Bonus
Track 2
Titolo:
“La
verità è che non gli piaci abbastanza”
Genere:
Commedia,
Romantico
Pairing: Andrea/Giulia
Rating: n.c.17
Warning: linguaggio, lime, fluff.
ottobre
2008
Andre,
devo farti conoscere una persona.
Ti
piacerà.
Non
sei tu che volevi mettere a tacere certe voci?
Andrea
si fissa la punta delle scarpe. Annuisce senza entusiasmo. Poi Isa gli rivolge
quel suo sguardo fiducioso, e da quel momento non ce n’è più per nessuno. Quasi: potrebbe diventare la sua parola
d’ordine.
-
Dai, ma guardati! – Isa schiocca le labbra: mani sui fianchi, determinata – Devi
darti una svegliata: sai cosa dicono di te? Sei lo scapolo d’oro
dell’istituto.
Sospira,
Andrea. Questo è troppo anche per Isa. Troppo per trattenere una risata piena, a
gola spiegata.
-
Isa, basta! Da quando la mia reputazione è la tua ragione di vita? Non è qui che
vuoi arrivare – e solleva gli occhi al cielo, meditabondo.
Isa
si passa una mano tra i capelli rossi tagliati corti – l’ultimo capriccio in
fatto di look.
-
Ehi, lo dico per il tuo bene – sembra quasi seria, adesso – Giudica tu: metà
delle mie amiche ti sbava addosso, i professori ti portano in palmo di mano,
qualche invidioso ti dipinge come un tristissimo
secchione…
Andrea
solleva un sopracciglio, sarcastico.
-
Ammesso che m’interessino i pareri cretini e che la mia vita sociale sia così da
buttar via… cosa che non è, stai
uscendo fuori tema.
-
La domanda ufficiale è chi sarà la fortunata… – Isa sorride, luciferina: ha
gettato il sasso, con noncuranza – Per il resto, ti manca solo il
fan-club…!
-
La domanda ufficiale potrebbe farsela solo qualcuno in vena di gossip. Tu, magari – Andrea si ravvia i capelli,
distratto; poi la guarda dritto negli occhi.
Il
momento della verità.
-
Una domanda che tutte ci poniamo – lo
corregge Isa.
- E
quindi?
Isa
volteggia su se stessa.
-
Non lasci indizi. Sei sfuggente… Poi non lamentarti se le chiacchiere fioccano!
A furia di fare lo splendido coi prof, diranno che ti piace
Neri!
Andrea
distoglie lo sguardo: di colpo gli sembra di essere a corto
d’aria.
Okay,
calma. C’è una parte di lui che freme per l’irritazione, l’altra si chiede se
Isa stia affondando il bisturi di proposito o stia solo usando una mezza bugia
per scoprire una mezza verità.
Ed
è un pensiero che vorrebbe levarsi al più presto dalla testa. Lui e Isa sono
amici: che lei non osi dirglielo chiaro e tondo, ma che il suo lato bisex, sotto
sotto, la infastidisca, è il dubbio che vorrebbe schiodarsi dalla testa una
volta per sempre. È una punta di amaro che gli serra la gola. E poi Isa capirebbe. Qualunque
cosa.
-
Senti, Cortesi, vieni al dunque. Vuoi
combinarmi un appuntamento al buio?
-
Macché appuntamenti al buio! – Isa si lascia andare ad una risata argentina che
per un attimo dissipa i più oscuri sospetti: sono ancora in campo neutro, le
congetture più nere scivolano nel vuoto – Okay. C’è questa mia amica che ti
vorrebbe conoscere, le ho promesso che vi avrei presentati… Tutto
qui.
Andrea
sbatte le palpebre, nervoso.
Isa
che fa qualcosa senza un fine?!
-
Non c’è dell’altro, no?
-
No, per oggi è tutto. Ego te
absolvo.
-
Non lo so, non lo so… Non mi piace – Andrea scuote il capo, scettico – La mia
migliore amica mi reputa così sfigato da farmi da sensale.
-
Che sciocchezza! – rilancia Isa, che pure si è illuminata quando le parole “la
mia migliore amica” le sono rimbalzate addosso – Ho appena detto che sei una
specie di scapolo d’oro…
- E
la sora Camilla! Dai, torniamo seri! Non sono questo gnocco stellare… – incalza
– Non mi chiamo Derossi… Vedi tu.
Sì,
ha detto la parola magica. Derossi: lui è figo. E quasi esulta tra sé,
perché ha visto le guance di Isa avvampare sotto il velo di cipria, le labbra
arricciarsi in quello strano tic. Segno che è imbarazzata o ha colto
un’allusione.
E
non è un caso che ogni volta che il buon Derossi si aggira nei loro paraggi – il
naso per aria e l’occhio lucido, perso nella contemplazione dell’infinito –, lei
di colpo si trovi sprovvista, in ordine sparso, di: appunti della lezione del
giorno prima, accendino, zucchero nella credenza, monetine per le macchinette,
neuroni connessi.
-
Appunto! – replica Isa, arricciando il naso – Non voglio che faccia la sua fine.
Non devi buttarti a terra perché la francese preferisce il tuo bel
coinquilino.
Andrea
distoglie lo sguardo, punto sul vivo. Ha iniziato a tamburellare con le dita
sulla ringhiera quasi senza accorgersene: capita, quando è
nervoso.
Quanto
diavolo ci mette quell’altra schizzata che Isa ha deciso di
appioppargli?
Sospira.
Urge un diversivo, perché Isa è buona e cara, e lui le vuole bene, ma la
conversazione sta deragliando nella ricerca spietata dei punti deboli
dell’altro. Neri, Derossi, Blanche e poi chissà cos’altro.
È
vero che ogni tanto qualcuna gli lancia sguardi ammiccanti, qualcun’altra gli
strappa un invito per un caffè, qualcun’altra ancora lo fissa come se non avesse
mai visto un paio di jeans aderenti in vita sua; ma da qui a eleggerlo divo
dell’anno, ce ne passa.
Alberti
dice che la vera sfiga è la sua bellezza ottimamente compensata dal carattere di
merda –quella volta l’hanno finita a cuscinate.
Sarebbe
la madre di tutte le fregature, se Isa avesse ragione e davvero a Blanche
interessasse Derossi.
Vuoi
che tra donne non si parli di queste cose? Devi credermi: l’ho sentito con le
mie orecchie!
E
se davvero, con tante che – secondo Isa – se lo mangiano con gli occhi, l’unica
che gli interessa davvero è proprio quella che non se lo fila, preferendogli il
dannatissimo Derossi, è il colpo di sfiga del secolo. Questo l’ha visto con i suoi occhi, poche
ciance.
Tutto
quello che può fare è aspettare. Una
snervante, incolore via di mezzo. Aspettare e sperare che la situazione si
smuova senza sputtanarsi ulteriormente.
Si
tira indietro i capelli, a un passo dall’isteria. La cosa peggiore fra tutte è
che, ogni qual volta gli sguardi di Gabriele e di Blanche si incrociano – e lui
si trova abbastanza nei paraggi da sentirne le vibrazioni calde –, non riesce
mai a decidere a chi dei due dedicare la sua fitta di
gelosia.
E
poi, dulcis in fundo, entra in gioco lei, la sua migliore amica dalle facili
soluzioni.
È
lì ormai da mezz’ora, dondolandosi da un piede all’altro e dubitando ormai
dell’effettiva esistenza della fantomatica amica di Isa, e alla fine eccola farsi
viva in un tripudio di capelli biondo platino, annunciata da una cappa di
profumo che gli fa girare la testa.
Silenzio
imbarazzante e ancora niente di rotto.
Andrea
sbatte le palpebre; guizza con lo sguardo da lei a Isa e viceversa, chiedendosi
dove stia la fregatura. Osserva la nuova arrivata, le palpebre assottigliate in
cerca di informazioni archiviate in qualche cantuccio della
mente.
Lo
scoprirai solo vivendo,
cantilena una voce sottile nella sua testa; voce che, con un certo disappunto,
pare proprio quella di Isa. Ancorata in fondo al cervello come un fastidioso
grillo parlante.
Calma
e nervi saldi. L’unico è sorridere e fingere di trovarsi lì per caso, perché una
volta in ballo, tanto vale sforzarsi di farsi piacere quella musica. O almeno,
sciogliersi dal voto di silenzio…
-
Piacere, Andrea – esordisce, cercando di atteggiare il viso in un sorriso
fraterno.
Ma
si è mangiato le parole, e il sorriso è solo una pallida
imitazione.
-
Ciao, io sono Giulia – risolino imbarazzato – Isa non ha fatto che parlarmi di
te…
Prima
caduta.
Andrea scuote il capo, a disagio: no, non ce la fa. In fondo la tipa può essere
vittima almeno quanto lui dei tramacci della comune amica. O, viceversa, può
aver stressato Isa tanto da strapparle quella specie di appuntamento
combinato.
Andrea
socchiude gli occhi: no, non ce la fa. Non è brutta ma non gli piace. A pelle.
Alta quasi quanto lui, il viso tagliato con la squadra e una nota stonata
nell’insieme: qualcosa che non è riuscito a estrapolare dalle descrizioni di
Isa. Gesticola e non la finisce più di ondeggiare avanti e indietro, come se la
camicia strizzata sul petto prepotente e i jeans incollati ai fianchi opulenti
la comprimessero in una morsa. Incurante del suo silenzio stampa, ha ripreso a
cincischiare su “Dov’è che ci siamo già visti”, “Isa di qui e Isa di là”,
fissandolo con degli occhi che, più che osservare, sorbiscono
dettagli.
-
Posso offrirti qualcosa da bere?
Andrea
si riscuote in un sussulto. Non ha atteso risposta, Giulia: l’ha abbrancato per
un braccio e trascinato fino all’angolo bar. Non rimane che fulminare Isa con
un’occhiataccia.
Prova
a dire “oh, adesso vado, vi lascio soli”, e ti incenerisco. Non sono in vena di flirtare o respingere
avances non richieste. Ho solo bisogno di un alleato per filarmela quanto
prima.
-
Vieni anche tu, Isa? – la esorta, tirandola per la manica.
Cosa
cazzo le hai raccontato di me?
-
Verrei… – Isa si stringe nelle spalle.
Andrea
schizza in modalità “sguardo da cucciolo implorante”.
Giulia
continua a scostarsi la frangia dal viso, accompagnando il gesto con qualche
risatina e cercando a sua volta di stabilire un contatto visivo con
l’amica.
Peccato
che lui e lei intendano l’esatto contrario.
-
Verrei, ma poi perdo l’autobus. Sarà per la prossima – si risolve; il tempo di
sbattere le ciglia ed è già volata via.
Andrea
si osserva intorno, smarrito. Un profumo familiare e un altrettanto familiare
cinguettio, “Oh, Gabriele! Vai via anche tu?”, ed ecco il pezzo mancante. Isa ha
trovato di meglio che reggere la candela all’amico sfigato, e l’ha mollato
lì.
Si
stringe nelle spalle: deve rimandare la resa dei conti, fingere indifferenza e
concentrarsi sul drink che oscilla dentro il bicchiere. E sull’incognita con la
parrucca bionda che Isa ha pensato di parcheggiargli tra lo stomaco e il
pancreas per le tre ore successive.
* *
*
-
Allora, com’è andata? – Isa lo accoglie in camera sua con un’arruffata ai
capelli.
Che
hanno visto condizioni migliori.
-
Hai una gran faccia da culo! – la investe.
Forse
non è corretto appioppare giudizi dettati dall’irritazione del momento, dal
sentirsi tanto un burattino nelle mani di Isa, gettato in pasto all’amica
vogliosa. Ma non può farci nulla: Giulia non lo ispira. E con lei l’intera
faccenda.
Isa
invece è furba: schioccando le dita, si è levata di torno l’amica scassacazzo
presentandole lui, l’amico fighetto, che a sua volta ha dovuto accontentarsi di
quell’alternativa alla monacazione forzata.
- E
tu sei simpatico come un calcio nei denti! – rincara la dose Isa – Insomma: ti
faccio trascorrere una serata carina, e mi ringrazi così?
Fa
la finta tonta! Andrea serra le labbra, incassando il
colpo.
-
Ti ricordo che hai a che fare con persone, non con i pezzi degli
scacchi.
-
Okay, scusa! Sono stata precipitosa… Ma sapessi quanto mi ha rotto le palle con
questa storia! Mo’ il ghiaccio l’avete rotto, bene, e se son rose fioriranno.
Arrivederci e grazie – ridacchia.
-
Pensi di cavartela così? – Andrea sorride: se i patti sono questi, fuori ogni
riguardo – Però immagini bene: è stata una gran serata – sta mentendo e, piccolo
particolare, non convince neanche se stesso – Come la tua con Gabriele
Derossi.
-
Non parlarmene nemmeno! – Isa storce le labbra come se avesse appena addentato
un limone – Un comodino ti dà più soddisfazione.
-
Ma va’?… E io che ti avevo detto? – Andrea china lo sguardo, le dita impegnate a
torturare le frange della sciarpa – Per me è anche un po’ colpa tua: lo
intimidisci. Se continui a sbattergli sotto il naso questa cavolo di scollatura,
quello prima o poi ci rimane secco.
- E
tu sei un ingrato – borbotta Isa con un falso broncetto.
Tutto
ciò che riesce a replicare Andrea è un gemito di dolore: ha abbassato la guardia
troppo presto e l’ha compreso a sue spese, quando il tonfo di una sonora
cuscinata l’ha centrato in piena faccia.
-
Ahi! Sei pazza?
-
Peggio per te. Dovrei sbatterti fuori solo per esserti presentato qui così,
reduce da una scopata galattica. Spero che almeno ti sia fatto la doccia – lo
incalza, la voce querula.
-
Naturalmente.
-
Ecco, vedi che ho ragione? – sul volto di Isa compare un ghigno trionfante –
L’avete fatto.
-
Grazie mille! – Andrea si lascia ricadere ai piedi del letto, la testa tra le
mani – Meno male che era timida. È stato… imbarazzante.
Isa
si sdraia sul letto con un sonoro cigolio di molle. Si sporge verso di lui, alle
spalle, infilando le mani nell’ammasso senza capo né piedi che sono suoi capelli
– variamente manipolati.
-
Dettagli, voglio i dettagli! – gli tuba nelle orecchie.
-
Cosa vuoi che ti dica? – Andrea scuote il capo, infastidito – Siamo andati al
bar, abbiamo fatto un paio di giri. Abbiamo parlato un po’, pago io paghi tu…
Morale della favola: si è fatta notte.
-
Ho capito – Isa si rimette a sedere, gambe incrociate – Non vuoi darmi
soddisfazione. Sei… freddo. Avaro di particolari appetitosi. Dimmi almeno che
impressione ti ha fatto!
-
Ma che ne so! – Andrea si stringe nelle spalle – Normale. Voglio
dire…
-
Ci hai provato tu, immagino – lo interrompe Isa, leccandosi le labbra – Lo spero
per te.
-
Ci sto arrivando… Eravamo un po’ su di giri, lei si è avvicinata. Mi ha detto
che ero bello e mi ha baciato. Tutto qui.
-
Certo, e io sono Jessica Rabbit! – le sopracciglia di Isa schizzano verso il
cielo, il volto scettico – Non ci credo manco se me lo giuri, che… che è tutto qui. Devo insegnarti io? Sei
troppo rilassato. Se non ci avesse provato lei, a quest’ora sareste ancora lì a
rigirarvi i pollici.
-
Mah, proprio rilassato non direi.
Dopo siamo saliti in camera sua – Andrea ammicca,
angelico.
- E
ci avete dato giù come conigli – conclude Isa al suo posto – E adesso, magari,
dopo che ti sei scaricato i nervi, ti fai una bella dormita, e domani spariranno
i vapori maligni che ti rendono così acido e intrattabile.
-
Nah, non l’abbiamo fatto – Andrea deglutisce, a fatica.
L’avremmo
fatto, se io fossi stato un po’ più ubriaco, lei un po’ più praticabile e tu un
po’ meno stressante.
-
Ci siete andati vicino, almeno? – lo interrompe Isa: adesso quasi urla – Mi
auguro abbia preso tu l’iniziativa.
-
Ma chi se ne frega di chi ha preso l’iniziativa! – Andrea sbuffa – Comunque,
fuochino… – cinguetta, enigmatico.
-
L’avete fatto vestiti?
Andrea
avverte una risatina isterica raschiargli la gola.
-
Ma dove ti vengono certe idee? Fuochino…
-
Ti ha fatto un pompino? – Isa dondola pigramente le gambe giù dal
materasso.
Il
viso da bambola di porcellana, la delicatezza di un
camionista.
Andrea
annuisce dal banco dell’imputato.
-
Lo dici come se ti avessero appena rigato la macchina! – Isa solleva gli occhi
al cielo – Anche se sembri reduce da Woodstock.
Andrea
distoglie lo sguardo. Si è accorto troppo tardi che la faccia gli sta andando a
fuoco.
-
Vuol dire che in fondo, molto in
fondo, mi è piaciuto, no? A un livello puramente fisico, mi è piaciuto. Non
è mica colpa mia se non ci vuole così tanto per… Dai, ci siamo
capiti!
-
Non è tanto – sul volto di Isa compare un sorrisetto storto, equivoco – Ti
conosco. Sei suscettibile.
Andrea
solleva gli occhi al cielo. Isa adora metterlo a disagio, scavargli voragini
nello stomaco, giocare con le sue debolezze. E quando capisce di aver fatto leva
nei punti giusti, non molla neanche a pregarla.
-
Lasciami indovinare… – miagola Isa, infilandogli qualche brivido su e giù per la
spina dorsale con qualche studiata carezza alla nuca – La ragazza ci sa
fare?
Andrea
scrolla le spalle. Vuole bene a Isa, ma sarebbe fortemente tentato di chiederle
cosa ci trovi di divertente nel rigirarsi le amiche intorno al dito mignolo per
poi farle a pezzi. Cosa le dia la certezza matematica di stare così al di sopra
da potersi accomodare con nonchalance sullo scranno del giudice
inflessibile.
-
Lo dicevo io, era la persona giusta! – Isa serra le palpebre, godendosi il suo
primo trionfo.
Tutto
come preventivato.
Andrea
sospira, a corto di parole. Non può andarle a dire che, se fosse stato per
l’odore pungente di lacca che la impregnava da capo a piedi, probabilmente non
sarebbero andati oltre il primo bottone dei jeans.
Peggio,
che l’unico vantaggio della pratica erotica scelta per coronare il loro
incontro, è stata la possibilità di chiudere gli occhi al momento topico,
ignorare la consistenza plasticosa di quei capelli e lavorare di fantasia
sull’identità del proprietario della bocca che calava impietosa ovunque la sua
pelle rabbrividisse al tocco; di quella lingua che infieriva sul suo sesso
generosamente proteso, massaggiandolo dalla base fino al glande, fino a fargli
vedere le stelle.
-
Ha cominciato così…?
Andrea
riemerge dal suo più fresco ricordo solo quando sente – dritta al traguardo come
una scarica d’adrenalina – la mano Isa che gli scorre su e giù lungo il ventre
in una blanda carezza. Lo massaggia in circolo e indugia maliziosa verso il
bordo della maglia.
Il
primo istinto è sottrarsi a quella grossolana provocazione. Non è la prima volta
che Isa lo tocca. È sempre stato un gioco, un gioco stranamente gratificante, ma
senza quella morsa d’imbarazzo.
Il
secondo istinto è il leggero spasmo che gli guizza per la schiena, prima di
assestarsi in una morsa rovente all’inguine. Decisamente
suscettibile.
-
Ehi, giù le zampe! – Andrea scarta di lato, sciogliendosi dalla stretta e
rotolando sulla moquette.
Isa
scoppia a ridere. Lei e la sua mania di avere tutto sotto controllo. Incluse le
reazioni più prevedibili.
-
Povero Andre… – gli ha battuto una pacca sulla spalla come un pegno di pace –
Non ti ha soddisfatto, è chiaro: sei ancora elettrico e su di giri. Le darò una
tirata d’orecchi…
Hai
mai pensato che il problema, per caso, dico per caso, è che non era lei che
volevo? Che non puoi appiccicare una soluzione a ogni
problema?
-
Okay, hai vinto – ha ceduto: forse è l’unico – Non è stata una serata da
buttare, però mi ha lasciato un senso… boh, di vuoto. Di
ripiego.
-
Capisco – Isa sbatte le palpebre, fissandolo – Non eri in vena di incontri
galanti. Succede. Non eri dell’umore giusto. Mi spiace per aver insistito…
Pensavo che ti avrebbe tirato su. Non solo in quel senso.
-
Non me ne parlare – Andrea si prende il capo tra le mani, le ginocchia strette
contro il petto – Mi ha preso malissimo. È stato meccanico, inutile. Fisicamente
squallido. E lei mi ha messo una tristezza…
Volevi
accoppiarci come pezzi del servizio da the? Ora bèccati questa e sèntiti un po’
in colpa.
-
La Giulia ha un
carattere esuberante…
-
Perché tiri in ballo le tue amiche e poi ci spali fango? – se l’è tenuta sul
gozzo tutta la sera, e ormai la frittata è servita.
Tanto
lo sai: non puoi temere rivali. E tra tutte, continuo a preferire
te.
-
Avevo omesso dei dettagli – risponde Isa, con petulanza – Non sono l’unica che
lo dice. La
Giulia è un bel troione. Ho combinato l’incontro senza pensare
a cosa ne sarebbe venuto fuori. Mi dispiace.
-
Capito – Andrea deglutisce, a fatica – Me o un altro, per lei non avrebbe fatto
una gran differenza, no? Le bastava impegnare il pomeriggio. Soddisfare un
capriccio.
Magra
consolazione, ma meglio di nulla. Un problema in meno.
-
Non proprio – Isa sgrana gli occhi, e Andrea avverte il gelo di un cattivo
presentimento – Penso che tu le piaccia davvero.
-
Ecco, mi mancava chiudere in bellezza la giornata! –
ribatte.
E
mima il gesto di spararsi qualcosa in vena.
* *
*
-
Isa, il problema è lei! Non mi piace
abbastanza – sentenzia Andrea, seduto al tavolino di un bar all’aperto, un paio
di sere dopo quel primo incontro disastroso.
Forse
metterlo giù chiaro e tondo è la soluzione migliore. Fissa Isa negli occhi,
interrogativo. Veloce, manda giù il suo caffè e si sente già
meglio.
Non
è una storia cominciata sotto i migliori auspici: è andato tutto storto sin da
principio. Prima quell’impicciona della sua migliore amica, autoelettasi arbitro
ad interim della sua vita sentimentale. Lei ci ha provato, ha cercato di
affibbiargli qualcuno per forza, ed ecco i risultati.
Poi
Giulia ha buttato il carico da undici. Le ultime gocce sono state, in ordine
sparso, pestare i piedi perché non le va giù la sua amicizia con la francese – manco fossero sposati e
con prole –, e bollare Derossi come sfigato per l’unica colpa di non aver
concluso ancora niente con Blanche.
-
Non mi piace che passi tutto il tempo con lei – l’aveva beccato, inacidita – Non
mi piace come ti guarda. Non mi piace lei. Non piace nemmeno ad Isa e ad
Alessandro. Ti fa l’occhio gattamortesco e ti rigira come un pedalino. Appena la
vedi, dimentichi pure come ti chiami. Dovresti guardarti le
spalle.
Lui
le aveva risposto con un gesto stizzoso a supplire un sonoro non rompere e, col pretesto dell’ultimo
secondo, era corso a rifugiarsi nello studio del professor Neri. Liberté. Una mattinata da relegare nel
purgatorio delle cattive intenzioni.
-
Come fai a dirlo, Andre? Sei prevenuto. Dalle una possibilità! – Isa continua a
rigirare pigramente il suo caffè americano – Siete usciti insieme un paio di
volte. Okay, il primo giorno eri scazzato per i cavoli tuoi. E
passi…
Andrea
scuote il capo, stordito. Vorrebbe seguire il filo del discorso e pure
riordinare le idee, ma non la ascolta più. Qualche tavolo più in là, c’è
Gabriele Derossi che si gira una sigaretta artigianale, gli occhi d’ambra
bruciata fissi sul suo note-book inseparabile.
E
poi un calore inspiegabile che gli monta fino alle tempie. Indugia così a lungo
che Gabriele si volta e ricambia lo sguardo. Con fare interrogativo, come a
chiedersi che non abbia un principio di paresi facciale. Lo scemo che lo fissa
senza più battere ciglio. E lui lì, imbambolato, a ricordarsi com’è che si fa a
tenere le labbra ben serrate.
Ecco,
decisamente meglio incassare con
filosofia la mezza figuraccia e riportare l’attenzione su Isa – chissà, magari
un giorno riuscirà a parlargliene.
-
Quante possibilità ci sarebbero, ancora? Siamo usciti un paio di volte e mi è
bastato. Non stiamo insieme, voglio dire, non spargerò sangue innocente – si
affretta a ribadirlo, prima che Isa si faccia strane idee…
Un
fastidioso campanello d’allarme continua a chiedergli perché Isa tenga tanto a
programmargli la vita nei dettagli, e perché sia così simile a una gatta
attaccata dove non batte il sole. Ha intuito un lato del suo carattere che non
conosceva e, onestamente, gli fa paura.
-
Allora troncala qui e via! – ribatte Isa, infastidita – Un taglio netto e zero
paranoie.
- È
questo il punto – Andrea abbassa lo sguardo – Che cosa devo troncare? Non è successo
niente. Assolutamente niente.
-
Tranne appartarvi ogni tanto… – sul volto di Isa compare un sorrisetto
spazientito – Un po’ più di ogni
tanto.
-
Ecco, è questo! – Andrea decide che è meglio fingere di stare al gioco – Mi
sento un gigolo! Cosa dovrei dirle? Non me la sento più di uscire con te?
“Uscire”! Evita di infilarmi le mani nei pantaloni appena non vedi nessuno nei
paraggi? Comunque ti rivolti il concetto, è robaccia
patetica.
- E
allora fa’ come preferisci – Isa solleva gli occhi al cielo, esasperata –
Continua a mentire a te stesso.
Già.
Come se non l’avesse ficcato lei in quel pasticcio. E la propria inqualificabile
coglioneria.
-
Grazie del permesso, mamma –
cinguetta Andrea con un ridicolo inchino e, nell’enfasi, il cucchiaino gli
sfugge di mano, descrive un arco e cozza contro la superficie di marmo del
tavolo.
-
Facciamoci conoscere, mi raccomando! – Isa solleva gli occhi al
cielo.
Andrea
distoglie lo sguardo. Forse ha ragione lei: sta diventando un po’ nevrotico. Si
osserva intorno; sorride, prova ad allentare la tensione e uscire dalla voragine
di silenzio che ha seguito la discussione con botto, e che ora si è chiusa su di
loro come una morsa. Ognuno è tornato alle proprie occupazioni, nessuno lo sta
spiando. Eppure si sente osservato…
-
Ehi, Andrea!
-
Blanche!
Andrea
scatta in piedi, le palpitazioni accelerate. Non può farne a meno, perché è come
se la sedia bruci. Due parole. Due semplici parole hanno riscritto i confini
della sua giornata. E il suo nome, su quella bocca, è il nome di un
dio.
Potrebbe
essere l’occasione di tirarsi fuori dal casino – Isa capirà; e magari finirà
pure per accettare ciò che tenta di spiegarle da settimane. Certo, non è un buon
inizio il gesto con cui si affretta a rivolgere lo sguardo da tutt’altra parte
ed estraniarsi dal mondo, non appena la voce della francese entra nel suo raggio
uditivo. Su quello ci lavorerà in futuro.
È
accaduto troppo in fretta.
Le
ha rivolto il sorriso smagliante che prova e riprova ogni sera davanti allo
specchio.
Lei
gli ha sorriso giuliva e si è passata una mano tra i folti capelli biondi – cascate d’oro brunito che piovono sulle
spalle con grazia regale, tenute su in un vezzoso semiraccolto. Gli occhi, miti
perle di fiume che irradiano il loro chiarore su di me, proprio su di me, e su
un punto oltre l’infinito…
Il
vento non osa frustale il viso. Cammina spedita e accenna qualcosa con la
mano.
Lui
tenta di deglutire, ma la salivazione è a zero.
-
Andre, se hai intenzione di sfiorare il collasso, fammi il favore di sederti! –
gli soffia Isa, velenosa – Almeno i melodrammi possiamo
evitarceli.
Andrea
la ignora e muove mezzo passo verso Blanche. Un altro e poi un altro ancora: non
è così difficile.
Continua
a sorriderle fino al crampo facciale, fino a che, a sorpresa, Blanche gli lancia
qualcosa sul tavolo – mancandogli per poco la faccia. Una roba simile ad uno
straccio stirato e piegato in quattro.
-
Il tuo foulard. L’hai lasciato su l’altro giorno – gli sussurra, beffarda, per
poi rivolgere la sua attenzione da tutt’altra parte.
Andrea
boccheggia, un improvviso senso di vuoto, come un pugno allo stomaco. E lei è
già passata oltre la sua sagoma immobile.
-
Ciao, Gabriele!
Lo
scatto del portatile che si chiude, provvede a dargli un’idea più precisa sul
pretesto d’importanza capitale che l’ha distolta da lui. Ignora il cigolio della
sedia alle sue spalle e il parlottio diffuso, il desiderio di trasformarsi in
una statua di sale e porre fine ai propri patemi.
Lei
è il Bianconiglio che sempre gli sfugge. E lui è Alice.
A
riportarlo bruscamente alla realtà è Isa che si schiarisce la
voce.
-
Maledetta gallina! – ringhia, dandogli di gomito mentre si lascia andare sulla
sedia – Vi tiene tutti in pugno. Vi rigira come trottole! Arriva lei, e tutti a
fare i cretini come se non se non aveste mai visto un’oca bionda! E tu sembri
una gelatina, sbavi senza ritegno…
-
‘fanculo a Derossi! – riesce a sibilare tra i denti, dopo la doccia
fredda.
Se
non altro, è stato un toccasana per i suoi neuroni liquefatti. E ‘fanculo anche
a Isa che, incurante del momento, passa direttamente alla
predica.
-
‘fanculo a quell’altra deficiente, scusa! – gli fa eco – Se se ne fosse rimasta
dove stava, non avrebbe rotto le balle a nessuno. Dai, Andre: non è successo
nulla.
Per
te, forse.
-
Ma che rogna! – Andrea afferra il portafogli.
Le
dita tremano, mentre conta gli spiccioli. La tensione è un blocco di ghiaccio
che si scioglie e gli gela il petto.
Il
tempo di pagare il conto e girare sui tacchi, trascinandosi dietro
Isa.
-
Ma cosa ci trova in quello lì? – ruggisce – Che cos’ha?
-
Eh…! – Isa ridacchia, gli occhi che ruotano verso il cielo – Lo vuoi proprio
sapere?
-
Posso farne a meno – la interrompe, senza curarsi di essere scortese – E tu sei
proprio un bel tipo: non vuoi ammettere che ho ragione, eppure sei qui e rosichi
almeno quanto me. Derossi ti piace ancora. Dico bene?
-
Forse sì – Isa si passa una mano tra i capelli, distratta – Ma almeno con te ci
si diverte. Quello è un morto in piedi, è il maestro delle seghe
mentali.
-
Solo perché non te lo dà – la corregge, acido.
-
Solo per… per tutto! È una statua di ghiaccio. Non ti scambierei con lui per
niente al mondo. E spero che la stessa cosa valga per te… Non c’è biondina
insipida che tenga.
-
Che palle!
* *
*
-
Ne abbiamo parlato ieri, Andrea, e non è venuto fuori niente di buono. Cosa vuoi
fare con Giulia?
Isa
l’ha raggiunto in un buco di dieci minuti tra una lezione e l’altra e gli si è
avventata addosso a mo’ di rapace.
-
Niente, per ora – Andrea scuote il capo, sibillino.
La
verità è che non ha in mente nessun piano. Lo scaricamento dell’amica ninfomane
può aspettare. E Isa può continuare a cuocersi nel suo brodo, mentre la
situazione sfugge alle sue previsioni infallibili.
Solo
che poi viene lei. Giulia. Troppo presa dalla situazione, mentre lui glissa e
non sa dire fino a quando l’impalcatura reggerà. Ogni mattina, puntuale, gli
piomba addosso con l’entusiasmo alle stelle, gli schiocca il bacio del
buongiorno ed è sempre pronta a trascinarlo in qualche bizzarra trovata – mai
innocente. Lui annuisce, quasi sempre, perché in fondo è facile: basta staccare
la spina e concentrarsi sulle sensazioni meravigliose, rigorosamente fisiche,
che è in grado di dargli il corpo di Giulia strofinato con vigore contro il suo.
Basta chiudere gli occhi e ignorare chi c’è dall’altra parte: al resto penserà
lei.
Tutto
dura il tempo di un orgasmo. Poi resta l’amaro in bocca e un senso di
oppressione a cui non sa dare un nome. Perché illudersi di uccidere la noia in
quel modo non è un bene per nessuno.
In
compenso, Giulia ha l’argento vivo addosso. Quando non
parlano.
-
Beh, almeno insieme state bene – gli sussurra Isa, a
bruciapelo.
Andrea
trasale. Poi sente qualcosa raschiargli in gola, come una risata isterica, e per
poco non le sputa il caffè in faccia.
È
l’ultimo dei problemi, ma belli da vedere proprio no: potremmo scambiarci i
ruoli e nessuno noterebbe qualcosa di strano.
La
grande matrona e l’elfo dei boschi. Il fratellino minore e
scemo.
Lei
che gioca al tiro alla fune, lui che va per inerzia, ma prima o poi sbrocca. È
chiaro, non è lei la persona che vuole, ma lei fa orecchio da mercante: le basta
portare il suo grosso fondoschiena su e giù per l’Accademia, in bilico sul suo
tacco dodici, continuare a “vedersi con qualcuno” e sfoggiare il ragazzino
belloccio e più piccolo di lei come una borsetta firmata.
-
Andrea, non fare cazzate! – Isa lo osserva con un’espressione insolitamente
grave – Conosco quella faccia.
-
Ti ho appena detto che non faccio assolutamente nulla. Più nulla di così si
muore! Mi lascio trascinare dagli eventi senza metterci mano… – risponde Andrea,
trasognato.
Non
farà proprio nulla. Di sua iniziativa.
-
Ehi, Andre – lupus in fabula, Giulia lo raggiunge di soppiatto e gli allunga una
mano sul fianco nel tentativo di regalargli qualche brivido
preliminare.
Cosa
che, puntualmente, non accade.
-
Ciao, Giulia.
-
Abbiamo qualche minuto di tempo… forse – lo pungola, gli occhi castani accesi da
una scintilla maliziosa.
E
ti pareva che non avesse in mente qualcos’altro. Che so, una bella sculettata da
qui alla macchinetta del caffè, o una bella dissertazione su “La dodicesima
notte”.
-
Giulia, te l’ho detto, qua è pericoloso – abbozzare una misera protesta è solo
prassi.
-
Ci sono gli spogliatoi al piano terra – ammicca lei, carica come una miccia
inesplosa.
-
Sì, brava. Vuoi giocarti la carriera per una cazzata da
pivelli?
-
Ma non ci va mai nessuno… – ha messo su una specie di broncio finto-contrariato,
ma tra il dire e il fare ha intrecciato le dita alle sue e lo sta letteralmente
trascinando giù per le scale.
Opporsi
è inutile, perché Giulia ha braccia e spalle possenti e, per costringerla a
mollare la presa, dovrebbe applicare uno strattone deciso. Perché la nebulosa di
un’idea malsana gli sta baluginando nella mente.
Questa
sarà l’ultima. L’ultima puttanata
colossale in cui farsi tirare dentro. Poi, a denti stretti, le dirà che lui ci
ha provato, che è stata la curiosità della loro prima volta; poi si è accorto
che lei non gli piace abbastanza, e non se ne farà niente. Non sarà una tragedia
greca.
-
Eccoci qua. Belli tranquilli – Giulia si passa la lingua sulle labbra, la voce
un miagolio dispettoso.
Andrea
si osserva intorno, in cerca di vie di fuga. Mai si è visto scenario peggiore
per certe pantomime: il tipico spogliatoio seminutilizzato sullo
squallido-grigiastro, che puoi trovare in qualunque scuola o palestra, con le
panche di legno addossate alle pareti, le docce nella stanza in fondo e una
porta ad arco a separare i due ambienti. Una sinfonia di ruggine e ragnatele
agli angoli e il chiarore malaticcio di un piccolo lucernario. Il cielo bianco
sporco di una lontana mattina d’autunno che non hai voglia di andare a scuola e
ti chiedi che razza di giorno è.
Un
bruttissimo nido d’amore.
-
Puoi dirlo forte – Andrea sospira, tirando fuori di tasca un pacchetto di
sigarette spiegazzato.
Giulia
drizza le antenne – senza nascondere un fremito di
delusione.
Deve
solo perdere un po’ di tempo.
-
Non sapevo che fumassi – abbozza.
-
Infatti, no… –Andrea quasi sputa le parole, insieme alla prima boccata di
nicotina – Solo quando sono molto nervoso – forse capirà l’antifona… –
Stasera ho le prove, non sono riuscito a mandare giù mezzo copione, e Neri mi
farà un mazzo tanto.
Ancora
silenzio. Denso come lo yogurt, come le nuvolette di fumo che volteggiano verso
il soffitto, come la cappa di nebbia dentro le loro teste.
-
Non pensi che ci sia un modo più… salutare, per scaricare i nervi? – cinguetta
lei, allungando una mano.
Andrea
si sottrae al suo tocco e scarta verso la parete. Finge di non aver sentito, la
sigaretta che si consuma e scandisce i secondi.
Un’idea
decente. Una, cazzo!
-
Vieni… – incalza Giulia – Nel ripostiglio laggiù in fondo non ci saranno
problemi – sorride – Ho le chiavi.
-
No.
Nossignora.
Negazione.
Giulia
sgrana le palpebre, tanto che per un attimo il sofisticato movimento
ciglia-spalle-fianchi tanto sexy e accattivante si inceppa, lasciando lì di
fronte a lui una statua di plastilina con un’espressione stupida e qualche
problema di sopravvalutazione.
-
No?! – sillaba, stranita.
Frena,
cocca: non sei irresistibile come credi. E se fossi cattivo, avrei qualche
parolina da dire. Che sei peggio di una cozza attaccata allo scoglio: ci
conosciamo da poco, e già mi soffochi con i tuoi “andiamo”, “facciamo”, “vieni
qua”, “fai così”. Se volessi scendere ancora più in basso, accennerei che il
trucco non basta a nascondere che hai una faccia da maschio, e strizzarsi dentro
magliette ai limiti dell’oltraggio al pudore non rende più
sensuali.
-
Non ho nessuna intenzione di seppellirmi dentro l’armadio delle scope. Non mi va
di nascondermi, non sono un ladro e la polvere mi dà
allergia.
Storce
il naso: forse può giocarsela senza cadere nel patetico. Perché più ci pensa,
più i pensieri si attorcigliano, le parole si accartocciano in punta di lingua.
E tutto scade nel nulla di fatto.
- E
allora stiamo qua! – Giulia annuisce, spazientita – Ma poi non lamentarti se ci
beccano… O magari c’è più gusto.
Non
era un nascondiglio a prova di bomba?
Andrea
richiude gli occhi, pregando che quella sigaretta duri il tempo di un’eternità.
Giulia si comporta con lui come farebbe con un bambolotto
gonfiabile.
Il
punto è che potrebbe tirarsi fuori in qualsiasi momento da quella girandola
assurda; solo che poi viene il gelo dell’apatia a inibire ogni decisione
abbozzata, a rimettere in gioco tutto, illudendolo in un qualcosa di meglio
nascosto sotto la superficie. Che nel frattempo Blanche si accorgerà di lui, e
Gabriele smetterà di guardarlo come se lì di fronte a lui ci sia un completo
imbecille.
Aspira
l’ultima boccata di fumo, in attesa – dannate, non durano mai
abbastanza.
-
Il bello è che non fumavi! – rilancia Giulia, tanto per riempire il vuoto – Poi
c’hai sempre quel diavolo di pacchetto in tasca…
L’avete
finita di sindacare tutto ciò che dico e faccio, tu, Isa e la banda al
completo?
Ancora
una volta, meglio tacere ed evitare l’esplosione
definitiva.
-
Macché. Era l’ultima. L’ho fregata stamattina al mio compagno di
stanza.
Ha
omesso il particolare di aver curiosato di proposito tra le sue
cose.
- E
lui non dice niente? – Giulia intreccia le braccia sul
petto.
-
Cosa vuoi che dica… Dormiva. E poi, è così svanito che non se ne accorgerà
mai.
-
Scusa, Andre… – Giulia si fissa la punta delle scarpe: fa la timida! – Si può
sapere cosa ci facciamo qui a parlare di Derossi?
L’ultima
parola sputata via con una smorfia, come un boccone
indigesto.
-
Nulla, appunto.
Ha
soffocato un’imprecazione, quando il mozzicone gli è scivolato via dalle dita ed
è rotolato fino allo stipite della porta.
Chiude
gli occhi e attende che Giulia copra la distanza che li divide. E subito
arrivano le labbra sul suo collo, una mano sotto la maglietta a indugiare sui
suoi muscoli contratti, sulla pelle tesa. E poi più giù, come uno strano animale
che striscia.
-
Mi piaci – gli sussurra, giocherellando distrattamente con la cintura dei suoi
jeans – Anche se hai un carattere di merda.
Non
sei la prima che lo dice.
-
Grazie, eh… – sogghigna, accomodandosi meglio schiena contro il muro, mentre
Giulia fa scorrere la zip verso il basso per scoprirlo quanto basta. Dove inizia
la sua peluria più intima.
Giulia
gli si struscia contro l’inguine, con voluttà. Silenzio.
Poi
un fremito violento lo scuote, tanto da fargli reclinare la testa all’indietro,
un subisso di sensazioni che culmina in un ansito soffocato. Si morde il labbro,
a occhi chiusi, con la lingua rovente di Giulia che comincia a scorrere sulla
sua erezione.
Sospira,
Andrea. È il momento in cui calano le ombre, la mente si scollega. Può perdersi
nei luccichii che gli balenano davanti agli occhi, vagare con la fantasia fino a
immaginarsi là sotto il volto che desidera. Che è sempre immerso nel
buio.
* *
*
-
Com’è andata? – Isa si allunga verso Giulia, sovrastando il brusio che vige in
sala mensa e catturando la sua attenzione.
Si
alza di scatto, caracolla dalla parte opposta della tavolata e si accuccia ai
piedi dell’amica.
- È
andata di merda – Giulia mette giù il bicchiere con una certa violenza – Pensavo
volesse scaricarmi…
E
invece non l’ha fatto. Di nuovo al punto di partenza. Isa si morde il labbro: a
questo punto, meglio tutto. A un simile stillicidio. Pure un bel dramma della
gelosia. Invece Andrea tergiversa, e sembra lo faccia
apposta.
Un
eccesso di pudore le suggerisce che è meglio stendere un velo pietoso e passare
ad altro. Ma Giulia non pare dello stesso avviso.
Maledizione…
-
Si può sapere chi mi hai presentato?
– inveisce – Ma che diavolo c’ha quello? Sta sempre con la testa per aria,
risponde a monosillabi, fuma quando non vuole degnarti di uno sguardo, dice
cazzate, aspetta la grazia celeste; scopa che sembra ti stia facendo un
favore…
Isa
china lo sguardo: il prezzo da pagare per aver tentato di mettere insieme i
cavoli con la cioccolata, è sorbirsi in diretta lo sfogo di Giulia e perdere
sensibilità agli arti inferiori.
- E
almeno scopasse come si deve! – Giulia vuole rigirare il coltello, vuole il
sangue – Non fa nulla. Nulla! Sta lì a pancia all’aria a fissare il soffitto. Se
non prendi tu l’iniziativa, rimarrebbe così in eterno: clinicamente morto dalla
vita in su. Isa, il tuo amico non è normale… Vabbè, è un tuo amico! – sguardo disgustato –
Secondo me qualche problema ce l’ha. È finocchio?
Isa
solleva gli occhi al cielo. Questione da archiviare al più
presto.
-
Non credo… almeno questo, no. Che io sappia, è solo troppo preso dalle baguettes
– soggiunge con perfidia.
-
Ah, ecco! – Giulia ridacchia, trionfante – Le baguettes! Avevo ragione, lo
sapevo che c’era qualcosa non va! Dovevo capirlo da sola, come si squadra il
culo di Neri…
-
No, non intendevo quello! Un altro tipo di baguettes – Isa si solleva in piedi
di scatto.
Guadagnandosi
un principio di capogiro.
-
Intendevo… – riprende – Che forse gli interessa ancora la
francese.
-
Geniale! – Giulia sembrava propensa a concentrarsi sulla pasta collosa della
mensa, ma il solo menzionare la
francese le ha fatto cambiare idea – Scommetto che lei non ti sta simpatica
o non se lo fila, e tu hai pensato ad una soluzione di ripiego… La sottoscritta.
La cretina. La donna-schermo. Senza chiedere pareri a nessuno – conclude con
voce gelida.
-
Non dare la colpa a me! – Isa salta su, piccata – Io te l’ho presentato, io ti
ho fatto un favore. È dall’inizio dell’anno che mi fai una testa così con
Nicoletti…
-
Però potevi dirmelo, che non era normale! No, sul serio. Andrea Nicoletti: un
uomo, un esaurimento nervoso. E non lo facciamo qua perché è sporco; e voglio
stare sotto perché sono stanco, non voglio muovermi; nel ripostiglio no perché
la polvere mi fa starnutire… E basta! Quello è una paranoia con le braccia e le
gambe – Giulia serra le labbra: sembra sull’orlo di una crisi di nervi, la voce
che trema e si spezza – E non guardarmi così, non hai sentito
l’ultima…
Troppo
tardi, perché Andrea è lì che torreggia a due centimetri da loro e sorride,
placido come un gatto, le sopracciglia inarcate con
disappunto.
-
Che c’è di buono a pranzo? – cinguetta, affibbiandole una leggera pacca sulla
spalla – Oh, spaghetti ai cazzi altrui – soggiunge, freddo – I tuoi
preferiti.
-
Andre… – Isa all’improvviso prova l’immane desiderio di ridursi alle dimensioni
di una formica e dileguarsi sotto la tavola.
-
Ecco. Fattelo raccontare da lui, cos’è successo! – incalza Giulia, cacciandosi
una forchettata di pasta tra i denti e tirandosi fuori con nonchalance – Vuoi un
indizio? Siamo sospesi.
Isa
vorrebbe farne a meno, ma una risatina isterica le punge la gola. Finge di
trovare divertente l’esibizione di Alberti nella parodia di Neri, ma qualcosa la
obbliga a concentrarsi su Andrea.
-
Che diavolo è successo?
Andrea
intreccia le braccia sul petto, sul piede di guerra.
-
Succede che ci hanno beccati in quel cazzo di spogliatoio – prorompe, lanciando
un’occhiataccia a Giulia – E niente. Figura di merda e
sospensione.
-
Non era ciò che volevi? – gli sussurra Giulia, risentita – Beh, ti do una brutta
notizia: non ti ha costretto nessuno…
-
Eravate nudi? – s’intromette Isa, e uno scrupolo estremo le impedisce di
scoppiare a ridere.
-
Ma chi se ne importa? – Andrea si batte una mano sulla fronte,
esasperato.
-
Quel tanto che basta – sibila Giulia, lanciandogli uno sguardo equivoco in
direzione della cintura.
-
Nicoletti, sei un caso disperato!
Isa
si volta. Alessandro ride fino alle lacrime.
-
No, non scherzo… È bellissima! Rimarrà negli annali: Nicoletti il Grande,
l’imperatore del sesso nell’ora buca!
Isa
si osserva intorno. Mezza tavolata ha gli occhi puntati su di loro. Al suo
fianco, Andrea recupera la calma per miracolo. Rilassa le spalle e osserva tutti
i presenti, interrogativo. Alessandro che si asciuga le lacrime e si riaggiusta
gli occhiali sopra il naso; Giulia sul punto di incenerire tutti. Qualche tavolo
più in là, Gabriele e Blanche, Mimì e Cocò: lei ha l’aria di non aver capito una
mazza –una novità…! –, lui fissa Andrea in tralice, l’aria di chi è costretto a
dividere la sala da pranzo con una manica di imbecilli.
Andrea
ricambia il suo sguardo con un mezzo sorriso e un cenno di saluto, prima di
riportare lo sguardo su di lei, su Giulia e su Alessandro e su coloro che
attendono la fine della storia. Poi, senza preavviso, scoppia a ridere. E non si
ferma neanche subito. Si accascia nel posto libero accanto al suo e scioglie la
tensione.
-
Cosa ci trovi di divertente? – Isa gli dà di gomito quasi per rassicurarsi che
non si sia bevuto il cervello – Credevo volessi strangolarci fino a pochi
secondi fa.
-
Niente… – Andrea si serve di una lunga sorsata d’acqua, il respiro
ansante.
A
lui il cibo della mensa fa troppo schifo. Snob fino alla punta delle
orecchie.
- È
che nessuno si è ancora chiesto chi
effettivamente ci abbia scoperto – ammicca.
-
Un professore.
-
Fuochino… – Andrea distoglie lo sguardo – Uno sì. Era Neri. Fabio
Neri.
E
adesso, ti supplico, abbi la grazia di arrossire.
-
Oh, ci siamo fatti una lunga chiacchierata – prosegue – Non era incazzato. Il
punto è che lui è un insegnante e deve fare il suo dovere. Ce la caveremo con un
buffetto sulla guancia, vedrai.
-
Vedo che si sta rivelando un’amicizia utile… – Isa gli scocca un’occhiata
dispettosa.
Essere
un leccapiedi con un sorriso da mozzare il fiato ha i suoi vantaggi. E Neri, se
potesse, se lo papperebbe nudo e crudo, lì seduta stante, come un piatto di
sushi. Ci scommetterebbe l’oro del mondo.
-
Già. Se fosse capitata la
Longoni, saremmo volati giù dalla finestra. Gli altri
“visitatori” erano Derossi e Blanche. Non so cosa ci
facessero…
-
Ommiddio! Derossi… e la Cosa! – Isa trattiene un singulto di
smarrimento – È questo che volevi? L’hai ottenuto. Pensavi di ingelosirla… Ma
anche no. Secondo me hai solo vinto la figura di merda del
secolo.
-
Nah, non direi – Andrea si fissa la punta delle dita, annoiato – Ho il dubbio
che dopo questa scossa mi vedrà con occhi diversi. Ci siamo fatti quattro
risate. Il coitus
interruptus…!
- E
con Giulia, come pensi di metterla? – gli soffia, attenta che l’interpellata non
colga i suoi maneggi.
Perché
stavolta potrebbe appenderla per i capelli.
-
Rimandato a data da destinarsi.
-
Cioè? – Isa sbatte le ciglia, stordita.
Andrea
sembra calmo e padrone di sé. Si stringe nelle spalle con aria innocente. Gli è
pure passato lo scazzo. Oppure Neri gli ha offerto da
bere.
-
Mi ha detto di andare a farmi fottere – le confessa con voce
candida.
Isa
si scioglie in un sospiro di sollievo. Almeno, adesso torna tutto a posto. Tutto
di nuovo al punto di partenza e da definirsi.
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