mie ricerche in un modo… diverso?- tentò ancora il biondo.
-No!- fu la perentoria risposta. –Non ti ho chiesto di diventare amico di tutta la scuola, solo di trovare il nemico.- lo rimbrottò.
-Ecco perché amo essere un lupo solitario.- sottolineò lui.
-Non dire così, magari trovi una ragazza!- tentò di sdrammatizzare Kyle.
-Sì, quando tu ti sarai sposato! Impossibile!- replicò.
-Impossibile perché c’è già qualcun’altra che occupa i tuoi pensieri?- azzardò l’altro.
-Impossibile perché devo pensare a scovare il nemico.- si defilò Ryan. Kyle stava alludendo a qualcuno e a lui quell’allusione non piaceva, soprattutto perché era giusta.
-Allora, hai trovato qualcuno che possa corrispondere al nostro… fantomatico nemico?- si interessò Kyle. Nemmeno lui era pienamente convinto sul fatto che potesse essere un vampiro, ma era più che normale.
Solo che fino a poco prima nessuno aveva visto gli alieni, mentre ora la Terra ne era piena.
-No, ancora no. È quasi impossibile data l’enorme quantità di persone che frequenta questa scuola, ma durante le lezioni ho tratto le mie conclusioni.- disse.
-Sarebbero?
-Il vampiro deve per forza essere un nuovo studente o comunque qualcuno insediato da poco nella scuola e penso possa frequentare qualche club per contagiare quante più persone… così da avere degli alleati.
-La tua supposizione mi pare giusta. Proverò a fare qualche ricerca.
-Va bene. Grazie.
-Di niente. Comunque ti ricordi ancora cos’ho detto stamani? Non devi farti scoprire da Strawberry!
-Come se fosse facile! In questa scuola i pettegolezzi volano ed un nuovo studente non passa certo inosservato.
-Sicuramente tu non passerai inosservato!
-Divertente. Comunque… dato che non devo farmi scoprire, come faremo con gli orari dei rientri? Quelli miei e di Strawberry sono differenti.
-Ci sto lavorando… però…- ma venne interrotto da Ryan.
-Kyle, c’è qualcuno! Ne riparleremo più tardi.- e riattaccò.
La porta che dava sul tetto si aprì lentamente ed entrarono alcuni ragazzi. Stavano chiacchierando animatamente e non fecero caso ad un piccolo gatto grigio accoccolato vicino alla rete.
-Avete sentito?- chiese uno dei quattro.
-Cosa?- fecero in coro gli altri.
-E’ arrivato un nuovo studente!- concluse il primo.
Ryan socchiuse gli occhi, fingendo di dormire, e tese le orecchie. L’argomento gli interessava perché stavano parlando di lui.
“Ti prego, fa che non lo sappia già tutta la scuola!”, pregò silenziosamente.
-Ma dai! E chi è?- chiese un ragazzo alto.
-Uno delle superiori. Pare abbia fatto perdere la testa alle ragazze.- continuò il primo.
“Sono rovinato!”, pensò tra sé Ryan.
-Benissimo! Prima Mark e ora lui!- sbottò un terzo.
-Ma questo pare sia straniero ed è pure un genio!- proseguì sempre il primo. –E’ entrato con gli esami d’ammissione.
-Caspita! Ma allora siamo spacciati! Dimmi che quelle delle medie non lo sanno!- lo pregò il ragazzo alto.
Ryan si protese in avanti, tendendo ogni muscolo del suo corpo.
-Non penso tarderanno.
“No, no! Per favore!”, supplicò tra sé. L’idea gli metteva i brividi.
-Meno male. Comunque all’uscita fammelo vedere!
-Sicuro. Ora andiamo, sta suonando la campanella.
Si rialzarono e si avviarono alla porta, chiudendosela poi alle spalle.   
Quando il rumore dei loro passi si fu allontanato, Ryan tornò normale.
-La scuola è un inferno. Ecco perché non volevo tornarci!- sbottò riavviandosi i capelli quasi con rabbia.
Raccolse il cellulare, su cui si era accoccolato e si apprestò a scendere a sua volta.

  Stessa scuola, seconda superiore.
Lezione di letteratura.
-Che strazio!- sussurrò Strawberry rigirandosi la matita tra le mani. Odiava letteratura, anzi odiava tutte le materie complicate. Si accasciò sul banco tentando di espellere la voce del professore dalla propria testa, ma non ci riuscì.
-Strawberry… smettila o il professore si arrabbierà!- l’avvertì sottovoce Megan. La rossa si voltò a fissarla con sguardo assonnato ed annuì lentamente.
I minuti trascorrevano lentamente e Strawberry fece passare la noiosa lezione pensando a Mark, che avrebbe visto all’uscita da scuola. Quello era l’unico vantaggio per cui trovarsi lì, secondo lei.
-Bene, ragazzi… direi che come primo giorno di lezione possa bastare.- concluse il professore riordinando i propri appunti sulla cattedra. Strawberry diede in un sonoro sbadiglio e si apprestò a preparare la cartella. –Arrivederci.- salutò l’uomo, i ragazzi fecero l’inchino e ognuno andò per la propria strada.
-Finalmente è finita! Il primo giorno è un trauma!- brontolò Mimi, stiracchiandosi. Le altre due annuirono. –Andiamo a prenderci un gelato?
-Volentieri!- annuì allegra Megan.
Strawberry però scosse la testa, abbattuta.
-Non posso, devo andare a lavorare. Scusatemi.- dovette rifiutare. –Più ci penso e più mi convinco che la mia vita è un inferno a causa di Ryan!
Mimi e Megan scossero la testa, divertite dal comportamento dell’amica.
Erano quasi arrivate al cancello principale quando videro un folto gruppetto di ragazze tutte assieme, che parlavano fitto fitto.
-Ehi, cosa starà succedendo?- chiese Strawberry a nessuno in particolare.
-Stanno aspettando il nuovo studente.- la informò una ragazza di terza media.
-Il nuovo studente?- ripetè dubbiosa lei. L’altra annuì.
-Si tratta di un ragazzo di quinta superiore, dicono sia uno straniero e un genio.- le spiegò sinteticamente.
“Un genio?” pensò tra sé Strawberry.
-E come si chiama? Ehi, aspetta!- ma la ragazza era già andata ad unirsi alle altre ragazze.
Poco dopo un ragazzo in sella ad una Honda Fireblade CBR 1000 RR rossa uscì di tutta fretta dal cancello, seguito dalle grida di visibilio delle ragazze.
Strawberry non riuscì a riconoscerlo perché aveva il casco.
Il pensiero del nuovo studente la tormentò per tutto il tragitto fino al caffè.
“Chi sarà mai? Ha detto che è un genio!” rimuginò mentre attraversava il giardino per entrare dalla porta sul retro come suo solito. “Devo scoprire chi è… anche perché sono curiosa.” Si ripromise. Aprì la porta ed entrò di soppiatto.
Stranamente non trovò Ryan ad attenderla.

-Ciao Strawberry.- la salutò allegro Kyle. La ragazza ricambiò il saluto con un cenno del capo. –Qualcosa non va?- le chiese poi, vedendola pensierosa.
-Come?- fece lei riscuotendosi. –Oh, no. È solo che oggi a scuola c’è stato un po’ di scompiglio.- si affrettò a rispondere.
-Come mai?- le chiese interessato il ragazzo. Nel mentre continuò ad amalgamare la crema per una torta millefoglie.
-Un nuovo studente.- buttò lì lei. Per poco Kyle non lasciò cadere la scodella con tutto il contenuto. –Kyle, che ti prende?- chiese vedendolo agitarsi.
-No, niente. Mi è solo scivolata la presa. Stavi dicendo?- la invitò a proseguire.
-Be’, è arrivato questo nuovo studente e sembra sia già diventato popolare tra le ragazze delle superiori… da noi alle medie, però, la voce non è ancora arrivata.- spiegò.
-Be’ dev’essere un tipo interessante per riscuotere tutto questo successo.- osservò Kyle. “E bravo Ryan… l’ho detto che sei cambiato!” Pensò sorridendo.
-Non lo so.- ammise delusa Strawberry. Il ragazzo alzò lo sguardo dal proprio lavoro.
-Non lo hai visto?- nella voce di Kyle si poteva intuire una nota d’agitazione.
-No, è fuggito in sella ad una moto rossa.- disse scuotendo la testa.
-Capisco. Avrai altre occasioni per incontrarlo.- “Spero vivamente siano poche.” Si augurò silenziosamente.
Annuendo leggermente insoddisfatta, Strawberry si andò a cambiare nei camerini.
-Ragazze, eccomi!- salutò quando entrò nel grande salone. Le compagne la salutarono con cenni del capo. –Cosa posso fare?
-Portare i piatti.- le rispose immediatamente Mina, come solito seduta a sorseggiare il suo the. –E muoviti!- le ingiunse portandosi la tazzina alle labbra.
Strawberry si irritò, ma fece come le aveva chiesto Mina. Tornò verso la cucina, accompagnata da Pam.
-Oggi c’è molta gente.- disse la modella.
-Già. E Mina non muove un dito!- brontolò Strawberry.
-Sai com’è fatta. Comunque, oggi è ricominciata la scuola, com’è andata?- le chiese ridacchiando.
-Le lezioni sono state una barba, in compenso c’è un nuovo studente!- rispose esilarata. L’idea di un nuovo iscritto alla sua scuola le metteva addosso una strana agitazione.
-Ehi, ti vedo agitata… non sarà colpa di questo fantomatico studente?- indagò Pam.
-Sì e no… non saprei. Mi ha incuriosito il fatto che sia già diventato popolare tra le ragazze, ma più di ogni altro cosa ho saputo che è un genio. E di geni io conosco Ryan. Voglio vedere se è come lui.- ammise, spalancando le ante della porta.
-Non lo hai incontrato?- chiese l’altra. –Kyle, devo prendere questi?- chiese poi, indicando alcuni piatti davanti a sè. Kyle annuì, chinato davanti al forno.
Strawberry afferrò a sua volta delle coppe di gelato ed uscirono.
-No, non ancora.- rispose infine. –Penso sarà difficile.
-Perché?- volle sapere Pam.
-Perché è già assediato dalle fan e data la mia esperienza con Mark ti posso dire che sarà difficile.- rivelò leggermente abbattuta.
-Be’, prova ad osservarlo in questi giorni per capire quali sono le sue abitudini e i suoi orari… magari così riuscirai a fare la sua conoscenza.- le propose l’amica.
-Ci proverò. Grazie.- la ringraziò. Le due si divisero per andare a servire tavoli diversi.

-Ragazze, cominciate a portare il conto a chi è rimasto. Stiamo per chiudere.- annunciò Kyle. Le cinque amiche esultarono e si precipitarono a riscuotere i soldi: in questo la più esperta era Pam, sembrava un capomafia che va a riscuotere il pizzo.
-Ecco.- Strawberry porse i soldi a Kyle, che li ripose assieme agli altri nella cassaforte. –Scusa, Kyle… dov’è Ryan?- chiese d’un tratto ricordandosi di non aver visto il ragazzo per tutto il tempo.
Kyle chiuse la cassaforte.
-E’ di sopra, penso stia lavorando su alcuni dati. Gli ho detto che poteva lavorare anche nel sotterraneo… ma non mi ha voluto ascoltare.- le rispose. Afferrò uno straccio e si mise a pulire il tavolo della cucina, mentre le altre s’affaccendavano per far uscire gli ultimi clienti e chiudere il caffè. –Ora che ci penso non ha mangiato nulla… Strawberry, potresti portagli questa?- le chiese porgendole un piatto con una fetta di torta.
Lei guardò il piatto pensierosa.
-Sei sicuro che non sia troppa?- gli chiese dubbiosa. –Ryan non mangia molto.- gli ricordò. Come se non lo sapesse!
-Proprio per questo!- rispose divertito Kyle. –Voglio che mangi di più o un giorno diventerà trasparente. Su, ora vai.
Strawberry non se lo fece ripetere due volte e prese a salire al piano superiore.
La scala era illuminata dalla luce del sole, che stava iniziando a tramontare. La ragazza salì attentamente ogni scalino per non rovesciare il piatto ed infine giunse davanti alla stanza di Ryan. Sperò vivamente di trovarlo impegnato in qualcosa che non fosse ammirare il cielo senza maglietta.
Bussò discretamente alcune volte.
Silenzio. Non ricevette alcuna risposta.
Facendosi coraggio, entrò.
Aprì lentamente la porta e venne abbagliata dalla forte luce che s’abbatteva contro i muri.
-Ryan?- chiamò titubante.
Richiuse dietro di sé la porta. Quando si voltò non ci mise molto a trovare il ragazzo.
Era appoggiato alla scrivania del computer, il cui schermo acceso rivelava dati cifrati, ed indossava una camicia bianca e un paio di bermuda.
  Stava dormendo.
Strawberry gli si avvicinò lentamente per non svegliarlo.
Posò sulla scrivania il piatto e rimase un attimo ad osservarlo. Istintivamente le venne da sorridere: non sapeva spiegarsi come Ryan potesse essere contemporaneamente affidabile e pratico come un adulto ed indifeso come un bambino.
Gli accarezzò distrattamente i capelli prima di avviarsi verso la porta.
Stava per uscire quando la voce del ragazzo la raggiunse.
-Grazie.- mormorò socchiudendo gli occhi. Subito dopo ripiombò nel sonno.
-Di niente.- rispose lei prima di uscire e ritornare in cucina.  

-Kyle, potresti dirmi a cosa sta lavorando Ryan?- chiese curiosa non appena ebbe richiuso la porta ad ante della cucina.
Il ragazzo continuò a pulire la cucina, indaffarato come sempre, ma le rispose ugualmente.
-Sta lavorando per trovare il punto debole degli alieni e penso tenga sotto controllo anche i dati relativi all’ambiente di Tokyo. Insomma, quello che fa di solito.- rispose chinandosi a pulire il forno.
-Veramente di solito il principale impegno di Ryan è rendermi la vita impossibile! Il che è tutto dire!- lo corresse, riordinando i piatti lavati.
Per un po’ rimasero in silenzio, fino a che Lory, ultima rimasta, non li salutò ed uscì.
-Adesso non c’è più nessuno. A cosa sta lavorando, in realtà?- richiese Strawberry.
Kyle si finse tranquillo, ma in verità sentiva l’agitazione premere. Deglutì un paio di volte prima di rispondere, non fidandosi a parlare.
-Abbiamo scoperto un nuovo alleato degli alieni.- rivelò voltandosi a fronteggiarla.
-Un nuovo nemico?- ripetè incredula lei. Kyle fu costretto ad annuire.
-Dobbiamo scoprire chi è, come si muove, quanto è potente e come sconfiggerlo.- disse serio. –E’ da circa una settimana che Ryan ci sta lavorando, da quando lo abbiamo scoperto.- precisò.
Strawberry chinò il capo, pensierosa.
“C’è un nuovo nemico. Accidenti! Come faremo a sconfiggerlo se nemmeno lo conosciamo?” si domandò.
-Posso esservi d’aiuto?- chiese speranzosa. Kyle ne fu stupito, di solito brontolava sempre quando c’era da combattere.
-No… è meglio che per ora lasci fare a noi.- rifiutò gentilmente lui.
-Capisco.- fece scoraggiata.
-Mi raccomando: non dire nulla alle altre! Ora va’ a casa, è tardi!- e detto ciò la salutò, tornando al suo lavoro.

-Strawberry non deve saperlo, vero?- esordì Ryan. Era ormai mezz’ora che la ragazza se n’era andata.
-Ryan! Per l’amor del cielo, mi hai spaventato!- esclamò l’amico, voltandosi di scatto.
-Allora? Non dovevamo tenerlo segreto fino a quando non ne avremmo saputo di più?- disse entrando nel cono di luce proiettato dal lampadario della cucina.
-Non le ho rivelato nulla… le ho solo accennato ad un nuovo nemico.- si difese Kyle.
-Capisco… in questo caso è come se mi avessi creato una copertura per quando dovrò rientrare tardi. Grazie.- realizzò d’un tratto mettendo a nudo i piani dell’amico.
-Non ti si può nascondere nulla, eh?- scherzò Kyle.
-Esattamente. Ricordi? Io sono un genio!- gli rammentò. –Ora, visto che è ora di cena, che ne diresti di cucinare qualcosa? D’altronde me lo devi, sto lavorando in incognito in un luogo che detesto!- disse apparecchiando la tavola.
-Perché, ti implica così tanto sforzo fare il lavoro che ti concerne alla tua età? Ti pesa fare lo studente? Non è da te, Ryan!- lo canzonò, mettendosi a cucinare.
-Se vuoi facciamo cambio, così dovrai sorbirti tu tutte quelle ragazze esaltate!- gli propose.
-No. Mi basta avere le ragazze e tu non sei da meno, devo sempre ricordarti di mangiare! Diventerai un fantasma di questo passo!- lo rimbrottò mettendo a cuocere due bistecche.
-Kyle, lo sai che sto lavorando! Non ho tempo per mangiare, mi basta un pasto ogni tanto e comunque anche quando ero piccolo, pur abbuffandomi, rimanevo magro.- gli ricordò.
-Vero. Va bene, ora mangiamo.- ed impiattò la cena.

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Capitolo 2
*** Cap. 1 Mai un attimo di pace ***


Cap. 1 Mai un attimo di pace
Ecco un nuovo capitolo!
Ryan deve destreggiarsi con la scuola, la copertura, le ricerche ed il Cafè... ma ovviamente non può essere tutto rose e fiori!
Buona lettura! :)


Cap. 1 Mai un attimo di pace


  Erano ormai passati due mesi da quando Ryan aveva iniziato la scuola, ossia aveva intrapreso il suo “lavoro in incognito”.
Fino a quel momento tutto era filato liscio: Strawberry non lo aveva scoperto, gli alieni avevano attaccato poche volte, faceva progressi riguardo al vampiro e lo studio era una passeggiata (anche se le compagne rimanevano un grosso problema).
-Va tutto troppo bene!- commentò scendendo le scale, una mattina di novembre. Arrivò in cucina e salutò Kyle che, come al solito, era già indaffaratissimo. –‘Giorno.
-Ben svegliato.- fece raggiante lui. –Hai scoperto nulla di nuovo?
-Nulla. Ho lavorato fino a mezzanotte, ma i dati non mi hanno rivelato nulla di nuovo.- rispose leggermente avvilito. –E oggi ho pure il compito in classe. Sono distrutto!- si lamentò stiracchiandosi.
-Come sei polemico! Comunque siediti e mangia!- e detto ciò gli mise davanti un’abbondante colazione. Ryan prese a mangiarla senza fare storie e in men che non si dica la finì tutta.
-Ottima!- si complimentò. –E non dire che non mangio.- aggiunse prima di afferrare la cartella e uscire.
Per fortuna, pur essendo andato a letto abbastanza tardi, si era svegliato in orario.
Prese come solito la moto e si avviò a scuola, anche se ne avrebbe fatto volentieri a meno.

  Quando arrivò trovò come al solito un folto gruppo di ragazze che lo aspettavano. La stessa storia tutte le mattine, ormai da un mese e mezzo.
-Che strazio!- disse fra sé, legando la ruota della moto. Afferrò la cartella e si avviò lungo il viale invaso da miriadi di foglie rosse e gialle.
-Buongiorno, Ryan!- lo salutarono in coro le ragazze.
Ryan finse di non essere infastidito da tutto quel vociare e dal loro comportamento e rispose cortesemente.
-Buongiorno, ragazze.- salutò passando oltre. Ogni volta bastava quella semplice frase per mandarle in estasi, robe da non credere! si diceva sempre.
Era quasi arrivato all’atrio, quando sentì altre voci femminili levarsi alte. Incuriosito andò a dare un’occhiata.
Le voci lo portarono in palestra e lì, oltre ad una quantità incredibile di ragazze, vide Mark allenarsi. Lo degnò di uno sguardo prima di allontanarsi.
“Cosa ci troveranno in lui? Comunque finché non mi infastidiscono e pensano a Mark, per me va bene.”, pensò ritornando verso l’atrio.
In quel momento però arrivarono, tutte accaldate, Strawberry e le sue due amiche. Fulmineamente Ryan si nascose.
“Per un pelo, c’è mancato poco che si accorgessero di me!”, realizzò tentando di trovare una scappatoia. Alzò lo sguardo e si accorse di essere all’ombra di un albero, proprio sotto la finestra della sua aula. “Perfetto.”, sorrise.
Spiccò un balzo felino, si aggrappò al ramo più basso e si issò con agilità. Poi diede la scalata anche agli altri rami, saltando da una parte all’altra come se fosse trasformato nella sua forma animale, Art.
Poco dopo si ritrovò in aula, comodamente seduto. “Salvo.”
Nell’arco di cinque minuti tutti i suoi compagni entrarono in classe e con loro il professore.
  Le lezioni passarono rapidamente come sempre, il test si rivelò solo noioso e tutt’altro che difficile e così arrivò il pomeriggio.

“Oggi è venerdì. Strawberry ha il pomeriggio come me”, ragionò, facendosi tornare alla mente l’orario. “Però oggi ho le pulizie, quindi la copertura non salta…”, concluse.
Andò a prendere il secchio e con l’aiuto di altri ragazzi si mise a pulire l’aula. Non impiegarono molto, anche perché Ryan era abituato a pulire al Cafè.
Dopo essersi salutati, ognuno andò per la propria strada.
Ryan recuperò la moto e tornò a casa.
La lasciò in garage e si apprestò ad entrare dalla porta di servizio.
“Speriamo bene.”, si augurò. Guardò dentro, circospetto e poco dopo entrò.
Salì rapidamente le scale e si chiuse in camera per cambiarsi in pace. Tirò fuori un maglione nero dall’armadio e un paio di pantaloni bianchi, li indossò alla svelta e nascose la cartella dietro il letto, una precauzione che aveva adottato da quando Strawberry l’aveva quasi sorpreso mentre svolgeva i compiti, entrando senza bussare.
-E questa è fatta.- si disse, rimettendo al suo posto il mobile. In quel momento un venticello fresco entrò dalla finestra semiaperta e gli scompigliò i capelli, facendolo rabbrividire. –Inizia a far freddo!
Chiuse la finestra e rimase ad ammirare il sole tramontare mentre le prime stelle iniziavano a punteggiare il cielo.
Con un sospiro si avviò alla porta e dopo un’ultima occhiata, uscì chiudendola.
-Sono tornato. Ciao, Kyle.- disse quando entrò in cucina. L’amico alzò lo sguardo da una scodella piena di cioccolata e gli sorrise.
-Ben tornato.- rispose.
-Cosa stai preparando?- s’informò Ryan avvicinandosi.
-Cioccolata.
-Uhm, fa’ assaggiare! Mi ci vuole un po’ di cioccolata dopo la giornataccia che ho avuto oggi!
-Eh no! Prima raccontami che cos’hai scoperto!- gli ordinò scostando la scodella dalla portata del biondo.
-Uffa! Una volta tanto che voglio mangiare!- brontolò quasi fosse un bambino piccolo. Poi, vedendo lo sguardo di Kyle, decise di accontentarlo. –Il compito in classe non era difficile anzi e per quanto riguarda le ricerche ho ristretto leggermente il numero dei candidati. Ora posso avere la cioccolata?
-No! Prima va’ ad aiutare e poi quando avremo chiuso potrai averne un po’. Devi contribuire pure tu!- fu la risposta di Kyle, che lo cacciò senza tante gentilezze fuori dalla cucina.
Ryan, arresosi, si diresse verso l’enorme salone pieno di tavolini.
Non appena vi mise piede fu investito dal clamore delle numerose clienti.
“Perché mi tocca fare anche il cameriere?”, pensò lanciando occhiate qual è là. Passato il momento d’indecisione fece segno alle ragazze di portargli i piatti, i bicchieri vuoti e così cominciò ad andare avanti e indietro dalla cucina.
-Ryan! Vieni ad aiutarmi!- lo chiamò d’un tratto Strawberry. Lui la raggiunse quasi immediatamente, anche se con molta calma. –Sbrigati!- sbottò lei.
-Guarda che qui io sono il proprietario. Sono io che do gli ordini!- le ricordò arrivando al tavolo. Le lanciò una mezza occhiata torva e afferrò i piatti e i bicchieri vuoti, mentre la ragazza consegnava il conto. –E non stare a chiacchierare coi clienti!- la rimproverò mentre si allontanava.
Strawberry represse un urlo di stizza e tornò ad occuparsi del resto delle clienti, costringendosi a sorridere.
Ogni volta che incrociava lo sguardo di Ryan tra loro sprizzavano scintille, cosa che ben notarono le altre.
-Ragazze, non vi sembra che oggi quei due siano un po’ intrattabili?- osservò Lory mentre si riposavano un attimo approfittando di un momento di quiete.
-No. A me sembra che sia tutto come al solito.- replicò quasi disinteressata Mina.
-Invece a me Strawberry sembra nervosa!- intervenne Paddy, arrivando dalla cucina. Lory e Mina si voltarono. –Che c’è? Che ho detto di male?- chiese facendosi piccola piccola.
-Cosa intendi per “nervosa”?- chiese Mina.
-Non saprei… direi che sta rispondendo a più provocazioni del solito, intendo da parte di Ryan.- spiegò anche se non molto convinta.
-Forse è vero. Però anche Ryan è molto nervoso… penso che in questi giorni lui e Kyle stiano lavorando molto, ma, d’altronde, è naturale.- esordì Pam, fino a quel momento silenziosa.
-Tu credi?- fece Mina osservando i due ragazzi fissarsi in cagnesco per l’ennesima volta.
-Sì e, considerati i loro caratteri, mi stupirei se non esplodessero prima della chiusura.- concluse e detto ciò si avviò a prendere le ordinazioni. Però, prima di allontanarsi definitivamente, si voltò e lanciò uno sguardo furtivo ad un gruppo di ragazze delle superiori sedute ad un tavolo poco lontano. –Può darsi che siano quelle ragazze a rendere nervoso Ryan. Lo osservano da un po’.-  e detto questo se ne andò, lasciandole pensierose.
Allora spostarono lo sguardo al tavolo indicato da Pam e rimasero un attimo ad osservare pensierose le ragazze che lo occupavano. In effetti si voltavano spesso e lanciavano sguardi furtivi a Ryan.
-Mi sa che Pam ha fatto centro.- rivelò alla fine Paddy.
Si fissarono un attimo in silenzio, prima di tornare al lavoro.

  Arrivò l’orario di chiusura e tutto si svolse secondo la solita routine.
Le ragazze, dopo aver chiuso il locale ai clienti, si avviarono chiacchierando verso i corridoi.
Ryan andò in cucina. Stava ribollendo.
-Kyle, posso avere la cioccolata?- chiese con voce minacciosa apparendo sulla porta.
-Uhm… fammi pensare… no!- si rifiutò l’amico. Ryan quasi gli saltò addosso, nervoso come non mai. –E dai! Scherzavo! Tieni!- si affrettò a dire e gli porse la scodella ed un cucchiaio.
Il biondo immerse il cucchiaio nella cioccolata rimasta e mandò giù la prima cucchiaiata, calmandosi.
-Grazie. Non ne potevo più!- disse lasciando il nervosismo sbollire.
-Ti vedo agitato.- considerò Kyle con tono divertito.
-Agitato? Vorrai dire prossimo alla pazzia! Strawberry non ha fatto altro che tormentarmi!- sbottò continuando a pulire la scodella dalla cioccolata. –Meno male che ci sei tu… e la tua cioccolata! E per fortuna che domani non c’è scuola!
-Spiritoso! Comunque quella cioccolata non è tutta per te, altrimenti ti avrei consegnato solo la scodella.- gli fece notare. Ryan si bloccò col cucchiaio a mezz’aria.
-Sarebbe?
-Sarebbe a dire che una parte è per Strawberry, che è arrivata prima di te.
-Cosa?!
-Non prendertela con me! E comunque quella è la sola cioccolata che posso prepararvi perché sono finiti gli ingredienti.
-Capisco.- disse d’un tratto Ryan posando la scodella. –Allora può tenersela.
Fece per uscire dalla cucina quando gli si parò davanti proprio Strawberry. I due rimasero a fissarsi in silenzio.
-Spostati.- disse lei e passò oltre senza tante cerimonie. Ryan la guardò per un attimo, tra il divertito e l’irritato. Non appena la ragazza guardò dentro la terrina avvampò di rabbia. –RYAN!- urlò con quanto fiato aveva in gola.
Il ragazzo fu veloce a defilarsi, ma non troppo.
La rossa fece dietro front, lo seguì veloce come un gatto e l’agguantò per le scale. Il ragazzo aveva appena iniziato a salire i primi scalini quando si sentì tirare per il collo del maglione, che quasi lo strozzò.
Solo quando rischiò di soffocare Strawberry lo lasciò andare.
-Ma sei impazzita?!- le urlò in faccia. Lei lo guardò truce.
-Hai mangiato la cioccolata.- fu la piatta risposta.
-E con questo? Avevo fame.- replicò lui incrociando le braccia.
-Ah sì? Ma sai che non ti spettava?
“Quant’è infantile! Non so nemmeno perché sto litigando con lei.” Pensò Ryan prima di rispondere. –Non c’era scritto sopra il tuo nome.
Lei s’infuriò ancora di più.
-Ryan è stata una giornata faticosa e sono stanca. La cioccolata mi spettava!- strepitò. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Intanto le ragazze, uscendo dai camerini, si misero ad osservare.
-Ecco, stanno litigando.- sussurrò Mina. Le altre annuirono.
-E’ stata una giornata faticosa?! Be’ non credere di essere l’unica ad aver avuto una giornata stressante! Non sei la sola che lavora in questo posto!!- replicò infuriato Ryan. E detto questo si avviò senza una parola su per le scale, nero di rabbia. Le ragazze e Strawberry lo seguirono fino in cima con lo sguardo e sentirono la porta sbattere sonoramente.
-Mi sa che l’ha fatto arrabbiare.- constatò Paddy.
-Adesso sarà dura farli riappacificare.- rilevò Lory preoccupata. –Ehi, Strawberry perché avete litigato?- chiese rivolgendosi all’amica.
-Non credevo mi rispondesse così.- disse flebilmente lei non avendo udito l’amica. –Mi sa che si è arrabbiato sul serio.
-Mi pare ovvio. Col carattere che ti ritrovi!- le disse Mina. Dopo quello che le aveva detto si aspettava una reazione, ma la rossa non ribattè nulla. –Ehi, che ti prende?- fece incredula.
-L’ho fatta grossa.- continuò Strawberry con lo sguardo perso sulla porta in cima alle scale.
-Se domani ti rivolgerà la parola potrai ritenerti fortunata!- la punzecchiò ancora Mina. Questa volta Strawberry sentì tutto. Si girò di scatto e la fulminò con lo sguardo.
-Aveva torto!- strepitò prima di uscire dal retro, sbattendo anche lei la porta.
-Adesso la riconosco.- commentò Mina un po’ spaesata.
-L’hai fatta arrabbiare ancora di più.- la rimproverò Lory.
-E allora? Una sempliciotta come lei dimentica in fretta… spero.
Al che si misero tutte a ridere ed uscirono, salutando Kyle.

Strawberry stava marciando attraverso il giardino quando d’un tratto si fermò.
“Questa volta ho esagerato.”, pensò tra sé fissando l’erba sotto i propri piedi. “Me la sono presa per una stupidaggine e Ryan… be’ lui l’ha affrontata come sempre. E poi… ho detto quella frase e lui si è infuriato.”, rialzò lo sguardo e fissò il cielo, che incominciava a rosseggiare. “Kyle mi aveva detto che in questo periodo Ryan sta lavorando molto a causa del nuovo nemico… e io l’ho trattato così. Anche per lui dev’essere dura, magari fa anche le ore piccole.”
Si voltò e fissò la finestra della camera del ragazzo. “Ho deciso: andrò a scusarmi, anche a costo di rimanere al caffè tutta la notte! E poi, domani è domenica.” Decise e tornò dentro.
Non appena richiuse la porta sentì il silenzio del locale investirla come un’ondata d’acqua fredda.
-Kyle!- chiamò avviandosi in cucina.
-Strawberry? Che fai ancora qui?- le chiese stupito Kyle.
-Stanotte posso rimanere?- chiese torcendosi un ciuffetto di capelli.
-Perché?- Kyle sapeva già la risposta, ma volle che fosse lei a dirglielo.
-Voglio scusarmi con Ryan. E se per farlo dovrò rimanere qui tutta la notte, allora lo farò.- dichiarò decisa.
-Capisco. Per me non ci sono problemi. Puoi restare- acconsentì infine. Vado a prepararti il letto nella stanza di là- disse indicando il muro dietro di sé.
-Grazie. E… ehm, hai qualcosa da mangiare?- chiese un po’ imbarazzata. Proprio in quel momento il suo stomaco lanciò gorgoglii di protesta.
-Certo, accomodati.- prese un piatto con una fetta di torta e glielo porse sorridente. –Io sono di là. Ah, devo dirlo a Ryan?- s’informò prima d’uscire.
-Uhm, meglio di no… proverò più tardi ad andare a parlargli.
-Come vuoi.
Strawberry finì la torta e poi pensò al da farsi.
Non si sarebbe arresa per nulla al mondo, a costo di rimanere al caffè tutta la notte e su questo non si transigeva, però… come avrebbe fatto a far pace con quel testardo di Ryan? Era una bella gatta da pelare!
Rimase per molto tempo pensierosa, col viso appoggiato al tavolo e le braccia penzoloni.
-Ho deciso!- scattò d’un tratto. –Proverò a bussare e poi spero che mi ascolterà.
Prima che la sua decisione vacillasse si avviò verso la stanza di Ryan, in cima alle scale.
Ormai erano le dieci e mezza passate.
Mentre saliva non si accorse di essere fissata da Kyle, che da un angolo buio stava osservando lo svolgersi dei fatti.

  D’un tratto, però, Strawberry si ricordò di non aver informato a casa della sua decisione. Estrasse il telefonino dalla tasca dei pantaloni, scrisse un breve sms di spiegazione e lo inviò, sperando che sua madre non si sarebbe posta troppe domande.
Salì i pochi scalini che le mancavano e si fermò davanti alla porta chiusa. Chinò il capo, tentando di racimolare coraggio. Sicuramente, pensò, non sarebbe stata un’impresa facile riappacificarsi con Ryan.
Anzi, era quasi un’impresa suicida da come la vedeva lei.
Decise comunque di tentare.
Bussò una volta sola, quasi avesse paura che la porta si trasformasse in una bocca e le mangiasse la mano. Non ricevette risposta. Allora, preso il coraggio a due mani, bussò più forte.
La voce di Ryan la raggiunse dall’interno:-Kyle, sei tu? Sto lavorando, cosa c’è?
Strawberry deglutì e non rispose.
Allora si sentì rumore di passi e la maniglia della porta si abbassò.
L’alta figura del ragazzo si stagliò davanti a lei, incorniciata da un bagliore azzurrastro. Subito, il biondo la guardò con astio.
Strawberry si decise a parlare, ma il ragazzo le sbattè la porta in faccia senza nemmeno una parola. Le parole le morirono in gola. Chinò il capo, ma subito dopo la rabbia prese il sopravvento.
-Ryan! Insomma, apri questa porta!- urlò, tempestando la porta di pugni.
Silenzio.
-Apri la porta!- s’avventò ancora sul battente.
Ancora silenzio.
-Apri…!- ma il resto della frase le morì in gola.
Ryan aveva aperto la porta e la fissava nuovamente con la stessa espressione furiosa.
-Smettila di disturbarmi, sto lavorando. Vattene a casa.- le disse gelido, prima di richiudere nuovamente la porta con un colpo.
  Questa volta la ragazza si diede per vinta e scese al piano inferiore. Quando fu ai piedi delle scale una lacrima le rigò la guancia, luccicando nel buio. Sconsolata si sedette ad uno dei tavolini del salone e si mise ad osservare la luna da una delle finestre a cuore.
“Mi ha freddata con poche parole. E io non sono nemmeno capace di dirgliene quattro!” realizzò, umiliata. “E’ meglio tornare a casa.”
Si rialzò e fece per avviarsi verso la porta sul retro, quando il suo orgoglio sconfitto tornò a farsi risentire.
-No, non posso!- disse a mezza voce. –Se me ne vado ora, lui l’avrà vinta!
Si fermò seduta stante e si diresse in cucina.
Prese un bicchiere dalla credenza, lo riempì di latte e lo ingollò in un sorso.
Dissetata e con la mente lucida andò a recuperare una coperta nella stanzetta con il letto e si sedette ai piedi delle scale, sul primo scalino.
  Si pose la coperta sulle spalle, appoggiò il capo sulle ginocchia ed aspettò.
Aspettò per tre ore… quattro… poi perse il conto cadendo in un dormiveglia pullulato di strane apparizioni.
Saranno state le tre di notte quando Strawberry riaprì gli occhi, ancora imbottita di sonno. Si guardò un attimo attorno, non riconoscendo il posto, poi tutto le tornò in mente.
“Devo essermi addormentata”, realizzò alzandosi a fatica e stiracchiandosi. Lanciò una rapida occhiata al lucernario sopra la porta: era ancora notte.
Per svegliarsi decise di andare a bere ancora un bicchiere di latte.

  Intanto nella stanza di Ryan, il ragazzo stava ricontrollando per l’ennesima volta dei dati che non quadravano. Ad un tratto smise di battere sulla tastiera e si appoggiò pesantemente contro lo schienale della sedia. Si riavviò i capelli prima di darsi una stiracchiata, quasi fosse un gatto appena svegliatosi dal pisolino.
-Con la pancia piena ragionerò meglio.- si disse. Salvò l’ultima volta il documento prima di alzarsi ed uscire.
Fuori dalla sua stanza tutto era silenzio. Prese a scendere le scale senza produrre il minimo rumore: non si era curato nemmeno di mettersi le ciabatte.
Gli venne da sbadigliare a causa dell’ora tarda e si diede una scrollata per scacciare la sonnolenza.
Si diresse in cucina, spalancò la porta ad ante simile a quella dei saloon ed accese la luce.
Improvvisamente si ritrovò davanti Strawberry, intenta a bere un bicchiere di latte.
Appena lo vide, lei si immobilizzò.
Ryan rimase impassibile.
-Cosa fai ancora qui?- le chiese rimanendo sulla soglia.
-Io… volevo parlarti…- rispose debolmente Strawberry.
-Parlarmi o aggredirmi?- la guardò, scettico. La ragazza sentì che la situazione stava sfuggendo al suo controllo. –Allora?- Ryan voleva una risposta.
-Ecco… io…- iniziò lei avvicinandosi al tavolo per appoggiare il bicchiere.
All’improvviso la testa prese a girarle e si ritrovò catapultata in avanti senza una spiegazione: finì contro il tavolo, sbattendo sullo spigolo e cadde a terra portando con sé il bicchiere, che si ruppe in mille pezzi.
La caduta la lasciò stordita e si sentì pervadere da una strana stanchezza.
Ryan, che aveva assistito alla scena, si precipitò da lei, aggirando il tavolo.
-Strawberry!- la chiamò chinandosi per sollevarla da terra. –Stai bene?
Lei lo guardò confusa, sbattendo più volte le palpebre. Il ragazzo era chino su di lei con un’espressione preoccupata. Provò a guardarsi intorno, ma vide tutto un po’ sfuocato.
-Sto… sto bene.. credo.- disse alla fine con un filo di voce. A quelle parole Ryan si sentì sollevato. Cautamente l’aiutò ad alzarsi, non fidandosi a staccarsi da lei. –Che cos’è successo?
-Hai avuto un colpo di sonno.- le disse Ryan. Strawberry avvertì un cambiamento nella sua voce: non era più arrabbiato o in quel momento si era dimenticato di esserlo. –Sei sicura di stare bene… non hai nulla di rotto?- s’informò ancora premurosamente.
-Credo che mi verrà… un bel livido nella pancia lì dove ho sbattuto, ma per il resto direi che sto bene.- rispose sedendosi su di una sedia.
Quando alzò la mano destra per riavviarsi i capelli e la trovò sporca di sangue le venne quasi da piangere, anche se non ce n’era motivo.
-Fa vedere.- Ryan le prese la mano e la osservò con occhio clinico. –Non è nulla, solo una ferita di striscio provocata dai pezzi di vetro.- le disse dopo qualche secondo di attenta osservazione. Si rialzò, facendo attenzione a non calpestare i vetri, e andò a recuperare la valigetta del pronto soccorso. Tornò a chinarsi accanto alla rossa, le disinfettò il taglio e vi mise  un cerotto.                              
-Ecco. Ora sei a posto.- disse lasciando la presa sulla sua mano. Fatto ciò si chinò a raccogliere i vetri, prestando attenzione a non tagliarsi le mani. –Comunque… cosa fai ancora qui?- chiese dopo averli raccolti tutti.
Strawberry alzò lo sguardo dalla propria mano.
-Volevo… voglio scusarmi. Oggi mi sono comportata ingiustamente con te senza considerare che in questo periodo stai lavorando molto.- ammise avendo ritrovato il coraggio.
Ryan buttò i vetri e si voltò ad osservarla. Rimase per un po’ in silenzio, scrutandola coi suoi occhi azzurri.
-Accetto le tue scuse.- le disse alla fine. La ragazza si sentì liberata da un peso. –E… scusami anche tu.- aggiunse dopo un attimo d’esitazione. Non era sua abitudine scusarsi, ma non per questo non pronunciava mai quelle semplici parole, soprattutto con Strawberry e Kyle.
All’udirlo lei ebbe un sussulto.
-Che c’è? Ti stupisce tanto?- le chiese accigliandosi.
Lei scosse la testa.
-Però… ecco, io vorrei aiutarvi.- ammise torcendosi le mani. –Solo… tu mi lasci sempre all’oscuro di quello che ti passa per la testa, delle ricerche… insomma di tutto!- disse e, non riuscendo a trattenersi, prese a piangere.
-Ehi… non piangere.- Ryan le si avvicinò. Quando Strawberry si metteva a piangere non riusciva a trattenersi dal consolarla e anche quella volta fu lo stesso. –Non devi.- le disse carezzandole i capelli.
-Mi dispiace.- sussurrò tra le lacrime prima di gettarsi tra le sue braccia. Il ragazzo, colto alla sprovvista, rimase un attimo interdetto, poi però l’avvolse in un abbraccio rassicurante continuando ad accarezzarle i capelli.
Cullata dalle parole di Ryan, col viso affondato nella sua spalla, Strawberry si addormentò.
Si risvegliò un’ora più tardi, ancora avvolta nell’abbraccio del ragazzo. Lui non stava dormendo, anzi sembrava che qualcosa lo turbasse.
-Uhm… Ryan… che ore sono?- fece lei intontita. Il ragazzo abbassò lo sguardo su di lei.
-Le quattro.- rispose semplicemente. Strawberry lo fissò confusa. –Perché mi fissi?- chiese poi, accorgendosi dello sguardo della ragazza.
-Niente, solo… come mai sei così pensieroso?- chiese.
-Stavo cercando di far tornare alcuni dati che non sono corretti…- fu la vaga risposta. La ragazza ci rimuginò un attimo su, poi decise di lasciar perdere dato che quello non era il suo campo di competenza. –Visto che sei sveglia, potresti alzarti?- le chiese rompendo il silenzio che era calato tra loro.
-C-come…?- Strawberry lo guardò interrogativa.
-Hai praticamente dormito sulle mie ginocchia!- le fece notare conducendole lo sguardo. Solo in quel momento lei si rese conto di aver dormito un’ora a stretto contatto con Ryan e la cosa la mise molto in imbarazzo.
-Scusami!- disse, affrettandosi a scostarsi. Era diventata rossa come i suoi capelli.  
Ryan si alzò, sbuffando perché gli si erano indolenzite le gambe.
-Non fa niente.- disse stiracchiandosi. –Basta che non diventi un’abitudine perché lo sai che non mi piacciono le moine.- le ricordò. –Ora va’ a dormire.
Già, si era completamente dimenticata che erano le quattro della mattina e aveva un sonno pazzesco.
Strawberry si avviò verso la porta senza protestare, ma quando vide che Ryan non la stava seguendo si fermò e gli chiese:-Tu non vai a dormire?
Ryan alzò lo sguardo. –No. Ho una cosa da fare.
-Posso aiutarti?- Strawberry si fece curiosa e in un attimo tutta la sonnolenza svanì. Il ragazzo, vedendo il suo interessamento, si fece guardingo.
-Non credo sia possibile.- disse con uno sbadiglio. La rossa incrociò le braccia.
-Perché?
-Perché non sai cucinare.
-Cucinare? Perché mai dovresti cucinare a quest’ora?
-Domani è il compleanno di Kyle.- ammise Ryan. Aprì la credenza e ne estrasse alcune scodelle. –Voglio preparargli una torta.
-Una torta? Tu?- fece scettica lei. Lui si voltò fulminandola.
-Credi che non ne sia capace?- la sfidò.
-Ne sono sicura.- affermò Strawberry, sfoggiando un sorrisetto compiaciuto.
-Vedrai. Ora va’ a letto, se no domani Kyle romperà perché tu avrai le occhiaie… e sarà colpa mia.- la liquidò con un gesto veloce della mano e terminò di estrarre gli strumenti che gli servivano.
-Eh, no, caro il mio Ryan!- la ragazza non voleva saperne di andare a letto. Non voleva perdersi per nulla al mondo quello spettacolo raro. –Io rimango qui.- e detto questo si accomodò su una sedia vicina al tavolo.
-Fai come ti pare.- le lanciò un’occhiata di sottecchi, continuando a sfogliare il libro di cucina dell’amico alla ricerca di una torta adatta. –Ma non intralciarmi.
Strawberry fece spallucce e non parlò più, limitandosi ad osservarlo.
Il ragazzo prese il grembiule dal gancio e stava quasi per indossarlo quando si ricordò di non aver spento il computer. Quindi lo buttò sul tavolo e filò di sopra, con grande stupore di Strawberry.
Poco dopo eccolo ricomparire in cucina tutto trafelato.
-Sei andato a correre la mille miglia?- chiese sarcastica lei.
-Spiritosa.- rimandò lui. Afferrò il grembiule e lo indossò. Prese due uova dal cartone e avvicinò la scodella. –Ora al lavoro.
-Il grembiule ti sta bene… dovresti fare lo chef.- quanto si divertiva a provocarlo, solo lei lo sapeva. Ryan però non ribattè nulla e ruppe le uova, aggiungendovi poi gli altri ingredienti.
-Non farmi arrabbiare. Sto crollando dal sonno e voglio finire al più presto.- la zittì. La ragazza alzò gli occhi al soffitto e non disse più nulla.
Il biondo prese ad amalgamare con energia la crema che si era creata. Strawberry l’osservava in silenzio. Lui continuava ad aggiungere componenti o a controllare il libro.
-Ora la sfoglia.- Ryan cercò nella dispensa i fogli di pastasfoglia per fare la millefoglie.   
-Vediamo se la crema è buona.- Strawberry si allungò verso la scodella, immerse un dito nella crema e se lo portò alla bocca. La sua espressione mutò da diffidente a stupita, incredula. –Squisita. Come ci sei riuscito?
Fece per prenderne altra, ma Ryan le rubò la scodella. Il suo sguardo assomigliava al ghigno di un cane da caccia, ma stava solo abbaiando non voleva mordere.
-Giù le mani.- ordinò poggiando il suo tesoro fuori dalla portata della ragazza.
-Ancora un po’!- lo supplicò lei.
Ryan sorrise, vittorioso:-Hai detto che non so cucinare. Quindi ora guarda senza poter mangiare.
-Ti pregooo!- tentò ancora lei.
-Uffa! Va bene, potrai pulire la scodella, contenta?- acconsentì infine.
-Grazie!
Il ragazzo tornò a concentrarsi sulla torta e finì di sistemare i vari strati. Alla fine prese dal frigo un’altra scodella con dentro il cioccolato rimasto quel pomeriggio.
-Posso scrivere io?- chiese d’un tratto Strawberry. Era incredibile come si entusiasmasse con poco. Ryan alzò lo sguardo dalla sua opera culinaria per osservarla stranito.
-Se proprio ci tieni.- si scostò per lasciarle il posto. Lei si strofinò le mani contenta, afferrando la siringa in cui il ragazzo aveva messo il cioccolato.
Strawberry si mise in posizione davanti alla torta e iniziò a guarnirla. Aveva appena iniziato che già il suo lavoro risultava un disastro. Allora Ryan decise d’intervenire per non rovinare mezz’ora di fatica.
-Sei proprio impedita! Guarda… così.- le prese le mani, lasciandole tenere lo strumento e prese a guidare i suoi movimenti. –Con calma…- sussurrò addolcendo il tono di voce mentre scrivevano il nome di Kyle.
-Wow!- esclamò la rossa a lavoro finito. La torta era un capolavoro e il merito, impossibile a crederci, era tutto di Ryan. –Mi devo ricredere: sei un cuoco fantastico, non come Kyle, ma fantastico!
Lui scosse la testa come per dire che quello che aveva detto era scontato o risaputo.
-Adesso mettiamola in frigo.- afferrò il vassoio e lo ripose dietro i dolci di Kyle, nascondendolo alla sua vista.
Strawberry intanto afferrò la scodella con la crema e prese a raccoglierla col dito. La guardò con sguardo famelico prima di leccarla via. Continuò ancora fino a ripulire mezza scodella, poi però le venne un’idea.
Non appena Ryan si girò, dopo aver chiuso il frigorifero, lo aggredì. Senza dargli il tempo di reagire gli sporcò il naso con la crema.
-Ehi! Che combini!?- esclamò affrettandosi ad afferrare la scodella col cioccolato rimasto. –Vuoi la guerra?- disse vedendo la ragazza avanzare col dito ricoperto di crema.
-Vediamo se riesci a vincere!- lo sfidò Strawberry fiondandosi in avanti. Ryan la schivò e lei finì distesa sul tavolo, la scodella ancora tra le mani. –Ehi! Non vale!- protestò. Il ragazzo infatti le aveva disegnato dei baffi sulle guance con la cioccolata.
-In guerra tutto è lecito.- le ricordò. Sorrise divertito e le rubò la scodella dalle mani. –Adesso tutte le armi sono in mano mia.- esultò aggirando il tavolo e allontanandosi dal raggio d’azione della ragazza.
-Vedrai!- Strawberry afferrò la siringa, in cui era rimasto ancora del cioccolato. La impugnò come fosse un fucile e fece fuoco. Mancò il bersaglio di un metro abbondante e il cioccolato finì ad imbrattare il muro. –Ops!
Ryan si voltò per osservare il disastro: quella distrazione gli costò cara. La rossa, infatti, aggirò il tavolo e gli si parò davanti. Fece pressione sulla siringa e gli imbrattò tutti i capelli.
-Strawberry!- urlò lui. Prese la crema con due dita e le segnò le braccia. Poi depose le due scodelle e prese ad inseguirla attorno al tavolo di legno, chiazzato da macchie di farina, uova, cioccolato e crema.
Salendo sul tavolo e scendendo dall’altra parte Ryan bloccò la ragazza. Con sguardo indemoniato le sottrasse la sua arma e le rese pan per focaccia: le spalmò tutto il cioccolato sui capelli, imbrattandoli fino alle punte.
-Questa me la paghi!- Strawberry cercò di scartare di lato, ma lui la bloccò. Cercò allora di passare sotto il tavolo, ma Ryan l’afferrò per il polso e la rimise in piedi. Per ultimo tentò di allungarsi sul tavolo per afferrare le scodelle, ma il biondo la trattenne. Lei allora lo spintonò all’indietro e lo costrinse a retrocedere.
Le mancava poco alle scodelle e al pacco di farina, che prima avevano ignorato. Prontamente Ryan la bloccò. Iniziarono una specie di lotta all’ultimo sangue: Strawberry cercava di arrivare alle scodelle e al pacchetto mentre Ryan voleva impedirglielo. D’un tratto il tavolo si sollevò di lato per il troppo peso e i due, sbilanciandosi, caddero portandosi dietro la crema, il cioccolato e la farina.
Si alzò una nube bianca che si spanse per tutta la cucina, ostruendo la visuale. Quando la farina si dissolse rivelò Strawberry e Ryan a terra, tutti imbrattati. Si guardarono straniti per poi mettersi a ridere dei loro volti tutti impiastricciati.
-Abbiamo combinato un bel guaio.- disse il ragazzo guardandosi attorno. Tutto il pavimento attorno al tavolo era sporco e così il tavolo stesso e alcune parti di muro (merito di Strawberry). Si rialzò spolverando via la farina dai pantaloni e poi fece rialzare anche Strawberry. –Dovremo pulire.- disse mettendole in mano una scopa.
Lei non protestò e si mise ad ammucchiare la farina. Ryan invece sollevò le scodelle e recuperò i vari strumenti da cucina. Poi prese un panno bagnato e prese a pulire il tavolo.

  Sei e trequarti, mancava poco all’alba.
Strawberry e Ryan si sedettero per terra per riprendere fiato. Avevano appena finito di pulire la cucina, che ora brillava come uno specchio.
-Direi che ora è perfetta.- commentò il biondo pulendosi il viso dalla farina rimasta.
Strawberry annuì, tirando un sospiro.
-Io sto morendo di sonno.- sbadigliò Ryan.
-Anche io. Però non vorrei aggirarmi così conciata per il caffè.- disse guardandosi i vestiti.
-Già… sarà meglio farsi una doccia.- convenne lui.
-Dovrei avere dei vestiti di ricambio.- Strawberry si alzò ed uscì correndo dalla cucina. Ryan la seguì, sbadigliando dal sonno. –Ecco.- ricomparve subito dopo con in mano i vestiti in questione. –Però… come faccio a lavarmi? La doccia dei camerini è rotta, me l’ha detto Kyle.
Ryan sbuffò alla sola idea di farla entrare ancora in camera sua. –L’unica alternativa è usare il mio bagno, perché non credo che Kyle sarebbe contento di vederti a quest’ora così conciata in camera sua, anzi non sarebbe contento di vederti in camera sua e basta.- disse.
Subito Strawberry arrossì al pensiero di come avrebbe potuto sgridarla Kyle se l’avesse beccata sporca di farina e quant’altro, però l’idea di dover fare la doccia nel bagno di Ryan la metteva ancora più a disagio.
-Su, andiamo.- Ryan le fece segno di seguirlo e la condusse su per le scale. –Muoviti!- la esortò vedendola ferma sui primi scalini. Strawberry si riscosse e si affrettò a raggiungerlo.
-Questa è la prima volta che entro nella tua camera col tuo permesso.- disse quando si trovarono davanti alla porta della stanza.
-Esatto. E senza il mio permesso non toccherai nulla.- la minacciò lui.
-Va bene…- annuì lei.   
Lentamente Ryan aprì la porta della camera e la fece entrare. Dentro era completamente buio. Il ragazzo abbassò l’interruttore della luce e in un istante la stanza si presentò a Strawberry in tutta la sua semplicità: un letto, una scrivania ed un computer all’avanguardia.
-Siediti lì e non ti muovere.- il biondo le indicò il letto prima di scomparire nel bagno annesso alla camera. Strawberry obbedì e si sedette con cautela.
Prese subito a guardarsi intorno perché anche se ormai conosceva a memoria la camera di Ryan le metteva sempre una certa soggezione entrarvi. Forse perché era proprio la sua camera… Scacciò quel pensiero dalla testa e si concentrò sul cielo fuori dalla finestra: l’orizzonte era attraversato da una strisciata bianca, segno che stava per albeggiare.
Si stiracchiò, sbadigliando assonnata. D’un tratto il suo sguardo e la sua curiosità furono attratti da una cornice posta sopra la testiera del letto. Fece per allungare la mano e prenderla quando Ryan ricomparve nella stanza. Strawberry si affrettò a ritornare immobile.
-Ecco. Gli asciugamani sono già pronti.- disse. –Puoi andare a fare la doccia.
La rossa si alzò e lentamente, quasi camminasse sulle punte, raggiunse la porta aperta del bagno. Sentiva lo sguardo del ragazzo sulla pelle, ma lui si limitò ad osservarla entrare e a richiudere la porta.
Scuotendo la testa raggiunse il letto, si chinò ed aprì uno dei due cassetti sottostanti. Ne estrasse un paio di pantaloni lunghi e una maglia a maniche lunghe di cotone nera.

  Intanto Strawberry aprì il flusso dell’acqua e il suo corpo venne invaso da una piacevole sensazione di calore. Sentì i muscoli rilassarsi.
-Ah! Mi ci voleva proprio una bella doccia calda.- disse rimanendo sotto il getto d’acqua. Si sciolse le codine e si bagnò i capelli ancora impastati di crema, cioccolato e farina. Lentamente lo sporcò defluì via e si alleggerirono. –Ryan, qual è lo shampoo?- chiese alzando la voce per farsi sentire dal ragazzo.
-Il flacone azzurro.- rispose lui non smettendo di digitare sulla tastiera. Aveva riacceso il computer e si era messo nuovamente a lavorare. Doveva assolutamente far quadrare quei maledetti conti o la sua ricerca sul vampiro non avrebbe avuto futuro. –Vedi di non finirlo tutto!
Strawberry fece una smorfia e si insaponò i capelli con cura. D’un tratto il profumo dello shampoo la inebriò, stordendola. “Questo… è il profumo di Ryan…” si rese conto. Senza volerlo sorrise e continuò a lavarsi.

-Uffa… ma quanto ci mette?- sbuffò Ryan abbandonandosi contro lo schienale della sedia. –Strawberry hai finito?!- le urlò.
In quel momento la porta del bagno si aprì e ne uscì la ragazza. –Sì, sì ho finito.- sbottò strofinandosi i capelli appena asciugati. –Non urlare così o Kyle ti sentirà.
Il biondo la guardò di sottecchi prima di prendere le proprie cose e avviarsi verso il bagno.
-Non toccare niente.- ribadì prima di chiudersi la porta alle spalle.
-Chi si crede di essere?- sbuffò Strawberry sedendosi sul letto. Si guardò intorno in cerca di qualcosa d’interessante e il suo sguardo fu attratto dal computer, che Ryan non aveva spento, ma solo messo in stand by.
Si avvicinò per dare una sbirciata.
Da principio non riuscì a decifrare le numerose cifre e scritte che scorrevano sullo schermo, ma d’un tratto scorse una parola che la lasciò perplessa: vampiro. “Cosa? Vampiro…? Perché mai Ryan sta facendo una ricerca su un vampiro?” si chiese. Prese il mouse e cercò di entrare nella cartella dati, ma il computer la bloccò ed iniziò ad emettere un suono fastidioso.
-Strawberry ti avevo detto di non toccare nulla! Computer compreso!- la voce del ragazzo risuonò chiara e distinta dal bagno, riuscendo a superare persino il rumore dell’acqua.
Subito la ragazza ritirò la mano e sospirando rassegnata tornò a sedersi sul letto. Lanciò una breve occhiata fuori dalla finestra e si rese conto che stava albeggiando: i primi raggi del sole colpivano rasenti le chiome degli alberi. Sbadigliando si appoggiò al davanzale per ammirare lo spettacolo, almeno si sarebbe distratta per un po’ e non avrebbe pensato a quanto fosse stanca.
“Uhm… che sonno, quasi quasi mi stendo…”, pensò allontanandosi dalla finestra. Si lasciò cadere sul comodo materasso del letto di Ryan e fece per distendersi, quando la sua attenzione fu nuovamente attirata dalla cornice sulla testiera del letto. Allungò la mano e l’afferrò delicatamente, temendo di poterla rompere.
Osservandola attentamente capì subito chi ritraeva: nella foto erano ritratti Ryan da piccolo, i suoi genitori, Kyle e Daisuke, il cane del ragazzo, morto come i coniugi Shirogane nell’incendio della loro casa.
Inspiegabilmente un moto di tristezza l’avvolse.
“Com’era piccolo Ryan…”, pensò osservando la figura del ragazzo. “Sembrava un angioletto con quegli occhioni azzurri… tutto il contrario di adesso!”, sorrise ripensando alle loro litigate. “Sua mamma era davvero bella… capisco da chi abbia preso, anche se non lo ammetterò mai… suo padre, invece, aveva proprio l’aria di un abile scienziato; erano proprio una bella coppia. E Kyle…”, rise sommessamente osservandolo. “Era molto giovane qui… sembra quasi una ragazza, però il sorriso è lo stesso di adesso.”
Si portò le gambe al petto e sistemò la foto sulle proprie ginocchia per osservarla meglio.
“Certo dev’essere stato orribile per Ryan vedere la casa in fiamme e la propria madre gettarvisi per accompagnare il marito nella morte… capisco che lo amasse, ma perché lasciare solo il figlio di soli dieci anni…?”, sentì il naso pizzicarle e, senza il suo volere, una lacrima bagnò il vetro della cornice.
-Cosa? Sto piangendo?- Strawberry si raddrizzò, asciugandosi le lacrime. “Uhm… ho bagnato il vetro…”, lo asciugò con un lembo della maglia che fungeva da pigiama.
Rimase a fissare il piccolo oggetto che teneva tra le mani, pensierosa.
“Mi torna in mente quello che mi ha raccontato Kyle. E’ così triste tutto quello che gli è successo… così… triste… talmente….”, ripensando a quello che gli aveva detto l’amico cadde nell’incoscienza e finì con l’addormentarsi distesa sul letto, la foto ancora tra le mani.
Fu così che la trovò Ryan, uscendo dalla doccia. Si stava strofinando i capelli ancora leggermente bagnati quando si accorse di lei.
“Si è addormentata?”, si avvicinò per constatare la cosa. Strawberry dormiva pacificamente, le gambe strette vicino al petto e un timido sorriso sulle labbra. Il sole ormai sorto le illuminava il viso, ma sembrava non darle fastidio. “Meglio portarla a letto”.
Andò ad aprire la porta della camera, tornò al letto e le tolse la foto dalle mani, rimettendola al suo posto. Poi la sollevò delicatamente, senza svegliarla ed uscì. Non fu un problema portarla fino al suo letto nella piccola stanza degli ospiti al piano di sotto. Durante il tragitto, però, Strawberry parlò nel sonno:-Ah… Mark… quant’è bello Mark…!- disse sorridendo.
Ryan scosse la testa leggermente seccato.
Abbassò la maniglia della porta col gomito ed entrò. Anche senza la luce sapeva come orientarsi, tant’è che il sole illuminava già metà della stanza. La depose sul letto, coprendola e fece per andarsene quando la rossa parlò di nuovo.
Ma questa volta le parole che pronunciò stupirono il ragazzo.
-Ryan… l’incendio… scappa…!- gemette rigirandosi nel letto. –Tua mamma… com’era bella… le assomigli…- queste ultime parole lo misero in imbarazzo. Si affrettò ad uscire e a richiudersi la porta alle spalle.

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Capitolo 3
*** Cap. 2 Incontri improvvisi ***


Cap. 2 Incontri improvvisi Vi dico solo che ne vedremo delle belle xD
Buona lettura!



Cap. 2 Incontri improvvisi


  Negli ultimi giorni la convivenza con Strawberry si era fatta ardua perché lei voleva avere informazioni sul progetto a cui stavano lavorando ed insisteva per sapere come mai stesse cercando informazioni sui vampiri.
-Non sono cose che ti riguardano!- le disse per l’ennesima volta Ryan, un martedì pomeriggio.
-Ma uffa! Voglio saperlo!- protestò lei.
-No!- fu la secca risposta del ragazzo.
-Perché?- piagnucolò la rossa.
-Non sono questioni di tua competenza.- tagliò corto lui. Detto questo si allontanò senza nemmeno voltarsi una volta.
Strawberry lo fissò allontanarsi rassegnata e poi riprese a lavorare.

“Uffa! Kyle non vuole dirmi nulla… Ryan non si sbottona nemmeno a pagarlo… come posso fare?”, si domandò mentre lavava il pavimento della sala da tè. Immerse con un gesto svogliato lo spazzolone nel secchio e continuò a lavare. “Vorrà dire che mi distrarrò cercando di capire chi è il nuovo arrivato.” , stabilì.
Strizzò nuovamente lo straccio e riprese a pulire.
“Allora… so che è un genio, che alla mattina viene a scuola con una moto da rossa, poi… uhm, mi hanno detto che è biondo… però, che strano mi sembra di conoscerlo già.”, ragionò mentre si rivestiva per tornare a casa. “Chi sarà?”
Sempre sotto pensiero uscì dal camerino e si avviò lungo il corridoio. In quel momento Ryan uscì dalla cantina e si scontrarono.
-Ehi, stai attenta!- la rimproverò. Lei lo guardò in cagnesco. –Hai finito di lavorare?
-Sì.- rispose sgarbatamente. –Me ne sto andando via.- aggiunse, sorpassandolo.
-Allora a domani… e ricordati di fare i compiti.- la prese in giro lui.
-Cosa?- Strawberry si voltò per dirgliene quattro, ma il ragazzo era già scomparso. Fece spallucce e si avviò alla porta. –Ciao Kyle!- salutò uscendo.
-Ciao, Strawberry!- le rispose il ragazzo dalla cucina.
“Che sia Ryan?!”, d’un tratto ebbe un lampo di genio. Si fermò in mezzo alla strada per riflettere sulla possibilità che il nuovo arrivato fosse lui: in effetti la moto, le sue capacità mentali e il colore dei capelli corrispondevano, ma…
“Impossibile! Ryan non frequenta la scuola da quando aveva dieci anni!”, Strawberry si diede della sciocca per aver formulato quell’ipotesi assurda. Continuò a camminare a testa bassa fino a casa, ragionando per tutto il tragitto su chi potesse essere quel ragazzo che lei non era ancora riuscita a vedere in faccia.
-Ciao, sono tornata.- si annunciò, entrando. Appoggiò la cartella vicino agli scalini d’ingresso e si tolse le scarpe, indossando le ciabatte.
-Ciao piccola!- la salutò suo padre. –Vieni a mangiare, che è pronto.

-Ahhhhh! Sono in ritardo!!!- urlò Strawberry cadendo dal letto. Gettò la sveglia da qualche parte e prese a rovistare in cerca della divisa. –Uffa! Ma perché alla mattina è sempre così?- sbuffò, annodandosi il fiocco rosso appuntato sulla giacca grigia.
-Mamma!- chiamò, incespicando lungo le scale mentre cercava di fare il fiocco ai nastri per capelli. –La cartella!- entrò in cucina, afferrò una fetta di pane con miele e prese la cartellina dalle mani di sua madre.
-Strawberry!- la rimproverò lei. Ogni mattina era la stessa storia.
-Ciao, mamma. Ci vediamo più tardi!- urlò uscendo di gran fretta.
Non appena la porta si fu richiusa, in casa scese un silenzio quasi celestiale. Sakura sospirò e tornò alle proprie faccende.
Strawberry si mise a correre come tutte le mattine. Non aveva ancora trovato un modo per svegliarsi in orario e forse non lo avrebbe trovato mai: dormire le piaceva troppo e poi, da quando era diventata una MewMew, la cosa era peggiorata. Scartò un gatto spuntato all’improvviso in mezzo alla strada e si fermò al semaforo rosso. Quando scattò il verde ripartì veloce come una centometrista.
Quando arrivò a scuola la campanella aveva già dato inizio alle lezioni giornaliere.
-Oh, no! Devo sbrigarmi.- accelerò la corsa e si fiondò dentro l’edificio. Si cambiò le scarpe, salì le scale ed irruppe in aula a tempo di record.
Il professore la guardò seccato prima di farla entrare. –Sei in ritardo, Strawberry.- le fece notare, scrutandola da dietro le lenti degli occhiali.
-Sì, mi scusi professore.- la rossa s’inchinò numerose volte, chiedendo perdono. Alla fine si accomodò, stanca e ansimante, al proprio posto.
Trascorsero le ore di lezione (sempre molto lentamente come al solito) ed arrivò l’intervallo.
-Mimi, Megan, voi sapete qualcosa del nuovo studente della quinta A?- chiese, gustando il panino che sua mamma le aveva amorevolmente preparato.
Le ragazze la guardarono un attimo confuse prima di rispondere:-Cosa vorresti sapere? Tu hai già Mark!
-Sì, è vero… ma la mia curiosità mi impone di scoprire chi è.- si giustificò. Le due sospirarono rassegnate.
-Va bene. Allora…- iniziò Mimi. –Hanno detto che ha vissuto in America fino a quando non si è trasferito in Giappone a inizio semestre. Suo padre è un ricercatore e sua madre fa la casalinga… poi, ah, è un genio, parla correttamente… uhm, quante erano? Sette lingue e…- ma venne interrotta da un gruppo di ragazze di prima superiore che stavano parlando a loro volta del ragazzo.
-Hai sentito? Il nuovo ragazzo si è classificato primo negli esami preliminari. È il più intelligente di tutta la prefettura, ha superato perfino Mark!- disse eccitata una ragazza dai lunghi capelli neri.
Strawberry e le altre tesero le orecchie.
-Mi sa tanto che Mark deve stare attento o si vedrà rubare tutte le ammiratrici!- ridacchiò un’altra giovane del gruppo. –Io faccio già parte del fan club di Shirogane.- annunciò vistosamente compiaciuta.  
Strawberry, dapprima indignata per come stavano parlando del suo adorato Mark, fu di colpo fulminata dalle ultime parole della ragazza. “Ha detto Shirogane?! Non è possibile… deve essere un altro…”, pensò confusa. Non poteva credere veramente che Ryan si fosse iscritto nella sua scuola e per fare cosa, poi?
-Ragazze, avete visto quant’è bello?- enfatizzò un’altra componente, una bionda piuttosto bassettina. –Sembra quasi un modello. E poi è gentilissimo…
Strawberry scosse la testa, sicura di essersi sbagliata. “No, non può essere Ryan perché lui non è affatto gentile!”, pensò sicura.
-E poi quella fascia rossa che porta al collo ha un qualcosa di misterioso… per me nasconde un tatuaggio.- continuò la ragazza di prima.
-Uhm, non lo credo tipo da tatuaggi.- smentì la mora.
-Comunque gli dona molto.- replicò la bionda.
-Vero.- confermarono le altre due prima di allontanarsi tutte insieme.  
Strawberry e compagne rimasero a fissarle finchè non scomparvero.
-Avete sentito?- la rossa era confusa.
-Sì.- annuirono Mimi e Megan.
-Sapete una cosa? Vi sembrerà strano, ma mentre ne parlavano mi è venuto in mente Ryan.- ammise Strawberry.
-Cosa? Ryan?- le fece eco Megan.
-Sì… soprattutto per il fatto della fascia.- annuì la ragazza.
-Perché Ryan dovrebbe essere qui a scuola? Se non sbaglio hai detto che non frequenta.- rammentò Mimi.
-Infatti… qui devo vederci chiaro.- fece pensierosa. –Su, ora andiamo. Le lezioni stanno per ricominciare.- le esortò avviandosi già verso la loro classe. “Devo scoprire chi è il nuovo arrivato della quinta A!”, decise.

  Ultima ora della mattinata, mezz’ora al suono della campana.
“Oggi mi sento inquieto.”, pensò Ryan osservando il cielo fuori dalla finestra. Il professore stava spiegando come creare un software di elaborazione dati per il computer, ma dato che lui sapeva già come crearne uno avanzato non stava minimamente ascoltando. Fece vagare lo sguardo tra le nuvole bianche, che si rincorrevano nel cielo come bambini intenti a giocare.
-Shirogane.- lo chiamò ad un tratto il professore.
Il ragazzo distolse lo sguardo per concentrarlo sul proprio insegnante, un uomo con un principio di calvizie e le zampe di gallina agli occhi. Assunse l’espressione più accondiscendente che gli riuscì ed aspettò che l’altro facesse la sua richiesta.  
-Potresti portare questi documenti al professor Ibata? Penso che in questa ora stia insegnando  in seconda H.- fece la sua richiesta con il sorriso sulle labbra e gli occhi che gli brillavano. Dal primo giorno tutti, professori compresi, lo avevano trattato coi guanti bianchi e la cosa per Ryan era inconcepibile. Perché doveva essere trattato come qualcuno di superiore quando lui voleva essere come gli altri? O perlomeno doveva cercare di esserlo anche se un quoziente intellettivo di 180 non aiutava.
-Sì, professore.- il biondo si alzò e prese la cartellina che gli veniva porta.
-Fai con calma… tanto qui ne avrò ancora per molto con questi zucconi.- aggiunse a bassa voce. Ryan annuì in silenzio ed uscì dalla classe.
Scosse la testa, divertito da come gli si era rivolto l’uomo. Poi si avviò verso l’edificio accanto, che ospitava i primi anni delle superiori.
Lanciò un breve sguardo al cielo e si accorse che si era rannuvolato e l’addensarsi così veloce delle nuvole prometteva solo pioggia.
“Strano: fino a poco fa splendeva il sole. Qui c’è qualcosa che non va… sento come una scarica elettrica addosso.”, lanciò uno sguardo torvo ai cumulonembi grevi d’acqua e scese le scale che lo introdussero nell’edificio. “Dopo aver portato questi documenti andrò a dare un’occhiata.”,  decise, osservando pensieroso la cartellina.
  Alzò lo sguardo in cerca della classe che gli serviva. Non ci mise molto, tant’è che vi giungeva uno strano chiacchiericcio e quindi fu facile riconoscerla.
Bussò discretamente alla porta due volte e attese che gli dessero il permesso di entrare. Aprì e si inchinò davanti al professor Ibata, gesto che venne ricambiato dal giovane professore. D’un tratto attorno a sé Ryan non avvertì più il mormorio concitato di poco prima: tutta la classe si era misteriosamente azzittita.
“Uffa! È sempre la stessa storia! Che seccatura.”, pensò irritato, avvicinandosi alla cattedra e consegnando la cartellina.
Dietro di sé sentiva i bisbigli affrettati delle ragazzine. Decise di non badarci.
-Grazie. Puoi andare, Shirogane.- disse il professor Ibata. Ryan fece un ultimo cenno col capo prima di uscire. Subito dopo tutte le ragazze della classe si precipitarono alle finestre che davano sul corridoio per sbirciare quel ragazzo di cui si parlava tanto.
“Ora andiamo a controllare.”, svoltato l’angolo controllò che in giro per i corridoi non ci fosse nessuno. Si avvicinò ad una finestra, l’aprì e balzò fuori divenendo un gatto. Non appena fu atterrato sulle quattro zampe, ai piedi di un albero, sentì nitido il rombo di un tuono. Fu così fastidioso per lui che dovette abbassare le orecchie, ora più sensibili di quelle umane.
“Qui fra poco cadrà acqua a catinelle.”, realizzò fiutando l’aria.
Rimase qualche altro secondo a fissare il cielo poi decise di rientrare. Si arrampicò sull’albero dal quale era sceso e ritornò dentro. Si spazzolò i pantaloni della divisa e si avviò verso la propria aula, dato che tra pochi minuti sarebbe suonata la campanella.
Quando aprì la porta del laboratorio d’informatica il professore era ancora intento a spiegare il procedimento per la creazione del file.
-Il professor Ibata ha detto di ringraziarla.- disse rimanendo sull’uscio. L’uomo alzò lo sguardo verso Ryan e lo ringraziò. –Ehm, professore non sarebbe ora di smettere? Tra pochi minuti suonerà la campana.- suggerì afferrando la propria cartellina.
-Come?- il professore guardò l’orologio. Poi stupito disse:-Già. Il tempo è volato. Ragazzi spegnete i computer e preparate…- ma la sua voce fu sovrastata dal suono acuto della campanella, che annunciava la tanto agognata fine delle lezioni.
Tutti i ragazzi si precipitarono fuori dall’aula senza più badare al professore, che rimase dietro la cattedra con espressione alquanto ebete.
-Professore non si preoccupi, mi occupo io di spegnere i computer.- lo rassicurò Ryan.
L’uomo lo guardò ancora shockato. –Uhm… sì, grazie Shirogane. A domani.
Ed uscì lasciando solo il biondo. “Pover’uomo. Ormai dovrebbe andare in pensione, non è più in grado di insegnare.”, pensò seguendolo con lo sguardo.  
Si affrettò a spegnere i pc come detto, poi abbassò l’interruttore principale uscendo dall’aula.
Nella scuola non c’erano quasi più alunni, solo alcuni ritardatari fermatisi a chiacchierare.
Ryan li ignorò e continuò per la propria strada. Imboccò le scale per scendere al piano inferiore quando sentì delle voci provenire dal corridoio alla sua destra. Dapprima non se ne curò e continuò a camminare, ma quelle si avvicinavano sempre più. D’un tratto, mentre scendeva un’altra rampa di scale sentì un tonfo. Alzò lo sguardo e vide alcune ragazze intente a cercare qualcosa con frenesia. Aggrottò le sopracciglia, non capendo cosa stessero combinando quelle ragazzine (erano dei primi anni delle superiori, come ben intuì Ryan) e continuò a scendere gli scalini.
  Non l’avesse mai fatto!
Quando arrivò al livello del pianerottolo della rampa soprastante sentì un leggero tintinnio, poi il rumore di qualcosa che urtava contro il parapetto e nuovamente molte voci di ragazze, che dal tono sembravano infuriate. Pensando che non fossero cose di sua competenza e che quelle ragazzine avrebbero fatto meglio ad andare a casa a fare i compiti, ignorò il tutto e proseguì, passando sotto al pianerottolo.
 
  Strawberry si addossò ancora di più al parapetto. Quelle ragazze le facevano una paura tremenda. Erano delle fan sfegatate di Mark e quando l’avevano vista dargli un bacio a fior di labbra erano esplose di gelosia e avevano iniziato a rincorrerla. Lei aveva cercato in tutti i modi di seminarle, anche usando i poteri da MewMew, ma loro si erano praticamente moltiplicate e avevano continuato il loro inseguimento. Ad un certo punto una di loro era riuscita ad afferrarla per la caviglia e lei era caduta rovinosamente al suolo. Era riuscita a rialzarsi, ma era stata bloccata poco dopo tra le ragazza e il parapetto. Non sapeva cosa fare quando d’un tratto le venne un’idea.
“Potrei scavalcare il parapetto ed atterrare sulle rampe di sotto! Certo, che stupida a non averci pensato!”, si disse.
  E così fece.
Scavalcò con un balzo il piccolo muretto e si lasciò cadere. Purtroppo per lei in quel momento stava passando qualcuno su quella rampa e lei gli finì dritta addosso.

  Ryan vide una ragazza comparire dal nulla. Colto alla sprovvista, non riuscì ad evitarla e quella gli finì addosso. I due rotolarono per i pochi scalini che mancavano alla fine della rampa e rimasero a terra, leggermente doloranti.
-Ahia! Ma sei matta a buttarti giù dal pianerottolo delle scale?!- l’aggredì, massaggiandosi la schiena.
-Scusa…. Scusami tanto!- farfugliò imbarazzata Strawberry. Non si era ancora resa conto di chi avesse investito e poi l’imbarazzo per essergli caduta addosso era ancora troppo.
-Alzati, sei pesante!- sbottò il ragazzo.
Subito la ragazza si rialzò in piedi, non avendo ancora riconosciuto la voce di lui. Si massaggiò il fondoschiena e controllò che non ci fosse nulla di rotto. Quando ebbe appurato di essere ancora intera spostò lo sguardo sul ragazzo che aveva accidentalmente investito e che ora era in piedi davanti a lei.
  Non lo avesse mai fatto!
Era alto, capelli biondi come l’oro, un po’ scompigliati a causa della caduta e due bellissimi occhi azzurro cielo così profondi che ci si poteva perdere in essi e… e realizzò che era Ryan.
-Ryan?!- esclamò stupita. –Cosa fai qui?
Il ragazzo, sentendo pronunciare il proprio nome, alzò il capo e smise di controllarsi il gomito, dove si poteva intravedere un leggero graffio.
-Strawberry?!- fece a sua volta, sbalordito.
-Cosa fai qui?- ripetè la rossa.
Come glielo diceva adesso?
Vedi Strawberry, abbiamo scoperto che qui a scuola da te c’è un vampiro e Kyle mi ha mandato ad investigare? No, non poteva, assolutamente. Avrebbe compromesso l’intera operazione, ma ormai il danno era fatto, tanto valeva raccontarle la verità.
“No… niente verità.”, decise di provare lo stesso a defilarsi con una scusa.
-Ho deciso di tornare a frequentare la scuola. Non si era capito?- rispose con tono ironico. “Speriamo che se la beva!”, si augurò con tutto se stesso.
-Perché proprio nella mia scuola? Potevi scegliertene un’altra!- protestò lei. Ryan tirò un sospiro di sollievo, pensando di essere riuscito ad ingannarla.
-Be’, mi piaceva la divisa.- disse spazzolando via lo sporco dalla camicia. “In realtà odio vestirmi così.”, pensò.
Strawberry lo guardò scettica. –Non è che mi stai pedinando?
-Figurati se pedino una ragazzina come te!- replicò, fingendosi offeso dalle sue parole. “Veramente ti sto proteggendo…”.
Lei gonfiò le guance come un criceto e voltò il capo da un’altra parte.
Nel discutere i due non si erano accorti della piccola folla che si era raggruppata attorno a loro. Quando Ryan se ne rese conto prese Strawberry per un braccio e la portò via senza troppe cerimonie, con grande protesta delle ragazze che volevano ammirare ancora quello splendido ragazzo.
-Ryan, mollami!- ordinò la rossa, cercando di liberarsi della sua presa.
-Scusa, ma quelle ragazzine iniziavano a darmi sui nervi.- si giustificò, lanciando uno sguardo nella direzione da cui erano venuti.
-Non vorrai farmi credere che sei tu il nuovo arrivato del terzo anno, vero?!- esclamò incredula. Lui si voltò a fissarla con quei suoi occhi così magnetici e accattivanti.
Sorrise, un sorriso compiaciuto. -Ovvio.- disse. –Non lo avevi capito?
-Ma non puoi essere tu!- protestò.
Ryan la guardò piccato. –Perché non posso essere io?
-Perché tu non sai parlare sette lingue, non sei più intelligente di Mark, non sei gentile, non sembri un modello e non puoi aver fan!- Strawberry stava quasi soffiando come un gatto. In realtà sapeva benissimo di aver detto una cavolata dietro l’altra perché tutte quelle affermazioni, o la maggior parte almeno, erano vere.
-Ah, sì?- fece il biondo avvicinandosi a lei pericolosamente. –E chi ti dice che io non sappia parlare sette lingue?- si chinò verso il suo orecchio e le disse la stessa frase in tutte e sette le lingue che conosceva, per altro, a mena dito.
  Strawberry divenne rossa come un peperone e le spuntarono persino le orecchie e la coda da gatto. Sentì distintamente un brivido scenderle lungo la schiena.
-Comunque tu non sei assolutamente gentile! Mi tratti sempre come una schiava.- tenne duro la rossa.
L’americano alzò un sopracciglio, incredulo. Insisteva nel tenere vive le sue accuse anche se lui gliene aveva appena demolita una come se niente fosse. D’un tratto sul suo viso da angelo comparve un sorrisetto che non prometteva nulla di buono.
-Ryan, perché stai sorridendo?- chiese arretrando. Senza rispondere lui si chinò e le sottrasse dolcemente la cartellina dalle mani. –Ehi! Ridammi la mia cartellina!
-Ti aiuto a portarla, sarai stanca.- disse con il sorriso più innocente che la ragazza gli avesse mai visto sfoggiare. Di nuovo le orecchie e la coda fecero capolino. Strawberry cercò disperatamente di coprirle e dopo vari tentativi ci riuscì. Purtroppo le sue guance rimasero tinte di un vivo rossore.
-Comunque non hai delle fan.- bofonchiò a bassa voce. Ormai il ragazzo aveva abbattuto ogni sua affermazione e lei sapeva di starsi arrampicando sugli specchi. Ryan la sentì comunque e la condusse fino all’ingresso.
Lì si erano assiepate una moltitudine di ragazzine urlanti che non aspettavano altri che lui. Il biondo dedicò loro un sorriso fugace che bastò a scioglierle poi condusse la rossa verso i tabelloni dei risultati d’esame.
-Per finire, sono più intelligente di Mark.- disse trionfante anticipandola. Le indicò il tabellone davanti a sé. Strawberry alzò lentamente il capo e dopo essersi accertata che le fan non l’avrebbero uccisa perché si trovava con Ryan, sbirciò la colonna di nomi. Al primo posto c’era appunto il biondo con il massimo dei voti e persino la lode mentre subito dietro veniva il suo adorato Mark con uno stacco di ben 60 punti! La mew rosa rimase di sasso. –Ora sei convinta che sia io il nuovo arrivato?
Ammiccando la ragazza spostò lo sguardo fino ad incontrare gli occhi celesti e canzonatori di Ryan. –Non sembri un modello.- insistette decisa. Il ragazzo sospirò esasperato. –Vedi che ho ragione?!- lo sfidò.
-Strawberry non vedi che sono uno dei ragazzi di più alti? Inoltre Kyle, scherzando, dice sempre che non riesce a starmi dietro perché ho delle gambe chilometriche.- le disse per niente sconfitto.
-Sì, ma… questo non prova niente!- provò a protestare lei.
Il biondo allora si chinò nuovamente verso di lei e le sussurrò:-Ti ricordi quando sei entrata in camera mia senza bussare?
La rossa impallidì e subito le tornò alla mente quell’episodio: in quel frangente aveva visto Ryan mezzo nudo, dato che era appena uscito dalla doccia ed indossava solo un asciugamano. E doveva ammettere, seppur contro voglia, che aveva un fisico da modello, non troppo muscoloso e ben proporzionato.
Il suo colorito, tornato recentemente normale, virò ad un rosa acceso fino ad un rosso uguale in tutto e per tutto ai suoi capelli.
-Vedo che ricordi. Allora hai finito con le accuse?- le chiese scostandosi. Intimamente si sentiva soddisfatto, ma non lo diede a vedere. Lei annuì senza dire nulla. –Bene. Vieni, ti accompagno al caffè.
Strawberry alzò di scatto la testa. –Mi accompagni? E come?
Sbuffando, il ragazzo l’afferrò per il polso e la condusse fuori, nel viale d’ingresso alla scuola. Senza esitazione si diresse verso il parcheggio delle moto e si fermò davanti ad un bolide rosso a bande nere. Non appena lo vide la ragazza arretrò.
-Ora che ti prende?- la schernì, estraendo un casco da sotto la sella. La rossa tentò di assumere un’espressione arrabbiata, ma non ce la fece ed iniziò a tremare. –Strawberry?
-I-io devo salire s-su quell’affare?- farfugliò.
Ryan si mise le mani sui fianchi, spazientito. -Se non vuoi puoi anche andare a piedi.- la sfidò.
-Benissimo, allora vado a piedi… a dopo.- fece per correre via, ma il ragazzo, con una rapida mossa, l’afferrò nuovamente per il braccio. –Ryan io non ci salgo sulla tua moto con te! Morirò di sicuro se solo ci provo!- protestò cercando di liberarsi. Intanto attorno a loro si stava avvicinando una folla di curiosi. –E lasciami, che diamo spettacolo!
Il biondo, incurante delle proteste della ragazza e della gente che ora li osservava incuriosita, la prese in braccio e la caricò di peso sulla moto. Strawberry cercò disperatamente di farsi mettere giù, ma senza risultati. Quando fu seduta nel posto dietro chinò il capo, imbarazzata e non disse e non fece più nulla. Ryan si stupì di come si fosse zittita all’improvviso, s’infilò il casco e le porse l’altro. La ragazza lo squadrò un po’ titubante prima d’infilarlo a sua volta.
Quando anche la rossa fu pronta montò in sella, ma non accese la moto.
-Strawberry reggiti a me altrimenti non arriverai viva al caffè.- l’avvertì. Lei alzò la testa di scatto e lo guardò perplessa, poi però cambiò espressione ed arrossì. –Ma mi hai sentito?- sbottò lui. Senza attendere risposta le prese le mani e se le posizionò poco sotto il petto.
Sicuro del fatto che la ragazza non corresse pericoli mise in moto, diede gas e con un’inversione uscì dal cancello, seguito dalle proteste delle fans.
  Strawberry, dal canto suo, era ancora imbambolata ed avvertiva ancora presente il famigliare rossore. Quasi non si rese conto di sfrecciare a 90km/h per il quartiere di Ginza, una zona della città molto trafficata, soprattutto a quell’ora.  
Ryan schivava abilmente le molte automobili che gli si paravano davanti e in poco tempo superò l’imbottigliamento sbucando in una via periferica. E fu solo quando prese una curva ad alta velocità che sentì Strawberry reagire e stringersi a lui in un abbraccio spezzaossa. Lui, fingendo non curanza, alzò lo sguardo al cielo e si rese conto che aveva iniziato a tuonare ancora più rumorosamente. Tra poco si sarebbe sicuramente verificato un acquazzone.
Lei, invece, temeva solo di morire.
“Oddio Ryan è pazzo a guidare così veloce!”, pensò mentre appoggiava il capo alla schiena del ragazzo, chiudendo gli occhi per non vedere sotto di sé l’asfalto sfilare veloce. Sentiva il cuore batterle all’impazzata.
Poi d’un tratto la velocità diminuì sensibilmente e ci fu una frenata. La rossa alzò la testa per vedere quale ne fosse il motivo.
-Siamo arrivati.- la voce di Ryan fugò ogni suo dubbio. Davanti a loro s’innalzava la grande costruzione rosa del caffè Mew Mew. –Sei ancora tutta intera?- la canzonò.
Strawberry non rispose subito, cercando di calmare il battito cardiaco. Fece un respiro profondo e si tolse il casco. Non lo avesse mai fatto: Ryan era a pochi centimetri da lei e la fissava con i suoi meravigliosi occhi azzurri, ora velati di preoccupazione.
-Stai bene?- le chiese preoccupato, addolcendo il tono di voce.
-Sei… sei un pazzo!- lo aggredì lei, riprendendosi. –Mi hai tolto cinque vite con la tua guida suicida!
-Tanto te ne rimangono altre quattro, no?- scherzò lui. “Si è già ripresa”
Al che la ragazza scese bruscamente dalla moto e cercò di colpirlo. Purtroppo la testa iniziò a girarle e vide tutto sfuocato per un attimo, rischiando di cadere a terra.
-Ehi!- Ryan l’afferrò per la vita e la sostenne. –Ti ho sconvolta così tanto?
Lei ammiccò un paio di volte prima di fargli segno di rimetterla in piedi.
-Se starò male sarà per colpa tua!- lo minacciò tirandogli un pugno al petto, avviandosi poi alla porta sul retro. Il biondo scosse la testa e andò a mettere la moto in garage.   
Quando Strawberry entrò nel caffè sentì distintamente il brusio provocato dai numerosi clienti già presenti nel locale. Stava per avviarsi allo spogliatoio quando sentì l’inconfondibile rumore di un piatto che andava in pezzi. Sicuramente era stata colpa di Lory, che con la sua sbadataggine rompeva minimo una porcellana al giorno.
Scuotendo la testa entrò nel camerino e si cambiò in fretta.
-Ciao a tutti!- salutò entrando nella sala e trovandovi le amiche.
-Strawberry, alla buon’ora!- brontolò vivacemente Mina. Lei le lanciò un’occhiataccia.
-Non sono arrivata in ritardo.- le fece notare indispettita.
-No, è vero.- dovette ammettere la mew blu. –Come mai?
-Ryan mi…- ma si bloccò subito. Se avesse rivelato che Ryan frequentava la sua stessa scuola si sarebbe sollevato un pandemonio. -…ehm, dicevo, il cielo si è rannuvolato e dato che non volevo bagnarmi ho fatto una corsa.- si affrettò a precisare. Si grattò la testa, tesa e aspettò la reazione delle altre. Non sembrava però che l’avessero bevuta.
-In effetti è da stamattina che il cielo è grigio.- commentò candidamente Lory, mentre si avviava a prendere le ordinazioni.
-Ehm… novità dagli alieni?- chiese timidamente la rossa, cambiando argomento.
Fu Pam a risponderle:-No, nessuna. Kyle non ha rilevato nulla, ora è in cucina.
La ragazza annuì e si avviò verso la stanza da cui proveniva un invitante profumo.
-Ciao Kyle!- salutò allegra. –Cosa cucini?
-Ciao Strawberry! Sto preparando una crostata alla frutta.- disse chinandosi a livello del forno per controllare la cottura. –Hai visto Ryan?- chiese dopo un po’.
-Sono qui.- la voce del ragazzo irruppe nella sala. Sia la rossa che il moro si girarono verso di lui. Il biondo lanciò uno sguardo carico di significati a Kyle e quello intuì molte cose.
-Già che siamo tutti qui, vorrei delle spiegazioni.- esordì la mew rosa schiarendosi la voce.
Il cuoco guardò interrogativamente l’amico americano. Quello annuì sconsolatamente.  
-Mi ha scoperto.- si scusò. –Dobbiamo dirle tutto… o almeno quello che può capire.
-Ehi!- Strawberry gonfiò le guance e lo fulminò piccata. –Modera i termini, genietto.
Ryan non raccolse la provocazione, ma il suo sguardo s’indurì di colpo e l’azzurro dei suoi occhi divenne molto simile al colore del ghiaccio, freddo e pungente.
-Su, ragazzi, non litigate.- Kyle, come sempre, cercò di placare i due.
-Va bene.- acconsentirono di malavoglia i due ragazzi.
-Ora, raccontatemi tutto.- li pregò sfilando una sedia da sotto il tavolo. Dopo un altro rapido sguardo all’americano si accomodò, invitandoli a fare lo stesso. Strawberry lo imitò subito mentre Ryan rimase in piedi, appoggiato allo stipite della porta. Rimase in silenzio ostinato, costringendo la rossa a cominciare il racconto. Dopo un po’ che l’ascoltava, annoiato, lasciò spaziare lo sguardo verso la finestra che dava sul giardino e si accorse che aveva iniziato a piovere. Gli altri due non se n’erano minimamente accorti, troppo intenti a discutere.
D’un tratto un lampo, accompagnato dal rombo di un potete tuono, squarciò l’immobilità dell’aria. La mew rosa a quel rumore improvviso sobbalzò, mentre le spuntavano le orecchie e la coda da gatta, ritte per lo spavento.
-Ma guardati, sobbalzi per un tuono.- la canzonò il biondo con un sorrisetto maligno. Lei si voltò verso di lui e lo scrutò inviperita come se volesse decidersi sul da farsi. Alla fine si alzò e marciò verso di lui. Ryan non si mosse di un millimetro, le braccia incrociate al petto e sul viso un’espressione sbeffeggiatrice.
-Non ti permetto d’insultarmi!- gli urlò a pochi centimetri dalla faccia. Lui fece spallucce e chiuse un attimo gli occhi. Strawberry irritata dal suo comportamento aggiunse:-E guardami quando ti parlo!
Il ragazzo fece come gli era stato ordinato e tornò a fissarla con i suoi occhi magnetici. Lei desiderò non avergli imposto nulla e scostò lo sguardo, imbarazzata. Non era ancora riuscita, da quando lo aveva incontrato, a sostenere il suo sguardo per più di qualche secondo.
-Allora?- fece l’altro. Evidentemente si aspettava una sfuriata dalla cameriera, ma questa non sembrava voler arrivare. Strawberry alzò lentamente lo sguardo e, ritrovato il coraggio, fece per dirgliene quattro quando un altro tuono rimbombò nella stanza.
La ragazza fece un balzo, buttandosi letteralmente al collo dell’americano mentre le rispuntavano le orecchie e la coda nere. Ryan, colto alla sprovvista, la sostenne e avvertì distintamente i brividi che la scuotevano.
Aveva veramente una paura matta dei temporali.
Rimasero così per un po’, sotto lo sguardo allibito di Kyle, finchè la rossa non si calmò.
-Potresti scendere, adesso?- le chiese, spazientito. Lei aprì gli occhi, tenuti chiusi fino a quel momento, e lo osservò interrogativa. –Mi sei saltata in braccio.- le spiegò lui, notando la sua espressione.
Strawberry prima impallidì e poi si colorò di un rosso acceso. Mormorando scuse incomprensibili si fece posare a terra. Non si era proprio resa conto di quello che aveva fatto.
Rimase ancora qualche secondo immobile, troppo imbarazzata per dire qualsiasi cosa, poi scappò fuori dalla cucina.
-Ryan! Un giorno finirai per ucciderla.- scherzò Kyle, tornando a dedicarsi al suo dolce.
-Semmai è il contrario.- replicò lui, uscendo a sua volta. Scuotendo la testa, divertito, si diresse verso la sala piena di tavolini dove le cinque paladine stavano sgobbando come matte. Dato che stava piovendo molte persone avevano deciso di fermarsi al Cafè per ripararsi. –Ragazze volete una mano?- stranamente quel giorno si sentiva servizievole. Si guardò intorno e vide Strawberry sparecchiare un tavolo vicino alla finestra.
Mina alzò lo sguardo dalla sua tazzina di thè e disse:-Sì, Ryan. Guarda quanta gente c’è, non ce la facciamo.
-Proprio tu lo dici?- la rimbeccò lui. La ragazza incassò il colpo e gli scoccò un’occhiata malevola prima di riprendere a sorseggiare la bevanda. –Va be’, vado a prendere le ordinazioni ai tavoli.- disse prendendo un blocco per gli appunti dal bancone. Si diresse con passo felpato verso un tavolo occupato da una coppia sui vent’anni. Con un sorriso angelico li salutò cortesemente ed attese le loro richieste.  
Le ragazze si erano fermate ad osservarlo.
-E’ incredibile come riesca a cambiare espressione in un batter d’occhio.- sbottò Mina. –Prima mi ha rimproverata e ora eccolo lì tutto sorrisi e cortesia.
-Su, Mina. È il gestore, se si comportasse male con i clienti sai che figura ci farebbe?- la riprese Pam.
-Sì, è vero Pam cara.- assentì ammirata la mora. Era risaputo che per lei ogni parola della modella era una verità inconfutabile.
-Sapete, gli si addice di più quell’espressione sorridente.- intervenne Lory. Tutte la guardarono sospirando: con lei non c’era proprio niente da fare, era innamorata persa del bel biondo quindi ai suoi occhi rapiti lui era un essere perfetto.
-Sì, Lory, lo sappiamo che ti piace.- disse Paddy con aria saccente. La mew verde arrossì. –ti dirò, io non lo riconosco quando fa così.- ammise saltando su una palla ed iniziando a fare uno dei suoi numeri.
In quel momento l’oggetto della loro discussione le costrinse a disperdersi con un’occhiata delle sue perché erano arrivati nuovi clienti.
-E’ tornato quello di prima- commentò Mina prima di riaccomodarsi.
Strawberry, intanto, stava servendo un tavolo con tre studentesse delle medie, intente a lanciare sguardi d’approvazione a Ryan. Lei non capiva sinceramente tutto quell’interesse e inoltre la cosa (inspiegabilmente) la infastidiva: capiva che fosse innegabilmente un bel ragazzo, ma quanto a carattere era proprio pessimo. Appena anche solo una di quelle ragazze lo avesse conosciuto meglio sarebbe scappata a gambe levate. Scuotendo la testa finì di scrivere l’ultima ordinazione e si allontanò verso la cucina.
-Kyle, lo sai che Ryan sta servendo ai tavoli?- chiese una volta dentro.
-Sì, a volte lo fa anche lui. Gli serve per liberare la mente dai pensieri.- disse lui senza distogliere lo sguardo dal forno.
-Comunque mette soggezione vederlo con quel sorriso, almeno per me è così.- ammise stringendosi nelle spalle.
Il moro ridacchiò e si voltò a guardarla. –Da piccolo sorrideva spesso.- le assicurò. Prese alcuni piatti dal tavolo e li porse alla ragazza, che ringraziò e scomparve oltre la porta in stile saloon.
Non fece nemmeno in tempo ad arrivare nella sala che per poco Paddy non le venne addosso.
-Paddy, stai attenta!- le urlò sollevando in alto il vassoio in cui erano i piatti e i bicchieri per salvarli da quell’uragano coi capelli biondi.
-Scusa, Strawberry, ho perso il controllo della palla.- ammise rialzandosi. Riprese la sfera e con un balzo vi fu di nuovo in piedi.
-Benedetta ragazza.- sospirò la mew rosa, allontanandosi. Fece ricomparire il suo solito sorriso e andò a portare le porzioni di torta alle tre ragazzine di prima mentre Ryan la superava, ignorandola. Lei non ci fece caso più di tanto, dato che lo faceva spesso, e sistemò i piatti sul tavolo per poi appoggiare anche le bibite. Fece un inchino e scomparve in cucina.
Non lo avesse mai fatto. Appena ebbe mosso qualche passo Mina l’apostrofò dicendo:-Strawberry muoviti, non vedi che siamo pieni di clienti?
La rossa strinse i pugni, trattenendosi dal saltarle addosso e la ignorò, puntando direttamente verso la cucina.
-Ehi! Non si ignora la gente!- la sentì sbraitare. Aprì la porta ed entrò. Trovò Kyle intento ad impacchettare una torta di due strati ai mirtilli e incuriosita si avvicinò.
-Kyle, cosa stai facendo?- chiese.
-Ah, Strawberry!- fece lui, alzando lo sguardo dalla sua opera. –Avrei bisogno che tu consegnassi questa torta a questo indirizzo.- con il suo sorriso dolce e disarmante le porse un foglietto. La ragazza lesse quello che c’era scritto e si rese conto che non era poi tanto lontano.
-Non ti preoccupare, ci penso io.- disse, mettendosi sull’attenti.
-Va bene, grazie mille. Ecco.- il cuoco le mise il pacchetto tra le mani, ridendo per il suo gesto militaresco.
-Vado e torno.- annunciò lei sparendo. “Meglio che esca dalla porta secondaria.”
Si disse cambiando velocemente direzione e imboccando il corridoio che portava alle scale. Uscì silenziosamente per non farsi scoprire da un certo biondino e si richiuse la porta alle spalle. Purtroppo per lei il ragazzo aveva assistito a tutto, nascosto all’ombra delle scale.
Appena fuori Strawberry inspirò a fondo l’aria frizzante d’autunno inoltrato. Rabbrividendo leggermente nel giacchetto in cui si era avvolta prese ad attraversare il giardino.

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Capitolo 4
*** Cap. 3 Sotto attacco ***


Cap. 3 Sotto attacco
Be', il titolo è abbastanza esauriente... godetevi queste dieci pagine, ricche d'azione :)
Buona lettura!



Cap. 3 Sotto attacco


   Si stava godendo il fresco venticello autunnale, che scuoteva le ultime foglie rimaste sugli alberi, quando un movimento alle sue spalle la fece voltare, riuscendo a vedere appena in tempo un’ombra felina guizzare dietro un cespuglio.
Sospirando per essersi fatta trarre in inganno da un gatto tornò a voltarsi, ma quando lo fece si ritrovò davanti una sua conoscenza.
-Quiche!- esclamò stupita. Arretrò di alcuni metri.
-Ciao bambolina, ti sono mancato?- la salutò lui, rimanendo sospeso a mezz’aria. I capelli verdi ondeggiavano davanti al viso pallido, solleticati dall’aria. Sempre il solito saluto, fatto con quella punta di malizia che lo contraddistingueva quando parlava con lei.
A volte l’amore agiva per vie proprio incomprensibili, si ritrovò a pensare la ragazza.
-Cosa vuoi?- l’apostrofò duramente lei.
-Ma come?- fece lui deluso. –Io ti vengo a trovare e tu guarda come mi tratti. Non si fa così, gattina.
-Ogni volta che vieni sulla Terra è per attaccarci!- gli fece notare la mew gatto.
-Sei cattiva. Così mi ferisci.- disse, fingendosi offeso. Strawberry divenne guardinga: sapeva che quando si comportava in quella maniera non c’era d’aspettarsi altro da lui se non qualche tiro meschino.
-Vatt…- stava per dirgli di andarsene, ma l’alieno era già scomparso. “E’ stato facile convincerlo questa volta”, si disse sorpresa. Ma non sapeva quanto si stesse sbagliando. Quiche infatti le riapparve davanti a tradimento e le sottrasse la torta impacchettata. –No! Ridammela!
-Eh, no! Voglio che tu sia più gentile con me quando vengo a trovarti.- disse lui, alzandosi in volo quel tanto che bastava per non farsi catturare. –Questa non ti serve più.- e detto questo fece sparire l’involucro che teneva in mano.
Strawberry lo fissò allibita.
Kyle ci aveva sicuramente messo l’anima per fare quella torta, come sempre del resto, e ora tutto il suo lavoro andava in fumo per colpa di un alieno indispettito. No, questo era troppo!
-Quiche, hai passato il limite per oggi. Vattene o sarò costretta ad ucciderti!- lo minacciò estraendo il ciondolo per la trasformazione.
-Uhm, davvero? E se non volessi andarmene?- chiese, materializzandosi al suo fianco. Lei fece per spostarsi, ma l’alieno fu più veloce. L’afferrò per un braccio e, fulmineamente, la tirò a sé, unendo le loro labbra in un bacio. Cercò subito di approfondirlo, ma Strawberry gli morse il labbro inferiore e si liberò della sua presa. –Acc, mi hai morso!- constatò portandosi due dita alla parte lesa. Quando le ritrasse le ritrovò sporche di sangue.  
-Ti avevo avvertito che oggi non era giornata.- ribadì lei. Era decisa a non farsi sottomettere per nulla al mondo, soprattutto da quell’alieno.
-Ah, sì? Vorrà dire che mi divertirò in un altro modo.- disse sollevandosi da terra fluidamente.
In quel momento un tuono squarciò l’aria, facendo rizzare la coda e le orecchie a Strawberry. Aveva sempre odiato i temporali e ora doveva anche combattere sotto la pioggia.
Quella era sfortuna!
Strinse il ciondolo che reggeva in mano e si preparò a contrattaccare.
-Ma come, hai paura dei temporali?- la canzonò Quiche. Si teneva lontano dalla portata della ragazza mentre cercava di individuare un soggetto adatto alla fusione col chimero parassita. Individuò poco lontano, in mezzo ai cespugli, un gatto randagio in cerca di cibo. Fece comparire sul palmo della mano il suo aiutante e lo lanciò verso l’animale ignaro.
  Strawberry, distratta dai movimenti sospetti dell’alieno, era rimasta incantata a guardare il parassita scomparire tra i cespugli e Quiche ne seppe approfittare. Fece comparire i propri sai e, incrociandoli, creò una sfera d’energia che scagliò contro la ragazza.
  Quando lei se ne accorse era troppo tardi per schivarla. Inspiegabilmente si sentì spingere di lato e vide la sfera schiantarsi con un tonfo sonoro al suolo. Dalla buca che provocò prese a uscire del fumo.
Caspita, se fosse rimasta dove si trovava avrebbe fatto una brutta fine, constatò sollevata. Sentì Quiche imprecare di rabbia. Fu allora che Strawberry si rese conto di essere stata spinta da qualcuno, che così facendo l’aveva salvata.
Si rialzò e quando voltò il capo vide vicino a sé l’ultima persona che si sarebbe aspettata l’aiutasse, ma sicuramente la prima che sarebbe stata disposta a farlo senza un perchè.
-Ryan?- fece stupita.
-Certo, chi se no? Sei la solita svampita.- la rimproverò lui, spazzolandosi i calzoni.
-Senti chi parla! Brutto bugiardo!- reagì lei, avvampando.
-Un grazie sarebbe sufficiente.- il ragazzo ostentò la solita indifferenza mentre si alzava. Strawberry stava per replicare quando Quiche, stanco di essere ignorato, li interruppe.
-Strawberry! Non puoi ignorarmi!- urlò indignato. Allora la mew rosa si voltò a fronteggiarlo. Proprio mentre stava per urlargli di non interromperla un lampo, accompagnato subito da un tuono, illuminò le basse nuvole grevi d’acqua. Tutti alzarono lo sguardo al cielo e immediatamente presero a cadere milioni di piccole gocce di pioggia.
“No, anche la pioggia, no!”, la ragazza supplicò che smettesse, ma quella s’intensificò.
-Uhm, gattina, mi dispiace farti bagnare, ma ora dobbiamo giocare.- annunciò riottenendo l’attenzione della ragazza. –Sei pronta?- le chiese, leccando la lama di uno dei suoi strani pugnali.
-Te ne pentirai, Quiche!- lo avvertì lei iniziando la trasformazione.
Ryan, completamente dimenticato, fece per andare a chiamare le altre, quando l’alieno lo richiamò. Confuso, il ragazzo si voltò a fronteggiarlo.
Cosa voleva da lui?   
-Rimani, umano.- gli fece segno con la mano di restare esattamente dove si trovava.
-Cosa vuoi?- lo apostrofò gelidamente il biondo.
-Fare due chiacchiere con te. Abbiamo molto da dirci.- replicò con voce amabile l’altro. Poi tornò a dedicarsi completamente alla sua gattina, come la definiva lui. Ora lo stava fissando con una scintilla di rabbia nelle iridi rosa, dovute alla trasformazione. –Non ti arrabbierai se sarà solo il mio chimero a giocare con te, vero?- le chiese dispiaciuto. –Vedi, devo fare un discorsetto al tuo amico.- aggiunse lanciando un’occhiata al ragazzo sotto di lui.
“Cosa vuole da Ryan?”, si chiese Strawberry andando a fissare a sua volta il biondo.
Il giovane americano intercettò lo sguardo della mew e le fece capire che ne sapeva quanto lei. La rossa allora tornò a fissare con astio Quiche, quando dai cespugli emerse un enorme chimero, generato palesemente da un gatto, come indicavano i lunghi artigli e gli occhi felini. Ma dell’animale che era rimanevano solo quelle tracce, per il resto era diventato molto dissimile da un felino e sicuramente molto più pericoloso. Con un balzo fu davanti alla paladina, che si spostò di alcuni metri per porre una distanza di sicurezza tra loro.
  Il chimero inarcò la schiena, soffiando minacciosamente prima di partire all’attacco. Mew Berry evitò gli artigli scartando di lato e tentò di attaccare a sua volta.
Così lo scontro ebbe inizio.
Quiche, intanto, si abbassò fino a poter guardare Ryan negli occhi. I suoi, ambrati, brillavano di una strana luce.
-Te lo ripeto. Cosa vuoi?- scandì il fondatore del progetto mew.
-Delle informazioni.- rispose l’alieno, mantenendosi sul vago. Il biondo socchiuse gli occhi, guardingo. La situazione aveva un non so che di sospetto.
-Informazioni?- ripetè con calma, piegando leggermente le ginocchia. Se ce ne fosse stata la necessità sarebbe stato pronto a scattare.
-Pie ha scoperto che state facendo delle ricerche.- iniziò a spiegare il suo interlocutore. Tra le mani reggeva sempre i suoi fedeli sai, ora abbassati.
-Non è una novità.- gli fece notare acido. Proprio non capiva lo scopo di quell’assurda chiacchierata, come l’aveva definita Quiche.
-Sei troppo scontroso… ha ragione Strawberry a dire che sei insopportabile.- rivelò. Ryan ignorò deliberamene l’osservazione ed incrociò le braccia, iniziando a spazientirsi. Sinceramente non gliene importava nulla delle considerazioni dell’alieno sul proprio carattere.
-Volevi dirmi solo questo?- chiese con voce dura. Come sempre il suo sangue freddo lo stava aiutando e l’antipatia per il proprio avversario favoriva il tutto.
-Anche. Ma, parlando di cose serie, cosa state cercando?- l’alieno si avvicinò di un poco, sollevando uno dei pugnali.
-L’Acqua Mew, come sempre.- asserì il biondino. “Figurati se ti rivelo cosa stiamo cercando.”, pensò.
-Davvero… credi di essere divertente?- Quiche lo colpì in pieno viso con l’elsa del tridente, infastidito dal tono della risposta. Il ragazzo accusò il colpo senza una parola.
Intanto Mew Berry era ancora alle prese con il chimero-gatto e non si rese conto di quello che stavano facendo i due. Si appiattì a terra e si slanciò in avanti, evitando per un pelo la zampa del grosso felino, sollevando schizzi d’acqua dall’erba fradicia. Schivando, passò sotto il possente corpo e tentò di colpirlo alle spalle, la coda dell’animale però frustò l’aria abbattendosi sulla schiena della guerriera, che venne lanciata tra alcuni cespugli vicini con un urlo.
Il suo avversario ne approfittò e cercò di finirla, ma lei spiccò un salto, per nulla impedita dal fango che la ricopriva già, ritrovandosi sul ramo più robusto dell’albero che la sovrastava. Ora poteva guardare il chimero negli occhi. Non lo avesse mai fatto. Le iridi del gatto si tinsero di rosso e da esse prese a sprigionarsi una forza magnetica, che irretì Strawberry.
  La ragazza si appoggiò pesantemente al tronco e subito dopo il mostro la buttò a terra con una testata. Miagolando compiaciuto, la osservò rialzarsi mentre la pioggia si abbatteva incessantemente sui due.  

   Ryan aveva assistito a tutta la scena con preoccupazione e più volte aveva cercato di correre in aiuto della leader delle mew mew, ma puntualmente Quiche glielo aveva impedito.
-Dove pensi di andare?- l’alieno gli si parò davanti per l’ennesima volta. Il biondo lo squadrò con sguardo omicida prima di raddrizzarsi. –Così va meglio…
-Quiche hai fatto un viaggio a vuoto. Da me non saprai nulla.- l’ammonì il ragazzo, fissandolo duramente. –Inoltre le ragazze stanno per arrivare.- aggiunse con un mezzo sorriso.
L’altro rimase pensieroso, fluttuando lentamente in mezzo alla pioggia che aveva già inzuppato da capo a piedi sia lui che il suo interlocutore. D’un tratto un sorriso maligno si fece spazio sul suo viso.
L’americano lo guardò sospettoso. Non prometteva nulla di buono quando assumeva quell’espressione e ormai lo conosceva abbastanza bene per affermarlo con sicurezza.
-Dici che le altre mew mew stanno arrivando?- sembrava parlare più a se stesso che al ragazzo che aveva di fronte. –Ci penso io a tenerle occupate. Pie, Tart!
Subito due vortici dimensionali si aprirono dietro l’alieno dalla pelle diafana e ne spuntarono i suoi due compagni.
-Ci hai chiamati, Quiche? Cosa vuoi?- chiese con sufficienza Pie. Il fratellastro si voltò appena a fissarlo.
-Tenete occupate le altre ragazze.- disse semplicemente, tornando ad occuparsi del biondo.
-D’accordo!- assentirono quelli. Con un guizzo scomparvero.
“Cavolo! Adesso sì che siamo nei guai, se quei due vanno a tenere occupate le altre… devo sbrigarmela da solo.”, realizzò Ryan. Con la coda dell’occhio scorse Strawberry mentre abbatteva la sua arma sulla testa del gatto.
-Allora… stavamo dicendo?- fece Quiche con aria innocente. Neanche stessero prendendo il thè delle cinque!
-Avevamo finito.- affermò l’altro. Non aveva per niente voglia di sottostare a quello stupido interrogatorio, quindi tanto valeva convincere l’alieno ad andarsene con le cattive, dato che le buone non avevano sortito effetto.
L’alieno ridusse gli occhi a due fessure, pronto a picchiare nuovamente quel testardo di un umano, quando si sentirono delle urla e il rumore di un crollo.
Ryan si voltò in direzione del caffè con aria spaventata, così come Mew Berry.
  Quiche, invece, sorrise soddisfatto.


  Tutti i clienti, appena avvertita la prima scossa, erano scappati urlanti fuori dal locale, lasciando sole le quattro ragazze e Kyle.
-Che succede?- chiese Lory, guardando spaesata le compagne. In cambio ricevette solo altri sguardi confusi.
-Dove sono Ryan e Strawberry?- d’un tratto Mina si rese conto della loro assenza.
-Ho mandato Strawberry a fare una consegna e Ryan dovrebbe…- ma non fece in tempo a finire la frase.
Tutto il Cafè fu scosso da un terribile urto, che fece oscillare pericolosamente i lampadari e ruppe i vetri di molte finestre. I cinque si coprirono la testa con le mani per evitare di essere colpiti dagli oggetti taglienti e cercarono di capire cosa stesse succedendo.
-E’ un terremoto?!- urlò Mina, cercando di sovrastare il rombo.
-No! Non è un terremoto!- rimandò Kyle. La mew bird stava per chiedere spiegazioni quando comparve Masha tutto agitato, urlando la presenza di alieni. –Sono gli alieni, ci attaccano!- le avvertì il moro.
Le ragazze si scambiarono un cenno d’intesa e si rialzarono, tentando di rimanere in equilibrio.
-Pronte ragazze?- Pam scrutò una a una le compagne, che annuirono determinate ed estrassero i medaglioni per la trasformazione. –Kyle, vai giù in laboratorio.- ordinò, voltandosi verso lo chef. Immediatamente il ragazzo corse in direzione delle scale, augurando loro buona fortuna. –Al resto pensiamo noi… Mew Pam, metamorfosi!
Fecero appena in tempo a trasformarsi che il Cafè fu colpito un’altra volta, ancora più violentemente.
Le quattro si misero in posizione, pronte ad attaccare.
Un altro urto e parti del soffitto si staccarono, precipitando al suolo.
-Vogliono seppellirci vive?- sbraitò spaventata Mina.
-Per me vogliono stanarci.- intervenne Paddy.
-Dobbiamo tenervi occupate.- una voce conosciuta si udì sopra il frastuono. Tutte si voltarono in cerca dell’alieno, ma non lo videro. –La vostra compagna sta combattendo con Quiche e noi ci occuperemo di voi con molto piacere.
-Pie! Fatti vedere!- intimò Pam. Stava per correre fuori dall’edificio rosa quando il muro davanti a loro ebbe uno spasimo, si gonfiò come se qualcosa vi premesse contro ed infine si ruppe in una nube di mattoni e polvere.
Tossendo, le mew mew si portarono le mani davanti agli occhi per scorgere qualcosa in mezzo a quel putiferio: gli alieni avevano deciso di tenerle occupate distruggendo il Cafè!
-Non si… vede niente…- tossì Lory.
-Ragazze, state all’erta!- avvertì Mew Pam.
Presto detto. La polvere venne letteralmente tagliata in due da una frustata. Le paladine riusirono a evitare l’attacco solo grazie ai sensi degli animali con i quali erano fuse.
Rimasero chine a terra finchè la nube bianca non si fu dissolta.
Davanti a loro, intento a scrutarle dal buco che si era creato nel fianco dell’edificio, stava un enorme chimero gatto, affiancato dai due alieni. Evidentemente era stato lui a falciare l’aria, prima.
-Tart!- esclamò contenta Paddy. Non era un segreto che avesse una certa predilezione per l’alieno più piccolo e capriccioso del gruppo.
-Tsk!- il ragazzino non la degnò nemmeno di uno sguardo e la biondina abbassò lo sguardo, contrariata.
-Pronte a combattere?- chiese Pie, aprendo i suoi due ventagli.
-All’attacco!- urlò Pam, scagliandosi su di lui.
E la battaglia ebbe inizio.

Intanto nel giardino sul retro del Cafè Mew Mew la lotta continuava.
-Quiche! Cos’hai architettato?!- lo aggredì Ryan.
Quello sorrise divertito. -Nulla. Ho solo fatto in modo che nessuno venga a disturbarci.- rivelò facendo spallucce. Il biondo in quel momento provò l’istinto irrefrenabile di saltargli addosso e strozzarlo.
-Sei un vigliacco!- gli urlò Mew Berry, mentre bloccava gli artigli del mostro.
-Sarà, ma voi non siete da meno…- rispose lui.
La rossa stava per ribattere, ma il chimero si abbatté su di lei e non glielo permise. La mew neko fece una capriola all’indietro per evitare l’attacco ed atterrò poco lontana da Quiche e Ryan. In quel momento i loro sguardi s’incontrarono per un fugace scambio di sensazioni e pensieri. Entrambi capirono le intenzioni reciproche.
Annuendo, Strawberry balzò in avanti, atterrando sulla schiena del gatto gigante.
-Che cosa…?- Quiche si voltò a guardare sorpreso la scena. Non credeva che il suo chimero potesse essere sconfitto così facilmente.
La sua distrazione capitava a pennello.
Ryan gli saltò addosso, scaraventandolo e terra e lo disarmò, appropriandosi dei suoi sai. L’alieno si ritrovò così le proprie armi puntate alla gola e un piede sullo stomaco.
-Hai ancora voglia di impicciarti degli affari altrui?- lo interrogò il ragazzo. Sul suo viso si dipinse un sorrisetto compiaciuto che irritò molto l’avversario.
-Figurati se ho paura di uno come te!- replicò baldanzoso. Ryan serrò impercettibilmente la mascella e premette ulteriormente le lame sul collo diafano dell’extraterrestre.
-Nemmeno un pugnale puntato alla gola ti fa cambiare idea?- lo sfidò il biondo. L’altro sbottò e lanciò uno sguardo interessato alla sua gattina. –Non mi costa nulla farti fuori…- lo avvertì. Quiche allora riportò la propria attenzione al ragazzo.
-Fai come vuoi, ma sappi che il nostro alleato è già entrato in azione.- cercò di intimidirlo, ma il suo avversario non era tipo da demordere con così poco.
-Il vostro alleato? Per caso è… un vampiro?- l’americano si chinò sull’alieno, notando con piacere che l’altro era rimasto spiazzato. “Non credevi fossi così informato, vero Quiche? Ti illudevi che stessimo semplicemente cercando il vostro ‘alleato’ senza sapere nulla al riguardo, eh?”.
-Come… come fai a saperlo?- domandò, deglutendo a fatica.
-Non siete gli unici a poter controllare i vostri nemici. È anche una nostra capacità.- spiegò con un sorriso minaccioso. –Era questo che volevi sapere, giusto? Se sapevamo del vampiro…
-Sì.- rispose semplicemente Quiche. –Ma anche danneggiare il vostro apparato di ricerca così che la nostra missione continui senza intralci.- aggiunse, ritrovando il proprio cipiglio minaccioso.
-Danneggiare?- ripetè Ryan. Questa volta era lui ad essere confuso. Cosa volevano fare oltre ad attaccarli ogni santo giorno? Forse distruggere il Cafè?
-Fare in modo che chi porta avanti le ricerche non possa più farlo.- rivelò l’altro. Il fondatore del progetto mew iniziò ad intuire qualcosa, quindi premette ancora la lama. Un rivolo di sangue prese a scorrere lungo la linea del collo dell’alieno. –Mi hai fatto male.- disse con voce piatta.
-Dove si trova il vampiro?- volle sapere il ragazzo. La sua voce era dura, inflessibile e non ammetteva repliche.
-Sarebbe più corretto dire Gangrel.- lo corresse Quiche. Al sentire quel nome la pressione del sai diminuì. L’alieno osservò compiaciuto che quella era un’informazione che il biondino ancora non aveva. –Che c’è? Ti ho lasciato senza parole?
“Un Gangrel… si sono alleati con un vampiro altamente pericoloso e imprevedibile. Dannazione!”, pensò. –Grazie per l’informazione. Da questa chiacchierata ne sto ricavando più io, a quanto pare…- osservò.
-Noi volevamo sapere solo fino a che punto eravate giunti e ora che lo so… posso ucciderti!- con uno scatto improvviso rubò il sai dalla mano di Ryan e con un fischio richiamò il chimero. Quello smise di occuparsi di Strawberry e si scagliò contro l’americano, scaraventandolo verso gli alberi del giardino.
Fortunatamente il ragazzo riuscì ad afferrarsi ad un ramo ed issarvisi sopra grazie ai geni di gatto che aveva in sé.
-Dannato…- mormorò a denti stretti.  
-Allora, biondino, ti vedo perplesso o sbaglio?- domandò l’alieno. Con calma volteggiò fin in prossimità degli alberi.
-Stupito, direi.- corresse. –E bagnato, oserei aggiungere…
-Non mi sembra il momento di fare dell’ironia, dato che stai per andare all’altro mondo.- gli fece presente Quiche con uno sguardo assassino.
-Pensi che io me ne stia qui fermo a farmi ammazzare?- nella voce del ragazzo c’era una nota di derisione.
-Sarebbe troppo sperarlo.- svelò l’altro. Detto questo si scagliò contro Ryan, che però balzò giù dall’albero ed evitò il colpo. I pugnali dell’avversario si piantarono nella corteccia, ma lui li ritrasse con un urlo rabbioso. –Non riuscirai a sfuggirmi!- sbraitò, tornando a caricare il ragazzo. Quello rimase immobile fino all’ultimo quando scartò di lato e mandò Quiche a schiantarsi sull’erba fradicia.
  Mew Berry in quel momento notò cosa stava succedendo e cercò di distrarre il chimero che, in attesa di ordini, assisteva con sguardo inespressivo alla lotta, del tutto dimentico della ragazza.
La rossa decise di aiutare Ryan.
Scacciando quella vocina che le suggeriva sadicamente di lasciarlo al suo destino, balzò verso Quiche, che si stava rialzando, e tentò di disarmarlo.
L’alieno, al sentirsi bloccare le braccia, si dimenò, ma quando capì chi era il suo avversario sorrise.
-Che c’è, gattina, ti mancavo così tanto?- chiese maliziosamente. All’udire quelle parole Strawberry divenne rossa e mollò la presa. –Be’, hai cambiato idea?- si voltò verso di lei, deluso dal suo comportamento.
-Smettila!- intimò lei.
-Come preferisci, ma non posso lasciarti senza far niente mentre io faccio la pelle al tuo amichetto.- disse pensieroso. La guerriera lo guardò confusa. –Chimero… attaccala!- ordinò d’improvviso. Mew Berry, colta alla sprovvista, venne colpita in pieno stomaco dalla coda del mostro e rovinò al suolo in mille schizzi d’acqua.
-Mew Berry!- la chiamò Ryan. Lei si rialzò subito e così facendo fugò i dubbi su una sua possibile resa.
-Sto bene.- lo rassicurò. Sul volto dell’amico vide comparire un sorriso di sollievo. –Sistemo il chimero e vengo ad aiutarti.- aggiunse stringendo la presa sulla sua arma a forma di cuore.
Lui annuì e tornò ad occuparsi di Quiche.
-Dov’eravamo rimasti? Ah, sì… stavo per ucciderti!- l’alieno ripartì all’attacco con entrambi i sai, pronti a colpire. La pioggia, che cadeva incessantemente da ormai mezz’ora, non sembrava impensierirlo o rallentarlo più di tanto. Anche Ryan non era da meno: certo, i suoi geni di gatto cercavano di evitare quel contatto fastidioso, ma per il resto era perfettamente in grado di combattere.
Attese che il proprio avversario si facesse più vicino e quando la punta del primo pugnale fu a pochi centimetri dal suo corpo si abbassò così rapidamente che Quiche rimase per un attimo disorientato e vulnerabile. Il biondo ne approfittò: completamente disteso in aria nel tentativo di attaccarlo, sferrò un calcio in pieno stomaco al ragazzo dagli occhi d’ambra, che con un gemito cadde a terra.
-Quiche, devi stare più attento… diffida sempre dalle apparenze.- lo canzonò Ryan. Non voleva ammetterlo, ma stava godendo nel vedere uno dei suoi nemici in difficoltà.
-Smettila di deridermi… umano!- Quiche si rialzò da terra e lanciò un pugnale contro il ragazzo che gli stava davanti. Quello lo schivò agilmente, ma non si rese conto che era solo una finta.
Un sorriso di vittoria comparve sul volto sporco di fango dell’alieno che, impugnando saldamente l’arma rimastagli, lanciò una scarica elettrica contro il biondino.
Ryan fu colpito in pieno.
Non si aspettava un attacco a tradimento, ma in guerra, così come in amore, tutto è lecito, o no? Strinse i denti mentre le gambe gli cedevano e cadeva in ginocchio sull’erba.
-Dicevi?- questa volta fu l’alieno a deriderlo.  


  Il team delle mew mew se la stava cavando egregiamente contro Pie, Tart e il loro strano chimero-gatto. Finora avevano subito pochi danni fisici, ma molti erano quelli che stava riportando il Cafè: una buona parte della fiancata destra dell’edificio era praticamente crollata. Nulla che non si potesse riparare, ma era comunque un affronto al duro lavoro di Ryan e Kyle.
Lory partì all’attacco per l’ennesima volta, decisa a colpire in faccia quel maledetto felino, quando Pie la costrinse a deviare traiettoria grazie ad un suo attacco. La mew verde lo guardò con ira, sguardo che venne ricambiato con uno di sufficienza da parte dell’alieno.
-Non ce la farete mai!- urlò Tart, mentre evitava gli attacchi di Mew Paddy. –E tu smettila di rompere, mocciosa!- intimò.
-Tart, sei cattivo!- la ragazzina spiccò un balzo e allacciò le braccia attorno ai fianchi del piccolo alieno, che prese a dimenarsi.
-Lasciami, brutta scimmia! Lasciami!- tentò di liberarsi, ma la stretta non si allentava. Inoltre stava lentamente perdendo quota, trascinato dal peso della guerriera.
-Mew Paddy, vengo ad aiutarti!- Mina accorse in aiuto dell’amica. Volò sotto di loro e afferrò il morettino per un piede, trascinandolo definitivamente sul pavimento ricoperto di macerie del locale. –Stai fermo Tart!- gli ordinò, tentando di bloccargli le gambe, intente a scalciare.
  Pam, intanto, aiutata da Lory, stava cercando di eliminare il chimero e al contempo tenere testa all’alieno dallo sguardo d’ametista. Srotolò la sua arma e l’avvolse attorno al collo del gatto, che sibilò infuriato cercando di liberarsi con gli artigli.
-Mew Lory, tocca a te!- le diede il segnale la mew lupo. La compagna preparò le proprie nacchere e sferrò un attacco d’acqua che stordì l’animale.
-Dannate! Adesso vi sistemo io.- Pie ingrandì il proprio ventaglio e lanciò una scarica verso Mew Pam, intenta a tenere fermo il mostro.  
Fortunatamente la saetta fu deviata da una freccia di Mina, prontamente intervenuta in aiuto della compagna.
-Grazie, Mew Mina.- Pam le rivolse un rapido sorriso di ringraziamento poi tornò a dedicarsi agli avversari. Il micio gigantesco inarcò la schiena e tentò di trascinare la mew lupo con sé, ma quella resistette e mantenne la presa sul suo collo.
Paddy nel mentre stava ancora azzuffandosi con Tart, che alla fine riuscì a liberarsi dandole un pugno nello stomaco.
Volando, raggiunse il fratello.
Ora erano di nuovo le quattro mew mew contro i due fratelli e il chimero.
“Speriamo che Strawberry se la stia cavando meglio di noi!” si augurarono tutte.


   Mew Berry si tolse alcuni ciuffi di capelli dal viso.
Era ormai molto tempo che combatteva con quel chimero e ancora non era riuscita a sconfiggerlo: forse il motivo era perché il suo avversario era un gatto? Comunque doveva mettere fine a quella lotta.
Puntò lo sguardo in quello del felino, il quale soffiò di piacere alla prospettiva di un possibile pasto. Aveva elaborato un piano per eliminarlo e sperò vivamente che funzionasse al meglio.
Mentre lei raccoglieva le energie per l’ultimo attacco, Ryan e Quiche se le davano di santa ragione.
L’americano non se la cavava per niente male nel corpo a corpo ed era aiutato dai geni felini che aveva in sé, ma il vero problema erano quei maledetti pugnali. Doveva in un qualche modo separare l’alieno dalle sue armi.
Si accovacciò, finendo quasi a quattro zampe, e attese la prossima mossa dell’avversario. La pioggia cadeva tutt’intorno, rendendo la visibilità ridotta e i movimenti più impacciati. Individuò Quiche davanti a sé, ansimante come lui.
“Non mi ucciderai tanto facilmente…”, pensò tra sé mentre tendeva al massimo i muscoli. Senza volerlo il suo fine udito felino captò i passi di Strawberry tra i cespugli, subito seguiti da quelli del chimero-gatto. Sperò che la mew neko avesse trovato un piano per eliminarlo.
Quando tornò a spostare la sua attenzione sull’alieno dalla pelle diafana lo trovò ancora immobile, sospeso a mezz’aria. Osservandolo meglio si potevano notare alcuni lividi sul suo corpo, ricordo dei pugni e dei calci di Ryan e una ferita all’altezza della tempia sinistra. Anche lui non era messo granché bene: aveva la maglia stracciata e leggermente tinta di rosso a causa di un taglio all’altezza del fianco sinistro e molti altri lividi sul resto del corpo, compreso quello sullo zigomo destro, regalatogli dall’elsa di uno dei sai di quel dannato alieno.  
Rimase a scrutarlo in silenzio finchè un fulmine non lo colse alla sprovvista. La folgore illuminò a giorno tutto il giardino, abbagliandolo per qualche istante.
Istintivamente il ragazzo chiuse gli occhi, ma quando li riaprì davanti a sé non trovò nessuno.   
Subito dopo sentì una potente stretta attorno alla vita e il contatto freddo e sgradevole con il metallo alla gola.
Era stato giocato.
-Fine dei giochi.- annunciò sornione Quiche. Ryan cercò di liberare le braccia, ma non ci riuscì, anzi sentì la presa stringersi anche attorno alle gambe, segno che l’alieno gli si era avvinghiato come una sanguisuga.

  Strawberry fece un’ulteriore deviazione e il chimero la seguì tra gli alberi del giardino. Non sembrava aver intuito che si stava inoltrando in una trappola o probabilmente non stava dando ascolto al suo istinto di gatto.
“Bene, siamo quasi arrivati…”, constatò balzando sul ramo di una grossa quercia. Dietro di sé udì il sibilò minaccioso del felino. “Vieni, vieni bel micio”.
Continuò a passare da un albero all’altro finchè non trovò quello che cercava. Aveva raggiunto il cuore del piccolo boschetto che circondava il Cafè e ora si trovava in prossimità di due ciliegi cresciuti così vicini da avere parti del tronco unite fino a metà, dove si allontanavano creando una grossa forcella. La ragazza contava di passarvi attraverso e far sì che il suo avversario facesse lo stesso, così da intrappolarlo.
  Con un balzo atterrò sul terreno umido ma non bagnato, dato che il fitto fogliame impediva alla pioggia di penetrare. Impugnò a due mani il proprio fiocco.
-Avanti, brutto mostro! Attaccami!- lo incitò. Quello non se lo fece ripetere due volte e abbatté due alberi con una sola zampata. –Speriamo funzioni…- mormorò a denti stretti. Schivò altri colpi, avvicinandosi agli alberi gemelli.

  Ryan faticava a respirare e avvertiva il sangue scorrere caldo dalla ferita alla gola provocata “accidentalmente” dal pugnale di Quiche. La disperazione lo stava assalendo: come poteva liberarsi da quell’abbraccio mortale?
Strinse i pugni e si concentrò per trovare una soluzione.
Quando ebbe l’illuminazione, si diede dello stupido per non averci pensato subito. Chiuse gli occhi e lasciò che la sua parte felina prendesse il controllo del proprio corpo, avvolgendolo con una morbida luce azzurra.
-Che cosa..?- Quiche assistette confuso alla trasformazione. Quando il fascio azzurro scomparve si ritrovò a stringere il nulla. Ammiccando, si guardò le braccia e poi spostò lo sguardo per terra: un piccolo gatto grigio con una bandana verde al collo e intelligenti occhi azzurri lo fissava spavaldo. –Com’è possibile? Puoi trasformarti, dannato…!
Fece per acciuffare il micio, ma quello evitò le sue mani con un balzo e lo graffiò in pieno viso.
“Così impari a fregarmi!”, miagolò Ryan. Ovviamente l’alieno non lo comprese, ma interpretò giustamente il miagolio come un’offesa o qualcosa del genere.
-Vieni qui, stupido gatto!- nuovamente tentò di bloccarlo. Lanciò addirittura i sai, ma oltre a tagliare qualche ciuffo di pelo sulla schiena del suo bersaglio, non fece molto danno. Art evitò scartando un chimero bomba e con un sibilo s’inoltrò tra gli alberi, invitando così Quiche a seguirlo.
–Vuoi giocare a nascondino? Io non ti temo!- e detto questo si fiondò tra le fronde bagnate.

  Le quattro mew avevano finalmente bloccato il chimero. Pam e Mina unirono i loro attacchi e lo eliminarono dividendo il parassita dal gatto che, spaventato, scappò via.
-Maledette! Avete eliminato il nostro chimero!- imprecò Pie.
-E lo rifaremo ogni volta che ce ne sarà bisogno.- lo avvertì Mew Mina.
-Tsk. Vieni Tart!- chiamò l’alieno. Il fratellino lo raggiunse immediatamente, litigando nel contempo con Mew Paddy. –Ritorneremo.- promise scomparendo in un guizzo.
-Ve la faremo pagare!- gli fece eco Tart, prima di sparire a sua volta.
Appena anche il ragazzino si fu dissolto le ragazze tirarono un sospiro di sollievo.
-Ce l’abbiamo fatta.- commentò Lory ansimando leggermente. Come le altre era molto provata dallo scontro.
-Evviva! Siamo le più forti!- gioì Paddy, ritornando normale.
-Già.- concordò Mina sedendosi. –Però guardate com’è ridotto il Cafè.- aggiunse sconsolata.
Le compagne fecero vagare lo sguardo sulle macerie e scossero il capo, avvilite. Le aspettava un duro lavoro.
-Andiamo a chiamare Kyle.- suggerì pacata Pam. Lei era l’unica che in qualsiasi occasione e con qualsiasi avvenimento non si scomponeva mai.
Le tre compagne annuirono.
-Un attimo… e Strawberry?- azzardò a chiedere Lory, altruista come sempre.
-Andremo ad aiutarla, ma dopo aver recuperato Kyle e Ryan, se possibile…- la rassicurò la modella.
-Va bene.

  Il chimero miagolò irritato. La sua preda non faceva altro che sfuggirgli e lui si stava stancando di inseguirla, voleva mangiarsela.
Strawberry non era dello stesso avviso, infatti stava continuando a schivare le varie zampate per avvicinarsi il più possibile ai due ciliegi. Fortunatamente, il suo avversario sembrava troppo preso dalla caccia per rendersi conto dell’inganno.
Mentre loro combattevano, Art correva a perdifiato tra gli alberi, scartandoli agilmente ogni qual volta gliene si parava uno davanti. In un posto con così tanti ostacoli lui non si trovava per niente a disagio.
“Qui sono in vantaggio io. Quiche avrà qualche difficoltà a seguirmi, a meno che non abbatta gli alberi…”, pensò tra sé mentre scavalcava una radice. Tutti i suoi sensi di gatto erano all’erta, ma ancora non sentiva nessun rumore prodotto dall’alieno: che avesse rinunciato? Impossibile.
  Infatti subito dopo l’aria crepitò e una saetta squarciò in due un giovane albero alle spalle del gatto randagio. Ryan si fermò di colpo, voltandosi alla ricerca del proprio avversario. Gli giunsero alle orecchie degli strani scricchiolii e subito dopo il ciliegio alla sua sinistra prese a cadere verso di lui. Con un miagolio spaventato si spostò dalla sua traiettoria.
Aveva ancora il pelo ritto quando Quiche comparve tra gli alberi, il viso distorto dalla rabbia.
-Ho detto che ti avrei ucciso e intendo farlo!- gridò digrignando i denti. Incrociò davanti a sé i sai e si precipitò contro il gatto grigio che aveva davanti.
“Dannazione! Questo è pazzo!”, pensò Art vedendolo arrivare.
Iniziò un feroce corpo a corpo in cui Ryan schivava e graffiava rapidamente e Quiche menava fendenti sempre più precisi e pericolosi. Lottavano tra gli alberi, balzando da un tronco all’altro, sull’erba. Erano quasi arrivati al centro del boschetto ed erano entrambi ricoperti di fango dalla testa ai piedi.
D’un tratto, entrambi percepirono i rumori di una battaglia.
Rimasero un attimo immobili ad ascoltare, poi l’alieno cercò di pugnalare a tradimento Art. Il micio schivò appena in tempo, balzando in aria, ma Quiche attendeva proprio quello. Abbassandosi e facendo perno su una mano si rovesciò a testa in giù e sferrò un calcio in pieno stomaco all’animale, che rotolò fuori dagli alberi fino alla radura dove stavano combattendo Mew Berry e il chimero.
  La ragazza, a sentire un fruscio, si voltò e vide Art a terra, subito seguito da Quiche.
Sgranò gli occhi.
-No! Quiche, lascialo stare!- fece per precipitarsi in aiuto di Ryan, ma il chimero le si parò davanti ricordandole che era lui il suo avversario. –Adesso ti sistemo!- urlò rivolta al mostro. Quello soffiò minaccioso e sferrò una zampata, mentre con la lunga coda frustava gli alberi all’intorno. Strawberry eseguì una capriola all’indietro per evitare l’attacco, ma ne giunse subito un altro e nuovamente fu costretta ad arrotolarsi in aria e schivare. Continuarono così fino a quando, con un ultimo attacco, la ragazza non oltrepassò la fenditura e il chimero vi ci si incastrò dentro, data la sua enorme mole.   
-Ben ti sta!- esultò la rossa. D’un tratto si ricordò di Art e si voltò per correre ad aiutarlo. –Art!
Il gatto si era rialzato e aveva ricominciato a lottare con Quiche. Le sue schivate si erano fatte più lente e più volte fu colpito e gettato a terra.
Si stava rialzando per l’ennesima volta quando le piccole zampe non lo ressero e ricadde nell’erba. “Ho ancora due minuti!”, si rese conto, digrignando i denti dal dolore. Ormai il grigio del suo pelo era irriconoscibile tanto si era mescolato al rosso del sangue che usciva dalle sue numerose ferite (non profonde, ma comunque tante).  
  Alzò il capo e vide Quiche abbassare i pugnali.
Era la fine! Sarebbe stato trafitto a morte dall’alieno e avrebbe dovuto rinunciare alla vita. Abbassò le orecchie e chiuse gli occhi, attendendo il peggio.
Ma non accadde nulla.
Lentamente spalancò le palpebre e si ritrovò ad osservare la schiena di Quiche leggermente ustionata.
Cos’era successo?
Poi il suo sguardo celeste fu catturato da una figura in rosa e comprese che era stata Mew Berry a salvarlo. “Questa me la rinfaccerà per sempre!”, pensò rimettendosi faticosamente in piedi.
Aveva intenzione di balzare in groppa all’alieno e provocargli qualche ferita quando, proprio quest’ultimo, si girò nella sua direzione.
-Vedo che sei ancora vivo.- constatò con un misto di compiacimento e scherno. Ryan socchiuse gli occhi felini e soffiò irritato da tanta spavalderia.
-Quiche! Prenditela con me!- ordinò Strawberry. L’alieno non si curò nemmeno di girarsi.
-Più tardi, quando avrò sistemato il biondino, sarò tutto tuo.- rispose. Ryan si mise sulla difensiva, aspettando l’attacco.
Ed infatti dai sai si dipartirono numerose scariche di energia, che fortunatamente non andarono mai a segno. Art, stufo di giocare al gatto col topo, si arrampicò su un albero. Quiche tentò di scovarlo, ma lui si buttò giù verso di lui. L’alieno se ne accorse, lo afferrò per la collottola e lo scaraventò lontano, in un punto imprecisato.
Poi successe tutto molto rapidamente.
Mew Berry fece per correre in suo aiuto, ma avvennero due cose inaspettate: Quiche l’afferrò per un braccio, trattenendola e il chimero, che aveva precedentemente imprigionato, prese a frustare la radura con la lunga coda.
  La prima frustata fendette l’aria, staccando qualche ramo, ma senza provocare danni. La seconda giunse subito dopo e spazzò senza pietà tutto il terreno. Sotto gli occhi attoniti di Strawberry, sollevata a mezz’aria da Quiche, Art venne colpito in pieno e scaraventato con forza contro il tronco di una quercia. La ragazza sentì le ossa del micio scricchiolare e sperò ardentemente che non si fosse rotto la schiena.
Per fortuna non era successo, ma il piccolo felino scivolò inerme a terra e subito dopo riprese le sue sembianze umane.
-Ryan!!- urlò la mew neko. Si divincolò dalla presa dell’amante indesiderato ed atterrò sulle quattro zampe.
Chiamò nuovamente il ragazzo, ma questo non rispose: forse aveva perso conoscenza. Prima di andare a soccorrerlo la ragazza si voltò verso il chimero e con un solo, potente colpo lo eliminò.
–RYAN!- corse verso l’americano, inginocchiandosi al suo fianco. –Rispondimi… rispondi!
Prese a scuoterlo con poca gentilezza, fino a quando il ragazzo non aprì gli occhi celesti e andò a fissarla, stordito. Inspiegabilmente la vide sorridere e piangere allo stesso tempo.
-Straw… berry?- mormorò, tentando di mettersi a sedere.
-Sei vivo! Sei vivo!- la rossa gli gettò le braccia al collo. Ryan, imbarazzato e confuso, rimase immobile.
-Perché piangi?- chiese con un filo di voce. Parlare gli riusciva incredibilmente difficile e gli provocava forte fitte al torace.
Alla domanda lei si staccò e abbassò lo sguardo. -Ti ho visto schiantarti contro l’albero e io… io credevo…- non ebbe il coraggio di finire la frase.
-Guarda che ho la pellaccia dura!- scherzò, asciugandole le lacrime. Strawberry annuì, ridacchiando, ma si incupì subito dopo vedendo l’espressione sofferente del fondatore del progetto mew. –Però credo di essermi rotto qualcosa…- ammise, dopo aver cercato inutilmente di mettersi a sedere.
L’unico risultato era stata una dolorosa fitta all’altezza dei polmoni.  
-Non muoverti.- lo pregò. Stava per dirgli di rimanere lì fino a quando non avesse finito con Quiche quando, proprio l’alieno dagli occhi d’oro, l’interruppe.
-Ehi, micetta! Smettila di ignorarmi!- sbottò, scocciato. Lei fece ricomparire la propria arma e la strinse con entrambe le mani davanti a sé. –Sei arrabbiata?- chiese innocentemente, vedendo l’espressione stizzita sul viso di lei.
-Molto! Ti avevo detto che oggi non era giornata!- rispose lei.
-L’amore non va in vacanza.- replicò lui. Puntò i propri occhi in quelli della rossa per un istante, poi scorse un movimento dietro la ragazza e spostò lo sguardo. Ryan era riuscito a rialzarsi. Bene, avrebbe potuto finire il lavoro.
-Smettila di dire assurdità!- la voce di Strawberry lo riportò alla realtà. Sorrise. –Perché sorridi?- chiese facendosi dubbiosa.
-Perché oggi ho vinto io.- detto questo si lanciò verso di lei. La mew si preparò a riceverlo, ma inaspettatamente lo vide sorpassarla. Sentì un gemito di dolore. Si voltò di scatto.
Vide Quiche darle le spalle e Ryan inchiodato all’albero, il viso contorto in una smorfia di dolore a stendo trattenuto.
Poi capì l’origine di quel dolore: la lama del pugnale dell’alieno era conficcata trasversalmente nel polso del biondo. Inoltre Ryan bloccava con l’altro braccio il piede di Quiche, che probabilmente era intenzionato a rompergli il polso con una pressione ben assestata.    -Dannato! Vattene!- Mew Berry sferrò da distanza ravvicinata l’attacco e l’alieno fu costretto ad andarsene. L’ultima cosa che vide fu il suo sorriso di vittoria.
Rimase un attimo incantata a fissare il cielo, ma un’imprecazione del ragazzo accanto a sé la riportò alla realtà.  
Si fece cadere al suo fianco e l’osservò quasi terrorizzata. Sentiva le lacrime premerle contro gli occhi, ma le ricacciò indietro. Non voleva piangere. Non doveva, non in un momento simile. E soprattutto non per lui…
Rimase a fissare il sangue che usciva copioso dal taglio al polso poi, inspiegabilmente, sentì il bisogno d’incontrare lo sguardo del ragazzo e vi scorse sofferenza.
“Al diavolo! Ryan è ridotto così a causa della mia geniale idea!”, si disse mentre le lacrime prima trattenute cominciavano a bagnarle le guance. –Mi dispiace.- disse con un filo di voce.
-Non devi.- la voce del biondo le giunse smorzata.
-Ma… Quiche… il chimero…- singhiozzò la ragazza. Non riusciva più a trattenere il senso di colpa che l’attanagliava.
-Lo sai come la penso: sono disposto a morire per voi.- le ricordò lui con decisione. –Questo è solo un incidente di percorso…- aggiunse, strappando un lembo della maglia ormai lacera. Lo avvolse con precisione attorno alla ferita, bloccando la fuoriuscita di sangue. Solo dopo aver fatto questo alzò lo sguardo ed osservò per la prima volta le lacrime della ragazza. Subito sentì una fitta al cuore: odiava vederla piangere e gli faceva male. –Ti prego, non piangere.
Strawberry tentò di asciugarsi gli occhi che già cominciavano ad arrossarsi. Purtroppo quelle lacrime di tristezza non volevano smettere di rigarle le guance. Si sentiva in colpa verso quel ragazzo che ora la guardava dispiaciuto, verso quei pozzi di cielo che s’erano incupiti a causa sua.
-Sono una stupida!- affermò d’un tratto, abbassando lo sguardo. Ryan la guardò confuso: a volte proprio non la capiva. –E’ per colpa mia e dell’ossessione di Quiche per me se tu ora sei… sei ridotto così.- ammise.
-Colpa tua?- ripetè l’altro. –Che sia colpa di Quiche è vero, ma tu non hai colpa, anzi mi hai salvato.
-No, non è vero! Io…- ma il biondo la zittì con un gesto secco della mano. Mew Berry lo guardò, dapprima contrariata poi stupita.
-Smettila di autocommiserarti!- le ingiunse. –E smettila di farmi urlare, fa un male cane.- aggiunse abbassando il tono di voce.
-Ryan, adesso come facciamo a tornare dagli altri?- la ragazza si chinò verso di lui. –E poi… riesci ad alzarti?
-No, direi che mi è impossibile. Penso di essermi rotto qualche costola.- rispose con un mezzo sorriso. Stava sforzandosi per non far trasparire il dolore, ma era difficile. Inoltre i vestiti fradici attaccati al corpo non lo aiutavano. Stava per aggiungere che per arrivare dagli altri non ci sarebbe stato problema quando Strawberry lo fermò.
-E lo dici sorridendo brutto stupido?!- urlò mentre nuove lacrime scendevano dai suoi occhi rosa.
-Sto cercando di non urlare dal dolore, gattina.- replicò, mettendo particolare enfasi nell'ultima parola. La mew neko lo guardò un attimo in silenzio, prima di chinare il capo e abbassare le orecchie feline.
-Scusa.- mormorò. –Cosa stavi per dire prima?- chiese, ritrovando un po’ del vecchio spirito.
-Stavo dicendo che potrei diventare Art e tu mi potresti portare fino al Cafè.- le espose il piano accompagnandolo con pochi gesti della mano sana. –E direi di muoverci o morirò dissanguato.
La ragazza si rialzò e riassunse sembianze normali. Ryan invece si trasformò ancora una volta nel gattino grigio, che tante volte l’aveva aiutata.
  Strawberry si chinò e lo sollevò delicatamente da terra, evitando ogni movimento che potesse arrecargli dolore. Quando se lo adagiò tra le braccia, Art emise un miagolio di protesta perché la ragazza lo aveva premuto troppo forte contro di sé, provocandogli dolore e anche un po’ d’imbarazzo.
-Scusami…- sussurrò, mentre iniziava ad addentrarsi tra gli alberi.
Durante il breve tragitto fino all’edificio rosa Ryan perse più volte conoscenza a causa dell’eccessiva perdita di sangue: ora che aveva un corpo così minuto la fuoriuscita del liquido vitale si faceva sentire.
Seppe che erano arrivati quando la rossa chiamò con voce tremante il nome di Kyle.
Ryan provò a dimenarsi nella stretta della mew, ma la ragazza non glielo permise. Mentre camminavano nel bosco l’aveva pregata di metterlo giù pochi metri prima del caffè, così lui si sarebbe trasformato e non si sarebbe fatto vedere in quelle condizioni pietose, ma lei, cocciutamente, aveva ribattuto che non era il momento di tirare fuori l’orgoglio.
-Kyle!- la voce della rossa lo riscosse. Tentò di cambiare posizione, ma fu una pessima idea che gli valse fitte atroci in tutto il corpo. Miagolando di dolore fece capire alla quindicenne di doversi sbrigare. –Kyle! Ragazze! Dove siete?- la sentì correre.
Strawberry spalancò la porta sul retro ed entrò nel locale. Stranamente non c’era nessuno, nemmeno le sue compagne. Si guardò in giro fino ad arrivare nel salone. Il pavimento era pieno di macerie, molti lampadari si erano schiantati al suolo e parte della fiancata del locale era crollata.
“Che disastro!”, miagolò debolmente Art.
-Hanno distrutto mezzo locale.- convenne lei, fissando gli alberi oltre il buco nella parete. Rimase un attimo imbambolata fino a quando non avvertì il gatto che aveva tra le braccia tremare. –Art… Kyle! Ragazze!- urlò. Poi lo fece ancora e ancora.
Finalmente si sentirono dei passi e dalle scale che portavano alla cantina emersero le quattro mew mew e Kyle. Appena videro i due sui loro visi comparvero cinque meravigliosi sorrisi, che si spensero subito dopo vedendo Ryan trasformato e le condizioni in cui si trovava.
-Mio Dio, cos’è successo?- il moro si precipitò dai ragazzi seguito a ruota dalle cameriere.
-Quiche ci ha attaccati, io ho combattuto contro un chimero gatto e lui ha tentato di uccidere Ryan! Kyle dobbiamo portarlo subito all’ospedale, ha detto che si è rotto qualche costola e ha un polso ferito! Ma potrebbe avere una commozione o che so io!- disse la ragazza, nel panico. -Vado a prendere la macchina… Ryan rimani così fino al mio arrivo!- e si precipitò fuori con un mazzo di chiavi in mano.
Il biondo fece come gli venne ordinato e appoggiò stancamente il muso sul braccio di Strawberry, cercando di concentrarsi sul discorso che stavano facendo le ragazze.
-Caspita, Quiche ci è andato pesante!- commentò Paddy osservando da vicino il micio. Art sollevò lo sguardo e la fissò con uno sguardo che diceva “Anche io gliele ho suonate”.
-In verità…- la rossa stava per spiegare l’accaduto, quando si sentì chiamare da Kyle.
-Strawberry, vieni con me. Ragazze voi rimanete qui e cercate di fare quello che potete per rimettere a posto.- diede istruzioni in modo incontestabile. Appena sentito il proprio nome la ragazza si precipitò in macchina, cercando di sballottare il meno possibile la palla di pelo che aveva tra le mani. –Tu come stai?- chiese dando gas e partendo alla volta dell’ospedale.
La mew rosa alzò lo sguardo dal gatto e vide quello preoccupato del moro riflesso sullo specchietto dell’auto.
-Ho solo qualche graffio, niente di che. Sto bene.- lo rassicurò.
-Bene.- annuì sorridendo. –Ora dimmi cos’è successo. Dall’inizio.
La ragazza tirò un profondo sospiro e prese a raccontargli l’accaduto.
Aveva deciso di non dirgli il motivo per cui Ryan si trovava in quelle condizioni.  

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Capitolo 5
*** Cap. 4 Sensi di colpa ***


Cap. 4 Sensi di colpa Questo è un capitolo di transizione e, a parte l'episodio con le fan di Ryan, è abbastanza calmo... il bello arriverà nei prossimi :)
L'ho caricato ora perchè nei prossimi giorni avrò dei problemi con la linea telefonica e non riuscirò a rispettare l'aggiornamento a "giorni alterni"...
Spero che questo capitolo vi piaccia comunque, buona lettura :)



Cap. 4 Sensi di colpa


-Mi dica, dottore, come sta?- chiese un Kyle decisamente agitato al medico appena uscito dalla stanza di Ryan. –Sono il tutore.- si affrettò ad aggiungere in spiegazione alla domanda inespressa del suo interlocutore.
-Si calmi, per favore. Il ragazzo è fuori pericolo.- annunciò calmo l’uomo. A quelle parole i due amici sentirono la tensione sciogliersi. Vedendo che i suoi interlocutori avevano ritrovato un po’ di serenità il dottore continuò il suo discorso. –Abbiamo riscontrato due costole rotte e una incrinata senza contare che il taglio che aveva all’altezza del polso ha reciso, anche se di poco, una vena. È stata necessaria una trasfusione.- concluse consultando il referto medico che aveva in mano.
-La prognosi?- la voce del moro tremò. Non era mai successo che Ryan fosse oggetto degli attacchi degli alieni e in vita sua non aveva mai avuto incidenti.
-Dovrà rimanere in ospedale per tre giorni, poi potrà tornare a casa, ma dovrà rimanere fermo il più possibile dato che abbiamo dovuto ingessargli gran parte del busto.- disse. –Se possibile, potrei sapere come si è ferito?- chiese gentilmente il medico.
-Un incidente in moto.- quella era la bugia che lui e Strawberry avevano deciso di raccontare per giustificare l’accaduto e la sua successiva assenza da scuola.
-Capisco. Se volete vederlo…- fece un gesto verso la porta. –Non fatelo stancare però.- si raccomandò prima di stringere la mano a Kyle e andarsene.
-Entriamo?- chiese titubante la rossa. Si sentiva ancora dannatamente in colpa nei confronti del biondo. Al cenno d’assenso dello chef aprì la porta ed entrò cautamente.
Appena sentì il battente richiudersi, Ryan si voltò verso di loro. Sul volto aveva un’espressione afflitta.
-Hanno detto che dovrò rimanere fermo per più di un mese.- annunciò con voce stanca, quasi annoiata.
-E tu farai quanto detto.- chiarì il suo migliore amico.
-Sì, mamma…- nella voce dell’americano c’era una nota di ironia. I suoi occhi però erano spenti, quasi inespressivi.
-Vedo che non hai perso il senso dell’umorismo.- ridacchiò Kyle. –E’ un buon segno.
-Già.- annuì stancamente Ryan. –Ci sono anche le altre?- chiese soffermandosi a guardare Strawberry che, da quando era entrata, non aveva ancora alzato lo sguardo, rimanendo oltretutto in assoluto silenzio.
-No, sono rimaste al locale.- rispose il ragazzo.
-Pie e Tart si sono proprio impegnati questa volta, eh?
-Sì, ma hanno detto che lo facevano solo per tenere occupate le ragazze mentre Quiche sistemava altre faccende.
-Ne sono certo… comunque non è riuscito né ad uccidermi né a portare via Strawberry, vero?- chiese rivolgendosi poi alla ragazza.
Lei, senza alzare lo sguardo dal pavimento, annuì. Kyle e Ryan la guardarono interrogativi.
-Che cos’hai? Il gatto ti ha mangiato la lingua?- indagò il biondo. Si aspettava la solita linguaccia in risposta, invece la mew si girò ed uscì a capo chino, senza ribattere nulla. –Ma che l’è preso?- Ryan guardò l’amico. L’altro scosse la testa e tornò a fissare la porta chiusa.   
 
  Strawberry, appena fu uscita, si abbandonò su una sedia affianco alla porta della camera di Ryan. Si coprì il viso con le mani, chinandosi in avanti per non far vedere a nessuno le proprie lacrime.
Si sentiva in colpa. Maledettamente.
Se non fosse stato per la sua trovata d’imprigionare il chimero, Ryan adesso non sarebbe in quella stanza d’ospedale con delle costole rotte e una cicatrice al polso. Aveva notato subito il bendaggio leggermente sporco di sangue e in quel momento la voce l’era morta in gola. Il medico aveva detto che la vena era stata recisa di poco, ma se Quiche avesse sferrato il colpo con più precisione probabilmente Ryan avrebbe rischiato la morte per un salasso non voluto.
Ripensava e ripensava all’accaduto, rivivendone ogni momento con estrema chiarezza.
Era persa nella propria commiserazione quando d’un tratto il cellulare prese a squillare. La ragazza non aveva per nulla intenzione di rispondere ma, non appena visto il nome del chiamante, riacquistò un po’ della vitalità che la caratterizzava.
Asciugandosi il viso con dorso della mano rispose:-Pronto?
-Ciao gattina, sono Mark. Come stai?- la salutò allegro il suo fidanzato. Già, si erano dichiarati da poco, ma lei aveva una cotta per lui già prima che cominciasse la storia delle mew mew.
-Ciao Mark! Io sto bene, grazie.- domandò, fingendosi allegra.
-Senti… sei libera adesso?- come spesso accadeva, da un po’ di tempo a questa parte, le telefonava sempre per invitarla ad uscire.
Strawberry s’incupì. -Mi dispiace, oggi proprio non posso.- rifiutò.
Mark non sembrò notare il suo tono di voce e così le chiese:-Avete il Cafè pieno di clienti?
-No, non sono al locale. Sono all’ospedale.- la rossa si morse il labbro inferiore.
Dall’altro lato del telefono ci fu silenzio per qualche istante, giusto il tempo per assimilare la notizia.
-Sei all’ospedale? Strawberry ti è successo qualcosa?! Stai bene?- Mark era allarmato. Strawberry non se ne rallegrò come avrebbe fatto in altre occasioni, in quel momento non le importava sapere quanto il suo ragazzo tenesse a lei.
-No, no, io sto bene.- lo rassicurò.
-Meno male.- lo sentì sospirare. –Allora come mai sei lì?
-Ehm… si tratta di Ryan. Ha avuto un incidente in moto.- disse. Sapeva che i due ragazzi mal si sopportavano e sicuramente a Mark non sarebbe dispiaciuto più di tanto. “No! Ma che dico? Mark è una persona altruista.”, si disse.
-Mi dispiace. Come sta?
-Se glielo chiedessi risponderebbe che ha avuto giorni migliori, comunque non è grave. Lo dimetteranno tra tre giorni.
-Capisco. Rimandiamo l’appuntamento a domani?- chiese speranzoso.
-Non so. Dobbiamo organizzarci al Cafè, ti mando un messaggio questa sera.- rispose lei. Effettivamente dovevano decidere sul da farsi e ora che Ryan era fuori gioco per qualche tempo, diventava un po’ più complicato mandare avanti il locale e il progetto contemporaneamente.
-Va bene. A questa sera, micetta. Ciao!- e chiuse la chiamata.  
La ragazza ripose il cellulare nella tasca della divisa con un sospiro. Aveva mentito a Mark e questo non le piaceva affatto, ma lo aveva fatto a fin di bene.
Era ancora immersa nei suoi pensieri quando sentì la porta aprirsi e ne vide uscire Kyle. Stava ridendo tra sé e sé.
-Non cambierà mai…- mormorò prima di accorgersi di Strawberry. –Oh, sei qui. Ryan voleva parlarti.- le disse avvicinandosi.
-Non me la sento.- ammise lei scuotendo la testa.
-C’è qualcosa che non va?- Kyle si sedette sulla sedia accanto a quella della rossa.
-E’ stata colpa mia, mia, capisci?- affermò con decisione. Alzò lo sguardo involontariamente e mostrò al ragazzo le sue guance rigate di lacrime. –Mi sento in colpa.- concluse riabbassando lo sguardo.
-Non devi né piangere né autocommiserarti.- sussurrò il cuoco poggiandole una mano sulla spalla. –Ryan voleva che te lo riferissi… e ha aggiunto che se domani arriverai in ritardo solo perché lui non c’è ti farà lavorare il doppio quando si sarà rimesso.- dicendo ciò le sorrise.
Anche Strawberry non potè farne a meno e lasciò che un sorriso sincero le illuminasse gli occhi.  
-Grazie. Senti Kyle puoi accompagnarmi a casa? Non me la sento di venire al Cafè.- nel suo sguardo si poteva leggere una muta supplica. Il ragazzo riuscì a coglierla ed annuì.
Con calma si avviarono fuori dall’edificio.


-Ragazze fate silenzio, per favore.- la voce di Kyle risuonò per tutto l’edificio. Tutte e quattro le mew mew si voltarono ad osservarlo e in silenzio attesero le sue parole. –Dobbiamo organizzarci finchè le cose non si saranno sistemante.
Le quattro annuirono.
-Per prima cosa chiuderemo per un po’ il locale, giusto il tempo per le riparazioni. Siete d’accordo?- continuò. La risposta fu positiva ed unanime. –Bene. Mi occuperò io di Ryan quando tornerà dall’ospedale, vi chiedo solo di comportarvi come sempre e di darci dentro col lavoro, dato che aumenterà un po’.
-Non ti preoccupare Kyle.- lo rassicurò Lory. –Tutte noi ci impegneremo al massimo.- aggiunse esternando quello che, probabilmente, era il pensiero comune.
-Vi ringrazio infinitamente.- il ragazzo si sciolse in un sorriso di riconoscimento. –Ora andate a casa, inizieremo i lavori domani mattina.
Detto questo si congedò da loro con un inchino e si diresse in cucina. Le ragazze invece si chiusero nello spogliatoio.
-Sarà dura ragazze.- commentò Mina aprendo il proprio armadietto. –Ho il sospetto che dovrò lavorare anche io.
-Esatto. Dobbiamo collaborare tutte quante.- convenne Lory.
-Soprattutto dobbiamo aiutare Kyle!- intervenne Paddy salendo sulla panchina. Tutte alzarono lo sguardo su di lei. –Faremo anche la sua parte, se necessario!
-E’ un bel pensiero, Paddy, ma nessuna di noi sa cucinare.- le ricordò la mew verde.
-Già, è vero…- la ragazzina si afflosciò sulla panca, improvvisamente avvilita.
-Su, ora andiamo a casa a riposare. Domani ci aspetta un duro lavoro.- intervenne Pam. La questione fu così liquidata e ognuna tornò a casa propria ripensando agli avvenimenti della giornata.

  Strawberry uscì dal bagno ancora fumante, prese un asciugamano e si frizionò i capelli carmini. Stropicciandosi gli occhi per il troppo sonno si diresse verso le scale. S’inginocchiò e augurò la buonanotte ai genitori, intenti a guardare la televisione in sala. Quando ebbe ottenuto risposta si trascinò fino in camera sua, richiudendosi la porta alle spalle.
Fortunatamente non l’avevano messa in castigo a causa della sua nottata passata al Cafè.
Si fermò sulla soglia di camera sua, ripensando a quello che era successo quel giorno.
Se non ci fosse stata probabilmente Ryan…
Scosse la testa, non volendo pensare a quell’eventualità.
Iniziò ad asciugare le ciocche bagnate col phon mentre lasciava vagare i pensieri verso altri lidi.
Ritornò alla telefonata fatta poco prima a Mark, in cui gli aveva detto che non potevano vedersi nemmeno domani. Lui ne era rimasto deluso, ma le aveva promesso che si sarebbero visti al più presto.
Dopo le parole del suo fidanzato le tornò nuovamente in mente quella scena: l’espressione di Quiche e quella di Ryan, ogni singolo gesto.
Ed ecco che il senso di colpa l’attanagliò, chiudendole lo stomaco. Cercò di ignorare quella sensazione con ogni fibra del suo essere.
Quando si voltò verso il letto sentì improvvisamente la stanchezza assalirla, si lasciò cadere sulle coperte a peso morto e sprofondò subito nel mondo dei sogni.
  Purtroppo, però, quella notte non avrebbe dormito molto.  

  Il sole arrivò finalmente a svegliarla. Quel giorno non sarebbe arrivata in ritardo a scuola. Si era dovuta alzare presto da letto, su richiesta di Kyle, per andare al Cafè a discutere alcune questioni.
Sbadigliando, ripensò al motivo che l’aveva indotta ad alzarsi e un moto di angoscia l’assalì. I ricordi presero a scorrere, come se si trovasse nuovamente davanti al Cafè Mew Mew.
Arrivata lì aveva trovato l’edificio nelle stesse condizioni del giorno prima: sventrato su un fianco e ridotto altrettanto malamente all’interno. Kyle l’aveva accolta con un dolce sorriso come a rassicurarla che presto sarebbe tornato tutto alla normalità.
-Grazie per essere venuta.- il ragazzo le si era avvicinato.
-Di cosa devi parlarmi Kyle?- aveva chiesto. Lui le aveva fatto segno di seguirlo in cucina. Strawberry non aveva protestato e aveva raggiunto la stanza, in cui aleggiava il dolce profumo della pasta frolla.
-Vuoi della cioccolata calda?- il moro aveva indicato un pentolino sui fornelli. Evidentemente aveva preparato del cioccolato fuso per guarnire le sue torte. Al sì della ragazza aveva tirato fuori due tazze dalla credenza. –Vorrei chiederti una cosa.- aveva continuato, versando attentamente il liquido caldo.
-Dimmi pure.
-Quiche era veramente intenzionato ad uccidere Ryan?- era stato diretto come poche volte prima d’ora. Nella sua voce si poteva benissimo avvertire una nota di preoccupazione.
La ragazza aveva esitato a rispondergli e si era limitata a chinare il capo.
-Sì.- aveva infine ammesso. Nemmeno lei riusciva ancora a credere che l’alieno sarebbe potuto arrivare a tanto. Inoltre, lui non aveva mai attaccato altri che loro cinque.
-E scommetto che il motivo non era perché sappiamo del vampiro.- aveva supposto Kyle, porgendole la tazza. Lei l’aveva presa con attenzione ed era andata a fissare la cioccolata al suo interno vorticare leggermente.
-Non è solo per quello. Quiche ha detto che il loro piano era danneggiare l’apparato di ricerca e fare in modo che chi porta avanti le ricerche non potesse più farlo.- era stata costretta a rivelare.
Il cuoco era rimasto a lungo pensieroso, sorseggiando ogni tanto la sua cioccolata.
Alla fine aveva tratto le sue conclusioni. –Volevano togliere di mezzo Ryan perché lui è la mente del progetto e con la sua morte per gli alieni diventerebbe tutto più facile.
Quella verità aveva sconvolto Strawberry: non credeva che Quiche e i suoi due fratellastri si sarebbero potuti spingere a tanto.
-Non riesco a crederci, ma dopo aver visto Quiche colpire Ryan in modo così efferato sono costretta a farlo.- aveva cercato con lo sguardo Kyle e lui le aveva sorriso incoraggiante.
-Vedrai che non ritenteranno la stessa mossa.- le aveva assicurato. –Andrà tutto bene.
-Lo spero.- si era augurata, portandosi la tazza alle labbra per sorseggiare lentamente la cioccolata fumante. –Dovevi parlarmi solo di questo…?
-No. Anche di Ryan.- aveva ammesso. La rossa aveva aggrottato le sopracciglia. –Sai che oggi tornerà a casa, no? Ecco, ieri io e le ragazze abbiamo discusso della situazione.- stava per continuare, ma la ragazza lo aveva interrotto.
-Perché non mi avete chiamata?- la sua voce si era alzata di un’ottava. Il moro l’aveva guardata con un’espressione stupita.
-Non mi era sembrato il caso, non eri nelle tue migliori condizioni.- aveva semplicemente detto. Lei stava per ribattere, ma lui l’aveva zittita con un gesto. –Comunque, abbiamo deciso di tenere chiuso il locale per un po’, giusto il tempo per le riparazioni. A Ryan penserò io, non dovete preoccuparvi, solo mi servirà una mano col Cafè se vorrò continuare a portare avanti il progetto.
-Capisco. Ma se dovessi avere bisogno potrei aiutare io Ryan… sì, insomma, è stato per colpa mia se… se è successo quel che è successo.- aveva farfugliato imbarazzata.
Kyle aveva sorriso. –Ti ringrazio. Credo che basterà il tuo massimo impegno nella gestione del Cafè con le altre, ma se dovessi avere bisogno ti terrò in considerazione.
-Kyle… ehm… come sta… lui?
-Intendi Ryan?
Lei aveva annuito.
-Tutto sommato bene. Certo non riesce a muoversi come vorrebbe a causa delle costole rotte e dell’ingessatura, ma non ti preoccupare. La sua testardaggine lo farebbe camminare anche sui carboni ardenti, quindi questa, per lui, è solo un’altra conseguenza del progetto.- aveva assicurato con un leggero sorriso al pensiero dell’amico.
-Meno male.- Strawberry aveva sospirato, prendendo un altro sorso. D’un tratto, però, le era venuta in mente una cosa e così aveva deciso di chiedere a Kyle:–Per quanto riguarda la sua missione nella mia scuola?
Lui era parso sorpreso, ma si era ripreso subito.
-Mi era passato di mente, però… ora che mi ci fai pensare bisogna sistemare un po’ di cose. Sai se in questo periodo ci sono gite o simili?
-No, che io sappia no.
–Bene. Rimane il problema dell’assenza di Ryan a scuola.
-Se è per quello, io posso parlare con i suoi professori e dire che ha avuto un incidente con la moto e che rimarrà a casa per un po’.- aveva proposto.
-Sì, è un’ottima idea. Per le ricerche sul vampiro non c’è da preoccuparsi, me ne occuperò io.- aveva detto allegro. Ora che tutto era stato organizzato si sentiva più sereno.
-Allora è deciso. L’unica sarà non farmi uccidere dalle sue fan. Ti rendi conto? Ryan ha delle fan!- lo aveva detto con un tono di voce incredulo.
-Sì, me lo ha detto e non sembrava contento della cosa.- aveva riso il ragazzo.
-Io non le capisco, bah!- aveva rivelato scuotendo il capo. –Ora è meglio che vada.- lo sguardo le era caduto sull’orologio della cucina, che segnava le sette e trequarti.
-Buona giornata, Strawberry.- le aveva augurato.
Con un sorriso di risposta lei era uscita.
Così come era uscita dalla porta era riemersa anche dai propri ricordi. Lanciò un’occhiata all’orologio sul cellulare e fece una piccola smorfia. Il momento della verità non era lontano.
   Ripensando a quello che si era accordata di fare con Kyle le si serrò lo stomaco, ma tentò di scacciare la preoccupazione e chiuse il cancello di casa.
Ma l’evidenza rimaneva: non se la sentiva proprio di affrontare le compagne di classe di Ryan e nemmeno, s’è per questo, l’intero fan club. Però non aveva molta scelta dato che doveva collaborare per mandare avanti il locale e il progetto. E poi era colpa sua se il biondo ora era impossibilitato a condurre ricerche.

  Sospirando, attese che il semaforo diventasse verde.
Era una sensazione strana poter andare a scuola camminando e non correndo come una forsennata. Con un mezzo sorriso si avviò alla volta del liceo Daikan.
Per strada non incontrò né Mimi né Megan, che sicuramente stavano ancora dormendo come tutte le mattine, dato che loro tre si ritrovavano puntualmente a dover sfiancarsi per arrivare al suono della campanella.
Girò l’angolo ed ecco comparirle davanti il grande edificio scolastico. Si apprestò ad attraversare la strada quando sentì qualcuno chiamarla a gran voce.
-Strawberry!- all’ennesimo urlo si voltò. Con sua sorpresa vide Mark agitare la mano in segno di saluto qualche metro più indietro. Istantaneamente le venne da sorridere e tutti i problemi passarono in secondo piano. –Ciao, micetta!- la salutò con un bacio sulla guancia.
-Ciao Mark!- esclamò lei, rossa in viso. Istintivamente andò a coprire le orecchie spuntatele sulla testa.  
-Oggi non sei in ritardo, come mai?- le chiese, accostandosi.
La rossa si portò una mano dietro la nuca, ridacchiando nervosamente. “Adesso cosa gli dico? Come cosa gli dico?! Su, Strawberry, devi dirgli la verità e basta!”, si disse. –Sono dovuta andare al Cafè.- rivelò infine.
-Al Cafè? E come mai?- Mark parve confuso.
-Sì, vedi… ieri un albero del giardino è caduto, buttando giù un fianco dell’edificio.- raccontò. Ovviamente era una bugia inventata di sana pianta per giustificare quell’enorme buco creatosi nel locale e il suo innaturale anticipo.
-Capisco. Non ci sono stati feriti, vero?
-No, no. Solo danni ai tavoli e all’interno del locale.
-Meno male.- il ragazzo continuò a camminare, dirigendosi verso l’entrata della scuola, affiancato da Strawberry. D’un tratto si fermò e si voltò verso di lei. La mew rosa lo guardò con un misto di preoccupazione e curiosità. –Senti, Strawberry, oggi ti andrebbe di andare al parco Inohara?- chiese.
Subito la sua fidanzata arrossì. -Intendi i-io e te?- balbettò.
Lui annuì, sorridente.
Stava per rispondergli che le sarebbe piaciuto moltissimo quando le tornò in mente la chiacchierata avuta quella mattina con Kyle. Così com’era arrivato il suo entusiasmo scemò fino a scomparire. –Mi dispiace. Ma in questi giorni dovrò lavorare al Cafè per le riparazioni.- disse abbacchiata.
-Oh, no. Non puoi farti sostituire?- chiese Mark cercando una soluzione. –Io questa settimana non ho gli allenamenti e pensavo di trascorrere un po’ di tempo insieme.
-Non posso. Adesso che Ryan non può lavorare non posso proprio mancare.
-Ho capito.- fece sconfitto. “Ryan questa volta hai vinto tu”, non riuscì ad evitarsi il pensiero. –Sarà per un’altra volta.
-Sì!- Strawberry gli fece un sorriso a trentadue denti. –Ehm, adesso devo andare. Ho una cosa urgente da fare.- disse sentendo l’orologio suonare le otto.
-Ti lascio allora. A domani, micetta.- Mark le schioccò un tenero bacio a fior di labbra e si avviò verso la propria classe.
Lei rimase imbambolata per alcuni istanti, poi si riscosse ed entrò anche lei nell’edificio.

  Ci aveva messo ben dieci minuti abbondanti a trovare la classe di Ryan perché i corridoi erano gremiti di alunni intenti ad entrare in aula o chiacchierare e la scuola non era per niente piccola. Alla fine aveva trovato l’aula. Piegandosi sulle ginocchia per riprendere fiato cercò di darsi un contegno. Quando sentì solamente i battiti del proprio cuore si apprestò a bussare alla porta chiusa, oltre la quale proveniva distinta la voce di un professore intento a fare l’appello.
-Sì? Avanti.- sentì dire quella stessa voce.  
Strawberry inspirò ed aprì la porta, inchinandosi subito davanti all’uomo.
-Buongiorno professor Ibata. Sono Strawberry Momomiya.- sciorinò raddrizzandosi.
-Vieni, entra.- la invitò cortesemente. La rossa mosse timidamente un passo dentro la stanza. Si sentiva tutti gli occhi puntati contro e le sue orecchie sensibili intercettavano anche i commenti che si stavano scambiando le ragazze. –Di cosa hai bisogno?
“Qualcuno mi aiuti!”, implorò dentro di sé. Cercò d’ignorare le battutine degli alunni e si concentrò sul professor Ibata. –Ecco… i-io s-sono un’amica di Shirogane.- balbettò a disagio lanciando sguardi preoccupati alla folla di ragazzi. Appena udito il cognome di Ryan tutte le ragazze si rizzarono sulle sedie come se avessero proteso le antenne per captare meglio quello che lei e il professore si stavano dicendo.
-Ah, Shirogane. In effetti oggi non lo vedo.- commentò l’uomo, osservando il banco vuoto del biondo.
-Sì. Mi ha chiesto di riferire che sarà assente per diverso tempo.- Strawberry lo fissò insistentemente negli occhi, ignorando le occhiate malefiche. “Queste mi uccidono!”, realizzò.
-Come mai? Gli è successo qualcosa?- chiese preoccupato.
-In effetti… sì. Ieri ha avuto un indicente in moto.- a quella frase calò un silenzio di tomba. La ragazza si voltò preoccupata a guardare gli alunni e notò che le ragazze della classe stavano trattenendo il fiato. La notizia le aveva proprio sconvolte. “Quando sapranno la prognosi creperanno d’infarto? Non sarebbe male, però…” pensò sadica.
-Un incidente?- le fece eco l’uomo. –Oddio, non sarà grave, vero?
-No… cioè, hanno riscontrato due costole rotte ed una incrinata. Lo hanno ingessato, ma è tutto a posto.- s’interruppe per dare un’occhiata alle “gatte morte”, come le aveva identificate appena entrata: sempre in apnea. –Inoltre si è tagliato il polso all’altezza della vena, ma gli hanno dato dei punti e hanno risolto.
-Per fortuna non è successo il peggio.- sospirò sollevato il signor Ibata. –Quanto tempo dovrà rimanere a riposo?
-Un mese, forse un po’ di più.
Ecco, Strawberry aveva sganciato la bomba, la terribile notizia che Ryan Shirogane sarebbe stato assente per ben un mese, privando tutte le sue ammiratrici della sua presenza.
-NOOOO!- un urlo improvviso riempì l’aula. La rossa si voltò sconcertata verso la classe e vide le ragazze disperate che, con le mani nei capelli, piangevano a dirotto.
Cavoli, avevano talento per il melodramma…
-Ragazze, calmatevi!- l’uomo cercò di riportare l’ordine. Ma le ragazze non volevano smettere di lamentarsi. Rinunciando a riottenere il silenzio, l’insegnante si rivolse a Strawberry dicendole:-Grazie. Puoi andare.
Lei non aspettava altro. Con un inchino veloce uscì dall’aula e si dileguò.   
Appena fu fuori da quel manicomio si appoggiò al muro e tirò un sospiro di sollievo.
“Capisco perché a Ryan non piaccia la scuola… questo è un motivo più che valido.”, pensò staccandosi dalla parete ed imboccando la strada per la propria aula, parecchio lontana. “Quelle sono pazze da legare! Come si fa a disperarsi per l’assenza di un compagno?!”, la cosa le pareva assurdamente innaturale. “Bah! Comunque adesso è meglio che mi sbrighi a tornare o mi beccherò una sgridata…”, e prese a correre.
Arrivò in classe qualche secondo prima del prof, che stranamente era in ritardo, e si accomodò al proprio banco. Subito Mimi e Megan le fecero capire che dopo doveva spiegare loro dov’era andata. Sospirando, la rossa si dedicò alla lezione.

-Ah, Strawberry! Fermati!- in mezzo alla calca di studenti che uscivano dalla scuola s’intravide la chioma bionda di Mimi.
L’amica sembrò non sentirla e continuò a camminare verso il cancello.
-Strawberry fermati!- le due ragazze presero a correre, cercando di evitare le persone che capitavano loro davanti. –STRAWBERRY!
Questa volta la ragazza si fermò e si guardò intorno spaesata, cerca di essere stata chiamata. Quando si voltò indietro vide le sue due migliori amiche farle cenno di aspettarle. Confusa la rossa non si mosse ed attese che la raggiungessero. Ansimando si piegarono sulle ginocchia.
-Ragazze, che vi prende?- chiese chinandosi al loro livello. Megan la guardò storto. –Perché quella faccia?
-Strawberry, saranno cinque minuti che ti chiamiamo! Sei diventata sorda!?- la rimproverò la ragazza dagli occhi acquamarina.
-Scusatemi. Non vi avevo proprio sentite.- si giustificò l’amica, ridacchiando imbarazzata.
-Va be’, ti scusiamo, a patto che tu ci dica dove sei stata prima di venire in aula.- disse Mimi guardandola decisa.
-D-dove sono stata? Perché volete saperlo?- farfugliò arretrando.
-Perché arretri?- chiese indagatrice l’amica bionda.  
-No, ma cosa dici?
-Strawberry, smettila. Dicci dove sei stata.- le imposero le due. La rossa scosse la testa con decisione e fece per correre via quando le due ragazze le piombarono praticamente addosso, bloccandola. –Dove pensi di scappare?
-Ragazze lasciatemi! Sono stata in bagno, lasciatemi!- urlò la mew neko.
Le sue due amiche si guardarono poco convinte prima di dire:-Non ti crediamo!
L’altra sospirò sconsolata. “Come faccio? Non posso dir loro che il nuovo arrivato è Ryan e che è qui per cercare il nostro nemico. Aiuto! Come posso fare? Non mi lasceranno finchè non saranno soddisfatte!” pensò cercando una via d’uscita.
-Allora? Vuoi che cominciamo col solletico?- la minacciò Megan. Strawberry la guardò terrorizzata: non c’era un metodo migliore per farla parlare perché lei soffriva troppo il solletico.
Cercando di sembrare impassibile dichiarò che non si sarebbe piegata per nulla al mondo e loro non avrebbero saputo nulla. Allora le due amiche la trascinarono sotto un albero che costeggiava il viale e presero a farle il solletico a più non posso.
-Basta! Basta! Va bene!- capitolò.
Le due si scambiarono uno sguardo soddisfatto e la lasciarono andare, permettendole di riprendere fiato. Quando ebbe regolarizzato il respiro le chiesero ancora una volta dove fosse stata.
-Nell’edificio delle superiori.- rivelò.
-A-ah! Sei andata lì per indagare sul conto del nuovo arrivato?- chiese Mimi con il tono di chi aveva capito tutto.
-Ehm, non proprio.
-Quindi? Perché sei andata lì?
-Diciamo che non ho più bisogno di sapere chi è il nuovo arrivato…- lo disse chiudendo gli occhi come per paura che la potessero uccidere.
-Cosa?!- entrambe balzarono in avanti, afferrandole le mani. –Sai chi è?!
Strawberry aprì un occhio e sussurrò:-Sì.
-Allora? Chi è? Dai, diccelo!!- la pregarono.
“Kami, aiuto!”, pensò. –Devo proprio?- domandò. Alla risposta affermativa delle amiche decise di continuare anche perché non poteva fare altrimenti. –Ryan Shirogane.
Mimi e Megan rimasero zitte. Strawberry le fissò preoccupata temendo che la notizia fosse stata per loro uno shock troppo forte.
-Proprio lui? Quel Ryan?!- esclamò speranzosa Mimi. Nonostante il rifiuto del ragazzo ogni volta che lo sentiva nominare balzava come una molla. Allo sguardo della compagna la rossa non potè far altro che annuire. –Wow! Non ci credo! Ryan Shirogane qui a scuola da noi!
-Mimi, calmati, ti prego.- supplicò la mew mew.
-Quindi oggi sei andata da lui?- intervenne Megan. Strawberry si voltò verso di lei, imbarazzata.
-Ma no, cosa vai dicendo?- cercò di smentire. –Dovevo comunicare una cosa al suo professore da parte sua.- si affrettò a spiegare.
-Che cos’era?
-Ehm… ha avuto un incidente in moto e per un mese non potrà venire a scuola.- aveva nuovamente sganciato la bomba. Chissà che reazione avrebbe ottenuto questa volta.
-Oh, mi dispiace.- fece Megan leggermente rabbuiata. Certo da lei non ci si poteva aspettare una reazione diversa dato che era una ragazza calma e riflessiva. Quella che la preoccupava era Mimi: sapere che il ragazzo per cui aveva preso una sbandata aveva rischiato la vita poteva provocarle uno shock non indifferente.
Infatti la vide chinare il capo. Strawberry scambiò uno sguardo con la compagna dagli occhi azzurri e piegò la testa d’un lato, abbassandosi.
-Ehm, Mimi? Tutto ok?- azzardò a chiedere.
L’altra non rispose, ma subito dopo le due sentirono un singhiozzo.
“Oh, no! Adesso si mette a piangere… ti prego… no!”, supplicò tra sé la ragazza. –Mimi? Allora?
Questa volta la bionda alzò il capo e, asciugandosi una lacrima, disse:-Povero Ryan. Mi dispiace tantissimo.
La rossa sospirò. Fortunatamente la sua reazione non era stata sconvolgente come aveva temuto.
-Ehm… senti, Strawberry…- la voce di Mimi la raggiunse, distogliendola dai suoi pensieri.
-Sì?- chiese timorosa.
-Possiamo venire a trovare Ryan?- lo urlò con quanto fiato aveva in gola. Per poco la sua interlocutrice non ci rimase secca.
Quando si fu ripresa dallo spavento la guardò pensierosa: aveva uno sguardo supplichevole tanto simile a quello di un cucciolo abbandonato che avrebbe sicuramente ceduto, accordandole il permesso. Stava per rispondere un rassegnato sì quando le tornò in mente la promessa fatta a Kyle di essere il più possibile presente e disponibile al Cafè. Era vero. Doveva aiutarlo dopo il disastro combinato dagli alieni e poi, sicuramente, se Mimi fosse andata a trovare Ryan lui l’avrebbe sicuramente trattata male. Inoltre al suo caratteraccio si aggiungeva il periodo da schifo che stava passando a causa di Quiche. No, non poteva proprio dire di sì.
-Mi dispiace, Mimi. Il Cafè è chiuso per riparazioni e noi abbiamo molto da fare.- la ragazza stava sicuramente per ribattere che lei non avrebbe disturbato, ma Strawberry la precedette –Inoltre Ryan non vuole assolutamente essere visto con un aspetto da invalido, diciamo, senza contare che sarà sicuramente più scorbutico del solito.
L’amica aprì bocca per protestare, ma poi si trattenne. Sconfitta, chinò il capo e mormorò:-Ho capito. Salutalo da parte mia.
-Ci puoi contare. Ora, scusata ragazze, ma devo proprio andare!
Prese a correre in direzione del cancello, agitando la mano in segno di saluto.  
Accelerò l’andatura dato che era in ritardo. Certo, questa volta non avrebbe (molto probabilmente) dovuto sorbirsi le lamentele di Ryan e poi voleva aiutare Kyle il più possibile.
Con un balzo felino salì su un albero e imboccò una scorciatoia scoperta da poco.
In breve arrivò davanti alla costruzione rosa del Cafè Mew Mew, sul cui portone campeggiava il cartello con su scritto “CHIUSO”.
Si diede una sistemata ed aprì lentamente le ante della porta di legno.
-Strawberry!
L’interpellata incassò il capo nelle spalle, sperando ardentemente di sparire. Lentamente si voltò verso la fonte dell’urlo e si ritrovò davanti una Mina ancora più arrabbiata del solito, anzi iraconda era il termine giusto. Dietro la morettina, le quattro ragazze assistevano alla solita scena quotidiana.
-Sei in ritardo! Lo sai che devi arrivare puntuale, lo hai promesso a Kyle! Almeno questo periodo vedi di darti una regolata!- strepitò.
-Non è colpa mia! Mimi e Megan mi hanno fermata mentre uscivo e mi hanno fatto il terzo grado!- replicò urlando a sua volta. Rimasero a fissarsi in cagnesco finchè la ragazza ricca non distolse lo sguardo.
-Tutte scuse.- mormorò la mew bird andandosene. Strawberry si trattenne dal mandarla a quel paese e si avviò in cucina.
-Kyle! Scusami, scusami tanto!- s’inchinò non appena entrata. Il moro si voltò a guardarla con ancora un cucchiaio sporco di riso in mano. Quando la vide inchinata scoppiò quasi a ridere.
-Non preoccuparti. È solo un leggero ritardo, stai migliorando.- la rassicurò con un dolce sorriso.  
-Meno male.- sospirò raddrizzandosi. –Senti, cosa posso fare?
-Hai portato dei vestiti vecchi come ti avevo detto?- s’informò.
-Sì, certo.
-Allora vai negli spogliatoi, cambiati e poi vai nel salone. Lì troverai le altre.
La rossa annuì per poi scomparire dentro lo spogliatoio.
Poco dopo eccola comparire nel grande salone del Cafè, semidistrutto a causa dell’ultima visita degli alieni. Sospirando sconsolata alla vista dell’enorme voragine in uno dei fianchi dell’edificio si avvicinò a Pam, vestita con una salopette e una bandana. Strawberry si sentiva stranita ad osservarla in abiti che non fossero la divisa da cameriera o il costume di battaglia.
-Pam.- la chiamò. La modella si voltò e la salutò con un breve cenno del capo. –Cosa devo fare?- chiese facendo spaziare lo sguardo all’intorno.
-Vai ad aiutare Lory. Dovete sgombrare tutto il salone dai detriti.- le spiegò concisa.
-Ho capito. Vado.- detto questo raggiunse la mew verde, appena uscita in giardino. –Lory, ti aiuto.
-Grazie, Strawberry.

  La sera arrivò veloce.
Senza neanche rendersene conto le ragazze avevano ripulito il Cafè dai detriti e dalle macerie e Kyle aveva iniziato a scaricare i mattoni e tutto l’occorrente per ricostruire il muro.
-Bene, ragazze. Si è fatto tardi è meglio che andiate a casa.- disse il cuoco asciugandosi il sudore che gli imperlava la fronte. –Vi ringrazio infinitamente.
-Di niente, Kyle.- disse sorridente Lory.
-E’ il minimo dopo che ci prepari tutti quei dolcetti squisiti.- fece Paddy.
-Figurati. Non è stato nulla.- aggiunse Mina. Pam, invece, si limitò a uno dei suoi sguardi.
-Allora a domani. Buonanotte.- sorrise congedandosi dalle dipendenti. Stava per avviarsi nella propria stanza quando si sentì chiamare da Strawberry.
-Kyle, aspetta!
Voltandosi se la ritrovò davanti.
Prendendo un profondo respiro lei alzò il capo. -Senti, volevo dirti che domani arriverò puntuale.- asserì con voce ferma.
Il ragazzo si sciolse in un sorriso di riconoscenza e le accarezzò i capelli. -Ti ringrazio.
-Ehm… stai andando da Ryan?- chiese un po’ titubante.
“Ti manca, Strawberry?”, si chiese il moro, ma si limitò a dire:-Sì. Voglio vedere se è ancora a letto o se sta lavorando come penso.
-Lavorare?!- la mew rosa era stupita. Come si poteva lavorare quando si aveva ingessata buona parte del corpo? Certo, il lavoro di Ryan consisteva nel tentare di salvare il mondo, ma non per questo doveva trascurare la sua salute.
-Sai com’è fatto…- si scambiarono uno sguardo eloquente. –E’ più testardo di un mulo, a volte.
La ragazza non potè fare a meno di sorridere.  
-Va bene, allora ti lascio a Ryan.- disse la rossa avviandosi alla porta. Stava per varcare la soglia quando si sentì richiamare: questa volta era stato Kyle a fermarla. –Sì? Dimmi…
-Se vuoi vederlo domani vieni in anticipo.- disse criptico.
Vederlo? Chi, Ryan!?
  Era una cosa assolutamente impensabile che lei sentisse la mancanza di quel… quel… quell’irritante ragazzo, per non dire di peggio. Vedendo la sorpresa sul volto della cameriera il moro si affrettò ad aggiungere con un sorriso:-Buonanotte Strawberry.
La mew si riprese solo grazie alla suoneria del cellulare, che la avvertiva di uno squillo perso da parte della madre. Probabilmente si stava preoccupando come suo solito perché non la vedeva rientrare prima del coprifuoco prestabilito; lei aveva cercato più volte si spiegarle che gli orari con il Cafè non erano mai sicuri, ma la donna sembrava non voler proprio capire.
Sospirando prese la cartella e uscì, richiudendosi la porta alle spalle.

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Capitolo 6
*** Cap. 5 Convalescenza ***


Cap. 5 Convalescenza Avevo detto che oggi sarebbe stato tutto risolto, ma dato che siamo in Italia, avrei dovuto sapere che ci sarebbero stati dei disguidi: hanno spostato la data dei lavori all'inizio della prossima settimana -___-'', quindi aggiornerò fino a domenica :)
Bene, ora un piccolo indizio sul capitolo: è uno dei miei preferiti e ci saranno delle confessioni... di che tipo?
Leggete e lo saprete :)



Cap. 5 Convalescenza

  Era strano.
Per Strawberry era altamente strano camminare per la strada invece di correre, assaporare l’aria mattutina invece di maledirla… anzi a dirla tutta lei non sapeva proprio cosa volesse dire passeggiare alle sette di mattina per la strada, sola come un cane e assonnata come pochi con il solo scopo di arrivare al Cafè in anticipo.
Lei viveva di ritardi.
“Non c’è proprio nessuno in giro a quest’ora…”, osservò, attraversando il lungo viale alberato che percorreva tutte le mattine. D’un tratto scorse un mulinello di foglie volteggiare in mezzo al lastricato e si perse nei suoi pensieri, continuando a procedere.
Non si accorse di essere arrivate praticamente davanti al Cafè Mew Mew, il famigliare edificio rosa in cui si recava tutti i giorni. Si fermò ad osservare lo scempio perpetuato dagli alieni e improvvisamente il vero motivo del suo anticipo le si affacciò prepotentemente nella mente.     
  Quasi non riusciva a capacitarsene nemmeno lei!
Se si trovava davanti a quella costruzione, ora, era perché uno strano impulso, o meglio dire la voce della sua coscienza, l’aveva spinta ad ascoltare il suggerimento di Kyle per vedere, in santa pace, quell’arrogante di Ryan.
Dio, cosa le stava succedendo? Perché si stava rovinando il sonno per uno come lui?
“Forse è perché mi sento in colpa…”, azzardò a pensare, incupendosi improvvisamente. In verità sapeva bene che non era solo per quel motivo, c’era dell’altro. “…e anche perché mi mancano i suoi rimproveri e le nostre litigate. Lo ammetto.”
Dopo aver confessato a se stessa quella verità si sentì stranamente più leggera e pronta ad affrontare quel ragazzo. Facendo un grande respiro s’incamminò lungo il selciato fin davanti alla grande porta di legno massello. Ignorando il cartello con su scritto “CHIUSO”, aprì un’anta ed entrò. Sarebbe stato tutto buio se non fosse stato quelle chiazze livide di luce sparse qua e là nel lato dove il muro era crollato.
-Kyle?- chiamò con un filo di voce. In tutto quel silenzio si sentiva a disagio. Deglutendo nervosamente andò nei camerini ed estrasse un paio di ciabatte dal proprio armadietto: Kyle aveva detto che quando non lavoravano potevano anche indossarle.
Uscita, chiamò ancora.
Senza ricevere risposta si avviò in cucina, ma la trovò deserta; stava per scendere in laboratorio quando vide proprio il moro scendere le scale, ancora leggermente intontito dal sonno.
-Oh, buongiorno Strawberry!- un sorriso illuminò subito il suo viso.
-Ciao Kyle.- rispose, lievemente imbarazzata. Il ragazzo intuì il motivo della sua timidezza e sorrise soddisfatto senza farsi vedere.
-Vedo che hai seguito il mio consiglio.- commentò scendendo gli ultimi scalini.
-No! Non è… insomma… sì…- tartagliò la rossa.
-Non preoccuparti, non lo dirò alle altre. Io ora vado in cucina a preparare i dolci, se vuoi…- e  indicò il pianerottolo alle proprie spalle –Puoi salire. Penso stia ancora dormendo, però.- concluse sparendo dietro l’angolo, già immerso nei preparativi di qualche sua specialità.
Strawberry esitò un attimo poi rivolse lo sguardo verso la rampa di scale. Improvvisamente le sembrava immensamente lunga, ma allo stesso tempo breve.
“Al diavolo, Strawberry! Mica ti mangia!”, si rimproverò. “Sali e, se è sveglio, digliene quattro.”
Decisa salì il primo scalino, poi il secondo, il terzo, il quarto e così via fino a ritrovarsi davanti a quella porta che troppe volte aveva aperto impulsivamente, pentendosene subito dopo. Questa volta, si disse, avrebbe bussato. E così fece.
  Colpì la porta tre volte, ma non ottenne mai risposta. Alla fine si decise ad entrare, così abbassò la maniglia e spalancò il battente, lentamente. Dalla finestra, priva di scuri, filtrava la pallida luce del sole autunnale, che dolcemente si andava a posare sul pavimento. La stanza era leggermente in penombra, ma Strawberry se la ricordava benissimo nella sua sobrietà e sapeva perfettamente dove si trovasse il letto.  
Cautamente mosse qualche passo all’interno della stanza, cercando di non far rumore. Era quasi arrivata alla sua meta, ma d’improvviso si bloccò. Il suo sguardo cadde sulla figura addormentata che occupava il giaciglio: la schiena appoggiata al materasso e il braccio destro abbandonato lungo un fianco.
Così addormentato, Ryan sembrava proprio un’altra persona o addirittura un angelo caduto sulla Terra.
“Mentre dorme è dolce come un bambino, ma quando è sveglio è una carogna.”, pensò la ragazza con un moto di stizza. Gli si avvicinò con l’intenzione di colpirlo per tutto quello che le faceva passare, quando si accorse di uno strano segno sul lato destro del suo collo, molto vicino al cerotto che copriva il taglio alla gola. Incuriosita si abbassò verso di lui e guardò meglio: si rese conto che era una specie di tatuaggio, molto simile, anzi a dirla tutta praticamente identico, a quello che aveva lei nell’interno coscia. “Cosa? Ma com’è possibile che lui…?”, si chiese.
D’un tratto le tornò in mente, come un fulmine a ciel sereno, la storia che le aveva raccontato Kyle riguardo Ryan e il suo passato. Se non ricordava male aveva accennato al fatto che il ragazzo si era iniettato i geni di un animale come prova della veridicità dei loro studi e che poi si era trasformato in gatto perché inadatto a riceverli.
“Se tanto mi dà tanto, questo è il simbolo che abbiamo anche noi ragazze. Per questo porta sempre una fascia attorno al collo.”, realizzò.
  Anche questa era una delle tante prove di maturità che Ryan aveva dimostrato nei confronti del progetto e delle cinque sconosciute che erano poi diventate le mew mew. “A volte potrei anche ringraziarlo per quello che ha fatto e che fa tutt’ora per noi.”, pensò, sentendosi immediatamente in colpa. Troppo spesso aveva sottovalutato la sua presenza e il suo coinvolgimento in tutto quello che stavano passando.
  Mentre faceva vagare i pensieri, non si accorse di essersi avvicinata al biondino e quando se ne rese conto si ritirò bruscamente, ondeggiando più e più volte nel tentativo di rimanere in piedi. Mossa inutile perché cadde dritta sul pavimento, sbattendo il fondoschiena.
-Ahio!- sibilò, massaggiandosi la parte lesa. Alzò lo sguardo verso Ryan, che non si era mosso, ancora apparentemente addormentato. In realtà il ragazzo, avendo il sonno leggero e l’udito altamente sviluppato grazie ai geni di gatto, era riemerso dal riposo notturno già da un po’.
Si azzardò a sbirciare con un occhio solo, per vedere cosa fosse successo.
Nel notare Strawberry per terra era riuscito a stento a trattenere le risate e aveva finto di dormire.  
-Che male.- piagnucolò la mew neko, rialzandosi. Controllato che fosse tutto a posto fece per andarsene, ma si sentì afferrare per un polso. Voltandosi si rese conto che un Ryan con gli occhi ancora chiusi e un sorriso sornione sulle labbra la stava trattenendo. –Ma cosa?
In risposta l’americano aprì i suoi profondi occhi azzurri e la fissò intensamente, cosa che fece arrossire Strawberry all’inverosimile.
-Potresti anche fare meno rumore, impiastro.- la rimproverò. Ecco, si era appena svegliato e già la scherniva. Lei, ben intenzionata a non dargli corda, si mosse per liberarsi e uscire, ma lui la obbligò a sedersi con una pressione decisa sul polso. –Ora che mi hai svegliato scappi?
La mew mise il broncio. –Non voglio essere presa in giro già di prima mattina!
-Spiacente. Riprova con un bacio e magari sarò più educato.
Se possibile lei arrossì ancora di più e puntualmente le orecchie e la coda fecero capolino. –Ma cosa dici? Io sono fidanzata, felicemente!!- stava per tirargli addosso la borsa quando Ryan agitò le mani davanti a sé, pregandola di fermarsi.
-Guarda che scherzavo e comunque sono ancora convalescente.- le fece notare. “Adesso mi risponderà che non gliene importa niente e che me lo merito…”, aggiunse mentalmente.
-Ah… sì.- Strawberry chinò il capo, abbassando persino le tenere orecchie feline, mentre i sensi di colpa tornavano ad assalirla. –Scusami…
Insospettito e anche stupito dal tono arrendevole della ragazza, Ryan si tirò su lentamente, evitando di contrarre troppo il torace. Quando ci fu riuscito si rese conto che era stato uno sforzo immane farlo da solo, mentre non se n’era mai accorto quando c’era Kyle ad aiutarlo.
-Cos’è quel muso lungo? Perché non mi hai risposto per le rime?- volle sapere.
La rossa allora alzò lo sguardo e andò a fissarlo spaesata, per poi rendersi conto che si era seduto. Per la prima volta vide l’ingessatura che gli copriva tutto il torace, coperta dalla casacca, prima mai indossata, del pigiama. Sentì la gola seccarsi e lo stomaco contrarsi spiacevolmente. –Allora?
Lei ammiccò qualche volta prima di abbassare nuovamente lo sguardo. Ryan non capiva proprio perché si stesse comportando così e lui odiava non comprendere le cose. Senza volerlo iniziò ad innervosirsi, ma, si disse, doveva mantenere la calma. Fece quindi un profondo respiro e lasciò scemare il nervosismo.  
-Strawberry non è un bel periodo, quindi vedi di non appesantirlo con la tua aria cupa.- era stato brutale, forse inconsciamente, ma lo era stato. Aveva usato quella freddezza che era solito sfoggiare quando esigeva, rimproverava e intimoriva gli altri o semplicemente quando tentava di trattenersi dall’urlare come un forsennato.  
  Per Strawberry fu la goccia che fece traboccare il vaso. Non riuscì più a trattenere quei sentimenti così pressanti che si portava dentro e finì per riversarli all’esterno sotto forma di lacrime copiose.
Il biondo, alla loro vista, rimase interdetto e si pentì subito per le parole dure che aveva usato. Subito la rabbia venne sostituita dalla voglia irrefrenabile di consolarla e stringerla a sé.
-Perché piangi?
La domanda si perse nell’aria, subito sostituita da alcuni singhiozzi della ragazza. Lui strinse i pugni, per evitarsi di fare cose sconsiderate e serrò gli occhi per non vedere il viso della rossa bagnato di lacrime.
-Ti prego, spiegami…
Questa volta i singhiozzi s’interruppero e Strawberry si asciugò gli occhi col dorso della mano.
-N-non è n-niente.- riuscì a dire, tentando di ingannarlo con un sorriso falso e tirato. Lui, per nulla convinto, incrociò le braccia al petto e la scrutò truce, cosa che spesso lo aiutava a far capitolare la ragazza.
-Menti e anche in modo pessimo.- la smascherò Ryan. “Perché sei così triste? Dimmelo!”.
La mew fece per ribattere, ma vedendo lo sguardo del ragazzo ci rinunciò ed accennò un debole sì col capo, segno che aveva perfettamente ragione a dire che stava arrampicandosi sugli specchi. –Riformulo la domanda: perché piangi?
Lei lo guardò colpevole e si morse il labbro inferiore tremante a causa del pianto ancora in agguato. –Mi dispiace.- disse solamente.
-Ti dispiace. Ti dispiace per cosa?- lui cercava disperatamente di capire. –Ho fatto qualcosa di male?- chiese assumendo uno sguardo da cane bastonato. “Anche se non penso di averne avuto occasione ultimamente…”, si disse. Strawberry sentì quegli occhi acquamarina penetrarle nell’anima, quasi a volergliela leggere. –Rispondimi!
Sentendosi afferrare per le spalle la mew neko scosse la testa, annuendo e negando nello stesso momento. Proprio non riusciva a parlargliene.
-Strawberry!- la pazienza di Ryan stava terminando, anzi era al limite.
Fu quell’unica parola, il suo nome, a darle la forza e il coraggio per ammettere quello che la tormentava.
-Mi sento in colpa.- confessò finalmente, abbassando il capo con gesto colpevole. –E’ tutta colpa mia: Quiche, le tue ferite, il Cafè… tutto!- alzò lo sguardo fino ad incontrare quello del suo interlocutore, in cui lesse prima incredulità e poi rabbia, ma una rabbia insolita. Non sembrava essere furioso per quello che lei aveva ammesso, piuttosto lo era perché l’aveva pensato dentro di sé per tutto il periodo in cui non si erano visti.
-Smettila! Sono solo tue paranoie!- sibilò gelido. Il suo sguardo non era da meno.
-Paranoie?!- ripetè incredula, alzandosi di scatto dal letto. –Non sono più una bambina! So quello che dico!
-Non mi sembra! Ti stai accollando colpe che non sono tue.
-Ma…! Ryan quel gesso lo devi portare per colpa mia!
-Lo devo portare perché sono stato imprudente e mi sono distratto!
-Finiscila di darti tutte queste arie da eroe! Non sei invincibile!- urlò Strawberry mentre sul viso congestionato ricominciavano a scendere lacrime. Quella frase lasciò Ryan talmente interdetto che non riuscì a reagire subito; si mosse solo quando la vide accasciarsi al suolo, scossa da tremiti sempre più frequenti. Con il corpo squassato dai singhiozzi la ragazza continuò a ripetere:-Non sei invincibile! Non sei invincibile…
“Non piangere per me…”. –Micetta...- sussurrò il biondo, inginocchiandosi davanti a lei, non senza difficoltà. La rossa continuò a coprirsi il volto con le mani tremanti, ma d’un tratto si sentì avvolta dalle forti braccia dell’americano, che spesso le avevano dato conforto. A quel contatto smise di piangere, smise di respirare e si fermò ad ascoltare i battiti del cuore innamorato di Ryan. Sembrava quasi che la stessero pregando di non piangere più. Appoggiò le mani sul petto del ragazzo, avvertendo sotto il loro tocco l’insolita durezza del gesso.
-Ho temuto che tu potessi morire.- singhiozzò, nascondendo il viso contro di lui. –Ho creduto che non ti saresti mai più rialzato dai piedi di quell’albero.- continuò, affondando le dita nelle pieghe della maglia.
-Shh... Lo sai che io non morirò tanto facilmente.- la consolò Ryan, poggiando il mento sul suo capo. –Inoltre conosco molto bene i rischi a cui vado incontro.
-Non importa. Non esporti così per noi… per me…
“Per te morirei.”, voleva risponderle il biondo, ma invece disse:-Te lo prometto.   

Rimasero abbracciati per molto, finché le lacrime di Strawberry non si furono esaurite.
-Come ti senti? Spariti i sensi di colpa?
Lei annuì, accompagnando il gesto con un timido sorriso.
-Facendomi ripensare all’accaduto, però, mi è venuta voglia di pestare Quiche.- rivelò il bell’americano, strappando così un vero sorriso alla leader delle mew mew.
-Ehm… non azzardarti mica a fare quello che hai detto.- lo guardò preoccupata.
-Per farmi umiliare? No, grazie. Meglio rimettermi in sesto piuttosto.- commentò scherzosamente.
-Già. Senti, come va? Intendo con le ferite.- chiese abbassando il capo.
-Insomma…- Ryan si alzò, sedendosi sul bordo del letto con una gamba ripiegata e l’altra appoggiata sopra –Non sono così gravi da rimetterci le penne, ma mi danno qualche grattacapo.- ammise.
-Parlo seriamente.- ribattè Strawberry.
Lui sorrise. -Il gesso mi dà fastidio e ho ancora qualche fitta, il polso è pressoché a posto, devo solo ricordarmi di cambiare la fasciatura. La cosa che mi disturba veramente è il dover rimanere segregato qui in questa dannata stanza la maggior parte del tempo.- spiegò.
-Lo sai cos’ha detto il dottore!- lo rimbrottò la ragazza. In quel momento sembrava molto una madre premurosa più che un’adolescente appena ripresasi da una crisi di sensi di colpa.
-Risparmiami. C’è già Kyle a ricordamelo.- sbuffò, alzando gli occhi al soffitto.
Quella sua espressione da bambino imbronciato la colpì e non potè fare a meno di ridere. Iniziò a ridere così genuinamente da attirare l’attenzione del ragazzo. –E adesso perché ridi?- chiese perplesso.
Lei scosse la testa, tentando di asciugarsi le lacrime causate dalle troppe risate. –Scusami.- disse non appena si fu calmata. –Solo… prima sembravi un bambino imbronciato con quell’espressione. Non ti avevo mai visto fare così.- tentò di spiegarsi.
“Ah, ti sembravo un bambino imbronciato? Adesso vedi come posso essere infantile!”, pensò già pregustando il risultato della sua pensata. “Vediamo se funziona così…”. –Così assomiglierei a un bambino imbronciato?!- fece incredulo, incrociando le braccia al petto e mettendo su un vero broncio, che, a suo avviso, doveva sembrare infantile. Il tutto gli donava l’aspetto di un tenero angelo birichino.
Strawberry però equivocò il suo gesto e lo prese per una presa di posizione dovuta alla sua battuta, forse troppo azzardata. Arrivò a temere di averlo fatto arrabbiare definendolo un “bambino imbronciato”.
-Io… ecco, non intendevo dire che tu… insomma non sembri un bambino.- farfugliò, arricciando nervosamente una ciocca dei capelli carmini.
“Che credulona!”. –Però l’hai detto.- fu la secca risposta di Ryan.
-Sì, ma…!
-Niente ma, lasciami solo e scendi a lavorare.- ordinò rimettendosi sotto le coperte. –Hai già fatto troppi danni per oggi.
Strawberry lo fissò voltare il capo verso il muro, rimanendo ammutolita. Nuovamente sentì le lacrime premere per uscire.
  Era stata colta decisamente in contropiede dalla risposta di Ryan: non avrebbe mai creduto che se la sarebbe veramente presa per una battuta fatta per scherzo, in un momento d’ilarità. Cos’era successo al cinico e inamovibile proprietario del Cafè?
Lo avrebbe fatto riemergere a tutti i costi e per fare ciò sarebbe rimasta anche tutto il giorno in quella stanza a torturarlo.
-Ryan…?- ingenuamente si sporse verso di lui, cercando il suo sguardo. Sentiva l’opprimente bisogno di una sua frase, di una sua occhiata che le dicesse che era tutto uno scherzo e che non era per niente contrariato. Non notando nessuna reazione decise di riprovare nuovamente e facendosi più ardita si accucciò vicinissima a lui, lasciando cadere le pantofole e allungandosi ulteriormente. –Non lo penso veramente…
Il biondo sorrise mestamente, senza farsi vedere e dentro di sé pensò di stare comportandosi più come un bambino dispettoso che imbronciato. Ma, se così facendo poteva passare del tempo con lei, avrebbe continuato a recitare.
“Strawberry, devi stare attenta quando sei nella tana del lupo”, chiuse gli occhi e lentamente voltò il viso, pregustando già la vittoria.
  Nuovamente la rossa osservò i movimenti del ragazzo senza proferir parola e sobbalzò quando si vide nuovamente riflessa negli specchi di cielo quali erano gli occhi dell’americano. Arrossì teneramente, mentre la cosa color carbone le si drizzava per l’imbarazzo.
A quella vista, l’unico pensiero di Ryan era quello di baciarla.
Dal canto suo la ragazza continuò ostinatamente a rimanere in silenzio, riflettendo sulla reazione appena avuta. Era strano che sobbalzasse al solo incontrare lo sguardo del ragazzo, quando non lo faceva se avveniva lo stesso con il suo adorato Mark.
“Perché con lui mi sento sempre così indifesa? Sembra quasi che io abbia paura d’incontrare i suoi occhi indagatori…”, rifletté. Ma, si disse, la spiegazione era semplice: Ryan li usava come se fossero un’arma e riusciva a suscitare nella gente le reazioni che si prefissava. Era come se quell’azzurro così intenso avesse il potere di stregare.

  Quando fu uscita dal labirinto dei propri pensieri, la mew neko si accorse di essere così fortemente fissata dal ragazzo che questo le causò dei brividi lungo la schiena e la costrinse a focalizzare al meglio un punto della stanza che non fosse Ryan.
-Sei arrabbiato?- chiese timidamente, spostando gli occhi color cioccolato sulla figura del ragazzo.
Lui, a sua volta, spostò lentamente lo sguardo verso la parete facendole credere in una risposta affermativa e poi, quando fu sicuro di averle lasciato l’amaro in bocca, tornò a guardarla. Senza rendersene conto Strawberry si vide afferrare i polsi e un secondo dopo si ritrovò distesa al fianco di Ryan con le spalle rivolte al muro.
-Per punizione rimarrai qui a farmi compagnia.- impose diabolico, inchiodandola sul posto con lo sguardo. Lei arrossì all’inverosimile e tentò di fuggire quegli occhi dal taglio occidentale senza però riuscirci.  
-Ryan non è divertente.- mormorò, staccando la testa dal cuscino. Lui finse di non aver capito. -Lasciami andare!- questa volta alzò la voce cercando di imporsi. Senza nemmeno attendere una risposta dall’interessato iniziò ad alzarsi, puntellandosi sui gomiti.
-Dove pensi di andare? Ti trovi tra due fuochi: me e il muro.- le fece notare calmo.
La ragazza si bloccò. Era vero: qualsiasi mossa avesse tentato Ryan le avrebbe tagliato ogni via di fuga.
-Non importa!- sbottò mettendosi in ginocchio, pronta a scavalcarlo. –Nel caso posso camminarti sullo stomaco.- asserì maligna.
Il biondo non rispose e rimase a fissarla immobile. Tra loro calò un silenzio imbarazzante e denso di significati. E l’unico legame che li univa era quello strano, ma affascinante gioco di sguardi dove terra e cielo si scontravano e si univano.
  Stanca di quella situazione assurda, Strawberry prese l’iniziativa e si apprestò a fare quanto detto, ma prima che potesse veramente fuggire Ryan le afferrò delicatamente il polso, costringendola a fermarsi ed ascoltarlo.
-Resta. Fammi compagnia.- non disse né per favore né ti prego, ma lo fecero i suoi occhi al posto della sua voce.
Strawberry lesse tra le righe e capì che il vero significato di quella richiesta era di non lasciarlo solo a languire in quella stanza come un invalido, senza nessuno con cui parlare, senza calore umano. Dopotutto, ragionò, Kyle non poteva rimanere tanto tempo con lui perché doveva risistemare il locale e questa era un’altra occasione di solitudine.
Indecisa sul da farsi spostò lo sguardo da Ryan alla porta, guardando l’uno con diffidenza e l’altra con desiderio.
-Giuro che non ti mangio.- ironizzò il biondo. Ancora restia, la ragazza soppesò a lungo la promessa, ma alla fine si sedette a gambe incrociate sul piumone. Non si fidava ancora completamente.
Questo gesto però fu commentato da uno sguardo piccato dell’americano. Evidentemente c’era qualcosa che non gli andava a genio.
-Che c’è? Perché quello sguardo?- volle sapere Strawberry. Lui continuò a fissarla corrucciato fino a farla innervosire e sbuffare. –Insomma, Ryan! Prima mi chiedi di restare e poi mi guardi male… deciditi!- sbottò.
Allora il proprietario del Cafè poggiò la mano sulla parte di letto libera e scostò un lembo delle coperte. Quello era un invito a chiare lettere e lui, oddio, era serissimo.
-No, oh no!- la rossa scosse la testa, incredula. Come poteva chiederle di infilarsi sotto le coperte con lui? No, era inammissibile! Cos’avrebbe pensato Mark di lei?
Al suo rifiuto il biondo sorrise e le fece segno con l’indice di avvicinarsi e fare come detto. Lei scosse nuovamente la testa, ma incrociando lo sguardo di Ryan ci ripensò: mai rischiare di incorrere in una tempesta di ghiaccio. Gattonò fino al cuscino e s’infilò sotto le coperte, scostatele proprio dal ragazzo.
-Adesso non sono più contrariato.- la informò piegando il braccio sinistro dietro la testa.
-Eri veramente arrabbiato con me?- chiese lei.
-No, non lo ero. Ti stavo prendendo in giro.- asserì voltandosi a guardarla, un sorriso compiaciuto a illuminargli il viso.
-Cosa?!?- lei per tutta risposta gonfiò le guance come un criceto, chiaramente indispettita. Non resistendo Ryan le tappò il naso, costringendola a sputare tutta l’aria dalla bocca. –Ryan! Smettila!
Ridendo il ragazzo andò a fissare il soffitto.
-Grazie.- disse dopo qualche minuto di silenzio.
Strawberry capì a cosa si stava riferendo e si sciolse in un sorriso, accoccolandosi un po’ più vicina a lui.  
-Non prenderti troppa confidenza, però…
Subito la ragazza si allontanò, affondando la testa sotto le calde coltri allo stesso modo con cui uno struzzo affonda la testa nella sabbia. –Scusa…!
-Sei una credulona!- il biondo si burlò di lei, come spesso si divertiva a fare. Lei assunse un’espressione minacciosa, corrugando la fronte e si puntellò su un gomito per osservare l’americano da una posizione dominante. Ryan la fissò incuriosito, il solito sorrisino di sfida sulle labbra, in attesa della sua reazione.
-Potrei farti male se solo volessi.- lo minacciò Strawberry.
-Accomodati.- l’invitò lui. La mew neko rimase di sasso: come sempre riusciva a mantenere una calma invidiabile.
-Non costringermi, sai…- tentò di provocare lei.
-Non ti sto costringendo, ti sto sfidando. È diverso.- commentò pacato.
“Perché riesce sempre a farmi innervosire?! Perché riesce sempre ad averla vinta lui?”, pensò con un moto di stizza. Senza sapere come rispondergli per le rime aprì la bocca, ma da essa non uscì nessun suono. Tentò di nuovo, ma nulla. Alla fine fu costretta ad ammettere la resa e a riappoggiare il capo sul morbido guanciale che aveva lo stesso profumo di Ryan.
-Allora? Sto aspettando.- questa volta fu il biondo americano a provocare. Strawberry incrociò le braccia sotto le coperte e puntò lo sguardo sul soffitto come a volerlo perforare con la sola forza del pensiero. Ryan invece prese a fissarla intensamente, studiando ogni particolare del suo viso da ragazza.
  Fermi in quelle pose lasciarono passare il tempo.
D’un tratto sentirono il ritmico ticchettare di uno scalpello, segno che Kyle si era messo al lavoro per eliminare le parti cadenti del muro crollato.
-Perché quando sei in mia compagnia non sorridi mai?- fu Ryan il primo a  rompere il silenzio.
Per la prima volta da quando lo aveva minacciato, Strawberry si concentrò su di lui, fissandolo con i suoi occhi color cioccolato. Non lo avesse mai fatto: andò a scontrarsi con lo sguardo più sincero e ferito che avesse mai scorto in un essere umano.
Si sentì una persona meschina per aver fatto incupire quegli occhi così espressivi e meravigliosi e si sentì male perché aveva finalmente preso coscienza di tutto il dolore che aveva provocato (molto spesso inconsciamente) a Ryan.
-Perché ho paura di espormi troppo e scottarmi.- ammise, abbassando lo sguardo.
-Questo dovrei dirlo io…
La rossa alzò di scatto gli occhi, colpita.
Lui aveva paura di esporsi? In un certo senso l’aveva sempre sospettato, ma non lo aveva creduto possibile. Ryan era così di natura, freddo e distaccato. Ma allora in quei rari momenti in cui le sorrideva, in cui mostrava lati del suo carattere insospettabili, era allora che si esponeva dimenticando la paura di scottarsi e tirava fuori il suo vero io? Qual era la verità?
-Non lo so. Non so il perché...- mormorò con un filo di voce.
-E’ colpa del mio carattere.- azzardò allora il biondo. –Il più delle volte non vado a genio alle persone e non inspiro simpatia.
“All’inizio l’ho pensato anche io, ma conoscendoti ho cambiato idea. Basterebbe che tu sorridessi un po’ di più… ma so che per te è difficile”. –Forse. Magari è colpa del tuo sguardo: a volte mi mette soggezione…
-Mi dispiace.- un sorriso amaro stirò le labbra del ragazzo che, dopo un’ultima occhiata, chiuse gli occhi, cercando il dolce oblio del sonno.
Strawberry rimase a guardarlo finchè il suo respiro non si fece regolare e allora seppe che si era addormentato. Ormai anche lei, cullata dal calore di quel giaciglio, si stava appisolando.
“Sorriderò di più…”, fu con questo pensiero in testa che cadde tra le braccia di Morfeo.

  I due stavano ancora dormendo quando Kyle decise di salire a controllare la situazione. Aprì la porta silenziosamente e quando li individuò, rimase a guardarli intenerito. Strawberry dormiva con la testa nascosta nell’incavo del collo di Ryan, lui le cingeva la schiena con il braccio sinistro e aveva il capo appoggiato a quello della ragazza. Così abbracciati davano l’impressione di essere talmente sereni che il cuoco non osò svegliarli. Senza una parola richiuse la porta e scese le scale, ritornando nel grande salone del Cafè.
-Ragazze iniziamo a lavorare, penso che Strawberry non ci raggiungerà prima di un’oretta.- informò le ragazze con il sorriso sulle labbra.
-Ecco! Lei riesce sempre a scansare il lavoro!- protestò piccata Mina.
-Si può dire lo stesso di te.- disse Pam. La morettina allora tacque, imbarazzata e si allontanò per occuparsi degli ultimi calcinacci, seguita dalle risate delle compagne e di Kyle.
-Forza, al lavoro!- incitò il moro quando le risate si furono spente. –Vediamo di far tornare al suo splendore il Cafè.

***


  Silenzio.
La stanza ne era avvolta così come i due ospiti. Strawberry mosse impercettibilmente il capo e subito dopo aprì lentamente gli occhi, quasi fosse restia a svegliarsi. Quando le nebbie del sonno si furono dissipate la prima cosa che riuscì a focalizzare fu una superficie bianca.
Sbattè gli occhi un paio di volte, disorientata.
“Ma cosa…?”, si chiese continuando a non capire. Lentamente portò una mano sulla superficie e si rese conto che era morbida al tatto.
“Stoffa.”, realizzò. Poi lentamente fece scorrere le dita finché la sensazione sotto la pelle non cambiò. “Questo sembra un bendaggio… forse gesso… gesso?!”, spalancò gli occhi definitivamente ed alzò lo sguardo.
-Ryan…- sussurrò abbassando gli occhi. A disagio tornò a rialzarli e lo fissò: dormiva beatamente, con qualche ciuffo di capelli biondi sugli occhi e la bocca leggermente socchiusa. Ma la cosa che la imbarazzò fu scoprire che il ragazzo la stava abbracciando.
Cercò di scivolare fuori dal suo abbraccio senza svegliarlo, ma Ryan rafforzò la presa delle proprie braccia sulla schiena di Strawberry. La ragazza aveva ormai raggiunto una tonalità di rosso allarmante e in più le erano spuntate coda e orecchie.
“Ti prego, ti prego…!”, supplicò, portando entrambe le mani al petto del ragazzo. “Non ti svegliare.”, fece una leggera pressione per allontanarlo.
Lui protestò nel sonno e nascose la testa nel cuscino, avvicinandosi a lei ulteriormente.
Se fosse stata un cartone animato le sarebbe uscito del fumo dalle orecchie tant’era imbarazzata.
Deglutendo parecchie volte per calmare il battito furioso del proprio cuore, Strawberry tentò di sciogliere la presa delle mani di Ryan. All’inizio le risultò difficoltoso, dato che il biondo non sembrava voler mollare, ma poi, d’improvviso, la sua resistenza scomparve e la mew neko si ritrovò a sgusciare fuori dal raggio d’azione delle braccia del ragazzo.
Non si era minimamente accorta che l’americano stava sorridendo, probabilmente perché non stava più dormendo.
“Ce l’ho quasi fatta… un altro po’!”, si disse speranzosa.
Doveva solo scostare il suo braccio e le coperte. Semplice. Sarebbe poi sgusciata fuori in punta di piedi, Ryan non se ne sarebbe accorto e nessuno avrebbe saputo niente.
Girandosi sul fianco sinistro fece per sollevargli il braccio, ma qualcosa andò storto.
D’improvviso le braccia del biondo la strinsero all’altezza dello stomaco e poco dopo lui appoggiò il capo sulla sua spalla.
“Aiuto!”, pensò spaventata. Istintivamente s’immobilizzò, temendo il peggio.
-Non sei ancora riuscita a liberarti?- Ryan le sussurrò all’orecchio in modo tutt’altro che innocente. E come volevasi dimostrare Strawberry avvampò.
-R-Ryan?- balbettò, sbattendo furiosamente le palpebre. Se non si fosse scostato al più presto avrebbe iperventilato per il troppo panico.
-Chi, se no?- soffiò lui. Dal tono di voce si poteva intuire che si stava divertendo un mondo a prenderla in giro.
-Eri sveglio?!- chiese lei vagamente irritata.
-Forse…- fu la risposta.
-Ma allora eri sveglio!- insinuò, girandosi a fronteggiarlo. Lui non ribattè nulla, limitandosi a sorridere. –Mi hai preso in giro!- lo accusò, dimenticandosi della posizione in cui si trovava. Era alla sua mercè.
-Non è vero. Dormivo fino a quando non hai cercato di scappare.- la corresse.
-Comunque per un po’ hai fatto finta di dormire, quindi mi hai presa per i fondelli!- ribattè piccata.
-Pensala come vuoi.- tagliò corto Ryan. –Comunque dove volevi andare?- chiese con non chalance.
Lei rimase interdetta e non rispose subito. Pensò di mentire, ma accantonò subito l’idea: Ryan non sarebbe stato tanto stupido da crederle.
-Ehm… in realtà volevo…- si fermò per osservare l’espressione sorniona del ragazzo. –Volevo uscire da qui.- ammise finalmente.
-Ma davvero?- lui non parve per nulla sorpreso.
Abbassando gli occhi, Strawberry arrossì.
  Vedendo la sua espressione il proprietario del cafè non potè fare a meno di ridere. Dapprima la mew fu infastidita dalla risata, ma poi si rese conto (con grande imbarazzo) che il biondo aveva un’espressione stupenda mentre rideva. Di riflesso poco dopo lo imitò.
Risero di gusto per un po’, facendosi udire probabilmente fin nel salone.
Quando si furono staccati si resero conto di essere vicinissimi: se uno dei due si fosse avvicinato si sarebbero potuti baciare.
Strawberry fece per distogliere lo sguardo da quei pozzi di cielo che erano gli occhi di Ryan, quando si rese conto che lui l’aveva lasciata. Interrogativa, cercò di fissare lo sguardo dietro di sé.
-Be’? Mi lasci già andare via?- domandò a mo’ di sfida.
-Se non vuoi…- disse lui malizioso.
La rossa volle spostare lo sguardo per vedere l’espressione del ragazzo, ma quando lo fece si scontrò nuovamente contro il cielo.
Arrossendo per il sorriso accattivante chiuse gli occhi e si rannicchiò su se stessa.
-Ehi, ehi!- l’americano le posò una mano sui capelli per rassicurarla.
-Non farai niente di strano?- chiese guardinga.
-Niente di strano.
Allora lei allungò lentamente le gambe e tolse le mani dai capelli. Per ultimo aprì gli occhi.
-Bene. Adesso dimmi perché vuoi scappare. Voglio la verità.- disse deciso.
La rossa sgranò gli occhi. –Mi sento a disagio.- rivelò.
-Be’, sì, hai ragione. Modestamente sono irresistibile.- scherzò Ryan.
Lei, ridacchiando, gli fece una leggera pressione sul torace, tentando di allontanarlo.
-Non pavoneggiarti.- lo rimproverò, cercando di rimanere seria.
-Non mi sto pavoneggiando.- dichiarò il più innocentemente possibile.
-Sì, sì.- annuì lei ridacchiando.
Lui non ribattè nulla, limitandosi ad osservarla.
-Che c’è?- chiese la rossa, notando il suo sguardo interessato.
-Dovrebbe essere sempre così…- mormorò lui, quasi ignorandola.
-Così cosa?
-Dovresti essere sempre sorridente con me, proprio come adesso.- si spiegò. –Senza preoccuparti di scottarti…
La mew si fece seria e lo guardò attentamente. Era dannatamente sincero e sembrava stare male a causa di quello che le aveva detto qualche ora prima e che ora aveva ripetuto.
-Mi hai chiesto perché non sorrido mai, giusto? Potrei farti la stessa domanda.- replicò. All’udire quelle parole Ryan s’irrigidì. –Quindi se io sorriderò tu dovrai fare altrettanto.
Quest’ultima frase lo lasciò quasi tramortito. Da un lato si sentiva felice che Strawberry lo tenesse tanto in considerazione, ma dall’altro gli sembrava d’essere come un involucro vuoto ora che lei gli aveva fatto notare quanto poco sorridesse. Il problema, però, non era sorridere quanto più riuscirci.
“Posso veramente sorridere?”, si chiese. –Impossibile.
Quelle poche parole servirono per far arrossare le guance di Strawberry e farle montare dentro la rabbia.
-Io sono così e così devi accettarmi.- aggiunse il ragazzo.
-Ah, sì? E allora perché io dovrei cambiare per te?! Sei proprio insopportabile!- lo aggredì.
-Sì. E allora?- la provocò lui.
-Allora niente! Devi essere più disponibile verso gli altri.- lo rimproverò.
-Il mio modo di essere è esclusivamente affar mio.- replicò secco lui.
-No, se fa star male chi ti è intorno! Se… fa star male… me.- l’ultima parola fu accompagnata da uno spasmo delle mani di Strawberry, che si chiusero a pugno.
Vedendola così arrabbiata ma al contempo triste il biondo si bloccò, trattenendo il respiro ed inghiottendo le parole. Nei suoi occhi era dipinto lo stupore, puro e semplice.
-Il mio comportamento ti turba?- chiese con un filo di voce, quasi temendo di essere rimproverato per la domanda.
-Molto.
-Non capisco.- ammise. –Mi comporto sempre allo stesso modo…
-Non mi sembra che tu obblighi le ragazze a dormire con te.- gli fece notare lei.
-Volevo solo stuzzicarti in maniera più originale.- ribattè, pronto.
-Con loro non sorridi e non ridi.- concluse la mew abbassando visibilmente il tono di voce.
Il proprietario del cafè non rispose.
Colpito ed affondato!
Come le spiegava che con lei stava bene, non si sentiva giudicato, si sentiva libero da ogni vincolo e convenzione… in pratica, come le diceva che era innamorato di lei?
-Non dici niente, eh?- Strawberry lo riportò alla realtà.
-Posso negare la verità?- chiese, sfoggiando uno dei suoi sorrisi più pericolosi proprio perché sinceri.
Quel gesto così spontaneo fu la goccia che fece traboccare il vaso e così i sentimenti di Strawberry strariparono.
  Senza ragionare, perché se l’avesse fatto si sarebbe data della stupida, afferrò la maglia di Ryan e lo attirò a sé quel poco che servì perché lo loro labbra s’incontrassero. Assaporò lo stupore del ragazzo e ne fu intimamente lusingata.
Poco dopo però avvertì un gran calore in corpo e fremette da capo a piedi mentre Ryan la cingeva con un braccio, facendosi più vicino.
Sapeva di dover porre fine al contatto, ma non voleva. Dischiuse le labbra ed accolse la lingua avida del ragazzo.
Si baciarono per poco, ma molto intensamente.
Il poco tempo fu dovuto all’improvviso ritorno in sé di Strawberry.
-N-no!- balbettò senza fiato. Delicatamente lo allontanò, evitando di guardarlo in faccia.
Tornata completamente lucida si alzò ed uscì dal letto, lasciandovi un Ryan allibito e, se possibile, amareggiato.

  Luce. Batté le palpebre un paio di volte.
Era stato un sogno. Era stato tutto un maledettissimo sogno, eppure perché sentiva un calore indicibile?
Voltò la testa e si ritrovò a fissare un Ryan placidamente addormentato, proprio come in sogno. Stranamente nel fissarlo la rossa si sentì calma, anche se accaldata.
Languidamente si allungò per tutta la lunghezza del letto e in un attimo si sottrasse al dolce abbraccio del ragazzo. Quando fu inginocchiata cominciò la parte difficile.
“Come cavolo faccio?!”, si disperò.
Lentamente portò una mano oltre le gambe del biondo e poi poggiò anche l’altra. Fino a quel punto era andato tutto a meraviglia. Bene! Trattenendo inconsciamente il respiro tentò di portare oltre l’ostacolo una gamba.
D’un tratto Ryan mosse il capo ed artigliò l’aria con la mano che prima le aveva accarezzato la schiena. Ferma a fissarlo la ragazza sperò ardentemente che non si svegliasse. E, stranamente, lui continuò a dormire.
“Deve essere proprio stanco…”, raziocinò.
Tranquillizzata portò entrambe le gambe dall’altra parte del letto con un movimento fluido e silenzioso. D’altronde, era non era un gatto?
Soddisfatta e finalmente libera fece per andarsene, ma poi si fermò. Aveva dimenticato di fare una cosa. Zampettando letteralmente come un felino si avvicinò nuovamente al letto e si chinò a fissare il viso del ragazzo.
Si abbassò e gli baciò delicatamente una guancia. –Grazie di essere come sei.
  Si rialzò e si accorse che nel sonno lui aveva sorriso; sorridendo a sua volta si allontanò, aprendo la porta ed uscendo poco dopo.

***
 
  In un’altra dimensione, sospesa tra il tempo e lo spazio, si trovava un’immensa sala fatta unicamente di immensità verdi e colonne diroccate. In uno spazio circuito da quattro di questi enormi pilastri stavano tre figure inginocchiate.
-Avete fallito ancora, siete degli idioti!- tuonò una voce. Dal tono si poteva intuire che il proprietario fosse altamente arrabbiato, per non dire furioso.
-Ci perdoni, altezza.- Pie si scusò anche a nome dei fratelli, chinando remissivo il capo. –Abbiamo fallito, è vero, ma ora abbiamo più informazioni. Tutto questo andrà a nostro vantaggio.
-Lo spero.- commentò Profondo Blu. I suoi occhi di ghiaccio passarono in rassegna i tre alieni, soffermandosi su quello al centro, Quiche. Pur non avendo ancora una vera consistenza corporea il potere del suo sguardo non era da sottovalutare. –Quiche. Avevi detto che il tuo piano non sarebbe fallito.- era un rimprovero, l’alieno dagli occhi d’oro lo sapeva perfettamente, ma fatto con quella voce piatta e glaciale, per nulla alterata, metteva ancora più paura.
-Mi rincresce ammetterlo, ma ho sottovalutato i miei avversari.- dovette confessare lui, rammentando vividamente tutti i lividi provocatigli da quell’insulso umano. –Soprattutto il biondino…- aggiunse sottovoce.
-Ed era proprio di lui che dovevi sbarazzarti!- per sua sfortuna Profondo Blu l’aveva udito. Quiche incassò il capo tra le spalle, colto di sorpresa dall’urlo, ma per nulla intimorito. –Se non si rivolse il problema alla radice non arriveremo a nulla e quel terrestre è la radice di tutti i nostri problemi!
-Se posso permettermi… non sarò riuscito a farlo fuori, ma l’ho messo fuori combattimento per un po’.- ci tenne a puntualizzare l’alieno dai capelli color ramarro.
Sua altezza rimase in silenzio, interdetto. Non sapeva nulla di tutto ciò e doveva vederci chiaro. Da esperienze passate aveva imparato a non fidarsi eccessivamente di Quiche perché quell’incosciente spesso aveva dei colpi di testa pericolosi, quindi anche questa volta sarebbe stato obbligato ad andare a fondo della faccenda.
-Spiegati.- ordinò pacato.
Il suo subordinato alzò lo sguardo e, per un attimo oro e ghiaccio s’incontrarono, poi riabbassò gli occhi apprestandosi a parlare.
-Io e il terrestre abbiamo ingaggiato un combattimento. Ho scoperto che anche lui ha un corredo genetico modificato perché può trasformarsi in un gatto.- si fermò per osservare la reazione di Profondo Blu: gli occhi del sovrano brillarono di una luce pericolosa. Compiaciuto continuò:–Ammetto che non sono riuscito ad ucciderlo a causa dell’intervento di Mew Berry e anche perché aveva dei riflessi sbalorditivi per un umano, ma l’ho ridotto abbastanza male. Penso di essere riuscito a rompergli come minimo qualche costola e il taglio che gli ho provocato al polso andava curato in fretta. Di conseguenza per un po’ di tempo non potrà condurre ricerche attive.- concluse alzando il capo.
Un sorriso soddisfatto gli increspò le labbra diafane.
“Sei troppo sicuro di te e l’errore di oggi ne è una prova.”, questo fu il pensiero di Profondo Blu osservando lo sguardo sicuro e arrogante dell’alieno genuflesso davanti a sé. –Convengo che non è stato un completo fallimento.- accondiscese infine.
I tre si scambiarono uno sguardo sollevato e le loro membra si rilassarono, improvvisamente libere della tensione che le aveva attanagliate.
-Mio Signore, quali sono gli ordini?- chiese allora Pie. Non ottenne risposta, ma sentì i passi del suo signore rimbombare per l’intera dimensione. Questo era un buon segno: quando Profondo Blu misurava la sua dimora a grandi passi significava che stava elaborando una strategia imbattibile.
D’un tratto il trepestio s’interruppe e tutti e tre i fratelli alzarono il capo contemporaneamente. Videro l’alieno dai lunghi capelli corvini sorridere, un sorriso maligno. –Avrete bisogno di un aiuto esterno per questa impresa: non ammetterò sconfitte.
Quelli deglutirono, nervosi.
-Dovrete eliminare quelle insulse umane che ci intralciano, ma prima assicuratevi di far fuori il loro capo, l’inventore del progetto…- s’interruppe.
-Sarà un onore.- mormorò Quiche. Non vedeva l’ora di restituire tutti quei colpi che aveva ricevuto con gli interessi.
-Ma ad uccidere l’umano sarà qualcun altro. Voi vi occuperete di quelle cinque guerriere, le Mew Mew e anche della mia parte buona, il Cavaliere Blu, nel caso dovesse rifarsi vivo.
La notizia shockò tutti gli astanti tanto da lasciarli a bocca aperta. Non era tanto l’ordine di far fuori il Cavaliere Blu che li turbava, ma era il fatto che l’uccisione del membro forse più importante (e potenzialmente pericoloso) del progetto mew, dopo Mew Berry, fosse stata affidata ad un esterno.
E loro sapevano bene di chi si stava parlando.
“No! Non può lasciare il lavoro migliore a lui…!”, pensò Quiche shockato e infuriato al tempo stesso. Non avrebbe mai permesso che qualcuno gli precludesse la vendetta tanto agognata.
-Pie!- il tono della voce di Profondo Blu era tornato imperioso. L’alieno dagli occhi d’ametista si alzò in piedi e attese ordini. –Vi siete accordati con lui, puoi confermarmelo?
-Sì, mio Signore.- confermò infatti l’altro.
-Bene.- commentò prendendo posto sul trono riccamente decorato. –Chiamate subito Revenge.

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Capitolo 7
*** Cap. 6 Quando le supposizioni non bastano ***


Cap. 6 Quando le supposizioni non bastano
L'unica cosa che posso dirvi è che ne vedrete delle belle ;)
Buona lettura!

P.S.: Le informazioni sul vampiro le ho trovate spulciando vari siti su internet, non le ho inventate di sana pianta.
P.P.S.: Finale del capitolo riveduto grazie ad un'attentissima considerazione di una fan, grazie mille :)

Cap. 6 Quando le supposizioni non bastano


   Un’enorme luna piena brillava nel freddo cielo stellato.
Ormai novembre era finito e dicembre era alle porte con i suoi giorni limpidi ma freddi e la sua candida neve. Anche le notti si erano fatte più rigide, ma c’era un essere a cui tutto questo non importava: senza più sapere da quanto tempo stesse girovagando attraverso il tempo, continuava incurante a sopravvivere in bilico tra due realtà.
  Come ogni notte si era seduto su quello sperone di roccia per ammirare il viso luminoso dell’astro, per ingannarsi di essere un sognatore quando invece ne era un affamato prigioniero. Sospirò, osservando il fiato condensarsi in nuvolette bianche e salire verso di lei, la Madre. Madre, perché era con quell’appellativo che lui chiamava la Luna.
Dopo essersi concesso un ultimo sguardo alla volta celeste si alzò, sgranchendosi gli arti. Ormai era quasi ora e sentiva dentro di sé il richiamo primordiale che tutte le notti, giorno dopo giorno, lo spingeva a scendere tra gli esseri umani. Certo, poteva benissimo resistere per più di un mese senza nutrirsi, ma si lasciava sempre andare all’eccesso.
  Il sangue stava cantando per lui, invitandolo a impossessarsene.
Si passò la lingua sulle labbra pallide e voltandosi, si inoltrò nel folto della foresta, accompagnato solo dal fruscio del suo lungo cappotto, nero come la notte più scura. Come ogni volta che camminava tra gli alberi che circondavano le pendici del monte Fuji, sentì la paura serpeggiare tra gli animali addormentati, ma sempre vigili. Ignorando tutto ciò, accelerò il passo fino a divenire parte integrante dell’aria.
  D’improvviso, dopo parecchi minuti di corsa, gli apparvero davanti i grattacieli della grande Tokyo, quindi si diresse verso un vicolo isolato e tornò alla sua forma originaria. Detestava “scendere nel mondo degli umani”, ma il più delle volte ci era costretto e quindi doveva inghiottire la repulsione di avere tante persone attorno a sé e andare avanti. Camminò silenzioso per diversi isolati, seguendo una traccia olfattiva che lo aveva trovato e assuefatto, finché non ne trovò il proprietario o meglio la proprietaria.
Si accucciò dietro un angolo, seguendo ogni passo della sua prossima vittima. Era più di un mese, stranamente, che non andava a caccia e sentiva i muscoli fremere per qualche scatto fulmineo. Spostandosi da un’ombra a un’altra più fitta, la seguì finché lei non fu abbastanza vicina: allora con una velocità che aveva dell’incredibile le si fiondò addosso, stroncando sul nascere l’urlo che stava per uscirle dalle labbra.
Era così che cacciava, era così che si cibava ed era così che viveva perché la sua era la vita di un essere condannato alla dannazione eterna, lui era un vampiro.
“Spero solo di non essere disturbato…”, si augurò dentro di sé. Tornando a concentrarsi sul suo pasto terminò di bere e poi nascose il corpo. Sazio, si passò la lingua sui canini ancora sporchi di sangue e s’incamminò lungo la strada scarsamente illuminata. “Per queste vie non c’è mai un cane, in tutti i sensi.”.
  Immerso nei propri pensieri non si accorse di essere osservato da qualcuno, che a suo parere, era molto indisponente e arrogante. Continuò a camminare per altri cento metri finchè i suoi sensi acuiti non gli segnalarono la presenza dell’estraneo, che lui identificò dall’odore.
“Tsk. Sembra proprio che io non sia destinato ad avere pace.”, considerò con un mezzo sorriso. Osservò l’ombra sulla strada proiettata dalla pallida luce della Madre e il suo sorriso divenne un sogghigno: non si era sbagliato, era proprio lui. “Buffo come io mi sia ridotto a collaborare con esseri ancora più presenti nell’immaginario degli esseri umani, ma comunque non meno stupidi.”, si stupì di quanto fosse stato imprudente a lasciarsi coinvolgere, ma la ricompensa era troppo appetitosa.
-Quiche.- la sua voce bassa e vagamente metallica aveva un qualche cosa di suadente che attirava le sue vittime.
-Lieto che tu ti sia ricordato di me, Revenge.- disse l’alieno, planando davanti al vampiro. Quello rimase immobile. –Fatto buona caccia?
Revenge socchiuse le labbra mostrando i bianchi canini e il suo interlocutore lo prese per un sì.
-Cosa vuoi?- chiese il vampiro con fare indisponente.
“Tipico”, pensò Quiche. “Ogni volta è la stessa storia: mi devo far mettere i piedi in testa da questo spaccone e solo per il tornaconto di Profondo Blu.”
Effettivamente si stava stancando di quell’assurda situazione. “E poi… chi si crede di essere?”, si chiese quasi schifato. Senza farsi beccare lo squadrò a lungo: aveva capelli color della luna che si arricciavano sulle punte, pelle diafana come la sua, uno sguardo raggelante (sicuramente peggio del suo Signore, questo almeno poteva concederglielo) dato che le iridi e le pupille si confondevano in un penetrante azzurro ghiaccio e un corpo magari più muscoloso del suo, dovuto probabilmente a quei tre o quattro anni in più che aveva rispetto a lui, ma nulla d’eccezionale. Non poteva negare che avesse un suo fascino, ma da lì a sfottere i propri alleati era un altro paio di maniche. –Sono qui per conto di Profondo Blu.- disse infine, puntando le proprie iridi dorate in quelle di ghiaccio di lui.
-E cosa vuole sua altezza?- lo disse praticamente con tono di scherno. Quiche odiava questo suo modo di fare: certo, Profondo Blu a volte sapeva essere irritante, ma era pur sempre il loro capo.  
-I tuoi servigi, come da accordo.- gli rammentò l’alieno.
-E scommetto che è un compito tanto infame che pure tu e i tuoi fratelli vi siete rifiutati di potarlo a termine, vero?- insinuò con un sorrisetto irritante.
Quiche strinse i pugni, evitandosi azioni avventate. –No. In verità era un compito che volevo ardentemente, ma che lui ha reputato fosse più adatto a te.
-Capisco. E questo ti rode… mi dispiace.
“Ancora più irritante. Io questo lo uccido!”. –Ammetto che volevo avere io l’onore. Comunque non è questo il punto. Accetti?- disse ignorando lo sguardo di disprezzo che gli aveva lanciato il vampiro. “E come potresti rifiutare?”
-Sono vincolato da una promessa.- gli fece presente l’essere soprannaturale. “E la cosa continua a non piacermi…”. –Che devo fare?
-Ammazzare un umano.
Revenge assunse un’espressione furiosa, fulminandolo con il solo ausilio dello sguardo. Evidentemente la prospettiva di uccidere un umano non gli sembrava tutto questo gran compito e lo riteneva sicuramente più adatto a quei tre alieni che gli ronzavano sempre intorno. Nel suo vocabolario, probabilmente, il termine “far fuori un umano” corrispondeva a dissanguarlo fino a farlo morire o renderlo uno della sua specie iniettandogli un potente veleno, ma ammazzarlo per il semplice piacere di farlo e soprattutto su commissione era un atto che ripugnava persino uno come lui. Per lui gli umani erano cibo e, si sa, non si gioca con il cibo.
-Non ne sei capace?
Il non morto represse l’indignazione e sembrò calmarsi fino a riassumere la sua classica maschera di fredda lucidità. “Stai osando sfidarmi, Quiche?”. –Come potrei fallire in un’impresa di tale difficoltà?- ironizzò.
Quiche ridusse gli occhi a due fessure. “Ogni minuto che passa diventa ancora più seccante, perché Pie ha mandato me?”. –Pensala come vuoi, a me non interessa. Devo solo riferire la tua risposta.- affermò, facendo spallucce.
Revenge si portò una mano al mento, fissandolo pensieroso perché sapeva che all’alieno dava enormemente fastidio.
-Vediamo… se non erro la scelta è tra ammazzare un semplice umano o incorrere nelle ire di Profondo Blu.- ragionò. L’altro non batté ciglio. –Direi che preferisco far fuori l’umano, si rivelerà sicuramente più eccitante delle lamentele del tuo capo.- disse infine con un sogghigno. “Anche perché le poche volte che l’ho sentito cianciare, ho capito che è tutto fumo e niente arrosto e non mi divertirei per niente a confrontarmi verbalmente con lui”.  
-Oh, puoi star certo che ti divertirai. Non è un umano come gli altri.- rivelò. L’altro alzò di scatto gli occhi. Quiche, ottenuta finalmente la sua attenzione, continuò a spiegare:-Nel suo corpo ha impiantati i geni del gatto Iriomote, se Pie non ha sbagliato e, comunque, è un tipo irritante quasi quanto te.
Revenge sorrise diabolicamente. –Allora pensò che mi divertirò. È sempre interessante un confronto tra mentalità alla pari.- asserì con la sottile ironia che lo caratterizzava.
“Spero vivamente che il biondino ti levi quel sorriso dalla faccia. Per sempre.”, si augurò l’alieno. –Per rendere più adrenalinica la cosa dovresti agire senza informazioni, ma Profondo Blu ti tiene troppo in considerazione per farti questo… quindi prendi!- Quiche gli lanciò dei fogli, levandosi in volo. –Ti saluto.
  E scomparve.
Il vampiro non badò più a lui e si mise ad osservare attentamente il dossier. I suoi occhi passarono velocemente in rassegna il non molto dettagliato resoconto sull’umano e man mano che avanzava si stupì sempre più. Forse, questa volta, il compito che gli era stato affidato non si sarebbe dimostrato noioso, anzi…
“Aspettami, Ryan Shirogane.”


  In quello stesso momento, ma in un luogo diverso, proprio Ryan Shirogane era intento a godersi il chiaro di luna. Gli piaceva osservare il cielo invernale trapuntato di miriadi di stelle luminose, ma quella notte non era proprio interessato agli astri. Stava ragionando da un po’ di tempo su quel dannato vampiro che avevano adescato gli alieni e non riusciva proprio a trovare il bandolo della matassa, era per questo che si era affacciato alla finestra, sperando di avere un’illuminazione lasciando vagare i pensieri, cullati dalla fredda aria notturna.
-Niente. Proprio non riesco ad arrivarne a capo!- sbottò portandosi le mani nei capelli. –E la cosa mi irrita parecchio. Possibile che questo fantomatico vampiro sia trasparente?- chiese a nessuno in particolare. Rimase qualche altro minuto a fissare il vuoto finchè non si decise a richiudere la finestra.
-Probabilmente mi è sfuggito qualcosa…- mormorò andandosi a sedere davanti al computer acceso. –Devo trovare sue tracce nei registri scolastici…- prese a digitare sulla tastiera, non staccando mai lo sguardo dal monitor. In poco riuscì ad accedere ai file riservati del liceo frequentato da Strawberry e altrettanto facilmente li scandagliò, cercando alunni iscritti da poco o con qualche corrispondenza alle sue supposizioni.
Passarono rapidamente due ore e il ragazzo non era riuscito a cavare un ragno dal buco, dato che sembrava non esistessero informazioni. Sbuffando si appoggiò pesantemente allo schienale della sedia e si mise a fissare il monitor senza realmente vederlo, immerso in complicati ragionamenti.
“Ho appurato che non è un nuovo studente, quindi mi sembra inutile continuare su questa pista… non è neanche uno studente anziano partecipante a qualche club… in sostanza non si trova nella scuola. Devo dedurre che sia così abile da aver sviato Kyle. Notevole.” Si concesse un sorriso per quella considerazione. Se davvero questo nemico era così arguto sarebbe stata una caccia difficile, soprattutto se confrontata con quelle a cui era abituato. “Se le mie supposizioni sono giuste devo solo capire dove si sta nascondendo e perché si è alleato con gli alieni. Sì, Ryan, è una cosa facilissima!”, si passò una mano sugli occhi, dandosi mentalmente dello stupido. “No, devo stare calmo e ragionare lucidamente.”
  Tornò a concentrarsi sul pc e aprì una cartella protetta da password. Qui vi erano tutte le informazioni sui vampiri, sulla loro storia, le loro caratteristiche, la loro organizzazione sociale e su come ucciderli. Aprì il documento che parlava delle caratteristiche delle diverse specie e cercò quella che gli interessava: Gangrel. La prima volta l’aveva letta superficialmente, non credendo possibile che il loro nuovo nemico fosse un non-morto, ma questa volta vi prestò più attenzione e la scorse con più calma.

    “GANGREL: i solitari nomadi Gangrel vagano di notte attraverso le foreste sconfinate. Al contrario dei loro Fratelli, essi disprezzano le consuetudini della civiltà, preferendo vagabondare in solitudine nelle terre inesplorate. Costituiscono un clan solo nel senso più ampio del termine; i membri tendono ad essere abbastanza individualisti, indifferenti al protocollo sia dei mortali che dei vampiri. Infatti, i Gangrel si trovano più a loro agio con gli animali selvatici che con i mortali che erano o con i vampiri che sono diventati. Sono vampiri animaleschi che predano di notte e possiedono tendenze e fattezze tipiche delle fiere. Raramente si stabiliscono in un luogo: sono dei giramondo, soddisfatti solo quando possono correre soli sotto il cielo notturno. Distaccati, riservati e selvatici, i Gangrel sono spesso individui infelici; sebbene in genere detestino la folla e le costruzioni delle città, la presenza dei licantropi impedisce loro di uscire dai loro confini.”

  Terminata la lettura incrociò le braccia al petto e ci rifletté su, calcolando ogni probabilità senza esclusioni. Sapeva che temevano i licantropi, ma purtroppo per loro non aveva conoscenze tra quelle simpatiche e docili creature, quindi la possibilità di fare uccidere il vampiro dal suo nemico naturale era da escludere tassativamente. Prese un foglio ed elencò tutte le informazioni che aveva estrapolato dal testo, barrando la prima che parlava dei lupi mannari. Passò allora alla seconda e vi trovò sia un lato positivo che uno negativo: il fatto che i Gangrel fossero per natura solitari andava loro a vantaggio perché così sarebbe stato più facile ucciderlo, ma andava a loro sfavore perché il suo essere amante della solitudine lo rendeva anche difficile da scovare.
-E’ un bel grattacapo…- constatò, scostandosi un ciuffo di capelli ribelli dal viso. –Però devo riuscirci o non potrò mai più guardare Kyle in faccia.- s’impose, tornando a concentrarsi su quel pezzo di carta che racchiudeva tutte le sue informazioni e supposizioni.
Passò un’ora e mezza e Ryan era giunto ad una conclusione: dovevano cercare il vampiro in territori isolati o inesplorati. Questo escludeva la città, o quasi tutti i suoi luoghi, mentre aggiungeva alla lista tutte le rovine e i boschi presenti nel raggio di molti chilometri.
-Non finiremo mai!- si lamentò alzandosi di scatto. –Devo restringere il campo.
Prese a misurare la stanza a grandi passi, lambiccandosi il cervello per trovare una soluzione.

   D’un tratto la sua attenzione fu attratta da qualcosa fuori dalla finestra. Velocemente si affacciò e scrutò nelle tenebre, lì dove gli era parso di vedere una sagoma. Infatti, tra le siepi di recinzione vide muoversi qualcosa e subito dopo ne uscì un grosso cane, che, apparentemente incurante di essere osservato, camminò lentamente fin ad arrivare all’altezza di un lampione. Quando la luce artificiale lo colpì in pieno, l’americano si rese conto che non era un cane, bensì un lupo!
Scosse la testa, non credendo ai propri occhi: cosa ci faceva un lupo in centro a Tokyo? Immediatamente il suo pensiero andò a Pam, che aveva i geni del lupo dal pelo grigio, ma, si disse, era impossibile che fosse lei perché non le era mai capitato di trasformarsi e nel caso fosse successo sarebbe corsa immediatamente ad avvertirli. Tornò a concentrarsi sul canide e, come a confutare il suo ragionamento, scoprì che aveva il pelo del medesimo colore del lupo in via d’estinzione. Ancora più confuso Ryan lo osservò alzare il capo verso l’alto e lanciare un ululato lungo e acuto.
-Ma… non può essere!- si lasciò sfuggire. Come ad averlo udito, il grande animale si voltò verso il Cafè e sembrò cercare proprio lo sguardo del ragazzo, che si ritrovò ad osservare iridi di un intenso color ghiaccio, così raggelanti da fargli accapponare la pelle. “Mi sta fissando?!”, si chiese incredulo.
  Il lupo tenne incatenati i loro sguardi per diversi minuti e Ryan potè giurare di avervi visto brillare una strana luce d’intelligenza come se fosse un animale, ma al tempo stesso fosse anche qualcos’altro. Quando la bestia abbassò gli occhi obliqui, il biondo sentì il calore riaffiorargli in corpo come se prima gli fosse stato succhiato via.
Il canide lanciò un ultimo ululato rivolto alla luna e se ne andò, sparendo tra le tenebre al di là del cono di luce.
  Il ragazzo rimase incantato a fissare il punto dove prima c’erano quegli occhi e d’un tratto la sua mente venne attraversata da un pensiero incoraggiante, ma allo stesso tempo sconvolgente. Si precipitò al computer e scorse nuovamente la descrizione dei Gangrel, trovandovi immediatamente riscontro con le proprie supposizioni.
“Possiedono tendenze e fattezze di bestie… corrisponde!”, realizzò. “Quello non era un lupo normale, era lui! Ne sono certo.”, esultò dentro di sé. Prese a digitare velocemente sulla tastiera fino ad avviare il motore di ricerca. Il pc ci mise relativamente poco a consegnargli le informazioni da lui richieste.
-Bingo! Ti ho quasi scovato, vampiro.- disse sorridendo compiaciuto. –E se quella di questa sera era una sfida, sappi che l’accetto.- asserì, come se il vampiro fosse lì ad ascoltarlo.
Continuò a fare ricerche per tutta la notte o quello che ne rimaneva.
  Quando ebbe tutti i risultati delle sue ricerche sotto mano li inviò anche al computer di Kyle, sicuro che la mattina dopo avrebbe consultato il portatile. Senza accorgersene, ormai stanco morto, si addormentò sfinito col capo poggiato accanto alla tastiera quando ormai stava albeggiando.

-Uhm, impeccabile come sempre, Ryan.- commentò Kyle. Si trovava nella sua stanza, erano circa le sette di mattina e stava consultando gli ultimi dati inviatigli dal collega. –Anche con un gesso a impedirgli i movimenti lavora come se niente fosse…- concluse con un sorriso compiaciuto. Ogni volta si stupiva della caparbietà e serietà con cui il giovane americano portava avanti le sue ricerche.
Digitò alcune parole veloci sulla tastiera prima di alzarsi e sfilarsi gli occhiali da vista. –Bene… e adesso al lavoro.

  La ragazze arrivarono come solito puntuali, escludendo Strawberry che sembrava proprio non voler perdere il vizio.
-Aspettiamo ancora cinque minuti.- suggerì Kyle all’ennesimo sbuffo irritato di Mina. Come sempre lui tendeva ad essere dalla parte di Strawberry e comunque non gli piaceva veder le sue cinque principesse litigare.
-Sarebbe ora che imparasse cosa vuol dire essere puntuale.- sbottò la mew bird picchiettando nervosamente un piede a terra.
-Su, Mina, è domenica. Sicuramente lei è abituata a dormire.- intervenne Lory.
-Anche io vorrei essere a letto a quest’ora, ma sono qui!- le sbraitò dietro la ricca ragazza. La mew verde sospirò, rassegnata: ormai non sapeva più come prendere né Mina né Strawberry.
-Intanto che aspettiamo potremmo fare qualcosa di divertente!- propose Paddy. Lei era sempre allegra e vitale, che fossero le sei di pomeriggio o le sei di mattina.
-Paddy, lascia stare. Ti prego.- la supplicò il cuoco, vedendola salire su uno dei suoi soliti palloni. Lei si fermò e lo guardò per qualche istante. Alla fine ripose la palla di gomma e si acquietò.
-Su, vedrete che sta arrivando.- disse Pam, ostentando la solita calma. Al sentire le sue parole Mina si zittì come un cane ripreso duramente dal padrone e si limitò a lanciare sguardi assassini alla porta d’ingresso, mentre gli altri tirarono un sospiro di sollievo.   
E infatti dopo neanche un minuto videro la porta spalancarsi di malagrazia e una Strawberry piuttosto accaldata irrompere nel locale. Ansimando si appoggiò sulle ginocchia per riprendere fiato.
“Accidenti che corsa… sono quasi morta!”, pensò rialzandosi. Vedendo lo sguardo assassino di Mina però sembrò riconsiderare quello che aveva appena pensato. “Forse morirò adesso.”
-Ehm, buongiorno a tutti.- cercò di fingere disinvoltura, ma si vedeva lontano un miglio che stava cercando di non fuggire a gambe levate.
-Strawberry, sei in ritardo.- le fece notare Pam.
La rossina si voltò verso di lei e imbarazzata disse:-Già, scusatemi.
-Fa niente, ormai ti conosciamo.- sospirò Kyle. –Su, vai a prepararti. Dobbiamo metterci al lavoro.
La mew neko guardò il cuoco allibita e poi spostò lo sguardo sulle quattro componenti del team. Che questa volta se la fosse cavata senza la solita lavata di capo?
Stava per esultare quando Mina, incapace di trattenersi oltre, scoppiò e le urlò dietro tutta la sua irritazione. Le due presero a battibeccare furiosamente e a tono troppo alto tanto che riuscirono a svegliare un altro occupante del locale.

  Ryan, al sentire gli strilli delle due ragazze, si era svegliato di soprassalto, spalancando gli occhi. Ancora insonnolito si mise a sedere e si stropicciò gli occhi, che gli dolevano a causa del poco sonno. Sbadigliando si diresse alla finestra, spalancandola per far entrare nella stanza l’aria mattutina.
“Neanche di domenica si può stare in pace?”, si chiese scocciato. Chiuse gli occhi, cercando di assaporare il nuovo giorno, ma le urla spaccatimpani che giungevano dal piano di sotto non glielo permisero. –Adesso mi sentono!
Senza nemmeno pensarci su un attimo si precipitò fuori dalla camera e scese le scale, facendo i gradini due a due. L’ingombro del gesso sembrava magicamente scomparso.
-SMETTETELA DI FARE BACCANO!- l’urlo rimbombò per il locale vuoto.
Le ragazze e Kyle si voltarono verso la fonte della voce e, pur avendone riconosciuto il proprietario, si stupirono di vederlo all’entrata del salone con un’espressione infastidita in volto.
-Potete fare meno casino?- ripetè calcando sull’ultima parola. Dal suo sguardo si poteva capire che non era stato un dolce risveglio per lui.
-Scusaci Ryan.- si affrettò a dire il cuoco, subito seguito a ruota dalle ragazze, esclusa Mina.
Il biondo la guardò interrogativamente e lei, in risposta, mise il broncio.
-Mina, non ti ho sentito.- le fece notare.
-Tsk! Dovresti rimproverare Strawberry per i suoi continui ritardi. Io stavo solo facendo quello che non fai tu.- rispose piccata. –Sei troppo buono con lei…
Strawberry all’udire l’ultima frase dell’amica saltò su, dicendo:-Cosa?!? Ryan non ha riguardo nei miei confronti, altrochè! Mi schiavizza!
La morettina stava per ribattere che erano tutte fandonie quando fu proprio il proprietario del Cafè a porre fine alla discussione.
-Fate silenzio! Ho dormito poco questa notte quindi vedete di abbassare il tono di voce.- le rimproverò.
-Ma…!- tentarono di ribattere le due chiamate in causa.
-Niente ma! Ora filate a lavorare.- s’impose lui. Sconfitte dovettero chinare il capo e scusarsi, promettendo di fare meno confusione.
“Chissà perché ha dormito poco…”, s’interrogò Strawberry. Stava per andarsene negli spogliatoi con quel pensiero in testa quando il biondo la chiamò:-Strawberry, vieni un attimo con me.  
-Cosa vuoi?- chiese sospettosa. Lui sostenne il suo sguardo per nulla intimorito.
-Devo parlarti.- disse solamente, ma la ragazza sembrava ancora recidiva. –Ho delle notizie sul nuovo nemico.- si decise finalmente a rivelare.
-Davvero?!- fece lei sorpresa.
“Convincerti è facile come rubare le caramelle a un bambino.”, pensò Ryan con un mezzo sorriso divertito. –Davvero.- confermò.
L’esaltazione di Strawberry salì alle stelle, ma in un attimo sembrò precipitare tanto che la cosa insospettì il ragazzo. -Che c’è?- chiese infatti.
-Non dovresti riferirlo prima a Kyle?- ecco che il sospetto nei confronti del bell’americano tornò ad insinuarsi in lei. Non si poteva mai sapere cosa passava per la testa di uno come lui.
-Kyle lo sa già, non c’è bisogno che tu mi ricordi cosa devo fare.- rispose leggermente scocciato. –Allora, vieni o no?
Senza attendere risposta prese a salire le scale. La mew neko, dopo un attimo d’esitazione, lo seguì, raggiungendolo a metà rampa.
-Ehm, come stai oggi?- si azzardò a domandare.
-Non penso che da un giorno all’altro si possa guarire completamente.- le fece notare con la solita schiettezza che contraddistingueva ogni sua parola.
-Scusa se mi interesso a te!- proruppe lei.
Ryan finse d’ignorarla e arrivò alla fine della gradinata, percorrendo poi il breve corridoio per arrivare nella propria stanza.
-Sto migliorando.- mormorò chiudendo la porta dietro di sé. “Ma perché le rispondi sempre male, cretino?”, si rimproverò mentalmente. Strawberry, uditolo, sorrise lievemente.
D’un tratto si rese conto che sorrideva più spesso in sua presenza in quel periodo e la cosa la mise in allarme: certo, si era ripromessa di essere più solare con Ryan, ma non fino a quel punto.                            
-Sono contenta.- fece, suonando fredda e sbrigativa. Se ne pentì subito e sperò che il biondo non avesse colto la sfumatura nella sua voce. Lui, però, troppo abituato a nascondersi dietro una maschera, l’aveva colta prontamente e ne era rimasto vagamente turbato.
–Allora, di cosa dovevi parlarmi?- chiese guardandosi intorno. “Certo che questa stanza è sempre immacolata… ma come farà?”.
-Vieni, avvicinati.- la invitò, prendendo posto davanti al computer. Strawberry lo raggiunse chinandosi leggermente sopra la sua spalla per vedere meglio. –Ho scoperto che il vampiro non si trova nella tua scuola, ma che questa potrebbe trovarsi nel suo raggio d’azione.- iniziò a spiegarle.
Lei, dapprima stupita della rivelazione, annuì concentrata. –Ma a scuola cosa può trovare?
Ryan sospirò, chiedendosi quanto potesse essere ingenua quella ragazza. –E’ un vampiro, zuccona, quindi fai due più due!- la schernì.
-Scusa tanto se non sono un genio!!- abbaiò lei, portando le mani ai fianchi. Il ragazzo la fissò di traverso e questo bastò a placare sul nascere i suoi bollenti spiriti. –Uffa! Insomma… essendo un vampiro… cercherà del… sangue…?- aveva le guance imporporate mentre tentava di trovare una spiegazione a quello che le aveva detto Ryan.
-Vedo che ci sei arrivata.- a quelle parole la rossina rischiò ancora di gonfiare le guance come un criceto per la stizza, ma si contenne. –Comunque, penso che non sia solo quello il motivo: potrebbe anche star creandosi degli alleati.
-Alleati?- Strawberry era perplessa.
-Esatto.- annuì l’americano. –Oltre a succhiare sangue, i vampiri possono anche iniettare un veleno che permette la trasformazione delle loro vittime in creature identiche a loro.- spiegò. Senza ottenere risposta, si voltò verso la sua interlocutrice e la trovò ammutolita. Evidentemente era all’oscuro di questa capacità, probabilmente il suo metro si basava solamente sul racconto del conte Dracula. –Ti vedo sconcertata.
L’altra si riscosse. –No. Solo non sapevo di questa loro abilità.- si giustificò.
“Hai ragione ad aver paura, non sappiamo molto di lui.”, pensò il biondo. –Allora, continuiamo. Questi sono i possibili luoghi in cui si potrebbe nascondere.- si voltò verso il monitor ed ingrandì la mappa riguardante quella zona del Giappone per mostrarla alla ragazza alle proprie spalle.
-Ma… sono tutte foreste!?
-Sì. Essendo un Gangrel, ossia un vampiro dalle tendenze e fattezze animali, è piuttosto normale che si sia rifugiato in una foresta. Questo gli dà più forza perché è a contatto diretto con le bestie del luogo.- chiarì conciso.
-Capisco…- Strawberry si sporse un altro po’ per consultare meglio la cartina. -…però sono lontane da qui, com’è possibile che il vampiro agisca qui a Tokyo?- volle giustamente sapere.
-Domanda interessante. Non te lo so dire con precisione, ma sospetto che sia in possesso di facoltà fisiche fuori dalla norma.
-Ossia è una specie di Kami?
-Non essere sciocca! Anche un essere come lui ha i suoi punti deboli. Comunque rimane molto forte.
-Quindi noi come faremo a…?
-Non pensarci. Non adesso, almeno.- la interruppe Ryan, zittendola con un’occhiata. Non voleva assolutamente che lei si mettesse a pensare già al peggio, non voleva che si deprimesse prima del tempo.
-Sì, ma come lo uccideremo?- insisté lei. Lui si vide costretto a rispondere e, sospirando, tornò a volgersi verso lo schermo lampeggiante.
-Sarà difficile.- dovette ammettere. “Sarà quasi impossibile se non trovo il giusto alleato. Quello che può farlo definitivamente fuori.”, pensò il ragazzo. –Dovremmo trovare l’unico in grado di ucciderlo.
-Non ti seguo…- lo fermò la ragazza. Il biondo, rendendosi conto di starle facendo un discorso troppo complicato senza basi a cui far riferimento, si impose di ricominciare la spiegazione da principio.
-Mi sono dimenticato di spiegarti alcune cose.- si scusò. –Siediti.
La mew fece come detto e si accomodò sul letto praticamente integro perché Ryan non ci aveva dormito.
-Confrontando leggende e testi filosofico/religiosi ho potuto documentarmi sui vampiri. Raccontarti tutto sarebbe inutile e improduttivo quindi ti dirò solo quello che ti serve sapere ai fini della spiegazione.- si bloccò un attimo perché aveva visto Strawberry fremere. Magari lei credeva che la considerasse troppo stupida per capire certe cose? Quanto si sbagliava. –Per prima cosa dimenticati la questione dell’aglio e della croce. Sono solo dicerie: per uccidere un vampiro si deve usare un’arma senza significati religiosi, ossia il gladio romano, la scimitarra islamica o la katana giapponese.
-E secondo te dove le troviamo queste armi?- chiese seccata. Le stava raccontando una cosa più assurda dell’altra e pretendeva pure che modificasse la sua concezione di vampiro così, come se fosse un foglio da poter strappare. –Dimmi, ne hai per caso qualcuna nascosta sotto il letto?
Lentamente Ryan si voltò a guardarla, le braccia incrociate e lo sguardo glaciale. Già era nervoso di suo e ora ci si metteva anche quella ragazzina dispettosa? All’incontrare i suoi occhi la ragazza impallidì, deglutendo a fatica.
-Proprio ieri ho commissionato una katana ad un famoso artigiano.- rispose spiazzandola.
“Perché riesce sempre a prevedere le mie mosse? Mi legge nel pensiero?”, si chiese la rossa. “Sì, sarà anche così, ma non mi lascerò mettere i piedi in testa!”, decise. Aprì la bocca per parlare, ma si accorse di non saper proprio cosa ribattere. Finì per richiuderla, stizzita e ferita nell’orgoglio per non essere riuscita a rispondergli per le rime.
Sul volto di Ryan si delineò un sorriso di vittoria che le fece saltare i nervi. -Bene, ora, se non hai più nulla da ribattere, continuerei.- disse, sistemandosi meglio sulla sedia sotto lo sguardo assassino di Strawberry. –Stavo dicendo che ci serve una di queste armi, anzi la terrò io per sicurezza. Il metodo per uccidere un vampiro è un po’ cruento quindi è meglio che lo tenga per me.
-Mi reputi una bambina?- scattò la ragazza.
“Affatto, ma so che cercheresti di trovare un altro modo.”, pensò, ma invece disse:-Chi lo sa… comunque non ho intenzione di dirti nulla.
-Ma…!- fece per ribattere lei.
-Inoltre non dovrai ucciderlo tu.- precisò calcando sull’ultima parola. La rossa parve rilassarsi a quella notizia. –Adesso non sbraiti più?- la provocò.
-Credevo di… dover…- borbottò abbassando lo sguardo. –Ah! Al diavolo! Non devo rendere conto a te di quello che mi passa per la testa!- si alzò in piedi, fumando come una ciminiera.
-Sbaglio o siamo suscettibili?
-No! Affatto!- ribattè lei serrando i pugni. Il biondo alzò platealmente un sopracciglio, segno che non le credeva minimamente. La mew abbassò le orecchie feline (spuntate assieme alla coda perché si era agitata troppo) prima di aggiungere:–E non fare quella faccia saccente! Ti odio quando fai così!
Odio. Quella parola colpì Ryan dritto al cuore, ma non lo diede a vedere.  
-Sei una sempliciotta, ti scaldi per nulla.- continuò a punzecchiarla. Lei allora marciò fino alla sedia e gli si piazzò davanti, i loro visi erano a pochi centimetri di distanza.
Il ragazzo rimase impassibile.
-Finiscila di prendermi in giro, Ryan Shirogane!!- ordinò decisa. Da parte del suo interlocutore neanche una piega. “Cosa? Non si scompone neanche se lo minaccio così?!”, pensò indispettita.
-Torna a sederti, Strawberry Momomiya.- con quella semplice frase l’americano ribadì che l’ultima parola spettava a lui e che lì tutto quello che diceva era legge.
Sconfitta, Strawberry fu costretta ad obbedire. Sbuffando si risedette sul letto e tornò ad ascoltarlo, lanciandogli ogni tanto qualche sguardo in cagnesco. Perché cavolo doveva avere lui l’ultima parola su tutto? In ogni loro diverbio ne usciva sempre vincitore.
-Allora… stavo dicendoti che non dovrai uccidere il vampiro. Non è quello il tuo compito. Voi ragazze dovrete liberare le persone che sono state eventualmente contaminate e trasformate e attirare il vampiro verso una trappola.- finì di spiegare.
-Va bene, genio, ma hai appena detto che è quasi impossibile da far fuori, come la mettiamo?- lo contraddisse lei.
Ryan si concesse un sorrisetto. –E’ qui che entriamo in gioco io e te.
Strawberry lo guardò stralunata. Cosa stava dicendo?
-Deduco che tu non abbia capito nulla, come al solito.- commentò con esasperazione il ragazzo. Subito uno sguardo assassino lo trafisse. Lui ricambiò e la cosa morì sul nascere. –E’ vero che a scuola da noi non si nasconde il vampiro, ma c’è qualcun altro da trovare.- disse criptico.
“Ecco e secondo te io avrei capito?”. –Chi sarebbe questo “qualcuno”?
-Il nostro alleato.- rispose prontamente l’altro.
-D’accordo, ma avrà pure un nome, una faccia… no?
-Non so quale sia il suo aspetto e nemmeno il suo nome.
-Quindi dovremmo fare una caccia al tesoro?!
-Una specie, se vuoi vederla in questi termini.- asserì tranquillamente lui.
-Uffa! Ryan allora sai o no chi dobbiamo cercare?- eruppe lei, al culmine della sopportazione.
-Un Dampyr.- fu la risposta.
Strawberry rimase nuovamente interdetta ed ammiccò qualche volta. “Ora questo che diavolo è? Non bastavano solo gli alieni?”, pensò sull’orlo della disperazione. –Cosa sarebbe..?
-Un essere nato da una donna mortale e un vampiro.- il ragazzo lo spiegò come se fosse la cosa più naturale del mondo. La rossina parve congelarsi. Esistevano delle donne disposte a farsi ingravidare da degli essere così… ripugnanti? Insomma, erano dei morti! –C’è di peggio, pensa solo al Minotauro.- si affrettò ad aggiungere, notando la sua espressione.
-Ehm, non voglio sapere altro dei suoi genitori.- asserì con voce schifata. –Sai già come trovarlo?
-Sì, mettendo un messaggio in codice nella bacheca della scuola.
-E pensi che abboccherà?
-Sì, se saprò convincerlo. I Dampyr per natura sono cacciatori di vampiri…
Strawberry annuì lentamente, per nulla convinta. Non che non si fidasse di Ryan, ma stavano parlando di vampiri e esseri nati da questi… poteva diventare zona minata se non si prestava attenzione.
-Ma sei sicuro? Non c’è il rischio che questo Dampyr si rifiuti e magari cerchi di ucciderti perché hai scoperto la sua vera natura?- domandò, facendosi apprensiva.
-Uhm… in effetti non ci avevo pensato. È una possibilità, ma la escluderei.- fece riflessivo.
-La escluderesti? Ryan, se ho capito bene quel… quell’essere potrebbe farti fuori con un solo gesto!- ribattè sconvolta.   
-Non ho mai detto che sarebbe stato facile.- osservò greve.
-Sì, ma…! Vai consapevolmente incontro alla morte!- controbatté, sentendo già le lacrime premere. Perché doveva essere così cocciuto? Perché non aveva paura dei rischi? Sembrava quasi voler sfidare la morte… e lei, stranamente, non sopportava questo suo atteggiamento.
Quando si rese conto dei pensieri che aveva in testa, ne rimase sconvolta. Ryan, la sua sicurezza, la sua testardaggine. Sempre Ryan.
“Sto impazzendo…!”, pensò, perdendosi un attimo nei propri ragionamenti.
-Perché devi sempre essere pessimista?- lui alzò inconsapevolmente il tono di voce, scattando in piedi, pronto a un’accesa litigata.
Si riscosse e lo guardò. -Non sono pessimista! Penso solo a tutte le eventualità!
-Credi che io non l’abbia fatto?!- la sua voce crebbe ancora d’intensità.
-No, non lo credo! Altrimenti avresti trovato un modo meno pericoloso!- Strawberry scattò nuovamente in piedi, gli occhi lucidi e le mani tremanti.
-So cosa faccio! Non sono un bambino, dannazione!- urlò il ragazzo. Al che la rossa ammutolì e lo fissò prima confusa poi furiosa. Il biondo non ebbe tempo di osservare la sua reazione perché una fitta lancinante gli artigliò il petto, obbligandolo a trattenere il fiato.
Lei, accortasi del suo dolore, si precipitò davanti alla sedia, inginocchiandosi.
-Ryan! Mio Dio, stai bene?- chiese preoccupata. Si chinò ulteriormente per cercare i suoi occhi celesti, ma li trovò serrati in una smorfia. –Ryan…!- appoggiò una mano su quella del ragazzo e si accorse che stava tremando.
-Ho a-alzato troppo la v-voce.- ansimò l’americano. –Che stupido…- mormorò mentre un sorriso gli increspava le labbra.
-Non c’è nulla da sorridere!- disapprovò la ragazza. –Come stai…?
Lentamente il proprietario del locale aprì gli occhi ed andò a fissare la mew, ancora inginocchiata davanti a lui. –Sto bene.- la rassicurò, facendola alzare.
  All’udire quella frase Strawberry non riuscì più a trattenersi e gli mollò uno schiaffo. Ryan la guardò allibito senza portarsi però una mano alla guancia colpita. Nei suoi occhi per la prima volta la ragazza scorse incertezza. Che si stesse chiedendo il perché di quel gesto? Probabile e lei lo avrebbe subito accontentato rivelandoglielo.
-Brutto deficiente!- imprecò con le lacrime agli occhi. –Pensa un po’ anche a te stesso e smettila di buttarti in imprese suicide!
Lui non seppe cosa rispondere e rimase a fissarla in silenzio mentre lei cancellava con stizza le lacrime che volevano rotolare sulle sue guance arrossate.
-Se è per cercare il Dampyr ti aiuterò, ma smettila di fare tutto da solo!- lo pregò.
-Ok.
-Poi smettila di ammazzarti di lavoro!
-Va bene.
-E smettila di farmi preoccupare!!
Si aspettava una risposta, ma non la ottenne almeno non come aveva immaginato. Senza poter ragionare o reagire vide Ryan fare perno sui braccioli della sedia per alzarsi e in poco se lo ritrovò a pochi centimetri. In un tempo ancora minore sentì le sue labbra premere contro le proprie e allora capì che quello era un bacio.
  Il suo primo bacio.
Ryan non pretese nulla da lei e si soffermò ad assaporare il suo sapore di fragola per poco, giusto il tempo di farla arrossire fino alla punta dei capelli. Ma per Strawberry quello fu uno shock: anche se non aveva voluto approfondire, quel ragazzo si era preso il suo primo bacio e lo aveva fatto in un modo così sensuale, ma allo stesso dolce che, oddio si vergognava perfino a pensarlo, le aveva fatto balzare il cuore in petto. E cosa ancor più sconvolgente le era piaciuto!!
-Te lo prometto.- sussurrò lui allontanandosi. Quando fu abbastanza lontano si soffermò ad osservare Strawberry: si era portata le mani davanti alla bocca, sconvolta e le erano spuntate coda e orecchie.  
“Era un bacio innocente, micetta, non oso immaginare se avessi approfondito…”, pensò dentro di sé il ragazzo. –Vuoi darmi un altro schiaffo?- chiese, assumendo l’espressione più innocente che si fosse mai vista.
Lei ammiccò, confusa ed indietreggiò di qualche passo. –Tu… tu hai… mi…
-Ti ho baciata?- terminò per lei con fare interrogativo. Lei annuì. –Non sei mica morta, no?- sdrammatizzò lui.
La rossina s’inviperì e fece per assestargli un altro schiaffo. Questa volta però lui non la lasciò fare e le bloccò i polsi, attirandola a sé. Strawberry si ritrovò catapultata verso Ryan e in poco fu di nuovo a un soffio dalle sue labbra.
“Ma lo fai apposta?”, si chiese. –Mollami!- disse invece.
-Ti ha dato così fastidio?- le chiese. Lei smise di dimenarsi e lo fissò negli occhi.
“No, dannazione! Ed è per questo che devi mollarmi! Non ci capisco più niente!”, pensò.
-Se vuoi questa volta posso darti un vero bacio.- propose con fare smaliziato.
“NO! Assolutamente! Non so come potrei reagire…!”, la mew neko scosse il capo con decisione.
-Sei sicura?- chiese Ryan, avvicinandosi pericolosamente.
“Fermati! Aiuto!”, Strawberry chiuse gli occhi e abbassò le orecchie feline, timorosa di quello che sarebbe successo di lì a poco. Da un lato non voleva essere baciata nuovamente da Ryan, ma dall’altro si sentiva attratta da lui.
Il biondo stava quasi per annullare la distanza fra di loro quando si bloccò a un millimetro dalle labbra della ragazza e le posò un bacio sulla punta del naso, allontanandosi subito dopo.
Lei aprì gli occhi di scatto.
Niente bacio? O meglio, niente bacio sulle labbra?
Lo fissò interrogativa e lui in risposta sorrise, un sorriso sornione, ma allo stesso tempo compiaciuto.  
-Tu hai osato baciarmi!!?- la reazione di Strawberry era arrivata un po’ in ritardo, ma sarebbe sempre stata terribile. –Come ti sei permesso!?- strepitò additandolo.
-Dalla tua reazione deduco che… ehm, Mark non ne abbia mai avuto il coraggio.- commentò incrociando le braccia dietro il capo. –Ed è il tuo fidanzato.- aggiunse aggirandola.
La ragazza assunse un’espressione a dir poco furiosa e si voltò di scatto, imitandolo.
-Lascia stare Mark! Questa è una questione tra me e te!- lo rimproverò, ma Ryan la ignorò spudoratamente. –Ehi! Ascoltami quando parlo!- protestò correndogli incontro.
Il biondo si voltò per ribattere, ma si vide travolto da quella furia di nome Strawberry ed entrambi finirono sul letto.
Quando lei riaprì gli occhi si rese conto di essergli praticamente seduta sopra e la cosa le fece assumere un’innaturale tinta accesa. Per di più si trovava ancora una volta a pochi centimetri dalle sue labbra e a stretto contatto con i suoi occhi.
“Oddio! Cosa faccio?”, si chiese letteralmente terrorizzata.
“Questa è già la terza volta.”, fu invece il pensiero di Ryan, che non era per niente preoccupato di come si sarebbero potute evolvere le cose, oppure, non voleva pensare alle conseguenze di quello che sarebbe potuto succedere.
-Sei pesante.- protestò. Strawberry lo guardò un attimo stralunata e poi gonfiò le guance come era solita fare. –Togliti.- senza un’altra parola la sollevò di peso fino a sedersi sul letto con lei ritta davanti a sé. Anche se desiderava rubarle un altro bacio, non poteva rischiare di rovinare tutto.
-Non volevo…- mormorò lei torcendosi le mani.
Vedendola così, mortificata e coi capelli a coprirle le guance arrossate, non seppe resistere. In fin dei conti rimaneva pur sempre un giovane uomo e quella che stava su di lui era la ragazza di cui era innamorato.
Con la fluidità di un felino le si avvicinò nuovamente e la baciò. Seppe con certezza che Strawberry ebbe un sussulto, sicuramente perché l’aveva presa in contropiede.
“No! Ryan fermati!”, scongiurò la ragazza dentro di sé. Purtroppo per lei le sue difese stavano velocemente cedendo anche grazie ai fugaci baci che il ragazzo le stava posando sul collo.
–Ryan…- lo supplicò. “Perché? Perché mi stai facendo questo?”, ma la risposta non riuscì a trovarla perché il suo cervello aveva smesso di ragionare all’ennesimo contatto tra le sue labbra e quelle del biondo.
Lui continuò però a negarle, quasi fosse un bambino dispettoso, le proprie, torturandole il collo con piccoli baci sensuali: voleva indurla a desiderarlo.
-No! Basta…!- la sentì mormorare poco convinta. Ignorandola si spostò nuovamente sulla sua bocca e le impedì di parlare.
Questa volta però trovò un consenso che non aveva mai sperato di ottenere e decise di approfondire il bacio. La sua lingua andò in cerca di quella di lei e quando la trovò si mise a giocarci con bramosia.

   Rimasero a baciarsi per un tempo che a Strawberry sembrò infinto e a Ryan troppo corto, ma alla fine posero fine a quel contatto (sarebbe meglio dire che lei pose fine al contatto).
 La rossa barcollò un attimo staccandosi da lui, ma poi si riprese e lo andò a fissare dritto negli occhi.
“Che cosa mi stai facendo? Dannazione, perché riesci ad avere questo potere su di me?”, si chiese cercando una risposta nello sguardo celeste del biondo. Stava per assestargli nuovamente uno altro schiaffo quando lo vide chinare il capo. Si bloccò.
-Scusa… non so cosa mi sia preso.- disse lasciando che la frangia gli coprisse gli occhi. “Non voglio metterti nei casini…”, pensò, sentendosi uno schifo. A volte avrebbe tanto voluto uccidere il suo io altruista.
Non potè giurarlo, ma le sembrò che nella voce del ragazzo ci fosse una nota di amarezza, come se avesse fatto qualcosa di cui poi si era pentito subito.
-Ho fatto una cosa stupida e ti ho turbata.
“Turbata è poco…”, fece lei dentro di sé. “… shockata è più adatto!”
-Volevo solo prenderti in giro, ma la situazione è degenerata. Mi dispiace.- continuò con voce ancora più colpevole.
“Caspita, Ryan, se la metti così sembra quasi che tu abbia tentato di uccidermi!”, sdrammatizzò.
-Lascia perdere, dimentica tutto.- ordinò sbrigativo dopo alcuni minuti di silenzio, alzandosi dal letto. Strawberry arretrò e lo fece passare, osservandolo in silenzio. –Direi che riguardo alla missione non ho più nulla da dirti. Puoi andare a lavorare, vi raggiungerò tra poco appena mi sarò fatto una doccia.
-Ma, Ryan…
-Cosa c’è?- chiese voltandosi a guardarla.
-Come farai a toglierti la maglia?- gli chiese, già dimentica di quanto accaduto prima. Lui abbassò confuso lo sguardo e si accorse di star ancora indossando la maglia bianca della sera prima, probabilmente non si era nemmeno cambiato tanto era occupato, ma non poteva dirlo con certezza. –Ehm… vado a chiamare Kyle.- Strawberry fece per dirigersi verso la porta quando la voce del ragazzo la bloccò.
-Dove pensi di andare?- le chiese con voce falsamente alterata. “Se non puoi essere mia, lascia almeno che ti punzecchi come solito.”, pensò.
-Perché?- lei si voltò lentamente a fissare quello che, in quel momento, le pareva un diavolo vestito da angelo. Ryan aveva infatti assunto la tipica aria da monello. Che volesse vendicarsi per qualcosa? Per la questione del bacio, magari? Ma no, perché avrebbe dovuto?!
-Dammi una mano.
La mew neko ci rimase di sasso. Passi il bacio (anche se non era una cosa indifferente da perdonare), ma di spogliarlo non se ne parlava proprio! Convinta, scosse la testa. –Neanche morta!
-Se vuoi posso chiuderti qua dentro con me, la chiave è sulla scrivania.- la minacciò.
-Ma…!- tentò di protestare sconvolta.
-Ma niente! Questa è la punizione per lo schiaffo e per avermi risposto in malo modo.- disse perentorio. Dal tono della sua voce si poteva capire che non avrebbe ammesso repliche, di nessun tipo. Lei, sentendosi ormai persa e in trappola, non poté far altro che mettere il broncio e fermarsi lì dov’era. –Brava, non devi mai far arrabbiare il tuo capo… soprattutto quando sei nella sua camera.- Ryan assunse un’espressione vittoriosa.
-Sei odioso…- mormorò tra i denti la rossina.
-Sì, a volte lo sono.- le rispose a tono lui. Strawberry volle sprofondare nel pavimento per la vergogna. –Su, vieni qui.
La mew eseguì l’ordine molto lentamente, temendo un altro colpo basso da parte del ragazzo. Quando si ritrovarono faccia a faccia il biondo si lasciò sfuggire un sorriso e si sedette pesantemente sul letto, sotto lo sguardo interrogativo della ragazza.
-Non ce la faresti mai a sfilarmi la maglia se restassi in piedi, sono più alto di te.- le fece presente.
-Non c’era mica bisogno di sottolinearlo… e poi tu sei un maschio!- bofonchiò l’altra.
-Muoviti, non ho tutto il giorno.- sbottò lui afferrando i lembi della maglia.
La rossa deglutì nervosamente, osservandolo sollevare l’indumento fino all’altezza dello stomaco e fermarsi di colpo. Ecco, ora da lì in poi sarebbe stato compito suo.
-Caspita, peggio di ieri!- borbottò tra sé Ryan. Lei rimase immobile.
-Cosa peggio di ieri?- volle sapere. Si sa la curiosità è donna.
Ed era anche capace di distrarla da quello che era successo poco prima.
Quei due ragazzi erano strani: riuscivano a trovarsi in perfetta sintonia e poi se ne dimenticavano subito. O meglio, facevano di tutto per fingere che non fosse successo nulla.
L’americano si decise finalmente di incrociare lo sguardo con quello di lei, cosa che non aveva più fatto da quando la cameriera aveva tentato la fuga. –Ogni giorno guardo fino a che punto riesco ad alzare la maglia per vedere se le costole stanno guarendo.- si decise finalmente a spiegare.
-Capisco… quindi ieri è andata meglio?
-Sì, ma oggi sarà destino che tu mi dia una mano.- affermò con un sorrisetto sornione. Strawberry arrossì e spostò lo sguardo da un’altra parte. –Oggi ti imbarazzi più spesso del solito.- le fece notare dopo un po’.   
-E’ colpa tua! Dici e fai cose senza senso!- gli rinfacciò.
Lui ridacchiò divertito prima di prenderle le mani e posargliele sulla maglia. Nuovamente il viso della ragazza assunse tutte le sfumature di rosso possibili.
Rimasero a fissarsi per qualche istante poi il contatto con il gesso, che avvolgeva il busto di Ryan, fece rinsavire Strawberry.
-Non ti preoccupare, lo toglierò presto.- la rassicurò lui, vedendo la sua espressione. Abbozzando un sorriso la ragazza strinse la stoffa. –Su, ora aiutami.
Detto questo la mew prese lentamente a sfilare l’indumento, facendo attenzione a non procurare fastidi al biondo. Lui, dal canto suo, l’aiutò come poteva: quando ormai la maglia era stata arrotolata fino sotto le ascelle alzò le braccia, permettendo alla ragazza si sfilarla del tutto.
Finita l’operazione Ryan si ritrovò spettinato a questo donava al suo viso quasi un’aria innocente (un diavolo con l’aureola). Al vederlo conciato così a Strawberry tornò in mente il racconto di Kyle: le aveva detto che il ragazzo era spesso preda delle angherie dei più grandi e tornava a casa malconcio, quindi non poté far a meno di pensare che in quei momenti doveva avere più o meno un aspetto simile, forse accompagnato da un broncio.
  Senza volerlo le venne da ridere. Subito il ragazzo se ne accorse: avrebbe voluto chiederle il perché della risata, ma si limitò ad osservarla ridere in silenzio, rapito.
-Grazie, ora puoi andare.- la congedò con una freddezza improvvisa.  
-Sicuro che non ti serva altro?- si premurò di chiedere, ignorando il fatto che avesse già indossato la sua solita maschera.
-Strawberry, vorresti aiutarmi a togliere anche questi…?- chiese, indicando i pantaloni con un’espressione maliziosa ad illuminargli il bel viso. Senza nemmeno rendersene conto la ragazza arrossì di botto, suscitando le risa del biondino. –Su, vai a lavorare o Mina inizierà ad urlare come una forsennata.
  Fu solo in quel momento che i nervi di Strawberry cedettero e si ritrovò nella sua forma felina. La trasformazione, che di solito avveniva al primo gesto un po' troppo malizioso di Ryan, questa volta aveva tardato ad arrivare. Forse aveva raggiunto un livello di sopportazione molto più alto, oppure anche i suoi geni erano stati distratti dalle avances del biondo.
Fatto sta che lanciò un miagolio, suscitando un sorriso nel ragazzo, ed uscì di corsa dalla camera.

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Capitolo 8
*** Cap. 7 Di nuovo al lavoro ***


Cap. 7 Di nuovo al lavoro
Come promesso, ecco un altro capitolo! :) Anche se non è uno di quelli cruciali, è denso di avvenimenti... quindi spero vivamente che vi piaccia!


Cap. 7 Di nuovo al lavoro


   Erano già trascorse tre settimane e mezzo da quel fatidico giorno in cui gli alieni avevano seriamente mirato alla vittoria definitiva, senza preoccuparsi di dover uccidere per ottenerla. Il Cafè era ancora in fase di ristrutturazione, ma Kyle contava di rimetterlo in sesto entro poco e Ryan stava lentamente guarendo, infatti aveva sostituito il gesso con un bendaggio stretto. L’unica consolazione, si era detto, era che ora poteva evitare di stare sdraiato a letto tutto il giorno o la maggior parte di questo.
Tutto sembrava andare per il meglio, tranne…
-Ma possibile che tu non sia arrivata a niente?!- sbottò esasperato il biondo.
Gli ultimi raggi di sole illuminavano radenti il grande salone del Cafè Mew Mew ormai tornato al suo antico splendore. Era il pomeriggio del 17 dicembre e Ryan era più infuriato che mai.
-Uffa! Potresti farmi aiutare dalle ragazze!- si lagnò lei.
-Certo e gli alieni li sconfiggeresti tu, tutta da sola?- chiese avvicinandosi. Lo guardò torva, come a sfidarlo di dire il contrario di quanto aveva affermato lei stessa, ma lui continuò ad approssimarsi, ignorandone lo sguardo assassino. –Vedi che ho ragione io?
-Va bene! Vorrà dire che mi impegnerò di più! Contento?- concesse infine, più per esasperazione che per vera convinzione.
-Non devi far contento me, ma devi pensare a salvare la Terra.- le fece presente con voce severa.
-Non te ne va mai bene una!
-Se stiamo parlando del destino del pianeta no di certo.- ribattè secco.
Strawberry rimase un attimo interdetta, indecisa se far valere le sue ragioni, poi chinò il capo capendo di aver torto. -Scusa, ho sbagliato.- mormorò, rialzando lentamente la testa e lasciando che i capelli carmini le accarezzassero le spalle. –Però è frustrante anche per me non ottenere risultati…
-Ok, diciamo che è un periodo un po’ sotto pressione… per entrambi.- concesse Ryan addolcendosi. In effetti la rossina non aveva tutti i torti a lamentarsi: al pomeriggio doveva lavorare al Cafè per le riparazioni, alla sera doveva fare i compiti e in qualsiasi momento doveva essere pronta per combattere… sì, poteva concederle qualche lamentela, ma non una tale inadempienza.
“Come può non aver ancora trovato il Dampyr?”, si chiese. “Che anche lui non voglia essere trovato?”. –Ho capito, ti concederò ancora una settimana.- disse dopo qualche attimo di riflessione.
Gli occhi castani della ragazza s’illuminarono di colpo. –Davvero lo faresti?
-Non vedo soluzioni.- sospirò rassegnato lui.
-Grazie mille, Ryan!- esultò saltandogli addosso.
Lui non poté evitarsi di arrossire leggermente. -Strawberry… staccati!- ordinò cercando di farle mollare la presa.
-Oh, scusa! Scusa!- accortasi di quello che aveva fatto si staccò immediatamente.
-Ragazzi, avete finito di litigare?- chiese Pam facendo il suo ingresso nel salone. I due si voltarono a guardarla.
-Non stavamo litigando.- dissero all’unisono. La modella li guardò poco convinta ed infine scosse il capo.
-Comunque, se avete terminato, Kyle avrebbe bisogno di voi.
-Per fare cosa?- volle sapere il biondo.
-Per lavorare.- fu la celere risposta. All’udire quelle parole Strawberry sospirò perché ormai ci aveva fatto l’abitudine, mentre Ryan si corrucciò per niente disposto a lavorare.
-Io ho altro da fare.- annunciò avviandosi già verso le scale. Alla risposta del ragazzo Pam non mosse ciglio, cosa che invece non fece la mew neko.
-Eh, no!- replicò afferrandolo per la maglietta. –Tu vieni con noi.- concluse tirandolo non molto gentilmente giù dal gradino sul quale era salito.
-Strawberry, lasciami!- ordinò secco lui, ma venne spudoratamente ignorato. –E’ un ordine.
-Non mi interessa…- rispose lei, continuando a trascinarlo, preceduta dalla compagna.
Ryan stava per ribattere che lei non poteva disobbedirgli, ma ci ripensò e tacque. In fondo fare qualcosa che non era svolgere ricerche gli avrebbe fatto bene, almeno si sarebbe distratto.
-Eccoci.- si annunciarono i tre arrivati. In verità solo due, dato che il biondino si era fermato sulla porta osservando crucciato tutti i presenti.
-Ryan! Cosa fai qui?- fece Kyle stupito.
L’altro indicò con un cenno del capo la ragazza al proprio fianco. –Chiedilo a lei.- suggerì.
Strawberry, sapendo che si stava riferendo a lei, fu subito pronta a difendersi. -Ho pensato che un aiuto in più facesse comodo… in fondo questo locale è suo.- rispose, lanciandogli uno sguardo assassino.  
Ryan le restituì lo sguardo e tra i due iniziò una specie di lotta all’ultima occhiata, che alla fine vinse il ragazzo, come sempre.
-Già che sono qui… cosa c’è da fare?- chiese avvicinandosi al tavolo ingombro di barattoli di vernice e pennelli.
-Dobbiamo pitturare il Cafè.- disse il cuoco sorridente. –Tu e Strawberry potreste occuparvi della parete esterna.- propose.
-Ma…!- fecero per ribattere i due.
-Niente ma, prendete!- Pam, senza starli ad ascoltare, cacciò loro in mano dei pennelli e tre barattoli di vernice rosa. –Ora andate.
“Ma perché insieme?”, si chiesero inconsciamente entrambi.
  Sbuffando uscirono dalla porta sul retro per poi fare il giro ed arrivare davanti al fianco buttato recentemente giù dagli alieni. Avrebbero avuto il loro bel daffare, considerò Ryan, osservando il grande pezzo di parete intonacato da pochi giorni.
-Tieni.- molto rudemente mise in mano a Strawberry uno dei due pennelli. –Vedi di non fare pasticci!
-Come ti permetti! Io sono abituata ai lavori manuali!- ribattè piccata. –Piuttosto sei tu quello che non deve far danno.
Il biondo alzò lo sguardo su di lei, smettendo di rimescolare la vernice. –Attenta a quel che dici o ti riduco la settimana concessa a tre giorni.- la minacciò avvalendosi ulteriormente dei proprio occhi di ghiaccio.
-Ugh! Va bene, sto zitta.- si affrettò a dire lei.
-Bene…- mormorò l’altro, allungandole un barattolo.
Rimasero a dipingere fino a che il cielo non si fu completamente oscurato. I lampioni si stavano già accendendo quando Ryan decise di smettere. Era stata una giornata faticosa e sia lui che Strawberry erano imbrattati di vernice dalla testa ai piedi: era vero che gran parte della colpa era della ragazza, divertitasi ad infastidirlo, ma anche il lavoro di per sé aveva fatto la sua parte.
-Su, rientriamo.- disse il biondo raddrizzandosi. La mew rosa alzò lo sguardo leggermente intontita e si affrettò ad imitarlo.
-Sono stanca morta!- piagnucolò lei stiracchiandosi. Il ragazzo le lanciò un’occhiata eloquente, ma non aggiunse altro.
-Ho capito. Vai a casa prima di iniziare a lamentarti come una bambina.- sbuffò d’un tratto. Strawberry, intenta a raccogliere i pennelli e i teli, rimase di sasso.
Aveva capito bene? Le aveva appena concesso di andarsene senza fare le pulizie? Certo, con il suo solito modo poco simpatico e irritante, ma l’aveva fatto.
–Cos’è quella faccia?
-Niente… solo, sei sicuro?- chiese ancora incredula.
-Certo.- si limitò a dire e con quello il discorso era chiuso. La ragazza allora al sentirsi dire che non era uno scherzo s’illuminò e raggiante gli corse incontro, posandogli un bacio sulla guancia in segno di ringraziamento. Ryan, stupito, si limitò a spalancare gli occhi. –Vai, prima che cambi idea… buonanotte.
-Grazie! Buonanotte anche a te.- urlò la rossa scomparendo dentro l’edificio. Ne uscì poco dopo con il cellulare all’orecchio, impegnata in una conversazione fitta fitta con il suo fidanzato Mark. Il proprietario del Cafè la sentì distintamente parlare di un appuntamento e quando lei lo salutò con la mano si limitò a rispondere con un flebile cenno del capo, leggermente deluso.
  Quando finalmente si fu allontanata sospirò stancamente e finì di raggruppare tutti gli attrezzi.
Finito rientrò nel Cafè, già silenzioso a quell’ora perché anche le ragazze se n’erano andate.
-Kyle! Dove li metto gli attrezzi per dipingere?- chiese a gran voce per farsi udire. Poggiò il tutto per terra ed accese la luce in attesa dell’amico.
Il cuoco arrivò poco dopo ancora vestito da lavoro, con i pantaloni completamente schizzati di vernice.
-Ah, Ryan. Avete già finito?- proruppe finendo di pulirsi le mani sul grembiule sporco.
-Sì. Senti questa roba dove la metto?- il biondo indicò i barattoli, i pennelli e i tali di nailon posati sul pavimento.
-Lascia, ci penso io.- si affrettò a dire l’americano. L’altro annuì appoggiandosi poi stancamente al bancone della cassa. –Ehi, ti vedo stanco. È stato faticoso?
Ryan gli lanciò un’occhiata furtiva, cercando di capire se lo stesse prendendo in giro, ma vedendo la sincera apprensione dell’amico optò per una risposta negativa. Non si stava burlando di lui, anche perché non era nel carattere di Kyle. –L’unica fatica è stata sopportare Strawberry.
L’altro lo guardò scettico mentre un sorrisino si faceva spazio sulle sue labbra sottili.
-Ryan, valla a raccontare ad un altro. Lo sai che con me non funziona.- disse smascherando subito la piccola bugia.
Il biondo sorrise: certo che Kyle lo conosceva proprio come le sue tasche! Be’, d’altronde si poteva dire che per lui era una sorta di fratello maggiore.
-Non è stato proprio il massimo dei divertimenti, ma almeno mi sono schiarito le idee.- ammise infine il diciottenne. –Ora vado a farmi una doccia. Buonanotte.- e detto questo prese a salire le scale.
-Buonanotte Ryan.- rispose lo chef. “So che in verità ti sei divertito questo pomeriggio…”, pensò tra sé mentre si chinava a raccogliere i barattoli mezzi vuoti di vernice.


    Un’altra settimana scivolò via e venne il momento di riaprire il Cafè Mew Mew. Non appena saputa la notizia tutti i clienti abituali si erano precipitati per la riapertura e già il primo giorno nel locale si registrarono ben due pienoni.
-Caspita! Guardate quanta gente!- esclamò contenta Paddy, facendo trillare il campanellino apposto al fiocco della divisa. Per il periodo natalizio tutto il Cafè si era vestito a festa con ghirlande e rosse decorazioni e così anche le cameriere. Kyle aveva dato loro delle divise a tema, tutte nei colori verde e rosso, per niente pacchiane e simili alle divise abituali. Tutte ne erano state contente, persino Mina che di solito era incontentabile.
-Hai ragione, c’è il tutto esaurito.- convenne Lory, consegnando il resto a una coppia di giovani. In assenza di Kyle o Ryan si occupava lei della cassa. –E’ stata una bella riapertura per il Cafè.
-Ci puoi scommettere e la migliorerò con uno dei miei numeri!- asserì la biondina, estraendo una pila di piatti di ceramica e qualche bastoncino per tenerli in equilibrio. –Raddoppierò i clienti!- promise e detto questo si lanciò in mezzo al salone facendo roteare le porcellane, senza dare a Lory la possibilità di fermarla.  
-Sempre la solita.- commentò infastidita Mina. La mew verde si voltò a guardarla e si stupì di non trovarla seduta al solito tavolo a sorseggiare thè, ma con un vassoio pieno di dolci in mano. –Che c’è?- chiese la mora notando lo sguardo stupito della compagna.
Lei si affrettò a scuotere la testa, facendo ondeggiare le piccole trecce. –Nulla… solo, è strano vederti lavorare…
-Come?! Io lavoro sempre!- protestò la mew bird.
“Sì, come no.”, pensò dentro di sé l’altra. –Non è perché oggi è quel giorno?- azzardò a chiedere.
-Non c’entra niente! Figurati se lo faccio per quello!- smentì voltando il capo da un’altra parte quasi fosse indignata.
-Secondo me vuoi dare una mano dato che Kyle ha molto da fare, Pam è fuori per un servizio e Ryan non c’è perché oggi deve togliere la fasciatura.- continuò convinta.
La ballerina arrossì e le lanciò uno sguardo obliquo che voleva avvertirla di stare zitta. Il tutto però confermava le supposizioni di Lory.
-Sei proprio gentile, Mina.
L’altra se ne andò bofonchiando che lei non lo stava facendo per nessuno in particolare e che non era affatto obbligata a dare una mano.
Sorridente la mew verde tornò ad occuparsi dei clienti. Poco dopo sentì qualcuno picchiettare sul bancone e così alzò lo sguardo per vedere chi fosse.
Una Strawberry più allegra del solito le stava davanti.
-Strawberry… posso aiutarti?- chiese, leggermente stordita dal sorriso abbagliante dell’amica.
-Sì. Potresti farmi il conto del tavolo diciotto?- chiese porgendole il foglietto con le ordinazioni.
-Ma certo.- sorrise benevola iniziando a digitare sulla cassa. –Ti vedo allegra oggi, come mai?- osservò dopo un po’.
La rossa smise di guardare Paddy, intenta in uno dei suoi soliti spettacolini e si concentrò su di lei. –In che senso?
-Non so, sprizzi energia e felicità da tutti i pori.- disse.
-Ah, sarà il Natale!
-Capisco. Lo passerai con Mark?
-Uhm… sì.- ammise imbarazzata. Che carina: ogni volta che si parlava di Mark lei arrossiva come una bambina, si vedeva che era innamorata.
-Gli hai già comprato un regalo?- chiese, sinceramente interessata.
Se possibile la mew neko arrossì ancora di più. –Sì. Quest’anno ho già comprato il regalo.- rivelò felice.
-Capisco… ecco tieni.- disse dandole il conto.
-Grazie!
-Spero che si ricordi anche dei nostri regali.- intervenne Mina poggiando il vassoio vuoto. Lory si voltò ad osservarla. –Dopo quello che sto facendo me lo deve.- aggiunse.
La ragazza con gli occhiali si trattenne dal ridere e lanciò un’occhiata all’orologio. –Non so se ti consola, ma fra cinque minuti inizia la pausa.- l’avvertì.
Mina scattò come una molla e disse:-Io sono in pausa. Non cercatemi.
Detto questo si liberò del grembiule e si andò a sedere al solito tavolino.
“E’ incorreggibile!”, si disse divertita Lory.
 
  Intanto all’ospedale Ryan stava pazientemente attendendo il momento in cui si sarebbe definitivamente liberato di quell’odiosa fasciatura. Erano ormai quaranta minuti che stava seduto, braccia e gambe conserte, su quella sedia scomodissima. Sapeva di essere al limite della sopportazione, ma una sfuriata in un luogo pubblico non ci voleva e non sarebbe neanche stata nel suo stile.
  Lanciò l’ennesima occhiata nervosa all’orologio da parete appeso nella sala d’aspetto quando sentì aprirsi una porta. Istintivamente si voltò e quando sentì pronunciare il proprio nome si alzò fluidamente, non tradendo nessuna emozione.
-Buongiorno, signor Shirogane.- lo salutò il medico stringendogli educatamente la mano. Con un gesto lo invitò ad accomodarsi. –Finalmente oggi potrà togliere la fasciatura.- aggiunse con un sorriso.
-Confesso che non vedevo l’ora.- disse il ragazzo, sorridendo a sua volta. L’uomo annuì benevolo.
-Bene, allora proporrei di iniziare subito.- asserì, alzandosi da dietro la scrivania e raggiungendo il lettino per le visite. –Si sieda qui e tolga la maglia.
Ryan fece come gli era stato detto con accondiscendenza. Stentava a crederci che entro poco avrebbe riacquistato la piena padronanza e libertà del proprio corpo. Oltretutto, se pensava al motivo per cui tutto quello era successo si sentiva stranamente vittorioso verso Quiche.
Stava ancora vagando con la mente quando il dottore lo riportò alla realtà, avvicinandosi a lui con un paio di forbici.
-Sollevi le braccia, per favore.- lo pregò. Subito l’americano obbedì e l’altro cercò il punto adatto per poi iniziare a tagliare il bendaggio. Non ci mise molto, ma al ragazzo sembrò comunque un’eternità. Finalmente quando anche l’ultima benda scivolò sul lettino il medico annunciò soddisfatto che rimaneva solo da controllare se le ossa si erano rinsaldate correttamente. –Le fa male se tocco qui?- chiese facendo pressione sulla parte sinistra del torace.
Con un piccolo sorriso ad illuminargli il viso Ryan rispose:-Assolutamente no.
L’uomo continuò a tastargli il torace con movimenti esperti e metodici, chiedendogli ogni tanto se sentisse dolore. Ogni volta il biondo rispose negativamente.
-Benissimo. Non c’è nulla di anomalo e le ossa si sono rinsaldate perfettamente. Signor Shirogane è ufficialmente guarito.- rilevò scrivendo velocemente qualche appunto. –Però…- aggiunse sollevando il capo. -…questo non vuol dire che deve già pensare a come farsi nuovamente male. Quindi la prego di usare riguardo nei prossimi giorni e di fare della riabilitazione per i muscoli e le ossa.- concluse, osservando l’euforia del proprio paziente smorzarsi leggermente. Al gesto affermativo del ragazzo tornò a concentrarsi sul rapporto.
-Non farò sciocchezze, dottore.- promise. “Almeno per un po’ di tempo… ma non posso prometterle che non le farò più.”, pensò tra sé. L’uomo annuì soddisfatto e gli porse il referto.  –Grazie e arrivederci.
-Arrivederci.- salutò l’altro.
Senza attendere un altro secondo Ryan uscì rapidamente dall’ospedale e quando fu fuori estrasse il cellulare dalla tasca dei pantaloni e scrisse un breve e conciso sms che poi inviò ad un numero a lui molto famigliare.
  Fatto ciò si apprestò a tornare al Cafè.

-Ragazze, sta arrivando!- disse Kyle con voce agitata. Tutte le cinque mew mew annuirono e terminarono di riordinare il locale. Avevano deciso di fare una piccola festa per Ryan anche se sicuramente lui avrebbe sbuffato, dicendo che non ce n’era bisogno e che era una stupidaggine. Comunque diedero gli ultimi ritocchi e si appartarono assieme a Kyle, ideatore della “festa”, dietro al bancone.
-Sicuramente dirà che non gli fa né caldo né freddo.- commentò pessimista Strawberry.
-Secondo me non lo dirà.- Pam espresse decisa la sua opinione.
La rossa rispose con un’alzata di spalle prima che Mina le intimasse di stare zitta e buona.
Infatti poco dopo ecco che la porta del locale si aprì e Ryan fece la sua comparsa all’interno del Cafè.
“Come mai è tutto buio? E cos’è questo silenzio? Non vorrei che…”, ragionò avanzando qualche passo in cerca dell’interruttore. –Ragazze? Kyle?- chiamò per nulla raggirato.
Ed ecco che le luci si accesero di botto e le cinque mew mew e Kyle balzarono fuori dal loro nascondiglio gridando:-Sorpresa!
Il biondo americano non mostrò stupore perché sicuramente aveva già intuito cosa aveva preparato Kyle. Al contrario delle aspettative sul suo viso si fece spazio un sorriso, che stupì più di tutti Strawberry, abituata alle sue irritanti reazioni.
-Congratulazioni per la guarigione, Ryan!- esordì proprio Kyle dandogli una pacca sulla spalla.
-Be’, grazie.- mormorò lui, leggermente imbarazzato. Certo, non se l’era presa ma non si era detto che non sarebbe stato in imbarazzo. –Ma…
-Ecco sta per dire che non ce n’era bisogno e che potevamo risparmiarcela.- terminò per lui la rossina. Lui la guardò confuso prima di voltarsi di nuovo verso l’amico che considerava quasi come un fratello.
-Veramente volevo dire che non voglio che tu mi faccia mangiare a forza tutta la torta.- rivelò lanciando uno sguardo sbeffeggiatore a Strawberry. Lei abbassò lo sguardo, arrossendo. –Hai fatto cilecca, cara la mia gattina.
-Su, andiamo a festeggiare!- esultò Paddy.
-Sì, ma niente festa sfrenata, domani c’è scuola.- ribadì il proprietario del Cafè.
-Vuoi tornare a scuola ad una settimana dalle vacanze di Natale?- chiese allibita la mew neko.
-Siamo già a Natale?- chiese stupito il bel biondo. –Non me n’ero accorto…
Tutte si misero a ridere mentre Kyle gli si avvicinò e gli sussurrò ad un orecchio:-Hai lavorato come un mulo anche durante la convalescenza.
-Non avevo altro modo per occupare il tempo.- rispose prontamente l’amico. Il cuoco scosse la testa, sorridendo con rassegnazione e diede ufficialmente inizio al party.
In un lato del grande salone era stata imbandita una lunga tavola e tutto il locale era decorato a festa. Be’, non si poteva mica dire che Kyle avesse fatto le cose tanto per fare…
-Quanto ci hai messo per preparare tutto questo?- gli chiese Ryan per l’appunto.
L’altro finì di sorseggiare il suo aperitivo analcolico e rispose:-Poco. Mi hanno aiutato anche le ragazze.
-Capito. Anche Strawberry?
-Sì. Perché?
-Non so… sarà una mia impressione, ma mi sembra arrabbiata col sottoscritto.- affermò. Il cuoco lanciò uno sguardo prima all’amico e poi alla ragazza che, intristitasi improvvisamente, se ne stava in un angolo.
-Forse è in imbarazzo per la questione dell’ingessatura, non so… prova a parlarci.- suggerì Kyle. Ryan non si fece pregare troppo e alla fine raggiunse la ragazza.
-Hey, come mai te ne stai qui tutta sola?- chiese cercando di avviare una conversazione.
Strawberry alzò le spalle e disse:-Così…
-C’è qualcosa che non va?- la interrogò l’americano.
-No. Tutto a posto.
Era strana. Rispondeva evasivamente, tenendo ostinatamente il capo reclinato e sembrava preoccupata per qualcosa. Ryan voleva capire, come sempre.
-E’ per colpa mia?- azzardò a chiedere.
Lei alzò di scatto lo sguardo. –No!
-Allora è per la questione della ferita? Sai già come la penso…
-No.- questa volta non alzò la voce, ma riabbassò lo sguardo non riuscendo a sostenere quello del suo interlocutore.
-Sei sicura? Non ti stai arrovellando il cervello per trovare una scusa ancora intentata?- indagò sempre più sospettoso.
-No, non è per quello!- asserì rialzando gli occhi. Non lo avesse mai fatto! Si ritrovò il volto di Ryan a pochi centimetri dal proprio e la cosa la fece arrossire all’inverosimile oltre a farle venire una voglia matta di fuggire. “Oddio…”, pensò tra sé.
-Bene…- lui sorrise rincuorato e quel sorriso bastò a sciogliere la ragazza, come succedeva spesso da un po’ di tempo a questa parte.
-Ehm… in verità…
-In verità?
-Ecco… io…
-Tu?
-La smetti di farmi il verso?!- sbottò irritata per il comportamento di Ryan.
-Ok, ok.- il biondo alzò le mani in segno di resa. Certa che non lo avrebbe rifatto, Strawberry continuò.
-Insomma… io volevo sapere… che cosa ti piacerebbe ricevere… per Natale.- riuscì a dire dopo tante interruzioni. “Adesso di sicuro scoppierà a ridere dicendo che lo sto prendendo per i fondelli!”, si disse, facendosi da sola il malocchio.
Al sentire quella richiesta rimase a fissarla incredulo. Gli aveva appena chiesto se desiderava qualcosa per Natale?! Questo voleva dire che aveva l’intenzione di fargli un regalo? No, impossibile… Probabilmente era l’atmosfera natalizia a farle dire certe cose, si convinse il ragazzo.
-Per quale motivo?- chiese ancora confuso.
-Be’, per farti un regalo…- specificò lei.
-Questo l’avevo capito, ma per quale motivo?- puntualizzò.
-Per sdebitarmi… insomma per farmi perdonare la ferita.- ammise. Ecco, finalmente l’aveva detto.
-Ti ho detto che non ce n’è bisogno.- sbottò voltando la testa di lato.
-E invece sì!- controbatté lei. Lui tornò a fissarla, ammiccante. Aveva deciso di ucciderlo diventando di punto in bianco premurosa nei suoi confronti? –E poi non è solo per quello…- sperò ardentemente di non essere sentita, ma la fortuna giocò a suo sfavore.
-E per cosa, allora?- volle sapere l’altro.
Strawberry deglutì a fatica.
-Non ci dev’essere una ragione per fare un regalo a qualcuno! Lo voglio fare e basta!- abbaiò, messa alle strette dalle domande mirate del ragazzo.  
-Va bene… allora aspetterò con ansia il tuo regalo.- sussurrò, avvicinandosi pericolosamente alle sue labbra. La mew neko chiuse disperatamente gli occhi, sperando che non facesse ciò che pensava lei, ma lui non aveva intenzione di fare proprio nulla e dopo poco si scostò. –Ah, di’ al prof che tornerò dopo le vacanze.- si raccomandò prima di allontanarsi. Aveva cambiato idea. In effetti si meritava un po’ di vacanze.
“Quindi mi toccherà tornare in quella gabbia di matti?”, si chiese abbattuta.

  Il pomeriggio trascorse veloce e arrivò in fretta il domani.
Come sempre Strawberry arrivò in ritardo a scuola e dovette rimanere fuori dall’aula per tutta la prima ora, sbeffeggiata dal professore. Allo scadere della punizione chiese di poter uscire in cerca del professor Ibata. Stranamente le concessero il permesso e lei filò dritto a cercarlo.
Per sue sfortuna lo trovò nella classe di Ryan e così il suo incubo -ossia dover affrontare ancora quelle galline delle sue compagne- si avverò.
Come l’altra volta bussò discretamente alla porta e quando sentì la voce del giovane uomo invitarla ad entrare fece quanto detto.
-Buongiorno, mi scusi se la disturbo.- disse educata.
Subito tutti gli sguardi femminili presenti nell’aula si puntarono su di lei.
-Oh, tu sei la ragazza dell’altra volta, l’amica di Shirogane.- disse vagamente sorpreso.
-Sì.- confermò Strawberry.
-Hai notizie?- chiese gentilmente l’altro. Lei si limitò ad annuire mentre le studentesse balzarono, irrigidendosi, sui banchi. –Come sta?
-Bene. Ieri ha tolto la fasciatura, si può dire che sia guarito.- rispose, iniziando a torturarsi le mani con nervosismo. Proprio non le piaceva quella situazione.
-Ne sono contento.- asserì il professore, lasciando che un sorriso illuminasse il suo volto.
-Sì, però ha detto che tornerà dopo le vacanze natalizie.- si affrettò ad aggiungere la rossa. Ed ecco che tutte le ragazze si infiacchirono d’improvviso, perdendo la loro altrettanto improvvisa vitalità.
-Certo, d’altronde non avrebbe senso venire a scuola per una sola settimana…- le diede ragione l’uomo. –Va bene, se non c’è altro puoi andare, grazie.
-Ehm, grazie a lei e arrivederci.- salutò inchinandosi. Ibata rispose con un cenno educato del capo.
Dopo essersi congedata Strawberry potè finalmente tirare un sospiro di sollievo.
“Mamma mia! Anche questa è fatta! Adesso mi rimane solo… il regalo.”, pensò incamminandosi verso la propria aula, dall’altra parte dell’edificio.

  Intanto al Cafè Kyle e Ryan si stavano occupando dei clienti, fortunatamente pochi a quell’ora del giorno. Approfittando di un momento di pausa il biondo introdusse un argomento che in quel periodo era al centro dei suoi pensieri.
-Kyle, ti rendi conto che siamo in alto mare?- proruppe, poggiando sul tavolo della cucina i piatti sporchi.
L’amico alzò lo sguardo dalla fetta di torta che stava guarnendo e chiese:-Ti riferisci al vampiro o al Dampyr?
-Entrambi!- sbuffò il ragazzo. –Non riesco ad ottenere risultati in nessuna delle due direzioni e la cosa mi frustra parecchio.
-Non ti preoccupare.- Kyle non potè trattenersi dal ridere a causa dell’espressione imbronciata dell’amico. –Hai detto che il vampiro ti si è mostrato?- chiese ricordandosene improvvisamente.
-Sì… almeno credo che fosse lui. Non penso esistano molti lupi così.- rispose pensieroso.
-Capisco.- annuì l’altro abbassandosi per continuare la propria opera. –Però, se questo vampiro è scaltro come sembra, non penso che si farà scovare tanto facilmente.
-Lo penso anch’io.- sospirò Ryan.
-Dovremo attendere che sia lui a fare la prima mossa.
Il ragazzo biondo annuì e fece per prendere i due piatti con le fette di torta quando il suo sguardo cadde su una bustina bianca vicino al lavello. Subito percepì il dolce profumo della vaniglia e capì che era un sacchetto contenente quell’aroma. Kyle, notò, non sembrava farci caso, forse perché aveva i sensi storditi dagli innumerevoli odori della cucina.
“Un attimo… gli odori… i sensi assuefatti… Ci sono! So come trovare il Dampyr!”, realizzò. Incredibile a dirsi aveva ricavato un piano solo annusando un profumo. Entusiasta prese i piatti ed uscì in tutta fretta dalla cucina.
Kyle lo guardò confuso prima di tornare al proprio lavoro. Non fece in tempo a mettere nemmeno la panna sulla fetta di torta alle fragole che Ryan ripiombò nella stanza.
-Kyle, devo andare.- disse solamente. –Torno prima di pranzo.
-Sì, va bene, ma…- fece lui smarrito.
-Ti spiego tutto più tardi!- promise il ragazzo scomparendo oltre la porta.
-Ah, benedetto ragazzo…- sospirò Kyle, accostandosi al forno per controllare la cottura di altri dolci.
Il biondo entrò in garage e tirò fuori la sua Honda. Infilò guanti e casco e montò in sella, per poi partire con una sgommata.

  All’ora di pranzo, come promesso, eccolo di ritorno. Con calma riposizionò la moto e rientrò al Cafè. A quell’ora il locale era deserto perché tutti erano a pranzo nei ristoranti oltre che essere loro in pausa.
-Kyle, sono tornato.- si annunciò, sfilandosi il giubbotto di pelle e appoggiandolo sulla sedia dietro il bancone, suo solito posto di lavoro.
-Ah, Ryan. Bentornato.- lo salutò il ventunenne.
-Cosa stavi facendo?- chiese il ragazzo notando gli occhiali di Kyle. –Eri giù in laboratorio?
-Uh? No, sono venuti quelli da cui ho comprato il necessario per riparare il Cafè per portarmi la fattura.- spiegò sfilandosi le lenti. –Allora, ora vuoi spiegarmi cosa hai scoperto?- chiese facendosi curioso.
-Sì, ora ti faccio vedere.- disse compiaciuto. Tornò al bancone e frugò in una tasca del giubbotto, estraendone subito dopo un sacchettino.
Kyle lo guardò interrogativamente:-E quello che cos’è?
-Un sacchetto impermeabile.- spiegò l’altro, ma l’espressione del moro non cambiò minimamente. –Al suo interno c’è del sangue di maiale.- si decise a rivelare il biondo.
Ed ecco che tutta la situazione fu chiara anche al cuoco.
-Ho capito. Bella pensata, Ryan!- si complimentò.
-Spero solo che funzioni.- replicò lui, osservando attentamente il piccolo oggettino.
-Vuoi provare questa settimana?- chiese l’altro americano, appoggiandosi al piano del bancone.  
-Uh? No. Aspetterò la fine delle festività, anche se è rischioso.- rispose Ryan riscuotendosi.       -Spero solo di non dare troppo vantaggio al vampiro, aspettando.- aggiunse.
-Speriamo…- si augurò l’amico.

  Stesso giorno, stessa ora, Ginza.
“Uffa! Come cavolo faccio?!”, si chiese per l’ennesima volta Strawberry. Era appena uscita da scuola e invece di andare direttamente al Cafè stava passeggiando per l’affollatissimo quartiere commerciale di Tokyo. E la cosa più assurda era che stava cercando un regalo per l’ultima persona al mondo che, in circostanze normali, se lo sarebbe meritato. Almeno secondo il suo metro di misura.
Eh sì, stava cercando un regalo di Natale proprio per Ryan Shirogane, il suo datore di lavoro.
“Non so nemmeno cosa gli piace e voglio fargli un regalo. Sono una stupida!”, si disse fermandosi ad osservare una vetrina. “Inoltre qui costa tutto un occhio della testa!”, aggiunse passando ad un negozio ancora più costoso del precedente.
-Non ci riuscirò mai…- mormorò, specchiandosi nel vetro decorato con fiocchi di neve di una gioielleria.
Rimase a rimirare la propria immagine sconsolata per alcuni minuti, finchè il suo cervello intorpidito non iniziò a lavorare e le venne un’idea. In realtà, ripensandoci, le parve la cosa più semplice da fare.
Estrasse il cellulare dalla cartella e compose rapidamente un numero.
Il telefono squillò due volte prima che qualcuno rispondesse. -Pronto?
-Ciao Kyle, sono Strawberry.- disse fermandosi ad un semaforo rosso.
-Strawberry, dimmi, hai bisogno di qualcosa?- chiese cordiale.
-In verità sì.- ammise lei attraversando la strada.
-Ti ascolto.- la invitò a parlare il ragazzo.
-Ecco… io dovrei fare un regalo a Ryan, ma… non so…- lasciò la frase in sospeso.
-Non sai cosa possa piacergli?- terminò per lei Kyle.
-Esatto.- annuì.
-Se fossi in te proverei ad andare su qualcosa di semplice, sobrio.- le consigliò.
-Ok, ma in sostanza? Aiutami!
-Un profumo o…- ma non ebbe il tempo di terminare la frase perché la mew neko lo interruppe.
-Black xs?
-Il profumo di Paco Rabanne?- chiese lui.
-Sì, quello!- confermò esaltata.
-Sì, Ryan me ne aveva parlato un giorno, ha detto che non era male.- disse vagando con la mente.
-Ok. Grazie mille Kyle!
-Sei sicura di farcela con i soldi?- chiese preoccupato.
-Sì, sì! Ciao, a dopo.- e riattaccò.
Rimesso a posto il cellulare entrò nella profumeria davanti cui si era fermata ed acquistò proprio una confezione di Black xs con tanto di pacchetto regalo.
Tutta contenta tornò trotterellando al Cafè.
-Kyle!- chiamò a gran voce.
Senza farsi attendere il cuoco fece la sua comparsa nel salone.
-Ma, dove sono le altre?- chiese guardandosi attorno perplessa.
-Sono ancora in pausa.- rispose calmo il ragazzo. Strawberry annuì col capo e si affrettò a poggiare il pacchetto che aveva in mano sul tavolo. –Quello è ciò che penso che sia?- chiese guardandola tra il compiaciuto e il malizioso.
-Sì…- ammise lei con un filo di voce. Chinò il capo cercando di nascondere il diffuso rossore sul proprio viso.
“Non credevo lo facesse sul serio…”, pensò sorpreso. –Sono sicuro che lo lascerai di stucco.- disse invece.
-Lo credi?
-Quando mai hai visto Ryan ricevere un regalo da qualcuno che non fossi io?- chiese lui.
La rossa ci pensò su un attimo. –Una volta. Da Megan.
-Sì, ma quello non conta… perché Ryan…- si fermò di botto. Stava per rivelare che il biondo aveva accettato il regalo solo per cortesia, ma che questa volta sarebbe stato diverso perché a fargli il regalo sarebbe stata la persona che amava, ossia Strawberry. Resosi conto di aver sfiorato il disastro, decise di correggersi. -…dicevo che Ryan non lo ha considerato tale. Mentre con il tuo sarà diverso.- concluse. All’espressione timorosa della ragazza tirò un sospiro di sollievo. “Per fortuna non se n’è accorta.”, ringraziò mentalmente tutti i Kami.
-Se tu dici che lo accetterà ci credo, ma come faccio a darglielo?- chiese per nulla rassicurata.
-Strawberry, mica ti mangia!- Kyle non riuscì a trattenersi e finì per ridere delle paranoie dell’amica. –Certo, magari ti sembrerà strano… ma ti consiglio di comportarti come sempre.
-Ossia consegnarglielo mentre litighiamo?- fece scettica.
-Se serve a lasciarlo senza parole per una volta, sì…
-D’accordo, vedrò di trovare un modo… adesso vado a cambiarmi. Me lo potresti tenere tu fino a stasera?- chiese sollevando il sacchettino.
-Sì, non c’è problema.- sorrise cordiale.
-Grazie.- lo ringraziò lei avviandosi ai camerini. –Ah, ehm… dov’è Ryan?- chiese fermandosi in prossimità della porta.
-Non c’è. È uscito.
“Per fortuna!”, sospirò lei.

 
   Un potente gancio si abbatté sul sacco. Ormai aveva perso il conto di quanti pugni vi aveva sferrato, ma non gl’importava: doveva fortificarsi fisicamente altrimenti la prossima volta non avrebbe avuto modo di sopravvivere.
Era con questo pensiero fisso che da più di mezz’ora Ryan continuava ad assestare pugni al sacco da box, unico atleta nella palestra deserta. Dato che conosceva il proprietario aveva la possibilità di entravi quando voleva ed era quello che faceva da circa tre giorni: quando sentiva il forte impulso di prendere tutto a pugni o si sentiva frustrato si recava lì perché aveva imparato che tirare pugni a quella sacca rossa gli sgombrava la mente oltre che potenziargli il corpo. Poi, se bombardare quell’avversario inerme di cazzotti non bastava, si buttava in piscina e faceva cinquanta vasche e più fino a sbollire.
“Dovevo scoprirlo prima questo metodo…”, pensò assestando un pugno talmente forte che fece roteare su se stesso il sacco. “Inoltre funziona anche come allenamento.”
Tirò altri due ganci e si mise a girare attorno al suo anti-stress, sferrando pugni e schivando ogni qualvolta il sacco cercava di colpirlo, tirato indietro dalle catene a cui era appeso. Il sudore gli aveva incollato tutti i capelli al viso e gli scendeva copioso lungo la schiena nuda, andando a bagnare i pantaloni larghi.
  Ansimando leggermente si fermò, detergendosi le fastidiose gocce dal viso col dorso della mano. Inaspettatamente trovò la benda con cui l’aveva avvolta sporca di sangue, confuso andò a guardare anche la destra e si accorse che il tessuto si stava tingendo di rosso a causa di piccole escoriazioni sulle nocche.
“Tsk! Che stupido! È ovvio che sanguini, non sono abituato.”, considerò svolgendo il bendaggio.
“Va bene, dato che le mie mani per oggi non ne vogliono più sapere andrò a farmi una nuotata…”, decise bloccando il sacco con fermezza. Raccolse le bende sporche e la bottiglietta d’acqua e si recò negli spogliatoi.
Poco dopo eccolo comparire sul trampolino della piscina con indosso un costume a mezza gamba nero. Si stiracchiò brevemente e poi si avvicinò al bordo. Come un campione olimpico di tuffi prese un respiro profondo, poggiò le dita delle mani davanti ai piedi e con una spinta spiccò un balzo, incurvando la schiena e puntando verso la piscina sottostante. Bucò la superficie dell’acqua come un proiettile sparato a folle velocità e riemerse a bordo piscina, scrollando i capelli bagnati. Prendendo un’altra boccata d’aria scomparve sott’acqua e coprì l’intera lunghezza della vasca sfiorando col petto il fondo e nuotando con un perfetto stile a delfino.
  Percorse la vasca in tutti i modi: facendo capriole, virate, cambi di stile improvvisi, ma anche lasciandosi trasportare dall’acqua come un morto. Alla fine, quando si accorse di aver passato troppo tempo in ammollo, decise di uscire. Sentiva tutto il corpo lamentarsi per l’eccessivo e inusuale sforzo, ma si sentiva calmo e lucido.
“E’ tardi…”, si rese conto guardando il display del cellulare una volta arrivato nello spogliatoio. Velocemente andò a farsi una doccia, si rivestì ed uscì, diretto al Cafè.    


Una piccola precisazione: la scelta del profumo per Ryan è puramente indicativa. Se non vi piace potete immaginarne benissimo un altro. A suo tempo l'avevo scelto perchè mi intrigavano sia la pubblicità che la confezione xD

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Capitolo 9
*** Cap. 8 Impensabile! ***


Cap. 8 Impensabile!
Salve gente! :) La bella notizia è che ho momentaneamente internet, dato che lo prendono e lo tolgono a sprazzi (mah o.O), la cattiva è che non so quanto continueranno i lavori -___-''' comunque, ne approfitto per caricare questo capitolo.
Vi avverto, sarà pieno di avvenimenti ;)
Buona lettura!



Cap. 8 Impensabile!


  In poco i giorni che li separavano dal Natale scivolarono via e la ricorrenza tanto attesa arrivò.
Quel giorno era la Vigilia e per le strade di Tokyo c’era un fermento di persone inverosimile, tanto che si faceva fatica persino a camminare.
Strawberry stava passeggiando assieme a Mimi e Megan, discorrendo dei regali che avrebbero dato e ricevuto.
-Dicci, Strawberry, cos’hai regalato a Mark?- chiese Mimi fissandola curiosa.
L’amica la guardò dapprima stupita per la domanda, poi arrossì. –Ehm….
-Su, non farti pregare!- la incalzò la morettina, ma lei scosse la testa, cercando di convincerla a gettare la spugna. All’ennesimo rifiuto anche Megan iniziò a farle domande, tentando di convincerla.
-Uffa! E va bene!- sbraitò esasperata Strawberry. Qualche passante la guardò male dopo aver sentito il suo urlo isterico. Rapidamente la ragazza, accortasi degli sguardi, s’infilò in un bar con le amiche e presero posto ad un tavolo. –Mi avete fatto fare la figura della scema…- brontolò coprendosi il viso per la vergogna.
-Sì, sì, ma adesso dicci tutto.- le due liquidarono in fretta la faccenda, avendo altri interessi. D’altronde essendo single non avevano altro da fare che preoccuparsi (impicciarsi) del rapporto tra Strawberry e Mark. –Cosa gli hai comprato?
-Niente.- fu l’immediata risposta.
Le due ragazze rimasero allibite. Come niente? Be’, allora dove era finito il grande amore che la loro amica nutriva per il ragazzo più popolare del polo scolastico? Si era già spento?
-Prego?
-Non gli ho comprato nulla.- ripetè calma l’altra. Al sentirselo dire di nuovo le sue amiche ammiccarono, praticamente sgomente. Strawberry avendo capito di averle shockate decise di chiarire la situazione. –Ho fatto tutto io.- aggiunse.
-Cioè? Cosa hai fatto per la precisione?- chiese Mimi, leggermente meno shockata di Megan.
-Gli ho confezionato una sciarpa.- rivelò finalmente la mew neko arrossendo per l’imbarazzo.
Subito le due balzarono sulle sedie e si sporsero sul tavolo.
-Vuoi dire che gli hai fatto con le tue mani una sciarpa?- chiese esaltata la biondina.
-Sì, con i ferri.- confermò, scostandosi leggermente.
-Wow Strawberry!! Sei proprio innamorata!- esclamarono attirando l’attenzione di qualche cliente.   
-Zitte!- la rossa si affrettò a zittirle, tappando loro la bocca. Sospettosa si guardò intorno, ma per fortuna le poche persone che si erano interessate a loro erano già tornate alle loro occupazioni. –Adesso vi lascio, ma abbassate la voce.- ingiunse. Le due annuirono e lei si decise a liberarle.
-Scusaci…- mormorarono. La rossina scosse la testa sorridendo come ad incitarle a dimenticare il fatto. –Comunque sei proprio fortunata…- aggiunse Megan.
-Fortunata?
-Sì, ad avere un tipo come Mark.- si spiegò la bionda.
-Eh sì, è vero.- ammise arrossendo. –Ma non vi preoccupate, anche voi, presto o tardi, troverete il ragazzo giusto.- le rassicurò.
Le due ragazze si scambiarono uno sguardo sconsolato per poi sospirare.
-Su, non fate così!- Strawberry cercò di risollevar loro il morale. –Lo troverete… non c’è nessuno che vi piaccia?
Nuovamente le due si scambiarono un’occhiata per poi sospirare nuovamente. –Sai già chi ci piace.- le ricordarono in un sussurro.
-Davvero?- fece lei lenta a capire.
-Ma sì, Ryan e Kyle!- Mimi e Megan le sbatterono in faccia i nomi come a ricordarle che con loro era stato un fallimento.
-Già… loro due.- annuì rabbuiandosi. Purtroppo ricordava ancora l’occasione in cui le sue amiche avevano trovato il coraggio e si erano dichiarate, ottenendo però un gentile rifiuto da Kyle e un secco no da Ryan. Al solo pensarci le veniva una rabbia…!
-Non fare quella faccia. Non è stata colpa tua.- la rassicurò la sua amica dagli occhi azzurri.
-Sì…- Strawberry si sforzò di sorridere e l’altra le poggiò una mano sulla spalla come a volerla ulteriormente rincuorare.
-Senti, ma per caso si sono fidanzati?- osò chiedere Megan. La mew ammiccò un paio di volte. Non poteva credere che pensassero ancora a loro! Allora erano proprio innamorate! O forse solo cieche… guardandole però non se la sentì di non rispondere e quindi le assecondò.
-Ehm, che io sappia sono entrambi liberi.- ammise vagamente nervosa.
-Veramente?!- esclamò la bionda tutta contenta.
L’altra stava per rispondere, ma Mimi la precedette e contagiata dall’entusiasmo della compagna chiese:-Anche Kyle?! Ne sei sicura…?
La rossa annuì lentamente. –E’ troppo grande per te, lo sai…
-Già, è vero.- le diede ragione l’amica. Ecco, era tornata in sé: già da quella fatidica volta aveva capito che tra lei e il sorridente cuoco non ci sarebbe potuto essere nulla perché lui aveva parecchi anni in più e inoltre il suo cuore apparteneva ad un’altra.
-Sei sicura che Ryan non veda nessuna?- tornò alla carica Megan.
“Dimenticavo: Megan non si è arresa e spera ancora di mettersi con quell’arrogante di Ryan.”, ricordò a se stessa. “Sarà difficile dissuaderla…”, concluse. –No, non vede nessuna. Credo…- rispose.
-Come “credi”?- ripetè l’altra sospettosa.
-Nel senso che non seguo Ryan ventiquattr’ore su ventiquattro e non mi intrometto nella sua vita privata!- sbottò lei. Ma che voleva, che lo pedinasse?!
Alla risposta l’amica si calmò leggermente, ma tornò all’attacco subito dopo:-E non lo hai mai visto baciare nessuna?
Strawberry stava per rispondere nuovamente di no quando le tornò in mente il bacio, per nulla innocente, che si era scambiata col ragazzo. Di colpo arrossì, assumendo un’insolita tinta aragosta. Per poco non le spuntarono anche coda e orecchie, ma quelle riuscì a trattenerle.
-Strawberry? Che hai? Sei diventata tutta rossa.- domandò Mimi.
L’amica sobbalzò:-Eh? No, niente! Non è niente!
-Ne sei sicura?- indagò quella. –Non è che c’entra Ryan? Non lo hai visto con nessuna, vero?
Al sentire pronunciare il nome del ragazzo sobbalzò nuovamente, arrossendo ancora di più se possibile.
-Sì, sono sicura.
-Mah, per me tra te e lui c’è un rapporto diverso dall’amicizia…- azzardò a dire Megan. Alla reazione alquanto inusuale dell’amica le si avvicinò e socchiuse gli occhi. –Ho indovinato?
-Tra noi c’è un rapporto di odio: lui non fa altro che stuzzicarmi e schiavizzarmi, inoltre litighiamo tutti i santi giorni!- puntualizzò stizzita.
-Sarà…- commentò poco convinta l’altra. Ritraendosi, scoccò un’occhiata a Mimi, che ricambiò: evidentemente era d’accordo con le supposizioni dell’amica. –In questo periodo però sei stata spesso al Cafè… vuoi dirci che hai litigato tutte le volte con Ryan?- Megan tentò nuovamente un affondo.
-Be’… no, non proprio… c’era tanto da fare che…- balbettò Strawberry.
-Vedi? In questo periodo non ci hai litigato.- rilevò compiaciuta della propria scoperta.
“No, non ho litigato con lui, sono solo andata nella sua camera, ho lasciato che mi baciasse, gli sono saltata addosso, l’ho spogliato (non del tutto certo, ma sempre spogliato) e gli ho comprato un regalo…! Tutto sommato non ci ho litigato spesso!”, pensò tra sé. -Sì, è vero, ma solo perché era convalescente!- si affrettò a precisare la ragazza.
-Aha! E tu sei stata dolce e gentile, vero? Magari gli portavi la minestra e lo imboccavi…- Megan iniziò ad abbandonare la mente ad una delle solite fantasticherie. Solo che questa poteva degenerare e lei magari sarebbe arrivata a sospettare (per essere precisi indovinare) addirittura che si fossero baciati.
-No! Cosa vai a pensare? Era Kyle che si occupava di lui! Io davo solo una mano al locale!- smentì nuovamente imbarazzata.
-Sì, sì, ma…- stava per dire che lei non ci credeva per nulla quando la rossa s’immobilizzò e cacciò ad entrambe la testa sotto il tavolo, facendo poco dopo lo stesso.
-Che succede?- chiese allarmata Mimi.
-Shhh!- le intimò la ragazza. Lentamente sollevò il capo e sbirciò fuori dalla vetrina decorata con finta neve. –Meno male… se n’è andato.- sospirò facendo cenno alle due di raddrizzarsi.
-Se n’è andato? Chi?- chiesero non capendo nulla di quello che stava succedendo.
-E’ appena passato Ryan.- rivelò abbassando lo sguardo.
-Davvero?!- Megan balzò in piedi. –Seguiamolo!- e trascinò con sé le due amiche.
Strawberry tentò di protestare, ma lei la ignorò.
La bionda si mise a saettare in mezzo alla folla segno che l’aveva individuato.
-Eccolo! È là davanti.- disse esultante indicando un punto davanti a sé. A fatica riuscirono a farsi spazio attraverso le innumerevoli persone ferme al semaforo e quando finalmente videro la strada del proprietario del Cafè non c’era più traccia. –Ma dov’è?- Megan si guardò attorno delusa.
Poco dopo fu Mimi ad individuarlo. –E’ dall’altra parte della strada.- disse indicando il marciapiede sull’altro lato. Sia Strawberry che Megan seguirono il dito ed individuarono il biondino.
Indossava il suo giubbotto di pelle nera e al collo aveva una sciarpa rossa in tinta unita. Incedeva con la sua solita camminata spedita, ma elegante e, strano a vedersi, entrò in un negozio di articoli da regalo che aveva anche un piccolo reparto di gioielleria.
“Cosa?! Ma perché è entrato in quel negozio?”, si chiese stupita la rossa.
Non fece in tempo a chiedersi altro perché si sentì strattonare e fu costretta a seguire Megan e Mimi sulle strisce pedonali, dato che il semaforo era diventato verde. Alla velocità massima consentita dalla moltitudine di persone che affollavano il marciapiede tentarono di raggiungere il negozio.
Quando finalmente riuscirono ad affacciarsi alla vetrina, videro Ryan parlare con la cassiera e quella annuire e muoversi. Ecco, stavano per scoprire il motivo della sua visita al negozio quando un’ondata di gente ostruì loro la visuale, nascondendo completamente la scena. La folla si sfoltì in fretta, ma loro non avevano potuto seguire l’acquisto e poterono guardare solamente il ragazzo prendere il pacchettino ed uscire, dopo essersi nascoste per bene.
-Strawberry, spiegaci.- impose Megan raddrizzandosi e spolverando via la neve dal lungo cappotto.
-Sinceramente ne so quanto te.- ammise lei, sistemandosi il cappottino rosa bordato di pelliccia bianca.
-Vuoi dire che non sai per chi può essere quel pacchettino?- chiese Mimi. Strawberry si voltò verso di lei.
-No, ma sicuramente non è per me!- ci tenne a precisare. Ma non sapeva quanto si stesse sbagliando.
Le due la guardarono rassegnate per poi incamminarsi e farle segno di seguirle.
Stavano per entrare in un negozio di peluche quando un ragazzo che ben conoscevano si parò loro davanti.
-Ciao ragazze!- salutò.
Come fulminata la rossina alzò il capo e un sorriso smagliante le illuminò il volto.
-Ciao Mark!- salutò a sua volta buttandogli le braccia al collo. Il moro, contento, le posò un bacio sui capelli. Mimi e Megan invece rimasero a guardarli, basite. Ogni volta che vedeva Mark Strawberry diventata sempre un’altra, assomigliava a un gatto, tante fusa e coccole gli faceva.
-Ehm, Strawberry… noi dovremmo andare…- annunciò nervosa la morettina, di comune accordo con la bionda. Si sentivano di troppo e decisero di togliersi d’impaccio inventando la classica scusa di un impegno improrogabile. Al sentire la sua voce l’amica smise di occuparsi del proprio ragazzo e la guardò un po’ dispiaciuta. –Siamo in ritardo…
-Va bene, ci vediamo ragazze.- rispose. Quelle annuirono e li salutarono con un gesto della mano, ricambiato da Mark.
-Allora… hai qualche impegno?- chiese riportando la propria attenzione sulla ragazza.
-No!- rispose allegra lei. Al che il moro sorrise.
-Ti va di fare una passeggiata?- propose porgendole la mano. Lei la guardò un attimo confusa poi annuì e la prese, gioiosa. –Dove vuoi andare?
-Non saprei…- fece lei guardandosi attorno. D’un tratto le venne in mente una cosa. –Ah! Dovrei finire di comprare i regali per le ragazze.- disse, voltandosi a guardarlo con occhi supplichevoli.
-Va bene. Andiamo.- acconsentì lui. Qualsiasi cosa fosse la accontentava sempre: non perché non sapesse dirle di no, ma per il semplice fatto che gli piaceva troppo vederla e farla felice.
La rossa iniziò a canticchiare sommessamente e lo guidò in uno dei grandi centri commerciali del quartiere di Ginza.
Come tutti gli altri giorni se non peggio, il centro commerciale era gremito di gente intenta negli ultimi acquisti natalizi. Con una certa abilità Strawberry riuscì a salire fino al piano che le interessava, trascinandosi dietro un alquanto disorientato Mark.
-Caspita! Quanta gente…- commentò mentre salivano al piano superiore grazie alle scale mobili.

In poco raggiunsero i negozi che interessavano alla mew neko e vi si addentrarono.
-Senti, quanti regali ti mancano?- chiese interessato il moro. La fidanzata, troppo concentrata per rispondere, lo sorpassò ed esaminò un nuovo oggetto. –Strawberry?
-Uh? Ah, sì, scusami. Devo prendere quello per Paddy e quello per Lory.- rispose dopo essersi riscossa. –Ma non so assolutamente cosa prende…- stava dicendo che non sapeva proprio cosa comprare quando trovò il regalo perfetto. –Eccolo!
-L’hai trovato?- Mark si sporse in avanti, appoggiandosi sulla spalla di lei. Subito la ragazza s’irrigidì, arrossendo fino alla punta dei capelli.
-Ehm… s-sì è questo…- disse mostrandogli un salvadanaio fatto a forma di scimmietta.
-Scommetto che è per Paddy, vero?- tirò ad indovinare. Lei annuì nervosamente. –Sicuramente le piacerà.- concluse scostandosi. Come per magia Strawberry riprese a respirare.
-Ne sono sicura!- esultò. –Ora non mi resta che trovare un regalo per Lory!
E così passarono il tempo tra gli scaffali, cercando il regalo per l’amica e scambiandosi ogni tanto qualche innocente bacio. Alla fine uscirono dal negozio con tre pacchetti: oltre al regalo per le ragazze era saltato fuori anche quello per Kyle, dato che era stato disponibilissimo ad aiutarla sin da quando si erano conosciuti.
-Scusa, ma non ti manca un regalo?- le fece notare Mark, mentre stavano uscendo dall’edificio. Strawberry si girò e lo vide chiaramente perplesso. Oddio, che si fosse veramente dimenticata il regalo di qualcuno?!
-Come? Davvero?- domandò controllando all’interno dei sacchetti.
-Non fai un regalo al tuo capo? Ormai l’hai fatto a tutti gli altri.- lo disse con l’espressione più innocente possibile, ma sotto sotto il solo pensare che la sua micetta avrebbe potuto fargli un regalo lo scombussolava.  
-Cosa?!? Un regalo a quel prepotente di Ryan?! Ma neanche morta!- esplose lei. In verità questa sua reazione esagerata era data dal fatto che aveva veramente comprato il regalo per il biondo e se ne vergognava parecchio, inoltre non voleva assolutamente rivelarlo a Mark. Tra i due non scorreva buon sangue e lei non voleva rischiare una guerra.
-Non avete un buon rapporto, vero?- osservò. “Per fortuna… uno così, se solo lo volesse, se le mangerebbe le ragazze.”, pensò dentro di sé, ma se ne pentì subito dicendosi che l’americano non sarebbe mai stato tanto scorretto da provarci con la sua Strawberry.
-Direi che tra noi non c’è proprio rapporto.- disse brusca. “In verità tra noi… non so neanche io cosa ci sia.”, rifletté. –Non si può andar d’accordo con uno che appena ti vede ti dice su e tanto meno gli farò mai un regalo!- aggiunse decisa.
-Va bene, ho capito. Non toccherò mai più questo argomento.- promise, vedendola paurosamente su tutte le furie.
-Scusa… ma al solo pensiero divento una belva.- disse calmandosi.
-Non fa niente.- sorrise lui. Per dimostrarle che l’aveva perdonata le diede un piccolo bacio.
Subito lei arrossì. -M-Mark!- farfugliò ed abbassò lo sguardo.
-Non posso baciare la mia fidanzata?- chiese innocentemente. Se possibile la mew arrossì ancora di più.
-Sì, si puoi ma…- per caso le cadde l’occhio sull’orologio. –Oddio! È tardi! Devo tornare a casa! Ci vediamo stasera!- gli strappò frettolosamente le borse di mano e fece per correre via, ma Mark l’afferrò per il polso e la costrinse a voltarsi.
-A stasera.- sussurrò baciandola.
-C-ciao.- balbettò lei arretrando.
Quando rischiò di cadere si voltò e corse via.

  Correndo come una pazza superò la stazione ferroviaria e procedette spedita, cercando di non andare addosso alle persone e al contempo individuare l’entrata della sua scorciatoia. Quando la trovò vi ci si infilò dentro e accelerò ulteriormente, schivando un gatto per un pelo. Aveva scoperto quella viuzza un po’ di tempo fa e si era accorta che le consentiva di arrivare a casa con circa sette minuti d’anticipo sul percorso abituale.
“Ce la devo fare o mamma mi ucciderà!”, pensò dentro di sé. Rallentò un po’ l’andatura per voltare l’angolo del muro di cinta di una casa e poco dopo si ritrovò per terra. –Ahio! Che male!- protestò. Si portò una mano dietro la nuca per massaggiarla e lentamente socchiuse gli occhi. Si era scontrata con qualcuno. -Caspita alzati!
-Perché dovrei?- fece maliziosa una voce a lei famigliare.
Spalancò gli occhi di colpo ed esclamò:-Quiche!
-In persona, chérie.- confermò ad un centimetro dal volto di lei. Resasi conto della vicinanza con l’alieno la ragazza arrossì. –Oh, che carina. Sei arrossita.
Iniziando ad irritarsi Strawberry cercò di liberarsi dalla sua presa. -Alzati subito!- sibilò.
-No.- fu la ferma risposta. –Sono venuto per augurarti Buon Natale, anche se in anticipo.- aggiunse.
La mew smise per un attimo di divincolarsi e lo guardò stupita. Ora era proprio ammattito del tutto. Come si sognava di venire sulla Terra per farle gli auguri? E poi c’era bisogno di buttarla per terra? –Tu sei tutto matto!- sbottò.
-Perché, sulla Terra non vi scambiate gli auguri di Natale?- chiese confuso.
-Sì, ma non con un alieno! E soprattutto non con te!- replicò lei. Era quasi riuscita a liberare un braccio quando Quiche fece aderire ulteriormente i loro corpi, impedendole di muoversi.
-Così mi ferisci… e io che ero venuto per portarti il mio regalo.- disse, fingendosi emotivamente colpito dalle sue parole. In realtà si stava divertendo, e non solo, a stuzzicarla e farla arrabbiare.
-Puoi tenertelo, non lo voglio!- fece con disprezzo. –E lasciami!- tentò di muovere le gambe, ma l’alieno gliele imprigionò con le proprie. Era più forte di lei nonostante l’aspetto gracilino.
-Non si rifiuta un regalo fatto col cuore.- ribattè lui. E detto questo avvicinò ulteriormente il proprio viso a quello della mew rosa, di cui era invaghito. Lei, avendo intuito cosa voleva fare, cercò di sottrarsi al contatto volgendo la testa da un lato e dall’altro come una pazza, urlandogli di lasciarla libera.
  Senza ascoltare le sue proteste, Quiche la zittì unendo le loro labbra.
Strawberry s’irrigidì, rimanendo basita.
Il contatto fu breve e il ragazzo si staccò subito con l’intenzione, palese, di assaporare nuovamente le labbra di lei. Nuovamente tornò ad abbassarsi ma, quando si ritrovò ad un soffio dal baciarla, si bloccò come fulminato. La ragazza, che aveva chiuso gli occhi, li riaprì adagio chiedendosi come mai si fosse fermato.
“Dannazione! Questo è il suo odore!”, pensò con rabbia l’alieno dagli occhi d’oro. “Devo andarmene prima che Revenge mi scopra…”
Di scatto abbassò lo sguardo fino ad incrociare quello sconvolto della rossa.
Strawberry notò l’improvvisa luce di preoccupazione che andò ad illuminargli gli occhi.
-Quiche?
Lui si riscosse e sfoggiò uno dei suoi soliti sorrisi beffardi. –Devo andare, gattina.- disse rialzandosi e lasciandola finalmente libera. –Vedi di non farti uccidere da lui. Quello è un piacere che spetterà solo a me, se e quando sarà necessario…- si raccomandò, prima di sparire nel nulla.
  La mew neko si tirò su a sedere, fissando interrogativa il punto in cui era scomparso l’alieno. Non ci capiva più niente: quel ragazzo sapeva cambiare umore con la facilità di uno schiocco di dita e poi perché all’improvviso era parso allarmato e subito dopo preoccupato?
“Inoltre ha detto di non farmi uccidere da lui… ma lui chi?!” si chiese la ragazza rialzandosi. Recuperò le borse e si sistemò il cappotto tutto spiegazzato e leggermente sporco.
Non si rese conto che non molto distante da lei c’era qualcuno di molto pericoloso, che altro non attendeva se non attaccarla o peggio sfruttarla per i suoi scopi.
Un brivido le percorse la schiena e sentendosi osservata si voltò verso il nascondiglio dell’osservatore.
Vi furono attimi di tensione. Ma alla fine, non vedendo nulla tornò a voltarsi. Appena ebbe distolto lo sguardo due occhi di ghiaccio si socchiusero nell’ombra per poi scomparire.
A sua insaputa era stata risparmiata e di questo doveva forse ringraziare il sole o la sua buona stella.
Solo dopo aver risistemato il contenuto delle borse si ricordò di essere in ritardo, quindi sfrecciò verso casa come una furia.  
-Strawberry! Sei in ritardo!- tuonò sua madre. Era appena rientrata e stava cercando di fare meno rumore possibile per non farsi scoprire. Purtroppo sembrava che le sue precauzioni fossero state superflue. –Vieni in cucina!
-Subito, mamma.- disse accondiscendente. Si sfilò gli stivaletti e mise le pantofole. –Eccomi.- si annunciò entrando nella stanzetta.
-Dove sei stata fino ad adesso?- la interrogò. Ogni volta era la stessa storia!
-A Ginza con Mark.- confessò.
La madre era già pronta a ribattere, ma quando sentì il nome di Mark si rilassò e sul suo viso comparve un piccolo sorriso. Strawberry la guardò incredula non riuscendo a capacitarsi del suo comportamento.
-Perché sorridi?- chiese confusa.
-No, niente. Stasera viene Mark?- disse, spingendola verso le scale. Alla risposta affermativa della figlia il sorriso si allargò ancora di più e trillò:-Bene. Allora vai a prepararti.
L’altra fece come detto chiedendosi, mentre saliva le scale, se sua mamma avesse tutte le rotelle a posto.
Venne rapidamente l’ora dell’appuntamento e stranamente Strawberry era già scesa in salotto quando il campanello suonò, annunciando l’arrivo del suo fidanzato.
-Questo dev’essere Mark!- disse felice andando ad aprire.
-Ciao Strawberry.- la salutò infatti il ragazzo.
-Ciao Mark!- sorrise lei. –Vieni. Prendo il cappotto e andiamo.
Gli fece strada fino in sala e lì lo lasciò in mano ai suoi genitori. Per fortuna non ci impiegò molto a mettere scarpe e giubbotto e di conseguenza il moro non dovette subire un lungo interrogatorio.
-Allora riportala per le undici e mezza.- si raccomandò il padre col solito cipiglio minaccioso.
-Non si preoccupi, signore.- lo rassicurò Mark con un piccolo sorriso.
-Sono pronta!- annunciò Strawberry. –Andiamo.- aggiunse, prendendolo a braccetto e avviandosi verso la porta.
-Ah, Strawberry?- chiamò sua madre affacciandosi dalla stanza.
-Sì?
-Domani mangi con noi, vero?
-Sì. Poi vado al Cafè.- confermò la ragazza.
-Ah, bene. Io e tuo padre ti dobbiamo parlare di una cosa. Ora non ti preoccupare, vai.- disse facendole segno di uscire e non angosciarsi.
La figlia per nulla convinta obbedì.
-Chissà di cosa devono parlarmi…- mormorò in strada.
-Vedrai che non sarà niente di che.- assicurò Mark stringendola. Quella sera faceva freddo e aveva iniziato a fioccare. Sicuramente quello sarebbe stato un bianco Natale.

    In un altro posto qualcuno stava rientrando in casa, se così la si poteva chiamare. In effetti di una “casa” aveva proprio poco. Il ragazzo percorse il selciato affiancato da bassi cespugli ed inserì la chiave nella toppa del portone di legno, mentre i primi fiocchi si posavano su di lui e su tutto il paesaggio all’intorno.
“Fa un freddo cane.”, pensò armeggiando con le chiavi. A causa della bassa temperatura aveva perso la sensibilità delle dita, essendosi dimenticato i guanti. Finalmente la chiave girò e lui potè entrare al caldo.  
-Sono tornato.- si annunciò. Si sfilò la sciarpa e depose il pesante borsone sul bancone, massaggiandosi le mani per riscaldarle. –Kyle!
-Arrivo, un attimo!- lo sentì protestare Ryan. Nell’attesa il biondo si tolse anche il giubbotto.
-Eccomi… sono qui.- disse il cuoco comparendo sulla soglia del salone.
-Be’? Dov’eri finito?- gli chiese Ryan.
-Stavo finendo di preparare la cena.- disse.
-Che bello… passeremo la Vigilia solo io e te.- commentò, fingendosi abbattuto.
-Eddai! Tanto domani verranno le ragazze.- gli ricordò.
-Ancora peggio!- scherzò il ragazzo. Passò di fianco all’amico, che gli assestò una bella pacca sulla spalla. –Su, vai a lavarti.- lo istigò.
-Sì, vado… anche perché sono zuppo.- mormorò l’altro.
Così il biondo si avviò su per le scale, entrò in camera e, dopo essersi liberato dei vestiti, si buttò sotto la doccia. Subito il getto caldo lo fece rabbrividire, ma poi sentì i muscoli sciogliersi. Si guardò le mani e vide che avevano ancora qualche piccola escoriazione.
“Sto migliorando…”, pensò con un sorriso passando la testa sotto l’acqua.
Quando ebbe finito tornò giù da Kyle con lo stomaco in protesta.
-Ho una fame…- annunciò sedendosi.
-Bene, perché questo tacchino è un po’ grande per una sola persona.- Kyle estrasse il tegame dal forno e prese a tagliare l’animale sotto lo sguardo insolitamente famelico del biondo americano.
-Be’, buona Vigilia.- augurò il ragazzo, suscitando un sorriso nell’amico.


   Il giorno di Natale.
Tutta Tokyo era interamente ricoperta di neve, merito della nevicata della notte precedente. In ogni casa si potevano sentire i cori dei festeggiamenti, le canzoni, le risate. Anche in casa Momomyia era lo stesso.
-Auguri!!!- esclamò Shintaro Momomyia. –Auguri di Buon Natale!
-Auguri pa’, auguri ma’!- Strawberry diede un bacio a entrambi. –Posso aprire i regali?
-No, prima si mangia. Avresti dovuto svegliarti prima, dormigliona!- la rimproverò il padre. In effetti si era svegliata solo mezz’ora prima e aveva avuto giusto il tempo di prepararsi.
-Ufffa!- protestò lei incrociando le braccia.
-Su, a tavola.- sua madre arrivò alla tavola con ogni ben di Dio.
Strawberry e il padre furono i primi a gettarsi sul cibo e il pranzo trascorse allegro e spensierato tra i loro battibecchi e le risate.
  Erano arrivati al dolce quando Sakura decise di parlare alla figlia. Guardò il marito e sorrise prima di prendere la parola:-Strawberry, noi ti dobbiamo parlare.
-Mi devo preoccupare? Aspetti un bambino, mamma?- chiese già preoccupata.
Sua madre ammiccò al sentirsi chiedere se fosse nuovamente incinta, ma si riprese quasi subito. –No, non sono incinta.- smentì. La ragazza tirò un sospiro di sollievo. –Riguarda il lavoro di tuo padre.- annunciò calma e sorridente.
“Se sorride vuol dire che non è niente di grave… devo stare tranquilla…”, cercò di rassicurarsi la mew. –Dimmi…
-Ho avuto una promozione!- finalmente aveva rivelato la grande notizia.
Per un istante tutto fu silenzioso poi Strawberry si riprese e si gettò al collo del padre urlando:-E’ fantastico papà! Congratulazioni!
-Grazie, bambina mia.- disse lui, abbracciandola stretta. A quella scena la moglie sorrise.
-Però devo fare una puntualizzazione…- intervenne Sakura. Allora la figlia tornò a concentrarsi su di lei. La donna iniziò a giocherellare con una ciocca di capelli carmini. -Questa sera tuo padre deve partire per Osaka.- concluse.
-Cosa?! Osaka!?- ripetè allibita.
-Sì e starà via per circa due settimane.- rivelò.
-Due settimane?- questa volta il tono di voce della ragazza era sconsolato. –Ma è tanto tempo…
-Non è tutto… io devo andare con lui.
Silenzio.
-D-devi andare con lui?- bisbigliò Strawberry. Come se sussurrare potesse rendere meno reale la notizia. –Perché? E io?- chiese.
-Dovrà presenziare ad alcuni ricevimenti e io lo accompagnerò, inoltre il capo della sua ditta sta portando avanti un progetto importante e ha bisogno di tuo padre per tutto il tempo delle trattative.- spiegò calma.
-E’ un affare importante, Strawberry.- aggiunse suo padre, cercando di farle capire che tutto quello era necessario.
La ragazza abbassò lo sguardo sul piatto, pensierosa. Dopo qualche minuto lo rialzò e li guardò. -Capisco… sono rimasta un po’, come dire, stupita. Ecco… io come farò?
-Be’ noi volevamo portarti ad Osaka, ma abbiamo pensato che non sia giusto, così vorremmo affidarti la casa. Te la sentiresti?- disse sempre suo padre sporgendosi per sollevarle il volto. Strawberry aveva gli occhi lucidi.
“Dovrò rimanere a casa da sola?”, pensò intrigata dalla novità. Non sarebbe stato poi così male ritrovarsi in una casa deserta.
-Ma…
-Però ad una condizione: che ogni tanto Kyle venga a controllarti.- impose sua madre.
“Ah, ecco.”. –Be’, va bene… sì, rimango a casa. Non c’è problema.- accettò infine.
-Bene, sono contenta che tu l’abbia presa bene. Sentirò tanto la tua mancanza.- disse Shintaro fingendo di piangere.
-Oh, papà!- Strawberry gli si sedette sulle ginocchia e lo abbracciò. –Anche tu mi mancherai.
Sakura sospirò, sorridente. Tutto si era risolto per il meglio.
  Terminata la conversazione presero a sparecchiare, poi Strawberry e suo padre si misero a guardare la televisione, mentre sua madre era intenta a lavare i piatti. La festa al Cafè ci sarebbe stata verso le 16.30 e aveva ancora tempo per rilassarsi.

  Verso le 15.30 però suonarono alla porta e tutti e tre i Momomyia si voltarono stupiti. Strawberry sgranò gli occhi allarmata, ma vedendo dall’orologio che mancava ancora un’ora, si rilassò.
-Chi sarà?- chiese suo padre a nessuno in particolare.
-Non lo so.- ammise la figlia.
-Vai ad aprire.- le consigliò Sakura. Annuendo, Strawberry si diresse ciabattando alla porta.
Svogliatamente, pensando che fosse uno dei vicini venuto per fare gli auguri, la nostra eroina aprì la porta. Quando si rese conto di chi aveva davanti per poco non svenne.
-Ryan!?- esclamò stupita.
-Ciao, Buon Natale.- disse lui. Vedendo l’espressione scioccata della ragazza si affrettò a dire qualcosa che sicuramente l’avrebbe riscossa. –Non ti aspettavi di vedermi, vero?
Come volevasi dimostrare la rossa si riprese e scosse la testa. –Cosa ci fai qui?- volle sapere.
-Sono venuto a prenderti.- rispose semplicemente.
-A prendermi? Ryan sei in anticipo di un’ora!- gli fece notare.
-Lo so.- convenne lui con un mezzo sorriso.
Lei stava per ribattere qualcos’altro, ma la voce della madre glielo impedì:-Strawberry, chi è alla porta?
Guardò il ragazzo di fronte a sé.
-E’ Ryan.- rispose, leggermente tesa. “Kami perché lo hai fatto arrivare così presto? Adesso mi caccerò sicuramente nei guai…!”, pensò disperata.
-Ryan? Fallo entrare.- disse la donna.
“Lo sapevo.”, senza far trasparire la propria agitazione si scostò e fece segno al ragazzo d’entrare.
-Grazie.- disse cortesemente lui. Levò le scarpe e con l’aiuto dei denti anche i guanti, irrigiditi dal freddo. Strawberry notò che aveva le dita intirizzite. –Che c’è?- chiese, accorgendosi del suo sguardo.
-Niente… solo, hai le dita irrigidite.- osservò.
-Vero. Ha nevicato un po’ mentre stavo camminando.
Non sapendo cos’altro aggiungere lo scortò in salotto. Appena l’americano ebbe varcato la soglia della sala i suoi genitori s’immobilizzarono.
“Caspita. Ryan fa più o meno questo effetto a tutti.”, pensò leggermente sconvolta. Anche su di lei aveva quello strano potere, doveva ammetterlo.
  Si vedeva chiaramente che i due coniugi Momomyia non si aspettavano quel genere di persona perché non riuscirono a rompere il silenzio creatosi, cosa che invece fece proprio Ryan.
-Buongiorno, sono Ryan Shirogane, proprietario del Cafè dove lavora Strawberry.- si presentò inchinandosi rispettosamente com’era usanza giapponese.
La prima ad andargli incontro fu la madre della ragazza che, sorridente, disse:-Piacere Ryan. Sono Sakura Momomyia.- al che il ragazzo le fece un leggero inchino.
Shintaro si alzò lentamente in piedi e gli si avvicinò, scrutandolo truce. Era risaputo che fosse ostile a tutti i ragazzi che frequentavano sua figlia e la gelosia si accentuava se erano tipi come Ryan. Inoltre il ragazzo in questione lo superava anche in altezza, di poco, ma lo superava.
-Piacere, Shintaro Momomyia.- si presentò porgendo la mano. Lui la strinse senza esitazione. –Tu cosa sei per mia figlia?- aggiunse.
Strawberry arrossì di botto mormorando un:-Papà, ma che domande fai?!
Sua madre invece osservò la reazione del nuovo arrivato, che di fronte alla domanda e alla malcelata ostilità del marito non aveva battuto ciglio.
-Sono tutto quello che lei vuole che io sia.- rispose, spiazzando non poco l’uomo. Nessuno gli aveva mai risposto in modo così sfacciato, ma allo stesso tempo sottomesso. Uhm, quel ragazzo sapeva il fatto suo.
-Di sicuro sai trattare con la gente.- commentò.
-Grazie, signore.- Ryan fece un breve cenno del capo.
-Cosa pensi di dover essere, adesso, per lei?- tornò nuovamente all’attacco indicando la figlia.
Il biondo abbassò lo sguardo su una Strawberry alquanto agitata e imbarazzata e istintivamente gli venne da sorridere.
-Solo il suo capo e la persona che la accompagnerà al Cafè e poi a casa.- rispose sicuro.
L’uomo lo fissò in silenzio per qualche secondo, inchiodando il proprio sguardo in quello del ragazzo. Stupendosene, se ne ritrovò intimorito.
-Mi piaci, Ryan.- concesse infine. –Per quanto riguarda il fatto di riaccompagnarla a casa direi che non ce n’è bisogno.- aggiunse.
Questa volta l’americano lo guardò interrogativamente.
Shintaro, intimamente compiaciuto di averlo colto impreparato, si premurò di spiegargli la situazione. –Questa sera io e mia moglie partiamo per Osaka e ci siamo accordati con il tuo tutore per far dormire Strawberry al Cafè da voi.- chiarì.
Ryan si scambiò un’occhiata con la ragazza ed infine disse:-Kyle non me ne aveva parlato, ma per me non ci sono problemi. Quanto starete via?
-Circa due settimane.- rispose la moglie.
-Capisco… e Strawberry dovrebbe rimanere a casa o da noi, al Cafè?
-Le abbiamo proposto di restare a casa, con la promessa da parte di Kyle di venire a controllare ogni tanto.- spiegò il moro.
-Ma non sarebbe meglio che Strawberry venisse direttamente a stare da noi?- fece perplesso, abbassando lo sguardo sull’interpellata. Lei prima arrossì, poi gli fece segno d’abbassarsi e gli sussurrò all’orecchio che mai e poi mai sarebbe andata a dormire sotto il suo stesso tetto. Lui sorrise come a dire che non l’avrebbe mai obbligata.
-Ryan scherzava.- si affrettò a sottolineare la mew.
-Sei sicura? Non è una proposta malvagia.- disse suo padre, prendendo in considerazione la cosa.
-Ma se io vado a stare al Cafè chi si occuperà della casa?- chiese cercando di salvarsi.
-Vero. Be’, magari Ryan potrà venire a darti una mano ogni tanto.- propose sua madre.   
-Sì, magari…- mormorò a denti stretti la ragazza, per nulla entusiasta. Sapeva che sarebbe stata un’impresa impossibile convivere col ragazzo anche a casa propria.
-Allora, parlaci un po’ di te, Ryan.- disse il padre di Strawberry. Tornò ad accomodarsi sul divano e fece segno al ragazzo di prendere posto su una poltrona.
Il biondo obbedì, ma vedendo l’espressione implorante della ragazza, tentò di dissuadere l’uomo dal suo intento, ossia fargli il terzo grado.
-Non vorrei essere sgarbato, ma io e Strawberry dovremo andare.- disse accennando all’orologio.
-Ma come? Strawberry mi aveva detto che la festa iniziava alle 16.30… quindi c’è ancora tempo.- questo era un modo gentile per dire che non gli avrebbe impedito di fare il proprio interrogatorio.
Sconfitta anche la rossina prese posto sul divano e quando alzò gli occhi incontrò lo sguardo acquamarina del proprietario del Cafè, che sembrava volersi scusare per non essere riuscito a portarla fuori di lì. Accennando un sorriso scosse la testa e tornò a concentrarsi sul padre.
  Quello si schiarì la voce con un colpo di tosse ed attese che anche la moglie si accomodasse; quando tutta la famiglia fu riunita iniziò a porre domande, le più disparate.
La prima però toccò alla signora Sakura, che lo batté sul tempo.
-Ryan, dimmi, sei giapponese puro?- chiese, protendendosi un po’ verso il ragazzo.
Lui la guardò un attimo in silenzio, come se stesse soppesando le sue parole, poi rispose:-No. Sono per metà americano.
-Ah, capisco… un così bel ragazzo non poteva essere un giapponese puro…- commentò civettuola. Alla sua allusione lui arrossì leggermente, cosa che notò Strawberry e che la fece sorridere. Shintaro lanciò un’occhiata un po’ meno accondiscendente: oltre ad essere geloso della figlia lo era anche della moglie.
“Allora anche Ryan Shirogane sa arrossire…!”, constatò vittoriosa la mew. Stava cercando in tutti i modi di non ridacchiare tra sé.
-Quanti anni hai, giovanotto?- questo fu il turno del capofamiglia di fare una domanda.
-Diciotto, signore.- rispose rilassato Ryan. Anche se questo genere di cose non gli andavano molto a genio sapeva comunque gestire egregiamente il proprio fastidio.
Entrambi i coniugi Momomyia rimasero senza parole. Com’era possibile che un ragazzo di soli diciotto anni fosse il proprietario di un Cafè?
Shintaro decise di indagare.
-E quale scuola frequenti?
Il biondo americano lanciò un’occhiata fugace alla rossa, come per chiederle il permesso di rivelare che al momento frequentava la sua stessa scuola. Lei, intuendo quello che voleva dire, mise su un’espressione corrucciata e scosse la testa. Ryan capì che non doveva rivelare quel piccolo dettaglio.
-Al momento non frequento.- ammise, con l’espressione più angelica che sapesse sfoggiare. Sapeva per certo che quella risposta gli avrebbe fatto perdere punti. Infatti le espressioni dei due da sbalordite divennero shockate. Decise quindi di rimediare almeno un po’. –Ho una laurea in ingegneria genetica, se questo la tranquillizza...- aggiunse.
Per poco all’uomo non venne un infarto. Aveva una laurea in ingegneria genetica a quell’età? Era forse un nuovo Einstein?
Anche Strawberry lo guardò allibita. Lei non lo sapeva… e la cosa le diede intimamente fastidio.
-La vedo sorpreso.- osservò gentilmente il ragazzo. L’altro sbatté qualche volta le palpebre prima di raddrizzarsi sul divano e tornare serio come prima della rivelazione.
-Be’, non conosco molti diciottenni con una laurea in ingegneria genetica.- fu costretto ad ammettere. –Da questo deduco che tu sia molto intelligente.
-Direi di sì, signore. Ho un quoziente intellettivo di 180.
-Sei un genio?! Una mente superiore?!- esclamò Sakura, rizzandosi sulla poltrona. Stava proprio pensando di chiedere a sua figlia dove trovasse dei ragazzi così… prima Mark e ora Ryan.
-Sì.- annuì il ragazzo, abbassando poi lo sguardo.
-Su, Sakura, così lo imbarazzi!- la rimproverò il marito.
-No, non si preoccupi.- lo rassicurò lui. –Non c’è problema.
-Però non capisco…- esordì Shintaro dopo un attimo di silenzio. –Come hai fatto a mettere su un Cafè…?
-Diciamo che ho discrete possibilità economiche.- Ryan rimase sul vago, senza dire chiaramente che era ricco sfondato.
-Discrete?- ripetè il suo interlocutore poco convinto. –O intendevi ingenti…?
-Non va bene vantarsi di quello che si possiede.
“Ragazzo saggio e intelligente, da tutti i punti di vista. Devo dire che mi piace anche più di Mark… non so, mi dà un senso di sicurezza.”, pensò tra sé il signor Momomyia. –Be’ questa è una risposta intelligente.- commentò compiaciuto.
-Grazie.- nuovamente Ryan fece un cenno col capo, facendo ondeggiare leggermente i propri capelli. D’un tratto però gli cadde l’occhio sull’orologio e si accorse che erano già le quattro meno dieci. Si alzò sotto lo sguardo stupito di tutti. –Scusate, ma ora dovremo proprio andare. Il Cafè non è vicino e le strade sono piene di neve.- detto questo porse la mano a Strawberry, che,  un po’ impacciata, la strinse e si rimise in piedi.
-Ryan ha ragione, se non ci sbrighiamo rischiamo di ritardare.- disse appoggiando per una volta il ragazzo. –Da quello che hai detto desumo che non sei venuto in moto…- aggiunse a bassa voce. Purtroppo non troppo bassa per non essere sentita da suo padre.
-Moto? Hai una moto, Ryan?- chiese vagamente irritato il padre della ragazza. Non gli piacevano i ragazzi che guidavano quegli affari come dei matti solo per farsi notare.
-Sì, signore. Una Honda Fireblade CBR 1000 RR.- rispose impeccabile.
-Uhm, è una gran bella moto.- commentò l’uomo. Anche se aborriva i pazzi che le guidavano non voleva dire che non gli piacessero le moto. –Ma stai attento, quando la guidi.
-Certo.
Dopo questo si avviò verso la porta, preceduto da Strawberry, già chinata ad allacciare gli stivaletti. Si rivestì, calzando nuovamente le scarpe ed attese che la ragazza terminasse di stringere i lacci.
Quando fu pronta e sorridente, Ryan disse:-Arrivederci e auguri di Buon Natale.
I due coniugi s’inchinarono e così fece il ragazzo.
-Ciao ma’, ciao pa’!- salutò a sua volta la rossa, uscendo. Il biondo fece per seguirla quando la voce della madre della prima mew mew lo raggiunse.
-Scusa se sono sfacciata, ma sei fidanzato Ryan?- chiese leggermente impacciata.
Sfoggiò un sorriso angelico. -No, signora.- e detto questo uscì, richiudendosi la porta alle spalle.
-Proprio un bravo ragazzo.- fu l’unico commento di Shintaro Momomyia.
-Ed è anche libero…- aggiunse sua moglie.

-Mamma mia che freddo!- protestò Strawberry. Avevano fatto appena cento metri e lei già si lamentava che aveva freddo, da non credere! Ryan scosse la testa, rassegnato e continuò a camminare. –Senti… mi dispiace per i miei. A volte sanno essere veramente invadenti.- si scusò dopo qualche minuto di silenzio.
-Non ti preoccupare.- la rassicurò il ragazzo, affondando il viso nelle pieghe della sciarpa. –Comunque non credo di essere il primo a dover sopportare l’interrogatorio di tuo padre.- aggiunse, allusivo.
-No, lo ha fatto anche con Mark.- confermò affiancandolo. –Anche se con lui è passato direttamente ai fatti e con te ha parlato di più.
-Gli avrò fatto una buona impressione, magari.- si vantò.
“Purtroppo temo di sì… ma forse non è poi così male questa cosa… NO! Ma cosa vado a pensare?”, si disse. -Sì, può darsi… inoltre non ha sbraitato per il fatto della moto.
-In che senso?
-Lui odia i ragazzi con le moto che guidano come indemoniati.- spiegò, alzando lo sguardo per vedere la reazione dell’amico.
-Capisco. Ma io non guido come un pazzo.- disse candidamente.
“Nooo! Quando mai? Nel quartiere di Ginza rispettavi il limite…”, lo contraddisse mentalmente lei. –Io non ci giurerei.- disse invece.
Il biondo le lanciò uno sguardo divertito, senza rispondere.
Dopo questa breve chiacchierata calò un silenzio imbarazzato, interrotto solo dal rumore dei loro passi nella neve. Entrambi si sentivano a disagio: non era mai capitato che iniziassero una giornata senza litigare e questo li rendeva pensierosi, ma allo stesso piacevolmente stupiti.
Inoltre Strawberry, sapendo di dovergli consegnare prima o poi il regalo, era ancora più agitata. A conferma di ciò strinse febbrilmente la piccola confezione che conteneva il profumo.
“Su, cosa vuoi che ti faccia? Mica ti morde… al massimo ti prenderà in giro, ma quello lo fa sempre!”, si disse per convincersi. Purtroppo la tattica dell’autosuggestione non funzionava. “Strawberry, cavolo, dagli quel regalo! Prima lo fai e prima ti togli il pensiero!”, questa volta le argomentazioni del suo cervello ebbero la meglio sulla paura.
Spostò lo sguardo dal manto nevoso che ricopriva l’asfalto e lo puntò timidamente sul ragazzo, che se ne accorse subito, ma non lo diede a vedere.
  Strawberry deglutì nervosa e senza accorgersene si fermò in mezzo alla strada.
Ryan proseguì di qualche altro metro, poi si fermò a sua volta ed alzò il capo al cielo. Alcuni piccoli fiocchi presero a volteggiare lievi nell’aria, posandosi a volte sul suo viso. –Guarda, sta nevicando di nuovo.- disse sorpreso.
Non ricevendo risposta si voltò e stupito si ritrovò Strawberry col capo chino e le braccia protese. La guardò confuso e quando scorse il pacchetto rosso che reggeva in mano la sua confusione aumentò.
“Ma cosa…?”, si chiese stupito.
-Questoèperte!- Strawberry lo disse tutto d’un fiato. Alzò la testa, lasciando che i capelli le accarezzassero il viso e fissò ansiosa Ryan, il quale la guardava in silenzio. Notando lo smarrimento del ragazzo trasse un profondo respiro e ripetè la frase. –Questo è per te, Ryan.
Il biondo americano aveva già afferrato a grandi linee il significato della frase, ma ne era rimasto talmente sbalordito che non aveva risposto subito. Quando sentì la ragazza pronunciarla nuovamente, ma più lentamente, istintivamente arrossì un poco. La cosa aveva dell’incredibile: Strawberry gli aveva comprato un regalo!
“E’ uno scherzo?”, voleva chiederle, ma vedendo l’espressione teneramente imbarazzata della rossa decise di non farlo e con lentezza le prese il pacchettino dalle mani.
Quando le loro dita si sfiorarono la mew represse un brivido: quelle di Ryan erano fredde, sicuramente perché indossava i guanti senza dita.
-Grazie.- l’americano le rivolse uno dei suoi rari, meravigliosi sorrisi sinceri. Strawberry non sapeva spiegarselo, ma sentiva di preferirlo così, sorridente, invece che cinico e calcolatore. D’istinto ricambiò il sorriso con uno ancora più smagliante.
-Sinceramente non me l’aspettavo…- mormorò. Lei abbassò nuovamente il capo, tesa come una corda di violino. Intanto la neve aveva preso a scendere fitta, spruzzando i loro abiti di bianco. -Però non vuol dire che sia impreparato.- concluse.
La mew neko alzò di scatto la testa, facendo scivolare la poca neve che le si era depositata tra i capelli. Cosa voleva dire con quella frase? Non fece in tempo a darsi una risposta perché Ryan frugò nel giubbotto e ne estrasse un pacchetto piccolo, ma abbastanza voluminoso.
Lei ci rimase di sasso.
“E questo?!”, si domandò fissando ammutolita la piccola scatoletta ornata da un fiocco argento e rosa. “Ryan mi sta porgendo un regalo o me lo sto sognando?!”, era totalmente sconvolta. Non avrebbe mai creduto che quel ragazzo fosse in grado di stupirla ancor più di come faceva solitamente.
-E’… è per me?- chiese timidamente.
Il ragazzo decise di prenderla un po’ in giro. –Vedi qualcun altro qui?
Lei mise il broncio e lo guardò truce. –Non è divertente.- sbottò.
-Su, scherzavo. Certo che è per te.- disse, tornando a porgerle il pacchettino. Strawberry fece per prenderlo, ma si bloccò.
-Non mi stai prendendo in giro, vero?- chiese sospettosa.
-No. Sono serio.- rispose, rafforzando la frase con lo sguardo più deciso che potesse sfoggiare.
“E’ serio. Quindi non è uno scherzo…”, realizzò la ragazza. Improvvisamente sentì il cuore balzarle in petto, come se volesse sfondarle la cassa toracica. Sperò ardentemente che lui non lo sentisse.
Trasse un respiro profondo, lasciando che l’aria invernale le pungesse la gola e poi disse:-Grazie, Ryan.
-E’ stato un piacere.
Finalmente prese il regalo e lo strinse tra le mani leggermente intorpidite dal freddo.
-Posso aprirlo?- chiese un po’ sfacciata.
-Perché non li apriamo insieme?- propose allegramente lui. Strawberry annuì.

  Lentamente presero ad aprire i pacchetti e con trepidante curiosità li estrassero dalle confezioni. Non si sa chi dei due fu più stupito.
“Cavolo! Questo è il profumo che volevo! Sicuramente glielo avrà detto Kyle… però costa una fortuna per lei, come avrà fatto?”, pensò colpito.
“Caspita! Questa è una parure d’argento! È troppo bella… questi gattini sono stupendi!”, pensò contenta. In effetti quello di Ryan era un gran bel regalo: una parure di argento vero, composta da un paio di orecchini pendenti con attaccati due gattini seduti, dai piccoli occhi di diamante e una collana a girocollo anch’essa con un pendente fatto a forma di gatto. Questo ciondolo però era diverso da quelli degli orecchini: il gatto era leggermente più delineato e il suo corpo sinuoso si arrotolava attorno ad un piccolo (in verità neanche tanto) diamante tagliato a goccia. “Oh Kami! Ma questo è un diamante vero!”, realizzò quando la luce fioca venne catturata e distorta in mille colori dal brillante.
-Ryan! Ma sei matto?!- l’apostrofò dopo un altro istante di contemplazione. L’interpellato la guardò vagamente disorientato. Perché ora gli dava del matto? –Questo è un diamante!- ecco la risposta al suo interrogativo. Evidentemente Strawberry non voleva che lui spendesse troppo per lei. Quello che lei non sapeva era che avrebbe speso anche tutti i suoi soldi per farla felice. –E’ troppo…
-Perché dici così? Tu fai tanto per noi, per la Terra, per me… è giusto che io ti ringrazi in qualche modo.- la sua voce aveva una nota di dolcezza quasi ammaliante.
“Io faccio tanto per lui?”. –Questo non ti dà il diritto di comprarmi una collana con un diamante!- protestò invece.
Al che Ryan si irritò leggermente. Non poteva nemmeno immaginare quanto aveva penato per trovarle il regalo giusto. –Cos’è, io non posso regalarti quello che voglio?!- rimandò.
La mew rosa indietreggiò: negli occhi del biondo si era riaffacciata la solita freddezza.
-Non… non dico questo… solo bastava il pensiero.- farfugliò sulla difensiva.
-Infatti questo è un pensiero.- confermò lui. Strawberry fece per ribattere, ma non glielo permise. –Se avessi voluto avrei potuto comprarti anche una collana di diamanti.- le fece presente. –O qualcosa che costa di più. Ti ho comprato un regalo in base alle mie disponibilità finanziarie.
“Se la metti su questo piano perché non mi hai regalato una casa al mare?”, pensò di chiedergli. –Sì, ma le tue disponibilità finanziarie superano quelle di tutte le persone che conosco.- gli rinfacciò con sguardo truce.
-Non è colpa mia.- ridacchiò lui. Strawberry lo fissò imbronciata prima di cedere e ridere a sua volta. –Mi perdoni il regalo un po’ costoso?- chiese dopo un po’.
Tornando seria rispose:-Sì, questa volta può passare.
-E lo accetti?
-Sì…
Si fissarono per qualche secondo poi Ryan distolse lo sguardo, sciogliendo Strawberry dall’incantesimo dei propri occhi.
-Io non posso protestare riguardo al regalo, anche perché mi obbligheresti sicuramente ad accettarlo rivangando la storia delle ferite.- si interruppe per osservare la ragazza arrossire. Evidentemente non si era sbagliato. –Posso solo dirti che mi piace e… grazie.
  Senza darle la possibilità di dire nulla si chinò e le diede un bacio sulla guancia. Avrebbe voluto stringerla a sé e baciarla sulle labbra, ma non voleva complicare la situazione tra loro come l’ultima volta, quando si era abbandonato al desiderio.
Le guance della mew neko s’imporporarono immediatamente mentre la loro proprietaria tardò un po’ a reagire.
-RYAN! Ma cosa fai?!- la reazione era arrivata. Si chinò a raccogliere una manciata di neve e senza perdere tempo ad appallottolarla la scagliò contro il biondo, che prontamente la schivò, ridendo. –Adesso ti sistemo!- gridò iniziando a corrergli dietro.
Lui, per nulla intimorito, mise al sicuro in una tasca interna la boccetta di profumo. Fatto questo si abbassò rapidamente per schivare un’ulteriore palla di neve e farne una a sua volta; si rialzò e voltandosi colpì in pieno la rossina, fermando la sua corsa.
  Lei, ancora più furiosa, spiccò un agile balzo grazie ai geni del gatto Iriomote e atterrò oltre il biondo americano. Fulmineamente lui si girò per colpirla e fu in quel momento che lo vide.
Dapprima solo due bagliori azzurro ghiaccio all’ombra di quel vicolo, ma poi vennero a delinearsi i contorni di quello che gli parve un viso umano. Grazie all’udito sviluppato potè sentire un flebile ringhio provenire dalla creatura e poco dopo scorse anche i canini appuntiti.
“Canini?”, pensò rendendosi conto di quello che aveva visto. E improvvisamente capì.
Quello era il vampiro.
Lo guardò con uno sguardo tra l’infuriato e lo sorpreso e il suo avversario intuì che lui aveva capito tutto.
Con uno scatto al di là delle possibilità umane uscì dalla protezione della viuzza e puntò dritto verso i due ragazzi. Ryan, senza ragionare, spinse Strawberry di lato e miracolosamente riuscì a salvarla dal colpo del vampiro che si abbatté dolorosamente, ma con forza stranamente calcolata, sul suo stomaco.
  Con un urlo di dolore venne scaraventato a terra e rotolò per alcuni metri prima di fermarsi col viso nella neve. Boccheggiando, si portò una mano allo stomaco cercando nel mentre di guardare cosa stava succedendo. Non vi riuscì subito perché fu costretto a chinare il capo e sputare un po’ di sangue. Quel maledetto ci era andato pesante anche se si era trattenuto dall’ucciderlo.
Nel frattempo Strawberry, ancora un po’ intontita dalla caduta, era riuscita ad alzarsi. Con la vista annebbiata a causa della neve cercò Ryan, ma si ritrovò davanti un viso sconosciuto, di una sconvolgente bellezza mortale. Istintivamente balzò lontana da lui, si arrotolò a mezz’aria ed atterrò sulla neve fresca, incespicando leggermente. Il suo istinto animale le aveva detto di allontanarsi il più possibile da quell’essere e lei lo aveva fatto, senza pensarci.
Con una velocità che non sapeva di possedere estrasse il ciondolo per la trasformazione e diventò MewBerry.
Adesso, trasformata, sentì tornarle il coraggio.
“Che cosa diavolo è? E soprattutto, dov’è andato?”, si domandò scrutando all’intorno, cercando di individuare qualcosa in mezzo alla neve fioccante. Non riusciva a captare la presenza di quella creatura. D’un tratto sentì un respiro freddo sul collo. Sobbalzando si voltò e se lo ritrovò davanti.   
  Quello per nulla sorpreso la fissò con il suo sguardo di ghiaccio, facendola rabbrividire. Aveva un qualcosa di soprannaturale, che però attirava la ragazza. Strawberry si rese conto di non riuscire a muovere un passo.
La creatura, vedendo la disperazione crescere nella propria preda, sorrise mostrando i denti appuntiti e affilati come rasoi.
In quel momento la mew capì chi aveva di fronte.
“Quello è il vampiro!” realizzò ormai preda del terrore più nero. Sentiva le gambe tremarle, ma dentro di sé una vocina ostinata le gridava di non arrendersi e di combattere. Deglutì sentendo uno spiacevole groppo in gola e lentamente riuscì a sollevare la propria arma a mezz’aria. “Non ho speranze di vincere contro di lui, ma almeno ci proverò…!” decise.
Il vampiro se ne stupì.
-Notevole, ragazzina.- pronunciò queste semplici parole con tutta la derisione di cui era capace. La ragazza sobbalzò all’udire la voce di quello che, apparentemente, sembrava un ragazzo sui diciannove, forse vent’anni.
-Dannato! Sei tu il vampiro, il nostro nuovo nemico, vero?- lo interpellò lei. Forse non sapeva di star giocando un gioco pericoloso, probabilmente mortale.
-Che intuito.- si complimentò. Dal suo sorriso di scherno era evidente quanto la stesse deridendo.
-Se è così, pre…- MewBerry non riuscì mai a finire la frase. Con un colpo impercettibile all’occhio e all’orecchio umano Revenge scaraventò la mew neko contro il muro di cinta di un’abitazione, strappandole un grido. Subito dopo l’impatto il corpo inerme della ragazza scivolò nella neve, rivelando un solco abbastanza pronunciato nella parete di cemento.
-MewBerry! No!- l’urlo di Ryan squarciò l’immobilità dell’aria.
Aveva assistito a tutta la scena senza poter fare nulla, sentendosi dannatamente inutile.     Quando Strawberry era volata contro le mura di recinzione aveva sentito il cuore perdere un battito e, dimenticandosi per un attimo del dolore, aveva tentato di raggiungerla. Peccato che il vampiro avesse pensato bene di rispedirlo a terra. Ora si trovava supino sulla neve capace solo di guardare.
-Bene, il gioco finisce qui.- annunciò calmo il suo avversario. All’udire la sua voce fredda, ma attraente la mew rosa si riscosse e lentamente riuscì a raddrizzarsi, usando il muro come sostegno. Alzò a fatica il capo, lasciando che i capelli incrostati di neve le ricadessero pesanti sulle spalle. –Sei coriacea…- fu il commento del non morto. Strawberry ricambiò l’osservazione con uno sguardo truce. –Oh, vuoi spaventarmi?- la sfidò avvicinandosi.
  L’eroina continuò a mantenere quell’espressione, ma quando quello si inginocchiò davanti a lei tutto il coraggio e la spavalderia la abbandonarono, così come il sangue che sembrò defluirle via dal corpo. Sbiancò letteralmente dalla paura. E questo non fece altro che suscitare un sorriso malefico nell’uomo.
Inutilmente cercò di arretrare, ma ottenne solo di ritrovarsi ancora più addossata alla parete. Senza fretta il vampiro le si fece vicino e lei potè notare il pallore cadaverico del suo viso, accentuato dai timidi fiocchi di neve che vi luccicavano. Questo, se possibile, la terrorizzò ancora di più: ora che aveva davanti la morte fatta a persona non si sentiva tanto temeraria come pensava di essere.
-Ti attenderò con ansia.- disse il vampiro. MewBerry corrugò le sopracciglia, disorientata. Senza darle il tempo di darsi una risposta, Revenge sollevò una mano inguantata e l’attirò a sé, recidendo nel contatto il collarino rosa a cui era appeso il ciondolo. Poco dopo la ragazza sentì i denti dell’essere affondarle nel collo in cerca del suo sangue.
“Ora morirò!”, fu il suo ultimo pensiero prima di chiudere gli occhi e abbandonarsi al proprio destino.
Ryan, ancora disteso nella neve, sbarrò gli occhi. Il vampiro stava tentando di uccidere Strawberry, la sua Strawberry. Batté un pugno nella neve, imprecando. Sentiva i deboli gemiti della ragazza, ma quello era l’unico segno di vita ancora riscontrabile in lei. E poi, il vampiro, quell’essere diabolico, si stava godendo ogni singola goccia di sangue che gli scorreva in gola data la sua espressione estatica.  
D’un tratto vide i suoi occhi spostarsi su di sé. Lo stava deridendo e questo il biondo non poteva sopportarlo.
“Te la farò pagare!”, promise mentre la creatura tornava a concentrarsi sul suo pasto. Dando fondo alle ultime energie si mise in ginocchio e, dopo aver sputato un altro po’ di sangue, scavò nella propria coscienza alla ricerca della propria parte felina.   
  Subito dopo divenne Art. Lanciando un basso sibilo si lanciò contro Revenge e miracolosamente riuscì a graffiargli il viso.
Stupito, il non morto smise di bere e lo fissò. Ora nei suoi occhi di ghiaccio brillava una scintilla di rabbia.
-Non sfidarmi, Ryan Shirogane.- proclamò.
Al sentire il proprio nome il biondo americano rimase un attimo interdetto, ma si riprese subito. Sicuramente, si disse, erano stati gli alieni a dargli le informazioni. Si abbassò sulle zampe anteriori, pronto a scattare nel momento in cui la creatura si fosse nuovamente abbassata sul collo esangue della ragazza.
  Quando questo avvenne, soffiò di nuovo e spiccò il balzo. Come se fosse stato una mosca fastidiosa Revenge lo allontanò da sé, afferrandolo per la collottola e lanciandolo in un cumulo di neve fresca. Scrollandosi la neve di dosso riassunse le sue sembianze naturali.
Evidentemente il vampiro se ne accorse perché fece per dire qualcosa, ma bloccò la frase sul nascere.
Revenge sentì uno strano bruciore all’altezza dello stomaco e subito dopo il sapore della bile gli invase la bocca. Stranamente si sentiva male, umanamente male, e la cosa non gli capitava da circa duecento anni, ossia quando ancora non era diventato un vampiro.
Provò a reprimere quella sensazione sgradevole, ma non ci riuscì per molto e fu costretto a staccarsi dal collo della ragazza che, abbandonata, cadde all’indietro sull’asfalto. Si guardò intorno ed individuò Ryan che, affannato e malridotto, lo guardava astioso.
-Guardati le spalle, Shirogane.- con questa frase Revenge si dileguò.  
Ancora disorientato, il giovane rimase a fissare il punto in cui l’altro era sparito.

  In un vicolo abbastanza lontano dal luogo dell’aggressione, Revenge si appoggiò al muro portante di una vecchia abitazione cercando di riprendersi.
Fu tutto inutile.
Un secondo dopo fu costretto a piegarsi in avanti e rigettare tutto il sangue che aveva bevuto dalla mew rosa. Ne tossì un altro po’, disgustato.
“Non riesco ad assimilare il suo sangue.”, realizzò passandosi il dorso di una mano sulla bocca. Leggermente debilitato alzò lo sguardo al cielo, che iniziava ad imbrunirsi. “E’ successa la stessa cosa di quando ho provato ad azzannare un vampiro appena nato… forse è colpa delle modificazioni genetiche avvenute nel corpo della ragazza.”, ragionò. “Comunque non potrà sottrarsi al veleno…”


   Lentamente e a fatica, Ryan si trascinò fino dove giaceva il corpo di Strawberry, ritrasformatasi subito dopo la fuga del vampiro. Fuga, esatto, il ragazzo non credeva assolutamente che l’essere avesse terminato il proprio lavoro. Doveva essere successo qualcosa…
Scacciando questi pensieri si inginocchiò davanti alla ragazza e osservò il pallore del suo viso: sembrava morta. Sperò ardentemente che non fosse vero. Lentamente si abbassò su di lei per captare i battiti del suo cuore.
Chiuse gli occhi e rimase in ascolto… tu-tum tu-tum… eccoli, flebili, ma con la giusta cadenza. Era viva, però aveva bisogno come minimo di una trasfusione.
Non c’era tempo da perdere. Con un movimento fluido l’americano si rimise in piedi ed osservò il cielo: le prime stelle iniziavano già a far capolino tra le nuvole ormai libere dal peso della neve. Bene, ce la poteva ancora fare. Trasse alcuni respiri profondi e tornò a riabbassarsi su Strawberry.
-Ti salverò…- le promise passandole le braccia attorno al corpo e sollevandola da terra. La cosa gli procurò qualche fitta allo stomaco, ma strinse i denti e si costrinse ad avanzare.

  Un insistente bussare distolse le ragazze e Kyle dalle loro preoccupazioni. Si stavano chiedendo come mai Ryan e Strawberry stessero tardando tanto e se per caso fossero loro alla porta. Rapidamente il cuoco andò ad aprire. Il vento gli buttò in faccia un po’ di neve e fu costretto a chiudere gli occhi.
Quando li ebbe riaperti si ritrovò davanti un Ryan molto pallido e tirato con in braccio una Strawberry ancora più livida di lui.
-Kyle…- fu l’unica cosa che riuscì a dire prima di accasciarsi al suolo.
-Mio Dio, Ryan! Strawberry!- allarmato Kyle si chinò sui due ragazzi. Le ragazze furono subito dietro di lui. –Ragazze! Dobbiamo portarli di là, aiutatemi.
Anche se con qualche difficoltà, il gruppo riuscì a portare i due nella stanza al piano terreno.
Appena si sentì adagiare sul letto il biondo americano riaprì gli occhi. –Kyle!- afferrò con forza la manica della camicia dell’amico. Quello si chinò su di lui per ascoltarlo. –Strawberry… ha bisogno di una trasfusione… subito!- disse calcando sull’ultima parola e perdendo conoscenza subito dopo.
Il moro annuì. Fece per correre a prendere il telefono quando le ragazze gridarono, sbigottite.
-Kyle… Strawberry!- Mina lo condusse al capezzale dell’amica.
La mew non si era ancora ripresa, ma il suo corpo era diventato iridescente e a tratti sembrava pulsare.
-Ma cosa sta succedendo?- il ventunenne non sapeva che pensare. Era la prima volta che gli capitava una situazione del genere. Si inginocchiò di fianco al letto ed esaminò con occhio critico Strawberry. Notò subito i due buchi sul suo collo e capì perché Ryan aveva chiesto una trasfusione.
  Fece per chinarsi ad ascoltarle il battito quando con una pulsazione più forte il corpo della rossina venne avvolto completamente dalla luce e poco dopo al suo posto apparve una bambina all’incirca sui quattro anni, nascosta completamente dai vestiti di Strawberry.
Tutti la guardarono a bocca aperta.   

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Capitolo 10
*** Cap. 9 Piccola, adorabile peste ***


Cap. 9 Piccola, adorabile peste
Ecco un altro capitolo! :)
Vi dedico un po' di dolcezza :3
Buona lettura!


Cap. 9 Piccola, adorabile peste

    
  Lo stupore era generale. Davanti a loro non c’era più Strawberry, ma una bambina in tutto e per tutto somigliante a lei e la cosa aveva dell’incredibile.
“Ma com’è possibile?”, si chiese Kyle.  
-Ehm… Kyle sai darci una spiegazione?- Mina si voltò verso di lui, titubante. Il moro la guardò e poi spostò lo sguardo sulle altre mew mew. Si vedeva chiaramente che erano preoccupate. Infine, rassegnato, dovette scuotere la testa.
-Secondo te quella è Strawberry?- chiese Lory.
-E’ probabile…- dovette ammettere lui. Purtroppo non ne era sicuro al cento per cento.
-Non capisco, come ha fatto a tornare bambina?- Paddy s’inserì nel discorso.
-Forse c’entrano quei due segni che ha sul collo.- ipotizzò Pam. L’americano le lanciò un’occhiata: perspicace come sempre, pensò.
Stava per risponderle che non appena Ryan si fosse svegliato avrebbero saputo tutto quando una vocina flebile li colse di sorpresa.
-Chi sete?- domandò la bimba portandosi un dito paffuto alla bocca. I suoi gesti, così come il suo modo di esprimersi, erano quelli tipici di una bambina piccola.
Tutti i presenti si guardarono preoccupati, non sapendo cosa risponderle.
-Dov’è mamma?- chiese ancora con voce leggermente più stridula. Kyle iniziò a temere che di lì a poco si sarebbe messa a piangere. Infatti aveva ragione. Quando la bimba pose nuovamente la domanda e loro non le risposero, una piccola lacrima le solcò il viso teneramente paffuto.
-Su, non piangere, la tua mamma adesso è a lavorare.- provò a spiegarle gentilmente il moro. La bimba lo guardò spaesata e tirò su col naso. –Su, io sono Kyle.- disse posando una mano sulla sua testolina rossa. L’unica cosa che era rimasta immutata –se davvero quella era Strawberry- erano le sue buffe codine.
-Sei amico di mamma?- chiese innocentemente lei.
Il ragazzo sorrise. –Sì, piccola.
-Loro chi ciono?- la rossina puntò lo sguardo lucido sulle ragazze alle spalle di Kyle.
-Loro sono mie amiche.- rispose l’americano. –E come la tua mamma ti vogliono tanto bene.
Al sentirsi dire quelle parole la piccola sorrise, relegando le lacrime e la tristezza in un angolo della propria coscienza.
-Senti… come ti chiami?- le chiese il ragazzo dopo un po’. La bimba smise di giocherellare con i propri capelli e lo guardò.
-Stlawbelly.- rispose, sfoggiando un altro sorriso.  
Kyle tirò un sospiro di sollievo. “E’ veramente Strawberry…”, pensò ringraziando il cielo.
Mina sospirò. –Per fortuna sei riuscito a calmarla.- disse rivolta al moro.
-Be’, per adesso… vedrai quando scoprirà che non potrà vedere la madre per due settimane.- la sua risposta fece impensierire leggermente la mew bird.
-Scusa, Kyle… cos’hai appena detto?- Pam gli pose una mano sulla spalla, facendolo voltare.
-I genitori di Strawberry me l’hanno affidata perché devono soggiornare a Osaka due settimane.- spiegò calmo.
-Capisco.
-Quindi dovremo farle da baby-sitter?!- sbraitò la morettina. Un diffuso rossore le si diffuse sulle guance. Lei non si sarebbe mai abbassata a fare da bambinaia ad una Strawberry in miniatura.
Il suo sfogo fece voltare tutti gli altri, che la guardarono con sufficienza.
-Finché non troveremo una soluzione dovremo badarle tutti insieme.- annunciò pacato il cuoco.
-No…- gemette la ragazza. Si sentì mancare, ma fortunatamente trovò una sedia e vi prese posto.
-Mina non fare storie.- la riprese severa Pam. Subito la ballerina la guardò in adorazione ed annuì. Dopotutto era facile farle cambiare idea.
-Bene, ragazze, suggerisco di trovarle un vestito da mettere e portarla di là con noi… almeno finchè non si sveglia Ryan.- propose lui, avendo la piena padronanza (o quasi) della situazione.
-Ma Ryan… sta bene?- chiese apprensiva Lory. Tutti sapevano che aveva un debole per il biondino.
Sorridendole, Kyle le posò una mano sulla spalla. -Penso che abbia preso qualche colpo, ma nulla di grave.- la rassicurò. “Almeno lo spero…”, aggiunse mentalmente.
Rincuorata, la ragazza sorrise.
  Nessuno però si era accorto che, quando avevano pronunciato il nome del biondo americano, la piccola Strawberry aveva alzato lo sguardo, smaniosa di sapere. Il che era strano, dato che apparentemente non ricordava nulla del progetto e quindi di chi vi prendeva parte. Stava per chiedere innocentemente dove fosse il ragazzo quando Lory la sollevò gentilmente dal letto, avvolgendola nei suoi abiti troppo grandi da tredicenne.
-Dove andiamo?- domandò flebilmente.
-Andiamo a cercarti un vestito che ti vada bene.- le rispose dolcemente la ragazza dai capelli verdi. Infilò la porta, diretta nel salone. Poco dopo la seguirono anche gli altri.

  Strawberry si guardò intorno. Non conosceva quel posto, ma le piaceva. Tutto lì dentro era sulla tinte del rosa e del rosso lampone. A lei piaceva molto il rosa. Puntò lo sguardo cioccolato sul ragazzo dietro al bancone: Kyle era intento a riordinare delle bottiglie contenenti spumante, ma lei non poteva saperlo. Non sapeva perché ma voleva già un gran bene a lui e a tutte le ragazze che l’avevano aiutata, be’, magari a Mina un po’ di meno.
-Strawberry, cosa c’è?- la voce calda del moro la distolse dalla sua contemplazione. Lei in risposta si stropicciò gli occhi e lo guardò assonnata.
-Kyle, cionno.- disse sbadigliando teneramente. Il ragazzo sorrise e la prese in braccio.
-Vieni con me, ti porto a letto.- le sussurrò cullandola leggermente. Anche se non aveva figli Kyle era abituato a trattare con i bambini piccoli perché aveva vissuto con Ryan fin da quando era un bambino.
Facendo meno rumore possibile la riportò nella stanza degli ospiti dove proprio il biondo dormiva ancora. Kyle poggiò Strawberry sul letto a fianco e si chinò ad osservare l’amico: fortunatamente aveva ripreso colore.
-Kyle… mi dai il bacio della buonanotte?- chiese la bimba poggiando il capo sul cuscino.
-Ma certo.- il moro le posò un piccolo bacio sulla fronte. –Dormi bene, Strawberry.
Lei annuì prima di chiudere gli occhi. Stava per appisolarsi quando l’americano mormorò:-Ryan svegliati presto…
Strawberry allora riaprì gli occhietti lucidi di sonno e guardò nella direzione da cui proveniva la voce del ragazzo: sul letto affianco al suo dormiva un altro ragazzo, dai bei capelli biondi.
“Ryan!”, esultò dentro di sé la piccina. Come mai si ricordava il nome del ragazzo? Teoricamente avrebbe dovuto avere i ricordi di quando era piccola fino all’età attuale… ma stranamente ricordava e associava il nome di Ryan a quel ragazzo addormentato.
  Quando Kyle le passò davanti chiuse febbrilmente gli occhi, ma non appena sentì i passi del giovane allontanarsi li riaprì. Guardandosi intorno come una ladra scostò lentamente la coperta e scivolò ai piedi del letto, che comunicavano con quello di Ryan. Gattonando spedita, percorse tutto il capezzale fino ad arrivare all’altezza del busto del ragazzo. Si sedette goffamente e sorrise alla vista del suo bel viso addormentato. Ma desiderava che si svegliasse perché aveva paura che stesse male e poi voleva dargli un bacino perché lui teneva a lei. Sapeva solo quello: lui le voleva bene.
  Silenziosamente si arrampicò sulla coperta e, facendo attenzione a non fargli male, gli si sedette sulla pancia. Ecco, adesso gli avrebbe potuto dare un bacetto. Con delicatezza gattonò un altro po’ fino all’altezza del torace. Si bloccò di colpo perché Ryan emise un gemito.
“Forse gli ho fatto la bua.”, pensò preoccupata la bimba. Decise allora di camminare ancora più adagio, ma d’improvviso il sonno tornò ad assalirla e lei, avvinta nelle sue dolci spire, appoggiò la piccola testolina rossa sul petto del biondo, assopendosi.
La scena era a dir poco dolcissima: Ryan, placidamente addormentato, riposava ignaro con una Strawberry bambina addormentata sul petto che, con le piccole braccia, tentava di avvolgerlo in un abbraccio.
-Kyle, dov’è Strawberry?- chiese Paddy smettendo di rimbalzare su una palla gigante.
Il moro alzò lo sguardo dalla sua tazza di caffè e rispose:-Sta dormendo nella stanza degli ospiti.


   Il sole aveva squarciato per poco le nubi per poi morire subito dopo. La stanza al pian terreno era immersa nella quasi totale oscurità, rischiarata solo da una piccola lampada a basso voltaggio.
Lentamente Ryan aprì gli occhi. Aveva la mente annebbiata: ricordava a spezzoni l’attacco del vampiro e poi aveva solo un vago ricordo di come fosse arrivato lì. Ma lì dove? Si guardò intorno con circospezione e capì di essere nella stanza degli ospiti del Cafè Mew Mew.  
“Ah, è vero. Ho bussato al portone e poi devo essere svenuto.”, realizzò portandosi una mano alla fronte. Era fredda, ma leggermente sudata. “Chissà come sta Strawberry… oh, mio Dio, Strawberry!”
Cercò a tentoni l’interruttore del lampadario e quando infine la luce si accese tentò di alzarsi, ma qualcosa lo bloccò. Confuso guardò le coperte che ora gli coprivano solo metà del busto e si rese conto che sopra al suo petto stava teneramente appisolata una ragazzina dai capelli rossi.
-Strawberry…- mormorò senza pensare. Guardandola meglio si accorse che era una bambina e che doveva avere all’incirca quattro anni. Non poteva essere la sua gattina, ma probabilmente erano stati i capelli carmini a trarlo in inganno.
“Chi sarà?”, pensò accarezzando dolcemente la testa della piccola addormentata. Quella a sentirsi sfiorare si mosse e subito Ryan ritrasse la mano. Poco dopo sentì una stretta indolore all’altezza delle costole e si rese conto che erano state le mani della piccina, che sollevò subito dopo la testa. I capelli leggermente spettinati le solleticarono il viso, ma lei scosse il capo e li allontanò aprendo poi i grandi occhioni castani. Il biondo rimase stupito a fissarla: non aveva solo lo stesso colore di capelli di Strawberry, ma anche i suoi occhi. Forse quella bimba era veramente la mew neko…  
-Ciao…- disse piano Ryan. All’udire la sua voce la bambina gli regalò un sorriso meraviglioso, che le illuminò gli occhi. –Chi sei?
La rossina però non rispose e gli si buttò al collo esclamando:-Ryan! Ryan!
Il ragazzo rimase interdetto mentre lei gli posava tanti bacetti sulle guance. Arrossendo un poco si liberò gentilmente, ma con fermezza dalla sua presa e la fissò compunto.
Perché mai quella bambina gli ricordava Strawberry? Certo a parte i capelli e gli occhi avevano un qualcosa di famigliare. Doveva andare a fondo di quella storia…
-Come mai sei qui?- le chiese, impedendole di riattaccarsi al proprio collo. La piccola Strawberry continuò imperterrita ad agitarsi e alla fine fece innervosire il ragazzo. –Smettila.- ordinò brusco.
Lei si bloccò e lo guardò con occhi lucidi, tremando leggermente. Subito dopo piccole lacrime presero a bagnarle il viso.
-No, no, ti prego non piangere.- la supplicò il biondo. Ma la bimba lo ignorò e cominciò a singhiozzare. Non sapendo che pesci pigliare, Ryan le si avvicinò e le scostò la frangetta dagli occhi. –Scusami… non volevo spaventarti.- disse con voce estremamente morbida. La piccola tirò su col naso diverse volte poi si stropicciò gli occhi, guardandolo. –Mi perdoni?
Senza rispondergli gli si buttò nuovamente al collo e lo strinse forte a sé, bagnandogli leggermente della maglia.
“Questo dev’essere un sì…”, pensò sorridendo. Senza rendersene conto passò una mano dietro la schiena della bambina e la strinse a sé.   
Rimasero così per un po’, finché Strawberry non allentò la presa e diede la possibilità al biondo si sedersi. Lei a sua volta si appollaiò sulle ginocchia di lui, sorridendo felice.
-Sei Strawberry, vero?- riuscì finalmente a chiederle. Lei annuì col capo, facendo ondeggiare le codine. –Sai dirmi dov’è Kyle?- chiese ancora. Nuovamente lei annui e poi indicò con un dito la porta. Evidentemente il suo amico si trovava nel salone con le altre e forse poteva dargli spiegazioni.
Velocemente si alzò dal letto, avvertendo nuovamente quella spiacevole fitta allo stomaco.
“Ci è andato giù pesante, però…”, constatò massaggiandosi l’addome. Fece per andarsene quando si sentì tirare per i pantaloni, si voltò e vide Strawberry fissarlo con occhioni da cerbiatta. “Va bene, non vuoi rimanere sola.”, si disse.
Sospirando si abbassò e la prese in braccio. Stranamente era leggerissima… be’, evidentemente essendo abituato a sollevare la Strawberry del futuro non aveva pensato che la bimba potesse pesare di meno.
-Ryan…?- lo chiamò. Lui smise di percorrere il lungo corridoio che lo separava dal salone e la guardò. Lei ricambiò lo sguardo. –Ho fame.
-Va bene, aspetta un attimo solo. Devo cercare Kyle.- disse tornando a camminare.
Ben presto sbucarono nel grande salone, illuminato da piccole plafoniere sparse lungo tutta la sua circonferenza. Appese ai muri stavano ghirlande sinuose, intervallate da bacche di agrifoglio. In un angolo svettava uno stupendo albero di Natale, decorato con piccole collane di perle dorate e finte stelle di Natale rosse e bianche.
-Kyle… ragazze.- il biondo attirò l’attenzione dei presenti, che subito si voltarono. Le labbra di ognuno si stirarono in un lieto sorriso.
-Ti sei ripreso, vedo.- constatò l’americano avvicinandosi all’amico. Quello annuì.
-Come stai, Ryan?- si premurò Lory. “Tipico.”, pensarono tutte le mew mew.
-Meglio, grazie.
-Ehm, Ryan?- il biondo tornò a guardare il compagno di studi. Vedendo l’espressione incuriosita Kyle continuò il proprio discorso. –Sai chi…?- era evidente che si stava riferendo alla bimba in braccio al ragazzo.
-Sì, so che questa è Strawberry.- disse, rispondendo ad una domanda rimasta inespressa.
-E come…?
-Dal suo modo di fare. Anche se è più espansiva e meno scorbutica di quando era grande.- rispose lanciando un’occhiata alla rossina. Lei continuò a guardarsi intorno, ignorandolo.
-Capisco… ma se non sbaglio lei stava dormendo, come mai ora è qui?- volle sapere il ventunenne.
-Perché io mi sono svegliato.- fu la celere risposta. Kyle e le quattro mew si fecero perplessi. Cosa intendeva dire con quella frase? Strawberry poteva benissimo starsene a letto.
-Cosa intendi dire?- chiese Paddy alzando la mano per farsi vedere. Sembrava stesse facendo una domanda al professore nell’ora di matematica.
-Semplicemente che quando mi sono svegliato me la sono ritrovata sullo stomaco, che dormiva beatamente.- spiegò finalmente.
Un “Ah!” generale si diffuse tra i presenti, subito sostituito da qualche risate dovuta all’immaginario collettivo: ognuno di loro si stava costruendo mentalmente la scena.
-Non si fanno queste cose, Strawberry!- la riprese scherzosamente Paddy. La bimba la guardò stupita per poi imbronciarsi. –Su, scherzavo!- la biondina le scompigliò i capelli, suscitando le risa dell’angioletto dai capelli rossi.
-Ehm, ragazzi, io avrei un certo languorino.- disse d’un tratto il biondo americano.
Kyle lo guardò stupito. –Strano… tu eviti sempre ti mangiare se ti è possibile…- commentò.
-Sai, fare a pugni con il nemico è faticoso.- ironizzò l’altro.
-Ah! A proposito del nemico, ci devi ancora raccontare cos’è successo!- gli fece notare Pam.
-Vero.- convenne lui.
Strawberry, ancora tra le braccia del ragazzo, stava cercando di seguire il discorso, ma proprio non ci riusciva e si stava annoiando tantissimo. Per di più il suo stomaco protestò nuovamente e con più vivacità e lei si portò una mano al pancino.
-Ryan…- chiamò tirandogli leggermente un ciuffo di capelli. Lui si voltò a guardarla sorpreso e lei fece un’espressione buffissima. Questo gli fece ricordare che la bambina aveva fame.
-Scusami, Strawberry, me n’ero dimenticato.- le rispose chinando leggermente il capo. –Kyle potresti portare qualcosa da mangiare anche per lei?- chiese rivolgendosi ora all’amico.
Quello annuì.
-Cosa vorresti?- nuovamente il biondo tornò a dedicarsi alla piccola.
-Cioccolata!- sorrise lei. Tutti risero: pur essendosi rimpicciolita non era cambiata per niente.

-Be’, uno strano modo per festeggiare il Natale.- commentò Mina posando il suo bicchiere di spumante.
Come prestabilito i ragazzi avevano festeggiato l’evento brindando e sgranocchiando qualche leccornia preparata da Kyle. L’unica cosa insolita era la presenza di una Strawberry in miniatura.  
-Intendi dire che ti mancano i battibecchi con Strawberry?- insinuò Paddy. Subito la mew bird arrossì. Colpita e affondata! Si sentiva strana senza la sua inseparabile compagna di zuffe.
-Paddy ha ragione.- ridacchiò Lory.
Anche Pam si concesse un sorriso, mentre i due ragazzi risero apertamente.
-Bene, Ryan. Che ne dici di raccontarci cos’è successo?- intervenne d’un tratto il moro. Il ragazzo smise di fissare Strawberry, intenta a mordicchiare un biscotto al cioccolato grande come la sua mano, e concentrò la propria attenzione sul resto della squadra.
-Bè, che vi devo dire?- non aveva molta voglia di raccontare l’accaduto, soprattutto perché non era riuscito a fermare quel dannato vampiro. Al solo pensiero serrò le mani a pugno.
-Tutto, ovvio!- si affrettò a dire la mew gialla. Lui le lanciò un’occhiata prima di sospirare rassegnato.
-Allora… ero andato a prendere Strawberry a casa perché tutti voi sapete che arriva sempre in ritardo in qualunque situazione e, dopo essere sopravvissuto all’interrogatorio dei suoi genitori, ci siamo avviati per la strada.- iniziò. Purtroppo non potè continuare perché Paddy lo interruppe con una domanda.
-Che cosa ti hanno chiesto?- volle sapere, curiosa.
-Le solite cose che chiedono i genitori.- la liquidò in fretta lui. Non aveva la minima intenzione di riferir loro di quello che aveva passato in quei venti minuti. Un po’ delusa, la ragazzina tornò a sedersi compostamente sulla sedia.
-Continua.- lo pregò Kyle.
-Dicevo… stavamo camminando, quando mi sono accorto di qualcosa che ci fissava da un vicolo. Parevano due stelle di ghiaccio.- s’interruppe per vedere la reazione dei presenti. Erano tutti calmi, nessuno sospettava che il nemico fosse il vampiro. Inoltre aveva volutamente saltato il particolare dei regali per non attirare su di sé sguardi insinuatori. –Neanche il tempo di ragionare che ci è venuto addosso. Era il vampiro.- continuò.
-Il vampiro?!- esclamò confuso il moro. –Vi ha attaccati? E gli alieni?
-Attaccati è dire poco e degli alieni non c’era traccia, almeno da quello che ho potuto constatare.- rispose il ragazzo rievocando mentalmente la scena.  
-E’ strano… da quello che sappiamo loro sono alleati. Dovrebbero lavorare insieme.- ragionò ad alta voce lo studioso.
-Secondo me quel vampiro non si fa comandare tanto facilmente.- dichiarò Ryan. –Ha uno sguardo che dice “Io non prendo ordini da nessuno!”.
-Quindi perché si sarebbe alleato con gli alieni?- Pam s’inserì nel discorso. Come lei anche le altre sapevano della natura del nuovo nemico perché i due studiosi le avevano informate abbastanza dettagliatamente non molto tempo prima.
-Sinceramente dobbiamo ancora scoprirlo.- ammise il biondo. Kyle annuì, ritrovandosi purtroppo d’accordo con lui.
-Su questo ragioneremo poi… ora continua a raccontare.- incalzò Lory. Era strano vederla così agitata per qualcosa che non fosse un pasticcio combinato dalla propria sbadataggine.
-Ho cercato di proteggere Strawberry gettandola a terra, ma quello mi ha colpito e mi ha spedito nella neve. Non è stata una bella esperienza: ha una forza sovrumana, ma penso si sia trattenuto.- fece per continuare, ma fu nuovamente interrotto.
-Come mai pensi si sia trattenuto?- chiese Mina. Kyle le lanciò un’occhiata rapida prima di tornare a guardare l’amico: la ragazza aveva centrato il punto. Perché il vampiro non aveva fatto fuori Ryan dato che ne aveva l’occasione, limitandosi a tramortirlo?
-Forse perché gli servo o semplicemente gli piace giocare con le prede… comunque il suo obbiettivo era Strawberry.- rispose abbassando inconsapevolmente lo sguardo sulla bimba.   Quella a sentirsi chiamare aveva alzato la testa e, quando i loro sguardi si erano incrociati, aveva sorriso genuinamente. Ricambiando con un timido sorriso, il biondo tornò a dedicarsi ai propri ascoltatori. –Sta di fatto che Strawberry ha cercato di reagire, riuscendo perfino a trasformarsi, ma quello l’ha sbattuta a terra come fosse una bambola e poi le ha azzannato il collo.- così ebbe termine il suo racconto.
Quando l’eco della sua voce si spense tutto piombò nel silenzio più assoluto.
 
-Quando hai soccorso Strawberry hai notato qualcosa di strano?- Kyle fu il primo a riscuotersi.
Ryan lo guardò interrogativamente. –Cosa intendi?
-Non so… qualche bagliore o pulsazione del suo corpo.- suggerì abbassando lo sguardo color ossidiana sulla rossina. Anche il diciottenne fece lo stesso e, corrugando la fronte, riportò a galla tutto quello che era successo nel pomeriggio. Alla fine concluse che nella ragazza non c’era nulla di anomalo e lo disse all’amico. –Uhm… strano….- commentò pensieroso.
-Pensi che le sue attuali sembianze siano una conseguenza del morso?- chiese il biondo americano.
L’altro alzò lentamente gli occhi ed infine annuì.
Le ragazze, che avevano seguito attentamente lo scambio di battute tra i due, ora stavano guardando Ryan, in attesa.
-Secondo te c’entrano i geni, vero?- chiese avendo intuito i pensieri del cuoco.
-Sì, penso che ci sia stata una qualche reazione… altrimenti ora Strawberry sarebbe un vampiro.- ammise.
-Dobbiamo fare delle ricerche.- risolse il ragazzo.
-Sì.- convenne nuovamente Kyle. –Non adesso, però. Devi riposarti.
L’altro fece per ribattere, ma glielo impedì Lory. -E’ Natale, godiamoci questo giorno.
Alla fine il bell’americano dovette cedere e con un sospiro si abbandonò contro lo schienale della sedia.
La giornata trascorse abbastanza velocemente e nel locale aleggiò per tutto il resto del tempo una tipica atmosfera natalizia. Quando anche Pam si fu accomiatata, Ryan e Kyle rimasero soli con la piccola Strawberry, visibilmente provata dalle tante ore di gioco con le altre mew. La bimba infatti faticava a tenere gli occhi aperti e il suo capo ciondolava leggermente.
-Hai sonno?- le chiese Ryan sollevandola dal bancone.
Lei represse uno sbadiglio e scosse la testolina.
-Meglio portarla a dormire.- consigliò il cuoco. L’amico annuì.
Il ragazzo fece per avviarsi verso la stanza degli ospiti quando il ventunenne lo fermò.
-Che c’è?
-Non penso vorrà dormire nella stanza degli ospiti.- gli fece presente con un sorriso furbo.
-Perché non dovrebbe?- chiese Ryan non capendo.
-E’ piccola e di sicuro non le piace stare tutta sola al buio.- continuò. Il biondo abbassò lo sguardo sulla versione più piccola della sua gattina che, appoggiata alla sua spalla, cercava di non cadere preda del sonno. –Inoltre sembra avere un certo attaccamento nei tuoi confronti.- aggiunse.
-No! Non vorrai che… no!- protestò scuotendo la testa.
-Ma cosa vuoi che sia?- ribattè.
-Mi rifiuto. Non la farò dormire nel mio letto.- respinse la proposta senza che questa fosse stata espressa. –Deve crescere, non può avere paura del buio…!- continuò accorato.
-Ryan, ha quattro anni!- gli ricordò leggermente esasperato. –E poi tu hai già dormito con lei…
Il ragazzo smise di protestare ed arrossì di botto. Si era messo a sbraitare perché lo imbarazzava dover ammettere che non avrebbe mai voluto lasciare la piccola Strawberry e anche perché aveva addirittura pensato di mettere una branda nella propria camera per lei. Inoltre il fatto che Kyle sapesse di quell’episodio gli metteva addosso una strana agitazione.
Sospirando disse:-Prendi una brandina così possiamo portarla in camera mia.
Finalmente sorridente, Kyle si avviò lungo il corridoio per poi sparire all’interno di una stanza.
-Noi cosa facciamo?- rimasto solo il ragazzo si rivolse alla piccola. Voltò leggermente il capo, inspirando il dolce profumo dei suoi capelli –probabilmente le ragazze le avevano fatto il bagno- e aspettando una risposta. –Strawberry?
La bimba sussultò per poi alzare i suoi grandi occhioni color cioccolato. –Cionno…
“Finalmente ha ammesso di aver sonno!” esultò interiormente Ryan. La testardaggine era la stessa di quando era grande.
-Vieni. Andiamo in camera.
Annuendo, la bimba si abbandonò contro la sua spalla.
Stando attendo a non far troppo rumore il biondo arrivò in cima alle scale, si guardò un po’ intorno alla ricerca di Kyle, ma non vedendolo decise di entrare e aspettarlo lì.
Un piacevole calore lo avvolse e in poco si sentì in pace. Avrebbe voluto godersi quella calma interore ed esteriore ancora per un po’, ma la bambina non glielo permise.
-Dove siamo? Dove siamo?- prese a chiedere insistentemente. D’un tratto era come rinata, ogni traccia di sonnolenza sparita.
Corrugando un po’ la fronte il ragazzo si accinse a risponderle:-Questa è camera mia.
Non appena ebbe sentito quelle parole gli occhi di Strawberry s’illuminarono e prese a guardarsi intorno con attenzione, per catturare ogni singolo particolare della stanza. Non sapeva perché, ma dentro di lei sentiva una strana sensazione, come un peso all’altezza dello stomaco, ma per una persona della sua età quel sintomo non aveva particolare significato.  
-Dormirai qui, stanotte.- concluse Ryan.
Al che la rossina smise di osservare il computer ed alzò lo sguardo sul ragazzo, dedicandogli un bellissimo sorriso. Era evidente che la notizia l’aveva resa felice.
“Come può essere così felice per una cosa così banale? Forse è proprio vero che ha un forte attaccamento nei miei confronti… se rimanesse così anche da grande…”, pensò l’americano facendola sedere delicatamente sul letto. Appena sentì il materasso sotto di sé Strawberry sorrise nuovamente ed incrociò le gambe, prendendo a fissare il ragazzo.
-Resta qui.- iniziò lui chinandosi ad aprire un cassettone sotto il letto. Ne estrasse una maglia a maniche lunghe e un paio di pantaloni elasticizzati. –Vado a cambiarmi, torno tra un minuto.- terminò rialzandosi ed avviandosi verso il bagno. Sentiva lo sguardo della bimba addosso.
  Quando la porta si fu chiusa dietro le spalle dell’americano Strawberry ricominciò a scrutare la stanza. D’un tratto la sua attenzione fu catturata da una foto posta sopra la testiera del letto, gattonando raggiunse il cuscino e, facendo leva sulle ginocchia, si alzò. Rimase in contemplazione per qualche minuto, avendo riconosciuto nel bambino biondo al centro Ryan, ma poi il suo sguardo cadde su un libro che sporgeva leggermente dal piano di legno.
Allungò una mano e lo afferrò. Tenendolo stretto con una mano tornò al centro del letto, avanzando carponi con l’aiuto di quella libera. Nuovamente si sedette a gambe incrociate, poi abbassò gli occhioni color cioccolato sull’oggetto.
Non sapeva ancora leggere, ma riconobbe la figura sotto le parole per Cenerentola. Era la stessa immagine che c’era sul libro di fiabe che sua madre le leggeva ogni sera prima di augurarle la buona notte. Contenta, aprì la copertina e prese a guardare le immagini.
  Fu così che la trovò Ryan.
Non appena aveva alzato lo sguardo l’aveva trovata sul letto, intenta a sfogliare un libro che, ne era sicuro, non gli apparteneva.
-Cosa stai facendo?- le chiese avvicinandosi.
Lei alzò gli occhi, leggermente assonnati, ma ancora vispi.
-Sto guaddando Cenerentola.- rispose con uno dei suoi candidi sorrisi.
“Cenerentola? Da quando in qua ho la fiaba di Cenerentola in camera?”, si chiese il ragazzo.
-Dove hai trovato il libro?- chiese ancora. Aveva il sospetto che in tutta la faccenda c’entrasse Kyle. Magari in quel momento era dietro la porta a ridersela di gusto.
-Lì.- Strawberry indicò il posto vicino alla cornice. Ora Ryan non aveva dubbi: era opera di Kyle.
-Capisco.- il biondo si sedette al suo fianco e le posò una mano sui capelli carmini. –Ti piace?
Lei annuì, tornando ad abbassare lo sguardo per osservare Cenerentola cucire gli abiti delle sorellastre.
Ryan rimase ad osservarla per un po’, in religioso silenzio. D’un tratto si rese conto che era ancora vestita e lui non aveva un pigiama della sua misura. Ma come per magia ecco che sulla scrivania del computer notò un abito ripiegato.
“Avevi pensato proprio a tutto, vero Kyle?”, realizzò con un mezzo sorriso divertito.
Si allungò verso il tavolo e afferrò il vestitino, che si dimostrò essere una piccola camicia da notte, forse di Mina.
“Scommetto che non le piacerà.”, pensò tra sé spiegandola. –Per questa notte userai questa.
Strawberry allora abbandonò il libro di Cenerentola ed alzò lo sguardo sul ragazzo. Dopo un attimo i suoi occhi si spostarono ad osservare l’abitino, tutto pizzi e merletti.
Storcendo il naso, quasi sdegnata dell’offerta, scosse la testolina. –No, brutto.
Ryan quasi scoppiò a ridere. “Lo sapevo!”, si disse compiaciuto. –Capisco che non sia di tuo gusto, ma ho solo questo.- la rimbrottò.
Lei in risposta mise il broncio.
Cercando di non perdere la pazienza e al contempo di non ridere, il biondo tornò a sedersi al fianco della bimba.
“Presumo che ormai Kyle se la sia già filata e quindi mi toccherà fare tutto da solo. Confesso che non mi dispiace stare con lei, ma quando s’intesta su qualcosa è difficile farle cambiare idea.”, ragionò. –Senti, Strawberry, devi pur cambiarti per dormire, no?- disse con voce vellutata. Calma, questo era il segreto per trattare con i bambini.
Lei allora fece scomparire il broncio ed assunse un’espressione pensierosa. Alla fine rispose:-Sì, ma quello è brutto!
Sospirando, il ragazzo pregò i Kami di aiutarlo. –Cosa ti do allora?- chiese, più a se stesso che alla bimba.
Senza perdere tempo lei afferrò un lembo della sua maglia e lo guardò con occhi supplicanti. Non capendo, Ryan rimase ad osservarla confuso. Poi realizzò che voleva indossare una maglia come quella che aveva addosso lui. Ok, ma dove la trovava una maglia della sua misura?
Ragionando fece vagare lo sguardo per la camera e d’un tratto si ricordò di cosa conteneva il terzo cassettone sotto al letto.
“Che stupido! Perché non ci ho pensato prima?”, si chiese.
Si chinò, aprì lo scomparto e ne estrasse una t-shirt a mezza manica che sembrava esser incappata in una massaia inesperta, che l’aveva ristretta di parecchie taglie con un lavaggio sbagliato. In realtà quella era una delle magliette che il biondo americano indossava all’età di dieci anni.
-Questa va bene?- chiese alla bimba, concentrata a capire cosa stesse facendo.
Alla domanda la rossina si riscosse ed annuì, sorridendo.
-Bene. Ti starà un po’ grande, ma pazienza.

    Finalmente un po’ di riposo! Dopo tanto penare per far indossare a Strawberry il “pigiama” e convincerla a non scorrazzare per la stanza, Ryan si sentiva esausto. Si sedette pesantemente sul letto, trattenendo a stento uno sbadiglio.
Strawberry, seduta per terra, era il ritratto della vitalità.
-Adesso però è ora di chiamare Kyle.- decise d’un tratto il ragazzo. Si alzò e fece per infilare la porta quando la bimba gli si aggrappò letteralmente alla gamba, piagnucolando.
-No, non via Ryan!- protestò mettendo un tenero broncio.
Lui la guardò dapprima infastidito poi la sua espressione s’intenerì. Sorridendo inconsciamente si chinò fino ad avere gli occhi, più o meno, alla stessa altezza della rossina.
-Va bene, rimango.- la rassicurò. Lei allora si sciolse in un sorriso e gli buttò le braccia al collo, facendolo leggermente barcollare. –Ehi, ehi calma!
Ridacchiando, la bimba si fece sollevare e posare sul letto. Facendole una carezza Ryan si sporse a raccogliere il libro, abbandonato a terra. Stava per posarlo sulla mensola quando nuovamente Strawberry lo fermò.
Guardò interrogativo prima lei, poi il libro a cui andava il suo sguardo. Infine capì.
-Vuoi che ti legga Cenerentola?- le chiese, già sapendo la risposta.
-Sì!- battendo le manine la rossina mostrò il proprio apprezzamento.
“Cosa mi tocca fare… chi l’avrebbe mai detto che mi sarei ridotto a leggere favole della buona notte alla ragazza di cui sono innamorato?”, si chiese appoggiando la schiena alla testiera. –Vieni qui.- la chiamò.
Senza farselo ripetere la bambina gattonò fino al cuscino e s’infilò sotto le coperte scostate dal ragazzo. Quando si fu posizionata al suo fianco, con il libro aperto sulle gambe, voltò il capo e gli sorrise.
“Non so perché, ma provo uno strano déjà-vu.”, realizzò lui.
Trasse un profondo respiro ed iniziò a leggere.
Era passato solo un quarto d’ora, ma già la testa di Strawberry ciondolava per la stanchezza.
Quando rischiò di addormentarsi seduta stante Ryan le chiese:-Hai sonno?
Scuotendo la testa per scacciare la sonnolenza lei rispose di no. Sospirando il biondo continuò a narrarle la storia.
Tempo cinque minuti e sentì la testolina della bambina posarsi sulla propria spalla. Alzando lo sguardo a fissarla, sorrise. “E’ crollata.”
Chiuse il libro, rilegandolo nell’angolo esterno del letto e la distese delicatamente, posandole il capo sul cuscino. Poi senza rendersene conto le posò un bacio sulla fronte e le sussurrò la buonanotte.
Assicuratosi che la piccola dormisse, appoggiò a sua volta la testa sul cuscino e, dopo averla circondata con un braccio a mo’ di protezione, si addormentò.

     L’aria tutt’attorno era fredda come una carezza ghiacciata.
Eppure qualcosa non quadrava… come poteva esserci freddo in una stanza riscaldata da un termosifone perfettamente funzionante?
Con questo pensiero pressante Ryan spalancò gli occhi.
La prima cosa che vide fu il soffitto bianco ed immacolato della propria stanza.
Sbattè le palpebre un paio di volte per abituarsi alla luce cangiante che veniva riflessa dalle pareti. Quando fu riuscito a focalizzare tutto quello che lo circondava si rese conto di essere solo. Il che era strano. La sera prima si era addormentato abbracciato a Strawberry, com’era possibile che ora lei non fosse lì?
  E allora la preoccupazione l’assalì e si alzò a sedere sul letto, buttando per terra, nell’impeto, il libro di fiabe che aveva appoggiato sul bordo del materasso circa nove ore prima.
Non se ne curò e si mise a setacciare freneticamente la stanza finchè un alito di aria fredda non lo fece rabbrividire.
Allora si girò verso la finestra e la trovò spalancata. Di schiena, appoggiata con i gomiti al davanzale, stava la piccola Strawberry. Indossava ancora il “pigiama” e aveva tutti i capelli scompigliati, ma sembrava che questo non le importasse.
“Ma cosa sta combinando?”, si chiese scendendo dal letto.
La rossa non si accorse di nulla e continuò a canticchiare un motivetto a labbra serrate.
-Strawberry, che stai facendo?- chiese lui con la voce ancora impastata di sonno.
Allora la bimba si voltò rapidamente e lo salutò con uno dei suoi sorrisi infantili, che gli scaldavano sempre il cuore. Poi, sempre sorridendo, scese dalla sedia presa dalla scrivania e trotterellò verso di lui.
-Ciao Ryan!- disse con voce limpida ed bambinesca. Allungò le braccia verso il ragazzo, pregandolo di prenderla in braccio. Chissà perché le piaceva un mondo.
Accontentandola, si accosciò e la sollevò, permettendole di stampargli un bacio sulla guancia come ulteriore buongiorno.
-Allora, che stavi facendo?- chiese nuovamente.
-Un regalo per te.- rispose candidamente, indicando la neve sul davanzale. In effetti proprio al centro si vedevano i segni delle dita che l’avevano raschiata per farne un mucchio ed iniziare a modellarlo.
-E da quant’è che staresti facendo questo “regalo”?- chiese lui, inarcando un sopracciglio. Aveva il terribile presentimento che la bimba avesse combinato la prima marachella del giorno.
-Mah…- fece lei, scrollando le esili spalle.
“Lo sapevo. Sicuramente sarà lì da più di un’ora…”, pensò. –Cosa devo fare con te?
-Giocare!- rispose prontamente la bimba. A quella frase Ryan non potè fare a meno di sorridere. –Poi andiamo a mangiare i dol… etchu!- uno starnuto la costrinse ad interrompersi.
Il biondo la guardò un attimo stupito e poi assunse un’aria di rimprovero.
-Ecco, vedi? A stare tanto davanti alla finestra ti sei presa il raffreddore!- la rimbrottò prendendo un fazzoletto ed asciugandole in nasino gocciolante.
-No, non è veo!- protestò lei.
-Ah, no?
-No! Io sto bene!- continuò lei.
-Se ti ammali poi non venire a piangere da me.- l’avvertì. Allora Strawberry si ammutolì e lo fissò con occhi lucidi. Lui mantenne la sua facciata, ma dentro di sé sentì la determinazione sbriciolarsi.
-Cattivo!- frignò stropicciandosi gli occhi.
-Non attacca con me. Adesso vai a vestirti.- disse posandola a terra. Poi le prese un cambio d’abiti che magicamente era comparso sulla sua scrivania e fece per andare in bagno. –Metti anche il maglione.- raccomandò prima di chiudere la porta.
   Quando finalmente uscì trovò Strawberry perfettamente vestita e pronta per andare a fare colazione. Sospirando di sollievo per essersi risparmiato un’altra dura lotta sul vestiario ripose le proprie cose e si avviò alla porta.
-Vieni.- la chiamò. Lei allora balzò giù dal letto e con pochi saltelli lo raggiunse. Scuotendo la testa Ryan chiuse e si avviò giù per le scale, seguito poco distante dalla bimba.
A metà rampa si voltò a vedere a che punto fosse e la sorprese intenta a scendere uno scalino, aggrappata con entrambe le mani ai sostegni del corrimano.
-Su, ti aiuto io.- ridacchiando tra sé risalì qualche gradino e le fece segno di aggrapparsi. Lei non se lo fece ripetere due volte e gli circondò il collo con le braccia. Stringendola cautamente a sé scese di sotto.
  Come sempre il salone era immacolato. Tutto merito di Kyle, che amava l’ordine e il proprio lavoro, anche se era una copertura. Con un’occhiata accondiscendente Ryan setacciò tutta la sala e alla fine si decise ad addentrarsi nel corridoio che conduceva in cucina.
-Buongiorno Kyle.- salutò.
-Oh, ciao Ryan.- il moro si voltò a guardarlo, smettendo per un attimo di controllare la torta nel forno. –Buongiorno Strawberry.- aggiunse sorridendo alla piccola.
-Ciao Kyle.
-Siete venuti giù in cerca di cibo?- chiese il cuoco.
-Io non ho molta fame, ma penso che lei sia affamata.- rispose il biondo americano indicando la piccola.
-Sì, fame.- gli diede ragione lei.
Sorridendo Kyle si voltò a prendere un vassoio e lo poggiò sul tavolo. Incuriosita Strawberry si sporse in avanti, sempre sostenuta dalle braccia di Ryan.
-Cos’è?- volle sapere.
-Indovina.- propose il ventunenne. Allora la rossa assunse un’espressione concentrata e si mise ad osservare attentamente il dolce posto sul vassoio.
-Torta al cioccolato!- esclamò dopo una lunga riflessione.
-Bravissima. E ora come premio te ne darò una fetta.- Kyle prese un coltello e si apprestò a tagliare uno spicchio di torta per poi dividerlo ulteriormente.
-Più grande.- disse la bambina vedendo il pezzo che le veniva porto.
-Ah, sì? Vediamo se riesci a mangiarla tutta…- la sfidò allora il ragazzo. Prese un’altra fetta grande come la prima e gliela mise in un piatto.
-Kyle, di questo passo farà indigestione di cioccolato.- lo rimproverò Ryan posando la bambina su uno sgabello.
-No, non ti preoccupare.- lo rassicurò con un sorriso. Se Kyle non era preoccupato perché doveva esserlo lui? Ad ognuno il suo mestiere, no?
-Hai qualche novità?- chiese dopo un po’ il ragazzo.
-Sugli alieni? O sul vampiro?- fece lui scrutandolo attentamente.
-Entrambi.
-Gli alieni non sono attivi e per quanto riguarda il vampiro sono riuscito a circoscrivere la zona ai boschi attorno al monte Fuji.- lo informò.
Il proprietario del Cafè s’illuminò e compiaciuto disse:-Che percentuale di possibilità abbiamo di trovarlo lì?
-Un buon 96%.- fu la risposta.
-Ottimo. Kyle sei insuperabile!- si complimentò.
-Modestamente…
-Sempre modesto, tu, vero?- fece Ryan colpendogli la spalla con un pugno, per gioco.
Intanto, mentre loro stavano discutendo, Strawberry aveva finito di mangiare la torta e ora li stava osservando con occhi supplichevoli.
Quando i due se ne accorsero si guardarono, stupiti della velocità con cui aveva mangiato le due fette.
Inginocchiandosi davanti a lei Kyle le sorrise. –Hai già mangiato tutto?
-Sì. Ho vinto io!- esclamò fiera.
-E’ vero, hai vinto tu.- si complimentò il moro. Allora lei sorrise e lui le scompigliò i capelli affettuosamente. –Allora, vuoi aiutarmi a fare un’altra torta?- le chiese dopo un po’.
Lei lo guardò stupita e si affrettò ad accettare la proposta.
-Io vado ad aprire il Cafè.- disse loro Ryan, sparendo oltre la porta. Strawberry era in buone mani, quindi non doveva preoccuparsi.

  Mentre apriva la grande porta di legno del locale, gli sovvenne un pensiero.
“Dannazione! Strawberry dovrà tornare normale prima del ritorno dei suoi genitori e dell’inizio della scuola!”, si diede una pacca sulla fronte, dandosi dello stupido.
-E io dovrei recuperare pure le settimane di lezione perse…- mormorò, rendendosi conto anche di quello. –Ma chi me l’ha fatto fare?
Scosse la testa, girando il cartello che attestava il Cafè come aperto.
Allontanò i pensieri sulla scuola e rimase ad osservare il vialetto acciottolato che portava alla strada. Era una giornata fredda, ma soleggiata. La neve rifletteva la luce, risultando quasi abbagliante.
All’improvviso gli sembrò di vedere qualcosa e si fece solecchio con la mano.
-Ryan…?
Riconobbe subito la voce e non ne fu contento.
-Mark, buongiorno.- lo salutò.
-Ciao… Strawberry è già arrivata?- domandò, raggiungendolo. Il biondo abbassò il braccio, fissando i suoi occhi azzurri in quelli castani del fidanzato della mew rosa.
Scosse la testa. –No, non è qui. Ma non te l’ha detto?
Il ragazzo lo fissò confuso. –Detto cosa?
“Improvvisazione, Ryan. Non devi farti scoprire.”, si disse. –Suo padre ha avuto una promozione ed è stato assegnato ad Osaka, per un incarico. L’hanno portata con loro, torneranno tra due settimane, circa.- spiegò.
Mark si accigliò. –Ma… non mi ha nemmeno avvertito.- protestò.
-Lo so. Non ha avvertito nemmeno noi. Cioè, l’ho scoperto ieri, quando sono andato a prenderla per portarla qui. Ho trovato un biglietto dove mi spiegava la cosa.- mentì.
-Sì, ma io sono il suo fidanzato! Non mi ha mandato nemmeno un messaggio.- replicò, incredulo. “Valgo così poco…?”, si chiese. A Ryan aveva lasciato un biglietto: certo, lui era il suo datore di lavoro, quindi doveva motivare la sua assenza… ma lui era il suo ragazzo, cavolo!
-Ha dimenticato il cellulare qui, la Vigilia. Kyle l’ha trovato nello spogliatoio. Sai quanto è sbadata.- altra bugia. “Caspita, potrei fare l’attore. Sono molto convincente.”, se ne stupì lui stesso.
L’altro sembrò credere a quello che gli era stato detto. –Oh… e non hai il numero dell’hotel in cui alloggiano?- domandò, deluso.
-No, mi spiace.- scosse la testa. Quello era vero.
Mark sospirò, passandosi una mano tra i capelli. –D’accordo. Due settimane, giusto? Aspetterò.- disse. –Ci vediamo.
Ryan rimase ad osservarlo mentre si allontanava, poi rientrò.
-Cos’è successo?- domandò Kyle, fissandolo da dietro il bancone. Della piccola non c’era traccia.
-Strawberry?- domandò.
-In cucina a mescolare la crema. Sono venuto ad aprire la cassa.- gli disse. –Cosa voleva?
-Voleva parlare con lei. Gli ho detto che è dovuta partire improvvisamente per Osaka coi suoi genitori. In fondo gli ho detto una mezza verità.- si giustificò, vedendo lo sguardo dell’amico.
-D’accordo, speriamo ci abbia creduto. Accogli tu le clienti?
-Certo, non ti preoccupare.- annuì e prese il suo posto.
Di lì a poco arrivarono anche le ragazze, che lo salutarono e filarono a cambiarsi.
Strawberry, sentendo le loro voci, le raggiunse correndo. Raggiunse Pam, la più vicina, e le si aggrappò alla gamba.
-Ciao, Strawberry.- la salutò, appoggiando a terra la sedia che aveva in mano.
Stavano sistemando i tavoli prima dell’arrivo della clientela.
-Ciao!- sorrise lei e poi andò anche dalle altre. Salutò calorosamente anche Mina, cosa che non avrebbe fatto normalmente.
La mew bird si ritrovò a fissarla perplessa.
Gli altri scoppiarono a ridere, divertiti.

  Nonostante fossero sotto le feste, la giornata fu relativamente tranquilla.
I clienti non riempirono mai completamente il locale e questo permise alle ragazze di svolgere il servizio senza dover correre.
Strawberry fu relegata in cucina con Kyle, in modo che non combinasse guai. Ogni tanto si sentivano le sue risa provenire dalla porta aperta e Ryan si ritrovava a sorridere.
La chiusura era passata da un’oretta quando Kyle annunciò la cena.
Il biondo, che era al piano di sopra per far fare il bagno alla piccola Strawberry, gli diede voce, dicendo che sarebbero scesi subito.
Si diede dello stupido per l’ennesima volta, cercando di non pensare che quella era la ragazza di cui era innamorato e finì d’asciugarla.
La rossa si stava divertendo parecchio, ridendo a più non posso.
-Strawberry, stai ferma per favore!- supplicò per l’ennesima volta. Era ricoperto di schiuma dalla testa ai piedi.
-Sciolletico!- protestò lei, dimenandosi.
-Mi dispiace per il solletico, ma devo asciugarti.- le disse, frizionandole i capelli.
Lei allora assunse un’espressione buffissima e si concentrò su un punto della stanza, cercando di non muoversi.
Ryan la guardò stupito, poi sorrise. –Brava.
Finalmente riuscì a vestirla. La portò di sotto, lasciandola alle cure del suo migliore amico, e poi scappò in camera per farsi una doccia e completare quello che aveva iniziato la bambina.
Si sfilò il maglione di dosso, constatando che doveva metterlo ad asciugare e poi si chiuse in bagno.
Durante la doccia ragionò sul problema più pressante: fa tornare la ragazza della sua “dimensione standard”.
Sarebbe stato un duro colpo per i suoi genitori ritrovare una bambina dell’età di quattro anni. Shintaro l’avrebbe sicuramente ammazzato, se solo gli fosse venuto il sospetto che fosse colpa sua.
Rabbrividì al pensiero ed immerse il viso sotto il getto caldo.
“Dobbiamo eliminare il veleno dal suo corpo…”, ragionò, avvolgendosi un asciugamano attorno ai fianchi snelli. “Sì, facile a dirsi.”, scosse la testa.
-Ryan!- lo chiamò Kyle.
-Arrivo!
Lasciò perdere quei pensieri e si affrettò a rivestirsi e raggiungere i due al piano di sotto.
-Eccoti, iniziavo a pensare di dover chiedere aiuto.- scherzò il moro.
Gli fece la linguaccia. –Spiritoso. Stavo ragionando.
-Su cosa?- domandò tornando serio.
-Sul problema con le codine che dorme nella mia stanza.- disse, alludendo alla piccola Strawberry.
-Giusto… trovato niente?
-Forse. Credo che dovremo eliminare il veleno, manualmente diciamo. Dovremo partire da questo.- gli disse. L’altro annuì.
-D’accordo, ma ora mangiamo.- e lo fece sedere, portando poi in tavola un bell’arrosto con patate.
-Oh!- esclamò la bambina, battendo le manine.
-Ti piace?- le chiese il cuoco.
-Sì!- ed agitò le gambe sotto il tavolo, ansiosa di poterlo assaggiare. I due ragazzi sorrisero e poi iniziarono a mangiare tutti insieme.

  Dopocena Ryan fu costretto a trovare un cartone animato da far vedere a Strawberry.
Pena la perdita dell’udito.
La piccola aveva iniziato ad insistere per poter vedere un cartone, qualsiasi cartone. Lui si era rifiutato e allora lei aveva iniziato ad urlare, strillando letteralmente come un’aquila.
Praticamente assordato, l’aveva accontentata.
Ed ora si trovavano in camera sua, sul letto, intenti a guardare la Bella addormentata nel bosco.
  Strawberry non aveva staccato gli occhi dallo schermo da quando erano iniziate le sequenze introduttive. Era letteralmente rapita.
Ryan le lanciò un’occhiata, sorridendo della sua espressione. Non l’avrebbe mai ammesso, ma vederla comportarsi in modo così spontaneo con lui lo faceva sentire importante. Quasi come se lei si fidasse di lui.
“Non scherziamo.”, si disse, abbassando il capo.
Lui non era Mark e non avrebbe mai stretto la mano della mew neko né l’avrebbe mai portata a nessuno di quegli imbarazzantissimi appuntamenti che tanto le piacevano.
Oppure, si sarebbe messo anche in ridicolo per farla contenta. Ma a che pro? Lei non aveva occhi che per il campione di kendo.
“Forse dovrei entrare in qualche club.”, ragiono. Ma scartò subito l’idea e tornò a concentrarsi sul cartone.
Stranamente la rossa rimase sveglia fino alla fine, senza mai ciondolare la testa.
Quando l’americano si chinò per spegnere la televisione, lei rimase a guardarlo immobile. –Andiamo a letto?- le chiese.
Ormai erano le undici.
Senza nemmeno protestare si infilò sotto le coperte. La guardò stranito, ma poi la raggiunse.
Si stese accanto a lei e la circondò con le braccia, offrendole il calore del proprio corpo.
-Notte Ryan…- mormorò, accoccolandosi contro il suo petto.
-Notte Berry.- rispose, chiudendo gli occhi. Era così facile sentirsi rilassato quando era con lei. “Vorrei che rimanessi così oppure che ti ricordassi di questi momenti una volta tornata te stessa.”, pensò prima di cadere addormentato.

  Dovevano essere le tre di notte.
Ryan era stato svegliato da uno strano rumore. Aprì gli occhi nell’oscurità e si concesse un attimo per uscire dal sonno.
Poi si girò per controllare Strawberry e si accorse che stava mugolando.
Accese la luce sopra la testiera del letto e si voltò a guardarla. Era pallida e sul visino paffuto aveva un’espressione sofferente.
Preoccupato, le mise una mano sulla fronte, trovandola sudata e troppo calda.
-Strawberry…- mormorò, cercando di svegliarla. Non voleva farla spaventare, non quando stava già male a causa della febbre.
“Lo sapevo che non dovevo lasciarti alla finestra.”, si disse, scuotendola ancora.
La piccola finalmente aprì gli occhi, lucidi a causa dell’eccessivo calore del suo corpo. –Ryan…- piagnucolò.
-Ehi, tesoro… hai la febbre. Dobbiamo prendere le medicina.- le disse, cercando di suonare il più rassicurante possibile.
Lei scosse la testa, stropicciandosi gli occhi. –Male… male alla testa…- disse.
-Lo so, per quello dobbiamo prendere le medicine.- le accarezzò i capelli, sparsi sul cuscino.
Nuovamente si oppose.
-Strawberry, starai meglio dopo.- tentò ancora di convincerla, senza perder la pazienza.
Dopo l’ennesimo rifiuto il ragazzo la prese in braccio e la portò di sotto.
-Kyle!- chiamò. Entrò nella camera dell’amico, accendendo la luce. –Kyle!
L’americano mugugnò qualcosa, mettendosi supino. –Ryan… che succede?- domandò con voce impastata.
-Strawberry ha la febbre alta.- gli disse, tenendo la piccola tra le braccia.
-Cosa?- l’altro balzò a sedere.
-Sì… non vuole prendere le medicine.- gli si avvicinò.
Il moro allora la guardò e le sorrise. –Vieni con me, piccola. Ti farò stare meglio.- le disse. Ryan gliela passò delicatamente e lui si diresse in bagno.
Non sapendo che fare, il biondo rimase in piedi al centro della camera.
Sentì le proteste di Strawberry giungere dal bagno e la voce rassicurante di Kyle, che cercava di calmarla.
Alla fine i due uscirono.
-Ok… per ora dovrebbe essere a posto. Vediamo come sta domattina.
Il ragazzo annuì. –Grazie. Scusa se ti ho disturbato, ma non so come si fa in questi casi.- ammise.
-Tranquillo.- sorrise. –Buonanotte.
-Notte.
Strawberry ora era tranquilla, intorpidita dall’effetto delle medicine. Ryan la riportò in camera il più silenziosamente possibile e la adagiò sul letto. Si addormentò subito.
“Speriamo bene.”, si augurò che migliorasse.

  Quando si svegliò, il giorno successivo, la piccola stava ancora male.
-Cosa devo fare…?- si chiese.
La portò di sotto e ne informò Kyle. –Potrebbe essere una reazione al veleno.- gli disse.
-Oppure semplicemente freddo, dato che l’ho trovata alla finestra intenta a fare un pupazzo di neve per me.- replicò. Si sentiva in colpa, anche se non sapeva bene perché.
Il ventunenne sorrise. –Ok… vediamo come va stanotte. Se non le si abbassa chiamiamo il medico.
Ryan si trovò assolutamente d’accordo.
Quando le ragazze arrivarono, le informarono della cosa e loro si offrirono di salire a turno per accudire la piccola.
A metà pomeriggio Pam annunciò loro che la febbre era scesa e Strawberry sembrava stare meglio.
I due proprietari del Cafè sospirarono, sollevati.
Rassicurato da ciò, Ryan tornò alle sue ricerche, analizzando per l’ennesima volta il corredo genetico di tutte e cinque le mew. Da qualche parte doveva pur esserci qualcosa in grado di neutralizzare il veleno, no?
La sera arrivò quasi all’improvviso.
Tutti erano stati impegnati per l’intera giornata e, quando Kyle annunciò la chiusura, non potevano crederci.
-Sono distrutta.- brontolò Paddy, massaggiandosi il collo.
-A chi lo dici.- fece Lory.
-Grazie per il vostro duro lavoro, ragazze. Ci vediamo domani.- disse loro il moro.
-Ok… saluta Ryan.
Le accompagnò alla porta e poi scese dall’amico. –Ryan, le ragazze sono andate a casa. Il locale è chiuso, andiamo a vedere come sta Strawberry.- gli disse.
-Come? Oh, sì…- si massaggiò la radice del naso. Aveva gli occhi stanchi. –Problemi, oggi?
L’altro scosse la testa. –No… anche gli alieni sembrano in vacanza.
-Bene.- si alzò e lo seguì al piano di sopra.
Trovarono la piccola intenta a sfogliare il libro di Cenerentola, senza vederlo realmente. Si vedeva che era ancora spossata, ma probabilmente si stava annoiando.
Quando li vide entrare alzò la testa di scatto e balzò giù dal letto, correndo loro incontro.
-Ehi, piano!- le disse il biondo, prendendola in braccio. Lei lo guardò con gli occhi lucidi, segno che aveva ancora la febbre. –Hai fame?
Scosse la testa.
-Devi mangiare un po’.- s’inserì Kyle. –Li vuoi due onigiri?
Lo guardò e poi annuì.
-Bene, aspettiamo Kyle e poi dobbiamo prendere la medicina, ok?- Ryan si sedette con lei sul letto. Quando stava in sua compagnia il suo lato tenero emergeva naturalmente, senza nessuno sforzo.
Da molto tempo non si comportava così nei confronti di qualcuno.
Kyle non li fece attendere molto e poco dopo tornò con la cena. Aveva portato anche qualcosa per sé e per l’amico.
-Ceniamo qui.- gli disse come giustificazione.
E così si ritrovarono a mangiare in camera del biondo, riuniti come un’insolita famiglia.
Come la sera precedente, ad un certo punto Strawberry si arrampicò sul letto e sparì sotto le coperte. Kyle si congedò e augurò loro la buonanotte.
-Fammi sentire la fronte.- Ryan le si avvicinò, sedendosi sulle coltri. –Mhm… è ancora calda.
-Io muoio?- gli chiese lei.
Lui la guardò stupito. –Cosa? No, chi ti ha detto questa cosa?
Scosse la testa, non sapendo cosa rispondere.
-Ora andiamo a dormire, ma se domani starai ancora così andremo dal medico.- l’avvertì. A quelle parole lei si tirò la coperta fin sopra i capelli, spaventata dall’idea di dover entrare in un ambulatorio. –Non ti farà del male, tranquilla.
Ma non ci fu verso di farla riemergere.
Ryan allora sospirò e si mise a letto con lei, dato che si sentiva stanco. Stare troppo al computer gli causava dei bei mal di testa, ma doveva pur farlo.
Le ricerche non andavano avanti da sole.
-Notte.- le sussurrò, sfiorandole la fronte con le labbra.
Lei mormorò qualcosa, seppellendo il viso nella maglia che usava come pigiama.

  Ryan si svegliò all’improvviso.
Aveva uno strano presentimento addosso, gli faceva formicolare il corpo.
Fece per controllare la piccola, ma avvertì una pulsazione.
Si bloccò e rimase ad osservarla, immobile.
“Che sta succedendo?”, si chiese. Il corpo di Strawberry stava pulsando, come quando era stata morsa.
Fece per alzarsi e scendere a chiamare Kyle, quando una luce molto forte lo investì, illuminando a giorno la camera.
Continuò a stringere la bambina, spaventato che potesse succederle qualcosa.
Quando il bagliore si dissolse fu catapultato nuovamente nel buio. Non vedeva nulla, accecato com’era.
Attese qualche istante per far riabituare gli occhi all’oscurità e si rese conto di una cosa.
Il contatto col corpo della rossa era molto più esteso rispetto a prima.
“Che si sia spostata?”, si domandò.
Fece per muovere la mano, ma si ritrovò a sfiorare qualcosa di morbido. Sgranò gli occhi, non osando fare nessuna mossa.
La febbre aveva scatenato il processo inverso e quella che stava stringendo non era più la Strawberry di quattro anni.

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Capitolo 11
*** Cap. 10 Imbarazzo ***


Cap. 10 Imbarazzo
Ecco il tanto atteso risveglio! Ne vedrete delle belle XD
E per poco Kyle non perderà le staffe... volete sapere perchè? Leggete :)

P.S.: Mi scuso per la poca finezza di Ryan nella prima riga qui sotto ma, come capirete, la situazione lo richiedeva XD


Cap. 10 Imbarazzo


  Ryan s’irrigidì. “Cazzo!”, pensò istintivamente.
Non poteva essere successo veramente! Cioè, era felicissimo che fosse successo, ma non doveva accadere così.
Strawberry era tornata normale, probabilmente grazie alla febbre che aveva fatto bruciare il veleno al suo organismo.
Il problema era che ora lei se ne stava dormendo, ancora febbricitante, nel suo letto. La maglietta che indossava come pigiama si era strappata in più punti e la copriva in modo insufficiente.
Il ragazzo iniziò a ripetere, come un mantra, che lui era l’iniziatore del progetto e che quella era solo un’altra reazione da analizzare.
“Sì, ma sono pur sempre un uomo!”, con quel pensiero spazzò via tutto il lavoro fatto.
Si mise le mani sul viso, sconvolto.
Sentiva il calore del corpo di Strawberry, ma era un calore diverso da quello che avvertiva con la sua versione infantile.
“Ryan, esci da questo letto e da questa camera, subito.”, ordinò a se stesso.
Il più lentamente possibile si allontanò da lei, cercando di non toccarla. Ok, si erano già trovati nel suo letto, intenti a baciarsi addirittura, ma qui la situazione era diversa.
In primo luogo lui non stava giocando, era notte e lei non era propriamente vestita.
“Esci!”
Balzò a sedere un po’ troppo bruscamente.
Strawberry, accanto a lui, mugugnò qualcosa. Il ragazzo si gelò, aspettando di vedere cosa sarebbe successo.
La sentì girarsi supina.
-Uhm… Ryan…?- chiamò, confusa. Cos’era successo? E perché era sicura di essere con Ryan?
Spalancò gli occhi e si mise a sedere.
Abbassò lo sguardo, senza vedere nulla, e mosse le gambe sotto le coperte. Il biondo, dal canto suo, si era allontanato il più possibile da lei, per non farsi scoprire.
-Ma…- la rossa si rese conto di avere addosso qualcosa di molto stretto. Si tastò il petto e trovò dei tagli nel tessuto. –Ma cosa cavolo ho addosso?
Senza sapere bene perché allungò una mano dietro di sé, trovando l’interruttore. Lo premette e finalmente poté vedere qualcosa.
Sbatté qualche volta le palpebre, sentendo la testa fluttuare. Si portò una mano alla tempia e il mondo s’inclinò per qualche istante.
-Ho la febbre…?- realizzò, stupita.
Fece per stendersi nuovamente quando notò qualcosa con la coda dell’occhio.
-Ryan?!- esclamò, sussultando per la sorpresa. –Che ci fai qui?
Lui deglutì. –Sei nella mia camera.- disse. Non voleva assolutamente scatenare la sua parte violenta, quindi avrebbe dovuto agire con assoluta prudenza.
-Nella tua camera…? Perché… un attimo, cos’ho addosso?- chiese, ricordandosene. Sgranò gli occhi ed uscì dalle coperte con un rapido movimento.
-Oddio, Strawberry!- Ryan s’affrettò a voltarsi.
Lei abbassò lo sguardo su di sé e si ritrovo praticamente nuda. Dire che urlò sarebbe stato un eufemismo.
Iniziò a strillare così forte che il ragazzo temette gli sarebbero scoppiati i timpani.
-Cosa ci faccio nel tuo letto, praticamente nuda?!- strappò violentemente la coperta e tentò d’avvolgersela addosso. Aveva il viso congestionato per la rabbia e la vergogna.
-Calmati, per carità!- tentò di suonare convincente, ma era difficile quando non potevi guardare in faccia il tuo interlocutore.
-Calmarmi?! Cosa diavolo mi hai fatto?- strepitò ancora più forte.
-Nulla, non ti ho fatto nulla! Sono vestito, vedi?- s’azzardò a voltarsi e la trovò coperta. Abbastanza perché potesse fissarla senza essere accusato di essere un maniaco.
Senza pensarci la mew neko afferrò il cuscino e glielo lanciò addosso. Il ragazzo lo afferrò con una mano prima di ricevere il colpo.
-Sei un maniaco, Shirogane!
-Ti ho detto che non ti ho fatto niente! Calmati e lasciami spiegare!- alzò la voce anche lui.
-No!- si rifiutò lei e gli lanciò addosso qualcos’altro.
Ryan lo schivò, ma presto altri oggetti volarono nella sua direzione: Strawberry stava lanciando qualsiasi cosa le capitasse a tiro.
Il biondo si mise in ginocchio, tentando di afferrarla per le braccia. Lei si ribellò ed afferrò la cornice sulla testiera.
Un attimo e quella colpì il ragazzo alla tempia.
Colpito in pieno si ritrasse, sibilando. Strawberry lo guardò, spiazzata, poi corse a rifugiarsi in bagno.
Kyle, che aveva sentito le urla dal piano di sotto, spalancò la porta all’improvviso. –Ryan!
Lo trovò piegato in due sul letto che si reggeva la testa.
-Ma cos’è successo? Ho sentito gridare.- gli si avvicinò, preoccupato.
-Strawberry… è tornata normale.- spiegò, dolorante.
-Cosa? Sul serio? Ma… dov’è?- si guardò attorno. L’amico gli indicò la porta del bagno. –Cosa ti è successo?
-Nulla.- disse, raddrizzandosi.
-Fa’ vedere.- lo costrinse a togliere le mani. –Che brutto taglio.- esclamò, sconvolto.
-Sì… una cornice volante.- cercò di sdrammatizzare lui.

  Strawberry si appoggiò pesantemente alla porta.
Sentiva le voci dei ragazzi al di là e si sentì subito in colpa per aver colpito Ryan.
Ma nessuno poteva biasimarla: si era ritrovata nuda nel suo letto, senza ricordare nemmeno come ci era arrivata.
Si era ubriacata?
No, l’ultima cosa che ricordava era l’attacco del vampiro e poi tutto quel dolore…
“Sono in un universo parallelo!”, pensò. Ma si diede della stupida subito dopo. Si lasciò scivolare a terra, avvertendo l’assalto delle vertigini.
Si portò una mano alla fronte e la sentì calda. –Ho la febbre…- constatò.
Chiuse gli occhi, cercando di calmare il battito furioso del suo cuore. Ci era quasi riuscita quando le tornò in mente tutta la scena.
Scostò la coperta per poter controllare… e sì, era veramente mezza nuda.
“Ryan mi ha vista!”, voleva sprofondare.
-Mark! Oddio, cosa dirò a Mark?- si chiese, iniziando già a disperarsi. Non aveva ancora baciato seriamente il suo fidanzato e si faceva vedere nuda da un altro ragazzo?
“Ryan mi ha pure baciata!”, ricordò. “Con la lingua poi!”
Lasciò uscire un gemito, nascondendosi completamente nella coperta. Avrebbe pianto se questo non le avesse provocato dolorose fitte alla testa.
-Strawberry…?- la voce di Kyle.
Sollevò la testa e guardò la porta. –Kyle…- mormorò.
-Hai un cambio qui al Cafè?- le domandò.
Ci pensò su. Forse sì… ma non sapeva se aveva tutto il necessario.
-S-sì…- disse infine.
-Vado a prendertelo. Aspetta lì e non ti agitare: ti salirà la febbre, se no.- si raccomandò.
Lei non disse niente e tornò a chiudere gli occhi.
Quando sentì la porta della camera richiudersi li riaprì di scatto.
-Ti passo i vestiti, apri la porta.- le disse il moro.
Si fece da parte in modo da potersi schermare col battente e sbirciò fuori. Trovò il viso sorridente del cuoco e il suo cambio d’abiti.
Non vide Ryan.
-Grazie mille.- disse, prendendolo. Fece un breve sorriso e si affrettò a chiudere.
Trovare un cambio completo fu un miracolo!
Si rivestì in fretta, ma si rese presto conto che i vestiti che aveva lasciato erano più adatti ad un appuntamento. La gonna non andava bene per dormire.
-Apri.- questa volta non era stato Kyle a parlare.
-P-Perché?- chiese diffidente.
-Fallo e basta.
Deglutì e poi obbedì, aprendo il battente il minimo necessario. Allungò una mano alla cieca e toccò della stoffa. La afferrò e la tirò dentro.
Guardò quello che aveva recuperato: un paio di pantaloni di una tuta e una maglia a maniche lunghe.
Erano sicuramente di Ryan. Poteva dirlo con sicurezza perché riconobbe il suo profumo.
Lasciò cadere a terra la coperta e li indossò. Ovviamente le stavano grandi, ma dopo un paio di rimbocchi riuscì a vedersi mani e piedi.
Vergognandosi come un cane si decise ad uscire. Ripiegò la coperta sotto braccio e poi aprì la porta, tenendo lo sguardo sul pavimento.
-Oh, eccoti. Non dovresti stare alzata, hai ancora la febbre.- le sorrise Kyle.
-“Ancora la febbre”? Che significa?- domandò, confusa.
-Te lo spiegheremo domani.- le disse solo.
Fece per chiedere dove avrebbe dormito, quando Ryan la anticipò. –Tranquilla, dormo di sotto. Buonanotte.
Il suo tono freddo le fece capire che non era stato contento della sua reazione. Ok, forse era stata un po’ spropositata, ma non si sarebbe mai aspettata qualcosa del genere.
Rimase a fissare la porta, immobile. Poi Kyle la riscosse dicendo:-Buonanotte. A domani.
Uscì, lasciandola sola.
Si guardò lentamente intorno, riconoscendo la stanza del biondo.
Quando lo sguardo le cadde sul letto chiuse gli occhi, cercando di scacciare dalla propria mente le immagini della sua sfuriata da pazza.
“L’ho colpito con la cornice.”, si lasciò sfuggire un gemito. Scosse la testa, cercando di recuperare il controllo di se stessa e delle proprie emozioni. –Meglio se mi stendo…- si disse.
Mosse un passo, incerta. Si sentiva scombussolata e temeva di poter crollare al suolo come un sacco di patate.
  Si sedette e prese un respiro profondo. Inconsciamente passò la mano sulla parte di letto precedentemente occupata da Ryan. Era ancora calda, sapeva ancora di lui.
Sentendosi immensamente in colpa per quello che aveva fatto, si rese conto che sicuramente aveva a che fare col vampiro. Probabilmente i ragazzi l’avevano aiutata durante il suo blackout.
Appoggiò la testa sul cuscino e si voltò verso il muro. Subito dopo averlo fatto intravide qualcosa incastrato tra il materasso e il muro. Allungò la mano ed afferrò l’oggetto. Quando lo estrasse trovò la foto di famiglia del ragazzo.
Il vetro si era incrinato.
-Scusa…- mormorò, sfiorandola col dito. Alzò il braccio sopra la testa e la depositò sulla testiera, per evitarsi di fare ulteriori danni.
Sospirò, abbattuta e chiuse gli occhi, imponendosi il sonno.
Non fu troppo difficile, dato che la febbre fu estremamente collaborativa.

-Ryan, aspetta. Farmi vedere.- disse Kyle.
Il ragazzo scosse la testa. –Non è nulla. Buonanotte.
-Sì, invece. Aspetta.- lo prese per un braccio, costringendolo a fermarsi in mezzo al corridoio.
Lui distolse lo sguardo, dandogli modo di osservare la ferita.
-Hai bisogno di un punto.- sentenziò, sfiorandogli appena la pelle. Al che l’americano lo scostò gentilmente da sé. –Ryan.
-Cosa, Kyle?- lo guardò apertamente negli occhi. Era esasperato, frustrato e anche ferito. E non solo fisicamente.
-Ha solo reagito impulsivamente.- tentò di risollevargli il morale. L’altro annuì, per niente convinto. Il moro sospirò. –Andiamo, vieni in bagno.
Ryan fece per protestare, ma l’amico lo trascinò con sé e non volle sentire ragioni. Lo fece sedere sul bordo della vasca e recuperò quello che gli serviva.
-Da quando in qua sei un chirurgo?- volle sapere.
-Da quando sei caduto da quell’albero, quando avevi sette anni.- lo guardò male. –Sono stato io a prestarti il primo soccorso.
-Oh… giusto. L’avevo dimenticato.- ammise.
-Per forza, avevi sbattuto la testa.- altra occhiata di rimprovero.
-Non capisco perché sono io quello che viene rimproverato.- si concesse di sbuffare, infastidito dal suo modo di fare.
Kyle non rispose, troppo concentrato a far passare il filo sottopelle. Ryan attese che ebbe finito, non voleva ritrovarsi sfregiato.
-Dovresti essere più ragionevole.- gli suggerì.
Il biondo quasi scattò in piedi. –Più ragionevole? Kyle, non ho fatto niente di male!- protestò.
-Lo so, ma…
-Niente ma. Questa volta io non ho sbagliato nulla. Stavo anche cercando di uscire, prima che lei si mettesse a gridare.- spiegò, contraendo i muscoli per la rabbia.
-Mi dispiace.- disse allora l’altro.
-Anche a me. Quando cerco di fare la cosa giusta mi becco una cornice in fronte, quando faccio lo stronzo vengo assecondato. Dovrei continuare su questa strada: l’ho sempre detto che essere buoni e gentili non porta a niente.- replicò, risentito.
-Tu non sei stronzo. Sei un ragazzo corretto che usa una maschera per nascondere i propri sentimenti.- smentì il suo tutore.
-E funziona alla grande.- commentò lui.
Kyle gli disinfettò il taglio. –Se lo dici tu. Quando eri con la piccola eri veramente te stesso.- gli disse, riponendo poi la cassetta del pronto soccorso.
-Ora ho solo voglia di dormire. E, dato che non avrò più occasione di rivedere la piccola, come la chiami tu, tanto vale tornare a comportarmi come prima.- si alzò, intenzionato a raggiungere la stanza degli ospiti al piano terra.
-Uhm… aspetta che le abbia raccontato quello che è successo.- sorrise il cuoco.
Si bloccò, una mano sulla maniglia. –Non lo faresti…
-Oh, certo. Chissà, forse vi darete una bella svegliata tutti e due.
Ryan si voltò a guardarlo, sconvolto dalle sue parole. Aveva veramente intenzione di smascherarlo e metterlo nei casini?
“Fantastico. Ryan, preparati ad essere deriso.”, si disse, uscendo.

  Quando Strawberry scese di sotto, il giorno dopo la furiosa litigata con Ryan, non trovò nessuno.
Aveva bisogno di medicine, qualsiasi cosa che la aiutasse a far smettere l’incessante martellare che aveva in testa.
Portandosi una mano alla tempia raggiunse la cucina. –Kyle…?- chiamò.
Captò un movimento poco lontano da lei e voltò la testa. –Oh, Strawberry… come stai?- il ragazzo le si avvicinò.
-Ho la testa che mi scoppia. Hai qualcosa da darmi?- domandò.
-Certo.- annuì lui. Sparì oltre la porta e tornò poco dopo, porgendole una piccola scatolina.
-Grazie.- disse lei.
-Come va la febbre?- le mise una mano sulla fronte. –Mhm… c’è ancora. Ma basterà prendere qualche medicina e sarai a posto.- le sorrise.
Lei annuì distrattamente, ingoiando la pastiglia con un sorso d’acqua. –Ryan…?
Kyle distolse lo sguardo. –Sta ancora dormendo.- le disse, tornando ad occuparsi del forno. Lo stava pulendo, notò la ragazza.
-Era… era molto arrabbiato?- volle sapere.
Il moro non rispose. –Vuoi che ti racconti cos’è successo o vuoi aspettare le ragazze?- domandò, cambiando argomento.
-Oh… non so. Posso fare colazione intanto?- si sedette ad uno degli sgabelli davanti al grande tavolo.
-Certo. Cosa vuoi?
-Cioccolato?- azzardò un lieve sorriso. Lui annuì e le allungò una fetta di tenerina. –Grazie!
Mangiò in silenzio, osservandolo lavorare. Non sembrava particolarmente loquace, non come al solito. Probabilmente era colpa di quello che era successo ieri, d’altronde era normale che Kyle fosse dalla parte di Ryan.
-I miei hanno chiamato?- chiese dopo un po’, per spezzare il silenzio.
-No… non mi sembra. Comunque il tuo cellulare è sul bancone, l’ha riportato Ryan.- le disse.
-Ok, grazie. Dopo andrò a controllare.- annuì, finendo il dolce.
-Vuoi qualcos’altro?- le domandò lui, premuroso.
-Del latte, magari. Qualcosa da bere.- meditò un attimo. Aveva veramente sete.
-Ah… è passato Mark, l’altro giorno.- buttò lì, mentre le versava il liquido in una tazza.
Per poco la rossa non cadde dallo sgabello. –M-Mark?!
Il ragazzo annuì, posandole l’oggetto davanti. –Sì, gli abbiamo detto che sei andata ad Osaka coi tuoi e che rimarrai via due settimane, circa. Ah! E per la fretta hai dimenticato qui il cellulare.- spiegò, facendole l’occhiolino. Quel gesto era molto da Kyle, oppure… di quando non ce l’aveva con lei per aver colpito il suo migliore amico.
-Oh… be’… grazie.- disse, ancora stupita. Aveva una copertura, una copertura che l’avrebbe portata a mentire al suo fidanzato per l’ennesima volta. “Prima o poi dovrò confessare tutto… non posso continuare così.”, si disse scuotendo la testa.
-Ti prego, non dire niente sul progetto.- l’americano sembrò aver intuito i suoi pensieri e si era fatto preoccupato.
Rialzò la testa. –Come? No, non dirò niente.- assicurò.
-Grazie.- le sorrise un attimo.
-Ehm… mi racconteresti quello che è successo…?- chiese dopo un po’, prendendo un sorso di latte.
-Certo.- acconsentì lui. –Che torta preparo per oggi? Menta e cioccolato o crema?
Strawberry lo guardò perplessa, poi scoppiò a ridere per il repentino cambio d’argomento. –Menta e cioccolato.- decise.
Lui approvò ed iniziò a tirar fuori gli ingredienti. –Allora… qual è l’ultima cosa che ricordi?- le domandò, rompendo le uova.
Ci pensò un po’ su. Aveva la mente annebbiata, probabilmente a causa della febbre. –Il vampiro… ci ha attaccati. Ryan era a terra e… mi ha morsa!- quasi balzò in piedi. –Mi ha morsa. Voleva uccidermi!- realizzò.
-Ok, stai calma.- le disse con voce pacata. Lei annuì e si diede un contegno. –Dopo averti morsa il vampiro è scappato, tu ti sei ritrasformata e Ryan ti ha riportata qui. Eravate conciati male, tutti e due.- iniziò a raccontare.
-Lui era ferito?
Non appena ebbe posto quella domanda, la sua coscienza le chiese perché fosse così preoccupata per lui. D’accordo, era ingiusto che venisse ferito per colpa del progetto, ma aveva scelto di sua spontanea volontà di avviarlo.
“Smettila! Ti senti in colpa dopo l’attacco di Quiche, ecco perché.”, si disse.
-Tutto ok?- le chiese Kyle, vedendola scuotere il capo.
-S-sì!- si affrettò a dire. –Continua.
-Lui è svenuto, ma tu… tu sei diventata una bambina.- le svelò.
La rossa sgranò gli occhi. “Una bambina?”, lo fissò senza parole. Sicuramente stava scherzando.
-So che può sembrare assurdo e in effetti lo è. Il veleno ha reagito coi tuoi geni modificati: invece di diventare un vampiro, sei tornata piccola.- le spiegò.
-Sono… oddio… ero diventata una bambina?- si mise le mani davanti agli occhi. Non sapeva perché, ma si sentiva enormemente imbarazzata.
-Sì, ma eri dolcissima. Non ti preoccupare.- tentò di rassicurarla.
-Le ragazze mi hanno vista?- domandò.
Lui annuì. –Sì. Sei riuscita perfino a non litigare con Mina.- le sorrise.
“Sta per finire il mondo!”, pensò. Come aveva fatto a non battibeccare con la mew bird? Praticamente loro vivevano di discussioni!
-Ma i vestiti… non mi avete mica fatto girare nuda, vero?!
Scosse la testa. –No, Mina ha recuperato alcune sue vecchie cose. Ti stavano molto bene.- nuovamente le sorrise, divertito dalla sua reazione. –Eri adorabile.
-Sarò stata una bambolina piena di trine e merletti.- piagnucolò bevendo un altro sorso di latte. Ormai si era freddato, ma era buono lo stesso.
-Sai… non hai litigato con nessuno. Nemmeno con Ryan.- Kyle si azzardò a lanciare l’esca.
Al sentire il nome dell’iniziatore del progetto mew, Strawberry arrossì fino alla punta dei capelli che, a confronto, sembrarono spenti.
-Cos’è successo?
-Oh, nulla di strano. Sembrava fosse l’unico di cui ti ricordavi e gli stavi sempre attaccata. Sai… hai dormito con lui, ti ha accudita e quando ti è venuta la febbre era molto preoccupato.- le spiegò. “Vediamo come reagisce.”, pensò, fremente. Voleva aiutare quei due scemi a confessare i loro sentimenti, ma sembravano avere delle bende sugli occhi!
-Ho dormito con Ryan…? Mi ha accudita?
Scese dallo sgabello, incredula. Kyle, che durante la conversazione aveva continuato la preparazione del dolce, versò il preparato in una teglia e la mise in forno.
-Non è mica successo niente di male.- disse per sdrammatizzare.
-Nulla di male? Kyle, io sono fidanzata! E ti ricordo che Ryan mi detesta!- quasi strepitò.
-Hai proprio ragione.
Si voltarono entrambi. Senza volerlo, gli occhi della ragazza si scontrarono con quelli del biondo. Temette di trovarvi rabbia, irritazione e quant’altro, ma li ritrovò vuoti.
Inespressivi.
Rimase a fissarlo spiazzata.
-Ryan… buongiorno.- il primo a riprendersi fu Kyle.
Il ragazzo gli rispose con un cenno del capo, poi si sedette davanti al tavolo da lavoro.
La mew rosa restò immobile, incapace di spiccicare parola. Si era aspettata una battuta pungente, un commento sarcastico… invece niente.
-S-scusate… torno di sopra.- mormorò prima di defilarsi.

  Quando Kyle fu certo di non esser sentito dalla ragazza, esordì con un:-Hai rovinato tutto il mio lavoro!
Ryan alzò un sopracciglio, perplesso. –Quale lavoro?- domandò.
Il moro sbuffò, agitando le mani per aria.
-Kyle? Tutto bene?
-Sì, sì. Tutto ok.- liquidò la questione. Controllò la torta poi si girò a fronteggiarlo. –Ma tu! Quando ti deciderai ad essere più te stesso e meno… meno quello che fingi di essere?
Il ventunenne era fuori di sé, Ryan non l’aveva mai visto così.
Sembrava indemoniato.
Si alzò e gli si avvicinò. –Si può sapere di cosa stai parlando?- gli chiese, ma aveva capito perfettamente. Sapeva che lo stava aiutando a trovare un punto d’incontro con Strawberry, ma proprio non riusciva ad abbassare le sue difese. Soprattutto non dopo quello che era successo quella notte. Non si fidava di se stesso né di quello che avrebbe potuto dire.
-Sto parlando di te.- lo indicò col cucchiaio sporco di cioccolata. –E di Strawberry.
Il biondo alzò gli occhi al soffitto. –Smettila, ti prego. Non c’è niente da dire.- brontolò. Il moro ebbe uno scatto e per poco non gli assestò un bel colpo con l’oggetto che aveva in mano. Era sempre stato una persona paziente, ma dopo la scena di poco prima era scoppiato.
“Possibile che non riescano a parlarsi sinceramente? Mi vien voglia di chiuderli nel ripostiglio!”, sbraitò tra sé.
-Sembri posseduto.- commentò il suo amico, trattenendosi dal ridere. In risposta si beccò una bella occhiataccia. –Ok, ok. La smetto. Lo so… ma dammi tempo. Ora non è proprio il momento.- disse infine.
-E quando sarà il momento? Quando verrà fuori che andrà nella stessa università di Mark o inizieranno a far progetti per un futuro insieme?- sospirò, ritrovando la calma.
Ryan lo guardò stranito. –Non stai esagerando? Hanno solo quindici anni.- gli fece notare.
-Sì… ma se sto ad aspettare i tuoi tempi, farà in tempo a diplomarsi.- lo rimproverò.
-Kyle, insomma! Non so cosa tu voglia fare, ma…
-Voglio che stiate insieme! Sono stufo di vederti quell’espressione da cane bastonato ogni volta che la vedi insieme al suo ragazzo.- gli si avvicinò.
Al sentire quelle parole il biondo arrossì di botto, pronto a replicare ma, guardando lo sguardo del suo tutore, ci ripensò.
-Si nota così tanto?- domandò, abbassando il capo.
-Io l’ho notato, ma ti conosco da una vita. Le ragazze iniziano ad avere dei sospetti, credo. L’unica a vivere nel suo mondo è la diretta interessata.- rispose, accennando col capo alle scale.
Il ragazzo, allora, si mise le mani tra i capelli. –Adesso non ce la faccio. È troppo imbarazzante e lei non mi sembra dell’umore.- commentò.
-Le hai dato il regalo?- gli chiese l’altro. Sbirciò attraverso le dita ed annuì. –Bene, approfitta di queste feste, dato che i suoi genitori sono via e hai detto a Mark che lei non è reperibile. Quando si parla di lei diventi timido come pochi.- gli diede una pacca sulla spalla, bonario.
-Non sono timido, voglio solamente mantenere intatto il mio orgoglio.
-Non andremo molto lontani, con questa filosofia.- sbuffò Kyle.
-E cosa dovrei fare?- chiese, lanciandogli un’occhiata.
Il cuoco impostò il timer del forno ed inserì la teglia con la torta. –Devi essere il Ryan che l’ha accudita, che si è preoccupato per lei quando aveva la febbre… insomma, lasciati andare.- gli suggerì.
-La fai facile, tu.- brontolò.
-Vuoi un pezzo di torta al cioccolato?
Il biondo alzò lo sguardo e lo fissò senza parole. Cosa c’entrava il cibo, adesso?
Senza sapere bene perché scoppiò a ridere.
-Che ho detto?- chiese l’altro, confuso dalla sua reazione.
-Dammene un pezzo, va.- gli disse, tornando a sedersi. –Comunque… ci proverò. Ammesso che gli alieni me ne lascino il tempo.- aggiunse, dando un morso al dolce.
-Ora iniziamo a ragionare. Ma bada, ti tengo d’occhio.
Nuovamente scoppiò a ridere, ma questa volta si aggregò anche Kyle.

-Kyle, Ryan? Ci siete?- la voce di Lory giunse dall’ingresso.
Ryan uscì dalla cucina e fece capolino nel salone. –Siamo in cucina. Ci sei solo tu?- domandò, cercando con lo sguardo le altre.
-Mina e Pam stanno cercando di convincere Paddy a non fare una palla di neve gigante.- ridacchiò facendo ondeggiare le lunghe trecce. Poi si bloccò e cambiò espressione. –Come sta Strawberry?
Il ragazzo si bloccò. –Ecco… a questo proposito… chiama dentro le altre.- disse solo, prima di sparire dietro l’angolo.
La ragazza rimase a fissare il vuoto, stranita, poi si affrettò a fare come le era stato detto. Ryan era strano e non aveva la solita aria sicura che lo caratterizzava.
-Kyle, vai a chiamare Strawberry. Ci sono le ragazze.- gli disse, rientrando.
L’altro annuì e si tolse il cappello da chef.
Dopo esseri pulito le mani nel grembiule, si avviò lungo le scale. Percorse il corridoio che portava alle camere da letto e bussò alla porta di quella di Ryan.
-Strawberry? Ci sono le ragazze, giù. Come stai?
Attese qualche istante, sperando che gli aprisse e non si sentisse troppo in imbarazzo per gli ultimi eventi.
-Arrivo…- la sentì dire, infine. Si allontanò un po’, in attesa.  –Eccomi.
Apparve sulla porta, gli occhi leggermente lucidi. –Come va la febbre?- le domandò, premuroso.
-Sta passando.- sorrise lievemente. –Posso scendere anche così?- chiese poi, indicandosi.
-Sì, non c’è problema. Non dovrai lavorare, non ti preoccupare.
-Ah no?- fece, stupita.
Lui le lanciò un’occhiata, stupito. –No, sei malata. Non facciamo lavorare nessuno quando sta male.- le rispose.
-Ryan lo farebbe…- la sentì mormorare.
-No, nemmeno lui.- si sentì in dovere di difenderlo. Imbarazzata per esser stata sentita, la mew abbassò la testa, cercando di contenere il rossore che le era salito alle guance.
Senza aggiungere altro scesero al piano di sotto.
Quando la ragazza si mostrò alle amiche, Paddy lanciò un urlo e si gettò tra le sue braccia.
-Sei tornata normale!- gioì, contenta.
Strawberry barcollò leggermente, presa di sorpresa. –S-sì…- disse.
-Per fortuna si è risolto tutto. Come stai? Ryan ci ha detto che avevi la febbre.- Pam le si avvicinò.
La guardò e non riuscì ad impedirsi di cercare con lo sguardo il biondo. Quando non lo trovò sospirò dentro di sé, sollevata. Incontrare anche solo per caso i suoi occhi l’avrebbe fatta morire di vergogna.
Se ripensava al fatto che si era svegliata ed era placidamente accoccolata contro di lui…
“Oddio, calmati!”, si disse, chiudendo gli occhi con forza.
-Tutto ok?- la voce di Lory le arrivò da un punto imprecisato. Rialzò la testa di scatto e la cercò.
-Sì… tutto bene. Scusate, ma ho ancora un po’ di febbre.- si giustificò.
-Ricordi gli ultimi due giorni? Cioè… di essere stata bambina?- le domandò Mina.
Scosse la testa. –No, ma mi ha raccontato tutto Kyle.
-Eri buffissima, caracollavi di qua e di là.- ridacchiò la mew viola. –Ma eri anche molto tenera.- si affrettò ad aggiungere, vedendo lo sguardo dell’amica.
-Vi ringrazio per avermi accudita.- sorrise, imbarazzata. –Non dev’essere stato facile.
-No, invece lo è stato. Sei molto più piacevole in versione ridotta.- la contraddisse la mew bird.
-Cosa?!
-Oh, sì. Riuscivo persino a sopportarti.- le fece la linguaccia.
-Mina, se ti prendo…!- sbraitò. Nessuno poteva dirle che era insopportabile, soprattutto non lei.
Iniziarono a rincorrersi per il locale.
-Bene, a quanto pare è tornata quella di sempre.- commentò Pam, divertita. Paddy e Lory, accanto a lei, annuirono.
Anche Kyle fece lo stesso, cercando con lo sguardo Ryan. Lo intravide dietro lo stipite della porta, ma lui gli fece segno di tacere.
Non era ancora il momento.


  Mark guardò fuori dalla finestra, pensieroso.
Strawberry aveva dimenticato il cellulare al locale, a detta di Ryan.
Rimase a fissare il vetro, leggermente appannato a causa della differenza di temperatura. Da quando aveva iniziato a lavorare in quel Cafè, la sua ragazza era strana.
Faceva degli orari di lavoro assurdi e poi aveva sempre alle costole il suo fantomatico capo.
“Non lo sopporto.”, pensò. Non era tipo da portare rancore o detestare le persone senza motivo, ma quel Shirogane sembrava sempre sfidarlo con quel suo sguardo sprezzante.
Ma non poteva accettare la sua sfida, non quando era con Strawberry. Non voleva dargli quella soddisfazione.
Così come non voleva fargli capire che lui sapeva… in un qualche modo.
L’aveva incontrata per caso, al parco. Tutti gli uccelli sembravano impazziti e volteggiavano nel cielo, oscurandolo con le loro ali. Poi era comparsa lei, coi suoi campanelli e quello strano costumino rosa.
All’inizio aveva creduto ad un’allucinazione, ma poi l’aveva guardata meglio. E sotto il vestito, dietro i capelli e gli occhi rosa l’aveva riconosciuta: Strawberry. La sua Strawberry.
L’incredulità era stata tale che non aveva spiccicato parola, lasciandola fuggire.
Da quel momento aveva sempre seguito le imprese delle Mew Mew, neo paladine della città di Tokyo. Nonostante fossero cinque, i suoi occhi seguivano sempre Mew Berry.
Avrebbe tanto voluto dirle che era a conoscenza di tutto, che non doveva più nascondergli nulla, ma non ne aveva avuto l’occasione.
E poi non voleva che Ryan venisse a sapere del fatto. L’avrebbe reso ancora più indisponente e dispotico.
Sospirò, allontanandosi dalla finestra.
“Ho voglia di parlarti.”, pensò osservando il display del cellulare. Strawberry vi aveva messo come sfondo una loro foto.
Si lasciò sfuggire un sorriso e poi si sedette sul letto, tornando a studiare.
Avrebbe trovato il momento giusto e glielo avrebbe detto.
Sì, l’avrebbe fatto. E allora lei sarebbe stata sua, incondizionatamente. Senza americani di mezzo.


-Siete degli incapaci!- la scarica d’energia arrivò all’improvviso, fendendo l’aria.
Quiche e i suoi fratelli si raggomitolarono sul pavimento, doloranti. Non avrebbero avuto modo di schivare l’attacco nemmeno se ne avessero avuto la possibilità.
Pur non avendo recuperato completamente la sua fisicità, Profondo Blu era abbastanza potente per far loro molto male.
Specialmente quando era arrabbiato, come in quel momento.
-Mio signore, tu ci avevi detto di colpire le Mew Mew e noi l’abbiamo fatto.- replicò Pie, rimettendosi faticosamente in ginocchio.
-Ma non è bastato! Si stanno rialzando e questo perché quel loro ricercatore è ancora vivo!- sbraitò l’alieno. I suoi occhi erano puro ghiaccio.
-Hai affidato l’incarico a Revenge.- gli ricordò Quiche, irritato. Il vampiro aveva fallito ed erano loro a doverne subire le conseguenze.
L’uomo si voltò a fissarlo, lasciando che i lunghi capelli gli accarezzassero la schiena. –So cos’ho fatto, non ho bisogno che tu me lo ricordi.- sibilò.
-Allora non vedo perché…- iniziò, ma Pie gli diede una gomitata nello stomaco. Se avesse parlato si sarebbero messi in guai ancora peggiori.
-Cosa dobbiamo fare?- domandò il più grande dei fratelli.
Profondo Blu si sfregò il mento, pensieroso. Doveva assolutamente rimettere in riga quell’insolente di Revenge, non poteva permettersi di perdere il controllo su di lui.
Sarebbe potuto diventare una minaccia, ne aveva le facoltà.
-Attaccheremo ancora le mocciose. Questa volta dovete tenerle impegnate in modo che il vampiro possa fare il suo lavoro.- decise.
I tre alzarono il capo, in attesa.
-Dobbiamo ucciderle?- chiese Tart, preoccupato. Non voleva far del male a Paddy.
Il loro capo scosse la testa. –No… non ancora. L’americano sì. Sarebbe un bel colpo toglierselo dai piedi.- chiuse gli occhi, assaporando il momento.
Il vero ostacolo non erano le ragazze: loro erano delle semplici armi e potevano essere rimpiazzate. No, il problema era la mente che stava dietro al progetto.
-Ci sono altri ordini?- chiese Pie.
-No. Il resto è compito mio.- disse. Lo guardarono perplessi. –E’ tempo del mio risveglio.- sorrise, scoprendo i canini appuntiti.
-Revenge, mio signore?- Quiche si alzò in piedi. Gli occhi dell’alieno si spostarono su di lui, freddi.
-Contattalo e digli che sono offeso dal suo insuccesso.
Detto questo scomparve, dissolvendosi.
-Ahh! Sono stufo di dover andare di qua e di là per i suoi capricci! Non sono il messaggero di nessuno!- sbottò il ragazzo.
-Quiche, calmati.- lo ammonì Pie.
-Non sopporto quel vampiro e non capisco perché debba sempre parlarci io.- protestò.
-Perché così è stato deciso.- fu la risposta.
Lui imprecò sottovoce, prima di teletrasportarsi sul monte Fuji.
Si guardò intorno, cercando di capire dove si trovava. Non doveva essere molto lontano dal rifugio diurno di Revenge.
Rimase sospeso a mezz’aria, alla ricerca della traccia del vampiro. Quando l’ebbe trovata puntò dritto in mezzo agli alberi, scartandoli agilmente.
Giunse in prossimità di una grotta e scese a terra, guardandosi attorno circospetto.
-Revenge.- chiamò.
La luna era ormai alta, quindi doveva essere sveglio.
Non ebbe risposta.
Mosse qualche passo verso l’entrata, tentando di sbirciare dentro. L’oscurità era troppo fitta per poter distinguere qualcosa.
-Mi stavi cercando?
Sobbalzò, colto alla sprovvista. Impugnò i sai, di riflesso, e girò su se stesso.
-Come siamo suscettibili.- lo schernì il vampiro.
-Dov’eri?- domandò Quiche. Il non morto gli rivolse uno sguardo inespressivo, ancor più freddo di quello di Profondo Blu.
Con deliberata lentezza si passò la lingua sulle labbra. –A caccia.- disse solo.
L’altro annuì, accettando la risposta.
-Vuoi un po’ di sangue?- si sentì chiedere. Lo guardò con tanto d’occhi, indietreggiando disgustato. –Lo prendo per un no.- rise, divertito.
-Non sono qui per il tuo divertimento.- si schernì l’alieno.
-Allora sei qui per darmi il tormento?- domandò Revenge, avventurandosi tra gli alberi. Quiche rimase immobile ma, quando gli fu chiaro che non sarebbe tornato indietro, lo seguì.
Arrivarono ad uno sperone di roccia, completamente ricoperto di neve.
Il ragazzo lanciò uno sguardo oltre il terreno, intravedendo solo le chiome degli alberi. –Che posto è?
-Il mio posto.- fu la risposta.
“Molto esaustivo.”, pensò ironico. –Profondo Blu è deluso. Non hai ucciso l’umano.- esordì infine.
Il vampiro incrociò le braccia dietro la schiena, lanciandogli una breve occhiata. –E’ deluso… interessante.- commentò.
-Non stiamo scherzando.- lo avvertì l’altro.
Spostò lo sguardo sulla Madre, beandosi della sua presenza. –Digli che non deve preoccuparsi. Sistemerò la questione.- assicurò.
-Devo fidarmi?- fece Quiche, diffidente.
Revenge fece spallucce. –Non sarà la mia testa la prima a saltare, nel caso.
Dopo quella risposta l’alieno dagli occhi d’oro accentuò la presa sull’elsa delle sue armi, intenzionato a scagliarsi su quello che doveva essere un loro alleato.
“Alleato un corno!”, digrignò i denti.
-Non ti conviene, sai?- Revenge sorrise, sollevando un angolo della bocca.
-Potrei ferirti.- ansimò il ragazzo, nello sforzo di trattenersi.
-No, non potresti.
Non poté replicare a quell’offesa perché il vampiro uscì dalla propria pelle per entrare in quella di un lupo. Gli lanciò un’occhiata coi suoi penetranti occhi di ghiaccio e poi sparì nel folto della foresta, lasciandolo con un palmo di naso.
 

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Capitolo 12
*** Cap. 11 Piccoli passi ***


Cap. 11 Piccoli passi Ecco il capitolo che stavate tanto aspettando! :) Non ci sono colpi di scena eclatanti, ma piccoli passi, proprio come dice il titolo.
Spero vivamente che vi piaccia e di non aver deluso le aspettative!



Cap. 11 Piccoli passi


  Kyle era appena uscito dal supermercato.
Era andato a comprare tutto il necessario per il cenone di Capodanno. Si erano accordati per mangiare insieme, poi avrebbero festeggiato separatamente, dato che ognuna delle ragazze aveva un impegno.
Sospirando nascose il viso nella sciarpa.
“Fa un freddo cane.”, pensò osservando il fiato condensarsi in nuvolette bianche.
Si fermò al semaforo, aspettando che diventasse verde.
L’occhio gli cadde su un volantino, appeso ad un palo della luce. Si avvicinò, curioso.
Reclamizzava l’apertura notturna della pista di pattinaggio aperta nel centro di Tokyo, nei pressi del grande albero di Natale.
-Brindisi e fuochi d’artificio per Capodanno… uhm… interessante.- staccò il foglietto e se lo mise in tasca, attraversando la strada.
“Potrei farlo vedere a Ryan.”, si disse, gongolando già all’idea.
Forse sarebbe stata la volta buona!

-Hai preso tutto?- le chiese Ryan per l’ennesima volta.
Strawberry evitò di guardarlo, ripassando mentalmente il contenuto del borsone. –Sì… credo di sì.- mormorò infine.
-Bene.- glielo prese dalle mani e si affrettò a scendere di sotto.
Non voleva correre il rischio di esser visto da Mark: ci mancava solo la sfuriata di un fidanzato geloso.
La mew lo seguì, rischiando d’inciampare nei gradini.
-Le chiavi? Non dimenticarle.- il ragazzo si bloccò, la mano già sulla maniglia della porta.
-Non sono una bambina.- brontolò lei, risentita.
Da quando era successo il fattaccio in sua presenza assumeva due atteggiamenti: o si irritava alla massima potenza o arrossiva così tanto da assumere il colore di un pomodoro maturo.
Avrebbe tanto voluto chiarire, ma quando trovava il coraggio si scontrava coi suoi occhi, ora freddi e distaccati e le parole le morivano in gola.
  Non che Ryan se la passasse meglio.
Aveva la testa talmente piena di pensieri che si era completamente dimenticato del problema “vampiro”. Non toccava il computer da diversi giorni e non faceva altro che farsi discorsi mentali, immaginando come avrebbe potuto scusarsi.
E soprattutto come sarebbe finita.
Il più delle volte si vedeva colpito da oggetti volanti.
Alla fine nessuno dei due aveva mai scovato il coraggio di buttarsi, per cui ora si trovavano nella casa della rossa a recuperare il necessario per un’altra settimana e mezza al Cafè.
Il tutto in un silenzio teso ed imbarazzato.
-Ho tutto.- disse infine lei.
Il biondo annuì con un gesto secco del capo e la precedette all’esterno.
Si caricò il borsone in spalla e attese che chiudesse a chiave. Fece di tutto per non guardarla ed evitarsi di pensare ai se e ai ma.
Sarebbe diventato pazzo andando avanti così.
-Stasera c’è la festa con le ragazze.- esordì lui, mentre uscivano dal cancello.
Strawberry gli lanciò una rapida occhiata. –Sì… lo so.
-Dovresti telefonare ai tuoi. E anche a Mark.- le consigliò. “Ma cosa c’entra Mark? Idiota!”, si rimproverò mentalmente.
Anche lei rimase perplessa. Sapeva che l’americano faceva di tutto per evitare di parlare del suo fidanzato.
-Sì… forse hai ragione.- concesse, abbassando lo sguardo sulla strada. “Forse l’ha detto perché così non desterò sospetti.”, si disse, ancora confusa.
Quel difficile scambio di battute finì lì e i due tornarono al Cafè in silenzio, persi nei propri pensieri.
Molto più simili di quanto pensassero.

-Bentornati.- li accolse Kyle, sorridente come al solito.
Ryan gli fece un cenno con la mano e Strawberry rispose con un sussurro. A quanto pareva non tirava una bella aria, per niente.
-Hai preso tutto?- chiese, rivolgendosi alla ragazza.
-Sì… ehm… vado a sistemarmi nella stanza degli ospiti.- la mew si affrettò a prendere il borsone e sparire oltre l’angolo.
Il cuoco restò un attimo a fissare il punto in cui si trovava fino a poco prima, poi lanciò un’occhiataccia all’amico.
-Per favore, non iniziare.- lo pregò lui. L’espressione con cui lo disse gli fece capire che il biondo era abbastanza provato dalla situazione.
-Pensavo di tenere chiuso, oggi, che ne dici?- gli propose allora, cambiando argomento.
-No… facciamo almeno la mattinata. Così le ragazze avranno da fare e Strawberry non resterà a sbattere la testa contro il muro.- disse.
L’amico lo guardò stranito. –Sbattere la testa?
-Era per dire, Kyle.- si lasciò sfuggire un sorrisetto, ma poi tornò serio. –Anche se non ha più la febbre, ormai, non fa altro che stare chiusa in camera. E sappiamo tutti e due il motivo.
Al che il moro si ricordò del volantino. –Giusto! Aspetta…
Andò in cucina e rovistò nelle tasche del suo giubbino, appeso ad un gancio dietro alla porta.
-Che stai cercando?- Ryan lo raggiunse, curioso.
-Un attimo.- continuò a cercare. Ma quante cose era riuscito ad infilare in un solo capo d’abbigliamento? Estrasse tutti i vari foglietti con appunti su nuove ricette e anche sulle ricerche, ma alla fine lo trovò. –Eccolo!- esultò.
-Cosa?
-Questo. Leggi.- glielo mise in mano, soddisfatto.
Il ragazzo lo lesse velocemente e poi lo posò sul tavolo dicendo:-E allora?
Il cuoco alzò un sopracciglio, trattenendosi dal ringhiargli contro. Perché doveva essere così maledettamente orgoglioso!?
Prese un respiro profondo. –Strawberry. L’hai vista mezza nuda e questo ti ha portato ad avere una ferita sulla tempia e tanti sensi di colpa. Ricordi?
Il diciottenne distolse lo sguardo, sbuffando. –Non la inviterò a pattinare. Non mi piace il freddo.- ogni scusa era buona per non dover affrontare la cosa.
-Va bene, fai come vuoi. Ma non dire che non ti avevo avvertito.- si arrese, facendo il giro del tavolo e tornando alle sue amate torte.
-Ok, papà, non verrò a piangere da te.- fu la risposta. E detto questo se ne andò.
“Benedetto ragazzo.”, pensò scuotendo la testa.
Rimase a fissare pensieroso gli ingredienti che aveva comprato e poi sfogliò un libro di ricette, per decidere cosa cucinare per la serata.
Mentre selezionava alcuni piatti fattibili, sentì le voci delle ragazze.
-Siamo arrivate!- si annunciarono.
Abbandonò penna e fogli e andò loro incontro. –Buongiorno.- le salutò.
-Ciao Kyle.- dissero in coro.
-Oggi abbiamo deciso di fare solo mezza giornata. Quindi chiudiamo all’una.- sorrise.
-Davvero? Fantastico!- esultò Paddy, iniziando a saltellare di qua e di là.
-Bene, così avrò tempo per prepararmi.- commentò invece Mina. Aveva usato un tono di voce indifferente, quasi come se la riduzione delle ore lavorative le fosse dovuta.
-Strawberry?- chiese Lory, guardandosi attorno.
-Eccomi.- la ragazza fece il suo ingresso nel salone, sorridendo. Servire al Cafè era la sua ancora di salvezza, in quei giorni: poche possibilità per torturarsi mentalmente facendo stupidi pensieri sul suo imbarazzo, sui suoi sensi di colpa e su Ryan.
-Su, andate a prepararvi. Tra poco apriamo.
Senza farselo ripetere si avviarono verso i camerini.
-Ah, ho riparato la doccia!- le informò, prima di tornare in cucina.
“Kyle, ti adoro.”, pensò la rossa. Non avrebbe dovuto farsi la doccia nel bagno del biondo. Al solo pensiero si sentì più leggera.
Anche se una piccola parte di lei protestò. Ci rimase un attimo, ma si affrettò a zittirla.
-Che fate stasera, ragazze?- domandò mentre indossava la divisa.
-Io festeggio coi miei fratellini. Faremo i fuochi d’artificio!- sorrise la piccola del gruppo.
-Io ho una sfilata.- annunciò Pam. Tutte si voltarono a guardarla. –Dopo andrò a festeggiare coi miei colleghi.- si affrettò ad aggiungere, leggermente imbarazzata dai loro sguardi.
-Oh, cavolo. Credevo lavorassi anche per Capodanno.- ammise Strawberry. L’altra scosse la testa. –Tu, Lory?
-Noi andremo al tempio.- rispose.
-Niente festa?- chiese Mina, stupita. La ragazza scosse la testa. –Che peccato. A casa mia ci sarà una grande festa in maschera. Vi inviterei se non foste già tutte impegnate.
La mew neko fece per dire che lei non aveva nessun impegno, ma ci ripensò. Non sarebbe stato carino abbandonare i ragazzi.
Per cui allacciò il fiocco del grembiule e chiuse l’armadietto.
-Come ti trovi qui?- Pam le si avvicinò, silenziosa. Lei dovette trattenere un grido. –Scusa.
-Niente, figurati. Ehm… bene… sto bene. Anche se è strano non avere i miei genitori per casa.- si sforzò di mentire.
La modella la guardò per qualche istante, pensierosa. Chissà perché non le credeva, ma preferì non indagare oltre.
-Bene, andiamo.- Paddy spalancò la porta, fiondandosi fuori. Le sue colleghe la seguirono dappresso, ridacchiando per il suo entusiasmo.

  Per tutta la mattinata Ryan non si fece vedere.
Strawberry non sapeva se ringraziare la sua buona stella o l’orgoglio del biondino.
Sapeva che le cose non potevano andare avanti così, era inconcepibile, ma non avrebbe fatto la prima mossa.
“Non sono mica matta.”, si disse, riportando in cucina alcune tazze sporche.
-Ci sono ancora molti clienti?- le domandò Kyle.
“E poi… cavolo, è lui quello nel torto. Non io!”, continuò il proprio monologo interiore.
-Strawberry?
“Andiamo, ma a chi vuoi darla a bere? La colpa è tua.”
-Ehi, tutto ok?- quando alzò gli occhi si ritrovò davanti l’americano. Per poco non lasciò cadere a terra quello che aveva in mano. Lui si appropriò degli oggetti, per evitare il peggio.
-Scusami, ero distratta.- ridacchiò, imbarazzata.
-Ho visto.- sorrise comprensivo.
-Cosa volevi sapere?
-Quante persone ci sono ancora nel locale.- le ripetè la domanda.
-Ah, non molte.- rispose.
-Bene. Tra un’oretta chiudiamo.- lanciò un’occhiata all’orologio. –Hai delle ordinazioni?- chiese poi, tornando a guardarla.
Lei scosse la testa. –No, nessuna.
-Sicura che sia tutto a posto?- le chiese ancora. Lui sapeva che non era tutto ok, ma voleva sentirglielo dire.
-Sì, sì!- si affrettò a rispondere. Non sapeva proprio mentire, era come un libro aperto.
Kyle si limitò a sorridere e tornò al lavoro, cambiando leggermente la presa sulla sac à poche. Doveva finire di riempire i bignè che stava preparando.
La rossa fece per andarsene quando l’occhio le cadde su un volantino abbandonato sul tavolo. Si avvicinò, curiosa e sbirciò.
Annunciava l’apertura notturna della pista di ghiaccio che si trovava in centro.
“Wow! Sarebbe fantastico andarci con Mark!”, pensò trasognata.
Ma poi si ricordò che lei era ad Osaka coi suoi genitori, almeno questo era quello che Ryan aveva detto al suo fidanzato.
Se si fosse venuto a sapere che in verità era ospite lì al Cafè non sarebbe finita bene.
Delusa, uscì dalla cucina.

  Come promesso, Kyle lasciò libere le ragazze all’una e cinque minuti. Si salutarono, dandosi appuntamento per la cena, alle sette in punto.
-Ryan!- il cuoco lo chiamò a gran voce.
Il ragazzo, sentendo urlare il proprio nome, emerse dal laboratorio, dove si era rinchiuso. Doveva distrarsi e quale metodo migliore delle ricerche? In più poteva scaricare la sua frustrazione sugli alieni e su quel dannatissimo essere che si nascondeva nella scuola che stava frequentando.
-Cosa c’è?- chiese.
-Vieni a darmi una mano, dobbiamo sistemare il locale.
Sbuffando tornò dentro per spegnere il pc e poi si avviò lungo le scale. “Perché mi tocca lavorare quando questo posto è mio?”, si chiese, scocciato.
Sbucò al piano terra. -Eccomi. Che devo fare?
-Dobbiamo pulire il salone, spostare i tavoli in più e mettere qualche decorazione.- lo istruì. Lui annuì, facendo spaziare lo sguardo sulla sala.
-Strawberry?- buttò lì il nome della rossa, fingendo indifferenza.
-Di sopra. Credo che stia chiamando i suoi genitori.- disse l’altro, restando sul vago. L’aveva sentita parlottare tra sé passando davanti alla stanza degli ospiti. Forse si stava preparando un discorso da rifilare loro per giustificare l’assenza di telefonate degli ultimi giorni.
Oppure tutti quegli sforzi erano per Mark.
-E non viene a darci una mano?- domandò il ragazzo, incrociando le braccia sul petto.
Kyle gli lanciò un’occhiata eloquente. –Davvero la vorresti qui?
Si fronteggiarono per qualche istante, occhi negli occhi, poi il biondo abbassò lo sguardo, brontolando.
-Lo prendo per un no.- ridacchiò l’amico.
Senza più dire altro, Ryan lo aiutò a sistemare. Era incredibile come fosse diventato improvvisamente mansueto.
Mentre loro lavoravano, Strawberry stava parlando coi genitori.
-Sì, mamma, ho mangiato.- disse per l’ennesima volta.
-Ma sei sicura? Kyle ti tiene d’occhio, vero?- chiese Sakura, apprensiva.
La rossa scosse la testa. –Sì. Stasera sono ospite al Cafè, festeggiamo tutti insieme.- rivelò.
-Oh, davvero? Bene!- esclamò contenta.
-Papà?
-E’ in riunione, se vuoi te lo posso…- iniziò.
-No, fa lo stesso. Salutamelo quando esce.- la interruppe.
-Sicura? Sai che ci tiene a parlare con te: gli manchi.- le disse la donna.
Lei non poté impedirsi di sorridere. –Dagli un bacio da parte mia.
-D’accordo. Be’, allora ti faccio gli auguri adesso… anche da parte di papà.- il suo tono si era un po’ smorzato. Non voleva metter fine alla conversazione.
-Tranquilla, sono in buone mani.- assicurò. –Vi auguro un felice Capodanno.
-Ok… ciao piccola, ti voglio bene.- la salutò.
-Ti voglio bene anch’io. Ciao.- e riattaccò. “Bene, una è fatta.”, sospirò.
Si lasciò cadere sul letto, ragionando sul da farsi.
Cos’avrebbe detto a Mark? O meglio, cosa non avrebbe dovuto dirgli? Sicuramente non che si trovava al Cafè e che ci sarebbe rimasta per un’altra settimana e passa.
“Nemmeno della questione bambina.”, ragionò.
Si rotolò sulle coperte, presa da una marea di dubbi. –Perché devo avere tutti questi segreti col mio ragazzo?- brontolò, stizzita.
Era tutta colpa di quell’assurdo progetto Mew!
Tenne gli occhi fissi sul soffitto per qualche minuto, silenziosa.
-Posso semplicemente fargli gli auguri e dirgli che mi manca.- sussurrò a nessuno in particolare.
Si mise a sedere, sentendo un lieve fastidio all’altezza del cuore.
Abbassò lo sguardo, perplessa e il suo io più profondo le diede una risposta. “Non ti manca poi così tanto. A mancarti è qualcun altro.”, quel pensiero arrivò come un fulmine a ciel sereno.
La mew sgranò gli occhi per poi arrossire fino alla radice dei capelli.
  Stava impazzendo, per caso?
La sua stessa coscienza si opponeva alla sua ragione? Perché?
Non era possibile che sentisse (razionalmente) la mancanza del suo Mark e irrazionalmente quella di… quella di Ryan!
Si portò le mani alla bocca, sconvolta. Tutto quello stava accadendo perché si sentiva in colpa e per quell’assurdo episodio.
Chiuse gli occhi, cercando di calmarsi e riprendere il controllo di se stessa.
-Ok… basta. Devo sistemare la faccenda.- decise. –Sì, ma come?- riaprì gli occhi e si appoggiò al muro con la schiena.
Ryan era sicuramente furibondo dopo la sua reazione, anche perché aveva rischiato di rompere il suo ricordo più caro. L’espressione che aveva assunto, quando l’aveva scoperto al suo fianco, era stata… strana.
Sembrava imbarazzato e non era da lui. Il biondo non era mai imbarazzato e nemmeno… spaventato? Era paura quella che aveva visto nei suoi occhi?
“Paura di cosa?”, si domandò.
Nascose la testa tra le ginocchia. –Lui ci ha sempre sostenute e aiutate… non vuole che ci accada nulla di male.- mormorò. –Però… mi chiedo perché queste situazioni assurde succedano solo a noi due. Non è mai capitato che una delle ragazze si trovasse a dormire nel suo letto o simili.
Si mise a tracciare i contorni della coperta, decorata con un paesaggio invernale.
-Litighiamo sempre… ogni volta… però non si è mai arrabbiato veramente con me.- realizzò. –Con le altre niente. Manco una piccola discussione. Mi chiedo se gli sto così antipatica.
Se ripensava a tutte le volte che l’aveva rimproverata si sentiva addosso una tale vergogna che avrebbe potuto sprofondare. E l’avrebbe anche fatto se non le fossero tornati in mente i suoi sorrisi: quei rari sorrisi che sembrava riservare solo a lei.
-Io gliel’ho detto che dovrebbe sorridere più spesso…- mormorò. Sì, ricordava quando gliel’aveva detto, erano nella sua camera e lui era appena stato ferito.
Strawberry si bloccò. Ragionandoci si rese conto che non era solo il biondo a comportarsi diversamente in sua presenza, ma anche lei faceva lo stesso.
Quella consapevolezza la lasciò senza parole.
E peggio, quando entrambi si comportavano come persone civili, senza urlarsi addosso, si creava un’atmosfera distesa e molto piacevole. Troppo piacevole.
“Non mi sono mai sentita così… nemmeno con Mark.”, pensò.
-Ok, ho deciso! Devo parlargli, dobbiamo chiarire.- saltò in piedi sul letto, stringendo un pugno con fare agguerrito. -Ma come?- il suo entusiasmo si smorzò.
Si mise a setacciare la stanza, alla ricerca di una qualche idea, quando le tornò in mente il volantino.
-Sì, trovato!- esultò.

  La cena si svolse senza intoppi.
Le ragazze arrivarono puntuali, compresa Strawberry dato che si trovava già al Cafè. Kyle aveva superato se stesso, cucinando così tante leccornie da leccarsi i baffi.
E Ryan… be’, aveva fatto un ottimo lavoro con le decorazioni.
Stelle di ghiaccio ed esplosioni di cristallo in tutto il salone, accompagnate da foglie di pungitopo e bacche rosse.
-Wow, non sembra nemmeno lo stesso salone!- fece Lory, impressionata.
-Grazie.- il biondo si lasciò sfuggire un sorriso, soddisfatto.
Anche Strawberry lo trovava molto bello, ma non ebbe l’occasione di dirglielo. Come non gli disse che il maglione di morbida lana che indossava metteva in risalto muscoli che non credeva avesse. Almeno fino a poco tempo fa.
  Dopo alcuni convenevoli e lo scambio degli auguri, si sedettero tutti a tavola. La rossa e il biondino vennero sistemati ai lati opposti della tavolata, per evitare imbarazzanti silenzi.
Kyle, artefice della sistemazione, si ritrovò a sorridere di nascosto notando gli sguardi che si lanciavano ogni tanto.
Si cercavano nonostante fossero entrambi arrabbiati. E anche molto imbarazzati.
Ben presto iniziarono numerose conversazioni e il pasto trascorse piacevolmente, senza nessuna discussione tra Strawberry e Mina, tra l’altro.
Verso le dieci si ritrovarono a brindare, anche se erano in netto anticipo. Ma dato che non potevano stare insieme fino allo scoccare della mezzanotte sarebbe andato bene comunque.
Tempo di sparecchiare e le ragazze si dileguarono.
-Caspita, sono sparite.- ridacchiò Kyle, sorpreso. Strawberry, poco lontano, sorrise al suo commento.
-Ti aiutiamo a sistemare.- si offrì Ryan.
Il moro lo guardò stupito. –Oh… grazie.- disse. La sua arrabbiatura con la rossa non aveva solo lati negativi.
Avrebbe dovuto sfruttarla a proprio vantaggio.
In poco meno di mezz’ora il locale riassunse il suo aspetto originario. –Bene, è tutto pronto per il servizio di lunedì.- disse soddisfatto il cuoco.
-Domani siamo…?- iniziò la mew rosa.
-Chiusi, sì.- confermò.
-Oh… wow!- fece, stupita. Rimase a fissare l’orologio e si ricordò improvvisamente della telefonata che doveva fare a Mark. –Scusate!- e scappò via.
I due ragazzi si guardarono straniti.
Strawberry si rifugiò in camera, recuperò il cellulare ed avviò la chiamata.
-Ehi, micetta, ciao!- la salutò il ragazzo.
-Mark! Che bello sentirti!- si dovette sforzare per dare alla sua voce il giusto tono. Non voleva fargli capire che c’era qualcosa che la turbava.
-Tutto ok? Ma da dove mi stai chiamando?- domandò.
-Oh, da Osaka. Sono ad una festa aziendale coi miei genitori.- inventò. –Vorrei tanto essere con te.
-Anche io. Sono rimasto stupito quando mi hanno detto che eri partita.- le disse.
-Sì, lo so. È stato improvviso.
-Capisco…- disse solo.
La ragazza si accigliò. Sembrava che fosse scontento di qualcosa, ma non osò chiedere. –Volevo farti gli auguri prima che le linee si intasino.
-Grazie! Auguri di buon anno anche a te.- rispose e poté quasi immaginarlo sorridere.
-Ora… ora dovrei andare.- annunciò, esitante.
-Oh, ok… ci sentiamo in questi giorni?
-Sì, certo.- annuì.
-Ok, allora buona serata, piccola.- la salutò.
Strawberry attese il segnale di fine chiamata e poi rimase a fissare lo schermo. Mark le era sembrato strano, distaccato.

  Osservò il display, confuso.
Poi andò sul menù delle chiamate ricevute per confrontare il numero.
Non c’erano dubbi: era il cellulare di Strawberry.
“Ryan mi ha detto che l’aveva dimenticato al Cafè. Com’è possibile che mi abbia chiamato col suo?”, si chiese.
Non aveva senso. Assolutamente.
A meno che…
No, non poteva neanche pensarci.
Strawberry non gli avrebbe mai mentito per passare il Capodanno in quel locale. Con lui.
Quando si sentì chiamare dalla madre si voltò, lanciando un’occhiata alla grande sala. Non poteva abbandonare la festa, ma avrebbe indagato.
Appena possibile avrebbe fatto luce su tutto ciò.
A quel pensiero qualcosa, dentro di lui, si agitò, pulsando di vita propria.

-Bene, mi sa che me ne andrò a fare un giro.- annunciò Ryan, stiracchiandosi.
Kyle smise di caricare la lavastoviglie per guardarlo. –Da solo?
Il biondo si voltò. –E con chi, se no?- chiese.
L’altro alzò le spalle, già pronto ad iniziare il suo discorso, quando la leader delle Mew Mew li
raggiunse.
Si bloccò sulla porta, indecisa sul da farsi.
-Oh, Strawberry!- il moro l’accolse con un sorriso. –Hai bisogno di qualcosa?
Lei abbassò lo sguardo, trovando improvvisamente molto interessanti le punte dei suoi piedi.
-Tutto ok?- le chiese allora Ryan. Si stava comportando in modo strano: forse le era tornata la febbre.
Al sentire la sua voce la ragazza rialzò la testa, frustandosi il collo coi capelli. –Tutto ok. Sì… ehm… posso parlarti?- gli chiese, puntando i suoi occhi castani in quelli azzurri di lui.
Si indicò, perplesso. –Vuoi parlare con me? Sei sicura?
Annuì, torturandosi le mani.
Kyle sorrise di nascosto, esultando dentro di sé. “Brava Strawberry!”
-Ok, ma fa’ in fretta, devo uscire.- accettò il biondo.
“Ryan!”, se avesse potuto l’americano l’avrebbe preso a schiaffi per quel tono supponente. Ora che si era scoperto, che aveva ammesso di patteggiare per loro, non voleva assolutamente che mandassero tutto a rotoli.
I due si spostarono in corridoio, allontanandosi un po’ dalla porta della cucina.
-Stai male?- Ryan non poté impedirsi di addolcire il tono di voce.
-Male? No, no.- scosse la testa, a disagio.
-E allora cos’è successo?- domandò perplesso.
“Oddio, adesso come faccio a chiederglielo?”, la rossa era nel panico, letteralmente.
-Strawberry, non ho tutta la sera.- la esortò.
-Perché? Dove devi andare?- chiese senza pensare. A quella domanda lui restò immobile, senza sapere cosa dire.
Perché non sapeva nemmeno lui dove sarebbe andato.
Si ritrovarono a fissarsi negli occhi ad una distanza pericolosa. Erano troppo vicini.
La mew deglutì, cercando di calmare il cuore e di ritrovare la voce, persa da qualche parte nella gola.
Quel lungo silenzio stava preoccupando il biondo. Era qualcosa di importante?
Infine, lei si decise a parlare. –Vorrei chiederti un favore.
Si accigliò. –Che genere di favore? Non chiedermi dei giorni in più di permesso.- replicò, mantenendo alta la guardia.
-Oggi ho visto un volantino… della pista di pattinaggio. Vorrei…- si bloccò.
-Vorresti?- le si fece più vicino, in trepidante attesa. Non poteva essere vero, non stava per dire quello che lui agognava da tanto.
-Potremmo andarci insieme. Abbiamo un po’ di cose di cui parlare.- finalmente sputò il rospo.
Il cuore di Ryan perse un battito, lasciandolo stranito.
“Mi ha appena invitato ad uscire…?”, si chiese sconvolto. “No… non è possibile.”
-Mi hai veramente chiesto di andare a pattinare?- domandò, cercando conferma nei suoi occhi.
Lei annuì, tentando di mantenere il rossore sotto controllo. “Adesso rifiuterà.”, continuava a ripetersi.
-D’accordo.- il ragazzo accettò con un sorriso.
Era uno dei più bei sorrisi che le avesse mai fatto, sincero e caldo.
-Davvero? O-ok… dobbiamo dirlo a Kyle.
Lui annuì, già pronto a dare la terribile notizia della loro assenza. Quando entrò in cucina trovò l’amico che indossava i guanti. –Dove vai?- gli chiese.
-Ho anch’io una vita, ricordi?- disse, sorridendo sornione. –Vado dall’unica donna che mi sopporta.
-Oh.- disse solo il ragazzo. Sapeva che l’amico frequentava una ricercatrice, ma non aveva mai indagato. Preferiva non intromettersi troppo, considerato quanto fosse riservato il cuoco. –Quindi non c’è nessun problema se io vado a pattinare…
-Pattinare?- fece il finto tonto.
-So che hai sentito tutto. Non farmelo ripetere, è imbarazzante.- gli scoccò un’occhiataccia. –Soprattutto perché sono felice.- sussurrò dopo essersi avvicinato.
Kyle sorrise e gli diede una pacca sulla spalla. –Vedi di sistemare le cose, va. Ci vediamo domani.
Recuperò la sciarpa ed uscì, salutando Strawberry.
-Ma dove va?- chiese lei, entrando in cucina.
-Ehm… da una persona.- rispose, rimanendo vago. La ragazza accettò la risposta. –Prendo le chiavi e andiamo. A quale pista ti riferivi?
-Quella in centro.- disse lei.
-Perché non andiamo al parco Inohara? Lì dovrebbero esserci meno persone, è più tranquillo.- propose. Non voleva essere circondato da una marea di coppiette occupate in effusioni.
-Ah… be’… sì, va bene.- accettò.
Annuì, recuperò le chiavi e si vestì. Strawberry fece lo stesso, comparendo subito dopo con un grazioso cappottino bianco e un altrettanto carino paraorecchie.

  Durante il tragitto non parlarono tanto.
Ma l’atmosfera di attesa era palpabile e molto più piacevole di quella tesa del pomeriggio.
Tutti e due avevano molto da dire, ma avrebbero aspettato che fosse l’altro a parlare.
Troppa paura di esporsi.
Quando arrivarono al parco, trovarono gli alberi attorno alla pista illuminati a festa. C’era un discreto numero di persone, ma mai come quelle che avrebbero potuto trovare in centro.
“Ho scelto bene.”, si disse Ryan. Meno pressioni aveva, meglio si sarebbe comportato. E forse sarebbe riuscito finalmente a spiegarsi.
-Sai pattinare?- gli chiese la mew. Distolse lo sguardo dalle luci e la guardò, annuendo. –Bene. Io non molto.- ammise, ridacchiando nervosa.
-Tranquilla, cadresti comunque goffa come sei.- replicò lui. Strawberry lo guardò con tanto d’occhi.
-Che antipatico.- sbottò, dandogli le spalle.
A quella reazione il ragazzo non poté fare a meno di sorridere. Non ottenendo repliche, la rossa si voltò a fissarlo. –Perché sorridi?- domandò.
-Perché non reagivi così da un po’. Sembra come ai vecchi tempi.- ammise. “Ed è dannatamente bello.”, aggiunse mentalmente.
A quella considerazione lei arrossì leggermente. –Sì… è vero.
-Vieni, andiamo a prendere i pattini. Siamo qui per questo, no?- le disse, indicando col capo la pista.
-Andiamo.- lo superò, imbarazzata.
Una volta recuperati i pattini li indossarono in silenzio. Ryan fu il primo a togliere la protezione dalle lame, pronto a scivolare sul ghiaccio.
-A-aspetta!- lo fermò Strawberry. Lui la guardò, perplesso. –Vorrei prima parlare…
-Lo faremo dopo, quando non avrai la forza di urlarmi contro.- le disse, allungandole la mano. La guardò, indecisa, ma alla fine la afferrò, facendosi tirare in piedi.
-Sei sicuro di saper fare?- domandò, incerta.
-Be’… da piccolo andavo sempre a pattinare coi miei genitori… nel laghetto vicino a casa.- rivelò. –Mi sono rotto un polso, una volta.
Raccontarle del suo passato gli veniva così facile, così naturale.
-Immagino te la sarai presa col ghiaccio.- non riuscì a trattenersi dal ridere.
Ryan le lanciò un’occhiata, senza farsi vedere. –Più o meno.
Lentamente la portò a bordo pista. Le fece vedere i movimenti basilari per stare in piedi e poi le lasciò le mani.
-Non è che mi fidi molto.- ammise lei, traballando.
Era veramente buffa: sembrava un puledro che prendeva confidenza con le proprie zampe.
-Al massimo cadrai.- le disse.
-E questo ti farebbe ridere di gusto, vero?- lo guardò male, reggendosi al parapetto con una mano. L’altra era a mezz’aria nel vano tentativo di aiutarla a trovare un equilibrio.
-No.- mentì lui.
-Potresti farmi vedere come si fa? Mi sento tutta ingobbita.- brontolò ad un certo punto. Avevano appena fatto dieci metri.
-Non ci penso proprio. Non voglio che mi tiri una lama in fronte.- rifiutò, allontanandosi con una leggera spinta.
A quelle parole Strawberry abbassò la testa, sentendosi in colpa. –Mi dispiace…- mormorò.
Ryan non diede segno d’averla sentita.
Lei allora gli si avvicinò, trascinandosi lungo il bordo, e afferrò la manica del suo giubbino. Il ragazzo allora abbassò lo sguardo su di lei.
-Mi dispiace.- ripetè. “Vorrei sprofondare!”, pensò fissando il ghiaccio sotto di sé.
“Ok… è tempo di parlare.”, si disse lui. –Io posso capire la tua reazione… ma per una volta che non ti stavo provocando o stavo scherzando, avresti potuto starmi ad ascoltare.- le rinfacciò.
La mew neko sentì le orecchie infiammarsi.
-Non hai niente da dire a tua discolpa?- la pungolò.
-Ero praticamente nuda… e tu eri…- iniziò.
-Sì, ero nello stesso letto con te e ti stavo abbracciando.- confermò.
Rialzò la testa. –E ti sembra normale?- per poco non urlò.
Ryan sospirò. –Per la milionesima volta, Strawberry: quando eri bambina ero l’unico di cui ti ricordavi e quindi eri sempre con me. Per comodità, Kyle aveva preparato un letto per te in camera mia, ma tu preferivi dormire con me.- la guardò, esasperato.
La ragazza arrossì tantissimo. –Ma perché mi ricordavo solo di te?- domandò.
-Non lo so.- ammise, scuotendo la testa.
-E poi perché nel tuo letto?
-Perché ti addormentavi sempre lì mentre ti leggevo Cenerentola.- spiegò.
“Mi sono fatta leggere le favole da Ryan?! Qualcuno mi uccida!”, pensò mettendosi le mani davanti agli occhi.
-Non ho approfittato di te, lo giuro. Soprattutto non mi sarei mai sognato di farti qualcosa mentre eri una bambina. Non sono un maniaco, anche se tu sei convinta del contrario.- ribadì.
-Chi mi faceva il bagno?- gli lanciò un’occhiata attraverso le dita.
Lui arrossì leggermente, distogliendo lo sguardo. –A volte Kyle, altre io.- confessò.

  A quelle parole Strawberry sentì il cuore schizzarle in gola.
Batteva così forte da assordarla.
E sentiva caldo, troppo caldo. Talmente tanto che le spuntarono coda e orecchie.
-Oddio!- fece per portarsi le mani alla testa, ma Ryan fu più veloce.
La raggiunse e la circondò con le braccia, stringendola a sé per proteggerla da sguardi indiscreti.
-R-Ryan…- farfugliò.
-Non lo sto facendo perché voglio qualcosa, lo sto facendo per non farci scoprire.- le sussurrò. Annuì impercettibilmente e rimase a contatto col suo petto. Avvertiva il suo battito sotto il palmo della mano. Era rassicurante.
Stettero così per un po’, fino a quando non sentì più il contatto col pelo delle sue orecchie feline. –Ok… pericolo scampato.- la liberò.
-Grazie…- mormorò.
-Allora, dicevamo…?- riportò la sua attenzione sulla conversazione.
La mew si riprese e tornò a guardarlo. –Mi hai fatto veramente il bagno?
-Sì. Ma in quel momento eri solo una tenera bambina.- le disse, sincero. –Non avevo altri pensieri se non quello di strapazzarti e farti ridere.
Se possibile quella confessione la fece arrossire ancora più della precedente.
-Ti prego, calmati.- la supplicò lui.
Prese qualche respiro profondo e ricacciò indietro l’imbarazzo.
-Quindi tu ti sei preso cura di me…? Solo questo?- volle sapere.
-Sì, solo questo. Lo giuro.
-E quando mi sono ritrasformata?- distolse lo sguardo per evitare di guardarlo negli occhi. Non voleva sapere veramente cos’aveva pensato, era pienamente consapevole che era da perfetta masochista, ma una parte di lei doveva sapere se lui aveva provato qualcosa.
-E’ stato… imbarazzante.- ammise lui, riavviandosi i capelli in un gesto che mostrava un po’ del suo nervosismo. “Ora devi spiegarle la questione evitando di farle capire che le piaci.”, si disse.
-Perché ero mezza nuda?- azzardò a chiedere.
-Perché eri mezza nuda, perché ti stavo abbracciando e perché sei fidanzata.- rispose. “Con un ameba.”, aggiunse tra sé.
Strawberry si rese conto solo in quel momento di cosa aveva cercato di fare l’americano. Quando si era svegliata l’aveva trovato vicino a sé, ma non la stava più abbracciando.
Probabilmente stava cercando di uscire dal letto per non spaventarla.
-Io…- trattenne il respiro, sentendosi immensamente stupida. Mosse un piede, intenzionata a dargli le spalle, ma perse acchito col ghiaccio e in poco si ritrovò a cadere.
-Attenta!- Ryan l’afferrò appena in tempo, ma si sbilanciò e caddero in avanti. Riuscì ad evitarle di sbattere la testa, ma non di caderle addosso. –Scusami. Tutto ok?
Ad occhi chiusi la ragazza annuì.
Rimase a fissarla, valutando le varie possibilità che gli si offrivano.
Avrebbe tanto voluto baciarla, come quella volta. No, anzi, meglio di quella volta.
“Ma non posso.”, si disse. Con un grande sforzo di volontà di rimise in piedi, tirandola su. –Ecco. Non sei molto stabile, eppure dovresti avere l’equilibrio di un gatto.- tentò di sdrammatizzare.
Farla arrabbiare sarebbe stato un buon diversivo per lui.
La rossa raccolse la provocazione e gonfiò le guance nel modo che le era tanto famigliare, facendolo sorridere.
-Sai, non ce la facevo più.- ammise ad un certo punto.
Lei lasciò uscire l’aria e chiese:-A fare cosa?
-A non punzecchiarti. So che mi ritieni uno stronzo antipatico, ma quello è il nostro modo di comportarci… e non è da noi tutto questo imbarazzo.- spiegò.
-Già.- convenne lei. –Più o meno come non litigare con Mina.
-Esatto.- ridacchiò.
-Ryan… mi dispiace, sul serio. Non sapevo come scusarmi, soprattutto per il lancio degli oggetti e le urla isteriche. Sei stato molto corretto nei miei confronti e… e l’ho apprezzato.- lo disse senza mai guardarlo negli occhi.
-Sì, quello potevi risparmiartelo.- si trovò d’accordo con lei. Il taglio ogni tanto gli doleva ancora.
Sentendosi rimproverata per l’ennesima volta, la ragazza distolse lo sguardo e lo puntò sui propri piedi.
Ryan allora lasciò uscire tutta la tensione che l’aveva accompagnato in quei giorni e decise di rilassarsi, di lasciarsi andare. Le allungò una mano. –Tutto risolto?
Sollevò lentamente gli occhi, incerta. Quando vide i suoi brillare, si aprì in un sorriso. –Tutto risolto.- e si scambiarono una stretta di mano.
-Ora vuoi provare un po’ a pattinare?- le propose.
-Non mi farai cadere, vero?- lo guardò con sospetto. Non si fidava ciecamente di lui, nonostante tutto. Sapeva che era capace di farle degli scherzi.
-Posso toccarti? Per farti vedere che posizione devi tenere.- domandò, cauto.
Ci pensò un attimo, ma poi annuì.
Facendo molta attenzione il biondo le poggiò una mano sulla parte centrale della schiena e una sullo stomaco. –Devi stare dritta e allargare il baricentro.- la guidò nel movimento.
Strawberry sentiva quel contatto un po’ troppo intensamente. Eppure lui indossava i guanti.
Deglutì, cercando di seguire le sue istruzioni.
Quando fu più o meno in assetto, il ragazzo la prese per mano e le fece muovere i primi passi.

  Si divertirono così tanto, volteggiando per la pista alla velocità di una tartaruga, che non si resero conto del tempo che passava.
Ad un certo punto Ryan alzò gli occhi al cielo ed esclamò:-Nevica!
La mew rosa sollevò lo sguardo e si ritrovò un fiocco sul naso. –Eh sì.- ridacchiò.
-Sta per iniziare il conto alla rovescia.- annunciò una voce all’altoparlante.
I due ragazzi si guardarono intorno, confusi. L’americano guardò l’orologio e si rese conto che mancava meno di un minuto a mezzanotte.
-Meglio andare a bordo pista, non credo tu voglia assistere allo sbaciucchiamento.- le disse, leggermente a disagio.
Lei lo guardò, stupita, poi osservò le persone attorno a loro. Erano tutte coppie e si stavano preparando per i festeggiamenti. Probabilmente avrebbero suggellato l’arrivo del nuovo anno con un bacio.
Al solo pensiero arrossì.
-Possiamo comunque rimanere…- propose. “Che sto facendo?”, si chiese subito dopo.
-Sul serio? Va bene.- accettò lui.
E così rimasero immobili, al centro della pista, mentre i secondi scorrevano veloci.
Allo scoccare della mezzanotte vennero lanciati dei fuochi d’artificio e gli innamorati si scambiarono tenere effusioni.
Ryan e Strawberry, invece, avrebbero voluto essere altrove. Lui aveva l’irrefrenabile desiderio di baciarla e lei si sentiva una traditrice, perché non voleva essere in nessun altro posto se non lì. Nemmeno il pensiero di Mark sembrava contare.
“Ok, diamoci una svegliata.”, la coscienza del biondo urlò a gran voce. Lui serrò gli occhi per qualche istante, sicuro che si sarebbe pentito per tutta la serata.
-Buon anno, Strawberry.- le sorrise.
Lei alzò gli occhi per incontrare i suoi e ricambiò gli auguri.
-Posso fare una cosa?- le chiese.
-Sì…
Le prese il viso tra le mani, delicatamente e si chinò su di lei, posandole un bacio sull’angolo della bocca.
La mew rimase di sasso. Si ritrovò i suoi meravigliosi occhi celesti a pochi centimetri di distanza e diventò rigida come un pezzo di marmo.
-Ehi… riprenditi. Stavo giocando.- cercò di buttarla sul ridere. Tra tutte le reazioni, aveva avuto la peggiore. “Cretino, cretino, cretino!”
Senza sapere che fare, raggiunse l’uscita con poche falcate e poi oltrepassò il piccolo cancellino.
-Ehi!- Strawberry si riprese, voltandosi per urlargli contro. Quando si ritrovò da sola si aggrappò al bordo e si trascinò fino all’entrata della pista.
Tolse rapidamente i pattini e si affrettò ad inseguire il ragazzo.
-Ryan!- lo chiamò.
Lui la ignorò, continuando a camminare.
-Ryan Shirogane, insomma!- si slanciò in avanti e allacciò le braccia attorno ai suoi fianchi. Lui si sbilanciò e caddero insieme sulla neve fresca, tra i cespugli illuminati.
-Ma sei impazzita?- brontolò lui, scrollandosela di dosso.
-Cos’era quello di prima?- domandò a capo chino. Lui finse di togliere dell’altra neve dal giubbino. –Rispondi!
Sospirò. –Nulla, non era nulla. Stavo scherzando, come faccio sempre con te.- mentì.
Stava palesemente evitando di guardarla negli occhi. E non era normale, considerato che lui fissava sempre le persone direttamente.
-Guarda che non sono… arrabbiata. Non ho niente da tirarti addosso.- cercò di sdrammatizzare. Non lo avrebbe mai ammesso, ma si sentiva il corpo percorso da tante piccole e piacevoli scariche elettriche.
-Meno male, non vorrei che mi accecassi.- replicò.
-Ehi!- gli diede una pacca e finirono lunghi distesi per terra.
–Guarda che ci ammaleremo…
Si morse il labbro inferiore, indecisa. Alla fine mormorò:-Solo un po’. Poi ce ne andiamo.
Ryan aveva il cuore a mille, lo sentiva battere in ogni zona periferica del corpo, dita comprese. Si poteva morire di batticuore?
“Un attimo, non sono uno scolaretto alla prima cotta: so controllarmi.”, si rimproverò. Attese un attimo e poi tirò la ragazza più vicina a sé, in modo che non sentisse freddo.
  A quel gesto Strawberry arrossì ma, invece di spostarsi, si accoccolò contro il suo petto. Le trasmetteva calore, anche sotto strati di pelle trattata e lana.

 
  Restarono così, immobili, ad osservare la neve cadere.
Avrebbero dovuto sentire freddo, ma si bastavano a vicenda. Era una sensazione strana, per entrambi: non avrebbero mai pensato che potesse essere così facile trovarsi bene l’uno con l’altra.
Ad un certo punto la rossa represse un brivido. –Hai freddo?- le chiese lui.
Lei sollevò lentamente la testa e lo guardò. –Un po’.- ammise.
Stava per replicare con una delle sue solite battute, quando sentì, dentro di sé, che era il momento giusto.
  Non avrebbe avuto mai più un’occasione del genere.
E trovarsela lì, a pochi centimetri, con le guance arrossate dal freddo e gli occhi leggermente lucidi, era troppo. Lo tentava come mai era stato tentato.
“O la va o la spacca.”, si disse per darsi coraggio. –Strawberry, io…
-Cosa?- chiese, in attesa.
“Avanti, avanti!”, deglutì, nervoso. Lei non disse niente e rimase ad osservarlo, curiosa. Per la prima volta nella sua vita Ryan Shirogane si ritrovò senza parole.
Aveva la mente completamente vuota.
E l’unica cosa che seppe fare fu accarezzarle i capelli, resi umidi dalla neve.
-Ci congeleremo se stiamo qui ancora un po’. Meglio tornare al Cafè.- disse infine. “Brutto idiota! Ti sei giocato la tua occasione!”, nella sua testa scoppiò il caos.
L’unica cosa che poteva fare era darsi dell’imbecille da solo. E non aveva tutti i torti.
-Oh… sì… andiamo.- mormorò lei.
Credeva che stesse per dirle qualcosa d’importante. Ma quando quel qualcosa non era arrivato lei era rimasta delusa.
Tra i due, la più sconvolta era sicuramente Strawberry.
Tutte le sue certezze non sembravano più così solide, non dopo quella serata.

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Capitolo 13
*** Cap. 12 Problemi all'orizzonte ***


Cap. 12 Problemi all'orizzonte
Come promesso, eccomi con un altro capitolo :)
Si prospettano colpi di scena. Vi prego, non lanciatemi addosso niente >____< xD gli insulti vanno bene, ma oggetti contundenti no, please.



Cap. 12 Problemi all’orizzonte


-Forse dovremmo muoverci.- suggerì Ryan.
Si erano appena allontanati dal parco Inohara, ma la neve che fino a poco prima cadeva leggera ora si era intensificata.
Facevano fatica perfino a vedere davanti a sé.
-Sì, lo credo anch’io.- annuì lei, rabbrividendo per il freddo.
-Ho un’idea!- esclamò il biondo.
-Quale?
-Corriamo.- la prese per mano ed iniziò a correre, sollevando schizzi di neve. Strawberry fece per protestare, ma il vento ricacciò indietro le sue parole.
Così si ritrovarono a affrettarsi sotto una perfetta tempesta di neve, ridendo come due bambini. L’americano nemmeno ricordava l’ultima volta che l’aveva fatto. Forse non ne aveva mai avuto l’occasione oppure era successo mentre giocava a palle di neve con Kyle.
Stettero sempre vicini agli edifici, cercando di proteggersi il più possibile. L’arrivo al Cafè rivelò loro come fosse stato tutto inutile.
-Muoviti, muoviti!- lo esortò la rossa, battendo i piedi per scaldarsi.
Estrasse le chiavi ed aprì la porta sul retro il più velocemente possibile. Aveva le mani intirizzite nonostante i guanti. –Eccoci.- la trascinò dentro e sprangò l’entrata.
  Rimasero al buio, ansimanti.
Avevano proprio fatto una bella corsa, non c’è che dire.
-Vieni.- senza nemmeno accendere la luce la prese per mano e la condusse su per le scale. Se si fosse fermato a pensare si sarebbe dato del cretino, ma era ancora all’interno della bolla di intimità che si era creata con la ragazza, per cui decise di lasciarsi guidare dall’istinto.
-Cosa fai…? La mia stanza è di sotto…- protestò lei.
-Dobbiamo asciugarci. E in due si fa prima.- rispose sbrigativo. Aprì la porta della propria camera e la fece entrare. Questa volta si premurò di premere l’interruttore.
Strawberry si ritrovò a sbattere le palpebre, abbagliata, mentre Ryan spariva in bagno. Si sfilò i guanti, rigidi per il freddo e il suo sguardo cadde sulla cornice, tornata al proprio posto.
Aveva ancora il vetro incrinato.
Abbassò lo sguardo, vergognandosi.
-Tieni.- il biondo la distolse dai suoi sensi di colpa offrendole un asciugamano. Alzò gli occhi e notò che lui ne aveva uno attorno al collo. –Ho capito, faccio io.- sospirò, fingendosi scocciato.
In realtà non vedeva l’ora di mostrarle che poteva essere gentile anche lui. E dolce, se gliene avesse dato la possibilità.
“Limitati a non rovinare la serata, per ora.”, si disse. –China il capo.
Lei lo fissò perplessa, ma poi obbedì.
Poco dopo sentì il piacevole e caldo contatto con la spugna dell’asciugamano e chiuse gli occhi. Temette che Ryan l’avrebbe strapazzata, invece le sue mani erano decise, ma delicate. Le stava frizionando i capelli con lenti cerchi, facendola rilassare. Se avesse continuato così si sarebbe messa a fare le fusa.
A quel pensiero spalancò gli occhi e si raddrizzò.
Lui si spostò, colto di sorpresa. –Che c’è?- le chiese.
-Niente. Ehm… forse è meglio se ci buttiamo sotto la doccia. Ci… ci vediamo domani.- gli riconsegnò l’asciugamano e andò alla porta. Poco prima di uscire si fermò. –Grazie. Per la serata.- aggiunse.
Il ragazzo rimase a fissare il battente di legno, senza parole. “Ho fatto qualcosa di male?”, si chiese.
Strawberry scese le scale il più velocemente possibile, per poi rifugiarsi nella camera degli ospiti.
Si appoggiò pesantemente alla porta e si portò le mani alla bocca, arrossendo terribilmente. Come se non avessero aspettato altro, le orecchie e la coda da gatta fecero la loro comparsa. –Oddio…- si lasciò sfuggire un gemito.
Quando si erano baciati lo shock era stato tale che il suo corpo non aveva potuto reagire, ma in quel momento sapeva che la loro comparsa non era dovuta alla sorpresa o ad altro.
Ma al battito del suo cuore. Assordante.
-Che mi sta succedendo?- si chiese, sconvolta. No, era tutto un errore: aveva reagito così perché le era tornata in mente la sua prima trasformazione completa, quando era finita a casa di Mark e lui l’aveva accudita.
“Sì, dev’essere per forza così.”, decise, sparendo in bagno.

  Quando aprì gli occhi il suo primo pensiero fu quello di restare sotto le coperte.
Da un lato perché sentiva un piacevole calduccio, dall’altro perché aveva paura che le considerazioni della sera prima la potessero mettere a disagio di fronte a Ryan.
Le cose tra loro si erano appena sistemate e non avrebbe voluto ritornare punto e a capo.
Sospirando si liberò delle coperte e si mise a sedere.
Aveva sicuramente un aspetto orribile, i suoi capelli, in particolare, avevano bisogno di una spazzolata.
Sbadigliando, recuperò un maglioncino a collo alto e un paio di pantaloni. Esitò un attimo, poi uscì, diretta in cucina.
-‘Giorno.- salutò entrando.
-Buongiorno.
Si era aspettata di trovare Kyle, già intento a preparare uno dei suoi dolci, invece a rispondere al suo saluto era stato Ryan.
Stava mangiando una tazza di cereali appoggiato al grande tavolo posto al centro della stanza.
Lo guardò, perplessa e poi chiese:-Kyle?
-Sta ancora dormendo.- le disse, indicando col capo il piano di sotto.
-Strano.- commentò lei.
-Be’, ha avuto una lunga nottata.- disse lui, malizioso.
-Ryan, insomma! Non sono affari nostri.- lo rimproverò lei, recuperando l’occorrente per una cioccolata calda.
-Infatti, Strawberry ha ragione.- il cuoco fece la sua comparsa. Indossava una maglietta a mezza manica e un paio di pantaloni e aveva i lunghi capelli sciolti.
La ragazza lo guardò con tanto d’occhi. Era la prima volta in assoluto che lo vedeva senza la sua solita divisa.
Era… insolito.

  In quel momento le si formò un’immagine nella mente: lui e Ryan intenti a fare colazione, come tutte le sacrosante mattine.
Per loro doveva essere quotidiana routine.
-Caspita…- si lasciò sfuggire. I due la fissarono perplessi. –Ehm… è la prima volta che…- non seppe come finire la frase e si limitò ad indicare la sua lunga chioma castana.
Kyle sembrò rendersene conto solo dopo essersi fatto scivolare tra le mani una ciocca. –Questi? Oh, sì… scusate. Non ci ho pensato.- sorrise, lievemente imbarazzato.
-Be’, non siamo abituati ad avere ospiti per casa. Io, per lo meno, mi sono ricordato di indossare qualcosa prima di scendere.- disse il biondo.
A quelle parole Strawberry avvampò e lo vide ridere sotto i baffi, segno che l’aveva detto apposta per metterla in imbarazzo.
-Ryan, c’è una signorina qui.- lo riprese bonariamente il ventunenne. L’altro fece spallucce, divertito.
La mew tornò a concentrarsi sul nuovo arrivato, tentando di impedirsi di fantasticare troppo con la fantasia. –Posso toccarli?- domandò esitante.
Dovevano essere molto morbidi, ne era sicura.
  Kyle la guardò stupito, ma poi annuì. Lei allora gli si avvicinò e sfiorò una ciocca, che gli scivolava leggera sulla schiena. Nonostante avesse i capelli più lunghi di qualsiasi ragazza avesse mai incontrato, era inequivocabile che fosse un uomo. E anche molto carino e con uno spiccato senso paterno nei confronti del suo più giovane (e scapestrato) amico.
-Sono molto belli.- mormorò abbassando la mano.
-Grazie.- sorrise.
-Da quando in qua hai questa passione per i capelli lunghi?- la interrogò Ryan.
-Non ce l’ho. Ma è la prima volta che lo vedo senza elastico ed ero curiosa.- ammise, lanciandogli un’occhiata.
-Allora, cosa vi preparo?- domandò allegramente il cuoco.
-Oh… non ti preoccupare, faccio io.- disse lei, avvicinandosi al fornello. Il biondo, invece, alzò la tazza che aveva in mano per mostrargli che si era già servito.
-Una bella cioccolata?- non la stette ad ascoltare.
Si arrese. –D’accordo. Grazie.
Non avendo nient’altro da fare se non aspettare, si mise seduta. Lasciò vagare lo sguardo sulla cucina, sugli utensili ordinatamente risposti e sui due ragazzi che la occupavano. Erano entrambi scarmigliati e pure visibilmente assonati. Ryan non indossava nemmeno la sua solita fascia.
Era strano condividere con loro quel momento così… intimo, che sapeva di casa e di famiglia.
Si sentì quasi un’intrusa.
-Ecco.- Kyle le mise davanti una bella tazza fumante.
Gli sorrise, grata.
-Allora, che avete fatto ieri?- domandò, preparandosi il caffè.
-Oh, siamo andati a pattinare, come ti avevo detto. Tu? Tutto bene?- s’informò l’amico.
Annuì. –Sì. Siamo andati fuori città per osservare le stelle.- gli lanciò una rapida occhiata, sorridendo.
-E bravo Kyle.- ridacchiò il biondo.
-Non fare il malizioso.- lo avvertì sottovoce. Sapeva bene quali erano i suoi punti deboli. Si scambiarono uno sguardo intenso e poi sorrisero, complici.
-Ok, come non detto.- Ryan prese un’altra cucchiaiata di cereali.
“Mi piace quest’atmosfera.”, realizzò la rossa. “A casa non ho mai tempo di fare colazione perché mi sveglio sempre tardi. E durante le feste sono sempre l’ultima a scendere.”, si lasciò sfuggire un sorriso.
-Che programmi avete per oggi?- s’informò il cuoco.
Entrambi i ragazzi alzarono la testa e si fissarono. –Ehm… bo?- azzardò lei. –Non saprei.
-Io e te dobbiamo andare avanti con le ricerche.- gli ricordò Ryan.
-A parte quello.
-Oh, be’… non saprei.- fece spallucce.
-Io dovrei fare i compiti.- ammise Strawberry, ricordandosi solo in quel momento della cartellina che aveva portato con sé.
-Dura la scuola, eh?- la canzonò il biondo.
-Guarda che anche tu li dovresti fare.- gli fece la linguaccia.
-Non ne ho.- rispose.
Lo guardò stranita. Da quando in qua i professori non assegnavano compiti per le vacanze? Che l’avessero esentato a causa dell’incidente?
“Non è giusto, però.”, brontolò tra sé. –Va bene, vedrò di arrangiarmi.- prese un altro sorso di cioccolata.
Rimasero in cucina ancora un po’, poi ognuno sparì in camera per prepararsi alla giornata.

  La giornata passò lentamente, ma in modo sereno.
Non ci fu nessuna complicazione, salvo i compiti di matematica. Strawberry non avrebbe mai capito la necessità delle lettere nelle equazioni algebriche. Che senso avevano?
Mistero.
A parte quello, si ritrovò spesso a far vagare la mente. Appena un pensiero nasceva lo inseguiva, dimenticandosi degli esercizi.
Ryan e Kyle si alternarono giù al laboratorio e salirono solo per pranzo e per cena.
Strawberry avrebbe voluto scendere a curiosare, ma sapeva che era meglio non disturbarli. Entravano in un altro mondo quand’erano là sotto e lo comprendevano solo loro due.
Non sapeva se avessero fatto progressi, ma si ripromise di chiederlo ad uno dei due non appena ne avesse avuto l’occasione.
  Il giorno successivo arrivò quasi all’improvviso, tant’è che la ragazza per poco non cadde dal letto al suono della sveglia.
L’aveva puntata per sicurezza, dato che sarebbe stata capace di dormire per ore, anche con tutti i rumori del Cafè in piena attività.
Brontolando per il brusco risveglio si mise in piedi, trascinandosi in bagno. Come la mattina precedente, si ritrovò a condividere il momento della colazione coi due americani.
Le faceva strano, ma iniziava a piacerle.
Finito di mangiare schizzò nello spogliatoio per cambiarsi.
Avrebbe fatto una sorpresa alle ragazze, facendosi trovare già al lavoro. Si sistemò la divisa ed uscì, tutta sorridente.
-Oddio! Sei già pronta?!- si ritrovò davanti una Mina alquanto scioccata.
-Ciao anche a te.- le disse, stordita dalla sua reazione.
-Ciao. Ma sei veramente già vestita e pronta a lavorare?- le chiese di nuovo. La rossa annuì, infastidita dall’incredulità dell’amica. –Non ci credo. Verrà un cataclisma.
-Eddai, non esagerare.- brontolò, superandola per dirigersi nel grande salone del Cafè.
La morettina restò a guardarla un altro po’, poi entrò negli spogliatoi.
“Mamma mia… non posso essere in orario, per una volta?”, si chiese. Ma poi si rispose da sola: in effetti era molto strano.
-Oh… ciao Strawberry.- la salutò Lory.
-Sì, sono in anticipo.- la precedette prima che potesse aggiungere altro.
-Non stavo per dire… ok, vado a cambiarmi.- disse, notando lo sguardo della rossa. “Che si sia svegliata male?”, pensò.
Scuotendo la testa, la ragazza si mise a sistemare le sedie.
Mentre lavorava arrivarono anche Paddy e Pam. La fissarono stupite, ma si limitarono a sorridere e salutarla.
Quando furono tutte riunite si misero ad aiutarla.
-Dove sono gli altri?- domandò la più piccola del gruppo.
-Di sotto. Non so perché…- riferì.

-Cavoli, eravamo così concentrati sul vampiro che ci siamo dimenticati dell’Acqua Mew!- esclamò Kyle, esterrefatto.
-Sì… che stupidi, eh?- commentò il suo collega. –Fortunatamente si è fatta viva lei.
-Già.
Si avvicinò al monitor per controllare ancora una volta la posizione del segnale. Non era vicino, ma almeno sembrava stabile.
-Pensi che sia il caso di mandare fuori le ragazze?- domandò, appuntando qualcosa su un altro computer.
-Sì, credo che dovremmo approfittarne, dato che gli alieni sembrano momentaneamente spariti.- gli lanciò un’occhiata. –Speriamo non sia un altro buco nell’acqua.
-Non credo, il segnale è abbastanza forte.- replicò.
-Bene, allora stasera le manderemo in missione. Chiudiamo un’ora prima, che ne dici?- Ryan si alzò, intenzionato a salire e informare il team.
Il moro annuì. –Va bene. Hai avuto notizie del Dampyr…?
Il biondo sospirò. –No, nulla. E ho dimenticato di chiedere a Strawberry se è a conoscenza di qualche nuovo studente.
-Le cose si sono sistemate, tra di voi?- domandò, curioso.
Il ragazzo abbassò lo sguardo, a disagio. –Diciamo che non ho rovinato tutto col mio solito comportamento strafottente.- si concesse.
-Mi sembra già qualcosa. Ma vi siete chiariti?- insistette.
-Sì, ci siamo chiariti.
-E…?
-E… cavoli, Kyle, sembri mio padre! Smettila, è imbarazzante!- sbottò, allontanandosi. Sentì l’amico ridacchiare.
-Se ti vedesse ore capirebbe quanto sei tenero.- lo prese in giro.
-Smettila, o giuro che ti picchio.- lo minacciò.
-Che paura.
Scuotendo la testa aprì la porta e si avviò lungo le scale. Kyle era sempre il solito: lo punzecchiava fino a ridurlo all’esasperazione e allora lui finiva per confessare tutto quello che lui voleva sapere.
Che tecnica subdola. “Be’… la uso anche io, quindi non dovrei proprio lamentarmi.”, sorrise.
Quando arrivò di sopra trovò le Mew Mew intente a mandare avanti il locale. C’era un discreto numero di clienti e forse era il caso di avvertire Kyle, dato che le torte e i pasticcini stavano sicuramente per finire.
-Pam.- fermò la modella. Lei si voltò a guardarlo, salutandolo con un cenno del capo. –Chiudiamo un’ora prima. Dillo alle altre, per favore. Ora vi mando su Kyle, nel caso vi servano altri dolci.
-Capiti proprio a fagiolo. Stavo giusto per mandare Paddy a cercare uno di voi due.- gli rispose. Lanciò un’occhiata alle compagne, poi aggiunse:-Mi sembra che l’atmosfera sia più rilassata.
Lui la guardò dritto negli occhi. Era quasi certo che la mew lupo avesse intuito tutto. –Sì… per fortuna abbiamo chiarito.- non c’era bisogno di specificare chi era implicato in quel “noi”.
Con un lieve sorriso la ragazza si allontanò.
“Mi chiedo perché non mi abbia ancora smascherato.”, pensò, tornando di sotto per avvertire l’amico.

  Erano le cinque, mancava un’ora alla chiusura anticipata.
Ryan si era offerto di stare alla cassa, giusto per non farsi rimproverare di snobbare i suoi doveri di proprietario.
Anche se lasciare Lory alle prese con il servizio delle portate non era mai una buona idea.
Proprio mentre lo pensava, la ragazza rischiò di rovesciare le due fette di torta che aveva in mano. Fortunatamente Paddy le salvò in extremis.
Sospirò, sollevato, tornando a far spaziare lo sguardo sui tavoli. Come sempre erano occupati per la maggior parte da studentesse, molte provenienti dalla sua nuova e odiata scuola.
Riportare alla mente la sua vita scolastica gli ricordò una cosa. “Devo trovare quel dannatissimo Dampyr.”
  Non aveva sprecato il suo tempo per farsi inseguire da ragazzine starnazzanti. Il minimo sarebbe stato andare a casa con un nome e un volto.
E magari la sicurezza di avere un nuovo alleato.
Mentre vagava tra questi pensieri non si rese conto dell’arrivo di una nuova cliente. Pam, sempre attenta, le andò incontro per lui. Vide le due parlare e poi la nuova arrivata lo indicò.
  Capì che era lì per lui.
La mew viola gli si avvicinò e gli disse:-Ha detto di essere la rappresentante della tua classe. Ti ha portato gli appunti e i compiti.
Ryan sgranò gli occhi. Non ci voleva!
-Assicurati che Strawberry non esca dalla cucina. Se la vede è la fine.- la istruì, prima di avviarsi con passo elegante verso la compagna di scuola. Con la coda dell’occhio notò Pam sparire dietro l’angolo.
-Ciao… tu sei Ayumi, vero?- la salutò. Era una delle poche ragazze che sopportava, probabilmente perché era così timida da non osare nemmeno avvicinarglisi.
La vide annuire. –Sì, il professore mi aveva affidato i compiti per le vacanze. Avrei dovuto consegnarteli prima, lo so, ma non sapevo se fossi qui, durante Natale.- si scusò, frugando all’interno della propria tracolla.
-Non ti preoccupare, non c’è problema.- le disse cortese. “Tanto saranno cose che ho già visto e rivisto.”, aggiunse tra sé.
Gli porse alcune fotocopie. -Ah, ho anche gli appunti!
-Non ce n’è bisogno, credo di poter…- iniziò lui, ma la ragazza fece un’espressione delusa. –Come non detto. Sì, mi farebbero comodo.- si corresse.
-Bene. Ecco, tieni.- gli allungò un piccolo block notes. Ryan guardò i suoi nuovi acquisti e dovette trattenersi dal sospirare.
-Ti posso offrire qualcosa? Per il disturbo.- le sorrise, garbato.
Ayumi lo fissò, stupita. –Ok, grazie.- accettò.
Recuperò un menù e la accompagnò ad un tavolo libero. –Tra poco una delle ragazze sarà da te.
E detto questo si allontanò, facendo un cenno a Lory.
Sgattaiolò in cucina, dove trovò una Strawberry alquanto arrabbiata. –Si può sapere perché non posso uscire?!- lo attaccò.
Lui la guardò. Sempre la solita impulsiva.
-Allora?
-Di là c’è la mia rappresentante di classe. È venuta a portarmi i compiti e gli appunti.- glieli mostrò.
La rossa lo fissò, perplessa. –E questo cosa c’entra con me?- chiese.
Ryan sospirò. –Ricordi le mie compagne di classe? Bene, sono delle pazze isteriche. Se sapessero che tu lavori qui si scatenerebbe il putiferio, non credi?- le spiegò, calmo.
Nonostante tutti i suoi buoni propositi a volte aveva il forte desiderio di strozzarla. Per fortuna, di solito era un istinto passeggero.
-Oh… le tue compagne. Giusto… andiamo nella stessa scuola…- stava metabolizzando.
-Bene, vedo che ci siamo capiti.- annuì lui.
-Quindi non posso uscire finché non se ne sarà andata?- brontolò.
-Il tempo di un thè.

  Purtroppo Ayumi si trattenne ben più del tempo necessario per prendere una tazzina di thè e rimase fino alla chiusura.
L’esser costretta a stare relegata in cucina aveva indisposto non poco la leader delle Mew Mew.
-Ragazze, chiudiamo.- annunciò Kyle. Al che Strawberry si fiondò fuori.
Passò di fianco al biondo e gli scoccò un’occhiataccia.
Lui sospirò e la raggiunse. –D’accordo, mi dispiace. Se vuoi stasera ti aiuto coi compiti, ok?- le disse.
Gli occhi della rossa si dilatarono all’inverosimile. –C-cosa…? Hai battuto la testa, per caso?
Ryan la fissò perplesso. –No… perché?
Scosse la testa. –No, niente. Accetto.- s’affrettò a dire, prima che potesse cambiare idea.
-Bene.- e si allontanò.
-Cosa voleva?- chiese Mina, avvicinandosi. Aveva uno sguardo sospettoso.
-Mhm? Oh, niente.- liquidò la questione con un sorriso.
Finirono il più in fretta possibile, poi si riunirono tutte davanti al bancone che ospitava la cassa.
-Ragazze, abbiamo trovato un frammento. Il segnale è stabile, quindi dovremmo riuscire a trovarlo.- annunciò loro Kyle.
-Davvero?- chiesero, eccitate. Non avevano individuato l’Acqua Mew da molto tempo.
Annuì. –Vi dividerete in squadre. Ci manterremo in contatto tramite auricolari.- disse, distribuendone uno ad ognuna. Lo indossarono subito, pratiche.
-Io vi farò da spalla.- s’inserì il biondo.
Nessuna chiese come. Ryan sapeva essere nel posto giusto al momento giusto, quand’era necessario.
-Bene, andate. Ci rivediamo qui tra due ore, al massimo. Se incontrate gli alieni o il vampiro, avvertiteci.- disse Kyle.
Annuirono ed estrassero i ciondoli. Una volta trasformate si divisero.
Strawberry era da sola, ma con la coda dell’occhio vide Art seguirla per un tratto di strada. Gli lanciò un’occhiata e il gatto le rispose con un cenno del capo, sparendo poi in un vicolo laterale.
Quando aveva scoperto che Ryan poteva trasformarsi in un felino era rimasta scioccata. E lo stupore era aumentato quando le avevano raccontato il perché.
Quel ragazzo avrebbe fatto di tutto per il progetto, a volte sospettava che fosse matto da legare.
  Si lasciò sfuggire un sorriso e si arrampicò su un albero.
I suoi sensi di mew mew l’avrebbero guidata, dato che non ricordava già più in che posto avrebbe dovuto trovare il frammento.
 
  La caccia fu tutt’altro che proficua.
Il segnale era rimasto tutto il tempo sui monitor, come aveva assicurato più volte Kyle, ma le ragazze non avevano trovato nulla.
Neppure Ryan aveva avuto fortuna. Così erano stati costretti a rientrare: l’unica nota positiva era stata l’assenza dei loro nemici.
-Non capisco.- ammise il biondo, sbuffando. Si avvicinò all’amico e ricontrollò la mappa della città. –Abbiamo scandagliato la zona da cima a fondo e non abbiamo trovato nulla.
-Forse è nascosto meglio di quanto pensiamo.- cercò di tirarlo su il cuoco. Lui annuì, per niente convinto.
-Noi andremmo a casa…- Lory attirò la loro attenzione.
-Sì, sì, scusate. Andate pure. Grazie mille.- le congedò Ryan. Fece un rapido gesto con la mano e poi tornò ad occuparsi dei dati.
-Vado a darmi una rinfrescata.- li informò Strawberry, rimasta l’unica nel locale.
-Tra poco servo la cena.- le sorrise Kyle. Annuì e si avviò in camera.
“Un buco nell’acqua…”, pensò svestendosi. Avevano perlustrato Tokyo come delle matte per due ore abbondanti e non avevano trovato nulla. Era snervante.
Intanto, nel salone, Ryan stava sbuffando come una ciminiera, irritato. –Non capisco. Perché non c’era? Perché tutto quello che cerco in questo periodo sembra non esistere?- non si stava riferendo solo alla misteriosa acqua dai poteri curativi.
-Ryan, vedrai che la prossima volta…- iniziò.
-La prossima volta potrebbe essere tardi. Non so quanto tempo abbiamo, ma non dobbiamo sprecarlo.- lo bloccò.
Il ventunenne sospirò. –Lo so. Ma arrabbiarti non ti servirà a nulla.- gli fece notare.
-Servirà a farmi sfogare.- replicò, già intenzionato ad andare in palestra.
-La cena è pronta.- tentò di fermarlo l’amico, avendo intuito quali erano i suoi pensieri.
-Mangerò più tardi. Torno tra un’ora al massimo.- promise ed andò a recuperare il borsone di sopra.
Uscì molto rapidamente, salutando Kyle.
Dopo meno di cinque minuti la mew neko fece la sua comparsa nel salone. Si guardò intorno, confusa. –Ma… e Ryan?
-E’ andato in palestra per sfogarsi. È un po’ nervoso per via del fallimento di oggi e per… la questione del Dampyr.- le spiegò, sospirando.
Anche lui avrebbe tanto voluto prendere a pugni qualcosa, ma si tratteneva. Era anche vero che un Ryan pieno di rabbia repressa era una bomba ad orologeria.
L’aveva appurato nei primi anni della sua adolescenza, poco dopo la morte dei suoi genitori. Aveva dovuto iscriverlo a nuoto per evitare che prendesse a pugni i muri.
-Oh… ok.- la risposta di Strawberry gli giunse lontana.
Si riscosse e le sorrise. –Tranquilla, tornerà tra poco.- le assicurò. –Noi intanto mangiamo, gli lascerò qualcosa.
Annuendo lo seguì in cucina.

  Non avendo altro da fare e non abbondando di tempo libero, Strawberry si sistemò sul tavolo in cucina.
Appoggiò i libri e li fissò di malavoglia.
-Perché mi tocca questa tortura…?- si chiese, sedendosi. L’unica nota positiva era l’odore delizioso di quella stanza: sapeva di muffin e torta al cioccolato, con un leggero pizzico di cannella.
Scostò la frangetta dagli occhi e si mise ad analizzare gli esercizi.
Non ci capiva niente e la situazione non sarebbe cambiata da lì a un’ora. Ma doveva tentare.
  Ci mise tutta la sua buona volontà e si immerse in storia giapponese e tra i maledetti numeri dei libri di matematica e trigonometria.
Imprecando e sbuffando non si rese conto del tempo che passava.
Ad un certo punto sentì la porta sul retro aprirsi e s’irrigidì. Guardò l’orologio: le dieci passate.
“Dev’essere Ryan.”, pensò alzandosi.
Si affacciò dalla cucina con fare circospetto, aspettando di vederlo entrare.
-Sono tornato.- si annunciò il ragazzo.
La rossa vide un borsone lanciato di malagrazia sul pavimento e poco dopo ecco comparire il biondo.
Si fermò, stupito e la guardò. –Oh… ciao. Che fai?
-I compiti.- gli disse. –Tu…? Ti sei sfogato?- s’informò.
-Sì. Più o meno.- raccolse le sue cose e fece per salire le scale. Si bloccò al primo scalino e si voltò a guardarla. –Faccio una doccia e poi scendo. Non vorrei che il tuo piccolo cervellino si fondesse, con tutti quei conti.
L’aveva appena offesa gratuitamente.
Fece per sbraitargli contro, ma lui era già sparito, nascosto dalla seconda rampa di scale.   Kami, quando lo odiava quando faceva così!
Imprecando sottovoce tornò al tavolo, riprendendo la sua posizione. Tempo quindici minuti e l’americano tornò, come promesso.
-Kyle?- domandò, cercandolo con lo sguardo.
Strawberry indicò il pavimento. –Di sotto, sta riguardando i dati di oggi.
Ryan scosse la testa, sorridendo. Dopo sarebbe passato a ringraziarlo per il duro lavoro e a spedirlo a letto.
Se no il giorno dopo non avrebbe connesso: era lui quello abituato alle ore piccole, non il suo migliore amico.
-La cena?- chiese, aprendo un’anta del frigorifero. Sbirciò all’interno, scartando a priori la grande quantità di torte che vi erano stipate. –Ci sono solo dolci, qui.
-La tua roba è nel forno.- lo informò distrattamente la rossa.
-Oh, dirmelo prima no?- la punzecchiò, chinandosi per aprire l’anta. Lei fece per ribattere, ma le parole le morirono in gola.
Ok... doveva subito abbassare gli occhi. Immediatamente.
Provò a costringersi, ma non ci fu modo. Quello era un gran bel fondoschiena.
Arrossendo all’inverosimile si morse un labbro, cercando di distrarsi.
-Mhm… pollo e patatine. Molto americano.- commentò il biondo, raddrizzandosi col piatto in mano. Recuperò le posate e le si avvicinò, sbirciando i suoi compiti.
Lei provò a coprire il quaderno con le mani, infastidita dal suo modo di fare. Non gli aveva dato il permesso di guardare.
-La vuoi una mano o no?- le domandò, fissandola.
-Non voglio sentirmi dire che sono stupida.- replicò Strawberry.
-Non lo direi mai.- cercò di sorriderle, angelico.
-Lo penseresti solo.
Fece spallucce e le lasciò la sua privacy, concentrandosi sulla propria cena. Ora che aveva scaricato la rabbia accumulata gli era venuta fame. Forse avrebbe rubato una fetta di quel fantastico tiramisù che aveva intravisto nel frigo.

  La mew non parlò più, tentando di concentrarsi.
Ma sentiva lo sguardo pressante del biondo e, ogni volta che sbirciava, quei pezzi di cielo erano lì a guardarla, ridendo segretamente di lei.
Ryan stava tranquillamente finendo il dolce e non aveva aperto bocca.
-La smetti?- sbottò.
-Di fare cosa?- le chiese con la forchetta a mezz’aria.
-Di fissarmi. Mi deconcentri.
-Non sto facendo nulla, sei tu che mi presti attenzione.- ora che le cose erano tornate alla normalità nulla gli impediva di stuzzicarla come aveva sempre fatto. E la cosa lo divertiva parecchio, soprattutto quando lei arrossiva.
Mangiò l’ultimo boccone ed infilò il piatto in lavastoviglie. –Fammi vedere, su.
Senza essere stato invitato si sedette di fianco a lei.
-Storia giapponese l’ho finita. È la matematica che…- improvvisamente si sentì stupida.
-Non è difficile, basta che tu faccia attenzione ai segni grafici. Prima le parentesi tonde.- le indicò una parte dell’equazione con l’indice.
Strawberry abbassò lo sguardo. Ascoltò la sua spiegazione e fece passo passo quello che lui le diceva.
Incredibilmente riuscì ad arrivare alla soluzione e aveva capito anche il procedimento.
-Oddio, ce l’ho fatta! Ho capito!- esultò.
-Visto? Non sei tanto stupida.- la canzonò lui. In risposta ebbe un pugno sulla spalla.
-Perché non fai i tuoi, di compiti, invece di pensare ai miei?- brontolò, iniziando un nuovo esercizio.
-Ma ti avevo promesso d’aiutarti.- le fece notare. “E poi mi piace che tu debba dipendere da me.”, aggiunse tra sé. Lo faceva sentire utile e importante.
-Ho capito, grazie. Penso di potercela fare, per un po’.- gli sorrise distrattamente.
-D’accordo.- disse e andò a recuperare le fotocopie, abbandonate vicino alla cassa. Diede una veloce occhiata ai testi degli esercizi e poi tornò a sedersi.
Fu così che i due iniziarono a lavorare fianco a fianco, lanciandosi un’occhiata ogni tanto, giusto per controllare che l’altro non fosse distratto.
La rossa gli fece poche domande, segno che aveva capito sul serio e lui ne fu felice. Felice perché era riuscito ad aiutarla senza prima litigare con lei.
  Era una bella sensazione.
Verso mezzanotte, però, la mew neko iniziò a ciondolare la testa.
Ryan posò la penna, con cui aveva smesso di scrivere già da un po’ e la guardò. –Direi che per oggi può bastare.- le sussurrò.
-Mhm… come?- bofonchiò, intontita.
-Stai dormendo in piedi, meglio che tu vada a letto.- le rubò da sotto le mani i libri e li richiuse. Lei fece per protestare, ma la zittì.
-Devo finirli… se no domani non ricorderò più nulla…- brontolò.
-Sarò ancora qui. Se dovessi aver bisogno, basta chiedere.- le disse, cercando di convincerla.
Scosse energicamente la testa. –No. Non voglio un baby-sitter.
La fissò, perplesso. Non si era offerto di fare da balia a nessuno. –Ma che stai dicendo?
-Che mi stai facendo da baby-sitter.- ripetè.
Le si avvicinò, intenzionato a prenderla su di peso. –Non sai quello che dici.
-Perché? Non è forse vero che mi vedi come una ragazzina?
A quella domanda Ryan si bloccò. Possibile che Strawberry fosse così insonnolita da star farneticando?
Ma non poteva certo dirle che la vedeva come una donna!
Fece vagare lo sguardo per la stanza, in difficoltà. –Io non ti sottovaluto. Non sottovaluto nessuna di voi.- tergiversò.
-Non è vero…- gli batté debolmente il pugno sul petto. Una parte di lei, quella ancora abbastanza lucida da capire, le stava urlando a gran voce di chiudere la bocca.
-Chiudi gli occhi, ora ti porto a nanna.- le sussurrò, lasciandosi sfuggire un sorriso. Si era accoccolata contro di lui, le palpebre così pesanti che sembrava già addormentata.
Portarla in camera non fu particolarmente difficile, era leggera per una ragazza della sua età.
La posò delicatamente sul letto, coprendola il più possibile.
-Se solo sapessi…- mormorò, posandole un bacio sulla fronte. Lei mugugnò qualcosa, girandosi su un fianco. Si fermò sulla porta, la mano sull’interruttore. –Buonanotte.

  Si svegliò abbastanza presto.
La stanza era fiocamente illuminata da una luce grigia. Forse il sole non era ancora sorto.
Sbadigliando cercò a tentoni la sveglia. –Le cinque…- lesse.
Abbandonò il capo sul cuscino con un gemito di protesta. Ma cosa gli diceva il cervello? Aveva dormito sì e no cinque ore.
Sbuffando, si girò su un fianco, tentando di riprendere sonno. Attese una buona mezz’ora, ma nulla.
Allora si alzò a sedere, ravviandosi i capelli biondi. –Ho una strana sensazione.- mormorò, mettendo a fuoco gli oggetti della stanza.
  In un’altra stanza, a diversi chilometri di distanza, un altro ragazzo era sveglio.
Teneva gli occhi puntati sul soffitto, immobile.
Stava rimuginando da molto tempo, non avrebbe saputo dire quanto.
Aveva preso la sua decisione: quel giorno sarebbe andato a controllare. Con quella consapevolezza addosso chiuse gli occhi, concedendosi altre ore di sonno.
“Fa che siano solo paranoie.”, si augurò.

  Strawberry era stata buttata giù dal letto.
Ryan era entrato praticamente urlando e aveva spalancato gli scuri della finestra, facendo entrare la luce del mattino.
Lei aveva cercato di sottrarsi, seppellendosi sotto le coperte, ma lui l’aveva tirata fuori a forza. A quanto pareva nella notte aveva nevicato ancora e bisognava spalare la neve dal vialetto d’ingresso al Cafè.
Fu così che la rossa si ritrovò, imbacuccata fino al mento, con una pala in mano nel bel mezzo del giardino. Faceva così freddo che doveva necessariamente muoversi per evitare di tremare.
-Ryan, ti odio.- sibilò, lanciando in aria la neve.
-Prenditela con Kyle.- replicò lui, poco più in là. Era evidente che il risveglio non era stato piacevole nemmeno per lui.
-Mi dispiace, ma andava fatto.- disse loro il moro.
-Ma perché queste cose non le fai fare alle ragazze? I lavori pesanti toccano sempre a me.- piagnucolò lei.
-Dopo ti farò una cioccolata calda coi marshmallows, promesso.- le lanciò un sorriso da sotto la sciarpa.
Lei annuì svogliatamente, proseguendo nel proprio lavoro.
Erano arrivati a metà vialetto quando qualcuno si avvicinò all’ingresso del locale. Le mani nascoste nelle tasche del cappotto e un berretto calato sulla testa.
-Strawberry…?
I tre ragazzi si voltarono. La rossa cercò di capire chi fosse il nuovo arrivato: la voce era distorta dalla lana della sciarpa.
Il ragazzo avanzò di qualche passo con gli occhi di Ryan puntati addosso. La sensazione della mattina ritornò, insistente.
C’era qualcosa che non andava…
-Siamo chiusi.- tentò la mew, cercando d’identificare il giovane.
Lui allora si sfilò il berretto dalla testa, rivelando una chioma nera a lei ben conosciuta.
-M-Mark…?!- la pala le cadde di mano.
Gli occhi del suo fidanzato la scrutarono, feriti. -Cosa fai qui?

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Capitolo 14
*** Cap. 13 Amico o nemico? ***


Cap. 13 Amico o nemico?
Eccomi, puntuale come promesso :) Purtroppo non credo riuscirò a mantenere questo ritmo con l'inizio dei corsi, sorry :( Però spero vi godiate questo capitolo...
Chissà se ci saranno recensioni pazze per quello che ho combinato :P
Buona lettura!




Cap. 13 Amico o nemico?


  Strawberry era immobile, le mani a coprire la bocca spalancata per la sorpresa.
No, non per la sorpresa, per il terrore.
Ryan, al suo fianco, era nella stessa situazione. Non conosceva Mark così bene da poter prevenire la sua reazione, quindi decise di aspettare e vedere come si evolveva la situazione.
Kyle era appena rientrato e confidava che tornasse al più presto. Era sempre stato il più conciliante, tra i due.
Mark estrasse il cellulare dalla tasca dei jeans e lo mostrò alla fidanzata. –Perché ho ricevuto una chiamata dal tuo cellulare? Non dovevi essere a Osaka?- domandò, cercando di mantenere la calma.
Di solito non avrebbe reagito così, ma era da un po’ di tempo che provava una certa insofferenza nei confronti di Ryan e trovare la sua gattina al Cafè, sola con lui, non era uno dei suoi desideri per l’anno nuovo.
-Mark, ti posso spiegare…- tentò la rossa, muovendo qualche passo verso di lui.
-Spiegarmi cosa? Che mi hai mentito per stare con lui?- indicò il biondo, cercando di controllare la propria voce.
Dentro di sé sentiva una strana forza crescere assieme alla voglia di spaccare tutto.
“Che mi succede?”, si chiese. Lui non era così, non era mai stato impulsivo.
-Non ti ho mentito per stare con Ryan!- Strawberry azzardò un’occhiata al ragazzo in questione, chiedendogli aiuto con gli occhi.
L’americano prese un respiro profondo e disse:-Entra un attimo, così posso spiegarti.
-No.- rifiutò.
Ryan notò che gli tremavano le mani e sembrava stesse cercando di trattenersi dall’urlare. C’era qualcosa di strano, glielo dicevano i suoi sensi di gatto.
La mew si avvicinò un altro po’, allungando una mano per toccarlo. –Da quand’è che va avanti tutto questo? Sei innamorata di lui?- le chiese, puntando i suoi occhi scuri su di lei.
La rossa s’immobilizzò, sconvolta. Innamorata di Ryan?
-Ma cosa dici? A me non piace Ryan! È il mio datore di lavoro!- replicò, fingendosi offesa dalle sue parole. Sì, perché una piccola parte di lei, ricacciata a forza in fondo al cuore, provava qualcosa per quel ragazzo indisponente e diversamente gentile.
  Ma non l’avrebbe mai ammesso.
Sicuro non l’avrebbe fatto in quel momento: non voleva scatenare una scazzottata.

  Mark leggeva la confusione negli occhi di Strawberry.
Non gli stava mentendo, quindi? Non era lì per stare con l’americano?
“Non crederle. Sfogati.”, gli disse una voce dentro di sé.
Sgranò gli occhi, risucchiando l’aria tra i denti. Non era la sua coscienza, era qualcosa di estraneo, ma che in un certo qual modo il suo corpo sentiva come parte di sé.
Stava tremando visibilmente e non sapeva come smettere.
La rabbia gli montava dentro come un’onda, alla ricerca di uno scoglio su cui infrangersi.
Spostò lo sguardo su Ryan.
“Sì… lui è un buon bersaglio.”, ancora quella voce.
Scosse la testa con forza.
-Mark… stai bene?- si sentì chiedere dalla sua fidanzata.
“Ascolta me, non lei. Ti ha mentito, ti ha taciuto questo cosa.”
-Strawberry, allontanati.- questo era l’americano.
Il ragazzo tentò di arginare quella marea, ma cresceva a dismisura ed era quasi arrivata in superficie. Aveva il fiato corto per lo sforzo.
Rialzò gli occhi e vide Ryan trascinare indietro Strawberry, la sua Strawberry.
-Non la toccare…- sussurrò.
 I due si bloccarono, fissandolo confusi.
-Non la toccare!!
Lasciò libero sfogo a tutta quell’energia che aveva in corpo, urlando a pieni polmoni.

“Come temevo!”
Ryan trascinò Strawberry dietro di sé, al sicuro.
Mark era completamente avvolto da un fascio di luce azzurra, che pulsava attorno a lui come una fiamma impazzita.
-Ma che succede?- sentì chiedere la ragazza.
-Si sta trasformando.- le disse solo. Quella era senza ombra di dubbio una trasformazione: il problema era che non sapeva da cosa era stata innescata e quale risultato avrebbe avuto.
-Trasformazione? Ma sei impazzito?! Mark è umano!- sbottò lei, tentando di liberarsi e andare dal fidanzato.
-Resta qui!- la bloccò trattenendola per le spalle. Con la coda dell’occhio vide Kyle. La gettò letteralmente tra le sue braccia. –Allontanatevi!
L’amico lo guardò confuso, poi spostò lo sguardo su Mark. –Non è possibile…- si lasciò sfuggire.
La mew rosa smise di dimenarsi. –Che succede?- chiese ancora.
Perché non le dicevano niente? Dannazione!
Non le rispose, limitandosi ad allontanarla come gli era stato detto.
Il biondo, intanto, si mise in posizione di difesa, pronto ad ogni evenienza. Si sarebbe aspettato di tutto, ma non quello che sbucò dalla fiamma di potere.
  Sgranò gli occhi, scioccato.
Al posto del quindicenne c’era un alieno dai lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri. Indossava quella che sembrava una divisa, di un intenso blu notte e, cosa più importante, al fianco portava una spada.
A quella vista anche Strawberry rimase spiazzata. –Mark…?
-Non muoverti, resta ferma.- le ingiunse Kyle.
-Ma devo… perché si è trasformato in un alieno?- lo guardò, confusa oltre ogni dire. La sua voce era salita di un’ottava, chiaro segno di paura. O di un attacco isterico in arrivo.
Il moro si limitò a scuotere la testa, non sapendo proprio cosa risponderle.
-Devi lasciare in pace Strawberry.- furono le prime parole pronunciate dall’alieno.
-Chi sei?
-Sono una parte di Mark. Il mio nome è Cavaliere Blu.- rispose, inchiodando Ryan col suo sguardo. Se possibile era ancora più freddo del suo.
-Io non voglio niente da Strawberry. Lei è qui…- iniziò, ma non riuscì mai a finire.
Il Cavaliere si era lanciato contro di lui, spada sguainata.
L’americano schivò l’attacco appena in tempo, gettandosi a terra. Impattò violentemente col terreno ricoperto di neve.
L’alieno modificò la traiettoria del proprio fendente e fece per calarlo sulla sua testa. Ryan gli colpì il braccio, facendo deviare la lama.
-Kyle, mi serve qualcosa per difendermi!- urlò. –Porta dentro Strawberry!
A quelle parole la ragazza si ribellò. –Non rimarrò ferma a guardare mentre vi ammazzate!- urlò. Estrasse il ciondolo della trasformazione e venne avvolta dalla famigliare luce rosa.
  Il Cavaliere si bloccò, confuso.

“Che mi sta succedendo? Chi sei?”, Mark era intrappolato nel suo stesso corpo.
Una volontà più forte della sua l’aveva relegato in un angolo, assumendo il controllo e trasformandolo in una sorta di spadaccino volante che si era scagliato contro l’americano.
Non riusciva a controllare i propri muscoli e continuava a menare fendenti, cercando di colpire il suo avversario.
La cosa più strana era che Strawberry si era appena trasformata in Mew Berry.
“Questo è un incubo!”, pensò, riuscendo ad afferrarsi la mano che reggeva la spada con quella libera. Odiava la violenza, non avrebbe mai fatto male a nessuno, non intenzionalmente.
-Mew Berry…?- gli sfuggì.
Lei annuì, sentendosi in colpa per quello che stava per fare.
-Smettila di attaccare Ryan o te la vedrai con me.- lo minacciò, impugnando la sua arma. Innocua, a prima vista, ma molto potente.
“No.”, gridò la voce nella sua testa. –Non posso…- rispose lui.
Lo fissò confusa. –Perché non puoi? Che significa?
Il Cavaliere Blu non rispose e tornò nuovamente all’attacco. Questa volta il biondo era pronto a riceverlo e gli tirò una manciata di neve sugli occhi, accecandolo.
Lanciò un grido di dolore, allontanandosi. –Maledetto!- sibilò con voce distorta.
Il ragazzo si rialzò e si avvicinò alla mew, lieto di avere qualcuno che potesse dargli man forte. –Hai mai mostrato segni di… squilibrio?- le chiese. Lei lo fissò con tanto d’occhi. –Non pazzia. Squilibri caratteriali: improvvisi cambiamenti d’umore.- si spiegò.
-No…- scosse lentamente la testa, facendo ondeggiare i capelli di un rosa molto intenso.
-Ho chiamato le ragazze!- Kyle uscì di corsa dal Cafè, in cui nessuno lo aveva visto entrare. Si fermò ad una distanza di sicurezza.
-Bene.- l’amico gli fece un cenno col capo, segno che aveva capito.
Strawberry, invece, si voltò a guardare il cuoco e poi puntò lo sguardo su Ryan. –Gli faremo del male, tutte insieme!- protestò.
-Ammesso non ci riesca prima lui.- la afferrò per i fianchi e si gettò di lato, evitando un colpo ascendente. L’arma finì nella neve, facendola sfrigolare.
“Bene, direi che è meglio non farsi toccare da quella lama.”, considerò il ragazzo, lasciando andare la rossa.
-Che devo fare? Lo devo colpire? Mi sono trasformata senza pensare.- ammise lei, agitata. “In verità non volevo vedervi combattere.”, non riuscì ad impedirsi di aggiungere tra sé.
-Basterà renderlo inoffensivo… un colpo in testa potrebbe bastare.- le lanciò un’occhiata. “Non sai da quanto lo desidero.”, aggiunse tra sé. Se glielo avesse detto se lo sarebbe beccato lui, il colpo.
Il Cavaliere liberò la spada e si alzò a mezz’aria, scrutandoli truce.
“Smettila di comandarmi!”, al suo interno Mark lottava con tutte le proprie forze. Non voleva vedersi annullato da una forma di vita aliena al suo corpo.
Raccolse tutte le ultime energie che aveva e si ribellò, iniziando un corpo a corpo con quella strana volontà che l’aveva scatenato contro i ragazzi.
“Non puoi liberarti di me!”
Strawberry si bloccò, vedendo il suo avversario comportarsi in modo strano.
Sembrava stesse lottando contro se stesso, nel tentativo di mollare la presa sulla spada. –Mark! Se mi senti, liberati!- scongiurò.
Il ragazzo, all’udire la sua voce, ci mise ancora più forza.
  L’alieno iniziò a divincolarsi come se fosse preda di un attacco di convulsioni. L’arma gli scivolò di mano, conficcandosi in un cumulo di neve.
Ryan fece per slanciarsi in avanti e recuperarla, ma il Cavaliere se ne accorse.
-Non toccarla!- puntò verso di lui, le mani dotate di poco rassicuranti unghie affilate. Rotolarono a terra in un feroce corpo a corpo.
Il biondo riuscì a liberarsi di lui e lo mandò tra la neve, dove riprese a contorcersi.
Si prese la testa tra le mani e lanciò un urlo agghiacciante.
In quello stesso istante sopraggiunsero anche le altre mew mew, che si bloccarono all’ingresso del giardino.

  Piegandosi su se stesso, il Cavaliere fu nuovamente avvolto dalla luce azzurra.
Questa volta, però, sembrava soffrire.
Continuava ad urlare ed era un miracolo che nessuno fosse accorso per vedere cosa stesse succedendo.
-Ryan…- gemette Strawberry.
-Aspetta.- la trattenne delicatamente per un braccio, gli occhi puntati sulla trasformazione. Non sapeva cos’era successo nella mente di Mark, ma era chiaro che si era ribellato.
-Che facciamo?- sentì chiedere Mina.
-Ferme.- ordinò.
Le ragazze non si mossero, osservando quello spettacolo raccapricciante senza parole.
Quando finalmente la fiamma si dissolse, il corpo del fidanzato di Mew Berry cadde al suolo, come privo di vita.
-Mark!- senza esitare corse da lui. Si lasciò cadere nella neve e gli sollevò il capo, posandoselo sulle ginocchia. –Rispondimi, ti prego!- supplicò.
In poco tutti gli altri la raggiunsero.
Kyle si chinò su Mark e gli sentì le pulsazioni. –E’ solo svenuto. Portiamolo dentro.- la rassicurò.
Lui e Ryan si abbassarono e lo sollevarono di peso, trasportandolo verso l’entrata secondaria dell’edificio. Le ragazze li seguirono, lanciando sguardi perplessi a Strawberry.
Lo sistemarono su alcune sedie dopo essersi assicurati che non potesse cadere. La rossa riassunse le proprie sembianze e si sedette di fianco a lui, carezzandogli i capelli.
-Qualcuno può spiegarci cos’è successo?- Mina diede improvvisamente voce alle domande inespresse.
Il capo del progetto le scrutò ad una ad una e poi sospirò. –Mark si è trasformato in un alieno.- disse.
-E questo che significa? Com’è possibile?- domandò Paddy.
“Già, vorrei saperlo anche io.”, pensò la rossa.
-Per saperlo ci servirebbe un campione di sangue…- intervenne Kyle.
-Come?- la mew neko lo guardò, stupita. Lui si voltò a fissarla, sorridendole imbarazzato. –Non c’è un altro modo?
Scosse la testa. –Non gli farò male.- promise. Lei allora acconsentì.
-Quindi è un nemico?- Lory si avvicinò all’amica, posandole una mano sulla spalla per darle il suo supporto.
Questa volta fu Ryan a rispondere. –Quello che c’è dentro di lui probabilmente sì. Durante lo scontro c’è stata una… battaglia interiore, nel suo corpo.- ammise.
Lo guardarono tutti perplesse.
-Sembrava stesse combattendo contro qualcosa. Come quando cerchi di non ascoltare la tua coscienza.- provò a spiegare Strawberry.
-Ora siamo nei guai, giusto?- chiese Pam. Il biondo la guardò. –Mark sa che Strawberry è qui invece di essere ad Osaka e sa anche del progetto.
-Come facciamo?- la rossa alzò i suoi occhi di cioccolato sull’americano mentre Kyle prelevava una fialetta di sangue a Mark. Non voleva guardare.
“Non avrei mai voluto dirlo.”, pensò. –Gli spiegheremo tutto e, se deciderà di aiutarci, entrerà a far parte del progetto.
-COSA?!
Ad urlare era stata proprio la leader delle mew mew. La fissò con tanto d’occhi: avrebbe dovuto essere contenta di poter combattere al fianco del suo fidanzato.
-Hai altre soluzioni?- sollevò un sopracciglio, incrociando le braccia sul petto.
-No, ma… ma non possiamo… non puoi…- farfugliò, nel panico. Mark non poteva venire a lavorare al Cafè, non poteva perché… già, perché? Perché se fosse stato a stretto contatto con lui, Strawberry si sarebbe fatta scoprire.
Non solo era una pasticciona cronica, ma stava iniziando a sviluppare un’insana attrazione per Ryan.
E non era colpa del suo corpo, a lei piaceva quello che c’era dietro le apparenze!
Si mise le mani tra i capelli, alzandosi.
-Strawberry… calmati. Non credo che Mark svelerà il nostro segreto.- Paddy le appoggiò una mano sul braccio.
-Non è quello… io…
-Tranquilla, non scapperà dopo aver scoperto quanto sei impedita al Cafè.- le disse Ryan. Era conscio che quella era la sua condanna a morte, ma voleva che fosse lei a scegliere.
Le sue parole ebbero l’effetto sperato e la ragazza si calmò, lanciandogli un’occhiataccia. Ma dietro lo sguardo ostile lui lesse un ringraziamento.

***
 
-Dannazione!
La scarica di energia si abbatté sul muro, crepandolo.
Profondo Blu era fuori di sé dalla rabbia. Gli alieni erano in cerca di qualche nuova tattica, quindi era solo. Libero di sfogarsi.
-Stupido ragazzino!- lanciò un urlo, piegando il capo all’indietro.
Si sentiva ribollire dentro: era infuriato.
Aveva osato sfidarlo, lo aveva scacciato dal suo corpo. Quello era un affronto bello e buono alla sua persona, al suo potere.
-Non sono entrato in te per darti il potere, ma per porre fine a questa situazione.- digrignò i denti, prendendosela con un interlocutore immaginario.
Nessuno era in grado di soddisfare le sue richieste.
Non Quiche, non Pie, non Tart. E nemmeno quello stupido e arrogante vampiro.
Revenge aveva un carattere troppo dominante per potersi piegare al suo volere. Più che un alleato era una spina nel fianco.
Sapeva di doversi arrangiare, per quello aveva osservato attentamente le sue nemiche. E alla fine aveva trovato l’ospite perfetto.
Il caro fidanzatino.
-Se solo lui non si fosse ribellato!- lanciò un’altra scarica, demolendo definitivamente una parete. “Poco importa.”, fece spallucce, osservandola riformarsi.
Essere in una dimensione parallela aveva i suoi vantaggi. In primo luogo i muri si rimettevano in piedi da soli e in secondo luogo non poteva essere ucciso.
Non finché rimaneva lì.
-Ti piegherò al mio volere, fosse l’ultima cosa che faccio.- promise.

***

-Dove sono…?- mugugnò Mark.
Tentò di aprire gli occhi, ma sentì un tocco caldo sul viso. –Come ti senti?
-Strawberry?- sorrise sollevando finalmente le palpebre. Lei ricambiò il sorriso, grata che si fosse svegliato.
-Ma cos’è successo? Dove siamo?- domandò.
-Al Cafè Mew Mew.- rispose lei, facendosi preoccupata. Si accigliò: come ci era arrivato al locale dove lavorava Strawberry?
Poi ricordò tutto.
Si portò le mani davanti agli occhi. –Non è successo quello che temo, vero?- sussurrò.
Le ragazze guardarono Ryan e Kyle, in difficoltà.
-Cosa ricordi?- gli chiese il moro. Non era ancora sceso in laboratorio, voleva aspettare che il ragazzo si fosse svegliato per aiutare il suo amico nella delicata spiegazione che sarebbe seguita.
-Tutto.- ammise.
Il biondo sospirò. –Bene… preferisci parlare a quattr’occhi con me o vuoi una dimostrazione shock?- gli chiese. Mark lo fissò senza capire. –Optiamo per la seconda. Ragazze, i ciondoli.
-Ma… sei matto? Potrebbe venirgli un colpo!- protestò Mina.
-Almeno non ci prenderà per pazzi.- replicò lui, freddandola con un’occhiata delle sue.
Strawberry fu la prima ad estrarre il piccolo gioiello e a chiamare la metamorfosi. Subito dopo anche le altre la imitarono.
Quando furono completamente trasformate, il ragazzo si ritrovò il team mew mew al completo.
-Ma che sta succedendo?- si mise a sedere.
-Vedi, Mark, Strawberry fa parte del progetto μ.- iniziò.
-E cosa sarebbe…?
-L’abbiamo creato io e Kyle per salvare la terra dagli alieni. Le ragazze sono state geneticamente modificate coi geni di alcuni animali in via d’estinzione.- proseguì.
Man mano che continuava ad ascoltare gli sembrava tutto sempre più assurdo. Era uno scherzo.
-Non lo sto dicendo per prenderti in giro. È la realtà. Guardale.- Ryan mise a nudo i suoi pensieri. Lui allora si costrinse ad osservare le cinque giovani davanti a lui. Avrebbe riconosciuto la sua fidanzata dovunque, ma non si sarebbe mai aspettato che le sue colleghe lì al Cafè fossero compagne anche in quella pazzia.
Scosse la testa, cercando di schiarirsi le idee. –Mi… mi sembra tutto assurdo.- ammise.
-L’abbiamo pensato tutte, all’inizio.- ridacchiò Lory.
-Quindi, fatemi capire. Voi due…- e indicò i due americani. -…avete giocato a fare i piccoli chimici col DNA di cinque persone per salvare la terra da un’invasione aliena?
-Esatto. Particolare più, particolare meno.- assentì Ryan. “Non sei poi così stupido, allora.”, pensò.
-E io cosa sono? Faccio parte del team?- chiese, confuso.
Il biondo non riuscì a trattenersi dal ridacchiare. –No… non direi.
Mark lo guardò stranito. –E allora…?
-Tu sei il nemico.
A quelle parole si tirò indietro, colpito dall’intensità di quegli occhi azzurri come il mare.
Strawberry, anzi Mew Berry, gli venne vicino, scoccando un’occhiataccia al ragazzo. –Smettila.- sibilò.
-E’ vero. Si è trasformato in un alieno.- allargò le braccia.
-Ok, ma non sappiamo ancora se lui sia un nemico o no…- borbottò la mew.
-Io non sono un vostro nemico.- si difese il giovane.
-Tu no. Ma quella cosa che c’è dentro di te sì.- ribattè calmo l’americano.
-La voce?
Ryan socchiuse gli occhi. –Quale voce?
-Ho sentito una voce. È come se dentro di me ci fosse qualcun altro. E mi diceva di colpirvi.- rivelò.
Ci furono mormorii preoccupati tra le ragazze.
-Calme.- le quietò Kyle. –Ryan… sai cosa potrebbe significare?
-Sì, che dobbiamo scendere in laboratorio. Ho un brutto presentimento.- gli si avvicinò. –Tu non lasciare il locale, intesi?- disse, rivolto a Mark.
-C-certo…- fece lui, smarrito.
I due amici scomparvero al di là della porta a battenti che divideva il salone dai locali di servizio.
-Direi che possiamo tornare normali…- sospirò Pam.
Detto fatto. Le cinque mew tornarono ad essere semplici ragazze umane.
-Ho bisogno di parlarti.- esordì Mark, rivolto alla sua fidanzata. Lei annuì e gli fece segno di seguirla in cucina.
Non voleva che le sue amiche ascoltassero, sembrava importante.


Mark prese un respiro profondo, poi si voltò a fronteggiarla.
-Voglio tutta la verità.
Lei si morse il labbro inferiore. Non era certa di cosa potesse dirgli circa il progetto, ma ormai la frittata era fatta.
-Da quanto tempo va avanti?- le domandò.
-Da marzo, più o meno.- disse, facendo due rapidi conti.
-Quindi tutte le volte che non ci siamo potuti vedere…?- iniziò. Non poteva crederci.
Lei annuì. –Sì, era colpa del progetto.
Si passò le mani sul viso. –Non ci credo. Quindi mi hai sempre mentito.- disse.
-No, non ti ho mentito! Io… tu mi piaci veramente, ci tengo a te!- gli si avvicinò, prendendolo per un polso.
-Ma non ti fidavi abbastanza per dirmelo.- le fece notare.
-Nessuna di noi lo ha detto a qualcuno. Non possiamo, ne va del progetto.- cercò di fargli capire. Anche se Ryan non lo avesse espressamente vietato, non avrebbe mai rivelato una cosa del genere a chicchessia. Era troppo pericoloso e troppo importante.
-Lavorate veramente qui?
-Sì, siamo anche pagate. Al piano di sotto c’è il quartier generale e sopra le stanze dei ragazzi.- spiegò.
-E perché stanno facendo tutto questo? Per divertimento?- chiese, riferendosi alle menti di tutta quell’operazione.
La rossa scosse la testa. –No. Stanno portando avanti le ricerche del padre di Ryan.- disse lei. –E’ stato lui a scoprire il primo chimero.
-Chimero?
Troppe informazioni e troppe tutte insieme.
-Sì… è complicato.- Strawberry sorrise, a disagio. –Non sono tagliata per le spiegazioni.
-D’accordo, mi basta. Ma dimmi solo una cosa: questo progetto ti causerà delle conseguenze? A livello fisico.- le si avvicinò.
Ecco il Mark di cui si era innamorata: comprensibile, affidabile e premuroso.
-Be’, a parte la coda e le orecchie no.- disse tra sé.
Stava per abbracciarla ma si bloccò a metà del gesto. –Coda e orecchie?- ripeté.
Annuì. –Sì, quando mi emoziono troppo mi spuntano la coda e le orecchie da gatto.- spiegò.
-Oh… oh! Ecco perché!- ora era tutto più chiaro. Quei suoi improvvisi cambiamenti d’atteggiamento ora avevano una spiegazione.
-Devo coprirle, quando non sono qui.- si giustificò, imbarazzata.
-Capisco.- sorrise. Si era calmato e ora voleva solo stringerla a sé, conscio di condividere con lei un grande segreto. Be’, con lei e altre sette persone.
La mew esitò un attimo, ma poi gli si avvicinò. Si scambiarono un’occhiata e lui la trasse a sé. Sorrisero entrambi, grati di quel contatto.
Strawberry chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi, ma da qualche parte in fondo allo stomaco sentiva un peso fastidioso.
-Per la questione di Osaka?- le domandò improvvisamente.
Si staccò. –Mio padre è stato promosso e lui e mamma sono partiti per Osaka. Ha un accordo da firmare.- spiegò.
-E ti hanno lasciata a casa da sola?- la guardò con tanto d’occhi.
-No. Hanno dato a Kyle una copia delle chiavi di casa perché venisse a controllarmi.- disse.
-E perché ora sei qui?
-Per lavorare.- lo fissò perplessa.
Assunse un’espressione diffidente. -Alle sei di mattina?
-Oh… no. Sono stata attaccata vicino casa e Ryan ha detto che sarebbe stato più sicuro farmi dormire qui.- chiarì. Poi si affrettò a precisare:-Nella stanza degli ospiti.
La fissò in silenzio, beandosi del suo viso e dei occhi castani, sempre così vispi e allegri. Voleva fidarsi.
-Io mi fido di te.- le sorrise.
“E io ti ho appena taciuto una cosa importante.”, si disse. Non gli aveva detto del piccolo problema che aveva affrontato recentemente. Era troppo imbarazzante.
-Oh, devi sapere che il nostro nuovo…- ma fu interrotta.
Ryan comparve sulla porta. -Ah, siete qui. Venite di là.- e detto questo si allontanò.
Strawberry era indecisa se picchiarlo a sangue o ringraziarlo.
-Bene, abbiamo una buona notizia e una cattiva.- esordì Kyle.
Tutti gli sguardi si focalizzarono su di lui.
-Prima la cattiva.- disse Pam. Via il dente, via il dolore no? Era una ragazza pratica.
Il moro annuì. –Dalle analisi fatte risulta che nel sangue di Mark sopravvive una parte dell’essenza di un alieno molto potente. Probabilmente il capo della combriccola.- Ryan gli rubò le parole di bocca.
Il cuoco lo guardò, piccato e lui fece spallucce, sorridendo in segno di scusa.
-Cosa?! Sul serio?- chiese Mina, stupita.
I due annuirono.
-E dopo questo c’è una buona notizia?- Paddy era scettica.
-Certo.- confermò il biondo. –Possiamo sfruttare la forza del Cavaliere Blu contro di loro. Ovviamente quando Mark sarà in grado di controllarlo.
Sentendosi chiamato in causa, il ragazzo alzò gli occhi. Cosa avrebbe dovuto fare?
Li guardò tutti, uno per uno: stavano aspettando una sua risposta.
-Mark… ci aiuterai?- Strawberry si voltò a guardarlo.
I loro occhi s’incontrarono e lui capì che lo voleva veramente lì, con lei, a combattere contro questi fantomatici alieni.
“Ma è troppo forte…”, si disse. Quella presenza dentro il suo corpo era potente, molto potente. Era riuscito a ricacciarla indietro solo grazie all’aiuto della sua fidanzata, ma la sentiva premere, pressante.
-Puoi prenderti del tempo per pensarci…- gli disse Kyle.
“Se anche ci pensassi non cambierebbe il fatto che sono un pericolo ambulante.”, pensò. Aveva paura a richiamare quel potere, anche solo per ritorcerlo contro chi gli aveva sconvolto l’esistenza interiore.
Deglutì, nervoso. Era chiaro che tutti quanti avevano grandi aspettative.
Compreso Ryan, lo capì da come lo stava guardando.
Prese un respiro profondo. –Mi dispiace, ma non credo di poterlo controllare. Nemmeno per aiutarvi. Quindi cercherò di stare lontano da questi alieni il più possibile e imbrigliare questa voce.- annunciò infine.
Lo stupore negli occhi della sua gattina era grande. Enorme.
Le sorrise, mortificato. “Cerca di capire.”
“Non posso obbligarlo. E le sue ragioni sono buone.”, pensò Ryan. –D’accordo. Capisco le tue preoccupazioni, ma vorrei chiederti solo due cose: la prima è di non parlare a nessuno del progetto.- al cenno affermativo del ragazzo continuò. –La seconda è di correre in soccorso delle ragazze, qualora loro siano in difficoltà.
Mark guardò nuovamente la mew rosa, pensieroso. –Sì. Posso farlo.
-Bene. Per qualsiasi cosa, noi siamo qui.
Sapere che il fidanzato di Strawberry non aveva voluto unirsi alla squadra aveva scatenato in lui due reazioni opposte: da un lato ne era stato immensamente contento, non avrebbe sopportato di averlo sempre tra i piedi, ma dall’altro era deluso per aver perso un forte alleato.
Avrebbe lavorato part-time, ma non era la stessa cosa.
-Ora… ora andrei a casa, se non vi dispiace. È stata una mattinata ricca di avvenimenti.- mormorò Mark.
-Ti accompagno.- si offrì la sua ragazza.
Scosse la testa, sorridendole. –No, non importa. Ci sentiamo presto.- le posò un bacio sulla fronte.
Fece un cenno con la mano agli altri e si avviò.

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Capitolo 15
*** Cap. 14 Sviluppi ***


Cap. 14 Sviluppi
Scusate il leggero ritardo, ma questo capitolo non voleva scriversi, in più non ho potuto metterci mano fino a stamattina. Comunque... si è finalmente mosso qualcosa! Spero che gli sviluppi vi piacciano, anche se non sono così eclatanti :)
Buona lettura!


Cap. 14 Sviluppi


  I giorni seguenti alla scoperta della seconda identità di Mark furono abbastanza complicati, per Strawberry.
Da un lato era contenta di non dover più nascondere la verità sul suo lavoro al Cafè Mew Mew al suo fidanzato e le faceva piacere parlare con lui dei problemi che potevano derivare dall’essere una paladina della giustizia. Dall’altro, purtroppo, nel loro rapporto era cambiato qualcosa, lo sentiva sulla pelle e forse dipendeva proprio dalla scoperta del suo segreto.
  In più c’erano quei pensieri, nascosti, ma sempre presenti che la facevano arrossire di fronte a Ryan. Ma non nel solito modo a cui era abituata.
Era molto più improvviso e molto meno gestibile, o meglio, mascherabile.
Ma non poteva permettersi quelle distrazioni, non quando il suo rapporto col ragazzo migliore della scuola stava prendendo una bella piega.
  Avevano molto altro di cui parlare, ora e lui voleva essere aggiornato sui loro progressi, per sapersi muovere in caso di necessità.
Altra nota positiva: le sue visite al locale.
Prima non era mai venuto, se non quando l’aveva presentato alle ragazze e ai due americani. Nei giorni immediatamente successivi la trasformazione passò ben due volte.
Quella loro nuova complicità le fece pesare meno anche l’assenza dei suoi genitori e gli improvvisi (e ormai ben noti) sbalzi d’umore del biondo.
  Per Ryan, invece, andò tutto di male in peggio.
Sorvolando sull’improduttività delle recenti ricerche, sia per quanto riguardava il vampiro che per la Mew Acqua, doveva convivere con la consapevolezza che l’unica cosa che condivideva con la rossa non era più un segreto tra loro due. Almeno per il suo fidanzato.
Sapeva che non poteva semplicemente cancellargli la memoria, soprattutto perché dentro di lui aveva un ospite molto potente. Averlo al Cafè l’avrebbe aiutato a tenerlo d’occhio, ma sarebbe anche stato estremamente stressante per lui.
Sia a livello fisico che mentale.
  Così gli ultimi giorni di vacanza si mantenne impegnato più che poteva e avvicinò Strawberry lo stretto necessario. Ogni volta che la incontrava sembrava sempre presa in fitte conversazioni telefoniche con Mark.

“Devo aver fatto qualcosa di male. Qualcuno mi sta punendo.”, si disse, la domenica prima del rientro a scuola.
Le ragazze erano andate a casa da un paio di ore, Strawberry compresa.
-Ehi, cos’hai?- Kyle lo raggiunse. –Problemi con le ricerche?
Gli lanciò un’occhiata mentre controllava lo schermo del computer. –No. Domani avrò modo di verificare se almeno una delle cose che sto portando avanti è andata a buon fine.- sospirò, massaggiandosi gli occhi.
Il moro si voltò a guardarlo. –E allora cosa…?
Si appoggiò pesantemente contro lo schienale reclinabile della sedia. –Mark.- disse solo. Un nome, un programma.
L’amico allora prese posto accanto a lui.
-So che non ti fa piacere il recente sviluppo degli eventi…- iniziò, ponderano le parole. –Ma devi vederla dal lato scientifico: abbiamo un possibile alleato.
-Credi che non me lo sia ripetuto almeno un milione di volte?- sbottò.
-Non puoi allontanare Mark. Anzi, ringrazia che non ha voluto unirsi alla squadra.- tentò di fargli vedere il lato positivo della faccenda.
-Sai che vantaggio. Dobbiamo comunque monitorarlo, quindi ogni tanto dovrò chiedergli di passare. Per forza.- disse le ultime parole con un tono che andava molto vicino al disgusto.
-Ryan… io non so più come dirtelo…
-No, Kyle. Non puoi dirmi di provarci quando Strawberry sta tutto il giorno a messaggiare con lui. Ora che condividono questa ennesima cosa, sono ancora più uniti di prima. Ho fatto un passo avanti e due indietro.- lasciò uscire un lungo sospiro. La sua voce trasudava rassegnazione e non era assolutamente da lui.
Il cuoco girò la poltrona verso di sé, costringendolo a guardarlo in faccia. –Ryan Shirogane, tu non sei un tale disfattista. Non ho niente contro Mark, ma sai che tifo per te. Quindi tira fuori le palle.- lo guardò dritto negli occhi, deciso.
Si fissarono in silenzio per qualche istante, poi il biondo scoppiò a ridere. –Oddio, questa è stata divertente… non è proprio da te.
Kyle rimase interdetto, ma poi si unì all’amico. –Be’, dovevo scuoterti.- si giustificò.
-D’accordo. Vediamo come si evolvono le cose.- decise infine, calmandosi.
-Bene. Ora va’ a letto. Domani ti tocca la scuola.- gli diede una pacca sulla spalla, sorridente.
-La scuola… ma cos’ho fatto per meritarmi tutto questo?- brontolò.
-Mhm… hai messo su un progetto che comporta la modifica del DNA di cinque ragazze, poi…- iniziò il moro.
-Va bene, lo so. Ho capito.- lo fermò, lasciandosi sfuggire un sorriso. –Vado. Buonanotte.
-‘Notte.
Salì i gradini a due alla volta. Entrò in camera e, dopo una breve indecisione, si concesse una doccia, cercando di rilassarsi.
“Domani ricomincia il mio incubo personale.”, pensò sotto il getto d’acqua calda.

  Puntuale come sempre spense la sveglia e si mise a sedere, ancora leggermente assonnato.
Lanciò un’occhiata attraverso gli scuri accostati e notò la pallida presenza del sole.
-Scuola, sto arrivando.- disse, ironico.
Indossò la divisa e scese di sotto per fare colazione.
In cucina trovò Kyle, già sporco di ogni genere di ingrediente e sorridente come al solito. Sembrava che nulla potesse scalfire il suo buonumore.
-Cereali?- gli domandò il cuoco, vedendolo prendere posto al grande tavolo.
Scosse la testa. –Ho bisogno di zuccheri.
-E da quando in qua mangi?- lo fissò, fingendosi stupito.
Sollevò un angolo della bocca, dedicandogli la pessima imitazione di un sorriso. –Da quando ho molte cose che mi stressano.- rispose.
-Mamma mia, che ragazzo complicato. Spegni il cervello, ogni tanto.- sdrammatizzò, mettendogli davanti un bel bombolone.
-E’ proprio questo cervello che manda avanti tutto.- gli ricordò, toccandosi la fronte con l’indice.
-Modesto.
-Come sempre.- addentò il dolce. Si leccò lo zucchero a velo dalle labbra e mostrò la propria approvazione con due pollici bene alzati.
-Sono contento che ti piaccia.- ridacchiò l’amico. –Mangia con calma. Io vado a pulire di là.
Annuì, concentrato sulla crema della pasta.
“Speriamo che quel sangue sia scomparso…”, si augurò.
Si concesse ancora qualche momento di tranquillità, poi salutò Kyle ed uscì.
Quando si ritrovò con la moto tra le mani rimase a fissare il cruscotto per qualche istante. Il pensiero di passare a prendere Strawberry, per darle un passaggio e salvarla dall’ennesimo ritardo, si era fatto prepotentemente spazio nella sua mente.
Valutò seriamente la cosa, ma alla fine decise di rifiutare.
Montò in sella e partì, facendo attenzione a non far slittare il mezzo sulla neve.
Quando arrivò davanti al cancello della scuola ringraziò la propria razionalità (e anche il proprio orgoglio, già che c’era) per avergli risparmiato un’umiliazione assicurata.
Trovò Strawberry a braccetto col suo adorato Mark, sul viale che portava alla struttura scolastica.
“Cretino.”, senza farsi vedere sgusciò dentro, andando a posteggiare il suo mezzo.
Non appena ebbe tolto e sistemato il casco, una folla urlante lo raggiunse.
-Ryan, sei tornato! Come stai? Sei guarito completamente? Hai bisogno di una mano per i compiti?- troppe domande tutte insieme.
Socchiuse gli occhi, sofferente.
-Ragazze, per favore. Una alla volta.- supplicò, cercando di mantenere la calma. Non erano loro il suo vero problema. O meglio, erano solo la punta dell’iceberg.
Riuscì a zittirle e a farsi ripetere le domande una alla volta. Rispose a tutte, cercando nel frattempo di avviarsi verso la sua aula.

-Ma quello non è Ryan?- domandò Mark, bloccandosi in mezzo al cortile.
Strawberry seguì il suo sguardo e vide un nutrito gruppo di ragazze dell’ultimo anno assiepare il nuovo e popolare arrivato. –Sì. È lui.- confermò.
Il moro la guardò. –E cosa ci fa a scuola? Mi hai sempre detto che non aveva bisogno di frequentare, avendo già una laurea.- era perplesso.
-Fa parte del progetto. Lui e Kyle sono convinti che i nemici, o i loro alleati, si trovino nella scuola.- spiegò.
-Nella nostra scuola?- ripeté, stupito. Si limitò ad annuire.
-E deve proprio scatenare tutto quel putiferio?- chiese dopo qualche altro secondo d’osservazione.
-Fidati, ne farebbe sicuramente a meno. Di questo sono sicura.- disse.
-Sul serio? Credevo che a uno come lui piacesse quel genere di attenzioni.- commentò.
A quelle parole la rossa si sentì stranamente infastidita.
-Non ama essere al centro delle attenzioni, non è quel tipo di persona.- le sfuggì.
Il suo fidanzato tornò a guardarla. –Devi conoscerlo bene.
Fece spallucce, cercando di togliersi d’impiccio. –Non molto… cioè, lavoro con lui praticamente tutti i giorni. Non si fa quasi mai vedere quando ci sono clienti.- sperò che quella spiegazione bastasse.
Sembrò funzionare perché Mark non le chiese più niente, limitandosi ad accompagnarla all’ingresso.
-Spero vivamente che Mimi abbia fatto inglese. Non sono per niente sicura di quello che ho scritto.- ammise, imbarazzata.
-Se avevi bisogno potevi dirmelo.- le sorrise, premuroso.
La rossa si bloccò, sentendo un improvviso nodo in gola. Non poteva assolutamente dirgli che Ryan l’aveva aiutata per diverse ore.
Deglutì. –Volevo arrangiarmi e vedere cosa riuscivo a combinare.- inventò.
-Sempre la solita gattina indipendente, vero?- le scompigliò i capelli, ridacchiando. Era di buon’umore e contagiò anche lei.
Gli rispose con un sorriso, prima di sentire la campanella. –Oddio, devo sbrigarmi. Ciao!- e schizzò via.

  Durante l’ora di pranzo Ryan riuscì a liberarsi di tutte le sue compagne e a sgattaiolare sul tetto.
La giornata era fredda e abbastanza grigia, ma a lui serviva solo un po’ di silenzio. Gli dolevano le orecchie per i troppi schiamazzi.
“Le donne proprio non le capisco…”, scosse la testa, addentando il suo panino. Kyle aveva provato a infilargli il bento nella cartella, i primi tempi, ma dopo il suo ennesimo rifiuto aveva capito l’antifona e aveva smesso.
  Non che non gli piacesse il cibo giapponese, anzi, ma il cestino del pranzo attirava troppe api.   E con api non intendeva quelle a strisce gialle e nere.
Chiuse gli occhi, inspirando a fondo e ripetutamente. L’aria era secca e probabilmente avrebbe nevicato entro la mattinata successiva.
Glielo dicevano i suoi sensi felini.
Terminò il pranzo in santa pace, dato che nessuno si sarebbe arrischiato sul tetto a gennaio, e poi riordinò le idee.
Doveva ancora controllare il sacchetto di sangue sull’albero e sperava vivamente che non fosse un ennesimo buco nell’acqua.
“Non credo troverò alleati del vampiro… speriamo nel Dampyr.”, si disse.
Mandò un messaggio al collega, dicendogli che appena controllato l’esca lo avrebbe informato. Non attese la risposta e si avviò lungo le scale. Raggiunse il corridoio giusto e, una volta controllato che non ci fosse nessuno nei paraggi, si trasformò in Art e balzò sul ramo più vicino.
Il colore del suo pelo l’avrebbe aiutato a confondersi con la corteccia, ammesso che qualcuno fosse interessato ad un gatto randagio.
La neve era fredda sotto i suoi polpastrelli e ad un certo punto rischiò anche di scivolare. Si aggrappò al ramo con le unghie e mantenne l’equilibrio. Non appena la sacca col sangue fu in vista si bloccò. Annusò l’aria, cercando di capire se era stata aperta.
“Sento ancora odore di sangue… troppo.”, si accigliò.
Decise di avvicinarsi per controllare da vicino. Girò attorno all’oggetto e gli diede un colpetto con la zampa, trovandolo rigido. Le basse temperature avevano trasformato il denso liquido rosso in un ghiacciolo.
“Dannazione!”, imprecò tra sé.
Fece per andarsene quando vide qualcosa svolazzare. Tornò a voltarsi e afferrò il foglietto coi denti, tirando leggermente per staccarlo. Lo scotch cedette e lo fece ruzzolare nella neve.
Si rimise in piedi, scrollandosi quella materia fredda dal pelo. Depositò a terra il suo tesoro e lo guardò attentamente.
La scritta era un po’ sbiadita, ma si leggeva ancora:

L’idea sarebbe stata buona se io fossi un vampiro. Purtroppo per te, il sangue mi disgusta.

  Entusiasta, raccolse il biglietto tra i denti e balzò verso la finestra.
Doveva assolutamente avvertire Kyle: finalmente una buona notizia, qualcosa che andava per il verso giusto.
Non l’avesse mai pensato: qualcuno aveva chiuso la finestra da cui era entrato.
Piantò le zampe nella neve, evitando per un pelo di sbattere contro il vetro. Se fosse stato possibile avrebbe inveito contro qualcuno.
Rassegnato, tornò indietro ed iniziò la discesa dall’albero. In quei momenti si sentiva veramente un gatto. E anche molto sfortunato.
Si aggrappò con i suoi piccoli artigli, attento a non franare al suolo. Una volta a terra corse verso l’entrata della scuola. Si nascose in un angolo, tra gli armadietti e tornò normale.
Rimase a fissare pensieroso il piccolo foglio bianco e poi se li mise in tasca.
Estrasse il cellulare e avviò la chiamata.
Kyle rispose al secondo squillo. –Allora? Novità?
-Sì. Il Dampyr si è fatto vivo. Domani avremo ginnastica con un’altra classe, inizierò ad indagare da lì. Anche se non so ancora come farò a trovarlo.- disse.
-Mhm… potresti portare addosso una piccola fialetta di sangue. So che riescono a fiutarlo quasi bene come i vampiri.- gli suggerì.
L’idea gli provocò una smorfia, ma non era malvagia. –D’accordo. Ci vediamo più tardi, ciao.
Rimise il cellulare in tasca e si affrettò verso la sua aula.

  La giornata trascorse lenta e, una volta suonata la campanella dell’ultima ora, Ryan schizzò fuori, diretto al posteggio delle moto.
Recuperò la sua il più in fretta possibile. Indossò il casco e partì sgommando, lasciando le sue tante ammiratrici a bocca asciutta.
“Uno a zero per me.”, esultò con un sorrisetto.
Arrivò al Cafè in meno di dieci minuti.
-Kyle!- chiamò, entrando. Si tolse la giacca e l’appese vicina alle chiavi del mezzo.
-Cucina.- rispose l’amico.
Lo raggiunse, dedicando una rapida occhiata alla stanza: come sempre era ingombra di qualsiasi cosa.
-Vedo che qui c’è sempre il solito ordine.- commentò, sarcastico.
L’amico lo guardò male. –Ehi, la cucina è il mio regno.- replicò, rimescolando la crema in un pentolino. –Allora… aggiornami.- lo esortò dopo un attimo di silenzio.
-Non c’è molto da dire. Oggi sono andato a controllare la sacca e ho trovato il sangue congelato. Avrei dovuto considerare le temperature invernali.- scosse la testa, appuntandoselo come rimprovero mentale.
-E…?
-Ho trovato questo.- estrasse il biglietto e glielo mostrò.
-Mhm… interessante. Quindi lui sa che lo stai cercando. Forse si farà vedere.- ragionò.
-Non saprei. Perché dovrebbe farsi vedere proprio ora?- chiese.
-Forse perché sa che lo stiamo cercando?- ipotizzò, tornando a lavorare. Ryan lo guardò, scettico.
-Avrebbe potuto farsi avanti anche prima. I vampiri non dovrebbero essere i suoi nemici naturali?- ribatté.
-Non so come funzionino queste cose, Ryan. Magari attaccano solo quelli che invadono il loro territorio.- il moro gli lanciò un’occhiata.
Lui abbassò lo sguardo, pensieroso. –O non è interessato a questo vampiro, il che sarebbe strano, oppure non ha i mezzi per eliminarlo. Pensi sia plausibile?- rialzò la testa, in cerca di una risposta.
L’amico annuì, voltandosi e versando la crema sopra un pandispagna rettangolare. –Credo dovremo indagare. Quindi opto per la fialetta.- gli sorrise brevemente.
-E il sangue di chi sarà?
Ci pensò un attimo. -Maiale, va bene?
-Abbiamo un maiale nel retro?- chiese, scherzando.
-No. Ma nel freezer ho delle bistecche al sangue.- rise, aprendo lo sportello e mostrandogliele.
-Perfette.- approvò. –Vado ad informare le ragazze.
Mentre lasciava la cucina si rese conto che Strawberry non gli aveva mai fatto nomi di studenti recentemente trasferiti. Era stato preso da altro e si era dimenticato di insistere.
Quello era il momento buono.
-Ragazze, ci sono delle novità. Appena avete un momento di pausa raggiungetemi al bancone.- disse, prendendo il posto di Lory dietro la cassa.
Le mew mew annuirono, tornando poi al servizio tavoli. Tutte esclusa Mina, ovviamente.
Lei supervisionava, a parer suo.
Prima che potessero parlare passò un’altra ora. Finalmente il locale si svuotò abbastanza per permetter loro di raggiungere l’americano.
-Ci sono novità?- chiese subito Pam. Lui annuì, guardandole una per una.
-Il Dampyr è nella scuola.- confermò, fermando lo sguardo sulla rossa. Lei se ne accorse ed arrossì leggermente, abbassando gli occhi.
-Davvero? Quindi l’hai incontrato?- Paddy si mise a saltellare, eccitata.
Scosse la testa. –No, ancora no. Mi ha lasciato un messaggio, facendomi capire che sa che lo stiamo cercando. Forse si mostrerà per pura curiosità.
-E perché non si è fatto vivo, fino ad ora?- la domanda di Lory era più che lecita. Il biondo fu costretto a fare spallucce.
-Spero che si faccia vedere ora.- si augurò. –Ah, Strawberry. Ti avevo chiesto se sapevi di altri studenti trasferiti. Allora, hai dei nomi?
La ragazza, nel sentirsi presa in causa, sobbalzò. –Come?
Ryan alzò un sopracciglio, spazientito. Ma cos’aveva in quei giorni? Troppi sogni ad occhi aperti?
“Niente battute acide.”, si disse, mordendosi la lingua. –I nomi degli studenti trasferiti. Ne hai qualcuno?
Lei ci pensò su per qualche istante. Era Megan quella sempre aggiornata. –Posso fare una telefonata.- disse, estraendo il cellulare. –Megan lo saprà di sicuro.
Il giovane accettò.

  Strawberry sentiva tutti gli occhi puntati addosso, in particolare quelli acquamarina del capo del progetto mew.
Quando finalmente la sua amica rispose lasciò uscire un respiro profondo. Non si era accorta di aver trattenuto il fiato. –Megan?
-Oh, ciao Strawberry! Che succede?- rispose lei.
Agitò la mano in aria, come se l’altra potesse vederla. –Niente di preoccupante. Ho bisogno di alcune informazioni.- la tranquillizzò.
-Oh, certo. Dimmi pure.
-Sai dirmi se, oltre al “grande figo americano con la moto rossa” ci sono altri studenti trasferiti, quest’anno?- chiese, il tutto mettendo tra virgolette l’appellativo che aveva sentito usare spesso in riferimento a Ryan.
A quelle parole lui la guardò a bocca aperta. Lei si indicò e scosse la testa, facendogli capire che non avrebbe mai usato quelle parole se non avesse dovuto evitare di dire il suo nome. Aveva lasciato la bionda con dei sospetti molto fondati e non voleva che si esaltasse, iniziando a fare appostamenti al Cafè per vederlo.
Avevano già troppi problemi. Lei aveva già troppi problemi.
-Mhm… altri studenti…- ragionò.
-Ti prego, è importante.- la supplicò, notando l’espressione del biondo. Stava diventando insofferente e lei non voleva incorrere nelle sue ire. Non dopo la confusione che aveva in quei giorni.
Aveva cercato di non pensarci e di concentrarsi su Mark, ma ogni tanto la sua mente le giocava brutti scherzi e la sua parte irrazionale faceva capolino, proiettandola su pensieri pericolosi.
-Oh, sì! Ci sono! Ci sono tre trasferiti. Due al primo anno e uno all’ultimo.- ricordò infine.
Strawberry si accigliò. –All’ultimo? Un altro?
-Sì, ma è un tipo insignificante. Se ne sta sempre per conto suo, a leggere. Almeno così mi hanno detto. Dovrebbe essere straniero anche lui, credo, ma non so altro.- riferì.
-Grazie Megan! Mi hai aiutata tantissimo!- esclamò, contenta di essersi tolta d’impiccio.
-Figurati…- fece, un po’ disorientata.
-Ci vediamo a scuola, ciao!- e mise giù. Si voltò verso i compagni, sorridente. –Tre nuovi studenti.
-Alleluia! Almeno abbiamo un numero.- disse Ryan, ironico. Lei lo guardò male. –Qualche altra informazione?
-Due al primo anno e uno all’ultimo. Sa qualcosa solo del terzo, ha detto che se ne sta sempre per conto suo e che è abbastanza insignificante. Crede che sia straniero, ma non ne è sicura.- riportò le parole dell’amica.
“Straniero, eh? Interessante.”, si disse il biondo. “Potrei iniziare da lui.”
-Bene, tutto questo è molto interessante, ma noi che dobbiamo fare?- chiese Mina, portandosi le mani sui fianchi.
-Niente di che. State all’erta, almeno fino a quando non avrò parlato con lui e scoperto cos’è.- decise.
-Ok…- dissero insieme. Erano un po’ abbattute, ma come dar loro torto?
Lui conviveva con uno stato di frustrazione semi perenne da diverse settimane e i suoi problemi sociali non facevano che complicare il tutto. “Sociali”, un buon modo per farli apparire diversi da quello che erano.
-Tornate a lavoro, su.- le esortò.
Strawberry esitò un attimo e poi gli chiese:-Posso dirlo a Mark?
-No… aspetta almeno che ci sia qualcosa di concreto.
-Oh, ok. Tutto bene?- lo fissò, perplessa. Le sembrava avere l’umore più nero del solito.
-Sono stanco di fare buchi nell’acqua.- spiegò. “E di vederti con un altro.”, aggiunse mentalmente.
-Vedrai che questa è la volta giusta.- cercò di risollevarlo. Apprezzò il tentativo ed abbozzò un sorriso che lei ricambiò velocemente prima di tornare tra i tavoli.

***

-Abbiamo aspettato abbastanza. A questo punto mi sembra chiaro che Revenge non è in grado di portare a termine il suo incarico.- esordì Profondo Blu.
-Signore… se posso permettermi. Gli avevate promesso un territorio di caccia molto più vasto e la possibilità di uccidere chi volesse, in particolare il biondo. Non mi sembra che la prima parte sia stata mantenuta.- osservò Pie, cauto.
Gli occhi di ghiaccio del suo signore lampeggiarono. –Ha tutta la città, a disposizione!- sbottò.
-Sappiamo che non è veramente così. Nemmeno noi abbiamo il controllo della città.- smentì, tenendo lo sguardo puntato a terra.
-Pie, stai cercando di farmi arrabbiare?- gli domandò, fermandosi proprio davanti a lui.
-No, mio signore, dico solo che forse dovremmo incentivarlo. Magari… non so… attirando delle vittime nel suo territorio?- suggerì.
A quelle parole Quiche alzò la testa di scatto. Se Profondo Blu avesse accettato sarebbe toccato sicuramente a lui fare il lavoro sporco.
-Interessante.- si accarezzò il mento affilato, pensieroso. La sua essenza era abbastanza visibile da sembrare solida, ma non lo era. Non avevano raccolto abbastanza Acqua Mew.
L’alieno aveva ordinato loro di attaccare le cinque paladine e di fare da balie al vampiro, quindi non era rimasto molto tempo. Ovviamente contando anche i suoi scoppi d’ira, che li costringevano a giorni interi di riposo per riprendersi dalle bruciature inferte dalle sue palle di energia.
-D’accordo, Pie. La tua idea mi piace: mettetela in pratica il prima possibile.- ordinò.
-Non sappiamo dove sia Revenge. L’ultimo ad averlo visto è stato Quiche e poco dopo lui si è trasformato.- gli ricordò.
-Oh, credo che si farà vivo una volta fiutato il sangue.- sorrise, diabolico. –Ora andate.
Senza nemmeno una parola, i tre fratelli scomparvero.
“Io ho bisogno di concentrarmi. Quell’umano si sta rivelando più ostico di quanto credevo, ma lui è il mio involucro, l’essere nato per ospitarmi. Non può opporsi a me!”, strinse i pugni, sentendo la rabbia impossessarsi di lui.
Puntò lo sguardo nel vuoto, perso nei propri pensieri.
-Prova pure a respingermi. Vediamo chi cederà per primo, piccolo umano.

-Pie, perché gli hai suggerito questa pazzia?- domandò Tart, volando a fianco dei fratelli.
L’alieno dai capelli viola gli lanciò un’occhiata. –Profondo Blu non è in grado di gestire il vampiro. Ma non se ne rende conto e dà la colpa a noi. L’unico modo per non perderlo, come alleato, è dargli quello che gli era stato promesso.- rispose.
-Sì, ma è… assurdo! È perfettamente in grado di cacciare da solo, fidati.- sbottò Quiche.
-Lo so. Facciamolo e basta, non discutete.- tagliò corto. Quando voleva sapeva farsi rispettare.
Richiamò alcuni chimeri e cercò qualcosa in cui inserirli.
Si bloccò a mezz’aria, pronto al lancio, ma poi si rese conto che, così facendo, avrebbero attirato le mew mew.
-Niente chimeri.- disse improvvisamente.
Quiche e Tart lo guardarono con tanto d’occhi. –E come pensi di fare?- chiese il secondogenito.
-Prendete due persone a testa. Le teletrasporteremo con noi sul monte Fuji.- spostò i suoi occhi scuri su di loro.
-Ma… sei impazzito?!
Scosse la testa. –E’ l’unico modo per non avere subito addosso quelle cinque ficcanaso.- replicò, calmo.
Sospirando, il ragazzo dai capelli verdi disse:-D’accordo.
Attesero che il cielo si oscurasse e poi misero in atto il loro piano.

***

-Ryan, è successo qualcosa di strano.
Fu così che Kyle lo accolse per la colazione, il giorno dopo la scoperta del Dampyr.
Il diciottenne si riavviò i capelli, ancora assonnato. –Cosa?
-Guarda.- gli indicò la televisione.
Focalizzò la sua attenzione sullo schermo e cercò di ascoltare le notizie del telegiornale. Quella che stavano trasmettendo parlava della scomparsa di alcune persone, che si trovavano tutte in uno dei grandi parchi della città.
Si accigliò. –Sono svanite?- domandò, confuso.
-Qualcuno dice di aver visto delle figure volanti.- disse il moro. Si voltò a guardarlo, esprimendo la propria domanda senza l’uso di parole. –Sì, credo proprio che fossero loro.
-Ma cosa stanno architettando?- si chiese.
La giornata era iniziata proprio bene.
-Non lo so. Forse c’entra col vampiro?- ipotizzò.
Ryan s’illuminò. –Il sangue. Mi sono sempre chiesto perché lui li aiuti! Loro gli procurano il cibo!- esclamò, battendo il pugno sulla mano aperta.
-Ora sappiamo cosa stavano combinando, in questi giorni.- commentò il cuoco.
-Altre notizie simili?
-No. È la prima.- scosse la testa.
-Ok. Oggi devo assolutamente trovare il Dampyr. Costi quel che costi.- decise. Afferrò al volo alcune fette di pane e le imburrò, spalmandoci poi sopra la marmellata. –Caffè, oggi niente latte.- indicò la caffettiera.
-Agli ordini.- ridacchiò l’amico, versandogliene un po’ in una tazza.
Lo finì in quattro sorsi, rischiando s’ingozzarsi. –Ryan, calmati!
-Sono stanco di aspettare. È ora di agire.- lo salutò, schizzando fuori dalla cucina.
-Ah, benedetto ragazzo. Speriamo vada tutto bene.- si augurò. Fece per tornare ai suoi dolci quando si ricordò della fiala di sangue.
La recuperò dal cassetto del freezer e corse dietro all’amico.
-Ryan!- lo chiamò, uscendo in giardino. Il biondo stava per mettere in moto e lo vide dello specchietto. Si voltò e si tolse il casco, perplesso. –Tieni.
Aprì le mani a coppa ad afferrò l’oggetto che gli aveva lanciato. Quando si rese conto di cosa fosse ridacchiò per la propria fretta. –Grazie, stavo per dimenticarlo!
Se lo mise al collo, salutò il suo tutore e partì.
Mentre era per strada iniziò a nevicare. Alzò lo sguardo al cielo. “Dovrei darmi alle previsioni meteo.”, si disse, sorridendo tra sé per la propria battuta.

  Stava per entrare nel cortile della scuola quando per poco non investì una ragazza.
Trattenne la moto tra le cosce, stando attento a non cadere. –Ehi, stai attenta!- le urlò attraverso il casco.
Lei si massaggiò la schiena, dandogli le spalle.
Quando si voltò, per rialzarsi, entrambi si fissarono stupiti. –Strawberry?
-Ryan! Ma sei ammattito?! Volevi per caso uccidermi?- lo aggredì, balzando in piedi con uno scatto.
-Mi sei sbucata davanti all’improvviso.- replicò, cercando di non alzare la voce.
-Cavoli, non mi hai vista! Eppure sono rossa!- si indicò i capelli.
-No, se no ti sarei passato sopra.- sibilò.
Strinse i pugni. -Brutto cretino!- gli tirò un calcio nella gamba, facendolo imprecare.
-Giuro che, se ti prendo, ti rovino!- la minacciò. E tanti saluti ai buoni propositi: quando faceva così provava un irrefrenabile istinto di urlarle contro.
Aveva la straordinaria capacità di fargli saltare i nervi ancor più di Mark e Quiche messi insieme. Era notevole.
Rimasero a fissarsi in cagnesco sotto gli sguardi incuriositi degli altri studenti, fino a quando Ryan decise di averne avuto abbastanza. Smontò, si tolse il casco e si avviò a posteggiare la moto. Per tutta risposta Strawberry marciò dritto filato in aula.
“Bene, un’altra litigata da farmi perdonare.”, sbuffò, incatenando la ruota. Forse era agitato per l’incontro di quel giorno o semplicemente stava reagendo allo strano comportamento della mew neko.
Sembrava che volesse evitarlo con tutte le sue forze, pur non mostrandosi apparentemente arrabbiata con lui.
Scosse la testa, accantonando quei pensieri. Ci avrebbe pensato in un altro momento.
Stava estraendo la sacca con il necessario per le prime due ore di lezione. -Ryan, tutto bene?- gli si avvicinò una delle sue compagne.
La guardò, cercando di stamparsi in faccia un’espressione cortese. –Sì, tutto ok.- mentì.
-Era una del secondo anno? Che disgraziata.- commentò, sconvolta.
“Quanto odio questo genere di persone.”, pensò alzando gli occhi al cielo. Fortunatamente lei era voltata, per cui non se ne accorse.
-Ma la conosci…?- tornò a guardarlo.
Si gettò la cartellina su una spalla e le lanciò un’occhiata. –Forse.
-Credo di averla già vista…- ragionò, stringendo gli occhi.
-Scusami, ma adesso devo andare. Abbiamo ginnastica, no?- voleva allontanarsi il prima possibile.
La sua compagna lo fissò stupita, poi annuì. La salutò frettolosamente e si avviò verso la palestra a grandi passi.
La neve era diventata più fitta: di questo passo avrebbe imbiancato la città per la seconda volta.
Aveva partecipato a poche lezioni di educazione fisica, dato che fino a novembre il professore era stato assente e i suoi colleghi avevano approfittato per rubargli le ore e usarle per i propri scopi. Poi aveva avuto l’incidente.
Sospirando appoggiò la sacca ed iniziò a tirar fuori le proprie cose. Non c’era ancora nessuno, per cui si concesse tutto il tempo necessario.
Sostituì i pantaloni della divisa con quelli della tuta. Poi si scompigliò i capelli, sbuffando per l’ennesima volta. “Ho bisogno di andare in palestra. Per l’ennesima volta”, realizzò.
Era ancora troppo stressato. Sarebbe mai finita? “Sì, Ryan, quando avrete sconfitto gli alieni.”, si rispose da solo.
Ancora sovrappensiero fece per togliersi la camicia quando, con la coda dell’occhio, notò alcune ragazze.
  Cercò di non arrossire per essere stato spiato. Si schiarì la voce e disse loro:-Scusate, ma non è uno spogliarello. Andate nel vostro spogliatoio.
Le due ridacchiarono e poi si affrettarono ad allontanarsi.
Infastidito si sfilò l’indumento quasi con rabbia e lo gettò sulla panchina, sostituendolo subito con una maglietta a mezze maniche.
I suoi compagni iniziarono ad arrivare solo quando si stava allacciando le scarpe.
“Ritardatari.”, pensò, ricambiando al contempo alcuni gesti di saluto.

-Bene, ragazzi. Cinque giri di campo per scaldare le gambe.- annunciò il professore.
Era un uomo abbastanza atletico, anche se avanti con l’età. Era mancato a causa di un problema legato al cuore, a quanto aveva sentito.
-Siamo in due classi, oggi, quindi non intralciate i vostri compagni.- si raccomandò subito dopo.
Ryan si mise diligentemente a correre. Un po’ di esercizio fisico non gli avrebbe sicuramente fatto male. Anzi.
Aveva appena iniziato il secondo giro quando il docente gli si avvicinò. –Shirogane, giusto?
Lui annuì, fermandosi. –Mi dica.
-Ho sentito che hai avuto un incidente in moto. Tutto ok? Non hai problemi, vero?- domandò, preoccupato.
Scosse la testa. –No, sono completamente guarito.- assicurò.
-Bene, torna pure a correre.- lo congedò.
Si inserì tra i compagni, riguadagnando in poco tempo la posizione di capofila. Aveva il suo passo e non voleva essere intralciato.
Ad un certo punto si vide affiancare da un ragazzo alto all’incirca come lui. Lo osservò di sottecchi, cercando di identificarlo.
Aveva i capelli castani e ricci e portava un paio di occhiali abbastanza spessi.
Il nuovo arrivato si accorse del suo interesse e la sua bocca si piegò in un sorriso. –Molto intelligente.- commentò.
Lo fissò stupito. –Come scusa?
Fece un cenno verso la sua maglietta, sotto cui si intravedeva la fialetta. –Il sangue.
“L’ho trovato!”, pensò. –Finalmente, iniziavo a chiedere fino a quando ti saresti fatto aspettare.- gli sorrise, riservandogli uno sguardo obliquo.
-Mhm… mi piace vivere indisturbato.- commentò quello, per nulla toccato dalla sua espressione.
-Ho bisogno di parlarti.- andò dritto al punto.
-Prima vediamo cosa sai fare, biondino.- lo schernì ed accelerò il passo.

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Capitolo 16
*** Cap. 15 Lucas ***


Cap. 15 Lucas
Questa volta avevo già il capitolo pronto ;)
Spero vivamente che il nuovo personaggio vi piaccia: primo perchè lo incontrerete spesso e secondo perchè io lo adoro XD E' brillante e sarcastico.
Buona lettura! :)

P.S.: Auguro un buon rientro a scuola a tutti quelli che hanno dovuto farvi ritorno oggi. Spero non sia traumatico :)


Cap. 15 Lucas


  Terminata la corsa, Ryan dovette fermarsi per riprendere fiato.
Lui e quello che, presumibilmente, era il Dampyr, si erano dati battaglia negli ultimi due giri di campo.
Lo stupore era stato talmente tanto che il professore aveva deciso di cronometrarli.
-Ragazzi… davvero dei tempi niente male.- commentò, avvicinandoli.
I due lo guardarono e poi si scambiarono un’occhiata.
-Vorreste unirvi alla squadra di atletica?- chiese, speranzoso.
Senza esitare risposero:-No, grazie.
L’uomo rimase a fissarli interdetto, poi fece spallucce e si allontanò, borbottando qualcosa sulla svogliatezza dei giovani.
-Questo era il riscaldamento. Non so chi tu sia, ma devi guadagnarti il mio rispetto.- esordì il nuovo arrivato.
-Che ne dici di iniziare dandomi un’informazione base?- Ryan sostenne il suo sguardo.
-Quale?- si fece guardingo.
-Il tuo nome.
Si allontanò di qualche passo. –No, mi spiace.
Esibì uno strano sorriso e poi si piegò in due, tenendosi lo stomaco. Il biondo rimase interdetto: un attimo prima stava bene ed era talmente in forma da poter fare altri giri di campo.
-Ehi, tutto ok?- l’insegnante lo raggiunse. Si chinò su di lui e scambiarono alcune rapide parole.
L’altro annuì e infine si raddrizzò, avviandosi verso bordo campo con un’andatura tutta ingobbita.
Si lasciò cadere a terra, tra alcune compagne. Ryan lo fisò di sottecchi mentre il resto delle due classi formava le squadre per una partita di dodgeball.
-Shirogane.- si sentì chiamare.
Fece per voltarsi, ma ebbe il tempo di notare il sorrisetto divertito del suo obiettivo.
“Giuro che ti porterò al Cafè, fosse l’ultima cosa che faccio.”, si disse. Aveva bisogno dell’aiuto di quello strano ragazzo e lui sembrava non aver voglia di collaborare.
O meglio, non prima di averlo stuzzicato.
Scacciò quei pensieri e si concentrò sulle regole del gioco. Non l’aveva mai praticato, ma non avrebbe avuto problemi.
Alla fine del primo set era l’unico rimasto della sua squadra.
Aveva il fiatone, certo, ma aveva ancora energia.
Purtroppo ogni volta che afferrava al volo una palla, reintegrando un compagno, quello si faceva buttar fuori il lancio successivo.
Per cui aveva deciso di attaccare gli avversari, improvvisandosi autodidatta.
Quando il professore fischiò la fine della partita, i maschi della sua classe gli si affollarono intorno, battendogli pacche sulle spalle, esaltati.
  È proprio vero che lo sport unisce.
Il secondo round aveva tutti i presupposti per finire come il primo, ma il Dampyr si alzò. Andò a parlare con una compagna e quella lo fissò stupito. Scambiarono qualche parola e lui entrò in campo al suo posto.
“Bene, un’altra sfida.”, pensò Ryan, raggiungendo il muro e appoggiandovi contro il palmo della mano.
-Ai vostri posti… pronti… giocate!
In campo c’erano sei palloni e ogni squadra doveva cercare di accaparrarsene il più possibile. Ryan ne rubò due. Il suo avversario uno, ma era sicuro che sapesse come usarlo.
L’apparenza da ragazzo mingherlino e secchione non attaccava, non dopo che l’aveva sfidato in modo così smaliziato.
  Nessuno poteva sfidarlo e passarla liscia, ne andava del suo orgoglio.

  Come volevasi dimostrare, rimasero in campo loro due.
La squadra del riccio era assolutamente sorpresa del risultato, ma non per questo era rimasta in silenzio. Tifavano come se fossero ad una partita di baseball. Idem i suoi compagni: se possibile facevano ancora più baccano.
Era uno scontro uno contro uno.
Avevano una palla in mano, mentre le restanti erano alle loro spalle, di scorta.
-Sei bravo.- disse Ryan.
-Grazie. Anche tu non sei male.
Si scrutarono per qualche istante, muovendosi avanti e indietro tra la linea di mezzo e la fine del campo.
Ad un certo punto il Dampyr scattò e lo stesso fece l’americano. Scagliarono i palloni, ma entrambi i tiri andarono a vuoto. Ne recuperarono altri e iniziarono a lanciarli come fossero proiettili.
Le ragazze di entrambe le classi si erano nascoste dietro i maschi, spaventate dalla velocità dei palloni.
Ad un certo punto Ryan scivolò, esattamente a fianco della linea divisoria. Il suo avversario gli fu sopra, puntandogli la palla addosso.
-Stop!- il professore fischiò.
I due ragazzi si fissarono, sfiancati.
-Parità.
Il biondo vide gli occhi verdi del giovane dilatarsi leggermente per la sorpresa. Allora gli fece un cenno col mento. Lui abbassò la testa e si vide la palla contro il proprio stomaco.
Sogghignò. –Mi hai fregato.- disse.
-Sei soddisfatto, ora?- gli sfuggì un tono polemico.
-Mhm… sì. Direi di sì.- valutò, raddrizzandosi e riavviandosi i capelli.
Ryan riguadagnò la posizione eretta, detergendosi il sudore dalla fronte col braccio.
-Lucas.- si presentò finalmente lo sconosciuto.
-Ryan.- gli strinse la mano.
-Quello nuovo di cui parla tutta la scuola?- domandò, stupito. L’americano fece spallucce per confermare. –Adesso è tutto più chiaro.
Lo sguardo che gli riservò lo mise a disagio, sembrava volesse valutare la consistenza del suo corpo. Per addentarlo, magari.
-A pranzo sali sul tetto.- e con questo il biondo andò a cambiarsi, senza tener conto che lo avrebbe ritrovato negli spogliatoi.
Ma ciò non accadde, perché Lucas non si trattenne per la doccia.
-Ryan, non so come hai fatto, ma li abbiamo stracciati!- esordì un suo compagno. Per poco non gli scivolò il sapone di mano.
-Oh… allenamento.- disse, cercando di chiudere lì il discorso.
-Cosa pratichi?- sembrava interessato.
-Be’… faccio nuoto e boxe.- rispose, evitando di guardarlo e concentrandosi sull’acqua.
-Molto americano.- fu il commento.
Un paio di altri ragazzi gli rivolsero la parola, ma si risolse tutto in innocue impressioni sulla partita appena finita.

  Strawberry era schizzata fuori dall’aula appena suonata la campanella dell’intervallo.
E ora si trovava davanti ad una delle tante finestre del corridoio, fissando insistentemente la neve che cadeva fitta.
“Dannato Ryan! Al diavolo tu e i tuoi cambiamenti d’umore!”, strinse lo snack che aveva in mano.
  Proprio non riusciva a stargli dietro: c’erano giorni in cui era calmo e persino gentile e altri che sembrava avere un diavolo per capello. E senza nessun motivo!
Le avevano spesso detto che era lunatica, ma lui la batteva cento e uno. Su tutta la linea!
Sembrava avere una doppia personalità.
Si bloccò, colpita dal proprio pensiero. “O forse si droga!”
Resto a fissare un candido fiocco finché questo non si posò sul davanzale. Scosse la testa. –Ma che vado a pensare… non lo farebbe mai…- mormorò.
-Strawberry? Tutto bene?- era la voce di Mimi.
Si voltò a guardarla e ritrovò anche Megan. –Sì, sì tutto ok.- tentò un sorriso.
-Problemi con Mark?- le chiese la bionda.
Scosse la testa, sospirando. –No, va tutto bene con lui.
-Ryan?
A quel nome scattò. –Come…?
-Be’, tu e lui siete come cane e gatto, a quanto ci hai detto. Avete un rapporto molto forte, agli opposti rispetto a quello che hai con Mark, ma forte.- le fece notare Mimi.
La fissò perplessa. –Tu credi?- mormorò.
-Oh, sì. Spero non finirete per uccidervi, mi dispiacerebbe.- confermò Megan.
La mew arrossì, imbarazzata. –Ma no, noi…- non sapeva cosa dire.
-Voi battibeccate sempre e comunque, ma non come due persone che si odiano. Mi dispiace dirlo perché Mark mi sta simpatico, ma non date l’impressione di starvi antipatici, anzi.- gli occhi castani della sua amica la guardarono, eloquenti.
A quelle parole arrossì di botto. Iniziò a gesticolare, come impazzita.
-Ops, forse ci abbiamo preso.- ridacchiò la ragazza dagli occhi azzurri. Non ne sembrava dispiaciuta, però.
-Ma vi rendete conto di quello che state dicendo?! Io non resisterei nemmeno un’ora con lui, non nel senso che intendete voi! E nemmeno negli altri!- protestò, alzando la voce. Alcuni ragazzi si girarono.
-Io sì!- disse Megan, sorridendo candidamente.
Strawberry allora si bloccò. Aveva appena detto una balla colossale.
Lei e Ryan erano stati insieme ben più di un’ora senza mandarsi a quel paese o offendersi. Se ripensava a quel dannatissimo bacio e all’episodio del letto… oddio!
Scosse energicamente la testa.
-Strawberry Momomiya?- si sentì chiamare.
Si voltò, già pronta ad urlare in faccia a chiunque l’avesse disturbata. Stava portando avanti un discorso serio.
Quando si ritrovò davanti alcune ragazze dell’ultimo anno, temette il peggio.
-Oggi hai rischiato di far cadere Ryan.- continuò la sconosciuta.
“Fan di Ryan! No!”, pensò. –Ehm… sì… è stato un incidente…- mormorò.
-Perché hai così tanta confidenza con lui? Lo conosci, per caso?- le si avvicinò, assottigliando gli occhi.
Lanciò un’occhiata alle sue migliori amiche, che le fecero segno di tacere.
Ma per chi l’avevano presa? Mica era masochista!
Scosse energicamente la testa. –No, assolutamente. Mi ero svegliata male ed ero un po’ nervosa, tutto qui.- ridacchiò, agitata.
Le ragazze valutarono la risposta ed infine sembrarono accettarla. –Vedi di girargli al largo.
E se ne andarono.
La rossa si voltò, lasciando uscire un sospiro di sollievo.
-Ma allora il nuovo arrivato è proprio lui? Non stavi scherzando!- fece Megan, sconvolta.
Suo malgrado dovette annuire.
-Oddio!!!- esclamò.
-Adesso potete capire perché non lo sopporto.- quasi ringhiò, arrabbiata.
Il suo umore era peggiorato ulteriormente.
Se l’avesse rimproverata anche solo una volta, al Cafè, gli avrebbe urlato contro.

   Era arrivato per primo.
Non c’era ancora nessuno ad aspettare.
Si guardò intorno e si avvicinò alla piccola struttura che conteneva le scale. Spazzò via la neve e si sedette.
“Prevedo una pausa pranzo difficile…”, pensò prendendo un sorso d’acqua.
Non faceva eccessivamente freddo e c’era un silenzio surreale, merito della coltre bianca e dell’altezza.
Ad un certo punto, mentre stava per dare un morso al suo pranzo, Ryan vide la porta aprirsi.
Rimase immobile, ma quando vide Lucas si rilassò.
Il ragazzo lo notò subito e si lasciò cadere di fronte a lui, incurante dei fiocchi che avevano già iniziato a posarglisi sui capelli.
-Allora… da dove inizia questo interrogatorio?- domandò, scartando un sacchetto del McDonald’s.
“Come diavolo ha fatto ad andare fino al Mc?”, si chiese il biondo, stupito. Distava quasi due chilometri dalla scuola.
-Oh… questo? Ne vuoi un po’?- gli chiese, offrendogli le patatine.
Rifiutò, scuotendo la testa.
-Tu sei il Dampyr?- domandò finalmente.
Lucas lo fissò attraverso i suoi spessi occhiali. –Lo usi come un nome proprio… ma è solo parte di quello che sono.- gli disse.
-D’accordo… ma lo sei?- insistette.
-Be’, considerato che mio padre è un vampiro e mia madre era umana, sì. Direi di sì.- confermò.
-Era?- ripeté.
Annuì, tranquillo. –E’ morta dandomi alla luce.- spiegò.
-Mi dispiace. So cosa si prova.- abbassò lo sguardo sul proprio panino. Non sapeva perché ma sentiva il bisogno di dirglielo.
-Sul serio? Anche tu senza genitori?- fece, stupito.
-Sì, da dieci anni, ormai.
-Brutta storia.- diede un morso all’hamburger che reggeva tra le mani.
-Perché non ti sei fatto vivo prima?- altra domanda spinosa. C’erano troppi dubbi nella mente di Ryan e aveva bisogno di fugarli.
-Perché non cerco problemi.- scrollò le spalle.
-Strano. Non senti l’istinto della caccia? Eppure qui in giro c’è il tuo nemico naturale.- lo punzecchiò il biondo.
Il ragazzo puntò i suoi occhi verdi in quelli azzurri del suo interlocutore. Aveva uno sguardo molto intenso, difficile da sostenere.
Ma Ryan era abituato a quel genere di sfide. Erano anni che le sottoponeva a se stesso e agli altri.
-Oh, sì. Lo sento.- sollevò un angolo della bocca. –Ma non ho voglia di farmi ammazzare.
-E’ troppo forte per te?- indagò.
-Sì.- lo ammise senza problemi. Era uno strano miscuglio di baldanza e disarmante sincerità. Prese qualche patatina. –Tu perché sei così interessato a me e al vampiro?
-Mi spiace, ma non posso dirtelo, non qui. Mi serve sapere se sei disponibile a collaborare con me. Devo uccidere quel vampiro, il perché non ti deve interessare, ora.- gli disse, inflessibile.
Lucas sembrò valutare seriamente la proposta.
-Quanto c’è in ballo?- chiese infine.
L’americano soppesò la sua domanda, tenendo gli occhi fissi nei suoi. –Tutto.
-Bene, mi piace.- il giovane si aprì in un sorriso.
L’altro alzò un sopracciglio. –Quindi ci stai?
-Certo! E poi la cosa mi stuzzica.- e gli lanciò una strana occhiata. Ryan ebbe ancora quella sensazione di essere considerato cibo.
-D’accordo… dopo la scuola ti aspetto a questo indirizzo.- prese fuori carta e penna e scarabocchiò alcuni numeri.
-Mhm… vicino al parco Inohara?- lo lesse, stupito.
-Sì.
-E perché non mi ci accompagni tu?- rialzò gli occhi.
Il capo del progetto mew esitò un attimo, ma poi disse:-Devo fare in modo che una persona non arrivi in ritardo.
-Oh… una ragazza, magari?- sghignazzò.
-Non sono affari tuoi. Siamo intesi, allora, ci vediamo dopo le lezioni.- si alzò, spazzolandosi i pantaloni.
Lucas non si perse un movimento. –Agli ordini.- disse infine, sorridendo.

-Ci sentiamo dopo il lavoro, ok?- disse Mark.
Strawberry annuì, dandogli un bacio sulla guancia. –Devo sbrigarmi o mi beccherò una strigliata.- disse, avviandosi.
-Non farti mettere i piedi in testa.- le gridò dietro.
-Mai!- sorrise.
Superò diverse persone, già pronta ad una bella corsa. Da lì al Cafè era lunga.
Imboccò il cancello e svoltò a destra.
Ebbe appena il tempo di fare qualche metro che si ritrovò davanti la moto rossa di Ryan. Con lui appoggiato contro, il casco sottobraccio.
Lo fissò confusa. Poi si riprese e chiese, acida:-Che vuoi?
-Darti un passaggio.- rispose.
Spalancò gli occhi. –Che? No, mi rifiuto. Non voglio morire.- arretrò, già pronta a scappare.
Il ragazzo sbuffò. –Andiamo, sali. Almeno non arriverai tardi.- le allungò l’altro casco, spazientito.
-No.- rifiutò ancora.
-Strawberry, per favore. Sto cercando di essere gentile, non vanificare i miei sforzi.- la pregò.
Sembrava sincero, ma lei non era convinta.
Lui allora sbuffò per l’ennesima volta, si staccò dalla carrozzeria e la afferrò saldamente per i fianchi.
-No, che fai?!- iniziò a dimenarsi. Possibile che dovesse sempre usare la forza?
-Voglio farti risparmiare una corsa sotto la neve, è così difficile capirlo?- la inchiodò col suo sguardo.
Lei arrossì fino alla punta dei capelli e smise di combattere. –Ok… grazie…
Senza una parola la sollevò di peso e la caricò sulla moto. Le infilò pure il casco, stando attento a non tirarle i capelli.
Nonostante fosse spazientito, i suoi gesti nascondevano una certa premura che la mise in imbarazzo.
-Reggiti.- accese il motore e, non appena sentì le braccia di lei attorno al corpo, diede gas e partì, immettendosi in strada.
Quando arrivarono lo stupore fu grande nel trovare Lucas a meno di cento metri dall’ingresso.
Quella era la conferma che non aveva mentito: era un dampyr, poco ma sicuro.
Ryan portò la moto in garage dopo aver fatto scendere Strawberry. Così, quando tornò indietro, trovò i due a scrutarsi. Lei era visibilmente a disagio, lui per niente.
-Venite, entriamo.- disse solo, facendo strada. –Kyle, niente apertura, oggi.- annunciò aprendo la porta principale.
L’amico alzò la testa per guardarlo, smettendo di battere sulla calcolatrice.
Guardò prima lui, poi la rossa e infine il terzo ragazzo che era con loro. E capì senza bisogno di spiegazioni.
-Ok.- andò all’entrata e girò il cartello.
-Ragazze!- chiamò il biondo.
-Un attimo, ci stiamo cambiando.- sentì sbottare Mina.
-Non ce n’è bisogno, salite.
Poco dopo le quattro mew comparvero nel salone. Lo guardarono, confuse, poi notarono il nuovo arrivato.
-E lui chi sarebbe?- chiese la mew bird, indicandolo.
-Wow, è molto alto!- Paddy gli si avvicinò.
-E posso crescere ancora.- le rispose il ragazzo, divertito dal suo comportamento.
-Vuoi farci credere che l’hai trovato?- domandò Pam, nei suoi occhi c’era la consapevolezza che non aveva ancora raggiunto le altre.
-Sì, esatto.- confermò l’americano.
-Volete farmi credere che lavorate qui?- domandò Lucas, interrompendoli.
Ryan si voltò verso di lui: si stava guardando attorno, girando su se stesso. Sembrava divertito.
-Qualche problema?- chiese, incrociando le braccia.
-E’ tutto così rosa.- commentò.
-E’ una copertura.- spiegò Kyle, evitando di far parlare l’amico. Aveva visto i suoi occhi indurirsi, segno che si stava spazientendo.
-Oh, quindi niente grembiulini col pizzo?- domandò, deluso. Stava fissando il biondo ed era chiaro che l’allusione fosse rivolta a lui.
Anche il diciottenne dovette capirlo, perché arrossì. –Smettila.- sibilò.
-Oddio, Ryan che arrossisce!- urlò Paddy, avvicinandosi. –Posso farti una foto, eh?
-No, non ci provare.- la ghiacciò con lo sguardo.
Lei allora abbassò lo sguardo. Strawberry, dal canto suo, stava cercando di non ridere. Non sapeva chi fosse il nuovo arrivato, ma le stava già molto simpatico.
-Allora, Ryan, è veramente chi crediamo che sia?- domandò Kyle, impaziente. Dopotutto lo stavano cercando da mesi, ormai.
Gli lanciò un’occhiata e poi sorrise, annuendo.
-Oh… caspita… lo facevo… diverso.- la rossa non poté trattenersi dall’avvicinarsi e studiarlo.
-Frena, frena. Ryan, mi devi delle spiegazioni.- protestò Lucas.
-Giusto. Sediamoci.- gli indicò un tavolo.
Quando si furono accomodati tutti, l’americano prese un respiro profondo ed iniziò a raccontare.
-Allora… queste cinque ragazze fanno parte del progetto che abbiamo avviato io e Kyle.- esordì.
-Progetto? Cos’è, giocate a fare gli scienziati?- domandò, divertito.
-Nessuno di noi gioca. Siamo entrambi laureati.- replicò l’altro con voce dura.
-Oh, allora quello che ho sentito è vero. Sei un genio.- guardò il biondo con uno strano e rinnovato interesse.
Ryan lo scrutò in silenzio, infastidito dal suo modo di fare.
-Non provocarlo.- Mina lanciò un’occhiata al dampyr.
-Perché?- chiese, sfoggiando un sorriso.
-Diventa intrattabile, quand’è arrabbiato.- spiegò lei, alzando elegantemente le spalle.
Il suo capo la fulminò. –Dicevo… abbiamo inserito i geni di alcuni animali in via d’estinzione nel loro corredo genetico.
Al che Lucas sgranò gli occhi. –Avete fatto cosa?!
-Modifiche genetiche.- s’intromise Kyle. –Abbastanza complicate, ti basti sapere che abbiamo scomposto e ricomposto le molecole di DNA.
Il ragazzo lo guardò, perplesso. –E cosa sono? Delle mutanti?
-Ehi!- esclamarono la mew bird e la mew neko. Si erano offese entrambe.
-Conosci le mew mew?- domandò allora il moro. L’altro annuì, dopo un attimo di esitazione. –Eccole qui, davanti a te.- gliele presentò, orgoglioso.
L’espressione sul viso del nuovo arrivato fu impagabile per Ryan. Dovette soffocare una risata.
-Wow! E io che credevo di far parte della leggenda…- mormorò Lucas.
Il biondo ignorò le sue parole. –Devi sapere che noi stiamo combattendo contro gli alieni, che vogliono impossessarsi della Terra.- riprese le redini del discorso.
-Mhm… e l’invasione di zombie per quando è prevista?- domandò, fingendosi spaventato.
-Non stiamo scherzando.- lo zittì il diciottenne.
Il dampyr allora si fece serio. –D’accordo, ti ascolto.- gli piaceva l’aura di autorità che emanava da quel ragazzo. Aveva le palle, sicuramente.
Ma non glielo avrebbe detto, non in quel momento e non così.
-Gli alieni si sono alleati con un vampiro. Revenge.
A quel nome Lucas s’irrigidì, ma cercò di non darlo a vedere. –Bene… un nome, un programma.- la buttò sul ridere.
-Ci ha già causato molti problemi, tra cui trasformazioni non volute.- comunicò Ryan. –Abbiamo fatto delle ricerche… e qui entri in gioco tu.
Si chinò in avanti, soppesando le parole del biondo. Non stava scherzando, glielo leggeva negli occhi. Ma la situazione era veramente assurda.
-Io dovrei… uccidere il vampiro?- domandò dopo un po’.
I due americani si limitarono ad annuire.
-E con cosa?
-Abbiamo un’arma.- assicurò il biondo.
Alzò un sopracciglio, colpito. –Davvero? Di che genere?
Era ovvio che lui non girasse disarmato, ma voleva capire quanto si potesse fidare di quelle persone. D’altronde, far fuori il vampiro avrebbe fatto comodo anche a lui.
-Una katana.- fu la risposta.
-Ottima scelta.- si congratulò. “Io ne ho due, a casa.”, pensò.
-Questo è tutto… se avrai domande o dubbi, puoi chiedere ad ognuno dei presenti.- Kyle sorrise, cercando di apparire rilassato.
-Be’… sì, credo che avrò delle domande. Però ora mi sembra giusto mettere un po’ di carte in tavola. Voi l’avete fatto con me.- mormorò, torturando la montatura degli occhiali.
-Sì, è giusto.- confermò Pam. Le altre ragazze annuirono.
-Io non sono esattamente umano.- iniziò. –Non bevo sangue, come ho già detto al vostro capo, e non mi disintegro al sole. Non sono un vampiro.
-E qual è la differenza?- volle sapere Strawberry.
Le lanciò un’occhiata, sorridendo. –Tra me e un vampiro? I dampyr sono i figli dei vampiri, anche se sembra innaturale. Siamo umani, possiamo esporci alla luce del sole, mangiamo e dormiamo come tutti.
-Ma…?- lo incalzò la rossa, curiosa. Questo allargò ancora di più il suo sorriso.
-Abbiamo la stessa velocità, la stessa forza. I nostri sensi sono sviluppati come i loro e possiamo vedere anche al buio. Inoltre siamo fatti per ucciderli.- concluse.
-Cioè, fammi capire, sei umano ma al tempo stesso non lo sei?- domandò Lory, confusa.
Ci pensò un po’ su. –Sì… più o meno.
-Quando comincia?- chiese Paddy, agitata alla sola idea.
Kyle e Ryan si scambiarono un’occhiata. –Quando dirà di voler partecipare seriamente al progetto.- disse il biondo.
-Potrò servire ai tavoli?- domandò.
L’ideatore del progetto lo guardò di sottecchi, cercando di capire se stesse scherzando. Sembrava serio. Nel modo in cui può esserlo una persona con un perenne ghigno sul viso.
-Be’… perché no.- accettò Kyle. L’amico lo fissò con tanto d’occhi, sconvolto. –Dovrei riuscire a trovare una divisa per te.
-Però non devi far sapere a nessuno che lavori qui.- lo avvertì Strawberry.
-Oh, per quello non c’è problema.- come se avesse aspettato dall’inizio di poterlo fare, si sfilò gli occhiali.
Si alzò in piedi e scostò i capelli dagli occhi.
Quello che all’apparenza sembrava il tipico secchione, un po’ malizioso magari, si rivelò essere un gran bel ragazzo. L’unica pecca era la cicatrice che gli segnava parte della fronte, pallida a confronto col resto della pelle.
Aveva degli occhi strani, il cui colore cambiava a seconda della luce. O della sua volontà.
-Ehm… i miei occhi sono un po’ inquietanti. Tendono a cambiare spesso, col mio umore o se un nemico è vicino.- sembrava imbarazzato per quell’ammissione.
-Credo che le clienti non lo noteranno nemmeno.- rise Kyle. Lucas gli lanciò un’occhiata, sorpreso, poi si concesse un sorriso.
-Posso iniziare anche subito, se volete.- disse.
Ryan guardò l’orologio.
-No, per oggi facciamo una pausa. Potete andare a casa.- concesse.
-Fantastico! Posso andare a prendere i miei fratellini!- esultò Paddy, sotto lo sguardo benevolo di Pam e Lory.
Strawberry invece estrasse prontamente il cellulare, pronta a chiamare Mark.
-Strawberry.- la richiamò il biondo. Si voltò a fissarlo. –Vacci piano con le notizie.- si raccomandò.
Annuì, allontanandosi.
Rimase a fissarla, di nascosto, mentre fingeva di riordinare le carte sul bancone.
-Mhm… non è male.- Lucas gli si avvicinò, appoggiandosi al mobile.
Sollevò la testa. –Come?
-Andiamo, la rossa. Ti piace, no? Si vede da come la guardi.- sogghignò, divertito.
“Oddio!”, fu l’unica cosa che pensò. Era così evidente?!
Serrò la mascella, evitando di rispondere.
-Personalmente preferisco persone meno… facili da leggere, ma mi piace. È interessante e avrà sicuramente un bel caratterino.- aggiunse.
-E’ impegnata.- replicò Ryan.
-Oh, tranquillo. Non te la rubo. Non mi interessa.- fece un gesto con la mano, come per allontanare il sospetto del suo interlocutore.
-Non combinare guai.- lo avvertì.
-Del tipo?
-Flirtare con le ragazze o con le clienti. Rompere qualcosa nella cucina di Kyle o scendere nel laboratorio senza permesso.- spiegò.
-Ok, farò come vuoi. Per i flirt non ti preoccupare, ho detto. Bene, ora vado… ci vediamo a scuola, magari.- indossò nuovamente gli occhiali da vista.
Salutò le ragazze e poi si avviò.
-Hai trovato pane per i tuoi denti.- Kyle lo raggiunse.
Ryan sospirò. –Mi mette a disagio, quando mi fissa. Sembra che voglia mangiarmi e non lo intendo in nessun modo positivo.- ammise.
L’amico ridacchiò. –Era ora che qualcuno ti mettesse in imbarazzo, sei troppo rigido.- gli diede una pacca sulla spalla e si allontanò.
Il biondo rimase a fissare la porta, pensieroso.
“Benvenuto Lucas. Speriamo tu non sia una spina nel fianco.”



Ta dan!
Ecco a voi Lucas :) vi prego, ditemi che ne pensate! E' un personaggio in fase d'evoluzione, quindi impressioni e suggerimenti sono ben accetti!

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Capitolo 17
*** Cap. 16 Il nuovo cameriere ***


Cap. 16 Il nuovo cameriere
Sono sicura che ci sarà un pezzo che apprezzerete particolarmente ;)
Sono ben accette urla :D XD Scherzo...
Vi lascio alla lettura!


Cap. 16 Il nuovo cameriere


  I giorni seguenti Lucas si rivelò un acquisto azzeccato.
Soprattutto per il locale.
La divisa da cameriere, proprio quella che Ryan si era sempre rifiutato di indossare, gli cadeva a pennello e non toglieva nulla al suo particolare fascino.
Le clienti apprezzarono moltissimo, tant’è che si ritrovarono a dover chiedere alle persone di aspettare che si liberassero dei tavoli.
-Qui c’è un’invasione di ormoni femminili.- commentò Paddy, appoggiandosi al bancone.
Lory, dietro la cassa, ridacchiò. –Eh, sì. A quanto pare Lucas ha fatto colpo.
In quel momento il ragazzo stava amabilmente chiacchierando con alcune ragazze, scarabocchiando, tra una parola e l’altra, le loro ordinazioni.
  Mina era stata costretta a sfacchinare per il locale come le compagne da un irremovibile Ryan che, dopo esser salito per controllare la situazione, era impallidito di fronte all’enorme quantità di persone presenti.
Ed erano praticamente solo donne.
-Stiamo finendo i dolci.- annunciò Strawberry, sparendo in cucina. –Kyle!- appoggiò il vassoio sul grande tavolo.
-Un attimo, un attimo.- le disse lui, finendo di decorare dei cupcakes.
Lei ne approfittò per prendere fiato.
-La situazione è ancora come prima?- domandò il moro, voltandosi verso di lei e appoggiando un’infornata di dolci appena fatti.
-E’ il delirio.- annuì, spalancando gli occhi. –Pam è all’ingresso, sta cercando di calmare le ragazze in attesa.
-Forse non è stata una grande idea chiedere a Lucas di lavorare qui.- meditò lui, pensieroso.
-Be’, sicuramente faremo molti soldi. Anche se non so come abbiano fatto a sapere che lui è qui.- disse, lanciando uno sguardo alla porta.
-Voi donne avete mille risorse, no?- ridacchiò l’americano. La mew sorrise, annuendo divertita.
-Ehm… scusate… come siamo messi  a dolci? Non ci sto capendo più niente.- il dampyr fece il suo ingresso nella stanza.
  I due si voltarono a guardarlo. –Oh, Lucas! Li sto preparando, datemi il tempo per metterli in forno e cuocerli.- disse, spingendo una teglia di biscotti all’interno dell’elettrodomestico.
Strawberry si voltò a guardare il nuovo arrivato.
Era innegabilmente un bel ragazzo, soprattutto una volta tolti gli occhiali, ma una parte di lei si sentiva a disagio. In particolare quando i loro occhi si incrociavano.
“Forse perché so che è pericoloso, a differenza di Ryan…”, si bloccò non appena ebbe formulato quel pensiero. “Stupida. Ryan? Ryan non c’entra niente.”, si rimproverò.
Quando rialzò lo sguardo si ritrovò il collega molto vicino.
Per poco non sobbalzò.
-Ehi… non c’è tempo per i trip mentali.- le disse, sfoggiando un ghigno divertito. Oddio, l’aveva scoperta mentre ragionava su di lui! Che vergogna.
Cercò di nascondere il rossore. –Sì… ehm… prendo i cupcakes.- e detto questo sparì.
Lucas si lasciò sfuggire una risata.
-Non torturare quella povera ragazza.- lo rimbrottò Kyle.
-Perché ci pensa già abbastanza qualcun altro?- replicò lui, appoggiandosi al tavolo.
Il moro gli lanciò un’occhiata. –Uhm… sei un osservatore acuto.
Fece spallucce. –Devo esserlo, se no potrei ritrovarmi morto.- sdrammatizzò.
-Non dire niente a Strawberry.- si raccomandò l’americano, distribuendo su un piatto alcuni muffins.
Lucas annuì. –Sono un dampyr, ma non sono stupido.
-Non l’ho mai pensato. Anche perché non credo riusciresti a tener testa a Ryan, nel caso.- gli disse, sorridendo.
Anche il nuovo arrivato si concesse un sorriso, lusingato. –Oh, be’, mi viene naturale stuzzicarlo.- ammise.
Il cuoco sollevò un sopracciglio. –Stuzzicarlo? Ryan?
-Sì, so che nessuno qui si azzarderebbe, esclusa Strawberry, ma è troppo divertente vederlo irrigidirsi. So anche che si è dovuto trattenere già un paio di volte per evitare di darmi un pugno in faccia. A volte sono… snervante, ma è molto più interessante così.- durante tutto il discorso mantenne un sorriso soddisfatto sulle labbra.
Ci credeva davvero e aveva seriamente intenzione di torturare il biondo.
-Attento a quello che fai.- lo avvertì Kyle.
-Certo. Rimarrò sullo scherzo, ovviamente. Faccio sul serio solo coi nemici: li manda in bestia ed è più facile ucciderli.- e detto questo uscì, dopo aver riempito il vassoio che si era portato dietro.
“Strano ragazzo… spero non prenda le cose troppo alla leggera.”, pensò, pulendosi le mani sul grembiule.

-Io non ce la faccio più.- Strawberry si accasciò sul bancone, vicino a Lory.
La mew verde le accarezzò la testa, cercando di consolarla. –Dai… tra poco chiudiamo.
-Tra poco? Mancano più di due ore.- protestò lei, sollevando il capo.
L’amica le fece un sorriso di scuse, facendole capire che lei ci aveva provato. In quel momento Mina le raggiunse, infuriata.
-Mi fanno male i piedi e dopodomani ho un saggio di danza. Se dovessero venirmi le vesciche giuro che picchio qualcuno.- si sedette e si tolse le scarpe, massaggiandosi i piedi.
  Sembrava seria.
La rossa lanciò uno sguardo a Pam, ancora ferma sulla porta. Si era messa il cappotto per non prendere freddo.
-Mina… andresti a dare il cambio a Pam? So che c’è freddo, ma almeno non ti sanguineranno i piedi.- le suggerì allora.
La morettina alzò la testa a guardarla e poi, stranamente, annuì.
Poco dopo la mew lupo le raggiunse. –Ragazze, ci serve anche l’aiuto di Ryan. Lucas ha scatenato un putiferio.- comunicò.
Si voltarono tutte a fissare Strawberry. Lei si fece piccola. –Ehm… che c’è?
-Sei l’unica a cui dà ascolto.- le disse Paddy.
Scosse la testa. –No.- rifiutò.
Non voleva affrontarlo da sola, anzi, non voleva affrontare il proprio cuore mentre era sola con lui. Era da troppi giorni, ormai, che aveva degli strani pensieri in sua presenza. Per non parlare degli improvvisi rossori.
E iniziava a temere che la cosa sarebbe stata permanente e non molto positiva, per lei e… Mark.
-Per favore.- la supplicarono le amiche.
Sbuffando, accettò.
-Mi dovete una fetta di torta al cioccolato.- le minacciò. Loro annuirono, spingendola verso le scale.
Deglutì nervosamente, pensando a cosa la aspettava di sotto. Scese i gradini lentamente, cercando di posticipare l’incontro. Era perfettamente consapevole di essersi comportata in modo strano, con lui: l’aveva evito il più possibile e, quando non ci era riuscita, si comportava come se lui dovesse morderla.
Quando arrivò davanti alla porta del laboratorio, ovviamente chiusa, prese un bel respiro.
“Andiamo, stupida!”, si rimproverò.
Bussò.
-Avanti…- sentì dire.
Aprì il battente rinforzato e sbirciò all’interno. Era tutto in penombra, a causa dell’assenza di finestre e della presenza di numerosi monitor accesi.
Ryan si stava spostando da un computer all’altro, appuntando qualcosa su un blocco.
-Ryan…- lo chiamò, esitante.
Al sentire quella voce lui si voltò, stupito. –E’ successo qualcosa?- si fece guardingo. La mew non sembrava ferita e nemmeno sull’orlo di una crisi isterica, ma era strano che fosse scesa lì sotto.
Poteva escludere l’attacco?
-No, cioè sì.- scosse la testa, confusa. Lui alzò un sopracciglio.
-Strawberry, ho praticamente scoperto dove si nasconde il vampiro, quindi muoviti. Non ho tempo da perdere.- l’avvertì, caustico come al solito.
Lei dovette trattenersi dal mandarlo a quel paese. Perché reagiva sempre così? Era forse offeso per essere stato ignorato?
“Ma no, lui è Ryan Shirogane, figurati se gli interessa essere considerato o meno.”, cercò di convincersi. –Bene, spero che dopo ci renderai partecipi.- le sfuggì.
Il ragazzo tornò a sollevare gli occhi su di lei, stupito dal tono della risposta. –Vuoi dirmi qualcosa? Avverto dell’ostilità nella tua voce.- le si avvicinò.
-N-no… non c’entro io.- arretrò.
Lui allora sospirò. –Non ti mangio mica.
-Non ne sono mica convinta.- replicò lei, non fidandosi.
“Be’, sì, in effetti ti mangerei… ma non nel senso che intendi tu.”, si corresse. –Ok… ora vuoi dirmi perché sei qui?- addolcì il tono. Era agitata: meglio metterla a proprio agio.
-Ehm… di sopra… abbiamo un problema.- ammise finalmente.
Socchiuse gli occhi. –Lucas ha fatto qualcosa, per caso? Ha spaventato delle clienti?- chiese.
-No, no!- la rossa scosse la testa. –Sta andando bene, per uno che non ha mai servito.
“Per fortuna.”, pensò sollevato. –Allora cosa?
-Ci servi… per servire.
-Ti rendi conto che non mi sto passando il tempo, qui sotto?- alzò leggermente la voce.
-Sì, Ryan, lo so ma…
-No, niente ma. Non sopporto tutte quelle persone e il mio autocontrollo ha un limite.- ribatté.
-Non mi sembra tutta questa gran cosa! Noi lo facciamo tutti i giorni.- sbottò lei, infastidita dalla risposta.
-Lo sai che non sono tagliato per queste cose.- cercò di calmarsi. “Sto perdendo tempo.”, pensò. Per quanto gli piacesse quella ragazza, era arrivata in un momento inopportuno.
Stizzita, si mise a gesticolare. -Ahh! Ma perché sono venuta a chiedertelo!
-Non te l’ho chiesto io.- incrociò le braccia.
Strawberry allora si bloccò. –Ryan, se hai un problema con me dimmelo.
-Io non ho problemi con nessuno. Sei tu, semmai, che mi stai evitando.- le disse, calmo.
Colpita e affondata.
Cercando di non boccheggiare come un pesce, la ragazza arretrò ancora di qualche passo. Perché il suo cuore stava battendo più forte? Sembrava volesse sfondarle la cassa toracica e fiondarsi dal biondo, per spiegargli tutta quell’assurda situazione.
-Fa’ come vuoi!- e scappò al piano di sopra.

  Ryan rimase a fissare la porta aperta, respirando lentamente.
Prima o poi avrebbe dovuto chiarire con Strawberry. Si era reso conto del suo strano comportamento e non osava sperare che fosse a causa sua.
Di solito lei lo evitava quando litigavano seriamente, ma in quel periodo si erano limitati ai soliti punzecchiamenti.
“Anzi, nemmeno a quelli.”, si rese conto. “Mi sta proprio evitando.”
Si morse il labbro inferiore, perplesso.
Ok, c’erano state situazioni imbarazzanti, ma non era la fine del mondo. Lei aveva sempre dimenticato tutto (anche troppo in fretta) per tornare tutta saltellante e felice da Mark.
“Cos’è cambiato?”, si chiese, tornando a voltarsi verso i computer.
Cercò di concentrarsi sui dati che scorrevano davanti ai suoi occhi. Senza nemmeno guardare afferrò la tazza che aveva lasciato sulla scrivania e se la portò alle labbra.
Fece una smorfia: il caffè era diventato freddo.
Ad un certo punto udì un urlo e il rumore di qualcosa che andava in frantumi.
“Lory.”, pensò subito. Sbuffando abbandonò computer e caffè e si avviò al piano di sopra. –A volte mi chiedo perché mi sia fatto convincere ad aprire questo posto…- brontolò.
Stava per arrivare sul pianerottolo quando vide Kyle uscire dalla cucina con la valigetta del pronto soccorso in mano.
Preoccupato, lo seguì nel salone.
Svoltò l’angolo e si trovò davanti i cocci di numerosi piatti. Lory era a terra e cercava di porre rimedio al proprio disastro.
-Mi dispiace!- continuava a ripetere con le lacrime agli occhi.
Alcune clienti si sporsero per vedere cosa fosse successo. Il biondo lanciò un’occhiata a Lucas, che la intercettò subito e sembrò capire. Gli si affiancò e superarono le ragazze.
-Non è successo nulla di grave, le cameriere stanno bene. Scusateci per l’inconveniente.- comunicò Ryan.
Ci fu un leggero mormorio tra i presenti, poi tutti tornarono alle proprie chiacchiere.
  Pam, che era tornata nuovamente sulla soglia, era già pronta ad intervenire. L’arrivo del proprietario del Cafè aveva resto inutile la sua idea.
Si scambiarono un lieve cenno del capo e lei tornò ad occuparsi delle donne che aspettavano.
Lucas gli riservò uno sguardo stupito, senza farsi vedere. Era incredibile come quel ragazzo riuscisse a cambiare la propria espressione a comando.
Quando era arrivato nel salone era chiaramente scocciato, anche se volenteroso.
Stava per complimentarsi per il suo ferreo autocontrollo quando sentì odore di sangue. Non era quello della ragazza dagli strani capelli verdi.
Si voltò e notò che Strawberry si teneva il braccio, stringendo con forza le dita per mantenere una presa ferrea.
Le si avvicinò, preoccupato. –Ehi…- mormorò.
Lei sobbalzò, distogliendo lo sguardo dalla collega, ora medicata da Kyle. –Lucas…- lo fissò, perplessa.
-Il braccio. Ti sei fatta male?- domandò, indicandolo con un cenno del capo.
La rossa abbassò gli occhi. –No, no… tutto bene…- mentì. Quando era uscita dalla cucina si era ritrovata Lory davanti, all’improvviso. Aveva cercato di evitare l’impatto, ma per proteggere l’amica dai cocci dei piatti era scivolata e si era pure tagliata.
Be’, l’altra aveva rotto gli occhiali.
-Stai sanguinando. Ho un buon naso, ricordi?- il giovane allungò una mano e le afferrò il polso. –Andiamo in cucina.
-Ti ho detto che non importa, non fa niente.- provò a protestare Strawberry.
-Giuro che non ti faccio niente. Non mi piace il sangue.- la guardò dritto negli occhi. I suoi avevano una sfumatura leggermente più scura del solito.
-Non…
-Ci penso io, grazie Lucas.- Ryan li sorprese mentre la mew neko tentava di sottrarsi alla presa del dampyr.
Lucas alzò le braccia e si allontanò. –Tutta tua.
Non era offeso, quello no, ma voleva che si fidassero di lui e non lo considerassero uno stupido succhiasangue.


“Di male in peggio…”, pensò la rossa.
-Ti sei ferita?
Lo guardò avvicinarsi. Sul viso poteva leggergli la preoccupazione, una seria preoccupazione. L’azzurro dei suoi occhi, quando li sollevò per guardarla apertamente, era diventato più caldo, più accogliente. Come il cielo estivo.
Negare ormai era inutile.
Tolse la mano e scoprì la ferita: un bel taglio obliquo, abbastanza profondo per imbrattarle buona parte dell’avambraccio.
-Mhm… va disinfettato.- le disse, recuperando il kit sostitutivo. Kyle era così previdente che ne teneva due in cucina e uno nel proprio bagno. Giusto per farsi trovare preparato in caso di un attacco.
Sorrise, ripensando alla piccola valigetta che aveva infilato a forza anche nel suo. Nel caso dovessi tagliarti facendoti la barba, si era giustificato.
-Perché sorridi?- chiese Strawberry. Sembrava perso nei propri pensieri.
Fece spallucce. –Nulla, ripensavo ad un vecchio aneddoto.
-C’entrava qualcuno feritosi con dei cocci?- indagò. Scosse la testa. –Non devo mettere dei punti, vero?
Le girò il braccio ed esaminò la ferita per qualche istante. –No.- disse infine.
Lei sospirò.
-Vieni, siediti.- senza darle il tempo di dire nulla l’afferrò per i fianchi e la fece sedere su una delle basi libere da utensili o dolci.
Strawberry lo guardò con tanto d’occhi, aprendo la bocca per ribattere.
-Su, stendi il braccio.- le disse, usando il tono che si adotta coi bambini. La stava prendendo in giro.
“Non perde mai occasione.”, pensò, stizzita. –Se non la smetti di fare il de… ahi!!
Ryan sollevò gli occhi, perplesso. Aveva appena appoggiato il cotone imbevuto di disinfettante sulla ferita. Non si era nemmeno mosso. –Se fai la brava dopo ti do un lecca lecca, ok?- si burlò di lei.
Voleva ritrovare quell’atmosfera piacevolmente litigiosa che condivideva con lei quando si trovavano nella stessa stanza. Essere evitato gli faceva schifo e gli occupava troppi pensieri, impedendogli di lavorare.
La mew gonfiò le guance come suo solito. –Smettila!
Rise, divertito e le tamponò il taglio. La sentì aspirare aria tra i denti, ma non disse una parola.
Le ripulì completamente l’avambraccio con l’acqua ossigenata per evitare infezioni e poi cercò un cerotto abbastanza lungo.
-Non ho cerotti con gli orsacchiotti, mi dispiace.- le disse, fingendosi deluso.
Lo guardò male, dandogli una pacca sul braccio. Ma poco dopo le sfuggì un sorriso.
Una volta finita la medicazione ripose tutto al suo posto.
-Grazie.- la sentì dire.
Si girò per risponderle, ma notò che aveva un po’ di sangue sulle dita. Le afferrò il polso e le sollevò il braccio. –E questo?
Lei lo fissò, stupita e poi spostò gli occhi sulla propria mano. –Oh, un taglietto. Lascia stare.
Fece per sfilarsi dalla sua presa, ma lui non glielo permise.
La avvicinò a sé e poi posò le labbra sulla sua pelle, facendosi scivolare in bocca il dito. Strawberry divenne di tutti i colori, sentendo un brivido correrle per tutto il corpo.
Tentò di dir qualcosa, di farlo staccare, ma lui aveva chiuso gli occhi. Era immobile, se non fosse per il guizzo della sua lingua, che le accarezzò il polpastrello.
“Oddio! Oddio!”, pensò la rossa, in tilt.
-R-Ryan…- tentò, con voce roca. Il cuore le batteva a mille.
Il biondo non rispose e si limitò a sollevare lentamente le palpebre, facendole incastrare il respiro ad un’altezza imprecisata del petto.
La guardava dritto negli occhi, le ciglia leggermente abbassate su quei pezzi di cielo che la stavano facendo sciogliere. Aveva inspiegabilmente caldo.
“E’ confusa.”, pensò soddisfatto Ryan.
Mantenne il contatto visivo fino a quando lei non chiuse gli occhi. La sentì tremare. “Ops, forse ho esagerato.”
Si raddrizzò, lasciò un breve bacio sulla sua pelle e poi la liberò.
-Fatto.- disse. Sentiva il cuore pompare sangue a tutta birra: era agitato. “Sicuramente ora mi picchia o mi sbraita contro.”, pensò aspettando la sua reazione violenta.
Strawberry si riebbe, saltò giù dal mobile e si allontanò barcollando.
Il biondo rimase piacevolmente interdetto.
Senza volere gli sfuggì un sorriso.
-Ryan…- lo rimproverò Kyle, comparendo nella cucina.
Si scambiarono uno sguardo eloquente e poi il ragazzo tornò nel salone, per una volta contento. Controllò la propria espressione e si apprestò a sistemare il casino combinato dalle sue due dipendenti.

  Il turno era finalmente finito.
Lory era tornata a casa per recuperare gli occhiali di riserva, ma Kyle le aveva detto che per quel giorno poteva riposarsi.
Così il resto del lavoro era toccato a loro. E a Lucas e Ryan.
I due formavano una coppia da infarto, messi insieme. Le clienti non avevano saputo più dove posare lo sguardo, ad un certo punto.
Ovviamente, il dampyr era abbastanza contento delle attenzioni, l’americano per niente.
Ma non aveva mai aperto bocca, comportandosi in modo irreprensibile.
-Mi chiedo perché Ryan faccia lo stronzo solo con noi.- ragionò Strawberry, rivestendosi.
-Non con noi. Con te.- le sussurrò Pam.
Si voltò a guardarla, stupita e rossa in viso. –Non è vero!
-Oh sì, ma solo perché noi non gli diamo corda.- le sorrise, divertita dalla sua reazione. Si mise il cappotto e poi mise la divisa nell’armadietto. –A domani, ragazze.
La rossa la salutò distrattamente, ragionando sulle sue parole.
Certo, aveva già notato che era l’unica a rispondere a tono al biondo. O meglio, a dargli risposte che lo spingevano a punzecchiarla e non a zittirla, come faceva con Mina.
Dipendeva forse dal carattere di uno dei due?
“Oppure sono solo il suo passatempo.”, pensò. Subito il suo cuore protestò e lei si ritrovò a fissare la propria divisa, perplessa.
Non ci stava capendo più niente. Sapeva di amare Mark, glielo aveva pure detto, ma allora perché quelle strane reazioni con Ryan?
“Be’, è normale, mi provoca!”, si disse. Mise via le sue cose, salutò ed uscì dal locale senza incontrare nessuno dei tre ragazzi.
-Ma provoca solo me…- mormorò, affondando il viso nella sciarpa.
Prese a camminare con calma lungo il vialetto d’ingresso, ma una voce la fermò. Alzò la testa e si ritrovò davanti Mark.
-Ehi, micetta, dove vai a quest’ora? Non vorrai mica tornare da sola, vero?- le sorrise.
-Mark!- esclamò correndo ad abbracciarlo.
I pensieri su Ryan svanirono, come fumo in una tempesta.
-Sapessi. Ora ti racconto.

-Vi prego, Kami, niente ressa, oggi.- supplicò Strawberry uscendo da scuola.
Cercò, senza rendersene veramente conto, la moto di Ryan.
Quando non la vide capì che il ragazzo si era già avviato, lasciandola a piedi. Un po’ le dispiacque, ma solo perché doveva arrancare nella neve, aumentata a seguito dell’ultima nevicata.
Salutò Mimi e Megan ed uscì dal cancello, svoltando a destra.
-Strawberry!- si sentì chiamare.
Si voltò, sorpresa, e si ritrovò davanti Lucas. –Oh… ciao.- lo salutò.
-Ti aspettavi qualcun altro?- le chiese, facendo lampeggiare i denti bianchi in un sorriso. –Ti accompagno.
Scosse la testa, imbarazzata mentre prendevano a camminare affiancati.
-Allora… come ti sono sembrato, ieri?
Alzò la testa. –Be’, molto richiesto.- ammise, facendolo ridere.
-Oh, già.- commentò solamente.
-Perché a scuola porti quegli occhiali così spessi?- domandò, curiosa. Lui se li sfilò e li mise in tasca, lanciandole un’occhiata coi suoi occhi color smeraldo.
Ci rifletté su. -Non mi piace avere i timpani perforati dalle galline.- spiegò.
La rossa rise. –E’ la stessa cosa che potrebbe dire Ryan.
-Ah sì?- fece, sorpreso. –Non gli piacciono le attenzioni femminili?
-Non è uno che le cerca. E poi ha qualche difficoltà a stare con le persone, è abbastanza chiuso. Riservato e scontroso.- disse.
-Per via dei suoi genitori?- azzardò a chiederle. Gli interessava ottenere informazioni sul capo del progetto.
Lei tornò a guardarlo, stupita. –Come sai dei…?
-Me l’ha detto lui. Anche io sono orfano, praticamente.- si strinse nelle spalle, fermandosi ad un incrocio.
-Oh… mi dispiace.- mormorò Strawberry, sentendosi in colpa. Non voleva ricordargli brutti eventi della sua vita.
-Tranquilla. Ormai sono diciotto anni che vivo così.- le sorrise, cercando di rassicurarla.
-Tua mamma è morta di parto?- indagò lei, esitante.
Annuì. –Sì… era una donna fragile, ma aveva uno spirito forte, mi hanno detto.
-Sai almeno com’era…?- lo fissò, cercando di capire se provasse dolore nel parlarle del proprio passato. Apparentemente era rilassato.
Attraversarono, raggiungendo sani e salvi l’altro lato della strada. Lui aprì il giaccone e frugò in una delle tasche interne. Ne estrasse il portafogli e lo aprì.
-Eccola.- le porse una piccola foto sgualcita, accennando un sorriso. La prese facendo attenzione e la osservò: ritraeva una giovane donna dai lunghi capelli castani, ricci e vaporosi; due occhi verdi come i germogli di primavera e un viso delicato, a forma di cuore.
-Sembra una bambola.- fece colpita. Era molto bella e ora capiva da chi aveva preso Lucas.
-Ho preso tutto da lei. A parte le mie abilità e la spigolosità del viso. Ovviamente il carattere è merito mio.- le fece l’occhiolino.
Da come aveva parlato, la mew capì che voleva evitare l’argomento “padre”. Quindi non insistette.
-Secondo me, comunque, non dovresti fingerti un secchione asociale, a scuola. Riscuoteresti successi, magari potresti trovare una ragazza.- lo incoraggiò, tornando sul vecchio argomento.
Lui l’afferrò per una spalla, evitandole di finire in un cumulo di neve. –No, mi piace la mia tranquillità.
-Oh… sei un solitario.
-Sì. Sai, succede ad essere dampyr.- sdrammatizzò.
-Hai sempre vissuto in Giappone?- chiese, guardandolo e tenendo d’occhio la strada. Non voleva passare per un’imbranata.
Scosse la testa. –No, ho viaggiato. Sai, io sono europeo e in Europa esiste una società che si occupa dei bambini come me.- spiegò.
Strawberry aggrottò le sopracciglia. –Società?
Annuì, calmo. –Sì. Allevano i dampyr per uccidere i vampiri, dato che lì ce ne sono molti di più. Non appena sono diventato abbastanza grande da non rischiare di essere ucciso mi hanno mandato in missione. Ho visto diversi posti.- sembrava che tutto ciò non gli facesse né caldo né freddo.
-Wow.- sussurrò lei, colpita.
-Io però sono mezzo inglese e mezzo tedesco.- rivelò.
-Be’, questo e la foto spiegano perché tu sia così appariscente.- ridacchiò lei. Doveva immaginare che non avesse molto sangue nipponico nelle vene.
-E Ryan?- chiese Lucas, dopo un po’.
-Ryan cosa?
-Anche lui è straniero, giusto?- la guardò, aspettando una risposta.
-Ah, sì, certo. Sua madre era americana, suo padre giapponese.- disse. –Ma perché ti interessa così tanto?
-Siamo simili.- la buttò lì.
Lo osservò, non molto convinta, ma alla fine le sembrò abbastanza plausibile. Oppure era semplicemente curioso.
Evitò una pozzanghera ghiacciata con un movimento fluido. In effetti si muoveva come un elegante felino. -E tu?
La ragazza si riscosse. –Io sono completamente giapponese.- rispose.
Ridacchiò. –Qualcos’altro?- chiese. Le lanciò uno sguardo malizioso. –Chi era il morettino di ieri sera?
-Ehi! Non sono affari tuoi!- brontolò lei, arrossendo.
-Il tuo fidanzato, eh?
-Non sei simile a Ryan, sei proprio insopportabile e impiccione come lui.- gli lanciò un’occhiataccia.
-Non è vero. Sono solo curioso.- si discolpò. “Il biondino non mi sembra un impiccione…”, pensò tra sé.
Sbuffando, rispose:-E’ il mio fidanzato. Anche lui fa parte del progetto. La prima volta che verrà a fare un salto te lo presento, ok?
-Fa parte del progetto?- si accigliò. –Nessuno me l’ha detto.
-Be’… è un collaboratore part-time, diciamo.- cercò di spiegare lei. –Insomma, chiedi a Ryan. Lui è più bravo di me a spiegare.
-D’accordo. Lo farò.
Dopo quella lunga chiacchierata rimasero in silenzio.
 
  Erano quasi arrivati al Cafè quando Lucas si bloccò all’improvviso, fermandola con un braccio.
Lo guardò confusa, spostando poi lo sguardo sulla strada.
Lui non disse niente ed alzò gli occhi al cielo.
-Niente sole…- mormorò.
Strawberry si accigliò. Ovvio che non ci fosse il sole, tra poco avrebbe nevicato di nuovo, come minimo.
-Trasformati.- le ordinò, perentorio.
-Cosa?
-Trasformati, ho detto.- ripetè, tenendo gli occhi fissi su un punto in lontananza. La ragazza fece come le era stato detto e in poco ecco comparire Mew Berry. –Sento il suo odore…- mormorò lui.
-Il vampiro?- chiese. Annuì.
-Chiama gli altri. E dì a Ryan che mi serve un’arma.- spostò lo sguardo su di lei, rivelandole il colore dei propri occhi. La pupilla era inghiottita da un verde chiarissimo, quasi cristallizzato. –Sbrigati!
Sobbalzando, compose il numero del Cafè.
Le rispose Kyle. –Kyle, raggiungeteci subito. Siamo all’incrocio prima del Cafè, Lucas ha individuato il vampiro, muovetevi! Ah, dì a Ryan di portare l’arma.- disse, agitata.
-D’accordo. Arriviamo.
Chiuse la chiamata e lui si riappropriò dell’oggetto, facendolo sparire in tasca. Il tutto senza nemmeno fissarla.
Lentamente decise di concentrarsi sulla strada e, tra i piccoli vortici di neve alzati dal vento, lo vide.
Il vampiro, quello che l’aveva morsa.

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Capitolo 18
*** Cap. 17 Verità ***


Cap. 17 Verità
Eccoci qui!!! Scusate mi hanno trascinata a forza dai parenti ^^'. In questo capitolo ci sarà una rivelazione importante e forse anche inaspettata!
Buona lettura! :)



Cap. 17 Verità


-Ryan!- si sentì chiamare dal piano di sotto.
Estrasse il braccio da sotto il letto, stringendo saldamente il fodero della katana. –Eccomi!
Attraversò la soglia ed imboccò le scale, facendo i gradini e due a due.
-Ci sono, ce l’ho.- annunciò, arrivando nel salone. Le ragazze erano già in assetto da combattimento.
-Strawberry è con Lucas. Ha detto che c’era solo il vampiro.- riassunse Kyle.
-Gli alieni?- chiese il biondo.
-Assenti, per ora.
Annuì e si avviò, uscendo dalla porta sul retro. Il moro si premurò di girare il cartello all’entrata per avvertire i clienti dell’improvvisa chiusura.
-Dove sono?- chiese Mina, guardandosi attorno. Pam, al suo fianco, chiuse gli occhi. Una delle sue orecchie da lupo scattò, captando dei rumori famigliari.
-Di là.- indicò alla loro sinistra.
Si misero tutti a correre, sperando di non arrivare troppo tardi.

-Lucas… tu riesci a fronteggiarlo anche a mani nude?- domandò Mew Berry, visibilmente preoccupata.
Il ragazzo non le rispose, troppo impegnato a scrutare il proprio avversario. Lei allora lo strattonò per il giubbino e lui si voltò a guardarla, le labbra arricciate in un ringhio.
Quando la riconobbe rilassò i muscoli del viso. –Scusa… dicevi?
-Se puoi combattere anche senza armi.- ripetè, lanciando un’occhiata al vampiro. Revenge era immobile e non sembrava volersi avvicinare.
Il dampyr annuì distrattamente. –Sì… posso fronteggiarlo. Però avere una bella katana sarebbe d’aiuto.- era diventato mortalmente serio. Non sembrava nemmeno lo stesso ragazzo del giorno prima.
-Io che devo fare?- domandò.
Le lanciò un’altra occhiata. –Distrarlo il più a lungo possibile.
-Ok. Posso farlo.- impugnò la propria arma, risoluta. Lui si lasciò sfuggire un sorrisetto: era molto coraggiosa o molto stupida.
-Bene… vediamo se il nostro amichetto ha voglia di giocare.- mormorò, piegandosi sulle ginocchia.
Anche se si trovava in fondo alla strada riusciva a vederlo chiaramente: i lunghi capelli d’argento, così pallidi da sembrare bianchi come la sua pelle e quegli occhi, di ghiaccio. Sì, era veramente inquietante.
Proprio come lo ricordava.
Il suo odore, quell’odore fatto apposta per attirare le vittime, gli arrivava distintamente. Storse il naso, infastidito.
-Chi sei?- si sentì chiedere.
Sollevò un sopracciglio. –Potrei farti la stessa domanda.- replicò, calmo.
Revenge ridusse gli occhi a due fessure. –Non sapevo ci fossero cacciatori sul mio territorio.- commentò, avanzando di qualche passo.
Degli alieni nessuna traccia. Meglio così, avrebbe potuto divertirsi a modo suo. Senza interruzioni di sorta.
-Io non mi avvicinerei, se fossi in te.- lo avvertì il giovane.
-Perché? La bambolina alle tue spalle potrebbe farmi male? L’ho già affrontata.- sogghignò. Lucas si voltò a fissare Strawberry, che fece un rapido gesto con la mano. Glielo avrebbe spiegato in un altro momento.
Tornò a guardare il non morto. -Non badare a lei. Bada a me.
-Non sei un bel vedere.- fu la risposta.
“Simpatico.”, pensò ironico. –Grazie, lo prendo come un complimento.- fece un mezzo inchino. Voleva provocarlo, mentre lui doveva rimanere il più possibile padrone di se stesso.
Almeno fino a quando…
-Eccoli!- esclamò la mew, alle sue spalle.
Distolse lo sguardo dalla sua preda e notò il gruppo delle mew mew e i due americani. Ryan stringeva tra le mani la katana.
Fece un passo indietro fino a toccare la ragazza. –Devi recuperare la spada per me. Io terrò occupato il nostro amichetto.- sussurrò.
Lei deglutì, nervosa, ma poi annuì. Ce la poteva fare, non era così difficile.
-Bene… al mio tre corri, intesi?
Fece un cenno col capo, pronta a scattare.
-Uno…- si piegò nuovamente sulle gambe, irrigidendo i muscoli. –Due…- digrignò i denti. Con la coda dell’occhio la vide tremare leggermente. –Tre.
Scattarono in contemporanea e il vampiro fece lo stesso.

“Devo essere veloce!”, si disse la mew neko, correndo sulla neve.
La strada era scivolosa e i suoi stivali ogni tanto perdevano aderenza, facendola sbandare un po’.
Con la coda dell’occhio aveva visto Lucas scattare assieme a lei. Ora le stava davanti.
Il vampiro puntava dritto verso di loro.
Ad un certo punto entrambi scomparvero e lei si ritrovò a correre da sola. Si impedì di fermarsi e guardarsi attorno.
-Strawberry, muoviti!- la incitarono le compagne.
Captò un movimento e saltò sul muro di recinzione di una casa, appena in tempo per evitare i due combattenti.
Revenge e Lucas erano avvinghiati in un feroce corpo a corpo.
Incespicò, rischiando di cadere. Appoggiò le mani sulla neve e avanzò un po’ a quattro zampe, raddrizzandosi poco dopo.
Accelerò l’andatura, sentendo già il respiro irregolare. Alle sue spalle la lotta continuava.
-Dai!- la incitò Mina.
Saltò giù ed atterrò poco distante da loro, in un mucchio di neve. Si piegò sulle ginocchia, riprendendo fiato.
-Che dobbiamo fare…?- le chiese Lory, preoccupata.
Allungò una mano alla cieca. –La spada…- ansimò.
Ryan la osservò, poi fece per avvicinarsi, ma Pam gli si parò davanti. La guardò interrogativo. –Vado io, sono più fresca di lei.- disse a mo’ di spiegazione.
Il biondo la guardò dritto negli occhi e lesse la determinazione. Annuì. –D’accordo.
La mew lupo afferrò saldamente il fodero e si mise a correre, dopo aver appoggiato una mano sulla spalla della compagna.
-Ma…?- fece lei, stupita.
-Lasciala andare. Avete visto gli alieni, per caso?- il diciottenne le si avvicinò. La rossa scosse la testa. –Mi chiedo dove siano…- mormorò, scrutando il cielo.

  Revenge si era accorto della presenza degli altri umani, alle proprie spalle.
Ma loro non erano un problema.
Il dampyr davanti a lui sì. Era abbastanza giovane, ma sapeva il fatto suo. Era sufficientemente forte per tenerlo impegnato mente e corpo.
Di solito si lasciava andare all’istinto, ma con quel ragazzino non era il caso.
  All’improvviso sentì dei passi, probabilmente quella bambolina rosa stava tornando indietro con la katana. Non poteva permetterlo.
Liberò un braccio e rifilò una gomitata nello stomaco al suo avversario, facendolo sbilanciare. Ne approfittò per buttarlo a terra e voltarsi ad accogliere l’eroina.
La ragazza, però, non si lasciò cogliere impreparata ed estrasse uno strano oggetto da dietro la schiena. Ebbe giusto il tempo di chiedersi cosa fosse e subito dopo si ritrovò il collo stretto da un nastro di luce.
Ringhiò in segno di protesta.
-Lucas!- Pam volteggiò oltre il vampiro e lanciò la spada al suo compagno.
Lui l’afferrò, stando ancora a terra, e si rialzò con un colpo di reni.
Revenge si liberò con un urlo di stizza e si voltò a fronteggiare il dampyr, ora armato.
-Grazie, Pam.- disse Lucas, lanciandole un’occhiata.
Lei fece un cenno e tornò velocemente dagli altri.
-Bene… adesso ti senti più forte?- domandò il non morto.
Lui sembrò pensarci. –Mhm… in effetti avere tra le mani una katana mi dà una sensazione di potere.- ammise.
-Ammesso che tu la sappia usare.- Revenge avanzò leggermente verso di lui.
Gli occhi del giovane lampeggiarono, divenendo di un verde slavato. -Puoi stare certo.
Estrasse la lama con un movimento fluido e gettò di lato il fodero. Divaricò le gambe, tenendosi ben saldo a terra.
-Quando vuoi…- lo provocò, ghignando.
Revenge non se lo fece ripetere due volte ed attaccò. Si gettò in avanti, ma all’ultimo fece una finta e scartò di lato, cercando di colpirlo al fianco.
Lucas gli oppose la spada, bloccando le sue mani piegate ad artiglio. Si udì un rumore secco, quasi metallico.
La pelle dell’essere era dura come la roccia.
“E’ forte.”, constatò Lucas, assorbendo la forza dell’impatto. Era da tanto tempo con non lo vedeva di persona e non aveva mai combattuto con lui.
Con una rotazione del polso liberò l’arma e si rimise in guardia, mentre il suo avversario balzava indietro.
Si scrutarono in silenzio, cercando i rispettivi punti deboli.
Fecero per scattare di nuovo tra loro apparvero i tre alieni. Per poco il dampyr non perse la presa sull’elsa, stupito. Entrambi si arrestarono di colpo, ringhiando.
Quell’interruzione proprio non ci voleva.
L’alieno più alto, coi capelli color ametista, si rivolse al vampiro dicendo:-Cosa stai facendo?
Revenge scoprì le zanne, minaccioso. –Sto difendendo il mio territorio dai parassiti.- replicò, con voce raschiante.
-Devi far fuori l’umano.- fu la secca risposta.
“Quale umano?”, si chiese Lucas, perplesso. Nessuno gli aveva detto niente.
-Prima devo occuparmi di questo qui.- afferrò il ragazzo per una caviglia e lo lanciò lontano. I suoi compagni lo guardarono senza parole.
-Come ti sei permesso!- gracchiò il più piccolo.
-No… Tart, lascia perdere. Occupiamoci delle mew mew.- replicò il fratello, riemergendo dal cumulo di neve in cui era finito.
L’ultimo del trio lanciò un’occhiata a Lucas coi suoi strani occhi gialli.

-Gli alieni!- indicò Paddy.
Erano comparsi all’improvviso, esattamente prima che i due contendenti potessero dar inizio alla seconda serie di colpi.
-Ragazze, stiamo attente, il loro obiettivo è Ryan.- ricordò Pam, posizionandosi di fronte al biondo.
-Ehi, so difendermi.- protestò lui, offeso dal loro comportamento. “Non sono una pecorella indifesa.”, pensò.
-L’ultima volta sei finito in ospedale. Sono stanca dei sensi di colpa.- Strawberry affiancò la compagna, lasciandolo senza parole. Ora ci si metteva anche lei?
-Smettetela.- sibilò, quando anche Mina, Lory e Paddy si aggregarono alle compagne.
-Ryan, hanno ragione loro…- cercò di convincerlo Kyle.
Si scrollò la sua mano di dosso, infastidito. –Sono stato io a creare questo progetto, vi vieto di difendermi.- disse, cercando di trattenersi dall’urlare.
Assurdo.
Mew Berry scosse la testa. –No, non questa volta.
Si passò una mano sugli occhi, tentando di mantenere la calma. Non ce ne fu bisogno, perché la voce di Quiche distrasse le ragazze.
-Oh, ma che carine, un comitato d’accoglienza.- disse, lusingato.
-Vattene.- rispose Strawberry.
-Avete trovato un nuovo amichetto, eh?- lanciò un’occhiata a Lucas, che aveva ripreso a combattere con Revenge.
-Delusi?- s’intromise Ryan.
Quiche si voltò verso di lui. –Oh, ma ci sei anche tu. Non ti avevo visto in mezzo a tutte queste gonne.- lo schernì.
Il biondo serrò i pugni.
-Quiche, smettila. Attacchiamole e basta.- lo zittì Pie.
-Kyle… vai al Cafè.- ordinò sottovoce l’americano. L’amico lo guardò con tanto d’occhi. –Vai!
Scosse la testa, cocciuto. -Anche tu.
Mentre loro discutevano sotto voce, Tart aveva iniziato a cantilenare:-Posso usare la neve?
Suo fratello maggiore lo guardò, infastidito ed infine acconsentì.
-Bene!- il ragazzino richiamò due chimeri e li lanciò verso due cumuli a lato della strada. Pian piano la neve si accumulò, assumendo le sembianze di due grossi pupazzi di neve.
-Fantastico.- commentò Mina, arretrando.
Pam, dopo aver notato che i due ragazzi erano ancora lì, partì all’attacco. Distrusse il braccio di uno dei due chimeri, ma subito dopo quello si riformò.
Le sue compagne si divisero, aiutandola e attaccando l’altro.
-Iniziano i giochi.- gioì Quiche, lanciando un’occhiata a Ryan. Ora che Revenge era occupato poteva approfittarne.
A Profondo Blu non sarebbe importato, bastava che qualcuno uccidesse il ragazzo.

-Sei forte per essere un moccioso.- si complimentò il vampiro all’ennesima parata.
Lucas ansimava leggermente. –Grazie. Chissà quanto ti sarà costato ammetterlo.- lo sbeffeggiò.
Il non morto socchiuse gli occhi. –Come mai sembra che tu mi conosca?- domandò, sospettoso.
L’altro non gli rispose e tentò un affondo con la katana, strappandogli la manica della sua giacca di pelle. Era completamente vestito di pelle animale, da capo a piedi.
“Chissà che comodità…”, pensò il dampyr, schivando un fendente. Le unghie gli passarono a pochi centimetri dal viso, portandosi via alcuni ciuffetti di capelli. –Ehi, lascia stare i miei capelli!- brontolò, facendo una capriola all’indietro per allontanarsi.
Peccato che Revenge fosse lì ad aspettarlo. Dovette afferrare l’arma con due mani ed alzarla davanti alla faccia per evitare di farsi cavare un occhio.
Il filo della spada segnò il palmo della mano di Revenge, aprendo una piccola bocca rossa.
-Affilata.- il vampiro sorrise, riguadagnando una distanza di sicurezza. Si osservò la ferita e poi la leccò, indifferente.
-Pensa a quando ti taglierò la testa.- suggerì Lucas.
Il suo avversario scoppiò a ridere. –Non credo succederà mai.
Il ragazzo serrò la mascella, irrigidendosi. Odiava il suono della sua risata, era una delle poche cose che ricordava di lui.
L’aveva incontrato tre anni prima, quando era a caccia con alcuni compagni. Uno di loro ora zoppicava.
Spinto da una nuova foga si gettò su di lui. Riuscì a procurargli una ferita all’altezza del collo, prima di vedersi afferrare e finire a terra. Sbatté violentemente la testa, sentendo la katana fendere l’aria e finire lontano da lui.
“Maledizione!”, imprecò.
Revenge sorrise. –Oh… e adesso come farai?- lo sbeffeggiò.
In risposta lui gli rifilò un calcio al costato e un colpo di piatto sotto la mascella, facendolo cadere di lato. Sgusciò rapidamente via dalla sua presa e si rimise in piedi.
Con la coda dell’occhio vide il debole luccichio della propria arma.
  Doveva assolutamente recuperarla, solo così avrebbe potuto ucciderlo.

-Allora… vediamo, come posso divertirmi oggi?- Quiche passò distrattamente una mano sulla lama di uno dei suoi tridenti.
Le ragazze erano impegnate a combattere coi pupazzi, cercando di schivare palle di neve grosse come la ruota di una bicicletta.
L’alieno dai capelli verdi era, ovviamente, pronto a divertirsi con Ryan e Kyle. Col primo, soprattutto.
-Kyle, vattene.- disse per l’ennesima volta il biondo.
-No.
-Su, non litigate. Ce n’è per tutti.- promise il ragazzo, avvicinandosi a loro. L’americano allora si mise in posizione di difesa, pronto a battersi. Non si sarebbe fatto ridurre come la volta precedente.
“Fatti avanti, bastardo.”, pensò scrutandolo.
Come se avesse intuito i suoi pensieri, l’extraterrestre si scagliò contro di loro. I due sai puntanti verso le sue prossime vittime.
Senza esitare, Ryan spinse di lato Kyle e poi girò su se stesso, afferrando Quiche per un polso. Quello lo guardò, stupito, poco prima di finire ad impattare col suolo.
-Mi sono allenato, dall’ultima volta.- gli disse il biondo.
L’alieno si scrollò la neve dai capelli e poi si rimise in piedi, digrignando i denti. –Ti faccio fuori, giuro che ti faccio fuori! Fosse l’ultima cosa che faccio!
A terra, Quiche non era così rapido come quando svolazzava per aria. Quindi l’americano riuscì ad assestargli diversi colpi prima che lui riprendesse quota.
-Lasciali stare!- l’urlo della sua gattina lo colse impreparato e non riuscì a schivare il colpo, finendo a sbattere contro il muro di cinta di un’abitazione.
-Ahi…- borbottò.
-Battiti con me.- Mew Berry gli si parò di fronte. Si lasciò sfuggire un sorriso.
-Con piacere.- sussurrò, prima di colpirla con un calcio. La fece barcollare, ma lei si riprese subito, impugnando la propria arma.
L’alieno la mise alle strette con una serie di affondi, molto precisi e ravvicinati. Strawberry inciampò, finendo nella neve e lui le fu sopra, bloccandola col suo peso.
-Mew Berry!- senza nemmeno esitare Ryan corse verso di loro. “Nessuna vittima. E soprattutto non lei.”, pensò.
Stava per trasformarsi in Art quando comparve improvvisamente il Cavaliere Blu. La testa di Quiche scattò all’indietro, i capelli stretti dalla mano pallida del nuovo arrivato.
Rantolando, il ragazzo dagli occhi d’ambra, cercò di liberarsi.
-Lascia stare Mew Berry.- sillabò il Cavaliere.
Lei fece per chiamarlo per nome, il suo vero nome, ma si bloccò appena in tempo.
-Strawberry!- si sentì improvvisamente chiamare. Voltò la testa e vide Mina imprigionata in una delle grandi mani del chimero.
Si rialzò e corse in suo soccorso, sferrando un attacco contro il mostro.
-E tu chi saresti…?- domandò l’alieno, rimasto solo.
Il suo avversario lo fissò, imperscrutabile. -Non ti deve interessare.
“Mark… allora sei venuto…”, Ryan era stupito. Dopo quello che aveva detto dubitava sarebbe corso in loro aiuto, anche se la sua fidanzata fosse stata seriamente in pericolo.
-Sei un alieno. Perché combatti con loro?
Nessuna risposta.
Quiche allora gli sferrò un colpo al ginocchio con l’elsa di una delle sue armi e si liberò. –Non sei poi tanto furbo.- lo canzonò.
L’altro alzò la testa e poi estrasse la propria spada, puntandogliela contro. –A noi due.
Ed iniziarono a combattere.
-Ryan, vieni via. Ora.- Kyle si era ripreso dalle innumerevoli sorprese ed ora aveva afferrato l’amico per un polso. –Non sto scherzando.
-Non posso abbandonarle.- replicò lui, questa volta meno convinto.
-Non sarai d’aiuto morto.- gli fece notare.
Lui allora abbassò il capo ed acconsentì a farsi trascinare al sicuro, vergognandosi immensamente per la propria debolezza.

  Lucas grugnì per lo sforzo.
Era riuscito a mettere la lama al collo del vampiro, ma quello stava opponendo strenua resistenza. Le sue mani erano viscide di sangue, ma non mollava la presa sulla spada.
-Dannato!- imprecò, mettendoci ancora più forza.
Aveva ricevuto un colpo poco sotto il costato ed era sicuro che gli sarebbe venuto un bel livido. Il suo avversario, però, non se la passava molto bene, in quel momento.
-Non ci riuscirai…- la voce di Revenge uscì a fatica.
-Credi? Mi sembra di esser a buon punto.- replicò, provando a distrarlo con le provocazioni. Ma quello non cedette e lo sentì spostare un piede.
Anticipò la sua mossa e si allontanò, liberandolo dalla propria presenza.
Il non morto si voltò a fissarlo, ansimante. Le mani gli bruciavano e le sentiva pulsare. Tutto per colpa di quella maledetta katana.
  L’aveva sottovalutato.
Il ragazzo cambiò mano, facendo ruotare il polso. Aveva perso un po’ di sensibilità durante quel braccio di ferro.
-Direi che siamo alla pari… ora.- considerò.
Revenge arricciò impercettibilmente il labbro: non era d’accordo.
-Non saremo mai alla pari. Tu non sei un vero vampiro.- quasi sputò quelle parole.
Lucas lo osservò, valutando quanto fosse serio. Sembrava credere alle proprie parole. –Be’, non importa. Sono fatto per uccidere quelli come te.- gli ricordò.
-Se solo noi ve lo lasciassimo fare.
-Non sono solito chiedere il permesso, prima di uccidere un vampiro. Ovviamente, non parlo a nome dei miei compagni.- disse.
Gli occhi di ghiaccio dell’altro si scurirono. Quel cucciolo d’uomo non stimava il pericolo ed era troppo baldanzoso.
Fece per dargli una lezione quando sentì delle urla. Senza volerlo si voltò, perplesso. Non aveva seguito il resto del combattimento, per cui non sapeva cosa fosse successo.
Vide due grandi masse di neve sgretolarsi e cadere al suolo, sollevando nugoli di polvere bianca.
-Dannazione!- imprecò l’alieno alto. Era visibilmente arrabbiato, ma non quanto quello coi capelli verdi, impegnato a combattere, anzi a prenderle, da uno sconosciuto coi capelli biondi.
Aggrottò le sopracciglia, perplesso. Chi era?
“Shirogane ha dei poteri…?”, lo cercò tra la i presenti e non lo vide.
-Mai distrarsi!
La voce del dampyr lo riportò al proprio combattimento.
Si diede mentalmente dello stupido per essersi fatto distrarre da cose futili. Nel momento esatto in cui si voltava per fronteggiarlo, la katana del ragazzo gli si conficcò nel fianco sinistro.
Sgranò gli occhi, sentendo il contraccolpo.
-Beccato.- gongolò Lucas. “Ce l’ho fatta!”, pensò.
Revenge afferrò la lama e se la sfilò a forza dalle carni. Barcollò, mettendo un po’ di distanza tra loro due.
Lanciò un’occhiata alle proprie spalle e poi scattò, decidendo di ritirarsi.
L’unica traccia che rimase della sua presenza fu qualche goccia di sangue, denso e scuro.
Alla ritirata del vampiro seguì, poco dopo, quella degli alieni, che se ne andarono profondamente indignati.
Lucas tirò un sospiro di sollievo e si raddrizzò, andando a recuperare il fodero. “Proprio una bella spada.”, pensò, legandosela al fianco.
Non l’avrebbe tenuta, ovvio, ma poteva rivaleggiare con le sue.
Raggiunse rapidamente le ragazze, sotto lo sguardo attento e leggermente perplesso dell’alieno biondo.

-Hai ferito Revenge?- fece Ryan, stupito.
Lucas annuì, compiaciuto.
-Wow, sei più forte di noi cinque messe insieme!- si complimentò Paddy, aggrappandosi ad un suo braccio. Lui la tenne su senza problemi, facendola ondeggiare di qua e di là, divertito.
-Più che altro dovremmo festeggiare l’assenza di feriti gravi.- s’inserì Kyle.
-Vero. Questa volta nessuno è andato all’ospedale.- disse il biondo, allusivo. Strawberry, seduta vicino a Mark, gli lanciò un’occhiataccia.
Il ragazzo si era ritrasformato non appena i nemici erano scomparsi, stupendo oltre ogni dire il nuovo acquisto del Cafè.
-Ok, ok… siamo tutti contenti. Adesso qualcuno mi spiega perché uno dei ragazzi più popolari della scuola è qui?- il dampyr interruppe tutti i discorsi in atto.
Pam gli lanciò un’occhiata penetrante. –Fa parte della squadra.- disse, semplicemente.
-Ma è un alieno!- protestò.
-Scusate, ma io sono qui. Potete benissimo far parlare me, no?- li interruppe il diretto interessato.
Lucas si appoggiò con la schiena ad un tavolo, incrociando le braccia. Dovette trattenere una smorfia quando premette contro la parte lesa. –Sono tutto orecchie.
-A quanto pare, dentro di me, c’è del DNA alieno. Però nel mio caso pare sia dalla parte dei buoni.- disse, leggermente a disagio per quegli occhi verdi puntati su di sé.
-Questo succede perché Mark è il mio fidanzato.- sorrise Strawberry.
-Ma davvero?- il dampyr lanciò un’occhiata a Ryan, senza farsi vedere da nessuno dei presenti. Se ne accorse solo il biondo, che lo fulminò coi suoi occhi acquamarina.
-Sì. Qualcosa in contrario?- chiese Mark.
Alzò la braccia. –No. Quindi tu sei un nostro alleato.
L’altro annuì. –Anche se non sarò sempre qui. Ho dei problemi a controllare… questa cosa.- ammise, toccandosi il petto.
-Quindi sei potenzialmente pericoloso… oh, be’, suppongo che ci voglia un po’ di brivido in queste cose, no?- la buttò sul ridere. Il suo interlocutore lo guardò con tanto d’occhi.
-Lucas è molto diretto.- lo giustificò Lory.
Il campione di kendo non disse niente. –Be’… dato che adesso è tutto a posto, io tornerei a casa. Scusate, ma tra poco mi aspetta un allenamento.- si alzò. La mew neko lo guardò dispiaciuta. Le sorrise. –Ci sentiamo a telefono.
Lei annuì, delusa.
-Ciao ragazzi.- salutò Mark. Lo raggiunsero diversi saluti, ma non quello di Ryan e nemmeno quello di Lucas, troppo impegnato a valutare le reazioni del primo.
“Deve mandarlo in bestia, questa cosa.”, meditò.
-Bene… direi che… anche per oggi è finita. Se volete ho della torta, di là.- Kyle spezzò il silenzio che si era creato.
Le ragazze sorrisero, avviandosi verso la cucina. Prima tra tutte, ovviamente, la rossa.
-Voi non venite?- domandò il moro.
I due si scambiarono un’occhiata e poi scossero la testa.
-Magari più tardi.- disse quello nuovo.

Rimasti soli, Lucas si avvicinò al bancone.
-Non azzardarti a dire nulla.- lo ammonì Ryan. Lui soffocò un sorriso. –Com’è andato lo scontro?- chiese dopo un po’.
-Bene. Sono riuscito a ferirlo ad un fianco. Ci metterà un po’ a guarire.- disse, soddisfatto.
Annuì, pensieroso. -Tu stai bene?
-Oh, sì. Sono qualche livido.
-Allora non sei un pallone gonfiato. Ci sai fare veramente.- l’americano si lasciò sfuggire un sorrisetto strafottente.
-Vuoi un pugno?- chiese Lucas. Scosse la testa, sempre ghignando.
Sospirò, spostandosi dietro la cassa per barrare la giornata. Niente incasso quel giorno. -Se vuoi puoi andare a casa… direi che per oggi non serviamo.
-Ho delle domande, prima.- fece lui.
-Quali?- Ryan non distolse lo sguardo dal piccolo calendario che aveva tra le mani.
Si appoggiò coi gomiti al piano del mobile. -Mark è veramente chi dice di essere?
-Se intendi che può trasformarsi in un alieno, è il ragazzo più popolare della nostra scuola e sta con Strawberry, sì. Perché?- il biondo sollevò lo sguardo per lanciargli un’occhiata, perplesso. –Cosa ti cambia?
-A me, nulla.- gli sorrise.
Sbuffò, infastidito dalle sue allusioni.
-E’ sicuro?- chiese dopo un po’. –Intendo, non è che si rivolterà contro di noi?
-Stiamo ancora analizzando un campione del suo sangue. I geni non sono stabili, quindi non saprei proprio dirtelo.- fu costretto ad ammettere.
Si fece pensieroso. –E perché gli alieni vogliono farti fuori? Non mi sembra che tu possa trasformarti in una paladina in gonnella.
Finalmente il diciottenne smise di occuparsi delle scartoffie e lo guardò direttamente negli occhi. Lucas ebbe uno strano brivido. –Perché sono io che ho ideato il progetto, portando avanti le ricerche di mio padre. Se mi eliminano, per quanto in gamba sia Kyle, si fermerebbe tutto.- spiegò.
“Allora ti servirebbe la scorta.”, pensò, colpito. –Un bel guaio.
-Già.
-Devo… devo rivelarti una cosa.- disse dopo un attimo d’esitazione. Ryan si sedette, attento. –Io conosco quel vampiro.
Lo fissò, stupito. –L’hai già incontrato prima?
-Vedi, io sono europeo. Mia madre era inglese, mio padre tedesco.- ripetè quello che aveva già detto a Strawberry. –Sono cresciuto in una specie di accademia, dopo esser rimasto orfano. Lì ci sono altri ragazzi come me.
-Sul serio?- domandò interessato. Annuì.
-Il motivo per cui io sono un dampyr è che…- iniziò.
-Tua madre è stata morsa quando era incinta o era innamorata di un vampiro. Oppure è stata ipnotizzata.- finì per lui il biondo. Si era documentato, non aveva bisogno di una lezione su come nascevano i dampyr.
-Sì e no. Credo che mia madre amasse mio padre.- ammise.
Ryan si alzò, deciso a raggiungere le ragazze. Non voleva sapere i fatti di Lucas, erano cose private. -Non sono qui per giudicare nessuno. Il tuo passato ti appartiene, non devi rivelarmelo.
-Il problema è che il mio passato è qui.- sbottò.
Si voltò, confuso. –Come?
-Il vampiro. È mio padre.- rivelò.
Per poco non urlò. -Revenge è tuo padre!?

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Capitolo 19
*** Cap. 18 Compromessi ***


Cap. 18 Compromessi
Questo è il capitolo della svolta! E ci sono anche alcuni indizi su un personaggio... vediamo se riuscite a coglierli XD
Ah, vi carico un vecchio disegno che avevo fatto: ritrae Ryan con indosso una divisa che ricorda quella di Vampire Knight. Questo per farmi perdonare di un pezzo del racconto ^^'
Buona lettura! :)

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Cap. 18 Compromessi


Ryan scosse la testa, credendo di aver capito male.
Lucas lo anticipò dicendo:-Non sto scherzando. Revenge è veramente mio padre. Ne ho le prove.
-Ma… è qui per te?- domandò, stordito.
Scosse la testa. –Non lo so.- fu costretto ad ammettere. Poi si frugò in una tasca interna e ne estrasse il proprio portafogli. Scartò la foto che ritraeva sua madre, da sola, e ne pescò un’altra. –Ecco.
Il biondo la prese con attenzione. Lanciò un’occhiata al ragazzo e poi abbassò gli occhi. Ritraeva una donna molto bella, abbracciata ad un uomo altrettanto affascinante. In lei riconobbe alcuni dei tratti di Lucas.
Lui era il vampiro che stavano combattendo, solo vestito diversamente e coi capelli molto più corti. –E’ lui… non ci credo.
-Io non l’ho scoperto da molto, quindi immagina che shock sia stato per me. Certo, tutti gli altri ragazzi dell’accademia hanno il padre vampiro, ma loro non sono stati abbandonati. Molti tornano dalle famiglie, a Natale.- il suo rammarico era molto evidente.
-Sei venuto qui per ucciderlo?- gli chiese allora l’americano. Sarebbe stata la spiegazione più logica.
-No… mi hanno mandato qui per un altro incarico. Me ne sono già occupato, ma mi piace qui. Così ho deciso di rimanere. E poi, la questione delle mew mew mi incuriosiva.- rivelò.
Ryan soppesò le sue parole, prendendo a girare per il salone.
-Pensi che lui lo sappia? Della paternità, intendo.
Lucas represse un ringhio: l’idea di esser figlio di un tale bastardo era già abbastanza, non voleva scoprire che lui era anche a conoscenza della sua esistenza. –Non credo. Non mi ha riconosciuto, oggi. Sa solo che posso ucciderlo.- strinse un pugno con forza, quasi senza accorgersene.
-Dobbiamo dirlo alle ragazze.- decise il biondo.
Lui lo afferrò per un braccio. –No!- esclamò, fissandolo dritto negli occhi. I suoi si erano scuriti leggermente per il repentino cambiamento d’umore.
Il diciottenne lo guardò. –Non posso tenerle all’oscuro. È un’informazione importante.- replicò, calmo.
-Non voglio che tu glielo dica. Quella è una faccenda tra me e lui, le ragazze potrebbero tentare qualcosa di stupido.- sussurrò, abbassando lo sguardo.
-Per esempio?
-Una riconciliazione.- tornò a fissarlo. Ryan represse un brivido, l’ipotesi non gli piaceva per niente. –Bene, vedo che l’idea non piace nemmeno a te.
-Per carità, no. Potrebbero farsi guidare dagli ormoni, meglio non rischiare. Posso dirlo almeno a Kyle?- domandò. “Perché diavolo sto chiedendo il permesso di fare qualcosa? Fino a prova contraria il capo sono io, qui.”, si disse.
Lucas fece spallucce. –Lo sa già. Sta origliando.- si lasciò sfuggire un sorriso e lanciò un’occhiata alla porta.
Il moro allora uscì dal suo nascondiglio, brontolando. –Non stavo origliando…
-No, stavi raccogliendo informazioni, eh?- lo prese in giro il nuovo arrivato. Kyle si concesse un sorriso.
-D’accordo. Accetto di non dirlo alle ragazze, ma ad una condizione.- contrattò Ryan.
Il dampyr tornò a rivolgere la propria attenzione a lui. –Quale?
-Voglio allenarmi con te. Imparare a maneggiare la katana. Sono stufo di sentirmi dire che non posso combattere perché non ho i poteri.- e mentre diceva ciò lanciò un’occhiataccia all’amico ventunenne.
-Non ti piace che ti si vieti qualcosa, vero?- lo punzecchiò il ragazzo.
Sbuffò. –Esatto. Qualche problema?
-Nessuno.
-Ryan, non credo che…- il cuoco provò ad intromettersi.
-Accetto.- lo interruppe Lucas. Il moro sgranò gli occhi, spiazzato. –Però ci serve un posto tranquillo. Sai, non sono esattamente normale.- aggiunse.
-Kyle, mi servono le chiavi del magazzino.- disse allora il biondo.
Tese la mano. -Del magazzino? Ma è ingombro di scatoloni!- protestò, rifiutandosi. L’amico sospirò, esasperato.
-Prometto che non metterò in disordine.- disse.
Il ragazzo tentennò, passando lo sguardo dall’uno all’altro. Lucas era impassibile.
Alla fine cedette e lanciò una piccola chiave tra le mani del biondo. –Guai a te se ti rompi qualche osso.- lo minacciò.
-Ci andrò leggero.- promise il dampyr.
Ryan lo guardò male. -Non ce ne sarà bisogno. Ti va bene trovarci due volte a settimana, dopo l’orario di chiusura?
L’altro annuì e fece per avviarsi alla porta, poi però si fermò. –Non devo dirlo a nessuno, giusto?- chiese.
-Esatto. Men che meno a Strawberry.
Ridacchiò. –Peccato, avrei voluto vedere la sua faccia alla notizia. Ci vediamo domani.

 
  Odiava le grandi città, preferiva di gran lunga il silenzio delle lande desolate.
Solo lui, la notte e il nulla.
Purtroppo aveva bisogno di informazioni e non sarebbe riuscito ad ottenerle senza usufruire di Internet.
Fece una smorfia, disgustato ed alzò lo sguardo alla Madre. Quanto avrebbe voluto poter essere come lei: fredda, immobile e libera. A volte anche la sete era una scocciatura, per lui.
“Devo sbrigarmi.”, si disse. Iniziava già ad innervosirsi e aveva messo piede in città da poco più di dieci minuti.
  Scomparve in un vicolo e con un balzo fu in cima al muro che lo chiudeva, rendendolo cieco.   Scrutò la strada coperta di neve e poi voltò la testa verso la piccola porticina alla sua sinistra.
Era così ben mimetizzata che qualsiasi umano ci sarebbe passato davanti senza accorgersene, a meno che non la stesse cercando.
Atterrò agilmente dall’altro lato e andò a bussare. Un solo colpo, deciso.
Poco dopo la porta si aprì e lui scivolò dentro.
I suoi occhi non ebbero bisogno di abituarsi al buio che regnava in quella topaia, per cui marciò  dritto verso l’uomo che se ne stava seduto davanti ad una serie di computer.
Era un trafficante e un hacker informatico.
-Kaito.- disse semplicemente. Né un ciao né altro.
La poltrona ruotò su se stessa, rivelando un uomo mingherlino, con un paio di occhiali sul naso e una sigaretta in bocca. –Oh, ma che onore.- lo accolse.
-Bando ai convenevoli. Ho bisogno di una ricerca.- tagliò corto Revenge. Aveva trovato quell’essere sempre troppo mellifluo, per i suoi gusti. E non parlava di quelli culinari.
-E cosa otterrò, in cambio?- chiese Kaito con sguardo indagatore.
-Un’uccisione. Rapida, pulita.
Sembrò pensarci su, ma stava solo fingendo. Si erano incontrati per caso, dopo che lui aveva appena fatto fuori un tizio. Stava per nutrirsene quando era comparso l’hacker e lo aveva ringraziato: senza saperlo aveva eliminato un suo nemico.
  Si erano fissati per qualche istante e alla fine Revenge aveva proposto quell’accordo. Avrebbe fatto comodo ad entrambi, quindi si era ripromesso di sopportare quell’umano dalla mente deviata. E poi avrebbe avuto vittime fresche quando ne aveva necessità.
-D’accordo. Che ti serve?- tornò a voltarsi verso i monitor. La loro luce azzurrina faceva risaltare il pallore di Revenge in modo quasi spettrale.
Senza dire una parola gli mise davanti un foglio di carta. Kaito lo osservò e poi prese l’oggetto. –Non sapevo fossi in grado di disegnare.- commentò.
In risposta ebbe un ringhio infastidito. –Nome e cognome. Informazioni sui genitori. Si trova qui in città.
-Ok, ok. Come siamo suscettibili.- brontolò, mettendosi al lavoro. Sistemò lo schizzo sotto uno scanner e, quando ebbe la traccia, lanciò la ricerca. Iniziò a confrontarlo coi volti di tutti gli occidentali esistenti a Tokyo.
Tempo dieci minuti e il programma trovò una corrispondenza.
-Eccolo.- disse, spostandosi per lasciar vedere al suo ospite il risultato.
Revenge si avvicinò, fissando il monitor. La luce gli feriva gli occhi, ma decise di non darvi peso. “Lucas Dryden. Diciotto anni, madre…”, si bloccò.
Afferrò il bordo del tavolo, sconvolto. –Non può essere…- digrignò i denti.
Madre: Cecily Dryden. Padre: sconosciuto.
-Soddisfatto? Lascia che ti dica chi…- iniziò il malvivente, ma Revenge era già scomparso. Si voltò verso la porta aperta. –Ehi!
Si nascose tra le ombre di due case, appoggiandosi al muro.
“Non è possibile!”, pensò fissando il cielo. Serrò i pugni e lanciò un grido di rabbia.


***

  Era passato un mese da quando Ryan e Lucas avevano stretto l’accordo.
Puntualmente, due sere a settimana, si ritrovavano ad allenarsi nel magazzino del Cafè Mew Mew.
  In quel lasso di tempo erano successe un po’ di cose: Revenge non si era mai fatto vedere, mentre gli alieni si erano dati alla caccia sfrenata, anche se la Mew Acqua era restia a farsi trovare; Mark era diventato molto (troppo) presente al locale, tanto da far innervosire Ryan e le analisi sul suo sangue avevano dato esiti abbastanza positivi.
Tutto sommato il Cavaliere Blu era sotto controllo, anche se il ragazzo era comunque restio ad intervenire spesso, salvo immediato pericolo di Strawberry.
  Ecco… Strawberry.
Lei e l’americano avevano ripreso a bisticciare come solito, ma quando entrava in scena il fidanzatino la rossa smetteva di rivolgergli la parola.
E questo lo mandava su tutte le furie.
-Io proprio non le capisco, le donne.- ammise, riprendendo fiato.
Era madido di sudore e aveva un bel livido all’altezza dell’avambraccio sinistro. Lucas, davanti a lui, si stava sgranchendo il collo, per niente affaticato.
Era un giovedì e, come da accordo, loro si stavano allenando.
Il dampyr gli lanciò un’occhiata. –A parer mio, basterebbe chiedere.- commentò, beccandosi uno sguardo malevolo dal compare. –Che c’è?
-Lucas, ho un’alta considerazione delle tue capacità di giudizio, ma di donne non ne capisci molto.- gli disse. Nonostante tutto, avevano instaurato quello che poteva esser chiamato un “particolare rapporto di amicizia”, anche se continuavano a lanciarsi frecciatine e sguardi truci.
Kyle era stato contento di quell’avvicinamento, Ryan glielo aveva letto negli occhi qualche giorno prima e continuava a scorgerlo ogni volta che lo incrociava.
-Ok, ok, allora continua a brontolare in eterno.- sbuffò, recuperando la sua katana.
Il biondo non disse niente, recuperando la propria.
A volte si lasciava andare, con Lucas, e gli rivelava alcuni suoi pensieri. Poi notava nei suoi occhi una strana luce e riprendeva le distanze, quasi come fosse un meccanismo di difesa.
-Pronto?- chiese il nuovo arrivato. Annuì, sollevando la lama.
Si scrutarono per qualche secondo, poi scattarono in avanti. Le spade cozzarono, lanciando grida metalliche e per un po’ rimasero immobili, testando la propria forza.
Ryan riuscì a liberare la propria arma e tentò un affondo laterale. Lucas schivò con un balzo, portandosi fuori portata.
Digrignò i denti, deluso. -Sei rapido.
-E tu sei distratto.- lo rimbeccò l’altro. A quelle parole socchiuse gli occhi, infastidito.
“Ho troppi pensieri per la testa… a volte vorrei poter staccare la spina.”, si disse. Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo: aveva ragione, doveva concentrarsi sui movimenti e sul ritmo dei colpi.
  Quando sollevò le palpebre si ritrovò a parare un colpo che aveva sentito arrivare all’ultimo. Il dampyr era molto vicino, subito dietro la lama.
Fece forza con le braccia e lentamente lo spinse indietro. Era perfettamente conscio che non stava usando tutta la sua potenza, ma se l’avesse fatto avrebbe potuto fargli seriamente del male.
Dato che la katana era inutilizzabile, decise di sfruttare qualche mossa di boxe. Fece sbilanciare Lucas e lo mise alle strette con una serie di fendenti a raffica. Ad un certo punto il ragazzo inciampò, ritrovandosi in una scomoda posizione a ponte.
L’americano ghignò. -Ti arrendi?
-Mai.- con un colpo di reni si rimise in piedi e, prendendolo in contropiede, lo costrinse tra alcuni scatoloni. Il biondo alzò lo sguardo e, dopo avergli assestato un calcio al plesso solare, balzò sulla pila di cartoni.
-Non ti reggerà.- gli fece notare l’europeo.
Rise, divertito. –Scommettiamo?- depose la katana e si trasformò in Art, lasciandolo di stucco. Prese l’arma in bocca, rischiando di sbilanciarsi, e poi si mise a saltare tra una pila e l’altra.
Lucas ridacchiò ed iniziò a demolire i suoi appoggi con calci e colpi di spada. –Stai scappando.- lo provocò.
Ryan allora gli si gettò addosso, atterrandogli sul viso. Lo graffiò leggermente e balzò via. Peccato che il suo avversario lo afferrò per la coda.
Aprì la bocca per soffiare e perse la presa sulla lama, tagliandosi. Lanciò un miagolio di dolore e si divincolò, finendo quasi contro il muro.
-E’ stata una mossa azzardata.- lo canzonò Lucas, raggiungendolo. Lui tornò normale e si passò la lingua ai lati delle labbra, per saggiare la profondità del taglio.
Il dampyr si bloccò, fissandolo. Sentì una strana tensione all’altezza del ventre. Anzi, un po’ più giù.
Senza pensare allungò una mano, ma il biondo lo scacciò malamente.
-Per oggi abbiamo finito.- disse.
“Ho esagerato.”, realizzò, ma nonostante tutto non riuscì a non punzecchiarlo:-Andiamo, è un taglietto.
In risposta si beccò un’occhiataccia, fulminato da quei pezzi di cielo ora in tempesta. Ryan spalancò la porta, uscendo senza dire nulla.
Lucas rimase immobile al centro della stanza. –Mi dispiace…- mormorò, a nessuno in particolare.

  Dopo quell’episodio Ryan aveva preso le distanze.
Avevano continuato ad allenarsi, ma il biondo non gli aveva concesso più nemmeno un sorrisetto di scherno. Combatteva, lucido e concentrato.
Una volta era riuscito anche a ferirlo, a sangue. Iniziò a sospettare di aver tirato troppo la corda e di aver perso quella poca fiducia che aveva ottenuto dall’americano.
“Sei un cretino. Stai sempre a scherzare, anche quando non dovresti.”, si rimproverò uscendo dal Cafè dopo l’ennesimo incontro.
  Ma che ci poteva fare?
Lui tendeva a punzecchiare le persone per tirar fuori il loro vero io, per vedere come reagivano alle sue provocazioni. Non aveva nessuna cattiva intenzione anzi, se vedeva che non era gradito, prendeva le distanze e non tornava a disturbare.
Si era comportato così con tutte le mew mew, nessuna esclusa, ed aveva ottenuto reazioni disparate ma positive. L’unico con cui si comportava in modo diverso era Kyle: lo vedeva come una figura quasi intoccabile, forse per quella sua aura da fratello maggiore.
  Con Ryan era iniziato tutto come un modo per metterlo alla prova circa il suo impegno nel progetto e nel voler combattere contro Revenge. Poi aveva scoperto di Strawberry e, da un lato, aveva fatto di tutto per metterlo in imbarazzo, dall’altro aveva messo una buona parola per lui. O meglio, aveva sondato il terreno per lui.
“Mah… ho solo curiosato, in verità.”, pensò camminando nella neve.
Non conosceva così bene né lui né lei per poter dare un giudizio affrettato, ma si vedeva che tra loro c’era effettivamente qualcosa. Il problema era capire cosa.
La presenza sempre più pressante di Mark li metteva alle strette. Si comportavano in modo innaturale.
“E poi quel tipo non va bene per lei… sembra finto. Io non lo degnerei nemmeno di un’occhiata.”, alzò gli occhi al cielo, coperto di nubi. “Altra neve?”, annusò l’aria.
Tenne gli occhi puntanti in alto per un po’, poi lasciò uscire uno sbuffo bianco e s’incamminò nuovamente.
“Dovrei dirglielo?”, si chiese.
L’aveva capito da un po’ e non ne era del tutto stupito. Le persone stimolanti attiravano la sua attenzione. Gli era già successo di stringere un rapporto molto solido con altre persone, di entrambi i sessi, ma con Ryan aveva paura di sbagliare.
Una parte di lui se ne fregava, volendosi buttare, ma quella razionale tendeva a frenarlo. “Sono troppo logorroico.”, rise di se stesso.
Sfregò le mani tra di loro per scaldarle un po’: aveva dimenticato i guanti a casa.
Si fermò di colpo alla luce di un lampione. “Se lo aiutassi con Strawberry…?”, si chiese. Valutò l’idea e alla fine la scartò. “Potrebbe uccidermi. Seriamente.”
-Mi tocca aspettare e vedere come vanno le cose.- sospirò, rimettendosi in cammino. Aveva voglia di sprofondare nel suo puff e leggere un po’.

  Venerdì mattina.
I ragazzi stavano sciamando verso l’istituto, allegri e un po’ assonnati.
-Ehi, come siamo pimpanti, oggi.- fece Megan, stupita.
Strawberry si voltò a guardarla, sorridente. –Eh, sì!- esclamò.
-E come mai?- le chiese Mimi, affiancandola.
Lei spostò lo sguardo da una all’altra. Infine rivelò:-Mark mi ha chiesto di uscire!
Le due la fissarono, un po’ deluse. –Oh. Davvero?
-Sì, sì! Ma non capite… questa è un’uscita serale!- batté le mani, eccitata. Fino a quel momento si erano dati appuntamento per incontrarsi solo di pomeriggio o alla domenica mattina. Un’uscita serale rendeva il tutto più ufficiale, più serio… più romantico.
-Be’… siamo felici per te.- disse la bionda, dopo qualche minuto di silenzio.
La mew le guardò di traverso, per niente convinta. –Cosa c’è…?
Mimi fece spallucce. –Nulla. Solo che… ultimamente Mark è strano. Non è più il ragazzo di prima, sembra sempre imbronciato.- confessò. Subito dopo aggiunse:-Non picchiarmi!
Aggrottò le sopracciglia, perplessa. –Perché dovrei picchiarti? Sai, ora che ci penso hai ragione.- ammise, adombrandosi. “E’ iniziato tutto col Cavaliere Blu…”, realizzò.
-Per caso ha qualche problema?- le chiese Megan. Sollevò lo sguardo, voltando la testa per guardarla.
Non poteva di certo rivelare dei geni alieni che abitavano nel suo corpo! Scosse la testa, tentando un sorriso. –No… nulla.
La bionda non era convinta. –Non è che c’entra Ryan?- chiese, maliziosa.
Strawberry per poco non urlò, fermandosi proprio in mezzo alla strada. –Ryan?! E cosa c’entra lui?- esclamò. Ogni volta che qualcuno glielo nominava saltava come una molla. Fortuna che era tornato a scuola (su ordine di Kyle, che voleva farlo socializzare) e non aveva più dovuto consegnare messaggi a suo nome.
Le due ragazze la esortarono a rispondere. -Non c’entra niente. Ryan non fa parte del mio rapporto con Mark.- brontolò, imbarazzata.
-Sei ancora arrabbiata con lui?- le chiese la castana.
-Con chi?
Sospirò. –Con Ryan. Strawberry, torna sulla Terra!- ridacchiò.
Arrossì, imbarazzata. –Scusami… no, no. Con lui tutto bene, bisticciamo come al solito.- disse.
Con la coda dell’occhio intravvide Lucas. -Oh, ragazze… vado a salutare una persona. Ci vediamo dopo, ok?- le salutò e corse da lui.
-Ma da quando conosce il secchione solitario?- si domandò Megan, perplessa.
-Forse è per colpa sua se Mark è cambiato… sarà geloso?- ipotizzò la compagna.
Si guardarono. –Nah!
Strawberry scartò diverse persone per avvicinarsi a Lucas. Quel ragazzo le piaceva, era spiritoso e molto acuto.
E sembrava unicamente interessato a torturare verbalmente il suo datore di lavoro.
-Lucas, ehi!- lo raggiunse.
Lui si voltò e lei rimase stupita nel trovarlo senza occhiali.
-Ma…?- si indicò gli occhi per fargli capire.
-Oh, gli occhiali? Ho deciso di farmi ammirare dalle gallinelle. Ho voglia di un po’ di urletti.- spiegò, sorridendo. “Devo rialzare un po’ la mia autostima e sentirmi meno cretino di quello che sono già.”, si corresse.
-Si scatenerà il putiferio.- rise la rossa, immaginandosi già la reazione delle sue compagne di classe.
Le lanciò un’occhiata, sorridente. –Le ragazze d’oggi sono facili da accontentare.
La mew neko lo guardò male. –Che vorresti dire?
Si morse il labbro inferiore, in difficoltà. -Che quelle di questa scuola, non tutte ma la maggioranza, vanno in visibilio per un bel visetto.- sperò di essersi  salvato in corner.
-Oh, be’. Su questo hai ragione: se sapessero che brutto caratteraccio ha Ryan scapperebbero a gambe levate.- commentò.
Nascose un sorriso, divertito. –Avrei scommesso che avresti portato Mark, come esempio.
Lei alzò lo sguardo, confusa. Fece per chiedergli spiegazioni ma lui si dileguò, salutandola con la mano.
-Be’, Mark non ha un caratteraccio.- mormorò.


Kyle prese la terrina dalle mani di Ryan.
-Secondo te che cos’è successo al vampiro?- domandò, iniziando a mescolarne il contenuto. Il biondo era irritato per la giornata appena trascorsa e non sarebbe stato molto d’aiuto. Soliti problemi con le compagne.
-Come?- chiese, riscuotendosi.
Sorrise, scuotendo la testa. –Il vampiro, Revenge.
Si massaggiò gli occhi. –Non saprei, ma non me ne lamento. Gli alieni sono più facili da tenere a bada.- mormorò.
-Sei stanco?- gli chiese.
-Perché mi costringi ad andare a scuola? Lucas l’abbiamo trovato, ormai.- brontolò lanciandogli un’occhiata supplicante.
-Finisci almeno l’anno. Non voglio che diventi un eremita.- replicò l’altro.
Sbuffò. –Non sono un eremita. Ho te, le ragazze… ora anche Lucas con cui parlare.
Lo guardò eloquentemente. -Parlare. Mah… lo fai solo con me. Intendo parlare sinceramente.- disse.
-E con Lucas, ma di cose futili. Per il resto non posso “parlare sinceramente” con le ragazze, ti pare?- gli fece notare.
-Oh, potresti, eccome.- ribatté, convinto.
-Non sono masochista, ci tengo al mio orgoglio.- tagliò corto.
-Va bene, ragazzo orgoglioso. Vai a vedere se di là hanno bisogno.- lo scacciò, facendogli segno di uscire con la frusta del robot.
Fingendo di brontolare, il biondo si recò nel salone. Una volta arrivato constatò che stava andando tutto alla grande: ossia locale pieno di ragazzine adoranti.
Lucas era diventato un’attrazione.
“Potrei mettere un cartello, fuori.”, pensò, diabolico. Poi notò l’espressione di insofferenza appena celata e ci ripensò. Non era così stronzo né così vendicativo.
  Nonostante l’incidente con la katana e le strane ed irritanti battutine del dampyr, l’allenamento aveva dato i suoi frutti. Primo tra tutti aveva raggiunto una velocità di riflessi molto buona e sapeva maneggiare discretamente la tradizionale arma samurai, secondo il suo corpo aveva ricavato molti vantaggi.
Era nel pieno della crescita e non avrebbe dovuto stupirsi della comparsa di muscoli che prima non erano visibili. Certo, non voleva diventare un sollevatore di pesi, ma non gli dispiaceva aver messo su altra massa muscolare.
Era sempre stato più slanciato che muscoloso. Ora aveva pareggiato i conti.
“Non con gli indumenti, però. Devo comprarne di nuovi.”, si ricordò. Be’, tutto ha un prezzo, no?
-Ryan?- si sentì chiamare.
Sollevò la testa e si trovò davanti Lory. –Sì? Dimmi.
-Ci daresti una mano? Siamo un po’ in difficoltà.- chiese, leggermente intimorita. Sollevò lo sguardo sulla sala e poi annuì.
Tornò in cucina e recuperò un grembiule per poter servire ai tavoli.
Ora che ci faceva caso, Pam era assente.
“Giusto, aveva un servizio fotografico.”, gli tornò in mente il biglietto che aveva trovato proprio lì dal bancone.
-Ci serve un cameriere.- Lucas gli si avvicinò e per poco non lo fece sobbalzare. –Sono stanco delle occhiatine languide, non fanno per me. Occupatene tu.
Ryan lo guardò stranito, poi raggiunse i tavoli.

  Non appena Kyle uscì a girare il cartello, Strawberry schizzò negli spogliatoi.
Le ragazze ridacchiarono, mentre i ragazzi la fissarono perplessi.
-Che succede?- chiese il dampyr.
-Ha appuntamento con Mark.- spiegò Paddy.
-Oh… caspita.- si finse impressionato. Un’uscita serale, era un bel passo avanti. Senza farsi vedere sbirciò Ryan, ma il ragazzo aveva già distolto lo sguardo, concentrandosi su altro.
“E’ bravo a dissimulare.”, pensò. “Chissà se lo sono anche io…”, si chiese subito dopo, abbassando gli occhi sulle proprie mani.
Tempo un quarto d’ora e la rossa attraversò di corsa il salone, salutando tutti con la mano. S’infilò il cappottino e sgattaiolò fuori.
-Andiamo a cambiarci. La pazza isterica se n’è andata.- disse Mina, avviandosi di sotto.
Strawberry, appena fuori dal Cafè, si guardò intorno. Era già buio e alcune luci da giardino illuminavano il vialetto d’ingresso.
Davanti alle siepi vide Mark. –Ciao!- gli andò in contro, sorridente.
-Ehi, ciao micetta.- le restituì il sorriso, chinandosi a baciarle una guancia.
-Allora, dove andiamo?- chiese, eccitata.
-Hai avvertito i tuoi, vero?- le chiese, preoccupato.
Annuì rapidamente. –Non ti preoccupare.
-Bene, allora andiamo. Ci aspetta la pizzeria.- annunciò.
La ragazza si leccò i baffi: era da una marea di tempo che non mangiava la pizza, sua madre amava troppo il cibo tradizionale giapponese per transigere.
-E’ lontano?- chiese dopo un po’.
Lui la guardò e scosse la testa. –No, non molto. Perché? Hai freddo?
Arrossì leggermente per il suo tono premuroso. –No, sto bene.
Le prese la mano, inaspettatamente e poi le chiese com’era andata la giornata, facendola distrarre.
  Il locale era abbastanza piccolo, ma molto accogliente. Era una gestione famigliare portata avanti da italiani.
La pizza, inutile dirlo, era qualcosa di strepitoso.
-Wow! È il paradiso!- esclamò la rossa, addentando un pezzo della sua. Mark le sorrise, divertito dal suo entusiasmo.
-Mi dici sempre che tua madre cucina solo cibo tradizionale… quindi volevo farti cambiare.- disse.
Lei annuì vigorosamente. –E hai fatto benissimo.- assicurò.
Le sorrise nuovamente e poi prese un sorso di coca cola. –Come vi trovate col nuovo arrivato?- le chiese dopo un po’.
-Con Lucas? Oh, bene. È molto simpatico e ha sempre la battuta pronta.- ridacchiò lei. La fissò, pensieroso. –Perché me lo chiedi?- domandò, notando la sua espressione.
Scosse la testa. –Nulla. Mi sembra di non stargli simpatico…- ammise.
Strawberry si accigliò. –No… non credo che dipenda da te. Ma dal Cavaliere Blu… è un po’ diffidente nei confronti degli alieni.- tentò di difenderlo.
Si lasciò sfuggire un sorriso amaro. –Non lo biasimo, allora. Nemmeno io mi fido di me stesso.- mormorò. Senza esitare, la mew gli coprì la mano con la sua, cercando di confortarlo.
-Vedrai che presto finirà tutto.- promise. –Lucas è molto abile e, secondo Ryan e Kyle, una volta sconfitto il vampiro sarà molto più facile.- si chinò verso di lui per non farsi sentire dagli altri clienti. L’avrebbero presa per pazza se avessero ascoltato le sue parole.
La fissò intensamente, cercando di trovare dei sottintesi tra le sue parole. -Be’, dovresti esserne contenta anche tu, no?
Alzò gli occhi, stupita dalla domanda. –Be’, ovvio. Non è molto divertente dover combattere quasi tutti i santi giorni.- commentò.
-E non c’è nessun altro motivo?- indagò. Da un po’ di tempo a quella parte si era reso conto che Strawberry si comportava diversamente quando lui e Ryan erano nella stessa stanza. Il problema era capire se lo facesse a suo beneficio o a beneficio del biondo.
“Che vuol dire?”, si chiese lei, tentando di ignorare quel leggero tono che sapeva d’insinuazione. –Be’… potrò stare in compagnia delle ragazze in modo normale.- aggiunse.
Il ragazzo si limitò ad annuire e non toccò più l’argomento.
  Quando arrivarono al dolce, lui le propose di prendere un dolce ricoperto di cioccolata fusa e dividerlo. Strawberry si dimostrò abbastanza imbarazzata, ma acconsentì.

-Oddio, dovrò fare allenamenti su allenamenti per smaltire tutte queste calorie.- piagnucolò la rossa, vedendosi posare davanti una coppa enorme.
Dentro faceva bella mostra di sé una piramide fatta con pezzi di tenerina, scaglie di cioccolato bianco, cialde, granella di biscotto e ovviamente una cascata di cioccolato fuso.
-Ho esagerato?- domandò Mark, preoccupato.
Lei si affrettò a scuotere la testa. –Vorrà dire che correrò un po’ di più a ginnastica.- affondò il cucchiaio. “Vuole per caso chiedermi qualcosa di importante? Questa coppa è… troppo!”, si chiese, bloccandosi col cucchiaino a mezz’aria.
Sorrise, divertito. -Perché, di solito che fai?
Si riscosse e se lo mise in bocca. -Batto la fiacca.- ammise, facendolo ridere di gusto.
-Sei in gran forma, comunque, non ti preoccupare.- la rassicurò. Quel complimento implicito (nemmeno troppo, poi) la fece arrossire visibilmente.
“Mantieni la calma, niente orecchie!”, si ricordò. E continuò a ripeterselo fino a quando la coppa non fu vuota.

  Era stato un continuo di complimenti e sorrisi: Mark non le aveva mai fatto così tante avances come in quell’appuntamento.
Una volta usciti, si diressero verso casa Momomiya, dato che iniziava ad essere tardi.
La rossa tenne la testa bassa, torturando uno dei bottoni del suo cappottino. –Mark…- esordì.
Lui si voltò a fissarla. –Dimmi.
-Come… come mai tutti quei complimenti, a cena? Come mai la cena?- alzò lo sguardo per incontrare i suoi occhi scuri.
-In che senso “perché”? Sei la mia fidanzata.- replicò, confuso.
Tentò di spiegare:-Sì, sì ma non… sembra che tu debba corrompermi per chiedermi qualcosa. Lo so, è stupido, ma è un pensiero che mi gira in testa da un po’.
-Corromperti? Micetta, ma cosa stai dicendo…?
Si strinse nelle spalle, sentendosi immensamente stupida. –Nulla, dimenticalo.
Passeggiarono per un po’ in silenzio, ma l’atmosfera era strana. Alla fine Mark si fermò davanti a lei, bloccandole la strada. La rossa rimase a fissarlo, in attesa.
Era preoccupata.
-In verità devo chiederti una cosa…- ammise.
Lei deglutì, nervosa. –Cosa?
Prese un respiro profondo. –Ti piace Shirogane?
Al che la mew neko sbarrò gli occhi, sconvolta. Ma da dove gli era uscita quella domanda assurda? Come faceva a piacerle quell’arrogante del suo datore di lavoro?!
-Ma cosa dici…?!- si indignò. “In realtà non è così assurdo, Strawberry.”, le ricordò la sua coscienza. Dannata coscienza.
-Volevo esserne sicuro. Avete un rapporto particolare, voi due. E a volte sembra che lui mi guardi male, molto male.- si giustificò.
-Ryan guarda male tutti. Anche noi ragazze che lavoriamo al Cafè. A volte pure Kyle.- spiegò. Lanciò un’occhiata al cancello di casa, non molto distante.
  Senza una parola, Mark si chinò su di lei e la baciò. Strawberry rimase di sasso mentre sentiva le braccia del suo fidanzato avvolgerla.
Era tutto improvviso, non era psicologicamente pronta!
Era rimasta con le labbra leggermente socchiuse, quindi lui non trovò resistenza quando spinse la lingua nella sua bocca. Gli artigliò le maniche del cappotto, sgranando ancora di più gli occhi.
Era un fascio di nervi. “Calmati, è solo il bacio che aspettavi da secoli.”, si disse. Chiuse lentamente gli occhi, provando a riprendere il controllo di sé e a lasciarsi andare.
Allentò leggermente la presa, lasciandosi guidare.
Fu lui ad interrompere il contatto, evidentemente soddisfatto. Strawberry tenne gli occhi chiusi ancora per qualche istante.
-Tutto ok…?- le chiese lui.
Annuì, agitata. –Devo… ecco… dovrei andare, ora.- farfugliò lei, arretrando.
Le sorrise. –Certo. Buonanotte, micetta.
Lo salutò con un gesto rapido e filò in casa, inserendo le chiavi nella toppa. Spalancò la porta e la richiuse cercando di fare meno rumore possibile.
Poi rimase a fissare il pavimento, sconvolta.
“Non ho provato niente.”, pensò. “Nulla… nemmeno un brivido…”
Si mise le mani sul viso, scivolando a terra. Il bacio le era stato indifferente e l’unica cosa che aveva provato era stato un leggero fastidio.

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Capitolo 20
*** Cap. 19 Dubbi e sincerità ***


Cap. 19 Dubbi e sincerità
Un grazie a tutte le ragazze che mi seguono: abbiamo superato le 100 recensioni, non ci credo! O___O Grazie mille, sul serio :)
E ormai sono a quasi 200 pagine di racconto, su Word. Non credevo sarebbe diventata una storia così importante.
Sono sicura che questo capitolo vi ripagherà di tutti gli altri diciotto, ed è solo l'inizio ;)
Buona lettura!



Cap. 19 Dubbi e sincerità


  Rimase a fissare il vuoto davanti a sé, aspettando quella reazione che non voleva arrivare.
Non riusciva a credere di non aver provato nulla baciando Mark.
Lui era il suo fidanzato!
“Kami… sono malata?”, si toccò il viso, preoccupata.
Trattenne il respiro, cercando di contare i battiti del proprio cuore ma, ad un certo punto, dovette buttare fuori l’aria.
-Sono impazzita… sta per finire il mondo…- mormorò, ancora più sconvolta di prima. Prima di andare a cena era tutta eccitata all’idea di poter passare del tempo con lui, poi verso il dolce qualcosa era cambiato. E quella domanda, poi?
Ti piace Shirogane?
Non era solo lei quella fuori di testa. Mark doveva essersi fatto dei ragionamenti assurdi per arrivare alla conclusione che…
Rialzò gli occhi di scatto e spalancò la bocca. Dal profondo della propria coscienza sentì emergere una risposta, chiara e improvvisa.
-A me piace Ryan… in un qualche modo a me lui piace…- realizzò. Per poco non si mise ad urlare e dovette tapparsi la bocca con entrambe le mani. “Cosa faccio, ora? Sono nei guai! Come posso… no… non è possibile! È possibile? Mark… lui sa… e Ryan… no, no, ma che vado a pensare!”, iniziò a girare avanti e indietro nei due metri quadrati dell’ingresso, passandosi le mani tra i capelli.
-Strawberry…? Sei tu?- sentì chiamare.
Si fermò e diede voce a sua madre:-Sì, sono io!
Sakura allora comparve davanti a lei. –Ehi, che fai lì? Dai, entra.- la esortò, vedendola con ancora le scarpe indosso.
  Le tolse velocemente e la raggiunse, cercando di ricacciare indietro l’enorme confusione che aveva in testa. Doveva parlarne con sua mamma?
Le lanciò un’occhiata, stando attenta a non farsi beccare. –Mamma…- iniziò.
-Allora, com’è andato l’appuntamento?- le chiese, sorridente.
I suoi occhi erano pieni d’aspettativa.
-Oh, sei tornata piccola?- la voce di suo padre giunse da dietro il divano. Stava guardando una partita.
-Sì… sono tornata.- mormorò.
-Be’, non mi racconti niente?- insistette sua mamma.
Shintaro allora emerse dai cuscini del sofà e le lanciò un’occhiata. –Tutto bene? Ha fatto qualcosa che non doveva?- la scrutò.
Scosse la testa.
-Non ti avrà mica baciata, vero?!- esclamò l’uomo. Lei arrossì all’inverosimile. –Strawberry!
Agitò le mani. –No, no… non mi ha baciata! Stava per farlo, ma si è fermato.- mentì.
Suo padre sospirò, borbottando qualcosa.
-Mamma… vado di sopra… sono stanca…- cercò di suonare il più convincente possibile ed imboccò le scale.
Sakura si affacciò. -Poi domani mi racconti, eh!
Annuì distrattamente e si chiuse in camera, buttandosi di peso sul letto.
“Come faccio…? Non voglio andare al Cafè. Nemmeno farmi vedere a scuola… dovrò mentire a tutti!”, nascose la testa sotto al cuscino.
Poi, all’improvviso, ebbe un’illuminazione. –Le ragazze!- esclamò. Si mise a sedere. –Domani ne parlerò con loro.
Bene, la decisione era presa. Ora era solo questione di riuscire a prendere sonno.

   Quel giorno le lezioni sembravano non finire più.
All’uscita sfrecciò tra i ragazzi, raggiungendo il cancello così in fretta che riuscì ad evitare sia Mark che Lucas.
Corse a perdifiato col solo intento di arrivare per prima e aspettare le sue compagne nello spogliatoio.
“Ti prego, fa che non ci sia Ryan in giro.”, supplicò, ferma davanti alla porta secondaria. Era solita entrare sempre da lì e incontrare puntualmente il biondo.
Quella volta, però, fu fortunata. Sgattaiolò dentro e si fece vedere in cucina. –Ciao Kyle.- salutò.
Non stava preparando nessuna torta, stava leggendo alcuni fogli scritti fittamente.
Il moro alzò lo sguardo, sfilandosi gli occhiali e le sorrise. –Ciao, Strawberry. Sei in anticipo.
Sorrise, imbarazzata. –Vado a cambiarmi.- disse e scomparve.
Lui, però, la seguì. –Ah, aspetta.- disse. Si bloccò, temendo il peggio. –La doccia si è rotta di nuovo, mi dispiace. Quando avrò tempo la aggiusterò.
Sospirò senza farsi vedere. –Ok, lo dirò alle altre.
Una volta dentro lo spogliatoio si concesse un respiro profondo. Fece vagare lo sguardo per la stanza e poi raggiunse il suo armadietto. Estrasse la divisa e rimase a fissarla, imbambolata.
  I ricordi del suo primo incontro con Ryan le invasero la mente.
L’unica cosa di cui era sempre stata certa, quando si parlava di lui, era che sapeva metterla in imbarazzo. In ogni occasione e con ogni mezzo, quel che è peggio, a volte non lo faceva nemmeno apposta.
Sospirò, indossandola.
Era Kyle ad occuparsi del lavaggio delle divise, per cui avevano lo stesso odore degli abiti del biondo.
Aggrottò le sopracciglia e poi scrollò la testa. –Smettila.- si rimproverò.
Si cambiò e poi si sedette su una delle panchine, iniziando a torturarsi le mani.
Dovette aspettare un buon quarto d’ora prima che arrivassero tutte le sue amiche. Inutile dire che, ogni nuova entrata, la guardava stupita.
Quando furono finalmente tutte riunite esordì dicendo:-Ragazze, ho un problema.
Subito quattro paia di occhi si appuntarono su di lei.
Lory le si sedette affianco, preoccupata. –Stai male…?- chiese. La rossa scosse la testa.
-Problemi a scuola?- tentò allora Paddy. Di nuovo risposta negativa.
Mina sbuffò. -C’entrano le mew mew?
-No… non…- tentò.
-Riguarda Mark.- quella di Pam non era una domanda. La mew neko alzò la testa di scatto, fissandola sorpresa. Come diavolo faceva a sapere sempre tutto? Leggeva nel pensiero, per caso?
-C’entra Mark? Cos’è successo ieri sera?- la biondina le si avvicinò, curiosa. –Dai, dicci!
-Siamo andati a mangiare la pizza. E a fine cena ha ordinato un dolce enorme.- mimò la grandezza con le mani.
-E poi ti lamenti quando Ryan ti prende in giro.- la punzecchiò la ballerina. La sua frecciatina arrivò molto più a fondo rispetto alle altre volte.
Strawberry sgranò gli occhi e si afferrò la pelle all’altezza dei fianchi. –Oddio! Sono pesante?- la fissò, allarmata. “Allora aveva ragione!”, pensò, terrorizzata.
Mina, vedendola nel panico, si affrettò a dire:-Ehi, calmati. Scherzavo.
La fulminò e poi prese un respiro profondo, tornando padrona di se stessa. –Dopo mi ha accompagnata a casa…- riprese il racconto.
-E…?- la incitò Lory.
-Mi ha baciata.- confessò finalmente. Ci fu un attimo di silenzio e poi iniziarono a piovere le domande. Strawberry non sapeva più a chi dar retta.
Fu Pam a metter un po’ d’ordine. –Era il vostro primo bacio?- le chiese.
La ragazza arrossì. –Il primo vero bacio, sì.- confermò.
Paddy fece una strana smorfia. –Con la lingua a tutto?- chiese. Le altre ridacchiarono e poi attesero la risposta dell’amica, che fu costretta ad annuire.
-Ha fatto qualcosa che non doveva? Ha allungato le mani?- il tono della modella si fece preoccupato.
-No, no niente del genere.- si affrettò a discolparlo.
-E allora dov’è il problema?- s’inserì Mina, perplessa. Iniziava a non capire dove volesse andare a parare.
La leader del gruppo sospirò. –Non ho provato niente. Anzi, sì, un leggero fastidio.
Silenzio. Non stavano nemmeno respirando.
Lory scambiò un’occhiata con la mew lupo. –E’ normale…?- chiese. –Cioè, dopo tutta l’agitazione e il resto.
L’altra scosse la testa. –Non volevi quel bacio?- indagò allora.
Strawberry confermò, poi negò. –Non lo so più. Io aspettavo quel bacio già da un po’, ma quando me l’ha dato il mio cuore non si è mosso, niente capriole. E il mio cervello urlava che dovevo provare qualcosa, da un lato, ma dall’altro era come se dicesse “te l’avevo detto.”.- cercò di spiegarsi.
-Tra di voi c’è della tensione…? Sai, con la questione del Cavaliere Blu e via dicendo.- era chiaro che quello strano interrogatorio era finito nelle mani della più vecchia.
Le lanciò un’occhiata. –No… è solo… mi sembra più guardingo.
-In che senso?- s’inserì Paddy.
-Mi ha fatto delle domande sull’andamento del progetto, su Lucas e su… Ryan.- confessò a mezza voce.
La morettina si fece spazio, piazzandosi davanti a lei. –Su Ryan? E cosa c’entra lui, adesso?
-Be’, non credo si stiano simpatici.- ammise.
-Non è una novità.- commentò la modella, senza scomporsi. Le altre annuirono, più o meno concordi. –Ti ha detto che non lo sopporta? Apertamente?
-No, mi ha fatto una domanda. Mi ha chiesto se mi piace.- alzò la testa, scostandosi la frangia dagli occhi. –Io non ci capisco più niente.
-Perché?
-Come perché? Perché quando Ryan mi ha…- si bloccò.
Paddy le saltò quasi in braccio. –Continua.
Le guardò, arrossendo all’inverosimile. –Ryan mi ha baciata. Baciata sul serio…- abbassò gli occhi, sentendosi morire per la vergogna.
-E quando pensavi di dircelo?- le chiesero, piccate la bionda e la mora.
Deglutì. -Mai.- sussurrò.
-Secondo me dovresti ragionare su quello che hai provato quando è successo con Ryan. La risposta dovrebbe arrivare da sé.- le consigliò Pam con un mezzo sorriso.
-Dici?
Annuì. –Prova. Nel caso, noi siamo qui.
Le guardò, una per una, e ringraziò quello strano progetto genetico per averle riunite: voleva loro un gran bene, soprattutto perché sapevano sostenerla nei momenti di difficoltà.
-Ok… andiamo a lavorare. Se no qualcuno inizierà a brontolare.- si tirò in piedi.

“Ho sentito qualcosa che non dovevo.”, pensò Lucas.
Era sceso per portare in magazzino alcune scatole e aveva trovato la porta dello spogliatoio aperta. Con la coda dell’occhio aveva visto Strawberry circondata dalle altre ragazze e, curioso, si era fermato ad ascoltare.
Ora sapeva che aveva baciato Mark e non aveva provato niente. Avrebbe tanto voluto entrare ed urlarle il perché.
“E’ ovvio, scema. Ti piace un altro.”, scosse la testa.
-Siete pronte?- sentì chiedere Lory.
Si affrettò a sparire lungo il corridoio, dietro la porta che dava nel magazzino. Attese di sentire i loro passi sparire oltre la prima rampa di scale, depositò le scatole e decise di perdere un po’ di tempo, giusto per non destare sospetti.
Quando riemerse ed andò nel salone, le trovò già tutte impegnate. Kyle, stranamente, era alla cassa.
-Che fai qui?- gli chiese, avvicinandosi.
-Oggi Ryan non c’è, quindi lo sostituisco io alla cassa. Le ragazza servono in sala.- spiegò, battendo uno scontrino.
-E perché non c’è? Dov’è andato?- era curioso, dannatamente curioso.
Il moro gli lanciò un’occhiata e ridacchiò. –Che impiccione, che sei.- lo canzonò. Arrossì leggermente. –Comunque è a scuola. Il professore d’informatica gli ha chiesto di tenere un corso di recupero per i compagni. Inutile dire che tutte le ragazze sono presenti. Quando me l’ha detto era tutto fuorché contento.
Sghignazzò, provando ad immaginarlo. -Lo sai che ti odierà per il resto della sua vita, vero?- gli fece presente.
L’altro annuì, divertito. –Sì, ma è un’esperienza che deve fare. Voglio che sappia com’è la scuola.- replicò, calmo.
-Devi volergli molto bene, eh?
-E’ mio fratello, praticamente.- sorrise.
-Adotteresti anche me? Il cibo scarseggia, a casa mia.- gli fece gli occhi dolci. Kyle lo mandò a servire con una spintarella, ridacchiando.
Lucas cercò di intercettare Strawberry, ma lei era dalla parte opposta rispetto a dove si trovava.
Quando tornò al bancone per informarsi se c’erano ancora cheesecake, si ricordò di dire una cosa al cuoco. –Ci sono degli sviluppi.
Lui lo guardò, perplesso. –Col progetto?- domandò.
Scosse la testa. –No, per i piccioncini.- sorrise. –Mark inizia a perdere colpi.
Gli sorrise, misterioso e poi sparì in cucina a controllare lui stesso.
Kyle rimase a fissare il block notes che aveva tra le mani, poi realizzò. “Finalmente!”, pensò.
Lucas chiuse l’anta dell’enorme frigorifero e fece per tornare nel salone, quando sentì i passi di Strawberry.
“Bingo!”, esultò. Quando lei entrò le sorrise. –Ciao.
-C-ciao. Sai per caso se ci sono dei bignè alla crema chantilly? Ti prego, dimmi di sì!- aveva il respiro leggermente affannato.
-Mi pare di sì.- fece, ricordandone un piccolo vassoio. Non sapeva che tipo di crema ci fosse dentro, ma non era un cuoco cavolo. La rossa si avvicinò al frigo e lo aprì, immergendovi la testa. –Ehm… Strawberry…
-Sì?- continuò a rovistare.
-Stasera, alla fine del turno, potresti aspettarmi? Devo dirti alcune cose.- disse, incrociando le dita. “E’ tempo di verità.”, pensò.
Lei riemerse col fantomatico cabaret e lo fissò, confusa. –Devo preoccuparmi?
Le sorrise. –Nah.
E detto questo sparì, non lasciandole il tempo di replicare.


“Chissà cosa dovrà dirmi.”, si chiese Strawberry, agitata.
Lucas si cambiava sempre dopo di loro, dato che non avevano un altro spogliatoio. Per fortuna ci metteva un quarto del tempo che impiegava Mina, se no sarebbe congelata lì fuori.
Non stava nevicando, ma faceva un bel freddo.
Vide la porta aprirsi e il dampyr uscirne. –Scusami, ci ho messo un po’ perché non trovavo i guanti. E, come volevasi dimostrare, li ho lasciati a casa.- disse.
Ridacchiò. Non lo faceva un tipo sbadato, quello lo si poteva dire di lei, semmai.
-Fa niente. Che devi dirmi?
Lui fece per parlare, ma si bloccò. Voltò la testa verso sinistra, trovandosi davanti Ryan. Stava spingendo la moto nella neve.
-Oh, ragazzi…- si bloccò, stupito. –Che fate qui?- chiese. “Insieme e al buio?”, avrebbe voluto aggiungere.
-Be’, veramente noi stavamo per andare…- inventò Lucas, facendo l’occhiolino alla rossa.
-Hai bisogno di un passaggio, Strawberry?- il biondo colse il segnale e ne fu infastidito. Non bastava Mark, ora ci si metteva anche Lucas?
Lei lo guardò e poi tornò a guardare l’altro ragazzo. –No… mi dà uno strappo Lucas.- decise.
L’americano la fissò stupito, ma poi cercò di darsi un contegno. –D’accordo. Ci vediamo domani, allora. Buonanotte.- li salutò e li superò, diretto al garage.
-Muoviti.- il riccio la prese per il gomito e la tirò verso la strada il più rapidamente possibile. Quando lei protestò la lasciò andare. –Scusa.
-Lo sai che starà pensando male, vero? Lo fa sempre, quando si tratta di me.- brontolò.
-E perché mai?
Scrollò le spalle. –Ah, non lo so.
-Da che parte è casa tua?- le chiese. Non era prudente farla girare da sola a quell’ora, dato che c’era buio da un pezzo. Si vide indicare la stessa direzione del proprio quartiere. –Oh, facciamo un pezzo di strada assieme, allora.
Si misero a camminare, ognuno perso nei propri caotici pensieri. L’unico rumore era quello delle loro scarpe sulla neve scricchiolante.
Ad un certo punto Lucas esordì dicendo:-Oggi, per sbaglio, ho ascoltato quello che hai detto alle ragazze.
Strawberry alzò la testa di scatto, per guardarlo con gli occhi fuori dalle orbite. –Hai origliato?!
Agitò le mani. –Ehi, ti ho detto che è successo per sbaglio.- ribadì.
-Sei un dampyr… mi sembra difficile.- commentò.
“Malfidata.”, pensò. –Be’, è così.
-Ok… quindi? Hai anche tu qualcosa da dirmi?- sbuffò, affondando il viso nella sciarpa. –Devo già auto analizzarmi.
-Niente auto analisi. Però devo svelarti alcune cose. E, credimi, mi costa.- suonò alquanto criptico.
-Ora sì che ho capito.- fece, ironica.
Alzò gli occhi al cielo. –Ok… allora… posso commentare quello che ho sentito?- le chiese. Esitò un attimo, ma poi acconsentì. –Secondo me Mark non fa per te e sono contento che ti sia data una svegliata.
La rossa gonfiò le guance, piccata. –Ehi! Non offendermi!
-Ma io parlavo di lui, mica di te.- specificò.
-Non parlare male nemmeno di lui, è il mio fidanzato!- sbottò. Sollevò un sopracciglio, per niente convinto.
-Ah sì?
Lei abbassò lo sguardo. –Sì…- mormorò. –Sono solo confusa.
-Mi dispiace contraddirti, ma non sei propriamente “solo confusa”.- replicò. La ragazza fece per ribattere, ma lui la anticipò. –Probabilmente hai capito che provi qualcosa per Ryan già da quel fatidico bacio e ora, semplicemente, hai avuto la conferma che è qualcosa di forte. Più forte di quello che provi per Mark. Il problema è come dirlo al bel fidanzatino.- le riassunse la situazione.
-Non è così.- disse, testarda.
-No? E com’è?- la punzecchiò. Voleva farle ammettere che provava effettivamente qualcosa per il biondo. Sapeva che era così. Lo sapevano tutti tranne loro, praticamente.
-Io voglio stare con Mark.- tentò di convincerlo. O quella da convincere era solamente lei?
-Vuoi stare con qualcuno i cui baci ti lasciano indifferente? Che cosa stupida.- commentò, scuotendo il capo.
-Ma non Ryan… perché ho dovuto provare qualcosa con lui e non con Mark?!- chiese, esasperata.
“Perché il tuo fidanzato è troppo perbenista. E tu hai un carattere troppo forte, ti serve qualcuno con del polso.”, pensò di dirle. Ma poi cambiò idea. –Cos’hai sentito? Niente cose sconce, per favore.
Strawberry arrossì, rimanendo a bocca aperta. –Lucas!
-Che c’è? Non mi interessano le tue fantasie.- si giustificò con un sorrisetto. Gli diede una pacca sulla spalla. –Dai, racconta.
Si strinse nelle spalle, fissando la strada illuminata dai lampioni. Un gatto sparì dietro alcuni bidoni della spazzatura.
-Be’… ero imbarazzata, molto. Ed ero nel panico… e avevo caldo. Molto.- confessò.
Sorrise, soddisfatto. –Se non è attrazione questa.
-Quindi è solo qualcosa di fisico?- chiese lei, spaventata.
La guardò e la trovò tenera. –No. Non lo è, non sei il tipo. E nemmeno lui.- la rassicurò.
-Ma Ryan stava giocando.- disse.
-No, non stava giocando.- il tono con cui parlò la indusse a fermarsi e guardarlo. Lucas se ne accorse e si fermò a sua volta.
-Cosa vuol dire?
-Che Ryan è innamorato di te da un bel po’. E sono serio.- rivelò.
“Ryan innamorato di me? No… non è possibile! Ryan è… no… oddio!”, non sapeva più cosa pensare. –Ma… ma te l’ha detto lui?- sbatté le palpebre un paio di volte, cercando di vedere i suoi occhi verdi come smeraldi.
Annuì. –E’ abbastanza palese, se ci si sofferma ad osservarlo.- ammise. –Ha tanti di quei riguardi, nei tuoi confronti, da far impallidire il migliore dei fidanzati. Sorvolando quando perde le staffe.- le sorrise. “Sarebbe un fidanzato fantastico.”, pensò.
-Ma… perché me lo stai dicendo…?- lo fissò, confusa.
-Perché voglio che vi mettiate insieme. Siete fatti per stare insieme… anche se non avrei mai voluto dirlo.- le si avvicinò. Si chinò fino a sfiorarle l’orecchio con le labbra. –Vedi, è in atto un triangolo.
-B-be’… mi sembra ovvio. Io piaccio a Ryan, ma sono fidanzata con Mark…- riuscì a parlare al secondo tentativo e con voce troppo malferma.
Lo sentì sorridere e scostarsi. –No, non quel triangolo.
Si guardò intorno, sperando di leggera la risposta nei muri o sulla neve. –Non capisco.
-A me piace Ryan. Provo qualcosa per lui, già da un po’.- le confessò.
Restò a fissarlo con la testa leggermente sollevata e la voce incastrata da qualche parte all’altezza della trachea. “Lucas… e Ryan…?”, continuava a tornare su quel pensiero.
-Ehi, non è una cosa così scioccante.- cercò di sdrammatizzare, a disagio per la sua reazione. Anzi, per la non reazione.
-Lui lo sa?- si inumidì le labbra.
-Sapere cosa? Che sono bisex e che ho cercato di flirtare con lui mentre ci allenavamo? Per altro in modo pessimo, oserei dire.- domandò, messo alle strette. Annuì lentamente. –Non sono mica cretino, lo so che ha occhi solo per te. Per questo mi costa dirti queste cose.
-Lucas, ma…- provò a dire qualcosa di sensato.
-Niente ma. Meglio con te che con un’ochetta.- le mise due dita sulle labbra. Vedendo che era troppo sconvolta per parlare le passò un braccio attorno alle spalle e le disse:-Vieni, ti porto a casa.

  Strawberry non chiuse occhio tutta la notte e alla mattina si ritrovò a dover correre ai ripari.
Aveva un bel paio di occhiaie e andavano coperte, altrimenti le avrebbero fatto il terzo grado, sicuramente.
Quando scese di sotto per fare colazione, sua madre non si accorse di niente.
“Bene, prima prova superata.”, si disse, sollevata.
-Come mai così presto?- si sentì chiedere.
-Ansia da compito in classe.- inventò. Nemmeno i compiti di metà semestre l’avevano mai fatta alzare presto.
-Deve essere proprio difficile.- commentò Sakura. Annuì, continuando a mangiare.
Tempo dieci minuti ed era già in strada.
“Ok, devo assolutamente evitare Mark e Ryan, sia a scuola che al Cafè.“, il piano per la giornata era semplice.
Il problema sarebbe stato mantenere i propositi.
Inspirò a fondo la fredda aria invernale e si avviò a passo spedito, cercando di censurare qualsiasi pensiero legato al biondo e alle parole di Lucas.
Arrivò talmente presto che trovò l’aula vuota. Si guardò attorno, sconvolta da se stessa e poi si lasciò cadere sulla sedia.
-Non ce la farò mai…- mormorò. “E morirò d’imbarazzo quando dovrò affrontarlo.”, aggiunse. Come poteva dire a Ryan che provava qualcosa per lui? Qualcosa di serio.
Scosse la testa, appoggiando la fronte al banco e lasciandosi andare a lambiccamenti degni di un decathlon matematico.
Quando finalmente iniziò la prima ora era mentalmente spossata. Letteratura antica, però, le diede modo di distrarsi.
All’intervallo finse di ascoltare Mimi e Megan, ma in verità passò tutto il tempo a controllare il corridoio, sperando che Mark non passasse.
Andò tutto liscio fino a quando non arrivò al Cafè, praticamente.
Voleva sgattaiolare come suo solito dalla porta sul retro, ma si ritrovò davanti Ryan. Stava reggendo un bel po’ di scatoloni ed era piegato all’indietro per sostenerne il peso.
-La fine del mondo è vicina.- commentò, sapendo che era in netto anticipo.
Strawberry si limitò ad arrossire all’inverosimile e a scappare nello spogliatoio. Il ragazzo ci rimase, aspettandosi la solita reazione violenta.
Durante il servizio la situazione non migliorò, anzi. Ryan finì per irrompere a passo di marcia in cucina.
Kyle sobbalzò, facendo cadere una teglia di biscotti. Subito il diciottenne si chinò per aiutarlo.
-Ryan, che succede?- gli chiese.
Serrò la mascella, concentrandosi sui biscotti. Dopo un po’, sotto insistenza dell’amico, finì per sbottare:-Strawberry.
Il moro si accigliò. –Che cos’ha fatto? Oggi non c’è nemmeno Mark.
Si rialzò, buttando nel pattume gli ultimi dolci raccolti. –Mi sta ignorando da quando è arrivata. Capirei se avessi fatto qualcosa, ma ieri l’ho vista appena cinque minuti.- gesticolò, irritato.
L’amico si accigliò. –Sul serio?
Annuì, ravviandosi i capelli con un gesto di stizza. –A volte mi chiedo se il mio cervello funzioni bene. Ho un quoziente intellettivo di 180, ma in questo frangente mi sento un cretino.- brontolò.
Kyle sorrise. –Vedrai che c’è sicuramente una spiegazione.- cercò di calmarlo.
-Spero venga fuori in fretta. Vado a sistemare i nuovi utensili in magazzino. Oggi abbiamo avuto anche le consegne, come se non bastasse.- e detto questo sparì di sotto.
Il cuoco decise di approfittarne per fare una capata nel salone.
Individuò Lucas e lo chiamò.
Il ragazzo terminò di appuntarsi un ordine e poi lo raggiunse. –E’ successo qualcosa?- chiese, preoccupato.
-Strawberry. Non ti sembra strana?- la indicò col mento.
Il ragazzo si grattò la nuca. –Temo sia colpa mia.- ammise. Il moro lo guardò, confuso. –Ehm… le ho detto di Ryan. E lei è rimasta alquanto… sconvolta, direi.
-Gliel’hai detto? Cioè, lei ora sa?
Annuì, confermando. –Ho fatto un guaio?- chiese. L’altro scosse la testa, sorridendo.
-No, anzi. Bisogna solo farli parlare.- disse, con sguardo da cospiratore. Sicuramente aveva in mente qualcosa.
-Be’, buona fortuna.- gli batté una pacca sul braccio e si allontanò.


-Mi sono sempre chiesto a cosa serva questo ripostiglio, è un buco. Ah, ripariamo questa lampadina e facciamola finita. Devo pure fare i compiti di fisica.- sbuffò Ryan, socchiudendo la porta per poter avere un po’ di luce.
Salì sulla piccola scaletta che gli aveva dato Kyle e svitò la lampadina ormai fulminata. Un po’ di polvere si staccò dal filo, cadendogli addosso.
Tossendo, scese per recuperare quella buona e avvitarla.
Stava per inserirla nell’alloggiamento quando sentì la voce di Strawberry. Stava rispondendo ad una qualche domanda. Si bloccò, i muscoli tesi.
Ad un certo punto la porta si spalancò e la ragazza entrò nel ripostiglio.
-Ehi!- palesò la propria presenza.
Lei sobbalzò giusto in tempo per voltarsi e sentire la serratura scattare. La mew sgranò gli occhi, artigliando inutilmente la maniglia.
“Kyle, ti odio!”, pensò, tirando con un gemito di disperazione.
-E’ chiusa.- le fece presente il biondo.
-Lo so, grazie.- rispose, acida. “Fantastico, ora aggredisco le persone senza motivo.”, si morse la lingua.
-Non ti ho detto io di venire qui, eh.- replicò, infastidito dal suo tono.
-No, è stato Kyle.- rispose, abbassando la voce. –Tu che ci fai qui?- chiese dopo un po’, sempre girata verso l’uscita.
-Kyle mi ha mandato a sostituire la lampadina. Dovevo capire che c’era qualcosa sotto.- sbuffò.
“Strawberry, devi chiarire. È la tua occasione!”, le disse una vocina chiamata coscienza.
-Vuoi una mano?- e nel mentre si voltò verso di lui. Non fece in tempo a fermarla che si ritrovò senza un appoggio sotto i piedi.
Allargò le braccia e trovò le due pareti della stanza. Ringraziò il fatto che fosse piccola. Unico problema: la rossa, sbilanciatasi, gli finì letteralmente addosso.
Lanciò un’esclamazione di sorpresa prima di perdere la presa e cadere a terra, tra spazzoloni e varie scatole.
Entrambi chiusero gli occhi nell’impatto.
Ryan prese un respiro profondo e sentì il peso della rossa su di sé. –Non ti muovere…- le disse. Come se non glielo avesse appena detto, lei si mosse. Lui s’irrigidì. –Strawberry!
-Che c’è!?- sussurrò, bloccandosi. Non vedeva quasi nulla, se non la sagoma indistinta del ragazzo davanti a sé.
-Le tue mani sono in posti sconvenienti, quindi sta’ ferma.- le ordinò. A quelle parole lei arrossì all’inverosimile. Il suo cervello cercò di capire subito quali parte del corpo del biondo stesse toccando.
Lentamente lo sentì sistemarsi e, senza rendersene conto, si ritrovò in braccio a lui. Anzi, più precisamente a cavalcioni.
-Ok… ora non rischio la castrazione.- disse lui.
Lei fece per dargli un pugno, non importava dove l’avrebbe colpito.
Ryan, però, la spiazzò facendole una domanda. –Perché mi stai evitando?
Trattenne il respiro, immobilizzandosi. –Io…
-Non mentire, si vede. C’entra Lucas?- la interruppe.
Si morse il labbro inferiore. –Anche.
Lui socchiuse gli occhi. Riusciva a percepirla, più che vederla. Anzi, la percepiva fin troppo bene.
-Riguarda me?- tentò.
-Anche.- gli diede la stessa risposta di prima. Si dovette trattenere dal cercare il suo viso e sentire se le sue guance erano calde.
-Mark…?
La sentì sospirare. –Sì.
-Cavoli, non sapevo fossi poligama.- ironizzò. La rossa spalancò gli occhi, arrossendo e poi gli diede un pizzicotto, da qualche parte tra la spalla e il fianco. –Ehi!
-Non sono poligama, cretino.- sibilò.
-Allora cosa?- la incalzò.
-Non hai fatto niente di male.- ci tenne a precisare. “Anzi.”, pensò.
L’americano sorrise, sollevato. –Lieto di saperlo. Quindi, perché mi stai evitando?
Stava tentando in tutti i modi di non suonare stronzo come suo solito e la vicinanza della mew neko lo portava a veleggiare verso altri sentimenti.
-Ehm…- prese tempo. “E ora come glielo dico?”, si chiese, agitata.
-Sento il tuo cuore battere forte come un tamburo, tutto ok? Guarda che non mordo.- tentò di tranquillizzarla. –Anzi, ti dico subito che non sono arrabbiato come prima. Il fatto che non abbia fatto qualcosa di male mi rassicura… un po’.
Sollevò lo sguardo, vedendo il luccichio degli occhi del ragazzo su di sé. Sembrava sapesse esattamente dove fosse. -E’ difficile da dire.
-Provaci.
Prese un respiro profondo, sentendo il calore del corpo di Ryan anche attraverso i vestiti. Che situazione assurda e imbarazzante.
-Vedi… l’altra sera sono uscita con Mark. Siamo andanti a cena e poi a fare una passeggiata.- iniziò.
-Se è un consulto sentimentale quello che vuoi, hai sbagliato persona.- la fermò. Scosse la testa, trovando le sue mani e facendogliele riabbassare.
-Ecco… noi stiamo insieme da un po’… ma non mi aveva mai baciata.- mormorò.
Il biondo si fece confuso. –Ma se vi baciate sempre, quando viene qui.- osservò, cercando di mettere a fuoco il suo viso. Iniziava a vedere il suo profilo e qualche colore, desaturato al massimo dal buio.
-Un bacio vero.- precisò. –Con la lingua e tutto il resto.
-Come quello che ti ho dato io.- commentò. Provò un immenso piacere nel sapere che era stato la sua prima esperienza.
-S-sì…- la sentì balbettare. Sorrise, trovandola tenera.
-Comunque… mi stavi dicendo?- riassunse un tono distaccato. Sicuramente stava per arrivare la doccia fredda.
Strawberry trovò la maglia dell’americano e la strinse all’altezza delle spalle, trovandovi più muscoli di quelli che ricordava. Fece per dirglielo, ma poi si morse la lingua. –Non… nonhoprovatoniente.- confessò tutto d’un fiato.
Lui rimase un attimo interdetto, credendo di aver capito male. “Un attimo… sono sveglio, vero?”, si diede un pizzicotto. “Sì, ok. Allora, forse ha sbattuto la testa? Ryan, insomma, smettila di pensare queste idiozie! Ti ha appena detto che non ha provato niente baciando il suo fidanzato!”, si disse.
Ci mancava solo che facesse a pugni con se stesso.
-E quando ti ho baciata? Cos’hai provato?- la punzecchiò. Doveva sapere se c’era qualche speranza.
Lei non rispose e cambiò argomento. –Lucas… Lucas mi ha detto che…- esitò un attimo, sentendolo irrigidirsi. –Che ti piaccio.- concluse.
Ryan sgranò gli occhi, sconvolto. “Io lo ammazzo.”, pensò senza mezzi termini.
Vedendo che restava zitto e immobile, la ragazza chiese:-E’ vero?
“E adesso che le dico? La verità? Devo… buttarmi?”.
Quello era il momento più difficile della sua vita: una mossa sbagliata, una parola fuori posto e si sarebbe giocato quell’unica opportunità.
Deglutì, cercando di sopprimere per un po’ il proprio orgoglio. Lo sentiva, era lì che gli gridava di aspettare una dichiarazione, un segnale tangibile.
-Strawberry…- disse in un soffio.
-Sì?
-Cos’hai provato quando ti ho baciata?- le chiese nuovamente.
Optò per la sincerità. –Tanto imbarazzo. Poi ci sono stati degli strani brividi e il calore.- ammise, abbassando la testa.
Sentì le mani del biondo sui propri fianchi, calde. La stringevano dolcemente, senza essere possessive.
Poco dopo le labbra del ragazzo raggiunsero le sue, distogliendola da tutto il resto. Da principio rimase immobile, stupita. Si aspettò la solita reazione: coda e orecchie feline e strepiti.
Invece qualcosa dentro di lei si sciolse e si sentì invadere da mille brividi di piacere. Schiuse le labbra e lo assecondò, portando le mani sul suo petto.
Lui si bloccò, stupito di non esser respinto.
Continuò a baciarla, riempiendosi i polmoni del suo odore, facendosi invadere dal suo sapore. Era calda e timida, aveva paura a lasciarsi andare, lo sentiva, ma questa sua insicurezza era dolce ed invitante.
“Ryan, controllati.”, si rimproverò.
Si irrigidì, temendo di aver esagerato. In risposta Strawberry affondò una mano tra i suoi capelli, avvicinandosi leggermente a lui.
Sorrise, contento e le circondò la vita con le braccia, attirandola a sé e trasformando la dolcezza in passione.
Al diavolo il suo orgoglio, al diavolo il suo autocontrollo.
Un grazie a quegli impiccioni di Kyle e Lucas.

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Capitolo 21
*** Cap. 20 Voglia di dolcezza ***


Cap. 20 Voglia di dolcezza
Sono sicura che a fine capitolo avrete istinti omicidi verso due persone u.u XD
Buona lettura! :)


Cap. 20 Voglia di dolcezza


Strawberry spalancò gli occhi di colpo, irrigidendosi.
“Oddio, cosa sto facendo?!”, si chiese.
Non stava succedendo davvero. Non si trovava in uno stupido ripostiglio con Ryan, il suo odiato datore di lavoro, intenta a…
Si staccò dalle sue labbra, imbarazzata oltre ogni dire. –Io…- cercò i suoi occhi.
-Cosa succede?- le chiese, confuso. “Ecco, la reazione è arrivata. In ritardo, ma eccola.”, si disse, già pronto al peggio.
-Cosa sto facendo…?- domandò, più a se stessa che a lui.
-Ci stavamo baciando. E mi sembravi abbastanza convinta della cosa.- sussurrò.
Si agitò sulle sue gambe. -Ma non è giusto… non così…
Lui aggrottò le sopracciglia, perplesso. –Ti stai riferendo al tuo rapporto con Mark?- pronunciare quella frase gli costò molto. Gli sembrò di tornare alla dura realtà: quella dove lui si limitava a punzecchiarla, non a stringerla a sé.
-Sì.- confermò. –Non posso farlo… è scorretto!
Sospirò, tentando di rimanere calmo. Era naturale che avesse dei dubbi. Alzò una mano e le sfiorò una guancia, leggero. –Strawberry, è normale che tu abbia paura. In fin dei conti stai ancora con lui.- tentò di rassicurarla.
-Lo sto tradendo, quindi?- domandò, terribilmente preoccupata.
-No…- mentì. “Sì, altroché.”, pensò invece. –Hai capito che per lui non provi qualcosa di così forte come credevi.
Stava cercando di portar acqua al suo mulino, era ovvio, ma voleva anche che lei avesse le idee chiare. Se no sarebbe stato un assurdo tira e molla.
E lui aveva già sopportato un anno.
-Ryan, non sono stupida.- lo rimproverò. Non riuscì a trattenere un sorriso, divertito dal suo tono. –Non voglio farlo soffrire.
-Non devi mica dirglielo.- replicò, pratico. “E poi… perché non pensi anche a me, una buona volta?”, aggiunse tra sé.
Sgranò gli occhi. –Dovrei stare contemporaneamente con tutti e due?!- esclamò, sconvolta dalla sua logica.
Scosse la testa. –Ma che hai capito?
-Dimmelo tu, mi stavi…
-No. Intendevo che non devi dirgli che mi hai baciato prima di lasciarlo.- spiegò. Sollevò lo sguardo e la guardò. –Vuoi lasciarlo, vero?
Si morse il labbro inferiore, esitante. –Sì… no. Prima dimmi una cosa.- gli mise una mano sulla bocca per impedirgli di parlare. –Questo influirà su… sul Cavaliere Blu?
Rimase stupido della domanda. Non ci aveva proprio pensato.
-Be’, è probabile.- ammise infine. –Le scelte sono due: non dirglielo e lasciare che lo scopra, diventando un pazzo fuori controllo, oppure confessare che per lui non provi altro che una forte amicizia e rischiare di distruggerlo psicologicamente.
  La rossa abbassò la testa, combattuta. Aveva capito che lui non era poi così dispiaciuto da nessuna delle due ipotesi e una parte di sé, molto lontana, si arrabbiò.
Quando Ryan l’aveva baciata, però, era stato il paradiso e il suo cervello si era disconnesso, per dar libero sfogo ai cinque sensi. Poi, però, i neuroni avevano ripreso a funzionare e le era venuto in mente quel piccolo dettaglio. Mark.
Aveva capito che l’ago della bilancia pendeva a favore del biondo, ma era ancora molto legata a quello che, ormai, non sapeva più come definire. Era ancora il suo fidanzato nonostante quello che era appena successo?
Non voleva ferirlo, non se ne parlava proprio: quello era il pensiero più pressante, tra tutti quelli che le affollavano la mente.
-Non voglio metterti fretta.- le spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, sorridendole nel buio.
-Sul serio?- chiese in un sussurro.
-Ho aspettato per molto tempo, credo di poter pazientare ancora un po’.- le ricordò.
Arrossì. –Da quanto?
-Ah no, il mio orgoglio è abbastanza provato. Questo non te lo dirò e non osare chiederlo a Kyle.- la minacciò. Strawberry rise, divertita dal suo modo di fare.
Era molto più rilassato e scherzoso, non la punzecchiava malignamente. E sentiva la sua presenza in modo talmente vivido che temeva di poter andare a fuoco.
-Possiamo… possiamo uscire da qui?- domandò, sentendosi improvvisamente a disagio. Ryan si mosse e lo sentì accentuare la presa sui suoi fianchi.
-Sto andando troppo in fretta?- domandò in allarme. –Mi sono sempre comportato in un certo modo, con te. Mi fa strano poter essere più… espansivo. Quindi dimmi se esagero.
La mew si frugò nei jeans, recuperando il cellulare. Premette un tasto a caso, in modo che emettesse luce e le permettesse di vedere l’espressione sul viso del biondo.
  Teneva gli occhi bassi, ma ogni tanto le lanciava uno sguardo. Per la prima volta lo vide insicuro e le fece così tanta tenerezza che lo abbracciò stretto.
Lui non s’aspettava quel contatto e finì per irrigidirsi.
-Non è niente di strano.- gli disse.
Si schiarì la gola. –So cos’è un abbraccio.- tentò di suonare piccato.
-Allora lasciati abbracciare.- la sentì appoggiare la testa sulla sua spalla, rilassata.
Si chiese se la naturalezza con cui si stava comportando Strawberry dipendesse semplicemente dal suo carattere o dal fatto che avesse finalmente capito che provava qualcosa per lui.
Preferì non indagare e chiuse gli occhi, godendosi quel contatto.

  Ad un certo punto lei fece per alzarsi, intenzionata a chiamare Kyle per farli uscire.
-Dove vuoi andare? Non vorrai già scapparmi, vero?- le chiese, malizioso.
Arrossì. –Ehm… io… volevo provare ad uscire.
-Non abbiamo la chiave.- le fece notare. –Giuro che non voglio molestarti.- aggiunse subito dopo. Peccato che il suo tono fosse divertito e per niente rassicurante.
-Così mi spaventi.- rabbrividì.
-Andiamo, sono innocuo.- allargò le braccia. Lei non sembrò convinta ed arretrò di un passo, colpendo qualcosa di metallico con la scarpa.
La vide chinarsi e tastare il pavimento alla cieca. Ad un certo punto esclamò:-La chiave!
-La chiave?- fece, stupito.
-Kyle deve averla fatta scivolare sotto la porta.- disse.
-Mi sembri molto entusiasta.- alzò un sopracciglio. Non voleva uscire da lì, non voleva metter fine a quel momento. Aveva una paura tremenda che fosse tutto uno stupido sogno. L’ennesimo.
-Cosa dovremmo fare, qui?- domandò, perplessa.
-Oh, tante cose.- l’afferrò per un braccio e la trascinò letteralmente su di sé. Lei mise le mani avanti per evitare di scontrarsi col suo petto.
Quando si sentì sollevare tentò di fermarlo. –Che stai facendo?
-Nulla, ti sistemo diversamente. Starai più comoda.- le disse, concentrato. In poco si ritrovò seduta su di lui, le gambe buttate di lato e la schiena sostenuta da un suo braccio.
Una posizione perfetta per essere cullata.
Peccato che non fosse una neonata!
-Dai, smettila di trattarmi come una bambina…- ridacchiò, nervosa. Era pur sempre imprigionata tra le sue braccia.
Sentì un fruscio e poco dopo lui le lasciò un bacio sotto all’orecchio. –Lo so.
Deglutì, sentendo un brivido percorrerla da capo a piedi. “Oddio! Qualcuno mi salvi!”, pensò impanicata.
-Ryan, io non voglio mica… cioè…- cercò di allontanarsi per guardarlo in faccia.
-Cosa?
-Insomma… tu… io…- riprovò.
-Noi… cosa stai cercando di dirmi?- ridacchiò.
Se possibile arrossì ancora di più, sentendosi stupida perché non riusciva a mettere due parole una di seguito all’altra. La vicinanza del biondo le faceva uno strano effetto.
Doveva capire se era positivo, negativo o entrambe le cose.
-I-il sesso…- riuscì a sussurrare.
-Ah no, vuoi già arrivare lì? Io credevo fossero coinvolti i sentimenti.- la prese in giro. Si era accorto del suo enorme disagio e non voleva che iniziasse a farsi paranoie. “Avremo tempo, per quello.”, pensò.
-Ehi, ma cosa dici?- gli diede una pacca sul braccio.
-Non devi preoccuparti. Non voglio il tuo corpo. Io voglio te, pensieri, urla, rossori e pelliccia.- le sorrise, dandole un bacio sulla guancia.
-Sul serio? Perché tu sei più grande di me e…- si bloccò.
-Cosa vuol dire? So controllarmi.- rispose, calmo. E per avvalorar la sua ipotesi le diede un piccolo morso sulla punta del naso.
Strawberry si agitò, ridacchiando. Sorrise, unendosi a lei e le rubò un bacio, casto e leggero come le ali di una farfalla.
La sentì arrossire sotto il suo tocco, ma poco dopo fu proprio lei a sporgersi in avanti e dargliene uno indietro.
-Stai imparando, eh?- disse, contento che si stesse lasciando andare.
-S-sì… ma non aspettarti chissà che.- mormorò.
-Io voglio che tu rimanga te stessa. Lo so, è molto stucchevole detto da uno come me, ma mi piaci per come sei, non ti cambierei nemmeno un capello. Be’, magari qualcosa del tuo carattere…- si finse pensieroso.
-Cattivo.- brontolò lei, incrociando le braccia al petto.
-Credi sempre a tutto quello che dico, eh?- la strinse a sé, facendola aderire al proprio corpo. Era morbida oltre ogni sua immaginazione.
Avrebbe potuto rapirla al mondo.
“E tanti saluti a Mark.”, pensò.

-Che ore sono?- le chiese ad un certo punto.
Lo sgabuzzino sembrava un luogo fuori dal mondo e nemmeno Ryan era più sicuro di quanto tempo vi avessero trascorso.
Strawberry tirò fuori il cellulare e controllò. –Dannazione!
Si sporse a vedere lo schermo. –Mhm… inizia ad essere tardi.- commentò. –Ok. Ti accompagno a casa.
La ragazza sollevò gli occhi. –Sul serio?
-Che significa “sul serio”?- incontrò il suo sguardo, perplesso.
Lei arrossì, affrettandosi ad abbassare il capo. Credeva che le avrebbe chiesto di restare, sarebbe stato sicuramente da lui. –Nulla.
Preferì non insistere e la fece alzare, rimettendosi in piedi. -Ho le gambe informicolate.- brontolò Strawberry.
-Che scarsa resistenza.- la punzecchiò.
Senza una parola lei aprì la porta ed uscì, facendogli la linguaccia. Ridendo, Ryan la raggiunse e l’afferrò per un polso. La guardò intensamente negli occhi e le sorrise, contento che stesse solamente scherzando.
“Cavoli… il suo sorriso è ancora più bello di prima.”, la mew fu costretta ad abbassare gli occhi per non mostrargli il proprio rossore.
-Prendo la moto, ok? Faremo prima.- le disse, salendo i gradini due alla volta. Raggiunse la porta di servizio, infilò il giubbino e recuperò le chiavi. Lanciò un’occhiata alle scale, aspettandola.
-Non guidare come un pazzo.- supplicò. Annuì, aprendole la porta e facendole segno d’uscire. Lei fece per obbedire, ma si fermò. –Che c’è?
-Stavo per uscire senza cappotto.- ridacchiò e tornò negli spogliatoi. Tempo due minuti e ricomparve, vestita di tutto punto.
-Su, muoviti.
La lasciò ad aspettare vicina all’edificio e andò a tirar fuori la sua Honda. Infilò il casco e tornò da lei. –Ti ricordi come si sta in sella, vero?- la provocò.
-Certo.- disse, lanciandogli un’occhiataccia.
“Punzecchiarsi in questo modo è ancora meglio di prima.”, pensò Ryan, concedendosi un sorriso dietro al casco. Una volta assicuratosi che Strawberry fosse salita, montò a sua volta e partì.
Ci misero poco ad arrivare, soprattutto perché le strade erano poco affollate, a quell’ora.
-Grazie per il passaggio.- la mew si ritrovò ad ammiccare, abbagliata dalle luci dei lampioni, direttamente davanti al cancello di casa.
-Figurati. Ci vediamo domani… sii puntuale, mi raccomando.- le disse. Fece per sporgersi verso di lei, ma ci ripensò. –Buonanotte.
Lei rimase a fissare la coda della moto sfrecciare per la via, impalata.
-Niente bacio…?- mormorò, stupita.

-Ehi… dove sei stato?- Kyle gli venne incontro, un libro in mano.
-Come se non lo sapessi.- gli sorrise. –Che stavi leggendo?
Abbassò lo sguardo. -Oh, be’… non sviarmi!- lo rimproverò.
Ryan scosse la testa, divertito dal suo cambiamento d’espressione. –Non ti dirò niente. Solo… sei un gran impiccione.
-Però devi ringraziarmi. E non solo me.- gli fece presente, sorridendo sornione.
Annuì, avviandosi per le scale. –Lo so, lo so. Vi farò avere una scatola di cioccolatini. Siete peggio di due vecchie comari.
Lo vide sparire oltre la seconda rampa, sempre ridacchiando.
-L’amore fa miracoli.- mormorò, contento. Se i suoi genitori fossero stati ancora vivi, sarebbero stati d’accordo con lui.


  Strawberry sgranò letteralmente gli occhi, sconvolta.
Afferrò la coperta e la strinse convulsamente.
-Era un sogno… vero?- chiese a nessuno in particolare. A meno che il soffitto non potesse parlare.
Si voltò per controllare che ora fosse. Mancava ancora una mezz’ora alla sveglia.
Si mise le mani sul viso, prendendo un respiro profondo.
“Come faccio ad andare a scuola, oggi? Voglio seppellirmi.”, pensò, nascondendosi letteralmente sotto la calda coltre color lampone. “Ho baciato Ryan… no, che dico! Ho praticamente fatto capire a Ryan che mi piace e… e sto ancora con Mark!”.
Fissò la trama della coperta, sperando di trovarvi una soluzione.
-Sono una stupida, ecco cosa sono. Ora come faccio?- piagnucolò, sbattendo le gambe sul materasso.
Continuò a torturarsi così fino a quando non sentì sua mamma scendere per preparare la colazione e suo padre borbottare, assonnato. Sembrava si stesse lamentando a proposito del suo capo, ma non ci prestò troppa attenzione.
Decise di farsi vedere ed uscì dalle coperte, reprimendo un brivido.
-Buongiorno.- salutò, cercando di suonare allegra. I suoi genitori sobbalzarono nel trovarsela davanti, vestita, pettinata e in anticipo.
-Piccola, stai bene?- le chiese suo padre, preoccupato.
Lo fissò, perplessa. –Sì, perché?
-A quest’ora, di solito, dormi ancora della grossa.- le fece notare. Alzò lo sguardo all’orologio da muro. –Sicura che sia tutto ok?
-Sì, sì tutto ok. Non avevo più sonno, ho dei pensieri per la testa!- finì per sbottare.
Quando vide l’espressione stupita dell’uomo gli si avvicinò e gli diede un bacio sulla guancia, scusandosi.
Mangiò con calma, sempre cercando di trovare una soluzione. Al momento di uscire era ancora in alto mare, così come quando si ritrovò davanti al cancello della scuola.
-No… sono già qui?- si guardò intorno.
Fece per tornare indietro e fingere di essere in ritardo, quando vide Mark a pochi metri di distanza.
-Ehi, Strawberry.- la raggiunse, sorridente. –Come mai oggi sei puntuale?
Agitò la mano per aria, cercando di togliere importanza alla cosa. –Così. Non avevo più sonno.- disse. E non era una bugia.
-Oggi passo al Cafè. Avete scoperto qualcosa di nuovo?
“Passi al Cafè? Oggi?”, tentò di non mettersi ad urlare. –Come? Oh, no. Non che io sappia. Ryan non è arrivato urlando ordini, quindi presumo di no.- rispose, agitata.
Il ragazzo la fissò, pensieroso. –Non è che hai la febbre, vero?- si chinò su di lei, intenzionato ad appoggiare le labbra sulla sua fronte.
Lei arrossì d’istinto, ma poi si allontanò leggermente. –S-scusa… mi hai presa in contropiede.- si giustificò, vedendo la sua espressione.
Sorrise. –Scusa tu. Ora devo andare agli allenamenti, ci vediamo più tardi. Ciao!- le diede un bacio sulla guancia e si avviò verso la palestra.
“Sia ringraziato il kendo!”, pensò.
-Sta per finire il mondo?
Si voltò, riconoscendo il proprietario della voce. –Lucas.
-Cavoli, che hai fatto?- le chiese.
“Ancora? Si vede così tanto?”, si chiese. –Nulla. Pensieri.- liquidò la domanda troppo in fretta. Il dampyr, infatti, colse i sottintesi.
-Mhm… magari coi capelli biondi e due begli occhi azzurri?- disse, malizioso.
Strawberry arrossì nuovamente. -Ehi!- sembrava che si divertissero tutti un mondo a metterla in imbarazzo.
-Ok, la smetto. Non voglio sapere nulla, posso immaginare. Hai già parlato con Mark?- divenne improvvisamente serio.
La rossa lanciò un’occhiata nella direzione in cui era sparito e poi sospirò. –Non ne ho il coraggio. So che mi piace Ryan, e anche molto, ma non capisco cosa sia quello che sento per Mark.- confessò.
-Potresti provare a parlarne con lui, no?- le suggerì.
-Lucas, ti ricordi il Cavaliere Blu, vero?- domandò. Lui annuì. –Bene, è instabile. Non vorrei scatenare un putiferio.
-Quindi la tua scusa è che l’alieno potrebbe risvegliarsi e radere tutto al suolo? Be’, sono sicuro che Ryan non la apprezzerà. Buona fortuna, comunque.- e detto questo se ne andò. Aveva fatto in modo che quei due si chiarissero, confessandosi i loro reciproci sentimenti e lei se ne saltava fuori con quelle giustificazioni assurde?
“E’ una bambina.”, pensò, arrabbiato.

  Sentì il cellulare squillare, insistente.
“Ma non si può stare in pace nemmeno a pranzo?”, pensò, frugandosi nelle tasche della divisa. Trovò finalmente l’oggetto e rispose con un bofonchiato:-Pronto?
L’onigiri che aveva in bocca era la sua priorità.
-Strawberry? Scusa se ti disturbo a scuola. Stai mangiando?- la voce dall’altro capo apparteneva a sua madre.
-Sì, mamma. Ma è successo qualcosa?- domandò, iniziando subito a preoccuparsi.
-No, no… non ti preoccupare. Cioè, sì, ma niente di grave.
-E non vuoi dirmi cosa?- la incalzò.
-Giusto. Papà stasera ha una cena di lavoro e io vado con lui. Rientreremo tardi.- le comunicò.
Sospirò. Un’altra volta sola a casa. “No, l’altra volta non sei rimasta a casa”, si disse. –Va bene, mi chiuderò dentro.- risolse.
Sakura la fermò. –No. Non ce ne sarà bisogno.- le disse. Si accigliò, fissando il proprio cestino del pranzo. Mimi e Megan, davanti a lei, la fissavano curiose.
-Cioè? Vengo anche io con voi?- domandò, stupidamente.
Sentì sua mamma ridere. –Oh, no. Ho appena telefonato a Kyle, è un caro ragazzo. Ha detto che possono ospitarti loro, tanto c’è una camera in più al Cafè, no?
Inspiegabilmente, Strawberry si arrabbiò. –E se io non volessi andarci?!- chiese.
-Ma… ma sono tuoi amici. Lavori lì…- fece l’altra, disorientata dalla sua reazione così accesa.
-Lo so, ma mi sembra di essere un sacco di patate. Io non ho voce in capitolo?
Ci fu qualche istante di silenzio. –Ma certo. Vuoi andare da una tua amica?- le propose.
Scosse la testa. –No, non importa. Starò al Cafè.- accettò.
-Bene, allora ci vediamo più tardi. Ti preparo la borsa. Ciao, buona giornata.- e mise giù. La rossa guardò il cellulare e poi lo ripose nella tasca con una smorfia.
-Che cos’è successo?- chiese Megan.
-Mio padre ha una cena, stasera. Mamma va con lui e mi smollano al Cafè. Ma dico, io, ho per caso quattro anni?- brontolò.
-Ti lasciano al Cafè?!- per poco la bionda non urlò. Le due si affrettarono a chiuderle la bocca.
-Sì, ma non urlare, per favore.- la supplicò. Lei annuì e la liberarono.
-Perché tua mamma ti ha detto di andare lì?- chiese Mimi.
La mew le lanciò un’occhiata. –Perché adora Kyle e si fida di lui. Per carità, fa bene, ma io non voglio stare là.- disse. Ok, l’idea non le faceva così schifo… ma non sapeva proprio come avrebbe dovuto comportarsi con Ryan.
O con le ragazze.
Doveva dir loro com’erano andate le cose o era troppo presto?
-E’ per Ryan?- volle sapere la ragazza dagli occhi blu. Annuì, distrattamente. –Avete litigato ancora? Mi sembra strano che non riusciate a soffrirvi.
“Oh, se solo sapessi quanto non riusciamo a sopportarci…”, pensò ironica. –Mi sento a disagio, con lui. Sa sempre come mettermi in imbarazzo.- ammise.
-Be’, tu ignoralo.- le suggerì.
Alzò lo sguardo dal suo bento e la fissò. –Ryan non è qualcuno che si possa ignorare.- le fece notare.
-Se vuoi possiamo fare a cambio.- suggerì Megan, speranzosa.
Le due la guardarono e scoppiarono a ridere. –Meglio di no.- risolse la rossa, immaginandosela salire le scale quatta quatta per intrufolarsi nella camera del biondo.
Stavano ancora ridendo quando le vibrò il cellulare.
Lo estrasse nuovamente. –Oggi sono richiesta…- disse, stupita.
-Chi è?- le chiese la bionda.
-Mhm… Mark.- rispose, dopo aver fatto scorrere il messaggio. –Ha detto che oggi pomeriggio ha un allenamento supplementare col club di kendo. Tra poco ci sono le regionali, vero?- alzò gli occhi per chiedere conferma. Mimi annuì.
-Che peccato. Dovevate vedervi?- le domandò. Strawberry annuì distrattamente. –Non mi sembri molto delusa.
-No, è che oggi ho un po’ di cose da fare… saremmo stati insieme poco.- si giustificò. In verità era sollevata di avere un altro giorno per stabilire un piano d’azione, almeno col suo fidanzato.
Ryan era un altro paio di maniche, perché era quasi sicuro che l’avrebbe incrociato al Cafè.
Mentre meditava su ciò, le sue amiche la distrassero parlando del compito di inglese che ci sarebbe stato di lì a due giorni.
Spalancò gli occhi, ricordandosene solo in quel momento. –Oddio!- si accasciò sul banco.
-Che c’è?
-Il compito… mi era passato di mente…- brontolò.
Le due risero, cercando di tirarla su di morale dicendole che non c’era poi tanto da studiare.

  Per sua immensa fortuna, Ryan era stato nuovamente trattenuto a scuola per il corso di informatica. A quanto sembrava la sua classe avrebbe avuto un compito a breve, quindi i compagni l’avevano praticamente rapito.
“Meglio così.”, pensò.
L’unico problema era Lucas, che continuava a guardarla abbastanza male. Sapeva anche il perché: dopo che lui le aveva confessato di provare qualcosa per Ryan, aveva accantonato tutto per far sì che stessero insieme. E lei rischiava di buttare tutto alle ortiche.
Sospirò, rimproverandosi di essere una codarda.
“E pure doppiogiochista.”, scosse la testa.
-Ah, Strawberry.- Kyle attirò la sua attenzione. Lei sollevò la testa. –Tua madre è passata verso le due, ha lasciato una borsa con le tue cose.
-Oh, ok. Grazie per avermelo detto.- sorrise. Per una volta, sua mamma era stata previdente e non aveva aspettato che rincasasse.
Anche perché, con la testa piena di pensieri, se ne sarebbe sicuramente dimenticata. Infatti era andata direttamente al Cafè.
  La giornata trascorse, fortunatamente, molto tranquilla. Se fossero spuntati gli alieni o Revenge avrebbe potuto dare di matto o ucciderli a suon di urla.
Uno schiaffo sulla faccia pallida di Quiche sarebbe stato un buon modo per sfogarsi.
Prima di quanto si aspettasse, arrivò la sera.
Salutò le ragazze e rimase da sola con Kyle, in cucina. –Allora, che vuoi per cena?- le domandò.
-Non saprei.- ammise, stringendosi nelle spalle.
-Va bene, ci penso io. Tu vai pure a lavarti.- le sorrise. Annuì, ringraziandolo e andò a recuperare il cambio nella camera degli ospiti.
Si stava infilando i pantaloni di una tuta, quando sentì la voce di Ryan. –E’ tornato!- sussurrò. La sua immagine allo specchio era alquanto spaventata.
Deglutì e prese coraggio. In fondo doveva solo evitare di diventare bordeaux ogni volta che la guardava, no?
Niente di che…

  Quanto si era sbagliata.
Aveva mangiato con tutti i muscoli della schiena irrigiditi, seduta sul bordo della sedia. Era stata pronta a scattare per ogni singola stupidaggine, tutto pur di non incontrare quegli occhi acquamarina.
Era troppo imbarazzante. Per di più, Kyle sembrava essere a conoscenza dei fatti e cercava di non sorridere, senza risultati apprezzabili, però.
  Dopo cena era sgattaiolata in camera, decisa a distrarsi ripassando inglese. Non era molto portata per le lingue, ma l’ultima cosa che voleva era chiedere aiuto a Ryan. Sentirlo parlare madrelingua avrebbe potuto causarle un infarto.
Così aveva finito per studiare fino alle undici e mezza, fermandosi ogni tanto per stiracchiarsi e riposare gli occhi.
-Basta.- era giunta al suo limite. Chiuse il libro con uno scatto e sbadigliò, guardandosi attorno. Lentamente andò in bagno e poi si infilò a letto, ripassando le materie del giorno dopo.
Kyle era passato a darle la buonanotte circa mezz’ora prima, Ryan non si era fatto vedere.
“Forse è imbarazzato anche lui.”, ipotizzò. Non ne era molto convinta.
Provò a prendere sonno, ma sentiva il letto stranamente vuoto e freddo. Ok, non era il suo solito letto, ma aveva dormito da sola fin da quando era piccola.
Perché una parte di lei provava l’irrefrenabile desiderio di un altro corpo sotto le coperte?
“Ormoni, smettetela. È tardi, andate a letto.”, ordinò al suo cervello di quietarsi, assieme a tutto il resto.
Non ci fu niente da fare.
Esasperata, si mise a sedere e le venne un’idea malsana.
“Tanto mi sono già esposta, no?”, tentò di rassicurarsi. Si passò una mano tra i capelli, scompigliati dal cuscino e poi mise i piedi per terra.
Silenziosamente uscì e salì le scale, fino a raggiungere la porta della camera di Ryan. Sperò di non trovarla chiusa a chiave: se avesse dovuto svegliarlo avrebbe perso quel poco coraggio che le rimaneva.
  Prese un respiro profondo ed abbassò la maniglia.
Entrò in silenzio nella camera, trovandola immersa nel buio. Attese qualche istante per far abituare gli occhi e ringraziò i geni del gatto di Iriomoto per la sua vista notturna. Restò a fissare il letto, immobile, poi si decise e si avvicinò.
Ryan era immobile, girato sul fianco. Aveva sentito qualcuno entrare in camera sua e poteva solo immaginare chi fosse.
Non disse niente, preferendo fingersi addormentato. Non sapeva cosa facesse lì.
Quando sentì il materasso affossarsi leggermente, per poco non sgranò gli occhi, sorpreso.
“Sto per essere aggredito da una gattina?”, si chiese, divertito dai suoi stessi pensieri.
Strawberry trattenne il respiro, infilandosi sotto le coperte. Il corpo di Ryan le aveva scaldate, segno che era a letto già da un po’. Niente ore piccole in laboratorio, quella notte.
-Cosa fai qui?- le chiese.
Sobbalzò, colta di sorpresa. –R-Ryan…
-Sì, sei nel mio letto.- le fece presente, evitando di voltarsi.
-Di sotto… avevo freddo.
Aveva detto la prima cosa che le era saltata in mente ed era chiaro come il sole che fosse una balla. Il biondo, però, non replicò nulla e si limitò a sorridere. Era contento che avesse preso l’iniziativa.
Non che si aspettasse di combinare chissà che, gli bastava condividere il letto con lei.
-Non fare niente di strano.- gli disse.
-Certo che no, non mi approfitto delle ragazze.- si schernì. In verità era divertito dal fatto che lei avesse paura proprio di quello.
  Strawberry gli diede lentamente la schiena, appoggiandosi all’estremità del cuscino. Il letto era ad una piazza e mezza, quindi lo spazio non era molto.
Ma era quello che le serviva.

  Sentiva una piacevole sensazione di calore e non voleva spostarsi.
Le coperte gli erano scivolate poco sotto la spalla, ma non gli importava. Voleva solo rimanere in quella posizione.
Anche se non avrebbe saputo dire perché.
Poi, lentamente, Ryan riemerse dalle nebbie del sonno. Aprì gli occhi e cercò di stiracchiarsi le gambe, rendendosi conto poco dopo che non poteva.
-Ma che…?
Alzò la testa e fu come ricevere un pugno alla bocca dello stomaco.
Nel sonno lui e Strawberry si erano avvicinati e lui aveva finito per circondarle la vita con un braccio e appoggiare il mento sopra la sua testa. Lei si era innegabilmente accoccolato contro il calore del suo corpo e aveva le gambe allacciate alle sue.
Sentì un lieve rossore salirgli alle guance. Non se lo sarebbe mai aspettato.
“Ok, Ryan. Calmo. Vedi di non fare stronzate.”, si disse, tentando di non irrigidirsi. Se si fosse svegliata, fraintendendo la situazione, altroché cornice in fronte.
Gli avrebbe assicurato la castrazione.
Si sporse leggermente per controllare che stesse ancora dormendo: il suo respiro era lento e regolare.
  Rimase ad osservarla, intenerito. Era molto bella, aveva i capelli tutti scompigliati e alcune ciocche le cadevano sul viso. Gliele scostò delicatamente.
Ad un certo punto si rese conto di uno strano rumore di sottofondo. Si fermò ad ascoltare e realizzò che proveniva da lei: stava facendo le fusa.
Non poté impedirsi di sorridere e stringerla a sé, contento oltre ogni dire.
Lei sembrò svegliarsi perché biascicò qualcosa del tipo:-Mhm… Ryan… che fai…?
La fece aderire a sé e si strusciò contro la sua spalla, senza rendersene nemmeno conto. Se qualcuno glielo avesse fatto notare, sicuramente non si sarebbe riconosciuto.
-Buongiorno…- le sussurrò, dandole un bacio sulla guancia.
La sentì muoversi e poco dopo aprì gli occhi. –Dove sono…?- chiese, disorientata.
Fece per risponderle, ma poi si bloccò. Doveva dirle la verità o tacere?
-Oh… giusto. Ora ricordo.- si rispose da sola.
-Devo allontanarmi per evitare qualche danno permanente?- s’informò, cauto. Strawberry si girò a mezzo per poterlo guardare. Arrossì trovandolo che la fissava, in ansia.
-No. Va bene… così.- mormorò diventando un semaforo.
-Hai avuto un attacco di solitudine, stanotte?- le domandò, visibilmente più rilassato.
Ci pensò un po’ su, poi disse:-Il letto mi sembrava vuoto. Non ha senso, lo so. Però avevo bisogno di… be’, a quanto pare di te.
Ridacchiò. –La cosa è alquanto inquietante, vero?- scherzo. Lei annuì, pienamente d’accordo.
-Che ore sono?- domandò la rossa, reprimendo uno sbadiglio.
Ryan si voltò per guardare la sveglia. –Le sei… scusami, di solito tendo a svegliarmi presto.
“Ryan che si scusa è una novità.”, pensò la mew, piacevolmente stupita. “Potrei anche abituarmici.”
-Scendiamo per fare colazione?- chiese lui.
Lo guardò. -Kyle è già sveglio?
-Non lo so, può essere. Ma so cucinare qualcosa, non sono un inetto.- si finse piccato. Lei ridacchiò, distendendo col dito la piccola ruga che gli era comparsa sulla fronte.
Lui ne approfittò per mordicchiarle il polpastrello, in un comportamento che si dissociava assolutamente dalla sua solita immagine di ragazzo freddo e distaccato. Sembrava che avesse occhi solo per lei, quasi fosse sotto incantesimo.
Nonostante tutto, quelle attenzioni erano nuove per lei, e Strawberry non poté impedirsi di arrossire.
Il biondo cercò in tutti i modi di metterla a proprio agio e dopo un po’ lei gli chiese un bacio. L’accontentò e la strinse a sé, assaporando la sua presenza.
Era consapevole del fatto che fosse tutto nuovo, per lei. In un certo senso lo era anche per lui, perché non aveva mai avuto fidanzate vere e proprie: era uscito con un paio di ragazze, ma non erano mai state quelle giuste e c’era stato poco più di qualche bacio.
  Con Strawberry era diverso, voleva coccolarla, stare con lei e fare tutte quelle cose sdolcinate che tanto odiava.
“L’amore non rende stupidi, l’amore rende succubi.”, pensò, lasciandole un bacio sull’angolo della bocca. “Portatemi le catene, sono pronto.”
Restarono a coccolarsi timidamente per circa un’ora. Decisero di scendere quando sentirono Kyle rovistare in cucina, probabilmente all’opera per un nuovo dolce o, più semplicemente, per la colazione.
-Meglio uscire da qui.- suggerì Ryan. Lei annuì.

  Quando li vide scendere insieme, Kyle rimase a bocca aperta.
Passò lo sguardo dall’uno all’altro.
-Mi sono perso qualcosa?- domandò, rivolto ad entrambi. La ragazza arrossì oltre ogni dire, mentre il suo amico gli lanciò un’occhiataccia. –Ok, ho capito. Mi faccio gli affari miei.
-Stai preparando la colazione?- l’americano sviò il discorso.
Lui annuì. –Cosa vi faccio?
-Io vorrei latte e biscotti.- mormorò Strawberry.
Il moro annuì. –Per te caffè, Ryan?
-Sì, ma prendo anche qualche biscotto.- disse. Aveva voglia di dolcezza, quella mattina. Avrebbe potuto anche sopportare quelle galline delle sue compagne senza irritarsi.
In poco si ritrovarono davanti ogni genere di leccornia: dai biscotti secchi a quelli ripieni di crema e cioccolato.
La rossa ridacchiò. –Ma siamo solo tre.
-Oh, sono nuove ricette. Assaggiateli e ditemi che ne pensate.- sorrise.
Lei annuì, agguantando un grosso biscotto farcito con gocce di cioccolato. Lo morse e lo guardò stupita. –Buono, cos’è?
-Cookies. Una ricetta americana.- le spiegò. –Li preparava sempre…- si bloccò.
-Mia madre.- concluse Ryan, lasciandosi sfuggire una smorfia.
-Scusa.- mormorò lei, sfiorandogli il braccio. Scosse la testa, rassicurandola.
Strawberry fu la prima a finire e schizzò in camera per cambiarsi.
-Cavoli, fa proprio miracoli.- commentò il cuoco, colpito.
-Cosa?- l’amico si voltò a guardarlo, un biscotto tra le mani. L’altro lo indicò. –Io…?
Scosse la testa, divertito. –Strawberry. Quello è già il terzo biscotto.- gli fece notare. Il ragazzo abbassò lo sguardo e rise.
-Ho voglia di dolcezza.- ammise, leggermente imbarazzato.
-Era ora.
Mentre parlavano, sentirono qualcuno bussare alla porta principale. Si guardarono, perplessi.
-Vado io.- disse Kyle, dato che era vestito. Ryan indossava ancora la tenuta da notte, ossia un paio di pantaloni smessi e una maglia.
Era scalzo e se ne stava bellamente coi piedi a contatto del pavimento freddo.
-Chi è?- sentì chiedere il moro.
Fece per affacciarsi quando una voce conosciuta disse:-Mark.
Si bloccò. “Cosa fa qui?”, si chiese. Addio serenità, benvenuta irritazione.
-Cosa fai qui?- chiese il moro.
-Ero passato a prendere Strawberry, ma sua madre mi ha detto che stanotte ha dormito qui.- spiegò. Sembrava confuso. –E’ già pronta?
-Vado a controllare.- gli disse. -Entra pure.
Il ventunenne si voltò, sperando di non trovare Ryan con uno sguardo omicida. Quando passò per la cucina lo vide fissare intensamente il proprio caffè, sul viso un’espressione che non prometteva niente di buono.
-Strawberry!- chiamò.
-Sì?
-Nel salone c’è Mark. Ha detto che è venuto a prenderti.- le disse.
La porta della camera si spalancò di colpo. -Mark?!
Lui annuì, preoccupato. Sembrava sconvolta.
Recuperò tutto l’occorrente per la scuola e corse verso la sala. Quando passò per la cucina, però, Ryan la fermò.
-Sistema le cose con lui, ti aspetto sul retro.- le disse. I suoi occhi con ammettevano repliche.
Lei si morse il labbro inferiore.
Non sapeva cosa fare, o meglio, lo sapeva ma non ne aveva il coraggio. –Non posso…- disse in un soffio.
Lo vide fissarla confuso, ma non gli diede tempo di parlare.
Raggiunse Mark e lo salutò, sorridendo forzatamente. –Andiamo?- chiese, impaziente.
  Lui annuì e si avviarono.
Il biondo si affacciò alla finestra della cucina, che dava sul vialetto d’ingresso. Li vide camminare mano nella mano; lei chiacchierava, sorridente.
In un moto di rabbia scagliò a terra la tazza che ancora reggeva in mano, schizzando di caffè il pavimento.
Mai fidarsi del proprio cuore, l’aveva sempre detto.
“Sono stato preso in giro per l’ennesima volta.”, pensò risentito.

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Capitolo 22
*** Cap. 21 Piano d'azione ***


Cap. 21 Piano d'azione
Questo è l'ultimo aggiornamento programmato, come avevo annunciato già da un po'. Mi dispiace moltissimo :( Il capitolo non è lunghissimo, circa sette pagine, ma succede una cosa molto importante... che vi lascerà in sospeso. Proverò ad aggiornare il prima possibile!
Buona lettura! :)


Cap. 21 Piano d’azione


  Quando era arrivata al Cafè, quel pomeriggio, temeva di poter incontrare Ryan.
Non sapeva davvero cosa dirgli per giustificare la sua fuga con Mark, poche ore prima. Il problema, però, non si pose: il biondo la evitò per l’intera durata del servizio.
Strawberry sapeva che era interamente colpa sua, ma aveva paura di parlargli. Temeva che le avrebbe urlato in faccia, risentito.
“E come dargli torto?”, si chiese, svestendosi.
-Strawberry, tutto ok?- le chiese Lory. Spostò lo sguardo dall’armadietto e se la ritrovò di fianco. Era preoccupata.
Alzò la testa e vide che anche le altre la stavano fissando, in attesa.
Ridacchiò, nervosa. –Sì, perché?
-Cos’è successo tra te e Ryan?- la voce di Mina era tagliente come una lama.
Si morse l’interno della guancia. –N-nulla.- non era per niente brava a mentire. “Stupida!”, si rimproverò.
-La smetti di raccontarci balle?- sbottò la mew bird.
Lei allora sospirò. –Non posso dirvelo, mi dispiace. Ho fatto un casino, tutto qui.- mormorò, chiudendo l’armadietto.
-Vedi di sistemare le cose. Ryan non merita tutto questo.- le disse Pam. Si scambiarono un’occhiata e la rossa rabbrividì. Negli occhi della compagna lesse, a chiare lettere, il rimprovero per quello che aveva fatto.
Qualsiasi cosa fosse.
-D’accordo… ci proverò.- annuì. Le salutò e poi si avviò verso casa. Fortunatamente Mark era impegnato con gli allenamenti. Non ce l’avrebbe fatta a sorridergli, fingendo che andasse tutto bene.
“Ti ci sei messa tu, in questo guaio.”, le ricordò la sua coscienza.

-Allora, che cosa succede?- Lucas si appoggiò allo stipite della porta.
Ryan e Kyle stavano ricontrollando alcuni dati al pc.
Il moro alzò lo sguardo, mentre il biondo non lo degnò nemmeno di un’occhiata.
-Ryan.- chiamò il dampyr.
-Cosa vuoi?- rispose, sgarbato.
Sospirò. –Cos’è successo?- ripetè. Entrò nella stanza e si sedette su uno dei tavoli liberi da computer.
L’americano scosse la testa, come a voler chiudere la conversazione nemmeno iniziata.
-No, ora me lo dici.- insistette.
-Ho solo preso l’ennesima fregatura, contento?- finì per sbottare il ragazzo. Si era voltato verso di lui e aveva allargato le braccia in un gesto che sapeva di delusione.
-C’entra Strawberry?- domandò. Vide Kyle annuire impercettibilmente con la coda dell’occhio. –Glielo hai detto?
Il diciottenne si passò le mani sul viso. –Sì, gliel’ho detto. E sembrava andare bene…
-Ma…?
-Ma è arrivato Mark. Come sempre.- tagliò corto, tornando a dargli le spalle.
“No, questo è troppo. Qui sta andando tutto a quel paese!”, pensò, arrabbiandosi. Aveva lasciato un po’ di tempo alla rossa, sperando che trovasse il coraggio per sistemare le cose col suo fidanzato. A quanto pareva, aveva combinato un disastro.
“Te l’ho lasciato, ma posso anche prendermelo con la forza.”, si alzò di scatto, facendo sobbalzare il cuoco. –Ci vediamo domani.- disse.
-Non azzardarti a ficcare il naso.- lo minacciò Ryan.
Non rispose, ignorando persino il proprio nome, urlato diverse volte.
“Domani sistemerò tutto. Mi servono solo alcune informazioni.”, pensò, uscendo dal locale.


***

-Non capisco… nessun segnale dalla Mew Acqua. Nessuna azione di Revenge. È tutto troppo calmo.- meditò Profondo Blu.
Il suo potere non era aumentato e continuava a rimanere sospeso in quella dimensione parallela per tutelarsi. I suoi servitori sembravano essere incapaci di trovare anche il più piccolo frammento di cristallo, utile per rendere il suo corpo più solido, più reale.
Digrignò i denti, cercando di trattenere la rabbia.
-Il Cavaliere Blu è come assopito!- scagliò un globo d’energia alle proprie spalle, incurante della direzione che gli aveva dato.
Avvertì distintamente lo schianto e, poco dopo, la colonna riformarsi.
-Quello stupido terrestre sta riuscendo a controllarmi. Non posso permetterlo.- si disse, fermandosi al centro del grande colonnato. –Devo pressarlo… metterlo alle strette. Ma come?
Unì le punte delle dita, pensieroso.
Il controllo del ragazzo si affievoliva quando era preda di emozioni forti, soprattutto negative. Doveva rimanere in ascolto, cercando di approfittare della prossima distrazione.
Era umano, prima o poi avrebbe ceduto ad un eccesso.
 Ghignò soddisfatto, sedendosi sul proprio trono.


***

  Guardò in alto, verso la finestra da cui filtrava la luce.
L’aveva trovato, gli era bastato seguire il naso.
“Avrei dovuto rendermene conto prima.”, si disse, rimanendo nell’ombra. Il fatto che in città ci fosse un dampyr e lui non se ne fosse accorto, era una grave mancanza.
Il suo istinto di sopravvivenza avrebbe dovuto metterlo in guardia.
-E l’ho pure creato io…- disse, disgustato.
Gli era bastato vedere la foto del ragazzo e poi leggere il nome di Cecily, per capire. Non aveva mai amato veramente nessuno nella sua lunga vita, ma lei era stata la cosa più vicina all’amore che avesse mai trovato.
  Non si sarebbe mai aspettato di diventare padre.
Per quanto si sforzasse, la cosa gli risultava ancora incomprensibile. D’accordo, non che fosse ignorante in maniera di procreazione, ma lui era un vampiro.
-E i non morti non concepiscono!- ringhiò, furibondo.
Avrebbe lavato l’onta: avrebbe ucciso Lucas Dryden per pareggiare i conti.
-Così avrò via libera verso Shirogane. Mi è stato promesso il suo sangue e l’avrò.- sollevò di nuovo lo sguardo verso l’edificio.
Ora la luce era spenta.
-Aspettami, Lucas… paparino sta arrivando.


“Potrei fermarlo dopo la scuola… dovrebbe avere gli allenamenti.”, pensò.
Stava osservando pigramente i ragazzi in corridoio. Era l’intervallo e stava meditando sulla miglior strategia d’approccio nei confronti di Mark.
Non che volesse abbordarlo, quello no. Non era proprio il suo tipo.
Voleva parlargli a nome di Strawberry e sistemare una volta per tutte la questione. Anche perché quella situazione era assurda: vedere lei e Ryan ignorarsi (e allo stesso tempo cercarsi inconsciamente) era snervante.
  Con la coda dell’occhio notò il biondo, all’angolo del corridoio. Stava ascoltando alcuni compagni, ma si vedeva che non era veramente interessato a quello che stavano dicendo.
Fissava pensieroso le grandi finestre, cercando di trovare una soluzione.
O di vedere quella stupita gatta dispettosa.
“E fifona”, pensò con un po’ d’irritazione. In verità, tanta.
Si passò una mano tra i riccioli castani, scompigliandoli in un gesto di stizza.
Improvvisamente sentì le urla ed abbassò lo sguardo verso il cortile. La classe del principe del kendo si stava dirigendo in palestra per l’ora di educazione fisica ed era accompagnata dal solito seguito d’ammiratrici.
-Mah. Cosa ci troveranno, in lui?- si chiese. Ryan, notò, aveva distolto lo sguardo.
Seguì i movimenti del moro fino a quando non scomparve all’interno della palestra. “Dopo la scuola.”, decise.
Quando la campanella suonò la fine della ricreazione si avviò verso la propria aula. Non si era mai reso conto che la sua e quella di Ryan erano sullo stesso piano, a mezzo corridoio di distanza.
Era sulla porta quando intercettò lo sguardo del biondo. Gli sorrise, facendo un cenno del capo. L’americano socchiuse gli occhi, sospettoso, ma ricambiò il gesto.
“Oh, mi ringrazierai.”, pensò sedendosi al proprio posto.
Per tutto il resto della giornata meditò su cosa dire a Mark ma, soprattutto, come dirglielo. Non voleva rischiare di scatenare il Cavaliere Blu.
  Quando giunse finalmente la fine delle lezioni, Lucas scattò fuori dall’aula, seminando le sue nuove fans.
Togliere gli occhiali non era stata una buona idea: l’aveva fatto per consolarsi con le attenzioni delle ragazze, visto il rifiuto inconscio di Ryan, ma aveva scoperto ben presto che non erano altro che una seccatura. A volte si sentiva soffocare, circondato da tutti quei corpi, ed era costretto a fuggire in bagno per evitare gesti inconsulti.
  Scese rapidamente le sei rampe di scale che lo separavano dal pian terreno e poi raggiunse la palestra. Era quasi sicuro di trovarlo lì, d’altronde tra poco ci sarebbero state le regionali e Mark era l’asso della scuola.
Sbirciò dentro e lo vide.
“D’accordo. Aspetterò.”, estrasse l’ipod dalla cartellina e si mise seduto a gambe incrociate, la schiena contro il muro.
La neve era stata spazzata via per evitare che la porta si bloccasse, quindi le pietre erano abbastanza asciutte.

  Il cozzare delle spade era cessato e anche le urla dell’allenatore.
Lucas aprì gli occhi e si stiracchiò, spegnendo la musica.
-Che palle… due ore di allenamento…- brontolò, alzandosi e spazzolandosi i pantaloni della divisa.
Girò l’angolo, non volendo farsi vedere dai compagni di Mark. Li osservò uscire, da soli o a coppie e discutere dell’allentamento appena finito: erano fiduciosi.
Per ultimo uscì il fidanzato della rossa.
“Un vero capitano”, pensò, ironico. Sgusciò fuori dal suo nascondiglio e gli si parò davanti. –Mark, ciao.
Il ragazzo si bloccò, fissandolo stupito. –Lucas… che fai qui?- chiese.
-Ho bisogno di parlarti.- gli disse.
Il moro lo guardò in silenzio, soppesando le sue parole. Notò una punta di sospetto nei suoi occhi castani. –D’accordo.- concesse infine.
-Facciamo due passi?- propose il dampyr.
-Va bene qui. Oggi non devi andare al Cafè?- s’informò.
“Dannazione!”, se n’era dimenticato. –No. Oggi no.- mentì su due piedi. Sicuramente Ryan stava camminando avanti e indietro per il salone, imprecando mentalmente contro di lui. Si sarebbe scusato, in un modo o nell’altro.
Ma ora doveva occuparsi di Mark.
-Di cosa devi parlarmi? Si tratta del progetto? Ci sono novità?
Ritornò a prestare attenzione al proprio interlocutore e scosse la testa. –No, si tratta di Strawberry.- precisò.
Il moro si fece serio e guardingo. –Cosa c’entra lei?
-Come direbbero gli americani “Houston, abbiamo un problema.”- disse, sarcastico. L’altro non sembrò apprezzare la battuta. –A parte gli scherzi, un problema c’è. Sul serio.
-Che tipo di problema? È malata? Non si trova bene con le ragazze? Ha problemi a scuola?- domandò, confuso. Erano tutte domande lecite e anche abbastanza comuni: nessun fidanzato si sognerebbe mai di pensare, spontaneamente, di non essere più gradito.
Sospirò. –No, niente del genere.
Mark, allora, sembrò capire. –Ryan.- disse solo.
“Mhm… non mi sembra gli vada molto a genio.”, realizzò Lucas. –Sì… riguarda anche lui.
-Lucas, non girarci attorno.- la sua voce si era fatta più bassa.
-Non osare arrabbiarti, non ho voglia di fare a cazzotti col Cavaliere.- lo avvertì. Il ragazzo sembrò rendersi conto della piega che stava prendendo la situazione e raddrizzò le spalle, rilassandole leggermente.
-Sì, lo so. Ci sono, è tutto sotto controllo.- si passò una mano tra i capelli leggermente sudati.
-L’altro giorno, per caso, ho sentito Strawberry parlare del vostro appuntamento…- iniziò. Meglio prenderla alla larga, avrebbe avuto più spazio di manovra nel caso la chiacchierata volesse degenerare in urla e colpi di spada.
-Con chi ne stava parlando?
-Con le ragazze, ovviamente. Sono donne.- rispose.
Gli occhi di Mark rimasero seri e fissi su di lui. –Ok… ma non capisco il problema. È una cosa che riguarda noi due.- ammise.
L’europeo annuì, dandogli ragione. –Sì… non fosse che avete un problema.
Questa volta il giovane si accigliò, veramente perplesso. –Un problema?
-L’ho sentita dire che il bacio… insomma, non ha sentito niente, quando vi siete baciati.- sputò il rospo.
Lo vide sgranare gli occhi, sconvolto. Non se l’era proprio immaginato.
“E adesso arriva il difficile.”, pensò. Come poteva dirgli che Strawberry si era resa conto di provare qualcosa di più per Ryan senza farlo andare su tutte le furie?
-E perché me lo stai dicendo tu? Perché non me lo ha detto lei?- Mark strinse febbrilmente i pugni, fino a piantarsi le unghie nella carne.
-Lei non vuole ferirti.- mormorò.
-Cosa c’entra Ryan in tutto questo? Ne ha parlato anche con lui?- la sua voce salì di tono.
Lucas scosse la testa. –No, per carità. Lui non è proprio la persona più adatta, per queste cose.- agitò la mano, come per far svanire quel pensiero dalla sua testa.
-E allora cosa?- sbottò esasperato l’altro. Dentro di sé sentiva l’alieno agitarsi, risvegliato dalle sue emozioni. Chiuse gli occhi, tentando di mantenerlo sotto controllo.
-A Strawberry piace Ryan. E a lui piace lei. Ce n’eravamo resi conto tutti a parte loro. Lei lo ha capito dopo il vostro bacio.- la bomba era stata sganciata.
Ora bisognava aspettare lo scoppio.
Mark sentì la gola seccarglisi tutto d’un colpo. Spalancò letteralmente gli occhi, incredulo di fronte alle parole del ragazzo. Non era possibile. Non era assolutamente possibile che i suoi dubbi fossero fondati.
Strawberry non si sarebbe mai lasciata abbindolare da un bel visino.
“E invece sì”, gli disse una voce dentro di sé. Non era la sua coscienza, ormai sapeva a chi apparteneva.
Scosse la testa: doveva rimanere presente a se stesso.
-Mark…?
Non rispose, digrignando i denti per lo sforzo. Il Cavaliere voleva uscire, lo sentiva premere contro i limiti del proprio corpo.
“Ti ha tradito. Ti ha sempre detto che non le interessava… invece.”, continuò l’alieno.
-Smettila.- sibilò.
Lucas arretrò leggermente, pronto a combattere. Vedeva i segni della trasformazione in atto.
“Non doveva succedere!”, pensò. Non aveva armi con sé, non sarebbe riuscito a nascondere una katana sotto la giacca della divisa.
“Lasciami uscire. Sfogati.”, quell’invito era allettante, seducente. Mark scosse nuovamente la testa, con più forza. –No… smettila…
-Controllati.- avvertì la presa di Lucas sul braccio. Era teso, ma aveva anche una notevole forza.
“Perché ti ostini a combattermi? Io non sono nato per fare del bene.”, la voce assunse un tono irritato, pressandolo ancora di più.
Il ragazzo tentò di opporsi con maggior convinzione, ma la rabbia stava prendendo il sopravvento.
La volontà di Profondo Blu approfittò di una crepa nella sua volontà e vi scivolò attraverso, imprigionando la coscienza del giovane e spingendola lontano, negli abissi del suo Io.
Si liberò con un urlo.

  Lucas balzò indietro, accucciandosi sul pavimento lastricato.
Il Cavaliere Blu era apparso e non sembrava avesse nessun intenzione di comportarsi da difensore della città. Voleva far del male a lui e, presumibilmente, anche a Ryan.
-Strawberry non sceglierebbe mai lui.- disse l’alieno, con voce distorta. Era quella di Mark, ma al tempo stesso non gli apparteneva.
-Perché no? Anche Ryan è un essere umano, ha dei sentimenti.- lo difese.
In risposta il suo avversario sguainò la spada.
“Fantastico. Ora devo evitare di fare danni.”, si disse. Non voleva arrivare allo scontro, anche perché avrebbe potuto far seriamente del male a Mark. -Non ho nessuna intenzione di combattere.- gli disse, cercando di suonare convincente.
L’alieno sorrise, sprezzante. –Dovevi pensarci prima di farmi arrabbiare.
-D’accordo, ma poi non dirmi che ti ho fatto male.- si piegò sulle gambe, pronto a scattare. Ok, non era armato, ma le sue abilità di semi vampiro sarebbero state sicuramente d’aiuto.
  Si scrutarono un po’, in silenzio.
Fortunatamente la scuola era deserta… non fosse per uno spettatore in cima al tetto.
Revenge salì sulla ringhiera del parapetto, guardando in basso. Il vento invernale gli passava tra i capelli, facendoli schioccare per tutta la loro lunghezza.
Le cose si stavano facendo interessanti, considerando che aveva due conti in sospeso: uno con Lucas e uno col suo nuovo “datore di lavoro”, Profondo Blu. Gli era stava servita la vendetta su un piatto d’argento.
Sorrise al pensiero di poter affondare le unghie in quei corpi, così caldi e vitali.
“Aspettiamo che si indeboliscano a vicenda.”, pensò, accucciandosi ed afferrando il bordo col le dita lunghe e affusolate.
Il dampyr fece scattare la testa di lato, colpito da un odore insolito. Scrutò i dintorni per qualche istante, ma l’improvviso scatto dell’alieno assorbì tutta la sua attenzione.
  Gli bloccò le braccia all’altezza dei polsi, deviando la spada verso la propria spalla. Con una torsione del busto si portò alla sua destra e gli sferrò una ginocchiata al fianco, facendogli buttar fuori l’aria dai polmoni con un gemito.
Il biondo impugnò la lama con una mano sola e portò l’altra al collo del riccio, stringendo con forza.
Lucas lo fissò negli occhi, di un azzurro così intenso da ricordare quelli di Ryan. Scosse la testa e si liberò, riguadagnando una distanza di sicurezza con una capriola.
-Sei forte.- commentò il suo avversario.
-Anche tu non sei male.- concesse, sorridendo.
Il Cavaliere si sollevò in aria per avere un margine di vantaggio sul proprio avversario.
-Posso attaccarti comunque.- lo avvertì Lucas, divertito da quel piccolo spettacolino. Non sapeva volare, era vero, ma poteva raggiungere altezze notevoli con un solo salto.
E, per dimostrarglielo, si diede una spinta. Si avvitò in aria e sferrò un calcio diretto verso un ginocchio. Quello lo parò di piatto, con la spada e lo respinse.
Si lasciò cadere a terra, ma solo per darsi un’altra spinta con le braccia e tornare all’attacco. Lo colse di sorpresa e lo colpì poco sotto il mento.
Atterrò sulle quattro zampe e lo fissò, ghignando. Un piccolo rivolo di sangue gli colava da un taglio alla gola.
-Visto?- lo sbeffeggiò.
Il Cavaliere assottigliò gli occhi e si scagliò contro di lui.

  Se le stavano dando di santa ragione quando Revenge decise di agire.
Mise un piede nel vuoto e si lasciò cadere, semplicemente.
Atterrò con la grazia di un felino e scattò verso i due contendenti. Nell’esatto istante in cui i due si separarono per prendere fiato, lui attaccò il Cavaliere. Lo spedì a terra con forza, facendolo impattare nella neve ghiacciata.
Lucas fissò la scena sbalordito.
“Ecco il perché dell’odore!”, realizzò. Suo padre li aveva osservati dall’inizio dello scontro e lui non se n’era reso conto, non dando retta al suo istinto di cacciatore. –Stupido.- si rimproverò.
Il vampiro si voltò lentamente verso di lui. –Sì, lo sei stato. Ma prima mi occuperò dell’alieno, non ti preoccupare.- gli sorrise.
  Lui s’irrigidì, fissandolo con sguardo inespressivo.
Non provava nessun tipo di affetto filiale per quell’uomo, anzi, lo odiava per aver lasciato morire sua madre senza fare nulla.
Decise di intervenire: non poteva permettergli di far del male a Mark. Perché, ne era certo, il ragazzo c’era ancora, da qualche parte.
Saltò sulla schiena di Revenge, aggrappandosi il più saldamente possibile. Tentò di immobilizzargli il collo, ma il non morto lo afferrò per un braccio e se lo tolse di dosso, mandandolo a volare lontano.
Si avvitò in aria e riuscì ad atterrare senza troppi danni, anche se strofinò la coscia destra contro il terreno.
Sibilò per la spiacevole sensazione di calore e si rimise in piedi.
-Sei un po’ lento.- l’uomo gli lanciò un’occhiata da sopra la spalla, avvicinandosi poi al Cavaliere. L’alieno aveva parte della giacca strappata e sanguinava da un taglio al fianco.
Non perse tempo e si slanciò nuovamente contro Revenge.
Questa volta riuscì a mandarlo a terra, colpendolo dritto alle reni. Il vampiro rotolò per qualche metro, poi si rialzò sibilando.
-Non ti intromettere.
-Non lo ucciderai. Non te lo lascerò fare.- gli disse.
Ghignò, divertito. -E come? Non hai nessun’arma con te.
Lucas non colse la provocazione e fece scattare l’articolazione della mascella, infastidito. –Basteranno le mie capacità.
-Questo l’hai preso da me.- considerò la creatura.
-Non paragonarmi a te!- ringhiò, gettandosi contro di lui. Nell’esatto istante in cui stava per colpirlo con un pugno, la spada del Cavaliere Blu trapassò il corpo di Revenge, conficcandosi nel suo fianco.
Spalancò gli occhi, lasciandosi sfuggire un gemito.
-Oh, mossa interessante.- commentò il vampiro. Afferrò la lama, per nulla disturbato dalla sua presenza e la divelse a forza dal corpo di suo figlio e dal proprio.
Lucas cadde a terra, boccheggiando.
L’immortale, invece, si voltò a fronteggiare l’alieno.
-Tu non mi ucciderai, Revenge.- a parlare era stata la voce di Profondo Blu, lo riconosceva.
-Tu credi?
Piegò le dita ad artiglio e gli avventò contro. Ci fu breve scambio di colpi e si udirono rumori metallici provocati dal cozzare della lama con le unghie del vampiro.
Ad un certo punto, però, il Cavaliere si ritrovò immobilizzato a terra, disarmato. Revenge lo sovrastava, per nulla affaticato.
-E’ ora di dirsi ciao.- scoprì le zanne e si chinò su di lui.
Quando capì cosa stava per fare, Lucas si alzò e tentò di fermarlo. Lo afferrò per i fianchi nel momento in cui lui affondava i denti nel collo dell’alieno.
Quello lanciò un urlo terribile, spalancando la bocca per il dolore. Il dampyr trovò i bordi della vecchia ferita che aveva lasciato al suo avversario e vi infilò le dita, riaprendola.
Anche Revenge si trovò così ad urlare.
Con un gesto di rabbia lo afferrò per i capelli e lo scaraventò nella neve. Il ragazzo atterrò malamente, sbattendo il fianco ferito.
Fu così che si ritrovarono tutti e tre a contorcersi a terra.

  Il primo a riprendersi fu Revenge.
Si rimise in piedi e lanciò un sibilo in direzione di suo figlio. Poi si voltò a guardare l’altro avversario e sorrise.
Aveva ucciso il Cavaliere Blu, assorbendo l’essenza vitale di Profondo grazie alle sue abilità di vampiro.
“Ora puoi essere ucciso, stupido alieno.”, pensò, alzando lo sguardo al cielo. Non gli era mai piaciuto farsi comandare, nemmeno se significava avere cibo gratis.
-Ci rivedremo.- disse, rivolto a Lucas.
E scomparve.
L’europeo si sollevò lentamente, sentendo la ferita sanguinare. Il flusso di sangue stava lentamente diminuendo, ma ci avrebbe messo un po’. Era pur sempre stato attaccato da un vampiro, dampyr e vampiri erano mortali gli uni per gli altri.
Arrancò fino a Mark, immobile nella neve.
La ferite che gli aveva procurato Revenge sanguinavano abbastanza copiosamente, ma il vero problema era che era incosciente.
Tremava e aveva il segno del morso ben visibile sul corpo.
Lucas si bagnò il dito con un po’ di saliva e glielo passò sul segno che, poco dopo, scomparve. Gli era più facile curare gli altri che se stesso.
-Mark… mi senti?- si chinò su di lui. Non gli rispose e sembrava in stato di shock. –Dannazione!
Lo sollevò attentamente e poi si mise a correre verso l’ospedale, pensando già a cos’avrebbe dovuto inventarsi per giustificare le loro ferite.


***

  Profondo Blu crollò a terra, contorcendosi.
I tre fratelli comparvero immediatamente nella grande sala.
-Signore, cosa vi succede?- Pie gli si inginocchiò a fianco, preoccupato. L’uomo non rispose, il viso coperto dai lunghi capelli neri.
L’alieno dai capelli viola scambiò un’occhiata coi famigliari, confuso.
-Siete stato attaccato?- domandò Quiche.
In risposta ebbe un urlo, ringhiato tra i denti. Il loro capo artigliò il pavimento, come se potesse veramente afferrarlo.
Attese che il dolore passasse, ma era come se gli avessero amputato un arto. Si sentiva sanguinare, una parte della sua essenza era stata brutalmente recisa, strappata.
-Revenge…- sibilò.
I tre si fissarono, ancora più confusi di prima.
-Dobbiamo chiamarlo?- azzardò a chiedere Pie.
Profondo Blu sollevò di scatto la testa e mostrò loro il risultato dell’azione del vampiro. Metà del suo corpo aveva perso consistenza, divenendo praticamente trasparente.
-Io lo ammazzo!- ringhiò, spazzando il terreno col lungo abito.
Gli alieni si allontanarono per evitare di essere colpiti.
-Andate a cercare l’Acqua Mew. Muovetevi!- vociò, alzandosi in piedi a fatica. Nessuno dei presenti fiatò e si limitarono a sparire.
L’alieno dagli occhi di ghiaccio fissò un punto imprecisato davanti a sé, nero di rabbia.
-Giuro che ti ammazzerò, fosse l’ultima cosa che faccio. Nessuno mi si ritorce contro, nemmeno tu, Revenge.


***

  Lucas si trovava nel pronto soccorso con una voluminosa medicazione al fianco.
Estrasse il cellulare e compose il numero del Cafè.
Rispose Lory. –Pronto?
-Lory, sono Lucas, potresti passarmi Kyle?- le chiese, massaggiandosi le tempie. La luce dei neon gli dava fastidio.
Sentì la ragazza parlare con qualcuno e poco dopo la voce di Ryan domandò:-Dove sei finito?
Era un tantino alterato.
-Non ora. C’è un problema.- tanto valeva dirlo a lui.
Lo sentì farsi attento. –Quale?
-Revenge mi ha attaccato. Ero con Mark. Credo abbia assorbito ed eliminato il Cavaliere Blu. Ora siamo in ospedale, il ragazzo è in stato di shock.- spiegò.
Silenzio.
Aprì gli occhi e controllò che non fosse caduta la linea. –Ryan?
-Ci sono. Arriviamo.- e mise giù.
“Strawberry mi ucciderà.”, pensò, lasciandosi andare contro lo schienale della scomoda sedia in plastica su cui era seduto.
Arricciò il naso, tentando di ignorare l’odore di disinfettante e sangue che impregnava quel posto. Qualcuno aveva macchiato la leggera imbottitura della seduta al suo fianco e il sapore ferrigno gli riempiva la bocca.
Si spostò, infastidito.
La sua telefonata aveva portato un bel po’ di scompiglio al Cafè.
-Ryan, che è successo?- chiese Kyle, vedendolo pallido.
Il biondo si riscosse, fissandolo. –Ha chiamato Lucas.- disse solo.
-Oh, bene. Dov’è finito?- portò le braccia ai fianchi, in attesa della brillante giustificazione. Vide l’amico scuotere la testa.
-Lui e Mark sono stati attaccati da Revenge. Ora sono all’ospedale.- comunicò.
Strawberry, che in quel momento stava uscendo dalla cucina per consegnare un ordine, fece cadere tutto quello che aveva nel vassoio.

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Capitolo 23
*** Cap. 22 Con occhi diversi ***


Cap. 22 Con occhi diversi
Non so come, ma sono riuscita a scrivere un nuovo capitolo... non potevo lasciarvi così, senza dirvi cosa sarebbe successo.
Be', sono quasi sicura che anche dopo la fine di questo penserete la stessa cosa, però XD Prometto che farò il possibile per aggiornare, ma dopo solo una settimana di lezione sono già piena fino ai capelli .-.
Spero che vi piaccia, buona lettura :)



Cap. 22 Con occhi diversi


-Cos’è successo?- domandò la ragazza.
Kyle e Ryan la fissarono, in difficoltà. Le altre stavano servendo, quindi non avevano ascoltato il breve scambio di battute tra i due.
-Nulla.- tagliò corto il biondo.
Lei lo guardò malissimo, socchiudendo gli occhi castani. –Cos’è successo?- ripetè, scandendo bene le parole.
Il moro allora sospirò. –Lucas e Mark sono stati attaccati da Revenge.- iniziò.
Annuì, facendogli segno di continuare. –Poi?
Lui scambiò un’occhiata con l’amico. –Sono in ospedale e Mark è sotto shock.- rivelò infine Ryan.
Strawberry si portò le mani alla bocca. –Oddio, allora ho sentito bene!- gemette.
-Per favore, stai calma.- Kyle le si avvicinò, preoccupato.
-Calma…? Il mio fidanzato è all’ospedale in stato di shock! E chissà come sta Lucas… non posso calmarmi!- la sua voce stava diventando isterica.
Con la coda dell’occhio, il proprietario del Cafè vide alcuni clienti voltare la testa verso di loro. –Kyle… andate in cucina. Ci penso io, qui.- disse solo.
Il ventunenne gli lanciò un’occhiata, poi annuì, portando la mew con sé.
-Ryan… che succede?- Pam gli si avvicinò, rapida e discreta.
-Dobbiamo chiudere il locale.- comunicò. Mina li raggiunse, attirata dal loro parlottio. Il biondo la intercettò prima che potesse fare qualsiasi domanda. –Aiutami.
Rimase a fissarlo, perplessa, ma un’occhiata della modella la distolse dal protestare. Lory e Paddy si aggregarono al gruppo subito dopo.
Iniziarono a diffondere la notizia della chiusura anticipata tra i clienti, scusandosi per il disagio.
-Ma insomma, si può sapere cos’è successo?- sbottò la mora, una volta congedate tutte le persone.
Ryan la fissò, valutando il suo atteggiamento. Infine disse:-Mark e Lucas sono stati attaccati e ora sono all’ospedale. Mark è grave.
Lory sgranò gli occhi, sconvolta. –Strawberry lo sa?- chiese.
Lui annuì. –E’ di là con Kyle.
Le ragazze si precipitarono in cucina, senza nemmeno aspettare un invito.

-Ma sei veramente sicuro che abbia detto “sotto shock”?- chiese, per l’ennesima volta.
Kyle confermò, anche se a malincuore.
-Strawberry…- si sentì mormorare. I due si voltarono e trovarono tutte le ragazze sulla soglia. Fece per dire qualcosa, cercando di non farle preoccupare, ma loro la circondarono e la abbracciarono.
Arrossì, imbarazzata per quella dimostrazione d’affetto.
-Grazie.- le strinse, lasciandosi avvolgere dal loro calore e affetto. Quando sollevò gli occhi trovò il biondo a fissarla. Non le disse niente, si limitò ad osservare la scena.
Rimasero così per un po’, fino a quando la rossa non fu libera.
-Possiamo andare in ospedale? Dovremmo avvertire i suoi genitori…- disse Lory. Tutti concordarono su entrambi i punti.
-Non credo che Lucas li abbia avvertiti, non li conosce.- mormorò la mew neko.
-Se vuoi posso farlo io.- si offrì Kyle. Lei scosse il capo, dicendo che ci avrebbe pensato personalmente.
-Bene, allora… noi andiamo a controllare e…- iniziò Ryan.
Mina si fece avanti. –Eh, no. Veniamo anche noi.- disse, decisa. La fissò e poi scrutò anche le altre: erano tutte dello stesso parere.
-D’accordo. Allora ci troviamo all’ospedale, nell’ingresso.- decise, passandosi una mano tra i capelli.
-Quale ospedale?- s’informò Pam.
-L’Aiiku.
Annuirono e si affrettarono a scendere di sotto per cambiarsi. Rimase solo Strawberry.
-Sicura di sentirtela?- il moro le si avvicinò, posandole una mano sulla spalla. Ryan si mantenne a distanza, non sapendo cosa dire. Non era bravo a consolare le persone.
Lei alzò la testa e guardò il cuoco. –Sì… io… sì, credo di sì.- mormorò, stringendo tra le mani il cellulare.
-Ok. Noi ti aspettiamo fuori.- le disse, accennando un sorriso.
-Io vi aspetto là. Accompagnala tu, Kyle.- annunciò il biondo, infilandosi la giacca.
Il ragazzo fece per protestare, ma notò lo sguardo dell’amico: era combattuto perché voleva aiutare Strawberry, ma al tempo stesso si sentiva ferito dal suo precedente comportamento.
Si limitò a fare un cenno col capo e poi si voltò verso la ragazza.
Aveva avviato la chiamata e si stava mordendo il labbro inferiore, in ansiosa attesa.

  Fu il primo ad arrivare.
Viaggiando su due ruote ad una velocità prossima agli 80 km/h era abbastanza semplice scivolare indisturbati nel traffico di Tokyo.
Si diresse a grandi falcate presso il banco d’accettazione e chiese del reparto di terapia intensiva. L’infermiera alzò il capo per rispondergli e rimase a fissarlo basita per qualche istante.
-Per favore, sono di fretta.- la esortò.
Quella si riscosse e gli diede il numero del piano. Ringraziò e si affrettò a prendere le scale, non volendo attendere l’arrivo dell’ascensore.
Quando arrivò nel corridoio d’aspetto, vide Lucas. Il ragazzo aveva le gambe stese davanti a sé e la schiena appoggiata malamente alla sedia.
Sembrava addormentato, anche se era quasi sicuro che non lo fosse.
-Lucas.- chiamò.
Le palpebre si sollevarono e gli occhi verdi del giovane lo trovarono. Si mise in piedi con un movimento fluido. –Ryan…- mormorò.
-Come stai? Tutto ok?- gli si avvicinò, scrutandolo in cerca di ferite evidenti.
Lui sorrise della sua preoccupazione. –Sono quasi nuovo. Ho tenuto la medicazione per non insospettire nessuno. Un giorno e sarò come prima.- riferì.
-Mi fa piacere.- disse, pratico, l’altro. –Mark?
Si rabbuiò. –Non lo so. L’hanno ricoverato d’urgenza.- ammise.
-Dimmi cos’è successo, per filo e per segno. Tra poco Strawberry sarà qui e darà di matto, poco ma sicuro.- lo esortò.
  Lucas annuì e fece come gli era stato chiesto.
Dieci minuti dopo, Ryan lo stava fissando pensieroso. –Quindi… ora il Cavaliere non esiste più? Revenge lo ha assorbito?- ricapitolò.
Il dampyr annuì. –Voi avevate supposto che fosse una parte di Profondo Blu, giusto?- domandò. Il biondo annuì. –Bene. Credo che… mio padre abbia voluto fargli sapere che non è il galoppino di nessuno.
-Non mi piace essere in debito col nemico. Soprattutto se è un vampiro e vuole ammazzarmi.- commentò il ragazzo.
-Ti capisco.
L’americano si guardò intorno, cercando con lo sguardo le ragazze.
-Pam sta arrivando, è qui sotto. Le altre non sono ancora qui.- gli riferì l’europeo. Lui lo fissò stupito, ma poi annuì. D’altronde era una creatura soprannaturale, era normale che avesse un udito molto fine.
-Se dovesse succedere qualcosa…- si passò una mano sul viso, lasciandosi cadere su una sedia.
-Andrà bene.- tentò di rassicurarlo Lucas. Ryan sollevò un angolo della bocca, per nulla convinto. –Be’, meglio di niente, no?
-Meglio di niente. Ora dovrò solo affrontare Strawberry.- mormorò, appoggiando la nuca al muro.

  Le ragazze arrivarono nei successivi venti minuti e si raccolsero attorno a Lucas, nell’attesa di avere notizie.
I genitori di Mark erano arrivati con la paura negli occhi e il giovane europeo aveva cercato di fare del suo meglio per tranquillizzarli.
  Si era aggregata anche Strawberry, anche se era un po’ disorientata. D’altronde era comprensibile, in una di quelle camere d’ospedale giaceva il suo fidanzato.
Dopo aver formulato quel pensiero, Ryan fece una smorfia.
“Non è il momento.”, si disse.
Scosse la testa e si concentrò sui discorsi d’incoraggiamento delle ragazze e sull’ansia che avvertiva nella voce della rossa.
-Vieni qui.- le disse, ad un certo punto. Tutte le voci si spensero e lei si voltò a fissarlo. Lui annuì, confermando le proprie parole con un gesto d’invito.
La mew gli lanciò un’occhiata perplessa.
-Non ti mordo, su.- suonò un po’ troppo scocciato. La vide già pronta a ribattere, ma sembrò ripensarci e gli si avvicinò, sedendosi nella sedia accanto alla sua.
-Cosa vuoi?- chiese, cauta.
Era già abbastanza in ansia, non era proprio il caso che ci si mettesse pure lui con le sue provocazioni.
Senza una parola Ryan l’attirò a sé e la fece appoggiare alla propria spalla, coprendole gli occhi con la mano.
-Ehi, ma che fai…?- sollevò le mani per liberarsi.
Il biondo si sporse verso di lei. –Calmati. Sfogati, se ne hai bisogno.- sussurrò. Era l’unica cosa che poteva fare, in quel momento. Anzi, era l’unica cosa che potevano fare: lei sfogarsi e lui consolarla.
  Strawberry si rilassò un poco, inspirando involontariamente il suo odore.
Poi, improvvisamente, tutta l’agitazione e la paura accumulate esplosero in un fiume di lacrime e lei si ritrovò a cercare rifugio nell’incavo del suo collo, il viso nascosto dai suoi capelli biondi come il grano.
  Nessuno parlò e l’americano si limitò a tenerla vicino a sé, in silenzio.
Quando Kyle li raggiunse, li trovò ancora nella stessa posizione. Le ragazze si erano messe a parlare tra di loro oppure con Lucas.
-Novità?- chiese, dopo una piccola esitazione. Ryan sollevò la testa e fece un segno di diniego.
In quel momento le spalle di Strawberry si rilassarono del tutto e la ragazza si spostò lentamente. Lei e il biondo si scambiarono un’occhiata e lei mormorò un grazie a fior di labbra, alzandosi per andare a prendere qualcosa da bere.
-Speriamo bene.- si augurò Paddy, osservando l’amica allontanarsi. Il cuoco si sedette, abbracciando con uno sguardo tutti i presenti.
-Lucas, cos’hai detto per giustificare le vostre ferite?- gli domandò. Ryan raddrizzò la schiena, dandosi del cretino per non aver posto quella domanda.
  Il dampyr si voltò a guardarlo, smettendo di ascoltare i rumori al di là della porta a doppio battente che li separava dalle stanze da letto.
-Be’… ho detto che siamo stati assaliti da un gruppo di ragazzi. Erano tutti incappucciati, quindi nessuno di noi due li ha visti. Abbiamo rifiutato di dar loro i soldi e si sono vendicati.- fece spallucce, riassumendo la versione ufficiale data ai medici del pronto soccorso.
Kyle valutò la risposta in silenzio. –Bene… ottima scelta. La rapina è plausibile.- mormorò, approvando.
Stava per dire altro, quando il riccio si mise sull’attenti, puntando lo sguardo alla propria destra.
Un battente a vetri si aprì, lasciandone uscire quelli che, a prima vista, sembravano i genitori di Mark. La coppia si bloccò, ritrovandosi a fissare quel piccolo gruppo di persone.
-Salve.- Ryan si fece avanti, anticipando il suo amico di sempre.
-Salve…- rispose l’uomo, leggermente disorientato.
-Siete gli amici di Mark? C’è anche Strawberry?- chiese la signora Aoyama.
Il biondo annuì. –Come sta?
I due si scambiarono un’occhiata. –Per ora sta dormendo. Non è in pericolo di vita, anche se lo shock è stato un duro colpo per il suo corpo. Lo terranno in osservazione per un paio di giorni…- rispose il padre.
-Ha riportato danni di qualche genere?- s’informò l’americano.
-Il medico che l’ha in cura si è detto preoccupato circa l’encefalogramma, ma non sappiamo nulla per certo.
Il ragazzo annuì nuovamente, abbassando lo sguardo sul pavimento.
Con la coda dell’occhio vide la mano del signor Aoyama raggiungerlo. –Vi ringraziamo per la vostra presenza.- disse.
-Non deve ringraziare noi, ma Lucas. Era con lui al momento dell’aggressione.- gli indicò il compagno.
L’uomo allora lo raggiunse e gli fece un profondo inchino, che il giovane ricambiò impacciato. Sua moglie rimase a fissare Ryan. –Tu sei il proprietario di quel Cafè tutto rosa, vero?- gli chiese.
Annuì. –Sì, lavoriamo tutti lì.- confermò.
-Mi fa piacere che tu sia amico di mio figlio, mi sembri un bravo ragazzo.- gli sorrise. Lui fece per protestare, desideroso di chiarire il tipo di rapporto che aveva con Mark, ma si trattenne. Non era proprio il caso di dire alla madre che non lo trovava esattamente simpatico.
   Era in un letto d’ospedale ed era per colpa sua, anche se indirettamente.
Aveva avviato il progetto con la speranza di poter salvare la Terra, senza immaginare che un ragazzo assolutamente non coinvolto ne avrebbe fatto le spese.
“Nulla va come vorremmo.”, pensò.
-Chiwa.- la donna si voltò e raggiunse il marito. –Noi andiamo. Torneremo questa sera. Per oggi non faranno entrare più nessuno, mi dispiace ragazzi.
Le mew mew protestarono, ma Kyle le acquietò.
I genitori di Mark si congedarono, lasciandoli soli.
-E adesso? Hanno detto che non faranno entrare nessuno.- brontolò Paddy.
-Torneremo domani.- disse Mina, pratica. La bionda mise il broncio, infastidita dall’impedimento.
-Mina ha ragione, torneremo domani.- disse Ryan.
-E Strawberry?- domandò Lory.
La diretta interessata ricomparve con in mano una bottiglietta d’acqua. -Cosa?
Si voltarono tutti a fissarla.
-Per oggi non faranno entrare più nessuno.- le comunicò Kyle.
Lei lo fissò stupita. –Sul serio?- chiese.
-Sì. Ma non ti preoccupare, abbiamo parlato coi suoi genitori e non è in pericolo di vita.- la rassicurò.
La mew sospirò, sollevata. –Meno male…- mormorò.
-Su, ora andiamo.- li esortò il biondo.
Si avviarono verso l’uscita, parlando il meno possibile. Una volta fuori Lucas li salutò e si avviò verso casa, assicurandoli del fatto che stesse bene.
Le ragazze fecero lo stesso e così Strawberry. Ryan, però, la bloccò.
-Sicura che sia tutto a posto?- le chiese. Aveva il solito atteggiamento impermeabile agli avvenimenti esterni, ma era sinceramente preoccupato per lei. Negli anni aveva sviluppato una sorta di protezione nei confronti dei dolori improvvisi, soprattutto se legati ai propri affetti e per lui era stato facile non crollare psicologicamente.
  Lo stesso non si poteva dire della rossa.
Inaspettatamente, però, lei fece un mezzo sorriso e disse:-Tutto ok, grazie dell’interessamento.
Salutò lui e Kyle e si avviò a passo lento.
-Non mi fido.- mormorò il moro.
-Nemmeno io. Teniamola d’occhio, nei prossimi giorni.- disse l’amico.


  Camminava a testa bassa, tenendosi a margine della strada.
Stava attraversando uno dei tanti quartieri vicino all’ospedale, ma avrebbe benissimo potuto essere in pieno centro. Non le importava dove fosse.
“Mark è finito all’ospedale per colpa di Revenge…”, meditò, facendo scricchiolare la neve sotto le suole dei suoi stivaletti.
“Per colpa del progetto. E lui non è nemmeno una mew mew.”, continuò. Inspiegabilmente il suo ragionamento la condusse a Ryan. E, senza pensare, la sua mente lo accusò.
Si bloccò, stranita. –No… ma che vado a pensare?
D’accordo, Ryan aveva dato vita al progetto, ma le aveva avvertite sin dal primo momento circa i pericoli che avrebbero incontrato. Mark era entrato a far parte del loro mondo per un effetto collaterale dell’invasione aliena.
“Potrei incolpare gli alieni, ma non servirebbe a nulla.”, sospirò. Voleva vederlo per accertarsi che stesse bene, ma aveva anche paura.
Sapeva che non sarebbe riuscita a nascondergli quei nuovi sentimenti che stavano nascendo in lei, ma non poteva assolutamente dirglielo.
Non mentre era collegato a delle macchine e aveva le braccia piene di aghi.
E poi, tanto per complicare la situazione, Ryan si era dimostrato inspiegabilmente… comprensibile.
  Ne aveva passate tante, dopo la morte dei suoi genitori, e il comportamento da duro che metteva in atto dipendeva quasi esclusivamente da quello, ormai lo sapeva. Nonostante quello, aveva tentato di aiutarla, anche se non era tipo da farlo.
“Ci tiene veramente, a me.”, si disse, arrossendo un poco. Arrivare a quella consapevolezza era strano.
-Ma non potevo rimanere sola?- si chiese. Sarebbe stato tutto più facile.
Scosse la testa, tentando di portare i propri pensieri lontano da quei ragionamenti altamente masochisti.
Doveva affrontare la cosa, aveva già pianto abbastanza.


  Il locale era pieno come solito e Lucas non aveva preso nemmeno un giorno di permesso, dicendo che non ce n’era bisogno.
Sembrava che l’aggressione fosse un lontano ricordo o che non fosse nemmeno accaduta.
Anche le ragazze si erano rasserenate, soprattutto quando Strawberry aveva detto loro che le visite iniziavano nel tardo pomeriggio.
-Come fai a saperlo? Delle visite, intendo.- le chiese Lory, sistemando un resto nella cassa.
La rossa si bloccò e la fissò. –Oh… la mamma di Mark ha telefonato a casa mia.- rispose. –E’ stata molto gentile.
L’amica le lanciò un’occhiata da dietro le lenti. –Le hai chiesto se ci sono novità…?
Scosse la testa.
-Ehi, se state organizzando una visita a Mark voglio venire anche io.- Paddy s’intromise nel discorso, accostandosi al bancone con uno dei suoi grossi palloni.
-No, non stiamo organizzando niente. Scusate, devo andare a recuperare la mia ordinazione.- disse la mew neko e sparì in cucina.
Le due si fissarono, perplesse. –Secondo me non verrà, non oggi.- mormorò la ragazza dai capelli verdi. L’amica concordò.
-Ehi, Strawberry! Hai un’ordinazione?- l’accolse Kyle. Lei annuì e gli consegnò i foglietti. Il ragazzo li consultò brevemente e poi iniziò a riempirle un vassoio.
-Mi ha telefonato la mamma di Mark. Ha detto che possiamo andare a trovarlo, oggi.- buttò lì, mentre si guardava intorno.
Il ragazzo le lanciò un’occhiata mentre si chinava sul forno. –Sì? E tu verrai con noi?- le chiese. Aveva intuito il motivo di quel discorso.
Strawberry esitò. –Non lo so… non  me la sento di vederlo.- confessò.
-Perché? Per la questione di Ryan?- domandò, cauto. La vide annuire, anche se con qualche riserva. –Non c’è nulla di male nel cambiare idea. I sentimenti non sono immutabili.- cercò di rassicurarla.
-Sì, ma avrei dovuto…- iniziò, ma s’interruppe vedendo entrare proprio il biondo. –Fa niente. L’ordine è pronto?
Kyle le porse il vassoio e lei s’affrettò ad uscire.
Ryan la guardò stranito e chiese spiegazioni all’amico, fissandolo interrogativo. Quello scosse la testa, sillabando il nome del fidanzato della ragazza.
 
  Quando arrivò l’orario di chiusura, tutte le ragazze si erano messe d’accordo per andare a trovare Mark.
Terminarono di sistemare e poi andarono in cucina.
-Noi andiamo all’ospedale, venite con noi?- annunciò Pam, sulla soglia. Kyle e Ryan stavano discutendo di alcuni dati sulle recenti attività della Mew Acqua. Anzi, per la precisione il biondo leggeva le informazioni dai fogli che teneva in mano e il moro gli dava il suo parere, continuando a pulire il piano di lavoro e gli utensili.
Erano una squadra efficiente.
Si fermarono e le guardarono. –Vi accompagno.- si offrì il ventunenne.
-Ryan?- la modella spostò lo sguardo sull’altro ragazzo.
Lui scosse la testa. –No, domani. Ci porterò Strawberry.- disse. Paddy fece per replicare, ma lui la anticipò. –Quasi sicuramente vi dirà che non vuole venire.
Le giovani li guardarono stranite.
-Da quando sei uno psicologo?- chiese Mina, scettica.
-Mai stato. Ma ho la presunzione di conoscervi, almeno un po’.- sollevò un angolo della bocca, guardandola dritto negli occhi. Lei distolse lo sguardo, fingendosi infastidita: in realtà non amava essere fissata e l’aveva capito osservandola lavorare lì al Cafè.
-D’accordo… allora non dobbiamo nemmeno chiederglielo?- domandò la mew lupo.
Lui fece spallucce. –Chiedete, non ho detto che ne sono sicuro.
Annuirono e sparirono verso gli spogliatoi.
-Dirà di no.- commentò il biondo.
-Ormai la conosci bene, eh?- sorrise Kyle.
L’amico lo scrutò e poi spostò gli occhi altrove. –Non come vorrei.
Tornarono a dedicarsi alle loro ricerche e non s’interruppero nemmeno quando le quattro li salutarono, uscendo e dicendo loro che Strawberry era già andata a casa.
-Visto?- fece Ryan.
-Cosa?- Lucas entrò in cucina.
-Ehi, sei ancora qui?- Kyle lo guardò stupito.
Il ragazzo annuì. –Sì, è strano? Ho lasciato la precedenza alle signore, sembravano andare di fretta.- indicò alle proprie spalle.
-Sì, andavano all’ospedale.- confermò il cuoco.
Il dampyr s’infilò le mani nelle tasche, appoggiandosi allo stipite della porta. –Non sapevo fossero così legate a Mark.- commentò.
-Non lo sono. Lo fanno per Strawberry, principalmente. Lui è il suo ragazzo.- s’inserì Ryan, con voce piatta.
L’europeo lo guardò, in silenzio. –Non per molto.
L’altro sollevò gli occhi dall’ultima pagina stampata, smettendo di scorrerne le voci. –Cosa?- domandò.
-Ho detto che non sarà il suo fidanzato per molto. Ho fiuto per queste cose.- si toccò il naso, sorridendogli.
-A questo proposito, io avrei un conto in sospeso con te.- si ricordò il biondo.
-Bene, io ora vado. Ciao.- Lucas si dileguò in quattro e quattr’otto, lasciandolo con un palmo di naso.
Kyle scoppiò a ridere vedendo l’espressione sconvolta dell’amico.
-Sei sconvolto per la fuga o per il resto?- chiese.
Ryan si voltò a guardarlo. –Entrambi. Sembra una vecchia zitella.- disse, facendolo ridere ancora di più.
-Già. È particolare.- convenne. “E tu non ti sei nemmeno reso conto che ti guarda con particolare interesse.”, aggiunse tra sé.
Anche lui era abbastanza curioso da aver osservare tutto quello che gli succedeva attorno. Aveva seguito i movimenti del nuovo arrivato e aveva scoperto il suo interesse per Ryan.
Magistralmente celato, ma comunque individuabile.
Chissà se glielo avrebbe mai confessato, soprattutto dopo aver collaborato per far avvicinare il biondo e la rossa.
“Staremo a vedere.”, pensò.
-Ma tu non dovevi accompagnarle?- si sentì chiedere.
Si bloccò. –E’ vero! Vado.

-Entriamo?
Si trovavano davanti alla porta della stanza di Mark, ma nessuno osava aprirla.
Kyle prese un respiro profondo ed abbassò la maniglia.
La camera era abbastanza piccola, aveva una finestra sulla sinistra e il letto al centro. Il ragazzo stava dormendo, apparentemente ancora sotto sedativi.
-Credevo che l’avremmo trovato sveglio.- fece Paddy, delusa. Il moro le lanciò un’occhiata e le fece un mezzo sorriso.
-Non possiamo svegliarlo, dobbiamo aspettare che lo faccia da solo.- le disse.
Lei annuì, fissando il letto.
-Non ha molto senso rimanere… non possiamo parlare con lui.- commentò Mina sottovoce.
Rimasero per un po’ sulla soglia, poi decisero di andarsene dopo avergli lasciato il mazzo di fiori che avevano comprato strada facendo.
-Ci vediamo domani al locale… buonanotte ragazze.- le salutò Kyle. Ci fu qualche mormorio e poi si separarono.


***

  Si fermò davanti alla tromba delle scale, indecisa.
Sapeva che doveva farlo, ma non era sicura del perché avesse bisogno di lui.
Prese un respiro profondo e iniziò a scendere i gradini, facendo scorrere il palmo lungo il corrimano di metallo.
Era freddo.
  Quando vide la porta blindata esitò un attimo, ma poi proseguì. Kyle le aveva detto che era lì dentro. Probabilmente stava facendo ricerche su ricerche, come suo solito.
Di sicuro non gli si poteva rimproverare di essere negligente.
Alzò la mano e bussò.
-Sì?
Aprì la porta e rimase ferma sulla soglia. –Ryan.- mormorò. Il ragazzo, sentendosi chiamare, posò la matita che aveva tra pollice ed indice e la fissò.
-Vuoi andare da Mark?- le chiese.
Lei rimase a bocca aperta. –Come fai a…?
-Ti conosco.- disse solo, alzandosi e andandole incontro. –Allora… andiamo?
Si fissarono per qualche istante, terra e cielo a contatto. Infine Strawberry annuì, precedendolo per le scale.
-Andiamo in moto?- domandò, cercando di distrarsi. Non voleva pensare a ciò che l’aspettava.
Vederlo immobile, in uno dei letti sterili dell’ospedale, avrebbe potuto far crollare tutta la sua determinazione.
Voleva prepararlo al cambiamento, non sconvolgerlo. Né rimanere sconvolta.
-Certo. Non riesco ancora a volare.- replicò lui, strappandole un sorriso.
In poco partirono, lasciando un biglietto in cucina per Kyle, salito a farsi una doccia.
Come sempre, sfrecciarono così rapidi che arrivarono in men che non si dica. Strawberry si sentì leggermente meno destabilizzata rispetto alle volte precedenti.
Ma rimaneva comunque un’esperienza semi-traumatica.
-Ieri le ragazze hanno detto che stava ancora dormendo. Forse non avremo fortuna nemmeno noi.- l’avvertì. S’incamminarono verso l’ingresso e Ryan la osservò attentamente, valutando il suo comportamento. –Sei agitata?
La rossa alzò la testa di scatto. –Come? No… perché?
-Sei agitata.
-Non sono agitata.- replicò, alzando leggermente la voce. “Sì, lo sono.”, pensò.
-Non devi dirgli niente. Io sono solo il tuo accompagnatore.- tentò di farle capire che il piccolo trascorso romantico tra loro due non era cosa di cui preoccuparsi. D’altronde, ormai si era abituato ad essere uno spettatore, anche quando sembrava fosse il suo turno per entrare in scena.
Strawberry non disse niente, colpita dai sottintesi delle sue parole. “E’ disposto a farsi da parte…”, realizzò, colpita. Fece per dire qualcosa, ma si rese conto di essere nella sala d’accettazione.
  Si morse il labbro inferiore e tacque.
Si diressero verso gli ascensori e salirono sul primo che trovarono libero. Sapevano dove andare, quindi Ryan premette il numero del piano senza esitazione.
Quando si ritrovarono davanti alla porta della camera 210, Strawberry fu presa dal panico.
Le tremavano le mani e non osava muovere un passo di più.
Ryan sembrò notarlo e le strinse una mano, avvicinandosi. –Andrà bene. Non è in pericolo di vita.- le sussurrò, tentando di suonare incoraggiante.
-Sei sicuro?- piegò la testa per poterlo guardare in faccia. Lui scosse la testa, sincero. La mew allora sospirò. –Ok, entriamo.
Fu il biondo ad aprire e a precederla nella stanza.
Non appena furono dentro, Mark si voltò verso di loro e li fissò.
-Ciao, Mark…- mormorò Strawberry. L’americano si limitò ad un cenno del capo, sentendosi già di troppo.
-Ciao…- rispose lui. Aggrottò la fronte. –Ci conosciamo?
I due si scambiarono uno sguardo, perplessi.
-Non ci riconosci?- domandò lei. Il moro scosse la testa, sinceramente dispiaciuto.
-Mia madre ha detto che ho un’amnesia temporanea… o almeno, è quello che sperano i dottori.- disse, rabbuiandosi leggermente nel nominare i medici.
“Non può essere vero.”, pensò Ryan. Da un lato sarebbe stato troppo bello, dall’altro molto ingiusto. –Noi siamo tuoi amici.- decise di parlare. Strawberry sembrava un po’ scossa dalla notizia.
-Oh, davvero? Frequentiamo la stessa scuola?- domandò, sorridente.
-S-sì…- mormorò la sua fidanzata.
Lui spostò lo sguardo dall’uno all’altro e poi chiese:-Da quant’è che state insieme?
A quella domanda sia Ryan che Strawberry sgranarono gli occhi, spiazzati.
-Come, scusa?
-Sì… il vostro deve essere un legame molto forte. Da quanto?- continuò a fissarli, in attesa della risposta.
Sembrava assolutamente sincero.
La rossa non sapeva da che parte guardare. -Noi non…
-Oh, scusate. Sono stato indiscreto.- il ragazzo travisò il loro disagio e si scusò.
“Ryan, cambia argomento.”, si disse il biondo. –Come ti senti? A parte l’amnesia?- gli chiese, avvicinandosi al letto.
Mark ci pensò su un attimo. –Bene, direi. Non ho delle ferite particolarmente profonde, a parte quella sul fianco.- rispose.
-Bene.- disse solo il suo interlocutore. -Ti sei svegliato da molto?
Scosse la testa. –No… questo pomeriggio, dopo pranzo.- alzò gli occhi per cercare l’orologio.
-Sei proprio sicuro di non ricordare chi siamo?- indagò Strawberry. Lui annuì. –Oh…
-Dovrei ricordarmi…?- si agitò contro i cuscini, notando l’espressione di lei.
La ragazza esitò, poi disse:-No, non ti preoccupare.
Mark allora si rasserenò e si aprì in un sorriso. –Rimanete un po’ a farmi compagnia? Così magari potete aiutarmi coi buchi della mia memoria.
I due si consultarono con un’occhiata e si riscoprirono estremamente a disagio. Nonostante questo annuirono.


  Erano appena usciti, restando con Mark fino alla fine dell’orario delle visite.
Il ragazzo aveva voluto farsi raccontare più cose possibili, soprattutto sui compagni. Aveva ancora tutta la memoria a lungo termine, sapeva ancora come si combatteva a kendo o quanti animali aveva avuto da bambino, il problema sembravano le persone.
  Faticava ad associare nomi e volti. Non ricordava la maggior parte delle relazioni sociali che aveva instaurato nell’ultimo anno e mezzo.
La cosa più importante che non ricordava era Strawberry.
“Ha detto che siamo affiatati…”, ragionò la rossa. Si era appoggiata contro la parete dell’ascensore e si stava fissando le scarpe, senza realmente vederle.
“Io… cosa devo fare? Se anche Mark dice che io e Ryan siamo fatti per stare insieme… ma non posso, non quando è in queste condizioni.”, aggiunse, sistemandosi contro la superficie di metallo.
L’americano, al suo fianco, era chiuso nel suo personale silenzio.
Gli lanciò un’occhiata fugace, chiedendosi se anche lui stesse riflettendo sulle parole di Mark.
“Non posso ignorare quello che provo per Ryan.”, si morse l’interno della guancia. “Ma non posso… non ricorda nemmeno chi sono.”, senza rendersene conto scosse la testa.
-Smettila di lambiccarti.- le disse il ragazzo.
Alzò la testa di scatto, facendo ondeggiare le codine. –Come?
-So che ti stai torturando su quale sia la cosa giusta da fare: non devi, non ci sono due alternative tra cui scegliere.- dirle quelle parole gli costava moltissimo. Stava sprecando la sua ultima occasione per farla sua, per strapparla a Mark.
-Ma… Ryan… io non ho dimenticato nulla!- protestò lei. Gli occhi acquamarina del ragazzo la trafissero, sofferenti: nemmeno lui aveva rimosso quei ricordi.
Sbuffò, distogliendo lo sguardo. –Non importa. Fallo e basta.- mormorò, piegando le spalle.
Strawberry lo osservò attentamente, leggendo la rassegnazione e il dolore in quell’unico gesto. Aveva capito di contare molto per lui. Lo sapeva, perché glielo aveva confessato, esponendosi come mai aveva fatto.
  E lei cosa gli aveva dato in cambio? Un bel due di picche, perché era troppo codarda per parlarne col proprio fidanzato.
Non era poi così difficile: avrebbe dovuto dirgli che provava qualcosa di forte per un altro ragazzo. Certo, non l’avrebbe presa bene all’inizio, ma poi sarebbe passata.
Non era lei quella che si era giocata il tutto per tutto, confessandosi. E non era nemmeno quella che rischiava di più.
  Si era comportata da stupida e lo stava facendo anche in quel momento.
Prese un respiro profondo mentre la decisione le si stampava a chiare lettere nel cervello. Si allungò e bloccò la discesa dell’ascensore.
-Che fai?- la apostrofò Ryan.
-Non voglio più scappare.- disse, tenendo lo sguardo basso. Ok, aveva preso una decisione, ma era comunque imbarazzante.
-E da cosa dovresti scappare?- le chiese.
-Da te, dai tuoi sentimenti e dai miei.- rispose senza esitazioni.
Il biondo serrò la mascella, improvvisamente nervoso. Il suo cuore perse un battito. “Ed ecco la mazzata finale.”, pensò.
-Dobbiamo discuterne proprio in questo momento? Abbiamo appena lasciato la camera del tuo fidanzato.- le fece notare.
Strawberry alzò la testa. –Sì, lo so.- disse. –Però devo dirti una cosa e devo farlo adesso.
Lui si appoggiò dalla parte opposta, ostentando una sicurezza che non aveva. –Cosa dovresti dirmi?
-Ho preso una decisione.
-Be’, so rendermi conto da solo quando la gente mi dà il ben servito.- distolse lo sguardo, già pronto a far ripartire l’ascensore.
“Non hai capito, stupido.”, pensò lei. Si staccò dal suo appoggio e lo raggiunse. Lui la fissò stupito mentre la vedeva alzarsi sulle punte.
  Non si ritrasse, rimase immobile.
La ragazza esitò un attimo, poi gli sfiorò le labbra con le proprie, leggera come una farfalla.
Ryan spalancò gli occhi e lo guardò come se fosse un’aliena. –Cosa significa? Non voglio baci d’addio.- la fece scostare da sé.
Scosse la testa. –Non è un bacio d’addio. Ho deciso di dar retta al mio cuore e di accettare i tuoi sentimenti. Oddio, mi sembra di essere in un manga, è troppo imbarazzante.- si ritrasse, nascondendo il viso tra le mani.
  Senza darle il tempo di allontanarsi, il biondo l’attirò a sé e fece aderire i loro corpi. Quando lei fece per protestare si chinò e catturò le sue labbra nel bacio più dolce e possessivo che avesse mai condiviso.
-Inizierò a leggere i manga.- le sussurrò ad un centimetro dal viso.
Strawberry sorrise, le guance leggermente imporporate. –Io non sono… ecco… lo sai come sono.- disse, nervosa.
-Sì, lo so. E allora?- la guardò.
-Vado bene anche come fidanzata?- chiese.
-Oh, ne sono più che sicuro. Ma se vuoi ti posso far fare un periodo di prova.- sorrise, divertito dai suoi dubbi. La trovò tenera, come quando avevano condiviso quell’unico momento di tenerezza, pochi giorni prima.
La sentiva sua. Era lì, con lui, il suo corpo caldo era a contatto col suo.
Ed era bellissimo.
-Va bene…- la sentì rispondere.
-Promettimi una cosa, però.
La rossa alzò gli occhi incontrando i suoi, ora fattisi seri. Gli sfiorò il viso, inconsapevolmente, ed annuì.
-Non tradirmi. Mai.

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Capitolo 24
*** Cap. 23 Flashback ***


Cap. 23 Flashback
Non so come, ma ho trovato il tempo per mettere giù questo capitolo!
Mi dispiace enormemente per la luunga attesa e anche perchè non ci sono abbastanza momenti coccolosi per ripagarvi, ma spero vi piaccia.
Finalmente una situazione si risolve, in via definitiva :)
Grazie a chi preferisce, segue e ricorda!
Buona lettura :)



Cap. 23 Flashback


-Strawberry? Ehi, Strawberry?
La rossa continuò a guardare fuori dalla finestra, persa a contemplare le nuvole che si rincorrevano in cielo. Si sentiva sospesa in una dimensione parallela, la sua mente rimbalzava da un pensiero all’altro come impazzita.
-Insomma!
Sussultò, staccando gli occhi dal cielo. –Come?- fece, smarrita.
Mimi e Megan la stavano guardando, a metà tra il perplesso e l’irritato. –Ti stavamo chiedendo una cosa.- sospirò la mora.
-Scusate. Cosa mi stavate chiedendo?- arrossì fino alla radice dei capelli. “Oddio, che stupida!”, pensò.
-Volevamo sapere se sei andata a trovare Mark? Come sta?
Il respiro le si bloccò all’altezza del petto. Il suo stato di beata ed incredula felicità scomparve come una bolla di sapone e ripiombò dolorosamente nella realtà.
Sapeva di dover parlare con Mark, doveva renderlo partecipe degli ultimi sviluppi.
Soprattutto perché sarebbero stati definitivi.
“E poi perché Lucas mi ucciderebbe, se scoprisse che ho fatto un’altra stupidata.”, pensò. Per non parlare di Ryan… lui non l’avrebbe uccisa, l’avrebbe semplicemente cancellata dalla propria esistenza.
  Quando si erano scambiati il bacio in ascensore lui le aveva fatto chiaramente capire che non avrebbe tollerato tradimenti, di nessun tipo. Questo implicava anche improvvisi ripensamenti circa il loro neo nato rapporto.
Deglutì. -Be’… sta… sta bene.- si sforzò di rispondere.
-Bene in che senso? Sei strana.- commentò la bionda, scrutandola perplessa.
-Nel senso che le ferite stanno guarendo.
Gli occhi azzurri di Mimi si socchiusero. –Nient’altro? La sua memoria è tornata?- indagò. Strawberry si stava comportando in modo decisamente strano da quando era entrata in aula.
La mew fu costretta a scuotere la testa. –No, nessun recupero.
-Oh… peccato. Mi dispiace.- mormorò Megan.
L’amica stirò le labbra in un sorriso che aveva tutta l’aria di essere una smorfia. Non era mai stata troppo brava a fingere. –I medici sono abbastanza positivi. Hanno detto che dovrebbe recuperarla a breve.- rivelò. Le due sorrisero, rassicurate.
Dopo quel breve interrogatorio, la rossa tornò ad immergersi nei propri pensieri fino al suono della campanella, che annunciava la ripresa delle lezioni.
Quel che era certo, nella sua non poco affollata mente, era che non aveva la più pallida idea di cosa Ryan volesse da lei.
Come fidanzata, ovviamente.
“A parte… a parte non essere tradito.”, si disse. Ok, non era esattamente quello che aveva pensato, ma la questione sesso andava affrontata, prima o poi.
Sperava più poi che prima.


“Qualcuno mi dica perché lo sto facendo.”, pensò.
Non appena la campanella aveva suonato la fine della lezione di inglese (lezione totalmente inutile per lui), Ryan si era fiondato fuori dall’aula.
Aveva attraversato i due piani che lo dividevano dal cortile scartando le persone, a passo di marcia. Si era infilato i guanti e aveva annodato la sciarpa, ignorando le occhiatine e i mormorii di alcune ragazze del primo anno.
  Appena fuori dall’edificio si era diretto verso il parcheggio e aveva recuperato la sua Honda, portandola a mano fino al cancello.
Ed ora si ritrovava ad aspettare, appoggiato alla sella. Fissava prima il marciapiedi, poi le persone, tentando di ignorare quella voce che gli ripeteva costantemente quanto fosse stupido.
Sapeva che non era assolutamente da lui, ma sentiva il bisogno di farlo.
Voleva mostrarle quella parte di sé che aveva tenuto relegata nell’angolo più buio della sua coscienza.
“Sono stanco di tenermi a freno. Voglio fidarmi.”, lanciò distrattamente un’occhiata alla propria sinistra.
Alzò la testa di scatto, avendo notato una chioma rossa. Raddrizzò la schiena e strinse le mani a pugno, giusto per assicurarsi di essere ancora padrone del proprio corpo.
“Se Kyle mi vedesse in questo momento, si caccerebbe sicuramente a ridere.”, scosse la testa, trattenendo un sorriso.
Attese che Strawberry gli si avvicinasse, troppo intenta ad annodarsi la sciarpa di lana al collo. Quando fu a mezzo metro di distanza lanciò una rapida occhiata tutt’intorno e l’afferrò per un braccio, tirandola a sé.
Lei lasciò uscire un’esclamazione di sorpresa, ritrovandosi improvvisamente a contatto con un corpo caldo.
Sollevò lo sguardo ed incontrò gli occhi azzurri dell’americano, arrossendo immediatamente.
-Cosa fai?- chiese, allarmata. Se li avessero visti insieme si sarebbe scatenato il putiferio.
Le si avvicinò per non essere sentito.
-Ti do un passaggio. Non lo vuoi?- sussurrò di rimando.
Lei fece per rispondere, ma sentì le mani di Ryan raggiungere le estremità della sua sciarpa. Si bloccò, perplessa. Lui ricambiò lo sguardo, interrogativo, e poi gliela avvolse stretta, annodandola sotto l’attaccatura dei capelli.
-Ecco. Sei proprio un impiastro.- la prese in giro, ridacchiando.
La ragazza gonfiò le guance, indispettita.
Il biondo non disse niente, ma si limitò ad allontanarsi per poterla guardare in viso. –Dobbiamo sbrigarci. Oggi volevo mandarvi in esplorazione.- le disse.
-Ah, quindi è per fare i tuoi comodi?- brontolò.
Ignorò la sua replica e le infilò il casco, sbrigativo. Non c’era tutta questa fretta di arrivare al locale considerato che lui era il capo, ma di togliersi dal cancello della scuola sì.
-Esatto. Sei una mia dipendente, non faccio favoritismi.- replicò, sollevando un angolo della bocca con fare provocatorio.
-Ma…
La afferrò per i fianchi e la issò sulla moto senza sforzo. Strawberry si adattò alla forma della sella senza nemmeno rendersene conto: ormai ci era abituata.
Quando Ryan scivolò a sedere davanti a lei, allungò le braccia e gli circondò la vita.
Sentì i suoi addominali irrigidirsi, segno che forse aveva osato troppo. Sciolse immediatamente la presa, fingendo di doversi sistemare il collo del cappotto.
-Reggiti, non ho voglia di ripescarti dopo che sarai caduta.- la punzecchiò. “Ottimo, questo è proprio il tuo lato nascosto.”, si disse.
-Non cadrò.- incrociò le braccia per quello che le permetteva lo spazio tra i loro corpi.
Lo vide fare spallucce. –Come vuoi, io ti ho avvertita.
Diede gas e partì, immettendosi in strada.
Nessuno dei due si era accorto di una ragazza nascosta dietro uno dei pilastri del cancello.

-Ryan? C’è qualcosa che dovresti dirmi?- domandò Kyle.
Il biondo sollevò lo sguardo dai propri appunti, cerchiando alcuni dati con un gesto automatico. –No… perché?- fece il finto tonto.
Erano in laboratorio. Quando aveva detto a Strawberry che voleva farle uscire in esplorazione non aveva detto una bugia. Gli servivano altre informazioni sulla Mew Acqua e avevano ancora buona parte della città di Tokyo da scandagliare.
Il moro sorrise, divertito dal modo di fare dell’amico. –Vuoi che ti cavi le parole di bocca?
L’altro sospirò: quando voleva sapeva essere proprio insistente, per non dire persuasivo. –D’accordo.
Il ventunenne si sedette sul bordo della scrivania, in attesa. Non era ancora orario d’apertura e le ragazze si stavano cambiando nello spogliatoio, quindi non c’era fretta.
Ryan si passò una mano tra i capelli, arruffandoli. –Ci stiamo provando.- ammise infine.
Kyle ridacchiò. –Così sembra che stiate cercando di avere un figlio.
Il biondo tentò di nascondere l’imbarazzo, facendolo ridere apertamente. –Non dire assurdità!- sbottò.
-Mi diverto a prenderti in giro… sei tanto carino.- gli afferrò una guancia col preciso intento di dargli un buffetto. Il ragazzo non glielo permise, scacciando la sua mano.
-Non intrometterti.- lo avvertì.
Il cuoco alzò le mani. –Non farò nulla a meno che non rischiate di mandare tutto a rotoli.- promise. Lo guardò male. –Ehi, di chi pensi sia buona parte del merito?
Sbuffò. –Di due impiccioni.
-Dovresti ringraziare.- lo rimproverò.
Non rispose, rimanendo a fissare un punto imprecisato della superficie di metallo. Era pienamente cosciente di dovere un ringraziamento sia a Kyle che a Lucas: senza una spintarella non ce l’avrebbe mai fatta.
“Non che abbia concluso niente. Siamo in prova.”, si ricordò. A volte sapeva essere proprio cinico nei confronti di se stesso.
-Seriamente…- esordì, appoggiando il mento sulle mani, intrecciate. –Non so come andrà. C’è ancora l’incognita Mark. Dal canto mio m’impegnerò e spero sarà così anche per lei. Ho aspettato tanto e vorrei il mio piccolo momento di felicità.- lo disse evitando gli occhi del collega.
Quello s’intenerì, notando come cercasse di nascondere i propri dubbi. –Sono sicuro che andrà bene.- gli disse per incoraggiarlo.
-Lo spero.- finalmente lo guardò apertamente in viso, sorridendo.
-A cosa stavi lavorando?- cambiò argomento.
Gli mostrò i fogli. –Il solito. Troppe domande, nessuna risposta.- scosse la testa, sfilandone uno da un plico di fianco a sé.
-Più tardi vengo a darti una mano.- promise Kyle dopo aver guardato il quadrante dell’orologio. –Ora devo aprire.
Ryan alzò lo sguardo e controllò l’ora. –Va bene. Comunque pensavo di mandare fuori le ragazze.- disse.
-Cerca di restringere l’area, se puoi.- gli consigliò l’amico.
Annuì. -Farò quel che posso.

  Strawberry estrasse la propria divisa dall’armadietto.
La fissò a lungo, ricordando perfettamente il suo primo incontro con Ryan.
Voleva dirlo alle ragazze, ma non sapeva come l’avrebbe presa Lory. E poi non era niente di così definitivo… o sì?
Insomma, si erano impegnati a costruire qualcosa insieme, ma lui aveva proposto un periodo di prova.
Scherzava o no? Non si poteva mai dire, considerato con chi aveva a che fare.
-Ragazze…- mormorò, iniziando a svestirsi.
Le sentì mormorare qualcosa e d’improvviso ci fu silenzio. Nessun fruscio di stoffa o rimestamento. Probabilmente il suo tono aveva un non so che di rivelatorio.
-Ci sono novità? Mark è peggiorato?- domandò Paddy, allarmata.
Emerse dalla divisa, scuotendo la testa. –No, no, lui sta bene.- smentì. Vide le amiche sospirare, sollevate.
-Allora…? È una cosa bella o brutta?- domandò Mina, impaziente. Sempre la solita.
Sospirò. –Mamma mia, come sei pressante!
Lei incrociò le braccia al petto, infastidita dall’osservazione della compagna.
-Strawberry, dobbiamo preoccuparci?- Lory s’inserì nella conversazione, riempiendo il momento di silenzio che si era creato.
-No. Non dovete… non troppo.- mormorò, agitata. Sentiva il cuore sbattere ripetutamente contro la cassa toracica, come se premesse per uscirle dal petto.
Era peggio di quando era rimasta chiusa nel ripostiglio con Ryan! Ed era tutto dire.
Nessuna fiatò, erano tutte in attesa.
-Ho intenzione di lasciare Mark.- annunciò.
-Cosa?! E perché?- fu la domanda della piccola del gruppo. La guardò, intenzionata a spiegare, quando piovvero anche le domande di Mina e Lory.
Fu Pam a riportare l’ordine. –Ragazze, lasciatela parlare.- ordinò. Si acquietarono, sedendosi sulle panchine di legno.
La più agitata era la ragazza dai capelli verdi, ben consapevole che la scelta dell’amica poteva comportarne un’altra che non le sarebbe piaciuta.
-Be’, non mi sembra corretto stare con lui quando mi piace un altro.- ammise.
La mew lupo sorrise senza farsi vedere. –Te ne sei resa conto.- non era una domanda. La rossa annuì, senza guardarla direttamente negli occhi.
-Scusate, ci siamo perse qualcosa?- chiese la mora, passando lo sguardo da una all’altra.
-Mi piace Ryan. Tanto e non… non riuscivo ad accettarlo perché credevo di provare lo stesso per Mark.- spiegò, torcendosi le mani.
Lory balzò in piedi, sconvolta. -Ryan?!
-Lo so, è assurdo. Ma… ma insomma… è successo.- sembrava fosse sotto accusa. Si sentiva  a disagio.
-E glielo hai detto?- chiese Pam, perfettamente partecipe del discorso. Per lei non era nulla di nuovo, era arrivata a quella conclusione già da un po’ di tempo.
-Lui chi?- fu costretta a chiedere, perplessa.
-Shirogane.
Strawberry arrossì. –S-sì.
-E cos’ha detto? Ti ha riso in faccia?- domandò Mina, scettica. Si beccò un’occhiataccia. –Vuoi farmi credere che ha dato retta ai tuoi vaneggiamenti?
-Mina.- la richiamò la modella. La mew bird si voltò a guardarla. –Ryan è preso come e quanto Strawberry. E non mi sembra giusto prendere in giro nessuno dei due.
Al che la mascella della ragazza cadde verso il basso.
-Sul serio? Wow!- esclamò Paddy.
“No, non può essere!”, pensò Lory. –Ma… ma Mark? Lo sa già?
La leader del gruppo alzò gli occhi color cioccolato su di lei. –No, devo dirglielo. Non mi sembra il caso, ora. Ma sono assolutamente convinta della mia decisione.- rispose, raddrizzando la schiena.
Non doveva nascondersi, non quando aveva fatto chiarezza nella propria mente e, soprattutto nel cuore.
-Be’… ehm… allora… congratulazioni?- fece la piccolina, indecisa. Cosa si doveva dire in quei casi?
Strawberry sorrise, divertita dalla sua espressione. –Volevo lo sapeste. Non perché ci ritroverete a fare chissà che dietro gli angoli, ma per correttezza. Siete le mie compagne di squadra e anche le mie amiche.- fece vagare lo sguardo su tutte, soffermandosi su Lory.
La ragazza se ne accorse e si sforzò di sorridere.
Sapeva di non aver mai avuto reali speranze, ma si era illusa fino alla fine. Sognare non ha mai ucciso nessuno.
-Ragazze, dovrei cambiarmi. Avete finito?- la voce di Lucas ruppe l’atmosfera.
Le mew mew si riscossero e Strawberry terminò di sistemare la divisa. Pam, che era la più vicina alla porta, andò ad aprire.
-Finalmente! C’è un locale da aprire.- brontolò.
Le cinque si affrettarono verso l’uscita. Quando il dampyr si ritrovò di fianco la mew neko la fermò e le fece l’occhiolino. –Era ora.- disse.
Lei arrossì e sorrise timidamente, sfuggendo poco dopo alla sua presa.
“Ma questo non vuol dire che mi farò da parte. Attenta a quello che fai.”, la seguì fuori dalla porta, pensieroso.


  Stavano servendo la numerosa clientela quando una ragazza entrò, marciando, nel locale.
Si guardò intorno, cercando qualcosa o qualcuno.
Quando sembrò averlo individuato, attraversò il salone e raggiunse Strawberry, impegnata a prendere le ordinazioni nella zona centrale.
-Ma come ti permetti?- la aggredì la nuova arrivata.
La fissò con tanto d’occhi. -Scusa?
Le altre si fermarono, prestando attenzione alla conversazione. Kyle era in cucina e Ryan si era barricato in laboratorio per l’ennesima volta.
-Tu sei Strawberry Momomiya, vero?- domandò la morettina.
-Sì, sono io.- confermò la mew, sempre più confusa. Le clienti vicino a lei iniziarono a mormorare.
-Sei una doppiogiochista! Non ti bastava stare con Mark, ora vuoi prenderti anche Shirogane?!- le puntò un dito contro, combattiva.
La mew spalancò gli occhi, sconvolta. Era stata vista in compagnia di Ryan e ora qualcuno la stava accusando apertamente.
-E’ più complicato di quello che credi…- tentò di spiegare.
-Ah sì? Io lo chiamo tradimento.- replicò, incrociando le braccia. Non ne voleva sapere di calmarsi.
Pam si avvicinò per dar man forte all’amica. -Per prima cosa dovresti calmarti.- suggerì alla nuova arrivata.
Quella la guardò male, poi sbatté qualche volta le palpebre, stupita. –Tu… tu sei…
-Sì, sono io. Ora, saresti così gentile da uscire?
Scosse la testa, piantando i piedi. –No, voglio parlare con Shirogane. Lui lavora qui, giusto?
Mina fece per scendere a chiamare Ryan, ma il ragazzo fece la sua comparsa proprio in quel momento. –Ho sentito qualcuno urlare. Che succede?- chiese, infastidito.
Le clienti si agitarono.
La ragazza andò dritta da lui. –Momomiya sta con Aoyama, lo sai vero?- gli disse.
Lui sollevò un sopracciglio. “Cosa vuole, questa?”, si chiese. Non sapeva che la sua vita privata fosse sotto un microscopio. –Sì, e allora?
-A-allora…?
-Ryan non c’entra niente.- s’intromise Lucas. Si voltarono tutti verso di lui.
L’americano gli chiese con lo sguardo cosa stesse cercando di fare. Lui lo ignorò, raggiungendo la pazza isterica.
-Cosa vuol dire che non c’entra?- domandò la studentessa, sospettosa.
“Ok, Lucas, sparane una grossa.”, si disse, passandosi una mano tra i riccioli castani. –Io sono nuovo e non me ne può fregar di meno delle coppie intoccabili della scuola. Conosco Ryan e gli ho chiesto una mano.- iniziò. Vedendola confusa, sorrise impercettibilmente. –Strawberry piace a me, non a lui. A lui non interessano le ragazze, le trova fastidiose. Oggi volevo dichiararmi e volevo farlo quando il locale era ancora deserto. Quindi lui l’ha aspettata per poterla portare qua prima delle altre.
Le facce dei presenti erano impagabili: era fiero di sé.
-Cioè… sei tu quello che… cioè…- la poveretta indicò diverse persone, chiaramente confusa.
Lucas annuì. –Sì. Ora ti sarei grato se te ne andassi e, ovviamente, non raccontassi nulla. Mi hai anche obbligato a dichiararmi in un modo pessimo.- le sorrise, angelico. Il suo tono di voce, troppo mellifluo per essere reale, assomigliava a quello di certi personaggi dei drammi shakespeariani.
-Oh, sì… va bene. Scusatemi.- mormorò. Fece un cenno sia a Strawberry che a Ryan e si avviò velocemente, incassando la testa tra le spalle.
-Bene, tutto sistemato. Scusate per il piccolo teatrino fuori programma.- l’europeo fu il primo a riprendersi. Le clienti presenti nella sala si riscossero e ripresero a chiacchierare, scambiandosi opinioni su quello che era appena successo o su altro.
-Grazie.- mormorò un’ancora disorientata Strawberry. Il ragazzo si limitò a farle l’occhiolino.
Quando passò di fianco a Ryan, però, sussurrò:-Sei in debito con me. Mi meriterei qualcosa, non credi?
Il biondo lo fissò con tanto d’occhi, cercando di dare un significato alle sue parole e al tono di voce.
Lucas ridacchiò e gli diede una pacca sulla spalla, tornando al proprio lavoro. La rossa intercettò lo sguardo dell’americano e non disse nulla.
Non voleva smascherare l’amico: se e quando avesse voluto farsi avanti, l’avrebbe deciso lui stesso.
Ryan decise di ignorare il commento e accantonarlo. Ci avrebbe riflettuto in un secondo momento. –Bene, torniamo al lavoro. Scusate ancora per il disagio.- disse.


-Sei pronta?
Strawberry sobbalzò, voltandosi verso la porta. Ryan se ne stava appoggiato a braccia conserte contro lo stipite della porta.
E la fissava, quasi potesse scrutarle dentro.
Lei abbassò lo sguardo, a disagio. –Sì, devo solo mettere a posto la divisa. Perché?- domandò.
-Le altre sono già andate via, idem per Lucas. Ti accompagno.- disse semplicemente.
La ragazza arrossì immediatamente. –Oh… grazie.
Il biondo non replicò, limitandosi a fare un cenno col capo. In quattro e quattr’otto sistemò le proprie cose e chiuse l’armadietto.
-Ok, sono pronta.- si voltò verso di lui, calandosi il berretto di lana sulla testa.
Gli si avvicinò, aspettando che le facesse strada. Ryan, invece, rimase fermo dov’era.
Strawberry allora lo fissò a sua volta, perplessa.
  Lui sollevò impercettibilmente un angolo della bocca e le sfiorò una guancia col dorso della mano, in una carezza leggera. Senza poterne fare a meno la mew sentì le guance scaldarsi, ma anche il sorriso illuminarle il viso.
Contento dell’effetto suscitatole, il biondo si chinò in avanti e sistemò le mani a coppa sotto il suo viso, rubandole un bacio. Dapprima lei rimase immobile, poi afferrò il suo maglione, volendolo avvicinare a sé per poter approfondire.
  Non se lo fece ripetere due volte e le passò un braccio appena sotto i glutei, sollevandola e facendo aderire i loro corpi. Strawberry soffocò un’esclamazione di sorpresa, tentando di liberarsi, ma quando capì che non voleva fare niente di più di quello che voleva anche lei, si rilassò e gli cinse il collo con le braccia.
Rimasero semplicemente a contatto per diversi minuti, corpo e labbra uniti.
Era una sensazione piacevole, quasi avessero tutto il tempo del mondo per dedicare a quel nuovo amore e nulla mettesse loro fretta, nemmeno gli ormoni.
Ad un certo punto Ryan si schiarì la voce e si allontanò leggermente, rimanendo abbastanza vicino da sfiorarle il naso col proprio.
-Forse è meglio andare…- sussurrò con voce roca.
Lei annuì e si sentì scivolare verso il basso. Poggiò i piedi a terra e barcollò qualche istante, subito sorretta da quello che era il ragazzo che frequentava.
“Oddio! Io e Ryan ci frequentiamo! È tutto vero!”, realizzò, stupita. Quel momento, così intimo e così semplice, le aveva piombare addosso tutta la realtà della cosa.
Sorrise.
Lui la imitò, anche se non sapeva per cosa stesse sorridendo. Vederla felice lo rendeva felice.
“Empatia ai massimi livelli.”, si disse, sconvolto da se stesso.
-Cosa c’è?- si sentì chiedere.
-Nulla. Stavo cercando di tenere sotto controllo il mio lato dolce e coccoloso. Sembra voglia impossessarsi di me.- disse, ironico.
Strawberry rise, divertita. –Andiamo…?
Annuì e le sfiorò la mano, quasi in un gesto involontario ma, al contrario, ben calibrato.
Raggiunsero la sua moto in silenzio, ammantati dal buio.
  Ryan rispettò tutti i limiti, volendo prolungare il più possibile quel momento. Non gli sembrava vero di poter condividere qualcosa del genere con Strawberry.
Arrivarono a destinazione troppo presto, ma non si sarebbe lamentato né l’avrebbe pregata di rimanere qualche minuto in più con sé.
La osservò smontare e sfilarsi il casco. Meglio non dirle quanto trovasse attraenti le sue movenze, sarebbe passato per un maniaco.
-Be’, allora grazie.- disse lei, esitante. Lo guardò di sottecchi, indecisa. Voleva ricambiare, magari con un bacio, ma non era sicura di quanta libertà d’iniziativa avesse con lui.
-Ci vediamo domani. Buonanotte.- sorrise, abbassando la visiera.
Si voltò, estraendo le chiavi di casa dalla tasca del cappotto, ma poi ci ripensò. Ruotò su se stessa e si sporse ad abbracciarlo stretto.
Per poco Ryan non perse la presa sulla moto, colto di sorpresa.
Restò immobile, assaporando il calore di quel gesto.
-Buonanotte.- e detto questo la mew rosa scappò in casa.


***

Stava terminando i compiti di letteratura giapponese che gli avevano portato i suoi compagni, quando sentì bussare.
-Avanti.- alzò la testa, curioso.
La porta si aprì e fece capolino sua madre. –Ciao tesoro.- lo salutò, sorridente.
Le occhiaie sotto i suoi occhi erano meno marcate, segno che aveva ripreso a dormire la notte. Sapeva che l’ansia per le sue condizioni l’avevano tenuta sveglia negli ultimi giorni.
I ragazzi del Cafè erano venuti a trovarlo un altro paio di volte, poi era stato tutto un susseguirsi di facce sconosciute. Ogni volta aveva dovuto farsi ripetere nome e cognome.
  Era esasperante.
Le sorrise a sua volta, chiudendo il taccuino.
-Come va, oggi?- gli domandò, premurosa.
-Be’, più o meno come gli altri giorni.- ammise, facendo spallucce. –Ricordo le persone che mi vengono presentate, ma non di averle conosciute prima dell’aggressione.
La donna gli posò una mano sul braccio. –Vedrai che la memoria ti ritornerà.- gli disse, fiduciosa.
Lui annuì, non molto convinto.
-Ah… per caso è venuta a trovarti Strawberry?- gli chiese di punto in bianco.
La fissò, stupito. –No. Cioè… l’ultima volta è venuta con Ryan. Perché?
-Oh, be’, è strano. Di solito state sempre insieme, quando potete.- commentò, dispiaciuta. Mark si accigliò.
Cosa voleva dire, sua madre? Lui e Strawberry erano forse migliori amici o amici d’infanzia?
-Perché quell’espressione?- gli chiese Chiwa.
-Mamma… io e Strawberry ci conosciamo da molto?- chiese, cauto. La testa iniziava a dolergli leggermente.
Lei alzò gli occhi al soffitto, ragionando. -Be’… da un anno e mezzo, credo.
-E che tipo di rapporto avevamo?- s’informò. C’era qualcosa che non quadrava, lo sentiva: il cervello gli mandava strani segnali.
Sua madre lo fissò con tanto d’occhi, poi la sua espressione si addolcì. –Be’, suppongo sia normale che tu non lo ricordi. Voi siete fidanzati.- gli sorrise.
Lui sgranò gli occhi. –Siamo cosa? Ma no… lei… noi siamo… sul serio?- fece, confuso. “Non è possibile!”, si disse.
L’altra annuì. –Giuro, è la verità. Stai bene?
Scosse la testa. –No… io… mi è scoppiato il mal di testa.- mormorò, serrando gli occhi con forza.
-Oh. D’accordo… torno più tardi. Vuoi che ti chiami l’infermiera?- la sentì alzarsi.
-No, grazie. Va bene così.- riuscì a dire, mentre il dolore dilagava nella sua scatola cranica.
-Ok… a stasera. Stai tranquillo, mi raccomando. E non sforzarti.- consigliò, uscendo e lasciandolo solo.
“Sono fidanzato. Strawberry è la mia fidanzata… io credevo che stesse con Ryan… loro… oddio!”, si lasciò cadere all’indietro, sprofondando contro i cuscini.
Si premette due dita sugli occhi, tentando di scacciare la fastidiosa sensazione di malessere che si era impadronita di lui.


***

  Forse non era stata una grande idea decidere di venire a trovare Mark in ospedale.
Era quello che si stava ripetendo Strawberry da un po’, mentre faceva avanti e indietro lungo il corridoio su cui affacciava la stanza 210.
-Smettila, per favore. Mi sta venendo mal di testa.- le ordinò Ryan.
Lei gli lanciò un’occhiataccia. –Non posso. Sto per… oddio, non riesco nemmeno a dirlo!- agitò le mani per aria.
-Posso farlo io, se vuoi.- propose.
-No.- rifiutò, decisa. Doveva farlo lei, era una cosa che doveva portare a termine personalmente.
Sospirò. -D’accordo. Ti aspetto qui.- e detto questo si sedette su una delle poltroncine di plastica.
La rossa annuì e poi, dopo aver preso un respiro profondo, aprì la porta ed entrò.
-Mark…?- chiamò, esitante.
Lui voltò la testa. –Ehi, ciao Strawberry.- le sorrise. Lei accennò qualcosa di simile, ma il risultato non fu dei migliori.
-Disturbo?
Scosse la testa e le fece segno d’avvicinarsi. La ragazza allora non se lo fece ripetere due volte e si approssimò al letto.
-Come è andata la giornata?- le chiese.
-Bene, grazie. La tua?- la voce le uscì stentata. A malapena sapeva cosa stava dicendo: il cuore batteva così forte che era assolutamente assordante.
-Al solito.- confessò, leggermente abbacchiato.
“Con calma… devo andare con calma.”, si disse lei. Prese un respiro profondo e poi lo guardò. –Senti… quando avrai recuperato la memoria, io dovrei dirti una cosa.- tentò di indorare la pillola.
-Dirmi una cosa?- ripetè, perplesso. Poi, come se la comprensione gli fosse stata instillata a forza nel cervello, capì. –Si tratta di noi, vero?
Strawberry sgranò gli occhi, panicata. –Come fai a sapere…?
-E’ stata mia madre. Ha detto che siamo fidanzati.- spiegò. Tacque un attimo, poi si mise a sedere con la schiena ritta e le lanciò un’occhiata non molto rassicurante. –Mi stai tradendo, vero?
-T-tradendo?- ripetè. “Lo sa, oh Kami, lo sa!”, pensò.
-Quando ti ho detto che tu e Ryan formavate una bella coppia… tu… con Ryan?!- scalciò via le coperte, mettendosi in piedi.
Strawberry scosse la testa, decisa a negare. Mark si stava arrabbiando e non era un buon segno, soprattutto nelle sue condizioni.
-Per favore, non ti agitare.- lo pregò.
-Non dovrei agitarmi? Non dovrei? Ho scoperto che la mia fidanzata se la fa con un altro, mentre io sono in una stanza d’ospedale!- alzò la voce di due toni, stringendo le mani a pugno.
-Io non me la sto facendo con nessuno! Sono qui proprio per spiegarti…!- replicò, trovando un po’ di coraggio.
Mark fece per replicare, ma si bloccò. La sua mente gli mostrò spezzoni di una vita che sembrava non appartenergli, riportando indietro anche vecchie e rimuginate riflessioni.
La sua mano annaspò alla cieca, in cerca di un sostegno.
  La rossa si fece avanti per aiutarlo, ma lui la bloccò con un gesto deciso. Lei allora esitò, restando comunque abbastanza vicina per intervenire.
All’improvviso spalancò gli occhi e la guardò intensamente. –Io… ricordo qualcosa…
-Ricordi? Cosa?- domandò, allarmata e sollevata al contempo.
-Io avevo delle supposizioni…- si sedette, lentamente.
La mew allungò una mano per toccarlo, ma poi ci ripensò. –Quali?
-Su te e Ryan. Ricordo che quando stavamo insieme, negli ultimi tempi, tu sembravi assente e ogni volta che lo nominavo saltavi come una molla.- sorrise amaramente. –Mi ingannavo dicendomi che era una mia fantasia… invece, be’, dovevo rendermene conto con quel bacio.
“No… non deve andare così!”, pensò lei. –Mark, non è assolutamente colpa tua. Io non volevo che andasse a finire…- iniziò.
-Da quanto?- la interruppe.
Si accigliò. –Da quanto cosa?- chiese.
-Da quanto ti piace.
La ragazza distolse lo sguardo. –Non lo so di preciso. Credo da quando è finito all’ospedale e mi sono sentita in colpa.- dovette confessare. –Ma non c’è mai stato niente!- s’affrettò ad aggiungere. “Solo un bacio.”, si corresse.
Mark scosse la testa, agitando la mano. –Non voglio saperlo. Mettiamo in chiaro le cose, per favore. Cosa provi per me?- domandò.
Strawberry si morse il labbro inferiore. Cosa poteva dire per non farlo stare peggio di quanto non stesse già?
-Ti voglio bene… ma come potrei volerne ad un fratello. Quando mi hai baciata… non ho provato… è stato come se fossimo fratelli.- si corresse appena in tempo. Non poteva dire di aver sentito il vuoto, l’assenza totale di coinvolgimento amoroso.
Lo vide sorridere amaramente. –Capisco… e con lui? Ora state insieme? Cioè, vi siete parlati?
-Sì… ma è stato difficile. Io volevo prima sistemare le cose con te.- ammise, sincera.
Annuì. –Be’, a me non serve altro. Se non un po’ di solitudine.- riuscì a far uscire le parole a stento. Aveva un fastidioso groppo in gola.
-Mark, io non…
-Non importa. Cioè, sì, importa eccome, ma non posso farci niente. Ti ringrazio per avermi ridato parte della mia memoria. Ora vorrei stare solo, per favore.- mormorò.
Lei esitò, volendo essergli di conforto, spiegargli che comunque era una persona importante, ma non ci riuscì.
Non quando vide la prima lacrima scivolare lungo la sua guancia, per poi perdersi nel camice.
Si morse il labbro a sangue, sentendosi uno schifo.
-Ci… ci vediamo… ciao…- disse in un soffio ed uscì silenziosamente dalla stanza.
Quando si trovò fuori si appoggiò alla porta e scoppiò a piangere.
Ryan le fu subito accanto. Non le chiese niente, ma si limitò a stringerla a sé e farla sfogare.


-So che non dovrei chiedertelo, soprattutto non dopo tutto il casino che ho combinato, ma ti andrebbe di rimanere? Domani è sabato, non c’è lezione.- propose Strawberry.
Ryan la fissò, stupito.
-Rimanere?- spostò il peso da un piede all’altro, colto di sorpresa. –Per fare cosa…? Consolarti mentre piangi per Mark?
“Ha ragione ad essere infastidito. Anche io lo sarei.”, pensò la rossa.  –No… per iniziare a costruire qualcosa insieme.- mormorò.
-Ti stai contraddicendo.- le fece notare, mantenendo una distanza di sicurezza. Era assolutamente tentato dall’idea di poter starle vicino tutta la notte, in modo ufficiale e senza impedimenti, ma non voleva essere usato come rimpiazzo.
-Lo so. Me ne rendo conto, ma ho bisogno di qualcuno vicino. Basta che tu mi faccia compagnia, non voglio che mi consoli né altro. Mi serve solo tempo per metabolizzare.- tentò di spiegarsi. L’unica ragione era che sentiva un bisogno quasi fisico di Ryan.
Un semplice contatto con la sua pelle bastava per mandarle il cuore a mille e, si era resa conto, anche calmare i suoi nervi.
Era un paradosso, uno stupendo paradosso.
Il biondo sospirò. –Se i tuoi mi scoprissero, sarebbero guai.- le fece presente.
-Diventa Art!
Soppesò la proposta e l’espressione sul viso di lei: era chiaro come il sole che avesse bisogno di sostegno morale.
Non che la cosa lo entusiasmasse, ma essere una coppia significava anche doversi venire incontro. E quella era la sua (ennesima) occasione di venirle incontro.
  Non sapendo bene come, finì per accettare.
Sistemò la moto dietro una siepe di pini del giardino di Strawberry e poi assunse forma felina. Lei si chinò e lo prese tra le braccia.
-Sono tornata!- si annunciò. –Vado a farmi una doccia e poi vado a letto.
-Va bene tesoro. Tutto ok, oggi?- le chiese sua mamma.
-Sì!- e sgattaiolò su per le scale.
Ryan, nel mentre, si stava dando mentalmente dello stupido. “Ma in che razza di situazione mi sono cacciato?”, si chiese.
La mew lo depose sul letto e poi disse:-Vado e torno. Non toccare nulla, ti prego.
Suo malgrado annuì e si acciambellò.
L’attesa non fu lunga e circa un quarto d’ora dopo la rossa tornò in camera, sulla pelle gli ultimi residui di calore.
-Ok… puoi tornare normale.- sussurrò.
Il biondo non se lo fece ripetere due volte. Quando riassunse sembianze umane lei si ritrovò a pensare che era strano vederlo in camera propria. Sembrava così fuori posto, come un mobile non progettato su misura.
Lui sembrò rendersene conto, perché sorrise. –Strano, vero?
Annuì. –Abbastanza.
-Dobbiamo dormire in due in quel lettino?- le domandò poi, indicandolo. Lei si voltò a guardarlo e poi annuì, rendendosi conto del fatto che era veramente piccolo.
-Non voglio fare…- iniziò, rendendosi conto che poteva aver frainteso.
L’americano la bloccò. –Lo so, non sono così stupido. Calmati, per favore.- la rassicurò. –Infilati sotto le coperte.
Non se lo fece ripetere due volte e scivolò verso il muro, leggermente a disagio.
“Forse non è stata una buona idea.”, realizzò.
Ryan non la imitò, si limitò a togliersi le scarpe e sistemarsi al suo fianco. La schiena appoggiata alla testiera e nessuna parte del proprio corpo sotto le coperte.
-Ho tutta la notte, puoi parlare fin che vuoi. O meglio, finché non mi addormento.- le disse, la voce velata d’ironia.
Strawberry annuì, prendendolo in parola.


  Finirono per addormentarsi ad un’ora improbabile.
Strawberry aveva costretto Ryan a raggiungerla al caldo perché, a detta sua, non voleva fargli patire del freddo inutilmente.
Il ragazzo aveva protestato, inizialmente, ma dopo un po’ era stato chiaro che la cosa gli faceva piacere.
  Così, parlando e stuzzicandosi, si erano appoggiati ai cuscini, crollando dopo molto.
Ora lui dormiva con un braccio ripiegato dietro la testa e l’altro avvolto attorno alla vita di lei. Strawberry, dal canto suo, aveva le labbra a pochi millimetri dal suo collo e gli si era accoccolata contro.
Se qualcuno avesse scattato una foto, avrebbe notato la grande intimità che esisteva tra loro. Nonostante avessero scoperto di piacersi da non molto tempo e non ci fosse stato nessun rapporto a livello fisico.
Anche la mano dell’americano, scivolata appena sotto il bordo della maglia del pigiama della rossa, appariva del tutto naturale.
Erano fatti per stare insieme, meglio come coppia che come datore e dipendente.

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Capitolo 25
*** Cap. 24 Noi due ***


Cap. 24 Noi due
Ce l'ho fatta!! Scusate per il ritardo, ma non trovavo mai il tempo di scrivere. In questi giorni ho occupato ogni pezzetto libero per buttare giù qualcosa... spero che vi piaccia, perchè finalmente si conclude la lunga rivalità tra Ryan e Mark. Come? Non ve lo dico :P
Direi che tra non molti capitoli la storia sarà conclusa. Chissà se ce la farò prima di Natale... lo spero!
Be', per ora, vi auguro buona lettura! :)



Cap. 24 Noi due


   Fu il primo a svegliarsi.
Si stiracchiò lentamente, intorpidito dalla strana posizione in cui aveva dormito. Fissò il soffitto per qualche istante, sinceramente confuso. Poi realizzò di essere a casa di Strawberry.
S’irrigidì ed ebbe l’impulso di scalciare via le coperte e scappare.
Con attenzione si voltò a guardarla: stava ancora dormendo, le membra rilassate. Sentiva il contatto col suo corpo e quello non lo aiutava molto.
  Soprattutto considerato che era mattina.
Si passò una mano sugli occhi, prendendo un respiro profondo.
Cercò il cellulare nei jeans e trovò un messaggio di Kyle, che gli chiedeva dove fosse finito. Gli rispose scusandosi per non averlo avvertito e dicendogli che stava bene.
“Spero di non svegliarlo…”, si disse, notando che erano appena le sei e mezza. Era abituato ad alzarsi presto, prendersi i suoi tempi e approfittare della calma mattutina per ragionare.
  Fu quello che fece anche in quell’occasione.
Lanciò un’occhiata alla ragazza di fianco a sé e poi appoggiò la schiena alla testiera, pensoso. L’unica cosa di cui era certo, in quel momento, era che se uno dei genitori di Strawberry fosse entrato, per lui sarebbe finita molto male.
Sollevò un angolo della bocca, immaginandosi la scena. Sarebbe stata uno spasso, almeno per chi stava a guardare.
“Lucas lo troverebbe divertente.”, realizzò. Il suo pensiero andò al dampyr e si rese conto che non avevano più ripreso gli allenamenti, dopo averli interrotti. “Dovrò parlare con lui.”
Quello che gli premeva di più, in quel momento, era la gattina che gli ronfava affianco, beatamente addormentata.
Le sfiorò una guancia e lei mugugnò qualcosa, scacciandolo.
Ridacchiò, divertito.
“Chissà se le cose con Mark si sono veramente sistemate.”, si chiese. Quando l’aveva vista in lacrime aveva capito che gli aveva rivelato tutto, ma non sapeva come l’aveva presa lui. Scosse la testa, riavviandosi i capelli biondi. “Che casino.”, sospirò.
  Desiderava con tutto se stesso poter stare con la mew neko, ma non si sarebbe sentito a proprio agio fino a quando non avesse avuto la certezza che la relazione con Aoyama fosse finita.
  E, anche allora, non sapeva veramente come si sarebbe comportato.
Era molto tempo che non si fidava completamente delle persone, Kyle escluso. Era molto più facile e preservava da inutili dolori.
Mentre rimuginava sentì alcuni rumori provenire dal corridoio. Si allarmò e si affrettò a trasformarsi in Art, la sua forma felina. Sgusciò sotto le coperte e si appallottolò vicino al viso di Strawberry.
Udì suo padre borbottare qualcosa e scendere le scale, diretto probabilmente a lavoro.
Attese fino a quando non fu sicuro e fece per uscire, ma si sentì tirare per la coda. Soffocò un miagolio di protesta e si voltò, trovandosi avvinghiato tra le braccia della sua attuale fidanzata.
“Ti prego. Non iniziamo la giornata nel modo sbagliato.”, tentò di sgusciare fuori dalla sua presa, ma lei sembrava non voler cedere.
Studiò la sua espressione, tentando di capire se fosse ancora addormentata o meno.
Sembrava stesse veramente dormendo.
“Ho poco tempo.”
Allungò il proprio corpo per tentare di guadagnare una via di fuga, ma nulla.
Sbuffò, iniziando ad innervosirsi. Non aveva voglia di beccarsi degli insulti una volta che la rossa si fosse svegliata. Non stava facendo nulla di male.
Riuscì ad estrarre una zampa e tentò di far leva. La presa della ragazza si allentò all’improvviso e lui fu libero.
-Ryan…?
I suoi occhi celesti si puntarono su quelli color cioccolato di lei. Strawberry lo guardò, ancora assonnata e sembrò non capire.
Purtroppo il tempo della trasformazione scadde in quel momento.
   C’era qualcosa che non quadrava.
Perché si trovava sotto le coperte, avvinghiata a Ryan? Sembrava stessero svolgendo attività di dubbio genere!
Aprì la bocca, pronta a protestare, ma lui la inchiodò col suo sguardo.
-Che stai facendo?- sussurrò allora, arrabbiata.
-Evitavo di farmi scoprire da tuo padre.- replicò il biondo, tentando di apparire il più sincero possibile.
Strawberry si accigliò. –Mio padre? Cosa c’entra?
L’americano sbuffò. –E’ uscito per andare a lavoro. Non sapevo se sarebbe entrato in camera o meno. Ho preferito non rischiare.- le spiegò. –Ora ti è chiaro? O sei ancora nel mondo dei sogni?
Lei gonfiò le guance, irritata dal suo tono. La stava prendendo in giro, era chiaro.
Si agitò, tentando di liberare le braccia e colpirlo. Nel farlo gli finì praticamente addosso (come se non fossero abbastanza vicini) e si ritrovarono a pochi centimetri l’uno dall’altra.
  Trattenne inconsciamente il fiato, emozionata.
In quella insolita penombra, calda e accogliente come un abbraccio, gli occhi di Ryan erano scuri come le profondità del mare. Ed intensi, dannatamente intensi.
Sentì le guance andarle a fuoco.
Lui lo notò, perché sorrise e gliene sfiorò una, leggero. Poi la sua mano scivolò dietro la nuca di Strawberry, tra i suoi capelli.
La fissò per pochi istanti, poi l’attirò a sé, baciandola.
Fu un contatto lento e tremendamente dolce. Ryan si prese tutto il tempo per gustarla, esplorare la sua bocca. La mew, dal canto suo, lo lasciò fare, sentendo il basso ventre contorcersi.
Rimasero a baciarsi fino a quando non esaurirono la scorta d’aria e dovettero sbucare da sotto le coperte.
Si fissarono, scompigliati e leggermente arrossati, e ridacchiarono.
-Buongiorno.- la salutò lui.
La rossa sorrise. –Ciao. Ti ho dato dei calci, stanotte?- fece, preoccupata. Ci pensò su e poi scosse la testa. –Per fortuna. Sai, tendo a rotolare di qua e di là.
-Non è difficile da immaginare.- la punzecchiò.
-Ehi! Tu dormi come un sasso, fermo immobile?- replicò, piccata.
Le scoccò una rapida occhiata. –Non rotolo per il letto.
Incrociò le braccia, infastidita. Possibile che fosse già intrattabile di prima mattina?
“Ma con chi mi sono messa?”, si chiese. “E poi, un attimo, che ore sono?”
Mise fuori le braccia e, facendo leva sul materasso, si sporse per controllare la sveglia. Ryan la fissò in silenzio, seguendo ogni suo movimento.
-Cavoli, è prestissimo!- esclamò, stupita. Non sentendo nessun commento voltò lentamente il capo e si ritrovò a fissare i suoi occhi, azzurri come il cielo.
Arrossì fino alla punta dei capelli.
Tentò di tornare al proprio posto, ma scivolò e gli finì addosso. –Ehi, calma!- il biondo cercò di farla rimettere dritta, ma lei non era esattamente collaborativa.
Si agitò così tanto che gli finì a calcioni sulle gambe.
-Fermati!
Finalmente riuscì ad afferrarla per le spalle e bloccarla. Si fissarono e Strawberry fu improvvisamente consapevole del fatto che Ryan fosse un uomo.
“Non abbassare lo sguardo.”, s’ingiunse. Non voleva sentirsi rimproverare di essere maliziosa o che altro.
Sostenne lo sguardo del ragazzo fino a quando la tensione non raggiunse il limite e lei divenne una gattina nera.
Il giovane la fissò stupito, ritrovandosela improvvisamente in grembo. –Strawberry… tutto ok?- le chiese. In risposta ebbe un miagolio.
Sospirò e la sollevò, portandosela vicina al viso.
-Ti avevo detto di non agitarti.- brontolò e le diede un piccolo bacetto per farla tornare normale.
Poco prima che questo succedesse la depose sul letto, giusto per evitare altri incidenti.
-G-grazie…- mormorò lei, imbarazzata.
-Non ti succedeva da un po’.- le fece notare. Lei annuì rapidamente, evitando di guardarlo. –Ehi, guarda che non ti mangio.- aggiunse, notando la sua espressione.
-Ryan…- iniziò la mew.
-Dimmi.
-Ehm… è… è normale, vero? O è colpa mia?- domandò.
Seguì il dito di Strawberry e capì subito a cosa si stava riferendo. Sorrise, divertito. –Tranquilla, normale amministrazione.
-Oh. Ok.- fu la risposta.
Il biondo si mosse leggermente, sistemandosi meglio contro il cuscino. –Senti, mi dici perché sei così ossessionata dal sesso?- le domandò, franco. A quelle parole, la leader delle Mew Mew non seppe cosa fare, se non sentirsi immensamente stupida.
-Be’… tu sei più grande e a scuola, le mie compagne…- iniziò.
-Ferma. Sei sempre così agitata, quando stai con me, per sentito dire?- la fissò, incredulo. Lei esitò un attimo, poi alzò lo sguardo ed annuì. –Ma è assurdo! Io sono diverso dagli altri. Ogni persona è un mondo a sé, un modo di ragionare a sé stante.
Nelle sue parole colse un’accusa. Ryan non sopportava di essere paragonato agli altri o di essere trattato come se fosse uno qualunque: voleva che venisse rispettata la sua individualità.
-Scusami.- disse, mortificata.
Rimase a guardarla, in silenzio, poi sospirò. –Vieni qui.- fece, burbero. Le passò un braccio attorno alla vita e l’attirò contro il proprio fianco. –Se ti senti a disagio, se hai una domanda… per qualsiasi cosa, fai riferimento a me. Non alle tue compagne o alle chiacchiere di corridoio.- le disse, accarezzandole i capelli.
La sentì muovere la testa in segno d’assenso. –Posso chiederti una cosa…?- sussurrò.
-Ah, inizi subito? D’accordo.- ridacchiò.
Si sentiva bene, in pace con se stesso. E al caldo, ma non un calore fisico, un calore emotivo.
-Sei mai stato fidanzato?- azzardò a chiedere.
Sbirciò il viso dell’americano dai ciuffi di capelli che le cadevano sulla fronte, in attesa di una risposta. Non sembrava a disagio o arrabbiato, solo pensieroso.
-No. Non ho mai sentito il bisogno di stare con una ragazza.- rivelò, sincero.
La scoperta la stupì. –Davvero? Con nessuna?
Abbassò lo sguardo. –La cosa è così strana?- domandò, perplesso.
Scosse la testa. –No, no… è che… non sembra.- ammise, arrossendo un poco. Ryan sollevò un angolo della bocca, gongolante. Aveva appena ricevuto un complimento indiretto e questo lo rendeva felice.
“Dipendo già da te.”, si rese conto, un po’ allarmato.
-Faremo le cose insieme, contenta?- piegò la testa di lato per poterla vedere negli occhi. –Non ti metterò fretta. Ognuno rispetterà la volontà dell’altro… giuro che non ti legherò a nulla, a meno che tu non lo voglia.
  Quando Strawberry recepì le sue parole, divenne bordeaux e lo colpì con il cuscino, indignata. L’americano scoppiò a ridere, senza tentare nemmeno di difendersi.
Si lasciò colpire per un po’, poi la catturò e la costrinse a stendersi sulle proprie gambe. Si fissarono, cielo e terra insieme, e poi si chinò per rubarle un bacio.
Inaspettatamente lei rispose attivamente e gli affondò una mano tra i capelli biondi.
  Se avesse potuto scegliere, l’avrebbe baciata per sempre.
Non perché avesse gli ormoni in circolo, ma per le sensazioni che gli trasmettevano quei contatti. Si sentiva desiderato, importante.
Lo stesso poteva dirsi della rossa, che sentiva le farfalle fare su e giù per tutto il proprio corpo. Non avrebbe mai creduto di trovare così tanta complicità e passione in un ragazzo come Ryan. E in se stessa.
Ma le piaceva, anzi, piaceva ad entrambi.


-Credo che dovresti scendere.- disse ad un certo punto. Stavano chiacchierando del più e del meno, imparando a conoscersi.
Strawberry alzò lo sguardo e fissò il quadrante della sveglia. –Hai ragione… tra un po’ mia mamma verrà a cercarmi.- dovette dargli ragione.
-Ci vediamo al Cafè nel pomeriggio.- Ryan scostò le coperte, posando i piedi nudi sul pavimento di legno.
-D’accordo… ah, Ryan!
Si voltò a guardarla, in attesa. –Cosa…?
Lei si aprì in un sorriso colmo di gratitudine. -Grazie, per ieri.
-Figurati. Anche questo fa parte dell’essere una coppia.- le rispose. Si rimise le scarpe e poi tornò a fissarla. –Noi siamo una coppia, vero?- chiese conferma.
-Un po’ strana, ma sì. Perché?
-Mark.- mormorò.
La rossa perse un po’ del proprio sorriso, poi lo recuperò. –Mark ha capito. Ci siamo lasciati senza litigare.- rivelò.
-Bene. Sono stanco di combattere con lui.- ammise, sospirando. –Ci vediamo più tardi, allora. Ciao.- gettò una gamba oltre il davanzale della finestra, le sorrise un attimo e poi si calò giù.
Atterrò silenziosamente, affondando le mani nella neve cristallizzata.
Recuperò la moto e poi uscì dal cancello, non visto.
-Strawberry! Svegliati!
Aprì la porta e diede voce a sua madre:-Arrivo!

-Abbiamo passato la notte fuori, eh?
Si bloccò, facendo roteare gli occhi. Possibile che fosse peggio di una suocera? Si voltò a fissarlo. –Sei proprio un impiccione, sai?- lo rimproverò.
L’altro fece spallucce. –Sono il tuo tutore. Devo interessarmi alla tua vita.- disse con nonchalance.
-Kyle.- il biondo scosse la testa, divertito dal suo tono.
-Ryan.- gli fece il verso. -Com’è andata?
Si fissarono per qualche istante. –Cosa vorresti sentirti dire?- s’informò. L’amico spostò un attimo la propria attenzione sulla cucina, poi tornò a guardarlo, facendogli capire che andava bene tutto. –Be’, stiamo insieme. Abbiamo parlato… credo di non aver mai parlato così tanto con qualcuno.
Il moro sorrise. –Stare con lei ti fa bene.- osservò.
-Tu credi?- chiese, stupito. In effetti si sentiva diverso, più rilassato.
-Oh, sì. Lo credo.- annuì. –Mi fa piacere che finalmente abbiate combinato qualcosa. Non ne potevo più di vederti…
Lo interruppe dicendo:-Lo so, lo so. Andavo in giro con l’espressione da cane bastonato o sembravo un pazzo furioso.
-Esattamente.- approvò la sua breve sintesi, ridacchiando. Poi si ricompose, facendosi serio. –E’ ufficiale o volete tenervelo per voi?
Ryan fece spallucce. –Non ne abbiamo parlato. Che importa?
-Oh, nulla. Era per chiedere.- rispose.
L’altro annuì, restando a fissarlo in silenzio. –Posso andare o l’interrogatorio deve continuare?- chiese dopo un po’.
-No, no, vai a sognare cuori rosa.- lo liquidò, ridendo. L’americano lo guardò con espressione incredula, stentando a credere alle proprie orecchie. Il cuoco gli fece l’occhiolino e sparì in cucina.
Scosse la testa, sollevando un angolo della bocca con fare divertito. –Sognare cuori rosa…- ripetè tra sé, iniziando a salire le scale.
Una volta arrivato in camera si spogliò ed andò a fare una doccia. Si sentiva addosso un odore estraneo, ma allo stesso tempo conosciuto. Era insolito, ma gli piaceva perché era il suo odore. Il profumo della pelle di Strawberry e dei suoi baci.
Ci rimuginò su per un po’, crogiolandosi nell’idea che fossero una coppia.
“Ryan, smettila. Stai sognando cuori rosa sul serio.”, si rimproverò ad un certo punto, tornando in sé.
Riassunse un po’ di contegno e chiuse l’erogatore dell’acqua, uscendo dalla doccia. Si rivestì e poi scese di sotto, intenzionato a blindarsi in laboratorio. Mentre imboccava la porta, l’occhio gli cadde sulla cartellina che usava a scuola.
-Fortuna che sono un genio, se no avrei anche i compiti.- si disse.
Stava terminando di sistemarsi il collo della maglia quando con la coda dell’occhio vide Lucas. Rallentò e lo salutò.
-Non ti facevo così intraprendente, Shirogane.- rispose lui.
-Come, scusa?- si bloccò, perplesso.
Il dampyr sogghignò, malizioso. –Kyle mi ha detto che sei appena tornato. Sei stato da Strawberry?- lo punzecchiò.
Il biondo tentò di mascherare un certo rossore, senza molto successo. –Non sono affari tuoi. Sono sotto sorveglianza, per caso?- sbottò. L’altro scosse il capo, divertito dalla sua reazione. –Perché sei già qui?
-Oh, non avevo nulla da fare. Revenge non sembra intenzionato ad uscire dal suo buco: mi annoiavo.- ammise.
-Vorrei potermi annoiare anche io.- sbuffò Ryan.
-Be’, non cercano d’ucciderti da un po’. Dovresti apprezzare questo periodo di quiete.- gli fece notare Lucas.
Il giovane gli lanciò un’occhiata di traverso. –Lo sto facendo.
-Sei scontroso come sempre, eh? E io che credevo che l’amore rendesse più dolci.- brontolò.
Il diciottenne sospirò. –Lucas, smettila di punzecchiarmi. Se non hai nulla da fare, va’ ad aiutare Kyle.- gli disse. Poi gli tornò in mente una cosa. –Ah, no aspetta.
Si voltò, tornando a fronteggiarlo. –Che c’è?
-Gli allenamenti. Dobbiamo riprenderli. C’è qualcosa… una sensazione. Sento che devo essere pronto.- disse.
Lucas lo fissò per qualche momento, meditabondo. –E’ una sensazione alla bocca dello stomaco, vero? La sento anche io.- confermò.
-Cos’è?- domandò, stupito.
-Sesto senso. È un bene che tu ne sia dotato. Comunque d’accordo, riprendiamo pure gli allenamenti. Anche ora, se vuoi: sono libero.
Ci pensò su, poi annuì. Le ricerche potevano aspettare, considerato che ultimamente non si erano fatti vivi né gli alieni né il vampiro.
Era tutto troppo tranquillo, ma sapeva di dover approfittare di quel momento di calma. Era il respiro prima del grande balzo.
“Tra un po’ ci sarà la resa dei conti.”, realizzò, seguendo il collega giù nel magazzino.


***

-Trovate un modo per farmi arrivare sulla Terra.- ingiunse Profondo Blu.
Ormai era un po’ di tempo che gli alieni non facevano incursioni sul pianeta degli umani, tutto perché il loro Signore doveva cercare di potenziarsi il più possibile per poter affrontare i loro nemici.
  Non che fossero così potenti, ma la prudenza non è mai troppa.
Revenge si era rivelato un alleato volubile e aveva dovuto parlamentare con lui a lungo, per poter giungere ad un nuovo accordo. Non voleva più che gli venissero procurate delle prede, ma solo poter uccidere il dampyr e l’umano chiamato Shirogane.
“Non posso nemmeno vendicarmi di te, stupido vampiro. Tu hai ucciso il Cavaliere Blu, indebolendomi. A che razza di gioco stai giocando?”, meditò, aspettando che i fratelli Ikisatashi comparissero.
Si voltò, prendendo a misurare il salone a grandi passi.
-Ci avete chiamati, Signore?- Pie fece la sua comparsa, inchinandosi, subito seguito dai fratelli più giovani.
-Sì, finalmente.- sbottò, esasperato. –Come procedono le tue ricerche, Pie?
-Sono a buon punto. Il tunnel spazio-temporale è quasi pronto.- annunciò, sperando di soddisfarlo.
-Mhm… bene. Avete trovato altra Mew Acqua?- domandò.
-Due piccoli frammenti. Pare siano sfuggiti alle nostre avversarie.- Quiche glieli mostrò, appoggiati sui palmi delle sue mani diafane.
Profondo Blu si avvicinò e ne prese uno tra indice e pollice, osservandolo. Il piccolo cristallo pulsò di luce propria, vivo.
-Non c’è male. Meglio di niente.- commentò, ingoiandolo assieme all’altro. Si sentì immediatamente più forte, più solido.
Mantenere forma umana in quella dimensione era abbastanza semplice, ma non lo sarebbe stato altrettanto sulla Terra.
Lì, lui non esisteva.
-Signore…?
Spostò gli occhi di ghiaccio sul più piccolo dei suoi servitori, in attesa della domanda. –Parla.
-Dobbiamo attaccare le Mew Mew?- chiese.
-No, risparmiate energie.- rispose.
-Ma non sospetteranno qualcosa?- s’intromise Pie.
Sorrise. –Lascia pure che sospettino. Non arriveranno mai a sapere da quale fronte giungerà l’attacco. Almeno, non fino all’ultimo.- sogghignò, sornione.
L’alieno chinò il capo, sottomesso.
-Potete tornare al vostro lavoro.- li congedò poco dopo. Diede loro le spalle ed andò a sedersi sul proprio scranno, ragionando su come potersi liberare di quegli stupidi e fastidiosi umani.
  E vendicarsi di Revenge, nel caso.


***

   Erano passate due settimane da quando Ryan aveva ripreso gli allenamenti.
Lui e Lucas ci stavano mettendo ancora più impegno di quando avevano cominciato e l’americano sembrava intenzionato a raggiungere l’abilità di un samurai. Combatteva fino a sfiancarsi, desideroso di possedere abilità con cui difendersi.
-Ryan, rallenta. Stai esagerando.- lo rimproverò il dampyr. Il suo avversario trasse un respiro profondo e si deterse il sudore dalla fronte. –Stai ansimando e sei sotto sforzo.
-Sto… bene…- rispose, accaldato.
Ma l’altro scosse la testa. –No. Per oggi basta.- si rifiutò di continuare. “Non voglio vederti collassare.”, aggiunse mentalmente.
-Lucas…
-No, ho detto che per oggi basta.- ribadì. –Trova un altro modo per tenere occupata la mente.
Il vero motivo per cui il biondo ci stava mettendo anima e corpo era il ritorno a scuola di Mark. Il ragazzo era stato dimesso una settimana prima e ormai aveva recuperato tutta la memoria. La cosa che lo preoccupava era una sua possibile ricomparsa nella vita di Strawberry.
-D’accordo, andrò in palestra.- disse, raddrizzandosi.
-Trova un modo che non sia spomparti fisicamente.- l’europeo lo guardò male, rinfoderando la katana.
-Non sono affari tuoi.- sbottò Ryan.
-Credi? E cosa succederà se dovessi finire ricoverato in ospedale? Stai portando avanti il progetto Mew, stai tentando di difendere la Terra. Non ci sono sostituti, per questo.- gli ricordò.
Lui allora abbassò lo sguardo, colpito dalle parole dell’amico. –D’accordo.
-E poi, Strawberry non gli ha nemmeno mai parlato.- gli si avvicinò, battendogli una mano sulla spalla.
-Non è lei a preoccuparmi.- rispose.
-Ma Mark, lo so. L’abbiamo capito tutti: ogni volta che lo senti nominare scatti come se fossi stato morso da un serpente.- sorrise, divertito.
Il biondo raccolse la propria arma e la mise nel fodero. Poi sospirò e disse:-Vado a farmi una doccia. Grazie per il tuo tempo.
-Figurati. Mi serve per tenermi in allenamento.- disse.
-Per uccidere Revenge?
-Sì, il mio caro paparino.- fece una smorfia, mentre i suoi occhi cambiavano colore, virando ad un verde elettrico.
-Lucas, sei inquietante. Smettila.- gli disse il giovane. L’altro si riscosse e recuperò la calma. –Meglio. Be’, vado. Vedi di non strapazzarti troppo: non abbiamo altri dampyr.
Un angolo della sua bocca si sollevò. –A domani.
Si salutarono ed ognuno se ne andò per la sua strada.
Mentre saliva le scale dopo aver riordinato e chiuso il magazzino, Ryan incontrò Strawberry.
-Ciao!- esclamò lei, sorpresa.
Le rispose con un cenno del capo, poi si fece perplesso. –Che fai ancora qui?
Lei abbassò lo sguardo, arrossendo. –Ti… ti aspettavo.
Non se l’aspettava. –Oh.- disse solo.
-Ho fatto male?- la rossa lo guardò negli occhi, preoccupata. Non sapeva bene come doveva comportarsi, con lui. Era diverso da Mark, era molto più cosciente di se stesso ma al tempo stesso nuovo a quel tipo di esperienza.
Dentro di sé sentiva il bisogno di fare qualcosa per lui, con lui.
Si riscosse e la guardò. –No… non me l’aspettavo, tutto qui.- ammise. La vide lanciare uno sguardo alle proprie spalle e poi torturarsi una ciocca di capelli. –Stavo salendo. Vieni con me?
-I-in camera tua?
Annuì. –Sì. La doccia è lì e devo proprio darmi una ripulita.- disse.
-Com’è andato l’allenamento?- chiese lei. L’occhio le cadde sulla maglietta del giovane, fradicia. Poteva vedere i suoi muscoli attraverso il tessuto, diventato trasparente.
-Al solito. Non so quando attaccheranno, ma mi voglio far trovare pronto.- rispose, prendendola distrattamente per mano e guidandola al piano di sopra.
Strawberry sentì il calore di quel contatto diffondersi a tutto il suo corpo ed arrossì.
-Tutto bene, in sala?- le chiese dopo un po’, facendola entrare in camera sua. Accese la luce e poi le indicò il letto.
-Sì… tutto come al solito. Lucas riscuote sempre un certo successo.- ridacchiò, nervosa. Essere in quella stanza, in quel momento, le faceva sembrare le precedenti incursioni qualcosa di lontano, estraneo, sbagliato.
Sentiva che era quella l’atmosfera che avrebbe dovuto esserci tra di loro, anche se non l’avrebbe mai immaginato, prima.
-Mi lavo e ti accompagno a casa, ok?- le disse. Annuì, lanciandogli un’occhiata.

-Come… come va tra noi due…?- chiese ad un certo punto.
Ultimamente si sentiva più coraggiosa, in sua presenza, e riusciva a porgli le domande che le frullavano in testa senza problemi. A parte l’imbarazzo.
Ryan si bloccò, le scarpe affondate nella neve fresca. –In che senso?
-Be’… sto andando bene? Hai detto che ero in prova.- mormorò. “Ottimo, molto stupido, Strawberry.”, si rimproverò.
Il biondo sorrise, divertito dalla sua espressione timorosa. –Oh, direi che sei assunta.- disse.
-Ah… ok.
-Però il discorso vale anche al contrario. Potrei non andarti bene io.- si indicò. Dire quella frase gli era costato molto, perché significava darle la possibilità di ritrattare quello che stava nascendo tra di loro. Di porgli un freno.
  E lui non voleva.
La mew fu colta impreparata da quelle parole e rimase a fissarlo con la bocca leggermente socchiusa. Quando si riprese farfugliò:-No… cioè… io…
-Ti vedo confusa.- ridacchiò, divertito.
Arrossì completamente, abbassando gli occhi. –Tu vai bene così…
Senza nemmeno pensarci annullò la distanza tra di loro e l’abbracciò. –Mi fa piacere.- sussurrò. Dopo un attimo d’esitazione, sentì le braccia della ragazza avvolgerlo.
Rimasero così per un po’, poi lui si scostò e si chinò per darle un tenero bacio sulla punta del naso.
Strawberry sorrise e gli diede una leggera testata.
-Ehi!- protestò, dandole un pizzicotto sul fianco che la fece contorcere. La tenne stretta a sé e pose fine alle sue lamentele con un bacio. –Ok… mi sta venendo la carie. Il momento coccoloso è finito.- si staccò.
Lei lo fissò con tanto d’occhi. –Come?
-Ti sembro il tipo da coccole davanti al cancello di casa?- le domandò. La giovane si guardò attorno.
-Be’, a me piaci così.- rivelò. Quando vide la sua espressione seria pensò di doversi rimangiare le parole.
-Stavo scherzando, non sono borderline. Però non diventerò mai uno di quei fidanzati appiccicosi e smielati come caramelle.- l’avvertì.
Si alzò in punta di piedi e gli diede un bacio sulla guancia. –Vai bene così, Ryan.- sorrise. Lo salutò ed entrò nel giardino di casa.
-Ciao, gattina.- fece un cenno con la mano e si avviò verso casa.
Nessuno dei due sospettava minimamente di essere stato visto.
E soprattutto, nemmeno nei loro incubi peggiori l’osservatore sarebbe stato Shintaro Momomiya.


  Da quando aveva recuperato la memoria si sentiva di nuovo se stesso.
Tutto era andato al suo posto, compresa l’aggressione.
Ora, l’unica cosa che non funzionava, era Strawberry. O meglio, il suo nuovo fidanzato.
Quando era venuta in ospedale per dirgli che era finita aveva ceduto, indebolito dai farmaci e dall’assenza dei propri ricordi.
  Ma ora voleva rimettere le cose a posto.
Non l’avrebbe lasciata ad un altro, tanto meno a Shirogane.
Svoltò l’angolo ed accelerò il passo, diretto verso quella casa che ormai conosceva bene. Quando si ritrovò davanti alla porta d’ingresso prese un respiro profondo e bussò.
Gli venne ad aprire Strawberry in persona.
-M-Mark… ciao. Che fai qui?- lo fissò perplessa. Probabilmente non si aspettava una sua visita.
Sfoggiò il suo miglior sorriso. –Ciao. Dovrei parlarti, hai un po’ di tempo?
Lei lanciò un’occhiata dentro casa, poi accostò la porta alle proprie spalle, senza chiuderla. –E’ successo qualcosa?- domandò, accigliata.
Non avevano parlato molto, da quando lui era tornato. Non perché fosse scoppiato uno scandalo, a scuola: né lei né Ryan avevano sbandierato la loro relazione ai quattro venti. Semplicemente non aveva avuto il coraggio di affrontarlo.
Si sentiva sporca, o almeno, una parte di lei.
-Senti… è vero che ti piace Ryan? Seriamente?- chiese in un sussurro. Dirlo lo rendeva quasi reale, ma ancora inconcepibile.
La rossa, da principio, fu spiazzata dalla domanda, ma poi rispose:-Sì.
-E state insieme?- continuò con l’interrogatorio.
-Mark, non ti ho detto una bugia, all’ospedale.- gli fece presente. Lui allora si rabbuiò. –E non capisco perché tu sia venuto a casa mia.
-Per rimettere le cose a posto. Tu devi stare con me, non con lui.- spiegò.
Lei incrociò le braccia al petto. –E perché?
-Come perché? Siamo fatti per stare insieme. Non ti ricordi tutti i momenti che abbiamo passato…?- la guardò con tanto d’occhi.
Strawberry annuì. –Sì, li ricordo. E li ricorderò sempre, non ti ho dimenticato. Ma quello che provo per te non è amore.- tentò di essere chiara.
-Ryan ti ha fatto il lavaggio del cervello.- asserì, convinto. Abbassò un attimo lo sguardo e poi lo puntò in quello della ragazza. –Torna con me.
-No.- rifiutò la rossa.
-Strawberry, ragiona! Io vado bene per te, lui no! Chissà quante ragazze gli girano attorno!- alzò la voce.
-Non inventarti bugie sul suo conto! Non sei così meschino.- lei lo imitò.
I toni si stavano facendo accesi e il padre di Strawberry venne distolto dalla lettura della pagina economica. Ripiegò il giornale e lo abbandonò sul bracciolo della poltrona, intenzionato a controllare la situazione.
Non sapeva con chi stesse parlando sua figlia, ma la conversazione si stava accendendo.
Si avvicinò alla finestra e sbirciò oltre la tenda, senza farsi vedere.
“Mark?”, pensò stupito. Era da un po’ che non lo vedeva, praticamente dall’incidente. Strawberry aveva evitato di parlarne, in ogni caso e lui non aveva insistito, credendo che ci fossero problemi tra di loro.
Il bacio con Shirogane, alcune sere prima, glielo aveva confermato.
-Voglio solo che torni tutto come prima!- venne distratto dalla replica del ragazzo. La sua piccola scosse la testa, agitando in aria le mani: si stava innervosendo.
Mark non gli era mai andato completamente a genio, ma lo aveva accettato perché Strawberry ci teneva veramente, a lui. Ryan, invece… si poteva dire che era stato amore a prima vista.
  Se lo poteva immaginare come suo genero senza problemi. Il che aveva dell’incredibile, considerato quanto fosse geloso della sua unica figlia.
-Mark, mi dispiace. Ma non cambierò idea. Non credere che abbia deciso così, alla leggera! Ci sono stata male per giorni!- la ragazza alzò ulteriormente la voce, arrivando quasi a gridare nel tentativo di inculcargli la dura verità.
Il moro non sembrò prenderla bene.
Lo vide allungare una mano, intenzionato a strattonarla. Allora decise di intervenire.
Uscì sulla soglia, comparendo alle spalle di Strawberry.
Lei si voltò, sentendo la porta aprirsi. –P-papà?- arrossì, colta in flagrante. “Oddio, ha visto tutto.”, si disse, allarmata.
-Che succede, qui?- domandò l’uomo, calmo. Il suo sguardo si posò sulla mano del giovane di fronte a lui.
-Signor Momomiya.- Mark chinò il capo, remissivo. –E’ un piacere vederla.
-A quanto pare, per mia figlia non lo è vedere te. Mi sembra che non abbia altro da dirti, ma tu continui ad insistere.- replicò.
Il suo interlocutore deglutì, a disagio. –M-mi dispiace, io…
-Ti devo chiedere di andartene. Per favore.
-Ma…- il ragazzo alzò la testa di scatto. La rossa, invece, lo fissò a bocca aperta.
-Mark. Per favore.- indurì la propria espressione.
Infine lui cedette. –D’accordo. Arrivederci.
Lo osservò allontanarsi a passo lento, il capo chino. –Vai dentro, piccola.- mormorò, spingendola dentro casa. Lei non protestò, reprimendo un brivido.
Restò a fissare l’ex fidanzato di sua figlia, pensieroso. Aveva il sospetto che la questione non sarebbe finita lì.
Non avendo ottenuto niente da Strawberry, forse sarebbe andato dall’altra parte coinvolta.
“Non voglio che la situazione degeneri.”, decise. Rientrò, recuperò il cappotto e se lo infilò. –Esco, torno presto.- disse.
-Dove vai…?- la mew tornò nell’atrio, ma suo padre era già sparito. –Strano.


  Conosceva perfettamente la strada, quindi non ci avrebbe messo molto a raggiungere il Cafè Mew Mew.
Infatti, poco dopo, ecco comparire davanti a lui la graziosa costruzione rosa.
“E pensare che è gestito da due ragazzi.”, considerò, osservando le finestre a forma di cuore. Si era sempre chiesto cosa li avesse spinti a mettere in piedi un’attività del genere. Avrebbero potuto scegliere qualcos’altro, come copertura.
  Fece il giro per poter raggiungere il vialetto d’ingresso.
Aveva nevicato ancora, qualche giorno prima, e le temperature si erano abbassate di colpo. La distesa di neve ricopriva ogni cosa, scricchiolando ad ogni passo.
Trovò Ryan in piedi su una scala, intento a staccare il ghiaccio dai rami di alcuni alberi.
Che insperato colpo di fortuna!
-Devo ricordarmi di assumere un giardiniere.- brontolò il biondo, staccando l’ennesimo pezzo di quella patina ghiacciata. Aveva le guance arrossate per lo sforzo e le dita intirizzite nonostante i guanti.
Si fermò un attimo, prendendo un respiro e si rese conto di essere osservato.
Voltò il capo e si trovò davanti Mark. Lo fissò, accigliato.
-Cosa fai qui?- non usò nessuna forma di cortesia. Non era ben voluto.
-Devo parlare con te.- gli disse.
-Ah, sì? Mi stavo chiedendo quando saresti venuto.- sogghignò, scendendo dalla piccola scaletta di metallo. Fece scrocchiare le ossa delle falangi, pronto a tutto.
-Ridammi Strawberry.
Alzò un sopracciglio. –Non mi sembra sia una cosa. Le persone non si restituiscono.- rispose, calmo. “E’ arrabbiato.”, realizzò, osservandolo. Lo vedeva stringere spasmodicamente i pugni.
Cavolo, non lo aveva mai visto infuriato, tranne quando il Cavaliere Blu prendeva il controllo del suo corpo.
-Sai benissimo cosa intendo.- ribatté.
-Mi sembra che lei ti abbia parlato, giusto? Non è stata chiara?- indagò.
-Era confusa. Ero confuso anche io, non avevo più i miei ricordi.- disse, come se quello spiegasse tutto.
Il biondo scosse la testa. –No, Mark. I suoi sentimenti per te sono cambiati, è questa la spiegazione. Quindi non capisco perché tu sia qui.- replicò. –O meglio, sei qui per un motivo. Ma non vuoi parlare con me, quello è solo un pretesto.
Mark sospirò. –Hai ragione. È solo un pretesto. Non credevo sarei mai arrivato a questo, ma mi dai proprio sui nervi, Ryan Shirogane.
E detto questo si slanciò verso il ragazzo, deciso a colpirlo. L’americano era pronto ad accoglierlo, i pugni alzati accanto al viso.
  Il primo colpo del campione di kendo non andò a segno, perdendosi nell’aria, ma il secondo lo raggiunse al fianco. Incassò e glielo restituì con gli interessi: poteva non essere un abile samurai, ma aveva molta più esperienza per quanto riguardava la boxe.
Il moro vacillò, portandosi una mano alla mascella.
-Ti alleni?- chiese, leggermente stordito.
-Quando sono nervoso. Mi serve per scaricare la tensione.- fu la risposta. Il suo avversario si guardò intorno ed individuò un ramo caduto, abbastanza dritto per servire al suo scopo. Lo impugnò e glielo puntò contro. –Bene… vedo che hai trovato la tua spada.
-Adesso siamo pari. Ognuno con le sue armi.
Sollevò la spada improvvisata, intenzionato a colpirlo alla spalla, ma Ryan si scostò di lato e la bloccò con entrambe le mani. Fece forza e respinse Mark.
Divaricò leggermente le gambe per avere una presa migliore sul terreno gelato.
“Dov’è Kyle, quando serve? Non ho voglia di prendermi una bastonata in faccia.”, pensò, leggermente irritato. Picchiare Aoyama era da sempre uno dei suoi sogni proibiti, ma in quel momento non ne aveva proprio voglia.
Soprattutto perché il suo avversario non era completamente lucido.
Lo vide abbassare l’arma, pronto ad un nuovo assalto, quando una voce tuonò:-Fermi!
Si bloccarono entrambi, stupiti.
Ryan individuò subito il proprietario della voce e i suoi occhi si sgranarono. Cosa ci faceva lì?

  Shintaro avanzò verso i due ragazzi con passo deciso.
-Cosa diavolo stai facendo, Mark? Sei impazzito?- lo accusò. Il ragazzo mollò la presa sul bastone, che venne inghiottito dalla neve.
-Io… non credo siano cose che la riguardano.- mormorò, la voce piena di rabbia.
-Certo che mi riguardano. Non voglio vedere due ragazzi che fanno a botte, qualsiasi sia il motivo.- rispose. Raccolse il bastone e lo lanciò lontano, tra i cespugli.
-Cosa fa qui, signor Momomiya?- domandò Ryan.
L’uomo si voltò a fissarlo. –Ho seguito Mark. Prima è venuto a casa mia, per parlare con Strawberry.- spiegò.
Il ragazzo spostò lo sguardo sul proprio avversario, stupito. –Cosa le hai detto?- gli si avvicinò. Se le aveva fatto del male o l’aveva offesa in qualche modo… non avrebbe risposto di se stesso.
-Volevo farle cambiare idea.- spiegò semplicemente.
-Non puoi cambiare i sentimenti di una persona! È così difficile da capire?- sbottò l’americano.
-Ryan ha ragione.- confermò il padre della rossa. –Non so cosa sia successo, ma se mia figlia ha scelto Shirogane, un motivo ci sarà. E tu devi rispettare la sua decisione.
-No, io non… lei non capisce…- iniziò.
-E’ vero, forse non capisco. Ma sono stato ragazzo anche io: so come vanno queste cose.- sospirò, calmandosi. Quando li aveva visti combattere aveva visto rosso.
Vedendosi sconfitto per l’ennesima volta, il ragazzo più popolare della scuola fu costretto a dichiarare sconfitta.
Qualcosa si era rotto, dentro di lui, e non sarebbe stato facile superare quel cambiamento. Sicuramente avrebbe evitato il Cafè per un po’, almeno fino a quando le ferite non si fossero rimarginate.
  Finalmente aveva capito che non poteva cambiare le cose: Strawberry e Ryan si piacevano. Il loro sentimento era qualcosa di più di semplice infatuazione e lui non c’entrava niente con loro. Non più, ormai.
Senza una parola, si voltò e si incamminò verso il parco Inohara. Aveva bisogno di pensare.
I due rimasero a guardarlo allontanarsi, poi Shintaro disse:-Io e te dobbiamo fare un discorsetto.
Ryan impallidì. –Sì, signore.- rispose.


Il titolo, come forse avrete intuito, si riferisce a diverse "coppie" all'interno della storia: Ryan e Strawberry, Ryan e Lucas e Ryan e Mark. Il biondo è dappertutto xD
Spero vi sia piaciuto!

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Capitolo 26
*** Cap. 25 Scoperte ***


Cap. 25 Scoperte
Mi dispiace tantissimo per l'enorme ritardo, ma non avevo mai tempo per scrivere >____<
Chiedo venia!!
So che questo capitolo vi lascerà... in sospeso. Ma vi posso dire che ormai siamo agli sgoccioli, la battaglia finale è alle porte.
Be', che dire... vi lascio alla lettura :)





Cap. 25 Scoperte


-Prego, entri pure.- Ryan gli fece strada dentro il locale.
Shintaro sfilò i guanti coi denti e poi li nascose nelle tasche, guardandosi attorno. –E’ tutto molto… rosa.- commentò.
Il biondo ridacchiò. –Sì. Alle ragazze piace.- rispose, divertito. Era più o meno lo stesso pensiero che aveva ogni mattina, quando scendeva per fare colazione. Probabilmente lui e Kyle dovevano essere ubriachi quando avevano scelto il colore delle pareti.
-Come mai avete deciso di aprire un Cafè?- indagò l’uomo, accomodandosi dopo essere stato invitato a farlo.
“Menti, Ryan.”, fu il suo primo pensiero. –Be’, Kyle ha da sempre la passione per la cucina. E, dato che è il mio tutore legale, ho dovuto appoggiare il suo progetto o mi sarei ritrovato senza un tetto sopra la testa.- si strinse nelle braccia.
Il suo interlocutore si massaggiò il mento, scrutando i numerosi tavolini. –E dov’è, adesso?-l’americano sollevò lo sguardo, fissandolo perplesso. –Kyle.- si affrettò a precisare.
-Oh. In cucina, probabilmente. Posso andare a controllare…- si offrì. Ma il padre di Strawberry scosse la testa, fermandolo prima che potesse muoversi. –D’accordo. Se non vuole parlare con lui… cosa vuole chiedermi?
Prese un respiro profondo. Spesso si odiava per la sua iperprotettività, ma sapeva che era la cosa giusta da fare. A costo di farsi odiare dalla sua piccola.
-Ti sei già presentato a me e mia moglie, ma come amico. Ora, voglio sapere cos’è cambiato.- puntò i suoi occhi castani in quelli chiari del ragazzo. Quello che vi lesse lo lasciò impressionato.
Ryan si appoggiò ad un tavolino, incrociando le braccia. –Sono innamorato di Strawberry da un anno, circa. Da quando l’ho conosciuta per la prima volta. Fino ad ora ero rimasto in silenzio, per via di Mark. Poi però i suoi sentimenti sono cambiati.- iniziò a spiegare.
-Strawberry ha cambiato idea?- chiese, stupito. Lo vide annuire. –Ma era sempre sulle nuvole, intenta a pensare al suo amore…
-Oh, lo so bene.- commentò, ironico. –Ma i sentimenti delle persone cambiano, purtroppo. Nel bene e nel male.
Shintaro si sistemò sulla sedia. –Che discorsi profondi per un ragazzo così giovane.- lo provocò. In risposta ebbe solo un’occhiata storta, ma nessuna parola. –D’accordo. Torniamo alle cose serie: state insieme?
Sospirò. –Sì. Siamo una coppia.- confermò.
L’uomo inarcò un sopracciglio, perplesso. –Perché me lo dici con quel tono? La cosa non ti fa piacere?
Il giovane sollevò un angolo della bocca. –Non sa nemmeno quanto. Ma ho anche paura che sia tutta un’illusione del mio cuore.- ammise con tono amaro.
“Questo ragazzo deve aver sofferto parecchio durante la propria vita.”, valutò il signor Momomiya, osservandolo. Sembrava quasi che una parte di lui fosse vecchia e oberata dalle esperienze, come un emerito saggio. O come lui, genitore e uomo ormai adulto.
Ryan si accorse dello sguardo indagatore del suo interlocutore, ma non disse nulla e lo lasciò trarre le proprie conclusioni. Ognuno era libero di farsi la propria opinione.
Dopo qualche attimo di silenzio, Shintaro asserì:-Strawberry è una brava ragazza. Se fossi in te non avrei paura.
-Ci proverò.
Annuì, distrattamente. –Quindi devo dire a mia moglie di non preoccuparsi, se ti vede vagabondare dalle nostre parti?- domandò.
-Direi di no. Spesso accompagnerò Strawberry a casa, con la moto si fa prima.- rispose.
“La moto… giusto…”, ricordò. avrebbe tanto voluto dare un’altra occhiata a quel gioiellino. “Non è il momento.”, si rimproverò poco dopo. Si schiarì la voce e passò ad un argomento molto più scottante di una marmitta calda. –Per quanto riguarda… i rapporti di quel genere… ti vieto di andare contro la sua volontà.- finì per borbottare, imbarazzato.
Anche Ryan arrossì leggermente. –Stai tranquillo, rispetto la volontà di sua figlia.- disse. “Perché pensate tutti che sia un assatanato? Dannazione!”, si tenne quel pensiero per sé. Non era il caso di risultare sgarbato e compromettere quella conversazione.
Shintaro lo fissò dritto negli occhi. –Ne sei sicuro?
-Certo. Glielo assicuro.- sostenne lo sguardo dell’uomo, per nulla intimorito. Lui, che era un maestro nell’usare il contatto visivo per mettere a disagio le persone, non sarebbe crollato di fronte a quel tentativo.
  Il signor Momomiya si alzò e fece qualche passo verso il centro della sala, pensieroso. Aveva un’altra cosa da chiedergli, ma non ne aveva il coraggio. Passeggiò avanti e indietro per un po’, lanciando qualche occhiata al biondo, che se ne stava in attesa, immobile.
Doveva essere abituato agli interrogatori.
“Oh Kami!”, un pensiero lo fulminò. –Non hai avuto guai con la legge, vero?!- esclamò, bloccandosi di colpo.
Per poco l’americano non perse la propria imperscrutabilità. –Mi scusi?
-Sì, sei mai stato arrestato o simili?
“Do quest’impressione?”, si chiese Ryan, sconvolto. –No… mai avuto guai con la polizia.- scosse la testa, lentamente.
-Mhm… bene, bene…
Lo vide abbassare nuovamente il capo e tornare a misurare la stanza a grandi passi. I lavori di ricostruzione erano quasi completamente finiti: bisognava solo intonacare e sistemare i punti luce.
Distolse lo sguardo e tornò a concentrarsi sul padre della sua fidanzata.
-Devo chiederti un’ultima cosa… importante.- esordì infine.
-Mi dica.
Il moro raddrizzò la schiena e gli si piazzò di fronte, le mani sui fianchi. –Puoi assicurarmi che la proteggerai a costo della vita?- chiese.
Gli occhi celesti di Ryan si dilatarono leggermente. Se la domanda sottintendeva quello che temeva di aver capito… sarebbe stato spacciato. Lo sarebbero stati tutti, progetto compreso!
-Credo di non…- tentò di fare il finto tonto.
-Invece capisci benissimo. Non ne so nulla di queste cose, non sono uno scienziato. Ma la paladina tutta rosa è sicuramente mia figlia. Sono suo padre e saprei riconoscerla ovunque.- gli puntò l’indice contro, deciso.
Dopo lo shock iniziale, il capo del progetto si riprese. –Chi altri lo sa?
Shintaro scosse la testa. –Nessuno. Fino a pochi minuti fa credevo fosse solo una mia fantasia.- ammise.
-Bene. Deve rimanere un segreto. Mi ha capito?- la sua voce si era indurita ed era lui ad avere il comando della situazione, ora. Stavano giocando sul suo territorio.
-Sì, immaginavo dovesse rimanere una cosa privata. Il tuo tutore c’entra qualcosa?- s’informò. Sentiva il cuore battere velocemente, segno che la rivelazione l’aveva messo in agitazione. Non era normale venire a sapere che la propria bambina si trasformava in una sorta di Sailor Moon con coda e orecchie feline.
-Sì, mi ha aiutato a mettere in piedi il progetto. Tutto quanto.- annuì. Non sapeva se essere felice o meno: il fatto che il padre della sua gattina sapesse tutto rendeva le cose più facili. Ma anche più difficili, perché poteva metterli in pericolo.
-Contro cosa combattete?
Ryan lo guardò. –Dovrebbe saperlo.
-Mi è difficile credere agli alieni.- rivelò, sincero.
-Oh, be’… nemmeno cinque ragazze che si trasformano in paladine della giustizia sembrano molto credibili.- fu il commento.
Si lasciò sfuggire un sorriso. –Hai ragione.
Rimasero a scrutarsi in silenzio per parecchi minuti, soppesandosi. Ad un certo punto, però, Shintaro dovette ritenersi soddisfatto, perché si alzò.
-Credo sia il momento di andare. Ho avuto le risposte che cercavo.- annunciò.
Il biondo si riscosse. –Ne è sicuro? Non vuole parlare con Kyle…?
-No. Sei un ragazzo con la testa sulle spalle. Mi fido di te. E non do la mia fiducia al primo che passa.- disse.
-G-grazie…- fece stupito.
Con un rapido inchino, Shintaro Momomiya si congedò. Tornando alla propria casa, alla propria pagina economica e al proprio lavoro. Fingendo di non sapere nulla circa la seconda identità della figlia.


Non appena rientrato si ritrovò premuto contro il muro.
Fissò il suo coinquilino con sguardo perplesso. –Che succede, Ryan?- domandò.
-Ci hanno scoperti.- disse lui.
Spalancò gli occhi. –Come?
Il biondo lo lasciò andare e si passò una mano tra i capelli. –Il padre di Strawberry… è intervenuto mentre stavo per darle di santa ragione a Mark e…- ma venne interrotto.
-Cosa stavi per fare?! Ma sei impazzito?- sbottò il cuoco. Non poteva crederci, le sue orecchie non avevano veramente captato quelle parole.
Il ragazzo annuì, distrattamente, senza vergognarsi dell’ammissione. –E’ venuto qui per regolare i conti. Ma siamo stati interrotti. Niente sangue.- la buttò sul ridere, per sdrammatizzare. Peccato che l’amico non fosse assolutamente d’accordo con lui. Sbuffò. –Kyle, non è questa la questione importante.- gli ricordò.
Lui allora si riscosse e si diresse in cucina, per appoggiare le borse della spesa. –Cosa ti ha detto? Che andrà a rivelarlo ai media…?- s’informò.
-No. Mi ha detto che devo proteggere Strawberry, che mi accetta come suo fidanzato e… che lo stupisce quello che abbiamo messo in piedi. Ma non mi ha minacciato o simili. Però non so se possiamo fidarci.- fece un breve resoconto.
Kyle si mise a fissare il tavolo, pensieroso. Messa in quei termini non sembravano correre nessun pericolo. Ma non si poteva mai dire.
-Dobbiamo dire a Strawberry di stare attenta, d’ora in poi.- risolse infine.
-Sì, è quello che pensavo anche io.- annuì Ryan.
Si guardarono per qualche istante, in silenzio, poi il moro disse:-Apriamo. Tra poco le ragazze saranno qui.


“Mi sento un po’ messo da parte…”, ragionò.
Inspirò la fredda aria invernale e la esalò sotto forma di nuvolette di vapore. Le osservò solidificarsi per qualche istante e poi sparire.
Alle proprie spalle sentiva gli schiamazzi dei compagni di scuola, diretti verso la stazione o la fermata dell’autobus per rincasare.
  Accelerò leggermente il passo per poter rimanere definitivamente solo. L’odore della notte impregnava tutte le cose, in attesa di avvolgere l’intera città: glielo diceva il suo naso soprannaturale.
Superò un incrocio e si affrettò verso il Cafè Mew Mew. Da un po’ di tempo si sentiva agitato, soprattutto quando si trovava al locale.
In cuor suo, Lucas sapeva il motivo di tale agitazione, ma non voleva ammetterlo.
“A che pro, comunque…?”, si disse, sollevando un po’ di neve con la punta del piede. Con la coda dell’occhio vide un gatto sparire dietro un muro di recinzione, spaventato dal suo passaggio.
O dalla sua stessa persona, chissà.
-Dovrò dirglielo, prima o poi.- mormorò con un filo di voce. Per lui era normale fare dei monologhi con la propria coscienza, era cresciuto in solitudine pur essendo circondato da tante persone. La scuola in cui era stato formato insegnava, prima di tutto, a non fare affidamento su nessuno.
  Sorrise, divertito da quel pensiero. E pensare che ora lavorava con un gruppo di persone per uccidere suo padre, un vampiro secolare ed impedire l’invasione aliena.
Lasciò vagare i pensieri per un po’, ma alla fine, con suo grande sconcerto, quelli tornarono al punto di partenza.
-Basta, ho capito!- sbottò al nulla. Si scompigliò i capelli, arrabbiato con se stesso e i propri sentimenti. Il disagio che provava era dovuto al fatto che, nonostante tutto, era geloso di Strawberry.
Perché lei aveva Ryan, interamente, corpo e anima. Ok, forse non aveva ancora avuto il corpo, ma l’anima sì.
“Evidentemente è destino che rimanga solo.”, concluse, mettendosi a correre. Allenare i muscoli forse l’avrebbe aiutato.
Peccato che, girato l’angolo, si ritrovò la strada sbarrata.
I suoi occhi cambiarono immediatamente colore e lui scattò all’indietro, avvitandosi in aria e atterrando in posizione di difesa.
-Che vuoi?- domandò, bellicoso.
Una figura animale si mosse verso di lui, mutando forma ad ogni passo. Quando si fermò in prossimità della luce di un lampione aveva assunto sembianze umane.
-Ben trovato, figlio.- lo salutò Revenge con tono beffardo.
Lucas assottigliò gli occhi, sospettoso. –Cosa vuoi?- ripetè, tentando di estrarre la katana che portava sulla schiena.
Aveva imparato a camuffare le armi in modo che nessuno le notasse. Così poteva girare armato praticamente dovunque.
-Io non la estrarrei, se fossi in te.- lo avvertì il vampiro. In risposta il suo avversario gli puntò contro la lama. –Come non detto.
-Revenge, cosa diavolo vuoi?- il dampyr alzò il tono della voce, spazientito. Poteva essere lì solo per un motivo: ucciderlo.
E lui non glielo avrebbe permesso.
-Le solite cose, no? Ormai dovresti saperlo.- con uno scatto, il non morto gli comparve davanti. Ebbe appena il tempo di inclinare la katana per proteggersi dalle sue unghie.
“Non l’ho visto arrivare!”, pensò spaventato. Fece forza con le braccia, ma poco dopo si ritrovò disarmato. –Dannazione!
-Ops.- sogghignò suo padre, afferrandolo per un braccio e strattonandolo. Lucas sentì l’articolazione della spalla scricchiolare.
Tentò di liberarsi facendolo sbilanciare, ma la sua presa non si allentò.
Lentamente Revenge gli si avvicinò, arrivando a piegargli l’arto dietro la schiena. –Ho una proposta da farti.- sussurrò, vicinissimo al suo orecchio.
-Non ho voglia di sentirla.- sentenziò il giovane, tentando di svincolarsi.
-Invece ascolterai.- replicò l’altro. –In fondo sei mio figlio, la mia progenie… no?
L’europeo digrignò i denti. Odiava che gli venisse ricordato il loro legame di sangue, lui non aveva niente a che spartire con uno come Revenge.
-Diventa mio alleato. Insieme potremo distruggere quelle stupide ragazzine e quegli alieni. Questa stessa città, volendo.- propose, suadente.
Lucas strinse i pugni, facendo forza per liberarsi. -Nemmeno morto.
-Vorrà dire che morirai. Posso sempre crearne altri, come te.- lo liberò all’improvviso, facendolo barcollare. Giusto il tempo di ritrovare l’equilibrio e venne scaraventato violentemente contro un muro di recinzione.
L’impatto fu molto doloroso e la vista gli si offuscò. Concentrò i propri sensi sul combattimento e riuscì a difendersi dall’attacco successivo.
  Non riusciva a capire perché, ma Revenge era più forte. Forse era in overdose da sangue… era l’ipotesi più plausibile che potesse spiegare l’aumento della sua forza.
Purtroppo non poteva chiedergli conferma, dato che il suo avversario era impegnato a mandarlo all’altro mondo.
Combatterono per poco tempo, ma la lotta fu intensa.
-Non è ancora giunto il tuo momento. Per oggi ti risparmio. Ricorda: la mia offerta non è più valida.- e dopo questo scomparve.
Il ragazzo si lasciò cadere nella neve, pesto e stordito.
Sentiva il sangue colargli, lento e denso, da una tempia. Doveva raggiungere il Cafè e avvertire Ryan che la resa dei conti era più vicina di quanto credessero.


-Ryan, abbiamo un problema!- Paddy entrò urlando nel laboratorio, spaventando il ragazzo.
Smise di osservare i monitor, su cui lampeggiavano i segnali della Mew Acqua e si voltò a guardarla. –Paddy… che succede?
-Lucas! Vieni… sbrigati!- lo afferrò per un braccio, trascinandolo verso le scale.
Il biondo incespicò nei propri piedi, tentando di non caderle addosso. –Ho capito, ho capito! Lasciami il braccio.- protestò.
La piccola obbedì e si affrettò al piano di sopra.
Una volta giunto nel salone si stupì di trovarlo vuoto. Dov’erano i clienti?
Sollevò la testa per controllare che ora fosse, ma la presenza delle ragazze catturò la sua attenzione. Erano tutte radunate attorno ad un tavolino, visibilmente tese.
Kyle era chino su qualcosa, o qualcuno. Lucas, probabilmente.
-Cosa succede qui?- esordì.
-Ryan… Lucas è stato attaccato.- si fece avanti Strawberry, raggiungendolo. Si scambiarono una rapida occhiata e poi l’americano affiancò i compagni di avventura.
-Vi ho già detto che non è niente! Volete lasciarmi stare?!- sbottò il dampyr, infastidito da tanto sconcerto.
Allontanò con malagrazia la mano di Kyle e fece per alzarsi, ma quando incontrò gli occhi acquamarina del capo del progetto mew si ritrovò bloccato. “Dannazione ai sentimenti!”, imprecò dentro di sé.
-Ha detto che è stato attaccato da Revenge e…- iniziò Lory, ma il biondo la mise a tacere.
-Lucas, vieni giù in laboratorio. Ti sistemo io la ferita.
L’europeo sgranò gli occhi, incredulo. –C-cosa?
-Ho detto che ti curerò io la ferita. Così la smetteranno di stressarti e mi racconterai tutto.- spiegò, calmo.
Il ragazzo abbassò il capo, cercando di mascherare un certo rossore. Kyle lo notò ed allungò il kit di pronto soccorso all’amico, dandogli il suo appoggio.
-Preparatevi alla chiusura. Tra poco torneremo per darvi una mano.- disse Ryan. Esitò un attimo, poi strinse la mano di Strawberry, sorridendole fugacemente.
Lei sorrise in risposta e si affrettò a raggiungere le colleghe.
-Grazie…- mormorò Lucas.
-Per cosa? Per averti sottratto all’interrogatorio? Te ne aspetta un altro.- replicò l’americano, scortandolo lungo le scale.
Il dampyr fece una piccola smorfia. –Sempre pronto a torturare il prossimo, eh?
-Tra simili ci si capisce.- sollevò un angolo della bocca.
Entrarono in silenzio nel laboratorio e si chiusero la porta alle spalle. Lucas rimase accanto all’ingresso, osservando ogni movimento del suo capo, attento come sempre.
-Puoi sederti su quel tavolo.- gli venne indicato quello alla sua sinistra, libero da computer e altre apparecchiature simili.
Obbedì in silenzio, sentendosi come un maglione uscito dalla centrifuga. Si issò sul piano di metallo e attese.
Quando Ryan ebbe finito di preparare l’occorrente, gli fece togliere l’asciugamano che stava usando per tamponare la ferita. Quando la vide rimase leggermente basito. –Cos’hai fatto per farti conciare così?- gli domandò.
Fece spallucce. –Nulla. Le solite cose.- rispose, evitando di fissarlo negli occhi. Erano da soli, sottoterra, lontani da tutto e da tutti. Quella situazione poteva giocargli brutti scherzi.
-Ossia? Vi siete incontrati, avete combattuto e lui ti ha ridotto così…?
-No.- sospirò. Concentrarsi sulle proprie parole era difficile, considerato che sentiva lo sguardo del suo interlocutore su di sé. –Mi ha fatto una proposta…
-Che genere di proposta?- l’altro si fece guardingo. Terminò di ripulire il taglio e lo osservò. –Avresti bisogno di punti…- sentenziò.
-Fai come vuoi. Se non la chiudi tu, lo farà da sola.- disse, noncurante. Era abituato al dolore fisico, ma avrebbe volentieri fatto a meno di quello che sentiva all’altezza del petto. Ormai era al limite.
-Non sono molto pratico.- ammise Ryan. “Non voglio combinare casini.”, pensò, osservando la linea rossa che attraversava la fronte di Lucas.
Aprì gli occhi e li puntò in quelli dell’americano. –Allora lasciala così.
-Ok.- si arrese e buttò quello che aveva usato per la medicazione. –Posso almeno metterti un cerotto? Dovresti fare meno impressione alle ragazze.
-Credo che il sangue le abbia agitate, sì.- convenne, ridacchiando.
Ne recuperò uno abbastanza anonimo, nulla con orsetti e gattini, e glielo applicò sulla ferita. –Finito.
-Non mi hai messo quello coi pupazzetti, vero?- Lucas si tastò la parte lesa, cercando di intuire la trama del piccolo oggetto.
-Chi lo sa.- lo punzecchiò il collega. In risposta ricevette un’occhiata alquanto significativa. –Va bene, torniamo alle cose serie. Mi stavi parlando di una proposta…
Annuì. –Sì. Ha detto che, in quanto suo figlio, avrei potuto diventare suo alleato. Per sconfiggere voi e gli alieni.- riferì, scendendo dal tavolo.
-Ha intenzione di tradirli?- fece Ryan, stupito. Aveva immaginato che il loro fosse un accordo abbastanza debole, ma non fino a tal punto.
-Probabile. L’unica cosa che gli interessa è se stesso.- rispose, amareggiato. Se solo avesse saputo che suo padre era quel genere di persona, non si sarebbe fatto illusioni su di lui quando era piccolo.
-Lo sospettavi?
-Cosa?- domandò, alzando la testa.
-Che fosse un voltagabbana.- precisò il biondo.
Sorrise, ironico. –C’era da aspettarselo, considerato come ha abbandonato mia madre.- commentò.
“Brutto argomento.”, si rese conto. –A parte questo, ti ha detto altro? Notizie sugli alieni?
-No. Ma sono quasi certo che attaccheranno a breve.- disse.
Ryan si fece pensieroso. –Quanto presto?- chiese.
-Abbastanza. Di solito il mio intuito non sbaglia.- ammise, osservandolo misurare la stanza a grandi passi. Quando si concentrava i suoi occhi si perdevano, fissandosi su qualcosa che solo lui poteva vedere.
Quella era una delle cose che apprezzava, in lui, oltre alla personalità decisamente spinosa e all’aspetto intrigante.
  Sobbalzò, sentendo il suo cuore aumentare il ritmo dei battiti all’improvviso. Stava facendo pensieri di quel tipo, pensieri romantici ed era l’unica cosa che non doveva fare. Soprattutto se non voleva farsi scoprire.
Con la coda dell’occhio si accertò di non aver fatto nulla di sospetto: Ryan stava ancora meditando.
“Per fortuna”, si disse.

  Erano passati dieci minuti buoni e, senza sapere bene perché, Lucas si ritrovava ad essere assordato dal proprio battito cardiaco.
Nulla di tutto quello che si erano detti lui e Ryan avrebbe dovuto scatenare una reazione del genere. Non sapeva spiegarsi quell’improvvisa agitazione, la gola secca e le mani sudate.
C’era solo il suo cuore, insistente ed esigente. E quella fastidiosa voce nella sua testa che gli diceva di buttarsi, di approfittare del momento, perché dopo avrebbe potuto rivelarsi troppo tardi.
Si portò una mano sugli occhi.
-Tutto bene?- si sentì chiedere. Sbirciò attraverso le dita e vide gli occhi del biondo fissarlo.  Scosse la testa, ma non parlò. –Lucas? C’è altro che dovrei sapere?
-No.- disse subito. –Sì.- si corresse immediatamente.
L’americano alzò un sopracciglio. –Ti vedo confuso.- osservò, perplesso.
-Devo dirti una cosa, ma non riguarda Revenge né gli alieni.- ammise, la gola stretta.
Gli si avvicinò. –Lucas… devo preoccuparmi?
Inspirò profondamente, dandosi mentalmente dello stupido. Poi, senza preavviso, gli si avvicinò talmente tanto che i loro respiri si mescolarono.
-Che…?
Non gli diede il tempo di fare nulla. Lo afferrò dietro la nuca e lo baciò, rapido e preciso. Il suo io interiore gioì, saltellando di qua e di là e sentì tutta la tensione sciogliersi.
Non tentò di approfondire il contatto, anche perché Ryan era abbastanza sconvolto. Ogni suo muscolo era paralizzato.
  Se solo si fossero trovati in un’altra situazione, se solo fossero stati due ragazzi diversi… be’, troppi se. Non avrebbe mai saputo cosa sarebbe successo in un universo parallelo, l’importante era quello che stava avvenendo in quel momento.
Quando si staccò, lentamente, si trovò a fissare gli occhi acquamarina del ragazzo di cui era innamorato. Vi lesse una domanda, mille domande.
Purtroppo, però, il destino è beffardo.
Il radar del laboratorio si mise a suonare come impazzito. L’americano si riscosse e corse a controllare.
-No!- sbatté i pugni contro il tavolo.
-Che succede?- Lucas si avvicinò, leggermente malfermo sulle gambe. “Troppe emozioni per il mio cuore solitario.”, si disse.
-E’ iniziato. Dobbiamo avvertire le ragazze.- disse solamente, spalancando la porta del laboratorio.
-Cosa è iniziato?- il ragazzo lo seguì, perplesso.
Ryan raggiunse il salone e per poco non si scontrò con Kyle.
-Ho sentito l’allarme… che sta…?
-Siamo sotto attacco. Il parco a tema vicino al parco Inohara è invaso da creature aliene!- annunciò.
-Cosa?!- proruppe Strawberry.
-Ragazze, muoviamoci!- senza dire altro corse al piano di sopra per recuperare la propria katana. Quando tornò di sotto trovò tutte le Mew Mew pronte a combattere.
-Andiamo.- disse Mew Berry.

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Capitolo 27
*** Cap. 26 Resa dei conti ***


Cap. 26 Resa dei conti
Per prima cosa, tanti auguri di Buone Feste a tutti voi :)
Secondo, devo annunciarvi che questo è l'ultimo capitolo... il prossimo sarà l'epilogo.
Vi ringrazio infinitamente per avermi accompagnata in quest'avventura. E spero ci sarete se, in futuro, deciderò di iniziarne un'altra in questa sezione.
Grazie di cuore a tutti, lettori e recensori.
Buona lettura! :)



Cap. 26 Resa dei conti


-Noi vi precediamo!- urlò Pam, mettendosi a correre.
Ryan e Kyle annuirono, poi raggiunsero di corsa il garage. Il cuoco estrasse le chiavi della sua Ferrari ed aprì rapidamente la portiera, scivolando all’interno dell’abitacolo subito dopo.
Il biondo lo imitò ed in poco si ritrovarono a sfrecciare per le strade di Tokyo, diretti verso il luogo dell’attacco.
-Ne stanno parlando al telegiornale..!- realizzò il moro.
L’amico alzò il volume della radio e si mise in ascolto, cercando di ottenere più informazioni possibili.
-… sono misteriosamente apparsi dal nulla. Animali enormi e violenti, che stanno attaccando le giostre e i visitatori…- disse la telecronista. -… la polizia sta andando sul posto…- aggiunse poco dopo.
-No, la polizia no!- Ryan sbatté il pugno sul cruscotto. Se l’area veniva circondata dalle forze dell’ordine, per loro sarebbe stato ancora più difficile agire.
-Calmati. Troveremo un modo.- rispose Kyle, sterzando. Il ragazzo gli lanciò un’occhiata, reggendosi alla portiera.
-Quale?- volle sapere. Quando l’altro scosse la testa, puntò lo sguardo sulla strada. –Accelera.
-Non posso andare più veloce di così.

-Dobbiamo fare in fretta!- urlò Mew Berry, immettendosi in una strada laterale.
Per quanto ne pensasse la gente, non potevano saltare da un palazzo all’altro stile Spider man, quindi l’unico modo per raggiungere il parco era correre.
Il più velocemente possibile.
  L’unica che poteva spostarsi diversamente era Mina, subito sopra le loro teste. Le sue piccole ali si spostavano quasi di volontà propria, cercando di captare le correnti d’aria.
-Vedi qualcosa?- si sentì chiedere la ragazza.
Puntò verso il cielo, cercando di liberare la visuale. Era difficile intravvedere qualcosa tra tutti quei muri di vetro. Si bloccò a mezz’aria e scrutò all’intorno: sembrava tutto normale, nonostante non fossero molto distanti.
-Non vedo fumo o simili.- comunicò, planando verso le compagne.
-Vuoi dire che non ci sono gli alieni?- domandò Paddy, perplessa. Le altre quattro si scambiarono sguardi incerti.
-Non importa, non abbiamo tempo da perdere!- la prima a riscuotersi fu Strawberry. Prese un respiro profondo e poi ricominciò a correre, dileguandosi nell’ombra di due edifici.
-Seguiamola. Non vorrei che commettesse imprudenze.- disse la mew lupo, affrettandosi dietro di lei.
In poco ripresero a muoversi, diretto verso il parco Inohara.


***

-Com’è la situazione?- domandò, accennando un movimento del capo.
-Siamo quasi pronti.- fu la risposta.
Sorrise, soddisfatto. –Bene… lasciamo che si stanchino. Lasciamo che credano che quello sia l’attacco principale.- disse, pregustando la battaglia.
Aveva pianificato a lungo quell’invasione, aveva dovuto rivedere i propri piani per colpa di incidenti di percorso e collaboratori reticenti, ma alla fine il momento era giunto: poche ore e avrebbe finalmente conquistato la Terra.
-Pie, Quiche, dividevi in due squadre.- diede disposizioni. I due alieni chinarono il capo, dando segno d’aver capito. –Tart, tu ti occuperai della retroguardia.
  Il più piccolo dei suoi sottoposti annuì, leggermente in soggezione. Dopotutto era poco più di un bambino e quella era una battaglia vera. Come quelle che erano state combattute sul loro pianeta, diversi anni prima.
-Andrà bene.- suo fratello gli si avvicinò. Per poco non sobbalzò.
-Non ho paura.- disse, mostrandosi spavaldo.
Pie sorrise. –Lo so.
Gli diede un buffetto sulla testa e si allontanò, affrettandosi ad obbedire agli ordini ricevuti. Quiche gli dedicò un’occhiata, sollevando leggermente un angolo della bocca.
Spostò lo sguardo verso il grande portale alle proprie spalle, tentando di vedervi qualcosa. Sapeva cosa stava aspettando dall’altra parte, anche se sarebbe stato difficile indovinarlo, dato che non si vedeva nulla se non un vortice d’energia.
-Il portale è stabile?- s’informò Profondo Blu.
-Sì, signore.
-Bene. Aspettiamo il segnale.- sorrise nuovamente, tornando ad osservare quello che stava accadendo sul pianeta Terra.


***

Più si avvicinavano, più difficile era avanzare con l’auto.
Ad un certo punto la folla diventò così numerosa che furono costretti a fermarsi. Ryan si guardò intorno, innervosito.
“Non vedo nulla, c’è troppa gente!”, pensò. –Kyle, lasciamo l’auto. Nel caso, te ne comprerò una nuova.- disse, aprendo la portiera e sgusciando fuori.
-Cosa…? Ryan, aspetta! Ehi!- il ventunenne si ritrovò a doversi far strada a forza di spallate, per poter star dietro al giovane. –Aspetta!
Lo perse di vista, probabilmente perché si era trasformato in Art. Un’imprecazione gli salì alle labbra, ma si trattenne.
-Kyle!
Si voltò di scatto, sentendo pronunciare il proprio nome. Si ritrovò davanti Lucas, apparentemente guarito dalle ferite riportate non molto tempo prima.
Indossava un completo di pelle, che lo faceva assomigliare ad un’ombra. Sulla schiena gli spuntavano i foderi delle due katana.
-Dov’eri finito?- domandò. Non appena ricevuta notizia dell’attacco era sparito.
-Sono andato a prendere l’artiglieria.- disse, raggiungendolo.
La gente, attorno a loro, continuava ad accalcarsi e urlare, tentando di fuggire il più lontano possibile dal pericolo.
-Dov’è Ryan?- chiese il dampyr, ad un certo punto. Stava avanzando a forza di spintoni, in modo abbastanza rude. Ma sembrava essere l’unico metodo efficace.
-E’ andato avanti, si è trasformato.- sospirò il cuoco.
“Stupido testardo.”, pensò l’europeo. –Ho visto la polizia.- disse, ricordandosene.
Il moro annuì. –Raggiungi Ryan e le ragazze. A loro ci penso io.- decise.
-Sei sicuro?
Lo sospinse avanti. –Vai. Muoviti!
Annuì e saltò sul muro di recinzione di una casa. Si bloccò un attimo per controllare la situazione e poi balzò sul tetto dell’abitazione, scomparendo ben presto alla vista.
Mentre scattava da un appoggio all’altro, i suoi occhi cambiarono colore.
“Mio padre è qui vicino.”, realizzò. Senza rendersene conto accelerò il passo, sfruttando il ramo di un albero per darsi più slancio.
La folla, sotto di lui, sfilava sempre più veloce, rapida come il fluire di un fiume.
Ad un certo punto si ritrovò nel parco, tra i ciliegi. Si affidò al naso e captò diversi odori animali.
“Lupi… e orsi?”, si bloccò. Le ipotesi erano due: Revenge aveva chiamato a raccolta la cavalleria o i suoi sensi erano alterati.
Optò per la prima e si rimise a correre.


-E questi da dove spuntano?- chiese Paddy, bloccandosi.
Davanti a loro c’era il parco a tema, ormai completamente svuotato. Le giostre continuavano la loro corsa, accogliendo ospiti inusuali.
  Le sagome di enormi lupi e orsi inseguivano i pochi malcapitati che non erano riusciti a mettersi in salvo, distruggendo tutto quello che incontravano sul loro cammino.
-Non so cosa siano, ma prima mettiamo in salvo quelle persone.- decise Strawberry, agguerrita. Le altre annuirono, sparpagliandosi.
Pam raggiunse una coppia di anziani e li fece spostare appena in tempo: se avesse esitato qualche secondo in più sarebbero stati travolti da un grosso lupo grigio. La mew si rese conto che l’animale aveva delle strane escrescenze sul muso e un paio di zampe in più. –Sono stati contaminati! Sono chimeri!- avvertì le compagne.
-Cosa…?- Lory si voltò, colta di sorpresa. Aveva tra le braccia una bambina piccola.
All’improvviso le si parò davanti un orso col pelo striato di rosso. La bestia si alzò sulle zampe posteriori e si preparò ad attaccarla. La ragazza spostò la piccola sulla propria schiena ed estrasse le nacchere, colpendo l’avversario sul muso.
L’animale ruggì e tornò sulle quattro zampe, scuotendo l’enorme testa. La mew ne approfittò per portare in salvo la bambina.
Con la coda dell’occhio vide Mina colpire con una freccia un lupo dal pelo simile al metallo. La punta rimbalzo, spaccandosi. –Bene, ora abbiamo anche i cani di ferro!- sbottò, irritata. Lory la raggiunse e sferrò un attacco.
L’acqua produsse un sinistro sfrigolio e la bestia si allontanò uggiolando.
-Grazie.- sorrise la mew bird.
Poco più in là Paddy si stava divertendo con un altro nemico, rimbalzando di qua e di là come una piccola scimmia. La povera creatura non sapeva da che parte andare, confusa dalle sue mille acrobazie. Ad un certo punto, la biondina si fermò e la intrappolò dentro la sua campana di gelatina.
-Ben ti sta!- esultò. Raggiunse un cespuglio e ne fece uscire diverse persone, dicendo loro di raggiungere l’uscita del parco.
Fecero appena in tempo a superare gli ultimi alberi che la strada fu sbarrata da altri animali.
In tutta quella confusione, Mew Berry si era ritrovata a dover scalare la ruota panoramica. Alcuni lupi stavano tentando di abbatterla a suon di spinte e morsi.
Aveva sentito delle urla ed era andata a controllare.
-Aiutateci! Qualcuno ci sente?
Arrivò in cima e si mise a controllare tutte le cabine, fino a quando non trovò quelle occupate. C’erano tre coppie di giovani, tutti ugualmente spaventati.
-Non vi preoccupate, ora vi tiro fuori!- promise, cercando di trovare una buona posizione per poter lavorare in sicurezza. Lanciò un’occhiata in basso, in cerca dell’aiuto delle compagne, ma le trovò impegnate.
-Dobbiamo sfondare i vetri, se no non so come farvi uscire.- disse ai ragazzi più vicini. Loro annuirono.
Vide il giovane avvolgersi la giacca attorno al pugno, chiuso, in modo da non ferirsi. Si allontanò per non farsi colpire dai vetri.
  Il finestrino era appena stato rotto, quando la ruota oscillò pericolosamente, mandando rumori sinistri. Tutte e tre le coppie vennero sbalzate contro i sedili delle cabine e Strawberry per poco non perse la presa sulla struttura metallica a cui era ancorata.
Si guardò attorno, cercando di capire cosa stesse succedendo e si rese conto che uno degli animali, un orso, stava risalendo faticosamente la ruota.
-Non vi muovete!- ordinò e balzò giù, atterrando davanti alla creatura. Mulinò le braccia per ritrovare l’equilibrio e poi estrasse la sua arma.
L’orso grugnì, infastidito dalla sua presenza. La mew notò che aveva una strana coda, che assomigliava a quelle dei primati.
“Un chimero…”, realizzò, non troppo stupita. Divaricò leggermente le gambe e si mise in guardia, pronta ad attaccare.
Il suo avversario fece lo stesso, piegandosi in avanti come se fosse un ariete di sfondamento.
Si studiarono per qualche istante, poi lei scattò in avanti.
  Sfortunatamente la ruota sussultò all’improvviso, facendola scivolare. Allarmata, tentò di trovare un appiglio e di difendersi al contempo.
“Cado!”, pensò.
Udì un miagolio e, subito dopo, si sentì afferrare da due forti braccia. L’impatto la mandò a sbattere contro il metallo che reggeva la giostra e le fece sputare l’aria dai polmoni.
-Scusami!- riconobbe quella voce.
Alzò la testa e si ritrovò ad osservare l’espressione dispiaciuta, ma determinata, di Lucas. Più in alto, sui binari della ruota, Ryan si ergeva davanti all’orso.
-Cosa fate qui?- domandò, stupita.
-Ti aiutiamo, no?- rispose l’altro, sorridendole e issandola nuovamente sulle travature. –Occupati delle persone assieme a Ryan, all’orsacchiotto ci penso io.
Annuì e raggiunse il suo fidanzato.
-Ehi, tutto a posto?- le chiese lui, preoccupato.
-Cosa fai qui?
La guardò con tanto d’occhi. –Come “cosa faccio qui”? Che razza di domanda è? Sono venuto ad aiutarvi.
-Ma, Ryan…- iniziò.
-No, niente ma. Aiutami.- la zittì e si chinò per far uscire i primi due ragazzi.

  Ci volle del tempo per portare in salvo i sei ragazzi.
Senza contare le continue oscillazioni della giostra, dovute al combattimento tra Lucas e l’orso con la coda prensile.
Una volta arrivati a terra, i giovani ringraziarono e si affrettarono a scappare.
-Ryan!- chiamò il dampyr.
L’americano sollevò gli occhi verso l’alto e si vide lanciare la sua katana. L’afferrò al volo e la liberò dal fodero, impugnandola per fronteggiare l’ennesimo lupo. –Grazie!- disse.
Non sentì la risposta perché fu distratto dal suo avversario.
“Dov’è Revenge?”, si chiese, perplesso. Non lo vedeva da nessuna parte e ormai era buio, quindi non avrebbe dovuto avere problemi con la luce solare.
Con la coda dell’occhio colse una giravolta di Strawberry e, poco più in là, alcuni schiocchi della frusta di Pam. Le ragazze se la stavano cavando molto bene.
Evitò per un soffio le fauci dell’animale e sferrò un fendente, ferendolo all’altezza della spalla. Il lupo ringhiò e afferrò la spada, strappandogliela di mano e lanciandola lontana.
-Dannazione!- imprecò Ryan.
Trovandosi disarmato, non poté far altro che trasformarsi in Art e portare la creatura dalle ragazze, in modo che la abbattessero. Fu Mina ad ucciderlo, piantandogli una freccia sotto la gola.
-Grazie mille!- le disse il biondo, recuperando la propria arma.
-Figurati. Mi concederai un aumento.- fu la risposta.
Un improvviso tonfo distrasse tutti quanti dai combattimenti. Si voltarono verso la ruota panoramica e videro, ai suoi piedi, il cadavere dell’orso.
-Ops, scusate. Cercherò di fare meno rumore.- disse Lucas, dispiaciuto.
Ridacchiarono, divertiti e poi tornarono ad occuparsi degli altri avversari rimasti. Degli alieni neppure l’ombra.


  “Ma quanti sono?”, si chiese.
Sembravano non finire mai: spuntavano dagli alberi come se fossero un prodotto della notte, pura e semplice aria fattasi viva.
Non erano chimeri ordinari, avevano qualcosa di più. Forse c’entrava il potere di Revenge.
Lui era in grado di cambiare la propria forma, ricordava bene quel lupo sotto il lampione. Peccato che non sembrasse in grado di evocare altri animali.
  Abbandonò quei pensieri per concentrarsi sullo scontro. Si era lussato leggermente la spalla sinistra e i suoi movimenti erano più lenti, meno fluidi.
Anche le ragazze iniziavano a riportare qualche ferita. L’unico incolume era Lucas, escluso il sangue proveniente dalle sue vittime.
Pur non avendo il tempo per rimanere ad osservarlo, sentiva la sua forza, il suo potere. Aveva le stesse abilità di un vampiro, ma la sua scia era calda, pulsante.
Come il vento nel deserto, si avvertiva il suo passaggio, ma era difficile vederlo arrivare.
  Avrebbe dovuto tenere a mente che lo stesso valeva per il non morto.
All’improvviso si ritrovò scaraventato lontano. Mantenne la presa sull’elsa della katana e tentò di arrotolarsi in aria, per cadere in piedi. Peccato che qualcuno glielo impedì.
Ricevette un pugno allo stomaco e concluse la propria corsa contro un albero. Ultimamente aveva uno strano rapporto con gli alberi: finiva sempre per sbatterci contro e rompersi qualche osso.
-Bene, bene… Ryan Shirogane.- il volto di Revenge comparve nel suo campo visivo.
Sputò un po’ di sangue e gli puntò la lama alla gola. Il vampiro assottigliò gli occhi, infastidito dalla presenza dell’arma.
-Vedo che hai fatto i compiti.- sorrise, beffardo.
-Certo, ne dubitavi?- domandò, costringendolo ad arretrare per dargli modo d’alzarsi.
-No… dopotutto hai un dampyr per amico.
Comparve una seconda lama. –E tu dovresti imparare a guardarti le spalle.
Il capo del progetto osservò l’espressione del proprio avversario e valutò che non sembrava eccessivamente sorpresa o spaventata.
Ebbe appena il tempo di registrare un movimento ai margini del suo campo visivo e urlare:-Lucas!
L’europeo ruotò su se stesso ed alzò la katana nel momento esatto in cui il lupo con sei zampe gli si scagliava contro. L’impatto fu così violento che la spada del dampyr volò via e i due contendenti finirono nella neve.
Le fauci della bestia si chiusero sulla spalla del giovane, facendolo urlare.
-Maledetto!- imprecò Ryan.
Fece fare un arco alla sua lama, tentando di ferire il vampiro al fianco, ma quello glielo impedì, fermando l’acciaio con le mani.
Per un attimo la situazione rimase in stallo, poi Revenge fece forza e disarmò l’americano. Senza perdersi d’animo, si allontanò con un balzo dal proprio avversario e si piegò sulle ginocchia, pronto a fronteggiarlo.
-Vorresti combattere disarmato? Devi essere molto coraggioso… o molto stupido.- commentò il vampiro, divertito.
-Non ho voglia di farmi ammazzare.- replicò il ragazzo, ostile. Alla sua destra Lucas stava combattendo col lupo, in un feroce corpo a corpo che portò i loro corpi ad aggrovigliarsi più e più volte.
La parte sinistra del suo corpo era chiazzata di sangue, ma non sembrava preoccuparlo. Il suo sguardo era fisso sull’avversario.
“Revenge!”, si era stupidamente distratto. Spostò lo sguardo davanti a sé ed evitò per un pelo le unghie del non morto, che si piantarono nella corteccia di un albero. La pianta scricchiolò e poi il suo tronco si ruppe, esplodendo in mille pezzi.
Ryan si affrettò a spostarsi per evitare di essere travolto dai rami.
-A quanto pare sei veloce.- l’uomo dai capelli color della luna si voltò, infastidito dalla resistenza della sua vittima. –Ma io lo sono di più.
  Un attimo.
Il tempo di un battito di ciglia e Ryan si ritrovò a galleggiare in aria, una mano che gli artigliava il collo.
Annaspò in cerca d’aria, mantenendo gli occhi color acquamarina in quelli di ghiaccio del suo avversario.
-Lascialo stare!- Lucas doveva essersi liberato del lupo, perché si scagliò sul padre.
I tre caddero nella neve, rotolando.
Il dampyr fu rapido a rialzarsi e a bloccare il vampiro a terra. Gli premette la katana alla gola, deciso ad ucciderlo. In poco lo raggiunse anche il biondo.
-Ora come la mettiamo…?- domandò l’europeo, gli occhi iridescenti che mandavano scintille.
Revenge non rispose.
Ad un certo punto si sentì, in lontananza, il suono di quello che, a primo impatto, sembrava un corno. Un corno di guerra.
Le Mew Mew si bloccarono, circondate dai cadaveri dei loro avversari.
Avevano gli abiti laceri e sporchi di sangue. Erano ferite, ma nessuna in modo grave, anche se la fatica iniziava a farsi sentire.
Avevano udito anche loro quello strano lamento, simile ad un grido.
Ed ora si guardavano intorno, confuse.
-Cos’era?- domandò Lory, preoccupata. Accanto a lei stava Paddy, ugualmente in ansia.
-Non lo so.- Pam e Strawberry erano accucciate a terra, pronte a scattare. Avevano teso le orecchie per poter capire da che direzione provenisse il suono. Nessun odore estraneo che presagisse l’arrivo di altri problemi.
Poi, dal nulla, apparve un vortice dimensionale.
Le cinque arretrarono, spaventate, ma comunque pronte a combattere.
Dapprima non videro nulla, poi iniziarono a scorgere delle sagome. Ed ecco che un esercito di alieni sciamò fuori dal tunnel spazio dimensionale, invadendo il cielo del parco.
Lucas e Ryan impallidirono.
-E’ arrivata la cavalleria.- sogghignò Revenge.

   Tutti i presenti alzarono gli occhi al cielo, per guardare i nuovi arrivati.
Sopra di loro se ne stavano minacciosamente a mezz’aria una ventina di alieni, armati con ogni sorta di spada, pugnale o altro tipo di oggetto contundente.
Tra di loro c’erano i tre fratelli Ikisatashi.
  E un alieno sconosciuto.
Aveva lunghi capelli neri e occhi color del ghiaccio. Assomigliava a Revenge, fisicamente, anche se quello che emanava dalla sua persona non aveva nulla a che vedere col vampiro.
“Quello dev’essere Profondo Blu.”, ragionò Ryan.
-Finalmente a casa.- esordì il nuovo arrivato, atterrando al suolo.
-Questa non è casa vostra! Voi siete degli invasori!- protestò Paddy, agitando il pugno per aria. L’uomo si voltò a guardarla e, con un semplice gesto, la mandò a terra. Lory si affrettò a soccorrerla, mentre le altre gli rivolgevano sguardi di fuoco.
-Mew Mew, è un piacere incontrarvi. Finalmente lo posso fare di persona.- sogghignò, fermandosi su Strawberry. –Il tuo fidanzato è stato un involucro un po’ riluttante.
Lei ridusse gli occhi a due fessure, irritata. Anche se non stava più con Mark e non ne era innamorata, non poteva sopportare che qualcuno si prendesse gioco di lui.
Men che meno il capo dei loro nemici.
-Ragazze!- le chiamò all’adunata. –Spacchiamo qualche faccia aliena.
-D’accordo!
E si lanciarono all’attacco.
Sembrava che i loro avversari non aspettassero altro che quel segnale. Si mossero come un sol uomo, scagliandosi contro le paladine.
Ognuna di loro si ritrovò a dover combattere con tre alieni contemporaneamente.
Sistemate le Mew Mew, Profondo si voltò a fissare il gruppo composto da Revenge, Lucas e Ryan.
-Oh… il mio fedele alleato.- mormorò, celando a stento un sorriso di derisione.
Il vampiro, pur dalla sua posizione sottomessa, gli scoccò un’occhiata di fuoco. Tra loro non scorreva buon sangue, l’accordo si reggeva su basi molto instabili.
-Siete in ritardo.- fu il commento.
-La morte non è mai in ritardo. Arriva quando deve farlo.- l’alieno sollevò un braccio e alcuni dei suoi sottoposti lasciarono le ragazze per scagliarsi sui tre.
Immediatamente Ryan e Lucas scattarono in piedi, lasciando libero Revenge.
Inaspettatamente vennero ignorati.
  Tutti gli alieni si scagliarono sul vampiro, tentando di ucciderlo. I due ragazzi si scambiarono uno sguardo confuso: c’era qualcosa che non quadrava.
In tutta risposta, il non morto spezzo l’osso del collo ad uno dei suoi aggressori, ringhiando minacciosamente agli altri, che arretrarono.
-Tutto qui, quello che sai fare?- sibilò, le mani piegate ad artiglio. La sua parte bestiale stava prendendo il sopravvento.
Profondo Blu stese il braccio destro e poco dopo l’elsa di una spada si materializzò nel suo palmo. La strinse con forza e si lanciò contro il suo presunto alleato.
-Noi ci prendiamo queste simpatiche farfalline, ok?- disse Lucas. Ryan sollevò un sopracciglio per l’espressione che aveva usato, ma poi annuì.
Ruotò su se stesso ed incrociò le lame con… con Quiche.


   L’impatto fu violento.
Le armi cozzarono e i due contendenti furono sbalzati indietro a causa della forza d’urto.
Revenge ritrasse le unghie e si passò la lingua sulle labbra, pregustando la fase successiva del combattimento. Non aveva bisogno di lame, solo del suo corpo e delle sue abilità.
  Se voleva assicurarsi di uccidere suo figlio, doveva prima sistemare l’alieno. E la cosa gli avrebbe provocato enorme piacere.
-Fammi divertire.- disse.
-Stavo per dire la stessa cosa.- fu la risposta di Profondo Blu. Attorno a loro infuriavano tante piccole battaglie, ma a nessuno dei due sembrava importare.
Men che meno al capo degli alieni, dato che aveva una barriera d’energia attorno a sé. Gli attacchi fisici non gli avrebbero fatto nulla, almeno fino a quando fosse rimasta intatta.
Gli attacchi di un vampiro, be’, quelli erano un’altra storia.
Rimasero a scrutarsi per diverso tempo, studiandosi, cercando l’uno le debolezze dell’altro.
“L’unica sua debolezza pare essere la lama delle spade dei due terrestri.”, ragionò Profondo, spostando impercettibilmente lo sguardo.
Doveva impadronirsene.

-Ma quanti sono? Non finiscono mai?- brontolò Mina, abbattendo l’ennesimo alieno.
Il terreno iniziava ad essere ingombro di corpi e non era un bel vedere.
L’unica consolazione era che i cadaveri degli alieni si dissolvevano, dopo un po’ di tempo. Ma il sangue rimaneva.
  E non erano solo i nemici a sanguinare.
Mew Berry prese un respiro profondo, affaticata. Aveva una ferita alla testa abbastanza profonda e il sangue le impediva di vedere bene.
-Dobbiamo aiutare i ragazzi…- disse Lory, spalleggiando la compagna. Respinse per lei l’attacco di un alieno, dandole il tempo di prendere fiato.
-Prima dovremmo sistemare Profondo Blu.- osservò Pam, strangolando il suo avversario grazie alla sua frusta. Quello tentò di liberarsi, ma alla fine si accasciò al suolo.
-Io non voglio intromettermi tra quei due. Potrei rimetterci la pelle.- protestò la mew bird.
In effetti la sua era una valida obiezione e nessuna delle due aveva veramente il desiderio di finire all’ospedale con qualche ferita di troppo.
Non potevano permetterselo, soprattutto dopo tutto quello che era successo.
-Non so cosa stiate pensando di fare, ma sono qui per farvi giocare.- Pie le raggiunse, parandosi di fronte a loro.
-Togliti di mezzo!- esclamò la rossa.
-No.
Fece comparire alcuni chimeri bomba e li scagliò contro di loro, obbligandole a dividersi. Nuovamente si ritrovarono circondate dagli alieni e furono costrette a riprendere i combattimenti. Il più grande dei fratelli Ikisatashi andò ad occuparsi di Lory.

-Tranquillo, non ti ucciderò.
Quiche sferrò l’ennesimo colpo, a cui Ryan rispose prontamente. Nonostante la sua sfrontatezza, erano pochi i fendenti andati a segno.
Il biondo era diventato molto più veloce rispetto al loro ultimo scontro e la presenza dell’altro ragazzo lo infastidiva.
  Avrebbero dovuto trovarsi in difficoltà con tutti quei guerrieri, ma non ne sembravano granché impressionati. Il riccio maneggiava la spada con un’abilità fuori dal comune e aveva già abbattuto tre suoi compagni.
-Mi sembri in difficoltà, Quiche, o sbaglio?- lo sbeffeggiò l’americano, assestandogli un colpo di piatto.
-Ti piacerebbe, biondino.- replicò, slanciandosi in avanti e bloccando la sua lama coi sai. Per alcuni istanti rimasero immobili, non riuscendo a vincere la forza dell’altro.
Poi Ryan piegò il braccio e liberò la katana, riprendendo pieno possesso della situazione. L’alieno dagli occhi d’oro imprecò.
-Mi avete stancato!- con la coda dell’occhio vide Lucas rinfoderare la katana e abbattere gli ultimi avversari con le sue abilità da dampyr. Quelli caddero come foglie in un giorno d’autunno, stroncati.
  Sistemati gli alieni, raggiunse l’amico. Dopo un breve esame visivo decretò che l’allenamento aveva dato i suoi frutti: l’unica ferita abbastanza seria era quella al collo, in seguito all’attacco di Revenge.
-Serve una mano?- lo affiancò, pronto a combattere.
-No, grazie. Vai ad aiutare le ragazze.- rispose Ryan. L’altro non ne fu stupito e, senza aggiungere altro, fece per voltarsi e fare come gli era stato detto.
Peccato che Profondo Blu gli piombò addosso, mandandolo a rotolare nella neve.
-Lucas!
Lottarono duramente e il giovane si ritrovò gli artigli dell’avversario piantati nel petto. L’impatto lo lasciò disorientato e permise all’alieno di rubargli la katana di mano.
-No!- l’europeo gli artigliò il polso, ma sopraggiunsero due extraterrestri e gli puntarono contro le loro armi.
Ryan sgranò gli occhi: il suo compagno di battaglia non sembrava in grado di reagire. La situazione stava per finire male.
Fece per andare ad aiutarlo, ma Quiche gli si parò davanti. –Dove vai? Non abbiamo ancora finito.
-Con te farò i conti dopo!- ringhiò e gli diede uno spintone. L’altro, però, si oppose, e lo imprigionò con braccia e gambe, facendolo franare al suolo.
Nel mentre Profondo rimase ad osservare il dampyr. –Tempo scaduto, ragazzo.- fece un cenno ai due che lo tenevano sotto scacco, dando loro l’ok per l’uccisione.
  Il pugnale del più alto si alzò, pronto ad abbattersi sul collo di Lucas. Lui provò a ribellarsi, ma sentiva il cuore faticare a riprendersi. Nonostante avesse le capacità di un vampiro, aveva pur sempre una parte umana.
-Nessuno mi ruba le prede.- Revenge comparve all’improvviso. Staccò letteralmente il braccio al povero malcapitato e poi scaraventò lui e il compagno a diversi metri di distanza. L’impatto fu fatale.
Fatto ciò, il vampiro si girò lentamente verso Profondo Blu. I suoi occhi erano diventati così chiari da sembrare bianchi.
Sapeva che non poteva (anzi, non doveva) morderlo. Quindi lo avrebbe ucciso in un altro modo.
  Iniziò ad ansimare, alzando ed abbassando le spalle ad un ritmo sempre più crescente. Ad un certo punto squarciò il suo involucro umano per assumere le sembianze di un lupo.
Profondo balzò all’indietro, portandosi dietro la katana, ma l’animale lo seguì a ruota, slanciandosi verso di lui con le fauci spalancate.
Stava puntando alla spada.

-Pie, lasciaci passare! Non vogliamo ucciderti.- disse Strawberry.
L’alieno scosse la testa, deciso. Lui e Lory se l’erano date di santa ragione ed era conciato maluccio.
Suo fratello, Tart, era alle prese con Paddy. Ma nessuno dei due sembrava veramente intenzionato a far del male all’altro.
-Devo obbedire agli ordini.- disse il ragazzo.
-Ossia devi farti uccidere?- chiese Pam, detergendosi il sudore dal viso. Il braccio con cui agitava la frusta le doleva per lo sforzo prolungato.
Non rispose e lanciò un’occhiata alle proprie spalle. In quell’esatto istante il suo signore fu atterrato da un grosso lupo. Sembrava uno degli animali evocati dal vampiro.
-Mio si…!- fece per volare da lui, ma una freccia di Mina glielo impedì.
La guardò in cagnesco, giusto in tempo per vedere la bestia trasformarsi in Revenge.

-Ora come la mettiamo?- il non morto si chinò sul suo avversario, trionfante.
Era riuscito a strappargli quella maledetta katana di mano e ora lo bloccava a terra col solo ausilio delle ginocchia.
Avere ucciso la sua controparte buona era stata un’ottima idea.
Nonostante le sue capacità magiche, se così si potevano definire, il suo corpo non era altrettanto forte. Era stato lui a far in modo che fosse così.
L’uomo tentò di liberarsi, ma non riuscì a fare forza.
-Sei troppo debole, ora.- gli fece presente Revenge. Sentiva la paura emanare da lui.
-Appena mi sarò liberato…!
Lo interruppe, per nulla impressionato. -Cosa mi farai?
Profondo Blu chiuse gli occhi, per potersi concentrare ed evocare il proprio potere. Se fosse riuscito ad aver ragione della forza del vampiro avrebbe potuto vincere.
Sondò nella propria mente, fino al fulcro dei suoi pensieri, del suo essere. Eccolo!
Lo afferrò saldamente e lo riportò in superficie.
Il suo corpo iniziò ad emanare scariche d’energia e l’aria attorno ai due contendenti prese a crepitare come un fuoco acceso.
Revenge si scostò quel tanto per potersi difendere, ma non lo lasciò libero. Era morto, quindi l’elettricità non avrebbe danneggiato i suoi tessuti, al massimo avrebbe ridato loro un po’ di vita-
Improvvisamente, però, il campo di energia aumentò e divenne pressante. Si ritrovò a combatterlo, artigliando la terra sotto di sé. Prese a scavare, tentando di farsi strada a forza.
Profondo Blu aprì gli occhi, soddisfatto.
-Vediamo se riuscirai a superare la barriera.- lo provocò. “La mia ultima difesa.”, pensò.
Il vampiro digrignò i denti, mostrando i canini.
I suoi capelli frustavano l’aria, liberi come serpenti d’argento.
  Tutt’attorno a loro i combattimenti continuavano.
Con un enorme sforzo, Revenge riuscì a contenere l’espansione di quella bolla d’energia, impedendole di crescere ulteriormente. Avere poteri psichici aveva un suo vantaggio.
Con grande disappunto del suo avversario iniziò a contrastarla. Tutto il suo corpo cambiava continuamente forma, le mani diventavano artigli e i denti fauci. Gli occhi erano l’unica cosa che rimase invariata.
L’unico che assistette a quello sconto fu Lucas, che giaceva ancora a terra.
Vide tutta la potenza di suo padre scagliarsi contro il potere del capo degli alieni.
Uno scontro tra titani… che proseguì per una buona mezz’ora.
Nessuno dei due cedeva, ma erano entrambi stanchi.
“Mi serve la forza della natura.”, pensò Revenge. Questa volta fu lui a chiudere gli occhi e a richiamare l’essenza di ciò che lo circondava.
Rapidamente ombre scure strisciarono verso di lui, avvolgendolo ed incrementando la sua forza. Man mano che si aggiungevano, la sua mano penetrava un po’ più a fondo nella barriera di Profondo Blu.
E gli occhi dell’alieno si dilatarono per il panico.
Improvvisamente il vampiro fu saturo. Ci fu un attimo di puro silenzio, poi riversò tutta l’energia all’esterno, urlando.
Raggiunge l’ultimo strato protettivo e lo infranse.
Le sue unghie si infilarono a forza nel petto del capo degli invasori, lasciandolo basito. Si chinò su di lui, afferrandogli il cuore. –Ho vinto io.- sussurrò.
Accentuò la presa sul muscolo e stroncò sul nascere il gemito che stava per uscire dalla bocca dell’alieno con un unico strattone.
Gli occhi del suo avversario si fecero opachi e poi rimasero a fissare il cielo, ciechi.

  Qualcuno urlò.
Profondo Blu era morto.
Tutti gli scontri cessarono, anche Quiche smise d’incalzare Ryan. Gli alieni avevano perduto il loro capo.
I pochi superstiti si scambiarono sguardi confusi, poi abbandonarono le armi. Esitarono un attimo e scomparvero, dileguandosi.
-Dove state andando?- urlò Pie, sconvolto.
-A quanto pare hanno deciso di abbandonare la causa.- disse Revenge, alzandosi lentamente. Ai suoi piedi, il corpo di Profondo Blu stava già iniziando a dissolversi. –Ora posso perdurare la mia.
Si voltò a guardare Lucas.
Ryan approfittò di quel momento di stallo per sfuggire a Quiche e pararsi di fronte all’amico. Doveva proteggerlo, anche perché avevano un discorso in sospeso.
-Oh… dimenticavo. Ci sei anche tu, Shirogane.- sogghignò, divertito da quel pallido tentativo di opporglisi.
-Pie, andiamocene.- Tart si avvicinò al fratello, spaventato. Lui lo guardò e poi tornò a fissare la scena. Non sapeva che fare.
E lesse la stessa impotenza negli occhi dell’altro fratello.
-Tu non ucciderai Lucas. Che razza di mostro sei, per voler uccidere tuo figlio?- il biondo si mise in posizione di difesa, pronto a battersi.
-E’ un sociopatico. Difficilmente potrebbe capire una cosa come l’amore paterno.- rispose Lucas. Il ragazzo si voltò a fissarlo, stupito. –Sto bene.- assicurò, nonostante si reggesse in piedi con difficoltà.
-Non stai bene.- sussurrò Ryan.
-Vi lascio decidere chi morirà per primo?- domandò il vampiro.
-Il sarcasmo l’hai preso da lui, eh?- commentò il biondo, irritato. Perché li consideravano già spacciati quando in verità non lo erano?
Mentre parlavano Quiche s’intromise. –Prenditi pure il riccio. Il biondino è mio.- disse.
Revenge lo fulminò con lo sguardo, segno che non aveva approvato il suo intervento. Sollevò un braccio e lo afferrò per un polso, attirandolo contro di sé. –Non tollero interruzioni mentre sto cacciando.- sibilò.
Poi lo scaraventò lontano, contro il gruppo delle ragazze, che stava accorrendo.

  Caddero in un groviglio di corpi.
-Quiche, stai bene?!- chiese Tart, preoccupato.
-Sì… sì, sto bene!- disse, rialzandosi. –Dannato vampiro! Giuro che…
Pie lo fermò. –Non farai niente. Non da solo.
Il ragazzo dai capelli verdi lo fissò, perplesso. –E che dovrei fare, allora?
-Vendicheremo il nostro signore. Aiutiamo i terrestri ad uccidere il vampiro.- propose.
Tutti i presenti sgranarono gli occhi. –Cosa?!
Strawberry lo afferrò per le spalle e cercò di trovare quel qualcosa che le dicesse che era tutto uno scherzo. –Ma sei impazzito?
-No.- scosse la testa.
-Noi non possiamo ucciderlo.- protestò Lory.
-E lascerete che i vostri amici muoiano?- domandò l’alieno, indicando la scena alle sue spalle. in quel esatto istante Revenge iniziò ad incalzare Ryan e Lucas, tenendoli entrambi a bada col solo ausilio della velocità.
Mew Berry sentì una stretta al cuore. –Ryan…- sussurrò. Non poteva permettere che si battesse da solo. Non poteva permettere assolutamente che si ferisse, non quando c’erano loro. Erano state create per quello.
-D’accordo. Escogitiamo un piano per aiutarli, ma facciamo in fretta.- la rossa si disse d’accordo.
-Ma…- iniziò Mina.
-Dobbiamo distrarlo. Dobbiamo aiutare Lucas: è l’unico che può ucciderlo.- s’intromise Pam. La mew neko le sorrise, grata per l’appoggio.
E così iniziarono a confabulare con gli alieni per poter uccidere il vampiro Revenge.

-Non so quanto potremo resistere.- ammise Ryan, all’ennesimo colpo.
Gli dolevano entrambe le braccia a causa dei violenti contraccolpi. Revenge aveva una forza spaventosa.
-Siete già stanchi?- domandò il non morto, continuando ad incalzarli.
Erano entrambi pieni di lividi e la ferita al cuore del dampyr non era perfettamente risanata. Ogni tanto spillava ancora sangue.
-Mai!- l’europeo caricò, lanciandosi di peso contro l’avversario. Riuscì a sbilanciarlo e caddero entrambi a terra.
Il biondo ne approfittò per intervenire, ma dovette bloccarsi subito: se avesse sbagliato avrebbe potuto ferire Lucas.
“Dannazione! Ragazze, cosa state facendo?”, imprecò dentro di sé.
Detto fatto.
-Allontanati da lui, Revenge!- intimò la sua gattina.
Si voltò e vide le Mew Mew schierate con i tre fratelli Ikisatashi. Erano uno strano gruppo, ma non era il caso di essere schizzinosi.
-Oh… ecco i rinforzi. Fa molto film sui cowboy.- commentò il vampiro. Le ragazze non si lasciarono impressionare e si lanciarono all’attacco.
Con molta nonchalance, il non morto li fronteggiò tutti quanti, contemporaneamente. La sua straordinaria velocità gli permetteva di rispondere ad ogni singolo attacco con puntualità e precisione.
Era impressionante.
-Lucas, cosa diavolo dobbiamo fare?- Ryan andò ad aiutarlo.
-Non è che riuscireste a fare un po’ di luce, vero?- domandò lui, serio. Il ragazzo lo guardò, stupito, poi si rese conto che poteva farlo.
-Sì… forse sì.- mormorò.
Con sé aveva gli ultimi frammenti di Acqua Mew ritrovati. Li portava sempre con sé, sia per evitare che venissero rubati, sia per usarli in caso di emergenza. E quella era un’emergenza.
-Mew Berry!- la chiamò.
Lei uscì dalla lotta e lo raggiunse, ansimante. –Cosa…?
-Dammi la mano.- le disse. Lei obbedì e si ritrovò ad osservare cinque piccoli cristalli.
-Questa è…
-Sì, è lei.- confermò.
L’attimo dopo l’Acqua Mew reagì col DNA della giovane ed iniziò ad emettere luce. Una luce intensa, potente. Non propriamente il sole, ma abbastanza per poter infastidire un vampiro.
Revenge, infatti, scattò all’indietro, tentando di proteggersi gli occhi.
I vampiri ne approfittarono e riuscirono ad atterrarlo, subito aiutati dalle ragazze.
-Lucas, muoviti!- urlò Mina.
Il dampyr estrasse la katana e si sistemò sul corpo del nemico. –Ryan, aiutami.
L’americano obbedì, raggiungendolo. Abbassò l’arma e la puntò alla gola del non morto, immobilizzato dalla luce.
-Prima di morire voglio chiederti una cosa.- disse l’europeo.
Revenge non rispose.
-Hai mai amato mia madre?- chiese.
Silenzio.
La rabbia s’impossessò di lui e gli sembrò di vedere rosso. Dopo tutto quello che era successo, dopo tutto quello che aveva passato, aveva sperato di poter trovare una spiegazione alla propria vita. Un perché alla propria esistenza.
Quell’essere abbietto sembrava non volergli concedere nemmeno quello.
Rubò la katana dalle mani di Ryan e la sollevò assieme alla sua. Incontrò gli occhi di ghiaccio di quello che era suo padre, esitò un attimo, ma poi le conficcò in profondità nel suo petto.
-A mio modo…- sussurrò la creatura, prima di spirare.
All’udire quelle parole Lucas avvertì qualcosa rompersi, dentro di sé. –Allontanatevi. Devo decapitarlo e non sarà uno spettacolo piacevole.- mormorò.
I presenti fecero com’era stato detto loro e gli diedero la schiena, allontanandosi.
-Sei sicuro…?- Ryan allungò una mano verso di lui.
-Sicuro.- sollevò un angolo della bocca, tentando di trattenere le lacrime di amarezza che sentiva pungergli gli occhi.
Sapeva che erano riusciti ad ucciderlo solo perché aveva esaurito quasi tutte le sue energie nella lotta con Profondo Blu. Lo sapeva e non si sentiva affatto un eroe.
Ma quella non era la sola ragione per cui si sentiva male.
Si dispose a fianco del cadavere e si accinse a finire quello che aveva iniziato. Poco prima di abbassare la lama, una lacrima sfuggì al suo controllo, cadendo sul volto cinereo del vampiro.
-Perché non mi hai amato almeno un po’?- chiese.

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Capitolo 28
*** Epilogo ***


Epilogo Siamo arrivati alla fine di questa fantastica avventura.
Grazie a tutte le persone che mi hanno tenuto compagnia, che hanno commentato, preferito, ricordato e seguito.
Questo viaggio è terminato e per ora non ne ho in programma altri, con questi personaggi. Forse dei missing... ok, in effetti uno sarebbe d'obbligo (lo capirete alla fine ^^').
Be', che dire... buona lettura! :)




Epilogo


  Rimase a fissarlo, in silenzio.
Mille pensieri si susseguivano nella sua mente, ma nessuno sembrava avere senso. Aveva la vista annebbiata, anche se stava in tutti i modi cercando di trattenere le lacrime.
Sapeva che i suoi compagni d’avventura stavano cercando di concedergli un minimo di privacy, ma non riusciva a capire se apprezzava il gesto o meno.
Se gli avessero chiesto quanto dolore provava, in quel momento, avrebbe detto nessuno.   Nemmeno la ferita gli doleva più.
  Era strano sentirsi vuoti dopo aver perso una persona di cui non si aveva avuto notizie per anni, che addirittura non aveva mai provato ad incontrare suo figlio.
“Addio…”, pensò, osservando il corpo di Revenge diventare cenere. Esattamente com’era successo agli alieni: erano tutte creature che non appartenevano a quel mondo, per un motivo o per l’altro.
-Lucas…- mormorò qualcuno. Forse Ryan, non avrebbe saputo dirlo. Nella sua testa c’era una strana eco.
Non si voltò nemmeno, aspettando di essere raggiunto. Quando sentì una mano calda sulla spalla, sobbalzò. La pelle dei suoi indumenti era così inerte, a confronto.
-So che le parole non valgono nulla, ora, ma…- iniziò l’americano.
-Non importa. Apprezzo il gesto, ma non importa. Sul serio.- tentò di costringere gli angoli della bocca a sollevarsi.
Il biondo non disse nulla, limitandosi a comprendere il dolore dell’amico. Era pienamente consapevole di quello che stava provando in quel momento, perché ci era passato anche lui.
Sospirò e si allontanò, tornando verso le ragazze e cercando d’ignorare il sangue che gli colava dai segni che aveva sulla gola.

-Cosa farete, ora?- domandò Paddy, osservando Tart. Il ragazzino galleggiava lentamente a mezz’aria, visibilmente provato dallo scontro.
-Giusto, dove andrete? Non potete rimanere qui…- intervenne Lory.
Quiche sbuffò. –Torneremo nel nostro pianeta.- rispose invece suo fratello Pie.
-Cosa?! Sul serio?- domandò il ragazzo dagli occhi d’oro.
-Sì. Ti sembra così strano? Quella è casa nostra, ora.- replicò, calmo. Avrebbero dovuto spiegare a tutti quanti quello che era successo e ricominciare da capo, tentando di costruirsi delle nuove vite. In modo diverso, senza la violenza.
-Vi accetteranno? In fondo eravate i servitori di Profondo Blu.- domandò Pam, pensierosa. Il più grande dei fratelli Ikisatashi la guardò, soppesando le sue parole.
-Abbiamo sbagliato ad appoggiare Profondo. Dovremo farglielo capire.- disse solo.
-Quindi non torneremo più sulla Terra?- s’intromise Quiche. Tart si avvicinò, allarmato.
-Eccole!
Si voltarono tutti insieme e videro, in lontananza, diverse compagnie televisive avanzare verso di loro, le telecamere in bella vista.
-Oh, no. La stampa no!- brontolò Mina.
-Dovete andarvene.- Ryan li raggiunse di corsa. Lanciò un’occhiata ai tre alieni e, vedendoli esitare, aggiunse:-Potrete ripassare a salutare quando vorrete.
-Andiamo.- Pie afferrò i fratelli e scomparvero. Come se fossero stati semplici refoli di fumo.
-Immagino che Kyle abbia esaurito gli assi nella manica. Questa volta si è superato.- commentò l’ideatore del progetto.
-Cioè?- chiese Strawberry, avvicinandoglisi.
-Doveva tenere a bada le forze dell’ordine e i giornalisti.- spiegò con un sorriso. –Ha fatto un buon lavoro.
-Quindi ora… dobbiamo andarcene?- domandò Paddy, osservando la folla avanzare verso di loro.
-Sì, sarebbe meglio.- confermò il ragazzo. –Ci vediamo al Cafè, d’accordo?
Annuirono e si divisero.
Strawberry lo fermò, posandogli una mano sul braccio. -Lucas?  
La guardò e poi si voltò nella direzione da cui era venuto. Il dampyr era sparito e il corpo del vampiro si era sparso nel vento.
-Tornerà. Ha solo bisogno di tempo.- le disse, serio. Lei annuì lentamente. –Sbrighiamoci, su.


-Ci siamo tutti?- domandò, riassumendo sembianze umane.
Lui e Strawberry avevano raggiunto il Cafè di corsa. Ovviamente Ryan si era trasformato in Art.
-State tutti bene?- Kyle venne loro incontro con una valigetta del pronto soccorso.
Diede loro un’occhiata veloce e si mise a curare una delle ferite di Mina, dato che era la più vicina all’auto.
Gli altri ridacchiarono, divertiti dall’espressione imbarazzata della ragazza, che continuava a ripetere:-Non è necessario, davvero!
Improvvisamente, mentre si godevano quel momento di svago, tutte le trasformazioni si annullarono e le ragazze tornarono normali.
-Ehi, che succede?- domandò Lory, osservandosi le mani, perplessa. Si voltarono tutte verso Ryan, in cerca di spiegazioni.
-I geni degli animali non sono più necessari. Ora siete di nuovo delle ragazze ordinarie.- rispose.
-Sul serio?- domandò Paddy, incredula.
Strawberry gli si avvicinò e sollevò lo sguardo per incontrare il suo. –Posso?- domandò, indicando con un cenno il suo collarino.
Lui annuì e si piegò leggermente in avanti, docile. Lentamente la ragazza glielo sfilò, svelando il collo. Entrambi trattennero il fiato, in attesa.
Si alzò in punta di piedi per controllare. –E’ sparito.- disse in un soffio.
-Quindi è tutto… finito?- Mina chiese conferma.
Il biondo annuì, poi abbassò gli occhi sulla ragazza che amava. Ora avrebbero potuto stare insieme come una coppia normale.
Non vedeva l’ora!
-Come ti senti?- le chiese, avvolgendole la vita con le braccia.
-Confusa, ma anche sollevata.- ammise, sorridendogli.
-Vedrai, sarà facile riabituarsi alla normalità.- le assicurò, stringendola a sé. Sarebbe rimasto in quella posizione per giorni. Era con l’unica persona veramente importante.
-Ragazze, che ne dite di fare un salto all’interno e sistemare queste ferite?- propose Kyle. Aveva capito che a Ryan serviva un momento da solo con Strawberry.
Le quattro si scambiarono un’occhiata, complice, poi annuirono, avviandosi verso la porta d’ingresso.

-Non ci trasformeremo più? Mai più?- domandò la rossa, guardandosi una mano.
Ancora non riusciva a crederci: era tornata ad essere una normale quindicenne goffa e ritardataria.
“No, qualcosa è cambiato. Ora ho Ryan.”, si disse, osservandolo da sotto la frangetta.
Lui sembrò notarlo e le chiese:-Ehi, che c’è?
Scosse la testa, sorridendo. –Pensavo a quello che succederà in futuro…- rivelò. Era stato il progetto ad unirli e ora che non esisteva più aveva paura di scoprire che tutto quello che avevano costruito non esisteva. Che fosse tutto finto.
-Be’, non so cosa succederà. Io e Kyle rimarremo qui, ovviamente, ma per il resto non so.- ammise il biondo, giocherellando distrattamente con la sua mano.
La sfilò dalla sua presa, allarmata. –Cosa significa?
-Che dobbiamo decidere se tenere aperto il Cafè o meno.- spiegò, confuso dalla sua reazione.
“Stupida, non parlava di te!”, si disse. –E… e noi…?- chiese, esitante.
-Be’… continueremo a vederci. Come una coppia normale…- mormorò, incerto. Il dubbio negli occhi della giovane l’aveva messo a disagio. Fino ad un attimo prima era così sicuro di quello che avrebbe fatto, ma ora non lo era più. –Ho detto qualcosa di male?
-N-no… no!
-E allora perché hai quell’espressione?- indagò.
Arrossì, abbassando il capo. –Perché ho paura che le cose possano cambiare, ora che il progetto non esiste più. Ho paura che tu fossi interessato a me in quanto Mew Mew.- confessò, sentendosi immensamente stupida.
A quelle parole l’americano si lasciò sfuggire un sorriso. Era tutto a posto, dunque.
Le mise due dita sotto il mento e la costrinse a guardarlo negli occhi. Terra e cielo a contatto, di nuovo. Era una sensazione di una bellezza devastante.
-Ascoltami bene, perché non lo ripeterò due volte. A me piaci tu, come persona. Mi piaci per quello che sei, per quello che fai e per come lo fai. Mi piaci perché tiri fuori il meglio di me, quando siamo insieme.- ammise, serio.
Lei sbatté le palpebre qualche volta, stordita da quella inaspettata rivelazione. Ryan temette di aver esagerato e sentì il rossore tingergli le guance.
Si schiarì la voce e si allontanò, distogliendo lo sguardo.
-Ehi… no… era… mi ha fatto piacere. Era molto sincero.- lo fermò Strawberry.
-Non lo ripeterò.- mise in chiaro lui.
-Lo so.- sorrise.
Rimasero a fissarsi per qualche istante, poi si avvicinarono, stringendosi l’uno all’altra. I loro cuori battevano in sincronia, innamorati.
-Non è cambiato niente, tra di noi. A parte il fatto che a nessuno dei due spunta più la coda.- la fece ridere, divertita.
-Non voglio che le cose cambino.- mormorò la rossa, alzandosi in punta di piedi. Ryan era fantastico, ma era troppo alto.
“Dovrò imparare a portare i tacchi.”, si disse, abbassando un attimo gli occhi.
Quando li rialzò si ritrovò il viso dell’americano a pochi centimetri di distanza, così vicino che i loro nasi si sfiorarono. Sorrise, contenta ed annullò la distanza che li separava.


  Qualcuno si schiarì la voce, a disagio.
I due ragazzi si staccarono, stupiti e si ritrovarono a fissare Lucas.
-Ehi, Lucas!- esclamò Strawberry. –Come stai? Sei ferito?- gli si avvicinò, preoccupata.
Il dampyr scosse la testa, minimizzando con un sorriso. –Sono quasi guarito.
-Stiamo per andare a festeggiare. Sicuramente Kyle avrà preparato qualcosa. Ti unisci a noi?- domandò Ryan.
L’europeo alzò gli occhi e li puntò in quelli color del cielo del ragazzo di cui era innamorato.   Valutò la proposta.
  Avrebbe tanto voluto passare del tempo con lui e col resto della compagnia, ma ora più che mai aveva bisogno di starsene da solo. Lontano da Tokyo e lontano dal ricordo di suo padre.
Scosse lentamente la testa. –Credo che passerò.
-Vai a casa?- s’informò la ragazza.
-Sì… in Europa.- rispose.
Ryan si accigliò. –In Europa? Vuoi tornare all’accademia?- chiese.
-No, no, per carità. Ho solo bisogno di tornare alle cose che mi sono familiari… mi serve del tempo.- spiegò, provando a mantenere un tono leggero.
Senza pensarci due volte, Strawberry gli si avvicinò e lo strinse forte. –Ricordati che, per qualunque cosa, noi ci saremo.- gli disse.
Lui sorrise, grato. –Ti ringrazio.
Il biondo si fece avanti. –Noi dobbiamo parlare di quella cosa…- gli ricordò. Lucas si bloccò: gli era completamente passato di mente. Eppure si era dichiarato al ragazzo di cui era innamorato, non avrebbe dovuto dimenticarsene.
-Non ti preoccupare. Fingi che non sia mai successo.- fece una smorfia che avrebbe dovuto essere un sorriso.
-Ma…
-Quando sarò tornato ne riparleremo. Ma ora devo proprio andare.- mise fine alle proteste.
Il ragazzo annuì. –D’accordo. Fa’ buon viaggio.
Lucas esitò un attimo, poi lo abbracciò. Tentò di godersi quel contatto più che poté, di mandare a memoria l’odore dell’americano e la sensazione del suo corpo.
Restarono così per qualche istante, poi si separarono.
Prima di andarsene, però, il dampyr pensò bene di informare Strawberry circa quello che era successo. Le si avvicinò e si chinò in avanti per poterle sussurrare all’orecchio.
-Goditelo finché puoi. Io ho una dichiarazione in sospeso e non me lo lascerò sfuggire.- le disse. Lei sgranò gli occhi e lo fissò basita.
Per tutta risposta lui sorrise, malizioso e poi scomparve.
-Ryan?!
Il biondo sentì un brivido percorrergli la schiena. –Dimmi.
-Cos’è questa storia che Lucas si è dichiarato e che… che non ti lascerà scappare?- chiese, completamente bordeaux.
Arrossì. –Ecco… prima della battaglia…- non sapeva proprio come dirglielo.
-Lucas è innamorato di te?- gli puntò contro il dito. “E’ uno scherzo, vero?”, si chiese. Il suo fidanzato, però, fu costretto ad annuire. –Oh, Kami!- si portò le mani alla bocca.
-Non ne sapevo nulla, almeno fino a quando non mi ha ba…- si bloccò.
All’udire quelle parole, l’ex Mew Mew divenne di tutte le sfumature del rosso. Lo fissò senza parole e poi corse verso il Cafè, chiamando a gran voce le ragazze.
-Grazie, Lucas. Giuro che, quando ritornerai, ti concerò per le feste.- promise Ryan, fissando la strada che portava al locale.
Esitò un attimo e poi si avviò. Doveva mettere in chiaro la sua sessualità: chissà come il suo nome veniva sempre associato a pensieri poco ortodossi.
 Aveva capito che, ormai, quella era diventata la prassi.

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